Camminiamo Insieme giugno 2022

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Insieme

Dodici Morelli, Bevilacqua, Galeazza e Palata Pepoli giugno n. 13 2022

EDITORIALE

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CATECHESI

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CARITÀ

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FORMAZIONE

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editoriale

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LA RELAZIONE VEICOLA IL MESSAGGIO

on ci vogliono molte parole per trasmettere contenuti importanti. È uno degli insegnamenti più profondi di Gesù. Ha trascorso molto tempo con i suoi discepoli e le sue discepole, parlando con loro, vivendo come loro. In questo modo, con questo stile, li ha conosciuti e, allo stesso tempo, si è fatto conoscere. Il Vangelo è ricolmo di situazioni che descrivono delle relazioni. Una delle più famose è la visita di Maria alla cugina Elisabetta. Quando ha saputo che Elisabetta era rimasta incinta, nonostante l’età avanzata, Maria si è messa in cammino

per andarla a trovare. Mettersi in cammino fa già parte della relazione, perché significa disponibilità all’incontro, interesse, desiderio d’incontrare l’amico, l’amica. L’estate per tanti ragazzi, ragazze, ma anche per noi adulti, è un periodo in cui abbiamo a disposizione più tempo del solito per visitare un amico, un’amica, una persona cara. Come Maria, mettiamoci in cammino, senza paura di perdere tempo, di sprecarlo. È la dinamica dell’amore che lo esige. Don Paolo

CATECHISMO: VERIFICA DI FINE ANNO

Il 15 giugno abbiamo avuto un incontro tra i catechisti delle quattro parrocchie e don Paolo, per fare una verifica dell’anno catechistico appena concluso e rilanciare idee per il prossimo anno. In questo anno siamo partiti tenendo conto delle indicazioni dei vescovi in pandemia che consigliavano di iniziare il catechismo con l’inizio dell’anno liturgico, per dedicare il tempo precedente all’accoglienza e lavorando sulle relazioni. La lettera del Papa ai catechisti diceva che tutta la catechesi è fondata sulla Parola di Dio e la nostra sfida è stato dare in mano ai bimbi la Bibbia. Tutti abbiamo convenuto che è stata una cosa positiva aver lavorato sulla Bibbia nonostante le perplessità che avevamo all’inizio, soprattutto nei gruppi di bambini più piccoli. Per tutti i gruppi è stato un anno positivo, però viene rilevata in generale una scarsa partecipazione delle famiglie nel cammino di fede dei propri figli. Esperienza molto bella delle classi quinte con il progetto don Milani, che ha coinvolto anche le famiglie nella realizzazione dello spettacolo finale già messo in scena a Dodici Morelli e che Bevilacqua farà in autunno. Anche per il prossimo anno le classi quinte, non dovendo preparare un sacramento, lavoreranno su un progetto suggerito da don Paolo. Don Paolo ci ha fatto questa proposta: il catechista accompagnerà i bambini dalla 2°

alla 5°, poi in 1° media affiancherà il don nel cammino di preparazione alla Cresima e successivamente il catechista entrerà nell’equipe del dopo cresima. Il catechismo inizierà a metà settembre con una prima fase di accoglienza e di lavoro sul Vangelo del giorno, poi, con Avvento, inizieremo la seconda fase con i contenuti specifici di ogni gruppo fino a maggio quando inizierà la terza fase con Oratoriando.

Isabella

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L’amore per la Gioventù: punto di partenza e arrivo per don Lorenzo Milani

Don Lorenzo Milani un prete che aveva deciso di servire Dio nel modo più completo: un esempio di misericordia e un dono per il prossimo. La sua missione è servire il Vangelo, stare dalla parte giusta dei poveri, cercare di conoscerli e viverci insieme, di condividere le loro cause e difendere le loro ragioni. Ordinato prete, fu mandato cappellano a San Donato di Calenzano (Fi). Era entusiasta perché finalmente poteva mettersi al servizio del prossimo e presto si rese conto che la mancanza di cultura era un ostacolo all’evangelizzazione e all’elevazione sociale e civica del popolo. Don Lorenzo organizzò una scuola serale per giovani operai e contadini per aiutarli a farsi una cultura che era la linea maestra della vita. Questo fatto scandalizzò i benpensanti di allora che sobillarono i vertici della Chiesa così don Lorenzo fu trasferito a Barbiana, una parrocchia su un monte del Mugello per isolarlo il più possibile. La situazione culturale trovata a Barbiana era diversa da Calenzano perché qui vivono bambini che, per lo scarso risultato scolastico e l’esigenza delle famiglie, presto andavano a lavorare nei campi e ad accudire le bestie. Per arrivare a Barbiana non c’è la strada, manca la luce elettrica e l’acqua corrente e si respira una storia di vita, un’esistenza, una relazione segnata dalla fatica e dalla sofferenza. Don Lorenzo non si abbatte, anzi scrive che …chi pensa di farmi un torto relegandomi in esilio, mi ha invece fatto un regalo perché qui nel silenzio ho più tempo per parlare con Dio. Incontra sei bambini-ragazzi di età da scuola media e con essi, dopo aspre divergenze con i genitori, crea la scuola di Barbiana dove si studia e si impara anche un mestiere nel laboratorio di falegnameria, meccanica e fonderia. Il motto era imparare facendo. Don Lorenzo riteneva importante la conoscenza della Bibbia, della Costituzione, e la lettura dei giornali. I quotidiani erano per loro libri di testo perché ogni giorno

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arrivavano notizie fresche da potere affrontare, dibattere e studiare. La scuola era aperta 365 giorni all’anno per 10 ore al giorno. Non c’erano pagelle e voti, alla mattina si studiava e al pomeriggio si facevano laboratori vari. I più grandi insegnavano ai più piccoli e facevano loro da maestri e finché non si aveva capito, non si andava avanti. Il metodo di insegnamento di Don Lorenzo era quello di fare diventare divertente una scuola difficilissima e pesantissima. I ragazzi si erano affezionati a lui e loro erano diventati i suoi figlioli, infatti don Lorenzo era per loro prete, educatore e padre. Con le amicizie che aveva, mandava i ragazzi in giro per l’Europa a casa di conoscenti dove imparavano la lingua e si mantenevano lavorando, con l’obbligo di scrivergli tutti i giorni. Queste esperienze hanno aiutato tantissimo i suoi ragazzi ad inserirsi in tessuti sociali inimmaginabili fino ad alcuni anni prima e ad aprire la strada a mestieri che la scuola negava loro perché ritenuti svogliati e con poca voglia di studiare. Curiosi del metodo della scuola di don Milani, a Barbiana salivano in visita professori, avvocati, giornalisti, politici ed erano i ragazzi che tenevano conversazione con loro, dimostrando competenza e conoscenza sugli argomenti che trattavano. I ragazzi prendevano sempre più sicurezza nell’affrontare le difficoltà e le esperienze della vita, diventando loro stessi artigiani sindacalisti e imprenditori. Naturalmente non tutti riuscivano ma comunque avevano le basi della cultura per diventare bravi lavoratori e genitori. Nel tempo il metodo di Don Milani è stato adottato in parte dalla scuola pubblica, migliorando concetti e regole. La scuola non era più a vantaggio di chi poteva permetterselo, ma anche di chi non aveva mezzi per andarci. In occasione del 50°anniversario dalla morte, Papa Francesco ha visitato la tomba di don Lorenzo, riconoscendo nella vita di don Milani un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la chiesa stessa. Gianni Battaglioli


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IL LORO DON MILANI… PARTE FINALE

“La recita di Don Milani è stata bellissima, ci siamo impegnati tanto e sono felice che sia venuta bella, anche grazie ai genitori che hanno collaborato, ai catechisti e al Don che ci ha dato questa possibilità. È un’esperienza che non dimenticherò. Noi bambini ci siamo divertiti tanto. Alle prove ed il giorno dello spettacolo eravamo emozionati.” Martina M. “ È stato molto bello il progetto di Don Milani, molto accattivante ed interessante, ho imparato molte cose.” Giorgia C.

Tutte le cose belle finiscono e noi siamo arrivati alla conclusione del progetto sulla conoscenza di Don Milani con i bambini della classe quinta, nel miglior modo possibile. Il 28 Maggio abbiamo fatto una bellissima gita a Barbiana, il luogo dove Don Milani ha fondato la sua scuola; qui, i bambini hanno potuto vedere concretamente ciò di cui abbiamo parlato loro per mesi. Il 1°Giugno invece abbiamo fatto una semplice, ma deliziosa rappresentazione, con la partecipazione di tutti i bimbi e la collaborazione di alcuni genitori.

i loro libri. Ho capito quanta fatica facevano per andare a scuola ma la loro voglia di imparare era più grande di ogni difficoltà.” Valentina F.

“Io che frequento il catechismo di Galeazza, non avevo molta voglia di aggregarmi ai miei amici che frequentano il catechismo a XII Morelli, ma la mamma ha insistito molto e alla fine ho partecipato attivamente a questo progetto che mi ha fatto conoscere Don Milani. Mi è piaciuta molto la gita a Barbiana, anche se la salita a piedi è stata faticosa però fatta in compagnia dei miei amici è stata divertentissima. Mi sono divertito molto anche a fare la recita… durante le prove abbiamo scherzato tanto e fatto arrabbiare un po’ i genitori che dovevano insegnarci le battute. La sera dell’esibizione ero emozionato, era la prima volta che recitavo con un vero e proprio pubblico. È stata proprio una bella esperienza.“ Fabio P. Grazie bambini e grazie genitori che, come dice il don, siete i loro primi catechisti.

“La figura di Don Milani mi è piaciuta tantissimo, mi ha insegnato a credere nei miei sogni e a non arrendermi mai. Mi è piaciuto tutto il percorso che abbiamo fatto assieme ai miei compagni, dall’inizio della visione del film fino alla drammatizzazione del primo Giugno, anche la collaborazione ed il lavoro di gruppo fatto, mi ha unito ancora di più ai miei amici e non sono mancate neanche tante risate….” Giorgia T. Elena e Paolo

Non sono mancate le difficoltà e gli imprevisti ma, con coraggio, determinazione e senza mai lasciare indietro nessuno, sull’esempio di Don Milani, abbiamo voluto testimoniare il nostro I CARE (mi importa, mi sta a cuore). Alcuni commenti dei bambini: “Mi ha colpito molto l’amore che Don Milani aveva per tutti i suoi alunni, ha lottato tanto per istruirli, senza fare distinzione fra ricchi e poveri. A Barbiana ho potuto vedere la chiesa e la canonica dove insegnava, le loro costruzioni, i cartelloni sui muri e ho toccato 4


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IV INCONTRO DELLA CHIESA CATTOLICA NELL’AMAZZONIA LEGALE

A 50 anni dall’incontro di Santarèm (Amazzonia) (1972-2022) “Cristo indica l’Amazzonia” , diceva Papa Paolo VI ai vescovi riuniti in Santarèm nel 1972. Oggi, 50 anni dopo, riuniti nel cuore dell’Amazzonia brasiliana, siamo venuti a celebrare questo punto di partenza del cammino della Chiesa in questa regione, e confermare la sinodalità ecclesiale, la nostra volontà di camminare insieme, rafforzare la nostra comunione pastorale e la speranza, continuare la semina del Vangelo e dei segni del Regno nella nostra cara Amazzonia. In questi anni, le nostre comunità sono diventate più samaritane, misericordiose, solidali, povere e pasquali, soprattutto in questo tempo di pandemia da Covid-19, e nella testimonianza di solidarietà ai più impoveriti e deboli riaffermano l’amore fraterno, identità nostra con Cristo, Crocefisso, Morto e Risorto. Camminando insieme, vogliamo continuare la nostra missione con “coraggio e audacia in sintonia con l’azione di Dio, che si è donato a noi in Gesù Cristo” (Messaggio di Papa Francesco,2022), di fronte alle aggressioni che oggi devastano il territorio amazzonico, depredato da un sistema economico predatore e consumista, che apre ancor più le ferite aperte dalla violenza socio- ambientale, che distruggono i diritti dei popoli originari e tradizionali, della natura e del territorio amazzonico. Il territorio, consegnato al grande capitale multinazionale, tanto visibile nella minerazione (garimpo), nell’espansione delle idroelettriche, nella monocultura dei cereali e nell’uso degli agrotossici, nell’occupazione illegale delle terre pubbliche… Alleato con tutto ciò, nella regione c’è un fenomeno che preoccupa: la consistenza dei conflitti agrari con crimini ambientali, come le minerazioni collegate nel territorio con le dinamiche dei gruppi del crimine. La vita dei popoli dell’Amazzonia è legata ad un filo. È urgente una parola, che indebolisca questo modello di potere privato che si sovrappone alla sovranità del potere sociale, e promuova il miglioramento e la garanzia della vita e della salvaguardia dell’Amazzonia. Invitiamo le sorelle e i fratelli per un patto per la vita contro i progetti di morte e la difesa della Democrazia. “Avanzare nelle acque più profonde” (Lc 5,4) è il grande mandato di Gesù che risuona nei nostri cuori in questo momento, e noi lo accogliamo con gioia e speranza. Sappiamo che non siamo soli: fac-

ciamo parte di una grande rete tessuta da tutti coloro che credono che le sementi del Regno sono state lanciate da tanta gente in queste terre e acque, e oggi, per noi, che cominciamo a cogliere i frutti di tante testimonianze di fede nella presenza tra noi dello Spirito del Crocefisso Risuscitato. Abbiamo preso alcuni impegni che condividiamo con voi, affinché possiamo viverli insieme nelle nostre Chiese particolari e diventare anche noi testimoni di speranza e di una Chiesa in uscita. Dar forza alle Comunità Ecclesiali di Base; Formazione dei Discepoli Missionari in Amazzonia; Difesa della Vita dei Popoli dell’Amazzonia; Cura della casa Comune: Migrazione,inerazione enormi Progetti di Infrastruttura; Evangelizzazione dei giovani (Santarèm 50anni: gratitudine e profezia - 2022). Chiediamo a Maria, Madonna di Nazzarè, Madre dell’Amazzonia e Stella dell’Evangelizzazione, che ci accompagni in quest’ora difficile e piena di tensione in favore della vita in Amazzonia, nella speranza dell’aurora della “terra senza mali” e nella certezza del “regno della verità e della vita, regno della santità e della grazia, regno della giustizia, dell’amore e della pace (Pref.N:S:J:C: Re dell’Universo)”. ​ antarèm-PA, 9 giugno 2022, Partecipanti del IV inconS tro della Chiesa Cattolica nell’Amazzonia Legale 5


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Squisito, sostenibile e per tutti. Proviamo anche noi?

Dare nuova vita ai prodotti in scadenza, evitando lo spreco di cibo e risorse, aiutando chi ha meno possibilità a concedersi un piccolo lusso gastronomico. SQUISITO, SOSTENIBILE E PER TUTTI è il progetto messo in campo da Emil Banca assieme alla Caritas diocesana di Bologna e alla giovane startup bolognese che da qualche tempo ha lanciato la piattaforma web Squiseat. Questa consente di acquistare da forni, pasticcerie, gelaterie o da altri esercenti, prodotti alimentari in eccedenza al 50% del loro prezzo di listino attraverso un’applicazione e ritirarli in loco. Tre brioche a 2 euro, tre tranci di pizza a 4 o mezzo chilo di gelato artigianale a meno di 5 euro. Non male, vero? Con un vantaggio sia per chi acquista che per chi vende. Emil Banca ha coinvolto la Caritas proponendo di utilizzare l’applicazione come strumento di inclusione sociale. Sarà infat-

ti la Caritas a individuare i potenziali beneficiari dell’iniziativa a cui sarà attivato e caricato, inizialmente con 100 euro, un account sulla piattaforma da poter usare a loro piacimento. Emil Banca ha messo nel progetto 10 mila euro che Caritas conta di erogare a un centinaio di soggetti, anche se la speranza è che altre realtà si uniscano alla rete per aumentarne l’impatto. “Abbiamo aderito con entusiasmo a questa iniziativa per diverse ragioni - spiega don Matteo Prosperini, direttore della Caritas Diocesana di Bologna - Intanto ci fa piacere incrociare il mondo delle persone in difficoltà che si rivolgono alla Caritas con altri mondi, in questo caso quello delle aziende ed in particolare di una start up giovanile ed innovativa. Abbiamo la possibilità di dire che il disagio economico oggi ha volti diversi, come quello degli studenti ai quali abbiamo cominciato a proporre Squiseat e che, pertanto, anche le risposte al tema della povertà alimentare devono essere varie e rivisitate. Da ultimo, non per importanza, ci sta a cuore anche l’aspetto ecologico che evita lo spreco”. Dopo pochi mesi di attività, Squiseat conta su Bologna un’ottantina di attività affiliate, gli utenti attivi sono oltre un migliaio e, con una media di 500 ordini al mese, ad oggi sono state salvate e rivendute già 10 mila porzioni di cibo per un valore, in materie prime, di oltre 30 mila euro. Perché non provare a lanciare questa iniziativa anche qui nel centese? Chi si offre di aiutarci? Chiara e Grazia

Il Karate di Miguel Calmon è contagioso La Scuola permanente di Karate don Paolo Cugini, nata alcuni anni fa nella città di Miguel Calmon, non ha mai sospeso le sue attività. All’inizio della pandemia abbiamo adottato tecniche e metodi di insegnamento virtuali che hanno permesso agli alunni di poter continuare a frequentare le aule di Karate per non perdere il ritmo della preparazione. Questo ci ha permesso non solo di poter partecipare alle attuali competizioni locali ed ai campionati interni al circuito cittadino, ma ha anche stimolato la nascita di un altro gruppo di ragazzi di un quartiere vicino. I contatti con la direttrice di una scuola elementare ci hanno portato a poter usare, gratuitamente, gli spazi della scuola per le aule di karate. In questo modo, da qualche settimana, siamo riusciti a coinvolgere i genitori di 20 ragazzi (dai 7 ai 15

anni) a fare entrare i loro figli nel nuovo gruppo. Siamo molto felici, anche perché tra i professori che insegnano quest’arte marziale c’è un ex-alunno, Leo, frutto della dedizione e del lavoro serio fatto dal professor Paulino (cintura nera 3º DAN che in questi giorni sta prendendo il grado di 4º DAN). Crediamo che, con l’aiuto di chi ci sostiene finanziariamente e con la collaborazione delle direttrici delle scuole sparse nei quartieri della città, potremo in futuro aprire nuovi gruppi soprattutto nei quartieri più poveri dove la vita è molto precaria, la droga e la prostituizione infantile spadroneggiano e l’intervento della pubblica amministrazione lascia ancora molto a desiderare. Anche il Karate può accendere una speranza di un futuro migliore nel cuore di un bambino. Gianluca Gidetti – Coordinatore del progetto Scuola Permanente di Karate don Paolo Cugini

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IL DIACONATO: CHE COS’È?

Mi chiedono spesso chi è il diacono e che cosa fa. Io, che sono abitudinario, comincio sempre in questo modo: il diacono è un servo, il diacono è ordinato per il servizio, il suo compito è servire, un servo che non serve, non serve a niente. Il diacono non è un laico (io sono sposato con Barbara), è ordinato dal vescovo come il presbitero ma ha un ruolo diverso, il prete è ordinato per il sacerdozio, il diacono è ordinato per il servizio, sono le due “braccia” del vescovo, espressione di una Chiesa che abbraccia tutti e si prende cura di tutti. Il servizio del diacono si rende visibile nella liturgia ma si concretizza soprattutto fuori dalla liturgia. Il diacono lo riconoscete perché proclama il Vangelo, serve all’altare dove è ministro del calice, invita allo scambio della pace, saluta l’assemblea al termine della celebrazione. Il diacono può svolgere l’omelia durante la messa, amministrare i sacramenti del battesimo e del matrimonio, può celebrare le esequie. Ma il diacono esercita il suo ministero soprattutto fuori dalla celebrazione, è un uomo di confine, sa abitare il margine; passo molto tempo sotto il portico, luogo di passaggio, intermedio tra la piazza e la chiesa; il diacono deve saper stare insieme alla gente. Il diacono è il ministro del servizio al

fratello, l’immagine del Vangelo che meglio esprime la sua posizione nella Chiesa è la lavanda dei piedi; il diacono “armato” di catino, brocca e asciugamano lava i piedi, e sono piedi sporchi perché l’immagine va collocata nel contesto storico in cui è nata. Catino, brocca e asciugamano sono gli strumenti di lavoro del diacono. Il diacono porta la stola come il prete ma la porta in diagonale, è una stola con una componente orizzontale che la piega, la tira verso terra, è indossata in modo da non essere di intralcio lungo la strada. Nella mia comunità mi occupo della Caritas e, in particolare, seguo il centro di ascolto. Ascolto è la parola con cui vorrei concludere. Un servizio senza ascolto è un problema per il diacono e per la comunità, diventa ricerca di riconoscimento, di approvazione, è il bisogno di continue conferme da parte degli altri, è ansia da prestazione che crea tensione e divisione dentro e fuori; in fondo è il problema di Marta. Il servizio del diacono deve avere radici profonde che attingono alla Parola, ai sacramenti e alla preghiera, è l’ascolto di Maria ai piedi del Maestro; Maria e Marta non sono alternative, sono complementari. Fabio Passerini

CALENDARIO PASTORALE FORMATIVO 2022- 23 Percorso sul Vangelo di Giovanni (al mercoledì dalle 20,45 alle 21,45) 7 settembre – 9 novembre; 8 gennaio- 1° febbraio; 26 aprile- 31 maggio

Centri di ascolto della parola sulle letture della domenica (avvento e quaresima) 30 novembre, 7 - 14 - 21 dicembre; 1 - 8 - 15 - 22 - 29 marzo I venerdì teologici 18 novembre; 10 - 17 febbraio; 14 21 aprile 7

Incontri mensili con le coppie e le famiglie 21-23 ottobre pellegrinaggio famiglie ad Assisi 12 novembre, 10 dicembre, 14 gennaio, 11 febbraio, 11 marzo, 15 aprile


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COSA CERCANO I FISICI AL CERN DI GINEVRA? Dalla particella di Dio alla materia oscura

Giovedì 9 giu- (NON BELLICHE!!) di Ginevra. Molti di noi non gno-Dodici Mo- sapevano che il laboratorio scavato sotto il Gran Sasrelli so, famoso per le ricerche sui neutrini, è solo uno dei 4 laboratori naLaura, galeazze- zionali dell’INse doc, si è lau- FN. Durante il reata in Fisica viaggio nella fiNucleare a Sub- sica subatomica nucleare presso abbiamo scoperto l’Università di che la materia di Ferrara, dove cui siamo fatti e successivamente di cui sono fatti ha conseguito il tutti gli esseri viDottorato di Ri- venti, i pianeti e cerca. Dal 2017 le stelle, è quasi è ricercatrice completamente dell’Istituto Na- vuota!!! Che non zionale di Fisica Nucleare (INFN), presso la sezione solo quasi tutto di Ferrara dell’istituto, e guida un gruppo di giovani quello che ci circonda e che mangiamo è radioattivo, ricercatori. È responsabile di diversi progetti nazionali ma lo siamo anche noi. Ma la cosa più sorprendente ed europei ed attualmente è membro dell’esperimen- è stata scoprire che non solo siamo radioattivi, ma to NA62 al CERN, che si occupa di ricerca di nuova siamo sorgente di antimateria. Abbiamo poi capito fisica. che la particella di Dio, non solo non ha nulla di divino, ma che è un nome inventato da un editore un Laura ci ha accompagnato in un viaggio nel mondo po’ furbetto, e che i fisici la chiamano più correttadella fisica delle particelle. La serata è cominciata con mente “bosone di Higgs”, dal nome dello scienziato un’introduzione su cosa sia l’INFN, che è l’ente pub- scozzese che negli anni ‘60 ne teorizzò l’esistenza. blico nazionale di ricerca dedicato allo studio dei co- Infine è stato interessante scoprire che le ricadute tecstituenti fondamentali della materia e delle leggi che li nologiche di queste ricerche, così lontane dal nostro governano. L’INFN è stato istituito nel 1951 al fine di quotidiano, ci hanno in realtà già cambiato la vita. Un proseguire e sviluppare la tradizione scientifica inizia- esempio su tutti: Internet, WWW,... è stato inventato ta negli anni ‘30 con le ricerche teoriche e sperimenta- al CERN! Ma tante sono le ricadute in altri campi, li di fisica nucleare di Enrico Fermi e della sua scuola come in medicina, con l’adroterapia antitumorale o la (i ragazzi di via Panisperna: Ettore Majorana, Bruno PET. Non avremo capito forse tutto, ma il viaggio è Pontecorvo, Emilio Segré…). Nello stesso periodo è stato molto interessante ed a tratti sorprendente! iniziata la partecipazione dell’INFN alle attività di ricerca del CERN, il Centro europeo di ricerche nucleari Laura

“Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” Con queste parole si è aperta la veglia di preghiera che si è svolta mercoledì 08 giugno 2022 a Dodici Morelli per le vittime dell’omotransfobia, alternando canti, a momenti di silenzio e all’ascolto della Parola di Dio. È proprio nella preghiera che le comunità cristiane sperimentano la presenza della luce del Risorto che passa attraverso qualsiasi muro, penetra qualunque resistenza, trasforma ogni cosa. Alla veglia hanno partecipato anche Mara ed Agostino, genitori cattolici che hanno raccontato, con emozione, il periodo della loro vita, quando sono venuti a conoscenza dell’omosessualità del loro figlio primogenito. Fino ad allora erano cresciuti in una parrocchia di paese, inseriti in un

movimento di famiglie che perseguivano uno stile di vita rigidamente cristiano. Si ritenevano molto fortunati e felici. In quel contesto scoprire di avere un figlio omosessuale è stato devastante. Tutto avrebbero potuto accettare ma non quello. Il dolore contrassegnava le loro giornate e, con la comunità di famiglie di cui facevano parte, si era pian piano creato un muro di silenzio perché tutti sapevano ma nessuno chiedeva o faceva sentire la propria vicinanza. La partecipazione, nel 2017, ad una veglia di preghiera contro l’omofobia, organizzata nella parrocchia Regina Pacis di Reggio Emilia ha cambiato radicalmente la loro vita. In quell’occasione sono venuti a contatto con genitori cattolici con figli omosessuali. Ci dice Mara: “Attraverso la conoscenza e la condivisione di esperienze simili ab-

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biamo cominciato a capire che l’omosessualità di nostro figlio non era una disgrazia che ci era capitata, ma si trattava di un dono. Abbiamo cambiato la nostra mentalità ed il nostro modo di vivere la fede. La vita ci chiede di aprirci a ciò che ci viene incontro. E noi dobbiamo rispondere con l’amore. L’amore è più grande delle nostre miserie, delle nostre paure, dei nostri errori”. La testimonianza di Mara ed Agostino insieme a quella di altri genitori è presente nel libro “Genitori fortunati – Vivere da credenti il coming out dei figli”, che è stato donato a Papa Francesco a settembre 2020. Barbara


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GRAZIE AMATORI!

Ringraziamo i volontari del gruppo amatori che prontamente hanno installato il loro chiosco nuovo, di circa 10 metri, nel cortile della chiesa per permettere di continuare l’esperienza di Estate Ragazzi. Come sappiamo ci sono circa 80 bambini e 60 tra animatori e aiuto-animatori. La copertura aiuta moltissimo per difendere i bambini dal sole e dal caldo che, in questi giorni, è veramente forte. Purtroppo giovedì sera i tendaggi

sono stati portati in piazza per una festa e il panico è sceso tra gli organizzatori di Estate Ragazzi pensando al gran caldo di questi giorni. Per fortuna è intervenuto il gruppo volontari degli amatori che hanno immediatamente installato la loro struttura permettendo, in questo modo, di non interrompere il servizio. Grazie di cuore! Don Paolo

LA VEGLIA DI PREGHIERA HA DATO INIZIO A ESTATE RAGAZZI Quest’anno Estate Ragazzi ha aperto i battenti nelle nostre quattro parrocchie in maniera molto speciale. Domenica 5 giungo, ragazzi ed adulti sono stati invitati ad unirsi in una veglia di preghiera per affidare nelle mani del Signore questa bellissima iniziativa, il cui scopo è coinvolgere volontari adolescenti che nel servizio e nell’attenzione verso i più piccoli scoprono uno stile che li fa crescere in responsabilità e competenze. La veglia è stato un momento di preghiera, ma ha altresì fornito intensi spunti di riflessione. Gianni, catechista di Bevilacqua e profondo conoscitore della figura di Don Milani, ha condiviso

con i numerosi presenti all’incontro le sue conoscenze sulla vita di questo parroco, che grazie alle sue idee rivoluzionarie e alla sua tenacia, realizzò un progetto incredibile. Profondamente convinto che la Chiesa avesse un ruolo fondamentale nell’istruzione dei suoi fedeli, soprattutto dei più deboli, che solo la cultura potesse aiutare i ceti più umili a superare la loro rassegnazione e che l’uso della parola equivalesse a ricchezza e libertà, Don Milani riuscì a costruire una scuola popolare per giovani operai e contadini a Barbiana, un piccolo pa-

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esino sui monti del Mugello. Di grande intensità anche l’intervento di Vincenzo, che ci ha illustrato la sua esperienza con i profughi in Libano, portandoci l’ennesima testimonianza delle conseguenze devastanti della guerra. Il suo impegno, assieme a quello di tanti altri volontari, ci ha permesso di riflettere sull’attività di incredibile ricchezza umanitaria che Vincenzo e i suoi compagni di viaggio svolgono in vari paesi del mondo, in modo particolare sulla loro scelta di donarsi agli altri, rendendosi così portavoce del messaggio cristiano di fratellanza e solidarietà nei confronti soprattutto dei più deboli. La veglia è stata anche un momento di grande gioia grazie al contributo dei Trinity Angels, che con i loro canti hanno accompagnato con allegria ed entusiasmo le parole ed i pensieri che questa bellissima occasione ci ha permesso di ascoltare e di condividere. Grazie Don Paolo per averci uniti nella preghiera affinché i nostri ragazzi e bambini riescano a cogliere il meraviglioso significato di Estate Ragazzi, che quest’anno, oltre ad essere come sempre un luogo dove fare spazio a nuove amicizie, offrirà ai giovani partecipanti l’opportunità per lanciarsi, con lo sguardo meravigliato proprio dei bambini e l’aiuto dell’ambiente fantastico del racconto “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry, verso nuove sfide e diventare veri Principi della propria vita. Diana


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FOTO DEGLI INCONTRI DI PREPARAZIONE A ESTATE RAGAZZI

ESTATE RAGAZZI 2022 A XII MORELLI

Dopo una prima settimana di rodaggio, che ha visto coinvolti don Paolo e solo gli animatori, lunedì 13 giugno è iniziata l’avventura di Estate Ragazzi 2022 a XII Morelli. Si sono presentati gli iscritti: circa 80 bambini oltre a 59

animatori (27 animatori, 32 aiuto animatori di seconda media). I bambini sono stati suddivisi in 4 gruppi, ciascuno dei quali è stato affiancato da un numero di animatori ed aiuto-animatori: il loro compito è seguire i bambini dalla prima accoglienza al mattino alle 8 fino allo loro uscita alle 16,30 (ed oltre). La giornata è suddivisa in più momenti: l’incontro spirituale con le letture, i giochi organizzati dagli animatori, le

scenette in teatro preparate sempre dagli animatori. Quindi il pranzo: anche qui tutta la fase di preparazione dei tavoli come pure la pulizia finale degli stessi è a carico

degli animatori che si turnano in questa attività di servizio. Al pomeriggio poi il gioco libero quindi i laboratori ed infine l’inno in teatro cantato da tutti i ragazzi assieme: è sicuramente questo il momento più piacevole della giornata per chi guarda dall’esterno. La settimana è stata movimentata con una gita ( 3 pul-

lman!) alla città di Mantova e da una giornata trascorsa nel parco del convento di Galeazza con una grande caccia al tesoro. I pochi adulti presenti hanno ruoli di servizio (cucina, pulizia e controllo) ma, ripeto, le attività di Estate Ragazzi sono

in autogestione. Un’esperienza piacevole per i bambini ed una esperienza formativa per i ragazzi più grandi. Claudio M.

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BEVILACQUA ESTATE RAGAZZI Estate Ragazzi. Hanno messo in campo i loro talenti, il loro tempo e tanta voglia di fare. Con la musica, il teatro, il momento di spiritualità, il ballo, i giochi e i tanti laboratori in cui hanno messo a disposizione le loro caratteristiche e competenze.

È stato bello vedere i ragazzi assieme agli adulti in una relazione di prossimità e complicità; li hanno aiutati non sostituendosi ma mettendosi al loro fianco, cu-

Giulia, Vittoria, Michele, Andrea, Nicolas, Martina, Giacomo sono solo alcuni dei tanti volti che in questa settimana di giugno hanno rallegrato la realtà di Bevilacqua nei locali della parrocchia, durante il campo di Estate Ragazzi. Ci sono bambini, ragazzi, adolescenti, animatori, genitori, anziani. Insomma c’è un po’ di tutto ed è proprio questo che è bello vedere e assaporare. Due settimane dove si convive più a stretto con-

rando in particolare la cucina con il pranzo e le merende e le pulizie dei locali. Cosa dire? Vedere per credere! Pietro R.

tatto tra piccoli, giovani e grandi all’insegna di tante piccole cose che fanno sentire la parrocchia una casa aperta, semplice e gioiosa; un posto dove non tutto sempre funziona bene ma dove si collabora perché il bene circoli e si attivino processi di accoglienza. Un luogo che non è fatto di persone straordinarie ma normali e che insieme vorrebbero aiutarsi perché la Chiesa assuma sempre di più il volto di una casa piena di porte aperte dove ciascuno può offrire il suo contributo. Colpisce vedere gli animatori, spesso giudicati troppo piccoli dagli adulti, portare avanti con responsabilità questo campo di 11


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IL DISAGIO NASCE ANCHE DAL DEGRADO Il bilancio a lungo termine dell’UE, unito a Next Generation EU (NGEU), lo strumento temporaneo pensato per stimolare la ripresa, costituisce il più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato in Europa. Per ricostruire l’Europa, dopo la pandemia di COVID-19, è stato stanziato un totale di 2 018 miliardi di euro. L’obiettivo è un’Europa più ecologica, digitale e resiliente. Ha fatto, quindi, scalpore la notizia riportata dai giornali a metà maggio che circa 11 miliardi di euro del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) stanziati per l’Italia, sono stati restituiti all’Unione Europea.

Dodici Morelli si merita senza dubbio un parchetto e una piazza migliore di questo obbrobrio urbanistico. Per non parlare di questa zona (foto a destra) che sembra un bombardamento.

Girando per le frazioni che sono al confine tra Ferrara, Bologna e Modena, si rimane allibiti dall’abbandono di tanti edifici che sono sul territorio da decenni. C’è un senso di abbandono, di desolazione, di degrado ambientale che incide a tanti livelli. Non ci possiamo abituare al degrado e alla bruttezza.

Sulla pericolosissima via Riga, ci sarebbe tutto lo spazio per costruire una ciclabile. I soldi ci sono. Che dire poi, dell’incrocio? Non si riesce a pensare una soluzione? I soldi ci sono.

La fantomatica palestra di Bevilacqua

Ci sono studi che mostrano il legame tra i colori cupi e grigi di un posto, il suo degrado e lo spirito triste degli abitanti. Ciò significa che la cura dell’aspetto estetico di un luogo è a beneficio della salute di coloro che vi abitano. Riporto alcune foto che dimostrano quello che sto scrivendo. Mostro queste foto perché non possiamo abituarci a vivere nel degrado e per stimolare i soggetti politici che sono sul territorio ad interessarsi di questi problemi. don Paolo

Il motivo di questa restituzione è la mancanza di progetti dei comuni locali. Ciò significa che i problemi ci sono nelle nostre località e sono ben evidenti. Ci sono anche i soldi per risolverli. Mancano, però, i progetti per poter accedere a questi fondi. Per poter elaborare i progetti occorre la voglia di farlo, il desiderio di servire la comunità. Quando, invece, i criteri politici sono altri, se una zona non è appetibile come numero di voti la si abbandona, oppure, si fanno delle operazioni di facciata. Solo per fare un esempio. Durante la campagna elettorale per eleggere il sindaco di Cento, nell’ottobre del 2021, nella frazione di Bevilacqua (metà sotto Cento e metà sotto Crevalcore) sono stati inviati 5 muratori per terminare la costruzione della palestra. Hanno lavorato per un mese e, terminate le elezioni, sono terminati anche i lavori, lasciando ancora una volta abbandonata quest’opera che i cittadini aspettano da anni.

La vecchia scuola materna ed elementare di Palata Pepoli sono chiuse e abbandonate da parecchi anni. Sempre da anni si discute su come risistemarle. I soldi ci sono.

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SPECCHI

La marginalità non è più impedimento; se so usarla, è risorsa; il mio decentramento diverrà sovrabbondanza di senso. Assunzione dello sguardo strabico per cui saprò guardare sia con le lenti del pensiero del mondo, funestante, sia con quelle di chi sa che è stata ignorata e sa cosa significa essere figlia di un dio minore, essere tra le ultime; esseri che non sono stati cooptati a condividere lo status dei privilegiati, ma collocati nella categoria a disposizione dell’altro, “cavità fertile” (caverna bramata e minacciosa), “cavità ferite”, per servizi sessuali, per lo sfogo, per la cura e sostentamento vitale di un homo dominans, per i servizi domestici; e soprattutto deve “funzionare” come muto fedele specchio rigeneratore dell’essere che gli sta di fronte, essere di un altro sesso: si frantumerebbe, egli, privato dello specchio, ma di ciò vuole non sapere; si è disegnato a immagine e somiglianza di Dio, cifra interdetta al femminile nell’ortodossia teologica, fino a tempi recentissimi, tuttora in atto. Alcune lo hanno scritto: abbiamo ereditato la figura di colei cui è stato riservato l’onanismo di una esaltazione tutta ideale, ma che nasconde sotto di sé il tragico buco della insignificanza storica.

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Chi sono? Si sbroglia a poco a poco il disseppellimento dell’anima che “c’è” tuttavia, “baricentro sepolto che è in me” (Etty Hillesum); scintille di energia, dischiudersi di una avventura, dove il baricentro che ci abita, emerso dal pozzo, convertito alla fosforescenza del bene, frastorna l’orizzonte. Il mio r/esistere può ora divenire un rincorrersi a perdifiato, dal primo respiro all’ultimo, un danzare tenendo per mano, rintocchi di campane, scampanii di soffi vitali, di lucertole che risorgono dalle crepe. Battiti in controcanto al ritmo del cuore. Genuina scorre sete di bellezza, di giustizia, di amorosi sensi che si corrispondono, desiderio di un mondo di “vita nova”: speranza che resiste, spes contra spem. Parole alate sgusciano tra tali rintocchi e mi raggiungono. E ora l’essere di fronte, non più incastonato nel miserabile specchio, danza al suono di Genesi 2,18 «Non è bene che l’umano sia alla sua solitudine. Farò per lui un soccorso come di fronte a lui- Ezer ke-negdo » (Gn 2,18b). «Qui si mostra la teofania della relazione, condizione di possibilità dell’alleanza tra i sessi/ generi; lui e lei di fronte l’uno/a all’altro/a sono parusia di una dualità originaria senza gerarchie, sono differenze ontologicamente alla pari. Una relazione in cui il riconoscimento reciproco – pur nelle ferite che ciò, nel tempo, comporta – fa germogliare la vita. Riemergerà Ombre, opacità, inciampi, balbuzie, deprivazione di nel Cantico dei cantici, sublime prosecuzione di questi gesti/ parole che degnamente diano forma e volto ad attimi»1. afflizioni senza volto, indicibili, sconforti sconfinaPaola Cavalari ti, pozzi interiori che risucchiano: come non essere erose? Dissanguamenti, disconoscimenti soffocanti, annientamenti oceanici, distillati di indifferenza in- 1 Non sono la costola di nessuno. Letture sul peccato di Eva, finita che la notte si avventano in danze macabre. a cura di Paola Cavallari, Gabrielli editore, 2020, p.106-107. 13


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Il nostro don Matteo eletto Presidente dei Vescovi italiani

Quando un paio di settimane fa Papa Francesco intervistato dal Corriere aveva detto che desiderava come presidente dei vescovi italiani un cardinale, ho detto a don Matteo di stare attento. Mi ha risposto che sarebbe scappato a Granaglione! Non ha fatto in tempo. Senza tante esitazioni, in modo sorprendentemente veloce, l’assemblea dei Vescovi italiani nella giornata di martedì lo ha votato in modo “forte” nella terna dei candidati da sottoporre al Santo Padre che in modo ancor più tempestivo lo ha scelto quale nuovo Presidente. Nei prossimi mesi impareremo quale sarà il programma che il cardinale di Bologna sottoporrà ai vescovi italiani e alla Chiesa in Italia. Da subito però porterà una novità: il suo stile. La sua attenzione a tutti, la sua simpatia, il suo sorriso.

Nella sua missione di pastore al centro c’è l’uomo, la donna, soprattutto i più deboli. Ama stare nella “piazza”, fra gli uomini. Essere un pastore che ha l’odore delle pecore. Senza fare distinzione fra chi è dei “suoi” e chi invece non si riconosce in quel Dio che professa. Fondamentalmente don Matteo sa essere segno dell’umanità di Gesù in tutte le situazioni esistenziali. Vuol portare nel mondo la simpatia del Vangelo, l’attenzione ad ogni singola persona e farlo con gentilezza e attenzione. Lo attende un compito difficile. La società contemporanea rifiuta tutto quanto è istituzione. E istituzionale. E la Chiesa, ai loro occhi, spesso ne è l’emblema. Non sarà facile in questo clima riportare al centro del dibattito della Chiesa il senso del sacro. In questi giorni, in cui nelle parrocchie si sta vivendo l’Estate Ragazzi, un progetto educativo rivolto ai bambini delle elementari i cui veri protagonisti, i loro educatori, devono essere i ragazzi delle superiori, emerge fortemente come ci sia un rifiuto della sacralità da parte dei ragazzi. Troppo spesso negli oratori i sacerdoti hanno creduto che mettendo bigliardini nuovi si potessero attrarre i giovani. Ma in una società che alla sera rottama ciò che ha creato al mattino, una scelta del genere è risultata perdente. Parlare ai giovani con un linguaggio adeguato ai tempi è indispensabile. Ma non tirarli per la giacchetta. Qui sta il vero compito della Chiesa. E assieme al ritorno del senso del sacro nei giovani, occorre una nuova evangelizzazione degli adulti, che di questi giovani sono i genitori. Non si riflette più, non si medita più. Non ci si interroga più sul senso della vita. Solo riuscendo a ridare speranza ai padri e insieme a loro ai figli, si potrà invertire e cambiare questo tempo che per tanti aspetti appare buio e indecifrabile. Ma i cristiani sono per loro natura persone di gioia e di speranza. Buon lavoro don Matteo. Massimiliano Borghi

Referendum mio non ti conosco… e non ti voto Quanti di voi sono andati a votare? Di ogni dieci persone che stanno leggendo, solo due sono andate. Ancora una volta, la nona su dieci degli ultimi referendum abrogativi proposti, non si è raggiunto il quorum. Domenica notte ho provato tristezza nel vedere le montagne di schede vidimate ma restituite dai vari seggi all’ufficio centrale perché non utilizzate. Quanto spreco di carta, di denaro e di tempo da parte di chi le ha firmate e timbrate. Quali conseguenza possiamo trarne? È in crisi l’istituto referendario? A me pare sia distorto l’uso che dei referendum ne vien fatto. In questa occasione, peraltro, i quesiti posti non erano risolvibili con una semplice vittoria dei SÌ. Occorreva comunque una legge. Per non parlare della complessità delle materie

trattate, a mio avviso ostica anche per un laureato in giurisprudenza. Che la riforma della Giustizia sia una delle emergenze istituzionali nazionali, lo vediamo quotidianamente. Ma non si può pretendere che a portarla avanti siamo noi cittadini. È materia che va lasciata al Parlamento. Diversamente,

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cosa ci stanno a fare i parlamentari? Chiedere agli Italiani di esprimersi su aborto e divorzio ci sta. Pretendere lo facciano sulla Giustizia no. Ma i politici di professione hanno subito sentenziato che la colpa andava suddivisa fra i giornali e le tv che non ne hanno parlato, fra la guerra in Ucraina che ha monopolizzato l’attenzione e fra l’anticiclone africano che ha portato tutti al mare. A volte, anche ora, mi chiedo: ma questi, dove vivono? Dell’inflazione alle stelle, della difficoltà di tante famiglie di arrivare a fine mese per le bollette di luce e gas quasi raddoppiate, dei problemi famigliari che la quotidianità presenta, ne han mai sentito parlare? Mi sa di no. Aspettiamoci nuovi referendum. Massimiliano Borghi


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GITA PER GLI ADULTI DELLE QUATTRO PARROCCHIE SABATO 4 GIUGNO

Don Paolo, all’inizio del mese di maggio, ha proposto un’altra gita per gli adulti delle quattro parrocchie che stanno camminando assieme. L’obiettivo è quello di conoscersi sempre più per poter migliorare il nostro percorso comunitario. La meta il “Santuario Madonna del Frassino” e Salò. Alle ore 8 in punto siamo partiti da XII Morelli per raggiungere Peschiera del Garda dove si trova il Santuario. Dopo due ore di viaggio, siamo arri-

vati e subito ci siamo incamminati lungo un vialetto di cipressi verso la bella struttura cinquecentesca, custodita dai Frati Minori Francescani. Abbiamo visitato il santuario dove, nella “cappella della Madonna”, si trova una statuetta raffigurante Maria che regge tra le braccia il Bambino Gesù. È apparsa miracolosamente tra i rami di un albero di frassino a un contadino del luogo. Siamo poi ripartiti per l’Abbazia di Maguzzano che si trova sulle colline prospicienti il Lago di Garda, nei pressi di Desenzano. Si gode la vista del lago e dei monti circostanti. Il verde degli olivi dentro l’ampio parco e delle viti e delle coltivazioni agrarie fa da cornice a questo

grande complesso monastico ora sede di ritiri ed esercizi spirituali, ecc. Siamo poi entrati all’interno del museo dove si trova materiale che testimonia le innumerevoli vicende che si sono susseguite in questo luogo. Attualmente l’Abbazia, fondata dai monaci benedettini nel IX secolo, ospita una comunità dei “Poveri Servi della Divina Provvidenza” di Don Calabria. Siamo poi ripartiti verso “L’Antica Cascina San Zago” dove ci aspettava un accogliente ristorante con un menù squisito. Abbiamo sostato fino verso le 15.30 e poi siamo partiti per Salò. Abbiamo subito visitato il Duomo e poi ci siamo rilassati passeggiando sul lungolago per poi ripartire per tornare a casa. Siamo arrivati a XII Morelli alle ore 19.00 stanchi ma contenti per aver visto cose interessanti e piacevoli. Alla prossima gita! Elena e Pina

LA NUOVA FACCIATA DELLE OPERE PARROCCHIALI Il Consiglio Pastorale di Dodici Morelli, in una delle sessioni mensili dello scorso anno, ha deliberato la pittura completa delle opere parrocchiali. Il motivo di questa decisione non riguarda solo la manutenzione delle opere parrocchiali, ma anche e soprattutto un messaggio positivo della cittadina di Dodici Morelli. Le opere parrocchiali, infatti, danno sulla piazza che, a dir del vero, non è il massimo dell’estetica, anzi. Pitturare la facciata ha voluto dire che noi della comunità cattolica ci teniamo alla nostra cittadina e la vorremmo vedere sempre più splendente.

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eventi

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Veglia per le vittime dell’omotranfobia , mercoledì 8 giugno Le suore di Galeazza durante il loro Capitolo

Cena della sagra di Dodici Morelli

Messa nel cortile di una famiglia a Dodici Morelli

Chiusura del mese di Maggio presso la Madonnina della Valle

Chiusura del mese di Maggio a Bevilaqua 16


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oltre l’ascolto

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Ragazzi amanti del creato

Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere di ospitare qui da noi un nutrito gruppo di ragazzini di prima media, accompagnati da alcuni animatori e genitori provenienti dalle Quattro Parrocchie e guidati da don Paolo. Si sono preparati al Sacramento della Cresima attraverso varie tappe, ultime delle quali un incontro con diverse realtà. Abbiamo proposto come tema IL CREATO, partendo dal Cantico delle Creature di San Francesco. Il versetto che ha colpito maggiormente i ragazzi è stato “Laudato si’ mi’ Signore per sora luna e per le stelle”. Nel chiederne il motivo è stato interessante scoprire che ognuno di loro ha una sorta di attrazione per il cielo: i pianeti e le stelle. Che bello vedere come i loro occhi sono ancora capaci di contemplare il cielo! La luna è il pianeta che è in grado di allungare la velocità di rotazione terrestre; che permette i cambiamenti climatici e l’adattamento delle specie animali e vegetali sulla terra; influisce sulle maree

e sulle fasi cicliche umane. Le stelle sono gli astri che indicano il nostro DE-SIDERIO di cielo. Stella deriva dal latino “sidera”; aggiunta alla particella “de” indica la “provenienza da”. È quindi il Cielo il punto focale della nostra provenienza e della nostra destinazione. L’attrazione che il Cielo ha su tutti noi, anche solo fermandoci una sera d’estate a contemplare le stelle, è fortemente ancestrale. Senza limiti di età e di cultura, ogni essere umano punta gli occhi verso il creato, verso le stelle, la luna, il cielo. Di fronte ad un mondo oggi abituato a guardare più in basso, a guardare i piedi, i giovani ci aiutano ad alzare lo sguardo per ripuntarlo verso l’alto. Che bello poter constatare quanto i ragazzi di questa età abbiano ancora tanto da insegnare agli adulti! Nel loro cuore è sempre acceso un grande desiderio, forse ancora in germe, forse non è ancora ben delineato, ma sappiamo con certezza che ogni loro desiderio di bene è già presente dentro di loro e spetta a noi adulti, genitori, educatori, aiutare a farlo uscire allo scoperto. La loro vita c o n tutto ciò che racchiude: sogni, pensieri, c o m portamenti, caratteristiche umane e spirituali, è come un bocciolo di rosa ancora chiuso. Ogni evento, incontro, relazione può contribuire a far sbocciare in tutta la sua bellezza quel fiore così speciale e misterioso, compreso quel desiderio di Cielo che non dobbiamo smorzare dentro di loro, ma che siamo chiamati ad alimentare e a far crescere perché, con la loro vita, possano portare LUCE a chi incontreranno sul loro cammino. Cecilia e Giorgia – Oltre l’Ascolto

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grideranno le pietre

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RISVEGLIARE L’EUROPA

Poco prima di esalare il suo ultimo respiro, Gesù gridò “TUTTO È COMPIUTO!” Il male è sconfitto. La punizione del nostro peccato è stata pagata dal prezioso sangue di Gesù Cristo. Il suo sangue ci ha purificati. È per fede che crediamo nella rettitudine. Quando riponiamo la nostra fede e fiducia in Gesù, quando nasciamo di nuovo in Lui, siamo redenti. Siamo una nuova creazione. 2 Corinzi 5:17 dice che: “... se uno è in Cristo, è una nuova creazione; le cose vecchie sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove”. Ricordiamo

l’opera compiuta sulla croce e tutto ciò che il nostro glorioso Salvatore ha fatto per noi. Il nostro amato Re Gesù, il Salvatore del mondo!” Questo testo fa parte della presentazione dell’evento che si svolge dal 14 al 17 Luglio 2022 a Rotterdam. Si chiama “Awakening Europe” (Risvegliare l’Europa), un incontro di preghiera, lode, e predicazione del Vangelo che si svolge da 5 anni in diverse città europee. L’ evento coinvolge cristiani di varie confessioni. Il solo scopo è quello di lodare Dio e diffondere il Vangelo della salvezza a chiunque lo desidera, nessuna forma di proselitismo. Eventi di questo tipo stanno aumentando in tutta Europa. La sete di Verità di Vita Eterna cerca la Via. La predicazione della Parola, la preghiera comunitaria, la lode, la fede con “sete” e in Verità, apre la Via della Vita al di là di ogni cultura, formalità e denominazione: Gesù Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’umanità, con la Presenza dello Spirito Santo per guidarci al Padre. Veni Sancte Spiritus a Risvegliare l’Europa! (Awakening Europe) Lauro Govoni

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si è sempre detto che...

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“LA VERITA’ STA NEL MEZZO” Siamo tutti molto sensibili alla giustizia. Quando qualcuno ci fa un torto lo avvertiamo nella pelle. Nel nostro camminare cerchiamo di capire dove stia la verità delle cose, delle situazioni, dei processi di cambiamento o dei conflitti. Quando indaghiamo per approfondire quello che l’altro ci ha voluto dire, o tentiamo di scoprire quali sono le nostre passioni. Cerchiamo la verità delle nostre relazioni perché ci rendiamo conto che il parlare è costellato di incomprensioni: “non mi hai capito”, “non mi ascolti”. Quante volte ci siamo persi a dover dimostrare la verità e spesso ne abbiamo fatto una questione di parte, come fosse una definizione da proteggere o un valore da difendere. Basta accendere la televisione e guardare sui social per vedere come la verità sembra essere solo di una parte, del mio partito politico, del mio gruppo ecclesiale, del mio punto di vista. Così spesso ci si divide in conservatori o progressisti, destra o sinistra, popolari o nobili, europeisti o nazionalisti, pro… o no… Di fronte a queste cose ci ripetiamo spesso che la verità sta nel mezzo e che ciascuno ha delle ragioni valide, che dovremmo imparare ad accettare altri punti di vista. Eppure c’è qualcosa che non ci piace in quel mezzo, e se con la ragione lo diciamo, con la pratica spesso lo rinneghiamo. Dire che “la verità sta nel mezzo”, non ci piace quando avvertiamo che nasconde la paura di perdere e di mettersi in discussione. Quando diventa una strategia politica o ecclesiale.., per non mollare i propri interessi, camuffati sotto mentite spoglie. Può diventare un modo per impantanarsi e non affrontare i problemi: di coppia, di lavoro, ecclesiali o personali. Quel “mezzo” lo interpretiamo male quando diventa un modo per non scegliere, per trovare nuove argomentazioni alle proprie ragioni e ritardare l’avanzamento, la maturazione e la crescita. La mia impressione è che abbiamo troppo legato la verità alle idee e così abbiamo perso di vista la vita. Forse sarebbe più chiaro se al posto di quel “mezzo” mettessimo la “vita”. È dentro la vita e le scelte, che noi capiamo, avanziamo e ci rendiamo conto di come stanno le cose nella verità. La verità è che siamo fragili, che dentro di noi ci sono luci e ombre, paure e sogni, debolezze e punti di forza.

Tutto questo ce lo dice la vita, gli incontri che facciamo, il guardarci dentro con onestà. Quel “mezzo” non è una parte equidistante che dobbiamo cercare per sentirci a posto, o vantarci di essere persone equilibrate e “normali”. Solo così possiamo evitare di cadere nel tranello che vuole dividere le persone in buone e cattive, giuste o sbagliate, adeguate e inadeguate. Allora quel “mezzo” è piuttosto la “crisi” che, se l’accogliamo, ci permette di entrare nella verità di noi stessi e non impantanarci dentro le immagini che gli altri o i ruoli ci cuciono addosso. Proprio lei ci aiuta a vedere le luci e le ombre, a vederci da prospettive diverse senza esaltarci né scoraggiarci e ci offre una visione più realistica di noi stessi. È la crisi quel “mezzo” nel quale dobbiamo imparare a camminare per non uscire dalla vita e diventare ideologici. Ci aiuta a non trattare le persone come categorie ma come volti unici e singolari, tutti diversi e per questo preziosi. Attraverso le categorie abbiamo cercato un mezzo per dire che quelle persone erano normali mentre le altre no, e quindi inadeguate, problematiche quando non erano sbagliate. Quando entriamo nella crisi ci rendiamo conto che la tensione tra conservatori e progressisti è qualcosa che ci portiamo dentro tutti come tensione tra abitudine e rivoluzione; dentro il terremoto della crisi veniamo a sapere che il “mezzo” è quel cambiamento possibile che oggi possiamo attuare e che diventa la nostra testimonianza per altri. Pietro Rabitti 19


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notizie dalla diocesi

LA PAROLA DEL VICARIO A volte più che una riflessione porta maggiore frutto una notizia. Eccola: nelle prossime settimane l’Arcivescovo, secondo una tradizione tipica Bolognese, consulterà ogni Sacerdote della Diocesi, per chiedere indicazioni sui propri collaboratori e quindi se indicare nuovi nominativi o confermare gli esistenti in modo che l’Arcivescovo abbia uno strumento in più per decidere se continuare con questa “squadra” o fare qualche innesto se non qualche cambiamento. Una consultazione dunque che, in uno spazio fragile come la Comunicazione, può essere presa come un cambio di rotta o un’inversione di marcia. Niente di tutto questo: semplice consultazione e normale prassi, almeno per Bologna, almeno per i Vicari. Parliamo di Vicari Generali e Vicari Episcopali ovvero dei due più stretti collaboratori dell’Arcivescovo (i Vicari Generali) e degli altri suoi Collaboratori in Servizio presso i diversi Uffici, ovvero i diversi ambiti pastorali generali (poi declinati in diversi altri Uffici) che vanno dalla Formazione Cristiana alla Carità, dal Dialogo alla Testimonianza nel Mondo. I Vicari sono detti Episcopali perché collaborano, aiutano, consigliano il Vescovo circa le macro aree pastorali. Sono passati ormai 6 anni da quando l’Arcivescovo ha nominato Mons. Ottani Vicario Generale per la Sinodalità e Mons. Gio-

vanni Silvagni Vicario Generale per l’Amministrazione, confermando di fatto il loro servizio iniziato già sotto Cafarra. Insieme ai Vicari Generali, Zuppi aveva scelto o confermato altri 6 Vicari Episcopali per prendersi cura con lui della Pastorale tutta della Chiesa Bolognese, settore per settore. Ora, al giro di boa dei 6 anni, l’Arcivescovo, forse anche in vista dei nuovi impegni a Roma, chiede indicazioni. Normale prassi, ci siamo detti e va riconfermato ma anche possibile cambiamento. Da queste consultazioni infatti il Vescovo avrà un elemento in più per confermare o modificare i suoi propositi perché è certo che Zuppi abbia in mente già almeno un’idea di persona se non una serie di nomi definiti. Anche questa consultazione, per quanto non nuova, è da leggere dentro quell’idea di Chiesa “dal basso” che papa Francesco suggerisce da tempo e che Zuppi ha sempre sostenuto. Vero: manca ancora la consultazione dei Laici ma questa consultazione conferma un’idea ed un concetto a cui tendere e che, va ricordato, è in vigore da decenni nella Chiesa di Bologna. La notizia forse si sgonfia pensando alla consuetudine ma resta sempre un segno della vivacità dello Spirito. Don Marco Ceccarelli

Appuntamenti dalla Diocesi • Concerto del 14 Maggio in S. Petronio in ricordo del Musicista Ezio Bosso di cui il Cardinale ha detto “ È stato un uomo che ha regalato tanto: arte e passione.” • Festa degli Animatori di Estate Ragazzi della Diocesi e consegna del mandato sabato 28 Maggio a Villa Pallavicini • Il 20 Maggio il Cardinale Zuppi ha celebrato la Messa nella Chiesa Parrocchiale di S. Agostino (FE) a 10 anni dal terremoto • Il 24 maggio il Cardinale Matteo Zuppi è stato nominato da Papa Francesco presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) • Processione della Risalita della Madonna di S. Luca al colle Domenica 29 Maggio con la partecipazione del Vescovo degli Ortodossi in Italia e dell’Esarca per i fedeli

questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore per sempre.

ucraini con speciale intenzione per la Pace • 31 Maggio Scomparsa di Mons. Ernesto Vecchi Vescovo ausiliare Emerito di Bologna nativo di S. Matteo della Decima; ha chiesto questa epigrafe per la sua tomba: Una cosa ho chiesto al Signore, 20

• 9 Giugno assemblea Diocesana in Cattedrale sul lavoro svolto nei gruppi Sinodali • Il 22 giugno 1952,70 anni fa, il vescovo Giacomo Lercaro entra nella Diocesi di Bologna. Ha lasciato a Bologna e nella preparazione del Concilio Vat. II un grande insegnamento per tutta la Chiesa • La Diocesi invita a lasciare nella dichiarazione dei redditi 8Xmille alla chiesa cattolica per sostenere le sue iniziative • La Caritas Diocesana ha lanciato un progetto per ridurre la povertà digitale che impedisce l’accesso ai sistemi complessi di comunicazione attuali. Eugenio


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la nostra storia

QUANDO A CENTO LA CHIESA DI S. PIETRO VENNE CEDUTA AI FRATI MINORI OSSERVANTI DI S.FRANCESCO OLTRE RENO

Sembra certo che Cento sia sorto sopra un dosso emerso dagli acquitrini nella vecchia valle Padusa. Sulle terre emerse i primi coloni collocarono le loro capanne ed una di queste terre fu Cento. Il dosso sul quale sorse Cento non era uniforme ma tagliato al centro da una depressione naturale che, una volta canalizzata, servì come scolo delle acque. Le case furono costruite sui 2 colmi emersi e divisi dal canale centrale, uno posto a levante più piccolo che si chiamò Borgo da Mattina ed uno più esteso a ponente che si chiamò Borgo da Sera. In quei tempi anche Pieve faceva parte del comprensorio di Cento e qui sorgeva la Chiesa di S. Maria, l’unica Chiesa di tutta la terra di Cento. Successivamente sorsero nel Borgo da Sera la Chiesa di S. Biagio e nel Borgo da Mattina la Chiesa di S. Pietro. A detta del Baruffaldi quest’ultima esisteva già nell’anno 1273, ma compare in un elenco “ufficiale” della Diocesi di Bologna solamente nell’anno 1366 ed è registrata sotto il Plebanato di S. Maria di Pieve e figura come sussidiaria, in Cento, della stessa. Ma ancora non era parrocchiale, titolo che poi ottenne nell’anno 1374 con decreto del Vescovo di Bologna Bernardo Bonnavalle che ne nominò un Rettore con il compito di curare le anime di tutti coloro che lo abitavano, stabilendo inoltre il territorio di competenza del Borgo da Mattina. Fin dall’anno 1452, tempo in cui il fiume Reno scorreva a ponente di Cento, su richiesta di numerosi devoti centesi ed in virtù di un Breve Pontificio accordato dal Papa Nicolò V, fu eretta la Chiesa ed il Convento dei P.P Minori Osservanti di S. Francesco sul confine centese e pievese. Ma nell’anno 1460 il Duca Estense modificò il corso del fiume Reno portandolo da ponente a levante (fra Cento e Pieve) ed i Frati che risiedevano nel Convento temevano che le sue inondazioni arrecassero danni al fabbricato. In quei tempi l’attività parrocchiale delle Chiese poteva dirsi quasi nulla in quanto la devozione dei fedeli

festa di primavera

il coro

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era particolarmente diretta verso le immagini e statue dei Santi esposti nelle Chiese ed era verso di loro che indirizzavano offerte e preghiere. Le Chiese dovettero adeguarsi a questo cambiamento ed anche quella di S. Pietro seguì questo nuovo mutamento. Nell’anno 1460 venne ampliata allo scopo di creare nuovi altari, costruendo, nella parte sinistra, una nuova navata e prolungandone anche il corpo centrale. In quel tempo, in Borgo da Mattina, esistevano due Confraternite: una devota a S. Bartolomeo ed una alla Pietà ed entrambe fecero costruire, all’interno della Chiesa rinnovata, le loro Cappelle. Nell’anno 1493 la Compagnia della Pietà era talmente numerosa da intralciare le funzioni della Parrocchia tanto da determinare di costruire, in accordo con il Rettore della Chiesa di S. Pietro, una propria Chiesa. Per raggiungere lo scopo prefisso, acquistarono una casa ed un orto poco distanti dalla Chiesa (come aveva chiesto il Parroco) e poterono così realizzare il loro sogno: il solo cimitero separava le due Chiese. Ma nell’anno 1538 avvenne un fatto particolare: il Parroco di S. Pietro don Vincenzo Fiorentini si accordò con i Frati Minori Osservanti di S. Francesco al Reno e cedette la Chiesa, gli orti e le case spettanti alla Chiesa stessa e riservando per sé ed i suoi successori la sola cura delle anime della Parrocchia. Questa convenzione dovette sembrare un vero affare a don Fiorentini in quanto la manutenzione dei fabbricati, Chiesa compresa, passava sotto la tutela dei Frati pur rimanendo ancora Parrocchiale. D’altro canto si trovava ad esercitare la sua funzione in una Chiesa non propria e quindi “ospite” dei Frati, i quali dovevano autorizzarlo per l’utilizzo della medesima ed inoltre ai Frati competeva la nomina del Rettore ed anche l’eventuale sua sostituzione. Il Papa Paolo III Farnese, con bolla dell’anno 1538, sanciva definitivamente questa convenzione ed i Frati divennero di fatto “proprietari” della Chiesa di S. Pietro.

incontro sul Sinodo a Galeazza


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PER QUEST’ANNO NON CAMBIARE SEMPRE A CASIGNO VOGLIO ANDARE! Mi sono sempre chiesto chi ha ideato “Estate Ragazzi”. Così, navigando in internet, ho scoperto che nasce a Bologna nel 1989 per opera del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile e da allora si è diffusa capillarmente. Credo quindi di poter dire che fra gli ideatori di E.R. un posto d’onore lo meriti Don Giorgio Ghirardato parroco in Palata Pepoli il quale, inconsapevolmente, fu un antesignano di questa iniziativa. Preso possesso della nostra parrocchia nel 1967, nell’estate dell’anno successivo, con i ragazzi più grandi salì alla canonica di Casigno per trascorrere un periodo di vita insieme. Don Giorgio era solito raccontarci che questa esperienza per lui non era nuova. Infatti come cappellano di San Cristoforo di Bologna era solito andare in quei luoghi con i giovani di quella parrocchia (tra loro si vantava della presenza di Roberto Beccantini, famoso giornalista sportivo e autore di libri). Per i primi anni, il campeggio era per i ragazzi più grandi ma, nel 1971, cominciò il metodo Casigno: tutto il mese di luglio, due turni di 15 giorni, uno con i giovani, l’altro con gli adolescenti. Io sono stato fra coloro che inaugurarono la quindicina dedicata agli adolescenti, 9/10 anni. Nonostante siano trascorsi ormai 50 anni, porto ancora nel cuore quella prima e indimenticabile esperienza, a cominciare dal viaggio Palata-Casigno…. Un viaggio che oggi sarebbe causa di denunce e chiamate al telefono azzurro, ma che all’epoca, per noi, rappresentò qualcosa di epico. Il viaggio era stato così organizzato: ore 7.20 partenza da Palata con corriera di linea per Bologna, treno da Bologna per Vergato, corriera di linea per raggiungere Rocca di Roffeno e quindi camminata verso Casigno, ma… Si partì regolarmente con il pullman di linea della “Società Veneta Autoferrovie”: allora era ancora presente il bigliettaio che era mio padre Giancarlo, mentre l’autista era Bruno Salani. Arrivati a Bologna salimmo sul treno ormai in partenza quando Sandro B., uno dei tre assistenti (gli altri due erano Fulvio M. e Alberto A.), si accorse che mancavano i biglietti che Don Giorgio, partito in macchina da Palata, avrebbe dovuto portare in stazione ma… non c’era tempo il treno stava partendo! Passò il controllore e Sandro iniziò una lunga e accorata trattativa: nessuna multa ma i biglietti dovranno essere portati in visione alla biglietteria di Vergato! Nel frattempo Don Giorgio, insieme a mio padre, con una Fiat 600, tentarono di

raggiungere, stazione dopo stazione il treno, ma invano; fortunatamente non avevamo al seguito le valigie, quelle erano state caricate sul Fiat 900 E, furgoncino di Remo Guicciardi, che utilizzava per portare gli antiparassitari agli agricoltori. A Vergato Don Giorgio ci raggiunse con i biglietti (foto), ma il problema era arrivare a Rocca di Roffeno, in quanto il pullman c’era ma verso sera. Come fare? Autostop!! Si fecero gruppetti da tre ragazzi, mettendo come riferimento uno dei più grandi: ricordo che mio padre fermava le macchine chiedendo di accompagnarci a Rocca… E fu così che alcuni ci portarono appositamente a destinazione, altri, invece allungarono il percorso presi da compassione. L’impatto con la canonica di Casigno non fu un gran che: un solo bagno per tutti, stanze e camerone per dormire, tre docce soltanto, crepe nei muri fra le quali la facevano da padrone scorpioni e scarafaggi ma… per tutti noi Casigno era bellissima! A Casigno sono nate amicizie, amori e legami che rimarranno per sempre nel cuore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di salire, attraverso quella ripida salita, alla canonica che era diventata per tutti noi la seconda casa estiva. Giulio Bedendi 22


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PRESENTATO UN LIBRO SULLA FIGURA DI MONS. JOSÉ BORGATTI, ORIUNDO DI RENAZZO E VESCOVO DELLA PATAGONIA (ARGENTINA) DAL 1953 AL 1973

Venerdì 27 maggio, presso l’Oratorio della Madonna del Carmine di Renazzo è stato presentato il libro “Mons. José Borgatti Vescovo della Patagonia Figlio della terra renazzese” degli autori Bruno Bertelli, renazzese, e Sandro Samaritani, centese. Ne ha curato la pubblicazione il Circolo culturale “Amici del Museo APS” di Renazzo, con il patrocinio del Comune di Cento, della Partecipanza Agraria di Cento, della Consulta Regionale degli emilianoromagnoli nel mondo e il sostegno e la collaborazione della Parrocchia San Sebastiano di Renazzo. Il volume, ben documentato sotto il profilo storico e fotografico, traccia la figura del vescovo salesiano Josè Borgatti, oriundo di Renazzo che, nato a Buenos Aires, da genitori centesi da poco giunti in Argentina, ha speso la sua vita di pastore e missionario in Patagonia, nella diocesi di Viedma, negli anni dal 1934 al 1973. Il vescovo è venuto sei volte a Renazzo, durante la visita ad limina in Vaticano, nel 1959, e poi nelle pause delle sessioni del Concilio Vaticano II (1962, 1963, 1964 e 1965) e per ultimo nel 1973, tre mesi prima della morte. Il padre di Josè, Luigi, era di Renazzo, iscritto nei registri della Partecipanza Agraria di Cento; la madre, Beatrice Rabboni, era di Corporeno. Si sono sposati il 29 aprile del 1878 nella chiesa di Corporeno ed hanno abitato per 11 anni a Renazzo in via Lamborghini, nella casa detta del “passatore”; poi sono emigrati in Argentina, nel 1889 Luigi e nel 1890 Beatrice. Il figlio José nasce a Buenos Aires nel 1891, cresce in una famiglia religiosa e nell’ambiente salesiano, dove, adolescente, matura la vocazione sacerdotale. Prima del sacerdozio consegue la laurea in filosofia e dopo l’ordinazione sacerdotale vengono a lui affidati incarichi di insegnamento e poi di direzione del Collegio Pio IX a Buenos Aires e del nascente Collegio salesiano di Corrienters al nord dell’Argentina. Nel 1934 tiene, nella cattedrale di Buenos Aires, il panegirico per l’avvenuta canonizzazione di Don Giovanni Bosco e, nel medesimo anno, organizza, con grande stupore del legato pontificio cardinal Eugenio Pacelli, in seguito diventato Papa Pio XII, la presenza di 110.000 bambini, tutti vestiti di bianco, alla giornata dei fanciulli del 32° Congresso Eucaristico Mondiale di Buenos Aires. Nel 1935, a seguito della creazione della diocesi di Viedma, viene chiamato a fianco del neo vescovo Nicolas Esandi in qualità di vicario generale. Dopo la morte di Esandi, mons. Borgatti, consacrato vescovo, è alla guida della diocesi che

ha un territorio esteso due volte e mezzo l’Italia e presenta una popolazione molto eterogenea: indios, coloni, soldati, neo immigrati dall’Europa. Il suo episcopato è caratterizzato da una significativa crescita sia demografica, sia del numero di parrocchie, degli istituti scolastici e formativi, degli oratori, delle presenze religiose e volontarie di diverse congregazioni e associazioni. Questo fermento, stimolato fortemente anche dalle sue doti “creative” e organizzative, dà la possibilità a Mons. Borgatti di consegnare le “chiavi” di nuove diocesi a quattro pastori che si insediano sui territori in precedenza parte della sua diocesi di Viedma. Oggi, per inciso, su quell’immenso territorio patagonico, il numero delle diocesi è già salito a sette. Negli ultimi cinque anni della sua vita terrena al vescovo Borgatti viene affiancato un amministratore apostolico per i compiti più gravosi che il governo di una diocesi richiede. Egli ha più tempo da dedicare ai poveri, ai malati, ai carcerati e alla preghiera. Muore a Buenos Aires, con la corona del rosario in mano, nel corso della Conferenza episcopale argentina, per un attacco di cuore che già aveva manifestato sintomi di stanchezza. È la sosta post-pranzo quando si appresta alle seconde 50 Ave Maria che ogni giorno recita e che avrebbe poi completato sino all’intero rosario di 150 Ave Maria la sera, prima di coricarsi. I funerali a Buenos Aires nella Basilica dove fu ordinato sacerdote e fu consacrato vescovo e poi a Viedma dove, con tutti gli onori, la salma viene inumata nella cattedrale accan-

to a quelle del primo vescovo Esandi e a quella del cardinal Giovanni Cagliero, il primo grande apostolo della Patagonia, inviato nel 1875 da Don Bosco e le cui spoglie sono state traslate da Roma a Viedma, nel 1964, proprio grazie alla volontà e all’impegno di Mons. Borgatti. Il libro tratteggia non solo la cronaca degli avvenimenti più significativi nella vita di José Borgatti, comprese le sue opere, ma evidenzia pure alcune figure e dà voce a testimonianze che rendono la forza e la vitalità dello spirito del sacerdote prima e del vescovo poi. In particolare è tratteggiata la figura del Beato Ceferino Namuncurà, il primo indios della Patagonia a salire agli onori dell’altare, alla cui causa di beatificazione ha contribuito notevolmente Mons. Bor-

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gatti quale Presidente del Tribunale diocesano. Significativa, poi, la testimonianza di don Juan Edmundo Vecchi, ottavo Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco, negli anni dal 1996 al 2002, il quale, nato a Viedma, fin da bambino ha conosciuto José Borgatti, l’ha avuto come formatore e pastore e, inoltre, ha potuto scambiare con lui parole e pensieri a Roma, nell’estate del 1973, anno della sua morte. Il libro, inoltre, contiene le riflessioni del vescovo Borgatti sul Concilio Vaticano II, al quale ha partecipato a tutte le sessioni, lo scambio epistolare con Suor Raimonda Borgatti, figlia di un cugino del vescovo e suora delle Serve di Maria di Galeazza, la relazione calorosa e affettiva con la famiglia di Bruno Borgatti di Renazzo, che è stata un punto di riferimento costante alle sue venute nel paese d’origine dei genitori. Una cospicua documentazione fotografica, riportata nel libro, riguarda proprio la presenza del Vescovo a Renazzo, dove ha cresimato e celebrato la prima comunione (anno 1959) e anche battesimi e matrimoni a parenti negli anni seguenti. In tal senso le pagine offrono anche la possibilità di una scoperta o riscoperta di un ambiente renazzese (e centese in senso lato), con volti familiari di persone provenienti, oltre che da Renazzo e Corporeno, anche da Docici Morelli, Bevilacqua e Galeazza. L’apparato fotografico mostra una porzione di ritualità, di volti, di costruzioni, di celebrazioni e simboli che oramai fa storia; nel medesimo tempo ci riporta a una radice che, al di là delle apparenze e indifferenze, percepiamo ancora come portatrice di linfa. Il libro ci fa scoprire un nostro “conterraneo” importante che ha donato la sua vita in una terra lontana; nello stesso tempo ci spinge a riscoprire noi stessi entro il nostro territorio: un legame vicino/lontano che sempre più percepiamo essere parte della nostra vita in un mondo sempre più prossimo. Un ultimo appunto, prima di chiudere, riguarda la serata di presentazione; si è conclusa ricordando i tanti apprezzamenti ricevuti sul libro dal mondo salesiano, dalla stampa locale, dal Cardinal Matteo Zuppi e con le parole inviate, tramite la Segreteria di Stato, da Papa Francesco che, grato del dono del libro, ha impartito la benedizione apostolica estesa a tutte le persone care. Bruno Bertelli


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POLISPORTIVA PALATA PEPOLI La società fu fondata nel lontano 1951. Alla vendita della Tenuta il principe Torlonia, oltre al lascito di un grande appezzamento di terra per il mantenimento della parrocchia, sul lato ovest della chiesa, donò una tornatura di terra da utilizzare per le attività parrocchiali. Nel periodo post- bellico, in Italia, si avviarono una miriade di attività e iniziative utili per la ricostruzione della nostra patria. Per la popolazione, stanca del periodo di restrizioni e di miseria, finalmente era arrivato il momento di rimboccarsi le maniche, lavorare sodo, ma anche di potersi svagare praticando attività sportive. A Palata dominava il ciclismo su strada, dove i giovani potevano confrontarsi. Sebbene ci fossero anche molti appassionati di calcio, a quei tempi quando andava bene, si giocava nei cortili delle case coloniche, nelle aie se era permesso, oppure nel cortile davanti alle scuole elementari con palloni di pezza. La Polisportiva a Palata nasce nel 1951 grazie a Giuseppe Breveglieri, al dott. Ghelfi e a ragazzi appassionati e orientati verso tutti gli sport, ragazzi che volevano avere la possibilità di fare dello sport.

1952, inaugurazione del campo di calcio. Da sx: don Palata calcio, squadra del 1963. Pietro Pedretti, maresciallo Ori, dott. Aldo Pellegatti, Carla Farina figlia di Dante.

Così i giovani stessi, avuto il permesso e incoraggiati dall’allora parroco don Pietro Pedretti, su quell’appezzamento di terra donato alla Parrocchia, iniziarono ad abbattere gli alberi, sistemare il terreno e in poco tempo realizzarono il desiderato campo da calcio. Da subito il campo fu intitolato a Dante Farina alla presenza delle autorità e al taglio del nastro da parte della figlia Carla. Nel 1954 si iniziò, nel periodo estivo, il famoso torneo delle Tre Province, che riscosse molto successo. Il torneo si svolgeva alla domenica pomeriggio ed era seguito da molti spettatori. Il signor Giuseppe Breveglieri fu il primo presidente della Polisportiva, tenne la presidenza dal 1951 al 1969. Negli anni Sessanta, nel periodo estivo, alla domenica pomeriggio si svolse per alcuni anni il “Torneo Libero Lolli”. Dalla metà degli anni Sessanta, dopo tanti anni di sacrifici, iniziava a diffondersi una grande passione per il calcio e fu così che la Polisportiva iniziò a iscriversi nei vari tornei notturni che venivano disputati nei paesi del nostro territorio e anche oltre. Nel 1962 la squadra di calcio della Polisportiva vinse il Torneo dei Bar di Crevalcore. Nel 1965 la squadra di calcio della Polisportiva vinse il torneo delle Vecchie Glorie di Palata. La gara consisteva nello sfidarsi tra gruppetti di ex giocatori. Si formavano quattro squadre, con la maggioranza di ex giocatori di Palata. Le partite si giocavano alla domenica pomeriggio. Nel 1966 la squadra di calcio del Palata partecipa al torneo notturno di San Felice. Nel 1976/1977 si iniziò a giocare ufficialmente a calcio, iscrivendosi alla F.I.G.C. nel girone di 3°categoria. La svolta avvenne nella metà degli anni Settanta. Dopo svariate volte che se ne parlava nelle riunioni della Polisportiva, si arrivò alla conclusione di formare una squadra di calcio regolarmente iscritta alla federazione per partecipare

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al girone del nostro comprensorio di 3° categoria. Noi del consiglio ne eravamo veramente entusiasti, finalmente avremmo avuto anche noi di Palata una squadra di calcio che avrebbe giocato nel campionato federale. Il problema che emerse subito fu la necessità di avere gli spogliatoi dotati di docce e di servizi igienici e l’illuminazione del campo sportivo per gli allenamenti notturni. Il problema degli spogliatoi lo risolse il Comune di Crevalcore donandocene due: uno per la squadra ospite e uno per la squadra locale. Erano dei prefabbricati in legno provenienti da un paese dell’Est, completi di tutto. La squadra di calcio della Polisportiva giocò parecchi campionati di 3° categoria con giocatori che giocavano gratuitamente e senza rimborso spese, comprese le scarpe. Dopo alcuni anni, grazie allo sponsor, veniva dato in prestito una borsa per gli indumenti. Le poche entrate che erano derivate dal tesseramento, dallo sponsor e dall’ingresso domenicale alla partita erano appena sufficienti per pagare alla Federazione Calcio l’iscrizione al campionato di terza categoria. Alcuni anni dopo che si giocava in terza categoria, grazie alla società e all’impegno di ex giocatori, si riuscì a formare delle squadre di categorie minori. Questo per dare la possibilità ai bambini di imparare a giocare al pallone, ma soprattutto per abituarli ad una disciplina sportiva utile alla formazione del carattere e del fisico. A quei tempi alcune squadre calcistiche del nostro circondario, non avendo possibilità di fare le categorie minorili, indirizzavano i ragazzi a venire a giocare nel Palata. Per le squadre Pulcini, Esordienti e Giovanissimi, furono anni memorabili e pieni di successi. Proseguire con il campionato di 3° categoria e la squadra degli allievi era sempre più difficile; per la 3° categoria occorrevano sempre più

Palata Calcio, 3° categoria: Sitta Fausto, Malaguti Gian Gaetano, Baruffaldi Maurizio, Bacchelli Ugo, Luciano……, Pietro Ragazzi, Vecchi Cleto, Vecchi Adolfo. In ginocchio: Lodi Giuliano, Nannetti Luigi, Ghelli Daniele, Malaguti Daniele, Baraldi Sandro, Grazia Maurizio, Barbieri Loris.

soldi e gli allievi iniziarono a mancare poiché il Renazzo calcio fece un importante impianto sportivo. Di conseguenza i giovani erano attirati ad andare a Renazzo perché c’era la possibilità di cambiare categoria rimanendo sempre a giocare nella stessa società. Iniziò così il declino della squadra allievi. Dopo pochi anni, anche i nostri ragazzi iniziarono ad andare a giocare a Renazzo. Il campionato di 3° categoria finì nei primi anni Novanta. Finita l’esperienza del campionato, grazie al presidente Manuel Melloni e agli appassionati del calcio di Palata, la squadra Calcio della Polisportiva partecipò al campionato amatori, fino all’esproprio del campo sportivo avvenuto nel 2014. Melloni è presidente della Polisportiva dal 1990. Tratto dal libro “Palata nella Storia II” DI Daniele Gallerani (finito di stampare Dicembre 2021)


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l’angolo della poesia

LE QUERCE

Ci sonosempre due grandi querce fiorite

nel giardino della mia vita, anche quando batte il vento del mio gelido inverno, anche quando scotta il sole della mia torrida estate Quante volte mi sono rifugiato al sicuro tra i loro forti rami e riposato all’ombra delle loro fresche frasche

Saldi al terreno, sempre verdi sempre accoglienti, per passeri e storni loro non invecchiano mai perchè crescono per toccare un giorno il cielo Il loro profumo, i loro fiori, i loro semi, per sempre riempiranno Il mio giardino Fragile passerotto stanco sempre mi fermerò a riposare accarezzato tra i loro sicuri rami

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A.P.


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cicloturismo culturale

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LA SPIRALE DELLA CURIOSITÀ

In giro per la bassa… Alla scoperta di Pieve di Cento e Sant’Agostino

DAL CONVENTO DI SAN FRANCESCO AL RENO A SANT’AGOSTINO

Ritornando quindi a ritroso dall’Argine del Reno verso porta Cento, svoltiamo a sinistra e subito, di fianco al cimitero, svoltiamo ancora a sinistra su via Carbonara, che seguiremo fino a che la strada ci farà obbligatoriamente salire sul percorso d’argine del Reno. Seguendo questo argine nella dx orografica del Reno, supereremo prima il ponte sul fiume che collega Dosso con Galliera e Pieve di Cento, e raggiungeremo in seguito la Chiusa da cui si diparte il Cavo Napoleonico (detto anche SCOLMATORE DEL RENO). Questa è una fondamentale opera idraulica iniziata nel 1805 da Napoleone e purtroppo interrotta nel 1814 per il fatto che Napoleone era impegnato fortemente nella guerra di Russia. Per nostra fortuna i lavori ripresero nel 1953 (dopo due rotte catastrofiche del 1949 e del 1951) ed i lavori furono completati nel 1964 . A fine lavori e dopo il collaudo del 1966, il Po ed il Reno sono collegati da questo enorme canale di 18 km che ha la funzione di accogliere parte delle acque del Reno durante una piena e di riempire il Canale Emiliano Romagnolo, che ha la funzione di irrigazione agricola nelle aree comprese fra la zona del Bolognese, il Forlivese e Rimini. Proseguendo il nostro itinerario verso sinistra (Via del Cavo), dopo poche decine di metri osserviamo sulla sx l’inizio del Cavo Napoleonico e sulla dx il BOSCO DELLA PANFILIA. Il Bosco della Panfilia è una foresta che si sviluppa in un’ampia ansa golenale lungo la sponda sx del fiume Reno. 26

Ha una estensione di 81 ettari. Il Bosco è inserito tra i siti di interesse comunitario e la Società Botanica Italiana lo ha classificato nel 1971 come “BIOTOPO DI RILEVANTE INTERESSE VEGETAZIONALE”. Scendendo con una breve deviazione verso Galliera, e seguendo l’argine dx del fiume Reno, possiamo raggiungere “LA BISANA”, n o t e v o l e “AREA DI RIEQUILIBRIO ECOLOGICO”. Ritornando poi sui nostri passi e scendendo lungo la via del Cavo fino ad arrivare nel Centro di Sant’Agostino, raggiungiamo la nuova piazza (ricavata dopo l’abbattimento del Municipio, danneggiato dal Terremoto del maggio 2012) e qui troviamo la Chiesa Parrocchiale, sita in Corso Roma (foto). La Chiesa appartiene alla Arcidiocesi di Bologna e risale al XVI secolo. Il primitivo luogo di culto fu eretto nel 1507. Con le frequenti rotte del Reno fu subito danneggiata e venne riedificata nel 1566. Poi nel 1626 fu costruito un nuovo campanile. L’interno è a tre navate con volta in parte a vela ed in parte a botte. La Pala d’altare raffigura Sant’Agostino e Santa Monica ed è attribuita a Jacopo Alessandro Calvi. Antonio Gallerani


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intervista del mese

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CARLO CHE SCRIVE CANZONI Carlo Rizioli ha sempre vissuto a Palata Pepoli con la famiglia che, nella zona artigianale, ha la sua attività. Lui ha sempre lavorato a fianco dei genitori. Ora la vita, la sua passione e l’amore lo spostano, in un continuo andirivieni, tra nord e sud. Dichiara: “Sono sempre in giro per la musica”. Ecco la musica: la sua grande passione. Quando la scoperta della musica? Mio padre aveva la passione. Suonava ne Gli Idoli, la band musicale che accompagnava Lucio Dalla agli esordi. Verso i 5 - 6 anni ho cominciato a strimpellare con la chitarra. Da autodidatta ho imparato anche a suonare il pianoforte. Verso quest’ultimo mi ha portato l’attività di autore perchè è più facile comporre testi con il piano. Comporre canzoni da Palata Pepoli: mi fa un certo effetto. Ho sempre fatto tante serate cantando in una tribute band di Vasco Rossi anche al Rolling Stones di Milano ma poi mi sono stancato: mi sentivo un operaio della musica che faceva cose che facevano già altri. Ho iniziato a buttar giù delle canzoni. Fino a un incontro importante. Ho conosciuto Saverio Grandi (centese, autore, compositore, scrittore, produttore discografico, docente e cantautore italiano) che è, a tutti gli effetti, il mio maestro. Un amico comune ci fece incontrare, gli sottoposi le mie canzoni e lui decise di produrmi come cantante. Io avevo scritto per me. La Emi, a cui Saverio aveva inviato le mie canzoni, gli suggerì di tenermi stretto perché, secondo loro, scrivevo bene. Io che volevo fare il chitarrista mi son trovato a scrivere canzoni. Come nasce una canzone? Il processo creativo è strano: innanzitutto scrivi per te, bisogna prendere l’emozione che hai dentro e cercare di buttarla fuori. Se non vivi, non scrivi. Vivere e scrivere si sovrappongono. Se quello che scrivi non è vero ed autentico poi le canzoni non vanno. La canzone “Sarò libera” di Emma Marrone l’ho scritta in 20 minuti: io l’ho scritta per me, non pensando in alcun modo ad una possibile interprete. Poi c’è un circuito che ti permette di far ascoltare i tuoi brani ai cantanti. Con alcuni, con cui ho dei rapporti personali, come Gaetano Curreri, i contatti sono diretti. Facciamo un elenco dei cantanti per cui hai scritto.

non si volta”, “Diamanti e caramelle”, “Onde d’inverno”), Emma Marrone (“Sarò libera”), Marco Carta (“Scusami amore”). Ho scritto anche la sigla del Premio Lunezia insieme a Gaetano Curreri. Per ogni canzone che ha fatto la storia del Premio, viene piantato un albero. L’albero della nostra sigla è di fianco all’albero di “Mille giorni di te e di me” di Claudio Baglioni. Qualcosa di questi interpreti che vuoi raccontare? Eros aveva già scritto una melodia e il suo è l’unico caso in cui mi sono limitato a scrivere il testo. Gli piaceva molto il titolo e il progetto iniziale prevedeva un duetto con Jennifer Lopez, poi naufragato. In seconda battuta si pensò a Taylor Swift, artista molto giovane che mal si adattava a un testo maturo come quello che avevo scritto io. Tutte queste vicende avevano fatto sì che il mio testo fosse messo da parte fino a quando, per strane alchimie discografiche, la partner divenne Nicole Scherzinger delle Pussycat Dolls e il brano ebbe un respiro internazionale. Inoltre essendo inserito in una raccolta, il mio nome compare là dove c’è anche il duetto di Eros con Tina Turner. Grande soddisfazione. Si può dire che ce l’hai fatta? Io mi son sempre detto che qualcosa nel mondo della musica lo dovevo fare e credo di essere riuscito ad assecondare questa passione. Adesso cosa stai facendo? Tengo corsi a cui insegno ai ragazzi a scrivere; sto insegnando in vari corsi sparsi per l’Italia. Lavoro negli studi di registrazione con ragazzi emergenti. Come produttore ho portato un’artista ad Amici. Ho un’accademia in Sicilia, in Puglia, a Roma e sono in procinto di aprire una nuova realtà a Milano. Si insegna a scrivere testi ma anche a “creare” l’artista. Per chi vorresti scrivere? Il mio sogno era scrivere per gli Stadio e avere tre canzoni nell’album “Diamanti e caramelle” è stata per me un’emozione incredibile. Se dovessi chiudere in bellezza, vorrei scrivere per Vasco. Il tuo futuro qual è? Mi sto divertendo moltissimo a scoprire nuovi talenti e a vivere con loro la musica. Intervista raccolta da Mariarosa Nannetti

Eros Ramazzotti (“Fino all’estasi”), Stadio (“Anna che

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(nella foto Carlo con Mogol)


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Arcidiocesi di Bologna CURIA ARCIVESCOVILE 40126 BOLOGNA - VIA ALTABELLA, 6 Tel. 051.64.80.611 (8 linee) - Fax 051.64.80.734 Prot.

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Tit.

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Fasc.

**/** Molto Rev. Legale Rappresentante DON PAOLO CUGINI Parrocchia della SS. Trinità di Dodici Morelli regironspi@gmail.com matteopress78@gmail.com

OGGETTO: Accesso ai contributi diocesani per lavori di ristrutturazione di immobili di proprietà o per nuove costruzioni. Gentilissimo, l’Arcidiocesi ha ricevuto n° 70 richieste di aiuto per interventi con una richiesta economica complessiva di circa € 13.000.000,00 e, come si può immaginare, non sarà possibile soddisfare tutte le richieste presentate. Per questo motivo si è data precedenza agli interventi tecnicamente urgenti o valutati indispensabili per la vita pastorale. La Vostra domanda inerente “Sala Polivalente” ha avuto un parere positivo in merito all’opportunità dell’intervento. Fermo restando che il contributo sarà elargito nei tempi e nelle modalità che verranno indicati in itinere e solo dopo che la documentazione tecnica e il capitolato di spesa saranno stati approvati dagli Uffici di Curia competenti. Al fine di potervi organizzare nell’elaborazione del progetto, tenete presente che l’Arcidiocesi ha accantonato per la Vostra opera una cifra non superiore a € 70.000,00 che ovviamente sarà riconosciuta nel rispetto di quanto detto sopra. Per questo motivo vi invito a prendere contatto con l’Ufficio amministrativo – BC per quanto riguarda la documentazione tecnica, i disciplinari professionali d’incarico e la documentazione che verrà richiesta. Una volta predisposto il costo preciso dell’intervento l’Ufficio Economato potrà effettuare le verifiche relative alla sostenibilità economica complessiva dell’intervento. Con l’occasione porgo i miei più cordiali saluti. Bologna, 15 giugno 2022

MONS. GIOVANNI SILVAGNI Vicario Generale

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SAGRA DEL PESCE DI BEVILAQUA

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PALATA PEPOLI, BEVILACQUA, GALEAZZA, DODICI MORELLI

ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIALI

LO RICONOBBERO MENTRE SPEZZAVA IL PANE L’EUCARESTIA NELLA VITA DELLA COMUNITA’ CRISTIANA

CHIESA DI GALEAZZA 1-4 SETTEMBRE Predicatore: don Paolo Cugini


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