Riva Museo del Presso paesaggio Chieri sonoro
Palazzo Grosso, sede del Museo del Paesaggio Sonoro e del Municipio di Riva presso Chieri. Nel 1619 il Duca Carlo Emanuele I di Savoia donava alla sua favorita Margherita de Roussillone e Chatelard il castello di Riva con titolo marchionale. L’edificio sarà oggetto di numerosi interventi di rinnovamento a partire dal 1734, quando passerà di proprietà ai conti Grosso di Brozolo. Questi ultimi ne affideranno nel 1738, la ricostruzione all’architetto Bernardo Antonio Vittone, artefice in Piemonte di numerosissime chiese ed edifici, per i vari ordini e confraternite. Gli interventi architettonici successivi proseguiranno sotto la direzione dei lavori degli architetti Giacinto Bays nel 1771 e Filippo Castelli nel 1790. Alla giovane contessa Faustina Grosso in Mazzetti di Montalero si deve la ricca ed originale decorazione interna, opera dei fratelli Torricelli chiamati ad affrescare le magnifiche sale del piano nobile. Il gusto aggiornato dei committenti e l’abilissima tecnica degli artisti fanno delle decorazioni di Palazzo Grosso un ciclo unico nel suo genere, dove l’amore per l’arte antica si mescola al sapiente uso della tecnica trompe-l’oeil. L’intervento dei due artisti fu notevolmente apprezzato dalla critica dell’epoca come dimostrato dal loro successivo coinvolgimento presso la corte sabauda: il sovrano Vittorio Amedeo III di Savoia infatti li volle per aggiornare il gusto decorativo del Castello di Rivoli.
Museo civico del Paesaggio Sonoro Palazzo Grosso, Piazza Parrocchia 4 10020 Riva presso Chieri (TO)
Museo del paesaggio sonoro
Un viaggio nella memoria di una comunità che ritrova il suo passato attraverso i suoni.
Istituzione unica in Italia e in Europa per collezione e contenuti, il Museo nasce grazie alla volontà dell’amministrazione comunale di valorizzare la raccolta di strumenti della tradizione popolare e il pregevole percorso di ricerca condotto dal rivese Prof. Domenico Torta sui suoni, i rumori e le melodie che hanno caratterizzato il paesaggio locale, dalla cultura contadina sino alla contemporaneità. L’Università degli Studi di Torino, nella persona del Prof. Febo Guizzi, unitamente ad un gruppo di ricercatori e dottorandi, hanno fornito l’adeguato contributo scientifico all’iter di ricerca e all’elaborazione del progetto museologico e museografico, necessari per il compimento di una istituzione impegnata a salvaguardare, tramandare e rinnovare tale patrimonio, in un continuo dialogo con il territorio e con altre culture sonore.
La sciamanatura Ernesto Fasano Nèstu ‘d Fasanèt ( Riva presso Chieri 1904 - 1993) percuote la lama di una falce con una lima per confondere e fermare le api durante la sciamatura.
Il suono e l’ambiente
Oggetti d’uso quotidiano approdano a una nuova identità e dignità di strumenti musicali grazie all’inclinazione dell’uomo a giocare con i suoni.
Da sempre l'uomo è alla ricerca di un dialogo con il mondo animale per dirigerne il comportamento in proprio favore. Un dialogo spesso basato sull'imitazione di suoni, ad esempio attraverso il ricorso a strumenti di lavoro trasformati in strumenti sonori. Emblematico è il momento della sciamatura delle api, che segna la partenza definitiva da una colonia di una regina seguita dalle operaie: è quello l'istante in cui l'uomo, disorientado lo sciame con un rumore particolarmente fragoroso – ad esempio imitando quello di un tuono – può più agevolmente riporre le api in una nuova arnia. Un semplice bidone di latta ripetutamente colpito con un bastone, oppure la lama di una falce percossa con una lima, erano strumenti utilissimi a realizzare lo stratagemma.
I Musicanti di Riva presso Chieri suonano il "turu" in uno spettacolo teatrale.
Torototela torototà Nelle campagne gli strumenti musicali della tradizione popolare venivano spesso inventati e costruiti facendo ricorso a elementi naturali e attrezzi da lavoro, tenuti insieme da ingegnosità e giocosa fantasia. Esemplare, in questo senso, è la "torototela", uno strumento costituito da un corpo principale, frequente frutto di riuso di attrezzi da lavoro, sul quale è tesa una corda di budello o canapa. Essa poggia su un risuonatore di solito realizzato con una vescica di maiale rigonfia e viene messa in vibrazione tramite sfregamento con un bastone o un archetto.
Una coppia di sposi posa per una fotografia insieme con i musicisti del banchetto di nozze: tra gli strumenti anche una torototela.
Si tratta sostanzialmente di un contrabbasso, che si preparava d’inverno nel periodo della macellazione del maiale (momento in cui era facile reperire la vescica) e si suonava usando un bastone sul quale si avvolgevano dei crini impeciati (da qui il nome di "crina" con cui è anche conosciuto).
Fischietto di terracotta raffigurante un’oca, conservato al Museo.
Terra sonora I fischietti in terracotta possiedono una storia millenaria: ritrovamenti archeologici spaziano dall’Europa all'America, dall’Asia al Nord Africa, abbracciando secoli e civiltà. Molteplici sono le funzioni di uno strumento in apparenza semplice: da originario richiamo degli animali, si è caricato di valori magici e rituali attraverso l’attribuzione di potere al suono e al simbolismo della figura plasmata, per poi rivestire un ruolo principe tra i giocattoli sonori per i bambini ed è divenuta, oggi anzitutto, forma d’arte e oggetto di collezionismo.
La costruzione di un flauto globulare, la tènca ‘d Riva, illustrate da Domenico Torta per la Rivista Animazione ed Espressione (Editrice La Scuola, n.°214, 1998, Brescia).
La complessità degli usi va di pari passo con la varietà delle tecniche costruttive impiegate e dei caratteri morfologici e organologici che i diversi tipi di strumenti hanno assunto nei diversi luoghi ed epoche in virtù proprio della versatilità del materiale.
Fischietto di salice (subièt ëd sales) conservato al Museo del paesaggio sonoro
Le voci della Primavera Lo stretto legame dell’uomo con la natura è testimoniato dalla comune partecipazione ai cicli di rinascita stagionale. Gli strumenti primaverili sono costruiti facendo ricorso a elementi vegetali (petali, corolle, steli, foglie, canne, cortecce, rami, fusti, germogli) e nel momento in cui – proprio come la pratica botanica dell’innesto - la pianta è in "succhio" e le condizioni ambientali ne innescano lo sviluppo. Dalla trombetta realizzata con lo stelo di una pianta di zucchine al fischietto di ontano, dal fischietto di salice all’ancia "a nastro" ricavata da una foglia di edera, tutti sono caratterizzati dalla rapidità di deterioramento del materiale e dalla conseguente caducità della proprietà sonora, da cui la denominazione di strumenti "effimeri":
Giovanni Chiara (Moriondo di Moncalieri, 1934) suona l’ancia "a nastro" ricavata da una foglia di edera.
Richiamo per tordi costituito da un cilindro di noce forato: il suono si produce ruotando la vite.
I richiami da caccia I richiami da caccia sono oggetti sonori impiegati nella pratica venatoria e in particolare nella cattura degli uccelli. Essi mettono in gioco una competenza tramandata, ma ogni volta rinnovata, di riproduzione del suono. La capacità di plasmare la materia per costruire strumenti che divengono in abili mani sostituto della voce è raffinatissima: il suono si fa così artificio volto all’inganno. Le testimonianze riferite al passato indicano nella pratica non la gratuità di un gioco crudele, ma la stretta necessità di un mezzo di sopravvivenza: "Guadagnavano più di notte a caccia di quaglie che di giorno a tagliare il grano", sono soliti ricordare coloro che per ultimi ne appresero i rudimenti.
Antonio Audisio (Riva presso Chieri, Tetti Nibbio, 1910 - 2008) illustra l’impugnatura e il sistema di utilizzo di un tradizionale richiamo per le quaglie.
Carlo Ronco ViulÏn (Chieri 1924 – 2003), stimato fine dicitore, sul carro della festa patronale dei Santi Giuliano e Basilissa a Chieri.
Il suono e la comunità Dal mormorio al grido, dal canto intimo all’insieme corale, per diletto o professione, il silenzio spesso è solo apparente.
L’uomo è artefice del paesaggio sonoro. Egli si circonda di suoni e li ordina in una globalità di significati.
E ci sono poi momenti in cui questi frammenti si compongono: è il tempo della festa, in cui gli strati sonori si sovrappongono e si mescolano tra il brusio della gente, il clamore della banda musicale, i sovrastanti slanci oratori del fine dicitore. Ma a ergersi alla sommità di ogni paesaggio umano, come a governare il ritmo della quotidianità, è il campanile. Unendo maestosità e semplicità, il suono delle campane è veicolo dei fondamentali messaggi della comunità.
Riva presso Chieri, 16 giugno 1939 Il concerto delle sei campane ai piedi della torre campanaria prima di essere riposizionate sulla torre.
Din don e danda Quando ci si avvicina alle porte di un paese e ne appare il profilo è spesso semplice riconoscerne il cuore. Giungendo a Riva presso Chieri, accanto all’imponente mole di Palazzo Grosso, si scorge il culmine della torre campanaria. Questa presenza incorpora il cardine del paesaggio fisico e il nucleo del paesaggio sonoro. Le campane, infatti, hanno regolato nei secoli il tempo della giornata, hanno annunciato e scandito i momenti salienti della vita dell’uomo e della comunità. E se alla tecnica del campanaro si è sostituito l’inevitabile automatismo, è stata tuttavia salvata la memoria e una parte del repertorio orale degli ultimi campanari, trovando oggi nuovo mezzo di espressione nel preciso quanto inconsapevole carillon elettrificato.
Riva presso Chieri, 16 giugno 1939 Sistemazione delle campane sulla torre campanaria, vista dal sagrato della chiesa parrocchiale.
Una raganella costituita da un telaio di legno in un unico pezzo, conservata al Museo del paesaggio sonoro.
Quando tutto tace Durante la Settimana Santa, nel Triduo delle Tenebre che conduce alla Pasqua, era pratica diffusa suonare particolari strumenti in sostituzione delle campane messe a tacere. I piÚ diffusi erano le traccole e le tavolette, nella quali la struttura di legno era colpita da uno o piÚ battenti dello stesso materiale o di metallo ad essa incernierati; le raganelle, in cui il suono è prodotto dal raschiamento di una piastra flessibile su una ruota dentata. Altrettanto tradizionali erano differenti tipi di aerofoni, ricavati da corni animali o canne cui potevano essere innestate ance di legno, oppure adattando a tromba la conchiglia della "tromba di mare" (Tritonium nodiferum).
Giuseppe Banchero (1915-2010) mostra il trich trach da lui costruito.
La mattina della festa ha luogo la processione verso la cappella di Sant’Albano. Nell’ordine compaiono: in testa il carro seguito dalla banda, i massari, le autorità civili ed ecclesiastiche e la popolazione.
I carri della processione L’evento festivo centrale della comunità di Riva presso Chieri è quello dedicato al Patrono Sant’Albano. La festa si svolge con simboli e rituali che riaffermano una tradizioni secolare: il carro, sul quale un bambino recita gli "strambotti", viene trainato dai cani ed è l’elemento dominante della festa. Un tempo i carri erano due, uno trainato dai cani, un secondo trainato da buoi. In essa si combinano gli elementi cardinali del culto e della festa: protagonista è un contadino alle prese con il lavoro dei campi a simboleggiare l’intera comunità, il Santo è protettore dell’attività agricola, il miracolo è nella sostituzione dei buoi con i cani al traino del carro, come ancor oggi nell’annuale celebrazione.
I bambini che accompagnavano il carro un tempo erano scelti attraverso un esame dal direttore della Scuola elementare.
Un sonaglio per bambini costruito con zucca vinaria essiccata, contenente alcuni semi che urtano contro le pareti quando lo strumento viene sottoposto a scuotimento.
Il suono e il gioco La bicicletta che, attraverso l’imitazione del rumore, si trasforma in una motocicletta ci accompagna in un giro nel mondo dei giochi sonori e degli strumenti giocattolo.
Il suono è spesso e prima di ogni altra cosa gioco. E proprio come tale si declina in infinite rappresentazioni.
Molti sono gli esempi che ci parlano del mondo infantile e della spinta a riprodurre attraverso una fantasia creatrice ambiti di dominio degli adulti. I sonagli, ad esempio, utilizzati per tranquillizzare i neonati e stimolarne il senso dell’udito, ma a loro volta eredi di una parallela funzione apotropaica, a protezione dell’infanzia. Altro ambito è quello dei dispositivi sonori propedeutici e di avviamento ad una pratica musicale, modellati per i bambini, sulla falsariga degli strumenti "veri".
Vincenzo Marchelli, Chacho (Alessandria, 1946). Virtuoso di frÚia, ma soprattutto interprete del linguaggio popolare, l’ha portata a calcare i diversi palcoscenici europei.
Musicant e sunadur
Nella consuetudine del canto e nel diffuso fenomeno del ballo si possono rintracciare i motori di sviluppo di un sapere e di un agire collettivo.
Per accompagnare i momenti di festa o per rinsaldare legami, per semplice diletto quando non per professione, la musica è al centro di ogni comunità. La ritroviamo rimodellata e adattata nelle sue regole scritte, prodotta con strumenti "ufficiali" o grazie all’ingegnoso utilizzo di materiali estranei all’ambito musicale. Ed ecco nei momenti di festa che ai suonatori di organetto o fisarmonica e ai cantori si aggregavano sempre “virtuosi senza pretese” a dare il loro sostegno. E così accanto al violino e al mandolino compaiono strumenti quasi improbabili, ma che occupano uno spazio centrale nella produzione musicale popolare. È il caso della frùia, ad esempio. Imbracciata come un violino, elevandola così da una semplicità di partenza, produceva il suono attraverso lo sfregamento del corpo dentato, a cui si univa lo scotimento dei sonagli.
www.museopaesaggiosonoro.org www.comune.rivapressochieri.to.it
Orari e visite Museo del paesaggio sonoro Da marzo a ottobre ogni domenica dalle 15.00 alle 19.00 (ultimo ingresso alle ore 18.00) Palazzo Grosso (Sale storiche) Da marzo a ottobre ogni prima e ultima domenica del mese dalle 15.00 alle 19.00 Informazioni e prenotazioni Dal lunedÏ alla domenica dalle 9.30 alle 17.00 al numero 011-5211788 o all’indirizzo info@museopaesaggiosonoro.it
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