Il fattore religioso nelle Costituzioni del XXI secolo degli Stati dell’Africa sub-sahariana di Rossella Bottoni
SOMMARIO: 1. Religione e processo di constitution-making. – 2. Il principio di eguaglianza e il divieto di discriminazione religiosa. – 3. La disciplina del diritto di libertà di coscienza e di religione. – 4. I modelli di rapporti tra Stato e confessioni religiose. – 5. La qualificazione dello Stato in materia religiosa. – 5.1. I riferimenti a Dio. – 5.2. I riferimenti alla dimensione morale e/o spirituale. – 5.3. I riferimenti a norme ed istituti di origine religiosa. – 6. La tutela del pluralismo e della diversità religiosi. – 7. Osservazioni conclusive.
1. Religione e processo di consitution-making Gli eventi in corso nel Vicino Oriente e in Africa settentrionale, sintetizzati nell’espressione «primavera araba» e rilevanti sotto una molteplicità di prospettive di studio (sociologica, geopolitica e così via) stanno interessando gli specialisti, per ciò che concerne specificamente la dimensione giuridica, in relazione alla rifondazione degli ordinamenti costituzionali dei paesi dell’area e all’eventuale peso che in essi si vorrebbe dare alla sharî’ah1. La rilevanza e l’intensificarsi del processo di constitution-making non è però una caratteristica peculiare dei paesi arabi o arabofoni della fascia mediterranea2. Infatti, laddove si allarghi il campo di indagine al resto del 1 Nuove Costituzioni sono state approvate in Marocco e in Siria (con i referendum rispettivamente del 1o luglio 2011 e del 26 febbraio 2012) e sono in corso di elaborazione in Egitto, Libia e Tunisia. In questo senso, si veda anche il parere del Comitato per l’Islam italiano dell’11 marzo 2011 sulla crisi del Nord Africa in http://www.interno.it. Cfr. anche G. Macrì, Brevi riflessioni sui pareri espressi dal Comitato per l’Islam italiano, pubblicato in questo numero dei «Quaderni», pp. 422-423. 2 Uno studio del 1998 di Bruce Ackerman, dedicato alla «crescita del costituzionalismo mondiale», constatava la «fede illuminista nelle Costituzioni scritte» (B. Ackerman, The Rise of World Constitutionalism, in «Yale Law School. Occasional Papers», 4 (1998), p. 2, http://digitalcommons.law.yale.edu/ylsop_papers/4). Già dalla fine della Seconda guerra mondiale, peraltro, come ha scritto Adelman, «the many new states of the South have been afflicted, so to speak, by an epidemic of constitution-making» (S. Adelman,
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mondo, si può agevolmente constatare che vi sono stati numerosi paesi che hanno adottato nuove Carte negli ultimi anni. Prendendo il 2000 come termine ab quo, essi comprendono in Europa la Finlandia (2000), la Serbia (2006), il Montenegro (2007) e il Kosovo (2008); in America latina l’Ecuador (2008), la Bolivia (2009) e la Repubblica Dominicana (2010); in Asia centro-meridionale e sud-orientale Timor Est (2002), l’Afghanistan (2004), il Nepal e la Tailandia (2007), il Bhutan, le Maldive, il Myanmar e il Turkmenistan (2008) e il Kirghizistan (2010); infine, nel Medio Oriente il Bahrain (2002), l’Iraq e il Qatar (2005). La regione maggiormente interessata è però l’Africa sub-sahariana: di 50 Stati, 16 hanno adottato una nuova Costituzione negli ultimi dodici anni: Costa d’Avorio nel 20003; Comore e Senegal4 nel 2001; Congo nel 20025; Ruanda nel 20036; Repubblica Centrafricana nel 2004; Burundi nel 20057; Swaziland8 Constitutionalism, Pluralism and Democracy in Africa, in «Journal of Legal Pluralism», 42 (1998), p. 739). Più in generale, è stato osservato che più di metà delle circa 200 costituzioni attualmente in vigore è stata elaborata o sostanzialmente emendata nell’ultimo quarto di secolo (V. Hart, Democratic Constitution Making, 2003, p. 2, in http://www. usip.org/publications/democratic-constitution-making). 3 Cfr. D.F. Meledje, The Making, Unmaking and Remaking of the Constitution of Côte d’Ivoire: An Example of Chronic Instability, in C. Fombad, C. Murray (eds.), Fostering Constitutionalism in Africa, Pretoria University Law Press, 2010, pp. 119-148. 4 Cfr. Constitutional History of Senegal, in http://www.constitutionnet.org/country/ constitutional-history-senegal. Si veda anche A. Thiam, «Une Constitution, ça se revise!». Relativisme constitutionnel et état de droit au Sénégal, in «Politique africaine», 108 (2007), pp. 145-153. 5 Cfr. G.J.C. Mebiama, Le régime politique de la République du Congo après la constitution du 20 janvier 2002, Paris, L’Harmattan, 2005; D.E. Emmanuel, La Constitution Congolaise du 20 janvier 2002, in «Revue internationale de droit africain», 69 (2006), pp. 22-45; W. Dandou, Un nouveau cadre constitutionnel pour le Congo-Brazzaville, Paris, L’Harmattan, 2006. 6 Cfr. Constitutional History of Rwanda, in http://www.constitutionnet.org/country/ constitutional-history-rwanda; T.S. Bulto, The Promises of New Constitutional Engineering in Post-Genocide Rwanda, in «African Human Rights Law Journal», 8 (2008), 1, pp. 187206; P. Yachat Ankut, The Role of Constitution-Building Processes in Democratization. Case Study. Rwanda, 2005, in http://www.idea.int/cbp/upload/CBP-Rwanda.pdf. 7 Cfr. A. Manirazika, Consensus Approach in the Constitution of 18th March 2005 and its Implications of the Burundian Political Regime, 2011, in http://www.the-rule-oflaw-in-africa.com/wp-content/uploads/2011/11/Alexis.pdf. 8 Cfr. T. Maseko, The Drafting of the Constitution of Swaziland, 2005, in «African Human Rights Law Journal», 8 (2008), 2, pp. 312-336; C. Fombad, The Swaziland Constitution of 2005: Can Absolutism Be Reconciled with Modern Constitutionalism?, in «South African Journal on Human Rights», 23 (2007), 1, pp. 93-113; L. Dlamini, ‘Interesting Times’ in the Kingdom of Swaziland: the Advent of the New Constitution and the Challenge of Change, in J. Minnie (ed.), Outside the Ballot Box. Preconditions for Elections in Southern Africa 2005/6, Johannesburg, Media Institute of Southern Africa, 2006, pp. 167-180. In chiave storica, si veda J. Baloro, The Development of Swaziland’s Constitution: Monarchical Responses to Modern Challenges, in «Journal of African Law», 38 (1994), 1, pp. 19-34.
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e Repubblica Democratica del Congo9 nel 2006; Angola10, Guinea, Kenya11, Madagascar12 e Niger13 nel 2010. A queste si devono aggiungere la Carta transitoria del Sudan del Sud, la quale ha suggellato nel 2011 la secessione e l’indipendenza di questa regione, e quella ad interim del Sudan, approvata nel 2005 sotto l’egida delle Nazioni Unite nel contesto dell’accordo di pace, il cui periodo di vigenza, pur formalmente terminato in seguito agli eventi del 2011, è stato di fatto esteso in attesa dell’elaborazione di una nuova Costituzione14. Ricordiamo infine che un 9 Cfr. G. Bakandeja wa Mpungu, The New Constitution of the Democratic Republic of Congo: Sources and Innovations, in C. Fombad, C. Murray (eds.), Fostering Constitutionalism in Africa, Pretoria University Law Press, 2010, pp. 149-180; J.T. Gathii, Popular Authorship and Constitution Making: Comparing and Contrasting the DRC and Kenya, in «William and Mary Law Review», 49 (2008), 4, pp. 1109-1138. 10 Cfr. L.E. Amezcua Alcalà, Angola. Approvata una nuova Costituzione, in «DPCE online», 2010, 2, http://www.dpce.it/online; Constitutional History of Angola, in http:// www.constitutionnet.org/country/constitutional-history-angola. 11 Cfr. Constitutional History of Kenya, in http://www.constitutionnet.org/country/ constitutional-history-kenya; E. Kramon, D.N. Posner, Kenya’s New Constitution, in «Journal of Democracy», 22 (2011), 2, pp. 90-103; F. Saitto, Kenya. Approvata una nuova Costituzione, in «DPCE online», 2010, 3, http://www.dpce.it/online; B.E. Whitaker, J. Giersch, Voting on a Constitution: Implications for Democracy in Kenya, in «Journal of Contemporary African Studies», 27 (2009), 1, pp. 1-20; A.L. Bannon, Designing a Constitution-Drafting Process: Lessons from Kenya, in «The Yale Law Journal», 116 (2007), 8, pp. 1824-1872; J. Cottrell, Y. Ghai, The Role of Constitution-Building Processes in Democratization. Case study. Kenya, 2004, in http://www.idea.int/cbp/ upload/CBPkenyaFInaliss-2.pdf. 12 Cfr. Constitutional History of Madagascar, in http://www.constitutionnet.org/ country/constitutional-history-madagascar; Madagascar. New Constitution Promulgated. Rajoelina Pursues his Unilateral Path to Democracy, in «Africa Research Bulletin: Political, Social and Cultural Series», 47 (2010), 12, p. 18648; R. Ibrido, Madagascar. L’emanazione di una «costituzione provvisoria» e la convocazione di una Assemblea costituente non chiudono la crisi istituzionale, in «DPCE online», 2010, 1, http://www. dpce.it/online. 13 Sul contesto politico in cui si è inserita l’approvazione della nuova Costituzione, cfr. V. Baudais, G. Chauzal, The 2010 Coup d’Etat en Niger: a Praetorian Regulation of Politics?, in «African Affairs», 110 (2011), 439, pp. 295-304; A.M. Lecis, Approvata il 31 ottobre la nuova Costituzione. Il 31 gennaio si sono svolte le prime elezioni presidenziali e politiche, in «DPCE online», 2011, 1, http://www.dpce.it/online. 14 Per approfondimenti, si vedano il numero monografico di «Politique africaine», 2011, 122; Report. South Sudan. Prospects for Democracy in the World’s Newest State, 2011, in http://www.democracy-reporting.org/files/report_sudan.pdf; A.L. Fadlall, Constitution-Making in the Sudan. Past experiences, 2011, in http://unmis. unmissions.org/Default.aspx?tabid=4865; C. Murray, C. M aywald , Subnational Constitution-Making in Southern Sudan, in «Rutgers Law Journal», 37 (2006), pp. 1203-1234; Constitutional History of Sudan, in http://www.constitutionnet.org/country/ constitutional-history-sudan; A.M. Lecis, È nato il Sudan del Sud, Stato sovrano a partire dal 9 luglio 2011, in «DPCE online», 2011, 4, http://www.dpce.it/online; N. Abdulbari, Citizenship Rules in Sudan and Post-Secession Problems, in «Journal of African Law», 55 (2011), 2, pp. 157-180.
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processo costituzionale è attualmente in corso in Somalia15, Zambia16 e Zimbabwe17, ed ha interessato nel 2001 anche la Guinea-Bissau, la cui Carta non è però mai entrata in vigore18, e il Somaliland, che ha dichiarato la secessione dalla Somalia nel 1991 ma non è riconosciuto dalla comunità internazionale19. Nonostante lo scarso interesse dimostrato dagli studiosi per le Costituzioni africane20, ci sembra che – fra tutte le regioni sopra menzionate – sia l’Africa sub-sahariana a meritare un’attenzione particolare, per almeno tre ragioni: il fatto che il numero degli Stati sub-sahariani che hanno rifondato l’ordinamento costituzionale è maggiore rispetto a quelli di altre aree; la considerazione che tali sviluppi li riguardano da un periodo di tempo relativamente più lungo (circostanza che permette di individuare con maggiore sicurezza tendenze, analogie e differenze per ciò che concerne la regolamentazione del fattore religioso nelle rispettive Costituzioni); le caratteristiche storiche, politiche, sociali e culturali dell’Africa subsahariana le quali, secondo un consolidato orientamento, autorizza – pur
15 Per un quadro storico, cfr. V. Piergigli, The Constitutional Transitions in the Horn of Africa: Problematic Balancing among Traditional, Religious, and Liberal Values, in «Northeast African Studies», 10 (2003), 3, pp. 249-273. 16 La bozza del testo della Costituzione è consultabile in http://www.ncczambia.org/ media/the_constitution_of_zambia.draft.pdf. Per approfondimenti, cfr. Constitutional History of Zambia, in http://www.constitutionnet.org/country/constitutional-historyzambia; M.L.M. Mbao, The Politics of Constitution Making in Zambia: Where Does the Constituent Power Lie?, in C. Fombad, C. Murray (eds.), Fostering Constitutionalism in Africa, Pretoria University Law Press, 2010, pp. 87-117. 17 Cfr. N. Kersting (ed.), Constitution in Transition: Academic Inputs for a New Constitution in Zimbabwe, Friedrich-Ebert-Stiftung, Harare 2010; J. Hatchard, Some Lessons on Constitution-Making from Zimbabwe, in «Journal of African Law», 45 (2001), 2, pp. 210-216; Constitutional History of Zimbabwe, in http://www.constitutionnet.org/ country/constitutional-history-zimbabwe. 18 Cfr. http://www.state.gov/r/pa/ei/bgn/5454.htm. 19 Il testo della Costituzione è consultabile in http://www.so.undp.org/docs/ Somaliland%20in%20English.pdf. Per approfondimenti, cfr. M. Walls, The Emergence of a Somali State: Building Peace from Civil War in Somaliland, in «African Affairs», 108 (2009), 432, pp. 371-389; S. Kaplan, The Remarkable Story of Somaliland, in «Journal of Democracy», 19 (2008), 3, pp. 143-157; F. Battera, State- & Democracy-Building in Sub-Saharan Africa: the Case of Somaliland – A Comparative Perspective, in «Global Jurist Frontiers», 4 (2004), 1, pp. 1-21; R. Gordon, Growing Constitutions, in «University of Pennsylvania Journal of Constitutional Law», 1 (1999), 3, pp. 528-582. 20 Adelman, op. cit., p. 74; H. Kwasi Prempeh, Africa’s ‘Constitutionalism Revival’: False Start or New Dawn?, in «International Journal of Constitutional Law», 5 (2007), 3, p. 470; S. Ellis, G. ter Haar, Religion and Politics in Sub-Saharan Africa, in «The Journal of Modern African Studies», 36 (1998), 2, p. 180; Y. Ghai, Constitutions and the Political Order in East Africa, in «The International and Comparative Law Quarterly», 21 (1972), 3, p. 403.
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senza negare le debite differenze – a considerare i singoli paesi di questa vasta regione come species appartenenti al medesimo genus21. Per ciò che concerne specificamente le norme in materia religiosa contenute nelle Costituzioni approvate negli anni 2000-2011 dai paesi dell’Africa sub-sahariana, il loro esame riveste uno speciale interesse. Come ha osservato Mangu, per molto tempo i giuristi sono stati o si sono esclusi dal dibattito scientifico sul ruolo (da sempre molto importante) della religione in Africa, lasciandolo quasi esclusivamente nelle mani di teologi e filosofi. Tale tendenza, però, oggi non ha più ragione d’essere, dal momento che la garanzia del diritto di libertà religiosa costituisce uno degli indici più affidabili per valutare il grado di democraticità di uno Stato22. Questo appartiene al novero delle libertà fondamentali di ogni individuo, la cui tutela deve essere inscritta tra i principi fondamentali di ogni ordinamento giuridico e garantita da ogni regime politico che voglia dirsi democratico. È facile constatare che dove la libertà religiosa è violata, 21 Sotto il profilo costituzionale, vi sono due caratteristiche principali che accomunano i paesi dell’Africa sub-sahariana: l’eredità coloniale (cfr. R.B. Seidman, Constitutions in Independent, Anglophonic, Sub-Saharan Africa: Form and Legitimacy, in «Wisconsin Law Review», 1 (1969), pp. 83-127; Y. Ghai, Constitutions and the Political Order in East Africa, cit., pp. 406-410; C. Fombad, Constitutional Reforms in France and Their Implications for Constitutionalism in Francophone Africa, 2008, in http://www.afrimap.org/english/ images/paper/AfriMAP_Fombad_Eng.pdf; L. Camp Keith, A. Ogundele, Legal Systems and Constitutionalism in Sub-Saharan Africa: An Empirical Examination of Colonial Influences on Human Rights, in «Human Rights Quarterly», 29 (2007), pp. 1065-1097), e la fondazione di un «nuovo ordine» all’indomani della conquista dell’indipendenza: «Independence constitutions usually bore little relationship to popular political discourse and the rhetoric of politicians who led independence movements. Liberty often meant freedom from alien, racist, rulers – not freedoms of the people from the state secured by constitutionalism» (Adelman, op. cit., pp. 77-78). Non a caso, la lotta per l’indipendenza è richiamata nei preamboli di alcune delle Costituzioni qui esaminate (ad esempio, Angola, Kenya e, seppur in ragione di una diversa prospettiva storica, Sudan del Sud). Un’ulteriore esperienza storica che accomuna molti di questi paesi e, in misura diversa, ne ha influenzato gli sviluppi costituzionali è quella prodotta dagli interventi esterni (intesi in senso lato) nell’età post-coloniale – ad esempio, delle potenze straniere soprattutto ma non esclusivamente nel contesto della guerra fredda (cfr. P.C. Roque, Angola’s Façade Democracy, in «Journal of Democracy», 20 (2009), 4, p. 138; H.A. Hassan, The Comoros and the Crisis of Building a National State, in «Contemporary Arab Affairs», 2 (2009), 2, pp. 229-239; E. Schmidt, Cold War in Guinea: the Rassemblement Démocratique Africain and the Struggle over Communism, 1950-1958, in «Journal of African History», 48 (2007), pp. 95-121; Id., Anticolonial Nationalism in French West Africa: What Made Guinea Unique?, in «African Studies Review», 52 (2009), 2, pp. 1-34) e delle organizzazioni internazionali nel processo di risoluzione dei conflitti e/o di democratizzazione (cfr. http://www.un.org/en/peacekeeping; P. Dann, Z. al-Ali, The Internationalized Pouvoir Constituant. Constitution-Making under External Influence in Iraq, Sudan and East Timor, in «Max Planck Yearbook of United Nations Law», 10 (2006), pp. 423-463). 22 A.M.B. Mangu, Law, Religion and Human Rights in the Democratic Republic of Congo, in «African Human Rights Law Journal», 8 (2008), 2, in particolare pp. 507-508 e 524-525.
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lo sono anche diversi altri diritti fondamentali: gravi limiti posti al diritto di riunirsi e associarsi per scopi religiosi, di manifestare la propria fede, di praticare il culto, di fare attività di proselitismo e così via, sono quasi sempre accompagnati da pesanti restrizioni dell’esercizio delle più generali libertà di riunione, associazione e manifestazione del pensiero da parte di soggetti che esprimono visioni del mondo diverse da quella ufficiale o che non appartengono alla maggioranza della popolazione (individuata su base non solo religiosa, ma anche etnica, culturale, linguistica, tribale, politica, ideologica…)23. In tale prospettiva, un’analisi corretta dovrebbe operare una doppia verifica: l’inclusione o meno di una serie di norme che fanno parte del patrimonio giuridico delle democrazie contemporanee24; e il grado di effettiva applicazione di tali disposizioni. 2. Il principio di eguaglianza e il divieto di discriminazione religiosa Uno dei principi più importanti è quello dell’eguaglianza dei cittadini che, nella maggioranza dei casi, è riconosciuta senza distinzione di 23 Cfr. A. M. Tier, Freedom of Religion under the Sudan Constitution and Law, in «Journal of African Law», 26 (1982), 2, p. 133. 24 Sotto questo profilo, si può segnalare l’aumento di organismi ed iniziative volti a diffondere una cultura fondata sul rispetto dei diritti umani, ivi incluso quello di libertà religiosa, e a consolidare il regime democratico mediante la redazione di una ‘buona’ Costituzione. Cfr. inter alia http://www.venice.coe.int; http://www. constitutionmaking.org; http://www.constitutionnet.org; http://www.idea.int/cbp. Tra gli studi sul rapporto tra costituzionalismo e democratizzazione in Africa, ricordiamo L. Olivier, Constitutional Review and Reform and the Adherence to Democratic Principles in Constitutions in Southern African Countries, Johannesburg, Open Society Initiative for Southern Africa, 2007; H. Kwasi Prempeh, op. cit.; E.E. Osaghae, State, Constitutionalism, and the Management of Ethnicity in Africa, in «African and Asian Studies», 4 (2005), 1-2, pp. 83-106; J.O. Ihonvbere, Politics of Constitutional Reforms and Democratization in Africa, in «International Journal of Comparative Sociology», 41 (2000), 1, pp. 9-25; C. Fombad, Constitutional Reforms and Constitutionalism in Africa: Reflections on Some Current Challenges and Future Prospects, in «Buffalo Law Review», 59 (2011), pp. 1007-1108; M. Owusu, Domesticating Democracy: Culture, Civil Society, and Constitutionalism in Africa, in «Comparative Studies in Society and History», 39 (1997), 1, pp. 120-152; le relazioni del simposio a sostegno del processo costituzionale in Sudan organizzato da una serie di agenzie dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, di cui al sito http://unmis.unmissions.org/Default.aspx?tabid=4865; M. Bratton, E.C.C. Chang, State Building and Democratization in Sub-Saharan Africa. Forwards, Backwards, or Together?, in «Comparative Political Studies», 39 (2006), 9, pp. 1059-1083; M. Ndulo, Constitution-Making in Africa: Assessing both the Process and the Content, in «Public Administration and Development», 21 (2001), pp. 101-117; J. Widner, Constitution Writing in Post-Conflict Settings: An Overview, in «William and Mary Law Review», 49 (2008), 4, pp. 1513-1541; Y. Ghai, G. Galli, Constitution Building Processes and Democratization, Stockholm, International Institute for Democracy and Electoral Assistance, 2006.
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religione (Comore preambolo; Costa d’Avorio art. 30, comma 2; Guinea art. 1, comma 2; Madagascar art. 6, comma 2; Niger art. 8, comma 2; Repubblica Centrafricana art. 5, comma 1; Senegal art. 1, comma 1; Sudan art. 31; Sudan del Sud art. 14). Anche le altre Costituzioni qui esaminate enunciano il principio di eguaglianza, senza però specificare l’irrilevanza dell’appartenenza religiosa (Angola art. 23, comma 1; Burundi art. 22, comma 1; Congo art. 8, comma 1; Kenya art. 27, comma 1; Repubblica Democratica del Congo art. 12; Ruanda art. 11, comma 1; Swaziland art. 20, comma 1). In questo secondo gruppo di paesi, tale lacuna è in parte colmata da una serie di disposizioni sul divieto di discriminazione anche religiosa. La Repubblica Democratica del Congo contiene norme particolarmente articolate: in materia di istruzione, accesso alle funzioni pubbliche e altre materie (sic), nessun cittadino può essere oggetto di un provvedimento discriminatorio da parte del potere legislativo o esecutivo, tra gli altri fattori in ragione della propria religione (art. 13). Per questo stesso motivo, nessuno può essere leso in ambito lavorativo (art. 36, comma 3), né discriminato nell’accesso agli istituti pubblici di istruzione (art. 45, comma 3). Per completezza, ricordiamo un’ulteriore disposizione che fonda e corona il complesso di norme costituzionali poste dalla Repubblica Democratica del Congo a tutela del diritto di eguaglianza e del correlato divieto di discriminazione: ai sensi dell’art. 11, tutti gli esseri umani (e non solo i cittadini) nascono liberi ed eguali nella dignità e nei diritti, con la precisazione che quelli politici sono riconosciuti solo ai congolesi. Il divieto di discriminazione religiosa è prescritto anche dalle Costituzioni di altri paesi (Congo art. 8, comma 2; Ruanda art. 11, comma 2). Il Burundi sottolinea anche la pari dignità dei cittadini e proibisce la loro esclusione dalla vita sociale, economica e politica della nazione in base alla loro appartenenza confessionale (artt. 13 e 22, comma 2). La Costa d’Avorio vieta ogni discriminazione fondata sulle opinioni religiose, filosofiche e politiche nell’accesso o nell’esercizio di una professione (art. 17); una disposizione simile è contenuta anche nelle Costituzioni del Madagascar (art. 28) e del Niger (art. 33, comma 2). Quest’ultima, all’art. 4, comma 3, aggiunge che la legge punisce la discriminazione nell’esercizio del potere dello Stato, il quale, secondo l’art. 146, comma 2, si impegna a fare della lotta contro le disuguaglianze un cardine dei propri interventi. Anche i mezzi di comunicazione di massa statali sono tenuti a promuovere la lotta contro ogni forma di discriminazione (art. 158, comma 3). Il Kenya, tra le condizioni che possono fondare un trattamento discriminatorio, vietato dall’art. 27, commi 4 e 5 cost., include l’abbigliamento, il quale potrebbe dunque anche comprendere i segni distintivi e i simboli di una religione. L’art. 20, commi 2-3 della Costituzione dello Swaziland, vietando la discriminazione, specifica che questa consiste in differenze di
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trattamento fondate esclusivamente o principalmente su diversità determinate, tra gli altri fattori, dal credo o dalla religione (sebbene la dottrina interpreti questa clausola alla luce del concetto di unfairness, e ritenga che essa riguardi solo le differenze di trattamento volte a discriminare, e non a colmare una situazione di ineguaglianza o squilibrio25). Gli ambiti in cui l’azione pubblica non deve comportare discriminazioni religiose sono individuati in Sudan nell’accesso all’istruzione, nei servizi forniti dalla pubblica amministrazione, nella distribuzione della ricchezza nazionale e di altre risorse e, in Sudan del Sud, anche nell’amministrazione della giustizia (Sudan artt. 44, 136 lettera c), e 185 comma 1; Sudan del Sud artt. 29 comma 1, 122 comma 5 lettera a), 139 comma 1 lettera d), e 169 comma 6). In entrambi gli Stati, inoltre, si prevede che il Presidente della Repubblica possa sospendere l’esercizio delle libertà fondamentali durante lo stato di emergenza, senza però che alcun provvedimento possa violare inter alia il diritto a non essere discriminati sulla base del proprio credo religioso (Sudan art. 211 lettera a); Sudan del Sud art. 190, lettera a)). Due Stati vietano atti discriminatori non in sé, ma per gli effetti perniciosi che questi possono produrre: la legge punisce chiunque, con un atto di discriminazione religiosa, attenti in Senegal alla sicurezza dello Stato o all’integrità del territorio della Repubblica (art. 5) e, in Guinea, anche all’unità nazionale o al funzionamento democratico delle istituzioni (art. 4). Infine, l’Angola non proibisce solo il trattamento discriminatorio e la privazione dei diritti, ma anche la concessione di privilegi e di esenzioni dall’adempimento dei doveri per motivi legati alla credenza religiosa o alle opinioni filosofiche o politiche (artt. 23 comma 2, e 41 comma 2). Ugualmente, l’Unione delle Comore riconosce l’eguaglianza, tanto nei diritti quanto nei doveri, senza distinzione di religione o credenza (preambolo). 3. La disciplina del diritto di libertà di coscienza e di religione La libertà religiosa è variamente disciplinata. In via preliminare, si deve osservare che non è possibile individuare un nucleo di diritti affermati da tutti gli Stati esaminati: la Carta delle Comore non la protegge direttamente; quella del Sudan del Sud, nonostante presenti un gruppo di norme tra i più completi e dettagliati sulle diverse modalità di esercizio, non riconosce in maniera esplicita la libertà di credere; infine, non tutti i paesi garantiscono espressamente quella di esercitare una religione. 25 C. Rautenbach, Comments on the Constitutional Protection of Religion in Swaziland, in «African Human Rights Law Journal», 8 (2008), 2, p. 449.
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Sebbene alcuni rapporti affermino che la libertà religiosa è riconosciuta dalla Costituzione delle Comore26, si deve precisare che questa non contiene alcuna disposizione al riguardo. La sua garanzia può essere desunta solo indirettamente dal richiamo operato nel preambolo all’attaccamento del popolo ai principi e diritti fondamentali definiti dalla Carta delle Nazioni Unite, quella dell’Organizzazione dell’Unità Africana, il Patto della Lega degli Stati Arabi, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite e la Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli27. Il grado di protezione della libertà religiosa per coloro che non praticano l’Islâm in un paese dove questo, come vedremo meglio a breve, è religione di Stato, è oggetto di valutazioni molto diverse. Mentre la Segreteria di Stato americana, nel suo rapporto annuale sulla libertà religiosa, pur segnalando alcuni problemi (sui quali torneremo nel prosieguo), afferma che tale diritto è generalmente rispettato28, l’Index Mondial de Persécution del 2012, elaborato dall’organizzazione non governativa religiosamente ispirata Portes Ouvertes, che ogni anno pubblica un rapporto sulle persecuzioni cristiane nel mondo, colloca le Comore al 24° posto per numero e gravità delle violazioni su un totale di 50 Stati considerati critici29. Quasi tutte le Costituzioni esaminate, pur con formule diverse (si parla infatti, a seconda dei casi, di religione, pensiero, coscienza, opinione religiosa e/o filosofica, credenza, espressione), affermano il diritto di credere insieme a quello di non credere, tutelando così, almeno in linea di principio, anche gli orientamenti ateistici e agnostici (Angola art. 41, comma 1; Burundi art. 31; Congo art. 18, comma 1; Costa d’Avorio art. 9; Guinea art. 7, comma 1; Kenya art. 32, comma 1; Madagascar art. 10; Niger art. 30, comma 1; Repubblica Centrafricana art. 8, comma 1; Repubblica Democratica del Congo art. 22, comma 1; Ruanda art. 33, comma 1; Senegal artt. 8, comma 1 e 24, comma 1; Swaziland artt. 14, comma 3 e 23, commi 1-2). Oltre alle Comore e al Sudan del Sud di cui si è già detto, fa eccezione il Sudan, che riconosce espressamente solo il diritto di libertà di credo religioso (art. 38). Il diritto di proselitismo non è espressamente garantito da alcuna delle Costituzioni qui esaminate. Solo la Carta dello Swaziland riconosce il diritto di cambiare religione o credenza – clausola che, come nel caso 26 Cfr. ad esempio U.S. Department of State, International Religious Freedom Report for 2011. Comoros, in http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/religiousfreedom/index. htm?dlid=192697. 27 Sulla Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli, cfr. E.-O.A. El Obaid, K. Appiagyei-Atua, Human Rights in Africa – A New Perspective on Linking the Past to the Present, in «McGill Law Journal», 41 (1996), pp. 836-847. 28 International Religious Freedom Report for 2011. Comoros, cit. 29 Cfr. p. 10 del rapporto consultabile nel sito http://archive.portesouvertes.fr/ powebtool/docs/wwl/rapport.pdf.
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dell’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (da qui in avanti, cedu)30, può fondare per via interpretativa la garanzia del diritto di proselitismo. Nonostante tale lacuna, esso è in genere liberamente esercitato, con poche significative eccezioni. Il codice penale delle Comore da un lato proibisce la propaganda di ogni religione diversa da quella islamica (divieto che ha portato all’espulsione di un numero di missionari stranieri); dall’altro, vieta l’apostasia dall’Islâm, sebbene in questo caso non si riportino condanne di convertiti, almeno negli ultimi anni31. Anche in Sudan la conversione dall’Islâm a un’altra religione è punibile con un periodo di reclusione e, nei casi considerati più gravi, con la pena capitale. I più recenti rapporti non riportano casi di condanne a morte per apostasia, ma essa è ancora considerata un grave reato, come è dimostrato dal fatto che solo nel 2011 circa 170 persone sono state accusate o condannate alla detenzione32. Inoltre, anche quando non sono perseguiti penalmente, i convertiti possono essere sottoposti a un controllo stringente, intimiditi e anche spinti ad abbandonare il paese. Il proselitismo cristiano è ulteriormente limitato da una legge del 1962 sui missionari. Nelle regioni meridionali, ora indipendenti, è invece segnalata una sostanziale libertà nello svolgimento di tale attività. Per quanto concerne invece la conversione all’Islâm, sebbene non si siano registrati negli ultimi anni episodi di coercizione, il grado di pressione esercitata in Sudan sui non musulmani affinché abbraccino la fede islamica rimane alto. Vi sono due ambiti, fra gli altri, in cui tale problema viene in rilievo. Il primo riguarda il caso di un non musulmano che voglia sposare una musulmana (mentre, com’è noto, la diversa appartenenza religiosa della donna non è un impedimento al matrimonio con un musulmano). Tale divieto non è sempre applicato, ma non è nemmeno lasciato cadere in desuetudine. Il secondo è definito dalla possibilità di godere di una riduzione della pena detentiva: secondo l’art. 25 di una legge del 1992 sulle carceri e sul trattamento dei detenuti, il Ministro di giustizia può far rilasciare coloro che, nel periodo di reclusione, imparino a memoria il Corano. Questa disposizione incoraggia quindi i non musulmani a convertirsi per motivazioni che nulla hanno a che vedere con la coscienza33. Il diritto di praticare una religione è espressamente riconosciuto dalla maggioranza delle Costituzioni esaminate. Il nucleo di disposizioni più completo è contenuto nelle Carte del Sudan e del Sudan del Sud, le quali Cfr. CtEDU, Kokkinakis c. Grecia, ricorso n. 14307/88, sentenza del 25 marzo 1993, § 31. 31 International Religious Freedom Report for 2011. Comoros, cit. 32 Cfr. http://www.unhcr.org/refworld/docid/4f71a672c.html. 33 U.S. Department of State, International Religious Freedom Report for 2011. Sudan, in http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/religiousfreedom/index.htm?dlid=192763. 30
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riconoscono il diritto di riunirsi, comunicare con altri individui e comunità, scrivere, stampare e diffondere pubblicazioni per scopi religiosi; aprire e mantenere luoghi di culto e istituzioni caritative, acquisendo beni mobili e immobili necessari allo scopo, e ricevendo finanziamenti da individui ed enti pubblici e privati; insegnare la religione in luoghi adatti a tale scopo, e formare, designare ed eleggere le proprie guide religiose secondo i rispettivi dettami; osservare i giorni di riposo e celebrare le festività prescritti dalla propria religione (Sudan art. 6; Sudan del Sud art. 23); un’ulteriore disposizione conferma ai membri delle comunità etniche e culturali il diritto di praticare le loro credenze e professare la loro religione (Sudan art. 47; Sudan del Sud art. 33). Ancora, il Sudan garantisce a ogni persona la libertà di praticare il culto e di dichiarare e manifestare il proprio credo mediante pratiche, riti, cerimonie e nell’ambito educativo (art. 38). Nonostante l’ampio grado di tutela garantito da tali disposizioni, questo paese continua ad essere caratterizzato da gravi violazioni del diritto di libertà religiosa le quali, insieme ai profili di criticità sopra ricordati, hanno portato gli Stati Uniti a classificarlo come «a Country of Particular Concern»34, e Portes Ouvertes a collocarlo al 16° posto nell’Index Mondial de Persécution del 201235. Il Kenya afferma il diritto di manifestare la religione o il credo, individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, la pratica, l’insegnamento e l’osservanza, ivi inclusa quella del giorno della preghiera (art. 32, comma 2), riproponendo così, pur con un’interessante variante, la formula di cui all’art. 9, comma 1 cedu. La medesima disposizione è contenuta nella Carta della Repubblica Democratica del Congo, la quale però include tra le facoltà in cui si esplica l’esercizio del diritto di libertà religiosa non l’osservanza del giorno di preghiera, bensì «l’état de vie religieuse» (art. 22, comma 2). Più sinteticamente, il Senegal garantisce le pratiche religiose o cultuali (art. 24, comma 1); l’Angola tutela la libertà di culto (art. 41, comma 1), così come lo Swaziland, che specifica «individualmente o collettivamente» e precisa che tale diritto è esercitato «without the unsolicited intervention of members of any other religion or belief» (art. 23, commi 2 e 4, lettera b)), ed il Ruanda, che la garantisce insieme alla sua «manifestazione pubblica» (art. 33, comma 1). La Guinea (art. 14) e la Repubblica Centrafricana (art. 8, comma 1) riconoscono il diritto al libero esercizio dei culti; quest’ultima clausola è contenuta anche nella Carta del Niger, la quale estende la garanzia costituzionale anche alla manifestazione delle credenze (art. 30, comma 2). Alcuni Stati garantiscono ulteriori specifici diritti di libertà religiosa. L’Angola afferma il diritto all’obiezione di coscienza (art. 41, comma Ibidem. Cfr. p. 10 del rapporto consultabile nel sito http://archive.portesouvertes.fr/ powebtool/docs/wwl/rapport.pdf. 34
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3), quello delle persone detenute in istituti di pena di ricevere visite dall’assistente spirituale (art. 67, comma 4), e la facoltà di non rivelare le proprie convinzioni o pratiche religiose, se non per la raccolta di dati statistici (art. 41, comma 4) – disposizione legata a quella di cui all’art. 69, comma 2, che prescrive il divieto di registrare e trattare dati relativi alla fede religiosa e alle convinzioni politiche, filosofiche e ideologiche dei cittadini per scopi discriminatori. Il Senegal riconosce il diritto di esercitare la professione di educatore religioso (art. 24, comma 1) e il Kenya quello a non compiere atti contrari alla propria religione o al proprio credo (art. 32, comma 4). Quest’ultima clausola, diversamente formulata, è contenuta anche nell’art. 38 della Carta del Sudan, in virtù del quale nessuna persona può essere costretta ad adottare una fede in cui non crede, né a praticare riti a cui non acconsenta volontariamente. Per ciò che concerne gli altri paesi, il diritto di praticare una religione è solo implicitamente incluso nel generico riconoscimento della libertà religiosa, come nel caso del Burundi (art. 31). In questa prospettiva, si colloca anche l’art. 10 della Carta del Madagascar, la quale però prevede ulteriormente, all’art. 17, che lo Stato protegga e garantisca l’esercizio dei diritti (tra i quali rientra senz’altro anche quello di libertà religiosa) che assicurano all’individuo la propria dignità personale. Più restrittive sono invece le formule contenute nelle Costituzioni del Congo, dove si garantisce unicamente l’inviolabilità della libertà di credenza e di coscienza (art. 18, comma 1), e della Costa d’Avorio, che riconosce espressamente solo la libertà di coscienza e di opinione religiosa o filosofica (art. 9). Non tutte le Carte esplicitano i limiti all’esercizio del diritto di libertà religiosa: ove ciò avviene, questi sono individuati nel rispetto della legge (Costa d’Avorio art. 9; Guinea art. 14; Repubblica Democratica del Congo art. 22, comma 2; Sudan art. 38), nell’ordine pubblico (Costa d’Avorio art. 9; Guinea art. 14; Madagascar art. 10; Niger art. 30, comma 3; Repubblica Democratica del Congo art. 22, comma 2; Senegal art. 24, comma 1; Sudan art. 38), nel rispetto dei diritti altrui (Costa d’Avorio art. 9; Madagascar art. 10; Repubblica Democratica del Congo art. 22, comma 2), nella sicurezza nazionale/statale (Costa d’Avorio art. 9; Madagascar art. 10), nel buon costume (Repubblica Democratica del Congo art. 22, comma 2), nella dignità nazionale (Madagascar art. 10), nella pace sociale e nell’unità nazionale (Niger art. 30, comma 3)36. Particolarmente interessante è la disposizione di cui all’art. 24, comma 1 della Costituzione del Kenya, secondo cui un diritto fondamentale (ivi incluso quello di libertà religiosa) può essere limitato solo dalla legge, e la restrizione deve essere ragionevole e giustificata in una società aperta e 36 Più in generale, sui limiti al diritto di libertà religiosa nei paesi africani, cfr. R.I.J. Hackett, Regulating Religious Freedom in Africa, in «Emory International Law Review», 25 (2011), pp. 858-870.
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democratica basata sulla dignità umana, l’eguaglianza e la libertà (formulazione che nuovamente richiama quella di cui all’art. 9, comma 2 cedu). Una norma simile è contenuta nella Carta del Ruanda, che sottopone l’esercizio dei diritti di libertà alle limitazioni previste dalla legge, al fine di assicurare il rispetto dei diritti altrui e di soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale, in una società democratica (art. 43). Nello Swaziland, nessuna norma contenuta in una legge né alcun atto compiuto in nome di questa possono essere considerati contrari alle disposizioni sul diritto di libertà religiosa di cui all’art. 23, commi 1-3, se quanto è previsto dalla legge in questione è ragionevolmente richiesto nell’interesse della difesa, della sicurezza, dell’ordine, della moralità e della salute pubblici, o dei diritti e delle libertà altrui (comma 4). Il comma 2 contiene un ulteriore limite, formulato in maniera particolarmente ambigua come è stato rilevato in dottrina37: si dispone che una persona non possa essere ostacolata nel godimento della libertà di religione, tranne che con il suo libero consenso. In chiave comparata, la definizione di molti dei limiti di cui sopra appare coerente con gli standards europei di protezione dei diritti dell’uomo, quali sanciti dall’art. 9, comma 2 cedu, che dispone che non vi possono essere «restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui»38. Si deve però precisare che i limiti di cui all’art. 9, comma 2 cedu si applicano esclusivamente all’esercizio della libertà religiosa mentre, almeno in un caso, le restrizioni sembrano essere poste ad un diritto (quello di credere o di non credere) che, negli ordinamenti giuridici europei, è assoluto. La formula della Costa d’Avorio, già ricordata, applica infatti i limiti di cui sopra espressamente alla «libertà di coscienza, di opinione religiosa o filosofica» (art. 9). Alcune Carte specificano anche che l’esercizio dei diritti, libertà e garanzie costituzionalmente riconosciuti ai cittadini può essere limitato o sospeso in caso di guerra, stato di assedio o di emergenza, con l’esclusione, inter alia, del diritto di libertà di coscienza e di religione (Angola art. 58, commi 1 e 5, lettera g); Repubblica Democratica del Congo art. 61; Ruanda art. 137). Infine, è interessante ricordare tre norme legate alla tutela dell’identità religiosa: una è relativa al riconoscimento del diritto di asilo per chi è perseguitato, tra gli altri motivi, a causa della propria religione (Costa d’Avorio art. 12, comma 2; Guinea art. 11); un’altra gaRautenbach, op. cit., p. 451. La versione italiana ufficiale della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è consultabile nel sito http://www.echr.coe.int. 37
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rantisce a tutti il libero sviluppo della propria personalità nella dimensione religiosa (oltre che materiale, intellettuale, culturale ed artistica), con i limiti del rispetto dei diritti altrui, dell’ordine costituzionale, delle leggi e del buon costume (Niger art. 17); la terza impegna lo Stato a proteggere il patrimonio culturale, i monumenti e i luoghi di interesse storico o religioso dalla distruzione o dissacrazione e, per quanto riguarda i beni mobili, dalla rimozione o esportazione illegali (Sudan art. 13, comma 5; Sudan del Sud art. 38, comma 1, lettera e)). 4. I modelli di rapporti tra Stato e confessioni religiose Indicazioni sul modello formale di rapporti tra Stato e confessioni religiose vigente nei paesi considerati possono essere tratte solo da poche Costituzioni. La maggior parte di queste non contiene norme in materia (Burundi, Congo, Costa d’Avorio, Guinea, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Senegal, Sudan, Swaziland). Delle altre, una ha adottato il sistema unionista e cinque quello separatista. Solo l’Unione delle Comore, come si dirà più diffusamente nel prosieguo, ha proclamato una religione di Stato (l’Islâm)39, dal momento che la norma contenuta nella bozza della Costituzione dello Swaziland, che definiva il Cristianesimo religione ufficiale, è stata infine espunta dal testo approvato40. Nei paesi formalmente separatisti, tale modello di rapporti può essere identificato da una clausola che proclama la separazione tra lo Stato e le confessioni religiose (Angola art. 10, comma 1), oppure da una dichiarazione secondo cui non esiste una religione di Stato (Kenya art. 8). Lo stesso principio, in maniera più articolata, è espresso dalle Costituzioni del Niger, del Sudan del Sud e del Madagascar. La prima, all’art. 3, comma 2, afferma il principio della separazione tra Stato e religioni (il quale, ai sensi dell’art. 175, non può essere oggetto di revisione costituzionale), e specifica, all’art. 8, comma 3, che nessuna religione né credenza può reclamare il potere politico né ingerire negli affari dello Stato. Anche nel Sudan del Sud, la religione e lo Stato sono separati; tutte le religioni sono trattate in maniera eguale e nessuna può essere usata a scopo di divisione (art. 8). È interessante notare che questa è anche la differenza più significativa tra le Carte del Sudan e del Sudan del Sud: mentre la seconda riprende letteralmente la stragrande maggioranza delle disposizioni della prima per quanto riguarda la regolamentazione del fatto religioso, introduce al tempo stesso anche un’interessante novità, instaurando un 39 40
Cfr. infra, p. 345. Rautenbach, op. cit., pp. 439-440.
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regime separatista laddove il Sudan formalmente non privilegia alcun sistema in particolare. Infine, la Costituzione del Madagascar, all’art. 2, afferma la propria neutralità nei confronti delle diverse religioni e dichiara che la laicità dello Stato riposa sul principio della separazione tra gli affari dello Stato e quelli delle istituzioni religiose e dei loro rappresentanti. Tutti questi soggetti si impegnano a non ingerire nelle sfere che non sono di propria competenza. È inoltre proibito ai membri del governo e ai capi di dipartimenti pubblici di far parte degli organi direttivi di un’istituzione religiosa. Gli artt. 49 e 64 estendono l’incompatibilità della carica di Presidente della Repubblica e di membro del governo all’esercizio di qualsiasi funzione all’interno di un’istituzione religiosa. L’affermazione del principio di separazione tra Stato e confessioni religiose ovvero di neutralità non dovrebbe essere intesa come una dichiarazione di indifferenza. Come ha affermato la Hackett, «Africa may be closer to Europe and Scandinavia than to the United States in its approach to religion-state relationships. There is a far greater acceptance of state involvement with religious affairs as long as this is done in a fair and transparent way»41. Così, ai sensi dell’art. 10, comma 3 cost., l’Angola protegge le Chiese e le confessioni religiose, estendendo tale tutela ai loro luoghi ed oggetti di culto, purché queste non contrastino con la Costituzione e l’ordine pubblico e si conformino alle leggi in vigore. Un implicito riferimento a forme di collaborazione è contenuto nella Costituzione della Repubblica Democratica del Congo: ai sensi dell’art. 37, commi 2 e 3, i poteri pubblici cooperano con le associazioni (categoria che può includere anche quelle religiosamente orientate) le quali contribuiscono allo sviluppo morale e spirituale, oltre che sociale, economico ed intellettuale, secondo modalità che possono comprendere le sovvenzioni. Le Carte della Guinea e del Senegal non instaurano uno specifico regime di rapporti, ma riconoscono il diritto di autonomia organizzativa delle istituzioni e comunità religiose (rispettivamente all’art. 14 e all’art. 24, comma 2). La seconda specifica inoltre che esse possono «svilupparsi senza ostacoli» e sono libere dalla tutela dello Stato. Tali principi possono essere desunti anche dalle norme di altre Carte, sebbene di fatto essi non trovino sempre realizzazione. Prendendo di nuovo quella angolana come esempio, essa impegna lo Stato a riconoscere e a rispettare le differenti confessioni religiose, e a garantirne l’autonomia organizzativa e la libertà nell’espletamento delle loro attività, nella misura in cui si conformino alla Costituzione e alle leggi vigenti (art. 10, comma 2). Tra queste ultime, tuttavia, si annovera la l. 2/2004 sul conferimento della personalità giuri-
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dica, per ottenere la quale un gruppo deve avere più di 100.000 membri ed essere presente in almeno 12 delle 18 province del paese. Ad oggi vi sono 83 comunità religiose riconosciute come persone giuridiche, ma a nessuna è stato riconosciuto tale status a partire dal 2004: più di 900 organizzazioni e associazioni si sono infatti viste opporre un rifiuto per mancato adempimento dei requisiti richiesti42. Sebbene lo Speciale Relatore per la libertà di religione o di credenza del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite abbia giudicato tali restrizioni non conformi agli standards internazionali43, l’Angola – nel rapporto del 2010 presentato al Consiglio stesso, nel quadro dei controlli periodici universali effettuati da tale organo per la verifica del rispetto degli impegni internazionali assunti da ciascuno Stato membro (Universal Periodic Review) – ha sostenuto che la maggior parte delle circa 900 comunità religiose non riconosciute sono dedite a pratiche immorali, come la dissacrazione di cimiteri, frodi, mutilazioni sessuali ed esibizioni di nudi durante il culto44. Infine, nello Swaziland, il diritto di autonomia organizzativa è specificato nel riconoscimento della libertà, per le comunità religiose, di fondare e mantenere istituti di istruzione e di impartire un’educazione religiosa in tali scuole o anche mediante altri canali di formazione (art. 23, comma 3). 5. La qualificazione dello Stato in materia religiosa La maggioranza delle Costituzioni esaminate contiene una o più norme che qualificano lo Stato in materia religiosa. Il gruppo più numeroso è costituito dai paesi che proclamano il principio di laicità. I più lo enunciano nella disposizione che elenca le caratteristiche dello Stato: è il caso di Burundi (art. 1), Congo (art. 1), Costa d’Avorio (art. 30, comma 1), Guinea (art. 1, comma 1), Madagascar (art. 1), Repubblica Democratica del Congo (art. 1, comma 1), Ruanda (art. 1, comma 1) e Senegal (art. 1, comma 1). La Costituzione dell’Angola, oltre a definire lo Stato laico (art. 10, comma 1), impegna i partiti a difendere tale carattere (art. 17, comma 3, lettera f)) e il legislatore a tenerne conto in tutte le proposte 42 Special Rapporteur on Freedom of Religion of Belief Asma Jahangir, Report. Mission to Angola, 6 marzo 2008, pp. 2 e 7-10, in http://www.ohchr.org/EN/Issues/ FreedomReligion/Pages/Visits.aspx; U.S. Department of State, International Religious Freedom Report for 2011. Angola, in http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/religiousfreedom/ index.htm?dlid=192680. 43 Special Rapporteur on Freedom of Religion of Belief Asma Jahangir, cit., § 46, p. 17. 44 National Report Submitted in Accordance with Paragraph 15(a) of the Annex to Human Rights Council Resolution 5/1. Angola, 8-19 febbraio 2010, p. 9, in http://www. ohchr.org/EN/HRBodies/UPR/Pages/AOSession7.aspx.
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di emendamento costituzionale (art. 236, lettera g)). Anche quella della Repubblica Centrafricana non si limita a proclamare il principio di laicità (art. 18, comma 3), ma afferma anche che i partiti politici sono tenuti a rispettarlo (art. 20, comma 2) ed esclude che esso possa essere oggetto di revisione costituzionale (art. 108). È interessante notare che sono tutti paesi già colonizzati dalla Francia45, dal Belgio46 o dal Portogallo47, in cui il principio di laicità ha una lunga tradizione giuridica o ha comunque influenzato i rispettivi ordinamenti giuridici. Al contrario, la demografia religiosa non sembra essere stata un elemento determinante, trattandosi di Stati a maggioranza sia cristiana, sia musulmana, sia animista, in pochi casi con percentuali significative di atei o agnostici48. 45 La Costa d’Avorio, il Congo, il Madagascar, la Repubblica Centrafricana e il Senegal sono indipendenti dal 1960, la Guinea dal 1958. Sull’adozione del principio di laicità da parte degli Stati africani già colonizzati dalla Francia, cfr. V. T. Le Vine, The Fall and Rise of Constitutionalism in West Africa, in «The Journal of Modern African Studies», 35 (1997), 2, p. 184. 46 La Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) è indipendente dal 1960. Il Burundi e il Ruanda, protettorati tedeschi poi passati in amministrazione fiduciaria al Belgio, sono indipendenti dal 1962. 47 L’Angola, prima colonia e poi provincia d’oltremare portoghese, è indipendente dal 1975. 48 Tutti i dati relativi alla demografia religiosa, riportati qui e nelle note seguenti, sono tratti dal Calendario Atlante edito da De Agostini (Novara, 2012): Angola (cattolici 50,7%, protestanti 14,7%, altri cristiani 4,3%, altri 30,3%); Burundi (cattolici 65%, non religiosi/ atei 18,7%, musulmani 10%, altri 6,3%); Congo (animisti/credenze tradizionali 34,1%, cattolici 33,1%, protestanti 19,9%, musulmani 1,6%, non religiosi/atei 11,3%); Costa d’Avorio (musulmani 38,7%, cattolici 20,8%, animisti/credenze tradizionali 17%, non religiosi/atei 13,4%, protestanti 5,3%, altre religioni 4,8%); Guinea (musulmani 85%, cristiani 10%, altri 5%); Madagascar (animisti/credenze tradizionali 52%, cattolici 21,3%, protestanti 19,7%, musulmani 7%); Repubblica Centrafricana (cattolici 20%, animisti/ credenze tradizionali 19%, protestanti 16%, musulmani 15%, altri 30%); Repubblica Democratica del Congo (cattolici 41%, protestanti 31,6%, altri cristiani 13,4%, animisti/ credenze tradizionali 10,7%, musulmani 1,4%, altri 1,9%); Ruanda (cattolici 49,5%, protestanti 27,2%, avventisti 12,2%, animisti/credenze tradizionali 4,2%, musulmani 1,8%, altri 5,1%); Senegal (musulmani sunniti 92%, animisti/credenze tradizionali 6%, cristiani 2%). Per approfondimenti, cfr. D. Péclard, Religion and Politics in Angola: the Church, the Colonial State and the Emergence of Angolan Nationalism, 1940-1961, in «Journal of Religion in Africa», 28 (1998), 2, pp. 160-186; S. Hanretta, «To Never Shed Blood»: Yacouba Sylla, Félix Houphouët-Boigny and Islamic Modernization in Côte d’Ivoire, in «Journal of African History», 49 (2008), pp. 281-304; F. Louveau, Un movement religieux japonais au coeur de la pluralisation religieuse africaine: Sukyo Mahikari au Bénin, en Côté d’Ivoire et au Sénégal, in «Politique africaine», 123 (2011), pp. 73-93; M. Miran, Islam, histoire et modernité en Côte d’Ivoire, Paris, Karthala, 2006; M. Gingembre, Match religieux en terrain politique. Competition entre églises chrétiennes et chute du régime ravalomanana à Madagscar, in «Politique africaine», 2011, 123, pp. 51-72; S.B. Diagne, Religion and the Public Sphere in Senegal: the Evolution of a Project of Modernity, 2009, in http://www.bcics.northwestern.edu/documents/workingpapers/ISITA_09-008_Diagne. pdf; A. Dièye, Secularism in Senegal: Withstanding the Challenge of Local Realities. A Legal Approach, 2009, in http://www.bcics.northwestern.edu/documents/workingpapers/
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Si pone, all’estremo opposto, solo l’ex provincia d’oltremare francese delle Comore49, la cui costituzione, nella versione del 2001, si apre affermando la volontà solenne del popolo di attingere dall’Islâm, sua ispirazione permanente, i principi e le regole che governano l’Unione50. Un emendamento del 2009 ha aggiunto una clausola in virtù della quale la religione di Stato è quella musulmana. L’art. 41 ripropone una norma già contenuta nel testo del 2001, che prevede un Consiglio degli ‘ulamâ’, organo consultivo con il compito di assistere sia il governo dell’Unione, sia gli esecutivi di ciascuna delle tre isole principali, nell’elaborazione dei provvedimenti concernenti la vita non solo religiosa, ma anche economica e politica del paese. Non vi sono altre disposizioni riconducibili all’affermazione del carattere islamico dello Stato, e la ragione di tale silenzio è probabilmente il fatto che le Comore hanno adottato una Carta piuttosto scarna che, al di là di una breve enunciazione di principi fondamentali, ha lo scopo (se non unico almeno prevalente) di ridefinire la ripartizione delle competenze tra il governo federale dell’Unione e ciascuna isola in una prospettiva di centralizzazione e riduzione delle autonomie locali51. Infine, le Carte del Kenya e dello Swaziland, la Costituzione ad interim del Sudan e quella transitoria del Sudan del Sud (territori della sfera di
ISITA_09-006_Dieye.pdf; R. Loiemeier, The Secular State and Islam in Senegal, in D. Westerlund (ed.), Questioning the Secular State. The Worldwide Resurgence of Religion in Politics, London, C. Hurst & Co., 1996, pp. 183-197; A. Thurston, Why is Militant Islam a Weak Phenomenon in Senegal?, 2009, in http://www.bcics.northwestern.edu/ documents/workingpapers/ISITA_09-005_Thurston.pdf; L.A. Villalón, Generational Changes, Political Stagnation, and the Evolving Dynamics of Religion and Politics in Senegal, in «Africa Today», 46 (1999), 3-4, pp. 129-147; W.F.S. Miles (ed.), Political Islam in West Africa: State-Society Relations Transformed, London, Lynne Rienner Publishers, 2007; A.A. An-Na’im, African Constitutionalism and the Role of Islam, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2006; J. Haynes, Popular Religion and Politics in Sub-Saharan Africa, in «Third World Quarterly», 16 (1995), 1, pp. 89-108. 49 L’Unione delle Comore, indipendente dal 1975, è abitata per il 98,4% da musulmani sunniti, e per l’1,6% da cristiani. 50 Il ruolo dell’Islâm come fondamento della ‘nazione’ delle Comore è peraltro evidente in tutti quei simboli propri di un’entità politica, dalla bandiera dell’Unione in cui spicca la mezzaluna, all’inno nazionale di cui è interessante riportare un estratto: «[…] La nation apparaît, force d’une même religion au sein des Comores. […] Nous embrassons la même idéologie religieuse. […]. Conservons notre unité pour l’amour de la patrie, amour pour la religion» (http://www.beit-salam.km). 51 S. Massey, B. Baker, Comoros: External Involvement in a Small Island State, luglio 2009, http://www.chathamhouse.org/publications/papers/view/109108. Sulle spinte secessioniste, cfr. anche B. Baker, Comoros: the Search for Viability, in «Civil Wars», 11 (2009), 3, pp. 215-233; I. Walker, What Came First? The Nation or the State? Political Process in the Comoro Islands, in «Africa: the Journal of the International African Institute», 77 (2007), 4, pp. 582-605; G.J. Naldi, Separatism in the Comoros: Some Legal Aspects, in «Leiden Journal of International Law», 11 (1998), 2, pp. 247-256.
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influenza britannica nell’età coloniale)52 non qualificano formalmente lo Stato53, così come il Niger (che, con le Comore, è la sola ex colonia francese, tra quelle qui esaminate, a non aver costituzionalizzato il principio di laicità)54. Tuttavia, la mancanza di una disposizione espressa non esclude che vi siano altre norme, da cui è possibile ricavare indicazioni sull’orientamento del paese in materia religiosa. Tale considerazione, peraltro, va estesa anche a quei paesi formalmente laici, caratteristica dalla quale – alla luce di una serie di disposizioni costituzionali che ora esamineremo – non è possibile far discendere una posizione di indifferenza nei confronti del fatto religioso. 5.1. I riferimenti a Dio
Il Kenya, ex colonia britannica, è indipendente dal 1963. Lo Swaziland, ex protettorato britannico, è indipendente nell’ambito del Commonwealth dal 1968. Il Sudan del Sud è stato condominio anglo-egiziano fino al 1955 con il resto del Sudan, dal quale è diventato indipendente il 9 luglio 2011. Per quanto riguarda la demografia religiosa, si riportano le seguenti percentuali: Kenya (animisti/credenze tradizionali 30,3%, protestanti 28,2%, cattolici 19,6%, altri cristiani 8,2%, musulmani 6%, anglicani 5,6%, altri 2,1%); Sudan e Sudan del Sud (i cui dati sono ancora aggregati: musulmani sunniti 73%, animisti/credenze tradizionali 16,7%, cristiani 9,1%, altri 1,2%); Swaziland (cristiani 66,7%, altri 33,3%). Per approfondimenti, cfr. P. Gifford, Christianity, Politics, and Public Life in Kenya, New York, Columbia University Press, 2009; K. Kresse, Muslim Politics in Postcolonial Kenya: Negotiating Knowledge on the Double-Periphery, in «Journal of the Royal Anthropological Institute», 15 (2009), Supplement 1, pp. 76-94; B. Knighton (ed.), Religion and Politics in Kenya: Essays in Honor of a Meddlesome Priest, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2009; P. Tablino, Christianity Among the Nomads: the Catholic Church in Northern Kenya, Nairobi, Paulines Publications Africa, 2004; A. Oded, Islam and Politics in Kenya, Boulder, Lynne Rienner, 2000; G. Sabar-Friedman, Church and State in Kenya, 1986-1992: the Churches’ Involvement in the «Game of Change», in «African Affairs», 96 (1997), 382, pp. 25-52; S.S. Poggo, General Ibrahim Abboud’s Military Administration in the Sudan, 1958-1964: Implementation of the Programs of Islamization and Arabization in the Southern Sudan, in «Northeast African Studies», 9 (2002), 1, pp. 67-101; A.A. Gallab, The First Islamist Republic: Development and Disintegration of Islamism in the Sudan, Aldershot, Ashgate, 2008; R.S. O’Fahey, Islam and Ethnicity in the Sudan, in «Journal of Religion in Africa», 26 (1996), 3, pp. 258-267; M. El Zain, Tribe and Religion in the Sudan, in «Review of African Political Economy», 23 (1996), 1970, pp. 523-529; M. Zahid, M. Medley, Muslim Brotherhood in Egypt & Sudan, in «Review of African Political Economy», 33 (2006), 110, pp. 693-708; E. LoWilla, Intrafaith and Interfaith Dialogue in Southern Sudan, in D.R. Smock (ed.), Religious Contributions to Peacemaking. When Religion Brings Peace, not War, Washington, United States Institute of Peace, 2006, pp. 25-28; J.B. Mzizi, Challenges of Proselytization in Contemporary Swaziland, in «Emory International Law Review», 14 (2000), pp. 909-936. 53 Come si preciserà nel prosieguo, il principio di laicità è stato però affermato dall’Alta Corte del Kenya nella sentenza Jesse Kamau and 25 Others v Attorney General del 24 maggio 2010. Cfr. infra, pp. 351-352. 54 Ex colonia francese, il Niger è divenuto indipendente nel 1960. L’88,7% della popolazione è costituito da musulmani sunniti; l’11%da animisti e seguaci di credenze tradizionali; lo 0,3% da persone di altre fedi. 52
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In alcuni casi si tratta di riferimenti inseriti nel preambolo: la Costituzione della Repubblica Democratica del Congo si apre in nome del popolo congolese, cosciente delle sue responsabilità di fronte a Dio, alla Nazione, all’Africa e al Mondo. I malgasci dichiarano di credere in Andriamanitra Andriananahary (il Dio creatore), e i kenioti di riconoscere la supremazia dell’onnipotente Signore di tutte le creature, al quale si chiede di benedire il paese. I sudanesi sono grati a Dio (anche qui definito onnipotente, e non con uno degli aggettivi di tradizione islamica, come compassionevole o misericordioso) per aver conferito loro la saggezza e la volontà di stipulare l’accordo di pace, che ha posto fine al più lungo conflitto cha abbia avuto luogo in Africa. Un simile ringraziamento è rivolto anche dalla popolazione del Sudan del Sud, in questo caso per aver avuto la possibilità di determinare il proprio destino e futuro attraverso un referendum libero, trasparente e pacifico in accordo con le disposizioni della pace sottoscritta nel 2005. Ancora, il popolo del Regno dello Swaziland, in umile sottomissione a Dio onnipotente, si accinge alla proclamazione della nuova Costituzione. In altri casi, tale invocazione è contenuta nelle formule del giuramento che deve essere prestato al momento dell’assunzione dell’ufficio di Presidente della Repubblica (Comore art. 13; Niger art. 50, comma 1; Repubblica Centrafricana art. 25; Repubblica Democratica del Congo art. 74; Ruanda art. 104; Senegal art. 37; Sudan art. 56; Sudan del Sud art. 99) o di altre cariche pubbliche (Comore art. 13; Niger artt. 74, 89 comma 3 e 124; Ruanda art. 61; Sudan artt. 71 e 89; Sudan del Sud artt. 65 e 107; Swaziland Second Schedule in relazione agli artt. 73, 90 comma 9, 128 comma 1, 143, 231 comma 6), o dell’acquisizione della cittadinanza (Swaziland Second Schedule in relazione all’art. 45, comma 4). 5.2. I riferimenti alla dimensione morale e/o spirituale I destinatari delle norme sono, rispettivamente, l’individuo, a cui il Madagascar riconosce l’esercizio dei diritti che gli assicurano lo sviluppo morale, oltre che fisico ed intellettuale (art. 17), e il Niger quello alla salute e all’integrità morali (artt. 12, comma 1 e 13, comma 1); la famiglia, che è assistita dal Congo nella sua missione di guardiana della morale (art. 31), e il cui diritto alla salute morale è riconosciuto dal Niger (art. 21, comma 2) e dalla Repubblica Centrafricana (art. 6, comma 2); i giovani, per la cui educazione morale la Costa d’Avorio s’impegna a creare le condizioni favorevoli (art. 8); la società, di cui il Burundi auspica il carattere moralmente sano in virtù del contributo di tutti i cittadini (art. 68); il popolo nel suo complesso, la cui crescita morale, culturale e materiale deve essere stimolata in Congo dai valori fondanti la democrazia pluralista (preambolo), e la cui fonte della forza morale è individuata dal
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Sudan nelle religioni, credenze, tradizioni e consuetudini (art. 4, comma 1, lettera b). La Costituzione sudanese contiene un ulteriore implicito riferimento all’art. 16, comma 1, in virtù del quale «lo Stato emanerà leggi che proteggano la società dalla corruzione, dalla delinquenza e dai mali sociali e la guidino, nel suo insieme, verso valori sociali virtuosi coerenti con le religioni e culture del Sudan». Riguardo ai valori spirituali, la Carta della Costa d’Avorio si apre affermando che il popolo è ad essi profondamente attaccato; all’art. 7, aggiunge che ogni essere umano ha diritto allo sviluppo e al pieno svolgimento della personalità nella sua dimensione spirituale oltre che materiale ed intellettuale. Anche il preambolo della Costituzione del Madagascar afferma la volontà del popolo di promuovere e sviluppare la propria eredità sociale nel rispetto dell’alterità, della ricchezza e del dinamismo dei suoi valori spirituali attraverso la fanahy maha-olona (personalità essenziale). 5.3. I riferimenti a norme ed istituti di origine religiosa Oltre alle Comore di cui si è già detto, vi sono due Stati le cui Costituzioni incorporano norme e prevedono istituti che hanno la loro origine nella sharî’ah: il Kenya e il Sudan. Nel primo, operano tribunali sciaraitici di primo grado competenti a conoscere cause relative allo stato personale, al matrimonio, al divorzio e all’eredità, in cui le parti siano di religione musulmana e vogliano espressamente adire il tribunale religioso (artt. 24 comma 4, 169 comma 1 lettera b) e 170). L’aspetto più interessante di tali disposizioni non consiste tanto nel loro inserimento, giacché esse si collocano in linea di continuità con l’ordinamento costituzionale previgente55, quanto il fatto che il 24 maggio 2010, ovvero pochi mesi prima La fondazione di corti sciaraitiche lungo la costa dell’attuale Kenya (dove erano stanziate le comunità di musulmani, dediti al commercio) seguì l’affermazione del potere del Sultano di Zanzibar nell’area, all’inizio del XIX secolo. In età coloniale, la loro giurisdizione, insieme al ruolo del diritto islamico, fu ridotta, ma comunque conservata e, anzi, razionalizzata nel quadro del processo di costruzione di un nuovo sistema di amministrazione. Dopo l’indipendenza, anche la Costituzione del 1963 mantenne tali tribunali (cfr. A. Hashim, Coping with Conflicts: Colonial Policy Towards Muslim Personal Law in Kenya and Post-Colonial Court Practice, in S. Jeppie, E. Moosa, R. Roberts (eds.), Muslim Family Law in Sub-Saharan Africa: Colonial Legacies and Post-Colonial Challenges, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2010, pp. 221-245). Va peraltro precisato che i colonizzatori britannici (come quelli di altri paesi) non si limitarono a dare rilevanza giuridica a norme ed istituti pre-esistenti, ma contribuirono profondamente al loro rinnovamento. Come è stato osservato, «[t]he impact of colonialism on family law in particular was most contentious, with far-reaching consequences for Muslim populations subject to colonial rule. […] the colonial encounter significantly transformed Muslim perception of the shari’a, one that pushed it in the direction of a positive law. Under colonialism, shari’a – a concept historically understood to be a moral and ethical code 55
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dell’entrata in vigore della nuova Costituzione, l’Alta Corte – su ricorso di 26 ecclesiastici di varie Chiese cristiane che lamentavano l’illegittimità dell’art. 66 della Carta del 196356, il quale prevedeva un sistema di corti in cui si applicava il diritto islamico e il loro finanziamento – aveva stabilito che esso, favorendo una religione rispetto alle altre, violava le norme costituzionali sulla separazione tra Stato e Chiesa e sul divieto di discriminazione su base religiosa, ed era incompatibile con «i valori che caratterizzano uno Stato laico» (valori però non meglio definiti). Al tempo stesso, aveva precisato che era compito del Parlamento abrogare o emendare l’art. 66. Per comprendere l’ambiguità di tale posizione, dalle imprecisate conseguenze giuridiche, occorre richiamare i motivi di opposizione del Procuratore generale che, da un lato, aveva obiettato regulating the private and public domains of Muslim life – was increasingly designated as a positive «Islamic law»» (S. Jeppie, E. Moosa, R. Roberts, Introduction, in Id (eds.), Muslim Family Law in Sub-Saharan Africa: Colonial Legacies and Post-Colonial Challenges, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2010, p. 15). La ragione di tali sviluppi va individuata nel fatto che «[a]t the heart of Muslim family law is the regulation and control of the family. Colonial authorities everywhere felt strongly about regulating the family because they viewed family stability as a cornerstone of the stability of the colony itself» (ivi, p. 22). 56 Non è un caso che sia stato proprio un gruppo religiosamente orientato a promuovere tale ricorso. Le confessioni e comunità religiose in Kenya hanno svolto un ruolo di primo piano nel movimento per l’elaborazione di una nuova Costituzione. Per approfondimenti sul processo che ha portato, nel nuovo ordinamento costituzionale, al mantenimento dei tribunali sciaraitici, e alle posizioni, favorevoli e contrarie, che sono state sostenute al riguardo, si rimanda ai papers presentati in occasione di un workshop organizzato nel marzo 2010 dall’Università di St. Paul a Limuru (Kenya) sul tema delle corti sciaraitiche, e consultabili nel sito http://www.cci.uct.ac.za/usr/cci/news/big/ Limuru_Kenya_Papers.pdf. L’insieme dei papers mette in luce che le Chiese cristiane hanno adottato posizioni diverse su tale questione, spinte da differenti motivazioni. Non tutte hanno fatto pressione contro l’inclusione delle disposizioni su tali tribunali: mentre, ad esempio, quelle Anglicana e Pentecostale l’hanno fortemente criticata, gli Avventisti sono rimasti in silenzio (Wandera). Inoltre, se diversi gruppi cristiani hanno fatto leva sulla considerazione che il mantenimento delle corti sciaraitiche conferiva ai musulmani dei vantaggi non riconosciuti ad altre comunità religiose, violando il principio di eguaglianza, altri sono stati maggiormente influenzati dal clima politico, interno ed internazionale, caratterizzato dalla minaccia del terrorismo islamico e dalla diffusione dell’Islamofobia, vedendo così i musulmani (e i loro istituti) come una minaccia all’ordine costituito (Maina). Dall’altro lato, anche questi ultimi hanno dato voce a preoccupazioni diverse. Se l’opinione che è stata maggiormente trasmessa all’opinione pubblica, in risposta alle reazioni dei gruppi cristiani, è stata l’idea che la possibilità per i musulmani di ricorrere ai tribunali sciaraitici fosse una condizione sine qua non per un’effettiva garanzia del loro diritto a manifestare la religione, la valutazione da questi data dell’attuale disciplina non è stata in realtà univocamente positiva. Ad esempio, è stata invocata la necessità di riformare tali corti, dal punto di vista sia giurisdizionale che procedurale (Tayob). Per ulteriori approfondimenti, cfr. anche A. Cussac, Muslims and Politics in Kenya: The Issue of the Kadhis’ Courts in the Constitution Review Process, in «Journal of Muslim Minority Affairs», 28 (2008), 2, pp. 289-302.
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che la Corte era competente a dichiarare l’illegittimità solo di norme contenute in leggi, e non anche nella Costituzione e che, inoltre, non poteva valutare la legittimità di una disposizione costituzionale rispetto ad una qualsiasi altra, né concludere quale potesse o dovesse prevalere; dall’altro lato, aveva criticato l’affermazione del principio di laicità dello Stato, il quale non era enunciato in alcuna norma della Carta57. Il Sudan, sebbene formalmente non si qualifichi come uno Stato islamico (anzi, nell’art. 1, si definisce multireligioso oltre che multiculturale, multilinguistico, multirazziale e multietnico), è caratterizzato da un più complesso sistema normativo e istituzionale religiosamente orientato58. L’art. 5 identifica le fonti della legislazione nazionale nella sharî’ah59 e nella volontà popolare. Nel caso di elaborazione ed applicazione di norme di origine religiosa o consuetudinaria, uno Stato federato dove la maggioranza della popolazione non professi quella religione o non segua quella consuetudine, può approvare leggi proprie rispettose del diritto religioso o consuetudinario dei suoi abitanti, oppure rinviare il progetto in questione al Consiglio di Stato perché sia approvato con una maggioranza qualificata di due terzi, o ancora proporre un suo disegno di legge nazionale. La prima opzione è peraltro coerente con la previsione dell’allegato C, che elenca le competenze di ciascuno Stato federato, includendovi la regolamentazione delle questioni religiose. L’art. 20, comma 2 prescrive, per tutti i musulmani, l’obbligo della zakat (elemosina rituale, uno dei cinque pilastri dell’Islâm), la cui raccolta, spesa ed amministrazione è regolata per legge negli Stati settentrionali (con l’esclusione cioè del Sudan del Sud, che all’epoca dell’entrata in vigore della Costituzione ad interim non era ancora formalmente indipendente). 57 Il testo integrale della sentenza è consultabile in http://kenyalaw.org/Downloads_ FreeCases/73988.pdf. Per un commento, si vedano J.D. Mujuzi, Separating the Church from State: The Kenyan High Court’s Decision in Jesse Kamau and 25 Others v Attorney General (Judgment of 24 May 2010), in «Journal of African Law», 55 (2011), 2, pp. 314319; F. Saitto, Kenya. Una corte ha dichiarato che il sistema delle corti islamiche non è conforme alla Costituzione, in «DPCE online», 2010, 3, in http://www.dpce.it/online. 58 Già nel 1968, Gretton osservava che «it does not seem unreasonable to call the Sudan an Islamic State, but many Muslims in the North are afraid of the effect of this on the minorities, and especially the Southerners, who are mainly pagan or Christian and have reacted against attempts at Islamization in the past» (G. Gretton, The Law and the Constitution in the Sudan, in «The World Today», 24 (1968), 8, p. 322). 59 Come in Kenya e in altri paesi, anche in Sudan l’esperienza coloniale è stata determinante nella formalizzazione di norme ed istituti sciaraitici. Cfr. S. Jeppie, The Making and Unmaking of Colonial Shari’a in the Sudan, in S. Jeppie, E. Moosa, R. Roberts (eds.), Muslim Family Law in Sub-Saharan Africa: Colonial Legacies and Post-Colonial Challenges, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2010, pp. 165-182. Riguardo a tempi più recenti, si vedano C. Fluehr-Lobban, Shari’a in the Sudan: History and Trends since Independence, in «Africa Today», 28 (1981), 2, pp. 69-77; G.R. Warburg, The Sharia in Sudan: Implementation and Repercussions, 1983-1989, in «Middle East Journal», 44 (1990), 4, pp. 624-637.
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Gli artt. 201-202 istituiscono un doppio sistema bancario e finanziario: uno islamico nella parte settentrionale del paese, e uno convenzionale in quella meridionale (ma anche questa disposizione deve considerarsi superata dopo l’indipendenza del Sudan del Sud). Il mantenimento dei tribunali sciaraitici in Kenya60 e l’incorporazione del diritto islamico tra le fonti dell’ordinamento giuridico nell’Unione delle Comore e in Sudan sono suscettibili di porsi in contrasto con l’obbligo sancito costituzionalmente di garantire l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (Kenya art. 27, comma 1; Comore preambolo; Sudan art. 31): com’è noto, infatti, la sharî’ah non prescrive solo l’ineguaglianza giuridica tra l’uomo e la donna, ma anche quella tra i musulmani e i non musulmani61. Sotto il primo profilo, la Costituzione del Kenya specifica che uomini e donne hanno diritto ad un eguale trattamento e a pari opportunità nella sfera politica, economica, culturale e sociale (art. 27, comma 3) ed impegna lo Stato ad adottare tutti i provvedimenti necessari per rimediare al trattamento discriminatorio subito da singoli o gruppi, incluse le donne (artt. 21 comma 3, 27 commi 6-7 e 56)62. L’insieme di queste norme, poste a tutela dei gruppi vulnerabili e marginalizzati, non si applicherebbero però a chi non professa l’Islâm, dal momento che i musulmani stessi costituiscono una minoranza religiosa, e il diritto di regolare le questioni È opportuno ricordare che anche in Senegal operano corti sciaraitiche competenti in materia di diritto di famiglia e di successione, sebbene esse non siano menzionate nella Costituzione. Cfr. U.S. Department of State, International Religious Freedom Report for 2011. Senegal, in http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/religiousfreedom/index. htm?dlid=192751. In chiave storica, si veda G. Lydon, Obtaining Freedom at the Muslims’ Tribunal: Colonial Kadijustiz and Women’s Divorce Litigation in Ndar (Senegal), in S. Jeppie, E. Moosa, R. Roberts (eds.), Muslim Family Law in Sub-Saharan Africa: Colonial Legacies and Post-Colonial Challenges, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2010, pp. 135-157. 61 Per uno studio comparativo sull’eguaglianza di genere nelle costituzioni di 21 stati arabi e arabofoni, si veda N. Ammar, Arab Women in their States’ Constitution, in J. Winterdyk, P. Reichel, H. Dammer (eds.), A Guided Reader to Research in Comparative Criminoloy/Criminal Justice, Bochum, Universtitätsverlag, 2009, pp. 199-217. Cfr. anche Z. Salime, Mobilizing Muslim Women: Multiple Voices, the Sharia, and the State, in «Comparative Studies of South Asia, Africa and the Middle East», 28 (2008), 1, pp. 200-211; The Pew Forum on Religion & Public Life, Tolerance and Tension: Islam and Christianity in Sub-Saharan Africa, aprile 2010, pp. 53-54, in http://www.pewforum. org. Sul diritto di libertà religiosa, si veda T. Stahnke, R. C. Blitt, The Religion-State Relationship and the Right to Freedom of Religion or Belief: A Comparative Textual Analysis of the Constitutions of Predominantly Muslim Countries, United States Commission on International Religious Freedom, 2005. 62 Per un esame del problema in chiave storica, cfr. B.B. Brown, Islamic Law, Qadhi’s Courts and Muslim Women’s Legal Status: the Case of Kenya, in «Journal of Muslim Minority Affairs», 14 (1993), 1-2, pp. 94-101; P. Kameri-Mbote, N. Kabira, Separating the Baby from the Bath Water: Women’s Rights and the Politics of Constitution-Making in Kenya, in «East African Journal of Peace and Human Rights», 14 (2008), 1, pp. 1-44. 60
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relative allo stato personale, al matrimonio, al divorzio e all’eredità, il cui riconoscimento ha richiesto l’istituzione di tribunali sciaraitici, è stato garantito proprio nell’ottica di proteggere tale gruppo minoritario63. Diversa è evidentemente la situazione nell’Unione delle Comore e nel Sudan, dove i musulmani non costituiscono una minoranza, ma la stragrande maggioranza della popolazione. Per ciò che concerne la diseguaglianza di genere, le Comore, nel rapporto del 2009 presentato al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nell’ambito della Universal Periodic Review, hanno affermato che ciascuna delle tre fonti dell’ordinamento giuridico (diritto consuetudinario, islamico e francese) comporta «à des différents degrés, des facteurs de disparités entretenant ainsi des inégalités manifestes malgré l’évolution du cadre légal pour lutter contre le placement de la femme et de l’enfant dans une situation précaire qui, de nature, hypothèque leur égalité en droit avec l’homme comorien»64. Da questo punto di vista, anche il diritto consuetudinario, la cui applicazione comunque cambia a seconda delle isole e delle regioni considerate, e la cui influenza è particolarmente significativa nell’ambiente rurale, pone dei problemi, non riconoscendo l’eguaglianza dei sessi, ad esempio nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, dove l’ufficio di giudice (come già secondo la sharî’ah) può essere ricoperto solo da un uomo. Ciononostante, il governo dell’Unione ritiene che il diritto positivo «est amené à prouver sa suprématie pratique malgré l’influence de la religion et des traditions sociales»65.
63 Cfr. S. M. Kimeu, Historical and Legal Foundations of the Kadhi’s Courts in Kenya, marzo 2010, pp. 23 e 28, in http://www.cci.uct.ac.za/usr/cci/news/big/Limuru_Kenya_ Papers.pdf. 64 Rapport national présenté conformément au paragraphe 15a) de l’annexe à la resolution 5/1 du Conseil des droits de l’homme. Comores, 13 maggio 2009, p. 1, in http:// www.ohchr.org/EN/HRBodies/UPR/Pages/KMSession5.aspx. 65 Ibidem, p. 2. La pluralità di fonti del sistema giuridico e la difficoltà di ‘riconciliare’ diritto islamico e/o consuetudinario da una parte, e diritto francese dall’altra, sollevano problemi anche in altri paesi. Per ciò che concerne il Niger e il Senegal, cfr. B.M. Cooper, Secular States, Muslim Law and Islamic Religious Culture: Gender Implications of Legal Struggles in Hybrid Legal Systems in Contemporary West Africa, in «Droit et cultures», 2010, http://droitcultures.revues.org/1982; B. I. Talfi, Quel droit applicable à la famille au Niger? Le pluralisme juridique en question, Copenhagen, The Danish Institute for Human Rights, 2008. Sul Sudan, si vedano A. M. Tier, Conflict of Laws and Legal Pluralism in the Sudan, in «The International and Comparative Law Quarterly», 39 (1990), 3, pp. 611-640; T. Mennen, Legal Pluralism in Southern Sudan: Can the Rest of Africa Show the Way?, in «Africa Policy Journal», 2007, 3, pp. 49-73. Nello Swaziland, tale questione, almeno in linea di principio, è stata risolta con la clausola di cui all’art. 252, commi 2 e 3 cost., secondo cui «subject to the provisions of this Constitution, the principles of Swazi customary law (Swazi law and custom) are hereby recognised and adopted and shall be applied and enforced as part of the law of Swaziland. The provisions of subsection 2) do not apply in respect of any custom that is, and to the extent that it is, inconsistent with a
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Quanto al Sudan, il preambolo della Costituzione impegna il popolo a costituire un sistema di governo in cui il potere sostenga il valore della parità di diritti e doveri tra uomo e donna. L’art. 32 enuncia il medesimo principio, stabilendo l’obbligo dello Stato di garantire non solo formalmente, ma anche mediante concreti provvedimenti, l’eguaglianza di genere nel godimento di tutti i diritti civili, politici, sociali, culturali ed economici, incluso quello alla parità di salario. Significativo è il terzo comma, che prescrive che lo Stato combatta tutte le consuetudini e tradizioni che compromettano la dignità e la condizione delle donne. A livello di dichiarazioni di principio, sebbene tali disposizioni sembrino collocare il Sudan un passo più avanti rispetto alle Comore, non può trascurarsi il fatto che questo rimane l’unico paese del Medio Oriente e Nord Africa, insieme all’Iran, a non aver ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne66. Quando poi si guardi alla prassi, è quasi banale ricordare che, oltre a gravi forme di diseguaglianza e discriminazione, casi di condanna delle adultere alla lapidazione sono ancora riportati, come peraltro è avvenuto recentemente67. Trattando del problema dell’eguaglianza di genere, sebbene la sharî’ah fondi, giuridicamente e socialmente, la discriminazione femminile, sarebbe limitativo considerare l’Islâm come la causa di tutti i mali. Uno studio del 2007 sulla condizione della donna nel Sudan permette di svolgere alcune osservazioni generali sui paesi africani a maggioranza musulmana, mettendo in rilievo, come peraltro si è già osservato nel caso dell’Unione delle Comore, l’influenza altrettanto negativa che possono avere il diritto consuetudinario o le norme prevalenti nella comunità di appartenenza: [I]n their eagerness to include marginalised religious groups, Sudanese and international peacebuilders ignored gender issues during the negotiations. In the name of religious freedom, the CPA and the national interim constitution have left the civil rights of women to the country’s religious communities – Islamic, Christian, and traditional African beliefs. Muslim and non-Muslim leaders alike perceive this as an intrinsic religious right. Civil rights such as marriage, divorce, inheritance, maintenance and financial custody of children, and alimony are perhaps the most tangible and important in the daily lives of “ordinary” Sudanese women. Yet, the CPA and the national interim constitution have not defined how the religious and tribal family laws that regulate women’s civil rights are being and should be formed and applied in today’s Sudan. Sudanese woman are granted different civil rights depending on which religious or tribal community they
provision of this Constitution or a statute, or repugnant to natural justice or morality or general principles of humanity». Cfr. Rautenbach, op. cit., pp. 433-434. 66 Cfr. http://www.unicef.org/gender/files/Sudan-Gender-Eqaulity-Profile-2011. pdf. 67 Cfr. http://www.hrw.org/news/2012/05/31/sudan-ban-death-stoning.
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belong to. […]. Religiously defined laws in and by themselves are not necessarily discriminatory against women, but this plural legal system does not guarantee all Sudanese women equal civil rights as enforced in today’s Sudan68.
Riguardo alla condizione dei non musulmani, si è già detto che la protezione delle minoranze religiose nell’Unione delle Comore non soddisfa gli standards internazionali in materia e, del resto, nella sua Carta non vi sono norme che espressamente garantiscano la libertà religiosa e tutelino chi non professa l’Islâm. Il discorso è più complesso per ciò che concerne il Sudan. Come è quasi superfluo ricordare, la Costituzione ad interim, ancora formalmente in vigore tranne che per le regioni del Sud che hanno dichiarato l’indipendenza, è stata adottata sotto l’egida delle Nazioni Unite per porre fine ad un sanguinoso conflitto che ha visto proprio nelle differenze di religione uno dei maggiori fattori di divisione all’interno della popolazione. Questo spiega non solo il riconoscimento di un ampio ventaglio di diritti di libertà religiosa, di cui si è detto69, ma anche l’inclusione di diverse disposizioni a tutela delle minoranze religiose70. Alcune riguardano specificamente i non musulmani, sebbene il loro ambito geografico di applicazione sia ristretto alla sola capitale del paese – circostanza che si può spiegare con il fatto che qui è concentrata una grande parte dei cristiani del paese. A Khartoum, oltre ad applicarsi una «clausola di salvaguardia» per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia e in particolare l’applicazione di principi sciaraitici nei confronti di chi non professa l’Islâm (art. 156, lettera d)), è stata prevista l’istituzione di una commissione speciale per i diritti dei non musulmani, che deve assicurare che questi non siano sfavorevolmente colpiti dall’applicazione della sharî’ah a Khartoum (art. 157, comma 1, lettera b)). Un esempio è offerto dalla produzione e dal consumo di bevande alcoliche, puniti con 40 frustrate, sanzione che generalmente colpisce i musulmani, ma non i cristiani71. Un secondo gruppo di norme, più numerose, ribadisce l’importanza di preservare nel paese la diversità religiosa, a partire dall’art. 1, comma 3, che definisce il Sudan come una patria onninclusiva, in cui le religioni e le culture sono fonte di forza, armonia ed ispirazione. Tutti sono chia68 L. Tønnessen, A.S. Roald, Discrimination in the Name of Religious Freedom: The Rights of Women and Non-Muslims after the Comprehensive Peace Agreement in Sudan, 2007, p. VI, in http://www.cmi.no/publications/file/2704-discrimination-in-the-nameof-religious-freedom.pdf. 69 Cfr. supra, pp. 340-341. 70 Cfr. L.B. Deng, The Challenge of Cultural, Ethnic and Religious Diversity in Peacebuilding and Constitution-Making in Post-Conflict Sudan, in «Civil Wars», 7 (2005), 3, pp. 258-269. 71 International Religious Freedom Report for 2011. Sudan, cit.
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mati a concorrere responsabilmente alla realizzazione e al mantenimento della pace: il popolo che, conscio della propria diversità religiosa, si impegna a rafforzare la tolleranza religiosa (preambolo); i cittadini, i quali hanno il dovere di rifiutare la violenza e promuovere la fraternità al fine di trascendere le divisioni confessionali (art. 23, comma 2, lettera b)); il governo di unità nazionale, che deve istituire un sistema democratico che tenga conto della diversità religiosa (art. 82, lettera b)); i soggetti pubblici incaricati dell’applicazione e del rispetto della legge nella capitale, di cui si prescrive un adeguato addestramento che li renda rispettosi delle differenze confessionali (art. 155); l’apparato giudiziario di Khartoum, che deve ispirarsi alla tolleranza, come base per la pacifica coesistenza fra i sudanesi di diverse religioni (art. 156, lettera a)). Infine, in ragione dell’importanza della capitale come simbolo dell’unità nazionale, l’art. 154 ribadisce che «[h]uman rights and fundamental freedoms as specified in this Constitution, including respect for all religions, beliefs and customs […] shall be guaranteed and enforced in the National Capital». Nel corso dell’ultimo anno, il presidente sudanese ha però dichiarato più volte l’intenzione di promuovere la redazione di una Carta «islamica al 100%», dove le uniche garanzie riconosciute ai non musulmani sarebbero quelle previste dalla sharî’ah72. Al riguardo, è opportuno ricordare che anche la bozza della nuova Costituzione somala, la cui adozione è prevista entro il 20 agosto, contiene diverse disposizioni controverse, tra cui quella di cui all’art. 2, che vieta la propaganda di qualsiasi religione diversa dall’Islâm. L’inserimento di tale clausula è particolarmente grave ove si consideri che il processo di redazione è condotto sotto l’egida dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, e finanziato nell’ambito del programma Somalia Constitution Making Support Project73. 6. La tutela del pluralismo e della diversità religiosi Le preoccupazioni legate alla necessità di garantire il pluralismo religioso non devono essere avvertite solo per ciò che concerne il Sudan o la Somalia poiché le diverse identità confessionali hanno costituito uno dei più rilevanti fattori di divisione della popolazione in molti conflitti che hanno insanguinato l’Africa sub-sahariana (e non solo)74. Per tale ragio72 L’ultima dichiarazione in questo senso è dell’8 luglio. Cfr. http://af.reuters.com/ article/topNews/idAFJOE86700C20120708. 73 Cfr. http://www.so.undp.org/index.php/UNDP-Somalia-Constitution-SupportProject.html; http://unpos.unmissions.org. 74 J. Fox, The Increasing Role of Religion in State Failure: 1960 to 2004, in «Terrorism and Political Violence», 19 (2007), 3, pp. 395-414; Mangu, op. cit., p. 507. Cfr. anche F.M. Deng, Identity, Diversity and Constitutionalism in Africa, Washington, United States Institute of Peace, 2008; R. Nordås, Identity Polarization and Conflict: State Building
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ne, è particolarmente significativo il fatto che quasi tutte le Costituzioni qui esaminate (con l’esclusione, cioè, di quelle delle Comore, del Congo e del Ruanda) contengano un insieme rilevante di disposizioni a tutela della diversità religiosa. La Costituzione del Burundi include la protezione delle minoranze religiose (oltre che etniche e culturali) tra i principi che devono orientare un sistema di buon governo (preambolo) ed afferma che la Repubblica è rispettosa della propria diversità etnica e religiosa (art. 1). Altre Carte affermano, nei rispettivi preamboli, che il popolo è orgoglioso della propria diversità religiosa (Kenya e Repubblica Centrafricana), ovvero che è convinto che il rispetto di tali differenze assicuri il progresso economico e il benessere sociale (Costa d’Avorio), o ancora che privilegia un sistema di vita che permetta la convivenza senza distinzioni di religione (Madagascar). Ancora la Carta del Kenya, all’art. 21, come si è già accennato, afferma che tutti gli organi statali e i pubblici funzionari devono rispondere ai bisogni dei gruppi vulnerabili all’interno della società e dei membri di particolari comunità religiose, etniche o culturali. Secondo le Costituzioni della Costa d’Avorio (art. 30, comma 2), della Guinea (art. 1, comma 3), del Niger (art. 8, comma 3) e del Senegal (art. 1, comma 1), la Repubblica rispetta tutte le credenze. Quella del Sudan, all’art. 165 (il quale di fatto non è più in vigore), impegnava il governo del Sud a rispondere all’esigenza di includere e riconoscere la diversità di religione (oltre che di etnia e di genere). Il carattere multireligioso del nuovo Stato, indipendente dal 2011, è ora garantito dall’art. 1, comma 4 della sua Carta transitoria; l’art. 38, comma 1, lettera d) impegna tutti i livelli del governo a riconoscere la diversità culturale e ad incoraggiare tali diverse culture a svilupparsi armoniosamente e ad esprimersi nell’istruzione e nei mezzi di comunicazione, mentre l’art. 46, comma 2, lettera b) pone l’obbligo per ogni cittadino di promuovere la pace, l’armonia, l’unità, la fraternità, la tolleranza fra tutte le persone e di trascendere le divisioni religiose (insieme a quelle etniche, geografiche e politiche).
in Cote d’Ivoire and Ghana, 2008, in http://www.polarizationandconflict.org/Papers/ IdentityPolarization.pdf; B. Møller, Religion and Conflict in Africa, with a Special Focus on East Africa, Copenhagen, Danish Institute for International Studies, 2006. È utile ricordare che, anche nei conflitti fondati sull’odio etnico, il fattore religioso ha una certa rilevanza, ad esempio per ciò che riguarda il ruolo delle Chiese. Questo è il caso (peraltro molto controverso) del Ruanda, per cui si rimanda a T. Longman, Christianity and Genocide in Rwanda, Cambridge, Cambridge University Press, 2010; S. Kumalo, The Palace, The Parish and the Power: Church-State Relations in Rwanda and the Genocide, in «Studia Historiae Ecclesiasticae», 33 (2007), 2, pp. 211-233; J. van Butselaar, Religion, Conflict and Reconciliation in Rwanda, in J.D. Gort, H.M. Vroom, H. Jansen (eds.), Religion, Conflict and Reconciliation: Multifaith Ideals and Realities, Amsterdam, Rodopi B.V., 2002, pp. 327-339.
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A corollario di tali disposizioni, si collocano quelle che prescrivono il divieto di fomentare l’odio religioso, inquadrandolo come limite rispettivamente all’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero (Costa d’Avorio art. 10, comma 2; Kenya art. 33, comma 2; Niger art. 8, comma 4), all’attività dei partiti (Burundi artt. 78 e 80; Kenya art. 91, comma 2 lettera a)) ovvero a quella dei mezzi di comunicazione di massa (Sudan art. 39, comma 3). In altri paesi sono vietati «ogni forma di integralismo religioso e intolleranza» quale che sia il soggetto a porli in essere (Repubblica Centrafricana art. 8, comma 2), o ancora la manipolazione delle coscienze e l’assoggettamento imposto dal fanatismo religioso, ideologico, politico o settario (Congo art. 18, comma 3). A tali norme, si può accostare quella di cui all’art. 33, comma 2 cost. del Ruanda, il quale comprensibilmente, data la sua storia recente, non ritiene necessario vietare specificamente l’odio religioso, bensì «ogni propaganda di carattere etnico, regionalista, razzista o basata su qualsiasi altra forma di divisione». Da ultimo, alcuni Stati proibiscono i partiti che «incitano al totalitarismo o al segregazionismo di stampo etnico, tribale o confessionale» (Madagascar art. 14), ovvero quelli identificati su base religiosa (Costa d’Avorio art. 13, comma 2; Guinea art. 3, comma 3; Kenya art. 91, comma 2 lettera a); Repubblica Centrafricana art. 20, comma 3; Niger art. 9, comma 3; Ruanda art. 54, comma 1; Senegal art. 4, comma 1). Quest’ultimo divieto è prescritto anche dall’art. 52 della Carta del Congo, e rafforzato dalla disposizione di cui all’art. 18, comma 2 che vieta l’uso della religione per scopi politici. Siffatte disposizioni non sono contenute nelle Costituzioni del Sudan e del Sudan del Sud, le quali richiedono però che i partiti siano aperti a tutti senza distinzioni confessionali (rispettivamente, art. 40, comma 3, lettera a), e art. 25, comma 3, lettera a)). Come per gli altri gruppi di norme sopra esaminati, anche relativamente alle disposizioni a garanzia del pluralismo religioso, è necessario distinguere il piano dell’affermazione dei principi da quello della loro realizzazione. Come ha notato Adelman, le società africane sono tra le più pluraliste al mondo, essendo caratterizzate da una grande diversità di gruppi, oltre che religiosi, anche etnici, culturali e tribali. In linea di principio, ci si aspetterebbe quindi che gli Stati di questo continente fondino i rispettivi ordinamenti secondo modelli che valorizzino tale pluralismo: ciò, tuttavia, non corrisponde alla realtà75. Lo studioso ha definito tale situazione come la ‘illusione del pluralismo’: «African constitutions are increasingly mere variations on a western theme and, as such, appear to encourage pluralism while producing its exact opposite. From a theoretical perspective, I argue that the confusion of form and content, what I describe as ‘constitutional fetishism’, and the persistence
75
Adelman, op. cit., p. 73.
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of more fundamental problems such as that of the African state, make this illusion more cruel»76. D’altro canto, se tali osservazioni riguardano il pluralismo in generale, per ciò che concerne quello religioso in particolare, gli Stati dell’Africa sub-sahariana qui esaminati, con poche eccezioni, non sembrano presentare una situazione più critica di quella di altre aree geografiche. Secondo un rapporto elaborato dal Pew Forum, «restrictions on religious beliefs and practices rose between mid-2006 and mid-2009 in 23 of the world’s 198 countries (12%), decreased in 12 countries (6%) and remained essentially unchanged in 163 countries (82%)»77. Esso ha valutato tali restrizioni sulla base di due indicatori, le limitazioni governative e l’ostilità sociale, ed ha concluso che le prime sono aumentate soprattutto in Medio Oriente e Africa settentrionale, e la seconda in particolar modo in Europa. Tra gli Stati dell’Africa sub-sahariana qui esaminati, nessuno si colloca nel gruppo dei primi dieci paesi con un livello molto alto di limitazioni governative. In ordine decrescente, presentano profili di criticità il Sudan (considerato nell’assetto territoriale precedente all’indipendenza del Sud, e classificato nella soglia ‘alta’) e, a seguire, Comore, Kenya, Repubblica Centrafricana e Angola (con una soglia ‘moderata’). Tutti gli altri sono caratterizzati, secondo il rapporto, da un basso livello di limitazioni governative78. A titolo di esempio, in Niger, le comunità musulmane composte da stranieri, il cui Islâm differisce da quello prevalentemente professato ed esercitato nel paese, sono state occasionalmente oggetto di speciali limitazioni e controlli quanto ai contenuti dei sermoni religiosi, la costruzione di moschee e la celebrazione di festività come l’Aid al-Fitr o l’Aid al-Adha in date diverse da quelle fissate dal governo; in Ruanda, si sono registrati casi di Testimoni di Geova sospesi da scuola per non aver cantato l’inno nazionale per motivi religiosi, o arrestati per non aver partecipato a ronde di sicurezza (alcune notturne) o votato alle elezioni per le medesime ragioni. Questi peraltro sono anche discriminati al momento della celebrazione del matrimonio civile, che diversi funzionari
76 Ivi, p. 74. Su questo punto, cfr. anche C.M. Peter, The Magic Wand in Making Constitutions Endure in Africa: Anything (Lessons) to Learn from East Africa?, in «African and Asian Studies», 6 (2007), 511-535. 77 The Pew Forum on Religion & Public Life, Rising Restrictions on Religion, agosto 2011, p. 9, in http://www.pewforum.org. Specificamente sul pluralismo religioso in Africa, si veda M. Lasseur, C. Mayargue, Pluralisation religieuse, entre éclatement et concurrence, in «Politique africaine», 123 (2011), pp. 5-25. 78 Rising Restrictions on Religion, cit., pp. 10 e 41-42. Un esempio di limitazione governativa è offerto dalla legge angolese n. 2/2004, di cui si è dato conto supra, pp. 345-346.
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pubblici rifiutano di effettuare laddove i nubendi non prestino giuramento sulla bandiera79. Quanto all’indicatore dell’ostilità sociale, nuovamente nessun paese fra quelli qui esaminati è classificato dal Pew Forum tra i primi dieci con un livello molto alto. Sono indicati, con una soglia rispettivamente ‘alta’ Sudan, Comore, Kenya e Congo; ‘moderata’ Costa d’Avorio e Repubblica Centrafricana; ‘bassa’ tutti gli altri80. Questi dati sono in parte confermati dai rapporti annuali sullo stato della libertà religiosa del Dipartimento di Stato americano e da quelli elaborati in seno al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Abusi e forme di discriminazione sociale colpiscono soggetti diversi a seconda dei paesi considerati: può trattarsi dei cristiani e degli apostati dell’Islâm nelle Comore e nel Sudan, o dei musulmani in Angola, Costa d’Avorio e Repubblica Centrafricana, così come nello Swaziland (insieme ai Testimoni di Geova). In Angola, vi è un atteggiamento negativo anche nei confronti degli immigrati provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo, accusati di ‘importazione’ di fedi sincretiche non tradizionali e di stregoneria. Quest’ultimo è un problema complesso che trascende la questione della cittadinanza e dell’identità nazionale, dal momento che la categoria maggiormente colpita dalle superstizioni popolari su maghi e streghe è quella dei bambini, i quali sono oggetto di violenze, o comunque subiscono un trattamento deteriore, proprio dai membri della comunità a cui essi appartengono. Simili abusi sono segnalati anche per ciò che concerne la Repubblica Democratica del Congo, così come la Repubblica Centrafricana, dove la stregoneria e la magia sono vietate dal codice penale. In quest’ultimo paese, però, si deve precisare che le relative accuse muovono generalmente da dispute personali, e non da ragioni di tipo religioso o culturale81.
79 U.S. Department of State, International Religious Freedom Report for 2011, nelle parti che riguardano il Niger e il Ruanda, in http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/ religiousfreedom/index.htm. 80 Rising Restrictions on Religion, cit., pp. 59-60. 81 Special Rapporteur on Freedom of Religion of Belief Asma Jahangir, cit., pp. 2, 10 e 14-16; Human Rights Council, Report of the Working Group on the Universal Periodic Review. Angola, 18 giugno 2010, p. 8, in http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/ UPR/Pages/AOSession7.aspx; U.S. Department of State, International Religious Freedom Report for 2011, nelle parti che riguardano i paesi sopra citati, in http://www. state.gov/j/drl/rls/irf/religiousfreedom/index.htm. Per approfondimenti sul problema della stregoneria nell’Africa sub-sahariana, cfr. B. Nicolini (ed.), Studies in Witchcraft, Magic, War and Peace in Africa: 19th and 20th Centuries, New York, Edwin Mellen Press, 2006.
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7. Osservazioni conclusive Vi è un problema che caratterizza peculiarmente l’Africa subsahariana rispetto ad altre regioni del mondo. I casi sopra riportati – di discriminazione di cristiani in paesi musulmani, o di musulmani in paesi cristiani, o ancora di Testimoni di Geova in entrambi – sono espressione di un problema per così dire tipico di libertà religiosa: tanto in Africa quanto in Europa o in Asia, vi sono paesi in cui la maggioranza professa una certa religione, e in cui le limitazioni al diritto di libertà religiosa e/o forme di ostilità sociale colpiscono più frequentemente coloro che appartengono ad una religione di minoranza, la quale in genere si è diffusa nel territorio in età successiva e, in quanto tale, anche dopo molto tempo, continua a volte ad essere percepita come ‘nuova’ o comunque ‘non tradizionale’ o ‘aliena’. Nell’Africa sub-sahariana, però, è interessante notare che tale trattamento deteriore è spesso riservato anche alle religioni tradizionali, che hanno animato la vita spirituale del continente per secoli prima dell’arrivo di quelle che oggi sono le confessioni più diffuse, e che, in alcuni contesti, sono così scarsamente considerate da essere persino private della loro dignità ontologica e ritenute una categoria inventata dagli studiosi e dagli attivisti per i diritti umani82. Secondo alcuni, lo Stato africano, dopo l’indipendenza, ha di fatto perpetuato la politica di ‘ripudio’ delle culture indigene che aveva caratterizzato l’esperienza coloniale, quando le grandi potenze condividevano l’idea – già trasmessa dai missionari – della superiorità spirituale del Cristianesimo, ma anche dell’Islâm rispetto ad esempio all’animismo. Tale eredità sarebbe pienamente raccolta dai testi costituzionali in vigore, i quali presenterebbero A «constitutional silence» and «absolute refusal to acknowledge the existence of African religions or cultures», from which it is possible to infer that the government’s silence in its policies have conferred a «negative meaning» on traditional African religious beliefs and practices. […]. Moreover, even the «liberal generic protection of religious freedoms» is itself inimical to indigenous African religions. […] the same protection for proselytization […] is central to both Islam and Christianity […]. Some African states have gone further in proclaiming state religions. […]. Of particular significance, limitations on religious freedom for reasons of «public morality» and «public health» target
Cfr. Hackett, op. cit., p. 870. Al tempo stesso, si deve avvertire che il Cristianesimo, l’Islâm e le religioni tradizionali non dovrebbero essere concepiti come sistemi dottrinali e valoriali distinti ed autonomi. Di fatto, il sincrestismo religioso è diffuso, e molti cristiani e musulmani hanno credenze e seguono pratiche estranee alle tradizioni delle religioni monoteiste e proprie invece di quelle indigene. Cfr. Tolerance and Tension: Islam and Christianity in Sub-Saharan Africa, cit., p. 4. 82
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the elements of traditional religious practice that many colonial states found problematic, even abominable83.
Altri hanno messo in luce la difficoltà di applicare categorie interpretative di matrice occidentale come ‘religione’ a realtà, come quella africana, dove le questioni di fede sono strettamente intrecciate alle tradizioni culturali, con la conseguenza che gli strumenti giuridici predisposti per tutelare la libertà religiosa non proteggono adeguatamente l’identità culturale e le consuetudini (laddove queste non siano contrarie alla nozione prevalente di dignità umana) delle popolazioni il cui sistema valoriale e le cui pratiche sono inquadrabili nelle religioni tradizionali piuttosto che nel Cristianesimo o nell’Islâm84. Un esempio è proprio il diritto di proselitismo, sopra richiamato, il quale è al cuore dell’attività missionaria che caratterizza peculiarmente queste due religioni (e tutte le confessioni da esse derivate), e può invece avere scarso significato per i seguaci delle religioni africane tradizionali. Tale questione, che si lega alle discussioni sulla natura dei diritti umani (come espressione di valori universali ovvero come prodotto culturale occidentale), ha riflessi anche sul dibattito sulle costituzioni africane, le quali devono ricercare il difficile equilibrio tra la garanzia di libertà fondamentali (che, pur teorizzate in un diverso contesto culturale, devono essere riconosciute prerogativa di ogni uomo, quale che sia la sua origine geografica) e la valorizzazione delle tradizioni e dei valori africani (che devono essere preservati dai rigurgiti del neo-colonialismo culturale)85. Quanto sin qui osservato, ci pare dimostrare come questa rassegna presenti un interesse che trascende la mera ricostruzione della disciplina costituzionale di una serie di paesi in materia religiosa, come dato puramente descrittivo, e confermi il ruolo fondamentale della disciplina del diritto di libertà religiosa e dei rapporti tra Stato e confessioni religiose nella fondazione o, a seconda dei casi, del consolidamento di un regime democratico. In particolare, al di là di differenze dovute a specifici problemi (dati ad esempio dall’eventuale inclusione od omissione di specifiche norme, o dal complesso equilibrio fra le diverse fonti che caratterizzano gli ordinamenti giuridici di una serie di paesi e determinano situazioni soggettive diverse in ciascuno di questi), gli Stati dell’Africa sub-sahariana sono accomunati dalla sfida posta, da un lato, dal conHackett, op. cit., pp. 871-872. Cfr. J.D. van der Vyver, M.C. Green, Law, Religion and Human Rights in Africa: Introduction, in «African Human Rights Law Journal», 8 (2008), 2, pp. 338-339. 85 Per una trattazione di tale questione, che esula dagli scopi di questo lavoro, cfr. B. Ibhawoh, Between Culture and Constitution: Evaluating the Cultural Legitimacy of Human Rights in the African State, in «Human Rights Quarterly», 22 (2000), 3, pp. 838-860. Cfr. anche Tolerance and Tension: Islam and Christianity in Sub-Saharan Africa, cit., pp. 49-51. 83 84
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solidamento del regime democratico, il quale non può prescindere da un’effettiva tutela dei diritti umani (tra cui quello di libertà religiosa); dall’altro, dal processo di rafforzamento di una compagine statale che, avendo avuto origine dall’operato di forze esterne, non si è accompagnata (genericamente parlando, e senza voler trascurare la varietà di situazioni presenti nei paesi esaminati) alla costruzione di un’identità nazionale che, pur senza annullare altri sentimenti di appartenenza (ad esempio alla propria comunità tribale, etnica o religiosa), impedisca a tali differenze di trasformarsi in fattori di divisione. In entrambi i processi, è evidente che il riconoscimento o meno di pari diritti e doveri a tutti i cittadini senza distinzione di religione e le modalità di gestione delle tensioni originate dalle diversità confessionali avranno un ruolo cruciale nel favorire, rallentare o, come è già successo, far fallire la convivenza civile all’interno di uno stesso territorio.
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APPENDICE86 angola. costituzione,
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Art. 10 (Estado laico) 1. A República de Angola é um Estado laico, havendo separação entre o Estado e as igrejas, nos termos da lei. 2. O Estado reconhece e respeita as diferentes confissões religiosas, as quais são livres na sua organização e no exercício das suas actividades, desde que as mesmas se conformem à Constituição e às leis da República de Angola. 3. O Estado protege as igrejas e as confissões religiosas, bem como os seus lugares e objectos de culto, desde que não atentem contra a Constituição e a ordem pública e se conformem com a Constituição e a lei. Art. 17 (Partidos Políticos) 3. Os partidos políticos devem, nos seus objectivos, programa e prática, contribuir para: f) A defesa da forma republicana de governo e do carácter laico do Estado. Art. 23 (Princípio da igualdade) 1. Todos são iguais perante a Constituição e a lei. 2. Ninguém pode ser prejudicado, privilegiado, privado de qualquer direito ou isento de qualquer dever em razão da sua ascendência, sexo, raça, etnia, cor, deficiência, língua, local de nascimento, religião, convicções políticas, ideológicas ou filosóficas, grau de instrução, condição económica ou social ou profissão. Art. 41 (Liberdade de consciência, de religião e de culto) 1. A liberdade de consciência, de crença religiosa e de culto é inviolável. 2. Ninguém pode ser privado dos seus direitos, perseguido ou isento de obrigações por motivo de crença religiosa ou de convicção filosófica ou política. 3. É garantido o direito à objecção de consciência, nos termos da lei. 4. Ninguém pode ser questionado por qualquer autoridade acerca das suas convicções ou práticas religiosas, salvo para recolha de dados estatísticos não individualmente identificáveis. Art. 58 (Limitação ou suspensão dos direitos, liberdades e garantias) 1. O exercício dos direitos, liberdades e garantias dos cidadãos apenas pode ser limitado ou suspenso em caso de estado de guerra, de estado de sítio ou de estado de emergência, nos termos da Constituição e da lei. 5. Em caso algum a declaração do estado de guerra, do estado de sítio ou do estado de emergência pode afectar: g) A liberdade de consciência e de religião.
86 Ove non diversamente indicato, i testi integrali delle costituzioni, di cui si indica la data dell’entrata in vigore, sono consultabili nel database dell’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, alla pagina http://www.wipo.int/wipolex/en.
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Art. 67 (Garantias do processo criminal) 4. Os arguidos presos têm o direito de receber visitas do seu advogado, de familiares, amigos e assistente religioso e de com eles se corresponder, sem prejuízo do disposto na alínea e) do artigo 63.º e o disposto no n.º 3 do artigo 194.º. Art. 69 (Habeas data) 2. É proibido o registo e tratamento de dados relativos às convicções políticas, filosóficas ou ideológicas, à fé religiosa, à filiação partidária ou sindical, à origem étnica e à vida privada dos cidadãos com fins discriminatórios. Art. 236 (Limites materiais) As alterações da Constituição têm de respeitar o seguinte: g) A laicidade do Estado e o princípio da separação entre o Estado e as igrejas; burundi. costituzione ad interim,
18 marzo 2005 (estratto)
préambule
Nous, peuple burundais […] Considérant que pour atteindre ce résultat, les principes constitutionnels et légaux suivants doivent être garantis: […] – la protection et l’inclusion des groupes ethniques, culturels et religieux minoritaires dans le système général de bonne gouvernance; […] Art. 1 Le Burundi est une République indépendante, souveraine, laïque, démocratique, unitaire et respectant sa diversité ethnique et religieuse. Art. 13 Tous les burundais sont égaux en mérite et en dignité. Tous les citoyens jouissent des mêmes droits et ont droit à la même protection de la loi. Aucun burundais ne sera exclu de la vie sociale, économique ou politique de la nation du fait de sa race, de sa langue, de sa religion, de son sexe ou de son origine ethnique. Art. 22 1. Tous les citoyens sont égaux devant la loi, qui leur assure une protection égale. 2. Nul ne peut être l’objet de discrimination du fait notamment de son origine, de sa race, de son ethnie, de son sexe, de sa couleur, de sa langue, de sa situation sociale, de ses convictions religieuses, philosophiques ou politiques ou du fait d’un handicap physique ou mental ou du fait d’être porteur du VIH/SIDA ou toute autre maladie incurable. Art. 31 La liberté d’expression est garantie. L’Etat respecte la liberté de religion, de pensée, de conscience et d’opinion.
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Art. 68 Chaque burundais doit veiller, dans ses relations avec la société, à la préservation et au renforcement des valeurs culturelles burundaises et contribuer à l’établissement d’une société moralement saine. Art. 78 Les partis politiques […] ne peuvent prôner la violence, l’exclusion et la haine sous toutes leurs formes, notamment celles basées sur l’appartenance ethnique, régionale, religieuse ou de genre. Art. 80 La loi garantit la non-ingérence des pouvoirs publics dans le fonctionnement interne des partis politiques, sauf pour ce qui est des restrictions nécessaires à la prévention de la haine ethnique, politique, régionale, religieuse ou de genre et au maintien de l’ordre public. comore. costituzione,
23 dicembre 2001, come emendata nel 2009 (estratto)87 préambule
Le peuple comorien, affirme solennellement sa volonté de: – puiser dans l’Islam, religion d’Etat, l’inspiration permanente des principes et règles qui régissent l’Union, […] – marquer son attachement aux principes et droits fondamentaux tels qu’ils sont définis par la Charte des Nations unies, celle de l’Organisation de l’unité africaine, le pacte de la Ligue des États Arabes, la Déclaration universelle des droits de l’homme des Nations unies et la Charte africaine des droits de l’homme et des peuples, ainsi que les conventions internationales notamment celles relatives aux droits de l’enfant et de la femme. Proclame: […] – l’égalité de tous en droits et en devoirs sans distinction de sexe, d’origine, de race, de religion ou de croyance, […] Art. 13 Avant d’entrer en fonction le président de l’Union et les vice-présidents prêtent serment devant la Cour constitutionnelle selon la formule suivante et en comorien: «Je jure devant Allah, le Clément et le très Miséricordieux de fidèlement et honnêtement remplir les devoirs de ma charge, de n’agir que dans l’intérêt général et dans le respect de la Constitution.» Art. 41 Des organes consultatifs peuvent être créés auprès de la Présidence de l’Union. Les organes consultatifs dont le conseil des Ulémas et le Conseil Economique et social assistent en tant que de besoin, le gouvernement de l’Union et les Chefs de l’Exécutif de l’île dans la formulation des décisions touchant à la vie religieuse, économique et sociale du pays. Une loi de l’Union fixe les modalités de consultation et de fonctionnement de ces organes.
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htm.
Il testo integrale è consultabile alla pagina http://mjp.univ-perp.fr/constit/km2009.
Fattore religioso nelle Costituzioni del XXI secolo nell’Africa sub-sahariana
congo. costituzione,
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20 gennaio 2002 (estratto)
préambule
[…]. Les expériences vécues à travers les différents régimes politiques qui se sont succédés, ainsi que celles des autres peuples, ont conduit le peuple congolais à faire le choix de la démocratie pluraliste comme socle des valeurs devant orienter le développement du pays, stimuler son épanouissement moral, culturel et matériel et répondre à la demande collective d’un mieux ê tre social. […]. Art. 1 La République du Congo est un État souverain, indivisible, laïc, social et démocratique. […] Art. 8 1. Tous les citoyens sont égaux devant la loi. 2. Est interdite toute discrimination fondée sur l’origine, la situation sociale ou matérielle, l’appartenance raciale, ethnique ou départementale, le sexe, l’instruction, la langue, la religion, la philosophie ou le lieu de résidence, […]. Art. 18 1. La liberté de croyance et la liberté de conscience sont inviolables. 2. L’usage de la religion à des fins politiques est prohibé. 3. Toutes manifestations de manipulation et d’embrigadement des consciences, de sujétions de toutes natures imposées par tout fanatisme religieux, philosophique, politique et sectaire sont punies par la loi. Art. 31 L’État a l’obligation d’assister la famille dans sa mission de gardienne de la morale et des valeurs compatibles avec l’ordre républicain. […] Art. 52 Les partis politiques ont un caractère national et ne sauraient s’identifier dans la forme, dans l’action ou, d’une manière quelconque, à une ethnie, à un département, à une religion ou à une secte. costa d’avorio. costituzione,
1° agosto 2000 (estratto)
préambule
Le peuple de Côte d’Ivoire, […] Conscient de sa diversité ethnique, culturelle et religieuse, et désireux de bâtir une nation unie solidaire et prospère; […] Profondément attaché à la légalité constitutionnelle et aux institutions démocratiques, à la dignité de la personne humaine, aux valeurs culturelles et spirituelles; […] Art. 7 1. Tout être humain a droit au développement et au plein épanouissement de sa personnalité dans ses dimensions matérielle, intellectuelle et spirituelle. Art. 8 L’Etat et les collectivités publiques ont le devoir de veiller au développement de la jeunesse. Ils créent les conditions favorables à son éducation civique et morale […].
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Art. 9 La liberté de pensée et d’expression, notamment la liberté de conscience, d’opinion religieuse ou philosophique sont garanties à tous, sous la réserve du respect de la loi, des droits d’autrui, de la sécurité nationale et de l’ordre public. Art. 10 2. Toute propagande ayant pour but ou pour effet de faire prévaloir un groupe social sur un autre, ou d’encourager la haine raciale ou religieuse est interdite. Art. 12 2. Toute personne persécutée en raison de ses convictions politiques, religieuses, philosophiques ou de son appartenance ethnique peut bénéficier du droit d’asile sur le territoire de la République de Côte d’Ivoire, sous la condition de se conformer aux lois de la République. Art. 13 2. Sont interdits les partis ou groupements politiques créés sur des bases régionales, confessionnelles, tribales, ethniques ou raciales. Art. 17 3. Est prohibée toute discrimination dans l’accès ou l’exercice des emplois, fondée sur le sexe, les opinions politiques, religieuses ou philosophiques. Art. 30 1. La République de Côte d’Ivoire est une et indivisible, laïque, démocratique et sociale. 2. Elle assure à tous l’égalité devant la loi, sans distinction d’origine, de race, d’ethnie, de sexe et de religion. Elle respecte toutes les croyances. guinea. costituzione,
7 maggio 2010 (estratto)88
Art. 1 1. La Guinée est une République unitaire, indivisible, laïque, démocratique et sociale. 2. Elle assure l’égalité devant la loi de tous les citoyens sans distinction d’origine, de race, d’ethnie, de sexe, de religion et d’opinion. 3. Elle respecte toutes les croyances. Art. 3 3. [Les partis politiques] […] ne doivent pas s’identifier à une race, une ethnie, une religion ou une région. Art. 4 La loi punit quiconque, par un acte de discrimination raciale, ethnique ou religieuse, par un acte de propagande régionaliste ou par tout autre acte, porte atteinte à l’unité nationale, à la sécurité de l’État, à l’intégrité du territoire de la République ou au fonctionnement démocratique des institutions.
88 Il testo integrale è consultabile alla pagina http://www.la-constitution-en-afrique. org/1-categorie-10462179.html.
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Art. 7 1. Chacun est libre de croire, de penser et de professer sa foi religieuse, ses opinions politiques et philosophiques. 5. Une loi fixe les conditions d’exercice de ces droits […]. Art. 11 Quiconque est persécuté en raison de ses opinions politiques, philosophiques ou religieuses, de sa race, de son ethnie, de ses activités intellectuelles, scientifiques ou culturelles, pour la défense de la liberté a droit d’asile sur le territoire de la République. Art. 14 Le libre exercice des cultes est garanti, sous réserve du respect de la loi e de l’ordre public. Les institutions et les communautés religieuses se créent et s’administrent librement. kenya. costituzione,
27 agosto 2010 (estratto)
preamble
We, the people of Kenya – Acknowledging the supremacy of the Almighty God of all creation: […] Proud of our ethnic, cultural and religious diversity, and determined to live in peace and unity as one indivisible sovereign nation: […] God bless Kenya Art. 8 (State and Religion) There shall be no State religion. Art. 21 (Implementation of Rights and Fundamental Freedoms) 3. All State organs and all public officers have the duty to address the needs of vulnerable groups within society, including women, older members of society, persons with disabilities, children, youth, members of minority or marginalised communities, and members of particular ethnic, religious or cultural communities. Art. 24 (Limitation of Rights and Fundamental Freedoms) 1. A right or fundamental freedom in the Bill of Rights shall not be limited except by law, and then only to the extent that the limitation is reasonable and justifiable in an open and democratic society based on human dignity, equality and freedom, taking into account all relevant factors, including – a) the nature of the right or fundamental freedom; b) the importance of the purpose of the limitation; c) the nature and extent of the limitation; d) the need to ensure that the enjoyment of rights and fundamental freedoms by any individual does not prejudice the rights and fundamental freedoms of others; and e) the relation between the limitation and its purpose and whether there are less restrictive means to achieve the purpose. 2. Despite clause 1), a provision in legislation limiting a right or fundamental freedom –
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a) in the case of a provision enacted or amended on or after the effective date, is not valid unless the legislation specifically expresses the intention to limit that right or fundamental freedom, and the nature and extent of the limitation; b) shall not be construed as limiting the right or fundamental freedom unless the provision is clear and specific about the right or freedom to be limited and the nature and extent of the limitation; and c) shall not limit the right or fundamental freedom so far as to derogate from its core or essential content. 3. The State or a person seeking to justify a particular limitation shall demonstrate to the court, tribunal or other authority that the requirements of this Article have been satisfied. 4. The provisions of this Chapter on equality shall be qualified to the extent strictly necessary for the application of Muslim law before the Kadhis’ courts, to persons who profess the Muslim religion, in matters relating to personal status, marriage, divorce and inheritance. Art. 27 (Equality and Freedom from Discrimination) 1. Every person is equal before the law and has the right to equal protection and equal benefit of the law. 2. Equality includes the full and equal enjoyment of all rights and fundamental freedoms. 3. Women and men have the right to equal treatment, including the right to equal opportunities in political, economic, cultural and social spheres. 4. The State shall not discriminate directly or indirectly against any person on any ground, including race, sex, pregnancy, marital status, health status, ethnic or social origin, colour, age, disability, religion, conscience, belief, culture, dress, language or birth. 5. A person shall not discriminate directly or indirectly against another person on any of the grounds specified or contemplated in clause 4). 6. To give full effect to the realisation of the rights guaranteed under this Article, the State shall take legislative and other measures, including affirmative action programmes and policies designed to redress any disadvantage suffered by individuals or groups because of past discrimination. 7. Any measure taken under clause 6) shall adequately provide for any benefits to be on the basis of genuine need. Art. 32 (Freedom of Conscience, Religion, Belief and Opinion) 1. Every person has the right to freedom of conscience, religion, thought, belief and opinion. 2. Every person has the right, either individually or in community with others, in public or in private, to manifest any religion or belief through worship, practice, teaching or observance, including observance of a day of worship. 3. A person may not be denied access to any institution, employment or facility, or the enjoyment of any right, because of the person’s belief or religion. 4. A person shall not be compelled to act, or engage in any act, that is contrary to the person’s belief or religion. Art. 33 (Freedom of Expression) 1. Every person has the right to freedom of expression, which includes – a) freedom to seek, receive or impart information or ideas; b) freedom of artistic creativity; and
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c) academic freedom and freedom of scientific research. 2. The right to freedom of expression does not extend to – a) propaganda for war; b) incitement to violence; c) hate speech; or d) advocacy of hatred that […] ii) is based on any ground of discrimination specified or contemplated in Article 27 (4). 3. In the exercise of the right to freedom of expression, every person shall respect the rights and reputation of others. Art. 56 (Minorities and Marginalised Groups) The State shall put in place affirmative action programmes designed to ensure that minorities and marginalised groups – a) participate and are represented in governance and other spheres of life; b) are provided special opportunities in educational and economic fields; c) are provided special opportunities for access to employment; d) develop their cultural values, languages and practices; […]. Art. 91 (Basic Requirements for Political Parties) 2. A political party shall not – a) be founded on a religious, linguistic, racial, ethnic, gender or regional basis or seek to engage in advocacy of hatred on any such basis; […] Art. 169 (Subordinate Courts) 1. The subordinate courts are – a) the Magistrates courts; b) the Kadhis’ courts; c) the Courts Martial; […]. Art. 170 (Kadhis’ Courts) 1. There shall be a Chief Kadhi and such number, being not fewer than three, of other Kadhis as may be prescribed under an Act of Parliament. 2. A person shall not be qualified to be appointed to hold or act in the office of Kadhi unless the person – a) professes the Muslim religion; and b) possesses such knowledge of the Muslim law applicable to any sects of Muslims as qualifies the person, in the opinion of the Judicial Service Commission, to hold a Kadhi’s court. 3. Parliament shall establish Kadhis’ courts, each of which shall have the jurisdiction and powers conferred on it by legislation, subject to clause 5). 4. The Chief Kadhi and the other Kadhis, or the Chief Kadhi and such of the other Kadhis (not being fewer than three in number) as may be prescribed under an Act of Parliament, shall each be empowered to hold a Kadhi’s court having jurisdiction within Kenya. 5. The jurisdiction of a Kadhis’ court shall be limited to the determination of questions of Muslim law relating to personal status, marriage, divorce or inheritance in proceedings in which all the parties profess the Muslim religion and submit to the jurisdiction of the Kadhi’s courts.
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madagascar. costituzione,
11 dicembre 2010 (estratto)89
préambule
Le peuple malagasy souverain, Affirmant sa croyance à Andriamanitra Andriananahary, Résolu à promouvoir et à développer son héritage de société vivant en harmonie et respectueuse de l’altérité, de la richesse et du dynamisme de ses valeurs culturelles et spirituelles à travers le «fanahy maha-olona», Convaincu de la nécessité pour la société malagasy de retrouver son originalité, son authenticité et sa malgachéité, et de s’inscrire dans la modernité du millénaire tout en […] privilégiant un cadre de vie permettant un «vivre ensemble» sans distinction de région, d’origine, d’ethnie, de religion, d’opinion politique, ni de sexe […] Art. 1 1. Le peuple malagasy constitue une Nation organisée en État souverain, unitaire, républicain et laïc. Art. 2 1. L’Etat affirme sa neutralité à l’égard des différentes religions. 2. La laïcité de la République repose sur le principe de la séparation des affaires de l’État et des institutions religieuses et de leurs représentants. 3. L’Etat et les institutions religieuses s’interdisent toute immixtion dans leurs domaines respectifs. 4. Aucun chef d’institution ni membre de Gouvernement ne peuvent faire partie des instances dirigeantes d’une Institution religieuse, sous peine d’être déchu par la Haute Cour constitutionnelle ou d’être démis d’office de son mandat ou de sa fonction. Art. 6 2. Tous les individus sont égaux en droit et jouissent des mêmes libertés fondamentales protégées par la loi, sans discrimination fondée sur le sexe, le degré d’instruction, la fortune, l’origine, la croyance religieuse ou l’opinion. Art. 10 Les libertés d’opinion et d’expression, de communication, de presse, d’association, de réunion, de circulation, de conscience et de religion sont garanties à tous et ne peuvent être limitées que par le respect des libertés et droits d’autrui et par l’impératif de sauvegarde de l’ordre public, de la dignité nationale et de la sécurité de l’État. Art. 14 3. Sont interdits les associations et les partis politiques qui mettent en cause l’unité de la Nation et les principes républicains, et qui prônent le totalitarisme ou le ségrégationnisme à caractère ethnique, tribal ou confessionnel. Art. 17 L’État protège et garantit l’exercice des droits qui assurent à l’individu son intégrité et la dignité de sa personne, son plein épanouissement physique, intellectuel et moral. 89
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Art. 28 Nul ne peut être lésé dans son travail ou dans son emploi en raison du sexe, de l’âge, de la religion, des opinions, des origines, de l’appartenance à une organisation syndicale ou des convictions politiques. Art. 49 1. Les fonctions de président de la République sont incompatibles avec toute fonction publique élective, toute autre activité professionnelle, toute activité au sein d’un parti politique, d’un groupement politique, ou d’une association, et de l’exercice de responsabilité au sein d’une institution religieuse. Art. 64 1. Les fonctions de membre du Gouvernement sont incompatibles avec l’exercice de tout mandat public électif, de toute fonction de représentation professionnelle, de l’exercice de toute fonction au sein d’institutions religieuses, de tout emploi public ou de toute autre activité professionnelle rémunérée. niger. costituzione,
31 ottobre 2010 (estratto)90
Art. 3 1. La République du Niger est un État unitaire. Elle est une et indivisible, démocratique et sociale. 2. Ses principes fondamentaux sont : […] – la séparation de l’État et de la religion; […] Art. 4 3. Dans l’exercice du pouvoir d’État, le pouvoir personnel, le régionalisme, l’ethnocentrisme, la discrimination, le népotisme, le sexisme, l’esprit de clan, l’esprit féodal, l’esclavage sous toutes ses formes, l’enrichissement illicite, le favoritisme, la corruption, la concussion et le trafic d’influence sont punis par la loi. Art. 8 2. Elle assure à tous l’égalité devant la loi sans distinction de sexe, d’origine sociale, raciale, ethnique ou religieuse. 3. Elle respecte et protège toutes les croyances. Aucune religion, aucune croyance ne peut s’arroger le pouvoir politique ni s’immiscer dans les affaires de l’État. 4. Toute propagande particulariste de caractère régionaliste, raciale ou ethnique, toute manifestation de discrimination raciale, sociale, sexiste, ethnique, politique ou religieuse, sont punies par la loi. Art. 9 3. Les partis politiques à caractère ethnique, régionaliste ou religieux sont interdits. Aucun parti ne saurait être créé dans le but de promouvoir une ethnie, une région ou une religion, sous peine des sanctions prévues par la loi. Art. 10 Tous les Nigériens naissent et demeurent libres et égaux en droits et en devoirs. 90
htm.
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Art. 12 1. Chacun a droit à la vie, à la santé, à l’intégrité physique et morale […]. Art. 13 1. Toute personne a le droit de jouir du meilleur état de santé physique et morale. Art. 17 Chacun a droit au libre développement de sa personnalité dans ses dimensions matérielle, intellectuelle, culturelle, artistique et religieuse pourvu qu’il ne viole pas le droit d’autrui, ni n’enfreigne l’ordre constitutionnel, la loi ou les bonnes mœurs. Art. 21 2. L’État et les collectivités publiques ont le devoir de veiller à la santé physique, mentale et morale de la famille, particulièrement de la mère et de l’enfant. Art. 30 1. Toute personne a droit à la liberté de pensée, d’opinion, d’expression, de conscience, de religion et de culte. 2. L’État garantit le libre exercice du culte et l’expression des croyances. 3. Ces droits s’exercent dans le respect de l’ordre public, de la paix sociale, et de l’unité nationale. Art. 33 2. Nul ne peut être victime de discrimination dans le cadre de son travail. Art. 50 1. Avant son entrée en fonction, le président de la République prête serment sur le Livre Saint de sa confession devant la Cour constitutionnelle, en présence des membres du Parlement, en ces termes: «Devant Dieu et devant le peuple nigérien souverain, Nous.........., président de la République élu conformément aux lois, jurons solennellement sur le Livre Saint : […]. En cas de parjure, que nous subissions les rigueurs de la loi. Puisse Dieu nous venir en aide.» Art. 74 Avant son entrée en fonction, le Premier ministre prête, devant l’Assemblée nationale, sur le Livre Saint de sa confession, le serment suivant : «Devant Dieu et devant les représentants du Peuple nigérien souverain, Nous, Premier ministre, chef du Gouvernement, jurons solennellement sur le Livre Saint: […]. En cas de parjure, que nous subissions les rigueurs de la loi. Puisse Dieu nous venir en aide.» Art. 89 3. Avant son entrée en fonction, le président de l’Assemblée nationale prête serment sur le Livre Saint de sa confession devant la Cour constitutionnelle en ces termes: «Devant Dieu et devant le Peuple nigérien souverain, Nous président de l’Assemblée nationale jurons solennellement sur le Livre Saint: […]. En cas de parjure, que nous subissions les rigueurs de la loi. Puisse Dieu nous venir en aide.»
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Art. 124 Avant leur entrée en fonction, les membres de la Cour constitutionnelle prêtent serment sur le Livre Saint de leur confession devant le Président de la République en ces termes: «Je jure de bien et fidèlement remplir mes fonctions, de les exercer en toute impartialité dans le respect de la Constitution et en toute indépendance, de garder le secret des délibérations et des votes, de ne prendre aucune position publique et de ne donner aucune consultation sur les questions relevant de la compétence de la Cour. Puisse Dieu nous venir en aide.» Art. 146 2. L’Etat fait de la création des richesses, de la croissance et de la lutte contre les inégalités un axe majeur de ses interventions. Art. 158 3. [Les médias d’État] ont l’obligation de favoriser le débat démocratique et de promouvoir les droits humains fondamentaux, les langues et les produits sportifs et culturels nationaux, l’unité nationale, la tolérance et la solidarité, la paix et la sécurité, entre les différentes communautés, ainsi que la lutte contre toutes formes de discrimination. Art. 175 2. La forme républicaine de l’État, le multipartisme, le principe de la séparation de l’État et de la religion et les dispositions des alinéas 1 et 2 de l’article 47 et de l’article 185 de la présente Constitution ne peuvent faire l’objet d’aucune révision. repubblica centrafricana. costituzione,
27 dicembre 2004 (estratto)
préambule
Le peuple centrafricain, Fier de son unité nationale, linguistique et de sa diversité ethnique, culturelle et religieuse qui contribuent à l’enrichissement de sa personnalité, […] Art. 5 1. Tous les êtres humains sont égaux devant la loi sans distinction de race, d’origine ethnique, de région, de sexe, de religion, d’appartenance politique et de position sociale. Art. 6 2. L’Etat et les autres collectivités publiques ont, ensemble, le devoir de veiller à la santé physique et morale de la famille et de l’encourager socialement par des institutions appropriées. Art. 8 1. La liberté de conscience, de réunion, le libre exercice des cultes sont garantis à tous dans les conditions fixées par la loi. 2. Toute forme d’intégrisme religieux et d’intolérance est interdite. Art. 18 3. La République centrafricaine est un État de droit, souverain, indivisible, laïque et démocratique.
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Art. 20 2. [Les partis ou groupements politiques] se forment et exercent librement leurs activités. Ils sont tenus de respecter le principe de la démocratie, de l’unité et de la souveraineté nationale, des droits de l’homme, de la laïcité et la forme républicaine de l’État, conformément aux lois et règlements en vigueur. 3. Il leur est interdit de s’identifier à une race, à une ethnie, à un sexe, à une religion, à une secte, à une langue, à une région ou à un groupe armé. Art. 25 Lors de son entrée en fonction, debout, découvert, la main gauche posée sur la Constitution et la main droite levée, le président de la République prête le serment ci-après devant la Cour constitutionnelle siégeant en audience solennelle : «Je jure devant Dieu et devant la Nation d’observer scrupuleusement la Constitution, de garantir l’indépendance et la pérennité de la République, se sauvegarder l’intégrité du territoire, de préserver la paix, de consolider l’unité nationale, d’assurer le bien-être du peuple centrafricain, de remplir consciencieusement les devoirs de ma charge sans aucune considération d’ordre ethnique, régional ou confessionnel, de ne jamais exercer les pouvoirs qui me sont dévolus par la Constitution à des fins personnelles et de n’être guidé en tout que par l’intérêt national et la dignité du peuple centrafricain.» Art. 108 Sont expressément exclus de la révision: – la forme républicaine et laïque de l’État; […]. repubblica democratica del congo. costituzione,
18 febbraio 2006 (estratto)
préambule
Nous, Peuple congolais, […] Conscients de nos responsabilités devant Dieu, la Nation, l’Afrique et le Monde; […] Art. 1 1. La République démocratique du Congo est, dans ses frontières du 30 juin 1960, un État de droit, indépendant, souverain, uni et indivisible, social, démocratique et laïc. Art. 11 Tous les êtres humains naissent libres et égaux en dignité et en droits. Toutefois, la jouissance des droits politiques est reconnue aux seuls Congolais, sauf exceptions établies par la loi. Art. 12 Tous les Congolais sont égaux devant la loi et ont droit à une égale protection des lois. Art. 13 Aucun Congolais ne peut, en matière d’éducation et d’accès aux fonctions publiques ni en aucune autre matière, faire l’objet d’une mesure discriminatoire, qu’elle résulte de la loi ou d’un acte de l’exécutif, en raison de sa religion, de son origine familiale, de sa condition sociale, de sa résidence, de ses opinions ou de ses convictions politiques, de son appartenance à une race, à une ethnie, à une tribu, à une minorité culturelle ou linguistique.
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Art. 22 1. Toute personne a droit à la liberté de pensée, de conscience et de religion. 2. Toute personne a le droit de manifester sa religion ou ses convictions, seule ou en groupe, tant en public qu’en privé, par le culte, l’enseignement, les pratiques, l’accomplissement des rites et l’état de vie religieuse, sous réserve du respect de la loi, de l’ordre public, des bonnes mœurs et des droits d’autrui. 3. La loi fixe les modalités d’exercice de ces libertés. Art. 36 3. Nul ne peut être lésé dans son travail en raison de ses origines, de son sexe, de ses opinions, de ses croyances ou de ses conditions socio-économiques. Art. 37 1. L’État garantit la liberté d’association. 2. Les pouvoirs publics collaborent avec les associations qui contribuent au développement social, économique, intellectuel, moral et spirituel des populations et à l’éducation des citoyennes et des citoyens. 3. Cette collaboration peut revêtir la forme d’une subvention. 4. La loi fixe les modalités d’exercice de cette liberté. Art. 45 3. Toute personne a accès aux établissements d’enseignement national, sans discrimination de lieu d’origine, de race, de religion, de sexe, d’opinions politiques ou philosophiques, de son état physique, mental ou sensoriel, selon ses capacités. Art. 61 En aucun cas, et même lorsque l’état de siège ou l’état d’urgence aura été proclamé conformément aux articles 85 et 86 de la présente Constitution, il ne peut être dérogé aux droits et principes fondamentaux énumérés ci-après: […] 7. la liberté de pensée, de conscience et de religion. Art. 74 […]. Avant son entrée en fonction, le président de la République prête, devant la Cour constitutionnelle, le serment ci-après : « Moi…. élu président de la République démocratique du Congo, je jure solennellement devant Dieu et la nation: […]». ruanda. costituzione,
4 giugno 2003 (estratto)
Art. 1 1. L’État rwandais est une République indépendante, souveraine, démocratique, sociale et laïque. Art. 11 1. Tous les Rwandais naissent et demeurent libres et égaux en droits et en devoirs. 2. Toute discrimination fondée notamment sur la race, l’ethnie, le clan, la tribu, la couleur de la peau, le sexe, la région, l’origine sociale, la religion ou croyance, l’opinion, la fortune, la différence de culture, de langue, la situation sociale, la déficience physique ou mentale ou sur toute autre forme de discrimination est prohibée et punie par la loi.
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Art. 33 1. La liberté de pensée, d’opinion, de conscience, de religion, de culte et de leur manifestation publique est garantie par l’État dans les conditions définies par la loi. 2. Toute propagande à caractère ethnique, régionaliste, raciste ou basée sur toute autre forme de division est punie par la loi. Art. 43 Dans l’exercice de ses droits et dans la jouissance de ses libertés, chacun n’est soumis qu’aux limitations établies par la loi en vue d’assurer la reconnaissance et le respect des droits et libertés d’autrui et afin de satisfaire aux justes exigences de la morale, de l’ordre public et du bien-être général, dans une société démocratique. Art. 54 1. Il est interdit aux formations politiques de s’identifier à une race, une ethnie, une tribu, un clan, une région, un sexe, une religion ou à tout autre élément pouvant servir de base de discrimination. Art. 61 Serment des Hautes autorités du Pays: Avant d’entrer en fonction, le président du Sénat, le président de la Chambre des députés, le président de la Cour suprême, le premier ministre, les ministres, les secrétaires d’État et les autres membres du Gouvernement, les vice présidents du Sénat, les vice-présidents de la Chambre des députés, les sénateurs, les députés, les officiers généraux et les officiers supérieurs des Forces rwandaises de défense, les Commissaires et officiers supérieurs de la Police nationale, le vice-président et les juges de la Cour suprême, les présidents et vice présidents de la Haute Cour et de la Haute Cour de commerce, le Procureur général, le Procureur général adjoint et d’autres que la loi pourrait déterminer, prêtent serment en ces termes : «Moi, ... , je jure solennellement à la Nation: 1° de garder fidélité à la République du Rwanda; 2° d’observer la Constitution et d’autres lois; 3° de veiller aux droits fondamentaux de la personne et aux intérêts du peuple rwandais; 4° d’œuvrer à la consolidation de l’unité nationale; 5° de remplir loyalement les fonctions qui me sont confiées; 6° de ne jamais utiliser les pouvoirs qui me sont dévolus à des fins personnelles. En cas de parjure, que je subisse les rigueurs de la loi. Que Dieu m’assiste». Art. 104 Serment du président de la République Avant d’entrer en fonction, le président de la République prête serment devant le président de la Cour suprême en présence deux chambres réunies du Parlement en ces termes: « Moi, ..., je jure solennellement à la Nation: 1° de garder fidélité à la République du Rwanda; 2° d’observer et défendre la Constitution et les autres lois; 3° de remplir loyalement les fonctions qui me sont confiées; 4° de préserver la paix et l’intégrité du territoire; 5° de consolider l’unité nationale;
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les;
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6° de ne jamais utiliser les pouvoirs qui me sont dévolus à des fins personnel-
7° de veiller aux intérêts du peuple rwandais. En cas de parjure, que je subisse les rigueurs de la loi. Que Dieu m’assiste.» Le président de la République prête serment dans un délai ne dépassant pas un mois à compter de la date de son élection. Son serment est reçu par le président de la Cour suprême. Art. 137 6. La déclaration de l’état de siège ou de l’état d’urgence ne peut en aucun cas porter atteinte au droit à la vie, à l’intégrité physique, à l’état et à la capacité des personnes, à la nationalité, à la non rétroactivité de la loi pénale, au droit de la défense ni à la liberté de conscience et de religion. senegal. costituzione,
22 gennaio 2001 (estratto)
Art. 1 1. La République du Sénégal est laïque, démocratique et sociale. Elle assure l’égalité devant la loi de tous les citoyens, sans distinction d’origine, de race, de sexe, de religion. Elle respecte toutes les croyances. Art. 4 1. Les partis politiques et coalitions de partis politiques concourent à l’expression du suffrage. Ils sont tenus de respecter la Constitution ainsi que les principes de la souveraineté nationale et de la démocratie. Il leur est interdit de s’identifier à une race, à une ethnie, à un sexe, à une religion, à une secte, à une langue ou à une région. Art. 5 Tout acte de discrimination raciale, ethnique ou religieuse, de même que toute propagande régionaliste pouvant porter atteinte à la sécurité intérieure de l’État ou à l’intégrité du territoire de la République sont punis par la loi. Art. 8 1. La République du Sénégal garantit à tous les citoyens les libertés individuelles fondamentales, les droits économiques et sociaux ainsi que les droits collectifs. Ces libertés et droits sont notamment: – les libertés civiles et politiques: liberté d’opinion, liberté d’expression, liberté de la presse, liberté d’association, liberté de réunion, liberté de déplacement, liberté de manifestation, – les libertés culturelles, – les libertés religieuses, – les libertés philosophiques, […] 2. Ces libertés et ces droits s’exercent dans les conditions prévues par la loi. Art. 24 1. La liberté de conscience, les libertés et les pratiques religieuses ou cultuelles, la profession d’éducateur religieux sont garanties à tous sous réserve de l’ordre public. 2. Les institutions et les communautés religieuses ont le droit de se développer sans entrave. Elles sont dégagées de la tutelle de l’État. Elles règlent et administrent leurs affaires d’une manière autonome.
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Art. 37 1. Le président de la République est installé dans ses fonctions après avoir prêté serment devant le Conseil constitutionnel en séance publique. 2. Le serment est prêté dans les termes suivants: «Devant Dieu et devant la Nation sénégalaise, je jure de remplir fidèlement la charge de président de la République du Sénégal, d’observer comme de faire observer scrupuleusement les dispositions de la Constitution et des lois, de consacrer toutes mes forces à défendre les institutions constitutionnelles, l’intégrité du territoire et l’indépendance nationale, de ne ménager enfin aucun effort pour la réalisation de l’unité africaine.» sudan. costituzione ad interim,
9 luglio 2005 (estratto)
preamble
We the people of the Sudan Grateful to Almighty God who has bestowed upon us the wisdom and will to reach a Comprehensive Peace Agreement that has definitively put an end to the longest running conflict in Africa, Having survived the tragic consequences that have characterized that debilitating conflict, Mindful of religious, racial, ethnic and cultural diversity in the Sudan, Committed to establish a decentralized multi-party democratic system of governance in which power shall be peacefully transferred and to uphold values of justice, equality, human dignity and equal rights and duties of men and women, Further committed to gearing governance, in the coming phase of our political advancement, towards the enhancement of economic development, promotion of social harmony, deepening of religious tolerance and building trust and confidence in the society generally, Art. 1 (Nature of the State) 1. The Republic of the Sudan is an independent, sovereign State. It is a democratic, decentralized, multi-cultural, multilingual, multi-racial, multi-ethnic, and multi-religious country where such diversities co-exist. 3. The Sudan is an all embracing homeland where religions and cultures are sources of strength, harmony and inspiration. Art. 4 (Fundamental Bases of the Constitution) 1. This Constitution is predicated upon and guided by the following principles: – […] b) religions, beliefs, traditions and customs are the source of moral strength and inspiration for the Sudanese people, Art. 5 (Sources of Legislation) 1. Nationally enacted legislation having effect only in respect of the Northern states of the Sudan shall have as its sources of legislation Islamic Sharia and the consensus of the people. 2. Nationally enacted legislation applicable to Southern Sudan or states of Southern Sudan shall have as its sources of legislation popular consensus, the values
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and the customs of the people of the Sudan, including their traditions and religious beliefs, having regard to Sudan’s diversity. 3. Where national legislation is currently in operation or is to be enacted and its source is religion or custom, then a state, and subject to Article 26 (1) (a) herein in the case of Southern Sudan, the majority of whose residents do not practice such religion or customs may:a) either introduce legislation so as to allow practices or establish institutions, in that state consistent with their religion or customs, or b) refer the law to the Council of States to be approved by a two-thirds majority of all the representatives or initiate national legislation which will provide for such necessary alternative institutions as may be appropriate. Art. 6 (Religious Rights) The State shall respect the religious rights to:a) worship or assemble in connection with any religion or belief and to establish and maintain places for these purposes, b) establish and maintain appropriate charitable or humanitarian institutions, c) acquire and possess movable and immovable property and make, acquire and use the necessary articles and materials related to the rites or customs of a religion or belief, d) write, issue and disseminate religious publications, e) teach religion or belief in places suitable for these purposes, f) solicit and receive voluntary financial and other contributions from individuals, private and public institutions, g) train, appoint, elect or designate by succession appropriate religious leaders called for by the requirements and standards of any religion or belief, h) observe days of rest, celebrate holidays and ceremonies in accordance with the precepts of religious beliefs, i) communicate with individuals and communities in matters of religion and belief at national and international levels. Art. 13 (Education, Science, Art, and Culture) 5. The State shall protect Sudan’s cultural heritage, monuments and places of national historic or religious importance, from destruction, desecration, unlawful removal or illegal export. Art. 16 (Morals and Public Integrity) 1. The State shall enact laws to protect the society from corruption delinquency and social evils and steer the society as a whole towards virtuous social values consistent with religions and cultures of the Sudan. Art. 20 (Fiscal Levies) 2. Zakat is a duty on Muslims; its collection, expenditure and administration shall be regulated in the Northern states by law.
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Art. 23 (Duties of the Citizen) 2. In particular every citizen shall: […] b) abhor violence, promote harmony, fraternity and tolerance among all people of the Sudan in order to transcend religious, regional, linguistic, and sectarian divisions, Art. 31 (Equality before the Law) All persons are equal before the law and are entitled without discrimination, as to race, colour, sex, language, religious creed, political opinion, or ethnic origin, to the equal protection of the law. Art. 32 (Rights of Women and Children) 1. The State shall guarantee equal right of men and women to the enjoyment of all civil, political, social, cultural and economic rights, including the right to equal pay for equal work and other related benefits. 2. The State shall promote woman rights through affirmative action. 3. The State shall combat harmful customs and traditions which undermine the dignity and the status of women. Art. 38 (Freedom of Creed and Worship) Every person shall have the right to the freedom of religious creed and worship, and to declare his/her religion or creed and manifest the same, by way of worship, education, practice or performance of rites or ceremonies, subject to requirements of law and public order; no person shall be coerced to adopt such faith, that he/ she does not believe in, nor to practice rites or services to which he/she does not voluntarily consent. Art. 39 (Freedom of Expression and Media) 3. All media shall abide by professional ethics, shall refrain from inciting religious, ethnic, racial or cultural hatred and shall not agitate for violence or war. Art. 40 (Freedom of Assembly and Association) 3. No association shall function as a political party at national, Southern Sudan or state level unless it has:a) its membership open to any Sudanese irrespective of religion, ethnic origin or place of birth, […] Art. 44 (Right to Education) 1. Education is a right for every citizen and the State shall provide access to education without discrimination as to religion, race, ethnicity, gender or disability. Art. 47 (Ethnic and Cultural Communities) Ethnic and cultural communities shall have the right to freely enjoy and develop their particular cultures; members of such communities shall have the right to practice their beliefs, use their languages, observe their religions and raise their children within the framework of their respective cultures and customs.
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Art. 56 (Oath of the President) To assume office, the President of the Republic elect shall take the following oath before the National Legislature:“ I……….………….swear by Almighty God, that as the President of the Republic of the Sudan, I shall be faithful and bear true allegiance to the Republic of the Sudan and shall diligently and honestly discharge my duties and responsibilities in a consultative manner to foster the welfare and development of the nation; that I shall obey, preserve and defend the Constitution and abide by the laws of the Republic; and shall protect the sovereignty of the country, promote its unity, consolidate the democratic decentralized system of government and preserve the integrity and dignity of the people of the Sudan; and God is my witness ”. Art. 71 (Oath of the National Minister) The national minister shall, upon his/her appointment, assume the functions of his/her office by taking the following oath before the President of the Republic:“I ………..………… having been appointed a national minister, do hereby swear by Almighty God that I will at all times be faithful to the Republic of the Sudan; that I will obey, respect, and uphold the Constitution and abide by all laws of the country, loyally defend its independence, promote its unity and the democratic decentralized system of government established by the Constitution, and to faithfully serve the people and the country to the best of my ability; and God is my witness”. Art. 82 (Duties of the Government of National Unity) The Government of National Unity shall undertake the following duties: – […] b) establishment of a decentralized democratic system of governance taking into account the cultural, ethnic, racial, religious, and linguistic diversity and gender equality, Art. 89 (Oath of Member of National Legislature) To assume his/her functions, every member of the National Legislature shall take the following oath before the appropriate Chamber: “I…….......….....having been elected as Member of the National Assembly / Representative at the Council of States, do hereby swear by Almighty God that I will bear faith and allegiance to the Republic of the Sudan and its people; that I will obey and, respect the Constitution of the country and abide by the law; and that I will faithfully and conscientiously discharge my duties as a member of the National Legislature and serve the people to the best of my ability; and God is my witness”. […] Art. 136 (Guidelines for Inclusiveness in the National Civil Service) The National Civil Service, notably at the senior and middle levels, shall be representative of the people of the Sudan; to ensure this, the following principles and guidelines shall be recognized and observed: – […]
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c) no level of government shall discriminate against any qualified Sudanese citizen on the basis of religion, ethnicity, region or gender, […] Art. 154 (Respect for Human Rights in the National Capital) Human rights and fundamental freedoms as specified in this Constitution, including respect for all religions, beliefs and customs, being of particular significance in the National Capital, which symbolizes national unity, shall be guaranteed and enforced in the National Capital. Art. 155 (Law Enforcement Agencies in the National Capital) Law enforcement agencies of the National Capital shall be representative of the population of the Sudan and shall be adequately trained and made sensitive to the cultural, religious and social diversity in the Sudan. Art. 156 (Dispensing Justice in the National Capital) Without prejudice to the competence of any national institution to promulgate laws, judges and law enforcement agencies shall, in dispensing justice and enforcing law in the National Capital, be guided by the following:a) tolerance shall be on the basis of peaceful coexistence between the Sudanese people of different cultures, religions and traditions, b) behaviour based on cultural practices and traditions, which does not disturb public order, is not disdainful of other traditions and not in violation of the law, shall be deemed in the eyes of the law as an exercise of personal freedoms, […] d) the judicial discretion of courts to impose penalties on non-Muslims shall observe the long-established Sharia principle that non-Muslims are not subject to prescribed penalties and therefore remitted penalties shall apply according to law, […]. Art. 157 (The Non-Muslim Rights Special Commission) 1. The Presidency shall establish in the National Capital a special commission for the rights of Non-Muslims which shall have the following functions:a) to ensure that the rights of Non-Muslims are protected in accordance with the general principles provided for under Articles 154 and 156 of this Constitution, b) ensure that Non-Muslims are not adversely affected by the application of the Sharia law in the National Capital. 2. The special commission shall submit its observations and recommendations to the Presidency. Art. 165 (Southern Sudan Council of Minister) 1. There shall be established a Southern Sudan Council of Ministers to be appointed by the President of Government of Southern Sudan, in consultation with the Vice President and approved by Southern Sudan Assembly. The Government of Southern Sudan shall be established with due regard to the need for inclusiveness in recognition of ethnic, religious diversity and gender. Art. 185 (Guiding Principles for Equitable Sharing of Resources and Common Wealth) 1. Resources and common wealth of the Sudan shall be shared equitably to enable each level of government to discharge its legal and constitutional responsibilities
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and duties and to ensure that the quality of life, dignity and living conditions of all citizens are promoted without discrimination on grounds of gender, race, religion, political affiliation, ethnicity, language or region. Art. 201 (The Dual Banking System) 2. A dual banking system shall be established, and shall consist of an Islamic banking system that shall operate in Northern Sudan and a conventional banking system to operate in southern Sudan. Art. 202 (Restructuring and Management of the Central Bank of Sudan) 1. The Central Bank of Sudan shall be restructured so as to reflect the duality of the banking system in the Sudan. The Central Bank of Sudan shall use and develop two sets of banking instruments, one Islamic and the other Conventional, to regulate and supervise the implementation of a single monetary policy through:a) an Islamic financing window in Northern Sudan under a Deputy Governor of the Central Bank of Sudan using Islamic financing instruments to implement the national monetary policy in Northern Sudan, and b) the Bank of Southern Sudan, headed by a Deputy Governor of the Central Bank of Sudan, to manage the conventional window using conventional financing instruments in implementing the same national monetary policy in southern Sudan. 8. All financial institutions shall be subject to internationally recognized regulatory and prudential standards for Islamic and conventional finance, as set by the Central Bank of Sudan. Art. 211 (Powers of the President in the State of Emergency) The President of the Republic, with the consent of the First Vice President, may during the state of emergency take, by virtue of law or exceptional order, any measures that shall not derogate from the provisions of this Constitution and the Comprehensive Peace Agreement except as may be provided herein:a) to suspend part of the Bill of Rights. However, there shall be no infringement on the right to life, sanctity from slavery, sanctity from torture, the right of non-discrimination on the basis of race, sex, religious creed, the right in litigation or the right to fair trial, […] schedule C – powers of states The exclusive executive and legislative powers of a state of the Sudan shall be as follows: – […] 10. Regulation of religious matters; […]
sudan del sud. costituzione transitoria,
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preamble
We, the People of South Sudan, Grateful to the Almighty God for giving the people of South Sudan the wisdom and courage to determine their destiny and future through a free, transparent and 91 Il testo integrale è pubblicato nel sito dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, alla pagina http://www.unhcr.org/refworld/docid/4e269a3e2.html.
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peaceful referendum in accordance with the provisions of the Comprehensive Peace Agreement, 2005; […] Art. 1 (The Republic of South Sudan and its Territory) 4. South Sudan is governed on the basis of a decentralized democratic system and is an all embracing homeland for its people. It is a multi-ethnic, multi-cultural, multi-lingual, multi-religious and multi-racial entity where such diversities peacefully co-exist. Art. 8 (Religion) 1. Religion and State shall be separate. 2. All religions shall be treated equally and religion or religious beliefs shall not be used for divisive purposes. Art. 14 (Equality before the Law) All persons are equal before the law and are entitled to the equal protection of the law without discrimination as to race, ethnic origin, colour, sex, language, religious creed, political opinion, birth, locality or social status. Art. 23 (Religious Rights) The following religious rights are guaranteed by this Constitution: a) the right to worship or assemble in connection with any religion or belief and to establish and maintain places for these purposes; b) the right to establish and maintain appropriate faith-based, charitable or humanitarian institutions; c) the right to acquire, possess and own movable and/or immovable property and make, acquire and use the necessary articles and materials related to the rites or customs of religion or belief; d) the right to write, issue and disseminate religious publications; e) the right to teach religion or beliefs in places suitable for these purposes; f) the right to solicit and receive voluntary financial and other contributions from individuals, private and public institutions; g) the right to train, appoint, elect or designate by succession appropriate religious leaders called for by the requirements and standards of any religion or belief; h) the right to observe days of rest, celebrate holidays and ceremonies in accordance with the precepts of religious beliefs; and i) the right to communicate with individuals and communities in matters of religion and beliefs at national and international levels. Art. 25 (Freedom of Assembly and Association) 3. No association shall function as a political party at the National or state level unless it has: a) its membership open to any South Sudanese irrespective of religion, gender, ethnic origin or place of birth; […] Art. 29 (Right to Education) 1. Education is a right for every citizen and all levels of government shall provi-
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de access to education without discrimination as to religion, race, ethnicity, health status including HIV/AIDS, gender or disability. Art. 33 (Rights of Ethnic and Cultural Communities) Ethnic and cultural communities shall have the right to freely enjoy and develop their particular cultures. Members of such communities shall have the right to practice their beliefs, use their languages, observe their religions and raise their children within the context of their respective cultures and customs in accordance with this Constitution and the law. Art. 38 (Education, Science, Art, and Culture) 1. All levels of government shall: d) recognize cultural diversity and encourage such diverse cultures to harmoniously flourish and find expression through education and the media; e) protect cultural heritage, monuments and places of national, historic or religious importance from destruction, desecration, unlawful removal or illegal export; […] Art. 46 (Duties of the Citizen) 2. Every citizen shall in particular: […] b) promote peace, harmony, unity, fraternity and tolerance among all people of South Sudan in order to transcend ethnic, religious, geographical and political divisions; […] Art. 65 (Oath of a Member of the National Legislature) To assume his or her functions, every member of the National Legislative Assembly or the Council of States shall take the following oath before the appropriate House: “I…….......…....., as a Member of the National Legislative Assembly/Council of States, do hereby swear by Almighty God /solemnly affirm/ that I will bear true faith and allegiance to the Republic of South Sudan and its people; that I will obey and respect the Constitution and abide by the law; and that I will faithfully and conscientiously discharge my duties and responsibilities as a member of the National Legislative Assembly/Council of States and serve the people of the Republic of South Sudan to the best of my ability, so help me God/ God is my witness.” Art. 99 (Oath of the President) The President of the Republic of South Sudan shall, before assuming office, take the following oath before the public: “I……….…………., do hereby swear by the Almighty God /solemnly affirm, that as the President of the Republic of South Sudan, I shall be faithful and bear true allegiance to the Republic of South Sudan and shall diligently and honestly discharge my duties and responsibilities in a consultative manner to foster the development and welfare of the people of South Sudan; that I shall obey, preserve and defend the Constitution and abide by the law; and that I shall protect and promote the unity of the people of South Sudan and consolidate the democratic decentralized system of government and preserve the integrity and dignity of the people of South Sudan; so help me God/ God is my witness.”
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Art. 107 (Presidential Advisors) 2. To assume office, a Presidential Advisor shall, before the President, take the following oath: “I……….…………., do hereby swear by the Almighty God /solemnly affirm/, that as a Presidential Advisor, I shall be faithful and bear true faith and allegiance to South Sudan and shall diligently and honestly discharge my duties and responsibilities and strive to foster the development and welfare of its people; that I shall obey, preserve and defend the Constitution and abide by the law; and that I shall protect and promote the unity of the people of South Sudan and consolidate the democratic decentralized system of government and preserve the integrity and dignity of the people of South Sudan; so help me God/ God is my witness.” Art. 122 (The Judicial Power) 5. In adjudicating cases of both civil and criminal nature, the courts shall, subject to the law, apply, inter alia, the following principles: a) justice shall be done to all irrespective of their social, political or economic status, gender, religion or beliefs; […] Art. 139 (Basic Values and Guidelines for Civil Service) 1. The Civil Service shall be governed by, inter alia, the following values and principles: […] d) services shall be provided to all persons impartially, fairly, equitably and without bias or discrimination on the basis of religion, ethnicity, region, gender, health status or physical disability; […]. Art. 169 (Guiding Principles for Development and Equitable Sharing of National Wealth) 6. National wealth and other resources shall be allocated in a manner that will enable each level of government to discharge its legal and constitutional responsibilities and duties and ensure that the quality of life and dignity of all the people are promoted without discrimination on grounds of gender, religion, political affiliation, ethnicity, language or locality. Art. 190 (Powers of the President in a State of Emergency) During a state of emergency, the President may, by law or orders, take any measures that shall not derogate from the provisions of this Constitution except as provided herein: a) to suspend part of the Bill of Rights; however, there shall be no infringement on the right to life, prohibition against slaveryEqio, prohibition against torture, the right of non-discrimination on the basis of race, sex, religious creed, the right to litigation or the right to fair trial; […]. schedule b – powers of states The exclusive executive and legislative powers of a state shall be as follows: […] 9. Regulation of religious matters; […]
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swaziland. costituzione,
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8 febbraio 2006 (estratto)
preamble
Whereas We the People of the Kingdom of Swaziland do hereby undertake in humble submission to Almighty God to start afresh under a new framework of constitutional dispensation; […] Art. 14 (Fundamental Rights and Freedoms of the Individual) 3. A person of whatever gender, race, place of origin, political opinion, colour, religion, creed, age or disability shall be entitled to the fundamental rights and freedoms of the individual contained in this Chapter but subject to respect for the rights and freedoms of others and for the public interest. Art. 20 (Equality before the Law) 1. All persons are equal before and under the law in all spheres of political, economic, social and cultural life and in every other respect and shall enjoy equal protection of the law. 2. For the avoidance of any doubt, a person shall not be discriminated against on the grounds of gender, race, colour, ethnic origin, tribe, birth, creed or religion, or social or economic standing, political opinion, age or disability. 3. For the purposes of this section, “discriminate” means to give different treatment to different persons attributable only or mainly to their respective descriptions by gender, race, colour, ethnic origin, birth, tribe, creed or religion, or social or economic standing, political opinion, age or disability. 4. Subject to the provisions of subsection (5) Parliament shall not be competent to enact a law that is discriminatory either of itself or in its effect. Art. 23 (Protection of Freedom of Conscience or Religion) 1. A person has a right to freedom of thought, conscience or religion. 2.Except with the free consent of that person, a person shall not be hindered in the enjoyment of the freedom of conscience, and for the purposes of this section freedom of conscience includes freedom of thought and of religion, freedom to change religion or belief, and freedom of worship either alone or in community with others. 3. A religious community is entitled to establish and maintain places of education and to manage any place of education which that community wholly maintains, and that community may not be prevented from providing religious instruction for persons of that community in the course of any education provided at any place of education which that community wholly maintains or in the course of any education which that community otherwise provides. 4. Nothing contained in or done under the authority of any law shall be held to be inconsistent with or in contravention of this section to the extent that the law in question makes provision a) that is reasonably required in the interest of defence, public safety, public order, public morality or public health; or b) that is reasonably required for the purpose of protecting the rights and freedoms of other persons, including the right to observe and practise any religion or belief without the unsolicited intervention of members of any other religion or belief.
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second schedule – oaths Sections 45(4), 73, 90(9), 128(1),143, 178 and 231(6) (Oath or affirmation of allegiance) I, ……………………………….. do swear (or solemnly affirm) that I will be faithful and bear true allegiance to King ……………………………, his heirs and successors, according to law. So help me God. (To be omitted in affirmation.)
(Oath or Affirmation for due execution of office) I……………………………………. do swear (or solemnly affirm) that I will well and truly serve King ……………………………….., his heirs and successors, in the office of (here insert the description of the office). So help me God. (To be omitted in Affirmation)
(Judicial oath or Affirmation) I……………………………………… do swear (or solemnly affirm) that I will well and truly serve King……………………………, his heirs and successors, in the office of (here insert the description of the judicial office) and I will do right to all manner of people according to the law without fear or favour, affection or ill will. So help me God. (To be omitted in Affirmation)