#25 Winter 2011

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PaSs NE W

IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

REDAZIONE@PASSVR.IT WWW.PASSVR.IT

ANNO 7 / NUMERO 25 / GENNAIO 2012

IN QuESTO NuMERO 5 / bESTIARIO 6 / ATENEO NEWS 8 / INTERNET tra informazione e censura 12 / SPORT ESTREMI 13 / MARcOLINO e le porno community 14 / SuONIAMOcELE 16 / LIbRI E DINTORNI 18 / A MEXIcAN STANDOff 19 / NERO REvOLvER


SOMMARIO

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PASSATENEO di nuovo l’accesso programmato a biotecnologie bestiario / meritocrazia all’università ateneo news / Spazio Zero e UniVr Go! erasmus corner / le ragazze inglesi e il freddo

PRIMO PIANO

8 9 10 12 13

PASSWORLD internet tra informazione e censura I profughi libici in Italia: una testimonianza siamo orgogliosi di essere italiani? una domanda che ci unisce

sport estremi / adige rafting

14 16 18 19

PASSATEMPO musica/ suoniamocele Rock on Babe libri e dintorni/ questo non è un articolo di cronaca cinema/ a mexican standoff: il triello di un cinefilo imprudente nero revolver + storia di una cartonera a Berlino

marcolino e le porno community

EDITORIALE 2

Contenitore o contenuto? Forma o sostanza? Parola o immagine? Conoscevo un tale che andava a bersi la birra sempre nello stesso bar, penso non abbia mai bevuto altre birre in vita sua e non sia entrato in nessun’altro bar. Certo, c’era della buona musica e l’odore del sigaro compiaceva virilmente le narici. Ma lui non sapeva di volere dell’altro o non voleva sapere, perché non muoveva le gambe in direzioni diverse. Credo non fosse davvero felice e a quanto ricordo è morto giovane. Pass invece si muove, cerca, respira, corre. Questa volta lo fa a ritmo di grafica, senza paura del bianco, senza paura del nuovo. Elettricità ed entusiasmo. Le parole e le idee restano sempre lì, ma cambia il modo di raccontarvele. Grazie dunque ad Ivan, la mente e la mano grafica del nuovo Pass, che dipinge la carta con i colori dell’aria. PS: Ivan non è NERD, ma GEEK.

Registrazione Tribunale di Verona N° 1825 R.S. del 27/02/2009 Direttore responsabile: Claudio Gallo Proprietario: Juliette Ferdinand Redazione chiusa il: 16 Dicembre 2011 HANNO SCRITTO: Federica Rosa, Sara Ferri, Carolina Pernigo, Matteo Parussini, Valentina Pizzini, Marco Polimeni, Federico Longoni, Anna Pini, Roberto Melchiori, Nicola Piccinelli, Marta Poli, Silvia Cogoli, Antonella Sartori, Giulia Polin, Marco Stizioli alias Marcolino Rules, Francesca Martinelli alias Fo Elettrica. ILLUSTRAZIONI: Giacomo Bagnara (pp. 3-5-8-9-12-13-18) - Andrea Dalla Val (pag. 17) PROGETTO GRAFICO: Manara Ivan - 16communication.it IN COPERTINA: “Terra” di Andrea Dalla Val - mecenatelab.com STAMPA: Tipografia CIERRE - Sommacampagna (VR)

Copyright: le condizioni di utilizzo di testi e immagini, laddove è stato possibile, sono state concordate con gli autori. Tutti i diritti sono riservati, testi, grafiche e fotografie sono coperte da copyright. Ogni copia degli stessi è illecita. Si ricorda che il contenuto del singolo articolo non definisce il pensiero della redazione e dell’editore. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, ma che sono stati dimenticati nei ringraziamenti.

PRODOTTO CON IL CONTRIBUTO DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

quale cultura? del teatro dell’alieno

S

i apre una nuova stagione! Quale? La cultura teatrale flette al ribasso, basta guardare il prossimo cartellone del Grande Teatro (si riferisce al palazzo, suppongo). Spettacoli (appunto) teatrali che sono repliche di spettacoli televisivi con personaggi televisivi, “figli d’arte” e cadaveri “eccellenti”. Abbiamo finanziato per anni spettacoli films festivals sagre di ogni genere concerti fondazioni e ancora continuiamo, con la scusa della Curtura. Il paese è allo sfascio! Embeh? Dov’era tutta sta curtura? A sinistra, a destra oppure dritto? Un paese distrutto dagli “artisti” e gli addetti alla curtura! Altro che chiacchiere! Da Battiato (un fior d’artista che si ricorda ora di sparare sui cadaveri dei politici, dopo aver preso per anni finanziamenti a go-go… Sic!), a Ligabue (Tenco si rivolta nella tomba!), passando per i Pooh e Gianni Morandi (mummie di regime)! Vogliamo parlare di Mina (rifugiata in Svizzera)? I musicisti impegnati (a prendere finanziamenti... vedi il bravo Brunello/violoncello, solo per fare un esempio, ma potremmo aggiungere Bollani, Rava e tutta quella sfilza di solisti classici e cantanti lirici “tanto sensibbili e preparati”) hanno mai fatto corsi gratuiti di educazione musicale nelle scuole, anche per favorire la formazione di un pubblico/ spettatore/uditorio differente?

Basta con la lirica! Non se ne può più! Anacronistica e inutile, come ci viene offerta. Ma possibile che non si riesca a fare opere nuove, moderne, essenziali e snelle nella rappresentazione? Dobbiamo pagare fior di euros a un vecchio come Zeffirelli per un allestimento che andava bene a Hollywood negli anni ’50? Credete davvero alla favola che l’Arena guadagni con la lirica? Sapete quanto costa la lirica in Arena? 1.500 euro a spettatore! Ovviamente a carico nostro! Questo è il paese dei cori. Guardate a Verona quanti sono, tutti cantano le stesse cose. Non se ne esce: o coro gospel o coro classico. Tutti

vogliono fare la stessa cosa e prendere finanziamenti. Cori morti, composti per lo più da gente fragile a cui, a dire la verità, il canto fa anche bene, terapeuticamente parlando. Ma allora dovrebbe essere l’ASL a sostenere l’attività corale! E il cinema? Ma scusa, devo finanziare io l’ultimo film di Castellitto, Verdone o Vanzina? Dare soldi a chiunque faccia film di cassetta mi sembra ridicolo e poco strategico! Semmai finanziare scuole di cinematografia e opere di giovani registi che sperimentano nuove tecnologie! E al posto del festival di Venezia (ritrovo per depravati cinefili/cinofili), manifestazione snob, inutile per i più e per il cinema italiano, un reale incontro sul cinema aperto a tutti, senza tappeti rossi o arrivi a effetto in motoscafo. Arte come lavoro? Perchè finanziarla come serbatoio di consenso politico allora? Bisognerebbe finanziare scuole, processi educativi, laboratori, e non spettacoli o rassegne. Le rassegne, il pubblico deve pagarle o intervengano gli sponsor privati (bboni quelli). Se escludi le banche che lo fanno comunque per egemonizzare il territorio, chi è disposto a finanziare cose che non siano la sagra della pearà? Se va premiato il merito, chi decide chi è meritevole? Nell’arte il merito non esiste e non esiste nemmeno la logica economica. Fosse anche vero che vanno premiati gli “artisti che fanno più incassi”, chi lo decide? La Tv? Le famiglie d’arte? I parenti potenti? Chiunque voglia esprimersi ha il diritto di farlo e di proporsi in pubblico se vuole. Come chiunque altro! Non è possibile continuare a finanziare pozzi senza fondo come la lirica o altre manifestazioni artistiche anacronistiche. Non è possibile finanziare istituzioni (fondazioni) che usano gli spazi

e indirizzano parte della loro attività verso fini che poco o niente hanno a che fare (dedicandosi all’organizzazione di eventi in genere tra cui matrimoni o meeting aziendali) con processi artistici e culturali, e che spendono la maggior parte delle risorse nel sostenere la propria organizzazione. Il teatro reale non emoziona, non fa pensare, non diverte, non come prima e principale finalità almeno. Il teatro reale offre la possibilità di risvegliare una percezione reale, in primo luogo di sé stessi e poi di quello che ci circonda. Tutto è vivo! In breve: con le compagnie che ci sono a Verona, uscirete dal cinema/teatro più scemi e alleggeriti (nel portafoglio). E la scemenza sarebbe pure un ottimo risultato se causasse maggior moto del cuore e leggerezza d’animo. Macché, gli scemi pensano anche di aver capito qualcosa! Vogliamo dire delle compagnie a(r)matoriali? E di quella compagnia che piangeva perché il Comune non gli dava una sede consona? E che dire della fondazione oscura? Allora che arrivi la scure del governo sui fondi allo spettacolo! Perché tagliare soldi alle scuole, ai servizi sociali e darli a deficienti che si muovono come modelli e parlano con voce impostata? Che paese disastrato e miope! Chi vuole esprimersi lo faccia in tutti i luoghi, sia fantasioso! Anche nella proposta dei testi, che faccia bene con attenzione il proprio lavoro, abbia interesse, scopo, che non sia solo quello di farsi vedere su un palcoscenico o in tv e farsi dire “quanto sei bravo/a! che emozzzionee!” L’Italia è un paese per vecchi, ormai si è capito. Vecchia Verona, Verona vecchia, vecchia dentro le persone vecchie e vecchia dentro le persone già vecchie nel cuore e nel pensiero.

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bestiario

welcome back!

MERITOCRAZIA

di nicola piccinelli

di matteo parussini

Di nuovo l’accesso programmato a biotecnologie

F

ti a contratto per sdoppiare o triplicare i corsi in funzione del numero di studenti (arrivati lo scorso anno a più di 600!!) e della capienza delle aule. In seguito però il problema si è spostato sull'orario delle lezioni perché sdoppiare i corsi significa ovviamente necessitare di un maggior numero di aule. Altro grosso problema è stato quello della gestione dei laboratori. La maggior parte delle aule per il laboratorio di biotecnologie hanno una capienza massima di 30 studenti ed è perciò impossibile fare le esercitazioni (ad esempio 30 ore) con corsi frequentati da 600 studenti, perché non basta il tempo dell'intero anno accademico. Il risultato è un abbassamento della qualità del servizio di insegnamento a livello pratico e sperimentale e uno scontento da parte dello studente che si aspetta di poter essere seguito nel suo percorso di studi dai docenti.

inalmente è tornato! Parlo dell’agognato ritorno dell’accesso programmato al corso di laurea in Biotecnologie. Dall’introduzione dell’accesso libero il numero degli immatricolati era andato raddoppiando di anno in anno, arrivando a oltre 600 studenti nel A.A. 2010! Un numero a dir poco enorme se si pensa che il corso di laurea in Informatica (il più frequentato a Scienze) ha circa 250 immatricolati il primo anno. Purtroppo questa grande affluenza ha causato diversi disagi. Per capire meglio come sono andate le cose abbiamo posto alcune domande al Professor Massimo Crimi, docente di Biologia generale e cellulare.

Quali sono stati i problemi causati dal numero di studenti così alto? Prevalentemente problemi di spazio e di disponibilità del corpo docente. Il primo anno abbiamo avuto una situazione così difficile da gestire che avevamo minacciato di bloccare il corso per la mancanza di aule idonee a svolgere la didattica con numeri così grandi di iscritti. Negli anni successivi si sono dovuti assumere docen-

care di dare il meglio quando sai che la maggior parte delle persone non sono interessate è veramente frustrante! Avere studenti che seguono i corsi solo per raccattare qualche credito e le conoscenze di base per superare i test di ammissione a Medicina l'anno successivo non è stimolante. Ovviamente lo si fa lo stesso, si fa sempre del nostro meglio, ma che tristezza! Per quanto riguarda gli esami, abbiamo utilizzato tutti gli strumenti che l' ateneo fornisce per gestire i grandi numeri, in questo senso il Centro Docimologico ci è stato di grande aiuto. Secondo lei perché nel 2008 fu introdotto l’accesso libero? Nel 2008 si decise di rendere il corso di laurea ad accesso libero su richiesta del Magnifico Rettore perché il numero di studenti iscritti non era mai stato molto alto fino a quel momento.

Come venivano gestiti i corsi e gli esami, in una situazione tanto anomala? Era molto faticoso e di poca soddisfazione. Cer-

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Analisi immatricolati Corso di Studio in Biotecnologie coorti 2008/09, 2009/10 e 2010/11 Dati aggiornati al 25/10/2011

a.a. 2008/2009 a.a. Coorte

Tipo Corso di Studi

2008/2009

Corso di Laurea (DM 509)

a.a. Coorte

Tipo Corso di Studi

2009/2010

Corso di Laurea (DM 270)

a.a. Coorte

Tipo Corso di Studi

2010/2011

Corso di Laurea (DM 270)

Immatricolati 2008/09

Corsi di Studio

L2

BIOTECNOLOGIE AGROINDUSTRIALI

S01

184

Abbandoni espliciti nel corso del 1° anno

58

Abbandoni impliciti nel corso del 1° anno

Trasferimenti verso altro ateneo nel corso del 1° anno

4

2

a.a. 2009/2010 % Abbandoni espliciti/ Immatricolati

31,52%

% Abbandoni impliciti/ Immatricolati

2,17%

% Trasferimenti in uscita/ Immatricolati

1,09%

Iscritti al 2° anno*

65

Passaggi interni all'ateneo

43

Iscritti al 1° anno**

12

L

BIOTECNOLOGIE

S21

390

Abbandoni espliciti nel corso del 1° anno

159

Abbandoni impliciti nel corso del 1° anno

Trasferimenti verso altro ateneo nel corso del 1° anno

20

24

% Abbandoni espliciti/ Immatricolati

40,77%

% Abbandoni impliciti/ Immatricolati

5,13%

% Trasferimenti in uscita/ Immatricolati

6,15%

Iscritti al 2° anno

72

Passaggi interni all'ateneo

78

Iscritti al 1° anno

37

a.a. 2010/2011 Immatricolati 2010/11

Corsi di Studio

L

BIOTECNOLOGIE

S21

559

Abbandoni espliciti nel corso del 1° anno

263

Abbandoni impliciti nel corso del 1° anno

Trasferimenti verso altro ateneo nel corso del 1° anno

38

Abbandoni espliciti = studenti che rinunciano esplicitamente alla propria carriera (rinunce agli studi) Abbandoni Impliciti = studenti che non rinnovano la propria iscrizione (abbandonano nell'aa/aa+1 gli studenti che non rinnovano l'iscrizione nell'anno accademico aa+1/aa+2) * 46 studenti si sono iscritti al 2° anno di Biotecnologie D.M. 270/04 ** sono studenti iscritti al 1° anno di Biotecnologie D.M. 270/04 ***le iscrizioni dell'a.a. 2011/12 sono attualmente in corso, per cui i dati non sono definitivi

41

35,33%

% Passaggi interni/ Immatricolati

23,37%

% Studenti che restano iscritti al 1° anno/ Immatricolati

6,52%

a.a. 2010/2011

a.a. 2009/2010 Immatricolati 2009/10

Corsi di Studio

% Iscritti al 2° anno/ Immatricolati

% Iscritti al 2° anno/ Immatricolati

18,46%

% Passaggi interni/ Immatricolati

20,00%

% Studenti che restano iscritti al 1° anno/ Immatricolati

9,49%

a.a. 2011/2012 % Abbandoni espliciti/ Immatricolati

47,05%

% Abbandoni impliciti/ Immatricolati

6,80%

% Trasferimenti in uscita/ Immatricolati

7,33%

Iscritti al 2° anno***

151

Passaggi interni all'ateneo

63

Iscritti al 1° anno

3

% Iscritti al 2° anno/ Immatricolati

27,01%

% Passaggi interni/ Immatricolati

11,27%

% Studenti che restano iscritti al 1° anno/ Immatricolati

0,54%

ALL’UNIVERSITÀ

LA MANCANZA DI SELEZIONE NEGLI ATENEI PUBBLICI

S

iamo oramai a metà del nuovo anno accademico e le saltellanti matricole affollano i corridoi dell’Università. Sono vari i motivi per cui i ragazzi e le ragazze intraprendono il loro percorso superiore di studi, s’immagina perlopiù per l’ottenimento di un buon lavoro ed un futuro migliore. Bene. Come tutti sappiamo l’Università pubblica con accesso libero o semilibero non garantisce più un’occupazione dignitosa. Volevo dunque capire se garantisca ancora una dignitosa formazione, e mi riferisco in particolar modo alle facoltà umanistiche presenti nel nostro ateneo (Lettere e Filosofia, Lingue, Scienze della Formazione) , senza tralasciare i doverosi distinguo e rilevando comunque quanto il fenomeno possa essere riconducibile a diversi livelli a tutte le facoltà e realtà universitarie. È risaputo come alcuni esami siano diventati molto semplici da affrontare e di come il livello minimo di saperi per il superamento della maggior parte delle prove sia molto basso. È per questo motivo che iniziano a spuntare anche coloro (quei fastidiosi rivoluzionari), che si chiedono quale sia il senso di una carriera universitaria costellata da una cronica assenza di meritocrazia. Il problema da affrontare non è se l’Università sia diventata o no un esamificio, una fabbrica di laureati, poiché nel caso in cui tutti gli studenti fossero veramente meritevoli è doveroso e giusto che ottengano ciò che meritano. Il problema è se le maglie della valutazione siano diventate o no troppo ampie. Molti di noi infatti hanno visto studenti eccellere in alcune discipline e ricevere la stessa valutazione di altri studenti che non presentavano assolutamente le stesse doti. Certamente nessuno vuole entrare nel merito del lavoro dei docenti che ben sanno che sono proprio gli esami più impegnativi quelli dai

quali gli studenti traggono le maggiori soddisfazioni, nonché una grande motivazione nell’affrontare le sfide successive. Gli insegnanti che facilitano la carriera universitaria degli studenti danneggiano quest’ultimi e danneggiano tutta l’Università. Negli ultimi anni la situazione è veramente peggiorata. È difficile addossare una sorta di responsabilità agli studenti stessi, prima di tutto poiché si capisce bene che sono in una situazione di “conflitto d’interesse” per cui la facilità con la quale ottengono la laurea appare nell’immediato di un certo vantaggio. In secondo luogo proprio perché sono studenti, sono qui per imparare e per studiare e devono essere messi nella situazione ideale per farlo. Insomma per capirci: se qualcuno investisse una somma di 2000 euro all’anno per ottenere una certa serietà e credibilità nell’acquisizione di uno strumento presso una qualsiasi azienda, ed alla fine quella credibilità in quello strumento

stesso fosse in realtà molto diversa dalle promesse iniziali, non potrebbe quella chiamarsi una truffa? E un’Università che rilascia dei titoli che dovrebbero avere un certo livello di spendibilità sociale, secondo le promesse iniziali, non dovrebbe rispettare questo impegno? Qui in Italia la facile università rappresenta una catastrofe per milioni di giovani che trovando semplice la via degli studi non riescono a capire quale sia la loro strada , poiché non riescono a capire quali siano le loro capacità per la mancanza di selezione. La nostra generazione vorrebbe delle possibilità ed in particolare un cambiamento anche nell’ambito universitario. Molti studenti si sentono esasperati da questa situazione e si augurano che i tagli all’Università, se pur negativi, possano aprire ad un cambiamento che vada nella direzione della serietà e della professionalità.

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spazio zero

ERASMUS CORNER

a cura della redazione

di silvia cogoli

Fenomenali poteri cosmici. in un minuscolo spazio vitale!

L

unedì 28 novembre 2011 tra il grigiore di questi corridoi che ci vedono camminare come zombie tra le macchinette del caffè e le aule, tra i pochi posti per studiare e le bacheche sparse qua e là che offrono provini a future star per fantasmagoriche trasmissioni televisive, in questo luogo dove anche il sapere teorico deve essere pratico, qui, signori, è nata un'anomalia. Il collettivo Studiare con Lentezza, che da anni porta avanti una campagna di sensibilizzazione su questi argomenti dal titolo decisamente evocativo ("FATTI SPAZIO"), insieme al gruppo studentesco Universiamo, ma anche Fili Tesi, il progetto Eoto, Pagina/13 e anche la rivista che in questo momento tenete sulle gambe, mentre le luci della città guidano l'autobus che vi riporta

verso casa, hanno ottenuto attraverso mirabolanti acrobazie burocratiche, un'aula. Un'auletta piccola-piccola a dire il vero, aperta a tutti i gruppi che necessitano di uno spazio per portare avanti il proprio percorso e, soprattutto, a tutti gli studenti desiderosi di confrontarsi e rielaborare quanto hanno appreso a lezione, vivere in socialità il tempo tra un impegno accademico e l'altro, pranzare, studiare e pure ridere, scherzare, fare amicizia cioè vivere l'Università in un modo che non è una folle caccia al credito da consumarsi rigorosamente in maniera veloce. Per cui perchè non fai un salto? SPAZIO ZERO è al piano terra del Polo Zanotto, tra l'aula disabili e quella rappresentanti, di fronte alla T4. Su, che aspetti?

UNIVR GO!

La convenzione tra Università e Aereoporto di Verona a cura della redazione

V 6

iaggi facilitati e più possibilità per studenti, docenti, ricercatori, dottorandi e personale tecnico-amministrativo di stabilire contatti con gli Atenei stranieri collegati all’Università di Verona. Aeroporto e Univr hanno infatti sviluppato un protocollo d’intesa che consentirà di godere di speciali promozioni, a partire dalla sottoscrizione gratuita di una card denominata “Card for you – Univr Go!” che permetterà di usufruire per un anno della sala vip dell’aeroporto a costo zero, del “fast track” per un veloce accesso ai controlli di sicurezza, e di speciali sconti per i parcheggi e gli esercizi commerciali presenti sullo scalo. Oltre alla comunità dell’ateneo scaligero, saranno coinvolte nel 2012 anche le realtà universitarie del bacino degli aeroporti del Garda (Brescia, Mantova, Vicenza, Trento, Bolzano) e quelle delle città europee che hanno collegamenti diretti con gli Aeroporti del Garda. Attraverso la mappatura dei collegamenti diretti da Verona e le convenzioni attive tra università sono già state individuate le convergenze a livello nazionale ed europeo, come Roma, Catania, Bari, Berlino, Duesseldorf, Berlino, Londra, Madrid, Parigi, Francoforte, Monaco. Le compagnie aeree che proporranno al mondo universitario offerte speciali per viaggiare da Verona sono ad oggi Air Berlin, Gruppo Meridiana fly-Air Italy e Neos. Link utili: www.univr.it/univrgo

Le ragazze inglesi e il freddo. Ciò che non abbiamo in comune

D

ieci di sera di un sabato d'ottobre, le mie flatmates ed io ci stiamo dirigendo in un pub. Abbigliamento, nell'ordine: calze di lana, pantaloni, stivaletti, maglioncino (di lana), sciarpa (ebbene sì, sciarpa), cappotto. Sì perché, benché in Italia questo sia l’ottobre più caldo dal millesettecento bla bla bla.., in terra inglese si gela. Letteralmente. E fin qui tutto ok, sapevo che la meta del mio Erasmus sarebbe stata Sunderland, contea del Tyne and Wear. Mica i Caraibi. "Wear" mica per niente. "Wear" significa che sì: devi vestirti. O almeno, io lo interpreto così. E quindi, belle bardate, io e le mie flatmates ci dirigiamo allegre verso la nostra meta. Ciò che più è interessante, però, non è il mare in lontananza, non è il ponte sul River Tyne tutto illuminato. No, lo spettacolo migliore è quello offerto dagli autoctoni. O meglio: dalle autoctone. Eh sì, perchè le ragazze locali sono soggette ad un fenomeno estremamente curioso. Mentre noi Erasmus students ci freghiamo le mani per scaldarcele, loro ostentano i loro abiti supersexy. E supersexy significa anche supersvestite. Oh, niente di volgare, non fatevi venire pensieri strani. Semplicemente, sono vestite con quel che noi ragazze italiane (o ragazze tedesche, o ragazze americane, o ragazze australiane, o ragazze norvegesi, che sarebbero poi le nazionalità a cui appartengono le mie flatmates) indosseremmo in estate. Per la precisione, in una calda estate. Per la precisione, ad agosto. Al mare. Quindi: gonne corte, magliette a maniche corte, camicine scollate, gambe nude. SANDALI. Sì, avete letto bene: sandali. Ok, è vero che il fatto di essere nate qui le avrà abituate a questo tipo di clima, alle temperature rigide, tutto quello che volete. Ma non posso fare a meno di rimanere a bocca aperta ogni volta che esco e faccio un rapido confronto fra me (e il mio cappotto) e loro (e i loro vestitini di pizzo). Penso che fondamentalmente si inneschi un meccanismo del tipo: “siamo agli inizi di ottobre, l'autunno è appena iniziato, non può fare freddo”. E quindi si vestono di conseguenza. In fondo le invidio. Dove lo trovo, io, un potere di resistenza al freddo così? Penso non lo troverò mai. E allora mi infilo anche il berretto. Con santa pace degli inglesi che mi guardano stralunati.

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photo © african_fi


INTERNET

TRA INFORMAZIONE E CENSURA

UNA RIFLESSIONE SUI NUOVI SISTEMI DI COMUNICAZIONE

i profughi libici Una testimonianza di FEDERICA ROSA

di SARA FERRI

L

a guerra in Libia ha causato la fuga di molti suoi abitanti, la stragrande maggioranza dei quali si è diretta verso l’isola di Lampedusa. Da lì sono stati mandati in varie parti d’Italia e oggi sono accolti nel nostro Paese grazie soprattutto ad associazioni umanitarie che si occupano di loro. Incontro Francesca, laureata in Mediazione Culturale, che abita a Carpenedolo. Quando a fine giugno è arrivata la prima famiglia dalla Libia nel piccolo comune del bresciano si è subito resa disponibile per assumere l’incarico di responsabile dei profughi, ospitati grazie all’associazione ADL a Zavidovici (Ambasciata della Democrazia Locale, con sede a Brescia, nata all’epoca del conflitto della ex Jugoslavia) in collaborazione con la locale associazione Liberacion. Chi sono le persone ospitate?

È 8

successo qualche tempo fa che un blogger italiano ha pubblicato sul suo blog un video in cui si ritraeva l’allora ministro della difesa britannico, Liam Fox, in un viaggio all’estero, accompagnato da un giovane scozzese che si faceva passare per suo assistente personale. Risultato: il video è arrivato alla stampa inglese, è scoppiato lo scandalo delle amicizie ingombranti e Liam Fox si è visto costretto alle dimissioni. Sempre qualche tempo fa è successo anche che Wikipedia, la famosa enciclopedia on line, si è auto-oscurata per qualche giorno, in segno di protesta contro il comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni, che prevedeva l’obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta, una rettifica sui contenuti che il richiedente riteneva lesivi della propria immagine, a prescindere dal fatto che tali contenuti fossero o meno veritieri. Queste due vicende sono emblematiche dell’enorme potenza comunicativa raggiunta dal web e del tentativo, da parte dei governanti, di porre delle regole (a volte, più che altro, un bavaglio) a tale media. Internet è senza dubbio il più importante strumento di comunicazione che l’umanità abbia mai avuto a disposizione. Informarsi è divenuto essenziale per sentirsi parte integrante del mondo che ci circonda e la rete è oggi il modo più rapido e diretto per consentire tutto questo. Basti pensare al contributo che hanno dato blog e social network ai movimenti di piazza che hanno coinvolto gran parte dei paesi del Nord Africa e che hanno portato alla caduta dei regimi che li governavano: nel totale controllo e nella censura dei media tradizionali operata dai governi locali, i blogger sono riusciti

Sono cinque ragazzi di origine marocchina e una famiglia nigeriana che vivevano e lavoravano in Libia, stato ricco di risorse che, fino allo scoppio della guerra, era meta ambita da molti abitanti dei paesi limitrofi.

Cosa ti hanno raccontato sulla loro storia migratoria, sulla guerra e sul viaggio verso l'italia? Qualcuno di loro racconta, altri poco, ma tutti dicono che sono scappati per la pressione subita sia da parte dei lealisti che dei ribelli. Per la famiglia nigeriana la situazione era più drammatica perché, in quanto neri, erano perseguitati e sono stati forzati a lasciare la propria casa e scappare in un campo provvisorio, per poi essere imbarcati a forza verso l'Italia. I ragazzi marocchini invece hanno scelto autonomamente di partire, e hanno dovuto pagare il viaggio alle forze di Gheddafi. Per noi la guerra è un concetto lontano... Mi colpisce molto pensare che questi ragazzi, alcuni dei quali anche più giovani di me, molto simili a noi per abitudini, modi di vestire, gusti musicali, abbiano avuto esperienza diretta di cosa vuol dire sentire la casa che trema per le bombe, vedere sparatorie in strada e rischiare di essere colpiti, essere privati dei propri documenti, scappare su una nave stipata senza sapere se si arriverà a destinazione. Mi chiedo con che coraggio potremmo pensare di rifiutarli, come molta gente vorrebbe, solo perché non sono italiani. Come sono arrivati in Italia?

a fornire una versione alternativa della realtà, mentre attraverso i social network le persone hanno potuto condividere idee e azioni, ognuno poteva sentirsi partecipe, e ciò ha permesso di concretizzare la protesta nel mondo reale. Certo, non bisogna sopravvalutare il contributo dei social media nella Primavera Araba; non saranno Facebook o Twitter a costruire la democrazia in questi paesi: essi non aiutano a creare un’identità, un senso d’appartenenza; eppure è indiscutibile l’importanza della comunicazione libera, senza barriere, che essi hanno portato, nel cammino verso uno stato democratico. La libertà di poter informare ed essere informati, senza pressioni o censure di alcun tipo, costituisce uno dei pilastri fondamentali delle democrazie attuali. Ed è soprattutto la rete, at-

IN ITALIA

traverso gli strumenti che mette a disposizione, che ci consente di tutelare tale principio. Per questo molti governi si sentono minacciati dalle “troppe” libertà del web e tentano di regolamentarlo attraverso leggi che finiscono per imporre una vera e propria censura. Una regolamentazione nell’uso di internet è utile e necessaria, ma deve partire da noi che ne siamo gli utenti principali, non dall’alto, dove l’ansia di dettare regole restrittive nasconde spesso secondi fini, che nulla hanno a che vedere con la tanto invocata tutela della privacy. Una frase attribuita a Voltaire recita “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la mia vita perché tu lo possa dire”. Sarebbe bello che questo fosse il primo pensiero di chi usa internet a scopo informativo, ma non solo.

soltanto un permesso di sei mesi come richiedenti asilo. Ed è in questa fase di transizione che si rendono necessarie associazione come quella di cui tu fai parte? Sì. Il ruolo di associazioni come l'ADL è quello di porsi come intermediarie tra le istituzioni e i profughi, supportarli nelle pratiche burocratiche che devono svolgere e favorire la loro integrazione sul territorio italiano. Non sappiamo se la commissione darà ai ragazzi il permesso di restare, ma nel frattempo dobbiamo rendere la loro permanenza il più possibile proficua. Il Ministero dell'Interno provvede allo stanziamento di fondi per il loro sostentamento (nei sei mesi di situazione provvisoria i profughi non possono stipulare contratti di lavoro) e le associazioni, o altri enti disponibili, gestiscono questi fondi, provvedendo a dare ai profughi una sistemazione idonea e a condurli verso un percorso di autonomia sul territorio italiano. Una parte dei soldi viene anche data da noi direttamente ai ragazzi, per le spese di mantenimento. Dove alloggiano i profughi e come trascorrono le loro giornate?

Sono arrivati a Lampedusa per mezzo di barconi. Il mare rappresentava per loro l’unica via di fuga, dal momento che tutte le frontiere di terra erano chiuse. A Carpenedolo sono arrivati una sera di fine agosto, accompagnati dalla protezione civile di Brescia. Avevano del cibo che gli era stato dato per la cena e lo hanno condiviso con noi, chiedendoci di fermarci a magiare insieme. È stato un gesto che mi ha veramente toccato.

Nel nostro caso i ragazzi alloggiano in due case offerte dall'associazione Liberacion nel centro del paese, che gestiscono autonomamente. Non potendo lavorare le loro giornate sono molto monotone, quindi abbiamo provveduto subito a farli partecipare al corso di italiano per stranieri tenuto nella scuola locale, oltre ad organizzare attività di socializzazione (sport, serate ricreative, ecc.), ed un corso di formazione-lavoro sulla tutela dei beni pubblici in collaborazione con il comune.

Cosa prevede per loro la legge italiana?

Cosa si aspettano loro dal futuro?

Sono stati accolti dall’Italia in quanto persone provenienti da un paese in guerra. Secondo la Convenzione di Ginevra hanno diritto alla richiesta di asilo, previa valutazione da parte di una commissione competente che può rilasciargli un permesso di soggiorno come rifugiati se dimostrano di aver subito persecuzioni, torture, minacce alla propria vita per motivi politici, ideologici, religiosi o di appartenenza etnica. Ad oggi sono in attesa di questa valutazione, hanno

Ognuno ha storie e progetti migratori diversi, ma tutti sperano di poter restare in Italia o poter andare in altri paesi europei per trovare lavoro. Non vorrebbero tornare in Libia, vista la situazione ancora poco stabile, ma nemmeno nei paesi d'origine, dove le prospettive di lavoro e di vita sono certamente peggiori che in Italia. È difficile spiegargli che la legge impedisce loro di decidere dove vorrebbero vivere.

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siamo orgogliosi

DI ESSERE ITALIANI?

Una domanda che ci unisce di Fo Elettrica

Q

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uesta domanda sorge in continuità con le difficoltà e i successi presenti nella storia del nostro Paese emersi dalle riflessioni fatte in questo anno del 150° dell’Unità d’Italia. La valenza storica di questa ricorrenza e gli eventi promossi per evidenziarla hanno infatti invitato al richiamo delle radici comuni sia dal punto di vista istituzionale che da quello culturale, cercando di spingere ogni cittadino verso una maggiore profondità e consapevolezza di cosa significhi essere italiani. Di fronte a questo sembra lecito chiedersi se, ora come ora, in un momento in cui non esiste ancora un’identità nazionale condivisa, ci siano comunque aspetti che ci rendano orgogliosi di essere italiani, che cosa noi italiani pensiamo dell’Italia, che cosa di questo Paese ci coinvolga, che cosa ci infastidisca, quali aspettative abbiamo per il futuro. Per rispondere a queste domande ho deciso di andare sul campo e chiedere direttamente agli italiani, camminando per strada, entrando nelle scuole, negli ospedali, nelle università, nei negozi. Il pensiero dello studente Andrea, 24 anni, studente di Astrofisica In che modo vengono considerati lo studio e la ricerca nel campo dell’Astrofisica nel nostro Paese? Io studio Astrofisica per passione e riconosco che fare scienza in Italia sia oggi molto diffici-

le perché manca uno sguardo proiettato verso il futuro, come sottolinea l’assenza di investimenti, e quindi ci sono poche possibilità e poche scelte per chi vuole studiare e ricercare. Questo vale perlomeno per chi non appartiene a quei rari casi di studiosi che finiscono per lavorare per il Cern o a Trieste (il Dipartimento di Astronomia dell’Università di Trieste è stato fondato nel 1984 da Margherita Hack, nda), che rappresentano le uniche due isole felici per la ricerca italiana e in cui si viene pagati per quello che si studia. Proprio per queste difficoltà in Italia il progresso in campo astrofisico può essere portato avanti solo da chi possiede una grande passione e spirito di iniziativa. Il problema però è che questi sforzi vengono poi nella maggior parte dei casi premiati in altri Paesi, come la Germania o l’Olanda, in cui le ricerche in campo astrofisico (ma non solo, nda) sono incentivate. Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgoglioso di appartenervi? Lo sport mi rende orgoglioso, perché nonostante il nostro Paese sia piccolo e relativamente concentrato solo sul calcio, ci sono comunque molte persone che in sport meno conosciuti e poco retribuiti mettono molta passione e offrono così successi anche inaspettati. Mi rendono orgoglioso anche quelle menti italiane che, nonostante la cultura non progressista del nostro Paese, hanno firmato importanti scoperte dal punto di vista sia scientifico che culturale. Tut-

ti questi personaggi consentono di identificarsi come Nazione: infatti scienziati come Enrico Fermi, sportivi come Federica Pellegrini o registi come Roberto Benigni offrono un certo tipo di orgoglio nazionale a prescindere da ciò che sta succedendo oggi. Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono? Sicuramente di stare più uniti, ma anche di cercare una strada comune non dovuta a chi ci rappresenta, ma che nasca dalla gente, ovvero da chi poi è in realtà il Paese. Le parole del lavoratore Marco, 55 anni, Medico Pensa ogni tanto a cosa vuol dire essere italiano e/o appartenere ad un Paese come l’Italia? È, questo, un anno particolare vista la ricorrenza del 150mo dell’Unità d’Italia. Inevitabilmente tornano alla mente gli insegnamenti risorgimentali della scuola ma, anche, lo scarso pathos del periodo liceale dove Garibaldi era diventata una statua nell’omonimo corso. Canto l’Inno d’Italia nelle occasioni che lo permettono perciò condivido innanzitutto il significato di unità di questo Paese. Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgoglioso di appartenervi? La Storia di questo Paese, seppure con momenti

travagliati, ha fortemente inciso sulla cultura di tutto il mondo. Tutt’ora vi sono espressioni di valore riconosciute a livello planetario. Il gusto di vivere e di vivere con gusto ci appartiene e lo esportiamo nel mondo con la moda, il cibo, le auto.

Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono? Lavorare. Inteso come produrre idee. Avere obiettivi. Lavorare per raggiungerli. Senza però calpestare gli altri.

Stefano Quintarelli, 46 anni, imprenditore prestato al management

Quali aspetti dell’Italia La deludono o La fanno arrabbiare? Naturalmente in questo periodo è sotto gli occhi di tutti il degrado della politica. Con il periodo di “mani pulite” nel 1992 sembrava potesse nascere una nuova prospettiva per il nostro Paese. In realtà la stessa classe politica di “allora” si è semplicemente riciclata negli schieramenti a destra o a sinistra con risultati veramente sconfortanti. Inoltre troppi nostri giovani sono costretti a recarsi all’estero per avere un futuro di studio o di lavoro.

La voce dalla rete Maria, 78 anni, docente in pensione

Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgoglioso di appartenervi? Sì, la qualità della vita, la fantasia, il gusto, l’inventiva.

In che modo viene considerato il lavoro del medico nel nostro Paese? Credo che ancora il ruolo del medico abbia un significato positivo. Anche se negli anni questa figura ha subito l’assalto (e l’assillo) dei budget aziendali o dei limiti di spesa. Il medico ha dovuto, in definitiva, diventare anche un po’ ragioniere e questo non ha giovato innanzitutto al paziente. Però credo che ancora esista molto del “far” del medico e venga riconosciuto, almeno dai cittadini, l’impegno se realmente dimostrato.

CARA ITALIA, sei unita da centocinquant’anni, così t’ho conosciuta quando sono nata, quando sono cresciuta, quando sono invecchiata e così t’ho amata. Mentre crescevo, pensavo che anche tu crescessi, che crescessero i miei concittadini, invece… … Io soffro con te, cara Italia, mentre con te contemplo il degrado delle opere d’arte che si sbriciolano lentamente e cancellano le memorie del passato. Perdiamo il passato, soffriamo il presente, non abbiamo futuro. Eppure io spero ancora in uno scatto d’orgoglio, in un risveglio improvviso, in una svolta epocale che ti salvi, Italia mia, perché sono orgogliosa di essere italiana e allora canto con De Gregori: Viva l’Italia. … Ciao, Italia. Dal blog “Thema” (http://thematico.blogspot.com/) Intervista al Direttore dell’Area Digital del Gruppo 24 Ore

Pensa ogni tanto a cosa vuol dire essere italiano e/o appartenere ad un Paese come l’Italia? Certamente.

Quali aspetti dell’Italia La deludono o La fanno arrabbiare? Che i nostri rappresentanti non sono rappresentativi e danno un’immagine peggiore del Paese reale. Ha qualche pronostico in mente sul futuro dell’Italia? È scritto. Il profilo demografico del Paese indica invecchiamento. Occorrerà aprire l’immigrazione, passare da Jus sanguinis a Jus solis. La crisi economica aumenterà per poco meno di una generazione, poi ci sarà un riequilibrio ed un rilancio. Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono? Lavorare di più, più efficientemente, e guardare meno al passato.

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sport estremi

ADIGE RAFTING

Primo capitolo di una sportiva per caso

marcolino

E LE (PORNO) COMMUNITY

Viaggio allucinato nei siti internet per incontri

di ANTONELLA SARTORI

di MARCO STIZIOLI about.me/marcolino

Loro non aprono mica la porta al mistero alla paura e alla scoperta

T

ra tutte le classificazioni che possiamo fare per dividere le persone, una di queste potrebbe essere «le persone si dividono tra quelle che praticano sport e quelle che già a vent’anni hanno la gobba». Ovviamente nell’ambiente in cui mi muovo di veri sportivi, ne conosco pochi, anzi, ora che ci penso, nessuno. Quindi, tenendo conto di questo fattore, aggiungendo la triste verità che la mia carriera da sportiva è terminata insieme al liceo e alle ore di educazione fisica - e che il mio spirito di competizione non è mai nato - ho passato gran parte della mia vita benedicendo il metabolismo veloce. Ad ogni modo, con la maturità, molte cose iniziano a cambiare, e quello che una volta poteva non interessarci ora inizia a piacerci. Per esempio lo yoga, il climbing, oppure il rafting… È un bel pomeriggio di giugno quello che ho scelto per fare un giro in gommone lungo il fiume

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Tricarico - Aeroplano giallo Adige, che si snoda lungo la città come fosse la sua spina dorsale. Accordatami con il mio amico Damiano, una delle guide dell’Adige Rafting, ci siamo dati appuntamento presso il maneggio in fondo al lungadige Galtarossa (base e punto di sbarco dell’Adige Rafting, ndr). Una volta caricati gommoni, gilet e pagaie mi avvio, insieme alle cinque guide, in direzione della diga del Chievo. Lì ci attendono allegre famiglie ma anche instancabili avventurosi pronti a provare questa nuova e inebriante esperienza. Ammetto un filo di incertezza alla vista dell’attrezzatura: tutto ciò che richiede un giubbotto salvagente, mi crea una certa inquietudine, e in quel caso l’utilizzo era tassativo. Passati i timori iniziali, e indossato il gilet della taglia giusta, mi convinco che un mese di corso di nuoto è più che sufficiente per affrontare l’Adige e che comun-

que è pieno di famiglie con bambini. Scesi lungo la riva del fiume, prima di salire sui gommoni, ci vengono illustrate alcune delle tecniche base per far muovere un gommone e di come utilizzare al meglio una pagaia per produrre movimento e non strappi muscolari. In ogni caso non ci saremmo dovuti preoccupare di nulla: le nostre guide (una per gommone) avrebbero pensato a come rendere piacevoli e sicure le quasi due ore di tragitto. Per un tacito accordo con la guida finisco proprio davanti, in poppa, mentre il resto della ciurma è formato da un’allegra famigliola australiana composta da due mamme particolarmente premurose prima, e competitive poi (tanto che nella gara finale verrò pure accusata ingiustamente di aver fatto perdere “la squadra”), che mi esortano di fare cambio di posto con i loro figli adolescenti. Io non cedo e preferisco godermi il meraviglioso panorama che si riflette nell’acqua: tant’è che la città acquista proprio una bellezza acquatica, silenziosa e maestosa. I palazzi sembrano tutti più grandi, imponenti e i rumori del traffico sono ovattati dalla corrente che ci trasporta più o meno tranquilli lungo i dodici ponti che articolano la città. Grazie all’illuminante spiegazione della guida scopro perché il ponte di Castelvecchio è stato considerato, al tempo della sua costruzione, uno tra i progetti più innovativi d’Europa oppure perché tutte le facciate dei palazzi mostrano il loro lato più bello proprio al corso d’acqua. In tutta questa bellezza non mi sono però dimenticata di pagaiare, e anzi nel frattempo ho pure imparato la tecnica, tanto da affrontare tenacemente le rapide di Ponte Pietra (le uniche insieme a quelle sotto il ponte della ferrovia), e l’ultimo tratto, quello che da Ponte Catena va al lungadige Galtarossa dove i gommoni si sfidano a gara tra loro. Com’è andata a finire la garetta amichevole non ha importanza, l’importante invece è com’è stato il mio sbarco sulla terraferma: madido e felice.

“Mi piace donare piacere, senza pretendere nulla per me. Parliamone: sono una persona seria”. Così mi scrive Ridge, su Cougaritalia. Ho infatti deciso di perlustrare, incuriosito come un palombaro dagli abissi, i misteriosi siti internet per incontri. Con astuzia creo profili fasulli, alla scoperta di questi non-luoghi dagli altisonanti nomi: Meetic, Senzapudore, Annunci69 (sì, avete letto bene), Happysexo, ma anche, per gli omosessuali, Gaydar, Gayromeo e tanti altri che starete sicuramente già cercando, digitando parole peccaminose su Google. Mi ritrovo scaraventato in un ipermercato che (s)vende carne umana: giovani muscolosi dal sapor mediorientale, poppute biondone, anziani professori e ragazze in età da marito. Molti già li conosciamo: persone normali che si siedono accanto a noi a lezione di Storia medievale. Cosa li spinge a iscriversi a queste community? Solitudine? Tanta voglia di tenerezza? Sesso? Spiegazioni che inquietano. M’imbarazza non tanto il maniaco che propone strani giochi con mollette, ma Lupo85 che invia a Moana, il mio account fake di aitante studentessa, quest’icastico messaggio: “Vorrei abbracciarti”. Com’è possibile desiderare di cingere le proprie pelose braccia intorno al busto di una donna di cui si conosce solo la rappresentazione in pixel? E mi chiedo: si presenterebbe costui, nel giardino dell’università, alla bella ragazza che fingo di essere? Avrebbero, gli pseudo pervertiti, il coraggio di propormi, vis-à-vis, gli incontri sessuali nei bagni di un centro commerciale ai quali m’invitano su Gayromeo? Dobbiamo ammettere, però, che per il mondo GLBT ha ancora un senso conoscersi in queste riserve indiane virtuali. Vista la contingenza italiana, quanto deve esser difficile conoscere persone dello stesso orientamento sessuale? Che livello di frustrazione si può raggiungere nel non poter rimorchiare un compagno di corso perché “no, qui ci vedono”? Nonostante io ritenga che un po' di coraggio nel viversi a pieno non guasti mai, quando gli utenti di queste community mi svelano le loro fantasie, nasce nel mio petto un leggero imbarazzo, quasi un senso di colpa: che tipo di società stiamo costruendo se queste persone – spesso uomini e donne di bell’aspetto – si ritrovano a utilizzare una piattaforma digitale per trovare ciò che desiderano? Che tipo di accoglienza riserviamo al diverso, a colui a cui piace annusare calzini ingialliti, o alla ragazza che brama farsi legare

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come un cotechino? Proviamo a girare la domanda: noi parliamo al partner di certe nostre voglie? Voi maschietti eterosessuali siete pronti a confessare alla vostra compagna che desiderate oggetti colorati dentro oscuri pertugi del vostro corpo? E ancora, dolci fanciulle, svelate al vostro amore che vestirvi da infermierina non vi soddisfa e preferireste, invece, indossare una tuta da meccanico? Forse siamo tutti vittime di quel marketing oscurantista che ci ha indotto a pensare che le nostre pulsioni siano sbagliate, che la posizione del missionario sia l’unica praticabile, dentro il matrimonio ovvio. È impossibile dare una risposta univoca al fenomeno di Annunci69 & Company. Di sicuro, ed è la cosa positiva, concedono generosamente spazio alle pulsioni che nella piazza cittadina siamo obbligati a censurare. Dall'altro lato, però, fanno ammalare gli iscritti di consumismo, bulimico e

sfrenato, che li porta a pretendere tutto e subito. Voglio sesso? M'iscrivo e trovo corpi. Voglio l'amore? M'iscrivo e organizzo una cenetta romantica con una tizia di Sommacampagna. No, non è così che dovrebbe funzionare la vita. No, non è moralismo il mio. È un allarme: stiamo perdendo la capacità di parlare con quel figaccione seduto sugli unti sedili del 13. A volte sento la mancanza del medioevo e degli sguardi lascivi nei campi, e poi via, nei granai, ad accoppiarsi come conigli. Una cosa bella - che sia un piccolo fiore che sboccia o dei corpi annodati ed eccitati – ti travolge all’improvviso, trascorri mesi d'astinenza e poi BUM, corpi sudati, ciccia, in una lercia metropolitana di una città cosmopolita. Il godere è reale, caspiterina! È lento, non ha filtri, non lo puoi programmare sulla tua agendina color carta da azzurro, come fa Lucaverona: “Domani alle 17 vieni da me che ti faccio conoscere il mio Mister due palle?”.


MUSICA

c’È

UNA LUCE CHE NON SI SPEGNE MAI

DI FEDERICo LoNGoNI

RoBERTo MELCHIoRI

NOVITÀ VERONESI

le MaSchere DI clara ANAMORFOSI (2011) VOTO: 8,0

FACEBook.CoM/LEMASCHEREDICLARA

Bel disco? Sì, lo ammetto: mi è piaciuto molto, difficile credere che sia un gruppo di Verona, soprattutto per la ricercatezza compositiva e la cultura musicale che ne traspare. È sicuramente musica colta! Infatti lo spettro musicale che ci arriva dal nuovo lp è davvero molto ampio: da Bach ai QOTSA, passando per il Teatro Degli Orrori (anche se Le Maschere affermano ostinatamente il contrario) e poi altri innumerevoli rimandi sonori o poetici che ciascuno potrebbe intuire. Non siamo qui per fare elenchi di gruppi che ci possono ricordare o per citare coloro a cui si ispirano. La domanda è: mi compro ‘sto disco o no? (o se sono un nerd) me li vado ad ascoltare su fb? La risposta? Beh, qualcuno non si è ancora convinto, ma per voi facilito io le cose: vi piacciono i gruppi potenti con suoni cattivi e cupi, aggressivi e ricercati? Vi piace la complessità della musica classica e del barocco? Se una o più risposte sono affermative, procedete.

NEWS

JuStIce AUDIO VIDEO DISCO (2011) VOTO: 7,5 14

Si sa: loro sono dei fighi, e si tende a promuoverli a prescindere, ma anche bocciarli per lo stesso motivo sarebbe un errore grave. Ascoltate il disco, bene stavolta, meglio del primo, non è cosi immediato, ma dopo un po’…. ecco ve l’avevo detto, ascoltate bene i dischi! Dopo essersi adattati ad un sound più tranquillo, meno “cattivo”, lo si inizia ad apprezzare. Elementi caratteristici: basi retrò (italo disco, ’80) suoni rock con i tratti orchestrali che ormai li distinguono. Melodie perfettamente riuscite, molto orecchiabili e alle volte pop, un lavoro diverso rispetto al primo. Per fortuna c’è chi riesce a cambiare senza stravolgere, e lo fa bene.

R

achele sta tornando a casa. È notte fonda. Fa freddo. Le foglie gialle e rosse scricchiolano sotto i suoi passi. Sulla strada di casa infila le cuffiette. Ryan Adams inizia a cantare. Voce calda, sincera, mai banale. Lo ama da impazzire quando pubblica album come Ashes & Fire. Dirty Rain e Come Home calcano la tradizione delle intime ballate rock americane. Il ritmo aumenta leggermente con Chains Of Love, e la chitarra elettrica fa capolino in Invisible Riverside. Rachele è soddisfatta. Non ha mai sentito un Ryan Adams così accattivante, genuino e sincero. Proprio come Enea, l’uomo che Rachele ama, ma che non ha il coraggio di farsi avanti. Enea si sta per laureare. Sta in piedi fino a tardi per scrivere la tesi. Con una tazza di tè caldo in mano, decide di fare una pausa. Ascolta il cd che ha comprato ieri. È il nuovo di Feist. In Metals si è superata. Ha dato il massimo. The Bad In Each Other e How Come You Never Go There sono brani che stupiscono per la loro capacità di essere moderni e vintage allo stesso tempo. Comfort Me è solo un blues chitarra-voce, che poi si apre come una finestra che dà sull’oceano. Enea pensa alla sua vicina. È innamorato. Ma ha paura di fare un enorme sbaglio. Mentre ascolta Get It Wrong, Get It Right sente i passi di lei sulle scale. Apre la porta di casa. Si salutano con un sorriso. Si incrociano i loro sguardi. Entrambi arrossiscono. Poi, facendo un grosso respiro, Enea invita Rachele a prendere una tazza di tè. E la porta si chiude.

rock On babe DI ANNA PINI

U

na violentissima ventata d’aria fresca. Ladies and gentlemen: ecco a voi i Dark Age. Trovo che, generally speaking sia chiaro, risulti piuttosto difficile per una band: A) trovare la propria strada, cioè ritagliarsi il proprio spazio nell’esuberante e sovraffollato mercato musicale di questi nostri strani tempi, e B) coniugare la violenza tipica della musica metal con la melodia immediata che conquista in 0,5 secondi netti(fattore importante in una società sempre più frenetica). Questa giovane band tedesca (giovane si fa per dire, ha all’attivo 10 lavori tra demo ed EP più uno in lavorazione) ci regala con “Acedia” un raffinato lavoro che non manca di coinvolgere ogni nostra cellula (sana s’intende) in fase di ascolto. Le ritmiche sono violente, complesse ma riescono ad essere insieme di ampio respiro, tutto viene guidato senza ripensamenti dall’inflessibile Andrè Schumann che dietro le pelli non ha nessuna esitazione. Perfetto stile teutonico d’altronde. La melodia dirompente e inarrestabile che ci avvolge come una coperta di lana merinos è realizzata grazie a un lavoro su più fronti. Da un lato Eike Freese voce, backing vocals e chitarra, dall’altro Jörn chitarra solista, il tutto condito dall’abbraccio di stampo più classico del tastierista Martin Reichert che aggiunge al tempo di 2/4 (che già di per sé fa molto melodic death metal), un ulteriore tocco di classe che ai palati più raffinati non può non ricordare la scuola svedese. Non è un caso che infatti i Dark Age annoverino tra le loro influenze niente popò di meno che In Flames, Soilwork e Dark Tranquillity. Ed è stato proprio il chitarrista dei DT Niklas Sundin, famoso designer e illustratore in patria, a creare per loro la copertina di Acedia. Pezzi come “Kingdom nevercome”, “Devote yourselves to nothing”, “Halo meridian” o “Myself eretic” vi scuoteranno nelle fondamenta, e vi faranno vivere diversamente questo autunno già freddissimo. Setting ideale d’ascolto: davanti a un fuoco ( indoor o outdoor, fate vobis) sgranocchiando caldarroste. Enjoy!

“…Will I ever be myself again? after building my kingdom nevercome...”

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cOSa aScOlta la reDaZIONe MA ANCHE NO

ROCK HISTORY

kYuSS BLUES FOR THE RED SUR (1992) VOTO: 9,0 Deserto della California, generatori a benzina, alcool e allucinogeni, migliaia di persone. Queste erano le situazioni in cui si esibivano i Kyuss ai loro albori. Figli del deserto, è nel loro secondo disco che esprimono al meglio tutte le loro caratteristiche: chitarre con distorsioni bassissime, accordi che si ripetono in maniera martellante, cambi di tempo improvvisi e lunghi momenti di trance psichedelica. Se si leva qual sapore metal primi anni ’90, dato soprattutto dalle voci, ne rimane quello che è l’essenza dello stoner rock.

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Coldplay - Mylo Xyloto: c’è anche un pezzo con Rihianna, no maaa... è bello. Foo Fighters – Wasting Light: fanno il loro e lo fanno bene. Jovanotti – Ora: non avrebbe mai dovuto fare musica. RadioHead - The King of Limbs: sotto tono per essere i Radiohead, eccellente per essere in paragone con gli altri. Red Hot Chli Peppers – I’m With You: a cinquant’anni si può perdere qualche colpo, dai. Tom Waits – Bad As Me: un genio cazzo! Anche dopo 22 album pubblicati. Lou Reed/Metallica – Lulu: unite l’emblema del metal ad un emblema degli anni settanta. Il risultato? Una merda. Luppi e Danger Mouse – Rome: il meglio che la musica mondiale può offrire.


LETTERATURA

CENT’ANNI FA NASCEVA

alba De cÈSpeDeS UNA RAGAZZA NON CONFORME ALLA MORALE DI FEDERICA RoSA

N

on avresti pensato che quell’incontro presso un vecchio carretto, insolito supporto di libri usati, sarebbe stato l’inizio di un lungo pezzo di strada da percorrere insieme ad Alba de Cèspedes, scrittrice ignota ai più, dal cognome che nemmeno sapevi pronunciare con ferma sicurezza. Due miseri euri, e ti porti a casa Nessuno torna indietro, che Alba pubblica nel ’38, a 27 anni, e che venne fermato dalla censura (“Le mie ragazze non erano conformi alla morale fascista” dirà anni dopo l’autrice). Cominci a leggere di Emanuela e Xenia, e pensi che quelle ragazze hanno la tua età ma sembrano più vecchie di te. I loro vestiti non dovevano assomigliare per niente ai tuoi. Né i loro sguardi rivolti agli incerti domani. Ma poco a poco, forse in te ritrovi qualcosa del disincanto di Silvia, della velleitaria ostinazione a scrivere di Augusta e del tentativo di Emanuela di raccontarsi celando agli altri i lati oscuri del suo passato, dell’amore disperato di Vinca. Il romanzo racconta la storia di otto ragazze che condividono i loro anni migliori in un collegio per studentesse a Roma. “È bello stare a discutere così tra noi, tutte donne”, dice Silvia ad un certo punto, e il lettore ha l’impressione di conoscere davvero queste ragazze e di capire un

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po’ più anche di se stesso, attraverso loro. Alba de Cèspedes nasce nel marzo 1911, muore nel 1997. Il padre è cubano, per questo porta un cognome spagnolo. Partecipa alla Resistenza con il nome di Clorinda e il suo primo romanzo non è il solo ad essere censurato dal regime. Nel ’44 fonda la rivista “Mercurio” e nel dopoguerra pubblica, tra l’altro, i romanzi Dalla parte di lei, Quaderno proibito, il bellissimo Il rimorso. A Parigi, nel ’67, esce La bambolona. Scrisse poi racconti, poesie, sceneggiature teatrali e cinematografiche e fu anche giornalista. La scrittura della de Cèspedes affonda nell’intimo dei suoi personaggi, sa raccontare con rara delicatezza le oscillazioni verso un’esistenza altra rispetto a quella che essi esperiscono e sembra spronare il lettore a chiedersi fino a che punto conosca se stesso e le persone che gli camminano a fianco. La sua opera è un lucido squarcio nella mediocrità benpensante di un’Italia borghese e, se è vero che la letteratura conosce l’animo umano meglio di qualunque strizzacervelli, come qualcuno ha detto, sapiente ritratto di un’umanità palpitante. Mi piace immaginarla come nel ritratto di Claudia Berardinelli: con gli occhi appena socchiusi, i lineamenti del viso duri.

DI CARoLINA PERNIGo

Martina Savoia, Il mondo sommerso, QuiEdit, 2011, 12.50 € Il libro di Martina Savoia affronta senza false reticenze il tema della malattia mentale che ancor’oggi una società proiettata al perfezionismo tende a censurare. Si tratta di un viaggio autobiografico alla riscoperta di un mondo segregato, avvolto dalle tenebre del pregiudizio e messo a tacere. Oltre le stanze asettiche di un ospedale psichiatrico, si leva un grido silenzioso e si consuma la vita delle ombre. Siamo nelle retrovie, dove si avverte una scissione profonda fra l’altrove e il reale. Eppure la presunta estraneità è tanto apparente quanto illusoria: riscopriamo allora con stupore l’immensa umanità tormentata dal male dell’anima, così strettamente legato all’essere pensante in quanto tale. Attraverso le pagine, il tempo è scandito da una clessidra che sospinge e risolve la perenne tensione fra vita e morte, fino ad approdare ad un’inaspettata rinascita: “Il sole sottile striscia di luce. L’orizzonte si rianima. E il cuore sgela, torna a battere sangue caldo, vivo. E la mattina irrompe, tiepida, magica, su tenebre che parevano infinite” (p. 112).

Un libro duro, violento, senza mezzi termini. Un affresco corale in cui le voci si alternano incessantemente, ognuna con i propri tratti stilistici peculiari, mimetiche talvolta fino a diventare sgradevoli. Racconta le vicende di “Ben Zion Avrohom, alias Ben Jones, alias il Profeta, alias il Figlio, alias il Messia, alias il Signore Iddio” (p. 6). Una figura tormentata di uomo che si confronta contraddittoriamente con la società contemporanea e dispensa il suo amore gratuitamente e nei modi più impensati. Una riflessione amara sul fatto che Cristo anche oggi continuerebbe ad essere la pietra dello scandalo. Un’opera sconvolgente e discutibile, da leggere tutta d’un fiato se non si teme il confronto con le versioni alternative di una storia già nota.

tOp 5 OVVERO COSA LEGGE LA REDAZIONE

NON È uN artIcOlO DI crONaca ANDREA ZANZOTTO, UN POETA MORTO IN SILENZIO DI MARCo PoLIMENI

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dipinto © claudia berardinelli

a senso imparare qualcosa in un mondo che rischia la catastrofe per eccesso di velocità? Procedono spedite la scienza e la tecnica, ma molto più veloce viaggia il vuoto portato dal consumismo: i molti che smaniosamente spendono e spandono per acquistare un sapere di pochi; che abitano schiere di casette tutte uguali costruite su macerie di paesaggi meravigliosi, paesaggi che non esistono più. E molto più veloce viaggia, su un binario infinito, l’imbarbarimento di cui è preda la nostra società. Le tre I, di informatica, industria e inglese, ogni giorno di più, in televisione, sui giornali, alla radio e in giro per le strade di questo stanco paese, schiacciano l’italiano, il dialetto, la nostra cultura, la nostra identità oggi troppo spesso beceramente confusa con una identitarietà fatta, strumentalmente, di sopraffazione e razzismo, per qualche voto in più. Il Veneto, il suo dialetto e i suoi paesaggi, rappresentavano per Andrea Zanzotto quell’identità mitica che ne ha caratterizzato la poetica. Paesaggi che sin da bambino aveva imparato ad amare assistendo alle sessioni di pittura del padre, artista ed insegnante che non poteva svolgere la sua professione, in quanto antifascista. Paesaggi che oggi sono stati sventrati dal progresso, e questo per il poeta trevigiano rappresentava un lutto più grave della perdita di una persona cara. Sì, perché il progresso non va di pari passo col conto degli anni, e la sensazione che aveva della realtà era quella di una sconcertante regressione verso il nulla: 2009, 2010, 2011… disboscamento, cementificazione, abbandono.

NuOVe ScOperte lIbrI IN pIllOle DI GIULIA PoLIN

queStO

1. Middlesex di Eugenides Jeffrey 2. La figlia prodiga di Alice Ceresa 3. Le stanze. Dialoghi con gli italiani di Indro Montanelli 4. Col corpo capisco di David Grossman 5. Mangia prega ama di Elizabeth Gilbert

E questo breve scritto, non me ne voglia nessuno, non è un articolo di cronaca, né un saggio critico: è un pretesto per raccontare una realtà in cui la morte di Andrea Zanzotto non è importante. Non quanto quella di un magnate dell’informatica, eretto a icona del modernismo; non quanto quella di uno sportivo, il cui funerale diventa meta di pellegrinaggio da tutti gli angoli d’Italia. Così, il 18 ottobre, mentre una volta la morte di un poeta spingeva nelle piazze, siamo corsi alla Fnac, a caccia dell’opera omnia: siamo ammalati di velocità ed è sempre più difficile fermarsi ad ascoltare, figuriamoci ad ascoltare un Poeta.

al mondo ANDREA ZANZOTTO Mondo, sii, e buono; esisti buonamente, fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto, ed ecco che io ribaltavo eludevo e ogni inclusione era fattiva non meno che ogni esclusione; su bravo, esisti, non accartocciarti in te stesso in me stesso. Io pensavo che il mondo così concepito con questo super-cadere super-morire il mondo così fatturato fosse soltanto un io male fantasticante male fantasticato mal pagato e non tu, bello, non tu “santo” e “santificato” un po’ più in là, da lato, da lato. Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere e oltre tutte le preposizioni note e ignote, abbi qualche chance, fa’ buonamente un po’; il congegno abbia gioco. Su, bello, su. Su, munchhausen.

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Nero revolver

CINEMA

a MeXIcaN StaNDOFF

A CURA DI MARTA PoLI

ammazza il tempo

IL TRIELLO DI UN CINEFILO IMPRUDENTE DI NICoLA PICCINELLI

MINI GuIDa alla SOpraVVIVeNZa DIalettale 1A PUNTATA: VERONESE VS BRESCIANO 1 Esclamazione colorita, d’ascendenza anatomica, utilizzata comunemente come intercalare o insulto VR: MONA BS: POTA

ROMAN POLANSKI CARNAGE

(2011) Cosa può succedere in un bel soggiorno con quattro ottimi attori e un ascensore inutilizzato?

IL PIANISTA

(2002) La vita del ghetto. Un pianoforte a coda. Il razzismo che appare in tutta la sua inutilità e superficialità.

L’INQUILINO DEL TERZO PIANO

(1976) L’appartamento da non prendere mai in affitto. Un capolavoro.

2 Espressione che indica una quantità ingente VR: A BUSO BS: FES

IL DECALOGO DEL VINTAGE • • • • • • • • • •

DAVID FINCHER

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SOCIAL NETWORK

(2010) Una colonna sonora da Oscar. Il cammeo di Justin Timberlake. La vita che si aggiorna in un click. Gli anni ’00.

ZODIAC

(2007) Infinito e mai noioso. Qualcuno si ricorda “Il caso Scorpio è tuo?”.

SEVEN

(1995) Che thriller! Un tizio che vuole redimere i nostri peccati. New York. Uno dei finali più belli del cinema.

GUS VAN SANT L’AMORE CHE RESTA

(2011) Una dolce storia d’amore. Un kamikaze giapponese. Non il miglior di Gus, da vedere per completarne la filmografia.

PARANOID PARK

(2007) Skater. Il bisogno di farti accettare. Una quieta stazione. La redenzione trovata in una penna.

ELEPHANT

(2003) La vita si dimostra in tutta la sua ferocia. Il dramma di Columbine in una versione silenziosa e distaccata.

DI cartONe aaa lIbrI cercaNO autOrI STORIA DI UNA CARTONERA A BERLINO

DI VALENTINA PIZZINI La storia dei libri di cartone parte da lontano, da un paese, l'Argentina, che nel 2001 affronta una disastrosa crisi economica, con conseguenze sociali devastanti. Un' inflazione inarrestabile fa impennare i prezzi di qualunque cosa, produzione libraria compresa. Dall'altro lato, cresce la folla di disperati che ogni giorno va a frugare tra i rifiuti, cercando materiali di scarto da rivendere alle industrie del riciclaggio. Nasce così l'idea di produrre libri in un nuovo modo: con il cartone comprato direttamente dai cartoneros. Si contat-

MySpace I salatini anni ‘80 Le cannucce multicolor La calcolatrice Le strisce pedonali Il prosciutto cotto Il perizoma La cotoletta alla milanese Il fazzoletto di stoffa Il ventilatore

3 Bevanda generalmente consumata durante l’aperitivo, di cui non è possibile stabilire l’origine e la composizione VR: SPRITZ BS: PIRLO 4 Intercalare onnipresente e martellante, talvolta fastidioso, diciamo pure inutile, utilizzato a fine frase VR: VERO?! BS: NEH?! 5 Cannula cilindrica farcita con tabacco e altre sostanze da cui s’aspira la cosìchiamatanicotina VR: CICCA BS: PAINA

PASSOROSCOPO

6 Prodotto dolciario tendenzialmente gommoso VR: CIUNGA /GOMMA et similia BS: CICCA

Fondamentalmente non crediamo nell’astrologia. E dal momento che non siamo nemmeno il mitico Robert Brezsny ci fermiamo qui. Offriamo comunque alle vostre retine una piacevole illustrazione da cui potersi ispirare e vi consigliamo di tagliarvi sempre le unghie dei piedi.

Nota: i punti 5 e 6 esemplificano e giustificano il consueto senso di disagio e disorientamento provati nel momento in cui chiedi una cicca e ti offrono una sigaretta ma tu vuoi una chewin gum, oppure chiedi una cicca e ti offrono una chewin gum ma tu vuoi una sigaretta

tano poi gli autori, spesso giovani o indipendenti che trovano difficoltà ad entrare nel sistema della grande editoria. Ed ecco creati i libri di cartone: pezzi unici, corredati da coloratissime illustrazioni, venduti spesso nello stesso luogo in cui sono stati creati. Eloisa Cartonera è la prima casa editrice di questo genere, ma ben presto ne aprono altre in tutta l'America Latina: Cile, Brasile, Messico, Uruguay, per approdare infine in Spagna. Promuovono una cultura dal basso, ma non per questo scadente; per le cartoneras (questo il nome delle case editrici di cartone) lavorano anche autori sudamericani già noti, che vedono in questo progetto un modo per pubblicare ciò che il mercato tradizionale ha scartato. Le cartoneras passano anche dalla nostra università quando Mariagiulia, una studentessa di

lettere, in seguito ad un viaggio in Sudamerica, scopre il mondo dei libri di cartone e se ne innamora. Innanzitutto ci scrive una tesi sopra, ma progetta anche di importare l'idea. E, quando dopo varie vicende approda a Berlino, il progetto prende forma. La neonata casa editrice si chiama FernAnda Pappetrice (Pappe in tedesco significa cartone) ed è alla ricerca di giovani autori che vogliano vedere le loro fatiche pubblicate. Quindi, giovani scribacchini in erba, affrettatevi! Nel cuore pulsante d'Europa le pagine di cartone aspettano le vostre parole. Su Facebook trovate una pagina in cui è bandito il concorso per le prime pubblicazioni: il limite temporale è scaduto, ma non disperate. Mandate lo stesso le vostre creature: FernAnda è sempre affamata.

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appuntamenti concerti Emporio Malkovich e Röcken: • 28 Gennaio 2012 - 21.30 Auditorium Malkovich c/o Sala Polivalente via Scuole, 37066 Caselle, VR

GIORGIO CANALI E ROSSOFUOCO

(La Tempesta / Universal Music)

Interzona • 28 gennaio 2012 - 21.00 Magazzino 22, Ex Magazzini Generali Via Scuderlando, 4, Verona

oniricalab, il festival dei makers Teatro Camploy

Biblioteca Civica

• 8 febbraio 2012 - 21.00 Via Cantarane, 32 (zona Pta Vescovo)

• Fino al 25 Gennaio 2012 Ogni mercoledì alle 16:30 (tranne il 14 dicembre 2011 e il 18 gennaio 2012 alle ore 16.00) Sala Farinati, Via Cappello

Rio

MEDITERRANEO TOUR

Teatro Filarmonico

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EXTRA

• 27 febbraio 2012 - 21.00 Via Mutilati, 4k VERONA

Elio e le storie tese

ENLARGE YOUR PENIS TOUR

8 ESPERTI PER 8 FILM Palacover - Villafranca • 5 febbraio 2012 - 21.00 Via Fantoni - Zona Mercati Generali

An Evening of Burlesque

Mostre Verona - Palazzo della Gran Guardia • dal 26 novembre 2011 al 9 aprile 2012 “Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari. La nobiltà della pittura”

Galleria PH Neutro • “BETH MOON” MOSTRA FOTOGRAFICA, fino al 7 Gennaio 2012. Via Mazzini 50, Vr

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