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DICEMBRE 2017 - GENNAIO 2018
ANNO 10, NUMERO 10
A TU PER TU ALBERTO FEZZI TRA IRONIA E AMORE
A TU PER TU /2 ROBERTO MARRI LA POESIA AL BANCONE DI UN BAR
PRIMO PIANO STORIE VERONESI DI SOLIDARIETÀ
IL PERSONAGGIO ANDREA DUSI LA MIA ITALIA 10 VOLTE MEGLIO
Bellè DOPO IL RECENTE SUCCESSO TELEVISIVO CON LA FICTION "SIRENE", L'ATTRICE VERONESE SARÀ DI NUOVO PROTAGONISTA SU RAI UNO, A FEBBRAIO, NEL RUOLO DI DORI GHEZZI IN UNA SERIE DEDICATA ALLA VITA DI FABRIZIO DE ANDRÉ
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DICEMBRE 2017 - GENNAIO 2018
di
MATTEO SCOLARI
matteo.scolari@giornalepantheon.it @ScolariMatteo
A
EDITORIALE
Natale si è tutti più buoni, non è così? Da qualche anno, purtroppo, no. La cosiddetta “società del rancore” sta prendendo il sopravvento a più livelli, e in larga scala, anche per effetto di un senso del dovere e di uno spirito di solidarietà tra le persone che stanno venendo meno. Sono convinto che ai nostri nonni o ai nostri bisnonni e ai loro antenati nessuno avesse ricordato loro di essere titolari di diritti, eppure sapevano bene di avere molti obblighi nei confronti della famiglia, della scuola, della comunità, sul lavoro. Oggi tutti vogliono tutto, italiani e stranieri, dimenticandosi, quasi sempre, che per avere qualcosa bisogna dare qualcos’altro in cambio. Episodi di violenza, di intolleranza, di mancanza di rispetto e di prevaricazione si diffondono rapidamente all’interno di una società articolata e ferita, che a volte dà l’idea di essere allo sbando, e corrono veloci anche grazie alla rete, dove i sentimenti di odio vengono amplificati senza il filtro della ragione o del buon senso. L’assenza di punizioni e di mano ferma per chi sbaglia e la mancanza di riconoscimenti o di premi per chi merita, poi, fa il resto. Il problema dell’Italia, in questo momento, è di natura morale ancor prima che economica. La seconda, molto spesso, è conseguenza della prima. Un Paese così non può funzionare. Come contrastare questa onda negativa che chiude le persone su se stesse, che diffonde la paura e che immobilizza la crescita di un paese? L’abbiamo detto più di una volta: serve una rivoluzione gentile, un nuovo Umanesimo che possa invertire la rotta. Si parte dai piccoli gesti e dagli esempi positivi, dalle persone che difendono idee e pensieri propostivi, che sono in grado di mettere sul tavolo anche azioni concrete che permettono di riappropriarsi di alcune certezze e di un po’ di serenità.
“IL RANCORE È L'EFFUSIONE DI UN SENTIMENTO DI INFERIORITÀ” JOSÉ ORTEGA Y GASSET
Il Primo piano di Pantheon 86 va in questa direzione. Abbiamo descritto alcune realtà che popolano l’ampia costellazione di esempi di solidarietà e che dimostrano come l’impegno volontario nei confronti degli altri possa essere un investimento - oggi più che mai - per il bene di tutti, non solo di chi riceve, ma anche di chi dona. Come testata giornalistica facciamo, o tentiamo di fare, questo da quasi dieci anni, dal 2008, anno in cui è nato il giornale: raccontare storie che possano essere dei modelli. È il nostro impegno nei confronti del territorio, la nostra mission che contiene il nostro DNA e che dà un senso al nostro fare editoria. Il 21 dicembre, dalle ore 19.30 in Villa Arvedi a Grezzana, festeggeremo assieme a voi un decennio di volti, di persone, di idee, di progetti, di tentativi che vanno nella direzione opposta a quella della società del rancore di cui accennavo all’inizio. E lo faremo a Natale, non a caso. Dobbiamo tornare ad essere più buoni. Più uomini e più donne.
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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 05/12/2017
Indice
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IN COPERTINA
10
IN PRIMO PIANO
18
IL PERSONAGGIO
22
A TU PER TU
28
PERSONE
Il violoncellista d’oltreoceano
34
PERSONE
La commovente arte del “Pitu”
36
PERSONE
Lucia Fiorio e i segreti dei colori
Valentina Bellè, la sirena veronese
FOTOGRAFIA
46
NATURA
48
CULTURA
56
SPORT
58
LIFESTYLE
PILLOLE DI
66
ANGOLO PET
70
IN CUCINA CON NICOLE
72
BELLEZZA AL NATURALE
74
STORIE DI STORIA
MAMMA
I mille volti della solidarietà (scaligera) Andrea Dusi, il partito del futuro
Alberto Fezzi e l’apologia dei nostri “no”
42
60
Le maraje di ieri in mostra
Gli scatti difficili e perfetti di Enea Dal Forno
78 A p ag.
L'OROSCOPO
76
il ca lend ario di D icem bre e Ge nna io
La storia tra parentesi
Il Verona Rugby Academy, spiegato bene Hygge, l’arte danese della felicità (anche d’inverno)
ERRORI DA SEGNALARE? REDAZIONE@GIORNALEPANTHEON.IT
DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA
REDAZIONE E COLLABORATORI
REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, FLAVIO BRUTTI, MARCO MENINI, PAOLA SPOLON HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI DICEMBRE 2017 - GENNAIO 2018 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, MICHELA CANTERI, GIORGIA CASTAGNA, FEDERICA LAVARINI, DENISE MIGLIORATI, ANDREA NALE, MARCO NICOLIS, EMANUELE PEZZO, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, GIOVANNA TONDINI, GIULIA ZAMPIERI, MARCO ZANONI, MATTIA ZUANNI. COPERTINA FLAVIO BRUTTI PROGETTO GRAFICO FLAVIO BRUTTI SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@GIORNALEPANTHEON.IT - WEB: WWW.GIORNALEPANTHEON.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746 STAMPATO DA: ROTOPRESS INTERNATIONAL SRL - VIA BRECCE – 60025 LORETO (AN) - TEL. 071 974751 VIA E. MATTEI, 106 – 40138 BOLOGNA – TEL. 051 4592111 CONTRIBUTI PER PANTHEON MAGAZINE C/C POSTALE 93072262 INTESTATO A: INFOVAL SRL - VIALE DEL LAVORO 2, 37023 GREZZANA (VR)
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IN COPERTINA VALENTINA BELLÈ
«LA FELICITÀ? CREDO SIA RIMANERE SEMPRE SE STESSI»
matteo.scolari@giornalepantheon.it @matteoscolari
di Matteo Scolari
La giovane attrice veronese, protagonista assoluta di Sirene, la miniserie fantasy in sei puntate andata in onda il giovedì sera, in prima serata, dal 26 ottobre al 30 novembre, su Rai Uno, si racconta in questa intervista a pochi mesi dal suo prossimo impegno: a febbraio, la vedremo, sempre sulla rete ammiraglia, nel ruolo di Dori Ghezzi. Valentina Bellè in una scena tratta dalla fiction Sirene
A
ria un po’ scanzonata, a volte distratta, che non le impedisce, tuttavia, di regalare sguardi intensi, ammalianti, grazie a quei suoi profondi e grandi occhi marroni. Valentina Bellè, 25 anni, veronese, è una delle attrici emergenti e più apprezzate del cinema italiano. Dopo averla vista su Rai Uno insieme a Dustin Hoffman e Richard Madden nella serie Medici: The Masters of Florence, diretta da Sergio Mimica Gezzan, nell’aprile scorso é stata protagonista nel nuovo film di Claudio Amendola Il permesso (per il quale ha vinto il premio Biraghi e il "Premio Afrodite" come miglior attrice rivelazione dell'anno) e da qualche giorno è impegnata nel cast del nuovo film di Francesca Comencini Amori che non sanno stare al mondo. Il 27 ottobre, è stata acclamata al festival del cinema di Roma con il nuovo film dei Fratelli Taviani Una questione privata, ed è grazie alla miniserie fantasy Sirene, per la regia di Davide Marengo e scritta da Ivan Cotroneo, andata in onda fino
al 30 novembre scorso, che Valentina è riuscita a raggiungere la popolarità televisiva a fianco dell’attore Luca Argentero. A febbraio, la vedremo ancora su Rai Uno nel ruolo di Dori Ghezzi, accanto a Luca Marinelli, nella fiction sulla vita di De André per la regia di Luca Facchini. Valentina, un esperimento televisivo, quello di Sirene, che ha dato buoni risultati sia in termini di share sia dal punto di vista della critica. Lei ha dichiarato che questa miniserie l’ha fatta crescere molto, cosa intende? È vero, Sirene ha dato buoni risultati in termini di ascolti toccando il 17,7 per cento nell’ultima puntata del 30 novembre, con più di quattro milioni di telespettatori, e questo non era affatto scontato perché si è trattato di un esperimento: il fantasy è un genere piuttosto inedito per Rai Uno. Per me è stata anche una sfida professionale: la commedia mi spaventava da morire. Un conto è quando non riesci a far piangere le per-
7 Scena tratta da il film Amori che non sanno stare al mondo - regia di Francesca Comencini
Non so. Dipende da cosa si intende per talento. Io penso di avere una grande passione e tanta voglia di lavorarci sopra, questo senz’altro. Tanta voglia di non dar niente di scontato. Non mi ritengo un genio, ci sono attrici che vengono prese, messe davanti a una telecamera e, in un attimo, sono in grado di raccontare un universo. Io non sono quel tipo di attrice. Ho dovuto studiare tanto per riuscire a dare dei risultati di cui potessi essere fiera e tutt’ora devo impegnarmi. Non mi viene nulla di facile e la sfida, ogni giorno, è con me stessa, con i miei limiti, per raggiungere i miei obiettivi. Il successo, quindi, non è tanto distante dal concetto di sacrificio... Il successo, dal mio punto di vista, corre parallelo al sacrificio. Anche se non è sempre così. Ci sono diverse tipologie di successo. Quello a cui io ambisco va di pari passo con l’impegno, con lo studio.
sone, ma un altro conto, e ben peggiore, è quando non riesci a farle ridere. Penso forse di esserci riuscita nei panni di Yara, questa sirenetta un po’ buffa, autoironica. C’è stato da parte mia un grande lavoro fisico per interpretare quel ruolo, non solo attoriale. La sua carriera di attrice è esplosa negli ultimi tempi. È consapevole di avere talento?
Quando ha capito che questa era la sua strada? Terminate le scuole superiori (Liceo Lavinia Mondin di Verona, ndr) sono andata a New York a seguire i corsi del Lee Strasberg Theatre & Film Institute, avevo questo pallino da anni. Volevo provarci ed stato un colpo di fulmine. Un paradiso: salivo le scale e sentivo cantare da un’aula, vedevo ballare da un’altra, osservavo la recitazione da un’altra ancora. Lì ho capito che questa sarebbe stata la mia strada.
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IN COPERTINA VALENTINA BELLÈ Tornata in Italia ha provato ad entrare al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Arrivò decima su nove posti disponibili. Che sentimento provò? Ci rimasi male, anche perché in quell’occasione diedi tutto quello che potevo. Tuttavia, dopo la prima mezz’ora di crisi iniziai subito a buttare giù dei piani alternativi, tra cui quello di trasferirmi a Londra, e in effetti andai per prendere informazioni. Quando arrivai nella capitale inglese mi chiamarono da Roma dicendomi che una ragazza si era ritirata...e quindi entrai io. Qual è la sfida che quotidianamente si trova ad affrontare? La vera sfida è rimanere se stessi. A me ha sempre spaventato, forse più del necessario, l’idea di cambiare, l’idea di montarmi la testa. Da un lato sono fortunata perché questa mia paura mi ha sempre aiutata a controllarmi, a monitorarmi e a tenermi con i piedi per terra, dall’altra anche la mia famiglia, molto numerosa (Valentina è quarta di sei fratelli di cui cinque femmine, ndr) con molte storie personali belle, mi ha portato a non ritenermi migliore di niente e di nessuno. Magari se fossi stata figlia unica, con tutte le attenzioni addosso, sarebbe stato diverso. Invece sia mio padre che mia madre, o i miei fratelli, sono bravissimi con me. Mi sostenngono, senza privilegiarmi od osannarmi. È un esempio che mi ha aiutato e mi sta aiutando molto. Che mi rende felice. Come cambia la quotidianità dopo un successo, una notorietà, seppur agli albori? Posso dire la sincera verità? Non cambia, sul serio. È una percezione più mentale che reale. Quando esce una serie televisiva ho sempre paura poi di essere riconosciuta per strada...fosse effettivamente così (ride, ndr). In realtà succede molto raramente. Sarà perché in televisione sono sempre truccata o trasformata. Ho indossato abiti d’epoca, portato acconciature particolari, in Sirene ho dei capelli pazzeschi...dal vivo non sono proprio così bella, sono diversa e la gente non mi riconosce. Che rapporto ha con i social? Conflittuale. Ho sempre avuto una repulsione per l’andazzo che sta prendendo la nostra società dove molto è basato sull’immagine. È capitato più volte, ad esempio, che dopo aver pubblicato una foto in cui ero venuta particolarmente bene, la toglievo perché mi sentivo in colpa. Ora mi sto ammorbidendo da questo punto di vista. Capisco che l’immagine fa parte del mio lavoro, anche se preferisco apparire con un profilo più fedele a quello che sono realmente, meno vip. Lei si sta ritagliando uno spazio professionale importante in un settore difficile. Crede l’Italia sia un paese per giovani? È una domanda molto difficile perché nel mio mestiere, atipico, è necessario un mix di talento,
Valentina Bellè sul set di Medici: The Masters of Florence
fortuna, bellezza. Ho amici che provano qui a Roma ad avviare attività e trovano sulla loro strada tante difficoltà. Poi vedo mia sorella che ha aperto di recente, con alcuni soci, un’attività a Verona (Elk Bakery, ndr) e ce la sta facendo. In realtà non so proprio dire. In generale mi sembra che a Verona, a Milano, in generale al Nord, sia un pochino più facile. Qui a Roma qualche difficoltà in più c’è. Nel mio settore ci sono tante attrici bravissime che non lavorano. Dopo aver viaggiato tanto, cosa le rimane di Verona, la sua città? Verona ho iniziato ad apprezzarla veramente nel momento in cui sono andata via. Da adolescente mi sentivo imbrigliata in una città per me troppo piccola. Dopo l’esperienza newyorkese, al ritorno, gli occhi con cui ho visto Verona erano occhi diversi, nuovi. Sono riuscita a vedere la bellezza straordinaria della nostra città. Ora che vivo in una grande metropoli riesco ad apprezzare anche le piccole dimensioni, le piccole cose, le passeggiate nei campi... La serie Sirene è terminata, ma i suoi fan possono stare tranquilli, a febbraio la rivedremo su Rai Uno nei panni di Dori Ghezzi. È una responsabilità enorme. Dori è una donna fuori dall’ordinario. Per me interpretarla è stata una sfida molto difficile poiché, con questo ruolo, ho coperto una fascia d’età che va molto al di là della mia. Al contempo è stata una grande opportunità e anche una grande lezione che mi ha arricchito personalmente oltre che attorialmente. Lei era sempre presente sul set, non vi dico la mia ansia da prestazione (ride, ndr). Sono curiosa di vedere il film, devo ancora vederlo. Mi dicono che sia bello. Non vedo l’ora. Come immagina il suo futuro? Non lo so, voglio continuare a lavorare tanto. Spero di riuscirci con degli autori italiani: mi piacerebbe vedere come lavorano Virzì, Garrone, Sorrentino. Il mio sogno è lavorare con persone che hanno voglia di sperimentare e di rischiare.
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IN PRIMO PIANO
BENVENUTI BAMBINI
C’È IL CENTRO AIUTO VITA
marta.bicego@verona-pantheon.com @MartaBicego
di Marta Bicego
L’associazione di volontariato è esempio di solidarietà attenta al mondo dell’infanzia. Sono oltre 180 i fiocchi, tra rosa e azzurri, dei neonati che ha aiutato quest’anno a venire alla luce. Con la mano tesa alle situazioni, sempre più numerose, di difficoltà che riguardano mamme sole e famiglie.
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LTRE 180 fiocchi tra rosa e azzurri: tanti sono i neonati che il Centro diocesano Aiuto Vita (Cdav) ha aiutato quest’anno a venire alla luce. Numero a cui, nell’economia della solidarietà, si somma quello delle mamme sole o dei nuclei familiari accompagnati prima a vivere la gravidanza e poi la maternità serenamente. Come? In maniera concreta. Per rendersene conto basta varcare la soglia, in una mattina qualunque, della sede dell’associazione di volontariato al civico 61 di via Betteloni. La stanza riservata alla distribuzione di pacchi alimentari e abbigliamento per l’infanzia pian piano si riempie di madri, e non manca qualche papà, per lo più con i loro frugoletti al seguito. Alcuni genitori riceveranno una borsa con latte e pannolini, vasetti di omogeneizzato e pastina; altri vestitini e giocattoli. C’è chi è in lista d’attesa per avere un passeggino, oppure avrebbe bisogno di una carrozzina; c’è chi prende il numero ed attende con pazienza di recarsi al piano superiore della struttura per avere accesso alla farmacia. A fare da sottofondo allo scorrere delle ore, assieme alle chiacchiere declinate in varie lingue, il telefono: ogni tanto squilla con richieste di informazioni su come accedere a questo prezioso supporto. SEMPRE I NUMERI danno la misura della solidarietà: nel 2016 sono state 3.844 le consegne di beni di prima necessità; l’accoglienza residenziale è stata offerta a 19 mamme e 28 piccoli nella comunità familiare “Casa Gabriella” e in vari appartamenti; 270 sono stati i bimbi inserti nel micronido “I coriandoli” di via Trezza dall’avvio della sua attività nel 2001. Inoltre, dai primi giorni dell’anno, il Centro Aiuto Vita ha seguito 642 situazioni (di cui 147 nuovi casi) di donne in gravidanza, madri sole, famiglie con bimbi nei primi mesi di vita. In realtà, sono molte di più se si considera la fitta rete che il Cdav ha intessuto nel territorio della Diocesi scaligera grazie alla presenza di altri dodici Centri a dispo-
sizione della cittadinanza: a Bardolino, Peschiera, Desenzano, Villafranca, San Giovanni Lupatoto, Caldiero, San Giovanni Ilarione, San Bonifacio, Cologna Veneta, Legnago, Nogara, Lugagnano. Punti di riferimento per persone che sono state supportate nell’emergenza e in seguito sono state affiancate in un percorso verso l’autonomia. Le storie sono diverse, talvolta molto pesanti, con risvolti di abbandono o violenza. Alcune criticità si ripetono e si sono intensificate sotto il peso della crisi economica: la mancanza di lavoro e indipendenza finanziaria che impedisce di far fronte al pagare affitto e bollette; per le lavoratrici precarie la paura di perdere l'occupazione nel momento in cui affrontano
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una maternità; per le straniere l’incapacità di esprimersi nella lingua del Paese in cui vivono, con la conseguente complicazione a socializzare e inserirsi in un contesto lavorativo. Altro fronte che vede impegnato il Centro è la formazione rivolta alle madri, soprattutto se sole: «Abbiamo erogato oltre 200 percorsi formativi tra corsi di alfabetizzazione all’italiano e attività teorico-pratiche brevi, ma concentrate, per far emergere potenzialità spendibili nel mondo del lavoro, specie nei settori della ristorazione e delle pulizie», spiega la direttrice del Centro Aiuto Vita, Paola Cinquetti. A chi possiede già delle attitudini, prosegue, «viene offerta la possibilità di praticare tirocini di alcuni mesi per sperimentarsi nel contesto di un’azienda». In generale è un accompagnamento che può protrarsi anche a lungo, a seconda delle situazioni, non è finalizzato all’assistenzialismo, ma a guadagnare terreno nell’autonomia: «La più bella soddisfazione è
vedere queste donne scoprire capacità che non pensavano di avere, recuperare la propria dignità, ritornare a interfacciarsi con la realtà e sentirsi nuovamente adeguate». Non è facile, conclude Cinquetti: «Sono sempre più numerose le famiglie e le mamme che ci interpellano. Ciò comporta un impegno di risorse umane ed economiche perché accanto ad ascolto, consulenza, sostegno morale e psicologico è di fondamentale importanza poter offrire continuità di servizi e aiuti concreti». L’associazione ha bisogno di fondi e di nuovi volontari sensibili nei confronti della vita nascente. A ricordarlo è una frase che si legge su una locandina appesa nel Centro e presa in prestito da Santa Madre Teresa di Calcutta: La vita è preziosa, abbine cura. La vita è bellezza, ammirala. La vita è la vita, difendila. www.centroaiutovitaverona.it
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IN PRIMO PIANO
MADE IN
CARCERE
matteo.bellamoli@verona-pantheon.com @MatteoBellamoli
di Matteo Bellamoli
Parte dalla casa circondariale di Montorio “Progetto Riscatto”, iniziativa ideata da Mario Gastaldin, artigiano veronese, che punta a trasformare il desiderio di rivalsa di molti detenuti nella possibilità di creare artigianato di classe.
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L CORRIDOIO è lungo, un po’ stretto, e somiglia vagamente ai corridoi di tante scuole statali che tutti abbiamo conosciuto. Non fosse per il triplice sbarramento all’ingresso, non si ha la percezione di essere all’interno di un carcere. Il laboratorio di pelletteria è in fondo, vicino alla biblioteca, ed è lì che siamo diretti. Siamo in un piano quasi interrato, la luce filtra dalle finestre poste in alto sul muro di fronte alla porta di ingresso e illumina il grande tavolo di lavoro posto al centro della stanza. Ci conduce Mario Gastaldin, artigiano veronese titolare, dal 1976, di Cordovano, bottega di pelletteria di lusso. Nel 2014 è venuto casualmente in contatto con il mondo del carcere tramite una cooperativa che, all’interno, svolgeva delle attività. «Sono stato “catturato” da questo ambiente – racconta - dopo aver fatto il commerciante per tanti anni ho percepito il desiderio di favorire il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti con un progetto dall’alto profilo qualitativo». Nasce così “Progetto Riscatto”, in un primo momento un solo laboratorio di pelletteria e calzoleria che ben presto prende la forma di una vera e propria piccola linea di produzione per prodotti di pelletteria di lusso all’interno della casa circondariale. ALL’INTERNO del laboratorio, oltre ad un piccolo angolo espositivo, trovano spazio tanti macchinari per la lavorazione e la finitura di oggetti in pelle come porta gioie, porta penne, borse e scarpe. Siamo nel settore maschile, e “Progetto Riscatto” si è spostato in questo spazio dal gennaio 2017, dopo un inizio nella sezione femminile. All’interno incontriamo Mattia (nome di fantasia, ndr) che lavora qui praticamente dall’inizio. Ha frequentato il corso di calzoleria, è rimasto colpito e “Progetto Riscatto” gli ha dato l’oppor-
foto di Marco Menini
tunità di mettersi in gioco. Muove abilmente le mani sulle pelli, taglia, cuce, rifinisce con una precisione artigiana quasi sartoriale. «Non avevo esperienza di pelletteria fuori da qui - ci racconta - ma ho preso confidenza con questo lavoro grazie anche a Mario che viene qui ogni giorno a dare delle dritte, e oggi trascorro nel laboratorio gran parte della giornata. Quando uscirò mi piacerebbe molto che questo diventasse il mio mestiere, spero di trovare un’occasione». Mattia è solo uno di quelli che si sono affacciati al laboratorio, e infatti mentre noi chiacchieriamo con lui, Gastaldin incontra altri tre ragazzi che vorrebbero provare a mettersi in gioco con questa esperienza. «Cerchiamo in continuazione qualcuno che voglia unirsi - spiega lo stesso Mario - se hanno delle espe-
I PRODOTTI DI PROGETTO RISCATTO All’interno del laboratorio si trovano borse a tracolla, il primo prodotto che ha visto la luce attraverso questo artigianato solidale, porta oggetti, porta penne e il curioso sandalo “Liberto”. «Gli ho dato questo nome» ha rivelato lo stesso Gastaldin non senza un piglio di soddisfazione, «perché nell’antica Roma il liberto era lo schiavo che acquisiva la prima libertà. Mi sembrava che con questo accostamento si sposasse alla perfezione quello che con “Progetto Riscatto” stiamo cercando di portare avanti per offrire, seppure ancora nelle mura del carcere come per i liberti era la casa del signore, attraverso il lavoro, una possibilità di riscatto una volta che queste persone saranno nuovamente libere, fuori di qui».
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DALLA PELLETTERIA ALL’ARTE Non passano inosservate le opere che tappezzano le pareti del laboratorio. Le ha realizzate un detenuto che ora non è più qui, è uscito, che con gli scarti della lavorazione ha creato dei quadri con soggetti quasi astratti, unendo piccoli pezzi di pelle un po’ come in un mosaico. L’effetto che donano ai muri monocromatici del carcere è qualcosa di travolgente. La voglia di fare e di creare si percepisce anche da questo, un altro traguardo che “Progetto Riscatto” è riuscito a trasmettere a chi ne ha condiviso un pezzo del percorso. foto di Marco Menini
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rienze in questo ramo dell’artigianato è preferibile, ma non è sempre così e va bene lo stesso. Cerchiamo di dare loro un’occasione di impiegare il loro tempo e magari imparare un mestiere per il futuro». «QUANDO ho deciso di imbarcarmi in questa avventura e di fare una linea di prodotti di alta qualità “made in carcere” – prosegue - sapevo che sarebbe stato più difficile far passare il messaggio fuori rispetto a quello che facciamo dentro. Le persone ovviamente apprezzano questo progetto e ho avuto feedback molto positivi, ma non è immediato far capire che si può fare un prodotto di qualità anche in questo contesto. “Fatto in carcere” non vuol dire per forza economico e fatto male». Gastaldin si è ispirato all’esperienza della Pasticceria Giotto di Padova,
PER SAPERNE DI PIÙ
che grazie all’insegnamento di mastri pasticceri, ha permesso ai detenuti di realizzare prodotti di pasticceria di qualità che, oggi, sono venduti in tutto il mondo. Anche qui, in questo stanzino del carcere di Montorio, si respira effettivamente la voglia di fare. «Mi piacerebbe che nel giro di qualche anno ci fossero almeno 10 persone impegnate nel laboratorio» risponde Gastaldin alla richiesta di una prospettiva futura, «così come poter trasferire dentro il ciclo completo di lavorazione, perché oggi una parte della preparazione dei materiali viene fatta fuori». Ma il successo qui, è dettato anche da altri ritmi, non solo da quelli commerciali. «A me ha trasmesso molto di più rispetto all’essere solo commerciante - conclude Gastaldin - qui vengo tutti i giorni e, forse, ricevo più di quello che do».
Altre informazioni su Progetto Riscatto sul sito ufficiale dell’iniziativa www.progettoriscatto.it SPAZIO PUBBLICITARIO
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IN PRIMO PIANO
FONDAZIONE FEVOSS
SANTA TOSCANA, MISSIONE SOLIDARIETÀ Redazione (E TANTI PROGETTI) di
È nata da poco, lo scorso 11 febbraio, ma dimostra di avere un cuore grande la Fondazione Fevoss Santa Toscana.
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L SUO DNA si compone di due differenti anime: quella della Federazione Fevoss, realtà di volontariato attiva nel Veronese dal 1987 per dare risposta ai bisogni di chi versa in difficoltà; e quella della Santa protettrice di infermi e bisognosi, a indicare la direzione del farsi prossimo. Ma tante altre sono le sfumature. La Fondazione guarda, non senza un’ambizione sorretta dalla fede dettata dalle Opere di misericordia, verso orizzonti ampi e lontani. «Con una missione precisa: prendersi cura della persona nella sua globalità. Ne sono dimostrazione le prime iniziative promosse», fanno notare Alfredo Dal Corso e Michele Romano, rispettivamente presidente e vicepresidente. Una solidarietà che si declina in vari ambiti, per raggiungere diverse umanità. RACCOGLIE il desiderio espresso da un marito, Angelo Pasi, di ricordare la moglie prematuramente scomparsa la borsa di studio che la Fondazione Fevoss Santa Toscana ha indetto per premiare una
tesi di laurea sull’ippoterapia. Un riconoscimento a sostegno della formazione delle giovani generazioni: ambito in cui con passione l’insegnante alla quale è dedicata l’iniziativa, Carla Guglielmi, ha speso la vita. Per incanalare la solidarietà in un circolo virtuoso dal 13 dicembre a fine gennaio, proseguono, «in via Santa Toscana a Veronetta apriremo, in locali adiacenti alla nostra sede messi a disposizione dalla Fondazione Cariverona, un bazar temporaneo: da una parte accoglierà generosi donatori disposti a regalare oggetti che non usano più, destinandoli a una buona causa. Dall’altra, darà modo ad acquirenti bisognosi di acquistare una strenna da mettere sotto l’albero». Un progetto che muove timidi passi, ma è destinato a diventare un’opportunità di inserimento lavorativo per soggetti svantaggiati. «Questo, come numerosi sogni che abbiamo nel cassetto, ha bisogno di aiuto e di persone – concludono con un appello – che sostengano la nostra missione con donazioni o diventando volontari». www.fondazionefevoss.org
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IN PRIMO PIANO
CROCE VERDE UN NUOVO INIZIO Da ottobre è per la prima volta una donna a guidare la Croce Verde. Si tratta di Perla Stancari che, dopo essere stata con tempra e determinazione a capo della prefettura scaligera dal 2009 al 2015, ha scelto di continuare il proprio servizio nei confronti del prossimo confrontandosi con il volontariato.
È
UNA PERSONALITÀ dal curriculum istituzionale di particolare rilievo: ha coordinato il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, ha avuto un ruolo attivo nel contrasto alle associazioni mafiose e nel contesto di calamità naturali; si è impegnata in azioni di sensibilizzazione sul problema della violenza di genere. Tutte esperienze che le saranno utili nell’amministrare l’allargata realtà croceverdina che è composta da circa 1.500 soccorritori, da tre sedi cittadine, da nove sezioni provinciali. Un ente di pubblica assistenza dalla storia centenaria, i cui mezzi di urgenza e di emergenza sanitaria percorrono le strade scaligere dal 1909. CONOSCENZA, FORMAZIONE, COLLABORAZIONE. Sono le tre parole chiave che la neopresidente pare voler tenere appuntate nell’agenda dei prossimi impegni: «Vorrei fossero maggiormente divulgati i principi che, da così tanti anni, sostengono l’associazione: il recupero dei principi morali di fraternità, altruismo, condivisione e aiuto nei confronti dei deboli. Tutto questo è la Croce Verde». Un messaggio che deve raggiungere soprattutto le
La neopresidente Perla Stancari con i componenti del Consiglio di Amministrazione della Croce Verde. All’assemblea straordinaria dei soci volontari dell’ente scaligero, la ex prefetto è stata nominata con la maggioranza plebiscitaria dei voti.
nuove generazioni che, tra le fila dei volontari, possono trovare esempi positivi da seguire. Soccorritori che, a loro volta, devono essere formati, per offrire un servizio sempre più puntuale e qualificato ai cittadini del territorio veronese. La Croce Verde, conclude, «è una struttura nel suo insieme complessa e articolata. È mia intenzione mantenere innanzitutto il dialogo con i volontari, condividere con loro le scelte, lavorare d’intesa. La mia è stata una decisione presa dopo averci pensato tanto, ma ora ne sono orgogliosa e cercherò di portare avanti nel migliore dei modi questi compiti».
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VERONA NETWORK IL FOCUS DEL MESE
LE BANCHE DEL TERRITORIO
TORNINO A PARLARE CON LE IMPRESE
Il Veneto e Verona, al netto dei casi aziendali specifici, hanno ancora un ruolo preminente nel mosaico del sistema bancario. Questa una delle considerazioni emerse lo scorso 23 novembre alla decima edizione della Settimana Veronese della Finanza organizzata da Verona Network. Il convegno ha messo allo stesso tavolo imprese, risparmiatori e realtà finanziarie per tentare di recuperare quel dialogo compromesso da vecchie e recenti ferite. di Redazione
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OME RECUPERARE la fiducia in un clima di profonda diffidenza che sembra regnare da anni tra i principali interlocutori, operatori finanziari e imprenditori, esasperatosi dopo il trauma di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza? L’ultima edizione della Settima Veronese della Finanza, dell'Economia e del Lavoro, promossa dall'associazione Verona Network al Palazzo della Gran Guardia, ha cercato di rispondere a questa e ad altre domande metten-
do di fronte rappresentanti del mondo del credito, delle imprese e i risparmiatori. L'attuale congiuntura sta aprendo un orizzonte, seppure timido, di speranza, confortata dall'1,8% del PIL nazionale che, se non fa gridare alla ripresa, di certo richiama l'attenzione sulla necessità di ritrovare un dialogo perduto. Anche e soprattutto perché il Veneto e Verona sono e rimangono un tassello di fondamentale interesse nel mosaico del sistema bancario.
Numerosi gli ospiti intervenuti in Gran Guardia, le cui dichiarazioni (riportate di seguito, ndr) lasciano intendere una volontà di cambiare passo. Ad intervallare i relatori anche alcuni video interventi: dal Senatore Pierpaolo Baretta, sottosegretario del Ministero dell'Economia e delle Finanze, all’On. Daniele Capezzone, membro della Commissione d’inchiesta parlamentare sul sistema bancario e finanziario, per finire con Tiziano Turati, Direttore Generale Valpolicella Benaco Banca.
ON. DOMENICO MENORELLO
MEMBRO DELLA COMMISSIONE FINANZE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
«Quello che è successo alla finanza veneta quella notte di giugno (in cui Banca Intesa San Paolo ha rilevato Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca al prezzo di 1 Euro, ndr) è qualcosa che coinvolge tutti. 10 miliardi di ricchezza bruciata dai due istituti veneti non potranno mai essere recuperati. Ora bisogna fare chiarezza e impostare il lavoro sulla trasparenza, a tutto tondo, del sistema bancario. Oggi oltre il 70% dei debiti delle imprese sono contratti con l'oligopolio costituito dagli istituti bancari. Bisogna raddrizzare la visione perché la finanza non è lo scopo: lo scopo è la produzione».
MAURIZIO FARONI
DIRETTORE GENERALE BANCO BPM
«Anche nella nuova veste giuridica di SpA, Banco Bpm continua a mantenere il suo ruolo di banca del territorio. Tra i nostri obiettivi c'è l'aumento del passo creditizio in Veneto, specie nella parte centro-orientale, oggi la meno presidiata. Abbiamo in corso una serie di incontri con le imprese e le associazioni territoriali in tutte le principali province venete, di recente a Treviso e Padova. Il Veneto rimane centrale per noi e rappresenta, con il 10,5% di quota di mercato di impieghi alle imprese, un tassello fondamentale del nostro piano industriale. Così come il contesto scaligero: nei primi 9 mesi del 2017 abbiamo erogato alle imprese della provincia di Verona quasi 3,5 miliardi di Euro».
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VERONA NETWORK
RENATO DELLA BELLA
PRESIDENTE APINDUSTRIA CONFIMI VERONA
«Le aziende e le PMI stanno provando a reagire. Ma le sfide odierne, come la digitalizzazione, richiedono investimento. Il primo passo è superare la totale sfiducia tra gli interlocutori. Serve un approccio più lungimirante che non si nutra più di sistemi di erogazione superati, tra anticipo fatture e fidi. Vanno accorciati anche i tempi di delibera per l'erogazione, in modo che tengano conto delle esigenze di pianificazione dell'impresa. Le banche per dire che sono “del territorio” non devono fare il filo solo a chi sta già bene, ma guardare a quelle PMI con rating medio, che spesso non vengono neanche prese in considerazione».
ANDREA BISSOLI
PRESIDENTE CONFARTIGIANATO VERONA
«Le banche devono entrare nei corridoi della produzione. Devono guardare le nostre mani di persone che lavorano e producono, prima di correre dietro ai freddi numeri. In questo chiamiamo in causa anche la politica, abbiamo consegnato recentemente in Prefettura un dossier dove evidenziamo le luci e le ombre della Legge di Bilancio. In tema di evasione fiscale, si va a bussare sempre alle stesse porte. Gli imprenditori onesti si accollano le colpe di chi lavora in maniera “fantasiosa” e assolutamente disonesta».
VALENTINO TRAINOTTI
DIRETTORE GENERALE BANCA DI VERONA «Il modello di banca tradizionale come motore di sviluppo sul territorio che mantiene la ricchezza in loco non funziona più. Il contesto è cambiato per le imprese ma anche per le banche. Nel nostro caso la riforma delle banche a Credito Cooperativo è una vera e propria rivoluzione: la legge prevede l'obbligo di aderire ad un gruppo bancario. Una rivoluzione certo, ma anche una grande possibilità per le piccole e micro-imprese, perché si costituirà il primo gruppo bancario a totale partecipazione italiana (con 154 banche a credito cooperativo, ad esempio parlando del nostro contesto, ndr) che manterranno la propria autonomia gestionale. La sfida per noi sarà quella di tenere fede, anche e soprattutto con il panorama mutato, alla peculiarità territoriale che ha sempre contraddistinto il nostro modello».
PAOLO GESA
DIRETTORE BUSINESS BANCA VALSABBINA
«Per quanto riguarda le imprese, sicuramente il 4.0, a cui noi abbiamo dato molta attenzione, è stato un bel volano per la ripresa degli investimenti, almeno sul veronese e sui territori in cui siamo presenti. Le banche, dal loro canto, per garantire i crediti deteriorati sono costretti dalla normativa a trattenere molto del capitale che potrebbe essere erogato. Noi banche avremmo bisogno di una moratoria di regole, il continuo cambio di normativa ha un costo anche in termini di performance e della nostra efficacia».
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IL PERSONAGGIO ANDREA DUSI
L’ITALIA LA IMMAGINO
DIECI VOLTE MEGLIO
Una doppia laurea in Economia e commercio a Verona e a Rotterdam, fondatore assieme all’amica Cristina Pozzi dell’azienda Wish Days, premiata dal successo e poi venduta nel 2016. Dopo il recente lancio di un’iniziativa no profit che porta nelle scuole e nelle università nuovi modelli incentrati sugli impatti indotti dalle nuove tecnologie, ora l’imprenditore veronese sta girando l’Italia per presentare un nuovo progetto politico «per cambiare radicalmente il Paese». di Matteo Scolari
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ER MOLTI è un outsider con poche speranze all’interno della complessa e movimentata galassia delle proposte che stanno nascendo in vista delle prossime politiche del 2018. Eppure Andrea Dusi è convinto di avere tutte le carte in regola, non solo per presentarsi con una propria lista la prossima primavera, ma di poter rappresentare una certezza nell’orizzonte politico nazionale prossimo futuro. IMPRENDITORE VERONESE con due lauree in tasca e un’azienda, la Wish Days, fondata con l’amica Cristina Pozzi nel 2005 e poi venduta con un’exit milionaria nel 2016 alla Smartbox Ltd, Dusi sta girando l’Italia per presentare il suo progetto politico a imprenditori, innovatori, professionisti, studenti e cittadini curiosi di capire come un paese fermo e stantio come l’Italia possa cambiare, non un po’, ma in maniera radicale, e diventare nel giro di qualche anno dieci volte meglio di quello che è oggi. Dopo Milano, Torino, Crotone, 10 Volte Meglio (questo è anche il nome del progetto, ndr) ha fatto tappa anche a Verona, lo scorso 2 dicembre, ai Magazzini delle Professioni di via Santa Teresa 12. «Negli ultimi dodici mesi – spiega Dusi - ho incontrato sei mila studenti universitari (con l’iniziativa no profit Impactscool, ndr) per parlare di futuro e di nuove tecnologie. Ragazze e ragazzi straordinari con una caratteristica comune: hanno perso la fiducia proprio nel futuro. Continuano a ripetermi che hanno paura di doversi accontentare nel lavoro e come cittadini, e questo è ciò che mi ha convinto a dare il là, assieme a un gruppo di amici (ora quasi 500 tra professori, imprenditori, ricercatori, professionisti e scienziati, ndr), a questa avventura politica difficile, coraggiosa, ma necessaria». «Molti non ne sono ancora pienamente consapevoli, ma è chiaro che sta arrivando un’onda tecnologica così potente e così dirompente che non possiamo aspettare o attendere passivamente - prosegue l’imprenditore veronese - Faccio sempre l’esempio della scrittura, nata quattromila anni prima di Cristo e che ancora oggi divide la società in classi e separa chi sa scrivere da chi
Andrea Dusi
non sa scrivere. Allo stesso modo, nei prossimi anni, la nostra società si dividerà tra coloro che sapranno governare i sistemi digitali e coloro che rimarranno esclusi e in svantaggio rispetto ai primi. Quello di cui dobbiamo tener conto è che l’impatto di questa ondata sarà dieci volte superiore a quello della scrittura». TRA I CAPISALDI della proposta politica di Andrea Dusi, affiancato dai vicepresidenti Cristina Pozzi e Stefano Benedikter, c’è al primo posto il lavoro. «L’articolo 1 della Costituzione dice che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. L’articolo 4 riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto – aggiunge il presidente di 10 Volte Meglio. – Tuttavia sappiamo bene che non è così, l’Italia è un Paese anticostituzionale. Verona è una mosca bianca nel panorama nazionale, ma la verità è che un giovane su due nello Stivale non
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Il presidente di 10 Volte Meglio assieme ai vice presidenti Cristina Pozzi e Stefano Benedikter
lavora. E il dramma è che avremmo tutte le possibilità per far lavorare i nostri ragazzi, partendo proprio da quei settori industriali ed economici che noi riteniamo strategici e in cui l’Italia deve essere leader nei prossimi cinque anni perché ne ha le possibilità: intelligenza artificiale, robotica, trasporti, energie rinnovabili, nano e biotecnologie, nuove frontiere della medicina...» Settori che secondo il presidente di 10 Volte Meglio possono attrarre nuovi capitali e garantire, inizialmente, 750 mila nuovi posti di lavoro qualificati, capaci di svilupparne tre milioni nel giro di qualche anno. Per approfondimenti, Dusi riSPAZIO PUBBLICITARIO
manda a un programma articolato, presente in parte sul sito internet del progetto, in cui spiccano le politiche ambientali, anche qui «supportate dall’innovazione tecnologica e in grado di creare 300 mila posti di lavoro nei prossimi cinque anni». Ma si parla anche di imprese, favorendo, con azioni concrete, il desiderio di molte persone di (ri)fare impresa: «Uno dei nostri obiettivi in questo senso è l’abolizione della partita iva fino a 80 mila euro, abbiamo tutti un codice fiscale. Vogliamo sburocratizzare e dare la possibilità a tutti di costruire un proprio percorso imprenditoriale, per desiderio o per necessità». Altro punto importante quello dedicato all’educazione e alla cultura: «Chi oggi ha 20 anni svolgerà, probabilmente, almeno una decina di lavori diversi prima di compierne 40. Metà di questi lavori non esistono ancora. Porteremo la doppia lingua straniera in tutte le scuole, a partire dalla materna, e la filosofia come materia della scuola primaria. Rafforzeremo lo studio della matematica e delle materie scientifiche e tecnologiche. Lo sport non sarà più solo un riempitivo ma un completamento della formazione dell’individuo, cosi come la musica». E ANCORA: «Le politiche di merito saranno fondamentali: indipendentemente dall’età, dallo status sociale, dal sesso, dalle risorse economiche a disposizione, chiunque si impegni potrà contare su un ambiente che valuti il suo contributo adeguatamente. Questo perché l’assenza di meritocrazia ha un enorme impatto negativo
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IL PERSONAGGIO ANDREA DUSI sulla vita degli italiani, con diseguaglianze e danni economici e sociali inaccettabili». Grande enfasi anche al turismo, settore in cui Andrea Dusi ha creato la sua fortuna con Wish Days e i pacchetti Emozione 3: «L’Italia ha il patrimonio di siti Unesco più ampio del mondo, unicità che non trovano adeguate pianificazioni e azioni per sfruttarle appieno e, infatti, i dati indicano che dal 2016 i flussi turistici complessivi sono in flessione. Ad esempio, pur sfruttando i cali turistici dei paesi del Mar Rosso non cresciamo con i flussi dall’Est Asiatico (in particolare la Cina). È uno dei settori importanti della nostra economia interna (con l’indotto arriva a circa il 10% del PIL, il nostro “oro nero”) ed è il miglior biglietto da visita per internazionalizzare l’offerta italiana nel mondo, sia nei prodotti di consumo ma anche a supporto dei beni industriali delle aziende italiane. Non possiamo più arretrare nelle classifiche di preferenza dei turisti internazionali, ma dobbiamo riavvicinarci al podio e pensare che, in meno dieci anni, questo settore possa quasi raddoppiare il suo giro d’affari». NELLA PROPOSTA di 10 Volte Meglio anche un piano per il Sud: «Il Sud Italia è l’area con il più alto potenziale di crescita e il futuro del Paese passa attraverso la nostra capacità di cogliere questa opportunità. Sono oltre 100 i progetti che abbiamo già identificato in questi ambiti: formazione, istruzione, turismo, sanità, risorse naturali, salvaguardia del territorio, digitalizzazione dei servizi. E tutto ciò senza
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aggiungere capitoli di spesa, ma utilizzando in modo efficiente le risorse già stanziate: ben 93 miliardi di euro di fondi europei e italiani per il Mezzogiorno fino al 2020». Per ora la vera sfida di Andrea Dusi è trovare 55.000 firme per presentare la sua lista in tutte le circoscrizioni italiane in vista delle politiche per raggiungere poi almeno quel milione di voti che gli permetterebbe di superare lo sbarramento del tre per cento. Intanto chapeau per il coraggio. Per saperne di più: www.diecivoltemeglio.com Stop
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A TU PER TU ALBERTO FEZZI
APOLOGIA DEI
NOSTRI “NO”
@miryamscandola
di Miryam Scandola
Aprono più porte dei “sì” sillabati dalla fretta. Se i “no” sono consapevoli, non ipotecano speranze, ma spalancano piuttosto finestre di libertà. Alberto Fezzi, penna veronese ammirata per la sua ironia che alterna il passo con la sensibilità di chi non guarda ma osserva, ha appena pubblicato un libro con un titolo di due lettere. L’abbiamo incontrato davanti ad una cioccolata con troppa panna. Ha difeso strenuamente la sacralità di questa sua favola senza morale. Dicendoci pure che la permanenza, quando è opaca, assomiglia ad una forma di sopruso.
«È
l’ottavo quindi ho superato Biancaneve». Parte a gamba tesa con l'ironia che ne accompagna la voce e il bottino, (prima del recente aggiornamento, fermo a sette libri), uscito dalla sua penna da avvocato diurno e scrittore notturno ma non solo. «Tendo ad entrare in modalità battute quando voglio creare una piccola barriera». Alberto Fezzi lo ammette subito che usa l’ironia come, in fondo, deve essere usata, ovvero come plastica protettiva della propria sensibilità. Ha detto che non avremmo dovuto parlare troppo del “no”, che ha messo come titolo del suo libro. Ma ci è tornato lui, dopo un paio di frasi, a rivendicare il diritto di dire a gran voce quelle due benedette lettere. «Mentre venivo qua pensavo ad un mio amico, lui è il classico che “va ben tutto” nelle relazioni. Io difendo il diritto a dire no, come scelta di libertà» anche e soprattutto di fronte a certi sì deboli e decolorati. Ha scritto un libro (No!, Historica Edizioni 2017) che è la cronaca di un amore breve spalmato negli anni. Da autore, o meglio, da re dell’istante come direbbe Davide Vogel, a intervalli regolari fa incontrare i due protagonisti, Chiara e Edoardo. Si vedono cinque volte in tutto, lungo 15 anni di barbe cresciute, reggiseni riempiti, apparecchi per i denti abbandonati. Si accompagnano senza quasi guadarsi «dalla mestizia delle scuole medie» fino all’età adulta. Un paio d'ore e poi mesi a disegnare con la mente abbracci ipotizzati, perché, in fondo, la densità dell’amore chi la decide? Anche ridotto in fugaci segmenti intensi, rimane, comunque un modo di offrirsi in ostaggio, non tanto ad un’altra persona, quanto al destino di essere delusi. Perché, come ricorda qualcuno, anche volendo, l’anima non si può indennizzare. Non c’è nessuna parabola di formazione nel nuovo romanzo di Alberto Fezzi. Un percorso contraddittorio perché «ho lasciato che le cose andassero come devono andare» con la stessa impertinenza della vita.
Ci diamo appuntamento in uno spazio facilmente romanzabile: un bar a San Massimo. Per scoprire, come prima cosa, cosa beve, in un pomeriggio sporcato di sera, lo scrittore che ha esordito nel lontano 2004 proprio con l'ancora indimenticato Sognando un Negroni. «Dopo le 18 è legale la birra», la sua premessa, presto, però disattesa. Lo scrittore che ha descritto drink dopo drink tutta Verona in Sognando un Negroni, deluderà molti con questa cioccolata. Credo sia la prima dopo tre anni. Mi hanno regalato una spina per la birra. Un disastro: non esco più di casa ormai.
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o meno dei tentativi di riciclaggio. Poi le feste universitarie organizzate dagli studenti di Medicina, sempre piuttosto maldestre; ai tempi, si buttavano giù un secchio di gin e stavano già male. Lo dico anche nel libro: sono molto bravi a entrare all’interno del corpo umano, è all’esterno che sono un disastro. Da non dimenticare in elenco, anche gli inviti ai matrimoni, tra lista nozze e abiti, è come se ti arrivasse la cartella esattoriale. Poi la grande questione delle pizzerie al taglio e delle persone che ci trovi dentro. Lo senti che hanno una fama boia, appena possono corrono con le bande in macchina e praticamente ti travolgono.
DOVE TROVARE IL LIBRO Il libro No!, edito da Historica e uscito a fine novembre, si può acquistare alla libreria Feltrinelli, Guelfi oppure online sul sito della casa editrice, su IBS e Amazon. È ordinabile in tutte le librerie.
Eppure sembra un uomo, e uno scrittore, di mondo. Sono tanti gli aspetti della vita presi a freccette dalla sua ironia... Sono i Fezzi Moments, come li chiamano i miei amici, descrizioni a margine della storia dove prendo in giro alcune cose in particolare. Per esempio, chi si fa le sigarette da solo. Tutto quell’artigianato inutile che si consuma in un minuto e mezzo. Ma anche i corsi di sommelier e i negozi vintage che non so dire se siano
E così si spiega la pizzeria al taglio dei genitori della protagonista Chiara Sogni... Chiara nasce da un’idea archiviata. L’ho vista una sera, mentre camminava accanto alla madre sul Ponte della Vittoria. Piangeva di un pianto triste. Quella ragazzina sconosciuta mi è rimasta dentro per una cosa come dieci anni. Dopo l’ultimo libro, (Le addizioni femminili, Historica Edizioni, 2015) ho capito che era tempo di scrivere di lei. Le ho affidato un cognome evocativo. Più che a libri mi sono ispirato a film come One day e Dieci Inverni che, raccontano di amori dilatati negli anni e vissuti solo in maniera intermittente. C’è anche da dire che ho scelto una protagonista donna, questa volta, così non possono dire che è autobiografico. Il massimo che possono dire è che viene fuori il mio lato femminile.
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A TU PER TU ALBERTO FEZZI Nel frattempo risponda lei alla grande domanda che il suo libro indirizza a noi. Gliela giro: un amore può durare solo 5 giorni? Vorrei che potesse. Ci ha provato? Io tenderei a impostare la cosa come una serie di singoli momenti ma mi pare di capire che non sia proprio fattibile. Cosa le fa più paura della permanenza? La permanenza è poco letteraria. Nella vita mi spaventa perché può diventare sinonimo di noia e di mancanza di libertà. La routine nell’amore mi è sempre sembrata una contraddizione. Si dice che scrivere sia un modo per rendere innocue le persone che amiamo. Sono tantissime le donne che ha messo tra le sue righe, anche nei precedenti libri. Ce n'è qualcuna “rapita” direttamente dalla realtà? Giorgia di Le addizioni femminili. Quando ho messo dentro il personaggio, non stavo solo scrivendo un libro, forse stavo scrivendo una lettera. Lei l’ha letta e capita, le cose poi sono andate come sono andate. Ma credo di non averlo fatto per lei ma per me; mi sono detto delle cose. L’ultimo libro è dedicato però a Camilla… Mia nipote che ha dodici anni. Un giorno mi ha detto: «Zio, andiamo» e mi ha portato su Raptor, a Gardaland. Io non ci volevo andare e lei, una ragazzina, mi ha fatto superare un limite. Ce la confeziona una metafora per l’amore? Sono un po’ fuori allenamento con l’amore vissuto,
quello praticato. Non riesco a dargliela. Ci provi. (ride, ndr) Forse, un piedistallo troppo alto a cui dovrei imparare a segare le gambe. O insomma, una cosa simile, la metta giù meglio lei. Segare le gambe al piedistallo vuol dire però accartocciare ogni versione idealizzata. È pronto? Essere idealisti fino all’estremo vuol dire non stringere mai niente. Ma se l’alternativa è accontentarsi e vivere di cose opache, io sono per desiderare troppo, anche con il rischio di rimanere a mani vuote. Se lo chiede anche Chiara ad un certo punto: nasciamo tutti astronauti e poi ci accontentiamo di essere cassieri di supermercato?
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A TU PER TU /2 ROBERTO MARRI
ANDIAMO IN BAR DIVERSI
di Miryam Scandola
MA ABBIAMO TUTTI SETE DI QUALCOSA Un albero fatto di resti di bevute che con la luna sembra un incanto, la mattina torna quello che è: un intreccio di rami stilizzati che accolgono lattine di piaceri notturni. È una delle immagini più liriche che Roberto Marri ha sparpagliato tra le sue righe. L’insegnante e scrittore veronese, amico, tra gli altri, del figlio di Salvatore Quasimodo, a febbraio farà uscire una raccolta di poesie. Ma alcuni dei suoi versi migliori, forse, li ha già scritti nelle pagine del romanzo Sete.
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n pochi sanno che il Cratere è una costellazione, persa nei cieli, così luminosa da essere difficilmente visibile. È una metafora che si applica bene a Rico, Sanchez e a tutti gli individui spezzati in più punti dalla vita che sono la scenografia di un bar di periferia e insieme i protagonisti di Sete (Prospero editore, 2017). Hanno una luce segreta loro e pure le gesta «da bar» che compiono ogni giorno. Anche le imprese più scalcagnate possono essere bagnate dall’etica come insegna la prosa quotidiana che si scrive con i gomiti piantati sul bancone e la birra ad interrompere le parole. Un po’ palcoscenico, un po’ casa, il luogo dove tutto si snoda è l'Havana bar in un quartiere «che potrebbe essere un qualunque quartiere di una qualunque periferia». Roberto Marri si tiene però lontano dalla retorica della marginalità perché riesce a dipingere personaggi apparentemente inerti, senza paternalistiche didascalie. Loro, che si attaccano al bicchiere già dall’ora di colazione, sono in realtà gli ultimi araldi della rivoluzione che inneggia alla cicala e, neppure per distrazione, guarda alla formica. All’autore interessa, infatti, «l’esclusione come posizione scelta» anche quando è afferrata e non del tutto capita. L'inattività, insomma, come «forma di reazione ad una società suddita dell’efficienza». Rico, il protagonista di questo romanzo, ha tre punti fissi e sono nell’ordine: la birra, le partite al campetto della parrocchia e la melodia che produce sfregando le foglie di gelso. Ha una sete terribile, peggiorata dal fatto che non riesce a darle un indirizzo, o uno sfogo meno effimero di una lattina di birra. È un personaggio, quello che disegna Marri, ma è anche una persona, sulla quale abbiamo tutti, presto o tardi, depositato un giudizio. «Un perdigiorno ubriaco», un fuoriposto eterno che «ogni tanto con gli amici di bevute ha quella trovata poetica che pare salvarlo per un attimo». Perché poi ci sono anche loro, i compagni delle picaresche missioni uniti dal sigillo d’appartenenza più radicale: «andiamo allo stesso bar». Non manca nessuno in questa tassonomia da locale di periferia. Qualche «figura» lo scrittore l’ha rubata al suo passato di giovane cresciuto nella zona delle Golosine. Come Pin-
Roberto Marri
guino, «quasi primitivo nelle sue necessità», che tenta di scroccare la birra a chiunque e che in tasca tiene da conto solo i dieci euro per pagare la messa, ogni anno, in suffragio del fratello morto. Oppure Angelo, che nel libro è un restauratore ridotto al bicchiere dalla nostalgia dell’arte perduta, mentre nei ricordi di Roberto Marri è un signore che «ci sventolava in faccia la sua carta d’identità con sopra scritto “decoratore”». Indubbiamente sublimati, sono loro i nomi di un’epica stracciata che pure risponde ad una precisa «mitologia di quartiere». Quella narrazione collettiva che, più di altre, riesce a durare. Lei, da insegnante di lettere, avrà preso i suoi personaggi anche nella fucina di altri scrittori… Nel libro c’è tanta letteratura degli emarginati, quei personaggi che vivono, appunto, al margine per mille motivi da Melville, a Steinbeck passando per Calvino, Svevo e Pirandello. Ma il debito principale è con Kurt Marti e con una sua poesia bellissima. «In un mondo che si scardina per troppa efficienza» un uomo sceglie di godersi i giorni buoni, prima che arrivi l’ultimo. Va bene la birra e il calcetto che si accordano allo stereotipo, ma perché Rico suona le foglie di gelso? È un gesto che mi è sempre piaciuto, devo averlo
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ra i contorni. Una volta con il prete, solitamente ridotto a mero strumento di fornitura dell'impianto sportivo, poi con Angelo, il restauratore fallito che gli parla dei soffitti celesti che dipingeva. Alla fine arriva anche Irene, ma lei è così diversa, da sembrare di un altro mondo. Lui e i suoi amici non hanno la possibilità di dare nomi alla cose. Come diceva qualcuno, la lingua è madre e placenta di pensieri. E la marginalità sta anche in questo, nel non saper dare parole al proprio desiderio. IL LIBRO, COME E DOVE Sete si può acquistare dalle librerie Jolly e Librè oltre che online su IBS, Amazon e sul sito della casa editrice. Il libro è ordinabile in tutte le librerie.
provato, una volta. Una deroga alla poesia, forse. Rico suona anche una chitarra senza due corde per un motivo non tanto diverso; in fondo, è poetico tutto quello che è mancante di qualcosa. «Ho spesso sete. Mi piace la sete. A volte ho sete di acqua, soprattutto dopo una partita. Una volta che avevo parlato col prete avevo pensato di aver sete di altre cose, ma non so di cosa. Sono discorsi troppo difficili, come quello degli angeli e allora la sete di birra va sempre bene». È quello che Rico confida a Irene, la donna troppo diversa che vorrebbe amare. L’etimologia latina del termine rimanda al significato di desiderio. Alla parola sete si attribuisce, infatti, da sempre una valenza metaforica profonda. Non rappresenta mai il desiderio di cose banali. Non si ha sete di una chiacchierata: si ha sete di giustizia, di libertà, di infinito. Rico non arriva mai a capire cosa cerca anche se ne sfio-
Lei, come è facile intuire, è anche un poeta. Alcuni suoi versi sono stati pubblicati anche da Gradiva, un’importante rivista culturale, a febbraio, poi, uscirà la sua raccolta. Di cosa tratta la sua poesia? La misura della distanza è uno dei temi principali che si ritrova in Sete come in molti miei versi. Indago la lontananza come condizione costante, anche se a volte si annulla e allora le primavere promesse diventano primavere. Come nella copertina del tuo libro Sete… La foto che è in copertina è un’opera di Paolo Parma (Tales of waste and imagination, 2015). L’ho scelta perché restituisce l’idea di emarginazione. Bottiglie rotte e pezzi di plastica che sembrano convertirsi in fiori. Ad una presentazione del libro una signora è intervenuta e ha detto che le ricorda Fabrizio De André quando cantava «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori».
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LA LEGGENDA DEL
VIOLONCELLISTA D'OLTREOCEANO
giovanna.tondini@verona-pantheon.com
di Giovanna Tondini
«Il suo suono è unico, ti prende dentro. Ti travolge». Leonardo Sapere, argentino di nascita, da anni cittadino di Verona, è uno di quei “fanatici violoncellisti” che ha un amore inestimabile per il suo strumento. Sì perché, a quanto pare, se sei violoncellista sei un fanatico.
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OPOTUTTO, mentre ci parla, la sua espressione non mente. Leonardo sembra impersonare l’arte della melodia. Lui e la musica sono una cosa sola, da sempre. La musica è la sua seconda anima, capace di salvarlo in momenti difficili. Nipote di nonni musicisti, figlio di genitori musicisti, fratello di una musicista: la sua strada era già segnata. Nato e vissuto a Buenos Aires fino all’adolescenza, si è dedicato al violoncello dall’età di 7 anni. A 13 anni lavorava nell’Orchestra Giovanile della Radio Nazionale, fino a diventare primo violoncello. Poi a 17 anni decide di seguire la sorella in Germania. «Non mi trovai bene, e quando mia sorella si trasferì in Italia, la seguii». Qui però il suo diploma argentino non era riconosciuto, cosa che l’ha costretto a frequentare il conservatorio a Verona per quattro anni. «Nel frattempo la mia vita aveva subito un grande cambiamento», ci racconta. Appena giunto in Italia, infatti, fu ricoverato all’ospedale di Bologna per leucemia. Per cinque mesi ha sospeso le lezioni. «Le forze erano poche e avevo pensato di abbandonare tutto». Ma il cognato l’ha spronato a proseguire e proprio alla musica deve la sua salvezza. «O superi il trauma, o soccombi». Aiutato molto, anche da persone che non conosceva, Leonardo è cresciuto, a livello emotivo e musicale. Nei due anni successivi, tra ospedale e scuola, ha concluso gli esami, conseguendo il diploma con il massimo dei voti, e perfezionandosi poi a Brescia con il grande Mario Brunello. Ha cominciato così a lavorare, chiamato da alcune orchestre di buon livello. Una svolta è stata la chiamata nei Virtuosi Italiani, l’ormai nota orchestra nata nel 1989, di cui dal 2006 è primo violoncello. «Molto del successo di questo gruppo si deve ad Alberto Martini e Alberto Ambrosini, che con tenacia hanno fatto nascere dal nulla e poi crescere una realtà rara nel suo genere». Quello che Leonardo apprezza di più dei Virtuosi è la loro ecletticità, la loro versatilità, sapendo restare uniti e in forte sintonia. «Se la musica classica rimane la base del nostro repertorio, abbiamo suonato con musicisti
Leonardo Sapere
come Fresu, Einaudi, Uri Caine, solo per citarne alcuni». Oggi l’orchestra è sempre più richiesta, anche dai teatri più rinomati del mondo, e questo implica un allenamento musicale costante e quotidiano. MA LEONARDO è uno spirito libero. «Ho bisogno di sperimentare e fare altre cose», ci confida. Non deve essere stato un caso, infatti, che una volta il pianista Giannantonio Mutto lo chiamasse per suonare durante una serata di tango. «Da allora è nato un amore per questo genere». Leonardo è entrato nel Quintetto Estravagario, che in pochi anni si è trasformato nel trio “TangoX3”, (tango por tres, pronunciandola in spagnolo, ndr) formata da Giannantonio Mutto e Luca Degani al bandoneón. La loro attività è così ricca e richiesta, che sono stati pubblicati anche degli album. E neppure è stata un caso la collaborazione con il regista teatrale Massimo Totola, con il quale ha messo in scena alcune opere teatrali. «Queste esperienze mi hanno aiutato a capire quanto sia
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«L’IMPROVVISAZIONE È UN MOMENTO CREATIVO, IN CUI BUTTI FUORI EMOZIONI, E ABBATTI MOLTI PALETTI CHE TI SEI COSTRUITO NEGLI ANNI» importante lasciarsi andare alle emozioni». Fattore importantissimo per eseguire la cosiddetta Jam Session, l’improvvisazione musicale nella quale si è cimentato da qualche anno. «Circa cinque anni fa, mentre ero in Turchia, un amico percussionista, Svivu, mi disse che avrei dovuto improvvisare». Da allora è nata una nuova passione. Oltre a un gruppo musicale di cui fa parte, i “Giubileos Trio”, un anagramma dei nomi dei tre componenti (oltre a Leonardo, Guillermo Gonzales, voce e elettronica, Sbibu, wavedrums). «Non seguiamo uno stile particolare; tutto dipende da come ci sentiamo in quel momento». L’improvvisazione è «un momento creativo, in cui butti fuori emozioni, e abbatti molti paletti che ti sei costruito negli anni». L’aspetto più straordinario è l’intensità dell’ascolto che si crea tra i musicisti. «Per farlo bisogna avere una solida preparazione tecnica, ma per il resto ci vuole tanto coraggio». E ci confida: «Quando comincio a improvvisare chiudo gli occhi e mi lascio andare. Ricorro a cose che nei normali concerti non utilizzo. Percuoto il violoncello per creare suoni diversi. E a fine concerto sei distrutto perché hai tirato fuori tutto». Esperienza che ha vissuto anche partecipando alla colonna sonora del film L’ordine delle cose, presentato quest’anno al Cinema di Venezia. «Sono stato chiamato dal compositore, Sergio Marchesini, per eseguire alcuni brani insieme ad altri quattro musicisti», ci spiega. «Nei brani
scritti abbiamo poi inserito delle nostre parti improvvisate». Su questo filone, forse l’evento che lo ha suggestionato di più è stato un concerto tenutosi a Milano insieme al grande pianista Cesare Picco. Quella sera il teatro è diventato completamente buio e per mezz’ora Leonardo, insieme a Picco e ad altri quattro musicisti dei Virtuosi, ha improvvisato. «Si è creato qualcosa di veramente unico, un dialogo intenso», ricorda. E in tutto questo va detto quanto il pubblico non sia stato un elemento passivo, ma al contrario sia diventato fondamentale. «L’energia che si crea coinvolge tutti, artisti e spettatori, che anche con il loro silenzio trasmettono qualcosa». È proprio l’abbattimento del muro tra palco e platea un aspetto fondamentale sul quale insiste molto Leonardo. «Nei concerti cerco di parlare il più possibile con il pubblico - sottolinea il violoncellista - perché solo in questo modo possiamo riavvicinare anche i giovani alla musica classica». Un tema che oggi va affrontato, perché «studiare musica classica fa bene alla vita, alla mente». Essa è il fondamento di tutta la musica moderna. Non va dimenticato. Leonardo Sapere www.ivirtuosiitaliani.eu
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IL RIFUGIO DI UN
LIBRAIO INNAMORATO
ingrid.somma@verona-pantheon.com @ingridsomma89
di Ingrid Sommacampagna
Francesco Bletzo è un libraio veronese trasferitosi nella frazione Finetti di Tregnago, in compagnia dei suoi due gatti e dei suoi volumi, una collezione di quasi 20 mila titoli. Continua la sua attività itinerante, I libri della domenica, composta da testi usati e da edizioni rare, interessandosi poi della Folk Art, l'arte popolare che ritrova tra le case e i paesaggi al confine tra la Val d'Illasi e l'alta Val Tramigna.
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rancesco Bletzo, a sessant’anni, si è rifugiato ai Finetti tra i suoi libri e la natura, rigogliosa e carica di caldi colori rassicuranti. Ha studiato Lettere a Venezia alla Ca' Foscari, iniziando poi a lavorare in una galleria d'arte contemporanea, un ambiente internazionale e intellettualistico; successivamente, ha collaborato come giornalista per La Cronaca di Verona, occupandosi di arte. In seguito, ha aperto un negozio di libri usati e d'occasione, un mondo che lo ha sempre appassionato. Ora, è un libraio di strada che partecipa ai mercatini del settore: la prima domenica del mese è a Verona, la seconda a Milano a Libri in piazza, poi l'ultima a Piazzola sul Brenta. Con Giuseppe Sandrini, professore universitario, ha una piccola casa editrice, no profit, dal nome Alba Pratalia, che pubblica scritti legati al territorio veronese, con cui sta pensando di pubblicare un libro sulla magia degli oggetti popolari. Qual è il suo libro preferito? Le botteghe color cannella di Bruno Schulz lo ritengo molto importante per lo stile barocco e complesso che può scoraggiare, e per la storia senza capo né coda che narra, unita ai quadri del suo paese natale nella Galizia, l'attuale Ucraina. Le illustrazioni rappresentano atmosfere, momenti di vita quotidiana e a volte anche scenari dolorosi, che costituiscono per me una grande opera di letteratura. Questi panorami li ritrova nella frazione Finetti, dove vive? Sì, perché la Val d'Illasi è rimasta paesaggisticamente intatta, rispetto ad altre, aggredite dai fabbricati; qui c'è uno spirito primitivo, affascinante. Sono ai Finetti da quest'estate, nella casa di famiglia, usata tempo fa solo per qualche serata o brevi periodi di svago. Ora è la mia casa e la natura è quel filo rosso che unisce la letteratura: infatti, quanti scrittori si sono ispirati ad essa? Ciò che si è perduto nella città lo trovo qui, tra la suggestione delle case, le variazioni di colore della campagna e del paesaggio collinare. Il mio è un cambiamen-
Francesco Bletzo
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to di percezione del mondo, della realtà e della vita. A 60 anni ho fatto una scelta, si gira una pagina e inizia un altro periodo in cui sono più felice.
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UNO SCORCIO DELLA VAL D'ILLASI
È molto affezionato anche ai suoi gatti, possiamo dire che facciano parte a pieno titolo di questo suo “paesaggio”? Loro riempiono la vita nella mia casetta che era una vecchia porcilaia poi da me sistemata. Mi danno una visione nuova sulla natura e attraverso i loro occhi vedo me stesso e non mi sento mai solo. Il rapporto con gli animali domestici è cambiato e ci cambia perché prendono uno spazio interno affettivo molto ampio e sono una presenza forte. La natura diventa una guida spirituale che seguo con molta attenzione, ricavandone una forza che ha cambiato il mio ritmo quotidiano. La sua passione per la Folk art ha trovato ampio respiro ai Finetti? Amo il surrealismo e le avanguardie che qui si sposano con la Folk art. In Italia è considerata un'arte minore, invece nelle Gallerie d'arte che ho visitato, negli Stati Uniti e in Inghilterra, ha una grande diffusione. È costituita da persone senza formazione specifica, con una forte manualità, capaci di trasmettere in un oggetto comune, come qualche giocattolo, sedia o cornice, calore umano e valore simbolico. Le piccole cose che non erano disponibili sul mercato per le persone più umili venivano costruite in casa con una poesia e una forza incredibile; ai Finetti ci sono porte, insegne, banderuole, e case con
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travi storte usate per motivi statici, e messe in piedi da squadre di muratori itineranti che usavano materiali locali grezzi. È un mondo in cui la creatività e le mani d'oro di queste persone trovano fascino e un potere altissimo che molta arte contemporanea fa fatica a raggiungere. S
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LA COMMOVENTE ARTE
DEL "PITU"
di Matteo Bellamoli
Alcuni lo chiamano il "Ligabue", in omaggio al celebre pittore. La sua storia personale si perde tra racconti e ricordi, ma il suo tocco ha trasformato un piccolo angolo di Lugo di Grezzana in una mostra a cielo aperto. Magia e romanticismo in un personaggio che incanta e commuove per la sua semplicità.
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ON VUOLE ESSERE chiamato con nessun altro nome. Nella sua sgargiante tuta rossa sorride con innocenza, ma nasconde un carisma e una passione incredibili. A Lugo di Grezzana qualcuno lo ha definito “il Ligabue di Lugo”, ma tutti lo conoscono come “Pitu”, un nome che, dice, si è scelto lui forse per mutuare un senso dalla parola “pittore”. Con il celebre Antonio Ligabue, in effetti, condivide sicuramente la storia travagliata e a tratti triste, l’animo gentile ma segnato forse da tante sofferenze e, cosa più importante, l’estro magico di chi sente la passione per l’arte scorrergli nelle vene. È difficile dargli un’età, ma la sua è una storia che sa di avventura e, un po’ come una leggenda, sfuma i suoi contorni mentre si addentra in un affascinante passato. Originario dell’Istria, è arrivato a Verona oramai in età adulta dopo aver vissuto e studiato per tanto tempo a Genova. Qui ha imparato alcune tecniche artistiche come l’intaglio, che ha poi fatto sue e gelosamente conservate prima di farne un uso tutto personale. Il “Pitu” non si limita
infatti solo alla pittura: scolpisce, disegna, scrive poesie. Cerca nell’arte una ragione di vita, un modo per lasciare un segno in un mondo un po’ ingiusto che lo ha forse spesso lasciato in disparte. È arrivato a Lugo di Grezzana quattro anni fa, nel 2013, quando in via Fincato è stato chiuso il convento dei frati cappuccini del Barana, trasferiti a Villafranca. La congregazione gli ha trovato un piccolo appartamento a Lugo e lui, il “Pitu” ha ben pensato di dipingerlo immediatamente. Dipinge dappertutto, del resto: sui quadri, sui muri di casa, sulle pareti diroccate che circondano il suo laboratorio, un baracchino di lamiera e cartone che si è costruito in un angolo non distante dal centro del paese. Predilige i materiali di recupero, quelli che trova strada facendo, compreso polistirolo, vecchi pezzi di legno, sassi che diventano visi, paesaggi o figure dal carattere religioso. LO INCONTRIAMO in una uggiosa domenica di novembre, ci aspetta con impazien-
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za e ben presto ci mostra il suo lavoro, che custodisce gelosamente sotto a teli e lamiere. Da una parte ci sono dei fusti d’albero intagliati e dipinti a formare una lunga serie di personaggi del presepe, che ben presto saranno esposti in una piazza tra Bussolengo e Grezzana che si stanno giocando questo piccolo privilegio. Ce li mostra con orgoglio, quasi fossero figli suoi. Dall’altra ci sono i muri dipinti. Il suo tocco ha trasformato gli anonimi portoni d’acciaio di un vecchio garage in una contrada quasi abbandonata in una raffigurazione su Romeo e Giulietta, mentre dalla parte opposta della strada ha fatto rinascere un vecchio muro con un lungo profilo merlettato che somiglia
al Ponte Scaligero. Quando ha l’ispirazione, il “Pitu” non ha bisogno di tempo, si butta a capofitto sulla sua idea per trasformarla in realtà in poche ore. «Non lo so quando ho imparato a dipingere – confida – quando ero in collegio la maestra mi fece raffigurare la storia romana. L’ho sempre saputo fare». Ma se il suo tocco sembra irruento nella foga di dare forma ai suoi pensieri, allo stesso tempo sa essere anche gentile e dolce quando lavora su piccoli quadri. Lo dimostrano alcuni lavori che i suoi vicini hanno voluto tenere in casa, dove sono raffigurati sinuosi panorami della Lessinia in tutta la loro forza cromatica autunnale o dove si scorge la bellezza mozzafiato di uno degli angoli più suggestivi e romantici di Verona: il Teatro Romano raffigurato da Piazza Molinari Brà. Apparentemente la sua arte non ha regole, vive di momenti. Trova essenza nell’esatto istante in cui la sua mano si posa su un pennello, una matita, uno scalpello e prende la forma delle sensazioni e delle emozioni che il “Pitu” sente sue. Ha un modo tutto suo di creare, ma chi lo conosce, chi ha l’occasione di stare con lui per più di qualche ora è sicuro che dietro alla sua semplicità ci sia anche del genio. Del resto, come tanti esempi della storia artistica mondiale dimostrano, non occorre essere famosi e sotto i riflettori della ribalta per meritare un posto nel domani.
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L’INVERNO
A CO L O R I
giorgia.castagna@verona-pantheon.com @CastaGiorgia
di Giorgia Castagna
Questa è la storia dei colori naturali, di come si ricavano e del loro uso, a raccontarcela Lucia Fiorio, artista e illustratrice.
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opo una laurea in Beni Culturali all’Università di Verona e un’attrazione fatale da sempre per i colori Lucia Fiorio, artista veronese, decide di tornare a studiarli e a conoscerli con un percorso personale fatto di ricerca e sperimentazione continua. Tutto nasce, ci racconta, dalla sua passione per il colore, che tiene dentro l’aspetto materico e quello storico. Ha persino fatto una ricerca sui taccuini dei pittori per scoprire come nei secoli passati, gli artisti e gli artigiani li ricavassero. I colori naturali sono stati impiegati per moltissimi anni in tutto il mondo per colorare tessuti, creare cosmetici, dipingere o colorare le pietanze. Di origine animale o vegetale, i prodotti naturali per la colorazione si distinguono da quelli sintetici per la loro provenienza ed estrazione, del tutto naturale, priva di processi industriali. La maggior parte dei coloranti industriali si ricava da sottoprodotti del petrolio, come l’anilina e altri derivati aromatici. Chi consuma in modo attento, sa bene come valutare la componente delle colorazioni, e più questa è naturale, più è apprezzata. I colori naturali hanno come prerogativa quella di essere composti unicamente da materiali e tinte biodegradabili ed ecocompatibili. Lucia, quali sono gli elementi naturali dai quali nascono i colori? Anzitutto le piante, o meglio, parti di esse, come le foglie, le radici, le bacche, le cortecce, i fiori, ma anche animali o minerali. Tra i colori naturali vegetali che potrebbero sostituire i coloranti di sintesi nel settore tessile troviamo il rosso prodotto dalle radici di Rubia tinctorium, la robbia comune o garanza, il giallo prodotto dalla Reseda luteola, il blu, il più difficile da ricavare, prodotto dalla Isatis tinctoria L., ovvero guado o gualdo, o dall’Indigofera tinctoria L. nota come l’indaco dei tintori, e dal Polygonum tinctorium, la persicaria dei tintori. Come riesce a ricavarli? In tutte le forme espressive, le tecniche sono numerose e diverse. Personalmente ho scelto di specializzarmi nell’uso esclusivo di colori vegetali. Per produrli acquisto piante tintoree in “taglio tisana” (così si definisce il tipo di taglio che ridu-
Lucia Fiorio
ce il vegetale ad una lunghezza che va dai 2 ai 15 mm, ndr) su siti online di produttori che conosco e ritengo affidabili, non essendoci nella zona veronese produttori di piante tintoree. Quando mi è possibile preferisco sperimentare erbe che trovo in natura durante le mie esplorazioni. Dopo aver sminuzzato la parte interessata la sottopongo ad un processo di macerazione e di ebollizione che rende possibile il rilascio della colorazione. A seconda dell’intensità di tono che desidero ottenere decido la concentrazione di vegetali impiegati. Il colore che crea come lo applica poi ai tessuti? Ho iniziato con filati come lana o lino per poi passare a dipingere i tessuti, talvolta coloro le tele per poi disegnare. Un'altra mia grande passione è, infatti, la pittura, mi cimento su soggetti piccoli e con i colori e le sfumature lascio libertà all’immaginazione.
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Il suo lavoro però non si ferma qui… L’esperienza del processo di colorazione è la parte più interessante del mio lavoro e la voglia di condividere quanto scopro con la mia ricerca mi ha portato ad avviare dei laboratori didattici per adulti e bambini. Chi si stupisce di più? I bambini inizialmente sono più restii ma dopo un primo tentennamento si buttano con naturalezza alla scoperta del colore sperimentandolo con curiosità. Gli adulti,
invece, si meravigliano di come certe piante possano arrivare a creare certi risultati e prendono coscienza di un qualcosa che li circonda quotidianamente, ma su cui non si erano mai interrogati. Sto per aprire un blog sul quale aggiornerò gli amanti della materia delle mie scoperte perché condividere la storia che ogni colore porta dentro di sé è una magia unica. Scopri i segreti del colore qui: facebook: /flora.illustrata
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AGLI ITALIANI (E AI VERONESI) PIACE L’ACQUISTO ONLINE di Redazione
Il valore dell’e-commerce in Italia nel 2016 ha raggiunto un fatturato di 31,7 miliardi di Euro, con una crescita complessiva del 10 per cento rispetto al 2015 (in Europa è stimato in 509,09 miliardi). Questo grazie anche i telefoni cellulari, utilizzati da 36,4 milioni di italiani (+ 11,5 per cento) per gli acquisti online. Il commercio elettronico italiano sta entrando in una fase di maturazione e consolidamento e cambiano di pari passo le abitudini degli acquirenti. E le imprese di prodotti o servizi, come possono organizzarsi per far fronte a una richiesta sempre maggiore che proviene dalla rete?
DAVIDE COBELLI Titolare di BestRank
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n desiderio, uno sfizio, ma anche un prodotto necessario o un servizio “a portata di click”. Un vecchio slogan che gli italiani stanno però imparando a conoscere bene visto che sempre di più, negli ultimi anni, un numero maggiore di persone in Italia si rivolge alla rete per fare acquisti o richiedere prestazioni professionali. Per capire meglio la dimensione del fenomeno digitale legato agli acquisti online o alle richieste di servizi abbiamo incontrato Davide Cobelli, veronese, esperto di web marketing e digitale e titolare dell’azienda BestRank.
Davide, è proprio così: agli italiani piace l’e-commerce? Agli italiani piace molto l’e-commerce e gli ultimi dati lo dimostrano. Ad esempio, nello scorso Black Friday Amazon.it, in Italia, ha venduto due milioni di prodotti in un giorno, al ritmo di 24 articoli acquistati al secondo, aumentando le vendite complessive quasi del 50% rispetto al 2016, dove il numero di articoli acquistati si aggirava sugli 1,1 milioni. Un dato di per sé sorprendente che riassume quanto gli italiani sono attratti e favorevoli ad acquistare online. Il secondo dato importante riguarda il fatturato complessivo dell’e-commerce in Italia che nel 2016 è stato di ben 31,7 miliardi di Euro, con una crescita del 10% rispetto al 2015, anno in cui si è raggiunto un fatturato di 28,8 miliardi. Come stanno cambiando le abitudini delle persone? E perché? Le abitudini delle persone stanno cambiando molto velocemente, e non solo tra i più giovani. Sarà capitato a molti di vedere, nei centri commerciali, persone girare tra gli scaffali dei negozi con lo smartphone in mano per confrontare in tempo reale i prezzi dei prodotti con quelli dei più noti siti di commercio elettronico. Questo ad oggi è molto comune anche tra le persone meno giovani che confrontano prezzi e recensioni
prima effettuare un acquisto di un bene o un servizio. Le statistiche ci dicono che il 74% delle persone prima di comprare un prodotto ricerca online recensioni e opinioni di altri che lo hanno già acquistato e ne confronta i prezzi per capire dove gli conviene effettivamente ordinarlo, consultando i siti di e-commerce, comparatori, o anche i volantini delle catene di elettronica di consumo, disponibili in appositi siti web o applicazioni per smartphone. Le recensioni inoltre sono fondamentali anche per la scelta dei servizi, basti pensare a quanti utilizzano TripAdvisor per capire quale hotel prenotare o in quale ristorante cenare. Solo vantaggi o anche insidie per le aziende che vogliono promuoversi online? Vantaggi e insidie, l’online ha le sue regole e le sue dinamiche che bisogna conoscere bene per non rischiare di fare investimenti che non portano il ritorno sperato. Il web offre delle eccellenti opportunità per far crescere la propria attività, ma soltanto se la sfida viene affrontata con serietà, competenza ed investimenti adeguati. Nell’online non si deve improvvisare, soprattutto se non hai mai lavorato su questo canale, i rischi di non ottenere risultati o di rovinarti la reputazione sono molto concreti. Se da una parte abbiamo capito che c’è più richiesta di prodotti o servizi, dall’altra come ci si può attrezzare per dare risposte efficaci? Quali le regole base per farsi trovare pronti online? Le regole da rispettare per l’online sono numerose, ma queste, a mio avviso, sono quelle principali: avere un sito web efficace, veloce e “responsive”, ovvero perfettamente compatibile con pc, tablet e smartphone. Oltre ad avere un sito web fatto come si deve è importante offrire alle persone un motivo del perché dovrebbero scegliere te, i tuoi prodotti o servizi quan-
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do i tuoi concorrenti sono alla distanza di un click. È bene ricordare che gli utenti spesso consultano diversi siti prima di fare un acquisto o richiedere un preventivo, risulta quindi fondamentale far percepire loro che tu hai la soluzione perfetta per le loro esigenze. Collegato al punto precedente è fondamentale anche farsi trovare dalle persone che noi definiamo “in target”, ovvero persone che potenzialmente potrebbero essere interessate ai prodotti e servizi che vendi. Il vantaggio dell’online è che tramite opportune campagne di web marketing puoi far visualizzare i tuoi messaggi pubblicitari solo a chi effettivamente potrebbe essere interessato a ciò che offri, filtrando per area geografica (es. solo la provincia di Verona), età, sesso, interessi, ricerche effettuate sui motori di ricerca e altri criteri messi a disposizione dagli strumenti di Google e Facebook. Oltre al farti trovare dalle persone che ti interessano è inoltre importante che la tua pubblicità o il tuo sito web siano visualizzati nei risultati dei motori di ricerca, Google in particolare, prima di quelli dei concorrenti sulle parole chiave che un tuo potenziale cliente potrebbe cercare. Regole che valgono per le aziende, ma anche per i professionisti... Sì esatto, le persone cercano quotidianamente online servizi offerti da aziende o professionisti. Online non si comprano solo abbigliamento, prodotti di elettronica, o si prenotano viaggi, ma sono moltissimi gli utenti che cercano professionisti quali potrebbero essere medici, avvocati, notai, commercialisti, amministratori di condominio, psicologi, dentisti e molti altri. Gli errori più comuni quando si entra nel commercio elettronico o si vuole promuovere la propria attività online? L’errore che quasi tutti commettono è quello di pensare che avere un e-commerce sia sufficiente per vendere online, e stanziano un budget opportuno solo per la realizzazione della piattaforma di vendita. In realtà gli aspetti più importanti sono le attività di web marketing necessarie per far conoscere i tuoi prodotti o servizi ai potenziali clienti e fidelizzarli una volta che hanno fatto il primo acquisto. Un altro errore simile che fa anche chi non vende direttamente online, ma usa il sito come vetrina dei propri servizi è quello di pensare che avere un bel sito web sia sufficiente per ottenere dei risultati e maggiori contatti e richieste di preventivo, ma non è così. Un sito web efficace è indispensabile ma non basta, servono adeguate strategie di web marketing per intercettare i potenziali clienti che più o meno attivamente stanno cercando una soluzione ad un loro problema o bisogno/esigenza.
Molti sono gli strumenti a disposizione di chi vuole promuoversi online: da AdWords, ovvero la piattaforma pubblicitaria di Google, Facebook Ads, lo strumento pubblicitario di Facebook e Instagram, all’e-mail marketing fino all’attività di posizionamento sui motori di ricerca (SEO). Tali strumenti o attività però devono integrarsi tra loro ed essere inseriti all’interno di un’opportuna strategia che va pensata e strutturata ad hoc per ogni attività: non esiste una soluzione o ricetta che va bene per tutti. Ciò che veramente fa la differenza è la strategia, non l’utilizzo di questo o quell’altro strumento di promozione. Negozio virtuale e negozio fisico, passaparola o richieste online: modalità in contrasto o complementari? Sicuramente complementari. La strategia di marketing e promozionale di un’azienda deve integrare perfettamente i canali online e offline. Il passaparola e gli strumenti di pubblicità offline rimangono sempre attività di fondamentale importanza per le aziende e le attività locali, ma non va trascurato l’online: sempre più persone cercano sul web prodotti, servizi e soluzioni ai propri problemi. È un gesto che ognuno compie ripetutamente e oramai fa parte della nostra routine: se ignori la promozione online rischi di perdere l’opportunità di acquisire nuovi clienti. Promuoversi online è per tutti? No, non è per tutti. Vi sono diverse attività che vendono prodotti o servizi di nicchia il cui pubblico di potenziali clienti è molto limitato, per cui promuoversi online probabilmente non è la strategia migliore. Al contempo, però, vi sono numerose attività, aziende e professionisti che potrebbero trarre enormi benefici da delle attività di web marketing declinate correttamente nel loro ambito operativo ma che non fanno nulla di ciò ed al massimo si limitano ad avere un sito web che funga da semplice vetrina. Il web marketing consente ad aziende locali che operano solo sul territorio veronese ma anche ad aziende che operano su tutto il territorio nazionale o internazionale di incrementare il numero di contatti commerciali generati sfruttando le potenzialità di una corretta strategia di promozione online. Uno dei più importanti benefici del marketing online è che consente di misurare il ritorno economico generato dalle attività intraprese: con gli opportuni accorgimenti e configurazioni infatti è possibile monitorare contatti, e-mail, compilazione di moduli, telefonate, vendite... che ogni campagna promozionale ha generato affinché l’imprenditore o il professionista, con l’aiuto dei consulenti, possa capire dove e come può investire al meglio il budget dedicato alle attività di web marketing.
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CULTURA FOTOGRAFIA
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TINTE
D’AFRICA @menini_marco
di Marco Menini
Chi sono le donne africane? Qual è il loro ruolo nella società? Portano solo pesantissimi vasi in testa? La loro non è solo resistenza fisica, è anche una grande predisposizione del cuore ad amare, un amore che raggiunge anche chi non fa parte della cerchia familiare. Vi chiederete, perché parlare di loro. Ebbene, al Museo Africano fino al 3 dicembre sono rimaste esposte alcune fotografie che tratteggiano la bellezza e la fatica secondo gli occhi navigati di Angèle Etoundi Essamba, una delle fotografe africane contemporanee più note.
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A INCROCIAMO al Museo Africano dove è ospitata per la presentazione della mostra Afric In Print. Entro qualche ora un aereo la riporterà ad Amsterdam dove ora vive. Nata in Camerun, cresciuta in Francia e adottata dall’Accademia di Fotografia della capitale dei Paesi
Bassi, Angèle sente profumo di casa in Africa. Un continente così vasto, eterogeneo, che è impossibile da schedare in una parola, anche se questa inizia con la “A” maiuscola. Cosa fa? Fotografa. Cerca la bellezza nelle irregolarità delle donne. In Afric in Print, la mostra esposta al Museo Africano fino al 3 dicembre che
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ritrae il paesaggio sociale del Mali, non ci sono nemmeno gli schizzi del colore come lo conosciamo noi. Dalle varie piante che la natura offre, si ricavano nuances, che una volta mescolate, diluite e rimescolate in diverse tonalità, offrono tinte brillanti e una vasta possibilità di espressione a chi le lavora. Ecco forse perché i colori imperano tra i vestiti delle donne africane (ndr). LA FOTOGRAFIA di Angèle Etoundi Essamba è una fotografia umanistica, ancorata fortemente ai valori della comunione. Tiene stretto anche l'impegno, la fatica
delle donne che lavorano sotto il sole cocente dell'Africa. Queste donne sono il soggetto principale dei suoi lavori, scorrendo dal vortice dei colori annaffiati sui vestiti, il cosiddetto “savoir faire” trasferito di generazione in generazione, al fenomeno della marginalizzazione. Chi è la donna africana ce lo spiega proprio in queste foto, con contrasti che prelevano un po' di quella forza e di quel coraggio tipico delle africane e lo restituiscono allo spettatore. L'obiettivo è chiaro: spezzare i pregiudizi dell'ignoranza e lavorare in controtendenza con racconti sinceri.
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CULTURA FOTOGRAFIA
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MARAJE E CEFFI
LA VERONA DEI VERONESI DI UNA VOLTA
giulia.zampieri@verona-pantheon.com
di Giulia Zampieri
Inaugurata domenica 19 novembre la seconda edizione di una mostra collettiva che racconta la Verona degli anni ’70 e ’80 con gli scatti di quelle “maraje” e di quei “ceffi” che la animavano.
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’ARCO DEI GAVI, come ritrovo dei punk. San Lorenzo e i suoi “folletti”e poi “Schinetti”, “Rana“ e lo “Spuma”. Sono questi, e molti altri, i luoghi e i volti che rivivono nel bianco e nero delle istantanee di “Maraje e Ceffi”, la mostra fotografica curata dal consorzio di architettura esperienziale 37100 che sarà ospitata fino al 18 gennaio presso la temporary gallery Terrazza Bar Al Ponte. Dopo la prima fortunata edizione del 2004 “Maraje: come eravamo… a Verona” arriva anche la seconda tappa di questa storia collettiva raccontata attraverso le fotografie, scovate nei cassetti, di chi ha vissuto gli anni ’70 e ’80 in sella a un Ciao. Gli scatti infatti, provenienti da amici, ma non solo, sono i ricordi dei tantissimi che a partire dall’estate, ci racconta Sergio Rocca, curatore e direttore di 37100, hanno deciso di condividere un frammento della propria gioventù, tutta rigorosamente
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veronese. Dopo mesi di attenta selezione, ha preso vita così questo secondo capitolo, dallo spirito goliardico e scanzonato. Ci sono i ritratti di gruppo, le“ maraje”, e quelle sigarette fumate fuori dal Bar Stuzzichino, storico locale in Via Cattaneo. C’è l’Arco dei Gavi, un tempo luogo di ritrovo per i punk della città. E poi la Maraja dei “Persi”, quella del “Torrione” e della “Muretta“. E gli intensi primi piani dei “ceffi“, che i selfie li rubavano alle macchinette istantanee della Stazione. E poi i rumori di una città in fermento: le impennate agli Orti di Spagna, le scorribande a bordo del Ciao o i cori allo stadio della Punk Brigade. E la musica, protagonista di quegli anni: gli STMK, i Marines, gli Espansione. «È IL RITRATTO di una generazione che è cresciuta per strada» ci racconta Sergio Rocca, il curatore, «abituata al confronto e spesso anche
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«TUTTI, ANCHE IL PIÙ TIMIDO, DOVEVANO SCENDERE IN STRADA, ERANO OBBLIGATI A METTERSI IN GIOCO. DIVERSAMENTE DA OGGI DOVE LA POSSIBILITÀ DI EVITARE LO SCONTRO, O DI AFFRONTARLO SOLO VIRTUALMENTE, C’È» allo scontro, ma soprattutto alla condivisione: nella stessa sera si potevano passare 10 compagnie diverse. Tutti, anche il più timido, dovevano scendere in strada, erano obbligati a mettersi in gioco. Diversamente da oggi dove la possibilità di evitare lo scontro, o di affrontarlo solo virtualmente, c’è». Per vedersi bastava incontrarsi “allo Stuzzichino”, senza scambi messaggi o chiamate, o capitare in uno dei tanti bar che più che un luogo di ritrovo erano una vera e propria seconda casa. Il quartiere era un piccolo microcosmo, dove le diversità di estrazione sociale spesso rendevano ostili territori a pochi metri di distanza. Ma poi la domenica si finiva per diventare tutti parte di una “maraja” più grande, quella delle Brigate gialloblu, presenza costante nel cassetto della memoria di tanti. «Da queste foto emerge soprattutto lo spirito di un’epoca di grande vivacità e ricchezza, molto diversa in questo dall’omologazione di oggi.» Ma non per forza migliore, ci tiene a precisare Sergio, solo differente: «i diciottenni di adesso sanno tre lingue. Noi parlavamo il dialetto, punto».
Non una tentata operazione nostalgia insomma, ma un modo per riconoscersi. E magari riconoscere in quegli scatti un viso amico. O qualche brutto ceffo con cui avete ancora un conto in sospeso.
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FOTOGRAFO LA NATURA
PERCHÉ È UN’EMOZIONE SENZA PREZZO
di Federica Lavarini
Di Enea Dal Forno tutto si può dire tranne che sia alla ricerca della notorietà: nato a Grezzana 34 anni fa, lavora come operaio e vive a Verona con la sua famiglia. Da ormai dieci anni pratica, per hobby, la fotografia. Negli ultimi sei anni, ha rivolto la sua attenzione ad un genere preciso: la fotografia naturalistica. Orsi (Martinselkonen Wildlife centre)
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uando lo contattiamo, Enea si meraviglia che qualcuno sia interessato alla sua produzione fotografica, a quella che per lui è una passione senza ambizioni, documentata da un sito internet in continuo aggiornamento. Enea, come si è avvicinato alla fotografia? Ho acquistato la mia prima macchina fotografica nel 2009 senza alcuna intenzione di volermi dedicare in maniera approfondita a questa attività. L’ho fatto come tante altre persone, per avere una macchina fotografica con cui andare in giro e fare “clic” ogni volta che vedevo qualcosa che mi incuriosiva. Con la Bridge avevo tante soddisfazioni perché è una macchina facile da usare e, per un principiante come ero io, è stata davvero una grande sorpresa. Visto l’entusiasmo dei primi risultati, mi sono avvicinato all’uso della più popolare Reflex, che dà ancora maggiori prestazioni in fatto di effetti, controllo della luce e dei movimenti. Quali sono i suoi soggetti preferiti? All’inizio scattavo foto di vario genere, sempre seguendo con un occhio di attenzione la foto
naturalistica. Mi piace molto la Lessinia ed è stato proprio qui che la fotografia della natura ha iniziato ad appassionarmi sino a diventare il mio primo soggetto, il resto quasi non mi sembrava più fotografia. Qual è la parte più bella e quella meno di questo genere di foto? Le mie prime foto di animali le ho scattate in riserve naturali come la bellissima Bayerischer Wald in Germania. Qui le specie vengono tutelate, favorendo la loro riproduzione. Si potrebbe pensare che cercare lo scatto perfetto in un ambiente protetto possa essere più semplice, ma non è proprio così. Di solito parto da casa con l’idea di fotografare un preciso animale: ad esempio l’aquila reale in Lessinia piuttosto che l’avvoltoio gipeto sulle Alpi. Per intercettare con l’obiettivo fotografico un animale che vive in natura sono necessarie ore, talvolta giornate intere, di appostamento in travestimento mimetico senza, magari, riuscire a portare a casa nemmeno uno scatto. Una frustrazione che viene però ripagata quando la specie per cui hai deciso di partire da casa con tutto il tuo armamentario – affrontando chilometri di auto e ore
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Enea dal Forno
Gipeto (Val di Cogne Valnontey, Aosta)
di paziente attesa – passa davanti a te del tutto ignara del tuo obiettivo fotografico e tu, finalmente, puoi catturarla in tutto il suo fascino. Qual è l’animale che predilige per le sue foto? Al primo posto c’è la lince e i felini in generale, poi l’avifauna, soprattutto i grandi rapaci: avvoltoi, aquile, gipeti. Amo moltissimo gli orsi e per fotografarli sono andato in Finlandia. Ho poi fatto dei viaggi in Africa per immortalare la vasta biodiversità del luogo e in Spagna e Polonia per avvicinarmi ai grandi rapaci. Quali sono gli aspetti più belli di questo suo hobby? A monte c’è sempre un lavoro di documentazione sulle specie che intendo fotografare: devo
conoscere dove vivono, le abitudini, i periodi di riproduzione, l’attitudine nei confronti dell’uomo. Quando sono sul campo, l’attesa dell’animale che devo fotografare mi porta quasi ad una simbiosi con l’ambiente perché devo essere mimetizzato al punto da non poter essere distinguibile da un cespuglio o da un cumulo di foglie o erba. Diventare così simile all’habitat nel quale l’animale vive mi fa capire molti aspetti del suo comportamento quando lui, finalmente, si avvicina a me. E questa vicinanza da brivido con gli animali che poi andranno a finire nelle migliaia di scatti che porterò a casa, rappresenta l’emozione più forte di questa mia grande passione. www.enea-fotonatura.it
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CULTURA STORIA
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L A S TO R I A
T R A PA R E N T E S I
erika.prandi@verona-pantheon.com
di Erika Prandi
Una passione per la storia e la volontà di trasmetterla attraverso un approccio “accademico”. Sono le basi di un progetto nato nel 2011 a Verona e che coinvolge giovani studenti provenienti da atenei di tutta Italia. Abbiamo incontrato uno dei fondatori dell’associazione “Parentesi Storiche” che, ci ha raccontato anche qualche curiosità sulla nostra città.
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ON È un caso se abbiamo scelto come luogo di incontro piazza Erbe, il fulcro della vita cittadina in epoca romana e, successivamente, medievale. «Questo è uno degli esempi che più ci aiutano a capire cosa vuol dire guardarsi intorno con gli occhi della storia» rivela Alessandro Rigo mentre ci indica ogni lato della piazza, ognuno con una sua identità precisa. «Se guardiamo palazzo Maffei, che veniva definita la punta della piazza del mercato, vediamo una residenza barocca, dimora della famiglia omonima, nata alla fine dell’epoca medievale. Prima era il luogo dove operavano i cambiatori di denaro e dove si recavano coloro che entravano in città da Porta Borsari per fare affari. Col passare del tempo divennero importanti finché, nel Quattrocento, la famiglia Maffei decise di costruirci una sua residenza, seppure con non poche difficoltà dovute al contrasto con altre famiglie di cambiatori. In uno dei lati lunghi – prosegue Rigo - troviamo le case Mazzanti, di proprietà di una famiglia di speziali, che si pensa possano avere delle fondamenta di epoca romana. Al posto dei bar vi erano, infatti, delle botteghe. Continuando, sempre sullo
stesso lato, troviamo l’edificio che era sede del consiglio comunale fino agli anni Ottanta. Tra il XII e il XIII secolo la bassa aristocrazia inizia ad avere un peso sempre più forte all’interno della politica cittadina e riesce a soppiantare il potere che in origine era dato dal Vescovo e dall’aristocrazia fondiaria. La cosa interessante che non tutti notano è la disposizione dell’ex sede delle attività politiche cittadine di fronte all’edificio che rappresentava la massima autorità economica della città: la domus mercatorum. Quindi, il fatto che la sede del potere economico stesse di fronte alla sede del massimo potere cittadino non è una scelta proprio così casuale. C’è una simbologia che dimostra come i due poteri a Verona nascessero dapprima in modo conflittuale, per poi unirsi e costituire la forza comunale che verrà poi unificata dalla famiglia degli Scaligeri, la quale, a partire dal potere economico, andrà ad impossessarsi anche del potere politico». UN VIAGGIO NELLA STORIA (in questo caso veronese) che ogni settimana giovani studenti di varie università italiane propongono a
CULTURA STORIA
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quanti vogliono avvicinarsi a questa materia. Sono circa sessanta i collaboratori, tutti con un’età media di venticinque anni, che si propongono, mediante i loro scritti, come “ponte” tra il mondo accademico e la società, con uno scopo formativo oltre che informativo. «È un modo per saper cogliere la nostra vita, la nostra quotidianità nella sua essenza storica e trasmettere la nostra riflessione sulla storia a coloro che avranno il piacere di leggerci» si legge nel loro “statuto”. Il progetto ha anche un intento generazionale, in quanto è creato da giovani, studiosi e studenti che «vogliono dare una risposta, attra-
verso la cultura e il sapere storico, al problema intellettuale e culturale del nostro presente». Per poter collaborare è necessario avere una formazione universitaria che favorisce conoscenze metodologiche e capacità critica. Chi volesse seguire l’associazione può andare sul sito internet parentesistoriche.altervista.org, dove trova anche il modo per poterla sostenere dal punto di vista economico, oppure sulla pagina facebook. Il prossimo passo sarà la pubblicazione di una rivista intitolata “Quaderni di Parentesi Storiche”. www.parentesistoriche.altervista.org
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TERRITORIO EVENTI
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L’ALBERO DI NATALE PIÙ BELLO?
A ERBEZZO
di Redazione
Torna anche quest’anno, il 26 dicembre, il tradizionale e suggestivo appuntamento con il Busimo’s Christmas Tree, il luccicante e maestoso albero di Natale realizzato grazie a circa 500 volontari che, disponendosi con delle torce sulle pendici del Monte Busimo, vicino al centro di Erbezzo, danno vita a uno spettacolo visibile anche dalla città.
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A QUALCHE ANNO la sera di Santo Stefano a Erbezzo non è una serata qualunque. Oltre a celebrare la ricorrenza, nel piccolo paese della Lessinia viene messa in moto dalla Pro Loco la grande macchina organizzativa del Busimo’s Christmas Tree, il suggestivo ed enorme albero di Natale umano visibile, tempo permettendo, addirittura dalla città di Verona. L’idea, nata qualche anno fa da Erminio Segala, è quella di portare centinaia di persone, simpatizzanti e curiosi, sul Monte Busimo, a pochi passi dal centro di Erbezzo, e di predisporli, grazie all’aiuto di decine di volontari, lungo un perimetro predefinito a forma di albero. Ogni persona (sono circa 500 quelle solitamente coinvolte in questo spettacolo, ndr) ha in mano una torcia elettrica e, a un dato momento, viene impartito l’ordine di accensione, quasi sempre alle ore 20, per circa mezz’ora: l’insieme delle torce crea un effetto suggestivo, unico. Quest’anno il Busimo’s Christmas Tree si svilupperà su un dislivello di 400 metri e avrà un perimetro di 1200 metri collocato a partire da un’altitudine di 1400 metri sul livello del mare. «Si tratta di una manifestazione aperta a tutti, grandi e piccini (gli under 16 devono essere accompagnati da un adulto, ndr) e c’è una piccola quota di partecipazione di 20 Euro comprensivi di un gadget, un biglietto per l'estrazione a premi che si terra la sera stessa, una torcia e un piatto caldo al termine della manifestazione – spiega Luca Vallenari, segretario della Pro Loco di Erbezzo. - Il ritrovo è fissato per tutti alle 17.30 all’esterno del Palalinte (la palestra comunale) per la consegna del regolamento, della torcia elettrica e del numero identificativo». «Alle 18.30 la partenza verso il monte: il tragitto è di
circa due chilometri a piedi per chi è destinato al tronco, mentre per le fronde e i rami più alti il tempo e la fatica aumentano – prosegue Vallenari. - Le posizioni saranno delineate dall’organizzazione e i partecipanti si posizioneranno lungo il perimetro già delimitato da una fettuccia bianca e rossa. In considerazione della temperatura e del terreno sono consigliati abbigliamento adeguato al freddo e alla pendenza, con possibilità di neve». Per garantire la massima sicurezza ai partecipanti, all’interno di tutta l’area sono collocati volontari della Protezione Civile e dell’organizzazione per aiutare nella sistemazione, nella comunicazione via radio dei segnali e per il corretto svolgimento di tutte le operazioni coordinate. «Alle ore 20.00 verrà dato il segnale per l'accensione di tutte le torce che resteranno puntate verso il cielo per una trentina di minuti e coordinate per alcune coreografie – conclude il segretario. - Alle ore 20.45 si farà rientro al Palalinte, dove saranno aperti gli stand enogastronomici e ci si potrà rifocillare. La serata proseguirà con l'estrazione della lotteria che mette in palio uno smartbox del valore di 300 Euro e altri premi, a seguire ci sarà una Band e un Dj Set». In caso di condizioni meteo avverse, l’evento verrà spostato in un'area più protetta. Con l’occasione, viene organizzato anche un concorso fotografico. Le foto più belle verranno esposte presso la Sala Civica di Erbezzo, nei giorni di sabato 6 e domenica 7 gennaio. Info e iscrizioni (entro il 20 dicembre): Facebook /Erbezzo 3280620091 – 3495256545 - 3284326929
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CULTURA TEATRO
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A GREZZANA
È TEATRO MANIA
alessandra.scolari@verona-pantheon.com
di Alessandra Scolari
Il Teatro Valpantena rinnovato con Teatrando il Venerdì è sold out tutte le sere. Intere famiglie vi partecipano. Voglia di ridere e di rivivere, per un paio d’ore, nel «piccolo mondo antico» riproposto dalle bravissime compagnie amatoriali.
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L CINEMA TEATRO Valpantena di Grezzana si è rifatto il look, e quando riapre i battenti (quest’anno dopo quattro mesi di lavori) è sempre una grande gioia. La nuova platea è bella e funzionale, almeno stando ai commenti di chi la frequenta. Si tratta di una sala parrocchiale, a “servizio della comunità e del territorio”, l’unica in Valpantena ad avere 278 posti e di cui tutti vanno orgogliosi, forse merito della sua lunga storia (il Valpantena è stato inaugurato nel 1959) legata al passato e a parroci lungimiranti e molto amati, probabilmente perché si affaccia su Piazza Carlo Ederle, ha alle spalle i parcheggi ed è agibile a tutti (libera da barriere architettoniche). Risaliva al 1993 l’ultima ristrutturazione, nella quale è stata sacrificata la galleria per le aule di catechismo. Nel 2015, grazie a dei benefattori, è stata dotata di un nuovo impianto di proiezione dei film (Sony Digital 4k) e per l’audio del cinema (Dolby Digital 7.1), nonché del teatro. Oggi si presenta tra le più moderne sale cinematografiche e teatrali veronesi. Essendo parrocchiale è gestita da volontari: sono una cinquantina, compreso il Comitato di gestione, e seguono tutti gli eventi, il cinema e il teatro. CI SOFFERMIAMO su Teatrando il Venerdì. Una rassegna voluta otto anni fa dal Gruppo Amici del Teatro e dalla compagnia locale I Meo dela Coà - quest’ultima nata una trentina di anni fa e trasformata di recente in Associazione Culturale Teatrale - che sta avendo uno strepitoso successo. 12 gli appuntamenti
in calendario quest’anno (tre più delle edizioni precedenti) e i posti vengono quasi tutti prenotati prima degli spettacoli (grazie alla disponibilità della Gelateria Ciao), pertanto chi non ha prenotato non è sicuro di trovare posto. Una sera sono state respinte una cinquantina di persone. Davvero un avvenimento. Abbiamo chiesto «vince la comicità degli spettacoli e la serata trascorsa insieme tra le risate»? C’è chi sostiene: «L’80-90 per cento delle persone sono attirate dagli spettacoli che sprigionano sane risate in grado di azzerare (per un paio d’ore) difficoltà, pensieri e noia». Altri si limitano a dire «sono commedie molto divertenti». Noi, pur condividendo, andiamo oltre. Il mondo è cambiato anche in Provincia. Tutto è veloce e ci sono pochi e precari punti di riferimento. Le commedie teatrali proposte (quasi tutte), portano in scena spaccati di vita quotidiana di un passato recente ed hanno un senso, una morale, ai quali va aggiunta la passione e l’entusiasmo degli attori (tutti amatoriali). Andare a teatro quindi (anche inconsciamente) significa rivivere quel «piccolo mondo antico» che profuma di umanità e di contatti diretti. Gli spettacoli conducono lo spettatore ad una vita più genuina e scatta immediatamente l’empatia tra pubblico, attori e storia raccontata. L’Associazione I Meo dela Coà e il Comitato cinema organizzatori di questa rassegna e della scuola di teatro (70 ragazzi iscritti) sono molto contenti e commentano: «Teatrando il Venerdì dà lustro al paese e consente di mantenere vivo e attivo il Cinema Teatro Valpantena, fiore all’occhiello della collettività». S
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L'ASTRO NASCENTE
di Matteo Scolari
DEL CICLISMO SU PISTA
Il suo nome è Edoardo Zamperini, ha 14 anni ed è Campione italiano (categoria Esordienti) di corsa a punti. Il giovane ciclista, originario di Azzago, è stato premiato sabato 11 novembre dalla Comitato provinciale per il titolo nazionale e quello provinciale ottenuti quest’estate
Edoardo corre per il team Officine Alberti di Luigino Sabaini
Edoardo assieme al suo allenatore Felice Lucchese
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O SGUARDO è quello di un futuro campione. Occhi lucidi, che brillano quando parla del suo sport preferito, il ciclismo. Di poche parole Edoardo Zamperini, abituato com’è a correre a testa bassa, in silenzio e con la massima concentrazione verso l’obiettivo, verso il traguardo. A 14 anni è già Campione italiano di corsa a punti, una specialità del ciclismo su pista che richiede abilità, determinazione e particolare resistenza alla fatica. Un titolo nazionale ottenuto a Dalmine, in provincia di Bergamo, il 3 agosto scorso, dopo essere stato chiamato dal selezionatore tecnico regionale a rappresentare il Veneto in una competizione che vedeva schierati alla partenza ciclisti da ogni regione d’Italia. Un successo che alla vigilia sembrava proibitivo e che invece è arrivato con una prestazione impeccabile. «Non ero convinto di farcela – ammette Edoardo – invece sono riuscito ad avere uno spunto in gara che mi ha permesso di arrivare primo». Una vittoria inattesa e forse anche per questo ancora più emozionante per il giovane ciclista che è salito sulle due ruote, su una bici da corsa, a cinque anni: «È stato mio papà a regalarmi la
prima bicicletta. Ed era pure fatta su misura visto che non ne esistevano di così piccole. Da allora ho sempre praticato questo sport fino ad entrare nella squadra attuale, la Officine Alberti Uc Val d’Illasi». Il 25 agosto, 22 giorni dopo aver indossato la maglia tricolore, Edoardo è sceso di nuovo in pista per la gara che metteva in palio il titolo provinciale: «È stato quasi più difficile affrontare questa prova che quella di Dalmine. Con il titolo di Campione italiano sulle spalle, correvano tutti su di me, ma sono riuscito a spuntarla anche in questa occasione». Proprio per celebrare i due successi, Edoardo Zamperini è stato invitato assieme ad altri campioncini del ciclismo scaligero a Sandrà, l’11 novembre scorso, dove il Comitato provinciale ha assegnato dei riconoscimenti speciali agli atleti veronesi che si sono distinti durante l’anno per meriti sportivi. Ora Edoardo guarda al futuro, con i piedi per terra e con la giusta umiltà. «So che le aspettative nei miei confronti ora sono diverse, specie per chi mi segue e mi sostiene ad ogni appuntamento e in ogni gara. Quello che cercherò di fare è impegnarmi come ho sempre fatto, dando il massimo negli allenamenti e provando a dare tutto quello che ho in pista e su strada. Poi si vedrà».
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SPORT
VITTADELLO: «L'AMBITO SCOLASTICO NON DEVE ESSERE UN COMPARTO STAGNO RISPETTO A QUELLO SPORTIVO»
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PRIMA I LIBRI POI LA PALLA OVALE
di Emanuele Pezzo
Il Verona Rugby da quest'anno ha varato il servizio "Academy": un supporto pomeridiano in cui i propri atleti possono concentrarsi sullo studio prima della seduta di allenamento, seguiti da un tutor per ogni area di insegnamento.
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PORT E SCUOLA: un futuro ipotetico da professionista nella propria disciplina sportiva oppure un domani concentrato sull'ambito lavorativo, comunque incerto visti i tempi che corrono? Negli ultimi tempi sembra che apprendere, studiare, formarsi siano diventate attività incompatibili con l’impegno dedicato ad affinare le abilità motorie, allenare il proprio fisico e confrontarsi con un avversario. Eccellere in un campo oppure nell'altro sicuramente può richiedere rinunce importanti nel proprio percorso di crescita, ma sfugge il motivo per il quale questo debba portare alla sospensione di una delle due attività. Un segnale in questa direzione viene dato dal Verona Rugby. In mezzo a tanti progetti varati dal club scaligero per far conoscere la disciplina della palla ovale, ce n'è uno molto particolare che ha preso avvio in questa stagione dopo mesi di studio. Si chiama Verona Rugby Academy, è una proposta
di supporto scolastico per i propri atleti in età adolescenziale, ed è seguito principalmente dalla professoressa e mamma Francesca Arnier, ideatrice e supervisore del progetto, e da Federico Centomo, responsabile e coordinatore delle attività. A SPIEGARCI LE MOTIVAZIONI dell’ iniziativa è Raffaella Vittadello, presidente della società veronese: «Non vogliamo che l'ambito scolastico, così importante nella crescita di un adolescente, sia una sorta di comparto stagno rispetto a quello sportivo». Continua la Vittadello: «Il nostro è un segnale attraverso il quale il club vuole dare uno stimolo all'atleta anche nell’ambito del suo rendimento scolastico. Vogliamo che i nostri atleti si sentano considerati, uno ad uno: a loro poi la responsabilità di assolvere ai propri compiti di studenti». Non solo pallone, erba e fango, dunque. Un progetto in controtendenza in un momento storico, politico e sociale molto particolare, nel quale
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sembra che debba per forza esserci sempre una gerarchia in tutte le attività svolte, con lo sport spesso a vestire i panni dell'ultima ruota del carro. Il Verona Rugby ha deciso di investirvi proprio per questo: per aprire
un canale di comunicazione ultimamente assente tra sport e scuola, due fratelli che non si parlano da molto e probabilmente non ricordano nemmeno quando hanno litigato.
LE CARATTERISTICHE DELL'ACADEMY Attività per quattro pomeriggi a settimana nella Club House del Cus, due ore da dedicare allo studio e ai compiti prima di scendere in campo ad allenarsi. Sono queste le caratteristiche principali della Verona Rugby Academy, che nel mese di novembre ha raggiunto le venti adesioni al "Pacchetto Accademia". Spiega Centomo, ex giocatore di pallavolo in serie A con la Calzedonia Verona: «Ogni giorno i nostri ragazzi possono concentrarsi su materie diverse, seguiti da tutor individuati tra laureati e insegnanti. Il martedì è presente un tutor per le materie scientifiche, il mercoledì una figura per inglese, il giovedì è dedicato alle discipline umanistiche e il venerdì ci concentriamo su uno scoglio per tantissimi studenti, cioè matema-
tica». Si tratta di un'attività dinamica, con volontà di adattarsi in itinere. Difatti il club per il mese di dicembre, in cui molti dei propri atleti saranno impegnati con le ultime verifiche ed interrogazioni prima delle vacanze natalizie, ha già deciso di raddoppiare il tempo dedicato alla matematica. Un servizio di supporto, comunque non sostitutivo del ruolo della famiglia nella crescita scolastica del proprio figlio, flessibile ed inclusivo a tal punto da innestarsi alla perfezione in un ambiente come quello di un club sportivo. «Basti pensare – prosegue Centomo – che il tutor di lingua inglese è il sudafricano Ryan Neethling, tallonatore della prima squadra. L'Academy per noi è un valore aggiunto ad un valore già aggiunto».
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HYGGE,
L’ARTE DANESE DELLA FELICITÀ (ANCHE D’INVERNO)
di Michela Canteri
Gli ingredienti sono: buon cibo, amici, famiglia, caminetto, coperte e calzettoni (e candele; non dimenticatele, per i danesi sono alla base della giusta atmosfera). Più che di felicità, si tratta di una sorta di completezza che è, davvero, alla portata di tutti.
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UALCUNO, e forse a ragione, dirà che la felicità è un discorso sopravvalutato, che tanto ormai abbiamo capito che non esiste, o che, se è mai comparsa nella nostra vita, non abbiamo fatto nemmeno in tempo ad accorgercene che era già svanita. Eppure c'è chi ancora ci crede e ci lavora ogni giorno. L'“Happiness Research Institute”, che ha sede in Danimarca e che studia meticolosamente, a suon di interviste, dati e statistiche, ciò che fa star bene le persone, ha dimostrato che la felicità c'è e, udite udite, è a disposizione di tutti. Naturalmente, per raggiungerla, bisogna darsi da fare e impararne la ricetta. Per esempio: avete presente quel vecchio paio di pantaloni nel quale vi sentite “da dio”, ma che mettete solo a casa (e da soli) perché vi vergognate persino di farvi vedere da vostra madre (la quale, peraltro, vi ha visto in situazioni estremamente imbarazzanti)? Bene, indossateli, magari in una sera in cui fuori piove o, ancora meglio, nevica. Mettetevi davanti alla stufa o al caminetto e avvolgetevi in una copertina calda, munitevi di una tazza fumante di tè o di caffè e poi state a sentire cosa succede dentro di voi. Oppure, sempre con quei pantaloni addosso, invitate degli amici a cena, quelli che non danno importanza alla ricrescita esagerata che ricama i vostri capelli, e che trovano il delirio di oggetti sparsi in casa vostra un buon motivo per rilassarsi. Importante: niente preparativi esagerati, anzi. Fate entrare gli amici nella vostra cucina e condividete con loro la gio-
ia di preparare insieme del buon cibo, di apparecchiare la tavola, di affettare il pane e l'arrosto, per preparare un banchetto a base di intimità, condivisione e complicità. E mentre chiacchierate prendetevi una pausa dal mondo esterno che vi affligge: dimenticate il capo che vi perseguita e i colleghi invidiosi, scordatevi di aver mai avuto un conto in banca o una ex-fidanzata che vi ha lasciato per uno che non sa nemmeno la tabellina del cinque. E soprattutto, niente politica. In entrambe le ipotesi, è molto possibile che sarete colti da una sensazione di calore, di benessere, di completezza molto simile alla felicità. Anzi sperimenterete, per dirla come i danesi, la famosa “hygge”. DA UN PAIO D’ANNI a questa parte, la parola “hygge” ha suscitato particolare interesse in quanto elemento fondamentale della vita di uno dei popoli più lieti del pianeta e, addirittura, secondo la “European Social Survey”, del più felice d'Europa. La domanda che ci si è posti è: perché i danesi sono così rilassati e sereni pur vivendo in un Paese con un clima veramente pessimo (vedi ad esempio le pochissime ore di luce nel periodo da ottobre a marzo) e una pressione fiscale molto elevata? La risposta, secondo i ricercatori, sta proprio nel fatto che sono anche quelli che si ritrovano con più frequenza con amici e famigliari e che hanno saputo trovare delle strategie vincenti per resistere agli inverni freddi e all'oscurità (non solo metereologica). Prima
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di tutto le relazioni, quindi. Gli scienziati hanno sottolineato come il rapporto tra felicità e rapporti umani non sia un caso. Il contatto fisico, o solamente la vicinanza corporea con altre persone, provoca il rilascio di ossitocina da parte di una ghiandola che si chiama ipofisi. L'ossitocina è un ormone che ci fa sentire più felici, riducendo paura e stress, e viene liberata anche quando ci troviamo immersi in un'atmosfera calda, piacevole, rilassante, in una parola “hygge”. Gli ingredienti sono quindi: buon cibo, amici, famiglia, caminetto, coperte e calzettoni (e candele; non dimenticatele, per i danesi sono alla base della giusta atmosfera). E adesso, quindi, tocca a noi. Anche perché siamo vicini al periodo più “hygge”dell'anno, quello natalizio. E non serve SPAZIO PUBBLICITARIO
andare in Danimarca per essere felici: Verona, con i suoi vicoli illuminati e le sue bellezze incorniciate; le nostre case imbandite di palline, fiocchi e festoni; le nostre montagne in cui si riproducono scenari degni del migliore dei presepi; tutto può ammantarsi di un nuovo calore, di intimità, di abbracci amorosi e di tenere risate, di stupore e di festa, per dar vita alla “hygge”, comprovato antidoto contro la perenne insoddisfazione che ci attanaglia. Uno scrittore nordico, Lars Mytting, nel suo libro dal titolo “Norwegian wood”, racconta la storia di una famiglia che vive in una fattoria in Norvegia, la quale ospita tutta la sua famiglia nella settimana che va da Natale a Capodanno. In questi giorni, i pranzi, le bevute e le chiacchierate si alternano al lavoro nel bosco, nel quale tutti sono impegnati ogni giorno ad abbattere alberi, sramare, tagliare e raccogliere la legna che servirà per tutto l'inverno. Forse a qualcuno non sembrerà molto “hygge” improvvisarsi boscaiolo a diversi gradi sotto zero, e probabilmente non sarà facile convincere vostra cugina “tacco dodici” a seguirvi nel bosco il giorno di Natale; sorvoliamo sul fatto che la zia Filomena insisterà per usare la motosega con un braccio solo perché l'altro deve sostenere la stampella; sicuramente, però, troverete un'occupazione perfetta per il cugino spaccone, o il cognato fascista, la sorella vegana, il nipote arrogante e la nuora ambientalista che non sopportate. Buon Natale a tutti, quindi. Che sia veramente “hygge”. E a dirla come facciamo solo noi, “speremo che faga 'na bela fiocada”.
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PILLOLE DI MAMMA
LE MAMME AI TEMPI DI
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di Sara Avesani
Non c’è età, classe o corso che tenga, è impossibile evitarle: le chat delle mamme sono ormai un punto saldo dell’essere genitori oggi.
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ON LA SCUSA di voler scambiare informazioni utili e tenersi aggiornati, ecco che alla riunione di inizio anno, dopo una stretta di mano e un sorriso a trentasei denti (si tratta del primo incontro per cui l’impatto è fondamentale), la rappresentate dei genitori si avvicina e con voce suadente come le sirene di Ulisse, ti chiede il contatto e, in men che non si dica, arriva la notifica: “la mamma di C. ha creato un nuovo gruppo” e tu, sei stata aggiunta. Non hai più scampo. Si perché nella malaugurata ipotesi in cui volessi “abbandonare il gruppo”, saresti la madre peggiore del mondo e questa tua scelta si ripercuoterebbe drammaticamente sui tuoi figli. Le chat rappresentano per lo più uno strumento di sfogo, di auto-aiuto per i compiti, di condivisione di gioie e dolori, di bollettini medici: febbri, bronchiti, ossa rotte e chi più ne ha più ne metta. Le si usa per gli inviti di compleanno, per i ringraziamenti, per gli auguri di Natale, Pasqua, Capodanno, Epifania, festa del papà, della mamma, delle donne, della zia, del cane, del gatto… e per la tematica più importante: il regalo
all’insegnante. Ed è proprio qui che nasce la sottochat, termine da poco nel dizionario della lingua italiana. È questa a stabilire il tuo grado di integrazione con le altre mamme. Si sviluppa tipo matrioska e, se riesci ad arrivare all’ultima chat a due, sei un(a) highlander. Attenzione però, questa overdose di comunicazione può essere letale: è di poco tempo fa la notizia di due genitori condannati ad un ammenda di migliaia di euro per aver offeso mamma e maestra in un gruppo whatsapp. Ogni chat si sa ha le sue mamme: quella polemica, quella sempre felice, quella “sai, io lavoro” non ho molto tempo, quella snob che fa finta di non leggere ma interrogata sul tema non sbaglia una risposta, l’irosa che abbandona il gruppo e poi chiede di rientrare e la sempre presente fastidiosissima mamma perfetta. E i papà? Generalmente non sono ammessi: non sarebbero in grado di superare alcune tematiche essenziali (vedi il regalo alla maestra). Adesso scusatemi ma fra poco è Natale e mille video sdolcinati mi stanno bloccando il telefono. Aiuto.
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GIANFRANCO DI GENNARO E L’ARTE DI RICOMINCIARE
Canzone napoletana e batteria lo forgiano, ma è il cantautorato e la chitarra che lo consegnano alla sua vocazione. Dal Sud si è trasferito a Verona, e ora altre mete (musicali) lo aspettano.
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IANFRANCO DI GENNARO, si può dire, è nato con la musica nel sangue, infatti è cresciuto in una famiglia di musicisti. Il papà prima, il fratello poi, si sono seduti dietro una batteria e, forse per non rompere questa tradizione, anche il nostro artista ha mosso i suoi primi passi nella musica con le bacchette in mano. Le prime band giovanili, le prime esibizioni, lo vedono infatti occupato a tenere il tempo tra rullanti e tamburi. Poi, crescendo, ascoltando i classici della musica italiana ed internazionale, Gianfranco si è lentamente “trasformato”, facendo proprio lo spirito dei grandi della musica come Bob Dylan e l’italiano Edoardo Bennato, imbracciando una chitarra e iniziando a cantare. Proprio dalla sua chitarra e dalla sua voce sono nati i due primi dischi. Anno 1998, viene registrato Gas Same lane, il primo album autoprodotto nato dalle sue idee. Un album solista, interamente in lingua inglese. Un primo approccio al mondo della musica solista che proseguirà poi con alcune caratteristiche ben predefinite, i testi in lingua italiana ed un costante richiamo alla sua terra, la Campania ed ai personaggi che la abitano.
di Marco Nicolis
A DISTANZA DI QUALCHE ANNO, nel 2014, esce il suo secondo lavoro, Ricomincio da Zero, registrato con l’etichetta Kutmusic. Un album positivo, composto anche da alcuni brani scritti in giovane età. Suonato e registrato con l’accompagnamento di pochi strumenti, senza testi poetici o profondi, come nello stile che lo ha sempre contraddistinto, ma con una tematica comune, un filo conduttore che lega l’intero album. Questo filo conduttore è la redenzione, la voglia di riscatto dei personaggi che compongono i brani, ripreso proprio dal titolo dell’album. Ricominciare da zero, dall’inizio, carichi di energia e voglia di rimettersi in gioco. Il sogno nel cassetto di Gianfranco? Beh, biologo di professione ed innamorato del proprio lavoro, vorrebbe seguire le orme di artisti come Paolo Conte e Roberto Vecchioni, due musicisti che con la loro musica hanno scritto la storia del cantautorato italiano, ma che non si sono occupati solo di chitarre e spartiti, mantenendo anche i loro mestieri. Chissà quindi quale sarà il suo futuro nel mondo della musica, l’unico indizio che possiamo darvi è qualche link utile dove poterlo seguire. Stop Facebook /gianfranco.digennaro.music
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LIBRO DEL MESE 64 A CURA DI
CHIARA BONI
PAGINE PER I GRANDI IL LIBRO Ifemelu è in un salone di bellezza a Princeton e si sta facendo rifare le trecce: dopo tredici anni ha deciso di tornare in Nigeria, sua terra natale, e lo vuole fare con i capelli giusti, non da “Americanah”. Inizia così questa storia di immigrazione e razza, amore e ingiustizie, che ripercorre le vicende di Ifemelu e Obinze, due giovani innamorati, sullo sfondo di una Nigeria schiacciata dalla dittatura militare e dalla mancanza di opportunità, che scelgono di fuggire all’estero per crearsi un futuro migliore. E quando a distanza di quindici anni i due si ritrovano nella neo-democratica Nigeria devono affrontare una delle scelte più difficili delle loro vite.
Titolo: Americanah Autrice: Chimamanda Ngozi Adichie Traduzione: Andrea Sirotti Casa Editrice: Einaudi Pagine: 466
L’AUTORE Definita da molti «la Chinua Achebe del Ventunesimo secolo», Chimamanda Ngozi Adichie è nata in Nigeria, quinta di sei fratelli di una famiglia Igbo. A diciannove anni si è trasferita negli USA, dove ha conseguito una laurea in Scrittura Creativa alla Johns Hopkins University. Il suo primo romanzo, L'ibisco viola (Fusi Orari, 2006) ha vinto il Commonwealth Writers' Prize for Best First Book nel 2005, mentre Metà di un sole giallo (Einaudi, 2008) è stato finalista al National Book Critics Circle Award 2006 e vincitore dell'Orange Broadband Prize 2007. CURIOSITÀ Il terzo romanzo di Chimamanda Ngozi Adichie parla, in modo schietto e irriverente, di razza e differenze culturali. L’inizio della vita statunitense di Ifemelu non è semplice, e il suo essere di colore in un paese che fa ancora i conti con il razzismo non aiuta. Così come Obinze è costretto ad affrontare le difficoltà a volte insormontabili di una vita da immigrato irregolare a Londra, dove è costretto a vivere ai margini. Entrambi hanno ancora negli occhi e nel cuore l’amore per la propria patria, che bramano da lontano, e a cui fanno infine ritorno, come attratti da una forza irresistibile.
A CURA DI
PAGINE PER I PIÙ PICCOLI
ALESSANDRA SCOLARI
IL LIBRO Racconta la vita di Giovanni Falcone, spiegata da un padre al figlio Giovanni. È la vigilia del suo decimo compleanno. A scuola è successa una storia spiacevole, ma i ragazzi non parlano. Il padre quindi ritiene giunto il momento di rivelare al figlio (nato il giorno della strage di Capaci), la storia recente di Palermo e dei suoi protagonisti. Per Giovanni un giorno (inaspettato) di vacanza, assieme al padre in sella ad un “gippone”. Lungo il percorso papà dice: «Qui è nato un mio amico magistrato. - e aggiunge - Il suo impegno per la giustizia era più forte di qualunque altra cosa». Raggiungono la spiaggia di Mondello. Il papà, tra un bagno e l’altro, narra una storia difficile. Il figlio si appassiona e capisce che non è una leggenda. Scopre il mondo della mafia da combattere fin da ragazzi. Con il tempo capisce anche perché il suo pupazzo preferito, Bum, ha i piedi bruciati. Simone è davvero caduto da solo dalle scale della scuola, fratturandosi un braccio?
Titolo: Per questo mi chiamo GIOVANNI
Autore:
Luigi Garlando
Casa Editrice:
BestBUR Rizzoli Pagine: 154
L’AUTORE Luigi Garlando, laureato in lettere, è caporedattore della Gazzetta dello Sport e autore di libri per ragazzi. Racconta storie vere di persone che hanno lasciato il segno. Con Piemme, Battello a Vapore, ha pubblicato Mio papà scrive la guerra (primo Premio Cento 2005) e la fortunata serie GOL! con l’editore Rizzoli. Tra gli altri, L'estate che conobbi il Che, con il quale ha vinto il premio Strega 2017, per la categoria + 11. Anche con il libro Per questo mi chiamo Giovanni ha vinto numerosi premi ed ha ispirato il docufilm Io ricordo. CURIOSITÀ Questo libro risale al 2004 (edito da Fabbri Editori). Rizzoli lo ha ripubblicato nel 2008, quella del 2017 è la 21esima edizione. Parecchie scuole lo hanno adottato come libro di narrativa, anche perché quest’anno ricorrono i 25 anni dalla strage di Capaci. Nel libro interessante è il parallelo tra «il mostro» e la scuola. La mafia esiste ancora e si è diramata oltre i confini della Sicilia. Dopo il maxi processo di Giovanni Falcone «Palermo ha rialzato la testa», dimostrando che le persone, in Sicilia e altrove, non sono tutte mafiose: ci sono ragazzi, giovani e adulti coraggiosi e responsabili che lottano contro le ingiustizie. Il libro, dal linguaggio scorrevole, è indicato dai 10 anni. Io lo consiglio anche ai genitori: contiene spunti per facilitare il dialogo con i figli adolescenti.
VERSI PER TUTTI
Se vi serve un po'
di poesia
Devo molto/ a quelli che non amo./ Il sollievo con cui accetto/ che siano più vicini a un altro/ La gioia di non essere io/ il lupo dei loro agnelli./
Mi sento in pace con loro/
e in libertà con loro,/ e questo l' a more non può darlo,/ né riesce a toglierlo. Wislawa Szymborska
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ANGOLO PET
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OGNI MESE QUELLO CHE C’È DA SAPERE
L’ASINO,
UN ANIMALE FRAINTESO
di Ingrid Sommacampagna
L'onoterapia (dal greco ὄνος, ónos, asino), anche se non gode ancora del riconoscimento dalla comunità scientifica, si sta diffondendo in molti centri di riabilitazione italiani, nelle fattorie didattiche e negli agriturismi. Le persone che soffrono di traumi emotivi ma non solo, sotto la guida di un operatore si prendendo cura dell’animale attraverso interventi terapeutici mirati e trovano sollievo.
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I DICE sia una creatura cocciuta e stupida ma in realtà dare “dell'asino” a una persona è un complimento, perché è un animale pacato, paziente, lento nei movimenti, rassicurante, prevedibile e dotato di una memoria straordinaria. Viene usato negli interventi assistiti per curare persone con diverse età e problematiche: bambini autistici o iperattivi, soggetti con scarsa autostima, famiglie con rapporti in crisi, cardiopatici, anziani, malati psichiatrici, tossicodipendenti, audiolesi, non vedenti, persone stressate. Il paziente, guidato dall'operatore, impara a prendersi cura dell'animale, accarezzandolo e spazzolandolo in ogni parte del suo corpo, lavorando sulla fiducia. I giochi e gli esercizi con l'asino mettono, infatti, alla prova la persona che si assume la responsabilità dell’animale che gli si affida, ricevendo reciproco affetto e gratificazione. L'asino ci assomiglia perché ha delle paure e non va comandato, ma convinto. Bisogna essere autorevoli tenendo sempre a mente che è un mediatore, non uno strumento asservito all'uomo. L'autostima del paziente cresce man mano che impara a riconoscere e interpretare
gli stati d'animo dell’animale, captabili soprattutto attraverso la posizione delle orecchie. L'asino dà anche un incredibile contributo alla lotta al bullismo. A volte capita che i bambini aggressivi provino a colpire l'animale, senza ottenere alcuna reazione. Questo li stupisce e li porta a trovare nuove modalità di interazione. «LAVORO con gli asini dal 2008 al maneggio Basalovo di Stallavena e non finiscono mai di stupirmi. Purtroppo sono da sempre vittime di luoghi comuni, quando in realtà, sono molto sensibili, affidabili, e la loro testardaggine proverbiale la dovremmo piuttosto chiamare "buon senso": gli asini sono dei grandi osservatori che riflettono prima di agire. Faccio attività per bambini, lezioni individuali di approccio all'asino e trekking per famiglie o anche solo per adulti alla ricerca di relax», spiega Silvia Allegri, giornalista e autrice del libro Il raglio magico. Divagazioni intorno alla figura di un animale frainteso. Nella società di oggi manca sempre di più il contatto tra le persone. Tornare a relazionarsi è possibile anche attraverso gli interventi assistiti con gli animali che promuovono una cultura nuova, verso gli aspetti non verbali del linguaggio animale.
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CINEMA 67 A CURA DI
MATTIA ZUANNI
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IL FILM
August Pullman è un bambino di 10 anni con una malformazione cranio facciale che gli impedisce una vita normale. Non è mai andato a scuola, un po’ per la paura della reazione da parte degli altri bambini, un po’ per colpa dei 27 interventi chirurgici che ha dovuto subire. Quando però entra in prima media, i genitori decidono che è arrivato il momento di andare a scuola assieme ai suoi coetanei. Inizia qui l’avventura di “Auggie” e il suo vecchio casco delle NASA.
CURIOSITÀ
Il film prende spunto dall’omonimo libro di R.J. Palacio, best seller mondiale pubblicato nel 2012; negli Stati Uniti il romanzo è rimasto in classifica per 56 settimane di fila, raggiungendo più volte la prima posizione. Come August, anche l’attore che lo impersona (Tremblay) è un grande appassionato di Star Wars. Nonostante entrambi gli attori co-protagonisti (Roberts e Wilson) siano da anni sul grande schermo, è la prima volta che lavorano assieme in un film.
Titolo Wonder Genere Drammatico Durata 113 minuti Regia Stephen Chbosky Attori Jacob Tremblay, Julia Roberts, Owen Wilson, Daveed Diggs Uscita (Italia): 21 dicembre
CLASSICI DA NON PERDERE Titolo: Frank Genere: Commedia, Drammatico Durata: 95 minuti Regia: Lenny Abrahamson Attori: Michael Fassbender, Domhnall Gleeson, Maggie Gyllenhaal, Scoot McNairy Jon è un giovane aspirante musicista. Mira al successo ad ogni costo, ma la vita gli presenterà un conto salato quando si unirà ad una banda di eccentrici musicisti pop guidati dall’imperscrutabile Frank, un genio della musica che indossa una maschera di cartapesta.
FOTO NOTIZIA
SCATTI D'ARTE FOTO DI COLATO CESAR Facebook.com/Cesarfhoto
UNA FOTO E UNA STORIA Nona puntata di La bellezza del passato, una caccia al tesoro per (ri)scoprire le meraviglie culturali del nostro territorio grazie alla luce della fotografia, un mese per volta. Il fotografo veronese Colato Cesar, per dicembre ha fissato in uno scatto il bastione delle Maddalene, a pochi passi da Porta Vescovo. Parte della cinta magistrale di Verona, oltre ad essere tra gli ultimi baluardi del sistema difensivo austriaco è un imponente esempio di architettura militare. Riassume in sé tre epoche storiche: il medioevo scaligero, con Antonio Della Scala che nel 1280 delimita con nuove fortificazioni l'ambito di Campo Marzio, la repubblica veneta che nel 1527 costruisce il bastione delle Maddalene con un intervento innovativo grazie a Francesco Maria Della Rovere, governatore dell'Armata veneta, e la ricostruzione austriaca del 1838-40 con l'ingegnere militare Franz Von Scholl. Si arriva quindi ad oggi. Dopo una recente quanto necessaria riqualificazione, il bastione, che prende il nome dalla vicinanza con l'ex convento delle Maddalene, è oggi sede del centro di Documentazione “Verona Città fortificata Patrimonio mondiale Unesco”.
ADICONSUM 68
UN DIAMANTE È PER SEMPRE ACCIDENTI!
Un altro triste caso di risparmiatori traditi dalle banche. Diamanti venduti come bene rifugio si sono rivelati essere un bene prigione. E senza alcun lusso, visto che le pietre erano preziose nel prezzo ma non nel valore ed oggi sono praticamente invendibili. di Carlo Battistella per Adiconsum Verona
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NTERMARKET Diamond Business (IDB s.p.a.) e Diamond Private Investment (DPI s.p.a.), assieme alle banche Unicredit, Banco BPM (ex Banco Popolare), Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena, sono le società coinvolte nello scandalo dei diamanti su cui è caduta la sanzione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Il meccanismo di vendita delle pietre preziose, qualificato dall'Antitrust come pratica commerciale scorretta, prevedeva la comunicazione di una serie di informazioni ingannevoli. Innanzitutto riguardo al prezzo di vendita, che veniva presentato come quotazione di mercato ma in realtà era liberamente determinato dalle stesse società venditrici, peraltro in misura ampiamente superiore rispetto al costo di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di riferimento (Rapaport e IDEX). PER CAPIRE MEGLIO, nel testo del provvedimento PS10677 sono indicate le voci che componevano il prezzo pagato dallo sfortunato cliente: - costo di acquisto della pietra [20-40%] - Oneri generali: [1-5%] - copertura assicurativa / custodia: [0-1%] - costi rete commerciale: [1-5 %] - commissione banca: [10-20%] - margi-
ne IDB: [20-40%] - IVA: [10-20%]. In altre parole, su un diamante pagato 10.000 €, in media, 1.500 € andavano in commissioni alla banca e 3.000 € alla società venditrice. Mentre 3.000 € soltanto rappresentavano il reale costo della pietra. Inoltre l’andamento delle quotazioni che veniva rappresentato in stabile e costante crescita era in realtà l’andamento del prezzo di vendita stabilito dalle stesse imprese. Ed anche le prospettive di liquidabilità e rivendibilità, presentate come certe nel prezzo e nella tempistica, erano unicamente legate alla possibilità che il professionista trovasse altri consumatori all’interno del proprio circuito. L'Autorità, poi, ha accertato che gli istituti di credito, proponendo l'acquisto di diamanti ai propri clienti utilizzando il materiale promozionale predisposto dalle due società, fornivano ampia credibilità alle informazioni in esso contenute, così convincendo i malcapitati a sottoscrivere onerosi contratti, proprio in virtù della fiducia riposta nella propria banca. Una grave responsabilità per le banche, dunque, che ha determinato l'irrogazione di multe per oltre dieci milioni di euro e che espone gli stessi istituti bancari alle legittime richieste di risarcimento da parte dei clienti danneggiati, tra cui si trovano moltissimi concittadini.
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in cucina con Nicole
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Cucinare è amore che si può assaggiare senzalattesenzauova.ifood.it
… da preparare per le calde sere delle feste
DOLCETTI AL COCCO INGREDIENTI • 3 albumi • 120g di farina di cocco • 80g di zucchero
Mescolate albumi cocco e zucchero. Create delle palline aiutandovi con le mani. Infornate a 180 gradi per 15 minuti. *usate i tuorli avanzati per preparare una frittata o della crema pasticcera.
Il dolce di Verona fatto in casa e monoporzione!
I NADALINI INGREDIENTI • 250g di farina 1 • 50g di fecola • 2 uova • 100 g di zucchero • 100g di burro • 1 arancia • 1 limone • 1 bustina di lievito vanigliato • 1 bicchiere di rum • 20g nocciole • 2 cucchiai di zucchero a velo
Montate i tuorli con lo zucchero. Unite burro fuso, liquore, farina, fecola, lievito, buccia d'arancia e limone. Montate gli albumi ed uniteli lentamente al composto. Riempite i pirottini. Con le nocciole e lo zucchero a velo tritati spolverate i nadalini. Infornate a 180 gradi per 35 minuti.
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BELLEZZA AL NATURALE Scrub cocco e caffè
Un’idea regalo fa cil e e veloce I regali di Natale fatti a mano hanno una marcia in più, quella del tempo e della cura che impieghiamo per farli. Sono, quindi, sempre più apprezzati, e oltre a marmellate e composte esistono delle ricette di bellezza perfette per un regalo di Natale fai da te. Una di queste è lo scrub cocco e caffè: lo scrub, infatti, esfolia e aiuta ad avere una bella pelle anche d’inverno. Questa versione cocco e caffè, poi, ha un profumo buonissimo ed è efficace contro la cellulite, grazie alla caffeina. Una volta preparato lo scrub è possibile regalarlo ad amici dopo averlo confezionato in vasetti decorati, magari accompagnati da un’etichetta scritta a mano in bella grafia.
INGREDIENTI • Due cucchiai di caffè • Tre cucchiai di olio di cocco • Due cucchiai di zucchero (meglio se di canna) • Un cucchiaino di cannella (facoltativo)
PROCEDIMENTO Il procedimento è molto semplice: basta mescolare tutti questi ingredienti insieme direttamente nel vasetto. Con le temperature fredde l’olio di cocco si solidifica, quindi potrebbe essere necessario scaldarlo prima qualche minuto in microonde o in un pentolino per amalgamare bene tutti gli ingredienti. Questa formula è adatta sia all’esfoliazione del corpo che a quella del viso, e per un’azione più mirata è possibile lasciare lo scrub per una decina di minuti prima di lavarlo via con movimenti circolari.
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STORIE DI STORIA 74
LIBERAMENTE ROMANZATE
di Marco Zanoni
L' A rena
opera del diavolo
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A DIETRO LE SBARRE il mondo mi appare meno dorato di quello a cui sono abituato. I miei concittadini mi hanno definito “gran signore miscredente, senza pietà per la gente” e di quest’etichetta ad esser sinceri me ne sono fatto un vanto. Fino ad oggi perlomeno. Sono finito in galera per un reato che qualcuno ha definito malvagio (per me si trattava di ordinaria amministrazione) e per questo attendo il giorno della sentenza. Che sarà durissima, visto che chi semina vento raccoglie tempesta. Posso però aver ancora salva la vita, mi basterà costruire in una sola notte “un edificio adatto a tenervi gli spettacoli e capace di contenere tutti gli abitanti della città”. Quale posto migliore di quella piazza nel centro di Verona? Ho dovuto solo vendermi l’anima, al Diavolo per la precisione. Era l’unico modo per saltarcene fuori. Li sento lì fuori, in questa notte senza luna. Sono mille demoni che lavorano senza sosta: pietra su pietra e arco dopo arco stanno costruendo il loro labirinto. Modellano un’opera diabolica che mi è costata l’anima e l’Inferno. Quest’accordo però adesso mi fa pau-
ra. Mi domando se un uomo ricco possa provarla visto che non mi è mai successo prima. Sono ancora in tempo per pentirmi delle mie azioni? In fondo ho scomodato solamente il re delle Tenebre. È NEL MOMENTO in cui l’alba sorge che prendo la decisione: prego la Vergine Maria, in sottofondo campane lontane scandiscono l’Angelus. È così che il mio accordo con il Diavolo salta, sento i demoni tornarsene nel centro della Terra tra urla e bestemmie. Il lavoro, poveretti, l’avevano quasi finito. Testimone lo è quell’Ala, simbolo di un’opera incompiuta. Sarebbe bastata solo qualche altra ora per compiere il secondo anello. Qualcuno vi dirà che si tratta solo di una leggenda, che in realtà l’hanno costruita i romani e che quello che vi ho raccontato è frutto di una mente delirante. Sta a voi la scelta, credere a me o ai libri di storia. Potreste anche provare a sentire l’opinione di Mefisto. Ai veronesi però l’Arena piace così com’è, e visto tutto quello che ho passato a quell’Anfiteatro mi ci sono affezionato un poco anch’io.
Stop
DIECI ANNI
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DI GIORNALE
PANTHEON ORE 20.00 Aperitivo di benvenuto ORE 20.30 Saluto delle autorità e associazioni del territorio. ORE 21.00 BUON COMPLEANNO PANTHEON Presentazione Palinsesto e novità del 2018. ORE 21.30 Consegna attestati e premiazioni. Conclusione
con brindisi e scambio degli auguri natalizi
VI A S P E T T I AM O P E R G LI AUG UR I PRESSO
GIOVEDÌ
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21 DICEMBRE DALLE ORE 20.00
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Dicembre -Gennaio 2017-2018 Sù e Zò per Verona Luogo: Via Gaspare Spontini, VR Ora: 20.00-23.00
29 DICEMBRE a 01 GENNAIO
DICEMBRE
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dal
Christmas Cookies Lab Luogo: Lingua IT Ora: 10.00-17.00 Festival delle Mongolfiere Luogo: Verona Ora: 17.00 Apertura Parco Natura Viva Luogo: Parco Natura Viva Ora: tutto il giorno
SAN SILVESTRO
31 Vincent Williams Luogo: Cantine de l’Arena Ora: 22.30 Giornata della Lanterna Luogo: Arena di Verona Ora: 18.00 Giselle Luogo: Teatro Nuovo Ora: 18.00-21.00
12 GENNAIO a 14 GENNAIO
12 GENNAIO
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dal
15
dal
02 Abbiate l’ardire di compiere azioni che qualcuno giudicherebbe ridicole, ma che voi ritenete ardenti.
15 GENNAIO a 17 GENNAIO
El Poro Piero Luogo: Cinema Teatro Astra Ora: 21.00
Botero Luogo: AMO Palazzo Forti Ora: tutto il giorno
Silent Party Luogo: Pika future club Ora: 23.00
Favola del principe che non sapeva amare Luogo: Teatro Nuovo Ora: 20.45
Maraja&Ceffi Luogo: Terra Bar al Ponte Ora: tutto il giorno
DICEMBRE
Con tante stelle Luogo: Centro Riuso Creativo Ora: 16.30-18.30
DICEMBRE
Banchetti di Santa Lucia Luogo: Piazza Bra Ora: tutto il giorno
dal
Un’ora di tranquillità Luogo: Teatro Salieri Ora: 20.45
19 DICEMBRE a 21 DICEMBRE
Harlem spirit of Gospel Choir Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00 Le scarpe dimenticate. Acqua santa e brigate rosse Luogo: Libre Verona Ora: 18.30-20.30 Festa di Natale Luogo: Villa Arvedi Ora: 18.00
02 GENNAIO a 04 GENNAIO 27ª Mostra del presepio tradizionale e artistico Luogo: Area ex macello, Verona Ora: tutto il giorno
GENNAIO
dal
16 DICEMBRE a 18 DICEMBRE
16
DICEMBRE
DICEMBRE
13
dal
Iconoclash. Il conflitto delle immagini Luogo: Museo di Castelvecchio Ora: tutto il giorno
dal
18 GENNAIO a 20 GENNAIO
18 GENNAIO
13 DICEMBRE a 15 DICEMBRE
GENNAIO
dal
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Viaggio nel Gusto Luogo: Vallagarina Ora: 11.00-22.00
Motor Bike Expo 2018 Luogo: Veronafiere Ora: tutto il giorno I bambini e le nuove tecnologieMario Valle Luogo: Biblioteca Civica Verona Ora: 17.00-19.00 Karmafulminien Luogo: Teatro Ex Centro Mazziano Ora: 21.00
a cura di Paola Spolon
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GENNAIO
05
Babbo Natale a Gardaland Sea Life Luogo: Gardaland Sea Life Aquarium Ora: 12.00-16.00 Paesi dei Presepi Luogo: Vallagarina Ora: tutto il giorno
05 GENNAIO a 08 GENNAIO
06
Cenere e…Musica, la nuova Storia di Cenerentola Luogo: Cinema Teatro Astra Ora: 21.00 Presepi Arena di Verona Luogo: Arena di Verona Ora: 15.00-19.00 Michelangelo Luogo: Cinema Teatro San Massimo Ora: 20.45
21 GENNAIO a 23 GENNAIO
21
dal
Academovie - I am not your Negro Luogo: Accademia Belle Arti Verona Ora: 17.30-22.30
GENNAIO
Natale a Bussolengo Luogo: Bussolengo Ora: tutto il giorno
dal
09 Date un cioccolatino al collega che vi lavora di fronte. Voi non sapete perche, lui neanche. Ma tornerete alle vostre piccole fatiche quotidiane con un mezzo sorriso in piu.
26 DICEMBRE a 28 DICEMBRE Busimo's Christmas Tree Luogo: Erbezzo Ora: 20.00 La Luna in Piazza Bra Luogo: Piazza Bra Ora: 18.00-22.00 Gioielli a 6 zampe. L’arte per selezione naturale Luogo: Parco Natura Viva Ora: tutto il giorno
09 GENNAIO a 11 GENNAIO
Little Giants Luogo: Museo Civico Storia Naturale Ora: tutto il giorno Viva España Luogo: Teatro Salieri Ora: 20.45 Una Colombia, canzone del viaggio profondo - Alberto Bile Luogo: Museo Africano Ora: 20.30
non ce li siamo dimenticati: non ci stavano 26 GENNAIO a 28 GENNAIO
26 Le baruffe in famegia Luogo: Teatro Camploy Ora: 16.30
GENNAIO
Entrate in una stanza che conoscete bene, fermatevi e guardatela con stupore. Procedete con l’auto-concedervi il perdono per l’eventuale confusione, e poi, silenziato ogni giudizio, ascoltate il lieve battito della vita che avete costruito oggetto, dopo oggetto.
EPIFANIA
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dal
26 DICEMBRE
Flexsound Luogo: Mad’ in Italy Verona Ora: 22.30
dal
GENNAIO
dal
25 DICEMBRE
DICEMBRE
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NATALE
dal
29 GENNAIO a 31 GENNAIO
29 Blues Highway - Giuliano Malatesta Luogo: Cohen Verona Ora: 21.00
Lilya Zilberstein Luogo: Teatro Salieri Ora: 20.45
48 Morto che Parla Luogo: Cinema Teatro San Massimo Ora: 21.00
Meat Wave Luogo: Colorificio Kroen Ora: 21.00
Van Gogh Alive - The Experience Luogo: Gran Guardia Ora: tutto il giorno
GENNAIO
22 DICEMBRE a 24 DICEMBRE
GENNAIO
dal
Verona Concert Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30
A CURA DI
Andrea Nale
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L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA
21 MARZO - 20 APRILE
21 APRILE - 20 MAGGIO
21 MAGGIO - 21 GIUGNO
Quando è stata l'ultima volta che hai cambiato veramente la tua opinione dopo aver discusso con qualcuno che ne aveva una contraria alla tua? Di solito è molto difficile, lo so. Ma dal processo di accantonamento di alcune tue verità passa la strada per il cambiamento che stai cercando.
L'anno che finisce ti porterà un sacco di occasioni importanti, tutte le occasioni che non ti cambieranno di punto in bianco la vita, ma faranno una sola cosa: ti ricorderanno il valore intimo che dai alla meraviglia.
Si avvicina un periodo in cui tutto si rallenta, dove tutti si concentrano su cose più belle: la famiglia, gli amici, le cene. Santa Lucia, Natale e Capodanno: goditeli fino in fondo e torna a gennaio a pensare a tutte le tue lotte.
23 LUGLIO - 23 AGOSTO
24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE
23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE
23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE
LEONE
VERGINE
BILANCIA
SCORPIONE
Fa freddissimo fuori, e quant'è bello rimanere in casa davanti al camino, sotto le coperte, a godersi la protezione dalle intemperie. Il gelo ravviva il calore dell'interno, e non funziona solo con il meteo, funziona soprattutto tra le insenature più nascoste e remote della tua esistenza.
Sta per finire qualcosa, sbaglio? Ma chiusa una porta non devi aprire un portone: chiusa una porta chiudi bene la serratura, controlla che siano chiuse anche porte e finestre e mettiti a fare un grande viaggio.
Per quanto tu possa sentirti intelligente non raggiungerai mai un alto livello di comprensione del mondo se non agirai e penserai in modo semplice. Tutte le cose che ti stanno capitando e che capiteranno non sono complesse, guardale sotto la limpida luce della chiarezza. Sii semplice.
ARIETE
TORO
GEMELLI
22 DICEMBRE - 20 GENNAIO
21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO
SAGITTARIO
CAPRICORNO
ACQUARIO
Siamo molto, ma molto altro rispetto alle delusioni della nostra vita, ai vizi di un mondo sbagliato: non ridurti alle avversità, sei molto, molto di più. Sei una cosa essenziale per molte persone.
«Solo chi ha necessità di un tocco delicato sa toccare con delicatezza»: cosa significa questa frase di Herman Hesse, per te? Voglio che affronti il periodo natalizio con questo pensiero in testa. Vediamo se ci avrai guadagnato qualcosa a gennaio.
23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE
Avete presente la storia che siamo un piccolo puntino nell'universo e che quindi non contiamo niente? Tutto falso. Non siamo un semplice puntino, siamo la direzione in cui entra e da cui esce lo zoom. Ti sembra poco?
22 GIUGNO - 22 LUGLIO
CANCRO
Ti svelo il segreto della felicità, che dovrai applicare nei prossimi mesi: ci sono cose su cui hai potere e altre che non puoi controllare, concentrati sulle prime, rendile a tua immagine, falle splendere. Tutto il resto verrà di conseguenza.
Mangiare, dormire e crogiolarsi negli affetti. Tutta la letteratura si fonda su questi tre fondamenti, tutte le cose raccontate sono strade per arrivare a gustare un buon pasto, fare sogni grandiosi ed amare in modo ardente. Curatevi di queste cose, tutto il resto è in secondo piano.
20 FEBBRAIO - 20 MARZO
PESCI
Pensi che sia tempo di tirare le somme dell'anno e fare i propositi dell'anno nuovo? Le cose importanti della vita sono tutte quelle che in questi calcoli non consideri mai. A cosa ti serve pensare al passato e al futuro quando i fiocchi di neve stanno cadendo adesso?
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