Pantheon 84 - La rivoluzione dolce di Maria Teresa Ferrari

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OTTOBRE 2017

ANNO 10, NUMERO 8

A TU PER TU MORENO MORELLO DA STRISCIA A VERONA

IL PERSONAGGIO ORIETTA SALEMI IL MIO SÌ AL REFERENDUM

Giornalista veronese, dopo la diagnosi di tumore ha creato una linea di cappelli «per scaldare i pensieri buoni e coprire quelli brutti». Speaker al TEDxVerona 2017, il Corriere della Sera l’ha premiata meno di un mese fa.

E S C LU S IV A

REPORTAGE IL LUPO IN

LESSINIA,

CRONACA DI UNA PREDAZIONE

«Il cancro si affronta con grazia»

La rivoluzione dolce di Maria Teresa Ferrari


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OTTOBRE 2017

di MATTEO

SCOLARI

matteo.scolari@giornalepantheon.it @ScolariMatteo

A

EDITORIALE

bbiamo bisogno di buone notizie. Non certo per illuderci che la vita sia semplice o priva di difficoltà, ma per ricordarci, ogni tanto, che attorno a noi c’è un esercito immenso di persone che, giorno dopo giorno, con impegno, sacrificio ed entusiasmo, stanno provando a migliorare il mondo. Alcune di queste le abbiamo incontrate proprio poco tempo fa. Nel tardo pomeriggio di sabato 23 settembre sono venuti a farci visita in redazione una ventina di “B Livers”, ragazzi affetti da gravi patologie croniche che hanno scelto di affrontare a testa alta il loro destino e di scavalcare col sorriso il muro della malattia. “Essere, credere, vivere” sono i capisaldi della loro avventura, sostenuta da Fondazione Vodafone, che li ha spinti a girare l’Italia, passando anche dalla nostra città, con alcune Api calessini. Dieci giorni di viaggio, da Milano a Roma, passando per Firenze e l’isola d’Elba, in cerca di storie di giovani audaci e di imprenditori illuminati, di idee brillanti, di percorsi creativi e di esperienze coraggiose che meritano di essere raccontate e condivise. Anche attraverso Il Bullone, il giornale gratuito da loro fondato nel 2015 con la preziosa collaborazione del Corriere della Sera (che ne cura l’impaginazione e provvede alla stampa) e di alcuni suoi giornalisti che hanno sposato, assieme a tanti personaggi dello spettacolo, la causa di questi ragazzi così speciali. Il Corriere che neanche farlo apposta, il 19 settem-

bre scorso, ha lanciato un nuovo settimanale chiamato proprio Buone Notizie, in edicola ogni martedì, e che ha da poco consegnato un riconoscimento prestigioso, il Premio Victoria, a Maria Teresa Ferrari, la cui storia apre Pantheon di ottobre. Veronese, 52enne, dopo due anni di convivenza con il cancro, Maria Teresa ha deciso di realizzare cappelli colorati da donare alle donne che, come lei, devono affrontare la chemioterapia. «Ho promesso a me stessa che non smetterò mai di volermi bene e non permetterò mai alla malattia di togliermi il sorriso» . È così che da una spinta creativa e da una voglia di non arrendersi è nata una un’associazione senza scopo di lucro, chiamata “La cura sono io”, con finalità di sensibilizzazione e utilità sociale. «Un gioco maledettamente serio, diventato una start up». Una storia talmente bella che è stata selezionata anche tra le dodici proposte al TEDx Verona 2017, il cui motto è “Time to Rock”, che invita a scegliere come declinare la parola futuro, senza confini tra innovazione, comunità, arte, società e tecnologia. Noi scegliamo di declinarlo guardando agli esempi dei B Livers, di Maria Teresa e delle centinaia di persone che in quasi dieci anni di Pantheon ci hanno arricchito e aperto un orizzonte con le loro storie. Le buone notizie servono. E sono contagiose.

CHI MI DARÀ NOTIZIE QUANDO NON SARÒ PIÙ, CHI MI INFORMERÀ? ELIAS CANETTI



Registrazione Tribunale di Verona n.1792 del 5/4/2008 - Numero chiuso in redazione il 03/10/2017

INDICE 6 10 14 18 24 28 32 36 46 48 52 56

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PILLOLE DI

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IN CUCINA CON NICOLE

IN COPERTINA La rivoluzione dolce di Maria Teresa Ferrari 73 IN PRIMO PIANO La sicurezza insicura IL PERSONAGGIO Orietta Salemi: «Il mio sì al Referendum» 74 A TU PER TU Moreno MorellO, il Robin Hood di Striscia la Notizia ESCLUSIVA Burhan Ozbilici, il fotografo dello scatto impossibile 78 TEDX VERONA Lì, dove si inventa il futuro CULTURA Art Verona spiegato dalla (nuova) curatrice TERRITORIO L’oggetto misterioso che racconta la Verona medievale PERSONE Wanda Girardi Castellani, poetessa e donna STORIA Carlo Ederle, l’eroe buono VIAGGI Il giro del mondo con una Fiat Panda LIFESTYLE La poesia del Foliage

MAMMA

Bellezza al Naturale

STORIE DI STORIA

L'oroscopo alla nostra maniera

il calendario di settembre a pag 76

SPECIALE LUPO IN LESSINIA Q UAT T R O G I O R N I CO N I L PA S TO R E B R U N O , I L R E P O R TAG E D I G I OVA N N I CO B I A N C H I DA PAG I N A 40 ERRORI DA SEGNALARE? REDAZIONE@GIORNALEPANTHEON.IT

Direttore responsabile

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R e d a z i o n e M at t e o S c o l a r i , M i r ya m S c a n d o l a , F l av i o B r u t t i , M A R C O M E N I N I , pa o l a s p o l o n H a n n o c o l l a b o r at o a l n u m e r o d i O T T O B R E 2 0 1 7 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, VALENTINA BAZZANI, Matteo Bellamoli, Marta Bicego, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, michela canteri, federica lavarini, ANDREA NALE, Marco Nicolis, Erika Prandi, Nicole Scevaroli, Alessandra Scolari, Ingrid Sommacampagna, Giovanna Tondini, MARCO ZANONI, Mattia Zuanni. C o p e r t i n a F l av i o B r u t t i - F O T O D I C o p e r t i n a S I LV I A T E R Z I P r o g e t t o g r a f i c o F l av i o B r u t t i S o c i e tà e d i t r i c e I n f o Va l S . r . l . R e d a z i o n e V i a T o r r i c e l l i , 3 7 ( Z A I -V e r o n a ) - P. I va : 0 3 7 5 5 4 6 0 2 3 9 - t e l . 0 4 5 . 8 6 5 0 7 4 6 - fa x . 0 4 5 . 8 7 6 2 6 0 1 m a i l : r e d a z i o n e @ g i o r n a l e pa n t h e o n . i t - w e b : w w w.G I O R N A L E PA N T H E O N . I T Fa c e b o o k : / Pa n t h e o n V E R O N A N E T W O R K - T w i t t e r : @ pa n t h e o n v e r o n a - I N S TA G R A M : pa n t h e o n m a g a z i n e ufficio commercialE: 045 8650746 STAMPATO DA: Rotopress International srl - Via Brecce – 60025 Loreto (AN) - Tel. 071 974751 Via E. Mattei, 106 – 40138 Bologna – Tel. 051 4592111

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IN COPERTINA Maria Teresa Ferrari

L A MI A R I VO LUZI ONE D OLCE

miryam.scandola@verona-pantheon.com @miryamscandola

di Miryam Scandola

Sono le cose minime nostre e degli altri quelle che ci mancano sempre e senza sosta. E proprio da loro, dai nostri dettagli che, senza esagerare, costituiscono la personale sinossi con cui andiamo in giro, bisogna provare a ricominciare. Da un cappello che copre i saccheggi della chemio, da una fascia che diventa il simbolo di tutte le segrete resilienze di cui siamo capaci. Gli agguati della vita ci sfiniscono. Ma ci sono sempre altri approdi possibili. Se la felicità dura un momento, anche il dolore può essere perimetrato e diventare terreno di ispirazione, come fa Maria Teresa Ferrari «progettando bellezza, nonostante».

S

e lo ricorda il suo giorno più straziante. Stava lavorando al computer, «il mio pc è bianco» e ha visto cadere tra i tasti tanti frammenti dei suoi capelli. Era al secondo giro di chemio, le avevano detto che poteva aspettarselo. Ma lei dopo averli persi e poi lentamente visti riapparire, quella verità l'aveva tenuta ben lontana dai suoi giorni. Voleva ricominciare e ha ricominciato per mano alla malattia Maria Teresa Ferrari "Terry", 52 anni, una vita spartita tra il giornalismo, l'arte e i viaggi. «Non ci siamo sposati, io e il mio dolore siamo una coppia di fatto» ripeteva spesso Pierluigi Cappello, poeta morto troppo di recente, costretto alla sedia a rotelle dall'età di 16 anni. La sofferenza quotidiana era il compare involontario delle sue ore e dei suoi versi. Lo chiama «un ospite inatteso», invece, Maria Teresa il carcinoma mammario che le hanno diagnosticato qualche anno fa. Di lei e della sua linea di “Cappelli ad Arte”, copricapi quasi taumaturgici capaci di invadere a furia di paillettes i tempi grigi della malattia vi avevamo parlato già in passato (Pantheon 77). Nel frattempo sono successe varie cose come la sua incoronazione a “Il Tempo delle Donne” del Corriere della Sera con tanto di Premio Victoria. A fine settembre è stata la volta della presentazione ufficiale della sua associazione “La Cura sono Io”, nata la scorsa primavera. L’8 ottobre questa donna dai mille meritati aggettivi salirà sul palco del TEDxVerona per raccontare la sua rivoluzione dolce. Il verbo combattere, infatti, non è quello che piace a "Terry", per dire della quotidianità con il cancro. «Da quando mi sono ammalata, non sopporto l'aggressività», e così ha trovato un modo, per quanto innegabilmente faticoso, di accoglierlo, «progettando bellezza, nonostante». Perché concepire un piano anche piccolo implica uno scatto di volontà, lo sforzo di attrezzarsi e cominciare. In fondo, come disse qualcuno, di noi non rimarranno certo gli indugi, ma i canti.

Maria Teresa Ferrari

Non si sa mai da che parte iniziare con lei. C’è sempre un lungo elenco di nuovi progetti da appuntare... E allora partiamo dal cuore dell'associazione che è sempre lo stesso: il progetto “Cappelli ad Arte". Il recente sostegno della Fondazione Cattolica ci permette di sognare più in grande. I copripensieri, (baschi e fasce dai toni variopinti, ndr), nati per scaldare i pensieri buoni e coprire quelli brutti, presto avranno una diffusione molto maggiore, anche fuori dai confini dell’e-commerce solidale dove si possono acquistare. Con questi tessuti luccicanti portiamo un aiuto a chi soffre, con delicatezza, senza nessuna intenzione di calpestare l’ambito medico. La collaborazione con APEO (Associazione Professionale di Estetica Oncologica) infatti, va avanti non solo nel quotidiano con la diffu-


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sione alle amiche guerriere che incontro lungo il cammino dei benefici dell'estetica oncologica, ma anche con l'intenzione di realizzare con il Progetto Convivio (Progetto di Umanizzazione delle cure destinato ai pazienti e agli accompagnatori che afferiscono all'Oncologia di Verona diretta dal Prof. G.Tortora), un seminario su questi aspetti all'interno dell'ospedale. Una sua amica ha coniato un termine fortunato: “Terrytorio”, quasi a dire che per natura lei, "Terry", non può essere circoscritta. Il premio Victoria che le hanno assegnato a "Il Tempo delle Donne", il festival del Corriere della Sera, allude proprio al volano sociale che è riuscita a creare, partendo dal suo intimo dolore. Ho speso ore e ore a stare dietro alla mia pelle e al mio corpo, così sono riuscita nella piccola fondamentale battaglia di salvare le unghie. Avere cura di noi è già un modo per agire, per progettare. La cura parte da sé e, curandosi, dentro e fuori, la malattia può essere "arginata" e combattuta con spirito diverso. Esaltando il viso viene fuori il cuore. Con la “Cura sono Io” e con i tanti progetti collaterali, cerco di dare un eco a questo. L'immagine ha a che fare con l'essenza. L'altra sera (il 29 settembre, il giorno della presentazione ufficiale dell'associazione alla città, ndr) non c'era differen-

PERCHÉ SÌ, LE PAROLE SALVANO Come trovare le parole che salvano e creano relazione? Come esprimere le proprie emozioni che “spezzano il cuore” se non sono portate alla luce del linguaggio? Sono queste le domande che alla base del format “Le parole che ci salvano” in collaborazione col Circolo dei Lettori e il patrocinio del Comune di Verona e del Progetto Convivio dell'università di Verona. Il progetto, che verrà ufficializzato nel corso di ottobre, mira a trattare un tema complesso e vitale, quale l'uso delle parole in momenti difficili della nostra vita. Gli strumenti sono variegati: dalla scrittura alla lettura, passando per l’arte, con uno sguardo inedito anche al mondo della giovani che verranno coinvolti in questo gioco serio che è comunicare bene.

za tra chi era malata e chi no, c'era un tripudio di cappelli e fasce e nessuna si è sentita, almeno in quella occasione, ghettizzata dalla malattia. Ridotte spesso a dettagli di contorno, ci sono anche loro, le parole, che nei momenti tremanti della malattia, salvano ma possono anche uccidere. Cosa ne pensa lei che ci lavora in mezzo da trent’anni? Per chi passa questo travaglio le parole sono importantissime. Non c'è comunicazione autentica se non quando abbiamo parole capaci di creare un ponte fra chi parla e chi ascolta, fra chi soffre e chi cura, e il linguaggio crea sia i momenti di massima solitudine che quelli di grande e preziosa solidarietà. Non è un caso che verso metà ottobre presenteremo “Le parole che ci salvano”. Un progetto che vuole coinvolgere figure differenti: chi soffre a causa di una malattia e si ritrova a “dipendere” dalle parole dei medici, chi, medico, deve “conoscere” le parole giuste per comunicare con il paziente, senza dimenticare i famigliari, che faticano spesso a “trovare” le parole che aiutano. Quali sono, invece, le parole che hanno ispirato e sorretto lei? Dopo la diagnosi sono andata in libreria e ho


IN COPERTINA Maria Teresa Ferrari

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IL CUORE IN TESTA, per tutte (per tutto il mese) La prima tappa della piccola ma preziosa esposizione, dal titolo “Il cuore in testa”, è stata presentata nell'ambito della serata dell'associazione culturale “La Cura sono Io” presso lo StudioLineaCurvArchitetti: tra le donne che hanno prestato il loro viso anche l'assessore Francesca Briani, l'imprenditrice Silvia Nicolis, la conduttrice radiofonica Valeria Benatti e tante altre. Durante l'evento sono stati realizzati altri scatti a tante donne con in testa i #copripensieri del cuore (fascia o basco che sostengono e promuovono la ricerca della Fondazione IEO - CCM). Ora la palla passa alle tante sconosciute sensibili. Basta un selfie con addosso i copricapi di "Terry"in questo mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno. Il 28 ottobre ci sarà un flash mob dove tutte potranno appendere il loro contributo fotografico alla ricerca contro il cancro. Maggiori informazioni su : www.lacurasonoio.it – Facebook.com/cappelliadarte

comprato un quintale di libri sul cancro. Ma non li ho mai letti. Non mi sono accanita neppure su internet, per scendere nei dettagli e improvvisare cure. Sul mio comodino - e nel cuore - c’erano invece Eugenio Borgna, Etty Hillesum, Christian Bobin, scrittori che parlano della vita con estrema delicatezza e gentilezza e sono stati un "balsamo" prezioso nei momenti difficili. Ho amato molto anche le pagine di Pia Pera nel suo Al giardino ancora non l’ho detto: i fiori e le piante seguono e somatizzano i tempi della sua malattia. Lo psicologo Umberto Longoni, autore de Il coraggio di cambiare vita ritiene che tra i fattori più decisivi che inducono alla trasformazione c'è appunto la malattia. Il tumore, pur accompagnato dallo strazio, è stato il suo detonatore? Lo è stato per il modo in cui l’ho vissuto e lo vivo tuttora perché anche se ora sto bene, le terapie oncologiche ridefiniscono totalmente la qualità della vita. Non si può parlare di guarigione, quando hai avuto nel corpo per anni le cellule tumorali. Quello che cerco e ho cercato di fare è trasformare il mio male in un bene condiviso con la comunità. Sembra invincibile, l'esempio pratico e poetico di quella resilienza che è sulla bocca di tanti, ma nella vita di pochi. Nel momento in cui ho saputo che "aveva cammi-

nato" dentro di me, io non ho combattuto il mio cancro. Ho detto: per allontanarti, ospite inatteso, ti accolgo con dolcezza e fermezza. Da lì è nato tutto, perché poi insegni a fare questo anche alle altre donne. Io al mio tumore non ho dichiarato guerra, neppure a parole con quegli hastag, come #fuckcancer ad esempio, che si trovano nei gruppi social dei pazienti oncologici. Come ci è riuscita? Sono sempre stata supportata da una profonda fede che mi ha permesso di accettare questo cammino certa che mi avrebbe portato altri e nuovi beni. Sei molto più bella adesso di prima, mi dice la gente. La mia carica interiore è frutto del fatto che ho saputo accogliere il mio male. Lei parla spesso di "ben-essere", spezzando la parola con un trattino... Il trattino aiuta a soppesare la parola. Mi riferisco ad un benessere allargato che comprende corpo e anima. E a quello puoi aspirare anche nei momenti della malattia. La prima terapia, infatti, la fai tu, prendendoti cura di te, anche nei dettagli. E questo vale per ogni persona, non solo per chi vive il travaglio del cancro. Perché i mostri ce li hanno tutti, anche quelli che non stanno nei corridoi di Oncologia.


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PRIMO PIANO Tra microcriminalità e terrorismo

LA SICUREZZA INSICURA

di Miryam Scandola

Si gioca molto lì, sull'eterno scarto tra il percepito e il reale. Da un lato ci pensa il microcrimine ad appendere la quotidianità di ciascuno al vento della fragilità. Dall'altro lo sconcerto del terrorismo internazionale è una spada di Damocle che pende sulla normalità di tutti. Il Maggiore Antonio Mancini, all'indomani di un'operazione di controlli straordinari in alcune zone calde della città, ci spiega perché è fondamentale dare una percezione anche "visiva" delle forze dell'ordine.

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erona è sicura. Si può fare e si farà di meglio, ama ribadire il sindaco Sboarina, ma stando al prefetto Salvatore Mulas, e all'ultimo Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica di fine settembre, la situazione scaligera è tra le più rosee del Paese. Perché allora quando camminiamo per strada, per certe vie dove a tenerci compagnia è solo quel lampione miope, stringiamo la borsa al corpo? Affrettiamo il passo? Ammettiamolo, hanno fatto tentennare tutti, ottimisti indomiti compresi, le immagini del ragazzo che con una pistola (poi rivelatasi ad aria compressa, comunque potenziata e in grado di lasciare lesioni molto gravi, ndr) ha seminato il panico tra le pensiline della stazione di Verona. Porta Nuova è, infatti, una delle zone cerchiate in rosso nella cartina delle priorità delle forze dell'ordine. Proprio in quel piazzale, ristrutturato di recente, ma spesso teatro di serali (o pomeridiani) degradi, l'Arma dei Carabinieri, parallelamente alla Polizia di Stato, ha mandato avanti controlli straordinari, perlustrando vie e strade. Abbiamo chiesto al Maggiore Antonio Mancini, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Verona, le ragioni e gli obiettivi di un'ope-

razione simile che ha interessato anche Porta Vescovo e Veronetta. Una risposta decisamente "visibile" dopo i recenti episodi di microcriminalità... Il problema non nasce ieri in stazione. Come per altre zone, il nostro presidio è costante anche con agenti in borghese. Questa risposta eclatante serve ad innalzare il senso di sicurezza. È importante che la gente ci percepisca presenti anche in maniera evidente. In quelle tre ore in cui abbiamo controllato anche una trentina di autobus, lo sguardo dei ragazzi diceva tutto. Queste retate servono a disincentivare anche il piccolo spacciatore che fa i soldi nel piazzale dove ogni giorno migliaia di giovani aspettano il pullman. Si prova così a colmare la distanza che separa la sicurezza reale da quella percepita? Se dobbiamo fermarci al dato oggettivo, stiamo attraversando il momento più sicuro dal dopoguerra. Ogni anno i numeri relativi alla delinquenza e alla microcriminalità diminuiscono. Ma questa riduzione non si accompagna alla consapevolezza delle persone. Il grande ac-


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cesso alle informazioni, attraverso anche e soprattutto i social network, permette di sapere in presa diretta cosa sta succedendo nella via a fianco. Si è più consci di pericoli che magari c'erano anche prima, e in forme e manifestazioni maggiori, ma la differenza è che ora si possono guardare mentre accadono. I gruppi locali nati su Facebook (Verona più Sicura, ad esempio) da un lato sono uno strumento eccezionale anche per noi, dall'altro veicolano un sentimento di paura che intacca la nostra normalità.

I controlli straordinari diventeranno prassi di routine? La sicurezza funziona come la temperatura. Sono tanti i fattori esterni che ne influenzano la percezione, falsandone, in parte, il dato reale. Controlli straordinari come questi, a regime, diventeranno, operazioni periodiche. Perché costituiscano un monito per chi si comporta male e, possano invece, rimanere negli occhi di chi vuole vivere senza paura la sua città.

TRASFERIMENTI IMMOBILIARI U N PA S S O I N AVA N T I

Il 29 agosto scorso, con la Legge n. 124 del 4 agosto 2017, è entrata in vigore una nuova normativa che riguarda i trasferimenti immobiliari e delle aziende. La novità consiste nel versamento da parte del notaio, su un apposito “conto dedicato”, delle somme dovute per tributi e imposte in relazione agli atti ricevuti e soggetti a pubblicità immobiliare o del Registro Imprese. Il provvedimento, in pratica, riguarda quegli

atti che devono essere annotati nei registri immobiliari (compravendita, donazione, permuta, divisione…) o nel Registro Imprese (costituzioni, modificazioni di società, cessioni di quote, cessioni di aziende…). Sullo stesso conto, che non è nella disponibilità del notaio, non è pignorabile e non cade in successione, si possono versare anche il prezzo o il saldo prezzo o le somme destinate all’estinzione di gravami, ipoteche o altri oneri dovuti in occasione del trasferimento. Questo sempre a tutela delle somme che devono essere versate al fisco. La nuova normativa, che ha come obiettivo la tutela del compratore, potrebbe però dare luogo a una serie di conflitti con conseguenze economiche anche rilevanti. Infatti la norma dispone che il versamento sul conto dedicato possa avvenire su richiesta di almeno una delle parti. Ne consegue che il compratore, senza averlo concordato col suo venditore, il giorno del rogito possa richiedere al notaio di tenere in deposito la somma–prezzo in attesa che determinati oneri siano pagati. Ad esempio, il saldo del-

le spese condominiali. Ma si può congelare il pagamento dell’intero saldo-prezzo, magari di un importo rilevante, fin tanto che non venga data la prova che il saldo delle spese condominiali, anche di cifra modesta, sia stato pagato? Se l’amministratore del condominio impiega molto tempo per liquidare il saldo, il venditore non può ricevere il prezzo dal Notaio. In conclusione, fino a quando non sia stata data la prova che il gravame, l’ ipoteca sull’immobile o l’ onere non sia stato adempiuto, il Notaio non può versare sul conto corrente del venditore il saldo prezzo depositato sul conto dedicato. Forse sarebbe stato preferibile prevedere che le parti, di comune accordo, non unilateralmente, avessero la facoltà di depositarlo sul conto corrente dedicato del Notaio, accordo che poteva essere stabilito già in sede di preliminare. La normativa è di sicuro un passo in avanti, ma presenta delle difficoltà di applicazione che richiederanno la collaborazione di tutte le parti per la loro soluzione. Spetterà al Notaio, al di sopra delle parti e terzo imparziale, ad adoperarsi in tal senso.

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VERONA NETWORK Il focus del mese

A LT E R N A N Z A S C U O L A - L AV O R O T U T T I I NU M E R I DI U N ’OPPORT UN I TÀ La novità resa permanente dalla legge 107/2015 e obbligatoria per tutti gli studenti italiani già dallo scorso anno, sarà il tema del focus organizzato per giovedì 19 ottobre presso la sede dell'Ordine degli Ingegneri di Verona.

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I relatori dell'incontro del 2016

N PONTE tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. Questo il senso dato ai percorsi di alternanza (ASL) introdotti in modo obbligatorio già dall’anno scolastico scorso, 2016/2017, in tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado come parte integrante dei percorsi tradizionali di istruzione. E proprio a questo tema è dedicato l'incontro dal titolo Alternanza scuola-lavoro: quali opportunità per le aziende veronesi? che si terrà giovedì 19 ottobre, alle ore 18.00, presso la sede dell'Ordine degli Ingegneri di Verona (in via Santa Teresa 12). Un’occasione importante per fare un bilancio ufficiale dopo il primo anno di obbligatorietà e capire quali opportunità siano state colte e quali rimangano ancora da cogliere. AL CONVEGNO parteciperanno Laura Parenti, referente provinciale delle attività ASL presso l’Ufficio Scolastico di Verona, Giuseppe Riello, presidente CCIAA di Verona, Giorgia Speri, presidente COSP Verona, dirigenti scolastici delle scuole veronesi e consiglieri dell’Ordine degli Ingegneri di Verona. «Questo nostro appuntamento dedicato alla scuola intende porre il focus proprio sul tema scuola - lavoro: lo scopo è rendere sempre più consapevoli le aziende (circa 3000 quelle rappresentate dal nostro Network) delle opportunità rappresentate dal fatto di poter ospitare, con logiche intelligenti e strutturate, studenti presso le sedi aziendali e, al contempo, andare incontro alle esigenze formative degli scolari e delle loro famiglie» spiega Matteo Scolari, presidente di Verona Network. LA TAVOLA ROTONDA, aperta al pubblico, servirà per analizzare anche a livello locale i numeri na-

VER NA

NETWORK

zionali del Ministero. Quelli relativi al 2015/2016 (prima dell’introduzione dell’obbligatorietà), ci dicevano che l’87,4% delle scuole italiane (statali e paritarie) aveva fatto l’alternanza, contro il 42% dell’anno precedente, e il 90,6% degli studenti delle classi terze (455.062 su 502.223) aveva svolto un'esperienza in azienda. Considerando il totale degli studenti delle classi III, IV e V, gli studenti ad aver utilizzato questa opportunità erano stati 652.641 su 1,4 milioni (pari a 45,7%). Tra le regioni con più studenti in alternanza, la Lombardia (105.564), la Campania (66.411), il Lazio (64.265), il Veneto (55.245) e la Sicilia (53.554). Le strutture ospitanti, sempre nell’anno 2015/2016, erano state 151.200 (+41% rispetto all’anno precedente): 36% nelle imprese, 12% nelle scuole, 8% nella pubblica amministrazione e 7% nel settore no profit. Il maggior numero di strutture ospitanti si trova in Lombardia (22%) seguita dal Veneto (14%).

PANTHEON VERONA NETWORK

VERONA NETWORK


VER NA

N E T W O R K

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GIOVEDÌ 19 OTTOBRE 2017 ORE 18.00 ORDINE DEGLI INGEGNERI VIA SANTA TERESA, 12 - VERONA Sono invitati Tutte le realtà veronesi coinvolte nel programma di Alternanza Scuola Lavoro Tutti i cittadini, i genitori e le famiglie interessate ad approfondire il tema proposto

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IL PERSONAGGIO Orietta Salemi

«REF E R EN DU M ?

IL 22 OTTOBRE VOTERÒ SÌ»

matteo.scolari@giornalepantheon.it @matteoscolari

La consigliera regionale del Partito Democratico, candidata sindaco alle ultime elezioni amministrative, dà parere favorevole all’iniziativa referendaria del prossimo ottobre. In questa intervista analizza anche le ragioni della sconfitta dello scorso 11 giugno e la sua scelta di scendere in campo per amore nei confronti della sua città.

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rietta Salemi, quattro mesi fa la sconfitta elettorale. Ci sta ancora pensando? Per carattere sono abituata a guardare avanti perché considero gli insuccessi un motivo di spinta per mettere in campo energie nuove. E poi non porto mai rancore né verso le persone né verso le situazioni, anche quelle più negative. È uno stile di vita che, applicato anche in politica, mi permette di vivere in pace con me stessa e con gli altri. Con un centrodestra spaccato, il Partito Democratico si era presentato all’appuntamento dell’11 giugno carico di responsabilità e di attese da parte del proprio elettorato. Cosa non ha funzionato? Il progetto civico, fallito, sul quale tanto ci eravamo concentrati. I soliti distinguo interni. La scarsa convinzione nel formare una compagine compatta attorno alla candidatura, eletta democraticamente. La cesura con la sinistra non dialogante portata dietro come un fardello per tutta la campagna con in più la certezza che in molti casi è stato incentivato il voto disgiunto tra candidatura in Consiglio e scelta del sindaco. Questo ha generato incertezza e confusione anche nell’elettorato che cercava, e ha poi scelto, la chiarezza. Nadir Welponer sul Corriere di Verona del 18 ottobre 2016 dichiarava: «… la prospettiva è che il Pd non vada nemmeno al ballottaggio e che i suoi elettori siano poi costretti a scegliere, magari, tra un leghista e un tosiano. A quel punto, qualcuno dovrà rispondere politicamente di quel disastro…». Una previsione che si è materializzata: in che misura si sente responsabile del mancato obiettivo? Purtroppo le parole di Nadir sono state profetiche, così come le sue analisi durante la vicenda elettorale. Un vero peccato che anche la "sua" sinistra non gli abbia dato retta. Da parte mia non solo ho dato la disponibilità a correre, ma ho messo in campo tutto l’impegno e tutte le energie che avevo perché le sue parole non diventassero realtà. Decisivo, in negativo, almeno dal punto di vista

Orietta Salemi

dei numeri, il divorzio preelettorale con Michele Bertucco. Per il bene della sinistra e del centrosinistra, non sarebbe stato opportuno trovare un compromesso? Nessun rimpianto: abbiamo tentato ogni strada per tenere Bertucco dentro il PD. La mediazione può esistere se si trovano dei punti di condivisione non solo di merito, ma anche di metodo. La distanza con Michele Bertucco era diventata una frattura difficilmente colmabile. E il risultato è stato quello che temevamo: il conservatorismo di sinistra ha consegnato Verona a certa destra conservatrice e reazionaria. Dopo il risultato del ballottaggio, Flavio Tosi vi ha additato per il mancato sostegno a Patrizia Bisinella. L’accordo con la squadra dell’ex sindaco e della senatrice di Fare! sembrava plau-


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IL PERSONAGGIO Orietta Salemi sibile pur di scongiurare la vittoria di Sboarina. Perché non è arrivato l’appoggio ufficiale? Visto che comunque in campo c’erano differenze sui valori e sui programmi abbiamo rispettato le diverse anime del partito lasciando libertà ai nostri iscritti di poter scegliere. Ogni valutazione è stata fatta in termini di programma visto che non ci interessavano accordi di spartizione di poltrone. Come giudica questi primi quattro mesi di amministrazione Sboarina? Anche se è ancora prematuro formulare giudizi, sono stati primi mesi di “conserva”. Dalle dichiarazioni fatte in campagna elettorale mi aspettavo una rivoluzione culturale nell’impostazione strategica dell’azione di governo della città. Cosa che ancora non vedo. Un esempio: dov’è l’intervento rigeneratore nelle partecipate? Con il PD alla ricerca di se stesso, una compagine tosiana che si sta sgretolando, un Bertucco che ogni tanto strizza l’occhio al sindaco e un Movimento 5 Stelle particolarmente silenzioso, sta emergendo soltanto la figura di Tommaso Ferrari di Verona Civica. Troppo poco, forse, per parlare di opposizione, non pensa? L’opposizione emerge quando esiste un campo di gioco, ma soprattutto quando si conosce lo schema di gioco. In questo momento mi sembra manchi ancora la materia prima su cui costruire un’azione di minoranza. Per me opposizione significa prima di tutto confronto per arrivare a sintesi il più possibile condivisa. Critici sì, ma per costruire, sempre. Trovo che Tommaso Ferrari incarni bene questo principio. Il PD in consiglio ha bisogno di rodarsi come è normale avvenga in ogni gruppo che inizia a lavorare insieme. Da dove, o da quali certezze, deve ripartire il Partito Democratico veronese? Dal senso della squadra, eliminando qualunque deleterio spirito individualista che alimenta divisioni e appanna i valori su cui è costruito il PD. Siamo il primo partito in città, ma non riusciamo a vincere. Questa è la vera sfida da affrontare. Non ci sono congressi o dibattiti interni che valgano. Dobbiamo ripartire dall’identità di un partito moderno e competitivo, senza rimpianti e con il coraggio di guardare avanti. Pochi giorni fa la firma della Corte dei Conti su un finanziamento di 245 milioni per risolvere tre grandi criticità in provincia. L’asse democratico “Governo-Regione-Comune” ha dato un segnale importante alla città. Abbiamo costruito e mantenuto viva la filiera di azione che parte dall’impegno dei nostri amministratori nei Comuni, passa dalle sollecitazioni in Regione e arriva ai parlamentari pronti a raccogliere le sfide del territorio per tradurle in interventi concreti e fattivi da parte del Gover-

Orietta Salemi con Tommaso Ferrari di Verona Civica

no. Penso a questi ultimi 245 milioni, ma anche aI salvataggio della Fondazione Arena, coi 10 milioni della Bray. I fatti dimostrano che, se c’è unità di intenti e condivisione progettuale tra di noi, non ci ferma nessuno. A proposito di Regione, il 22 si vota per il referendum consultivo. Qual è la sua posizione? Il 22 ottobre voterò sì al Referendum. Tra tante ragioni in campo, ne sottolineo solo tre: la consultazione è sempre un’occasione di confronto democratico; il quesito è nel solco costituzionale di quell’articolo 116 che il centrosinistra ha voluto nella riforma del titolo V perché autonomia e federalismo sono sempre stati nelle corde del PD veneto; infine, perché solo se stiamo dentro questa sfida possiamo incalzare Zaia e la Lega per un modello di autonomia del Veneto, fatto di contenuti concreti e non di propaganda dal sapore secessionista. Ci dica la verità: col senno di poi rifarebbe le scelte che ha fatto, si ricandiderebbe per le primarie? Nessun rimpianto come dicevo prima. Ho risposto a una necessità di democrazia nel partito e di servizio per Verona. Ci ho messo la faccia e ho speso tutta l’energia che avevo perché amo la mia città e credo nelle sue straordinarie opportunità. Quando è stato il momento ho detto sì dopo una lunga riflessione. L’impegno mi è costato in termini di fatiche e risorse, ma la soddisfazione più grande oggi è andare ovunque a testa alta, incassando attestazioni di simpatia e stima da molti, anche estranei, anche non della mia parte politica.


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A TU PER TU Moreno Morello

TR U FFA T O RI IN C A L L I T I ?

ROMPIAMOGLI IL “GIOCATTOLO”

di Matteo Scolari

È uno degli inviati più noti del programma televisivo Striscia la Notizia. Da sempre dalla parte delle persone vittime di truffe o raggiri. Moreno Morello, di bianco vestito, sarà al Teatro Stimate con il suo spettacolo TruffAttori contro tutti, un evento che rientra nella 3^ Campagna Nazionale contro le Truffe agli Anziani promossa da Anap Confartigianato, Ministero dell’Interno e Forze di Polizia.

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no spettacolo teatrale per essere ancora più vicini alla gente in quella battaglia personale che da anni porta avanti sul grande schermo, e precisamente su Canale 5, come inviato di Striscia la Notizia. Moreno Morello sarà a Verona il prossimo 28 ottobre al Teatro Stimate (ore 16) con il suo TruffAttori contro tutti, scritto e interpretato con l’unico obiettivo ci creare maggiore consapevolezza tra la gente e rendere la vita ancora più difficile a chi continua a truffare. Morello, iniziamo proprio da TruffAttori: come mai la scelta del teatro? Il teatro lo considero un mezzo complementare per arrivare ancora più vicino alla gente. Un modo per usare un registro diverso e per avere un contatto fisico con le persone. Qui a Verona abbiamo portato lo spettacolo grazie al contributo di Regione Veneto, Unioncamere, Confartigianato, diversi patrocini e grazie anche alla partecipazione di molte associazioni di consumatori. Quest’ultime hanno la caratteristica di essere capillarmente distribuite sul territorio, che è poi anche la caratteristica di Striscia con tutti i suoi inviati. Devo dire che la scelta del teatro come medium ci sta dando soddisfazione e risultati. Si è calato bene nella parte, visto che in TruffAttori lei è regista e attore… Quando raccontiamo noi stessi diventa facile, no? Un inviato è sempre tra la gente, prima di affrontare un argomento ha spesso un confronto diretto con le persone, quindi nel raccontare le cose che ci riguardano, facendo le cose che già facciamo per lavoro, ci sentiamo a nostro agio. Cosa ci può essere di più odioso del raggiro nei confronti degli anziani? Quella è una vigliaccheria assoluta, una cosa davvero becera e molto riprovevole. Dello stesso taglio, sullo stesso filone, anche tutto quell’approfittarsi che si fa usando come leva la falsa beneficienza o tradendo la fiducia delle persone con lo scopo di creare lucro.

Tra l’altro proprio le truffe agli anziani, numeri alla mano, sembrano essere in aumento… Sono tra le più complesse da smascherare perché non hanno preavviso: i truffatori capitano nelle case, colpiscono e scappano. Gli anziani poi non parlano, si chiudono. Una truffa ai loro danni fa molto più male rispetto ad altre perché lascia un segno particolarmente fastidioso, sia perché l’anziano si vede gabbato in quella che è la sua buona fede, ma anche in quella che è la sua autostima, la sua capacità di distinguere quello che può essere o meno un inganno. Lei ha sposato la causa dei più deboli, da dove nasce questa sua sensibilità? Nasce da un profondo senso di giustizia, legato anche alla mia formazione personale (Morello ha arbitrato per molti anni a calcio e ha studiato giurisprudenza, ndr) e a un’inna-


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Truffattori contro tutti è realizzato in collaborazione con “La Piccionaia – Centro di produzione teatrale” e l’ingresso all’appuntamento di sabato 28 ottobre, al Teatro Stimate di Verona, verrà proposto al prezzo simbolico di 1 euro. Per prenotare è possibile telefonare al numero 045 9211555; inviare una e-mail all’indirizzo info@ artigianiupa.vr.it; inviare un fax al numero 045 9211599.

ta propensione per il rispetto per le regole. A questo si lega una totale avversione alla prepotenza, in ogni sua manifestazione, e soprattutto quella perpetrata nei confronti delle persone più deboli. Ha praticato atletica a livello agonistico, ha arbitrato sui campi da calcio, ha corso alcuni rally nella veste di navigatore. Insomma, ha una grande passione per lo sport. Quando ha capito di avere anche quella per la tv, per lo spettacolo? Lo sport ti forgia, ti forma. Chi vuole ottenere dei risultati sportivi deve avere una certa abnegazione e una certa determinazione, comprese la sopportazione della fatica e

l’accettazione della sconfitta come arricchimento per le future vittorie. Tutti ingredienti importantissimi per questo lavoro. La passione per la tv e lo spettacolo in genere, beh, quella è una cosa innata che ho fin da bambino. Mi ricordo che alla messa, sai quando il prete interroga il bambino di turno, ecco, io ero sempre il primo ad alzare la mano. Ero un bambino comunicativo, scilinguagnolo, con una certa parlantina. In televisione ho cercato di valorizzare proprio questa mia caratteristica. Le parole d’ordine del suo lavoro? Precisione approfondimento, attenzione ai dettagli. A Striscia tutto questo lo facciamo


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A TU PER TU Moreno Morello I protagonisti di TruffAttori: da sinistra Francesco Fusaro, Moreno Morello, Giuseppe Pinarello, Frank Bonan

con scrupolosità per ogni singolo caso trattato, analizzandolo con attenzione da più punti di vista. Ci racconta brevemente l’incontro con Antonio Ricci? Mi presentai con dei servizi in cui il linguaggio e i modi erano da gentleman. Antonio mi caratterizzò con l’elegante abito bianco del Grande Gatsby. Tra l'altro, siccome l’esposizione delle notizie era spesso impreziosita da termini forbiti o figure retoriche, era riuscito a trasformarmi in una figura retorica vivente: un ossimoro. Mi chiamavo Morello e mi vestì di bianco. Ha mai avuto paura durante il suo lavoro? No. Solitamente sei così concentrato a far sì che non ci siano problemi che tutto fila per il verso giusto, o quasi. Attenzione ai contenuti di ciò che stai raccontando, agli accadimenti correlati, alla sicurezza delle persone che ci sono nelle vicinanze del servizio che stai facendo, dello staff, di tutti, anche dell’interlocutore che stai intervistando. Talmente tante precauzioni che è difficile lasciare spazio alla paura. È vero, ci sono state anche situazioni che hanno portato a una particolare degenerazione, a qualche aggressione, ma anche lì l’attenzione, oltre che scansare i colpi, è quella che nessuno si faccia male. Ci sono state situazioni, quelle sì, in cui abbiamo ritenuto opportuno chiamare le forze dell’ordine.

re più consapevoli, di mettere all’interno del consumatore gli anticorpi per essere immuni alle truffe di oggi e di domani.

Cambia la comunicazione, cambiano gli strumenti. Il successo di Striscia rimane invariato, anzi cresce, da anni. Qual è il segreto? Parla direttamente alla gente ed è molto capillare sul territorio. È veloce in quella che può essere una sua evoluzione, ma anche nella risposta a determinate segnalazioni che sono “da Striscia”.

In che modo? Consigliando alle persone di farsi qualche sana e precisa domanda in ogni eventuale situazione che potrebbe apparire truffaldina. Lo scopo non è cambiare il nostro modo di essere, ma di adeguare il nostro modo di pensare, aprendo un po’ di prospettive, diventando un attimo più critici, che non vuol dire malfidenti, ma più analitici.

Cosa le ha dato la popolarità? Non parlerei di popolarità. La cosa più bella è quando incontri le persone e ti dicono: “Ciao, come stai?” e subito dopo “Scusa ti ho dato del tu, ma entri tutte le sere in casa mia con Striscia che sembri uno di famiglia”. Ecco, questo è un po’ diverso dalla popolarità o dalla fama. Parlerei piuttosto di famigliarità e di questo ne sono molto felice.

Perché alcune persone continuano a truffare? Perché hanno un giocatolo che gli frutta. Rompiamoglielo: passando parola su quelli che sono i metodi più comuni per truffare è possibile. Nello spettacolo TruffAttori faccio ascoltare delle registrazioni originali di truffatori che da otto o nove anni sono inseguiti dalle forze dell’ordine e dai truffati. Sono li che se la ghignano in maniera sardonica. Al pubblico faccio ascoltare anche il loro stato d’animo dopo l’intervento di Striscia: si infuriano tremendamente perché abbiamo portato alla luce il loro modus operandi, abbiamo tolto loro la clientela.

È un ottimista? Pensa che le cose (ad esempio quelle che lei tratta) possano cambiare? È lo scopo di TruffAttori. Lo spettacolo nasce perché dopo quindici anni trovo gli stessi truffatori che ero riuscito a smascherare anni fa, che nel frattempo hanno cambiato truffa, ma sono ancora lì a prendersi gioco delle persone. Attraverso lo spettacolo cerchiamo di diventa-

Cosa pensa di fare da grande? Quando uno gioca nella squadra più forte del campionato non si preoccupa proprio del dopo, cerca sempre di meritarsi il posto in quella squadra.


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V E L O D I S O T T O , L’ O P E R A È C O M P I U TA L’originale progetto abitativo inaugurato nove anni fa, frenato dai venti della crisi economica e fino a ieri realizzato solo a metà, entro l’estate del 2018 sarà portato a termine. Un fiore all’occhiello che potrà finalmente brillare nel cuore della Lessinia.

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n sogno interrotto a metà. Era il 2009 quando quattro amici decisero di dar vita a un progetto residenziale dalle caratteristiche innovative e originali in un contesto delicato, dal punto di vista ambientale, come quello della Lessinia. Quel progetto, il cui slogan era “Abitare Velo tutto l’anno” e di cui, fino a oggi, abbiamo vista realizzata soltanto una parte, entro l’estate del 2018 sarà completato. I venti forti della crisi economica che hanno iniziato a soffiare proprio in quegli anni, a cui hanno fatto seguito le difficoltà di accesso al credito, la chiusura di molte aziende artigiane e non solo, hanno rallentato di molto la tabella di marcia dei lavori. Oggi, con uno spiraglio che si apre in un’economia nazionale pur sempre fragile, e grazie alla comprensione e all'aiuto da parte dei fornitori di Abitare Velo srl, sono

arrivate le garanzie e le coperture necessarie per portare a termine la contrada Velo di Sotto. «Un sogno che si realizza e una ferita che si rimargina - spiega il responsabile del cantiere, uno dei quattro amici che lanciò il progetto nel 2009 e che ora segue da vicino l’avanzamento dei lavori dal suo appartamento, uno dei nove costruiti in prima battuta. - Una ferita che si chiude perché vedere il cantiere, il nostro sogno, non ultimato, era davvero doloroso». «In questi anni – prosegue il responsabile l’opera incompiuta aveva dato spazio a voci del tutto infondate che avevano screditato il progetto stesso e la nostra idea originaria. Ora possiamo affermare con certezza che entro la prossima estate vedremo la contrada nel suo massimo splendore». Alla base del progetto “Velo di sotto” vi è una filosofia ben precisa, ovvero quella di creare un complesso


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di case ispirato alle regole di aggregazione delle comunità montane tradizionali e nel quale ogni abitazione risponde ai più attuali requisiti di risparmio energetico e di rispetto per l’ambiente. I differenti livelli di quota conferiscono all’insieme un'idea di raccoglimento e protezione e le strutture abitative in legno lamellare, in linea con le più moderne tecnologie costruttive utilizzate in larga scala in Austria, Germania e in gran parte del Nord-Europa, sono rivestite con materiali coibenti che assicurano un elevato confort termico a fronte di un basso dispendio di energia. Le finiture, di pregio rispondono invece al gusto e alla tradizione del luogo: le travi a vista, i montanti di porte e finestre in pietra, l’intonaco che ricalca quello

ruvido e poroso delle abitazioni tradizionali. «Con la seconda tranche andremo a realizzare altre nove unità abitative suddivise in miniappartamenti, bilocali, trilocali o case singole su due o tre livelli, con la possibilità di intervenire sulla modularità a seconda delle esigenze». Contrada Velo di Sotto è la soluzione ideale per chi sceglie di vivere tutto l’anno nel verde della montagna, lontano da smog o fonti di stress, ma non solo: «All’interno del contesto abitativo abbiamo la possibilità sia di vendere gli immobili, di affittare appartamenti 365 giorni l’anno, o anche solo per un weekend – conclude il responsabile. – La nostra volontà è quella di dare la possibilità a tutti di godere di un paesaggio straordinario come quello della Lessinia, di cui è facile innamorarsi a vita come è capitato a noi».

ABITARE VELO Entro Natale i nuovi nuclei abitativi saranno conclusi al grezzo: informazioni all’infopoint interno alla contrada, al numero 392.9132385 oppure all’indirizzo mail info@abitarevelo.com. www.abitarevelo.com


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ESCLUSIVA Il vincitore del World Press Photo 2017

QUELLO SCATTO IMPOSSIBILE

marco.menini@verona-pantheon.com @menini_marco

di Marco Menini

Un idealista del giornalismo, Burhan Ozbilici, il fotografo turco che al momento dell'assassinio dell'ambasciatore russo Andrei Karlov, lo scorso 19 dicembre 2016 ad Ankara, non è indietreggiato, di fronte ad un uomo armato. Davanti agli occhi, con la paura nel cuore, gli sono passati solo gli insegnamenti del padre. Lo abbiamo incontrato alla Libreria Gulliver, ospite in città per qualche giorno.

«I giornalisti possono sensibilizzare la gente, portare la solidarietà tra gli esseri umani mostrando le crudeltà del nostro mondo»

Burhan Ozbilici

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CELTE IMPROVVISE, scatti fulminei, il sangue freddo nelle vene. Si trovava nel mezzo di uno scontro ad armi impari, Burhan, lui con in mano una macchina fotografica, di fronte un uomo, un ventiduenne pieno di paura e di furia, per quello che aveva fatto e per quello che sarebbe stato di lui, in quella manciata di minuti. Mevlut Mert Altintas alza una pistola in aria, sa che morirà di lì a poco, mentre tutti i presenti in sala vengono fatti sgomberare all’esterno della struttura. All’interno, a terra, l’ambasciatore russo Andrei Karlov. Ucciso nel mezzo di un discorso, come tanti, durante la presentazione sull’esposizione d’arte “Russia through Turk’s eyes”. «Andrei mi sembrava

gentile, un brav’uomo», racconta il fotografo che in quel momento gli stava di fronte, a pochi passi. A stroncare la sua vita ci si è messa una motivazione ancora contesa tra le parti, forse una vendetta per un massiccio raid aereo russo sulla città siriana di Aleppo. In molti, tuttavia, ci hanno visto un parallelismo con l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, causa scatenante la Prima Guerra Mondiale. Per Burhan Ozbilici è tutta un’altra cosa. «Bum bum bum», di questa vicenda ricorda solo questi suoni graffiati e nitidi. Risponde al fuoco, flemmatico, con la foto “Assassination in Turkey” e ci vince anche il World Press Photo 2017. La mente indietreggia al 1915, Guerra dei Dardanelli. L’eroe naziona-


25 Assassination in Turkey (AP Photo/Burhan Ozbilici)

le turco, e successivamente primo Presidente, Mustafa Kemal, assieme al padre di Burhan, si rivolge ai suoi soldati di fronte ad una sconfitta certa: «come vostro comandante, non vi chiedo di fare la guerra, vi chiedo di morire». Morirono quasi tutti. Ma la storia ci dice che riuscirono ad arrestare le forze britanniche. Questo coraggio è lo stesso che fermò il momento quel 19 dicembre 2016 ad Ankara e gli diede la forza di restare calmo. «Tutto quello che crediamo impossibile è veramente impossibile? Mio padre, il mio eroe, mi ha dimostrato che con il coraggio si possono fare cose straordinarie». E per il fotografo dell’Associated Press l’atto coraggioso, la foto che poi ha fatto il giro del mondo, non dev’essere considerato un gesto eroico. In poche ore, solo sul sito dell'Associated Press, in 18 milioni guardano la fotografia che ritrae l’attentatore turco Mevlut Mert Altintas con alle spalle Andrei Karlov, steso a terra. Fiero delle sue azioni, Burhan cerca l’umiltà di dire che ha fatto solo il suo lavoro. «I giornalisti possono sensibilizzare la gente, portare la solidarietà tra gli esseri umani mostrando le crudeltà del nostro mondo». Scrive fin da quando è giovane, ma devia sul fotoreportage con la Guerra del Golfo del 1990. «Se scegliamo le parole giuste, o le foto giuste, possiamo fare grandi cose». Tra queste foto giuste ce n’è una che svetta sulle altre, e non è certo quella dell’attentato ad Ankara. Ci catapulta nel mezzo del recente esodo dei rifugiati siriani «Ho visto un uomo arrivare alla fron-


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ESCLUSIVA Il vincitore del World Press Photo 2017 Un soldato turco tiene la mano a Sidra, una rifugiata curda di 12 anni, che ha perso i genitori dopo l'arrivo alla frontiera tra Turchia e Siria. (AP Photo/Burhan Ozbilici)

tiera tra Siria e Turchia, non aveva niente con sé. Mi ha fatto piangere, perché tra le mani aveva solo un gatto». Certo, Burhan ha un debole per i gatti, al punto che mentre parliamo, l’unico affetto che gli manca è quello della sua piccola felina. Burhan molla la macchina fotografica solo quando c’è qualcosa di più importante da fare; per esempio quando

i rifugiati iracheni fuggivano dal regime di Saddam Hussein e cercavano riparo in Turchia. È allora che Burhan prende sulle spalle i bambini affaticati e li aiuta ad avanzare. «Mai corrompere testa e cuore», il consiglio più grande che ci lascia il fotografo, icona di questi anni tormentati. Perché «per essere veramente felici bisogna essere onesti».


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TERRITORIO Eventi

TEDXVERONA

DOVE SI INVENTA IL FUTURO

di Miryam Scandola

Sul palco 12 speaker dai profili variegati, ma dalle storie simili, perché, in fin dei conti, sono tutte intrecciate dall’audacia. Ad ascoltarli noi, uomini e donne del presente intenti a leggere il domani con la lente coraggiosa dell’ispirazione. In Gran Guardia il 7 e l’8 ottobre torna il TEDxVerona, con un’importante “aggiunta”, un sabato intero dedicato ai TEDxLab. Ne abbiamo parlato con Francesco Magagnino, alla guida della versione scaligera del format californiano e con Silvia Tacchella del team social.

FRANCESCO MAGAGNINO, PRESIDENTE TEDXVERONA

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n inizio nato quasi per scherzo, ora l’edizione numero quattro. I biglietti sono andati sold out in pochissimo tempo. Qual è il vostro segreto? Una community di persone affiatate che, a partire dal primo anno, è cresciuta insieme a noi e che cerca continua ispirazione nelle storie che portiamo sul palco. Il nostro segreto è in realtà il risultato di un duro lavoro, fatto di fatica, sacrifici e tante emozioni, che va avanti per diversi mesi. Siamo un team di volontari che cerca di proporre un evento a livelli assolutamente professionali. Come e perché l’idea di raddoppiare con una giornata dedicata agli workshop? Perché vogliamo fare di Verona una tappa fondamentale dell'innovazione italiana. Dopo il terzo anno di successo era arrivato il momento di misurarci e offrire a Verona un'iniziativa di più ampio respiro. Vogliamo fare del TEDxVerona l'appuntamento fisso dell’innovazione scaligera. Un format che anticipa il futuro e non lo insegue. Qual è l’evoluzione che dobbiamo aspettarci dal TEDx scaligero targato 2018? È ancora presto per pensare al 2018; al momento tutte le nostre energie sono concentrate nella nuova, emozionante sfida di quest'anno. Sicuramente nel 2018 avremo di fronte molti nuovi obiettivi, molti dei quali nasceranno dai feedback e dai consigli che raccoglieremo durante i prossimi mesi dai partecipanti e dai nostri partner.

Il relatore che è più curioso di ascoltare quest’anno? Ho imparato che è impossibile prevedere chi riuscirà a toccare più profondamente le corde del pubblico. Il palcoscenico, i riflettori e l'energia delle persone in platea hanno l'effetto di rimescolare tutte le emozioni in quei quindici minuti portando spesso a dei veri e propri colpi di scena. La domanda che farete agli speaker sul palco è: “Qual è la cosa più rock che avete fatto negli ultimi mesi?”. Le giro la domanda: Qual è la cosa più dirompente che ha fatto recentemente? Beh… la risposta è quasi scontata: la due giorni di TEDxVerona 2017!


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Silvia Tacchella team social TEDxVerona

SONO I SOCIAL, BELLEZZA Come si racconta sui social, “in modo innovativo”, una kermesse che ha per vocazione, appunto, l’innovazione? TEDxVerona viene comunicato attraverso uno storytelling continuo: durante tutto l'anno condividiamo le nostre idee, alcuni momenti di network con la community, richieste di sostegno e le foto delle nostre riunioni casalinghe. Tutti elementi che conducono alla nascita di ogni edizione... non siamo un tipico team di lavoro e lo mostriamo con orgoglio attraverso tutti i nostri canali! Presentiamo senza "tagli" la nostra bellissima e variegata realtà TEDxVerona, discostandoci dallo status quo con ironia e leggerezza ma con un obiettivo preciso in mente: valorizzare il cambiamento e l'innovazione su canali che possono raggiungere tantissime menti diverse. Perché è entrata nel team del TEDx Verona? Sono stata volontaria durante l'edizione 2015, mandando l'application tramite il sito di TEDx Verona. Ho affiancato il team nella giornata di allestimento in Gran Guardia e durante tutta la giornata dell'evento, avendo così l'occasione di conoscere molte persone, di collaborare con loro per un obiettivo comune e di respirare un'atmosfera positiva incentrata su storie sorprendenti. Ho espresso al team organizer il desiderio di mettermi maggiormente in gioco e sono stata coinvolta pochi mesi dopo per l'organizzazione della terza edizione: un'esperienza unica!

Qual è la storia, tra tutti gli speaker che si sono alternati negli anni sul palco della Gran Guardia, che più l’ha colpita? Ogni anno mi arricchiscono le storie di grandi donne, che sul palco di TEDxVerona non sono mai mancate. Nel 2015 ho ammirato la grinta di Sofia Righetti, un'atleta che ha visto nella sua sedie a rotelle un trampolino di lancio per affrontare sfide sempre più grandi. L'anno scorso mi sono commossa ascoltando Tamara Lunger, che ha trovato ricchezza e valore nella rinuncia a completare una missione eroica troppo rischiosa per le sue condizioni fisiche. Ora non vedo l'ora di emozionarmi attraverso il racconto di Maria Teresa Ferrari, una donna forte che dopo aver accettato col sorriso la malattia ha ripreso in mano la sua vita, riprogettandola.

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TERRITORIO Eventi

TOCATÌ, UN PATRIMONIO DA CONDIVIDERE

chiara.boni@verona-pantheon.com @chiarettaboni

di Chiara Boni

Un’ambizione importante, quella di entrare nel Registro delle Buone Pratiche per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO: il Tocatì ha tutte le carte in regola per ottenere questo prestigiosissimo riconoscimento.

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I È CONCLUSA da poco la 15^ edizione del Festival Tocatì: un'edizione importante, che proprio quest’anno segna l’entrata nel vivo della candidatura al Registro delle Buone Pratiche per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO. Momento di incontro con le comunità e di salvaguardia della tradizione, il Tocatì condivide questa visione d’insieme con l’UNESCO: l’ammissione al Registro sarebbe quindi una conferma dei valori che fin dalla sua nascita il Festival Internazionale dei Giochi In Strada si è impegnato a condividere, anche a livello europeo. «Il Registro delle Buone Pratiche è uno strumento diverso dagli altri - ci spiega Valentina Zingari, dell’associazione SIMBDEA, (Società Italiana museografia e beni demoetnoantropologici) e consulente per il Tocatì - perché lavora all’interno dei progetti e dei programmi che comportano la salvaguardia del patrimonio culturale e della trasmissione del patrimonio stesso; questo registro, rispetto alle più conosciute liste rappresentative, comporta un impegno maggiore ed è più difficile, ma soprattutto più interessante da utilizzare, sia per le comunità che si ritrovano riconosciute il loro impegno come “Buona Pratica”, appunto, che per i governi che si impegnano a sostenerle». UN PERCORSO indubbiamente difficile quello da percorre per entrare a far parte di questo Registro, ma che non ha spaventato gli organizzatori: la candidatura è stata proposta nel 2015 e già a partire da quest’edizione i passi avanti sono stati molti. La domanda quindi resta: il Tocatì ha le carte in regole per entrare nel Registro? «Assolutamente sì – ci risponde ancora Zingari - è un progetto che nasce dalla co-

munità stessa dei giocatori, una comunità locale con un forte senso di appartenenza ma anche con una forte vocazione al dialogo interculturale». Il lavoro, ci ricorda Zingari, non è però finito. Sono diversi gli step da compiere perché la candidatura possa andare a buon fine: «Il primo passo è la condivisione del progetto con i partner europei di candidatura, perché abbiamo scelto la strada di una candidatura di questo respiro. Un altro punto fondamentale è quello dell’analisi: capire quali sono le attività che possiamo riconoscere come buone pratiche. Poi ci sono tutte le attività collaterali: il lavoro con la comunità scientifica, con l’università, con il mondo dell’arte… Il Tocatì ha tante dimensioni, non solo quella del gioco praticato che resta centrale, ma anche tutte quelle dimensioni della vita culturale che il Festival si impegna a promuovere, facendo riflettere intellettuali, artisti, ricercatori sul tema del gioco».


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CULTURA Arte

LA NUOVA MENTE

D I A RT V ER ONA

erika.prandi@verona-pantheon.com

di Erika Prandi

Dal 13 al 16 ottobre si svolgerà la tredicesima edizione di ArtVerona, il tema affrontato quest’anno è il viaggio in Italia. Per l’occasione abbiamo intervistato la nuova direttrice artistica, Adriana Polveroni, alla quale abbiamo chiesto di raccontarci di sé, per conoscerla meglio.

Giornalista, saggista e docente. Ma com’è nel privato Adriana Polveroni? Qualcuno mi chiama “la ragazza con la valigia”, perché sono sempre in giro, preferibilmente su un treno. Non da ora - anche se con l’incarico veronese penso di incrementare ulteriormente gli introiti di Trenitalia e di Italo - ma da molti anni. Soprattutto per vedere mostre e fiere in Italia e nel mondo. Pratica che penso mi abbia arricchito molto e che mi mantiene, almeno parzialmente, “ragazza”.

Adriana Polveroni

Il tema di quest’anno è il viaggio: il modo migliore per sciacquarsi il cervello

Daniele Spoerri, Quadro-Trappola il Bistrot di Sanata Maria, 2014, assemblaggio, cm 70x70x30, Courtesy Boxart Galleria d'Arte, Verona

N

on è da molto che si è insediata nella prestigiosa ArtVerona, una delle più importanti fiere d’arte contemporanea d’Italia insieme ad Artissima di Torino, MiArt di Milano e ArteFiera di Bologna. Ma Adriana Polveroni non è nuova a questa realtà. Risale, infatti, al 2014 la collaborazione con la città scaligera tramite ArtVeronaTalk, il programma di conversazioni da lei curato che si è incentrato sulla figura del collezionista e delle migliori pratiche aziendali. Nel marzo di quest’anno arriva la nomina a direttrice artistica che la vedrà sul banco di prova ad ottobre con la 13esima edizione della fiera veronese. Nella sua lunga carriera è stata anche direttrice di Exibart, oltre che saggista. Insegna Museologia del Contemporaneo all’Accademia di Brera e Metodologie e Pratiche della Comunicazione all’Accademia di Belle Arti di Roma.

Quali sono le sue passioni oltre l’arte? Amo viaggiare, al di là dell’arte. Penso, anzi, che sia la cosa che so fare meglio, purtroppo non trasformabile in un lavoro. Poi amo leggere, anche se mi è sempre più difficile trovare un libro appassionante, e andare al cinema. Ma la mia àncora di salvataggio è camminare, preferibilmente nella natura, cosa che accade di rado. Poi c’è mio figlio, il grande dono della mia vita, che purtroppo vedo poco perché vive all’estero. Il tema della 13esima edizione di ArtVerona è il viaggio. Cosa rappresenta per lei viaggiare? Sciacquarsi il cervello, come dico spesso. Ripulirsi dalle scorie, avere nuovi occhi per osservare il mondo e cercare di capirlo.


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Lei insegna all’Accademia di Milano e di Roma e precedentemente è stata direttrice di Exibart. Che rapporto ha con i giovani? Che consigli dà a chi vuole fare l’artista? Mi piace molto insegnare perché mi sembra di dare qualcosa di importante ai ragazzi e in genere sono ben voluta da loro. Ho amato moltissimo anche i tanti bravi, bravissimi giovani che mi hanno cercata per collaborare con Exibart quando lo dirigevo e sono stata fiera e contenta di lasciare un giornale risanato, soprattutto dal punto di vista della credibilità, a un giovane, Matteo Bergamini, che è cresciuto con me. Consigli ai giovani artisti? Cercare di maturare un pensiero originale, consiglio che do anche ai miei studenti, e non mollare perché è un mondo molto duro, quello dell’arte. Ma esiste anche una soglia critica, oltre la quale è autolesionista insistere. Il pensiero originale e consapevole serve anche a capire questo.

Roberto Bigano, Crystal Cathedral, Garden Grove, Caifornia, 1984, ink-Jet, Print on Hahnemϋhle Fine ARt Baryta. Mounted on aluminum disband, cm 75x100, Courtesy Artericambi, Verona

Secondo lei, qual è il futuro dell’arte contemporanea? Verso quale direzione si sta muovendo? Domandona a cui non so rispondere, non tanto perché non possiedo la palla di vetro, ma perché penso che l’arte, come la vita, sia molto più avanzata di noi e, per fortuna, è suo costume sorprendere noi comuni mortali. Quindi, attendiamo fiduciosi, anche in epoca di finanziarizzazione dell’arte.


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CULTURA Arte

VERONETTA

E L E S UE NOT T I ( I N ) QUI ETE

di Chiara Boni

Si apre all’arte, e con l’arte, il quartiere a sinistra dell’Adige: durante i giorni di ArtVerona Veronetta sarà invasa dagli artisti e dai loro progetti, pensati per riscrivere le sue vie e i suoi luoghi più amati.

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ERONETTA ha le sue regole e i suoi ritmi, e magari tre serate non bastano perché tutti possano conoscerli e apprezzarli. Ma dal 13 al 15 ottobre, il Festival Veronetta, evento off di Art Verona, ci proverà lo stesso: i muri scrostati, le crepe nelle facciate, i marciapiedi un po’ pericolanti, le strade trascurate saranno protagonisti inaspettati di questa gemma di creatività, quest’anno alla seconda edizione. Una“mostra-non-mostra”, l’hanno chiamata, perché l’evento sfrutterà un sistema espositivo non tradizionale, dentro il quale gli artisti e le loro creazioni potranno nascere e crescere in modo nuovo. Dodici in totale i nomi selezionati (tra i quali figurano Paola Angelini, Fabrizio Bellomo, Nero, Roxy in the Box e Jonathan Vivacqua), dodici installazioni chiamate a riscrivere un ecosistema precario, quello di Veronetta, e i suoi quotidiani protagonisti. La seconda notte di quiete, questo il titolo dell’evento curato da Christian Caliandro con il supporto organizzativo di Eleonora Raspi, si propagherà da via XX Settembre per

tutto il circondario. Bar, negozi, osterie saranno gli spazi insoliti che gli artisti abiteranno per la durata del festival, con l’intento di far uscire alla luce qualità e vocazioni di uno dei quartieri più vivi e interessanti, ma meno apprezzati, di Verona. ACCANTO a La seconda notte di quiete, realizzato in collaborazione con MyHomeGallery, a Veronetta darà voce anche la quarta edizione di Path Festival, la rassegna di musica e cultura elettronica promossa dall’associazione Morse. Il tema dell’edizione 2017, condensato nell’hashtag #fleshdance, prenderà vita nel corso di live performance, dj set, workshop, talk e installazioni, per indagare in ambito musicale come il digitale incontra e ridefinisce l’umano. Il momento conclusivo del Path Festival consisterà in uno sleep concert, curato da Nicola Ratti, per chiudere simbolicamente la rassegna con un’esperienza di ascolto semi-cosciente, in cui il corpo possa abbandonarsi ed abbandonare il suo ruolo centrale, dando


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spazio ad una modalità di ascolto più rilassata ed onirica. IL CIVICO 13 di via XX Settembre, invece, durante i giorni di ArtVerona diventerà la dimora di tre artisti e dei loro progetti: Benn Bosetto, con “Flush away flush anyway, like a pile of ironic ruins”, Gabriele De Santis, che proporrà il suo “Segno e Disegno - Portrait of a portrait of a Portrait” e Helena Hladilová, invitata dall’art project Treti Galaxie, con Le Ferseodi. L’evento, proposto dalla Collezione De Iorio, verrà inaugurato venerdì 13 ottobre alle 19.30. A pochi passi da qui, al civico 31, saranno gli spazi di Isolo17 Gallery ad ospitare la personale di Stefano Scheda, Looking for the body, una mostra dedicata alla relazione tra corpo e architettura, curata da Leonardo Regano. Costanti nell’espressione artistica di Scheda, il corpo e l’architettura saranno indagati anche alla luce di questioni di carattere sociale. In mostra sono presenti alcuni passaggi significativi di questo suo percorso: il corpo non riconoscibile; il corpo svelato; il corpo riflesso presente/assente; il corpo contaminato/ibridato; il corpo impossibile; il corpo traslato nell’animale. E proseguirà anche la collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Verona, che con l’evento First Step 8 presenterà i lavori di 14 tra i suoi migliori studenti, anteprima di ciò che sarà proposto a novembre nel circu-

ito delle gallerie d’arte di Verona, a cura di Marta Ferretti. L’appuntamento con l’ABA è al Canoa Club di Corte Dogana 6, dal 12 ottobre fino al 12 novembre.

COME, DOVE, QUANDO La Seconda notte di quiete: dal 13 al 15 ottobre per tutta Veronetta: atrio di via xx settembre 62, Business Ventures, Caffè Pedrotti, Casa Hamid Hair Design, Confetteria Filarmonica, Deposito A, Lo Speziale, Mercatino del libro usato, Officina Pixel, Osteria Da Morandin, Polo Universitario Santa Marta, Sthandier Design, Upul Sri Lankan Restaurant. Path Festival: da giovedì 12 a domenica 15 ottobre, tra Veronetta, il Teatro Camploy, l’Ex Caserma Santa Marta, la Corte Maddalene. L’inaugurazione sarà il 12 ottobre alle 20.30 presso il Chiosco della Soprintendenza. Via XX Settembre 13: lo spazio verrà inaugurato venerdì 13 ottobre alle 19.30. Looking for the body: la mostra di Stefano Scheda sarà visitabile dal 23 settembre al 29 ottobre nella Galleria Isolo17 Contemporary Art, in via XX Settembre 31b. Fist Step 8: l’evento di apertura si terrà il 12 ottobre alle 18.30 al Canoa Club; i lavori saranno visibili fino al 12 novembre.

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C A N GR A N D E , L A MECCA E L E “ P O R T O L A N E” IN U N O G G E T T O U N I C O AL M O NDO, R I T ROVA T O A VE R ONA

di Federica Lavarini

Dopo i crolli causati a Verona da uno dei primi bombardamenti aerei della storia, il 14 novembre 1915 venne alla luce un passaggio segreto di un palazzo vicino a Piazza Erbe dove, da secoli, era celato un manufatto dalla foggia del tutto originale. Un oggetto medievale dalla natura misteriosa che ora è al centro di una ricerca dell’università di Pisa. Mappe "Portolane"

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ON ESISTONO testimonianze in letteratura e tantomeno in ritrovamenti archeologici di altro oggetto analogo» afferma Pietro Armienti, docente di Petrologia e Petrografia all’università di Pisa, autore dello studio pubblicato su Journal of Cultural Heritage che ridefinisce la funzione di questo oggetto misterioso. Secondo l’ipotesi del ricercatore, il manufatto è un fine «strumento matematico» per la determinazione della Qibla, la direzione verso la quale i musulmani si rivolgono per la preghiera, definito Qibla Finder (QF). Fin dal suo ritrovamento, nel 1915, l’oggetto era stato considerato un porta lanterne pensile medievale, con tutta probabilità utilizzato nelle cerimonie religiose ebraiche. Dopo alcuni passaggi tra collezionisti, il prezioso quanto criptico oggetto in ferro dalle raffinate decorazioni è stato ereditato dalla collezionista lituana Angela Venger. «Venuta a conoscenza di una mia recente

ricerca sull’interpretazione della decorazione della facciata della chiesa di San Nicola a Pisa come una rappresentazione della sequenza numerica di Fibonacci» prosegue Armienti «la signora Venger mi ha contattato per propormi di studiare la possibile funzione di questo singolare oggetto». DOPO AVER ricostruito un modello tridimensionale del manufatto, «abbiamo dimostrato la possibilità dello strumento di determinare la distanza tra due punti di coordinate geografiche note» secondo una procedura proposta dal grande matematico arabo al-Biruni che prevede l’utilizzo del Teorema di Tolomeo. Questo strumento, murato non più tardi del XIII-XIV secolo in una stanza sigillata insieme a molte armi risalenti al periodo medievale, «attesta la presenza a quell’epoca in Italia di raffinate conoscenze della matematica araba» afferma Armienti. Lo strumento faceva parte dell’armamentario di un esercito per il suo alto valore


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Oggetto misterioso ritrovato a Verona

strategico legato alla possibilità di individuare direzioni e distanze. Ne consegue che «l’uso del Qibla Finder doveva rimanere segreto» sostiene il ricercatore, lasciando ancora aperto l’interrogativo sul perché questo oggetto quasi più unico che raro sia stato rinvenuto proprio a Verona. La relazione tra la Qibla Finder e gli Scaligeri è,

seppur solo a livello di ipotesi, estremamente suggestiva. «La famiglia proveniva dall’Asia centrale: il capostipite esercitava il commercio di tessuti preziosi e dovette giurare di professare il cristianesimo per stabilirsi a Verona. Allora l’appellativo can-, comune a vari esponenti della famiglia, potrebbe stare per kan come GengisKan». Inoltre, «ruotando di 180 gradi il Qibla Finder vediamo la forma di uno scudetto e di una scala: una somiglianza solo casuale con il simbolo della dinastia Scaligera?» si domanda Armienti. In attesa di ulteriori studi che possano confermare o smentire tale ipotesi, la ridefinizione del significato di questo prezioso oggetto ha dimostrato il suo possibile utilizzo come strumento di calcolo per costruire le mappe “Portolane”. «Queste mappe, di cui la più antica pervenutaci è la Carta Pisana, rinvenuta a Pisa agli inizi del XIX secolo e ora alla Bibliothèque nationale de France, sono state costruite con metodi fino ad ora sconosciuti» precisa Pietro Armienti. «Lo strumento misterioso ritrovato a Verona potrebbe rappresentare il pezzo mancante del puzzle che consentirebbe di interpretare le antiche mappe di navigazione medievali, come elaborati basati sulla proiezione grafica inventata da alBiruni».

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SPECIALE LUPI IN LESSINIA La voce degli allevatori

RECINTI E CANI? UNA FOGLIA DI FICO DAVANTI AL PROBLEMA di Miryam Scandola

Soluzioni inadeguate per il fronte aperto della Lessinia. Ne è sicuro Daniele Massella, vicepresidente dell'Associazione tutela della Lessinia. Le predazioni non avvengono solo in alpeggio, ma anche in prossimità delle stalle perché «il lupo ha sempre meno paura dell'uomo». «Se nessuno fa niente», i casi di bracconaggio, con tutta la relativa sequela di cruda violenza, potrebbero aumentare.

L

a categoria degli allevatori si dice assediata dal problema. Lei ha subito qualche predazione?

Sì, due anni fa i lupi sono arrivati. Non in alpeggio ma nel pascolo autunnale, si sono avvicinati a 350 metri dalla stalla. Hanno colpito all'alba. L'aspetto più preoccupante è che non hanno alcun timore dell'uomo, come invece dovrebbe essere. Dall'inizio del 2017 sono state 110 predazioni nella sola Lessinia veronese e vicentina. E l'anno non è ancora finito. I recinti e i cani possono essere un deterrente? Quando si parla di lupi, si risolve la faccenda sempre con le stesse parole: "cani e recinti, cani e recinti, cani e recinti", ma non è una soluzione applicabile alla Lessinia. Non sempre ci sono le condizioni per mettere gli animali dentro il recinto, le mucche, quando c'è nebbia o brutto tempo può capitare che si disperdano nella malga. I cani per vegliare su tutti i bovini dovrebbero essere numerosi, e anche questo aspetto è problematico perché un'alta concentrazione di pastori maremmani (oppure di altre razze simili, ndr) non è certo da sottovalutare, anche per la sicurezza dei tanti escursionisti e turisti che vengono a passeggiare in montagna. L'abbinata cani e recinti in alcune aree può funzionare ma non in Lessinia, anche per la sua conformazione geografica e per la tradizione del pascolo più brado. Si tratta comunque di una foglia di fico con la quale si vuole mascherare un problema più grande. Ovvero il fatto che si sta assistendo ad una pericolosa inversione del rapporto preda -preda-

tore. Il lupo che oggi si sposta nelle nostre zone montane assume sempre di più comportamenti da cane randagio, dovuti forse ad inquinamenti genetici, che lo spingono ad avvicinarsi alle stalle e a compiere predazioni diurne. La ricollocazione è un'operazione molto costosa. Potrebbe essere risolutiva? Anche se li catturassero dove li potrebbero mettere? Il costo è relativo, perché quando hanno voluto mettere i radiocollari, l'hanno fatto. Il vero problema è che non ci sono aree dove ricollocarli. Nessuno vuole fare una reitroduzione del lupo, perché se è vero che c'è un ritorno dal punto di


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LE PREDAZIONI, IN NUMERI: 110 le predazioni attribuite a lupo/canide in Lessinia Veronese e Vicentina nel 2017 Lupo: 102 capi - Canide: 8 capi Bovini: 65 ( 59 uccisi – 6 feriti dei quali 3 sopressi) Equini: 4 asini (2 uccisi – 2 feriti) Ovini: 36 pecore (33 uccisie – 3 ferite o sopresse) Caprini: 5 capre (5 uccise – 0 ferite) *Dati Parco Naturale Regionale della Lessinia relativi all’arco temporale dal 9 gennaio fino al 18 settembre 2017

L’IBRIDAZIONE CANE-LUPO, DI CHE PARLIAMO: Bastano i numeri ad intuire il problema: 2.000 lupi e 700.000 cani randagi girovagano per l’Italia. Oltre al rischio neanche troppo velato della perdita di biodiversità, con il grande predatore che diluisce la sua identità genetica nella massa dei cani, l’ibridazione ha ricadute allarmanti sull’aspetto comportamentale del lupo. L’animale perde il suo carattere schivo che lo rende pressoché innocuo per l’uomo e acquisisce una confidenza che porta ad aggressioni e per reazioni, al bracconaggio. Rispetto ai minimi storici (negli anni ’70 si arrivava a malapena a 100 esemplari) il lupo, grazie a 40 anni di politiche di tutela, si sta rapidamente moltiplicando sul territorio. Fonte: ANSA

vista turistico, non è comunque sufficiente a rientrare nelle spese di gestione. Molti allevatori invocano la via estrema degli abbattimenti... Bisogna tornare ad avere un animale sel-

vatico: un lupo che ha paura dell'uomo con abitudini notturne. Solo così è davvero possibile difendersi. Le associazioni ambientaliste mirano a mantenere la situazione così com'è. Ma di fronte all'immobilismo, le persone si sentono lese e la strada diventa una: il bracconaggio, anche cruento. Cosa auspica per il prossimo futuro? Una buona dose di realismo. L'attuale legislazione deve essere stracciata per lasciare spazio ad una gestione ragionata e seria del lupo, che preveda anche gli abbattimenti. Non siamo più negli anni '70 e il lupo non può essere considerato una specie in via d'estinzione con i numeri di esemplari oggi presenti sul territorio italiano. I problemi sono altri e diversi: dall'ibridazione che deve essere approfondita, passando per i tassi di fertilità che sono molto più elevati che in passato, per arrivare allo scarso impatto sulla fauna selvatica che dovrebbe, invece, essere uno dei motivi che hanno spinto alla reitroduzione dell'animale. Le barriere ideologiche devono essere superate. Il lupo non può essere il giocattolo di qualcuno, bisogna capire che la diffusione dei grandi predatori costa e qualcuno le mani sul portafoglio deve metterle.

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REPORTAGE 4 NOTTI CON UN PASTORE

Bruno.

Il fotografo Giovanni Cobianchi ha passato, a inizio settembre, qualche giorno con Bruno, pastore trentino in alpeggio sul gruppo del Carega con le sue 190 pecore. Dopo una notte di vento e nebbia, la mattina hanno trovato la carcassa di uno dei tre asini che accompagnavano il gregge. Inconfondibili le tracce del lupo. Alla mia domanda: «Come stai?», la risposta secca di Bruno è: «Bene Gio, sono da sessantasei giorni in alpeggio e non ho perso nemmeno un capo». Bruno Viola, 29 anni, trentino arriva da un lungo passato da pastore (nove anni ormai) e da due trascorre i mesi estivi sulla cima delle piccole Dolomiti, nel gruppo del Carega, in alpeggio con centonovanta pecore, due cani da conduzione, tre asini e un cane pastore maremmano abruzzese sempre con il gregge per il rischio di attacchi dai lupi. Ci incontriamo al rifugio, dopocena scendiamo insieme nel vicino container dove Bruno dorme la notte. Recintate le pecore, la nebbia si fa fittissima e il vento inizia a soffiare molto forte. Mancano i tre asini all’appello e dopo un tentativo di scendere a cercarli, abbandoniamo l’impresa. Prima di coricarci Bruno con un sorriso malinconico mi dice: «Speriamo domani di trovarne almeno uno di asino». Le predazioni del lupo in questa zona sono costanti.

La mattina, dopo una notte insonne passata a dondolare dentro un cubo di ferro, alla mercé del vento, assicurato al suolo da quattro corde, usciamo abbracciati da una nebbia ancora fitta e troviamo fuori dal capanno solo due dei tre asini. Partiamo alla ricerca del terzo e, dopo poco più di mezzora, troviamo la carcassa spolpata. Le interiora sono lontane dal corpo, le parti muscolari dell’animale sono sparite e sul collo si vedono chiarissimi dei fori da cui esce un sangue vivido. Mi sento in imbarazzo, quasi responsabile di aver portato sfortuna a quell’amico che fino al giorno prima gioiva per aver sempre beffato il lupo. Chiamiamo la guardia forestale che arriverà l’indomani e Bruno avvisa il padrone del gregge. Le pecore devono però mangiare. Ritorniamo quindi al recinto, liberiamo il gregge e trascorriamo l’intera giornata camminando tra le brulle creste, chiacchierando,


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fermandoci per una sigaretta e riflettendo sul lavoro di Bruno, sul lupo, sulla montagna. Per lui, che oltre a non guadagnare un granchè, vagabonda tra le Piccole Dolomiti per due mesi e mezzo ogni anno, lontano da casa, dalla compagna, dagli amici, l’alpeggio non è solo un periodo di lavoro ma un ciclo annuale dal valore umano enorme. È il suo modo per mettere in pratica il rispetto per la natura e per “allenare” uno stile di vita in equilibrio con flora e fauna. Lui stesso mi confida: «Prima vengono le pecore, poi i miei cani, poi io e poi la mia morosa!» Per Bruno la reintroduzione del lupo è una scelta coraggiosa che, indubbiamente, favorirà la biodiversità di quest’area. Deve essere altrettanto coraggiosa la scelta di controllarne lo sviluppo in una zona che in molte parti è popolata e legata ad una tradizione di pastorizia.

Bruno mi spiega che con un cane da pastore sempre con il gregge il rischio di un attacco dei lupi è praticamente ridotto a zero. Il fatto è che gli allevatori si rifiutano di fare i pastori, preferiscono guardare i capi da fondo valle «perché quassù la vita è troppo dura». Mi dice questo con riluttanza, con una convinzione velata dalla timidezza. L’umiltà che antepone ad ogni parola e ad ogni azione mi fa riflettere sullo stupendo ruolo che persone come lui ricoprono nel mondo. In lui vedo una figura d’altri tempi, stoica, dura che non rinuncia a dare una bastonata al cane quando non lo ascolta ma anche dolce e poetica, quando la sera si corica con lui a letto o si carica in spalla gli agnelli moribondi per le improvvise gelate. La seconda notte la passiamo sempre al freddo, nell’ennesimo giorno di temperature in discesa. La notte chiac-

ALLA RICERCA DEL TERZO ASINO

LA CARCASSA DELL’ANIMALE MANGIATA DAI LUPI


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REPORTAGE 4 NOTTI CON UN PASTORE chieriamo del più e del meno, stanchi morti e crolliamo addormentati a letto. Il giorno arriva e con lui anche la Guardia Forestale Trentina che incontriamo al rifugio Fraccaroli e accompagniamo fino al punto dove giace la carcassa. Dopo una veloce autopsia e l’accertamento della morte per predazione da lupi, i forestali tornano a valle mentre noi andiamo, finalmente, a liberare le pecore. La giornata si fa ancora più tersa e già nel tardo pomeriggio la neve scende fitta. Prima che scenda la luce Bruno recupera il gregge. Stavolta è una pecora di quelle malate da settimane che non si trova. Due dei tre agnelli, poi, non vogliono più saperne di muoversi. Bruno li carica in spalle uno alla volta e li riaggrega al gregge ormai lontano. Esausto e con la neve in faccia spinta da un vento gelido, l’impresa di recuperare le pecore diventa impossibile. Bruno le lascia dormire all’addiaccio protette dal cane che non le abbandona mai, il pastore maremmano abruzzese. Ci rifugiamo nel container, ci buttiamo sotto le coperte visto che dentro ci sono solo 3 gradi. In piena notte Bruno mi sveglia e mi chiede: «Senti il cane?». Mi concentro, cerco di dimenticare il suono del vento che fischia sulle lamiere del container e l’abbaiare del cane arriva, continuo, per minuti, poi smette ma poco dopo riparte, forte, maestoso: sta tenendo lontano dal gregge qualsiasi pericolo. Il mattino si rivela con una luce calda e di fronte a noi si srotolano gli appennini tosco-emiliani, la laguna di Venezia. Il lago di Garda sembra essere sotto i nostri piedi. Le montagne sono ricoperte di un sottile ma compatto strato di neve. Usciti, le pecore sono là, di fronte a noi, nell’altro versante della valle e con loro il cane, bianco, quasi ripulito dalla tempesta che da buon guardiano ha disegnato, una traccia dopo l’altra, una circonferenza intorno al gregge. Per Bruno è una vittoria e una conferma che l’alpeggio gestito con i cani può, in parte, convivere con il lupo. Ci allontaniamo dal gregge perché vogliamo capire cosa ha fatto abbaiare il cane tutta la notte. Troviamo lì vicino impronte che mostrano il passaggio di almeno due lupi. «Sono stati a trenta metri dal gregge - urla Bruno - ma il cane li ha tenuti lontani».

BRUNO RACCONTA DELLA PREDAZIONE SUBITA A DUE DEI FRATELLI BASCHERA, GESTORI DEL RIFUGIO FRACCAROLI.


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Giovanni Cobianchi è un fotografo e viaggiatore. Dopo quasi due anni sabbatici, da quest'anno ha ripreso a concentrarsi su progetti fotografici che raccontano tematiche sociali attraverso storie personali. A settembre è entrato tra i 10 finalisti del Master Award del Festival della Fotografia Etica di Lodi con un progetto durato otto anni che racconta la vita dei contadini nelle montagne del nord dell'Albania. Le sue ricerche si concentrano su quei mondi umani che ancora sopravvivono alla standardizzazione sociale e all'omologazione. www.giovannicobianchi.it

L'ABBRACCIO CON IL CANE CHE HA PROTETTO IL GREGGE DAI LUPI


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SPECIALE LUPI IN LESSINIA Lo studio

DIMMI COSA MANGI E TI DIRÒ CHI SEI

di Matteo Scolari

Paola Selva, laureanda in Scienze Naturali dall’università di Padova, da più di un anno vive in Lessinia. Da mesi sta raccogliendo escrementi di lupo per analizzarne il contenuto. L’obiettivo è conoscere le abitudini alimentari del predatore, le percentuali di domestico e selvatico, in estate e in inverno.

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a bambini conoscevamo la favola di Cappuccetto Rosso, ora che siamo più grandicelli sappiamo bene che il lupo ha abitudini alimentari molto diverse. Lo sa anche Paola Selva, studentessa venticinquenne laureanda in Scienze Naturali all’Università di Padova. La giovane, originaria della provincia di Vicenza, da quasi 15 mesi è ospite, a sue spese, della stazione dei Carabinieri forestali di Bosco Chiesanuova. Il suo obiettivo, che è anche l’oggetto della sua tesi, è quello di conoscere, attraverso la raccolta e l’analisi degli escrementi del lupo, le percentuali di predato domestico e di selvatico e di confrontarle con le medie nazionali. Paola, innanzitutto perché il lupo e perché la Lessinia? Sono sempre stata affascinata dai grandi carnivori e da tempo ero venuta a conoscenza della storia di Slavc e Giulietta e del loro incontro. La mia formazione (un anno in Nuova Zelanda e cinque mesi in Kenia, ndr) mi ha portato a interessarmi degli aspetti legati alla biologia e alle scienze naturali, ma anche agli aspetti legati alla società, in quanto al liceo ho studiato all’indirizzo socio pedagogico. In Lessinia abbiamo la possibilità di vedere entrambe le facce dell’impatto del lupo sul territorio:

la prima più di carattere naturalistico e scientifico, l’altra di tipo sociologico con il rapporto di convivenza con la popolazione e tutte le criticità che possono insorgere. Come mai hai scelto la stazione dei Carabinieri come base delle tue ricerche? Avevo già fatto svolto la tesi triennale avvalendomi della collaborazione del Corpo forestale dei Carabinieri a Tarvisio, in Friuli, grazie anche alla disponibilità dell’ex comandante regionale Daniele Zovi. È stato proprio quest’ultimo a mettermi in contatto con il maresciallo della stazione di Bosco, Emanuele Iannone, il quale da subito ha accettato la mia sfida, ovvero quella di effettuare ricerche per molti mesi in Lessinia. Fulvio Valbusa, che avevo già conosciuto grazie al progetto Life WolfAlps di cui lui è referente sul territorio, era convinto che durassi due giorni, invece, dopo più di un anno, sono ancora qui (ride, ndr). Come mai proprio la dieta del lupo? È uno degli studi classici in ambito accademico. Qui era interessante approfondire lo studio in virtù delle problematiche legate all’allevamento, cercando di fornire ulteriori risposte agli


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zione è elevato. Quindi è proprio questo ciò che vogliamo capire: quanto ci si discosta qui da una media italiana. Di sicuro, almeno d’estate, sarà molto maggiore, i risultati sono sulla cronaca tutti i giorni, però stiamo cercando di capirlo a livello numerico. Sarebbe bello che tra quattro o cinque anni un altro studente facesse la mia stessa tesi e trovassimo una percentuale di domestico che è irrisoria. Sarebbe un meraviglioso obiettivo da raggiungere.

allevatori che si vedono predare il bestiame. La presenza del lupo per loro, ed è comprensibile, diventa un grande elemento di conflittualità. Cosa stai scoprendo in questo tuo percorso, hai delle conferme o qualcosa di inedito? Stiamo vedendo quello che ci aspettavamo, ovvero una quasi totalità di bestiame selvatico durante il periodo invernale e una certa percentuale, che stiamo quantificando, di bestiame domestico nella dieta estiva. Siamo in fase di analisi, quindi ci vorranno un altro paio di mesi per conoscere i dati definitivi. Parli di percentuale, su che ordine di misura ci troviamo? Non è semplice dare una risposta. In altri contesti italiani la percentuale di domestico è molto bassa, tra il 5 e 10% del totale. In Lessinia è diverso perché abbiamo pascoli bradi o semibradi molto diffusi e il numero di bovini in circola-

In concreto, come svogli le analisi? Raccolgo l’escremento, gli lavo via tutta la matrice amorfa in modo tale che rimangano soltanto frammenti di ossa, pelo ed eventualmente materiale vegetale, spazzatura, sassi o quello che può capitare. Dopodiché prendo il pelo e lo guardo al microscopio. Ogni tipo di pelo appare in modo chiaro ed è riconducibile ad animali diversi che poi vado a riconoscere e a classificare. Cosa mangia di selvatico il lupo in Lessinia? Soprattutto capriolo, che comunque è una preda di dimensioni più contenute rispetto al cervo e quindi più facile da prendere. Ci sono anche cervi in Lessinia? Sì, qualcuno sì. Non è una popolazione enorme, ma c’è. E poi cinghiali. Un sospetto che abbiamo è che proprio il cinghiale si sia abbassato dalle zone più alte alle fasce più basse, collinari, per evitare il lupo, ma queste sono soli ipotesi, senza riscontri scientifici. Entro un paio di mesi la laurea. E poi? Infine, cosa di porterai a casa di questa esperienza? La Lessinia, che mi è rimasta nel cuore, e il lupo anche. Questa è una terra fantastica che va visitata, ma soprattutto vissuta. Da grande spero di diventare una buona ricercatrice in ambito faunistico.

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PERSONE

ADDIO WANDA STELLA TRA LE STELLE

matteo.bellamoli@verona-pantheon.com @MatteoBellamoli

di Matteo Bellamoli

Non solo le sue poesie, non solo i suoi libri sulla cultura e le tradizioni veronesi. Dietro la figura della celebre poetessa Wanda Girardi Castellani, scomparsa ad inizio settembre, c’era anche una donna che ha vissuto per le sue poesie e anche per la sua famiglia. Con forza, determinazione e saggezza. Il ritratto di una giovane e spensierata Wanda

«T’ò vardà in facia… Signor / e m’ò inacorta alòra del tò sguardo / che l’èra in mì dal primo me spiansiso / nel sèn de mama».

S

E N’È ANDATA in punta di piedi, dopo tanta sofferenza, una delle penne più incisive e rivoluzionarie di Verona. Wanda Girardi Castellani, poetessa, giornalista, Cavaliere Ufficiale all’Ordine della Repubblica e Presidente Onorario di quel celebre Cenacolo di Poesia dialettale “Berto Barbarani” del quale faceva parte dalla primavera del 1949, ci ha lasciati lo scorso 8 settembre. Cultrice delle tradizioni veronesi, e accesa sostenitrice del dialetto veneto, per il quale ha scritto importanti antologie. Se n’è andata e come succede spesso per chi ha fatto cultura nel suo tempo, Verona riscopre ora il valore della sua opera, il sapore delle sue rime attraverso le quali “la Wanda” ha raccontato storie, pensieri, emozioni e ha sdoganato temi che, con la poesia dialettale, non avevano nulla a spartire, come la religione, la filosofia, la parità dei sessi. Sapeva essere tradizionale e allo stesso tempo moderna. Nel 1978 pubblicò Noialtre (Nuova STEI editrice), una raccolta di poesie che fece scalpore per la chiarezza con la quale trattava temi femministi all’epoca molto meno condivisi di oggi. Alcuni l’hanno definita indomabile, altri, come il suo capoufficio alla Mondadori, l’hanno ricordata semplicemente come una donna che andava “oltre”. Non era un professore Wanda, era una mamma e poi una nonna che a quattro anni recitava già, per passione, per emulazione, forse quasi per missione. La sua casa era piena di coppe e premi vinti in mezzo secolo di concorsi, e le pareti tappezzate di quadri e libri. Ha formato il suo carattere artistico con l’esperienza e con il tempo, da autodidatta, prendendo spunto dalla vita. Evasioni poetiche de na dona de casa si legge sulla copertina di Pena e… scoa (Edizioni Corev, 1974) il suo primo libro, quasi a sottolineare che anche

se amava Pirandello, ascoltava la musica classica di Sibelius e la sua biblioteca aveva spazio anche per Neruda oltre che per i colleghi poeti veronesi, Wanda Girardi Castellani ha sempre vissuto per la famiglia, sostenendo sacrifici anche personali quando, ancora giovane, rimase vedova e tornò a lavorare come segretaria. MA IL SUO CARATTERE FORTE, la sua cultura e la sua maestria nel mettere tutto su carta, ci hanno regalato una produzione che conta 11 pubblicazioni edite e tanti lavori e le hanno dato grandi soddisfazioni, come presentare nel 1995 sul palco dell’Arena la consegna a Josè Carreras del Premio Lugo, davanti a quindicimila persone. «Ricordo ancora quanto scrisse “Pianeti”» racconta il figlio Flavio, noto astrofilo veronese. «Avevo 14 anni ed eravamo in navigazione in mezzo al Mediterraneo, in crociera, e accanto a noi sfi-


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LA GIORNALISTA PIANETI

Wanda Girardi Castellani era iscritta all’Albo dei Pubblicisti dal 1989. Ha scritto più di 500 articoli sulla rivista “Quatro Ciacoe” e non solo. È stata tra i pionieri delle Tv libere a Verona tenendo una rubrica, “El Tinel” su Tele Verona (1977).

'Na pìcia colorada che rùgola ne l'udo sensa fine incartà de misteri imbombegà de dubi e de paura. Distanti come lumi in la note 'dosso a'n monte gh'è altre pìce che va; bruscà de lune? che senso de deserto in 'stó pensiér! Ma mi vói crédar ..si, che tórno-atórno ghe sia altri oci che se incrósa ai nostri ghe sia a sbrusiàr le stesse mé domande che da sempre va in çérca de risposta e vói crédar che un dì sé incontrarémo e da 'na pìcia a l'altra da viçini a porta vèrta con un posto a tòla sé strénsarém la man ne l'universo par sentirse in stó mar co-fa dó barche quàn le se cata al largo su l'abisso, un fià de manco ...soli!

Wanda in Biblioteca Capitolare

Fondazione Cenacolo 1949

lò un’altra nave. Fu tutto un agitarsi di mani, sia dalla nostra parte sia sul ponte dell’altra imbarcazione. Quella sera, il capitano, appassionato di stelle, spense tutte le luci dei ponti e restammo un’ora a osservare il cielo. Furono due episodi di vita, due momenti che decise di consacrare in una poesia, "Pianeti" appunto». «Aveva una capacità innata di recitare, e una memoria di ferro» prosegue il figlio Mirco, che custodisce gelosamente tutti i lavori della mamma in uno sconfinato archivio digitale. «Ricordo come incantò una classe di ragazzini alle scuole medie che la ascoltavano entusiasti. Ha scritto fino all’ultimo. Andavo da lei come “segre-

tario” e lei mi dettava e supervisionava». «Quando sono partita per l’Erasmus» ricorda Marta, una delle nipoti, «decise di intraprendere con me uno scambio epistolare. Mi mandava delle lettere che intitolò “Gli amori della mia vita”, dove mi raccontò di volta in volta i frammenti perduti dei suoi affetti, dalla giovinezza in avanti. Ne conservo un ricordo meraviglioso». Wanda Girardi Castellani resterà, questo è sicuro, non solo nelle sue poesie e nei suoi libri, non solo nei ricordi di chi le ha voluto bene, ma anche lassù, in quell’asteroide scoperto dal figlio Flavio che, dal 2003, porta orgogliosamente il suo nome.

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CULTURA Carlo Ederle

L’ E R O E B U O N O

alessandra.scolari@verona-pantheon.com

di Alessandra Scolari

Grezzana, con un evento promosso dalla biblioteca comunale, ha onorato Carlo Ederle a 100 anni dalla sua tragica morte, avvenuta a Zenson del Piave (Treviso) il 4 dicembre 1917. In Italia molte sono le vie, le piazze, le scuole e le caserme dedicate a questo giovane “simbolo di leggendario eroismo”.

A

CARLO EDERLE, nel 1933, il comune della provincia veronese dedicò la piazza centrale del capoluogo, prima chiamata “Piazza Mercato”, ma parecchi concittadini non conoscevano la sua storia e quindi hanno partecipato, con grande interesse, al convegno animato dai canti della Grande Guerra e moderato dal nostro direttore Matteo Scolari. Carlo nato a Verona (1892), primo di sei figli dell’avvocato Albino originario di Romagnano, era dotato di intelligenza, grande memoria e volontà. A 17 anni si iscrisse ad ingegneria all’Università di Padova e alla Regia Accademia Militare di Torino: la sua vera vocazione. Nel 1913, nominato tenente, venne assegnato all’8° Reggimento d’Artiglieria; nel 1915 venne promosso capitano e poi Ispettore degli Osservatori della III Armata. Fu colpito, il giorno di Santa Barbara (4 dicembre 1917), mentre si recava a sorvegliare le linee nemiche. Aveva 25 anni e una lunga storia. Era già stato decorato tre volte di medaglia d’argento. Il 23 gennaio 1918, Re Vittorio Emanuele III lo insignì di Medaglia d’Oro al Valor Militare e dalla motivazione emerge il suo stile di vita «…era solito superare ogni limite di sacrificio e di ardimento - sia nell’assolvere i suoi particolari compiti, sia nel partecipare di propria iniziativa alle azioni di fanteria - compagno incomparabile fra inferiori ed uguali, animatore di uomini e di masse….». Ad illustrare origini e vita militare del Maggiore d’Artiglieria Carlo Ederle è stato l’imprenditore Giordano Veronesi, autore di uno studio pubblicato su La Lessinia – Ieri, Oggi e Domani, quaderno culturale del 2007.

La serata di Grezzana dello scorso 21 settembre

Il nipote dottor Andrea Ederle presidente della Fondazione Medaglia d’Oro Carlo Ederle ha illustrato gli scopi del sodalizio, in primis quello di tenere “Viva la memoria di questi eroi, esempi di amore e dovere verso la Patria” e l’attività: il Museo della Grande Guerra e l’orto botanico. Interessante la sua riflessione su questo “Eroe Buono. Bontà intesa come una serie di virtù: volontà di azione, forza nella fede, sensibilità, responsabilità, capacità di relazione e ricerca dell’armonia”.


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PERSONE

IL “CANZONETTARO”

TIMIDO

giovanna.tondini@verona-pantheon.com

di Giovanna Tondini

Lui è Leo. Leo Frattini. Leonardo Maria Frattini, per l’esattezza. Di quelle persone che quando incontri per strada sorridi. Perché la loro espressione suscita simpatia. E quando ci parli, stai già ridendo. Lui lo conoscono in tanti nel Veronese. Per anni, con quello stesso charme burlesco, ha suonato nei Nuovi Cedrini. Ha girato dappertutto, ha vinto anche un premio di musica demenziale “San Scemo” a Torino, per poi far parte di altre band e continuare a girare.

LEO HA COMINCIATO a strimpellare da giovane, ma non troppo. «A casa eravamo tutti abbastanza canterini», ci dice. Ma lui preferiva ascoltare la musica, più che suonarla. «Ero onnivoro, ascoltavo di tutto!». Poi all’ultimo anno del liceo ha preso in mano una chitarra. È bastato poco. Subito ha formato un gruppo, in cui era bassista. «Facevamo punk». Dopo pochi mesi era già ovunque a suonare. «Al tempo erano poche le band. Era un periodo fertile», ci spiega. Poi è entrato nella squadra dei Nuovi Cedrini, che proponeva cover italiane, soprattutto parodie, oltre a canzoni proprie. In quegli anni Leo si cimentava negli esami universitari, ma lo studio di economia non era la sua vocazione. Per sua fortuna quello era anche il periodo in cui si stava diffondendo internet, e Leo, smanettando il computer da pioniere, creava le sue prime grafiche per la band, oltre a curarne il sito. Da allora non ha più smesso. Per dieci anni ha

lavorato nel web design, sia nella parte grafica, sia in quella di programmazione. Poi nel 2008 si è messo in proprio. Ma è stato proprio in quel momento che i genitori hanno cominciato ad ammalarsi. Da lì la scelta di stare vicino a loro, e di lasciare la sua band storica, per percorrere nuove strade. «Ho iniziato a suonare con i Cikita, facendo cover, poi con gli House of all ho sperimentato la musica country». Ma piano, piano si faceva sempre più insistente la voglia di scrivere canzoni sue, sotto il nome di Leonardo Maria Frattini. Da qui, tre anni fa, è uscito il primo album, “Frattinate”. UN NOME CHE RIPRENDE quello della rubrica che il papà teneva su L’Arena, nella sezione della Bassa Veronese. «Il papà - ricorda - faceva umorismo su ciò che avveniva in Comune. A volte la sua ironia non era capita, ma era molto seguito». Leo ha ereditato di certo quell’umorismo, che


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«I bambini sono il pubblico più attento ed esigente, per certi aspetti il più difficile» oggi si incontra in ogni sua canzone o nel modo di riproporre le canzoni, soprattutto italiane. Lo stesso che gli permette di rendere ballabili i pezzi jazz suonati con la nuova band, i Gengi Ska. Recentemente Leo si è avvicinato molto anche al mondo dei bambini, «il pubblico più attento ed esigente, per certi aspetti il più difficile». Quindi per nulla un pubblico minore. «È necessario puntare prima di tutto su di loro, per dare gli stimoli giusti, e per lasciare bei ricordi». Questo ha spinto il cantautore veronese a prendere parte a un progetto con Pino Costalunga. «Attraverso uno spettacolo, abbiamo riproposto la nascita del jazz, raccontando le favole del periodo degli schiavi in America». In questa sua nuova “fase infantile”, come la definisce lui, ha partecipato anche al bando dello “Zecchino d’oro”. È stato tutto un po’ per caso. «Proprio in quel periodo canticchiavo Vado ad Hong Kong, gioco a ping pong

contro King Kong, che è molto strong». Allora si è inventato la storia del bambino che vuole suonare il gong, pensando sia semplice. «Una storia per certi aspetti autobiografica». E le soddisfazioni non sono mancate. La selezione, infatti, non è facile. Ogni anno vengono presentate 600 canzoni circa, e per la finale ne passano solo 12. Una di queste era proprio la sua. «È stata una bella esperienza, tanto che quest’anno ho riproposto altre quattro canzoni, che sono state selezionate tra le prime 40». Il suo flirt con la comicità lo ha spinto a partecipare anche a un programma tv. «Ho fatto un provino ed è andato bene». «Eccezionale Veramente» è una gara di comici. Un modo diverso per comunicare. Sì, perché Leonardo Maria Frattini, strimpellatore di professione, come ci tiene a sottolineare «per non fare torto a chi si applica a uno strumento con serietà», usa la musica come mezzo “giocoso” di espressione, con lo scopo di comunicare e socializzare. Anche e soprattutto su argomenti attuali. Le persone gli dicono «scrivi una canzone su…», e lui lo fa, un po’ come faceva suo padre. Oggi, mentre ci parla, tiene una chitarra in mano. Il suo basso, quello con cui ha iniziato. Ci riceve nella sua casa, quella dei suoi genitori, ai quali è rimasto legato una vita. Intorno ci fanno compagnia i ricordi, i volti di chi c’era, gli oggetti rimasti lì, ad attendere che il tempo riprenda a scorrere. Lui, protagonista di quel quadro. La sua leggerezza, che sormonta ogni pesantezza del passato. E poi quella frase, «nasco timido. Improvviso». Che dice tutto.

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PERSONE

VA ’ D O V E T I P O R TA

LA PANDA

marta.bicego@verona-pantheon.com @MartaBicego

di Marta Bicego

Seduto al volante, il trentenne Flavio De Zorzi ha macinato migliaia di chilometri. Per spirito di avventura e desiderio di condivisione ha raggiunto l’Irlanda, la Scozia e addirittura il Giappone. Ora cerca sponsor per una nuova trasferta, che lo porterà in Medio Oriente.

La Panda è in revisione, in vista della spedizione 2018 che sarà ancor più avventurosa: raggiungere Centro Asia e Medio Oriente, facendo tappa in Afghanistan. Flavio De Zorzi sul ponte di Seto in Giappone

Negli spazi sconfinati della Siberia

L

E SUE QUATTRO RUOTE hanno raggiunto luoghi impensabili: dalle strade che attraversano le verdi distese dell’Irlanda alla tundra della Siberia, dalle vie che affiancano i palazzi in stile vittoriano di Londra ai viali disegnati dai grattacieli di Tokyo. Il mezzo, che ha macinato migliaia di chilometri con la sicurezza di un bolide, è… una Fiat Panda. Flavio De Zorzi, trentenne di Feltre, l’ha acquistata nel 2014 al prezzo di 500 euro, salvandola dal macero. «Avevo bisogno di un mezzo affidabile ed economico per affrontare dei viaggi», esordisce. Così è stato, a luglio di quell’anno: una controllata al motore, il pieno di carburante, il tragitto impostato nella mente prima che sul navigatore. E via verso la prima di una serie di imprese: «Da Fonzaso a Londra, andata e ritorno, in settanta ore di cui quarantasei trascorse alla guida, senza dormire», racconta il giovane, che di mestiere è

boscaiolo e a settembre era di passaggio in Lessinia dov’era impegnato in un cantiere. BEN 3.400 CHILOMETRI vissuti tutti d’un fiato: una maniera alternativa per rimettersi in pista dopo una delusione d’amore. «Volevo vedere con i miei occhi com’è fatto il mondo, intraprendere nuove strade, imparare a cavarmela con le mie forze. Ho un motto: viaggio per capire chi siamo e dove siamo», precisa, mentre ripensa alle situazioni in cui è incappato non senza difficoltà tra burocrazia, imprevisti, fusi orario, lingue che cambiano. Ma Flavio ha la tempra del viaggiatore. A sei mesi dalla trasferta londinese si è rimesso al volante: «Direzione Irlanda, nell’estremo ovest del continente europeo raggiungibile via terra». Undici giorni e 6.500 chilometri passati in solitudine a bordo della fidata Panda; in seguito, altre due settimane in Scozia. Itinerari


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L'arrivo della panda a Mosca

che si sono fatti sempre più articolati e cliccati sui social network poiché, per spirito di condivisione e fare in modo che sua figlia di otto anni lo seguisse negli spostamenti, ha iniziato a riportare le sue avventure sulla pagina Facebook World Panda Expedition. Tanto che la sua macchina, oggi colorata di adesivi di amici che hanno deciso di sostenere come sponsor, è diventata protagonista di scatti e riprese con la telecamera. La curiosità di Flavio l’ha condotto, nell’estate del 2016, addirittura in Giappone: «A cinquantuno giorni dalla partenza ero arrivato

a Shibuya, uno dei quartieri di Tokyo, dopo aver percorso 16mila chilometri superando nove stati e due continenti», prosegue, con la soddisfazione di chi ha tagliato un traguardo insperato e ricorda lo stupore delle tante persone incontrate. Grazie a questa esperienza, confessa, «ho scoperto che ogni mille chilometri la vita che ci circonda cambia: nel paesaggio, nei lineamenti delle persone, nelle abitudini». Osservare ciò alla giusta velocità, con la possibilità di visitare luoghi che nemmeno appaiono sulle mappe e parlare con popolazioni che lì risiedono, è unico. Anche per questo la spedizione in terra nipponica diventerà un documentario, Italia - Giappone ai confini del mondo, con le riprese di Flavio e la voce narrante dell’attore doppiatore Roberto Montefusco. L’idea è creare una serie di video da diffondere sui canali televisivi, così da ripagare altre esplorazioni. L’entusiasmo non manca, il mezzo nemmeno. La Panda è in revisione, in vista della spedizione 2018 che sarà ancor più avventurosa: raggiungere Centro Asia e Medio Oriente, facendo tappa in Afghanistan. Sono circa 20mila chilometri ma, ai numeri che salgono sul contachilometri, si sommano i costi: spostarsi ha il suo prezzo, per questo Flavio cerca sponsor che lo supportino in questa sua grande passione. Nel frattempo, sogna altre mete da conquistare. Tipo l’Australia: perché no? www.worldpandaexpedition.com


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PERSONE

LA CARLA BRUNI DELLE NUVOLE

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di Emanuele Pezzo

Alessandra Pezzo da diciassette anni è pilota di aerei per trasporto passeggeri a medio-corto raggio. Un mestiere che mette a dura prova, costringendo il pilota a stare lontano da casa più giorni e ad affrontare sovente la solitudine. Un lavoro che permette di tenere per mano il piacere del viaggiare, con una privilegiata visuale sul mondo.

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ON QUEL SORRISO balza all'occhio una certa somiglianza con Carla Bruni, l'ex modella, cantante e first lady francese. Alessandra Pezzo invece è tutt'altro: abita nell'est veronese e di mestiere fa la pilota per Alitalia. «Non avessi fatto quello? Ne ho pensate tante in passato: mi sarebbe piaciuto essere cuoca. Oppure architetto». Non ingannino queste risposte, all'apparenza normali. Dopo studi classici, in parallelo al corso di laurea in ingegneria gestionale, Alessandra ha deciso di intraprendere tutt'altra strada professionale seguendo la scia del padre, il quale inizialmente non vedeva di buon occhio la scelta della figlia. Così, dopo la licenza da pilota privato, quella di volo strumentale, diverse ore di volo negli Stati Uniti e la licenza da pilota commerciale, è arrivato il superamento delle selezioni di Alitalia. «Sin dai primi tempi ho avuto la fortuna di poter respirare il "sapere del volare" di un gruppo con più di sessant'anni di storia e con una notevole capacità di addestramento. Anche se per me sono passati solo 17 anni, si può dire che fosse un'altra epoca: ora si susseguono crisi, ma allora Alitalia era ancora un nome di prestigio». Un mestiere estremamente impegnativo, come ci racconta subito dopo: «I turni sono minimo di 10 ore ed a volte si arriva a 12, lavorando anche cinque giorni consecutivi e rimanendo spesso via da casa. Oltre ad aggiornamenti mensili, sosteniamo due esami all'anno con simulatori di avarie, un altro test su capacità e conoscenze, una visita medica: ovviamente dobbiamo superarli tutti per continuare a lavorare».Testa fra le nuvole? Al contrario: pure dopo il decollo, inserito l'autopilota, la mente di chi conduce un aeromobile non può permettersi di divagare, costretta ad esaminare conti-

Alessandra Pezzo

nuamente la strumentazione di bordo e concedendosi unicamente pochi piccoli svaghi come una chiacchiera con collega di turno. Il segreto? «Avere sempre il margine giusto, valutare che le risorse a tua disposizione siano sempre superiori ai rischi da prendere». Impossibile non riportare un insegnamento simile alla vita di tutti i giorni. UNA SCELTA DI "vita raminga", come la definisce Alessandra, dettata dal piacere di viaggiare e dal fascino del volare. Con i suoi lati negativi, come l'assenza da casa oppure dover fare i conti con la solitudine. Ma anche quelli positivi, a tal punto dal sentirne la mancanza nei periodi in cui è stata costretta a terra: «Andare in Puglia, in Inghilterra, in Russia e mangiare sempre cibi diversi lo adoro, tanto da rimpiangerlo quando ad esempio, in gravidanza, ero a casa, costretta ovviamente a mangiare le "solite" pizza, pastasciutta, cotoletta. E poi avere cielo limpido e vedere le costellazioni, la luna, le nubi temporalesche, ma anche le Alpi, l'illuminazione delle città, perfino le piste da sci e le lucine isolate sui monti... è spettacolare».


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UN PENSIERO SULLE COMPAGNIE LOW-COST Un divario netto contraddistingue, secondo Alessandra le compagnie storiche da quelle a basso costo: «Al tempo ho dovuto svolgere quiz mai visti, incontrare uno psicologo, sostenere una prova di inglese, compiere esercitazioni al simulatore. A Roma ho svolto un corso per il quale studiavo anche la notte, ad Alghero addirittura affrontai un esame studiando nelle uniche 12 ore avute a disposizione. Dopo altri quat-

tro mesi di addestramento arrivò l'abilitazione a pilota di Airbus A320». La conclusione sembra consequenziale: «Un addestramento da un anno e quattro mesi non può essere come quello che può avere, per quello che ne so, un pilota di una low-cost. Non è la stessa cosa, per quanto l'economia stia dando ragione a queste compagnie che riescono ad andare avanti "tagliando qualche angolo"».

«Ho avuto la fortuna di poter respirare il "sapere del volare" di un gruppo con più di sessant'anni di storia»

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LIFESTYLE Tendenze

FOLIAGE,PERCHÉ L E F O G L I E D ’A U T U N N O CAMBIANO COLORE?

di Michela Canteri

Le abbiamo provate tutte. Abbiamo finto di non accorgerci che la luce non era più la stessa e che le giornate si erano accorciate; abbiamo tentato di resistere all'aria frizzantina che ci mandava chiari segnali in direzione “cambio di stagione” e abbiamo pure continuato a sniffare la crema solare, abbandonandoci a deliziose e sognanti sinestesie, in un ultimo, pietoso e patetico tentativo di prolungare il ricordi dell'estate. Ma alla fine abbiamo dovuto arrenderci.

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'AUTUNNO È ARRIVATO CON il suo solito passo felpato e con gli ammiccamenti un po' furbeschi di chi ormai la sa lunga. Una pioggerella di qua, un temporale di là, qualche pennellata di nebbia mattutina... E poi zac. Un giorno ci si sveglia e l'estate è finita. Inizia allora la fase del raggomitolamento. La trapuntina finisce quasi per caso sopra lo stesso letto in cui qualche mese fa ci agitavamo grondanti di sudore in preda ai peggiori “sacramenti”, la copertina di lana si posiziona da sola sul divano, dolce e tenera compagna delle serate davanti al televisore, mentre i calzettoni della nonna si stiracchiano festosi nel cassetto, felici di essere di nuovo presi in considerazione dopo mesi passati a sopportare i nostri sguardi di indifferenza. E mentre noi ci organizziamo per ripararci dalla stagione fredda, la natura fa lo stesso, e senza troppo lamentarsi, ci regala uno

degli spettacoli migliori di cui sia capace: il foliage. Questa parola inglese, che inizialmente veniva usata in maniera generica per indicare il fogliame, da pochi anni a questa parte viene utilizzata anche per descrivere il cambiamento del colore delle foglie nella stagione autunnale. Gli americani e i canadesi, da ottimi marketer quali sono, non solo hanno introdotto questo termine in tutto il mondo per sollevarci dal peso di certe perifrasi per le quali non abbiamo più tempo né spazio, ma hanno saputo anche creare il brand di un evento naturale di enorme bellezza. E non serve sorvolare l'Atlantico per immergersi nei meravigliosi colori dell'autunno. Anche i nostri parchi cittadini offrono angoli incantevoli. E poi c'è la Lessinia, con i suoi faggi, i castagni, i ciliegi, le viti... Panorami mozzafiato prendono vita sui dolci pendii a nord di Verona, in una sinfonia di tinte che


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quasi smarriscono lo sguardo ammaliato da tanta bellezza. Il FENOMENO DEL foliage, che esiste solo nelle zone temperate del mondo, soggette all'alternarsi netto delle stagioni, si realizza solo in alcuni tipi di “caducifoglie”, le quali, non avendo foglie abbastanza robuste da formare una chioma in grado di contenere il peso della neve o di sopportare altri violenti agenti atmosferici senza compromettere la solidità del proprio fusto, al primo cambiamento di temperatura, innescano

una serie di meccanismi che mirano a far cadere quelle foglie. Al sopraggiungere dei primi freddi, infatti, anche le piante iniziano il processo di raccoglimento, richiamando a sé tutte le sostanze nutritive che fino a quel momento erano distribuite nelle foglie. Intanto, con la diminuzione delle ore di sole, la clorofilla, che dà il colore verde alla vegetazione, non viene più prodotta e riescono così ad emergere e a manifestarsi gli altri pigmenti che erano presenti nella foglia anche nelle altre stagioni ma che erano da essa oscurati (ad esempio il carotene, la xantofilla e l'antociano). Chi non conoscesse le stagioni e vedesse certi boschi autunnali non potrebbe mai immaginare che quelle foglie dai colori sgargianti stiano per morire. Eppure è così. Lo sappiamo noi, lo sanno le piante che le ospitano, e lo sanno anche le foglie. Eppure è proprio prima di lasciarsi andare all'oblio della morte che le foglie si ammantano dei colori più belli e splendono di vibrazioni gialle, arancioni, rosse, marroni... Nell'ora che precede la dipartita, momento che le piante prevedono con largo anticipo, decidendo diverso tempo prima quale sarà il punto esatto in cui la foglia si staccherà dal ramo, quasi per paura di non sbarazzarsi in tempo di esse, le foglie si imbellettano; un po' di trucco, un sciarpa gialla o un boa arancione, le guance arrossate dal vento, lo sguardo che si perde oltre le montagne. E vivono così il loro momento. Non nell'attesa della morte, ma nel loro fulgido presente. Belle, fiere, sgargianti.

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CULTURA Libri

L’A V V E N T U R A O LT R E L’A V V E N T U R A

di Matteo Scolari

L’università del Tempo Libero di Negrar e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Negrar propongono una serie di aperitivi mensili in compagnia di narratori italiani del nostro tempo. Lo scopo è promuovere la lettura, in particolare quella avventurosa.

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ARANNO TRE Premi Salgari, un Premio Campiello, tre scrittori - di cui due giornalisti - di fama nazionale, gli ospiti del ciclo di appuntamenti intitolato “L’avventura oltre l’avventura Otto aperitivi con narratori del nostro tempo per sognare, leggere e scrivere”. Un evento organizzato dall’università del Tempo Libero di Negrar, sostenuto dall’Assessorato alla Cultura del Comune e promosso con la collaborazione dell’associazione “Ilcorsaronero”, della rivista Pantheon Verona Network, della libreria Terra di Mezzo di Bussolengo, della Trattoria Caprini di Torbe e di Villa Moron Hotel di Negrar. Si tratta di incontri gratuiti, a cadenza mensile, che si terranno da ottobre fino a maggio 2018. Si comincia con Simone Sarasso, Premio Salgari 2014, professore di scrittura creativa alla NABA di Milano, che venerdì 20 ottobre, alle ore 20.00, presenterà la sua ultima opera dal titolo Né uomo né dio. La grande saga di Ercole - Mondadori (2017). Venerdì 17 novembre, sempre alle 20.00, sarà il turno di Andrea Molesini, vincitore del Premio Campiello e del Premio Comisso, il quale presenterà La solitudine dell’assassino - Rizzoli Editore (2016). Il 19 gennaio tornerà a Verona Marco Steiner, trionfatore dell’ultima edizione del Premio Salgari, con l’opera che gli ha permesso di vincere nel 2016, Oltremare (Sellerio Editore). Venerdì 16 febbraio l’unica autrice donna, ma che autrice: Beatrice Masini. Premio Elsa Morante, Premio Andersen, conosciuta anche per aver tradotto in italiano le opere di Harry Potter. La giornalista milanese presenterà I nomi che diamo alle cose – Rizzoli Editore (2016). Il 16 marzo il Premio Bancarella Marcello Simoni con la sua ultima opera, in fase di ultimazione, edita da Einaudi Editore. Valerio Varesi, creatore di noir con il commissario Soneri, interpretato da Luca Barbareschi nella serie di sceneggiati tele-

visivi Nebbie e delitti, sarà ospite il 20 aprile e a concludere questo primo ciclo letterario sarà il giornalista, conduttore televisivo e scrittore Darwin Pastorin, venerdì 11 maggio 2018. «L’ingresso a questi incontri con maestri della scrittura è libero, poiché la letteratura è universale e ignora barriere e confini – spiega Massimo Latalardo, presidente UTL di Negrar - L’iniziativa promuove l’interesse per la lettura e, suggerendo un rapporto proficuo tra lettore e libro, ci auguriamo che possa suscitarne fascino e piacere».

Marco Steiner, Premio Salgari 2016, di nuovo a Verona il 19 gennaio

“L’avventura oltre l’avventura” è iniziata, ufficialmente, lo scorso 29 settembre: in occasione de “Il Veneto legge … a Negrar! – Maratona di lettura”, promosso dalla Regione Veneto, Claudio Gallo ha incontrato i ragazzi della Scuola Media del paese illustrando la figura e l’importanza di Emilio Salgari nella letteratura italiana d’avventura e il suo richiamo per il territorio negrarese. Sabato, 30 settembre, a Villa Albertini di Arbizzano, lo stesso Gallo ha dialogato con Enrico Palandri, scrittore veneto, autore di L'inventore di se stesso (Bompiani, 2017). Informazioni sedi e dettagli incontri su: www.utlnegrar.com o mail a info@utlnegrar.com


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FUTURO Talks Slidingdoors

AL RISTORI LA PAROLA AGLI #INNOVATORI

di Redazione

Dal digitale alla ricerca scientifica, dall'impresa al design, dalla musica allo sport, un incontro a più voci dove l'ingegneria incontra la società. L'appuntamento, realizzato e promosso dall'Ordine degli Ingegneri di Verona e dal CNI, è per il 22 ottobre, dalle 17 alle 20 al Teatro Ristori.

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OPO IL TEMA del #confine (2015) e delle #generazioni (2016) l'edizione 2017 - dedicata agli #innovatori - vedrà salire sul palco del Ristori, in un incontro a più voci, cinque figure di eccellenza della società contemporanea che hanno saputo nel loro ambito professionale e quotidiano produrre e diffondere la cultura dell'innovazione, nel "mettere a segno" quell'intuito creativo che si chiama ingegno: sintesi di cultura, scienza, conoscenza, impegno e rivoluzionaria novità. In un momento in cui il termine innovazione pervade la nostra quotidianità, ci siamo chiesti e abbiamo chiesto ai relatori del Talk: e se l'innovisione fosse anche – inaspettatamente – un saper fermarsi e addirittura un "tornare indietro"? Porre una domanda di senso su se stessi, sulla realtà, su ciò che quotidianamente facciamo e produciamo? E su come lo stiamo facendo? I RELATORI. Per la nuova edizione ancora nomi importanti sul fronte dell'innovazione applicata ai vari ambiti professionali: dal digitale, alla ricerca scientifica e tecnologica, dall'impresa alla comunicazione e al design, dalla musica allo sport. Confermati a Verona gli interventi di Pier Paolo Bardoni, founder & CEO di THINGS, la prima agenzia in Italia ad occuparsi di design e business innovation focalizzata sulla Internet of Things (#IoT). Al Ristori anche Alessandro Sannino, ingegnere chimico, professore di Tecnologie dei Polimeri e Biomateria all’università del Salento. Sannino è autore di 200 pubblicazioni: nel cassetto una trentina di brevetti. Creatività, giovani e territorio saranno invece le parole d'ordine dello speech di Antonella Andriani, esperta di project management, è docente dal 2009 della Scuola di Design dell'Accademia di Belle Arti di Verona dove dal 2015 dirige il Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate che include le Scuole di Progettazione Artistica per l'Impresa (Design), di Scenografia e di Restauro. Un affondo nello sport, guardando alle cime. Quelle delle Dolomiti dove Nicola Tondini – alpinista, guida alpina e ingegnere, classe 1973 – ha aperto a fine luglio la direttissima alla Cima Scotoni, una delle vie più lunghe e difficili. OSPITE straordinario dell'evento sarà il maestro Roberto Cacciapaglia. Compositore e pianista, Cacciapaglia è protagonista della scena musicale

internazionale più innovativa per la sua musica che integra tradizione classica e sperimentazione elettronica. Nella sua performance in chiusura di evento racconterà – con musica e parole – l'essenza del suo lavoro di ricerca sui poteri del suono, nella direzione di una musica senza confini che si esprime attraverso un contatto emozionale profondo. Suo il brano "Tree of Life Suite", composto per il night show dell'Albero della Vita a Milano EXPO 2015.

Roberto Cacciapaglia, compositore e pianista


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PILLOLE DI MAMMA di Sara Avesani

È arrivato il secondo figlio E CON LUI LA GELOS IA La notizia di un secondo bimbo in arrivo è fra le più belle che si possano ricevere ma in famiglia non per tutti è così. È inevitabile che il primogenito non capisca quale meraviglioso regalo per la vita gli arrivi e dimostri fin da subito un’irrefrenabile gelosia.

Consiglio (spassionato) di lettura: “Il tuo bambino e... la gelosia: una guida autorevole per contenere la rivalità tra fratelli”, T. Berry Brazelton, Joshua D. Sparrow

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OME MAMMA, credevo che la seconda gravidanza sarebbe stata molto più semplice. Ormai sapevo cosa mi sarebbe aspettato in sala parto e avevo consapevolezza del mio io, inteso come corpo e mente. Mi sbagliavo. Alla lista delle emozioni ho fin da subito aggiunto un tremendo senso di colpa verso la mia prima figlia e una preoccupazione per questa bestia nera di cui tutti continuavano a parlarmi: la gelosia. Il più gettonato degli esempi era quello: “del marito che torna a casa in dolce compagnia e ti dice: Sai amore, da oggi in poi questa donna vivrà con noi, ma tu non dovrai esserne gelosa, perché io vi amerò allo stesso identico modo!”. Per carità, si tratta di una metafora eloquente ma vi sembra possa tranquillizzare una mamma bis? Per fortuna con il passare del tempo ho capito che la gelosia è “un sentimento sano e dimostra la capacità di amare dei nostri figli” e che tutti i bambini alle prese con un nuovo arrivato sono gelosi perché non più al centro delle attenzioni esclusive di mamma e papà. Naturale è anche il fatto che i bambini possano regredire. Vorranno essere imboccati, presi

in braccio, chiederanno perfino di usare la culla! Saranno più capricciosi, talvolta davvero ingestibili. Poco tempo fa ho lasciato un solo secondo la mia bimba più grande con la sorellina, non accorgendomi che lì vicino c’era una scatola di pennarelli: risultato? Piedini rossi, verdi, gialli… da far invidia a un body painter professionista. E ALLORA COSA FARE? Lasciamoli vivere queste emozioni e proviamo con loro a chiamarle per nome. Non possiamo certo aspettarci che il nostro primogenito ami da subito il fratellino, dobbiamo concedergli tutto il tempo per elaborare questo nuova condizione. Facciamogli sfogare “la rabbia, aiutiamo a viverla e non a chiuderla in gabbia”. Serve una pazienza aggiuntiva, un fermo “no” quando faranno fisicamente male al più piccolino, tanto, tanto amore e apprezzamento per il figlio maggiore che, nonostante questo avvenimento importante, non è ancora “grande”. Lasciamo capire al nostro bambino che, “se pur diverso il nostro amore per lui è sempre lo stesso”.


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CULTURA

T RA S CRIT T U R A E AN GO L I DI M ON D O

di Alessandra Scolari

Asia Ederle ha 19 anni e le idee molto chiare. Autrice del libro Un equilibrio Instabile, usa uno stile semplice, scorrevole e diretto, come si presenta lei. Il suo futuro professionale lo vede all’estero. Diplomata all’alberghiero di Carnacina (Bardolino), vuole portare i cibi italiani nel mondo e sperimentare le cucine internazionali. Il 18 settembre è andata in Lettonia per un progetto Erasmus di 5 mesi. Il suo sogno? Un anno di volontariato in Africa.

A

sia Ederle l’autrice, nata il 12 giugno 1998, del suo libro Un equilibrio instabile appena uscito, precisa subito: «Non è autobiografico. Contiene le mie osservazioni degli anni di scuola superiore, un po’ romanzate. Un lavoro di due anni. Sono davvero felicissima sia stato pubblicato! Il mio sogno è di poter trasmettere alle adolescenti, con questo libro, il fatto che “la vita è bella!” e che da ogni situazione, anche la più difficile, si può uscire e più forti di prima». Asia è una ragazza matura, che sa quello che vuole. A 16 anni, ha frequentato a Sopron, Ungheria ai confini con l’Austria, la quarta superiore, dell’Istituto d'Istruzione Superiore Carnacina di Bardolino. Lì ha concluso la stesura del testo di questa opera prima, condividendo la sua gioia con la famiglia ospitante. L’alberghiero e la scrittura: come pensi di conciliare le due passioni? Sono tre i percorsi che mi sono prefissata. L’arte culinaria: la cucina tradizionale italiana è la mia passione, però voglio perfezionarmi nelle cucine internazionali. Questa sarà la mia professione. Scrivere e leggere, fin dalle elementari, sono stati i miei principali hobby. Tenevo diari in tutte le occasioni. Raccontare e scrivere storie mi viene spontaneo. L’altro mio obiettivo è lavorare in qualche rinomato ristorante all’estero. Asia sei un’altra ragazza in fuga dall’Italia? Non mi considero un “cervello in fuga”, mantengo salde le mie radici italiane e veronesi (abita a Grezzana, ndr), tuttavia penso che all’estero ci sia maggiore spazio per me. Sono stata in Ungheria un anno e ho trovato una nuova famiglia (tre ragazzi con i genitori) e un modo di vivere improntato sul rispetto dell’ambiente, sul ri-utilizzo e sul risparmio. Sono in partenza, per un altro progetto Erasmus, per la Lettonia. Ritengo che i Paesi dell’Est Europa abbiano grandi potenzialità di sviluppo. Come riesci a comunicare nelle loro lingue? Parlo inglese e tedesco, lì tutti conoscono queste lingue e fin da subito abbiamo trovato sintonia. In un anno ho imparato anche l’ungherese. La cosa più bella, che non dimenticherò mai, è stata la calorosa

Asia Ederle

accoglienza della famiglia che mi ha ospitato. Insieme abbiamo visitato alcune delle meraviglie dell’Ungheria. Un Paese che consiglio di visitare. Tornando al libro. Lara è alle prese con i drammi della vita. Cerca il proprio equilibrio, ma, non lo trova. E questo il mondo adolescenziale visto, e vissuto, da un’adolescente? L'adolescenza è il periodo della vita in cui costruiamo le basi di ciò che vogliamo diventare. Purtroppo spesso non è né bello, né spettacolare. Spesso ci impegniamo solo per far felici i nostri genitori, che hanno sempre meno tempo di stare con i figli adolescenti e ascoltarli. Questo non per futili motivi ma per necessità maggiori. E la scuola? Gli amici quale ruolo hanno? L’ambiente scuola è importantissimo per gli adolescenti. È una grande famiglia allargata, specie se hai la fortuna di incontrare docenti attenti agli studenti e non solo ai voti. Le amiche e gli amici veri non sono molti: tutti impegnati in interessi extra scolastici. Per me, ad esempio, il più grande amico è un libro, poi vengono le amiche, che conto su una mano. Ma non per tutti gli adolescenti è sufficiente un libro per affrontare i piccoli grandi drammi di oggi… Già! L’adolescenza è complessa, richiede adulti preparati e attenti. Consiglio il mio libro anche ai genitori, affinché attraverso le esperienze delle protagoniste possano capire e dedicare ai figli tempo di qualità.


a cura di Chiara Boni

Pagine per i grandi

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I

L LIBRO: Si entra subito, fin dalle prime pagine, nel mondo di Purity, la protagonista di questo romanzo. Un mondo che, a prima vista, non ha niente di eccezionale. Ma la storia che Franzen tesse scava in profondità: un passato ingombrante, fatto di segreti inconfessabili e colpe insopportabili, accanto a un presente instabile, frammentario, che porterà a svelare il mistero sulle vere origini della protagonista e della famiglia che non ha mai conosciuto. E anche qualcosa di più. L’AUTORE: Jonathan Franzen è uno scrittore e saggista americano. Nel 1998 ha vinto il Whiting Writers' Award e, nel 2000, l'American Academy's Berlin Prize. Il New Yorker, inoltre, l’ha annoverato tra i venti scrittori del XXI secolo. In Italia le sue opere sono pubblicate da Einaudi.

Titolo: Purity Autore: Jonathan Franzen Traduzione: Silvia Pareschi Casa Editrice: Einaudi Pagine: 656

CURIOSITÀ: L’ultimo romanzo di Franzen arriva dopo cinque anni dal suo ultimo successo letterario, Libertà, e ancora una volta in scena ci finiscono i drammi famigliari. Purity è suddiviso in sette capitoli, ognuno dei quali dà voce a un momento preciso nella vita di uno dei personaggi. Il filo della trama è uno solo, ma ogni volta si ha l’impressione di doverlo riavvolgere da capo: una narrazione complessa, raffinatissima, in perfetto stile Franzen e, quindi, impossibile da dimenticare.

a cura di Alessandra Scolari

Pagine per i più picco li

I

L LIBRO: Racconta una storia vera, quella di Hana Brady, nata il 16 maggio 1931. Ma chi era questa bambina? Il primo indizio è su una valigia arrivata per caso, all’inizio del nuovo millennio (2000) nel piccolo museo dell'Olocausto di Tokyo, in Giappone, con la scritta in vernice bianca Hana Waiwsenkind. Fumiko Ishioka, la curatrice del museo, parte per l'Europa, direzione Praga, sulle tracce di questa bambina che tanti anni fa possedeva una valigia ed è finita ad Auschwitz. Ma perché? Era una bambina di 10 anni che amava ridere, pattinare, giocare, sciare, e sognava di diventare una brava insegnante. Quale era la sua unica colpa? I genitori ebrei?

Titolo: LA VALIGIA DI HANA Autrice: Karen Levine Traduttori: R. Garbarini, A. Donato Editore: Rizzoli 2015 Pagine: 230 Età di lettura: da 10 anni

L'AUTORE: Karen Levine vive a Toronto in Canada con il marito e i figli. Lavora come giornalista per l’emittente radiofonica CBC. Questo libro nasce proprio dall’omonimo documentario radiofonico trasmesso in Canada nel gennaio del 2001 e accolto dal pubblico con un grandissimo successo. Nel 2005 è diventato anche opera teatrale. Ora l’autrice sta portando questo libro in vari Paesi. CURIOSITÀ: Il sogno di Hana, quello di diventare una insegnante, in parte si realizzerà. Con questo delicatissimo libro è riuscita a informare i bambini del Giappone della tragedia che colpì milioni di persone durante la seconda guerra mondiale. Waiwsenkind, in tedesco significa "orfana". Ma chi era Hana Brandy? Da dove veniva? Dove stava andando? Cosa c’era dentro la valigia? Prima che la ferocia nazista la strappasse era una bambina come tutte le altre che aveva una vita felice a Nove Mesto, un paesino della Cecoslovacchia, con i genitori e il fratello Gorge.

Se vi serve un po ' di poesia

Stato di quiete di Pierluigi Cappello


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CULTURA Musica

SKYMALL SO LUTION

QUEL ROCK CHE RENDE FRATELLI

marco.nicolis@verona-pantheon.com

di Marco Nicolis

Questo mese il suono della musica underground si sposta a Roma e si fa estremamente grintoso.

I VA N K I R C O F F B A S S / PA T R I Z I O B O T T O N E : G U I TA R S / VA L E R I O B O T T O N E : D R U M S A N D B A C K I N G VOCALS / SIMONE KIRCOFF: VOCALS / FRANCESCO BIANCHI: KEYBOARDS

P

ER IL NOSTRO APPUNTAMENTO mensile, questa volta usciremo dalle mura di Verona, spostandoci dalle rive dell’Adige fino all’ombra del Colosseo. Tutta questa strada la facciamo per conoscere Skymall Solution, un quintetto decisamente aggressivo (musicalmente parlando, ovviamente) del panorama musicale romano. Parliamo di un gruppo principalmente dedito ad un ricco crossover, difficilmente definibile, che si articola tra metal, rock, pop con quale spruzzo di immancabile grunge. Nati nel 2012, gli Skymall sono composti principalmente dall’unione di due famiglie, i fratelli Kirkoff, Ivan e Simone e i fratelli Bottone, Valerio e Patrizio a cui si aggiunge un quinto “fratello musicale”, Francesco Bianchi. Nel giro di pochi mesi il quintetto romano sale in cattedra, calcando e conquistando numerosi palcoscenici dell’ambiente romano e non solo. Festival, palchi più o meno grandi e conosciuti, locali, tour. Ovunque sia stato possibile gli Skymall hanno portato la

loro energia e il loro sound, sfornando in brevissimo tempo il primo EP omonimo, Skymall Solution, dimostrando immediatamente creatività, energia ed affinità musicale (tra fratelli il feeling sicuramente non manca). La vera maturazione della band avviene però con l’album, Betrayed by the star, interamente autoprodotto ed uscito nel 2013. Un avvio decisamente tosto. Ora, qualche anno e qualche concerto più tardi, un nuovo tassello è stato aggiunto al palmarès dei “fratelli”, il terzo album, registrato nello studio di Daniele Palladino (MV records ) e in quello di Salvatore Addeo (AEmme Studio). I nostri amici romani però ora non vogliono fermarsi, hanno già uno sguardo rivolto al futuro. Un tour fuori dei confini italiani? Un nuovo album, magari già in lavorazione? Una nuova clip musicale? Non vi sveliamo nulla, vi lasciamo però qualche indizio e soprattutto qualche link dove poterli ascoltare e seguire: soundcloud.com/skymall-solution


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CULTURA Musica

B L U E S P IL L S

PERCHÉ SENZA LA MUSICA LA VITA SAREBBE UN ERRORE

ingrid.somma@verona-pantheon.com @ingridsomma89

di Ingrid Sommacampagna

I veronesi Lorenz Zadro, classe 1985, presidente dell'associazione no-profit Blues Made in Italy, e l'artista Alexandra Balint, classe 1993, hanno deciso di creare un libro guida per chiunque decida di avvicinarsi a questo tipo di musica. Il titolo parla da solo: «Blues Pills: storie e illustrazioni alla scoperta della musica nera».

«S

ENZA LA MUSICA la vita sarebbe un errore». Blues Pills parte dalle origini della musica nera accostandosi alle illustrazioni di Alexandra Balint, che arricchiscono la piccola guida, donandole un elemento di prestigio. Lorenz Zadro, oltre ad essere un chitarrista, autore e collezionista, collabora attivamente con diverse riviste e ha suonato nel Regno Unito in numerosi live club, ricevendo il titolo di «Jammer of the night award... for class blues licks!»; nel 2015, assieme a due soci, ha fondato la società A-Z Blues s.a.s., coordinando molti progetti legati al mondo dell'American Music in Italia e all'estero. Lorenz, perché è importante aver creato questo libro? Blues Pills è una sorta di libro didattico in pillole, pensato per coloro che desiderano affacciarsi a questo genere musicale con un approccio cronologicamente ordinato. Le radici di questa musica sono da ricercarsi tra le comunità degli schiavi afroamericani che nel tempo hanno influenzato la musica moderna. La scrittura è volutamente leggera, per non intimorire alcun lettore, unita a un cd di canzoni che partono da una Slave song, per arrivare fino al rock'n'roll di Chuck Berry, passando per il Delta Blues, il Gospel, il British Blues, il Soul, il Jazz ed altro ancora. Lorenz, il blues attira i veronesi e i giovani? A Verona ho sempre trovato una risposta incoraggiante da parte di un pubblico sempre più attento e curioso nel cercare in questo genere musicale la matrice tradizionale da cui si sono sviluppate innumerevoli altre tipologie. Willie Dixon, contrabbassista blues, produttore, catalizzatore e compositore tra i più influenti e prolifici della sua epoca, disse: «Il blues è la radice, tutto il resto sono i

La guida ha in allegato un cd di 21 tracce (20euro), ed è disponibile su ordinazione in tutte le librerie e sui tradizionali digital stores.

frutti». In questi anni sto avvertendo, inoltre, l'affacciarsi di un ricambio generazionale sia tra musicisti di notevole spessore sia nel pubblico, dove c'è sempre una più alta percentuale di giovani! Tutto ciò è gratificante per il tanto lavoro di coinvolgimento e divulgazione che, seppur in pochi, stiamo svolgendo con costanza da tempo. Alexandra, che tecnica ha utilizzato per le illustrazioni dei personaggi della storia del blues? La tecnica antica dell'incisione, perché è decisa e di grande carattere, e allo stesso tempo semplice ed essenziale, proprio come il blues. Mi piace associare il nero dell'inchiostro e le sfumature del grigio all'emozione che ogni singola canzone, ascoltata durante il lavoro, mi ha trasmesso. Ogni tonalità di colore si completa con quella melodica.


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a cura di Mattia Zuanni

IL FILM

In un piovoso giorno dell'ottobre 1988, Bill Denbrough dà al fratellino Georgie una barchetta fatta con la carta di un giornale. Georgie prende la barca e la fa navigare per strada. Accidentalmente la barchetta finisce in uno scarico fognario; Georgie vede che dentro lo scarico vi è uno strano giovane vestito da clown, che si presenta come "Pennywise il clown danzante".

CURIOSITÀ

Con un costo per l’intera produzione di 35 milioni di dollari, qualcuno aveva storto il naso in partenza; ma il lungometraggio di Muschietti è la più alta uscita di settembre, il più remunerativo esordio autunnale di sempre, il più grande weekend di un film horror in generale. Riassumendo, nel primo fine settimana americano, It ha incassato 117 milioni di dollari. Possiamo già parlare di un vero e proprio successo.

Titolo: It Genere: Horror Durata: 135 minuti Regia: Andrés Muschietti Attori: Bill Skarsgard, Jaeden Lieberher, Jeremy Ray, Sophia Lillis Uscita (Italia): 19 ottobre

C LASSICI DA NON PERDERE Titolo: Mediterraneo Genere: Commedia Durata: 86 minuti Regia: Gabriele Salvadores Attori: Diego Abatantuono, Claudio Bisio, Claudio Bigagli, Giuseppe Cederna Nell’estate del 1941, durante la seconda guerra mondiale, otto soldati italiani vengono mandati in missione su un’isoletta del Dodecaneso, di cui conoscono a malapena il nome. Tagliati fuori dal mondo, i soldati si dimenticano della guerra e a poco a poco lasciano da parte la divisa, fanno conoscenza e amicizia con la gente del posto, rivelano le proprie doti nascoste: uno è un bravo pittore, un altro impara a ballare, un altro ancora a innamorarsi e a fare l’amore. La guerra e il fascismo sono sempre più lontani e quando un giorno arriverà un aereo a liberarli, non tutti torneranno in patria.

foto

notizia

Scatti d 'arte di C olato Cesar Facebook.com/Cesarfhoto foto di Colato Cesar

Una foto e una storia Settima puntata di La bellezza del passato, una caccia al tesoro per (ri) conoscere le meraviglie culturali del nostro territorio grazie alla luce della fotografia, un mese per volta. Il fotografo veronese Colato Cesar, per ottobre, ha stravolto le carte e ci ha regalato una prospettiva tutta diversa di un gioiello riconsegnato alla città da qualche mese: la funicolare di Castel San Pietro. La permise, nel lontano 1939, una delibera comunale, entrò in funzione nel 1941 e chiuse solo tre anni dopo, divorata dell’incombente ombra della guerra. Da inizio giugno è tornata in funzione, con un fascino discreto e rinnovato. www.cesarphotographer.com


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DALLA LESSINIA AL CENTRO STORICO LE RICETTE DAL MONDO DI NICOLE Le ricette dal mondo di Nicole” è un libro adatto a tutti: persone che amano cucinare, persone che devono cucinare, curiosi, onnivori, vegetariani, vegani, intolleranti, allergici e non. In cucina è così bello pensare un po’ a tutti: perché non farlo?

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UN MILIONE OTTOCENTOMILA PASSI

I MERAVIGLIOSI PRANZI DI CAPITAN SALGARI Questo libro è un divertissement, perchè una volta tanto parliamo di Salgari, Un ricettario eno-etnogastronomico, a disposizione di appassionati salgariani o più semplicemente di appassionati di cucina.

Trasposizione fumettistica della celebre storia d’amore ” Romeo e Giulietta” scritta da William Shakespeare. Ambientato nella Verona del 1300, è forse la tragedia amorosa più popolare di sempre.

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LA HERBARIA

L’autrice propone il diario del suo pellegrinaggio verso il Cammino di Santiago di Compostela, fatto tra i mesi di giugno e luglio del 2007, insieme al figlio di otto anni. Tappa dopo tappa, passo dopo passo, tra salite e discese, tramonti, panorami mozzafiato e temporali scroscianti.

I boschi di Molina, il mondo superstizioso e pieno di paure di un borgo di montagna della seconda metà del ‘700, una comunità legata a rigide regole di convivenza e Rosa, una giovane donna “diversa”. Diversa fisicamente in quanto segnata fin dalla nascita dal marchio di una lieve deformità fisica

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LE PIEGHE DEL TEMPO

ROMEO E GIULIETTA INCANTO DI UN AMORE

TUTI I MATI I FA I SO’ ATI DINO DA SANDRÀ Veronesi tuti mati” che passa da Bertoldo a Tommaso da Vico, col suo Bacanal, per arrivare fino a Torototela. Le lenti satiriche del Dino da Sandrà, per divertirsi, riflettere e ridere anche delle nostre miserie.

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IL BRIGANTE FALASCO

PROFESSIONE DETECTIVE

Le pieghe del tempo è un insieme di storie vere, narrate dalla viva voce dei protagonisti. Sono storie di persone e famiglie legatae alla propria attività commerciale che a Cerro è nata e si è evoluta nel tempo, una generazione dopo l’altra fino ad oggi.

Le vicende in Valpantena del brigante Falasco rivisitate nei fumetti a cura di Aldo Signorini

Professione Detective è un manuale che si focalizza sulla deontologia dell’investigatore privato, riassumendo e analizzando le principali tecniche investigative di questa figura professionale.

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I FUNGHI NELLA CUCINA VENETA

Il libro presenta la lunga durata della viticoltura, dimostrando come queste valli esercitarono nei secoli una funzione trainante nella viticoltura veronese fino ad assumere negli anni del 900 il ruolo di protagoniste della viticoltura veronese e veneta.

Questo libro è un atto di omaggio alle popolazioni della montagna che per secoli hanno fatto di un ambiente difficile, avaro e aspro il luogo amato della loro abitazione e del loro lavoro. Costituita dalla narrazione delle contrade e dal lavoro cimbro.

Un repertorio di piatti semplici e straordinari, con eccezionale riscoperta di accoppiamenti di molte varietà di funghi a cibi della tradizione comune. Un libro di vecchie e nuove ricette, proposto all’esperienza di chi ama la naturalezza in cucina.

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ANGOLO PET

Ogni mese quello che c’è da sapere

di Ingrid Sommacampagna

A C A C C I A D E L L’ O R O N E R O I tartufai sarebbero perduti senza l’aiuto dei cani indispensabili nella ricerca del prezioso fungo ipogeo. Ci sono delle razze privilegiate per la cerca ma qualsiasi cane, se ben addestrato, può essere un ottimo compagno. In Francia si utilizzano ancora i maiali, visto che sono dotati del miglior fiuto in assoluto per i tartufi, ma sono poco gestibili.

I

N ITALIA i tartufai registrati, in possesso di un patentino, sono circa 100mila (dato del 2015), segno di un mestiere che non passa mai di moda, e che ora ha preso le forme più di una passione o di un hobby. Le caratteristiche ideali di un cane da tartufi sono: la predisposizione all'addestramento, alla cerca e al riporto, la capacità di concentrazione, un olfatto molto sviluppato, la resistenza alla fatica, un interesse basso o nullo per la selvaggina, l'obbedienza e un carattere equilibrato. Ogni cane si distingue per le caratteristiche tipiche della propria razza, ma le preferite per la cerca del tartufo sono: il Lagotto romagnolo, il Bracco, il Pointer, i Bracchi Pointer, lo Spinone, il Cocker, il Griffone e lo Jack Russell. Capita anche di trovare nei boschi tartufai accompagnati da Labrador, Border Collie o Lagotti-Pointer. Bisogna ricordare che ci sono razze di cani più adatte per “addentrarsi” in determinati territori. Per esempio, nei territori con scarpate e boschi, l’ideale sono i Bracchi, i Pointer e i loro incroci, perché sono rapidi e hanno il passo lungo.

Nelle zone pianeggianti, il Lagotto è la miglior scelta per i “principianti”, perché riesce ad attraversare fossati e strade, ed è dotato di un passo corto e meno frenetico nella cerca, rendendolo più gestibile al richiamo del padrone. Anche la scelta tra cani maschi o femmina non è rivelante, ma quest'ultima, più tranquilla e meno irruente, va tenuta ferma quando va in calore. «Ho una Setter irlandese di 9 anni, Febe, e un meticcio di 7 mesi, Mario, che ho addestrato seguendo i consigli tradizionali, cambiando però un po’ il metodo. Per educarli, invece di far mangiare loro il tartufo, li facevo giocare con la pallina di metallo che filtra il tè, in cui inserivo il fungo. I cani ci giocavano e mordendola si facevano male. Quindi, quando lo cercano, sanno che non devono morderlo, perché lo associano al metallo ma ne ricordano il profumo, che a sua volta associano al premio ricevuto quando lo trovano. La cerca deve essere un gioco basato non solo sull'obbedienza, ed è sempre un'emozione quando i miei cani si concentrano, iniziano a scavare e mi aspettano», spiega il tregnaghese Simone Finetto, 45 anni, cacciatore di oro nero per hobby.


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in cucina con Nicole

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Cucinare è amore che si può assaggiare senzalattesenzauova.ifood.it

Vi lascio un paio di idee per la merenda di Halloween!

BISCOTTINI AI RAGNETTI INGREDIENTI

(per 2 persone)

• 180 g di farina 1 • 80 g olio girasole • 50 g zucchero di canna • 1 cucchiaino lievito per dolci • 2 uova • 30 ml acqua • gocce di cioccolato • cioccolato fondente

Mescolate farina, uova, zucchero, lievito e acqua. Trasferite il composto in un sac à poche, create dei ciuffetti e posizionate le gocce di cioccolato. Infornate a 180 gradi per 15 minuti. Con del cioccolato fuso disegnate le zampe ai ragnetti.

ZUCCHETTE ALLA CURCUMA INGREDIENTI • 250 g di farina 1 • 80 g di zucchero di canna • 1 cucchiaino lievito per dolci • 80 g di burro • 50 ml di latte • un pizzico di curcuma • un pizzico di sale

Mescolate farina, zucchero, lievito, curcuma, sale e burro. Stendete l'impasto, ritagliate le formine. Infornate a 180 gradi per 15-20 minuti.


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TERRITORIO Eventi

IL TU RI S M O AC C ES SI B I LE V E RON ESE MODELLI DI SVILUP PO

di Valentina Bazzani

S

I TERRÀ VENERDÌ 27 ottobre dalle 15.30 al Palazzo della Gran Guardia, la terza edizione del convegno “Il turismo accessibile veronese: modelli di sviluppo”. L’evento, organizzato da Yeah-Cooperativa sociale QUID ONLUS, ha il patrocinio del Comune di Verona, di Federalberghi Garda Veneto, di Confcommercio Verona, dell’Associazione Albergatori di Verona e dell’Associazione Verona Network. L’appuntamento, vuole essere l’occasione per tracciare una panoramica sullo stato attuale dell’accessibilità turistica di Verona e provincia. Il convegno avrà un taglio teorico, volto ad illustrare l’importante tema del turismo accessibile, ma al contempo pratico, mediante l’esposizione di modelli di sviluppo realizzati nel territorio veronese e nazionale. L’incontro porterà all’attenzione degli operatori del settore turistico e alla cittadinanza, un ventaglio di buone prassi che possano nel tempo migliorare la capacità ricettiva del sistema turistico

veronese. Si affronteranno diversi temi, come il valore dell’accessibilità, che cos’è il turismo accessibile, l’accessibilità web, il punto della situazione a Verona in tema di barriere architettoniche, il progetto Easy rider di Gardaland, l’esperienza dell’hotel Montemezzi, l’Ostello della gioventù e la formazione dell’accoglienza di RadioTaxi Verona.

Qui sotto, da sinistra: Carlo, Karlo, Michele, Maria Pia

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BELLEZZA AL NATURALE Balsamo la bbra al cioccolato

Le labbra screpolate sono uno dei primi segnali dell’arrivo della stagione fredda, ma esistono alcune semplici ricette di balsami labbra fai da te che, con poche applicazioni al giorno (per esempio, prima di andare a dormire), fanno tornare le labbra morbide. Vediamo una delle ricette più golose, quella con il cioccolato.

INGREDIENTI • 2 cucchiaini di burro di karité • 2 cucchiaini di burro di cacao • 1 quadratino di cioccolato fondente • 2 gocce di aroma naturale alla vaniglia (facoltativo)

Procedimento Versate gli ingredienti in un pentolino, a partire dal cioccolato. In una pentola portate ad ebollizione dell'acqua in modo da poter riporre il pentolino al suo interno per il bagnomaria. Quando il cioccolato si sarà quasi sciolto, aggiungete il burro di cacao e il burro di karité. Mescolate per amalgamare bene. Spegnete il fornello, unite - se lo avete - l'aroma naturale alla vaniglia e mescolate ancora. Versate il composto in un contenitore pulito: potrebbe essere quello piccolo di metallo tipico di balsami labbra e unguenti o anche il classico tubetto da burrocacao, purché siano stati lavati bene e non ci siano più residui. Infine, lasciate riposare per un paio d’ore a temperatura ambiente e poi trasferite il burrocacao in frigorifero, fino a quando non si sarà solidificato.


STORIE DI STORIA

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LIBERAMENTE ROMANZATE

di Marco Zanoni

Wild West Show

Quando Buffalo Bill venne a Verona

Verona 15 Aprile 1906

I

cowboy io non li avevo mai visti. Ne avevo letto sui libri però, storie di praterie infinite, di cavalli presi al lazo e di battaglie all’ultimo sangue contro gli indiani Sioux. Mio padre lo sapeva che non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione simile: Buffalo Bill a Verona. Due lire a testa per due posti in piedi, in mezzo alla folla sulle gradinate dell’Arena. Il Wild West Show del Colonello W.F.Cody stava per iniziare e io non stavo più nella pelle. Sono serviti quindici vagoni per portare a Verona uno spettacolo composto da ottocento uomini, cinquecento cavalli, decine di carrozze e diligenze di ogni tipo e dimensione. Corre voce che ci siano anche otto cuochi, tre macellai e quaranta camerieri che, nelle retrovie, sfamano la truppa con ottanta chili di carne e oltre mille pagnotte al giorno. Senza tener conto dell’enorme quantità di biada che consumano le bestie. Tocca a Buffalo Bill. Entra in scena cavalcando un purosangue marrone dalla coda bianca. I capelli lunghi sono imprigionati a stento dal cappello mentre i baffi hanno punte affilate come coltelli. Quell’uomo è un mito, il mio mito: compie due giri veloci cavalcando lungo l’ovale dell’Anfiteatro poi estrae la sua carabina prendendo la mira mentre stringe le briglie del cavallo con l’altra mano. Riecheggia uno sparo, un colpo preciso che manda in frantumi la piccola sfera di cri-

stallo che un indiano ha lanciato in aria. Un secondo dopo dal pubblico esplode un boato: c’è chi applaude, c’è chi ride - È forte il Colonello! – esclama mio padre. Io piango di gioia, a nove anni ho toccato il cielo con un dito. Lo spettacolo successivo mette in scena la difesa del Generale Custer. I battaglioni dell’Unione sparano da dietro una collina di sabbia creata dal nulla mentre orde di indiani s’abbattono sui soldati con urli e lanci di frecce – I se da un fràco de bòte! – urla una donna al mio fianco – E so gratòni! – commenta un uomo in doppio petto. È il Wild West Show, signori: uno spettacolo unico nel suo genere! Una folla enorme segue sempre più appassionatamente le evoluzioni. Nel giro di due ore una compagnia dell’esercito inglese combatte contro i francesi di Napoleone in una Waterloo creata per l’occasione. Tocca poi alla battaglia tra la cavalleria americana e quella spagnola. Si chiude con la magia dei cosacchi e dei beduini del deserto. Usciamo dall’Arena che ho ancora i brividi. Prendo uno dei tanti manifesti dello show che per settimane hanno tappezzato la città. Lo conserverò con cura, credo lo attaccherò al muro della mia cameretta. Nel frattempo è calata la sera, è arrivato il tempo di far visita al Teatro Bianchini*. Ma tanto lo so già: questa sera faticherò a prender sonno.

*Teatro Bianchini: modo di dire, proverbio, “...andare al Cinema (Teatro) Bianchini, con la testa sui cuscini...” Lo spettacolo che i poveri potevano permettersi era quello dei propri sogni.


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ADICONSUM

FE RI E F I N I T E ?

N ON P ER RYANAIR ! La necessità di mettersi in regola con le ferie accumulate dai propri dipendenti ha spinto la compagnia aerea irlandese a cancellare più di 2.000 voli. Cosa succederà a chi aveva già comprato il biglietto per una delle tratte coinvolte?

O

ttobre sarà un mese caldo, ma solo per i passeggeri Ryanair. Infatti sul finire di settembre la nota compagnia aerea irlandese ha annunciato la cancellazione di 2.100 voli fino alla fine di questo mese, di cui 700 solo in Italia. Anche se la compagnia ha fatto sapere che contatterà direttamente i clienti coinvolti offrendo voli alternativi e rimborsi, è bene far chiarezza su quali siano i diritti dei passeggeri del trasporto aereo in caso di cancellazione del volo. Anche perché, in passato, la compagnia irlandese non è stata immune da comportamenti scorretti nei confronti dei consumatori italiani, come dimostrano le varie sanzioni inflitte dall'Antitrust nel corso degli anni. RIPROTEZIONE O RIMBORSO Le due opzioni sono alternative. Riprotezione significa imbarco su un volo alternativo il prima possibile o in una data successiva (con posti disponibili) scelta dal passeggero. Chi sceglie il rimborso, invece, si vedrà restituito l'intero importo del biglietto entro sette giorni. COMPENSAZIONE PECUNIARIA Al passeggero dovrà, indipendentemente dalla

scelta effettuata, essere corrisposta una somma di denaro dai 250€ ai 600 € a seconda della lunghezza della tratta cancellata. Tuttavia il vettore non dovrà pagare tali somme se ha avvisato direttamente il viaggiatore della cancellazione con un preavviso di almeno due settimane. E nei casi in cui venga offerto un volo alternativo che arrivi a destinazione con un ritardo inferiore alle 4 ore, i termini di preavviso si riducono. ASSISTENZA L’assistenza è intesa come: pasti e bevande in relazione alla durata dell’attesa, sistemazione in albergo nel caso in cui sia necessario pernottare e relativo trasferimento dall’aeroporto al luogo di sistemazione, due telefonate o messaggi fax oppure e-mail. Attenzione dunque agli avvisi che la compagnia è tenuta ad inviare e al termine di preavviso che fa scattare il diritto alla compensazione pecuniaria. Ad ogni modo, il miglior consiglio è quello di evitare il disagio di trovarsi all'aeroporto senza un volo in partenza, consultando sul sito web di Ryanair la pagina dedicata alle cancellazioni.

di Carlo Battistella per Adiconsum Verona


Ottobre 01

DOMENICA

XVII Festa del Volontariato Luogo: Piazza Bra - Verona Ora: 10.00 ItalPet Festival Dog Run Luogo: Bastioni - Verona Ora: 10.00

07

SABATO

Tedx Verona Luogo: Gran Guardia Ora: 10.00-18.30 36° Rassegna interregionale di canto popolare Luogo: Teatro Camploy Ora: 21.00

13

LUNEDÌ VENERDÌ

Alaska, il paese degli uomini liberi Raffaella Milandri Luogo: Museo Africano Ora: 20.30 Hostaria, Festival del vino e della vendemmia Luogo: Verona Ora: 19.00

19

GIOVEDÌ

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2017 02

4° edizione festa dei nonni Luogo: Cinema Teatro San Massimo Ora: 18.00

08

MERCOLEDÌ

Debutto spettacolo “F.I.L.” Luogo: Teatro Camploy Ora: 20.45

DOMENICA

Tedx Verona Luogo: Gran Guardia Ora: tutto il giorno Cioccolato in Piazza Erbe Luogo: Piazza Erbe - Verona Ora: 15.00

14

SABATO

40 Anni che Ti Amo Umberto Tozzi Luogo: Arena di Verona Ora: 21.00 Michelangelo e il Pupazzo di Neve Luogo: Teatro Nuovo Ora: 21.00

20

VENERDÌ

I Virtuosi Italiani Mischia Maisky Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30

Workshop Scuola e Lavoro Luogo: Ordine degli Ingegneri Ora: 18.00

25

LUNEDÌ

26

GIOVEDÌ

Fieracavalli 2017 Luogo: Fiera di Verona Ora: tutto il giorno

03

MARTEDÌ

Mettiti in gioco 2017 Intrecciare la carta Luogo: Centro di Riuso Creativo Ora: 17.30-19.30

09

LUNEDÌ

Stretti tra modeste amarezze e piccole speranze, proviamo a fare un esercizio di coraggio: stiriamo tutti gli arretrati e terminiamo il sempre rimandato cambio armadi.

15

DOMENICA

ArtVerona - Art Project Fair Luogo: fiera di Verona Ora: tutto il giorno

21

SABATO

Botero Luogo: Museo AMO - Palazzo Forti Verona Ora: tutto il giorno Keeler per un giorno - Panda rosso Luogo: Parco Natura Viva - Pastrengo Ora: tutto il giorno

27

VENERDÌ

European Outdoor Film Tour Luogo: Cinema Teatro Alcione Ora: 20.30


77

a cura di Paola Spolon 04

05

MERCOLEDÌ

MediOrizzonti Anteprima Corti Luogo: Salita Santo Sepolcro - Verona Ora: 20.30

Racconti di viaggio Luogo: Museo Africano Ora: 20.30

10

11

MARTEDÌ

Mettiti in gioco 2017 Acchiappasogni Luogo: Centro di Riuso Creativo Ora: 17.30-19.30

16

MERCOLEDÌ Anna Tifu e Julien Quentin Violino e pianoforte Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30

17

LUNEDÌ

MARTEDÌ

I Lunedì Culturali Vincent Van Gogh Luogo: Cinema Teatro San Massimo Ora: 20.45

22

La Storia nell’Arte Maurizio Viroli Luogo: Teatro Ristori Ora: 20.30

23

DOMENICA

29

SABATO

Donne in Shakespeare Luogo: Teatro Santa Teresa Ora: 21.00

LUNEDÌ

Alice nel Paese delle Meraviglie Royal Opera House Luogo: Cinema Teatro San Massimo Ora: 21.45

Talks SlidingDoors Luogo: Teatro Ristori Ora: 17.00

28

GIOVEDÌ

06

VENERDÌ

Intimissimi On Ice Luogo: Arena di Verona Ora: 20.30 Palla lunga e pedalare a teatro Luogo: Fonderia Aperta Teatro Ora: 21.00

12

GIOVEDÌ

Le umane paure Luogo: Fonderia Aperta Teatro Ora: 21.00

18

MERCOLEDÌ

Lavorare, spesso e volentieri, e piu facile che amare. Non lasciamoci ammalare dagli impegni. Per una volta diamo, senza prendere.

24

MARTEDÌ

Mettiti in gioco 2017 Legno, stampa di immagine su legno Luogo: Centro di Riuso Creativo Ora: 17.30-19.30

non ce li siamo dimenticati: non ci stavano

30

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legenda

MARTEDÌ

Cena con il Delitto Luogo: Hotel Veronesi La Torre Dossobuono Ora: 20.30

MOSTRE/ARTE

CINEMA

LIBRI

MUSEO

SPORT

INCONTRI

FIERA

DANZA

MUSICA

AMORE

CARNEVALE

TEATRO


A CURA DI

Andrea Nale

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L'OROSCOPO ALLA NOSTRA MANIERA

21 APRILE - 20 MAGGIO

21 MARZO - 20 APRILE

ARIETE

TORO

Quest'anno la sonda Cassini ha concluso dopo molti anni una delle missioni di esplorazione interplanetaria più prolifiche di sempre: finirà dispersa nell'universo o si schianterà su qualche pianeta. La sonda ha compiuto un volo durato vari anni, portando a termine il suo dovere, pur sapendo che a missione finita non sarebbe più servita a nessuno. E voi, che potete sempre ricominciare da zero, che scusa avete per sentirvi soli e inutili? Rimboccatevi le maniche, nessuno sforzo sarà vano e nessuna azione sarà letale.

Le stelle alpine sono fiori bellissimi, ma stanno in alto, bisogna guadagnarseli, e sono molto rari. tutto li accomuna ai sorrisi delle altre persone, con una differenza: i sorrisi potete trovarne quanti volete, guadagnateveli.

21 MAGGIO - 21 GIUGNO

GEMELLI

Il simbolo della medicina, e delle farmacie, è il bastone alato con uno o due serpenti. Sapete cosa rappresenta il serpente? L'ambiguità del phàrmakon, che in greco vuol dir sia veleno che medicina. Credo sia arrivato il momento di rivalutare quelli che tutti hanno sempre visto come i vostri difetti e applicarli al mondo con la giusta dose. Vedrete che ne sarete la cura.

22 GIUGNO - 22 LUGLIO

CANCRO

Siamo ufficialmente entrati nell'antropocene: le attività dell'uomo sono le cause principali dei mutamenti del pianeta Terra. Qualcuno ha su di voi la stessa influenza? Quale era geologica sta passando la vostra vita? Il mesozoico dei grandi cambiamenti individuali o un'esistenziale antropocene in cui siete vittime di sguardi, azioni e parole degli altri? Voi siete in tempo per salvarvi, il pianeta no.

23 LUGLIO - 23 AGOSTO

24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

LEONE

VERGINE

BILANCIA

SCORPIONE

Dovresti smetterla di ascoltare solo i consigli che capisci e approvi, a cui trovi un senso logico e che in fondo già hai pensato. Prova a metterti in gioco con chi ti dice qualcosa che al primo ascolto ti pare completamente senza senso e lontano dalla vostra visione del mondo. Da quelle parti, e solo da quelle, si trovano paesaggi di svolte e strade di inesplorate consapevolezze.

Einstein diceva che non si possono ottenere risultati diversi facendo sempre la stessa azione. Mi sembra una visione giusta, matematica, ma miope: vuoi cambiare la tua vita? Devi prima di tutto osservare tutte le cose che si infilano nella tua quotidianità per distruggerla e farne dai cocci qualcosa di meraviglioso.

Hai mai pensato all'importanza della colonna sonora dei film? La nostra partecipazione e le nostre emozioni di fronte allo schermo sono date in gran parte dalla presenza o dall'assenza di un determinato tipo di musica. I momenti più importanti della tua vita sono privi di musica, però. Hai mai provato ad associare canzoni o melodie a determinati periodi e stati d'animo? Inizia oggi, approfondisciti.

22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

SAGITTARIO

CAPRICORNO

ACQUARIO

Le onde si increspano, crescono, svettano sulla superficie, aumentano la velocità e, al di fuori di ogni prevista armonia, si infrangono inesorabilmente sulla spiagga, regrediscono, tornano al mare a farsi più forti di prima. I sogni infranti non funzionano allo stesso modo, l'irreversibilità è un concetto troppo sottodimensionato per i tuoi occhi.

Montale scriveva che "l'uomo coltiva la propria infelicità per avere il gusto di combatterla a piccole dosi." Se ti fanno paura le piccole angosce della vita non devi temere: stai combattendo contro le più grandi con una strategia ben precisa che neanche immagini, e stai vincendo.

23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

Arcobaleni, arurore boreali, tramonti: sono tutte cose bellissime che però non esistono, dipendono solo dalla luce e dal punto di vista di chi la osserva. Pensi davvero che la brutta sensazione da "fine estate" che ti avvolge sia qualcosa di reale e proveniente da dentro di te? Basterà un temporale e tornerai come nuovo, non affannarti troppo, è tutta una tremenda illusione.

Rêverie è una parola francese che indica l'abbandono della coscienza a disparate immaginazioni e fantasie durante la veglia; è la parola che indica l'arte di "sognare ad occhi aperti". TI impongo di perderti in fantasticherie di ogni sorta e pomeriggi interi di inutili immagini vaneggianti, per tutto il mese.

20 FEBBRAIO - 20 MARZO

PESCI

Nella splendida Europa contemporanea puoi prendere un volo di sola andata per la Norvegia, sorseggiare caffè giamaicano, nuotare con gli squali del nord e leggere la versione internazionale di un quotidiano di New York; il tutto in solo giorno. Osare non è mai stato così facile, è il tuo turno.


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