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DialogoeFamiglia
Giuseppe, il padre
S. Giuseppe e il bambino - G. Reni
G
iuseppe, quando sentiamo questo nome non possiamo che collegarlo con la figura del papà. Tutti abbiamo bisogno di conoscere le nostre radici, tutti abbiamo desiderio di sapere di chi siamo “gloria”, segno vivente del passaggio del prima per essere presenti nella storia e per guardare al futuro. La figura di Giuseppe si amalgama con la figura di nostro padre e ne assume le tinte, i colori maggiormente positivi del carattere e delle fattezze di nostro padre. Certo, non sempre gli atteggiamenti dei nostri padri sono capaci di esprimere le qualità che leggiamo nella figura di Giuseppe. L’amore di figli come vento che sfiora il tempo riesce a liberare la personalità del nostro progenitore e togliendo gli orpelli ci consegna comunque l’essenziale, al punto che ognuno di noi può riassumere la figura di suo padre anche solo con una parola. Mio padre Pierino era chiamato nel suo lavoro “martìlí”: sapeva lavorare il ferro e l’acciaio con professionalità e precisione inaudita. Per Giuseppe papà di Gesù il vangelo riassume la sua vita dicendo che era uomo Giusto. cioè un uomo di fede, che viveva la fede. Un uomo che può essere elencato nella lista di tutta quella gente che ha vissuto la fede come fondamento di ciò che si spera, come garanzia di ciò che non si vede, e la prova di ciò che non si vede. Giuseppe è uomo di fede: per questo era “giusto”. Non solo perché credeva ma anche perché viveva questa fede. Uomo “giusto”. È stato eletto per educare un uomo che era uomo vero, ma che anche era Dio: ci voleva un uomo-Dio per educare un uomo così, ma non c’era. Il Signore ha scelto un “giusto”, un uomo di fede. Un uomo capace di essere uomo e anche ca-
pace di parlare con Dio, di entrare nel mistero di Dio. E questa è stata la vita di Giuseppe. Vivere la sua professione, la sua vita di uomo ed entrare nel mistero. Un uomo capace di parlare con il mistero, di interloquire con il mistero di Dio. Non era un sognatore. Entrava nel mistero. Questa è la santità di Giuseppe: Vivere la sua vita, il suo mestiere con lealtà e precisione, con professionalità. quando il Vangelo ci parla dei sogni di Giuseppe, ci fa capire questo: Giuseppe ha una visione della vita e sa con precisione entrare nel mistero. Se pensiamo a noi, oggi, ai nostri genitori, ai nostri anziani della comunità del Violino e della Badia, noi tutti, sappiamo entrare nel mistero? Sappiamo guardare a quel che succede nella nostra vita ancor più in questa situazione di precarietà che la storia ci riserva con gli occhi lungimiranti del mistero? Certo ora stiamo soffrendo una condizione che nessuno poteva immaginare, l’abbiamo descritta nei film di ultima generazione, mai pensando che toccasse le nostre porte, che potesse invadere la nostra vita. In questi giorni si va dal tentativo di aggrapparci alle nostre tradizioni chiedendo protezione a Dio e ai Santi, fino a pensare che tutto si risolve con una quarantena d’acciaio. Forse non è né l’uno né l’altro che dobbiamo fare. Forse semplicemente nel fluire della vita e della storia abbiamo bisogno di vivere la nostra quotidianità con la caparbietà e la professionalità che ci è propria, semplicemente facendo il nostro dovere, compiendo i doveri che ogni giorno porta con sé quando apriamo le finestre per sentire l’aria della nuova giornata. Nel respirare del giorno, però, abbiamo bisogno di tirare un bel sospiro, sì, perché nella fede che testimoniamo possiamo inoltrarci nel mistero ben sapendo che la storia di ognuno di noi è chiamata alla pienezza della vita. Certo abbiamo bisogno di sentire la mano del padre che tiene stretta la nostra proteggendoci da ogni pericolo, ma siamone certi il Padre che ha donato suo Figlio per noi non molla la mano dei suoi Figli, lui ci accompagna e non ci abbandona mai. In ogni eucarestia si rinnova la testimonianza del suo amore perché il nostro desiderio di essere amati trovi compimento e ci possiamo sentire in ogni momento figli suoi. Don Gian Pietro