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Anno 8, Numero 3
Aprile 2015
Pantheon www.giornalepantheon.it
L’
è SERVITO
indagine
EVENTI
cultura
SPECIALE SPOSI
Crescono le imprese staniere a Verona
Grande attesa per il Festival Biblico
Inaugurata la mostra “Arte e Vino” in Gran Guardia
Consigli e tendenze in vista delle nozze
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33ª STRAVERONA
Domenica 17 Maggio 2015 Piazza Bra - ore 9.00 percorsi nuovi di 6 - 10 - 20 km Vieni a correre la STRAVERONA come non l’hai mai fatto! Scegli tra la classica Stracittadina (6 - 10 - 20 km) e la nuova CronoRun (10 - 20 km) La CronoRun è una corsa podistica non competitiva con partenza dedicata e cronometraggio real-time
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EDITORIALE “Expo? Molti di noi non sanno ancora esattamente cosa sia... tuttavia ci si dà da fare, si accendono i cervelli, si torna a sperare, a credere in qualcosa di buono”. di Matteo
O
Scolari
rmai ci siamo, l’attesa è finita. La grande Esposizione Universale di Milano 2015 prende il via. Diciamoci la verità, riguardo ad Expo, in questi mesi, si è detto di tutto e di più. Si potrebbero trovare argomentazioni all’infinito per appoggiare o meno un evento globale che, questo è certo, porterà in Italia milioni di visitatori da ogni parte del mondo. Per gli amanti dei numeri posso dire che degli oltre 20 milioni di persone attesi, 8 proverranno dall’estero e, sempre rimanendo in tema, questo flusso straordinario produrrà, secondo una recente stima di Coldiretti, una spesa aggiuntiva dei turisti stranieri nel Belpaese di quasi 5,4 miliardi, nel 2015, in più rispetto ai 34,2 calcolati da Bankitalia (per un totale di quasi 39,6 miliardi). Tralasciando l’aspetto puramente economico, quello che accadrà all’interno dell’immenso parco tematico, di quel milione di metri quadrati messi a disposizione dei 145 Paesi per 184 giorni esatti, dal 1 maggio al 31 otto-
bre 2015, ancora nessuno ce l’ha ben chiaro. Di sicuro si tratterà di uno spettacolo meraviglioso, indimenticabile, con centinaia di attrazioni e migliaia di show ed esibizioni studiate per un pubblico composto principalmente da famiglie. Non mancheranno neppure convegni, workshop, incontri e seminari per capire come rendere sostenibile il Pianeta, ovvero come garantire le stesse opportunità che abbiamo noi, dal punto di vista ambientale, nutrizionale, energetico... alle generazioni che verranno. Ma, di là dell’offerta di intrattenimento che il “format” Expo sarà in grado di mettere a disposizione dei suoi visitatori, quello che penso io dell’Esposizione Universale è che questo grande evento mondiale sta generando quell’effetto a onde concentriche, come un sasso lanciato in uno stagno, di cui parlavo nell’editoriale di qualche numero fa. Mi spiego meglio. Molti di noi sentono parlare di Expo per la prima volta soltanto in queste ultime settimane, molti altri non sanno ancora esattamente cosa sia un’Esposizione Universale, né tanto meno che effetti reali possa produrre a livello nazionale e a livello locale. Tuttavia ci si dà da fare, si accendono i cervelli, si torna a sperare, a credere in qualcosa di buono. Associazioni che rinvigoriscono e arricchiscono il loro personale calendario
eventi, aziende che, segnate negli ultimi anni da un’aurea di pessimismo dovuta alla crisi, tornano a parlare di loro stesse e di come l’azienda possa farsi trovare pronta al 1 maggio e oltre. Giovani che approfittano di questa forte onda energetica per trovare il loro spazio, per far uscire il loro talento, con audacia e coraggio. Di esempi ne potremmo elencare a centinaia. Mi limito a citare l’esperienza di VeronaExpo. Un’associazione temporanea di scopo nata nell’ottobre scorso con nove soci fondatori e che è arrivata oggi, alla vigilia dell’Esposizione Universale, ad oltre 40 realtà che hanno deciso di sposare il progetto per creare un’offerta turistica, enogastronomica e culturale coordinata “pro-Verona”. Un piccolo grande miracolo, quello di VeronaExpo, che io definisco in due modi: moltiplicatore di opportunità, perché abbiamo messo attorno a un tavolo, in modo trasversale, realtà molto differenti tra loro, ma complementari, che probabilmente non avrebbero avuto modo di conoscersi e di iniziare un percorso relazionale condiviso; dall’altra un moltiplicatore di visibilità poiché, tutti insieme, si è in grado di rilanciare su diverse piattaforme di comunicazione l’offerta stessa messa in cantiere da ognuno di noi proprio per Expo. C’è entusiasmo, c’è adrenalina, c’è vita. Questo, in fondo, è Expo.
Niente di grande è stato mai raggiunto senza l’entusiasmo. Ralph Waldo Emerson
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P antheon il magazine di Verona
Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 Numero chiuso in redazione il 18/04/2015
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PRIMO PIANO L’EXPO è servito
Dopo mesi di attesa, parte il grande evento universale di Milano 2015.
INDAGINE
Imprenditori stranieri I nomi e i volti dell’imprenditoria straniera a Verona.
ACCOGLIENZA&TURISMO Turismo religioso a Verona
Eventi e degustazioni, anche bibliche. Ritorna il Festival Biblico.
INTRAPRENDENZA FEMMINILE Un deserto di pane La scrittrice Antonia Arslan racconta il genocidio degli armeni.
CREDITO&IMPRESA Il Business del Vino
SOMMARIO 36 38
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Straverona verso l’Expo
Frutta e verdure sicure? Possiamo ancora fidarci della frutta italiana?
SALUTE E BENESSERE
Mangiare sano? Aiuta a star bene
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Il cibo e l’insorgenza dei tumori
42 44 46
I numeri del Vinitaly 2015, i progetti per l’Esposizione Universale.
SPORT
AGROALIMENTARE
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SOLIDARIETÀ&NO PROFIT Una nuova didattica La scuola si fa rete, per insegnare meglio.
GIOVANI&LAVORO Arte urbana
L’iniziativa Colori Portanti per riquaificare i quartieri delle Golosine
GRANDE GUERRA
L’attesa di una lettera La raccolta “Ta Pum” di Lucia Beltrame
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CULTURA Tra arte e vino Inaugurata la mostra in Gran Guardia
TERRITORIO E CULTURA
Boschi e strade interrotte L’iniziativa in Villa Ca Vendri per raccontare lo scrittore di viaggio Patrick Leight Fermor
PANTHEON UNDERGROUND The Blue Lads e Sydian Un viaggio nella musica veronese
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LETTERATURA E MUSICA Musica indipendente Il libro di Francesco Bommartini
POLLICE VERDE
Al lavoro nell’orto Grande impegno per chi ha l’orto.
ARTE&CULTURA
Villa Bevilacqua Lazise Giusti Un’altra perla della Valpantena.
Gianni Gobbi presenta le novità dell’edizone 2015.
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Redazione e Collaboratori
LIBRO DEL MESE 60 In cucina con
da pag. 25
Direttore responsabile: Matteo Scolari Redazione: Matteo Scolari, Moira Falzi, Miryam Scandola, Flavio Brutti, Alessio Faccincani Hanno collaborato al numero di aprile 2015: Adiconsum Verona, Matteo Bellamoli, Marta Bicego, Giorgia Castagna, Alessio Faccincani, Francesca Mauli, Marco Nicolis, Emanuele Pezzo, Camilla Pisani, Erika Prandi, Miryam Scandola, Nicole Scevaroli, Alessandra Scolari, Ingrid Sommacampagna, Giovanna Tondini, Francesco Turlon, Giulia Zampieri, Mattia Zuanni. Copertina: Flavio Brutti Progetto grafico: Flavio Brutti Società editrice: InfoVal S.r.l. Redazione: Via Torricelli, 37 (ZAI-Verona) - P.Iva: 03755460239 - tel. 045.8650746 - fax. 045.8492248 mail: redazione@giornalepantheon.it - web: www.giornalepantheon.it - Facebook/Pantheon - Twitter: @pantheonvr Sviluppo commerciale e pubblicità: Moira Falzi 340.8775197 - Fabio Dai Prè 340.0735137 Contributi per Pantheon Magazine: c/c postale 93072262 intestato a: Infoval srl – Viale del Lavoro 2, 37023 Grezzana (VR)
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PRIMO PIANO
Sognando Al via l’attesissima impresaEsposizione Universale
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EXPO parte. Inizia la nostra gioiosa possibilità Il futuro e il condizionale li lasciamo agli altri. Noi parliamo di Expo al presente, perché è iniziata e perché ci crediamo. di Miryam Scandola
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n’isola di un milione di metri quadri, una babele di stili, un frastuono di architetture, il mondo, insomma, dentro un mondo. In un dedalo di diversità che forse può stupire ma anche un po’ spaventare, tanto per cominciare, all’Esposizione Universale, ci sono loro. La Collina Mediterranea, il Lake Arena, l’Albero della Vita. Hanno i nomi e le forme della geografia di tutti per essere capiti, ricordati e per far sentire, un poco, a casa. La Collina è quel posto particolare dove persone sconosciute e lontane, che non si sarebbero mai incontrate, mettono una mano sulla fronte e guardano, insieme, tutta la bellezza che è l’Expo. Varie specie di vegetazione mediterranea sono disposte lì, per addolcire la salita verso la cima di questo rilievo artificiale di 12 metri. Un luogo inventato apposta, per godersi il panorama. Più in là c’è un lago. Non è solo lo specchio d’acqua che, grazie al vicino fiume Ticino, mantiene
in vita le aree verdi dell’Esposizione. Questa immensa distesa d’acqua che porta il nome imponente di Lake Arena, è lo spazio aperto più grande dell’intero sito espositivo. Abbracciato da una piazza di circa 28mila metri quadri, trattiene dentro di sé, oltre a un particolare sistema di fontane, anche lui: l’Albero della Vita. Icona interattiva, a metà tra monumento e installazione, l’Albero nei mesi dell’esposizione vedrà un susseguirsi di giochi d’acqua, spettacoli e concerti meravigliosamente accolti da piattaforme galleggianti. Questo intreccio di legno e acciaio ispirato al bozzetto michelangiolesco è, e sarà, per tutta la durata dell’Esposizione, non solo un’installazione simbolica, ma anche un richiamo suggestivo all’innovazione grazie agli effetti speciali di cui dispone. Dopo aver riempito gli occhi con la maestosa irruenza di Expo dalla cima della Collina, ammirato i riflessi del Lago, e dopo aver fissato nello smartphone e pure nel cuore, lo spettacolo dell’Albero
della Vita, si è pronti per il viaggio nel variegato universo di simboli, architetture e sapori. È un vivaio attorcigliato con una chioma vetrata, il Palazzo Italia. Disegnato e concepito per la sua alta sostenibilità energetica, si sviluppa su quattro piani come il numero dei punti di forza italiani sul tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. In mostra c’è la potenza del saper fare, di un popolo che non rinuncia alla bellezza ma che la insegue sempre. Nel padiglione nazionale trova spazio anche tutta la consapevolezza di un paese che conosce i limiti e prova a gestirli con attenzione, come nel caso delle risorse alimentari. E infine, nell’ultimo piano della struttura, quello più vicino al cielo, c’è il futuro, la scommessa sulla biodiversità della nostra penisola. L’Italia ha scelto un vivaio. Gli altri 52 padiglioni nazionali hanno forme e lineamenti differenti, disegnati come sono dalle mille mani della creatività e della tradizione. Muri di sabbia, corsi d’acqua digitali e uno schermo video
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Al via l’attesissima Esposizione Universale
lungo 75 metri, così lo spazio degli Emirati Arabi Uniti trattiene le suggestioni delle sue terre, quelle del sole. Un granaio su due piani con schermi alle pareti e giardini verticali rappresenta invece il mondo americano. Tanti ingressi diversi per lo spazio espositivo del Principato di Monaco, quasi a dire che tanti sono anche gli accessi alle riflessioni sull’ecologia e sul riciclo, e un po’ lo si inizia a credere davvero guardando l’orto di colture mediterranee che cresce sul tetto della struttura. La gratitudine, nella forma di inchino, a quella natura che ci nutre da sempre; il padiglione Cinese ha voluto uno spazio che fosse un ringraziamento alla Terra. L’arca di Noè è la metafora della vita che si è salvata, perché è stata preservata. Per gli ungheresi è un simbolo chiaro, intenso. L’hanno messo al centro della loro area espositiva, per questo. Ė una questione di bellezza l’Expo, ma forse anche di altro. Par-
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lano a qualcosa di nostro, forse dimenticato, le atmosfere sospese delle risaie, gli specchi d’acqua interrotti appena dai chioschi che propongono assaggi delle più svariate tipologie di riso esistenti. Questi e tutti gli altri viaggi dentro le infinite strade del pianeta che i 9 Cluster tematici dell’Esposizione ci permettono di percorrere, per sei mesi. Tra la vegetazione ricca e insistita della giungla che con il suo clima tropicale fa nascere il cacao fino al fitto intreccio di rami che racconta la storia del caffè, passando per tempeste di sabbia e ambienti marini. Per alcuni l’Expo è solo un’ubriacatura. Uno stordimento senza cambiamento. Forse è così, o forse per niente. Intanto dal 1 maggio al 31 ottobre ci sarà tutto il mondo, in fila. 20 milioni di visitatori che verranno a fare quello che è più bello fare. Mangiare e guardarsi, conoscersi e ascoltarsi, immersi in profumi e sapori che ne contengono mille altri.
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PRIMO PIANO
Sognando Al via l’attesissima impresaEsposizione Universale
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Se c’è un posto dove essere oggi, è questo Tra padiglioni finiti o quasi, in un clima di eccitazione e ansia, nella fretta concitata degli ultimi momenti, abbiamo chiesto a Elena Pagano, assistente stampa nel padiglione tedesco, di raccontarci le ultimissime dall’Expo di Milano. Per essere un po’ i nostri occhi nel dietro le quinte del grande evento mondiale sull’alimentazione. di Miryam Scandola
un primo piano di Elena Pagano
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lena Pagano, provincia di Rovigo, veronese d’adozione e tedesca per amore, quello vero. Si è infatuata appena dodicenne della Germania, quando ha iniziato a impararne i suoni e le parole. Il forte trasporto per la cultura nibelunga l’ha portata a vivere in Germania per tre anni e oggi, dopo il ritorno in Italia, a unire le passioni di una vita: la comunicazione e la lingua tedesca. Il suo desiderio grande di fare giornalismo dinamico si è trasformato in un’opportunità. Quella di vivere l’Expo da assistente stampa per la Delegazione tedesca che si occupa di curare proprio l’aspetto comunicativo del settore teutonico. Noi l’abbiamo sentita, la nostra inviata ( nei prossimi numeri leggeremo i suoi racconti direttamente dal grande evento, ndr) per scoprire in anteprima le novità e qualche, sussurrata, anticipazione su tutta la bellezza che l’Expo sarà, partendo da un padiglione, quello
dei tedeschi, che oggi, senza la minima sorpresa, è già finito. Come si presenterà il mondo tedesco agli occhi dei tantissimi che parteciperanno all’Expo? Intanto il nostro (ride, ndr) è già un padiglione bellissimo. Il motto è “Fields of Ideas” e la dice lunga. Il percorso espositivo sarà un viaggio nel fertile terreno delle idee per il futuro sostentamento mondiale. Quello che posso anticiparvi è che ad ogni visitatore verrà consegnato un cadeaux multimediale, chiamato SeedBoard, una sorta di cartoncino bianco che, attraverso delle componenti tecnologiche applicate al soffitto della struttura, permetterà di accedere a contenuti, tradotti in quattro lingue, del padiglione. Sarà in mostra, insomma, una Germania spiritosa e divertente che guarda anche all’agricoltura come un settore economico moderno e forte, ma anche e soprattutto come un’esperienza culturale da raccontare. La Germania ha investito mol-
to per l’Expo di Milano, che cosa spera di ottenere? I tedeschi vogliono farsi vedere come un popolo diverso dallo stereotipo. Gli oltre 700 artisti che saranno presenti durante i mesi dell’evento, con spettacoli incredibili, sono stati chiamati proprio per questo. La Germania non è solo razionalità ed efficienza ma anche divertimento e vitalità. Il Ministero tedesco dell’Economia e dell’Energia ha investito molto e bene. La cura dei dettagli è stata ed è veramente straordinaria; dalla formazione del personale che in questi mesi lavorerà nel padiglione, alla scelta green di creare le divise per hostess e stuart con materiali eco-sostenibili. Persino le scarpe sono state progettate con materiale biodegradabile. Come è il clima fuori dal tuo padiglione, a pochissimi giorni dal grande inizio? Sono tutti molto concentrati, si lavora tanto, tantissimo. Personalmente, non condivido affatto il pessimismo di alcuni. L’Expo è, prima di tutto, un grande contenitore. E quindi c’è tanto di fatto e tanto da fare, come in ogni cosa. Ma se c’è un posto dove essere oggi, in Italia, è assolutamente questo.
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Al via l’attesissima Esposizione Universale
Expo e Verona. La parola ai Big 20 milioni di visitatori attesi, 145 paesi presenti, 1.1 milioni di metri quadri di spazio espositivo. Visti i numeri, abbiamo chiesto ai grandi della finanza veronese quanto conti, davvero, l’Expo. di Alessio Faccincani
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na tradizione ormai consolidata. Anche quest’anno il magazine Pantheon, in collaborazione con Apindustria, Compagnia delle Opere del Veneto, Associazione Innoval e Finval, ha organizzato la Settimana Veronese della Finanza, giunta in questo 2015 alla sua sesta edizione. La manifestazione quest’anno ha goduto di un format speciale, in virtù del patrocinio di VeronaExpo, l’associazione temporanea di scopo che riunisce oltre 40 enti, associazioni e realtà istituzionali veronesi con l’obiettivo di creare sinergie e opportunità sul territorio scaligero. Protagonisti assoluti di questa edizione due big della finanza veronese come Paolo Bedoni, presidente di Cattolica Assicurazioni, e Carlo Fratta Pasini, presidente di Banco Popolare. I due sono rispettivamente intervenuti lunedì 13 e lunedì 20 Aprile nella nostra rinnovata sede di via Torricelli 37, dove hanno intrattenuto la platea con argomenti di natura economica, esprimendo un loro parere anche sull’imminente Expo 2015.
Paolo Bedoni (Cattolica Assicurazioni): “Expo 2015 è una grande opportunità di rilancio per il nostro paese. L’Italia deve assolutamente cogliere questa straordinaria occasione di promozione per il proprio territorio. Cattolica sarà presente all’Esposizione Universale dedicata all’alimentazione con tre diverse modalità. La nostra compagnia assicurativa infatti sarà main sponsor della Santa Sede nel padiglione “Non solo Pane” e sarà presente come sponsor anche all’Albero della Vita e al padiglione del Vino. Il nostro sforzo quindi sarà massimale. Personalmente spero che l’Italia esca rinvigorita da questi sei mesi di Expo. E’ il mio auspicio”.
L’Expo secondo Giovanni Mantovani, Direttore Generale di Veronafiere di Camilla Pisani
L’Expo, a un’ora da Verona e con un intero padiglione curato da Vinitaly: quali opportunità può e deve saper cogliere la città durante la prossima Esposizione Universale? L’obiettivo del Padiglione Vino - A taste of Italy è quello di dare piena rappresentazione ad una delle eccellenze indiscusse dell’agroalimentare made in Italy, raccontandone la sua storia, cultura, paesaggi e stili di vita, sempre declinati attraverso il filo rosso della sostenibilità. Veronafiere ha utilizzato il proprio network di appuntamenti all’estero per promuovere Expo, insieme ad ulteriori azioni per mettere in luce
Carlo Fratta Pasini (Banco Popolare): “Expo 2015 sarà sicuramente un’opportunità per far conoscere il nostro Paese ad un numero rilevante di visitatori ed investitori. Dal mio punto di vista comunque è lecito non attendersi miracoli. Gli investimenti stranieri non lieviteranno in automatico. Expo può essere solo un punto di partenza per la definizione futura della nostra economia. In questa sede probabilmente l’Italia assumerà una connotazione definitiva agli occhi del mondo. Il nostro paese vuole essere un accessorio nello scenario internazionale oppure un protagonista? Molto dipenderà proprio dall’andamento dell’Esposizione Universale. la nostra città, terra di vini. Il sistemaVerona ha quindi la grande opportunità di intercettare una parte dei flussi dei 20 milioni di visitatori previsti ad Expo, con enormi ricadute in termini di indotto economico. Insieme al Comune abbiamo organizzato in Gran Guardia la mostra-evento “Arte e Vino”: un’esposizione di quadri del Museo Statale Ermitage (potete leggere l’intervista ai curatori alle pagine 50-51) e trasferiremo per i mesi di Expo la celebre statua di Giulietta, conosciuta dai turisti di tutto il mondo, all’interno del Padiglione del Vino per rendere ancora più tangibile il collegamento con Verona. Infine, abbiamo in programma di replicare in città anche una “versione Expo” di Vinitaly and the City (per leggere l’intervista completa al Direttore Generale di Veronafiere andate a pag 23).
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Sognando impresa Imprenditori stranieri nella nostra città
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Cercare fortuna all’ombra dell’Arena
di Matteo Bellamoli
EXPO Milano 2015 ha puntano l’occhio di bue sul sistema Italia. Ma, prima che la grande Esposizione illuminasse le eccellenze italiane, c’era già chi ne aveva intuito le potenzialità. Siamo andati a scoprire i numeri e i nomi dell’imprenditoria straniera a Verona, partendo dal dato della Camera di Commercio che registra un tasso di crescita delle imprese “straniere” del 1,5%, sul suolo veronese.
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a molti professionisti del settore economico, Verona viene definita come “città test”. Non importa quale sia la categoria merceologica, può trattarsi di ristorazione, di abbigliamento o di design. Gli usi e costumi dei veronesi non hanno uguali non solo se confrontati con i nostri “cugini” del Nordest, ma nemmeno con quelli di nessun’altra città del Nord Italia. Siamo commercialmente molto particolari. Diffidiamo di qualsiasi novità, spesso osteggiandone lo sviluppo, ma se riusciamo a recepirla, diventiamo uno dei mercati più floridi in termini di affezione al prodotto, durevolezza del rapporto di scambio e fiducia con i venditori o i commercianti. Per questo motivo, per il lancio di nuovi prodotti o di campagne commerciali inedite, spesso Verona è inserita quale una delle prime zone da monitorare. Se il sistema funziona qui, sarà facilmente esportabile anche nel resto d’Italia. In una situazione di questo tipo, avviare attività autonoma a Verona, in modo particolare per quei beni e servizi che toccano in prima persona ciascuno di noi, è estremamente difficile. O si parte da una situazione di vantaggio, come raccogliendo il testimone di un’attività di famiglia di cui ad esempio portiamo il cognome, oppure è un po’ come essere stranieri. “Foresti” si dice, sia nel centro città sia (ancora di più) in provincia.
Immaginare di avviare un’attività imprenditoriale a Verona essendo non solo non veronesi, ma addirittura non italiani, sembra impresa titanica. Eppure i numeri che la Camera di Commercio ha diffuso relativi a tutto il 2013, dimostrano invece che c’è chi ha creduto in questo progetto ed è riuscito nell’impresa. Sono una fetta che occupa il 13% delle imprese registrate, in crescita costante ed esponenziale rispetto agli anni
passati. Un fenomeno che dopo un primo momento di contrazione, dall’inizio degli anni Duemila ha iniziato a prendere forma, e ora sta crescendo con evidenza di anno in anno. Ma chi c’è dietro a questi numeri? Abbiamo cercato di raccontare questo fenomeno non solo dai dati di cui sopra, ma anche attraverso le parole di chi rappresenta fisicamente una parte di queste percentuali in ascesa.
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Imprenditori stranieri nella nostra città
Questione di matematica Le imprese attive iscritte alla Camera di Commercio al 31 dicembre 2013 erano 87.305. Quelle italiane rappresentavano l’88% del totale (quasi 77mila) mentre quelle straniere hanno toccato quota 10.495, il dato più alto da quando questa misurazione è diventata degna di nota.
CO2 120 g/km 4,6 L/100km
Jeep partire da 23.500a €partire da 23.500 € CO2Renegade 120 g/km 4,6aL/100km Jeep Renegade
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a riflettere inoltre la provenienza di queste aziende straniere, di cui solo il 23% è comunitario, mentre il 57,8% è di origine extracomunitaria, quindi fuori Europa. Per calcolare l’aumento percentuale rispetto all’anno preceden-
prezzi chiavi in mano I.P.T. esclusa
IMPRESE A VERONA AL 31.12.2013
te, la Camera di Commercio ha escluso le aziende non classificate, che misurano un 18% sul totale delle straniere, e nonostante questo deficit, l’aumento è del +1,4% rispetto al 2012. Le imprese extracomunitarie crescono del 1,7% annuo, mentre quelle comunitarie solo dello 0,8%. L’evoluzione del fenomeno imprese extra UE assume tratti ancora più significativi se rapportato al triennio recente 2011-2013. L’aumento sfiora il 6% mentre le aziende straniere UE faticano a superare l’1%. Questo a sottolineare che i tassi di crescita sono molto diversi. Per spiegare questo fenomeno occorre distingue-
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Sognando impresa Imprenditori stranieri nella nostra città
DETTAGLIO IMPRESE STRANIERE
re tra due fenomeni. Il primo è la movimentazione sull’asse europea Nord-Sud. Se prendiamo ad esempio i dati di movimentazione di persone dalla Germania all’Italia, o dalla Francia all’Italia, noteremmo subito che i flussi sono più evidenti in uscita dall’Italia rispetto all’entrata. Per dirla in parole povere, sono tanti gli italiani che vanno a cercare lavoro in Europa, ma pochissimi gli europei che cercano lavoro in Italia. Se invece ci spostiamo sull’asse Est-Ovest, la situazione cambia. Negli anni passati abbiamo registrato, in Italia, un picco da arrivi da queste zone: Romania, Croazia, Albania per fare qualche esempio. Oggi questi migranti si sono però tendenzialmente stabilizzati nel contesto italiano, moltissimi hanno raggiunto, o stanno per raggiungere, la cittadinanza, si sono create delle piccole comunità anche all’interno dei paesini
di provincia. La movimentazione è quindi calata e di conseguenza anche la nascita di imprese “straniere” di questa nazionalità. L’impresa straniera a Verona, quindi, è per lo più extracomunitaria, e questo fenomeno di crescita ha rappresentato per il settore economico veronese un certo beneficio. Si pensi che se per effetto della crisi le imprese registrate in Camera di Commercio dal 2011 al 2013 sono calate del 2,5%, una crescita del 6% di imprese straniere si è tradotta in posti di lavoro, opportunità e prospettive.
CRESCITA IMPRESE STRANIERE EXTRA UE A VERONA
Ma quando un’impresa si considera straniera? Secondo la statistica, possono essere tali le aziende la cui partecipazione di persone non nate in Italia risulta superiore al 50%, mediando sia le quote di partecipazione sociale sia i ruoli di cariche amministrative.
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Settore abbigliamento in primo piano Non è una sorpresa che il settore con un tasso di penetrazione delle imprese straniere extra UE più alto sia quello delle del commercio all'ingrosso e al dettaglio che registra un 31,9%. Le percentuali, in questo caso, risentono dell'alta presenza cinese nell'abbigliamento, anche se purtroppo non siamo riusciti a parlare con nessuno che lavori in questo campo. Molte di queste realtà, pur essendo relativamente recenti rispetto ad altre (possiamo individuarne un'esplosione dopo il 2006/2007) hanno potuto radicare anche dei veri e propri marchi, quindi ben distanti dalle realtà locali che si sono affermate in un primo momento. L'abbigliamento, all'interno del macrosettore commercio, rappresenta infatti il 28,6%. Alto anche il numero delle imprese nel settore costruzioni (31,5%), mentre manifattura e ristorazione sono più indietro (rispettivamente 8,1% e 7,8%).
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IMPRESE ITALIANE E STRANIERE PER SETTORE DI ATTIVITÀ
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La storia
Imprenditori stranieri nella nostra città
da dipendente a titolare Abbiamo incontrato Mario (il nome è di fantasia), che da circa un anno e mezzo ha aperto una propria azienda di costruzioni dopo quattro anni di lavoro da dipendente. È di nazionalità rumena, è in Italia dal 2001 e la sua storia assomiglia a molte di quelle dei suoi connazionali.
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nzitutto perché in Italia? Avevo degli amici e dei parenti che erano venuti in Italia, non tutti qui a Verona. In un primo momento sono venuto a trovarli e ho vissuto assieme a loro per il primo anno e mezzo. Poi ho cercato casa e ho iniziato a lavorare con più continuità. Il lavoro era spesso saltuario, il permesso di soggiorno non l’avevo da subito, e quindi trovare qualcuno che mi facesse lavorare non era facile. Perché la decisione di metterti in proprio? Ho lavorato nel settore praticamente da subito, perché avevo dei parenti che mi hanno aiutato ad entrare nel giro. Poi ho ottenuto il permesso e sono stato assunto in una ditta di costruzioni. Ho fatto quattro anni di lavoro e assieme ad un socio italiano due anni fa abbiamo avviato la nostra azienda.
Trovi difficoltà nel rapporto con i clienti? Come ti senti accolto professionalmente? Devo dire che fino a questo momento abbiamo lavorato soprattutto in appoggio ad altre imprese che già mi conoscevano e quindi sapevano chi ero. Se dovessi mettermi in concorrenza diretta con italiani e con clienti sconosciuti credo che avrei delle difficoltà. Quanto è cambiata l’accoglienza dal 2001? Molto. Ovviamente mi sono creato il giro di amicizie, anche con italiani, ma vedo per esempio che i miei figli non hanno difficoltà a legare con i compagni di scuola. Le nuove generazioni hanno un altro approccio verso i figli di immigrati. Hai fatto fatica quando sei arrivato in Italia? Sì, molta. Non sapevo la lingua, comunque anche oggi si capisce subito che il mio è un accento di-
verso. Questo è il freno più grande a livello lavorativo. A Verona c’è molta diffidenza, poi però se riesci a dimostrare che lavori bene allora le persone si fidano, ti chiamano ancora. Ma non è facile riuscire a trovare un accordo all’inizio. C’è un aneddoto che ricordi con piacere legato al tuo lavoro? Qualche anno fa lavoravamo in un cantiere in provincia per il restauro di una vecchia casa di campagna. Il proprietario non era particolar-
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Sognando impresa Imprenditori stranieri nella nostra città
mente entusiasta che ci fossero dei dipendenti non italiani. Alla fine dei lavori, quando vide che effettivamente avevamo fatto bene, ci invitò dentro casa sua offrendoci un bicchiere di vino. Ho provato una bella soddisfazione. Se tornassi indietro sceglieresti ancora l’Italia? Non avevo molte alternative. Gli amici e i parenti erano qui. In un primo momento avevo anche pensato di proseguire verso la Germania con i soldi che avevo messo da parte nei primi anni, ma poi ho iniziato a lavorare e a fare esperienza, mi sono trovato abbastanza bene e sono rimasto.
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Non solo aziende, anche imprenditori Tornando alla ricerca realizzata dalla Camera di Commercio di Verona, è particolarmente interessante la parte relativa agli imprenditori. Perché se sono in crescita le aziende straniere, si tratta comunque di realtà che possono avere anche un’ampia fetta di lavoratori italiani. Se parliamo invece di imprenditori, ci riferiamo direttamente ai titolari. Persone che hanno scommesso e che ora danno lavoro anche ai nostri connazionali. Nei dati del Registro Imprese, viene classificato straniero un imprenditore che sia nato all’estero, ma non viene tenuto
(titolari di impresa, soci, amministratori o altre cariche), sono 7.730 quelli provenienti da Paesi extra UE (5,6% del totale). La nostra provincia è, al 2013, la seconda in Veneto dietro solo a Treviso. Anche Padova, da molti ritenuta più multiculturale, non registra i nostri numeri. Gli imprenditori stranieri extra UE a Verona sono l’8,4% del totale, oltre la media regionale (7,7%) e nazionale (7,8%). Interessa, a questo punto, anche la provenienza di questi professionisti. Il 25,8% viene dalla Romania, Paese che come abbiamo detto ha già vissuto il picco di immigra-
conto della sua cittadinanza. Nelle statistiche finiscono quindi anche quegli imprenditori che hanno già la cittadinanza italiana, ma sono comunque nati all’estero. Sul totale di 137.575 imprenditori
zione in Italia. Il 15,2% sono originari del Marocco, altro esempio di nazione che ha visto un’immigrazione verso l’Italia già dai primi anni Novanta. Si tratta quindi di persone che in molti casi si sono
NUMERO IMPRENDITORI EXTRA UE PROVINCE DEL VENETO
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stabilite e hanno trovato qui a Verona una vita serena e stabile. Seguono poi la Cina (12,3%), il Brasile (8,8%) e la Germania (8%). Nel primo caso si tratta del fenomeno più recente, legato per lo più alla ristorazione e al commercio di abbigliamento. Il Brasile è invece una realtà abbastanza recente in termini di numeri di immigrati, ed è auspicabile che i dati su questo
Imprenditori stranieri nella nostra città Paese registreranno un tasso di crescita considerevole. Nonostante questa “classifica” va considerato il valore di crescita delle singole nazionalità. I cittadini marocchini rispetto all’anno precedente sono calati quasi del 4%, mentre crescono gli imprenditori cinesi (+4%) e Nigeriani (+16%) che seguono nel totale gli imprenditori tedeschi.
La storia: noi, primo ristorante giapponese a Verona Shon è a Verona da oramai tanto tempo. Vive in Italia da quando era giovanissimo e la sua famiglia è sempre stata impegnata nella ristorazione. Ha aperto, nel 1999, il primo ristorante giapponese a Verona (e nel Veneto) e oggi gestisce diversi ristoranti tra la nostra città, Padova, Mantova e Brescia. La scelta di venire a Verona come è maturata? Nel 1987 mio papà ha aperto il primo ristorante asiatico in Sardegna e abbiamo fatto subito un successo. Parlavamo poco italiano, non avevamo molta esperienza, ma abbiamo avviato una sfida, un azzardo andato a buon fine. Io avevo 13 anni, sono cresciuto in cucina e ho imparato il mestiere. Verona è stata la mia prima sfida, ho aperto il primo ristorante quando avevo 24 anni. Come è stato arrivare a Verona? La sensibilità verso la cucina asiatica era molto bassa ventanni fa...
Sì assolutamente. In pochissimi mangiavano crudo. Venivano solo per sperimentare. Non era ancora considerata una cucina da tutti i giorni. All’inizio non è stato facile, avevamo pochi clienti, ma abbiamo continuato ad insistere sulla qualità. Sapevamo, e speravamo, che prima o poi avrebbero risposto. Si sono abituati con calma e il passaparola ha fatto il resto. Certo abbiamo avuto anche fortuna, ma abbiamo anche azzardato. C’è stata una certa difficoltà an-
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Sognando impresa Imprenditori stranieri nella nostra città
che per il fatto di essere straniero? Forse un po’ all’inizio. Il veronese è molto diffidente, non solo con noi, con tutto. Ma se dopo un po’ capisce la buona fede e riconosce la qualità del lavoro si affeziona, diventa curioso delle novità, ti dà consigli. Noi abbiamo cercato di seguire i consigli, rinnovando non solo i piatti ma anche i locali. Ha riscontrato delle difficoltà rispetto alle altre città? Verona, appunto, è diversa. A Padova avevo alcuni conoscenti che sono partiti subito molto forte, ma poi sono andati in discesa. Noi invece abbiamo sempre avuto una crescita costante, ed è un comportamento che abbiamo ritrovato spesso. Certo, serve solidità e pazienza. Quindi serve una base di partenza? Sì, ma soprattutto pazienza. Devi sapere aspettare. Come è il rapporto della Sua cucina con i prodotti della tradizione veronese? Il cibo giapponese si abbina con il sake o il the verde, oppure con la birra giapponese. Essendo a Verona, l’accostamento con il vino locale è stato un passaggio dovuto. Anche in questo caso i vini non li avevamo mai utilizzati quindi ci siamo fatti consigliare, abbiamo ascoltato i clienti, capito quali era-
L'inchiesta di Pantheon
no i vini migliori che si abbinavano al meglio con la nostra cucina. Proponendo cucina straniera, il cliente è più attento alla qualità rispetto ad altri locali? Non saprei. Il cliente cerca sempre la qualità, ed è per questo che siamo molto attenti a questo aspetto, cercando di integrare anche la nostra cucina con prodotti italiani o con variazioni speciali. Usiamo, ad esempio, la stracciatella di bufala, l’olio di oliva di Mezzane, tonni dalla Sicilia pinna blu. Le materie prime sono importanti, soprattutto se si mangia crudo. Una delle soddisfazioni più grandi che ha avuto? Ricordo un signore che venne a mangiare qui tutti i giorni per una settimana. Come avete fatto a partire, a trovare visibilità e fiducia? Il passaparola è stato fondamentale. Ci hanno aiutato anche delle feste a tema con le quali abbiamo collaborato per la parte di cucina. Abbiamo sempre cercato di ascoltare i consigli dei clienti per andare incontro al territorio. Una curiosità: la Sua cucina assomiglia a quello che si mangia in Giappone? I grandi piatti: sushi, tempura e teppanyaki sono uguali. Ma anche la nostra cucina tradizionale si evolve continuamente, si sta
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“contaminando” delle influenze più varie e questo perché è una cucina semplice, ma allo stesso tempo difficile da rendere in qualità. Un’ultima domanda. Hellas o Chievo? Bisogna ammettere chi è bravo è bravo. Ora mi stanno contagiando con la febbre Hellas, ma non dimentichiamo che il Chievo era una piccola squadra che ha saputo emergere e fare molta strada. Speriamo che siano tutti contenti così ci sarà da festeggiare...
Le interviste che avete letto su queste pagine sono state realizzate nei mesi scorsi, tra la fine di marzo e la prima metà di aprile. Va detto che oltre alle due testimonianze che abbiamo pubblicato, era prevista anche un'intervista con Joseph Chome Ngala, impreditore keniota che ha fondato, a Soave, una agenzia di viaggio Italia-Kenya, coniugando la passione per il lavoro con l'amore per la propria terra. Le recenti drammatiche vicende che hanno sconvolto il Paese africano, con la strage di Garissa, ha interrotto le comunicazioni con lo Stato africano e per questo motivo non siamo riusciti a pubblicarla su questo numero. Sperando in una soluzione pacifica della difficile situazione venutasi a creare, ci auguriamo di poter comunque realizzare questa intervista e pubblicarla sui prossimi numeri del magazine.
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ACCOGLIENZA & TURISMO
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Turismo Religioso Verona e le sue degustazioni bibliche A poche settimane dall’inizio dell’atteso Festival Biblico abbiamo sentito Monsignor Grandis, per scoprirlo in anteprima.
di Giorgia Castagna Mons. Grandis
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ulla città scaligera cala un clima mistico e religioso di grande effetto e le chiese veronesi si preparano per accogliere la quarta edizione del Festival Biblico veronese in scena dal 21 al 24 maggio. Il grande evento, promosso dalla Diocesi veronese, con il sostegno di Banca Popolare di Verona, il contributo di Fondazione Cattolica Assicurazioni, e il patrocinio del Comune di Verona, che prenderà il via ufficialmente con l’inaugurazione di giovedì 21 maggio, ore 20.30, al Teatro Nuovo di Verona, non fa altro che rinforzare il turismo religioso veronese, vantando un ricco programma d’incontri, dibattiti, laboratori, itinerari e degustazioni bibliche.
Ma non è tutto, tante saranno anche le mostre e i momenti di grande musica e teatro sparsi per la città. Tema centrale della kermesse biblica di questa edizione 2015 “Custodire il Creato, coltivare l’Umano” con una serie d’importanti ricorrenze, in attesa di entrare nel vivo degli appuntamenti, come il centenario dell’eccidio del popolo armeno, il settecento cinquantesimo anno dalla nascita del Sommo Poeta, l’Expo 2015, la Settimana della Comunicazione e la Festa di San Zeno. Tanti altri gli eventi che precederanno e seguiranno la tre giorni di Festival, dal percorso tra Animali e Piante della Bibbia, ai colori e sapori del Piatto Biblico. Per capire più da vicino la manifestazione abbiamo intervistato Monsignor Giancarlo Grandis, Vicario Episcopale per la cultura, l’università, il sociale. Il Festival Biblico si arricchisce sempre più di eventi e attività. Tante opportunità per i pellegrini di conoscere la nostra città?
Sì, da qualche anno il Festival Biblico, nato a Vicenza nel 2005, è approdato anche a Verona. In questi anni esso è cresciuto in maniera significativa generando una ricaduta culturale nella nostra comunità coinvolgendo un bacino territoriale sempre più ampio. Da quest’anno, infatti, il Festival è presente, oltre a Vicenza e Verona, anche in altre città - Padova, Rovigo, Trento - divenendo così il Festival della regione Triveneto. In un’epoca di transizione culturale come la nostra, si tratta di portare la Bibbia fuori dal recinto sacro per farla incontrare con gli ambienti dove la persona vive la sua avventura umana, cercando sopravvivenza, ma anche senso di vita. Per i credenti si tratta di accogliere l’invito di papa Francesco di “uscire” verso le periferie esistenziali. All’indomani della presentazione del Festival, Papa Francesco ha annunciato che dall’8 dicembre al 20 novembre 2016, la cristianità passerà attraverso un Giubi-
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ACCOGLIENZA & TURISMO
leo straordinario. Quali scenari si apriranno per la città? Il 2015 sta diventando un anno importante sia per la Chiesa universale e quindi anche per la nostra Diocesi. Quest’anno si celebrano tre avvenimenti ecclesiali di grande impatto culturale e sociale. In ottobre ci sarà il Sinodo sulla vocazione e missione della famiglia che cercherà di aggiornare l’azione pastorale della Chiesa affinché essa, la famiglia, possa essere aiutata, in una stagione di forte crisi, a divenire sempre più ciò che è, vale a dire luogo di amore e di vita. In novembre la Chiesa
italiana celebrerà il suo V Convegno su un tema assai accattivante per la nostra società sempre più tecnologica e artificiale: “In Gesù Cristo: il nuovo umanesimo”. E quindi il Giubileo straordinario, in cui la Porta santa sarà presentata come Porta della misericordia. Il turismo religioso prende sempre più piede e il marketing spirituale e culturale apre grandi possibilità. Come si sta organizzando la Chiesa scaligera? Il pellegrinaggio è l’essenza della concezione cristiana della vita terrena. Essa è “cammino”, il cammino di un popolo che, da errante nel
deserto della vita, cammina ora con una speranza nel cuore che dà senso al suo pellegrinare. La meta (in termini religiosi: “cieli nuovi e terra nuova”) coincide con la promessa dell’inizio. Dio ci ha posto nell’esistenza con un atto di amore. La meta non è altro che ritornare nell’amore di Dio. Se è vero, come diceva un grande pensatore, che amare è dire a uno “tu non morirai”, allora l’amore di Dio e la fede in lui ci dà la speranza e la certezza che la morte non è l’ultimo atto della vita che ci traghetta nel nulla, ma ci fa passare da una vita all’altra. Per la Chiesa, uscire nelle vie e nelle piazze, è per comunicare all’uomo questa speranza. Il web è una nuova piazza dalle grandi potenzialità che non può essere ignorata dalla Chiesa. Il Festival biblico ha infatti un suo sito web che rende visitabile il programma di tutte le manifestazioni di questo evento (www.festivalbiblico.it).
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INTRAPRENDENZA FEMMINILE
Un deserto di grano di Miryam Scandola
La storia del poeta armeno Varujan, delle sue poesie amate e tradotte dalla scrittrice Antonia Arslan. Nel centenario del genocidio armeno, dopo l’appello del Papa e la chiusura sorda della Turchia, Verona ricorda e ascolta.
Antonia Arslan
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ccostarsi a una narrazione dolorosa è sempre cosa difficile. Ma questo non implica, necessariamente, la rinuncia a confrontarsi con quella storia. Lo sa bene, Antonia Arslan, scrittrice padovana ma armena di origine e di cuore, che ha dedicato i suoi anni alla cultura della memoria. «C’è un libro meraviglioso» racconta la scrittrice ai molti veronesi che il 27 febbraio, nelle belle sale della Società Letteraria, sono intervenuti al convegno dal titolo “Cent’anni fa il genocidio degli Armeni”. Il libro, Pro Armenia, di cui lei ha curato la pubblicazione, tiene insieme le testimonianze di quattro intellettuali ebrei che vedendo quanto era successo nel 1915, denunciarono l’eccidio dopo averne intuito la natura terribilmente sistematica, con tutta l’ironia perversa di una storia che vent’anni dopo avrebbe ospitato gli orrori della Shoah. «L’Armenia deve farsi conoscere», era l’appello accorato e a lungo inascoltato di Gramsci, nel 1916, all’indomani dello sterminio mandato avanti dai Giovani Turchi. Il
sogno nazionalista di alcuni dei grandi padri della Turchia reca infatti il prezzo della morte di un milione e mezzo di armeni. Ancora oggi, cento anni dopo, della tragedia di famiglie saccheggiate dei loro averi e abbandonate nel deserto siriano a morire di fame e di sete, si parla poco e distrattamente. Alcune volte ci si rifiuta, con ostinazione, di riconoscerne l’esistenza. Si sarà indignata Arslan, l’autrice delle righe struggenti de La masseria delle allodole ( Rizzoli, 2004) e delle pagine disperate de La strada di Smirne (Rizzoli, 2009), dopo le chiusure testarde del premier turco Erdogan in merito alla tragedia armena. Le recenti dichiarazioni del papa hanno infatti sollevato il tappeto di polemiche e silenzi che per troppo tempo ha nascosto i cocci di una delle più drammatiche carneficine del Novecento. «Bisogna stare attenti a negare- avverte la scrittrice- è una lebbra che si diffonde». Mai come oggi, conoscere e riconoscere questa tragedia vuol dire capire meglio quelle che po-
polano il nostro oggi. La scrittrice parla in particolare del rituale di morte che i Giovani Turchi inscenavano con grande cura, con il desiderio pressante di esporre la fine materiale dei nemici. Tra la documentazione storica, emergono, infatti, le foto delle atrocità commesse e volutamente offerte all’obbiettivo; dalle teste mozzate degli intellettuali armeni disposte con spregio su raffinati tavolini in stile liberty, fino alle espressioni finite di uomini impiccati, avvolti in tuniche bianche. Agghiaccianti esibizioni che non possono non ricordare gli strazi volgarmente esposti dell’Isis, che, oggi, riprende gli ultimi attimi delle sue vittime, vestite di arancione. Ma se è un dovere ricordare, un dovere è anche sperare. Ed è quello che prova a fare Verona. Tra gli “assaggi” del Festival biblico ( di cui vi abbiamo parlato a pagina 18 e 19) che anticipano la Kermesse su suolo scaligero, si inserisce l’eccezionale presenza di Boghos Zekiyan Levon, recentemente divenuto l’Arcivescovo di Istanbul per gli Armeni Cattolici
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INTRAPRENDENZA FEMMINILE suo autore, il grande poeta armeno Daniel Varujan, nell’altra tasca teneva l’Iliade, la sua ispirazione. Si perse per anni, dopo che lo scrittore venne arrestato la notte del 24 aprile 1915 quando l’orrore turco iniziò, colpevole come gli altri intellettuali, di essere la voce del suo popolo, quello sbagliato. Grazie all’incredibile tenacia di alcuni amici, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, Il canto del pane viene trovato tra gli enormi quantitativi di beni sequestrati alla minoranza. Pubblicato a Costantinopoli nel 1921, diviene il simbolo della vita, le parole di una generazione spezzata. Sono versi intensi che dicono del legame forte dell’uomo con la terra, celebrano il pane che è nutrimento e speranza, e vengono da una voce uccisa nei deserti dell’Anatolia.
La raccolta di poesie del poeta armeno Varujan, nell’edizione curata dalla scrittrice Antonia Arslan.
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della Turchia. Nell’anno del centenario del genocidio armeno, Levon, sabato 16 maggio alle 20.30 nella Basilica di San Zeno, terrà una conferenza dal titolo “La parola nel vissuto cristiano armeno” con approfondimenti circa la storia della Chiesa e delle liturgie armene. Nella giornata di domenica 17, alle 11.15 presiederà La Messa Solenne con rito armeno, accompagnata dal coro dei padri Mechitaristi dell’Isola San Lazzaro degli armeni di Venezia. Anche la storia dei versi de Il canto del Pane, edito in italiano grazie al lavoro della signora Arslan, meriterebbe lo spazio del ricordo, perché la sua vicenda è un miracolo, di quelli delicati, che la vita ogni tanto permette. È una raccolta di poesie, sopravvissuta straordinariamente al Golgota armeno. L’aveva nella tasca della giacca, il
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Il business del vino: così Verona si prepara per Expo di Camilla Pisani
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Visitatori, operatori di settore e turisti: tutti i numeri del “business del vino” registrati durante l’ultima edizione della rassegna veronese, banco di prova per il prossimo Expo.
alato il sipario su uno degli eventi più distintivi della città, il Salone Internazionale del Vino e dei Distillati, Veronafiere tira le somme dell’ultima edizione, andata in scena dal 22 al 25 marzo. Qual è stato il beneficio, in termini economici, che Verona, città indissolubilmente legata alla cultura enologica, ha tratto dai quattro giorni di Vinitaly? E quanti ancora potrà trarne in vista dell’appuntamento con Expo, dove Comune e Fiera si presenteranno nel prestigioso ruolo di ambasciatori del vino italiano davanti al mondo intero, con un padiglione interamente dedicato, A Taste of Italy? Lo abbiamo chiesto a Giovanni
Mantovani, Direttore Generale dell’ente fieristico, con cui abbiamo approfondito i vari aspetti di una rassegna sempre più proiettata verso il business. Per ciò che riguarda i visitatori, il Salone del Vino ha chiuso con un totale di 150mila presenze provenienti da 140 paesi stranieri, ma sono ottimi anche i bilanci dei due Padiglioni correlati: Sol&Agrifood, Salone dedicato all’Olio extravergine di oliva ed altre eccellenze del comparto agroalimentare italiano, che ha raggiunto 65mila visitatori da 80 paesi, ed Enolitech, il Salone Internazionale delle Tecniche per la Viticoltura e l’Enologia, che ha contato 42mila presenze, di cui il 20% esteri, da
68 Paesi. Ma per Vinitaly hanno brindato anche gli albergatori. Complici gli eventi collaterali che hanno animato il centro storico della città, da Vinitaly and The City e Operawine, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Trivago, la quota degli hotel al completo tra sabato 21 marzo e mercoledì 25 ha raggiunto il 92 per cento. La società ha rilevato che per prenotazioni last-minute sono stati spesi in media 235 euro a notte, con un incremento del 98 % rispetto alla media dell’intero mese di marzo. Numeri che potranno replicarsi nei sei mesi di Expo, durante i quali è previsto l’arrivo a Verona di almeno un milione e mezzo di turisti.
Giovanni Mantovani,
direttore generale di Veronafiere, ci racconta i numeri di Vinitaly 2015
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irettore, quali sono i numeri da ricordare in questa 49ma edizione di Vinitaly? Quelli di quest’anno sono i numeri che ci fanno guardare con ottimismo all’importante appuntamento delle prime 50 edizioni, che traguarderemo nel 2016. Tornando al presente e alle cifre, l’edizione appena conclusa ha registrato oltre 4mila aziende espositrici su
100mila metri quadrati espositivi e la visita di 150mila operatori, di cui 55mila esteri. Il dato che più ci ha colpito è stato l’aumento dei paesi di provenienza dei buyer stranieri, giunti da 140 nazioni, 20 in più rispetto al 2014. Un risultato che centra in pieno uno degli obiettivi che ci eravamo prefissati come Veronafiere, cioè accrescere il tasso di internazionalità della manifestazione.
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CREDITO & IMPRESA ProWein subito prima e Vinexpo a distanza di poche settimane: le fiere di Dusseldorf e Bordeaux spaventano o la capitale del vino è ancora Verona? La capitale del vino italiano è senza dubbio Verona. Solamente a Vinitaly il buyer internazionale può trovare rappresentata l’intera produzione vitivinicola made in Italy, la più importante al mondo, considerato che nel nostro Paese ci sono oltre 540 vitigni, pari ad un terzo di tutti quelli presenti sulla terra. Vinexpo e Prowein non spaventano, ma rappresentano importanti eventi fieristici b2b di portata internazionale. Quali sono i mercati esteri sui quali il vino italiano ha ancora ampi margini di crescita e come Vinitaly si propone di supportare l’internazionalizzazione dei produttori italiani? Dai riscontri sulle provenienze dei buyer stranieri presenti quest’anno abbiano notato più
Far East, con Thailandia, Vietnam, Singapore e Malesia. Crescono Messico e Africa, con new entry interessanti come Camerun e Mozambico. I grandi mercati di Usa e Canada da soli hanno rappresentato il 20% degli oltre 55mila visitatori stranieri, mentre l’area di lingua tedesca, con Germania, Svizzera e Austria, si è confermata la più importante con il 25% delle presenze. Vino e marketing: quali sono le maggiori leve che servono ai nostri produttori per creare valore intorno a questo prodotto? La qualità del prodotto è sempre imprescindibile. A fare la differenza è il modo di comunicarla e il valore aggiunto che si riesce a conferirle. Il marketing 2.0 deve poter raggiungere pubblici di riferimento sempre più parcellizzati, personalizzando il messaggio e intessendo un dialogo continuo con stakeholder e social influencer. Una leva importante nella
commercializzazione è anche la patente bio di un vino: pur restando una nicchia, nel 2014 i consumi di vino bio sono cresciuti dell’11,4% e già da alcune edizioni a Vinitaly è presente il salone dedicato di VinitalyBio
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PERSONAGGIO Intervista a Gianni Gobbi di Straverona
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Straverona 2015 ,
di corsa verso l’Expo
Torna l’annuale appuntamento con una delle più amate manifestazioni sul suolo scaligero. Abbiamo chiesto a Gianni Gobbi, Presidente di Straverona, di raccontarci in anteprima tutte le novità dell’edizione targata 2015. di Alessio Faccincani
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l 17 Maggio scatterà la 33^ edizione di Straverona. La città sta già attendendo, con la consueta impazienza, l’appuntamento che da molti anni ormai riunisce famiglie e gruppi di amici in una domenica di sano podismo fra le bellezze della nostra Verona. Anche quest’anno la portata principale avrà il tradizionale antipasto dedicato ai più piccoli. Sabato 16 Maggio infatti si svolgerà la tappa finale di “Straverona Junior”, contenitore ideato nel 2012 per avvicinare i bambini e i rispettivi genitori alla corsa non competitiva e che si sviluppa durante l’anno con vari appuntamenti, prima del Gran Galà finale in Piazza Brà. Abbiamo sentito Gianni Gobbi, presidente dell’Associazione Straverona, che descrive così l’evento ormai imminente: “Straverona sarà ancora una volta una festa per l’intera città”. E aggiunge come anche “quest’anno la macchina organizzativa sta già lavorando a pieno regime. Il comitato direttivo, composto da 15 persone ed espres-
sione dell’Unione Marciatori Veronesi e della sezione locale FIASP, sta curando dal termine della scorsa Straverona ogni fase di questa edizione. La manifestazione si articolerà in tre diversi percorsi: 6, 10 e 20 Km”. Presidente Gobbi, Straverona negli anni è diventata un simbolo per il nostro territorio… Straverona non può essere paragonabile alle altre corse podistiche. La corsa ha ormai raggiunto una popolarità diffusa. Il comitato direttivo poi ha avviato nel tempo varie iniziative collaterali. Gli esempi? La marcia del giocattolo dell’ 8 Dicembre o la Straverona Training, in collaborazione con la facoltà scaligera di Scienze Motorie. Straverona così è entrata nella vita della gente. Le 20000 presenze delle ultime edizioni ne sono la più fedele delle testimonianze. Quest’anno una novità sportiva nel contenitore Straverona: la CronoRun…. CronoRun sarà sempre una corsa non competitiva, ma con una partenza dedicata e con un cro-
nometraggio in tempo reale. CronoRun quindi sarà perfetta per i marciatori più allenati e desiderosi di conoscere le proprie prestazioni cronometriche. Straverona necessitava di questo lato maggiormente agonistico. Può essere una bella sorpresa. Quest’anno Straverona ha deciso di collaborare con l’Associazione VeronaExpo, realtà che raggruppa circa una quarantina fra enti ed associazioni e che sta coordinando, in vista dell’Expo, le attività di promozione del nostro territorio a livello economico, sociale e culturale…. Straverona è lieta di aver avviato questa collaborazione con VeronaExpo. Abbiamo accettato di associarci per offrire ai podisti veronesi un’ulteriore opportunità. L’associazione VeronaExpo infatti sta promuovendo degli straordinari pacchetti per visitare Expo 2015. Dal prossimo 1 Maggio, presso lo stand Straverona di Piazza Brà, podisti e non potranno acquistare queste speciali proposte iscrivendosi alla corsa.
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ui l’avete trovato. E che dire? Siete solo a metà del lavoro. Quel giorno il cuore batterà forte, ma sarà bellissimo arrivare da lui, che nervoso vi attende, e dal suo sorriso. Prima però vi aspettano qualche centinaio di cosa da organizzare, cambiare, scartare e, infine, scegliere. Niente panico. Siamo qui apposta per darvi un suggerimento, un filo insomma da tenere in mano così da non perdervi in questo labirinto di taffetà, pizzi, confetti e fiori. Partiamo con uno sguardo alle tendenze 2015, in fatto di abiti e di location. Dalle suggestive nozze all’aperto in pieno stile boho-chic alle scelte minimal dell’ industrialstyle, passando per il social wedding, il matrimonio vissuto sul web. Ma ci sono anche le ultime dal mondo green che suggeriscono cerimonie celebrate nella natura, con prodotti a km zero, in mano solo fiori locali e di stagione, addosso abiti vintage riadattati in sartoria o addirittura
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frutto dell’ weeding sharing ( ovvero la condivisione dell’abito nuziale tra amiche e sorelle). Storcete il naso? Per voi l’abito non si tocca, deve essere unico e “vostro”? D’altro canto davanti alle nuove collezioni sposa di Alberta Ferretti o Alessandra Rinaudo, che con i loro modelli romantici e delicati incarnano il sogno della bambina che eravamo, come darvi torto. Oggi, l’avete capito, le proposte e le opportunità sono infinite. Dalla scelta dei confetti (una volta era di un tipo solo, e quello era) al leggendario tableau de mariage, passando per la carta degli inviti, fino al colore dei fiori sui tavoli . Quando si parla di nozze, non ci sono scelte giuste o scelte sbagliate, ci sono scelte vostre (e saranno quelle perfette). Se vi ricorderete chi siete avrete un matrimonio dove trionfa l’amore e non tutto il contorno. Perché, in fondo, la felicità è quella persona lì, che vi aspetta all’altare, e poco altro.
Ecco qualche wedding blog che vi può accompagnare passo passo nel giorno più importante della vostra vita. • www.tredinozze.com/category/blog • www. Dailysuze.com/blog5.php • sposenonconvenzionali.wordpress.com • www.nozzefurbe.com • www.diariodiunaweedingplanner.com
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Lei: Per tutte quelle che diranno sì quest’anno, prendete un post.it e annotatevi bene le tendenze 2015. Tra onde di organza, nuvole di merletti, il romanticismo corre su di un filo. La silhouette sirena si ripropone, e coniuga il nuovo spirito romantico con l’alta seduzione. Abiti che si sgonfiano, dunque, e che puntano tutto sulla bellezza delle spalle. Il trend irrinunciabile di quest’anno sono le spalline con inserti in pizzo capaci di ritagliare fessure sulla schiena o incantevoli scolli a barca. Per una sposa green l’abito in seta grezza o in lino è un’alternativa straordinaria oltre che estremamente moderna. Trovate modelli raffinati ed ecosostenibili per tutti i gusti, come quelli della stilista francese Caroline Lindenlaub (aranel-creation.com). Lui: Non c’è niente come un taglio classico. Vestito, giacca e gilet; il tre pezzi è intramontabile . Evitate dunque la stravaganza per quel giorno, ma se non volete rinunciare ad un tocco di personalità, approfittate del dettaglio della boutonniere e invece del solito fiore all’occhiello, scegliete qualcosa di personalizzato, che possa raccontare del vostro carattere, magari creato dalle mani della vostra amata. La scelta green? Un abito che si possa riutilizzare in altre occasioni.
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eve rappresentarvi. Questa è una dritta, forse l’unica, da tenere a mente quando si tratta di scegliere la location del vostro ricevimento. Il luogo che ospiterà il banchetto deve essere all’altezza del vostro amore, ma soprattutto deve somigliarvi, nei profili degli archi come nel numero delle portate, nelle decorazioni come nei colori dei tovaglioli. Che poi, diciamocelo, se c’è una cosa che gli invitati rievocheranno negli anni, sarà proprio la suggestione e l’incanto del luogo che ha ospitato la magia della vostra unione. Da un ricevimento di grande eleganza in una villa o in un grand hotel, fino al catering in un ambiente più rustico, da un banqueting originale nel foyer di un teatro a un rinfresco minimal chic in un loft post industriale; le possibilità, cari sposi, sono pressoché illimitate. E allora come fare a scegliere? Ecco i nostri suggerimenti e le ultime tendenze da seguire, sì, ma anche da
reinterpretare secondo il vostro gusto e la vostra personalità. Un amore selvaggio Stanno spopolando tra le celebrità, e sono ormai il trend indiscusso del 2015/ 2016 le delicate e particolari atmosfere dello stile boho-chic. Un mix di elementi hippy accompagnati da dettagli gitani, un’allure tutta bohèmienne che avvolge gli spazi, con scelte che si mantengono raffinate ed ecosostenibili. Siete una coppia di spiriti liberi, creativi e irriverenti? Sognate un matrimonio dallo stile ricercato ma vagamente informale, dove la natura con le sue suggestive scenografie faccia da padrona? Allora siete quelli giusti. Le regole sono semplici. Ambientatelo in una villa antica, con gli interni bianchi e con le volte a crociera o a botte, dove la modernità si lasci sopraffare, per qualche ora, dal sapore delle cose di una volta. Un casolare di campagna con una stalla (ristrutturata!) può essere l’alternativa perfetta se l’atmosfera che cercate è un po’ più “selvaggia”.Gli oggetti d’epoca, dalle valige del nonno alle cornici di svariate misure, devono essere disseminate un po’ dappertutto; saranno dei veri e propri complementi d’arredo che daranno carattere alla vostra, indimenticabile location. Niente come le nozze all’insegna dello stile bohèmienne, si prestano ad essere vissute all’aperto, con la mera-
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vigliosa approvazione del sole (se si è fortunati) in un parco o in una pineta vicino alla spiaggia, con il rumore leggero delle onde unito a quello delicato del vento, tra le foglie. Avete sempre sognato... Una cena prelibata, con gli occhi che si perdono su soffitti affrescati, un buffet di aperitivo in una lussuosa terrazza, una zona dedicata all’irrinunciabile confettata, dove assaggiare tutte le tipologie di confetti in commercio, un intrattenimento musicale delicato e raffinato. Se nei vostri sogni le nozze, le vostre, dovrebbero essere un evento meraviglioso dove niente è lasciato al caso, allora non c’è niente di meglio che la location da sogno per eccellenza: il castello. Ma un risultato “principesco” lo potete ottenere anche in una delle tante e bellissime ville che fanno del nostro il Bel Paese per eccellenza. Via libera a raso e organza, a leggiadre composizioni floreali e a numerose e ricercate portate. Se il tempo è mite sfruttatelo per organizzare un suggestivo aperitivo all’aperto, nel parco della vostra ambientazione da sogno. E se il budget è quello che è.... tra nozze low cost e 2.0 Non è detto che un matrimonio debba per forza svuotare le tasche. Un piccolo budget, alle volte, garantisce grandi risultati. Non ci
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credete? Eppure i matrimoni con gli allestimenti DiY, l’abbreviazione inglese per il nostro “fai da te”, sono già da qualche anno, di gran moda (fare un giro su Pinterest per credere). Se voi sposi saprete mettervi in gioco, poche risorse economiche da investire per il grande evento si trasformeranno in uno stimolo continuo per la vostra creatività magari, all’inizio un po’ sopita. Decorazioni, allestimenti, bomboniere, tutti rigorosamente fai da te che racconteranno con efficacia, a tutti gli ospiti, non solo il vostro impegno, ma anche la vostra personalità. Saranno sicuramente tutti sorridenti e soddisfatti, i vostri invitati, con stretto in mano il sacchettino dei confetti fatto da voi, o la marmellata che avete preparato in lunghi e divertenti pomeriggi, e che ora è la vostra originalissima (e buonissima) bomboniera.
Un alternativa, per sposarvi senza fare grosse rinunce ve la offre il web. Si chiama matrimonio con lo sponsor e da tre anni è una soluzione innovativa per sposi parsimoniosi. L'unica cosa, si fa per dire, che dovete fare è aprire un blog in cui raccontare i dettagli del vostro amore e di quello che vorreste fosse il vostro matrimonio, fate un elenco dei prodotti che i vostri potenziali sponsor (professionisti che hanno negozi e aziende) potrebbero fornirvi gratuitamente o a prezzo scontato, in cambio della pubblicità che voi vi impegnerete a fare sul blog, sulla vostra pagina fb e ovviamente tra i parenti. ( Mattia e Federica ce l'hanno fatta, la loro storia la trovate su www.cisposiamoconlosponsor.it )
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il vostro giorno più bello e le foto saranno lì, a ricordarvelo sempre, per tutti i giorni che verranno. Per evitare di incorrere nel rischioso risultato di un album che non vi piace e non vi rappresenta la soluzione migliore è certamente affidarsi a un professionista. Ma se preferite comunque farvi aiutare da un amico amante della macchina fotografica, non tralasciate di ricordargli alcune regole fondamentali. Per prima cosa, il vostro fotografo amatoriale dovrà muoversi moltissimo e di continuo, perdersi tra gli invitati ed essere il flusso di quello che succede, lasciarsi coinvolgere dalla festa. E come seconda cosa, dovrà scattare in continuazione, collezionare un milione di foto, per riuscire a trovare, infine, la foto perfetta, quella che incorniciata, guarderete sempre, sorridendo.
Dimenticatevi le foto di gruppo noiose, tutti appiccicati per farci stare pure la zia e il cugino di secondo grado, le pose scontate dove tutti sembrano un po’ assopiti. La rivoluzione che mette-
rà sottosopra il vostro album si chiama Photo booth e viene dall’America. Booth, in inglese vuol dire cabina ed effettivamente l’unica cosa che vi serve per realizzare un album spiritoso e ironico è una speciale cabina per fototessere rivisitata che, personalizzata a dovere, farà da scenografia alle pose più esilaranti dei vostri ospiti. Per rendere il momento delle foto ancora più spassoso non dimenticatevi di arricchire il vostro corner con buffi cappelli, baffi, maschere e tutto ciò che vorrete vedere indossato dai vostri invitati. L’ideale sarebbe rivolgersi ad un professionista che nel momento della festa, dedicato appunto al Photo booth, si occupi di trattenere i ritratti e di creare shooting originali, ma si può chiedere anche a qualche amico particolarmente talentuoso di occuparsi della postazione. Volete rendere le vostre nozze un vero evento social? Ricordatevi di creare un hasthag per il vostro matrimonio, in questo modo i vostri ospiti potranno condividere le loro foto online e voi avrete un inedito, divertente e ricchissimo album 2.0.
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Se siete sopravvissute alle infinite prove dell’abito e ai terribili dubbi dopo averlo scelto siete pronte per concentrarvi su quello che dal giorno del vostro sì, in poi, porterete al dito per sempre. Come tanti e diversi sono gli amori, così innumerevoli e svariate sono le tipologie di fedi che sapranno raccontarlo. Accanto al fascino senza tempo del modello classico in oro giallo e in oro bianco, ultimamente il trend suggerisce il platino e il bicolor. Ma ora veniamo alle forme. La classica fede è tonda e smussata, segue la francesina che è leggermente bombata e più sottile, la mantovana è invece alta e piatta e in genere ha un peso maggiore. Il consiglio è di provvedere all’acquisto almeno 3 mesi prima. In modo da avere tutto il tempo per apportare modifiche e eventuali incisioni.
Quel giorno se qualcuno deve brillare, quelle dovete essere voi. I dettagli sono fatti per colpire, non per imporsi. È meglio quindi che vi concentriate sulla scelta di un pezzo unico. Ma se per voi la parure è qualcosa di irrinunciabile, meglio puntare su orecchini e bracciale, evitando l’accoppiata coordinata di orecchini con collana, eccessiva a livello visivo. Il gioiello ideale? Le perle. Molto chic e ricercate si accompagnano a qualsiasi tipologia di abito, visto che sono, come narra la tradizione araba, gocce di luna cadute nel mare proprio per adornare la bellezza femminile
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Centro Dentale La Fucina Ascolto del paz iente e benessere della persona
«M
i definisco un sentimentale della professione. Ascolto attentamente il paziente, per un’ora, anche un’ora e mezza o più al primo incontro. Instauro con lui un dialogo per spiegargli quali sono le cause del suo problema e le cure terapeutiche
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che andremo, eventualmente, ad effettuare nel nostro Centro. Il nostro paziente sa che grazie a un percorso riabilitativo mirato, trasversale e studiato ad hoc per lui può tornare a godere di un benessere diffuso e generale che parte proprio dalla bocca. Sono estremamente convinto che la salute sia una cosa troppo seria per essere presa con leggerezza o lasciata in balia delle semplici leggi del mercato». È con queste parole che si presenta il dott. Enzo Zambelli, medico odontoiatra, proprietario e direttore sanitario del Centro Dentale La Fucina di Montorio. Una passione infinita per il suo lavoro e una laurea in odontoiatria, ottenuta nel 2010, dopo anni di attività come odontotecnico e come titolare di una struttura medico-sanitaria che si è avvalsa, e si avvale tutt’ora, delle collaborazioni di alcuni tra i più importanti medici e specialisti del panorama nazionale e che riceve pazienti da ogni parte d’Italia. «Il Centro Dentale La Fucina nasce a Montorio, paese in cui sono nato e cresciuto, nel 2004. Da odontotecnico e poi medico ho sempre seguito seminari, corsi e conferenze in Italia e all’estero, partecipandovi spesso in qualità di relatore. Ho coltivato parallelamente il mio interesse verso l’osteopatia che mi ha portato a concepire la professione odontoiatrica come una disciplina terapeutica e riabilitativa a 360 gradi, che restituisce benessere a tutto il corpo, partendo proprio dalla cura del cavo orale. Dopo la laurea ho ottenuto un master di secondo livello in Gnatolo-
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gia, scienza che studia la fisiologia, la patologia e le funzioni della mandibola, e ora sto frequentando un master di primo livello in Implantologia avanzata per perfezionare sempre di più le competenze messe a disposizione dei pazienti». Uno staff di professionisti. Come Lorenzo De Medici, che nel 15esimo secolo accoglieva nel suo salotto, “La Fucina”, medici, scienziati e letterati, anche il dott. Zambelli ospita nel suo Centro numerosi professionisti e colleghi medici specializzati in diverse discipline. «Il Centro Dentale La Fucina ha la caratteristica unica di essere un polo di eccellenza in cui il paziente può trovare tutte le risposte che cerca, in ambito odontoiatrico e non solo, senza dover spostarsi in diverse sedi. Assieme a me collaborano specialisti di
Sala d’attesa
prim’ordine in maxillofacciale, edodonzisti (per terapie canalari e devitalizzazioni, ndr), ortodontisti, pedodonzisti (per i bambini), logopedisti e medici chirurghi osteopati, quest’ultimi in grado di fornire diagnosi scritte anche solo dopo una visita osteopatica». Il polo unico. Caratteristica pregnante del Centro Dentale La Fucina, come dicevamo, è quella di riunire in uno stesso luogo fisico, con tre unità operative, non solo uno staff di professionisti e collaboratori altamente qualificato, ma una serie di strumenti tecnologici importanti che vanno a supporto dell’attività diagnostica e riabilitativa. Alla Fucina, ad esempio, è presente un nuovo macchinario per la ortopantomografia (meglio conosciuta come “panoramica”), per la
Lavorazioni in laboratorio
Combine (Tac) e per la teleradiografia per ortodonzia. «Oltre a questo, nel nostro Centro effettuiamo esami di elettromiografia (valutazione della dinamica masticatoria e della attività di superficie muscolare) e di kinesiografia, ovvero l'analisi computerizzata dei movimenti mandibolari volontari e la registrazione dell'occlusione fisiologica». Il laboratorio. Oltre ai più avanzati strumenti tecnologici, il Centro dispone di un laboratorio odontotecnico interno, ambiente in cui il dott. Zambelli ha iniziato la sua attività professionale
Ortopantomografo - teleradiografo - combine
e in cui ha maturato un’ottima esperienza. «In questo spazio vengono costruite le protesi e modificate all’istante affinché il paziente non si debba mai allontanarne dal luogo in cui lo stiamo curando. Alcune lavorazioni, ad esempio, sulle chiusure marginali delle corone, vengono controllate fino a 50 ingrandimenti sotto il microscopio e ogni manufatto, viene lavorato per ottenere il massimo risultato che soddisfi il paziente dal punto di vista della sua salute e del suo benessere generale e sotto lo stretto controllo del dott. Enzo Zambelli».
Centro Dentale La Fucina - V ia Oli ve ' 3 2 /H , Verona Telefono : 0 4 5 5 5 867 7 - mail @ centrodentalelafucina. it
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Ma il bouquet.... perché? È un’antica tradizione araba quella di agghindare il capo della giovane promessa con i candidi fiori d’arancio,che per il loro candore marcavano simbolicamente la purezza della fanciulla. Benché venga scelto dalla sposa, tradizionalmente è lo sposo a provvedere all’acquisto del bouquet per la futura moglie, proprio come ultimo omaggio da fidanzato. Ogni fiore ha il suo significato. La composizione floreale è quindi un ottimo modo per lanciare messaggi criptati al proprio amore, creando un piccolo spazio d’intimità nonostante gli occhi di un centinaio di invitati. E il lancio del bouquet? Le origini di questa originale pratica sono piuttosto oscure, e non si riesce a dire con certezza i motivi che stanno dietro alla credenza che vede prossime le nozze della fortunata che riesce ad afferrare il tanto desiderato mazzo. Oggi molte spose, per evitare che le agguerrite nubili si lancino in spintoni, preferiscono scegliere prima chi sarà la fortunata e sfuggire così ad eventuali e poco eleganti contese. Una cosa vecchia, una nuova, qualcosa di prestato, di blu e una
cosa regalata... È una tradizione inglese quella che vuole che la futura sposa indossi un oggetto nuovo e uno vecchio come simbolo del passaggio dalla fanciullezza alla nuova condizione di moglie. L’idea di nascondere tra i capelli un fermaglio prestato dalla zia o dalla nonna si riferisce invece al desiderio di rendere parte della cerimonia la persona a cui appartiene. Deriva invece da un’usanza ebraica l’uso di aggiungere qualcosa di colore blu al look della sposa. Secondo questa tradizione il nastro ceruleo che ornava le spose sanciva la loro purezza e la loro fedeltà. Per quanto riguarda l’ oggetto regalato deriva dall’uso britannico di inserire una moneta da sei pence nella scarpa della sposa come augurio di ricchezza e prosperità economica per la nuova coppia. Lo sapevi che... Il giorno prima delle nozze gli sposi non dovrebbero né vedersi né parlarsi; e questo lo sanno tutti. Ma forse meno conosciuto è un altro aspetto della tradizione. Lo sposo, una volta uscito di casa, deve infatti recarsi direttamente in chiesa e, secondo l’uso, per nessun motivo può tornare sui suoi passi. Per evitare che, pre-
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so da un’improvvisa follia, “sbagli strada” viene seguito da un amico o dal testimone che, nel caso di eventuali dimenticanze tornerà indietro al suo posto. Perché ti devo prendere in braccio? Se lo sarà chiesto, il vostro lui, soprattutto dopo una giornata faticosa e tesa come quella del matrimonio. Ma è davvero fondamentale sorreggere il dolce peso della propria metà per il primo ingresso nella nuova casa? La risposta è assolutamente sì! L’usanza di prendere tra le braccia la sposa per compiere la prima ufficiale entrata nel nido d’amore, trova le sue origini già nell’antica Roma. Se per caso la sposa, per l’emozione, fosse inciampata durante il primo ingresso, era segno chiaro di un cattivo presagio, e voleva dire che le divinità della casa non erano per nulla bendisposte nell’accogliere la fresca sposa. Da qui la tradizione, pratica oltre che romantica, di accompagnare in braccio la moglie nella nuova casa e nella nuova vita. Sposa bagnata, davvero più fortunata? È il vostro giorno. E piove. Un comitato di parenti cerca di consolarvi con incessanti: “Sposa bagnata, sposa fortunata”, ma voi non ci credete, e non riuscite a smettere di maledire quei nuvoloni. Ebbene, quello che sembra solo un proverbio nato da madri e zie premurose per rincuorare sposine affrante, nasce invece da un mondo più lontano. Ed è quello della vita contadina, scandita dai ritmi della terra e dalle stagioni. Come la pioggia, in un simile contesto, garantiva l’abbondanza di raccolti così, si pensava che assicurasse alla sposa un altro tipo di “abbondanza”.
Fiordiloto di Grezzana Via Roma, 46/A, 37023 Tel. 045 907811
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e persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone” , diceva Steinbeck e l’agenzia viaggi FIORDILOTO di Grezzana crea possibilità di questo tipo, ogni giorno, da quasi vent’anni. Nata nel 1996, ama definirsi la “memoria storica” della Valpantena, perché, semplicemente, lo è davvero. Con servizi che spaziano dalla biglietteria all’offerta di pacchetti turistici, tour organizzati o studiati ad hoc sempre in collaborazione con i migliori tour operator, FIORDILOTO è il vero punto di riferimento a cui affidarsi per raggiungere mete vicine o lontane. La professionalità delle operatrici coniugata all’attenzione nella cura di ogni dettaglio del viaggio, la disponibilità sempre accompagnata dalla cortesia nel rispondere a tutte le domande. Questi gli elementi cardine della filosofia dell’agenzia di Grezzana. Nel 2014 tutto cambia, ma in meglio, ovviamente. Lasciata la storica sede di via Roma con il suo piccolo ingresso a volto, FIORDILOTO si trasferisce a pochi metri di di-
stanza, al civico 46/A , in uno spazio nuovo, più ampio e luminoso. Cambiano gli uffici ma invariata rimane la passione per un lavoro meraviglioso che è quello di far sognare le persone. La creatività nel proporre mete e soluzioni originali secondo le esigenze del cliente cresce con “TRAVELS&EVENTS”, la nuova veste che fa dell’agenzia una risorsa non solo nell’organizzazione di viaggi e soggiorni ma anche per la pianificazione di proposte destinate al business. Dal desiderio di essere più presente in tutta la vallata nasce l’idea di aprire una sede anche in Lessinia. Così nel 2015 FIORDILOTO raddoppia perchè acquisisce un’altra consolidata realtà della vallata. LA LESSINIA NEL MONDO di Bosco Chiesanuova che entra nel gruppo come Filiale di Fiordiloto Per i clienti sarà dunque possibile interfacciarsi con entrambe le realtà, e qualora avessero la necessità di terminare una pratica o di ricevere della documentazione, lo potranno fare comodamente in una sede piuttosto che nell’altra.
Se le tue nozze si avvicinano, non perderti l’aperitivo per novelli sposi, organizzato da FIORDILOTO Sabato 23 maggio, dalle ore 11, presso Borgo 27 Via Borgo 27 37023 Grezzana - Verona É gradita gentile confer ma telefonica o via email entro il 20 maggio.
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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE
Possiamo fidarci della frutta italiana di Matteo Bellamoli
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Dopo le recenti inchieste sul settore diffuse da alcune emittenti televisive che hanno scatenato il dibattito online, abbiamo intervistato Stefano Pezzo, presidente di Fruitimprese Veneto e da anni nel settore, per capire come viene garantita qualità e sicurezza al consumatore.
Stefano Pezzo presidente di Fruitimprese Veneto
n questo ultimo mese, su più emittenti televisive, sono stati proposti dei servizi che hanno puntato il dito contro l’effettiva sicurezza alimentare e la tutela del consumatore di frutta. Da un lato si è parlato della facilità con cui i venditori al dettaglio possono commerciare merce biologica che tale non è, dall’altro si è invece focalizzata l’attenzione su alcuni prodotti chimici utilizzati da antiparassitari che sembrerebbero essere presenti sulla buccia della maggior parte dei frutti comuni (mele, pere, pesche, agrumi…). Si tratta chiaramente di questioni che toccano da vicino un grande numero di consumatori, alla luce anche della sempre maggiore sensibilità verso alimentazioni vegetariane e vegane. Se la frutta, dal punto di vista della domanda, sta crescendo rispetto agli anni scorsi, è legittimo chiedersi se la qualità del prodotto può essere in ogni caso tutelata. Per capire come funzioni il settore e fare chiarezza su
questi argomenti, abbiamo intervistato Stefano Pezzo, da anni nel settore ortofrutticolo e oggi presidente di Fruitimprese Veneto. Dott. Pezzo, in questo ultimo periodo anche il settore ortofrutticolo è stato criticato per un utilizzo di prodotti nocivi per la salute durante la coltivazione. Quali normative esistono in Veneto per garantire la sicurezza a partire dalla coltivazione? Il Veneto, al pari di tutte le altre regioni Italiane, si deve adeguare alla normativa comunitaria che è molto stringente su materie che riguardano la salute dei consumatori. Purtroppo il settore è un bersaglio facile per reportage che mirano solo a creare scandalo. Le notizie ufficiali, diramate dall’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ndr) e che riguardano il monitoraggio dei residui di fitofarmaci realizzato annualmente dall’Unione Europea, offrono un quadro diverso e molto lusinghiero. All’interno dell’Unione Europea il 97,1% dei campioni analizzati hanno dei residui nei limiti consentiti ed il 54,6% è esente da residui. In Italia la situazione è ancora migliore: il 99,6% dei campioni è nei limiti ed il 61,8% è esente da residui (e non stiamo parlando di biologico). Che ruolo ha Fruitimprese Veneto dal punto di vista della sicurezza e della qualità? I soci di Fruitimprese, sia veneti che di altre regioni, sono aggiornati in
tempo reale sulle nuove normative sanitarie e fitosanitarie e ritengono che il rispetto della qualità e della salubrità dei prodotti sia una componente fondamentale per poter svolgere la loro attività nel miglior modo possibile. Nel momento in cui i prodotti sono raccolti per essere immessi sul mercato, quali sono i passaggi o i controlli cui devono sottostare? Anche in Italia il canale di vendita più importante è diventato quello della grande distribuzione che, spesso, sul fronte dei residui adotta dei disciplinari molto severi e più stringenti rispetto alle normative vigenti. La stragrande maggioranza degli operatori aderenti a Fruitimprese è dotata di laboratori di analisi interni o stipula convenzioni con laboratori riconosciuti ed accreditati per effettuare analisi preventive sui prodotti da immettere sul mercato. Parliamo di biologico. In che percentuale i produttori veneti coltivano biologico e anche in questo caso quali tutele sono offerte al consumatore? La percentuale di prodotto biologico è ancora molto esigua, anche se l’Italia si pone tra i maggiori produttori di questo tipo di produzioni. Le tutele sul biologico dovrebbero essere massime e, se raffrontiamo i dati con il monitoraggio del prodotto convenzionale, si può dire che i rischi siano pari a zero.
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AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE Un consiglio pratico: meglio sbucciare la frutta prima di mangiarla o possiamo fidarci a consumarla integralmente? Il consiglio che ci viene offerto da luminari e scienziati è quello di mangiare la frutta con la buccia dopo averla lavata per non perdere l’apporto di fibre contenute nella buccia. Un’ultima domanda. Con questa attenzione verso il biologico, il mercato dell’ortofrutticolo gode di una buona salute. Ci sono rischi che l’innalzamento della domanda abbassi la qualità dei prodotti o che, tramite importazione, si perda l’identità territoriale dei prodotti? Gli operatori italiani rivolgono la massima attenzione a questi aspetti senza disdegnare il prodotto di importazione che in molti casi è utile per ampliare la gamma dell’offerta o per garantire forniture dodici mesi l’anno.
Fruitimprese Veneto Costituita nel 1935, dal 1949 ha assunto la forma di Associazione con il nome di ANEIOA. Alla vigilia del 60° anniversario di attività ricopre ancora un ruolo fondamentale ed insostituibile per favorire lo sviluppo delle imprese impegnate nell’attività di export-import in un settore che nel tempo ha contribuito in maniera rilevante all’affermazione del “Made in Italy” nel mondo. Dal dicembre 2008 prende il nome di FRUITIMPRESE. Le aziende associate a Fruitimprese Veneto producono , confezionano e distribuiscono in Italia e all’Estero i prodotti principali che si trovano in Veneto ( in ordine di diffusione) : Mele, Patate, Radicchio, Pere, Kiwi, Pesche e Nettarine, Fragole, Pomodori, Meloni, Cipolle, Zucchine, Lattughe, Peperoni, Ciliegie, Carote, Cetrioli, Melanzane, Cavoli, Aglio e altri articoli. Inoltre fanno parte di Fruitimprese Veneto anche altri operatori della filiera ortofrutticola come Importatori di frutta e verdura proveniente da tutto il Mondo, agenzie di intermediazione, fornitori diversi alla produzione, allo stoccaggio e al confezionamento.
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Falzi Autotrasporti Falzi Commerciale Due aziende veronesi, e un polo unico, al servizio dell’ambiente
Zeno, Giuseppe e Michele Falzi
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n Italia e in Europa sono quattro le parole d’ordine, diventate leggi da anni, che regolano la corretta gestione dei rifiuti urbani e industriali. Iniziano tutte con la lettera “R”: ridurre, riutilizzare, riciclare la materia e recuperare energia. A Verona, ad occuparsi da quasi quarant’anni di questi aspetti, con dedizione e professionalità, è la famiglia Falzi. È il 1976 quando Giuseppe Falzi, originario di Grezzana, avvia un’attività in proprio nel settore del commercio dei rottami e dei prodotti ortofrutticoli. A segnare una prima svolta professionale, che determinerà lo sviluppo degli anni avvenire dell’azienda e ne connoterà la natura imprenditoriale, avviene in concomitanza con la parallela espansione in Valpantena del polo produttivo marmifero. La Falzi Giuseppe, infatti, si struttura specializzandosi nel servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti provenienti dalla lavorazione lapidea: fanghi di marmo e granito e nel trasporto, recupero e/o riciclaggio di rifiuti speciali non pericolosi (ferro, imballaggi misti, plastica, polistirolo, nailon, gomma, vetroresina, legno, carta, ecc.), destinati a discarica, cernita o recupero. Nel corso degli anni la ditta individuale ottiene presso l’Albo Gestori Rifiuti tutte le autorizzazioni al trasporto e all’intermediazione di rifiuti pericolosi e non. Si arriva al 2013 quando i figli di Giuseppe, Michele e Zeno, subentrano al padre trasformando la ditta individuale in Falzi Autotrasporti Srl. A questa nuova realtà, nata appunto nel 2013, si affianca già da dodici anni la Falzi Commerciale Srl. Fondata nel 2001, questa seconda azienda di famiglia si specializza, in particolare, nel recupero
di rottami ferrosi e metalli, i quali, una volta selezionati e cerniti vengono avviati al recupero. Altra attività della ditta è l’effettuazione di demolizioni industriali di qualsiasi grandezza con mezzi idonei e personale specializzato. Il connubio e la coesistenza di queste due aziende parallele permette oggi a Zeno e Michele, con la supervisione attenta del papà, di gestire il tema rifiuti a 360 gradi andando incontro alle esigenze, anche quelle più particolari, sia delle aziende che del privato. Falzi Autotrasporti. Tra i molteplici servizi che l’azienda eroga con rapidità, esperienza e professionalità, si può annoverare il trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi di provenienza industriale e urbana. Questo avviene per mezzo del noleggio, della consegna e del recupero in loco di cassoni e navette di varie dimensioni, dai 5 ai 32 mc (sono oltre 200 quelli di proprietà, ndr). Ma, oltre ai cassoni la Falzi Autotrasporti fornisce alle imprese imballaggi speciali (fusti, big bag, cisternette...) per lo stoccaggio dei rifiuti. Entrambe le soluzioni prevedono il carico con automezzi scarrabili dotati, in taluni casi, di attrezzatura gru ragno. Uno dei veri punti di forza dell’azienda è la consulenza che è in grado di offrire sia a livello burocratico, con la corretta gestione del registro di carico/scarico rifiuti e compilazione M.U.D., sia a livello di ottimizzazione dei servizi di smaltimento, recupero e trasporto e sicurezza dei rifiuti, preceduti da un’approfondita analisi e valutazione del contesto aziendale in cui vengono prodotti. Falzi Commerciale. Dal commercio alla selezione, passando dalla cernita di rottami ferrosi e metalli, quali rame, cavi di rame, ottone, bronzo, piombo, alluminio per citarne alcuni, la Falzi
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39 Commerciale si occupa fin dalle origini, nel 2001, della demolizione e dello smantellamento di edifici e macchinari industriali di qualsiasi grandezza o entità. I metalli recuperati, come dicevamo, dopo un’accurata cernita vengono avviati al recupero definitivo, ma l’attività aziendale non si ferma qui. L’azienda offre servizi di recupero di rifiuti industriali e urbani non pericolosi (carta, legno, ramaglie, polistirolo, imballaggi misti, vetro, materiali edili...), di rifiuti plastici di qualsiasi tipologia, sia (ed è questo un altro valore aggiunto) di rifiuti speciali pericolosi. Polo Unico IN VALPANTENA. Una data importante per la Falzi Commerciale e la Falzi Autotrasporti è quella del 1 marzo 2015. Da quel giorno, infatti, le due aziende sono state autorizzate ad esercitare le attività di recupero, di selezione e di cernita di qualsiasi tipologia di rifiuto industriale e urbano. Questo passaggio è fondamentale perché, se fino a quella data venivano gestiti internamente solo rifiuti di rottame di ferro e metalli, oggi viene concesso alle due aziende di gestire all’interno di un polo unico di oltre 4mila metri quadrati tutto il ciclo di vita dei rifiuti derivanti dal conferimento di terzi in azienda o dal ritiro con mezzi autorizzati presso le altre aziende, per poi effettuare un’accurata cernita al fine di avviare al recupero più rifiuti possibili. Ad oggi i dati dicono che grazie a questo tipo di azioni, in media si ottiene un recupero dei rifiuti che arriva fino al 60%. Per citare un semplice esempio che fa capire l’importanza di questo passaggio fondamentale, è sufficiente pensare alle tante imprese edili o ai privati che devono smaltire manufatti in cemento o cartongesso a seguito di una demolizione. Per entrambi, gli accessi ai centri di raccolta comunali non sono consentiti, mentre nella sede diGrezzana delle aziende Falzi questo è possibile.
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RIVOLUZIONE IN EDILIZIA. La nascita del polo unico in Valpantena per la gestione dei rifiuti va a risolvere una questione annosa piuttosto importante che riguarda in particolare le numerose imprese edili del territorio. «Confrontandoci con gli artigiani locali sul tema rifiuti, emergeva quotidianamente un profondo disagio da parte loro sul fatto che, alla fine della giornata lavorativa in un cantiere, si andava incontro alla difficoltà di smaltire i tre rifiuti che si producono in questo settore (materiale edile, rifiuti misti e rottami ferrosi)» spiega Zeno Falzi, amministratore delegato dell’azienda «Si tratta infatti di rifiuti speciali che in area ecologica non è possibile portare, e che vanno destinati a impianti autorizzati per tipologia singola. Quindi, dopo dieci, dodici ore di lavoro, un artigiano è costretto ad andare in due o tre centri diversi per poter svuotare il proprio carico. Proprio per andare incontro a questa esigenza è nata l’idea del polo unico: con questo servizio integrato diamo la possibilità di ottimizzare i tempi di rientro a casa, conferendo tutte le tipologie di rifiuto presso la nostra sede. AUTORIZZAZIONE AL CONFERIMENTO. Per poter conferire i rifiuti presso il Centro di via Carrara 10, come in tutti gli altri centri autorizzati, è necessario avere l’autorizzazione al trasporto di rifiuti in conto proprio (Ai sensi del comma 8 dell’art. 212 del d.lgs. 152/2006 e dell’art.8 comma 1 lettera b del DM 120/2014). Per chi ancora non ne fosse in possesso, Falzi Commerciale provvede alla produzione della documentazione necessaria. Orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18. Il sabato dalle 8 alle 12.
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SALUTE & BENESSERE Mangiare sano? Aiuta a vivere meglio L’obesità è un’epidemia silente, ma non è solo questione di chili. Il segreto per una lunga vita in salute, dice l’esperienza dell’oncologo ed epidemiologo Franco Berrino che ha studiato la correlazione tra alimentazione e insorgenza dei tumori, ha come presupposto la semplicità. A partire dalla tavola...
Proff. Franco Berrino
di Marta Bicego
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i mangiava meglio, e in maniera più sana, quando si stava peggio. E il prezzo da pagare si conta in chili che si accumulano sulla bilancia, senza guardare in faccia a nessuno. I dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanità per la Giornata mondiale della salute testimoniano una “epidemia silente globale” che nel Paese simbolo della dieta mediterranea colpisce oltre 4 milioni e 700 mila adulti. Fenomeno in aumento nell’ultimo quinquennio, tanto da contagiare le giovani generazioni che crescono pure in termini di peso corporeo al ritmo di abbondanti porzioni di snack e patatine fritte innaffiate da litri di bibite zuccherate. «L’obesità giovanile? Non è più tanto silente, nel senso che è oggettivamente visibile specie nel Sud Italia» esordisce senza giri di parole il professor Franco Berrino. A Verona per l’evento “Chi mangia sano va forte e va lontano”, orga-
nizzato dall’associazione Amici di Verona nell’ambito di UniVeronaXExpo, ha voluto innanzitutto incontrare i futuri chef dell’Istituto alberghiero Angelo Berti di Chievo per dispensare consigli e suggerimenti da mettere in pratica tra i fornelli. Oncologo alla guida del Dipartimento di Medicina preventiva e predittiva dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, Berrino ha dedicato la vita all’epidemiologia e allo studio dell’alimentazione, ricercando le correlazioni tra ciò che si mangia e l’insorgenza del cancro. «Nell’ultimo mezzo secolo le abitudini a tavola sono mutate» fa notare. E ciò, dice, non ha portato con sé dei vantaggi. Anzi... Il cibo, insomma, può nuocere alla salute? Oggi conosciamo molto bene quali sono le cause alimentari dell’obesità. La prima è l’eccesso di proteine nell’alimentazione, la seconda è la raffinazione. I figli
crescono con bevande zuccherate, farine raffinate, patatine, dolciumi commerciali. L’alimentazione dovrebbe privilegiare invece il cibo integrale: cereali, legumi, verdure e frutta di stagione. Ciò non interessa l’industria.... Una cattiva nutrizione fa male. Ma quale correlazione esiste con il cancro? L’obesità è associata al cancro e le persone grasse si ammalano di più. Una scorretta alimentazione favorisce il diabete e alti livelli di glicemia nel sangue. Chi ha la glicemia alta nel sangue, anche all’interno dei cosiddetti valori normali, si ammala di più di cancro. Per tenere bassa la glicemia bisogna evitare i cibi raffinati. La nostra alimentazione è esageratamente ricca di zuccheri e di latte. Inoltre, mangiamo troppe proteine. È necessaria, pertanto, una rivoluzione nelle abitudini a tavola? Bisogna ritornare ai sapori semplici, quelli precedenti alla rivoluzione
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SALUTE & BENESSERE industriale in campo alimentare. Bisogna tornare al cibo, più che delle nostre nonne, delle bisnonne. Bisogna ritornare in cucina. Le persone dicono di non avere tempo di mettersi ai fornelli? Basta che smettano di guardare i programmi di cuochi in televisione e troveranno il tempo di cui hanno bisogno per cucinare. Mettersi ai fornelli sì, ma in modo diverso e con una nuova mentalità? Serve riscoprire la forma mentis vecchia, con la ricchezza e la varietà che abbiamo a disposizione oggi. Una volta la gente aveva un’alimentazione sana, ma troppo povera e con una scarsa varietà. Ora possiamo permetterci una grande varietà di cibi. La biodiversità nel piatto è importante. La prevenzione inizia a tavola. Ma una giusta alimentazione può anche curare? Con il cibo possiamo guarire il diabete e aiutare le terapie anticancro. Possiamo guarire dalle malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide. Riusciamo a fare stare bene le persone che soffrono terribilmente per coliti ulcerose o a causa del morbo di Crohn. Possiamo aiutare chi soffre di emicrania. Possiamo, insomma, vivere meglio....
Veneto, isola felice? Nel 2010 nel mondo, rivela l’Oms, a causa dell’obesità 3,4 milioni di persone sono morte. Sono diminuiti (del 4%) gli anni di vita, per l’insorgenza di malattie cardiovascolari e respiratorie. Un numero che, nella quotidianità, si traduce in costi relativi ad assistenza medica, somministrazione di farmaci, ricoveri ospedalieri. La spesa sanitaria sostenuta per curare un soggetto obeso è in media il 25% maggiore rispetto a quella per un paziente normopeso. Fortunatamente in Veneto, nel 2013, il 57% delle persone tra i 18 e 69 anni era normopeso; il 30% sovrappeso; il 10% obeso contro il 3% sottopeso. Meno preoccupanti le statistiche che riguardano i bambini: il 75% era normopeso rispetto al 17% sovrappeso; il 5% è risultato essere obeso e l’1% sottopeso.
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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT
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I “semi” di una nuova didattica per una “buona” scuola Sono una ventina le scuole del nostro territorio riunite nelle “Reti per le competenze – Istituti Comprensivi Verona e provincia”, allo scopo di promuovere una nuova didattica a misura di bambini e ragazzi. di Francesca Mauli Una nuova didattica nelle scuole, più orientata alle competenze e al raggiungimento di traguardi, che ai “classici” programmi. A richiederla non sono solo le nuove indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (che comprende scuole elementari e medie), uscite nel 2012 e fortemente volute dal Ministero dell’Istruzione, recettive delle Raccomandazioni europee in tema di competenze, ma gli stessi ragazzi, sempre più vicini alle nuove tecnologie e, di conseguenza, a nuovi modi di apprendere. Anche la scuola veronese si sta muovendo verso l’innovazione, e lo fa concretamente attraverso la nascita di alcune reti di scuole che lavorano insieme per costruire i “semi” della scuola del futuro. «Siamo abituati a un modello scolastico che non è più sufficiente» spiega la dottoressa Laura Donà, dirigente tecnico MIUR presso l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto. «I bambini di oggi sono diversi da quelli del passato, hanno esigenze e difficoltà diversificate, nuovi modi di leggere la realtà e di apprenderla, individualità che devono essere ascoltate e valorizzate; la scuola deve andare di pari passo con questo cambiamento». «Le indicazioni 2012 – prosegue Rossella De Vecchi, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo 1 di Pescantina, capofila di una delle reti presenti nel nostro territorio – ci spinge a lavorare su “traguardi finali”, da far raggiungere ai ragazzi con modalità costruite su misu-
ra, e su “competenze”, certificate alla fine di ogni ciclo scolastico con uno specifico certificato diverso, ma simile alla pagella. L’unione tra le tematiche irrinunciabili nella formazione – come quelle presenti nei “vecchi” programmi- e la creatività dell’insegnante, condurrà i ragazzi verso il raggiungimento di obiettivi educativi specifici e di “competenze di cittadinanza” che contribuiranno a disegnare il cittadino del futuro». Questa ricerca didattica affianca al tradizionale modo di fare scuola una formazione che guarda alla persona nella sua complessità, con particolare attenzione a chi presenta bisogni educativi specifici, disturbi dell’apprendimento, disabilità, ma anche ai cosiddetti “gifted”, alunni con forme di intelligenza eccellenti e creative. Un modo di lavorare diverso, in cui l’apprendimento non è più fornito dall’insegnante attraverso la ripetizione di nozioni, ma è guidato, in modo che sia l’alunno, attraverso la propria curiosità e con le proprie capacità, a raggiungere la conoscenza. Ne consegue un modo diverso di lavorare per gli insegnanti, che necessitano quindi di formazione. «Nonostante i finanziamenti ridotti,
il Ministero dell’Istruzione ha elaborato un piano di accompagnamento per il personale» specifica Laura Donà. «In questo processo sono coinvolte attivamente le scuole, che possono presentare dei progetti in rete con altri istituti proprio per sperimentare queste novità. Le reti più meritevoli ricevono un finanziamento per la realizzazione del progetto». Queste reti, che devono comprendere almeno 5 scuole (una scuola capofila, più altre 4, di cui una di secondo grado), nascono autonomamente, attraverso l’interesse di singoli dirigenti e insegnanti che iniziano a collaborare, e sono messe in connessione tra loro attraverso incontri provinciali, regionali e nazionali. A Verona e provincia si contano oggi cinque reti finanziate e altre 2 nuove per il corrente anno scolastico, ognuna contraddistinta da una scuola capofila (I.C. Montecchia e Roncà, I.C. Nogara Don G. Calabria, I.C. Pescatina 1, I.C. Verona 17 Montorio, I.C. Verona 19 Santa Croce), unite sotto un unico logo, quello delle “Reti per le competenze – Istituti Comprensivi Verona e provincia”; le nuove reti sono afferenti all’IC di Borgo Milano e all’IC di Bardolino.
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SOLIDARIETÀ & NO PROFIT Queste realtà si sono incontrate lo scorso 26 marzo, presso le scuole medie G. Verdi di Santa Croce, per condividere impressioni, idee, problematiche e soluzioni didattiche nel seminario “Scambiamoci le pratiche” organizzato con brevi momenti comuni di conoscenza ma soprattutto con la partecipazione attiva a 8 workshop animati dai docenti sperimentatori. All’evento hanno partecipato 165 insegnanti della scuola dell’infanzia, primaria e media. «I partecipanti – anche quelli che ancora non fanno parte delle reti - si sono dichiarati molto contenti dell’esperienza, mostrando un grande interesse verso queste nuove esperienze didattiche» spiega Isabella Avesani, insegnante e coordinatrice della rete coordinata dall’I.C. Verona 17 Montorio. L’impegno messo dagli insegnanti in questi progetti – va detto - è totalmente volontario: «non c’è alcun obbligo di partecipare alle reti, né viene
riconosciuto un compenso extra a chi impiega creatività, passione e tempo per sviluppare le basi della nuova didattica. Lo facciamo per-
ché ci crediamo, e speriamo che siano sempre di più i colleghi “ambasciatori di innovazione” nelle proprie scuole» conclude Isabella Avesani.
IL RACCONTO DI UN’ESPERIENZA
Isabella Avesani e Nicoletta Trivellati, insegnanti, raccontano il progetto di geostoria sviluppato con la classe prima della scuola elementare di Montorio
Durante lo scorso anno scolastico, con la prima elementare, abbiamo elaborato un progetto di “geostoria”. Con bambini così piccoli è necessario lavorare in un ambiente conosciuto; per questo, abbiamo scelto di muoverci all’interno della scuola stessa. L’abbiamo visitata, per capire come fosse disposta, a cosa servissero i diversi spazi, osservando come, in alcuni casi, in uno stesso spazio venissero svolte più attività, introducendo così il concetto di contemporaneità. Coinvolgendo i nonni, attraverso i loro racconti e le foto del passato, abbiamo visto come nel tempo la scuola sia cambiata, come il passato influenzi il presente e come ogni luogo racchiuda in sé una storia. A conclusione del progetto, gli alunni stessi hanno fatto da ciceroni all’interno della scuola ai bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia, che l’anno successivo avrebbero occupato i loro stessi banchi, introducendoli al cambiamento. Anche la seconda A, con le insegnanti Roberta Pernigo e Maria Grazia Nicolis, e la seconda B, con l’insegnante Patrizia Gheller, hanno sviluppato dei progetti di geostoria. Quest’anno, invece, le risorgive di Montorio sono diventate le protagoniste di un nuovo progetto sullo stesso filone; a conclusione del percorso, in un’ottica di scambio e relazione, ospiteremo i bambini delle elementari di Pescantina, accompagnandoli alla scoperta di quel luogo, e saremo poi loro ospiti nell’ambito del progetto che hanno realizzato nel loro territorio.
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GIOVANI & LAVORO
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Arte urbana: quando il il
quartiere diventa a colori
di Giulia Zampieri
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Colori Portanti, il giovane progetto che nasce per promuovere l’arte urbana nei quartieri di Santa Lucia e Golosine, si racconta a modo suo: tra immagini, colori, scritte a caratteri cubitali e sogni nel cassetto.
’arte si è fatta strada e si è intrufolata tra le crepe di un grigio muretto per colorarlo di vivacità: un foglio di carta che, piegato, diventa una barchetta, curiosa di navigare per mari inesplorati. E poi, l’arte si è anche fatta largo nel sottopasso che ogni mattina guida piccoli studenti e grandi sognatori, accompagnati come al solito da mamma o papà, a scuola. Sì, però questa volta a bordo di una mongolfiera! Se siete della zona li avrete sicuramente già visti: in via Tevere si viaggia per mare, in Via Mantovana si preferisce il cielo. Nicolò Ferrarese, Alberto Boso, Valeria Pierantoni sono i nomi dei tre amici che, riuniti da un anno a questa parte nell’associazione culturale Il Triangolo, hanno deciso di riqualificare e valorizzare il quartiere di Golosine, dove sono cresciuti, e di Santa Lucia attraverso opere di arte urbana. Colo-
ri Portanti è l’ambizioso nome di questa ammirevole iniziativa. «L’idea è nata durante un’esperienza Erasmus» ci racconta Nicolò, presidente dell’associazione, «quando io a Valencia e Alberto a Parigi abbiamo potuto osservare come l’arte urbana e i suoi colori fossero in grado di abbellire e valorizzare anche le zone più grigie di queste città. Al ritorno in Italia, quindi, abbiamo pensato che si potesse dare colore anche ad alcuni spazi degradati, ma ancora pienamente in uso, della nostra città». A meno di un anno dalla nascita del progetto, la soddisfazione che si coglie anche nelle parole di Nicolò è tanta ma ancora di più è la ferma volontà di proseguire, e di aggiungere altri pezzi a questa galleria a cielo aperto. «Fin da subito- prosegue Nicolò- abbiamo goduto del pieno appoggio della Circoscrizione 4^
che ha accolto la nostra proposta come una preziosa opportunità per aggiungere valore e bellezza ai nostri quartieri, dando vita, non per ultimo, a dei momenti di aggregazione per giovani e ragazzi». E complici la serietà e la dedizione che hanno animato Colori Portanti fin dalla sua nascita, il progetto si è rivelato un’occasione per fare chiarezza in un ambito, quello della street art, dipinto talvolta in modo controverso. Un’occasione in più per affrancare l’arte urbana da giudizi dati spesso frettolosamente. «A fine maggio si concluderà la prima fase di Colori Portanti -ci spiega il presidente dell’associazione- con un’iniziativa a cui teniamo davvero molto. Per dare continuità alla storia del nostro quartiere abbiamo pensato di realizzare dei nuovi murales per decorare i 16 pannelli che erano stati abbelliti nel 1993, durante
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GIOVANI & LAVORO un evento organizzato nel parco di via Po, e che ora risultano molto rovinati, anche da scritte abusive. Alcuni di questi graffiti sono così radicati nella storia del quartiere che desideriamo restaurarli: tra questi, quello storico che riporta il messaggio “Golosine non è solo droga”». Come ci racconta Nicolò, l’iniziativa ha riscosso un successo inaspettato: il bando, conclusosi lo scorso 12 aprile, per selezionare i bozzetti dei nuovi disegni, ha visto molte più proposte inviate rispetto al numero di pannelli disponibili, molte delle quali arrivate anche da fuori città. Ricchissima la varietà di stili e tematiche: bianco e nero oppure colori, il tema del viaggio e il gusto per la scoperta, e poi temi legati all’ecologia e all’ambiente, fino all’importanza, oltre che alla necessità, della diversità. Le date precise si sapranno a breve (e anche noi di Pantheon ve le comunicheremo al più presto, ndr) ma intanto abbiamo già una cer-
Contatti: Facebook/ Colori Portanti – Verona coloriportanti.vr@gmail.com
tezza: sarà un maggio coloratissimo quello che ci aspetta. E infine, è forse possibile non chiedere a un gruppo di visionari quali sono i sogni che tengono nel cassetto? Tra i desideri di Alberto, Nicolò e Valeria c’è quello di continuare il murale realizzato nel sottopasso che porta alle scuole elementari, in un luogo così importante per i bambini e per il loro futuro. E magari, portare l’arte urbana anche
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all’interno delle classi, con laboratori realizzati in collaborazione con writers professionisti. Infine il sogno più grande: percorrere a colori Stradone Santa Lucia, decorando tutto il muro che circonda la Stazione Porta Nuova. Impresa non facile. Servirà ben altro però per scoraggiare chi è abituato a sognare tenacemente, in bianco e nero, e a colori ancor di più.
SPECIALE
I 100 anni della Grande Guerra
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L’attesa di una lettera La raccolta “Ta-pum” di Lucia Beltrame è un viaggio tra le righe dolorose delle missive dal fronte. In sei anni di lavoro la poetessa veronese ha raccolto oltre ottocento lettere delle famiglie del suo paese nella Bassa Veronese. L’abbiamo incontrata per farci raccontare le cronache intime, le confessioni e i pianti dei nostri soldati al fronte. di Giovanna Tondini Lucia Beltrame
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na lettera. Quale fascino, in un’epoca virtuale! Frammenti di carta, scritti con penna e calamaio. Faticosamente, da chi era poco abituato alla scrittura. Ma di una semplicità che senza giri di parole lascia fluire sentimenti profondi, veri, autentici. Intrisi di «angoscia, di paura dal sapore di piombo, di disagio» per la vita in trincea. «I morsi della fame, la sofferenza della sera e della malattia, la lontananza da casa, il desiderio struggente di una breve licenza che poi non viene firmata, un bisogno estremo di rivedere i propri cari, la moglie, soprattutto i figli piccoli, i genitori, la morosa, la voglia di tenerezza velata da un delicato pudore, infine desideri e speranze di porre termine a quella terribile esperienza, invocando la pace agognata da tutti». Tutto questo emerge tra le righe di quelle lettere inviate dai soldati al fronte alla propria famiglia. Che era in attesa – un’attesa struggente – di notizie. Lucia Beltrame Menini ha lasciato un documento importante e insostituibile alla storia. Una raccolta di preziose lettere, più di ot-
La ristampa in originale del libro «TA-PUM, Lettere dal fronte» è della Tipolitografia Arte Stampa s.n.c. dei F.lli Corradin Editori - Urbana (PD), settembre 2014.
tocento, costata il lavoro di quasi sei anni. «Un giorno nella casa in campagna dei miei nonni, mentre cercavo un tavolo in soffitta, con mio fratello, trovai una cassetta piena di lettere della Prima e Seconda Guerra mondiale», custodite ordinatamente dalla zia. «La portammo via con gran fatica da quanto pesava!». Da qui, da Via Larga 14 di S. Pietro di Morubio, ha avuto inizio l’interesse per la corrispondenza dal fronte, che attraverso un passaparola ha portato Lucia a raccogliere centinaia di lettere dalle famiglie di tutto il paese, compresa la frazione di Bonavicina. Un’occasione in più per raccontare la sua terra. Come ha iniziato a fare scrivendo poesie, subito dopo il pensionamento. «Ho lavorato tanti anni presso la Telefonia di Stato, per la quale mi sono trasferita a Verona insieme a mio marito». Poi, il tempo le ha consentito di dedicarsi alla sua vera indole: la scrittura, la poesia. Il dialetto è la sua lingua. Tanto da diventare anche giornalista pub-
blicista con la rivista «Quatro ciacoe». Con il lavoro «Ta-pum» si è calata nella parte di «corrispondente di guerra», come si definisce lei stessa. «Questi soldati li ho amati tutti. Difficile non soffrire con loro». In generale dalla corrispondenza non emerge un giudizio sulla guerra, a causa anzitutto della censura. Si percepisce cofoto di: Gabriele Tempo munque la rassegnazione dei soldati. «Partivano inconsapevoli, per poi rassegnarsi al loro destino». Inoltre, le lettere erano spesso standardizzate nel linguaggio, rassicuranti, quando rivolte ai genitori. E cosa dire di quell’attesa, spesso logorante, ma paziente, alla quale oggi non saremmo più capaci. Oggi che il tempo scorre veloce, ci sfugge. «Per la seconda volta mando alla sua persona un misero mio scritto» scriveva Amabile Guerra nel dicembre del 1915 ad Antonio Tognella, «per sapere notizie precise dell’amato mio Sposo suo compagno. Da giorni e giorni lo piango perduto, già in braccio mi sono data alla disperazione per una perdita sì tanto amata» (il marito Carli Primo Tullio era già morto il 23 novembre 1915 sul Medio Isonzo). L’attesa di allora durava giorni, settimane, mesi. Anche per chi si trovava al fronte. «Quando si era
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in guerra erano certamente tante le situazioni che davano forti emozioni, ma il momento che arrivava in linea il furiere con la posta era il più atteso» (Mario Rigoni Stern). Così Angelo Giarola scriveva: «io viò spedito 9 cartoline e 7 lettere, manio non o ricevuto nesuna notizia, da Voi». Perché, in una situazione drammatica, dove gravavano su ogni soldato «i patimenti sofferti di freddo sonno e stanchezza» e dove «si lavorava peggio delle bestie» (Alberto Pasini), dopotutto «scrivendo mi passa piu presto i giorni di male inconia (malinconia), come pure chredo che sia ancora di Voi altri tutti» (Vittorio Gobetti). Una lettera. Quale fascino? Oppure l’opportunità di provare a percepire, anche solo intuire, la sofferenza di milioni di persone. Un dolore, che per molti si è trasformato in un lutto, difficile da accettare e da superare. Con questa pubblicazione Lucia ha voluto lasciare un ricordo da
trasmettere alle giovani generazioni, «perché abbiano misura del caro prezzo pagato per l’attuale libertà». Soprattutto oggi che la
trasmissione della memoria ha rotto quel filo rosso che legava i nostri genitori e nonni alla storia della nostra terra.
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Alla scoperta di «Palazzo Rosso» a Grezzana
di Alessandra Scolari
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Villa Bevilacqua Lazise Giusti risale al 1580. Fu costruita da Ludovico Bevilacqua Lazise, in una zona amena, a meno di 200 metri dal campanile romanico della chiesa di Grezzana. Ha preso il nome di «Palazzo Rosso», per il colore rosso mattone della facciata. Al suo interno i molti affreschi testimoniano la passione per l’arte dei vari proprietari e all’esterno, il parco ritenuto di «interesse pubblico».
Facciata di Palazzo Rosso con l’elegante fontana
n Valpantena e a Grezzana i grandi investimenti fondiari iniziarono alla fine del ‘500. Nobili veronesi compravano terreni per ricavarne reddito e, per accrescere il loro prestigio costruirono ville nelle quali abitare durante i raccolti e le vacanze. Ville che, a mio avviso, oggi potrebbero entrare in un circuito turistico, valorizzando il paesaggio e i prodotti (vino, olio e frutta). «Un grande potenziale che aspetta di essere utilizzato», conferma Riccardo Cometti, attuale proprietario di «Palazzo Rosso», il quale di recente, negli edifici un tempo adibiti a servizi, ha ricavato una foresteria e alcune stanze, ricreando per gli ospiti spazi funzionali, accoglienti ed eleganti. «Palazzo Rosso» è un lineare edificio, con atrio ad archi bugnati,
sormontati da paraste che inquadrano le tre finestre del piano nobile; sotto gronda sette ammiccanti tonde finestrelle, sembrano occhi aperti che illuminano la facciata ed attirano il visitatore inglobandolo nell’intero complesso. Al centro la fontana (del secolo scorso), dell’architetto Ettore Fagiuoli, con alla base la vasca, un tempo usata come abbeveratoio degli animali, davanti si apre il giardino. Il retro della villa si affaccia sul parco e la campagna. Fa parte della Villa anche la chiesetta dedicata all’Assunta, con annessa casa. L’interno della Villa con le sue decorazioni affascina davvero tutti. Tanto che durante la seconda Guerra Mondiale il comando tedesco requisì «Palazzo Rosso» e poi gli americani (pochi mesi), anche loro «molto rispettosi delle
strutture», ha precisato Riccardo Cometti. A costruire questa Villa, secondo gli studiosi Marco Pasa e Luciano Rognini, è stato Ludovico Bevilacqua Lazise (medico), che commissionò i primi affreschi. Tra questi, commissionò a Bernardino India, la tela “ Mosè salvato dalle acque”, ispirato dalla pala di Paolo Veronese. Morì (1588), prima di terminare le decorazione. La proprietà passò al nipote Cesare, il quale affidò ad altri pittori gli affreschi delle stanze minori e amministrò con cura la proprietà ereditata e anche quella dei pronipoti, dei quali diventò tutore, alla morte del nipote Antonio. Aveva 27 anni e lasciò due bimbi piccoli e la moglie, Camilla Mondello Zorzi, incinta. Cesare contribuì anche a combinare il prestigioso matrimonio tra Antonia (figlia postuma del nipote Antonio) e Gian Francesco Giusti, assicurando una dote sostanziosa e consentendole di entrare nell’alta società veronese. Gian Francesco Giusti amava l’arte, tanto che il nonno, conte Agostino collezionista e protettore dei pittori dell’epoca, conoscendo la sua sensibilità verso l’arte, lo nominò erede del suo patrimonio artistico. Cesare Bevilacqua Lazise (1620) nominò eredi universali i pronipoti Giambattista e Galeotto, i quali, secondo gli storici, cedettero provvisoriamente alla sorella Antonia e al marito, la tenuta di Palazzo Rosso: Gian Francesco com-
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ARTE&CULTURA
Salone di Mosè, Bernardino d’India Paolo Caliari, il veronese, post 1580
ti, per 39mila lire, “l’intero podere denominato Palazzo Rosso, compreso l’oratorio”. Ed è con la famiglia Cometti che «Palazzo Rosso», ritrovò il suo antico fascino, anche se, nell’ottobre del 1897, il Comune di Grezzana con la costruzione della strada che porta a Montecchio, tagliò in due questa proprietà. Cesare Cometti stipulò con il sindaco una convenzione, nella quale impegnò il Comune “a costruire le mura di cinta, il cancello
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pletò così le decorazioni. Nel 1652 la proprietà tornò ai Bevilacqua Lazise. Seguirono altri passaggi, finché Michele e Luigi Bevilacqua Lazise (1811) cedettero l’intera tenuta all’avvocato Giò Batta Anselmi, il quale, alla sua morte, passò Palazzo Rosso alla figlia Giovanna, moglie di Bartolomeo Ruzzinenti: avevano un ingente patrimonio e 9 figli che lo ereditarono. Il 16 giugno 1883 Cesare Cometti acquistò da Giuseppe Ruzzinen-
Veduta del salone di Mosè
e, per non compromettere la visuale della villa, a non innalzare i fabbricati di civile abitazione”. Con Ottorino Cometti e poi con Carlo Cesare, sono aumentati i raccolti dei terreni agricoli: comparvero anche frutta e bachi da seta. Inoltre fra il 1920 e 1923, nella dimora padronale vennero riportati alla luce gli affreschi, nascosti dalla calce che li aveva protetti dalle epidemie. Per questo lavoro fu incaricato Angelo Zamboni (abitava a Romagnano), il quale affrescò l’atrio e il salone di entrata (danneggiati dall’umidità). Lavorava d’estate e si racconta «spesso restava ospite in villa». Il parco (disegnato dall’Arch. Fagiuoli), nel 1952, con decreto ministeriale venne classificato di “notevole interesse pubblico per i suoi secolari alberi che donano alla località una nota paesaggistica di non comune bellezza”.
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ARTE
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La nuova mostra in Gran Guardia
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Mostra Arte e Vino: un omaggio alle eccellenze del nostro Paese
Ne abbiamo parlato con Annalisa Scarpa, curatrice dell’esposizione insieme a Nicola Spinosa, che ci ha condotto tra le sale della Gran Guardia per raccontarci della mostra dal suo punto di vista. di Erika Prandi
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a mostra Arte e Vino è stata inaugurata l’11 aprile con due obiettivi: stimolare la curiosità verso musei meno noti ma ricchi di capolavori e indagare il rapporto tra l’uomo e il vino attraverso l’arte nelle varie espressioni artistiche. Per fare questo sono state selezionate 184 opere tra quadri, sculture e manifatture provenienti da oltre 90 prestatori. Le sale della Gran Guardia di Verona sono state adibite a museo per raccogliere quanti più capolavori (s)conosciuti si poteva. Così, tra un dipinto e l’altro, l’occhio salta da una coppa dorata a una statuetta in maiolica a un servizio di porcellana napoletana, e a molto altro. Ogni presenza rimanda al tema del vino, che sia rappresentato sotto forma di grappolo d’uva o di vino liquoroso. Ad aiutare il visitatore nella lettura delle molteplici allegorie anche un vero e proprio lessico bacchico, curato da Fernando Rigon. Ma se il fruitore pensa che proprio tutto sia collegato al vino si sbaglia, in quanto le pareti della mostra sono state dipinte in carta da zucchero, un
colore molto lontano dai forse più immediati toni del vinaccia. I due curatori, Annalisa Scarpa e Nicola Spinosa, coadiuvati da Villaggio Globale International e Skira editore per l’organizzazione , hanno espresso bene il messaggio sul quale è stata costruita l’esposizione. «Sono dipinti che normalmente non si vedono nei musei – ha precisato Spinosa – perché la storia è fatta anche di non capolavori». Lungo tutto il percorso, suddiviso in tre grandi aree (vino e sacro, vino e mito, vino e lavoro), si possono ammirare opere che hanno come tema il Nuovo e Antico Testamento oppure la mitologia e il piacere dello stare a tavola conseguente al lavoro nei campi. «Ciò che unisce Sacro e Profano – continua il curatore – è proprio la presenza del vino e dell’uomo. Il vino è sangue, vita, allegria, amore, gioia, passione, sesso. Il vino ci rende liberi e ci lascia sognare. Ci libera anche dalle angosce e dalle difficoltà, così come l’arte. È per questo che si uniscono. Ed è proprio quello che volevamo dimostrare». Nata tre anni fa da un’idea dei due curatori e realiz-
zata nel 2015 per cogliere l’occasione di Expo (dedicato al tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita), la mostra è stata pensata per essere accolta nella città di Verona perché «storicamente è un punto di passaggio molto importante – sottolinea Scarpa – un crocevia fondamentale per il nord Italia grazie ai collegamenti diretti con tutte le maggiori città». Poi c’è il fatto che il territorio veronese è molto conosciuto per i suoi vini (dall’Amarone al Valpolicella, tant’è che proprio qui si svolge la fiera internazionale del vino), quindi non poteva esserci posto migliore. I quadri selezionati appartengono ad autori italiani e a stranieri che hanno avuto rapporti con il nostro Paese e che abbracciano un periodo storico che va dal Cinquecento fino al Novecento. Si possono trovare lavori di Tiziano, Luca Giordano, Annibale Carracci, Rubens, Guido Reni, Poussin, Picasso, Sironi, Morandi, e tanti altri. Ma ce n’è una di
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cui Scarpa va più orgogliosa: “Allegoria dell’Autunno” di Giuseppe Antonio Petrini che non usciva dal museo Cantonale d’Arte di Lugano da ben vent’anni. Le opere che si susseguono tra i doppi percorsi che si offrono al visitatore all’ingresso di ogni sala «non seguono un ordine strettamente cronologico – evidenzia la curatrice – in quanto abbiamo privilegiato un rapporto stilistico». Ogni sala è divisa in tre parti che corrispondono alle tre macro aree geografiche d’Italia da cui provengono gli artisti selezionati. «La mostra rappresenta un omaggio all’arte del nostro Paese – sottolinea Scarpa – che comprende anche le opere di manifattura artigianale. Con questa esposizione vorrei che il visitatore si incuriosisca degli autori presenti e di questo forte legame che abbiamo costruito tra quadro e oggetto prezioso. Perché non dobbiamo dimenticarci che queste coppe erano state realizzate per essere utilizzate. Solo noi ora le esponiamo come simboli dei prodotti artistici di varie epoche. Ogni cosa fa parte di una grande storia». E così tutto si intreccia: arte, testi letterari, oggetti sacri. E, non per ultimi, l’uomo e il vino. A questo prodotto è dedicato un wine shop accanto al bookshop dove poter acquistare i vini delle aziende sostenitrici con
La nuova mostra in Gran Guardia uno spazio degustazione dove poter assaggiare anche prodotti doc e dop dei territori di Verona e Trento.
I dettagli della mostra Orari Dal lunedì al giovedì e il sabato e la domenica dalle 9.30 alle 20.30. Il venerdì dalle 9.30 alle 22.30. Biglietti Intero 12,00 euro. Ridotto visitatori individuali e gruppi 9,00 euro. Biglietto famiglia 16,50 euro con un adulto e un bambino; 20,00 euro con un adulto e due bambini. Per le scuole il costo è di 4,50 euro a bambino. Per informazioni www.mostraarteevino.it +39 045 71 101 27
TERRITORIO E CULTURA
Omaggio allo scrittore e viaggiatore Patrick Leigh Fermor
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Fra boschi, parole e strade interrotte
di Ingrid Sommacampagna
La libreria Gulliver, in collaborazione con Villa Ca’ Vendri, dedicherà venerdì 8 maggio una serata al grande scrittore e viaggiatore Patrick Leigh Fermor, grazie alla presenza di due relatori d’eccezione, William Blacker e Matteo Nucci, anch’essi scrittori e viaggiatori. In questa occasione sarà presentato La strada interrotta, l’ultimo libro dell’autore inglese. Patrick Leigh Fermor
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ivere come un pellegrino, un palmiere o un chierico vagante, dormire nei fossi, nei pagliai, nelle capanne di pastori ma anche nelle country house della nobiltà terriera e dell’aristocrazia. Questa è la vita di Patrick Leigh Fermor, scrittore e viaggiatore inglese, classe 1915, considerato come uno dei massimi autori di viaggio del XX secolo, alla stregua di Robert Byron e Bruce Chatwin. Che cosa ha fatto Leigh Fermor? Decise, l’8 dicembre 1933, a 18 anni, di percorrere a piedi l’Eu-
ropa partendo da Hoek van Holland in Olanda e arrivando sino a Istanbul in Turchia, munito solo di uno zaino da alpinista, di pochi abiti tra cui un vecchio cappotto militare, di scarponi chiodati, dell’Oxford Book of English Verse, di un volume contenente le Odi di Orazio e di un passaporto nuovo. Nel gennaio del 1937 interruppe il suo viaggio perché entrò a far parte delle Irish Guards e vista la sua conoscenza perfetta del greco andò a combattere sul fronte albanese e nella Battaglia di Creta. Qui, si finse per 18 mesi un pastore greco e riuscì a catturare il generale Heinrich Kreipe, comandante delle truppe naziste. Dopo la guerra cominciò a scrivere libri, tra questi Mani: Viaggi nel Peloponneso, pubblicato in Italia da Adelphi nel 2004. Fermor, in seguito, ritrovando i suoi vecchi diari di viaggio, decise di raccontare il suo attraversamento dell’Eu-
ropa, che durò diciotto anni, in tre libri: Tempo di regali (Adelphi, 2009), descrizione del percorso dall’Olanda fino al Ponte di Mária Valéria e tra Cecoslovacchia e Ungheria, e Tra i boschi e l’acqua (Adelphi, 2013), fino alle Porte di Ferro tra Carpazi e Balcani. La terza parte finale del viaggio, a cui lo scrittore lavorò negli ultimi anni della sua vita, che descrive le terre da poco redente dall’Impero Ottomano, verrà finalmente pubblicata in Italia con il titolo La strada interrotta (Adelphi). L’uscita è prevista per questo giugno, nell’anno del centenario della nascita del viaggiatore, e verrà presentato a Villa Ca’ Vendri venerdì 8 maggio alle ore 20.45, grazie all’iniziativa della libreria Gulliver di Luigi Licci. La serata è intitolata ‘’La strada interrotta’’, come il libro, e saranno presenti due relatori di prestigio: William Blacker e Matteo Nucci.
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Chi sono i relatori? Blacker è uno scrittore e giornalista freelance anglo-irlandese, che tutt’ora abita in Toscana, e che ha collaborato con riviste prestigiose quali il Times, il Daily Telegraph e The Ecologist. Inoltre, ha fatto il contadino in una comunità di zingari in un villaggio della Transilvania, in Romania, dove ha cresciuto il figlio, nato da una relazione con una zingara. La sua avventura in questa terra, cominciata un mese dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, è alla base del suo libro Lungo la via incantata (Adelphi, 2012) che Leigh Fermor teneva ‘’vicinissimo al cuore”, avendo attraversato quelle terre molti anni prima; è un libro che aiuta a ragionare sulla diversità e sulle paure dell’Occidente nei confronti di chi vive uno stile di vita immutato nei secoli e al di fuori della modernità. ‘’Nelle ultime settimane di vita di Fermor, morto l’11 giugno del 2011 a 96 anni, ho aiutato lo scrittore nella redazione dell’ultimo libro della trilogia di viaggio. Era un uomo eccezionale che ha vissuto la vita appieno e con entusiasmo; era divertente, con una memoria incredibile, infatti parla-
Omaggio allo scrittore e viaggiatore Patrick Leigh Fermor va tantissime lingue, tra cui il romeno, e recitava poesie e storie’’ spiega Blacker. Matteo Nucci è un giornalista e scrittore italiano, amico e recensore di Blacker, che collabora da anni con il Venerdì di Repubblica, il Messaggero e con Nuovi Argomenti. Ha pubblicato nel 2013 Le lacrime degli eroi (Einaudi), un saggio romanzato che racconta l’evoluzione della civiltà greca dal mondo arcaico a quello classico. È il maggior studioso della Grecia ed è appassionato di Patrick Leigh Fermor, ritenuto da lui, forse, il più grande scrittore di viaggio, e ha visitato Kardamili, paese greco, in cui il viaggiatore inglese ha vissuto per 60 anni. Il 9 maggio, il giorno dopo la serata a Ca’ Vendri, sarà ospite al liceo scientifico A. Messedaglia per presentare il suo ultimo libro. “Leigh Fermor è un grande personaggio che merita di essere conosciuto e messo alla portata di tutti grazie a Nucci e a Blacker’’ spiega Luigi Licci. La serata, con ingresso libero, si concluderà con una degustazione gratuita di vini offerta dalla Cantina Pasqua di San Felice Extra.
relatori William Blacker e Matteo Nucci, scrittori e viaggiatori
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PANTHEON UNDERGROUND
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Sydyan, musica folk dal cuore dolce a cura di Marco Nicolis
Michele Ambrosi chitarra e voce Francesco Salandin chitarra e seconda voce Eddy Fiorio tastiera Alessandro Passaia batteria Nicola Righetti basso
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l progetto musicale Sydyan nasce dalla penna di Michele Ambrosi (chitarra e voce) e ripercorre l’intricato cammino dell’amore e del parlar d’amore. Una via, per noi comuni mortali, decisamente ardua, spesso e volentieri in salita. Ma partendo dal principio, dalle origini, spesso la nostra rubrica ci ha insegnato che le band affondano le proprie radici nell’amicizia e nella collaborazione tra musicisti/amici, riuniti sotto una comune, idea musicale. In questo caso, tralasciando i legami di tipo affettivo, i Sydyan ci mostrano come sia possibile costruire e plasmare nel tempo un gruppo affiatato e innovativo, nonostante le attitudini musicali e antropologiche tra i componenti risultino collocate
su binari diversi e in alcuni casi paralleli. La chiave di volta per analizzare questa band originaria della nostra Verona, si può trovare proprio qui, all’interno di queste idee e queste differenze. Un gruppo “bipolare”, che riesce nel proprio modo di (co)esistere ad essere originale e pieno di idee. Da questo calderone sono nati “Quiedora”, “Benefico perturbante” e “Quando tutto tace”, le prime fatiche dei nostri musicisti. Tra pezzi scritti in lingua inglese e sonorità dal delizioso tocco folk, si nota una certa prosecuzione tra i lavori, autoprodotti, i quali mirano a seguire il sentiero (musicalmente parlando) scivoloso e intricato della musica cantau-
torale italiana. Non è facile dare un “volto” a questa musica e, forse, un estratto di cosa ci si può aspettare da questo gruppo lo si può estrapolare direttamente dalle loro parole: (non amo riprendere pari pari le citazioni degli artisti ma credo che in questo caso sia necessario) “Si cerca di inventarsi qualcosa, paradossalmente senza la pretesa di volerlo fare. Alla ricerca di una colloquialità molto materiale, realista ma senza apparire cinica, e che non sacrifichi comunque una certa cultura della complessità”. Ecco, credo che ormai lo si è capito, la normalità e la consuetudine non è tra le corde dei Sydyan. Un piccolo consiglio? Ascoltate qualche loro traccia.
Il Blues-Rock torna alla ribalta, ecco a voi i The Blue Lads Alessandro Taveggia chitarra e voce
Davide Martini basso
Marco Gorla batteria
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radizione americana e idee chiare, poche parole che riassumono alla perfezione l’animo di questa band milanese. Nati quasi per caso nel 2012 dall’idea di Alessandro Taveggia (voce e chitarra), ma definitivamente esplosi nel 2014, i nostri tre musicisti italiani, riuniti sotto la medesima bandiera musicale, hanno già messo mano alla loro creativi-
tà pubblicando un loro primo lavoro inedito ed autoprodotto e portando la loro musica lungo mezza Italia. Come da prassi consolidata infatti, i momenti live sono i più importanti. Non si può sognare in grande senza la giusta affinità con il palco e, anche nel caso dei “Blues”, la gavetta lungo locali e contest ha rappresentato il primo trampolino di lancio per la loro musica. Tram-
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Pantheon Underground
polino che, dopo alcuni anni passati come semplice cover band, ha portato il trio milanese a compiere il grande salto di qualità con la stesura dei loro primi pezzi originali. Questo salto è coinciso con un cambio di formazione e con l’entrata nella band di Marco Gorla (batterista), momento che ha segnato la vera svolta nell’attività del gruppo. Quindi eccoci quindi qui, al disco (Ep), Hero. Quattro brani. Pezzi diretti, potenti e di forte impatto, incentrati volutamente su tematiche di denuncia e protesta, (con una grafica, affidata a Gabriele Temporiti, che riprende perfettamente i concetti espressi all’interno dei brani). L’album, nato e registrato interamente live, senza sovraincisioni o editing successivi, mantenendo tutta quella purezza che il buon vecchio rock esprime. Scelta questa che svela la vera essenza della band, rude e diretta. Per dare un ultimo assaggio delle potenzialità di questo disco basti
foto di: Gabriele Temporiti
pensare che lo stesso lavoro di mastering è andato in scena presso i rinomati Metropolis Studios di Londra (UK), sotto la sapiente guida di Andy Baldwin, personaggio che in passato ha lavorato con band del calibro di The Who, Blur e Coldplay. Ma questo Ep è solo l’inizio. I lavori procedono e le idee sono parecchie. Diamo tempo al tempo e sono sicuro che sentiremo di nuovo parlare dei The Blue Lads.
Domenica 24 Maggio 2015 StartUp DAY
Presso l’Arsenale di Verona in occasione della fiera Roboval. Piazza Arsenale 8 37136 Verona
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LETTERATURA E MUSICA
Il nuovo libro di Francesco Bommartini
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Musica indipendente italiana, altro che nicchia di Emanuele Pezzo
In febbraio è uscito “Fuori dalla Riserva Indipendente”, secondo lavoro del giornalista veronese Francesco Bommartini, che vuole dare la parola ad artisti e addetti ai lavori per una disamina di quella parte della musica italiana degli ultimi vent’anni non riguardante l’ambito mainstream.
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a musica indipendente italiana è una selva in cui ci si potrebbe facilmente perdere. Francesco Bommartini, pubblicista veronese al suo secondo lavoro editoriale, con Fuori dalla Riserva Indipendente (Arcana Edizioni) ha cercato di creare una bussola con cui orientarsi, ma ha tentato anche di analizzare musicalmente gli ultimi decenni, tramite 18 interviste ad artisti, più 6 capitoli riguardanti altri approfondimenti. Come definirebbe Fuori dalla Riserva Indipendente? È una disamina della situazione musicale italiana, o di una sua parte, degli ultimi vent’anni circa. Continua il lavoro precedente, Riserva Indipendente del 2013, sempre con approccio cronachistico, prendendo in esame un insieme di progetti che rientrano tutti sotto l’egida del nome “indipendente” Con quale intento ha scritto i suoi libri? Possono aiutare ad avvicinarsi a
quest’ambito, ma essere utili anche per chi apprezza già il movimento, riguardo aspetti non trattati nelle solite interviste. Sono due vademecum che però hanno un’anima, con parti critiche perché alcuni progetti e l’andazzo generale non meritano totalmente quello che hanno raccolto. La prefazione è partita da una critica. Renzo Stefanel è un vero critico musicale e il suo giudizio al mio primo libro, anche con negatività, mi era piaciuto tantissimo. Così l’ho coinvolto nel mio secondo progetto. L’onestà intellettuale è la chiave di volta per qualunque cosa, in particolar modo per il giornalismo: devi essere onesto con te stesso allo scopo di essere credibile per il pubblico a cui ti rivolgi. Come mai ha scelto come mezzo un libro e non un blog? Il libro nel 2015 è ancora un oggetto che resta. Internet non facilita l’approfondimento delle tematiche. La carta stampata invece è qualcosa di fisico, la posso toccare e sentire, posso avere un rapporto carnale con essa. Una delle sue idee cardine è che la discussione genera coscienza. Non parlo delle discussioni che si possono avere sui social. È giusto ascoltare, ma anche interagire e creare un incontro. La scena musicale indipendente italiana è foriera di novità e di movimento. Siamo in una fase di trasformazione che non sappiamo dove ci porterà. Cosa pensa di Spotify e della mu-
sica disponibile facilmente su internet? Avere tutto a disposizione è positivo. La cosa negativa è che avere tutto è come non avere niente: saltellare di qua e di là non ti aiuta a essere concentrato su una forma d’arte, come può essere un disco composto tramite un concept. Sul web ci si annoia molto più facilmente e questo non funziona se il tuo rapporto con la musica è viscerale. Quali artisti veronesi segue particolarmente? I C+C=Maxigross non mi fanno ammattire, però dal vivo meritano. Poi ci sono Le Maschere di Clara, che meritano veramente tanto. Sono interessanti anche i Movimento Artistico Pesante, Veronica Marchi, i Cafè Desordre e gli Younger Son.
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RUBRICA
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Il libro: Racconta l’amicizia di due ragazzine che non avrebbero mai potuto piacersi. Di carattere diversissimo tra loro: Bea (Beatrice) ha i capelli neri e scompigliati, pantaloni e maglietta, ama fare capriole, giocare a pallone, camminare nelle pozzanghere e combinare guai. Ely è una bambina brava (tanto da sembrare «noiosa»), studia, ama leggere e…. ha idee geniali. Il loro primo incontro, più volte invano sollecitato dalle loro mamme, avviene per un’esigenza impellente di Bea…. La loro diventa un’amicizia costruttiva, nella quale Bea si confronta, scopre modi «scientifici»: entrambe arricchiscono il loro bagaglio. Poi c’è Nancy sorella maggiore di Bea… Finiranno nei guai? Intanto trascorrono una giornata divertente! Gli autori: Annie Barrows è nata nel 1962 a San Diego in California, dove vive (al
Autori: ANNIE BARROWS + SOPHIE BLACKALL (disegni) Titolo: ELY+BEA Edizioni: GALLUCCI EDITORE Prezzo: 9,90 (sconto 25%) Pagine: 113 Per ragazzi dagli 8 anni recensione a cura di Alessandra Scolari
a cura di Mattia Zuanni
BOX OFFICE
fotografa il QR per vedere il trailer
Nord) con il marito e due figlie, fonte di ispirazione di questa sua opera prima per bambini, che in breve tempo è diventata un «Best seller». Dieci libri pubblicati (dal 2003 al 2015). Tra i premi citiamo quello della Biblioteca pubblica di New York «per il libro più prestato»; seguono il miglior libro per ragazzi (2009) e miglior libro da leggere in classe. Le illustrazioni sono di Sophie Blackall, nata a Sidney e che oggi vive a New York (Brooklyn) con il marito e due bambini vivacissimi. I suoi disegni (opere artistiche) sono stati pubblicati su tante riviste e giornali, tra cui New York Times.
Curiosità: Di questa serie di Ely+Bea ne sono state vendute solo negli USA 2,5 milioni di copie, considerata in breve la «saga regina» nelle classifiche dei libri per ragazzi. I racconti sono scritti con uno stile asciutto e incalzante, i dialoghi briosi colgono la vita di tutti i giorni, in cui scorre l’infanzia con la sua genuinità e creatività. Sophie Blackall descrive, attraverso i disegni, le scene principali con maestria e un tocco di perfidia. Le due autrici delineano le caratteristiche di queste due simpatiche ragazzine, che saranno molto amate dalle piccole lettrici e lettori. Una serie che, a mio avviso, avrà lunga vita anche in Italia.
Il film: Lo S.H.I.E.L.D. è stato distrutto e i Vendicatori si fanno carico della protezione della Terra. Tony Stark ha trovato il modo per evitare di indossare l’armatura di Iron Man e allo stesso tempo fornire aiuto agli Avengers. La sua soluzione è Ultron, un’avanzata intelligenza artificiale auto-cosciente progettata per aiutare a sventare le minacce e controllare la Iron Legion, una squadra di droni costruiti da Stark per combattere al suo posto. Ultron però non ha sentimenti umani e presto il suo intelletto superiore capisce che l’unico modo per rendere migliore la vita sulla Terra è eliminare il nemico principale: l’uomo. Curiosità: Era abbastanza evidente che i dubbi manifestati da Joss Whedon in merito a un suo possibile ritorno per The Avengers 2 fossero un modo di alzare il prezzo. Come prevedibile, la Disney non si è lasciata sfuggire lo sceneggiatore e regista che ha contribuito all’incasso record di quasi 1,5 miliardi di dollari nel mondo e ha annunciato il suo ritorno. Oggi, Joss Whedon ha siglato un accordo globale con la Disney, che durerà fino a giugno del 2015 e che prevede anche lo sviluppo di una serie live-action per la Marvel Television e la ABC, oltre a un contributo per la prossima fase dell’universo cinematografico della Marvel. Come sarà Ultron? Quello che sappiamo dai fumetti è che è un robot fatto di adamantio e titanio, con a disposizione armi e laser, dotato di forza e velocità, capace di controllare qualsiasi computer e persino le menti umane.
Classici da non perdere... Titolo: Howard e il destino del mondo
Titolo: The Avengers 2 Genere: Azione, Fantascienza Durata: 150 minuti Regia: Joss Whedon Attori: Robert Downey Jr, Mark Ruffalo, Chris Hemsworth, Scarlett Johansson Uscita (Italia): 22 aprile
Genere: Azione, Fantascienza Durata: 110 minuti Regia: Willard Huyck Attori: Lea Thompson, Jeffrey Jones, Tim Robbins Il papero alieno Howard viene trasportato a Cleveland da un esperimento fallito con un laser. Il fascio di luce ha trascinato con sé anche lo spirito di uno degli Occulti Super Sovrani dell’Universo, intento a distruggere la Terra. Ad aiutare Howard è la cantante rock Beverly Switzler. Dopo essersi recati al centro ricerche, responsabile dell’accaduto, sfuggono per un pelo alla sua esplosione. Il papero, Beverly e un amico, apprendista scienziato, riescono a fuggire, ma poi dovranno fermare l’Occulto Super Sovrano dell’Universo, entrato nel corpo dello scienziato Walter Jenning.
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RUBRICA
Al lavoro nell’orto, al riposo in cantina
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di Matteo Bellamoli
Temperature miti, giornate lunghe e tanto lavoro da fare. Il lavoro all’aria aperta degli appassionati della terra e del biologico vive nel mese di aprile un momento d’oro che era atteso da tutto l’inverno.
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rimavera nuovamente protagonista nei nostri orti. Se non avete ancora dato inizio al vero lavoro, è il momento di procedere. Non importa se avete un appezzamento modesto o l’orto sul balcone, il lavoro che vi aspetta è ugualmente importante. Fondamentale, in ogni caso, che seguiate i consigli del calendario lunare, preziosi soprattutto in un periodo di semina come questo, da cui dipendono le sorti di resa del vostro orto durante tutta l’estate. In luna crescente potrete seminare zucchine, zucca, peperoni, sedano, lattughe e prezzemolo. Preferite sempre la luna crescente per seminare, in calante meglio dedicarsi alle piante da interno, non all’orto. Tra le altre semine che potrete prevedere in questo periodo spiccano sicuramente
anguria e basilico, carote, cavoli, cetrioli, fagiolini e fagioli, porri, rucola e scarola (tra le colture più in voga per utilizzo domestico). Se potete seminate in semenzaio riparando i germogli dal sole diretto cavoli e verze. Le altre piantine possono essere poste in piena terra. Tra i prodotti che potrete già raccogliere, se le semine invernali sono andate bene, ci sono le erbe aromatiche e frutta di stagione, se avete anche un angolo a frutteto. Tra gli ortaggi, spinaci e asparagi su tutti. In giardino invece le temperature sono oramai buone e ci consentono di portare all’aperto le piante che ancora stavamo ricoverando in casa per farle svernare. Se avete siepi ornamentali conviene effettuare un trattamento antiparassitario, ma fatelo sempre con prodotti biologici, altrimenti ne
risentirà tutto il vostro terreno (e la vostra salute!). Fatevi consigliare dal vostro venditore di fiducia, specificando le vostre esigenze. Non usate mai questi prodotti in giornate ventose, anche se certificati sulla loro naturalità. Se la temperatura media sta al di sopra del 10 gradi potrete seminare e innaffiare le semine, soprattutto alla sera o al mattino presto (evitando le fastidiose evaporazioni estive). Questa regola vale anche per il prato. Potete mettere a dimora geranei, petunie e tutte le annuali simili a queste. Per farlo preparate una buca leggermente più grande di quanto vi occorre e aggiungete del terriccio. Ponete la pianta in buca e quindi innaffiate abbondantemente. Concludiamo, al solito, con la cantina. Dopo Vinitaly, che sicuramente vi avrà fatto sognare in grande, potrete rilassarvi, visto che a maggio non sono previsti grossi lavori né in cantina né nel campo. Potrete comunque imbottigliare (solo nella prima settimana o nell’ultima di aprile), controllare le scolmature, cambiare la pastiglia antifioretta e dare un giro d’aria ai locali d’imbottigliamento.
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Sicurezza degli alimenti a cura di Adiconsum Verona
Con la locuzione “sicurezza degli alimenti” si intente il rispetto – in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione – dei requisiti di igiene atti a garantire la salubrità degli alimenti e quindi l’assenza di contaminazioni che possano esporre i consumatori al rischio di tossinfezioni alimentari.
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a sicurezza degli alimenti è regolamentata da una serie di specifiche norme europee e nazionali che interessano tutta la filiera, dalla produzione alla commercializzazione e alla somministrazione di alimenti e bevande, intervenendo anche nel controllo ufficiale e nella gestione delle emergenze. In particolare si ricorda il regolamento (Ce) n. 178/2002, che rappresenta una vera e propria “legge quadro” in materia, tracciando i principi generali e i requisiti di una nuova legislazione alimentare, istituendo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Agency = EFSA) e definendo procedure in materia di sicurezza degli alimenti. Una delle principali innovazioni del Regolamento consiste nell’imposizione all’industria alimentare della “rintracciabilità” degli alimenti durante tutte le fasi della filiera produttiva. Una misura atta a permettere, in caso di emergenza, ritiri dal mercato di lotti specifici di prodotti, evitando così interventi più drastici ed inutilmente distruttivi. Al regolamento 178/2002 si deve anche la creazione di un “Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi” (Rapid Alert System for Food and Feed = RASFF), istituito per fornire un efficace strumento di scambio delle informazioni tra tutte le autorità preposte a questa tipologia di controllo nei diversi Paesi, in merito alle misure adottate in risposta all’individuazione di un rischio connesso con alimenti o mangimi. L’efficacia del RASFF è garantita dalla semplicità della sua struttura: esso consiste essenzialmente in “punti di contatto” chiaramente identificati nella Commissione europea, nell’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare), nell’ESA (Autorità di vigilanza dell’European Free Trade Association) e, a livello nazionale, nelle autorità individuate dai singoli Paesi membri. Tutti i soggetti coinvolti si scambiano informazioni in modo chiaro e strutturato attraverso la compilazione di modelli che assicurano l’omogeneità delle segnalazioni. Il Ministero della Salute, e per la precisione la sua Direzione Generale degli Organi Collegiali per la Tutela della Salute, è il punto di contatto
italiano per il sistema di allerta comunitario. La completezza e la tempestività delle comunicazioni, anche a livello nazionale, sono garantite dall’uso di schede di notifica standard e dal loro invio a mezzo posta elettronica.
Per i consumatori Nello sforzo di rendere il funzionamento del RASFF il più trasparente possibile per i consumatori, per gli operatori della filiera agroalimentare e le per autorità di controllo di tutto il mondo, la Commissione europea ha deciso di creare un portale dedicato, dotato di un database consultabile online, al quale è possibile accedere tramite il sito di Adiconsum Verona www.adiconsumverona.it
Chi è Adiconsum? Adiconsum è un’associazione indipendente e senza scopo di lucro presente su tutto il territorio nazionale, con sedi locali, provinciali e regionali. Gli operatori, i volontari e i dirigenti forniscono assistenza e tutela individuale e collettiva ai consumatori e alle famiglie. È possibile collegarsi al sito internet dell’Associazione: www.adiconsumverona.it o utilizzare il numero telefonico 045/8096934.
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Le Ricette di
Nicole
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i dient Ingre a
sfogli Pasta di panna r 200g cina u ezzo c a d io e m ia h c 1 cuc a oglie in di far lo con le f o brocc o li g a
QUICHE AL BROCCOLO DI VERONA
Ingredienti
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MOUSSE AL CIOCCOLATO FONDENTE Uno dei dessert più golosi Procedimento:
In questa stagione camminando tra i campi veronesi si incontrano piccoli broccoli dalle foglie lunghe e commestibili. Procedimento: Lessate il broccolo con le foglie e saltatelo in padella con un filo d’olio, sale, pepe ed uno spicchio d’aglio. Amalgamate la panna alla farina e ad un pizzico di sale. Unite anche i broccoli. Foderate una teglia con la pasta sfoglia, bucherellatela e farcitela con il composto. Infornate a 190 gradi per 30 minuti..
Iniziate sciogliendo il cioccolato a bagnomaria. Fate ammollare la colla di pesce in un bicchiere d’acqua. Trascorsi 15 minuti strizzatela e scioglietela in due cucchiai di latte caldo. Montate la panna ed aggiungete cioccolato e colla di pesce ammollata. Trasferite la mousse in vasetti.
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senzalattesenzauova.blogspot.it
Ciao! Mi chiamo Nicole Scevaroli, ho 26 anni ed abito a Verona. Ho una grande passione per la cucina e sono specializzata in ricette senza questo o quell’ingrediente. Da circa un anno tengo un blog che si chiama “senza latte e senza uova” nel quale propongo tantissime idee sia dolci che salate. Ho da poco pubblicato il mio primo libro che si intitola “Dolci Impossibili ”. In questa rubrica vorrei proporvi delle ricette semplici, sane, divertenti e golose per trasmettervi la mia voglia di cucinare, infornare ed assaggiare! Se volete contattarmi: incucinaconnicole@yahoo.it
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Brevi da Verona e Provincia
a cura di Miryam Scandola e Alessio Faccincani
GREZZANA
A.S.D Tennis Grezzana, si ricomincia! Una ventata di novità per il tennis della Valpantena. Domenica 19 Aprile, in occasione dell’Open Day, si è aperta una nuova epoca per lo storico A.S.D Tennis Grezzana, associazione che a metà anni ‘90 aveva raggiunto quota 250 iscritti, prima di un lento ridimensionamento. Adesso il vento però è decisamente cambiato. Il nuovo direttivo, presieduto da Riccardo Natali, sta avviando un piano per la ripresa. Le strutture, consistenti in un campo in terra rossa e un tendone riscaldato, sono ancora fra le migliori del comprensorio. L’obiettivo quindi è ritornare a riempirle di nuovi iscritti, in particolar modo bambini. L’associazione avvierà concretamente le proprie attività nel periodo estivo, con corsi collettivi o individuali aperti a tutte le fasce d’età. Dal mese di Ottobre così l’ASD Tennis Grezzana sarà pienamente operativo per rimettersi in gioco come scuola federale della disciplina. L’ultimo dettaglio? I nuovi iscritti godranno degli insegnamenti di Caterina Marusic, ex nazionale giovanile italiana con molta esperienza nel settore. Per maggiori informazioni comunque rivolgersi allo 045 8650135. La segreteria è aperta ogni sabato con orario continuato.
S. MARIA IN STELLE
Una grande festa e un libro per i 100 anni dell’asilo parrocchiale “Una festa che ci sentiamo in dovere di fare anche per ringraziare una comunità, quella di S. Maria in Stelle, che da sempre ha creduto fermamente in questa esperienza educativa”, sono le parole di Rossana Riofi, presidente del Comitato di Gestione dell’asilo parrocchiale S. Maria Assunta. Si festeggerà sabato 23 maggio alle ore 15 presso le sale della scuola dell’infanzia il compleanno della struttura. Una storia quella dell’asilo parrocchiale di S. Maria in Stelle che parte più di un secolo fa. Gli inizi dell’asilo affidato alla cura e alla organizzazione di “signorine”, fino all’arrivo nel 1942 delle suore dell’Istituto Sorelle della Misericordia che vi rimasero sino al 1981, sono trattenuti nelle pagine del libro, dal titolo “Il mio asilo ha cent’anni”, scritto in occasione del centenario della scuola. Un volume che racconta anche i momenti difficili, dopo la partenza delle suore, durante i quali, di fronte alla prospettiva di chiudere il centro, si è preferito continuare il percorso con l’impegno di tutta comunità. Dal finanziamento per la ristrutturazione dell’edificio, grazie ai fondi ricavati dalla generosità delle famiglie, sino alla costituzione di Comitati di Gestione con alla guida genitori e volontari. E i numeri parlano di un una scelta coraggiosa, ma anche di successo: 60 genitori coinvolti negli anni in questa tipologia di attività, 70 bambini accolti dalla struttura, 12 dipendenti fissi tra insegnanti e personale ausiliario. Per maggiori informazioni è possibile visitare la pagina www.infanziastelle.it
VERONA
Giardino Giusti ospita per Les Nouveaux Spectacles De Musique Arte, musica e cultura, tornano gli incontri con il maestro Martino Beaupain. Dopo il successo delle precedenti rassegne (Le Nouveaux Chansonniers e Les Nouveaux Artistes) è arrivato il momento di Les Nouveaux Spectacles De Musique, una rassegna ospitata dal Laboratorio Danza Verona di Tiziana di Nardo, all’interno della splendida cornice di Giardino Giusti . L’evento si snoderà lungo tre serate, ciascuna delle quali articolata in maniera diversa dalla precedente. L’apertura della rassegna è fissata per domenica 26 Aprile alle ore 18, con la prima serata intitolata “Voci dalla Spagna”, dove il mezzosoprano Alessandra Notarnicola presenterà un repertorio interamente ispirato alla musica spagnola. La manifestazione riprenderà domenica 10 Maggio alle ore 18 presentando il tema “Serata cantautorale”, dove lo stesso Martino Beaupain si esibirà nel suo originale repertorio di brani inediti da lui stesso scritti e arrangiati. A chiudere l’evento, domenica 24 Maggio alle ore 18, ancora Martino Beaupain, in veste di compositore presenterà il trittico “Scene di riflessione”, dove protagonista sarà, oltre alla musica, la riflessione profonda su argomenti di stretta attualità. L’ingresso per ogni serata è di 7 euro comprensivo di aperitivo finale, mentre per i soci del Laboratorio danza Verona è prevista una riduzione di 4 euro. Per tutte le informazioni contattare Martino Beaupain: 3475442843 - martinobeaupain@yahoo.it
S. ANNA D’ALFAEDO
Si festeggia la primavera a Malga Gravazzo Una manifestazione simbolo della Lessinia. Il 1 Maggio si svolgerà la dodicesima edizione della Festa di Primavera di Malga Gravazzo, a Sant’Anna d’Alfaedo. La giornata avrà il chiaro intento di rinnovare gli usi e i costumi più antichi della montagna veronese. Tutto ruoterà attorno alla caratteristica Malga Gravazzo, ristrutturata negli ultimi anni dai residenti della contrada, con l’aiuto delle istituzioni locali. La giornata si aprirà con la consueta messa delle 10.30, prima del pranzo conviviale a base dei tipici gnocchi di malga, che saranno preparati nei tradizionali pentoloni di rame. Durante la festa inoltre spazio anche per l’intrattenimento. Il 1 Maggio di Malga Gravazzo infatti sarà allietato da musica e giochi per grandi e bambini. La giornata infine si concluderà con la tradizionale lotteria, il cui ricavato sarà devoluto ad un ente di beneficenza ancora da definire. La manifestazione si svolgerà anche in caso di pioggia, sotto un apposito tendone al coperto.
Territorio a Spicchi Brevi da Verona e Provincia
a cura di Miryam Scandola e Alessio Faccincani
VALPANTENA
Un Progno di idee Un progetto ideato per migliorare la pista ciclabile del Progno. Il prossimo 23 Maggio le associazioni CiViVi, Gastelle, Associazione Agile, Fiab, nonché singoli cittadini, saranno promotrici di una camminata lungo il Progno della Valpantena per rilevare le eventuali situazioni di abbandono e di degrado presenti nell’area. Il Progno in questo periodo è sede di grandi cambiamenti. In questo contesto infatti verranno a breve messi in sicurezza alcuni ponti e verrà leggermente deviato il corso del fiume per fare spazio alla SP6. Proprio in questo clima quindi il 23 Maggio le associazioni cercheranno di veicolare nuove proposte per l’area. Durante la camminata infatti i cittadini potranno sostare in vari capannelli illustrativi, dove ogni associazione esporrà il proprio progetto per migliorare la ciclabile del Progno. In ballo molte idee. Esempi? La creazione di un Viale Verde o il disegno di alcuni murales nelle vicinanze della tangenziale. L’appuntamento per tutti è per sabato 23 Maggio. Miglioriamo insieme il Progno.
a cura di Alessandra Scolari
LUGO
Grande festa per Don Michele Zampieri, in programma un concerto dei Metatrone A Lugo, domenica 17 maggio, si festeggerà il neo sacerdote don Michele Zampieri, appassionato di tutto ciò che ha a che fare con la musica, dal Karaoke al service-audio. Ed è questo che ha spinto la parrocchia di Lugo ad impreziosire la giornata - che inizierà con la messa solenne alle 10,30 e il pranzo sociale alle 13 - con il concerto, ad ingresso libero (alle 21) in Piazza degli Alpini, dei «Metatrone». Un gruppo di giovani siciliani, conosciuti per il loro particolare Rock: un metal a sfondo cristiano. Torniamo a Michele Zampieri nato nel 1974 a Lugo e vissuto all’ombra del campanile della chiesa di Sant’Apollinare: a 14 anni sentì che la sua strada sarebbe stata quella del sacerdote. La prima esperienza in seminario a 22 anni, ma studiare per Michele non era facile, così ritornò alla passione per il lavoro nell’ambito musicale che lo gratificava molto. A 35 anni la scelta definitiva: ritornare in seminario, dove Michele racconta di aver «capito cosa significa donare la mia vita al Signore e alla Chiesa». Sono stati sei anni di teologia, materia non facile, ma alleggerita dall’attività nelle parrocchie di Lugo, Monteforte d’Alpone e Raldon. Alla celebrazione della prima messa di Michele Zampieri, tutte le famiglie di Lugo saranno presenti, anche perché sono 26 anni che aspettano che un loro «figlio» diventi prete. L’ultimo nel 1989 era stato don Franco Dal Dosso.
GREZZANA
Nuova sede per i ciclisti della Bruno Gaiga Una nuova opportunità per i giovani sportivi della Valpantena. A Grezzana è stata istituita una sede distaccata della storica società ciclistica scaligera Bruno Gaiga, attiva a Verona dal lontano 1952. La nuova sede, situata esattamente sotto la biblioteca comunale di Grezzana, ha già spinto dieci giovani aspiranti ciclisti ad abbracciare la disciplina. Il lavoro della neonata realtà è già capillare. In questi mesi infatti sono state proposte mattinate tematiche sul ciclismo in varie scuole primarie della Valpantena. Le iscrizioni sono ancora aperte e si concluderanno soltanto nei prossimi mesi. Il primo mese è gratuito e la quota comprende tutto il materiale necessario per un anno di attività agonistica, dall’abbigliamento estivo a quello invernale sino alle indispensabili visite mediche. Per maggiori informazioni rivolgersi via mail a gaigaciclismo@gmail.com. E voi che aspettate? Pedalate con il nuovo gruppo Bruno Gaiga in Valpantena.
VALPANTENA
Shopping in villa: il meglio dell’artigianato italiano in mostra a Villa Ca’ Vendri Si è giunti ormai alla 4ª edizione di un appuntamento sempre attesissimo per la città e per la provincia. Nel fine settimana del 9 e del 10 maggio, avvolti dalla bellezza incantata della Villa Ca’ Vendri si potrà prender parte al consueto evento mercato che ospita una selezione di prodotti di alto artigianato, frutto dell’ingegno e della creatività del nostro eccezionale Made in Italy. Un’occasione unica per visitare uno dei luoghi simbolo del patrimonio culturale veronese qual’è la costruzione tardo cinquecentesca di Villa Ca’ Vendri, sita in contrada Vendri 39. Un’ opportunità davvero irripetibile anche per godersi la bellezza di un parco secolare di oltre 6 ettari arricchito da cipressi, statue e da un ninfeo colonnato dietro cui si cela la cappella gentilizia dedicata a S. Nicolò di Tolentino. Immersi in una scenografia così suggestiva si potranno vedere e toccare oggetti di design, creativi bijoux, singolari gioielli, abbigliamento ed accessori di moda, di oggi e di allora, e anche alcune vere e proprie opere d’arte. L’ingresso è libero.
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