Oto n 7

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Settembre 2001 / n. 7


Serie editoriale:

CLINICAL CASE MANAGEMENT

Vertigine psicogena: quando pensare ad una forma fobica A.P. Casani, A. Nacci, I. Dallan, B. Fattori . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Aggiornamento periodico:

OTONEUROLOGIA 2000 Settembre 2001 / n. 7

Coordinamento Scientifico:

Prova rotatoria rapida: un nuovo test non strumentale per la valutazione della risposta del canale semicircolare laterale sulle alte frequenze M. Gufoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Dr. Giorgio Guidetti Dipartimento di Patologia Neuropsicosensoriale dell’Università di Modena e Reggio Emilia Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica Modulo di Vestibologia e Rieducazione vestibolare Policlinico di Modena e-mail: guidetti.g@policlinico.mo.it

La vertigine negli animali O. Grazioli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Coordinamento editoriale:

Mediserve

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MEDISERVE

OTONEUROLOGIA

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VERTIGINE PSICOGENA: QUANDO PENSARE AD UNA FORMA FOBICA AUGUSTO P. CASANI, ANDREA NACCI, IACOPO DALLAN, BRUNO FATTORI Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Otorinolaringoiatria, Università degli Studi di Pisa E-mail: casani@mail.bin.it a.casani@ent.med.unipi.it

La vertigine rappresenta un sintomo di riscontro molto comune nella pratica clinica. Un suo preciso inquadramento diagnostico però, può risultare estremamente complesso, visto il gran numero di cause che possono esserne alla base. Per questo motivo, la ricerca di specifici fattori etiopatogenetici necessita di un approfondito studio, spesso multidisciplinare, che comporta il coinvolgimento di diverse specialità e specifiche competenze allo scopo di poter individuare adeguati percorsi diagnostici e terapeutici. Numerosi Autori hanno pertanto posto l’accento sulla necessità di una accurata indagine anamnestica quale primo e fondamentale strumento per l’iniziale impostazione diagnostica del paziente affetto da sindrome vertiginosa. In questa ottica risulta fondamentale la distinzione tra vertigine aspecifica (dizziness degli AA. anglosassoni) e vera vertigine rotatoria. In questo modo si cerca di identificare le forme non vestibolari e di distinguerle, almeno in prima approssimazione, da quelle legate ad un interessamento dell’organo di senso stato-cinetico (Drachman e Hart, 1972; Nedzelski et al, 1986). Tuttavia, molti pazienti affetti da vertigine aspecifica presentano un quadro sintomatologico che non può essere definito nell’ambito di una chiara sindrome vestibolare. In alcuni di questi casi, le indagini otoneurologiche risultano essere ripetutamente negative e il medico deve conside-

rare la possibilità di essere di fronte ad una vertigine “psicogena” (Tab. 1). Per giungere ad una sua corretta definizione diagnostica, si è data molta importanza alle caratteristiche della sintomatologia. È noto che una sensazione di mal definita instabilità (che tuttavia non interferisce con lo svolgimento delle normali attività quotidiane) oppure una sensazione di “testa vuota” (lightheadedness degli AA anglosassoni), specie se associata alla presenza di sintomi fobici, rappresenta un indicatore relativamente valido di vertigine psicogena. D’altro canto, una elevata percentuale di soggetti affetti da varie forme di patologia vestibolare chiaramente organiche presentano evidenti alterazioni di tipo reattivo della sfera psico-emozionale che talora possono divenire così rilevanti sul piano clinico da influenzare l’evoluzione dei fenomeni di compenso a fenomeni di abitudine vestibolare (Guidetti e coll., 1985). Questa sovrapposizione tra patologia vestibolare e disturbi psichiatrico-psicosomatici indica pertanto l’importanza della valutazione dell’assetto psicologico di tutti i pazienti che si presentano alla nostra osservazione lamentando una sindrome vertiginosa: la natura stessa dei sintomi che conseguono al coinvolgimento dell’organo di senso stato-cinetico, sintomi spesso percepiti dal paziente come non ben definibili, oscuri, comunque non riferibili a patologie direttamente obiettivabili, e spesso interpretati come la conseguenza di gravi patologie endocraniche, può ren3


Tab. 1 - Diagnosi eseguita su un gruppo di 310 pazienti giunti alla nostra osservazione con diagnosi generica di vertigine “acuta”

Diagnosi in pazienti con segni di interessamento vestibolare Vertigine Parossistica Posizionale (VPP) Deficit Vestibolare Unilaterale Malattia di Menière Vestibolopatia Centrale Disturbo vestibolare misto (Periferico e Centrale) Nistagmo Congenito Diagnosi in pazienti senza segni di interessamento vestibolare Vertigine Psicogena Cause Cardiovascolari Probabile pregressa VPP Cause Neurologiche Non classificabili Cause Iatrogene dere il rapporto medico-paziente, almeno nella fase iniziale, piuttosto difficoltoso. Il vertiginoso è sovente un soggetto impaurito, talora sfiduciato, specie dopo essersi sottoposto a varie visite e aver sperimentato diverse terapie. Perciò il paziente vertiginoso merita certamente più attenzioni e comprensione: il medico dovrà incoraggiarlo ad una estesa esposizione anamnestica, pur esercitando un opportuno filtro personale sui particolari ritenuti insignificanti o di minore rilevanza clinica. Sono stati utilizzati termini alternativi per descrivere questo quadro clinico: vertigine psichiatrica, vertigine funzionale, vertigine psico-fisiologica, vertigine psichica, sindrome da iperventilazione, vertigine posturale fobica o semplicemente vertigine da somatizzazione (Jacob et al, 1996). Le seguenti linee guida sono comunemente utilizzate nella pratica clinica per porre diagnosi di vertigine psicogena (Simpons et al, 1988): 1. il disturbo dell’equilibrio non è caratterizzato da una vera e propria vertigine rotatoria; 4

Totale 157 77 (49%) 34 (21.6%) 7 (4.5%) 32 (20.4%) 5 (3.2%) 2 (1.3%) Totale 153 54 (35.3%) 31 (20.1%) 26 (17%) 24 (15.7) 16 (10.5%) 2 (1.3%)

2. può essere riprodotto attraverso la iperventilazione; 3. i sintomi psichiatrici precedono spesso il disturbo dell’equilibrio; 4. la vertigine psicogena si manifesta in soggetti ansiosi o con disturbi di tipo fobico. Non tutti gli Autori sono però in accordo con questa definizione di vertigine psicogena. La definizione dovrebbe invece essere più restrittiva e quindi considerare come forme psicogene solo quelle nelle quali “il disturbo dell’equilibrio si verifica esclusivamente in combinazione con altri sintomi come parte integrante di un gruppo di manifestazioni psichiatriche riconosciute, e non è legato ad una disfunzione vestibolare” (Furman e Jacob, 1997). Pertanto il concetto di “vertigine psicogena” non viene interpretato in maniera unitaria ed ancora oggi sono diversi i percorsi clinico-diagnostici che conducono l’otoneurologo ad inquadrare un determinato paziente nell’ambito di disturbi di natura psichiatrica.


L’incidenza delle forme funzionali, psicogene, di vertigine, specie se riconducibili a disturbi di ansia, risulta particolarmente elevata. È stato riscontrato che, nei pazienti affetti da vertigine aspecifica, la percentuale di soggetti sofferenti di disturbi psichiatrici è molto più elevata che nella popolazione generale non sofferente di disturbi dell’equilibrio. Parallelamente, nei pazienti sofferenti di disturbi d’ansia, la percentuale di disfunzioni vestibolari risulta particolarmente elevata (Yardley et al, 1998). In effetti nella vertigine fattori fisiopatologici e psicologici interagiscono in modo estremamente complesso. Sono state dimostrate anormalità nella funzione audio-vestibolare (associate ad una diversa sensibilità ai movimenti rotatori della testa a bassa frequenza) in un’alta percentuale di pazienti (67%) affetti da disturbi da attacchi di panico (DAP) che presentavano anche sintomi di tipo vertiginoso (Hoffman et al, 1994). È stata inoltre notato come fosse presente una relazione significativa tra le anormalità dimostrate ai test vestibolari e il grado di ansia dei soggetti (Simon et al, 1998). Sulla base di questi dati, Jacob e Furman (1997) mettono in guardia dal rischio di considerare dicotomici i settori “organicità” e “psicogeno/psichiatrico”, perché in quest’ottica la presenza di una patologia psichiatrica può interferire con un’adeguata ricerca di cause organiche; viceversa, il riconoscimento di un disturbo organico può portare a non trattare adeguatamente un coesistente disturbo psichiatrico. D’altro canto, l’elevata incidenza di disturbi psichiatrici in soggetti affetti da vertigine aspecifica (v. Tab. 1), in cui non si riesce ad evidenziare una anomala funzionalità del sistema vestibolare, sembra indirizzare verso una “vulnerabilità psichiatrica” del paziente, presente prima dello sviluppo della vertigine. Sono state proposte almeno tre teorie, per giustificare la frequente asso-

ciazione tra disturbi psichiatrici e sintomatologia vertiginosa: 1. Meccanismo somatopsichico: secondo questo modello, i sintomi vestibolari vengono interpretati dal paziente in modo “catastrofico”. Questo meccanismo, in soggetti predisposti, con substrato psicopatologico di tipo fobico, può condurre a veri e propri attacchi di panico. 2. Meccanismo psicosomatico: secondo questo modello, i sintomi/segni vestibolari dipenderebbero dalla iperattivazione e dalla iperventilazione, tipiche dei pazienti con disturbi di tipo ansioso. 3. Meccanismo neurofisiologico: prevede la presenza di un linkage neuroanatomico-neurofisiologico tra sistema vestibolare e sistema che genera l’ansia (Furman e Jacob, 1997). Si considerano importanti le vie monoaminergiche e il nucleo parabrachiale. Le prime sembrano mediare gli effetti dell’ansia sui nuclei vestibolari, mentre il nucleo parabrachiale è sede di convergenza di numerose informazioni tra cui quelle vestibolari, viscerali, ecc. Grazie ai suoi collegamenti con aree troncoencefaliche che regolano il respiro, il sistema autonomo risulta anche implicato nella genesi o meglio nell’espressione delle emozioni. È stato dimostrato che esso è in connessione anche con aree coinvolte nei meccanismi di paura e di evitamento (amigdala e corteccia infralimbica). Queste ultime strutture sembrano connesse a regioni corticali che ricevono informazioni vestibolari (Balaban e Thayer, 2001). Come abbiamo già sottolineato, l’incidenza della vertigine psicogena varia tra il 20% e il 50% dei soggetti che giungono all’attenzione dell’oto-neurologo con diagnosi aspecifica di “sindrome vertiginosa” (Bathet al, 2000; Nedselski et al, 1986). Secondo uno studio condotto su 310 pazienti giunti presso la nostra clinica con diagnosi generica di “sindrome vertiginosa in fase acuta”, inviati 5


dal Dipartimento di Emergenza Urgenza, il 17,4% di casi presentava una forma di vertigine funzionale. Questo dimostra che anche nel paziente in fase acuta che giunge al Pronto Soccorso per un disturbo dell’equilibrio, dobbiamo sempre tenere in considerazione una patologia di base di tipo psichiatrico. Secondo la nostra esperienza, la diagnosi di “vertigine psicogena” viene posta non solo sulla base di un criterio di esclusione (negatività di tutte le indagini eseguite), ma anche in virtù dei dati clinico-anamnestici. • La vertigine psicogena generalmente si caratterizza per una vertigine transitoria (che dura pochi secondi), ricorrente, che compare o peggiora durante periodi di stress psico-fisico o comunque di un disagio psichico, legata spesso a fattori ambientali (luoghi affollati, bui, rumorosi ecc.) e per lo più associata ad altri sintomi compatibili con un interessamento della sfera psicosomatica (palpitazioni, precordialgie, tremori, sensazione di bolo faringeo, sensazione di soffocamento, ecc). • Molto frequentemente, la sintomatologia è riproducibile attraverso il test della iperventilazione per 60 secondi. • Il quadro clinico della vertigine psicogena risulta tuttavia estremamente mutevole, tanto che in alcuni casi il paziente riferisce la presenza della sintomatologia durante tutta la giornata senza alcuna variazione e senza tendenza a miglioramento, perdurando da mesi fino ad anni. I soggetti affetti da attacchi di panico descrivono spesso un quadro clinico che può variare da una modesta sensazione di instabilità fino ad una condizione che potrebbe far sospettare un disturbo vestibolare periferico, caratterizzato da vertigini rotatorie, lateropulsione in associazione con nausea, vomito, tachicardia, sudorazione ... 6

In effetti, il riscontro di una elevata percentuale di anomalie a diversi test otoneurologici in questi soggetti (specie se associati ad agorafobia) (Simon et al, 1998) ha indotto ad ipotizzare l’esistenza di una correlazione tra questo disturbo psichiatrico e le disfunzioni del sistema vestibolare sulla base di elementi neuroanatomici e neurofisiologici, almeno in parte, comuni. Le principali teorie sull’eziopatogenesi dell’attacco di panico si basano su una alterata regolazione dei sistemi noradrenergici del tronco e sull’interessamento delle vie serotoninergiche centrali, sistemi sicuramente interessati anche nei processi di regolazione dell’input vestibolare (Fig.1) (Balaban e Thayer, 2001). Riteniamo infine, che la positività della valutazione clinica psichiatrica rappresenti l’elemento decisivo per il definitivo inquadramento del soggetto nell’ambito di una forma psicogena di vertigine (Tab. 2). Molto spesso, quindi, è il corteo sintomatologico psichiatrico ad indirizzare verso una forma psicogena piuttosto che il tipo di vertigine: se ben ricercati e interpretati, i sintomi psichiatrici associati possono chiaramente indirizzare verso una diagnosi di vertigine fobica. Dall’altro lato non dobbiamo dimenticare che una sintomatologia vertiginosa, anche di modesta entità, può determinare l’insorgenza di uno scompenso psichiatrico in un paziente con un particolare background psicopatologico. Si impone quindi – sulla base del concetto di integrazione di una eziologia fisiopatologica-organica e psicologica – la necessità di un approccio terapeutico combinato tra lo specialista otoneurologo e psichiatra. È indiscutibile infatti l’osservazione che la coesistenza di disturbi psichiatrici e dell’equilibrio comporta una sintomatologia molto più invalidante e tempi di recupero sicuramente maggiori rispetto alla media. Questa sovrapposizione psichiatrica (psychiatric overlay), in cui la presenza di un disturbo otoneurologico definito si associa ad una


Fig. 1 - Modello delle connessioni tra informazioni vestibolari e attacco di panico.

componente psichiatrica, deve essere tenuta in seria considerazione non solo per gli ovvi riflessi negativi che essa ha sul piano clinico, ma anche perché essa potrebbe trarre in inganno impedendo una corretta interpretazione del problema vestibolare organico. La Fig. 2 (modificata da Furman e Jacob, 1997) riassume e interpreta graficamente questo nuovo modo, certamente più restrittivo, con il quale ci pare corretto inquadrare la vertigine psicogena. Il cerchio centrale comprende pazienti con Tab. 2 - Diagnosi psichiatrica in 54 pazienti da noi inquadrati come affetti da “vertigine psicogena”.

Vertigine Psicogena Disturbo di ansia Disturbo dell’umore Disturbo di personalità Non Classificabile

54 casi 25 10 5 14

una ben definita diagnosi otoneurologica; il cerchio più grande comprende soggetti con segni generici di sofferenza vestibolare tuttavia non riconducibile ad un preciso quadro sindromico. Il cerchio più esterno comprende i soggetti con una normale funzione vestibolare. A questi cerchi si sovrappone la patologia psichiatrica. Essa può da sola giustificare la presenza della vertigine (vertigine psichiatrica, A) ed in questo ambito certamente la patologia di maggior rilievo è rappresentata dai disturbi da attacco di panico, seguita dai generici disturbi d’ansia. Anche in alcuni soggetti affetti da forme depressive i sintomi di “scarsa concentrazione e/o lucidità” vengono spesso riferiti dal paziente sotto forma di sensazione di instabilità o di fluttuazione o di camminare su una superficie soffice. Nelle aree B e C della Fig. 2 si trovano i pazienti nei quali si assiste ad una sovrapposizione della patologia psichiatrica a quella vestibolare. Soggetti con tratti ipocondriaci, depressivi o ansio7


questa entità nosologica e per individuarne i criteri di inquadramento diagnostico. Bibliografia

Fig. 2 . Modello schematico della “psichiatric overlay” (mod. da Furlan e Jacob, 1997).

si presentano verosimilmente una predisposizione ad “amplificare” le sensazioni somatiche, aggiungendo quindi una componente psichiatrica alla presenza di una patologia vestibolare più o meno definita. Pertanto una migliore conoscenza della patologia psichiatrica potenzialmente responsabile di una sindrome vertiginosa appare di fondamentale importanza, non solo per la corretta impostazione terapeutica ma, nell’ottica di una visione più restrittiva della diagnosi di “vertigine psicogena”, la presenza di una componente psichiatrica non deve indurre ad escludere a priori l’esistenza di un disordine neuro-otologico caratterizzato da minime anomalie obiettive. Infine appare interessante riportare l’ipotesi innovativa relativa all’esistenza di un quadro clinico definibile come “equivalente ansioso” (Eckhardt-Henn, 2000). Questo concetto, mutuato da quello relativo alle forme emicraniche, si basa sulla possibilità che in un soggetto ansioso (specie con attacchi di panico) l’unica manifestazione del disturbo psichiatrico risulti essere proprio la sintomatologia vertiginosa. Ulteriori studi saranno necessari per definire meglio l’effettiva esistenza di 8

1. Balaban CD, Thayer JF. Neurological bases for balance-anxiety links. J Anxiety Disord 2001; 15:53-79. 2. Bath AP, Walsh RM, Ranalli P. Experience from a multidisciplinary “dizzy” clinic. Am J Otol 2000; 21:92-7. 3. Drachman DA, Hart CW. An approach to the dizzy patient. Neurology 1982; 22:323-30. 4. Eckhardt-Henn A. Psychogenic vertigo incapacitates patients longer. What psychiatric illnesses might manifest as vertigo. MMW Fortschr Med 2000; 142:30-2. 5. Furman JM, Jacob RG. Psychiatric dizziness. Neurology 1997; 48:1161-6. 6. Guidetti G, Casolari L, Bianchin G, Botti M, Rigatelli M. L’importanza dei fattori psichici nella valutazione dei pazienti con disturbi dell’equilibrio. Oto-Rino-Laring 1985; 35:329-35. 7. Hoffman DL, O’Leary DP, Munjack DJ. Autorotation test abnormalities of the horizontal and vertical ocular reflexes in panic disorders. Otolaryngol Head Neck Surg 1994; 110:259-69. 8. Jacob RG, Furman JM, Balaban CD. Psychiatric aspects of vestibular disorders. In: RW Baloh, GM Haalmagyi (eds.) Disorders of the vestibular system. Oxford University Press, New York 1996; pp. 509-28. 9. Nedzelski JM, Barber HO, McIlmoyl L. Diagnoses in a dizziness unit. J Otolaryngol 1986; 15:101-4. 10.Simon NM, Pollack MH, Tuby KS, Stern TA. Dizziness and panic disorder: a review of the association between vestibular disorders and anxiety. Ann Clin Psychiatry 1998; 10:75-80. 11. Simpson RB, Nedzelsky JM, Barber HO, Thomas MR. Psychiatric diagnosis in patients with psychogenic dizziness or severe tinnitus. J Otolaryngol 1988; 17:325. 12.Yardley L, Burgneay J, Nazareth I, Luxon L. Neuro-otological and psychiatric abnormalities in a community sample of people with dizziness: a blind, controlled investigation. J Neurol Neurosurg Psychiatry 1998; 65:679-84.


PROVA ROTATORIA RAPIDA: UN NUOVO TEST NON STRUMENTALE PER LA VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA DEL CANALE SEMICIRCOLARE LATERALE SULLE ALTE FREQUENZE MAURO GUFONI Ospedale di Livorno, Reparto di Otorinolaringoiatria, Primario dr. F. di Nasso e-mail:gufoni@interfree.it

Introduzione Lo studio della risposta del sistema vestibolo-oculomotore alle alte frequenze di stimolazione è possibile solo nei laboratori di Vestibologia più attrezzati. Infatti, è necessario disporre di: a. una sedia rotatoria che consenta di ottenere velocità adeguate; b. un apparato di registrazione che consenta di studiare la risposta per-rotatoria e/o post-rotatoria. Lo studio di questa risposta richiede inol-

tre un impegno di tempo significativo per medici e tecnici e può essere sgradevole per il soggetto che vi viene sottoposto (2). Si propone un test di rotazione rapida eseguibile in tutti i Centri di Otoneurologia ed in tutti gli ambulatori, allo scopo di ottenere, se non una risposta equivalente a quella strumentale in termini quantitativi e parametrici, almeno un giudizio attendibile sulla risposta vestibolare alla rotazione rapida, valido in campo clinico e di agevole esecuzione.

Legenda: CSL = ampolle del canali semicircolari laterale destro e sinistro; Ny AGT = nistagmo per-rotarorio e postrotatorio apogeotroporopo; TLR dx = testa latero-ruotata destra; TLR sx = testa latero-ruotata sinistra.

Fig. 1 - Al termine di una rotazione della testa di 180 gradi verso destra, si evoca una corrente endolinfatica ampullipeta a sinistra ed ampullifuga a destra. In base alla seconda legge di Ewald, la risposta del labirinto di destra sarà zero ed il nistagmo risultante sarà espressione della sola componente vestibolare sinistra. 9


Materiali e metodi Sono esclusi dall’esame: - soggetti con rigidità del collo che non permetta una rotazione rapida della testa; - soggetti con canalolitiasi laterale; - soggetti con nistagmo spontaneo. Il soggetto esaminato è sdraiato sul lettino, con la testa rialzata di 30 gradi, e indossa gli occhiali di Frenzel, in ambiente debolmente illuminato (Fig.1). 1. Si ruota la testa su di un lato, ad esempio sulla sinistra, per raggiungere la posizione di partenza. 2. La manovra non è ancora cominciata, questa fase è preparatoria alla manovra vera e propria. 3. Si chiede al paziente di ruotare la testa verso il lato opposto, nel caso in esempio verso destra, con un movimento rapido: l’esecuzione corretta della manovra consiste nel ruotare (approssimativamente) la testa di 180 gradi in un secondo (ottenendo quindi una velocità media di 180 °/s). L’esaminatore con le mani accompagna e guida il movimento, ma la rotazione è eseguita attivamente dal soggetto esaminato. Si raggiungono stimolazioni di alta frequenza più facilmente con un movimento della testa che con una sedia rotatoria (3). 4. Una volta raggiunta la posizione finale del movimento, si esamina il nistagmo evocato: è da aspettarsi un nistagmo apogeotropo, di ampiezza molto piccola ma ben identificabile (paragonabile ad un nistagmo di rimbalzo), da attribuire al vestibolo controlaterale al senso di rotazione. Nel caso dell’esempio della Fig. 1, una rotazione verso destra evoca un nistagmo apogeotropo (verso l’orecchio sinistro che è in alto), provocato dal vestibolo sinistro. 5. Si ripete il movimento rotatorio rapido, questa volta verso il lato opposto (nel caso dell’esempio verso sinistra), per 10

esaminare il vestibolo destro. 6. Si conta nuovamente il numero di scosse di nistagmo evocate. L’osservazione del nistagmo è stata effettuata sotto occhiali di Frenzel e sotto registrazione elettronistagmografica a solo scopo di documentazione: in realtà la registrazione EOG non offre vantaggi rispetto all’osservazione diretta, a causa della piccola ampiezza del nistagmo osservato. Sono stati presi in considerazione due gruppi di persone: a. Gruppo di 17 soggetti volontari sani: non hanno mai sofferto di vertigini e non hanno mai riportato traumi cranici; normoacusici; con esame neurologico negativo e assenza di nistagmo spontaneo ed evocato da manovre oculari e cefaliche sotto occhiali di Frenzel. b. Gruppo di 25 soggetti affetti da vertigini di tipo periferico e centrale: 10 soggetti con IVB, 7 soggetti con neuroniti vestibolari, 5 soggetti con labirintopatie post traumatiche, 2 soggetti con malattia di Menière, 1 soggetto con iporiflessia calorica ad eziologia non precisabile. Sono stati sottoposti presso il nostro Centro ad esame otoneurologico: anamnesi, audiometria tonale, ricerca di nistagmo spontaneoposizionale e da manovre oculari e cefaliche, prove termiche secondo Fitzgerald-Hallpike patologiche per disriflessia alle prove calde, con osservazione diretta sotto occhiali di Frenzel. e registrazione EOG. Entrambi i gruppi sono stati inoltre sottoposti a test di rotazione rapida secondo lo schema esposto.

Risultati I risultati ottenuti nei due gruppi sono riportati nella Tab. 1 (soggetti normali) e nella Tab. 2 (soggetti patologici). • Nei soggetti normali si sono ottenuti un numero di scosse variabili da 1 a 8.


Tab. 1 - Gruppo di soggetti normali (n = 17) sottoposti alla prova rotatoria rapida: risultati.

ny r. dx

ny r. sx

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

4 3 1 8 4 3 3 2 3 1 3 4 1 2 1 1 4

4 3 1 8 3 3 4 2 3 1 4 4 1 2 1 1 4

ny r. dx = nistagmo evocato dalla rotazione della testa verso destra ny r. sx = nistagmo evocato dalla rotazione della testa verso sinistra La differenza tra ny r. dx e ny r. sx per lo stesso soggetto non supera mai il valore di 1 scossa. Questo valore viene preso come valore normale.

• Solo in 3 soggetti normali su 17 non si è ottenuto lo stesso numero di scosse dopo il test rotatorio rapido a destra ed a sinistra, ma la differenza era solo di 1 scossa. • Solo in 1 caso tra i 25 soggetti patologici la risposta era perfettamente simmetrica e in 2 casi la differenza tra i lati era solo di 1 scossa. • In tutti gli altri casi, la differenza tra i due lati era di almeno 2 scosse di nistagmo. • In 1 caso era presente una areflessia rotatoria rapida bilaterale ed era concomitante una areflessia bilaterale alle prove termiche.

Discussione La distribuzione della differenza di risposta tra destra e sinistra è normale (Fig. 2), ma la variabilità individuale nei soggetti normali (media = 2,71; deviazione stanTab. 2 - Gruppo di soggetti vertiginosi (n = 25) sottoposti alla prova rotatoria rapida: risultati.

ny r. dx

ny r. sx

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

8 0 3 0 0 6 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 3 6 3 3 0 3

0 3 0 8 4 4 0 7 8 0 5 4 3 5 5 3 2 3 2 3 2 1 1 4 4

ny r. dx = nistagmo evocato dalla rotazione della testa verso destra ny r. sx = nistagmo evocato dalla rotazione della testa verso sinistra In 22 casi su 25 la differenza tra ny r. dx e ny r. sx ha un valore e 2 scosse. In un caso (n. 10) la prova dà luogo ad una areflessia rotatoria rapida bilaterale: in questo caso anche le prove termiche davano come risultato una areflessia bilaterale. 11


Fig. 2 . Modello schematico della “psichiatric overlay”.

dard = 1,9) è molto alta. Questo era un dato prevedibile, perché si può ritrovare nelle risposte alle prove classiche termiche e rotatorie (1).

CANALI SEMICIRCOLARI

Nervo vestibolo-cocleare

Staffa Incudine

Martello

Membrana del timpano Cavità del timpano Finestra ovale

Con questa sistematizzazione non si ritrovano valori patologici nei soggetti normali, nella popolazione presa in esame. La rotazione rapida della testa (equivalente ad una prova rotatoria ad alta frequenza) mette in movimento il sistema cupola-endolinfa di entrambi i labirinti (Figg. 3-4). Durante una rotazione verso destra (fase per-rotatoria), si avrà una deflessione della cupola del canale semicircolare laterale di destra in senso ampollipeto e una deflessione della cupola del canale semicircolare di sinistra in senso ampollifugo: la risposta globale del sistema vestibolo-oculomotore sarà un nistagmo con la fase rapida diretta verso il lato della rotazione.

Coclea Vestibolo

Fig. 3 – Orecchio medio e interno.

Tuttavia la differenza tra la prova a destra e quella a sinistra non superiore ad 1 scossa di nistagmo, riscontrabile tra i soggetti normali, potrebbe suggerire di prendere come parametro di normalità questo valore, piuttosto che due volte la deviazione standard. 12

Fig. 4 – Sezione dellla struttura labirintica.


Tale nistagmo non è però osservabile direttamente (la testa si sta muovendo rapidamente verso un lato) e per essere studiato necessita di essere registrato mediante elettronistagmografia o videooculografia. Quando la testa si ferma siamo di fronte ad uno stop post-rotatorio ad alta frequenza. Questa volta la deflessione della cupola (sempre nel caso di una rotazione verso destra) sarà in senso ampollifugo nella cupola del canale semicircolare laterale destro e ampollipeto a sinistra. Il nistagmo potrà essere osservato sotto occhiali di Frenzel (la testa si è fermata) e sarà un nistagmo apogeotropo con latenza trascurabile (la latenza apparente è dovuta alla prima fase lenta), di ampiezza molto piccola ma ben evidente e, in genere, sicuramente identificabile. A causa dell’alta frequenza di stimolazione, in virtù della seconda legge di Ewald, il labirinto localizzato dalla parte verso la quale ruota la testa (nel caso del nostro esempio la destra) sarà completamente inibito e la risposta osservabile sarà espressione diretta della funzionalità del labirinto controlaterale (nell’esempio il sinistro). Di conseguenza, la differenza tra la risposta ottenuta girando la testa verso un lato e quella ottenuta girando la testa verso l’altro lato è la misura della differenza tra i due labirinti, relativamente alle alte frequenze di rotazione.

I dati presentati evidenziano che nel soggetto normale non si ottengono differenze superiori ad 1 scossa di nistagmo. Differenze destra-sinistra superiori ad 1 scossa sono pertanto da considerarsi espressione di sofferenza vestibolare del lato che evoca la risposta minore.

Conclusioni Il test proposto potrebbe essere inserito nel repertorio semeiologico otoneurologico per coprire una parte mancante, e cioè lo studio del riflesso vestibolo oculomotore alle alte frequenze di stimolazione, con metodica non strumentale. Il test è attendibile; è ben tollerato dal paziente (raramente non può essere eseguito); non richiede perdita di tempo e può essere effettuato a letto del paziente o in ambulatorio. È in corso di attivazione uno studio multicentrico per confermarne la validità su di una popolazione più vasta. Bibliografia 1. Baloh RW, Honrubia V. Clinical Neurophysiology of the Vestibular System. Edition 2. FA Davis Co., Philadelphia 1990. 2. Guidetti G. Diagnosi e terapia dei disturbi dell’equilibrio. II Ed. Edizioni Marrapese, Roma 1997. 3. Leigh RJ, Zee DS. The neurology of eye movements. Edition 2. FA Davis Co., Philadelphia 1991.

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LA VERTIGINE NEGLI ANIMALI OSCAR GRAZIOLI Medico Veterinario - Ambulatorio Veterinario Belvedere, Reggio Emilia E-mail: belvet@tin.it

Prefazione Da tempo conosciamo i modelli sperimentali animali dei disturbi dell’equilibrio e ringraziamo i Fisiologi che con queste ricerche hanno fatto luce su molti aspetti dell’anatomo-fisio-patologia. Non ricordavo però di avere letto nelle nostre abituali riviste qualcosa a proposito di patologie animali spontanee. Credo, invece, che la loro conoscenza ci sarebbe di notevole aiuto. Da tempo mi pongo infatti alcune domande: - gli animali soffrono di vertigini vere? e per quali cause? - esistono quadri simili alla Malattia di Ménière? In caso contrario sarebbe più avvalorabile l’ipotesi che nella genesi e/o nell’evoluzione di questa patologia giochi un ruolo importante la psiche umana. Considerando che l’Etologia ha ormai fatto passi da gigante e che in pratica nessun essere vivente può più sfuggire all’attenta osservazione degli studiosi, nemmeno nei suoi momenti più intimi, ho pensato che fosse giunto il momento di fare un po’ di luce. Ho così approfittato della mia amicizia di lunga data con un valente Medico Veterinario, nonché giornalista, che nel momento della mia richiesta non poteva dirmi di no. Spero vivamente che le interessanti informazioni che ci riferisce stimolino ricerche ancora più approfondite. Giorgio Guidetti

Introduzione Quando l’amico Giorgio Guidetti mi chiese – “Gli animali soffrono di vertigini?” – stavo mandandolo amichevolmente a quel paese, ma in quel momento i miei otoliti stavano viaggiando per canali bui e tortuosi e Giorgio mi stava sbatacchiando per rimettere le palline nei contenitori giusti del flipper. Non credo che, alla fine di questo breve lavoro, sarò in grado di soddisfare la curiosità dell’amico Giorgio (e adesso, scommetto anche la vostra), ma ci posso provare. 14

Una considerazione “lapalissiana” Se gli animali hanno un apparato vestibolare, questo si può ammalare. Questa frase sembrerebbe scaturita da una delle uscite di Monsieur de La Palisse; ma, se ci riflettiamo bene, quanti di noi hanno mai pensato se un cavallo, o un gufo reale o una pecora possano soffrire di vertigini o genericamente di malattie vestibolari, includendo in questa dizione sia quelle centrali che quelle periferiche?


È evidente che, in campo medico, le patologie poco rilevanti o rare hanno un minore interesse e sono quindi relativamente meno “osservate” rispetto ad altre patologie molto più importanti o più frequenti nella popolazione. Non sono un otorinolaringoiatra, ma sono certo che, se facessi una ricerca su Medline, troverei molti più lavori scientifici sulla sindrome di Menière che non sulle conseguenze dell’accumulo di cerume nell’orecchio esterno. Parimenti, se andiamo a fare una ricerca sulle malattie vestibolari degli animali domestici, troviamo più lavori scientifici sulle patologie vestibolari del cane e del gatto che non su quelle del Boa constrictor (e leggerete più avanti che esiste una patologia vestibolare dei serpenti). Milioni di gatti e cani vivono a stretto contatto con l’uomo e, quando mostrano sintomi di malattia, vengono portati all’attenzione del veterinario, il quale deve dare una risposta al proprietario, quanto meno per due motivi. Salvaguardare la salute dell’animale e fare opera di prevenzione, attraverso il controllo dell’animale, per quanto riguarda le zoonosi. Se questo spinge dunque i ricercatori veterinari a studiare il segno di head tilt del gatto, è evidente che il possibile

disturbo vestibolare sofferto da una vacca dispersa nei prati dello Yorkshire passerà assolutamente inosservato, a meno che non divenga epidemico. Questo ci rende ragione del fatto che abbiamo un certo numero di informazioni scientifiche sulle patologie vestibolari degli animali da compagnia, mentre siamo carenti di informazioni nei confronti degli animali da reddito o degli animali selvatici. Questo non vuol dire dunque che nella pecora non esista una patologia vestibolare, tant’è che nello scrapie degli ovini i segni vestibolari centrali sono una componente essenziale della diagnosi. Se un animale ha un labirinto, è probabile che talvolta si ammali, ma non è detto che si venga a conoscenza del fatto che un ippopotamo del parco di Amboseli ha avuto una vertigine obiettiva. Anzi è assai improbabile.

Quali sono le specie animali di cui sono note patologie vestibolari? Sarei un veterinario molto arrogante se pretendessi di scrivere una parola definitiva su tutti gli animali di cui è stata segnalata una patologia vestibolare. Anzi, o sarei

Fig. 1 - L’head tilt (inclinazione della testa), è un segno certo di patologia vestibolare unilaterale negli animali. 15


arrogante o avrei moltissimo tempo da perdere in una ricerca mastodontica. Potrei dunque omettere in questa breve trattazione la rarissima segnalazione del collega giapponese (pubblicata appunto sul Japan Veterinary Researches Journal) su di un probabile caso di malattia vestibolare in un usignolo del Giappone, ma correrò questo rischio. I segni cardinali di una patologia vestibolare unilaterale negli animali, sono l’head tilt (inclinazione della testa), il nistagmo, il movimento in circolo, e l’incoordinazione motoria (Fig. 1). Tutto ciò perché il sistema vestibolare rappresenta una parte importante del sistema di controllo dell’equilibrio posto in essere dal S.N.C. Perché un animale sia orientato nello spazio occorre una ottimale interazione fra le funzioni vestibolare, propriocettiva e barorecettoriale cutanea. Il sistema vestibolare è importantissimo e si richiede che almeno due di queste funzioni siano integrate, perché l’animale riesca ad essere orientato con l’ambiente (Fig. 2). In assenza di metodi diagnostici, o in presenza di metodiche riservate ai lavori sperimentali in laboratorio, la diagnosi di una

patologia vestibolare nell’animale si fonda essenzialmente sui sintomi cardinali di cui sopra e sulla perdita dell’integrazione delle funzioni sensoriali ricordate. In centinaia di specie animali sono riportati sintomi di probabile patologia vestibolare e non starò qui a citarli tutti, mentre in alcune specie animali abbiamo la certezza assoluta di una vera e propria patologia vestibolare, diagnosticata con i mezzi più sofisticati. Per i motivi sopracitati, le specie domestiche da compagnia sono le più studiate, ed è per questo che il cane e il gatto sono certamente le specie in cui questa patologia è maggiormente nota, tanto da poter discernere diverse sindromi o malattie vere e proprie a diversa eziologia. Per quanto riguarda altre specie domestiche, come il coniglio, il cavallo, il bovino, il suino, gli ovicaprini e gli uccelli, sono descritte unicamente malattie vestibolari la cui eziologia è prevalentemente, se non unicamente, infettiva. Per quanto concerne le specie selvatiche, vi sono segnalazioni sporadiche di patologie vestibolari negli uccelli, nei rettili (specie nei serpenti), e nei felini.

Fig. 2 - L’incoordinazione motoria con perdita dell’equilibrio è un tipico segno di patologia vestibolare centrale. 16


Malattie vestibolari del cane e del gatto Come già scritto queste sono le specie animali sulle quali la ricerca veterinaria ha lavorato maggiormente. Il cosiddetto “head tilt” è un sintomo piuttosto frequente nel cane e nel gatto e indica una lesione del sistema vestibolare che può essere ovviamente centrale o periferica. • Head tilt – Si manifesta sostanzialmente con l’inclinazione dell’orecchio verso il terreno, movimenti in stretto circolo o cadute (lato della lesione). • Scialorrea e vomito – Sono frequenti sia nelle patologie centrali che in quelle periferiche. • Nistagmo – Nelle sue varie configurazioni, è quasi sempre presente nelle fasi acute; talvolta si apprezza una sindrome di Horner (Fig. 3). Le malattie vestibolari centrali sono molto meno frequenti rispetto a quelle periferiche e in generale comportano una prognosi infausta. La causa può essere una delle seguenti: - Trauma / emorragia cerebrale - Malattie infiammatorie infettive - Meningoencefalite granulomatosa (cane) - Neoplasia - Trombosi - Carenza di tiamina (specie nel gatto)

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Fig. 3 - Gatto con patologia vestibolare sinistra (si noti la sindrome di Horner) secondaria ad otite media. Il nistagmo è quasi sempre presente nelle fasi acute. Nel riquadro, segno degli “occhi di Horner”.

- Feline Spongiform Encephalopaty (FSE) Le malattie vestibolari periferiche sono molto più comuni e generalmente comportano una prognosi favorevole.

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Fig. 4 a,b - Cane Golden retriever di 12 anni colpito da sindrome geriatrica vestibolare destra. 17


La causa può essere una delle seguenti: - Otite media / interna - Sindrome vestibolare del cane anziano (Fig. 4) - Polipi nasofaringei (gatto) - Trauma - Sindromi vestibolari congenite (in alcune razze di cani) - Sindrome vestibolare idiopatica del gatto - Tossicità da aminoglicosidi - Tumori dell’orecchio medio La causa più comune di sindromi vestibolari periferiche è certamente l’otite interna che normalmente è un aggravamento dell’otite media. L’eziologia è generalmente batterica. La sindrome vestibolare del cane anziano è, assieme alla sindrome vestibolare idiopatica felina, la seconda alterazione vestibolare periferica nota in campo veterinario per importanza e frequenza. Nel cane l’età di insorgenza è di circa 12 anni, mentre nel gatto l’età media è sorprendentemente giovanile, attorno ai 3 anni. Per quanto siano state eseguite numerose indagini mediante tecniche sofisticate, la causa delle due patologie rimane indeterminata anche se la migrazione nell’orecchio interno di larve di Cuterebra è stata messa in discussione da Williams recentemente, per quanto concerne il gatto.

cause accertate fino ad oggi. L’infezione dell’orecchio interno da Pasteurella multocida e la localizzazione, sempre nella medesima sede, di Encephalitozoon cuniculi. La malattia, specie se sostenuta da E. cuniculi, ha una prognosi infausta. Recentemente sono segnalate guarigioni con l’utilizzo di itraconazolo (osservazioni personali non pubblicate).

Fig. 5 – Varie manifestazioni di danno vestibolare centrale caratterizzano la “sindrome della mucca pazza”.

Malattie vestibolari in altri animali In decine di altre specie animali vi sono segnalazioni di patologie vestibolari. Per alcune specie si tratta di patologie ben note e frequenti. Per altre, soprattutto quelle selvatiche, si tratta di segnalazioni assolutamente sporadiche e talvolta espresse in forma speculativa o dubitativa, se non prive di un supporto diagnostico scientifico acclarato. estremamente frequente negli allevamenti intensivi domestici e anche negli animali da compagnia (conigli nani). Due sono le 18

Fig. 6 - I segni vestibolari centrali indirizzano la diagnosi di scrapie, malattia infettiva degli ovini.


Nel bovino la recente epidemia inglese di BSE (Bovine Spongiform Encephalopathy), la cosiddetta “malattia della mucca pazza”, ha messo in evidenza un corteo sintomatologico dominato dall’atassia e dalla perdita di equilibrio che contraddistingue la patologia e che ha permesso di individuare un interessamento vestibolare centrale (Fig. 5). Nella pecora e nella capra anche lo scrapie, malattia infettiva ben nota in tutto il mondo per il potenziale sconfinamento dell’agente prionico nei confronti della barriera di specie, comporta un danno vestibolare centrale (Fig. 6). Il virus a corpi inclusi che colpisce esclusivamente boa, pitoni ed anaconda (Boidi) produce una manifestazione tipica, denominata da Fredric L. Frye “star-gazing” (chi guarda le stelle) patognomonica della malattia, sempre ad esito letale e riferibile, assieme all’atassia e alla perdita di orientamento di tali serpenti, ad un danno al sistema vestibolare (Fig. 7).

Conclusioni L’apparato vestibolare degli animali domestici e selvatici è certamente uno degli “organi” meno studiati, se si fa eccezione forse per il cane e il gatto. Nonostante ciò, le segnalazioni di patologie vestibolari in campo veterinario sono numerose e gli studi effettuati tramite tecniche diagnostiche sofisticate (RNM; potenziali evocati, EEG, PET, ecc.) sulle sindromi più frequenti e di maggior rilievo hanno portato alla famosa dizione di “idiopatico”, il che vuol dire che non ne conosciamo ancora la causa e non, come molti pensano, che la causa sia idiopatica. Se si escludono le cause infettive, le malattie vestibolari (specie periferiche) rimangono ancora un grosso “buco nero” e, se molto spesso lo studio sugli animali ha aiutato a comprendere patologie del campo umano, questa potrebbe essere la volta, per l’uomo, di ricambiare il favore. Chissà se, grazie alle ricerche dell’amico Giorgio Guidetti e di tutti i suoi colleghi vestibologi

Fig. 7 - La posizione “star-gazing” assunta dal pitone, che sembra fissare le stelle, è sintomatica di un danno del sistema vestibolare da Inclusion Body Disease (IBD).

un giorno potrò scrivere della cupololitiasi nel gatto? I gatti dispongono di un equilibrio proverbiale, tanto da poter camminare su un cornicione al 72° piano di un palazzo di New York, guardando sotto, senza provare alcuna vertigine, ma è altrettanto vero che le cadute dei gatti dall’alto sono tanto frequenti da avere dato origine ad una sindrome universalmente nota come High Rise Syndrome. Che ci sia di mezzo qualche otolita errabondo?

Bibliografia a disposizione presso l’Autore. Le foto delle figure 3 e 4 sono tratte da: Nelson RW, Couto CG. Essentials of Small Animal Internal Medicine. Mosby Year Book, St. Louis 1992 19


OTONEUROLOGIA


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