PREZZO €3,50 - COPIA GRATUITA
EDIZIONE APRILE 2018
ANNO 10 - NUMERO 03
NUMERO OTTANTANOVE
UN INCIDENTE A 21 ANNI L'HA RESO TETRAPLEGICO. CON ALCUNI AMICI HA INVENTATO UN SISTEMA OPEN SOURCE CHE FA DIALOGARE TUTTI, MA PROPRIO TUTTI, GLI ELETTRODOMESTICI E GLI IMPIANTI DI CASA.
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APRILE 2018
di
MATTEO SCOLARI
I
EDITORIALE
l sorriso di Frizzi, il pianto di milioni di italiani e un bisogno d’amore che facciamo fatica ad esprimere. Devo essere sincero, sono anch’io tra i tanti che sono rimasti colpiti e addolorati dalla scomparsa del noto presentatore romano. Certo, non lo conoscevo di persona, ma le centinaia di testimonianze, di ricordi, di aneddoti emersi in televisione, sui giornali, sui canali social in queste ultime settimane successive alla sua morte, avvenuta il 26 marzo scorso, sono lì, a testimoniare la bontà d’animo, la gentilezza, la coerenza granitiche di una persona generosa che di sicuro ci mancherà. Ma perché Fabrizio Frizzi era così amato dalla gente? Le sue qualità morali e i suoi valori li abbiamo ricordati. Cosa aveva di così speciale da riuscire a fare breccia nel cuore di migliaia di persone? Oltre alla popolarità televisiva e al mezzo di comunicazione, la tv, che gli hanno permesso di far emergere a un pubblico vastissimo, in quasi quarant’anni di carriera, ogni sfaccettatura positiva del suo carattere, credo che Fabrizio fosse amato anche perché il suo esempio, e ora il suo ricordo, rappresenta nel nostro immaginario ciò che vorremmo per noi stessi. In una società troppe volte segnata dal cinismo, dall’arroganza e dall’aridità (apparente) dei sentimenti, riconoscere in un’altra persona virtù e principi morali di alto spessore ci conforta. Ci fa credere, e sperare, che ci siano, in fondo, del buono e del giusto attorno a noi. Ma se questo è ciò che vorremmo, perché stentiamo a modellare il nostro vivere quotidiano sulle esperienze positive riconosciute e ampiamente conclamate?
Cos’è che ci trattiene, che ci frena? Cosa ci impedisce di sorridere alla vita un po’ come faceva Fabrizio? La sua forza, che poi è la forza di tantissimi altri uomini e tantissime donne che magari non conosciamo perché non hanno avuto la sua stessa visibilità, è la difficile semplicità dell’essere se stessi, senza filtri e senza maschere particolari da indossare a seconda della situazione, in un mondo a dir poco complesso, sofisticato. Era un vero rivoluzionario, aveva la capacità di essere coerente e sincero. Fino in fondo. Probabilmente come Davide Astori, il giovane capitano della Fiorentina che ci ha lasciati, giovanissimo, tra le lacrime di tanti, il 4 marzo. Leggevo qualche giorno fa il post su Facebook di una mia amica che si era ripromessa di ascoltare le persone, di essere paziente, di essere aperta verso tutti, e ancora di salutare, di ringraziare, di lasciare scivolare via le sgarberie e di abbandonare l’aggressività. Per cinque giorni. Senza dimenticarsi di sorridere, ovviamente. Beh, sembra che l’esercizio sia andato molto bene: lo ha fatto, scoprendo che alcuni gesti semplici, e così potenti, diventano parte di noi in fretta, ci restano dentro e ci rendono più sereni, più dolci, più gentili. Un po’ come Frizzi, che aveva fatto di questo esercizio la sua filosofia di vita.
IL SORRISO È LA DISTANZA PIÙ BREVE TRA DUE PERSONE.
VICTOR BORGE
matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo
REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 30/03/2018
Indice
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IN COPERTINA
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IN PRIMO PIANO
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IL PERSONAGGIO
28
LUCA CAMPEDELLI
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SP6, L’ATTESA È FINITA
36
LESSINIA
38
IL METODO MONTESSORI
42
DENTRO IL CARCERE
48
GIOVANI? Bando alle ciance con la GCard
58
Vinitaly e altre meraviglie
PILLOLE DI MAMMA
67
ANGOLO PET
70
BELLEZZA AL NATURALE
71
STORIE DI STORIA
76
IN CUCINA CON NICOLE
78
L'OROSCOPO
Silvia Sterzi, un medico in cucina (e in diretta tv) Il deus ex machina dei Mondiali di scherma Ecco il primo stralcio dei lavori
Il piccolo grande mondo dei cimbri (in un libro) e il bambino al centro
La storia di Suor Alda Stella
AL PARCO DELLA FONTE
Tra giardinaggio sociale e orti sinergici
OSTR IL N O
54
La domotica secondo Denny
63
M
UR
FEDERICO FALCO
I GIULIETT A OD
A p ag. 6 4
Sco pri le dich iara zioni d’am ore dei letto ri
Come si diventa un campione di tennistavolo
ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 347 1058318 - REDAZIONE@GIORNALEPANTHEON.IT
ERRATA CORRIGE La foto a pagina 6 del numero 88 di Pantheon (marzo 2018) è di Andrea Dal Prato (e non Andrea Del Prato, come è stato scritto). A pagina 20 e 21 del numero 88 di Pantheon (marzo 2018) è stato scritto per errore che Silvia Montanaro è laureata in Lingue, mentre, in realtà non ha conseguito questo titolo di studio. Montanaro alleva pastori svizzeri e pastori della Lessinia del Lagorai e Griizot e non, come è stato scritto pastori svizzeri (Griizot e del Lagorai, ndr). A pagina 72 del numero 88 di Pantheon (marzo 2018) la ricetta corretta per il balsamo termina con la frase “procedete normalmente con l’asciugatura”. A pagina 76 del numero 88 di Pantheon (marzo 2018) tra gli ingredienti per la torta sabbiosa mancava un bicchiere di olio di semi (circa 100ml). DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA
REDAZIONE E COLLABORATORI
REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, FLAVIO BRUTTI, MARCO MENINI. HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI APRILE 2018 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, MICHELA CANTERI, GIORGIA CASTAGNA, CESAR COLATO, FRANCESCA MAULI, ANDREA NALE, MARCO NICOLIS, EMANUELE PEZZO, ERIKA PRANDI, GIORGIA PRETI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, PAOLA SPOLON, GIULIA ZAMPIERI, MARCO ZANONI. COPERTINA FLAVIO BRUTTI PROGETTO GRAFICO FLAVIO BRUTTI FOTO DI COPERTINA GIOVANNI COBIANCHI SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@GIORNALEPANTHEON.IT - WEB: WWW.GIORNALEPANTHEON.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746 STAMPATO DA: ROTOPRESS INTERNATIONAL SRL - VIA BRECCE – 60025 LORETO (AN) - TEL. 071 974751 VIA E. MATTEI, 106 – 40138 BOLOGNA – TEL. 051 4592111 CONTRIBUTI PER PANTHEON MAGAZINE C/C POSTALE 93072262 INTESTATO A: INFOVAL SRL - VIALE DEL LAVORO 2, 37023 GREZZANA (VR)
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IN COPERTINA DENNY ZENARI
LA DOMOTICA SECONDO
DENNY
Dopo l'incidente che l'ha reso tetraplegico a 21 anni, Denny Zenari non ha pensato che ci fosse troppo poco cielo per dire domani. Ha preso i suoi ostacoli quotidiani e li ha trasfigurati in un’idea. Ha inventato insieme ad alcuni amici un sistema che fa dialogare tutti gli elettrodomestici di casa «con una lingua sola» senza l’affanno di infinite app. TESTI DI MIRYAM SCANDOLA FOTO DI GIOVANNI COBIANCHI
S
ULLA SCRIVANIA C'È IL NUOVO Google Home, che sguardi non allenati scambierebbero per quegli affari che profumano gli ambienti e, invece, è lo smart speaker appena arrivato in Italia. «Ehi Google, accendi la tv» e si apre una puntata di New Girl, così, in un attimo. Le luci illuminano ancora i nostri visi, ma Denny rimedia con un paio di frasi e il buio irrompe. Quasi ogni cosa nella sua taverna la può governare senza usare le mani. È il suo regno. «La mia chiesa emozionale. Anzi - ritratta subito - il mio centro emozionale, che non starei troppo sul religioso». Dentro c’è una stampante 3D in funzione, qualche amico perenne che si aggira e poi lui, con la sedia a rotelle, le mani che non può usare da quell’incidente in pista 9 anni fa. Qualche tempo dopo ha fatto un viaggio in Marocco, poi uno in Puglia con il treno «volevo guardare avanti, quello che avevo alle spalle lo sapevo già». «Viaggetti che mi hanno sferzato. Dopo che mi sono fatto male, mi sono lanciato nelle cose». Confessa, subito, quasi come premessa da non tradire, di una ragazza: «non sarei qui se non ci fosse stata anche lei». La sua vita oggi, che di anni ne ha 30, è divisa tra il lavoro come grafico alla cooperativa sociale Galileo e lo sviluppo del suo progetto che sta facendo crescere da tre anni insieme all'amico Francesco Albi. Nella squadra si è aggiunto poi anche il collega della cooperativa Stefano Scipioni, ingegnere informatico con all'attivo già numerose idee divenute innovative realtà in provincia, come LessiniaNet, Giano, LiveNet. È DOMOTICA, niente di così nuovo, direte. Però, quello che Denny ha inventato insieme ai colleghi è, forse, la sua interpretazione più democratica. Il loro programma, in open source (a licenza libera, ndr), permette di far dialogare tutti gli strumenti: quindi se avete la smart tv di un certa marca e le telecamere per la videosorveglianza di un'altra o l'aspirapolvere "spaiato", la bella notizia è che non serve impazzire con mille ausili e sterminate app. Il progetto
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DI MIRYAM SCANDOLA
nasce qualche anno fa ed è una sorta di Internet of Things inclusivo in tutto e per tutto. Tradotto: è una centralina, assolutamente non invasiva, che connette in rete riscaldamento, elettrodomestici, luci e l'intero concerto di apparecchi possibili, a prescindere dal brand. L'obiettivo è garantire la maggior autonomia a qualsiasi persona, ma in particolare, a chi ha una mobilità ridotta. Insomma, una tecnologia «che normalizza tutti» come ama precisare Denny. In questo, fondamentale il supporto della cooperativa Galileo specializzata in progettazione, assistenza e sviluppo di software, da sempre munita di «uno sguardo diverso». «Per una persona con disabilità le apparecchiature tecnologiche non hanno senso "isolate" ma sono utili solo se si dispone di un sistema unico che contenga tutte le funzioni di comunicazione ed autonomia di cui la persona necessita» perché «almeno a casa dobbiamo sentirci dei re, poi fuori, il mondo è un'altra storia». Con il sor-
riso, apre la chat di Telegram e ci fa vedere i messaggi che gli manda la sua casa grazie ad un altro segmento di funzionalità sviluppato con il team, «la casa ti parla: può ricordarti gli orari delle terapie, oppure avvisarti quando i medicinali stanno finendo». Si sprecano gli esempi, perché tutto quello che è attaccato ad una presa può essere manovrato dal sistema. «La gestione dei consumi, i pannelli solari, il termostato, l'irrigazione del giardino...Non me li ricordo tutti: sono tantissimi i nostri devices». ALLA VITA SACCHEGGIATA dalla sfortuna che poteva essere, Denny Zenari ha fatto vincere la sua versione. Nelle sue parole non c'è l'urgenza dei sognatori, né l'ansia di quelli che si consumano il futuro a furia di progetti, c'è lui che non ci svela il nome del contenitore dove da anni butta fatica e passione, «perché è troppo presto». La chiama «centralina» finché non sarà rifinita e avrà il diritto di un
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IN COPERTINA DENNY ZENARI
Stefano, Francesco e Denny al lavoro
battesimo ufficiale anche se, al momento, è già stata installata sei volte, per alcuni amici. Il suo coraggio Denny non lo dice, lo fa solo intuire nelle suture delle sue giornate spese a inventarsi un modo per non dover chiedere, o per farlo il meno possibile. Vuole leggerla questa intervista prima che venga pubblicata per assicurarsi che sia stato interpretato bene il «sistema» che è il suo sogno quotidiano, ma soprattutto, per essere certo che vengano citati i suoi compagni di avventura. «L'abbiamo fatto
insieme» batte sul concetto perché non vuole prendersi tutta la torta del merito. Attaccato al muro della sua taverna c'è un draghetto di plastica con le fauci spalancate. A cosa serve? «Lo usiamo per prendere le decisioni quando non siamo d'accordo». Si mette dentro il dito e se rimane intrappolato tra i denti della minuta creatura, hai perso. Non serve chiedergli se si è riconciliato con quello che gli è successo, perché Denny anticipa ogni domanda. «Non penso al passato. Mi piace ora, adesso».
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Iperammortamento al 250% e Superammortamento al 140%: prestiti per le aziende che vogliono usufruire delle agevolazioni previste dal piano "Industria 4.0" del Governo
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IN PRIMO PIANO VERSO VINITALY
TRA SGUARDI GREEN E CUORE INTERNAZIONALE
FotoEnnevi
Eventi collaterali, cooking show, degustazioni e molto altro. A Vinitaly il protagonista principale è il vino (e così deve essere), ma il corollario di iniziative che gravitano intorno ad esso si amplia di anno in anno. Lo testimoniano le ultime edizioni della fiera e, in particolare, la prossima, che dal 15 al 18 aprile celebrerà il 52° compleanno del salone del vino più famoso del mondo.
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NA MANIFESTAZIONE, quella di Vinitaly, che attira sempre più visitatori ed espositori da tutto il mondo. Basti pensare che i visitatori esteri presenti in fiera nel 2017 erano 48mila provenienti da 142 paesi, mentre quest’anno si è registrato un aumento del 25% degli espositori stranieri nel padiglione International Wine Hall. Per non parlare della nuova directory online, che conta 4.319 espositori da 33 Paesi e 13.000 vini iscritti, che consente un matching B2B tutto l’anno attraverso un portale informativo. Cifre che sanciscono, nero su bianco, il successo del salone vitivinicolo veronese e la sua costante crescita: dal settore green, con le aree ViVIT, VinitalyBio e Fivi, a quello dell’agroalimentare, grazie alla compresenza dei saloni internazionali Sol&Agrifood ed Enolitech. Un mondo affine a quello del vino, l’agroalimentare, che guiderà gli ospiti in un viaggio sensoriale, attraverso le degustazioni, e business-oriented, attraverso la presentazione delle tecnologie innovative applicate all’intera filiera del vino e dell’olio.
Eppure la crescita, per Vinitaly, non si concretizza solo con le numerose presenze in fiera (nel 2017 ben 128mila), ma anche con le iniziative ideate al di fuori di Veronafiere. In particolare sabato 14 aprile la rassegna sarà preceduta dall’evento internazionale OperaWine, un'ouverture che si terrà nel Palazzo della Gran Guardia, dove verranno presentate 107 aziende, provenienti da tutta Italia, selezionate dalla rivista americana Wine Spectator. Sempre più apprezzato dai visitatori è, invece, il fuori salone ufficiale della manifestazione, Vinitaly and the City che accenderà le vie di Verona dal 13 al 16 aprile. Giunto quest’anno alla sua terza edizione, il percorso proposto si è ampliato rispetto al 2017 con una quattro giorni dedicata alla scoperta della città e delle tradizioni enogastronomiche del Belpaese. E come ogni viaggio che si rispetti, ad ogni visitatore sarà consegnato uno speciale passaporto dove si potrà tenere traccia delle proprie tappe. Il percorso partirà dall’Arco dei Gavi con un’e-
DI GIORGIA PRETI
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sperienza degustativa dello champagne Maxime blin e la cucina gourmet degli chef Italo Bassi e Marco Mainardi. E nella città di Romeo e Giulietta non poteva mancare un angolo dedicato anche a Shakespeare, a Regaste San Zeno, dove prenderà vita un tour teatrale alla scoperta delle opere che il Bardo ambientò in Veneto, al termine del quale si arriverà in Piazza San Zeno con i sapori e i suoni dell’Emilia Romagna. Dal nord Italia si passerà poi alla Sicilia che sarà rappresentata nella sua unicità alla Fontana dell’Arsenale, dove verrà allestita una passerella in mezzo all’acqua, simbolo dell’isola. Risalendo nuovamente lo Stivale si farà tappa in Campania che, per l’occasione, sarà ospitata con la sua atmosfera festosa in Lungadige San Giorgio. Attraversando Ponte Pietra si proseguirà fino a Piazza Erbe per la Degustazione in alta quota,
in cima alla Torre dei Lamberti da cui, scendendo, si potrà partecipare alla rassegna Sorsi D’Autore in Cortile Mercato Vecchio. L’incontro sarà l’occasione per confrontarsi con i migliori autori del panorama editoriale italiano...e i vini più pregiati insieme a grandi ospiti come lo chef Marco Bianchi, Oscar Farinetti, Andrea Segrè e Gianmarco Tognazzi. Il percorso di Vinitaly and the City si chiuderà nel cuore di Verona, in Piazza dei Signori, e porterà i visitatori alla scoperta delle tradizioni venete insieme alla speaker radiofonica di RTL 102.5, Francesca Cheyenne. Un programma ricco che, però, non animerà solo Verona. Vinitaly and the City, come l’anno scorso si allargherà e, questa volta, a tutto il territorio veronese: dopo il successo del 2017 a Bardolino, infatti, arriverà anche a Soave e a Valeggio sul Mincio.
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SPAZIO PUBBLICITARIO
CON LA PERMUTA DEI TERRENI AGRICOLI DECADONO LE AGEVOLAZIONI?
I
coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali (I.A.P.), quando acquistano terreni agricoli, hanno diritto ad agevolazioni fiscali e in particolare all’agevolazione nota come p.p.c. (piccola proprietà contadina), regolata dalla Legge 25/2010, che consiste nel pagamento di due imposte fisse (di registro e ipotecaria) e di un’imposta catastale dell’ 1%. Per ottenerla l’acquirente deve essere coltivatore diretto o IAP e il terreno deve essere agricolo secondo gli strumenti urbanistici vigenti. Se entro cinque anni dall’acquisto il terreno viene alienato, o si cessa, sempre nel quinquennio, la coltivazione del fondo, la agevolazioni decadono e in tal caso si dovranno pagare la differenza di imposta e le sanzioni, oltre agli interessi. Nel caso invece di permuta di terreni agricoli entro il quinquennio dall’acquisto, le agevolazioni decadono? La Corte di Cassazione (sentenza n. 2013 del 26/01/2018) ha detto di sì. Per i giudici, infatti, la permuta costituisce un’a-
lienazione e cioè un trasferimento volontario del diritto di proprietà che, indipendentemente dalla causa che lo origina, comporta una fuoriuscita del bene dal patrimonio del coltivatore diretto, ovviamente sanzionabile se effettuata entro i 5 anni dall’acquisto. Sempre dello stesso parere anche alcune circolari dell’Agenzia delle Entrate del luglio 2008. È bene sottolineare, però, che non tutte le alienazioni comportano l’uscita del terreno dal patrimonio del coltivatore: ad esempio un terreno acquistato con le agevolazioni, con la permuta, viene sostituito da un altro terreno: c’è una fuoriuscita ma, allo stesso tempo, anche un’entrata di terreno nel patrimonio dell’agricoltore. Pertanto le agevolazioni concesse in origine dovrebbero essere mantenute anche perché la permuta di terreni, normalmente, viene attuata per una ricomposizione fondiaria migliore, per un più razionale sfruttamento e lavorazione del terreno. Elementi, quest’ul-
timi, tenuti in considerazione da alcune Commissioni Tributarie, ormai datate, per affermare proprio la spettanza delle agevolazioni in caso di permuta. Nel caso di permuta è espressamente previsto dalla legge che non spetta la prelazione agraria ai confinanti coltivatori diretti perché la permuta realizza uno scambio di beni e precisamente di terreni agricoli e non una vendita “pura e semplice”. Dovrebbe essere ugualmente considerato anche ai fini delle agevolazioni perché la ratio che sta alla base della permuta è la stessa in entrambe le fattispecie.
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IN PRIMO PIANO NELLA BIBBIA
I SEGNI (E I SIGNIFICATI)
DEL VINO E DELL’OLIO Il 4 maggio prenderà il via a Verona la nuova edizione del Festival Biblico. La manifestazione vedrà una serie di appuntamenti di anteprima, dal 20 al 22 aprile, a Cavaion veronese, dove verranno approfonditi i temi riguardanti la terra e i suoi frutti, tra cui la vite e l’olivo. DI MATTEO SCOLARI
N
el mese che si è aperto con la Santa Pasqua e nel quale va in scena la 52^ edizione di Vinitaly, preludio di un altro importante evento che riguarda alcune città venete, tra cui appunto Verona, ovvero il Festival Biblico, abbiamo chiesto a monsignor Martino Signoretto, Vicario Episcopale per la Cultura della Diocesi scaligera, l’origine del vino e dell’olio contenuta nei testi sacri. Don Martino, vite e olivo sono segni antichissimi. Quando inizia la nuova umanità, con Noè, dopo il diluvio universale, quando Dio decide di ricominciare, abbiamo due segni importanti: il ramo d’ulivo nel becco della colomba, che indica l’incontro con la terra ferma, e la descrizione di Noè che appena mette piede sulla terraferma inizia a stanziarsi e una delle prime cose che fa è piantare una vigna, vinificare e addirittura ubriacarsi. Che significato poteva avere il piantare una vigna al tempo? Il fatto che Noè vinifichi ci dice che lui si rapporta subito con la Terra rispondendo al mandato iniziale: “Crescete, moltiplicatevi, dominate la Terra, riempitela” (Genesi 1). Piantare un vigneto e coltivarlo, significa essere confidente proprio con la Terra. In Oriente, ad esempio, il termine “giardino” indica il frutteto, soprattutto la vigna. Nell’immaginario orientale è la vigna che determina la qualità simbolica di un giardino, tant’è che il sogno di molti palestinesi, ancora oggi, che magari hanno una casa anche sgarrupata, è di avere una pianta di vite, perché per loro, stare seduti e prendersi un grappolo d’uva mentre si chiacchiera, mentre si prende il narghilè, ha un significato profondo: ricevo ciò di cui mi sono preso cura. Nella Bibbia ci sono altri riferimenti al vino? Tantissimi. C’è tutta una letteratura che attraversa la Bibbia: dal Cantico dei Cantici, dove il vino diventa simbolo dell'amore, all'acqua trasformata in vino durante le nozze di Cana, fino all'ultima cena, quando per Gesù il vino diventa il suo sangue. Un vino che va contemplato però. La contemplazione è il fatto che io scelgo un calice, l’annuso, la lascio strofinare sui denti, me lo godo, me lo guardo, non lo consumo di getto, non voglio trangugiarlo. Non perché mi limito, ma perché il rito si è concluso nella contemplazione.
Mons. Martino Signoretto
Contemplare che è diverso da esagerare. Contemplazione che è diversa da moderazione, nella quale rientriamo ancora nel campo della morale. Bere con moderazione n asconde l’idea che potrei anche trasgredire. Contemplare significa fare una scelta consapevole e apprezzare il momento. È un invito anche ai giovani, ai quali non insegniamo questa differenza fondamentale. Anche nella storia di Gesù l’elemento vino è fondamentale dal punto di vista simbolico. Gesù ha trasformato il vino in un brand universale: dove c’è pane e vino c’è un richiamo eucaristico. L’ultimo brindisi di Gesù non è quello dell’ultima cena, quello in cui il vino contenuto nel calice diventa il suo sangue. Di lì a poco, quando Gesù sarà nell’orto degli ulivi, rivolgendosi a Dio dirà: “Padre, allontana da me questo calice”. Cosa intendeva? Fin dall’antichità bere un bicchiere di vino con qualcuno significa creare un’alleanza, significa stabilire un patto. Quel bicchiere esprime un’assunzione di responsabilità che diventa metafora. È come se Gesù chiedesse al Padre allontanare da sé la grande responsabilità che gli è stata affidata. Un significato potentissimo. E l’olio? L’olio lascia un segno anche quando cade sulla pietra. Dobbiamo pensare a un suo utilizzo sacrale ancor prima che alimentare. Ad un certo punto della storia i re venivano unti, cosi come i profeti o i sacerdoti come segno di consacrazione, venivano segnati per sempre. L’olio era usato anche nella lotta greco romana: i lottatori si ungevano per non farsi avvinghiare dagli avversari. L’olio, dunque, è segno di consacrazione ma anche “antidoto” del male e del peccato, come ancora oggi accade nel Battesimo.
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SIAMO PRESENTI A VINITALY PAD. 5 STAND E3
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IN PRIMO PIANO AGROALIMENTARE E SOSTENIBILITÀ
«SE TUTTO ANDRÀ BENE, IL MINISTRO DELL’AGRICOLTURA SARÀ VENETO» Così l’assessore regionale Giuseppe Pan alla serata organizzata il 22 marzo scorso da Verona Network nella sede di Verona Mercato. «Serve qualcosa di più. – ha sottolineato il presidente di Coldiretti Verona Claudio Valente – Il nuovo governo dovrebbe istituire il ministero del cibo». «Più equilibrio tra gli stati europei e maggiori fondi alla ricerca» ha incalzato Paolo Ferrarese di Confagricoltura. «Buon senso e spazio ai giovani» ha aggiunto Andrea Lavagnoli di CIA Verona. DI REDAZIONE
L'assessore regionale Giuseppe Pan intervenuto agli Stati generali dell'agroalimentare e della sostenibilità
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N MINISTRO DELL’AGRICOLTURA veneto. Più che un auspicio, potrebbe diventare presto una realtà. A confermarlo è stato l’assessore regionale Giuseppe Pan, intervenuto il 22 marzo nella sede di Verona Mercato, ospite della quarta edizione degli Stati generali dell’agroalimentare e della sostenibilità organizzati dall’associazione Verona Network e patrocinati proprio dalla Regione Veneto. Un incontro che ha visto la partecipazione di molti ospiti, tra cui i presidenti delle principali associazioni di categoria del settore agricolo: Coldiretti, Confagricoltura e CIA. «Se tutto andrà bene, il prossimo ministro dell’agricoltura potrà essere veneto. - ha affermato l’assessore – Costituire una “filiera politica” che da Roma sale direttamente a Venezia sarebbe utile per portare a casa le tante battaglie degli agricoltori della nostra Regione e darebbe un bel impulso, se pensiamo anche alla nutrita rappresentanza di parlamentari veneti e veronesi scesi
in queste ore a Roma, anche all’autonomia regionale che rimane per noi sempre un obiettivo primario». Un settore, quello agroalimentare, che in Veneto vale quasi 6 miliardi di euro (dati Veneto Agricoltura 2017). Su 85.910 imprese attive a Verona, 16.294 (18,35%) sono nell’agroalimentare. Di queste 3.186 sono a conduzione femminile (16.8%) e 773 (4.9%) di giovani sotto i 35 anni. «In Veneto siamo primi produttori nazionali di uva e vino con circa il 35% del totale nazionale. – ha aggiunto Pan – Siamo secondi nella zootecnia con eccellenze riconosciute a livello europeo nelle carni bianche. Terzi nella produzione di latte, quinti o sesti nella produzione di frutta. Certo, ci sono delle colture in crisi come il riso e il tabacco, e proprio a questi segmenti che fanno parte della nostra tradizione, cerchiamo di dare il massimo supporto con una politica regionale che tende sempre alla salvaguardia dei produttori e dei coltivatori».
15 I relatori del convegno
«Speriamo che il nuovo ministro sia veneto, e magari veronese – ha aggiunto Claudio Valente, presidente di Coldiretti Verona – ma che non sia solo ministro dell’agricoltura. Oggi ragionare in termini puramente agricoli non ha più senso. Il Pil dell’agricoltura è stato ampiamente superato dal Pil dell’agroalimentare. Dobbiamo capire che l’agricoltura è una branchia di un settore molto più grande e articolato e per questo, da tempo, noi di Coldiretti proponiamo l’istituzione di un ministero del cibo». «Oltre a questo, invitiamo da tempo anche i nostri associati a “cambiare pelle”, aggiornando il loro modus operandi che non è più quello di vent’anni fa. Insistiamo sull’importanza delle certificazioni ambientali, di processo, quelle che hanno un risvolto sociale per garantire il benessere loro e dei consumatori. – ha concluso Valente – E poi insistiamo con la politica nazionale, ed europea, affinché possa difendere e tutelare con regole certe chi produce e commercia in modo leale, utilizzando un’etica e una sostenibilità così come suggerito da Papa Francesco nella sua meravigliosa Laudato sì». «Sono d’accordo con il presidente Claudio Valente – ha aggiunto Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona – Servono regole chiare, anche all’interno della stessa Unione europea dove sappiamo benissimo che ci sono Stati che sfruttano la manodopera falsando i prezzi di mercato». «Non vi è dubbio che il settore agricolo si è impoverito, basti pensare che 50 anni fa, con un quintale di frumento, si pagavano 60 ore lavorative di un operaio, oggi se tutto va bene, se ne pagano due. È vero anche che una volta si producevano 15 quintali a ettaro, oggi il doppio o il triplo, ma la proporzione è sempre a sfavore dell’agricoltore che ha visto ridursi drasticamente anche la marginalità. Nonostante questo, il settore agricolo ha sostenuto per lungo
tempo il Paese, fornendo derrate, materie prime per l’industria agroalimentare e assorbendo l’inflazione». «L’agricoltura del futuro si dovrà sostenere su tre gambe. - ha concluso Ferrarese – Quella economica, ambientale, cioè produrre meglio, con qualità, per essere competitivi sui mercati esteri, e per farlo abbiamo bisogno della ricerca. Ambito, quest’ultimo, sui cui la politica deve necessariamente intervenire con finanziamenti ad hoc». «In agricoltura abbiamo l’età media più alta in Europa – ha aggiunto Andrea Lavagnoli, presidente CIA Verona – È necessario ripensare questo settore, ammodernarlo, per allargare le maglie con maggiore occupazione, con investimenti nell’innovazione e nella ricerca, con sinergie territoriali, incentivando il turismo agroalimentare. Mi rammarica la sufficienza con cui sono stati eliminati i voucher, che in agricoltura non hanno lo stesso valore rispetto ad altri settori, senza trovare un’alternativa valida che possa aiutarci nel nostro lavoro». Ad aprire il convegno era stato il presidente di Verona Mercato, Andrea Sardelli, tornato da poco da Fruit Logistica a Berlino dove ha potuto verificare di persona il successo dei prodotti agroalimentari italiani all’estero, seguito dai saluti e dall’intervento dell’assessore alle attività commerciali del Comune di Verona, Francesca Toffali. Intervenuti nel corso della serata anche Gianni Bruno di Veronafiere, che ha spiegato le tante novità della 52 esima edizione di Vinitaly che inizierà il 15 aprile e i dettagli di Vinitaly and the City «manifestazione di collegamento con la città», Luca Cielo direttore generale di Gruppo Collis Veneto e Daniele Salvagno, presidente del Consorzio olio veneto Dop. A chiudere il convegno è stato Paolo Merci, direttore di Verona Mercato.
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IN PRIMO PIANO IL VINO COM'ERA
SULLE ORME DI CASSIODORO L’illustre politico, letterato e storico romano, vissuto a cavallo tra il ‘400 e il ‘500 d.C., ha il grande merito di essere stato tra i primi a magnificare la qualità dei vini della penisola italica, in particolare quella del recioto. Oggi il veronese Lorenzo Simeoni parte da quegli insegnamenti per studiare la storia del vino, fin dalle origini, e per consegnare alle nuove generazioni di viticoltori metodologie e processi di produzione che, altrimenti, andrebbero perduti.
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perciò si devono procurare i vini che l’Italia singolarmente fertile produce, affinché non sembri che dobbiamo cercare i vini stranieri perché non abbiamo saputo valutare i nostri». Diceva così Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore, ministro di re Teodorico il Grande nel V secolo dopo Cristo, in una delle sue tante lettere. Egli rivendicava la qualità dei vini italici che già al tempo non avevano nulla da invidiare a quelli di produzione straniera, anche se spesso non venivano enfatizzati come avrebbero meritato. Tra questi c’era anche il recioto, o meglio l’acinaticum o acinatico, che il politico romano magnificò palesemente, indicandolo come uno dei migliori in assoluto. A raccogliere l’eredità contenuta nel pensiero e nelle parole di Cassiodoro è Lorenzo Simeoni, sommelier veronese di 48 anni, che da tempo, soprattutto nelle stanze dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona (di cui è membro), si dedica allo studio e alla ricerca delle origini della viticoltura e del recupero delle antiche tecniche di produzione che hanno fatto grandi i vini italiani. Questo suo impegno gli è valso anche una medaglia di Cavaliere dell’Ordine al Merito conferitagli l’anno scorso dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lorenzo, le si addice l’appellativo di “storico del vino”? Storico sì, ha il suo bel fascino, ma è una definizione che sento poco appropriata. Preferisco essere considerato come una figura poliedrica in questo settore. Una persona che va nelle cantine, che sa degustare, che sa dare una valutazione, che sa dialogare con il vignaiolo produttore o titolare e che insieme a questi riesca a instaurare un rapporto di fiducia finalizzato alla ricerca della storia o delle antiche tecniche di produzione di un vino piuttosto che di un altro. Una ricerca che effettua sui testi antichi? Non solo. Amo prendere il mio scooter e andare a intervistare gli anziani (ormai pochi) che in campagna hanno vissuto e lavorato per anni tramandando il sapere ricevuto dai padri o dagli avi. Sui testi classici latini non troviamo sempre una corrispondenza con quello che era il volgare parlato nei campi e alcune tecniche di produzione scritte in latino sono interpretabili quasi esclusivamente confrontandole con le parole in uso fra i nostri nonni. Rischiamo di perdere un patrimonio non scritto? In parte lo abbiamo già perso. Il mio tentativo, con la collaborazione di molte cantine veronesi, e di alcuni
DI MATTEO SCOLARI
Lorenzo Simeoni
studiosi laici e religiosi che ho conosciuto in questi anni, è quello di andare all’origine di un vino, conoscerne la storia e, come dicevo, gli antichi metodi di produzione che sono quelli che hanno fatto grandi i nostri vini. Così come diceva Cassiodoro? Cassiodoro aveva già capito uno dei più grandi difetti che abbiamo noi italiani, cioè quello di sminuirci e di celebrare troppo spesso gli altri. Non solo l’illuminato politico e storico romano invitava a valorizzare i vini italici, ma sottolineava che quelli particolarmente buoni e pregiati andavano pure pagati bene. Oggi sarebbe anche un ottimo uomo di marketing… Ma certo. Non abbiamo nulla da invidiare, ad esempio, ai nostri cugini francesi. Verona ha 2500 anni di evoluzione enologica mai dismessa o interrotta. Solo questo dovrebbe farci pensare. I francesi, visto che li ha citati, hanno creato il mito dello champagne però. Sono stati più bravi a comunicare? I francesi prima di farti assaggiare il loro vino ti ubriacano di storia e cultura. Tirando fuori una bottiglia di champagne iniziano a dirti come si fa? Ti parlano di solfiti, di tartrati o di fermentazioni malolattiche? Certamente no, niente di tutto questo. Ti raccontano che il loro vino proviene da una bellissima regione, che nella capitale di codesta regione veniva incoronato il sovrano di Francia (nella cattedrale di Reims), che era pregiatissimo già dal Rinascimento anche se non era effervescente in
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L’Amarone è il nostro “champagne”? Godiamo di un momento felice, non c’è dubbio. L’Amarone, ricordiamolo, è un recioto, solo che è secco e non dolce, tuttavia nasce con lo stesso procedimento di appassimento delle uve. È molto buono, è un passito caldo, alcolico, avvolgente, suadente, per certi aspetti anche sensuale. Questo suo stato di grazia nei mercati soprattutto internazionali non ci deve far sedere sugli allori però. A proposito di recioto, quando nasce? Notizie certe, scritte le abbiamo nei testi del generale romano Catone, quand’era stanziato qui con le sue truppe, parliamo di circa duecento anni prima della nascita di Cristo. Al tempo veniva chiamato vino retico (anche nei testi di Plinio), dalle popolazioni barbare che abitavano queste zone del nord est italiano. Nei secoli successivi venne chiamato acinaticum. Cosa ci insegnano gli antichi? Di ascoltare la natura e di rispettare i suoi tempi nella fase di produzione. origine. E ancora che il suo padre ipotetico era stato un frate benedettino detentore di saperi e conoscenze enologiche, tal Pierre Perignon, che era il vino della corte di Versailles e che le amanti di Luigi XIV (e successori) lo bevevano. Infine che il bicchiere ideale per lo champagne è stato forgiato sulla forma del seno della marchesa di Pompadour, amante di Luigi XV. Alla fine di tutto questo, ti servono il bicchiere. SPAZIO PUBBLICITARIO
Anche con i ritmi e i quantitativi richiesti al giorno d’oggi? Il vino, frutto della vite e del lavoro dell’uomo, con la supervisione della natura, richiede rispetto. Se vogliamo produrre vini al cospetto dei quali il mondo si inginocchia davanti, dobbiamo tener conto della nostra storia, dei nostri metodi antichi, certamente aggiornati ma non snaturati. L’alternativa è fare bevande, e allora lì c’è spazio per tutti.
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IN PRIMO PIANO DAL CAMPO ALLA TAVOLA
STORIA BREVE
DI UN AGRICHEF FELICE Un’esperienza in molti ristoranti importanti di città e provincia e il diploma di Agrichef ottenuto in Coldiretti. Classe 1989, Sebastiano Poli ha scelto di impegnarsi nell’agriturismo di famiglia anziché intraprendere una carriera all’estero. Tradizione, territorio e veronesità in tavola sono i suoi punti fermi.
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I ACCOGLIE NELL’AGRITURISMO di famiglia con addosso il toque d’ordinanza. Sebastiano Poli, classe 1989, è riservato, così come l’ambiente dove lavora, una piccola corte rurale immersa nella campagna di San Michele Extra. Agriturismo Corte Vecia, si chiama, ed è qui che da qualche anno Sebastiano ha deciso di dedicare la sua passione per la cucina e per il territorio, accettando con coraggio di confrontarsi con la tradizione locale anziché puntare con decisione verso l’estero. Dopo aver ottenuto il diploma alberghiero, ha intrapreso la consueta gavetta che lo ha portato in alcuni importanti ristoranti di città e provincia, come Le Cedrare di Illasi e il Tre Corone di Giovanni Rana, sul Liston, dove ha seguito la partita dei primi. Dal 2017, Sebastiano è uno dei primi Agrichef non solo di Verona, ma anche d’Italia. Per fregiarsi di questo titolo ha frequentato un corso specifico della Coldiretti, istituito lo scorso anno e riconosciuto a livello nazionale, che prepara i cuochi sia a cucinare i prodotti della terra, che a sceglierli e coltivarli con tecniche innovative che ne rispettino le specificità. Un modo serio per orientare la cucina su quella che dovrebbe essere la vera missione dell’azienda agrituristica. Da quattro anni ha deciso di occuparsi dell’agriturismo di famiglia, aperto dal papà nel 1995 in una vecchia casa rurale appartenuta in passato ai Conti Serenelli. «Qui una volta abitavano i miei nonni» racconta Sebastiano, «l’agriturismo sorge dove c’erano le stalle». Sebastiano qui è un po’ tutto: chef e agricoltore. Produce la quasi totalità degli ingredienti e lavora cercando di portare qualcosa di nuovo nel piatto ogni sera. Per valorizzare e tutelare i prodotti del territorio ha iniziato qualche anno fa con le serate “a tema”. Seguendo la stagionalità dei prodotti, che guida anche il menù alla carta del “Corte Vecia”, Sebastiano propone periodicamente una cena che, dall’antipasto al dolce, declina un unico ingrediente: verza michelina, asparagi, zucca,
Sebastiano Poli
per citarne alcuni. «Quest’estate ho proposto un menu monotematico sulle pesche, che produciamo direttamente noi. Pesche grigliate e speck di antipasto, risotto alle pesche di primo, carpaccio con maionese alle pesche e costine di maiale con una composta di pesche e prugne di secondo. Non è facile, ma è un modo per restare sul territorio e valorizzare quello che la terra ci offre» spiega con soddisfazione. A questo si aggiunge il fatto, non meno importante, che queste serate sono spesso collegate ad una finalità benefica. Parte del ricavato viene, infatti, de-
DI MATTEO BELLAMOLI
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si sentono un po’ chef, cosa serve per emergere? Io credo che occorra partire dalla semplicità di base. Ora in molti cercando di stupire con elaborazioni esagerate, ma basta anche un accostamento azzardato per fare un piatto nuovo. L’elaborazione eccessiva non si sposa con l’agriturismo, ma basta creare un antipasto con le more per accendere la curiosità in tavola. Ha un assaggiatore di fiducia? Sì certo: mio fratello.
voluto ad associazioni come la Cooperativa Sociale Noi Insieme di Quinto di Valpantena, che accoglie persone diversamente abili offrendo opportunità di crescita personale e sociale, o la Comunità Giovanni XXIII che opera in favore dei poveri e degli emarginati. Un altro passo verso il coinvolgimento del territorio intorno all’attività che parte dai fornelli. Sebastiano, qual è la sua idea di cucina? Mi piace molto sperimentare, creare dei contrasti. Ovviamente in agriturismo occorre restare legati alle tradizioni, ma questo non impedisce la creatività. In un periodo in cui la cucina è di moda e tutti SPAZIO PUBBLICITARIO
E qual è il suo piatto preferito, tra quelli che prepara? Mi piacciono molto i risotti. Ortica e robiola, ora che andiamo verso la primavera, ma anche i bigoli con le more e il ragù di coniglio, un piatto di cui vado molto fiero. Un’ultima domanda. Molti suoi coetanei chef hanno deciso di partire per l’estero, perché lei ha preferito restare? Ho avuto un’opportunità ad Hong Kong, ma in questo momento ho voluto mettermi in gioco qui, a casa, per dare il meglio nell’azienda di famiglia. Credo molto nella promozione e valorizzazione dei prodotti del territorio e vorrei sistemare tutto l’agriturismo, non solo la cucina. Poi in futuro, mai dire mai...
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GEOMETRA
MATTEO XAMO PROFESSIONI S TA A L TUO F I A NCO Il mercato immobiliare è in ripresa dopo gli anni difficili della crisi. Nel 2017 le compravendite in Italia sono salite del 4,9%. Il desiderio di acquistare o sistemare casa, grazie anche agli incentivi fiscali e alla proroga del Piano Casa, cresce, ma è bene affidarsi a un professionista per evitare sorprese.
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he sia nuova o usata, di proprietà o in affitto, la casa rimane ancora ai primissimi posti della lista dei desideri degli italiani. Dopo gli anni duri della crisi dove anche il mattone ha risentito dell’instabilità economica e finanziaria del Paese, da qualche tempo sembra che si siano riaperti spiragli significativi nella compravendita di immobili. Secondo di dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, e rielaborati dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, le transazioni residenziali in Italia nel 2017 sono state 542.480 con un aumento del +4,9% rispetto al 2016. Una percentuale importante che conferma la fuoriuscita da un periodo difficile della nostra economia e restituisce un mercato rinvi-
gorito da prezzi sicuramente più accessibili rispetto a qualche anno fa, a mutui più convenienti e a una generale ripresa di fiducia. Tra i primi passi da fare, quando si cambia casa, quando si acquista o si desidera affrontare un intervento di ristrutturazione o ampliamento nell’abitazione di proprietà, c’è quello di assicurarsi che ci sia una perfetta aderenza o corrispondenza tra la situazione riscontrata all’interno dell’abitazione e il progetto originario depositato sia in comune, la cosiddetta conformità urbanistica, che in catasto (conformità catastale). Per non correre rischi e per assolvere con la massima serenità queste pratiche burocratiche preliminari, uno dei consigli è quello di rivolgersi a un professionista che sia in grado di accompagnare il proprietario dell’abitazione verso il raggiungimento dell’obiettivo. È di questo parere il geometra Matteo Xamo, professionista nel settore da quasi dieci anni, già membro del CdA della Cooperativa Geometri Veronesi, della commissione edilizia del Comune di Cerro e membro attuale delle commissioni Urbanistica e Sport del Collegio dei Geometri di Verona. Sia nei casi di ristrutturazioni edilizie, di progettazioni di interni, di temi riguardanti la sicurezza, le certificazioni energetiche e tutto quello che possa interessare i privati, sia per quanto riguarda i servizi tecnici, di assistenza e di consulenza per le imprese, la filosofia è la stessa, ossia quella di essere al fianco del cliente per ottenere il risultato con soddisfazione e nel rispetto delle regole. «Oggigiorno, anche nel nostro settore, il professionista deve capire che il suo sapere e la sua conoscenza tecnica devono essere a disposizione del cliente per qualsiasi tipo di richiesta. – spiega Xamo – Dal semplice consiglio, alla consulenza più approfondita, fino ad arrivare alla progettazione e alla realizzazione del lavoro» «Se una persona acquista una casa già esistente, ad esempio, gli si deve far presente che nei lavori di ri-
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strutturazione va messo in conto anche ciò che non è in vista: strutture, tubature, impianti, sottolineando che esistono delle agevolazioni fiscali sia per i lavori di ristrutturazione sia per quelli di riqualificazione energetica. Sembra una cosa banale, ma in realtà sono molte le persone che non ci pensano». «A proposito di incentivi – prosegue il geometra - la Legge di Bilancio 2018 ha ridisegnato gli incentivi dell’ecobonus per agevolare maggiormente i lavori che migliorano la prestazione globale degli edifici. Per l’intero anno, fino al 31 dicembre, ci sarà la possibilità di detrarre gli interventi di efficienza energetica con aliquote diverse a seconda dell’intervento. Il calcolo dello sconto di cui si potrà beneficiare dovrà essere effettuato applicando le due aliquote differenziate del 50% e del 65% e l’importo riconosciuto è determinato sulla base degli obiettivi di risparmio energetico che sarà possibile conseguire con i lavori effettuati a partire dal 1° gennaio 2018». Oltre alle detrazioni, anche il cosiddetto Piano Casa rimarrà in vigore fino a fine anno. La normativa, di competenza regionale, consente interventi di ampliamento, demolizione e ricostruzione su edifici residenziali o a destinazione diversa, da effettuare in deroga a strumenti urbanistici e regolamenti edilizi vigenti.
«La legge in vigore si articola in cinque livelli – prosegue Matteo Xamo – Si può applicare nei casi di ampliamento degli edifici a destinazione residenziale, che possono usufruire di un bonus volumetrico del 20% o del 30% se si ricorre alle fonti rinnovabili fino ad arrivare al 45% se si associa anche una riqualificazione energetica portando l’immobile esistente in classe B; di ampliamento degli immobili non residenziali, attuabile con le stesse modalità previste per i fabbricati a uso abitativo; di demolizione e ricostruzione degli edifici residenziali, che possono essere riedificati, ricorrendo esclusivamente al risparmio energetico e alle tecniche della bioedilizia, con un premio di cubatura fino all’80% in caso di ricomposizione planivolumetrica anche con forme architettoniche diverse; di demolizione e ricostruzione degli edifici non residenziali, per i quali valgono le stesse percentuali di ampliamento ammesse sul residenziale». Oltre a questi casi, il Piano casa si può attuare nei casi di riqualificazione delle strutture turistiche, nelle quali sono consentiti ampliamenti del 20% a favore delle attrezzature all’aperto, come stabilimenti balneari con strutture fisse, infrastrutture private situate nei campeggi e impianti sportivo – ricreativi anche ricadenti in area demaniale.
S E R V I Z I P E R P R I V AT I , I M P R E S E E G R E E N B U I L D I N G S E R V I Z I P E R P R I VAT I Assistenza alla compravendita Ristrutturazioni chiavi in mano Riqualificazioni energetiche Divisioni, frazionamenti Pratiche per detrazioni Progettazione impianti Pratiche pannelli fotovoltaici Certificazioni energetiche Variazioni catastali Pratiche rimozione eternit Stime e perizie di valutazione immobili Consulente Tecnico di Parte (CTP) Progettazione nuovi edifici Ristrutturazione e restauri Direzione lavori Coordinatore Sicurezza Progetti per opere intere e studi di arredo Rilievi topografici e misurazioni Project Management Rifacimento manti di copertura Pratiche linee vita Installazione cappotto Isolamento acustico Permute e assistenze investimenti immobiliari
SERVIZI PER IMPRESE Coordinatore Sicurezza Certificazioni Energetiche Servizi per Agenzie Immobiliari Pratiche Cementi Armati Progettazione Impianti Legge 10/91 Pratiche Scomputo isolamento Dlgs 115/08 ex LR 21/95 Fotoinserimenti, fotoritocchi e realizzazioni 3d compreso cartellonistica di cantiere e pubblicità Direzione lavori Rilievi topografici e misurazioni Pratiche Catasto Fabbricati e Terreni Pratiche Geologiche-Geoteciche Pratiche Acustiche Assistenza Tecnica Amministratori di Condominio
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STORIE DI VINO
UNA QUESTIONE DI “INTIMITÀ” CON IL TERRITORIO Fondata nel 1857, la Cantina Bertani è l'azienda più antica della Valpantena, produttrice di vini pregiati che esporta in tutto il mondo.
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UANDO VIGNETI E VINO valorizzano il territorio. ci riferiamo alla Cantina Bertani, fondata nel 1857 da Giovanni Battista e Gaetano Bertani, ubicata a Grezzana, nel cuore della Valpantena, alla quale è rimasta legata e ne promuove l’immagine con i suoi vini. È stata tra le prime Cantine in Italia ad imbottigliare vini, rendendoli commerciabili fuori provincia. Ad esportare in Europa e negli Stati Uniti iniziò nell’ultimo ventennio dell’Ottocento. Oggi la Cantina Bertani confeziona 2milioni di bottiglie l’anno, fattura 15milioni di euro ed è capofila di altre cinque cantine in Italia (a Grezzana la direzione, il marketing e la logistica), occupa 40 lavoratori qualificati fissi, più gli stagionali. Ed esporta in tutto il mondo.
A raccontarci lo «sviluppo delle Cantine Bertani e il loro prestigio nel mondo», Emilio Pedron Amministratore Delegato della Bertani Domains Società Agricola, anch’egli amante del «bello che fa diventare più buono anche il vino». In altri termini per l’AD Pedron «ordine e grande cura dei vigneti son o importanti, perché il vino è intimamente legato al proprio territorio». In questa direzione va anche l’ultimo investimento delle Cantine Bertani a San Fidenzio (a Novaglie). Qui, in un terreno in affitto, ha creato un nuovo vigneto per lo storico (ha oltre 150 anni) vino «Secco Bertani», fiore all’occhiello della sua produzione assieme all’Amarone Classico, quest’ultimo ottenuto fin dal 1958 con uve appassite secondo metodi naturali.
DI ALESSANDRA SCOLARI
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IL PERSONAGGIO SILVIA STERZI
UN MEDICO IN CUCINA E IN DIRETTA TV Diventata popolare con la trasmissione Cuochi d’Italia condotta da Alessandro Borghese, Silvia Sterzi è una veronese doc, una donna che ogni giorno coniuga con passione e dedizione le sue mille sfaccettature per raggiungere l’obiettivo di diventare un grande chef.
Silvia Sterzi
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ncontriamo Silvia in un pomeriggio piovoso: con i suoi capelli a spazzola, un sorriso contagioso e due occhi vivaci ci accoglie nel suo studio di medicina legale. Lì, dove scorre metà della sua vita lavorativa. Sì perché l’altra, quella che la appassiona di più, la passa in cucina in un prestigioso ristorante. La contraddistingue senza dubbio un’umiltà tipica dei grandi lavoratori che non si spaventano davanti alle sfide. Una donna, una mamma di due figli, che non si risparmia e si racconta senza ostentare nulla. L’abbiamo vista cucinare in diretta TV, ma chi è Silvia Sterzi? Sono una donna passionale, determinata, che ama quello che fa. Da giovane, con un figlio piccolino, ho preferito seguire la via sicura e mi sono iscritta a medicina. Tuttavia ho sempre avuto un debole per l’arte e la creatività in
genere: per dodici anni mi sono dedicata alla scultura su marmo. Lo stesso Alessandro Borghese in trasmissione, le ha detto «un medico cuoca, è la prima volta che mi capita»! Come riesce a fare tutto? Mi dedico all’attività di medico legale al mattino e, alla sera e nei fine settimana, lavoro al ristorante. La cucina è sempre stata la mia grande passione. Quattro anni fa mi sono iscritta alla Scuola serale dell’Alberghiero e ho seguito diversi laboratori per affinare la mia tecnica. La voglia di cucinare e di mettersi in gioco alla fine è stata naturale, non potevo non seguire il mio istinto. Ho lavorato in stage alla Locanda Quattro Cuochi di Perbellini, al Giardino delle Esperidi di Bardolino, al Piper di Verona. Tutte esperienze importanti, lavoravo senza sosta anche sette giorni su sette durante le stagioni estive. Ma ne è sempre valsa la pena. Adesso
DI SARA
AVESANI
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sono capo partita dei dessert al Rucola 2.0 di Sirmione (è uno stellato, ndr). Come è arrivata in TV, a “Cuochi d’Italia”? In realtà mi hanno cercato loro, avevo partecipato ad alcune competizioni regionali, cosi hanno deciso di chiamarmi. È stata una bellissima esperienza: “Venti cuochi tradizionali si sfidano a colpi di piatti tipici e sapori
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genuini per vincere il titolo di Miglior Cuoco Regionale d’Italia”. Alessandro Borghese è davvero un bell’uomo (sorride Silvia, ndr) e i giudici Gennaro Esposito e Cristiano Tomei, nonostante la loro fama, ti mettono fin da subito a tuo agio. Il programma è 100% reale, si cucina tutto in diretta e in pochissimo tempo. Ho fatto il provino a Sky e, sono passata grazie al Risotto all’Amarone con crema al Monte
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IL PERSONAGGIO SILVIA STERZI Foto di Alessandro Tessari
Veronese. L’obiettivo del programma è anche promuovere i prodotti tipici del territorio di ogni regione. Per il nostro Veneto, ho scelto di portare, con il benestare dei giudici di gara, oltre all’Amarone, al Monte Veronese e al Radicchio Trevigiano, già “famosi”, il broccoletto di Custoza, che è davvero squisito. In effetti, è stata definita la regina dei risotti. Nel 2016 ha vinto il primo Premio Chicco d’Oro a Isola della Scala, sfidando altri venti cuochi provenienti da nove regioni diverse… Da buona veneta mi piace molto cucinare il risotto, è uno dei miei piatti preferiti, e al concorso ho convinto i giudici con una versione con l’anatra all’arancia. A casa cosa cucina? Improvviso, mi piace usare la fantasia: faccio con quello che trovo. Se sono sola però non preparo nulla: fanno così un po’ tutti i cuochi e non è un luogo comune: è la verità!
donna concreta. Mi piace perseguire gli obiettivi con dedizione, senza tanti fronzoli. Mio papà dice che sono “una de campagna, ruspante”, una lavoratrice senza sosta e di cuore. In questo direi ho proprio una vena veneta.
Fra i tanti numerosi concorsi e sfide culinarie, quale le va di raccontarci? Sicuramente i campionati italiani di cucina dello scorso febbraio: come singolo ho portato a casa un bronzo per i dessert. Sono stata poi felicissima perché con un’equipe di cuoche venete, per la prova “caldo a squadre”, abbiamo ottenuto l’argento ed il miglior punteggio della giornata.
Ha una passione che non ci hai ancora svelato? Ehm, forse non vi ho detto che ho giocato tanti anni a Rugby come professionista nel Venezia, a Mira… ma tre anni fa ho dovuto smettere, avevo superato il limite di età (42, sogghigna dispiaciuta, ndr).
In trasmissione rappresenta il Veneto. In cosa si sente veneta e veronese? Sono una veronese doc e credo di essere una
Silvia, un’ultima curiosità: cosa non può mancare nella tavola di un veronese? Direi sicuramente il lesso con la pearà. Un trucco? Mettere il grana dopo la cottura come tocco finale.
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Foto di Alessandro Tessari
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A TU PER TU CON LUCA CAMPEDELLI
IL “DEUS EX MACHINA” DEI MONDIALI DI SCHERMA Il numero uno del ChievoVerona ha vestito il ruolo di presidente del Comitato organizzatore dei Campionati del Mondo Cadetti e Giovani Verona 2018. Grazie al suo impegno, silenzioso, ma efficace e operoso, è riuscito a creare le giuste sinergie sul territorio per portare nella nostra città un evento dai numeri - e dal potenziale - straordinari, soprattutto guardando al futuro. DI MATTEO SCOLARI
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ON AMA I RIFLETTORI, questo è risaputo. Ed è pure contenuto nelle parole, preferisce agire, quasi sempre in silenzio. Luca Campedelli, con il suo Chievo, ha scritto, e sta scrivendo, pagine importanti dello sport professionistico nazionale, grazie alla sua capacità manageriale, al suo intuito e alla sua passione per lo sport. E se quella per il calcio è nota a tutti, non molti sanno che l’altra passione del presidente clivense, forse ancora più grande, è la scherma, sia quella tradizionale, sia quella storica di cui è stato Campione italiano nel 2011. Campedelli ha lavorato nell’ultimo anno e mezzo, in qualità di presidente del Comitato organizzatore, alla realizzazione dei Mondiali Giovani e Cadetti 2018 che si sono tenuti in questo mese di aprile a Verona. Un impegno
a tutto tondo che, grazie alla collaborazione di molte altre persone vicine al presidente, di molti volontari (circa 300) e di molte aziende partner, tra cui i main sponsor Agsm, Banco BPM, Cattolica Assicurazioni, ha permesso di riportare in Italia un evento importantissimo per lo sport azzurro dieci anni dopo l’edizione di Acireale 2008. Oltre 1360 atleti under 17 e under 20 provenienti da 108 paesi di tutti e cinque in Continenti. Una location, il Cattolica center, magnifica, con oltre 25 mila metri quadrati di spazio all’interno dei quali sono state posizionate le 44 pedane di gara. Campedelli era presente il 21 marzo scorso a Roma, al Salone d’Onore del CONI, alla presenza del presidente Giovanni Malagò, il quale ha speso parole di elogio proprio nei confronti del presidente del Chievo per l’im-
Luca Campedelli alla conferenza stampa di Roma. Da sinistra: Filippo Rando Assessore allo Sport Comune di Verona. Giorgio Scarso Presidente della Federazione Italiana Scherma. Giovanni Malagò Presidente CONI Giampiero Pastore Capo delegazione per la Sciabola.
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A TU PER TU CON LUCA CAMPEDELLI La delegazione azzurra ai Mondiali di Verona 2018
pegno profuso anche nel creare, nel 2014, il Bottagisio Center, in via Galvani, dove tantissimi giovani possono iniziare i primi passi della scherma e crescere grazie al corsi tenuti dall’istruttore nazionale Alfredo Rota, affiancato da altri tecnici federali e dal preparatore atletico, a disposizione degli schermidori ad ogni lezione. Presidente Campedelli, emozionato per questo grande evento, ospitato a Verona? È la fine dell’inizio del percorso che abbiamo intrapreso un anno fa. È un grande onore per noi essere stati scelti tra le tante altre città candidate a ospitare i Campionati del Mondo. Lo scopo principale è quello di promuovere la scherma e di lasciare un ricordo indelebile a tutti i partecipanti. Quanto lavoro c’è dietro a una manifestazione di questo genere? Tantissimo lavoro. Coloro che se ne sono occupati lo hanno fatto in maniera egregia. Sono convinto che sia un evento che possa essere ricordato a lungo.
Potrebbe essere un’edizione propedeutica ad ospitare gli Assoluti tra qualche anno? Può essere d’aiuto, certo. La prossima volta è meglio che se ne occupi qualcun altro però (ride, ndr). È molto appassionato di questo sport, è stato anche Campione italiano. Di scherma storica però, che è molto differente. Per il resto sono un modesto dilettante e pure scarso. Lei è una persona modesta, le va riconosciuto però il grande merito di aver creato una rete di contatti sul territorio veronese in grado di convincere la Federazione internazionale. Non è cosa da poco. Come ci è riuscito? Basta parlare di scherma. Se poi uno prova a praticarla, non può che innamorarsene. Non sono un venditore, porto solo la mia esperienza e la mia passione di quando indosso la maschera. Penso siano questi i motivi per cui molte persone hanno creduto a questa idea ambiziosa, nella speranza che questo possa essere solo l’inizio di un’emozionante avventura.
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LE MASCOTTE Luca Campedelli è stato anche l’ideatore, assieme al Comitato organizzatore, di Romeo e Giulietta, le mascotte ufficiali dei Mondiali di Scherma Cadetti e Giovani Verona 2018. I modellini, disegnati dal graphic visual designer Giulio Tozzi e realizzati a mano dall’artista-scultore Ernesto Panno, saranno consegnati a tutti i medagliati del Mondiale e sono ispirati ai due testimonial della grande kermesse internazionale: l’argento olimpico di Rio2016 Rossella Fiamingo e il campione olimpico di fioretto a squadre a Londra2012 Valerio Aspromonte. credits Giulio Tozzi
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INFRASTRUTTURE
SP6: TRA UN ANNO IL COMPLETAMENTO FINO A POIANO Giovedì 22 marzo, alla presenza dell’assessore regionale Elisa De Berti, del sindaco di Verona Federico Sboarina e del presidente dell’8^ Circoscrizione Dino Andreoli, è stato posizionato il grande ponte in acciaio sul nuovo svincolo della SP6 dei Lessini all’altezza di Quinto. Un’operazione spettacolare per dimensione e portata che lascia intravedere la conclusione del primo stralcio di lavori prevista per la primavera del 2019.
DI MATTEO SCOLARI
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UASI 158 TONNELLATE sollevate con una delicatezza e una precisione a dir poco chirurgiche. Un’operazione di movimentazione ingegneristica che non capita spesso di vedere, tant’è che tra le decine di persone accorse giovedì 22 marzo a Quinto per assistere alla posa del cavalcavia sul nuovo svincolo della strada provinciale 6 dei Lessini, oltre alle autorità regionali, provinciali e comunali e molti cittadini, c’erano anche gli studenti di ingegneria civile di Padova. Una struttura in acciaio lunga 58 metri, larga 13 e mezzo, sollevata, traslata e infine adagiata in poco più di un’ora da una gru particolare (due esemplari in tutta Italia) che costituisce l’ele-
Foto aerea del cantiere all'altezza di Quinto
mento principale dell’intersezione a piani sfalsati progettata per la gestione della viabilità da e per i centri abitati lungo via Valpantena. Il posizionamento del cavalcavia è uno dei tre grandi interventi contenuti nel progetto di Veneto Strade Spa per la realizzazione della nuova bretella che collegherà la SP6 da Quinto a Poiano (primo stralcio), gli altri due sono la deviazione e la messa in sicurezza per circa 700 metri del letto del progno Pantena e l’allargamento della rotonda “del giardinetto”, a Poiano. Al primo stralcio di lavori, finanziato dalla Regione Veneto per un totale di 8 milioni e 200 mila euro, che dovrebbe terminare entro la primavera del prossimo anno, dovrà seguirne un secondo per
FOTOINSERIMENTO 1° STRALCIO 33 Progetto di prolungamento SP6 (primo stralcio)
DEVIAZIONE PROGNO VALPANTENA SVINCOLO DI QUINTO
SVINCOLO DI POIANO NORD
il collegamento da Poiano fino alla Tangenziale Est per un costo complessivo di circa 19 milioni di euro. Non tutti hanno ancora chiaro il progetto definitivo, per cui cogliamo l’occasione per descriverne i passaggi principali. Innanzitutto la pubblicazione da parte di Veneto Strade Spa è del 2013. La firma è del responsabile del procedimento, l’ingegner Alessandro Romanini, la progettazione a cura di SP Ingegneria e a firma degli ingegneri Mirco Sparesotto, Alessandro Giacopuzzi e Davide Ferrarese. Dalla relazione di sintesi si legge che il progetto, nella sua interezza, è stato predisposto per un triplice scopo: il primo è quello di garantire la capacità di flusso veicolare con la riqualificazione del tratto compreso tra lo svincolo della tangenziale fino alla rotonda di Poiano, e con la realizzazione della bretella alternativa a via Valpantena, in variante, fino a Quinto. Il secondo è salvaguardare la viabilità minore e i centri abitati dal traffico di attraversamento. Il terzo quello di creare un nuovo percorso ciclabile da Quinto a Poiano completando in parte già quello esistente. Secondo i tecnici «il nuovo assetto viario e le caratteristiche tecniche della nuova infrastruttura comporteranno significativi benefici in termini sia di livello di servizio con una riduzio-
ne dei tempi di percorrenza, sia di standard di sicurezza di circolazione». CONCENTRIAMOCI ORA sul primo stralcio. Questo tratto ha una lunghezza di circa 1520 metri e come abbiamo detto verrà realizzato in variante rispetto all’attuale viabilità. A Poiano sorgerà una nuova rotatoria con un raggio interno di 30 metri, a doppia corsia, in sostituzione a quella esistente che ha un raggio di 15 metri. L’infrastruttura regolerà l’intersezione tra via Valpantena direzione sud, via Stradella Maioli, via Valpantena direzione nord, via Poiano e la nuova bretella in direzione Quinto. Su via Stradella Maioli è prevista la costruzione del nuovo collegamento al Garden center “Fior di Valle” con la chiusura dell’attuale accesso. Proprio qui inizierà il tratto in variante, realizzato parte in scavo e parte in “rilevato” con due sottopassi. Il tracciato correrà tra via Valpantena e il corso del progno: quest’ultimo verrà deviato per una lunghezza di circa 700 metri e contenuto in una nuova sede con argini in cemento armato e con un abbassamento dell’andamento altimetrico dell’alveo per mezzo di tre nuove briglie distribuite più verso nord rispetto a quelle esistenti. In questo punto, infatti, il torrente effettua una curva che nei momenti di piena sottopone a forte stress l’argine in pietra,
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INFRASTRUTTURE
Tavola 07
Rendering delloSVINCOLO svincolo di Quinto DI una volta ultimato QUINTO
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Vista 1
creando punti di criticità proprio dal punto di vista strutturale. Passando ad est rispetto allo stabilimento di Mangimi Veronesi si arriva alla svincolo a piani sfalsati di Quinto, con il già citato sovrappasso della lunghezza di 58 metri. In corrispondenza della Pasticceria Rossini verrà realizzata una nuova rotonda con un raggio di 15 metri che andrà a sostituire l’attuale incrocio a raso, teatro di numerosi tamponamenti e incidenti, e che regolerà l’intersezione tra via Valpantena direzione sud, la Sp6 verso nord e il centro abitato di Quinto. SE IL PRIMO STRALCIO È COSA FATTA (consegna lavori confermata dall’assessore De Berti entro la primavera del 2019), modalità e tempistiche per il secondo stralcio, dalla Tangenziale Est alla "rotonda del giardinetto”, per una lunghezza di circa 1.740m, rimangono ancora da chiarire. Secondo un’altra relazione tecnica redatta dal Comune di Verona (precedente amministrazione, responsabile del procedimento architetto Mauro Grison), la società proponente, quindi Veneto Strade, avrebbe approvato solo il primo stralcio con specifico atto a firma del suo amministratore delegato. In ogni caso, il progetto definitivo indica il rifacimento dello svincolo di Poiano sud con la
realizzazione di una nuova rotatoria di raggio interno pari a 30 metri in sostituzione dell’attuale rotatoria a forma allungata. Lo scopo è regolare l’intersezione tra via Colonello Fincato, Strada della Giara, via Valpantena e via del Sasso, prevedendo contestualmente l’accesso al supermercato “Famila”. Tra gli svincoli di Poiano sud e Poiano nord è previsto l’ammodernamento in sede della carreggiata principale con l’eliminazione degli accessi diretti a raso. Verrà mantenuto soltanto lo svincolo esistente a piani sfalsati a sud della frazione di Poiano per l’accesso al paese. Verrà costruita una controstrada lungo il lato est per regolare l’intersezione su via Segorte con l’eliminazione dell’incrocio semaforizzato esistente e di un accesso privato. L’incrocio attuale su via Segorte sul lato ovest sarà invece chiuso, garantendo l’accesso al centro abitato di Poiano soltanto a nord dal nuovo svincolo a rotatoria del giardinetto. Lungo tutto il tratto, sul lato ovest, sarà completata la pista ciclopedonale larga due metri e mezzo e opportunamente separata dalla viabilità principale. In corrispondenza dell’attuale intersezione con via Segorte è previsto il collegamento della pista ciclopedonale sul lato est con la realizzazione di un sottopasso verso la località Misturin, e sul lato ovest con via Segorte in direzione centro abitato di Poiano.
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LA STORIA CHE FU
IL PICCOLO-GRANDE MONDO
DEI CIMBRI DELLA LESSINIA Popolo laborioso e rispettoso della natura, con il suo arrivo nella montagna veronese riuscì a cambiarne volto e destino. Un corposo volume racconta cosa hanno insegnato, e cosa potrebbero ancora insegnare, le popolazioni di coloni tedeschi che nel Medioevo giunsero nel Veronese.
U
N POPOLO LABORIOSO, guidato dall’inventiva e da capacità manuali straordinarie nel dar forma agli elementi di quella natura che avevano in parte saputo dominare. Se ne ha riscontro ancora ai giorni nostri nelle tracce che i Cimbri hanno disseminato nel territorio scaligero: eco che risuona nella lingua, nei nomi delle contrade e nei cognomi; nelle architetture in pietra, nell’armonia con cui ridisegnarono i paesaggi, negli antichi mestieri e nelle tradizioni. «Coloni tedeschi che nel Medioevo hanno bonificato la grande foresta di faggi della zona montana dei Lessini, godevano di particolari privilegi, che derivavano dall’aver domato un ambiente ostile e ancora inabitato», esordisce Ugo Sauro. A lui, capofila del progetto editoriale Cimbri della Lessinia, si deve il merito di aver riunito vari studiosi a confrontarsi sulla storia dell’antica popolazione, consegnando poi alle stampe il volume (Gianni Bussinelli editore). Più che un libro, un’elegante enciclopedia di oltre 400 pagine di avventure umane da cui trarre spunto quando si ragiona sulla salvaguardia delle montagne minacciate dalla modernità. Sedici gli autori e di conseguenza significativo
La copertina del libro
lo sforzo del garantire uniformità all’opera scaturita dopo anni di ricerche dalla passione di due associazioni, gli Amici del museo etnografico “La Lessinia: l’uomo e l’ambiente” di Bosco Chiesanuova e l’Accademia della Lessinia, assieme al Curatorium Cimbricum Veronense. Tante sono le curiosità, altrettanto affascinanti risultano le foto, per restituire ai lettori un’esaustiva sintesi di quanto finora è stato raccontato sulle genti cimbre. «I Cimbri percepivano il loro ambiente di vita come “piccola patria”, Heimat, in cui erano protagonisti grazie al loro ingegno, all’armonia che avevano impresso alle loro nicchie vitali e alla fede radicata e profonda in Dio, nella Madonna e nei santi, a cui ricorrevano nei momenti difficili, come quelli delle epidemie e delle guerre», prosegue Sauro, curatore della pubblicazione con Ezio Bonomi e Vito Massalongo. «Avevano una sorprendente conoscenza dell’ambiente, sapevano progettare oggetti della cultura materiale e strutture funzionali e architettoniche tenendo conto delle finalità delle stesse e usando al meglio le risorse locali come pietra, legno, paglia, foglie, suoli argillosi». Sorprende scoprire quanto i coloni di origine
DI MARTA BICEGO
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bavaro-tirolese fossero attenti alle tematiche ambientali. «Tra i problemi affrontati e risolti dai Cimbri ci sono le riserve d’acqua, composto chimico che in superficie è scarso o assente a causa della natura carsica del terreno. Un tipo è il posso, cisterna interrata in cui si raccoglie l’acqua piovana che cade sui tetti degli edifici; altro è la possa, conca artificiale dal fondo impermeabilizzato con suoli argillosi occupata da un laghetto alimentato dall’acqua piovana». Oltre a stalle in lastre di pietra e fienili, costruirono le giassare, in cui conservare il ghiaccio da commerciare durante l’estate: costruzione che tiene conto delle risorse disponibili e dei
SÅM
parametri ambientali locali. Grazie alla loro elasticità mentale, chiosa Sauro, «i Cimbri hanno creato un paesaggio seminaturale estremamente armonioso e originale, unico nella catena alpina, il quale tuttavia per l’abbandono delle aree marginali, il degrado naturale degli edifici e l’avanzata del bosco si va obliterando. Con la conseguente perdita di un patrimonio inestimabile: esempio di un insieme unico di avventure umane che ha molto da insegnare alle generazioni future». Il volume, realizzato grazie a Fondazione Giorgio Zanotto e Banco Bpm, si può acquistare nelle librerie di Verona e provincia.
di Redazione
Såm è una parola di origine cimbra: significa seme. Non solo: è un originale strumento di esplorazione visiva del territorio montano in generale e della Lessinia, che mette in dialogo il linguaggio e la tecnica della fotografia con il cinema. Alcuni semi hanno già trovato dimora nel Veronese e stanno lentamente crescendo e prendendo forma: la rassegna cinematografica internazionale Film Festival della Lessinia e l’associazione culturale che si occupa di fotografia contemporanea Fonderia 20.9 saranno infatti i contenitori di una residenza per artisti, di un workshop tenuti da docenti di livello internazionale, di una serie di eventi culturali legati alle tematiche delle terre alte e della ricerca visiva. Såm ogni anno inviterà personalità artistiche che operano con l’immagine per conoscere, far conoscere e riconoscere la montagna scaligera: un luogo ricco di storia, di tradizioni e di caratteristiche territoriali uniche. Il progetto, a cura di Ana Blagojevic e Chiara Bandino, è di ampio respiro: consiste in un percorso della durata triennale che, di anno in anno, si tradurrà in una mostra e in una installazione ospitata dal Film Festival della Lessinia, la cui prossima edizione si svolgerà al Teatro Vittoria di Bosco Chiesanuova dal 24 agosto al 2 settembre. Il primo evento del cammino di Såm è stato ospitato negli spazi di Fonderia 20.9, in via XX Settembre, fino al 14 aprile: si tratta di Calamita/à Project - An investigation around Vajont, a cura di Marina Caneve e Gianpaolo Arena. Un’esplorazione attraverso l’interazione tra i lavori degli autori e le molteplici sfaccettature di un'unica vicenda, emblematica e rappresentativa del Novecento italiano. Calamita/à è anche una piattaforma di ricerca indipendente sul contemporaneo che nasce da una riflessione sui territori del Vajont e unisce pratiche artistiche e scientifiche per indagare i fenomeni di trasformazione del territorio in seguito ad un evento catastrofico.
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IL BAMBINO AL CENTRO
CRESCERE CON IL METODO MONTESSORI Si sta diffondendo a Verona una rinnovata sensibilità nei confronti del metodo di differenziazione didattica Montessori, un approccio scientifico che mette al centro del processo educativo il bambino, con le sue peculiarità e le sue abilità, allo scopo di favorirne l’autonomia.
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EMO PROPHETA IN PATRIA. Un detto che vale per molti illustri italiani, a cui non sfugge nemmeno Maria Montessori (1870-1952), medico e creatrice del metodo di differenziazione didattica che porta il suo nome, celebrato all’estero (sono 22.000 le scuole Montessori nel mondo), ma ancora poco diffuso in Italia (che conta solo 138 scuole). Nell’ultimo decennio, però, si sta assistendo a un’inversione di tendenza, e Verona non è da meno. Si sono moltiplicate, infatti, negli ultimi anni, le offerte didattiche a metodo Montessori; i corsi di formazione sul metodo per genitori ed educatori registrano il tutto esaurito e sono in molti a voler iscrivere i propri figli nelle (poche) scuole ufficialmente riconosciute. Se le scuole certificate Montessori nel pubblico – con un iter molto rigido che garantisce la corretta applicazione di un metodo che è scientifico (è il solo metodo “alternativo”
riconosciuto dal MIUR) e sul quale quindi non è possibile improvvisare – sono solo due (la Casa dei bambini comunale "Orti di Spagna” e la scuola dell’infanzia “Sansovino”), stanno parallelamente nascendo alcune iniziative nel privato. Come quella portata avanti da Chiara Riganò e Dolores Bennici, specializzate in differenziazione didattica Montessori per la fascia d’età 0-3, fondatrici dell’Associazione “Liberi Fioriranno”, che si occupa di far conoscere il metodo attraverso incontri formativi e laboratori, e dell’Altern-asilo Montessori, che accoglie bambini da 0 a 3 anni. «Tre sono i principi cardine del metodo: l’ambiente, i materiali e l'atteggiamento dell'adulto» spiegano Chiara e Dolores. «L'ambiente, in un asilo Montessori, è completamente a misura di bambino, tutte le attività sono alla sua portata e può accedervi liberamente. I materiali sono scientifici, pensati per lo sviluppo della coordinazione oculo-
DI FRANCESCA MAULI
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manuale, per la motricità fine, per preparare alla lettoscrittura. L’adulto è un osservatore, che prepara l'ambiente con i materiali adatti, lasciando che il bambino li scelga seguendo la propria propensione naturale». Nessuna attività uguale per tutti, nessun obbligo, ma una varietà di proposte a cui il bambino può accedere liberamente, in una personalizzazione che favorisce il raggiungimento dell’autonomia. SE PER L’ASILO E LA SCUOLA DELL’INFANZIA è più facile trovare realtà Montessori, diverso è il discorso per la scuola dell’obbligo. Al momento, nessuna primaria, pubblica o privata, della nostra città applica il metodo. Ma le cose stanno per cambiare. Presso la scuola primaria statale Massalongo, in zona Università, è infatti in partenza, il prossimo anno scolastico, una sperimentazione Montessori, con un progetto curato da Sara Agostini, dirigente dell’IC 19 – Santa
Croce, insieme alle docenti Chiara Stella e Teresa Zaccaria e all’ex dirigente scolastica Luciana Marconcini. Sono una cinquantina gli insegnanti della primaria in formazione e la sperimentazione potrebbe essere allargata in futuro ad altri istituti. Per chi non riuscisse ad accedere a queste scuole, però, non tutto è perduto. Il metodo è infatti applicabile anche – soprattutto! – nella quotidianità. Per approfondirne la conoscenza è possibile partecipare agli incontri organizzati da Associazione Montessori Verona, una realtà nata nel 2005 da un gruppo di genitori «per sensibilizzare la nostra città a questo importantissimo approccio», come spiega la presidente Isabella Sciarretta. «Abbiamo ripreso nell’ultimo anno le attività, organizzando incontri e seminari che stanno avendo grande successo, segno che è nata in città una nuova sensibilità verso gli approcci che mettono il bambino al centro del pensiero educativo».
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DENTRO IL CARCERE, DENTRO IL CUORE
LE STELLE CHE NON SI SPENGONO Per 38 anni ha portato la luce tra le donne detenute nel carcere di Verona. Generosa, socievole, capace di coinvolgere e motivare tutti. Suor Alda Stella ha vissuto per dare alle “ragazze” una vita migliore.
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ITA MAMBRIN è nata a Casale di Scodosia, provincia di Padova, il 21 aprile 1936, in una famiglia, con già una figlia (dopo arrivarono altre due sorelle e un fratello). Allora, le ragazze dei paesi andavano a servire in città. Rita trovò lavoro al seminario di Verona. Ricorda Antonietta (l’unica sorella rimasta) «fin da ragazzina Rita, sempre schierata con i più deboli, ha palesato la sua vocazione. A 16 anni è entrata nell’Istituto delle Sorelle della Misericordia; a 21 anni la professione. Scelse Alda Stella, i nomi dei nostri genitori: un modo di portare con sé la sua famiglia». Suor Stella iniziò nell’asilo di Albisano (Torri del Benaco) si occupava della gestione della scuola, come fece poi a Villafranca. Un giorno venne invitata dalla Madre Superiora a sostituire una suora «per una decina di giorni al Campone». Un mondo inimmaginabile: vi rimase 38 anni. Ci ha raccontato don Paolo Dal Fior (preferisce don a monsignor) per anni collaboratore e poi cappellano nel Carcere di Verona (1989-1998): «Al Campone alloggiavano quattro suore - Suor Fernardina, suor Massimina, suor Aurora e
suor Stella - che convivevano con le donne detenute, alcune con i bambini. Condividevano pasti e fatiche. Erano referenti della sezione femminile e custodi della chiesetta, dove spesso le detenute andavano a piangere. Di notte una suora rimaneva sveglia per presidiare la sezione e (spesso) per confortare l’ultima arrivata. Un contatto molto importante che consentiva momenti di riflessione e dialogo». Quella delle suore era una famiglia a supporto di un’altra più fragile famiglia. «La testimonianza di queste suore e di Suor Stella mi resteranno impresse per la grande dedizione riservata alla donne detenute: spesso era uno scambio di amore». NEL 1994/1995 IL TRASFERIMENTO DELLA CASA CIRCONDARIALE a Montorio. Un cambiamento che ha richiesto impegno e adattamento alla comunità carceraria, suore comprese, le quali, trovato alloggio a San Michele (scuola materna parrocchiale), assicurarono la presenza giornaliera in carcere. Mezzo di trasporto: la bicicletta. Suor Stella, mentre
DI ALESSANDRA SCOLARI
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IL 21 APRILE, DALLE 10 ALLE 13, NEL CARCERE CIRCONDARIALE DI MONTORIO, si terrà un incontro organizzato dall’Associazione Microcosmo, guidata da Paola Tacchella, nel corso del quale verrà ricostruita la storica presenza delle Suore della Misericordia all’interno del carcere e la biografia di Suor Stella (1936-2018). Apporterà il suo contributo la professoressa dell’Università di Verona, Luigina Mortari, sul tema “Filosofia e Pedagogia della cura”. Partecipazione su invito. L’iniziativa è concordata con il direttore del carcere Mariagrazia Bregoli, in collaborazione con il CPIA e l' Istituto Berti. Per chiarimenti: info@micro-cosmo.org
«Suor Stella sapeva accogliere, coinvolgere e motivare. Non solo: con pazienza e dedizione promuoveva tra le detenute l’accoglienza e il superamento dei pregiudizi» andava in carcere, in sella alla sua bicicletta con pacchi, pacchetti, sporte e sportine, è stata investita tre volte. Eppure racconta la sorella Antonietta «non ha mai mollato le sue “tose” (ragazze) che spesso seguiva anche fuori. Più di una volta ho visto mia sorella piangere per loro. Era felice quando otteneva il permesso SPAZIO PUBBLICITARIO
(di poche ore) per qualcuna. Diceva: “Bisogna alleggerire il peso dei drammi”». Franco Ederle, autista delle suore negli ultimi 15 anni, ha sottolineato: «con la perdita di Suor Stella è finita una storia irripetibile, per la presenza e il grande sostegno delle suore in uno degli ambienti più difficili e traumatici della nostra società. Suor Stella appena poteva toglieva dall’ozio le “tose”. Le voleva attive e in questo era esigente. Il laboratorio di ricamo forniva la bancarella per i mercatini. Qui Suor Stella incontrava volontari e amici ai quali con orgoglio illustrava la biancheria uscita dalle “mani d’oro” delle sue ragazze». Il laboratorio era anche spazio di accoglienza umana ed affettiva. Per don Paolo «Suor Stella sapeva accogliere, coinvolgere e motivare. Non solo: con pazienza e dedizione promuoveva tra le detenute l’accoglienza e il superamento dei pregiudizi». A fine novembre la malattia l'ha colta. Tornata a San Michele, negli ultimi giorni di vita, ha ricevuto l’abbraccio della sua comunità, dei famigliari, delle sue «tose» (tornate alla vita normale) e del personale del carcere. Dal 2 febbraio 2018, Suor Stella splende in cielo.
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LA CASA DI RAMÌA, SPIEGATA BENE
UN POSTO CHIAMATO
CASA
Ha il nome di un fiore, ma è grande come il mondo intero: Casa di Ramìa è il luogo d’incontro per donne da tutti i continenti che hanno scelto Verona come porto d’approdo e qui, nel cuore di Veronetta, trovano lo spazio e le opportunità per reinventarsi. Le donne di Casa di Ramìa
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ENTRO CI SONO I DIVANI, le poltrone, i cuscini. Scaffali pieni di libri, sedie ingombre di stoffe e di giocattoli. E poi ci sono le storie di chi arriva da lontano e qui, nel cuore di Verona, ha trovato un altro luogo da chiamare casa. Dietro il portone della sede di via Mazza, 50, quartiere Veronetta, si apre lo spazio dedicato alla sperimentazione culturale e all’orientamento alla realtà italiana Casa di Ramìa, che accoglie donne migranti e italiane insieme e ne mette in gioco le capacità, i desideri, le culture. Il nome deriva da un tipo di orchidea bianca da cui si ricava una fibra tessile e sta a significare la capacità delle donne di tessere relazioni e intrecciare legami: lo spazio è nato nell’ottobre del 2004 grazie alla collaborazione tra il Comune di Verona e l'associazione
Ishtar, che ha affiancato Casa di Ramìa nei primi anni di attività. Da subito, il verbo preferito della casa è stato accogliere: le persone, in primis, ma anche le idee e le proposte che qui trovano lo spazio per crescere e trasformarsi in realtà. Ne sono una prova le tantissime attività che ogni giorno animano Casa di Ramìa: c’è il gruppo corale “Tokajo”, che il martedì mattina riempie la casa di voci diverse e bellissime, o il gruppo di danza “Thapoda”, i cui passi ricercati vengono direttamente dallo Sri Lanka, o il corso di cucito ispirato alla moda africana, che lo scorso 7 marzo è stato l’anima della “Slow Fashion Show”, la sfilata organizzata da Casa di Ramìa in collaborazione con l’assessorato alle Pari opportunità e altre associazioni sul territorio, pensata per valorizzare la creatività femminile e il femminile in tutte
DI CHIARA BONI
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ARTICOLO PUBBLIREDAZIONALE
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e gli occhi sono lo specchio dell’anima, la bocca è il campanello d’allarme del nostro organismo. Ne è convinto il dott. Carlo Casato, titolare dello studio dentistico omonimo con sede a Verona in via Leone Pancaldo 76, e a Mantova in via Giovanni Acerbi 27. Laureato in medicina e chirurgia all’Università di Padova nel 1982 e specializzato in odontostomatologia all’Università di Verona nel 1985, il dottor Carlo Casato, assieme al suo team di professionisti, si dedica prevalentemente all’implantologia, alla parodontologia e alla protesi con particolare interesse alla rigenerazione guidata dei tessuti ossei e gengivali.
Dott. Casato, la bocca può dare segnali di malattie generali del corpo così da prevenirle o intercettarle precocemente? Un’attenta osservazione odontoiatrica può servire per intercettare nel paziente alcune malattie nella loro fase iniziale, pensiamo al diabete, ma anche a criticità cardiovascolari che possono dare origine a ictus o a infarto miocardico. Ad esempio, la valutazione dell’emoglobina glicata può essere un utile esame di laboratorio nella prevenzione di malattie dismetaboliche. Il medico dentista attento, oggigiorno non deve solamente curare i denti ripristinando la funzionalità e l’estetica del sorriso, ma deve ricordarsi che attorno alla bocca c’è una persona. Le cure odontoiatriche dovranno essere precise, efficaci e sicure, ma il dentista deve essere parte attiva nel mantenere la salute generale del paziente individuando i fattori di rischio ed eventuali segni clinici che si manifestano precocemente nella bocca. Quali sono le più recenti innovazioni nella cura dei denti? La ricerca scientifica ci ha portato una strumentazione ipertecnologica nelle varie branchie dell’odontoiatria come nell’implantologia, nella protesi estetica, nella parodontologia, nell’ortodonzia, nella gnatologia e nell’en-
ODONTOIATRIA DI QUALITÀ ED ECCELLENZA A VERONA E MANTOVA dodonzia ma soprattutto è importante tenere sempre il paziente al centro delle attenzioni del medico e dello staff utilizzando tecniche mini invasive che permettano un post-operatorio senza fastidi. A questo scopo, ad esempio, eseguiamo interventi d’implantologia con una tecnica guidata computer assistita che permette d’inserire gli impianti senza incidere le gengive, assicurando il massimo confort post operatorio al paziente e la massima garanzia di risultato. Le cure dentali devono rispettare i protocolli medici e i tempi biologici di guarigione dei tessuti perché “presto e bene non vanno assieme”. Nel nostro studio miglioriamo i risultati estetici del sorriso contestualmente all’estetica del viso grazie alla collaborazione di diversi specialisti - odontoiatra, ortodontista, chirurgo maxillofacciale... - seguendo un approccio multidisciplinare che chiamiamo “Global Face Project”. Poniamo massima attenzione all’odontoiatria infantile per permettere, durante la fase di crescita dei bimbi, il corretto sviluppo della dentatura permanente. Per il paziente adulto che necessiti di ortodonzia utilizziamo apparecchi ortodontici invisibili fissi e/o mobili. Ci occupiamo, tra le altre, anche di roncopatia andando ad individuare, e poi a risolvere, le cause del russare notturno.
Studio Dott Carlo Casato - info@carlocasato.it - www.carlocasato.it Studio dentistico di Verona Via Leone Pancaldo, 76 - 37138 VERONA - Tel. 045 8101710
Studio dentistico di Mantova Via Giovanni Acerbi, 27 - 46100 MANTOVA - Tel. 0376 362515
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DENTRO LA CASA DI RAMÌA le sue forme: in passerella hanno sfilato donne comuni, di tutte le età, le forme, le provenienze, vestite dalla creatività di un gruppo di stiliste emergenti. AD ANIMARE IL FLUSSO continuo di cose da inventare e da creare che attraversa tutta l’esistenza di Casa di Ramìa «sono i desideri delle donne che la abitano, più che i loro bisogni. – ci spiega Elena Migliavacca, responsabile dell’associazione – Casa di Ramìa parte da una dimensione di accoglienza e supporto delle donne, ma va oltre: questo è un po’ un porto di mare, dove la gente va e viene, ma nel mentre trova comunque il tempo di costruire qualcosa». Così ci si ritrova a cucinare (e assaggiare) piatti provenienti da ogni parte del mondo, a imparare la danza del ventre, a raccontare di se stesse e delle proprie esperienze in una lingua nuova. Il progetto Tandem, uno dei primi avviati in Casa di Ramìa, è lo strumento tramite cui viene insegnata la lingua italiana, ma non si tratta di un
corso tradizionale: si serve non tanto dei sillabari quanto piuttosto delle relazioni umane, e prevede che l’apprendimento avvenga a tu per tu con l’insegnante, in uno scambio reciproco. Lo Spazio Ragazze e Ragazzi, invece, è pensato per i e le giovani tra i 14 e i 20 anni e offre un aiuto nell’affrontare la scuola, ma è anche un ottimo modo per fare nuove amicizie. «In Casa di Ramìa la parola chiave è accoglienza, ma il dialogo e la conoscenza sono lo scopo ultimo. – spiega l’assessore alle Pari Opportunità Francesca Briani - È uno spazio aperto, dove le donne che appartengono ad altre culture possono esprimersi e condividere le proprie esperienze. Il valore aggiunto delle attività di Casa di Ramìa è quello di offrire reciproca conoscenza, che facilita i rapporti tra donne migranti e italiane, in un clima di integrazione.» Casa di Ramìa – Centro interculturale delle donne: Tel. 045 8032573 casadiramia@comune.verona.it
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CASA DI RAMÌA, E IL RESTO Genera-Lab: È il primo coworking in territorio veronese che coniuga la conciliazione vita-lavoro e l’integrazione tra diverse culture e professionalità: all’interno ci sono delle postazioni dedicate pensate per il lavoro artigianale ma anche uno spazio bambini, per consentire anche alle mamme lavoratrici di proseguire il loro percorso. È coordinato dall'Associazione Le Fate onlus e D-HUB, in collaborazione con una rete di associazioni del territorio, tra cui Stella e Nissa (Ve ne abbiamo parlato su Pantheon 79). Spazio Orientadonna: Sviluppato e gestito dall’associazione Stella, si tratta di uno sportello informativo e di orientamento al lavoro per donne migranti. Le operatrici dell'associazione Stella ricevono su appuntamento tutti i mercoledì dalle 13.30 alle 16.30 presso la sede di Casa di Ramìa.
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LA GCARD, IN BREVE
GIOVANI? BANDO ALLE CIANCE Un circuito pensato per i giovani e il loro futuro. All’interno, tredici comuni veronesi che si sono messi insieme per dare vita ad alcune iniziative volte alla formazione e alla promozione di idee.
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N UN’EPOCA IN CUI MOLTI GIOVANI migrano all’estero per cercare un’occupazione o un progetto di vita, nel veronese tredici comuni hanno pensato di fare squadra per mettere in piedi una convenzione pensata proprio per loro. Si chiama Gcard e permette di entrare in questo circuito intercomunale dove poter conoscere altri coetanei, scambiarsi idee, progetti, partecipare a bandi e a corsi di formazione. Come ci ha spiegato Michele Sartori del circuito di cartagiovani, «l’inserimento lavorativo è molto importante ma è un settore a latere rispetto agli altri progetti messi in campo che riguardano la promozione artistica, sociale, di sostegno. L’obiettivo è sperimentarsi per sviluppare competenze utili poi per il mondo del lavoro». Il circuito è una sorta di laboratorio nato nel 2006 a Sommacampagna, comune
capofila, e ha accolto, fino a ottobre dell’anno scorso, ben 3972 iscrizioni. Ad essere coinvolti sono i comuni di Bussolengo, Castelnuovo del Garda, Isola della Scala, Lazise, Pescantina, Peschiera del Garda, Povegliano Veronese, Sommacampagna, Sona, Valeggio sul Mincio, Vigasio e Villafranca di Verona. Per iscriversi bisogna avere tra i 18 e i 27 anni ed essere residente in uno dei comuni appena citati. Basta andare, poi, sul sito www.giovanivr.it e procedere con la registrazione. Non sarà consegnata nessuna tessera in quanto ci si potrà tenere costantemente aggiornati sulle iniziative e le convezioni mediante una chat di WhatsApp. Ad oggi, infatti, sono circa una quindicina le aziende del territorio che hanno stipulato convenzioni con questo progetto. In questo modo i giovani iscritti possono usufruire di vantag-
DI ERIKA PRANDI
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gi economici appositamente dedicati. Oltre a questo, il circuito permette di conoscere le iniziative svolte nel proprio comune, ma anche sulle possibilità presenti in Italia e all’estero. L’ULTIMO TRA QUELLI PRESENTATI è Bando alle Ciance 2018 per lo sviluppo di iniziative ed idee promosse dai giovani per i giovani con lo scopo di valorizzarne la creatività. Ad ogni
progetto sarà assegnato un finanziamento fino a 1500 euro. L’anno scorso al bando era seguito anche un incontro in cui sono intervenuti amministratori della Regione Veneto e dei comuni coinvolti, oltre a stakeholder territoriali e a giovani testimonial che hanno affrontato il tema del protagonismo giovanile. Sono stati poi creati degli workshop creativi e formativi che spaziavano da attività pratiche a dei veri e propri percorsi di crescita. Tra i corsi effettuati quello su come preparare e affrontare un viaggio "on the road" nei suoi aspetti pratici ed emotivi, il corso su come realizzare collane, porta collane e pochette, un altro sulle tecniche per superare lo stress e imparare a rilassarsi. È stato fatto anche un laboratorio “delle erbe” per imparare a conoscere e ad utilizzare le piante officinali e i loro estratti. Insomma, una varietà di proposte e idee che hanno come finalità l’aggregazione e la promozione sociale. Ma al termine del percorso, che strada hanno intrapreso questi ragazzi? «Alcuni di loro sono stati chiamati da altri enti per organizzare dei corsi, un ragazzo è stato poi assunto da un’azienda», riferisce Sartori. In pratica, le attività sono delle vetrine, dei laboratori sperimentali in cui i giovani sono instradati verso il mondo del lavoro attraverso lo sviluppo delle proprie capacità. Un’occasione che merita sicuramente di essere sfruttata. www.giovanivr.it
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POESIE E PROMESSE
IL LATTE CHE SCADE
IN FRIGO
COME LE NOSTRE ATTESE Bisogna berlo prima, trasformarlo in purè, usarlo. E così, sul filo di metafora, bisognerebbe comportarsi con le promesse che facciamo e che ci hanno fatto. Togliere la pellicola trasparente e consumarle prima che si infrangano e anche dopo, quando, forse, verranno mantenute in modo diverso. Pone questioni minute e, insieme, eterne Roberto Marri nella sua raccolta di poesie che ha un titolo rifinito dalla speranza: Primavere Promesse. Dentro ci sono bottiglie di latte, campetti da calcio e passeggiate con Virgilio sul finire del Purgatorio. DI MIRYAM SCANDOLA
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I IMMAGINA IL CANTORE latino lì, agli inizi del Paradiso, dopo aver lasciato Dante. Nel cuore di Virgilio c’è il segreto desiderio che arrivi un'altra anima a chiedergli di essere il suo cicerone. Un’attesa impossibile ma che, allo stesso tempo, guai a zittire perché «c’è l’inferno quando manca un’attesa». Lo dice quasi subito Roberto Marri, mettendo questa poesia tra le prime della raccolta. Qualche pagina più avanti c’è anche Lucrezio e il controcanto delicato che ci ricama attorno il poeta veronese con quegli «atomi che vagano nel vuoto finché una cosa nasce». Anche loro in attesa, ad aspettare di compiersi nei frammenti della materia. Tra le 34 liriche che compongono la sua opera appena pubblicata (Primavere Promesse, 2018, Prospero Editore) ad un certo punto appare anche Rilke, autore amatissimo da Marri, che, non a caso, viene pure invitato, nei confini dei versi, a bere un bicchiere di rosso, durante una sera inventata forse più dalla speranza che dalla fantasia. Il tema che pervade la scrittura dell’autore scaligero, con tracce chiare anche nel suo romanzo d’esordio Sete (2017, Prospero Editore, ve ne abbiamo parlato su Pantheon 85) è quello della distanza che si sostanzia, appunto, nell'attesa. SCRITTORE, POETA, PROFESSORE DI LETTERE. E poi poeta, professore e scrittore. Non si ferma ad un ruolo Roberto Marri ma li tiene cuciti tutti addosso. La prova che il miscuglio di mestieri funziona è il corteo di ex studenti fedeli che accorrono alle sue presentazioni, dopo l’appuntamento milanese a Tempo di Libri, anche a Verona in Feltrinelli, lo scorso 23 marzo, erano in tantissimi. Ressa di ragazzi, donne e uomini: tutti rapiti dalla sua poesia, mai atteggiata, sempre frutto di minute o vertiginose intuizioni. Non serve indugiare sulla metrica, sugli enjambement o sulle anafore
perché c’è un bell’inventario nella prefazione al libro firmata da Alessandro Quasimodo, figlio del poeta Salvatore e amico di Roberto. Sparpagliate negli anni, queste 34 liriche (due quelle che, in passato, la rivista internazionale Gradiva ha pubblicato tra le sue pagine, ndr) dicono qualcosa di preciso a tutti noi, tra citazioni letterarie e quotidiane, tra l’epica violenta di Ulisse e la zanzara ordinaria che non dà tregua ai nostri corpi estivi. Per esempio che non serve venire alle mani con il mondo. Basta, si fa per dire, metterlo in parole, passeggiando tra le sue distanze e sfiorandolo, qualche volta, quel sublime impreciso che ci manca sempre. Così, raddrizzando l’aspettativa, possiamo vedere le nostre promesse compiersi anche nella «danza rara» di una semplice partita di calcio. Certo: «c’è sempre qualcosa di noi che ci sfugge» e non possiamo evitare di precipitare nella solitudine. Ma la parola accudisce le attese, un millimetro per volta, perché non le nasconde. E, forse, qualche volta, riesce pure nell'impresa di non farle scadere.
La copertina del libro
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UN LIBRO CHE È UN OMAGGIO
IL GRANDE INSEGNANTE
CHE NON HO MAI DIMENTICATO Il maestro Renato è il fulcro di tutto, il sole intorno a cui orbita la classe della scuola elementare Carlo Collodi, a Verona, tra il 1985 e il 1990. Da qui parte la storia, o meglio, il racconto generazionale e semi-autobiografico di Fabio Baronti che ha voluto omaggiare un insegnante, un maestro di vita, nel modo a lui più naturale: scrivendo. Insegnaci come si vola è uscito nelle librerie a fine marzo, edito dalla casa editrice La Gru.
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no spirito libero, girovago, animato ancora, a 82 anni, da una grande passione. Sono lievi sfumature quelle che riusciamo a cogliere della figura del maestro Renato, di cui Fabio Baronti ci ha raccontato nel corso della telefonata. Eppure, una volta conclusa la conversazione, ci sembra sempre più famigliare. E forse è proprio questa la sensazione che voleva trasmetterci lo scrittore veronese, classe ’79, banchiere con il cuore di un poeta che, fin da bambino, ha cercato di coltivare il suo grande amore per la scrittura e la poesia. Concatenando avvenimenti storici e scavando a fondo nei suoi ricordi d’infanzia, Fabio Baronti ha unito come in un complicato puzzle (di quelli da migliaia di pezzi) tutte le tessere per comporre il suo libro d’esordio, Insegnaci come si vola. Un testo dedicato ad una figura centrale del suo periodo scolare, il maestro Renato che, dal 1985 al 1990, ha svolto non solo per Baronti, ma per un’intera classe, il ruolo di educatore e di guida; un incarico che, nella loro mente, non ha mai smesso di ricoprire. Innanzitutto complimenti! Come è stato scrivere il suo primo libro? Grazie. È stata un’avventura emozionante, perché ho scavato nel mio passato e quindi non è stato facile a livello emotivo mettere insieme tutti i tasselli. Spesso mentre scrivevo mi dovevo distaccare in preda a mille emozioni e talvolta mi commuovevo. Ricordare quegli anni, dall’ ’85 al ’90, è stato molto emozionante: ho dovuto ripescare vecchi quaderni dove avevo i miei temi! Nel contempo ho cercato di contestualizzare questa storia con gli eventi che si sono succeduti in quel periodo storico: l’esplosione della centrale di Chernobyl nel 1986, la caduta del muro di Berlino nel 1989. A Verona, invece, c’era stato il rapimento di Patrizia Tacchella nel 1990… Ma partiamo dal principio: lei non è uno scrittore di professione, giusto? Esattamente. Io mi occupo di ben altro: lavoro
Fabio Baronti
in una banca. Scrivo per hobby. Lei ha anche una grande passione per la poesia. Da cosa nasce questo amore per la scrittura in generale? Ce l’ho fin da piccolo. Ho iniziato scrivendo poesie e poi ho cercato, in questi ultimi anni, di trasformare questa mia passione per la poesia in racconti, provando a cambiare stile e il mio approccio alla scrittura. È qualcosa che ho coltivato negli anni, ma non è stato immediato. È stato recentemente a Roma per il Premio Letterario Alberoandronico come finalista per la sezione racconti. Come è andata? È stata una grande sorpresa perché sono risultato tra i primi 30 su 700 opere pervenute. Essere lì per me era già incredibile. Alla fine ho addirittura ricevuto una menzione di merito e una medaglia per il mio racconto, che parla
DI GIORGIA PRETI
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del rapporto tra un uomo di 40 anni e un uomo anziano, un racconto generazionale.
La copertina del libro
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Passiamo al libro. Il suo racconto d’esordio, Insegnaci come si vola, di cosa parla (in sintesi)? In sintesi…di tante cose (ride, ndr). È una storia ambientata a Verona, alla scuola elementare Carlo Collodi. Al centro c’è la figura del maestro Renato, che è tutt’ora in vita (ha 82 anni e gira ancora per il mondo), che aveva questo modo di insegnare innovativo e non impositivo: prendeva iniziative personali che andavano oltre i programmi ministeriali e ciò ha fatto sì che tutti noi studenti, nel corso degli anni, lo ricordassimo con enorme piacere. Si parla anche di valori importanti come il rispetto per il prossimo, il valore dell’amicizia, la sensibilità verso la natura. Tutte cose che lui ci ha inse-
gnato in maniera spontanea e che, quindi, noi non abbiamo mai percepito come lezioni, ma come un esempio di valori da seguire. Oltre a lui, che è la figura centrale del libro, ci siamo noi come classe, io come bambino, poi la storia si protrae fino ai giorni nostri con una sorta di evoluzione. C’è anche Verona in questa storia. Che ruolo ha giocato la città nella sua vita? Verona, e in particolare il quartiere di Croce Bianca nel quale sono nato e cresciuto, ha rappresentato uno sfondo ideale per me. Si stava bene in quegli anni perché la città viveva in un clima distensivo. Quando ero piccolo abitavo proprio di fronte alla scuola elementare (mia madre abita ancora lì) e dalla finestra vedevo sempre la scuola anche quando era chiusa.
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SEMINARE BELLEZZA
TRA GIARDINAGGIO SOCIALE E ORTI SINERGICI Giardinieri Sociali per passione e vocazione, dal 2016 si prendono cura del Parco della Fonte e con piccole azioni di cura quotidiana ogni anno aiutano la primavera a germogliare.
«L’obiettivo finale dell’ attività agricola non è la crescita dei raccolti, ma la coltivazione e il miglioramento degli esseri umani» (Masanoba Fukuoka)
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BBIAMO PASSATO UN POMERIGGIO di pioggia al parco e abbiamo imparato, soprattutto, due cose: che dovremmo recuperare il senso di meraviglia verso la vita che ci circonda. Che solo la poesia può raccontare e proteggere la bellezza di questa terra, viva, che abbiamo il privilegio di chiamare casa. L’abbiamo imparato da un manipolo di giovani appassionati, e dalla calma che dimostra solo chi sa attendere il naturale trascorrere delle stagioni. Da due anni si riconoscono in questa bella definizione: Giardinieri Sociali, perché prendendosi cura del Parco della Fonte di San Michele Extra coltivano anche relazioni, amicizie e legami. L’associazione, che oggi riunisce una trentina di soci, da gennaio 2016 custodisce il parco che si apre in Piazza Garibaldi, subito dopo la galleria di accesso che trasforma il paesaggio urbano in verdeggiante prato. Fran-
cesca, tra i soci fondatori, ci mostra l’opera di pulizia che ha interessato prima la Fonte delle Monache, antico lavatoio di epoca medioevale, e poi il boschetto adiacente, entrambi in stato di abbandono prima dell’intervento dei Giardinieri. Da qui poi, con la fiducia e la riconoscenza dimostrata dalla Parrocchia di San Michele Arcangelo, l’associazione riceve il via libera per l’utilizzo dell’intero fondo adiacente alla fonte. Con il tempo nasce così l’orto sinergico, ci spiega Luca, che mese dopo mese ospita fragole, zucche, lattuga e ribes, e accanto rinasce il giardino spontaneo, nella rispettosa forma di “ Terzo Paesaggio ”, per citare le parole del paesaggista Gilles Clément: quei luoghi, che sono rifugi per la biodiversità, dove il rapporto tra uomo e natura non è definito dal controllo che possiamo avere sulla terra, ma dalla libertà che le riconosciamo.
DI GIULIA ZAMPIERI
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CON LO SBOCCIARE DELLA PRIMAVERA, ritornano più fitti gli eventi organizzati dall’associazione, per promuovere, sempre, l’idea che i parchi urbani sono bene di tutti, per il bene di tutti. A partire dal 9 aprile, ci racconta Vittorio, per tre lunedì sera, una rassegna cinematografica a ingresso libero, resa possibile grazie all’ospitalità del Cinema Teatro Nuovo San Michele, e non senza il preziosissimo aiuto di MDF (Movimento della Decrescita Felice, ndr), approfondirà tra immagini, racconti di vita e esperienze di realtà locali il rapporto tra uomo e natura, e i diversi modi che tutti abbiamo per essere più umani nei confronti di questa terra che ci ospita. Arriveranno poi ancora le bellissime letture nel Giardino Spontaneo, riuniti
magari attorno a un falò, e le passeggiate rischiarate dalla luna piena, che neanche il gelo invernale ha impedito. Nel frattempo, il Parco della Fonte è sempre aperto per chi vuole mettere le mani nella terra, o anche solo trascorrere qualche ora di riposo su un prato. Rimane sempre aperto per chi vuole raccogliere e seminare bellezza. Stiamo per lasciare questo piccolo scrigno naturale ed ecco che ci troviamo davanti all’ultima delle delicate prove con cui la natura ci manifesta la sua vocazione per la poesia: proprio accanto al ciliegio che non fiorirà più, è già germogliato il sambuco. Facebook/ Parco della Fonte giardinierisociali@gmail.com
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VIAGGI
WASTELAND
REPORTAGE DALLA CALIFORNIA DIMENTICATA Lungo le autostrade, dal finestrino, si vedono stazioni di servizio abbandonate. Nel deserto un uomo vende uova biologiche e una comunità hippie vive al di là della collina. Con lo zelo di un'amante della scrittura e una mano incollata alla macchina fotografica, Alessia Turri ha scritto un libro sulle sfumature dell'America occidentale.
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I PASSAGGIO SU QUESTA TERRA, siamo gli autori del nostro tempo. Segni come graffiti o televisioni rimaste sul ciglio di un lago raccontano inevitabilmente una storia, che non si conclude con un ultimo gesto, ma prosegue, spostandosi o lasciandosi corrodere dalla pioggia. Qualcosa comunque resta, e lì trovano spazio gli scatti di Alessia Turri, giovane veronese di Bardolino, che a 19 anni si avventura per la prima volta in California. Parte con un mito, quello disegnato dalla tv come un mondo fatto di surf e agiatezza; un mito che esiste, ma che nasconde nella sua ombra un senzatetto sdraiato sul marciapiede. Ci dimentichiamo delle cose come delle persone. «Se da un lato ad Hollywood c'è chi se la passa bene, dall'altro c'è sempre più gente che vive in strada». Alessia visita le mete turistiche e si accorge di quello che la circonda, durante gli spostamenti in autostrada: stazioni di servizio, mura segnate dai colori dei graffiti, insomma, tutto quello che è stato scartato, abbandonato, o che non è più utile. Ci torna cinque volte in America, di cui due per tracciare un itinerario che taglia fuori Las Vegas e abbraccia luoghi come il deserto e punti di interesse dimenticati da libri o agenzie
turistiche. Passeggia con Elia, il suo ragazzo, entrambi con una macchina fotografica in mano; attraversano città fantasma e fanno conoscenza con ciò che resta del silenzio dei deserti. Strappa immagini e si documenta sui trascorsi di questi luoghi. Ricostruisce le storie pezzo per pezzo, guidata un po' dall'esperienza di Ryszard Kapuscinski, e un po', per rimanere in Italia, da Paolo Rumiz. Due grandi maestri per lei, come lo zio Eugenio Turri, anche lui fotografo e scrittore, che in eredità le ha lasciato la curiosità nei confronti del mondo. Curiosità che l'ha spinta fin sulle spiagge del lago Salton, nella contea di Imperial County. Sulle sponde del lago emergono oggetti abbandonati al loro destino come televisori, poltrone, giocattoli. L'ATMOSFERA RIMANDA ad un tempo non troppo lontano, che tocca nel profondo e porta alla collina che nasconde la comunità di artisti e hippie di Slab City, dov'è arrivata anche la cinepresa del film Into the wild. Un uomo, sui cinquanta, è un arcobaleno di colori. Si fa chiamare Jack Two Horses. Alessia lo descrive per i suoi «giganteschi occhi da saggio visionario», con la «pelle abbronzata di
DI MARCO MENINI
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ALESSIA PRESENTERÀ IL SUO LIBRO IL 14 APRILE ALLE 16, A VILLA CA' VENDRI. L'APPUNTAMENTO È PROMOSSO DALLA LIBRERIA GULLIVER E DA CIERRE EDIZIONI.
chi non ricorda il colore del cemento» e in testa «una cascata di lunghissimi Hair Wrap tinti di follia, pace e libertà». Perchè è questa l'aria che tira tra gli slabbers, sulla scia dell'odore di fieno bruciato e quello dell'erba. Proseguendo sul percorso di Wasteland la strada conduce a Bob e Susan, due coniugi che vivono in un ranch di Twentynine Palms, un puntino nel deserto del Mojave. Ogni giorno salgono sulla Corolla bordeaux e scendono ver-
so l'autostrada. Bob e Susan sono un granello di sabbia sulla cartina geografica, ma una certezza per gli abitanti della zona, che di giorno in giorno passano a comprare le «fresh eggs for sale». Biologiche, naturalmente. Alessia ora sta lavorando al prossimo progetto, che corre sulle strade secondarie del Nevada fino al New Mexico, passando per l'Arizona. Cosa c'è da aspettarsi? Zone desertiche ed incontri con personaggi molto particolari.
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IL CAMPIONE DEL TENNISTAVOLO
CON LA RACCHETTA IN MANO MI SEMBRA DI DOMARE LA CASUALITÀ Un atleta veronese proiettato verso Tokyo 2020: è Federico Falco, giocatore di tennistavolo della Fondazione Bentegodi, nazionale azzurro inserito nel programma che vuole preparare al meglio i migliori talenti tricolori in ottica olimpica e paralimpica. Federico Falco
«Andare alle Paralimpiadi sarebbe il coronamento del lavoro fatto»
Il comune Bosco Chiesanuova può vantare ben quattro atleti alle olimpiadi dal 1996 in poi. La prima è stata Paola Pezzo, oro nella mountain bike ad Atlanta e Sydney.
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ACRIFICI, MOLTO LAVORO, tanto impegno, obiettivi da raggiungere passo dopo passo. Sembrano parole legate da un filo rosso con cui si confronta ciascun praticante di una disciplina sportiva. Seguire o meno questo sentiero origina ciò che ogni sportivo scopre di essere: un genio che non necessita di tutto questo sforzo, una macchina da guerra disposta ad allenarsi anche di notte pur di arrivare alla meta, una persona semplice che "sì, è bello ma i traguardi scintillanti li lascio ad altri". «Il mio futuro non lo conosco, ma non mi pongo alcun limite»: sono le parole di Federico Falco, pongista veronese, fresco ventiquattrenne, che nel 2017 ha strabiliato gli appassionati di racchetta e pallina leggera con i suoi risultati a livello internazionale. La medaglia d'oro ai Campionati Mondiali a squadre di Bratislava ed il bronzo nel singolo agli Europei di Lasko parlano da soli.
Al primo posto nel podio personale di Federico, ovviamente, c'è un tennistavolo che si differenzia dal ping pong perché «quest'ultimo è quello che fai scherzando con gli amici, mentre il primo è una questione di riflessi, di potenza, di tattica, di intelligenza, che è difficile capire per chi non ha mai provato». Una supremazia con riserva, poiché al primo posto Federico metterebbe la passione per l'Inter, riguardo alla quale scherzosamente aggiunge: «Noi interisti siamo nati per soffrire, ma meglio le piccole gioie che altre cose!» –, che si pone con decisione dinanzi all'imprescindibile vicinanza degli affetti, con cui condividere successi e difficoltà, e allo studio, portato avanti a fatica visti gli impegni sportivi ma che «ce la faremo a portare a casa anche questa, piano piano». Il traguardo è, come ogni sportivo che si rispetti, respirare la stessa aria che muove la bandiera bianca con i cinque cerchi. Un percorso difficoltoso perché, come
DI EMANUELE PEZZO
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UNA VITA PIENA TRA TENNISTAVOLO, AFFETTI E UNIVERSITÀ Dire che Falco è molto impegnato può risultare un eufemismo. In Nazionale dal 2013, da due anni si allena quotidianamente e da febbraio è impegnato in due sedute giornaliere per sei giorni a settimana. Un ritmo incessante che allontana la laurea in informatica, comunque non così distante, al quale però non riesce a fare a meno. «È un fatto agonistico e caratteriale –spiega Federico –: nel momento in cui sono al tavolo con il mio avversario, quando vinco sento delle sensazioni di carica e di potenza che soltanto nello sport si riesce ad avere, come il rammarico per una sconfitta. Ricordo ancora il tasso di adrenalina alla prima medaglia vinta. Sono emozioni che non provi in nessun altra maniera».
Federico spiega, «mentre ai Mondiali si qualificano i primi 18 del ranking, alle Paralimpiadi vanno soltanto i primi 12 giocatori, e attualmente la mia posizione è più o meno quella». FALCO HA INIZIATO A GIOCARE A TENNISTAVOLO per hobby, poi visti risultati si è fatto prendere la mano. Attualmente è inserito nel Progetto Tokyo 2020, attraverso il quale l'atleta della Fondazione Bentegodi si allena intensiva-
mente, quando non impegnato nella partecipazione a tornei. «Andare alle Paralimpiadi sarebbe il coronamento del lavoro fatto, non solo per me, ma anche per tutte le persone che mi hanno sostenuto», il pensiero del pongista, che chiude con un bilancio della sua vita: «Credo non mi manchi nulla. Ho un allenatore che mi segue quotidianamente, i risultati arrivano, la strada è ancora lunga ma sono sicuro che sia quella giusta».
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GLI ECROMAD
LA BAND CON IL MITO DEGLI
AC/DC COMPIE 25 ANNI
Sapete cosa accomuna il decimo compleanno di Pantheon e le candeline del primo quarto di secolo di una delle band più rappresentative del territorio di Verona? Un articolo scritto proprio sul primo numero del nostro giornale. DI MARCO NICOLIS
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I MEMBRI ATTUALI SONO: DAVIDE MOSCHINI (VOCE) - MATTEO ZAMPIERI (CHITARRA SOLISTA) FABIO POLINA (CHITARRA RITMICA) ENRICO VERONESI (BASSO) - DAMIANO MAIMERI (BATTERIA) LA PRIMA FORMAZIONE STABILE ERA: ROBERTO VINCO (VOCE) - MATTEO ZAMPIERI (CHITARRA SOLISTA) ENRICO VERONESI (BASSO) - DAMIANO BATTAGLIA (BATTERIA) - CRISTIAN FAVARI (TASTIERE) ALTRI COMPONENTI: LORENZO MOCALI (CHITARRA SOLISTA) - NICOLA BRUNELLI (CHITARRA RITMICA)
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ORREVA L’ANNO 2008, la prima copia di Pantheon stava per essere stampata e distribuita al pubblico veronese. Tra le sue pagine, all’intero di quella che sarebbe poi diventata la rubrica Pantheon Underground, vi era anche il primo articolo che parlava di musica e spettacolo. Proprio quell’articolo, il primo del suo genere, metteva nero su bianco la longeva e “schizofrenica” vita di una delle band più conosciute del panorama veronese, gli Ecromad. La band della Valpantena festeggiava all’epoca già 15 anni di attività. Oggi, periodo di ricorrenze speciali, abbiamo pensato bene di contattarli per farci raccontare come sono passati questi ultimi dieci anni tra chitarre, batteria e palcoscenico. I granitici rockers della Valpantena hanno risposto subito
al nostro appello e ci hanno raccontato come si sono evolute le cose dal quel lontano 1993, anno di nascita della folle cover band con la passione per l’hard rock degli AC/DC. Ecromad, acronimo dei nomi dei fondatori della band (Enrico, Cristian, Roberto, Matteo e Damiano), nasce, come la maggior parte dei gruppi che si rispettino, sui banchi di scuola, tra compagni e amici. Nei primi anni, le band in scaletta erano principalmente Metallica, Iron Maiden e Megadeth per citarne alcuni, pietre miliari della musica mondiale che rispecchiavano pienamente i gusti musicali dell’intero gruppo, il metal e l’hard rock. Poi, con il passare degli anni, la musica è cambiata e gli Ecromad sono diventati ufficialmente una cover band AC/DC. Il 1999 è l’anno in cui avviene la svolta.
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I CINQUE MUSICISTI INDOSSANO il kilt scozzese (in onore delle origini di alcuni componenti della band che diventerà il loro riferimento) ed iniziano a suonare esclusivamente i pezzi di Bon Scott, Angus e Malcom Young. La svolta consente ai componenti del gruppo di esprimersi e fare rock senza mezza misure, diventando dei veri “animali da palcoscenico”, anche grazie ad un genere musicale elettrico e divertente che ha sempre avuto un grande e folto seguito. Però, come in ogni grande storia d’amore che si rispetti, anche gli Ecromad hanno dovuto fare i conti con il passare degli anni. Il grande segreto di questa longevità infatti è sempre stata la grande affinità tra i componenti, nuovi e vecchi, che
si sono succeduti in questi anni. Oggi, dismessi quasi del tutto i kilt, dopo aver suonato in più di 300 date arrivando ad esibirsi fino ad Atene, con tutto il carico di rock e metallo che li ha sempre contraddistinti, gli Ecromad si presentano nuovamente al pubblico veronese per una serie di concerti commemorativi di questi lunghi anni di carriera. Ora, infatti, per questo importante traguardo, hanno in programma alcune serate che li porteranno a suonare in vari locali della città. Probabilmente quella più importante sarà al Lem Kafè di San Martino Buon Albergo il 14 aprile. Li potrete ascoltare dal vivo, festeggiando il loro venticinquesimo anno di età ovviamente sulle note del rock.
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LIFESTYLE
LO SHIATSU
SPIEGATO E PROVATO Per descrivere, bisogna capire e per capire, a volte, serve sperimentare. Questa volta è stato più piacevole del solito: ci siamo fatte fare un massaggio da Patrizia Castagna che lì, a San Mauro di Saline, esercita la disciplina antica che permette, avvicinandosi ai dolori dell’anima, di far tacere, in parte, quelli del corpo.
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A SUA FIGURA ESILE SI SOVRAPPONE alla pioggia che al di là della finestra pettina gli alberi, mentre i bagliori del fuoco acceso nella stufa disegnano capriole di luce sulle pareti. Il tempo sembra sospeso, e se non fosse per il tremolio delle gocce che scintillano sui vetri sembrerebbe di trovarsi di fronte ad un quadro. La sua casa è immersa in un giardino rigoglioso, tipico di queste zone di mezza montagna: le tinte dei sempreverdi sono nette, i loro contorni verdi e bruni imponenti, le loro forme morbide e ostinate allo stesso tempo. Di tutto ciò che è ancora spoglio, si può già immaginare i colori e i disegni che verranno: i germogli sono pieni, turgidi, pronti ad esplodere nel cielo di primavera. A pensarci bene, in tutto questo Patrizia Castagna emerge, appunto, come una figura in un dipinto che si incastra perfettamente con quello che la circonda. A condurla qui, su un colle di San Mauro di Saline, una scelta di vita concordata con la sua famiglia, e il desiderio di trovare un posto in cui esercitare al meglio lo shiatsu, disciplina che pratica da oltre vent'anni. E per spiegare di cosa si tratta, o si decide di annegare in centinaia di manuali, oppure si decide di provarlo, mettendosi distesi su un materassino blu a guardare un soffitto azzurro e si ascoltano mani sapienti che percorrono il nostro corpo da capo a piedi. Le dita di Patrizia esercitano una pressione in punti precisi, posti, come dice lei, «lungo i cosiddetti meridiani, ovvero una serie di canali, collegati l'un l'altro all'interno del nostro corpo, in cui circola l'energia vitale». Secondo questa disciplina, lo shiatsu per l'appunto, nata a partire dalla medicina cinese, noi godiamo di un benessere psicofisico quando questa energia scorre armoniosamente dentro di noi. Quando ciò non avviene significa che qualcosa interrompe il suo libero fluire, per cui l'energia si accumulerà in alcuni punti e scarseggerà in altri. Lo shiatsu interviene proprio su ciò che causa questo scompenso andando a rimuovere, attraverso la digitopressione, i “blocchi energetici”, al fine di riequilibrare il nostro sistema. LA MUSICA IN SOTTOFONDO È PIACEVOLE, lei si sposta piano, con attenzione e rispetto, e mentre le sue dita si muovono su braccia, gambe, petto, ventre, schiena, piedi come seguendo il percorso scritto su una mappa, è inevitabile chiedersi come mai certi punti siano dolorosi ed
Patrizia Castagna
altri no. «Spesso», risponde Patrizia «i blocchi energetici sono causati dal dolore dell'anima, e in questo senso ogni organo ci lancia dei messaggi: c'è la rabbia del fegato, la gioia del cuore, il coraggio e la paura dei reni, la malinconia del polmone. Il dolore fisico, quindi, e soprattutto la sua posizione, serve a capire qual è lo scompenso energetico che ne è la causa». Dopo circa quarantacinque minuti il trattamento è finito. Tutto è sospeso, quieto, placato. Il corpo è un po' ammaccato ma leggero. Quando è arrivata in Lessinia, Patrizia era consapevole che lo shiatsu sarebbe stato una bella sfida per lei in quanto sicuramente meno conosciuto rispetto alla città. Ma lei per prima ha scelto di non avere pregiudizi e, nonostante qualcuno rimanga scettico, la gente del posto ha cominciato a fidarsi di lei. «Lo shiatsu» conclude Patrizia «permette di entrare in contatto con la parte più profonda di se stessi, e porta a galla la verità del nostro essere. È per questo che molte volte le persone si avvicinano a questo tipo di trattamento per un dolore fisico, e poi, piano piano capiscono che esiste qualcosa di più profondo oltre il nostro corpo. Ed è lì che iniziano a capire cosa sia lo shiatsu». Fuori continua a piovere, gocce grosse e prepotenti. L'aria è di ghiaccio, eppure il corpo non sussulta per il gelo ma per la sorpresa di ritrovarsi un tutt’uno con la natura, reso improvvisamente immenso, rapito dall’energia dei boschi, delle pietre, della terra e del vento. Ammaliato dai colori dell’inverno, avvinto dalle forme spoglie e spinose, sedotto dai profumi ruvidi. Felice di appartenere, finalmente, al creato, tanto quanto le foglie, i germogli, il muschio, le nuvole e le montagne.
DI MICHELA CANTERI
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PILLOLE DI MAMMA
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In forma dopo il
Parto
DI SARA
AVESANI
C’è chi dice che appena passa la Pasqua arriva l’estate, e questo significa solo una cosa: la prova costume è alle porte. E, se siete appena diventate mamme, o avete figli piccolini, l’idea di spogliarvi non è esattamente tra le più gradite.
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REMETTO CHE ESISTONO DONNE che sembra non abbiano mai partorito: sono quelle “nate in forma”. A venti minuti dal parto hanno la pancia piatta come una tavola su cui puoi servire un piatto di pasta, un esempio su tutte: Michelle Hunziker. Ci sono poi, invece, e sono la stragrande maggioranza, quelle che ci mettono un bel po’. Dopo la gravidanza è difficile abbandonare i chili di troppo perché in qualche modo ti ci affezioni (!). Lo sconvolgimento che porta con sé il parto è di portata immane. Cambia il tuo modo di essere e il tuo fisico si plasma per rispondere alle esigenze del nuovo arrivato. Benvenuti dunque rotolini, smagliature, culotte de cheval (che non è un vino francese) e altre simpatiche novità. Ciò nonostante, devo dire che questa condizione mi piace. Mi piace che il mio corpo sia stato la casa del mio bambino e che tuttora sia il luogo in cui si rifugia e cerca protezione e coccole. Anche se per adesso non ci sto più nei miei jeans taglia 42 e toglierei l’amicizia seduta stante a quelle insopportabili mamme che sui social si vantano di rientrare perfettamente negli abiti di prima, mi sento bene. Sono nella fase “bella come la statuetta della Venere di Willendorf”, simbolo della fertilità. E credo che anche i nostri compagni apprezzino le nostre forme perché il nostro fisico, cosi com’è, ha dato loro il dono più prezioso. Questo però non vuol essere un inno a lasciarsi andare, anzi. Vale la regola “ogni cosa a suo tempo”. È fondamentale, passato un primo momento, badare alla propria salute e darsi da fare per riequilibrare il nostro corpo in tutti i sensi. Capisco non sia facile. Se non dormi di notte, se l’allattamento ti fa mangiare l’intero frigorifero e sei sempre stanca: fare esercizi per scolpire glutei e smaltire peso, è l’ultimo dei tuoi pensieri!
IO CI HO SEMPRE MESSO TUTTA la mia buona volontà, ho comprato due cyclette: una per ogni gravidanza. Purtroppo però, dopo una presa di coscienza realistica, le ho vendute online. Trovo molto più utili delle belle passeggiate all’aria aperta con il passeggino, insieme magari ad altre mamme con cui condividere gioie e dolori. Stare fuori è sempre il miglior toccasana, per corpo e mente. Tornando alla temutissima prova costume, cosa farò? Prevedo di compare un bel caftano in lino, molto chic e un due pezzi di taglie diverse, per risaltare le forme… quando mi ricapita un seno cosi? E per piacere, care mamme, mettete da parte l’idea di andare in Lapponia al freddo, così da potervi vestire da pupazzo di neve; accettiamoci così come siamo. Parola d’ordine: fregarsene! Che poi quante modelle avete mai visto in spiaggia o in piscina? Siamo tutte imperfette e belle proprio per questo.
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Il
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Muro di Giuliet ta
Coltivare amore è come coltivare dei fiori: servono tempo e fatica ma il risultato sarà meraviglioso. Davide
Rimani dentro questo mio cuore stracciato, anche se in mezzo sono passati anni e trascorse persone che non erano te. Natalia
Quando saranno finiti i tempi del rimpianto, inizierò il duro esercizio di rievocarti senza desiderarti.
Vorrei poter fare colazione con te ogni giorno della mia vita. Beatrice
Mario
Tu sei una felicità che non conoscevo. Non so come fai, ma riesci a rendermi felice nonostante la distanza che ci separa. Francesca Hai scelto lei, hai preso la sua mano e hai dimenticato indietro la mia. Ho smesso di importi il mio amore. Ma ecco, a volte, mi verrebbe da prenderla in parte e dirle che a te le dite intrecciate piacciono intrecciate in un modo preciso: il pollice altrui come carezza sul neo che hai da quando eri ragazzino. Fernanda
Tutta la mia vita mi sembra che si riassuma lì, nell’oro del tuo ridere. Petra
Emma Non ci siamo innamorati. Abbiamo fatto di meglio: ci siamo voluti un bene dell’anima come potevamo. A pochi metri, negli spazi obbligati dell’ufficio, nei contorni della fatica e della passione. Ora che te ne vai, mi viene da guardarti per collezionare gli ultimi istanti di un’amicizia che uscirà cambiata, per forza, perché non avrà più il vantaggio della quotidianità. Non dimentico gli infiniti kinder bueno lasciati davanti al mio pc quando le robe si facevano difficili. Non scordo le prime parole che ci siamo detti in pausa pranzo con la timidezza dei gentili. Anche se è una fatica da ammettere, lo sappiamo che deve finire qualcosa se qualcosa deve iniziare. Buon inizio amico, ti porto nel cuore da prima. M.
(a
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Flavio
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LA POETESSA DEL COLORE DELLA LESSINIA
LEI, ODILLA ZANELLA Pubblichiamo il ricordo commosso del critico d’arte e giornalista Carlo Caporal, dopo la scomparsa della poetessa e pittrice che per anni ha omaggiato con la sua arte il territorio amatissimo. DI CARLO CAPORAL
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a Valpantena ha perso una artista. Nel nostro altipiano lessinico, i cieli, i verdi e, soprattutto, le atmosfere chiare e luminose hanno sempre definito l'ambiente cimbro in cui operava lo spirito di Odilla Zanella. La “signora” della pittura in Lessinia, ci ha salutati in una nevosa notte di febbraio di quest'anno. Con lei ci ha lasciato una delle maggiori rappresentanti dell'arte e della cultura che ha cantato la montagna veronese nel paesaggio e nella sua realtà. Con la grande forza che la caratterizzava sempre, non solo nell'espressività della sua pittura ma anche nella simpatica e travolgente personalità, Odilla è stata una tra le più grandi interpreti femminili a trasmettere con le sue cromie e le sue rime poetiche la meraviglia dell'ambiente che amava. L'artista, con casa e studio a Corbiolo, dove per vent'anni ha tenuto corsi di pittura seguiti da numerosi allievi, attraverso le sue opere ha sempre trasmesso con forza e capacità le sensazioni ispirate dai colori dei suoi boschi e dalle case di pietra "scancanè", architetture che sembrano respirare col paesaggio. Umili oggetti, assumono nuova vitalità in una materia cromatica scevra di ripensamenti. Frutti rinsecchiti, "salvèghi", nei quadri di Odilla
Odilla Zanella
sono interpreti di un mondo montanaro che solo chi abita l'altopiano può appieno scandagliare. I frammenti di realtà profumano del medesimo "fèn" protagonista talvolta delle sue poesie. Le terre, i bianchi, i verdi, i rossi e i suoi particolari blu, sono cromie dai toni accesi che portano a scoprire il racconto poetico di questa sua terra. La passione per l'arte e il colore la spinsero a frequentare, fin da giovanissima, l'Accademia Cignaroli sotto la guida di Antonio Nardi. La lunga carriera artistica l'ha vista esporre in numerose mostre a iniziare dalla personale del 1965 a Bosco Chiesanuova, a quella di Verona presso la "Galleria Fra Giocondo" nel '70, al "Pennello d'oro" del '72 a Bosco Chiesanuova e in diverse collettive con il gruppo "Pittori della Lessinia", sodalizio tra artisti che hanno scelto come soggetto fondamentale l'altipiano. Molte le personali il cui tema principe divengono le sue “case cimbre”, di cui tanto amava il colore originale degli antichi intonaci a calce. Dal 1987 inizia una serie di corsi dal tema "II senso del colore," presso l'VIII Circoscrizione del Comune di Verona che si protrae per oltre quindici anni. Oltre a prestigiosi premi e alla stima degli estimatori del paesaggio lessinico, la sua poetica artistica ha ottenuto il plauso di molti affermati critici d'arte come Gian Luigi Verzellesi, Carlo Segala, Giuseppe Faccincani, Alessandro Mozzambani, Vera Meneguzzo, Giorgio Trevisan, Francesco Bletzo, Piera Donà ed altri ancora. Ora, vogliamo pensare che la nostra artista di Corbiolo abbia trovato quel taglio pittorico di cielo che tanto cercava, per dipingere il paesaggio dell'anima.
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LIBRO DEL MESE 66 A CURA DI
CHIARA BONI
PAGINE PER I GRANDI IL LIBRO È il 2 settembre 1980 quando i giornalisti Graziella De Palo e Italo Toni scompaiono nel nulla polveroso di Beirut, dove si trovano per indagare sul traffico d’armi i cui contatti diretti s’intrecciano con la parte buia della politica italiana di quegli anni. Molti anni prima, invece, il pittore olandese Han van Meegeren arriva in cima al colle di un paesino del Centro Italia e gli viene affidato un compito bizzarro, quello di dipingere un Giudizio Universale di Vermeer, che Vermeer però non hai dipinto. Due romanzi dentro uno, due storie che corrono parallele, una vera e drammatica, l’altra di finzione e che però riesce a dire molto sulla verità.
Titolo: L’arrivo di Saturno Autrice: Loredana Lipperini Casa Editrice: Bompiani Pagine: 482
L’AUTRICE Loredana Lipperini, giornalista e scrittrice, da anni è la voce del blog Lipperatura, ospitato sul portale Kataweb, che si occupa di questioni di genere e di attualità. Ha pubblicato molti saggi, tra cui Ancora dalla parte delle bambine (Feltrinelli, 2007), Non è un paese per vecchie (Feltrinelli, 2012), L’ho uccisa perché l’amavo (2013, Laterza, scritto con Michela Murgia), e L’arrivo di Saturno è il primo romanzo che pubblica con il proprio nome. In passato ha pubblicato romanzi gotici con lo pseudonimo di Lara Manni. CURIOSITÀ Non è difficile scorgere nel personaggio narratore di questo romanzo, Dora, l’autrice stessa: Loredana Lipperini e Graziella De Palo sono davvero cresciute insieme, in una Roma agitata da una politica feroce, e sono state amiche inseparabili finché, come succede spesso anche alle amicizie più forti, succede qualcosa che le separa. Anche per questo motivo, il racconto della scomparsa della giovane giornalista acquista in questo libro un valore aggiunto: la narrazione nasce da un dolore mai sopito e, anche se mescola vicende reali e di fantasia, se ne percepisce in ogni pagina l’intimità e la vicinanza con chi ne scrive.
PAGINE PER I PIÙ PICCOLI
A CURA DI
ALESSANDRA SCOLARI
IL LIBRO Racconta la storia di August Pullman, nato con una malformazione craniofacciale. Ha subito numerosi interventi e ha studiato a casa. Ama la playstation e adora Halloween, l'unico giorno dell'anno in cui si sente normale, ma è terrorizzato dal dover andare alla scuola media, dove ci sono compagni, insegnanti e presidi da affrontare. E sa perfettamente che la scuola senza alleati diventa ancora più temibile. Per fortuna ha 10 anni è ubbidiente, tenace ed ha alle spalle una famiglia fantastica che lo aiuterà ad esercitare la gentilezza e a non strafare. August è molto intelligente e preparato: finirà l’anno scolastico alla grande….
Titolo: Wonder Autore: R. J. Palacio Traduttore: Alessandra Orcese
Editore:
Giunti Junior
Prima edizione: maggio 2013 Pagine: 288
A partire dai 11 anni
L’AUTRICE Raquel Jaramillo Palacio, classe 1964, vive a New York con il marito, due figli e due cani. Ha lavorato per vent'anni in editoria come grafica e art director. Wonder, uscito nel 2013, è la sua prima opera letteraria, arrivata finalista al Premio Andersen 2014. La trasposizione cinematografica del 2017 (con interpreti davvero eccezionali) ha contribuito a promuovere questo libro in tutto il mondo. È diventato in effetti una saga. CURIOSITÀ La gentilezza, l’importanza del ruolo della scuola e l'educazione in famiglia, genitori che insegnano semplicità e spontaneità (non la sopraffazione) entrano subito in sintonia con i lettori. La scelta di raccontare la storia in prima persona con la voce di August è travolgente. Quando dice «Mamma è stupenda, per inciso. Papà è un bell’uomo e Via è una ragazza carina. Casomai ve lo stiate domandando», dà l’idea del linguaggio che emana serenità, anche se tra le righe traspare la sfida individuale ed epocale: essere se stessi in un mondo che non ti agevola affatto.
SE VI SERVE UN PO' DI POESIA Non è gran cosa questo tutto che mi resta. / In più opinioni, collere, teorie, / nomi di fratelli e sorelle, / l'indirizzo postale e il numero del telefono, / cinque fotografie, un profumo di capelli, / una pressione di mani piccole fra le quali nessuno direbbe che mi si nasconde il mondo. / Questo tutto me lo porto senza sforzo, perdendolo poco a poco. / Non inventerò l'inutile menzogna della perpetuità, / meglio passare i ponti con le mani / piene di te, / tirando via a piccoli pezzi il mio ricordo. / Dandolo alle colombe, ai fedeli passeri, / che ti mangino fra canti, arruffio e svolazzi. /
( Restituzione, Julio Cortàzar )
ANGOLO PET
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OGNI MESE QUELLO CHE C’È DA SAPERE
L'AMORE ETERNO ESISTE (PER GLI ANIMALI) Abbiamo molto da imparare dagli animali, soprattutto dal loro amore incondizionato nei nostri confronti ma anche dalle relazioni monogame che alcune specie riescono ad instaurare e a tenere salde per tutta la vita.
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N ITALIA SONO IN COSTANTE AUMENTO LE COPPIE che si separano (anche per l’effetto della legge sul divorzio breve nel 2015, ndr), ma in natura chi ama per sempre c'è. La scintilla che scatta e rende inseparabile una coppia avviene nei gangli dell'encefalo,formazioni di materia grigia sotto la corteccia, quasi al centro della scatola cranica, presenti anche in quello umano; i gangli di base sovrintendono ai movimenti ma anche alle motivazioni e alla componente emozionale di determinate azioni. Ne è certa Sarah Woolley, neuroscienziata della Columbia University, che ha analizzato il comportamento amoroso dei Diamanti mandarino, uccellini originari delle zone costiere dell'Australia orientale e meridionale, allevabili anche nelle voliere. Questi animali, fin da piccoli, sono dotati di una straordinaria capacità, mancante negli esemplari di scimmie più evolute, di memorizzazione e riproduzione dei suoni e delle loro espressioni vocali, come i bambini. Il padre, nelle famiglie dei Diamanti, è una figura centrale, infatti i maschi, dal becco rosso, riconoscono e copiano il suo modo specifico di cinguettare, che poi perfezionano e arricchiscono nel tempo. Le femmine, dal becco arancione, memorizzano il canto paterno e lo usano da modello di riferimento per valutare la melodia di un possibile compagno con il quale, una volta scelto, restano insieme per tutta la vita. ANCHE NEL MONDO ANIMALE ESISTE L'INFEDELTÀ e la poligamia ma per quanto riguarda la monogamia, gli etologi distinguo-
no quella sociale da quella sessuale: nella prima due esemplari vivono in coppia e accudiscono assieme la prole, provvedendo alla ricerca del cibo; nel secondo caso, invece, implica l'esclusività nell'accoppiamento e quindi la certezza della parentela. Il 92% degli uccelli è socialmente monogamo, mentre tra i mammiferi, lo sono poche specie, tra queste: il lupo, il gibbone dalla mano bianca, l'urubù dalla testa nera, l'albatros, il pappagallo (genere Agapornis), il pesce angelo dei Caraibi, il cigno e la tortora. Il comportamento dei Diamanti può essere preso d'esempio anche da noi per migliorare le nostre relazioni. Non rinunciare mai alla comunicazione e imparare, invece, ad ascoltarsi e a scegliersi lontano da parametri materialistici ed egoistici.
DI INGRID SOMMACAMPAGNA
IL CIGNO, PER ESEMPIO Il cigno è l'animale monogamo per eccellenza, che avrebbe ben poco tempo da dedicare all'adulterio, visto che la migrazione, la costruzione del nido, la covata e l'occuparsi dei piccoli, sono attività che impegnano molto tempo della sua vita. Anche le tortore sono monogame e fedeli per sempre; il maschio, infatti, ricerca a lungo la femmina giusta e la corteggia, e prima di accoppiarsi, fa una settimana di fidanzamento per capire la stabilità della coppia. Quando la femmina si sente pronta lo tocca vicino al becco; il maschio le offre del cibo direttamente nella sua cavità orale, come si fa con i pulcini, attestandone l'idoneità ad occuparsi della prole futura.
BOX OFFICE
68 a cura di Mattia Zuanni
IL FILM
Come si fa a passare da studentessa di giurisprudenza con un futuro nella nazionale sciistica americana, a principessa del poker clandestino? Molly Bloom è la risposta a questa domanda. Nel 2004 dal freddo Colorado sbarca nella calda Los Angeles, dove per guadagnarsi da vivere inizia a lavorare come semplice assistente di un organizzatore di partite clandestine. Licenziata, trasforma la sua delusione in un’opportunità; in poco tempo infatti, crea una sua società in cui solo i più ricchi potranno entrare, giocare e, quindi, pagare.
CURIOSITÀ
Dopo aver vinto un Oscar come miglior sceneggiatura non originale (2011 con The Social Network) , dopo serie tv di successo come The West Wing e The Newsroom, è arrivata la grande occasione per Aaron Sorkin; sarà lui infatti a dirigere il lungometraggio. Il film è stato anche candidato agli Oscar del 2018 come miglior sceneggiatura non originale (poi vinto dalla pellicola Chiamami col tuo nome).
Titolo: Molly’s Game Genere: Drammatico, Biografico Durata: 140 minuti Regia: Aaron Sorkin Attori: Jessica Chastain, Idris Elba, Kevin Costner, Michael Cera Uscita (Italia): 19 aprile
C LASSICI DA NON PERDERE Titolo: 21 Genere: Commedia, Drammatico Durata: 123 minuti Regia: Robert Luketic Attori: Jim Sturgess, Kevin Spacey, Kate Bosworth, Aaron Yoo
Ben Campbell è un timido e brillante studente di matematica che, avendo bisogno di pagarsi gli studi, trova nel gioco d’azzardo la soluzione ai suoi problemi finanziari. Grazie alle sue doti Ben viene reclutato in un team formato dagli studenti più dotati del college, team che ogni weekend muove alla volta di Las Vegas dove, utilizzando un sistema di calcolo ideato dal loro professore di matematica Micky Rosa, riesce a sbancare i casinò applicando la scienza al Black Jack.
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notizia
Scatti d 'arte di C olato Cesar WWW.CESARPHOTOGRAPHER.COM foto di Colato Cesar
Una foto e una storia Undicesima puntata di La bellezza del passato, una caccia al tesoro per (ri)soprire le meraviglie culturali del nostro territorio grazie alla luce della fotografia, un mese per volta. Il fotografo veronese Colato Cesar, per aprile, ha ritratto il Museo Lapidario Maffeiano. Inaugurato nel 1738 a Verona dal marchese Scipione Maffei, è una delle più antiche istituzioni museali pubbliche d'Europa. In oltre trent’anni di appassionato studio e lavoro, Maffei raccolse centinaia e centinaia di inscrizioni. Fece costruire un luogo adatto alla loro esposizione e conservazione, fermamente convinto che “ciò che vi è di utile al pubblico deve essere reso di dominio pubblico”. Per più di un secolo il Maffeiano resterà il “Museo” di Verona per eccellenza. Diventerà anche tappa necessaria per i numerosi viaggiatori stranieri (tra loro, nel settembre 1786, anche J.W. Goethe) che, provenendo dall’Europa del Nord, venivano in Italia per compiere il Grand Tour.
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FILM&CO
CHIUDETE NETFLIX E ANDATE AL CINEMA Bastano tre euro per sedersi in sala e dimenticarsi tutto il resto grazie ad un’iniziativa della Regione che tutti i martedì di maggio ci porta, letteralmente, al cinema.
S DI GIORGIA CASTAGNA
PROFONDA VERTIGINOSAMENTE L’AFFLUENZA del pubblico italiano nelle sale cinematografiche. A dirlo sono i dati degli incassi che negli ultimi mesi, che fanno eco all’andamento registrato negli scorsi anni. Ad oggi siamo a – 15% rispetto l’anno precedente e il 2017 conta un preoccupante -46,35% rispetto al 2016 per numero di spettatori (16.880.223 presenze) e un -44,21% per biglietti venduti (18,28% del totale). Definire le cause di questa disaffezione non è semplice. Alcuni incolpano il ‘caro biglietto’, altri la mancanza di contenuti, altri, addirittura, lamentano l’assenza di “volti certi” e arrivano a indicare come capro espiatorio Checco Zalone, scomparso dalla scena da due anni con l’esilarante giustificazione: «Sono impegnato a spendere quanto guadagnato fino ad oggi». Definire se questa sia una fase o una tendenza non è cosa facile ma l’antidoto per provare a rinsaldare la relazione tra la settima arte e il grande pubblico lo propone il progetto “La Regione del Veneto per il cinema di qualità” con l’iniziativa “La Regione ti porta al cinema con tre euro - I martedì al cinema”. TUTTI I MARTEDÌ DI MAGGIO (lo è stato anche per marzo), infatti, la Regione, in collaborazione con la Federazione Italiana Cinema d’Essai
(FICE) e l’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo (AGIS) delle Tre Venezie, offre la possibilità di scoprire opere d’autore, spesso alternative ai grandi circuiti commerciali, al costo ridotto di soli tre euro. Ventiquattro le sale venete aderenti all’iniziativa che si pone l’obiettivo finale di andare a risvegliare la cultura cinematografica e il piacere di fruirla in sala. «Un’iniziativa – ci tiene a sottolineare l’assessore alla cultura della Regione – che si inserisce in un quadro più generale di azioni regionali a sostegno e a favore del cinema, dell’audiovisivo, dell’esercizio cinematografico e dello spettacolo più in generale, che di anno in anno raccoglie sempre maggiori consensi e partecipazione di pubblico e che ha l’obiettivo di valorizzare le opere cinematografiche di qualità, consolidare il ruolo delle sale di proiezione come presidi culturali sul territorio veneto, creare, soprattutto nei giovani, l’abitudine ad andare al cinema durante tutta la settimana». Alcione e Multisala Rivoli i due cinema che regaleranno ai veronesi l’occasione di godersi ogni settimana un’opera cinematografica a soli tre euro con una programmazione visionabile sul sito www.spettacoloveneto.it oppure attraverso l’applicazione per smartphone e tablet APP al Cinema.
Stop
BELLEZZA AL NATURALE lo zenzero
Le proprietà dello zenzero sono note: questa radice, infatti, è un potente antinfiammatorio e favorisce i processi digestivi. Non tutti sanno, però, che lo zenzero è anche un ottimo alleato per la bellezza di pelle e capelli.
i benefici 1
Lo zenzero è utile per combattere l’acne. Per trarre beneficio da questa radice è possibile preparare una maschera per il viso mescolando un cucchiaio di miele, due di yogurt e uno di zenzero grattugiato. Lasciare in posa circa 15 minuti e poi risciacquare.
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Lo zenzero ha anche proprietà anti-age: per sfruttarle a pieno è possibile aggiungere poche gocce di olio essenziale di zenzero alla propria crema antirughe.
3
Per stimolare la crescita dei capelli e allo stesso tempo contrastare la forfora c’è una semplice ricetta a base di zenzero: basta mescolare un cucchiaio di olio di sesamo, un cucchiaio di succo di limone e un cucchiaio di radice di zenzero finemente grattugiata. La maschera va poi applicata sul cuoio capelluto e lasciata in posa circa 20 minuti; infine si può procedere con il normale shampoo.
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STORIE DI STORIA 71
LIBERAMENTE ROMANZATE
Con i carri
sull’ Adige
N
ELL’ULTIMO SCORCIO D’INVERNO (si spera) i veronesi hanno compreso che il termine “buriana” non indica solo trambusto o scompiglio. Merito del famigerato Burian che spirando gelido dalla Siberia ha ricoperto la nostra città sotto una spessa coltre di neve. Nel corso della sua storia secolare Verona è stata frequentemente accompagnata da episodi di gelo epocali che non solo hanno fatto notizia ma che ci hanno portato in dote quel “ghè uno sbòro càn” tramandato di generazione in generazione. Spulciando tra le cronache veronesi ci si imbatte in episodi curiosi che meritano di essere raccontati. Il grande freddo del 1929 per esempio, quando a causa del gelo si seccarono i gelsi e le viti. Queste ultime in particolare ne uscirono talmente male che dovettero essere sostituite nella loro quasi totalità a favore dell’impianto dei vitigni americani, più solidi e resistenti. Il “clinton” conserva nel nome la sua derivazione americana, quel vino appunto (in dialetto “il clinto”) che è stato per decenni il vino dei contadini, robusto come il “sangue di bue” e ottimo accompagnamento a polenta e salame.
DI MARCO
ZANONI
ALTRI EPISODI RACCONTANO GLI INVERNI RIGIDi, come quello del 1216 che mieté numerose vittime che dal freddo persero la vista o perirono nei loro letti. Quindici anni dopo, nel 1234, si ripeté lo stesso fenomeno “per li venti che soffiarono e per le molte nevi che caddero…i fiumi e massimamente il nostro Adige si congelò che vi s’andava sopra co’ carri come per la stessa terra si faceva”. L’anno dopo “fu si gran carestia nella nostra città che molti furono costretti a cibarsi di radici d’erba e di foglie e di scorcie di arbori ridotte in polveri” (L. Sormani Moretti). Andò meglio a quelli del’29 a clinto, pane e salame. La memoria contadina ricorda questi eventi come delle vere disgrazie che segnarono come appuntamenti inevitabili la vita, il lavoro e la stessa cultura della gente. Un proverbio popolare sottolinea che le sventure sono castighi “dell’Altissimo di Sopra” e le accosta alle disgrazie causate dagli “Altissimi di sotto”, sempre in guerra tra loro: “Bombe dei potenti e disgrazie dei portenti”. Il gelo quindi non è una novità: armatevi di pazienza e di una buona scorta di grappa.
ADICONSUM 72
METTETE UN LIKE
ALLA MIA PRIVACY Lo scandalo Facebook – Cambridge Analytica ha messo in luce la vulnerabilità dei dati personali presenti sui social network. Scarsa protezione, incidenti, marketing, qualunque sia il motivo della fuga di informazioni non bisogna dimenticare che sono gli utenti stessi a donare enormi quantità di dati alle grandi società della rete.
di Carlo Battistella per Adiconsum Verona
P
ROVATE A RICORDARE, non è passato molto tempo da quando per avere un servizio bisognava pagare. Chiamare per conoscere la pizzeria più vicina oppure comprare le mappe da installare sul navigatore, aveva un costo inviare sms ed un costo quasi proibitivo mandare un'immagine. Persino i servizi di posta elettronica inizialmente erano a pagamento. Sembra impossibile visto che adesso, invece, tutto questo è gratuito. Sulle piattaforme digitali si trovano miriadi di applicazioni che offrono qualsivoglia servizio a costo zero, gadget virtuali a cui non si può rinunciare. Ma quando si installano sullo smartphone, senza troppi pensieri, li si autorizza ad accedere alla fotocamera, ai contatti, alla memoria interna etc... Non ci si oppone nemmeno al fatto che seguano per filo e per segno gli spostamenti compiuti, anzi, l'utente è ancora più felice quando gli viene consigliato un negozio che, casualmente, è proprio a due passi da dove si trova. Si inseriscono nei form online tutte le informazioni anagrafiche che vengono richieste per poter partecipare ad un concorso o per avere uno sconto su un prodotto. Non ci si spaventa di mostrare apprezzamento o adesione - i.e. mettere un like – per una qualsiasi cosa vista in rete. Si concede di
buon grado, persino, di registrare l'impronta digitale o la scansione biometrica del volto. L'ELENCO POTREBBE CONTINUARE all'infinito, letteralmente, considerata la rapidità con cui il mondo tecnologico partorisce nuove stimolanti pseudo-necessità digitali. Ma il concetto di base rimane unico: «Se qualcosa è gratis, è perché la merce sei tu». Bisogna capire che ogni dato che si cede o si autorizza a prelevare tramite le applicazioni, i motori di ricerca, l'e-commerce, gli smartphone viene raccolto, salvato, elaborato, venduto, utilizzato per molti scopi di cui il marketing rappresenta solo una piccola parte. Bolla dei filtri, de-anomizzazione, dittatura dei dati sono solo alcune delle problematiche inquietanti che si nascondono dietro l'uso del digitale condiviso. Purtroppo, ad oggi, la tutela migliore per l'utente, oltre alla disconnessione completa, consiste (forse) nell'utilizzo oculato del mondo di internet e delle applicazioni (ad es. motori di ricerca e browser antitracciatura, limitazione delle autorizzazioni in-app). A livello normativo, comunque, sta per entrare in vigore il nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy molto promettente, sulla carta. Ma sui pixel darà il risultato sperato?
INNOVAZIONE
ARTICOLO PUBBLIREDAZIONALE
N U OV O S I TO W E B ?
T R E R E G O L E F O N DA M E N TA L I DA CO N O S C E R E Quando fai sviluppare un nuovo sito web per la tua attività commerciale ci sono alcuni aspetti fondamentali che devi tenere in considerazione per evitare eventuali problematiche future, specialmente se per qualsiasi motivo sarai costretto a cambiare il tuo fornitore di fiducia per le attività online.
Q
uando fai sviluppare il primo sito web per la tua attività, o quando ne fai realizzare uno nuovo in sostituzione del precedente, obsoleto, vi sono alcuni aspetti molto importanti cui prestare attenzione. Il primo riguarda la titolarità del dominio utilizzato, ad esempio nomeazienda. it. È di fondamentale importanza assicurarsi che il dominio sia intestato alla tua azienda o alla tua persona, e non all’agenzia che ti ha sviluppato il sito web come talvolta accade. In questo modo avrai la piena titolarità del tuo più importante asset online. Se in futuro dovrai cambiare fornitore per far realizzare un nuovo sito web, ad esempio, se il dominio non fosse di tua proprietà potresti avere dei problemi con l’agenzia che ti ha sviluppato il sito precedente. Molto importante è anche installare uno strumento di statistiche, quale Google Analytics, che ti consenta di visualizzare quante persone ogni giorno visitano il tuo sito web e quali azioni compiono all’interno di esso. Anche in questo caso devi essere tu, titolare dell’attività, a registrare un account (gratuito) su Google Analytics e creare il codice di monitoraggio necessario per il tracciamento, il quale dovrà poi essere inserito dall’agenzia. In questo modo tutto lo storico delle visite generate nel corso degli anni rimarrà sempre tra le tue disponibilità. Se lo facesse l’agenzia o il freelance che ha sviluppato il sito, come molto spesso accade, potrebbe
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crearti un codice associato ad un account sul quale hanno tutti i loro clienti e in caso di restyling del sito con un’altra agenzia potrebbero non darti accesso al loro account e perderesti tutto lo storico degli anni precedenti. Un ultimo aspetto importante da considerare è quello della misurazione delle “conversioni”, ovvero le azioni significative che gli utenti compiono all’interno del tuo sito web. È opportuno farsi configurare gli strumenti di analytics per tracciare quanti contatti ricevi, il numero di download di brochure/cataloghi, la compilazioni di moduli, le chiamate da dispositivi mobile... affinché tu possa tenere traccia, almeno indicativa, di quanto ritorno economico genera il tuo nuovo sito e della attività di marketing online. Tre aspetti semplici da gestire, cui spesso non si presta la necessaria attenzione, ma che sono molto importanti per non compromettere le potenzialità della tua attività online ed evitare che fornitori con cui non ti trovi più bene, possano vincolarti a rimanere loro cliente tramite attività fatte in malafede sfruttando alcuni tecnicismi del web di cui tu non eri a conoscenza.
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CALENDARIO DEL MESE gli eventi di Aprile 2018
a cura di Paola Spolon
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Fate un picnic, anche nel vostro terrazzo va bene.
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PALIO DEL RECIOTO E DELL’AMARONE 2018 Luogo: Negrar Ora: tutto il giorno
04
NEW ORLEANS: LA NASCITA DEL JAZZ Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30
05
ON STAGE Luogo: Verona Ora: tutto il giorno
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SENTO LA TERRA GIRARE Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00
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SID GRIFFIN Luogo: Cohen Verona Ora: 20.00
08
MORA & BRONSKI Luogo: Cantine de l’Arena Ora: 19.00
09
Quando sorridete, notatelo.
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SENZA PUDORE Luogo: Associazione SDV Ora: 20.30
01
10
Pasqua
IL PADRE D’ITALIA Luogo: Multisala Rivoli Ora: 21.30
12
VERONA AL TEMPO DI URSICINO Luogo: Biblioteca Capitolare di Verona Ora: 09.30
legenda MOSTRE/ARTE
CINEMA
LIBRI
MUSEO
SPORT
INCONTRI
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13
TEMPI MODERNI Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30
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SHALL WE DANCE TANGO Luogo: Teatro Camploy Ora: 21.00
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L’AQUILA E IL SIMORG Luogo: Pagina Dodici Libreria Ora: 18.30
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ALADDIN E LE MAGICHE NOTTI D’ORIENTE Luogo: Teatro Camploy Ora: 21.00
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VISAGES VILLAGES Luogo: Accademia di Belle Arti Ora: 17.30
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Vinitaly
CICCHETTI LIVE MUSIC Luogo: Cantine de l’Arena Ora: 20.00
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COME SOPRAVVIVERE AL CAMMINO DI SANTIAGO Fabrizio Ardito Luogo: Museo Africano Ora: 20.30
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BOTERO Luogo: Museo AMO Palazzo Forti Ora: tutto il giorno
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LA BISBETICA DOMATA Luogo: Teatro Satiro Off Ora: 19.00
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INTRODUZIONE ALL’ARTE CONTEMPORANEA Luogo: Lino’s & Co Ora: 19.30
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GIANNI MORANDI Luogo: Arena di Verona Ora: 21.00
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BROADWAY NIGHT Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30
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BOB DYLAN Luogo: Arena di Verona Ora: 21.00
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CARLA DAL FORNO Luogo: Colorificio Kroen Ora: 22.00
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ROB MO Luogo: Cohen Verona Ora: 21.00
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RISONANZE. DAVID LEVERETT E ROBERTO PUGLIESE Luogo: Studio La Città Ora: tutto il giorno
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FIERA
DANZA
MUSICA
AMORE
CARNEVALE
TEATRO
VERONA: CITTÀ AFFRESCATA Luogo: Verona Ora: 09.30
in cucina con Nicole
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Cucinare è amore che si può assaggiare a cura di NICOLE SCEVAROLI
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Variare i cereali è importante! Vi consiglio questa ricetta con una farina alternativa
FILONCINO DI KAMUT INGREDIENTI • 400g farina di kamut • 100g farina di mais • 1 bustina di lievito di birra secco • 1 cucchiaino di zucchero • 1 cucchiaino di sale 1 cucchiaio di olio evo • 100ml acqua tiepida 150ml latte tiepido (anche vegetale)
Sciogliete il lievito nel latte e zucchero. Unite farine, acqua, sale e olio. Impastate per almeno 5 minuti. Fate lievitare per 2 ore. Date la forma di un filoncino. Preriscaldate il forno, incidete il pane ed infornate. 200 gradi per 40 minuti.
Attenzione: ci siamo scordati l’olio Nella ricetta del mese scorso per la torta sabbiosa (pag 76/ Pantheon 88) tra gli ingredienti mancava un bicchiere di olio di semi (circa 100ml).
Queste frittatine veloci sono perfette per un brunch domenicale, un pranzo all'aperto o una cena a buffet!
PANCAKES SALATI AI CARCIOFI INGREDIENTI • 2 uova • 4 cucchiai di farina di kamut • 100g latte (anche vegetale) • 2 cucchiai di olio • un pizzico di bicarbonato • 1 cucchiaio di aceto • 2 cucchiai di parmigiano • porro • carciofi • aglio • prezzemolo
Sbattete le uova con latte, farina, bicarbonato, aceto, olio, sale e parmigiano. Tagliate il porro ed unitelo al composto. Scaldate una padella antiaderente unta d'olio, versate l'impasto in più punti usando il mestolo. Fate cuocere i pancakes su entrambi i lati. Servite con carciofi ripassati in padella con olio, aglio e prezzemolo.
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A CURA DI
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L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA
21 APRILE - 20 MAGGIO
21 MARZO - 20 APRILE
ARIETE
Questo mese si è estinto il rinoceronte bianco. Come reagireste all’idea di una creatura che non vedremo mai più? Da qui a qualche tempo, inoltre, un’emozione o un particolare stato d’animo vi abbandonerà per sempre, Ariete. Siete pronti ad affrontare un taglio drastico?
TORO
Primavera, fantasticherie all’orizzonte. Se poteste vivere nel passato in quale epoca vivreste? Pensateci, e provate anche a capire quale persona del vostro passato, o quale esperienza, pensiero o azione, può tornarvi utile in questo periodo in cui la propulsione del vostro bagaglio di vita vi serve più che mai.
21 MAGGIO - 21 GIUGNO
GEMELLI
Quando a Italo Calvino chiesero cosa avrebbe potuto salvare l’umanità nel nuovo millennio lui rispose: “Imparate poesie a memoria, le più disparate”. È giunto il momento che diate fondo a tutta la vostra ambizione e pensiate a quale azione potrebbe migliorare drasticamente la vostra vita. Fatto? Perché non la state ancora compiendo?
22 GIUGNO - 22 LUGLIO
CANCRO
Proust diceva che l’essenza vera dell’amore sta nella gelosia, nel saper interpretare tutti i segni che l’amato o l’amata si portano appresso per scovarne significati altri, indizi e prove. A voi l’occasione di dimostrare il contrario: siate attenti ad ogni gesto di chi amate, fatelo per poter scoprire dove stia l’essenza del vostro amore per lui o per lei.
23 LUGLIO - 23 AGOSTO
24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE
23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE
23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE
LEONE
VERGINE
BILANCIA
SCORPIONE
Vi siete mai accorti di quanto l’amore non sia democratico? Pensiero, cuore, volontà, delusione, affetto, tradimento sono tiranni: governano la nostra anima in una direzione o nell’altra. L’armonia non avviene mai all’interno di noi, ma con un “altro governo”, un’altra persona a confronto. Se non capite cosa volete in amore sarà l’altro a chiarirvi le idee, è il momento di buttarsi nella politica più dolce.
23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE
SAGITTARIO
Sapete cos’è, in fotografia, la golden hour? È quel momento della giornata, prima del tramonto e appena dopo l’alba, in cui luce, calda e dinamica, permette di fare fotografie meravigliose. Siete appena entrati nella vostra golden hour esistenziale assaporate la meraviglia che getta su ogni cosa e respirate a fondo, in attesa della prossima.
Noto che i periodi della vita che declinate al passato sono sempre più frequenti: “quando ero bambino”, “quando andavo al liceo”, “quando mio figlio era piccolo…”. Dovete scrollarvi di dosso la sensazione che sia tutto finito, cercate nel vostro presente delle tracce di meravigliosi periodi passati che ancora si manifestano.
Da troppo tempo siete fissi sulle vostre opinioni, da troppo tempo vi siete infilati in un tunnel di convinzioni, pregiudizi, idee malsane e pensieri insensati che possono ferirvi. Quanto tempo è che non cambiate opinione? Che non rivoluzionate quello che pensate e traete da un pensiero nuovo nuova linfa? Dovete agire per far avvenire di nuovo una magia del genere.
22 DICEMBRE - 20 GENNAIO
21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO
CAPRICORNO
ACQUARIO
Siate la vostra primavera interiore. Tornate a fare delle cose fuori di casa, a incontrare la luce e le persone. Credo che ne abbiate avuto abbastanza di silenzio e buio, no? Iniziate lentamente come un fiore che sboccia e ben presto spargerete il vostro profumo attorno a voi, ammaliando tutto quello che vi sta intorno.
Questo è il momento di uscire da se stessi e dalla propria idea di sé: trovate tre quattro persone fidate e fatevi, senza risultare egocentrici, raccontare come vi vedono in questo periodo. Raccogliete le impressioni e pesatele con quelle che sono le vostre impressioni di voi stessi: scoprirete di sbagliarvi quasi sempre e potrete ripartire con una nuova speranza.
Quando vi descrivete, siete sempre capaci di fare una lista infinita di difetti, ma quanti di questi difetti creano problemi che compromettono davvero particolari momenti della vostra vita? Provate ad usare un po’ di pragmatismo, è ora di annusare i fiori e correre sull’erba e la terra... non potete farvi frenare da sensazioni che non esistono realmente.
20 FEBBRAIO - 20 MARZO
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Spesso si riesce ad abituarsi al dolore, a far in modo che non faccia più male e ci lasci vivere ugualmente. Avete però una cosa non superata, Pesci, che non fa più star male ma non è per niente detto che non agisca per bloccare la vostra felicità. Questo è il momento di superarla davvero.
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