#22 first term 2010/2011

Page 1

redazione@passvr.it www.passvr.it

primo semestre

anno 6 numero 22

2010 / 2011

PASS IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

STUDENT OFFICE E CL Domande e indagini

DOVERI, NON DIRITTI Una testimonianza dal carcere

RELITTI DEL PASSATO I cinque sensi oggi

FENOMENO FASHION BLOGGER “Tutti vogliono essere noi”

DIALOGO D’ARTE Con Valentina Gelosi

VIGASIOSEXPLOITATION

Intervista a Sebastiano Montresor e Airbag Killex tra suini con bretelle, donne – dixan e motoseghe


PASSATENEO NON SOLO DI PANE VIVE L’UOMO Ricercatori veronesi in protesta contro la riforma dell’Università.... 4/5 La lista studentesca Student Office è collegata a CL? Domande e indagini.................................................................... 6/7 BESTIARIO Boom di iscritti a Biotecnologie / Risponde Guido Avezzù.................. 8 É aperta la porta della solidarietà É aperta la porta della solidarietà a Veronetta, in zona universitaria... 9

PASSWORLD RACCONTARE LE CRISI UMANITARIE Non più oggetti ma soggetti dell’Informazione.......................... 10/11 DOVERI NON DIRITTI Una testimonianza di vita ordinaria in carcere................................ 12 Il riarmo russo L’orso è tornato?.......................................................................... 13 RELITTI DEL PASSATO I cinque sensi oggi.................................................................. 14/15

PASSATEMPO MUSICA Uochi Toky + Blue Note................................................................ 16 Rock on Babe! + Nuovi Suoni: REQVIEM........................................ 17 FENOMENO FASHION BLOGGER “Tutti vogliono essere noi”............................................................ 18 DIALOGO D’ARTE Con Valentina Gelosi..................................................................... 19 VIGASIOSEXPLOITATION Intervista a Sebastiano Montresor e Airbag Killex...................... 20/21 IL PARADOSSO DEL (CORTO-) CIRCUITO BIBLIOTECARIO Libri che vanno, libri che vengono, libri che non ci sono................. 22 SE LA PUBBLICAZIONE DIVENTA UNA QUESTIONE ETICA Mondadori e dintorni.................................................................... 22 NERO REVOLVER Ammazza il tempo....................................................................... 23

EDITORIALE

SOMMARIO

Verona dorme Superficialità. Disinformazione dettata dal disinteresse. Alienazione autoindotta. Indifferenza. Incapacità di proiettare le idee oltre l’orizzonte dei propri orifizi superiori e della contingenza presente. Cosa siamo qui a fare UNIVERSITARI?!?! Il problema è proprio questo ed ammetterlo non è poi così difficile: l’Università Italiana è in crisi da molto tempo anche per colpa di noi studenti. Saremmo noi a doverla rianimare. E basterebbe molto poco in realtà. Non si sta parlando di una rivoluzione di sistema né di svolte partitiche o politiche. La riforma che servirebbe è quella dei nostri cervelli, delle nostre motivazioni, del nostro amore spento per la cultura. Amassimo davvero quello che studiamo, fossimo consapevoli fino in fondo del potere del Sapere, tecnico o umanistico che sia, non sarebbe scientificamente possibile sentire per i corridoi “A me di tutte queste cose non interessa assolutamente nulla”, non sarebbe possibile che in molti non sappiano niente di ciò che sta accadendo alla nostra Università pubblica, alla Ricerca, o non se ne vogliano interessare. Ma cosa ci stiamo raccontando?! Che mondo volete contribuire a demolire?! A chi lo volete lasciare?! E soprattutto: perché siete qui? Marta poli

PASS

IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA redazione@passvr.it - www.passvr.it

PRODOTTO CON IL CONTRIBUTO DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

Registrazione Tribunale di Verona N° 1825 R.S. del 27/02/2009 Direttore responsabile: Claudio Gallo Proprietario: Juliette Ferdinand Redazione chiusa il: 20 Febbraio 2011 HANNO SCRITTO: Marta Poli, Carolina Pernigo, Federica Rosa, Sara Ferri, Giuliano Fasoli, Matteo Parussini, Valentina Pizzini,Francesca Ardino, Alice Dalla Vecchia, Anna Pini, Federico Longoni, Michele Cavejari, Lara Zoppini, Katia Bonini, Nicola Piccinelli, Paolo Marchi. FOTOGRAFIE E ILLUSTRAZIONI (OVE NON INDICATO): Flickr.com, Sxc.hu PROGETTO GRAFICO: Eugenio Belgieri (www.whatgrafica.com) e Giuliano Fasoli FOTO DI COPERTINA: "Mano" (2010) di Giacomo Bagnara Stampa: Tipografia CIERRE - Sommacampagna (VR)

Copyright: Le condizioni di utilizzo di testi e immagini, laddove è stato possibile, sono state concordate con gli autori. Tutti i diritti sono riservati, testi, grafiche e fotografie sono coperte da copyright. Ogni copia degli stessi è illecita. Si ricorda che il contenuto del singolo articolo non definisce il pensiero della redazione e dell’editore. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, ma che sono stati dimenticati nei ringraziamenti.

PASS 2


PRIMO PIANO TEMPI GRIGI Marta poli

M

olti di noi probabilmente non si immaginano nemmeno il tipo di attività o iniziative gestite da associazioni e gruppi studenteschi universitari che il nostro Ateneo finanzia. L’iter è molto semplice: tramite un bando si propone un progetto e il suo preventivo; in base a questo il consiglio di amministrazione delibera se finanziare o meno e quanto. I contributi, una volta assegnati, non vengono concessi automaticamente, ma trasferiti solo in seguito alla presentazione di specifici fatturati relativi all’iniziativa, che deve ovviamente essere espletata in base a quanto dichiarato nel bando. Ma vediamo un po’ chi sono stati i protagonisti del semestre appena trascorso: abbiamo il Club di Economia Applicata che ha ricevuto un contributo pari ad euro 2.050,00; c’è il Coro dell’Università di Verona che per il primo semestre riceve 4.700,00 euro; il gruppo studentesco Come treni paralleli che riceve 1.500,00 euro; l’associazione universitaria Euro Verona alla quale va un contributo di 6.000,00 euro; F.A.N. Club, 3.360,00 euro; il gruppo studentesco Help Point, 1.100,00 euro; il gruppo studentesco IUS UNIVR, 3.000,00 euro; il gruppo studentesco S.I.S.M. (Segretariato Italiano Studenti Medicina), 8.010,00 euro; l’associazione universitaria Vademecum, 1.200,00 euro ed infine noi di Pass, gruppo studentesco, a cui sono stati assegnati 1.200,00 euro, proprio come a Vademecum, altra rivista universitaria, che aveva richiesto ben 18.720,00 euro per la pubblicazione dei numeri. Ma qualcuno di voi ha mai visto in giro un Vademecum? L’ha mai letto? Tronchiamo la polemica: alla fine 1200 euro hanno in ballo, pure loro. Già. Resta comunque una storia affascinante. Tutti questi dati li potete tranquillamente consultare sul

sito dell’Università (Servizi Studenti > Diritto allo Studio > Contributi per attività sportive e ricreative degli studenti). Eccovi il link: http://www.univr.it/documenti/Documento/ allegati/allegati224838.pdf Ad ogni modo, il punto è: nonostante i tempi bui, nonostante i tagli, nonostante una miriade di variabili, un’Ateneo non dovrebbe incentivare attività formative e costruttive come Pass? Eppure se io fossi Rettore, Professore o Amministratore sarei ben lieto che nella mia Università ci siano spazi di questo genere: è cultura, è comunicazione, è creatività. Siamo noi. Io così la vorrei la mia Università. Magari in questi ultimi anni Pass sarebbe stato valorizzato e incentivato, aiutato. Perché è un bel progetto, molto semplicemente, uno dei pochi animato e gestito SOLO da studenti in modo del tutto gratuito e disinteressato. UNO DEI POCHI, ribadiamo. Che dire? È il sistema: ci sono altre priorità, bisogna ottimizzare. E quindi? Quindi stiamo in silenzio. Perché l’Università ormai deve essere grigia. Anonima. Polo di transumanza. Espressione di uno status symbol. Perché la cultura è aria fritta. Va tagliata. Sempre. Appiattiamoci i cervelli. Ma del resto tutto questo rappresenta solo una micro riduzione in scala delle nuove logiche tecnico-finanziarie che hanno fagocitato il sistema nella sua complessità. C’è comunque della finissima illustrazione di Giacomo Bagnara maieutica in tutto ciò. Conosco un tale, Liutprando si chiama, che da bambino sognava di vivere nel Basso Medioevo; da adolescente era la Grecia del V secolo a.C. a solleticare la sua fantasia; da tardo-adolescente l’Ottocento francese. Oggi vorrebbe vivere in qualsiasi epoca. Fuorché l’attuale. E non gli si tiri in ballo la storia del relativismo: questo è il peggiore dei mondi possibili.

3 PASS


intervista di SARA FERRI / Foto di luca biondani / illustrazione di giacomo bagnara

NON SOLO DI PANE VIVE L'UOMO Ricercatori veronesi in protesta contro la riforma dell'Università

C’è una parola che accomuna la stragrande maggioranza dei ricercatori italiani in questo momento: indisponibilità. Hanno deciso di far sentire la loro voce contro una riforma dell’università che non condividono. Hanno scelto, tutti assieme, di protestare, sospendendo l’attività didattica ad oltranza, un provvedimento che non ha tardato a far sentire le sue conseguenze. Anche i ricercatori dell’ateneo veronese hanno aderito alla protesta dei loro colleghi. La redazione di Pass ha pensato di rivolgersi in prima persona ai soggetti coinvolti, intervistando –in Ottobre – Maria Clara Rossi, ricercatrice di storia della chiesa medievale presso l’università di Verona, a cui rinnovo i miei ringraziamenti per la disponibilità dimostrata.

te valutazione. L’eliminazione del ruolo del ricercatore a tempo indeterminato è grave perché questa è la fascia più giovane e in alcuni settori è anche la più attiva. Inoltre, nutro forti sospetti e dubbi nei confronti delle nuove figure di ricercatori a tempo determinato, che con ogni probabilità andrebbero ad aumentare ulteriormente il precariato che già ci affligge. C’è poi stato il combinato di tagli all’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) di DDL più Manovra Finanziaria, assolutamente devastante. Inoltre, con il blocco degli scatti stipendiali, i nostri stipendi verranno ulteriormente decurtati. Un’altra cosa, di cui da tempo si parla, è il blocco del "turn over", cioè il blocco delle assunzioni, che, tra le altre cose, negherebbe alle nuove generazioni la possibilità di entrare a far parte dell’università. Mancato "turn over", tagli all’FFO, trattamento per i ricercatori, blocco degli scatti stipendiali: sono tutti provvedimenti volti ad operare un progressivo dimagrimento dell’università. Non vi sembra, con la scelta di astenervi dalla didattica, di penalizzare soprattutto gli studenti, che sono gli unici a pagarne direttamente le conseguenze?

Ci parli di lei, della sua situazione all’interno dell’università, dei motivi che l’hanno spinta ad aderire alla protesta. Sono ricercatrice di Storia della Chiesa Medievale a Verona e ho deciso di aderire alla protesta insieme ad altri 10.000 ricercatori italiani, dando la mia indisponibilità alla didattica. In questo momento mi trovo in una posizione delicata perché sono l’unica responsabile di un settore scientifico-disciplinare che è quello di storia del cristianesimo. Anche diversi miei colleghi si trovano in questa situazione e ciò la dice lunga su alcune storture che sono venute a crearsi all’interno dell’università. Ma le soluzioni proposte sono altrettanto inadatte a venire incontro alle esigenze degli studenti, della ricerca, del territorio. Sono soluzioni che partono da un taglio indiscriminato: non si guarda cosa si va a colpire. Ecco perché anch’io, come molti colleghi, mi sono sentita di aderire a questa presa di posizione che, voglio sottolinearlo, non è una protesta contro il mio ateneo. Quali sono i principali punti del DDL Gelmini che contestate? Parto dalle vicenda dei ricercatori visto che appartengo a questa categoria. Quello che è stato approvato in luglio è un DDL che mette i ricercatori a tempo indeterminato su un binario morto, di fatto creando ostacoli praticamente insuperabili alla loro possibilità di continuare la ricerca e al loro legittimo desiderio di proseguire lungo un percorso accademico attraverso la costan-

PASS 4

Occorreva trovare una modalità di protesta costruttiva, che non ci facesse apparire come corporativi o autoreferenziali: nessuno di noi ha mai pensato, ad esempio, di bloccare le tesi di laurea, perché questo vi avrebbe ingiustamente penalizzati. Ma occorreva trovare un modo per diventare interlocutori di un certo spessore. Anche professori ordinari e associati e lo stesso rettore sono andati nella stessa direzione, quella di far sentire il loro dissenso nei confronti di tagli indiscriminati che colpiscono *tutte* le università, indipendentemente dai meriti o dalla situazione economica in cui versano. In questo modo si verrebbero a mettere sullo stesso piano atenei virtuosi e atenei che non hanno rispettato giuste procedure. Perciò l’unico modo in cui potevamo far sentire la nostra voce era quello di astenerci dalla didattica. Ciò ha comportato anzitutto una grande sofferenza, perché l’insegnamento, come tutte le attività in cui ci si mette in gioco e si stabiliscono delle relazioni,

**


aggiornamento!

Marta poli

L’intervista fatta alla professoressa Rossi risale ai primi mesi del semestre scorso (quando Pass sarebbe dovuto uscire); abbiamo ritenuto ad ogni modo interessante e necessario pubblicarla ora (quando Pass è stato finalmente finanziato): infatti la sostanza e le motivazioni restano comunque e siamo qui a ribadirle, nonostante tutto. Come sappiamo infatti il disegno di Legge Gelmini sull’Università è diventato Legge; di qui alla sua applicazione potrà passare fino ad un anno, il tempo per scrivere i cosiddetti decreti attuativi. Intanto, tutte le Università dovranno riformulare i propri statuti. Ecco quanto dichiarano i membri del Coordinamento dei Ricercatori veronesi: Il Coordinamento dei Ricercatori veronesi che si sono nei mesi scorsi mobilitati contro il DDL Gelmini ritiene che nella fase attuale i primi passaggi concreti, con i quali occorre misurarsi nel nostro Ateneo e altrove, è un’attività arricchente, interessante, che fa procedere anche la sono legati al processo di prima applicazione delle norme contenute nella legge 240/10 (Legge Gelmini), e ricerca, poiché da una relazione vengono nuove idee, si ampliano in particolare: le prospettive. Abbiamo deciso di sospendere la didattica · l e riforme degli statuti, nel senso di una partecipazione democratica, paritaria ed elettiva agli organi di perché noi, nel nostro contratto, non siamo tenuti a svolgergoverno, Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione (CdA), e alle commissioni di Ateneo, ivi compresa la commissione di disciplina; la. L’abbiamo fatto, rispondendo negli ultimi anni ad un appello · l a garanzia di un processo trasparente e condiviso per la revisione degli statuti stessi; alla responsabilità. Ma l’abbiamo fatto, è giusto farlo presente, · l ’affermazione del Senato Accademico come l’organo di indirizzo e programmazione delle attività didattiche gratuitamente. Prima di fare ciò, abbiamo chiesto l’appoggio ai e di ricerca; nostri colleghi ordinari e associati e l’abbiamo ottenuto, pieno e · la limitazione al minimo previsto dalla legge del numero di consiglieri ‘esterni’ per il CdA; · l a partecipazione democratica all’elezione del Rettore di tutte le componenti universitarie, e in particolare incondizionato. la partecipazione a pieno titolo di tutti i Ricercatori. Siamo consapevoli che qualche disagio lo stiamo creando, soprat-

tutto a voi studenti e in questo momento vi chiediamo, così come la nostra non è stata una protesta corporativa, ma corale, per il bene dell’università, una risposta altrettanto corale. Vi chiediamo di tollerare, in questo periodo, un po’ di frustrazione e di farlo credendo che servirà a migliorare la situazione. Nel disegno di legge che ci si appresta a varare è bene ricordare che di studenti non si parla molto! Pensa che in questo momento gli studenti siano propensi a capire quello che state facendo, e di conseguenza ad appoggiare la vostra decisione? Vede, io non ho il polso di tutti gli studenti, ragiono molto in una dimensione di tipo esperienziale. So che ogni volta che ho parlato rivolgendomi direttamente a loro, ho avuto un feedback positivo. Quando c’è la possibilità di spiegarsi, gli studenti risultano persone mature, in grado di capire. Poi so che ci sono stati, ad esempio a scienze della formazione, dei momenti di tensione, però forse queste cose si possono risolvere faccia a faccia, raccontando come stanno le cose. Purtroppo c’è in questo momento, in Italia, la tendenza a vedere chi protesta come un sabotatore, ma noi non lo siamo, siamo persone che lavorano con grande amore e passione. Si è detto che i ricercatori protestano perché vogliono l’ope legis, cioè il passaggio automatico, senza concorso, quindi senza valutazione, alla fascia superiore. Se fosse passata questa idea, avrei immediatamente abbandonato la protesta, così come tutti gli altri miei colleghi di questo e degli altri dipartimenti, perché non è quel che ci interessa. Il nostro obiettivo è quello di far capire che non si può fare una riforma dell’università senza preoccuparsi delle risorse per la ricerca e per chi la fa. Secondo lei, c’è un reale rischio che qualcuno possa cercare di far passare la vostra come una protesta corporativa, fatta solo per voi stessi? Sicuramente c’è. Nel momento in cui ce ne siamo resi conto abbiamo deciso di iniziare a parlare con gli studenti. L’assemblea di mercoledì (14 ottobre, [ndr]) è un evento davvero importante; noi siamo un po’ in ritardo ed è quello che potete, anzi, che dovete rimproverarci. C’è stato un senato accademico in giugno in cui i rappresentanti degli studenti hanno detto che sulla protesta dei ricercatori non si sarebbero espressi perché non ne sapevano nulla; questo ci ha fatto davvero male: lì abbiamo capito di aver sbagliato e che avremmo dovuto muoverci prima. Ma sono errori fatti in buona fede, ci siamo mossi spinti solamente dal desiderio di andare verso il meglio. Speriamo di essere riusciti, almeno in parte, nel nostro intento e in ogni caso abbiamo ottenuto due cose importanti: siamo divenuti interlocutori, pur essendo la parte più debole e, inoltre, si è creata una rete di collegamento con molte università italiane, che si è rivelata utile anche per quanto riguarda la ricerca. Mi piacerebbe però, che ci fosse un riconoscimento anche da parte degli studenti. Vi chiediamo di sopportare il disagio momen-

taneo e di credere in quello che stiamo facendo. Questo è il mio messaggio finale. Nessun interesse personale ci muove.

** in risposta alla dichiarazione del ministro dell’economia Giulio Tremonti: 'non è che la gente la cultura se la mangia', a cui voglio dedicare la mia intervista. Link utili: http://www.rete29aprile.it/ http://it-it.facebook.com/group.php?gid=161944293816560

5 PASS


La lista studentesca Student Office è collegata a Comunione e Liberazione? Domande e indagini FEDERICA ROSA

In varie occasioni mi è capitato di sentir dire da studenti di varie università che è risaputo che la lista studentesca Student Office sia collegata a Comunione e Liberazione, anche se tende a nasconderlo. Studenti degli atenei di Padova, Trento, Milano e Brescia. Del resto su internet si scopre in un battibaleno che questo si vocifera (e se ne scrive pure) anche a Bologna, ad esempio. Mi chiedo dunque se tutto questo sia una speculazione sul nulla, un delirio collettivo, o se non sia il caso di approfondire la questione provando a porsi delle domande: come mai un movimento ecclesiale dovrebbe essere presente nell’università statale? Che conseguenze ne nascerebbero se ciò fosse vero? Ma soprattutto, quale fondamento hanno queste voci? A partire da questi dubbi ha avuto inizio una ricerca che si è rivelata molto più complessa del previsto. Il primo passo è stato provare a contattare gli studenti eletti nelle file di Student Office. Purtroppo non è stato possibile ottenere un’intervista. Di fronte a ciò, persino presupponendo un'assoluta estraneità di Student Office rispetto a CL, il fatto che si rifiutino di confrontarsi

PASS 6

anche semplicemente per smentire queste voci risulta paradossale. Rivolgo dunque l’invito a tutti i rappresentati di Student Office che leggeranno questo articolo a contattare la redazione per rispondere a questo pezzo e per confrontarsi sull’argomento. Di fronte all’impossibilità di parlarne, come correttezza vorrebbe, con i diretti interessati, ho cominciato a leggere con attenzione particolare i volantini che Student Office diffonde nell’ateneo veronese, ho riascoltato le interviste che Fuori Aula Network (la web-radio dell’università di Verona) ha fatto ai candidati rappresentanti nel maggio scorso, ho scandagliato il web e ho compiuto qualche ricerca anche nella cara vecchia biblioteca. Questo articolo vuole essere un mezzo per rendere pubblici i risultati di queste ricerche, che non sono certo la prima a compiere e che comunque non sono che all’inizio. Dicevo dunque che il primo passo è stato leggere con particolare attenzione i volantini di Student Office per i corridoi, lettura che non ha chiarito nessuno dei miei dubbi, poiché in essi CL non è mai nominata, né lo è su www.studentofficevr.org o su www.clds.it (Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio cui Student Office fa riferimento). Ascoltando le interviste di Fuori Aula Network ai rappresentati candidati per le elezioni che si sono tenute il 12-13 maggio 2010 (http://www.fuoriaula. com/fuori-aula-network/rassegnati/) non scopro nulla di interessante per la mia ricerca, a parte il fatto che Giulia De Guidi afferma “desideriamo […] garantire la possibilità di iniziativa e di espressione a tutte le associazioni e gruppi studenteschi che operano nell’Ateneo”. Strano modo di garantire l’espressione non rispondere agli articolisti di Pass… Sul web si trovano invece numerose informazioni che ci interessano: su http://it.wikipedia.org/wiki/ Comunione_e_Liberazione , alla voce “CL nell'ambiente universitario”, leggo: “CL dichiara di non avere come scopo il fare politica quale movimento ecclesiale di educazione ad una matura vita di fede. Tuttavia alcuni aderenti al movimento di Comunione e Liberazione partecipano attivamente alla politica universitaria mediante liste universi-

tarie (dichiaratamente apartitiche e indipendenti), così come alla politica locale, nazionale ed europea. Questo per seguire l'insegnamento della Chiesa di portare Cristo in tutti gli ambienti della società (cfr. Gaudium et Spes, http:// it.wikipedia.org/wiki/Gaudium_et_ Spes, ndr).[…] Le liste universitarie nate da aderenti a Comunione e Liberazione […] attualmente fa[nno] riferimento a sigle come Student Office, Obiettivo Studenti, Lista Aperta per il Diritto allo Studio, Ateneo Studenti riunite in una federazione nata negli anni novanta e denominata Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio (CLDS).” Il paragrafo dedicato all’argomento prosegue ancora per molte righe. Ad ogni modo, il risultato forse più interessante di tutte queste ricerche è stato individuare sullo stesso sito ufficiale di Comunione e Liberazione, versione italiana (www.clonline. org/it), diversi articoli tratti da “Tracce. Rivista internazionale di Comunione e Liberazione” in cui si parla di Student Office, mentre non si nomina nessun’altra attività di nessun’altra lista studentesca. Alcuni esempi: “Tracce momenti clu” del 01/07/2006, in cui CLU sta per Comunione e Liberazione – Universitari (http://www.clonline.org/ Art_dett.asp?testo=OFFICE&image. x=18&operatore=AND&image. y=6&ID=20060731); rubrica “Lettere” del 01/07/2005 (http://www.clonline. org/Art_dett.asp?testo=office&image. x=0&operatore=AND&image. y=0&ID=20050702) e del 01/03/2001 (http://www.clonline. org/Art_dett.asp?testo=office&image. x=0&operatore=AND&image. y=0&ID=20010424). Inoltre il sito ospita i comunicati stampa del CNSU in occasione della “netta affermazione del Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio (CLDS)" (http://www.clonline.org/articoli/ita/ CS180507.htm) e di Obiettivo Studenti di Milano (http://www.clonline. org/it/testi/Art_dett.asp?Giornale =Volantino&ID=1316). Potrei continuare così a lungo, ma a questo punto vorrei passare alle domande successive: come mai Comunione e Liberazione si dovrebbe occupare di università pubblica? E in che modo?


Quali conseguenze avrebbe tutto questo? In realtà, a monte di queste domande ve ne sono altre: cos’è esattamente Comunione e Liberazione? Come si definiscono loro stessi e come li definisce chi ha cercato di studiare in ambito accademico questo fenomeno? Su www.clonline.org/it/testi/cosaecl. html leggo: “Comunione e Liberazione è un movimento ecclesiale il cui scopo è l’educazione cristiana matura dei propri aderenti e la collaborazione alla missione della Chiesa in tutti gli ambiti della società contemporanea. È nato in Italia nel 1954 quando don Luigi Giussani diede vita, a partire dal Liceo classico «Berchet» di Milano, a un’iniziativa di presenza cristiana chiamata Gioventù Studentesca (GS). La sigla attuale, Comunione e Liberazione (CL), compare per la prima volta nel 1969. Essa sintetizza la convinzione che l’avvenimento cristiano, vissuto nella comunione, è il fondamento dell’autentica liberazione dell’uomo. Attualmente Comunione e Liberazione è presente in circa settanta Paesi in tutti i continenti. Non è prevista alcuna forma di tesseramento, ma solo la libera partecipazione delle persone. […] Rivista ufficiale del movimento è il mensile internazionale «Tracce - Litterae Communionis».” Sul sito vi sono molte altre informazioni, che invito i lettori a consultare autonomamente per evidenti questioni di spazio. Per quanto riguarda invece gli studi su CL, uno dei professori che se ne sono occupati è, ad esempio, Enzo Pace, Ordinario di Sociologia generale presso la Facoltà di Scienze Politiche all’Università di Padova. In Il regime della verità. Mappa ed evoluzione dei fondamentalismi religiosi contemporanei (Bologna, Il Mulino, 1990, pp. 176, € 9,30) a pagina 91-92 Pace scrive che CL si presenta come “l’avanguardia dei ‘puri’, gli annunciatori di un messaggio di riforma che nessun altro gruppo di cattolici è oggi in grado di proporre... Il

tratto che abbiamo appena detto, unito alla sindrome da accerchiamento che sta all’origine del movimento, producono inevitabilmente una concezione di ‘ecclesia’ che presenta molti aspetti del tipo setta: a CL si aderisce volontariamente, ci si converte alla sua teologia, si milita nelle comunità da essa disegnate, ci si serve dei servizi sociali che essa offre, si leggono le riviste, i giornali e i libri da essa pubblicate nei circuiti controllati dal movimento ”. Pace si è poi occupato di CL anche ne I fondamentalisti, scritto con Ren-

zo Guolo (Roma-Bari, Laterza, 1998, pp.170, € 7,23) Ma anche all’estero si sono interessati di questo fenomeno: Dario Zadra, ad esempio, ha scritto Comunione e Liberazione: A Fundamentalist Idea of Power (in Accounting for Fundamentalisms, The Fundamentalism Project, volume 4, edito da Martin E. Marty e R. Scott Appleby, The University of Chicago Press, Chicago, 1994, pp.888, $ 48). Marco Marzano, Professore Ordinario di Sociologia dell'Organizzazione e Metodologia delle Scienze Sociali presso l’Università di Bologna, ne Il cattolico e il suo doppio. Organizzazioni religiose e Democrazia cristiana nell'Italia del dopoguerra (Milano, Franco Angeli, 1996, pp. 304, € 31) a p. 218 scrive: “A me sembra che, osservando l’esperienza di CL principalmente dal punto di vista del rapporto èlite-seguaci e dunque della natura del dominio politico, si possa concludere che esso è piuttosto un movimento totalitario”. Anche in questa direzione si potrebbe

continuare a lungo. Interessante è il fatto che questi studiosi descrivono CL come un movimento con un’idea fondamentalista del potere, un movimento totalitario, settario. Ma queste, obbietteranno alcuni, sono solo tre posizioni su moltissime altre! Certamente, risponderei io. Questo articolo non ha come scopo principale quello di offrire risposte esaustive ma di proporre alcuni esiti di una ricerca che dura da tempo e che dovrebbe destare curiosità e spingere i lettori a compiere ulteriori ricerche, al fine di formarsi da sé un’opinione in merito, perché essi possano essere consapevoli di chi li rappresenta, di chi votano alle elezioni studentesche. Ecco dunque che le domande più spinose restano senza risposta: Come mai Comunione e Liberazione si dovrebbe occupare di università pubblica? E in che modo? Quali conseguenze avrebbe tutto questo? Le ribadisco ulteriormente perché continuino a riecheggiare nella mente di chi legge anche dopo aver riposto Pass in un angolo dello zaino.

7 PASS


BESTIARIO

rubrica sul_ nostro_ ateneo: osservazioni_ lamentele_ aneddoti..

B oo m di iscritti a Biotecnologie paolo marchi

Stop alle lezioni, non c’è posto per tutti

I corsi del primo anno universitario di Biotecnologie sono slittati al 18 ottobre, con due settimane di ritardo rispetto ai tempi previsti. Non è bastato “sdoppiare” il Corso per le ben 650 matricole iscritte quest’anno, 260 in più del precedente. Le polemiche non mancano, ma sull’articolo apparso sull’Arena il 07/10/2010 sono riportate parole piuttosto tranquillizzanti del Preside della Facoltà di Scienze, Roberto Giacobazzi: “Tale ritardo non pregiudica né la qualità dei corsi, né il loro corretto svolgimento nell'ambito del semestre”. Insomma, il Preside getta acqua sul fuoco, ma parole tranquillizzanti erano state rivolte anche agli iscritti all’anno precedente (2009/2010), tra cui il sottoscritto. Ad inizio ottobre 2009, in un’Aula Magna tracimante di ragazzi e ragazze, il Preside rassicurava che a partire da gennaio gli studenti avrebbero potuto seguire le lezioni in un’aula dalla capienza maggiore. In realtà quelle promesse non furono mai mantenute e gli studenti subirono per mesi i disagi causati dal sovraffollamento dell’Aula Magna. Non era facile reperire i posti a sedere, o meglio, molti studenti erano costretti a seguire diverse ore di lezione appollaiati sulle scalinate. Inoltre non è difficile immaginare come, con un numero così elevato di studenti, l’aula fosse molto rumorosa. Erano poi previste esercitazioni di laboratorio di chimica, da tenersi come logico in un laboratorio attrezzato; in realtà, a causa della sproporzione tra numero di studenti (390) e capienza del laboratorio (30 persone), le esercitazioni furono svolte in Aula Magna con delle simulazioni attraverso un proiettore. Per spiegare la crescente affluenza a Biotecnologie si devono fare alcune considerazioni.

Ogni anno il numero di studenti che prova il test d’ammissione per Medicina a Verona cresce in maniera esponenziale, molti tra gli esclusi da quella graduatoria si iscrivono al corso di Biotecnologie in modo da ottenere una preparazione propedeutica al test di Medicina dell’anno successivo. A questi vanno aggiunti quelli che restano fuori dai Corsi di Biotecnologie a numero chiuso delle province limitrofe. Infatti per l’anno 2010/2011 a Brescia il numero massimo di posti disponibili ammonta a 52; a Padova è 46, a Trento 75. Con tali problematiche verosimilmente dovranno fare i conti anche le 650 matricole di quest’anno. Peraltro anche i più ottimisti faranno fatica a credere che in due settimane si riesca a far fronte a tutti i problemi di spazi e docenti necessari che fino al 4 ottobre 2010 non erano stati previsti. Che si tratti di un difetto di lungimiranza o di organizzazione, chi ci guadagna per il momento sono esclusivamente le casse dell’Università che hanno già ricevuto i 715,12 euro della prima rata versati da ciascun iscritto, ossia quasi mezzo milione di euro (464.828 euro) moltiplicando per i 650 iscritti alla Facoltà; la seconda rata verosimilmente raddoppierà abbondantemente questa cifra. Appare dunque stridente il confronto tra il ricavo economico che l’Università di Verona riceve dal Corso di Biotecnologie e le problematiche che pesano sugli studenti, in termini di apprendimento, e sulle loro famiglie, che pagano la retta universitaria per un servizio che non è fornito con la qualità adeguata e richiesta. Sebbene il Preside abbia manifestato la volontà di evitare che il problema si ripresenti in futuro, annunciando l’introduzione dall’anno prossimo del numero chiuso per il Corso di Biotecnologie, per ora gli studenti non possono far altro che sgomitare per guadagnarsi un posto a sedere e il diritto a un’istruzione di qualità.

RISPONDE Guido Avezzù / Preside di Lettere e Filosofia

Cerco di rispondere a Matteo Bellamoli (Pass 21, giugno 2010, pagina 6), sperando di rassicurare indirettamente Carolina Pernigo (nel riquadro “Dissenso”, stessa pagina). Si parlava dei crediti a scelta. Per prima cosa l’aspetto formale. I crediti D (“a libera scelta dello studente”) sono previsti dalle tabelle ministeriali, tanto nell’ormai vecchia riforma del 1999 quanto in quella del 2004. E sono ineliminabili. Li hanno anche – per citare i due esempi portati da Bellamoli – Medicina e Chirurgia (8 crediti di “insegnamenti elettivi”) e Giurisprudenza (12 crediti). Indecisi, come sempre, il legislatore (auspice la Ministra Moratti) e l’esecutore (il Ministro Mussi) hanno ondeggiato fra due orientamenti: i crediti “a scelta” (ovvero ambito D) dovevano essere strettamente connessi al percorso e alla disciplina di laurea, oppure no, allo studente spettava un indefinito margine di scelta. Talvolta i regolamenti didattici delle varie lauree lasciano uno spiraglio, suggerendo che i crediti D siano in qualche modo coordinati al percorso didattico. Inoltre: la riforma della riforma (nel 2004) collocava in D sia insegnamenti/esami con voto, sia altre attività formative (come scrive Bellamoli: «corsi per crediti F, eccetera»); ma poi spesso i regolamenti didattici hanno adottato l’orientamento di ammettere in D solo insegnamenti/esami con voto – il che è formalmente discutibile. Ma con questo siamo già all’aspetto sostanziale. Nella Facoltà di Lettere e Filosofia i crediti D servono soprattutto per mettere in piano gli esami necessari per accedere all’insegnamento. Questo è stato vero più che mai per il vecchio 3+2 e in rapporto alle norme che tuttora (fino a quando?) regolano l’accesso all’insegnamento; queste norme dovrebbero essere superate da un nuovo regolamento che sostituisce la SSIS ormai defunta: il regolamento è pronto, è stato approvato in tutte le sedi ma non è stato ancora promulgato – evidentemente la Ministra Gelmini ha altro a cui pensare. SE questo regolamento verrà finalmente pubblicato, bisognerà studiare accuratamente dei percorsi didattici che, dopo 5 anni di università e 1 anno di tirocinio, portino i laureati in Filosofia + Scienze filosofiche a poter insegnare – se questa è la loro vocazione – Filosofia ecc., i laureati in Lettere e nelle magistrali corrispondenti a poter insegnare le materie letterarie e storiche, i laureati in Beni culturali e nella magistrale corrispondente a poter insegnare le discipline artistiche. Senza escamotage – leggi: senza esami solo formalmente “a scelta”, in realtà tappabuchi di quello che non si è fatto nel piano di studio normale, ma con attività formative davvero "elettive". Perché gli esami a scelta, caro Bellamoli, fanno bene. Soprattutto se corrispondono a un reale interesse e se consentono di fare delle digressioni fuori del tracciato obbligato – a parte che a Veterinaria (ma anche a Scienze, a Medicina ecc.), Filosofia della Scienza non dovrebbe essere tollerato, ma obbligatorio. Alla Columbia University TUTTI gli studenti sono obbligati, se non ricordo male, a due corsi semestrali di humanities. E succede, come è accaduto a me di incontrare, che uno studente abbia letto tutta la Gerusalemme liberata in originale, padroneggi l’italiano del Tasso, e non sia iscritto alla laurea in Letteratura italiana, ma a Odontoiatria.

PASS 8


La po rta del la so lid ar ie tà

É aperta la porta della solidarietà a Veronetta, in zona universitaria ////////// alice dalla vecchia Uomini invisibili, dimenticati e abbandonati a se stessi. Sono i “senza fissa dimora” della città di Verona. Da quasi un anno è stato aperto un rifugio vicino al parcheggio Passalacqua, in prossimità del Polo Zanotto, per offrire una cena o una colazione a queste persone che non hanno un posto dove stare. Studenti e studentesse che ogni giorno vi trovate nei pressi di quest’edificio, non siete a conoscenza di cosa avviene all’interno dell’ex caserma, non notate quella R2 in tonalità blu acceso, ci passate davanti affrettandovi per arrivare all’università. Qualcuno forse si è accorto che, aldilà delle palpebre assonnate della mattinata scaligera, si apre una piccola porta all’aiuto, per una colazione sostanziosa organizzata dall’associazione Gli amici di Paolo Favale. Referente di questa organizzazione è Mariarita, una signora che conosceva Paolo Favale, un volontario che un giorno aiutò un senzatetto alla stazione di Porta Vescovo e da quella prima volta fu un continuo susseguirsi. Ogni mattina era dedicata a queste persone. Il servizio svolto venne preso d’esempio da altri che si unirono a lui, formando un gruppo di volontari disposti ad offrire del tempo all’altro. Ecco svelata una realtà nascosta. Ma ragazzi! Questo portoncino, di notte, verso le 10 e mezza, si trasforma in mensa per senzatetto. La Ronda della Carità di Verona, con un gruppo di volontari pieni di voglia d’aiutare, si riunisce in questa mensa appartenente in passato all’esercito, per

sfamare quelle persone che molti dimenticano ed evitano per la strada e scambiare con loro qualche parola e battuta scherzosa. I clienti, se possiamo così chiamarli, sono rappresentati da una colorita varietà: la famiglia composta da moglie, marito, figlio e nonna, sempre gentili e golosi di “spuma”; la coppia di ragazzi che stanno assieme, vestiti di marca, con piercing, che chiedono sempre della pizza in più; quel signore simpatico che ti affibbia il nomignolo “stela” e che diventa il tuo secondo nome; il signore di colore sempre ubriaco, che crede d’essere il Messia e cita le Sacre Scritture a memoria. Ogni sera questa mensa si popola di persone dimenticate, ma grazie ai volontari è possibile trasformare una triste nottata in qualcosa di speciale. Gli homeless entrano e solitamente Lino, uno dei volontari, distribuisce loro un sacchetto con pane, tè caldo, un dolce e ognuno scrive il proprio nome e la nazionalità dalla quale proviene su un foglio. La distribuzione avviene come una semplice ordinazione al ristorante, senza listino e scelta, in quanto di solito si offre un piatto di pasta o, in alternativa, del minestrone. Le persone si siedono e i volontari provvedono a chiedere le loro preferenze. Il giro successivo prevede delle pizzette, se i fornitori lo permettono, si passa poi con il pane e un dolce finale per dare loro una buonanotte, accompagnata da un sorriso affettuoso. C’è chi pronuncia un grazie felice, chi non dice nulla, oppure chi lo esprime semplicemente sorridendo. I volontari, dopo aver sistemato e pulito la stanza della mensa, ritornano alla sede per scaricare e mettere in ordine, in modo che la sera successiva gli altri rondini trovino tutto al loro posto per iniziare il loro giro notturno. La serata è finita, i volontari si salutano, promettendo di vedersi la settimana dopo, tornano nelle loro case a dormire nei loro letti, ma prima di chiudere gli occhi, un pensiero va a quelle persone che per letto utilizzano una scatola di cartone e riflettono su quanto siano fortunati. Fatelo anche voi. Se vuoi diventare volontario alla Ronda della Carità chiama il numero 349-3816616 oppure visita il sito info@rondadellacaritaverona.org. Aiutare gli altri ti renderà felice.

9 PASS


RACCONTARE LE CRISI non più oggetti ma soggetti dell’Informazione Lo Schermito

Qualche mese fa al mio indirizzo di posta elettronica è arrivato un articolo di un mio caro amico conosciuto anni fa in Burkina Faso durante la partecipazione a un progetto di sviluppo culturale nel paese e in particolare nei dintorni della capitale Ouagadougou. Il mio amico Andrea, usando un nome fittizio di proposito, ha scritto un breve racconto preceduto da alcune domande e poi l’articolo vero e proprio in italiano, grazie alle sue conoscenze linguistiche (tre lingue europee); il sogno di diventare un aspirante giornalista nel suo paese e ancor di più l’influenza culturale del giornalista burkinabe Norbert Zongo, ucciso nel dicembre del 1998, ancor oggi commemorato nel paese da molte persone (www. cnpress-zongo.net), lo hanno stimolato a cimentarsi nel giornalismo. Il mio unico contributo è stato quello di smembrare l’articolo in tre parti, rivedendo i testi. Naturalmente il tutto è stato concordato con l’autore e ogni possibile mancanza è da imputarsi soltanto al sottoscritto. Per concludere posso fare solo una considerazione sull’argomento trattato dal nostro aspirante giornalista: le inchieste, i reportage e i servizi giornalistici sulle tragedie e sulle crisi umanitarie rivestono, naturalmente, un ruolo importante per l’opinione pubblica dei paesi che ce l’hanno, ma la questione è se ciò vale anche per quei paesi o realtà che l’opinione pubblica non possono averla, perché si è preferito o è successo e basta che non vi fosse: non sono proprio sicuro che l’attuale sistema d’informazione giornalistica dei paesi che possono permettersela contribuisca a dare un servizio utile alle popolazioni che vivono situazioni di emergenze o crisi umanitarie. 1. Qual’è l’utilità dell’Informazione a senso unico, proposta in genere dalle redazioni estere dei grandi contenitori della comunicazione, per il contadino che vive nel villaggio di Khost in Afgha-

PASS 10

nistan o per il commerciante che ha un negozio di articoli elettronici ad Asmara in Eritrea? 2. Per compiere una azione umanitaria diretta e completa, basata su nuovi approcci e idee organizzative, non credete che si potrebbe dare lavoro alle persone del paese o dell’area geografica colpita dalla crisi umanitaria come giornalisti on-line e off-line, free-lance, cameraman, tecnici del suono, tecnici delle luci, addetti alle comunicazioni satellitari, interpreti, tecnici del web ecc.., prima tramite una formazione professionale e poi attraverso contratti veri e propri (non spiccioli per la maggior parte versati al nero, come accade molto spesso per ‘incarichi’ che comunque contribuiscono all’Informazione) con i telegiornali,le testate giornalistiche, le radio e le televisioni off-line e on-line di tutti quegli Stati interessati a informare i loro cittadini? 3. Questo modo di raccontare le crisi umanitarie non sarebbe una nuova sfida, un nuovo modo di fare per gli operatori del settore, magari un po’ meno da protagonisti e un po’ più da registi? Mi hanno regalato una dentiera. Mi fanno domande e io rispondo. Mi chiede come facciamo a cucinare, a lavare la verdura, se i bambini hanno fatto l’antitifo, se mia moglie ha abbastanza latte per il neonato, se la corrente elettrica in questa settimana è arrivata al villaggio. Poi mi chiede se sono pronto a fare l’intervista, e io:”certo che si, ma per i denti che mi dice, gli rifacciamo questa volta, magari solo i canini?”, e lei mi risponde di sì, che ha parlato con quella della Ong (Organizzazione non Governativa) per la sanità locale e che questa volta è sicuro di sì. Poi mi dice che tra 5 secondi giriamo e fa un cenno all’uomo con la telecamera, un cenno stizzoso e l’uomo inizia il suo lavoro avvicinandosi all’oculare, regola un po’ il sostegno della macchina verso l’alto, sposta la tele-

camera sulla donna che domanda come sta, e lui le fa cenno che è tutto in ordine: e lei: “3 2 1.. si gira”, lancia il servizio con un bel sorriso bianco latte, compatto e speranzoso, guardandomi mi chiede, con il suo microfono lievemente impolverato, come sta il mio bambino (quello in età da poppata) e se sono contento del progetto Adotta a distanza di cui la mia famiglia fa parte. Io sorridendo con la mia scacchiera ingiallita le rispondo di essere orgoglioso di ricevere un aiuto così sostanzioso dagli italiani....Avrei voluto anche chiederle se gli italiani sapevano che i soldi del progetto erano stati dirottati, per buona parte, dalla Ong al signorotto locale e ai suoi capetti militari con l’appoggio della tv europea per la quale ‘bel sorriso’ lavora, con lo scopo di poter continuare a gestire quella parte della provincia senza dover temere imboscate e così non perdere l’assegnazione dei fondi provenienti dall’EuropeAid (programma di cooperazione e sviluppo, ndr) e per quanto riguarda i giornalisti, poter continuare a fare i propri servizi senza temere per la vita e per il lavoro da inviati esteri. Lei guarda verso la macchina e annuncia un evento particolare, così inizia a parlare degli anni terribili che hanno caratterizzato il mio paese, la mia provincia e in particolare il villaggio di Adotta a distanza; la donna gira lo sguardo e indica alla telecamera la cucina (enfatizza ancora una volta lo stato di scarsa igiene delle case degli abitanti del luogo) e indica con il braccio semi disteso, ruotando leggermente le spalle dietro di se, quello che sarebbe dovuto essere uno spettacolo sconvolgente per i telespettatori a casa, e invece una parola fredda e monca fuoriesce dalla sua bocca:“stOOO...!!ma cos’è successo alla cucina!!??..” esclama. Mia moglie, alcuni giorni prima, aveva ricevuto dalla Ong un po’ più di detergente del solito flaconcino sufficiente solo per i piatti, così, tra i reumatismi e il poppante appeso alla schiena, ha disinfettato


UMANITARIE: la cucina a fondo. Allora, per farle un bel regalo, ecco che ho pensato di costruire una finestrella per chiudere il rettangolo che si apriva proprio al centro della parete, in modo che la polvere e gli animali notturni non ci venissero sempre a trovare: e così ho fatto. “No, ferma tutto Jack, torna con il nastro all’inizio..ma tu guarda caz...vengo qua dopo ore di viaggio tra polvere e mosche.. e tu che fai?! Mi riassetti la cucina...ma guarda anche l’ingresso della capanna, tutto troppo apposto!” e con gesto isterico accompagnato dal microfono che tiene in mano, si alza e continua a borbottare imprecando; cammina intorno alle sedie e in posizione del capo inclinata, assorta in chissà quale soluzione per rimediare a quella situazione, si avvicina all’uomo e gli da velocemente l’ordine di smontare l’attrezzatura per trovare un posto migliore per l’intervista. ‘Bel sorriso’ s’incammina verso l’uscita della nostra baracca, l’uomo la segue indaffarato a tenere cavalletto, telecamera, luce e un groviglio di fili che adesso gli pendono dalla spalla sinistra; mia moglie, con il poppante sulla schiena e il suo abito migliore indosso, s’ incammina dietro alla troupe, così che tutti e tre ora sembrano uscire da un set di un film: all’improvviso sento il tipico tip tap di chi sta per cadere e poi un urlo, un’imprecazione. Fuori l’uomo è nel fango, con la telecamera riversa sul ventre, la luce poco più in là capovolta e ‘bel sorriso’ con un cavo in mano: tentando di sorreggere l’uomo nella caduta, la donna aveva afferrato l’unico cavo che si era sfilato dal groviglio. E di nuovo ‘bel sorriso’ che gironzola intorno al ferito mentre borbotta e maledice un po’ tutto. Ecco, quel giorno imparai ad usare la telecamera nelle riprese sul cavalletto, dato che l’uomo si era slogato una caviglia, mentre alle mie spalle i parenti e i bambini scherzavano sulle mie doti da cameraman, facevano festa, chi scattando qualche foto vecchia, chi

chiedendomi con insistenza di poter guardare dentro quella macchina che molti di loro, ormai grandi, avevano sempre visto da quando erano bambini, davanti alla quale avevano sorriso, pianto, salutato, avevano fatto pietà a qualcuno al di là di quel piccolo obbiettivo che divideva solo persone. I mesi passarono; gli anni anche; mi ritrovavo ormai con alcuni capelli grigi; nella baracca al villaggio non ci stavo più; io, mia moglie e i miei due bambini rimasti, ci eravamo trasferiti in un villaggio vicino sei ore a piedi; gli aiuti umanitari erano finiti da diverso tempo; delle telecamere e dei ‘bei sorrisi’ non si vedevano più ne cavalletti, ne microfoni; il capo locale era stato assassinato dalle nuove fazioni politiche, che alleandosi si erano spartite il territorio, perciò i contratti con Ong e giornalisti non furono più rinnovati. All’epoca ci provai a farmi avanti con ‘bel sorriso’ per fare avere dei piccoli lavoretti alla gente del mio villaggio come aiuto-assistente per i suoi servizi; sarei stato disposto in prima persona anche a portarle informazioni fresche e nuove fonti da intervistare, ma evidentemente non avevano capito che o stavano con noi portandoci lavoro, tranquillità e basi solide per il nostro futuro o avrebbero avuto sempre più problemi nel mantenere la fiducia con questi posti, specialmente dopo che si affacciarono sulla scena politica del mio paese gruppi politici molto avversi alle ingerenze colonialiste straniere, fomentando la popolazione ad estraniarsi dalle voglie dei giornalisti e dagli aiuti effimeri delle Ong. Oggi i nuovi padroni hanno cambiato strategia; oggi i padroni e i para-militari che li appoggiano hanno fatto piazza pulita degli aiuti umanitari e dei servizi giornalistici stranieri; oggi i nuovi padroni mi

hanno regalato una dentiera, mia moglie e i miei ragazzi riescono a mangiare due volte al giorno; le strade non sono più di fango ma di terra battuta, l’elettricità arriva 3 volte a settimana grazie al generatore per il nostro posto comando; le città del paese hanno visto aumentare la loro popolazione, che adesso si accalca nelle periferie, baracca su baracca, fino a toccare il cielo; un’ emittente radio e tante parabole ci portano le notizie dal mondo e tante bugie: e io di guardia, a quest’ora di notte e a metà della mia vita (che da noi finisce presto), tra un prurito e l’altro che mi provoca la dentiera, mi chiedo se ‘bel sorriso’ avrà trovato la cucina dei propri sogni, magari con la foto in bianco e nero posata su una mensola dove io, lei, il cameraman zoppo e tutto il villaggio sorridiamo in quel giorno che sarebbe potuto andare tutto diversamente.

Continua nel prossimo numero di Pass

11 PASS


DOVERI NON DIRITTI Una testimonianza di vita ordinaria in carcere Francesca Ardino

Daniele, prima dell’intervista, mi mostra una foto pubblicata il 6 ottobre 2010 su un quotidiano veronese, in cui è illustrata una cella della casa circondariale di Montorio, Verona. Mi spiega che, nei suoi cinque mesi di reclusione, ha condiviso quello spazio con altri tre compagni. Le celle sono di 9mq, nate per un solo detenuto, attualmente ne ospitano quattro. Come si trascorre una giornata in carcere? Al mattino, alle 7:30, assieme al carrello della colazione, passa l’infermiere con le medicine. La sveglia è facoltativa, se una persona non si vuole alzare, può dormire tutto il giorno. Dalle 9 alle 11 c’è l’aria. A mezzogiorno passa il carrello con il pranzo e dalle 13:30 fino alle 15:30 ci sono altre due ore d’aria. Verso le 16:30, a giorni alterni, c’è una piccola stanza, in cui i detenuti possono giocare a carte, a ping pong o chiacchierare. Qualcuno utilizza questo tempo per picchiarsi. Le giornate, in cui non si va nella saletta, dalle 15:30 alle 9 del giorno dopo si rimane in cella. Le ore d’aria come si svolgono? Durante la prima ora c’è affollamento, 250 detenuti sorvegliati da un solo secondino. Lo spazio è all’aperto ed è simile a un cubicolo di cemento grigio. Molti camminano attorno al perimetro, altri giocano a carte seduti per terra, qualche temerario persiste nel picchiarsi. Durante il periodo estivo si può prendere il sole sdraiati sul cemento o si può correre, anche se poi non si può usufruire della doccia. In alcuni settori la doccia è dalle 19 alle 21, acqua calda permettendo; in altri solo a giorni alterni. Tu cosa facevi? La maggior parte delle volte camminavo o giocavo a carte. Le prime due settimane di reclusione non sono mai uscito dalla cella, fu una scelta mia, la paura che potesse succedermi qualcosa era tanta. Paura di cosa, principalmente? Paura di forme di nonnismo, di trovare persone che mi facessero del male o di essere coinvolto in risse o discussioni. Volevo stare per gli affari miei. Mi sentivo protetto all’interno della cella, i miei compagni erano delle buone persone, sono stato molto fortunato. Hai detto che il mattino passa l’infermiere per distribuire le medicine, quindi le cure sono assicurate a tutti? No, nulla è sicuro (sorride, ndr). La prima cosa che mi han-

PASS 12

no detto è che in carcere non hai diritti ma solo doveri. L’infermiere passa e distribuisce le medicine a chi è riuscito a farsele prescrivere o da un medico esterno tramite la famiglia; oppure prescritte da un medico interno con il quale bisogna prendere appuntamento, il quale riceve solo due volte la settimana. Possono passare settimane prima di essere visitati. Io, per un’otite, ho fatto due richieste e non ho ottenuto risposta, quindi ho chiesto dei farmaci ai miei familiari. Le medicine vengono sequestrate e distribuite dall’infermiere. All’interno del carcere è possibile lavorare? Uno dei modi possibili è tramite cooperativa, si è retribuiti ma c’è una sorta di lista d’attesa molto lunga, solamente dopo molti mesi di reclusione s’inizia a lavorare. Un’altra soluzione retribuita è entrare nella Mof (Manutenzione Ordinaria Fabbricati, ndr) che include fabbri e idraulici e si occupa della manutenzione del carcere, ma il numero degli ammessi è molto ristretto. Una terza possibilità, è il volontariato. Io facevo l’imbianchino, questo mi ha salvato. Lavoravo sei ore al giorno e abbiamo ritinteggiato metà carcere, ti senti utile e soprattutto le giornate trascorrono. Che rapporti si hanno con il mondo esterno? Con la famiglia ci sono 6 ore di colloquio al mese, massimo tre familiari per detenuto. I giorni sono prestabiliti secondo il braccio in cui ci si trova. A casa è concessa una telefonata di 10 minuti alla settimana. Con gli amici è possibile la corrispondenza cartacea, altro fattore che mi ha tenuto vivo: ricevevo più di tre lettere al giorno! Quando arriva il postino è il momento più emozionante della giornata, purtroppo non per tutti, alcuni non ricevono nulla. Che cosa pensi si debba fare perché il carcere possa essere educativo? Penso che bisognerebbe applicare pene alternative per reati minori. Inoltre all’interno del carcere ci dovrebbero essere attività istruttive. Sono troppi i detenuti che non sanno né leggere né scrivere. Ragazzi che non sono nemmeno in grado di firmare. Persone che quando usciranno dal carcere non avranno nulla, non sapranno ancora fare nulla e per molti rimarranno soltanto ex carcerati. Come credete che una persona si possa ricostruire una vita onesta? Per chi fosse interessato all’argomento carcere, alle associazioni che lottano perché vengano rispettati i diritti..segnalo alcuni, tra i molti, siti interessanti: www.osservatorioantigone.it www.abuondiritto.it www.ristretti.it www.lafraternita.it


Il riarmo russo

vista del Cremlino foto di Kpalion da Wikipedia

L’orso è tornato? Matteo Parussini

La nostra vita è tempestata di dilemmi etici: denaro o solidarietà, egoismo o amore… riarmo o non riarmo? Alla facciazza di chi sostiene la pace nel mondo, investire in armamenti conviene eccome. Conviene sia da un punto di vista economico (a breve termine-esportazioni), ma soprattutto dal punto di vista “politico” . Insomma, è naturale che si è più influenti nel trattare qualsiasi affare, quando si hanno 10 mila tank nella 24 ore.

Putin non possiede quindi (ufficialmente) il potenziale economico, demografico e scientifico-industriale per reggere una competizione globale sullo stesso piano degli Usa. Diciamo che forse nemmeno vuol dimostrare di averlo, anche perché non ne ha il bisogno: basta la guerriglia urbana irachena, la crescente flotta cinese ed il programma nucleare iraniano a tenere più che impegnate le Forze Armate americane ai quattro angoli del globo. In definitiva il riarmo russo serve a sostenere in gran segreto la nuova politica di Mosca. Infatti, mentre ai diplomatici e Ed ora vediamo cosa si può dire della Russia di Putin: manager dell’Unione Europea si affidano compiti di investimento Ritroviamo mille esempi nella storia di quei “simpatici economico sotto l’egida di scambi culturali, gli eredi personaggi carismatici” che hanno investito la loro degli zar accompagnano i business man e i diplomaprodotto interno lordo credibilità in un riarmo generale: da Hitler a Stalin, tici russi in viaggio con qualcosa di un po’ più soin miliardi di dollari dall’ultimo scià di Persia a Saddam Hussein. stanzioso. È in questa prospettiva quindi, che Putin Mondo 57.937.460 Ora chissà perché, la nostra grande madre Russia vuole ampliare progressivamente il raggio di azione Gruppo del G7 30.991.288 ha lanciato un vasto programma di riarmo, tanto del dispositivo militare russo, della sfera di influenUnione Europea 16.447.259 che già nel 2003 un funzionario dell’Ocse raccontaza di Mosca. Molte ex repubbliche sovietiche sono Zona Euro 12.516.896 va: “quando dobbiamo stampare i grafici sulle spese attraversate da conflitti interni ed i kulaki russi sono Stati Uniti 14.256.275 in armamenti dei paesi europei, il diagramma russo sempre alle porte, in attesa . richiede sempre un foglio aggiuntivo”. Ad esempio, Naturalmente questo, per noi pacifici europei che veGiappone 5.068.059 il programma spaziale dell’agenzia nazionale russa diamo nei rave party la manifestazione più estrema Cina 4.908.982 Roskosmos, che impiega oltre 250.000 tecnici, nel della natura umana, può risultare incomprensibile. Germania 3.352.742 2006 ha aumentato la sua produzione ed ha effettuaMa come disse quarant’anni fa un segretario di Francia 2.675.915 to 25 lanci spaziali, contro i 18 degli Usa, proseguenStato americano : “a Mosca comprendono una sola Regno Unito 2.183.607 do così un trend pluriennale volto a recuperare il gap logica, quella del potere, ed un solo linguaggio, quello Italia 2.118.264 tecnologico-industriale con l’Occidente accumulato della forza”. Lui la sapeva lunga! Le mosse militari Brasile 1.574.039 negli anni ’90. Il budget ufficiale russo nel 2007 sono imperniate di un importante valore simbolico: Spagna 1.464.040 è stato di 942 milioni di dollari, tre volte quello sia sul piano interno, allo scopo di gratificare il nazioCanada 1.336.427 del 2002. Ufficialmente, la spesa complessiva russa nalismo e l’orgoglio degli elettori russi, sia sul piano India 1.235.975 nel 2007 è ammontata a 11,6 miliardi di dollari, con esterno per ricordare a tutti gli stati confinanti che Russia 1.229.227 un aumento del 28% rispetto al 2006 che ha portato l’orso è tornato e che i suoi artigli sono affilati. Chi ha Mosca a spendere in armamenti circa quattro volte vissuto per cinquanta o settanta anni sotto il regime Lista del FMi quanto spendeva nel 2000. È interessante notare sovietico è abituato a non prendere alla leggera le che nella composizione della spesa ben un terzo è minacce del Cremlino. destinato alla ricerca e sviluppo: ciò significa che allo sforzo di L’ “Economist” di Agosto ricorda come “il comandante della equipaggiare un imponente esercito continentale, sostituendo Marina russa ha proposto di ristabilire una presenza permaneni macchinari obsoleti, si sta affiancando l’obiettivo di sviluppare te nel Mediterraneo, usando il Baltico e il Mar Nero. Per anni autonomamente armamenti ad alta tecnologia. Insomma lavorala base navale in Siria è stata vuota. Il ritorno delle navi in Siria no bene questi russi! è un sogno degli ammiragli russi ed un incubo per Israele. Tale Quale obiettivo persegue l’onesto riarmo russo? scenario è ancora lungi da venire, considerata l’arretratezza e la Ufficialmente non di certo un confronto diretto con gli Stati Uniti. scarsità dei mezzi navali di Mosca, ma andrebbe tenuto in seria Nella lista del fondo monetario internazionale la Russia ha considerazione dai governi occidentali insieme al complesso del il dodicesimo PIL del mondo. riarmo russo.

PIL

13 PaSS


RELITTI DEL PASSATO I cinque sensi oggi

Testo e illustrazioni di Michele Cavejari

S

cende la sera nel cuore profondo di un mercato orientale. L’ultimo chiarore filtra radente nei vicoli stretti, le voci si disperdono. Ombre di filigrana si allungano tra le bancarelle, da immense lontananze soffia un vento carico di aromi. Mi apposto ad un muro caldo di sole, il contatto con le pietre sporgenti rievoca antiche memorie che forse precedono persino i ricordi. Osservo l’orizzonte indorato ove si sagomano guglie e balconi. Resto lì, immobile. Porto dentro una consapevolezza e un’inquietudine tutta nuova. Sono vivo, i miei sensi sono vivi. Qui non è come a casa, dove un intero mondo sembra volerli negare… Ammettere che una simile esperienza polisensoriale possa trovare ardue difficoltà ad attecchire nell’Occidente moderno, non è affatto un’esagerazione. E questo perché la nostra è divenuta una società prevalentemente, se non esclusivamente, visiva. La vista è il senso privilegiato, il prescelto vincitore e al contempo l’ignaro prigioniero di tutto uno spaventoso ingorgo di impulsi. Quotidianamente, il reale viene ridotto e semplificato a pochi, autonomi elementi discreti: le immagini. Ogni immagine è sfruttata come un potente generatore di assenso, come una forza centripeta attorno alla quale possono orbitare intere industrie, mercati, masse e guerre. Ogni scatto viene comprato e venduto, ricercato e rubato per produrre appartenenza, plastificata unità e micro-confini di arroccamento del tutto funzionali a rafforzare il sistema. È l’autocrazia delle immagini stesse a stabilire, operando una sorta di darwinismo sociale, cosa merita di essere visto e cosa no.

PaSS 14

Facile poi trarre le conseguenze. Di fatto, la vista, stilettata dai laser degli esperti dell’acquiescenza, perde ogni capacità critica, si adatta passivamente, assimila informazioni volutamente imbalsamate, prive di sfumature e impoverite sino all’osso. Ognuno cade vittima della strana, falsa sensazione di poter sapere e conoscere tutto. Sorgono e prosperano non opinioni, bensì atteggiamenti, i grigi orientamenti che per molta gente si tradurranno presto nell’unico comportamento possibile: l’omologazione docile e passiva di flotte di consumatori che riposano sull’illusione di desiderare veramente ciò che vogliono.

Ebbene, tutti vedono tutto e guardano tutti. La tv diviene l’occhio sempre aperto che trasmette 24/24 e non tradisce mai: il miraggio ininterrotto tramite cui la vita può fluire sempre e solo in terza persona, stemperata magistralmente tra finzione e realtà. E quando il piccolo schermo diviene la principale fonte di informazione (è così, almeno in Italia), allora nessuno può più dirsi abilitato ad osservare. Vedere, infatti, un tempo incarnava lo spirito del saper cogliere il particolare e implicava la compresenza di un’arte perduta quale la pazienza. Osservare era ragionare. Oggi invece, molti canali mediatici ci impediscono di farlo, tirano via le immagini prima che si abbia anche solo il tempo di capire, sostituendole con facce e colori intercambiabili: le bare entro cui seppellire il dettaglio, mutilarlo e fraintenderlo, ricondurlo sui binari dell’Appariscente e dell’Insolito cosicché i miracoli dell’ordinario passino inosservati. Ma non è tutto. L’Occidente è tristemente noto per aver rinunciato ad avvalersi anche degli altri quattro sensi... L’odore è da sempre uno dei più primitivi e fondamentali mezzi di comunicazione. Traduce immediatezza, intensità e coinvolgimento. L’olfatto è pertanto l’innata abilità di formare legami forti e sottili tra soggetti e oggetti, è la password che permette di penetrare in forma aerea nell’intimo sensibile del nostro interlocutore. Schopenhauer non a caso lo definiva metafisico appiglio della memoria, ciò che immediatamente riporta al passato, a cospetto di un’impressione specifica, di una circostanza o di un ambiente. Viceversa, l’esaltazione della moda per profumi e de-odoranti, ci ha portati nel


giro di poco tempo a vestire fragranze ed essenze a uso di vere e proprie maschere dell’Io, auree protettive atte ad isolare ed estetizzare corpi addestrati a fuggire con imbarazzo gli elementi ignoti e incontrollabili. Di lì a fraintendere la salubrità dell’ambiente con la produzione di una landa di piattezza e neutralità olfattiva che non solo impoverisce la varietà delle esperienze, ma giunge persino ad oscurare i ricordi e criptare le memorie più profonde, il passo è stato breve: alla degenerazione dell’olfatto è corrisposta la relativa corruzione del tatto. Il pudore culturale tipico dell’occidente, raggelando le interazioni,nascondendo gli odori, ha ostacolato altresì l’imprevedibilità di qualsiasi contatto fortuito, di qualsiasi scambio per il quale saremmo del tutto impreparati. L’igiene, da pratica virtuosa è divenuta, insieme alle scoperte mediche di nuova generazione, un irrinunciabile e mistico rituale celebrato ovunque, l’ossessione collettiva che trasforma la vita stessa in un corpo di per sé malato, in un simulacro che necessita di cure continue e che solo la scienza può portare alla redenzione. In nome di tutto questo ci allontaniamo dalla natura con occhi cerchiati di paura, cerchiamo asilo nell’artificialità crescente dei luoghi pubblici, compriamo prodotti che brucino persino l’ombra dei batteri, pretendiamo dappertutto sterilità e castrazione. Ci priviamo di sedere in grembo a madre natura e di sentire il battito del suo cuore sotterraneo solo perché qualcuno ci ha insegnato a temere le minacce invisibili che dimorano all’ombra dei fili d’erba. È così che, sempre più individualizzati e mummificati, tremendamente insicuri e malati, non potevamo non giungere a

privarci persino del gusto… Al supermarket non compriamo più un cibo, un sapore, una forma di convivialità o di reciprocità. Ma la salute appunto, una prestazione, un valore nutritivo. Riteniamo ‘buona’ una cosa solo se calibrata per specifiche esigenze, sintetizzata per renderci migliori ed efficienti, solo se plastificata, inscatolata al sicuro, purificata, massificata e resa inattaccabile dal tempo… Persino l’acqua del rubinetto, oggi, sembra meritare un’ulteriore, indispensabile trattamento, ‘semplicemente’ istallando un nuovo, costoso apparecchio.Lo consiglia l’esperto… E che dire poi dei cosiddetti alimenti diet, prodotti che mantengono il gusto al massimo pur azzerando le calorie: congegni in grado di riassumere al loro interno l’intera logica del mercato, piccoli portatori sani della morale che insegna a poter avere tutto senza dover rinunciare a niente, senza essere costretti a fare dei sacrifici se si tiene veramente a qualcosa. Allargando

lo spettro, la conclusione è una sola: “consumiamo oggi, non precludiamoci nessuna via, il problema semmai sarà di chi verrà dopo, ci penseranno gli altri”. E siamo così alla fine della panoramica: l’egoismo e la profezia del ‘tutto e subito’ portano come inevitabile conseguenza anche la metaforica corruzione dell’udito e la pericolosa estinzione del dialogo. Tutti interrompono tutti, nessuno è più disposto ad ascoltare, a riconoscere opinioni diverse. Il silenzio stesso arriva ad essere considerato solo una pausa vuota tra due parole, quando invece, esattamente come lo zero in matematica, è un’importantissima assenza con funzione, una strategica forma di comunicazione. Reietto, sinonimo di lutto, capolinea della solitudine, abisso da riempire; il silenzio è in verità lontanissimo da questi inutili pregiudizi, articolandosi quale unica condizione che permette di fermarci un momento e di astrarre l’Io dal Mondo. Grazie a lui, e solamente con lui, la Coscienza può risvegliarsi dal lungo letargo nella quale urla e strepiti vogliono confinarla. Grazie a lui, e solamente con lui, possiamo imparare a conoscerci senza fuggire sempre e solo nei posti dove il rumore impedisce al Pensiero e al Rimorso di venire a cercare. Un silenzio rapito e meditabondo può davvero spronare a fare qualcosa, a riappropriarci dei cinque sensi… per tornare a vedere, ad annusare, a toccare e riacquisire la manualità perduta… a gustare e a comunicare… A vestirci di un autentico sforzo di relazione che passi attraverso l’insostituibile momento dell’ascolto: il dialogo. Fulcro di ogni democrazia in salute, impareggiabile processo di ermeneutica e diffusione culturale.

15 PaSS


CUORE FA RIMA CON AMORE?

Blue Note

federico longoni federico.longoni@yahoo.it

P

arlare di musica rap quando non conosci pressoché nulla 1913: un giornale scrisse per la prima volta la di questo genere è come darsi la zappa sui piedi. Dando un’ocparola Jazz. chiata alla mia collezione infinita di cd, di album rap ne trovo Mentre Joe Oliver (detto The King) e Jelly Roll solo quattro, tutti dei Beastie Boys (che geni!!). Poi solo rock, Morton si contendevano il titolo di padre del jazz rock e ancora rock. la Original Dixieland Jass Band diretta da Nick Oggi però il numero dei miei cd rap aumenta. È il nuovo lavoro degli La Rocca fu riconosciuta come prima jazz band, Uochi Toki, crew di Alessandria che ok, è rap, ma non nel senso più Nicola Piccinelli dando vita ad uno stile: il Dixieland. ovvio del termine. 1917 : Storyville (il più famoso quartiere a luci rosse Gli Uochi Toki, negli ultimi anni, hanno girato come un calzino il concetto di New Orleans, ndr) chiude. di rap, rendendolo più intellettuale, più nerd, più bizzarro. In poche paroI musicisti afroamericani abbandonano New Orleans per dirigersi verle, rendendo il rap meno rap. so Chicago. Bix Beiderbecke e Frank Trumbauer (primo sassofoniIl loro settimo album, Cuore Amore sta targato U.S.A, ndr) furono molto celebri, fu però Luis Armstrong Errore Disintegrazione, (il secondo una delle figure soliste più innovative che integrò il nuovo suono del stampato dall’etichetta “La Tempesta”, jazz, più aperto ad ampi protagonismi delle nuove leve sempre più una garanzia per l’indie italiano) è dedidotate tecnicamente. Animando i locali dove in era di proibizionismo si cato alle donne, in tutte le loro sfaccetcontrabbandavano l’ alcool e riempiendo le più popolari sale da ballo, il tature. I dieci brani, con titoli kilometrici jazz aumentò la sua popolarità, tanto che uno dei più famosi direttori e durata spropositata, sono delle vere d’orchestra bianchi Paul Whiteman, fu incoronato dalla stampa il re e proprie narrazioni in stile audio libro del jazz. (non a caso il loro album precedente 1929: la grande depressione, la fine del proibizionismo, le radio. s’intitolava proprio così), racconti degli In questo periodo il jazz divenne popolare grazie a molti programmi incontri del protagonista (il Mago) con radiofonici, dove Benny Goodman (forse il più noto, ndr) diede vita donne di tutte le età e diversissime tra loro. all’ età dello swing. Oltre a Goodman vale la pena ricordare Duke ElIl primo incontro è con una ragazza straniera in una città straniera lington e Artie Shwan, il primo direttore bianco ad ingaggiare come (Lubiana). A dire il vero l’incontro avverrà solo nella mente del protagocantante fissa una nera, l’indimenticabile Billie Holiday. A New York, nista, mentre nella realtà sarà solo un incrocio di sguardi. Non riesco ormai patria del jazz, a seguito dei disordini razziali la scena lasciò Harlem e trovò casa in piccoli locali. Nacquero i quartetti/trio e gli a fermare una ragazza così, dal niente: temo sempre che non capisca standard jazz per piccole formazioni, si passò ai 4/4, creando sempre quel che io voglio da lei, temo sempre che sovrapponga i pensieri degli più spesso delle melodie in 32 battute. Billie Holiday, Art Tatum, altri ai miei, e poi, in inglese, a gesti, potrei soltanto fare disastri. Fats Waller, Coleman Hawkins e Lester Young sono alcuni nomi La narrazione poi si sposta nel parcheggio di un autogrill. Un’adolescentra i più noti, mentre in Europa solamente un belga di origini zingare te incarna la fine dell’innocenza, la trasformazione a donna. Le minoriuscì a farsi notare, un certo Django Reinhardt. renni sono animaletti da osservare nel loro habitat naturale. Sembrano formate, ma sono nate in primavera e si dirigono all’estate. Artisti consigliati: B illie Holiday, Luis Armstrong, George Gershwin, Duke Dopo una tonnellata di parole si giunge al pezzo più riuscito. Una Ellington, Benny Goodman, Django Reinhardt. telefonata tra il Mago e l’amica del cuore, in cui è lui a sorreggere lei, a confortarla. L’episodio è un espediente per mostrare il lato più fragile delle donne, i turbamenti e le angosce di una ragazza qualunque. Surreale è l’incontro del protagonista con la tipica ragazza svampita, “occhi di cerbiatto”. Lui entrerà nella mente di lei (è un mago, dunque può farlo) scoprendo di non avere nessun influsso sulla ragazza, e che lei nemmeno lo ascolta, finge solo di seguire le sue digressioni tematiche (e di capirle). I racconto centrale è il fulcro dell’intero disco. La classica festa universitaria fa da sfondo. Il Mago viene giudicato da una studentessa come troppo buffo, misterioso, troppo solo per potersi divertire. Anche in questo episodio il nostro amico protagoCarboniferous nista dovrà difendersi entrando nella testa della Zu Five Man donna. Ma se da un lato ciò lo aiuterà, dall’altro lato scatenerà l’ira della ragazza. Acoustical Jam A Fistful of Film Nel finale, il Mago cercherà di trarre le conclusioni, Tesla di trovare un sunto dei racconti, ma si perderà Music nella descrizione di concetti che sfiorano l’assurdo Ennio Morricone Pray for Villain (come la teoria dei “molteplici adesso”). Devildriver

MA…COSA ASCOLTA LA REDAZIONE? Heligoland Massive Attack

In Rainbows Radiohead

In circolo Perturbazione

o

Into the wild Eddie Vedder

Fuori Ministri

Sono all’osso Il pan del diavolo

PaSS 16

Gli Uochi Toki hanno confezionato un buon lavoro, intelligente e creativo, che tiene alto il livello della musica italiana indipendente, con l’unico difetto della prolissità, che potrebbe annoiare qualcuno (di certo non me). Senza dubbio però questo album è una delle uscite migliori dell’anno in campo italiano, anche se di sicuro non li sentiremo mai alla radio o in tv. Peccato, gli Uochi Toki meritano davvero.

gli Uochi Toki


RoCk On BaBe! Anna Pini

È

davvero un anno tragico per il metallo, quello che ci stiamo lasciando alle spalle. Un 2010 che si è portato via Pete Steel (Type o Negative), Paul Gray (Slipknot), Ronnie James Dio e infine Steve Lee, frontman dello storico gruppo svizzero Gotthard. Il 05 ottobre, mentre con altri 22 motociclisti attendeva sul ciglio della strada che da Las Vegas porta a Saint George (tra il Nevada e lo Utah), che la pioggia battente si calmasse, un autotreno ha sbandato colpendo le moto parcheggiate, che a domino sono cadute addosso a Steve. A poco è valso l’intervento dei paramedici che ne hanno subito certificato la morte sul posto. Tutto il mondo del rock ha accusato il colpo violentissimo della perdita di uno degli artisti più famosi e capaci. Il cordoglio è stato così sentito che dopo la cremazione avvenuta negli Stati Uniti, la famiglia e i membri del gruppo hanno reso l’ultimo saluto (insieme ai fans, accorsi in più di 3000) ai piedi del passo del San Gottardo; mentre la neve imbiancava le sagome

Steve Lee, recentemente scomparso.

dei fedelissimi e attutiva le parole dei due frati officianti la funzione (in italiano e in tedesco). Dal ’92 i Gotthard (rimando evidente al San Gottardo ma anche gioco di parole “got” e “hard”) si sono fatti conoscere in tutto il mondo, calcando i

nuovi suoni

federico longoni

Reqviem

D

palchi più importanti, suonando con artisti grandiosi come Jon Lord, Bon Jovi, AC/ DC, Sepultura, Stratovarius, Saxon solo per citarne alcuni. Tra dischi di platino, nomination al World Music Award, sono stati forse l’ultimo gruppo Hard ‘n Heavy di massa, con un foltissimo seguito e collaborazioni da far impallidire (tra cui Montserrat Caballet, cantante lirica tra le più apprezzate che prima di Steve aveva accettato di concedersi al rock solo per cantare con Freddie Mercury). Un fuoriclasse, questo è stato Lee. Una voce graffiante, che ti cattura al primo ascolto, inchiodandoti alla sedia come sedotto da un incantesimo. In questo periodo mi sono riascoltata tutta la discografia, e c’è qualcosa di indefinibile, che ha tuttavia una potenza magnetica e irresistibile al cui fascino non si può rimanere insensibili. Canzoni come Tears to cry, One life One soul, Hush mi sconvolgono. Entrano dentro di me come l’aria, e ogni acuto, ogni nota bassa, mi rimescola il sangue. Mi ricorda perché amo questa musica, e perché non potrò mai fare altrimenti. Steve aveva davvero una voce grandiosa, e un talento strabordante. Aveva tanto da dire e riusciva a farlo benissimo. Un istrione, un attore, a suo agio davanti a milioni di persone, come una lucertola sdraiata al sole. La sua vita energetica e frizzante, la sua simpatia immediata, l’umiltà che non l’ha mai abbandonato, l’hanno reso un idolo per moltissime persone, alle quali ha dato tanto e che ora, fedeli al proprio credo, restituiscono il favore rendendolo immortale. Grazie.

e…COSA NON ascolta I Reqviem

efinire i Reqviem una band sperimentale è riduttivo. Il trio veronese, insieme da una decina d’anni, hanno da poco pubblicato il mini-album Montericco, che poi tanto mini non è. Mi ha colpito subito il loro stile, così bizzarro, così pieno di innovazione e varietà sonora. Il primo pezzo, Colazione, dura quasi otto minuti. Si mescolano elettronica, chitarre, risate in sottofondo…insomma, un vero calderone di stili. Ma c’è della genialità in tutto questo. Sul loro MySpace i nostri Reqviem citano come fonte d’ispirazione personaggi come Omar Rodriguez Lopez (quel folle riccioluto dei Mars Volta), Mike Patton (quell’altro folle leader dei Faith No More, ma soprattutto di Mr. Bungle) e, infine, gli italianissimi e folli Zu. Delle tracce successive, tutte lunghissime e super-psichedeliche, mi ha colpito Lo Spaccone, tredici minuti di delirio musicale. Gli ingredienti del pezzo? Batteria impazzita, fisarmonica, piano, synth e cantato in inglese (unica pecca forse, li preferisco in italiano). Con i Reqviem non ci si può annoiare, si può solo lasciarsi trasportare dalla musica e abituare le orecchie al loro stile unico e trascinante. Che l’avanguardia sia con voi.

LA REDAZIONE? Surfing the void Klaxons

o

Mixed race

Eat Me, Drink Me

My Winter Storm

A Thousand Suns

Shallow Life

Face To Face

Chinese Democracy

Glasvegas

Tricky

Tarja Turunen Lacuna Coil

Guns n’ Roses

Marylin Manson Linkin Park The Kinks

Glasvegas

Re Matto

Marco Mengoni

17 PaSS


gna mmy ad l

commy nummy nullamet ad mod ex el D FENOMENO FASHION BLOGGER “Tutti vogliono essere noi” Lara Zoppini

A

lla corte di Re Giorgio, fra le tacchettine dell’armata dalle suole rosse, fra i monoteistici adepti della “petit robe noir”, nella contea della diabolica Miuccia, nel colorato mondo targato De la Renta, in molte altre griffatissime vallate si odono le prime avvisaglie di quella che sarà una tra le più importanti rivoluzioni mai viste nel multimilionario universo del fashion. In principio Iddio disse : “sia la luce”, e “Vogue” fu. Era il 1892 quando Arthur B. Turnure fondò la più autorevole rivista di moda al mondo. Da allora una casta, quella dei fashion editor, dominava incontrastata i peccaminosi scenari del glamour decapitando e osannando giovani talenti e affermati stilisti, stroncando carriere avviate, lanciando sconosciuti e bizzarri sarterelli in quell’olimpo milionario di satin, merletti e paillettes. Ma Noi, comuni mortali, schiavi del potere d’intermediazione della casta, chini su quelle pagine patinate che offrono dimora all’arte pura, ci ritroviamo quasi sempre “spettatori malinconici di felicità impossibili”... Già!, perché quello narrato nelle riviste è un mondo lontano da una quotidianità di vero pret-a-porter, dove il “mix and match” è il dictat da seguire,dove la borsa, la scarpa, il vestito tanto sognato si accompagnano necessariamente a capi low-cost. È il settembre 2005 quando Scott

trackchanges.net

PaSS 18

Schuman, from NY City, crea il celeberrimo The Sartorialist. Il padre dei fashion blog, Mr. Schuman, ex direttore di una boutique d’abbigliamento, prepara il golpe nella patinata “repubblica di Anna Wintour”, ignaro delle conseguenze delle proprie azioni: imbraccia una digital camera, scende in strada e, inesorabilmente, colpisce! Bastano pochi scatti di stilosi passanti postati sulla rete per accendere la miccia rivoluzionaria. Le sue foto omaggiano lo stile, l’eccentricità, l’eleganza più vera e tangibile che, lontano dalle passerelle, si incontra per le strade di tutto il mondo. Rombano i motori, nasce l’idea di raccogliere tutte le foto in un blog da subito visitato da numerosissimi navigantes che continuano a crescere esponenzialmente incoronando lo Schuman monarca quasi-assoluto di quel settore più “umano” della moda definito “street- fashion”. Il signor Sartorialist è oggi fra i più importanti cool-hunters, consultato quotidianamente dai buyer dei più importanti department store. Secondo “Time Magazine” è uno dei 100 maggiori influencer nel mondo della moda. Infila successi come perle in una collana a filo doppio: lancia collezioni proprie, firma editoriali per “Vogue” e campagne pubblicitarie per le maggiori case di moda e non, è portato in palmo di mano dagli stilisti ed inoltre ha pubblicato, nell’agosto 2009, un libro in cui sintetizza le migliori pagine della sua bibbia–blog. Il successo di “The sartorialist” è emulato continuamente: fashion blogger proliferano in breve tempo senza barriere geografiche o anagrafiche. Fra i più famosi epigoni di Scott Schuman vanno segnalati Tommy Ton di “Jak & Jil” e la tredicenne Tavi Gevinson che ha aperto il suo “Style Rookie” a soli undici anni. Tavi, il cui blog ospita 4 milioni di visitatori, è la fashion blogger più giovane e popolare del pianeta, vanta non solo interviste al “New York Times”, ma inviti alle sfilate dell’ultima New York Fashion Week, sempre in prima fila! Esiste una differenza che intercorre fra i vari f.bloggers: ci sono i seguaci del “people watching” ovvero chi, come il “maestro Schuman”, immortala le originali mises di passanti e i bloggers che

Chiara Ferragni

postano degli autoscatti in cui mostrano i propri outfit. Infine c’è chi, semplicemente, condivide commenti sui nuovi must have di stagione. Il panorama dei fashion guru italiani è dominato dalla biondissima barbie milanese Chiara Ferragni. La bellissima giurista bocconiana entro pochi mesi dall’apertura del suo “The blonde salad” vantava già notorietà oltreoceano, il suo blog ha una media di 40000 followers e, oltre alle apparizioni in numerosissime riviste, quotidiani, trasmissioni Tv, sfilate e fiere del settore, va sottolineata una collaborazione con il settimanale A di Maria Latella e la creazione di una propria collezione di calzature. Il lavoro di blogger oltre a notorietà e denaro le ha sicuramente portato anche qualche regalino dagli stilisti che, giustamente, vedono nel blog una gran bella vetrina. L’ultima novità per chi volesse seguire le orme di Ferragni & Co sono i numerosissimi “corsi per fashion blogger” che testimoniano inconfutabilmente la portata del fenomeno. “Tutti vogliono essere noi” diceva il temutissimo direttore di Runway nel “Diavolo veste Prada” e ora tutti lo possono essere! Questa rivoluzione glamour-popolare ha trasformato l’impero della moda in una democrazia: basta una fotocamera, un computer e immancabilmente del taste of glamour per diventare (anche tu) un predatore nella catena alimentare del fashion!


y dDialogo d’arte

con Valentina Gelosi artista veronese, laureata all’Accademia di Belle Arti Cignaroli, Verona.

a cura di Katia Bonini

Hai lavorato, stai lavorando, ad una serie di quadri in cui delle ragazze vengono associate ad una passione: qual è l’idea di fondo, cosa giace dietro alle immagini?

menti perché per me la pittura non è sfogo, ma pensiero.

Certo, come tu sai, visto che ti sei prestata come modella, in questo ultimo periodo sto lavorando ad una serie di tele intitolata ”A ognuno il suo”. Sostanzialmente cerco di mettere in luce le caratteristiche delle persone che mi stanno intorno e che fanno parte della mia vita. Scelgo i soggetti, li studio e li fotografo con un oggetto o in un atteggiamento che indichi appunto la caratteristica che voglio rappresentare. La cosa che più mi interessa è mostrare qualcosa allo spettatore che possa farlo riflettere, che stimoli il suo pensiero. Sottolineando le particolarità delle mie amiche posso fare di un volto comune un misterioso personaggio che svela un pezzettino della sua intimità o del suo lavoro, del suo modo di essere. Mettere a nudo la loro personalità; questo è ciò che voglio fare.

Mah, possono essere molti. Io penso che l’idea sia sempre e comunque il fattore più importante che spinge l’artista a creare.

Quali sono, a tuo avviso, i fattori che danno valore ad un’opera?

Titolo: Sara e i pasticcini, tecnica mista su tela, cm 92x80, 2010 - no colors Artista: Valentina Gelosi

I tuoi lavori hanno spesso come soggetto delle donne e sono influenzati da un’estetica nipponica: come è nata questa fusione e come si sta sviluppando (anche per quanto riguarda la serie degli origami!)? In realtà ho in progetto di rappresentare anche uomini e ho già trovato degli amici volontari. Tu trovi che siano influenzati da un’estetica nipponica? Non saprei.. forse! Forse per quanto riguarda gli sfondi dove, applicando stoffe di ogni genere, dalle tovaglie fiorite ai tessuti, ai rasi, ai pizzi, alla carta da parati, rimando inconsciamente agli interni delle case giapponesi, o almeno così dice Daniele (Daniele Nalin, docente di pittura all’accademia, ndr)… Comunque il mio forte interesse per la cultura giapponese sicuramente fa la sua parte. La serie degli origami ne è la prova. Ho passato un anno a progettare un video in stop-motion dove tante piccole gru origami volano su un albero di carta e si trasformano in foglie. Un lavoro durissimo che mi ha dato fortunatamente molta soddisfazione.

Per la prima volta l’Accademia Cignaroli parteciperà ad Art Verona. Prima Salon, poi questo evento: qualcosa sta davvero cambiando? Verona inizia ad offrire delle possibilità ai giovani artisti? Io mi auguro di sì e voglio essere positiva nel crederlo. Noi dell’accademia quest’anno ci siamo impegnati davvero tanto e spero che questo sforzo sia stato considerato dalla città di Verona, una città davvero splendida, che spero sfrutti meglio i suoi giovani volenterosi senza farli fuggire altrove.

Qual è il traguardo, in campo artistico, che vuoi raggiungere? Titolo: Katia e l’aragosta-tecnica mista su tela cm 100x75-2010 - no colors Artista: Valentina Gelosi

Io desidero solo dipingere e mi tengo distante dal mostrare i miei senti-

Titolo: Anna la sarta, tecnica mista su tela, cm 95x55, 2010 - no colors Artista: Valentina Gelosi

19 PaSS


vigasiosexploitation

intervista a sebastiano montresor e airbag killex tra suini con bretelle, donne-dixan e motoseghe Intervista di giuliano fasoli

C’

è un virus che ha infestato la provincia di Verona: il suo nome è cinema indipendente. L’untore responsabile dell’epidemia risponde al nome di Sebastiano Montresor, giovane regista di Vigasio, il quale ha scelto proprio il paese dove vive per le riprese del suo secondo film intitolato Vigasiosexploitation (Vsp da ora). Per i lettori di Pass abbiamo intervistato il Montresor assieme al musicista Airbag Killex (al secolo Davide Piotto, autore di colonna sonora e sound design di Vsp).

Sebastiano, ti sei laureato nel 2004 in Scienze della comunicazione all’UniVr con una tesi sul cinema di Leni Riefenstahl (relatore il prof. Scandola). Dalla mole delle tue pubblicazioni traspare una profonda preparazione teorica sul cinema (Kieslowski, Pasolini, Ejzenstein, Welles). Nel titolo del tuo ultimo film è incluso il genere feticcio di Tarantino, qual è il tuo rapporto con il citazionismo? È ancora possibile l’originalità? Walter Benjamin ha tentato di scrivere un libro fatto di citazioni. È davvero difficile non citare qualcuno o qualcosa. Io poi ne sono ghiotto, vedo un sacco di cose, persone, situazioni attorno a me e il mezzo che ho per possederle è quello di filmarle. Nel momento in cui le metto in scena mi pare di restituire, con l’immagine filmata, qualcosa di originale a quella cosa e a quella persona. Gli si dà un’importanza diversa, diventa un elemento su cui si possono inserire altri elementi - magari altre citazioni. L’originalità è possibile, ma non sta nelle sceneggiature. Sta nel punto macchina.

SM

Quali sono i tuoi registi di riferimento? In questo momento direi Pasolini, Kubrick, Godard, il Jacques Tourneur de Il bacio della pantera e il Resnais di L’anno scorso a Marienbad. Poi tutti i contemporanei europei, americani e giapponesi. Direi Cronemberg, Lynch, Tsukamoto, Lars Von Trier, Kaurismaki... ma mi ingozzo tutte le notti di b-movie italiani, americani e inglesi. Mi piace come risolvono le questioni di regia.

SM

Con Vsp fondi una corrente che chiami Cinema Agricolo, ci spieghi di cosa si tratta? Il cinema agricolo nasce quando ancora lavoravo con il mio amico e mentore Enrico Fracca, compagno di Accademia e per un certo periodo socio nel lavoro. Al tempo si giravano e montavano certi filmati industriali con tema macchine per il movimento terra, si frequentavano fiere internazionali come il SAIE o l’EIMA o il BAUMA in cui tutto aveva una applicazione agricola o edile. Penso che la prima volta che abbiamo parlato - in modo goliardico - di cinema agricolo sia stato in quell’occasione. Poi però ci ho riflettuto e agricolo significa che vivo e faccio le cose come un agricoltore, risparmiando e riutilizzando, sfruttando tutti i limiti come scelte stilistiche, facendo diventare la povertà e la ristrettezza stile e registro di racconto. Ancora, direi che Vsp è un film agricolo perchè è scettico e reazionario: non nutre molte interesse nel cinema 3D, trova che la fiction sia meno interessante e più prevedibile dei telefoni bianchi, che la tv sia una scatola che adesso non si capisce perchè la fanno piatta e rettangolare quando era tanto bello il vecchio trinitron della Sony a tubo. Il cinema agricolo guarda alla terra.

SM

scheda del film Titolo originale: Vigasiosexploitation Paese: Italia Anno: 2010 Genere: Surreale - Muto Regia: Sebastiano Montresor Sceneggiatura: Alice Seghetti, Sebastiano Montresor Attori: Andrea Bruschi, Emma Nitti, Diana Gasparini, Chiara Pavoni, Massimo Roncari, Stefania Visconti, Matteo Lucchi, Alice Seghetti Direttore della Fotografia: Daniele Trani Colonna Sonora e Sound Design: Airbag Killex Produzione: Mon3sor

nel paese vuoto. La nottata di riprese terminava poi al forno verso le 6 di mattina. Perchè avete ricostruito i suoni ambientali? Credo che non ci sia un motivo ben preciso, anche se la mancanza dei dialoghi penso abbia inciso sulla scelta di voler creare almeno un legame con la realtà raccontata dalle immagini; quindi la costruzione di un ambiente sonoro credibile e realistico in cui lo spettatore si può trovare a proprio agio perchè composto da suoni familiari e riconoscibili. Sono stati ricreati in post-produzione anche per un motivo puramente tecnico ovvero la mancanza di un audio in presa diretta registrato allo scopo di essere utilizzato, una scelta fatta per snellire la crew al lavoro e permettere più libertà di movimento durante le riprese.

AK

Davide, si può dire che tu abbia dato la voce a Diteci qualcosa sulla scelta degli attori e la Vsp, tramite le tue musiche il film esprime il suo caratterizzazione dei personaggi, il volto duro di stato d’animo: una bella responsabilità. Come ti Andrea Bruschi e le curve della Donna-Dixan, sei trovato nel musicare un film muto? la grazia di Emma Nitti e il ghigno suino del Mi sono trovato senza dubbio bene; la mancanDr.Munoz. za di dialoghi crea - ovviamente - più spazio alla Sì, loro sono esattamente quello che sembrano. musica, che non ha bisogno di “nascondersi” sotto le Sono molto caricaturali, dei fumetti - come avebattute degli attori ma può ritrovarsi quasi sempre va intuito al tempo il buon Daniele Trani (il direttore in primo piano d’ascolto. A volte questa maggiore della fotografia di Vsp, ndr). A guardare bene tutto libertà può portare ad esagerare l’apporto della il film è un fumetto. Dovevano essere misteriosi e colonna sonora rischiando di stravolgere le parti e come sospesi. Se il loro ritrovarsi con dei visual su brani musicali; l’importante la mancanza di dialoghi crea più modo di recitare è ambiguo, l’effetto di sospensione in questo caso è - secondo spazio alla musica, che non ha aumenta. Credo siano stati me - la storia narrata sullo bisogno di “nascondersi” sot- tutti bravissimi. Io poi non schermo, la quale deve sempre essere al centro to le battute degli attori ma può ho un gran rapporto con gli attori, direi che in questo dell’attenzione sia per lo ritrovarsi quasi sempre in primo piano caso sono stati loro a comspettatore che per me d’ascolto. prendere il senso - si sono come compositore. Airbag Killex fatti corpo, con molte meno paranoie di un professioQuanto sono durate nista. le riprese? Come ha reagito la popolazione di Vigasio all’apparizione I temi musicali sono riconducibili ai singoli di uova giganti, suini antropomorfi, mummie e personaggi, un approccio metodico per tentare persone nude che brandiscono motoseghe per le di mettere ordine nel “non-luogo” del film o per vie del paese? spingere sulla caratterizzazione dei ruoli? Il piano di produzione prevedeva 14 giorni, Sicuramente è stato un tentativo di aggiungere abbiamo finito il dodicesimo, non mi è mai caratterizzazione ai personaggi ma allo stesso capitata una cosa del genere, nemmeno nelle cose tempo - involontariamente - aiuta lo spettatore a che riguardano la tv. Non ci credevo. La popolazione seguirne le vicende, permettendo di identificare più di Vigasio - a parte gli amici che hanno lavorato sul facilmente i ruoli facendo riferimento all’accompaset - ha passato le notti a dormire, e quindi a meno di gnamento sonoro. D’altra parte è anche un modo un stranezze surreali del tipo mummia sulla scalinata po’ retrò di interpretare la musica per film; così come del cimitero non ricordo altro. Era molto divertente la mancanza di dialoghi rimanda al film muto anche girare quelle scene all’aperto, in mezzo alla strada,

AK

SM

SM

PaSS 20 < Donna-Dixan si può riconoscere dal caratteristico fustino

AK


Agente Eva imprigionata

l’uso dei temi musicali ben definiti è riconducibile più al noir/giallo/horror anni 60/70 che non al cinema contemporaneo. In Vsp c’è la volontà di mostrare il montaggio interrompendo il flusso della narrazione con brevissimi spezzoni fuori contesto. Lo stesso Daniele Trani lo definisce “burroughsiano”. In ambito cinematografico c’è un richiamo a Lynch? No, il richiamo è proprio al Burroughs letterario. Volevo tentare di mettere in scena le strutture di narrazione dei suoi romanzi, da Nova Express a La macchina morbida a Le ultime parole di Dutch Schultz. Vsp è nato da Burroughs e dalla sua fantascienza sessuata e morbosa. Una visione che va in senso contrario a quella edulcorata e catastrofica dei film da drive in.

SM

Kubrick, ricordando Pudovkin, considerava il montaggio come l’unica originale forma artisitca del cinema, visto che il resto deriva dalle altre arti. Sei d’accordo? Sì, il film lo si fa al montaggio. Il montaggio è lo specifico filmico.

SM

Tra i due ho preferito mettere un cartello piuttosto che registrare una voce, la percezione del senso di abbandono e di sospensione aumenta. Vedere una bocca che parla e sentirla parlare è la realtà. Vedere una bocca che parla e leggere una didascalia è morboso. Attendi la didascalia che spiega. Molta elettronica nella colonna sonora, è stata una scelta stilistica? L’idea di Sebastiano per l’accompagnamento sonoro era un ambiente acido e sintetico, quasi inospitale ed irreale ma etereo; penso che la vera scelta stilistica sia stata lasciare le musiche nelle mie mani piuttosto che scegliere a monte l’elettronica come “genere” da esplorare per la colonna sonora. Conoscendo i miei lavori sapeva che avremmo potuto raggiungere i risultati che aveva in mente. In ogni caso la grande libertà di movimento affidatami ci ha portato a sperimentare cose decisamente diverse dalla mia usuale produzione; ad esempio nei temi della Mummia, dove ho voluto fare il verso a musiche vintage in maniera grottesca; cercando di far ridere - così come il personaggio - per il loro essere finti rimanendo, comunque, dei temi curati.

AK

Davide, il tuo stile compositivo si basa molto sulla percussione, cosa che in Vps è quasi assente, hai voluto lasciarla da parte per evitare di scalfire troppo l’atmosfera? Sì sono d’accordo, è quasi assente ma non del tutto. Nel trailer e nei titoli di testa compaiono brani che integrano parti percussive, un altro esempio è una traccia dei bonus tracks nell’OST (in free download dal sito ufficiale del film e dai principali torrent tracker) che non è stata usata nella versione definitiva del film ma faceva parte del montato provvisorio. Le musiche sono state “suggerite” dalle immagini seguendo sia il mio gusto che alcuni modelli di riferimento; modelli in parte miei ed in parte di Sebastiano, quindi la parziale esclusione di parti ritmiche non è stata una scelta calcolata ma piuttosto una necessità dettata dal film e suggerita dalle idee musicali che nascevano man mano che il lavoro procedeva.

AK

Mummia

Vsp è volutamente muto, una scelta passatista dal sapore nostalgico? Volevo delle immagini che fossero pesanti, significanti, scomode, difficilmente digeribili. Sento il bisogno di creare immagini che non siano omologabili. Oltre alla particolare pasta verde granulosa (girata con un preset direttamente in macchina) la mancanza del labiale mi aiutava nel differenziarmi dal cinema convenzionale, strizzando l’occhio ai primi esperimenti della storia del cinema. Ci sono molti altri elementi sia nel montaggio che nella recitazione che mi ricordano Méliès e Dalì (non so, penso agli effetti sulla donna-dixan o alla mdp sempre a mano ma fissa). Sono contento dell’effetto finale. Siamo così abituati alla saturazione del registro sonoro che il naturale passo in avanti nella percezione non può essere l’audio in 3D o la scoperta di un nuovo e rivoluzionario impianto dolby, ma la mancanza di audio.

SM

La voce sonora dei personaggi è la grande assente, le didascalie penetrano di più nella mente dello spettatore? Ovvio, se ci sono solo quelle sei costretto a prestare molta più attenzione a quello che leggi. Dovrebbero rimanere di più. Non lo so. La didascalia è strumentale - aumenta il livello di artificio; la voce sonora invece è naturalizzante ma ugualmente finto.

SM

Donna-Dixan versione Giulietta

I Nemici

Gamma con la Sacra Motosega

Girare un film è sempre una sfida, oltre che in termini artistici anche a livello pratico. Ci puoi raccontare brevemente come ti muovi e quali sono le maggiori difficoltà? Per come faccio io cerco di adattare la mia idea a quello di cui posso disporre. Ci sono poi delle scelte obbligate, gli attori, le location e la logistica per tutta la troupe. In una produzione normale ciascuno ha un ruolo, qui i ruoli tendono a fondersi e a coincidere in una sola persona... ti stressi, e ti porta via il bello di fare le riprese... ti viene voglia di arrivare subito all’ultimo giorno di lavorazione. Poi per fortuna lo monti e allora capisci se sei riuscito a fare quello che avevi in mente.

SM

So che Vsp è costato 20.000€, una passione piuttosto costosa. Eppure il film è liberamente scaricabile dal sito. Perchè questa scelta nella distribuzione? Perchè è un prodotto che tutti devono avere la possibilità di guardare.

SM

E’ vero che hai già girato il seguito di Vsp? Ci anticipi qualcosa? Dal cinema agricolo passiamo al cinema edile. Se i registi agricoli sono abituati a guardare in giù, i cineasti edili sono invece propensi a guardare in su. Adesso sto montando ancora le singole scene, ma mi sento di dire che sarà un capolavoro.

SM

L’ultimo film che hai apprezzato al cinema? Purtroppo vado raramente al cinema.

SM SM

Consigliaci tre film da vedere. Due o tre cose che so di lei (Jean-Luc Godard); Un’estate d’amore (Ingmar Bergman); 2001 odissea nello spazio (Stanley Kubrick).

Dr. Munoz

Qual è la via per emergere per i registi indipendenti di buona volontà? Quali sono i canali percorribili? Non saprei, io mi affido a internet e una volta stampati i dvd ai festival in giro per il mondo. Ma quello che è importante è che bisogna vederli i film. Da qui la scelta della release HD via torrent su tntvillage e sui principali tracker internazionali e la mia versione per smart phone sul sito. Pare che agricolo significa che vivo e faccio su internet piaccia molto... le cose come un agricoltore, risparIl film esiste se viene visto miando e riutilizzando, facendo e commentato, se se ne parla. diventare la povertà e la ristrettezza

SM

stile e registro di racconto. Montresor

Come nel tuo precedenSebastiano te film L’eredità di Caino anche in Vsp ci sono delle scene di nudo e un uso particolarmente spinto della corporalità. Qualche moralista potrebbe dire che questo è il metodo per farsi notare più velocemente. Oppure che anche in questo caso vado a citare immagini che vedo, che già esistono, le immagini pornografiche. Sono immagini che forse sono meno sporche di altre, più contraffatte e mistificanti.

SM

21 PaSS L’agente Danger


Booklist

cosa legge redazione R

ovvero la

G S

A

cciaio Silvia Avallone iobbe. Romanzo di un uomo semplice Joseph Roth al di pietre afka sulla spiaggia udi e crudi Milena Agus Murakami Haruki Alan Bennett ozaboy Ken Saro Wiwa tto personaggi in cerca (con autore) Bjorn Larsson osso come una sposa a sognatrice di Ostenda Anilda Ibrahimi

N O

K L

M

Eric-Emmanuel Schmitt

Il paradosso del (corto-)circuito bibliotecario carolina pernigo

O

gni studente, più o meno volenteroso, sa bene che giungerà un momento in cui dovrà fare i conti con la temibile ricerca bibliografica. Ci sarà un mattino in cui aprirà gli occhi, solleverà faticosamente la testa dalla scrivania sulla quale era crollato tre ora prima e vedrà di fronte a sé lo schermo del computer acceso (a meno che, astutamente, non abbia impostato la modalità di risparmio energetico). Da lì, la pagina di Word urlerà un aspro rimprovero col suo bianco abbagliante. Il la Biblioteca Civica di Verona poveretto, a questo punto, saprà che resta una sola cosa da fare: una visitina in biblioteca. Non sospetterà (non ancora) che i suoi problemi sono appena cominciati. La Civica di Verona è bellissima e fornitissima, di recente rimessa a nuovo ed organizzata in modo tale da rendere il servizio più funzionale ed efficiente. I guai iniziano nel momento in cui il libro che ti serve non si trova in una delle sedi in cui si articola il sistema bibliotecario urbano (oltre a quella centrale, le Biblioteche di Ponte Crencano, S. Lucia, Borgo Roma, Borgo Venezia e San Michele e i Centri di lettura di Golosine, San Massimo, Porto San Pancrazio, Quinto, Montorio e Cadidavid). Se il tomo desiderato è reperibile in una di queste amene località, infatti, il lettore ha diritto a farlo arrivare gratuitamente in una qualsiasi delle altre. In caso contrario, se non vuole abbandonare la ricerca o ripiegare su un libro presente nel circuito, deve

recarsi nell’ufficio per il prestito interbibliotecario. Qui lo sventurato si sentirà dire che del volume tanto ambito esistono soltanto tre copie: una a Messina, una a Genova, una a Torino. Deve dunque compiere una scelta e sobbarcarsi le spese del caso. A nulla vale il suo pallido tentativo di far presente alla gentile signorina che in realtà ce ne sarebbe anche una a Bussolengo. No. Non è colpa sua: il sistema bibliotecario provinciale è una cosa a sé rispetto a quello urbano. Se tu hai l’ardire di volere un libro da Bussolengo, e lo vuoi pure gratis, ti devi recare in un paesello qualsiasi fuori Verona dotato di biblioteca (e qui Google Maps si rivela il migliore amico del ricercatore, indicandogli quello più vicino) e, dopo aver fatto la tesserina del SBPVR (Sistema Bibliotecario della Provincia di Verona), potrai far arrivare senza spese da Bussolengo il suddetto testo nel suddetto paesello. Un’alternativa, pensata probabilmente perché anche nelle alte sfere bibliotecarie il problema è ben presente, è rappresentata dai punti prestito automatizzati allestiti presso le due sedi della Provincia di Verona (a Palazzo Scaligero o a Palazzo Capuleti), che consentono di accedere – previa iscrizione al circuito e con l’ausilio del tesserino sanitario – alla rete libraria del Sistema provinciale e di ottenere – peraltro senza nessuna interazione con esseri umani (quindi, se hai dubbi, risolviteli prima!) – l’opera in loco. Altrimenti, ti resta Messina.

Se la pubblicazione diventa una questione etica Valentina Pizzini

Q

uesta è la cronaca di uno scandalo sotterraneo. 22 maggio 2010: il Parlamento converte il decreto legge numero 40. Il decreto prevede, tra le altre, la possibilità per le aziende impantanate in controversie tributarie da oltre dieci anni, di risolverle pagando il 5% di quanto teoricamente dovuto al fisco. Il che, guarda caso, descrive pienamente la situazione della Mondadori. Passata la norma ‘ad aziendam’, la Mondadori paga poco più di 8,6 milioni di euro all’Erario, invece che i 173 previsti, e amici come prima. 19 agosto 2010: su Repubblica appare un’inchiesta del vicedirettore Massimo Giannini sulla vicenda. 21 agosto 2010: Vito Mancuso, teologo, autore Mondadori, pone una domanda etica agli intellettuali italiani. È giusto, si chiede Mancuso, pubblicare per un’azienda che non solo si sa invischiata nella torbida storia tutta italiana del conflitto d’interessi, ma che da questo conflitto d’interessi ricava un vantaggio? La discussione esplode, correndo tra giornali e blog d’autore. La polemica si fa accesa,

PaSS 22

assumendo anche toni forti. Da un lato, Vito Mancuso sostiene che un autore debba considerarsi responsabile anche degli investimenti che sostiene con il profitto da lui generato. Gli fa da sponda Don Gallo, che, indignato, lascia la casa editrice. Anche Gad Lerner, dal suo blog, propone il tema della coerenza degli intellettuali. Se un autore ha altre possibilità, si chiede, cosa sta a fare lì? Nel frattempo compare un sito (‘Mondadori? No grazie’) che invita a boicottare il colosso editoriale e a sensibilizzare gli autori affinché cambino casa editrice. E per “sensibilizzare” si legga “usare la tecnica del mail-bombing”. Le vittime d’ec-

cellenza dell’operazione ‘Convinci un autore’ sono soggetti come Lucarelli, Augias, Guccini, Saviano, Cugia, Zucconi. Non mancano, certo, autorevoli pareri contrari. Anzi, va detto che la maggior parte degli autori si schiera contro un boicottaggio considerato inutile. Antonio Pennacchi, recente vincitore del premio Strega, si chiede se “la rivoluzione la devono fare gli autori Mondadori”. Alcuni, come Michela Murgia o Eugenio Scalfari (che, a onor del vero, pubblicano per Einaudi), ricordano la grande tradizione della casa editrice, ricordano la capacità del gruppo dirigente e l’indipendenza di cui la casa editrice gode, e ribadiscono la loro scelta di restarci, in Einaudi, nonostante Berlusconi. Perché Berlusconi se ne andrà, Einaudi resterà, col catalogo “poeticamente più sovversivo del mondo”, per dirla con Valter Binaghi. E la battaglia, dice Scalfari, deve essere politica. Gli autori di Wu Ming ribadiscono, ed aggiungono in calce, che, è vero, esistono anche grandi editori. Come Rizzoli. Ma a guardar bene, la famiglia Berlusconi possiede azioni anche lì. E allora, non si tratta di un cane che si morde la coda?


Nero revolver

ammazza il tempo

a cura di MARta poli

DULCIS IN FUNDO NOTIZIE CURIOSE Avvistato un nuovo buco nero, inverosimilmente terrestre: il triangolo maledetto ‘Tutorato-Presidenza-Segreteria’. Qui i crediti o scompaiono o si moltiplicano. PROPOSTE INDECENTI Ammettere che i test di valutazione della didattica a fine semestre siano delle buffonate inutili (con conseguente spreco di tempo e carta).

OROSCOPO DI PASS DEL 2011 (Gennaio-Aprile, diciamo)

Amore: immagina di essere su un’isola deserta e l’unico modo che hai per comunicare è quello di metterle le pinne e farla nuotare verso un’altra isola deserta. Forse lì troverai qualcuno simile a te. Adesso chiudi Facebook però. Soldi: per le occasioni speciali, ricorda che ogni piccolo angolo di mondo ha la sua piccola Arcore. Dicono che funzioni. Salute: se ti sei ostinato a portare il giubbino di pelle per tutto l’inverno, è ovvio che ti sia venuta l’artrosi precoce.

SARANNO FAMOSI Quei gruppetti di finti nerds che si stanziano negli angoli più remoti della biblioteca (dove tu ti sei appositamente seduto) e ti frullano le appendici con il loro vociferare maledetto. IPSE DIXIT “Domani ti riporto gli appunti, giuro!”…passarono due anni. INDOVINA CHI a lezione ti chiederà :” Scusa, è libero qui?”. Sì, proprio il tizio che non sopporti e di cui detesti l’odore. LE PAROLE DEL MESE: EQUINISMI FRICASSEA CANUTIGLIA

LE SETTE REGOLE D’ORO PER UN UNIVERSITARIO CONSAPEVOLE I: protestare contro la riforma Gelmini ed essere uno studente fuori corso da 10 anni causa ozio, 1Gelmini inconcludenza e genitori omertosi, non ti rende credibile.

2 3 4 5 6 7

Gelmini II : essere uno studente modello, ma non sapere nulla sulla riforma Gelmini, non ti rende intelligente. Biblioteche di dipartimento: il vero gossip universitario è qui. Fingi di studiare e aguzza i sensi. Esistono innumerevoli alternative per superare un esame. Mensa I: è inutile prendere riso in bianco e carote per rimanere in linea, se poi opti per due litri di cocacola, banana per frutta e budino. Mensa II: a tutti coloro che vorrebbero spillare un cicchetto di vino invece della solita aranciata: siate più audaci e garantitevi una lezione pomeridiana rilassata. Al bagno: per le urgenze serviti dei servizi riservati ai docenti. Le chiavi sono solitamente appese in parte a qualche armadio nelle vicinanze. Spuntini durante le lezioni: evita i primi posti e gli snacks croccanti; è snervante dover aspettare che si inumidiscano a sufficienza per masticare senza far rumore.

23PaSS


aprile o z mar appuntamenti

a cura di Marta Poli

11 IDEM – IDEE DI FUTURO 20 la Magna Polo O E APRILE PRESSO L’ Au RZ MA DI TI EN AM NT PU AP I GL Zanotto Università 4 Università di Verona - Viale INGRESSO LIBERO ENTI CON LI ASSOCIATI E AGLI STUD AG TO VA ER RIS .45 20 LE FINO AL INVITO

ElettroExpo e 09:00 Sabato 19 Marzo 2011 Or 2 Giorni l Lavoro, 8 – Verona Fiera di Verona - Viale de

o Sgrilli, Paolo Giuseppe Giacobazzi, Sergi z, Ba n co Ridens Verona . olo Labati e Andrea Vasumi Migone, Giorgio Verduci, Pa e 21,00 Venerdì 4 marzo 2011 or NA PALASPORT DI VERO P.le Atleti Azzurri d’Italia JUST MARRIED PARTY – 4:00 25 Marzo 2011 ore 23:00 SPAZIO TECA I Via Basso Acquar, 28/a ZA e a seguire Dj set. IEM QU Aprono la serata i RE

Philippe Daverio 21.00 venerdÌ 4 marzo 11 - ore OPERATORIO DI FORTUITO SU UN TAVOLO BELLO COME L’INCONTRO E CON UN OMBRELLO UNA MACCHINA DA CUCIR Massimo Cacciari 21.00 giovedÌ 24 marzo 11 - ore Hamletica Emir Kusturica 21.00 martedÌ 5 aprile 11 - ore underground anuele Parsi Oscar Giannino Vittorio Em 21.00 ore mercoledÌ 13 aprile 11 chicago blog Renzo Arbore 21.00 giovedÌ 28 aprile 11 - ore L’altra domenica

P Artistico Pesante MMovAimento

teria. Aggiungete un po’ di ente due chitarre e una bat ad ‘Ahmalgamate’ energicam Queen of The Stone Age fino di Verdena e un pizzico di in tivo rna alte k roc se noi Radiohead, qualche goccia n giusto: eccovi del buo to pun al so i. den ma to pos sta gua ottenere un com salsa elettronica, che non vo nuo loro il o tan anta presen s Cordioli e Valentino Torres o). GianMaria Gobetti, Thoma he su consegna a domicili anc ibile pon (dis ” album “AHLM ed! tun y date, sta E in attesa delle prossime tisticopesante oar ent vim /mo com ce. spa http://it.my su Facebook! he anc o I MAP son

S? Vuoi scrivere su PzioniAS? Scri vi a redazione@passvr.it Collaborare con foto o illustra

Vuoi dire la tua? www.passvr.it di PASS su Facebook pagina la cerca ? contatto Vuoi restare in


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.