Pantheon 64 - L'eros ai tempi (veloci) di Internet

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Anno 8, Numero 8

Ottobre 2015

Pantheon www.giornalepantheon.it

L’EROS AI TEMPI (VELOCI) DI INTERNET

PENSIERO STUPENDO LOW COST

DRONI

FIERACAVALLI

CULTURA

A Verona la spesa più economica

Tra licenze e regole, ecco cosa sapere

Intervista al regista Antonio Giarola

Una statua per Emilio Salgari


Caldaia installata a Roverè Veronese modello P4 15kw, sistema d’aspirazione pellet da deposito esterno, accumulo inerziale da 600lt, consumo annuo ridotto + del 50% sul GPL

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EDITORIALE I nostri ragazzi sanno ancora pensare e parlare d’amore e di sentimenti... tuttavia serve un aiuto, serve un percorso fondato soprattutto sul dialogo. Penso ad esempio in famiglia, tra figli e genitori.

di Matteo

Q

Scolari

ualche giorno fa mi trovavo nella vicina città di Vicenza. Durante una passeggiata nel centro storico, il mio sguardo si è soffermato su una frase di Albert Einstein riportata su una panchina all’esterno di un locale. Diceva così: “Se vuoi capire una persona, non ascoltare le sue parole, osserva il suo comportamento”. Da quell’istante in poi, ripensando al tema di approfondimento che avrebbe caratterizzato questo numero del giornale, ho provato a cimentarmi in un esperimento, per quanto empirico: ho proseguito la camminata cercando di osservare più attentamente i tanti ragazzi e ragazze che in quelle ore di un mite pomeriggio di ottobre stavano affollando l’elegante Piazza dei Signori e le vie adiacenti. In quei momenti di attenta osservazione, ho cercato di cogliere alcuni aspetti legati alla

sfera dell’affettività. Sorrisi, abbracci, qualche carezza e qualche bacio intervallati da un utilizzo molto frequente del telefonino. Talmente frequente che i giovani si ritrovavano spesso in una situazione di isolamento, pur rimanendo stretti in gruppo. Nell’era cosiddetta digitale, in cui i ritmi veloci della comunicazione hanno modificato anche alcune dinamiche fondamentali in ambito relazionale, noi di Pantheon ci siamo chiesti se tra i giovani c’è ancora spazio per i sentimenti, quelli veri, quelli profondi, o se sono stati sostituiti – parafrasando un concetto espresso dallo psichiatra Vittorino Andreoli – da semplici emozioni, quest’ultime intese come stimoli che provocano una reazione immediata ed effimera. La risposta che ci siamo dati è certamente sì. I nostri ragazzi sanno ancora pensare e parlare d’amore e di sentimenti, ci mancherebbe, nonostante il contesto generale che li circonda non li aiuti a mettere a fuoco alcuni valori che per le generazioni pre-digitalizzazione sono scontati. Tuttavia serve un aiuto, serve un percorso fondato soprattutto sul dialogo. Penso ad esempio in famiglia, tra figli e genitori.

Parlare di temi come l’affettività, l’amore, ma anche di educazione sessuale, in casa, a scuola, in contesti in cui si formano le nuove generazioni, si rende necessario oggi ancor di più se non si vuole incorrere in un imbarbarimento e in una mercificazione dei sentimenti stessi. I numeri che gli osservatori e i centri di ricerca ci sottopongono periodicamente sull’approccio che gli adolescenti e i preadolescenti hanno nei confronti del sesso sono preoccupanti. Diminuisce di anno in anno l’età media in cui si ha il primo rapporto, c’è disinformazione sui rischi e sulle conseguenze dei rapporti non protetti, si confondono sempre di più, appunto, istinti e sentimenti. C’è una forte necessità di ristabilire dei punti di fermi, di riferimento, per riattivare un confronto tra giovani e famiglie, giovani e adulti. Il Primo Piano a firma della nostra collaboratrice Giovanna Tondini ha questo obiettivo, lasciare uno spunto di riflessione a noi tutti per riuscire, come diceva Einstein, a tornare ad essere nel nostro piccolo degli educatori, ad osservare il comportamento dei nostri giovani per capirli nel profondo, ancor prima che siano loro, a fatica, a chiederci le cose.

Il valore di un sentim ento è l a somma dei s acrifici che si è disposti a fare per esso.

John Galswor thy


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P antheon il magazine di Verona

SOMMARIO

Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 Numero chiuso in redazione il 12/10/2015

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PRIMO PIANO

Giovani e sessualità Sesso, come e quanto ne sanno i teenager.

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CREDITO&IMPRESA

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Spesa low cost

È Verona la città dove conviene di più.

DIOCESI

Quando la cultura abbraccia la fede

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Helperon, fai dono del tuo tempo

La start up che unisce il no profit e il profit.

Lavorare...D-gusto

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Un inedito (e coraggioso) modello di business.

HITECH

Droni, non basta un telecomando Ecco cosa sapere tra licenze, regolamentazioni e corsi.

ACCOGLIENZA&TURISMO

SALUTE&BENESSERE

Fiera Cavalli alla sua 117ªedizione

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CITTÀ

Hostaria, Il festival del vino Le vie del centro invase dalla festa sulla vendemmia.

FAIR TRADE Equa Verona

Il mondo del sostenibile si racconta in Arsenale.

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SOLIDARIETÀ&NO PROFIT

Intervista a Don Martino Signoretto, nuovo Vicario episcopale.

Ne parliamo con il direttore artistico del Gala d’oro, Antonio Giarola.

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GIOVANI&LAVORO

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CULTURA

“Per non lasciarlo andare via” Verona ricorda Emilio Salgari con una statua.

INTRAPRENDENZA FEMMINILE

Un po’ di cose sulla Bolivia Vi raccontiamo com’è essere donna nel Sudamerica.

PANTHEON UNDERGROUND Storie di musica

Il metal-rap dei Gold Cobra e il rock esplosivo dei Three Meerkats.

Alzheimer

In attesa di un farmaco, è l’amore la cura.

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VAL D’ILLASI

44 46

Redazione e Collaboratori

Il nuovo centro sociosanitario di Badia Calavena

In cucina con

Nicole

Una struttura innovativa per venire incontro ai bisogni del territorio.

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ARTE&CULTURA Villa Ca’ Vendri

Alla scoperta di un’altra perla del veronese.

pag. 15

SALMON MAGAZINE

Direttore responsabile: Matteo Scolari Direzione editoriale: Miryam Scandola Questa volta non ci Redazione: Matteo Scolari, Miryam Scandola, Flavio Brutti, Chiara Boni. sono i loro appuntamenti, Hanno collaborato al numero di Ottobre 2015: ma c’è un accorato Marta Bicego, Chiara Boni, Giorgia Castagna, Francesca Mauli, Marco Nicolis, Emanuele Pezzo, Camilla Pisani, appello. Erika Prandi, Miryam Scandola, Nicole Scevaroli, Alessandra Scolari, Ingrid Sommacampagna, Giovanna Tondini, Giulia Zampieri, Mattia Zuanni. Copertina: Flavio Brutti Progetto grafico: Flavio Brutti Società editrice: InfoVal S.r.l. Redazione: Via Torricelli, 37 (ZAI-Verona) - P.Iva: 03755460239 - tel. 045.8650746 - fax. 045.8492248 mail: redazione@giornalepantheon.it - web: www.giornalepantheon.it - Facebook/Pantheon - Twitter: @pantheonvr Sviluppo commerciale e pubblicità: Oriana Orlando 347 6589932 Contributi per Pantheon Magazine: c/c postale 93072262 intestato a: Infoval srl – Viale del Lavoro 2, 37023 Grezzana (VR)

LIBRO DEL MESE 58

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PRIMO PIANO Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager

Pantheon

Giovani, la sfida dell’intimità Siamo entrati in un argomento che molti possono giudicare spinoso, altri scomodo, alcuni ancora un tabù. Certo si tratta di qualcosa di complesso, che non coinvolge solo i giovani, o meglio le giovani generazioni, ma anche gli adulti, i genitori, gli educatori. Si è rivelato, per questo, un argomento interessante, ricco di potenzialità e propositivo. I giovani hanno cambiato volto, visti sotto un’altra luce. Non quella dei riflettori, puntati dall’alto. Inquisitori. Ma quella naturale, del giorno, dove si notano e si apprezzano le sfumature, al di là di ogni artificiosità.

di Giovanna Tondini

L

a sessualità, intesa come «tutto quell’insieme di fattori (genitali, corporei, affettivi, culturali e valoriali) derivanti dal sesso (ciò che distingue i maschi dalle femmine)», è connessa a temi come l’aborto, la sterilizzazione, l’AIDS, la deviazione sessuale, la riproduzione assistita, «con tutte le implicazioni morali, sociali ed educative che ne conseguono» (Cipolla 2004). Non si può quindi evitare di par-

lare di sessualità. Oggi, nella società in cui viviamo. Nella quale l’individuo è «sempre più portato a dissociare l’attività erotica da quella riproduttiva e sempre più ammaliato dalla mercificazione del sesso» (Cipolla 2004). Oggi, dove i ragazzi sono definiti generazione you porn, dove si parla di fenomeni come il sexting, la sessualizzazione, il grooming, la microprostituzione, il sesso precoce, la sensation seeking.

7 fenomeni

della nuova generazione Sensation seeking È la ricerca spasmodica dell'emozione, dell'eccitazione, e riguarda almeno 3 adolescenti su 10.

Generazione you porn Secondo gli studiosi il 60% degli adolescenti naviga o ha navigato in siti pornografici.

Sexting

Micro-

E’ l’invio di sms a sfondo sessuale. In Italia solo il 15% dei genitori dei ragazzi che lo hanno sperimentato sono consapevoli (Dati di una ricerca Ue, rilanciata dalla F.I.S.S.).

Adolescenti (a volte anche bambini) maschi e femmine inviano loro immagini e video sessuali in cambio di piccoli regali, modeste somme di denaro o ricariche telefoniche.

prostituzione

Sessualizzazione Fenomeno che vede le emozioni sessuali sempre più sganciate dalla fisicità, dalla presenza reale e corporea dell’altro, con una frammentazione che può favorire una oggettivazione sino alla mercificazione dei corpi, in particolare di quello femminile”, ha spiegato lo studioso Piero Stettini, professore di Psicologia generale e Psicologia clinica presso l’Università di Genova.

Grooming E’ l'adescamento online: «Teniamo presente che l'offrire da parte dei giovani immagini particolarmente provocanti di sé sulla rete può attirare adulti potenzialmente abusanti che dopo aver conquistato la fiducia delle vittime con tecniche di manipolazione psicologica, possono indurle a superare le resistenze e instaurare con loro una relazione intima o sessualizzata», avverte la F.I.S.S.


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Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager

Dove inchieste, come quella pubblicate alcuni mesi fa da un quotidiano italiano, restituiscono un quadro dei giovani in rapporto alla sessualità del tutto sconfortante: volgarità, superficialità, schiettezza, perdita di ogni pudore emergono come caratteristiche della nuova generazione di adolescenti. Dove dati statistici (seppure presi con la dovuta cautela per il target di persone prese in considerazione, quello appunto dei

giovani – molto attenti a quello che dicono per non fare brutte figure, ndr), mostrano effettivamente un cambiamento dell’atteggiamento giovanile nei confronti della sessualità negli ultimi anni. Oggi, non si può evitare di parlare di sessualità. In senso anzitutto critico e costruttivo. Al di là dei numeri, è reale che negli ultimi anni si sia abbassata l’età in cui i giovani hanno rapporti di intimità. Lo dicono più che altro

l’aumento dei casi di infezioni virali (la comparsa e la diffusione dell’HIV e dell’AIDS, come afferma l’OMS, ndr), la crescente preoccupazione per l’abuso sessuale su bambini e adolescenti, la diffusa disinformazione e i comportamenti scorretti. Eppure, di fronte a questo quadro, la reazione, a partire proprio dai ragazzi, non manca: «non siamo tutti uguali; ma che genitori hanno? Sono offeso da questa inchiesta» … e così via.

Si tratta quindi solo di percezione o di realtà?

C

erto non saremmo i primi a sentire studenti delle superiori che sbrodolano parole senza pudore e vergogna, anche là dove si sta parlando di intimità. È vero, però, che se questa realtà esiste, esiste anche la sua opposta, o una realtà intermedia. Possibile? Sì, secondo il dott. Cunico, psicologo e sessuologo. «Oggi viviamo in una società molto confusa, dove c’è di tutto- ci spiega- e i ragazzi sono lo specchio di que-

sta confusione». Proprio un sondaggio condotto dall’Associazione Noi di Verona nel 2010 rivela una duplice fisionomia dei giovani. Di fronte a un’immagine con riferimento sessuale si è constatato che «in una metà dei giovani è prevalsa l’idea di una sessualità legata all’affettività, a un valore, mentre in un’altra metà è stata vista come soddisfazione dei propri desideri o bisogno di essere come gli altri». I ragazzi poi hanno affermato che «la col-

pa non è loro se hanno rapporti sessuali, ma dei media, del modo in cui propongono la sessualità. E infatti si associa l’idea delle caramelle all’eccesso di stimoli (tentazioni). In questo hanno perfettamente ragione: non si può vivere una sessualità matura crescendo in una società che alimenta i desideri». Proprio la ipersessualizzazione dei media, affermano gli studiosi, sarebbe la causa principale dell’abbassamento dell’età dello sviluppo.

Cattivi informatori TV Secondo studi Usa, i giovanissimi stanno incollati alla tv fino a 3 ore al giorno e il 64% di tutti i programmi contengono riferimenti più o meno espliciti al sesso. Vi sarebbe quindi una probabilità doppia che gli adolescenti inizino precocemente l'attività sessuale rispetto a coloro che guardano la tv in modo meno assiduo.

CELLULARE Usato per trasmettere messaggi erotici. Ricercatori dell’Università dello Utah hanno distribuito dei questionari anonimi a 606 liceali dai 15 ai 17 anni: quasi il 20% del campione (il 18% dei ragazzi e il 17% delle ragazze) ha già inviato delle immagini delle proprie parti intime tramite cellulare.

INTERNET Online si possono trovare droghe facilmente acquistabili, utilizzate per prestazioni migliori o per affrontare il sesso da “sballati”. Sempre sul web molti minorenni si procurano pure il Viagra. «Non per problemi di erezione, ma per paura di andare in bianco»


PRIMO PIANO Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager

I nostri ragazzi Il dott. Cunico ci spiega che «i giovani sono più smaliziati, più svegli/e perché meno introspettivi, in quanto molto stimolati fin da piccoli». Sono molto narcisisti, cultori del proprio corpo, maschi compresi, e quindi chiusi in loro stessi. «L’immagine dell’uomo peloso è significativa: era associata al cavaliere,

attento all’altro e gentile. L’uomo di oggi, invece, è concentrato su se stesso, sulla propria cura. Non ha quindi tempo per l’altro». In fondo è l’immagine che conta, il mostrare. È chi urla che ha la meglio, perché è il più forte che vince. Questi sono alcuni dei messaggi che i media veicolano, ai quali si aggiungono le continue allusioni alla sessualità. Perché la sfera sessuale è il luogo

“C’è un cambiamento culturale alla base” Viviamo in una società consumistica, oltretutto rapida, rapidissima, dove il tempo fugge. Una società del tutto e subito. Dove se ho un dubbio, cerco la risposta immediata su internet. Dove se voglio qualcosa, l’ottengo subito. Ma ecco che una volta ottenuto quell’oggetto ne voglio subito un altro. E quindi si acquista. Si spende. Per un oggetto, poi per un altro, e così via. E poi c’è la noia. Ho tutto e non sono soddisfatto. Voglio ancora di più. Sì, perché io posso. Voglio e posso. E sono

libero di farlo. Sono onnipotente. E annoiato. Terribilmente annoiato. Allora perché non provare qualcosa di emozionante? Adrenalina! Sì, voglio sentire l’adrenalina che si impossessi del mio corpo. Bello, figo, stupendo. Fatto. E ora? C’è la noia. Ancora. Il bombardamento da parte di una cultura consumistica, del tutto e subito, alimenta fantasie di onnipotenza nei ragazzi. «Hanno tutto sotto controllo», spiega Cunico. «Il sesso diventa un gioco di seduzione, banalizzato, il

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dell’istinto, rappresenta il bisogno prioritario dell’uomo. È il motore relazionale della riconoscenza di se stessi. E il sistema lo sa: battendo su questo punto si ottiene un risultato. Si vende: una macchina, un oggetto, un prodotto qualsiasi. La sfera sessuale è il motore più rispondente della struttura umana. Ed è qui che i giovani, gli adolescenti, si confrontano. contrario dell’immaginario erotico», senza che ci si renda conto delle conseguenze. E la continua insoddisfazione porta a cambiare continuamente il partner. Muoversi sulla superficie, e non in profondità, porta pure all’ansia di prestazione, alla paura di sbagliare. Ecco spiegato il maggiore ricorso al viagra anche da parte dei giovani. La non consapevolezza dei propri limiti e delle proprie capacità manda in crisi il ragazzo dopo una sconfitta, anche in ambito sessuale, perché non è capace di accettare e gestire la frustrazione.

A B C Salviamo il desiderio Dov’è allora la fine? Dov’è il limite? Ma serve dopotutto il limite? Qualcuno scrisse che «la libertà non è fare quello che si vuole, ma voler fare quello che si deve». L’uomo ha bisogno di confini entro cui spaziare liberamente. Ha bisogno di riferimenti, che gli illuminino la traccia sul-

la quale camminare. Di regole, che lo aiutino nelle valutazione di scelte e nei problemi. Ha bisogno di sapere che per raggiungere quella meta è necessario il tempo. Un tempo lungo, in cui l’attesa sia paziente. E incoraggiante. Perché a guidarlo è il desiderio. Perché mentre cammina lento, ha tempo di guardarsi dentro, di affidarsi al suo essere interiore.

Riconoscere le sue capacità e le sue debolezze. Solo allora sarà in grado di affrontare il cammino con le sue forze. Consapevole di chi è. È proprio l’adolescenza il periodo della vita di una persona in cui si struttura la propria identità. E «avere un’identità significa essere diversi dagli altri», essere in ricerca di se stessi. Essere consapevoli dei cambiamenti del


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proprio corpo, delle proprie emozioni, comportamenti e pensieri. Ma come in ogni momento di passaggio la persona può sentirsi fragile, instabile. Ecco che anche nella sfera più intima, come quella sessuale, si riverbera tutto questo processo di cambiamento, di evoluzione di sé. Con tutte le conseguenze, positive e negative, che comporta e che bisogna sapere accettare. Il noto psichiatra veronese, Vittorino Andreoli, scriveva nell’ormai lontano (eppure estremamente attuale) 2002: «In una società che riduce tutto al “qui e ora”

Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager

manca la dimensione futura che rende possibile la speranza. (…) In una società in cui è difficile pensare al passato e desiderare un futuro, il desiderio muore. Muore cioè la capacità di immaginarsi diverso da quello che si è ora, a seguito di un progetto che abbia le caratteristiche del possibile. E un progetto ha sempre per riferimento il tempo. Senza il desiderio tutto si spegne. E affiorano molti dei comportamenti che dominano questo momento storico». «Il meccanismo equilibrato dovrebbe essere quello del differimento, non certo quello della soddisfa-

zione immediata», ribadisce Cunico. Solo in questo modo si torna a dare valore alle cose, alle nostre azioni, in maniera responsabile. «Una persona è matura anche quando sa gustare in modo equilibrato il piacere». Un professore l’ha chiamato “il mistero della sessualità”: se c’è, si alimenta il desiderio. Se, invece, tutto è palese, il desiderio sparisce. E’ necessario allora interrogarsi sui desideri dei nostri figli. “Una terapia del desiderio”, l’ha definita Andreoli, grazie alla quale si aiutano i ragazzi a scoprirsi, anche nella loro dimensione sessuale.

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PRIMO PIANO Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager

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Per un’educazione sessuale - per “una terapia del desiderio” «Approfondire la conoscenza della propria e dell’altrui sessualità, collocandola del contesto esistenziale umano, nella totalità dell’essere umano»: questo è secondo gli studiosi la base da cui partire. Già Foucault lo diceva: «È sul versante del sesso che bisogna cercare le verità più segrete dell’individuo; (…) : la struttura dei suoi fantasmi, le radici del suo io, le forme del suo rapporto con il reale». L’esercizio di una sessualità matura, al servizio della crescita della persona e dello sviluppo sociale, richiede l’utilizzo

del senso critico, dell’autocontrollo e della tolleranza. Per arrivare a ciò, da parte dei ragazzi, si ha bisogno di una «socializzazione sessuale in grado di educare e istruire, di trasmettere valori, convinzioni e ideologie e – allo stesso tempo – fornire contenuti tecnici». Ne consegue la necessità di un intervento degli educatori, degli insegnanti e dei genitori, in maniera urgente, in una società occidentale in cui «è facile che i giovani si smarriscano, perdano i riferimenti», come scrive l’OMS. Per un’educa-

zione sessuale che non deve restringersi solo al campo della pura conoscenza “anatomica”, “medica”. Dei rischi nei quali si incorre. Dei modi con i quali evitarli. Ma un’educazione che sia capace di recuperare e salvare l’aspetto valoriale della relazione. Là dove la relazione, secondo il codice psicologico, «è il dono di sé, perché l’altro da me è una ricchezza, e l’uno diventa completezza dell’altro». Se una persona vive la propria sessualità serenamente, in equilibrio, è indice di una personalità matura.

I codici della sessualità secondo la psicologia: l’amore, l’affettività e la relazione. Come scrive l’OMS, «è necessario quindi integrare la sessualità con gli altri aspetti della personalità, utili nel loro insieme allo sviluppo dei giovani. Non dimentichiamo infatti che la sessualità ha un iter che inizia nei primi mesi di vita di un neonato e, nelle varie fasce di età, si evolve». Per questo motivo l’educazione sessuale è importante affrontarla nelle scuole e in famiglia. Purtroppo, come afferma la dott.ssa Ferraris, in Italia la scuola non è sostenuta in questo. E in famiglia «ormai nessun genitore può evitare di parlare di sesso con i figli», altrimenti si avrebbero effetti negativi. Il fatto che oggi se ne parli apertamente non significa quindi volere anticipare

alcune tappe di questo sviluppo, e tantomeno autorizza a direzionare scelte importanti, talvolta forzandole, come quelle legate alla propria tendenza sessuale. Lo sviluppo sessuale c’è sempre stato: è parte della naturale maturazione di una persona. Non si tratta solo di rispettare i “diritti sessuali”, come scrive l’OMS, in una cultura individualista, com’è l’attuale. Bensì di «restituire valore ai desideri e ai doveri». Rispettare la dignità della persona, indipendentemente dalle sue scelte. Lo diceva papa Giovanni Paolo II nel 1985, lo ha ribadito papa Francesco I, quando alla domanda «Cosa pensa dei gay?» ha risposto: «Chi sono io

per giudicare?». Non c’è giusto o sbagliato. C’è il rispetto dell’altro. C’è un livello, fatto di realtà, di persone, di singoli casi, di educatori, di genitori, di giovani, che si muovono con senso di coscienza. C’è un altro livello, quello delle ideologie, che facilmente manipola, indirizza, influenza il nostro pensiero. Padroneggia sui dibattiti. E giudica. Informare e formare, dunque. Perché la sessualità non sia una minaccia, ma un’opportunità per la persona sociale. Dopotutto, come dice Costantino Cipolla, «la sessualità è paradossalmente il luogo più intimo e contemporaneamente più sociale della vita umana».


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Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager

Per i nostri figli: consigli in pillole • Privilegiare una cultura del racconto, per abituare alla riflessione • Ragionare sul significato dei gesti • Sviluppare una capacità critica • Saper aspettare le domande dei ragazzi • Cercare la congruenza fra gesti e parole • Non delegare all'altro genitore le risposte • Saper dire a volte con sincerità: non lo so (il genitore non deve necessariamente sapere sempre tutto) • Prendersi l'impegno di documentarsi • Fargli capire che c’è una strumentalizzazione del sesso • Fargli capire che non è la realtà quella virtuale, ma è finzione, per ché la realtà è fatta anche di calore, di amore, di rispetto per l’altro. fotografa il codice QR

Ascolta l’intervista a Anna Oliviero Ferraris Il libro “Tuo figlio e il sesso: crescere figli equilibrati in un mondo con troppi stimoli”, di Anna Oliviero Ferraris.

Informare, perché è necessario? Inconsapevolezza dei rischi > Un’indagine fatta dall’istituto di dermatologia di Rimini e da Paidoss nel 2013 mostrava che il 73% dei intervistati non conosceva le principali malattie a trasmissione sessuale, il 33% pensava che la loro incidenza fosse trascurabile e il 57% non sapeva stimare il tasso di HIV. I dati Istat (relativi al 2007) par-

lano di 273 interruzioni volontarie di gravidanza sotto i 14 anni e poco più di 10mila tra 15 e 19 anni, circa l’8% del totale. Contraccettivi > La S.I.G.O. afferma che il 42% delle donne under 25 non utilizza alcun metodo contraccettivo durante la prima esperienza sessuale. «Su questi temi solo 3 ragazze su 10 ricevono

informazioni corrette da parte di ginecologi, medici e insegnanti. Il rimanente 70% le apprende da fonti non qualificate come gli amici, giovani parenti o siti internet. A questo bisogna aggiungere che i consultori familiari sono il 30% in meno di quelli previsti dalla legge e solo 1 su 4 ha un organico completo di tutte le figure professionali»

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PRIMO PIANO Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager

Pantheon

“Informare e formare per educare e prevenire”

Due chiacchiere con la prof.ssa Roberta Rossi, presidente della F.I.S.S. (Federazione italiana di sessuologia scientifica)

Q

uali sono i campi in cui opera la FISS? La nostra Federazione è impegnata a vari livelli in ambito sessuologico, quindi la ricerca, la clinica, la consulenza e l’educazione sessuale. Perché l’educazione sessuale vi sta a cuore? Perché in una società “sessualizzata” è necessario che i ragazzi non siano lasciati a loro stessi, in balia del bombardamento di informazioni al quale oggi sono soggetti. Quale impostazione è seguita in ambito di educazione sessuale? Abbiamo due obiettivi: informare e formare. I ragazzi ormai hanno accesso a ogni tipologia di informazione, grazie al web, alla televisione, ai cellulari. Informazioni che però, da sole, rischiano di essere male interpretate, se non sono filtrate e veicolate in maniera scientifica. Da qui l’esigenza di una corretta informazione, che però, da sola, non basta. Ecco la necessità di formare: coinvolgere cioè i ragazzi, farli partecipare, fare in modo che individuino stili di vita e di relazione , finalizzati a mantenere un benessere sessuale. Non solo prevenzione quindi? Spesso le scuole ci chiamano per Prof.ssa Roberta Rossi

una serie di incontri con i ragazzi solo a seguito di un caso di aborto di un’alunna, per esempio. E’ necessario invece agire prima che il fatto sia accaduto. Bisogna quindi prevenire, anzitutto, in modo che i ragazzi conoscano i rischi e le conseguenze nelle quali incorrono con un rapporto sessuale. Ma al contempo promuovere alcuni valori, che nel loro insieme costituiscano uno stile di vita.

Può elencare alcuni di questi valori? Anzitutto la possibilità di scegliere: aiutare cioè i giovani nella loro autoaffermazione, soprattutto quando si ha un carattere fragile. In questo modo si evita di incorrere per esempio in situazioni di violenza, nelle quali uno decide a scapito dell’altro. Si devono rivedere quindi i ruoli nella società, non solo tra maschi e femmine,

Fonte Roberta Cacace, dati di www.paidoss.it


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PRIMO PIANO Sessualità, come e quanto ne sanno i teenager ma tra forti e deboli. Le energie aggressive dei giovani vanno indirizzate. Da qui l’importanza della non sopraffazione sull’altro e dei rapporti intesi alla pari. In questa prospettiva l’educazione sessuale diventa parte di una educazione più generale rivolta alle nuove generazioni. Non si vuole quindi spingere verso una maggiore “sessualizzazione” dei giovani? Assolutamente no. Non c’è alcuna intenzione di portare alla precocizzazione della sessualità, anche perché ben conosciamo i rischi di questa sessualizzazione precoce. Trovate delle resistenze da parte dei genitori? Una parte dei genitori attacca il nostro operato. Questo avviene perché non conoscono cosa proponiamo effettivamente. La maggior parte, invece, è contenta che qualcuno si occupi di questi aspetti. E’ bene ricordare che quando siamo chiamati nelle scuole, per entrarvi e poter lavorare coi ragazzi minorenni, dobbiamo avere il nulla osta da parte degli stessi genitori. Per favorire questo “permesso” organizziamo, quando possibile, un incontro preliminare e conoscitivo con genitori e ragazzi. Avete un sostegno statale?

No, purtroppo. Le scuole, infatti, devono attingere ai propri fondi e per questo facciamo fatica a essere chiamati. Cosa offrite comunque se qualcuno ha bisogno di aiuto? Abbiamo creato un registro, un albo di professionisti, che si sono formati appositamente nell’ambito della sessuologia per mettersi a disposizione di chi chiede aiuto. Lo si trova sul nostro sito www.fissonline.it . A ciò si aggiungono i corsi di sensibilizzazione rivolti a genitori ed educatori. In cosa consistono? Sono corsi che potremmo defi-

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nire di “orientamento”. E’ importante, infatti, che queste figure sappiamo come muoversi in certe situazioni o di fronte a certe domande, in modo da non trovarsi impreparati. Il silenzio può essere controproducente. Può portare a frustrazioni, che poi nel tempo lasciano il loro segno. Ci sono testi a cui si può fare ricorso in caso di bisogno? Stiamo pensando di aprire una “biblioteca virtuale” sul nostro sito, con la segnalazione di quei libri che spiegano attraverso i racconti, a seconda della fascia di età. Uno strumento utilissimo per tutti.

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CREDITO & IMPRESA

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P antheon

Spesa low cost: è Verona la città dove conviene di più

di Camilla Pisani

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ell’Italia della lenta ripresa - ormai non è più “crisi” - arriva una notizia che conforta chi risiede in riva all’Adige. È Verona la città in cui si riempie il carrello della spesa più conveniente d’Italia. Questo è quanto ha evidenziato l’annuale inchiesta di Altroconsumo relativa a supermercati, iper e hard discount che ha preso come riferimento 68 provincie italiane. A fronte di una spesa media italiana pari a 6.350 euro l’anno per nucleo famigliare, a dicembre, sotto l’albero, i veronesi si ritroveranno qualche centinaio di euro in più rispetto ai conterranei, sottraendo al portafogli “solo” 5.999 euro. In nessun’altra grande città si spende meno per alimenti, prodotti per l’igiene personale e per la casa. A livello regionale, invece, è in Toscana che si risparmia maggiormente alla voce “lista della spesa”: grazie a città economiche come Arezzo (appena dopo Verona), Firenze, Pistoia e Pisa il costo medio della spesa è di 6.039 euro. Seconda Regione, il Veneto (6.128 euro) e terza il Piemonte (6.240). In fondo alla classifica Palermo, Ascoli Piceno, Pescara e Aosta, dove la spesa si attesta intorno ai 6.600 euro. La Regione più cara in assoluto è la Valle d’Aosta, con 6.636 euro. «Abbiamo selezionato 68 città, tra capoluoghi di regione e di provincia, 909 punti vendita e 108 categorie merceologiche tra le più

Da una ricerca effettuata da Altroconsumo emerge che, tra i prezzi rilevati nei supermercati, iper e discount di tutta Italia, solo a Verona una famiglia arriva a spendere meno di 6mila euro l’anno. E scaligera è anche la catena più economica dello stivale: Rossetto. rappresentative della spesa delle famiglie italiane, secondo l’indagine annuale Istat sui consumi delle famiglie», hanno spiegato i portavoce di Altroconsumo. «Abbiamo raccolto oltre un milione di prezzi dei prodotti delle suddette categorie e li abbiamo suddivisi in tre carrelli: spesa sui prodotti di marca, spesa su prodotti più economici e infine spesa basata sui prodotti a marchio commerciale, cioè quelli col nome della catena dove sono in vendita». E il dato positi-

vo per la città non riguarda solo la spesa. La catena di supermercati più economica dello stivale si rivela, anch’essa, scaligera: è il Super Rossetto. «Questo per noi è motivo di orgoglio perché siamo riusciti ad avere la meglio sulle grandi catene, rielaborando le loro inefficienze - ha commentato Lorenzo Rossetto, amministratore delegato del gruppo - e quindi puntando sulla nostra velocità di decisione, cogliendo le occasioni offerte dal mercato ed evitando gli sprechi».

Daniele Sandri, Nicola Armellini Enrico Pandian di SUPERMERCATO24

SUPERMERCATO24: LA STARTUP DELLA SPESA 7 GIORNI SU 7 La startup più promettente del panorama veronese ha come obiettivo semplificare agli italiani il rito della spesa. supermercato24.it è un servizio - piattaforma web più App per dispositivi mobile - che permette


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CREDITO & IMPRESA

di ordinare online prodotti e alimenti presso il proprio supermercato preferito e riceverli a casa in giornata grazie

a un’estesa rete di fattorini. Fondata da Enrico Pandian, già mente di PrezziPazzi e matura.it, insieme a Nicola Armellini e Daniele Sandri, la piattaforma è operativa da settembre 2014 a Verona ed è oggi presente in quasi 60 provincie italiane, tra cui Bergamo, Brescia, Vicenza, Padova, Venezia e Treviso, e conta più di centomila utenti attivi. Secondo i progetti, entro gennaio coprirà altre 40 città, per aprire anche a Londra, in un futuro non lontano. Oggi

la startup dà lavoro a quindici persone in sede tra web designer, web developer, addetti al servizio clienti e logistica, ma coinvolge migliaia di fattorini reclutati per le consegne a domicilio. La società ha ottenuto un finanziamento da 155 mila euro erogato da un gruppo di business angels che hanno valutato l’intera società circa 1,65 milioni di euro. E non è tutto. Pandian si è aggiudicato anche 360mila dollari di investimento messi in palio da 360Capital Partners.

CINZIA, 58 ANNI, SPOSATA SPESA MENSILE: 200 EURO AL MESE

MATTEO, 32 ANNI, SINGLE - SPESA MENSILE: 250-300 EURO AL MESE

EVA, 30 ANNI, SPOSATA CON DUE FIGLI - SPESA MENSILE: 400 EURO AL MESE

«Vado al supermercato due volte la settimana, preferisco andarci spesso e prendere poche cose per volta ma fresche, soprattutto la verdura. Ci sono alimenti su cui non transigo sul fatto che debbano essere di qualità, come la carne e il pesce, per cui sono disposta a spendere qualcosa in più. Risparmio su tutto ciò che non è cibo: prodotti per la casa, tovaglioli o carta. Per quelli vado al discount».

«A fare spesa vado una volta ogni dieci giorni. Spendo più della media perché sono vegano, quindi oltre al supermercato tradizionale frequento anche quelli bio, dove i prezzi sono più alti. Per risparmiare leggo la carta delle offerte che trovo nella posta e in base a quella scelgo cosa prendere».

«La spesa è solo il sabato e torno a casa con il carrello strapieno: tra lavoro e due figli piccoli non ho la possibilità di andarci in settimana, quando alcune catene fanno lo sconto sulla spesa: non mi resta che approfittare delle offerte di scaffale e, se non devo uscire la sera, vado sul tardi così trovo i prodotti di giornata già confezionati e in supersconto: pollo, pesce fritto, arrosto con verdure, mi risolvo la cena low cost e senza fatica».


DIOCESI

L’intervista al nuovo Vicario episcopale per la cultura

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Pantheon

Quando la fede abbraccia il sociale e si trasforma in network Abbiamo fatto due chiacchiere con don Martino Signoretto della Diocesi di Verona per capire da vicino la linfa che anima l’universo spirituale veronese, tra progetti e tanta cultura. di Erika Prandi

C

hi è don Martino Signoretto? Un prete. Il mio sogno fin dagli anni della formazione era andare in una parrocchia, fare il curato e poi il parroco. Per me era una prospettiva abbastanza sicura. Mi sono innamorato di questa strada a tal punto che non so immaginarne un’altra. Mi ritengo fortunatissimo; quello che faccio a livello di identità e missione di vita è un dono inestimabile. E il prete oggi? È il “Pastore d’anime”, cioè colui che si dedica agli altri cercando in tutti i modi di imparare da Gesù. Chiaramente c’è una dimensione importantissima che è quella sacramentale: vivo con la consapevolezza che sono chiamato a una mediazione tra il cielo e la terra. Quindi i sacramenti che siamo chiamati ad amministrare diventano momenti, luoghi fondamentali dove il prete esercita in pienezza ciò per cui è chiamato. L’anno della Misericordia è un’occasione formidabile in cui

sarebbe strano mancare. Il vicariato alla cultura come si concilia con il ruolo di prete? Il prete è anche al servizio di una chiesa che ha una sua organizzazione interna. La fede cristiana non può non mettersi in dialogo con tutto ciò che è culturale, anche con ambienti che sembrerebbero più marginali. Io mi collocherei in quel segmento dove le cose in cui crediamo non sono esclusivamente religiose, ma hanno una ricaduta culturale. Se fossi solo un organizzatore di eventi mi vedrei in una situazione che non ha senso perché per me è solo uno strumento, non il luogo dove esaurire un’identità. Cosa rappresenta per Lei la cultura? Può essere uno strumento per trasmettere messaggi? Sì, ma anche un dono di ascolto. Cultura vuol dire anche luoghi e momenti di convergenza, scoprire che l’umano per Dio è fondamentale perché Dio si è fatto uomo. Il primo atto di fiducia è fondamentale. Stamattina ho conosciuto un’artista

che compone al pianoforte delle cose strepitose, guarda caso commentando testi biblici. Già umanamente ha un significato formidabile. Che idea si è fatto del “sistema cultura” di Verona? Innanzitutto la città parte già con un vantaggio incredibile perché è all’interno di un crocevia di comunicazione. Ma la domanda è: siamo consapevoli di ciò che abbiamo o ci adagiamo su questo? Penso che si possa fare molto di più. La chiave vincente per me è fare network altrimenti la città rischia di incorrere nel provincialismo. Progetto Pietre Vive: in cosa consiste? L’idea che stiamo sperimentando a San Procolo è quella di “dare vita” alle pietre che costituiscono le nostre chiese. E affinché riescano a rimanere aperte al pubblico è fondamentale avere tanti alleati. A San Procolo nella prima domenica del mese è possibile vedere un video con un attore che per dieci minuti interpreta il santo. Abbiamo fatto lo stesso a San Zeno, lo stiamo facendo a Santa Teuteria e Tosca coinvolgendo professionisti. Ma il progetto non si ferma qui perché vorremmo chiedere aiuto anche a chi viene dal mondo del disagio o dal carcere così da avere una ricaduta sociale. Queste figure diventerebbero una risorsa nella custodia delle chiese. Preparare questo progetto vuol dire mettere in atto una serie di iniziative che più sono in rete meglio è. Quando cultura e sociale si mescolano una tira l’altra. La vera cultura deve elevare tutti, non può essere di nicchia. Se è vera cultura coltiva proprio coloro che sono più marginali ed è lì che la cultura fa fare il vero salto di qualità a chi non ha mai avuto le condizioni per farlo. Ha un modello di riferimento? Israele e Palestina. È da dieci anni


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L’intervista al nuovo Vicario episcopale per la cultura

Un particolare della Sala dei Vescovi

che vado là portando i giovani. In Palestina sono andato a vedere un sito archeologico e lì ho incontrato una persona che stava pulendo una stradina. Mi ha guardato e mi ha raccontato la storia del luogo, accompagnandomi a visitarlo senza volere nulla in cambio. Mi sono chiesto come fosse possibile. Lui faceva parte di un progetto in cui era coinvolta tutta la cittadinanza tramite varie attività che hanno l’obiettivo di alimentare e custodire la

risorsa culturale. Da lì mi è venuta l’idea di fare lo stesso con la chiesa di San Siro, mentre in Israele conosco un’associazione che gestisce più di sessanta siti collegati tra di loro. Il progetto su Verona prevede che le chiese siano collegate con il sistema delle credenziali (un timbro), mentre il QR-code permetterà all’utente di poter vedere da casa il video con il santo interpretato da un attore. Non ci sarà più l’aspetto didascalico ma evocativo.


DOPO EXPO

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La nuova iniziativa di VeronaExpo

Pantheon

L’associazione temporanea diventa stabile

di Miryam Scandola

Presentato nella sede della Diocesi di Verona il progetto di network territoriale permanente che permetterà agli attuali e ai futuri soci dell’associazione di proseguire sulla strada tracciata in occasione del semestre di Expo 2015, fatta di relazioni, scambi, sinergie e opportunità. Incaricato allo sviluppo della rete il nuovo AD di Infoval Srl, Vincenzo Scotti.

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5 soci, 6 patrocini istituzionali (tra cui quello prestigioso di Expo Milano) e molti partner operativi. 40 giovani veronesi coinvolti col progetto Volontari per VeronaExpo, oltre 50 pullman partiti dalla nostra città destinazione Expo Milano e più di 2000 tra biglietti/ pacchetti viaggio venduti. 500 le news e gli eventi pubblicati sui canali (sito web, pagina FB e Twitter) dell’associazione, oltre 200 le newsletter inviate, 42 gli eventi patrocinati a Verona e provincia, 4 i road show promossi sul territorio e un progetto, “Sapori di Accessibilità”, creato ex novo per richiamare l’attenzione sulle tematiche legate, in particolare, al mondo delle disabilità. Sono questi alcuni dei numeri che sono stati presentati lo scorso 2 ottobre dal presidente Matteo Scolari in occasione del Consiglio degli Associati di VeronaExpo, l’associazione temporanea

di scopo nata il 17 ottobre 2014 per sensibilizzare la cittadinanza nei confronti dei principali temi dell’Esposizione Universale e per amplificare le iniziative e le opportunità di scambio tra i soci, finalizzate a cogliere anche a livello locale i benefici di Expo Milano 2015.

Vincenzo Scotti, delegato allo sviluppo del Network

A pochi giorni dal termine della kermesse internazionale, VeronaExpo ha deciso di trasformare l’esperienza associativa che ha generato molti benefici sul territorio, in un soggetto permanente che raccolga il testimone e che dia seguito a tutto ciò che di buono è stato realizzato in questo anno a livello di opportunità di relazione e di condivisione tra soci e non solo. Per lo sviluppo del network l’associazione si è affidata al manager e imprenditore Vincenzo Scotti, neo amministratore delegato della società Infoval Srl, socia fondatrice di VeronaExpo. Dott. Scotti, da associazione temporanea a network permanente, perché questa scelta? Dopo la positiva esperienza di VeronaExpo, abbiamo pensato di dare vita a un network permanente proprio per proseguire in maniera sistematica e duratura il nostro impegno e quello di tutti i soci che sono molto attivi sul territorio locale e nazionale. Come Infoval Srl, e come da nostra mission, vogliamo sviluppare e investire in progetti che portino valore aggiunto, consapevolezza e vantaggi diffusi sul territorio e che siano accompagnati da sani valori di spirito di fiducia ed ottimismo. Questo progetto di network permanente rappresenta un punto di ripartenza, dopo Expo, al fine di, partendo dall’eccellenza italiana, valorizzare e trasferire anche i plus delle eccellenze territoriali di Verona. E nella piena consapevolezza che network permanente


a partire dalle ore 20.00

Nel l a sp le n d i da co r n i ce d i Cort e S an Fe l i c e i n v ia B e lv e d e r e 1 2 3 / a - V e r o n a

SERATA DI gALA l’a s s oc iaz i one ver ona expo, p er s a luta re a s s ie m e a t u t t i i soci , agli am i ci e ai ci tta d in i v eron es i la conclu si one di E xpo M ila no 20 15 pre s e n ta

PREMIO VERONAEXPO

saranno illustrati i numeri e le principali attività svolte dall’associazione VeronaExpo e dai suoi soci e verrà assegnato il PREMIO VERONAEXPO a un imprenditore veronese che si è particolarmente distinto durante il semestre dell’Esposizione Universale.

libero

DU R A N T E LA S E R A TA

Ingresso

E ' R I C H I E S TA L A R E G I S T R A Z I O N E E N T R O E N O N O LT R E M E R C O L E D I 2 8 / 1 0 / 2 0 1 5 I N V I A N D O U N A M A I L A D E V E N T I @ V E R O N A E X P O.C O M

Ven er dI 30 ottobre 2 015

P e r in f o : e v e nti @ v e r o na e x po.co m – 0 4 5 . 8 6 5 0 7 4 6


DOPO EXPO

La nuova iniziativa di VeronaExpo

significa impegno permanente, è nostro obiettivo sviluppare iniziative che abbiamo anche un carattere commerciale per tutti i soci aderenti. Ritiene che una città come Verona abbia bisogno di un modello di rete così? Se partiamo dal presupposto che ad oggi è fondamentale trovare nuovi modelli e modi di fare impresa, ritengo che ogni città, società, sistema e settore dovrebbe avere un modello come questo che però consenta prima di tutto di sviluppare la cultura del fare rete. “Fare rete” oggi rappresenta un’alternativa importante per affrontare al meglio il contesto economico-sociale e culturale, dove vi sono profondi e rapidi mutamenti e proprio in questo scenario di cambiamento sono richieste relazioni con profondi valori ed etica di mercato. Chi potrà aderire e quali vantaggi reali porterà ai soci e al territorio di riferimento? Gli aderenti al network saranno in primo luogo tutti i soci che hanno aderito all’associazione temporanea di scopo VeronaExpo, inoltre potranno aderire nuovi soci istituzionali e soci aziende, entrambi tasselli importanti del tessuto culturale economico territoriale; VeronaExpo è un’Associazione temporanea di scopo nata il 17 ottobre 2014 per cogliere le opportunità legate all’Esposizione Universale ExpoMilano 2015 ed indirizzarle verso il territorio scaligero. Tra gli obiettivi: • Ideare, progettare e realizzare congiuntamente iniziative di promozione e di valorizzazione del sistema economico veronese; • Censire le iniziative di tutti i soggetti partecipanti; • Sensibilizzare il sistema delle imprese veronesi all’evento Expo; • Dare più ampia diffusione a tutte le iniziative degli aderenti ad ATS Verona EXPO.

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Pantheon

Alcuni dei soci di ATS Verona Expo

un sistema aperto sì, ma che prevede criteri specifici di adesione. Essendo il network permanente un sistema istituzionale, culturale, di sinergie commerciali e di impresa, avrà una sua carta dei servizi e la struttura prevede l’istituzione di un Comitato Scientifico che alimenterà, valuterà e delibererà la fattibilità istituzionale e commerciale di progetti ed iniziative promosse e/o rivolte ai soci stessi e al territorio. Un modello a ricaduta capillare quindi? Decisamente sì, un network dove i soci potranno giocare un ruolo attivo in termini di proposizione, promozione, sviluppo di iniziative

e servizi, convenzioni, proposte a favore del network stesso, di tutti gli aderenti e, a cascata, dei loro contatti, associati o altro. Per questo aspetto specifico ci prefiggiamo inoltre di essere un generatore, un amplificatore e un moltiplicatore di servizi ed opportunità per istituzioni, imprese e cittadini del territorio per mezzo di azioni concrete e modalità di comunicazione varie ed efficaci. Potendo contare sull’esperienza e la professionalità della nostra società editrice Infoval, vogliamo essere un fulcro che agevola ed alimenta il coinvolgimento attraverso l’informazione e la partecipazione di tutti.


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FORMAZIONE

Quattro lezioni sulla comunicazione nella sede del giornale

Tutto pronto per la PANTHEON ACADEMY Il 19 ottobre, con la prima lezione su Twitter, verrà inaugurato il secondo ciclo di incontri formativi promossi dalla redazione del Magazine di Verona. Saranno analizzate le teorie, le tecniche e gli strumenti più innovativi per comunicare in modo efficace e professionale.

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opo la serata di presentazione che si è tenuta lo scorso 5 ottobre nella redazione di Pantheon, prenderà il via lunedì 19 ottobre il secondo ciclo di lezioni della Pantheon Academy dopo quello svolto, sempre nella sede del giornale, la scorsa primavera. Si comincia il 19 ottobre, dunque, con la prima lezione dedicata a Twitter e a una sua nuova applicazione chiamata Periscope. Nato nel 2006 come servizio di microblogging, Twitter sta conquistando sempre più il mondo professionale, grazie alla rapidità e alla semplicità di utilizzo. Tra le diverse novità del servizio, sta avendo un certo successo Periscope, appunto, la nuova app gratuita che consente lo streaming tramite il canale social: un nuovo modo per trasmettere in diretta, da qualsiasi luogo e a chiunque. La prima lezione del-

la Pantheon Academy ci svelerà tutti i trucchi di questo strumento. Il secondo appuntamento è fissato per il 9 novembre: l’argomento questa volta è Teorie e Tecniche dell’Ufficio Stampa. Scrivere comunicati stampa, organizzare conferenze stampa, diffondere notizie su eventi, fatti, accadimenti, essere sempre informati su ciò che succede attorno a noi: l’ufficio stampa fa tutto questo e molto altro. Video editing è invece l’argomento di cui si parlerà il 23 novembre. Realizzare video al giorno d’oggi può sembrare un gioco da ragazzi: tutti abbiamo un videofonino in tasca. Ma siamo sicuri di saperlo fare al meglio? Da come realizzare video con una telecamera professionale, al modo migliore per creare video virali, passando per tutti i programmi più usati per il video

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Pantheon

di Chiara Boni

editing: Pantheon Academy vi accompagnerà attraverso tutte le tappe della realizzazione di filmati. Lo Storytelling sarà il protagonista della quarta lezione, il 14 dicembre. Tutti possono raccontare una storia, ma saper fare storytelling è qualcosa di molto diverso. Ma non così complicato come vogliono farci credere e, grazie ai nostri docenti, anche voi avrete l’opportunità di scoprirlo. Lo storytelling non è solo raccontare una storia, ma creare un nuovo universo narrativo: se anche voi volete saperne di più, non potete mancare a quest’ultima lezione di Pantheon Academy. Pensate principalmente per studenti universitari che si interessano di comunicazione, ma aperte a chiunque sia appassionato di questo tema, le lezioni della Pantheon Academy si svolgeranno in via Torricelli 37, in ZAI, e saranno tenute da docenti preparati e competenti. E proprio perché sappiamo che a lezione si impara, ma sul campo si impara di più, abbiamo messo a disposizione per i più meritevoli tra gli studenti/studentesse del corso l’opportunità di svolgere uno stage nella redazione di Pantheon.


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PRESENTAZIONE PANTHEON ACADEMY

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Pa ntheon A ca d emy 19 ottobre

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LE LEZIONI VERRANNO SVOLTE IN VIA TORRICELLI 37


ACCOGLIENZA & TURISMO

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Pantheon antheon P

L’uomo che sussurra ai CAVALLI di Giorgia Castagna

Per entrare nel vivo di questa 117ªedizione di Fieracavalli e scoprire qualche anticipazione del Gala d’Oro, in scena nelle serate di sabato 7 e domenica 8 novembre, abbiamo intervistato Antonio Giarola, direttore artistico dell’evento.

“L’uomo che sussurrava a cavalli” potrebbe essere lui, Antonio Giarola regista e poeta veronese conosciuto nel panorama nazionale e non solo, per il suo curriculum di tutto rispetto. Laureato in drammaturgia al DAMS di Bologna, si occupa professionalmente di arte equestre dal 1984 quando fonda il Clown’s Circus, primo esperimento di circo-teatro in Italia. Da allora ha diretto gli spettacoli di gala per la Fieracavalli di Verona e molti altri eventi equestri internazionali tra cui il Master Gucci e la Nuit du Cheval nell’ambito del Salon du Cheval de Paris nel 2013 e 2014. Oltre a ciò ha curato la regia di spettacoli di danza, varietà, dinner-show e teatrocirco a livello internazionale. Tra le sue regie teatrali vanno ricordate quella con RBR Dance Company: il “Varietras Delectat – Omaggio ad Antonio Salieri” presentato nei principali teatri nazionali e anche Antonio Giarola

nel Teatro dell’Ermitage a San Pietroburgo nel 2012 e il recentissimo “Circo di Zeus”. Consulente artistico di Holiday On Ice, Apassionata e del Ringling Bros, Barnum & Bailey e uno dei fondatori dell’Accademia d’Arte Circense di Verona e ancora, direttore del Centro Educativo di Documentazione delle Arti Circensi (CEDAC) di Verona. Poeta e scrittore teatrale, ha pubblicato anche molti testi e libri di poesia, alcuni dei quali sono in distribuzione mondiale. Per entrare nel vivo di questa 117ªedizione di Fieracavalli e scoprire qualche anticipazione del Gala d’Oro, in scena nelle serate di sabato 7 e domenica 8 novembre, abbiamo intervistato Antonio Giarola, direttore artistico dell’evento. Lo abbiamo raggiunto al telefono mezz’ora prima del suo imbarco per Mosca, dove per la prima volta nella storia del circo russo un regista, e per l’appunto italiano, dirigerà uno spettacolo. Dove è diretto professore? In questo momento mi trovo all’aeroporto e mi sto per imbarcare per Mosca. Sono stato infatti chiamato a dirigere il Circo Nikulin, uno degli spettacoli storici di Mosca che si svolge nello stesso edificio dal 1880 e propone il meglio della tradizione circense russa, con acrobati che svolgono esibizioni mozzafiato. Per la prima volta un regista italiano seguirà la regia: non posso che esserne lusingato e riconoscente e, per onorare le mie origini porterò

un po’ di made in Italy in scena con le maschere del carnevale veneziano. Uno tra i pochissimi registi al mondo specializzati in spettacoli equestri e circensi, che quest’estate ha incantato i veronesi a Corte Molon con l’opera WHITE. Ci racconti però da cosa nasce questa sua affascinante passione per i cavalli? Non so spiegarle esattamente da dove arrivi. So solo che da sempre il cavallo mi affascina e incuriosisce e di pari passo è nata in me una mia passione per il circo. Dal connubio tra questi e grazie ai miei studi è nato il mio lavoro che mi porta a realizzare grandi progetti oltre che a lavorare fianco a fianco con grandi artisti. Quest’anno torna alla regia del Gala d’Oro di Fieracavalli, uno show imperdibile per gli appassionati dell’arte equestre e non solo: “Ladies”… Era già diversi anni che pensavo a questo spettacolo ma solo quest’anno riesco a portare in scena: “Ladies” che come dice il nome tra caroselli, coreografie corali, dressage, tra lavori in libertà musica e danza mi permette di trasportare il pubblico in un mondo magico in cui le donne, insieme ai propri cavalli, sono le vere protagoniste. Tra le figure di spicco Sylvie Willms, l’amazzone di Apassionata, l’horse show che ogni anno coinvolge 5 milioni


antheon P Pantheon

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ACCOGLIENZA & TURISMO di spettatori in tutto il mondo, per la prima volta in Italia con la sua arte, porterà un coinvolgente lavoro in libertà che fonde l’amore, l’energia e la complicità di questa artista con i propri cavalli. Adrenalina pura per il primo gruppo di volteggiatrici al mondo tutto al femminile: le cavallerizze ucraine si esibiranno per creare acrobazie a velocità incredibile e per lasciare tutti senza fiato. Atmosfere magiche e musiche coinvolgenti fanno da cornice ai quadri equestri dedicati a Maria Callas e a Edith Piaf oltre che alla Regione del Veneto, con un quadro dedicato al carnevale veneziano, grazie alle Amazzoni di A.I.M.A., con costumi e coreografie spettacolari e sulle musiche di Antonio Vivaldi. Ospiti d’onore di Ladies nel ring del Pala BMW, sono poi i Lancieri di Montebello, il Reggimento di Cavalleria dell’Esercito Italiano che vede tra

GIUBBOTTO Eco piuma

foto di Laura Santelli

le sue fila ben 22 donne, protagoniste di un particolare carosello insieme ai colleghi. Insomma non ci sarà un attimo di respiro per gli spettatori che saranno, sono certo, travolti da luci, musiche, scenografie e da un grande show. Da oltre un secolo Fieracavalli rappresenta l’unione perfetta tra la passione per il mondo del cavallo, lo sport, il business, l’intrattenimento e il territorio. Ma l’arte

in tutto ciò quanto incide? Se per arte intende la possibilità di emozionarsi tramite atmosfere, giochi di luce, musiche, danze ed immagini ci siamo. Accanto al lato business e commerciale che fa parte di Fieracavalli, c’è proprio per questo il Gala d’Oro che fa da contrappunto allo slancio emozionale, psichico e fisico dell’evento stesso tramite un uso consapevole di musica, danza e spettacolo.

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La festa popolare per le vie del centro

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“Hostaria”, il festival del vino veronese

di Emanuele Pezzo

L’associazione culturale omonima e il Comune di Verona hanno collaborato nella realizzazione di un grande evento della durata di tre giorni: nelle vie della città a essere protagonista assoluto è il vino veronese, in un festival che propone anche gastronomia e cultura.

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’autunno è la stagione della vendemmia e a Verona si affaccia un nuovo e grande evento. Si tratta di Hostaria: il Festival del Vino di Verona, manifestazione enologica della durata di tre giorni che si svolgerà nelle vie del centro città. A organizzarlo, con la collaborazione del comune e con l’aiuto del main sponsor Conad, è l’associazione culturale Hostaria Verona, creata appositamente per sostenere l’iniziativa ma anche per creare un circuito di idee e competenze attorno al turismo del vino. Un turismo dal potenziale enorme per la provincia veronese, com’è risaputo grazie al successo di Vinitaly e come confermano pure i dati di prevendita di Hostaria. L’evento, che avrà come protagonista assoluto il vino veronese, già a fine settembre ha polverizzato oltre 7.000 dei 25.000 biglietti disponibili, di cui metà sono stati acquistati dall’estero. L’idea, presentata un anno fa, è nata dai due soci Leonardo Rebonato ed Enrico Garnero, affiancati dal presidente di Hostaria Vero-

na, Alessandro Medici. A parlarci dell’intento originario è Rebonato: «Il nostro desiderio era di mettere assieme per la prima volta tutti i vini di Verona. Negli ambienti istituzionali è piaciuto subito, tanto da far partire subito la macchina organizzativa». Dopo dodici mesi di intenso lavoro, con alcune individualità coinvolte a tempo pieno e un centinaio di persone assoldate per i giorni dell’evento, il risultato è pronto. Un festival vero e proprio, che non si limita ai due percorsi tematici di degustazione accessibili con un unico biglietto, al coordinamento di quasi cento cantine, veronesi e non, e al coinvolgimento di cinquanta realtà della ristorazione del centro. Ingredienti saranno anche cultura, musica e arte, per coinvolgere il cittadino in un’ideale atmosfera di convivialità. La chiara volontà è di dare alla luce una vera festa popolare, in cui la cultura del vino sia tratto identitario del cittadino veronese, come conferma il nostro interlocutore. «Vogliamo – continua Rebonato – che questo festival sia di tut-

ti, non solo degli amanti del vino. Per questo abbiamo programmato eventi correlati aperti a tutti e voluto creare suggestioni in movimento lungo i percorsi, con artisti che gireranno senza punti fissi». Il programma prevede anche due conferenze pubbliche a tema non enologico, con lo scrittore e guida alpina Mauro Corona e con il teologo Vito Mancuso, oltre a uno spazio bimbi in Piazza Erbe, la Baby Hostaria, animato dall’associazione Rido Ridò. Chi vorrà ricevere qualcosa di più dal punto di vista enologico, poi, potrà partecipare a “Hostaria Experience”, entrando nel mondo del gusto e degli odori dei vini veronesi assieme ai sommelier di ONAV, Vipcellar e FISAR Verona. La speranza degli organizzatori è che Hostaria diventi un appuntamento fisso dell’ottobre veronese. Chiude Rebonato: «È come costruire un grattacielo: all’inizio la fatica è tanta, ma dopo, se l’edificio è stato fatto bene, non rimane che fare una buona manutenzione di anno in anno per farlo funzionare al meglio».


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La festa popolare per le vie del centro

HOSTARIA:

quando, dove e come

Il Festival del vino di Verona si tiene nei giorni 16, 17 e 18 ottobre nei seguenti orari: il venerdì dalle 18 alle 24, il sabato dalle 12 alle 24, la domenica dalle 12 alle 21. Sono due i percorsi di degustazione, l'uno che si innesta nell'altro. Il percorso "Cantine veronesi" parte di fronte all'Arsenale, proseguendo per il ponte di Castelvecchio, via Roma, piazza Bra, via Oberdan, corso Portoni Borsari, Corso Sant'Anastasia, Ponte Pietra e Lungadige San Giorgio. I protagonisti sono più di 300 vini proposti da 80 cantine, dal nord veronese (Valpolicella, Soave, Valdadige, Terradeiforti)

alla zona lago (Bardolino, Custoza, Garda), dalla Lessinia (Durello) alla pianura (Arcole). Il percorso "Consorzio ospite", invece, ospiterà una decina di cantine dei Colli Morenici, partendo da piazza San Zeno e giungendo a Castelvecchio. Per i "vicini di casa" è stato riservato uno spazio d'onore, quella piazza San Zeno cuore della veronesità che diventerà per l'occasione "L'Hostaria dell'ospite". Una piccola finestra rivolta all'esterno, che ricorda per alcuni aspetti il Tocatì, altra importante manifestazione scaligera. Lungo il cammino si trovano quattro

distinte "Hostarie gastronomiche", allestite all'aperto per gustare alcune specialità tipiche del mangiare veronese: il risotto all’isolana, i tortellini di Valeggio, le polentine, la pasta artigianale e il formaggio Monte Veronese. Oltre a questi punti, una cinquantina di ristoranti e osterie coinvolti nella manifestazione esporranno la lavagnetta di Hostaria, proponendo menu e aperitivi ideati appositamente per il festival. Per ulteriori informazioni e per l'acquisto dei biglietti è possibile consultare il sito ufficiale hostariaverona.com.

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VERONA DIVERSA

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La manifestazione sul Fair Trade in Arsenale

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EquaVerona, in città il meglio del commercio equosolidale

Presso l’ex Arsenale austriaco, dal 16 al 18 ottobre andrà in scena la “Festa delle InterAzioni sociali”: tre giorni dedicati a cibo sostenibile, solidarietà e relazioni. Ad animare la kermesse gli stand del commercio equosolidale e molte associazioni impegnate in progetti sociali. di Chiara Boni

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l 16 ottobre si celebra la giornata mondiale dell’alimentazione: un momento particolarmente importante per parlare di cibo in un’ottica nuova, che metta al centro dell’attenzione la dimensione dell’equità e della solidarietà globale quando si parla di alimentazione. È questo il motore che sta alla base di “Equa Verona”, che torna anche quest’anno per portare nella città scaligera il mondo del commercio equosolidale. La manifestazione, organizzata dalla cooperativa no profit Le Rondini, da Assolavoratori-Altromercato, in collaborazione con l’associazione Gamargioba e le Acli provinciali, con il patrocinio del Comune di Verona, si terrà dal venerdì 16 a domenica 18 ottobre presso l’ex Arsenale austriaco. “EquaVerona” rientra nelle fila del progetto nazionale “OltreExpo”, promosso da Altromercato con l’obiettivo di sensibilizzare al tema dell’alimentazione sostenibile, prendendo spunto dai temi

portati alla luce da Expo e per garantire continuità al dialogo anche dopo la chiusura dell’Esposizione Universale. Ma di cibo, ovviamente, non si parlerà soltanto: la serata del 16 ottobre si aprirà con una cena sostenibile per festeggiare “Exponiamoci a Verona”, un progetto che celebra i diversi eventi organizzati in occasione dell’Expo durante l’anno. La cena proporrà un menù improntato sul tema del recupero e riuso di cibo, a cura di Enaip Veneto, e sarà anche un’occasione per presentare “R.e.b.u.s.”, un progetto delle Acli che permette di recuperare annualmente oltre 1.550.000 kg di eccedenze alimentari. Domenica 18 ottobre, invece, si svolgerà un’originale visita guidata, “De gustibus narrandum est”, un viaggio attraverso i secoli per raccontare le tradizioni e la cultura del cibo a Verona. Organizzata dall’associazione AMEntelibera e Planet Viaggi Responsabili, la visita accompagnerà gli spettatori in

alcuni dei luoghi più suggestivi di Verona. Nella tre giorni di eventi, tantissimi saranno i momenti di confronto sul tema del cibo sostenibile, grazie anche a laboratori sensoriali e creativi per adulti e bambini, dedicati per esempio al riso e alle spezie, ma anche all’ambiente, con i filoni del riuso e della tessitura. Non solo, ma anche il tema dell’economia carceraria e dell’agricoltura sostenibile troveranno spazio all’interno della kermesse. EquaVerona infatti è l’occasione anche di far conoscere l’importanza di un’altra economia, basata sulla sostenibilità non solo economica, ma anche sociale e ambientale. I partecipanti quindi riceveranno consigli su consumo responsabile, microcredito ed educazione finanziaria, con interventi di esperti del settore che ogni giorno si occupano di queste tematiche. EquaVerona sarà anche un’occasione per toccare con mano i prodotti del mercato equosolidale: negli spazi dell’ex Arsenale verrà infatti organizzata una grande bottega dove si potranno trovare ed acquistare tutti i beni solidali. Non potrà mancare l’apprezzatissima cucina che proporrà un menù pensato proprio per valorizzare i prodotti del commercio equo e solidale, con cibarie rigorosamente a km zero, dop, provenienti da agricoltura biologica e dai presidi Slow Food. Anche i più piccoli avranno il loro spazio dedicato all’interno della manifestazione, con un’area appositamente attrezzata per acco-


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La manifestazione sul Fair Trade in Arsenale

glierli con giochi e mostre tematiche. Moda e cosmesi troveranno pure il proprio momento grazie ad approfondimenti su prodotti cosmetici di origine naturale, come l’olio di argan, e una sfilata di moda danzante, “SfiliAmo la sostenibilità...a passi di danza”, che vedrà protagonisti la collezione Auteurs du Monde con Chantal Marchetti di Altromercato, il

Progetto Quid con Anna Fiscale e l’associazione D-Hub Atelier di riuso creativo. «Con questo ricchissimo programma di eventi gratuiti vogliamo far conoscere a tutti che cosa significa creare ogni giorno “reti solidali” e lavorare per un diverso tipo di economia – sottolinea Riccardo Mercanti, presidente della cooperativa Le Rondini –. Grazie a

“EquaVerona” il mondo del commercio equo e solidale e dell’economia solidale si fa conoscere alla città: invitiamo tutti i veronesi a venire a trovarci all’Arsenale, a gustare i nostri prodotti e a fare festa con noi». Potete trovare il programma completo della manifestazione su www.rondini.org e sulla pagina Facebook lerondinivr.

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Tutti ne parlano... Ma cos’e’ l’implantologia? L’implantologia e’ una tecnica chirurgica che riabilita un paziente affetto da edentulismo parziale o totale mediante l’utilizzo di impianti dentali inseriti chirurgicamente nell’osso, permettendo poi la connessione di protesi fisse o mobili a seconda delle esigenze del paziente. Cos’e’ un impianto? L’impianto e’ una radice artificiale sostitutiva per l’elemento dentario perduto o mai sviluppatosi, come nel caso di agenesia dentarie. Di che materiale sono fatti?

Gli impianti utilizzati sono fatti in titanio un metallo compatibile con l’organismo umano. Possono dare rigetto? Il rigetto non esiste in quanto il materiale utilizzato in implantologia e’ biocompatibile e quindi non viene riconosciuto come corpo estraneo dal nostro organismo. Però può esserci insuccesso implantologico legato a un’infezione durante l’intervento chirurgico, alla mancanza integrazione dell’impianto, ad un sovraccarico masticatorio o ad un errata valutazione protesica. Quanto dura un lavoro di protesi su impianti? Sulla durata degli impianti in bocca esistono in let-

Un’esempio di:

Impianto Dentale


teratura pubblicazioni scientifiche che attestano il buon funzionamento di protesi su impianti ormai da piu’ di 10/15 anni. Quanto dura l’intervento? Dipende strettamente dalla complessita’ dell’intervento: da alcuni minuti per un singolo impianto in presenza di un volume osseo sufficiente ad alcune ore se si devono posizionare piu’ impianti, solitamente tra le due ore e mezza/tre.

L’intervento e’ doloroso? Assolutamente no, il paziente viene adeguatamente anestetizzato in anestesia locale.

Quando consigliabile e’ possibile eseguire la chirurgia con la collaborazione di un anestesista in sede ambulatoriale per una sedazione piu’ profonda, endovenosa, che garantisce un ridotto coinvolgimento emotivo da parte del paziente, un miglior decorso post-operatorio ed una guarigione piu’ rapida. Ai pazienti fumatori e’ sconsigliata l’implantologia? Il consumo di tabacco aumenta il rischio di insuccesso del 10% circa e puo’ costituire una controindicazione relativa a trattamenti piu’ complessi quali gli innesti ossei, ma non e’ controindicazione assoluta all’inserimento degli impianti, in ogni caso sarebbe meglio ridurre il fumo al di sotto delle 10 sigarette al giorno. Gli impianti hanno sempre successo? Gli impianti hanno un elevata percentuale di successo, pari al 98% a 10 anni. Molto dipende dalle caratteristiche ossee, dalla gestione quotidiana eseguita dal paziente e dai regolari controlli professionali eseguiti che ovviamente, come per i denti naturali e’ necessario effettuare.

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GIOVANI & LAVORO

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Helperon,

fai dono del tuo tempo di Giulia Zampieri

Nasce dalla volontà di un gruppo di giovani veronesi la start up che desidera far incontrare due mondi ritenuti spesso inconciliabili: profit e non profit Helperon è prima di tutto un’idea. Oggi divenuta innovativa realtà.

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elperon si presenta con un nome che viene da lontano, e anche il linguaggio a cui si affida per raccontarsi attinge spesso all’inglese. Forse perché l’incontro tra il mondo delle imprese e degli enti no profit, altrove, è già un’abitudine ben radicata. A Verona intanto queste due vie, le stesse rappresentate nel logo di questa idea sbocciata tra le mura scaligere, sembrano essere un po’ più vicine. «Il concetto che sta alla base del progetto è molto semplice - ci spiega Daniele Galante, CEO di Helperon- e nasce da un’esperienza personale che mi ha permesso di osservare da vicino il mondo delle organizzazioni non profit. A questo, ho coniugato poi il mio percorso di studi in Marketing e Pubblicità per cercare di far fronte, concretamente, ad un’analisi: in Italia, il 75% dei consumatori dichiara di essere disposto a donare di più a fronte di una maggiore disponibilità economica e ad una maggiore trasparenza. Allo stesso tempo, il 45% dei consumatori è disposto a pagare di più per prodotti e servizi di aziende socialmente responsabili». Nasce così Helperon, un significativo esempio di advertising socialmente responsabile in cui a trarre beneficio sono tutte le forze schierate in campo: le imprese, le organizzazioni non profit e i consumatori-donatori. Come a voler dire, ancora una volta, che unire, e unirsi,

significa sempre moltiplicare e mai dividere. Esperienze, competenze, e guadagni. È Michele Signoretto poi, CCO di Helperon, a spiegarci come funziona più nel dettaglio. L’azienda inserisce sul portale dell’applicazione un video pubblicitario di 30 secondi e stabilisce un tetto massimo di visualizzazioni, indicando un budget di donazione: a 10,000 visualizzazioni, corrisponderanno € 10,000. L’utente, precedentemente registrato, potrà visualizzare degli spot geolocalizzati e targetizzati, in base ai propri interessi, e contribuire, attraverso le sue visualizzazioni, a sostenere delle cause di beneficenza a lui vicine. Ognuno di noi può diventare “helper”, in modo completamente gratuito. Una volta raggiunto il target di visualizzazioni stabilito, l’azienda devolverà l’intero importo raccolto alla non-profit. In questo modo, al mondo dell’impresa si garantisce una campagna

pubblicitaria innovativa e, a parità di costi, efficiente in termini di valorizzazione della “brand reputation”. Di pari passo, le organizzazioni non profit avranno la possibilità di comunicare tramite il portale e, in modo completamente gratuito, i propri progetti, garantendo così anche una maggiore trasparenza che andrà a beneficio del consumatore stesso, ovvero l’utente che dona senza spendere, e che in questo innovativo sistema conoscerà direttamente dalla non profit quello che appena 30 secondi del proprio tempo hanno permesso di realizzare. «Tutto l’importo raccolto viene devoluto all’ente no profit,- conclude Daniele Galante- senza trattenute da parte nostra. Ovviamente, anche per noi c’è un guadagno che deriva unicamente dalla vendita dei pacchetti di visualizzazioni che proponiamo alle imprese e dalla raccolta dei dati degli utenti che potremo poi condividere con le


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GIOVANI & LAVORO Vittorio Franchini, Daniele Galante, Michele Signoretto e Luca Girardi

aziende, in vista di future strategie di marketing». A breve il lancio della versione Beta dell’applicazione (che noi di Pantheon non mancheremo di comunicarvi, ndr): un atteso momento in cui festeggiare un anno ricco di novità e di importanti traguardi raggiunti, possibili grazie all’impegno di un team di giovani appassionati, che è riuscito ad arrivare lontano anche grazie, ma forse soprattutto, al riconosciuto valore dell’errore, come ci confida Daniele, ricordando i primi tempi di un’appena abbozzata Helperon. Da quell’oramai lontano 2007, questa idea è cresciuta e guarda lontano, a Berlino, dove è volata per farsi più forte dell’esperienza d’oltralpe, e a Graz, dove invece volerà a fine novembre per ritirare il premio European Youth Award 2015, riconosciutole come miglio-

re Startup innovativa per impatto sociale. E poi ancora più lontano, oltre l’oceano, per raggiungere San Francisco e la valle dove i sogni e le idee, quelle che meritano perché vogliono migliorare quel che abbiamo, diventano realtà. www.helperon.com Facebook:/Helperon

Dopo le cooperative Energyland ed Energia Verde WeForGreen, parte da Verona il terzo progetto che consente alle famiglie di produrre energia elettrica e di tagliare i costi delle bollette, grazie alla condivisione di impianti fotovoltaici.

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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT

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Lavorare… D-Gusto! Un inedito connubio tra profit e non-profit diventa modello innovativo per l’occupazione di giovani con disabilità di lieve entità. di Francesca Mauli Uno spazio storico, nel cuore della città, abbandonato a se stesso. Un gruppo di giovani con disabilità lieve in cerca di un’alternativa, di uno spazio in cui esprimersi come persone e come lavoratori. Un gruppo di operatori e di volontari nell’ambito del sociale che non si rassegnano davanti a un patrimonio artistico, ma soprattutto umano, inutilizzato e quindi inespresso. Sono questi gli ingredienti che hanno dato vita a DGusto, cooperativa sociale nata lo scorso anno in seno ad AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici della Provincia di Verona) e all’Officina dell’Aias, cooperativa sociale impegnata in servizi educativi e assistenziali per disabili, proprio per dare una risposta a un gruppo di famigliari di persone con lieve disabilità alla ricerca di uno spazio attivo per i propri figli, per i quali è difficile trovare una collocazione nell’attuale mercato del lavoro. «Abbiamo pensato a un servizio sociale in grado di auto-sostenersi e che avesse al centro la persona disabile in un ambito nuovo per le cooperative sociali, quello culturale e commerciale» spiega Massimo Cauchioli, presidente di D-Gusto. «Verona è la quarta città turistica d’Italia e così abbiamo scelto quello della cultura, della salvaguardia e della valorizzazione del nostro patrimonio artistico e monumentale come ambito in cui sviluppare il nostro progetto. Verona, poi, è luogo di

produzione di eccellenze enogastronomiche realizzate da piccoli produttori che vogliono farsi conoscere. Abbiamo quindi cercato un luogo prestigioso e sottoutilizzato nel centro di Verona che funzionasse come vetrina in cui impegnare le persone disabili nella vendita di prodotti artigianali ed enogastronomici locali, gestito da una cooperativa sociale di inserimento lavorativo di persone disabili, la D-Gusto appunto, il cui nome sintetizza l’ambito sociale “D” sta per disabilità -, ma anche una serie di servizi e di prodotti che hanno a che fare con la cultura e le eccellenze del territorio». La location scelta non avrebbe potuto essere migliore: la chiesa

di S. Maria della Giustizia Vecchia in Piazza San Zeno, chiusa da oltre 4 anni perché ATER, proprietaria del bene, non aveva risorse da investire per valorizzarla, e ora data in comodato d’uso a D-Gusto. Inaugurato lo scorso 27 giugno, questo spazio si sta rivelando prezioso non solo per i ragazzi che vi lavorano, ma anche per la nostra città, che può contare su una vetrina unica, aperta 7 giorni su 7. Vetrina che non ospita solo un corner commerciale dedicato ai prodotti locali, ma anche uno spazio espositivo, la “Galleria D’Arte Giustizia Vecchia”, inaugurata lo scorso 19 settembre con una mostra del pittore Athos Faccincani, e che ospita ora l’esposizione


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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT “Diaframma sul Veneto”, a cura dell’Associazione Culturale Occhiodimichelangelo, con 100 opere fotografiche visibili fino al 10 novembre. «Siamo a disposizione di artisti che vogliano esporre i propri lavori, ma anche di privati e di enti profit e non-profit che vogliano disporre di un grande spazio promozionale, anche per vendite temporanee». Uno spazio che si apre alla città, quindi, per far entrare la città in uno spazio prima abbandonato e ora pieno di vita, con il valore aggiunto che solo un’impresa impegnata nel sociale può dare. A quattro mesi dall’apertura del corner commerciale, i membri di questo progetto si dichiarano soddisfatti, dimostrando così come sia possibile unire due mondi apparentemente distanti e fare business nel sociale. «Abbiamo clienti affezionati, oltre ai turisti che visitano la Chiesa e acquistano i prodotti, attirati anche dagli eventi espositivi. E per il periodo natalizio, abbiamo in previsione di allestire un Mercatino di Natale». Un’attività in crescita, quindi, appoggiata con entusiasmo da importanti realtà, come la Condotta

Slow Food di Verona (che utilizzerà la Chiesa di S. Maria della Giustizia Vecchia come sede e per iniziative legate alla promozione del cibo “buono, pulito e giusto”, ndr.), Fondazione Cattolica, il Comune di Verona, la ULSS 20, la Parrocchia di San Zeno, Confcooperative, Federsolidarietà Verona e A.Ve.Pro. Bi (Associazione Veneta Produttori Biologici), che fa ben sperare nella nascita di altre esperienze simili. «Siamo consapevoli di

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proporre un modello: a Verona esistono altre risorse artisticomonumentali da valorizzare, sconosciute o semplicemente chiuse. La nostra cooperativa sociale ha le competenze per attivare altri corners commerciali e mettere al lavoro altre persone disabili nella vendita di prodotti profit» conclude Massimo Cauchioli. Sta alla nostra città, ora, essere in grado di cogliere questa potenzialità e di metterla a frutto.

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di Tacchella Domenico “Applico sui pazienti affetti da artriti, artrosi, reumatismo, traumi e problemi circolatori le mie conoscenze di massoterapia, Tui-na, terapia manuale osteopatica, neurodinamica, trigger points, linfodrenaggio manuale secondo Vodder, dermalgie riflesse di Jarricot, massaggio connetivale secondo Dike, riflessologia plantare, rieducazione vestibolare”.

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L’INCONTRO

Vi raccontiamo com’è andata l’iniziativa dell’Ordine

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Gli ingegneri “superano il confine” per avvicinarsi alla città

di Camilla Pisani

Dai nuovi linguaggi digitali, alla lingua di frontiera. Dall’estremo dell’Antartide alla vita ai margini delle tribù africane. L’Ordine degli Ingegneri di Verona ha invitato in città sette eccelse testimonianze di inclusione sociale per avviare un dialogo con i cittadini.

Il presidente Luca Scappini insieme ai relatori

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n inglese si chiamano «sliding doors». Sono le porte scorrevoli, oltre le quali si trova un altro luogo, un altro ambiente, un altro mondo. Ed è da un universo all’altro che si è passati ascoltando i sette ospiti protagonisti dell’evento Sliding Doors 2015 - L’Ingegneria dialoga con la società, oltre il confine dei saperi che l’Ordine provinciale degli Ingegneri ha organizzato lo scorso 24 settembre al Teatro Ristori di Verona, nell’ambito della rassegna Open. Ingegneri aperti alla città. Sul palco si sono alternati sette interpreti degli ambiti della conoscenza più diversi: i nuovi media, la cultura, la scienza, la musica, l’architettura, l’ingegneria e la filosofia si sono ritrovate in una serata di dialogo multidisciplinare proponendo un percorso di riflessione sul ruolo del sapere e delle sue applicazioni, sulla commistione tra ingegneria e società, sul nuovo ruolo che deve assumere la professione per imparare a cogliere ed interpretare i bisogni della comunità. «L’ingegneria oggi promuove un rovesciamento epocale che tocca an-

che lo status della persona umana - ha detto Derrick De Kerckhove, alunno di McLuhan, padre dei più noti studi sulla comunicazione di massa - Esiste un inconscio digitale che corrisponde a tutto ciò che si sa di noi e di cui noi non siamo consapevoli: la nuova sfida dell’ingegneria digitale è mettere in campo livelli di sicurezza capaci di proteggere le nostre persone digitali non solo contro gli hacker ma anche contro gli stati invadenti». «Vivere a -50 gradi d’estate e -80 d’inverno significa sperimentare il senso del confine - ha spiegato Chiara Montanari, prima donna

a condurre una spedizione italofrancese in Antartide - Ma è proprio il capo a dover vincere i confini tra le tante identità che compongono una spedizione e valorizzare proprio le diversità di ognuno e includere». Cresciuto sul Lago di Como, al confine con la Svizzera, Van De Sfroos sa bene cosa significhi ritrovarsi in una “terra di mezzo”, non è un caso che il suo nome d’arte tradotto in italiano, dal comasco, significhi «Vanno di frodo» in riferimento al contrabbando. «Arrivo dal confine - ha spiegato il cantautore - nei miei testi cerco di spiegare il sentimento di chi vive la frontiera, intesa come limite che solo qualcuno può valicare». Tra gli altri ospiti a calcare la scena, l’ingegnere nucleare Giuseppe Magro, padre Renzo Kizito Sesana, missionario comboniano che ha scelto di vivere nelle periferie ai margini dell’Africa, Remo Dorigati, architetto e professore ordinario al Politecnico di Milano, tra i progettisti che hanno restaurato il teatro milanese di Greco, oggi sede del Refettorio ambrosiano e Silvano Tagliagambe, professore del Dipartimento di Architettura dell’Università di Sassari.


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A Natale fai lievitare la bontĂ ! Alle porte di Verona quattro ragazzi, da sempre in fermento, hanno creato Infermentum, laboratorio artigianale di bontĂ dolci e salate, tutte a lievitazione naturale. Sono delizie soffici e gustose, che ispirano il sorriso. A Natale, regala dolcezza.

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ENERGIA, AMBIENTE & HI TECH

Droni, per volare non basta un semplice telecomando di Mattia Zuanni

In pochi anni sono entrati in moltissimi mercati: da quello cinematografico a quello edile, passando anche per quello agrario. Stiamo parlando dei droni e per capire meglio le regole, licenze e i corsi ne abbiamo parlato con Paolo Bellamoli, professionista del settore.

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n un recente articolo del quotidiano torinese “La Stampa” si legge che nel solo 2015 il giro d’affari prodotto in Italia dal mercato dei droni è stato pari a 350 milioni di euro. Sicuramente una cifra che dà nell’occhio; ma siamo sicuri che sia tutto oro quel che luccica? Sullo scottante argomento abbiamo intervistato Paolo Bellamoli, fondatore di “Air Power” unico centro di addestramento teorico e pratico autorizzato ENAC per l’ottenere l’Attestato di Pilota di SAPR, presente sul territorio veronese. La stampa italiana, ma non solo, parla continuamente di droni e di come questo mercato sia in ascesa, soprattutto per chi li usa in campo lavorativo. Che sia un mercato in ascesa, non ci sono dubbi; ma come tutti i mercati che si espandono, trovano davanti a loro nuove e vigorose regole. Quindi, se io oggi mi compro un drone… Non puoi volare! La questione è la seguente: c’è una differenza tra un SAPR (Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto, ndr.) cioè un drone utilizzato in maniera professionale, e un “aeromodello” ovvero lo stesso mezzo però utilizzato per momenti ricreativi, fuori da qualsiasi uso professionale. Chiunque utilizzi un drone, anche se solo per gioco, deve comunque seguire una serie di corsi. Solo successivamente potrà far

volare il proprio aeromodello in un campo di volo apposito; quindi non esiste la possibilità di volare in giardini o prati che non siano stati certificati e autorizzati. Quali corsi bisogna frequentare? Qui si apre un grosso capitolo; innanzi tutto è necessario frequentare un corso teorico di 32 ore, fare una visita medica aeronautica che poi permette di partecipare ad un corso pratico di 16

ore di lezione, equivalenti a 8 ore di volo. Solo dopo questi passaggi si possono rilasciare gli attestati di pilota. Cosa si intende con il termine “autorizzare il drone”? Preparare una serie di documentazione, composta da: descrizione della macchina, manuale di volo, analisi di rischi. In poche parole, ma in tante carte, devi dichiarare quali sono le caratteristiche del tuo drone, perché nessuna casa


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ENERGIA, AMBIENTE & HI TECH COS’È UN DRONE? Un aeromobile a pilotaggio remoto o APR, comunemente noto come drone, è un velivolo caratterizzato dall’assenza del pilota umano a bordo. Il suo volo è controllato dal computer a bordo, sotto il controllo remoto di un navigatore o pilota, sul terreno o in un altro veicolo.

di produzione lo fa, nemmeno le più famose. Per fare ciò ci sono dei centri specializzati con dei consulenti che ti aiutano a fare tutti questi passaggi e in circa due settimane hai tutti i moduli pronti. Ovviamente, tutto questo ha un costo, e delle tempistiche.. Tra il corso di teoria, visita medica, corso pratico, in media costa poco più di 2000€; dopo aver fatto tutto ciò, tempo due settimane l’Enac sul proprio sito fa uscire l’elenco aggiornato dei piloti. Forse queste cifre potrebbero scoraggiare un po’ chi lo fa come hobby... Non è tanto il costo finale dei vari corsi e di ciò che abbiamo detto prima; il saper che chi non si adegua a diventare pilota a tutti gli effetti, e quindi esercita la professione o lo svago in maniera abusiva, va incontro a multe che vanno dai 200€ ai 30.000€. Questo sì che scoraggia, ma purtroppo sono ancora tantissimi quelli che non lo sanno.

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COS’È L’ENAC? È l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, unica Autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell’aviazione civile in Italia, è stato istituito il 25 luglio 1997. L’Enac si occupa dei molteplici aspetti della regolazione dell’aviazione civile, del controllo e vigilanza sull’applicazione delle norme adottate, della disciplina degli aspetti amministrativoeconomici del sistema del trasporto aereo.

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SALUTE & BENESSERE In attesa di un farmaco, è l’amore la cura per l’Alzheimer di Marta Bicego

Ogni 3,2 secondi un anziano scopre di aver a che fare con la demenza. Il Paese invecchia, la ricerca scientifica prosegue. Nel frattempo ci sono realtà, come l’associazione Alzheimer Verona, che operano quotidianamente a tutela dei malati e dei familiari.

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on esiste ancora una cura per fermare il decorso dell’Alzheimer. E a guardare i numeri il panorama che si prospetta è preoccupante. Così tra le righe del Rapporto mondiale della Federazione Alzheimer a rappresentare, per l’Italia, l’Adi Alzheimer’s Disease International. Il documento fotografa l’oggi e, a lungo termine, affronta vari aspetti della questione: incidenza della patologia, costi economici e sociali, strategie da mettere in campo, aspetti legislativi, risposte che possono arrivare dalla ricerca scientifica. Secondo il Rapporto, nel mondo si contano 46,8 milioni di individui che convivono con una forma di demenza, delle quali l’Alzheimer rappresenta il 50-60%. Cifra già rilevante di per sé e destinata quasi a raddoppiare ogni venti anni, fino a raggiungere 74,7 milioni di persone nel 2030 e 131,5 milioni nel 2050. Con la popolazione che invecchia, si registrano 9,9 milioni di nuovi casi di demenza l’anno: come a dire che, ogni 3,2 secondi, un anziano scopre di avere a che fare con la demenza. Con tutte le problematiche che ne conseguono. Anche in termini di spese: a livello globale, ammontano a 818 miliardi di dollari, ma in tre anni ci si aspetta raggiungeranno i mille miliardi. Cosa fa, nel frattempo, la scienza per contrastare questa grave patologia neurologica che colpisce le cellule cerebrali causando declino delle funzioni cognitive, deteriora-

mento della personalità, stravolgimento della vita di relazione? Fortunatamente prosegue. Ed è dell’Ateneo veronese la scoperta, finanziata dall’Associazione italiana sclerosi multipla e pubblicata su Nature Medicine, che attribuisce ai globuli bianchi un ruolo chiave nell’induzione della malattia e nel declino cognitivo. Con un passaggio ulteriore, evidenzia la docente di Patologia generale del dipartimento di Patologia e Diagnostica dell’Università di Verona Gabriela Constantin, alla guida del team di ricercatori: considerare nell’integrina LFA-1 un possibile target farmacologico. Piccoli passi in avanti, che fanno

ben sperare. Per esempio quelli che compie Alzheimer Verona. Altra soddisfazione, tutta scaligera, è la missione portata avanti dal 1998 dai volontari dell’associazione nel tutelare i diritti dei malati e delle loro famiglie per migliorare la qualità assistenziale e favorire il lavoro in rete. A tal proposito, annuncia la presidente Maria Grazia Ferrari, «abbiamo organizzato il convegno “Alzheimer 100 anni dopo: mai più soli nel futuro” che si terrà alla Gran Guardia il prossimo 24 ottobre». Appuntamento rivolto ai professionisti: medici, assistenti sanitari, psicologi, educatori, fisioterapisti, dietisti. E occasione per fare il punto della situazione.


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SALUTE & BENESSERE In risposta a un sistema sanitario che privilegia i tagli e talvolta non considera gli anziani, la risposta è nella professionalità. «I malati non possono cambiare, il nostro atteggiamento sì» dice, ricordando che nei venti centri gestiti dall’associazione «vengono privilegiati buonumore, senso dell’umorismo, gratificazione. È ciò di cui le persone malate hanno bisogno». A ciascuno il proprio ruolo: i professionisti della salute, opportunamente formati, possono modificare i modelli d’intervento. Le famiglie, prosegue, «devono imparare le modalità di comunicazione corrette per vivere la quotidianità a fianco dell’ammalato, diventando bravi psicologi della comunicazione». A supporto, l’associazione organizza gruppi di auto mutuo aiuto per i familiari e laboratori della memoria per i pazienti. L’impegno, non nega Ferrari, è gravoso: pure in termini di eco-

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nomia e fatica. Ma i riscontri positivi ci sono. La parola d’ordine è «assistenza continua» precisa: «Un accompagnamento nel fare cose quali vestirsi, camminare, preparare il caffè, scrivere. Gesti che permettono di mantenere le capacità residue, nei luoghi di casa, dove i riferimenti e i ricordi si mantengono. Dobbiamo lavorare sulle emozioni». I malati si trovano in gruppi ristretti, di non più di dieci persone:

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«Le attività sono divertenti: suonare, cantare, fare teatro... Fondamentale è la socializzazione e sentirsi parte di una comunità: il fare è contagioso. Non dobbiamo aver paura dell’Alzheimer». Se guidato dall’amore per l’essere umano nella sua globalità, meglio: in attesa di un farmaco risolutore contro la demenza, rimane la pillola migliore da somministrare. Senza controindicazioni.

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VAL D’ILLASI Inaugurato il nuovo centro socio-sanitario a Badia Calavena

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Le persone sono come perle

Un gioiello prezioso da assistere e aiutare Una struttura innovativa, eclettica e polifunzionale di 2600 metri quadrati che funziona a biomassa, realizzata e gestita dalla Cooperativa Sociale Promozione Lavoro. Questo il neonato complesso battezzato lo scorso 3-4 ottobre, che si pone l’obiettivo di far fronte alle nuove esigenze socio-assistenziali del territorio e della Regione, ospitando tre nuclei residenziali più un centro diurno.

di Ingrid Sommacampagna

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l nuovo Centro Val d’Illasi ha con sé un materiale prezioso: le perle, ossia le persone più bisognose. È da questo concetto che è nata la nuova struttura nella Conca delle Perle, così denominata da Ermanno Anselmi, sindaco di Badia Calavena, ai piedi del monte San Piero. L’obiettivo è quello di dare una risposta socio-assistenziale alla domanda di cura del territorio, finalizzata all’attivazione di servizi a tutela delle fasce più deboli composte da anziani, minori, disabili e malati psichiatrici che non trovano una giusta collocazione in altre strutture standardizzate, all’insegna di una politica socio sanitaria che si specializzi in servizi domiciliari, semiresidenziali e residenziali. «La sfida del futuro è quella di andare incontro ai temi della fragilità e della disabilità. L’idea di costruire il Centro è maturata ancora nel 2006, comprando il terreno che si trova adiacente al municipio del paese, rispettando gli aspetti paesaggistici, culturali e tradizionali della zona e creando un continuum urbano e architettonico. Il Centro è stato pensato per colmare un vuoto socio-assistenziale del territorio senza creare concorrenza nei confronti di altre realtà limitrofe, in una logica di programmazione distrettuale e la sua realizzazione è stata trainata dalla volontà dell’Amministrazione comunale e reso possibile grazie all’impegno economico dello stesso Comune, della Regione Veneto congiuntamente al sostegno delle Fondazioni Cariverona e Cattolica,

oltre all’intervento come partner privato di gestione della Cooperativa Promozione Lavoro per un totale di €9.638.586», spiega Ermanno Anselmi. «Gli obiettivi della nostra azione politica derivano da un’attenta osservazione e analisi del territorio, e sono quelli di creare occupazione, sicurezza, integrazione sociale, formazione di base, ricerca e innovazione. L’obiettivo di questa struttura, che coopera con l’Ulss 20, è anche quello di contrastare lo spopolamento in atto nell’est veronese e nella Lessinia, migliorando la qualità della vita e offrendo servizi di diversa funzione; ci sono istituzioni, soggetti ed enti privati che hanno creduto in

questa scommessa come la stessa cittadinanza. Il nome Centro indica qualcosa di visibile e facile da raggiungere, un punto d’incontro per le persone che avvicina, sia nei luoghi fisici che nei contesti di relazioni sociali, i ragazzi e gli anziani», commenta Anselmi. La Conca delle Perle offre un ambiente protetto, attrezzato e garantisce agli ospiti un’esperienza di vita simile a quella dell’ambiente familiare; è costituita da due strutture, una chiamata Centro Val D’Illasi gestita dalla Cooperativa Promozione Lavoro e l’altra invece gestita dalla MonteverdeOnlus. Il Centro e la Promozione Lavoro offrono diverse tipologie di


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Inaugurato il nuovo centro socio-sanitario a Badia Calavena

soluzioni. La prima è un modulo di Comunità Terapeutica Riabilitativa Protetta per adolescenti (12-18 anni) che è un servizio residenziale (aperto 24hs u 24h), di tipo sanitario, destinato ad interventi terapeutici–riabilitativi, continuativi e prolungati, per situazioni patologiche conseguenti o correlate alla malattia mentale, fino a 3 anni di permanenza. Il secondo è un modulo di comunità residenziale per persone disabili (18-65 anni) seguito da un modulo di comunità per i nuovi bisogni emergenti (18-65 anni). E ancora un centro diurno per anziani non autosufficienti e servizi ambulatoriali (convenzionati o ad accesso privato) che svolgono un servizio sia per gli utenti del Centro che per gli esterni (già da ottobre partirà il servizio del medico di base). I servizi offerti dalla Monteverde, invece, sono due moduli di CEOD- Centro diurno diversamente abili (16-60 anni) e il Centro aperto ragazzi per preadolescenti e adolescenti. Il team di professionisti che seguirà la struttura è costituito da infermieri, Oss, psicologi, terapisti, personale socio-assistenziale, educatori, riabilitatori, consulenti, un medico responsabile clinico, che opereranno su diversi fronti, dalla riabilitazione post operatoria alla cura delle dipendenze, declinando pro-

IMPRESA EDILE

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iz Serv

getti specifici di riabilitazione e/o reinserimento sociale. «La Cooperativa Sociale Promozione Lavoro, riconoscendo le grandi potenzialità del territorio pedemontano, ha voluto avviare una collaborazione con le autorità locali per realizzare il Centro Val D’Illasi, che permetterà di dare risposte alle diverse problematicità del territorio con una progettuali-

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tà a lungo termine che vuole staccarsi sempre più dalle convenzioni classiche. Non si può non menzionare l’inestimabile valore aggiunto della struttura, ovvero quello di essere immerso nel verde e di godere di una vista stupenda, garantendo una elevata qualità della vita agli ospiti» conclude Giorgio Roveggia, presidente della Cooperativa.

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ARTE & CULTURA

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Villa Giusti, Melloni

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La Villa si trova ad Est della Valpantena, nell’omonima contrada di Santa Maria in Stelle. Una grande tenuta che, oltre ad avere tracce romane, come affermano gli studiosi, porta con sé grandi storie, a partire dalle vicende di Giusto Giusti, per finire con la famiglia Melloni che vi abita e cerca di farla rivivere al meglio.

illa Giusti, Melloni, immersa in un parco di sei ettari, è importante per la dimora padronale, voluta da Giusto Giusti (tra il 1560-1580) e secondo gli studiosi, realizzata su progetto di Bernardino Brugnoli, un aiutante del Sanmicheli. Nell’affresco della facciata, di Paolo Farinati, pittore veronese del ‘500, figure allegoriche femminili incorniciano gli stemmi dei casati degli Emilei e Pompei ai lati e al centro quello dei Giusti, proprietari fino all’inizio dell’Ottocento. La Villa. Ancora oggi nel complesso edilizio spicca la sobrietà architettonica della casa padronale, tipica del Sanmicheli, che si abbina alla torre con i suoi pinnacoli merlati e all’attigua casa (edifici già preesistenti), con il portico d’accesso e i suoi nove archi sormon-

tati da mascheroni. Una fontana con la statua di Bacco, abbellisce la corte che conduce al viale dei cipressi (120 alberi), lungo il quale si incontra un’altra fontana corredata da un animale fantastico. Al piano terra della villa (un tempo adibita ai servizi) ci sono luminosi salottini e una grande piscina coperta. Una doppia rampa di scale, sfocia nella loggia con i tre grandi archi, incorniciati da colonne e lesene ioniche. Nel salone centrale del piano nobile risalta il soffitto ligneo tipico del Sansovino; la stanza laterale, con soffitto a vela, è decorata con stucchi a treccia (prediletti dal Sanmicheli) e leggerissimi disegni floreali; nella stanza opposta spicca il grande camino, rifinito in marmo con fiori e frutta. La chiesetta (bisognosa di restauri), dedicata a San Nicolò di

Tolentino (preesistente alla dimora padronale) è stata adattata, assieme al tempietto su disegno del Sanmicheli, nella romantica scenografia del giardino. La cupola azzurra dell’abside con stelle e angioletti, termina con la sigla VCG: ad indicare «Villa Conte Giusti»? Serena Melloni ne ha fatto una traduzione su sua misura «Vivere con Gioia», che condivido. In effetti, in questa oasi, impreziosita dal parco con i suoi ippocastani, faggi, platani, cedri del Libano - c’è anche una sequoia, denominata Sequoia Gigante - e il grande prato che si apre ad oriente, la gioia arriva presto anche nei cuori più affaticati. I proprietari. La storia inizia dalla famiglia Giusti, ricordata anche da Pietro Caliari in Angiolina «Una delle famiglie dei signorotti, che


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ARTE & CULTURA

governavano la Valpantena [...] Contava quattordici fratelli, nati dal conte Uguccione». Secondo altri studiosi i Giusti, all’inizio del XV secolo, arrivarono a Verona dalla Toscana e il capostipite era «Provolo del casato Giusti di Verona, mercante di lana». Il nipote Lelio sposò, verso la metà del Quattrocento, Zilia Campagna, la quale portò in dote le proprietà del primo marito, comprese quelle di Vendri. Gli sposi si stabilirono a Santa Maria in Stelle, ma nel 1522, il figlio Ercole cedette ai fratelli la quota del palazzo dove abitava e costituì un nuovo ramo dei Giusti. Morì nel 1553. Fu suo figlio Giusto, tirandosi fuori dalle continue liti dei paren-

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ti, a costruire la villa di Vendri, sui resti del palazzo incendiato da Ottavio Giusti de “Le Stele”. I Giusti in paese possedevano tre proprietà: una in località Casal, un’altra a sinistra della chiesa (ora Bianchini) e, in centro, la quattrocentesca dimora dei conti Zenovello e Provolo Giusti, fatta distruggere dal governo di Venezia a seguito dei loro misfatti (compreso il rapimento di Angiolina Leonardi, promessa sposa al marchese Lionello Sagramoso). Una tragica vicenda, quella dei Giusti de «Le Stele» tramandata nei secoli. Nel 1826 la proprietà passò alla famiglia Cazzola, poi ai Pedrinelli e da questi ai Camuzzoni, che nel

1935 cedettero a Fernanda Suteau, vedova Grigio (nata in Francia nel 1893). Una donna coraggiosa, quanto energica, però apprezzata in paese. Maria Pellegrini che visse e lavorò a villa Cà Vendri, dal 1940 al 1956, di recente ha dichiarato: «fu un periodo difficile: ma bisognava lavorare. Quando la villa venne requisita dal comando tedesco, alla signora Fernanda lasciarono solo due stanze». Poi Maria si trasferì a Gazzego, vicino a Eleonora Camuzzoni (nata a Cà Vendri nel 1921). Nel 1968 la signora Grigio vendette a Gherardo Melloni, che vi si trasferì da Milano con i suoi cinque figli. Racconta il figlio Alessandro Melloni: «se ne era innamorato, ben sapendo che l’intera proprietà era stata dichiarata di notevole valore monumentale e sottoposta a leggi di tutela». Ancora oggi i figli Melloni, abitano tutti a Cà Vendri, anche se solo Alessandro ora si occupa della manutenzione e della gestione. Cà Vendri fa parte delle Ville Venete e delle Dimore Storiche ed è adibita anche ad eventi e banchetti nuziali. La villa può essere visitata su appuntamento. Per info: 335.6366959 info@villacavendri.it.


CULTURA Verona ricorda con una statua lo scrittore che inventò Sandokan

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«Per non lasciarlo andare via dai nostri cuori»

di Chiara Boni

Una statua, posta davanti alla Biblioteca Civica celebrerà uno degli orgogli di Verona: Emilio Salgari, che proprio tra gli scaffali della biblioteca trovò l’ispirazione per le sue opere più note. Il professor Claudio Gallo, tra i più importanti esperti salgariani, ci racconta perché questo è un momento importante per la città. Claudio Gallo

Illustrazione e statua di Emilio Salgari davanti alla biblioteca Civica di Verona.

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milio Salgari è un nome conosciuto in tutto il mondo, questo è certo, ma nei cuori dei veronesi avrà sempre un posto speciale. Non c’è ragazzino, di oggi o di allora, che nelle pagine salgariane non si sia perso a fantasticare, a sognare, a immaginare mondi fantastici. Perché l’incanto delle storie di Salgari è proprio quello di creare luoghi meravigliosi e inediti, dove ognuno di noi può essere eroe. Eppure Verona, terra natale dello scrittore, non sembra ricordarsi a sufficienza della straordinarietà di questa figura che proprio nella città scaligera crebbe e studiò, trovando negli scaffali della Biblioteca Civica lo spunto per le sue storie più famose. Lo sa bene Claudio Gallo, uno dei massimi esperti salgariani, che da sempre si batte per un riconoscimento più profondo da parte della città a uno dei suoi figli più celebri. Forse il tempo è giunto, e lo dimostra la bellissima statua che a breve farà la sua comparsa davanti alla biblioteca Civica, proprio nel cuore pulsante della vita culturale di Verona. Allora, professor Gallo, ci racconti

come è nata l’idea di questa statua. L’idea è nata dall’incontro di diverse menti, in particolare quelle che riunisce il gruppo Fantàsia, che già da diversi anni lavorava a questo progetto. A tal proposito, una menzione speciale deve averla lo scultore, Sergio Pasetto, che ha messo a disposizione le sue risorse, artistiche ed economiche, credendo fin da subito nella nostra folle idea. La statua rappresenta innanzitutto il Salgari veronese, che forse non è la sua versione più conosciuta: Salgari se ne andò da Verona senza mai voltarsi indietro e gran parte delle vicende (e delle tragedie) della sua vita avvennero altrove. Noi volevamo che questo monumento raccontasse il ragazzo di Verona, che qui iniziò la sua vita di scrittore, e volevamo che lo raccontasse allegro, felice e “in movimento”: con una mano sul cappello, saluta chi entra nella Biblioteca Civica. Un po’ un antidoto

alle ombre che hanno accompagnato la sua vita. Anche il luogo in cui verrà situata ha un significato particolare: la biblioteca è storicamente il luogo in cui sono passati tutti gli intellettuali di Verona, tra cui Salgari ha sicuramente un ruolo di rilevo, essendosi sempre messo in gioco in diverse discipline. Originariamente avevamo pensato a Porta Borsari come destinazione della statua: proprio quello è il luogo che vide nascere e crescere Salgari. A proposito di questo, per una città che ha dato i natali a un genio letterario, Verona non sembra andare così orgogliosa di Salgari. Non è il momento di cambiare


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Verona ricorda con una statua lo scrittore che inventò Sandokan PAROLA ALLO SCULTORE, SERGIO PASETTO: «È UN LAVORO UN PO’ DI TESTA, UN PO’ DI MANI E UN PO’ DI CUORE.»

questo atteggiamento? È proprio così. A Verona Salgari si formò da un punto di vista artistico, ma allo stesso tempo fu protagonista della vita culturale della città: per esempio faceva teatro e scriveva i resoconti degli spettacoli per i giornali locali. Proprio a Verona scrisse le sue opere principali, anche se ovviamente le ambientò in posti diversi. È nella Biblioteca Civica che Salgari recuperò mappe e racconti di viaggi esotici che ispirarono i suoi romanzi. Il successo di questo scrittore all’estero è straordinario, ovunque è paragonato ad autori del calibro di Stevenson o Verne ma in Italia, e a Verona in particolare, non è celebrato come dovrebbe. Verona è una città strana, sembra sempre un po’ ottusa rispetto all’orgoglio che dovrebbe invece portare per aver dato i natali a un genio come Emilio Salgari. Mi auguro che la statua sia un primo

CONSIGLI DI LETTURA, DA CHI SE NE INTENDE DAVVERO. Claudio Gallo ci svela quali sono secondo lui i romanzi di Salgari che tutti dovrebbero avere sul comodino: • Le due tigri • Il Corsaro Nero • Capitan Tempesta passo verso un riconoscimento più ampio da parte di Verona, e dei veronesi, di questa personalità eccezionale. Passare di fronte alla Civica e trovarsi un Salgari che saluta i passanti è un primo modo per ricordarsi di quello che questo scrittore ha fatto e continua a fare in ter-

«L’idea mi è stata proposta quasi due anni fa dal gruppo Fantàsia. Nel frattempo sono stato affiancato da uno storico salgariano, Claudio Gallo, che mi ha dato tutte le direttive per realizzare la statua. La volontà è stata fin da subito quella di realizzare un Salgari veronese, che vogliamo ricordare come un ragazzo giovane, allegro, che di fronte alla biblioteca civica saluta i passanti. Per quanto riguarda la tecnica con cui è stata realizzata, per i non addetti ai lavori è un po’ complicata, ma in breve funziona così: si comincia creando un modello in scala della statua, realizzato in cera, che poi viene utilizzato per creare l’ingrandimento in gesso. Questo viene portato in fonderia, dove la statua prende forma compiuta. La tecnica con cui si realizza si chiama “a cera persa” ed è usata per la fusione del bronzo. È un lavoro un po’ di testa, un po’ di mani e un po’ di cuore.»

mine di immagine per Verona, ma forse non basta per non disperdere nel vento l’eredità che questa figura ci ha lasciato. Ma più di tutto questa statua sarà un modo per non lasciare andare Emilio Salgari dai nostri cuori. Perché credo, nel profondo, che i geni come lui non muoiano mai davvero.


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INTRAPRENDENZA FEMMINILE

Un po’ di cose sulla Bolivia, o meglio, sulle sue donne di Miryam Scandola

Abbiamo attraversato l’oceano, per scoprire come si vive dall’altra parte. Volevamo raccontarvi come amano e soffrono le donne dagli zigomi alti che abitano il paese che, guidato dal primo presidente indigeno, riposa all’ombra delle Ande.

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alle 21 alle 23, il mercoledì e il venerdì non c’è nessuno per le strade. I boliviani hanno un appuntamento. Fisso, irrinunciabile. Si chiama “Amor de madre” ed è la telenovela più seguita del paese. Esagerata, sopra le righe, come a volte riesce ad essere la vita lì, nel cuore del Sudamerica. Una sorta di tappa obbligata, che concilia la fine della fatica quotidiana. La guardano tutti, mi spiega Yera, 8 anni, che mi aggiorna sugli sviluppi di questa struggente soap opera, che ha per protagonista una coraggiosa donna, guarda caso madre, sulle spalle un lavoro e del dolore. Il presidente Evo Morales, in una recente dichiarazione ha fatto sapere, senza mezzi termini, che il 60 per cento dei divorzi boliviani sono colpa delle telenovelas. Che l’infedeltà si impari prima sugli schermi di un televisore malconcio che sulle strade della tentazione, suona grottesco. Ma che il rispetto per la donna, inizi, anche solo come blando suggerimento, negli spazi di una soap forse, a suo modo, non è così male. Qualcuno arrivando a La Paz ha detto che qui «è pieno di principesse». E guardando queste donne dalle lunghissime chiome trattenute nell’austerità di due trecce, dagli occhi scuri e dal sorriso raro, dono per pochi, lo credo anch’io. Non hanno un’età; si può provare il gioco di assegnare un numero a quegli anni che si portano ad-

dosso, ma per la maggior parte della loro vita li nascondono con attenzione nei lineamenti tagliati dal sole. Muoiono tutte prima dei sessant’anni, mi dice, sottovoce, Abram, la nostra guida. Si chiamano cholitas. Il termine è un diminutivo da chola, che, mentre un tempo stigmatizzava con ferocia le figlie di coloni e donne indigene, oggi è un nome da gridare in giro, come un vanto. Nel 2013 il governo locale di La Paz le ha dichiarate “patrimonio culturale” della città e il motivo lo si capisce subito. Queste donne che celano i loro corpi goffi e forti nei mille strati delle pollere (gonne tipiche

della tradizione andina, ndr) sono delle lottatrici e, semplicemente, combattono. Lo fanno di giorno vendendo salteňas e empanades ai bordi delle strade, lo fanno la notte quando si sfidano in improbabili, incredibili e seguitissimi incontri di lotta. Portano una spilla a forma di farfalla le più forti, le noto, quasi arroganti, per le strade in salita della capitale più alta del mondo. Al terminal degli autobus ne scorgo una che allatta il figlio tra i rifiuti. Sulla testa inclinata verso il suo piccolo, pende la bombetta europea e attorno alle spalle l’imprescindibile tessuto andino. Insuperabile esempio della com-


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INTRAPRENDENZA FEMMINILE mistione che ha trascinato il pezzo più improbabile del guardaroba spagnolo nell’universo degli abiti tradizionali dei nativi. La rivoluzione e il cambiamento, passa anche dai vestiti. Oggi, essere ricoperte da colori esotici, e ovviamente, da una miriade di gioielli, tra le dita e sui lobi ha tutto un altro sapore; quello della rivalsa. Dal 2014 c’è persino, Cholita, un magazine di moda, un vero e proprio Vogue andino, che mette in copertina l’originalità delle cholitas paceñas. «Prima, meno aymara (una delle principali etnie locali, ndr) eri, più mobilità sociale potevi avere» mi spiega Abram. Fino al 1990 sarebbe stato impensabile entrare in un ufficio governativo con la pollera. Con l’arrivo di Morales, nel 2006, il discorso è cambiato; il PIL della Bolivia è triplicato, la percentuale delle persone che vivono sotto la soglia delle povertà è calato del 25 per cento, l’ analfabetismo è diminuito. È un presidente particolare che lo spagnolo l’ha imparato solo in età adulta. Da quando è al potere ha nazionalizzato gran parte dell’economia (petrolio, gas, zinco, stagno e servizi pubblici) e, soprattutto, ha dato alla maggioranza indigena, due terzi della po-

Foto di Alessandro Bugli - Cholita immersa nella meraviglia del lago Titicaca

polazione totale, voce in capitolo per quanto riguarda le decisioni politiche a livello nazionale. Elide è la donna delicata e forte che riassume tutte le altre. È rimasta, per i casi della vita, senza un uomo a cui appigliarsi. Lei, chioma nera e quarant’anni, è un esempio delle innumerevoli famiglie monoparentali del paese. Frugo con gli occhi nella sua grandezza; ha una figlia e si occupa per lavoro e passione dei figli degli altri, organizzando il doposcuola, con il pasto e la merenda compresi «così ven-

gono tutti i giorni», al centro San Josè di Mineros, nel Dipartimento di Santa Cruz. Tra i suoi ragazzi c’è Maite, 14 anni, scrive ma non sa leggere. L’alfabetizzazione, tra le prime azioni del governo, non nasconde alcune delle sue fragilità. A scuola si impara a scrivere copiando testi che non si sanno leggere. Dalla sua baracca, orfana di padre, con la mamma lontana nei campi di canna da zucchero, mi guarda. E lo fa con occhi pieni che esigono indietro il conto di ogni altro sguardo passato.

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Il riconoscimento allo storico Sci Club della Valpantena

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U.S. Grezzana: nozze d’oro con la F.I.S.I. Mentre la sorte di Malga S. Giorgio è ancora avvolta dai contorni fumosi dell’incertezza, noi abbiamo fatto due chiacchiere con Silvia Zanini, presidente di U.S. Grezzana, a qualche giorno dal riconoscimento della Federazione Italiana Sport Invernali, ottenuto per i cinquant’anni di affiliazione. di Miryam Scandola

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ra il 1953 e l’allora sindaco Roberto Gozzi, destinando i campi di calcio del centro storico alle attività dei ragazzi, aveva già capito che lo sport non è mai soltanto sport. Così nel 1965 con l’iscrizione alla F.I.S.I nasce ufficialmente U.S. Grezzana. Lo storico Sci Club della Valpantena ha festeggiato nel 2013 i sessant’anni, e ha ritirato proprio lo scorso 3 ottobre il distintivo per i cinquant’anni di affiliazione F.I.S.I. presso il ventottesimo Fair Play di Longarone Fiera. In quest’occasione a Catia Zanini, responsabile dello Sci Club, è andata la benemerenza F.I.S.I., il distintivo d’argento per l’impegno profuso. La realtà, prima nel suo genere in Valpantena, non è nuova ai riconoscimenti; nel 1996 ha infatti ricevuto il distintivo d’oro per i risultati ottenuti in ambito organizzativo, agonistico e promozionale. Nel 2009 è stata la volta della stella di bronzo, ricevuta dal CONI per meriti sportivi. «È uno sport di sacrificio», e ci vogliono «genitori pazienti», e, diciamolo, a volte la scelta più semplice è il campetto di calcio sotto casa. Ma «le soddisfazioni le dà ancora», ne è convinta Silvia Za-

nini, presidente dell’U.S. Grezzana, che da anni con il supporto di altri appassionati come lei manda avanti le attività. Una realtà che bisogna assolutamente preservare perché altrimenti «si perde la valorizzazione della nostra montagna». Confrontarsi con la crisi vuol dire anche fare i conti con una riduzione delle iscrizioni ad uno sport che, senza girarci intorno, ha dei costi. Ma il problema principale rimane quello dell’impegno. Per praticare lo sci da discesa bisogna spostarsi, e nell’economia della giornata già occupata dalla scuola, il peso

del trasferimento in autobus, per un bambino (e per i suoi genitori) si fa sentire. Ora «i numeri sono in forte calo», e tra le righe, uno dei principali motivi è di certo l’incertezza dell’impianto di S. Giorgio. Nonostante le prospettive siano meno rosee di un tempo, non si interrompono le attività dello Sci Club di Grezzana che vanno dall’avviamento per i bambini dai 6 fino ai 14 anni fino all’agonismo, da sempre fiore all’occhiello della realtà della Valpantena. Sarebbe stato più semplice continuare solo con le competizioni per adulti, confida Zanini, ma l’U.S. Grezzana sci non ha mai voluto rinunciare ai più piccoli. Forse, per la convinzione che uno sport come questo insegni davvero a stare insieme, ma anche ad arrangiarsi, a rialzarsi da soli se si perde la racchetta o lo sci nella neve fresca. «Sciare mi piace sopra ogni cosa», Il presidente spiega così la ragione che sta dietro e che fa superare le difficoltà. E a guardarla si capisce bene che quando si mettono gli sci ai piedi una volta, è per sempre.


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Storie coraggiose di musica veronese

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Gold Cobra, la voce del rap con il metal nelle vene

a cura di Marco Nicolis

Metal-rap cover band, anche solo a dirlo sembra difficile, inusuale. Ma che sia abituato a stupire (e a convincere) il gruppo dei Gold Cobra, lo si capisce subito. Per non farci mancare niente, poi, uno sguardo, o meglio, un orecchio al rock esplosivo che sconfina nel blues dei Three Meerkats.

S

pesso e volentieri, come sa bene chi segue con costanza la nostra rubrica musicale, ci siamo soffermati a raccontare le peripezie delle giovani band vocate all’originalità, all’autoproduzione e alla ricerca di inediti da mostrare al pubblico, da sempre e per indole, costantemente affamato di novità. Bene, questo mese cambiamo un po’. Quest’oggi parliamo dei Gold Cobra, una tribute cover band a tutti gli effetti. Ecco, nonostante la loro chiara e dichiarata volontà nella riproduzione di brani già incisi e mostrati al grande pubblico, i Gold mostrano un lato di per sé originale grazie alla linea guida musicale prescelta. Avete mai

sentito una metal-rap cover band? Penso di no. I nostri sei artisti infatti sono ispirati ai Limp Bizkit (gli autori della colonna sonora di Mission Impossible 2, chi non la ricorda?), principali esponenti di questa corrente musicale. Nati nel 2014, i Gold Cobra, composti da musicisti già impegnati in progetti paralleli (sì, proprio progetti vocati alla produzione di musica propria), sono usciti allo scoperto, riproducendo uno stile che difficilmente si può ascoltare sui palchi di provincia, lasciando libertà totale alla propria voglia di suonare e fare “casino”. In ogni caso formare una cover band, tra l’altro così numerosa, non

è cosa da poco. Oltre alla passione, alla caratura tecnica dei componenti e all’amore per lo stile musicale, servono anche sei teste “pensanti” indirizzate nella stessa direzione. I Gold, complice l’affiatamento, gli anni sul palco già trascorsi e la continua voglia di suonare, sembrano aver trovato un’ottima alchimia che, già in breve tempo, li ha portati a suonare su numerose piazze, grandi e piccole, accompagnati dalla potenza del gruppo di Fred Durst ( cantante dei Limp Bizkit, ndr.) Siete curiosi di conoscerli? www. gold-cobra.com; entrate sul loro sito e cercate la prossima data, ce ne sono già molte in lista. Ascoltateli e fateci sapere la vostra. Gold Cobra

Marco Carli (batteria), Stefano Melotto (voce), Mathias Salini (chitarra), Alex Bertoletti (chitarra), Enrico Amighini (basso), Stefano Zecchina (Dj)

Dalla fitta foresta del rock arrivano i Three Meerkats Primavera 2011, Maurizio Parora “Mau” alla batteria, Mattia Cazzaniga “Tita” al basso e Federico Morelli “Morra” al microfono, la formazione è pronta. Ecco i Three Meerkats (in inglese: I tre suricati), eccoli sulle pagine della nostra rivista. Parliamo un po’ di loro e del loro sti-

le. Immaginate (anzi, ascoltate) un’ esplosione di rock alla “Born to be wild” degli Steppenwolf con influenze alla Jimi Hendrix, girovagando tra Eric Clapton e ZZ Top, sfiorando anche le note dell’immortale Blues di Stevie Ray Vaughan. Riuscite a capire almeno in parte di cosa

parliamo? Immagino di sì. Bene, l’influenza di questi grandi artisti è solo l’inizio, il loro inizio, anzi più precisamente un piccolo indizio di quello che i Meerkats sono in procinto di estrarre dal loro cilindro magico, questo perché non stiamo parlando di una cover band, anzi.


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Storie coraggiose di musica veronese Three Meerkats

Maurizio Parora (batteria), Mattia Cazzaniga (basso) e Federico Morelli (voce) Siamo sempre nel 2011, dicembre per la precisione, pochi mesi di vita per il trio ma il primo pezzo (originale) è già pronto. “My Own Shelter” il titolo per una canzone dalle tinte decisamente rock con sprazzi di buon blues. Beh, si può tranquillamente dire che non ci sono voluti molti mesi per comporre il primo pezzo e come da programma poco tempo dopo gli incisi si sono molti-

plicati arrivando a 15 (6 sono disponibili nella prima registrazione live della band). I nostri “suricati” però, nonostante il grande (e lasciatemelo dire, ottimo) lavoro svolto, non hanno intenzione di lanciarsi senza coscienza nel mondo sempre più complicato della musica. Contest? Festival? Perché no! Purché siano strutturati a dovere e senza incagliarsi in assurde ri-

esame kinesiografico

valità tra band ( fidatevi, succede!). Seguendo questa linea sono arrivati i primi palchi, le prime uscite e le prime esperienze live, linfa vitale per ogni band. Ora, in attesa di nuovi brani, perché sono sicuro che ne arriveranno degli altri, andiamo ad ascoltarci i loro primi lavori su: (www.facebook. com/threemeerkats). Ne varrà la pena, fidatevi.

Centro Dentale La Fucina Ascolto del paziente e benessere della persona

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Il centro è dotato anche di altre apparecchiature idonee alla diagnosi come Ortopantomografia, Teleradiografia, Dentalscan Tac e Conebean.

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RUBRICA

Il libro: L’Isola del Tempo Perso racconta una storia ambientata ai piedi del vul-

cano, con le sue fumarole, la Palude Bianca, la Spiaggia e i bambini accampati, che vivono di quello che raccolgono (vestiti, cibo, giocattoli e molto altro), sputati dal vulcano. I personaggi - Arianna, Giulia, Daniele, Bruno, Mosca e il mitico Professore- sono presentati con tratti freschi e ammiccanti. Il tempo che si perde sulla terra e le emozioni come speranza, fiducia amicizia (e non solo), sull’Isola si trasformano in organismi viventi, i quali recuperati e adattati, diventano preziosissimi alleati. Il professore spiega se sul pianeta il tempo perso si sta esaurendo perché «la gente è costretta a far cose di cui non le importa niente. A subire senza scegliere. Tutto questo può portare solo ad un risultato catastrofico. Per noi più tempo nero, più fumarole». Che fare? L’Autrice: Silvana Gandolfi è nata a Roma nel 1940. Il suo primo libro per ragazzi

Autori: Silvana Gandolfi Titolo: L’Isola del Tempo Perso Illustratrice: Giulia Orecchia Edizioni: A. Salani (Gl’Istrici) Prezzo: 8,5€ - Pagine: 245 Età di lettura: dai 10 anni recensione a cura di Alessandra Scolari

a cura di Mattia Zuanni

BOX OFFICE fotografa il QR per vedere il trailer

è La scimmia nella biglia del 1992. I suoi libri, arricchiti nelle edizioni italiane dalle illustrazioni di Giulia Orecchia, vengono tradotti in decine di paesi del mondo. Nel 1994 vince il Premio Cento con Pasta di drago. Nel 1996 vince il Premio Andersen come miglior Autrice italiana dell’anno. Il suo ultimo libro (per ragazzi), Il club degli amici immaginari (2012). Ha viaggiato moltissimo, dividendo il suo tempo tra Roma e i vari Paesi del mondo, per poi raccontare con maestria storie surreali per ragazzi ed adulti. Curiosità: Il racconto trasmette, con immagini e metafore chiare e dirette, concetti

importanti. È una storia avvincente a tratti leggera e a tratti raccapricciante, però colma di spunti davvero fantastici. Protagonisti sono i bambini, gli adulti, tranne il professore a cui i bambini ricorrono nei momenti difficili, sono marginali. Un’isola che, assieme ai ragazzini che la abitano, in un primo momento potrebbe far pensare alla famosa Isola che Non C’è, però non è così. Leggere il libro per convincersene, a mio avviso, può essere utile anche per gli adulti. Il film: Una società di moda assume uno stagista decisamente fuori dagli schemi: Ben Whittaker un settantenne pensionato che ha scoperto che in fondo la pensione non è come immaginava e decide così di sfruttare la prima occasione utile per rimettersi in pista. Nonostante le diffidenze iniziali, Ben dimostrerà alla fondatrice della compagnia di essere una valida risorsa per l’azienda e tra i due nascerà un’inaspettata sintonia. Curiosità: Inizialmente i due attori scelti per i ruoli dei protagonisti erano Michael Caine e Tina Fey; successivamente la Fey venne sostituita da Reese Witherspoon per il sovrapporsi di altri progetti nello stesso periodo delle riprese del film. Nel febbraio 2014, quest’ultima viene rimpiazzata da Anne Hathaway. Sia la Hathaway che De Niro hanno vinto un oscar come miglior attore non protagonista; “Les Misèrables” per Anne, “Il padrino- Parte II” per il signor Robert.

Classici da non perdere... Titolo: Lo stagista inaspettato Genere: Commedia Durata: 121 minuti Regia: Nancy Mayers Attori: Robert De Niro, Anne Hathaway, Rene Russo, Adam DeVine Uscita (Italia): 22 ottobre 2015

Titolo: Toro Scatenato - Genere: Biografico, Drammatico Durata 129 minuti Regia: Martin Scorsese Attori: Robert De Niro, Joe Pesci, Cathy Moriarty, Frank Vincent Toro Scatenato è probabilmente il frutto migliore della collaborazione tra Scorsese e De Niro; quest’ultimo ricalca con eccezionale realismo uno straordinario ritratto di un uomo il cui lato animale nascosto è sempre pronto ad esplodere. Vivido, anche implacabile nella sua brutalità ed onestà senza compromessi, questo film è diventato famoso per il realismo con cui sono girate le scene di lotta. Questo capolavoro ha ottenuto ben otto nomination ai premi Oscar, vincendone due: Miglior attore protagonista e Miglior montaggio.


in collaborazione con Parrocchia di Santa Maria in Stelle Parrocchia di Novaglie

A pochi giorni dal termine di Expo Milano 2015, l’associazione temporanea di scopo VeronaExpo

presenta

C I B O La sfida Globale di Paolo De Castro

presso VILLA CA’ VENDRI Verona

Giovedì 22 ottobre 2015 ore 20.30 OSPITE

«La food security è una questione globale che non sta solo nell’iniqua distribuzione delle risorse sul pianeta – questione comunque grande e irrisolta – ma riguarda la stessa capacità di realizzare una produzione alimentare più sostenibile dal punto di vista ambientale e sufficiente a soddisfare una domanda in rapida crescita. Ce la faremo a sfamare gli oltre 9 miliardi di persone che abiteranno il pianeta nel 2050?».

On. Paolo De Castro Presidente Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo

Ingresso libero

Dialoga con l’autore Patrizio Del Prete Intervengono On. Gianni Dal Moro Commissione Agricoltura del Parlamento Italiano Matteo Scolari Presidente VeronaExpo

Degustazione vini

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Brevi da Verona e Provincia A cura di Chiara Boni

LESSINIA

Per info: mail info@allforone.it. 3462393800 oppure 3491814803

All For One: anche in Italia la passione per il ballo country Nata nel 2003 dalla passione di pochi per una disciplina allora inesplorata, la scuola di ballo country C.d.C. All For One ha portato anche da noi il desiderio di conoscere di più della tradizione americana, e in special modo la musica e il ballo made in USA. Nel corso degli anni la scuola ha raccolto sempre più successi, con numero sempre più elevato di iscritti e, soprattutto, di situazioni in cui potersi esibire nei balli country. Tanto che nel 2009 la Country Line Dance viene riconosciuta come disciplina di danza sportiva dalla Federazione Italiana Danza Sportiva (F.I.D.S.) e l’ Associazione di Maestri di Danza Sportiva (MIDAS) dà la possibilità di poter ottenere il brevetto d’insegnamento riconosciuto a livello nazionale. Nel 2010 questa disciplina sbarca anche in Lessinia, con il primo corso ad Erbezzo. Ad oggi, la scuola opera in diversi comuni della zona: Erbezzo, Bosco Chiesanuova, Velo, Stallavena e Grezzana. Per info: mail info@allforone.it. - 3462393800 oppure 3491814803

ERBEZZO

Montagna, al centro di una legge dimenticata per vent’anni Il 4 ottobre alle 9.30 ha avuto luogo presso il Palalinte di Erbezzo il convegno su vita e ruolo delle popolazioni alpine e della Lessinia. Questo Convegno rappresenta una tappa di un cammino alla ricerca di soluzioni condivise sulle problematiche che stanno assillando la montagna, a partire dai più attuali e concreti: la presenza del lupo, i vincoli imposti dal piano nitrati, la deriva amministrativa della Comunità Montana e del Parco, la grave situazione del mercato del latte. L’incontro è stata un’occasione di confronto tra genti provenienti da varie parti dell’arco Alpino e si è potuto discutere dei problemi della vita in montagna: economia, scuole, difesa del paesaggio ed dei prodotti tipici, carenza servizi pubblici, spopolamento. Ma soprattutto, il convegno è stato un momento per proporre un diverso approccio culturale alla montagna, da considerare non come un problema di pochi ma un patrimonio universale da tutelare per il bene di tutti. GREZZANA

Torna la rassegna teatrale Torna anche quest’anno la rassegna teatrale di Grezzana, promossa dal Comitato Cinema, che nella sua IV edizione presenterà prestigiose compagnie della nostra provincia e non solo. L’edizione targata 2015 della rassegna “Teatrando al venerdì”, avrà inizio con lo spettacolo “I Meo dela Coà” del 23 ottobre, ore 21, presso il Teatro Valpantena di Grezzana. Diverse le iniziative parallele mandate avanti dal Comitato Cinema, tra cui la scuola di teatro per ragazzi, che nell’ultima stagione ha raggiunto 40 iscritti. Sempre ad ottobre, sono partite le proiezioni cinematografiche al Cinema Teatro Valpantena, grazie anche al nuovo proiettore digitale. Per info: 349 8097436

VERONA

Un flash mob per dire no alle slot Il 10 ottobre è stata la giornata della Slotmob, una manifestazione che vuole premiare tutte le attività che hanno deciso di fare a meno delle slot machines come fonte di guadagno. Una scelta coraggiosa, di questi tempi, e che deve essere premiata come merita. Slotmob è un movimento apartitico, al quale aderiscono oggi più di 100 Associazioni della Società civile, comuni e movimenti, che vuole affrontare il problema del gioco d’azzardo, in particolare delle Slot machines, premiando quei bar che hanno deciso di toglierle o di non installarle proprio. L’iniziativa è andata in scena presso il Bar de Giulietta, in via del Pontiere 21, e si è svolta in due momenti: la mattina, il sociologo Maurizio Fiasco e il giornalista di Avvenire Antonio Maria Mira hanno accolto alcuni alunni dell’Istituto Michele Sanmicheli per fornire loro informazioni sull’azzardo riguardanti la città di Verona; il pomeriggio invece i cittadini hanno partecipato ad attività ludiche organizzate dall’associazione Hermete e dall’Associazione Le Alte Bowling per riscoprire e promuovere il “gioco come bene relazionale”.


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RUBRICA

di Carlo Battistella per Adiconsum Verona

La Class Action, spiegata bene

I recenti casi del “dieselgate” Volkswagen e della Banca Popolare di Vicenza hanno visto coinvolta una moltitudine di cittadini e sui media si è sentito spesso parlare di class action. Ma in cosa consiste realmente l'azione collettiva e quali risultati può offrire ai singoli consumatori?

L

a norma di riferimento è l’art. 140 bis del Codice del Consumo la quale prevede che per la tutela di diritti individuali omogenei i consumatori e gli utenti possono usufruire dell’azione di classe: “a tal fine, ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni”. Ciò significa che non solo le associazioni di tutela ma anche i singoli consumatori o utenti che abbiano subito danni derivanti da prodotti difettosi o pericolosi, da comportamenti commerciali scorretti o contrari alle norme sulla concorrenza possono dare avvio ad un’azione collettiva. Non importa chi prenda l’iniziativa, le “parti deboli” del contratto possono unire le proprie forze per ottenere il giusto risarcimento nei casi in cui il ricorso al giudice sarebbe troppo oneroso (e forse un po’ avventato) per il singolo individuo. Infatti, l’aspetto più rilevante di questo strumento giudiziario è che tutti coloro i quali si trovino nella stessa situazione di chi ha promosso la causa possono aderire all’azione di classe e per farlo basta l’invio di una posta elettronica certificata o di un fax, senza che sia necessario l’ausilio di un avvocato. Comunque, per assicurare la piena tutela dei consumatori che aderiscono, è previsto un preventivo esame da parte del giudice che verifichi l’adeguatezza di chi ha instaurato il giudizio a curare l’interesse della classe (cioè del gruppo di consumatori o utenti che versino nella medesima situazione) e per accertare l’assenza di conflitti di interesse. Superato l’iniziale vaglio di ammissibilità, il procedimento si conclude - nella migliore delle ipotesi - con una sentenza di condanna attraverso cui vengono liquidate le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione o con cui viene stabilito un criterio omogeneo di calcolo per la determinazione di tali somme. Come nei film? Non proprio... Quando si pensa o si parla di azione collettiva, si fa automatico riferimento alla class action americana. In realtà, tra la class action statunitense – la cui intro-

duzione risale al 1938 – e l’azione collettiva italiana ci sono alcune differenze sostanziali circa i diritti che possono essere tutelati o l’entità dei risarcimenti. Ad esempio non sono ipotizzabili nel nostro Paese azioni simili a quella intentate dai consumatori americani alle multinazionali del tabacco o ai fast food poiché la class action italiana esclude di fatto dal suo ambito di applicazione, la responsabilità extracontrattuale derivante da incidenti attinenti l’attività produttiva e dall’inquinamento ambientale. E nemmeno è prevista l’indennità punitiva grazie alla quale le Corti americane, una volta stabilita la responsabilità di un’impresa per un prodotto difettoso o per danni alla salute dei cittadini, possono stabilire un risarcimento molto più alto del danno reale subito dal consumatore. Anche l’impatto sociale della pronuncia dei giudici è diverso: mentre negli Stati Uniti la sentenza viene estesa a tutti i membri del gruppo aventi la medesima posizione anche se assenti al processo, in Italia la sentenza fa stato solo nei confronti degli aderenti all’azione.

Chi è ADICONSUM? Adiconsum è un’associazione indipendente e senza scopo di lucro presente su tutto il territorio nazionale, con sedi locali, provinciali e regionali. Gli operatori, i volontari e i dirigenti forniscono assistenza e tutela individuale e collettiva ai consumatori e alle famiglie. È possibile collegarsi al sito internet dell’Associazione: www.adiconsumverona.it o utilizzare il numero telefonico 045/8096934.


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