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BABILON anno 2, n° 4 Rivista di geopolitica bilingue italiano-inglese. Un prodotto Oltrefrontiera News in collaborazione con Il Caffé Geopolitico - Numero disponibile online: www.oltrefrontieranews.it - www.paesiedizioni.it - 04/04/19

BA BIL ON

Maduro VS Guaidò

Narcos & Terrorism

ISBN 978-88-85939-26-4

9 788885 939264

ITA/EN MAG

APR 2019

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

n°4

€ 5,00

VENEZUELA’S

GLI ULTIMI GIORNI DEL CHAVISMO

Oil & starvation



SUMMARY

APR 2019

BA BIL ON

n°4

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FACES / / / / / / / / / / / / / / / pag 6

I VOLTI PIÙ SIGNIFICATIVI DEL 2018

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

SUMMARY SOMMARIO

EDITORIALE Regime change. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 4 SCENARIO When a coup is not a coup. . . . . . . . . . . . . . Bin Salman’s obstacle course. . . . . . . . . . . . . . The war of the Princes . . . . . . . . . . . . . . . . Friends and enemies of Saudi Arabia. . . . . . . . . The little Sparta of the Middle East . . . . . . . . . .

pag 8 pag 18 pag 20 pag 22 pag 26

GEOPOLITICS Vision or Mirage? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Qatar and the “Rebel” Alliance. . . . . . . . . . . . It’s raining money. . . . . . . . . . . . . . . . . . . USA, Russia & Oil Market. . . . . . . . . . . . . .

pag 34 pag 38 pag 42 pag 46

PLACES / / / / / / / / / / / / / pag 32

CULTURE The Revolt in Yemen . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 50 No Religion, just Politics. . . . . . . . . . . . . . . pag 54

SPECIAL DURA LEX Why trump needs the Senate. . . . . . . . . . . . . pag 30

RAGES / / / / / / / / / / / / / / pag 48

DIPLOMATIC COURIER In medio stat indipendence . . . . . . . . . . . . . . pag 58 Cover Photo:

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EDITORIALE

REGIME CHANGE BY LUCIANO TIRINNANZI

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entre il mondo occidentale litiga sulla figura di Greta Thunberg, l’attivista svedese 16enne diventata il simbolo mondiale del movimento contro il cambiamento climatico, in Venezuela un intero popolo muore letteralmente di fame. Come si sia arrivati a questo scenario nel 2019 è facile dirlo: una classe politica inadeguata ha generato un narcostato dominato dalla violenza, dalla corruzione e dalla povertà assoluta, valorizzando poco o niente le proprie risorse e sperperando invece la credibilità internazionale in favore di un’ideologia favolistica, ma soprattutto retriva e fuori tempo massimo come il chavismo, specialmente da quando Hugo Chavez non c’è più. Per capire i guai del Venezuela, però, non serve entrare nel merito dei dissidi politici interni delle sue istituzioni, giunte a un corto circuito difficilmente risolvibile nel breve termine. Basta semplicemente fornire alcuni numeri matematici*, i soli che non abbiano né colore né opinione. La popolazione venezuelana, per la prima volta da anni, dal 2017 con l’acuirsi dell’emergenza umanitaria ha iniziato a scendere e oggi è tornata sotto i 30 milioni di abitanti, dopo averli raggiunti nel 2014, attestandosi a 28 milioni, con una previsione di scendere fino a 27 nel prossimo anno (2020). Mentre la mortalità infantile ha raggiunto i 25 decessi ogni mille nuovi nati e il numero di

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s the Western world argues about Greta Thunberg, the 16-year-old Swedish activist who has become symbol of the global movement against climate change, in Venezuela an entire population is literally starving to death. It is easy to say how we got here: an inadequate political class generated a narco-state dominated by violence, corruption and absolute poverty, giving little or no value to its own resources and, instead, wasting international credibility in favor of fablebased ideology that is both backwards and outdated, especially since Hugo Chavez is no longer with us. To understand the troubles of Venezuela, however, there is no need to delve into the internal political disagreements between the country’s institutions, which have reached a short circuit that is difficult to resolve in the short term. All we need to see are the numbers, which lay the situation out in black and white. The population of Venezuela, for the first time in years, began to fall in 2017 with the escalation of the humanitarian crisis. Today the country counts less than 30 million inhabitants, after having reached this number in 2014. Currently at 28 million, forecasts indicate numbers will fall to 27 million by 2020. While infant mortality has reached 25 deaths per thousand births, the number of emigrants has risen to 3 million, with 111 thou-

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REGIME CHANGE / / /

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emigranti è salito a 3 milioni, con 111mila nuove richieste di asilo pendenti. Anche il tasso di criminalità e violenza concorre a peggiorare queste cifre, essendo drasticamente aumentato negli ultimi anni, con una media odierna di 81,4 morti ogni 100 mila abitanti, per un totale di 23.047 omicidi consumati nel solo 2018. Cosa che è valsa al Venezuela l’ingresso nel pantheon dei Paesi più violenti al mondo. L’inflazione oggi è salita dal 21% del 2012 alla cifra monstre di 10.000.000% del 2019, mentre il PIL nazionale è precipitato dal picco dei 242,6 miliardi di dollari del 2015 agli appena 87 nel corso di quest’anno. Il reddito pro capite, invece, è passato dagli 11mila dollari del 2012 agli appena 3mila del 2019. Cosa che ha gettato decine di migliaia di uomini e donne nella povertà assoluta, e ha alimentato il mercato nero del narcotraffico e della prostituzione. Solo il tasso di disoccupazione rimane più o meno stabile da un decennio a questa parte, attestandosi intorno al 7,5%. Questo dato, però, è drogato dall’assistenzialismo di stato che, in pratica, aumenta artificiosamente i posti di lavoro anche nelle aziende (rigorosamente statali) come la compagnia petrolifera PDVSA che, nonostante il crollo del prezzo del greggio, continua ad assumere lavoratori anche se poi non sa come impiegarli. Perché il lavoro in realtà non c’è e le commesse patiscono l’incapacità venezuelana di estrarre ed esportare il suo principale bene, causa la mancanza di know how straniero. La maggior parte dei tecnici non autoctoni, infatti, sono fuggiti da tempo. Così come stanno fuggendo le multinazionali, spaventate dal dilagante numero di proteste - oltre 12mila solo nel 2018 - e soprattutto dall’incertezza delle istituzioni, che sono ormai giunte al punto di non ritorno. E proprio di quest’ultimo aspetto vogliamo parlare nel quarto numero di Babilon. Perché se la fine del chavismo appare ormai prossima, tuttavia il Venezuela continuerà a esistere, e quei trenta milioni scarsi di abitanti chiedono a gran voce un futuro che interrompa l’infernale precarietà odierna. Ma quale leader potrà assicurarlo? E attraverso quale meccanismo legislativo? Dopo un numero imprecisato di golpe militari (falliti e non) in successione dagli anni Novanta a oggi, è giunto il tempo di un ennesimo regime change. Stavolta, saranno ancora le armi degli eserciti, o quelle della diplomazia e delle schede elettorali a garantirlo?

sand new asylum applications pending. Crime and violence also contribute to worsening these figures, having drastically increased in recent years, with today's average of 81.4 deaths per 100,000 inhabitants, for a total of 23,047 murders in 2018 alone, making Venezuela one of the most violent countries in the world. Inflation has risen from 21% in 2012 to a monstrous 10,000,000% in 2019, while the GDP plummeted from a peak of $242.6 billion in 2015 to just $87 billion this year. Per capita income, on the other hand, has fallen from $11 thousand in 2012 to just $3 thousand in 2019. This has thrown tens of thousands of men and women into absolute poverty, fuelling the black market of drug trafficking and prostitution. Only the unemployment rate has remained more or less stable over the past decade, hovering at 7.5%. This figure, however, is pumped up by state assistance which, in practice, artificially increases jobs in (strictly state-run) companies such as the PDVSA oil company which, despite the collapse in the price of crude oil, continues to hire workers, despite not knowing what to do with them. In reality, there is no work and orders are suffering from the country’s inability to extract and export its own main resource due to the lack of foreign know-how. In fact, most of the non-native technicians fled long ago, just as multinationals are fleeing, frightened by rampant protests - more than 12 thousand in 2018 alone - and, above all, by the institutional uncertainty which has reached the point of no return. Even if Chavismo appears to be coming to an end, Venezuela will continue to exist, and those nearly thirty million inhabitants are clamoring for a future that will save them from the current hellish uncertainty. But which leader can secure it? And through what legislative mechanisms? After a series of military coups (failed or not) from the nineties to today, the time has come for yet another regime change. This time, will the weapons of armies, or those of diplomacy and ballots to bring it forward? Enjoy your reading.

Buona lettura.

Direttore Responsabile *Fonti: Fondo monetario internazionale, World Economic Outlook, Statista.

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S E C FA I

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XI JINPING'S

EUROPEAN TOUR

Il presidente cinese è giunto in Europa per siglare una serie di accordi bilaterali istituzionali e commerciali, tra cui un memorandum d’intesa tra Italia e Cina sulla “Belt and Road Initiative” (BRI), l’imponente e ambizioso progetto lanciato nel 2013, un po’ impropriamente battezzato “Nuova via della seta”. Washington l’ha presa molto male. The Chinese president visited Europe to sign a series of bilateral institutional and commercial agreements, including a memorandum of understanding between Italy and China on the Belt and Road Initiative (BRI), the impressive and ambitious project launched in 2013, slightly inapproropriately named the New Silk Road. Washington did not take it very well.

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NURSULTAN NAZARBAYEV CHOC Dopo tre decadi al potere, il satrapo del Kazakistan, il più longevo tra i regimi autoritari del post Unione Sovietica, ha annunciato di voler rassegnare le proprie dimissioni da presidente. Amareggiato per la mancata rinascita economica promessa, Nazarbayev - 78 anni, al potere dal 1990 - lo ha annunciato a sorpresa in televisione lo scorso 19 marzo. After three decades in power, the satrap of Kazakhstan, the longest living among the post-Soviet authoritarian regimes, has announced his resignation from the presidency. Embittered by the failed economic revival he had promised, Nazarbayev - 78 years old and in power since 1990 – made the surprise announcement on television last 19 March.

ABDELAZIZ BOUTEFLIKA: THIS IS THE END La piazza algerina ha vinto, e, complice l’esercito, il longevo presidente Bouteflika ha deciso di mettere fine pacificamente a vent’anni di potere incontrastato. Il leader ha scelto di non presentarsi alle elezioni per un quinto mandato dopo le proteste di piazza e ha rinviato il voto del 18 aprile per aprire la strada a un futuro senza di lui. Gli algerini hanno gradito. The Algerian people won and, thanks to the army, longtime President Bouteflika decided to put an end to twenty years of undisputed power. The leader chose not to run for a fifth term after huge protests and postponed the 18 April vote to pave the way for a future without him. Algerians are pleased.

GRETA-THUNBERG FOR PRESIDENT! L’attivista di Stoccolma ha appena 16 anni, la sindrome di Asperger e una missione nella vita: salvare il mondo dal cambiamento climatico. Per questo ogni venerdì salta la scuola e manifesta davanti al parlamento svedese. Nominata al Nobel per la Pace, oggi guida una protesta internazionale e tanti (troppi?) ripongono in lei grandi speranze. Sarà all’altezza delle aspettative? The Stockholm activist, just 16, has Asperger’s syndrome and a mission in life: to save the world from climate change. This is why every Friday she skips school and demonstrates in front of the Swedish parliament. Nominated for the Nobel Peace Prize, she now leads an international protest and many (too many?) have great hopes in her. Will she live up to expectations? A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

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SCENARIO

WHEN A COUP IS NOT A COUP COLPO DI STATO O STATO DI COLPEVOLEZZA?

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SCENARIO

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l tutto inizia il 6 dicembre 2015, quando la coalizione dell’opposizione anti-Maduro Mesa de la Unidad Democrática (Mud) ottiene 7.728.025 voti, pari al 56,21%, contro i 5.625.248 voti della coalizione di Nicolas Maduro Gran Polo Patriótico Simón Bolívar, pari al 40,89%. Sono 112 seggi contro 55. In Venezuela, secondo la Costituzione, i tre quinti dell’Assemblea Nazionale - pari a 100 seggi - possono approvare una mozione di censura per obbligare alle dimissioni il Vicepresidente e i ministri del Governo. Con la maggioranza dei due terzi, l’Assemblea (ossia l’organo legislativo per eccellenza) può anche chiedere un referendum, rimuovere i membri del Tribunale Supremo di Giustizia, nominare i membri del Consiglio Morale Repubblicano e del Consiglio Nazionale Elettorale, e fare le riforme costituzionali. Cosa che al presidente Maduro non poteva affatto piacere. E che lo ha portato alle seguenti mosse per esautorare l’Assemblea. Per capire chi ha ragione nel lanciare accuse e contro-accuse di golpe, basta chiarire alcuni passaggi istituzionali di dubbia costituzionalità. Essi sono i seguenti: la notte del 23 dicembre 2015, a pochi giorni dalle elezioni, l’Assemblea Nazionale uscente ha nominato i membri del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ), nonostante l’anno legislativo si fosse già concluso il 15 dicembre precedente e si

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t all started on 6 December 2015, when the anti-Maduro Mesa de la Unidad Democrática (MUD) opposition coalition obtained 7,728,025 votes (56.21%) while 5,625,248 votes (40.89%) went to Nicolas Maduro’s Gran Polo Patriótico Simón Bolívar coalition. 112 seats against 55. In Venezuela, according to the constitution, three-fifths of the National Assembly - or 100 seats - can approve a censure motion to force the vice president and government ministers to resign. With a two-thirds majority, the Assembly (ie the legislative body par excellence) may also request a referendum, remove members of the Supreme Court of Justice, appoint members of the Republican Moral Council and the National Electoral Council, as well as make constitutional reforms. Something that President Maduro could not have liked very much, which is why he made the following moves to ban the Assembly. To understand who was right to make accusations and counter-accusations of a coup, we must clarify some institutional proceedings of dubious constitutionality. On the night of 23 December 2015, a few days after the elections, the outgoing National Assembly appointed the members of the Supreme Court of Justice (TSJ), despite the leg-

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fosse, dunque, fuori tempo massimo per compiere qualsiasi atto. Non solo, secondo la legge tali nomine prevedono un complesso procedimento (30 giorni almeno) per la designazione ufficiale: si dovrebbe, infatti, costituire un Comitato di Postulazioni Giudiziarie composto da membri dell’Assemblea Nazionale e della società civile, che a sua volta dovrebbe predisporre una prima pre-selezione di candidati da sottoporre al Consiglio Morale Repubblicano. La seconda pre-selezione dovrebbe quindi essere rimessa all’Assemblea Nazionale, che avrebbe tre sessioni plenarie per scegliere i magistrati del Tribunale a maggioranza dei due terzi, per poi procedere a maggioranza semplice nell’eventuale quarta sessione. I magistrati del TSJ, invece, sono stati prescelti in una sola sessione, peraltro a maggioranza semplice, per imposizione del Governo Maduro. Subito dopo questo dubbio procedimento, il 29 dicembre il nuovo Tribunale ha subito sospeso tre deputati del Mud e un chavista, dichiarando nulla la loro proclamazione nello Stato di Amazonas. L’opposizione ha gridato subito al “golpe giudiziario”, intan-

islative year having already ended on 15 December, therefore, making the Assembly out of time to do so. But there is more. According to the law, such appointments must undergo a complex procedure, lasting at least 30 days, to be made official: in fact, a Judiciary Postulation Committee should be made up of members of the National Assembly and civil society, which in turn should prepare an initial pre-selection of candidates to submit to the Republican Moral Council. The second pre-selection should then be sent back to the National Assembly, which would have three plenary sessions to choose the judges with a two-thirds majority, and then proceed with a simple majority in the possible fourth session.

Inum aut et ipiet audae et dipid mi, ipitas rem duciundit aut volori od estion

Instead, the TSJ judges were chosen in a single session, by simple majority, by imposition of the Maduro Government. Immediately after this dubious proceeding, on 29 December the new Tribunal immediately suspended three MUD deputies and one Chavista, declaring their proclamation to be null and void in the State of Amazonas. The opposition immediately shouted "judicial coup", but in the meantime on 6 January 2016, its 112 deputies were sworn in. The Supreme Court respond-

La sera prima, bin Nayef era stato convocato per un incontro con re Salman. Giunto al palazzo, le guardie lo circondarono The night before, bin Nayef had been summoned to a
meeting with King Salman. At the palace, guards surrounded him

to però il 6 gennaio 2016 i suoi 112 deputati hanno giurato. Il Tribunale Supremo ha risposto a tali critiche dichiarando che l’Assemblea Nazionale era «in stato di ribellione». Così, per i seguenti diciotto mesi tutte le votazioni del parlamento sono state cassate. Il 27 marzo del 2017, inoltre il TSJ ha formalizzato la decisione di assumere tutti i poteri dell’Assemblea Nazionale, svuotando il parlamento del suo ruolo naturale. Mossa inaudita, che infatti il Procuratore Generale Luisa Ortega ha annullato il primo aprile seguente (peraltro, a grande sorpresa visto che, almeno fino a quel momento, la Ortega era un’esponente di spicco del regime).

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ed to these criticisms by declaring that the National Assembly was "in a state of rebellion." Thus, for the following eighteen months all votes in the parliament were repressed. On 27 March 2017, the TSJ also formalized the decision to assume all powers of the National Assembly, emptying the parliament of its natural role. An unheard-of move, which Attorney General Luisa Ortega canceled the following April to great surprise, as, at least until then, Ortega was a leading exponent of the regime. Maduro responded by convening a National Constituent Assembly in accordance with article 348 of the constitution, whose text, however, is rather confusing (see box). The article gives

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SCENARIO

Maduro ha risposto convocando allora un’Assemblea Nazionale Costituente ai sensi dell’articolo 348 della Costituzione, il cui testo è però piuttosto confuso (vedi box). Esso dà, infatti, al Presidente il potere di «iniziativa» alla pari con altri organi, ma non a loro superiore. Il precedente articolo 347 lo chiarisce meglio: «Il popolo del Venezuela è depositario del potere costituente originario». Questo, secondo la maggior parte dei commentatori, implicherebbe che in realtà bisognerebbe poi sottoporre tale iniziativa presidenziale a un referendum. Comunque sia, in seguito alla mossa di Maduro, l’opposizione annuncia un boicottaggio. Le proteste in strada erano però già iniziate a partire dal 31 marzo e, al 12 agosto si contano 165 morti, circa 15mila feriti e 4.848 arrestati. Il 30 luglio, in ogni caso l’Assemblea Nazionale Costituente - voluta da Maduro - viene eletta con un’affluenza ufficiale del 41,53%, ma secondo il Mud e la Reuters non si sarebbe in realtà andati oltre il 18% (il 2 agosto il direttore della società che fornisce le macchine per votare, ammette almeno un milione di voti fasulli). Il 4 agosto seguente la Costituente si riunisce e il 5 destituisce il Procuratore Generale Luisa Ortega, che scappa all’estero. Il 18 agosto, quindi, la Costituente si attribuisce i poteri dell’Assemblea Nazionale, di fatto cancellando il Parlamento dalle istituzioni del Venezuela. Il 15 ottobre, infine, le elezioni regionali registrano un successo dei chavisti pro-Maduro, con l’opposizione che accusa ennesimi brogli e manipolazioni, ragion per cui decide in maggioranza di boicottare le municipali del 10 dicembre seguente. Dopo questa serie di votazioni incerte, tutti i partiti e i leader che hanno boicottato l’appuntamento elettorale vengono interdetti dalle elezioni presidenziali, che il Presidente Maduro convoca per il 20 maggio 2018. «Questo contesto non soddisfa le condizioni minime per elezioni libere e credibili» sarà il commenta dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, mentre la maggior parte dei Paesi latinoamericani costituisce il cosiddetto Gruppo di Lima per dichiarare quel voto illegittimo. L’Assemblea Nazionale, a partire da questa situazione, decide che dal 10 gennaio Maduro non è più il presidente legittimo del Venezuela. A quel punto, ai sensi della Costituzione, subentra in carica il presidente dell’Assemblea Nazionale. Cosa che è puntualmente avvenuta, e che ci racconta il perché della situazione presente.

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the president the power of "initiative" on par with other bodies, but not superior. The previous article 347 makes it clearer: "The original constituent power rests with the people of Venezuela.” This, according to most commentators, would imply that the presidential initiative be put to a referendum. However, following Maduro's move, the opposition announced a boycott. Street protests had already begun on 31 March, and by 12 August, 165 were dead, 15,000 injured and 4,848 arrested. On 30 July, in any case, the Constituent National Assembly - wanted by Maduro - was elected with an official turnout of 41.53%, but according to the MUD and Reuters, turnout could not have exceeded 18%, and on 2 August, the director of the company that supplied the voting machines admitted there were at least a million fake votes. On 4 August, the Constituent Assembly met, and on 5 August, the body dismissed Attorney General Luisa Ortega, who escaped abroad. On 18 August, therefore, the Constituent Assembly assumed the powers of the National Assembly, effectively eliminating the parliament from Venezuelan institutions. Finally, on 15 October, the regional elections were deemed a success for the pro-Maduro Chavistas, while the opposition making its umpteenth accusation of fraud and manipulation, leading to its decision to boycott the municipal authorities on 10 December. After this series of uncertain votes, all the parties and leaders who boycotted the elections were banned from the presidential elections, which President Maduro called for 20 May 2018. «This contest does not meet the minimum conditions to be considered free and credible elections,” stated the United Nations High Commissioner for Human Rights, while the majority of Latin American countries established the Lima Group to declare the vote illegitimate. The National Assembly, starting from this situation, decided that Maduro would no longer be the legitimate president of Venezuela after 10 January. At this point, according to the constitution, the president of the National Assembly assumes the role of president of Venezuela. This passage happened immediately and explains our present situation.

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THE CONTESTED ARTICLE OF THE CONSTITUTION IL CONTESTATO ARTICOLO DELLA COSTITUZIONE

Articolo 348 L'iniziativa di convocazione dell'Assemblea Nazionale Costituente può essere presa dal Presidente della Repubblica in Consiglio dei Ministri; dall'Assemblea Nazionale, mediante accordo dei due terzi dei suoi membri; dai Consigli Municipali in consiglio comunale, mediante il voto dei due terzi degli stessi; o dal quindici percento degli elettori iscritti ed elettrici iscritte nel Registro Civile ed Elettorale. Article 348 The initiative for calling a National Constituent Assembly may emanate from the President of the Republic sitting with the Cabinet of Ministers; from the National Assembly, by a twothirds vote of its members; from the Municipal Councils in open session, by a two-thirds vote of their members; and from 15% of the voters registered with the Civil and Electoral Registry.

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SCENARIO

ALTERNATIVE FUTURES 4 SCENARI PER IL VENEZUELA BY LORENZO NANNETTI

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ALTERNATIVE FUTURES / / /

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ome può risolversi la crisi venezuelana? Prevedere il futuro rischia di trasformarsi in un “tirare a caso”: meglio andare a delineare alcuni possibili scenari futuri, che ci permettano di riflettere su quali siano le dinamiche chiave che potranno dirigere gli eventi verso un possibile esito piuttosto che un altro. Tra le varie dinamiche che insistono sul Paese ne individuiamo due, ortogonali tra loro (cioè non dipendenti l’una dall’altra). La prima concerne la possibilità che le potenze internazionali che fungono da sponsor principali dei contendenti (USA da una parte, Russia e Cina dall’altra) trovino o meno un accordo per il futuro del Paese. La seconda riguarda le Forze Armate venezuelane: continueranno ad appoggiare il Presidente Nicolás Maduro oppure si uniranno a chi ne chiede le dimissioni? E come possono combinarsi queste due dinamiche per illustrare il futuro?

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ow can the Venezuelan crisis be resolved? Trying to predict the future can too easily become a guessing game, it is instead more useful to outline possible future scenarios that allow us to reflect on the key dynamics that could lead events towards one possible outcome instead of another. Among the various dynamics that persist in the country, here we have identified two non-dependent variables. The first concerns the chance that the international powers acting as main sponsors of the contenders (the US on one side, Russia and China on the other) come to an agreement for the future of the country or not. The second concerns the Venezuelan Armed Forces: will they continue to support President Nicolás Maduro or will they join those requesting his resignation? And how can these two dynamics be combined to illustrate the future?

SCENARIOS GLI SCENARI Scenario 1: Maduro abbattuto, Guaidó presidente (Sponsor trovano un accordo + Forze Armate abbandonano Maduro)

Scenario 1: Maduro defeated, Guaidó president (Sponsors come to an agreement + Armed Forces abandon Maduro)

Gli sponsor internazionali delle parti trovano un accordo per il futuro del Paese, in particolare per le rispettive influenze, mentre le Forze Armate abbandonano Maduro perché stanche della tragica situazione socio-economica dello Stato. Maduro fugge dal Paese (o viene arrestato dai militari) e il potere passa direttamente a Juan Guaidó, il cui ruolo di Presidente viene poi confermato anche de jure e non più solo de facto. Il Paese si apre agli aiuti esterni, che arrivano non solo da Washington, ma anche da Mosca e Pechino per gli accordi intercorsi. Il futuro del Venezuela vedrà, in questo modo, una continua sfida di influenza tra potenze all’interno della nuova amministrazione.

The international sponsors of both sides find an agreement for the future of the country, in particular for their respective influences, while the Armed Forces grow weary of the country’s socio-economic situation and abandon Maduro. Maduro flees the country (or is arrested by the military) and power passes directly to Juan Guaidó, whose role as president becomes de jure and not merely de facto. The country opens to external aid, which arrives not only from Washington, but also from Moscow and Beijing due to their agreement. In this scenario, Venezuela's future includes a continuous challenge of influence between powers within the new administration.

Scenario 2: Maduro lascia, Chavisti rimangono (Sponsor trovano un accordo + Forze Armate appoggiano Maduro)

Scenario 2: Maduro steps down, Chavistas remain (Sponsors come to an agreement + Armed Forces support Maduro)

Le potenze internazionali trovano un accordo per risolvere la crisi, ma le Forze Armate rimangono fedeli al regime e si oppongono a una pre-

The international powers find an agreement to bring the crisis to an end, but the Armed Forces remain loyal to the regime and oppose a Guaidó pres-

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SCENARIO

sidenza Guaidó. Per risolvere la situazione, USA e alleati accettano un nuovo Presidente chavista, che apra però il Paese ai rapporti internazionali e riduca il conflitto istituzionale in maniera concordata con Russia e Cina. La partita si sposta nel futuro: Guaidó e il nuovo Presidente si sfideranno alle prossime elezioni, che potrebbero costituire la nuova sfida tra le influenze internazionali se i contrasti dovessero riaprirsi.

Scenario 3: Bagno di sangue (Sponsor non trovano un accordo + Forze Armate appoggiano Maduro) Gli sponsor internazionali del Presidente mantengono il loro sostegno, così come le Forze Armate venezuelane. Di fronte a una situazione di stallo dove nessuno vuole cedere, la tragica situazione socioe-conomica esplode con proteste sempre maggiori e il regime reagisce con la forza. La repressione è dura e nel bagno di sangue molti esponenti dell’opposizione vengono arrestati o uccisi. Tra accuse reciproche e veti incrociati al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la reazione internazionale è nulla. Unica concessione, l’invio di aiuti umanitari tramite gli sponsor del Presidente - gli unici ammessi nel Paese - ma senza soluzione strutturale. La variabile al bagno di sangue (tuttavia poco probabile) è un intervento armato di una coalizione a guida USA.

Scenario 4: Accordo con l’opposizione (Sponsor non trovano un accordo + Forze Armate abbandonano Maduro) Gli sponsor internazionali del Presidente mantengono il loro sostegno, sospettosi dell’intento USA di ribaltare il posizionamento politico del Paese, ma le Forze Armate si uniscono in gran parte a chi chiede un cambiamento. Per evitare una rivoluzione che andrebbe solo a vantaggio USA, Russia e Cina portano Maduro ad aprire un dialogo vero con Guaidó per trovare un accordo verso una riduzione dei poteri del Presidente, con la garanzia di future elezioni e l’ingresso di aiuti umanitari non solo dagli Stati Uniti. L’apparente soluzione del problema risulta, però, essere quella più instabile: senza l’appoggio delle Forze Armate Maduro è destinato alla sconfitta, anche se i suoi sponsor non hanno intenzione di lasciare campo libero agli USA: in questo caso, una nuova crisi o la sponsorizzazione di altri candidati chavisti è all’orizzonte.

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idency. To resolve the situation, the US and its allies accept a new Chavista president, who will, however, open the country to international relations and reduce the governmental conflict in agreement with Russia and China. The game moves forward: Guaidó and the new president compete in the next elections which could be the next challenge among international influences if the conflict were to reopen.

Scenario 3: Bloodbath (Sponsors do not come to an agreement + Armed Forces support Maduro) The president's international sponsors maintain their support, as do the Venezuelan Armed Forces. Faced with a stalemate, the socioeconomic tragedy comes to a head with increasing protests, causing the regime to act with force. Repression is harsh and several opposition figures are arrested or killed in the bloodbath. Between finger pointing and veto after veto at the UN Security Council, the international reaction amounts to nothing. The only concession, sending humanitarian aid through the president’s sponsors - the only ones allowed in the country but without a structural solution. The alternative to a bloodbath (however unlikely) is an armed intervention by a US-led coalition.

Scenario 4: Agreement with the opposition (Sponsors do not come to an agreement + Armed Forces abandon Maduro) The president's international sponsors maintain their support, suspicious of intent of the US to radically change the country's political positioning, but the Armed Forces side largely with those seeking change. To avoid a revolution that would only benefit the US, Russia and China urge Maduro to open real dialogue with Guaidó to find an agreement to reduce the power of the executive, guaranteeing future elections and allowing humanitarian aid to enter, and not just from the United States. The apparent solution to the problem, however, turns out to be the most unstable: without the support of the Armed Forces, Maduro is destined to be defeated, even if his sponsors have no intention of leaving the field open to the US: in this case, a new crisis or the sponsorship of other Chavista candidates is on the horizon. BABILON N°4


ALTERNATIVE FUTURES / / /

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FINAL CONSIDERATIONS CONSIDERAZIONI FINALI Questi quattro possibili scenari vanno visti non come “certi”, ma semplicemente come direzioni approssimative del futuro: gli eventi esatti del domani potranno anche differire in parte (molto probabilmente sarà così), ma a grandi linee ricalcheranno tali linee guida sopra esposte. Due sono le principali considerazioni che ne derivano: il ruolo delle Forze Armate venezuelane è fondamentale per la sicurezza o meno del regime di Maduro nel breve termine, ma sul lungo periodo sarà il sostegno internazionale a determinare se il Paese potrà riemergere dall’attuale situazione di grande difficoltà socio-economica. Sarà pertanto l’accordo tra potenze internazionali a stabilire se il Paese continuerà a essere oggetto di grandi contrasti tra le sue anime o se invece potrà aspirare a una rinascita condivisa.

These four hypothetical scenarios should not be seen as certain outcomes, but simple approximations: the exact events of tomorrow may also (most likely) differ in some ways, but they should generally fall into the aforementioned guidelines. Two main considerations to keep in mind: the role of the Venezuelan Armed Forces is fundamental to the security of the Maduro regime in the short term, but in the long term, international support becomes a determining factor in whether the country can re-emerge from its current socio-economic hardship. It will therefore be an agreement between international powers that will determine whether the conflict between the country’s souls will continue or if they can aspire to a shared renaissance.

Armed Forces abandon Maduro

Agreement with the opposition

4

1

Sponsors do not come to an agreement

Sponsors come to an agreement

Bloodbath

Guaidò president

3

2

Maduro steps down, Chavistas remain

Armed Forces support Maduro

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

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SCENARIO

NICOLÁS TAKES OVER?

LA PRESIDENZA MADURO DAL PASSAGGIO DI CONSEGNE ALL’INIZIO DELLA REPRESSIONE E DELLA CRISI ECONOMICO-FINANZIARIA BY ELENA PODDIGHE

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BABILON N°4


MADURO TAKES OVER? / / /

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THE HANDOVER IL PASSAGGIO DI CONSEGNE

N

icolás Maduro divenne Vicepresidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela nell’ottobre 2012. Una responsabilità che si univa alla gestione degli Affari Esteri e che lo designava come probabile erede di Chávez. Dopo la morte di quest’ultimo, pochi mesi dopo, Maduro si trovò a dover gestire una situazione che poteva facilmente degenerare in una crisi d’identità dell’oficialismo chavista e dell’intero Paese. In vista delle presidenziali del 2013, decise di fare di questa debolezza il suo maggiore punto di forza e puntare sul sentimentalismo per riuscire a mantenere il potere. Le elezioni dell’aprile 2013, tuttavia, lo decretarono vincitore con un margine risicato, scatenando insistenti domande e dubbi sulla sopravvivenza del chavismo senza Chávez.

N

icolás Maduro became Vice President of the Bolivarian Republic of Venezuela in October 2012. This move added to his responsibility as Minister of Foreign Affairs and designated him as the probable heir to Chávez. A few months after the death of the latter, Maduro found himself having to manage a situation that could have easily deteriorated into an identity crisis for Chavista oficialismo and for the entire country. In light of the 2013 presidential elections, Maduro decided to make this weakness his greatest strength and concentrated his message on the country’s sentiments in order to stay in power. He won the April 2013 elections, however, with a narrow margin, sparking questions and doubts about the survival of Chavismo without Chávez.

2016: AUTHORITARIAN DEGENERATION 2016: LA DEGENERAZIONE AUTORITARIA Quando Maduro assunse il potere nella primavera del 2013, il Paese attraversava da qualche tempo una crisi economica e securitaria. Si sfociò inevitabilmente nel malcontento di una popolazione sempre più lontana dall’Eldorado promesso dalla Rivoluzione Bolivariana. Il Presidente ne ebbe un riscontro chiaro alle elezioni legislative del dicembre 2015, quando perse il controllo dell’Assemblea Nazionale. Fu un colpo durissimo per Maduro che, nei mesi successivi, esautorò l’aula legislativa venezuelana dei suoi poteri e convocò elezioni per un’Assemblea Costituente che sarebbe stata completamente controllata dall’oficialismo (forze di governo). Numerosi seguirono i provvedimenti intimidatori o cautelari nei confronti di avversari politici e cittadini non allineati con il Governo. Un autoritarismo dettato dall’urgenza imposta dalla sempre più difficile situazione economica venezuelana, ma che tradiva un grande limite: l’incapacità di mettersi in discussione democraticamente.

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

When Maduro took power in the spring of 2013, the country had long been experiencing economic and security crises, inevitably leading to unrest among citizens, never more distant from the promised Eldorado of the Bolivarian Revolution. The president received the message loud and clear during the December 2015 legislative elections in which he lost control of the National Assembly. It was a hard blow for Maduro who, in the following months, stripped the Venezuelan legislative body of its power and called elections for a Constituent Assembly that would be completely controlled by the oficialismo (government forces). Many followed the intimidating and precautionary measures against political opponents and citizens who did not support the government. The authoritarian measures were a reaction to the sense of urgency caused by the increasingly difficult economic situation in Venezuela, which, however, revealed Maduro’s great limit: an inability to compete democratically.

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SCENARIO

THE ECONOMIC-FINANCIAL CRISIS EXPLAINED LE RAGIONI DEL CROLLO ECONOMICO-FINANZIARIO Indicare Maduro come l’unico responsabile del crollo economico-finanziario del Venezuela è però storicamente ingiusto. La crisi, infatti, era arrivata già dalla fine del secondo mandato di Chávez. Le conseguenze del crollo economico globale e il primo declino del prezzo del petrolio hanno fatto prima rallentare e poi retrocedere economicamente il Paese. Le maggiori ragioni della crisi sono da ritrovare proprio nella totale dipendenza dal petrolio. Maduro non ha fatto altro che continuare la politica economica che prevedeva la redistribuzione della ricchezza attraverso servizi sovvenzionati con i proventi della vendita dell’oro nero. Parallelamente, non ha mai messo in discussione la diplomazia petrolifera che prevedeva la vendita del greggio a prezzi stracciati ai Paesi vicini al Governo venezuelano (in particolare, Cuba). Non si è riusciti, poi, ad arginare l’inflazione che mese dopo mese, giorno dopo giorno, ha distrutto il potere d’acquisto delle persone. La differenza tra il primo Chávez e il primo Maduro, dunque, sta tutta nel cambio di ritmo dell’economia mondiale e del prezzo della materia prima. Il primo aveva potuto guadagnare e investire moltissimo grazie alla vendita petrolifera (anche se con grandi limiti in termini di diversificazione economica e investimenti infrastrutturali) e aveva potuto usare il petrolio come uno strumento diplomatico formidabile. Il secondo non aveva a disposizione gli stessi guadagni e non è più riuscito a trovare un’alternativa valida a un modello economico che faceva acqua da tutte le parti. Ci ha provato: dall’aggancio del bolivar con lo yuan, ai debiti con cinesi e russi, fino all’uso di una “cripto-moneta” agganciata, ovviamente, a enormi giacimenti petroliferi. Tutto questo, con l’aggiunta delle pesanti sanzioni statunitensi, ha portato ai tragici momenti del “default fantasma” del novembre 2017. Non è da trascurare poi la virata ideologica a livello regionale che ha portato il regime venezuelano a uno stato di sostanziale isolamento. Un aiuto, ma senza troppo entusiasmo, è arrivato da Russia e Cina, entrambe con il forte interesse di mantenere al potere un Governo debitore e favorevole, pronto a restituire debiti con concessioni d’immensi giacimenti petroliferi.

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However, to name Maduro as the sole cause of Venezuela’s economic and financial collapse is historically unfair. The crisis, in fact, had already begun by the end of Chávez's second term. The consequences of the global economic crisis and the first drop in the price of oil caused the country to first slow down and then fall into recession. The primary cause of Venezuela’s crisis is the country’s total dependence on oil. Maduro has done nothing but continue the economic policy of redistributing wealth through services subsidized by the country’s black gold. At the same time, he has never questioned oil diplomacy, or selling crude oil at bargain prices to countries close to the Venezuelan government, such as Cuba. Furthermore, Maduro was not successful in curbing inflation which, month after month, day after day, destroyed citizens’ purchasing power. The difference between early Chávez and early Maduro, therefore, lies entirely in the change of pace of the world economy and the cost of raw material. The former had been able to earn and invest a great deal thanks to oil revenue (although with great limits in terms of economic diversification and infrastructure investments) and had been able to use oil as a formidable diplomatic tool. The latter did not have the same profits available and was unable to find a valid alternative to the failing economic model. He has tried: from fixing the bolivar to the yuan to debts with China and Russia, from the use of fixed crypto-coin, to, obviously, the country’s huge oil fields. Adding to these troubles were heavy US sanctions, leading to the tragic moments of the "phantom default" of November 2017. The ideological about face at the regional level that led the Venezuelan regime to a state of substantial isolation must not be overlooked. Help, if not enthusiasm, came from Russia and China, both with strong interest in keeping a debtor and favorable government in power, ready to repay its debts through the concession of immense oil fields.

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MADURO TAKES OVER? / / /

2013-2017: OPPOSITION BEFORE GUAIDÒ 2013-2017: L’OPPOSIZIONE PRIMA DI GUAIDÓ Per lungo tempo, l’opposizione venezuelana ha subito lo strapotere della figura di Chávez. Alle elezioni del 2012, però, Capriles e compagni si riscoprirono capaci di formare un fronte unito e abile nello sfruttare la debolezze e le contraddizioni del governo per guadagnare consensi. Un primo passo notevole che si riconfermò sei mesi dopo, quando l’opposizione perse di misura contro Maduro. La vera novità era che il chavismo si poteva sconfiggere. La lotta democratica, tuttavia, si trasformò rapidamente in uno scontro giudiziario nel quale le forze governative hanno avuto la meglio, almeno a breve termine. Così, i vari leader che avevano animato le campagne elettorali e le manifestazioni tra 2012, 2013 e 2015 sono stati incarcerati, interdetti dai pubblici uffici, o sono stati costretti a rifugiarsi all’estero. Un “taglio di teste” sistematico, per debilitare strutturalmente l’opposizione, scommettendo sul suo equilibrio precario fatto di patti tra partiti più o meno grandi e più o meno moderati. Una strategia che avrebbe probabilmente funzionato, se il governo non avesse portato al disastro economico e non avesse reso chiara l’intenzione di non voler considerare legittima nessuna elezione che non portasse alla vittoria solo ed esclusivamente oficialista. For a long time, the Venezuelan opposition suffered in the shadow of Chávez’s overwhelming power. In the 2012 elections, however, Capriles and his companions rediscovered their ability to form a united and capable front in order to exploit the government’s weaknesses and contradictions in order to gain support. This remarkable first step was confirmed six months later, when the opposition scored a narrow victory against Maduro. The real novelty, however, was that Chavismo could be defeated. The democratic struggle, however, quickly turned into a legal showdown from which government forces came out victorious, at least in the short term. The various leaders of the electoral campaigns and the demonstrations in 2012, 2013 and 2015 were imprisoned, banned from public offices, or were forced to flee abroad. This systematic “chopping of heads” aimed to structurally weaken the opposition, betting on its precarious balance made up of pacts between more or less sizeable and more or less moderate parties. This strategy would have probably even worked, had the government not led the country to economic disaster and had it not made clear its intention of not wanting to consider any election legitimate that did not lead to a clear oficialista victory.

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DURA LEX INTERNAL OR INTERNATIONAL CRISIS? BY FABIO VALERINI

ASPETTI GIURIDICI, POLITICI E DEL DIRITTO INTERNAZIONALE SULLA TITOLARITÀ DELLA PRESIDENZA VENEZUELANA

J

uan Guaidò, già Presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, si è autoproclamato (in piazza) Presidente ad interim sino alle prossime elezioni ricorrendo a una procedura astrattamente prevista dalla Costituzione venezuelana: nel caso in cui il Presidente eletto (Nicolas Maduro) risulti “impedito permanentemente”, ne assume le funzioni il Presidente dell’assemblea nazionale, ovvero Guaidò stesso. Il presupposto del ragionamento giuridico è però tutto da dimostrare: il Presidente eletto è, o no, “impedito permanentemente” ai sensi e per gli effetti della Costituzione? Da un lato, si afferma l’impedimento perché Maduro non avrebbe prestato il giuramento davanti all’Assemblea Nazionale. Dall’altro lato, si rivendicano gli esiti delle elezioni presidenziali (sia pur contestate) e il giuramento che Maduro ha prestato davanti al Tribunale Supremo di Giustizia: non era infatti possibile giurare davanti all’Assemblea Nazionale perché irregolare, non avendo dato esecuzione a una sentenza del Tribunale Supremo in materia elettorale. L’art. 233 di quella Costituzione prevede anche un’altra ipotesi d’impedimento del Presidente: la “revoca popolare del suo mandato”, che pare essere anche l’unica che non prevede un previo accertamento giudiziario o istituzionale della causa di impedimento. Ora, se questo conflitto fosse tra due privati che si contendono un diritto, la risoluzione dello stesso sarebbe affidata a un giudice. Nel nostro caso, però, la controversia riguarda l’individuazione di chi sia il legittimo Presidente di uno Stato: esistono in Venezuela i meccanismi per accertare i presupposti di una tesi o vi sono soltanto opinioni politiche? Ogni ordinamento ha un sistema che può decidere nelle crisi istituzionali e quindi della legittimità di uno piuttosto che dell’altro: in questo caso, si applicheranno soltanto le norme giuridiche nazionali. A questo punto la domanda è se siamo in presenza di una vicenda meramente interna - che cioè solo gli organi del Venezuela devono risolvere - o di una che può avere anche rilievo internazionale il quale, direttamente o indirettamente, può essere chiamato a risolvere la controversia.

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J

uan Guaidò, former President of the Venezuelan National Assembly, proclaimed himself (in the streets) interim president until the next elections using a procedure provided abstractly to him by the Venezuelan constitution: in the event that the elected president (Nicolas Maduro) appears to be “permanently prevented” from taking office, the President of the National Assembly, Guaidò, assumes the role. The legal reasoning behind this move has yet to be proven: is the president-elect “permanently prevented” according to the constitution or not? On one hand, he can be considered impeded as Maduro was not sworn in before the National Assembly. On the other, he can rightfully claim to have won the election (even if it is contested) and he was sworn in before the Supreme Court of Justice: it was not possible to be sworn in before the National Assembly as it was not a lawful body, having not executed a sentence of the Supreme Court in electoral matters. Article 233 of the constitution also provides another hypothetical impediment to the president: the "popular revocation of his mandate," which also seems to be the only case that does not require prior judicial or governmental assessment of the nature of the impediment. Now, if this conflict were between two private individuals vying for a right, resolving the conflict would be entrusted to a judge. In this case, however, the controversy concerns who is the legitimate president of a country: are there mechanisms in Venezuela to verify the legal basis of the assumptions or are there only political opinions? Every system has an established way of making decisions during an institutional crisis, and therefore the legitimacy of one over another: in this case, only national laws will be applied. At this point, the question is if we are witnessing an issue that is merely internal - that Venezuelan bodies must decided on their own - or if it is of international interest, which, directly or indirectly, could lead outside powers to resolve the controversy.

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A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

INTERNAL OR INTERNATIONAL CRISIS? / / /

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DURA LEX

INTERNATIONAL LAW IL DIRITTO INTERNAZIONALE Dal punto di vista del diritto internazionale, la circostanza che il Governo di uno Stato sia o meno legittimo in relazione al diritto interno potrebbe anche non sussistere: secondo la comune opinione, infatti, un Governo non deve necessariamente essere legittimo secondo il diritto interno di quello Stato per essere riconosciuto, potendo anche derivare (per ipotesi) da un golpe o da uno stato di fatto come una guerra. Tuttavia, una crisi istituzionale interna può assumere rilievo internazionale laddove la stessa possa minacciare la pace e la sicurezza altrui. È questa la formula scelta dalle Nazioni Unite, che può chiamare il Consiglio di Sicurezza a una presa di posizione individuando anche quale sia il soggetto che “legittimamente” pretende la rappresentanza dello Stato, come già accadde nel 2008 con la condanna del colpo di stato in Mauritania nonostante le ragioni di chi riteneva il Presidente eletto sfiduciato dal popolo. In questo momento, la situazione è in evoluzione: lo scorso 26 gennaio il Consiglio di Sicurezza, su richiesta degli Stati Uniti, si è riunito d’urgenza per discutere. A seguito dell’opposizione della Russia - secondo cui non vi è alcuna minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale - si è deciso a maggioranza di occuparsi della situazione senza, però, che sia stata adottata alcuna risoluzione (respinta da 17 paesi). Nel frattempo, il ruolo della comunità internazionale ha ancora spazi d’intervento giuridico per veicolare messaggi politici: poiché uno Stato opera nella comunità internazionale tramite i propri rappresentanti diplomatici, Guaidò ha nominato l’ambasciatore presso l’Organizzazione degli Stati Americani che, però, non potrà al momento assumere alcun ruolo dal momento che per “prendere il posto” del rappresentante di Maduro occorre una deliberazione a maggioranza qualificata dell’Assemblea. Esiste infine un’altra via “giudiziaria”: l’8 febbraio 2018 il procuratore della Corte Penale Internazionale ha avviato un esame preliminare sulla situazione in Venezuela, sulla base delle denunce ricevute da ONG e singoli individui, che lamentano l’esistenza di crimini contro l'umanità.

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From the point of view of international law, the fact that the government of a country is legitimate or not according to domestic law may not exist: according to common opinion, in fact, a government does not necessarily have to be legitimate according to the domestic law of that country to be recognized, as it could be the result (hypothetically) of a coup or from a de facto state, such as in cases of war. However, an internal institutional crisis can take on international significance where it threatens the peace and security of others. The United Nations thus relies on the Security Council to identify who can lay “legitimate” claims to represent a country, as happened in 2008 with the condemnation of the coup in Mauritania, despite claims that the elected president had been discredited by the people. The situation is currently evolving. Last 26 January, the Security Council, upon request of the United States, held an emergency meeting to discuss the affair. Following the opposition of Russia - which claims there is no threat to international peace and security - the majority decided to take on the situation, without, however, adopting any resolution (rejected by 17 countries.) In the meantime, the international community still has space to act legally to send political messages: as a state operates in the international community through its diplomatic representatives, Guaidò has appointed an ambassador to the Organization of American States who, however, is not currently able to take on the role, as a deliberation by a qualified majority of the Assembly is required to “take the place” of Maduro’s representative. Finally, there is another “legal” way: on 8 February 8 2018, the prosecutor of the International Criminal Court launched a preliminary examination on the Venezuelan situation based on complaints about crimes against humanities from both NGOs and individuals.

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INTERNAL OR INTERNATIONAL CRISIS? / / /

MADURO IN THE LEAD MADURO FAVORITO In questo momento, la situazione dal punto di vista giuridico istituzionale appare più favorevole a Maduro: nonostante il Gruppo di Lima, il Presidente eletto ha infatti mantenuto la rappresentanza all’OSA e, soprattutto, ha ottenuto il non intervento dell’ONU nonostante la richiesta dagli USA. Resta, dal punto di vista politico, la divisione tra gli Stati che riconoscono Guaidò - che nel frattempo è indagato in patria per presunte responsabilità nel blackout elettrico che ha coinvolto il paese - e quelli che riconoscono Maduro, con Messico e Uruguay che si propongono per una mediazione. Certo è che il Presidente in carica, per apparire legittimo, dovrà poggiare su argomentazioni giuridiche che devono trovare qualche riscontro negli organismi internazionali di risoluzione delle controversie previste dal diritto internazionale come il Consiglio di Sicurezza e la Corte penale internazionale.

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

Currently, the legal and institutional situation appears more favorable to Maduro. Despite the Lima Group, the president-elect has maintained representation at the OSA, and, more importantly, the UN did not intervene, despite the United States’ request. From a political point of view, a division remains between governments that recognize Guaidò - who, in the meantime, is under investigation as the suspect responsible for the countrywide blackout - and the governments that recognize Maduro, among which are Mexico and Uruguay which both offer to act as mediators. What is certain is that the president, to appear legitimate, must lay his claims on legal arguments that resonate with international bodies charged with resolving disputes such as the Security Council or the International Criminal Court.

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PLACES

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PLACES I

L U O G H I

S I M B O L O

D E L

M O N D O

NUOVA ZELANDA Una giovane fedele musulmana prega sul luogo della strage di Christchurch, quando durante le preghiere del venerdì due moschee (Al Noor e Linwood) sono state oggetto di un attacco terroristico. Il bilancio dell’attentato è di 50 morti e decine di feriti. L’autore della strage si chiama Brenton Tarrant, un australiano di 28 anni originario dello Stato di New South Wales, sulla costa orientale del Paese, che ha giustificato l’assalto con la teoria cospirazionista “The great replacement”, secondo cui la popolazione cristiana d’Occidente sarà presto rimpiazzata da genti straniere provenienti dall’Africa e Medio Oriente.

NEW ZEALAND A young Muslim woman prays at the site of the Christchurch massacre, when two mosques (Al Noor and Linwood) were attacked by a terrorist during Friday prayers. 50 are dead and dozens were injured. The shooter is Brenton Tarrant, a 28-yearold Australian from the State of New South Wales, on the country’s east coast, who justified the assault citing The Great Replacement conspiracy theory which states that the Christian population of the West will soon be replaced by foreign people from Africa and the Middle East.

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

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GEOPOLITICS

WHAT HAPPENS NOW

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BABILON N°4


WHAT HAPPENS NOW / / /

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ATTUALITÀ E PROSPETTIVE: DAI TANTI ATTORI IN CAMPO ALLA DIPLOMAZIA INTERNAZIONALE BY ANDREA MARTIRE

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

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GEOPOLITICS

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all’auto-proclamazione di Juan Guaidó sono passati quasi tre mesi. Maduro sostiene di essere il legittimo presidente, avendo vinto le elezioni del 2018, anche se a quella tornata elettorale ha partecipato da solo in quanto le opposizioni hanno disertato l’appuntamento. Il fondamento giuridico del giovane ingegnere si basa sull’articolo 233 della Costituzione che prevede anche «l’abbandono di ufficio», fattispecie da considerarsi presente data la fine del mandato e l’assenza di nuove elezioni. La precedente tornata di maggio anticipata rispetto alla scadenza di dicembre ha indignato le opposizioni. Non avendo riconosciuto il voto, ovviamente l’Asemblea Nacional non considera giuridicamente efficace il risultato. Per quanto li riguarda, il Venezuela è in sostanza senza presidente. Dunque, se «il presidente dell’Assemblea Nazionale sarà responsabile della Presidenza della Repubblica» non si tratta di autoproclamazione ma di prevista procedura burocratica.

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T

hree months have passed since Juan Guaidó made his declaration. Maduro still maintains he is the legitimate president, having won the 2018 elections, despite the fact he was the only candidate as all major opposition boycotted the election. The young engineer stands on article 233 of the constitution which references “the abandonment of the office”, which could be considered in the current situation as the term finished and new elections were not held. The early May elections, held in place of the scheduled December session outraged the opposition. Not recognizing the vote, it is obvious that the Asemblea Nacional does not consider the results as legal. As far as the body is concerned, Venezuela is essentially without a president. Therefore, if "the president of the Asemblea Nacional is responsible for the Presidency of the Republic," Guaidó’s declaration is not self-nomination but mere bureaucratic procedure.

BABILON N°4


WHAT HAPPENS NOW / / /

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THE GEOPOLITIC OF ALLIANCES LA GEOPOLITICA DELLE ALLEANZE Washington, Ottawa e il Blocco di Lima (vedi box) hanno subito riconosciuto Guaidò quale il nuovo capo di Stato, mentre Cuba, Bolivia, Messico e Nicaragua si sono schierati con Maduro, salvo poi sfumare molto le rispettive posizioni. Russia e Cina si sono unite all’Iran nel sostegno allo status quo. E non è pensabile che Juan Guaidó si sia mosso senza il preventivo sostegno della Casa Bianca. Un dato significativo: sinora non c’è stata vera repressione. Ecco anche perché il fronte anti-chavista è andato crescendo nei giorni. Inoltre, non bisogna dimenticare la folta presenza di funzionari e ufficiali del G2 (il servizio d’intelligence cubano), cui è affidata la protezione personale di Maduro. L’apparato socialista in tutto questo ha perso via via pedine importanti: il generale dell’Aeronautica militare venezuelana, Francisco Esteban Yanez Rodriguez, ad esempio, ha riconosciuto come presidente Guaidó sin dal 2 febbraio. In sostanza, il fronte interno è perciò spaccato, e Maduro non può contare su tutti. Soprattutto, teme che le forze armate non lo seguiranno.

Washington, Ottawa and the Lima Group (see the box) immediately recognized Guaidò as the new head of government, while Cuba, Bolivia, Mexico and Nicaragua sided with Maduro, only to then take less clear positions later. Russia and China, alongside Iran, still maintain the status quo. And it is unthinkable that Juan Guaidó made his move without prior support from the White House. A significant fact: to date there has not been any real repression, offering an explanation as to the growing anti-Chavista movement. Furthermore, we must not forget the large number of G2 officials (from the Cuban intelligence service) that are responsible for Maduro's personal protection. In all of this, the socialist apparatus has gradually lost important pawns: the Venezuelan Air Force general, Francisco Esteban Yanez Rodriguez, for example, has recognized Guaidó as president since 2 February. The internal front is essentially divided, and Maduro cannot rely on everyone. Above all, he fears that the armed forces will not back him.

CHINA AND RUSSIA DEFEND THEIR INTERESTS CINA E RUSSIA DIFENDONO I PROPRI INTERESSI Quanto alla Cina, per il Segretario Xi Jinping un Governo venezuelano a lui favorevole significa poter accedere al petrolio venezuelano, come anche al gas e al coltan dell’Arco Minero. Si tratta poi di poter estendere anche in Sudamerica la strategia (già sperimentata in Africa) per concedere ingenti prestiti ai Paesi in difficoltà e averne in cambio materie prime insieme a un mercato satellite. È in breve la strategia per “la nuova via della seta”, da attuare con un controllo sulla base del debito contratto. In tal senso, anche Guaidó ha approcciato a suo modo Pechino, per cominciare a fornire “garanzie” che non turbino lo status quo. Il canale è aperto, e presto potrebbero giungere risultati impensabili solo fino a pochi mesi fa. Per la Russia, invece, la questione è sì strategica ma soprattutto economica, avendo prestato nel corso del tempo 17 miliardi di dollari, per lo più attraverso il colosso di Stato Rosfnet. Un cambio di guardia al palazzo presidenziale potrebbe costargli caro, visto che il Cremlino considera Guaidò un uomo di Washington.

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

As for China’s Secretary Xi Jinping, a favorable government in Venezuela means access to Venezuelan oil, in addition to gas and coltan from the Orinoco Mining Arc. It also means extending the strategy (already tested in Africa) of granting large loans to countries in need, in exchange for raw materials and a satellite market. In short, this is the strategy for the so-called New Silk Road being built on a base of contracted debt. In his own way, Guaidó has also approached Beijing to being offering “guarantees” that do not disturb the status quo. The channel is open and soon may lead to results that were unthinkable only a few months ago. For Russia instead, the question is more economically strategic than anything else, having lent $17 billion over the years, mostly through the state-run giant Rosfnet. The changing of the guard at the seat of the presidency could, however, be quite costly as the Kremlin considers Guaidò a Washington man.

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GEOPOLITICS

THE PRO-GUAIDÒ FRONT IL FRONTE PRO-GUAIDÒ Più semplice la situazione dei favorevoli al regime change. Ovviamente, tra questi vi sono Stati uniti e Canada, il Blocco di Lima, l’Ue (seppur con posizioni sfumate vedi l’Italia), la Chiesa cattolica. Mike Pompeo, segretario di Stato americano, ha dichiarato che Maduro «ha i giorni contati», dopo la vicenda degli aiuti umanitari bloccati al confine con il Brasile. Mentre l’altro Mike, il Vicepresidente Pence, ha minacciato l’uso della forza contro chiunque attenti all’incolumità del giovane presidente in pectore. Lo stesso Trump desidera togliere di mezzo il tiranno Maduro. Il timing più di tutti sembra essere molto interessante, ora che il “socialismo latinoamericano” sta conoscendo la più grande battuta d’arresto degli ultimi quindici anni. È probabile che il nuovo Presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, abbia recitato un ruolo di primo piano nella vicenda venezuelana, sia per portare il Brasile di nuovo nelle grazie di Washington sia per liberarsi dell’indifendibile ex braccio destro di Chavez, che ha procurato un certo intasamento alla frontiera. Tolto di mezzo Lula in Brasile, sparita la Kirchner in Argentina, con Cuba che manda timidi segnali di apertura, un Nicaragua troppo piccolo per impensierire e la Bolivia che potrebbe salutare Evo Morales alle elezioni di ottobre prossimo, la stabilità politica dell’area e un Latinoamerica destrorso (quindi, vicino ai repubblicani di Trump) non sono più un miraggio. Inoltre, questo consentirebbe di contenere l’avanzata cinese, un altro obiettivo di Donald J. Trump. Mentre gli schieramenti si fronteggiano, le diplomazie sono al lavoro. Ancora non è certo quale opzione prevarrà, ma il tempo gioca certamente a sfavore di Maduro. Per celebrare libere elezioni ci vorranno mesi, ed è necessario che il chavismo esca perdente da una competizione elettorale regolare. Dunque, Nicolas Maduro ha davvero i giorni contati ed è probabile che stia negoziando la sua fuga verso un esilio dorato, come fece a suo tempo il dittatore filippino Ferdinand Marcos. Chissà, magari proprio a L’Avana.

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The situation is more simple for those favorable to the regime change. Obviously among the ranks are the United States and Canada, the Lima Group, the European Union (though with some less clear positions, such as Italy’s) and the Catholic Church. Mike Pompeo, the American secretary of state, has declared that Maduro’s days are numbered after humanitarian aid was blocked at the Brazilian border. The other Mike, Vice President Pence, has threatened to use force against anyone who jeopardizes the safety of the young president in pectore. The same Trump would very much like to displace Maduro. One of the most interesting aspects of it all is the timing, now that Latin American Socialism is experiencing its biggest setbacks in the last fifteen years. It is likely that the new President of Brazil, Jair Bolsonaro, has played a leading role in Venezuela, both to get Brazil back in Washington’s graces and to rid himself of the indefensible former right-hand man of Chavez, who has caused a certain clogging of the border. With Lula out in Brazil, Kirchner gone in Argentina, Cuba hinting at openness, a Nicaragua too small to consider and a Bolivia that could part ways with Evo Morales in next October’s elections, political stability in the region and a right-leaning Latin America (therefore, close to Trump’s Republicans) are no longer a mirage. This could furthermore contain the Chinese front, another objective of Donald J. Trump. While the sides face off, diplomacy is at work. While it is yet to be determined which side will prevail, time certainly does not point in Maduro’s favor. It will take months to hold free elections and it is imperative that Chavismo loses in a fair electoral competition. Thus, Nicolas Maduro truly does have his days numbered and it is probable that he is negotiating a comfortable exile, like Philippine dictator Ferdinand Marcos did in his day. Who knows, maybe he’ll end up in Havana.

BABILON N°4


APR 2019

WHAT HAPPENS NOW? / / /

THE LIMA GROUP IL GRUPPO DI LIMA Il 4 gennaio 2019 nella capitale peruviana Lima (da cui il nome) è stata firmata una dichiarazione - firmata dai governi di Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Panama, Paraguay, Perù e Santa Lucia - che esorta Nicolas Maduro a rispettare le prerogative dell’Assemblea nazionale e a trasferirgli, in via provvisoria, il potere l’esecutivo fino a quando non si terranno nuove elezioni presidenziali democratiche. L’unico Paese del blocco a sfilarsi è stato il Messico. On 4 January 2019 in the Peruvian capital of Lima, a declaration was signed by the governments of Argentina, Brazil, Canada, Chile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Panama, Paraguay, Perù and Santa Lucia urging Nicolas Maduro to respect the prerogatives of the National Assembly and to transfer executive power to the legislative body until new presidential elections are held. The only country of the block to back out was Mexico.

A GEOPOLITICAL EXPERIENCE

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GEOPOLITICS

HIDDEN TREASURES QUANDO AVERE LE RISORSE NON BASTA PER ESSERE RICCHI BY LORENZO NANNETTI

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BABILON N°4


HIDDEN TREASURES / / /

APR 2019

THE RICHEST COUNTRY IN THE WORLD? IL PAESE PIÙ RICCO DEL MONDO?

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l sottosuolo del Venezuela è così ricco di idrocarburi, da farne il primo al mondo come riserve di petrolio: un tesoro di circa 303 miliardi di barili, principalmente concentrati nel bacino del fiume Orinoco. Non è un caso che l’export di petrolio costituisca oltre il 95% dell’export totale del Paese, e contribuisca a circa la metà del budget del Governo. Inoltre, sempre il bacino dell’Orinoco è considerato ricco di riserve di coltan, diamanti, uranio, e soprattutto oro. Tanto che nel 2016 il Presidente Nicolás Maduro ha lanciato l’iniziativa “Orinoco Mining Arc” per attirare investimenti e imprese internazionali al fine di sviluppare l’industria estrattiva del prezioso minerale. Eppure, nonostante tutti questi fattori spesso concorrano ad affermare che il Venezuela sia tra i più ricchi Paesi al mondo, la situazione economica attuale rimane particolarmente critica. Come mai? La risposta sta in una constatazione tanto semplice, quanto determinante: non basta avere abbondanti risorse naturali, serve anche saperle e poterle estrarre efficacemente.

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enezuelan subsoil is rich in hydrocarbons, making it the country with the largest oil reserves in the world: a treasure of about 303 billion barrels, mainly concentrated in the Orinoco river basin. It is no coincidence that oil makes up more than 95% of the country's total exports, and contributes approximately half of the government's budget. Furthermore, the Orinoco basin is also rich in reserves of coltan, diamonds, uranium, and especially gold. So much so that, in 2016, President Nicolás Maduro launched the Orinoco Mining Arc initiative to attract international investments and companies to develop the precious mineral mining industry. And yet, despite all these factors used to assert that Venezuela is among the richest countries in the world, the current economic situation remains critical. Why? The answer lies in a statement that is as simple as it is decisive: abundant natural resources alone are not enough, you also have to know about them and how to extract them effectively.

UN BEL TITOLETTO Invenim vendenimusae quidel inis sit, illa namusae. Nequam net, et acepratur rae samendi nimpos simenih icipis sum nis expla venit ad quo eaquiatque pratemquae ea perum quas necust, ommod quasimi, ommodipsa quosa sedit que plaborp orrovitem litas erestion re, nis dit ent ium laborat ibeatius simintGiat aut fugiame nat. Ga. Nequi con rem is rehendi oreratet mil idi qui officiur aut haria sunti quiandaes es sunt est excerum nient omni dolupti cuptatium quod enda sintis am, omnimus apicid quodi

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HEAVY PETROL PETROLIO PESANTE Nonostante le sue riserve il Venezuela - con i suoi 1,34 milioni di barili al giorno (Mb/d) registrati a fine 2018 e 1,1 a febbraio 2019, in calo progressivo dal 2000 (quando produceva circa 3,2 Mb/d) - non è nemmeno tra i primi dieci produttori al mondo. Il problema principale? Risiede nella sua qualità: non tutto il petrolio, infatti, è uguale. La composizione chimico-fisica può variare anche notevolmente da area geografica ad area geografica e da giacimento a giacimento: più un greggio è classificato come “pesante”, più sarà difficile da estrarre e raffinare. In aggiunta, va considerato il contenuto di zolfo che, se presente in quantità considerevole come nel caso venezuelano, può dare problemi di corrosione negli impianti estrattivi: in tal caso, sono necessari particolari e costosi trattamenti. Basti sapere che, degli oltre 300 miliardi di barili di riserve venezuelane, solo 80 sono di greggio convenzionale - cioè facilmente estraibile e lavorabile - mentre ben 220 miliardi (proprio quelli del bacino dell’Orinoco) sono classificati come “non convenzionali”, cioè ultra-pesanti e particolarmente ricchi di zolfo. In altre parole, estrarlo è tecnica-

Despite its reserves, Venezuela - with its 1.34 million barrels per day (Mb/d) up until the end of 2018 and 1.1 by February 2019, has been in constantA decline since 2000 (when it produced up to 3.2 Mb/d - is not even in the top ten producers in the world. The main problem? The quality. Not all oil is the same. The chemical-physical composition can vary considerably depending on the geographic region it is extracted from: the more crude oil is classified as “heavy”, the more difficult it is to extract and refine. Another factor that must be considered is the sulfur content, which, if present in considerable quantities, as it is in Venezuela, can cause corrosion in the extraction systems, requiring special and expensive treatments. It is sufficient to say that, of the over 300 billion barrels in Venezuela’s reserves, only 80 are considered conventionally crude - that is, easy to extract and work - while 220 billion (those in the Orinoco basin) are classified as “non-conventional”, or extra-heavy and particularly rich in sulfur. In other words, extracting it is very difficult from a technical point of view, requiring expensive techniques and

Vent’anni di chavismo hanno completamente ribaltato il Paese Twenty years of Chavism have completely rebalted the Country mente molto difficile, richiede tecniche costose e anche la raffinazione necessita di impianti particolari che possano gestire tale tipologia. Tutto questo esige naturalmente ingenti fondi e alta professionalità. Ed è qui che ci si scontra con l’altro grave problema del mondo petrolifero venezuelano: l’inefficienza e la mancanza di fondi. Il crollo dei prezzi del petrolio del 2014 ha reso economicamente non sostenibili le tecniche di estrazione necessarie all’industria estrattiva locale e, come se non bastasse, le sanzioni statunitensi hanno impedito al Venezuela di attrarre compagnie petrolifere estere che avessero il necessario know-how. A questo si aggiunga una gestione domestica discu-

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special refining systems made specifically to handle that type of oil. Such an issue, naturally, requires large funds and high levels of professionalism. And this is where we encounter the other serious problem of the Venezuelan oil world: inefficiency and a lack of funds. 2014’s falling oil prices made the country’s extraction techniques economically unsustainable, and to make matters worse, US sanctions prevented Venezuela from attracting foreign oil companies that had the know-how they needed. Also added to the mix was questionable domestic management, with the state company Petróleos de Venezuela SA (PDVSA) first involved in various scandals, then lack-

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HIDDEN TREASURES / / /

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tibile, con la compagnia statale Petróleos de Venezuela SA (PDVSA) coinvolta prima in vari scandali, poi a corto di liquidità e infine (da novembre 2017) posta sotto la guida del Generale Manuel Quevedo, molto più conosciuto per la cieca fedeltà a Maduro che non per la sua competenza tecnica. L’insufficienza di competenze degli amministratori e un alto livello di conflittualità politica interna si sono combinate alla mancanza di fondi, portando così a carenze sempre maggiori nella manutenzione e all’impossibilità d’investimenti tecnologici indispensabili. Da qui il progressivo calo di produzione osservato. Il governo venezuelano spera ora nell’intervento di compagnie e capitali russo-cinesi per invertire la tendenza e sopperire alle sanzioni USA, ma ciò che maggiormente servirebbe, oltre a una gestione migliore, è un forte rialzo del prezzo del petrolio: cosa che non sembra avverrà a breve.

ing liquidity and finally (from November 2017) placed under the leadership of General Manuel Quevedo, much better known for his blind loyalty to Maduro rather than for his business acumen. A lack of managerial skills and a high level of internal political conflict have combined with a lack of funds, leading to increasing problems in maintenance and no chance of making necessary technological investments, leading to the aforementioned decline in production. The Venezuelan government now hopes for intervention from Russian and Chinese companies and capital to reverse the trend and make up for US sanctions, but what would be more useful, in addition to better management, is a sharp rise in the price of oil: something that does not seem to be on the horizon.

GOLD AND BLOOD ON THE ORINOCO ORO E SANGUE SULL’ORINOCO Analoghi problemi esistono per quanto riguarda le riserve auree dell’Orinoco: il sogno di una fiorente attività estrattiva che aiuti a sostenere l’economia del Paese rimane appunto solo un sogno, perché il controllo reale di Caracas su tali aree rimane precario e, spesso, solo nominale. Le attività estrattive aurifere esistono, ma sono in gran parte portate avanti da una popolazione che, impoveritasi per la situazione generale, ha preferito rivolgersi al settore minerario illegale, anche se in condizioni di lavoro difficili e con poche tutele. Inoltre, come riporta l’International Crisis Group, i minatori sono spesso sotto il controllo più o meno diretto di cartelli criminali (i cosiddetti sindicatos) o di gruppi di guerriglieri colombiani che sconfinano: soprattutto membri dell’ELN e dissidenti delle FARC, che non hanno accettato la pace siglata col governo di Bogotá. Persino dove l’Esercito venezuelano ha il controllo del territorio, spesso è esso stesso a favorire traffici e illegalità, per proprio interesse. Tutte queste fazioni combattono poi tra loro, con la conseguenza che gli omicidi sono all’ordine del giorno, i giovani vengono costretti a lavorare nelle miniere (chi può fugge oltre confine) ed è stata recentemente riportata anche una grave epidemia di malaria. Ecco spiegato perché gran parte dell’oro estratto viene contrabbandato fuori confine, spesso attraverso la Colombia, e perché questa voce non contribuisce a migliorare le finanze nazionali. In tali condizioni, sarà sempre più difficile attirare investimenti internazionali. Per prima cosa, in ogni caso, servirebbe una stabilità istituzionale che consentisse una decisa opera di stabilizzazione. Ma ancora non ve n’è traccia.

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Similar problems exist with the gold reserves in the Orinoco basin: the dream of a flourishing extraction industry that helps to sustain the country’s economy remains just a dream, as Caracas has precarious and often nominal control over the area. There is gold mining, but activities are largely carried out by a population that, impoverished by the country’s general situation, has turned to the illegal mining sector, despite difficult working conditions and little protection. Furthermore, the International Crisis Group reports that miners are often controlled to varying degrees by criminal cartels (the so-called sindicatos) or by bordering groups of Colombian guerillas, especially by ELN or FARC dissidents who have not accepted the peace agreement signed with Bogotá. Even in territory controlled by the Venezuelan Army, it is often the military forces themselves that allow trafficking and other illegal activities for its own benefit. All of these factions then fight for control, with death a part of daily life and young people forced to work in mines (those who can escape across the border) and recently, there has even been a serious outbreak of malaria. This explains why much of the gold extracted is smuggled over the border, often through Colombia, and why gold extraction does not help improve the nation’s finances. In such conditions, it will be increasingly difficult to attract international investments. First of all, in any case, governmental stability that would allow for decisive stabilization would be necessary. But there is still no trace.

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THE SLEEP OF REASON PRODUCED GUAIDÒ

COME LA POVERTÀ E LA CRISI ECONOMICO-ISTITUZIONALE HANNO PORTATO A JUAN GUAIDÓ BY ANDREA MARTIRE

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inizio dell’emergenza umanitaria (e politica) del Venezuela può essere temporalmente individuato nella primavera del 2013, quando il 5 marzo il colonnello Chávez venne a mancare. Già qualche settimana dopo il prezzo del greggio - su cui si basava più del 90% dell’export del Paese - cominciò a scendere rapidamente, passando dai 120-140 dollari al barile ai 50 del giugno 2014. Maduro continuò a portare avanti i programmi di redistribuzione del predecessore, esaurendo ben presto la disponibilità di valuta. S’iniziò a stampare moneta, alimentando così l’iperinflazione ma il bolivar (la valuta locale) venne ancora svalutato. L’origine della crisi sociale è, dunque, anzitutto monetaria. Con la produzione affidata solo allo Stato, i prezzi amministrati o meglio imposti dal regime al massimo livello hanno disincentivato le imprese a produrre, cosicché il petrolio ha attirato sempre meno dollari e le sue estrazioni sono rapidamente diminuite. Il governo avrebbe dovuto intuire e avrebbe potuto fare due cose: rimuovere i prezzi amministrati e lasciare fluttuare il cambio liberamente sul mercato valutario, come fece ad esempio Mosca alla fine del 2014 quando il rublo cadde pesantemente. Forse i venezuelani hanno cominciato a capire solo in quel momento che da lì in poi vi sarebbe stata solo una ripida discesa. Intanto, se n’erano andate anche le multinazionali: ad esempio, la Coca Cola nel giugno del 2016 (per mancanza di zucchero); la Colgate-Palmolive nel febbraio dello stesso anno; la Kellogg’s nel maggio 2018.

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he beginning of Venezuela’s humanitarian (and political) emergency can be identified - for now - as Spring 2013, when on 5 March, Colonel Chávez passed away. Just a few weeks later, the price of crude oil - on which more than 90% of the country's exports were based - began to fall rapidly, from $120-140 a barrel to $50 in June 2014. Maduro continued to carry out this predecessor's redistribution programs, soon running out of currency. The country began printing money, thus fueling hyperinflation, but the bolivar (the local currency) was still devalued. The origin of the social crisis is, therefore, primarily monetary. With oil production entrusted to the state alone, the prices that are set - or better, imposed - by the highest level of the regime have discouraged companies to produce so that oil has attracted less and less dollars and extraction has dramatically decreased. The government could have predicted all this, and could have done two things: remove the set prices and let the exchange float freely on the currency market, as Moscow did, for example, at the end of 2014 when the ruble plummeted. Perhaps the Venezuelans only began to understand right then that there would have been a steep decline from that moment on. Meanwhile, even the multinationals had gone: for example, Coca Cola in June 2016 (due to lack of sugar), Colgate-Palmolive in February of the same year and Kellogg's in May 2018.

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VENEZUELA BECOMES A “THREAT TO NATIONAL SECURITY” IL VENEZUELA DIVENTA “MINACCIA ALLA SICUREZZA NAZIONALE” Le problematiche di bilancio divennero più gravi nel 2015, quando Washington uscì allo scoperto e assunse il ruolo di Paese leader dell’“anti-chavismo”. Il presidente Obama dichiarò a marzo di quell’anno che il Venezuela costituiva ormai una «minaccia alla sicurezza nazionale» e la sua Amministrazione varò un piano di sanzioni che avevano influenza sui mercati finanziari americani, ancora oggi vero driver dell’economia globalizzata. Da lì in poi a Caracas è iniziato a mancare di tutto: cibo, medicine, persino prodotti come il sapone. La destabilizzazione finanziaria made in USA ha funzionato, merito del divieto di comprare e vendere nuovi bond del tesoro e della compagnia petrolifera nazionale PDVSA.

Budgetary issues became more serious in 2015, when Washington stepped out and assumed the role of leading Anti-Chavismo country. In March of the same year, President Obama declared that Venezuela was a "threat to national security" and his administration announced a series of sanctions that had influence on US financial markets, still today a true driver of the global economy. From that moment, Caracas began to experience shortages of just about everything, from food to medicine and even products like soap. The financial destabilization caused by the USA has worked, thanks to the ban on buying and selling new treasury bonds and on the national oil company, PDVSA.

Pur avendo goduto di almeno dieci anni di prezzi altissimi con relativo ingresso di valuta pregiata, il chavismo non è però mai riuscito a creare un tessuto produttivo privato, né a differenziare le attività produttive. E anche se le elezioni politiche del dicembre 2015 sono state vinte dall’alleanza delle opposizioni - la Mesa de Unidad Democràtica guidata allora da Jesùs Torrealba (la Mud, un raggruppamento di più di 19 forze diverse, eterogenee) che ottenne 112 seggi in seno all’Asemblea nacional (il Parlamento venezuelano ovvero l’unico organo deputato, ai sensi della costituzione, ad eleggere un presidente) contro i 55 del PSUV – il Governo a proseguito a torreggiare su tutto e tutti.

Despite having enjoyed at least ten years of skyrocketing prices and incoming hard currency, Chavismo never managed to create a private productive fabric, nor to differentiate its economy. And even if the political elections of December 2015 were won by the alliance of oppositions - the Mesa de Unidad Democràtica then led by Jesùs Torrealba (the MUD, a grouping of over 19 heterogeneous forces) which won 112 seats in the Asemblea nacional (the Venezuelan parliament or the only body that can, according to the constitution, elect a president) to the 55 of the PSUV - the Government continued to tower over everything and everyone.

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Di fatto, Maduro ha snobbato l’Asemblea nacional fino al marzo 2017, quando il Tribunal Supremo de Justicia (TSJ) ha avocato a sé i poteri della Camera, compiendo un colpo di Stato. Da quel momento in poi, Maduro ha potuto governare per decreto, essendo tenuto a dare comunicazione delle sue iniziative solo al TSJ. Nel luglio dello stesso anno ha creato l’Assemblea Costituente, avente il compito di riformare la legge fondamentale dello Stato. Da qui, ha preso le mosse un’altra grande ondata di manifestazioni popolari contro il Governo, che ha reagito mettendo a punto un piano sistematico di eliminazione degli avversari. I capi della MUD, Henrique Capriles, Leopoldo Lòpez e Julio Borges, sono stati messi fuori gioco. Non così Juan Guaidò.

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In fact, Maduro snubbed the Asemblea nacional until March 2017, when the Tribunal Supremo de Justicia (TSJ) granted itself the powers of the Chamber, carrying out a coup. From that moment on, Maduro was able to govern by decree, now only obliged to communicate his initiatives to the TSJ. In July of the same year, he created the Constituent Assembly, tasked with reforming the country’s costitution. From here, another big wave of anti-government demonstrations began, the government reacting in turn by devising a systematic plan to eliminate its adversaries and the heads of MUD, Henrique Capriles, Leopoldo Lòpez and Julio Borges, were put out of the game. But not so for Juan Guaidò.


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WHO IS JUAN GUAIDÒ Nel maggio 2018 si sono svolte le elezioni presidenziali anticipate, vinte da Nicolas Maduro in pratica senza concorrenti. Poco prima che questi s’insediasse, però, lo scorso gennaio il giovane Juan Guaidó si è autoproclamato Presidente della Repubblica di fronte a una folla immensa riunitasi nella capitale Caracas. Classe 1983, originario di La Guaira, laureato in ingegneria industriale all’università Ucab della capitale e con un post dottorato alla Washington University, Guaidò si è messo alla testa di un partito antichavista e neoliberista, tendenzialmente socialdemocratico. E lo ha fatto non solo perché sostenuto dagli Stati Unti, ma anche per il fatto che, quando nel 2015 la MUD vinse, le forze che componevano questa opposizione si erano accordate per una presidenza a rotazione dell’Asemblea Nacional. E nel 2019 sarebbe toccato al suo partito. Così come è stato. Guaidó non è dunque (o non ancora) un leader conclamato, né una figura di primo piano nel mondo politico venezuelano. Ma in quel momento non c’erano alternative. Non a caso si è autoproclamato “Presidente di transizione”, fino a quando cioè non verranno celebrate elezioni vere e proprie. Retoricamente, si propone oggi come “nuevo Bolivar” e ha coniato persino uno slogan funzionale ma raffazzonato, ricalcandolo su uno più celebre: ”Sì, se puede!”. Potrà davvero?

CHI È JUAN GUAIDÓ In May 2018, early presidential elections were held and won by Nicolas Maduro, running essentially unchallenged. However, shortly before he began his term, last January, the young Juan Guaidó declared himself President of the Republic in front of a huge crowd gathered in Caracas. Born in 1983 in La Guaira, a graduate in industrial engineering from the capital’s Ucab University and a postdoc from Washington University, Guaidò is the leader of an anti-Chavist and neoliberal party, which tends to be social democratic. He did so not only because he was supported by the United States, but also because, when the MUD won in 2015, the forces that made up the opposition had agreed to a rotating presidency of the Asemblea Nacional. And in 2019 it would be his party's turn. And it was. Guaidó is therefore not (or not yet) a full-blown leader, nor a leading figure in the Venezuelan political world. But at that time there were no alternatives. It is no coincidence that he proclaimed himself "Transitional President" - that is - until real elections are held. Rhetorically, he has declared himself a "nuevo Bolivar" and has even coined a functional yet lazy slogan, relying on a more famous one: "Sì, se puede!" Will he really be able to?

Vent’anni di chavismo hanno completamente ribaltato il Paese Twenty years of Chavismo have completely capsized the country

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PARIS Dopo le ennesime devastazioni dei “Gilets Jaunes” di sabato 16 marzo, il premier francese Edouard Philippe ha rimosso il prefetto di Parigi e annunciato che d’ora in poi le loro manifestazioni saranno vietate nei quartieri più colpiti, tra cui gli Champs-Elysées a Parigi, Place Pey-Berland a Bordeaux e Place du Capitole. Dall’inizio delle proteste, si contano danni per circa 170 milioni di euro. Nonostante ciò, la protesta - giunta al diciottesimo sabato di fila - non accenna a fermarsi. After the umpteenth damages caused by the Gilets Jaunes, on Saturday, 16 March, French Prime Minister Edouard Philippe removed the prefect of Paris and announced that from now on, the grou’s demonstrations are banned from the most affected neighborhoods including Champs-Elysées in Paris, Place PeyBerland in Bordeaux and Place du Capitole. Since the beginning of the protests, total damages are estimated at €170 million. Despite this, the protestors - now in their eighteenth Saturday in a row - show no sign of surrender.


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PALESTINE Le recenti proteste economiche di Gaza mostrano altre crepe nel potere di Hamas. Le proteste su larga scala hanno raggiunto un’intensità che non si registrava da quando Hamas prese il pieno controllo della Striscia di Gaza nel 2007, cacciando le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale palestinese (ANP) dopo una serie di sanguinose battaglie urbane, un anno dopo che Hamas aveva vinto le elezioni parlamentari. Gaza’s latest economic protests expose more cracks in Hamas rule. The protests are on a scale and of an intensity that has not been seen since Hamas took full control of Gaza’s Strip in 2007, ousting Palestinian National Authority (PNA) security forces in bloody street battles, a year after the Hamas group won a parliamentary election.

THE BALKANS L’ondata di proteste antigovernative sono proseguite per tutto il mese di marzo nelle capitali di Serbia, Albania e Montenegro, oltre che in località minori di questi paesi dei Balcani occidentali. Mentre i manifestanti in Albania si sono ripetutamente scontrati con la polizia, l’assalto alla tv di stato a Belgrado (16 marzo) ha segnato la prima volta che la forza preventiva è stata utilizzata contro i partecipanti alle manifestazioni serbe, che hanno preso d’assalto la costruzione dell’emittente pubblica del paese. An anti-government wave of protests has continued over the entire month in the capitals of Serbia, Albania and Montenegro, as well as smaller places in the Western Balkan countries. While the protesters in Albania repeatedly clashed with the police, the attack on the state television in Belgrad (16 March) marked the first time that the preventive force was used against Serbian demonstrators who stormed the building of the country’s public broadcasting.

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CULTURE

CHAVISMO: THE RISE AND FALL OF A REVOLUTION IL VENEZUELA E LA CONTROVERSA EREDITÀ DI HUGO CHÁVEZ BY SIMONE PELIZZA

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on è possibile comprendere l’attuale crisi in Venezuela senza tenere conto degli ultimi vent’anni di vita politica ed economica del Paese sudamericano, dominati dalla “Rivoluzione Bolivariana” di Hugo Chávez contro il vecchio establishment nazionale. Amato e odiato in egual misura, Chávez ha cambiato il volto del suo Paese in maniera radicale, preparando il terreno per il dramma attualmente in corso nella strade di Caracas.

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t is impossible to understand the current crisis in Venezuela without taking into account the last twenty years of the country’s political and economic life, dominated by Hugo Chávez and the Bolivarian Revolution against the old national establishment. Equally loved and hated, Chávez has radically changed the face of his country, paving the way for the current drama in the streets of Caracas.

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FROM CONSPIRATOR TO PRESIDENT DA COSPIRATORE A PRESIDENTE Tutto iniziò nei primi anni ’80, con un piccolo gruppo di ufficiali dell’Esercito venezuelano, guidato dallo stesso Chávez, dedito a disegni golpisti e alla creazione di una repubblica di tipo socialista. Inizialmente poco interessato alla politica, Chávez fu spinto da diverse figure politiche e intellettuali ad approfondire lo studio della tradizione rivoluzionaria latinoamericana, che lo portò gradualmente a contestare il tradizionale ordine politico “borghese” del Paese. Nel febbraio 1992 il giovane ufficiale e i suoi colleghi cercarono di rovesciare il governo con la forza, ma il tentativo fallì per un soffio e i cospiratori finirono in carcere per alcuni anni. Graziato dal Presidente Rafael Caldera, Chávez decise poi di fondare un proprio partito politico, il Movimiento de la Quinta Republica, per partecipare alle elezioni presidenziali del 1998. Sfruttando il malcontento popolare per le crescenti difficoltà economiche, l’ex ufficiale vinse facilmente la contesa elettorale con il 56% dei voti, ottenendo anche il sostegno di parte della media borghesia delusa dalla corruzione dei partiti tradizionali. Divenuto Presidente, Chávez rafforzò gradualmente i poteri dell’esecutivo e mise in atto un ambizioso programma di ridistribuzione della ricchezza nazionale basato sullo sfruttamento dei giacimenti petroliferi venezuelani, gestiti direttamente dalla compagnia statale PDVSA. Nel 2000 nuove elezioni riconfermarono Chávez alla guida del Paese per sei anni, rafforzando ulteriormente la sua posizione a scapito di Corte Suprema e Assemblea Nazionale. Forte di queste prerogative, Chávez portò avanti un’aggressiva ondata di nazionalizzazioni economiche e strinse una formale alleanza con Cuba, ottenendo dall’Avana l’invio di medici e insegnanti a sostegno delle campagne anti-povertà del governo. I risultati iniziali di tali campagne furono sostanzialmente positivi e portarono a una significativa riduzione del tasso di povertà estrema del Paese, sceso intorno al 7% nel 2011 (dati Banca Mondiale). Nonostante ciò, il radicalismo ideologico del chavismo, le crescenti limitazioni alle libertà democratiche e l’eccessiva vicinanza al regime cubano finirono per alienare quella parte di ceto medio che aveva sostenuto Chávez all’inizio della sua avventura politica, preparando il terreno per una violenta contestazione della “Rivoluzione Bolivariana”.

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It all began in the early 1980s, with a small group of Venezuelan army officers, led by Chávez himself, dedicated to designing coups to create a republic inspired by socialist thought. Although he was not originally interested in politics, Chávez was encouraged by various political and intellectual figures to deepen his study of Latin American revolutionary tradition, which gradually led him to challenge the country’s traditional "bourgeois" political order. In February 1992, the young officer and his colleagues tried to overthrow the government by force, but the attempt failed by a hair and the conspirators were sentenced to prison. Pardoned by President Rafael Caldera, Chávez then decided to establish his own political party, the Movimiento de la Quinta Republica, to run in the 1998 presidential elections. Capitalizing on popular discontent over growing economic difficulties, the former official easily won the election with 56% of the vote, even obtaining the support of the middle class bourgeoisie that was disappointed by the corruption of traditional parties. Once he became president, Chávez gradually strengthened the powers of the executive and implemented an ambitious program to redistribute the nation’s wealth based through the exploitation of Venezuela’s oil fields, managed directly by the state-owned company PDVSA. In 2000, new elections reconfirmed Chávez as head of the country for another six years, further strengthening his position at the expense of the Supreme Court and National Assembly. Strengthened by these prerogatives, Chávez carried out an aggressive wave of economic nationalizations and forged a formal alliance with Cuba, which sent doctors and teachers to support the government's anti-poverty campaigns. The initial results of these campaigns were substantially positive and led to a significant reduction in the country's extreme poverty rate, which dropped to around 7% in 2011 (World Bank data). Nevertheless, the ideological radicalism of Chavismo, the growing limitations on democratic freedoms and the excessive closeness to the Cuban regime lead to alienation of the middle class that had supported Chávez at the beginning of his political career, paving the way for a violent protest of the "Bolivarian Revolution."

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Ulparumet officil liquae delectis excepudi il int, que dolupti

THE 2002 FAILED COUP AND ITS CONSEQUENCES IL TENTATO GOLPE DEL 2002 E LE SUE CONSEGUENZE Questa contestazione esplose per la prima volta nell’aprile del 2002, con una serie di proteste popolari a Caracas duramente represse dal governo. Approfittando dell’occasione, un gruppo di militari - forse sostenuti esternamente dagli USA - cercò di rovesciare il Presidente, ma il tentativo fallì per la rapida mobilitazione del movimento chavista contro i golpisti. Reinsediato alla guida del Paese, Chávez iniziò a coltivare stretti rapporti militari con la Russia per contrastare eventuali interventi statunitensi a sostegno dell’opposizione. Nel 2004 un nuovo tentativo di destituirlo per via referendaria spinse il Presidente a radicalizzare ulteriormente le proprie posizioni e ad accrescere il controllo dello Stato sulla vita politica ed economica venezuelana, giustificandolo con l’obiettivo di difendere la “rivoluzione” dai suoi nemici interni ed esterni. Eletto Presidente per la terza volta nel 2006, Chávez proseguì quindi con la nazionalizzazione di vari settori economici del Paese, incluso quello delle telecomunicazioni, e rafforzò ulteriomente i poteri dell’esecutivo a scapito di quelli dell’Assemblea Nazionale, riuscendo persino a far approvare per via referendaria la sua rielezione perpetua nel febbraio 2009. Oltre a ciò, il governo chavista adottò misure piuttosto dure nei confronti dei suoi oppositori, censurando i media indipendenti e arrestando numerosi giornalisti. A livello internazionale, Caracas cercò anche di costruire un vasto schieramento contro gli USA, intrattenendo rapporti cordiali con l’Iran e altre nazioni ostili a Washington.

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Unrest took to the streets for the first time in April 2002, with a series of protests in Caracas that were swiftly repressed by the government. Taking advantage of the occasion, a group of soldiers - perhaps supported by the US - tried to overthrow the president, but the attempt failed due to rapid mobilization of the Chavista movement against coup leaders. Reseated to lead the country, Chávez began to cultivate close military relations with Russia to counteract any US interventions in support of the opposition. In 2004, a new attempt to remove him by referendum led the president to further radicalize his positions and to increase state control over Venezuelan political and economic life, in the name of “defending the revolution" from internal and external enemies. Elected president for the third time in 2006, Chávez continued nationalizing various economic sectors of the country, including telecommunications, and further strengthened the powers of the executive at the expense of the National Assembly, even managing to get approval via referendum for perpetual re-election in February 2009. Furthermore, the Chavista government adopted rather harsh measurements against its opponents, censoring the independent media and arresting numerous journalists. Internationally, Caracas also sought to build a vast coalition against the US by maintaining friendly relations with Iran and other nations hostile to Washington.

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THE CRISIS OF THE BOLIVARIAN DREAM LA CRISI DEL SOGNO BOLIVIANO Dal 2011 Chávez dovette far fronte ai primi segni di deterioramento dell’economia venezuelana, provocati soprattutto dall’instabilità dei prezzi petroliferi. Al Presidente venne anche diagnosticato un tumore, che lo costrinse a lunghe assenze per curarsi a Cuba. Nonostante ciò, Chávez partecipò egualmente alle elezioni presidenziali dell’ottobre 2012, vincendole con un buon margine sul leader dell’opposizione Henrique Capriles. Ma le gravi condizioni di salute gli impedirono di iniziare realmente il suo nuovo mandato presidenziale. Tra sospetti e smentite, Chávez morì infatti il 5 marzo 2013, venendo sostituito dal Ministro degli Esteri Nicolas Maduro come nuovo Presidente del Venezuela. Al funerale parteciparono diversi leader politici stranieri, tra cui il Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e quello iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Ispirato sia da Karl Marx che dal libertador Simon Bolivar, Chávez è stato il campione di un socialismo populista e nazionalista dichiaratamente alternativo alla globalizzazione liberale dei decenni scorsi. Tale esperimento sembra però ormai agli sgoccioli, vittima delle sue stesse contraddizioni e delle minori capacità politiche di Maduro. Inoltre, il radicalismo ideologico di Chávez, unito al suo autoritarismo personale, hanno finito per polarizzare politicamente il Venezuela e per compromettere il funzionamento delle sue istituzioni parlamentari e giudiziarie. Ora il Paese rischia di crollare, trascinando via con sé la “Rivoluzione Bolivariana” e i suoi sogni egualitari.

In 2011, Chávez faced the first signs of deterioration in the Venezuelan economy, caused - above all - by the instability of oil prices. The president was also diagnosed with cancer, forcing him to seek treatment in Cuba. Chávez nevertheless ran for reelection in October 2012, winning with a comfortable margin over opposition leader Henrique Capriles. His serious health conditions, however, prevented him from truly beginning his new presidential term. In fact, amid suspicion and denial, Chávez died on 5 March 2013, and was replaced by Foreign Minister Nicolas Maduro as the new President of Venezuela. Several foreign political leaders attended the funeral, including Belarusian President Aleksandr Lukashenko and Iranian President Mahmoud Ahmadinejad. Inspired by both Karl Marx and libertador Simon Bolivar, Chávez was the champion of a populist and nationalist socialism that was openly alternative to liberal globalization of recent decades. However, this experiment seems to be coming to an end, victim of its own contradictions and of Maduro's inferior political abilities. Moreover, Chávez's ideological radicalism, combined with his personal authoritarianism, ended up politically polarizing Venezuela and compromising the functioning of its parliamentary and judicial institutions. Now the country is in danger of collapsing, dragging with it the Bolivarian Revolution and its egalitarian dreams.

Vent’anni di chavismo hanno completamente ribaltato il Paese Twenty years of Chavism have completely rebalted the Country

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CULTURE

NARCOS AND THE REGIME COSA LEGA LA PRESIDENZA MADURO ALLE FORMAZIONI TERRORISTICHE, AL RICICLAGGIO E ALLA CORRUZIONE? LA COCAINA, SECONDO LA DEA BY MARIA ZUPPELLO*

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CULTURE

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tato canaglia per gli Stati Uniti al pari di Iran, Siria e Corea del Nord, il Venezuela lasciato da Hugo Chávez è un narcostato che ha fatto della cocaina la sua economia principale, nonostante non la produca. E che si è trasformato nel più grande paese importatore di armi del continente, soprattutto dalla Russia e recentemente anche da Miami: il secondo di tutte le Americhe, dietro solo agli Stati Uniti. La sua popolazione, a causa di politiche economiche scellerate, oggi muore letteralmente di fame mentre il governo di Nicolás Maduro non cessa di arricchirsi insieme all’élite militare che della cocaina ha fatto il suo principale reddito, creando un vero e proprio cartello, quello de Los Soles, con evidente riferimento alle mostrine delle più alte gerarchie militari coinvolte, i generali.

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rogue state, according to the United States, on a par with Iran, Syria and North Korea, the Venezuela left by Hugo Chávez is a narco-state that has made cocaine its main economy, despite the fact Venezuela does not produce it. The country has become the continent’s largest importer of weapons, especially from Russia and recently also from Miami: the second of all the Americas, trailing only the United States. Its citizens, due to atrocious economic policies, are literally dying of hunger while Nicolás Maduro’s government continues to enrich itself along with the military elite that have made cocaine its main source of income, creating a bonafide cartel, Los Soles, named with obvious reference to the collar patches of the highest military ranks involved, the generals.

Vent’anni di chavismo hanno completamente ribaltato il Paese Twenty years of Chavism have completely rebalted the Country

VENEZUELA CRIME BOSSES I BOSS DELLA MALAVITA VENEZUELANA E chi è il capo dei capi del narcotraffico venezuelano? La Dea non ha dubbi: Diosdato Cabello, ex presidente dell’Assemblea Nazionale, numero due di Chávez, vicepresidente del PSUV e presidente adesso della Costituente. È, secondo il governo degli Usa, il vero stratega della fitta rete di riciclaggio attraverso banche e società controllate dal regime.

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And who is the leader of Venezuelan drug traffickers? The DEA has no doubt: Diosdado Cabello, former president of the National Assembly, Chávez’s right hand man, vice-president of the PSUV and now president of the Constituent Assembly. According to the US government, he is the mastermind behind the dense money laundering network

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Per il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti «ci sono ampie prove per giustificare che sia una delle teste, se non la testa del cartello de Los Soles» tra i cui membri figura persino Rodolfo McTurk, ex direttore dell’Interpol in Venezuela. Accuse tutte rispedite al mittente da Cabello che ha dichiarato di essere «addolorato» perché non ha ricevuto «neanche una parola di scuse». Eppure, secondo un ex narco colombiano ora in carcere negli Stati Uniti, Javier Cardona Ramìrez, Cabello è paragonabile a “El Chapo” e venderebbe droga persino all’Isis e ad Al Qaeda che, una volta in Africa, la stoccano e poi ne gestiscono il traffico. Anche il nipote di Iván Marquez, uno dei capi delle Farc, ha testimoniato contro l’ex presidente dell’Assemblea Nazionale rivelando i suoi business con i guerriglieri colombiani. Un legame stabilito da Chávez che ha permesso loro in territorio venezuelano di trasportare cocaina, addestrarsi e persino nascondersi. La Colombia, del resto, gli appariva geograficamente come il cruciale tassello mancante del suo progetto pan bolivariano che si nutriva del mito di Simón Bolívar. Ma sia Uribe che Santos, i due presidenti colombiani a lui contemporanei, non avevano mai mostrato interesse. Da qui l’idea di indebolirli appoggiando i gruppi guerriglieri a loro opposti, tanto le Farc quanto l’ELN, che si finanziavano con il traffico della cocaina e che videro con interesse l’apertura di nuove rotte per sottrarsi alla pressione del Plan Colombia.

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of banks and companies controlled by the regime. The US Department of Justice states: "There is ample evidence to identify him as of the heads, if not the head of the Los Soles cartel," which also lists among its members Rodolfo McTurk, the former director of Interpol in Venezuela. Cabello has denied all accusations, saying he was "saddened" that he did not receive "a single word of apology." Yet, according to Javier Cardona Ramìrez, a Colombian ex-narco currently in prison in the United States, Cabello is comparable to El Chapo and would even sell drugs to Isis and Al Qaeda that in turn, once the merchandise arrived in Africa, would store it and manage the traffic. The grandson of Iván Marquez, one of the FARC's leaders, also testified against the former president of the National Assembly, revealing his business with Colombian guerrillas. An agreement established by Chávez allowed the Colombians on Venezuelan territory to transport cocaine, train and even disappear. Furthermore, Chávez viewed Colombia as, geographically, the crucial missing piece of his pan-Bolivarian project that fed off the myth of Simón Bolívar. But both Uribe and Santos, the two Colombian presidents during his time in power, never showed any interest. Hence the idea of weakening them by supporting guerrilla opposition groups, the FARC and the ELN, both financed by cocaine trafficking and favorable to new routes that would allow them to escape the pressure of Plan Colombia.

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NARCO-TERRORISM IL NARCOTERRORISMO Così il 90% della polvere bianca delle Farc finì con l’essere distribuita nel mondo a partire dal Venezuela. La lista dei coinvolti presentata alla Dea nel 2012 dal giudice Eladio Aponte Aponte, rifugiatosi negli Usa, è impressionante: il ministro dell’interno Néstor Reverol; il fratello di Chávez Adán; Rafael Ramírez, presidente della Pdvsa (la petrolifera nazionale); Tarek el Aissami; Henri Rangel Silva, allora ministro della difesa; Manuel Barroso, ex presidente del Cadivi, la commissione che gestisce i cambi; e Wilmer Flores, ex direttore generale della polizia scientifica. E poi governatori e generali. Il tutto indorato con l’ideologia della guerra “asimmetrica” contro il nemico yankee. Tonnellate di cocaina provenienti dalla Colombia hanno inondato così il Venezuela: cinque a settimana, quasi metà di tutta la polvere bianca prodotta in Colombia (tra il 2008 e il 2014 sono state distrutte 447 piste clandestine per i piper della coca). Il paese non si sottrae neanche al business della raffinazione, con vari laboratori clandestini nascosti nella foresta. Il Venezuela si è trasformato, così, in un’autostrada della coca. Nel 2015 Joaquin Pérez, un avvocato di Miami che ha come clienti molti traffi-

Thus, 90% of FARC’s white powder ended up being distributed around the world from Venezuela. The list of those involved presented to the DEA in 2012 by judge Eladio Aponte Aponte, who took refuge in the US, is shocking: interior minister Néstor Reverol, Chávez’s brother Adán; Rafael Ramírez, president of PDVSA (the national oil company); Tarek el Aissami; Henri Rangel Silva, then defense minister; Manuel Barroso, former president of Cadivi, the commission that manages exchange rates; and Wilmer Flores, former director general of forensics. And then governors and generals. All under the flag of an "asymmetric" war against the Yankee enemy. Five tons of Colombian cocaine, nearly half of the country’s production, flooded into Venezuela (between 2008 and 2014, 447 clandestine routes for cocaine runners were destroyed). Nor does the country shy away from the refining business, hiding numerous clandestine laboratories in its forests. Venezuela has thus become a cocaine highway. In 2015 Joaquin Pérez, a lawyer from Miami who lists several Colombian traffickers as clients, said that "most of the high-profile Colombian narcos have moved

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canti colombiani, ha dichiarato che «la maggior parte dei narcos colombiani di alto profilo si sono trasferiti in Venezuela». Non stupisce, perciò, la reazione del presidente Maduro nel 2013, quando nell’aeroporto parigino di Charles de Gaulle vengono sequestrate 1,3 tonnellate di cocaina dentro una trentina di valigie arrivate con un aereo Air France partito da Caracas, droga destinata secondo gli inquirenti all’italiana ‘Ndrangheta. Finiscono in manette otto militari della Guardia Nazionale Bolivariana e nove dello staff di Air France. Maduro non prende per niente bene la notizia e accusa la Dea di aver agito in incognito. Oggi di tutto questo non si parla, ma è l’altra faccia del Venezuela, il suo volto più oscuro.

to Venezuela." It is hard to be surprised, therefore, by the reaction of President Maduro in 2013, when 1.3 tons of cocaine were seized at Charles de Gaulle airport in Paris in some thirty bags on an Air France flight from Caracas, destined, according to investigators, for the Italian 'Ndrangheta. Eight soldiers of the Bolivarian National Guard and nine Air France staff members ended up in handcuffs. Maduro did not take the news at all well and accused the DEA of acting incognito incognito. Nobody talks about any of this today, but it is the other side of Venezuela, its darkest side.

*estratto dal libro “Il Jihad ai Tropici” (Paesi Edizioni, 2019) *extract from the book “Il Jihad ai Tropici” (Paesi Edizioni, 2019)

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PUTIN AND MADURO, A FRIENDSHIP WITH “TERMS” PUTIN E MADURO, AMICIZIA A “TERMINE” BY ROCCO BELLANTONE

Come era prevedibile, la crisi venezuelana ha aperto un nuovo fronte dello scontro diplomatico tra Stati Uniti e Russia. Una frizione motivata da un semplice dato. Insieme alla Cina Mosca è il principale creditore del governo di Caracas, a cui ha prestato dal 2006 circa 23 miliardi di dollari, accumulando ad oggi crediti per 3,2 miliardi di dollari in debito sovrano. Per il Cremlino questa è una ragione più che sufficiente per fare blocco di fronte all’ascesa di Juan Guaidò, appoggiato dalla Casa Bianca, e sostenere invece Nicolas Maduro. In Italia un punto di vista privilegiato da cui osservare questa crisi, e i suoi riflessi a livello internazionale, è quello di Sergio Romano, diplomatico di lungo corso - nella sua lunga carriera è stato ambasciatore anche alla NATO e a Mosca - e, tra le altre cose, di un interessante saggio edito da Longanesi intitolato Putin e la ricostruzione della Grande Russia. Insieme a Xi Jinping Putin continua a sostenere Nicolas Maduro. Fino a quando terrà questa posizione? Nelle dinamiche diplomatiche qualche volta si è costretti ad aver degli “amici”. In altri casi, come in questo, non si può rinunciare a un’amicizia costruita nel tempo anche se si sta rivelando parecchio costosa. È per quest’ultima ragione che la Russia negli ultimi anni ha continuato a mantenere rapporti

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As expected, the Venezuelan crisis has opened a new front for the diplomatic conflict between the United States and Russia. The friction is caused by a simple fact: alongside China, Moscow is the largest creditor of the government in Caracas, having lent approximately $23 billion since 2006, accumulating credits of $3.2 billion in sovereign debt. For the Kremlin, this is more than enough to block the rise of White House-backed Juan Guaidò and support Nicolas Maduro. In Italy, a privileged point of view to observe the crisis and its international repercussions is that of Sergio Romano, a long-serving diplomat and former ambassador to NATO and Moscow, who has authored an interesting essay entitled Putin and the reconstruction of Greater Russia. Alongside Xi Jinping, Putin continues to support Nicolas Maduro. Until what point will he maintain this position? Diplomatic dynamics sometimes force us to have "friends". In some cases, as in this one, one cannot give up a friendship that has been built up over time, even if it is proves to be quite expensive. It is for this reason that, in recent years, Russia has continued to maintain solid relations with countries such as Cuba and, to the point, Venezuela. These are relationships that Russia has no interest in losing. However, the current Venezuelan crisis is cause for great unease and embarrassment for Moscow. On one hand, it is clear that Maduro's Venezuela

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solidi con Paesi come Cuba e, per l’appunto, come il Venezuela. Rapporti che non ha alcun interesse a perdere. Rispetto alla crisi venezuelana oggi Mosca si trova però in una situazione di grande disagio e imbarazzo. Perché da un lato è evidente che il Venezuela di Maduro non “funzioni” e, dall’altro lato, è altrettanto evidente che questo rapporto non durerebbe qualora Caracas finisse nell’orbita degli Stati Uniti. Non credo, comunque, che per Mosca questo scenario sarebbe particolarmente drammatico o rappresenterebbe un problema insolubile. Alla luce di questa nuova crisi, come valuta lo stato dei rapporti tra Putin e Trump? Partiamo dal presupposto che la politica degli Stati Uniti nei confronti della Russia risponde alle priorità diplomatiche e agli interessi degli Usa che sono un Paese “imperiale” e puntano, pertanto, a mantenere una forte guida nel mondo anche dopo la Guerra Fredda. Per questo motivo tendono sempre a impedire che altri conquistino spazi che Washington considera come propri. Lo scongelamento delle relazioni tra i due Paesi può essere desiderato da qualcuno, e probabilmente tra questi c’è anche Trump, ma ad oggi ciò non si è concretizzato. Esiste infatti all’interno dell’establishment americano una forte tendenza a mantenere una politica decisa nei confronti della Russia. Trump avrebbe voluto impostare una linea diversa ma non ci è riuscito perché sulla sua presidenza continua a incombere il rischio dell’impeachment. C’è una parte della politica americana che desiderando l’uscita di scena di Trump, per certi versi per motivi anche condivisibili, ha scelto la strada dell’incriminazione di fronte al Congresso e ha ritenuto che questo rapporto del presidente con Putin, reale o presunto che sia, potesse portare al raggiungimento di questo risultato. Trump si è sempre difeso da queste accuse ma, allo stesso tempo, in qualche modo ha diluito i rapporti con Mosca. Vede Putin impegnato su troppi fronti? In diplomazia e in politica le partite si giocano quando si ha intenzione di giocarle, ma anche quando le circostanze costringono a intervenire. Quest’ultimo è il caso di Putin. Alcune circostanze gli hanno messo di fronte dei problemi da affrontare al cospetto dei quali un uomo ambizioso come lui, e un Paese ambizioso come la Russia, non potevano tirarsi indietro. Questo suo presenzialismo ha finora beneficiato al ruolo della Russia soprattutto nella regione mediorientale. Il problema, semmai, è un altro. Il cittadino russo oggi vive un po’ più precariamente di quanto non vivesse cinque o dieci anni fa, perché ci sono le sanzioni che hanno avuto un peso sull’economia russa, e poi perché nella trasformazione dello Stato dal periodo post sovietico Putin ha deciso di mettere mano alle pensioni che ai tempi dell’URSS erano garantite. Ciò ha avuto

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does not "work" and, on the other hand, it is equally clear that this relationship would not last if Caracas ended up in the American sphere of influence. I do not believe, however, that this scenario would be particularly dramatic for Moscow or that it would be a problem without a solution. In light of this new crisis, how would you consider the current state of relations between Putin and Trump? We must start with the assumption that US policy towards Russia responds to diplomatic priorities and to US “imperialist” interests, to say, maintaining strong leadership in the world even after the Cold War. This, the country always tends to prevent others from conquering spaces that Washington considers its own. The thawing of relations between the two countries may be desirable to some, probably including Trump himself, but to date, this has not come to fruition. Indeed, there is a strong tendency within the American establishment to maintain a firm policy towards Russia. Trump wanted to set a different tone but failed due to the looming risk of impeachment. There is also part of the American political scene which, desiring Trump's exit from the scene, for some understandable reasons, has chosen the path of indictment before Congress., considering the president’s real or presumed relationship with Putin could help them achieve their goal. Trump has always defended himself against these accusations but, at the same time, he has diluted relations with Moscow in some ways. Is Putin engaged on too many fronts? In diplomacy and politics, games are played when you want to play them, but also when circumstances force you to intervene. The latter is the case for Putin. Circumstances have put him face to face with situations that an ambitious man like himself, and an ambitious country like Russia, could not resist. The tendency to be present in a variety of contexts has, so far, benefited Russia, especially in the Middle East. The problem, if anything, is another. Russian citizens today live a little more precariously than they did five or ten years ago due to sanctions that have had a bearing on the Russian economy, and due to the fact that during the transformation of the state from the post-Soviet period, Putin decided to touch pensions that had been guaranteed during the times of the USSR. This has had a very negative repercussions on his image in the country. It is, therefore, economic questions that the Russian president must mainly respond to.

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delle ripercussioni molto negative sulla sua immagine nel Paese. È dunque con gli aspetti economici che il presidente russo deve fare principalmente i conti. Tra gli interessi internazionali di Putin, l’Italia che posizione ha realmente? Ho sempre pensato che esista una potenziale straordinaria complementarietà tra le economie occidentali e quella russa. Dopo la fine del regime sovietico la Russia ha avuto bisogno di cultura economica, ma ha anche una straordinaria ricchezza di materie prime di cui l’Occidente necessita a sua volta. La Russia non ha poi quella fascia di piccola e media impresa che è vitale per un’economia dei consumi, e che invece ad esempio è molto presente in Italia e in altri Paesi europei. Quando Kruscev, e anche Breznev per certi aspetti, si resero conto che il regime comunista necessitava di coprire quella fascia di consumi, l’Italia cominciò a conquistare pezzi di mercato sovietico importanti. E, a maggior ragione, oggi potrebbe conquistare pezzi di mercato russo se le sanzioni contro Mosca non rendessero molto difficile questa operazione.

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Among Putin’s international interests, how does Italy really rank? I have always thought that there is a potential for extraordinary complementarity between the Western and Russian economies. After the end of the Soviet period, Russia needed economic culture, but it also had an extraordinary wealth of raw materials that the West, in turn, needs. Russia does not have the small and medium enterprises that are vital for a consumer economy, that are very present in Italy and other European countries, for example. When Khrushchev, and also Brezhnev in some respects, realized that the communist regime needed to cover that consumption bracket, Italy began to conquer important pieces of the Soviet market. And, furthermore, Italy could conquer pieces of the Russian market if the sanctions against Moscow did not make this operation very difficult.


LA VIGNETTA


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Direttore Responsabile Luciano Tirinnanzi Direttore editoriale Alfredo Mantici Caporedattore Rocco Bellantone Coordinamento Editoriale Pietro Costanzo, Emiliano Battisti Hanno collaborato Valerio Mazzoni Anthony Roberts Lorenzo Nannetti Fabio Valerini Gino Lanzara Altea Pericoli Stefano Piazza Marco Giaconi Luca Steinmann

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