Pantheon 109 - Solo un grazie

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PREZZO €3,50 COPIA GRATUITA

EDIZIONE APRILE 2020

ANNO 12 - NUMERO 3

NUMERO CENTO NOVE

PANTHEON L’ECONOMIA SOSPESA e le iniziative delle imprese

IL LAVORO (PER FORZA) AGILE

LA BONTÀ CHE SFIDA IL VIRUS

Da casa, dal giardino, dal balcone

Le vostre storie

GRAZIE

Ai medici, agli infermieri, ai farmacisti, ai volontari, alla protezione civile, alle forze dell'ordine. Anche a chi fa la spesa per gli altri, a chi lancia raccolte fondi e progetti solidali 1


#iorestoacasa Carrera Jeans ha deciso di fare la sua parte per ridurre il rischio di contagio della propria clientela e dei propri dipendenti chiudendo temporaneamente i negozi. Ci scusiamo per il disagio arrecato e ricordiamo che i nostri prodotti sono disponibili sullo store online:

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APRILE 2020

DI MATTEO

SCOLARI

EDITORIALE

A seguito dei decreti ministeriali emessi per contrastare l’emergenza Coronavirus, il giornale di carta, questo mese, non esce. Dopo quasi dodici anni da quel maggio 2008 in cui l’edizione numero uno di Pantheon fece il suo debutto sul territorio scaligero, anche noi dobbiamo alzare le braccia davanti al nemico invisibile. Ma non del tutto però.

Medici che hanno già pagato con la vita, infermieri che si ammalano, guariscono e tornano in corsia. Volontari che non guadagnano nulla se non la consapevolezza di aver dato un piccolo grande contributo alla società in cui vivono e che non sempre gli è riconoscente. Una riconoscenza simbolicamente straordinaria manifestata, invece, dal primo ministro albanese, Edi Rama, che a fine marzo ha inviato in Italia 30 suoi medici e infermieri: «…non siamo ricchi ma neanche privi di memoria, non ci possiamo permettere di non dimostrare all’Italia che gli albanesi e l’Albania non abbandonano mai l’amico in difficoltà. Questa è una guerra in cui nessuno può vincere da solo. E voi coraggiosi membri di questa Missione per la Vita state partendo per una guerra che è anche la nostra» ha chiosato rivolgendosi allo staff medico in partenza per Fiumicino.

Avremmo potuto saltare una mensilità, e invece no, non lo abbiamo fatto. La Redazione, compresi i collaboratori esterni, ha lavorato sul mensile, oltre che sul resto, con grande determinazione e impegno, per due motivi precisi: il primo, per dimostrare che nonostante le tante e serie difficoltà (e questa cosa del Covid-19 lo è), la vita continua e sta a noi affrontarla nel miglior modo che possiamo, a testa alta. Il secondo, per dire grazie. Non ci stancheremo mai di ringraziare quanti in questo periodo nero per il nostro Paese, e non solo, si stanno prodigando - chi per lavoro, chi per una scelta volontaria - per gli altri. Per noi. Mettendo in gioco la loro stessa incolumità.

Rama, memore della nave Vlora che l’8 agosto del 1991 venne accolta tracimante di 20 mila albanesi al porto di Bari e sicuramente anche dell’operazione Pellicano, in cui l’Italia inviò proprio in quell’anno e fino al 5 dicembre 1993 oltre 5mila uomini, militari e personale sanitario, per ricostruire il Paese allo sbando dopo il crollo del muro di Berlino, ha compiuto un gesto a cui Stati membri dell’Unione Europea (e l’Albania non lo è), ben più abbienti, nemmeno hanno pensato. C’è chi, addirittura, ha girato le spalle.

E l’elenco è lungo: dai medici agli infermieri, dai farmacisti ai soccorritori, dai volontari delle associazioni alle forze dell’ordine passando dalla protezione civile. Ed è giusto ricordare anche i giornalisti che lavorano sul campo. Un cuore tutto italiano, multiforme, variegato, che pulsa però all’unisono e che fa sentire il suo battito generoso al di fuori dei confini nazionali, sul palcoscenico globale, dove non sempre veniamo rispettati come dovremmo e dove, invece, stiamo dando ancora una volta una grande lezione di civiltà.

Grazie a coloro che ho elencato prima e grazie, quindi, al popolo albanese. L’Italia è una grande nazione e l’Europa, quella del dio denaro, dovrebbe prendere esempio dalla non Europa del cuore e della solidarietà.

Una gratitudine immensa dicevo, che vogliamo esprimere attraverso le pagine del giornale perché è proprio in queste occasioni, drammatiche, in cui è più facile pensare a se stessi, rifugiarsi, battere in ritirata, proteggere solo i nostri affetti, che viene fuori l’insegnamento commovente e straordinario di queste persone e, lasciatemelo ripetere, di gran parte del popolo italiano.

LA STORIA DEL MONDO NON È ALTRO CHE LA BIOGRAFIA DI GRANDI UOMINI. (THOMAS CARLYLE) matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo 3


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e,

REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 31/3/2020

Indice 6

70

LA BELLA VERONA SECONDO

72

IL FIORE

SALMON MAGAZINE

IN COPERTINA MEDICI, GRAZIE.

DELL'ARTE

10

LA BONTA’ CHE SFIDA IL VIRUS

80

PILLOLE

16

L’AMORE E LE QUARANTENE AFFETTIVE

18

IL LAVORO (PER FORZA) AGILE

81

RUBRICA

82

STORIE DI STORIA

20

L’ECONOMIA SOSPESA

22

CORONE D’ALLORO ONLINE

85 88

24

VERONA E LA STORIA DELLA PESTE CHE FU

26

I LIBRI E IL TEATRO

90

32

LA DIDATTICA DA REMOTO

94

60

IL NOSTRO VIAGGIO A DUBAI

STORIE BELLE DI SOLIDARIETÀ

DI MAMMA

FAMIGLIE, COPPIE, AMORI A DISTANZA

PET

DA CASA, DAL GIARDINO, DAL BALCONE

E LE INIZIATIVE DELLE IMPRESE

CHE ARIA TIRA

NEL FUTURO

LAUREARSI IN MEZZO A UNA PANDEMIA

ALTRO CHE

IL PAZIENTE ZERO DEL SEICENTO

TERZA ETÀ

IN CUCINA

CON NICOLE

LA BELLEZZA VIAGGIA ONLINE L'OROSCOPO

ALLA NOSTRA MANIERA

TRA VIDEO LEZIONI, COMPITI E INTERROGAZIONI

PRIMA DELL’EMERGENZA

SPECIALE AGROALIMENTARE E SOSTENIBILITÀ

40

REDAZIONE E COLLABORATORI ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT

DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, SAMANTHA DE BORTOLI, CAMILLA FACCINI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI APRILE 2020 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, DANIELA CAVALLO, EMILIANO GALATI, IMPACTSCOOL, MATTEO LERCO, SALMON MAGAZINE, ANDREA NALE, DAVIDE PERETTI, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, TOMMASO STANIZZI, GIOVANNA TONDINI, GIULIA ZAMPIERI, SIMONE ZAMPIERI, MARCO ZANONI. FOTO DI COPERTINA IMAGOECONOMICA ILLUSTRAZIONI PAOLA SPOLON SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L.

PER LA TUA FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE PUBBLICITÀ UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746 SU PANTHEON STAMPATO DA: ELCOGRAF SPA, VIA MONDADORI 15, 37131 VERONA, TELEFONO 045 934200 REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT

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MASSIMO ZAMPERINI, TUTTI I GIORNI IN CORSIA

«È IL MOMENTO DI NON MOLLARE» Anche se i dati sull’andamento dei contagi da Coronavirus sembrano dare un primo segno di allentamento, istituzioni politiche, dirigenti sanitari, medici e infermieri raccomandano di non abbassare la guardia proprio adesso. Tra questi anche il dottor Massimo Zamperini, direttore del Dipartimento di Anestesia, Terapia Intensiva e Antalgica al “Sacro Cuore Don Calabria” di Negrar.

C

arichi di lavoro pesanti, stress, dolore per la morte dei pazienti, paura, sconforto, ma anche forza di gruppo, sacrificio, soddisfazione di una guarigione, consapevolezza di essere ancore di salvezza. Il dottor Massimo Zamperini, direttore della Terapia Intensiva e Anestesia dell’Irccs ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, ci accompagna idealmente nel suo reparto dove assieme ad altri 22 medici e 41 infermieri lotta ogni giorno contro il Coronavirus. Una battaglia dura, sfiancante. In gioco c’è la vita dei suoi pazienti.

Dottor Zamperini, mai come in questi ultimi mesi abbiamo sentito parlare di reparti di terapia semi intensiva o terapia intensiva, voi direttori avete in questo momento gli occhi del mondo addosso. Sente questa pressione su di sé? La pressione è una compagna costante del nostro lavoro. Il reparto di Terapia Intensiva è dedicato a pazienti molto gravi, con funzioni vitali compromesse che hanno bisogno di essere supportate meccanicamente e farmacologicamente. Le loro condizioni possono variare d’improvviso, quindi è necessario essere sempre vigili e pronti ad 6

Dottor Massimo Zamperini


intervenire. Inoltre i medici rianimatori sono anche anestesisti e svolgono un ruolo cruciale negli interventi chirurgici. Pertanto alla pressione siamo abituati. Naturalmente in questa emergenza tutto si è moltiplicato in maniera esponenziale e non perché abbiamo l’attenzione dell’opinione pubblica addosso, ma per l’enorme afflusso di pazienti altamente critici nei nostri reparti. Sinceramente, abbiamo pochissimo tempo per capire cosa dicono di noi all’esterno. Dal punto di vista clinico, perché i malati di Coronavirus hanno bisogno di accedere al vostro reparto? La complicanza più grave dell’infezione Covid-19 è la polmonite interstiziale, molto spesso bilaterale. Il virus si insinua negli alveoli polmonari formando una sorta di “cotenna” che rende problematico l’ossigenazione dell’intero organismo. I pazienti più critici hanno letteralmente ‘fame d’aria’, una condizione che impressiona ogni volta anche noi sanitari. La nostra sfida è stabilizzarli in terapia sub intensiva con l’utilizzo dei famosi caschi respiratori. Ma accade, troppo spesso, che la situazione precipiti rapidamente e l’unica alternativa rimane l’intubazione con la ventilazione meccanica. A quel punto il percorso è un punto di domanda. Come intervenite sul paziente, che tipo di cure utilizzate e per quanto tempo? Il paziente è in coma farmacologico, intubato, con infusioni continue di farmaci. Ad oggi non esiste un vero protocollo, ma a seconda della situazione si adottano diverse strategie terapeutiche. Ogni paziente insomma diventa un caso a sé nel rispondere ai trattamenti. Un esempio di trattamento è la tecnica della ventilazione con il paziente da prono, ma non tutti rispondono alla stessa maniera. La permanenza in terapia intensiva dura a lungo. La nostra prima paziente Covid è ricoverata da 25 giorni e solo da alcuni inizia a respirare autonomamente. C’è stato un mutamento nella tipologia di pazienti dalla prima fase a quella odierna? All’inizio sembrava che il Covid-19 colpisse soltanto le fasce più anziane della popolazione, ora vediamo anche molti giovani. Come possono confermare i colleghi del Pronto Soccorso, mentre nelle scorse settimane arrivavano molti pazienti con sintomi lievi, via via che il tempo passa giungono pazienti in ambulanza con quadri clinici gravi: difficoltà di respiro, febbre e bassa ossigenazione. Inoltre rispetto all’inizio anche l’età media si è abbassata e i pazienti non hanno particolari patologie. Il paziente tipo che invece arriva in Terapia Intensiva ha in media 65 anni, è obeso, iperteso e diabetico. Ma abbiamo avuto anche giovani uomini di 30/40 non affetti da malattie.

L'ingresso del reparto di Terapia Intensiva di Negrar

Recentemente l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria ha potenziato la struttura per l’emergenza, siete pronti per un’eventuale “onda d’urto”? Siamo un ospedale religioso parificato e accreditato della Regione, quindi parte integrante del sistema sanitario veneto. Inoltre essendo un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per le malattie infettive e tropicali siamo stati fin dall’inizio dell’epidemia un punto di riferimento per l’intera provincia. L’incremento dei posti Covid ha seguito l’andamento dell’emergenza. Attualmente sono complessivamente 100 di cui 14 di terapia intensiva e 12 di subintensiva. Uno sforzo straordinario anche in considerazione del fatto che continuiamo l’attività ordinaria, garantendo anche le emergenze mediche, chirurgiche e materno infantili e tutte le prestazioni non prorogabili. Com’è composto il suo staff? Guido una grande squadra di 22 medici rianimatori e 41 infermieri, la gran parte impegnati sul fronte dell’emergenza Covid-19. Non tutti però, perché le sale operatorie proseguono la loro attività con gli interventi urgenti e oncologici, e ci sono da seguire gli altri pazienti ricoverati in terapia intensiva. Anche ai tempi del Coronavirus ci si continua ad ammalare di altro, purtroppo. L’emergenza Coronavirus è esplosa in poco tempo. C’è stato per voi il tempo per prepararvi a questa situazione? Dalle informazioni provenienti dalla Cina e dalle autorità sanitarie mondiali eravamo al corrente che il virus avrebbe comportato un grosso impegno per le strutture ospedaliere, perché il 10-15% 7

DI MATTEO SCOLARI


«LA NOSTRA PRIMA PAZIENTE COVID È RICOVERATA DA 25 GIORNI E SOLO DA ALCUNI INIZIA A RESPIRARE AUTONOMAMENTE»

delle persone infette avrebbe avuto bisogno del ricovero e in parte della terapia intensiva. Ciò che ci ha preso in contropiede è stato l’altissimo numero di contagiati in così breve tempo. Questo ha fatto sì che i pazienti da ospedalizzare siano stati e siano molti tutti i giorni e che 1 su 10 dei ricoveri – percentuale ormai sistematica – finisca in terapia intensiva. Una situazione che ha richiesto una continua riorganizzazione degli spazi ospedalieri con uno sforzo umano e tecnologico senza precedenti. Tra i vari corsi di formazione o nelle simulazioni che fate e che svolgono ovviamente anche gli infermieri di reparto, si tiene conto di scenari come questi? Purtroppo non c’è stato il tempo di prepararsi perché siamo stati investiti dall’emergenza. Il personale si è formato sul campo e di grande aiuto è stata la formazione organizzata dalla Direzione Sanitaria in collaborazione con le malattie Tropicali per l’emergenza Ebola del 2014 grazie alla quale abbiamo imparato a lavorare in sicurezza per gestire questo tipo di pazienti e l’altissima contagiosità del patogeno.

Il dottor Andrea Angheben, collega di Zamperini, nella fase di vestizione

Abbiamo visto volti stanchi, personale sanitario esausto, turni massacranti in corsia. Da direttore, quali parole di conforto utilizza con i suoi “ragazzi”? La situazione non è semplice, tutti stanno dando il massimo. I momenti di angoscia non mancano. Come sopraggiungono quelli di scoraggiamento. Soprattutto quando accade, e non di rado, che si assista al miglioramento di un paziente per 48-72 ore e all’improvviso tutto riprecipita al punto di

partenza. Ciò che aiuta molto non solo la pratica clinica, ma anche il morale, è lavorare in équipe con i colleghi di altre specialità. Sa però qual è il momento più difficile? Quale? A noi medici rianimatori capita spesso di annunciare a un familiare la morte di un proprio caro. E quando questo non accade improvvisamente, abbiamo anche il tempo di prepararli incontrandoli. Con le vittime del Coronavirus questo non è possibile: tutto avviene tramite il telefono per questioni di sicurezza. È crudele per loro, che non possono nemmeno vedere il loro familiare per l’ultima volta e salutarlo con un funerale. E per noi, perché comporre quei numeri di telefono è un momento di grande sofferenza. Ha paura di poter essere contagiato? Non ho paura per me. Ho paura per la mia famiglia. Ho tre bambini di 11, 9 e 7 anni. Vivo ormai da settimane in isolamento nella mia casa e quando li vedo sto a distanza di sicurezza… Ma quanta fatica non poterli abbracciare! Cosa si sente di dire alle persone che non vivono in primissima linea come lei, come il suo staff, e che stanno leggendo le righe di questo giornale? È importante continuare a seguire le disposizioni per il contenimento del contagio anche se i dati sull’andamento dell’epidemia indicano un leggero calo dei contagi. Proprio ora non è il momento di mollare. È l’unico modo per abbassare la diffusione del virus e quindi anche i ricoveri in ospedale e nelle Terapie Intensive. Se volete aiutarci, restate a casa! Nessuno incontri nessuno. ■

LA RACCOLTA FONDI DI MARTINA

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È l’ospedale al quale è legata, per ragioni intime, personali. In quei corridoi, ci si è seduta spesso Martina Rondini, per tutte le visite e terapie necessarie dopo aver scoperto di avere un tumore. L’influencer e imprenditrice nella cosmesi naturale ha avviato il 12 marzo sempre sul portale gofunme.com una campagna di raccolta fondi per supportare l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar nella gestione dell’emergenza Covid-19. «10 mesi fa mi è stato diagnosticato un tumore al seno e ho così avuto modo di conoscere molto bene 8

l’ospedale Sacro Cuore di Negrar, di cui ho imparato ad apprezzare la competenza, la professionalità e l’umanità di tutti gli operatori. Mi hanno salvato la vita. Oggi medici, infermieri, l’intero staff sanitario e non del “Sacro Cuore Don Calabria” stanno conducendo una dura battaglia per tutti noi. Battaglia che non conosce sosta. Ma le difficoltà crescono ogni giorno» spiega Martina che chiarisce come i fondi saranno utilizzati «per acquistare presidi sanitari e soprattutto respiratori al fine di allestire nuove postazioni di terapia intensiva».


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LA PAURA NON FERMA I SOCCORRITORI DI CROCE VERDE VERONA

NOI, VOLONTARI NONOSTANTE L’emergenza ha cambiato la quotidianità degli interventi di soccorso dei croceverdini. Di certo, testimonia il volontario Simone Bellamoli, non ha scalfito la vocazione all’altruismo. Anche quando c’è da fare i conti, oltre che col virus, con le inevitabili inquietudini.

S

cegliere di indossare la divisa da soccorritore. Salire di giorno o durante la notte a bordo di ambulanze o automediche, quando la quotidianità di tutti scorre normalmente. Sono gesti di una generosità difficile da contenere in un unico aggettivo. A maggior ragione nei tempi in cui il Coronavirus ha rivoluzionato la normalità dei turni, divenuti più impegnativi (anche psicologicamente) per i volontari di Croce Verde Verona. Procedure di vestizione e svestizione, per proteggersi dal contagio. Sanificazione accurata di mezzi e presidi, per debellare il virus e operare in sicurezza. Per salvaguardare se stessi e i pazienti durante intervento e trasporto, perché le altre patologie non sono andate in quarantena. Anzi: le urgenze e le emergenze sanitarie continuano a far squillare i telefoni del 118 di Verona Emergenza. E i soccorritori, volontari e non dell’ente (in cui opera pure personale dipendente), devono tenersi pronti a rispondere alle chiamate. NON RIMANERE A GUARDARE «Viviamo una situazione straordinaria che mai avremmo pensato di affrontare quando arrivavano le prime notizie dalla Cina e nella quale i soccorritori di Croce Verde stanno dimostrando ancora una volta grandissimo

altruismo», esordisce Simone Bellamoli, comandante dei volontari e croceverdino dal 1997. «Entrando nelle case delle persone o durante i trasferimenti negli ospedali, è inevitabile dover convivere costantemente con la paura di essere contagiati», sottolinea. I dispositivi di protezione personale, ora quanto mai preziosi, diventano uno scudo. Pure per tenere lontane inevitabili inquietudini. Essere parte di una squadra e, ampliando l’orizzonte, della famiglia allargata quale è quella croceverdina permette di confrontarsi e avere reciproco supporto. «Questa è da sempre la forza che caratterizza il Dna di ogni volontario di Croce Verde. Ad ogni chiamata viene spontaneo pensare di dover andare a soccorrere un amico, un familiare. Quando è consapevole di poter essere utile alla collettività, un volontario non riesce a rimanere a guardare». ■

DI MARTA BICEGO

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Un aiuto piccolo e immenso Per supportare la Croce Verde di Verona negli acquisti di dispositivi di sicurezza, come le mascherine: IBAN IT 49 O 0503411751000000123617 Causale: Emergenza Coronavirus per acquisto DPI

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LE INIZIATIVE SOLIDALI AI TEMPI DELL’EMERGENZA

RIMANE IL BENE DI CUI SIAMO CAPACI C’è Chiara Alessio che, mentre scriviamo, ha messo insieme oltre 100 mila euro con la raccolta fondi lanciata per supportare gli ospedali di Borgo Roma e Borgo Trento. C’è l’influencer Martina Rondini che con la sua campagna per supportare la terapia intensiva dell’Ospedale di Negrar al momento conta quasi 20 mila euro di donazioni. E poi ci sono Paola Vinci e Francesco Ambrosini che in un weekend hanno fatto nascere co.vida.com, un portale che elenca tutte le iniziative di solidarietà in atto in questi tempi di grandi distanze e imposte separazioni.

CHIARA ALESSIO, PRATICANTE AVVOCATO

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Mentre scorrevano veloci le notizie che tutti sappiamo: terapie intensive al collasso, corridoi e reparti riconvertiti per accogliere pazienti Covid-19, il 9 marzo scorso Chiara ha aperto il suo computer e ha deciso che era il momento di fare qualcosa anche a Verona, anche nella sua città. Così è partita la raccolta fondi per gli ospedali cittadini, quello di Borgo Roma e di Borgo Trento, sulla piattaforma gofundme.com. Ora che la cifra da raggiungere è stata superata e si è andati oltre la soglia dei 100 mila euro, la ragazza veronese ci tiene a chiarire che «è stato inserito direttamente come beneficiario della

DI MIRYAM SCANDOLA

campagna l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, che utilizzerà i fondi per far fronte all’emergenza Coronavirus». Vista la delicatezza della situazione, Chiara ci tiene a precisare :«Le somme che sono state donate e che quindi in una prima fase stazionano sulla piattaforma, non saranno scaricate direttamente sul conto corrente personale del promotore, ma saranno indirizzate all’IBAN dell’Azienda Ospedaliera e l’operazione di accredito, per garantire la massima trasparenza, sarà gestita direttamente dell’Ente beneficiario attraverso un proprio incaricato».

MARTA DAL CORSO, SCRITTRICE

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Che fatica diventare grandi è il titolo della storia che Marta Dal Corso ha scritto ma è anche il nome della campagna che permetterà di raccogliere fondi per le realtà che «lavorano in campo medico-sanitario e che oggi stanno dimostrando il valore del nostro Paese» spiega la ragazza veronese che aggiunge «si tratta di un libro sociale e collettivo da costruire insieme. Sul sito bookabook.it si può acquistare la

prevendita del libro. Una volta fatto l’acquisto, si possono leggere in esclusiva le bozze integrali e chi vorrà potrà contribuire realizzando una o più illustrazioni che poi la casa editrice raccoglierà e diventeranno parte integrante del libro. Finita la campagna chi ha acquistato il libro lo riceverà a casa, magari con il proprio capolavoro, e se gli acquisti saranno andati bene si troverà anche nelle librerie».

PAOLA VINCI E FRANCESCO AMBROSINI, STUDENTI

CLICCA QUI PER ANDARE AL SITO

In uno di questi weekend di isolamento, dopo infiniti link di iniziative arrivati su whatsapp, Paola e Francesco hanno fatto nascere co.vida.com per mettere ordine a questa generosità frammentata. Il portale, fruibile in sei lingue, mentre scriviamo ha superato le 450 iniziative solidali consigliate. L’obiettivo? Creare un collettore semplice “del bene che c’è”, dal corso gratuito di pilates su youtube alle visite virtuali nei musei fino alla spe11

sa a domicilio: c’è un po’ di tutto, diviso in categorie precise e sempre verificato da Paola che si occupa dell’inserimento quotidiano delle segnalazioni che le arrivano, mentre Francesco ha costruito l’infrastruttura informatica, «speriamo che il sito venga utilizzato per trascorrere al meglio queste giornate». Tra i criteri di selezione il carattere gratuito delle proposte «e che siano uno svago “utile” e valido in questa situazione».


L'IMPEGNO DELLA CARITAS DI VERONA

SCARICA L'APP DI CARITAS

TUTTE LE POVERTÀ CHE NON VEDIAMO (E CHE STANNO AUMENTANDO) Nei nove Empori della Solidarietà della Rete Veronese entra anche chi non era mai entrato in queste settimane che hanno capovolto il mondo. Le richieste di aiuto sono cresciute e i conti si faranno a emergenza, se mai sarà possibile, archiviata. Perché se tutti vedono traballare il proprio lavoro, c’è chi, tra impieghi stagionali e saltuari, ha visto disgregarsi tutto, e ora, oltre alla salute, cerca di non ammalarsi di altro, come di fame. DI MIRYAM SCANDOLA

L

e richieste sono aumentate, ora alle borse si sono sostituiti i pacchi per permettere che almeno per qualche settimana non servano ulteriori prodotti. Gli Empori sono tutti aperti, con il personale che segue, ovviamente, le norme previste dai decreti. Gli sportelli continuano l’attività, in particolare i 39 (sul totale di 54) Centri di Ascolto parrocchiali, grazie alla "fantasia della carità”, rispondono alle persone più fragili con modalità alternative (telefono, whatsapp, email). In questo momento difficile per tutti in cui le aziende fanno le acrobazie per pagare i dipendenti, la Caritas di Verona aiuta i più deboli tra i deboli, quelli che un lavoro, a causa del Coronavirus ma non solo, non ce l’hanno più. «Oltre alla gestione ordinaria, l’attività si è intensificata. Solo ieri abbiamo rilasciato 27 nuove tessere per la spesa straordinaria» chiarisce Mons. Giuliano Ceschi, direttore della Caritas Diocesana scaligera. Sono 7.085 le persone in difficoltà tra Verona e provincia, intercettate dai Centri di Ascolto. E la richiesta è quasi sempre la stessa: cibo. Oltre ai beni di

prima necessità, in tanti chiamano anche per avere informazioni sugli ammortizzatori sociali. Misure e opportunità che sono spiegate anche in un'app apposita di Caritas, Ehilapp!. I volontari, a regime circa 600, fanno sentire il loro prezioso contributo, sono il bello che c’è in mezzo ad ogni disperazione. «Una signora mi ha chiamato stamattina e voleva sapere come fare ad aiutare». C’è sempre bisogno di qualcuno in più per trasportare i pacchi alimentari domicilio per domicilio. ■

GUARDA IL VIDEO

Lettere e racconti nel sacchetto della spesa Oltre al supporto alimentare, tra le tante attività, i volontari aggiungono anche un piccolo balsamo imprevisto consegnato insieme alla spesa. Basta scrivere una poesia, un piccolo racconto o un semplice messaggio e inviarlo a volontariato@caritasi.vr.it. Caritas, quando distribuirà i pacchi della spesa alle famiglie bisognose, allegherà anche il vostro messaggio.

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Questi sono gli imprenditori che rendono possibile il progetto “Da Zero a Cento:Percorsi di vita” a

Verona

Verona investe nei progetti de “i Bambini delle Fate”

Alessandra Marchiori

Referente del progetto 340 6047491

Monica Meda

Referente di Continuando a Crescere di Verona 338 4686483, con Franco e Andrea Antonello

C

ontinuando a Crescere è un’associazione che dal 2008, si occupa di assicurare sostegno alle famiglie proponendo progetti e percorsi di inclusione sociale per bambini e ragazzi anche con disabilità. Grazie ad una rete di collaboratori, volontari e al sostegno dell’Impresa Sociale “I Bambini delle Fate” l’associazione coinvolge cittadini ed imprenditori che vogliano avvicinarsi ai Un ragazzo partecipante al Progetto “X Color Acqua” bambini, ragazzi e famiglie che bilità lo sperimentare l’attività movivono ogni giorno la sfida della toria sia individuale che di gruppo disabilità. “Continuando a Crein acqua. L’ambiente piscina offre scere” continua la sua attività con innumerevoli opportunità benecinque progetti che vedranno imfiche, permette al protagonista di pegnati i ragazzi durante l’anno: avere un’esperienza di tipo globale “X Color neve”, “X Color accoinvolgendone la sfera motoria, qua”, “Continuando a crescere a percettivo-sensoriale, cognitiva ed cavallo”, “Baskettando Insieme” e emotiva. La combinazione vin“Golf & Smile”. “X Color neve” cente tra il piacere di stare all’aria è un progetto che vuole portare i aperta e il contatto con il cavallo ragazzi a sperimentare l’ambiente ha portato al progetto “Contimontano di Folgaria nei mesi del nuando a crescere a cavallo”, freddo inverno. Si vuole estendeaperto a bambini e ragazzi o giore la possibilità di sperimentare vani adulti neuro tipici e neuro atil’utilizzo degli sci a ragazzi con pici affiancati da un coordinatore. disabilità in più giornate in un Gli iscritti possono scegliere tra percorso che favorisca la crescidue percorsi: “Baby Pony” il cui ta, l’acquisizione di competenze obiettivo è di promuovere nei pare la maturazione individuale. “X tecipanti il contatto e l’esperienza Color acqua” vuole estendere a con un ambiente naturale e con bambini e ragazzi anche con disail maneggio. “Volteggiochiamo”,

invece, è un percorso motorio che prevede l’esercizio ginnico a ritmo di musica sul cavallo in movimento e guidato dall’istruttore. “Baskettando Insieme”, in collaborazione con Buster Basket, è un’attività di basket adattato, rivolta a bambini e ragazzi con disabilità intellettive, fisiche e sensoriali e a ragazzi di pari età normotipici. “Golf & Smile”, in collaborazione con Easy Golf Verona, vuole proporre ai ragazzi un’attività di golf suddiviso in una parte teorica e una parte di pratica in cui i ragazzi sperimenteranno per la prima volta questa tipologia di sport con l’obiettivo di sviluppare la precisione e la tranquillità che questa pratica richiede. Svolgere attività motorie e sportive, siano esse intese come fattore educativo o di socializzazione, risponde ad una ricerca di benessere, offrendo emozioni e gratificazioni universalmente presenti in ogni individuo senza alcuna differenziazione.

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I VIDEO CHE CI AVETE MANDATO DALLE VOSTRE CASE

TUTTE LE NOSTRE QUARANTENE Anche nelle torte salate, nello sbrinamento freezer sempre posticipato e negli addominali sul parquet si nasconde una piccola e grande conferma antropologica. Ovvero che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare. In mezzo a una pandemia, chiusi nelle nostre case, con il divieto di abbracciare chi stringevamo fino a ieri, riusciamo a improvvisare maratone sui balconi e, in qualche modo, pure a riderci sopra.

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laria che balla nel terrazzo, per non perdere il passo e la leggerezza che si porta dietro ogni danza. Marco nel monolocale sale e scende i tre scalini che portano al soppalco per simulare ben altre salite, quelle alle sue amate montagne. Elisa che cammina avanti e dietro nella stanza con il pavimento in marmo e ride quando arriva al confine dell’armadio. Beatrice che sta diventato la regina della pizza casalinga e poi ancora Francesca, Alberto, Valeria e pure Stefano che va in bici nei confini domestici come «un criceto sul rullo». Sono solo alcune delle quarantene che ci avete raccontato e che pubblicheremo ogni settimana, sui nostri canali social, fino a quando non serviranno più passatempi caserecci, perché potremo sederci di nuovo sulle panchine e smetterla di stampare autocertificazioni. ORA SERVE STARE UNITI IN QUESTO Proprio adesso, che ci troviamo in mezzo allo sfacelo delle nostre abitudini e che ci sentiamo così feriti quando sentiamo i numeri, i nomi e i funerali celebrati con le lacrime a distanza. Ci preoccupiamo, e anche tanto, quando sentiamo le parole che saranno il nostro futuro, e che cominciano con il sostantivo tra i più temuti: recessione. E non ci voleva, non era il momento: avevamo dei piani grazie a tutti gli equilibrismi di prima, alle acrobazie che avevamo imparato ad eseguire nello spazio di una giornata produttiva, utile, diretta allo scopo. Nelle pieghe di quello che facciamo ora, in questo tempo che qualcuno chiama “del niente”, scandito dalle dirette Facebook del premier, però possiamo trovare tutti una tenerezza nuova. Il conforto di sapere che non siamo soli nell’attesa. E, a pensarci bene, è una situazione rara, quella di stare insieme tutti, dal pasticciere all’influencer, nella condizione così intima e privata dell’aspettare. Questa distanza è insieme di ciascuno e di tutti. Come di tutti è il compito di capire quale prossimità sapremo recuperare. «Caro papà sento la tua mancanza, spero che potremmo riabbracciarci mol-

to presto». L’ha scritto Giulia, la figlia di un operatore del 118. E dentro c’è il riassunto di tutte le nostre nostalgie. La mancanza mescolata alla speranza. ■

GUARDA IL VIDEO

RACCONTATECI LE VOSTRE GIORNATE CON UN VIDEO-SELFIE Per partecipare al nostro diario veronese, inviate i vostri videomessaggi di circa 30 secondi su whatsapp al 329 934 6052

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DI MIRYAM SCANDOLA


LE VOSTRE STORIE

L’AMORE TRA VICINANZE E SEPARAZIONI Ci sono le separazioni, chi non si abbraccia da quando tutto è iniziato e che ha imparato a organizzare l’amore in video-chiamate quotidiane. Ci sono le affinità riscoperte in quelle prossimità date sempre per scontate, c’è il bagno come unico rifugio dove nascondersi se la vicinanza si fa ingombrante o anche solo per riallestire una momentanea mancanza e poi c’è il bello, in mezzo a tutto questo inverosimile inferno che accade fuori dalla finestra. La gratitudine, come scrive Jamila, di aversi.

DI MIRYAM SCANDOLA

DENISE E ROBERTO

NON È CAMBIATO L'AMORE, SI È RAFFORZATO «Com-pensazione, nel senso proprio di compensarsi nell’insieme, di pensarsi l’un l’altro, di sostenersi reciprocamente, di pensare in maniere uguale e contraria, che mai ci fu momento migliore per farlo, "un alto e un basso fa un gualivo" mi dicevano spesso i muratori

in cantiere. Il mio pensiero scuro e fondo come il mare si fonde nel pensiero candido e carico di speranza dell’altro e si riemerge dal fondo almeno fino alla superficie del mare, si sta a galla, questo possiamo fare e facciamo, stiamo a galla e navighiamo a vista». 16


ELEONORA E MATTIA

LE NOSTRE ULTIME TRE SETTIMANE «Stiamo vedendo le nostre abitudini, la nostra casa ed i paesaggi che abbiamo affacciandoci su balcone e finestre, con una prospettiva diversa. Sembrerebbe che tutto questo voglia farci apprezzare tutto ciò di cui abbiamo sempre goduto. Nelle ultime setti-

mane ogni sera della settimana siamo sempre assieme, abbiamo condiviso ogni momento, ho apparecchiato la tavola come non ho mai fatto! Forse tutto questo ci darà modo di appezzare ogni singolo attimo di vita quando tutto questo sarò finito».

JAMILA E ALBERTO

UN DIARIO DELLA QUARANTENA «Solo un mese fa stavamo tornando da un bellissimo viaggio a Napoli, uno dei tanti che abbiamo fatto insieme. Ora siamo costretti nella nostra piccola casetta, ma stiamo scoprendo cosa significhi stare insieme

davvero, nel condividere ogni istante delle nostre giornate. Abbiamo iniziato un diario della quarantena, per poterci ricordare sempre quanto sia bello, soprattutto nei momenti più difficili, aversi».

SILVIA E MARCO

COLLEZIONIAMO BEI MOMENTI, ANCHE CHIUSI IN CASA «Ognuno evade come può. Siamo spiazzati e tristi, tutti... ma possiamo trarre il meglio questa situazione. Non siamo in stand by, stiamo vivendo. Anche ora: anche sul divano, anche chiusi

in casa, anche impauriti. Collezioniamo bei momenti e cerchiamo di riuscirci sempre. Perché è proprio bello prendersi cura di sé e dare più valore al tempo».

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IL LAVORO CHE È CAMBIATO PER TUTTI

LO SMART WORKING OBBLIGATO Dal manager all’ostetrica, dalla veterinaria al docente. Pur costretti a rimanere a casa, molti lavoratori hanno sfoderato creatività e spirito di adattamento. Lezioni, consulenze, riunioni ricette corrono online. In attesa di tornare a una normalità... che non sarà più la stessa.

C’

è chi è stato costretto a fermarsi, chi no. Chi ha scoperto la modalità dello smart working: quel lavorare “agilmente” da casa, laddove possibile, che ha costretto molti a rimodulare le proprie abitudini. Scambi di email più frequenti, riunioni in video-chiamata, documenti in cartelle condivise dagli spazi quasi illimitati che accorciano le distanze tra città e Paesi del mondo, lezioni tenute o ascoltate davanti alla piccola fotocamera di pc e telefonini. Il lavoro al tempo del Coronavirus? S’è fatto agile, pure per chi in queste giornate atipiche non ha mai smesso l’attività. ■

ISABEL ZENO, VETERINARIA «L’emergenza ha rivoluzionato le attività ambulatoriali. Come da linee guida abbiamo ridotto il carico di lavoro per concentrarci esclusivamente sulle emergenze, lavorando quanto più possibile da casa, grazie anche alle ricette elettroniche. Per le visite urgenti e non rimandabili, si adottano tutte le protezioni del caso. L’anamnesi è fatta all’esterno, poi si entra in ambulatorio solo con l’animale. Non è semplice gestire questa situazione, ma da parte dei padroni c’è molta consapevolezza e chiamano in caso di assoluta necessità. In attesa di tornare presto alla normalità».

DI MARTA BICEGO

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DIEGO GRAZIOLI, INSEGNANTE «Era una situazione imprevedibile, ma siamo arrivati preparati. Da dieci anni l’Istituto comprensivo di Bosco Chiesanuova investe nella didattica digitale. L’obiettivo è garantire, quanto possibile, la quotidianità scolastica ai nostri studenti con strumenti sicuri. La classe è diventata digitale: siamo in contatto con lezioni in video-chiamata, scambiamo materiale, possiamo effettuare test. I ragazzi? Non vedono l’ora che riprenda la scuola. Non è facile, perché a casa si aggiunge la gestione dei figli: ne ho tre e mia moglie è infermiera in terapia intensiva…».

ENRICO GECCHELE, INGEGNERE «Per uno come me, abituato a stare tutto il giorno in azienda, nel Vicentino, lavorare da casa è stato un bel salto. Abito a Caldiero: nelle giornate di sole il mio ufficio è diventato il terrazzo. I colleghi li vedo su Skype, la nostra nuova sala riunioni. La multinazionale francese per cui lavoro si occupa di gruppi di continuità; abbiamo a che fare molto con l’estero e in questo periodo ho ricevuto numerose chiamate, da ogni parte del mondo, per sapere come stiamo in Italia. Spero che ne usciremo presto e che questa esperienza possa insegnarci qualcosa».

LISA FORASACCO, OSTETRICA «Al Coronavirus, che ha rivoluzionato e di certo modificherà a lungo il nostro modo di lavorare, noi ostetriche di Mamaninfea abbiamo risposto con la creatività. Per assicurare continuità ed essere accanto a mamme e papà e futuri genitori, teniamo in video-chiamata sia un corso pre parto tradizionale che uno post parto gratuito di gruppo per le neo-madri che vogliono confrontarsi sulla quotidianità. Pure le donne che partoriranno in casa con noi sono seguite a distanza. Un aiuto per vivere bene questa situazione che è stato apprezzato, con richieste anche da altre città». 19


L'ECONOMIA SOSPESA E LE INIZIATIVE DELLE IMPRESE

LE AZIENDE VERONESI IN PRIMA LINEA Da Calzedonia a Rana, da Veronesi a Pellini, da Muller a Gritti Energia, da Masi a Gruppo Italiano Vini fino alle farmaceutiche GSK e ViiV, sono molte le aziende e le realtà imprenditoriali scaligere che si sono mobilitate nei confronti della comunità o dei propri dipendenti in questa fase delicata per il nostro Paese e per la nostra città. DI MATTEO SCOLARI

IL GRUPPO VERONESI RINGRAZIA I DIPENDENTI E STANZIA 2 MILIONI A metà marzo il cda del Gruppo Veronesi – il primo gruppo agroalimentare italiano con filiera completa e integrata – ha inviato ai propri dipendenti una lettera per ringraziarli e informarli dello stanziamento di 2 milioni di euro a sostegno delle famiglie: quelle dei

dipendenti che stanno facendo fronte ad una situazione imprevista nella gestione delle proprie abitudini di vita, e quelle del territorio in cui il Gruppo è presente, per sostenere le strutture sanitarie pubbliche impegnate in prima linea nell’affrontare questa emergenza.

CALZEDONIA PRODUCE MASCHERINE E CAMICI Il Gruppo tessile Calzedonia ha riconvertito dal 23 marzo alcuni dei propri stabilimenti alla produzione di mascherine e camici. L’operazione è stata promossa dal presidente Sandro Veronesi, che dall’inizio dell’emergenza Coronavirus ha dapprima chiuso tutti i punti vendita

delle zone rosse e successivamente quelli di tutta Italia, anticipando i decreti del Governo. Gli stabilimenti riconvertiti sono quelli di Avio (Trento) e Gissi (Chieti), e quelli in Croazia. La produzione iniziale è stata di 10mila mascherine al giorno, donate a ospedali e Comune di Verona.

PELLINI AIUTA L’INIZIATIVA DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA Pellini Caffè ha deciso di donare 150.000 euro all’iniziativa “Per la città di Verona”, promossa dall’Università della città scaligera per la lotta al Covid-19. L’azienda ha deciso di accogliere l’appello di Pier Francesco Nocini, Rettore dell’ateneo veronese, che ha lanciato alla comunità locale un invito alla contribuzione per

sostenere l’acquisto di attrezzature e presidi di urgente necessità per gli ospedali di Verona. Nello specifico, queste donazioni serviranno all’acquisto diretto delle attrezzature richieste dal servizio di anestesia e rianimazione, fondamentali per aiutare coloro che hanno contratto il Coronavirus.

ANCHE GRUPPO ITALIANO VINI PER FONDO EMERGENZA CORONAVIRUS Il Gruppo Italiano Vini (Giv), una tra le più grandi realtà enoiche d’Italia, ha deciso di intervenire a supporto dell’emergenza sanitaria agendo direttamente sul territorio veronese, dove il Gruppo ha la sede e due can-

tine di proprietà, donando 100.000 euro al Fondo Emergenza Coronavirus dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, che raggruppa gli Ospedali di Borgo Roma e di Borgo Trento.

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RANA AUMENTA LO STIPENDIO DEI LAVORATORI Il Pastificio Rana ha varato un piano straordinario di aumenti salariali per 2 milioni di euro, come speciale riconoscimento dell’impegno dei 700 dipendenti presenti nei cinque stabilimenti in Italia che stanno garantendo la continuità negli approvvigionamenti ali-

mentari. Tra le misure previste vi sono una maggiorazione dello stipendio del 25% per ogni giorno lavoratore e un ticket mensile straordinario di 400 euro per le spese di babysitting. Il piano, che decorre retroattivamente dal 9 marzo, coprirà anche il mese di aprile.

MULLER DONA 300MILA EURO ALLA SANITÀ VERONESE Müller Italia, tra le aziende leader nella produzione di yogurt e con sede commerciale a Verona, ha deciso di supportare l’emergenza sanitaria Covid-19 con un aiuto concreto al sistema sanitario della sua città e ai suoi professionisti. La donazione di 300 mila euro è stata destinata al Fondo Emergenza Coronavirus a sostegno

dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona. Con questo supporto immediato e concreto alla sopracitata struttura sanitaria di Verona, città che ha accolto l’azienda 25 anni fa, Müller Italia desidera dimostrare la propria vicinanza al territorio e a tutti i dipendenti, i collaboratori e alle loro famiglie.

MASI ASSICURA I DIPENDENTI CONTRO IL COVID-19 Il Gruppo Masi, azienda leader nella produzione di vini delle Venezie, oltre ad aver attivato forme di tutela come lo smart working e l’orario continuato in aiuto dei dipendenti con responsabilità genitoriali, ha preso la decisione di tutelare tutti i propri collaboratori con una po-

lizza ad hoc in caso di contagio da Covid-19. Questa nuova azione di solidarietà sociale copre diverse circostanze; tra queste la diaria in caso di ricovero, un contributo per il trasporto in ambulanza e anche un servizio di babysitting in caso di figli minori.

GRITTI ENERGIA DONA 50 MILA EURO ALL’OSPEDALE DI LODI Gritti Energia s.r.l. e Gigas Rete s.r.l., società operanti nel settore dell’energia e del gas, sostengono attivamente l’Ospedale Maggiore di Lodi nella lotta contro il SARS-CoV-2. Il Gruppo veronese, sin dalla sua fondazione nel 1959

che avvenne proprio nel lodigiano, ha deciso di dare il proprio contributo per affrontare l’emergenza coronavirus donando congiuntamente 50.000 euro alla struttura sanitaria lombarda in prima linea al Coronavirus.

#AIUTIAMOGLIEROI, PLAUSO AI DIPENDENTI DI GSK ITALIA E VIIV ITALIA Grazie a donazioni aziendali, dei singoli dipendenti e raccolte fondi, GSK Italia e ViiV Italia hanno fatto una donazione di un milione di euro alla Protezione. Contemporaneamente è stata attivata una maratona di raccolta fondi fra gli oltre 4 mila dipendenti italiani delle due aziende farmaceutiche della durata di una settimana, denominata #AiutiamogliEroi, il cui

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totale sarà raddoppiato dall’azienda fino a 250 mila euro ed egualmente consegnato alla Protezione Civile. Inoltre, è stata avviata una collaborazione con SIMG per sanificare 100 studi di Medici di medicina generale nelle aree a più alta diffusione del virus e sarà attivato il supporto domiciliare per le pazienti con carcinoma ovarico.


LE LAUREE A DISTANZA, SUL DIVANO DI CASA

L’UNICA CORONA È QUELLA DI ALLORO Come si vivono le cerimonie di laurea ai tempi del Coronavirus? Dal divano di casa propria, magari in pigiama, con corone di alloro improvvisate e tutti i festeggiamenti rimandati a giorni migliori. Ma, ci assicurano gli interessati, le emozioni restano quelle di sempre.

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ontani ma vicini, ma lontani. Il mantra di questi tempi incertissimi ce l’ha cucito addosso una pandemia globale come forse non si era mai vista, e il risultato è che ogni singolo aspetto della nostra vita ha subito un qualche tipo di rivoluzione. In questa nuova routine fatta di divieti, misure d'emergenza, cancellazioni e incomprensioni, ci tocca reinventare tutti i gesti del quotidiano - da quelli piccoli piccoli, a quelli che invece segnano un momento indimenticabile. Così, per esempio, laureandi e laureande di tutte le università d’Italia nelle ultime settimane si sono visti

sottrarre festeggiamenti ufficiali, brindisi con amici e parenti, papiri, e tutto il resto dell’inventario che solitamente accompagna il raggiungimento di un traguardo importante come la laurea. L’unica via concessa, al momento, è quella telematica, imposta dalle regole del distanziamento sociale e concessa da un’ondata tecnologica che sta dimostrando di esserci più vicina che mai. Di seguito abbiamo raccolto le storie di quattro studentesse dell’Università di Verona che negli ultimi giorni hanno sperimentato le nuove modalità di laurea ai tempi del Coronavirus.

DI CHIARA BONI

CHIARA PERICOLI CENSI,

LINGUE PER IL COMMERCIO INTERNAZIONALE La corona di alloro l’ha preparata la sorella, è fatta di cartoncino e qualche foglia glitterata, «per un tocco di classe in più». Chiara ha discusso la tesi dal divano di un appartamento di Roma, dove si trova confinata al momento: il coronamento del percorso di studi arriva così, in un momento storico fatto di attese e distanze difficili. «Certo,

è stato molto diverso da come me lo sono sempre immaginato, ma alla fine il fatto di poter discutere la tesi online, dal divano di casa mia, ha avuto almeno il vantaggio di farmi sentire più a mio agio». Per Chiara la speranza ora è di poter tornare a Verona in estate, per festeggiare a dovere un traguardo importante con gli amici.

ALICE GIBBONI,

LINGUE PER IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Camicia elegante sotto un’impeccabile giacca da completo, accompagnata ovviamente da trucco e pettinatura d’ordinanza, perché per presentarsi di fronte alla commissione che a breve la proclamerà Dottoressa in Lingue per il commercio internazionale, anche se solo in via telematica, serve l’outfit perfetto. O quasi, perché Alice ha poi sfoggiato un paio di comodis-

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simi pantaloni del pigiama per la sua foto di rito con corona d’alloro e copia della tesi: bisognerà pur trovare il modo (e l’outf it) giusto per sdrammatizzare una situazione con davvero pochi precedenti. Alice ci assicura, in ogni caso, che «l’emozione è stata la stessa. Sono soddisfatta di come sono andate le cose, anche se la situazione è di certo complicata».


ALESSIA CECONI,

LINGUE E CULTURE PER IL TURISMO «Un po’ mi è dispiaciuto dover discutere la tesi in queste modalità, dopo tre anni di studio e di impegno uno si aspetta le cose fatte a regola d’arte. Non è andata così, ma vista la situazione attuale questa era l’unica soluzione», ci spiega Alessia, che però ci rassicura anche sul fatto che, videochiamate o no, le emozioni di questa giornata sono state assoluta-

mente le stesse di quelle vissute di persona. Resta l’incognita del futuro, che in un clima come quello attuale potrebbe lasciare poche vie a chi, soprattutto tra i più giovani, cerca di affacciarsi sul mondo del lavoro. Ma la chiave è non lasciarsi abbattere, come sa bene anche Alessia che al momento guarda al futuro con speranza.

FRANCESCA MONDIN, MATHEMATICS

«Una cerimonia di laurea alternativa, diciamo». Anche per Francesca la laurea magistrale in Mathematics ha significato una corona di alloro improvvisata («mia mamma ha usato l’alloro per l’arrosto!») e festeggiamenti rimandati a un momento migliore. «Ho festeggiato a casa con la mia famiglia, per fortuna la pasticceria vicino a casa nostra fa le consegne a domicilio almeno non abbiamo do-

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vuto rinunciare alla torta», ci spiega Francesca, che non ha ancora avuto modo di avere la copia della sua tesi di laurea tra le mani per via dei vari divieti che nelle ultime settimane hanno limitato i trasporti. Gli ostacoli, insomma, non sono mancati, ma non hanno comunque rovinato i ricordi di una giornata memorabile, e il momento per recuperare i dovuti festeggiamenti arriverà di certo in futuro.


QUANDO IN CITTÀ ARRIVÒ LA PESTE

VERONA E QUELLE “CICATRICI DELLE SCIAGURE SOFFERTE” Attorno al 1620 Verona è una città in netta crescita demografica ed economica, tra le venti città più popolose d’Europa. Sono gli anni della guerra dei Trent’anni e da un reggimento di lanzichenecchi boemi diretti a Mantova ha origine la peste che devasterà l’Europa intera, segnando per la città di Verona uno spartiacque senza precedenti.

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na riflessione sulla nostra storia antica che appare oggi quanto mai dovuta, per comprendere meglio il nostro presente con la consapevolezza che gli uomini del passato hanno affrontato problemi analoghi a quelli odierni e hanno superato drammi di proporzione incomparabilmente maggiore. Ne abbiamo parlato con il professor Gian Paolo Romagnani, docente di storia moderna all’Università di Verona ed ex Direttore del Dipartimento di Culture e Civiltà.

DI CAMILLA FACCINI

Professore, quali furono le origini della peste del 1630? Da Mantova, dove è in atto la guerra per la successione al trono ducale, nel marzo del 1630 il contagio giunge a Verona dove il “paziente zero” è stato ormai identificato in Francesco Cevolin, un soldato bresciano diretto a casa che si ferma a mangiare e dormire nella locanda di Lucrezia Isolana, nei pressi del Ponte Nuovo, portando con sé un grosso fagotto di indumenti infetti, rubati ai soldati tedeschi. Entrato nella locanda 24

il 14 marzo, stanco e febbricitante, Cevolin ne esce il 20 marzo su un carretto, morto “di febbri” secondo il primo, impreciso, referto medico. Il contenuto del fagotto infetto viene spartito fra gli avventori della locanda, Lucrezia e i suoi figli si ammalano a loro volta e muoiono tutti fra il 22 e il 29 marzo. Sedici inquilini di quel caseggiato muoiono nella stessa settimana. Ormai Verona è contagiata. Che evento fu per la città questa epidemia? La diffusione è rapida in tutta la città e nel territorio. In poche settimane i morti sono oltre 30.000, con un calo della popolazione urbana da 56.000 a 21.000 abitanti e un tracollo della popolazione del contado ridotta da 250.000 a circa 52.000 abitanti. In tutta la Repubblica di Venezia la popolazione cala del 42%, in Germania fra il 50 e l’80%, cifre sicuramente non comparabili con la pandemia odierna. Tutta l’economia risente di questo rivolgimento demografico, segnando una fase di lunga depressione che giungerà fino ai primi quattro decenni del Settecento. A tre anni


«IL “PAZIENTE ZERO” È STATO ORMAI IDENTIFICATO IN FRANCESCO CEVOLIN, UN SOLDATO BRESCIANO DIRETTO A CASA CHE SI FERMA A MANGIARE E DORMIRE NELLA LOCANDA DI LUCREZIA ISOLANA, NEI PRESSI DEL PONTE NUOVO, PORTANDO CON SÉ UN GROSSO FAGOTTO DI INDUMENTI INFETTI, RUBATI AI SOLDATI TEDESCHI» dalla fine della peste, nel 1634, il Podestà veneziano di Verona Girolamo Dolfin descrive la condizione della città con queste parole: «La Città per lo mancamento delle genti, per le ruvine degli edifici nell’esterne contrade et per diminuttione del negotio mostra chiare le cicatrici delle sciagure sofferte nelle decorse calamità, et va lentamente avanzandosi». Un contagio che ha rappresentato davvero la fine di un’epoca. Dalla metà del ‘500 in Europa vengono edificati i lazzaretti, strutture in muratura lontane dal centro abitato destinate ad isolare i malati. Come era organizzato il lazzaretto a Verona e come venivano gestiti i cittadini infetti? Il lazzaretto di Verona – attribuito a Michele Sanmicheli, ma in realtà opera dell’architetto Giangiacomo Sanguinetto – si trova in località Pestrino, in un’ansa boscosa dell’Adige piuttosto isolata dal centro urbano. In poche settimane deve accogliere più di 5.000 appestati che vi vengono trasportati su grandi zattere lungo il fiume per rimanervi in quarantena. Il problema è lo stesso di oggi: di fronte all’emergenza del contagio la struttura sanitaria non regge l’impatto dei grandi numeri. La maggior parte degli ammalati muore, contagiando anche i pochi sani. Molti ammalati restano in città e le autorità municipali adottano provvedimenti severissimi, molto simili a quelli di questi giorni. È vietato l’ingresso in città a chiunque, è vietato fermarsi per strada a parlare, lavare i panni all’esterno. Le osterie e le locande sono tutte chiuse. Per muoversi occorre una “fede di sanità” rilasciata dai Provveditori e i sospetti di contagio devono rimanere sbarrati in

casa in quarantena, mentre gli ammalati sono trasportati al lazzaretto sulle barche. Il lazzaretto è oggi eredità cittadina, ha la giusta valorizzazione secondo lei? Il lazzaretto di Verona era una delle strutture meglio conservate d’Europa fino al maggio del 1945 quando, dopo essere stato trasformato negli anni di guerra in polveriera e deposito di bombe, un gruppo di ragazzi giocando con i petardi ne ha provocato l’esplosione e la distruzione quasi totale. Da allora è stato lasciato all’abbandono e al degrado ma finalmente, da tre anni a questa parte, il lazzaretto è al centro di un grande progetto di recupero promosso dal FAI in collaborazione con l’Università e con il Comune. Gli archeologi del Dipartimento di Culture e Civiltà, coordinati dalla prof. Patrizia Basso e dal prof. Fabio Saggioro, hanno messo in luce pavimentazione e fondamenta e stanno procedendo al restauro delle strutture conservate. L’obiettivo è di trasformare quell’area in un vero e proprio parco archeologico, un luogo di storia restituito alla città per riflettere – spero ora anche alla luce delle vicende drammatiche di queste settimane – sul proprio passato sia dal punto di vista architettonico che da quello storico e sociale. Gli uomini e le donne del passato hanno affrontato momenti drammatici con l’assenza di nozioni scientifiche paragonabili a quelle del nostro tempo. Ma sono sopravvissuti e hanno ricominciato. I grandi drammi del passato hanno sicuramente stimolato le civiltà consentendo loro di sviluppare nuove esperienze da trasformare in conoscenze. ■

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Gian Paolo Romagnani


IL TEATRO (E LA BELLEZZA) VA IN STREAMING

I PALCOSCENICI NON SONO VUOTI Un po’ di leggerezza. Ne avevamo bisogno prima, per staccare dalla frenesia degli impegni, scolastici o lavorativi. Ne abbiamo ancora più bisogno adesso, che l’emergenza sanitaria ha detto stop, a gran voce, alla velocità di quella vita, con la chiusura di tutte le attività “non strettamente necessarie” alla sopravvivenza, tra cui cinema, musei e teatri.

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a la volontà degli artisti di regalare un po’ di felicità al pubblico non si è fermata di fronte agli ostacoli: proprio in questo periodo, enti culturali e compagnie teatrali si sono fatti di nuovo largo, apren-

dosi un varco nel web e trovando online la soluzione alternativa per continuare la propria attività e mantenere i contatti. Abbiamo dato voce a loro, per conoscerne i progetti e…offrire un po’ di leggerezza. DI SAMANTHA DE BORTOLI

FONDAZIONE AIDA E LE LETTURE ONLINE Pino Costalunga, codirettore artistico di Fondazione Aida, ci ha parlato dell’iniziativa, partita il 18 marzo, Mostriciattoli nella rete: un ciclo di letture per bambini e famiglie insieme agli attori delle Fondazione. «Ciò che contraddistingue il nostro progetto – sottolinea Costalunga – è il fatto che grazie alla piattaforma web su cui svolgiamo gli incontri let-

terari possiamo organizzare i bambini che si iscrivono in gruppi e favorire così un dialogo, coinvolgendo tutti, tra i piccoli partecipanti e l’attore che sta leggendo la storia. Pensiamo sia un buon modo per capire anche il loro stato d’animo, raccogliere paure, e aiutarli a superarle con la fantasia e i messaggi che veicolano le nostre letture».

RUBENS TEATRO E LA MAGIA DI FROZEN #Iorestoacasa con Frozen: si chiama così il progetto di Beatrice Cotifava e Ilaria Lovo, le due fondatrici della compagnia Rubens Teatro, che abbiamo intervistato, rispettivamente, nelle vesti di Elsa e Anna. «Stiamo pubblicando su Facebook e Youtube, ogni giorno, un video a tema Frozen – ci spiega Elsa – in cui insegniamo ai bambini a costruire qualcosa con oggetti e materiali che hanno a disposizione in casa,

rispondiamo alle domande che ci inviano sui nostri canali e cerchiamo di realizzare i loro desideri». «Ormai Anna ed Elsa sono le nostre alter-ego ufficiali – continua Anna, ridendo – quindi abbiamo pensato: “ora che i bambini non possono venire da noi, perché non andiamo noi da loro?” così, anche se siamo a casa, sentiamo di portare un po’ di allegria nella vita dei nostri spettatori».

#IORESTOACASASHAKESPEARE, IN DIRETTA A proseguire con l’attività teatrale sono anche gli attori di Casa Shakespeare, che ha proposto un calendario di esibizioni in diretta su Facebook fino a fine marzo, con l’intenzione di prorogarlo oltre se i teatri resteranno chiusi. «Siamo partiti dal presupposto che il teatro non è solo un luogo fisico – ci spiega Solimano Pontarollo, presidente e direttore artistico di Casa 26

Shakespeare – il teatro vive e respira, è fatto di persone. Per questo, dopo le ultime disposizioni governative, la scelta è stata quella di raccontarci live nelle nostre case: così è nato #iorestoaCasaShakespeare, che vede ciascun attore recitare, ogni sera alle 19 nella propria abitazione, un testo che abbiamo selezionato insieme e inserito in scaletta».


GLI ANTICHI TESORI DI FUCINA MACHIAVELLI Due video a settimana, uno di teatro e uno di musica, estratti dall’archivio delle passate produzioni di Fucina Machiavelli e riproposti sul loro sito web all’interno del nuovo format “FucinaFlix”. «Pubblichiamo ogni settimana due nuovi video integrali dei nostri spettacoli – spiega Stefano Soardo, direttore artistico di Orchestra Machia-

velli e socio fondatore. – Sono contenuti che solitamente non sono destinati al pubblico, ma in questo periodo sono tornati utili e con piacere li mettiamo a disposizione dei nostri spettatori. Inoltre – continua – abbiamo lavorato a un remake di Pierino e il Lupo, progetto nato da un’idea di Rebecca Saggin e dedicato ai più piccoli».

ANDERLONI E “IL FOLLE VOLO” SU FACEBOOK In occasione del Dantedì, mercoledì 25 marzo, il regista e autore Alessandro Anderloni ha celebrato il Sommo Poeta con una diretta streaming su Facebook da Velo Veronese, dedicata al XXVI canto dell’Inferno. «In questi giorni più che mai sentiamo quanto ci siano di nutrimento i classici – spiega Anderloni – Dante fra tutti. Recito questo canto e penso al nostro azzardo di voler sempre andare oltre, anche quando ci troviamo a varcare confini che, come quelli posti da Ercole con

le sue colonne, sono un monito, e paradossalmente uno sprone, alla nostra smania di conoscenza». «Penso ai detenuti del carcere di Montorio – conclude – che l’Ulisse di Dante l’hanno messo in scena lo scorso anno e ora sono i più reclusi tra i reclusi. Da quelle celle, ma pure dalle finestre delle nostre case, guardando all’orizzonte ognuno di noi in questo momento sentirà nell’animo il suo “folle volo”. Ecco che ognuno, a suo modo, si ritroverà nel viaggio di Ulisse».

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PATTO DI FAMIGLIA (Puntata numero due) Individuato lo schema giuridico per il trapasso generazionale dell’azienda bisogna chiedersi, nel caso di trasferimento specifico dell’azienda agricola, se trovi applicazione la prelazione agraria. Essa è prevista a favore dell’affittuario e del confinante coltivatore diretto nel caso di trasferimento di fondi agricoli. Ma il patto di famiglia è compatibile con la prelazione agraria? Quest’ultima presuppone il trasferimento di proprietà di terreno agricolo verso il corrispettivo di un prezzo, ovvero un atto oneroso, una vendita, che non avviene nel patto di famiglia perché è un atto a titolo gratuito. Il patto di famiglia, infatti, è un trasferimento senza corrispettivo ed è richiesto uno specifico rapporto di parentela con il titolare dell’azienda: beneficiari sono solo i discendenti dell’imprenditore. La particolarità del rapporto di parentela che lega i soggetti, la gratuità del trasferimento, il carattere estremamente

personale del rapporto tra i contraenti, fanno ritenere che la prelazione agraria non possa trovare applicazione. Altra questione collegata al patto di famiglia riguarda la sua compatibilità con l’impresa familiare regolata dall’articolo 230 Bis del Codice Civile e con l’impresa familiare coltivatrice regolata dall’articolo 48 della legge 203/1982. Il primo stabilisce che, nel caso di trasferimento dell’azienda i partecipanti all’impresa familiare abbiano diritto di prelazione. Se beneficiari del patto di famiglia sono collaboratori dell’impresa familiare e discendenti, nessun problema. Se, invece, i collaboratori dell’impresa familiare non sono discendenti dell’imprenditore e non sono beneficiari del patto, spetta egualmente il diritto di prelazione? Altra questione riguarda la compatibilità dell’impresa familiare coltivatrice

regolata dall’articolo 48 della legge 203/ 1982 ed il patto di famiglia. L’impresa familiare coltivatrice è una sottospecie dell’impresa familiare. Trattandosi di quote di comproprietà del fondo agricolo fra più componenti con regole di gestione specifiche, è discutibile l’applicazione del patto di famiglia nell’impresa familiare collettiva. Queste sono solo alcune problematiche che sorgono nell’applicazione del patto di famiglia in agricoltura e non sono sempre di facile soluzione.

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LA PAROLA AI LIBRAI

DA COSA RICOMINCEREMO Presentazioni online, libri consigliati, pagine fotografate e accompagnate da uno stuolo di hashtag da #ioleggoacasa a #iorestoacasaeleggo e via così. Il mondo delle librerie indipendenti è stato stravolto ed è tutto da ripensare in questi giorni di sospensione, di irrealistica attesa. Abbiamo chiesto a due librai veronesi di raccontarci il momento che attraversano, tra nuovi arrivi ancora chiusi negli scatoloni delle librerie spente e la concorrenza con i giganti online.

LUIGI LICCI,

LIBRERIA GULLIVER

«La cultura non si ammala di Coronavirus, anzi è una delle armi per combatterlo ma la situazione per le librerie indipendenti è particolarmente drammatica» spiega Luigi Licci, titolare della libreria di viaggio Gulliver di via Stella. Oltre a presentazioni di libri sui social, ha cercato di fronteggiare la chiusura obbligata anche usando la fantasia e amalgamando libri a bontà da assaggiare. «Ci siamo anche strutturati per consegne gratuite dei nostri volumi nel Comune di Verona con il servizio Deliveread- Mangia Bevi Leggi grazie all’

accordo con il Symposio wine bar di Via Stella – proprio accanto a noi – con il quale in passato abbiamo organizzato delle presentazioni. Tutte le informazioni sono sul nostri canali social. Come funziona? Sul sito symposiowine.it si possono ordinare prodotti enogastronomici e abbinare i volumi, che vanno invece ordinati via email (info@gullivertravelbooks.com) o dalle 11 alle 19 allo 045 800 7234». Quando si aprirà la porta, oltre al kit per un’apericena perfetta ci sarà anche la letteratura che abbiamo scelto per farci viaggiare.

GUARDA IL VIDEO

ROBERTA CAMERLENGO, PAGINA DODICI La riflessione di Roberta, storica titolare della libreria di Corte Sgarzerie è, come ci ha precisato lei, una nota malinconica ma ottimista. «Ormai sono passate tre settimane dall'inizio delle misure restrittive conseguenza dell'emergenza sanitaria. I pensieri di una lettrice e di una libraia in questo lasso di tempo sono cambiati. In un primo momento, inconsciamente, la reazione è stata guardare le pile di libri, vecchi e nuovi, distribuiti in tutta la casa e pensare che avrei potuto distrarmi. Poi è subentrato un senso di malinconia, per quanto i libri siano capaci di allontanarla facendo fare ad ogni lettore viaggi nel tempo e sulla superficie del mondo intero (a volte anche sotto la superficie), pensando che la chiusura di luoghi di incontro come le librerie si sarebbe potuta tradurre in una perdita del valore dello scambio, culturale e sociale, e che tutto si sarebbe orientato verso altro, in grado in que-

sti tempi di mantenere legami di "fornitura" costanti. In realtà, mi sto rendendo conto, la ricchezza nutriente che si coltiva e cresce intorno ad una libreria fisica è solo congelata: le telefonate, i messaggi, gli incontri virtuali con i lettori (faccio fatica a chiamare "clienti" i frequentatori della libreria) in questi giorni sono tanti, tantissimi, affettuosi, partecipi: un patrimonio prezioso, che va oltre la "fornitura" di libri. Adesso è un momento davvero triste, le preoccupazioni per il futuro sono moltissime, ma confido che, pur con tempi lunghi e con innegabili difficoltà, il tessuto che negli anni si è creato intorno a Pagina dodici non ceda. Ci vorranno pazienza, fatica, energia. Ci vorrà... comunità, quel senso di comunità che si è costruito nel tempo e che forse adesso si apprezza ancora di più». Questo il sito, per restare insieme online www.paginadodici. blogspot.com. 28

DI MIRYAM SCANDOLA


LE VOCI DEI FATTORINI DELLE CONSEGNE A DOMICILIO

IL LAVORO DEL RIDER IN MEZZO ALL’EPIDEMIA Non si può più uscire per andare al ristorante, quindi le consegne a casa di cibo dovrebbero aumentare. E invece no. Può sembrare controintuitivo, ma anche il settore delle consegne a domicilio tramite rider è in crisi.

G

ià agli albori dell’emergenza, il 24 febbraio scorso, Riders Union Cisl Verona avvertiva del problema: «Il calo degli ordinativi dell’80-100 per cento da ieri

sera sta producendo una “messa a risposo” della gran parte dei rider veronesi». Circa un migliaio, secondo il sindacato, le persone impiegate come fattorini, fra chi lo considera ■

SERENA SIMOCELLI, RIDER PER DELIVEROO «Nei primi giorni dell’emergenza gli ordini si erano fermati completamente, e anche molti ristoranti avevano chiuso. Io stessa ho deciso di fermarmi alcuni giorni per tutelare la mia salute, ma se non si fanno consegne il guadagno è zero. Alcuni ristoranti hanno riaperto per le consegne a domicilio e un po’ di lavoro adesso ci sarebbe, ma resta il problema di tutelare la salute. Le mascherine me le sono comprate io: la piattaforma ha fatto sapere che ci verranno inviate quan-

do riusciranno a recuperarle e di aver aperto un fondo per chi dovesse essere contagiato, con una quota di trenta euro al giorno. Mentre lavoriamo, o non lavoriamo, non ci sono altre tutele. Inoltre davanti ai pochi ristoranti aperti si aggregano i fattorini e non tutti hanno chiare le misure di sicurezza. Sulla nostra app ci sono alcune indicazioni, le consegne devono avvenire senza contatto, ma molti rider non parlano italiano e credo facciano fatica a seguire le notizie sui vari decreti».

FRANCESCO ZENERE DELLA COOPERATIVA VERONESE FOOD4ME «Gli ordini attraverso le piattaforme sono calati dell’80 per cento. Qualcosa in più nel weekend, ma la situazione è precipitata. Alcune delle grandi aziende si sono spostate sulle consegne di spesa e farmaci: loro riescono comunque a stare a galla, perché in questa fase hanno raccolto nuovi clienti fra le attività

commerciali che devono lavorare a distanza. Noi dovevamo partire con la nostra cooperativa, ma in questa situazione siamo un po’ a rilento. Abbiamo iniziato con spese a domicilio e consegna di prodotti alimentari, vino e latte, di altre cooperative. Continuiamo anche con la consegna dei giornali». 29

DI ALESSANDRO BONFANTE


LA CITTÀ DESERTA, LE STRADE VUOTE E L'INQUINAMENTO

IL VIRUS CHE CAMBIA L’ARIA

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Abbiamo visto le foto di Verona deserta. Piazza Erbe senza mercato e senza happy hour. Stessa storia nei quartieri e nei paesi. Panchine su cui è vietato sedersi e marciapiedi su cui è vietato passeggiare. Le città cambiano, e cambia anche l’aria.

L

e misure di contrasto alla diffusione del Covid-19 hanno cambiato il modo di percepire la città. Si respira un’aria diversa, e non solo in senso metaforico. Per quanto riguarda la pianura Padana, gli esperti del Snpa (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente) stimano una diminuzione intorno al 50 per cento del biossido di azoto, uno dei principali inquinanti dell’atmosfera. Da quando il traffico è stato ridotto, le stazioni dell’Arpav hanno rilevato un drastico calo del monossido di azoto, inquinante tipicamente legato alle emissioni dei veicoli. Per quanto riguarda le pm10, dette “polveri sottili”, anche a Verona le centraline hanno registrato per diversi giorni valori entro i limiti di legge. Che è una notizia, visti i 38 sforamenti da inizio anno. NON È TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA La stessa Arpav fa notare che «in presenza di situazioni meteorologiche poco dispersive, si sono comunque registrati alcuni episodi di accumulo del pm10». Nel breve periodo le condizioni meteo sono infatti determinanti e una percentuale significativa di pm10 deriva

Il satellite dell’Agenzia spaziale europea Copernicus Sentinel-5P ha rilevato una diminuzione di biossido di azoto nei primi giorni di marzo. Un fenomeno già visto in Cina con le chiusure anti-coronavirus.

dal riscaldamento civile. In passato, inoltre, a ogni crisi economica è corrisposto un calo di emissioni, puntualmente tornate a crescere al momento della ripresa. Contro gli effetti dell’attività umana sul clima combattono gli attivisti di Fridays For Future, che avevano in programma scioperi in tutto il mondo per aprile, il mese dell’azione globale per il clima. In Italia, anche a Verona, era prevista una manifestazione il 24. «L’alternativa sono i “digital strike”» spiega Giorgia, giovane attivista della sezione veronese. «Si tratta di pubblicare sui social una foto con un cartello in mano». Stop alle manifestazioni, ma il focus resta lo stesso. «L’importante è che le persone, e in particolare i giovani, prendano consapevolezza». Giorgia frequenta il Liceo Artistico, ha 16 anni, e un’idea ottimista dei propri coetanei. «Ho visto dei cambiamenti, ma si potrebbe fare molto di più. Gli scioperi sono utili per fare pressione a livello politico, ma servono le azioni concrete delle persone». Difficile abbandonare le comodità di ogni giorno. «L’emergenza ci ha costretto a cambiare abitudini, forse possiamo imparare a farlo anche per l’ambiente». ■

IL VIDEO DELL'ITALIA

IL VIDEO DELLA CINA

DI ALESSANDRO BONFANTE

I ragazzi durante una manifestazione del Fridays For Future

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LA SCUOLA RACCONTATA DA UN’INSEGNANTE

L’HOMESCHOOLING IN EMERGENZA Tutti a casa! Probabilmente è quello che qualsiasi studente vorrebbe sentirsi dire. Finalmente libertà! Libertà di fare quello che si vuole. Di alzarsi la mattina alle 10, di andare a letto tardi, di giocare, fuori o ai videogame, di incontrarsi con gli amici per un gelato, di chattare. E lo studio? Sì, anche quello, ma… Ma questa volta è diverso. Forse una beffa, per i giovani. Stare a casa, senza libertà. Per alcuni addirittura una prigione, con l’obbligo di studio.

Q

uesto è accaduto lo scorso 24 febbraio, quando Conte ha ordinato la chiusura delle scuole e di tante altre attività sociali e di luoghi di aggregazione. Sarà tempo di una settimana, si diceva. E invece. A piccole dosi si è digerito il boccone, grosso e amaro. E il “tutti a casa” è diventato altro. Talmente altro da ribaltare tutte le nostre (finte) certezze. E soprattutto le loro, quelle dei giovani studenti. In classe gli insegnanti passano ore a verbalizzare il “come si dovrebbe agire”, il “come si dovrebbe fare”. Ma non c’è come l’esperienza. Il fare esperienza. Oggi quanto mai importante, per provare su di sé le cose, per vestire quello che si studia. Per educare all’emozione. Così, come per magia, la scuola diventa mancanza, quindi desiderio. L’insegnante diventa il riferimento della giornata, quello che dà il pane per vivere. E lo studio, tanto odiato, diventa necessario per vivere. Non sono serviti film, letture, discorsi da “L’attimo fuggente” in piedi sulla cattedra. È bastato, si fa per dire, un piccolo, invisibile virus. Così, noi insegnanti

ci troviamo nella totale emergenza a spendere ogni nostra energia pur di stare vicino ai nostri ragazzi. Vicini per modo di dire. E come si fa? Sì, come si fa ad adottare la distanza, quando per noi è fondamentale lo sguardo, il confronto, il dialogo. Come si fa a creare interesse, attraverso uno schermo? Abbiamo speso anni a modificare nell’intimo la scuola. Ad adottare nuovi metodi per superare la semplice somministrazione di saperi. Ci battiamo tutti i giorni per l’inclusività, e in un attimo le disuguaglianze sono restituite come pacco postale a casa. Eppure…Eppure, anche la scuola svela i suoi segreti. UNA SFIDA PER TUTTI, INSEGNANTI E ALLIEVI La sfida è “non solo compiti”, come già è stato criticato. Bisogna reinventarsi, creare altri canali, strategie. L’insegnante, che ha passato le prime settimane a rimbalzare tra tutorial, software, a digitalizzare il suo concetto di insegnamento, a districarsi tra figli, marito, case 32

DI GIOVANNA TONDINI


piccole e grandi, a ritessere un tempo fatto a mano, nell’imbarazzante scelta quotidiana delle priorità, della serie seguo due ore di tutorial, o correggo le 30 mail che mi sono arrivate? Registro la video-lezione o faccio la videoconferenza? Ecco, l’insegnante reinventando la scuola, le restituisce (o almeno avrebbe l’opportunità di farlo) per necessità il suo valore originario, quello di scuola di vita. Si lavora di più sulle competenze degli studenti, sulla capacità di organizzare il proprio lavoro, sulla responsabilità della restituzione dei compiti, sulla solidarietà verso i compagni in condizioni difficili. I Greci dicevano che l’identità si definisce in relazione all’altro. In questo la scuola non perderà il suo essere strumento di riconoscimento dell’altro. Lo farà attraverso uno schermo. Perché dall’altra parte noi, insegnanti, ci siamo. E questo è il primo messaggio che vogliamo

fare arrivare ai nostri ragazzi. Continueremo allora a creare movimento “in” loro, scuotendone gli animi, facendone suscitare desideri, facendoli sognare, perché tutto questo è la salvezza dei nostri giovani, nel mondo nichilista che dilaga minaccioso da ormai più di un secolo. Così, in questa perturbazione cosmica, in questo nuovo Big Bang, dove la distanza (ben oltre un metro), come sempre accade, svela il valore delle cose, di quelle che veramente valgono, e dove si creeranno nuovi ordini (virtuali o meno), la speranza è che ci si renda conto di quanto la scuola sia il motore di uno Stato, quindi della nostra società. E, per contro, di quanto si è lontani dal dare a tutti le stesse “condizioni” e “opportunità”. Facciamo tesoro di questa esperienza per il futuro che ci aspetta. Perché andrà tutto bene solo se saremo capaci di accettare che sarà tutto diverso. E questo è solo l’inizio. ■

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L’INSEGNANTE REINVENTANDO LA SCUOLA, LE RESTITUISCE (O ALMENO AVREBBE L’OPPORTUNITÀ DI FARLO) PER NECESSITÀ IL SUO VALORE ORIGINARIO, QUELLO DI SCUOLA DI VITA

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ADDESTRARSI AL FUTURO E SOGNARE IN ITALIA

SCEGLIERE IL FUTURO PREFERIBILE? SIAMO ANCORA IN TEMPO PER FARLO Tecnologia, innovazione e sostenibilità sono le carte da giocare per vincere la partita del domani. Per non arrivare impreparati, ci sono i “Future Camp”: un’immersione per preparare le giovani generazioni al futuro e avere gli strumenti per decidere il migliore possibile.

I DI MARTA BICEGO

niziare a disegnare il futuro, ma quello preferibile. Studiare, per affrontarlo nel migliore dei modi. Mai come in questi tempi, dopo che l’epidemia da nuovo Coronavirus ha sconvolto quelle che sembravano essere certezze per il genere umano facendoci sentire impreparati davanti agli imprevisti, è questione di metodo. A ribadirlo è Andrea Dusi, presidente e co-founder con Cristina Pozzi di Impactscool, organizzazione no-profit che ha visto la luce nel 2017 con l’ambizione di insegnare a pensare al domani e l’obiettivo di 34

dare a tutti la possibilità di partecipare consapevolmente al cambiamento. L’investimento maggiore è sulle nuove generazioni che, dal 29 giugno al 3 luglio, potranno prendere parte alla tappa veronese (altre saranno in varie città italiane) dei “Future Camp”: cinque giorni di laboratori didattici, lezioni immersive, dibattiti e incontri formativi focalizzati su tecnologie, innovazione e sostenibilità. Il futuro è ancora da scrivere, da qui la necessità di studiarlo per arrivare preparati. «Per creare uno spirito critico su quelli che possono essere i


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«UNA VOLTA SCOPERTO CHE ESISTONO PIÙ FUTURI POSSIBILI, SI PUÒ LAVORARE SUL FUTURO PREFERIBILE ANZICHÉ SU QUELLO PROBABILE» diversi scenari futuri, per capire che possono esserci diverse alternative. Una volta scoperto che esistono più futuri possibili, si può lavorare sul futuro preferibile anziché su quello probabile», risponde. Come? La chiave di volta è nella metodologia: lo «studio dei futuri» è una scienza, nata negli anni Sessanta del secolo scorso in California e diffusa nel mondo, i cui concetti nei Paesi più avanzati dal punto di vista educativo, come la Finlandia o l’Irlanda, sono stati trasferiti nelle scuole primarie.

Mettendosi in azione consapevolmente per provare a esprimere i propri sogni in Italia».■

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LE TECNOLOGIE MA NON SOLO Assieme al metodo, l’attenzione si deve focalizzare su quelle tecnologie emergenti che più di altre andranno a incidere sulla definizione di questi futuri: dall’intelligenza artificiale alla blockchain, dalla stampa 3d all’analisi del Dna, dalle biotecnologie alle nanotecnologie, dall’ambiente alla sostenibilità fino alla robotica; senza dimenticare l’etica e l’umanesimo. Elementi di approfondimento per i ragazzi e le ragazze, dai 16 ai 22 anni che, partecipando alla summer school dei “Future Camp”, potranno fare un salto nel futuro per far ritorno al presente arricchiti di competenze spendibili. «Oggi si parla molto dei lavori di domani, ma non viene detto quali saranno. Corsi come questo permettono di far capire individualmente, a ogni partecipante, quali sono e saranno le professioni future con un orizzonte che arriva ai trent’anni. Ma soprattutto permettono di capire quali saranno le competenze necessarie per svilupparle», prosegue. QUESTIONE DI VISIONE «A livello di sistema, siamo abituati a non avere più una prospettiva futura. La nostra iniziativa riscuote successo perché è mancata in Italia, negli ultimi anni, la capacità di pensare al futuro in maniera sistematica», spiega. Se ne sente però il bisogno, sottolinea, perciò Impactscool ha siglato con il Ministero dell’istruzione un protocollo d’intesa che ha portato l’organizzazione a lavorare con oltre 20mila studenti e a formare centinaia di docenti perché trasferiscano questo metodo nelle aule. «Oggi i ragazzi sono impauriti, temono di doversi accontentare, pensano che l’unica cosa da fare sia trasferirsi all’estero. Colpa dell’incapacità del nostro sistema educativo di insegnare ad avere visione. Abbiamo visto che, con i nostri corsi, l’aspetto che migliora di più è la consapevolezza da una parte, dall’altra la speranza. Quest’ultima è diversa dall’ottimismo, che è uno stato d’animo: è la consapevolezza di poter incidere sul futuro positivo.

Andrea Dusi

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OZONO: POSSIBILE ALLEATO NELLA BATTAGLIA AI CORONAVIRUS ? GAE: Procedura ambulatoriale che ossigena il sangue e i tessuti, potenziando il nostro sistema immunitario e bloccando la riproduzione del virus. L’Ozono (formula chimica O3) è una forma arricchita dell’Ossigeno (O2). Una molecola di Ozono è infatti formata da tre atomi di ossigeno ed ha moltissime proprietà benefiche, antidolorifiche ed antinfiammatorie. A livello medico, migliora il metabolismo cellulare, la circolazione sanguigna, soprattutto il microcircolo dei capillari, aiuta a sciogliere i grassi corporei e agisce contro i muscoli tesi e contratti. Oggi l’Ozonoterapia è una modalità di cura medica riconosciuta ed applicata; si tratta di una tecnica dolce che sfrutta la capacità dell’ozono di stimolare i meccanismi naturali di protezione dell’organismo.Il Prof. Muzhi, docente alla Tokyo Keizai University, ha così intitolato un articolo: “Ozono: un’arma potente per combattere l’epidemia di Covid-19”. Spiega che «l’Ozono è benefico per l’uomo e per la natura sia nella troposfera che nella stratosfera».Riflettendo sul rapporto tra l’Ozono e la diffusione di virus e batteri, il Professore si domanda come mai la Sars, che ha imperversato dall’inverno 2002 alla primavera del 2003, è improvvisamente scomparsa tra maggio e giugno. La maggior parte dei virus dispersi nell’aria, come il virus dell’influenza, esplodono in autunno e in inverno e scompaiono nella stagione primaverile. Gli esperimenti hanno dimostrato che i cambiamenti di temperatura non influiscono in modo signifi-

cativo sui virus, anche se l’aumento di umidità può effettivamente determinare una crescita del tasso di mortalità. In questo contesto, il Prof. Zhang Yue ha scoperto che la maggior concentrazione di Ozono in primavera/ estate allontana le epidemie. Se l’ipotesi è esatta, l’epidemia causata dal nuovo coronavirus, al pari della Sars e dell’influenza, dovrebbe svanire in coincidenza dell’aumento stagionale dell’Ozono. Per più di 100 anni, l’Ozono, considerato un “killer” naturale dei virus, è stato ampiamente utilizzato per disinfezione, sterilizzazione e disintossicazione. Il Prof. Franzini, Presidente Internazionale SIOOT (Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia) ha dichiarato:“L’Ozono uccide gli organismi parassitari per lisi cellulare attaccandone, con meccanismo ossidativo, le membrane protettive, senza lasciare residui chimici.Cioè, i virus prima vengono inattivati e poi fisicamente distrutti.Questo impedisce la riproduzione virale a livello della sua prima fase di invasione della cellula. Sinora non è stato osservato nessun batterio o virus resistente all’Ozono. L’Ozonoterapia può combattere o prevenire virus altamente contagiosi poichè i Coronavirus rispondono esattamente allo stesso modo degli altri virus al meccanismo d’azione dell’Ozono”.Un esperimento condotto in Cina dal Professor Li Zelin, ha dimostrato che l’Ozono 38

è efficace nell’uccidere il virus Sars inoculato su cellule renali di scimmia verde, realizzando un tasso di uccisione del 99,22%. Il virus scoperto a Wuhan e il virus Sars appartengono entrambi al ceppo coronavirus. E’ stato scoperto che il Covid-19 è simile per l’80% al virus Sars. E’ dimostrato che il nostro sistema immunitario produce Ozono attraverso gli anticorpi per attivare la loro capacità battericida; ulteriori studi dimostrano la potente funzione anti-patogena verso batteri e virus dell’ozono. Per quanto riguarda i virus, l’Ozono danneggia e interrompe il ciclo riproduttivo virale, impedendo il contatto tra virus e cellula. Pertanto, si può sostenere che l’Ozono potrebbe funzionare esercitando quattro fasi: 1. Inattivazione del virus 2. Attivazione dell’immunità cellulare e umorale 3. Riduzione dei processi di infiammazione 4. Risoluzione in tempi brevi dell’insufficienza di ossigenazione del sangue e dei tessuti (ipossia)I pazienti cronici in condizioni di immunodepressione, antibiotico-resistenza, diabete mellito, ipertensione, cardiopatia, obesità, pneumopatia, insufficienza d’organo, neoplasia, ed i pazienti anziani che si sottopongono ad Ozonoterapia sono più resistenti alle infezioni. Grazie alle sue attività biochimiche, l’Ozono incrementa la produzione di ATP (Adenosintrifosfato) ovvero il


trasportatore universale di energia metabolica. L’Ozonoterapia non è alternativa all’uso dei farmaci, anzi è un potenziatore del farmaco. Sono circa 3 mila le pubblicazioni scientifiche censite da PubMed che documentano questi effetti. I trattamenti con Ozono possono essere adottati anche in via preventiva poichè, come confermato da SIOOT, l’Ozono funge anche da supporto immunitario, aumentando e rinforzando le difese del sistema immunitario stesso. Le persone colpite da influenza, nell’eventualità di difficoltà respiratorie, febbre e polmonite, possono essere trattate quotidianamente secondo il protocollo SIOOT di Ossigeno-ozono, senza interrompere le terapie già in atto. Molti di questi pazienti sono stati curati con Ozonoterapia e i risultati sono stati eccellenti, sono guariti riducendo i tempi della malattia. L’Ozono ha risolto i problemi di ipossiemia (carenza di ossigeno nel sangue)

e il quadro radiologico ha mostrato un ritorno alla normalità. Grazie alla sua potente azione, l’Ozono iniettato direttamente nel circolo sanguigno va ad ossigenare tutti i tessuti fino ai capillari, attraverso una terapia definita GAE (Grande AutoEmoinfusione). Questa procedura consiste nel prelievo di una modica quantità di sangue venoso (circa 150/200 cc) a cui fa seguito l’arricchimento con una miscela gassosa di Ossigeno-ozono all’interno dell’apposita sacca di prelievo (a circuito chiuso), contemporaneamente avviene la miscelazione del sangue ed infine la reinfusione nel paziente. Il trattamento GAE ha una durata di circa 30 minuti e non ha alcun effetto collaterale.Sulla base di numerose evidenze scientifiche, che dimostrano le differenti proprietà dell’Ozono (revisione in Scassellati et al., 2020), c’è un consolidato supporto scientifico che la terapia dell’Ossigeno-ozono potrebbe rappresentare un trattamento

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Le coltivazioni del terzo millennio sono verticali

l mondo delle coltivazioni verticali ad alto tasso tecnologico è in fermento da almeno una decina di anni. I concetti di base, rispetto all’agricoltura tradizionale, sono il risparmio del suolo, un consumo di acqua quasi azzerato e l’abolizione dei pesticidi. Si tratta di impianti su più livelli, come scaffalature, con illuminazione a led studiata nei dettagli. Si trovano nelle zone urbane, per abbattere costi e inquinamento legati al trasporto. Due start up veronesi sono impegnate nella sfida di innovare il settore.

IL “VERTICAL FARMING” È UNA DELLE TENDENZE DELL’AGRICOLTURA 4.0, CHE VUOLE APPLICARE LE PIÙ MODERNE CONOSCENZE SCIENTIFICHE A UNA DELLE PIÙ ANTICHE ARTI UMANE. FRA I PIONIERI DELL’AGTECH CI SONO ANCHE DUE REALTÀ CON RADICI VERONESI: MYEDEN E ONO EXPONENTIAL FARMING. DI ALESSANDRO BONFANTE

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A SAN GIOVANNI LUPATOTO Ono Exponential Farming, con sede a San Giovanni Lupatoto, è nata in seno al gruppo Tormec Ambrosi, che si occupa di meccanica di precisione. Il progetto “Ono” è nato dall’esigenza di migliorare la gestione delle merci, attraverso un sistema modulare di magazzini robotizzati. «Da lì abbiamo voluto estendere il concetto alle coltivazioni in verticale» spiega Thomas Ambrosi. «Il principale obiettivo di Ono Exponential Farming è l’applicazione di tecniche di automazione robotizzata al settore della coltivazione». IN ZAI Da tutt’altra esperienza è nata invece Myeden, di Matteo Bordato e Nicolò Menini. Entrambi professionisti del settore finanziario, circa un anno e mezzo fa hanno deciso di investire nel vertical farming e hanno costruito, dal primo all’ultimo bullone, un impianto test in Zai a Verona. «Siamo convinti che sia importante il “km zero”, con piccoli hub di produzione in città, che siano in grado di rifornire il consumatore di cibo fresco». Hanno iniziato con una decina di ristoranti di Verona. «Per ora coltiviamo insalata ed erbe aromatiche. Il nostro basilico arriva a ristoranti stellati, ma – sottolinea Bordato – siamo orgogliosi di portare lo stesso prodotto anche a locali di fascia media, perché il prezzo è in linea con il mercato». Insalata, germogli, piante aromatiche. Le produzioni verticali per ora si limitano a questo e poco altro, per i costi dell’energia e le caratteristiche stesse delle piante. Per Bordato e Menini, la fiducia è nell’evoluzione tecnologica: «La produzione di energia rinnovabile diventerà sempre più efficiente. Confidiamo di riuscire nel breve tempo a scavalcare i costi della fornitura elettrica». Thomas Ambrosi

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IL VERTICAL FARMING “FA BENE” ALLE PIANTE Ono punta anche sulla “nursery” per piantine da trapiantare e su specie dedicate a farmacologia e cosmesi. «Il vertical farming garantisce condizioni ottime per ogni pianta» spiega Ambrosi. «Permette la formazione naturale, garantendo il massimo della resa in proprietà organolettiche e nutrizionali, che negli scorsi decenni si è perso». L’utilizzo di droni, satelliti, sensori nei campi sono ormai realtà. Si vedono anche robot per raccolta o semina mirata «ma tutte queste tecniche non spostano il punto di produzione vicino all’utilizzatore, come invece il vertical farming può garantire» sottolinea il ceo di Ono. Si abbattono così i costi di trasporto e mantenimento del fresco, insieme alla CO2. Una vicinanza che i fondatori di Myeden intendono anche dal punto di vista sociale. «Il rapporto diretto con il cliente – dice Menini – porterà grossi vantaggi. Con l’emergenza che stiamo vivendo, ci accorgiamo quanto mantenere i rapporti sia più importante che vendere». Il settore è giovane, il futuro da esplorare. «Riusciremo a produrre con costi minimi e ridurre gli scarti realizzando una completa economia circolare» è la visione dei fondatori di Myeden. Secondo Ambrosi «nei prossimi decenni assisteremo a un cambio di paradigma. Lo si deve fare per tutto il genere umano, che è parte integrante del bio-sistema del pianeta Terra».

I ragazzi di Myeden 44


Agricoltura di precisione UNA SFIDA PER LA CRESCITA SOSTENIBILE

Tecnologie elettroniche ed informatiche applicate in ambito agricolo: l’Agricoltura di Precisione è una nuova modalità di gestione dei processi produttivi che ha come obiettivo quello di gestire la variabilità della produzione agricola in termini di spazio, tempo e qualità. All’interno di un campo è probabile infatti che vi siano zone dove si produce di più e altre dove si produce meno. Questo avviene per molteplici fattori, che vanno dalla semina alla composizione del terreno. Per cercare di gestire questa variabilità ecco che sulle macchine agricole sono sempre più frequentemente applicate tecnologie capaci di raccogliere informazioni e di prendere decisioni. Gps, sistemi d’informazione geografica, sensori, sistemi di guida e di visione artificiale, internet, droni sono solo alcune delle tecnologie per monitorare ed ottimizzare la produzione agricola. Ma se inizialmente si guardavano i risultati solamente in termini di quantità, 45

oggi sempre più si sta valutando l’efficacia dell’agricoltura di precisione anche in funzione di parametri ambientali e di qualità del prodotto finale. Sull’agricoltura di precisione si fonda, infatti, un piano strategico per l’innovazione e la ricerca nel settore agricolo, tra le sfide condivise dalla Commissione Europea. L’obiettivo, dunque, è quello di un prodotto di qualità maggiore, coltivato secondo indicazioni basate sull’elaborazione di dati. Un guadagno per la nostra salute e per l’ambiente.


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I

l sistema di incentivi statali ai quali accederà la Lucense 1923 prevede che tutta l’energia prodotta sia ritirata dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) e utilizzata per la collettività. Questo modello di contributi consente di produrre energia elettrica a favore del territorio, ma al tempo stesso permette a chi partecipa al progetto di ricevere un incentivo economi co che va a ripagare il suo investimento .

cui entra nelle camere, muovendosi velocemente verso il basso grazie al salto presente, l’acqua passa attraverso le giranti delle 2 tur bine Kaplan installate, prima di fuoriuscire nuovamente nei 2 diversi corsi del fiume Fibbio da cui proviene. Il movimento rotatorio delle giranti delle turbine attiva in questo modo 2 generatori a magneti permanenti che trasformano l’energia di moto prodotta dal flusso dell’acqua in energia elettrica.

La centrale mini-idroelettrica sfrutta l’energia dell’acqua che cade dal ramo più alto a quello più basso del fiume Fibbio che, nel tratto in cui si trova la Lucense 1923, si dirama in 2 tronchi. A monte della centrale si trova una iniziale vasca di carico, dove l’acqua del fiume si raccoglie accumulando energia prima di entrare nelle camere delle turbine. Nel momento in

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Con l’inserimento delle due nuove ed efficienti mini turbine, si ottiene una potenza di circa 112 kW e una produzione media annua di 475.000 chilowattora di energia pulita , originando ricavi per 95.000 € all'anno.

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4.

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La produzione annua di energia prevista è didi energia prevista circa 475.000 kWh è al fabbisodi(equivalente circa 475.000 kWh gno di 200 famiglie). (equivalente al fabbisogno di 200 famiglie).

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I

Biologico

l settore del biologico in Italia sta vivendo in questi ultimi anni un periodo di crescita e di conferme. Rispetto al panorama europeo, le prime analisi vedono l’Italia mantenere il primato per numero di operatori, seguita poi da Francia e Germania. I dati pubblicati da Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) a settembre 2019, con l’analisi dei numeri relativi al 2018, segnalano un comparto in continua crescita, una voce sempre più importante nel complesso del settore agroalimentare italiano.

UN TREND IN CONTINUA CRESCITA 48


Al 31 dicembre 2018, la superficie coltivata in Italia ad agricoltura biologica è di quasi 2 milioni di ettari, il 15,5% della superficie agricola utilizzata, con un numero di operatori che arriva a sfiorare le 80.000 unità. Le elaborazioni effettuate dal SINAB (Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica), indicano che dal 2010 gli incrementi registrati sono di oltre 800 mila ettari e 27 mila aziende agricole. Rispetto all’anno 2017, le Superfici biologiche sono aumentate del 3% con 49 mila ettari in più. Aumentano ancora anche i consumi, complice la diffusione di linee di prodotti bio nella grande

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distribuzione. nel complesso il fatturato degli acquisti domestici è pari a circa 3,5 miliardi. Un + 102 % dal 2013 a oggi. Non solo una risposta valida in termini di produzione e di sicurezza alimentare, un settore dal solido interesse economico e produttivo: l’agricoltura biologica sta dimostrando sempre più di poter contribuire anche alla definizione della strategia per attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici, i quali possono pregiudicare la produzione agricola e la disponibilità delle forniture alimentari.


U

na situazione complessa, il perdurare dell’emergenza Coronavirus, che ha avuto un impatto dirompente anche sull’industria fieristica europea con oltre 200 manifestazioni sottoposte a revisione di calendario. A risentirne anche il comparto agroalimentare che vede rinviato l’appuntamento più atteso dal mondo vitivinicolo italiano ed internazionale.

Vinitaly, salta l’edizione 2020

Per la prima volta nella propria storia, infatti, salta il salone internazionale del vino, alla sua 54esima edizione, che in un primo momento era stato posticipato a giugno. A darne comunicazione Veronafiere che aggiunge il rinvio all’anno prossimo anche di Sol&Agrifood, la manifestazione di Veronafiere sull’agroalimentare di qualità, e di Enolitech, rassegna su accessori e tecnologie per la filiera oleicola e vitivinicola. Le nuove date delle manifestazioni sono riprogrammate al 18-21 aprile 2021, mentre Veronafiere concentrerà la seconda parte dell’anno 2020 al sostegno del business delle aziende italiane sui mercati.

PRONTO UN NEW DEAL PER IL DOPO EMERGENZA CORONAVIRUS

La direzione ha annunciato infatti investimenti straordinari sui prossimi eventi internazionali in programma, come Vinitaly Chengdu, Vinitaly China Road Show, Wine South America (2325 settembre 2020), Vinitaly Russia (26 e 28 ottobre 2020), Vinitaly Hong Kong (5-7 novembre 2020), Wine To Asia (9-11 novembre 2020) e le iniziative della Vinitaly International Academy. Oltre a questo, Veronafiere annuncia la sua disponibilità per considerare la realizzazione di un evento innovativo il prossimo autunno a servizio delle aziende.

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Green deal europeo D Speciale San Valentino

imezzare le emissioni entro il 2030 e azzerarle nel 2050. Questi gli obiettivi dell’European Green Deal, piano finanziario approvato a Strasburgo lo scorso gennaio. La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, in carica dallo scorso dicembre, ha fatto da subito della lotta ai cambiamenti climatici la priorità del suo mandato.

COSA PREVEDE IL PIANO DA MILLE MILIARDI PER AZZERARE L’IMPATTO CLIMATICO DELL’EUROPA

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Il prossimo bilancio a lungo termine dell’UE, per i sette anni compresi tra il 2021 e il 2027, prevede investimenti sostanziali per obiettivi climatici e ambientali. La Commissione ha proposto che il 25% del bilancio totale sia destinato a contribuire all’azione per il clima e alla spesa ambientale attraverso molteplici programmi funzionali al green deal europeo. Nel complesso, il bilancio dell’UE metterà a disposizione del piano di investimenti del Green Deal europeo 503 miliardi di €, ma sarà necessario anche il contributo degli stati membri e di operatori privati. Facendo una stima, saranno 1000 i miliardi che saranno mobilizzati nei prossimi dieci anni fra fondi del bilancio europeo, cofinanziamento dei privati e prestiti dalla Banca europea per gli investimenti (Bei).

IL MECCANISMO PER UNA TRANSIZIONE GIUSTA Se in termini di sostenibilità alcuni stati sono già delle eccellenze, altre economie dipendono ancora dai combustibili fossili. Ecco perché il Green Deal europeo prevede una sorta di “fondo” per finanziare iniziative sostenibili nelle regioni europee più arretrate, affinché nessuno rimanga indietro. Il Meccanismo per una transizione giusta, così chiamato, mirerà a garantire una transizione verde equa e giusta e mobiliterà almeno 100 miliardi di € di investimenti nel periodo 2021-2027 a sostegno dei lavoratori e dei cittadini delle regioni più colpite dalla transizione.

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Too good to go, l’app che combatte lo spreco alimentare

A fronte di uno spreco alimentare che solo in Italia vale circa 15 miliardi di euro ogni anno (dati FAO), una nuova app fa della lotta agli sprechi la sua missione quotidiana. Nata in Danimarca nel 2015, Too Good To Go permette a bar, ristoranti, pasticcerie, forni, supermercati ed hotel di recuperare e mettere in vendita, a prezzi ribassati, il cibo invenduto “troppo buono per essere buttato”, come suggerisce il nome dell’applicazione. A Verona dallo scorso luglio, sono tante le realtà che hanno già aderito all’iniziativa. Accanto ai numerosi locali storici della città, a prendere parte all’iniziativa antispreco anche supermercati, fiorai e vinerie. COME FUNZIONA TO GOOD TO GO I ristoratori e i commercianti iscritti all’applicazione per smartphone possono mettere in vendita le Magic

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Box, delle scatole “a sorpresa” con una selezione di prodotti e piatti freschi rimasti invenduti a fine giornata e che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo. Dall’altro lato, i consumatori possono acquistare semplicemente dall’applicazione pasti a prezzi minimi: basta geolocalizzarsi e cercare i locali aderenti, ordinare la propria Magic Box, pagarla tramite l’app e ritirarla nella fascia oraria specificata. COME UNIRSI ALLA RETE TOO GOOD TO GO Non serve far altro che scaricare la app dal proprio store. Una volta scaricata è necessario registrarsi con una mail sulla quale verranno inviate le conferme dei pagamenti in caso di acquisto. Nessuna carta di credito a garanzia: il pagamento si effettua di volta in volta e non è necessario mantenere i dati della carta in memoria.


Cucina veronese CURIOSITÀ (FORSE) SCONOSCIUTE

Risale ai tempi dell’antica Roma la fama che le nobili famiglie veronesi potevano vantare in quanto a pranzi gustosi e ricevimenti memorabili. Al centro una cucina povera, di origine contadina, legata al territorio variegato che contraddistingue la nostra provincia: dal lago alla montagna, dalle colline della Valpolicella alle risaie della Bassa veronese. Bollito con la pearà, gnocchi, pasta e fasoi, pastissada de caval, risotti e pandoro sono solo alcuni dei piatti celebrati dalla nostra tradizioni. Ma siete sicuri di sapere tutto sulla loro origine? GNOCCHI Piatto per eccellenza del carnevale veronese, la loro storia ci riporta al lontano 1531, anno in cui sulla città di Verona gravò una terribile carestia. Per acquietare gli animi sull’orlo di una rivolta, il Consiglio cittadino distribuì nell’ultimo venerdì prima della quaresima gli ingredienti necessari per produrre gli gnocchi, uno dei principali piatti consumati a quel tempo dalla povera gente. Tommaso Da Vico, membro del Consiglio, lasciò un legato nel suo testamento affinché annualmente quel venerdì si acquistassero generi alimentari per il popolo. Da questo episodio ebbe origine la tradizione del venerdì Gnocolar, tutt’oggi il

principale appuntamento del carnevale veronese. PEARÀ Narra la tradizione che la prima pearà fu inventata dal cuoco di corte della regina Rosmunda che, divenuta contro la sua volontà moglie del re longobardo Alboino, era intenzionata a lasciarsi morire di fame. Il re, infatti, aveva ucciso suo padre in battaglia e l’aveva obbligata a bere da una coppa ottenuta dal cranio del padre. Serviva dunque un cibo in grado di ridare a Rosmunda tutte le forze necessarie, una salsa gustosa e allo stesso tempo nutriente. PANDORO Dolce veronese tipico delle festività natalizie, deriva dal nome in lingua veneta “pan de oro” e veniva servito sulle tavole dei ricchi veneziani insieme al “nadalin”. La ricetta moderna del pandoro nasce ufficialmente il 14 ottobre 1894 quando il pasticciere Domenico Melegatti depositò all’ufficio brevetti un dolce dal corpo a forma di stella a otto punte, opera dell’artista Angelo Dall’Oca Bianca, pittore impressionista. Al pandoro sono dedicate, a Verona, due statue: si trovano al civico 21 di Corso Porta Borsari, antica sede della pasticceria di Melegatti.

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A TU PER TU CON LUIGI CARLON

«LA CASA MUSEO? UN PO’ COME CASA MIA» Il 14 febbraio scorso ha inaugurato, a Verona Palazzo Maffei, un regalo (anche se per modestia fa fatica ad ammetterlo) fatto dall’imprenditore scaligero Luigi Carlon alla città in cui vive da sempre. Un edificio che si erge elegante su Piazza Erbe e che ospita più di 350 opere della collezione di famiglia. Ora è chiuso per l’emergenza Coronavirus ma, come vedremo, non del tutto.

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ma la bellezza in senso lato, dall’arte alla storia, dalla poesia all’architettura. E non è un caso forse, visto che è nato a Casarsa della Delizia, uno dei “luoghi” di Pier Paolo Pasolini. Luigi Carlon, imprenditore, classe 1930, fondatore dell’azienda Index Spa, lo scorso febbraio ha aperto le porte del maestoso Palazzo Maffei - quando ancora si poteva fare - al pubblico. Un edificio da lui fortemente voluto, restaurato e messo a disposizione di tutti inserendo all’interno un percorso museale composto da oltre 350 opere della sua personale collezione, tra cui quasi 200 dipinti, una ventina di sculture, disegni e un’importante selezione di oggetti d’arte applicata (mobili d’epoca, vetri antichi, ceramiche rinascimentali e maioliche sei-settecentesche, ma anche argenti, avori, manufatti lignei, pezzi d’arte orientale, rari volumi). Oggi chiusa per l’emergenza Coronavirus, la Casa Museo vive ed è visitabile virtualmente grazie a un articolato palinsesto digitale sui social che ne permette, almeno in parte, una fruizione, in attesa che il museo vero e proprio sia di nuovo disponibile. Noi avevamo inter-

vistato il signor Carlon qualche giorno dopo l’inaugurazione. Signor Carlon, innanzitutto quando, come e perché le è venuta l’idea di acquistare uno dei palazzi più belli della città di Verona e di farne un museo? Era una decina di anni che cercavo una sede appropriata per collocare la mia collezione che ormai a casa non aveva una visibilità e uno spazio adeguati. Diciamo che da me le opere erano abbastanza ammassate e arrivavano quasi fino al soffitto. Per una pura coincidenza ero venuto a sapere che l’immobile, di proprietà di Assicurazioni Generali, andava all’asta e alla gara a buste chiuse, la mia offerta è risultata la più alta. C’è un motivo particolare per cui ha messo gli occhi su quel palazzo? In camera da letto, da ragazzo, avevo un quadro del veronese Carlo Ferrari, detto il Ferrarin, dell’800, che rappresentava Piazza Erbe con Palazzo Maffei sullo sfondo. Dalla finestra, quando entrava un po’ di luce, la sera, il 57

DI MATTEO SCOLARI


quadro si illuminava proprio sul palazzo e mi chiedevo: “chissà se un domani…”. Al di là di questo, sono contento perché sono altrettanto convinto che le opere d’arte vivano di più se sono viste da più sguardi e da più persone. Sono stato fortunato. Lei è veronese, non di nascita, ma di adozione. Ha sempre vissuto in città. Il detto nemo propheta in patria, a quanto pare non le importa. Quello che ho realizzato l’ho fatto col cuore, in maniera disinteressata. E lo rifarei senza pensarci due volte. Non mi aspetto nulla in cambio, anche se i messaggi che ho ricevuto sono stati tanti. Lettere e complimenti di cui mi sono sentito anche in imbarazzo, perché non credo di meritarmeli. Le piace la definizione di mecenate? Qualcuno mi ha definito così, da una parte mi fa piacere, ma io mi sento una persona normale, con i piedi per terra. Se alcune persone lo pensano mi fa piacere, così come il fatto che ci sia entusiasmo attorno a questo progetto e non invidia. C’è stato un grande ritorno di affetto che non pensavo, da ogni parte d’Italia. L’idea che un “veronese” abbia fatto qualco-

sa di così bello e grande per la propria città, e per la cultura in generale, mi ha emozionato. Molte persone mi dicono di emozionarsi, addirittura di entrare in estasi, altre di sentirsi fiere, da veronesi, di avere nella nostra città questa Casa Museo. Alcune delle opere presenti sono state nei più importanti musei del mondo: il Morandi a Washington, il De Chirico è tornato da poco dalla mostra di Palazzo Reale di Milano, il Burri è stato al Guggenheim Museum di New York… C’è anche un bel filone scaligero. Sono nato a Casarsa della Delizia, ma ho sempre vissuto in città in un palazzo storico del ‘300 che ha degli affreschi scaligeri e dei mobili antichi. Mi sono sempre chiesto, perché non dare rilevanza ai pittori e agli artisti veronesi? La pittura scaligera è importante, tuttavia fino all’epoca di Napoleone è sempre stata considerata subalterna a quella di Venezia. Così ho collezionato diverse opere che vanno dal ‘300 e fino all’800. Qual è stato il primo quadro che ha acquistato? Se mi chiede il più importante potrei dirle il De Chirico del 1916, realizzato quando l’artista si trovava a Ferrara, ricoverato in un ospedale. 58


È una delle opere che più rappresenta la sua fase metafisica. L’acquistai alla fine degli anni Settanta. Se invece mi chiede il primo in ordine cronologico, beh, fu proprio di un pittore veronese, Eugenio Degani. Fu lui, assieme a Giorgio Olivieri e a Francesco Arduini, l’unico ancora in vita, a trasmettermi l’amore per la pittura. Per l’antiquariato ero amico di Malavasi, aveva una galleria in Corso Sant’Anastasia che frequentavo spesso. E l’ultimo? A inizio gennaio, un Mario Sironi del 1921. Un artista che descrive bene le periferie, quel senso di solitudine che ritroviamo, per rimanere in tema, anche nelle piazze di De Chirico. Sappiamo che alla realizzazione della Casa Museo hanno collaborato molti studenti che accompagnano anche i visitatori. Ci hanno detto di essersene innamorati. Tutto l’allestimento che ho cercato di riportare a Palazzo Maffei parte degli spunti che avevo a casa. Con Gabriella Belli, la curatrice, siamo riusciti a dare una forma ad un pensiero. Nello spazio espositivo c’è un percorso, c’è una cronologia, ma ci sono anche degli inserimenti antichi e moderni che potrebbero sembrare audaci, azzardati, eppure la casa mia è così. La Casa Museo è un po’ come casa mia. Sopra un mobile antico ho un Fontana bianco o rosso, e così via. Col professore Valerio Terrarolli, dell’Università di Verona, che ha

curato le didascalie delle opere moderne, abbiamo coinvolto gli studenti e, a quanto pare, con successo. Le piace pensare che Casa Museo Maffei possa essere una palestra per i giovani? Magari, è quello che vorremmo. Il Palazzo deve contenere realtà dinamiche, in continua evoluzione, uno spazio vivo, dove si alternano diverse attività, anche didattiche. Popolato, perché no, di giovani. Probabilmente ha realizzato uno dei suoi più grandi sogni, ne ha altri nel cassetto? Ho la fortuna di avere le mie figlie che si interessino di questo progetto. Sono felice che lo portino avanti e spero che facciano altrettanto le mie nipotine quando saranno grandi. Infine, le chiedo. Questa sua sensibilità artistica l’ha aiutata anche nella sua vita di imprenditore? Molto. In azienda ho sempre curato l’aspetto estetico dei prodotti, dall’imballo alla pubblicità. Anche se vendiamo materiali per l’edilizia, era mia volontà venderli e presentarli con valore. Curavo tutto l’aspetto marketing e la sensibilità artistica mi è servita anche per distinguermi dalle aziende concorrenti. Insomma, ho cercato di portare un po’ di bellezza in contesti dove comunemente pensiamo di non trovarla. ■

La famiglia Carlon, il giorno dell'inaugurazione

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IL NOSTRO REPORTAGE DA DUBAI

LA NUOVA AMERICA

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Dubai è la meta del 2020 e lo sarà nonostante il periodo difficile che stiamo attraversando. Al momento il Covid-19 non sembra aver compromesso il tanto atteso Expo internazionale che, da ottobre fino al prossimo aprile 2021, promette di sorprendere il mondo intero con un flusso stimato di 25 milioni di visitatori. L'Expo di Dubai è «un’opportunità chiave per una verifica dei progressi compiuti nell'implementazione dell'Agenda 2030 degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile». Nonostante l’emergenza, il Commissario per la partecipazione italiana all’evento, Paolo Glisenti, ha spiegato in una nota che «L'Unione Europea si presenterà unita e ancora più forte a Expo 2020 Dubai sui grandi temi dello sviluppo sostenibile, dell'innovazione e della sicurezza per la salute», nella speranza che tutto sia rientrato. Ciò nonostante, se provate a chiedere a qualcuno del luogo della prossima rassegna internazionale, i più sembreranno non conoscerne la portata, quasi fossero essi stessi complici di un effetto “wow” che qui, non si esaurisce mai.

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ubai (dal probabile significato "strisciare" o "lucertola" o "piccola locusta") è la capitale di uno dei sette emirati che compongono gli Emirati Arabi Uniti. In un territorio desertico arido e caldo, sorge una città futuristica, con edifici architettonici che tutto il mondo invidia. È un continuo connubio fra mondo occidentale e arabo: grattacieli che sembrano toccare il cielo e lasciano davvero senza fiato. Se siete a caccia di Guinness dei primati, Dubai è sicuramente la città che fa per voi. UNA VETTA DOPO L’ALTRA Il Burji Khalifa, simbolo della città, è l’edificio più alto del mondo con i suoi 828 metri d’altezza. Costruito da più di 7500 operai, soprattutto di nazionalità indiana, immigrati nella città dei sogni per un futuro migliore, vanta oltre a un panorama mozzafiato, gli ascensori più veloci del mondo e accoglie visitatori da ogni parte della terra. All’interno del lago artificiale del Burji Khalifa, si trovano le Dubai Fountains, le fontane danzanti. Sono lunghe ben 275 metri, ed occupano uno spazio di 12 ettari. Le fontane, che si muovono a ritmo di musica, simulando con i loro spruzzi d’acqua una vera e propria danza, sono illuminate da colorate proiezioni luminose grazie ad una miriade di fari installati in tutta l’area. Si tratta di un’opera architettonica realizzata dagli stessi creatori della celebre fontana del casinò Bellagio di Las Vegas. La loro posizione è strategica: si trovano davanti al Dubai Mall. La visione dello spettacolo è completamente gratuita per tutti i visitatori del centro commerciale più grande del mondo. Il Dubai Mall è immenso: si possono trovare ristoranti di ogni genere e gusto. È un vero paradiso per gli amanti dello shopping che troveranno tutti i brand che desiderano. All’interno sono disponibili attrattive incredibili che potrebbero risultare un tantino esagerate ma, d’altra parte, questo è lo stile che connota tutta la città nuova: una città che vuole sorprendere ogni giorno di più. L’acquario del Mall incanterà bambini e genitori e la famosissima Ski Dubai vi lascerà increduli. Le dimensioni della pista parlano da sole: 85 metri d'altezza, 80 metri di larghezza e una lun-

ghezza totale di 400 metri e cinque percorsi con differenti livelli di difficoltà. Lo skyline di Dubai fa poi intravedere altri “primati”: la cosiddetta “Vela”, il Burji Al Arab ossia l’hotel più alto del mondo, composto da sole suite e l’isola The Palm Jumeirah, l’isola artificiale che punta al titolo di “ottava meraviglia del mondo”. Si tratta di uno dei progetti più grandi e ambiziosi del pianeta, visibile anche dallo spazio. Dubai è anche mare e, abitualmente, ogni cittadino della zona il venerdì (la nostra domenica) trascorre con la famiglia la giornata in spiaggia. Rispettando la tradizione musulmana, le donne fanno il bagno vestite. LA TRADIZIONE ACCANTO ALLE FERRARI Accanto al lusso più sfrenato, alle Ferrari che sfrecciano sulla nuova autostrada, però non viene dimenticata la tradizione. La cultura di Dubai affonda le sue radici nell’Islam e, la componente religiosa caratterizza tutti gli aspetti della vita quotidiana, perfino in aeroporto sentirete la preghiera del mujaheddin. La moschea di Jumeirah con i due minareti dalle decorazioni elaborate e la magnifica cupola ne è la prova. Affascinante e, assolutamente imperdibile per capire la vivacità di questo luogo da mille e una notte, anche il vecchio Suq di Dubai. Con un dinaro della moneta locale (25 centesimi di Euro), dal porticciolo di Bur Dubai, tramite delle barchette di legno davvero caratteristiche, frequentate solitamente dai locali, si attraversa il Dubai Creek (il nostro Adige) e si arriva a questo grandissimo mercato. Spezie e tessuti dai colori più sgargianti vi accompagneranno fino alla zona dell’oro che mette in vendita una quantità impressionante di gioielli preziosi. Da quasi un secolo, il mercato è gestito quasi esclusivamente da artigiani e mercanti indiani e iraniani. Se il tempo lo consente, piacevolissime sono le escursioni nel deserto che circonda questa perla e una visita ad Abu Dhabi, che con la sua Moschea bianca, omaggia l’Italia del marmo di Carrara. UN MONDO SOSPESO TRA IERI E DOMANI L’economia degli Emirati Arabi Uniti si basa sul petrolio, tuttavia gli Emiri hanno saputo 61

DI SARA AVESANI


essere lungimiranti e capire che il petrolio non sarebbe stato sufficiente, per cui, hanno cercato di far diventare Dubai e Abu Dhabi degli Hub internazionali, in cui tutto il mondo potesse investire. L’idea che molti di noi hanno è che gli Emirati siano la nuova America, una terra vergine dalle infinite opportunità. In un certo senso è vero ma vale solo per alcune categorie. I lavori più ricercati e che danno la possibilità di vivere in maniera adeguata sono per ingegneri, medici, operatori finanziari, cuochi. Tutte le altre occupazioni senza esperienza specifica come camerieri, commessi, muratori sono esclusivamente appannaggio di indiani, filippini e pachistani. Sono lavori generalmente sottopagati, svolti quasi in schiavitù. Alcuni italiani che vivono lì confermano che il Paese ha leggi severe, molto selettive e che la società è chiaramente divisa in categorie. In alto ci sono gli emiratini, quegli uomini con abito lungo bianco e kefiah bianca o rossa e le donne solitamente con tunica nera. Beneficiano di una quantità di privilegi difficili da immaginare, fra questi appunto il lavoro: ci sono posizioni aperte solo ed esclusivamente alla popolazione emiratina e gli stipendi sono molto più alti di quelli offerti a qualunque altra nazionalità. Un consiglio prima di partire? Siate pazienti. Se avrete a che fare con un emiratino, non abbiate fretta. Per loro trascorrere del tempo a costruire amicizie e relazioni personali è fondamentale, prima ancora di concludere affari. ■

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L’ULTRAMARATONETA DI MALCESINE

LEI, LA DONNA CHE SFIDA I DESERTI

Carolina Monaci nel deserto

Sahara, Namibia, Iran. Sono queste le roventi pianure dorate che Carolina Monaci ha sfidato in soli quattro anni, tra il 2014 e il 2018. Imprese quasi impossibili, che richiedono forza fisica, ma soprattutto mentale, dalle quali Carolina è uscita sempre vincente e, se possibile, con più energia e determinazione di prima. A raccontarle è stata lei stessa nel suo primo libro I miei deserti, che sarà presentato, quando finirà la quarantena, nella libreria di viaggio Gulliver di via Stella.

M

DI GIORGIA PRETI

adre, lavoratrice e ultramaratoneta. Non sono due, bensì tre le facce della medaglia di Carolina Monaci, albergatrice di Malcesine con radici bergamasche (della Val Brembana) che della sua vita ha fatto un’avventura a 360 gradi. Votata alla montagna fin da bambina Carolina nel 2014, dopo aver “sperimentato” l’alpinismo ed essere diventata istruttrice di Nordic Walking, decide di lasciare la sua “comfort zone” e il suo nuovo obiettivo diventa il deserto. Lì Carolina, tra le dune dorate del Sahara, riesce a superare se stessa arrivando prima tra le donne in gara e trovando nuova forza e determinazione che negli anni successivi l’hanno portata prima nel deserto nella Namibia (2017) e poi in quello dell’Iran (2018). Ora, alla soglia dei 50 anni, Carolina ha deciso di racchiudere e raccontare le sue imprese tra le pagine di un libro dal titolo significativo: I miei deserti.

Da dove arriva l’amore per il Nordic Walking e le maratone? È partito tutto nel poco tempo libero che avevo quando ero più piccola, una mezza giornata alla settimana: per staccare la spina dalla caoticità del lavoro prendevo il mio zainetto e salivo in montagna da sola e più salivo più stavo bene. Questa è stata la mia terapia per tanti anni e che poi mi ha portata a fare trekking in giro per il mondo. Da lì è nata la passione per l’arrampicata e per l’alpinismo. Ho fatto per cinque anni l’alpinista (ho scalato un 6.500 metri in Himalaya e montagne in Nepal e India), poi sono nati i miei figli. Con loro mi sono fermata per una decina di anni, ma è stata una fermata piacevole. Dopodiché ho ricominciato a camminare e andare in montagna ed è stato in quel momento che ho conosciuto il Nordic Walking, di cui sono diventata istruttrice.

Innanzitutto chi è Carolina? Prima di tutto io sono madre e lavoratrice. Faccio l’atleta nel mio tempo libero. Le mie radici non vengono dal lago di Garda ma dalla provincia di Bergamo. Per motivi di lavoro la mia famiglia si è trasferita a Malcesine nel 1968. Nel 1977 i miei genitori hanno acquistato un albergo e quindi sin da piccola sono stata coinvolta in quell’ambiente lavorativo, che mi ha fatta aprire anche a livello mentale.

E per questo sport si è spinta anche oltre i limiti, arrivando a gareggiare nel deserto… Ricordo che una sera eravamo con la scuola italiana di Nordic Walking a Padova e c’era un’organizzazione che stava preparando, per l’anno successivo, un’esperienza nel deserto. Io non ero molto interessata perché per me fare Nordic Walking nel deserto era una cosa impensabile. Ascoltando il programma, però, mi avevano colpito gli occhi dell’organizzatore che brillavano mentre parlava

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del deserto. Siccome avevo i figli piccoli e il programma richiedeva di stare lontano da casa per due settimane, uscendo ho detto scherzando “Io farò la gara in una tappa unica” cioè 111 km senza mai fermarmi. Tutti si sono messi a ridere ma io nella mia mente avevo già calcolato che ce la potevo fare: ed è stato così. Mi sono allentata un anno e mezzo e alla fine sono stata via da casa solo cinque giorni: ho fatto 111 km non stop e sono arrivata prima tra le donne e quarta nella classifica assoluta. È sempre riuscita a conciliare la sua vita familiare con quella sportiva? I miei figli mi hanno sempre spronata e supportata e sono sempre riuscita a conciliare famiglia, lavoro e allenamento. Sono tre ingredienti che ci devono essere per forza nella mia giornata. Uno alimenta l’altro e si danno energia a vicenda. Pochi mesi fa è uscito il suo primo libro I miei deserti. Dentro c’è tutto: dalla sua infanzia fino alle sue ultime imprese. Cosa rappresenta? Questo libro è nato con il mio ultimo deserto, quello dell’Iran, il deserto più caldo al mondo. Il libro è diviso in due parti: la mia infanzia e i deserti. Il collegamento tra loro è il silenzio. Come ho scritto nel libro la mia infanzia e la mia adolescenza sono state travagliate, alimentate da questo silenzio che mi bloccava: dovevo trovare la mia unicità. Questo silenzio l’ho poi raccolto e ritrova-

to nei deserti. Me ne sono liberata grazie al percorso fatto con il mio team che mi ha dato forza e autostima. Il libro rappresenta la mia rivincita. A quando la sua prossima sfida? In realtà a fine gennaio dovevo partite per una grande sfida: l’Artico. Mi sono allenata per un anno e poi due mesi prima ho iniziato ad avere una brutta sensazione, che mi ha portata al ritiro. Sentivo che poteva essere pericoloso per tanti motivi e siccome sono madre, ho deciso di non rischiare. Adesso ho iniziato a fare presentazioni in giro per l’Italia del mio libro, che sta piacendo molto. Al momento però, a parte il periodo d’emergenza per il Coronavirus, non sento di voler sfidare alcun deserto. ■

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L’ATLETICA DEDICATA AI RAGAZZI CON DISABILITA’ INTELLETTIVA

UN PROGETTO DAVVERO SPECIAL(E) Il Progetto Special è dedicato a ragazzi con disabilità intellettiva e, stagione dopo stagione, sta raccogliendo sempre più consensi. Le storie di Enrico, Marco, Manuel, Caterina, Giorgio e Francesco sono un grido che non vuole essere inascoltato.

U

n mondo pieno di abilità diverse, non di disabilità. Gli sforzi del Progetto Special, promosso dall’Asd Pindemonte Atletica Verona con il Patrocinio del Comune di Verona, si articolano tutti attorno a questo assunto di base. L’idea nasce nel 2014 nella mente di Nicola Tagliapietra, direttore provinciale di Verona del movimento Special Olympics, che decide di allenare Enrico Bertani, amico d’infanzia affetto da disabilità intellettiva. Fin dai primi allenamenti Nicola si rende conto che le potenzialità di Enrico sono estremamente pronunciate e da lì l’esigenza di appoggiarsi all’Atletica Pindemonte (fondamentale è stato il ruolo del Presidente dell’associazione, Ernesto Paiola), dando il via ad una collaborazione che perdura tutt’ora, consentendo agli atleti a cui è dedicato il programma di usufruire della pista di via Santini. Il seme col tempo è diventato albero, allargando sempre più il numero di ragazzi coinvolti e, di conseguenza, di allenatori attivi sul fronte. I circuiti nei quali i giovani si confrontano sono Special Olympics e Fisdir. I VOLTI DELLA SFIDA È il capitano della squadra, nonché il primo atleta ad essersi messo in gioco: Enrico Bertani, soprannominato “La Favola”, da oltre

un lustro rappresenta un saldo punto di riferimento per il team. Plurimedagliato a livello regionale e nazionale nei 1500, 800 e 400 metri, gli orizzonti per Enrico sono sconfinati. Poliedrico e dalle grandi prospettive è Matteo Marchesini, ribattezzato dal gruppo con lo pseudonimo “ADeeJay” per la sua passione musicale. Il suo proposito è quello di cimentarsi con gli 800 e 400 metri, anche se finora si sta comportando egregiamente anche su lunghezze più contenute. È il più piccolo ma anche il più determinato: Manuel Gozzo, denominato “La Scheggia”, è una saetta destinata a squarciare il cielo dello sport veronese. Gareggia nei 50 e 100 metri piani, oltre che nel salto in lungo da fermo, disciplina nella quale ha già legittimato gare contro atleti più grandi ed esperti di lui. L’unica ragazza presente nella scuderia Pindemonte è Caterina Zendrini, rinominata “La Sindaca”. Naturalmente portata per i 50 e 100 metri, Caterina non disdegna il compito di mantenere ordine e disciplina tra i compagni di squadra. Il “Toretto scaligero” è Giorgio Di Pasquale: fa della forza la sua arma principale e probabilmente sarà il primo atleta scaligero a gareggiare nei lanci. Ultimo arrivato in ordine di tempo è infine Francesco Calizzi, new entry dal potenziale tutto da scoprire. 66

DI MATTEO LERCO


LA MISSION Le parole d’ordine rimangono «divertimento», «integrazione» ed «agonismo». Per lo staff composto da Nicola Tagliapietra, Piero Paliotto, Vittorio Bertani ed Ernesto Paiola nell’oggi corre già il domani: attraverso lo sport il Progetto Special si propone di scoprire i talenti dei ragazzi, valorizzandone le capacità al fine di aiutarli a raggiungere soddisfazione e felicità nel gioco e nella vita. Ogni atleta funge da stimolo e da riferimento per gli altri, alimentando con impegno e passione un motore inarrestabile. ■ Cos’è la Disabilità Intellettiva? Con questo termine si descrivono le persone con alcune limitazioni nel funzionamento cognitivo e, di conseguenza, in altre attività come la comunicazione o la cura di sé. Un ritardo mentale si può configurare come una condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico che compromette quelle attività che si manifestano durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello complessivo di intelligenza. Esempi di disabilità intellettiva sono la Sindrome X Fragile, la Sindrome di Down e il disturbo dello spettro acustico.

I ragazzi di Progetto Special con la medaglia al collo SPAZIO PUBBLICITARIO

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LA CAMPIONESSA DI MTB

MATILDE, SULLE ORME DI PAOLA PEZZO Matilde Turina, classe 2005, campionessa veronese di Mtb, ha cominciato a praticare atletica leggera a 5 anni nell'U.S. Intrepida e, dopo aver fatto esperienza con altri sport, ha capito qual è il suo amore, senza tralasciare lo studio.

L

o sport fa crescere, insegna regole e valori che restano per tutta la vita. Matilde Turina, nata a Verona il 6 maggio del 2005, a quasi 15 anni, nonostante gli impegni sportivi, sa che quei valori si possono conciliare con tutte le altre attività della vita, per esempio con la scuola, continuando a studiare al liceo scientifico statale Galileo Galilei. I suoi genitori, Giorgio e Maria Teresa, sono un punto di riferimento e suo fratello Davide, 17 anni, quando Matilde ha capito che la MTB era la strada giusta per lei, l'ha seguita. «Mio fratello è un esempio per me, e nello sport non siamo mai stati in competizione. La competizione la sento con gli altri colleghi maschi, ma è uno stimolo a fare di più. Anche ora che sono con Davide nell'Hellas Monteforte ciclo Bike, alle fila del tecnico Andrea Beghini, sono l'unica femmina, ma la sfida è ciò che ti muove verso il raggiungimento degli obiettivi», spiega Matilde. PAROLA D’ORDINE: TENACIA Nel 2012, dopo alcuni anni di corsa a piedi, Matilde iniziò a frequentare la scuola Federale MTB della società Barbieri, sulle tracce della pluricampionessa olimpica Paola Pezzo e di Paolo Rosola, dove con passione e dedizione le hanno insegnato le basi di questo sport. Nel 2018 passò alle categorie agonistiche giovanili, cambiando tipologia di tracciati di gara, ricevendo sin da subito importanti riconoscimenti,

come la maglia di campione Regionale Veneto XCO, un quinto posto ai campionati italiani e la convocazione nella Rappresentativa Regionale del Veneto con la partecipazione alle gare di Coppa Italia giovanile, che continua tutt'oggi. Da tre stagioni, durante il periodo invernale, prima di riprendere l'attività agonistica su strada, è stata richiesta dalla storica e prestigiosa società Trevigiana Sportivi del Ponte, con la quale pratica il ciclocross e con la quale ha ricevuto ottimi riconoscimenti: maglia Provinciale, campione Regionale, campione Triveneto e medaglia di bronzo ai recenti Campionati italiani CX di Schio (Vi). Inoltre, ha ricevuto dalla Federazione ciclistica Fci un attestato come «Atleta di alto livello», in quanto ha partecipato all'attività Fuoristrada Nazionale ed interregionale, prendendo parte al Campionato Europeo UEC giovanile, ai Campionati Italiani, Regionali e Triveneti, di categoria, distinguendosi sia per i risultati conseguiti che per l'impegno atletico profuso. «I miei genitori fanno dei sacrifici per me e li ringrazierò sempre per questo. Nella mia vita di tutti i giorni faccio delle rinunce, mangiando il giusto, non uscendo il sabato sera se il giorno dopo ho una gara, e durante la settimana mi concentro su compiti e allenamenti. Nel futuro vedremo, dipende se migliorerò, se raggiungerò livelli ancora più alti. Metterci sempre passione in ogni cosa che faccio è fondamentale!», conclude Matilde. ■ 68

Matilde Turina

DI INGRID SOMMACAMPAGNA



LA BELLA VERONA DOVE SI FA DEL BENE

DARIO E FRANCA CI AVEVANO GIÀ INSEGNATO TUTTO MusALab: l’archivio, il museo e il laboratorio dedicato alla coppia Fo/Rame: un patrimonio a disposizione di tutti online sul sito compagniateatraleforame.it e, quando si potrà tornare tra le strade della nostra città, anche “offline” ai Magazzini Generali.

R

Dario Fo e Franca Rame

iconosciuto dal MiBACT come “patrimonio culturale della storia italiana” l’Archivio Fo Rame arriva a Verona nel 2016 dando vita al MusALab, Museo archivio laboratorio Franca Rame e Dario Fo. Abbiamo scambiato due parole con la dott.ssa Maria Teresa Pizza, Direttrice Responsabile del MusALab.

Verona potrà mai diventare la città di Franca Rame e Dario Fo? Verona è una tra le tante città che hanno un legame con Dario Fo e Franca Rame. È la città di Bertani Editore, il primo editore dei loro scritti. Il loro patrimonio artistico farà sempre da ponte tra le città, c’è un mondo intero che dagli anni ‘60 ad oggi riconosce l’importanza della loro opera, consacrata dal Nobel per la Letteratura nel 1997. ■ 70

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n

Il MusALab si trova in una cornice unica: gli Ex Magazzini Generali. Che futuro vede per quest’area? Gli spazi degli ex Magazzini, sono un luogo molto interessante se pensiamo che erano dei luoghi di mercato e di incontro, dove oggi viene portata arte e cultura. MusALab vuole essere una piazza di incontri d’arte dove si comunica e si scambia intorno alle pratiche future. Gli ex Magazzini Generali sono un luogo strategico tra Ferrovia, Fiera e Centro Storico che si profila come un potenziale Polo Culturale con le tante anime di cui vive: Archivi; Centro Educativo di Documentazione Arti Circensi; Edili; Ingegneri; Architetti; Children’s Museum e il Forte Clam, purtroppo oggi ancora coperto dall’asfalto che potrebbe portare all’area anche un maggiore prestigio storico e archeologico.

in

Perché museo, archivio e laboratorio? Superando la divisione patrimoniale che separa archivi e musei, l’obiettivo di MusALab è coniugare insieme le forme classiche dell’archivio e del museo per sviluppare un’idea dinamica di patrimonio multimediale. Pertanto l’archivio mette a disposizione sia la dimensione materiale delle opere, che quella immateriale del processo creativo nel suo complesso, aprendo così spazi di studio e di elaborazione artistico-creativa in una rete internazionale di scuole, accademie, università, teatri, professionisti e associazioni.

DI SALMON SALAR


FORZA BELLEZZA RIFLESSIONI ARCHITETTONICHE

IL “MUSEO DIFFUSO” DELLE MURA Mura, forti e fortificazioni disegnano la forma della città che molti veronesi non conoscono ancora.

N

ella conferenza del 4 febbraio 1870 tenuta alla Royal Institution a Londra John Ruskin, pioniere della teoria della conservazione, raccontava:

“Se vi capita di essere a Verona in un giorno d’estate limpido e caldo, e siete stanchi come può capitare, alla fine della giornata, prendete una carrozzella e uscite dalla porta orientale (sulla via della stazione per Venezia). Vedrete, cinquanta yard oltre la porta una buona strada a sinistra e da questa, quasi subito, un’altra che gira ancora a sinistra, e che con una pendenza che si fa sempre più ripida, principia a salire la collina sulla quale sorgono le mura orientali di Verona” (…).

Ruskin comincia così la descrizione di Verona e i sui fiumi, ovvero quella delle mura di Verona che la proteggono da est a ovest, da nord a sud, come scavo archeologico a cielo aperto e libro aperto di reperti fossili, dando a questo monumento diffuso un valore inestimabile «le mura cittadine furono la culla della scienza moderna e la culla della vita civile». Oltre alle mura ed alle fortificazioni della città scaligera Ruskin vede nel fiume Adige un altro segno di protezione e di formazione della città; in effetti le mura di Verona fanno da specchio all’ansa del fiume Adige chiudendo così il disegno della città, e i bastioni diventano argini con quote più alte rispetto alla città stessa, che a sua volte ha argini rispetto al fiume: giochi di altezze, di quote che si integrano con l’architettura della città.

UN MONUMENTO DIFFUSO Se guardiamo Verona dall’alto vediamo come mura, fortezze e fortificazioni abbiano nel tempo, con ordine preciso, disegnato la città allargandola per semicerchi regolari, come quelli di un sasso gettato in una pozza d’acqua: nell’ansa stretta del fiume il nucleo primordiale chiuso dalle mura e porte romane (oggi Borsari e Leoni), poi avanzando verso la pianura la cinta medioevale scaligera che prosegue anche oltre l’ansa del fiume sulla collina (proprio quella che descrive Ruskin) e ancora allargandosi come echi quella dei bastioni austriaci che si innestano sui confini cinquecenteschi delle Porte Palio Nuova e san Zeno. E tanto altro. Questo sistema crea e circoscrive un luogo che è “monumento diffuso”, per estensione ed importanza, che cinge e abbraccia il cuore della città, un parco nella città come luogo d’incontro tra uomo e natura, tra artificiale e naturale, in questo caso luogo dove l’artificio architettonico delle mura storiche si innesta nell’elemento delle essenze naturali attraverso un disegno a verde in orizzontale, e di “mattone e pietra” in verticale con variazioni di quota che diventano carattere del luogo stesso. Il lavoro da fare è ancora tanto e lungo, ed è già iniziato da alcuni anni, ma facciamo (quando potremo) una passeggiata per prendere coscienza di che tesoro abbiamo, e quanto esteso sia. ■ 71

DI DANIELA CAVALLO


IL FIORE DELL’ARTE OGNI MESE UN PETALO E UNO SCORCIO

IL BAROCCO CHE CI FECE RINASCERE DOPO LA PESTE In questo periodo particolarmente difficile a causa della pandemia in corso, viene spontaneo pensare a situazioni analoghe avvenute nel passato, come la famosa peste del 1630 raccontata, tra gli altri, da Alessandro Manzoni. Sappiamo quali sono state le conseguenze in termini di vite umane, ma quali invece a livello culturale nella nostra città?

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l quadro forse più conosciuto è Verona implora la Trinità per la cessazione della peste che Antonio Giarola eseguì nel 1636 su commissione del Consiglio della Città e attualmente ancora esposta nella cappella della Madonna nella chiesa di San Fermo Maggiore. L’opera rappresenta un ex voto e colpisce per la drammaticità della composizione che presenta cadaveri di uomini e donne semi nudi in primo piano mentre la personificazione della città di Verona implora dolorante la fine della peste. Sullo sfondo, uno scorcio del paesaggio urbano. Un fermo immagine della urbs picta dei primi decenni del XVII secolo. Sebbene vi sia ancora una certa influenza dei modi bolognesi, l’arte di quel periodo stava evolvendo verso uno stile poi definito barocco. L’EREDITÀ DI UN DOLORE COLLETTIVO Non è un caso che l’inizio cronologico coincide proprio con la fine di quel periodo pestilenziale, mentre il termine ultimo si fa risalire al 1750. Sebbene si conosca ancora poco dell’arte

barocca veronese (a causa soprattutto della critica, più favorevole a gusti di tradizione classicistica) non mancano le produzioni artistiche, architettoniche e letterarie. Tra queste ultime sono da ricordare Gran contagio di Verona scritto nel 1631 dal medico e filosofo veronese Francesco Pona (il cui racconto della peste influenzò la stesura dei Promessi Sposi di Manzoni) e l’Historia di Verona di Lodovico Moscardo in cui sono riportate notizie su persone, fatti, edifici e opere d’arte nel 1668. In architettura celebri sono Palazzo Carlotti, costruito a partire dal 1666 su progetto di Prospero Schiavi, situato all’angolo tra corso Cavour e via Diaz, e Palazzo Muselli, della nota famiglia di collezionisti, rimaneggiato nel corso dei secoli e ora sede della Banca d’Italia. A livello pittorico vi sono produzioni di notevole effetto compositivo come la Madonna della cintura con due santi Vescovi collocata nella chiesa di San Martino ad Avesa e l’Adorazione dei pastori con due committenti visibile nella chiesa di San Tomaso Cantuariense, forse opera di Sante Peranda. ■ 72

DI ERIKA PRANDI


045, UN PROGETTO EDITORIALE COLLETTIVO

VEDERE ALLA VOCE: CATASTROFE Secondo 045Collettivo, progetto di editoria indipendente veronese, da qui possono partire tutti i nostri tentativi: di sostare in questo tempo che ci tocca tutti. Di attraversare le catastrofi del presente. E ripensare il ruolo che tutti noi abbiamo nelle catastrofi del futuro.

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el chiasso di questo tempo stravolto che ci troviamo tutti a vivere, qualche giorno fa è apparso quello che potremmo accogliere come un invito, finalmente, al silenzio e alla riflessione. Essere catastrofe è il potente titolo con cui il progetto di editoria veronese 045Collettivo ha lanciato la sua call: una chiamata rivolta a chiunque tra di noi senta il bisogno di fermarsi, per davvero, per sostare in questo tempo e ripensarlo. L’idea di scavare nella catastrofe fino a capirne in che modo ne siamo parte, ci spiega Emanuele Zoccatelli, il fondatore del progetto, «si è avvicinata a noi prima dell’emergenza oggi in corso. Nasce infatti dal concetto di crisi ambientale e climatica su cui ci troviamo a dibattere sempre più spesso, e da lì si può coniugare nelle sue varie accezioni: catastrofe anche economica, psicosociale e sanitaria». I contributi selezionati, da inviare entro il 31 maggio (tutte le indicazioni sono presenti sulla pagina Facebook, ndr) nella forma di reportage fotografico o giornalistico, saggio, racconto o illustrazione, faranno poi parte del terzo numero della rivista prodotta da questo collettivo. Nei linguaggi scelti per raccontarsi, questo lavoro ricorda già Le mani sulla città, il recente volume collettaneo che ha raccolto in 18 reportage testuali e fotografici il dialogo sul tema della trasformazione urbana, della gentrificazione, e della speculazione immobiliare, avvenuto durante il workshop organizzato dal collettivo. Come ci spiega Emanuele, «l’esperienza del workshop ha segnato per noi un inizio. Grandi professionisti come Sarah Gainsfroth, Marco P. Valli e Multiplo Studio, hanno messo a disposizione le loro competenze con sincero entusiasmo, dando vita a un percorso in tre giornate, negli spazi di Villa Venier. Il feedback dei 30 partecipanti è stato molto positivo. Certo, non sono mancati anche i piccoli imprevisti e le difficoltà: su tutte, quella di dover dare un valore e un prezzo a quello che facciamo, stabilendo il costo di iscrizione. Non è facile chiedere soldi a dei nostri pari».

delle zine», tutte quelle riviste, spesso nate nelle sottoculture giovanili, che usano la carta per ribadire la propria indipendenza. Al momento, con Emanuele, 045Collettivo è animato anche da Paolo D’Amato, Francesco Marchi e Francesco Cordioli. Il loro impegno oggi sta già lavorando a un progetto che ci auguriamo possa presto prendere forma concreta: una serie di brevi pamphlet da collezione, dedicati a temi e pensatori da riscoprire (tra i vari, l’intellettuale Furio Jesi). Questo stesso impegno ha anche recentemente inaugurato un’iniziativa benefica, accolta con vera partecipazione: una maglietta firmata 045Collettivo, creata per sostenere le terapie intensive stremate da questa emergenza. La raccolta fondi, di cui tutti i proventi sono stati devoluti a sostegno delle terapie intensive veronesi, è già terminata. Ma in mezzo alla catastrofe, impegniamoci a ripetere quelle parole stampate su stoffa, le parole che dovrebbero guidare, sempre, il nostro Essere umanità: United We Stand, Divided We Fall. ■ Facebook: 045 zine Instagram: 045 zine 045publishing.bigcartel.com

UNA REDAZIONE FLUIDA Emanuele ripercorre per noi la nascita di questo progetto, che pur prendendo forma nel 2018 «solo dalla mia passione per il graphic design» oggi si identifica nel lavoro di «una redazione fluida, e sempre aperta a chiunque si riconosca nello spirito punk che caratterizza il mondo 73

DI GIULIA ZAMPIERI

La redazione di 045Collettivo


PANTHEON & PROGETTO CONVIVIO IL NOSTRO LABORATORIO DI SCRITTURA CON I PAZIENTI E CON I FAMILIARI

LETTERE DAI CORRIDOI DI ONCOLOGIA

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uesto mese non siamo andati, per evidenti motivi, nel reparto di Oncologia dell’Ospedale di Borgo Roma. Non abbiamo tenuto il nostro laboratorio di scrittura all’interno dello spazio predisposto dall’Azienda Ospedaliera per alleviare le lunghe attese tra visite e analisi. Però, nella distanza imposta e necessaria di questi giorni particolari, le lettere di pazienti e familiari sono arrivate comunque e hanno confermato, anche questa volta, che le parole esatte sono, e rimangono, le loro.

“Una mattina, mi son svegliata, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao…”. La bella sarei io e quel canto di libertà (assurdamente silenzioso) è quello che mi sono rivolta quando ho ricevuto la diagnosi, “…e se morissi …tu mi devi seppellir…sotto l’ombra di un bel fior”. Invece, sono qui! Un po’ acciaccata, ma con tanta voglia di vita. Ho imparato a convivere con l’“alieno”, (ho sempre amato la letteratura di fantascienza - Isaac Asimov docet); alla fine l’ho accolto, magari deciderà di andare via o resterà, si farà piccolo piccolo e convivrà con me. Una convivenza tosta, difficile, come quella forzata con la coinquilina ai tempi dell’Università, quella che lascia i piatti sporchi nel lavello e la spazzatura sul pianerottolo, quando è il suo turno delle pulizie. Intanto c’è e cerchiamo, tutte e tutti qui al day hospital di oncologia di Borgo Roma, di sfrattarlo. Ma so, per esperienza, che la procedura di sfratto è lunga. Eh sì, se è lunga. Non mi hanno mai fatto paura i cambiamenti. Si cambia ogni istante. “Tutto scorre” diceva l’antico filosofo. Soprattutto il tempo e quello che chiedo è più tempo. I cambiamenti: i capelli sulle spalle, le ciglia così lunghe che a fatica riuscivo a portare gli occhiali: sbattevano come ali di farfalla sul vetro. Poi mi guardo allo specchio e il taglio corto, brizzolato, che si infoltisce ogni giorno, piano pian, mi piace. Le sopracciglia, finalmente lì, al loro posto, perché ritornano al loro posto, hanno restituito espressione al mio sguardo, ora più di prima. Il mio sguardo aperto sul mondo, sulla bellezza, sull’amore, che prendo e dispenso a piene mani, con il mio sorriso di sempre, che mi ha lasciato, per un po’, rimandandomi la mia immagine riflessa in cui non mi riconoscevo, ma ora è qui, con me. A dispetto

A CURA DI MIRYAM SCANDOLA

di tutto, sono sempre IO, Patrizia, più forte che mai. Grazie a quell’Amore da cui mi sento avvolta: quello per la propria missione di tutto il personale medico ed infermieristico, che ti accoglie sempre con il sorriso, che non è avaro di abbracci e rassicurazioni. Quello di tutto il gruppo FORCE che mi ha permesso di tornare a sentire il mio corpo con un’attività motoria mirata, insieme al supporto psicologico e nutrizionale. Quanto mi hanno fatto bene! Non bisogna aver timore di chiedere aiuto, quando se ne sente il bisogno. E come se non bastasse, la creatività, l’avanguardia, insieme a tutto quanto ho già espresso, nella cura che ci offre il Convivio, un vero laboratorio di idee e stimoli, perché si può imparare ogni giorno qualcosa di nuovo e mettersi alla prova. Che successo i cuori per san Valentino! Mi sono portata il lavoro a casa e ne ho fatto dono alle mie amiche, vecchie e nuove. Perché l’amore è universale, terreno ed ultraterreno. Lo sento intorno a me e mi ha dato la forza di procedere su questo cammino, l’amore coniugale, filiale, fraterno, amicale e divino. E quelle lenti, su cui prima o poi torneranno a sbattere le miei ciglia, sono diventate lenti di ingrandimento. Questo cielo così azzurro, a volte grigio o velato dalla nebbia, non l’ho mai visto tanto bello. Le nuvole sparse che ti sorprendono con le loro forme più inaspettate, sono schizzi su un’immensa tavolozza. E quell’albero radioso dalle foglie d’oro e quest’altro, così possente che quando lo tocco sembra sussurri, anzi lo fa certamente, nel modo degli alberi. La Natura è viva, come lo sono IO.

Patrizia M. 74


Lina, la mia mamma, il mio cuore, la mia forza

Mamma arrivava in reparto sempre sorridente, con il suo rossetto, unico vezzo che si consentiva per dare colore al viso. Anche se era stanca, parlava con tutti, abbracciava e baciava le infermiere, le ringraziava del loro operato. La cosa più bella era che quasi mai riusciva a stare in silenzio per conto suo, dava coraggio a tutti e infondeva quella forza che lei sentiva dentro di sè anche agli altri pazienti spaventati nella sala di attesa. Quest’atteggiamento non era sempre ben accetto, certo è che è riuscita a farsi degli amici anche lì, come Angela che ancora continuo io a sentire telefonicamente. Quello che io le ripetevo sempre è che il tumore era come un cane rabbioso in gabbia e che se lei avesse abbassato la guardia i cancelli si sarebbero aperti e lui avrebbe invaso tutto. Vorrei che tutti i pazienti che lottano contro un tumore abbiano chiara in mente questa immagine e che capiscano che lottare è importante. Il nostro percorso è finito dopo venti mesi, il 27 agosto 2019, c’è stata una caduta repentina e nel giro di quindici giorni la mia mamma è volata in cielo, e anche in quei quindici giorni mamma non ha mollato, ha mangiato fino al giorno prima di morire, ha fatto venire la fisioterapista a casa per fare ginnastica perché il suo obiettivo era rialzarsi dal letto e camminare di nuovo come fino a due settimane prima. Una forza della natura. Non è stato un percorso facile, non è stato sempre rose e fiori, ma ha avuto una grande forza di volontà non ha mai perso peso durante tutta la malattia, spronata da me e dalla nutrizionista del centro, la nostra Clelia. Una delle tante cose di mamma per me inspiegabile da medico. La mia mamma è sempre riuscita a fare tutte le chemio fino a luglio 2019, quando la sua corsa è stata fermata da una brutta infezione, ma in diciannove mesi di chemio la sua testa, la sua caparbietà non ha mai permesso al suo fisico di mollare, non ha mai permesso ai suoi valori laboratoristici di crollare a tal punto dal non consentirle di fare la chemio e anche questo per me è inspiegabile da medico. Ma io sono certa, e oggi lo affermo a gran voce, e lo ripeto sempre ai pazienti a cui purtroppo devo comunicare questa brutta notizia, che la chemio funziona di più se il paziente decide di non lasciarsi andare. Io mi auguro con questo racconto di aver trasmesso la voglia di lottare e di vincere che aveva la mia mamma, Lina, il suo coraggio e la sua caparbietà e che la mia nipotina Giada, che purtroppo non ha conosciuto la nonna, cresca forte e caparbia come lei e che impari a conoscerla attraverso questo ed altri nostri racconti.

Mia madre ha scoperto di avere il cancro nel 2008, quando ancora lavorava.Tutto è iniziato in un freddo pomeriggio di dicembre del 2017 quando mia madre, Lina, mi chiamò al cellulare mentre mi stavo recando in ospedale per un’urgenza e mi passò il radiologo, da cui le avevo chiesto di andare perché aveva da qualche giorno dolore al fianco destro e, da chirurgo, pensavo avesse una banale colica da colecisti. Mi passò il radiologo che al telefono disse: “Buonasera collega” ed io tranquilla: “Buonasera, ha i calcoli alla colecisti, vero?” E lui con voce tremante mi rispose: “No, collega io vedo qualcosa al pancreas”, in quel momento mi crollò il mondo addosso, ero a 750 km di distanza, stavo per andare in ospedale per un intervento chirurgico di urgenza e quella frase fu una doccia fredda, mi raggelò. Non so come feci a mantenere la calma. Dissi a mia madre di organizzare il viaggio e che avrei aspettato lei e mio padre entro un paio di giorni a Mantova, dove lavoravo, per completare le indagini. Io sono un medico, un chirurgo generale, ma anche se si è medici, non si è mai preparati ad una notizia del genere. Ho pianto, ho pianto tanto ma poi ho capito che io in quel momento ero il sostegno dei miei genitori, dovevo essere razionale e organizzare tutto. TAC, RMN, Ecoendoscopia, biopsia, visita oncologica. Il nostro Natale 2017 è stato segnato dalla notizia di una diagnosi pesante tumore al pancreas al IV stadio con metastasi epatiche, niente intervento, solo chemio e sperare che andasse bene con i nuovi protocolli. Chiunque si sarebbe abbattuto ma noi no. Spesso oggi, a due anni di distanza, mi chiedo da dove sia arrivata tutta quella forza, la mia di cercare di non far trasparire la paura che nel giro di pochi mesi mamma ci avrebbe lasciati, quella di mia madre che, con coraggio al momento della diagnosi, perché a lei non potevi tener nascosto nulla, voleva sapere sempre tutta la verità, rispose a me e alla sua oncologa Alessandra: “Ditemi cosa c’è da fare perché io vincerò”. Quella di mio padre, da sempre il malato della famiglia perché cardiopatico, che vide crollare il mito della sua sposa cosi forte e sana che non poteva più occuparsi delle sue visite. Il nostro percorso è iniziato il 5 gennaio 2018 con la prima seduta di chemio, parlo al plurale perché questa lotta l’abbiamo combattuta sempre insieme noi tre, io, mamma e papà. L’abbiamo sempre accompagnata alle visite e alle sedute di chemio e, quando io non ho più potuto per questioni lavorative, con lei c’era sempre mio padre che magicamente si era trasformato in un supereroe che non sentiva più il peso dei suoi acciacchi, e si occupava lui ora della sua sposa.

Annalisa Pascariello 75


DUE LIBRI & QUALCHE VERSO

Pagine per i grandi

Titolo: Olive, ancora lei Autore: Elizabeth Strout Traduttrice: Susanna Basso Casa Editrice: Einaudi Pagine: 272

IL LIBRO. In breve qui dentro c’è Crosby cittadina inventata del Maine, la chiesa, l’alimentari e tutta la gamma di dolori regolari, ma sempre così unici, che si portano dietro i residenti, compresa Olive Kitteridge, anziana insegnante di matematica vedova del suo Henry. La magia di Elizabeth Strout sta qui, nel creare una poetica raccontando di piccoli, immensi screzi, riportando pezzi rubati a conversazioni di cortesia per strada, pensieri gretti e meravigliosi, descrivendo uomini amati che non abbiamo abbracciato quel giorno perché ci irritavano e poi una settimana dopo un ictus ce li ha fatti sparire. Strout ci fa credere allo stereotipo per qualche pagina, ci fa credere alla storia che gli anziani sono persone da sfondo, con poco da dire, con poco da provare. Ma poi ci fa piangere mentre descrive la vergogna furtiva di Olive che prende la macchina all’alba per non essere vista da nessuno mentre compra al market i pannoloni per la sua incontinenza. L'AUTRICE. Nata nella provincia americana e newyorkese da anni, Elizabeth Strout ha vinto il Pulitzer grazie al personaggio irritante e irresistibile che è quella «vecchia ciabatta» di Olive Kitteridge. Con

Olive Kitteridge nel 2009, raccolta di racconti in forma di romanzo (in un certo senso la prima puntata, di cui Olive, ancora lei è un seguito atteso da anni che mantiene però la sua indipendenza e si può leggere senza pregresso) il mondo si è accorto della sua prosa non femminile, non maschile ma disegnata dai sentimenti e non dal sentimentalismo. «Ho imparato a utilizzare solo il linguaggio necessario al racconto» ha detto in qualche intervista. NOTE A MARGINE. La vita è fatta di grandi esplosioni e di piccole esplosioni. Sono importanti tutte e due, fa dire Strout alla sua Olive. Le piccole sono scosse che modificano l’andatura comunque. E possono accadere a qualsiasi età, in qualsiasi momento di solitudine opaca, di reclusione volontaria e imposta. Essere anziani non vuol dire smettere di essere attraversati dalle “esplosioni”, non vuol dire essere indenni a tutto. A ottanta anni ci si può innamorare del giovane medico e si può invocare la madre perduta chissà quanto tempo fa. Perché chiamare di nuovo “mamma” e dirlo anche solo all’aria, riempie un poco quella grande mancanza che è non poter essere più figli per nessuno.

Pagine per i più piccoli

Titolo: Sentirai parlare di me Autrice: Sara Rattaro Casa Editrice: Mondadori 2019 Pagine: 129 Età: dagli 11 anni

IL LIBRO. Con il sottotitolo Vita e avventure della prima reporter della Storia, ripercorre le vicende di Nellie Bly, pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran (1864-1922), una giornalista investigativa che ha sempre cercato la verità. La scopre Bianca (scuola media) che sogna di diventare giornalista ed ha già iniziato ad occuparsi – assieme al suo compagno Martino – del giornale della scuola. Anche se è attirata dal fascino di Matteo (della classe accanto), al quale fatica a rivolgere la parola. A scuola, durante la “settimana dei mestieri”, incontra Vittoria, una giornalista invitata a tenere una lezione di giornalismo ai ragazzi, che però lascia l’incontro a metà perché deve seguire una misteriosa indagine. Per Bianca questo è un nuovo stimolo. Cerca Vittoria e la segue. Comincia a capire il lavoro di preparazione di un articolo di giornale e inoltre Vittoria le racconta di Nellie, il cui motto è sempre stato:«Non ho mai scritto una parola che non venisse dal cuore. Né mai lo farò». Il finale è davvero a sorpresa. L'AUTRICE. Genovese, laureata in biologia nel 1999, ha conseguito il master di divulgazione scientifica "Rasoio Occam" e ha quindi lavorato come informatore farmaceutico; nel 2009 prende una seconda laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Genova, dove ha poi insegnato “scrittura”. Dedicatasi infine alla sua

a cura di Miryam Scandola

a cura di Alessandra Scolari

grande passione: scrivere. Ha scritto parecchi romanzi, vincendo tanti premi, tra i quali il Bancarella 2015. Oggi Sara Rattaro è accolta con entusiasmo da librai, lettori e critica. Il suo primo romanzo per ragazzi e stato Il cacciatore di sogni (2017), edizioni Mondadori che ha ottenuto un buon successo. In Sentirai parlare di me racconta una storia completa, ben strutturata, con un linguaggio semplice e accattivante per i ragazzi. CURIOSITÀ. Bianca è una ragazza brava, che ama i libri (li tiene con cura) e le parole scritte. Scrive i suoi primi pezzi per il giornale della scuola. L’incontro con Vittoria le fa scoprire la vera professione del giornalista. Un mondo inaspettato. Stare sul “pezzo”, non ha niente a che fare con la testimonianza che la stessa Vittoria fa agli alunni delle scuole medie. Inoltre Bianca scopre la prima reporter donna della storia, Nellie Bly e ne viene conquistata. Così decide, coraggiosamente, di perseguire il suo sogno: diventare una reporter, senza arrendersi, anche quando la strada sarà in salita. Il racconto, così ben articolato, conferma ai ragazzi gli elementi necessari per svolgere bene qualsiasi mestiere: un sogno, il coraggio, la passione e la dedizione. Interessante anche il Glossario. Sono nozioni che possono servire ai ragazzi anche per i temi o riassunti scolastici.

Se vi serve un po' di poesia Se il mondo è senza senso tua solo è la colpa: aspetta la tua impronta questa palla di cera.

(L’indifferenza, Maria Luisa Spaziani) 76


TRA TV, CINEMA E NETFLIX I NOSTRI CONSIGLI

COSA GUARDARE QUESTO MESE (SECONDO NOI) CINEMA: UN DIVANO A TUNISI Data di uscita: 9 aprile 2020 | Regia: Manele Labidi Labbé | Paese: Francia, Tunisia

Ha scelto il registro non scontato della commedia, Manele Labidi, al suo esordio cinematografico, per raccontare la rinascita portentosa e sempre fragile del suo Paese, la Tunisia. La storia è quella di Selma Derwich, interpretata da Golshifteh Farahani, psicanalista trentacinquenne che, cresciuta a Parigi con il padre, decide di trasferirsi a Tunisi, la sua città d’origine. Selma

vorrebbe aprire uno studio nel sobborgo della città, con l’idea di sdraiare sul lettino i suoi connazionali e prendere il polso al suo Paese all'indomani della rivoluzione dei gelsomini. Le cose non sono semplici per la psicanalista divisa tra due culture così diverse, e il risultato è uno spaccato sincero sulla classe media tunisina, profondamente lacerata tra modernità e tradizione.

NETFLIX & CO: I AM NOT OK WITH THIS Regia di Jonathan Entwistle | In streaming su Netflix | Paese: USA | 2020

Arriva dagli stessi produttori di Stranger Thing e The End of the F***ing World, e qualcuno potrebbe definire anche questa serie un coming-of-age dai toni accattivanti e dall’ambientazione indie quanto basta. Ma I am not ok with this è molto, molto di più. Al centro della storia ci sono Sydney e tutta una costellazione di problemi adolescenziali, come il rapporto burrascoso con la madre, le incom-

prensioni con la migliore amica, le difficoltà quotidiane di un corpo che cambia, a cui si aggiunge la tragica morte del padre e, sembrerebbe, anche l'incomprensibile scoperta di avere dei poteri soprannaturali. Tratta dal graphic novel omonimo di Charles Forsman, la prima stagione della serie, composta da sette episodi, è disponibile su Netflix dal 26 febbraio.

TELEVISIONE: BELLA DA MORIRE Dal 15 marzo 2020 | In onda su Rai1, ore 21.00

Punta su un universo di donne la nuova fiction firmata Rai1 che per parlare di femminicidio e violenza di genere, mette in campo Cristiana Capotondi, Lucrezia Lante Della Rovere e Elena Radonicich, tra le altre. Dopo Ognuno è perfetto che a dicembre l'aveva vista nei panni della direttrice di un'azienda torinese che impiega ragazzi portatori di Sindrome di Down, Cristia-

na Capotondi torna su Rai1 da protagonista in Bella da morire, nei panni di una poliziotta che si fa trasferire nel suo paesino natale, Lagonero, per stare vicino alla sorella, madre single di un bambino, e che finirà per indagare su una storia sordida di violenza. La regia di Andrea Molaioli promette di mantenere l’atmosfera perfetta per questo noir versione Rai.

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DI CHIARA BONI


ISPIRAZIONI MUSICALI OGNI MESE CHI (E COSA) ASCOLTARE

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GUALAZZI «LA MUSICA BISOGNA AMARLA IN VERTICALE E IN ORIZZONTALE» Ha puntato la videocamera del cellulare sul suo amato pianoforte di casa e in diretta sui social ha regalato a tutti una mezz’ora di armonia in questi giorni di solitudine collettiva. «Suonerò qualche pezzo e sarà un'occasione per sentirci più vicini» ha detto il musicista marchigiano. Ospite a Sanremo con il suo Carioca, Raphael Gualazzi racconta cosa attraversa il suo ultimo album Ho un piano.

C

antante, cantautore ma, in primis, musicista. In Ho un piano torna a farsi sentire molto questo suo lato che forse è quello primario? Ho un piano come album non ha smentito l’approccio eclettico e variopinto che ho seguito nella creazione degli album precedenti. Essendo nato come musicista la prima esigenza è quella di vivere la musica nel “divertissement”, perché quando il musicista si diverte sul palco anche il pubblico riesce a divertirsi. Proprio grazie a questo si riescono poi a trasmettere i propri pensieri verso alcune tematiche importanti. Tanti produttori, alcuni dei quali molto giovani per la realizzazione del suo album. Com'è stato questo lavoro comune? È stata una esperienza bellissima perché oltre ad essere cinque grandissimi professionisti sono anche persone molto preparate e umili. Hanno capito fin dall’inizio che la mia cifra stilistica, da cui poi l’album prende il titolo, è il fatto di avere una precisa idea progettuale unita alla centralità dello strumento del pianoforte, epicentro creativo di ogni mio progetto. Ad esempio “stabber” è stato riportato quasi come un leitmotiv di ogni brano. Avendo scelto un determinato pattern o una determinata immagine sonora del pianoforte, questa è stata riproposta in maniera molto organica ed originale. Allo stesso tempo gli approcci sono stati molto differenti tra loro. Federico Secondomè ha una grandissima sensibilità musicali essendo lui stesso musicista, ottimo violinista. Facile quindi con chi ha già una sensibilità musicale così spiccata trovare l’incastro. Con i Mamakass abbiamo fatte delle vere e proprie jam session e da questi groove è nato poi il terreno per la

realizzazione dei brani. Con Fausto Cogliati abbiamo deciso di prendere il provino nella sua origine acustica e assegnare dei suoni che lo riportino più vicino alla modernità. È difficile parlare di tutte queste esperienze, tutte molto differenti. Il comune denominatore è l’umiltà e la professionalità di questi produttori che si sono sempre saputi mettere in gioco. La sua grande abilità di mescolare vari stili musicali è una cosa innata o si è sviluppata durante il suo percorso artistico? Pensa che ci sarebbe stata indipendentemente dal suo lavoro? Io credo che il mio lavoro non poteva essere altro che il musicista. Sono sempre stato attirato dalla musica. Ho sempre avuto ascolti molti diversi senza pregiudizio e se qualche volta sono inciampato, ho subito corretto abbattendo ogni muro perché nella musica i muri non possono esistere. L’amore per tutti i generi musicali credo che sia la cosa più importante. Va sempre fatta una ricerca “verticale” di approfondimento rispetto alla matrice musicale che si ama, nel mio caso il jazz. Allo stesso tempo la ricerca “orizzontale” è quella di collaborazione con altri generi musicali evitando che la musica diventi la parodia di se stessa. Se tutto andrà come deve, il suo tour passerà anche da Verona, cosa ci dobbiamo aspettare ? Il 21 giugno saremo con la band sul palco del Teatro Romano con degli arrangiamenti originali dedicati come ogni volta, insieme a tanti altri brani. Ci saranno alcune rivisitazioni appartenenti alla musica afro americana e alcuni miei successi del passato. ■ 79

DI TOMMASO STANIZZI


PILLOLE DI MAMMA CON UN PO’ DI AMOREVOLE IRONIA

La nostra prigione dorata Dalle chat delle mamme piovono miriadi di favole per spiegare il Coronavirus ai bambini: c’è la piccola Laila, c’è lo scienziato volante, c’è lo gnomo gnometto che salta sul tetto: potrei scrivere una bibliografia degna di una tesi di ricerca. Non so se a voi siano servite o meno ma la verità è che per noi genitori la priorità, in questo particolare momento, è tranquillizzare i nostri pargoletti, la cui vita ha subito un tremendo scossone, difficile da comprendere.

DI SARA AVESANI

I

l mio pensiero va soprattutto a tutti i figli degli operatori sanitari, dai medici agli infermieri, inservienti, volontari che, in prima linea, con il loro lavoro contribuisco al bene di un Paese (il nostro) e che non dovremmo mai dimenticarci di ringraziare. «Un male comune, questo tremendo virus, ci ha insegnato improvvisamente cosa sia il Bene comune. La solitudine forzata ci ha insegnato il valore e il prezzo delle relazioni umane, la distanza superiore al metro ci ha svelato la bellezza e la nostalgia delle distanze brevi» ha scritto l’economista Luigino Bruni. Come società, abbiamo fatto di tutto fino ad ora, per poter stare sempre a casa e avere ogni cosa a portata di mano ma la gabbia dorata, dotata di ogni comfort possibile (Netflix, Playstation, cibo a domicilio, amici virtuali), non potrà mai sostituire l’aristotelica natura sociale dell’uomo. Di solito questa è una rubrica ironica e vi assicuro che, in queste settimane, ci sono state delle situazioni da mamma “disperatamente” divertenti ma faccio fatica a non dare un senso più profondo a ciò che sta accadendo e che, inevitabilmente, ci cambierà e, cambierà anche il modo di rapportarci con i nostri figli (probabilmente, in meglio). LO SMART WORKING (IM)POSSIBILE Qualcuno di voi ha provato l’ebbrezza dello smart working in compagnia dei propri figli a casa da scuola? Francamente è una delle cose più spiacevoli che possano capitare: nel giro di dieci minuti si passa dal dover pulire la popò di un figlio a caricare il file in piattaforma per le lezioni dell’altro, dal pulire briciole ovunque allo spegnere un incendio frutto di un esperimento scientifico mal interpretato. Tutto questo magari, mentre il tuo capo ti sta chiedendo un report importantissimo ASAP o mentre una collega, sola e annoiata, ti chiama per una chiacchiera, dicendoti che ti invidia perché almeno tu a casa ti puoi godere i tuoi angioletti: ma quali angioletti? Sono dei mostriciattoli in modalità Transformers perenne! Per non sfinirli davanti alla tv, ci siamo inventati lavoretti di tutti i tipi, percorsi ad ostacoli 80

in casa ma quando sono piccoli hanno giustamente bisogno di attenzione e di essere seguiti. A casa, la pausa caffè è stata sostituita da un duello da film western, tipo “c’era una volta il West” per decretare chi porterà giù la spazzatura: sguardi assassini fra coniugi stressati e bisognosi d’aria, il miraggio di allontanarsi dalle nostre creature anche solo per due minuti, giusto il tempo di ricomporre i frammenti della nostra sanità mentale, è il nostro mantra. Ho visto genitori che, complice la psicosi generale, si portano fuori Fur Real, il cane di peluche che i propri figli hanno ricevuto a Santa Lucia. Per non parlare del piccolo segreto di noi mamme: io aspetto la sera come un lupo, nascondendomi nei luoghi più oscuri della cucina, per ingozzarmi di inaudite quantità di schifezze: cioccolata fondente, al latte, con le nocciole, kinder cereali, fonzies, che nemmeno una sindrome premestruale acuta potrebbe giustificare. Dicono bene i giornali di questi giorni: quando tutto questo finirà, dietologi, psicologi e avvocati divorzisti raccoglieranno i loro frutti. Scherzi a parte e perdonatemi ma la leggerezza a volte serve a cogliere uno spiraglio di luce. Vi siete resi conto che tutto questo sta portando a galla valori ormai persi? «Abbiamo corso troppo, inseguendo i segnali di mercato abbiamo pensato di essere invincibili», ma la fragilità è essenza dell’uomo stesso: non siamo onnipotenti. Siamo uguali, da Nord a Sud, dall’Asia all’Europa, il virus non fa differenze. La paura non è quella che cercano di farci avere per l’altro, per il diverso ma è la paura di non riuscire a superare questo dramma. Le relazioni, lo stare insieme, ammirare la natura che ci circonda sono nostri bisogni primari: ricordiamoci di preservarli e di non camuffarli con realtà virtuali effimere. E la memoria? Così indegnamente bistrattata da taluni che osano perfino sindacarla, diventerà fondamentale per la nostra storia collettiva. Per non dimenticare. Concordo con chi dice che “il re (capitalista) è nudo”. Possiamo continuare a vivere come prima o migliorare per il futuro dei nostri figli. A noi la scelta. ■


ANGOLO PET CANI, MICI&CO

LA LORO QUARANTENA Gli animali non trasmettono il Coronavirus: non ne esistono casi. Nell'isolamento anche loro vanno aiutati a passare il tempo con diverse attività, rispettando quanto previsto dalle disposizioni governative.

DI INGRID SOMMACAMPAGNA

V

a fatta chiarezza: «allo stato attuale è più sicuro abbracciare un cane che stringere la mano ad uno sconosciuto» spiega Marco Melosi, presidente dell'Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari italiani). La trasmissione del Covid-19, avviene da uomo a uomo, e non ci sono prove che gli animali da compagnia possano trasmettere la malattia. Dobbiamo stare comunque attenti all'«effetto ciabatta», quando un umano positivo starnutisce addosso all'animale o ne viene a contatto, rilasciando sul suo pelo qualche particella del virus. Come ulteriore precauzione, al ritorno da una passeggiata, si consiglia di lavare le zampe del cane con Amuchina diluita, non da usare sempre, si può alternare all'uso di salviette deumidificate con base alcolica come quelle che usiamo noi per le mani, visto che il virus può sopravvivere sul manto stradale. TRA PASSEGGIATE BREVI E GIOCHI IN CASA Secondo il decreto ministeriale dobbiamo rispettare delle semplici regole per cercare di superare questa pandemia. Tra queste, si può uscire da casa con il proprio animale domestico, rispettando la distanza massima di 200 metri dalla propria abitazione e solo per le sue funzioni fisiologiche, portando con sé l'autocertificazione ministeriale e rispettando la distanza di un metro, se si incontra un'altra persona per

non creare assembramenti. Riducendo le uscite, o eliminandole del tutto nel caso di isolamento, è importante pensare a delle alternative per far svagare il nostro animale in casa. Molto utili gli esercizi di attivazione mentale da risolvere in autonomia per ricevere il premio finale, adatti per stancare i cani e gatti iperattivi; tra questi, il classico boccone nascosto sotto ad un bicchiere o dentro a un tappeto arrotolato. Altre attività da fare: giocare a nascondino, ritrovare oggetti nascosti, inseguire i giocattoli legandoli con delle corde, costruire dei tunnel, o creare delle costruzioni concave, all’interno delle quali riporre del cibo, impegnandoli così ore per cercare di estrarlo. In ogni caso è corretto seguire una routine con il gatto e il cane, scandendo la giornata in più momenti di qualità: cibo, passeggiatina (se si può), giochi in casa, pulizie, premio. Ricordiamoci che i Petshop restano aperti e pure le farmacie con prodotti ad uso veterinario. Le visite dal veterinario vanno rinviate, se non per interventi urgenti, ma sempre attenendosi alla disposizioni di sicurezza per non affollare gli ambulatori. ■ Un consiglio Attenzione ai giochi cha causano frustrazione. Ad esempio, quando il gatto o il cane non riescono a vincere perché non riescono ad afferrare i giocattoli, come nel caso delle luci laser.

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STORIE DI STORIA LIBERAMENTE ROMANZATE

QUANDO DENTRO L'ARENA C'ERANO I TORI Verona 8 giugno 1785. La città era in fermento, visto l'arrivo a Verona dell’Imperatore Giuseppe II, in compagnia del fratello Ferdinando e della sorella Maria Carolina accompagnata dallo sposo Ferdinando IV di Borbone, re delle due Sicilie.

P

er loro, com'era consuetudine, si era organizzata una caccia al toro dentro al “circuito” dell'Arena. Benedetto del Bene ci riporta in una sua cronaca dell'epoca quello che fu un evento molto importante per la nostra città: «Giunti i Principi, fu cominciata la caccia in mezzo ad un copioso concerto di musicali strumenti posti sul poggiolo dirimpetto al principale ingresso. Intanto cominciarono anche a giungere e continuarono poi a dispensarsi nel recinto delle nobiltà, i rinfreschi e i fiori regalati dal pubblico Rappresentante, e fu tenuto conto che i cosiddetti cabaré di gelati, biscotterie e fiori, arrivarono al numero di centoquarantaquattro. Niuno dei Principi ha preso od assaggiato la menoma cosa, fuorché uno di essi, per quanto dicono, un fiore. Il popolo era affollatissimo dov’era l’ombra, cioè in due terzi circa dell’An-

fiteatro intorno a recinto; nella parte opposta al principale ingresso e al recinto, dove il sole era ardentissimo, gli spettatori si vedevano assai rari. L’imperatore ammirava l'Anfiteatro, il re di Napoli era perduto nella caccia di tori, l’Arciduca si tratteneva colle persone di chiaro nome, la Regina era molto seria; tutti, benché men degli altri l'Imperatore, erano sì mal vestiti che niuno di civil condizione potrebbe esserlo peggio fuori della propria casa. Terminata la caccia verso le ventiquattro ore, dopo vari disordini di buoi fuggiti dallo steccato, senza alcun infortunio, i Principi sono partiti direttamente per Mantova». In tempi di isolamento e quarantene vien da sorridere nel pensare ai tori che corrono nell'Arena, ai banchetti, ai buffet; e alle persone accalcate sui gradoni, una vicina all'altra. Come torneremo ad essere presto. Anzi, prestissimo. ■ 82

DI MARCO ZANONI


BELLEZZA AL NATURALE SÌ, QUESTA RUBRICA NON CONTIENE PARABENI

TRE MASCHERE SEMPLICI ALLO YOGURT

Più tempo per la cura di sé, ma meno occasioni per fare acquisti: in questi giorni trascorsi fra le mura di casa in molti hanno riscoperto il piacere di prendersi qualche momento di relax con ricette di bellezza semplici, realizzate con materie prime naturali, che si trovano in dispensa.

Con queste tre maschere il risultato di una pelle idratata e luminosa è garantito, e si possono realizzare tutte a partire da un ingrediente presente in tutti i nostri frigoriferi: lo yogurt. Idratante, emolliente e nutriente, è un alleato perfetto per ogni tipo di pelle.

Yogurt e kiwi Schiacciare con una forchetta la polpa di un kiwi sbucciato e unirla a due cucchiai di yogurt bianco, mescolando bene. Il kiwi grazie all'alto contenuto di vitamina E e C è ottimo per l'incarnato e aiuta a schiarire le macchie cutanee. Tempo di posa: 20 minuti

Yogurt e miele Unire un cucchiaio di yogurt a un cucchiaio di miele e mescolare bene. Una ricetta semplicissima che combina due ingredienti super nutrienti e nota fin dai tempi antichi per il trattamento delle pelli secche. Tempo di posa: 15 minuti

Yogurt e cocco Mescolare insieme un cucchiaio di farina di cocco, un

cucchiaio di farina di ceci e un cucchiaio di yogurt, fino ad ottenere un composto omogeneo. Il risultato? Un mix dal piacevole effetto gommage, perfetto per le pelli miste. Tempo di posa: 10 minuti Tutte e tre le maschere si applicano sul viso evitando il contorno occhi. 83

DI CLAUDIA BUCCOLA


IL GLOSSARIO DEL LAVORO UNA PAROLA PER VOLTA

IL DECRETO CURA ITALIA, PER PUNTI Congedo straordinario, indennità una tantum per gli autonomi, proroghe per presentare la domanda di disoccupazione per i collaboratori coordinati continuativi: questi alcuni dei provvedimenti previsti dal decreto Cura Italia della presidenza del Consiglio dei ministri.

S

ono estesi anche alle lavoratrici e ai lavoratori con partita iva e ai collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell'Inps strumenti di ammortizzatori sociali e welfare familiare. L'emergenza Coronavirus ha portato il Governo ad attuare le seguenti misure:

mozione sportiva, società ed assicurazioni dilettantistiche in essere alla data del 23 febbraio 2020.

- Un congedo parentale continuativo o frazionato della durata di 15 giorni per persone con figli fino ai 12 anni; sarà prevista una somma pari al 50% del proprio reddito annuo (autonomi) o della propria retribuzione (co.co.co.). Nessuno dei due genitori deve beneficiare di un sostegno al reddito. Per genitori con figli disabili non viene contemplato nessun limite di età del figlio.

- Viene istituito un fondo di ultima istanza per chi in conseguenza del Covid-19 ha cessato, ridotto o sospeso la loro attività. Il Ministero del lavoro definirà le modalità e i criteri di accesso.

- Vengono spostati da 68 a 128 giorni i termini per presentare la domanda di disoccupazione dis coll per i collaboratori.

- Un'indennità una tantum del valore di 600 euro per co.co.co., partite iva non iscritte ad ordini o albi professionali. Tale cifra non verrà tassata ai fini irpef e addizionali.

- Per un periodo di nove mesi, è possibile accedere al fondo prima casa conosciuto come Fondo Gasparrini. I beneficiari saranno quei soggetti che in un periodo successivo al 21 febbraio 2020 potranno dimostrare tramite autocertificazione (non serve Isee) di aver subito un calo di oltre il 33% del proprio fatturato rispetto all'ultimo trimestre del 2019.

- Questa una tantum è estesa anche a tutte quelle collaborazioni sportive in essere dal 23 febbraio 2020. Saranno considerate le federazioni sportive nazionali, enti di pro-

Il decreto Cura Italia appena varato vale per il mese di marzo in attesa di un probabile decreto previsto per il prossimo mese di aprile. ■ 84

DI EMILIANO GALATI SEGRETARIO FELSA CISL VENETO


CHE ARIA TIRA (NEL FUTURO) TRA INNOVAZIONI, STARTUP E TENDENZE

ORA CHE CI INCONTRIAMO (SOLO) IN CORTILI DIGITALI Tecnologia e relazioni, mai come in questo periodo, cambiano - anche per necessità - i luoghi della socialità. Ma al di là dell’emergenza legata al Coronavirus, la tendenza era già innegabilmente in atto. Una volta c’era il cortile, oggi i social network: quale sarà il luogo di aggregazione del futuro?

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sintonia empatica con le persone. I legami, però non sembrano così solidi: solo il 43% afferma di sentirsi sostenuto dalla sua community nei momenti di difficoltà.

UN NUOVO LUOGO DI AGGREGAZIONE. In Italia sono 35 milioni le persone presenti e attive sui social, dove trascorrono in media 1 ora e 57 minuti al giorno. A dirlo è il rapporto Digital 2020, realizzato dall’agenzia di comunicazione We Are Social. Numeri importanti, che coinvolgono anche i giovani: una ricerca condotta da Generazioni Connesse ha evidenziato come i ragazzi utilizzino queste piattaforme per socializzare: il 76% degli intervistati sostiene di sentirsi più connesso alle vite di amici e conoscenti grazie ai social e i due terzi di loro ritiene che questi abbiano un effetto positivo sulla

UN MONDO DIGITALE. I videogiocatori di tutto il mondo, grazie alla rete, si sfidano online in mondi digitali, dialogando e instaurando relazioni che vanno oltre il gioco stesso. E in futuro anche i social potrebbero andare in questa direzione, offrendo un’esperienza ancora più simile al mondo reale grazie alla realtà virtuale: indossando un visore potremmo trovarci immersi in una dimensione parallela, con nuovi amici, hobby e passioni. È l’obiettivo di Facebook Horizon, nuova piattaforma che potrebbe arrivare già nel 2020. A metà tra un social e un videogioco, Horizon permetterà di personalizzare il proprio mondo e di interagire con gli altri attraverso un avatar: sarà possibile invitare gli amici nella propria località virtuale e partecipare insieme a giochi e attività. Cambiano i luoghi di incontro e con loro si trasformano le relazioni e i rapporti con gli altri. Non sappiamo cosa ci riserverà il domani ma dobbiamo chiederci verso quale dei futuri possibili vogliamo dirigerci. ■

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quel bambino che giocava in un cortile”, cantavano i Nomadi in Io vagabondo (che non sono altro) nel 1972. Chissà se oggi, a quasi 50 anni di distanza, avrebbero usato le stesse parole e quel luogo per raccontare in musica la loro storia. Il cortile, a lungo simbolo di gioco, aggregazione e socialità, ha perso oggi questo valore: i giovani si incontrano, esprimono e confrontano sempre più spesso in uno spazio digitale, sia questo una chat di Whatsapp, un post di Facebook, una foto di Instagram o un video su Tik Tok. Cosa comporta tutto questo? Quali sono i possibili scenari futuri?

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CONSIGLI E RIFLESSIONI TARGATI ADICONSUM

VIAGGIARE AI TEMPI DELLA PANDEMIA Abituati a prenotare con largo anticipo i propri viaggi molti cittadini si trovano in condizione di disagio per le incertezze che il Covid-19 sta causando. Proviamo a risolvere qualche dubbio.

L

a situazione normativa in costante mutamento ci impedisce di prevedere cosa accadrà nelle prossime settimane però non ci impedisce di fornire alcune preziose informazioni da tenere a mente a seconda del caso specifico che andremo, nei fatti, ad affrontare. La distinzione principale da compiere per capire quali siano i diritti in gioco si basa sulla possibilità di scelta del viaggiatore. QUANDO SI È COSTRETTI A RINUNCIARE Nel caso in cui il viaggiatore sia costretto a rinunciare al viaggio egli ha diritto al rimborso del prezzo pagato sia che si tratti di un biglietto aereo (o di una prenotazione alberghiera) sia che si tratti di un pacchetto turistico. Tale impedimento al viaggio si verifica solo nel caso in cui esista un espresso provvedimento restrittivo emanato dalle autorità competenti come, ad esempio, il divieto di accesso o allontanamento in una determinata zona, oppure il divieto di sbarco, approdo e transito per viaggiatori provenienti da uno specifico Paese. Non rappresenta un reale impedimento, invece, la mera eventualità di essere sottoposti

a misure restrittive (tipo quarantena) o controlli medici all’ingresso poiché, di fatto, non impedisce di usufruire del viaggio. Sebbene la prospettiva di essere soggetti a siffatte misure contenitive possa essere una ragionevole fonte di preoccupazione la stessa non legittima il viaggiatore a rinunciare al viaggio. QUANDO LA RINUNCIA È VOLONTARIA Questo caso rientra, infatti, nella seconda categoria di rinuncia al viaggio, quella volontaria, per la quale non sussiste il diritto al rimborso del prezzo pagato, quantomeno in via automatica. Anche in questa ipotesi, infatti, vale la pena provare a contattare direttamente il tour operator o la compagnia aerea dato che, in virtù della peculiarità del contesto, potrebbero rendersi disponibili a fornire soluzioni alternative. Un’ultima nota relativa al rimborso del prezzo pagato: oltre che con la restituzione della somma versata, l’art. 28 D.L. 9/2020 lascia aperta la possibilità di rimborsare il viaggiatore anche tramite l’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione. ■ 86

GUARDA IL SITO

DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA


articolo pubbliredazionale

Rosanna Padovani, agente viaggio di Move Travel

MOVE TRAVEL: SIAMO SEMPRE AL TUO FIANCO Peter Pan diceva che “per volare bisogna avere pensieri felici”. E forse è davvero così. Un viaggio viene sempre associato a sorrisi, risate, relax, amici, luoghi e persone da conoscere, uno stacco dalla quotidianità. Tutte emozioni positive che da più di un mese, di grande preoccupazione, mancano. Anche i viaggi sono inevitabilmente vittime di questa drammatica emergenza sanitaria: partenze annullate, viaggiatori bloccati, voli cancellati, hotel vuoti.

fronteggiare la situazione nel rispetto dei diritti dei passeggeri. Vorrei sottolineare che, mai come ora, emerge chiara la differenza tra affidarsi al web o a un professionista: un agente di viaggio non abbandona il proprio cliente e ha le competenze giuste per assisterlo. L’agente di viaggio è tenuto a farlo anche per legge. In un momento così delicato e di grande preoccupazione, ci teniamo a ringraziare tutti i nostri clienti che, oltre alla fiducia che ci dimostrano, comprendono anche che ci sono delle tempistiche burocratiche per l’emissione dei voucher e/o i rimborsi per i voli cancellati.

Cosa ne pensa chi ha la responsabilità di quei viaggiatori e aveva prenotato per loro quel volo o quella stanza di hotel? Chiediamo a Rosanna Padovani, agente di viaggio con un’esperienza ultra-trentennale nel settore, come sta vivendo la situazione attuale che ha messo a dura prova non solo le agenzie viaggi, ma il mondo intero.

Quali sono le prospettive per il futuro, come recuperare quanto perso? Erasmo da Rotterdam diceva: “In ogni attività la passione toglie gran parte della difficoltà”. Purtroppo in questo momento non basta, bisogna creare iniziative che incentivino le persone a tornare in viaggio. Molti tra i più importanti tour operator hanno aderito ad un progetto di cancellazione senza penale fino a 15giorni dalla partenza, iniziativa del tutto innovativa, che permetterà un cambio di programma fino all’ultimo senza rimetterci denaro.

In un contesto così complesso e in continuo mutamento, com’è la questione vista dall’altra parte della scrivania? In molti anni di attività abbiamo fronteggiato diverse sfide e ci siamo sempre rialzati, non posso negare che questa volta sia stato un colpo duro sia da un punto di vista professionale che umano. Lavoriamo incessantemente a stretto contatto con tour operator e compagnie aeree per dare assistenza e risposte ai nostri clienti. Siamo reperibili 24 ore su 24 e finora abbiamo fatto rientrare tutti i nostri clienti a casa, con non poche difficoltà.

Mi permetto una riflessione personale: questo momento fatto di paura e restrizioni, ha in qualche modo riacceso in noi la consapevolezza di alcuni valori, quali l’importanza di socializzare e la libertà. I viaggi sono lo specchio della nostra più grande libertà e mi aspetto che, a tempo debito, le persone torneranno a desiderare di scoprire il mondo e confido lo facciano con noi. Vi aspetteremo in agenzia!

A questo proposito, ai clienti a cui è stato cancellato un viaggio o un volo, cosa suggerite? Innanzitutto di rivolgersi alla loro agenzia di fiducia, perché siamo preparati ed informati per 87

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ALTRO CHE TERZA ETÀ STORIE E RITRATTI DI RIVOLUZIONI ARGENTATE

LAURA, LA POETESSA SENZA TEMPO In questo periodo particolare, gli over 75 sono i sorvegliati speciali. Isolati in casa, devono chinare il capo. Eppure non erano loro i principali protagonisti della movida nelle città, né i frequentatori, nei fine settimana, dei centri commerciali, della montagna e del mare. Rimangono, in molti casi, un aiuto importante (anche finanziariamente) per le giovani generazioni. Laura Banterle e la sua poetica ne sono un esempio meno impalpabile di quello che si crede.

G

li over 75 sono persone che hanno vissuto con impegno e sacrifici e che oggi, nonostante le attuali difficoltà, parlano della loro come di una «vita ricca di soddisfazioni e emozioni». Sono le parole che usa la poetessa Laura Banterle, di cui raccontiamo la storia. Laura, nata a Tregnago (3 aprile 1945), non ancora diciottenne (30 ottobre 1962), sposò Alfonso Grossule di San Rocco di Piegara: li accumunava la passione per la bellezza. Oggi la coppia trascorre a San Rocco dall’autunno alla primavera, il resto dell’anno abita a Verona, vicino alle due figlie – Elena e Giorgia – che hanno donato a Laura e ad Alfonso tre nipoti e un nipote.

sco Cossiga e di Bettino Craxi, Presidente del Consiglio. La consegna avvenne con una cerimonia solenne, ricordo la grande festa con gli amici poeti». Cosa ha imparato nella sua lunga vita? «Che in ogni persona c’è qualcosa di buono. Ho sempre apprezzato la sensibilità nel guardare la natura e le piccole pieghe delle situazioni». La poetessa Laura, compiaciuta della compagnia del marito, conclude «Noi siamo polvere di stelle, spinti dalla grande forza dell’amore». ■

UNA VITA PER LA BELLEZZA A Verona, mentre Alfonso creava acconciature per le signore (in via Leoni), Laura si sbizzarriva nella fioreria di un’amica confezionando splendidi bouquet per la festa della mamma, Natale e Pasqua, dando forma concreta ai suoi pensieri poetici. Al primo libro di poesie in italiano Preludio, seguì Caresse de sfroso e nel 2009 Cristai de giasso, dove emerge la sua passione per la natura. La poesia portò Laura al vertice di moltissimi concorsi, fino a farla diventare membro di giuria per parecchi anni. La sua vena artistica si sviluppò frequentando gli artisti locali. Per tutti Laura cita lo scultore Mario Salazzari (Verona 1904-1993), che la avviò alla scultura, poi alla pittura e infine alla poesia. «Un’arte a me congeniale e che mi ha permesso di andare nelle scuole a leggere e spiegare le poesie in vernacolo. Un’esperienza unica che consiglio a tutti». Gli impegni lirici non impedirono alla poetessa Banterle di dedicarsi alla pittura e di organizzare parecchie mostre personali, partecipando alle collettive, collezionando anche qui importanti premi. Per una decina d’anni si occupò anche di teatro, interpretando vari personaggi nell’intramontabile Romeo e Giulietta. «Il momento più emozionante della mia vita? Quello nel 1986 dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. L’attestato porta la firma del Presidente della Repubblica France-

DI ALESSANDRA SCOLARI

Laura Banterle

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In cucina con Nicole Qualche idea sana (e golosa) per le vostre giornate

di Nicole Scevaroli

IL CONIGLIETTO NEL PLUMCAKE Per il dolce di Pasqua quest’anno ho un aiutante speciale: Emanuele. Vi proponiamo un plumcake alla vaniglia dove sono racchiusi tanti coniglietti al cacao.

Per il plumcake al cacao, vi servirà: • 120g zucchero • 2 uova • 100g burro fuso • 150ml di latte • 220g farina • 30g cacao amaro • mezza bustina di lievito vanigliato

Per il plumcake alla vaniglia, vi servirà: • 120g zucchero • 2 uova • 100g burro fuso • 100ml di latte • 220g farina • mezza bustina di lievito vanigliato + uno stampino a forma di coniglietto • una teglia da plumcake (25x10cm)

La nostra dritta Se non trovate lo stampo del coniglietto, potete usare qualsiasi formina. Se avete una teglia più grande, aumentate la quantità degli ingredienti in modo proporzionale. Per un dolce più leggero: al posto del burro, potete usare l’olio di girasole, mentre al posto del latte vaccino quello vegetale.

Cominciate dal plumcake al cacao. Montate zucchero e uova. Aggiungete burro, latte, farina, cacao e lievito mescolando dolcemente. Trasferite il composto nella teglia e fate cuocere in forno, a 180 gradi per 45 minuti. Fate raffreddare, tagliate a fette e ritagliate i coniglietti. Ora preparate l’impasto alla vaniglia. Sbattete uova e zucchero. Aggiungete burro, latte, farina e lievito mescolando dolcemente. Trasferite un terzo dell’impasto nella teglia. Disponete in fila i coniglietti, poi distribuite il resto dell’impasto a lato. Infornate a 180 gradi per 45 minuti e il dolce è pronto!

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*


LA LISTA DI CONSIGLI DEI DUE FOODBLOGGER

MARCO, BEATRICE E L'ARTE DELLA SPESA ONLINE Marco Olivieri e Beatrice Perbellini sono due foodblogger veronesi che, in queste settimane di emergenza da Coronavirus, hanno stilato una lista di siti web da loro garantiti, provati e certificati dove è possibile acquistare cibo, dalla frutta alla verdura, dalla carne al pesce.

D

agli amici si fanno chiamare amichevolmente "babbuini" (il perché lo si scoprirebbe solo se fossimo invitati da loro a cena, almeno così dicono), ed ecco perché il loro blog di cucina, ricette e viaggi gastronomici si chiama Il babbuino ghiotto. Loro sono Marco Olivieri e Beatrice Perbellini, foodblogger veronesi, marito e moglie nella vita, che già da tempo si dilettano, da veri amanti della buona forchetta a dispensare consigli all'interno del loro spazio virtuale riscontrando per altro un buon seguito e un buon numero di follower. Anche per questo Marco e Beatrice hanno scelto qualche giorno fa di mettere a disposizione le loro conoscenze, soprattutto in ambito food, pubblicando un articolo-guida, dal titolo Spesa online: cibo a domicilio ai tempi del Coronavirus, comprensivo di informazioni e procedure per acquistare in rete attraverso servizi di spesa garantiti, provati e certificati da loro. «In questi giorni abbiamo pensato di metterci a disposizione per aiutare le persone obbligate a stare in casa ad approvvigionarsi di beni di prima necessità. - spiegano i due foodblogger -

Da quando abbiamo lanciato quest'iniziativa, il nostro articolo ha avuto moltissime visualizzazioni e abbiamo incentivato tante persone, anche anziane, ad utilizzare gli strumenti descritti». SEGNALAZIONI PER TUTTI I PALATI Un successo per la pubblicazione online di questa lista (dinamica) che permette di acquistare, con servizi di consegna a domicilio, frutta, verdura, carne e pure pesce, tanto da suscitare interesse per una partecipazione attiva degli utenti. «Grazie all'ottimo riscontro che abbiamo ottenuto, ci sono arrivate moltissime altre segnalazioni dai lettori e abbiamo così deciso di creare un'altra pagina in constante aggiornamento con le segnalazioni pervenuteci. - concludono Marco e Beatrice - Lo facciamo con uno spirito di collaborazione e di solidarietà. Teniamo molto a questa iniziativa e siamo sicuri che possa fare del bene a tutte quelle persone che hanno dei dubbi sull'utilizzo dei servizi di spesa online, mai necessari come in questo momento così particolare». ■ 92

Marco e Beatrice

GUARDA IL SITO

DI MATTEO SCOLARI


Il Muro di Giulietta Ma che distanza è questa distanza che ci separa e ci unisce? Quando ti bacerò, sarà come ritornare al sogno, che prima era la vita di sempre.

Per Michela C'è posto anche per te, tra queste mura fatte di foglie verdi.

(Mario)

Ciao nonno, mi sei qui, inciso nel cuore.

Per Bob

A te, che non so dove stai, se sei in salute, se qualcuno ti abbraccia la sera e quando hai paura. Ti ho vista un paio di volte al bar del Bauli, prima che tutto questo iniziasse, e ora non fai che riempire i miei pensieri.

Prego per tutte quelle persone

(Gianmaria V.)

(Paola)

che hanno perso qualcuno adesso. Con la stessa intensità con cui ho pregato per te, fratello,

Come diceva Rilke, si tratta di

che ora sei tornato a casa

vivere ogni cosa.

e scodinzoli sotto finissimi

(Gaia a Simone)

fiocchi di neve.

Vuoi dichiarare il tuo sentimento (di qualsiasi intensità sia)? Inviaci il tuo pensiero su Whatsapp 320 9346052 oppure a community@veronanetwork.it.

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L’oroscopo alla nostra maniera

di Andrea Nale

21 MARZO - 20 APRILE

21 APRILE - 20 MAGGIO

21 MAGGIO - 21 GIUGNO

22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Le passeggiate, i tramonti, le chiacchierate e gli appuntamenti, i giri in macchina, le cene, i raggi di sole e la pioggia, il cinema, le mostre, le montagne e i mari, i giornali, i caffè al bar, le borracce d'acqua e il fiatone, i pranzi con i parenti, «porto l'ombrello?», «ci vediamo alle sei e un quarto», la bellezza di tornare a casa dopo il lavoro. Solo una cosa in tutto questo mi sembra certa: recupererete tutto.

Questo virus è troppo piccolo per sembrarci un pericolo davvero quando usciamo di casa. E il concetto di pandemia globale è troppo immenso per essere colto all'improvviso, in tutto questo delirio di proporzioni ci siamo noi, sballottati tra cose troppo piccole da vedere e cose troppo immense da contemplare. Ma voi, in mezzo, ci siete: ricordatevi che siete il punto di riferimento per molti altri. Abbiatene cura.

In questi momenti in cui tutto sembra trasformato, in cui non abbiamo più accesso alle stabilità quotidiana fatta di gesti comuni, riusciamo comunque a cogliere come qualcosa dentro di noi rimanga immutabile. La sentite, la vostra persona ed essenza che scorre ancora fluida e intatta sotto agli stravolgimenti del mondo? Questo dev'essere l'unico punto fermo da cui ripartire quando tutto sarà finito. Voi ci siete ancora.

Un giorno lontano cosa ricorderete di questo strano periodo? L'ansia? La paura? La routine quotidiana e i piccoli problemi di ogni giorno? Io quello che credo ricorderete sarà il senso d'amore che ci sta facendo sentire tra noi e gli altri. Solo un po' di amore puro che sta facendo scorrere via le increspature. Potrete raccontare che: «Era tutto difficile ma sotto sotto ci volevamo tutti bene».

23 LUGLIO - 23 AGOSTO

24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Se in questa pausa sospesa ascoltate il profondo di voi stessi, potrete sentire, in fondo alla gola, un nodo stretto per quando tutto sarà finito. Per quando tornerete alle vite normali e sentirete che non tutto si è sistemato, che anche la quotidianità ha le sue sofferenze e incompiutezze. Non preoccupatevi è una cosa che provano tutti. Avrete modo i mesi a venire di rasserenarvi, ma ne parleremo a tempo debito.

Avete intrapreso una routine? Avete la straordinaria possibilità di cambiare vita per qualche tempo e decidere di dedicarvi alla cultura, alla cucina, a voi stessi, a tutte le cose che nella vita di ogni giorno non trovano spazio. Potete imparare cose nuove, crescere come persone nello spirito e nel corpo e tornare poi al mondo più splendenti di prima. E alla fine questo periodo vi avrà dato più di quanto vi avrà tolto.

Non vi sembra che sia proprio l'assenza delle altre persone che in questo momento vi fa sentire agli altri più vicini che mai? Una cosa così potente ha spazzato via le consuetudini che come polvere coprivano quello che stava sotto: le cose che ci stanno tenendo in vita, le cose che - anche oltre la fine del mondo - per noi sono essenziali. Telefonatevi, rimanete in contatto come potete.

Avete fatto la lista delle cose belle che sono successe a causa del Coronavirus? Quelle brutte e tremende le sappiamo tutti, ma quelle belle è difficile identificarle, provate a proseguire la mia lista e tutto sembrerà meno drammatico: abbiamo visto la forza di medici e infermieri, sappiamo quanto siano importanti per noi le persone, ci sentiamo una grande comunità con uno scopo comune, abbiamo riscoperto il tempo...

23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Volete previsioni e profezie per il futuro? Volete sapere che ne sarà dei vostro amore, del lavoro, dei soldi? Secondo me sotto sotto, mentre continuate ad essere umani con i vostri desideri e le vostre angosce, avete anche voi lo stesso sentore mio riguardo al futuro prossimo. La stessa, calda, dolce sensazione che alcune cose non sono più importanti, la certezza nel cuore che, comunque vada, sarà tutto bellissimo.

Avete affrontato tante difficoltà in passato, e ne siete sempre usciti in modo meraviglioso, tutte le cadute e le sofferenze hanno modellato la vostra persona nella splendida opera che siete. Da sempre funzionate così, e lo sapete benissimo. Questo periodo vi mette di fronte a qualcosa di mai visto, a qualcosa di inaspettato, per chiunque. State tranquilli, è tutto difficile ma voi siete più forti.

Anche voi come me avete fatto mille propositi per sfruttare al meglio questa quarantena che si sono poi persi nell'arco di qualche giorno, se non di qualche ora? Sembra funzionare come a Capodanno, quando si pensano grandi cose e poi tutto si sfalda nell'arco di poche settimane. In questo caso vi perdono, rilassatevi e non pretendete troppo da voi stessi. Tornerà la vita normale e sarà il solito delirio bellissimo.

Avete un compito per il restante periodo di quarantena. Preparare un piano di attacco per tornare a mordere con gusto tutte le cose della vita quando sarà il momento. Organizzate un viaggio, nei minimi dettagli, e preparatevi a realizzarlo appena sarà il momento. Decidete una cosa da imparare, una cena da fare con gli amici. Avete sempre la forza di conquistare il mondo, organizzatela e scatenatela al momento giusto.

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