ISSN 2039-5590
Aprile 2012 | n.38
PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI
DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZAPER LA PRATICA CLINICA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE CON ASA: BENEFICI E RISCHI A CONFRONTOIN UNA VASTA METANALISI INGLESE SRK Seshasai, S Wijesuriya, R Sivakumaran, et al. COMMENTO: RISCHIO OTOTOSSICITÀ NELLAPREVENZIONE PRIMARIA CARDIOVASCOLARE Giorgio Guidetti FATTORI AMBIENTALI E SUSCETTIBILITÀ GENETICA NELLA IPOACUSIA DELL’ANZIANO Chiara Faccioli, Roberto Bovo, Alessandro Martini MANOVRA DI SEMONT NELLA VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE BENIGNA (VPPB) DEL CANALE POSTERIORE M Mandalà, GP Santoro, G Asprella Libonati, AP Casani, et al.
Focus on IL RUOLO DELL’ETÀ NELLA PROGNOSI DI VPP NEL PAZIENTE VASCOLARE CLINICA DEL SESTO SENSO a cura di A Scarpa
Otoneurologia 2000 PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI
Aggiornamento periodico:
OTONEUROLOGIA 2000 Aprile 2012 / n. 38
Coordinamento Scientifico: Giorgio Guidetti Responsabile del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare Azienda USL di Modena, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO) e-mail: g.guidetti@ausl.mo.it
Augusto Pietro Casani Sezione ORL - Dipartimento Neuroscienze, Università di Pisa e-mail: a.casani@ent.med.unipi.it
Marco Manfrin Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università di Pavia e-mail: m.manfrin@smatteo.pv.it
Deficit audio-vestibolari: evidenze di efficacia e sicurezza per la pratica clinica Nell’epoca della medicina basata sulle evidenze, anche la Vestibologia, disciplina in rapida evoluzione, affronta la gestione dei deficit audio-vestibolari alla luce di nuove evidenze di efficacia e sicurezza per la pratica clinica. Il rischio ototossicità nella prevenzione primaria cardiovascolare viene discusso da G Guidetti, in un commento alla review inglese di Ray e Coll., che evidenzia come l’uso regolare di salicilati a basso dosaggio per prevenire infarti ed ictus, in soggetti senza problemi di cuore conclamati, produca più rischi che benefici al labirinto. Nell’articolo di A Martini e Coll. sugli sviluppi della ricerca genetica dedicata allo studio della ipoacusia, viene presentato il tema delle prospettive future di trattamento mirato e di prevenzione del decadimento uditivo dell’anziano. Un recente trial randomizzato in doppio cieco, pubblicato online sul Journal of Neurology, porta al livello B la raccomandazione di efficacia a breve termine del trattamento con manovra liberatoria di Semont nella VPPB del canale semicircolare posteriore. Il “Focus on” di commento ad un articolo originale sul ruolo dell’età nelle recidive della vertigine parossistica posizionale, affronta il tema delle correlazioni fra disturbi audio-vestibolari e patologie cardiovascolari. Con la presentazione ai lettori di un caso clinico da risolvere, prende il via l’appuntamento con la rubrica “Clinica del Sesto Senso”.
Aldo Messina
SOMMARIO
Responsabile Ambulatorio Otoneurologia della Cattedra di Audiologia, Azienda Universitaria Policlinico P. Giaccone di Palermo email: aldo_odecon@libero.it
Prevenzione cardiovascolare con ASA: benefici e rischi a confronto in una vasta metanalisi inglese . . . . . . . . . 3 SRK Seshasai, S Wijesuriya, R Sivakumaran, et al.
ISSN 2039-5590
Commento: Rischio ototossicità nella prevenzione primaria cardiovascolare . . . 13 Giorgio Guidetti
Redazione: Adriana Russo
Fattori ambientali e suscettibilità genetica nella ipoacusia dell’anziano . . . . . . . . . . . . 14
Consulenza Scientifica Redazionale: Alfonso Scarpa (Vestibologo, Napoli)
Chiara Faccioli, Roberto Bovo, Alessandro Martini
Coordinamento editoriale Grafica e Prestampa: Mediserve Editoria & Formazione
Manovra di Semont nella Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB) del canale posteriore . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 M Mandalà, GP Santoro, G Asprella Libonati, AP Casani, et al.
Focus on Il ruolo dell’età nella prognosi di VPP nel paziente vascolare . . . . . . . . . . . . . . 25 Clinica del Sesto Senso Disturbi Audio-Vestibolari - Casi Clinici Interattivi
© 1999-2012 MEDISERVE S.r.l Milano - Napoli
Le vertigini oggettive di un fumatore iperteso . . . . . . . . . . . . . . . 31 a cura di A Scarpa
DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZA PER LA PRATICA CLINICA
Prevenzione cardiovascolare con ASA: benefici e rischi a confronto in una vasta metanalisi inglese Il rischio di sanguinamento importante impone cautela nella decisione di un trattamento antiaggregante di routine con acido acetilsalicilico a basso dosaggio Sreenivasa Rao Kondapally Seshasai1, Shanelle Wijesuriya2, Rupa Sivakumaran3, Sarah Nethercott4, Sebhat Erqou5, Naveed Sattar6, Kausik K Ray1 Cardiac and Vascular Sciences Research Centre, St George’s University of London, London, England Department of Geriatrics, Addenbrooke’s Hospital, Cambridge, England 3 Department of Paediatrics, Chelsea and Westminster Hospital, London 4 Department of Paediatrics, Broomfield Hospital, Chelmsford, England 5 Department of Internal Medicine, University of Pittsburgh Medical Center, Pittsburgh, Pennsylvania 6 Glasgow Cardiovascular Research Centre, University of Glasgow, Glasgow, Scotland 1 2
M essaggi chiave 1. Con l’obiettivo di valutare l'impatto e la sicurezza di ASA sugli esiti vascolari e non-vascolari in prevenzione primaria, gli Autori hanno elaborato una sintesi dei risultati di vari studi clinici selezionati dai database completi (fino al giugno 2011) di Medline e Cochrane Library of Clinical Trials. 2. In base ai criteri di selezione prefissati, sono stati inclusi nove studi randomizzati e controllati verso placebo, ciascuno con almeno 1000 partecipanti, con presentazione di risultati relativi a malattie cardiovascolari (CVD), esiti non-vascolari, morte dei partecipanti. 3. Gli odds ratio (OR) specifici di ciascuno studio sono stati combinati tramite una metanalisi ad effetti casuali. Sono stati valutati rischi vs benefici, confrontando la riduzione del rischio CVD con l'aumento di sanguinamento. 4. Durante un periodo medio (SD) di follow-up di 6,0 (2,1) anni, coinvolgente oltre 100.000 partecipanti, il trattamento con ASA ha ridotto gli eventi CVD totali del 10%, grazie principalmente ad una riduzione dell’infarto miocardico non-fatale. Non si è verificata una riduzione significativa di morte cardiovascolare o per cancro, mentre è stato rilevato un aumentato rischio di eventi emorragici clinicamente rilevanti. 5. La profilassi con ASA nelle persone senza malattia cardiovascolare pregressa non porta alla riduzione della mortalità CVD o della mortalità per cancro. Poiché i benefici sono ulteriormente compromessi da episodi di sanguinamento importante, l'uso routinario di ASA in prevenzione primaria non è raccomandato e le decisioni di trattamento devono essere considerate caso per caso. Parole Chiave: Acido acetilsalicilico • Aspirina • Prevenzione primaria • Malattia cardiovascolare • Neoplasie VERSIONE ITALIANA TRATTA DALL’ARTICOLO ORIGINALE: Seshasai SRK, Wijesuriya S, Sivakumaran R, et al. Effect of aspirin on vascular and nonvascular outcomes: Meta-analysis of randomized controlled trials. Archives of Internal Medicine 2012;172:209-16. – http://archinte.ama-assn.org/cgi/content/abstract/archinternmed.2011.628
I ntroduzione Mentre le metanalisi sino ad oggi eseguite (1,2) hanno mostrato benefici modesti di ASA per la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari (CVD), non è ancora chiaro in quale misura a tali benefici si contrappongano episodi di sanguinamento clinicamente importanti. Dati emergenti da studi di prevenzione primaria e secondaria suggeriscono anche una riduzione significativa della mortalità per cancro nelle persone che ricevono la profilassi con
ASA (3) stimolano il dibattito sull’opportunità di un uso più diffuso di questa molecola tra gli individui sani (4). Le attuali linee guida per l’impiego di ASA nella prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari sono basate su informazioni provenienti da studi clinici pubblicati fino al 2005 (5,6); in seguito sono stati pubblicati almeno tre ulteriori studi (7-9). Scopo di questa metanalisi è quello di fornire una sintesi aggiornata delle prove riguardanti un ruolo più ampio di ASA in prevenzione primaria, compresi i suoi effetti su risultati finora poco investigati come le malattie non-vascolari
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DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZA PER LA PRATICA CLINICA
(in particolare neoplasie), ed anche valutare se esista una variabilità importante nel rapporto tra rischi e benefici del trattamento con ASA, su base demografica o delle caratteristiche dei partecipanti (10-12).
M etodi Abbiamo consultato i database elettronici di PubMed e della Cochrane Library, dagli inizi fino al giugno 2011, utilizzando per la ricerca termini relativi a: acido acetilsalicilico, aspirina, malattia coronarica (CHD), malattie cardiovascolari, neoplasie, eventi vascolari, mortalità per qualsiasi causa, studi clinici, studi di prevenzione primaria, senza restrizioni di lingua (Figura 1). Questa raccolta di lavori è stata completata cercando non automaticamente, nelle liste bibliografiche, ulteriori studi di riferimento. I nostri criteri predefiniti di inclusione hanno concentrato la ricerca su studi randomizzati, controllati con placebo, che avessero arruolato almeno 1000 partecipanti (senza precedente CHD o ictus, ossia studi di prevenzione primaria) e che avessero avuto almeno 1 anno di follow-up durante il quale siano stati registrati, come endopoint maggiori, risultati relativi a CHD e/o CVD (CHD, ictus, malattie cerebrovascolari, insufficienza cardiaca e malattia arteriosa periferica [PAD]) e siano state fornite precisazioni su eventi emorragici. Poiché i dati sulle neoplasie ed altri esiti non-vascolari non erano generalmente disponibili nei report dello studio principale, abbiamo ottenuto informazioni rilevanti da: 1. report di uno studio successivo che pubblicava informazioni sugli eventi non-vascolari (13); 2. recente metanalisi di dati dei singoli partecipanti a studi randomizzati su ASA in gruppi misti (3) (vale a dire, comprese le popolazioni di prevenzione primaria e secondaria) e utilizzando i numeri ivi forniti per ricavare i dati sugli endpoint aggiuntivi come morte nononcologica, non-vascolare; 3. ricercatori dei singoli studi: dati precedentemente non pubblicati sulle neoplasie sono stati forniti da due studi: Hypertension Optimal Treatment Trial (HOT) (14) e Physicians Health Study (PHS) (15). Siccome outcome non-vascolari erano generalmente riportati come eventi fatali, per neoplasie ed altri esiti nonvascolari, sono state calcolate stime di rischio, piuttosto che l’incidenza di mortalità. Studi che avevano arruolato soggetti con pre-esistente PAD erano eleggibili per l’inclusione, purché i soggetti fossero asintomatici per questa condizione e senza storia di CVD. Studi di prevenzione secondaria o di prevenzione sia primaria che secondaria (16), studi-pilota (17), e studi di confronto dell’ASA con altri farmaci antiaggreganti piastrinici, invece di placebo (18) sono stati esclusi. In caso di più pubblicazioni dalla stessa fonte, abbiamo utilizzato le informazioni del report principale, se non diversamente specificato.
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Così, sono risultati eleggibili per la metanalisi 9 studi condotti su 102.621 partecipanti. Tre autori (SW, RS, e SN), indipendentemente l’uno dall’altro, hanno elaborato i dati (ivi compresi caratteristiche demografiche, numero dei partecipanti e degli eventi, media (o mediana) della durata dei follow-up e stime di rischio); le discrepanze sono state risolte attraverso la discussione (SRKS e KKR).
Abbreviazioni: AAA, Aspirin for Asymptomatic Atherosclerosis Trial (9); BDS, British Doctors Study (24); HOT, Hypertension Optimal Treatment Trial (14); JPAD, Japanese Primary Prevention of Atherosclerosis With Aspirin for Diabetes Trial (8); PHS, Physicians’ Health Study (15); POPADAD, Prevention of Progression of Arterial Disease and Diabetes Trial (7); PPP, Primary Prevention Project (26); TPT, Thrombosis Prevention Trial (25); WHS, Women’s Health Study (13); ASPREE, Aspirin in Reducing Events in the Elderly; LASAF, Low-Dose Aspirin, Stroke, Atrial Fibrillation; PACE, Prevention With Low-Dose Aspirin of Cardiovascular Disease in the Elderly.
Figura 1. Dettagli sulla letteratura oggetto di revisione.
Seshasai et al. - Effetti vascolari e non-vascolari di ASA in prevenzione CVD
Per gli studi che riportavano la combinazione di end point clinici con almeno un endpoint sussidiario controllata (ad esempio, CHD totale e infarto miocardico non-fatale o CHD fatale, ma non entrambi), il numero di eventi per l’endpoint mancante è stato calcolato con una semplice sottrazione (o addizione, a seconda dei casi), supponendo che questi eventi non si sovrapponessero. I nostri endpoint maggiori di efficacia erano mortalità totale per CHD e mortalità per tutti i tumori, con sottotipi di malattia vascolare, eventi cardiovascolari totali, morte per causa specifica, e mortalità per qualsiasi causa, come endpoint secondari di efficacia. Poiché la definizione di eventi emorragici importanti variava a seconda dello studio, e dal momento che non erano disponibili dati del livello-partecipanti per consentire una riclassificazione secondo criteri standard, (19,20) abbiamo definito, come nostro endpoint maggiore composito di sicurezza, una categoria di sanguinamento clinicamente “rilevante”: emorragia fatale da qualunque sito; emorragia cerebrovascolare o retinica; sanguinamento da viscere cavo; emorragia che ha richiesto ospedalizzazione e/o trasfusione, o sanguinamento definito maggiore nello studio indipendentemente dall’origine. Questa categoria corrisponde approssimativamente al sanguinamento di tipo 2 o superiore, nella definizione della Academic Research Consortium Bleeding (21). Per valutare l’effetto dell’ASA abbiamo calcolato gli odds ratio (OR) specifici di ciascuno studio non aggiustati, prima di combinarli tramite una metanalisi ad effetti casuali.(metanalisi ad effetto fisso sono state condotte per il confronto). Abbiamo usato gli OR calcolati, invece degli hazard ratio (HR) segnalati, per massimizzare i dati disponibili sugli endpoint individuali, e per coerenza. Data la rara evenienza di diversi outcomes in prevenzione primaria, abbiamo ipotizzato che gli OR calcolati si sarebbero avvicinati molto agli HR riportati. Poiché gli studi individuali differiscono per quanto riguarda le varie caratteristiche, l’eterogeneità è stata quantificata utilizzando la statistica I2 (22) e le potenziali fonti di eterogeneità sono state esplorate con analisi di sottogruppi e metaregressione. La statistica I2 misura la percentuale di variazione complessiva delle stime di effetto che è attribuibile alla eterogeneità tra gli studi. L’analisi dei sottogruppi ha coinvolto studi di raggruppamento in base alle caratteristiche predefinite e calcolando OR strato-specifiche mediante metanalisi ad effetti casuali. Siccome le analisi riguardavano dati aggregati (e non dei singoli partecipanti) non è stato possibile studiare effetti di modificazione in base a caratteristiche variabili di livello dei partecipanti. La metaregressione è stata usata invece per esplorare l’eterogeneità, usando le informazioni sul livello dello studio. I tassi grezzi di eventi per gruppi ASA e di controllo sono stati calcolati utilizzando i dati sul numero di eventi e il tempo medio di follow-up (quando non è stata disponibile la media della durata, è stata usata la mediana). Per contestualizzare il beneficio netto dovuto al trattamento con ASA, abbiamo confrontato i tassi di tutte le associazioni statisticamente significative (CVD o infarto miocardico non-fatale) con i tassi di sanguinamento. I tassi medi di eventi al basale per la popolazione di studio combinata sono stati stimati mettendo in comune tassi di controllo per eventi studio-specifici per ogni outcome mediante metanalisi con
effetti casuali. I numeri necessari da trattare per ottenere l’esito (NNT) e per ottenere il danno (NNH) sono stati ottenuti applicando OR aggregati ai tassi medi di eventi al basale per la popolazione di studio combinata. I valori di NNT e NNH presentati in questa metanalisi rappresentano il numero di persone che devono essere trattati con ASA per 6 anni (la media totale di follow-up in questo studio) per evitare o sostenere, rispettivamente, 1 evento. La qualità degli studi è stata valutata utilizzando un sistema a punteggio Delphi (23) che si basa sui seguenti elementi: • adeguatezza della randomizzazione; • occultamento dell’assegnazione; • equilibrio tra i gruppi randomizzati al basale; • individuazione di criteri predeterminati di inclusione; • presenza o assenza di blinding; • ricorso ad analisi di intention-to-treat; comunicazione delle stime puntuali e delle misure di variabilità per i principali risultati. Un potenziale bias di pubblicazione è stato studiato utilizzando “funnel plots” (modelli ad imbuto) e il test Egger. Tutti i valori P riportati sono bidirezionali (2-sided); un valore P <.0, 5 è stato considerato statisticamente significativo. Le analisi statistiche sono state eseguite utilizzando software Stata (versione 10.1) (StataCorp).
R isultati Popolazione dello studio Nove studi clinici randomizzati controllati di buona qualità sull’impiego di ASA per la prevenzione primaria di eventi CVD includenti 102 621 partecipanti sono risultati eleggibili (Figura 1, Tabella 1) (7-9,14,15,24-27). La maggior parte degli studi sono stati condotti in popolazioni occidentali con tendenza ad includere gruppi professionali (principalmente i n ambito sanitario (15,24,27). L’età media ponderata (SD) al basale per tutti i partecipanti era di 57 anni (4), e il 46% (n = 47 070) erano di sesso maschile. Sebbene la maggior parte degli studi avesse selezionato partecipanti ad aumentato rischio di CVD, in genere non avevano preselezionato i soggetti in base al diabete, eccetto gli studi “POPADAD - Prevention of Progression of Arterial Disease And Diabetes Study” (7) e “JPAD - Japanese Primary Prevention of Atherosclerosis With Aspirin for Diabetes Trial (8).Altre caratteristiche, compresi i fattori di rischio per CVD, variano notevolmente da uno studio all’altro. Follow-up ed eventi Sulla durata media (SD) di follow-up di 6,0 (2,1) anni (circa 700.000 anni-persona a rischio) nei 9 studi, si sono verificati 2.169 eventi CHD, di cui 1.540 casi di infarto miocardico non-fatale e 592 eventi coronarici fatali. Un studio (8) non ha registrato alcun evento di infarto miocardico fatale nel gruppo trattato con ASA, di conseguenza, 0,5 eventi sono stati aggiunti in entrambi i gruppi di trattamento per calcolare gli OR. Altri risultati maggiori includevano: ictus (n = 1504); eventi CVD totali (n = 4278); morte per CVD (n = 1285), morte da cause non-vascolari (n = 2587); morte per cancro Otoneurologia 2000 Aprile 2012 n. 38
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DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZA PER LA PRATICA CLINICA
Paese
Anno
Partecipanti (n)
Età, media (DS) aa.
Maschi %
Diabete %
Fumatori %
PAS media (DS) mmHg
BDS (24)
Inghilterra
1988
5.139
63,6
100
2
31
135,8
PHS (15)
USA
1989
22.071
53,8
100
2
11
128,5
HOT (14)
Multiplo
1998
18.790
61,5
53
8
16
170
TPT (25)
UK
1998
5.085
57,5
100
NS
41
139
PPP (26)
Italia
2001
4.495
64,4
42
17
15
145,1
WHS (13)
USA
2005
39.876
54,6
0
3
13
127,3
POPADAD (7)
Scozia
2008
1.276
60,3
44
100
31
145
JPAD (8)
Giappone
2008
2.539
64,5
55
100
21
135
AAA (9)
Scozia
2010
3.350
61,6
28
3
32
147,5
102.621
57,3a (4,1)
46
8
16
138a (17)
Trial
Totale o Media (DS) Colesterolo Totale, media (DS), mmol/Lb
Dose ASA mg, e posologia
Trattamento concomitanteb
Partecipanti complessivi, Durata follow-up, aac
Gruppo ASA, Durata follow-up, Anni-personad
Gruppo Placebo, Durata follow-up, Anni-persona
ASA (formulazione)
BDS (24)
NS
500 mg o 300 mg al giorno
Compresse, solubile o effervescente (500 mg) o gastro-resistente (300 mg)
No
6,0
18.820
9.470
PHS (15)
5,46
325 mg a giorni alterni
Compresse
No
5,02
54.560
54.356
HOT (14)
6,1
75 mg al giorno
NS
Sì
3,8
35.71635.686
TPT (25)
6,4
75 mg al giorno
A rilascio controllato
Sì
6,4
8.105
8.071
PPP (26)
6,1
100 mg al giorno
Gastro-resistente
Sì
3,6
8.014
8.168
WHS (13)
5,2
100 mg a giorni alterni
NS
Sì
10,1
201.333
201.414
POPADAD (7)
5,52
100 mg al giorno
NS
Sì
6,7
4.275
4.275
JPAD (8)
5,21
81 mg o 100 mg al giorno
NS
No
4,37
5.515
5.580
AAA (9)
6,2a
100 mg al giorno
Gastro-resistente
No
8,2
13.735
13.735
6,0 (2,1)
350.073
340.755
Trial
Totale o Media (DS)
5,5 (0,5)
Abbreviazioni: AAA, Aspirin for Asymptomatic Atherosclerosis Trial; BDS, British Doctors Study; HOT, Hypertension Optimal Treatment Trial; JPAD, Japanese Primary Prevention of Atherosclerosis With Aspirin for Diabetes Trial; NS, non riportato; PHS, Physicians’ Health Study; POPADAD, Prevention of Progression of Arterial Disease and Diabetes Tria; PPP, Primary Prevention Project; PAS, pressione arteriosa sistolica; TPT, Thrombosis Prevention Trial; WHS, Women’s Health Study. a Rappresenta la media pesata (DS). b Trattamenti concomitanti: principi diversi dai farmaci antiaggreganti(ad es. terapia anti-ipertensiva) c Durata del follow-up per POPADAD e JPAD = mediana. Colesterolo totale per POPADAD = mediana. Dati sui valori di colesterolemia al basale mancano nello 0,6% circa dei partecipanti allo studio AAA. d Durata del follow-up (anni-persona): ricavata dai report degli studi BDS e TPT; calcolata, per gli altri studi, in base al numero dei partecipanti per gruppo moltiplicato per la media (o la mediana) del tempo di follow-up. Nello studio PHS, la durata del follow-up riportata variava a seconda degli outcomes; i numeri corrispondono a quelli per infarto miocardico (fatale e non-fatale).
TABELLA 1 – Caratteristiche dei singoli trial inseriti nella metanalisi.
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Seshasai et al. - Effetti vascolari e non-vascolari di ASA in prevenzione CVD
(n = 1512, 8 studi); morte da causa non oncologica, non vascolare (n = 983, 8 studi); mortalità per qualsiasi causa (n = 3895); eventi di sanguinamento totale (n = 40 712), ed eventi emorragici “rilevanti” (n = 10 049). I tassi combinati di incidenza di eventi per un follow-up di 1000 anni-persona nei partecipanti randomizzati al trattamento con ASA vs placebo erano di: 4,1 vs 5,1 per infarto miocardico non-fatale; 1,9 vs 1,9 per infarto miocardico fatale; 7,0 vs 8,1 per CHD totale; 3,8 vs 4,0 per ictus; 12,8 vs 14,1 per eventi CVD totali; 3,9 vs 4,0 per mortalità CVD; 6,6 vs 7,2 per morte non-CVD; 5,3 vs 5,9 per morte per cancro; 3,1 vs 3,2 per morte da causa non oncologica, non-vascolare; 11,0 vs 11,7 per mortalità da tutte le cause; 36,0 vs 21,2 per eventi totali di sanguinamento, e 9,7 vs 7,4 per eventi emorragici “rilevanti”. Effetti dell’ASA sugli outcome vascolari e non-vascolari Il trattamento con ASA è stato associato ad una significativa riduzione del 10% del rischio di eventi cardiovascolari totali (OR 0,90; IC 95%, 0,85-0,96), ampiamente attribuibile alla riduzione del 20% del rischio di infarto miocardico non-fatale (OR, 0.80; IC95%, 0,670,96) (Figura 2). Non si è verificato alcun effetto benefico su: infarto miocardico fatale (OR, 1,06; IC 95%, 0,83-1,37), ictus (OR, 0,94; IC 95%, 0,84-1,06) o morte CVD (OR 0,99; IC 95%, 0,85-1.15). Modeste e non significative riduzioni sono state osservate per: CHD totale (OR 0,86; IC 95%, 0,74-1,01), mortalità totale non-vascolare (OR
0,92; IC 95%, 0,85-1,00) e mortalità per qualsiasi causa (OR, 0,94; IC 95%, 0,88-1,00), anche se non vi sono prove convincenti di vantaggio per quanto riguarda la mortalità per cancro (OR, 0,93; IC 95%, 0,84-1,03). Al contrario, vi era un eccesso di rischio del 70% di eventi totali di sanguinamento (OR 1,70; IC 95%, 1,17-2,46) e un eccesso di rischio superiore al 30% di eventi emorragici “rilevanti”(OR, 1,31; IC 95%, 1,14- 1,50) nei soggetti trattati con ASA. Risultati qualitativamente simili sono stati osservati in analisi ristrette agli studi sull’impiego quotidiano di ASA - cioè, dopo aver escluso gli studi “WHS-Women’s Health Study” (13) e PHS (15), - salvo che il rischio di sanguinamento “rilevante” era ancora più elevato in questi studi (OR, 1,48; IC 95%, 1,17-1,86). Notevole eterogeneità è stata osservata per gli OR degli endpoint maggiori di efficacia e sicurezza (Figura 2), non spiegabili in base alle caratteristiche riportate (Figura 3). Il rischio di eventi cardiovascolari nelle persone trattate con ASA è stato, comunque, più basso in età più avanzata, e quello di sanguinamento “rilevante” è stato po’ più elevato in età più giovane e in soggetti con livelli più alti di ipertensione. Contrariamente ai resoconti precedenti (28), non abbiamo trovato differenze significative relative al sesso, per l’effetto del trattamento su eventi cardiovascolari totali. Infine, nessuna significativa eterogeneità tra gli studi è stata osservata per morte non-vascolare, morte per cancro e mortalità per qualsiasi causa (P>0,10; Figura 2).
Legenda: CHD, cardiopatia coronarica; CVD, malattia cardiovascolare; MI, infarto del miocardio.
Figura 2. Effetto di ASA su outcome vascolari e non-vascolari o morte.
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DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZA PER LA PRATICA CLINICA
Figura 3. Effetto di ASA su infarto miocardico (MI) non-fatale, eventi totali di malattia cardiovascolare (CVD) ed episodi di sanguinamento “rilevante”, secondo le diverse caratteristiche di livello di studio. Il numero di MI non-fatale per studio, sono stati divisi in categorie di 100 eventi e più o meno di 100. Per gli eventi CVD totali e di sanguinamento “rilevante”, le categorie corrispondenti erano di 500 eventi e più o meno di 500. I valori P presentati si riferiscono al test complessivo di eterogeneità tra sottogruppi.
Analisi di sensibilità L’effetto dell’ASA sull’infarto miocardico non-fatale o sugli eventi cardiovascolari totali non è risultato correlabile alla dose media giornaliera assunta ed è stato più pronunciato negli studi pubblicati prima del 2000 (rispetto agli studi più recenti (Figura 3). I risultati sono stati simili, escludendo gli studi condotti esclusivamente in popolazioni non-occidentali (JPAD) (8), o in persone con diabete (JPAD e POPADAD) (8,7) o con PAD asintomatica (POPADAD e “AAA-Aspirin for Asymptomatic Atherosclerosis Trial”) (8,9), o in operatori sanitari, “BDS- British Doctors Study” (8), PHS (15) e WHS (13). I risultati sono stati simili anche quando è stata usata una metanalisi ad effetto fisso, invece di modelli ad effetti casuali. Non c’è stata evidenza di bias di pubblicazione (test di Egger, valore P >0,05 per tutti i risultati principali. Vantaggi comparativi di ASA Il beneficio netto dovuto al trattamento con ASA (espresso come differenza tra i tassi assoluti di eventi nel gruppo placebo e nel gruppo ASA), sia per infarto miocardico non-fatale sia per eventi cardiovascolari totali, è risultato aumentato proporzionalmente con i tassi base di eventi per questi risultati, anche se il beneficio è apparso più modesto per CVD che per infarto miocardico non-fatale (Figura 4). Tali benefici sono stati compensati da un aumento del tasso di sanguinamento “rilevante”, anche se per l’infarto miocardico nonfatale è emerso un suggerimento che a tassi base elevati di eventi ci può essere un vantaggio netto a favo re della profilassi con ASA.
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L’NNT per evitare 1 evento di infarto miocardico non-fatale in 6 anni è stato 162 (NNT era 120 per evitare 1 evento cardiovascolare nello stesso periodo). In confronto, il NNT per la morte nonvascolare è stato 292 (247 per la morte per cancro), e almeno 1 episodio di sanguinamento “rilevante” si è prodotto ogni 73 persone trattate con ASA per circa 6 anni.
D iscussione Questa metanalisi fornisce la più grande evidenza da considerare relativamente gli effetti più ampi del trattamento con ASA nella prevenzione primaria e contestualizza la rilevanza della profilassi con ASA, confrontando la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari contro il concomitante aumento di rischio di sanguinamento. A differenza degli studi precedenti, le risultati qui riportate non indicano un ruolo protettivo dell’ASA contro la mortalità per cancro in soggetti a medio-basso rischio per eventi di malattie cardiovascolari. I dati disponibili indicano anche che l’effetto cardiovascolare principale dell’ASA nella prevenzione primaria è sull’infarto miocardico non-fatale senza alcun reale beneficio per quanto riguarda la morte da infarto miocardico fatale, ictus o malattie cardiovascolari. Anche questi benefici sono considerevolmente compensati da un rischio elevato di sanguinamento (NNT per infarto miocardico non-fatale di 162 vs NNH per sanguinamento rilevante di 73). Sebbene i nostri dati siano stati insufficienti per identificare in modo conclusivo sottogruppi di soggetti che traggono probabilmente benefici dal trattamento con ASA, i risultati nonostante ciò indicano un rischio aumentato di sanguinamento rilevante in
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A. Grafico plot di differenza di rischio assoluto di incidenza di eventi per outcome maggiori, in rapporto al placebo. B. Grafico plot di confronto tra numero assoluto di eventi di sanguinamento “rilevante” causati vs numero assoluto di eventi di MI non-fatale evitati. C. Grafico plot di confronto tra numero assoluto di eventi di sanguinamento “rilevante” causati vs numero assoluto di eventi CVD evitati. In ciascun pannello, il nome del trial identifica i simboli corrispondenti ai dati originali dei vari studi, mentre le linee continue rrappresentano valori agregati. Nel grafico A, l’asse-x presenta l’incidenza di eventi nel gruppo placeb per ciascuno degli outcome di interesse (MI non-fatali, CVD totali, e sanguinamento “rilevante”), mentre l’asse-y mostra la differenza di rischio per questi outcome (numero totale di eventi evitati in caso di MI non-fatale e CVD totali, ma anche numero totale di eventi avversi causati in caso di sanguinamento “rilevante”). Nei grafici B e C, l’asse-x mostra il numero assoluto di eventi evitati in ciascuno studio per MI non-fatale o CVD totali, rispettivamente, a confronto con il numero assoluto di eventi di sanguinamento “rilevante” causati negli stesi studi (asse-y).
Figura 4. Confronto rischi vs benefici dovuti al trattamento con ASA, per la prevenzione primaria della malattia cardiovascolare.
soggetti che assumono quotidianamente trattamento con ASA (vs giorni alterni), con un rischio particolarmente sfavorevole rispetto al beneficio per i soggetti a più basso rischio di malattie cardiovascolari di base. Poiché può essere discutibile che eventi come l’infarto miocardico sono potenzialmente più seri rispetto al sanguinamento, sia i pazienti che i medici dovrebbero considerare con attenzione i relativi meriti del trattamento con ASA giornaliera nella prevenzione primaria. Ad ogni modo, sono state osservate modeste, non significative riduzioni di morte non vascolare e mortalità per ogni causa, con benefici discutibili relativamente alla mortalità per cancro. Sebbene evidenze recenti indichino che l’ASA riduce la mortalità per alcune neoplasie (3,29), ciò si basa su informazioni derivanti sia da studi primari che secondari. Considerato che i tassi base di evento per neoplasie e altre malattie croniche possono essere diversi per i soggetti con malattie cardiovascolari preesistenti, e siccome lo stile di vita concomitante o le decisioni del trattamento possono alterare i rischi associati a questi risultati, è probabile che le valutazioni di rischio basate sui trial di prevenzione primaria siano più informative. È stato anche argomentato che la frequenza della somministrazione di ASA è un importante fattore nel determinare insorgenza di cancro, con benefici più prolungati con il trattamento giornaliero a confronto con quello a giorni alterni (3). Tuttavia, non siamo stati in grado di confermare queste osservazioni, perché la mortalità per cancro non è riuscita a raggiungere una rilevanza statistica anche dopo aver escluso studi che hanno utilizzato un trattamento con ASA a giorni alterni (WHS e PHS) (OR, 0,88; IC 95%, 0,76-1,01) (13,15). È plausibile che l’uso giornaliero di ASA possa indurre a un rilevamento precoce di tumori, dopo indagini esplorative per sanguinamento, con apparente beneficio di sopravvivenza (che potrebbero tuttavia essere artefatti). I risultati della nostra analisi meritano un’attenta considerazione alla luce dell’evidenza esistente relativa all’uso di ASA nella prevenzione primaria. Ad esempio, la dimensione della riduzione di rischio osservata per gli eventi di infarto miocardico non-fatale e malattie cardiovascolari totali è ampiamente compatibile con alcuni report precedenti (30). È stato suggerito che la farmacocinetica dell’ASA può essere diversa tra uomini e donne (31,32) con conseguenti differenze di sesso nell’efficacia. Tuttavia, la nostra analisi non ha rilevato alcuna differenza materiale nell’effetto del trattamento con ASA per sesso. Sebbene questi risultati possano essere propensi a influenze ecologiche o altre, sono in accordo con la metanalisi di dati di singoli partecipanti su larga scala, in cui è stata riscontrata una mancanza di alcuni importanti interazioni per sesso (30) per i maggiori esiti di malattie cardiovascolari. La nostra analisi ha mostrato
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anche che l’ASA non è stata migliore del placebo nella riduzione di eventi di infarto miocardico non-fatale nei trial pubblicati dopo il 2000, che possono essere attribuiti a trattamenti migliori per malattie cardiovascolari o sottolineare i fattori di rischio. Questa insufficienza indica che nelle impostazioni contemporanee della prevenzione primaria l’ASA può porre un po’ di valore addizionale ad altre strategie di riduzione di rischio nelle malattie cardiovascolari che hanno come obiettivo il livelli lipidici, pressione arteriosa e fumo, specialmente in soggetti a basso rischio. Dall’altro lato, l’ASA potrebbe essere associata ad un danno netto dovuto ad un potenziale aumentato per sanguinamento. Le linee guida correnti per la prevenzione primaria raccomandano l’uso diffuso di ASA in soggetti a rischio aumentato per malattie cardiovascolari (5,33,34). Altri hanno suggerito anche regolare profilassi in soggetti al di spora di una certa età sia singolarmente che in combinazione con altri agenti (36). Ad ogni modo, tali strategie richiedono indagini più accurate perché l’ASA non può essere confrontata con altre statine o agenti che abbassano la pressione arteriosa per quanto concerne i suoi effetti sulla morte per malattie cardiovascolari. Dunque, basandoci sui nostri risultati riguardo un beneficio marginale sull’infarto miocardico non-fatale, su un effetto non rilevante sulla morte per cancro, e su un rischio aumentato significativamente di sanguinamento clinicamente rilevante, sarebbe opportuno rivalutare le linee guida esistenti per l’uso dell’ASA nella prevenzione primaria. I nostri dati inoltre evidenziano la necessità di una evidenza più forte negli specifici sottogruppi di partecipanti (37,38), poiché le linee guida correnti (39) sono basate su un’evidenza limitata in sottogruppi diversi. Gli studi futuri dovrebbero pertanto tendere a valutare l’impatto del trattamento con ASA a basso dosaggio, a giorni alterni, sui risultati sia vascolari che non vascolari, specialmente negli specifici sottogruppi di soggetti (40) e all’interno di popolazioni diverse (41). Inoltre, a causa della durata media del follow-up relativamente breve riportata in questa metanalisi, potrebbero essere giustificati studi a lungo termine per chiarire il ruolo preciso dell’ASA nella prevenzione del cancro. Malgrado ovvi vantaggi, vi sono importanti limiti nelle nostre analisi. Innanzitutto, non siamo stati in grado di accordare le definizioni di risultato tra gli studi (specialmente per i risultati con alta eterogeneità come il sanguinamento) e di quantificare precisamente
l’effetto del trattamento con ASA nei sottogruppi clinicamente rilevanti. Nondimeno, abbiamo combinato gli episodi di sanguinamento, che erano improbabilmente rilevanti e le analisi condotte sul sottogruppo usando informazioni disponibili negli studi. In secondo luogo, siccome i dati sull’incidenza di neoplasie non erano generalmente disponibili dai report pubblicati, siamo stati in grado solo di valutare la relazione tra trattamento con ASA e mortalità per cancro. Sebbene questo possa avere alquanto sottovalutato questa associazione, di fatto potrebbe essere stato vantaggioso per la validità dello studio, perché le stime basate sulla mortalità, piuttosto che sull’incidenza probabilmente risultano essere meno influenzate da pregiudizi di accertamento. In terzo luogo, l’effetto dell’ASA sulla mortalità per cancro potrebbe essere valutata utilizzando le informazioni provenienti solo da 8 su 9 studi. Nonostante ciò, questi risultati sono abbastanza rilevanti perché nella nostra analisi è stata inclusa la maggioranza dei trial sulla prevenzione primaria con ASA. Quarta considerazione: dato che abbiamo studiato l’effetto dell’ASA su risultati multipli, alcune associazioni possono essere dovute solo al caso. Ad ogni modo, dato che le stime di rischio erano ampiamente compatibili con i report precedenti (30), è probabile che il campo di tutte le associazioni artefatte è limitato. In ultima analisi, dato che la maggior parte degli studi è stata eseguita in gruppi occupazionali di popolazioni occidentali, i risultati di questa metanalisi potrebbero non essere totalmente generalizzabili. In conclusione, abbiamo riscontrato benefici piuttosto modesti del trattamento con ASA sugli eventi di infarto miocardico non-fatale e di malattie cardiovascolari totali nella prevenzione primaria, mentre l’effetto sulla mortalità per cancro non è stata rilevante. Poiché i benefici del trattamento con ASA sono stati accompagnati da un significativo aumento nel rischio di sanguinamento, occorrono studi ulteriori per identificare sottogruppi di soggetti con un rapporto favorevole rischio/beneficio per l’uso di ASA in prevenzione primaria e/o che includa soggetti a più alto rischio. In assenza di tale informazione, sembra essere giustificata una rivalutazione delle linee guida correnti, particolarmente nei paesi in cui viene prescritta ASA ad un gran numero di adulti sani, poiché in una proporzione significativa di questi soggetti potrebbero svilupparsi complicanze da sanguinamento (42).
B ibliografia 1. Bartolucci AA, Tendera M, Howard G. Metaanalysis of multiple primary prevention trials of cardiovascular events using aspirin. Am J Cardiol 2011;107:1796-801. 2. Raju N, Sobieraj-Teague M, Hirsh J, O’Donnell M, Eikelboom J. Effect of aspirin on mortality in the primary prevention of cardiovascular disease. Am J Med 2011;124:621-9. 3. Rothwell PM, Fowkes FG, Belch JF, Ogawa H, Warlow CP, Meade TW. Effect of daily aspirin on longterm risk of death due to cancer: analysis of individual patient data from randomised trials. Lancet 2011;377:31-41. 4. Opie LH. Aspirin in the prevention of cancer [letter]. Lancet 2011;377:1651. 5. US Preventive Services Task Force. Aspirin for the prevention of cardiovascular disease: US Preventive Services Task Force recommendation statement. Ann Intern Med 2009;150:396-404. 6. Wolff T, Miller T, Ko S. Aspirin for the primary prevention of cardiovascular events: an update of the evidence for the US Preventive Services Task Force. Ann Intern Med 2009;150:405-10.
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Commento Rischio Ototossicità nella Prevenzione Primaria Cardiovascolare Giorgio Guidetti Responsabile del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare Azienda USL di Modena, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO) e-mail: g.guidetti@ausl.mo.it
GLI EFFETTI OTOTOSSICI dell’acido acetilsalicilico Durata dell’uso Rischio Relativo Rischio Relativo Casi Anni-Persona (ASA) ad elevati dosaggi sono ben noti da molto tempo (anni) adattato per età multivariato* e riguardano acufeni, perdita d’udito e alterazioni dei Aspirina suoni percepiti reversibili. 0 1042 156,188 1,0 1,0 Si conosce invece molto poco sull’uso regolare dell’ASA 1-4 1122 108,177 1,35 (1,24-1,46) 1,28 (1,17-1,40) a bassi dosaggi, impiego che si è ampiamente diffuso 5-8 687 56,431 1,34 (1,22-1,48) 1,30 (1,17-1,44) nella popolazione anziana da poco più di vent’anni, per >8 637 48,282 1,26 (1,14-1,40) 1,17 (1,04-1,31) la prevenzione delle patologie cardiovascolari. FANS Una novità di rilievo è emersa da un primo ampio studio osservazionale sui FANS, pubblicato nel 2010 (Curhan 0 2409 284,706 1,0 1,0 1-4 721 59,774 1,30 (1,20-1,42) 1,23 (1,12-1,34) et al, Am J Med 2010) e condotto su di una popolazione >4 358 24,600 1,41 (1,26-1,57) 1,33 (1,18-1,49) sanitaria di 27.000 soggetti (40-74 anni), stratificati per Paracetamolo età (per 3 gruppi di eta <50 anni, 50-59 anni, ≥60 anni), tipo di molecola assunta, dosaggio, frequenza e periodo 0 2897 320,893 1,0 1,0 di somministrazione (n° anni: 0, 1-4, 5-8, >8). 1-4 420 36,348 1,23 (1,11-1,36) 1,19 (1,07-1,32) >4 171 511,838 1,39 (1,19-1,62) 1,33 (1,14-1,56) La popolazione in studio, monitorata per oltre 20 anni, ha fornito un riscontro sull’uso regolare di ASA a bassi FANS = farmaci antinfiammatori non steroidei dosaggi (2 o più volte alla settimana), che risulta indi*Adattati per età, indice di massa corporea, alcool, attività fisica, folati, fumo, ipertensione, diabete, professione e razza. pendentemente associato ad un aumento del rischio di ipoacusia stabile (Tabella 1). TABELLA 1 – Rischio Relativo (IC 95%) di ipoacusia (adattato per età e multivariaQuesto studio clinico osservazionale segue diversi studi to) associato alla durata dell’assunzione dell’analgesico (mod. da: Curhan et al, Am preclinici su modelli animali ed in vitro, che hanno fatto J Med 2010). luce sui possibili meccanismi neuro-fisiopatologici attraverso i quali i salicilati producono danni alle strutture della via uditiva, favorendo forme di ipoacusia e tinnito non reversibili. Indagini su modelli animali indicano che la somministrazione di salicilati determina anomalie funzionali delle cellule ciliate esterne e la riduzione della perfusione ematica cocleare, con sofferenza del ganglio del Corti. Altri studi sperimentali e in vitro fanno pensare che l’acido acetilsalicilico possa agire aumentando il “guadagno” del sistema uditivo centrale (Sun et al, Neuroscience 2009), presumibilmente per inibizione della down-regulation GABA-mediata, fenomeno che conduce ad una abnorme risposta del riflesso di startle acustico, attraverso: • la riduzione dei potenziali d’azione compositi (CAP) della coclea e la risposta uditiva del tronco cerebrale (ABR); • l’attivazione nella via uditiva del TRPV1, il nocicettore del recettore canale cationico posizionato nel ganglio dell’orecchio interno; • l’apoptosi caspasi-mediata nei neuroni del ganglio spirale. Inoltre uno studio recente su cavie (Wei et al, Neuroscience 2010) mostra che il trattamento cronico con dosaggi di salicilato di sodio (SS) sufficienti ad indurre tinnito e perdita d’udito, riduce in maniera permanente l’output neuronale della coclea. Studi precedenti in vitro indicavano che il salicilato di sodio può danneggiare le fibre periferiche (neuriti) dei neuroni del ganglio spirale (SGN), sebbene i meccanismi sottostanti a questo effetto neurotossico siano ancora sconosciuti. In conclusione, la degenerazione della coclea indotta da salicilato potrebbe rappresentare l’espressione di apoptosi neuronale del ganglio spirale.
B ibliografia Curhan SG, Eavey R, Shargorodsky J, Curhan GC. Analgesic use and the risk of hearing loss in men. Am J Med 2010;123:231-7. Sun W, Lu J, Stolzberg D, Gray L, Deng A, Lobarinas E, Salvi R. Salicylate increases the gain of the central auditory system. Neuroscience 2009;159:325-34. Wei L, Ding D, Salvi R. Salicylate-induced degeneration of cochlea spiral ganglion neurons-apoptosis signaling. Neuroscience 2010;168:288-99.
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Fattori ambientali e suscettibilità genetica nella ipoacusia dell’anziano L’identificazione dei geni candidati fornirà nuovi bersagli terapeutici per la protezione da specifici agenti lesivi esogeni e per la rigenerazione cellulare e neuronale Chiara Faccioli, Roberto Bovo, Alessandro Martini U.O. di ORL-Otochirurgia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale-Università di Padova
M essaggi chiave 1. Il deficit uditivo correlato all'età o presbiacusia, è l’alterazione neuro-sensoriale ad elevato impatto sulla Qualità di vita con la maggiore prevalenza nella popolazione anziana. 2. Si tratta di un disturbo complesso ad eziologia multifattoriale, causato dagli effetti combinati di diversi fattori lesivi ambientali e di fattori genetici predisponenti. 3. Meccanismi di danno a carico delle cellule ciliate, di origine metabolica e legati a stress ossidativo, possono essere innescati dall’esposizione a numerosi fattori di rischio ambientale - soprattutto rumore durante il lavoro - traumi, farmaci e altre sostanze ototossiche, patologie mediche croniche, malnutrizione, fumo e alcool. 4. Nel topo geneticamente modificato, e più recentemente anche nell’uomo, sono stati identificati geni di suscettibilità alla presbiacusia, i cui effetti si manifesterebbero attraverso diversi meccanismi, quali maggiore vulnerabilità nei confronti dello stress ossidativo. 5. In futuro una diagnosi più precisa delle diverse forme di presbiacusia renderà probabilmente attuabile una migliore prevenzione del decadimento uditivo e terapie mirate, distinte dalla sola protesizzazione acustica, identificando possibili bersagli di trattamento finalizzato alla protezione e/o rigenerazione cellulare e neuronale. Parole Chiave: Ipoacusia età-correlata • Presbiacusia • Rumore occupazionale • Farmaci ototossici • Stress ossidativo • ROS • Eccitotossicità glutaminergica • DNA mitocondriale • Ereditarietà • Suscettibilità genetica • Modelli animali • Studi di associazione
I ntroduzione La presbiacusia è la più frequente forma di sordità nell’anziano ed è il prodotto di fattori genetici predisponenti e di agenti lesivi ambientali che si sommano nell’arco della vita (1). Diversi studi hanno dimostrato che nel paziente affetto da questa patologia si evidenzia una maggiore incidenza di isolamento sociale, depressione, ansia e declino cognitivo (2,3,4). Lo scopo di questo lavoro è di fornire una panoramica dei dati correntemente disponibili in letteratura sulla presbiacusia, focalizzando l’attenzione principalmente sui fattori ambientali e sulla predisposizione genetica nell’uomo e in modelli animali. Proponiamo inoltre diverse opzioni di prevenzione e future possibili strategie terapeutiche.
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F attori ambientali Il Rumore Numerosi agenti ambientali e condizioni mediche possono accelerare il calo uditivo dovuto all’età, pur con ruoli ed importanza diversi. Tra questi fattori, il rumore può provocare notevoli danni strutturali alle cellule ciliate esterne ed anche interne, sebbene purtroppo la distinzione con gli effetti provocati dal solo invecchiamento sia molto difficile (5,6). Studi su modelli animali sembrano dimostrare che nel topo anziano esposto a rumore, l’ipoacusia è il risultato della somma in dB della perdita dovuta all’età avanzata e quella dovuta all’esposizione a rumore, ciò a conferma dell’ipotesi che questi due fattori eziologici diano contributi separati alla genesi del calo uditivo (7).
Faccioli et al. - Ipoacusia dell’anziano: nei geni il futuro della prevenzione
Uno dei meccanismi del danno da rumore è di origine metabolica, secondario alla massiva liberazione di glutamato, neurotrasmettitore eccitatorio delle sinapsi delle cellule ciliate interne. Un’eccessiva liberazione di glutamato provoca iperstimolazione delle fibre afferenti del nervo acustico con rigonfiamento sino alla rottura dei terminali dendritici per eccitotossicità (8). L’esposizione a rumore intenso aumenta il metabolismo delle cellule ciliate esterne e produce un danno cocleare da stress ossidativo. Un secondo meccanismo che danneggia la coclea esposta a rumore è lo stress ossidativo, ovvero l’accumulo di specie reattive dell’ossigeno e di suoi radicali liberi (9,11,12). Infatti, l’esposizione a rumore intenso aumenta il metabolismo delle cellule ciliate, in particolare quelle esterne dotate di attiva mobilità. I mitocondri di queste cellule aumentano la produzione di energia e per far questo utilizzano ossigeno, liberando così specie reattive dell’ossigeno in quantità superiore alla normale capacità di smaltimento. La tossicità di tali sostanze è dovuta principalmente a danneggiamento del DNA mitocondriale, rottura di catene peptidiche, perossidazione lipidica soprattutto a livello di membrana cellulare, e successiva morte cellulare per apoptosi o necrosi (13). Un ulteriore effetto del trauma acustico è la riduzione del flusso ematico all’orecchio interno, osservato in diversi studi (14,15). L’arteriola spirale modiolare (Figura 1) è dotata di un plesso di fibrille nervose la cui attivazione in seguito ad esposizione a rumore determinerebbe una contrazione delle cellule muscolari lisce e conseguente spasmo del vaso. C’è una forte evidenza che questa riduzione della perfusione ematica renda le cellule ciliate molto più vulnerabili alle diverse noxae patogene. Non è ancora chiaro se la diretta responsabilità del danno sia da attribuire alla ipoperfusione-ipossia, oppure ai radicali dell’ossigeno, che si accumulano soprattutto in fase di secondaria riperfusione (marcata vasodilatazione e produzione di ossidanti come rebound alla fase di vasospasmo/ipossia). Farmaci Ototossici Gli antibiotici aminoglicosidi e il cisplatino agiscono con effetto ototossico soprattutto sulle cellule ciliate esterne del giro basale della coclea, provocando una perdita uditiva più accentuata sulle frequenze acute. Ciascun gruppo di agenti ototossici sembra generare specie reattive dell’ossigeno nella coclea portando alla morte cellulare (16). Anche per l’ototossicità da aminoglicosidi sarebbe implicato un meccanismo legato all’eccitotossicità glutaminergica sulle cellule ciliate interne e sul nervo acustico (17). I salicilati ad alto dosaggio possono causare una perdita uditiva (16), mentre a basso dosaggio possono migliorare la funzione cocleare ed avere un effetto protettivo nei confronti del danno indotto da aminoglicosidi e cisplatino (18). Questo effetto è probabilmente correlato ad un implemento di elettromotricità delle cellule ciliate esterne o a un effetto antiossidante in caso di trattamenti a basse dosi protratti nel tempo (19).
Altri Fattori Tra gli altri fattori ambientali di cui è stata valutata in letteratura la potenziale azione dannosa vanno annoverati gli agenti chimici (toluene, trichloroethylele, styrene and xylene) (20,21), l’abuso di alcool (22,23,24), e il fumo di sigaretta, il cui ruolo resta però ancora controverso (25,24). Altri fattori eziologici degni di nota sono i traumi cranici con perdita d’udito talvolta irreversibile (26), patologie autoimmuni (27,28), diabete (29-32) e malattie cardiovascolari (33). In conclusione, diversi studi hanno dimostrato che un corretto e salutare stile di vita, comprendente una corretta alimentazione (24), può essere un valido aiuto per prevenire la presbiacusia.
F attori genetici L’ipotesi che i fattori genetici possano avere un ruolo significativo nell’eziopatogenesi della presbiacusia è stata proposta per la prima volta negli anni Settanta da Paparella et al (34), pur trattandosi di una semplice osservazione empirica. Essa era basata su due osservazioni: in primo luogo, la comparsa dell’ipoacusia in più membri della stessa famiglia, anche in età molto precoce (già dai 45-50 anni) e in secondo luogo l’elevata varianza dell’ipoacusia anche in popolazioni attentamente selezionate e non esposte a rumore o altre cause di danno uditivo.
Figura 1. A. Lo schema mostra i rapporti anatomici tra arteriola spirale modiolare e fibrille nervose che, attivate dall’esposizione al rumore, determinerebbero una contrazione delle cellule. B. Stria vascolare in immagine al microscopio elettronico.
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Una classificazione delle diverse forme di presbiacusia fu proposta da Schuknecht, che mise in relazione osservazioni istopatologiche ottenute da campioni di osso temporale post-mortem con gli esami audiometrici degli stessi pazienti eseguiti quand’erano ancora in vita (35,36). Tale classificazione fu criticata per la limitata utilità clinica, ma la distinzione tra una presbiacusia di tipo sensoriale, neurale, metabolico, meccanico e misto mantiene un indubbio interesse teorico e didattico (37,38). Negli anni ‘90, il contributo relativo dei fattori genetici rispetto a quelli ambientali nell’uomo fu chiaramente dimostrata da tre studi sull’ereditabilità della presbiacusia. Karlsson et al (39) valutarono 557 individui maschi, gemelli, dimostrando che il 47% della varianza del fenotipo della presbiacusia dopo l’età di 64 anni era attribuibile a fattori genetici. Nel 1999 Gates et al (40) suggerirono un’ereditabilità tra il 33% e il 55% per la presbiacusia sensoriale e tra il 25% e il 42% per quella neurale. Dati ulteriormente confermati da uno studio danese condotto in gemelli oltre i 75 anni di età (41). Un importante aiuto nella definizione eziopatogenetica derivò dagli studi di laboratorio condotti su animali, in particolare sul topo geneticamente modificato, che si dimostrò essere un ottimo modello sperimentale in quanto particolarmente sensibile al danno uditivo da invecchiamento e con caratteristiche molto simili alla presbiacusia dell’uomo. Johnson et al (42) dimostrarono che la presenza di una presbiacusia precoce in un particolare ceppo murino, il B6, era associata ad un locus sul cromosoma 10 che fu chiamato “age-related hearing loss o Ahl”. Un secondo locus Ahl2 è stato localizzato sul cromosoma 5 nei topi NOD/Ltj (43); un terzo locus Ahl3 sul cromosoma 17, topi B6 (44); un quarto locus Ahl4 sul cromosoma 10 distale nei topi A/J (45). Diversi studi dimostrarono che il ceppo murino B6 è omozigote per l’allele Ahl difettivo Cdh23, codificante per la caderina 23 (46-48). Le caderine sono proteine calcio-dipendenti molto diffuse nelle membrane cellulari di tessuti diversi con funzioni di collante intercellulare. Nella coclea, l’otocaderina o CDH23 probabilmente costituisce i ponti trasversali delle stereocilia nelle cellule ciliate esterne ed ha la funzione di mantenerle unite e stabili anche in presenza di sollecitazione elevata da rumore intenso (Figura 2) (48). La carenza o assenza di otocaderina aumenta la vulnerabilità delle cellule ciliate sia nei confronti del danno da rumore che della degenerazione dovuta all’età avanzata.
Purtroppo, tra i molti geni candidati per la presbiacusia precoce nel topo, solo per pochi di essi è stata confermata una corrispondenza nell’uomo. Tra questi il KCNQ4, è un gene localizzato sul cromosoma 1, che controlla la sintesi di una proteina costituente un canale specializzato per il potassio. Mutazioni di questo gene determinano una sordità non sindromica autosomica dominante, DFNA2 (49), il cui fenotipo è caratterizzato da perdita d’udito per le alte frequenze, con una progressione media di 1dB/anno, ovvero con una configurazione di soglia ed una progressione molto simile a quella della presbiacusia (Figura 3). In futuro la ricerca genetica potrebbe portare a bersaglio contro agenti ototossici e stress ossidativo le proprietà antiossidanti di molecole come il glutatione, presenti nell’orecchio interno. Un campo di ricerca molto attuale riguarda i geni che contribuiscono alla difesa nei confronti dello stress ossidativo. Enzimi antiossidanti come la glutatione perossidasi e la superossidodismutasi sono presenti nell’orecchio interno (50) e giocano un ruolo centrale nel metabolismo e nell’inattivazione degli agenti ototossici (51). Sha et al (52), dimostrarono che il giro basale della coclea è molto più vulnerabile al danno da radicali liberi, perché in questa regione si trova una più bassa concentrazione dei livelli di GSH rispetto ai giri intermedio ed apicale. Unal et al (53) hanno dimostrato una significativa associazione tra presbiacusia ed un polimorfismo del gene dell’acetil-transferasi 2 (NAT2*6°), importante enzima protettivo per l’orecchio interno nei confronti dello stress ossidativo. Mutazioni del DNA mitocondriale nell’orecchio interno sono influenzate dal livello di stress ossidativo.
Alti livelli di stress ossidativo sembrano essere fortemente correlati con aumento di mutazioni del DNA mitocondriale nell’orecchio interno. Sino ad oggi la mutazione ritenuta più frequente è la cosiddetta “delezione comune” (CD), che si trova in corrispondenza di 4977 pb nei pazienti affetti da presbiacusia, ma non in pazienti anziani normoacusici (54-58); una mutazione molto simile è stata riscontrata anche nel topo affetto da presbiacusia (59). Più recentemente sono state dimostrate ulteriori delezioni del mtDNA, presenti nelle cellule del ganglio spirale. Queste delezioni potrebbero indurre apoptosi e potrebbero essere perfino più importanti della “delezione comune” nella patogenesi della presbiacusia (60). Numerose delezioni del DNA mitocondriale interessano anche il gene codificante per la sub-unità 3 dell’enzima citocromo c ossidasi; il complesso COX si trova nella membrana mitocondriale interna, è l’ultimo componente della catena respiratoria ed un suo deficit comporta inevitabilmente un danno nei tessuti ad elevato metabolismo (60). Negli ultimi anni vi è stato un notevole progresso nella tecnologia dei microarray per le indagini genetiche molecolari: disponiamo oggi di piastre sempre più potenti ed a costi accessibili, che permettono Figura 2. I tip link (ponti trasversali) in immagine al microscopio elettronico (a) e loro la scansione simultanea di oltre 500.000 SNP (polimorfidisegno schematico (b). smi di singoli nucleotidi) (Figura 4).
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Faccioli et al. - Ipoacusia dell’anziano: nei geni il futuro della prevenzione
I primi studi sulla genetica della presbiacusia condotti con metodica “genome wide” hanno portato a risultati importati: una prima indagine europea ha permesso di stabilire una chiara associazione tra la presbiacusia ed una mutazione (SNP) del gene GRM7 codificante il recettore metabotropico del glutamato 7 (mGluRT7) (61). Questo recettore è espresso nelle cellule ciliate e del ganglio spirale e la sua alterazione comporterebbe una aumentata suscettibilità all’eccitotossicità da glutamato, ovvero una predisposizione alla presbiacusia precoce (61).
P revenzione e trattamento L’identificazione dei fattori genetici implicati nella presbiacusia potrà avere dei risvolti pratici importanti. Per esempio, soggetti geneticamente predisposti alla presbiacusia dovrebbero essere maggiormente protetti dall’esposizione al rumore, dai traumi e dai farmaci ototossici, rispetto agli individui non predisposti. L’esposizione al rumore durante gli stadi maturativi dell’orecchio correla con vulnerabilità dell’udito nell’infanzia e presbiacusia.
Figura 3. Audiogrammi tipici correlati all’età (ARTA) di alcune famiglie con numerosi membri affetti da DFNA2. Si nota la progressione e la configurazione della perdita uditiva molto simili a quella della presbiacusia.
Vi sono inoltre evidenze che l’orecchio risulti particolarmente vulnerabile all’esposizione al rumore durante i suoi stadi maturativi, con maggiore fragilità nell’infanzia e successiva predisposizione ad una degenerazione età-correlata (62). Quindi, le dovute precauzioni dovrebbero sempre essere adottate per minimizzare il danno da rumore in quest’età, e un’educazione a riguardo dovrebbe essere fornita fin dalla scuola elementare (63). La ricerca dei meccanismi di ipoacusia età-correlata ha portato alla concomitante ricerca di sostanze per proteggere o salvare le cellule ciliate dalle noxae patogene, come antagonisti del recettore del glutamato, agenti antiapoptotici, fattori neurotropici e “scavenger” dei radicali liberi. Tali agenti sono stati utilizzati con vari risultati in modelli animali (topo e ratto) (64), nella maggior parte dei casi con successo. Sfortunatamente la sperimentazione sull’uomo è ancora gravata da molte difficoltà tecniche ed etiche. I pochi risultati disponibili sono comunque incoraggianti e nuove tecniche di drug delivery sono in via di sperimentazione, alcune correlate alla chirurgia degli impianti cocleari, altre combinate alla terapia con cellule staminali. Queste nuove strategie potrebbero ridurre il decadimento uditivo inducendo protezione e/o rigenerazione cellulare e neuronale (65).
C onclusioni
Figura 4. Microarray per indagini genetico-molecolari.
La presbiacusia è una patologia complessa e multifattoriale, nella quale sono coinvolti sia fattori genetici che ambientali. Studi di genoma completo sull’ipoacusia età-correlata sono ora possibili a costi accettabili: questi studi hanno permesso l’identificazione di sette possibili regioni di genoma candidate per la suscettibilità alla presbiacusia, e molte altre saranno probabilmente identificate nei prossimi anni. Gli studi di associazione hanno invece evidenziato i primi due geni coinvolti nella patogenesi della malattia. Otoneurologia 2000 Aprile 2012 n. 38
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DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZA PER LA PRATICA CLINICA
L’identificazione di questi fattori genetici permetterà una prevenzione personalizzata nei confronti delle diverse noxae patogene esogene. La rigenerazione delle cellule ciliate nell’orecchio interno sembra possibile, e sostanze protettive sono già state utilizzate in modelli animali con vari risultati.
Nell’uomo, i trials di sperimentazione clinica sono ancora difficili da effettuare per motivi tecnici ed etici, ma i pochi risultati disponibili sembrano incoraggianti. Quindi, il trattamento della presbiacusia con altri mezzi oltre a quello protesico sembra possibile in un futuro non del tutto lontano.
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Corrispondenza: Dott Roberto Bovo, U.O. di ORL-Otochirurgia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale-Università di Padova, Monoblocco 6° Piano, Via Giustiniani 1 - 35100 Padova e-mail: roberto.bovo@sanita.padova.it
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DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZA PER LA PRATICA CLINICA
Manovra di Semont nella Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB) del canale posteriore Un trial randomizzato in doppio cieco (Classe I) porta al livello B la raccomandazione di efficacia a breve termine del trattamento Marco Mandalà1, Giovanni Paolo Santoro1, Giacinto Asprella Libonati2, Augusto Pietro Casani3, Mario Faralli4 Beatrice Giannoni5, Mauro Gufoni6, Vincenzo Marcelli7, Pierpaolo Marchetti8, Emanuela Pepponi1, Paolo Vannucchi5, Daniele Nuti1 Dipartimento di Scienze Neurologiche e Sensoriali, Università di Siena Dipartimento di Otorinolaringoiatria, Ospedale “Madonna delle Grazie”, Matera 3 Dipartimento di Neuroscienze, Università di Pisa 4 Dipartimento di Otorinolaringoiatria, Università di Perugia 5 Dipartimento di Scienze Chirurgiche Oto-Neuro-Oftalmologiche, Università di Firenze 6 Ambulatorio Otorinolaringoiatria, Azienda Ospedaliera 6, Livorno 7 Unità Operativa di Audiologia, Dipartimento di Neuroscienze, Università “Federico II” di Napoli 8 Dipartimento di Statistica Medica ed Epidemiologia, Università di Verona 1 2
Commento Introduttivo Augusto Pietro Casani Sezione ORL - Dipartimento Neuroscienze, Università di Pisa e-mail: a.casani@ent.med.unipi.it
Riproduciamo - con l’autorizzazione del team leader della ricerca Prof. Daniele Nuti - la versione italiana dell’articolo originale: Mandalà M, Santoro GP, Asprella Libonati G, et al. Double-blind randomized trial on short-term efficacy of the Semont maneuver for the treatment of posterior canal benign paroxysmal positional vertigo. Journal of Neurology, Pubblicazione online 19 Ottobre 2011 Nell’epoca della medicina basata sull’evidenza, la validazione di terapie mediche o riabilitative non può prescindere dalla presentazione di pubblicazioni fondate su rigorosi criteri sia in termini di “study design” che di metologia ed analisi dei risultati. In ambito otoneurologico, la relativa scarsità di manoscritti che soddisfino ai suddetti criteri rende estremamente complessa la valutazione dell’efficacia dei numerosi trattamenti proposti per la cura della maggior parte delle sindromi vertiginose, specialmente se le terapie coinvolgono l’utilizzo di strumenti farmacologici. È pertanto degno di nota l’articolo che proponiamo ai lettori nella versione tradotta in italiano; in questo lavoro l’applicazione sistematica delle regole di “good clinical practice” consente una attenta analisi dei risultati del trattamento, confermando l’efficacia delle manovre liberatorie nella terapia della vertigine parossistica posizionale del canale semicircolare posteriore. È auspicabile che a breve vengano programmate analoghe iniziative di studio sul problema delle frequenti recidive della vertigine parossistica posizionale, condizione sicuramente più complessa e molto più invalidante dal punto di vista della qualità di vita del paziente. Individuare la presenza di specifici fattori di rischio per l’insorgenza della recidiva ed ancor più identificare trattamenti potenzialmente utili per la riduzione degli episodi recidivanti di vertigine posizionale, rappresenta un obiettivo ambizioso ma indubbiamente di enorme rilievo nella gestione clinica di questa patologia.
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DEFICIT AUDIO-VESTIBOLARI: EVIDENZE DI EFFICACIA E SICUREZZA PER LA PRATICA CLINICA
M essaggi chiave 1. Lo studio clinico randomizzato in doppio cieco sull'efficacia della manovra liberatoria di Semont (SLM) nel trattamento della vertigine posizionale benigna del canale posteriore (PC-VPPB) è stato espressamente disegnato per ottenere evidenze di classe I sinora mancanti. 2. Un totale di 342 pazienti affetti da PC-VPPB unilaterale sono stati reclutati per uno studio multicentrico e assegnati in modo casuale al trattamento con SLM o ad una manovra fittizia. Ai due follow-up, effettuati da esaminatori in cieco con la manovra di Dix-Hallpike, dopo 1 ora e dopo 24 ore, veniva rilevata una remissione dalle vertigini nettamente superiore nei soggetti sottoposti a SLM: rispettivamente il 79,3% dopo 1 ora e l’86,8% dopo 24 ore, rispetto a nessuno dei pazienti sottoposti a trattamento fittizio (p <0,0001). 3. I pazienti che hanno manifestato nistagmo liberatorio alla fine della SLM hanno mostrato una percentuale significativamente più alta di remissione (87,1% vs 55,7%, p <0,0001). Il nistagmo liberatorio si è dimostrato un fattore prognostico utile per l'efficacia del trattamento. 4. Questo studio di Classe I sull’efficacia della SLM modifica il livello di raccomandazione della manovra per il trattamento di PC-BPPV dal livello C al livello B. Parole Chiave: Vertigine Parossistica Posizionale Benigna • Manovra liberatoria di Semont • EBM • Medicina basata sull’evidenza • Studio clinico randomizzato in doppio cieco • Otoneurologia vestibolare • Canali semicircolari
I ntroduzione La vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) è un disordine causato dal distacco di otoliti maculari del labirinto fluttuanti nei canali semicircolari (canalolitiasi) o, meno frequentemente, da otoliti posizionati sulla cupola (cupulolitiasi). A causa della sua posizione anatomica, il canale posteriore (PC) è il canale più frequentemente coinvolto. Il trattamento principale per la VPPB si basa su manovre fisiche che consentono agli otoliti di lasciare il canale per gravitazione e inerzia centrifuga. La manovra di Epley di riposizionamento dei canaliti (CRP) e la manovra liberatoria di Semont (SLM) sono le procedure più utilizzate per il trattamento di PC-VPPB. CRP e SLM sono state descritte nel 1979 e 1983, rispettivamente, e successivamente semplificate: la prima è diventata più popolare negli Stati Uniti , la seconda in Europa (1). Sebbene entrambe le manovre siano considerate molto efficaci da molti esperti, le linee guida per il trattamento della VPPB prodotte dalla American Academy of Neurology (2) e dalla American Academy of Otolaryngology (3), e una recente revisione (4) hanno concluso che la CRP è “un trattamento efficace e sicuro che dovrebbe essere offerto ai pazienti di tutte le età” con PC-VPPB (Livello di raccomandazione A), mentre la “SLM, sulla base degli articoli attualmente pubblicati, può essere classificata come probabilmente efficace (Livello di raccomandazione C) in mancanza di studi di Classe I e II”. La necessità di determinare l’efficacia evidence-based della SLM, come evidenziato dalle linee guida sulla VPPB prodotte dalle accademie americane di Neurologia e Otorinolaringoiatria (2,3), ha motivato il presente studio. L’obiettivo principale dello studio è stato quello di determinare l’efficacia a breve termine di SLM con un trial randomizzato in doppio cieco. È stato anche valutato il valore prognostico del nistagmo liberatorio, alla fine della SLM e al controllo dopo 1 ora.
M etodi Un totale di 342 pazienti affetti da PC-VPPB unilaterale sono stati reclutati per uno studio multicentrico che ha coinvolto 7 unità di otoneurologia in Italia (Firenze, Livorno, Matera, Napoli, Perugia, Pisa e Siena), dal marzo 2009 al dicembre 2010.
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La diagnosi di PC-BPPV è stata posta in base ai seguenti criteri (3): • storia di vertigine associata a cambiamenti di posizione della testa; • nistagmo torsionale-verticale (con il polo superiore dell’occhio che batte verso l’orecchio patologico) rilevato con occhiali di Frenzel o con videoculografia nella pozione di Dix-Hallpike; • vertigine associata al nistagmo provocato; • latenza tra il completamento del test di Dix-Hallpike con conseguente vertigine e il nistagmo che aumenta e si risolve entro 1 minuto. Sono stati esclusi i pazienti con PC-VPPB bilaterale, nistagmo posizionale atipico multicanale o che trattati precedentemente con manovre di riposizionamento. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale (in base ad un codice generato da computer) al trattamento con SLM (n = 174) o al trattamento fittizio (n = 168). Dopo l’identificazione del lato patologico con test di Dix-Hallpike, la SLM è stata eseguita con l’esaminatore in piedi davanti al paziente, seduto su un lato del lettino, con le gambe lasciate pendere liberamente. La testa del paziente veniva ruotata di 45° verso il lato sano e poi, con un movimento rapido e continuo, il paziente veniva spostato in modo da giacere sul lato patologico, con la parte posteriore della testa appoggiata sul lettino. Il paziente dopo essere stato mantenuto in questa posizione per 2 minuti, veniva rapidamente portato alla posizione seduta e poi abbassato sul lato opposto, mantenendo la testa nella stessa posizione rispetto alle spalle. È stata prestata attenzione a non superare 1,5 secondi nell’esecuzione della torsione di 180°, per provocare un’accelerazione sul canale sufficiente a consentire ai detriti di otoliti di cadere nell’utricolo (5). Al termine della manovra, il paziente è stato disteso sulla spalla del lato sano con naso e zigomo in contatto con il lettino. In questa posizione, l’esaminatore ha controllato il verificarsi del nistagmo liberatorio (nistagmo nella stessa direzione di quello evocato dal test di Dix Hallpike) (6). Il paziente è stato infine riportato alla posizione seduta. La manovra fittizia era costituita da una SLM eseguita per il lato sano. Le manovre sono state eseguite solo una volta e i pazienti non hanno ricevuto istruzioni successive. Poi, 1 ora e 24 ore dopo la manovra SLM o fittizia, i risultati sono stati valutati in cieco da un secondo e da un terzo ricercatore che hanno ripetuto il test di Dix-Hallpike senza intervistare il paziente.
Mandalà et al. - Efficacia della manovra di Semont nella VPPB del canale posteriore
I pazienti che hanno risposto negativamente sono stati considerati ristabiliti. I pazienti di entrambi i gruppi che hanno mostrato una PCVPPB tipica al controllo dopo 24 ore sono stati trattati nuovamente con SLM per il lato patologico. I pazienti sono stati istruiti a tornare in ospedale se i sintomi di VPPB persistevano o si ripresentavano. Sono stati registrati controlli dei pazienti reclutati per lo studio fino a 2 settimane dopo il trattamento. I pazienti che hanno manifestato ancora PC-VPPB sono stati trattati nuovamente con SLM. Lo studio è stato approvato dai comitati etici locali di tutti gli ospedali in cui è stata condotta la sperimentazione clinica. Il consenso informato è stato ottenuto da tutti i partecipanti. I confronti tra i gruppi sono stati valutati mediante test esatto di Fisher o t-test, a seconda dei casi, con un livello di significatività di p < 0,05. L’analisi statistica è stata effettuata con il software SPSS (SPSS, Inc., Chicago, IL, USA).
indipendentemente dall’esecuzione della SLM come primo trattamento o 24 ore dopo la manovra fittizia (Figura 1). La SLM è stata eseguita senza gravi effetti negativi per tutti i pazienti. Gli effetti collaterali della SLM sono stati nausea transitoria, vomito e perdita di equilibrio, e si sono verificati in 35 soggetti.
R isultati Dati clinici e demografici per le due popolazioni (gruppo SLM e gruppo manovra fittizia) sono mostrati in Tabella 1. Nei due gruppi non sono state rilevate differenze nelle caratteristiche demografiche di base o cliniche, mentre il gruppo SLM ha mostrato una prevalenza di lato patologico per il canale destro, ma priva significatività statistica (p = 0,0508). Tutti i pazienti sono stati sottoposti al controllo dopo 24 ore dal trattamento. Al controllo dopo 1 ora, il 79,3% dei pazienti sottoposti a SLM mostrava remissione, e l’86,8% dei soggetti nel gruppo SLM erano liberi da BPPV 24 ore dopo il trattamento, mentre nessuno dei pazienti sottoposti a manovra fittizia ha mostrato remissione (p <0,0001). Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata tra il controllo dopo 1 ora e quello dopo 24 ore nel gruppo SLM (p = 0,0859). In tre soggetti, il nistagmo posizionale è cambiato in tipica BPPV del canale laterale dopo SLM. I pazienti con nistagmo liberatorio dopo SLM per la parte patologica hanno mostrato una percentuale significativamente maggiore di remissione al controllo dopo 1 ora (87,1%vs 55,7%; p <0,0001),
Figura 1. Risultati al controllo di 1 ora in rapporto al verificarsi di nistagmo liberatorio alla fine della manovra nei soggetti trattati con SLM e con manovra fittizia. Il gruppo della manovra fittizia ha ricevuto una SLM 24 ore dopo la manovra fittizia. Analisi statistica: test esatto di Fisher.
D iscussione
Nel 1983, in occasione della conferenza NES in Leuven, Alain Semont presentò una nuova tecnica terapeutica per PC-VPPB, divenuta in seguito molto popolare in Europa. La manovra fisica “libererebbe la cupola grazie alla pressione dell’endolinfa e all’inerzia dei materiali pesanti”. I risultati sono stati davvero straordinari, ma sono stati pubblicati solo qualche tempo dopo (1). Da allora, la SLM è stata semplificata ed è stata fornita una spiegazione plausibile per il suo peculiare meccanismo d’azione. Nonostante la vasta diffusione della manovra adottata dgli otoneurologi, la SLM è considerata solo “probabilmente efficace” a causa della mancanza di studi di Classe I e II. Per quanto noto agli Autori, il nostro lavoro rappresenta il primo studio di Classe I sull’efficacia Manovra di Semont Manovra fittizia valore p della SLM nel trattamento (n = 174) (n = 168) della PC-BPPV. La SLM si è Età 62,1 ± 15,1 63,9 ± 16,2 0,2884* dimostrata particolarmente efficace nel trattamento della Sesso(M/F) 69/105 51/117 0,09141# PC-BPPV rispetto alla Lato patologico (D/S) 103/71 81/87 0,05081# manovra fittizia (p <0,0001). Esordio di PPV (giorni) 14,9 ± 23,5 21,2 ± 39,4 0,0723* Come ipotizzato da altri autori (7), per minimizzare Episodio precedente di PPV (sì/no) 9/165 6/162 0,59991# l’effetto confondente della Nistagmo liberatorio alla fine della prima manovra (sì/no) 142/32 0/168 <0,00011# remissione spontanea ed evidenziare l’effetto della Controllo 1 h assenza/presenza di nistagmo posizionale) 138/3 6,0/168 <0,00011# manovra, abbiamo deciso di Controllo 24 h (assenza/presenza di nistagmo posizionale) 151/23 0/168 <0,00011# eseguire un controllo a Controllo 1 h dopo SLM nel gruppo “manovra fittizia” breve termine. – 135/33 – (assenza/presenza di nistagmo posizionale) Nonostante il ben noto fenomeno dell’affaticamento, TABELLA 1 – . Caratteristiche cliniche e demografiche dei gruppi “manovra di Semont” e “manovra fittizia”. Analisi statistica: * t test; # test esatto di Fisher che può imitare il successo
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del trattamento a causa della dispersione di particelle nel canale dopo ripetute manovre posizionali (7), non abbiamo trovato differenze statisticamente significative tra il controllo dopo 1 ra e quello dopo 24 ore. Abbiamo confermato l’utilità del cosiddetto “nistagmo liberatorio” (6, 8), come fattore prognostico per l’efficacia del trattamento nella maggior parte dei casi; tuttavia, la sua assenza non significa necessariamente che la manovra non avrà successo (8). È stato necessario eseguire più di una manovra per trattare la PC-VPPB nel 15% dei soggetti. I risultati di uno studio di classe II sulla SLM hanno mostrato una diminuzione significativa di intensità e frequenza delle vertigini dopo il trattamento (9). Un altro studio di classe III ha ottenuto un tasso di guarigione del 94,2% con una sola manovra (10), molto vicino al tasso di remissione (86,8%) raggiunto nel presente studio. Entrambi questi studi hanno confermato l’efficacia della SLM rispetto alla manovra fittizia.
Due studi di Classe I sulla CRP hanno dimostrato un tasso di remissione di PC-VPPB vicino al 90% dopo poche settimane, che è molto vicino al tasso di remissione dopo 24 ore dimostrato dal presente studio (7,11). Quando si confrontano i risultati a breve termine (24 ore) dopo una manovra eseguita con entrambe le procedure (SLM o CRP), gli esiti di remissione ottenuti con la SLM (86,8%) sono stati leggermente migliori di quelli (80%) ottenuti con CRP (7). Purtroppo, non esistono attualmente dati sufficienti per stabilire l’efficacia relativa di SLM e CRP (2). In conclusione, il presente studio di Classe I sulla efficacia della SLM cambia il livello di raccomandazione del metodo per il trattamento della PC-BPPV dal livello C al livello B. Come nel caso di CRP, un altro studio di classe I o II sarà necessario per stabilire che la SLM è un trattamento efficace e sicuro consigliato per i soggetti di tutte le età che soffrono di PC-BPPV (livello di raccomandazione A).
B ibliografia 1. Nuti D. History of benign paroxysmal positional vertigo. In: Guidetti G, Pagnini P (eds), Labyrintholithiasis-related paroxysmal positional vertigo. Excerpta Medica 2002 Elsevier, Amsterdam, pp 11–18 Amsterdam: Elsevier/Excerpta Medica 2002; pp 11-18. 2. Fife TD, Iverson DJ, Lempert T, et al; Quality Standards Subcommittee, American Academy of Neurology. Practice parameter: therapies for benign paroxysmal positional vertigo (an evidence-based review): Report of the Quality Standards Subcommittee of the American Academy of Neurology. Neurology 2008:70:2067-74. 3. Bhattacharyya N, Baugh RF, Orvidas L, et al; American Academy of Otolaryngology-Head and Neck Surgery Foundation. Clinical practice guideline: benign paroxysmal positional vertigo. Otolaryngol Head Neck Surg 2008:139:S47–S81. 4. Lee SH, Kim JS. Benign paroxysmal positional vertigo. J Clin Neurol 2010;6:51–63. 5. Faldon ME, Bronstein AM. Head accelerations during particle repositioning manoeuvres. Audiol Neurootol 2008:13:345-56. 6. Nuti D, Nati C, Passali D. Treatment of benign paroxysmal positional vertigo: No need for postmaneuver restrictions. Otolaryngol Head Neck Surg 2000;122:440-4. 7. von Brevern M, Seelig T, Radtke A, Tiel-Wilck K, Neuhauser H, Lempert T. Short-term efficacy of Epley’s manoeuvre: a double-blind randomised trial. J Neurol Neurosurg Psychiatry 2006;77:980-2. 8. Soto-Varela A, Rossi-Izquierdo M, Santos-Pe´rez S. Can we predict the efficacy of the semont maneuver in the treatment of benign paroxysmal positional vertigo of the posterior semicircular canal? Otol Neurotol 2011;32:1008-11. 9. Cohen HS, Kimball KT. Effectiveness of treatments for benign paroxysmal positional vertigo of the posterior canal. Otol Neurotol 2005;26:1034-40. 10. Salvinelli F, Trivelli M, Casale M, et al. Treatment of benign positional vertigo in the elderly: a randomized trial. Laryngoscope 2004;114:827-31. 11. Lynn S, Pool A, Rose D, Brey R, Suman V. Randomized trial of the canalith repositioning procedure. Otolaryngol Head Neck Surg 1995;113:712-20.
Corrispondenza: Dott Marco Mandalà, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Sensoriali, Università di Siena, Viale Bracci 11 - 53100 Siena e-mail: marcomand@hotmail.com
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LITERATURE COMMENT
Focus on VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE RECIDIVANTE • Il ruolo dell’età nella prognosi di VPP nel paziente vascolare
Updated Report tratto da: Faralli M, et al.
• Vertigine posizionale parossistica: il ruolo dell’età come fattore di prognosi della malattia Acta Otorhinolaryngol Ital 2006;26:25-31 Parole chiave: Vertigine posizionale parossistica • Vertigine vascolare • Prognosi • Età
Nel solco del percorso editoriale di focus on su letteratura selezionata che ha costituito il filo conduttore di Otoneurologia in questi ultimi anni, affrontando il tema delle correlazioni fra i disturbi Audio-Vestibolari e le patologie Cardio-Vascolari, presentiamo in questo numero un approfondimento su di un ampio studio osservazionale condotto dalla Clinica Otorinolaringoiatrica di Perugia e pubblicato sull’organo ufficiale della SIO (Faralli M et al. 2006) sulle relazioni tra gli aspetti clinici della prognosi e delle ricorrenze nella Vertigine Posizionale Parossistica (VPP) ed i fattori intrinseci del paziente, con particolare riguardo all’età avanzata ed alle comorbidità vascolari. Se da un lato è noto che la VPP interessa pazienti di tutte le età, dall’altro è ben conosciuta la maggiore vulnerabilità della popolazione anziana ai disturbi audio-vestibolari ed in letteratura emergono con cadenza periodica evidenze sul ruolo eziologico negativo delle patologie cardiovascolari sui meccanismi patogenetici della cupulocanalolitiasi (Fgura 1). Lo studio merita un particolare interesse, se si considera che la prima forma acuta di vertigine che arriva all’attenzione del vestibologo presso i reparti e gli ambulatori di ORL, la VPP appunto, è ancora oggi avvolta in gran parte da un manto di incertezza sull’inquadramento eziologico che avvia il processo patogenetico di rilascio degli otoliti. Le correlazioni eziologiche ad oggi chiarite riguardano infatti gli eventi traumatici, infettivi, le patologie autoimmuni, endocrine e dismetaboliche, che rappresentano nel loro insieme solo una parte del problema, probabilmente non maggioritaria nella popolazione anziana. Sotto il profilo dell’approccio clinico al sintomo della VPP in fase acuta, questo risponde molto bene al modello del nistagmo ed alle relative manovre liberatorie per il paziente, che hanno elevati tassi di recupero a breve termine,
VASCOLARIZZAZIONE DELLA MEMBRANA MACULARE E VPP
Figura 1. Il distacco dei cristalli di carbonato e la successiva otolitiasi potrebbero avere origine nella sofferenza flogistica della membrana otolitica, in seguito a processi aterotrombotici del microcircolo dell’orecchio interno.
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FOCUS ON VPPB Literature Comment
ma non fornisce spunti per la gestione dei pazienti con tempi di recupero più lunghi o che mantengono sofferenze della funzione vestibolare, con o senza modelli atipici di nistagmo, verificabili con periodiche visite di controllo nel medio-lungo periodo . Gli autori dell’indagine osservazionale riportano i risultati di 560 pazienti con VPP tipica che hanno completato il percorso di monitoraggio, su una base di arruolamento di 566 soggetti (204 maschi, 362 femmine; età media: 56,8), suddivisi in under-50 (164 pazienti) e over-50 (396 pazienti), quindi valutati sotto il profilo clinico-anamnestico per l’ipotesi eziologica, distinguendo i due gruppi di età in vascolari e non vascolari, sulla base di almeno uno dei seguenti profili vascolari: TABELLA 1. Criteri per sospetta eziologia vascolare.
• ≥ 2 fattori di rischio vascolari (Tabella 1) • Indagine strumentale (imaging) positivo • Patologia ischemica cerebrovascolare/cardiovascolare acuta o cronica documentata Tutti i pazienti erano stati inizialmente sottoposti ad una completa indagine otoneurologica (prove termiche, audiometria, timpanometria, VEMPs eventuale per gli ipoacusici asimmetrici con iporiflessia). La suddivisione dei gruppi per età e profilo vascolare è riportata in Tabella 2.
Ipertensione Arteriosa
191 casi
Iperglicemia
46 casi
Ipercolesterolemia
62 casi
Patologie Cerebrovascolari
21 casi
Patologie Cardiovascolari
39 casi
TABELLA 2. Suddivisione dei pazienti in base all’età e al profilo vascolare.
Età e Profilo vascolare
Fattori di rischio cardiovascolare
6 Pazienti ≤50 aa Vascolari
≥2 Fattori di rischio vascolari / 1 Esame strumentale (imaging) positivo / Cerebrovasculopatia o Cardiopatia ischemica documentate
158 Pazienti ≤50 aa Non Vascolari
≤1 Fattore di rischio vascolare / Indagini (imaging) negative / Assenza di patologie cerebrovascolari o cardiopatie ischemica documentate
105 Pazienti >50 aa Vascolari
≥2 Fattori di rischio vascolari / 1 Esame strumentale (imaging) positivo / Cerebrovasculopatia o Cardiopatia ischemica documentate
291 Pazienti >50 aa Non Vascolari
≤1 Fattore di rischio vascolare / Indagini (imaging) negative / Assenza di patologie cerebrovascolari o cardiopatia ischemica documentate
La distinzione dei 560 pazienti per età e rischio vascolare ha permesso di individuare 111 pazienti vascolari con almeno due fattori di rischio, ovvero un esame strumentale (imaging) positivo o una patologia ischemica cerebrovascolare/cardiovascolare documentata, concentrati (95%) nella popolazione over-50, rispetto ai 449 pazienti non vascolari, nettamente più distribuiti fra le due fasce d’età. Come già riportato in indagini precedenti (Tirelli 2001; Guidetti 2005) su ampi gruppi di pazienti con disturbi vestibolari, complessivamente gli accessi all’osservazione clinica per VPP del presente studio indicano che circa 1 paziente su 4 è vascolare e praticamente tutti i pazienti vascolari sono nella fascia di età over-50. I risultati della storia clinica dei pazienti indagati, sotto il profilo della risoluzione della sintomatologia (numero di manovre liberatorie effettuate) e del grado di recidive registrate entro 2 mesi dalla presa in carico del paziente, durante tre anni di attività, da gennaio 2000 a dicembre 2002, rivela che la distinzione della prognosi clinica per fasce di età (under-50 vs over-50) assume un valore altamente significativo solo se accompagnata dal profilo vascolare del paziente, come mostrato dal confronto per le fasce d’età (Figura 1) che riporta una significatività limitata (p = 0,048), rispetto al confronto dei profili vascolari (Figura 2) che registrano una significatività elevata (p <0,001). Questo risultato viene inoltre avvalorato dalla distribuzione dei profili vascolari (n° di fattori di rischio vascolari presenti), la quale indica una proporzionalità diretta fra la severità del quadro vascolare ed il numero di manovre liberatorie necessarie alla risoluFigura 2. Confronto tra tempi di recupero in rapporto al Figura 3. Tempi di recupero in rapporto al numero di zione della sintomatologia profilo vascolare dei pazienti esaminati. fattori di rischio cardiovascolare. di VPP (Figura 3).
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Fattore prognostico dell’età nel paziente vascolare
L’analisi dell’incidenza di recidive registrate entro 2 mesi dalla risoluzione del quadro clinico di VPP, ottenuta con le manovre liberatorie, fornisce ulteriori elementi, indicando un tasso complessivo di recidive a breve termine pari al 13,7% (77/560 pazienti), con la massima incidenza nel gruppo dei pazienti over-50 con profilo vascolare (20,1% ) (Tabella 3). Le conclusioni degli autori avvalorano l’ipotesi eziologica vascolare nel condizionare la storia naturale della VPP, con particolare riguardo ai pazienti anziani con patologie vascolari sistemiche cardio-cerebro-vascolari, per i quali cambiano i tempi di risoluzione del quadro clinico, l’andamento della fase sintomatica e soprattutto il numero delle recidive nel breve periodo (2 mesi).
TABELLA 3. Incidenza di recidive in base all’età e al profilo vascolare.
Questi dati si sommano a quelli nel medio-lungo periodo (Casani et al. 2003; Brandt et al. 2006; Nunez et al. 2000), pubblicati nel precedente numero di Otoneurologia, di cui riportiamo di seguito le curve di Kaplan-Meier (Figura 4) e lo schema della ipotesi vascolare (Figura 5).
Età e Profilo vascolare N. Recidive
Incidenza %
Pazienti (n.Totale)
77
13,7 (77/560)
under-50
12
7,7 (12/158)
under-50 Vascolari
1
16,6 (1/6
over-50
43
14,9 (43/291)
over-50 Vascolari
21
20,1 (21/105)
Valutazione prospettica del tasso di recidive di VPP dopo manovra di Valutazione retrospettiva della percentuale di recidive di VPP durante riposizionamento (mod. da Nunez et al.2000). dieci anni di follow-up (mod. da Brandt et al. 2006). Figura 4. Curve di Kaplan-Meier della tendenza alle recidive di VPP nel medio-lungo termine, osservata al follow-up dei pazienti trattati con manovre liberatorie.
Questi ulteriori dati indicano un tasso complessivo di recidive del 50% negli anni che seguono gli episodi di VPP registrati. Si può quindi ipotizzare che per la VPP dei pazienti over-50 con comorbidità cardio-cerebro-vascolari documentate, oltre al trattamento patogenetico delle manovre liberatorie, indispensabile per la risoluzione del quadro clinico, possa essere utile considerare un trattamento eziologico indirizzato alla causa più probabile verificata in corso di diagnosi clinico-anamnestica, utile a favorire un miglioramento dei tempi di recupero ed una riduzione del rischio di recidive. Secondo l’ipotesi vascolare, all’origine degli episodi di VPP potrebbe esserci una sofferenza flogistica maculare che prende origine dai processi aterotrombotici che si verificano con maggiore frequenza nei pazienti anziani con patologie cardio-cerebro-vascolari. In questo senso l’attivazione endoteliale su base infiammatoria, attraverso la rimozione del glicocalice di glicosaminoglicani (GAGs), rappresenterebbe il primo target d’intervento. Il glicocalice di GAGs è infatti elemento anatomico e funzionale di congiunzione fra la flogosi microcircolatoria e quella tissutale. È inoltre da sottolineare come quasi tutte le patologie vascolari periferiche, arteriose e venose, trovino oggi nel modello flogistico il nuovo cardine di riferimento per spiegare la traduzione delle patologie vascolari nella clinica dei sintomi e dei segni progressivi. In particolare in tutti i modelli di flogosi microcircolatoria studiati è stata riscontrata l’attivazione di enzimi - le metalloproteinasi (MMPs), famiglia di proteinasi zimogene - in grado di degradare le matrici proteiche, suggerendo per il futuro di indagare anche la sofferenza maculare dell’orecchio interno. Sulla base dei risultati dell’indagine osservazionale condotta su 560 pazienti con VPP e delle novità sul ruolo della flogosi microcircolatoria nella patologie vascolari, con particolare riguardo all’attivazione delle MMPs, responsabili della degradazione proteica tissutale e del rimodellamento vascolare, è possibile oggi ipotizzare un nuovo target eziologico vascolare per la VPP, indirizzato a controbilanciare i fattori di rischio vascolari del paziente che potrebbero fungere da trigger per nuovi episodi di VPP o più semplicemente peggiorare prognosi di completa negativizzazione dei quadri clinici osservati, compresa la sofferenza vestibolare residuale, per la quale la previsione di un follow-up nel tempo risulta rilevante (Figura 5). È da sottolineare che le citate MMPs stanno assumendo l ruolo di marker biochimico di riferimento per molti segni clinici osservati tanto nelle patologie arteriose che in quelle venose. Ad oggi la disfunzione endoteliale su base infiammatoria, o ischemico-trombotica, trova una risposta nei GAGs della parete vascolare, avvalorata da nuove linee di ricerca condotte con il sulodexide che mostrano la capacità di questi farmaci di modulare in senso Otoneurologia 2000 Aprile 2012 n. 38
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FOCUS ON VPPB Literature Comment
L’IPOTESI
EZIOLOGICA VASCOLARE NEL CONDIZIONAMENTO DELLA STORIA NATURALE DELLA VPP: CORRELAZIONE TRA FREQUENZA DI RECIDIVE E FATTORI DI DANNO VASCOLARE A CARICO DELLE STRUTTURE LABIRINTICHE
Figura 5. Schema riassuntivo della ipotesi di degenerazione della membrana maculare otolitica indotta da deficit di irrorazione vascolare, all’origine degli episodi di VPPB, in seguito a processi infiammatori aterotrombotici nel distretto microcircolatorio dell’orecchio interno.
fisiologico l’attività delle MMPs a livello tissutale, sia in modo diretto (sul sito zimogeno) che indirettamente, riducendo la cascata infiammatoria responsabile dell’iperattività di questi enzimi (Mannello et al. 2011) (Figura 6). Sulodexide è dunque oggi un’opzione terapeutica ragionevole per la VPP su base vascolare, con la prospettiva che tale ipotesi possa essere avvalorata da future indagini più specifiche.
B ibliografia –
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Brandt T, Huppert D, Hecht J, Karch C, Strupp M. Benign paroxysmal positioning vertigo: A long-term follow-up (6–17 years) of 125 patients. Acta Otolaryngol 2006;126:160-3. Casani AP, Dallan I, Berrettini S, Raffi G, Segnini G . Therapeutic maneuvers in the treatment of paroxysmal positional vertigo: can they indicate a central genesis? Acta Otorhinolaryngol Ital 2002;22:66-73.
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Figura 6. Ruolo delle metalloproteinasi (MMPs) della matrice extracellulare nella MVC (mod. da Mannello et al. 2011)
Fattore prognostico dell’età nel paziente vascolare
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Faralli M, Ricci G, Molini E, Bressi T, Simoncelli C, Frenguelli A. Paroxysmal Positional Vertigo: The role of age as a prognostic factor. Acta Otorhinolaryngol Ital 2006;26:25-31 Guidetti G. La terapia della vertigine vascolare nella pratica ambulatoriale: esperienza multicentrica (Studio VascVert). Otorinolaringol 2005;55:237-46. Mannello F, Raffetto JD. Matrix metalloproteinase activity and glycosaminoglycans in chronic venous disease: the linkage among cell biology, pathology and translational research. Am J Transl Res 2011;3:149-58. Nunez RA, Cass SP, Furman JM.Short- and long-term outcomes of canalith repositioning for benign paroxysmal positional vertigo. Otolaryngol Head Neck Surg 2000;122:647-52. Tirelli G, Giacomarra V, Bianchi M, Zarcone O. La vertigine da causa vascolare: ipotesi patogenetiche e considerazioni terapeutiche. Otorinolaringol 2001;51:61-8.
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CLINICA DEL SESTO SENSO Disturbi Audiovestibolari - Casi Clinici Interattivi a cura di Alfonso Scarpa
Le vertigini oggettive di un fumatore iperteso ANAMNESI: Paziente di sesso maschile, razza caucasica, 54 anni. Lamenta vertigini oggettive insorte 3 giorni addietro, della durata di alcune ore, associate a sintomi neurovegetativi e ad ipoacusia ed acufene a destra. I sintomi uditivi sono stati transitori (15 minuti). Il paziente, fumatore di circa 20 sigarette/die, presenta agli esami ematochimici portati in visione(effettuati 3 mesi prima) un aumento dei valori di colesterolo Totale ed LDL (280 mg/dl) e del fibrinogeno. Il paziente è in trattamento farmacologico per ipertensione benigna. No fibrillazione atriale; no pregressi eventi ischemici. ESAMI DIAGNOSTICI: Otoscopia -Membrane timpaniche integre e normoretratte. Audiometria - Lieve ipoacusia neurosensoriale bilaterale. Esame vestibolare/Videonistagmografia - Ny spontaneo di 2° grado orizzontale-rotatorio che batte verso sinistra, inibito dalla fissazione visiva, che rafforza in fianco destro e dopo HST-Head Shaking Test. Esame vestibolare/Prove termiche secondo Fitzgerald-Hallpike - Iporeflessia vestibolare destra. DOMANDE PER IL LETTORE: 1. Verso quale patologia si orienterebbe? • Neurite vestibolare destra • Malattia di Menière destra • Cocleo-labirintopatia vascolare • Sofferenza emicranica delle vie vestibolari 2. Quale esame chiederebbe in primis tra questi, per confermare il suo sospetto diagnostico? • Rmn encefalo senza e con mdc e doppler TSA • Angio Rmn encefalo senza e con mdc • Tac cranio senza mdc • Rx cervicale ed ecocardio DISCUSSIONE Il paziente in esame ha avuto una perdita improvvisa della funzione vestibolare destra da occlusione del ramo vestibolare dell’arteria uditiva interna, preceduta da una ipoacusia improvvisa transitoria da ischemia del ramo cocleare della medesima arteria. Tramite esame strumentale diagnostico è stata esclusa la presenza di occlusioni delle arterie cerebrali. Otoneurologia 2000 Aprile 2012 n. 38
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Clinica del Sesto Senso
TERAPIA – Pentossifillina 200 mg (2 fiale) in 200 ml di soluzione fisiologica NaCl 2 volte/ die e.v. per 4 giorni – Eparina calcica (12.500 UI): 1 fiala s.c. die per 10 giorni – OTI (2,5 Bar): 1 seduta/die per 15 giorni – Levosulpiride 25 mg fl: 1 fl i.m. 2 volte/die per 4 giorni – Vessel cp: 1cp 2 volte/die per 2 mesi FOLLOW-UP Si richiede inoltre un nuovo prelievo venoso per esami ematochimici. Si ripetono dopo 30 giorni un esame audiometrico che risulta invariato ed un esame vestibolare che conferma il quadro di iporeflessia vestibolare destra. Il paziente riferisce un miglioramento dei sintomi vestibolari. DOMANDA PER IL LETTORE: 3. Come intende proseguire il suo iter terapeutico? a. Controllo tra 6 mesi ripetendo gli esami audiovestibolari. b. Inizio di un percorso rieducativo vestibolare e controllo tra 3 mesi (esami audiovestibolari) c. Inizio di terapia anticoagulante orale
Verifica di seguito Conclusioni e Risposte corrette RISPOSTE CORRETTE: 1c. Cocleo-labirintopatia vascolare 2b. Angio Rmn encefalo senza e con mdc 3b. Inizio di un percorso rieducativo vestibolare e controllo a 3 mesi (esami audiovestibolari)
Angio Rmn dell’encefalo CONCLUSIONI Si consiglia al paziente di iniziare un iter rieducativo vestibolare dopo accurata valutazione ed un nuovo controllo tra 3 mesi e di tenere sotto controllo i fattori di rischio cardio-vascolari quindi uno stile di vita ed alimentare più corretto oltre alla sospensione del fumo di tabacco.
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