Pantheon 56 - Alimentazione Bio

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Anno 7 numero 10

Dicembre 2014 - Gennaio 2015

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Con l’anno nuovo iniziano gli eventi firmati ATS

Dal Job&Orienta arrivano messaggi positivi

Abbiamo visitato per voi la bella Villa Pavarana

Alla scoperta della natura con Peroni e Sauro


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he Waste Land”, una terra desolata. Impoverita nello spirito e nell’anima. L’immagine che esce dal 48° Rapporto del Censis, pubblicato in questi primi giorni di dicembre, e che riguarda il nostro Paese, ci riporta alla mente, ahinoi, una delle opere più famose del poeta e scrittore americano Thomas Stearns Eliot. L’Italia, secondo l’analisi statistica, è una nazione letteralmente bloccata, impaurita, sfiduciata. Una società provata da sei anni di crisi, presunta o reale, che ormai si aspetta soltanto il peggio. Imprese ferme negli investimenti e famiglie che si affidano, per quanto possono, al risparmio, che cresce nonostante il trend negativo dei redditi. Un capitale umano, specie quello rappresentato dai giovani, che vorrebbe in qualche modo essere protagonista di una celere ripresa, ma che rimane al palo, quasi fosse paralizzato. Un patrimonio culturale che da solo potrebbe avere, per molti, il sapore della rivalsa e della speranza, ma che non produce valore perché è mal gestito o addirittura non è gestito per nulla. Un’Italia dalle ossa

“Ritroviamo il piacere di pensare al nostro Paese come una delle più grandi nazioni al mondo. Con le sue criticità, ma anche con le sue innumerevoli potenzialità”. rotte, incupita dalla solitudine e dalla diffidenza degli italiani, il cui 79,6% è convinto addirittura che bisogna stare molto attenti prima di dare fiducia alle persone. Sì, abbiamo capito bene: quasi otto persone su dieci in Italia diffidano nel dar fiducia al prossimo. Medioevo. Questo scenario non possiamo accettarlo. È questo il Paese in cui vogliamo ritrovarci a vivere nei prossimi anni? Una nazione, l’Italia, tra le prime al mondo per storia imprenditoriale, fascino, cultura, bellezze naturali, architettoniche e artistiche, che versa in uno stato di penosa depressione? Dov’è finita la nostra autostima? Dov’è finita la nostra capacità di trovare soluzioni per uscire dalle situazioni più critiche? Dov’è finito l’orgoglio di una nazione che ha consegnato al patrimonio mondiale nomi celebri in ogni settore e in ogni ambito? Dov’è finito il senso di responsabilità individuale che dovrebbe essere alla base di una società civile come la nostra? Dov’è finito il nostro entusiasmo? Abbiamo perso molti punti di riferimento negli ultimi anni, è vero. I modelli che arrivano dalla politica e dalle istituzioni non sono dei migliori, anzi. L’agenda setting proposta dai media spesso ci presenta uno spaccato di vita molto negativo che consideriamo come unico e totalizzante. Non è così. C’è tanto di buono e tanto che funziona, solo che non si sa, non si conosce. Continuare a parlare male dell’Italia ci convince che tutto giri per il verso sbagliato, che d’un tratto non siamo più gli stessi, che le ca-

pacità e le risorse individuali o di gruppo siano venute improvvisamente meno. Che non siamo più in grado di allontanare la paura per far posto alla pianificazione, alla speranza, al sogno. Abbiamo dei punti di forza che altri Paesi ci invidiano. Lo stesso Rapporto Censis citato all’inizio di questo editoriale ci dice che siamo la quinta destinazione turistica al mondo con 186,1 milioni di presenze turistiche straniere nel 2013 e 20,7 miliardi di euro spesi sul territorio nazionale, con un aumento del 6,8% rispetto al 2012. L’export del Made in Italy, un plus che tutti ci riconoscono, è aumentato del 30,1% in termini nominali tra il 2009 e il 2013. Oltre 200 milioni di persone parlano la nostra lingua nel mondo e sono affascinati dalla cultura italiana e dall’italianità in genere. L’anno prossimo, poi, saremo protagonisti con l’Esposizione Universale di Milano. Che occasione. Altro che terra desolata. Ritroviamo il piacere di pensare al nostro Paese come una delle più grandi nazioni al mondo. Con le sue criticità, ma anche con le sue innumerevoli potenzialità. Lasciamo campo aperto all’ingegno, all’esuberanza dei giovani e delle loro start up, agli imprenditori e ai lavoratori ottimisti che continuano sorridenti nel loro lavoro, seppur tra mille imprecazioni. Ritroviamo il valore della coerenza, dell’onestà, della solidarietà e, soprattutto, torniamo ad aver fiducia nelle persone. È la vera base del cambiamento. Buon Natale e Buon Anno.

Il dubbio o la fiducia che hai nel prossimo sono strettamente connessi con i dubbi e la fiducia che hai in te stesso. Kahlil Gibran


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eventi di fine anno

redazione e collaboratori

Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 Numero chiuso in redazione il 3/12/2014 Direttore responsabile: Matteo Scolari Capo redattore: Matteo Bellamoli Redazione: Matteo Scolari, Matteo Bellamoli, Moira Falzi, Fabio Dai Prè, Flavio Brutti. Hanno collaborato al numero di dicembre/gennaio: Adiconsum Verona, Marta Bicego, Giorgia Castagna, Michele Cavejari, Francesca Mauli, Giovanni Melotti, Marco Nicolis, Emanuele Pezzo, Camilla Pisani, Erika Prandi, Miryam Scandola, Nicole Scevaroli, Alessandra Scolari, Luca Spaziani, Giovanna Tondini, Francesco Turlon, Giulia Zampieri, Mattia Zuanni. Copertina: Flavio Brutti Progetto grafico: Flavio Brutti, Matteo Bellamoli Società editrice: InfoVal S.r.l. Redazione: Via Torricelli 37, 37136 ZAI Verona P.Iva: 03755460239 tel. 045.8650746 - fax. 045.8492248 mail: redazione@giornalepantheon.it web: www.giornalepantheon.it Facebook/Pantheon Twitter: @pantheonvr Sviluppo commerciale e pubblicità: Moira Falzi 340.8775197 Fabio Dai Prè 340.0735137 Contributi per Pantheon Magazine: c/c postale 93072262 intestato a: Infoval srl – Viale del Lavoro 2, 37023 Grezzana (VR)

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6 PRIMO PIANO Quale futuro per il biologico?

42 INCONTRO L’empatia non è digitale

14 SPECIALE EXPO 2015 Dal portale ExpoVeneto a...

44 CULTURA Pachera: pronti per l’EXPO

16 SENZA BARRIERE Turismo accessibile a Verona

46 SPORT Limatore: quando il record è routine

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NATURA Premiati Peroni e Sauro

48 LETTERATURA Reverte: la scrittura nella mia vita

20 GIOVANI&LAVORO Largo ai makers

50 VITA DI MONTAGNA In contrada germogliano idee

22 INIZIATIVA Palestra digitale per bambini

PERSONAGGI VERONESI 52 Se dall’incontro nasce stupore

26 TERRITORIO Villa La Pavarana - Ruffoni

54 MONDO Le contraddizioni della Thailandia

28 RICETTE In cucina con Nicole

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40 MONDO IN ROSA Il peso delle parole

58 INCONTRO Dialogo con Serge Latouche

MUSICA Cecchetto: cacciatore di stelle

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PRIMO PIANO Alimentazione bio

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Salute e benessere, quale futuro per il

biologico?

Al recente SANA di Bologna è stato illustrato lo stato di salute del settore biologico in Italia. La sensibilità è in aumento, specie nelle regioni del centro, e se ne sente sempre più di Matteo Bellamoli parlare. Ma all’aumentare della richiesta resiste anche la qualità? Abbiamo dato un’oce Francesco Turlon chiata ai dati e alle normative, per capire quanti e quali siano gli operatori certificati anche nella nostra provincia di Verona. di Matteo Bellamoli

L

a crescita è esponenziale. Mai si era arrivati a tanto. Gli ettari coltivati a biologico in Italia nel 2014 hanno raggiunto quota 1.317.177, superando il 10% della SAU (Superficie Agricola Utilizzata). A sottolinearlo sono i dati che Sinab (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica), Ismea e dall’Osservatorio SANA hanno presentato proprio al SANA di Bologna, il Salone internazionale del biologico e del naturale andato in scena alla fine dell’estate. La spesa italiana nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata, ndr) per i prodotti bio è cresciuta dell’1,96% nel 2013. Ce ne accorgiamo al supermercato, dove oltre ai prodotti a scaffale nascono spesso anche angoli dedicati al biologico; nei mercatini rionali e locali per incentivare il prodotto a chilometro zero; spesso anche in televisione o tramite campagne pubblicitarie. Il biologico sta prendendo piede, tocca e trova la sensibilità ambientale di una fetta sempre maggiore di italiani e, a quanto pare, crea anche

posti di lavoro nonostante il settore agroalimentare sia, in altri lidi, abbastanza in crisi. Ma il biologico è davvero il nuovo vaso di Pandora? Fino a che punto possiamo considerare biologico un prodotto? Basta fidarsi dell’etichetta? Non è facile rispondere, anche alla luce dei recenti servizi apparsi in televisione in cui proprio Verona è stata messa sotto il dito dell’inchiesta. Nella nostra città i dati confermano un aumento della produzione bio, ma è facile tramutare questo mercato, locale per definizione, in un grande business internazionale fatto di importazioni ed esportazioni. In attesa anche di EXPO 2015, che dovrebbe valorizzare la territorialità del cibo e dell’alimentazione, abbiamo provato a fare un viaggio dentro questo settore, cercando di mettere a fuoco il valore del prodotto bio laddove arrivi effettivamente dal territorio di appartenenza. ITALIA PRIMA IN EUROPA Stando ai dati di Sinab, l’Italia

registra, nonostante il territorio decisamente più limitato, il maggior numero di operatori biologici tra i principali Paesi europei, superando quota 50mila. Francia, Germania e Spagna ci inseguono. Tuttavia, la superficie coltivata a bio della Spagna supera il milione e ottocentomila ettari, e quindi di molto anche la nostra superficie coltivata con prodotti naturali. Come spiegare questo fenomeno? Detto in parole povere l’Italia non ha ceduto al tranello di convertire, almeno per ora, l’agricoltura biologica in business internazionale. Mentre la Spagna, che è territorialmente più estesa, esporta moltissimi dei prodotti che produce con l’etichetta “bio”, l’Italia mantiene una certa territorialità. Del resto è lo stesso mondo del biologico che per tradizione dovrebbe restare entro i confini non solamente nazionali, ma addirittura locali. Preferireste comperare castagne bio della nostra provincia o toscane? Perché il consumatore del biologico non guarda


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Fonte: SINAB, Agence Bio, Bundesministerium für Ernährung, Ministerio de Agricultura, Alimentación y Medio Ambiente

solo alla qualità del prodotto, ma anche alla sua provenienza: meno strada avrà fatto quel prodotto per arrivare sulla nostra tavola, maggiore sarà stato il beneficio dato alla nostra salute in termine di inquinamento ambientale e di produzione. Secondo l’Osservatorio SANA l’origine italiana del prodotto influisce sugli acquisti a marchio bio per il 34%, molto più del prezzo (22%) o della marca (19%). Ma se i numeri del consumo continuano a crescere, ecco che si aprono degli scenari che mettono in crisi il nostro comparto. Se la domanda cresce e l’offerta non può, per capacità produttiva, rispondere, il sistema è costretto ad aprirsi all’importazione. Ma importare prodotti bio è un piccolo controsenso: fare arrivare un’arancia dalla Spagna aumenta il costo, l’inquinamento da trasporto e rischia di far perdere il valore del prodotto biologico. Figuriamoci poi se il prodotto arriva da fuori Europa.

Alimentazione bio

OPERATORI BIO NEI PAESI ERUOPEI (DATI 2013)

ITALIA

60000

L’IMPORTAZIONE È 50000 Francia BIOLOGICA? Germania Tornando allo studio 40000 Spagna Sinab, realizzato in collaborazione con il 30000 Ministero delle Politi20000 che Agricole e Forestali, emergono dati 10000 importanti sull’importazione di pro0 dotto a marchio bio. L’italia importa in modo particolare colture industriali, vale a dire delicato, dove le normative euroquei prodotti che (già dal nome) pee si susseguono con una certa sono al limite tra il bio e il prodotto frequenza aggiornandosi e corsu larga scala. Nel 2013 sono sta- reggendosi di continuo, mettendo te 21.167 le tonnellate importate in luce una delle principali criticidi questi prodotti, per lo più soia, tà del sistema di importazione. Il che da sola ricopre oltre il 97% testo base è l’art.33 del Regoladel totale. Fa riflettere il fatto che mento CE 834/07 “importazioni in la maggior parte della soia arrivi regime di equivalenza”, modificato dal continente asiatico. Ma com’è nel 2012 dall’allegato I Reg 508 possibile che prodotti asiatici si- e recentemente anche dal Reg. ano importanti in Europa come CE 442/2014. Senza inoltrarci nel prodotti biologici? tecnicismo, la Commissione EuroSi tratta di un passaggio molto pea ha riconosciuto che le norme

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PRIMO PIANO Alimentazione bio Colture industriali

8 PRODOTTI BIOLOGICI IMPORTATI IN ITALIA NEL 2013 (TONNELLATE)

25000

20000

Fonte: SINAB

Frutta Prodotti Trasformati

15000

Ortaggi

10000

Cereali 5000

0

di produzione biologica adottate da alcuni Paesi extraeuropei sono equivalenti a quelle adottate all’interno dell’UE. Per questo motivo questi Paesi possono esportare in Europa senza l’approvazione da parte dell’autorità competente. Le uniche nazioni che in questo momento sono in regime di equivalenza sono Australia, Canada, Costa Rica, India, Israele, Giappone, Svizzera, Tunisia, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Va da sé che se

tratta di un passaggio delicato. Senza infatti nulla togliere ai controlli di qualità che possono adottare i vari Paesi, i consumatori preferiscono il prodotto biologico perché possono tracciarne la provenienza, riponendo fiducia quasi personale nei confronti dei produttori. Ma potremmo dire altrettanto di un prodotto bio che sulla confezione riporti come origine l’India o il Giappone? RICONOSCERE L’ETICHETTA Un modo per tutelare il prodotto bio e tutelarsi, è riconoscerne l’etichetta. Tutti i prodotti che sono stati ottenuti secondo le norme dell’agricoltura biologica, o importati come tali, devono avere l’etichetta con il logo europeo che potete vedere qui a fianco: la foglia verde composta dalle stelle a ricordare la bandiera europea. Possono etichettare gli agricoltori, i distributori o gli importatori. L’etichetta garantisce che il prodotto in questione sia di origine agricola biologica per almeno il 95%, e questo è importante soprattutto per i lavorati, che possono contenere una percentuale di materie prime non biologiche. Una volta individuato il prodotto con il logo europeo, potrete riconoscere altre informazioni importanti. La prima è il luogo di coltivazione dei prodotti: “agricoltura UE” per

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un prodotto etichettato come biologico dovesse arrivare da un altro Paese, avreste ben ragione di preoccuparvi. Altro discorso, su cui potrebbe aprirsi un grande dibattito, il fatto che risulta un po’ spinoso parlare di agricoltura biologica quando si tratta di prodotti importati dall’altra parte del pianeta. Lo stesso continuo aggiornamento normativo di Regolamenti da parte dell’UE fa ben intuire che si

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PRIMO PIANO Alimentazione bio i prodotti coltivati in uno dei Paesi comunitari, “agricoltura non UE” per i prodotti coltivati in Paesi Terzi in regime di equivalenza; “agricoltura UE / agricoltura non UE” per i prodotti che combinano entrambe le materie prime. Se il prodotto è realizzato esclusivamente in una Nazione, la dicitura può diventare “Agricoltura Italia”, se per esempio si tratta di biologico esclusivamente italiano. Sulle confezioni potrete trovare poi anche altre indicazioni di consorzi o associazioni private che garantiscono per il produttore o il marchio da cui state acquistando. Si tratta di controlli o certificazioni aggiuntive, la primaria deve sempre essere la foglia verde di cui abbiamo parlato in precedenza. IN VENETO E A VERONA La nostra regione, come estensione, non è tra le prime in Italia per percentuale di terreno coltivato a

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biologico tuttavia vanta una tradizione agricola molto importante, e gli operatori bio sono in crescita. Dal 2000 ad oggi sono cresciuti del 44% (dati Federbio) e si attestano oltre le 1800 unità (vedi tabella). La superficie complessiva in Veneto nel 2012 era di 6733 ha (ettari) di cui il 10% ad ortaggi, che nella mentalità comune sono forse il primo prodotto biologico per potere d’acquisto. Nella provincia di Verona, gli ultimi dati sono riferiti al 2012 (Federbio). Sono circa 5000 gli ettari coltivati a biologico, per un totale di 598 aziende di cui 140 completamente biologiche, 213 miste, 66 in fase di conversione (da chimiche a biologiche), 174 di trasformazione/distribuzione e 5 importatrici. Le coltivazioni sono principalmente tra frutta e cereali, ma sono in crescita anche i vigneti, dato che anche i produttori vinicoli si stanno

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sensibilizzando al tema biologico. Tra gli altri dati interessanti quello delle quote rosa: il 19% delle aziende agricole sono condotte da donne. Bene anche la tecnologia, dato che il 32% ha gestione informatizzata sia della contabilità aziendale che delle coltivazioni e degli allevamenti, mentre sono 20 le attività che gestiscono la vendita dei loro prodotti online.

STORICO OPERATORI BIOLOGICO IN VENETO ANNO

OPERATORI

2000

1.249

Prodotto coltivato

Operatori

Ettari

2004

1.592

Frutta

196

> 1000 ha

2008

1.558

Cereali

93

1313

2009

1.553

Vigneti

95

450

2010

1.665

Pascoli per bestiame

44

650

2011

1.811

Ortaggi

42

250

2012

1.746

Olivo

88

180

2013

1.804

*dati Federbio

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*dati Federbio


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PRIMO PIANO Alimentazione bio

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Garantire la tracciabilità dei prodotti Abbiamo intervistato il neo presidente di Assobio, il veronese Roberto Zanoni, direttore generale di EcorNaturasì, per capire come gli operatori si stanno muovendo di fronte a questa crescita esponenziale di richiesta di prodotti biologici.

R

oberto Zanoni è stato eletto presidente di Assobio il mese scorso e dovrà ora rappresentare le imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici che dal 2006 possono aderire all’associazione. Zanoni, direttore generale di EcorNaturasì Spa, azienda leader del mercato italiano con 125 supermercati interamente biologici e oltre 300 punti vendita aderenti al progetto CuoreBio, è nel settore dal 1993, quando ancora si trattava di una nicchia dell’ambito alimentare, nonché uno dei principali conoscitori del biologico in Italia.

Roberto Zanoni, Presidente Asso Bio

Dott. Zanoni, anzitutto potrebbe spiegarci quali sono le attività che Assobio mette a disposizione dei suoi associati? Prima di tutto siamo in costante comunicazione con loro sia per un dialogo continuo sia per aumentarne il numero. Lavoriamo con interlocutori legati alla produzione di prodotti biologici sia con i professionisti del campo della bio cosmesi. Le nostre aziende sono specialmente di distributori e trasformatori. Grazie alla collaborazione con Federbio vogliamo creare un vero brand

italiano dei prodotti biologici, per essere più uniti nei rapporti con il Ministero ed essere sempre in linea con tutti gli aggiornamenti normativi. Questo interesse per il bio sta facendo nascere molte attività associative. Non c’è il rischio che si perda una certa centralità anche a livello rappresentativo? Non credo. Fortunatamente Federbio sta facendo un ottimo lavoro, dato che tutto quello che esiste nel mondo del biologico, siano produttori, enti di certificazione, trasformatori o quant’altro, in Italia fanno riferimento a Federbio. Questo consente ovviamente anche un lavoro di supporto commerciale alle aziende che crea unione per tutti gli operatori del comparto. Lei è nel settore da molti anni. Quanto sta cambiando la sensibilità dei clienti e di conseguenza quella di voi operatori? Negli ultimi anni si è verificata una situazione inaspettata. L’aumento dei consumi di prodotti biologici, che in un primo momento poteva

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sembrare una moda, è diventato una vera esigenza, sia da un punto di vista ambientale, per una maggiore sensibilità delle persone, sia per una diffusione delle intolleranze alimentari. La stessa classe medica ha cambiato atteggiamento, tanto che molti medici oggi consigliano gli alimenti biologici ai pazienti. Questo aumenta le nostre responsabilità come operatori. Dobbiamo garantire per i consumatori, per far sì che il prodotto bio sia sicuro. Con l’aumento della richiesta, aumenteranno anche le esportazioni e le importazioni. Soprattutto per i prodotti entranti, non c’è il rischio di perdere il valore territoriale del biologico? Sicuramente è importante acquistare dal produttore, ma nella mia esperienza come imprenditore posso dire che ad oggi importiamo solo il 30%, molto meno rispetto a qualche anno fa. Non credo al fondamentalismo del chilometro zero, preferisco un biologico estero rispetto al non biologico italiano. Vi sono dei prodotti che arrivano da distante perché qui in Italia non possono essere coltivati, ma gli enti certificatori lavorano per questo, per garantirne la sicurezza. Sappiamo che le persone sono più preoccupate della qualità che del prezzo, quindi come Assobio abbiamo avviato un tavolo di confronto con gli enti certificatori per monitorare le movimentazioni di merci e avere controlli efficaci sui prodotti sospetti.

Cos’è il biologico? L’agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che considera l’intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, promuove la biodiversità dell’ambiente in cui opera e limita o esclude l’utilizzo di prodotti di sintesi e degli organismi geneticamente modificati (OGM). La differenza sostanziale tra agricoltura biologica e convenzionale consiste nel livello di energia ausiliaria introdotto nell’agrosistema: nell’agricoltura convenzionale si impiega un notevole quantitativo di energia ausiliaria proveniente da processi industriali (industria chimica, estrattiva, meccanica, ecc.); al contrario, l’agricoltura biologica, pur essendo in parte basata su energia ausiliare proveniente dall’industria estrattiva e meccanica, reimpiega la materia principalmente sotto forma organica. fonte: Wikipedia


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EXPO 2015

Il portale

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è online

Abbiamo intervistato il presidente del Comitato Expo Veneto, Luigi Brugnaro, per capire le potenzialità che il sito web potrà fornire ai professionisti e alle aziende della nostra regione.

P

romuovere un'esposizione esperienziale, ovvero legata alla scoperta del territorio veneto attraverso gusti, sapori e paesaggi. Nasce da questa esigenza il portale expoveneto.it, promosso dal Comitato anonimo, che ha il delicato e prezioso compito di veicolare l'immagine veneta nell'universale vetrina di EXPO Milano 2015. Presidente Brugnaro, cos’è il portale Expo Veneto? L’Expo in Italia è un’occasione storica. I Governi che si sono succeduti in questi anni, hanno tutti confermato l’impostazione originaria secondo cui l’Esposizione universale dovrà essere una manifestazione diffusa sull’intero territorio nazionale. Il Veneto ha deciso di cogliere questa sfida mettendosi in rete sia nel senso di unire le forze, che di sfruttare le grandi potenzialità del web per dialogare e interagire con tutto il mondo. Il mondo produttivo regionale fa sistema partendo dal Protocollo d’intesa che aggrega tutte le 14 Associazioni di categoria regionali con Confindustria in testa, con Unioncamere e i Sindacati. Il nuovo portale www.expoveneto.it, che è lo strumento del progetto, è

Luigi Brugnaro (a sx) insieme a Roberto Zuccato, presidente Confindustria Veneto.

stato adottato dalla Regione Veneto come piattaforma web ufficiale dell’Expo Veneto. Qual è l’impostazione del progetto? Mentre a Milano l’Expo avrà una connotazione prettamente espositiva, in Veneto promuoviamo invece un approccio esperienziale. Il proposito è che le singole imprese, le associazioni culturali, i Comuni e i privati possano organizzare degli eventi in proprio, anche in azienda, in coerenza con il tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”. Un titolo che, a ben vedere, può essere declinato in diverse accezioni, oltre il solo significato dell’agroalimentare e della sostenibilità, con riguardo alla storia, alla cultura, alle tradizioni.... Questi eventi possono essere inseriti del tutto gratuitamente nel portale che permetterà ai milioni di visitatori che arriveranno in Veneto per l’Esposizione universale di decidere dove

e come prenotare il loro viaggio e i loro appuntamenti dall’1 maggio al 31 ottobre. Come funziona in concreto il portale? È tradotto in 25 lingue e potenzialmente è in grado di parlare a 5 miliardi e mezzo di persone nel mondo. E’ un grande planner degli eventi e, insieme, la vetrina delle tantissime eccellenze che il Veneto è in grado di presentare e offrire al mondo. Inoltre, ha l’obiettivo di essere anche uno strumento a servizio delle imprese: per accompagnarle a ragionare dentro di sé e intraprendere poco per volta una nuova cultura d’impresa che, partendo dalla riflessione sull’opportunità di allargare gli orizzonti, conduca a sfruttare le nuove opportunità legate anche al mondo di Internet. L’internazionalizzazione è la strada maestra per contrastare la crisi, per cui è indispensabile veicolare nel mondo la qualità e il valore aggiunto del Made in Italy e tessere relazioni con l’estero. Quali sono le aspettative per il futuro? È bene ricordarsi che non avremo più un Expo in Europa almeno per i prossimi 20-30 anni, per cui è necessario che tutta l’Italia si mobiliti a partire dalle sue migliori risorse per concretizzare quella svolta necessaria non, come si dice, per superare la crisi, ma per far ripartire il sistema Paese. Nel Veneto, grazie al contributo decisivo di Confindustria e del suo presidente Roberto Zuccato, stiamo profondendo un grande impegno affinché tutte le imprese, anche la più piccola, si sentano protagoniste dell’evento che può rappresentare una svolta epocale. L’ambizione è che dopo il 31 ottobre il portale www.expoveneto.it rimanga come la base di una futura Agenzia di sviluppo del Veneto facendo tesoro dell’esperienza acquisita e continuando a valorizzare il gioco di squadra.


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Con

SPECIALE

EXPO 2015

due iniziative EXPO ospiti in città

A sinistra il gruppo insieme a Emiliano Sergio Verga, a destra il primo consiglio dei soci dell’ATS VeronaExpo.

È

entrato nel vivo il progetto VeronaExpo. Dopo il lancio degli scorsi mesi, alla fine di questo 2014 sono andati in scena due appuntamenti molto interessanti organizzati dal team dell’ATS. Il 28 novembre, nella sede di Via Torricelli 37, è stato ospitato Emiliano Sergio Verga, project manager della piattaforma gratuita E015. Si tratta di un ambiente virtuale (un sito) in grado di connettere i dati di tanti interlocutori diversi per favorire il visitatore di Expo 2015: dettagli in tempo reale sul traffico auto-

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stradale, aperture di musei e locali pubblici, orari di voli, treni, metro e bus. Il sistema consente quindi ad aziende, enti e associazioni di utilizzare gratuitamente dati e servizi offerti da altri attori e di proporre i propri contenuti e servizi a chiunque sia interessato a utilizzarli. In altre parole, E015 - Digital Ecosystem rappresenta uno spazio operativo di cooperazione tra molteplici attori territoriali. Altro seguito appuntamento quello dell’11 dicembre, quando VeronaExpo, in collaborazione con l’Univer-

sità di Verona e iComa, ha ospitato proprio all’Università Giacomo Biraghi e Margherita Compiani, di Expo in Viaggio, un’iniziativa parallela all’esposizione universale che sta girando l’Italia per raccontare e spiegare l’irripetibile occasione di Expo2015. I contenuti, le sfide, le opportunità, i dubbi su questo enorme happening sono stati messi sul piatto dai relatori, responsabili del Social Media Team di Expo, ovvero di quel gruppo di persone che stanno seguendo e seguiranno l’informazione social della kermesse.

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SENZA BARRIERE Una città per tutti

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Verona capitale del Turismo Accessibile

La sfida della città in occasione di Expo 2015: migliorare infrastrutture e servizi per accogliere visitatori con bisogni speciali. Istituzioni, operatori ed associazioni per la prima volta insieme per abbattere barriere architettoniche e culturali. di Luca Spaziani

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ersone in sedia a rotelle, con problemi di vista o di udito, ma anche anziani, famiglie con bambini piccoli, celiaci, allergici. Sono le persone cosiddette “con bisogni speciali”. Secondo le stime nell’Unione Europea sono 125 milioni e rappresentano ben un quarto della popolazione. Come tutti, viaggiano, sono appassionati di arte, cultura, natura, sport e buon cibo. In una parola: sono turisti, e in futuro affolleranno sempre di più le nostre città. Non chiedono alberghi, ristoranti, teatri o musei “speciali”, ma semplicemente strutture accessibili, personale accogliente e capace di rispondere alle loro esigenze per farli sentire, se possibile, meglio che a casa propria. Una sfida difficile per il settore turistico dell’Italia, che negli ultimi anni continua a perdere posizioni nelle classifiche dei paesi più visitati, ma che può rappresentare anche un’opportunità di rilancio. Ma c’è un’altra sfida nella sfida, che se raccolta può trasformarsi in un’occasione irripetibile: dei 20 milioni di turisti che Expo 2015 dovrebbe attirare nel nostro pae-

se, si stima che 2 milioni saranno quelli con bisogni speciali. In questi mesi sono in corso in tutt’Italia iniziative per prepararsi al meglio all’evento. E Verona, che nel 2013 è diventata la terza città italiana più visitata dopo Roma e Venezia, come si pone di fronte a questi appuntamenti? Cosa potrebbe fare per diventare una città a portata di tutti? Per la prima volta istituzioni locali, operatori turistici ed associazioni si sono trovati a discuterne insieme in occasione del convegno Turismo Accessibile: in vista di Expo Verona si fa per tutti, organizzato dall’Associazione Innoval in collaborazione con Progetto Yeah e VeronaExpo. I rappresentanti delle istituzioni, a partire dall’Assessore al Turismo del Comune di Verona Enrico Corsi, si sono impegnati a promuovere ogni iniziativa per migliorare l’efficienza di servizi e infrastrutture ricettive della città a cominciare dall’inserimento, nella futura Agenzia del Turismo, di un rappresentante degli Enti impegnati nel settore del turismo accessibile. Ma in un’epoca di tagli, è soprattutto la necessità di un cambiamento culturale ad emergere con forza. Basterebbe, ad esempio, iniziare a vedere l’impegno per progettare strutture e servizi per visitatori con bisogni speciali non come un’ope-

ra di bene, ma come un’opportunità e un investimento con ampi ritorni economici: saper rispondere alle esigenze di turisti con bisogni speciali significa accaparrarsi nuovi clienti, che porteranno con sé famiglie e amici, torneranno volentieri e faranno ottima pubblicità delle strutture e delle attrazioni che avranno visitato. C’è poi da sfatare il mito secondo il quale le cose accessibili sono anche brutte, come spiega Francesca Fertonani, architetto specializzato in Design for All (Progettare per tutti, ndr): «i principi alla base del progettare per tutti non devono trascurare affatto l’estetica. Anche i disabili hanno diritto a vivere in ambienti belli e ad usare oggetti dall’aspetto gradevole, specie in vacanza. Spesso poi gli spazi più accessibili sono anche quelli più comodi per tutti: una camera d’albergo grande e confortevole, con i servizi igienici delle giuste dimensioni, sarà certamente ambita da tutti gli ospiti». Insomma: progettare pensando a chi ha più bisogno per rendere un servizio migliore a tutta la clientela. Ma, se l’aspetto architettonico è importante, non meno lo sono le persone, la loro ospitalità e la capacità di sapere instaurare relazioni basate sulla comprensione e il rispetto. Di qui l’importanza del ruolo di realtà come Progetto


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Yeah, che organizza corsi per operatori alberghieri, ristoratori e guide turistiche sulle buone prassi da seguire per relazionarsi con persone che presentano bisogni speciali: «spesso la differenza la fanno proprio le persone, e il modo in cui ti trattano», spiega Fabio Lotti, cofondatore di Progetto Yeah. «Possono bastare poche semplici attenzioni per far sentire un cieco o un sordo meglio che a casa: stampare un menu in Braille o a caratteri ingranditi, dotarsi di audioguide fatte bene o ingaggiare

Una città per tutti un interprete della lingua dei segni, imparare come si accompagna una persona con problemi di vista senza metterla in pericolo». Ma se le sfide sono così ambiziose, e le ricadute così importanti, non ci si può accontentare dell’iniziativa di qualche albergatore lungimirante, ma bisogna che sia una priorità in primo luogo per chi amministra il territorio. E gli strumenti non mancano, a cominciare dal PEBA (Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche, ndr), i piani di sviluppo del territorio e per la mobilità. Politiche di ampio respiro da affiancare ad azioni su singole strutture, interventi architettonici da coniugare con un’adeguata formazione: sembra essere questa la ricetta per un turismo davvero senza barriere. Non resta quindi che augurarsi che ognuno faccia la sua parte affinché Verona possa farsi davvero per tutti e, perché no, diventare la capitale italiana del turismo accessibile.

Non solo disabili Quando si parla di turismo accessibile si fa riferimento a tutte le persone “con bisogni speciali”, che presentano cioè una qualche limitazione nelle loro funzioni quotidiane. In questa categoria vengono ricompresi anche anziani Over 65, famiglie con bambini piccoli, persone con allergie o intolleranze alimentari. Nell’Unione Europea si stima che siano ben 125 milioni di abitanti, un quarto della popolazione. Si tratta di persone che solo negli ultimi anni, grazie alle nuove tecnologie, hanno iniziato a viaggiare di frequente, ed è facile prevedere che la loro percentuale tra i turisti aumenterà sempre di più. Secondo un recente sondaggio condotto dalla Commissione Europea tra gli operatori turistici, dopo le persone in sedia a rotella sono proprio gli anziani e le famiglie con bambini i clienti più “esigenti”, e solo molto dopo ci sono non vedenti e non udenti. Il Veneto è la regione europea con il maggior numero di visitatori: nel 2013 sono stati superati i 55 milioni di turisti. Dal 2011 la Regione ha avviato un progetto per la sperimentazione di politiche di promozione del turismo accessibile, anche utilizzando i fondi europei stanziati per questo fine. Nel territorio veronese, in particolare, va segnalato il progetto Valpolicella senza Barriere, un accordo tra comuni finalizzato all’abbattimento di barriere architettoniche e alla promozione di interventi a favore di residenti e turisti con bisogni speciali.

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NATURA Un alpinista e uno speleologo ci raccontano le loro imprese

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Alla scoperta delle meraviglie della Terra di Giovanni Melotti

Due uomini. Il primo è stato ospite della città di Verona in occasione della presentazione del suo capolavoro letterario. Il secondo, nativo di Bosco Chiesanuova, ha da poco vinto un premio come miglior esploratore del mondo.

© Foto Rolex Awards / Alessio Romeo

© Foto Ulrike Fischer

© Foto Rolex Awards / Stefan Walter

Nelle due immagini di sinistra in alto un paesaggio mozzafiato della Groenlandia e, in basso, l’esploratore e scrittore Robert Peroni. A destra in basso Francesco Sauro e, in alto, un momento delle esplorazioni in Venezuela.

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osa possono avere in comune un alpinista settantenne altoatesino che vive da un ventennio insieme agli Inuit e uno speleologo veronese sulla trentina che ha vinto il “Rolex Awards For Enterprise 2014”? Tanti aspetti, più di quanti se ne possano immaginare. Sveliamo anzitutto i volti dei due uomini che nella loro vita hanno sempre cercato, e continuano a farlo, l’ignoto, l’inarrivabile: uno è

Robert Peroni, l'altro Francesco Sauro. Esploratore di fama mondiale, Peroni ha attraversato i deserti del Sahara, di Naomi e dell’Arabia Saudita, attraversato le glaciali isole Svalbard, ma soprattutto ha attraversato la Groenlandia lungo il 75° parallelo. 1300 km di vento polare e ghiaccio perenne a bordo di una slitta. Prima di lui nessuno mai. Quell’attraversata al limite della realtà, datata 1983, ha stra-

volto la vita di Robert. A tal punto che non solo vi è tornato un’altra, altre due, altre dieci volte in altrettanti anni, ma vi ha preso la residenza: Casa Rossa, via “del Paradiso”, Tasiilaq, Groenlandia. La via in realtà non la conosciamo e non crediamo neppure esista, in un fiordo di montagne di ghiaccio alte 4000 metri dove l’aurora boreale è gratis ogni giorno. Ma a sentirlo parlare, Peroni, in quella terra dimenticata da Dio ci dev’essere davvero qualcosa di celestiale, tant’è che così descrive la sua Groenlandia: «impensabile, incredibile, inimmaginabile». La sua Groenlandia, già, perché lui si sente a tutti gli effetti un Inuit, vive come loro, mangia, lavora e dorme insieme a loro. Ha messo persino in piedi la “Casa Rossa”, dove offre lavoro ad una settantina di abitanti, accoglie turisti da tutto il mondo e dove alla sera è possibile gustare un piatto della tipica cucina altoatesinagroenlandese. Davanti ad una telecamera, nella redazione di un giornale piuttosto che in radio riesce difficile spiegare com’è la vita a Tasiilaq, anche perché difficilmente noi occidentali, immersi nel tram-tram quotidiano e con l’orologio che governa il nostro umore riusciremmo a capire. Ma Robert ci prova ugualmente, andando a pescare delle frasi come: «quando sono in quella terra gelida, silenziosa e meravigliosa avverto come la sensazione di vedere con le orecchie, di sentire con gli occhi, di avere delle antenne al posto dei capelli. Inizio a parlare con la neve, ascolto il vento e gli rispondo». Proprio quest’ultimo l’ha ispirato a scrivere un libro sul suo ventennio in Groenlandia, presentandolo


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Un alpinista e uno speleologo ci raccontano le loro imprese

ad inizio Novembre alla Feltrinelli di Verona. Racconti di avventure, di orsi bianchi, di cacciatori di foche che lasciano le loro dimore per giorni in balia della natura, di bambini che «anche se non mangiano da diversi giorni non si lamentano, mai, trasformano la sofferenza in una cosa positiva, la vedono come una prova che la vita riserva». Cosa può spingere un padre di famiglia a stravolgere così letteralmente la propria esistenza? «La voglia di vedere cosa c’è aldilà dell’orizzonte» conferma. Ed è lo stesso motivo che stimola un altro superuomo, che la felicità invece, se la va a cercare nelle grotte, nei pozzi vertiginosi, negli abissi. Lui è Francesco Sauro, recentemente premiato da Rolex con il “Rolex Awards for Enterprise 2014”, uno dei premi più prestigiosi al mondo per le esplorazioni. È veronese, e fin dalla tenera età si cala nelle voragini più belle e misteriose della Terra, dal Venezuela al Messico, dalle Alpi alla Patagonia. «L’aspetto più affascinante

© Foto Rolex Awards / Alessio Romeo

La copertina di “I colori del Ghiaccio”. A destra un’altra foto della spedizione di Sauro nelle grotte del Venezuela.

dell'esplorazione speleologica credo sia la sensazione di scoperta, di meraviglia nel trovarsi sempre di fronte a nuovi luoghi sconosciuti. Si crea una nuova geografia, dove ogni passo disegna una terra che prima non esisteva» spiega Francesco da Manaus, dove si trova per organizzare una spedizione in Amazzonia. Se c’è una parola che non fa parte dei vocabolari di Sauro e Peroni sembra proprio essere “paura”. Così credevamo almeno, sbagliando. «La paura è fondamentale proprio per avere sotto controllo tutte le potenziali situazioni di pericolo» spiega lo speleologo, che continua: «ci possono essere ostacoli pau-

rosi, come salti verticali, strettoie, zone labirintiche, ma tutto si può affrontare con la tecnica e con l’esperienza». Due vite all’insegna della scoperta di quei luoghi che solitamente vediamo nei documentari in televisione. «Insieme con i miei compagni del team “La Venta”», conclude Sauro «abbiamo avuto la fortuna di scoprire la grotta più lunga del mondo scavata in rocce quarzitiche. All'interno vi abbiamo trovato un nuovo minerale per la scienza, la “Rossiantonit” e altri microorganismi che potrebbero fornire nuove informazioni riguardo l'origine della vita e dell'evoluzione: un’emozione incredibile».

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GIOVANI E LAVORO Portanuovalab al Job&Orienta

Artigiani digitali professionisti di domani

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di Camilla Pisani

Uno stand-laboratorio nel quale ripensare il lavoro e la formazione del futuro. Portanuovalab è l’iniziativa con cui “Progetto di Vita - Cattolica per i Giovani” ha animato i tre giorni di Job&Orienta coinvolgendo i giovani del territorio, chiamati a confrontarsi, con testimonial e relatori d’eccezione, per individuare insieme nuovi percorsi per emergere e affermarsi professionalmente.

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uando il lavoro non c’è, bisogna inventarlo. Se, dall’evento Portanuovalab-Orizzonti dell’Innovazione, dovessimo trarre una lezione, sarebbe questa: in un’epoca in cui il mercato del lavoro è ormai completamente saturo, la soluzione per chi esce oggi dalle scuole dell’obbligo o dall’università è proprio quella di saltare quella parte in cui si inviano curricula a vuoto, o si bussano porte che restano

chiuse, e passare direttamente alla professione autonoma. Non è poi così impensabile: c’è chi lo sta già facendo. Tra i professionisti di domani, per esempio, ci sono gli artigiani digitali, coloro che mettono creatività e sapere tecnologico al servizio della manualità, costruendo da sé, a partire da un semplice disegno realizzato al pc, oggetti di qualsiasi tipo prodotti in modelli unici grazie a strumenti innovativi come le stampanti 3D. Questi “makers” lavorano insieme nei FabLab, fabbriche-laboratorio a metà strada tra un’officina e un luogo in cui le idee, perché convergano in progetti concreti, si condividono. Per farsi conoscere partecipano alle “Maker Faire”, rassegne già sbarcate in Italia, a Roma e Torino, dedicate a quello che è, appunto, un nuovo artigianato basato sul sapere digitale. Ma i nuovi mestieri sono anche altri: tutti quelli che

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scaturiscono da idee nuove, offrendo prodotti e servizi che prima non c’erano. Dalle app alle imprese sostenibili, caratteristica imprescindibile dell’innovazione è, oltre alla componente digitale, ridare valore alla collettività. L’esistenza di questo mondo è emersa con forza durante i tre giorni di Portanuovalab: un openspace di 400 metri allestito all’interno del Paglione 6 del Job&Orienta, a Veronafiere. Nata da un’idea di “Progetto di Vita Cattolica per i Giovani”, l’iniziativa ha coinvolto una sessantina di ragazzi, da Verona e da tutto il Veneto, che, suddivisi in cinque gruppi di lavoro, sono arrivati all’ultima giornata con alcuni spunti, raccolti da Progetto di Vita e che verranno riutilizzate per nuovi incontri, su come scuola e formazione devono cambiare per preparare i giovani al cambiamento in atto. Il programma da cui hanno tratto

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Verona FabLab al Maker Faire di Roma

di Mattia Zuanni

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l bilancio è ogni oltre aspettativa: da una piccola conferenza per dieci persone all’Acquario Romano si è passati a nove giorni di eventi e 100mila persone. Il trasferimento da una sala conferenze all’Auditorium Parco della Musica, con 70mila metri quadri e più di 600 progetti da tutto il mondo è stato un ulteriore balzo in avanti. Questa in poche righe è la European Maker Faire, tenutasi a Roma nell’ottobre scorso. Non solo aziende, ma anche grandi ospiti, come l’artista cyborg Neil Harbisson e Glenn Green, chirurgo toracico capace di impiantare una trachea stampata in 3D ad un paziente neonato. «Il segmento che più entrerà nelle nostre vite è quello dell’Internet of Things, l’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti. Massimo Banzi (co-founder Arduino, ndr) sta costruendo a Torino il primo appartamento connected, con i

mobili open source, modellati e fatti con l’ausilio della rete». Queste le parole di Riccardo Luna, primo promotore dell’evento. Non poteva mancare, in questo scenario “del fare” anche lo stand dell’associazione Verona FabLab, che ha portato nella capitale l’innovativo progetto di Angelo Camesasca dedicato ad una nuova metodologia di diffusione del suono, una stampante 3D e i richiestissimi Google Glass. «Sono stati tre giorni molto intensi» ha raccontato Riccardo Bertagnoli, Lab Manager del Verona FabLab che, assieme ad Angelo, Massimo e Federico, è partito alla volta di Roma. «Padiglioni pieni di makers, FabLab, grandi aziende come Intel e Arduino, ma anche scuole e piccoli privati. Abbiamo vissuto un’atmosfera fantastica, nel desiderio di mettersi in contatto con qualcosa che tutti, chi più chi meno, stiamo cercando: qualcosa di migliore». Questa fiera ha dimostrato che non solo c’è chi ci sta provando, ma che ci sono anche persone che ci stanno riuscendo. Maker Faire è la dimostrazione che anche in Italia si può fare; perché se il Made in Italy è sempre stato un’eccellenza, il “Make in Italy” non vuole essere da meno.

Prima della terza edizione della Maker Faire l’appuntamento a cui non mancare sarà sicuramente verso fine maggio 2015: torna Roboval, con molte novità, a partire dalla location. www.roboval.it FB/roboval

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ispirazione era fitto di appuntamenti: sei performance artistiche, un workshop di open journalism, curato da Luca Barbieri, coordinatore editoriale di Corriere Innovazione, e una ventina di speech: momenti dove artigiani digitali, fondatori di start up e realtà innovative, tra cui le veronesi Plumake e TedxVerona, hanno raccontato la loro esperienza. Come ospiti, tre relatori d’eccezione: Enrico Bassi, fondatore di diversi FabLab italiani, che vede nei makers «i portatori di una nuova cultura della condivisione, che potrebbe creare un’economia dominata da nuovi valori», Maurizio Rossi, co-fondatore di HFarm, che ha ricordato ai giovani presenti il loro ruolo di pionieri del digitale e protagonisti della prossima rivoluzione culturale, e Luca De Biase, editor del Sole24Ore e di Nova24, a cui è stato affidato il compito di chiudere la rassegna. L’ha fatto regalando parole sulle quali riflettere: «A voi il coraggio di inventarvi ogni giorno con l’intelligenza di chi conosce i propri punti di forza. Il segreto per essere protagonisti nel mondo del lavoro è coltivare competenze e non solo conoscenze: costruitevi un valore personale, usate i libri che avete letto, le relazioni che avete avuto. Non esistono bacchette magiche, ma un modo per andare oltre alla crisi: impegnarsi a saper fare e, soprattutto, a saper essere».

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INIZIATIVA Insegnare la programmazione informatica ai bambini

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Coderdojo, una palestra per la mente dei piccoli Un’iniziativa internazionale arriva anche a Verona. Si chiama, appunto, Coderdojo e consiste in corsi aperti a bambini e genitori per la formazione informatica. Insegnare i linguaggi di programmazione ai più piccoli per renderli più consapevoli del presente e del futuro. di Francesco Turlon

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oderdojo, insieme a “L’ora del codice” (The Hour of Code, ndr) è una particolare iniziativa promossa dal Governo americano per migliorare le sempre maggiori competenze informatiche richieste dal mercato del lavoro internazionale. Grazie all’Università di Trento questo progetto ha trovato terreno fertile anche in Italia dove dall’8 al 14 dicembre andrà in scena la Settimana Internazionale dedicata proprio al progetto “L’ora del codice”. Una palestra per allenare la mente dei nostri figli, quindi, e a Verona non poteva certo mancare una simile struttura. Ne abbiamo parlato con Alberto Montresor,

padre, professore associato di informatica presso l’Università di Trento e fondatore del Coderdojo veronese, che ci ha raccontato l’esperienza che stanno vivendo i giovani programmatori. Prof. Montresor, anzitutto facciamo chiarezza: cos’è Coderdojo? Un movimento formato nel 2011 in Irlanda, nato con lo scopo di insegnare principi di informatica e programmazione ai ragazzi dai 7 ai 14 anni. I ragazzi di oggi, nativi digitali, sono sì in grado di usare un tablet intuitivamente, ma non hanno idea di come funzionino gli strumenti che utilizzano. L’idea è di mettere insieme le forze di genitori, volontari, appassionati nell’ambito di informatica e pro-

grammazione per insegnare ai ragazzi cosa si può fare con un calcolatore al di là dei videogiochi. Nel mondo ci sono circa 500 associazioni (Settembre 2014) Coderdojo, oltre 30 delle quali in Italia. Da quanti volontari è composto il Coderdojo di Verona? Tre insegnanti di professione e una decina di appassionati. Ogni volontario riesce a seguire 4-5 ragazzi, anche se non riusciamo ad essere sempre tutti presenti agli incontri. Per crescere abbiamo bisogno di nuovi volontari. Non solo tecnici, ma anche persone che capiscano l’importanza di diffondere la cultura della programmazione e vogliano dare una mano dal

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Insegnare la programmazione informatica ai bambini

L'ora del Codice – Hour of Code L'Ora del Codice è un movimento globale che coinvolge decine di milioni di studenti in oltre 180 Paesi. Chiunque può organizzare ovunque un evento dell'Ora del Codice. Si tratta di Tutorial che vengono caricati su internet, della durata di un'ora, in cui si fa formazione informatica di programmazione, grafica o altro. Non è necessaria alcuna esperienza. Dall'8 al 14 dicembre è andata in scena a Verona una settimana dedicata a questo progetto, con tutorial, eventi didattici e molto altro.

punto di vista organizzativo. Quanto dura un corso? Non si tratta di un corso con obiettivi e compiti specifici. L’idea è di stimolare la fantasia dei ragazzi, sottoponendoli a sfide e lavori di programmazione gradualmente più difficili. Si parte da settembre fino a maggio, il sabato mattina. Che strumenti utilizzate? Ci sono degli ambienti di programmazione visuale realizzati apposta per ragazzi di queste età. Abbiamo iniziato con “Scratch” e nelle prossime settimane proseguiremo con “App Inventor”, che permette di realizzare applicazioni per sistema operativo Android (quello per la maggior parte degli smartphone non Apple, ndr). Entrambi questi ambienti sono stati sviluppati al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e permettono ai ragazzi di realizzare giochi, animazioni, storielle o quiz. Il sabato mattina vi riunite presso l’ITIS G. Marconi. Quanti ragazzi e genitori hanno già aderito all’iniziativa? Gli ultimi devono essere presenti? Abbiamo circa 20 ragazzi ogni sessione. In totale saranno una quarantina quelli che siamo riusciti a coinvolgere. I genitori devono essere presenti perché il nostro obiettivo non è quello di fare da babysitter, ma di lavorare con i ragazzi, e il loro coinvolgimento è importante: ci aiutano mentre i mentor girano tra i tavoli e danno consigli. In questo modo i ragazzi sono in grado di andare avanti oltre le due ore che facciamo il sabato mattina. Chi fornisce i computer? Il Coderdojo è basato sul principio “bring your own device” (porta il tuo computer, ndr). A volte questo è un problema con i bambini più piccoli, ma non è escluso che possa cambiare in futuro con po-

stazioni di lavoro fisse e l’aiuto di qualche finanziatore. Come lavorano i ragazzi? Consiglio a tutti i ragazzi di iscriversi in coppia: la programmazione non deve essere vissuta in modo solitario ma è una passione che si condivide con gli altri. Tanto per darvi un’idea: ho cominciato lo stesso tipo di lavoro con mia figlia che aveva 8 anni, senza riscuotere troppo successo. Coderdojo è stata la chiave giusta per attrarre mia figlia verso un argomento di cui sono appassionato e che vorrei trasmetterle. Come fate ad approcciare concetti a volte difficili? Stiamo ancora sperimentando. Interessante notare che ciò che riteniamo difficile alcuni ragazzi lo capiscono subito. Per fare un esempio, in “Scratch” (interfaccia di programmazione, ndr) scriviamo dei programmi in cui diversi attori si scambiano messaggi, un argomento che al corso di informatica vedi al secondo o terzo anno. Partiamo da esempi già scritti per avere subito qualcosa di funzionante. Modificando il codice preesistente si iniziano a comprendere concetti difficili e importanti come variabili, cicli e iterazioni. Svilupperete qualche gioco o applicativo insieme a questi ragazzi? Non in questa prima fase. L’obiettivo per quest’anno sarà quello di sviluppare una certa capacità a programmare e poi con gli anni successivi cercare di trovare nuove persone che diano una mano con argomenti, spunti ed esempi. Appena avranno le basi potremo sviluppare un progetto che richieda più settimane. Per vedere cosa hanno già imparato e messo in pratica è sufficiente andare su Scratch e consultare la loro galleria.

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QUANDO ESSERE SICURI NON È PIÙ UN OPTIONAL, MA UNA CERTEZZA.

egli ultimi quattro anni, complice il vento poco favorevole della crisi economica, in Italia si è verificato un forte aumento del numero dei reati legati alla cosiddetta microcriminalità: dai furti in casa alle rapine nei negozi, fino ad arrivare ad azioni più complesse ed eclatanti come gli assalti ai porta valori blindati lungo le strade e autostrade del Belpaese. Una delle aree più colpite dall’escalation di questa tipologia di reati è il Centro-Nord: dal 2009 al 2013, nel settentrione i furti in abitazione sono aumentati del 69 per cento, le rapine in casa addirittura del 90, quelle per strada, pensiamo ad esempio ai borseggi o ai piccoli reati alla persona, del 75. Ad offrire un servizio a realtà od enti pubblici, aziende private e semplici cittadini, in grado di contrastare o di arginare tale fenomeno, a Verona è la Techtre Snc, un’azienda nata nel 2013 che poggia le basi su una solida esperienza professionale maturata in oltre 20 anni di attività dai tre soci fondatori. Massimiliano Gironi, Flavio Legnago e Giacomo Verdari, infatti, sono impegnati già da tempo nel settore della sicurezza passiva in qualità di tecnici specializzati e, dallo scorso anno, hanno scelto di condividere il proprio know-how e le proprie esperienze lavorative per erogare sul mercato servizi e strumenti tecnologici altamente performanti. “Fornire assistenza e manutenzione di tutti quei dispositivi che riguardano la protezione e la sicurezza fisica di beni e persone mediante un servizio specializzato, di qualità” è proprio la mission di Techtre, la quale riesce ad abbinare agli standard di efficienza e di sicurezza dei dispositivi, un valore aggiunto in termini di professionalità e di innovazione. Servizi per la sicurezza passiva. I servizi “tradizionali” erogati dalla società veronese Techtre spaziano dalla manutenzione, installazione e messa a punto di casseforti, tesoretti, casse continue e casseforti a muro di varie marche presenti sul mercato. Siano essi dispositivi che si trovano all’interno di caveau bancari, depositi, aziende, uffici o residenze private. Techtre si occupa anche dell’apertura forzata e/o del ripristino di tali dispositivi, ma anche della manutenzione instal-

lazione, programmazione e collegamento in rete di dispositivi di chiusura meccanici ed elettronici delle migliori marche, tra cui Kaba, Lem, Tecnosicurezza, La Gard e Sargent. Servizi per la sicurezza domestica. Tra i servizi particolarmente indicati per uffici o residenze private, Techtre annovera la conversione di portoncini blindati da serratura con chiave a doppia mappa a serratura con chiave a cilindro, senza dubbio più sicura e molto più difficile da forzare. Si passa poi all’installazione di serrature di sicurezza su portoncini, basculanti o porte garage fino all’intervento sugli scuri esterni dell’abitazione o dell’ufficio. Servizi di accesso controllato. Techtre si avvale di una stretta collaborazione con Infordata Sistemi, società triestina con esperienza trentennale nel settore che fornisce servizi e prodotti legati alla cosiddetta “card technology”, ovvero all’identificazione automatica e all’automazione delle aziende fornitrici di beni e servizi. Grazie anche questa solida partnership, l’azienda veronese installa sistemi di controllo accessi in tecnologia UHF che permettono non solo l’accesso di una persona o di un bene in un determinato luogo, ma anche la sua identificazione e i suoi spostamenti. Per


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tale servizio, sempre appoggiata da Infordata, fornisce ed installa tornelli, varchi pedonali, varchi carrai con lettura di targhe, lettori di tessere e le tessere stesse, le quali possono essere di varie forme e personalizzate per il cliente. Servizi di tracciabilità. Altri plus offerti da Techtre sono i sistemi di tracciabilità di beni e persone che utilizzano sempre la tecnologia RFID (dall’inglese RadioFrequency IDentification, in italiano identificazione a radio frequenza) con Tag UHF ed NFC, che consente una estrema flessibilità e precisione nell’identificare, appunto, oggetti e persone. Per fare qualche esempio applicativo, basti pensare alla logistica di un magazzino, in cui, proprio grazie alla RFID, per mezzo di un tag è possibile identificare ogni contenitore e ogni scaffale riducendo gli errori e i tempi nei prelievi, fornendo al contempo una identificazione certa dell’item. Non è necessario aprire gli imballaggi per verificare il contenuto cercando il codice a barre, così come non è più necessario effettuare il conteggio manuale per la verifica dell’inventario fisico. L’RFID può essere quindi una valida alternativa sia alle tecnologie di personal identification tradizionali (badge, tesserini con codice a barre o a strisciamento..), sia alle tecnologie di strong authentication basate sul riconoscimento degli attributi biometrici di un individuo. A differenza di tali tecnologie non richiede con-

tatto visivo per l’identificazione e permette il riconoscimento anche “a distanza”.

il fiore all’occhiello di Techtre Parlando in termini di innovazione, Techtre è proprietaria di un brevetto di propria invenzione denominato Markout. Si tratta di un sistema sicuro per la gestione del prelievo degli incassi dei negozi che si prefigge di monitorare e tracciare le movimentazioni di versamenti fra punti remoti quali, ad esempio, il punto vendita di una catena della grande distribuzione, di un supermercato o di agenzia bancaria e i caveau di raccolta, intermedi e finali, degli istituti di vigilanza autorizzati. In pratica, grazie alla tecnologia MARK-OUT è possibile tracciare le buste contenenti il denaro, dal momento del prelievo dal sacco della cassa continua fino alla consegna in deposito. Tramite sistema di tag RFID UHF che vengono inseriti all’interno delle buste, quest’ultime vengono verificate e contate per evitare ammanchi rispetto al quantitativo di partenza. Markout è un servizio esclusivo di Techtre particolarmente indicato per la Grande distribuzione, i supermercati e i centri commerciali.

Elenco Servizi • Serrature porte blindate e cancelli • Manutenzione, installazione, messa a punto e apertura forzata di vari tipi di mezzi forti • Applicazione tecnologia NFC – RFID – UHF • Controllo accessi e lettori di impronte • Sistemi di tracciabilità – Gestione Eventi • Gestione elettronica del magazzino tramite antenne UHF • Gestione interventi tecnici con piattaforma GoPlanner


TERRITORIO Alla scoperta dei tesori nascosti di Verona e provincia

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Villa La Pavarana Ruffoni

Villa La Pavarana-Ruffoni, tra Romagnano ed Azzago fu «punto di incontro e di scambi di esperienze tra i giovani artisti di tutta Europa». Venne ricostruita nel 1400 su un precedente fabbricato romano dalla famiglia Ruffoni, che la tenne fino al 1996. L’attuale proprietario ha restaurato l’intero complesso riproponendone la vocazione agricola con i cavalli. di Alessandra Scolari

A

bbiamo scelto di raccontare la storia di Villa Pavarana perché dall’opinione pubblica è sempre stata considerata una misteriosa piccola roccaforte. I cipressi, le siepi e gli alberi di alto fusto fungono da fortificazioni naturali e ancora oggi emanano fascino, mistero e curiosità. Una proprietà che tuttora ben rappresenta la ricchezza e il potere dei nobili Ruffoni. L’attuale

proprietario ha eseguito accurati restauri e sistemato la campagna (con nuovi terrazzamenti), ridonandole l’antico splendore. Gli studiosi, per le sue severe linee architettoniche classificano Villa “La Pavarana” nel periodo romano. La parte antica, quella della casa padronale, si distingue dalla terrazza al primo piano sostenuta da sei archi, bassi e tozzi, che riprendono quelli doppi del piano

terra che chiudevano il portico. Alcuni studiosi sostengono che, a costruirla, nel XV secolo su un preesistente edificio appartenente all’Abbazia di San Zeno, siano stati i nobili veronesi Ruffoni, ai quali è rimasta fino al 1996, anno della morte della nobildonna poetessa Rufina Ruffoni. Il complesso è considerevole: oltre alla casa padronale, le case per il castaldo e i contadini, la chiesetta e la campagna (un complesso di 45 ettari). Le case per la servitù, la strada di accesso (per carrozze e cavalli), sono state aggiunte alla fine del XVII secolo. La chiesetta in stile barocco (due

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Alla scoperta dei tesori nascosti di Verona e provincia

Villa “La Pavarana - Ruffoni”, nei primi decenni del Novecento divenne punto di incontro di molti giovani artisti veronesi e non solo. Angelo Zamboni (1895-1939) giovane in convalescenza a Romagnano, venne invitato dai conti Ruffoni ad affrescare la villa: ne fu subito rapito. Scrisse: «la Pavarana per me resta indimenticabile. Collocata su uno spiazzo che prospetta la Valpantena e la pianura veronese, fra boschi di castagni, faggi, robinie e coltivazioni di viti e ciliegi, si prestava stupendamente ad essere centro estivo e autunnale di incontri...». Un luogo ideale che ebbe una grande influenza culturale e artistica su Zamboni (i suoi primi lavori in Villa sono del 1914) e gli altri giovani pittori, quali Guido Farina, Albano Vitturi, Orazio Pigato, Guido Trentini, Antonio Nardi, Pino Casarini e anche Felice Casorati.

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lesene reggono un timpano che ospita lo stemma del casato Ruffoni) è dedicata alla Madonna del Rosario (oggi all’interno è del tutto spoglia). I conti Ruffoni sono stati sempre apprezzati dai propri contadini e dai residenti di Azzago e Grezzana per il loro rispetto verso le persone, per la cultura e l’impegno per la Patria. Se ne trova la conferma nella perplessità e stupore suscitati, quando Giuseppe Ruffoni (nato a Verona nel 1804) magistrato di fama nazionale, venne arrestato dalle truppe Austriache (7 febbraio 1860) e trasferito nel carcere di San Severo a Venezia. L’accusa era di tramare contro gli Austriaci: venne liberato perché non trovarono appigli per confermarne la detenzione. In quegli anni anche i conti Ruffoni finirono per lasciare Verona (il conte Giuseppe con il figlio più giovane andò in Lombardia). Ritornarono definitivamente a Verona e a Villa “La Pavarana” nel 1866. E proprio qui (forse) Giuseppe Ruffoni scrisse le sue memorie sul Risorgimento. in 1600 pagine.

Le contesse Ruffoni erano colte e padrone di casa impeccabili, tanto che anche il poeta Lionello Fiumi e le sorelle Vassalini (Ida studiosa di lingue e filosofie orientali e Caterina futura professoressa di lingue classiche) frequentavano Villa “La Pavarana” che si trasformava in “Cenacolo”, ovvero un circolo artistico dove si discutevano e si sperimentavano nuove forme artistiche: dalla pittura, alla poesia, alla musica e alla letteratura contemporanea. A Villa Pavarana, secondo gli studiosi dell’arte, arrivarono anche artisti come Filippo de Pisis, Giorgio De Chirico, Pio Semeghini con la moglie Gianna Zavatta (con la sua scuola di merletto). Ancora oggi possiamo immaginare questi artisti, pittori, poeti, letterati e studiosi riuniti in questa villa, in piccoli gruppi sulla terrazza, in giardino, ai bordi del laghetto nascosto tra gli alberi, a scambiarsi esperienze e ricercare nuove idee creative e pensare al futuro dell’arte. Angelo Zamboni, dopo aver affrescato le pareti della casa padronale ed eseguito i dipinti, continuò a frequentare i conti Ruffoni, secondo gli studiosi, fino al 1925. Però il pittore restò legato (abitava a Romagnano) artisticamente ed affettivamente a Villa “La Pavarana” per tutto il resto della sua vita: qui nacque la sua particolare tecnica artistica che lo portò ad avere riconoscimenti a livello nazionale.

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La versione senza burro. Ottime anche per la mattina di Natale... Procedimento: Sbattete l’uovo con lo zucchero. Aggiungete olio, buccia di limone grattugiata, farine, pizzico di sale, lievito ed impastate bene. Stendete l’impasto aiutandovi con della farina per fare in modo che non appiccichi. Ritagliate le formine ed infornatele a 180 gradi per 8-10 minuti.

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RICETTA SENZA LATTE E SENZA UOVA

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Procedimento: Tritate i gamberi sgusciati con cipollotto, carota, sedano, erba cipollina, noce moscata, sale, pepe e tenete da parte. Impastate farina, sale e acqua calda. Stendete l’impasto in sfoglie molto sottili, ritagliate dei dischi, farcitene metà con i gamberi e sovrapponete l’altra metà sigillando i bordi con una forchetta. Preparate il sugo con due spicchi d’aglio, i pelati ed il basilico e cuocete i ravioli in acqua bollente salata. Quando vengono a galla saltateli nel sugo per qualche secondo e servite.

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Intervista con Umberto Smaila

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L'attore, cabarettista e cantante si racconta a margine della mostra che lo scorso 6 gennaio è stato ospitata allo Smaila's con tutte le foto dello storico Snoopy Club, il locale di Bosco Chiesanuova dove si esibirono, agli esordi, “I gatti di vicolo miracoli”.

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n veronese doc, enfant prodige, straordinario cabarettista e attore nonché amato personaggio televisivo. Alla luce di una carriera ricca di successi, dal debutto con “I gatti di vicolo miracoli” sino alle più recenti esperienze cinematografiche e un sogno nel cassetto: un Oscar per la colonna sonora. Dopo un tuffo fra i ricordi nella mostra allo Smaila's di Verona, era d'obbligo registrare le impressioni del suo protagonista indiscusso, Umberto Smaila; sempiterno uomo di scena. Umberto, la sua è un carriera davvero piena di soddisfazioni ed esperienze. Non ci pensa proprio a “mettersi a riposo” e godersi un po' di relax? Il mio esempio è Giorgio Albertazzi, ancora sulla scena all'età di 91 anni. E perché non citare, fra i più validi riferimenti, Tony Bennet, che superati gli ottanta ancora si esibisce nei duetti musicali con Lady Gaga. A pa-

“I gatti di vicolo miracoli” sul palco dello Snoopy Club di Bosco Chiesanuova (anni ‘70)

ragone, sono ancora un ragazzo. Un ragazzo che vanta dei meravigliosi ricordi in quel di Verona, come lo Snoopy Club di Bosco Chiesanuova. Ci fornisce un assist d'oro. Quali ricordi serba di quel periodo e di quell'esperienza? Diciamo che la memoria andava rinfrescata, e la mostra fotografica del 6 dicembre scorso si è rivelata l'ideale. L'emozione è stata forte. A Bosco, dopotutto, ho vissuto momenti straordinari. Quello era il periodo in cui “I Gatti di Vicolo Miracoli” muovevano i loro primi passi, una fase decisiva della mia carriera, che porto nel cuore unitamente alla nostalgia dei primi soldi guadagnati e alla soddisfazione di aver trascinato in Lessinia molti famosi personaggi dello spettacolo. Certo, il locale ha avuto vita breve, giusto qualche anno, ma dal punto di vista artistico ha vantato un'intensità e una qualità tali da superare la longevità di molti altri posti. Basti pensare a come abbia reso superflua persino la posizione periferica della zona,

l'impervietà montana. Credo che a Sandro de Silvestri vada un grande merito: ha sempre creduto in questo tipo di attività. Lo spirito di quegli anni per lei coincide con l'avventura de “I gatti di vicolo miracoli”. Come ricorda quel periodo? Lo spirito di cui parla, quello de “I gatti di Vicolo Miracoli”, penso debba molto alla mia originaria intuizione, ossia a quel vero e proprio lampo che seguì lo spettacolo dei Gufi cui avevo assistito al Teatro Nuovo di Verona. I Gufi erano un mito del cabaret milanese, e in particolare lo erano per me. Dopotutto, parliamo di personaggi come Nanni Svampa e Rino Patruno, artisti di calibro, in grado di infondere entusiasmo e ispirare chi, come me, rimaneva estasiato davanti ad un teatro strapieno di gente che si sbellicava dalle risate e si spellava le mani per applaudirli. Intravidi subito, perciò, la potenzialità di emulare i maestri nel creare un gruppo personale di cabaret. Jerry, Nino, Mallaby Spry


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ed io possedevamo dei talenti, delle qualità da sfruttare. La musica poteva essere il nostro lavoro, il nostro futuro. E così è stato. A Partire dal Derby Club di Milano... Esordimmo in quello che all'epoca era considerato il più famoso cabaret del Nord Italia, se non d'Italia intera. Nel corso della nostra esperienza ci siamo confrontati con Cochi&Renato, Iannacci, Paolo Villaggio e molti altri. Abbiamo calcato lo stesso palcoscenico ove figuravano personaggi straordinari: noi, freschi dei vent'anni, e loro già dei divi, tanto della televisione quanto dello spettacolo. Con “Non stop”, il programma di Enzo Trapani, ci trovammo accanto a Carlo Verdone, a Troisi con “La smorfia”, Gaspare e i

“Giancattivi”, quindi Nuti, Benvenuti e Cenci. Insomma, fummo parte di una vera e propria fucina di talenti. Ha un particolare episodio da raccontarci? Si, ho un bellissimo aneddoto che si riferisce a Verdone. Spesso andavo personalmente a provargli i pezzi di scena, e fu allora che gli suggerii di debuttare con il pezzo “I bambini di Dio”. Mi diede retta, e la storia è nota. Perciò, in definitiva, direi che secondo me il '78 è stato un periodo chiave, ci ha consegnati al grande successo, portandoci a fare dischi ed entrare in classifica, a vincere il Disco d'Oro e girare film campioni d'incasso. I locali che ho aperto in seguito, invece, corrispondono al desiderio di lasciare una preziosa eredità alla famiglia, in particolare a Rudy che sta seguen-

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do le mie orme in maniera direi piuttosto egregia. Inoltre, ad essere sinceri, la filosofia dell'autore postumo, colui che trae giovamento dai propri successi solo dopo il trapasso, non è nelle mie corde. Il successo va seminato e raccolto in vita, consumato nella stagione in cui matura. E di Verona, cosa ci può dire Umberto Smaila? Come ha trovato la sua città natale? Vi sono legato da un vero e proprio cordone ombelicale. Verona è sempre bella, di certo migliorata rispetto al passato; direi soprattutto grazie ad iniziative come gli spettacoli di Celentano e Morandi in Arena. Da villaggio quasi rustico e agricolo che Verona era ai primi anni 50, una civiltà più contadina che industriale, è balzata fra le città più importanti del Paese. Congediamoci con un sogno. Ne ha ancora uno da realizzare? Qualche sogno ce l'ho sempre nel cassetto, ma sono anche consapevole che per realizzarli bisogna darsi molto da fare... e ciò non è mai stato troppo nella mia tempra. Un sogno a cui terrei particolarmente, comunque, va letto sotto il segno di Nicola Piovani ne “La vita è bella” e si iscrive nella costellazione dell'Oscar. Sono in attesa della grande occasione, ma sono consapevole che il tempo non manca. Morricone docet.

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rovare il benessere a partire dalla luce. È questo il grande valore delle lampade True-light®, un prodotto unico, innovativo, biocompatibile in grado di migliorare la percezione visiva ed aumentare il benessere dell’occhio, chi viene aiutato da questo straordinario prodotto rimane più rilassato anche dopo ore di studio o di concentrazione. Si tratta di lampade a fluorescenza con una struttura a spirale che riproducono al 96% lo spettro della luce naturale. Oggi sono quanto di più vicino alla luce del sole possiate trovare in commercio. Ma il grande pregio di queste lampade sta nel fatto che con la loro luce attivano i biossidi di titanio depositati sulle superfici circostanti, permettendo non solo una migliore visione e minore affaticamento dell’occhio, ma anche la prevenzione di malesseri visivi, stress, malinconia, irritabilità e fatica che spesso sono collegate ad ambienti di lavoro illuminati da luce artificiale scadente. Molti di noi considerano oggi il LED come un ottimo compromesso tra qualità e prezzo nell’illuminazione degli ambienti, ma se andassimo a considerare le caratteristiche della luce di questi apparati, scopriremmo che si tratta in realtà di fasci illuminanti che non aiutano la nostra vista. Mentre le lampade True-light® contengono uno spettro regolare (rosso, giallo e blu) e forniscono un’illuminazione omogenea, i proiettori LED hanno un picco di luce blu che affatica molto l’occhio. Fu lo stesso Ministro della Salute Ferruccio Fazio che, nel 2011, rispose ad un’interrogazione europea pubblicando un documento in cui si pone attenzione ai potenziali rischi di un’illuminazione ottenuta con tecnologia LED. Per questo motivo le lampade True-light® rappresentano l’eccellenza in merito a benessere e qualità di illuminazione. A dare conferma dell’unicità di questa tecnologia una recente collaborazione del team Lightfull® con AIMO, l’Associazione Italiana Medici Oculisti. A seguito di un lungo periodo di sperimentazione che ha coinvolto anche gli utenti della Biblioteca Civica di Verona, l’AIMO stessa ha riconosciuto la bontà del prodotto e ne ha fatto materia di studio al 5° Congresso Nazionale dell’Associazione, che si è tenuto a Roma il 7 novembre scorso. In quell’occasione medici e oculisti hanno potuto conoscere, grazie alla collaborazione di sette medici specialisti e due ottici, i benefici che si possono ottenere con True-light®, la lampadina della “luce vera”. Da questa prima “tappa” partirà nel prossimo anno un tour itinerante in Italia dove professionisti, insegnanti, medici e curiosi potranno conoscere l’importanza della luce corretta per leggere, lavorare e aumentare il comfort della nostra quotidianità domestica. Il Congresso è stato in realtà l’ultima parte di un lungo progetto di ricerca che Lightfull® ha commissionato proprio all’AIMO, ma che ha coinvolto anche Federottica, l’Associazione Federativa Nazionale degli ottici optometristi. Lo screening in Civica, grazie alla collaborazione del Dott. Raise, direttore della Biblioteca, è iniziato con l’installazione delle lampade sui

I 9 PROFESSORI COINVOLTI DURANTE IL 5° CONGRESSO NAZIONALE AIMO Dr. Simini Nicola Ergoftalmologo Dr. Carta Francesco Neuroftalmologo Dr. Nicola Pescosolido Medico Chirurgo - Oculista

Dr. Marzia Toni Ottico Dr. Luigi Perboni Ottico Dr. Mario Zuppardo Professore di Optometria all’Università di Firenze

Dr. Nicolò Ceccarelli Ortottista assistente in Oftalmologia

Dr. Alessandro Galan Direttore U.O.C. di Oculistica Dr. Maria Letizia Boccia Oculista ambulatoriale tavoli del primo piano, laddove molti studenti passano intere giornate chini sui libri. Proprio a loro è stato consegnato un questionario redatto da AIMO per stabilire come, con l’utilizzo delle lampadine True-light®, fosse diminuita la stanchezza visiva, e migliorati la gradevolezza della luce e la percezione dei colori. I risultati sono stati sbalorditivi con l’89% dei test che hanno dato esito positivo. Ma per rafforzare questo primo passaggio, è stata coinvolta anche Federottica, in modo da poter evidenziare l’aspetto tecnico e dare una scientificità ai risultati della ricerca. Sotto la guida del Dr. Perboni sono state analizzate le lampade con strumenti oggettivi e molto precisi, e quindi i ragazzi sono stati sottoposti ad un esame dell’occhio sia prima che dopo le ore di studio in biblioteca. Anche in questo caso i risultati hanno confermato il valore di True-light®, dato che dalla quasi totalità degli studenti interpellati sono emersi quattro importanti considerazioni: - un minor affaticamento visivo; - una minore sensazione di abbagliamento; - un maggiore contrasto; - una migliore percezione dei colori. Grazie a questo sforzo che ha coinvolto sia lo staff di Lightfull® che i professionisti di AIMO, la conoscenza del valore di Truelight® ha iniziato ad ottenere, anche in Italia, la stima di cui già gode in gran parte del resto d’Europa. TiO2 è il Biossido di Titanio. Una polvere cristallina incolore, presente in natura in tre forme colorate a causa di impurità pre-


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vita all’Arsenale Austriaco. Numerosi i momenti riservati alle famiglie tra cui la presenza di Babbo Natale, l’animazione e le dimostrazioni di laboratori per i più piccoli. Info: 045.8379621 - www.comune.verona.it

EVENTI E APPUNTAMENTI

IN CITTÀ DAL 20 NOVEMBRE AL 20 DICEMBRE - VERONA CHRISTKINDLMARKT DI NORIMBERGA Piazza dei Signori - dalle 10:00 alle 21:30; venerdì e sabato dalle 10:00 alle 23:00 Lo scenografico mercatino natalizio tedesco è diventato oramai un must del Natale veronese, occasione da non perdere per immergersi nell'atmosfera e nella cultura bavarese a pochi passi da casa. Info: www.nataleaverona.it DAL 22 NOVEMBRE AL 28 DICEMBRE - VERONA IL MERCATINO DI NATALE DI VERONA Cortile Mercato Vecchio e Cortile Ex Tribunale Anche se i mercatini di Norimberga hanno il loro fascino, il veronese tiene alle sue tradizioni e ai suoi sapori. Ecco perché i produttori locali saranno protagonisti in Cortile Mercato Vecchio ed Ex Tribunale. Le bancarelle saranno piene di leccornie dolci e salate, di squisitezze genuine e artigianali, dall’irrinunciabile sapore antico. Info: www.nataleaverona.it DAL 29 NOVEMBRE AL 25 GENNAIO – VERONA 31^ MOSTRA PRESEPI Arena di Verona – 9:00/20:00 I presepi esposti all’interno della preziosa cornice romana rifletteranno le culture e le tradizioni dei Paesi da cui provengono e infonderanno al visitatore il loro antico messaggio di pace. Biglietti: Intero 7,00€; Ridotto 6,00€; Speciale Scuole 4,00€. Info: Fondazione Verona per l’Arena - Tel. 045.592544 - www.presepiarenaverona.it 6, 7, 8, 13, 14, 20, 21 DICEMBRE – VERONA NATALE IN ARSENALE Arsenale militare – dalle 10:00 alle 19:30 Nei tre fine settimana che precedono il Natale, un mercatino natalizio dedicato all’artigianato e ai prodotti artistici prende

DAL 13 DICEMBRE ALL’11 GENNAIO – VERONA MOSTRA DEL PRESEPIO TRADIZIONALE Sala Birolli – orari di apertura indicati sotto L’Associazione Italiana Amici del Presepio Verona torna ad organizzare la mostra più artistica dei presepi a Verona, dove tutta l’artigianalità della rappresentazione della Natività saprà incantare e stupire. La mostra sarà aperta dal lunedì al venerdì dalle 15:00 alle 19:00, mentre sabato, domenica e festivi dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15:00 alle 19:00. Natale e il 1 gennaio apertura solo pomeridiana dalle 15:00 alle 19:00. Ingresso gratuito, la mostra sarà allestita da volontari, quindi è possibile lasciare un’offerta minima per garantire il proseguo di questa stupenda iniziativa. Info: 349.4958361- www.presepiverona.it 20 E 21 DICEMBRE – VERONA MANI CREATIVE, MOSTRA ARTIGIANATO Gran Guardia Mostra mercato, con dimostrazioni dal vivo, per promuovere e dare lustro alle produzioni artigianali del territorio scaligero. Decine di stand e postazioni troveranno posto sotto il loggiato del Palazzo della Gran Guardia per ospitare prodotti in esposizione e lavorazioni in corso d’opera dedicati all’eccellenza del “made in Verona”. Manufatti in ceramica, vasi in vetro decorati, oggetti in fase di restauro e molto altro. Info: 045.8033400 20 DICEMBRE – VERONA 17° BABBO NATALE IN MOTO Partenza da Villafranca – Ore 16:30 Partenza dal Via Adamello a Villafranca alle ore 16:30, sosta a Povegliano con cioccolata calda, quindi passaggio per Villafranca e arrivo alle 20:00 in Piazza Bra con risottata per tutti. Il ricavato sarà devoluto all’Associazione Onlus “Opero Silente” e in parte ad altre due Associazioni ONLUS del Veronese. Info: www.theghostmotoclub.com

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Eventi di fine anno

EVENTI E APPUNTAMENTI

IN PROVINCIA DAL 7 DICEMBRE ALL’11 GENNAIO – BADIA CALAVENA 9° MOSTRA PRESEPI - SANTO NATALE IN BADIA Oratorio Abbazia di Badia Calavena - Ore 14:30/18:30 Torna la mostra presepi nella suggestiva abbazia di Badia Calavena, che come ogni anno ospiterà dei lavori che uniscono tradizione e artigianato di montagna. Organizzata dagli Gruppo Alpini locale sarà aperta nei giorni 7,8, 14, 20, 21 ,25, 26, 28 dicembre 2014 e 1, 4, 6, 11 gennaio 2015. Ingresso libero. Info: 349.1358797 26 DICEMBRE E 4 GENNAIO - LUGO PRESEPE VIVENTE Corso di Lugo – Vie del Paese Da circa tre anni a Natale il Comitato Corso fa rivivere la tradizione del Presepe vivente nell'antica contrada di Corso, una stupenda occasione per trascorrere delle ore piacevoli e riscoprire (dal vivo) i lavori di un tempo. Quest'anno, per dare un'impronta un po' diversa, gli organizzatori sono alla ricerca di volontari che vogliano insegnare nuovi lavori o possano mettere a disposizione attrezzi antichi per l'allestimento del presepe. Info: Giovanna dal Corso 347.9651533 26 DICEMBRE – CERRO VERONESE CONCERTO GOSPEL “4LOVE” Teatro parrocchiale – Ore 21:00 Imperdibile appuntamento con “Miracles in the night Christmas” a cura del gruppo 4Love, 6 artisti con accompagnamento di sezione ritmica, direttamente dagli Stati Uniti. Ingresso €13, ridotto €9, prevendite dal 1 dicembre ai numeri 392.2565954 e 348.2502992 oppure danilo@teatrocerro.

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it e info@teatrocerro.it È necessaria la prenotazione obbligata dei posti prima della serata. DAL 24 AL 26 DICEMBRE - CAMPOFONTANA PRESEPIO VIVENTE Contrada Roncari - Ore 21:00 Torna uno dei presepi viventi più suggestivi della provincia, quello di Campofontana. Mercoledì 24 con l’arrivo di Maria, Giuseppe e l’asinello accompagnati dalla Santa Messa, giovedì 25 con la sfilata dei pastori e i canti corali, e venerdì 26 con i Re Magi e i trombettieri di San Giovanni Ilarione. Info: www.presepecampofontana.it 4 GENNAIO - VALDIPORRO CONCERTO “ARMONIE DI VOCI NATALIZIE” Chiesa Sant’Antonio Abate - Ore 18:00 Serata che anticipa l’Epifania con una rassegna di canti natalizi messi in scena da alcuni dei gruppi corali del territorio. Si esibiranno: il “Piccole Dolomiti” di Illasi condotto da Zeno Castagnini e “La Frizzolana” di Bosco Chiesanuova diretta da Rodolfo Squaranti. Ingresso libero. Info: Gruppo XXXIII Comuni, 045.6780439 17 E 18 GENNAIO – CONCAMARISE 4^ FESTA DI SANT’ANTONIO ABATE Centro storico Arriva alla quarta edizione uno degli appuntamenti che affondano le radici nella tradizione veronese. Sabato 17 Santa Messa alle 18:30 e dalle 20:00 stand enogastronomici con grigliata mista e graspia. €12, ma cena offerta a tutti gli Antonio e Antonietta. Mostra dedicata ai giochi dei nonni e alle 21:00 show del cantastorie Uber Bamba Trevisani. Domenica 18 raduno delle confraternite “Nostalgici del Tabar” alle 10:00. Alle 10:30 Santa Messa e alle 12:00 benedizione degli animali domestici. Alle 13:00 al ristorante Reysol pranzo con piatti tipici dell’epoca a €25. La soc. agricola “La Grande” darà dimostrazione della cottura di una forma di Parmigiano Reggiano. Prenotazioni per domenica 18 entro il 6 gennaio ai numeri 0442.83893, 348.5336833, 0442.374120, 349.5531998. © Infoval srl

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Eventi di fine anno

di Alessandra Scolari

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Il panettone “Infermentum”

Quattro giovani impegnati a realizzare i loro sogni, nell’intento di trovare un’affermazione occupazionale e imprenditoriale gratificante. Come? Producendo dolci e salati «lievitati a passione» e avvalendosi delle moderne tecnologie per la vendita: on line e attraverso le relazioni personali (per ora).

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cco i protagonisti di questo nuovo progetto che sta nascendo a Stallavena: Francesco Borioli, ex capo clan degli Scout, laureato in ingegneria ambientale, master chef, che il gruppo definisce «il sognatore, che con passione sta dando la vita a Infermentum»; Luca Dal Corso, laureato in ingegneria industriale, lo affianca nella produzione con precisione, metodo e costanza «ingredienti indispensabili per ottenere la qualità»; Daniele Massella, laureato in ingegneria ambientale, segue l’aspetto amministrativo; Elisa Dalle Pezze, laureata in marketing alla Cattolica di Milano, specializzata in ottica, ma che non pensa di «fermarsi lì», mette in campo le sue competenze nella vendita. Il loro progetto è descritto (come in una fiaba), nella busta dei panettoni «eravamo tutto un fermento sin da bambini. Oggi continuiamo con le mani sempre in pasta. Per chi già a sei anni preparava torte, il percorso può essere tortuoso, ma lì torna, prima o poi. Se poi c’è l’aiuto

degli amici, uno che trova sempre il modo di realizzare ciò che pensa, l’altro attento ai numeri, e dell’amica vulcanica, attiva nella comunicazione sin dalla prima parola pronunciata, la passione prende forma». I quattro giovani, tutti della Valpantena, dichiarano: «non vogliamo essere solo un laboratorio artigianale che fa prodotti lievitati, ma diventare una realtà di condivisione, di benessere e di calore» e presentano i panettoni natalizi, le torte per San Valentino e le colombe pasquali «per ora». Ad osservarli, nell’illustrare il loro progetto agli amici e conoscenti, ci si entusiasma subito. I toni di voce sono pacati, coinvolgenti e trascinanti: «è tutto artigianale e genuino (dall’uva all’arancia per i canditi). Abbiamo passato le notti a vedere lievitare l’impasto, a pensare all’organizzazione e al mercato». Poi a sfornare «ben 22 ore di calore». Ribadiscono che il «Panettone Infermentum contiene la passione e lievitazione naturale della stessa

pasta madre che vide i nostri primi esperimenti in cucina». Precisa Francesco Borioli, tra il serio e il faceto, «dopo tanto tempo trascorso a seguire la nascita di Infermentum, adesso siamo alla fase due: promozione e vendita». Non amano parlare di prezzo, prima dicono «bisogna assaggiare, assaporare e capire che il prodotto è senza aromi, coloranti, conservanti ed emulsionanti. Poi se vi piace, ve lo regalate e lo donate a parenti ed amici». Quattro giovani che insieme, con entusiasmo e determinazione, si stanno buttando con fiducia in questa nuova avventura.

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Il peso delle parole

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di Francesca Mauli

Come vengono dipinti i femmicidi dai media italiani? Tra stereotipi di genere e pregiudizi legati alla provenienza geografica di vittime e carnefici, i giornalisti del Belpaese sembrano ancora lontani da una vera consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti dei loro lettori e della mentalità comune che contribuiscono a plasmare attraverso le loro parole.

L’

ha uccisa in un raptus. 5 minuti di follia, perché era geloso, perché lei voleva lasciarlo, perché non indossava più il velo. Addirittura perché “faceva caldo”, e si sa, quando fa caldo non si ragiona più, e si ammazza la propria compagna. Sono solo alcuni dei modi con cui i media italiani rappresentano abitualmente il femmicidio. Modi distorti, in cui la vittima ha un concorso di colpa con il suo assassino che, preso da un momento di pazzia, abbandona la sua normalità di compagno innamorato, per trasformarsi in mostro, per poi rientrare nuovamente nella normalità. Ecco allora il coro dei “è un bravo ragazzo”, “non farebbe mai male a nessuno”, “l’amava moltissimo” snocciolati dai conoscenti, increduli. Ma è davvero così? Ne abbiamo discusso con Cristina Martini, ricercatrice di ProsMedia, gruppo di Analisi Interculturale dei Media del

Centro Studi Interculturali dell’Università degli Studi di Verona. «Nonostante quanto abitualmente affermato dai media, il raptus non esiste in psicologia. Queste persone, nel 99% dei casi, sono perfettamente lucide: fanno chilometri in auto portando con sé l'arma con l’obiettivo di andare a uccidere, pensano a come sbarazzarsi del corpo» chiarisce la Martini, che prosegue spiegando in cosa consiste il suo lavoro e a quali conclusioni l’abbia condotta. «Dopo aver analizzato la rappresentazione, da parte dell’Agenzia Ansa, dei protagonisti di incidenti stradali, scoprendo come siano trattati diversamente in base alla loro provenienza, italiana o straniera, ho iniziato a occuparmi dell’analisi dei “femmicidi”, ovvero degli omicidi di donne in quanto tali, in cui l'uomo si sente legittimato a uccidere perché superiore e detentore di un diritto di possesso sulla donna, riflesso della mentalità patriarca-

Cristina Martini, prima a destra, alla serata di Nogara con Laura Roveri di cui avete letto nello scorso numero di Pantheon.

FEMMICIDIO e FEMMINICIDIO Il “femmicidio” è l'omicidio di una donna in quanto donna, in cui l'uomo si sente legittimato ad uccidere perché superiore e detentore di un diritto di possesso sulla donna, come riflesso della mentalità patriarcale. Questo non comprende ovviamente i casi in cui una donna venga uccisa per esempio per una rapina. Il concetto di “femminicidio” è invece più ampio, perché comprende sia la donna che muore fisicamente, sia la donna che muore psicologicamente, perché la violenza è tale da non consentirle più di riprendere la vita che conduceva prima.

le. Ne è nato un Osservatorio sul Femmicidio che si trova sul blog prosmedia.org». Da questa analisi è emerso come anche qui vi sia una differenza di trattamento dei protagonisti in base alla loro provenienza. «In realtà il problema è comune, perché qualsiasi sia la provenienza dell'omicida, alla base vi è una cultura del possesso. L'italiano uccide la moglie italiana, lo straniero uccide la moglie straniera. E mentre l'italiano viene giustificato e la sua colpa viene divisa con la vittima (lei lo aveva provocato, tradito, voleva lasciarlo), tanto che il delitto viene etichettato dal giornalista come un “improvviso momento di follia” che richiede quindi una perizia psicologica, quando il protagonista è uno straniero si tratta quasi sempre, secondo i media, di “atto premeditato”, legato alla mancata accettazione dei nuovi costumi “occidentali” della moglie, e l’accento viene quindi spostato sull'aspetto religioso, come se si trattasse di omicidi “degli altri”, che non ci riguardano. Nella realtà dei fatti il problema alla base è sem-


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RUBRICA

pre lo stesso: la cultura patriarcale del possesso dell’uomo nei confronti della donna. Sono omicidi trasversali, che riguardano tutte le latitudini, le età, le provenienze sociali, economiche e culturali». Il fatto che i media dipingano questi gesti come raptus improvvisi è, secondo Cristina Martini, molto pericoloso, perché contribuisce a portare avanti una mentalità in cui la violenza da parte dell’uomo viene sempre giustificata. La colpa è della follia, o della donna che ha provocato questa follia; mai dell’uomo. E questa stessa mentalità porta spesso le stesse donne a giustificare la sberla ricevuta, etichettandola come un gesto isolato, causato da un suo errore, Infoval srl © Infoval srl

dalla stanchezza, dal nervosismo. Che cosa dovrebbero fare, quindi, i media, per trattare nel modo corretto il femmicidio? «Il linguaggio è molto importante perché veicola stereotipi e giudizi che intaccano il pensare comune; occorre quindi fare sempre più attenzione a questo aspetto. Bisognerebbe poi evitare di parlare del problema culturale di possesso sotteso ai femmicidi solo negli editoriali, trattandolo anche negli articoli di cronaca, dove al momento trovano spazio solo gli aspetti più “pruriginosi” delle vicende, che portano a scavare nella vita della vittima. Attenzione, nella sua vita, più che in quella del carnefice, con risvolti che rasentano il gossip. Dovreb-

be essere creato, come è stato fatto per i migranti con la Carta di Roma, un codice deontologico a cui attenersi nel trattamento di queste tematiche che possa fungere anche da strumento giuridico di tutela nei confronti delle vittime» maltrattate quindi non solo dagli uomini, ma anche dalla carta stampata. «Il corretto modo di parlare di un femmicidio è quello di rappresentarlo come il tragico epilogo di una serie di soprusi e violenze che si sono succeduti nel tempo. Perché i segnali ci sono sempre. I tipi di violenza sono tanti, pensiamo per esempio alla violenza psicologica o a quella economica, e non sempre lasciano lividi visibili sul corpo. Noi ci occupiamo di analizzare i femmicidi, ma l’analisi andrebbe fatta a monte; i provvedimenti andrebbero presi prima, perché quando si arriva al femmicidio, ormai è troppo tardi».

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INCONTRO Giovani e utilizzo di internet

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L'empatia non è digitale Interessante incontro di Rete Prospettiva Famiglia sul tema dei rischi legati all'utilizzo di internet da parte dei ragazzi e dei giovanissimi. Due esperti davanti ad una nutritissima platea hanno cercato di spiegare l'importanza di un comportamento di esempio da parte dei genitori nella costruzione di rapporti umani più potenti del web. di Matteo Bellamoli

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o scorso 13 novembre, al Tommasoli di Borgo Venezia, ad inaugurare il lavoro 2014/2015 di Rete Prospettiva Famiglia è andato in scena l'appuntamento dal titolo “I linguaggi della tv, di internet, dei social networks: siamo veramente consapevoli dei rischi che possono correre i nostri ragazzi?”, inserito nel modulo di Scuola per i Genitori “Relazione con l'esterno”. Ospiti della serata Tommaso Palumbo, dirigente del Compartimento di Polizia Postale e Telecomunicazioni per il Veneto, e Gianluca Godino, psicoterapeuta. Davanti a 165 persone, si è discusso di un tema molto vicino alle famiglie: il binomio giovani e web. Il Comandante Palumbo ha esordito sottolineando che ogni informazione postata o inserita sul web, anche se siamo convinti di averne il controllo, diventa di fatto pubblica e quindi non più circoscrivibile. «Anche nei rari casi in cui si arriva a cancellare il documento dal server che lo ha pubblicato, è da ritenersi pura utopia quella di sperare di averne bloccato la diffusione». Consigli? Evitare di pubblicare dati o immagini che potrebbero rappresentare per noi un danno. «o peggio immagini dei nostri figli o comunque di minori» ha

Il Comandante Palumbo durante il suo intervento

insistito Palumbo. «Sono spesso i grandi a pubblicare foto in posizioni ammiccanti, quando non propriamente erotiche. Se adottiamo comportamenti equivoci quando non apertamente conturbanti, i nostri ragazzi molto probabilmente si sentiranno autorizzati a fare altrettanto». Meno tecnico l'intervento del Dott. Godino, che ha invece provato ad illustrare come, dietro alle nuove abitudini dei giovani e dei giovanissimi nell'utilizzo smodato di internet, possano nascondersi rischi anche di dipendenza. «Le conseguenze del navigare in Internet si riflettono nella nostra vita sociale». Le dipendenze web sono essenzialmente quattro: la “Videosexual addiction”, legata a scene di stampo sessuale; il “Net Gaming”, ovvero il vizio di giocare on line; la “Overload information Addiction”, ossia l’overdose di acquisizione

di informazioni ed infine il “Muds Addiction”, la dipendenza da videogiochi. In tutti questi casi si assiste ad una serie di conseguenze facilmente prevedibili: giovani in assenza di sonno dopo troppe ore davanti al computer, oppure con irascibilità elevata. Seppure internet sia uno strumento utile, occorre aumentare il nostro senso di autocritica: riflettiamo su quello che scriviamo o postiamo, cerchiamo di mantenere un contatto con la realtà esterna anche quando usiamo un computer. Il miglior consiglio per le famiglie? Anche questa volta il rapporto umano. Possiamo avere tutte le scorciatoie tecnologiche del mondo, ma con i propri figli occorre andare al di là di questa tecnologia per fondare un vero e sano dialogo, un legame di empatia che li porti ad essere sinceri con la propria famiglia.


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CULTURA Intervista con Stefano Pachera, presidente dell’Accademia di Belle Arti

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Siamo pronti a creare iniziative per Expo

di Erika Prandi

L’Accademia di Belle Arti lancia nuovi progetti per il territorio, parola del suo presidente, che abbiamo intervistato qualche settimana fa. L’obiettivo? Diventare un’eccellenza di riferimento.

T

ra pochi mesi prenderà il via Expo 2015 e anche Verona si sta preparando al grande evento. Ne abbiamo parlato con il presidente dell’Accademia di Belle Arti Stefano Pachera che, all’inizio del suo secondo mandato, aveva dichiarato di voler creare un’”accademia diffusa”. Presidente Pachera, nel 2012, quando è stato riconfermato, ha dichiarato di voler rilanciare la nuova Accademia. Cosa è accaduto da allora? Considero il 2012 come l'anno zero per questa Accademia perché abbiamo dovuto fare un lavoro lunghissimo di rifondazione giuridica che ha portato alla nascita della Fondazione. Prima c'erano dei meccanismi interni di

istituzione che bloccavano qualsiasi iniziativa perché era una forma di associazione giuridica di vecchia origine dove uno degli organismi era il corpo accademico, che non erano i docenti ma una serie di persone nominate a vita che approvavano il bilancio. Prima si chiamava “Accademia di Belle Arti Cignaroli”. Noi abbiamo perso il nome pur restando accademia, loro lo hanno mantenuto ma senza le attività che sono nostre. Ora con la Fondazione non abbiamo più questo vincolo e possiamo accedere ai finanziamenti che precedentemente venivano tassati. Quali sono i progetti in essere e quali quelli futuri? Stiamo costruendo un Gect (Gruppo Europeo di Cooperazio-

ne Territoriale) perché puntiamo a fare dell’Accademia un riferimento culturale e formativo d'area. L'obiettivo è diventare un'eccellenza di riferimento territoriale. Non solo con la formazione scolastica, ma anche attraverso progetti che introducano nel territorio del Veneto, Trentino e parte della Lombardia fino ad arrivare in Istria. Con l’idea di creare “un'Accademia diffusa” vi siete spinti fino in Cina e in Russia.. In Cina le collaborazioni sono con gli studenti. Quest'anno ne abbiamo dodici. Con la Russia è uno scambio culturale che avviene attraverso un’associazione di russi residenti a Verona che si chiama Russkij Dom. Sono già venuti degli studenti da noi e presto andremo noi là sia con delle mostre che con altre attività. In fondo le accademie russe nascono sul modello di quelle italiane. L’Accademia che rapporto ha con la città? Siamo dentro a tutte le attività culturali. Venti giorni fa abbiamo proposto di partecipare, con il Comune di Verona, alla scelta dei colori interni della nuova tramvia. Ogni posto ha bisogno di un suo colore perché si renda migliore la vita di chi li usa. Poi abbiamo già firmato una convenzione con il carcere sia per la scelta dei colori interni delle stanze sia per la


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Intervista con Stefano Pachera, presidente dell’Accademia di Belle Arti

gestione di atelier o altre iniziative come i murales. Una curiosità: qual è il corso che ha più iscritti? È il corso di design ed è anche quello che ha più sbocchi professionali. Molti si fermano al terzo anno. Io consiglio di fare la specialistica in un ambiente diverso per poter vivere due realtà. Il 2015 è l’anno di Expo e Verona ospiterà un’importante mostra su Arte e Vino. Voi come vi inserirete in questo contesto? Non abbiamo ancora la forza di tenere in piedi un'iniziativa che possa interloquire con Milano. Quando siamo venuti a conoscenza dell’ATS VeronaExpo abbiamo accettato con entusiasmo di farne parte. A breve stileremo una lista delle attività che ci coinvolgeranno. E pensare, ad esempio, ad una mostra dei vostri allievi alla Gran Guardia? Potrebbe essere un'idea, ma alcune cose riusciamo a gestirle noi, altre no. Non è difficile fare

una mostra, ma sarebbe più complesso collegarla con Expo. Per fare una cosa che rientri nel contesto dell’esposizione universale bisognerebbe che qualcuno ne curasse i rapporti. Noi qui facciamo scuola, quindi per tutte le attività esterne serve un coordinamento. Per dare visibilità agli studenti organizziamo una volta all'anno “First Step” che è una mostra in tutte le gallerie e in alcune zone interessanti della città in cui vengono esposti i lavori dei ragazzi selezionati da un critico d'arte. Facciamo anche un opuscolo che rappresenta per loro una vetrina. Quest'anno abbiamo avuto anche alcuni hotel che ci hanno chiesto degli studenti. Noi li mettiamo in contatto poi ci pensano loro. Un’ultima domanda: che futuro vede per l'Accademia? Siamo sempre stati in crescita. Quando sono venuto qui nel 2007 gli studenti erano 250 ora sono 500, il che è un buon dato. Una città come Verona può am-

Stefano Pachera

bire ai 1000 studenti. Puntiamo a raddoppiare il numero continuando a fare quello che stiamo facendo, oltre a migliorare l'ambiente. A marzo inizieremo i lavori di restauro della facciata esterba, per ridarle il giusto prestigio. Per il finanziamento faremo un cofounding di raccolta fondi. Solo gli interventi per la facciata avranno un costo di circa 170mila Euro e verranno sistemate coinvolgendo i ragazzi del nostro corso di restauro. SIAMO AL TUO SERVIZI0:

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SPORT Alberto Limatore abbatte un altro Guinness

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Quando il record diventa (quasi) routine

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nfrangere un primato sportivo non è una cosa che accade tutti i giorni. Anzi, in certe discipline queste barriere durano anni ed anni, inducendo al pensiero che il limite umano sia ormai stato raggiunto. Poi, fortunatamente, arriva il giorno in cui quel muro viene abbattuto, meravigliando di nuovo tutti. Alberto Limatore, asso veronese del bike trial, dopo aver chiuso una carriera agonistica piena di soddisfazioni, ha deciso di impiegare in modo diverso le proprie abilità. Ora Alberto, oltre a dedicarsi quasi a tempo pieno ad esibizioni e spettacoli, oltre a corsi di bike trial e di tecniche di guida con mountain bike, prosegue la sua carriera nei tentativi di battere i record del Guinness. Già quattro volte, dal 1999 al 2013, è riuscito nell'impresa ed è in procinto di arrivare alla quinta. L'ultimo record, in attesa di omologazione, è stato superato poco più di un mese fa, il 25 ottobre a Dossobuono. Limatore ha messo nel proprio mirino il "Most bunny hops in 30 seconds": si tratta di saltare il maggior numero di volte un'asta alta 5 centimetri, con mezzo minuto di tempo e, naturalmente, senza possibilità di poggiare i piedi. Il precedente record apparteneva allo statunitense Bryan Ventura che nel 2009, in occasione degli X-Games di Los Angeles, aveva saltato 41 volte. Come da regolamento, Li-

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di Emanuele Pezzo

L'asso veronese del bike trial, che adesso si tiene impegnato con show e corsi vari, lo scorso 25 ottobre a Dossobuono ha abbattuto il record di balzi in mezzo minuto detenuto dal californiano Bryan Ventura, arrivando addirittura vicino a doppiarlo.

© foto Gianluca Bonafini

matore ha precedentemente comunicato l'intenzione di provare a superare il primato. Ricevute le linee guida dall'ufficio centrale del Guinness World Records, ha pianificato il tentativo, come racconta: «erano presenti due cronometristi ufficiali, un addetto con un apparecchio contabalzi, vari testimoni e, inoltre, abbiamo ripreso il tentativo con quattro videocamere da quattro angolazioni diverse. Il tutto per avere la documentazione necessaria da inviare a Londra». Mentre in allenamento Alberto totalizzava una sessantina di balzi, a Dossobuono ha deciso di non fermarsi al primo tentativo, nel quale ha comunque battuto il record di Ventura con 62 "bunny hops". Al secondo tentativo è successo l'incredibile, come racconta: «si vede

che sono partito col ritmo giusto. Ne ho fatti un sacco: sono arrivato a 73 ed è stata un'enorme sorpresa anche per me». Spedita la documentazione al Guinness World Records, ora Alberto è in attesa di ricevere risposta sull'omologazione e, di conseguenza, sull'inclusione del suo nome nell'almanacco del 2016. Ma il prossimo obiettivo è già alle porte, visto che il 24 gennaio, a Verona, cercherà di attaccare il record del maggior numero di balzi consecutivi, che ora è di 130. Le novità, al giorno d'oggi, impiegano ben poco a perdere quel gusto di fresco. Questo sembra valere pure per un campione dello sport che, dopo i grandi successi ottenuti in carriera, non riesce a smettere di porsi nuovi obiettivi, impossibili per qualsiasi altra persona.

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LETTERATURA Incontro con Arturo Pèrez-Reverte

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“La scrittura mette ordine nella mia vita” Nella bellissima Villa Spinosa, a Negrar, lo scorso 14 novembre uno dei più celebri scrittori spagnoli ha presentato la sua ultima fatica, “Il cecchino paziente”. Dall'adolescenza come reporter nella Sarajevo bombardata, fino all'intensa vita artistica che lo ha visto firmare alcuni dei capolavori letterari di questo secolo.

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libri sono porte che ti fanno uscire in strada. […] servono anche a tenere a bada tante brutte cose. I fantasmi, la solitudine e altre stronzate del genere. A volte mi chiedo come possiate farcela, voi che non leggete» (tratto da La regina del Sud). È piccolo, non molto alto, eppure leggendo alcuni dei suoi bestsellers come Il club Dumas, Le avventure del Capitano Alatriste, La Regina del Sud, Il tango della vecchia Guardia, non si poteva che immaginarlo imponente come la sua prosa, fatta di frasi lunghe e di parole intense, o come i suoi personaggi misteriosi e passionali che entrano con forza nella memoria. Arturo Pérez-Reverte, scrittore spagnolo più venduto al mondo e membro dal 2003 della Real Academia Española de la Lengua, è convinto che i libri siano in grado di salvare o meglio che siano una consolazione, l'unica, per sopportare il mondo. E un uomo così, certo che le parole siano in qualche modo un destino e che i testi scelgano i loro lettori e non il contrario, non poteva che avere una casa piena di libri. Trentamila volumi, dice, quando qualcuno gliene chiede il numero, agli ammiratori raccolti nella serata di venerdì 14 novembre nelle belle sale di Villa Spinosa a Negrar, per la prima presentazione italiana della sua ultima fatica letteraria, Il cecchino paziente (Rizzoli, p.253). Una biblioteca grande perché la sua è una vita di lettore che inizia a otto anni, con una trentina di li-

di Miryam Scandola

© foto mademoiselledupetitbois.files.wordpress.com

bri regalati per la Comunione dai parenti, «come voleva mia madre». Oggi è la biblioteca il luogo del suo cuore dove, confida ai fedelissimi con in grembo i suoi romanzi da autografare, vorrebbe morire. Perché lui i libri non li legge solamente. Li spolvera, li tocca, li apre un attimo per trovare l'ispirazione e poi li richiude, sempre grato. In mezzo a loro si sente protetto e al sicuro perché è «il mondo fuori che non mi piace», dice con il sorriso stanco di chi ha visto troppo. Troppe «donne tristi», troppi «uomini crudeli», troppi «bambini pericolosi» hanno popolato i suoi vent'anni da reporter di guerra per metà pianeta, dal Libano all'Eritrea, dal Nicaragua fino alla Bosnia. «Ho vissuto una vita disordinata perché a diciotto anni quando sei in mezzo alle guerra, ti sembra tutto affascinante. Io volevo essere come i protagonisti dei libri che leggevo, volevo vivere avventure, conoscere belle donne, vedere luoghi. Adesso cerco di riordinare

questo disordine, cerco di dare un equilibrio a queste cose sparse, e ad aiutarmi è la scrittura». Non per niente i libri, i suoi, che ha iniziato a scrivere negli anni Novanta dopo aver chiuso con il mondo del reportage, parlano di disastri, di persone disfatte e di eroi stanchi. I protagonisti delle sue storie sono «diseredati che camminano, senza dei, sempre in cerca di qualcosa», eroici solo nella loro marginalità perché è nella dignità di questa solitudine che trovano la loro epica. Ed è allora in una «società stupida» come quella di oggi, popolata da eroi soli, che la storia di Sniper (il writer, protagonista del suo Il cecchino paziente, ndr), merita di essere raccontata. Un romanzo sul mondo difficile che sta dietro ad una mano incosciente che sporca i vagoni dei treni di tutti. Un viaggio, insomma, nell'etica della deturpazione. «Proprio a Verona», risponde Reverte, quando il giornalista Luca Crovi, che ha dialogato con lui du-


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Incontro con Arturo Pèrez-Reverte In questa pagina tre dei più famosi titoli di Pèrez-Reverte. Da sinistra “Le avventure del Capitano Alatriste” nell’edizione originale, “Il tango della Vecchia Guardia” e “Il Club Dumas” in una edizione francese. Della serie di romanzi con protagonista Alatriste, è stato tratto anche un film “Il destino del Capitano Alatriste” uscito nel 2006 per la regia di Agustín Díaz Yanes. Nel cast anche Viggo Mortensen.

rante la presentazione veronese del libro, gli chiede dove ha trovato l'ispirazione per questo suo ultimo lavoro. «E più precisamente», aggiunge «nella casa di Giulietta», quando ha visto i turisti scattare foto al muro ricoperto di chewing gum e frasi d'amore, invece che al balcone dell'eroina shakespeariana. «In quest'ultimo romanzo ho voluto raccontare di un eroe atipico che gareggia contro la città»

capace di mettere, con lo spray, il suo nome sopra 600 vagoni madrileni, per dire con quella firma che si può contare qualcosa nella società della rivalsa se non si riesce a farsi valere nella società di tutti. Nei mesi che hanno preceduto la stesura del libro, lo scrittore spagnolo, nonostante i suoi 63 anni o forse proprio per questi, ha trascorso molto tempo insieme ad un gruppo di graffitari, scoprendo che dietro allo scarabocchio che ingiuria un muro si nasconde un microcosmo di regole, di riti e di particolare coraggio. E dopo aver frequentato quel mondo e averne appreso anche il lessico, Reverte dice di aver compreso che il writer non è solo un teppista, ma è come prima cosa uno che si è accorto. Il graffitta-

ro ha capito quello che sfugge a molti, ovvero quanto questa «umanità sia stupida e malvagia» e come sia già sporca «questa nostra pulita civiltà»; deturparla è il suo modo per ribadirlo. Nel disincanto stanco che il romanziere spagnolo nasconde, ma non troppo, dietro una luminosa ironia, si leggono per intero gli orrori che gli sono entrati negli occhi a Sarajevo, a Beirut e negli altri luoghi divorati dal male in cui è stato. Ma nonostante sia certo, come ripete, che l'umanità si merita i suoi disastri e «i suoi barbari», l'uomo che scrive libri per mettere in ordine i cassetti della sua vita è altrettanto sicuro che c'è sempre, da qualche parte, «un giusto per cui Sodoma merita di essere salvata».


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RUBRICA

Lassù nelle contrade dove germogliano le idee

di Marta Bicego

Abbandonare le terre alte? Non è sempre una decisione azzeccata. Lo dimostrano due storie di creatività che hanno trovato terreno fertile proprio nei piccoli nuclei abitati che punteggiano la Lessinia.

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Qui la “Casara del Boracia”, a destra la famiglia Pagani

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l fienile è diventato caseificio. Il caseificio dalla vocazione al biologico a quota più elevata della Lessinia veronese. In contrada Casara a Campofontana, a 1.190 metri sul livello del mare, la famiglia di Elio Pagani lavora. E guarda al futuro, senza lasciarsi spaventare dai sacrifici. Ci vuole poco a fare fagotto e cambiare paese. Bisogna faticare per trasformare le opportunità in occasioni. Specie quando le distanze si allungano, una nevicata rende impraticabile la strada, ogni spostamento è una spesa. Alle difficoltà si può rispondere con la rinuncia o si può scegliere l'impegno per costruire opportunità. È nata così la “Casara dei Boracia”. Frutto della determinazione di papà Elio affiancato dalla moglie Irene e dai tre figli: il ventitreenne Cesare assieme a Silvia e Claudia che di anni ne hanno

rispettivamente 24 e 25. Dividendosi i compiti, si dedicano all'azienda familiare: genitori e figlio badano alla stalla; Silvia gestisce il punto vendita, l'ultimogenita trasforma la materia prima. «Il borgo in cui viviamo aveva un'antica vocazione casearia. Producevamo formaggio, ma per consumo familiare» premette il capofamiglia. La produzione è ripresa con spirito imprenditoriale, prosegue, «grazie a un bando del Piano di sviluppo rurale, a cui abbiamo aderito nel 2013, che ha permesso di trasformare il fienile in caseificio attrezzato con macchinari per la trasformazione, maturazione e vendita del latte e dei suoi derivati». Per imparare il mestiere e ottenere una qualifica, Claudia è andata a studiare per un anno all'istituto di Moretta a Cuneo. Alle lezioni in aula hanno fatto seguito gli sta-

ge: uno a Nogarole Rocca e uno in Francia. Non si è lasciata tentare dalla modernità, ma è rimasta fedele alla tradizione: «produciamo Monte Veronese non marchiato chiamato Lobbia dai pascoli in cui abbiamo le vacche; il formaggio pressato Fonte Laite, caciotte, yogurt». Prodotti biologici con certificazione: «sani, naturali come un secolo fa. Abbiamo fatto un passo indietro per star meglio e offrire una garanzia di salute ai consumatori, prestando attenzione al benessere animale» interviene Elio. Scelta non facile, ammette: «i numeri sono ancora piccoli, ma ci crediamo. Tra gli svantaggi del vivere in montagna, la fatica è riuscire a fare reddito senza ricorrere ai contributi europei. Voglio che i miei figli imparino a guadagnare con le proprie mani». Ci vuole tenacia, unita a inventiva. Infatti la famiglia ha già allargato

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Occasione per Verona?

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gli orizzonti, avviando un allevamento di maiali che nutre con gli scarti della produzione casearia. E pure i salami biologici della Lessinia, adesso, sono pronti per essere gustati.

Alfeo Guerra, l'artigiano che dal legno fa fiorire le stelle alpine

«Non hanno profumo... Così, se non altro, non appassiscono mai». Alfeo Guerra, artigiano e tuttofare, mostra con orgoglio un bouquet delle sue creazioni. Si tratta di fiori: campanelle, stelle alpine, margherite, addirittura rose. Sono intagliate nei dettagli partendo da un bastoncino di nocciolo, opportunamente preparato per essere trasformato in oggetto floreale o in un piccolo animale selvatico. È facile da intuire: l'ispirazione viene dall'ambiente naturale. Vivendo a stretto contatto con prati, alberi, boschi. Da questo punto di vista, si può dire che Alfeo è privilegiato essendo nato e cresciuto, terzogenito di sei fratelli, in una casa immersa nel verde. E, in quell'unica grande abitazione in contrada Canova di Roverè Veronese, è rimasto ad abitare con la moglie Giulietta e i figli. «Mi sarebbe piaciuto vivere in mezzo alla gente per apprendere. Gli altri ragazzi mi sembravano più scaltri e avrei voluto essere come loro». Al tempo stesso, spiega il settantottenne, «ero affezionato a questo luogo. Il bosco è sempre stato per me un rifugio sicuro». L'isolamento è stato in realtà uno stimolo alla creatività e, nel buon montanaro, ha alimentato l'arte dell'arrangiarsi: Alfeo ha coltivato la terra producendo polenta, frumento, patate, castagne, mele e ciliegie; si è dedicato a piccoli lavoretti e ha fatto il manovale; ha composto testi in rima. E precisa: «La mia prima poesia l'ho scritta a vent'anni. Sono più che altro dediche, rivolte alle persone alle quali voglio bene o all'ambiente che mi circonda». Infine è diventato abile nell'intagliare il legno creando fiorellini: idea nata dalla necessità di avere sotto mano un contenitore per raccogliere le fragole nel bosco. Tappe della vita che ha deciso di riassumere nel libro “L'anima dei fiori di legno. Vissuto di un montanaro cimbro” a cura di Antonia Stringher. Raccolta di pensieri che da tempo erano custoditi nel cassetto. Li ha messi insieme in un lungo inverno, quando la neve non permetteva di metter piede fuori dall'uscio. Segno che ancora una volta, quando si vive in una contrada, è la natura a dettare le regole. Alfeo Guerra nel suo laboratorio

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PERSONAGGI VERONESI Don Marco Campedelli

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Se dall’incontro nasce stupore

Incontriamo Don Marco Campedelli, sacerdote nella parrocchia di S. Nicolò all'Arena e burattinaio. Perché unire arte, fede e cultura è possibile.

di Giovanna Tondini

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utto ebbe inizio dallo stupore. Verso l’umanità messa in mostra da alcune maschere danzanti di una baracca. Dove la semplice figura di un burattino comprende l’essere complesso di ogni uomo. Dove ciò che emerge non è altro che l’autenticità delle cose. Schiette, sincere, talvolta scomode. Nella baracca tutto si rivela, perde il velo. Si palesa nella sua infinita nudità e si prostra davanti a noi, che non possiamo fare altro che accoglierla. Questo è il teatro-rivelazione. Questo è ciò che ha rapito fin da piccolo la curiosità di Marco Campedelli, quando assisteva con immenso stupore alla magia del Teatro Mondo Piccino di Nino Pozzo. Aveva appena 11 anni quando decise di rompere quell’incantesimo per imparare il mestiere. «Ognuno di noi ha dentro di sé un teatro, fatto di tanti personaggi, di tessiture narrative», spiega. E il teatro non è altro che un modo per raccontare l’uomo, per incarnare il vissuto delle persone. E poi condividerlo, comunicarlo. Nel giovane Marco crebbe la consapevolezza che lo stupore verso il teatro di figura non era altro che stupore verso l’umanità, la vita. Un senti-

Don Campedelli, a destra, insieme a Nicola Pasqualicchio durante un incontro organizzato dal progetto Theaomai dell'Università di Verona sulla cultura teatrale.

mento dopotutto religioso. E accanto a questo «stupore primordiale, a questo stare davanti alla realtà in attesa di vedere ciò che succede», esiste una seconda dimensione, che ci porta ad agire. L’attenzione «politica», nel suo significato più antico. Dove il bisogno di cambiamento si traduce in un impegno attivo, sociale. In un bisogno di bene comune. «In fondo noi tutti siamo responsabili di ciò che ci circonda. Del mondo che viviamo». Alla base si annida un sentimento di compassione, cioè «di passione per le cose». Questo forte sentimento ha trovato, oltre al teatro, una nuova strada di realizzazione nella vita di Marco: la fede. Nel 1989, all’età di 25 anni, è stato ordinato prete, trascorrendo i primi otto anni presso la parrocchia di S. Massimo, a cui è seguita quella di S. Giacomo. Ha frequentato l’Istituto di Liturgia pastorale di S. Giustina a Padova e con il dottorato ha potuto approfondire il tema a lui più caro: il rapporto tra liturgia e poesia. Da ormai 15 anni è approdato nella sua attuale parrocchia, S.

Nicolò all’Arena. Qui ha trovato terreno fertile per far fiorire i suoi progetti, che mettono al centro la scelta dell’umano contro il disumano. «Affinché a ogni persona possa essere riconosciuta la propria dignità», a partire dagli esclusi ed emarginati della società. Così insieme al prete e filosofo Roberto Vinco accompagna le persone verso l’ascolto, l’accoglienza dell’altro. Insieme stimolano l’incontro delle differenze. «Un cammino che apre a uno sguardo sinfonico, dialogico». Nei suoi progetti rientrano anche linguaggi diversi, a partire dal teatro, insieme al Gruppo Il Nardo, dove la tradizione ereditata da Nino Pozzo si intreccia a nuove sperimentazioni. Attraverso collaborazioni con artisti, come lo scultore Marco Danielon, e registi, come l’etiope Dagmawi Yimer, con il quale ha realizzato un documentario sull’immigrazione. S. Nicolò è un luogo dove si creano occasioni di incontro, che escono dai percorsi istituzionali. «È un luogo di frontiera. Un centro di snodo». L’incontro è la fonte di ogni apertura. «Una dimensione che esiste


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Don Marco Campedelli

in ognuno di noi». Don Marco la definisce una «grazia originaria», con la quale siamo stati creati. Una visione del tutto positiva dell’uomo, dunque. «Purtroppo ci sono sistemi politici, economici e soprattutto comunicativi che sono portati a favorire l’immagine negativa dell’uomo e dell’umanità. Viviamo in una terra incattivita». Il compito cristiano «è creare tessiture di umanità, creare alternative comunicative, letture e interpretazioni diverse». A partire dall’incontro. Tutto ciò significa in fondo riportare il Vangelo nel mondo. Un messaggio di cambiamento e di speranza che Don Marco veicola da

alcuni anni con il racconto “Il papa, la carezza e la luna”, su papa Giovanni XXIII. Perché «raccontare è condividere». I burattini sono proprio quel mezzo comunicativo che, come alle origini, si rivolge alla gente in modo critico. «È un teatro di denuncia, popolare e antiborghese, che scende nelle piazze». A ben vedere riflette proprio il messaggio del Vangelo, che tocca il potere e innalza gli umili. Significa, come disse Hiedegger, «abitare poeticamente la terra», cioè «abitarla umanamente», autenticamente, sentendo la bellezza e il dramma della terra, privilegiando

gli incontri. Lo insegna il Vangelo. Lo coglie l’artista attraverso la poesia. Lo interpreta e comunica l’attore nel teatro o il burattino nella sua baracca. In fondo «sono tutti modi di prendersi cura». Prete e artista, fede e poesia, sono quindi «due sponde di uno stesso fiume». Seguono una po-etica condivisa. «Dove si coniugano l’aspetto più libero e creativo di noi e l’assunzione di responsabilità nel nostro stare nel mondo». Oggi questa ricerca continua, lasciando le porte aperte agli incontri. Noi abbiamo colto l’occasione per entrarvi, e siamo stati pervasi dalla speranza e dallo stupore.

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MONDO Thailandia

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Un paese diviso dalle contraddizioni

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di Miryam Scandola

Dietro alle bellezze di un paesaggio senza eguali si nasconde il fantasma del turismo sessuale, che inghiotte senza remore la vita di tanti, troppi, bambini. Raccontiamo i due volti della Thailandia moderna, quello della bellezza, e quello dell'orrore.

I due volti della Thailandia: a sinistra un atollo da favola, a destra la via principale di Pattaya, la meta numero uno del turismo sessuale nel mondo.

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nomi sono importanti perché aiutano, se non a comprendere le cose, almeno a sfiorarle. E la Thailandia, con il nome impegnativo che porta, ne sa qualcosa. "Terra dei liberi", questo è il significato della parola che contiene le contraddizioni grandi del Paese che riposa accanto alla Cambogia, al Laos e alla Birmania.

Take Care Kids Onlus & Thailand Foundation è un’associazione italiana che opera per salvare dalla strada i bambini costretti a prostituirsi a causa dell’enorme afflusso di turismo sessuale proprio in Thailandia.

Un nome difficile con cui andare in giro, che dice già di una cultura bella e complicata, che trova il suo nutrimento nel "sanuk", l'atteggiamento particolare di leggerezza che è proprio della mentalità tailandese. Una filosofia del sorriso che si deve applicare ovunque, dal lavoro alle faccende domestiche, per strada e al mercato. Trovare la bellezza e il "sanuk", il divertimento, nelle cose normali è il vero lavoro di tutti. Un approccio alla vita così diverso da quello occidentale, che pare debitore degli influssi del Buddismo, quello di tradizione theravadica. E infatti ben il 95 % della popolazione thai pratica questa versione, secondo alcuni più antica, della religione del Buddha. Allontanarsi dalle cose, capire la vanità dei beni materiali ed entrare in contatto con il proprio io, dopo attenti momenti di introspezione; sono questi, non per niente, gli ingredienti alla base dei mesi che ogni cittadino tailandese di sesso maschile, per dirsi tale, deve trascorrere in un monastero, dopo aver compiuto la maggiore età. Al termine del periodo di provvisoria monacazione si diventa "Khon Suk",

ovvero uomini maturi, pronti per affrontare la vita con la giusta prospettiva. Chi non segue questo tirocinio dell'anima è visto dalla comunità come un "Khon dip", un uomo a metà, che non è in grado di dare il vero peso alle cose, di relativizzare il dolore e di dare, nella vita, le corrette proporzioni alla sofferenza e all'amore. Oltre all'eleganza del pensiero, il Regno della Thailandia, offre agli occhi, bellezze straordinarie. Dai "wat", i templi perfetti di quella che era l'antica capitale, Ayutthaya, oggi patrimonio mondiale dell'Unesco, alle straordinarie meraviglie dell'atollo di Angtong, passando per i colori travolgenti della barriera corallina di Koh Phi Phi Don. Insomma un paese, quello che fino al 1949 aveva il nome di Siam, che "lascia qualcosa dentro", come ci racconta Massimo Aguscio, un giovane che ha visitato la Thailandia il marzo scorso e ne parla ancora, con voce innamorata. Ma è anche un luogo, quello abitato dal popolo thai, dove le contraddizioni sono assordanti e, a volte, fanno male sul serio. «Mi ha ribaltato anima e corpo», ci dice Gianni Braghi, ferroviere in pensione, viag-


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Thailandia

giatore e volontario instancabile un po' dappertutto, da Santa Maria in Stelle fino all'altra parte del mondo. Negli occhi ancora il Perù che ha amato, dove è stato per ben sei volte, Gianni parla del pezzo di Thailandia che ha visto, con coraggio. Ci racconta della Walking Street, della via più tristemente celebre dell'intera Thailandia e con un sospiro ci parla anche dei bimbi con addosso solo i loro dieci anni che si prostituiscono per una manciata di monete, alle undici di sera. Dei giovanissimi ragazzi e ragazze che si offrono docili alle carezze del miglior offerente, sia esso europeo, giapponese o russo, poco importa. Ci parla con indignazione del male che ha visto. Ed è un'indignazione, la sua, che pare riposarsi solo quando ricorda i nomi dei bambini che ha conosciuto nelle sue settimane da volontario per l'associazione Take Care Kids Onlus e Thailand Foundation, che proprio a Pattaya, capitale mondiale del turismo sessuale, ha messo le radici. Come il nome del piccolo Oi, sei

anni, così traumatizzato da un'infanzia di abusi da fuggire anche il contatto pulito di una mano amica, sulla spalla. Lui come altri piccoli salvati dalla strada, abita allo "Shelter" (nella foto del box della pagina a fianco), la casa della noprofit italiana. L'hanno chiamata "rifugio", perché fosse un'isola in mezzo al male che nasce quando non si può scegliere. Volevano che questo edificio con 15 posti letto fosse il riparo dove stare al sicuro dopo anni distrutti dagli abusi e negati dallo sfruttamento sessuale. L'associazione che nasce cinque anni fa dalla sensibilità di Giorgio Lusuardi, giornalista originario di Bolzano ma residente, quando i viaggi glielo concedono, a Bardolino, tiene insieme bimbi con età diverse, ma con storie tristemente simili. È difficile davvero contenere in un discorso lo splendore affascinante e il brutto vergognoso di un paese che ha tradizioni ammalianti, ma anche orrori quotidiani, che parlano di ogni tipo di miseria.

Ma forse un modo per dire di questo luogo dai contrasti stridenti ce lo regala proprio la sua sua cucina, la migliore al mondo per quanto riguarda il Thai street food. Amalgama di gusti diversi, frutto di una storia di invasioni che ha portato guerre, ma anche spezie e ingredienti, il cibo tailandese bilancia, con perfetto equilibrio, l'acido e il dolce, il salato e l'amaro. Un tentativo di tenere insieme tutto, come insegna la più coraggiosa delle conciliazioni.

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MUSICA Intervista con Claudio Cecchetto

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Professione: cacciatore di stelle

Ricordi ed emozioni del dj e produttore musicale Claudio Cecchetto che ha scoperto e lanciato grandi talenti quali Jovanotti, Fiorello, Gerry Scotti e tanti altri. Quattrocento pagine di storia raccolti per la sua prima volta, in un libro. di Giorgia Castagna

Claudio Cecchetto durante la presentazione del suo libro. In basso una carrellata di alcuni dei talenti da lui scoperti: Jovanotti, Max Pezzali, Fiorello e Baldini e Leonardo Pieraccioni.

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ualcuno lo definisce Re Mida, altri il burattinaio magico delle star italiane, ma lui non si prende grossi meriti e ammette: «il talento è un dono, il successo un mestiere! Io ho avuto la semplice fortuna di avere il dono di riconoscere i talenti e su questo ho fatto il mio mestiere. E poi, come dico sempre un po’ di c… nella vita aiuta». Da sempre abile cacciatore in territorio musicale la sua vita la passa fra radio e televisione, abile talent scout a lui il merito di aver lanciato personaggi come: Gerry Scotti, Jovanotti, Fiorello, Leonardo Pieraccioni, e ancora Marco Baldini, gli 883, Sandy Marton, Sabrina Salerno, Fabio Volo, i Finley ed altri. Il successo discografico lo abbraccia nel 1981

grazie al tormentone “Gioca jouer” un singolo senza precedenti. Mai stanco di inventare e reinventare da diversi anni si muove anche nel mondo del web, dove studia e costruisce il "registratore di internet" che, attraverso varie evoluzioni e sviluppi, porta alla realizzazione del "Social Search" di Faceskin.it, ora Memoring.com. Incontriamo Claudio Cecchetto alla Feltrinelli di Verona in tour per la presentazione del suo libro “In diretta – Il gioca jouer della mia vita” edito da Baldini & Castoldi. Una lunga serie di successi e scoperte nel corso della sua vita ed oggi un libro. Ma perché solo oggi? In realtà era da un po’ che ci pensavo e il terrore di dimenticarmi tutto incombeva. Così, quando tra-

mite un progetto multimediale universitario avanzato dal Politecnico di Milano, incentrato proprio sullo studio della nascita di programmi radio televisivi degli anni 80’, un assistente mi chiese di scrivere quanto fatto nella mia vita, m’illuminai. In poco tempo avevo già scritto diverse pagine e proprio da lì l’idea: potrei scrivere un libro! In fondo era la mia prima volta con un libro ed io adoro le mie prime volte!. Presentatore, dj, discografico, autore. In quale di tutte queste professioni cambiate e passate si sente più a suo agio? Ho spaziato in diversi ruoli, in effetti, ma alla base sempre e solo la mia unica e grande passione: la musica. È da lì che parto e lì che torno. Presentare Sanremo o fondare Radio Deejay, scrivere una canzone o scoprire cantanti, cosa cambia in fondo? Il mio mondo è la musica. Un rimpianto tra tutti gli artisti? Qualcuno che avrebbe voluto scoprire e trovare prima di altri? Potrei averne mille. Magari mi chedo: “ma se quella cosa lì la facevo meglio. Ma forse quell’altra cosa si poteva fare in un altro modo…”, però se l’avessi fatta meglio, o in un altro modo, ora non sarei cer-


Intervista con Claudio Cecchetto

La copertina di “In diretta - il gioca jouer della mia vita”, la prima fatica letteraria di Claudio Cecchetto, presentata in Feltrinelli.

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to qui. La storia sarebbe stata la stessa? Tutto quello che ho fatto, è quello che sono adesso. Quello che sono adesso va benissimo, quindi non posso avere rimpianti, i rimpianti non servono a niente. In radio sono stato il numero uno, in televisione anche, con i dischi sono arrivato al numero uno io, e sono arrivati al numero uno quelli che ho prodotto. Te l’ho detto, io voglio fare quello che non c’è… fare le prime volte. Si continua a dire che i giovani sono cambiati, che la musica è cambiata... La sua è una postazio-

ne privilegiata, cosa può dirci? Non vedo poi cosi tante differenze: un’artista è un’artista. I tempi sono cambiati è vero, ora forse avere successo è più complesso per un cantante che oltre a saper suonare, cantare e stare sul palco deve bucare lo schermo, gestire al meglio la sua immagine sui social e dare tutto subito. Non ci sono tempi morti, anzi se ci sono sei finito». Da dieci anni a questa parte la parola “ricorrente” è talent... ma il talent show è il sostituito naturale del talent scout? Assolutamente no! I talent show sono una realtà pazzesca e da lì escono personaggi grandiosi, ma per dirlo in metafora ai talent chi vince, vince una bici è lì che deve iniziare a pedalare e far vedere quanto vale! Uno che vince non è certo arrivato, e poi il talent show è pura tv: ritmi alti e veloci! Oggi più che mai servirebbero invece veri e nuovi talent scout. Pazienti agguerriti in grado di guidare giovani promesse verso il loro miglior futuro ma mi guardo attorno e non ne vedo.

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INCONTRO Dialogo con Serge Latouche, padre della decrescita

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P antheon

Liberarsi dalla prigione economica e restituire dignità al sociale

di Michele Cavejari

«La matematica è una scienza formidabile, ma la realtà non è una scienza». Così l’economista e filosofo Serge Latouche interrogato in merito al ruolo che oggigiorno la finanza gioca nell’agenda politica degli Stati. Un eufemismo che nasconde un chiaro giudizio di merito. “Siamo diventati dei tossicodipendenti della crescita” Serge Latouche

U

niversità di Verona, 13 novembre. Nell'aula magna del Polo Zanotto è in corso un incontro il cui tema è più che mai attuale: la crisi economica globale. Decisamente anticonvenzionale, tuttavia, il taglio della discussione, affatto incentrata sul rilancio e neppure declinata in maniera tecnicistica. La parola chiave è decrescita, contributo tenacemente provocatorio, ma altrettanto concreto. Una breve proiezione musicata con le vignette umoristiche di “Gianfalco” funge da preludio alle domande di Olivia Guaraldo, docente di filosofia politica, e Paolo Ricci, medico epidemiologo. Latouche viene incalzato ad esporre il proprio pen-

siero e, lentamente, prende forma una riflessione distesa, divulgativa, sulle linee guida del progetto di cui è promotore: decolonizzare l'immaginario Occidentale assuefatto dalla crescita. Secondo Latouche, infatti, «la moderna economia globalizzata è anzitutto una tecnica in grado di controllare tutte le altre tecniche, un martello che va a conficcarsi dritto nella nostra mente per tramutare tutti i problemi in chiodi». La tirannia dei mercati moderni è soltanto la punta di un iceberg che va stratificandosi da secoli; un mostro che fagocita la politica nelle proprie geometrie fredde e muta l'arte del buon governo in good governance, in amministrazione delle cose, cioè applica la logica del business persino alle istituzioni pubbliche. Seguendo la riflessione del professore, giungiamo all'alba dell'età moderna dominati da tre tipologie di dismisura o illimitatezza: quella produttiva, dei consumi e dei rifiuti. Cambiare mentalità, il nostro approccio al mondo, è per Latouche l'unica via d'uscita alla situazione

attuale di crisi, giacché «nemmeno lo sviluppo durevole può essere un'alternativa valida se pensiamo che comunque al suo interno perdurano la spietata ragione calcolante e la sete di energia». Ciò che la decrescita introduce è un atteggiamento previdente ed equilibrato verso il presente, l'unico tempo che ci appartiene. Decrescita significa raccogliere la sfida del nostro tempo, non ritrarsi davanti alle ingiustizie e alla collusione del cittadino con lo sfruttamento umano e ambientale; significa ritrovare un senso del limite ed esperire così l'unica abbondanza possibile, quella che attecchisce nel vivere parsimonioso. Un percorso che, a detta di Latouche, «deve essere applicato a maggior ragione per garantire una giustizia ed una equità reali ai Paesi del cosiddetto “terzo mondo”». A nord del futuro, secondo il professore, non ci attende l'Eldorado della crescita, ma una società virtuosa e solidale, libera dall'assillo dell'economia.

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59 RUBRICA

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a cura di Adiconsum Verona

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P antheon

Il credito ai consumatori

Con l’espressione “credito ai consumatori” si intende la concessione, nell’esercizio di un’attività commerciale o professionale, di crediti sotto forma di dilazione di pagamento, finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale svolta.

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l mercato del credito ai consumatori ha raggiunto anche in Italia volumi rilevanti, con un aumento costante del suo utilizzo da parte di individui e famiglie, che hanno potuto acquistare beni e servizi a cui avrebbero diversamente dovuto rinunciare. Disciplina di riferimento in proposito è il titolo VI-Capo I e II del T.U.B (D.lg. 385/93), così come modificato dal D. Lg. 141/2010, con cui il nostro Legislatore ha recepito la Direttiva EU 2008/48/Ce. Al fine di favorire un ricorso consapevole al credito la citata normativa contempla specifici obblighi informativi nei confronti del consumatore, per porlo nelle condizioni di valutare la convenienza dell’offerta, avendo ben chiaro il costo del finanziamento. Un’informazione carente, errata o imprecisa deve essere assolutamente evitata perché causa di conseguenze gravose, quali quelle derivanti dal sovraindebitamento. Le principali innovazioni della attuale disciplina sul credito al consumo riguardano: 1. l’ambito di applicazione con estensione sia dell’importo che delle tipologie di operazioni rilevanti, rientrando oggi nei contratti di credito quelli compresi tra 200 euro fino a 75.000 euro e fattispecie quale ad es. il leasing 2. La pubblicità commerciale con un incremento dei dati veicolati dagli annunci pubblicitari. Nello specifico, devono essere obbligatoriamente indicati negli annunci pubblicitari in forma chiara, concisa e graficamente evidenziata con l’impiego di un esempio rappresentativo: A B

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il tasso d’interesse, specificando se fisso o variabile; l’importo totale e le spese comprese nel costo complessivo del credito; la durata del contratto di credito; la necessità di sottoscrivere contratti relativi a uno o più servizi accessori connessi con il contratto di credito, come ad es. una polizza assicurativa; l’ammontare totale dovuto dal consumatore e l’ammontare delle singole rate, quando predeterminabili; Il TAEG, il Tasso Annuo Effettivo Globale, che indica il costo totale del credito a carico del consumatore espresso in percentuale annua del credito concesso e che rappresenta, di certo, l’elemento più significativo per valutare la convenienza delle condizioni del credito.

3. Gli obblighi precontrattuali di trasparenza, assistenza al

cliente e valutazioni del merito creditizio: è previsto che il finanziatore consegni al consumatore un modulo standard contenente le “informazioni europee di base sul credito ai consumatori” e riguardante l’identità del creditore, nonché i principali elementi di natura economica e normativa dell’offerta. L’art. 124 del TUB precisa, inoltre, che le informazioni, oltre ad essere chiare e concise, devono essere fornite in tempo utile, prima che il consumatore sia vincolato dall’offerta di credito, e adeguate a consentirgli di valutare se il

Adiconsum è un’associazione indipendente e senza scopo di lucro presente su Chi è Adiconsum? tutto il territorio nazionale, con sedi locali, provinciali e regionali. Gli operatori, i volontari e i dirigenti forniscono assistenza e tutela individuale e collettiva ai consumatori e alle famiglie. È possibile collegarsi al sito internet dell’Associazione: www.adiconsumverona.it o utilizzare il numero telefonico 045/8096934.

contratto sia adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria. Ai sensi, poi, dell’art. 124 bis TUB il creditore ha l’onere di “finanziare responsabilmente”, essendo a tal fine obbligato a verificare la sostenibilità del contratto, a fronte della capacità finanziaria del debitore risultante dai dati forniti dallo stesso od ottenuti consultando una banca pertinente accessibile a tutti i creditori. 4. La forma e il contenuto del contratto da redigere ai sensi dell’art. 125 bis TUB a pena di nullità per iscritto e con indicazione del tipo, delle parti, dell’importo totale del finanziamento e delle condizioni di prelievo e rimborso. 5. La previsione di un’apposita disciplina in punto di diritto di recesso in forza della quale il consumatore può recedere dal contratto di credito inviando raccomandata ar al finanziatore entro 14 giorni decorrenti dalla conclusione del contratto o, se successivo, dal momento in cui sono date tutte le informazioni prescritte dalla legge. Se il contratto è a tempo indeterminato il diritto di recesso può essere esercitato, senza spese e penalità, in ogni momento, salva la possibilità di prevedere nel contratto un preavviso non superiore ad 1 mese. In ogni caso il recesso si estende ai contratti aventi ad oggetto i servizi accessori connessi al contratto di credito. 6. L’introduzione della possibilità di rimborso anticipato del credito da parte del consumatore con attribuzione allo stesso del diritto a una riduzione del costo totale del credito e al finanziatore del diritto ad un indennizzo equo e oggettivamente giustificato dei costi direttamente connessi al rimborso.

Per maggiori informazioni è possibile rivolgersi alle Associazioni di consumatori che nell’ambito del progetto Facciamo i conti!, cofinanziato dalla Camera di Commercio di Verona, hanno realizzato il sito www.facciamoiconti.info


Territorio a Spicchi

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Brevi da Verona e Provincia

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P antheon P antheon

a cura della Redazione ha collaborato Michele Cavejari

VERONA

Fondazione Just Italia finanzia la ricerca oncologica È tutto italiano il progetto di ricerca che si sta sviluppando all’interno del Laboratorio di Ricerca TERA al CERN di Ginevra. Qui un gruppo formato da 11 giovani ingegneri e fisici italiani, coadiuvati da esperti del CERN, sta lavorando per dare alla luce un nuovo acceleratore lineare per protonterapia in grado di aiutare i pazienti oncologici. Questa macchina, attraverso l’irradiazione con un fascio di protoni delle cellule tumorali, consente di colpirle in modo più efficace e preciso, preservando i tessuti sani circostanti. Questo lungimirante progetto è stato sostenuto dalla Fondazione Just Italia, che «attraverso la speciale campagna “Futuro senza confini” portata avanti tramite il lavoro degli incaricati alle vendite Just, ci ha permesso di raggiungere la cifra record di 300mila Euro», come ha sottolineato Marco Salvatori, presidente della Fondazione. Una sfida, in tutti i sensi, per cercare di dare un contributo significativo alle nuove terapie per i malati di tumore.

(nella foto il Prof. Ugo Amaldi, presidente di Fondazione TERA, con il gruppo di ricercatori)

SANTA MARIA IN STELLE

Il Ci.Vi.Vi. torna a pulire i Vaj e pubblica anche un calendario Ritorna la bellissima iniziativa “E vaj... prendiamocene cura – Grandi pulizie in Valpantena” organizzata dal Ci.Vi.Vi. (Comitato Valorizzazione Valpantena) che nei mesi di gennaio, febbraio e marzo coinvolgerà la cittadinanza per pulire sia alcuni vaj che i cigli stradali di alcune strade della vallata. Il programma prevede il 24 gennaio la pulizia dei due vaj di Vendri; il 21 febbraio la pulizia i via della Pineta (tra Nesente e Novaglie); il 21 marzo la pulizia dei cigli stradali tra Quinto e Poiano. Per pubblicizzare queste iniziative, il Ci.Vi.Vi. ha pubblicato un calendario da tavolo che potete trovare nelle sedi delle varie associazioni che partecipano all’iniziativa: GaStelle, Gruppi Alpini di S.Maria, Novaglie, Quinto, marzana, Poiano, i Gruppi NOI di Marzana e Novaglie, il gruppo scout VR6 di Borgo Venezia e l’AGbD Onlus. Su questo inedito calendario trovere le date con le giornate di pulizia e le fotografie scattate sul territorio della Valpantena, sia durante il lavoro di pulizia sia degli splenidi paesaggi della Valpantena. Nei vari mesi sono inoltre indicati i giorni della raccolta differenziata effettuata da AMIA, che lo scorso anno ha collaborato alla pulizia.

nella foto un’anteprima del calendario di Gennaio 2015 con le indicazioni di “E Vaj” GENNAIO 2015 1 GIO 2 VEN 3 SAB 4 DOM 5 LUN 6 MAR 7 MER 8 GIO 9 VEN 10 SAB 11 DOM 12 LUN 13 MAR 14 MER 15 GIO 16 VEN

Capodanno

S. Liberata

S. Genoveffa

SS. Sebastiano e Fabiano

2

S. Agnese

S. Amelia

SS. Gaudenzio e Vincenzo

Epifania di N.S. S. Raimondo

S. Emerenziana

S. Luciano

H H

S. Francesco di Sales

S. Alessia

S. Sabino

S. Aldo Eremita

5

Se devi liberarti di rifiuti ingombranti, portali all’ecocentro di AMIA o telefona al 045 8069213 per concordare le modalità di ritiro gratuito a domicilio. Per prenotare il servizio di raccolta telefonare dal lunedì al sabato dalle ore 7.30 alle ore 13.00 lunedì e giovedì anche il pomeriggio dalle ore 14.00 alle ore 17.00.

SS. Tito e Timoteo

S. Igino

S. Angela Merici

3

S. Modesto

S. Tommaso d’Aquino

S. Ilario

S. Valerio

S. Martina

S. Felice

S. Mauro

S. Giovanni Bosco

S. Marcello

UMIDO

4

S. Mario

S. Ermete

CARTA

17 SAB 18 DOM 19 LUN 20 MAR 21 MER 22 GIOV 23 VEN 24 SAB 25 DOM 26 LUN 27 MAR 28 MER 29 GIO 30 VEN 31 SAB S. Antonio

SS. Basilio e Gregorio

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H

H sabato 24

20 gennaio S.M. STELLE 13.30>15.30, NOVAGLIE 16.00>18.00 22 gennaio QUINTO 13.30>15.30, MARZANA 16.00>18.00 30 gennaio POIANO 13.30>15.30

8.30>16.00 pulizia vai di VENDRI

a cura di CiViVi GAStelle e Alpini di S.Maria in Stelle

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TREGNAGO

Santo Stefano in festa a Marcemigo

Tutto pronto per venerdì 26 dicembre, quando a partire dalle ore 14:00 l’Associazione culturale “Al di là del Ponte” ha messo in piedi un pomeriggio natalizio speciale e solidale. Sotto la storica Chiesetta di San Dionigi, posta a mezza costa della collina di Marcemigo all’interno dell’incantevole cornice di Villa Winckels, tante bancarelle e un clima magico in grado di rievocare la speciale atmosfera natalizia. Ma non è tutto, ad allietare la giornata tanti spettacoli e momenti musicali in Villa. GREZZANA

I commercianti offrono buoni ed omaggi alla cittadinanza Una giornata dedicata agli auguri di Natale. È questo l’evento dal titolo “Tanti buoni... a tutti i buoni” organizzata dai commercianti di Grezzana e aperta a tutti. Domenica 14 dicembre, al Cinema Teatro Valpantena, dalle ore 15:00 una lunga lista di negozi e boutique allestiranno un momento di auguri in cui ciascuna attività metterà a disposizione dei buoni spesa. Parteciperanno Parafarmacia l’Isola Verde, L’Immagine Ottica&Photo, Calzature Gelmini, Fratelli Ceriani, Zecchetto Bijoux, Intimo Sissi, Ottica Poffe, Blue Up, Il Cavallino, Magazzini Martini, Il filo di Gemma, Rosy Sposi, Macelleria Zanini Mauro, Pasticceria Due Archi, Gelateria Ciao, Gastronomia Lo scrigno, Oro Bianco, Osteria 49, Olmo Cafè, Corte Babo, Fioreria Malizia, Redoro, Sabbiarelli, Pizzeria da Mirko, Novodent e Punto Simply. Durante la giornata cioccolata e caramelle per tutti i bambini offerte dalla Pro Loco e la visita di Babbo Natale nei negozi del paese. LAGO DI GARDA

Una card per promozioni e servizi al turismo “green” nell’entroterra gardesano Prediligere una vacanza rurale e sostenibile con sconti, promozioni e servizi dedicati. È nato per questo il progetto “Green Line Card”, progetto europeo promosso da alcuni Gruppi di Azione Locale (GAL), enti finanziati dall’Unione Europea per favorire e sostenere lo sviluppo rurale e la collaborazione tra territori. Capofila è il GardaValsabbia, ma tra gli altri è presente anche il GAL Baldo-Lessinia, a dimostrazione che a far vincere il progetto è anche la collaborazione internazionale. La Green Line Card è gratuita e si può richiedere presso le strutture aderenti oppure scaricarla dal sito www.gardagreentourism.eu. Ogni card è personale (per un adulto ed estendibile ai familiari minori) e valida fino al 15 settembre 2015. Per turisti e abitanti dei territori coinvolti sarà sufficiente esibirla nelle strutture aderenti per avere sconti, promozioni e servizi, con diritto ad accedere alle agevolazioni indicate una sola volta per ciascun esercizio aderente. Gli operatori che hanno aderito al progetto mettono a disposizione merende a chilometri zero, noleggio gratutito di biciclette, escursioni guidate, ingressi ridotti agli ecomusei e molto altro. Al momento sono coinvolge circa 50 strutture dell’entroterra gardesano e dintorni, ma nuove adesioni saranno vagliate nei prossimi mesi.


ERBEZZO

61 Un convegno dedicato agli abitanti della Lessinia

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Valli e pascoli caratterizzate da un’economia incentrata su produzione casearia e allevamento: parliamo della Lessinia, tornata alla ribalta durante l’estate nel dibattito sull’amico-nemico lupo. Sconfinando dal Parco Naturale, il nobile animale è infatti bersaglio di riflessioni critiche da parte di allevatori e pastori che legittimamente si interrogano circa la salute dei propri bovini e la sicurezza del tessuto comunitario. Il tema è stato trattato nel corso del convegno organizzato dall’Associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna il novembre scorso a Erbezzo e fortemente voluto dall’amministrazione comunale di Erbezzo e dal sindaco Lucio Campedelli. Gli interventi in seduta sono stati di Plinio Pianta Presidente di AmAMont e del Presidente dell’Associazione “Tutela della Lessinia”. Entrambi i rappresentati hanno voluto precisare che la cura della montagna deve orbitare attorno al rapporto fra l’eredità ricevuta dagli antenati e il dovere morale di porci questioni che riguardano i nostri figli. Tutelare i propri interessi deve perciò passare per un messaggio etico di attiva salvaguardia di flora e fauna, perché la ricchezza della Lessinia implica necessariamente anche la presenza di questo antico amico-nemico dell’uomo. CERRO VERONESE

ERBEZZO

Serate sul gioco d’azzardo il 22 e 29 gennaio

Un Albero di Natale Vivente

La Cooperativa Sociale CE.I.S. Di Verona con il Dipartimento delle Dipendenze Regione del Veneto Azienda ULSS 20 si fa promotrice di una serie di incontri territoriali per informare sui rischi del gambling, ovvero la dipendenza dal gioco d’azzardo. Due appuntamenti importanti al Teatro parrocchiale di Cerro Veronese nei giorni di giovedì 22 e 29 gennaio 2015, alle ore 20:45 dal titolo “Gioco d’azzardo, la dipendenza invisibile”. Durante questi incontri, personale preparato non solo spiegherà cosa si intende con gioco d’azzardo, ma anche entrerà nel dettaglio delle varie dipendenze correlate e delle conseguenze per le persone e per la loro salute fisica, mentale, emotiva e finanziaria. Lo stress causato dal gioco d’azzardo può provocare infatti enormi disagi sia alla persona che gioca sia ai suoi familiari, e non è infrequente il ricordo del giocatore patologico ad alcol, droghe o psicofarmaci per alleviare quello che egli stesso percepisce come qualcosa di sbagliato. Guarire dal gioco d’azzardo patologico (GAP) è possibile attraverso un percorso terapeutico. A questo proposito, il Dipartimento delle Dipendenze ha messo a punto dei percorsi di auto-aiuto per consentire a tutte quelle persone che non hanno ancora chiara l’esistenza del problema, di iniziare ad affrontare il gioco d’azzardo patologico con strumenti specifici ed efficaci. VERONA

Il saluto a Laura Palmieri

Ci ha lasciati a novembre la stimata professoressa Laura Palmieri, una delle migliori insegnanti di pianoforte d’Italia. Abbiamo avuto occasione di intervistarla nel marzo del 2010, parlando del suo talento musicale e umano. A nome di tutta la redazione le più sentite condoglianze alla famiglia Palmieri.

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Un’impresa da Guinness dei Primati e catturata persino dalle telecamere di Rai Tre. 250 persone impiegate ed altrettante luci al led per un colossale abete santo adagiato sul pendio del Monte Busimo, in quel di Erbezzo. Nella sera di venerdì 26 dicembre un cono di luce si risveglierà nel buio carico d’attesa e vincerà le lontananze della Lessinia, rivelandosi in tutta la sua mole sino in Viale Piave. Un’esperienza magica di ben un’ora, dalle 20:00 alle 21:00, che assumerà i tratti impliciti di oltre duecento figuranti volontari, uniti in un unico intento e orchestrati ad arte dopo meticolose, ripetute prove sul campo. L’albero di Natale di Monte Busimo saluterà così l’anno che se ne va, guizzando in una fiamma fredda di 450 metri d’altezza e oltre un chilometro e mezzo di diametro. L’iniziativa nasce da Erminio Segala, mente “brillante” capace sin dall’inizio di accendere gli animi e coinvolgere con entusiasmo la Proloco di Erbezzo, unitamente alla protezione civile, la Fidas e gli Alpini. Di certo, i luoghi migliori da cui godere la visione e poter apprezzare al meglio lo spettacolo saranno il Monte Tesoro a Sant’Anna d’Alfaedo, Cappella Fasani, Contrada Dosso e Contrada Chiamatti. Un appuntamento da non perdere.

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RUBRICA

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Il Libro: Racconta la storia di Olivia (il nome è quello della bisnonna), sette anni e un neo azzurro sul viso: una bambina troppo grassa e troppo magra che i compagni di classe prendono in giro e chiamano Scheletrina Cicciabomba, rendendola triste e diversa. Sembrano due bambine che vivono e pensano all’opposto. Cosa fare? Un giorno suo papà decide di coinvolgerla nel cucinare una torta blu, particolarissima… Le viene talmente buona che Olivia la vuole tutte le domeniche e dopo qualche mese Olivia scopre di essere una bella bambina che sa pure sorridere. Il segreto? Ha imparato, incoraggiata dalle persone più vicine, a volersi bene e a mangiare nel modo giusto. Per i bambini (e non solo) conoscere la storia di Scheletrina Cicciabomba, con le straordinarie illustrazioni, può aiutare a non sfogare le proprie carenze affettive e ansie sul cibo (in un modo o nell’altro). L’autrice: Simona Vinci è nata Milano (6 marzo del 1970), vive in provincia di Bologna. Il suo primo romanzo Dei bambini non si sa niente è del 1997, che ha avuto il premio “Elsa Morante opera prima” nel 2000, oltre al grande successo di pubblico e di critica, suscitando peraltro anche scalpore per il tema trattato. Il romanzo è stato tradotto in dodici paesi, tra i quali gli Stati Uniti. Nel 1998 è entrata in finale del Premio Campiello, mentre nel 2003, sempre al Campiello si è aggiudicata il secondo posto con il libro Come prima delle madri. I suoi libri sono tradotti e pubblicati in quindici paesi. Raffaella Ligi è nata a Urbino. Trasferitasi a Milano nel 1997 ha iniziato a lavorare come illustratrice di libri per ragazzi. Oggi vive a Zurigo e anche i suoi libri sono pubblicati in Italia e all’estero. Autore: Simona Vinci, Raffaella Ligi Titolo: Scheletrina Cicciabomba Edizioni: Salani 2012 Prezzo: 19,00 € Pagine: 96 recensione a cura di Alessandra Scolari

a cura di Mattia Zuanni

BOX OFFICE Fotografa il QR per vedere il trailer

Titolo: Big Hero 6 Genere: Animazione Durata: 108 minuti Regia: Don Hall, Chris Williams Uscita (Italia): 18 dicembre

Curiosità: È un libro per ragazzi digitali odierni: poche pagine (colme di colore) per raccontare una storia coinvolgente che ha un lieto fine. Un racconto che aiuta bambini (e adulti), ad individuare il vero problema che sta alla base del rifiuto e dell’eccesso del cibo, offrendo la forza per affrontarlo e raccontarlo con semplicità e di chiedere aiuto senza vergognarsi. Secondo l’autrice gli «eccessi con il cibo che cominciano in tenera età è un problema che ha molte probabilità di continuare nell’adolescenza e nell’età adulta» e talvolta si trasforma «in patologia che invade ogni spazio vitale e ti consuma». Quindi il regalo più bello che i genitori possono fare ai loro bambini e quello di insegnare ad avere «un rapporto equilibrato con il nutrimento». Come dire che devono tenere conto che l’ambiente (magari lontani dalla TV) e i ritmi di vita hanno la loro influenza sul piacere di mangiare anche per i bambini. La stessa cosa avviene quando si condividono i momenti di preparazione dei piatti e della tavola come un gioco. Età di lettura da 8 anni. Il film: è una commedia d’avventura ricca d’azione sull’enfant prodige esperto di robot Hiro Hamada, che impara a gestire le sue geniali capacità grazie a suo fratello, il brillante Tadashi e ai suoi amici: l’adrenalinica Go Go Tamago, il maniaco dell’ordine Wasabi No-Ginger, la maga della chimica Honey Lemon e l’entusiasta Fred. Quando una serie di circostanze disastrose catapultano i protagonisti al centro di un pericoloso complotto che si consuma sulle strade di San Fransokyo, Hiro si rivolge al suo amico più caro, un robot di nome Baymax, e trasforma il suo gruppo di amici in una squadra altamente tecnologica, per riuscire a risolvere il mistero. Curiosità: La proiezione del film sarà preceduta dal cortometraggio Feast che parla dell’amicizia tra un cane e il suo padrone, scandita nel corso di 12 anni. Il legame tra Winston (questo il nome dell’animale) e l’umano che lo trova e lo adotta, James, nasce da una patatina fritta, e prosegue attraverso il cibo. Il termine inglese “feast”, significa “gratuito” proprio come il cibo che Winston ha ricevuto per la prima volta, e che riceverà per il resto della sua vita. Big Hero è il secondo film d’animazione sui supereroi distribuito dalla Walt Disney Pictures dopo il film Gli Incredibili - Una normale famiglia di supereroi; la pellicola d’animazione rappresenta la prima collaborazione tra la Walt Disney Pictures e la Marvel (Big Hero 6 è un gruppo di personaggi dei fumetti Marvel Comics).

Classici da non perdere... a Natale Titolo The Nightmare Before Christmas Genere Animazione, musical Durata 73 minuti Regia Henry Selick

Chi ha rubato il Natale? È stato Jack Skeletron, l’ossuto sovrano della città di Halloween che, capitato per caso nella città del Natale, decide di riprodurne la magia, ovviamente “a modo suo”. A tale scopo organizza addirittura il rapimento di Babbo Natale, ma così facendo finisce per mettere in pericolo il naturale equilibrio fra le festività. Riuscirà l’amore della tenera Sally a far ravvedere Jack in tempo per evitare il disastro?


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