Pantheon 66 - Si aprono le porte del Giubileo. E quelle della fede.

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Anno 8, Numero 10

Dicembre 2015 - Gennaio 2016

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VER NA

NETWORK

MENTRE CRESCONO LE TENSIONI INTERNAZIONALI SI APRONO LE PORTE DEL GIUBILEO E QUELLE DELLA FEDE

Il coraggio di

FRANCESCO ECONOMIA

ALIMENTAZIONE

RINNOVABILI

FOTOGRAFIA

La 55ma Assemblea di Confindustria Giovani

Il cotechino dopo la nota OMS

L'energia prodotta dai batteri

Il pioniere Stefano Signorini


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EDITORIALE di

Matteo Scolari

@ScolariMatteo

In un momento storico in cui l’individualismo e l’interesse personale permeano in lungo e in largo, il concetto di comunità può essere l’elemento chiave, e risolutore, per iniziare un’epoca nuova.

“Il bene che assicuriamo per noi stessi è precario e incerto fino a quando non viene assicurato a noi tutti e incorporato nella nostra vita comune.” Laura Jane Addams

«A

i problemi sociali si risponde con reti comunitarie». Mi ritrovo ancora una volta nelle parole e negli scritti di Papa Francesco che in uno dei tanti passaggi interessanti e profondi della sua seconda enciclica, Laudato si’, sottolinea come «non basta che ognuno di noi sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come quella che affronta il mondo attuale […] ma occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo». In un momento storico in cui l’individualismo e l’interesse personale permeano in lungo e in largo la nostra esistenza e la nostra quotidianità, provocando nella maggior parte dei casi la desertificazione dei rapporti umani, del dialogo tra persone e dell’aiuto reciproco, il concetto di comunità rievocato da Bergoglio può essere l’elemento chiave, e risolutore, per iniziare un’epoca nuova, fondata su altre dinamiche, su altri principi. Un bell’esempio sul territorio veronese, anche se virtuale, di rispolvero di quel senso di comunità, che senza dubbio una volta ci apparteneva di più, è il gruppo Facebook “Valpantena più sicura”: quasi tremila persone, stanche e impotenti di fronte all’escalation di furti nelle abitazioni e nelle aziende riscontrati in particolare nell’ultimo anno nelle frazioni e nei comuni a nord di Verona e della Lessinia centrale, hanno dato vita a questo “non luogo” su internet per far fronte tutte insieme al problema, per aiutarsi reciprocamente, per attivare canali rapidi di comunicazione e/o segnalazione di azioni equivoche. E l’effetto prorompente di questa azione preventiva che parte dal web, dalle nuove tecnologie e dai nuovi strumenti per comunicare,

si è diffuso contestualmente in altre zone della provincia: nell’Est veronese, in Valpolicella, nella zona lago, aree in cui a causa delle stesse criticità sono nate esperienze simili, con gruppi di persone che, riscoprendosi improvvisamente “comunità di cittadini”, si aiutano tra di loro, scendendo in strada in caso di necessità o avvisando le Forze dell’ordine o il vicino di casa in presenza di rumori o situazioni che possano destare sospetto. Questo, per fortuna, non è l’unico esempio che potremmo citare e con il quale potremmo avvalorare i benefici dovuti a un più ampio spirito comunitario: esistono anche altre situazioni, pensiamo ad esempio all’ambito sociale, in cui ci si può dare una mano con gratuità, senso civico, impegno per il bene comune, che è mio, ma è anche nostro, di tutti. Concludendo con il riferimento all’enciclica Laudato si’, Francesco ricorda: «Le esigenze di quest’opera (in generale le sfide difficili della società moderna, nrd) saranno così immense che le possibilità delle iniziative individuali e la cooperazione dei singoli, individualisticamente formati, non saranno in grado di rispondervi. Sarà necessaria un’unione di forze e un’unità di contribuzioni». Pensiamoci. Siamo ancora in tempo. Infine, lasciatemi concludere con una chiosa ancora sul Santo Padre e sull’immagine di copertina di questo numero. Abbiamo voluto premiare il coraggio di Bergoglio. Il coraggio di un uomo che sta tentando di scardinare giochi di potere, antichi vizi e corruzione. Il coraggio di un uomo che ha scelto di indire un Giubileo straordinario in un momento delicatissimo a livello internazionale e che si propone di lanciare un messaggio di speranza universale, interreligioso, che vada oltre la pietà e oltre il perdono. Auguro a voi e alle vostre famiglie un Sereno Natale e un Felice 2016.


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Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 - Numero chiuso in redazione il 14/12/2015

SOMMARIO

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BOX OFFICE

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Bellezza al Naturale

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IN CUCINA CON NICOLE

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PRIMO PIANO

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A TTUALI Tà L ' I sl a m c h e c o no s c o i o La voce di Mustafa Dereya IL PER S ONA GGI O I l gua rd ia n o de g li s c a f fa li , storico bibliotecario della Capitolare CREDITO&IMPRESA «Il made in Italy siamo noi» La 55ma assemblea di Confindustria Giovani AGROALIMENTARE Allarme rossa Come affrontare il cotechino dopo la nota dell'OMS GIOVANI&LAVORO L'energia arriva dai batteri L'idea vincente di un gruppo di studenti

«L'amore è l'unica religione». Il resto è spazzatura?

Il Dio che si prega e (cerca) oggi

SALUTE&BENESSERE D i gi ta b i li è m e g li o La tecnologia a servizio della disabilità SOLIDARIETA'&NO PROFIT La casa, prima di tutto Il Samaritano inaugura 8 mini appartamenti S COR CI Q uest i o n e di s g u a r di Le fortificazioni veronesi in una mappa INTRAPRENDENZA FEMMINILE L'uguaglianza si impara Telefono Rosa Verona CULTURA Verona e Mantova ancora più vicine L'intervista al sindaco della Capitale della Cultura A U T O R o nni e Q ui nta relli è le g g e n da Quarto titolo Super GT in cinque stagioni

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Un mese, lo sa ppiamo, è lu n go. V u o i rima ne re s e mp re aggi ornato? Dai uno sguardo al nostro portal e: www. v er on a-pantheo n.co m Direttore responsabile Direzione editoriale Redazione

M at t e o S c o l a r i

M i r ya m S c a n d o l a

Redazione e Collaboratori

M at t e o S c o l a r i , M i r ya m S c a n d o l a

F l av i o B r u t t i , C h i a r a B o n i . H a n n o c o l l a b o r at o a l n u m e r o d i d i c e m b r e - g e n n a i o 2 0 1 5 / 1 6 Matteo Bellamoli, Marta Bicego, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, Giorgia Castagna, Francesca Mauli, Marco Nicolis, Emanuele Pezzo, Camilla Pisani, Erika Prandi, Nicole Scevaroli, Alessandra Scolari, Ingrid Sommacampagna, Giovanna Tondini, GIULIA ZAMPIERI, Mattia Zuanni. Copertina

F l av i o B r u t t i

P r o g e t t o g r a f i c o F l av i o B r u t t i S o c i e tà e d i t r i c e I n f o Va l S . r . l . Redazione

V i a T o r r i c e l l i , 3 7 ( Z A I - V e r o n a ) - P. I va : 0 3 7 5 5 4 6 0 2 3 9 - t e l . 0 4 5 . 8 6 5 0 7 4 6 - fa x . 0 4 5 . 8 4 9 2 2 4 8

m a i l : r e d a z i o n e @ g i o r n a l e pa n t h e o n . i t - w e b : w w w.g i o r n a l e pa n t h e o n . i t - Fa c e b o o k : / Pa n t h e o n - T w i t t e r : @ pa n t h e o n v r S v i l u p p o c o m m e r c i a l e e p u b b l i c i tà 045 8650746 C o n t r i b u t i p e r Pa n t h e o n M a g a z i n e c / c p o s ta l e 9 3 0 7 2 2 6 2 i n t e s tat o a : I n f o va l s r l – V i a l e d e l L av o r o 2 , 3 7 0 2 3 G r e z z a n a ( V R )


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PRIMO PIANO

di

Miryam Scandola

L'AMORE È L'UNICA R E L I G I O N E . T U T TO I L R E S TO È SPA Z Z AT U RA

(OSH O)

miryam.scandolai@verona-pantheon.com

Genesi di Sebastião Salgado. La sera dell'8 dicembre le foto del fotografo brasiliano sono state proiettate sulla facciata della Basilica di San Pietro per accompagnare l'inizio del Giubileo

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l Giubileo è iniziato e arriva, diciamolo, in un momento delicato. Soprattutto oggi, in un orizzonte confuso dove si combatte con e per un Dio, che di certo, a queste condizioni, non vorrebbe esistere. Se si facesse a meno delle religioni, si toglierebbe un grande ceppo dal focolare dell'odio? O forse, un mondo con gli occhi lontani dal cielo sarebbe un luogo abitato da persone senza speranza, con l'anima affievolita? Cresce il numero dei nones

(da none of the above, nessuno delle sopracitate), coloro che si allontanano dalla religione, secondo un recente lavoro di Graham Lawton per New Scientist, che riferisce come in tutto il mondo ci sia «una forte tendenza alla secolarizzazione». Ma ci sono stime che sembrano affermare il contrario. Nel mondo, l'ottanta per cento della popolazione dichiara di credere in qualche forma superiore, o a una vita dopo la morte, o confida di dedicare

del tempo, durante la settimana, per la preghiera o per la meditazione. In alcuni paesi, come gli Stati Uniti, il numero si attesta attorno al novanta per cento. La sete di sacro, anche nella nostra penisola, resiste, almeno stando alle cifre (Censur 2015) di un'Italia che raccoglie tra religioni e movimenti ben 836 denominazioni rispetto alle 658 del 2001. Dio è, dunque, morto? Forse non ancora, malgrado il silenzio di certe chiese svuotate.


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Il Dio che si prega (e si cerca) oggi

«LA PAURA NON SI ADDICE A CHI È AMATO» OVVERO IL GIUBILEO DI FRANCESCO «Il messaggio di Gesù è la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore». Queste erano le parole del Papa quattro giorni dopo l'elezione al soglio, durante una delle sue prime omelie da pontefice. Non ha, dunque, stupito nessuno il tema scelto da Jorge Mario Bergoglio quando il 13 marzo 2015 ha indetto il Giubileo straordinario, iniziato (in Italia) l'8 dicembre. «Essere testimone della misericordia», questo l'obiettivo sul quale la Chiesa deve centrare la sua missione. «Nella storia dell’umanità c’è stato un momento in cui si è p arlato di perdono e di misericordia, ma è durato poco tempo, più o meno due o tre anni, e l a storia è finita male». (Albert Camus, La caduta)

Di che numeri parliamo: Secondo una ricerca del Censis, saranno almeno 33 milioni le persone che arriveranno a Roma in occasione dell'Anno santo. Una stima, se vogliamo, piuttosto prudente considerando le grandi folle che seguono solitamente gli spostamenti di Papa Bergoglio (detiene il record il viaggio di Francesco nelle Filippine con 7 milioni di fedeli

presenti alla Messa di Manila). Per ogni dove: Un evento diffuso in tutte le diocesi, che non predilige solo la città eterna. Significativa la scelta del santo padre di aprire i 12 mesi giubilari non a Roma, ma bensì il 29 novembre, nella cenerentola Bangui, capitale dolorante di uno stato, la Repubblica Centrafricana, ancora sofferente per i suoi trent'anni di golpe e

conflitti, e la guerra civile che ne insanguina le strade sterrate dal 2012. «Aprite le porte della giustizia», ha detto Bergoglio nelle sale anguste della cattedrale del paese, che abita gli ultimi posti delle classifiche mondiali per ricchezza e sviluppo socio-economico. Il tema: «Misericordia è il cuore che si china su ogni miseria, fisica e morale». Non è solo il fil

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PRIMO PIANO

rouge dell'Anno santo, ma anche e soprattutto, la password del magistero e del ministero di Papa Francesco. Anniversari: L'apertura del Giubileo avviene nel 50° anniversario della chiusura del Concilio ecumenico, nel 1965. Un po' di storia: La Chiesa cattolica ha iniziato la tradizione dell'Anno santo con papa Bonifacio VIII nel 1300. Gli Anni santi ordinari, celebrati di norma ogni 25 anni, fino a oggi sono 26. L'ultimo Giubileo di questo tipo è stato quello del 2000. L'ultimo straordinario, invece, quello indetto nel 1983 da Papa Giovanni Paolo II. Porta santa: Da tradizione ne

dispongono le quattro basiliche maggiori di Roma (San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore), ma il Giubileo straordinario entrerà nelle cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo. La porta, metafora dell'assoluzione dei peccati, dopo essere stata aperta dal Papa, dai vescovi o dai loro officianti, potrà essere attraversata dai fedeli fino al 20 novembre 2016 quando si concluderà l'Anno santo. E Verona? Il Giubileo scaligero ha preso il via il 13 dicembre con la celebrazione nella chiesa di S. Anastasia e l'apertura della Porta Santa in Cattedrale

ad opera del vescovo Zenti. Le chiese «giubilari» (sette oltre il duomo, ndr) dovranno aspettare, invece, domenica 20 dicembre per vedere aperto il loro sacro passaggio. Il tempio della Madonna di Lourdes delle Torricelle e la chiesa di Santa Teresa di Tombetta a Borgo Roma; questi i luoghi a Verona che, accanto alla Cattedrale e ai cinque santuari della provincia, godranno dei «privilegi» dell'Anno santo. Alla basilica di San Zeno spetta, invece, l'onere e l'onore di essere il punto di partenza dei pellegrinaggi (quattro, finora, le date dedicate: 29 maggio, 19 giugno, 25 settembre e 23 ottobre).

ALTROVE, MA DOVE? Un cattolicesimo "più orecchiato che vissuto", quello che il sociologo Franco Garelli, autore del volume Religione all'italiana (Mulino, 2011), sembra aver individuato nel Bel paese. Benché le statistiche sul numero dei praticanti siano molto controverse, da una recente indagine (Doxa, 2014) la percentuale di italiani che si definiscono cattolici viaggia attorno al 75 per cento, di cui il 46 praticante. Eppure i cattolici che nel 2011 dichiaravano di andare regolarmente a messa, erano solo il 25,9 per cento. «La persistenza di questo cattolicesimo delle intenzioni o della forma (o anagrafico, o di famiglia) è il dato più paradossale dell’epoca attuale», sostiene Garelli e spiega come «l'avvento del pluralismo culturale e religioso non produce necessariamente l'abbandono dei riferimenti di fede, anche se ne condiziona l'espressione». Le chiese non saranno dunque piene, ma, almeno al momento, non sono lasciate sole al loro silenzio. Anche nei temi interiori, per

certi versi, sembra prevalere lo stesso day by day che emerge dal recente rapporto del Censis (49esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, ndr) che ha parlato “di un letargo esistenziale collettivo” dove è diffusa l'incapacità di produrre un'interpretazione della realtà e del futuro. «Un limbo italico di mezze tinte, mezze classi, mezze persone e mezze idee» per dirla con le parole che il

presidente del Censis Giuseppe De Rita ha preso in prestito da Turati. Una fede sbiadita e dimezzata, dunque? Sicuramente un rapporto flessibile, ad hoc, una fede cattolica, insomma, dal taglio sartoriale, cucita addosso alle esigenze quotidiane. Che non esclude, nel suo complesso ricamo, anche la frequentazione, assidua o meno, di altri credi.


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PRIMO PIANO

QUALCUNO LE CHIAMA MINORANZE C'è un dato, del tutto mitologico, secondo cui tutte le espressioni religiose che esulano dal Cattolicesimo in Italia rappresentino solo l’uno per cento della popolazione. Facciamo due conti. Se si prendono i cittadini italiani che chiaramente manifestano un’identità religiosa diversa dalla cattolica, arriviamo a 1.639.518 unità. Se aggiungiamo gli immigrati non cittadini, tocchiamo le 5.514.718

unità. Un dato da ripartire tra l'immigrazione islamica, quella cristiano-ortodossa dall’Est europeo, quella legata all’induismo, al buddhismo, alle religioni sikh e radhasoami, al protestantesimo pentecostale e battista di origine cinese, coreana, filippina e africana e l’immigrazione copta proveniente da diversi Paesi dell’Africa. «Considerando da una parte i 55.781.575 cittadini italiani e con-

frontandoli con il totale della popolazione residente - fissata a 60.795.612 - siamo come si vede a una percentuale del 2,9», spiegano Zoccatelli e Introvigne ne Le religioni in Italia ( a cura di Censur, 2015). A conti fatti, se si considerano i residenti in Italia, la percentuale si attesta attorno al 9,1 per cento. Tutt'altro che minoranze, verrebbe da dire.

CREDERE SENZA APPARTENERE A fronte delle tesi degli anni settanta e ottanta, che prospettavano addirittura l'estinzione della religione man mano che l'innovazione tecnologica guadagnava terreno, oggi si assiste ad un "ritorno del religioso". A cambiare sono però "le condizioni del credere", secondo il filosofo canadese Charles Taylor (L'età secolare, trad.it., Feltrinelli, Milano 2009) . La dimensione del sacro nel mondo contemporaneo, per dirla con la fortunata metafora del teologo Harvey Cox, assomiglia ad «una seduta di jazz che

non si basa su uno spartito». In questo contesto di "improvvisazioni" individuali così variegato, cresce l'interesse per forme di rapporto con il divino, dove il percorso prevale sul discorso, il mythos sul logos, fino a quelle “fedi senza ragione” affrontate anche nell'enciclica di Giovanni Paolo II Fides et ratio. Fornire cifre in tema di movimenti del potenziale umano e di New Age e Next Age è cosa rischiosa, oltre che delicata. Non si può parlare in senso stretto di "membri", ma piuttosto di "fruitori". Di certo, i

frequentatori occasionali di corsi e seminari afferenti a queste realtà sono numerosissimi, ma la loro partecipazione non continuativa li sottrae alle statistiche. Se volessimo avventurarci comunque in una stima, per il Censur sono 30.000 le persone che in Italia aderiscono a movimenti di area del potenziale umano, come la Chiesa di Scientology e il Paris Energy Method. 20.000 quelli legati all'area del New Age, e alla sua recente deriva individualistica nota come il Next Age.

SPIRITUALITÀ TRA LE RIGHE I loro scaffali, che siano quelli in legno dello storico negozio in via Filarmonico a Verona o quelli virtuali affidati all'etere del web, sono piuttosto affollati. Si va da La stregoneria moderna a Collaborare con angeli e Guide passando per La nostra strada del cuore. In viaggio con lo Yoga. Più che di best seller, qui parliamo di "long seller". Non smettono di essere richiesti autori come il filosofo ed esoterista Rudolf Steiner o Helena Blavatsky, madre delle Società Teosofica. La letteratura orientale continua a esercitare il suo fascino con il mitico e seguitissimo Osho, il Dalai Lama sempre più guida spirituale

universale e il mistico indiano Paramhansa Yogananda. Molto letta anche la saggistica nordamericana da Doreen Virtue massima esperta di interazioni con gli angeli fino alla canadese Claudia Raiville, ideatrice della Metamedicina. Una variegata proposta per una pluralità di argomenti. «Da un rapporto consapevole con la natura a una visione olistica della salute dell'uomo. Dallo sviluppo delle potenzialità umane allo studio delle tradizioni spirituali. Dagli enigmi dell'archeologia allo studio della scienza di frontiera». Così il proprietario, Maurizio Zoccatelli, riassume i filoni e i sentieri che ha scelto di

percorrere con la sua attività Il Cerchio della Luna, libreria esoterica dal 1985 e casa editrice dal 1995. «Un flusso in costante aumento» quello dei suoi lettori e acquirenti che conferma l'attrazione dei veronesi per un'offerta culturale di questo tipo. La componente femminile «con un'età compresa tra i 25 e i 60 anni» come precisa Zoccatelli, risulta essere la più attenta a questi temi. Ma, al di là delle distinzioni di genere, quello che sembra essere alla base di tale ricerca è «un desiderio di conoscenza e consapevolezza; seguendo percorsi anche di culture diverse dalla tradizione occidentale».


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Il Dio che si prega (e si cerca) oggi

Dott.ssa Beatrice Marazzi

IO, ABBREVIAZIONE DI DIO Il GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione Socio- religiosa) impegnato nello studio delle sette e dei movimenti religiosi, fornisce consulenza per quanti vivono una situazione di disagio correlata all'attività di aggregazioni che operano in ambito religioso, parareligioso, spiritualista e magico. Abbiamo intervistato Beatrice Marazzi, coordinatrice del Centro di ascolto e documentazione di Verona. I sociologi parlano dell'affermarsi di un"nomadismo spirituale", una tendenza anche veronese? Negli ultimi trent'anni l'aumento esponenziale di movimenti religiosi di vario tipo, quasi tutti con caratteristiche fai da te, è la proiezione di un bisogno dell'uomo contemporaneo più che di elevarsi a Dio, di trascinarlo a sé. Quanti sono i movimenti religiosi (in forme più o meno settarie) all'ombra dell'Arena? Ci sono 70 gruppi diversi. Si va dai Movimenti del potenziale umano a quelli di area orientale (buddhista e induista. ndr). Poi, gruppi o singoli che praticano cartomanzia e magia. C'è un discreto movimento di interesse per lo sciamanesimo e un consistente fenomeno legato a ritrovi e a centri di cultura prettamente New Age. Inoltre è presente un gruppetto di movimenti di area cristiana o pseudotale, legato spesso ad ispirazioni private assolutamente non confermate, catalizzatrici di un bisogno di fede più emotiva che consapevole e matura.

Qual è l'incidenza? Noi stimiamo che ci sia un 10 per cento della popolazione di Verona che abbia un'effettiva partecipazione ad un movimento religioso. Possiamo fornire stime non numeri. Sono forme nebulose, diffuse nella pratica, ma non quantificabili. Quali sono i movimenti a Verona dove emergono le maggiori criticità? Molte delle pratiche legate all'area New Age sono alla radice del fallimento dei contesti familiari e delle separazioni coniugali, oltre che, in alcuni casi, responsabili della destabilizzazione dell'identità personale. Alcuni di questi percorsi, essendo fortemente incentrati sul primato dell'io rispetto al resto del mondo, non sono compatibili con elementi come la conciliazione e la donazione, centrali in una dinamica di relazione. Avete tante richieste di aiuto in questo periodo? Sì, tutto grazie al passaparola. Al momento abbiamo casi di manipolazione mentale che vengono da iniziative apparentemente spacciate come per-

corsi di conoscenza di sé. C'è differenza di genere nell'approcciare a queste realtà? Nessuna prevalenza tra uomini e donne. Spesso non ci si rende conto di che fragilità il mondo New Age crei anche nella componente maschile, perché è la grande madre di tutti fallimenti esistenziali. Conta l'età? È un fattore rilevante. Mediamente, le persone che intraprendono percorsi di questo tipo non sono persone giovani. Prima dei 30 anni c'è una forte diffidenza in tutto ciò che sa di spiritualità. Come si spiega il fenomeno? Spesso la religione o l'adesione a un movimento religioso che si stacca notevolmente dalle nostre radici, non è altro che la copertura di un problema che stava sotto. Alcuni movimenti religiosi finiscono per diventare i collettori di disagi esistenziali. Sono spesso condivisioni di infelicità. Individuali, per altro. Per informazioni è possibile chiamare questo numero 0458083711 e lasciare un messaggio anche in forma anonima.

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Casa dell’acqua: opera realizzata in provincia di Udine con pietra prun La casa dell’acqua è un “pozzo” per l’approvvigionamento di acqua potabile naturale e gasata, realizzata in dieci comuni della provincia di Udine (città definita in passato la “piccola Venezia”) nel centro del Friuli Venezia Giulia. Il motivo della sua diffusione rispetto ad altre tipologie, sta nella semplicità dell’elemento architettonico, nella scelta dei materiali tradizionali e nella composizione della pianta. La sua forma esagonale distribuisce rispettivamente tre ingressi e tre luoghi di aggregazione oltre che ovviamente un pozzo in pietra prun. La scelta della pietra prun, fornita dalla ditta Quintarelli Roberto e voluta dal progettista, Architetto Andrea Martini, sta “nella forza evocativa di un cultura e di una tradizione lontana nei tempi immemori di agi ed onori” e nel materiale che da sempre è servito per la costruzione di pozzi e fontane. Essenziale è stato il lavoro degli artigiani che nel loro insieme hanno saputo coniugare le scelte dell’architetto in un lavoro apprezzato e usato dalla comunità.

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Il Dio che si prega (e si cerca) oggi

«ABBIAMO TUTTO E NON C'È PACE. PERCHÉ LA PACE MANCA DENTRO» Dopo 3 anni, 3 mesi, 3 giorni (non proprio alla lettera, ndr) in solitudine secondo il tradizionale ritiro buddhista, Lama Jampal ha lasciato la scuola nepalese di Benchen a Kathmandù ed è volato sulle dolci colline di Cancello, a Montorio. Monaco «per beneficio di tutti gli esseri senzienti» e giunto nel nostro Paese per un motivo non dissimile, vive dal 2003 in una casetta avvolta dalle ormai conosciute bandierine tibetane che lasciano al vento il compito di disperdere pensieri e preghiere. Il Centro Studi e Meditazione Benchen Karma Tegsum Tashi Ling che lo ospita in via permanente, nasce dall’incontro di alcuni praticanti veronesi con il XVI Karmapa ed il Venerabile Maestro della tradizione Karma Ka ju del buddismo tibetano, Tenga Rinpoche, negli anni ‘80. Oggi la struttura è un luogo aperto ai visitatori e a quanti frequentano i corsi di meditazione. Da un'ora imprecisata dell'alba fino alle 9 di ogni mattina, Lama Jampal fa la sua pratica. Poi è a completa disposizione di quanti si spingono fin lassù, in cerca di qualcosa a cui non sanno dare un nome. Chi viene a farle visita? Veronesi, vicentini, bresciani, veneziani, padovani. Qualsiasi persona può venire qui. Più apri la finestra più ampli la vista. Molti hanno paura di perdere i loro valori, ma se hai il coraggio di aprire, non puoi che arricchirti. Cosa cercano qui? La felicità, credo (ride, ndr) La trovano? La felicità l'abbiamo già dentro di noi. Applicando gli insegnamenti, si riesce ad intuirla, ma siamo sempre come oscurati dalle nostre emozioni. Perché non basta la Chiesa e la nostra religione tradizionale?

Lama Jampal

presso il Centro per la Meditazione e la Pratica Buddhista di Montorio

Capita che a volte sei vicino a qualcuno e lo senti lontano. Invece con qualcun altro, appena lo incontri, è come se fosse da sempre. Il Giubileo straordinario è dedicato alla Misericordia. C'è un valore simile nella vostra religione? Certo! Non è semplice pietà, è qualcosa di più radicale. Vuol dire capire la sofferenza di tutti gli esseri senzienti. È sentire il dolore degli altri e decidere di dare una mano. «Le grandi religioni portano lo stesso messaggio, che è un messaggio d'amore››, ha detto il Dalai Lama in un'intervista per il Corriere, è d'accordo? Karmapa (il suo maestro, ndr) ripeteva sempre che è cosa facile rispondere alla domanda: «Di quale religione sei?». Ma più difficile è scegliere una risposta per questa: «Sei una persona buona?». Prima di nasconderci dietro un nome o un'appartenenza dovremmo guadagnarci la nostra bontà. Il dolore si può davvero tenere sotto controllo attraverso l'eser-

cizio della mente? Se un malato non è consapevole della sua malattia, non cerca neanche la cura. La meditazione in tibetano si dice com, che vuol dire “abituarsi”. Prima devi stare calmo con il tuo corpo poi con la tua parola, infine lo è anche la tua mente. Meditando, la tua mente torna dentro di te. E così, nella consapevolezza, riesci a distaccarti dalla tua emozione. Il buddismo ti fa i “raggi x” all'anima. Abbiamo tutto e non c'è pace, perché la pace manca dentro. Lei c'è arrivato a superare la sofferenza? No! (ride, ndr). Sono in cammino, come tutti. Il Dalai Lama ripete sempre che la potenzialità c'è praticando tutti i giorni. Ci sono 84mila insegnamenti, ma ognuno deve trovare il suo. Perché c'è un sentiero per ciascuno. Anche per chi viene da una tradizione diversa? Quando si tratta di religione, dobbiamo fare come le api nei giardini fioriti. Prendere il meglio senza rovinare il fiore.


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ATTUALITÀ

La voce di un uomo, musulmano, italiano

IO, MUSULMANO DI BETLEMME V I R A C C O N T O L A M I A I TA L I A

di Erika Prandi

Mustafa Dereya ha 35 anni e da sette mesi è cittadino italiano. Proviene da Betlemme ed è musulmano. Ha conseguito una laurea in inglese in ingegneria meccanica e parla correttamente tre lingue. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare le sue esperienze di vita da quando ha lasciato la Palestina per venire in Italia e per capire com’è essere “non cristiano” in un paese come il nostro.

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ustafa, come mai ha scelto proprio l’Italia? E da quanto sei qui? «Sono venuto in Italia nel 2001. È l’unico Paese che mi permetteva di continuare gli studi in ingegneria meccanica. In Germania sarebbe stato più difficile. Per poter ottenere il visto era necessario che mi iscrivessi ad una qualsiasi università, così ho scelto Siena. Qui ho seguito un corso di sei mesi per imparare l’italiano poi mi sono trasferito a Verona (dove aveva degli amici, ndr) alla facoltà di Informatica. Mi sarebbe piaciuto seguire un corso di informatica applicata all’ingegneria meccanica ma in Italia non c’è. Nel frattempo mi sono rivolto all’Università di Torino per il riconoscimento della laurea che ho preso all’Università di Hebron (in Cisgiordania, ndr) in quanto le due università sono gemellate. Poi ho lasciato gli studi perché ho trovato lavoro. Ho lavorato due anni e mezzo alla Ford di Verona come mec-

Mustafa Dereya

L'ISLAM QUI NON C'ENTRA «Lasciamoci provocare anche dalla semplice idea di una scuola di imam››. Questa la via scelta dalla Curia di Verona dopo la polemica legata alla notizia che vede l'ex calzaturificio Armani di via Garofoli a San Giovanni Lupatoto evolvere, a metà del prossimo anno, in una scuola per le guide musulmane. Una sfida, di certo. Ma, forse, anche un'opportunità. «Formare evita l'estremismo›› ne è convinto Marco Savoia, arabista, traduttore e docente di arabo presso InAsia. L'Islam è solo «uno specchietto per le allodole››, le ragioni dell'Isis (e dei suoi servi) sono altre. E que-

canico e intanto ho seguito i corsi di aggiornamento a Bergamo. È stato difficile trovare lavoro? Ci sono state tante difficoltà burocratiche a causa della diversità dei documenti. In Italia non si dà molto peso al titolo ma alle competenze. Ora sono responsabile del reparto riparazioni auto in un’altra officina veronese. Come si trova a Verona? Mi sono sempre trovato bene. Ho molti amici, sia cristiani che musulmani. I veronesi rispettano le brave persone che lavorano. Per mia moglie è stato più difficile perché, dopo una laurea in Farmacia, un master in Cosmetica a Ferrara e un tirocinio di sei mesi a Milano,

sto lo si vede anche dalle parole. Jihad, il nome che sventolano come vessillo, «non significa tanto lotta- precisa Savoia- ma deriva dalla radice araba J-HI ovvero “sforzo”, quella fatica interiore che il credente deve compiere per creare un mondo di pace››. Non a caso, il politologo francese Olivier Roy, in un articolo uscito per Le Monde. Fr, ha parlato di «un'islamizzazione del radicalismo›› e non del contrario. Insomma, una battaglia nichilista che usa il Dio del Corano come comodo pretesto. Una guerra combattuta, insomma, da chi quel Dio neanche sembra conoscere.

non è riuscita a trovare lavoro a causa del velo. Ad agosto ho dovuto far tornare lei e i due bimbi a Betlemme. È una guerra. Mi mancano tantissimo. Vorrei riportarli qui perché si vive meglio, non c’è la povertà che c’è in Palestina. Ma se non trova lavoro cambiamo proprio paese, andiamo in Inghilterra. Qual è il suo sogno? Il mio sogno è aprire con mia moglie un’azienda di cosmetica in Palestina. Lo farei per ritornare nel mio paese e per aiutare gli altri offrendo loro un lavoro. A Betlemme convivono pacificamente cristiani e musulmani e si rispettano. La differenza di religione non importa, per me sono sempre palestinesi.


Studio Gazzani

Sessant’anni di storia e di innovazione professionale Giunto al sessantesimo anno di attività, lo Studio Gazzani procede con sempre più determinazione: dalla sua parte la competenza e l’esperienza professionale, che gli hanno permesso di diventare, negli ultimi decenni, una delle realtà più affermate del nostro territorio.

Since 1955 - 60 Anniversary

S

egna il sessantesimo anno di attività lo Studio Gazzani, che ha festeggiato l’importante evento lo scorso 27 novembre, nella prestigiosa Sala Convegni dell’Abazia di San Zeno: un’occasione per narrare i sessant’anni di storia dell’attività, ma anche per un discutere dell’economia locale e globale, in linea con la vocazione “glocal” dello Studio. Dagli studi a Isola della Scala e a Verona, alle più recenti aperture a Milano e a Roma, fino alla partnership internazionale: dal 1955, anno della fondazione ad opera di Carlo Gazzani, ad oggi lo Studio ha certamente fatto molta strada. Lo Studio Gazzani, infatti, è oggi unico corrispondente italiano e partner in Italia e all’estero di “Gmn International”, un’associazione di società di revisione giuridicamente indipendenti in tutto il mondo, tra i primi 15 network internazionali, con un fatturato di oltre 200 milioni di dollari, garantito da 66 membri, 325 Partners e 2.445 occupati complessivi, presente in 48 Paesi con 136 sedi. Lo Studio è composto da una ventina di professionisti, guidati da Massimo Gazzani, figlio del fondatore ed artefice dello sviluppo verticale dello Studio. Oggi, infatti, all’assistenza nei tradizionali settori societario, tributario, bancario,

finanziario e dei mercati dei capitali – assicurati già dagli anni 80 - si affianca un’assistenza di primario livello nelle aree del contenzioso, della pareristica, delle operazioni straordinarie, con una propensione sperimentata verso le Imprese familiari e la continuità delle aziende. Con l’occasione di celebrare i sessant’anni di attività, lo Studio Gazzani ha presentato anche due rivoluzionari progetti, già annunciati nel corso della serata del 27 novembre. Il primo è il portale www.unico.24.it che renderà possibile ottenere, a prezzi modici in tutta Italia, la compilazione della propria dichiarazione dei redditi in sole 24 ore. Il progetto prenderà l’avvio già dal prossimo anno: il contribuente con un semplice click avrà la possibilità di accedere alla piattaforma dello Studio Gazzani, che metterà a disposizione la propria esperienza per ottenere risultati professionali in brevissimo tempo. Il secondo progetto è il sito di “fundraising” www. avviamoci.it, che a breve opererà come gestore di portali per la raccolta di capitali in favore di iniziative imprenditoriali e umanitarie. “Avviamoci!” è quindi una vera startup che si occuperà di FoundRaising, Charity e CrowdFunding. Sarà utile soprattutto a giovani aspiranti imprenditori che hanno un’idea vincente ma non sanno come iniziare, come finanziarla e come realizzarla. Ma darà il suo contributo anche a iniziative di raccolta fondi a scopo sociale e benefico, promuovendo il sostegno a enti no profit e raccogliendo i fondi necessari a centrare gli obiettivi di “charity”, dove le somme raccolte verranno depositate su conti vincolati e ad utilizzo esclusivo dell’ente beneficiario.

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INTERVISTA

IL PERSONAGGIO

di

Giorgia Castagna

giorgia.castagna@verona-pantheon.com @CastaGiorgia

IL GUARDIANO DEGLI SCAFFALI Tra storie di libri salvati e perduti, ci siamo immersi per voi tra i mille ripiani della Biblioteca Capitolare. Ad accompagnarci in questo viaggio una voce semplice e innamorata, quella di Francesco Graziani, storico bibliotecario e custode del sito. foto da L'Arena

È

grazie al Prefetto Monsignor Bruno Fasani che riusciamo a farci aprire le porte di uno dei luoghi più antichi e affascinanti della città: la Biblioteca Capitolare di Verona. L'edificio, che si trova nella zona medievale di Verona, vicino al ponte Pietra e al Duomo nacque in concomitanza con la diffusione del cristianesimo in città, intorno all'anno 380, e divenne fin da subito luogo religioso in cui archiviare i vari scritti. La grande quantità di manoscritti, incunaboli e libri ci fanno intuire il grande tesoro qui raccolto nel corso dei secoli, ma a raccontarci vere storie e misteri è Francesco Graziani, fido angelo custode dei libri assieme alla moglie Renata, in servizio a Verona da sessant’anni. «La Biblioteca superò due fenomeni notevolmente devastanti: l’inondazione dell’Adige, nel 1882, che imbrattò di fango le undicimila pergamene dell’Archivio Capitolare e il devastante bombardamento del 4 gennaio 1945, che rase al suolo l’aula maggiore. Fortunatamente – ci racconta Francesco seduto davanti al suo tavolino di lavoro - monsignor Giuseppe Turrini (l’allora bibliotecario, ndr) che fin dal 1922 aveva lavorato a ripulire e catalo-

Francesco Graziani

gare le pergamene infangate dall’alluvione, aveva messo in salvo dalle incursioni aeree i manoscritti e gli incunaboli, affidandoli ad un generale delle SS che, su ordine dello stesso governo tedesco protesse il patrimonio libraio portandolo al sicuro lontano dai pericoli, nella canonica di Erbezzo in Lessinia. Grazie a quella scelta molte opere si salvarono ma altrettanti volumi furono sepolti dalle macerie della Biblioteca rasa al suolo». In soli due anni la Biblioteca fu ricostruita e ampliata e grazie all’intervento dei monaci benedettini di Praglia furono recuperati la maggior parte dei volumi

rovinati, ma a proseguire negli anni alla sistemazione dei libri ci pensò Francesco. «Al tempo ero un semplice dipendente della Soprintendenza di Verona quando mi venne data la possibilità di apprendere dai monaci tutto il loro sapere per la sistemazione dei manoscritti». «Accettai di buon grado – ci confida l’artigiano che indossa come divisa una tunica nera che gli arriva appena sopra le ginocchia - con l’intenzione di imparare qualcosa di nuovo e poter arrotondare il mio stipendio, il tutto nel tempo libero. Come ogni lavoro che si rispetti però, impararlo non è cosa facile e cosi dopo aver


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IL PERSONAGGIO

fatto da ‘bocia’ ( apprendista, ndr ) per qualche mese all’interno della Capitolare, mi ritrovo prima a Roma all’Istituto Patologia del Libro e poi a Grotta Ferrara presso un restauratore ucraino, per definire tutte le mie conoscenze come artigiano di libri». Graziani torna a Verona e dedica la sua vita alla sistemazione dei vari manoscritti e libri presenti all’interno della Biblioteca. Qualche

anno fa è andato in pensione ma, come volontario, passa le sue giornate ancora qui, ad aggiustare pagine consumate da proiettili di una guerra ormai lontana ma che lascia ancora il segno. «Questi libri raccontano due storie, quella scritta con l’inchiostro e quella che io cerco di cancellare scritta da proiettili che hanno danneggiato la carta e dal tempo che non aiuta loro a mantenersi».

Fotografa qui per vedere il film Gli Angeli Custodi dei Libri, la Biblioteca Capitolare in un film di Giorgio Oppici

FASANI: «UN ONORE RESTARE ALLA GUIDA DELLA CAPITOLARE›› Il Prefetto Bruno Fasani

Vicedirettore e poi direttore di "Verona Fedele” dal 1988, Bruno Fasani, è stato confermato Prefetto della Biblioteca Capitolare per i prossimi cinque anni. «È per me un onore restare alla guida della Capitolare, uno dei patrimoni più belli della città e proseguire il mio lavoro qui. Essa rappresenta un gioiello per la città, che ricordo custodisce oltre 1.300 codici antichi e preziosi, tomi di inestimabile valore culturale e pure economico: dalle Istituzioni di Gaio, unica opera di diritto romano classico, al De Civitate Dei di Sant'Agostino, dal Sacramentario veronese del quinto secolo alla Vita di San Martino e di San Paolo di Tebe, scritto da Ursi-

cino nell'agosto del 1517, fino all'Indovinello veronese dell'ottavo secolo, che inaugura la lingua volgare italiana. Mantenere in vita questo patrimonio è una grandissima responsabilità, ma è proprio da questo che nasce il mio desiderio di avvicinare lo spazio espositivo ai turisti e trasformare parte della Biblioteca in un museo. L’ipotesi, infatti, è di inserire il museo in un itinerario che parte da Castel San Pietro, dal quale già molti turisti scendono, per visitare la Cattedrale. Unico dubbio – sottolinea però Fasani– è il finanziamento di 900mila euro per ora bloccato in Regione senza il quale difficilmente si potrà vedere realizzato il progetto».

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pato al progetto iniziale di Azimut, partito dal nulla e conclusosi poi con la quotazione in Borsa nel 2004. Non da ultimo mi ha fatto piacere riuscire a convincere, nel 2004, mio fratello Matteo a lasciare la banca, invitandolo a scegliere come me l’indipendenza di Azimut, per creare assieme valore aggiunto per i nostri clienti. Una condivisione di obiettivi personali e professionali che si legano e si consolidano giorno dopo giorno. Matteo, recentemente sono balzate alla ribalta le notizie riguardanti quattro banche coinvolte in un salvataggio in extremis per evitare dei danni ai risparmiatori molto ben più importanti . Dal 1 gennaio 2016 entrerà in vigore il cosiddetto Bail In. Ci puoi dire qualcosa? Il salvataggio è stato fatto ora prima dell’ entrata in vigore del provvedimento. Le conseguenze con la nuova normativa per i clienti delle quattro banche salvate sarebbero state ben peggiori. Va sottolineato che chi aveva obbligazioni subordinate di queste Banche ha già bevuto l’amaro calice del Bail In vedendosi azzerato il valore della proprie obbligazioni. Il totale delle obbligazioni azzerate ammonta a 728 Mil. Il governo attualmente sta studiando alcune misure di intervento a favore di questi ultimi che comunque dovrebbe coprire massimo il 30% dell’ammontare delle obbligazioni sottoscritte. Il Bail In prevede che il salvataggio di una Banca in difficoltà, fino alla concorrenza dell’8% degli attivi, venga effettuato dall’interno. A pagare, in primis, saranno gli azionisti, poi verranno chiamati in causa gli obbligazionisti e in ultima istanza i correntisti sopra i 100.000. Cosa deve fare un risparmiatore per evitare i Performance 03/04/1989 to 09/12/2015 pericoli del Bail in? Deve essere più informato. Dobbiamo in generale elevare la nostra cultura finanziaria. Ed è Name

Performance

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COME FUNZIONA

IL “BAIL-IN” La gerarchia dei crediti a rischio e dei soggetti chiamati ad intervenire in caso di insolvenza delle banche dal 1° gennaio 2016

1 Azioni: Common Equity Tier (Cet1) Elementi del patrimonio OBBLIGAZIONISTI di viglilanza 2 Bond: Additional Tier 1 (At1) e Tier 2 NON GARANTITI 3 CREDITI Crediti non garantiti 4 DEPOSITANTI Depositi non garantiti oltre i 100mila euro e le passività con lo Bei AZIONISTI

Fonte: Il Sole 24 Ore Luglio 2015

fondamentale valutare l’affidabilità della propria Banca. Per fare questo possono essere presi in considerazione due elementi: il giudizio delle Agenzie di rating e i cosiddetti Credit Default Swap. Quest’ultimi per usare un paragone sono simili alle assicurazioni sulla vita caso morte per una persona e quindi non sono altro che delle assicurazioni sulla solvibilità della Banca: più sono alti i valori più l’istituto di credito è meno solvibile. I cosiddetti CDS riguardano anche il rischio Paese, l’Italia ha un rischio Paese diverso da Francia, Spagna, Inghilterra, Germania... In quali attività investire per evitare il Bail In ? In tutti gli strumenti che non sono soggetti al Bail In. I Fondi d’investimento sono sicuramente un’ottima soluzione perché non sono soggetti alla nuova normativa e sono gestiti da un gestore professionale attuando un principio di diversificazione degli investimenti importante: in un fondo d’investimento ci sono mediamente dai 50 a 70 titoli in portafoglio. Quindi qual è il vostro consiglio, come proteggere i propri risparmi? E’ fondamentale affidarsi a dei professionisti e diventa fondamentale una consulenza specifica. I fatti spiacevoli recentemente accaduti ci fanno sempre di più essere consapevoli del nostro ruolo di consulenti: persone che hanno a cuore i risparmi del cliente e che cercano di creare valore nel tempo evitando che al patrimonio del cliente accadano effetti spiacevoli. Start Price

End Price

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La 55ma Assemblea

CREDITO & IMPRESA

«IL MADE IN ITALY SIAMO NOI›› di

Camilla Pisani

camilla.pisani@verona-pantheon.com @CamillaOnTW

L

a location che ha ospitato la 55ma Assemblea dei Giovani di Confindustria Verona non è stata scelta a caso. L’elegante aula magna dell’Istituto Salesiano di San Zeno ha idealmente rappresentato il dialogo che la nuova imprenditoria di Verona vuole avviare con il mondo della formazione. Nel corso dell’incontro, avvenuto lo scorso 2 dicembre, il presidente Michele Lovato, che si appresta a chiudere il secondo anno di mandato alla guida dei giovani, ha infatti parlato ad una platea di imprenditori ma anche studenti. «Noi siamo il made in Italy, è questa la nostra identità, è ciò che siamo e ciò che facciamo - ha spiegato Lovato - e con questo bagaglio possiamo permetterci di farci spazio nel mondo: siamo creatività, stile e qualità ed è questo che il mercato estero cerca, perciò non dobbiamo avere paura della sfida globale. Se in passato qualcuno si è dimenticato della propria identità ha perso competitività». Un pensiero in sintonia con quello di Giulio Pedrollo, presidente di Confindustria Verona, intervenuto a margine della serata sottolineando come «la delocalizzazione è stata vissuta come una panacea ma ciò ha svilito il made

COSÌ LA “GIOVANE” CONFINDUSTRIA PARLA AGLI STUDENTI Identità come valore portante dell’economia 4.0 e, dunque, dell’impresa di domani: era questo il tema dell’Assemblea del Gruppo Giovani di Confindustria ospitata all’Istituto Salesiano di San Zeno lo scorso 2 dicembre. Sul palco, il presidente Lovato e quattro giovani imprenditori che sanno guardare al futuro. in Italy. La crisi ci ha insegnano che dobbiamo tornare a produrre in Italia, gli stranieri vogliono prodotti veri, originali». Lovato ha poi tracciato la via maestra da percorrere per entrare nell’era dell’economia 4.0, una via nella quale l’impresa si deve presentare come realtà aperta e flessibile, e perdere la propria tradizionale “verticalità”, che vede un padrone a capo dei suoi dipendenti. «Oggi il titolare deve saper delegare, coinvolgere e sostenere i propri collaboratori, è il solo modo per creare una forte identità aziendale». E per rafforzare il concetto di valore identitario ha invitato sul palco relatori che si sono dimostrati protagonisti in questo nuovo modo di fare impresa. Nicola Del Din, presidente di Pramaor Srl, azienda leader nella produzione di occhiali in titanio che dopo anni come terzista per tutto il distretto Bellunese, a causa delle difficoltà economiche ha indirizzato l’azienda verso la creazione di un proprio brand. Camilla Lunelli, responsabile comunicazione di Cantine Ferrari, dopo alcune esperienze professionali a Parigi e New York, ha trascorso tre anni in Africa lavorando su progetti umanitari. Nel 2011 è stata insignita del Premio Bellisario come “giovane artefice dell’ec-

cellenza italiana nel mondo”. Infine, Daniele Finocchiaro, presidente e AD di GlaxoSmithKline che ha concluso rivolgendosi ai giovani tra il pubblico: «Le occasioni arrivano, ma si riesce a fare carriera solo se si ha voglia di lavorare ed arricchire le proprie competenze».

Michele Lovato

Camilla Lunelli

Nicola Del Din


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CREDITO & IMPRESA

FONDAZIONE JUST ITALIA VINCE IL PREMIO EUBOSIA 2015 La Fondazione Just Italia Onlus creata nel 2008 dall’omonima azienda di Grezzana, ha ricevuto il Premio Eubosia 2015 dedicato alle aziende che si distinguono per avere investito sul tema della Responsabilità Sociale d’Impresa. Il riconoscimento, giunto alla settima edizione, è stato istituito da Fondazione ANT Italia Onlus, il più grande ente italiano no profit per l’assistenza medica specialistica domiciliare gratuita ai ma-

lati di tumore. Il motivo della nomina è la scelta compiuta da Fondazione Just Italia di sostenere, con un contributo di 300mila euro, il progetto "Posso stare a casa", che consentirà di dare assistenza domiciliare gratuita a 140 bambini per un periodo di 3 anni. “Posso stare a casa” è il desiderio espresso dai piccoli malati oncologici che devono sottoporsi alle terapie e la cui paura più grande, spesso superiore a quella della malattia

stessa, è il distacco dalla famiglia. Per questo, la Fondazione veronese ha deciso di testimoniare concretamente il proprio impegno. «È un’iniziativa che risponde a un bisogno profondo dei bambini e aiuta concretamente tante famiglie a gestire situazioni difficili, – ha commentato Marco Salvatori, Presidente di Fondazione Just Italia – il nostro obiettivo è far sapere loro che non sono soli e aiutarli a guardare a un futuro più sereno».

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INTERVISTA

AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE

ALLARME ROSSA? di

Matteo Bellamoli

matteo.bellamoli@verona-pantheon.com @MatteoBellamoli

Facciamo chiarezza sulla ricerca dell'OMS che paragona la carne lavorata al fumo di sigaretta e all'amianto, definendola responsabile di un innalzamento delle probabilità di contrarre patologie tumorali. Ne abbiamo parlato con il Prof. Pietrobelli, Professore Associato di Nutrizione dell'Università di Verona.

A

d essere sinceri già lo si era intuito. I titoloni sui giornali e i servizi su tutte le maggiori emittenti internazionali dello scorso 26 ottobre hanno lanciato un allarme, per certi versi non del tutto giustificato e raccolto con una notevole preoccupazione dall'opinione pubblica, secondo cui le carni lavorate, e probabilmente anche le carni rosse, influenzerebbero l'insorgenza di tumori al pari del fumo di sigaretta e dell'amianto. La ricerca, a cura dell'IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità è stata condotta da 22 ricercatori esperti nel campo su circa 800 studi già effettuati. Sotto inchiesta soprattutto il consumo di carni lavorate, ovvero sottoposte a procedure come fermentazioni e affumicature. Nel testo del panel (ricerca, ndr) si parla in modo particolare di wurstel, hot dogs e bacon, ma il rischio ricade anche sulle carni rosse che «probabilmente» aumentano a loro volta il rischio di contrarre patologie tumorali. Già da questo punto si capisce che all'interno dell'importante ricerca vi è una sostanziale differenza tra “carni lavorate” e “carni rosse”. Le prime vengono incluse nel «Gruppo 1», ovvero quello dove esiste una «sufficiente evidenza» di causa-effetto tra assunzione dell'alimento e insorgenza di tumori. Diverso invece il caso della car-

PAROLA AL PROFESSIONISTA DEL SETTORE

Prof. Angelo Pietrobelli

ne rossa, sulla quale si è generata parecchia confusione dato che la ricerca stessa non ha dimostrato in modo significativo una correlazione con il rischio di questi alimenti. Andando a leggere il lavoro dell'IARC si intuisce un certo sbilanciamento “americocentrico”. Negli USA l'industrializzazione dei processi produttivi alimentari ha raggiunto un livello più esasperato del nostro, con la commercializzazione di prodotti lavorati, ricavati da allevamenti intensivi, e ricchi di sostanze chimiche somministrate sia agli animali sia ai prodotti finiti per aumentarne la durabilità. Un fattore, questo, che obbliga a prendere le distanze da una generalizzazione incondizionata, dato che oltre ai prodotti industriali, nella nostra zona geografica è ancora possibile acquistare direttamente dai produttori o dalle botteghe dell'artigianato alimentare. Abbiamo cercato di chiarire alcuni punti chiave della ricer-

Mauro Zanini, macellaio di Grezzana, lavora nel settore da più di quarant'anni. La sua bottega è un punto di riferimento per il territorio della Valpantena e la sua esperienza è riconosciuta da molti. «Le abitudini alimentari sono cambiate molto negli ultimi trent'anni» afferma «le persone mangiano meno carne ma giustamente pretendono la qualità. Le ricerche come quella dell'OMS sono utili dal punto di vista dell'informazione perché è giusto far capire alle persone che se continuiamo di questo passo, il rischio è che ci troveremo a mangiare solo cibi pronti, realizzati su larga scala, più economici ma anche meno salutari. Per noi bottegai la ricerca della qualità è un tratto distintivo oltre che una questione di etica. Personalmente sono in grado di garantire sulla provenienza delle carni e sull'alimentazione degli animali, sono tranquillo su quello che vendo al cliente, ma occorre diffondere tra le persone una cultura del mangiare sano, del preferire prodotti del territorio, dell'informarsi sulle provenienze».

ca dell'OMS con il Prof. Angelo Pietrobelli, Professore Associato di Pediatria e di Nutrizione all'Università di Verona e Adjunct Associate Professor alla Pennington Biomedical Research Center di Baton Rouge (USA). Prof. Pietrobelli, il panel dell'OMS punta il dito sulle carni lavorate prima che su quelle rosse. Pos-


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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE

siamo sostenere che a livello nutrizionale molti prodotti alimentari industriali superino la soglia di tolleranza dell'organismo se assunti regolarmente? Non è corretto parlare di soglia di tolleranza. Dipende dalla reazione dell'organismo di ciascuno di noi, dalle nostre abitudini non solo alimentari. Una dieta bilanciata e la pratica costante di attività sportiva modificano le reazioni del nostro corpo. Le carni rosse vengono collegate con una bassa e "probabile" incidenza sull'aumento di patologie tumorali del colon-retto.

Esiste un riscontro medico? In letteratura medica si parla spesso di stretta relazione tra alimentazione e cancerogenesi, ma nessun alimento è stato individuato come protettivo o causale. L'unica eccezione sembra quella dell’alcool come causa di cancro o cirrosi epatica. Si parla però sempre di fattori di rischio. Nel caso del cancro al colon-retto, menzionato dalla ricerca, vi è collegamento con l'eccesso di calorie, proteine della carne o carenza di fibre nella dieta. Parlando di abitudini quotidiane,

quale e quanta carne è consigliato assumere per una dieta equilibrata durante la settimana? Diciamo che sia nei bambini in crescita che negli adulti si può tranquillamente parlare di tre porzioni di carne alla settimana almeno, ma il discorso andrebbe ampliato parlando di qualità in relazione alla quantità. Vorrei ricordare che il 20% dei bambini italiani è fortemente anemico e che il fabbisogno alimentare durante la crescita è diverso da quello di un adulto, e cambia sia in relazione all'età che al sesso. Mangiare carne proveniente da botteghe artigiane o di cui se ne possa tracciare provenienza e tecniche di lavorazione è già di per sé un buon metodo di prevenzione? Assolutamente sì. Nella nostra zona abbiamo la fortuna di avere tra le migliori carni bianche e rosse esistenti, se provengono da realtà italiane controllate e con tracciabilità, possiamo stare sicuramente tranquilli.

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OLIVICOLTURA

RITORNO IN GRANDE STILE D E L L’ O L I O D ’ O L I V A D O P

di Matteo Scolari

Dopo l’annata nera del 2014, funestata da continue piogge, freddo, terreni inzuppati e mosca olearia che avevano portato a un dimezzamento della produzione italiana, in questo 2015 la raccolta di olive sta rientrando nei valori medi stagionali e per una serie di cause favorevoli, e un’estate molto buona, la qualità sembra essere davvero ottima.

L

’annus horribilis dell’olio, il 2014, è definitivamente alle spalle. Se quella dell’anno scorso è stata una delle peggiori stagioni degli ultimi decenni per i produttori, questo raccolto 2015-2016 sta dando parecchie soddisfazioni, soprattutto dal punto di vista della qualità. A confermarlo è Enzo Gambin, direttore dell’A.I.P.O., Associazione Interregionale Produttori Olivicoli. Direttore, dopo l’annata disastrosa dell’anno scorso, torniamo finalmente a valori positivi… Senza dubbio. Se dal punto di vista quantitativo la raccolta in corso non darà grandi sorprese se non quella di rientrare dopo l’anno buio del 2014 nei valori medi di 90-110mila quintali di olive, con una resa media del 13-16 per cento, è dal punto di vista qualitativo che quest’anno possiamo ritenerci soddisfatti. Perché? Complice un’estate calda, quasi torrida, ma con buone disponibilità idriche, la pianta dell’olivo nelle colline venete e veronesi ha potuto mantenere un’ottima vigoria vegetativa durante tutta la stagione estiva. Le temperature medie sopra i 32 gradi, inoltre, hanno scongiurato la riproduzione della mosca olearia, parassita che con il troppo caldo non riesce a riprodursi. Poi è arrivata una settimana di freddo, la prima di settembre, con forti

escursioni termiche tra giorno e la notte che hanno permesso la piena maturazione del frutto, dei suoi profumi e dei suoi sapori. Quali sono le caratteristiche dell’oliva che determinano la bontà dell’olio? La sua composizione chimica, ottima quest’anno con un alto tenore di acido oleico e un altrettanto buon rapporto di acidi grassi Omega3 e Omega6. Poi l’alto contenuto di polifenoli antiossidanti naturali che porta benefici a tutto l’organismo. Direttore, un’ultima domanda: qual è il ruolo dell’A.I.P.O. e come contribuisce alla tutela del prodotto oleario? L’associazione ha sede a Verona, è la più importante realtà associativa del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia e rappresenta circa

5.000 imprese olivicole. L’olio prodotto dai soci appartiene alla categoria degli oli extra vergine e grazie alle oltre 2.200.000 piante presenti sul territorio di nostra competenza disponiamo di un prodotto che ha meritato, sotto l'attento controllo annuale degli Enti di certificazione, ben tre Denominazione d’Origine Protetta (DOP): Tergeste, Garda e Veneto. Sono queste ultime due a interessare la produzione veronese con un 50 per cento Garda Dop, dove prevale la varietà Casaliva, e con l’altro 50 il Veneto Valpolicella Dop (le altre due sottodenominazioni sono Euganei Berici e del Grappa) dove abbiamo una predominanza della varietà Grignano. La certificazione è sinonimo di qualità e tutela del prodotto.


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IDEE

GIOVANI & LAVORO

di

Giulia Zampieri

giulia.zampieri@verona-pantheon.com

LA VITTORIA ITALIANA DEI BATTERI CHE… FUNZIONANO! Ricavare energia elettrica dai batteri: è questa l’innovativa idea messa a punto da un team di studenti dell’UniTrento. A ritirare la medaglia d’oro presso il MIT di Boston, anche Riccardo Corbellari, giovane originario di Vendri. A lui la parola per raccontare l’impegno, la fatica e l’orgoglio di questa appassionata squadra vincente.

A

colpire è la passione, quella autentica, che guizza nello sguardo di chi, dopo un’estate trascorsa in laboratorio, tra le mille scadenze da rispettare e i turni fatti anche di notte, parla con orgoglio del proprio lavoro, del valore delle proprie idee. Valore riconosciuto anche dal MIT, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, una delle più prestigiose università di ricerca al mondo, che da vari anni è promotore di iGEM (International Genetically Engineered Machine): una competizione internazionale di biologia sintetica rivolta a studenti di tutto il mondo. Anche quest’anno il CIBIO, il Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento, ha partecipato a questa importante manifestazione con un team di sette studenti. E anche quest’anno, il loro impegno è stato premiato. È Riccardo Corbellari, giovanissimo laureato in Biotecnologie presso l’ateneo trentino ma originario di Vendri, a parlarci di questa avventura, di come può nascere un’idea vincente e di come è possibile che una calcolatrice funzioni grazie a dei batteri. “Solar pMFC, A Microbial Fuel Cell with a light-driven E. coli engine” è il nome del prototipo realizzato da Riccardo e dai suoi compagni di avventura,

PROTOTIPO

Alessandro Turcato, Elisa Godino, Claudio Oss Pegorar, Silvia Galvan, Veronica Pinamonti e Moreno Zolfo. «Consiste in un sistema biologico - spiega Riccardo - che sfrutta la luce solare per produrre energia elettrica, ovvero un prototipo di pannello biofotovoltaico che utilizza dei batteri ingegnerizzati». L’idea, scelta tra le tante proposte avanzate dai ragazzi del team, è stata selezionata nella fase iniziale del progetto, sotto la guida di alcuni professori dell’Università di Trento, che hanno messo a disposizione degli studenti le proprie competenze. Il progetto ha visto i ragazzi impegnati da giugno a settembre: nella prima fase di brainstorming gli studenti del team si sono confrontati assieme, per selezionare l’idea da realizzare. Energy è stato l’ambito predilet-

to, e lo sviluppo di nuove fonti di energia rinnovabile attraverso la biologia sintetica la sfida colta da questo giovane team. Tanto l’impegno profuso da parte di questi ragazzi che hanno deciso di indossare il camice e di mettersi in gioco. «Il lavoro che abbiamo svolto in laboratorio - ci spiega Riccardo - è stato una corsa contro il tempo: ad agosto eravamo gli unici in università. Ci hanno persino dato le chiavi (ride, ndr), anche perché ci siamo spesso ritrovati a fare i turni, anche alle quattro di mattina, per condensare in una giornata protocolli che di solito si realizzano in 3 o 4 giorni. Riuscire a realizzare un prototipo funzionante in così poco tempo non è cosa da poco: in tre mesi siamo riusciti a creare un sistema capace di vivere in assenza di ossigeno e che grazie alla luce solare può produrre energia elettrica. Quasi non riuscivamo a crederci quando siamo riusciti ad accendere un timer da laboratorio e far funzionare una calcolatrice!». A fine settembre poi è arrivato il momento di volare a Boston, per confrontarsi con i 280 team che hanno partecipato all’edizione 2015 di iGEM. Una commissione di giudici composta da biotecnologi e biologici sintetici ha valutato le proposte di studenti provenienti dai cinque continenti e ha decretato il suo


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GIOVANI & LAVORO Il team di ricerca al MIT Massachusetts Institute of Technology

verdetto: non solo la medaglia d’oro per il team trentino ma anche due importanti nomination nella categoria Best Energy e Best Innovation in Measurements. «I riconoscimenti ottenuti sono un grande risultato per noi: sappiamo che è solo un piccolo passo, ma ci auguriamo che possa indicare la strada per nuovi sviluppi nel campo della

biologia sintetica e dell’energia alternativa. Grazie ad iGEM 2015 abbiamo potuto confrontarci con studenti di tutto il mondo, e vivere la forma più stimolante della competizione. Abbiamo incontrato team cinesi, tedeschi e americani, team formati anche da 50 persone, che coinvolgevano anche sei dipartimenti diversi. Noi, nel nostro piccolo

però, siamo riusciti a dimostrare che spesso è la passione a fare la differenza e che l’università italiana, spesso criticata, offre invece una preparazione qualificante, che fa degli studenti italiani dei laureati molto richiesti, anche all’estero». Per maggiori informazioni 2015.igem.org/Team: UNITN-Trento

i


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TECNOLOGIA

SALUTE & BENESSERE

ESSERE DIGITABILI GRAZIE ALL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA di

Marta Bicego

marta.bicego@verona-pantheon.com @MartaBicego

Non soltanto ausili assistivi. L'ottica del design for all, del “progettare per tutti”, ha contagiato il mondo delle tecnologie. Lo spiega Luca Spaziani nel libro-vademecum che offre una panoramica delle innovazioni digitali al servizio della disabilità.

V

i siete mai soffermati a riflettere sulle possibilità che uno smartphone può offrire? Dallo scattare una fotografia al rispondere alle email, passando dalla ricerca di un'informazione su internet al riprendere una scena da condividere, in tempo reale, sui social network. Versatilità che, oggi, si declina a vantaggio della disabilità. Grazie al suo iPhone, infatti, Luca Spaziani, cieco dalla nascita, ascolta e risponde ai messaggi degli amici o dei colleghi di lavoro; con rapidi tocchi, apre sullo schermo e utilizza varie applicazioni; imposta un itinerario per farsi “guidare” da una parte all'altra della città. Piccole grandi conquiste, soprattutto in termini di autonomia personale, che sono alla portata di tutti e alle quali si aggiungono i benefici dati dagli ausili pensati appositamente per le persone con handicap. E il comune denominatore, tanto nell'uno quanto nell'altro caso, rimane lo stesso: la tecnologia, intesa sì quale strumento per agevolare la quotidianità, ma pure per abbattere le barriere. L'innovazione tecnologica, premette, «è utile perché mette a disposizione risposte efficaci e in maniera sempre più inclusiva». Considerazione che, a partire dalla sua esperienza personale, gli ha offerto lo spunto per un ragiona-

mento più ampio, messo nero su bianco nella pubblicazione recentemente consegnata alle stampe DigitAbili. L'innovazione tecnologica come opportunità per superare l'handicap (editore Franco Angeli per la collana Neo sulle innovazioni digitali). «Pur essendo il ruolo delle tecnologie assistive ineliminabile e insostituibile, sia per l’efficacia delle soluzioni che sono in grado di offrire sia per il fatto che molti servizi digitali di uso comune sarebbero inaccessibili senza di esse, la digitalizzazione dei processi, della comunicazione e di numerose attività quotidiane – spiega – mette i disabili nelle condizioni

di fare le stesse cose dei normodotati e peraltro in modo sempre meno diverso da loro». Dall'architettura, insomma, l'ottica del design for all, ovvero del “progettare per tutti”, ha contagiato la tecnologia. E della situazione attuale, guardando alle opportunità future, Luca Spaziani offre una panoramica: un vademecum, facilmente consultabile, che dai fogli stampati e una versione ebook prosegue ad affrontare la questione online su un blog. Anche per rispondere all'esigenza di conoscenza e divulgazione che ha segnato il suo cammino personale e professionale. Originario di Frosinone, ha studiato prima a Reggio


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SALUTE & BENESSERE

Luca Spaziani

Emilia; poi è arrivato a Verona, dove si è sposato e tuttora vive, per completare il percorso di studi in Scienze della Comunicazione e Giornalismo. Si è specializzato nel no profit, quindi in economia frequentando un master, e oggi lavora nel settore assicurativo. Le ripercussioni positive sulla vita dei disabili offerte dalla

tecnologia, sottolinea ancora, «sono tutt’altro che scontate». Hanno anzi importanti ricadute in termini di integrazione ed inclusione sociale. In questa logica, il volume passa in rassegna le principali tecnologie assistive attualmente disponibili sul mercato sia per le diverse tipologie di handicap sia per le differenti età, identifi-

candone i campi di applicazione e soffermandosi su attività di ricerca e buone prassi ormai consolidate. Dai display in grado di tradurre in alfabeto Braille qualsiasi elemento testuale presente sullo schermo di un computer e di alcuni modelli di smartphone e tablet fino ai video-ingranditori ai software dedicati. La digitalizzazione, in generale, agevola concretamente i portatori di handicap: nel fare la spesa online, nel gestire operazioni in banca, nello spedire una raccomandata senza spostarsi da casa, nell'attraversare un semaforo in sicurezza. «La tecnologia mette a disposizione delle possibilità, ma non è tutto: a essa si aggiungono fattori sociali, culturali e caratteriali – conclude –. Spetta alla determinazione di ognuno capire quale è il migliore uso per sé».


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VOLONTARIATO

SOLIDARIETÀ & NO PROFIT

di

Francesca Mauli

francesca.mauli@verona-pantheon.com

LA CASA, PRIMA DI TUTTO La Casa di Accoglienza “Il Samaritano”, realtà attiva a Verona da una decina di anni, offre ai senza tetto non solo un riparo, ma anche la possibilità di riprendere in mano la propria vita, cominciando proprio da quella “casa” da tempo persa e sostituita dalla strada.

N

on c’è niente che scaldi il cuore più del calore della propria casa, soprattutto in inverno, quando il gelo ci spinge a fare in fretta, per tornare tra le mura domestiche il prima possibile. E quando la porta si richiude e il tepore ci avvolge, sentiamo quanto sia reale il vecchio adagio “casa dolce casa”. Non tutti, però, hanno la fortuna di avere un tetto sotto cui vivere. Ed ecco che, per queste persone, al tepore domestico si sostituisce il buio della strada. Un fenomeno in crescita, parallelamente all’aumento del numero delle persone che soffrono di dipendenze – da alcol, droga, gioco – e che, a causa di queste, perdono tutto quello che hanno, affetti compresi. «C'è ancora molto bisogno di strutture di accoglienza per persone che vivono in strada» spiega Michele Righetti, direttore de “Il Samaritano”, cooperativa sociale e Casa di Accoglienza per persone senza fissa dimora voluta da Caritas Verona, attiva nella nostra città da una decina di anni. «Occorre però stare attenti a non creare cronicità, puntando a lavorare in modo che queste persone riescano a uscire dal circuito di grave marginalità in cui si trovano: se si vive in

strada, significa che si è toccato il fondo e non si hanno punti d'appoggio. Per aiutarle in maniera significativa, bisogna pensare a un percorso che preveda una casa, un sostegno, ma soprattutto che preveda comunità, relazione, perché quello che soffrono, al di là dei problemi legati alle dipendenze, è proprio la solitudine». Non solo un posto letto per far fronte all’emergenza, quindi,

ma la necessità di spingere verso una nuova direzione di vita, che porti all’uscita dalla grave marginalità in cui vivono. Per far questo è necessario ricreare, con il concetto di “casa”, una dimensione affettiva: «le quattro mura, di per sé, non servono a nessuno, se sono vuote. Questo è il processo che bisogna innescare, riportando in vita il “profumo” di casa, innestandolo in un per-


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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT

corso legato all'accoglienza». Basandosi su questo concetto, Il Samaritano opera non solo offrendo un letto all’interno di dormitori, ma anche attraverso il cosiddetto “housing first”, dando cioè la possibilità di vivere in una vera e propria casa, all’interno di un percorso che mira all’autonomia. «Questo concetto, nato in California, è basato sull'idea che la casa sia lo strumento che dà alla persona la forza necessaria a riprendere in mano la propria situazione» prosegue Righetti. La casa prima di tutto, quindi. «Abbiamo 17-18 appartamenti sparsi per Verona, destinati a questo progetto, e di recente abbiamo inaugurato, presso

la nostra Casa di Accoglienza, 8 mini appartamenti (che si affiancano ai 34 posti letto nel “classico” dormitorio, ndr), per portare questo modo di accogliere anche all'interno della struttura del dormitorio, elemento, quest’ultimo, che riteniamo debba essere concettualmente superato». L’ingresso nelle unità abitative non è dato dal merito, ma dal bisogno: «ci sono persone – chiarisce Righetti - che sono in condizioni di disagio ancora maggiore rispetto ad altre, che non riescono a stare in un contesto di dormitorio, perché quest’ultimo richiede competenze relazionali di spazi, di vita, di convivenza non sem-

pre scontate. Ecco che queste persone vengono portate nelle unità abitative. Intorno a loro costruiamo poi un progetto, insieme ai servizi sociali, incentrato sui loro bisogni, un progetto condiviso, accettato e condotto, in primis, dalla persona». Sulla base di questa prospettiva, l’intera struttura, compresa quella del dormitorio vero e proprio, è stata ripensata, in modo da essere trasformata in uno spazio aperto, adatto a favorire la reale condivisione di esperienze e fragilità, con una decina di stanze da 3-4 posti letto, pareti colorate e locali di servizio confortevoli, arredati con mobili in legno realizzati grazie alla collaborazione tra gli studenti di design del Politecnico di Torino e gli ospiti stessi. Un’opera di restyling completo, finanziata dalla Diocesi di Verona e dalla Fondazione San Zeno, per far respirare, anche nella concretezza, un concetto di profonda e reale “accoglienza”, ribadito – nel caso ce ne fosse bisogno - da una scritta posta all’ingresso della struttura, tradotta in più lingue: “Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”.


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I vostri bambini hanno paura del dentista? Si sa che il primo approccio è la cosa più importante per un bambino, per ogni cosa nuova il primo ricordo è quello che condiziona l’approccio anche per il futuro. Quindi è fondamentale nel caso del dentista o di qualsiasi specialista, scegliere una figura abituata a lavorare con i bambini. La paura del dentista può diventare una vera e propria fobia, che ha anche un nome ODONTOFOBIA, cioè il timore del dottore, del suo camice e dei suoi attrezzi di lavoro. Questo tipo di stato d’animo sarebbe sempre meglio evitare che insorga. Bisogna sempre far pensare ai nostri figli che le visite dal dottore sono una cosa naturale, che tutti vanno dal dentista, i genitori, gli amichetti e che questo serve per avere sempre un bel sorriso e che sorridere bene è una bella cosa, che serve anche ad essere felici. Ogni dottore specialista, sa come affrontare un bambino spaventato, se lavora con loro da tempo, quindi la metodologia per tranquillizzare vostro figlio potete condividerla con il dentista, il quale farà scoprire al bambino gli strumenti più innocui, come lo specchietto per guardare i denti, la poltrona che si muove, la luce che aiuterà a vedere meglio, spiegando tutto quello che farà al vostro bambino.

011 COMED


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Alcuni dei nostri consigli

per superare la paura del DENTISTA

Normalità: Parla spesso con il tuo

bambino dell’importanza della visita

dal dentista. In questo modo sembrerà sem-

pre di più qualcosa di routinario e normale.

Regolarità: fai che la visita sia un qual-

cosa di regolare, per

esempio una volta ogni sei mesi. Andare dal dentista solo quando

c’è un problema più

serio fa spaventare il bambino che assocerà

ad ogni visita dolore e negatività.

e che comun o t l o m nga rati: è ti, pia n e Prepa m a si l dal bino visto e r il bam e ess voglia è man o non tante r o p im i alle o. L’ avant d medic a m cal moe la non , e tener m i lacr he il uali iare c c s event a l io ia e e ans esemp r e p strar : guidi ere ta ti i ten d i t dentis r hiede bbe c e r t o p bino. l bam a o n la ma

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Iniziare presto: si consiglia la visita quando il primo dente erompe o entro il primo anno

di età. Iniziare presto

fa si che il bambino

si abitui e si possano prevenire eventuali

problemi.

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ANZIANI

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Il sostegno di Pia Opera Ciccarelli

LA VECCHIAIA, UN “BENE” DI TUTTI Il Fondo Solidarietà della Pia Opera Ciccarelli opera a favore di anziani soli e fragili, sostenendoli nelle spese necessarie a garantirsi forme di assistenza domiciliare che consentano loro di mantenere la propria autonomia e insieme di essere seguiti e curati in maniera professionale. di Francesca Mauli

“L

a vecchiaia non è un male incurabile. Ma senza aiuto può essere molto dura”. È questo lo slogan scelto dal Fondo Monsignor Ciccarelli per far conoscere il proprio decennale operato a favore degli anziani e raccogliere donazioni per poterlo sostenere. Nutrirsi correttamente, prendersi cura di se stessi, della propria casa, spostarsi per una visita medica possono sembrare azioni banali; diventano difficoltà insormontabili se la propria condizione di anzianità è caratterizzata da isolamento e difficoltà economiche. Per far fronte a questi problemi, la Fondazione Pia Opera Ciccarelli Onlus, realtà veronese che trae origine e forza dalla figura di Mons. Giuseppe Ciccarelli, impegnato in prima persona, a fine ‘800, a favore dei più bisognosi, sostiene il costo dell’assistenza domiciliare per centinaia di anziani che altrimenti non potrebbero permettersela, offrendo pasti caldi, un aiuto nella cura e nell’igiene perso-

nale, l’accompagnamento a visite e controlli sanitari e una pronta risposta in caso di necessità d’emergenza. «Molte persone oggi riescono a trascorrere la vecchiaia nella propria casa, anche in un'età molto avanzata» spiega Mons. Carlo Vinco, presidente della Pia Opera Ciccarelli. «La situazione economica degli anziani va però complicandosi sempre di più, di pari passo all'allungamento delle aspettative di vita. Molti vivono in condizioni di autosufficienza, che diventa però effettivamente tale solo se c'è attorno una rete di supporto». Capita però, a causa di pensioni basse, per la mancanza di un supporto familiare valido, o perché la famiglia vive un momento di crisi economica, che la persona fatichi ad affrontare la spesa necessaria per trovare un aiuto nello svolgimento delle attività quotidiane. «L’assistenza domiciliare a favore di queste categorie economicamente svantaggiate – prosegue Mons. Vinco - è sostenuta, in parte,

dai comuni di residenza; Verona, per esempio, ha una buona rete di risposta a queste problematiche, ma questa rete non sempre riesce a coprire per intero tutte le esigenze. Abbiamo quindi voluto creare un fondo che vada a sostenere queste situazioni». Nel 2014, il Fondo ha contribuito con 13.000 euro per pasti a domicilio di persone che altrimenti non avrebbero potuto usufruire del servizio (sono 150 i pasti distribuiti gratuitamente ogni giorno nel territorio comunale di Verona, un centinaio circa quelli fatti recapitare agli anziani di San Giovanni Lupatoto), con circa 40.000 euro all’assistenza domiciliare, e con 33.000 euro al progetto Alzheimer, per l’assistenza domiciliare o nei cosiddetti “posti di sollievo temporaneo”. Cifre importanti, che testimoniano come il bisogno di servizi di questo tipo sia sempre maggiore, e di come sia possibile, in concreto, fare la differenza per molti anziani soli e malati.


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di

Miryam Scandola

miryam.scandola@verona-pantheon.com @miryamscandola

UNA QUESTIONE DI SGUARDI Hanno messo gli occhi sul sottopassaggio pedonale di Porta Vescovo che oggi, grazie anche alle loro iniziative, è un luogo aperto e di tutti. Non contenti, gli architetti (ma anche sociologi e designer) di AGILE hanno spostato lo sguardo sugli oltre due milioni e mezzo di metri quadrati occupato dai 555 luoghi dell'abbandono che la nostra città, tristemente, colleziona. Fino all'ultimo, impegnativo lavoro che ha reso “fruibile” alla vista alcuni degli spazi in uso e disuso del sistema fortificato veronese. Perché la rigenerazione urbana parte, anche, da qui.

«C

i interessa la città», dice subito Michele De Mori, e non ci resta che prenderlo sul serio, guardando l'ultima fatica che stringe in mano. Un pieghevole che raccoglie le fortificazioni meno conosciute del veronese e le racconta nel modo più semplice e leggero che esista: una mappa «che sta in tasca», senza scomodare i faldoni dei tecnici. Stampato nel settembre 2015, I forti asburgici di Verona è l'ultimo gioiello uscito dalla fucina di AGILE, associazione di promozione sociale nata nel 2012. Il progetto, che è stato realizzato grazie al sostegno di Fondazione San Zeno Onlus, con il patrocinio del Comune di Verona, dell'Ordine degli Architetti e di Legambiente, raccoglie ben 16 manufatti asburgici esterni alla cinta magistrale. Del resto, dopo aver censito, nel 2014, tutti gli edifici scaligeri abbandonati, una circoscrizione alla volta, con una meticolosa mappatura che ha evidenziato 555 casi, a loro, eroici appassionati dello spazio in disuso, è sembrata una scelta naturale passare al tema dei forti. «Quando parliamo di fortificazioni parliamo di opere che hanno reso la

Il team di AGILE

nostra città patrimonio dell'Unesco», spiega De Mori. E in effetti, il titolo che ha fatto delle vie scaligere un bene da preservare, la nostra città lo deve anche alle stratificazioni storiche che l'hanno resa, in passato, una piazzaforte militare di tutto rispetto. Inserita nel Quadrilatero che vedeva ai vertici città come Peschiera, Mantova e Legnago, Verona è stata un importante punto strategico e logistico militare. Oggi alcuni elementi dell'impianto difensivo, dopo essere sopravvissuti ai conflitti mondiali e alle esigenze scomposte del boom economico, sono

finiti nel limbo irrispettoso del tempo. A giocare un ruolo in questa gara della dimenticanza è anche il problema della proprietà unica. Solo di recente tre forti (Santa Caterina, Preara e Lugagnano) sono passati al Comune, ma tanti appartengono ancora al demanio o sono custoditi da privati, come forte Biondella proprietà della Fondazione Carlo Ederle. Estremamente diversificata è anche la condizione in cui i monumenti versano. Si va dalla giungla che avvolge forte San Procolo alla vegetazione che nasconde forte Montorio ma anche, fortunatamente,


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i all'uso felice di forte Caterina, animato dalle iniziative della cooperativa Milonga e dell'originale offerta culturale di Ippogrifo Produzioni. Conoscere è da sempre il primo passo per tutelare. Da qui l'idea della mappa che mostra non solo dettagli tecnici come la posizione e una breve nota storica ( la revisione finale è dell'architetto Lino Vittorio Bozzetto, ndr), ma che, sul retro, suggerisce anche i mezzi di trasporto per raggiungere il forte e il grado di accessibilità dello stesso. I prossimi progetti? «Tanti e sparsi» sorride nel rispondere, Glauco Labruna, architetto, anche lui parte dell'associazione scaligera. In cantiere, per ora, c'è un lavoro che vedrà la luce a giugno in collaborazione con l'Ordine degli Architetti in occasione dell'inaugurazione della nuova sede nell'edificio di testa degli ex Magazzini Generali. «Il nostro impegno sarà relativo maggiormente all'analisi storica dei quartieri di Borgo Roma e Santa Lucia, tagliati a metà da Viale del Lavoro» precisa Labruna. Pensare, dunque, il recupero di una struttura lasciata a se stessa tenendo a mente quanto sia fondamentale anche «lavorare sul suo contorno». Questione di sguardi, dirà qualcuno. Piuttosto attenti, a quanto pare.

SCORCI È possibile scaricare la mappa su: associazioneagile.wordpress.com

Trasformare è il nuovo costruire La cultura, a volte, muta in oro ciò che tocca, un po' come Re Mida. Per convincersene, basta anche solo guardare i luoghi luminosi del Polo Santa Marta, inaugurato il 2 dicembre scorso. Il recupero dell'ex panificio austriaco, edificato nel 1863 e rimasto in funzione fino agli anni '60, nuova sede dei dipartimenti di Economia aziendale, Scienze economiche e una sezione di Scienze giuridiche dell'ateneo scaligero, è, infatti, parte di un progetto più esteso di riqualificazione urbana dell'area di Veronetta. Valorizzazione e razionalizzazione sono parole chiave anche del

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Protocollo d'Intesa per la riqualificazione degli immobili militari a Verona, firmato il 10 dicembre scorso dal Direttore dell’Agenzia del Demanio Roberto Reggi, il Ministro della Difesa Roberta Pinotti e il Sindaco Flavio Tosi. L'Intesa prevede il trasferimento al Comune, previo passaggio al demanio, delle caserme “Busignani” e “Rossani” prima proprietà della Difesa. Come riferisce Tosi «questa operazione, preceduta da alcuni trasferimenti come quello dei forti Santa Caterina, Lugagnano e Preara, sono certo sarà seguita da altre cessioni», e, ci si augura, relative pianificazioni.

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STEREOTIPI

INTRAPRENDENZA FEMMINILE

di

Chiara Boni

chiara.boni@verona-pantheon.com @chiarettaboni

#DAGRANDESARÒ, L’UGUAGLIANZA SI IMPARA Il Telefono Rosa Verona lancia la sua campagna contro la diseguaglianza, per insegnare anche ai più piccoli la parità e il rispetto: “Oltre gli stereotipi #dagrandesarò” è la risposta a chi non crede che le ragazze possano fare tutto, ma proprio tutto.

C

ome ha dichiarato in questi giorni il Time, sono stati il suo impegno nell’irrisolvibile crisi dei rifugiati siriani e la sua tenacia nel combattere l’ancora più disperata battaglia della crisi dell’euro a far salire Angela Merkel sul prestigiosissimo podio di “Persona dell’anno” della rivista americana. La nomina potrà essere condivisa oppure no, apprezzata più o meno. Ma il viso della Cancelliera sulla copertina del Time solleva una questione ben più importante: Angela Merkel è la prima donna ad apparire nelle vesti di Person of the year in ben 29 anni. Prima di lei, bisogna risalire alla copertina del 1986 per trovavi un altro volto femminile: quello di Corazon C. Aquino, allora presidente delle Filippine. Perché un’attesa così lunga? Ventinove anni sono davvero un sacco di tempo, se si pensa che nel frattempo le donne hanno continuato a fare, vincere, conquistare. Niente di più vero: eppure la rappresentazione sui media delle donne non corrisponde affatto a questa assioma. Nasce con questa consapevolezza il progetto “Oltre gli stereotipi: #dagrandesarò”: una campagna di comunicazione ideata da Prosmedia, con il contributo del Banco Popolare di Verona, per il Telefono Rosa

Il Telefono Rosa Verona, 25 anni dalla parte delle donne

scaligero, che quest’anno taglia il traguardo del 25° anniversario di attività. Dal 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza di genere, nelle scuole della città di Verona e nei luoghi pubblici sarà possibile trovare le quattro diverse cartoline della campagna, che vuole scardinare gli stereotipi di genere. Questi schemi sono particolarmente pericolosi perché, come ci spiegano le organizzatrici, «sono gabbie che rinchiudono uomini e donne nelle aspettative che la società ha in loro, con la conseguente discriminazione ed esclusione dal concetto di “normalità” di tutti e tutte coloro che se ne discostano». Il progetto vuole insegnare, a tutti e tutte, che i modelli a cui ispirarsi per diventare persone di successo si applicano a chiunque, a prescindere dal loro sesso di appartenenza. E si scaglia contro le rappresentazioni

Il Telefono Rosa è una realtà in Italia già dal 1988, quando fu fondato il primo centro a Roma. Da allora l’associazione si è diffusa su tutto il territorio nazionale e ha aiutato senza remore le donne vittime di violenza. A Verona il Telefono Rosa è nato nel 1990, dalla volontà di Eleonora Scandola: negli ultimi 25 anni le volontarie dell’associazione hanno ascoltato e supportato donne e ragazze di qualsiasi provenienza. E il loro impegno non si ferma qui: come quest’ultimo progetto ci mostra, il loro scopo è anche quello di diffondere la cultura della tolleranza e del rispetto. Perché costruire una società migliore è compito di tutti. E tutte.

a senso unico che i media producono dei due sessi: una comunicazione stereotipata che fa leva su delle presunte caratteristiche innate che apparterrebbero al femminile ed al maschile, indirizzando i più piccoli e piccole a sognarsi come la società li vorrebbe e non come si desiderano. Una cosa è certa: gli stereotipi si imparano. Per questo l’unica arma è l’istruzione: insegnare ai bambini e alle bambine la libertà di essere ciò che vogliono, e il rispetto per chi è ciò che vuole essere, è il primo passo verso un mondo migliore. Nella speranza che non debbano passare altri 29 anni per vedere una donna sulla copertina del Time.


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TERRITORIO

IL TURISMO CORRE AD EST di Ingrid Sommacampagna

A Monteforte, in piazza Venturi, è attivo nel fine settimana lo IAT che unifica i tre comuni dell'Est veronese con l'intento di promuovere il territorio grazie all'attività di volontariato di giovani, ma anche di storici e conoscitori del territorio. Un vero e proprio punto di riferimento della Valdalpone per il turismo e per quelle aziende che vogliono raccontarsi, portando gratuitamente il loro materiale.

L

a Valdalpone è quella terra di mezzo tra Verona e Vicenza che racchiude innumerevoli eccellenze localizzate in un percorso che si dirama tra montagna, collina e pianura, spaziando tra storia, cultura, natura, enogastronomia e tradizioni diverse che identificano ogni suo piccolo paese. Ma che cosa mancava per valorizzare, unire e promuovere questo territorio? Nonostante non sia un buon periodo per gli uffici turistici, visti i tagli dei fondi alle regioni e il passaggio della delega al turismo dalla provincia ai Comuni, grazie all'impegno di giovani volontari e al dialogo costruito nel tempo tra i paesi, lo IAT, che si promette di promuovere tutte le attività, gli eventi, i prodotti, la cultura, l'arte e le tradizioni dell'Est veronese, ha aperto le sue porte a Monteforte. «La buona volontà, l'impegno di amministratori senza fede partitica e di comuni diversi, ha permesso, grazie ai volontari nella gestione e alle associazioni dei paesi che contribuiscono ad allestire e a promuovere l'ufficio nelle manifestazioni, di attuare questa iniziativa come fondamentale centro di promozione del territorio, riconosciuto dalla Regione Veneto. In uno spazio piccolo ci sono molte differenze e diversi prodotti caratteristici (il vino, l'olio, le ciliegie, le castagne e i formaggi), ma mettendoci insieme creiamo collaborazione per migliorare le nostre

Da sinistra l'assessore Rosario Maccarone, Andrea Dal Bosco, il sindaco di Monteforte Gabriele Marini, il presidente di Ateneo della Pontara Andrea Anselmi, le volontarie Mirca Mattioli, Maria Favaretto, Michela Maran e Marco Bolla.

capacità di attrarre la clientela. - afferma Rosario Maccarrone, assessore alla Cultura e alle Attività Produttive di Monteforte. - L'ufficio in cui si trova lo IAT è la stanza di un palazzo vescovile del 1400 che in dieci anni è stato aperto e chiuso molte volte e fino a marzo 2015 era adibito a magazzino. A fine agosto, dopo essere stato sistemato, riprendendo l'arredamento poco sfruttato di altri ambienti comunali, abbiamo cominciato ad aprirlo. Il personale è composto da Andrea Dal Bosco, Mirca Mattioli, Maria Favaretto e Michela Maran, tutti concittadini volontari», «Ci siamo presentati al mondo partecipando al primo Salone del Turismo Rurale, presso Fie-

racavalli dal 5 all'8 novembre, con il progetto Est Veronese Produce che propone abbinate di eventi sportivi ed enogastronomici con itinerari a cavallo tra degustazioni di vino e prodotti tipici, oppure percorsi da fare a piedi per raggiungere il nostro territorio tra sentieri e luoghi antichi, e quelli da svolgere in bici - spiega Andrea Dal Bosco, consigliere con delega al Turismo e Valorizzazione del Territorio di Monteforte e uno dei promotori dell'iniziativa Per quanto riguarda lo IAT, era già da un anno che preparavamo le basi attraverso incontri istituzionali, iniziando già nel settembre 2014 il dialogo con i comuni limitrofi, constatando la discontinuità a livello turistico


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Il progetto di turismo territoriale diffuso ingrid.somma@verona-pantheon.com

la mostra delle ciliegie di San Giovanni Ilarione», afferma Gianni Storari, assessore delle

attività produttive di San Bonifacio. Il simbolo di questo territorio è il busto benedetto, realizzato grazie ai contributi di tutte le cantine della Valdalpone, di Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, primo ministro di re Teodorico di Verona,. Egli, nel 500 d.C. descrisse il metodo di produzione e le caratteristiche organolettiche dell'antico vino acinatico, ovvero il Recioto della Valdalpone, ordinando, inoltre, in un'epistola al prefetto dell'annona, di spostarsi nell'Est veronese per procurarlo, ritenendolo un vino sacro come i valori del Cristianesimo, degno, per questa ragione, di essere sulla tavola del re e dei suoi ambasciatori. L'ufficio è aperto il venerdì dalle 16 alle 18, il sabato dalle 10 alle 12 e il pomeriggio dalle 16 alle 18, la domenica dalle 10 alle 12.

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con l'ufficio di Soave. Le aziende, inoltre, si promuovevano autonomamente ma a livello istituzionale mancava loro il riconoscimento per essere in grado di accogliere il turismo al meglio. Infatti, il sistema di informazione da solo non può funzionare», «Bisognava omogeneizzare ed integrare per avere un dialogo uniforme con tutti i paesi che fanno parte del cosiddetto Cappello Est Veronese, altrimenti un paese da solo non è in grado di farsi valere. Per riuscire ad attirare turismo bisogna far sì che questi ultimi trovino nel nostro territorio tutto quello di cui hanno bisogno in maniera semplice, pensando così di creare un calendario unico delle manifestazioni maggiori e più importanti che identificano i paesi, tra cui la Montefortiana, la fiera di San Marco Est Veronese Produce e Innova di San Bonifacio e

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PAESAGGIO

C AV E ,

DAL RIPRISTINO A U N A P I E N A R I C O N V E R S I O N E A M B I E N TA L E

di Matteo Scolari

Tiene banco l’argomento della riqualificazione e/o del ripristino delle cave in Lessinia. Dai progetti avveniristici di architetti e designer, a quelle che possono essere delle proposte più in linea con le tematiche ambientali e con il rispetto delle normative esistenti.

Q

Cava ripristinata sul Monte Loffa: sull'orizzonte a nord (sotto la cabina elettrica) il fronte cava raggiungeva i venti metri di profondità. Ora il livello è stato riportato all'altezza originaria.

Regione del Veneto - Occupazione annua attività di cava (migliaia ore di lavoro e addetti ) REGIONE del VENETO - PRODUZIONE ANNUA CAVE DI INERTI E CALCARI

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Regione del Veneto - occupazione annua attività di Regione del Veneto - Occupazione annua attività di cava cava (migliaia ore di lavoro e addetti) 1990-2014 (migliaia ore di lavoro e addetti ) 2500

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REGIONE del VENETO - PRODUZIONE ANNUA CAVE DI INERTI E CALCARI

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ADDETTI

ORE LAVORO

ORE LAVORO

Nel Veneto, le cave per l’estrazione di vari materiali sono oltre 500. Di queste quasi la metà sono nella provincia di Verona. Per avviare una domanda di coltivazione è necessario essere in possesso di alcuni requisiti fondamentali, primo fra tutti, ovviamente, la disponibilità del giacimento, in secondo luogo l’idoneità tecnico economica della ditta richiedente. Elemento fondamentale che deve essere allegato alla richiesta è il “progetto di coltivazione”, all’interno del quale vanno relazionati l’inquadramento geologico dell’area, l’inquadramento viabilistico di collegamento tra la cava e le strade pubbli-

anno

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che, quello paesaggistico per la compatibilità ambientale e quello agronomico e forestale e con Rete Natura 2000 fino ad arrivare al progetto di estrazione vero e proprio, al piano di gestione dei rifiuti di estrazione e al progetto di sistemazione ambientale. Ed è proprio su questo ultimo punto, non meno importante, su cui spesso si gioca la partita tra favorevoli e contrari alla coltivazione delle cave a cielo aperto, tra chi dice che l’attività estrattiva è un valore per il territorio e chi, invece, è convinto del contrario, ovvero che si tratti solo di deturpazione ambientale. L’arte di estrazione in cava,

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Regione del Veneto - produzione annua cave di inerti e calcari 12.000.000

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migliaia ore di lavoro / addetti

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uando si parla di cave, lasciateci fare una battuta, si alza spesso un gran polverone. È indubbio che lo sfruttamento dei materiali lapidei nel territorio della Lessinia veronese, che affonda le sue radici addirittura alla Protostoria e all’età del ferro, abbia in qualche modo alterato, specie negli ultimi decenni, un delicato equilibrio ambientale in un territorio, la montagna, in cui ogni minimo cambiamento balza all’occhio più facilmente rispetto ad altri contesti urbani o rurali. Se per anni il comparto lapideo ha garantito occupazione e opportunità economiche per intere comunità montane, con la crisi dell’edilizia sia il volume di affari che il numero di addetti si è molto ridimensionato. Alcune cave giacciono ancora a cielo aperto nonostante l’attività estrattiva si sia esaurita, altre sono ancora luogo di lavorazione, altre sono oggetto di valutazioni di architetti, tecnici o designer per trovare un giusto compromesso tra quanto abbiamo tolto al paesaggio e a quanto dovremmo restituirgli. Partendo dalla normativa vigente, la coltivazione delle cave è regolamentata dall’art. 45 del Regio Decreto 29.07.1927 N. 1443 in cui si dice che “le cave e le torbiere sono lasciate in disponibilità del proprietario del suolo”, ma è l’art. 18 della Legge Regionale 44/1982 a determinarne, nello specifico, le linee guida principali per l’attività estrattiva.


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La riqualificazione che parte dalle Cave

che pur se ne dica, è un’arte nobile, che richiede conoscenza, tecnica e talvolta un sesto senso. Dal marmo alla pietra della Lessinia, i prodotti lapidei scaligeri hanno fatto conoscere Verona in tutto il mondo e impreziosito luoghi e opere realizzate dall’uomo nei cinque continenti. Come dicevamo, l’ago della bilancia dei pro e contro, forse sta nel recupero o nel ripristino (previsto dalla legge, ndr) della cava stessa. Nel corso di questi anni, molto del materiale da riporto definito “cappellaccio”, che rappresenta la bancata di roccia interposta tra la superficie topografica del terreno e la sommità degli strati utili di pietra che stanno sotto, è stato asportato dal luogo di origine per essere reimpiegato in opere edilizie esterne, privando molti di questi siti del materiale utile alla loro copertura una volta estratta la pietra. Non sono moltissimi i casi di ripristino naturale della cave dismesse o esauste. Siamo andati sul Monte Loffa di Sant’Anna d’Alfaedo a vederne uno. Incontriamo Roberto Quintarelli, cavatore da oltre quarant’anni, il quale ci ha accompagnati all’interno della

sua cava, ci ha spiegato come nasce un blocco o una lastra, la cura e l’attenzione che ci devono essere nel trattare questa pietra semplice, ma nobile, per poi mostrarci, poco sopra, un ripristino completo terminato qualche anno fa su un terreno di famiglia. Quintarelli ci ha sottolineato come ci dovrebbe essere sempre da parte del cavatore l’obbligo morale, oltre che legale, di far tornare il sito più vicino possibile al suo status originario e come in molti casi questo non venga fatto, o solo in parte. Sui motivi per cui questo spesso non accade apriremmo un discorso troppo ampio, ci vor-

remmo soffermare proprio sul ripristino di Monte Loffa, dove un buco con un fronte cava di oltre venti metri è stato risanato con materiale di riporto e riconvertito a prato verde. Siamo sicuri che di esempi virtuosi simili a questo ce ne siano altri in Lessinia e nelle vallate pedemontane. Abbiamo scelto questo per dire che il rapporto uomo ambiente, anche nel caso specifico delle cave, può essere riappacificato, recuperato, valorizzato. Con una vera “riconversione ambientale” così come ci suggerisce Papa Francesco nella sua ultima enciclica Laudato si’.

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GRANDE GUERRA

STORIE DI STORIA

«IL TEATRO DELLA GUERRA›› RICORDATO E VISSUTO di

Giovanna Tondini

giovanna.tondini@verona-pantheon.com

I primi a ricordare sono stati loro. Reduci della guerra più orrenda che la storia potesse vivere. Integri, mutilati, pazzi. Tutti comunque memori di cose che nessuno può immaginare. Niente, proprio niente può solo avvicinare il nostro pensiero, la nostra mente, il nostro corpo a ciò che fu. Eppure qualcosa ci lega a quella guerra, lontana nel tempo. Ma ricordare cosa significa?

«L

a memoria non è solo un semplice magazzino».È piuttosto «una complessa rete di attività, dove il passato viene costantemente ricostruito dai diversi apparati fisico-psichici dell'individuo nei termini del presente » (Rosenfield). La memoria, inoltre, ha una funzione sociale, utile per la coesione e per la definizione dei valori collettivi, pur divenendo talvolta campo e oggetto di conflitti fra i gruppi. Nell’individuo che ricorda, però, intervengono diversi meccanismi di difesa, depurazione, rimozione di momenti incresciosi, dolorosi, paurosi. Mentre a livello di comunità si verifica l’adesione collettiva a un modello interpretativo del passato che produce un'identità comune di riferimento. Sono dei filtri che non lasciano passare ciò che “offende” la maggioranza (E. Novello). Bisogna dunque essere consapevoli della memoria e della soggettività di chi racconta e di quello che ci è stato tramandato, dai politici e dai media, che monopolizzano la storia per i loro fini (De Luna). Soprattutto quando abbiamo sottomano un documento storico. Come disse Le Goff: «Il documento non costituisce materiale innocente ma esprime il potere esercitato dalla società del passato sulla memoria e

sull’avvenire, è un prodotto della società che lo ha fabbricato secondo i rapporti di forza in essa vigenti. Il fatto ‘puro’ non esiste poiché esso è il risultato di un’elaborazione, di un’astrazione in cui interviene l‘elemento soggettivo». Con questa consapevolezza la storiografia degli ultimi trent’anni si è focalizzata su una nuova tipologia di fonti: diari, lettere. In altre parole, sulla storia degli ultimi. Storie di coloro che non hanno mai avuto “voce in capitolo”. A partire dalla Grande Guerra, quando molti dei fanti al fronte hanno imparato a scrivere. Spinti dalla necessità, o meglio, dalla disperazione. Il teatro negli ultimi anni ha seguito proprio questa scia. Ha portato sul palcoscenico gli antieroi, le storie invisibili e locali. Il teatro infatti dà la possibilità di andare oltre i tabù che la memoria collettiva ha costruito. Oltre le mascheratu-

re e i condizionamenti culturali che la stessa civiltà si è data. «Per mezzo del lavoro teatrale, regista e attore cercano di trasformare il tabù in consapevolezza» (Czertok), all’interno di una situazione immaginaria di conflitto, quindi concretamente ludica, ma sinceramente reale. E i modi sono tanti, come dimostrano le tante iniziative nate intorno a noi. A partire da Emilio Franzina, che da ormai vent’anni trasferisce sul palco lo schema della lezione di storia, svincolato da una compostezza, quella accademica. «Punto fondamentale è la credibilità dell’immediatezza del discorso. La sua efficacia». Come facevano i grandi maestri di un tempo, capaci di affascinare e conquistare, con le loro doti oratorie. Il tentativo, ci spiega, è di operare rispettando i canoni storici. L’unico vincolo, in questo tipo di spettacolo, sono proprio i «fatti» storici. C’è anche chi racconta questi


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STORIE DI STORIA

La guerra di Arlecchino, foto di Paolo Ferrazzi.

fatti in maniera ironica, «perché essi rimangano più impressi nella mente dello spettatore». Questa è l’intenzione della compagnia Franzi, nata nel 2003 a Verona e guidata da Stefano Modena. «Nei nostri spettacoli alterniamo momenti di comicità a momenti di intensità». Lo scopo è quello di «fare

riflettere sugli errori del nostro passato», anche in modo provocatorio. Come provocatorio è senz’altro Alessandro Anderloni quando porta in scena le ingiustizie subite dai soldati dai loro superiori, ne La Grande Guerra meschina. Dove al centro della narrazione c’è la vita reale

e la sofferenza. Dove non c’è spazio assolutamente per gli aspetti positivi. Non da ultimo La guerra di Arlecchino del regista Roberto Totola: una originale satira tragicomica acrobatica in cui il personaggio di Goldoni è «ingannato e portato dentro alla follia della guerra». Lui che rappresenta, nel suo fare buffo e al contempo innocente, soprattutto umano, la fascia più debole della società». Come ha sottolineato l’attore Giacomo Rossetto, «il teatro è un mezzo potentissimo per raccontare la storia. E l’emozione è lo strumento che lo rende tale». Il teatro, in questa prospettiva, ha una funzione politica, non partitica. Una funzione civile. I linguaggi teatrali, e più in generale artistici, sono tanti, e devono mandare a casa lo spettatore con delle domande.

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CULTURA erika.prandi@verona-pantheon.com

di Erika Prandi

PALAZZI:

«SPERO IN UN ACCORDO TRA M A N T O VA E V E R O N A P E R N U O V I P R O G E T T I » Il sindaco della città dei Gonzaga, nominata “Capitale della Cultura” per l'intero anno prossimo, ci ha raccontato delle prossime iniziative e della volontà di stringere legami con Verona.

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indaco Palazzi, complessivamente avrete a disposizione 4milioni di euro. Quali saranno, concretamente, le prime iniziative che metterete in campo? Si parla di una mostra di arte contemporanea a marzo e di un’altra rinascimentale per fine anno. La nomina di Mantova capitale italiana della cultura ci porta a valorizzare ulteriormente la bellezza della nostra città e il nostro amore per il bello. Secondo noi la cultura è una molla importante per il rilancio dell’economia. Le potenzialità turistiche del patrimonio straordinario offerto dalla nostra città sono enormi. La sfida che abbiamo di fronte è di ridisegnare la mappa turistica internazionale e svolgere un ruolo di grande richiamo della nostra città nel 2016 e anche successivamente. I finanziamenti che attiveremo serviranno per intervenire sul restauro e sul recupero del patrimonio culturale, sulla rigenerazione urbana, sulla fiducia in una città che ha voglia di esserci. Recentemente il consiglio comunale ha approvato una variazione di bilancio di 14 milioni 400mila (da aggiungere a circa 4 milioni già disponibili) che riguar-

Il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi

dano il piano opere pubbliche 2016. Si tratta di 17 interventi per i quali la giunta ha deciso di anticipare l'impegno di spesa al 2015. Tra questi abbiamo il recupero Torre della Gabbia che costerà 998.910 euro, il recupero della facciata Loggia d'Onore di Palazzo Te per un valore di 650mila euro, la riqualificazione degli ambiti urbani, 1,5 milioni per corso Vittorio Emanuele, i nuovi impianti a Palazzo della Ragione pari a 1 milione 200mila euro. Questo riconoscimento, in definitiva, ci dà la forza di portare avanti il lavoro che abbiamo iniziato con l'amministrazione. Nel calendario 2016 ci saranno tanti eventi, ma è troppo presto per dire quali saranno.

Lei ha parlato di Mantova come una possibile Smart Human city. Cosa intende? La Smart Human City è la città che riesce a fare sintesi tra il modello di città efficiente e il modello di città rinascimentale, luogo della relazione, del convivio, del buono e del bello, dei saperi, ponendo il fattore umano al centro. Tale modello parte dalle radici culturali della città: Mantova durante il dominio della famiglia Gonzaga ha saputo attrarre talenti ed ha saputo costruire reti. È stata una meta cruciale durante il passaggio di re e di papi e ha saputo allacciare rapporti culturali e politici con le più importanti famiglie regnanti d’Europa.


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Intervista al sindaco della capitale italiana della cultura 2016

Elementi cardine del modello Smart e Human sono l’approccio di sistema, l’ausilio delle nuove tecnologie, la creazione di dinamiche di comunità ai diversi livelli tecnici della ricerca e dell’intervento così come della divulgazione e fruizione pubblica, che diventano gli elementi portanti del progetto per Mantova capitale italiana della cultura. Verona sta guardando con grande interesse le potenzialità di questo importante riconoscimento per Mantova proprio alla luce della vicinanza delle due città. Prevede iniziative o contatti rivolti alla città scaligera? Effettivamente, le due città sono molto vicine e hanno in comune la vocazione per la cultura e il turismo. Pertanto, ci sono tutte le condizioni per promuovere pacchetti che sappiano dirottare sulle nostre città un turismo che ama le città d’arte, gli eventi culturali e la buona cucina. Non dobbiamo dimenticare che avremo un 2016 straordinario, in cui il Festivaletteratura taglierà il 20° traguardo e che avremo un 2017 che si caratterizzerà come l’anno della capitale dell’enogastronomia perché, insieme a Cremona, Brescia e Bergamo,

saremo la sede degli eventi del progetto European Region of Gastronomy. Dunque, mi auguro che ci sia un raccordo tra Mantova e Verona per mettere in pista progetti e azioni comuni. Con il sindaco Flavio Tosi sono in contatto e sarà sicuramente un argomento da affrontare nelle prossime conversazioni che avremo. È di questi giorni la notizia del furto di importanti opere dal museo di Castelvecchio e ad oggi non ancora trovate. Pensa che il sistema di sicurezza italiano necessiti di miglioramenti?

AGE NZ IA DI GREZZ ANA

Verona non è certo un caso isolato. Quello che è successo è un avvenimento gravissimo che deve far riflettere. La rapina al museo di Castelvecchio ha evidenziato che il sistema di sicurezza non funzionava. Al di là del valore sottratto, la sensazione è che si sia toccato con mano la vulnerabilità del nostro patrimonio custodito. Non dobbiamo sottovalutare che abbiamo in gestione capolavori inestimabili di grandi artisti e che è nostro compito tutelare il patrimonio dell’umanità mettendo a disposizione tutte le risorse necessarie.

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CINEMA Il primo film del regista Suranga Deshapriya Katugampala

di Francesca Mauli

E U R O PA , L A S E C O N D A M A D R E Un giovane regista veronese di origine srilankese porta sul grande schermo la storia di una madre e di un figlio, appartenenti rispettivamente alla prima e alla seconda generazione di migranti, in un conflitto generazionale legato non solo alla differenza d’età, ma anche a una diversa visione culturale e a un diverso senso di appartenenza.

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na madre e un figlio, due mondi in simbiosi, eppure spesso lontani. Una lontananza generazionale, ma soprattutto culturale. Perché questa mamma e questo figlio appartengono rispettivamente alla “prima” e alla “seconda generazione”, come vengono chiamati i primi migranti arrivati in Italia e i loro figli, italiani per nascita o per crescita. Sono questi i protagonisti di Gandabba (in srilankese “via lattea”, ma anche “non luogo”), titolo (al momento provvisorio, poiché ancora in lavorazione, ndr) del primo film di Suranga Deshapriya Katugampala, classe 1987, regista veronese di origine srilankese con all’attivo cortometraggi premiati in numerosi festival. «Il film, attualmente in post produzione, parla di una madre (interpretata da un'attrice molto nota in Sri Lanka, Kaushalya Fernando, già premiata a Cannes) che non vuole adattarsi all’Europa, una madre di prima generazione, radicale, tenace, che vive l'Occidente in

uno stato d'alienazione, come luogo di passaggio. Suo figlio, interpretato da Julian S. Wijesekara, è invece totalmente italiano, ha valori, modi di vivere, ambizioni e progetti che lei non riconosce. I loro punti di vista si scontrano. Nonostante questo, la madre cresce il figlio, lo nutre, lo prepara alla vita per poi lasciarlo tra le braccia di una nuova madre: l'Europa» spiega il regista. Il progetto è piaciuto così tanto da meritarsi - ancor prima di essere realizzato - il primo posto all’edizione 2015 del Premio Mutti della Cineteca di Bologna, unico bando di concorso italiano aperto esclusivamente a progetti cinematografici di registi migranti. E proprio il premio vinto ha consentito di coprire una parte delle spese previste per la realizzazione del film. «Realizzazione che - prosegue il regista - è stata resa possibile grazie alla collaborazione di numerose persone, sia italiane che cingalesi, e di realtà commerciali veronesi che hanno creduto in questo progetto,

appoggiandolo. Tante persone ci hanno offerto da mangiare, da dormire, aiuto durante le riprese». Non è nuovo, Suranga Deshapriya Katugampala, a questa tematica: i suoi precedenti cortometraggi hanno già affrontato la tematica dello “scontro” generazionale tra i primi migranti arrivati, ancora immersi nella cultura d’origine, e i loro figli, a metà tra il mondo dei loro genitori e quello in cui sono cresciuti. Alla base c'è anche la volontà di provocare un dibattito tra gli spettatori, sia stranieri che italiani. «Vorrei che gli italiani iniziassero finalmente a vedere gli stranieri come parte della loro comunità, pur nella conservazione di tradizioni diverse. Lavorare affinché questo accada non è più compito della prima generazione: quella ha già fatto la sua parte, trasferendosi, lasciando la terra e gli affetti, piantando qui un seme per i propri figli. Ora tocca a noi, alla seconda generazione, prendere il testimone e proseguire nella staffetta».


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Le Peppe, nuovo gioiello “nato in Lessinia”

Enduro, Tuareg, Labrador e Pick Up, sono questi i nomi delle nuovissime scarpe, prodotte nel cuore della montagna veronese, a Corbiolo di Bosco Chiesanuova, in quel laboratorio artigianale marchiato Gaibana che da anni riesce a sorprendere il mercato e il concetto stesso di calzatura. Pi

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Enduro La ad br or

L’IDEA. Quattro modelli di uno stesso progetto chiamato “Le Peppe” (dal famigliare nome con cui venivano chiamate una volta le scarpe), realizzati a mano dai fratelli Daniele, Pierangelo e Roberto Vinco partendo da un’idea creativa di uno stilista veronese che opera nel settore calzaturiero, Franco Vicentini, e che con il suo ufficio stile rende fattibile il progetto. Un’idea semplice, ma quanto mai intrigante che consiste nel trasferire le peculiarità di resistenza, forza e durata di una scarpa di montagna a una calzatura di città, in un percorso artigianale unico che porta, così come sottolinea lo stilista, prima di tutto a “pensare con le mani”. CARATTERISTICHE TECNICHE. Enduro, il polacchino disponibile anche nella versione bassa (Tuareg), è realizzato con pelle di bovino adulto idrorepellente, e fodera vegetale anallergica. Labrador, la scarpa interamente conciata al vegetale e anallergica cui si ispira anche il sandalo vegetale Pick Up, è interamente cucita a mano e lavorata con una concia estratto vegetale di castagno così come la fodera interna, anch’essa in pelle di bovi-

no, che risulta essere estremamente traspirante e anallergica. Il sottopiede estraibile, su tutti i modelli, ricavato sempre da una concia vegetale sulla parte superiore, è composto da uno strato intermedio di sughero dall’alto potere assorbente e da uno strato inferiore realizzato con fibre di cocco che danno vita a un zona aerata in cui il sudore riesce a defluire senza provocare surriscaldamento, odori o allergie da contatto. Tre strati uniti insieme da un collante naturale estratto dalla pianta del caucciù, quindi biodegradabile. La suola, morbida, leggera e flessile, è uscita indenne da alcuni test realizzati sia in laboratorio che “sul campo”, in particolare sui ghiaioni del Monte Carega e da alcune gare di corsa in montagna. Innovazioni tecnologiche, design e tradizione artigianale nate e costruite in Lessinia per un prodotto esclusivo e performante. Enduro è prima scarpa del progetto a disposizione del pubblico. Allo spaccio del Calzaturificio Gaibana è possibile prendere visione del prodotto artigianale. Gaibana aderisce al progetto di tutela del prodotto Italiano “100% Made In Italy”.

Calzaturificio Gaibana Via dell’Artigianato, 16 – 37021 – Bosco Chiesanuova Tel/Fax 045.7050044 – www.gaibana.it – gaibana@alice.it


SCATTI

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Stefano Signorini, pioniere della foto panoramica veronese

SE LA FOTOGRAFIA È UN'IDEA A 360 GRADI

emanuele.pezzo@verona-pantheon.com @manupegaso

di Emanuele Pezzo

Il fotografo Stefano Signorini è famoso per le sue panoramiche di Verona e del Lago di Garda. Una passione nata da un regalo ricevuto e proseguita da pioniere del formato largo, cercando l'unica inquadratura giusta per ottenere l'immagine perfetta.

M

ai capitato di essersi trovati innanzi dieci, cento, mille volte un'opera d'arte e di scoprire solo all'ennesima riproposizione chi fosse l'autore? Fino a tale momento quel dipinto o quella statua sono esistiti come se, per un prodigio cosmico, la bellezza fosse autrice di sé stessa. Un veronese può forse percepire una sensazione simile di fronte alle bellissime fotografie panoramiche della città e del Lago di Garda che spesso spiccano su poster, cartoline, gigantografie, internet: in una buona parte dei casi l'autore è Stefano Signorini, pioniere della foto panoramica veronese, che si diletta anche nel campo che lui chiama "foto umoristiche". Stefano, cosa significa per lei fotografare? È la passione della mia vita, iniziata quando, a 18 anni, mio papà mi regalò la mia prima "fotocamerina", la Ricoh 500 RS. Da allora non ho più smesso. Fotografare fa parte della mia vita e non riuscirei a vivere senza. Quale parte preferisce del suo lavoro? Mi piace moltissimo andare a cercare i posti giusti, capire

qual è la luce migliore e realizzare la foto. Se non riesco la prima volta, torno una seconda, una terza, una quarta... fino a oltre dieci volte. Anche una singola foto si rivela molto complessa finché non si trovano le condizioni giuste. Cosa cerca di ottenere da un'immagine? Cerco di realizzare la foto perfetta, cioè quella che mi soddisfa. Difficilmente mi accontento: l'inquadratura migliore, anche parlando di un luogo ben conosciuto come piazza Bra, è solo una. Sono esigente anche nell'elaborazione digitale: per me i software di grafica vanno usati eccome per arrivare al risultato che si ha in mente. Dove nasce una foto? Le panoramiche nascono dentro di noi. La visualizzazione di un'immagine è importantissima: la foto va innanzitutto ideata, poi si cerca di ricrearla con la macchina fotografica. Guardo una piazza, decido dove potrebbe essere l'inquadratura migliore, poi immagino la foto da sinistra a destra e trasferita su un piano. Non è la stessa cosa che inquadrare un normale soggetto. Per quanto riguarda le foto

umoristiche, invece, la faccenda è inversa. Le chiamo "Obiettivo allegro": uno scatto al volo, girando per la città pronto a cogliere il momento, istintivamente, come chi spara al piattello. Qui sono il soggetto e la situazione a scegliermi. Cosa pensa del fatto che tutti oggi possano facilmente scattare foto? Tutti possiedono uno strumento e fanno foto, ma pochissimi ne scattano di belle. Per le panoramiche, ad esempio, c'è l'errata convinzione che basti girare su sé stessi. Ma non è sufficiente dire: «Ho fatto una bella foto» solo perché ho ottenuto un'immagine più larga delle altre. C'è un posto, oltre a Verona e al lago, che vorrebbe fotografare? Siamo fortunati a vivere in un posto perfetto. Si può spaziare in lungo e in largo: Verona e il Lago di Garda sono bacini infiniti di scorci. Potrei dire che mi piacerebbe fotografare Roma, o qualche altro luogo in Italia o all'estero. Ma addentrandosi bene nello studio del luogo, della luce e delle stagioni, nella nostra zona di materiale eccellente ce n'è più che a sufficienza.


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DI CHI STIAMO PARLANDO

e sui pattini a rotelle. Ha collaborato per anni con le riviste "Il fotografo" e "Fotografare" e una sua foto è stata pubblicata su National Geographic Traveler. I suoi scatti "The merry go round" e "The cyclists 1" hanno vinto il primo premio delle edizioni 2005 e 2007 del concorso Panorama Competition. Ha realizzato anche immagini umoristiche, che da giugno sono in esposizione alla libreria Il Minotauro in centro città: nonostante la mostra dovesse concludersi a metà ottobre, è stata prolungata a tempo indeterminato.

©2015 Design by Atelier Orlandi

STEFANO SIGNORINI

Stefano Signorini è un fotografo veronese con più di 30 anni di carriera alle spalle. È divenuto celebre per le foto panoramiche, che lui chiama "superfoto", di Verona e del Lago di Garda. Per scattarle ha creato appositamente un mezzo fotografico rotante che poi l'ha portato anche a sperimentare una serie di scatti "Stile fotofinish". Altra serie suggestiva, sempre realizzata con il medesimo strumento, è quella delle "Foto a palla", ossia panoramiche di forma sferica. Interessanti pure gli esperimenti di fotografia in bici, sugli sci

www.novagrafvr.it - email: info@novagrafvr.it - telefono: 045.86.68.044


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AUTOMOBILISIMO

Quarto titolo Super GT in cinque stagioni

RONNIE QUINTARELLI È LEGGENDA di Matteo Bellamoli

Il pilota di Sant'Anna d'Alfaedo ha conquistato il quarto successo nel Super GT giapponese. Mai nessuno era riuscito a fare come lui nella serie del Sol Levante. La Lessinia è in festa per il suo campione. C'era riuscito nel 2011 e nel 2012 in coppia con Masataka Yanagida. Nel 2013 è diventato il primo pilota non giapponese a vincere tre volte il titolo Super GT, condividendo l'abitacolo con Tsugio Matsuda. Mancava un'altra affermazione, il poker, per entrare nell'olimpo dell'automobilismo mondiale. Ronnie Quintarelli ci è riuscito quest'anno, agguantando all'ultima gara stagionale, sul circuito di Motegi, il quarto sigillo iridato nella serie a ruote coperte più affascinante del mondo, portando la Nissan GTR ufficiale Nismo nuovamente in vetta alla classifica. Nessuno prima di lui aveva conquistato questa serie per quattro volte. Non è stato facile, perché fino all'ultimo giro non si conosceva il verdetto. In qualifica, su pista bagnata, Quintarelli ha dovuto accontentarsi del dodicesimo posto in griglia sapendo che con due punti di distacco dalla vetta della classifica avrebbe dovuto lottare con tutte le sue forze per riuscire a recuperare posizioni durante la gara. Un'impresa decisamente complicata. La gara ha visto team e piloti partire con pista bagnata, ma senza pioggia e con condizioni in miglioramento. Ronnie ha guidato al via e nella prima parte della corsa, guadagnando posizioni su posizioni sin dai primi giri anche grazie ad un pacchetto vettura-gomme estremamente performante. Al venticinquesimo passaggio, un giro dopo rispetto ai leader di campionato dell’equipaggio Nissan Calsonic, Quintarelli è quindi rientrato ai box cedendo il volante a Matsuda che ha

montato le gomme slick (lisce, ndr). Grazie a questa scelta strategica, Matsuda ha mantenuto il secondo posto, regalando la matematica certezza dell'affermazione in campionato, la seconda consecutiva dopo quella dello scorso anno. «Per me oggi si avvera un sogno» ha detto Quintarelli a fine gara. «Sin dai primi anni in Giappone, quando correvo ancora in Formula 3, il mio sogno è sempre stato quello di competere nel difficilissimo e spettacolare campionato Super GT. Esserne diventato protagonista, conquistando quattro titoli nelle ultime cinque stagioni, mi rende estremamente felice e ripaga tutti gli sforzi personali e sacrifici di questi anni. Un grazie va a Nismo, Michelin, agli sponsor, ai miei compagni di squadra di queste stagioni e ai tifosi per aver creduto in me. Ho sempre avuto a disposizione una macchina all’altezza. Es-

sere diventato l’unico pilota ad aver vinto quattro campionati nella serie è qualcosa di eccezionale, un record personale che ho voluto fortemente anche considerando che ho basato tutta la mia vita in Giappone. Grazie alla mia splendida famiglia che mi supporta sempre e mi sostiene per poter raggiungere queste imprese e sopperire anche a tutti i momenti difficili».

LA STAGIONE IN PILLOLE ROUND ROUND ROUND ROUND ROUND ROUND ROUND ROUND

1 OKAYAMA 2 FUJI 3 THAILAND 4 FUJI 5 SUZUKA 6 SUGO 7 AUTOPOLIS 8 MOTEGI

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RITIRATO 1° POSTO 5° POSTO 4° POSTO 7° POSTO 6° POSTO 1° POSTO 2° POSTO

Vettura: Nissani Nismo Motul Autec GTR Compagno di squadra: Tsugio Matsuda Punti totali campionato: 79 Punti totali squadra: 100


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PANTHEON

UNDERGROUND di Marco Nicolis marco.nicolis@verona-pantheon.com

MO N A RCA QUANDO LA MUSICA NON HA BISOGNO DI PAROLE Serve davvero un cantante per rendere grande una band? A quanto pare non sempre è così. In queste righe tratteremo un genere musicale non per tutti. Solo palati fini, per intenderci. Parliamo di Post-Rock Strumentale. Chitarra, basso, batteria; tanti strumenti e zero tracce vocali.

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ene, iniziamo. Monarca; sono loro il nostro primo gruppo del mese. Finché scrivo, mentre nelle mie cuffie passa “Right in two” dei Tool, ideale per raggiungere la giusta atmosfera, mi accorgo che non sarà un compito facile far trasparire su carta le emozioni che questo spicchio dell’universo rock riesce a suscitare in chi lo ascolta. Non è facile, infatti, parlare di musica squisitamente strumentale, tracce, come detto, praticamente prive nella maggior parte della presenza di un cantante, il quale, che piaccia o no, è facilmente (e spesso erroneamente) indicato come principale catalizzatore dell’attenzione del pubblico. Ma andiamo per gradi. Tutto parte (naturalmente) dalla sala prove, dalle infinite jam session di livellamento e modellamento del suono, alla ricerca dell’alchimia perfetta tra tutti i componenti. Inizialmente il progetto non prevedeva l’assenza di un cantante. Ma se al principio era la necessità a spingere i Monarca verso la musica strumentale, poi, prova dopo prova, questa defezione è diventata per scelta stilistica il loro marchio di fabbrica. Okay, la formazione quindi è pronta, appena pronti i primi pezzi via, destinazione palco-

Cristiano Coeli Chitarra Marco Lovato Chitarra LUCA Grisi Basso Fabio Zocca Batteria

foto di: Mario "Vugan" Piemontese.

scenico, per la precisione Tregnago Rock Contest. Primo set e prima uscita pubblica per i Monarca, saliti sul “fronte del palco” come a un vero battesimo del fuoco, finalmente pronti a confrontare la propria “particolare” musica davanti ad un vero contest. Gli scetticismi? Spariti, subito. Probabilmente sono proprio questi i momenti che fortificano una band; le prime uscite, i primi esperimenti e le prime impressioni del pubblico, la cui risposta è sempre primaria fonte di ispirazione. 2014, i primi 5 brani sono pronti. Nelle sale del Liquid Sound Studio nasce il primo Ep della band. 500 copie ricolme di

passaggi duri, distorti, pronti ad alternarsi con passaggi dalle tinte più calde e placide. I nostri ragazzacci hanno impresso l’anima Monarca in questo lavoro, senza tuttavia far trasparire messaggi precisi all’ascoltatore, il quale rimane libero di lasciar sfogare le proprie sensazioni brano dopo brano. Ora il prossimo passo è trovare la giusta nicchia, il pubblico giusto per il post-rock strumentale. Un pubblico che sappia abbracciare e apprezzare un genere composto dell’essenza stessa del rock, senza elementi di contorno, senza distrazioni da ciò che compone l’anima della musica: gli strumenti. facebook: /monarcaband


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WHOLE TONE TRIO

N E PPUR E IL TE R R E MO TO PUÒ FE R MA R E L A MUS IC A

365 giorni vissuti tra le macerie del sisma e l’inizio di una nuova vita sul palcoscenico.

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a musica è una delle forze più potenti del pianeta. La musica riesce a esprimere i pensieri e le idee di chi la compone. La musica è in grado di suscitare sensazioni diverse in tutti noi, diverse giorno per giorno, situazione per situazione. La musica non si fermerà mai. L’esempio della potenza della musica lo possiamo vedere anche qui, nella storia dei Whole Tone Trio. La loro storia parte da uno scantinato della bassa modenese, vera sala parto del nostro trio. Siamo nel 2011 e le onde del “jazz fusion” in salsa americana fanno da colonna sonora alla nascita di un trio eclettico, che mescola il più tipico funky all’improvvisazione scuola blues. L’inizio è dei più incoraggianti. Un primo EP, “Taxi Ep”, uscite in successione, apparizioni al fianco di icone del panorama Jazz/Fusion/ Funky italiano come Alessio Menconi, Pippo Matino e Adriano Molinari, condite da qualche video per creare ulteriore curiosità nel pubblico. Tutto a gonfie vele. Tutto al proprio posto fino al 29 maggio 2012, il

foto di: Saverio Campanini.

Federico Bocchi Batteria - Elia Garutti Chitarra - Francesco Zucchi Basso giorno del terremoto, il giorno della grande paura. Una volta posatasi la polvere, come per gran parte degli edifici del modenese, anche la sala prove del Trio subisce le percosse del sisma, diventando inutilizzabile. Proprio nel momento di maggiore difficoltà, la musica, come sempre accade, è in grado di farci rialzare, scrollandoci di dosso la polvere e la paura e in fondo svelandoci una luce. Un garage riadattato e anche i Whole Tone si rimettono in piedi. La musica non molla mai! Ecco, proprio da qui iniziano i lavori per “Fracking”, il loro primo album. 29 maggio 2013. Un anno esatto dopo il disco è pronto, un vero

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omaggio alla ricostruzione. 9 tracce registrate, con alcune sorprese come la collaborazione di alcuni ospiti d'eccezione tra cui Mattia Rubizzi (tastiere), Gianni Vancini (Sax), Franco Capiluppi (Tromba) e Alex Stornello(Chitarra Elettrica). Un paio di anni sono ormai passati da Fracking ma il cammino prosegue, a braccetto con nuovi contest e nuovi pezzi da incidere. Diciamolo: il nuovo album sta arrivando, ci vorrà ancora del tempo ma i nostri tre ragazzi non stanno perdendo tempo. Nell’attesa passate dalla loro pagina ufficiale, c’è dell’ottimo materiale da ascoltare. wholetonetrio.com

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EDITORIA PER RAGAZZI

a cura di Alessandra Scolari

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L LIBRO: Racconta la storia di Erfan, una tredicenne che ama ballare e sogna di interpretare Odette ne Il lago dei cigni. Primavera 2003, la Scuola di Musica e Arte di Baghdad anticipa il saggio e la parte del cigno bianco viene assegnata ad Erfan. La musica di Tchaikovski inonda sala e cuori. 20 bambine (dai 6 ai 13 anni) danzano e sognano la pace a Baghdad. Invece in Iraq le bombe coprono il sole. Erfan perde la casa, la quotidianità e l’infanzia, perfino, sotto il fuoco delle granate, il padre Issam, mentre, per conto del Ministero, accompagnava i giornalisti stranieri. Però «la vita è un viaggio verso il futuro» ed Erfan impara a sopravvivere con la mamma, la sorella, la nonna Bibi e i nuovi amici, pure loro orfani delle bombe. Scopre anche l'amore. Si va delineando una nuova grande famiglia (così le Assenze pesano meno) e un futuro in Spagna. Ma non cessano le «le lacrime›› sopra Baghdad….

TITOLO La ballerina di Baghdad AUTORE Pasqual i Escrivà Gemma EDIZIONI San Paolo, Narrativa Ragazzi (Edizione 2013) Prezzo: €7,90- Pagine: 182 Età di lettura: da 12 anni

a cura di Mattia Zuanni

L’AUTRICE: Gemma Pasqual I Escrivà vive a Valencia e, dopo lavori nel settore della finanza, si è dedicata alla scrittura per ragazzi, raccontando loro, con un linguaggio lineare e avvincente, l’attualità. Ha iniziato collaborando con riviste specializzate, fra queste CLIJ-Cuadernos de Literatura Infantil i Juvenil, aggiudicandosi parecchi premi, tra i quali il Barcanuova (2007) per La ballerina di Baghdad. Libro edito in Italia (2010), da Edizioni San Paolo. Traduzione è di Arianna Pabis. CURIOSITÀ: Abbiamo scelto questo libro, perché Erfan e la sua famiglia musulmana papà Issam e mamma Zouad laureati in lingue, Mawj (sei anni) e la nonna Bibi - non odiano l’Occidente, ma pensano che la libertà è quella che un popolo si guadagna da solo e non quella imposta con la forza. Il lettore attraverso Erfan mette mano agli effetti delle bombe e della caccia ai dittatori e ai terroristi... Tutto cambia: i ragazzi diventano grandi e responsabili d’un tratto. Condivido con chi ha scritto che «Il messaggio di Erfan, a ragazzi e adulti dell’Occidente, è che la pace e la vita vanno difese fin che si hanno››.

BOX OFFICE

IL FILM: In una saga così complessa, si fatica sempre a tro-

vare una sorta di trama in quanto poche sono le certezze su come sarà la pellicola: di sicuro Il film è ambientato trent'anni dopo gli eventi de “Il ritorno dello Jedi” e vede l'ingresso di tre nuovi protagonisti, Finn, Rey e Poe Dameron, insieme al ritorno di diversi personaggi visti nei precedenti film della saga. CURIOSITÀ: Questo lungometraggio sarà il primo di una triade (Episodio VII – VIII- IX) che secondo i diversi rumors dovrebbe portare nelle casse dei produttori oltre 500 milioni di dollari solo al debutto. Per chi pensa possa essere difficile o addirittura impossibile, vi diciamo che le prevendite (nel solo nord America) hanno già superato i 50 milioni di dollari. Il record di incassi da battere rimane sempre quello di “Avatar” (quasi 2 miliardi e 800 milioni di dollari), ma questo film si candida ad essere un degno avversario.

TITOLO: STAR WARS Il risveglio della Forza GENERE: Fantascienza, azione DURATA: 135 minuti REGIA: J.J. Abrams ATTORI: Harrison Ford, Mark Hamill, Carrie Fisher, Adam Driver USCITA (Italia): 16 dicembre 2015

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CLASSICI DA NON PERDERE Titolo: Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza Genere: Fantascienza, avventura Durata: 121 minuti Regia: Geroge Lucas Attori: Mark Hammil, Harrison Ford, Carrie Fisher, Alec Guinnes I cavalieri Jedi sono stati sterminati e l’Impero governa la galassia con il polso di ferro. Un piccolo gruppo dell’Alleanza Ribelle ha osato opporre resistenza rubando i piani segreti per costruire l’arma più potente dell’'Impero, la terribile Morte Nera. Il servitore più fedele dell’Imperatore, Dart Fener, deve ritrovare i piani e localizzare la base nascosta dei ribelli. La Principessa Leila, leader del gruppo dei Ribelli ma prigioniera, invia un segnale di soccorso che viene intercettato da un semplice agricoltore, Luke Skywalker. Luke coglie l’attimo e raccoglie la sfida di salvare la Principessa e aiutare i Ribelli a sconfiggere l’Impero, accompagnato da alleati come il saggio Obi-Wan Kenobi, l’imperatore Ian Solo, il leale Chewbacca e i droidi C1-P8 e D-3B0.


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BELLEZZA AL NATURALE Un’idea regalo handmade Sali da bagno speziati L’idea perfetta per un regalo di Natale handmade? I Sali da bagno speziati! Questi sali profumano di biscotti di pan di zenzero e possono essere conservati a lungo, magari in un bel barattolo decorato con un nastrino o una stecca di cannella.

• 6 cucchiai di sale marino grosso • 1 cucchiaio di bicarbonato di sodio • 2 cucchiaini di cannella in polvere • 5 gocce di olio essenziale di arancio dolce • 1 cucchiaio di olio di mandorle dolci • 10 gocce di olio di argan (facoltativo) Per preparare i Sali da bagno speziati basterà unire mescolando bene tutti gli ingredienti. E’ una ricetta che ognuno può facilmente adattare al proprio gusto, giocando ad esempio sulle spezie: per un vero profumo di pan di zenzero si può unire alla cannella dello zenzero, appunto, oppure dell’anice stellato o alcuni chiodi di garofano, aggiustando le dosi in modo che l’odore non risulti troppo forte. Per un effetto ancor più depurativo e benefico il sale grosso si può sostituire con la stessa quantità di Sali di Epsom, reperibili in farmacia, che costituiscono un vero toccasana contro lo stress. È importante, infine, che i nostri sali contengano una parte di olio vegetale, che darà al bagno un potere emolliente per la pelle: l’olio di mandorle dolci della ricetta può essere sostituito da un cucchiaio di olio di oliva. Il tocco finale in più? 10 gocce di olio di argan, che aggiunte alla nostra ricetta renderanno i Sali da bagno speziati davvero preziosi.

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IN CUCINA CON

NICOLE

IL MENU DI CAPODANNO ie 20 0g r di le nt ic ch a ik pr pa 1 cu cc hi ai o di ro do 2 cu cc hi ai di po mo co nc en trat o 6 cu cc hi ai d' ol io 4 cu cc hi ai d' ac qu a sa le e pe pe pa ne in te gral e

per 6 persone A N TIPA S TO

FETTE DI PA NE INT E G RA L E CON PAT E ' DI L E NT IC C HIE Sciacquate le lenticchie e fatele cuocere per 35 minuti in acqua bollente salata. Scolatele, frullatele assieme a paprika, olio, acqua, sale e pepe. Tagliate le fette di pane e servite in tavola.

PRIMO PIATTO

sf o g li e di pa sta be sc ia m el la 1/ 4 di z u cc a sp ec k a fe tt e fo r m ag g io st ag io n at o

PA S TI CCIO M ON OPOR Z IONE CON Z U CCA E S PECK Preparate la besciamella, tagliate a fettine la zucca e fatela cuocere a vapore. Sminuzzate lo speck e grattugiate il formaggio. Cuocete le sfoglie in acqua bollente. Foderate uno stampino per muffins con dei ritagli di carta forno, riempiteli con uno strato di pasta, un cucchiaino di besciamella, una fetta di zucca e qualche pezzetto di speck, fate un altro strato e terminate con besciamella e formaggio. Infornate a 200 gradi per 10 minuti.


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s e c on do P I AT T O

co te ch in o pr ec o tt o 1/ 4 di ca v o lo ca pp u cc io 1 patata

COTECH INO SU C R E MA DI CAVO L O C A P P U C C IO Lavate il cavolo cappuccio e tagliatelo a pezzettoni. Fatelo cuocere con un filo d'olio in una tegame dai bordi alti per qualche minuto. Copritelo con acqua fredda fino a raggiungere il suo volume. Tagliate a cubetti una patata sbucciata, unitela al cavolo cappuccio e fate cuocere per 30 minuti. Nel frattempo cuocete il cotechino come indicato sulla confezione. Riducete le verdure in crema usando un frullatore ad immersione, aggiustate di sapore con del sale grosso e fatelo sciogliere. Servite un mestolo di crema con qualche fettina di cotechino, un filo d'olio ed una spolverata di pepe.

DOL CE

(pe r la fro lla ) 250 gr di farina 00 50g r di farina di ris o 70g r di oli o di sem i 70g r di zuc che ro a vel o 60- 70g r d'a cqu a vit o per dol ci lie di 4gr un piz zic o di sal e (pe r la far cit ura ) bil e 100 gr di for mag gio spa lma e tar mon da na pan di 200 ml te den fon o lat cco cio 200 gr di (pe r la dec ora zio ne) te 50g r di cio cco lat o fon den ina cuc da na pan di l 50m

CHEESECAKE AL CIOCCOLATO Create una palla mescolando gli ingredienti della frolla, stendetela tra due fogli di carta forno dandole uno spessore di 5mm. Disponetela in una teglia con cerniera foderata con carta forno anche sui bordi. Bucherellate con una forchetta ed infornate per 1520 minuti a 180 gradi. Sciogliete 200gr di cioccolato a bagnomaria, unite panna montata e formaggio poi farciteci la frolla raffreddata. Frigorifero per 1 ora. Sciogliete 50gr di cioccolato e mescolatelo alla panna da cucina. Fate colare questa glassa sopra alla torta, livellate e rimettete in frigo. Dopo 6 ore la torta è pronta per essere tolta dallo stampo, servita e tagliata.

Nicole Scevaroli

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ADICONSUM Consumatori consapevoli

IL BILANCIO FAMILIARE (ANCHE) A NATALE

di Carlo Battistella per Adiconsum Verona

Un periodo dell'anno gioioso e gradevole ma anche il momento giusto per riportare al centro dell'attenzione l'uso consapevole del denaro. Consumare o risparmiare? Prima, è meglio fare due conti in tasca. In tempi di incertezza economica, c'è chi consiglia di risparmiare e chi auspica un incremento dei consumi. A prescindere dalla corrente di pensiero macroeconomica che si preferisce sposare è indubbio però che il periodo finale dell'anno, con le sue festività, riaccende la necessità delle persone di compiere acquisti di vario genere. Le strade della città si affollano così come i centri commerciali, e l'urgenza di fare regali e predisporre lauti banchetti offusca le menti dei consumatori che spendono più o meno serenamente i loro risparmi. Ormai è noto che il consumo esagerato e non necessario causa gravi problemi ambientali e sociali su scala globale. Ciò che forse sfugge ai più, invece, è che molti dei casi di sovraindebitamento che negli ultimi anni hanno colpito i nostri concittadini trovano la loro origine proprio da un'incapacità di gestire il budget personale. Il bilancio familiare è un efficace strumento per m o n i tora re la propria si-

tuazione economica e gestire al meglio le risorse disponibili. Per costruirlo non occorre essere commercialisti o esperti ragionieri, è sufficiente gestire con metodo e attenzione i conti di casa. Basta un semplice prospetto redatto sulle entrate e uscite effettive, che permette di valutare la sostenibilità delle proprie spese in relazione al reddito disponibile e fornisce, quindi, la possibilità di analizzare la situazione e, se necessario, apportare dei correttivi (intervenendo ad esempio su alcune spese non necessarie). Oltre al classico metodo con carta, penna e scontrini alla mano si può fare ricorso alle numerose applicazioni per smartphone, tablet e computer tramite le quali le operazioni di registrazione dei dati e calcolo risultano semplici ed immediate. Verificato il saldo e accertato

che il rapporto entrate/uscite è sostenibile con il ménage domestico, si può procedere ad esaminare e confrontare alcune voci, come ad esempio l’ammontare della spesa alimentare mensile o il budget dedicato all’abbigliamento. Una corretta valutazione delle spese variabili consente anche di programmare un acquisto importante o di valutare per tempo la capacità di affrontare con tranquillità eventuali spese impreviste. Sebbene questi consigli sembrino poco innovativi nella loro semplicità, i dati di fatto dimostrano l'efficacia di questo metodo – purtroppo scarsamente praticato - nel prevenire situazioni patologiche di indebitamento delle famiglie o dei singoli. Per maggiori informazioni: www.adiconsumverona.it e www.facciamoiconti.info


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