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EDIZIONE LUGLIO-AGOSTO 2018
ANNO 10 - NUMERO 06
NUMERO NOVANTADUE
PANTHEON L’EC ON OMIA CIRC OL ARE INTERVIS TA A FEDERICO TES TA PRESIDENTE DI ENEA IN PRIMO PIAN O IL RIN ASCIMENTO DELL A LESSINIA CICLOVIA DEL GARDA A S TRAPIOMBO SULL A BELLEZZA SPOR T E LIBRI I C AVALLI SELVAGGI DELL'ITALIA DI IERI
IL CLIMA È SACRO N o n o st a n t e il n e g a zionismo di alcuni leader politici, it a lia n i e d e s t e r i, il t ema del r iscaldament o g lo b a le è tra le pr ior ità assolut e della co m u n ità s cientif ica int er nazionale. N e a b b ia m o p ar lat o con il f isico veronese Ma tt e o Za m p ie r i, scienziat o della C omunità E uropea.
*Saldi dal 7 luglio al 31 agosto.
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GENERATION
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LUGLIO - AGOSTO 2018
DI MATTEO
SCOLARI
EDITORIALE
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anno chiesto soltanto un po’ di cioccolata, nient’altro, adagiati sul lenzuolo finalmente asciutto e pulito di un letto di ospedale. Con discrezione e gentilezza, com’è nello stile “thai”, nonostante fossero usciti da poche ore dal peggiore dei gironi danteschi. I dodici piccoli calciatori della squadra dei Wild Boars (in italiano “cinghiali selvaggi”) assieme al loro giovane allenatore, Ekapol «Ek» Chantawong, sono stati protagonisti loro malgrado di uno dei salvataggi in grotta più complessi, più rischiosi e più mediaticamente seguiti della storia. Due settimane e mezzo intrappolati al buio delle cavità di Tham Luang e due settimane e mezza di lavoro per 90 uomini, di cui 50 volontari internazionali e 40 soccorritori specializzati (Navy Seals) che hanno perso sul campo, durante le operazioni, un collega coraggioso: Saman Kunan. Solidarietà, vicinanza e aiuti sono arrivati da ogni parte del mondo per questi piccoli grandi “cinghialotti” che, nonostante la situazione drammatica, dal momento in cui sono stati ritrovati in una cavità interna della grotta fino al ricovero al policlinico di Chiang Rai, passando dalle fasi concitate del salvataggio, non hanno mai perso il sorriso, la calma e neppure la speranza di potercela fare.
tari, soccorritori, speleologi, addirittura un contorsionista circense che per tre giorni di fila hanno tentato l’impossibile per estrarre il bimbo dal cunicolo strettissimo di quel pozzo. Perfino il Capo dello Stato, Sandro Pertini, si recò sul posto, nella piccola frazione di campagna vicino a Frascati, per seguire le fasi dell’operazione e per sperare, come fecero tutti gli italiani, in un finale felice che non arrivò mai. Ciò che accadde nelle ore del tentato salvataggio, con una diretta Rai a reti unificate della durata di 18 ore che catturò l’attenzione di oltre 20 milioni di telespettatori, con il clamore mediatico eccessivo che ne conseguì nei giorni successivi, con la divulgazione di particolari al limite dell’ossessivo, provocò un effetto boomerang, di rigetto nei confronti della spettacolarizzazione dell’incidente e di pentimento per il mancato rispetto di una giovanissima vita spezzata in maniera così tremenda. I dodici bimbi della grotta di Tham Luang, oggi, chiedono solo cioccolata. E un po’ di normalità, per quanto possibile. Di sicuro quando saranno usciti dall’ospedale torneranno a calciare il loro amato pallone, tutti insieme, come sempre. Gioiamo per la loro seconda vita e per questo piccolo grande miracolo a cui il mondo intero ha avuto la fortuna di assistere.
Il nostro Paese ha seguito con apprensione la vicenda. Forse perché l’episodio ricordava un altro fatto di cronaca simile, purtroppo dal finale tragico: quello di Vermicino, nel 1981. In quell’occasione il piccolo Alfredo Rampi, per tutti Alfredino, di sei anni, scivolò in un pozzo artesiano profondo più di 60 metri. Anche in quell’occasione si attivò una catena di solidarietà impressionante: volon-
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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 16/07/2018
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Indice
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PILLOLE DI MAMMA
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ANGOLO PET
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IN COPERTINA il clima è sacro, il fisico Zampieri ci spiega perchè
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L’ECONOMIA CIRCOLARE secondo Federico Testa di ENEA
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BELLEZZA AL NATURALE
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IN PRIMO PIANO Il rinascimento della Lessinia
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STORIE
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LA TERRA CIMBRA “guardata” da sette fotografi
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LA CILIEGIA tra criticità e interrogativi (non solo ortografici)
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IN CUCINA CON NICOLE
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LA CICLOVIA DEI SOGNI che abbiamo provato
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DOVE IL GELATO è buono per davvero
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LA COSTUMISTA DELL’ARENA perché anche l’abito fa
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tu chiamala, se vuoi,
SAND ART
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OTELLO PERAZZOLI, l’ultimo “trovatore”
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CALCIO, I CAVALLI SELVAGGI di tutti i nostri ieri
L'OROSCOPO
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ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 347 1058318 - REDAZIONE@GIORNALEPANTHEON.IT
DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI
REDAZIONE E COLLABORATORI
DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, MARCO MENINI, GIORGIA PRETI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI LUGLIO-AGOSTO 2018 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, MICHELA CANTERI, GIORGIA CASTAGNA, FEDERICA LAVARINI, MATTEO LEGNAGO, MATILDE MONTRESOR, ANDREA NALE, EMANUELE PEZZO, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, PAOLA SPOLON, GIOVANNA TONDINI, MARCO ZANONI. FOTO COPERTINA EMANUELE CAPOFERRI - PROGETTO GRAFICO DENISE STOPPATO, SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@GIORNALEPANTHEON.IT - WEB: WWW.GIORNALEPANTHEON.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746 STAMPATO DA: ROTOPRESS INTERNATIONAL SRL - VIA BRECCE – 60025 LORETO (AN) - TEL. 071 974751 VIA E. MATTEI, 106 – 40138 BOLOGNA – TEL. 051 4592111 CONTRIBUTI PER PANTHEON MAGAZINE C/C POSTALE 93072262 INTESTATO A: INFOVAL SRL - VIALE DEL LAVORO 2, 37023 GREZZANA (VR)
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IN COPERTINA IL FISICO MATTEO ZAMPIERI
IL RISCALDAMENTO GLOBALE È UNA COSA SERIA
L’Accordo di Parigi suggerisce che per la sicurezza di tutti gli stati mondiali il riscaldamento andrebbe contenuto almeno entro 2°C rispetto al periodo preindustriale o, meglio ancora, entro 1.5°C. Ad oggi abbiamo già toccato quota 0.7 gradi e il trend è in continua accelerazione. Ne abbiamo parlato con Matteo Zampieri, fisico e ricercatore veronese del Joint Research Centre (Comunità europea). DI MATTEO SCOLARI foto di EMANUELE CAPOFERRI
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A DONALD TRUMP a Vito Comencini, «i cambiamenti climatici non esistono o comunque non dipendono dall’uomo». A giudicare dalle scelte quantomeno discutibili del 45° presidente americano di uscire dagli Accordi di Parigi sul clima (COP21), di cancellare i finanziamenti al CSM (Carbon Monitorign System) e di ridurre drasticamente i fondi ad altri programmi di controllo delle emissioni e di studio delle scienze della Terra della Nasa, la questione ambientale – almeno alla Casa Bianca - non sembra essere una priorità, né tantomeno un problema. A dare manforte a un nuovo corso negazionista sui cambiamenti climatici, ridimensionando il ruolo dell’uomo e della sua impronta sul sistema globale, ci ha pensato anche l’on. Vito Comencini, deputato veronese della Lega, che lo scorso 14 aprile al Liston 12 ha organizzato una conferenza dal titolo “Climatismo, la nascita di una nuova ideologia?”, alla quale hanno preso parte in qualità di relatori Mario Giaccio, professore ordinario di Tecnologia e innovazione all'ateneo di Chieti-Pescara e autore dell'omonimo libro sul climatismo, e il professor Franco Battaglia, docente di chimica e fisica all'università di Modena. Secondo i professori intervenuti, all'uomo sarebbero riconducibili soltanto il 5 per cento delle cause che stanno alla base delle variazioni climatiche: «ci stanno convincendo che basterà ridurre un poco le emissioni prodotte dalle attività umane per rallentare i cambiamenti climatici. – hanno spiegato - L’ambientalismo ha di fatto sostituito il socialismo come religione laica, i crediti di carbonio sono le nuove indulgenze per pulirsi la coscienza». Noi abbiamo fatto visita a Matteo Zampieri, veronese, di Lugo di Grezzana, laurea e dottorato in fisica, impegnato nel campo della meteorologia e del clima dal 2002. Oggi Zampieri è dipendente della Comunità Europea e lavora al Joint Research Centre, con sede ad Ispra, sul Lago Maggiore, dove studia gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura a scala globale.
Dott. Zampieri, le enfatizzazioni riguardanti il cambiamento climatico in atto, nel bene o nel male, sono molteplici. C’è chi tende ad assumere posizioni catastrofiche e chi, dall’altra parte, sminuisce il fenomeno. Che dimensione e che grado di attenzione dobbiamo dare al cosiddetto “riscaldamento globale”? Il riscaldamento globale rappresenta una perturbazione del sistema terra cha va contenuta il più possibile. Il recente Accordo di Parigi, suggerisce che per la sicurezza di tutti gli stati mondiali il riscaldamento andrebbe mantenuto almeno entro 2°C rispetto al periodo preindustriale, o meglio ancora entro 1.5°C. Considerando che abbiamo già raggiunto circa 0.7 gradi di riscaldamento globale, e che il trend è in continua accelerazione, possiamo capire la gravità del problema.
Matteo Zampieri
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Il 2017 in Italia è stato uno degli anni più caldi di sempre. Il 2018, almeno fino allo scorso aprile, sembrava seguire lo stesso trend. Ci dobbiamo abituare a un innalzamento costante delle temperature o si tratta di andamenti oscillatori e casuali? Il trend di temperature non è costante e su scala locale si sommano segnali di variabilità inter-annuale e decadale molto importanti. Le estati in Italia si sono riscaldate molto più velocemente negli anni 90, mentre adesso potrebbero stabilizzarsi. Sul lungo periodo (cioè nell’arco di 50-100 anni) il Mediterraneo è una delle regioni destinate a riscaldarsi e seccarsi di più, con conseguenze drammatiche per la società e per gli ecosistemi. Alcuni degli effetti climatici che colpiscono di più l’opinione pubblica (almeno per quanto riguarda il nostro Paese), sono le precipitazioni improvvise, a carattere torrenziale, le cosiddette “bombe d’acqua”, che a detta di molti sembrano essere un fenomeno nuovo e sempre più frequente. È davvero così? Ci sono dei motivi termodinamici per cui un’atmosfera più calda può contenere più umidità e quindi produrre precipitazioni più intense. Tuttavia, questo effetto si dimostra per poche regioni del mondo e su tempi lunghi. È molto difficile dimostrare che un singolo evento possa essere dovuto al cambiamento climatico o se invece è successo semplicemente per caso. L’aumento di Co2 nell’atmosfera sembra essere una delle cause principali dell’innalzamento delle temperature e quindi dei rischi correlati. Le politiche internazionali, dettate dal Protocollo di Kyoto prima, e dalla conferenza di Parigi poi, sono sufficienti a garantire un contenimento delle emissioni? Serviranno certamente molti sforzi per contenere e ridurre le emissioni di CO2. In effetti, l’aumento di CO2 e degli altri gas serra è riconosciuta come la causa principale del riscaldamento globale. I modelli climatici riescono a riprodurre il trend osservato solo se i gas serra vengono aumentati come nelle osservazioni, altrimenti il clima della terra si sarebbe leggermente raffreddato. Le riduzioni delle emissioni di gas serra possono sicuramente aiutare a contenere il problema. Tuttavia, servono sforzi molto importanti ed è necessaria una risposta diplomatica forte a questo riguardo. In questo senso, l’Europa svolge un ruolo primario su scala locale e mondiale. I tentativi fin qui realizzati di produrre energia da fonti rinnovabili a scapito del carbon fossile possono costituire una solida base per evitare l’utilizzo dei combustibili tradizionali? Al momento le energie rinnovabili possono sostituire un’ampia porzione di carbone, petrolio e gas naturali consumati globalmente. Tuttavia, servono ulteriori sviluppi di queste tecnologie che vanno comunque accompagnate
da un aumento del risparmio e dell’efficienza energetica. La transizione verso le rinnovabili è stata recentemente discussa dai G20 in Argentina. In Europa è attualmente attiva una normativa mirata a raggiungere l’obiettivo del 20% di produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2020. L’Unione Europea fornisce le guide ai Paesi membri per progettare e riformare gli schemi di supporto per le rinnovabili. I piani nazionali sono pubblici e ogni Paese pubblica ogni due anni un report che dichiara i progressi verso questo obiettivo. Per esempio, l’uso di biomassa come sorgente di energia può abbassare la dipendenza dell’UE rispetto agli altri paesi e ridurre le emissioni di gas serra. L’uso di biofuel derivato dalla biomassa offre una alternativa rinnovabile ai combustibili fossili nel settore del trasporto pubblico. Tuttavia, per evitare la produzione di biofuel in modo che possa causare danni ambientali o in competizione con la produzione di cibo, l’UE ha definito un set di criteri di sostenibilità. Solo il biofuel che soddisfa questi criteri può ricevere il supporto dei governi o essere
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conteggiato per quanto riguarda gli obiettivi nazionali sulle energie rinnovabili. L’Europa favorisce obiettivi anche più ambiziosi nel campo della transizione verso le energie pulite e si pone così come leader in campo globale. Cosa stiamo rischiando concretamente? Sappiamo che si stanno scaldando gli oceani e addirittura le parte più profonda della crosta terrestre. Intere aree sono esposte al rischio siccità e desertificazione. Esistono dei modelli previsionali che ci danno idea di quella che potrebbe essere una trasformazione della Terra da qui ai prossimi 50/100 anni? Esiste un insieme di modelli prodotti più o meno indipendentemente dai principali centri di ricerca nel mondo. Questi vengono migliorati costantemente e circa ogni sette anni producono dei risultati che sono coordinati da un organismo internazionale, il Pannello Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), sostenuto dalla Organizzazione Meteorologica Mondiale e dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente. I risultati vengono riassunti in un report in collaborazione con centinaia dei migliori scienziati attivi sull’argomento. Il report è distinto in una parte riguardante la comprensione scientifica dei fenomeni, una sugli impatti del cambiamento climatico sull’ambiente e sulla società, e una parte sulle possibilità di adattamento. Molti scienziati della Commissione Europea – Joint Research Centre (JRC) sono direttamente o indirettamente coinvolti in questi studi e nella redazione dei rapporti dell’IPCC. Adesso si sta producendo un report speciale sui costi e benefici legati all’obiettivo
di contenere il riscaldamento globale a 1.5°C invece che a 2°C. Ci sono molti motivi per credere che gli estremi climatici legati al cambiamento climatico possano avere impatti molto seri sulla società. Per esempio, ondate di calore e siccità interferiscono significativamente sulle produzioni agricole. Il supporto all’agricoltura e la sicurezza alimentare è, infatti, uno dei temi principali che coinvolgono le attività della Commissione. Il JRC, a questo proposito, ha appena pubblicato un atlante globale della desertificazione (https://wad.jrc.ec.europa.eu/). Lei lavora per la Comunità Europea. Quali strumenti utilizzate per diffondere una cultura di attenzione nei confronti di questi temi? L’organismo per cui lavoro è il Joint Research Centre, che è un direttorato della Commissione Europea dedicato al supporto scientifico per la determinazione delle politiche europee. Il JRC ha un mandato chiaro: il supporto di tutte le politiche Europee con evidenze scientifiche indipendenti per il beneficio di tutti i cittadini dei paesi membri. La strategia di comunicazione esterna del JRC identifica tre interlocutori principali: il primo sono i servizi interni alla Commissione, inclusi i Gabinetti dei Commissari, il secondo i partner esterni, incluse altre istituzioni Europee, i responsabili decisionali e politici nazionali e la comunità scientifica interessata al campo della scienza a supporto della politica, e, infine, i cittadini europei, le scuole, le imprese e la società civile. Tutti gli studi del JRC sono anche pubblicati e disponibili gratuitamente sul nostro sito internet. ■
CHI È MATTEO ZAMPIERI Nasce a Verona il 5 marzo 1977 e risiede a Lugo di Grezzana. Possiede una laurea e un dottorato in fisica e lavora nel campo della meteorologia e del clima dal 2002. Da allora, ha collaborato con diverse università e istituti di ricerca italiani, come l’Università di Bologna, il CNR e il CMCC, ed esteri, come il Laboratoire de Météorologie Dynamique dell’École Normale Supérieure e l’Institute Pierre Simon Laplace a Parigi, l’Universita’ di Łódź in Polonia, il Centro Ellenico di Scienze Marine ad Anavyssos nei pressi di Atene e l’Università della Scienza e Tecnologia del Re Abdullah a Jeddah, in Arabia Saudita. Attualmente è dipendente della Comunità Europea – Joint Research Centre, con sede ad Ispra, sul Lago Maggiore, dove studia gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura a scala globale. È autore di una trentina di articoli scientifici “peer reviewed”, che è un processo tramite il quale la ricerca proposta per la pubblicazione è valutata da un gruppo di esperti del settore, che rimangono anonimi. Questo processo assicura una divulgazione scientifica basata sulla trasparenza e la riproducibilità degli esperimenti e delle analisi sulla base dei principi di Galileo. Uno degli ultimi studi riguarda l’effetto delle ondate di calore e della siccità sulla produzione di grano a scala globale (https:// goo.gl/Jh2b7P), che ha attirato l’attenzione anche della stampa internazionale (https://goo.gl/acnCDV). È possibile consultare liberamente la produzione di Matteo (come di tutti gli altri scienziati del mondo) sul sito Google Scholar o su Researchgate.net. Zampieri pratica attività sportive e yoga, colleziona auto d’epoca e fa parte di diversi gruppi musicali rock e punk.
Figura: Produzione mondiale di grano ed anomalie legate ai maggiori produttori (Europa, Cina, India, Russia, Stati Uniti, Canada, Ucraina e Australia). L’indice in basso individua le anomalie che si possono associare al clima (Zampieri et al., Environmental Research Letters 2017).
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i sono aziende che per tanti motivi sono legate a doppio filo con il territorio in cui sono nate, sono cresciute e hanno costruito la loro fortuna. È il caso di Atomica Spurghi che da oltre mezzo secolo, pur operando in città e in tutta la provincia scaligera, ha mantenuto ancora oggi un rapporto speciale con la Valpantena. È il 1965 quando Giacinto Paiusco, dopo alcuni anni di lavoro in famiglia a Nesente, decide di avviare la propria attività imprenditoriale aprendo una ditta di spurghi e svuotamento pozzi neri. Una crescita aziendale costante fino agli anni Novanta, quando l’estensione degli allacciamenti fognari delle case di periferia al depuratore cittadino hanno modificato profondamente la tipologia di lavoro che ora è diventato di precisione. Oggi, alla guida dell’azienda c’è Roberto, uno dei tre figli di Giacinto. È lui a spiegarci l’evoluzione di una ditta da sempre punto di riferimento nel settore degli spurghi: «Sì, è stato nostro padre ad avviare questa attività e ad averci insegnato il mestiere e le regole non scritte del settore. È stato tra i primissimi a Verona. Fino agli anni Novanta gli interventi sul campo erano per lo più collegati allo svuotamento dei pozzi neri e delle fosse biologiche. Con
il progressivo allacciamento al sistema fognario cittadino delle case di periferia, questa lavorazione è passata in secondo piano. Negli ultimi anni il lavoro si è specializzato, grazie anche all’utilizzo di tecnologie e strumentazioni sempre più performanti». Gli interventi effettuati da Atomica sono rivolti a privati e ad aziende di piccole e medie dimensioni. Servendosi dell’ausilio del sistema a idromissile, la ditta si occupa di lavaggio di tubazioni domestiche, come bagno, cucina, lavelli, WC; di pulizia di vaschette con pompe di sollevamento; di spurgo di sifoni; di lavaggio canali di acqua piovana e di lavaggio pozzetti di vario tipo. «Il nostro obiettivo, da sempre, è quello di rispondere a una richiesta da parte del cliente in tempi rapidi e con la massima efficacia del risultato finale. – conclude Roberto Paiusco – Lavoriamo con serietà ed è forse questa una delle caratteristiche che ci viene riconosciuta e alla quale teniamo di più». Atomica offre alla propria clientela la possibilità di concordare abbonamenti annuali, oltre a sopralluoghi e preventivi gratuiti. L’azienda opera su tutto il territorio di Verona e provincia, con permesso di transito nelle zone a traffico limitato.
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ONTENERE AL DI SOTTO DEI 2°C l’innalzamento della temperatura globale del nostro pianeta e riportarlo a livelli pre-rivoluzione industriale; limitare l'aumento a 1,5°C per ridurre in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. Sono gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima, entrato in vigore il 4 novembre 2016, alla cui stesura hanno partecipato 196 Paesi, tra cui l’Italia. In quest’ottica, il 14 giugno scorso la Commissione, il Concilio e il Parlamento Europeo hanno posto l’obiettivo di coprire, entro il 2030, il 32% dei consumi energetici dell’UE attraverso fonti rinnovabili. L’economia circolare è uno dei progetti a cui ENEA sta lavorando e, nell’ambito della Piattaforma europea è il referente italiano. «Non si tratta di un modo più evoluto di trattare i rifiuti, ma di un concetto di produzione assolutamente innovativo la cui capacità di ridurre l’impatto dell’attività dell’uomo sul clima è dimostrata da studi scientifici» afferma Federico Testa. «Dobbiamo partire dalla progettazione dei prodotti e fare
tutto in maniera conseguente: i beni di largo consumo sono nella maggior parte dei casi prodotti senza pensare a come verranno smaltiti. In realtà, ogni bene è fatto di materiali diversi che hanno valori diversi. Partendo dall’origine dei prodotti si può modificare il modo in cui l’attività antropica impatta sull’ambiente: il riutilizzo dei beni permette di creare una ‘materia seconda’ che diventa a tutti gli effetti ‘materia prima’ per un nuovo bene». Nell’attività quotidiana ci muoviamo da un punto all’altro della città, del Paese o del mondo e il tema delle emissioni legate alla mobilità è cruciale: «Dobbiamo orientarci verso l’auto elettrica, ma avrà senso introdurla solo quando potremo usare fonti rinnovabili per produrre l’energia che verrà impiegata. Inoltre, è necessario fare dei passi avanti sulle batterie, che oggi hanno enormi problemi di costi, peso e smaltimento». Aspettando quel giorno, l’implementazione del trasporto pubblico potrebbe essere un obiettivo a breve termine a cui guadare «sostituendo i vecchi mezzi con altri più
CIR C O
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Il presidente dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, le energie e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) ha un’idea precisa in relazione alle sfide dell’ambiente: «va benissimo avere obiettivi ambiziosi, ma dobbiamo fare in modo che la tecnologia che ci permette di raggiungere questi target cresca di pari passo».
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efficienti alimentati con gas liquido ed energia elettrica, misure già adottabili e sulle quali fare investimenti».
Federico Testa di Enea
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NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI, alcune leggi degli ultimi anni hanno dato la possibilità di riqualificare i consumi energetici dei condomìni costruiti negli anni ’50-’70. «Molte aziende di servizi pubblici, e spero presto anche a Verona - afferma Testa - offrono interventi di efficienza energetica ai condomìni: i condòmini cedono gli incentivi fiscali e quello che resta da pagare sarà coperto con i risparmi sulle bollette dei prossimi dieci anni. Vecchie caldaie a gas o a gasolio possono essere rimpiazzate riducendo del 50-60% il costo del riscaldamento». Come coinvolgere cittadini e amministrazioni? «Mettendo le persone nelle condizioni di poter conoscere il riflesso dei propri comportamenti sull’ambiente» conclude. «Stanno cambiando le condizioni climatiche, e questo dipende da fattori locali e da dinamiche a livello globale. Abbiamo fatto delle leggi per diminuire l’inquinamento delle industrie nel nostro Paese, ma le aziende spesso si sono trasferite dove queste leggi non c’erano. C’è bisogno di un governo globale di questi processi e di cambiare mentalità, uno degli obiettivi più difficili che ci siano». ■
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IDEE LUCENTI
LA SOSTENIBILITÀ
HA BISOGNO DI UNA MANO: LA TUA Camilla Taddei, giovane veronese di Isola Rizza, grazie al suo progetto MANODAI è stata una delle 26 vincitrici del concorso “Youth in Action” che ha premiato le migliori idee ispirate agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030. La sua idea punta a realizzare la bottega delle botteghe in chiave moderna, per uno stile di vita ecosostenibile per tutti e ovunque.
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L PROGETTO SI CHIAMA MANODAI, ed un progetto sulla schiavitù della minoranza è molto più di un sito internet. È una casa Harratine in Mauritania, ha così vinto uno stavirtuale, un hub che vuole promuovere, ge presso il gruppo Cooperativo CGM, Consorpartendo dal mondo della moda, uno stizio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino le di vita sostenibile, in linea con gli Obiettivi Mattarelli, un network di cooperative sociali tracciati dall’ONU nell’Agenda 2030. italiane per l'assistenza e l'aiuto allo sviluppo. È questa l’idea che ha permesso a Camilla TadUn risultato importante, ottenuto dopo la laudei, giovane veronese di Isola Rizza, di vincere rea in Scienze Internazionali e Diplomatiche uno dei 26 stage retribuiti messi in palio dal all’Università di Trieste e un master in Diritti concorso “Youth in Action”, organizzato da Umani alla London School of Economics and Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Political Science. ENI Enrico Mattei e Ma cos’è MANODAI, Fondazione Giangiail progetto ideato asAGENDA 2030, IN BREVE como Feltrinelli, che sieme al co-creatore, La SDG, o Sustainable Development lo scorso 5 giugno, a il fratello Alberto? È Goals, definita anche Agenda 2030, è Milano, hanno conla bottega delle botun’insieme di obiettivi che l’Organizzaferito i premi finali. teghe in chiave mozione delle Nazioni Unite ha creato e Un’iniziativa che ha derna, un punto di promosso per l’orientamento sul mecoinvolto giovani unincontro online che dio termine di uno sviluppo sostenibile. der 30 con progetti promuove uno stile Gli obiettivi, in vigore dal 2015 al 2030, relativi appunto alla di vita sostenibile, sono 17 e sono stati approvati da 193 sostenibilità e realizpartendo in primo Paesi. Ciascuno di questi si identifica zabili all’interno di luogo dal mondo delcon l'acronimo SDG e il numero (da grandi aziende e rela moda. Al momen1 a 17). Il progetto MANODAI si ispira altà appartenenti al to è chiaramente all’SDG12, che recita: «Utilizzo responmondo del no profit. solo un progetto, ma sabile delle risorse: garantire modelli di Camilla, oggi impea regime, una volta consumo e produzione sostenibili». gnata a Londra per ultimato, dovrebbe
DI MATTEO BELLAMOLI
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comporsi di più elementi: uno spazio di e-commerce con merce ecosostenibile e consegne lente basate sulla consapevolezza del consumatore; webinars (seminario interattivo tenuto su internet) di vario tipo su tematiche annesse al cuore del progetto e sempre moderate da personale MANODAI; un portale informativo sullo stile di un blog in cui si illustrino argomenti legati alla moda e alla vita ecosostenibile; una sezione di video in cui i produttori si raccontano, raccontano la loro azienda e i loro prodotti in modo trasparente; un gruppo di discussione social dedicato che funzioni come un forum dove scambiarsi opinioni e interazioni; un aggiornamento periodico anche per chi non si collega al sito, con newsletter tematiche. Camilla, cosa l’ha spinta a dare vita a MANODAI? Lo stile di vita ecosostenibile, e soprattutto la moda, non hanno una casa in Italia. Manca un punto di riferimento che colleghi produzione, consumo ed informazione. MANODAI nasce per fare da collante in questo vuoto. La moda è un punto di partenza, ma il concetto potrebbe estendersi a qualsiasi aspetto della vita sostenibile. Un nome curioso, cosa rappresenta? Due sono le letture di MANODAI: la prima è “Ma no, dai!”, e si riferisce al rifiuto del profitto ad ogni costo, della corsa alla produzione
indiscriminata, del consumo senza freni. La seconda è “Mano dai”, e si riferisce proprio all’incontro di mani, di aiuti, di contatti, un modo per valorizzare e promuovere lo stile di vita sostenibile. Qual è la missione del progetto? Non vogliamo semplicemente fare da vetrina per vendere un prodotto, ma soprattutto informare, mettere in contatto, creare una comunità solida e attiva. Da un lato occorre fornire a tutti i mezzi per una vita ecosostenibile, e con mezzi intendo i prodotti e l’informazione. Dall’altro occorre creare un incontro digitale per tutti i produttori nel settore abbigliamento che fanno dell’ecosostenibilità il loro punto focale. MANODAI li aiuterebbe nel loro business sia in termini di ricavi che di visibilità e popolarità del brand.
Camilla Taddei
YOUTH IN ACTION, IN NUMERI Il progetto Youth in Action ha premiato le 26 migliori idee progettuali capaci di favorire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili (SDG). Rispetto alla prima edizione 2017 le partecipazioni sono aumentate del 5%. Sono state 192 le idee progettuali partecipanti, 93 quelle ammesse alla fase di selezione e 51 quelle che hanno avuto accesso alla fase finale.
Quanto è stato importante partecipare a “Youth in Action”? Al di là del premio, che sicuramente ha dato molta soddisfazione, è stato un percorso stimolante, che ha permesso di mettermi in gioco e imparare molto. Mi ha dato la conferma che MANODAI è un progetto che merita di essere sviluppato, e se qualcuno fosse interessato ad aiutarci finanziariamente, o a mettere in campo le sue competenze per contribuire alla sua riuscita, siamo sicuramente aperti ad allargare la squadra. ■
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to, delle caldaie, sostituendo una visione a breve termine, concentrata sul mercato del presente, con una visione di medio e lungo periodo, attivando i primi rapporti con i centri di ricerca europei e le prime collaborazioni con realtà più grandi e strutturate della nostra. Ovviamente si trattò di un vero e proprio passaggio d’identità».
ICI CALDAIE SESSANT’ANNI PROIETTATI AL FUTURO
Ci sono anniversari che vale la pena festeggiare. Un po’ per ricordare le origini, un po’ per fermarsi un attimo, prendere fiato, guardarsi attorno, consolidare i risultati acquisiti e ripartire con rinnovata consapevolezza verso obiettivi ambiziosi e stimolanti. È il caso di Ici Caldaie, storica azienda veronese che in questo 2018 taglia il traguardo dei sessant’anni di attività. Una realtà imprenditoriale dinamica nata nel 1958, tra le prime sul territorio a produrre caldaie per il riscaldamento ad uso domestico, capace negli ultimi anni di ampliare il proprio raggio d’azione, ora d’impatto internazionale, e di distinguersi per innovazione, ricerca e sviluppo di nuove tecnologie.
«Nel 1958 mio padre Remigio fondò l’azienda e nei primi anni duemila ci fu una nuova fase, altrettanto importante. – spiega Emanuela Lucchini, presidente di Ici Caldaie – Iniziammo a pensare seriamente al futuro del nostro prodot-
Emanuela Lucchini (al centro) con ospiti internazionali
Con l’inizio del nuovo secolo, infatti, la strategia dell’azienda scaligera cambia, non più solo ed esclusivamente caldaie ad uso domestico per la produzione di acqua calda, ma soluzioni per la generazione di vapore per l’industria, completati e arricchiti dall’elettronica e da tutta una serie di componentistiche che hanno spinto il prodotto Ici fino ad arrivare alla centrale termica. Dello stesso periodo è l’avvio del laboratorio H2&Heat su idrogeno e celle a combustibile.
«Ci siamo accorti in quel momento, e in maniera quasi naturale, di aver posto un accento sulla parte professionale, con la creazione di caldaie industriali e generatori di grande potenza. – aggiunge Alberto Zerbinato, amministratore delegato di Ici Caldaie – Una scelta dettata dal guardare avanti con una prospettiva, che ancora oggi ci ispira e ci proietta con convinzione nel futuro del nostro settore». Nel 2003 Ici caldaie ottiene le certificazioni internazionali ISO 9001/94 e ISO 9002 ottenendo definitivamente un pass per il posizionamento su scala globale.
«Avere una visione lungimirante che permetta di arrivare effettivamente a un cambiamento, per mezzo della cosiddetta ricerca precompetitiva, non è materia esclusiva di pochi. – sottolinea Emanuela Lucchini – Il fatto di aver lavorato in parallelo su obiettivi non necessariamente a breve termine, ci ha svincolati dalla contingenza del risultato. In fondo non tutto deve avere un riscontro immediato che determina un risultato di bilancio, a volte è meglio concentrarsi su ciò che darà frutto in futuro, che farà lavorare le persone».
Alberto Zerbinato
Proprio la ricerca precompetitiva è uno dei punti di forza dell’azienda scaligera: «Ci sono dei ricercatori, molto spesso giovani con talento e grande preparazione tecnico-scientifica, che impazziscono di gioia quando entrano nel nostro laboratorio. – prosegue la presidente – Perché hanno la possibilità di effettuare dei test su dei componenti a grandezza reale, molto simili al prodotto finito, anche se riprodotti in forma prototipale. Vedono le conseguenze dirette delle loro ricerche applicate non più in forma miniaturizzata e questo li stimola a collaborare con un entusiasmo contagioso».
«Da questa contaminazione tra studenti e ricercatori, tecnici industriali interni ed esterni, di aziende partner, che ragionano e intervengono aggiungendo competenze su un determinato argomento o su una tecnologia, nascono prodotti iper innovativi, proprio perché sviluppati in maniera complementare e sinergica da più attori protagonisti: è il caso dell’ultima nata in casa Ici, Ecovapor. - prosegue Alberto Zerbinato – Un progetto rivoluzionario, realizzato a quattro mani assieme a un’altra azienda veronese che sviluppa soluzioni di controllo digitale, una inglese specializzata nella combustione e un consorzio spagnolo di aziende del settore alimentare. Il progetto e stato finanziato dall’Unione Europea con i fondi del programma Horizon 2020 (caso raro visto che si parla comunque di caldaie industriali e non di intelligenza artificiale, ndr). Un risultato ottenuto solo grazie alla collaborazione e a un’apertura a 360 gradi tra le aziende partner». Forte del nuovo Ecovapor e di altri prodotti di eccellenza, Ici Caldaie sta giocando bene la sua partita nei mercati del nord America, in particolare negli Stati Uniti, dove fino a qualche anno fa l’azienda scaligera non era presente. Nuove aperture nel mercato russo, il secondo per importanza dopo quello europeo, e in quello cinese dove c’è il più alto potenziale in prospettiva futura.
«L’idea preminente mia, di Alberto, dei nostri manager, ma anche di tutti i nostri collaboratori e dipendenti, è di dare un futuro alla nostra azienda uscendo dalla logica delle aziende che corrono ostinatamente da sole. – riprende Emanuela Lucchini – Certo, è una grande responsabilità quella che sentiamo. Ci portiamo dietro
una tradizione di sessant’anni, una realtà che oggi conta più di duecento dipendenti che devono essere i primi a condividere con il management una visione di crescita e soddisfazione diffusa». E se chiediamo cosa sarà di Ici nei prossimi anni, la presidente Lucchini risponde così: «Una risposta ancora non ce l’abbiamo, certo è che siamo alla continua ricerca di strumenti di crescita discontinua. Ho avuto la fortuna di aver lavorato fino ad oggi con persone che mi hanno dato respiro, idee nuove, possibilità di intravedere qualcosa in più rispetto a ciò che si sta facendo nel quotidiano. La condivisione della prospettiva dell’azienda allargandola a tutti quelli che hanno voluto implicarsi, mi ha fatto superare difficoltà e allargare gli orizzonti. Ciò che desidero per il futuro è che tutti, in azienda, abbiano la possibilità di esprimersi e di dare, in una logica condivisa, il giusto contributo per arrivare ad altri prestigiosi traguardi».
Chi è iCi
Azienda impegnata in Italia e all’estero nella produzione di caldaie in ambito residenziale e industriale con uno sguardo all’efficienza energetica, alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza per gli utilizzatori, utilizzando sistemi connessi alla rete. Nella sede principale di Campagnola di Zevio realizza sistemi di riscaldamento residenziali da 20 a 20.000 kW; servizi residenziali per gestire ed ottimizzare i sistemi di riscaldamento tramite controllo remoto; generatori di vapore e di acqua surriscaldata a tubi di fumo, generatori ad olio diatermico, elementi di impianto per centrali termiche; servizi industriali per gestire ed ottimizzare il funzionamento dei generatori anche con controllo remoto; cogeneratori a celle a combustibile; progetti speciali di centrali termiche trasportabili, caldaie a tubi d’acqua, scambiatori per fumi da biomassa.
ICI CALDAIE S.P.A. Via G. Pascoli 38 - 37059 Frazione Campagnola di Zevio (Verona), Italy Tel. +39 045 8738511 - Fax +39 045 8731148 -
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IN PRIMO PIANO IL FOCUS (E LO SGUARDO) DI VERONA NETWORK
IL RINASCIMENTO DELLA LESSINIA CHE
PARTE DAI NOSTRI OCCHI
Come prima cosa: smettiamo di trattarla come una Cenerentola perenne, forti dei nostri giudizi distratti. Gli anni d’oro della montagna veronese sono ormai materiale fotografico di album decolorati, dicono alcuni. Ma è davvero così? Una domanda che segna l’attualità di un territorio spesso poco capito ma che, se guardato bene, è costellato di inizi. Tra comuni che si “fidanzano” per arrivare alla fusione, malghe di immensa bellezza che aprono e vogliono durare, la rivoluzione nella governance dell’Ente Parco e le potenzialità dei nuovi fondi regionali per l’innovazione del turismo montano. Il 21 giugno scorso si è tenuta la quinta edizione degli Stati Generali della Lessinia. L’associazione Verona Network ha chiamato allo stesso tavolo tutti: istituzioni, imprese, cittadini per analizzare il presente e il futuro di quelle terre alte abituate, per vocazione e posizione, a sfiorare il cielo.
M
ENTRE MOLTI NE LIQUIDANO IL FUTURO, evocandola solo come scenografia sbiadita delle loro infanzie sulle piste di San Giorgio, ci sono rivoluzionari tentativi, pur nella timidezza di chi inizia, che puntano a scrivere una rinascita della Lessinia. Di quello che è stato fatto, del tanto che resta, comunque, da fare si è parlato lo scorso 21 giugno presso la sala Olimpica del Teatro Vittoria di Bosco Chiesanuova. Il focus dell’associazione Verona Network, assieme ai principali attori del tessuto imprenditoriale e istituzionale locale, ha cercato di disegnare le prospettive di un territorio dalla sconfinata bellezza, per certi versi, ancora troppo “innocente” nell’affrontare il capitolo turistico. L’interrogativo da cui partire è uno: ha ancora senso per un imprenditore investire fatica e soldi nella montagna veronese? C’è dell’eroica pazzia oppure si tratta solo di un’andatura coraggiosa e, a tratti, lungimirante? Quando si parla di Lessinia, l’elenco delle criticità non è certo un esercizio di breve lettura, va detto. «Gli imprenditori qui sono abituati ad arrangiarsi, ma non possono anche aggiustarsi le strade. Alle istituzioni si chiede questo: di non dimenticarsi che esistiamo» su tutti risuona l’appello del sindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti che, dal canto suo, ha già all’attivo importanti
risultati come, per parlare dei recenti, il nuovissimo centro socio culturale (inaugurato il 21 luglio) e già si sta rimboccando le maniche per rinnovare il famoso palaghiaccio. Lo sguardo è ampio: «Stiamo lavorando insieme ai comuni di confine per riqualificare tutta l’alta Lessinia, portando infrastrutture alle malghe comprese acqua e luce». E, infatti, ci sono meccanismi virtuosi già in atto come la cooperazione tra sindaci e paesi, sancita recentemente proprio da un protocollo di intesa firmato da nove amministrazioni per lo sviluppo di un’offerta turistica unitaria, anche in dialogo con la Regione e con il suo piano strategico ora allo studio. Il tema della fusione tra amministrazioni sotto i 5.000 abitanti è sempre nell’aria. «Siamo nella fase fidanzamento con il comune di Bosco e il matrimonio non è così lontano» precisa il sindaco di Cerro Nadia Maschi, tra le più appassionate sostenitrici del referendum per la fusione, veicolo principe per massimizzare le risorse. Alla quinta edizione degli Stati Generali della Lessinia hanno preso parte non solo i sindaci dei comuni montani, ma anche numerosi rappresentanti di categoria come il presidente di Coldiretti Daniele Salvagno, il presidente di Apindustria Confimi Verona Renato Della Bella, Valeria Bosco, direttore Confartigianato Verona e Paolo Bissoli, presidente di Confesercenti. Hanno ribadito tutti, con parole diverse, che la fatica di chi fa impresa in questi luoghi è nei loro pensieri, anche e soprattutto, per quanto riguarda la pressione per l’accesso alle infrastrutture.
DI MIRYAM SCANDOLA
Ph Ilario Fiorentini
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MOLTO, INFATTI, SU QUESTO LATO, rimane da fare. Le strade sono sentieri di asfalto sempre più incerto. Dure, in questo senso, le parole del consigliere regionale Stefano Valdegamberi, che ha elencato le responsabilità della Provincia nella partita della viabilità. Buone notizie invece sul fronte della fibra ottica che presto arriverà nei Comuni di Bosco Chiesanuova e Cerro. Poi eccolo: il turismo. Invocato, difeso e, a volte, ammettiamolo, trattato come indesiderato. Serve una cultura dell’accoglienza ma pure un’etica dell’accogliere che impedisca frettolosi tradimenti in nome di ipotetici indotti non per forza sinonimi di successo in un contesto territoriale come questo. Un miracolo di selvaggia purezza, quasi imprendibile nei suoi lineamenti che non vanno sfigurati dall’approssimazione, o peggio, da indirizzi superficiali. Di quale turismo ha bisogno la Lessinia? Questa è la domanda da porsi per non diventare brutte fotocopie dei vicini, di chi ha più cassa, ma non, in automatico, più idee. Una riqualificazione dell’offerta è necessaria e non più rimandabile, lo ribadiscono un po’ tutti, con accorata passione lo fa anche, durante l’incontro, Luciano Corsi, presidente del Comitato per Verona. Creare processi di attrazione SPAZIO PUBBLICITARIO
mai percorsi, «cercando di mantenere in loco la filiera di valore», fa eco il deputato del Partito Democratico Diego Zardini, recentemente nominato alla Commissione per le attività produttive e il turismo della Camera, anche lui presente al focus. Sul piano pratico che fare? Qualcosa suggerisce il nuovo bando regionale del POR FESR per l’erogazione di contributi finalizzati a investimenti innovativi alle piccole e medie imprese del settore ricettivo montano. Attingere a parte di quei 6 milioni di euro stanziati non sarà la svolta, ma un segnale di cui c’è bisogno. Per smentire quell’immobilismo di cui si è accusati da sempre, che ha però colpevoli diversi. C’è un’indicazione stradale alla rotonda di Verona Est, sopra si legge «Lessina». Un cartello sbagliato che non correggono da anni. Non è solo questione di una «i» dimenticata, l’ortografia snobbata qui si fa giudizio sbrigativo e ingiusto. Ma si sa, per difendere quello che si è, bisogna essere consapevoli del proprio valore. Solo così si evita di tradirsi, di consegnarsi alle letture improvvisate di chi ci dice cosa essere, quale meta diventare. Perché al netto della mole di cose da cambiare, l’importante è che, nel guardare la Lessinia, resti sempre lo splendore. ■
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IN PRIMO PIANO IL RINASCIMENTO DELLA LESSINIA/1
LA MONTAGNA IMMAGINARIA, OVVERO
L’ANIMA DELLE VETTE
Dal 24 agosto al 2 settembre torna lui, il Film Festival della Lessinia. Il tema delle 24esima edizione della rassegna culturale di Bosco Chiesanuova ha, quest’anno, toni sospesi. Si indaga la montagna come spazio inesistente nel suo incanto, un non luogo che pare nascere solo se guardato e permesso dal mito. DI MIRYAM SCANDOLA
S
ESSANTA FILM DA TUTTO IL mondo chiamati a tratteggiare la vita, la storia e le tradizioni in montagna. Ma si pecca di ingiusta riduzione se si chiude la rassegna nei recinti, pur sconfinati, della cinematografia. Tra incontri letterari, workshop e mostre fotografiche, concerti ed escursioni il Film Festival della Lessinia si conferma un compendio di declinazioni culturali che trovano spazio e respiro nel ricco cartellone collaterale. Tra gli ospiti del ciclo “Parole Alte” arriveranno al Festival il cantautore Massimo Bubola, la scrittrice Elena Loewenthal, il linguista Andrea Moro, lo scrittore Tiziano Fratus, il musicista Michele Lobaccaro e lo speleologo Francesco Sauro. L’omaggio tematico di quest’anno? La montagna immaginaria con una retrospettiva storica dedicata ai film che affrescano l’idea di montagna come luogo immaginario, inesistente, fantastico. A tracciare cime possibili solo
nel loro essere simboli ci saranno, per dirne qualcuno, Orizzonte perduto di Frank Capra, La montagna sacra di Alejandro Jodorowsky, La bella maledetta di Leni Riefenstahl e per i più piccoli Nausicaa di Hayao Miyazaki. L’Oriente e la cultura shintoista riconoscono da sempre uno spirito divino alle sommità che sfiorano i cieli ma non sono i soli. Perché, come spiega il direttore artistico Alessandro Anderloni «dagli albori della civiltà, la montagna è catalizzatore di simboli e allegorie. Dall’Olimpo all’Ararat, passando per il Monte Meru, Kunlun e la Sierra de la Plata, fino al Purgatorio dantesco e al Monte Carmelo: cime favolose e monti fantastici hanno popolato le narrazioni, tracciando una mappa altimetrica che spesso non trova riscontro sul planisfero conosciuto». ■ Informazioni sul sito www.ffdl.it. Il programma sarà presentato ufficialmente il 1° di agosto. Ph Ilario Fiorentini
LA LESSINIA HA ANCORA MOLTISSIMO DA DIRE È stata presentata lo scorso 23 giugno al Teatro Orlandi di Velo Veronese l’edizione numero 41 di Lessinia – Ieri, oggi e domani. Una fotografia accurata e appassionata del “travaglio culturale” che connota questo territorio. DI MATTEO SCOLARI
A
D APRIRE IL POMERIGGIO E A FARE gli onori di casa il regista Alessandro Anderloni che ha presentato l’opera assieme agli autori e al professor Ugo Sauro, presidente dell’Accademia della Lessinia onlus. «Il numero 41° del Quaderno documenta, con la varietà dei contributi di molti autori, come sulla Lessinia ci sia ancora moltissimo da dire e da scoprire. – scrive Sauro nell’incipit del nuovo volume – La Lessinia è fonte inesauribile di scoperte ed espressione insieme sia del travaglio culturale che caratterizza gli abitanti e i frequentatori di questa montagna, sia della ricchezza di “contenuti” naturalistico-ambientali e storico-culturali del territorio prealpino. La sfida per il futuro è proprio quella di mantenere viva e di incrementare l’avventura umana, condivisa tra gli operatori culturali e i lettori, di scoperta del territorio». Nata nel 1978, la rivista costituisce una delle espressioni più significative della dinamica culturale e della presa di
coscienza dell’importante patrimonio storico, territoriale e ambientale dei Monti Lessini e vi collaborano da sempre anche storici e firme accademiche. «La realizzazione del Quaderno è frutto dell’impegno di numerosi appassionati i quali si sono alternati nel compito di portarlo avanti e di renderlo sempre più bello anche da un punto di vista editoriale. – conclude il professor Sauro – Purtroppo, alcuni dei vecchi amici ci lasciano: nel 2017 è mancato l’instancabile collaboratore Lino Benedetti del quale il figlio Gianluca ci tratteggia un ricordo in questo volume». In oltre quarant’anni di storia della rivista sono stati pubblicati più di 1.150 articoli per un totale che supera le 8.600 pagine. Il Quaderno ha goduto sinora del supporto della Fondazione Cariverona e della Cassa Rurale Vallagarina, le quali ne hanno permesso la diffusione in oltre 300 istituzioni quali scuole e biblioteche selezionate della Lessinia, della città e della provincia di Verona, e della Vallagarina. ■
La copertina
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11 al 20 Agosto 2018
44° EDIZIONE
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i n r o i g e d n a di gr imento t r e v i d à t e i r a solid zione anima razione risto acolo spett
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IN PRIMO PIANO IL RINASCIMENTO DELLA LESSINIA/2
QUELLO CHE HANNO VISTO
SETTE FOTOGRAFI
«Il paesaggio, anche quello della Lessinia, è soprattutto memoria, e la memoria è associata spesso alle immagini nella forma del ricordo. Più che altro, è vedendo che riconosciamo un qualcosa» ne fa una questione di «autenticità dello sguardo» Steve Bisson, il curatore della residenza artistica in Lessinia. Tutt’altro che improvvisato, l’approccio che guida il progetto è figlio di suggestioni disparate che tengono dentro la Land Art pura e consapevole di Richard Long e pure il testamento di Joseph Beuys che ha composto un manifesto granitico sul suo rapporto con la natura «Faccio fatica a leggere un’esplorazione visiva sganciata da una consapevolezza ambientale» diceva, certificando così, come, anche e soprattutto, una residen-
za focalizzata su un territorio possa muovere «da assunti etici» (la sua famosa azione “7000 querce” è emblema di questo abbraccio a tre: uomo, natura, arte). Un luogo, la Lessinia, che si presta a letture molteplici «non è una mappa, ma un arcipelago di piccole comunità» ci tiene a precisare Bisson. Sette, infatti, gli artisti coinvolti ciascuno con un taglio particolare per restituire più che un racconto corale, forse, un mosaico di incanti. «In molti territori vi sono aspetti che passano inosservati, che sono dimenticati dalla collettività o che si palesano in processi silenziosi di lunga durata. Compito dell’esploratore è quello di scoprirli, di interpretarli e riportarli in luce se necessario. Con sincerità e meno arroganza». ■ DI MIRYAM SCANDOLA
ANA BLAGOJEVIC senza titolo Sono entrata nella pancia della montagna cercando di toccarne gli spazi profondi con esplorazioni speleologiche e parallelamente, in chiave metaforica, testare i punti altrettanto oscuri della paura, della vertigine e dell’ansia. Tentare, insomma, di confrontarsi con i limiti interni affrontando quelli esterni come il buio delle grotte, la profondità di pozzi verticali di oltre 70 metri. Indagare i meandri mentali e, in parallelo, quelli della Lessinia sotterranea vuol dire assecondare l’attrazione per l’ignoto e per il “cosa c’è dopo”.
Blagojevic
DAVIDE GALANDINI senza titolo Galandini Il centro della mia ricerca è un particolare sito naturale che si trova lungo il fiume Alpone nei pressi di Vestenanova, le Cascate Stanghellini nell’omonima contrada. Affascinato dai maestosi affioramenti di basalto colonnare formatisi durante l’Olocene, mi sono coordinato con alcuni vulcanologi del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra–UNIFE, in particolare con il team del Prof. Massimo Coltorti che già a metà degli anni Novanta aveva studiato tutta l’area. L’accesso alle cascate è molto difficile: c’è solo un sentiero abbandonato all’incuria. Il progetto terminerà con l’installazione di un landmark in pietra basaltica in corrispondenza del punto di accesso al sito, con il chiaro intento di coinvolgere, nella riqualificazione, anche le istituzioni. NICOLÒ LUCCHI senza titolo Il carsismo, fenomeno che contraddistingue la Lessinia, è un processo che non si risolve solo con la dissoluzione della roccia ma che si compone anche di una fase costruttiva permessa dall’acqua. Quest’ultima, infiltrandosi nelle grotte sotterranee, inizia a gocciolare e fa precipitare il carbonato di calcio che, liberandosi dall’anidride carbonica, dà inizio alla formazione di stalattiti e stalagmiti. Il tempo si muove lento attraverso questi processi geologici. Con la fotografia ho indagato il processo di distruzione e creazione dell’acqua.
Lucchi
Lucchi
Galandini
Blagojevic
Una residenza artistica in Lessinia, un nome dalle suggestioni cimbre, Såm, (seme, nell’antica lingua), un progetto di esplorazione visiva del territorio montano, mesi di studio e scatti. Quelle che vedete in anteprima su queste pagine sono gli assaggi di un percorso ampio dalla durata triennale che troverà contrappunto ideale ogni anno al Film Festival della Lessinia. La kermesse cinematografica internazionale sarà infatti un approdo di sintesi con una mostra nel nuovo centro socio culturale di Bosco Chiesanuova (dal 24 al 2 settembre).
23 CHIARA BANDIN (OUT OF PLACE ARTIFACT) oggetti fuori (dal) tempo - FOLENDA Durante la mia ricerca, mi sono imbattuta nella “vicenda delle selci strane di Breonio”. Stefano de Stefani, pioniere della ricerca preistorica veronese di fine ‘800 eseguì ricerche e campagne di scavo, soprattutto nella Lessinia occidentale, tra Breonio, Molina e Sant’Anna d’Alfredo, affidandosi a scavatori del luogo per rinvenire reperti preistorici. Questi, dopo i primi ritrovamenti, viste le ricompense sostanziose, iniziarono a falsificare le selci dando loro delle forme fantasiose per renderle rare, creando pure delle false patine per invecchiarle. Poi le nascondeBandin vano in modo che de Stefani le “scoprisse” nei luoghi di scavo durante l’estate. Ho sperimentato la riproduzione di queste selci evidenziandone la falsità con materiali e tecniche moderne, trasformandoli in oggetti che sembrano essere fuori posto, perché inseriti in un luogo e in un tempo nascosto sotto false patine.
FRANCESCO BIASI senza titolo La Lessinia mi ha sempre affascinato come soggetto di un potenziale lavoro per immagini, l’ho sempre trovata una terra ricca di stimoli, di storie e di significati importanti. Ho deciso cosi di concentrare la mia attenzione sulla zona del Branchetto e di San Giorgio con uno specifico interesse per la storia del turismo invernale ed estivo negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, quando cioè anche la mia famiglia frequentava la Lessinia. Da qualche mese sto lavorando fondamentalmente su due archivi che molto gentilmente mi sono stati messi a disposizione, sforzarmi di dare un volto, un’identità a tutte le figure in secondo, terzo piano alla ricerca di parenti, amici, o persino, di me stesso. Il mio lavoro, intervenendo digitalmente sulle immagini, sta diventando quindi una sorta di catalogazione in cui qualsiasi visitatore della mostra finale potrà vedere o, meglio, solo pensare di vedere il volto, l’incedere, i colori dei conoscenti che in quegli anni frequentavano la Biasi Lessinia.
Bandin
PAOLA FIORINI SPAZIO VISSUTO “No’ te vedi che son in Fine, portame a casa che voi morir soto la me seresara. Portame a casa mia”. Sono parole personali, che fanno parte del vissuto profondo e intimo di Adriana Rezzele, poetessa cimbra di Selva di Progno, una laurea in Geografia. Sono le ultime parole che il nonno paterno dice al padre di Adriana pochi giorni prima di morire all’ospedale di Tregnago. Quando l’ho incontrata per realizzare un suo ritratto e ho letto quella frase nella premessa di uno dei suoi libri mi sono profondamente commossa. Per entrambe (l’una con la parola, la sottoscritta con la fotografia) la scelta di indagine sulla Lessinia è prima di tutto una decisione che deriva da questo senso di appartenenza, che comporta Fiorini una relazione tra ciò che esiste o ancora “resiste” in questa terra cimbra, e ciò che viene percepito. Il geografo francese Frémont descrive bene questo e parla di “spazio vissuto”. Lo spazio vissuto è, in fondo, il paesaggio di ognuno, diverso per ciascuno di noi, ma sempre condivisibile nell’espressione artistica.
Fiorini
Biasi
Biasi
EMANUELE BRUTTI MEMORIE DEI FILO’ Tutti i “vecchi” della Lessinia ricordano dove e come venivano organizzati i filò, le persone che ci andavano e quello che facevano, ma il contenuto dei discorsi e dei racconti che caratterizzavano quelle serate resta un ricordo vago. Erano storie trasmesse in forma orale che sarebbero andate inevitabilmente perse se Attilio Benetti non ne avesse creato un’antologia a cui mi sono ispirato per restituire in forma visiva, in un ipotetico dialogo tra immagini e leggende, non tanto l’atto di trovarsi nelle stalle quanto più dei fermo immagine di quelle storie che nei filò i montanari si tramandavano.
Brutti
Brutti
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IN PRIMO PIANO IL RINASCIMENTO DELLA LESSINIA/3
IL TURISMO GREEN
CHE NON AGGREDISCE
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A LESSINIA HA BISOGNO DI un tipo di turismo nuovo, più green. Di viaggiatori attenti all’ambiente, che gradiscono la buona tavola e i prodotti tipici, che ricercano la tranquillità di luoghi incontaminati e prediligono la vita all’aria aperta, che apprezzano un concerto organizzato sui pascoli ai confini di un bosco, meglio ancora se la location è da raggiungere a piedi. Questione soprattutto di cambiare cultura. E di andare oltre l’abitudine della scampagnata “mordi e fuggi”, che è utile sì a lasciarsi alle spalle la calura cittadina, ma fine a se stessa se non è accompagnata da un modo differente di guardare la montagna veronese. «Per fare questo servono i servizi», esordisce Mauro Zampieri, che da un anno ha declinato concretamente la sua idea di turismo sostenibile aprendo una struttura a Camposilvano, località di Roverè Veronese ad appena una manciata di chilometri da Velo. È una grande casa interamente realizzata in abete rosso, immersa nel verde e nella tranquillità dei Monti Lessini, dove vive assieme alla moglie. Il pianterreno è adibito ad alloggio turistico con colazione, con quattro camere da letto, di cui una priva di barriere architettoniche. La caldaia sfrutta la legna raccolta nella vicina foresta, l’illuminazione è a risparmio energetico,
È la strada imboccata dal gruppo “Avanti tutta”, che ha realizzato 20mila mappe cartacee per far conoscere ai viaggiatori la zona di Velo dal punto di vista ricettivo e naturalistico. Iniziativa, spiega il portavoce Mauro Zampieri, che altri Comuni limitrofi intendono replicare.
le vernici utilizzate sono tutte a base di acqua, i cibi per la colazione sono a chilometri zero. La struttura è interamente riciclabile, tanto che il relais Aunus è stato recentemente riconosciuto come bed & breakfast eco-friendly per la filosofia che lo caratterizza. «LA NOSTRA È STATA UNA SCELTA PRECISA, dall’acquisto del terreno alla successiva realizzazione del relais. Tante altre sono le realtà nate o ristrutturate di recente per valorizzare il territorio e questo è positivo», prosegue. Ma è necessario un cambio di prospettive: «La Lessinia è una destinazione poco nota, specialmente all’estero. Non è una meta ricercata. I viaggiatori arrivano qui per caso, poi rimangono affascinati dal silenzio e dalla possibilità di stare a contatto con la natura. Un tipo di turismo naturale è quello a cui dobbiamo puntare se vogliamo rilanciare la montagna veronese». Le potenzialità sono molte, a partire dalla vicinanza a Verona come città d’arte e al lago di Garda. Tuttavia i turisti devono essere indirizzati. Perciò Zampieri è stato capofila di un progetto che ha riunito 34 realtà situate per lo più nel Comune di Velo oltre alle locali associazioni nel gruppo “Avanti tutta”. «Abbiamo realizzato una mappa cartacea che segnala percorsi da praticare
DI MARTA BICEGO
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a piedi, in bicicletta, a cavallo. Indica i siti di maggior interesse dal punto di vista culturale e naturalistico: dalla Valle delle sfingi al Covolo, dal Museo geopaleontologico di Camposilvano alla Purga di Velo. Fornisce informazioni di carattere pratico: dalla fermata dell’autobus alla presenza della farmacia o di aree per la sosta. Elenca le strutture dedite alla ricettività, alla ristorazione, al commercio». Stampato in 20mila copie e distribuito sia in loco che in alcuni uffici turistici, è uno strumento che il viaggiatore può tenere sempre a portata di mano per orientarsi. Segnala inoltre la app per smartphone Tourist Office che, tramite un QRCode posizionato nei principali siti di interesse, permette di avere una spiegazione in tempo reale del luogo che si sta visitando. L’iniziativa, conclude, «è in divenire. Anche il Comune di Roverè ha deciso di realizzare una propria mappa, mentre altri amministratori hanno dimostrato interesse. La cartina è uno dei tanti servizi da offrire al turista, ma non basta. C’è tanto lavoro da fare, ma questa può essere la giusta direzione per far conoscere la Lessinia». ■
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Il piacere di ritrovarsi in Lessinia Con i nostri sogni, i nostri sorrisi possiate trovare del buon cibo e della buona birra per rifocillare il corpo dopo le escursioni che possono portarvi ad incontrare gli abitanti più segreti e rari di questi luoghi silenziosi.
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IN PRIMO PIANO LESSINIA OUTDAYS, IN POCHE PAROLE
SFIDE CIMBRE
E UN PO’ EPICHE
Fervono i preparativi dei Lessinia Outdays. A parlare è Riccardo Zanini, creatore di Alta Lessinia, realtà che ha dato vita all’evento che si svolge ad Erbezzo dal 20 al 22 luglio. L’obiettivo? Diventare un appuntamento irrinunciabile nella provincia di Verona.
«L
’EDIZIONE 2017 È STATA un successo, più del previsto». Esordisce così Riccardo Zanini, giovane imprenditore originario di Bosco Chiesanuova che con Alta Lessinia si appresta ad organizzare la seconda edizione dei Lessinia Outdays. Erbezzo sarà per un fine settimana il centro sportivo dell’altopiano veronese, con una programmazione fitta di eventi e di modi diversi di fare attività all’aria aperta. Le manifestazioni di punta saranno la seconda Marcia dell’Alta Lessinia, con un cambio dei percorsi rispetto alla passata edizione, ma soprattutto la folcloristica Tzimbar Race, un triathlon composto da 10 km di corsa in montagna, 14 km di mountain bike e cinque “prove cimbre” di forza ed abilità. «La Tzimbar Race – spiega Riccardo – non è una corsa per la quale ci interessano grandi numeri di iscritti. È qualcosa di sportivo con un richiamo culturale e unico, un evento da ricondurre direttamente alla Lessinia». Una formula tal-
mente accattivante da convincere una grande azienda di abbigliamento come Montura ad entrare negli sponsor degli Outdays. NON È FINITA QUI, PERCHÉ LA TRE GIORNI avrà nel suo programma ben otto escursioni, giornaliere o serali, la prima delle quali già nella giornata d’apertura; 17 aree sport nella piazza di Erbezzo; l’esordio di una gara Mtb Enduro, con partenza a 1400 m di altitudine e tre prove speciali su percorsi ancora segreti. E non solo sport: concerti il venerdì e sabato sera; due aziende del territorio come Infermentum e Lesster che terranno microeventi gastronomici. E infine, come new entry, la partnership con Vicentini Spa, che porterà in Lessinia i suoi mezzi e darà l’opportunità, prenotandosi al desk della concessionaria, di effettuare prove di guida assieme a piloti professionisti su strade sterrate chiuse al traffico. Conclude Zanini: «Quando abbiamo scelto Erbezzo l’abbiamo fatto per questione di spazi e di persone. Quale paese può garantire 1400 metri quadri di area chiusa al traffico? E, fatto non ultimo, per noi è importante dialogare con le realtà del territorio: siamo ben felici di poter collaborare con una Pro Loco formata da giovani pieni di entusiasmo e voglia di creare qualcosa che non c’era». ■
DI EMANUELE PEZZO
Articolo pubbliredazionale
La Lessinia va vissuta.
Tutto l’anno
Q
ualità e genuinità del prodotto, filiera molto corta e riscoperta delle tradizioni territoriali raccontate e spiegate bene al cliente. È questo il mix sul quale sta puntando da tempo il ristorante pizzeria Lenci Tre di Bosco Chiesanuova per destagionalizzare la presenza turistica in Lessinia, e all’interno del proprio locale, e ridistribuirla su un arco temporale più ampio rispetto ai due o tre mesi estivi. Una sfida non facile, che richiede energia e collaborazione tra più soggetti e attori protagonisti presenti nei comuni montani della Lessinia, accettata tuttavia con coraggio dalla famiglia Benedetti, unita e compatta nel portare avanti questo pensiero: «Lavorare nel ristorante di famiglia, per me e per i miei fratelli, è stata una scelta di vita scandita da molte rinunce, ma dettata dall’amore infinito che proviamo per questo territorio – spiega Pierpaolo, figlio maggiore di Fernando Benedetti e della moglie Giuliana. – Un amore autentico, lo affermo senza retorica, che cerchiamo di trasmettere sia nel prodotto che prepariamo e serviamo ogni giorno, sia nel tentativo di raccontare ai nostri clienti l’unicità dei luoghi che ci circondano e in cui siamo nati». Pierpaolo, laureato in Scienze e cultura della gastronomia
R I S T O R A N T E P I Z Z E R I A
e della ristorazione all’università di Padova, e impegnato in sala a stretto contatto con i clienti, ha un sogno: «Riuscire a trasmettere alle persone che ci vengono a trovare l’impegno e la volontà, non solo nostra, ma anche di altri ristoratori della zona, di voler offrire sempre un prodotto di qualità, ricercato, con ingredienti coltivati o lavorati in loco. Pensiamo alla filiera corta della pecora brogna o della gallina grisa, oppure dei formaggi e dei latticini prodotti nelle malghe. Il tutto con un unico obiettivo, quello di invitare le persone a cercarci tutto l’anno, non solo due mesi d’estate. Questa la vera sfida». Per quanto riguarda la pizza, Lenci Tre propone da tempo farine selezionate, anche integrali ricchi di fibre, che unite al lievito madre a lunga lievitazione e a ingredienti genuini, di stagione, crea un prodotto salutare ad alta digeribilità. «Stiamo tornando alle antiche farine integrali, a scapito delle farine industriali che hanno conosciuto la loro diffusione negli anni del boom economico. C’è uno studio e una ricerca alla base di cui andiamo fieri. – conclude Pierpaolo – Così anche per i piatti, legati alla tradizione e alla riscoperta delle nostre origini». Lenci Tre condivide questo impegno con altri sette ristoranti del territorio riuniti sotto il marchio di “Lessinia Gourmet”. L’anno scorso si sono presentati assieme alla Fiera del Riso di Isola della Scala, appuntamento chi si ripeterà anche nel 2018, e hanno dato vita a una rassegna gastronomica itinerante nei locali aderenti all’iniziativa. Quest’anno si partirà proprio da Lenci Tre, il 28 settembre. Pizzeria Ristorante Lenci 3 Via Piccoli Marcello 61 Bosco Chiesanuova (VR) 045 7050057 - info@lencitre.it
Da sinistra: Stefano, Alessandro, Fernando, Pierpaolo, Giuliana, Giovanni e Damiano
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INTERROGATIVI NON SOLO ORTOGRAFICI
ODE ALLA CILIEGIA CHE FU A partire da quel plurale che è per molti un vero castigo; penzola succoso e ammiccante dai tanti alberi che puntellano la collina veronese, avvinghiato ad un gambo sottile, immerso nel rigoglio di una chioma verde liscia e lucente: si scriverà “vendita ciliegie” o “vendita ciliege”? Fosse lì tutto il dilemma. La questione non sta tanto nell'ortografia della parola “ciliegia”, ma nella riuscita della “vendita”.
I
N GIAPPONE SI CHIAMA “hanami sukura” e identifica i festeggiamenti che si svolgono durante la primavera in corrispondenza della fioritura delle piante di ciliegio. Dal VII secolo a.C. i giapponesi migrano a flotte verso località dove si può contemplare la meraviglia di questo momento in cui la natura esplode in un misto di spensieratezza e fiducia, semplicità e magnificenza, espliciti ammiccamenti e fragili promesse. Qui ci si siede sotto i ciliegi in fiore a fare un pic-nic (anche notturno se sono state installate delle luci ad hoc per poter ammirare lo spettacolo), e si assaporano cibi al gusto di fiori di ciliegio confezionati per l'occasione. Se per i nipponici le corolle biancorosate sono simbolo di rinascita e di fragilità, per noi italiani, e veronesi nello specifico, sono maggiormente i loro frutti, rossi e turgidi, a vivere un momento delicato, se non, a volte, di-
sastroso. Dagli anni ’60, tempo in cui l’Italia la faceva da padrona nella produzione e nel commercio della ciliegia, le cose sono cambiate di molto e oggi i produttori del frutto rosso si trovano in condizioni critiche. Secondo i dati FAO, fino al 2013 l’Italia si trovava al quarto posto nel mondo nella coltivazione delle ciliegie, anche se era l’unica ad avere subito un calo netto della produzione e della commercializzazione in questo settore. La situazione, poi, non sembra essere affatto migliorata. Anzi. Sempre secondo le stime della FAO, negli ultimi tre anni le prime posizioni sono state occupate da Russia, Turchia e Polonia. E dell'Italia non c'è traccia. Per quanto riguarda Verona, prima città del Veneto nella coltivazione di ciliegie (il Veneto è il terzo produttore italiano dopo Puglia e Campania), negli ultimi anni la nostra città ha dovuto affrontare perdite pesanti sia nella produzione
DI MICHELA CANTERI
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che nei guadagni. Questo per svariati motivi. Dal 2016 il “prunus avium”, che produce ciliegie dolci (le specie prodotte maggiormente nel veronese sono la “mora di Cazzano”, il durone nostrano, le ciliegie Giorgia e Ferrovia), è stato devastato dalla presenza della “drosophila suzuki”, un parassita di appena due millimetri che ha provocato perdite per milioni di euro. Secondo Confcommercio, inoltre, gli agricoltori, sono anche vittime dei margini sempre più ampi realizzati dai commercianti all'ingrosso. Se a questo si aggiunge la concorrenza straniera, Turchia in primis, che produce buone ciliegie ad un prezzo inferiore del nostro, e si tengono in considerazione i cambiamenti climatici che tra maturazione precoce e temporali di stampo tropicale finiscono per danneggiare i raccolti, viene d'obbligo chiedersi quale sarà il futuro del frutto e dei fiori di ciliegio tanto amati dai giapponesi.
non bella e lucida, oppure leggermente ammaccata o rovinata, sintomo anche del fatto che l'offerta è maggiore della richiesta. In attesa di risposte, rispolveriamo almeno il suo plurale: si scrive “ciliegie”, con la “i”, dritta come un'autostrada che porta chissà dove, e sopra un puntino, come un cappellino pieno di punti interrogativi. ■
A DIR LA VERITÀ, qualche agricoltore ha già riconvertito la coltivazione scegliendo tra gli altri nocciole, bambù o lumache (la cui bava viene utilizzata per i cosmetici e pagata molto bene); altri sono passati al biologico, oppure hanno cercato di differenziare la produzione producendo marmellate e succhi di ciliegia. Altri stanno ancora aspettando di capire dove li condurrà il futuro. Nel frattempo il mercato continua a cambiare vorticosamente, ad una velocità molto superiore di quanto riesca a fare l'agricoltura. E mentre negli USA si cerca di riassorbire la produzione interna (del Michigan su tutti) aggiungendo l'aroma di ciliegia anche alle bibite più comuni (Coca-cola, Sprite, 7Up), il mercato europeo si suddivide tra chi preferisce le ciliegie dal colore rosso scuro (il nord), rosso Ferrari (Regno Unito) o rosso standard (i tedeschi). Soddisfatti i vezzi sempre più elaborati dei vari clienti, ci si trova a dover gestire tonnellate di frutta sana e buona ma praticamente invendibile perché non perfetta, magari SPAZIO PUBBLICITARIO
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LA CICLOVIA DEI SOGNI CHE ABBIAMO PROVATO
A STRAPIOMBO
SULLA BELLEZZA
A Limone sul Garda sono stati completati i primi due chilometri della Garda By Bike, la pista ciclopedonale che abbraccia con lo sguardo le acque del lago. «La tratta più suggestiva dell’intero tracciato», si lascia scappare il direttore dei lavori, anche perché sulla sponda veronese, come da normativa, la pista dovrà passare sotto ad una galleria per questioni di sicurezza. Il 14 luglio c’è stata l’inaugurazione.
L DI MARCO MENINI
A CONOSCIAMO CON IL NOME di ciclabile dei sogni, perché promette un’esperienza senza precedenti. Sarà la più bella d’Europa, secondo qualcuno, perché si aggrappa alle pareti rocciose del lago e gode, in ogni punto, di una vista «a grandangolo estremo». Un grandangolo 14mm con macchina full frame, che però non è abbastanza: in certi punti la panoramica supera i 180 gradi. Siamo a strapiombo sulle acque del lago, appoggiati al corrimano. Una ventina di metri di altezza, che se guardi giù e hai le vertigini, sì, forse,
puoi sentirti male. Ma la sicurezza c’è tutta. Dalla rete metallica laterale, alle barriere paramassi che ci passano sopra la testa. Tengono 3.500 Kj (kilojoule), ci spiega Claudio Capelli, titolare della Georock S.r.l, la ditta che da circa due anni è appesa su quel tratto di pista che va da Limone sul Garda e sfiora Riva. «Tutti gli operai del cantiere vengono da esperienze alpinistiche» e quando arriviamo sul posto li vediamo ancora attaccati a funi di sicurezza e moschettoni. Ma facciamo qualche passo indietro o, meglio, in alto. Qui, sulla parete rocciosa che sbalza sul lago sono cominciati i lavori in primis con il disgaggio, che per i non addetti ai lavori è la messa in sicurezza del tracciato. Bisognava progettare le barriere paramassi per quei tratti dove la statale era già protetta dalla galleria. A quel punto, prima si sono messi i tiranti che si infilano dentro la roccia per 8-10 metri: uno orizzontale e uno che aiuta l’altro a sostenere il peso della pista. Tra barriere, ancoraggi e posa, la pista è costata sui 3 500 euro al metro lineare, ci spiega il direttore dei lavori Silvano Flessati. Una spesa che è stata sostenuta con i Fondi di confine (conosciuti anche come ex fondi Odi): sia Veneto che Lombardia possono attingervi per la costruzione della ciclopedonale. Sempre restando sulla zona nord, coperta dal finanziamento dei Fondi di confine, Veneto Strade ha firmato una convenzione nella quale si impegna a concludere i lavori entro marzo 2020, per quanto riguarda il Lotto Nord, che va dal paese
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GUARDA IL VIDEO di Castelletto (a Brenzone) a Navene. Per tutti gli altri comuni, quindi da Brenzone (escluso) in giù, è un’altra storia. L’opera fa parte del decreto Delrio ed è stata inserita nel piano di sviluppo del sistema nazionale delle ciclovie turistiche, ma non gode dei suddetti fondi. La strategia interregionale comunque potrebbe permettere a queste aree di diventare un luogo privilegiato per il turismo lento e sostenibile. La “bella di notte”, per le luci che la tengono illuminata, offre una viabilità alternativa che può ridurre l’emissione di CO2 nell’atmosfera, e quindi migliorare la vivibilità sul lago. Intanto i primi passi sono stati fatti, e Limone ha inaugurato la prima tratta, forse la più suggestiva, lo scorso 14 luglio. Due chilometri ad oltre venti metri di altezza dal livello del lago, che, si spera, possano stimolare tutti gli altri comuni a seguire la scia. Un percorso che però è già stato modificato a Malcesine, dove il piano regionale PAI (Piano di Assetto Idrogeologico), spiega Claudio Bertuzzi, vice sindaco di Malcesine, «ha rallentato l’iter per la costruzione della ciclopedonale a sbalzo sulle acque del lago per questioni di sicurezza ambientale». Non ci resta che guardare a marzo 2020, con la speranza, forse, che l’arco nord della ciclabile completi il primo sorriso del lago di Garda. ■
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STORIA DI UN FRANCHISING SOCIALE
DOVE IL GELATO
“È BUONO” (PER DAVVERO)
Si trova a pochi passi da Ponte Pietra la gelateria che dispensa dolcezza e solidarietà per aiutare nella conquista dell’autonomia quei ragazzi che, appena diventano maggiorenni, devono uscire dalle comunità d’accoglienza o dalle case famiglia. Dall’intuizione di Federico Zullo, originario di Bosco Chiesanuova, è nato il primo franchising sociale in Italia. DI MARTA BICEGO
F
RAGOLA, CIOCCOLATO E... solidaretà. C’è una gelateria a pochi passi da Ponte Pietra, al civico 10 di via Fontanelle Santo Stefano, dove il gelato è buono per davvero. Vuoi per le materie prime che utilizza, selezionate con cura e amore per l’arte gelatiera. Vuoi per il progetto che è alla base dell’apertura del punto vendita “È buono – Un gelato tanti sorrisi”: aiutare quei ragazzi che hanno inciampato più di altri nel percorso del diventare adulti, accompagnandoli verso la conquista dell’autonomia e l’emancipazione. Coni, coppette e vaschette colorate di morbido gelato sono preparati, insomma, per una buona causa. A spiegarlo è lo stesso ideatore, il trentottenne Federico Zullo, che in questa dolce iniziativa imprenditoriale ha mescolato anche parecchio della sua vicenda personale. Originario di Bosco Chiesanuova, dove ritorna spesso sebbene adesso sia residente a Ravenna, nel 2010 ha fondato a Bologna l’associazione no profit Agevolando che oggi conta sedi in varie città italiane, Verona compresa. L’obiettivo è dare opportunità lavorative a ragazzi con situazioni familiari complicate alle spalle che, raggiunta
la maggiore età, sono obbligati a lasciare la comunità d’accoglienza o la casa famiglia, ma non sono ancora pronti per affrontare la vita né possono contare sul supporto della rete familiare. «È la situazione in cui mi sono trovato io», confessa Federico, che aggiunge però di aver individuato nello studio e nel diventare educatore gli ingredienti del proprio riscatto. In realtà, per molti giovani il momento in cui diventano “grandi per legge” è una fase piuttosto delicata: «È come se venissero discriminati due volte: sul piano degli affetti e su quello delle opportunità di accedere al mondo del lavoro. Molte volte non hanno la possibilità di portare a termine il percorso scolastico e formativo, col rischio di essere emarginati». Per colmare questo vuoto, grazie alla sinergia tra l’associazione Agevolando e la Consulta diocesana di Genova, sono nate la cooperativa sociale “È buono” e una catena di quattro gelaterie: una nel capoluogo ligure, quindi a Bologna e Nervi; dal 1o giugno in riva all’Adige dove l’iniziativa è stata sostenuta dalla Fondazione San Zeno (che ha stanziato 100mila euro) e da un donatore che preferisce rimanere anonimo.
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«SI TRATTA DEL PRIMO FRANCHISING sociale in Italia in cui insegniamo l’arte del produrre gelato in maniera artigianale, con materie prime del commercio equo-solidale, provenienti dall’agricoltura sociale o da terreni confiscati alla mafia. Nei prossimi mesi andremo in Albania per formare un gruppo di donne vittime di violenza che programmano l’apertura di una gelateria», prosegue Federico, che come direttore dei punti vendita si sposta tra Veneto, Liguria ed Emilia Romagna. Tra banco frigo e vicino laboratorio operano cinque persone, tutte under 32. Due sono soggetti con fragilità che hanno l’opportunità di imparare un mestiere e in futuro potranno scegliere se rimanere nella cooperativa, aprire un punto vendita o gestire un carretto per la vendita di gelato. Già si muovono agilmente tra macchinari e bottega, dispensando cucchiaini di dolcezza e sorrisi. Molto apprezzati dalla clientela sono i gusti alla frutta; quello di colore azzurro che piace tanto ai bimbi è fatto con l’alga spirulina: in pratica è la versione naturale del Puffo, perché senza coloranti. Nella coppetta si può scegliere di mettere pure un omaggio a Verona nelle varietà Ponte Pietra e Bacio di Giulietta. Chi, infine, con la “veronesità” vuole solleticarsi il palato… può assaggiare una pallina al sapore di torta sbrisolona e recioto di Soave. ■
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LA FOTOGRAFIA IN REPARTO
L’ARTE CHE
TRASFORMA IL DOLORE
Un progetto fotografico, 3 ragazzi e il loro percorso tra malattia e guarigione, tra il dolore e la forza che da esso scaturisce: “A picture is more than a photograph” racconta tutto questo e molto di più.
A
DDENTRARSI NEL MONDO di chi vive la malattia è difficile, per chi ne è al di fuori. Se poi quella malattia piomba come un fulmine a ciel sereno su chi dovrebbe poter pensare solo alla festa di compleanno, al compito in classe, alla partita a calcio con gli amici, la difficoltà diventa gelo, la malattia diventa un muro oltre il quale non si vuole andare. Troppo il dolore, troppa la paura. Eppure chi si ammala ha molto da dire, e ha bisogno di farlo, anche se è difficile dirlo, anche se è difficile ascoltarlo. E là dove le parole non arrivano, perché troppo dure, troppo concrete, arriva l’arte. Quell’arte che trasforma il dolore in bellezza, che travalica i muri e raggiunge le anime e i cuori. Domenico, Marco e Matteo hanno scelto la fotografia per parlare del loro incontro con la malattia, della perdita della loro quotidianità di ragazzini, dell’ingresso in un mondo fatto di medici e ospedali, del loro percorso verso la guarigione. E hanno potuto farlo grazie a un’idea di Here Now, giovane associazione che ha deciso di dedicare a questi ragazzi il suo primo progetto. «Here Now - spiega Pamela Grigiante - è nata tra un grup-
po di amici per supportare il progetto di mio marito Mauro Fiorese (artista veronese di fama internazionale, ndr) di produrre un film sul suo percorso di vita come fotografo e attraverso la malattia. Nel dicembre 2016 Mauro è mancato e il progetto del film ha continuato a progredire da solo, senza bisogno del sostegno dell’associazione. Così ci siamo chiesti come proseguire e nella mia testa è nata questa idea. Mauro collezionava moltissimi oggetti bizzarri provenienti da tutto il mondo, e dopo la sua morte, gli amici avevano iniziato a chiedermi di poterne avere alcuni in suo ricordo. Ho pensato così di organizzare un mercatino che fosse anche un’occasione per ricordarlo. Ho raccolto 4.000 euro che ho investito nel finanziamento di questo progetto. Ho pensato ai giovani perché a Mauro piaceva molto spronarli a sperimentarsi con la fotografia. Volevo proseguire in quello che lui amava fare». Grazie alla collaborazione con ABEO Verona - l’Associazione Bambino Emopatico Oncologico, nata dall’esperienza di un gruppo di genitori di bambini ammalati di tumore - in particolare con Manuel Pauciullo, psicologo e psicoterapeuta dell’associazione,
DI FRANCESCA MAULI
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e con Simone Cestaro, direttore del reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale Donna Bambino di Verona, Here Now ha permesso ai tre ragazzi di prendere parte a un laboratorio condotto dai fotografi professionisti Mattia Zaldini, Valentina Zamboni e Filippo Nardo, in cui hanno sperimentato la fotografia come modo per fissare, in immagini, vissuti e pensieri altrimenti difficilmente esprimibili. Il risultato di questo percorso – insieme sofferto e divertente, come testimoniano le foto di backstage pubblicate nel libro che accompagna la mostra – è stato esposto dal 7 al 9 giugno scorsi in Gran Guardia, in occasione di un convegno internazionale dedicato al settore dell’oncoematologia pediatrica, e sarà nel prossimo futuro visibile presso l’ospedale di Borgo Trento. Scatti che narrano una quotidianità fatta di pillole e di abbracci, di ingressi in ospedale e di letti “estranei”, così diversi rispetto a quelli della propria cameretta, della magia dell’aria aperta respirata nei piccoli momenti di fuga concessi dalla cura, della forza di famiglie che si uniscono ancor di più e lottano insieme. E poi c’è la paura, insieme all’eroico sforzo di mantenere un equilibrio in tutto questo, e di sorridere ancora, nonostante tutto, aspettando di tornare in quel mondo “sospeso” che, dietro alla porta a vetri dell’ospedale, aspetta con gioia il loro ritorno. ■
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DUE CHIACCHIERE CON LUISA CARBOGNIN
L’ONCOLOGA
CHE HA STRABILIATO GLI USA
Si chiama CDK4 e si è scoperto essere un gene la cui alterazione influisce sull’evoluzione in senso negativo del tumore lobulare alla mammella, un tipo raro di neoplasia che colpisce il 10-15% delle donne che si ammalano di cancro al seno. Luisa Carbognin, oncologa e ricercatrice veronese, ha portato avanti lo studio che ha individuato questa correlazione e, per questo, ha ricevuto il Conquer Cancer Foundation Merit Award, prestigioso riconoscimento dato dall’American Society of Clinical Oncology (ASCO) alle ricerche più promettenti. DI FEDERICA LAVARINI
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ientrata in Italia, Luisa Carbognin ci racconta, a mente fredda dopo aver “macinato” interviste per tutto il mese (il premio risale a fine maggio), che cosa rappresenta per la sua vita e il suo lavoro questo riconoscimento, importante e inaspettato. Qual è stato il percorso formativo che l’ha portata fino a qui? Mi sono laureata nel 2010 in Medicina all’Università di Verona, nel 2016 mi sono specializzata in Oncologia Medica (Direttore Prof. Giampaolo Tortora) e contestualmente ho iniziato il dottorato in Infiammazione, immunità e cancro, coordinato dalla Prof.ssa Gabriela Constantin. In realtà, da piccola volevo fare la
maestra, ma durante gli ultimi anni delle scuole superiori ho iniziato a pensare che la professione del medico mi interessava. All’inizio volevo fare la pediatra, ma dopo aver fatto il corso in oncologia ho scelto Oncologia medica come specializzazione. Mi sono subito appassionata a questa disciplina e la pediatria è passata in secondo piano. Perché ha scelto di dedicarsi tumore alla mammella? Perché mi piace poter creare un’alleanza terapeutica: le pazienti devono essere prese in carico a 360 gradi perché si entra in un percorso di terapia che coinvolge molti specialisti e, al contempo, anche le famiglie di queste donne.
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andare avanti senza farsi delle domande. Quello che cerco di fare con il mio lavoro è innanzitutto offrire il meglio dal punto di vista scientifico e poi da un punto di vista umano. Cosa le piace di più di questo lavoro? L’aspetto relazione medico-paziente e poi quello della ricerca. Voler provare a migliorare le conoscenze che oggi ci sono è qualcosa che ti proietta verso la ricerca continua di un obiettivo. La mia attività di ricerca è di tipo clinico e ha sempre come punto di partenza e di arrivo il paziente. Qual è l’obiettivo che vuole raggiungere nel corso dei prossimi dieci anni? Cercare di personalizzare il più possibile la terapia. Oggi la maggior parte delle pazienti sono trattate con protocolli standard, ma non sappiamo poi in realtà quante ne beneficino e quale sia il trattamento più indicato per il singolo caso. Già oggi, ci sono dei farmaci che agiscono sull’alterazione molecolare da noi individuata. Il passo successivo è capire se questo può essere d’aiuto nello scegliere la terapia, capire se queste pazienti possano avere un beneficio da questi farmaci e cercare di personalizzare, dove possibile, la terapia.
Luisa Carbognin
A livello emotivo come vive questa scelta? È una sfida continua: ogni paziente ha una sua storia e a volte non è sempre facile non lasciarsi coinvolgere dagli aspetti più personali, dalle difficoltà familiari che spesso sorgono dopo la diagnosi di questa malattia, perché la malattia coinvolge l’intera famiglia e il suo vissuto. Non ha mai avuto dei momenti di sconforto? Può capitare, altrimenti non sarebbe umano
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Resterà in Italia o vuole trasferirsi all’estero? Non credo che andrò all’estero. Il recente passaggio al Policlinico “Gemelli” di Roma, dove sono alla Ginecologia Oncologica diretta dal Prof. Giovanni Scambia, è sicuramente un’occasione di crescita, ma poi potrebbe capitare sempre l’opportunità irrinunciabile. In ogni caso, non ho ancora ricevuto proposte e sinceramente mi dispiacerebbe dover lasciare l’Italia. ■
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RITRATTO DI ROMANO GUARDINI
IL MAESTRO NASCOSTO
È stato un importante teologo e filosofo veronese, amico di Paolo VI e maestro di Benedetto XVI, apprezzato anche dall’attuale papa che aveva iniziato il dottorato proprio su di lui. Romano Guardini sarà celebrato quest’anno, a cinquant’anni dalla sua morte, con una mostra itinerante organizzata dall’associazione Rivela che ci svela particolari inediti sulla sua vita e sul suo pensiero.
«R
OMANO GUARDINI È STATO UN FILOSOFO, un teologo e un pensatore veramente eclettico. Si è interessato a tantissimi argomenti esponendo il proprio pensiero su diverse problematiche importanti tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso». Lo descrive così Giovanni Bresadola, docente di storia contemporanea all’Istituto Universitario Salesiano di Venezia e curatore della mostra dell’associazione Rivela Un Maestro nascosto nel tempo. Quest’anno ricorrono i 50 anni dalla sua morte e, per l’occasione, Verona lo celebrerà con una mostra itinerante che sarà presentata al meeting di Rimini il 19 agosto. Farà tappa poi a Isola Vicentina nella villa di famiglia per concludersi a Monaco di Baviera dove Guardini visse gran parte della sua vita, fino alla morte. Nella città scaligera arriverà probabilmente a fine ottobre dove troverà una possibile collocazione nell’ex chiesa di San Pietro in Archivolto. Ma perché è così importante Guardini? Sono molti coloro che lo hanno preso come punto di riferimento: i pontefici
Paolo VI, Benedetto XVI, Francesco, ma anche molti intellettuali e perfino i ragazzi della Rosa Bianca, un gruppo di studenti cristiani che si oppose al nazismo. «Tra le cose che ne fanno un pensatore di grande rilievo e attualità – continua Bresadola – c’è innanzitutto il fatto che è un uomo capace di dare ragione concreta della sua fede, quindi fa venir meno il dualismo tra fede cristiana e vita. In lui sono radicati sia l’uno che l’altra. Poi, ha una visione unitaria, totale della realtà pur non essendo un pensatore sistematico». Nato da una famiglia agiata di commercianti italiani, visse in Germania dove studiò ed entrò in seminario nel 1908. La sua attività accademica iniziò nel 1920 ma si interruppe quando entrò in un movimento giovanile cattolico che anticipò di quasi mezzo secolo alcuni degli sviluppi del concilio Vaticano II. Nel 1923 prese la cattedra di teologia cattolica riscuotendo enorme successo anche fuori dall’ambiente universitario di Berlino. Nel 1939 dovette però abbandonarla su ordine del regime. La riprese dopo la guerra, ma a Tubinga, poi a Monaco dove insegnò fino al 1963. Paolo
DI ERIKA PRANDI
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VI gli propose anche la nomina a cardinale, che rifiutò. Morì nel 1968. «IL CENTRO DEL SUO PENSIERO – riferisce Bresadola – è sempre stata la persona umana, che definisce il “vivente concreto”. Il suo caposaldo è la teoria dell’opposizione polare, cioè l’idea che l’uomo sia formato da opposti che non sono tra di loro mediabili ma che devono trovare nell’ambito della vita l’equilibrio. Questi opposti vedono l’uomo vivere in continua attenzione, da cui ne deriva uno degli stati d’animo più importanti di Guardini: la malinconia, una dimensione esistenziale tipica dell’uomo perché è un essere finito che ha sete di infinito che è costretto a ripiegare sulla propria interiorità. Altro elemento cardine della vita di Guardini – continua – è il percepire il cristianesimo non come una teoria teologica o come una serie di norme morali, ma come un incontro, come l’esperienza di un grande amore. Per il cristianesimo Cristo è un incontro che dura tutta la vita». Il teologo e filosofo veronese è stato anche un amante della musica, della pittura, delle opere di Dante e di Dostoevskij, oltre che un fotografo e un disegnatore straordinario. Per lui «l’arte permette di guardare la realtà con gli occhi del cuore». «È proprio questo l’obiettivo di Guardini – conclude Bresadola - insegnare all’uomo a guardare con occhi nuovi per scoprire all’interno della realtà il mistero del cristianesimo». ■
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Articolo pubbliredazionale
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drenalina, spirito d’avventura e tanto divertimento. Per grandi e piccini. È questo il mix esplosivo di Vejadventure park, il parco di arrampicata sugli alberi, inaugurato lo scorso 30 giugno, che sorge a pochi metri dal ponte di Veja, nel Comune di Sant’Anna d’Alfaedo. Un parco avventura nato dall’idea di un gruppo di amici, una sera d’estate, sia per valorizzare maggiormente un luogo già di per sé molto importante, con la presenza del ponte naturale più grande d’Europa, sia per dare nuove opportunità lavorativa ai giovani del territorio. «È proprio così, – spiega Yuri Antolini, uno dei promotori di Vejadventure park – abbiamo unito le forze per lanciare un’attrazione che potesse dare lustro alla zona in cui ci troviamo, facendola conoscere maggiormente, dando la possibilità a molte persone di frequentarla e di passare qualche ora all’aria aperta immersi nel verde dei prati e dei boschi della Lessinia. Ma anche per far lavorare qualche giovane del territorio affinché i nostri ragazzi possano rimanere e lavorare qui sul territorio in cui sono nati». Vejadventure park propone al proprio pubblico cinque percorsi: si inizia con il briefing, ovvero una spiegazione iniziale, obbligatoria sia per i bambini che per gli adulti, necessaria per conoscere le attrezzature di sicurezza e per provare il primo semplice percorso prima di passare ai successivi. Il secondo step è il green, per i più piccolini sopra i 125 centimetri di altezza. Segue il blue, di difficoltà intermedia: qui le altezze aumentano, le distanze tra gli alberi si fanno più lunghe, gli ostacoli più impegnativi da superare. Si passa poi al red, per chi non ha paura di niente e per chi si sente agile e forte nel fisico. Infine il percorso ZIP, in cui provare le emozioni di un volo planare sospesi nel vuoto di oltre sessanta metri, tra i più lunghi d’Italia. «Un’aspetto a cui teniamo molto è la sicurezza. conclude Yuri Antolini – Tutti gli operatori hanno ottenuto le abilitazione richieste per operare in un parco avventura e ogni attrezzatura e ogni impianto vengono controllati quotidianamente dal nostro staff. Inoltre, e questo è un punto di cui andiamo fieri, nostro parco è dotato di una linea di vita continua, chiamata anche sosta continua su cavo, che grazie a un sistema di assicurazione ininterrotto, assicura i visitatori dall’inizio alla fine senza alcuna possibilità di sblocco e quindi di pericolo». www.vejadventure.it
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IL TOCATÌ CHE CI ASPETTA
TRA
RIFLESSIONI LUDICHE E BREZZE PROVENZALI
La France du Midi – La Francia del Sud sarà la protagonista del Festival Internazionale dei Giochi in Strada e verrà rappresentata da gruppi di gioco provenienti da Occitania, Provenza Alpi, Costa Azzura e Nuova Occitania con i Paesi Baschi. DI MATILDE MONTRESOR
L
’OSPITE D’ONORE SARÀ LEI: La France du Midi – La Francia del Sud. Sarà connotata da fascini provenzali l’edizione 2018 della kermesse promossa dall’ Associazione Giochi Antichi in collaborazione con il Comune di Verona, con il sostegno della Regione del Veneto e della Provincia di Verona; con il patrocinio UNESCO, AEJEST, MIBACT e ICDE – Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia. Nelle giornate dal 13 al 16 settembre Verona sarà completamente immersa e sommersa di tradizioni culturali, gesti ludici, danze, musica e rituali da tutta l’Italia, ma le vere protagoniste di questa edizione saranno, appunto, le comunità di gioco tradizionale francesi, rappresentate da gruppi di gioco provenienti da Occitania, Provenza Alpi e Costa Azzurra, Nuova Occitania con i Paesi Baschi. Saranno circa trenta i giochi e gli sport tradizionali provenienti dal Sud della Francia e da varie regioni d’Italia praticati nelle strade del centro storico, presentati da gruppi di giocatori pronti a raccontare abitudini e storia del loro territorio e a condividere il piacere di giocare. Tra i giochi presenti nelle due modalità (italiana e francese), il Tamburello e la Pétanque e varie modalità di gioco di birilli. RICCHISSIMA DI SPUNTI E SUGGESTIONI la sezione Riflessioni. Anche quest’anno faranno visita al Festival numerosi personaggi di spicco che contribuiranno ad approfondire i temi della cultura ludica con una ricca rosa di convegni ed incontri con il pubblico. Tra questi non possono non essere menzionati Anaïs Vaugelade, scrittrice e illustratrice francese che dialogherà con Mauro Covacich , Andrea Lupi, presidente della “Fondazione Montessori Italia” e Peppe
dell’Acqua, psichiatra collaboratore di Franco Basaglia. Fiore all’occhiello sono anche i momenti di formazione e approfondimento dedicati a temi sociali come Giocare insieme con la musica, appuntamento dedicato a un progetto rivoluzionario di educazione musicale, creato nel 1975 in Venezuela dal Maestro José Antonio Abreu, e L’azzardo non è un gioco, focus sulla prevenzione alla dipendenza dall’azzardo. La XVI edizione si prospetta un evento florido e ricco di nuovi contenuti e approfondimenti. La città di Verona si appresta ad accogliere novità, giochi ma soprattutto molti visitatori pronti a condividere un’esperienza unica, valorizzata anche dal percorso intrapreso da qualche tempo per la candidatura dello stesso Tocatì al Registro delle Buone Pratiche per la salvaguardia del patrimonio immateriale dell’UNESCO. ■
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LA SAGGEZZA DELLE MANI, DIETRO LA BELLEZZA DELL’OPERA
LEI,
LA COSTUMISTA DELL’ARENA Comincia già molto prima del gong che annuncia l’inizio dello spettacolo la magia che rende il Festival Lirico dell’Arena di Verona quello che è: uno sguardo al dietro le quinte del reparto della sartoria, coordinato da Silvia Bonetti, ci svela il lavoro delle mani instancabili che creano i costumi più ammirati.
©Foto Ennevi Fondazione Arena di Verona
È
SALITA SUL PALCO DI UN’ARENA imbastita nei minimi dettagli, lo scorso 22 giugno, la mezzo-soprano russa Anna Goryachova: la sua passionale - e appassionata – Carmen, grazie anche alla rilettura inedita dell’opera di Bizet fatta dal regista argentino Hugo de Ana, ha smosso il cuore un po’ di tutta la platea, se già non ci avevano pensato le trentadue rose rosse che “sedute” simbolicamente al posto n° 32, ricordavano il numero di donne uccise per mano di un uomo dall’inizio del 2018. È così che si è aperta l’edizione del Festival Lirico di quest’anno, con la storia del «più famoso femminicidio della storia», come l’ha descritto Cecilia Gasdia, un tempo cantante lirica e oggi prima donna Sovrintendente della Fondazione Arena. E indimenticabili resteranno anche i costumi dell’opera in questione: sono ben 900 gli abiti vintage che hanno vestito protagonisti, coristi e comparse, colorando
di tinte calde il palco dell’Arena. E una buona parte del merito di questa ondata baroccheggiante va anche ai laboratori areniani, che hanno prodotto manualmente la maggior parte di questi costumi: accanto ai circa 150 cappelli originali importati direttamente dalla Spagna e le nacchere per le mime, l’universo di tessuti, pizzi e lustrini hanno saputo dare una marcia in più alla già acclamata rappresentazione. PER FARCI RACCONTARE L’INCANTO dietro queste stoffe, abbiamo intervistato Silvia Bonetti, responsabile del Laboratorio di Sartoria e Calzoleria dell’Arena dal 1999 e, dal 2017, anche del reparto Trucco e Parrucco. «È un lavoro duro» – inizia Silvia, senza esitazioni – «ma anche molto appagante». Il suo compito non si esaurisce, infatti, nella realizzazione degli abiti, ma comporta anche l’organizzazione e la gestione di tutti i costumi delle varie rap-
DI CHIARA BONI
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presentazioni. Sono al momento oltre trenta le persone che animano il reparto della sartoria dell’Arena e che, oltre ai giorni, intensissimi, del Festival, mettono a disposizione le loro mani sagge tutto l’anno: il lavoro per le singole rappresentazioni comincia almeno due mesi prima della serata di apertura, non solo nel caso delle produzioni degli abiti “da zero”, ma anche in quello del ripristino e della messa a misura di quelli già esistenti. Hanno stimato in 5000 le spille, e in almeno un altro migliaio gli aghi, che ogni anno il quinto capannone dei laboratori areniani, quello dedicato, appunto, alla sartoria, consuma e appunta sui chilometri di stoffe necessarie per dare vita ai vari personaggi: un numero che non stupisce se si pensa che sono circa 3500 i costumi che, tra quelli prodotti dal laboratorio e quelli ripristinati da rappresentazioni precedenti, passano tra le mani della sartoria areniana. Solo per la Carmen, per fare un esempio, i dieci ruoli principali prevedono ventisei cambi che è compito delle sarte gestire – che devono poi vestire 160 coristi, 180 comparse, 50 ballerini e molti altri personaggi minori. Un lavoro minuzioso, che sposa precisione e un certo animo creativo, ma che lascia spazio per pochissimi errori. Perché in questo caso, si può proprio dire, è anche l’abito che fa l’opera. ■ ©Foto Ennevi Fondazione Arena di Verona
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PRELIMINARE DEL PRELIMINARE: ATTO UTILE O NO? Si può stipulare un preliminare del preliminare? Fino a poco tempo fa si riteneva “inutile” questo atto dal punto di vista giuridico, in quanto privo di una giustificazione causale: se ci pensiamo, già il preliminare è un impegno ad obbligarsi a fare qualcosa, quindi che senso avrebbe assumere l’impegno di impegnarsi ad obbligarsi a fare qualcosa? Dal punto di vista pratico, un preliminare del preliminare potrebbe venire incontro alle esigenze delle parti che sono impegnate, ad esempio, in una complessa trattativa immobiliare, nel quale convengono che nel preliminare che sarà successivamente stipulato tra loro, il contratto abbia un determinato contenuto. Sicuramente potrebbe essere utile che durante una trattativa articolata ci sia un accordo a monte per inserire determinate pattuizioni e clausole
nel preliminare in vista del contratto definitivo, stabilendo così dei punti fermi man mano che le trattative vanno avanti. Questa utilità è stata confermata da una recente sentenza della Corte di Cassazione del 21 maggio 2018, n.12527, la quale ha ritenuto senz’altro valida ed efficace l’obbligazione di stipulare un preliminare di un definitivo e come tale il contratto è sottoposto a tutte le norme sui contratti, tra le quali anche quelle sulla risoluzione in caso di inadempimento. La responsabilità che ne deriva è la responsabilità contrattuale cioè da contratto (preliminare del preliminare) cosa diversa della responsabilità extra contrattuale che si ha per violazione della buona fede nelle trattative, laddove ancora non esiste un rapporto contrattuale, ma un generico dovere di correttezza e buona fede.
Quanto sopra è la dimostrazione di come il diritto in continuazione si evolve, si adatta, e recepisce le esigenze del tessuto sociale il quale necessita sempre di strumenti giuridici nuovi e vecchi e in ogni caso adattabili alle mutate esigenze, per rispondere alle richieste e ai bisogni di una comunità. Il Notaio in questa veste di interprete del diritto è in prima linea chiamato ad utilizzare tali strumenti nell’interesse delle parti.
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TU CHIAMALA, SE VUOI, SAND ART
L’ATTIMO FUGGENTE DELLA SABBIA
Prendete i pennelli, una ricca tavolozza di colori, una tela bianca, un grembiule e preparatevi a rimettere tutto dove l’avete trovato. No, non stiamo parafrasando l’antico proverbio che recita “impara l’arte e mettila da parte”: semplicemente la “Sand Art” ha bisogno solo di due strumenti: le mani.
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IENTE TELA, SOLO una lastra di luce. Al posto del colore la sabbia fina che scivola tra le dita per depositarsi sul tavolo luminoso, dove l’arte non resta imprigionata ma, al contrario, prende vita tra il movimento veloce delle dita e la volubilità dei granelli di sabbia. La Sand Art è questo: quasi un rituale magico, che si svolge al buio tra la meraviglia e lo stupore del pubblico, ma anche dell’artista stesso. Le emozioni scorrono così, in un’esibizione ritmata da una colonna sonora che accompagna le creazioni del sand artist che, chino sulla sua tela dalle infinite vite, regala qualcosa di unico a chi lo osserva. E, da neofiti, a trasportarci in questo mondo affascinante è stata Sara Ferrari, sand artist per hobby, insegnante d’arte di professione. Classe ’86, nata nel mantovano, ma adottata da Verona, Sara si è dedicata fin dalla giovane età all’arte intraprendendo un percorso di studi mirati: dal liceo artistico all’Accademia delle Belle Arti fino ai corsi post-diploma. Una passione radicata nel profondo che l’ha portata a sperimentare diverse forme d’arte approdando infine “sulla sabbia”. Quando ha iniziato a praticare la “Sand Art”? Ho iniziato con la “Sand Art” quattro anni fa quando, con la mia compagnia teatrale (Compagnia dell’Arca, ndr), ho provato a creare una scenografia nuova: mi sono messa in gioco, abbiamo testato varie tecniche tra cui l’acquerello e, alla fine, anche la Sand Art.
È un’arte davvero particolare. In cosa consiste? La Sand Art è un’arte estemporanea, che si fa al momento. Sembra semplice ma deve essere preparata molto bene perché, solitamente, è creata sulla musica. Tutti i movimenti devono essere studiati, andare a ritmo e, allo stesso tempo, creare emozioni in chi guarda. Quali sono gli strumenti del mestiere? Beh, io uso solo le mani. A volte uso un pennello per creare qualche effetto, oppure l’unghia del mignolo per scrivere. La sabbia viene poi messa sul tavolo luminoso. Il mio l’ho fatto costruire da un falegname: ha un doppio fondo dove ai bordi sono posti dei neon a luce calda che vanno a illuminare un vetro satinato bianco dove lavoro. La sabbia poi (la mia arriva dalla Sicilia) deve essere molto fina altrimenti rimbalza. Lei ha avuto già anche un’esperienza in tv… Sì, nel novembre 2016 ho animato una canzone di un bambino allo Zecchino d’Oro in diretta su Rai 1. Inoltre ho anche realizzato l’animazione per una canzone che hanno usato nel loro tour in Giappone. E un talent show potrebbe essere nei suoi piani futuri? Io non ho mai partecipato a talent e non penso che parteciperò, per adesso, perché voglio migliorarmi sempre di più. Ora cerco di fare le mie esperienze con eventi
DI GIORGIA PRETI
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e spettacoli. Però spero di parteciparvi in futuro. Accanto alla Sand Art pratica anche altre forme d’arte? Sì, da quando ho 18 anni sono “madonnara”. Siamo artisti di strada che disegnano con il gessetto sull’asfalto. Al momento sono “madonnara qualificata”, che è il secondo step tra “madonnaro semplice” e “maestro madonnaro” e tengo anche corsi per adulti e bambini che vogliono avvicinarsi a quest’arte. Quindi oltre ad insegnare arte alle scuole medie lei tiene anche corsi specifici? Esatto, organizzo corsi di pittura ad olio, tempera, acquerello soprattutto nella Bassa Veronese. Insegno tutto tranne la Sand Art: quella rimane una cosa mia. Mi hanno chiesto di fare qualche lezione ma ho sempre rifiutato perché è troppo personale. Non esiste una scuola, è un’arte che si impara da soli e che deve venire naturale. La sabbia è diventato il suo strumento prediletto. Si può dire che quando va al mare… si trova a suo agio? Sì, in effetti quando vado al mare mi trovo nel mio elemento, anche se sul tavolo luminoso e con l’atmosfera giusta…è tutta un’altra cosa. ■
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LA VITA E LA VOCE DI UN “TROVATORE”
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L’ULTIMO TOROTOTELA
Chi non vorrebbe trascorrere due ore in sua compagnia? Due ore che poi sembrano pochi secondi, da quanto è coinvolgente. Otello Perazzoli racconta, accompagnato dal suo organetto diatonico, l’antenato della fisarmonica. Lo fa con una naturalezza che lo rende unico. Non solo perché come lui oggi ne sono rimasti pochi in Italia, e nel veronese proprio nessuno, ma perché ha un modo tutto suo di omaggiare la tradizione orale.
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TELLO PERAZZOLI HA iniziato trent’anni fa. Trasferitosi da Legnago a Illasi per lavoro, ha fondato un primo gruppo “Canzoniere del Progno”, che proponeva canti di tradizione popolare di Illasi e non solo. Poi l’incontro con Dino Coltro: una tappa fondamentale. «A lui tutti dobbiamo una riconoscenza enorme. Coltro, infatti, ci ha lasciato 10.000 pagine di proverbi, storie, canzoni, fotografie, testimonianze». Un tesoro unico. E fu proprio Coltro un giorno a dirgli: «Te sì l’ultimo torototela». Una frase che per Otello è stata una sorta di investitura. «Il torototela - ci spiega - è il simbolo del nostro passato. Non un mendicante ma un questante. Mentre il primo faceva l’elemosina, il questante chiedeva un compenso, un obolo che non gli poteva essere negato, perché nel questante c’era l’immagine di Cristo». Il torototela è quindi una figura che risale al Settecento. La si vede nelle immagini con uno strumento e la sua funzione era quella di portare in giro le cante e storie di una volta. Fino agli anni Sessanta del Novecento l’Italia ne aveva di straordinari. «L’ultimo a Verona da ricordare è stato Vittorio Bampa: andava in giro con la moglie e tre figli che suonavano con lui». Continua Otello: «Un tempo un buon cantastorie manteneva una famiglia. Oggi invece è rimasta la passione di pochi». Otello ha lasciato
il gruppo anni fa, per esibirsi da solo. «I gruppi in genere eseguono canzoni». Otello si è messo per conto suo perché gli interessano non solo i canti ma anche le ciacole. Gli piace, insomma, contestualizzare le canzoni. «È importante per me entrare in contatto con il pubblico e ascoltare le testimonianze, che ti arricchiscono ogni volta». Lavorare con il pubblico è una delle regole fondamentali da seguire. «ALTRA REGOLA È NON FARE BUSI». Otello fa 150 uscite all’anno. Realizza una scaletta ogni volta. Fatta per essere stravolta. «Oggi non c’è nessuno che segue la mia strada, una passione che richiede molto studio», ma al contempo c’è un enorme bisogno della tradizione orale. Tanto che da solo Otello non riesce a coprire tutta la domanda. «L’altra cultura, come la definiva Coltro per non catalogarla di serie A o B, è andata persa. Una volta anche gli insegnanti seguivano i corsi di formazione sulla tradizione orale, nell’ambito dell’educazione ambientale. Ma attualmente la scuola non fa più niente in questa direzione». Ma perché c’è questo bisogno? «Il canto una volta era la colonna sonora della vita. Era quello che tu facevi. C’erano i canti dei bambini, del lavoro, dei migranti, delle mondine. Si trasmetteva di generazione in generazione, nei campi,
DI GIOVANNA TONDINI
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Otello Perazzoli
nelle stalle, nelle corti, nelle sagre, nelle osterie. Erano tanti i momenti di convivialità». Era qui, in queste occasioni, che si trasmetteva la memoria collettiva. Perché «la tradizione non è culto della cenere, ma custodia del fuoco, per citare Gustav Mahler. Solo per portare l’esempio dei proverbi, questi erano una risposta a tutto. A ci nasse sfortunà ghe piove sul cul anca a star sentà era un modo per dire che è impossibile sfuggire al proprio destino. Eppure anche una consolazione, un modo per dire che, comunque, la sfortuna presenta sempre una via di uscita». E oggi? Secondo Otello «conoscere le storie è importante per riconoscere le radici. I testi vengono incontro a un tuo bisogno di nostalgia». E come scrive Erri De Luca «la nostalgia è una goccia, una persona, un profumo, che parte da lontano e viene a farti compagnia». ■
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INTERVISTA (INFORMALE) ALL’ARTISTA DI BOVOLONE
LA COSMOGONIA DI
BERTOCESCO
La sua è un’arte delle origini, del lavoro contadino. Al Vinitaly e alla Fiera Cavalli, le sue Biosfere di ferro e bronzo si sono fatte certamente notare. E le sculture di Pinocchio fregiavano le vie all’ultimo Festival del Libro di Soave. Impossibile non fermarsi ad ammirarle. Ma Francesco Bertolini è anche musicista - suona la cornamusa e il violino - e ballerino: gira il mondo con il gruppo di danze popolari.
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RANCESCO BERTOLINI, in arte Bertocesco, classe ’42, è un artista eclettico, istintivo ed energico. Persona umile, piena di amici, «di gente che mi vuole bene». La sua gioia più grande? La famiglia. Numerosa. Una moglie adorabile, quattro figli e dieci nipoti. Indimenticabile anche la partecipazione a Ciao Darwin, trasmissione tv di Paolo Bonolis. La sua ossessione è la ricerca dei materiali che lui sperimenta con le mani, con la voglia di creare, di dare vita a ciò che il suo sentire più profondo percepisce. La passione per l’arte in generale caratterizza la sua esistenza. L’amore per Bovolone lo hanno portato a realizzare tra tante cose, il Centro Sociale di Bovolone e il Museo del lavoro povero, dove trovano memoria
oggetti della civiltà contadina della pianura veronese. Quando ha iniziato la sua attività? A nove anni ho iniziato a lavorare il ferro con la fresa (mi fa vedere come funziona, ndr). Finita la scuola, ho provato ad andare a lavorare in fabbrica ma non ce l’ho fatta, sono tornato a lavorare il ferro. Poi con la scuola d’arte ho capito che la mia strada era un’altra. Come nasce un’opera? Sento il desiderio di trasformare la materia, è come comporre una musica. Ci deve essere armonia fra quello che sento e quello che creo. Le biosfere che ho fatto sono il simbolo della vita, della natura che spesso l’uomo distrugge.
DI SARA AVESANI
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sa no: “nemo propheta in patria”. A Innsbruck sono famoso. Facevo due mostre all’anno, in primavera e in autunno. In passato il marmo mi ha dato più soddisfazioni del ferro. Ultimamente però con le biosfere e i Pinocchi ho ricevuto diversi complimenti. (ride nuovamente, è davvero modesto, ndr).
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Dove trae ispirazione? Dalla terra e dai viaggi. Sa, ho sempre cercato di fare qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo. Ho visto in Indonesia cose fatte con le stroppe, con il bambu e le ho rivisitate con la mia passione, utilizzando ferro, bronzo e tutto quello che potevo.
Francesco Bertolini, in arte Bertocesco
I materiali sono il letmotiv della sua vita? Quali sceglie? Ho lavorato di tutto: marmo, legno, ferro, bronzo, plexiglass, allumino, perfino il cemento ma anche tantissimi materiali di recupero. Per esempio con il nylon fuso, quello che copre i campi agricoli, ho realizzato una cinquantina di sculture. Ho costruito le biosfere con materiali metallici che erano stati buttati via, scarti di qualche azienda. Con il legno ho omaggiato l’arte simbolica totemiana dei precolombiani e le mie “fameje” (le famiglie) ne sono la prova. Dove ha trovato le maggiori soddisfazioni? Ho spedito opere un po’ in tutto il mondo ma, si
Quali sono le sue passioni? La cornamusa, il violino, il canto e le danze popolari. Con il gruppo di danze popolari ho girato il mondo. Dall’America al Giappone, dall’Indonesia alla Russia. Quest’anno il Nepal. I canti e danze popolari venete approdano a Festival patrocinati dall’Unesco. Qual è il paese che l’ha affascinata di più? Il Nepal, quando hanno fatto la festa dei colori è stato bellissimo. Non possiedono niente ma tutti danzano in piazza felici: si colorano e ti abbracciano. La sua ultima creazione? È l’orchestra di bronzo, dove i Pinocchietti sono musicisti. La musica è arte e niente è più bello di questa armonica combinazione. ■
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UN EROE ALBANESE IN UN CORTOMETRAGGIO ITALIANO
KASTRIOTA,
L’ALESSANDRO MAGNO D’ALBANIA
Due amici veronesi alle prese con la storia di un eroe. Steven Renso, regista di cinema indipendente e il suo braccio destro, Pietro Lovato, hanno realizzato un cortometraggio dal titolo Kastriota (Klodjo Production), sul condottiero albanese Gjergj Kastrioti Skënderbeu, in Italia conosciuto come Giorgio Castriota detto Scanderbeg. Il trailer è uscito su Facebook a febbraio rimbalzando su centinaia di testate italiane e albanesi, incuriosendo le comunità balcaniche presenti nel nostro Paese.
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i sono eroi che hanno fatto la storia del loro popolo salvaguardando e custodendo quei valori che oggi stanno per perdersi in un limbo oscuro. È il caso di Skanderbeg, condottiero, patriota ed eroe albanese del XV secolo, paragonato dai Turchi ad Alessandro Magno. Riuscì ad unire i principati d'Albania, spronando il popolo a continuare a combattere per arrestare l'avanzata islamica verso l'Europa. Nel paese delle due Aquile, Castiota è ancora oggi sinonimo di libertà e coraggio. Ma lo è anche in Italia per l’audacia con la quale difese i valori cristiani, compiendo imprese e ottenendo anche riconoscimenti dal Vaticano. Nel 2018 cade il suo 550esimo anniversario e per questo motivo, Steven, classe ‘89 di Zevio, e Pietro, classe ‘91 di Verona, hanno deciso di dare vita alla pellicola Kastriota. Che cosa racconta il vostro Kastriota? È il 1443. Skanderbeg, dopo aver ricevuto l'incarico dal sultano Murad II di affrontare János Hunyadi, per riprendersi la Serbia, affronta un viaggio mistico per ritrovare se stesso e scegliere da che parte stare, mettendo a nudo il suo animo di guerriero. Il popolo albanese, venendo a conoscenza delle sue intrepide imprese per l'impero Ottomano, spera in un suo ritorno, dato che l'eroe fu preso in ostaggio da
bambino quando il regno di suo padre cadde nelle mani dei Turchi. Perché avete deciso di raccontare la storia di un eroe albanese? Vogliamo far conoscere questo eroe che ha deciso, a 25 anni, di tornare in Albania per proteggere il suo popolo, nonostante il grande potere acquisito diventando il generale più importante dell'Impero Ottomano. È un ritorno al valore delle origini e dei propri ideali, che non devono essere soffocati da nessuna tirannia politica o religiosa. In un momento di profondo caos in Europa e nel mondo è importante valorizzare figure come queste che sono rimaste integre fino alla fine, con lo spirito e il cuore fedeli alla propria terra d'origine. Com'è nato il corto? Kastriota è stato pensato tre anni fa, scritto a novembre dell'anno scorso, girato a dicembre in tre giorni a Dossena (Bg), e infine montato in meno di un mese. Siamo riusciti a realizzarlo con il nostro modo di vedere l'eroe, con personaggi in abiti storici che si affacciano sull'oggi, nei limiti del nostro low budget e nella speranza di poter farlo passare ai festival. Gli attori principali sono: Rimi Beqiri che interpeta Kastriota, chiamato in Albania, subito dopo il
DI INGRID SOMMACAMPAGNA
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progetto, per essere intervistato da Tv Clan e Top Channel plus in prima serata; Davide Gambarini, l'eremita, la figura che lo accompagna in questo viaggio, Mario Diodati, il sultano Murad II e Ivan Kingston, che interpreta il nipote Hamza.
La locandina
A vostra insaputa il teaser è arrivato ovunque? Il teaser trailer è stato (illegalmente) caricato su canali di streaming non ufficiali, che stanno cercando d’approfittare del piccolo successo di pubblico che sta ricevendo ancor prima del suo rilascio. Abbiamo controllato e confermato che sono link clickbait, privi dell’opera, ma questo ci ha fatto capire quanto questa figura storica sia importante e quanta attesa ci sia.
Che aspettative avete? Sono già tre i festival (tra cui il Tirana Film Festival) che stanno vagliando il corto, dato che siamo gli unici ad aver proposto qualcosa su Castriota, dagli anni Sessanta fino ad oggi. Speriamo venga apprezzato anche in Italia, visto che l'eroe ha fatto parte della nostra storia.Ora auspichiamo di far partire la produzione di un progetto più grande, magari un serial televisivo, oppure un film, coinvolgendo più attori, più paesi e più comunità come l'Arbëreshë* in Calabria. ■ *(sono la minoranza etno-linguistica albanese storicamente stanziata in Italia meridionale e insulare). ■
Il trailer: https://vimeo.com/253034491 Il sito: www.stevenrenso.com La spiegazione del progetto:https://vimeo. com/255999739 Facebook.com/ScanderbegGjergjKastrioti/?ref=bookmarks Info: info@stevenrenso.com
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LA BOTANICA INNAMORATA
IL MIO MONDO DI ILLUSIONI Artista veronese poliedrica, Laura Tosato è famosa per i suoi particolarissimi lavori come le illusioni ottiche che crea con i fiori, pubblicate anche dalla rivista Vogue. L’ultimo progetto che l’ha vista impegnata è la realizzazione di un contenitore a forma di balcone di Giulietta che ospiterà una fragranza che omaggia la leggenda shakespeariana.
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A SUA ARTE È NATA PER GIOCO. Come tutte le bambine, fin da piccola adorava giocare con carta pesta e pongo, ma presto ha iniziato a rendersi conto che la sua era una vera e propria passione esplosa, in un secondo momento, con la famosa pasta di sale. Laura ha iniziato lì, quella che possiamo chiamare “la sua via del sale” che ha trasformato in attività. Negli anni ha viaggiato - ci racconta - da nord a sud dell’Italia con tanto di “zaino in spalla” per tenere corsi e workshop sul materiale e poi, come vera cultrice della materia, ha anche pubblicato libri per svelare tecniche e segreti. Cosa l’ha portata ad intraprendere questa strada? Sicuramente la mia vena artistica ha trovato la sua forma nella pasta sale, tecnica proveniente dalla Germania alla quale mi sono affezionata fin da subito. Trovavo affascinante questo materiale e realizzare corsi e convention in circoli ricreativi o in serate a tema era per me occasione buona per dare prova di quanto è versatile questo impasto. La mancanza di materiale tecnico (correvano gli anni Novanta) mi diede la possibilità di pubblicare diversi manuali: tre volumi che hanno venduto 30.000 copie. I miei corsi sono stati pubblicizzati su tante riviste settimanali e mensili.
Oggi la pasta sale attira ancora la sua attenzione? Ho lavorato per diversi anni con questo meraviglioso materiale per poi sospendere l’attività per la mia famiglia e motivi di lavoro. Una volta ripreso, circa cinque anni fa, quando ho deciso di rimettermi in gioco, sono tornata a documentarmi su tecniche e materiali, devo ammettere che internet in questo fa scuola e mi sono sperimentata in diverse attività. Quali nuove scoperte ha rintracciato e con che materiali sta lavorando? Tra le varie ricerche ho trovato un nuovo materiale che uso per creare le mie opere arte. Color for sale (porcellana fredda) una speciale polvere di porcellana che si asciuga all’aperto e nasconde un sacco di caratteristiche positive per chi come me ha bisogno di maneggiare al meglio la materia per creare forme differenti e riuscire così a realizzare qualsiasi cosa. L’impasto si presta ad essere appiattito, ad assumere forme strane e ad assorbire colori e sfumature realistiche, non si deteriora con il tempo e io lo definisco magico. Che soggetti ama realizzare? Mi sono specializzata in frutti e fiori ricreo composizioni. Ciò che adoro di più è “bloccare la
DI GIORGIA CASTAGNA
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natura”: creare qualcosa che sai non cambierà mai forma, un piccolo bocciolo di rosa che non fiorirà mai, un chicco di uva che non appassirà. Dedica ancora tempo a muoversi per tenere corsi di formazione? Tengo lezioni nel fine settimana e il passaparola tra gli amanti di questa tecnica, di cui tanti professionisti, mi tiene occupata anche per lezioni singole. I miei allievi arrivano da Cina, Spagna e Russia e tanti anche italiani. La maggior parte sono donne che si avvicinano a questa tecnica per poi creare bomboniere, oggettistica, tanti anche gli chef pasticceri specializzati in wedding-cake. L’esplosione di questa moda ha incrementato il desiderio di imparare ad utilizzare l’arte del sugar free ed ecco quindi che tanti di loro vengono da me per imparare a creare e lavorare il materiale, diverso nella sostanza ma simile nel maneggio e nella tecnica
di rifinitura. Grazie ai miei social ho modo di farmi conoscere e di essere chiamata per le cose più differenti: da collaborazioni con la rivista Vogue alla realizzazione prototipo di un contenitore di una fragranza fatta a forma di balcone. Progetti futuri? Bella domanda. Sono una creativa ed ogni giorno ho mille progetti, non metto limiti ma ciò che mi intriga di più è il mondo dell’immagine. Mi piace vedere le mie “illusioni” botaniche fotografate come fossero quadri del Seicento, o di pittori fiamminghi. Nell’iperrealismo le sfide non finiscono mai. Dal fiore e dalla frutta si possono estrapolare mille potenzialità , a volte penso che alcune delle mie immagini si potrebbero riutilizzare in mille modi: come base per delle stoffe, come cover per un cellulare o, perché no, come tela da appendere. ■
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IL CALCIO ROMANTICO E RIBELLE
I CAVALLI SELVAGGI
DELL'ITALIA DI IERI
Matteo Fontana, giornalista e scrittore veronese, ci ha raccontato il suo nuovo lavoro Cavalli selvaggi. Campioni romantici e ribelli nell'Italia di piombo. Parlando di personaggi eccentrici come i calciatori degli anni Sessanta e Settanta, prova a cogliere la tensione sociale di un periodo storico decisamente cupo per l'Italia, dando spazio a quel calcio di un tempo, quando era uno spettacolo popolare con i suoi miti, i suoi eroi.
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ECONDO RECENTI STUDI non esistono più i cavalli selvatici, ovvero quelli mai addomesticati dall'uomo. Tutt'al più ve ne sarebbero di inselvatichiti, tornati alla libertà dopo essere venuti a contatto con l'essere umano. Probabilmente, anche se in senso diverso, è dello stesso pensiero Matteo Fontana, giornalista e scrittore veronese classe 1976, che in questo periodo sta presentando il suo nuovo libro dal titolo Cavalli selvaggi. Campioni romantici e ribelli nell'Italia di piombo, edito da Eclettica. I cavalli di cui parla nelle sue pagine sono di una categoria negli ultimi decenni sempre più avvicinatasi ai riflettori, quella dei calciatori. Fontana, seduto al tavolo di uno degli ultimi pub rimasti in città, davanti ad una pinta di birra e con un occhio alla tv che trasmette una partita dei Campionati del mondo, spiega così la genesi del testo: «Il libro nasce dalla necessità e dal desiderio di raccontare un calcio diverso e distante da quella che è l'attuale realtà del mondo del pallone, così legata al business: volevo riportarlo ad un'epoca in cui era uno spettacolo popolare ed un fenomeno di costume». Un calcio narrato attraverso sprazzi di biografie di personaggi eccentrici, ma non solo. Il racconto di episodi con protagonisti decisamente fuori dagli schemi si inserisce in un periodo storico cupo per il nostro Paese. Erano gli "Anni di piombo", periodo di cambiamento, in un'Italia terra di confine tra due aree in conflitto, quella americana legata alla Nato e quella filosovietica. «In quegli anni – continua Fontana – non si delegava ad altri la lotta per stare meglio, ma si lottava per stare meglio. Il calcio era un fenomeno di coesione popolare, di aggregazione e partecipazione». I campioni di cui Fontana parla, personaggi liberi come Gianfranco Zigoni (che tutti i tifosi veronesi
sicuramente ricordano), Paolo Sollier, Ezio Vendrame, Giorgio Chinaglia ed altri, erano pienamente immersi in questa realtà. Spiega l'autore: «Non erano personaggi da copertine patinate, bensì eroi di popolo, anticonformisti in un mondo di conformisti. Erano sportivi cresciuti in strada, passati dall'oratorio e arrivati ai club. Di certo non iscritti alle scuole calcio sin da piccoli e dotati di un lungo curriculum di esperienze giovanili come i colleghi dei giorni nostri». Come tali possedevano una veracità che li inseriva a pieno titolo in un periodo scandito da fatti di cronaca nera di una guerra civile non dichiarata, nella parentesi domenicale che doveva essere di festa, ma nella quale si condensava comunque la rabbia sociale che Fontana prova a cogliere nelle 313 pagine del suo volume. ■ IL CALCIO, QUELLA RELIGIONE LAICA CHE RACCONTA UN POPOLO
Il calcio non è l'unica passione sportiva di Fontana, che la definisce "religione laica e storia di popolo", ma è quella che vince per distacco. Tanto da definire il Mondiale che si sta disputando in Russia «di una notevole gradevolezza anche per l'assenza della nostra Nazionale, che fa sfumare le tensioni ed apprezzare il gioco». Il mestiere di giornalista richiede naturalmente obiettività e questo mitiga un cuore Hellas che però non è stato mai nascosto. È stato coautore del libro La maglia gialloblù, dedicato alle divise del Verona, e di All'inferno andata e ritorno sulla discesa del club in Serie C e Lega Pro. Ha pubblicato anche Il miracoliere, volume biografico su Osvaldo Bagnoli, allenatore dello scudetto gialloblù. Anche se immerso nella promozione del nuovo volume, qualcosa che frulla nella mente di Fontana già c'è: «I lavori in preparazione sono due: uno è già concluso ed è di natura prettamente calcistica, mentre l'altro è di natura sportiva e posso anticipare che sarà un'altra escursione in un mondo, fatto in qualche modo di cavalli selvaggi».
DI EMANUELE PEZZO
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LIBRI (E CHI LI SCRIVE)
DUE PAROLE CON
L’INGEGNERE SCRITTORE Sono thriller intricati e avvincenti quelli di Stefano Visonà, veronese trapiantato a Lonigo. Il suo primo libro Non ti svegliare è stato un successo. Fra i segnalati al XXIII Premio Calvino, ha fatto da apripista alla sua carriera di scrittore-ingegnere. Ha una scrittura ricca e precisa, alla Grisham (anche se lui si ispira a Michael Connelly), con la quale indaga la realtà del nostro paese, in particolare del Veneto. Se, nel primo romanzo, è il mondo prettamente legale a dare sfondo alle vicende, nel secondo, Dove io mai, c’è un’anima più attenta alle dinamiche familiari, agli affetti e al dolore. In ogni caso la suspense è garantita. DI SARA AVESANI
Stefano Visonà
Chi è Stefano Visonà? Sono un ingegnere ma ho fatto il classico e in famiglia ci sono solo laureati in legge e avvocati. Sono un po' la pecora nera di casa. Forse scrivere libri gialli è una forma di riscatto nei confronti di mio padre. Ho volutamente scelto come protagonista, infatti, un avvocato penalista della provincia, perché di poliziotti nei libri ormai ce ne sono troppi (sorride, ndr). Come nasce la voglia di scrivere? A quarant'anni decido di partecipare ad un concorso, così, quasi per caso. Con Freddo, il mio primo racconto, vinco. È da lì che è iniziata questa avventura. Devo ammettere che custodisco una grande passione per la scrittura fin da quando ero giovanissimo.
I suoi protagonisti riflettono in qualche modo persone che conosce? Sono tutte persone che ho incontrato tra Verona, Vicenza e Padova. È il vissuto della mia realtà, raccontata però attraverso un thriller. Direi che la parte caratteriale dei personaggi riflette me stesso. Il protagonista, Rubens Gatto, è quello che io non sono mai diventato. Quando scrive? Alla sera, di notte, in vacanza. Dormo poche ore così se mi sveglio, inizio a scrivere. C’è un posto preferito dove scrive? Scrivo a letto con il laptop il più delle volte. Mia moglie si è ormai abituata al ticchettio della tastiera (sorride, ndr). ■
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L’AVVENTURA
TORNA IL PREMIO SALGARI
IN PAGINA
Tutto pronto in Valpolicella per la settima edizione del Premio biennale di letteratura avventurosa dedicato al grande scrittore veronese Emilio Salgari. A fine giugno, nella Sala Rossa della Provincia di Verona, sono stati svelati i nomi dei tre finalisti (considerati già vincitori). Ad ottobre a Negrar la cerimonia di consegna del premio della giuria popolare. DI MATTEO SCOLARI
È
I protagonisti della conferenza stampa in Sala Rossa della Provincia
DI NUOVO P R E M I O SALGARI. Dopo la straordinaria edizione del 2016 conclusasi a Villa Rizzardi di Negrar con la consegna del premio a Marco Steiner con il suo Oltremare (Sellerio editore), torna anche in questo 2018 uno degli eventi più prestigiosi e attesi del panorama letterario nazionale, e non solo. Grazie a una rete di collaboratori e soggetti territoriali coordinati dall’Associazione Ilcorsaronero, è partita la settima edizione del premio con la conferenza stampa dello scorso 28 giugno nella sede della Provincia di Verona a cui hanno presenziato il consigliere provinciale David Di Michele, il sindaco di Negrar Roberto Grison, l’assessore alla Cultura di Negrar Camilla Coeli, gli organizzatori del premio Giovanni Ridolfi e Claudio Gallo. Con l’occasione sono stati svelati i nomi dei tre finalisti – che da regolamento – vengono considerati già vincitori: a contendersi il premio della giuria popolare del prossimo ottobre nella cerimonia finale saranno Omar di Monopoli con il romanzo Nella perfida Terra di Dio (Adelphi, 2017), Gianfranco Manfredi autore di Splendore a Shangai (Skira, 2017) e Matteo Strukul, con Giacomo Casanova. La ballata dei cuori infranti (Mondadori, 2018). LA FORMULA DEL PREMIO, inalterata dalla prima edizione del 2006, prevede che una giuria di esperti selezioni tra le opere che tratta-
no di avventura, pubblicate in Italia nel biennio precedente (maggio 2016 – aprile 2018), le tre più significative. In questi giorni è iniziata la seconda fase del concorso: da luglio a metà ottobre, i lettori e i frequentatori di un’ampia rete nazionale di associazioni culturali, circoli di lettura, biblioteche e librerie, esprimeranno individualmente la loro preferenza per uno dei romanzi vincitori/finalisti, tramite cartoline o votando sul sito. Affinché il loro voto risulti valido, dovranno dimostrare la lettura di due dei tre romanzi selezionati superando una breve serie di domande. All’autore con il numero maggiore di preferenze verrà assegnato anche il premio della giuria popolare. Il concorso nasce nel 2006 con l’intento di valorizzare la letteratura contemporanea d’avventura e far riscoprire la Valpolicella, dove Salgari trascorse gli anni dell’adolescenza e dalla quale trasse ispirazione. Nell’albo d’oro degli scorsi anni figurano: Valerio Massimo Manfredi nel 2006, Folco Quilici e i Wu Ming nel 2008, Pino Cacucci nel 2010, Marco Buticchi nel 2012, Simone Sarasso nel 2014 e, come dicevamo, Marco Steiner nel 2016. Il Premio Emilio Salgari è organizzato dall’Associazione Culturale Ilcorsaronero, promotrice e titolare del premio, dall’APS Books & Games e dalla Libreria Terradimezzo, in collaborazione e con il patrocinio del Comune di Negrar e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Negrar. All’organizzazione partecipano, inoltre, l’Università del Tempo Libero di Negrar, Pantheon, CPIA Verona, Associazione MicroCosmo onlus e varie associazioni culturali nazionali. Il premio ha il sostegno della Provincia di Verona. ■
LIBRO DEL MESE 62
PAGINE PER I GRANDI
A CURA DI
CHIARA BONI
IL LIBRO. Le hanno tolto persino il nome, perché alle donne, nella neonata Repubblica di Galaad, non è concesso avere niente di proprio che non sia un utero fecondo. Così Difred (nel senso di “proprietà di Fred”), come viene chiamata la protagonista del romanzo, è costretta a vivere nella parte che l’oscuro regime monoteocratico che governa l’America in questo futuro devastato dalle radiazioni atomiche ha affidato alle donne come lei: quella dell’Ancella, che a servizio del suo Comandante ha il solo e unico compito di garantire una discendenza all’élite dominante. È così che si realizza il controllo totale sul corpo femminile come arma principale per tenere a bada le masse: il futuro distopico che la Atwood dipinge in questo romanzo sembra avere molto da dire anche al nostro presente.
Titolo: Il racconto dell’ancella Autrice: Margaret Atwood Casa Editrice: Ponte alle Grazie Pagine: 400 Traduzione: Camillo Pennati
A CURA DI
ALESSANDRA SCOLARI
Titolo: In una notte di temporale Autore: Yuichi Kimura Editore: Adriano Salani (illustrati) 2017 Pagine: 298 Bambini dai 5 anni
L’AUTRICE. Margaret Atwood è una poetessa, scrittrice e attivista ambientalista canadese. Tra le autrici di narrativa e di fantascienza più premiate, la Atwood è stata insignita anche del prestigioso Booker Prize nel 2000 per L’assassino cieco, mentre per Il racconto dell’ancella ha vinto, nel 1985, il Governor General’s Award. Nei suoi romanzi è spesso presente una visione distopica del futuro della civiltà occidentale, intrecciata alle questione femministe o ambientaliste, ma la sua narrativa non manca mai di spiragli ottimistici. CURIOSITÀ. Dal romanzo è stata tratta una serie tv di grandissimo successo, prodotta da Hulu (in Italia è distribuita da Timvision), di cui sta andando in onda la seconda stagione. Premiata con ben otto statuette alla scorsa edizione degli Emmy Awards, gli “Oscar” delle serie tv, The Handmaid’s Tale, dal titolo originale del romanzo, è stata considerata la produzione televisiva rivelazione del 2017: perché, proprio nell’anno in cui il movimento #MeToo faceva capolino a Hollywood, ha messo in prima linea la violenza di genere, anche grazie a un cast femminile di grande rilievo. Alla sceneggiatura della serie ha collaborato anche la stessa Atwood.
PAGINE PER I PIÙ PICCOLI
IL LIBRO. Racconta la straordinaria storia di amicizia tra Mei (la capra) e Gabu (il lupo), in sette episodi. Nel primo racconto (bellissimo), in una notte di temporale (come suggerisce il titolo), la capretta e poi il lupo si rifugiano in una capanna abbandonata alle pendici di una collina. Il buio è totale: tuoni e pioggia scrosciante fanno paura e favoriscono la nascita di un’amicizia davvero unica. Cosa succederà quando il lupo scoprirà che colei che gli dà conforto è il suo cibo preferito? E quando la capra capirà che le parole amiche provengono dal suo peggiore predatore? E che diranno gli altri? Nei sei racconti successivi una serie di colpi si scena appassioneranno il lettore anche per le tante riflessioni, condivisibili, che riveleranno di che cosa è fatta l’amicizia. L’AUTORE. Yuichi Kimura è nato a Tokyo nel 1948. Ha scritto duecentocinquanta libri per bambini e ragazzi. In una notte di temporale nasce più di vent’anni fa e ha vinto numerosi premi, tra cui, in Italia, il Premio Nazionale Libro per l’Ambiente 1999 conferito da Legambiente. Completato, negli ultimi anni con altri sei capitoli, è diventato un classico contemporaneo, arrivato già alla XIII ristampa. Le illustrazioni sono davvero pregevoli. Hiroshi Abe è nato nel 1948 ad Asahikawa nell’isola di Hokkaido e ha lavorato per 25 anni in uno zoo: il grande amore per la natura e gli animali, come testimoniano i suoi libri, gli è rimasto nel cuore. Ora in pensione, illustra libri per bambini trasferendo nelle immagini e nelle parole questa passione mai sopita. CURIOSITÀ. La storia completa di Mei e Gabu è stata definita «una perla di saggezza orientale. Una parabola delicata e profonda sulla diversità e l’amicizia». Tra le righe, semplici e leggere, emergono grandi verità: incontrare l’altro significa ripensare la propria identità e modellarla sulla base della relazione. Amare richiede scelte ed è un atto che non di finisce di imparare. Poi ci sono gli spazi. L’autore riesce a renderli unici: la notte si riempie di dialoghi e di complicità; i panorami sono disegnati dalle colline, dai prati, dalle montagne rocciose (che si sgretolano all’occorrenza), dal torrente, dal bosco e anche dalla luna. L’ultima storia si conclude proprio con la luna che sorge e due sagome che si sovrappongono «semplicemente, quelle di due esseri viventi». È un libro delicatissimo, che consiglio a tutti.
SE VI SERVE UN PO’ DI POESIA Lo sguardo è là ma non vede una storia di sé o di altri. Non sa più chi sia l’ostinato che a notte annera carte coi segni di una lingua non più sua e replica il suo errore. È niente? È qualche cosa? Una risposta a queste domande è dovuta. La forza di luglio era grande. Quando è passata, è passata l’estate. Però l’estate non è tutto.
(da Paesaggio con serpente, 1984, Franco Fortini)
PHOENIX CAPITAL LANCIA UN NUOVO TOOL DI DIGITAL MARKETING B2B PER GLI OPERATORI ITALIANI DELLA BANCASSICURAZIONE VITA E DANNI
Make | Things | Happen
Giugno 2018 La Divisione Innovazione di Phoenix Capital ha sviluppato un nuovo strumento commerciale e di analisi ad hoc per il mercato italiano della bancassicurazione: il PHX_DB_Bancassurance. Si tratta di un database aggiornato e state-of-the-art di quasi 700 distributori di natura finanziaria operanti in Italia e dei relativi accordi commerciali vita e danni, con il dettaglio delle oltre 80 compagnie assicurative collegate. Focalizzato principalmente sugli Istituti Bancari – a loro volta ulteriormente classificati in banche commerciali tradizionali, banche con promotori, banche private, banche di credito al consumo e banche corporate – è completato dal censimento degli operatori appartenenti ad altri importanti canali “finanziari” quali Società di Intermediazione Mobiliare, reti di promotori assicurativi e Family Offices. Per ogni operatore censito, il PHX_DB_Bancassurance riporta, oltre ad una serie di attributi qualificativi, il numero di punti vendita opportunamente categorizzati e gli specifici accordi commerciali di bancassicurazione in essere (dichiarati o dal distributore o dalle compagnie), distinti per i rami vita e danni; con il risultato di fornire un’”istantanea” del mercato bancassicurativo italiano in ogni momento, con possibilità – per tutti gli operatori interessati a crescere nella distribuzione bancassicurativa - di identificare gli ambiti a maggior potenziale, le aree di scopertura e le opportunità di targeting maggiormente pertinenti per ciascuno. Considerata la mutabilità di un settore in costante evoluzione, una feature essenziale inclusa è rappresentata dall’aggiornamento su base mensile del database, permettendone l’evoluzione da semplice strumento di informazione one spot ad potente strumento d’informazione strategico-commerciale continua. Modalità di presentation avanzate dei dati con l’impiego dei principali strumenti di mercato (es. PowerBi, Qlik Sense, …) sono disponibili su richiesta come feature aggiuntive del servizio, così come verticalizzazioni informative specifiche su precisi target (es. geografici, dimensionali, per linea di business, …) ovvero la disponibilità delle informazioni in modalità digitale multidevice. Il PHX_DB_Bancassurance è messo a disposizione as a service per gli operatori di settore, sia on premises sia in cloud, secondo le esigenze di ciascun player. Per informazioni: info@phoenixcapital.it Phoenix Capital Iniziative di Sviluppo Srl Sede Legale ed operativa: Via Torricelli, 37 37136 Verona - Tel. +39 045 8032060 - Fax +39 045 8040953 C.Fisc. E P. IVA 03760580237 – N. REA 363155 – www.phoenixcapital.it
PILLOLE DI MAMMA
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La recita di fine anno Le scuole sono finite: c’è chi il prossimo anno andrà alla materna, chi alle elementari, alle medie o alle superiori e tutti, a modo loro, hanno festeggiato. I grandi si sono arrangiati con musica e gavettoni, i piccolini invece ci hanno allietato con la classica recita di fine anno. DI SARA AVESANI
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A FESTA È SACRA e partecipa tutta la famiglia: genitori, fratelli, sorelle, nonni, zii. C’è chi fa un balletto, chi proietta un video, chi canta. Talvolta sono addirittura i genitori a mettersi in gioco in prima persona, suonando la chitarra, recitando una poesia. Come per ogni cosa, c’è chi ama questa giornata e chi la detesta. Sono sincera, io la adoro. Mia figlia ha fatto le prove generali a casa in autonomia per quasi due settimane: borbottava qualcosa e poi esplodeva con un acuto e qualche mossa divertente. Non vedevo l’ora arrivasse questo fatidico giorno. Più passano gli anni e più mi commuovo. La grande quest’anno aveva un mantellino rosso perché cantava “I colori della paura” e cercava con i suoi compagni di seguire perfettamente le coreografie della “Maestra-Gobbo umano”: non sono riuscita a trattenere nemmeno una lacrima e non avevo neanche gli occhiali da sole: che figura! SAREI RIMASTA ORE A GUARDARLI. Ci mettono tutto il loro impegno. Ogni tanto vanno in stand-by, si fermano e si mettono le mani in bocca per l’imbarazzo. Li vedi smarriti e
vorresti correre da loro. Realizzano che hanno davanti decine di cellulari, bastoni del selfie, macchine fotografiche, mamme, papà, parenti tutti. È in quel momento che di solito il genitore medio adotta la cosiddetta tecnica del saluto. In buona sostanza, speri che tuo figlio incroci il tuo sguardo per potergli dire con gli occhi quanto è bravo e di non preoccuparsi di niente. Passata la crisi, ripartono, ognuno a suo modo. Più sono scoordinati, più sono belli. Più li vedi, più ti innamori. I veri protagonisti erano però i remigini. Il loro saluto è stato struggente. «Siamo i remigini, lasciateci passare alla scuola primaria siamo pronti ad andare», marciavano con orgoglio avanti e indietro. Le maestre ce la mettono tutta per farti piangere, anche per i figli non tuoi. Ma sono queste le insegnanti che guidano i nostri pargoli a vivere le emozioni, sono quelle che «ti prendono per mano, ti toccano la mente e ti aprono il cuore» (cit.) Il finale? In coro hanno cantato Una vita in vacanza, in versione bimbi (senza parolacce). Azzeccatissima. Peccato mancasse “la vecchia che balla” di Sanremo che tanto ci era piaciuta. ■
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Il Muro di Giuliet ta A mia nonna, ai suoi sogni ingoiati da un tempo povero. Questa è una piccola ode al coraggio di chi, come lei, arreda anche le retrovie degli affetti, perché non sopporta di vederle così spoglie, condannate alla dissennata sciatteria della nostra fretta. ( M.)
Non ho bisogno di una casa con te al mio fianco. Mi basta avere noi, due metà che combaciano perfettamente, complici di un amore che, sappiamo entrambi, sarà per sempre. (Però facciamo che la casa la troviamo lo stesso). Per te, mio amante, mio compagno di avventure e di risate, mio migliore amico. ( Da G. a D.)
Sei speciale, sei speciale, sei speciale. ( Davide)
Ti guardo con il sincero terrore di scoprire che non ho affatto esaurito la tavolozza di sentimenti che credevo perduta. ( A. M.)
Con te non ho mai avuto paura di rischiare. ( M.)
Scese un angelo dal cielo, lo rubai al Signore e lo feci mio. Ti me fa star ben Ti me fa sciopar, a leto sciancar. Che bea che ti xe Ti me piaxi davero Adesso dixi ti, adesso dixi ti Se te piaxo un poco anca mi. ( Mat teo)
(da Clö per Ghost)
Nel dolore si è sempre soli, ma io ti vorrei abbracciare comunque, ogni istante. (S.)
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ANGOLO PET OGNI MESE QUELLO CHE C’È DA SAPERE
IL TROPPO ( CALDO)
STROPPIA
Anche questa estate si preannuncia afosa e con le alte temperature i nostri animali rischiano pericolosi colpi di calore. Ci sono alcuni accorgimenti che possiamo adottare per garantire il loro benessere.
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NNANZITUTTO, BISOGNA STARE molto attenti ai campanelli d’allarme che, inizialmente, possono sembrare di poca importanza ma che, nel giro di pochi istanti, possono aggravarsi. Tra questi: iperventilazione, respiro affannoso con vomito, diarrea, ipersalivazione, disidratazione, sete estrema, debolezza, aumento della frequenza cardiaca, lingue e gengive troppo chiare o troppo scure, stato confusionale con svenimento o convulsioni, apatia e stato di incoscienza. Se Fido manifesta questi sintomi, va portato immediatamente in un luogo fresco e ventilato. Bisogna poi fargli bere dell’acqua poco per volta e rinfrescare il corpo con dei panni bagnati, evitando di immergerlo o gettargli addosso direttamente acqua troppo fredda che potrebbe causargli shock termici; altrimenti, si può usare una canna dell’acqua tenendo una pressione bassa. In questi casi è sempre bene consultare un veterinario. Per un paio di giorni andrà tenuto a riposo e control-
lato per escludere eventuali complicazioni agli organi interni. COME PREVENIRE IL COLPO DI CALORE? Alcune razze di cani sopportano meno il caldo, per esempio, quelli con il muso più corto, come i bulldog francese e inglese, i boxer e i carlini. In generale, come buona prassi, d’estate, non bisognerebbe mai lasciare il nostro animale al sole e al caldo (per esempio, in auto). È consigliato portarlo a passeggio alla sera o la mattina presto, evitando le ore più torride e i giorni a rischio. La cuccia andrebbe posizionata all’ombra, con a disposizione sempre acqua e magari una piscinetta in cui buttarsi. Due ultimi, ma non meno importanti, accorgimenti: restare calmi in caso il cane presenti i sintomi da colpo di calore e non rasargli il sottopelo durante l’estate. Anche se non sembra, quest’ultimo svolge una fondamentale funzione termoregolatrice a seconda del clima. ■
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Articolo pubbliredazionale
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Per un’estate mozzafiato
È
di nuovo CANEVA, con le sue avventurose attrazioni, uniche ed originali, i coinvolgenti acquascivoli, le fresche lagune d’acqua cristallina, i gustosi punti ristoro e le tantissime occasioni di divertimento: ingredienti perfetti per giornate all’insegna dello svago e del relax, baciati dal sole, con gli amici o con tutta la famiglia. CANEVA è il primo parco acquatico italiano tematizzato come un’isola caraibica con palme, spiagge di sabbia bianca, lagune di acqua fresca e trasparente, un imponente vulcano, il villaggio dei pescatori…e fa parte del complesso di Canevaworld Resort a Lazise, nella splendida cornice del Lago di Garda, assieme a MOVIELAND, il primo parco a tema cinematografico d’Italia. La stagione 2018 si presenta con una prima grande novità: CABANAS CLUB, una zona riservata (soggetta a prenotazione e sovrapprezzo sul biglietto di ingresso) che si trova nell’area che domina la grandiosa SHARK BAY, con 11 gazebo dedicati, mini-bar, cassette di sicurezza, wi-fi e molti altri servizi. Il perfetto connubio tra divertimento e relax per tutti coloro che vogliono vivere un’esperienza ancor più esclusiva all’interno di CANEVA.
LE INCREDIBILI ATTRAZIONI DI CANEVA Il parco acquatico propone da sempre ai propri ospiti attrazioni uniche ed originali, ideate da un team di progettisti e creativi italiani. A partire da SUPER SPLASH, novità della scorsa stagione, uno scivolo doppio che offre l’esperienza di una picchiata da un’altezza di 15 metri all’interno di una valle che ricorda un piccolo aeroporto sperduto e un successivo adrenalinico salto nella piscina sottostante. WINDY LAGOON è un’area interamente dedicata ai più piccoli (012 anni) di oltre 1.000 mq, di cui 800 riservati a specchi d’acqua e in cui trovano posto 9 acquascivoli di varia tipologia da affrontare sia a corpo libero che con i gommoni. FROZEN BOB presenta invece un tema curioso come quello della neve, dove gli abeti prendono il posto delle palme. Ci si trova nei pressi della fabbrica che genera il ghiaccio che rinfresca gli ospiti di tutto il parco. Da un’unica struttura partono i 7 scivoli dell’area (3 rettilinei e 4 più tradizionali) che vengono percorsi con l’utilizzo di tappetini che consentono di scivolare testa in avanti e a pancia in giù. Chi invece è alla ricerca di emozioni forti non può trascurare una discesa su STUKAS BOOM, uno scivolo quasi verticale con la particolarità di una caduta a “sorpresa” tramite una botola ad apertura automatica. Poi TWIN PEAKS, in discesa su gommoni a due posti per poi risalire e ridiscendere da una seconda gobba o KAMIKA, che prende il via direttamente dal cuore del vulcano, simbolo di tutta l’isola caraibica di CANEVA. Due fiumi, LAZY RIVER e CRAZY RIVER, permettono agli ospiti di scegliere tra il relax di un fiume tranquillo, oppure un fiume più movimentato e ricco di cascate per divertirsi in gruppo. Al BLACK HOLE 2 si sperimenta invece l’incognita del percorso interamente al buio, dove l’orientamento va totalmente in tilt. Ma CANEVA non è solo scivoli e giochi d’acqua, numerosi sono i punti rist oro che si caratterizzano per le loro particolari tematizzazioni nonché per la varietà di prodotto proposti, per ogni palato e per ogni categoria di spesa.
CANEVA THE AQUAPARK - Canevaworld Resort Via Fossalta, 58 - 37017 - Lazise sul Garda (VR) - Tel. 045 69 69 900 - www.canevaworld.it - info@canevaworld.it
BELLEZZA AL NATURALE Scrub al cacao per un’a bbronzatura perfetta
Poter sfoggiare una pelle liscia, tonica e perfettamente abbronzata è il sogno di molti, specialmente durante la bella stagione. Per preparare la pelle all’esposizione al sole uno dei passaggi fondamentali è quello dell’esfoliazione: fare uno scrub qualche giorno prima di prendere il sole aiuta a rinnovare la pelle ed evita antiestetiche desquamazioni nei giorni successivi. La ricetta per uno scrub esfoliante da ripetere due volte alla settimana, nel periodo delle vacanze, è molto semplice e si può preparare con ingredienti della dispensa.
INGREDIENTI: 3 cucchiai di ca ca o in polvere 3 cucchiai di sal e grosso 2 cucchiai di olio di mandorl e dolci
PROCEDIMENTO: Per preparare lo scrub al cacao basta semplicemente unire tutti gli ingredienti e mescolare. La dose indicata è sufficiente per un’applicazione: è sempre meglio, infatti, preparare questo esfoliante di volta in volta, al bisogno. Quando lo scrub è pronto va applicato con movimenti circolari sulla pelle del corpo bagnata e, successivamente, risciacquato. II risultato sarà una pelle rinnovata, liscia e tonica, pronta per l’abbronzatura.
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STORIE DI STORIA 71
LIBERAMENTE ROMANZATE
Cansignorio
e i cinque pioli che non avete notato
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A VISITA ALLE ARCHE SCALIGERE è una tappa fissa nei tour delle migliaia di turisti che ogni giorno affollano il nostro centro storico. Questo capolavoro gotico, testimone del passato glorioso della casata degli Scaligeri, ospita le tombe di tre illustri Signori: Cangrande della Scala (1291 - 1321), Mastino II (1308 - 1351) e Cansignorio (1340 - 1375). Opere imponenti che rapiscono lo sguardo e la curiosità, tanto da far passare inosservate ai più le differenze dei ricami presenti sulle cancellate che le cingono. Un dettaglio questo che anche ai molti concittadini è sicuramente sfuggito. C’è una differenza e non di poco conto. Guardando con attenzione, infatti, si può notare come la scala riprodotta sulla recinzione di Mastino II sia diversa da quella presente sull’inferriata di Cansignorio; sulla prima i pioli riportati al suo interno sono quattro, sulla seconda invece sono cinque. Per quale motivo Cansignorio ha voluto aggiungere un piolo al simbolo della casata? La teoria più
DI MARCO ZANONI
L’Arca di Cansignorio della Scala
accreditata vorrebbe un ambizioso Cansignorio intento ad innalzare il prestigio della sua Signoria così da farla crescere al pari delle sue mire (vedasi il motto “ad summa per gradus”) e per ammonire inoltre i suoi successori a non scendere e fermarsi (“nec descendere, nec morari”). Una vera e propria ossessione per il Signore di Verona, visto che sul letto di morte ordinò di assassinare suo fratello rinchiuso in prigione (l’altro fratello, l’aveva già ammazzato) in modo da poter garantire la successione del suo regno ai figli di quindici e tredici anni, Bartolomeo e Antonio. Cansignorio era ben consapevole che questa sua ultima volontà lo avrebbe perseguitato anche dopo la morte, come solo le maledizioni sanno fare; e visto che la mela non cade lontano dall’albero, qualche anno dopo Antonio uccise il fratello per diventare l’unico Signore di Verona. Purtroppo anche l’ultimo, visto che dovette fuggire a Venezia incalzato dai Visconti. Terminò così l’epopea scaligera. Con buona pace, o forse no, di Cansignorio. ■
ADICONSUM 72
UN CLICK E VIA! Prenotare le vacanze online ormai è una consuetudine diffusa: le agenzie di viaggio si sono smaterializzate e sulla rete si trovano offerte più vantaggiose che nei cataloghi cartacei. I casi problematici però non mancano e il Centro Europeo Consumatori ha raccolto i più significativi in una guida per spiegare a tutti come evitare le brutte sorprese.
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ualsiasi tipologia di servizio turistico può essere, oggi, reperita e prenotata attraverso internet. Che si parli del più classico pacchetto all inclusive o di una esclusiva esperienza di turismo sostenibile il motore di ricerca fornirà svariate possibilità di concludere il contratto desiderato, basterà solo estrapolare dal mucchio la proposta migliore. Vediamo come imparare dagli errori altrui seguendo i consigli pratici contenuti nella guida In vacanza con un click pubblicata dal Centro Europeo Consumatori. 1) Affidabilità del sito La prima cosa, la più importante: verificare l’affidabilità del sito su cui si acquista. L’informazione che per prima va acquisita riguarda l’identità dell’agenzia online. È un diritto del consumatore conoscere l’identità, i contatti telefonici, l’indirizzo geografico e l’indirizzo e-mail del venditore. La mancanza, l’inesattezza o l’insufficienza di tali informazioni, oltre a configurare una vera e propria violazione di legge, potrebbero essere indice dell’inaffidabilità del professionista con cui si sta concludendo un contratto e devono necessariamente far desistere dall’acquisto. 2) Diritto di recesso Generalmente previsto per gli acquisti online ed esercitabile entro 14 giorni dalla conclusione del contratto (nel caso di acquisto di servizi) è invece escluso per espressa previsione dell’art. 59 comma1 lett. n) del Codice del Consumo per l’acquisto di un pacchetto turistico, un volo, una tratta via mare, il noleggio di
un’auto, un soggiorno in una struttura ricettiva, un’escursione o qualsiasi servizio similare che abbia una data specifica. È obbligo dell’agenzia online, tuttavia, informare chiaramente ed in maniera comprensibile il consumatore, prima della conclusione del contratto, che non beneficerà del diritto di recesso. 3) Piattaforme di turismo collaborativo. Airbnb, 9Flats, Homeway mettono in contatto privati che offrono e cercano alloggi per brevi periodi quindi al rapporto che intercorre tra chi offre e chi affitta l’alloggio non si applica la normativa a tutela del consumatore e/o del turista, ma semplicemente quella civilistica. Ciò non esclude del tutto la responsabilità del gestore della piattaforma che è un venditore di servizi online e quindi soggetto agli obblighi informativi previsti dal Codice del Consumo (art. 49). Per potersi rivalere in caso di truffa, però, occorre aver seguito esattamente la procedura prevista dalla piattaforma in tutte le fasi della prenotazione e del pagamento. 4) Discriminazione sulla base della nazionalità del consumatore. Ebbene sì, capita anche questo. Alcune agenzie online vendono gli stessi servizi a prezzi diversi a seconda della nazionalità dei consumatori. Spesso tale circostanza non è nemmeno menzionata dalle condizioni contrattuali ed il consumatore apprende solo a destinazione di dover versare un’ulteriore somma. Una pratica illecita per la quale si potrà chiedere il rimborso. Per saperne di più: ecc-netitalia.it e adiconsumverona.it. Ovviamente, buone vacanze. ■
DI CARLO BATTISTELLA PER ADICONSUM VERONA
20 milioni in finanziamenti per il Piano Industria 4.0
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IL CALENDARIO DEL MESE LE FUMATRICI DI PECORE Luogo: Cortile Mercato Vecchio Ora: 21.30
Da 14 a 18 LUGLIO
ROMEO E GIULIETTA - Versione italiana Luogo: Verona Ora: 20.00
a cura di Paola Spolon
VERONA C’È - Capitale della cultura 2021 Luogo: Accademia Filarmonica - Verona Ora: 18.00 BRIDGE FILM FESTIVAL 2018 Luogo: Antica Dogana di Fiume Ora: 18.00 DANIELE ZAMPIERI Luogo: Kookai - Castel D’Azzano Ora: 22.00
REWINE Luogo: Dogana Veneta - Lazise Ora: 18.00
SUMMERLAND MUSICA FESTIVAL 2018 Luogo: Roverè Veronese Ora: 12.00 L’ETÀ IMPERFETTA Luogo: Operaforte Ora: 21.00 VERONETTA SUMMER FEST Luogo: Verona Ora: 19.00
IL METODO GRÖNHOLM Luogo: Arsenale Ora: 21.00
Da 25 a 31 LUGLIO
Da 19 a 24 LUGLIO
Da 9 a 13 LUGLIO
gli eventi di Luglio-Agosto, secondo noi
CICLOVACANZA TRA ITALIA E SVIZZERA Luogo: FIAB Verona Ora: 08.00 ALTALESSINIA OUTDAYS Luogo: Erbezzo Ora: 09.00 TZIMBAR RACE Luogo: Erbezzo Ora: 08.00
BALDO MOONWALKING Luogo: Brenzone Ora: 21.30 MUSEO DEGLI AFFRESCHI Luogo: Tomba di Giulietta Ora: 16.00 MOMIX Luogo: Teatro Romano Ora: 21.30
legenda MOSTRE/ARTE
CINEMA
LIBRI
MUSEO
SPORT
INCONTRI
Da 5 a 9 AGOSTO
CHI L’HA UCCISO Luogo: Cortile Santa Eufemia Ora: 21.00 CUCINE A MOTORE Luogo: Torri del Benaco Ora: 18.00 IN BRUGES Luogo: Parco Cotoni - S. Giovanni Lupatoto Ora: 21.15 MUSEO MAFFEIANO Luogo: Verona Ora: 10.00
Da 15 a 19 AGOSTO
FESTA GRANDE SANTA VIOLA Luogo: Azzago Ora: 16.00 IL RE DEI TOPI Luogo: Cortile Santa Eufemia Ora: 21.00 ITALIAN OPERA CONCERTS Luogo: Bardolino Ora: 21.15 GALLERIA D’ARTE MODERNA ACHILLE FORTI Luogo: Palazzo della Ragione Ora: 16.00
L’OSTERIA DEL VECCHIO MERLO Luogo: Cortile Santa Eufemia Ora: 21.00
Da 25 a 31 AGOSTO
Da 20 a 24 AGOSTO
Da 1O a 14 AGOSTO
Da 1 a 4 AGOSTO
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MAG FESTIVAL Luogo: Sona Ora: 19.00 AIDA Luogo: Arena di Verona Ora: 20.45 MI CHIAMO REMO Luogo: Cortile Santa Eufemia Ora: 21.00
FIERA
DANZA
MUSICA
AMORE
JOAN BAEZ Luogo: Teatro Romano Ora: 21.00 WISH I WAS HERE Luogo: Parco Cotoni - S. Giovanni Lupatoto Ora: 21.15 IN QUATTRO E QUATTR’OTTO Luogo: Chiostro S. Maria in Organo Ora: 21.00 CARMEN Luogo: Arena di Verona Ora: 20.45
ESTATE A SAN ZENO DI MONTAGNA Luogo: San Zeno di Montagna Ora: tutto il giorno TONIN BELLAGRAZIA Luogo: Arsenale Ora: 21.00 UNA MANO DALL’ALTO Luogo: Negrar Ora: 21.00 PAUL TAYLOR DANCE COMPANY Luogo: Teatro Romano Ora: 21.15
TREDICI A TAVOLA Luogo: Chiostro S. Maria in Organo Ora: 21.00 CUOCHI…D’ALTRI TEMPI Luogo: Arsenale Ora: 8.00 EL PORO PIERO Luogo: Castello di Montorio Ora: 21.00 TORTELLINI E DINTORNI Luogo: Valeggio sul Mincio Ora: tutto il giorno
CARNEVALE
TEATRO
in cucina con Nicole
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Cucinare è amore che si può assaggiare a cura di NICOLE SCEVAROLI
senzalattesenzauova.ifood.it
Per gli aperitivi estivi vi lascio questa ricetta sfiziosa che mi ha insegnato Sara
SCHIACCIATA DI FARINA DI CECI INGREDIENTI • 100g farina di ceci • 200g acqua • 4 cucchiai d’olio • un pizzico di sale • rosmarino essiccato • aglio e cipolla in polvere
Mescolate gli ingredienti con una frusta. Trasferite sulla banda del forno foderata con l’apposita carta unta d’olio ed infornate. 200 gradi per 15 minuti.
Un dessert goloso che si prepara con 2 ingredienti
MOUSSE DI CIOCCOLATO ALL’ACQUA INGREDIENTI • 150g cioccolato fondente • 72% cacao • 195g acqua*
Sciogliete il cioccolato a bagnomaria. Preparate una bacinella piena di ghiacci con dentro una bacinella più piccola, montateci il cioccolato fuso con l’acqua usando le fruste elettriche. *in questa ricetta è importante seguire le quantità “alla lettera” ed usare proprio questo tipo di cioccolato. Se per qualche motivo la mousse non dovesse montare non buttatela, versatela in più bicchierini e fatela rassodare in frigorifero.
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L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA
21 MARZO - 20 APRILE
21 APRILE - 20 MAGGIO
21 MAGGIO - 21 GIUGNO
22 GIUGNO - 22 LUGLIO
Hegel diceva che la filosofia è come la nottola di Minerva, un uccello che arriva all’alba, alla fine della notte, a raccontare soltanto quello che già è compiuto. Anche voi, come tutti, avete la tendenza a rendervi conto delle cose solo quando sono terminate. Ecco, questi mesi estivi, con la calma che portano intrinseca, serviranno a farvi acquisire consapevolezza di voi anche prima dell’alba, nel pieno della notte dei vostri sentimenti.
Una cosa molto divertente accade da sempre: è dai tempi (e dagli scritti) di Platone che i vecchi considerano le generazioni più giovani come depravati, perditempo e senza valori. Questa convinzione va avanti da migliaia di anni, quindi direi che matematicamente è uno stupido pregiudizio. Vi invito a scardinarlo voi stessi, provando a comprendere fino in fondo qualcosa che appartiene ad un’altra generazione rispetto alla vostra: vedrete quanto potrete imparare!
Tutti i film di fantascienza ci insegnano come sarebbe sopravvivere alla fine del mondo; vorrei però che per qualche tempo, senza allarmismo alcuno, vi immaginaste cosa dovreste fare per sopravvivere alla fine di un vostro mondo: di qualcosa che vi appartiene così radicalmente da creare una piccola apocalisse in voi quando viene minato. Cosa fareste? Quali scorte fareste? Fantasticar non vi farà male.
Quand’è stata l’ultima volta in cui vi siete vergognati di voi stessi? Ve lo ricordate? Quali sono i momenti della vostra vita che vorreste cancellare e che non vorreste mai aver vissuto? Pensateci per un po’. Poi dimenticatevi in fretta di poter controllare ogni aspetto della vostra vita come state facendo da qualche tempo a questa parte. Vedrete che rasserenandovi e lasciando le redini del controllo totale starete meglio e nulla di spiacevole accadrà.
23 LUGLIO - 23 AGOSTO
24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE
23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE
23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE
Dovete eliminare dalla vostra vita la parola “cautela” per un po’. Vivete di affanni e di corse all’ultimo minuto, pianificate meno e improvvisate di più. Cercate di fare bene il vostro lavoro e di dimenticarlo appena uscite dall’ufficio, assumetevi qualche rischio in più e vedrete che la vita prenderà le pieghe che in qualche modo, pur non facendo nulla, state cercando.
Messner in un’intervista ha detto che il fascino della montagna sta nell’andare là dove la morte è una possibilità. In quali occasioni rischiate le stesse cose? In quali occasioni andate oltre la logica e rischiate tutto quanto per poter sentire di essere vivi davvero? Se sono poche, aumentatele. Se ne siete consapevoli, godetene.
Avete notato che non finisce più niente? Film, serie tv, libri: tutto ha un sequel e un sequel del sequel, tutto ha una nuova stagione o una nuova edizione. Andate controcorrente per aver salva la vita, cercate di imparare a chiudere quel che va chiuso e non mantenere in vita aspetti del vostro mondo che vi stanno soltanto pesando affannosamente. Solo così potrete un giorno ricordarvi di un certo periodo e sorriderne come a un vecchio film entrato nel mito.
Sapete come funzionano le distopie? Sono racconti la cui base narrativa consiste nell’estremizzare un aspetto della realtà per crearne una storia con lo scopo di mostrarci lati della nostra società ai quali siamo troppo spesso abituati. Sento che è il momento di riposare e fantasticare su cosa accadrebbe se doveste trasferirvi in un’altra città, o se doveste cambiare sesso improvvisamente. Questo è il mio compito per le vacanze per pulirvi un po’ la vista da quello status quo che vi sta rendendo ciechi rispetto a chi siete.
23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE
SAGITTARIO
22 DICEMBRE - 20 GENNAIO
CAPRICORNO
21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO
20 FEBBRAIO - 20 MARZO
Il valore dei gioielli non è il prezzo, ma i ricordi. Alcuni gioielli possono essere fusi in altri e tramandarsi di generazione in generazione, di affetto in affetto. Siete un piccolo gioiello, Sagittario, cercate soltanto di capire bene cosa è fuso in voi: chi ha sospirato e si è emozionato per la materia di cui siete fatti? Non affannatevi a dimostrare il vostro valore, il vostro valore è fuso tra tutti quelli che vi stanno accanto.
Ci sono persone che hanno finito di studiare a quarant’anni e successivamente hanno fatto tutt’altro rispetto al loro percorso. Ci sono persone che hanno lavorato duramente fino a venticinque anni e poi si sono messi a viaggiare, ci sono persone che neanche sanno cosa vogliono fare o cosa faranno. Non preoccupatevi, non esistono età o tempi che siano adatti a voi. Esistono solo i vostri tempi per fare le cose e quelli dovete seguire.
Quando vi chiedono di spiegare perché amate questa o quella persona non sapete mai farlo. Non è perché siete stupidi, è perché non si ama mai qualcosa nella sua interezza, si ama sempre una qualche infinitesimale sfumatura che poi è in grado, per magia, di gettare l’amore su tutto. Questo è il momento di dar fondo a tutto il vostro romanticismo e alla vostra intelligenza per scovare le piccole cose che vi attraggono più del solito. Seguite quella strada per la ricerca dell’amore.
Voi che siete di Verona, lo sapete dove Romeo ha ucciso Tebaldo? Immagino di no: quindi andate a trovare la via: è abbastanza in centro. Cercate di imparare anche tante altre cose di voi questo mese e nei mesi a venire. Siate più curiosi di quanto siete, scovate aneddoti sul mondo e cercate di capire al meglio che tipo di persona siete. Facile? No, ma è ora di darsi una mossa in questa direzione.
ARIETE
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UN GRANDE PANORAMA DI VINI PER UNA VENDITA DIRETTA DAL VINO SFUSO ALLE BOTTIGLIE DI PRESTIGIO
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