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DECEMBER 09
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CHINA GRANITE PROJECT
LUCA SPAGNOLO
MOUNT FEAR
LUCA SPAGNOLO
LOVESEAT
ROBERTO MARONE
JUGAAD
LUCA SPAGNOLO
LA ASCENSION
ROBERTO MARONE
ERIKA HOCK
LUCA SPAGNOLO
TURRIS EBURNEA
ROBERTO MARONE
DAVI BYRNE - ROBOT
ROBERTO MARONE
JUGAAD
LUCA SPAGNOLO
VANESSA BEECROFT ANIMALISTA
ROBERTO MARONE
FLAT TABLES
LUCA SPAGNOLO
in copertina: FLAT TABLE
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CHINA GRANITE PROJECT LUCA SPAGNOLO Si è appena conclusa a Londra, presso la Johnson Trading Gallery, una personale sull'ultimo lavoro di Max Lamb, The China Granite Project. Il granito cinese una volta tagliato, presenta delle superfici splendenti e incredibilmente lisce quasi come fossero coperte da un leggero strato di olio, tutto questo in contrasto con la superficie esterna della pietra, molto più dura e grezza. Per questo lavoro Lamb si è recato in Cina, a Chengnanzhuang per collaborare sul posto con la An Li Stone Company.
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MOUNT FEAR LUCA SPAGNOLO
Queste maquette di montagne in scala ridotta dal titolo Mount Fear, sono generate basandosi sui dati relativi alla frequenza e alla posizione dei crimini nelle cittĂ di riferimento: Londra, Manchester e Eindhoven, luoghi tra i quali opera l'artista Abigail Reynolds. I dati sono precisi e direttamente forniti dalla polizia e vanno a
incidere sull'altezza di ogni montagna. Questo il principio base comune alla realizzazione di ogni modello. Il risultato sono una serie di catene montuose dal carattere si immaginario, ma in netto contrasto con la realtĂ nuda e cruda della situazione dei crimini nell' ambito urbano.
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LOVESEAT ROBERTO MARONE Sedie abbracciate, innamorate, che chiacchierano, sedie a cena, sedie in effusioni, sedie lontane e/o unite. Sedie come personaggi animati in un disney vecchio stampo in cui tutto, dal topo al papero al ferro da stiro, esiste perchè umano. Possibilmente con un pò di poesia leggera, mai retorica.
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JUGAAD LUCA SPAGNOLO
Jugaad è un termine hindi che significa raggiungere un obiettivo con le sole risorse e i mezzi che si hanno a propria disposizione; da qui il nome e il processo costruttivo del Padiglione di Sanjeev Shankar, a Rajokri periferia di Nuova Delhi. Niente outsourcing, ma 90 persone dello stesso
villaggio che prendono 945 vecchie latte di olio, le puliscono, le bucano, le piegano, le colorano e le assemblano come fossero moduli, per creare una copertura sospesa a mezz'aria con dei cavi, di quelli che si usano per tirare su l'acqua dai pozzi. In tre mesi di collaborazione,
dove nulla, nessun processo viene tenuto nascosto, è li sotto gli occhi di tutti, tutti coinvolti per lo stesso scopo, tra continui contatti umani, condividendo fatica, risate e la soddisfazione dell'obiettivo raggiunto insieme.
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Il fascino del fungo Sulla sinistra 122 leadenhall street, disegnata da Completata nel 1969 Sulla destra La torre Velasca, disegnata dai BB
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da Gollins Melvin Ward Partnership.
BPR, ultimata nel 1958.
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LA ASCENSION ROBERTO MARONE Il titolo è bellissimo: la ascensiòn. Un po' perchè lo spagnolo è bellissimo e un po' perchè è una meraviglia di sarcasmo beffardo. Come tutta l'opera del resto, anche perchè, a parte le credenze spirituali, le ascensioni di noi terreni sono sempre così, con ricaduta finale!
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ERIKA HOCK LUCA SPAGNOLO Erika Hock, giovane artista tedesca, ha presentato lo scorso anno presso l'Accademia d'arte di Dusseldorf questo lavoro dal titolo Weil ich es sage (perchè lo dico, se il mio tedesco non mi inganna). Un lavoro molto duro come i materiali sui quali opera, i muri e la loro struttura, che in questo caso vengono esposti in tutta la loro ridicola fragilità . Basta una cinghia a cricchetto per danneggiare la geometria pulita delle pareti in muratura.
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TURRIS EBURNEA ROBERTO MARONE
Pasquale Di Donato, da che lo conosco, gioca sui contrari. Capovolge, ruota, inverte, ribalta e cappotta. E così, nella sua prima mostra, mette degli sponcini sui vetri della torre più panoramica della città. Lì dove vedi tutto, spii (e sei spiato). Lì dove non c'è nulla da nascondere, lì dove non c'è altro, non c'è segreto, ti costringe a inquadrare il già visto. Il conscio diventa inconscio, nella distorsione focale vitrea di un puntino in mezzo al niente.
Quasi come se Milano, Milano tutta, si riversasse per un attimo nel buco distorto di una visione segreta, recondità. Il fuori dipanato diventa socchiuso interno. E interiòr.
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DAVID BYRNE - ROBOT ROBERTO MARONE
In effetti è una cosa che è accaduta un anno fa, questa mostra sul rapporto uomo macchina. Non è un tema particolarmente originale ma i temi contano poco, vale sempre di più il come, altrimenti si sarebbe smesso di parlare d'amore subito dopo Catullo. In questa mostra c'era questa opera di David Byrne, che sempre ha una mano sull'arte, sulla fotografia eccetera. E lui si è messo in questo autoritratto alienante,
inquietante e onirico. Buffo e stupido. Dove lui canta, con la sua voce, dentro questa faccia di gomma vecchia e pseudoanimata. Un cartoon vero e virtuale se ne sta lì e guarda il pubblico; ogni tanto fa il timido, l'introverso, il piacione e il brillante, ogni tanto alza gli occhi in alto, come ogni cantante che si rispetti . David Byrne dice che ha un anima ma forse ha semplicemente, dietro, un'idea viva.
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IVAN PUIG LUCA SPAGNOLO
Ivan Puig vuole creare altre forme possibili, e per esempio, lascia un bellissimo segno pittorico su un asfalto anonimo in mezzo al nulla in maniera n
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non convenzionale. "Km. 7" opera del 2002.
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FLAT TABLES LUCA SPAGNOLO Jo Nagasaka architetto, e Shuhei Nakamura pittore, hanno collaborato alla progettazione dei Flat Tables. Il loro obiettivo è rendere piatta qualsiasi superficie, il che è un' impresa titanica, visto e considerato che la terra è sferica (come ho letto da qualche parte). Per ora si sono limitati a rendere piatte le superfici di alcuni tavoli antichi, la cui superficie è stata resta perfettamente liscia attraverso
l'uso di resine epossidiche. Laddove le fenditure del legno sono più profonde e si accumula più resina, il colore diventa più scuro, creando su tutto il piano casuali effetti chiaroscurali.
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VANESSA BEECROFT ANIMALISTA ROBERTO MARONE
Non che il mondo dell'arte non sia pieno di esempi, cose, modi, espressioni, che hanno a che fare con la vita reale e quotidiana, ma certe volte le somiglianze hanno dei tratti esemplari e sintomatici. In questo caso, per dire, sono due performance cercate e volute, non un pezzo di vita reale tramutato in arte. Però una è una manifestazione di protesta animalista, e l'altra una permormance fotografata dalla strafamosa Beecroft durante (addirittura) la biennale
di due anni fa. Nel cuore del tempio dell'arte contemporanea una rinomata artista crea un set simile, se non identico, a una manifestazione politica. Dove le foto, persino le foto, il modo di fare le foto, l'inquadratura delle foto, è uguale. Il luogo, l'evento, la potenza mediatica, il sangue, il nudismo, i corpi, le posture, il fondo, la luce, i colori: tutto è meravigliosamente identico. Non so se si possa trarre una lezione, o una morale, ne il classico "dove siamo finiti"; di
certo c'è qualcosa di serio su cui riflettere che va oltre il mero esempio e che più in generale sottende un problema di comunicazione, di metodi, e di pubblico nel campo delle possibilità espressive. . C'è da pensare: che qualcuno più intelligente di me lo faccia, è urgente.
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