MAGAZINE
JUNE 09
3
GIUGNO 09
IN THIS NUMBER MAGAZINE JUNE 09
in copertina: Paolo Ulian
4 14 16 20 25 29 30 34 36 41 42 44 50 52
PAOLO ULIAN - INTERVIEW ALOIS CLEMENTI
LUCA SPAGNOLO
BARBER E OSGERBY FOR VENINI
LUCA SPAGNOLO
PRADA TRANSORMER
ROBERTO MARONE
IN MEMORY OF THE EMPIRE
SAVERIO PESAPANE
LA FORMA DEL TEMPO
SANJA PUPOVAC
KG360
ALE GNOCCHI
FLAX PROJECT
ROBERTO MARONE
DEKOCHARI
LUCA SPAGNOLO
1899 Horsey Horseless EXCLUSIVE DESIGN BY RENATO BRUNETTA
GAETANO ALTERI
DISMETTIAMOLA
LUCA SPAGNOLO
WASTE BIN - by Grace Youngeun Lee
ROBERTO MARONE
BOUQUET IV
LUCA SPAGNOLO
in copertina: Paolo Ulian
4
JUNE 09
PAOLO ULIAN - INTERVIEW In occasione della mostra antologica sul lavoro di Paolo Ulian, Pata lo ha intervistato cercando di ripercorrere e capire il suo lavoro e il suo universo. Cominciamo con una domanda facile facile: questa mostra, ora che hai 48 anni, segna un po' un punto della tua carriera oltre che un bilancio. A parte gli ovvi complimenti (veri), c'è
qualcosa che avresti voluto fare e che ti riserbi per i prossimi anni? E' da diversi anni, forse addirittura sin dagli esordi, che sento l'esigenza di dare più spazio ad una mia attività artigianale in cui ritrovare la soddisfazione di gestire la creazione degli oggetti, dalla loro ideazione alla realizzazione fisica, con i tempi e con le modalità che mi sono propri. Non ho mai lavorato molto per la produ-
zione industriale, ma in quei casi ho sempre sofferto le mille difficoltà, a volte veramente inspiegabili, che si creano per arrivare a un risultato concreto. Il pensare con le mani invece é una condizione che mi appartiene da sempre, che mi entusiasma e che mi fa stare bene. Spero proprio di riuscirci presto. Spesso il tuo approccio parte dal ripensamento e
dall'accorgimento verso alcuni comportamenti: facendo un passaggio oltre l'osservazione ne suggerisci delle alternative, delle varianti. Cerchi di completare dei comportamenti quotidiani ai quali ci siamo abituati. Questo che avete sottolineato è l'aspetto che più mi interessa nel progetto. Nel corso degli anni ne ho realizzati diversi che sono delle ironiche interpretazioni
5
GIUGNO 09 dei gesti che tutti noi, più o meno consapevolmente, compiamo nella quotidianità, ma ne ho realizzati anche altri che ci lasciano dei messaggi più importanti, che ci suggeriscono nuovi atteggiamenti socialmente più responsabili. Il cuore del progetto per me è sempre nel suo significato, nel messaggio che porta con sé. Un esempio? Quando parlo di questo argomento mi piace sempre citare la ciotola in terracotta che ho realizzato un paio di anni fa, si chiama Una seconda vita. Mi piace perché il progetto prevede in anticipo la forma dei cocci in modo da poterli riutilizzare per altre funzioni. La forma di questa ciotola è assolutamente ordinaria ma se incidentalmente si rompe, forse, ci può insegnare qualcosa, magari a osservare con più attenzione le cose che ci circondano, a non liberarcene con troppa facilità, a non dare per scontato mai nulla. E' questa la logica progettuale che mi piace perseguire in questo momento. Soprattutto visto il suo carattere notoriamente non facile, il suo peso specifico, il suo metodo, com'era il tuo rapporto con Enzo Mari? Ho conosciuto Mari ai tempi dell'Isia, alla fine degli anni ottanta, teneva il 4° corso di progettazione. Ho sempre avuto una forte attrazione per il suo percorso progettuale così radicale e libero, così vero. Al tempo stesso
però ho sempre avuto anche un certo timore reverenziale nei confronti della sua persona, timore che si è un po' limato nel periodo che ho passato nel suo studio una volta diplomato. Lì ho vissuto dei momenti indimenticabili spesso difficili, ma che però mi hanno rivelato anche la sua umanità, il suo lato tenero, che superficialmente non traspare. E' venuto a vedere la mostra? Alla mia mostra, la prima persona che avrei voluto invitare era proprio lui, ma poi non l'ho fatto, forse per un eccesso di timidezza. Ciò nonostante, il giorno dopo l'inaugurazione, verso le otto di sera, stavamo per chiudere ed è arrivato lui. Temevo il suo giudizio severo, la sua tirata d'orecchie, ma poi ha passato due ore ad analizzare ogni singolo progetto e a darmi preziosi suggerimenti con un affetto che definirei quasi paterno. Questo è stato il più bel regalo che Mari poteva farmi. Mentre la forma segue una funzione, il colore, se non in alcuni casi, è la risultante di una scelta arbitraria, fatta più con la pancia che con la testa. I tuoi lavori, tranne alcuni, hanno il colore del materiale usato. Come ti rapporti con il colore? Nei limiti del possibile preferisco che sia il materiale a parlare, non mi piace forzare la naturalità delle cose. Se nelle persone apprezzo la semplicità e la sponta-
JUNE 09
6
7
GIUGNO 09
neità, dall'altro lato mi infastidisce la falsa apparenza , anche con i materiali ho lo stesso approccio. Diciamo che amo la sincerità di espressione in qualsiasi aspetto della vita. Ma alcuni tuoi lavori, pochi, sono invece colorati... Quando mi capita di dover per forza scegliere i colori, devo sempre trovare una motivazione che giustifichi la loro scelta. Anche il colore è portatore di significati e può avere un ruolo fondamentale nel comunicare un certo tipo di emozioni e di messaggi. Gran parte del design cosiddetto di qualità (inattacabile, preciso, corretto...) cerca di dare alla forma un senso, di farla scaturire da altre cose, di giustificarla. Ma la forma non è anche la "faccia" di un oggetto?
La sua capacità espressiva? Non si sta attraversando una fase forse un pò troppo anoressica e insapore? Non saprei, di sicuro so che ogni periodo storico si traduce inevitabilmente in un linguaggio espressivo comune. Quello che vediamo in giro per il Salone piuttosto che nelle gallerie o nei progetti dei giovani studenti di design, rappresenta il sentore che c'è nell'aria, una sorta di reazione all'orgia di iperproduttività che abbiamo vissuto e anche subìto in questi ultimi anni . Probabilmente questa sensazione condivisa, ha veicolato le scelte espressive in una certa direzione più spartana, più semplicistica. Il troppo perfezionismo tecnologico di cui siamo circondati ha prodotto dei bisogni contrari, di nonperfezionismo, penso al lavoro di Peter Marigold, di Maarten Baas o di Martino
Gamper, che hanno saputo interpretare bene queste sensazioni traducendosi di fatto in una sorta di termometri della nostra attuale condizione sociale. Cosa ne pensi di questo ormai imperante approccio artigianale al design? Dopo la grande stagione iniziata dagli italiani con Memphis e Alchimia adesso sembra che questo metodo sia più diffuso all'estero che da noi. Possiamo definirlo un vanto o una stranezza? Secondo me si tratta di una necessità sociale, questa ondata di ritorno ai valori della manualità credo che non vada paragonata alle esperienze artistiche degli anni ottanta che nascono da altri presupposti e con obiettivi diversi. Oggi siamo arrivati a un tale distacco tra le reali necessità dell'uomo e il suo stile di vita così artifi-
cioso, che viene spontaneo cercare delle vie di fuga, riprendere possesso di ciò che ogni uomo sente istintivamente. Gli equilibri sono saltati, si parcellizza tutto, passiamo otto ore seduti davanti a un computer per poi andare in palestra a correre su un freddo nastro automatico, mentre basterebbe una diversa organizzazione del lavoro per riequlibrare, almeno in parte, queste aberrazioni. "Stop recycling, start repairing" è lo slogan del Ripair Manifesto presentato durante il Salone dal portale Platform21. nl. Creare prodotti che durano più a lungo e facili da riparare in caso di rottura. Cosa ne pensi di questo nuovo atteggiamento? È ipotizzabile in una società pigra e ormai abituata a disfarsi di ogni cosa in breve tempo?
8
JUNE 09
Non è solo ipotizzabile, é diventata una necessità, un'urgente necessità. Finalmente c'è una maggiore consapevolezza collettiva delle falle e delle contraddizioni che caratterizzano il modello di mercato occidentale. Ci siamo illusi per anni che era giusto così, che bastava riciclare le enormi quantità di merce che siamo costretti a eliminare quotidianamente per essere a posto con la nostra coscienza, ma non è questo il punto. Gli imballi delle merci non andrebbero riciclati, è molto più facile evitare la loro produzione e organizzare il mercato in funzione di questo. Gli oggetti vanno ripensati in modo da prevedere la loro riparazione in caso di rottura. Non ha alcun senso gettare in discarica un frigorifero di tre anni di vita solo
perché è più conveniente acquistarne uno nuovo piuttosto che affrontare la sua riparazione (mi è successo questa mattina e sono ancora allibito). Soprattutto in questo periodo di crisi. Già, questo periodo di crisi penso che abbia positivamente accelerato questa presa di coscienza, anche se credo che oggi i tempi non siano ancora maturi per il cittadino medio incapace di accogliere delle riforme radicali che possano riportare gli squilibri a livelli più accettabili dalla sensibilità e dall' intelligenza collettiva. Qualche consiglio, in chiusura, per Pata ... Siete così bravi che dovrei chiedere io qualche consiglio a voi!
GIUGNO 09
9
10
JUNE 09 In the occasion of the anthological exhibition of Paolo Ulian’s work, Pata interviewed him, trying to retrace and understand his work and his universe.
Let’s start with a really easy question: this exhibition, now that you’re 48 years old, marks a point in your career beyond simply taking stock of things.
Apart from the obvious (true) compliments, is there anything that you would like to have done or that you’re reserving for future years? For several years, maybe since the beginning, I’ve felt the need to designate more space to one of my artisan activities. I gain satisfaction from managing the creation of objects, from their conception to their physical realisation, in my own
time and in my own way. I’ve never done much work in industrial production, but in those cases I’ve always endured thousands of difficulties, sometimes absolutely unexplainable – but they tend crop up before you reach a concrete result. However, thinking with my hands is something that has always been part of me; it fuels my enthusiasm and makes me feel good. I
really hope I can manage it soon. Your approach often starts with an afterthought or a certain sagacity regarding behaviour. Passing beyond observation you suggest alternatives and variants. You try to supplement daily behaviour which we’ve become accustomed to. You’ve emphasised the part of the project that interests me most. Over the years I’ve realised different
ones which are ironic interpretations of deeds that we all do (more or less consciously) on a daily basis. But I’ve also done others which carry important messages, putting forward new and more responsible social attitudes. For me, the heart of the project has always been the meaning, the message that it brings with it.
observe the things that surround us more carefully, to not throw things away so readily, to not take anything for granted. This is the design logic that I like following at the moment.
Considering above all his notoriously not so easy personality, his specific importance and his method, how was your relationship with Enzo Mari? I got to know Mari during our ISIA1 days in the late eighties. He was taking the fourth year design course. I’ve always been very attracted to the route he’s taken with his design work – so radical and free, so real. However, at the same time I’ve also always had a certain reverential fear regarding his person. This fear was chiselled away a bit during the time that I spent at his studio once I’d qualified. I experienced unforgettable and often difficult moments there. This did, however, reveal his humanity and softer side, which don’t shine through superficially.
An example? When I talk about this topic I always like to quote the terracotta bowl that I created a couple of years ago; it’s called A Second Life. I like it because the project anticipates the shape of the coconuts so that they can be used again for other purposes. The shape of this bowl is extremely ordinary, but if it gets broken accidentally maybe it can teach us something: perhaps to
Did he come to see the exhibition? He really was the first person that I’d like to have invited to my exhibition, but then I didn’t do it, maybe because I was excessively shy. In spite of this, on the opening day at about eight in the evening, we were about to close and he arrived. I was apprehensive about his harsh opinions,
GIUGNO 09 and about getting an earful, but then he spent two hours analysing every single project and giving me extremely valuable suggestions with an affection that I’d describe as fatherly. This was the best present that Mari could give me.
Whilst the shape has a purpose, the colour, at least in some cases, is the result of an arbitrary choice coming from the gut rather than the head. Your works, with some exceptions, are the colour of the material that is used. How do you relate to colour? As far as possible I prefer the material to do the talking; I don’t like to force the naturalness of things. In people I appreciate simplicity and spontaneity, so false appearances annoy me. I take the same approach to materials. Put it this way: I love sincerity of expression in any aspect of life.
Some of your works - a few – are, however, coloured… If it happens that I’m forced to choose colours, I always have to find a reason to justify the choice. Colour also carries meaning and can play a fundamental role in communicating certain types of emotions and messages. The majority of so-called quality designs (irreproachable, precise, correct…) try to give meaning to
11
JUNE 09 shape, to make it originate from other things, to justify it. But isn’t shape also the ‘face’ of an object or its capacity of expression? Are we not passing through a phase that’s perhaps a bit too anorexic or insipid? I’m not sure. I know for certain that every historical period can be translated into a common expressive language. What we see around the Salon, as opposed to in galleries or in young students’ design projects, represents a certain feeling in the air. It’s a sort of reaction to the orgy of hyper-production that we’ve experienced, or even suffered, in the last few years. This shared sensation has probably carried meaningful choices in a more spartanly and simplistic direction. The excess of technological perfectionism that we are surrounded by has produced a demand for nonperfectionism. Think about the work of Peter Marigold, Maarten Baas or Martin Gamper, who knew how to interpret these sensations well, actually translating them into a sort of thermometer for our current social condition.
What do you think about the now prevailing artisan approach to design? After the great season initiated by Italians with Memphis and Alchimia it now seems like this method is more common abroad than it is with us. Can we define it as something to boast about
12
13
GIUGNO 09 or as an oddity? In my opinion it’s about a social necessity. I don’t think this wave of returning to values of manual ability should be compared with the artistic experiences of the eighties which were born out of different conditions and objectives. Today we have arrived at so greater a detachment between man’s real needs and his extremely affected lifestyle that looking for ways of escape and repossessing what every man feels instinctively comes spontaneously. The balance is upset, everything is parcelled out. We spend eight hours sitting at a computer to then go to the gym and run on a cold conveyer belt, when we need only organise our work differently in order to (at least partly) rebalance these aberrations. “Stop recycling, start repairing” is the slogan of the Repair Manifesto, presented during the Salone dal portale Platform21.nl. It’s about creating products that last longer and that are easier to repair if they get broken. What do you think about this new attitude? Is it assumable in a lazy society that’s become used to ridding itself of things so soon after buying them? It’s not only assumable; it’s become a necessity - an urgent necessity. We’ve finally reached a high level of collective awareness regarding the cracks and the contradictions that characterise the model of the western market. We delu-
ded ourselves for years: thinking that things were right this way; thinking that for a clearer conscience all we had to do was to recycle the enormous quantities of goods that we were forced to throw away each day. But this isn’t the point. The packaging of goods shouldn’t have to be recycled; it’s much easier to avoid producing it and organise the market accordingly. We’ve got to design objects bearing in mind how they could be repaired if broken. It doesn’t make sense to dump a fridge that has seen only three years of usage, just because it’s cheaper to buy a new one than face repairing it (this happened to me this morning and I’m still appalled).
Especially in the current economic situation… Yes, that’s right. I think the credit crunch has helped increase awareness of the situation. Although I don’t think the time has come for the average citizen (who is incapable of accepting radical reforms) to restore the imbalances to acceptable levels through sensitivity and collective intelligence.
Have you got any concluding advice for Pata? You’re so good at what you do that I should be asking you for advice!
14
JUNE 09
ALOIS CLEMENTI LUCA SPAGNOLO Alois Clementi è un agricoltore di 82 anni, vive a Laives, un paesino vicino a Bolzano. Alois ha una passione fuori dall'ordinario, sia per il tema, sia per il luogo in cui si trova (montagne). Dal 1962 il signor Clementi costruisce navi da guerra in scala, tra 1:80 e 1:30, rifacendosi a famose navi
tragicamente naufragate e circondandosi di una serie di collaboratori con la stessa passione (strani alto atesini). Tra il 1974 e il 1977 prende forma la Bismark di quasi nove metri, 1500 chilogrammi e allestita con un motore da 38 cavalli e la Yamato (10 metri e un motore da 60 cavalli) entrambe capaci
di navigare e con la possibilitĂ di ospitare un piccolo equipaggio. Ora il vecchio Alois, per motivi di salute ha dovuto interrompere la sua passione, ma per chi volesse conoscerlo basta andare nel suo maso dove ha anche aperto al piano terra un piccolo museo navale aperto al pubblico.
p.s. Con questa lavoro Alois ha vinto il primo premio del concorso La Seconda Luna, concorso che premia le passioni.
15 Alois Clementi is an 82 year old farmer, he lives in Liaves, a small town close to Bolzano. Alois has an unusual passion and an unusual setting (the mountains). Since 1962, Mr.Clementi constructs battle ships to scale, from 1:80 to 1:30, rebuilding famous ships tragically wrecked and surrounds himself with a series of collaborators with the same passion. From 1974 to 1977 he gives life to Bismark of almost 9 meters, 1500 km with an engine of 38 horses and the Yamato (10 meters and an engine of 60 horses) both able to navigate and house a limited crew. Now the good old Alois, for health reasons is forced to put an end to his passion, but those who want to get to know him can visit his little naval museum. p.s. Alois won the first price of the "La Seconda Luna" contest, that awarded passions.
16
JUNE 09
BARBER E OSGERBY FOR VENINI LUCA SPAGNOLO
Edward Barber e Jay Osgerby, hanno disegnato questi splendidi vasi per Venini. Ognuno composto di tre parti: due vasi di vetro soffiato che si incastrano l'uno nell'altro e una struttura in alluminio (prote-
zione) e che si aggancia con un anello al vaso che sta nella parte superiore, quello nel quale verranno messi i fiori. Questa struttura è un chiaro riferimento alle protezioni delle lanterne appese alle barche nella
laguna veneziana. Per chi fosse interessato, i 6 vasi prodotti in serie limitata sono esposti allo showroom di Venini di Milano.
GIUGNO 09
17
JUNE 09
18
Edward Barber and Jay Osgerby designed these splendid vases for Venini. Each one is composed of three parts: two blown glass vases that fit into one another and an alluminium structure (protection) that is hooked on to the vase by a ring placed on the very opening where the flowers go. This struc-
ture is a direct reference to the lanterns that hang on venitian boats. If you happen to be in Milano, you can see the 6 vases in the Venini Showroom.
PRADA TRANSORMER ROBERTO MARONE Rem Koolhass, come tutti i visionari, gioca meglio la sua partita in campi del progetto fuori canone. Lì dove c'è da svolgere bene il compitino (musei, grattacieli, case) convince meno, ristretto nei costrittivi dogmi architettonici, mentre lì dove il campo è inesplorato, vergine, si muove come un avanguardia d'altri tempi, senza sbagliare un colpo. D'altronde i fuoriclasse sono sempre così: bisogna dargli aria. A Seoul, in un area dall'aspetto sgualcito e disordinato, ha messo su un edificio di tela bianca e tubi d'acciaio con 4 piante che sono 4 prospetti. Quattro, non sei come da manuale, ognuno per una funzione. Poi arrivano le gru, lo girano, e una delle piante diventa il pavimento e le altre 3 le pareti. Una per la sfilata
di Prada, una per vedere film, una per le mostre d'arte e una per mostre di moda. Poi, come se non bastasse, ogni pianta è diversa: quadrato, cerchio, esagono e croce. Non c'è, a ben vedere, nessuna citazione di tipo classico (nonostante le geometrie) ma solo una spudorata e forse persino sfacciata ambizione di alzare la posta del progetto. Di leggere una contemporaneità dello spazio oltre il logoro e ovvio concetto di flessibilità per declinarlo verso la caducità, il ciclico, l'effimero, in un formalizzazione dell'edificio quasi pre-cantieristica. Di spostarlo, ruotarlo, al di là della sua mera definizione volumetrica di "immobile".
GIUGNO 09
21
22
JUNE 09 Rem Koolhas, like all other visionaries, tends to give his best when playing far from his homefield. When he does the homework (museums, skyscrapers, houses), he is not very convincing, restricted to the constrictive architectural dogmas, while on the other hand, there where the field is unexplored, virgin, he moves lika an avant-garde and makes no mistakes. Afterall, the best are always like that: they need their breathing space. In a crimpled and messy part of Seoul, he put up a building made out of cloth and steel pipes with 4 plans that are 4 facades. Four, not six, and each serves a function. Then come the cranes, they turn it around, and one of the sides becomes the floor and the other 3 become walls. One for the Prada fashion show,
one for watching movies, one for art exhibits and one of fashion exhibits. Then, as if all of this weren't enough, every side is different: square, circle, hexagon and cross. There is no classical reference (in spite of the geometry) but only a shameless and even blatant ambition of raising the line. A contemporary space that goes beyond the worn out and obvious concept of flexibility that declines into cyclical, ephemeral, but into a formalization of the building that is almost pre-construction site. Of moving it, turning it, beyond its mere definition of "immobile".
Tibor Kalman
GIUGNO 09
23
JUNE 09
24
25
GIUGNO 09
IN MEMORY OF THE EMPIRE
SAVERIO PESAPANE
Al Winzavod, il piú attivo e interessante centro d'arte contemporanea di Mosca , Linor Goralik e Dmitry Tsvetkov ci raccontano una storia, la storia della piccola Maria Jesusa de Solorsano, dodicenne messicana che rivela un inaspettato talento nella composizione di corone funebri, e che sotto la guida di Valery Markovich Fayman, un anziano immigrato russo, diventa una richiestissima compositrice floreale, grazie alla sua abilitá di rappresentare l'anima dei defunti con le sue composizioni. Maria Jesusa de Solorsano, dopo una singolare richiesta di una cliente che voleva celebrare la fine di una relazione, inizia a comporre corone per ogni tipo di evento funebre.
Le sue corone diventano oggetti che le persone mettono in casa per ricordare eventi passati delle loro vite. E quando Valery Markovich si fa trovare sconvolto da Maria per la notizia del deprezzamento del rublo, lei che ha imparato ad amare la Russia dai racconti del suo maestro, inizia a farsi raccontare delle storie sulla Russia contemporanea, le storie di un paese che sta morendo, e che lei rappresenta con le sue ghirlande. Il consenso di Medvedev nel paese, l'arresto dei membri dei partiti d'opposizione, i turisti spaziali che pagano decine di milioni di dollari per andare in orbita, le auto blindate che il governo russo preferisce comprare all'estero: queste
storie, attraverso i lavori di una bambina prodigio messicana che sa rappresentare le anime dei morti, diventano un modo per raccontare cosa sta succedendo oggi in quello che era il piú grande impero del '900. E la stessa storia di Maria Jesusa de Solorsano ci racconta delle distanze siderali tra la Russia e il resto del mondo.
"La morte é quando qualcosa finisce per sempre, ecco tutto" Maria Jesusa de Solorsano
INFO Linor Goralik & Dmitry Tsvetkov: THAT'S DEAD Guelman Gallery Contemporary Art Center Winzavod 4-th Syromyatnicheskiy lane, 1, bld. 6, Moscow, Russia
JUNE 09
26
GIUGNO 09
27
28
JUNE 09
"Death is when something finishes forever, that's all" (Maria Jesusa de Solorsano)
At Winzavod, the most active and interesting center of contemporary art in Moscow, Linor Goralik and Dmitry Tsvetkov tell us a story, the story of little Maria Jesusa de Solorsano, a mexican twelve
year old girl that reveals an unexpected talent in the arrangement of funeral flowers, that under the guide of Valery Markovich Fayman, an old russian immigrant, becomes a high demand flower arranger, thanks to her ability of representing the soul of the dead with her arrangements. Maria Jesusa de Solorsano, after the first demand of a
client that wanted to celebrate the end of a relationship, begins to arrange for any type of funeral occasion. Her rosaries become ornaments that people hang in their houses to remember ended events of pasts. And when Valery Markovich finds himself upset by Maria's depreciation of the rouble, he tells her tales of a contemporary Russia, stories
of a country that is dying, and she represents them with her rosaries. The consent of Medvedev in the country, the arrest of the members of the opposing party, the space tourists that pay tens of millions of dollars for a trip to the orbit, the armoured cars that the russian government prefers to buy abroad: these stories, by a mexican prodigy child that rappresents dead souls, become a way of narrating what happens today in that which was once the biggest empire of the '900. Maria Jesusa de Solorsano's story itself tells us about the siberian distance between Russia and the rest of the world.
GIUGNO 09
LA FORMA DEL TEMPO SANJA PUPOVAC
tempo (idea) + comunicazione = progetto riuscito Il valore assoluto di un progetto non è determinato dalla sola idea quanto dalla sua collocazione nel tempo. Time (idea) + communication = successful design The absolute value of a project is not determined by the idea alone but by its placement in time.
* Lettura consigliata: La forma del tempo (La storia dell'arte e la storia delle cose) - George Kubler
29
30
JUNE 09
KG360 ALE GNOCCHI Paola Antonelli, curatrice del MoMa di New York, ha detto che per il 360 d Kostantin Grcic ci vorranno degli anni, forse 2 o 3, per capire se ne avremo bisogno. Insomma ha messo le mani avanti, ha messo questo prodotto davanti a un bivio senza deciderne
la direzione. Ecco, io riconosco il valore del progetto, la sua carica innovativa, il suo potere anche carismatico. Ma mi rimangono comunque delle domande, delle FAQ: -se è uno sgabello da lavoro, perchè è così scomodo? (l'ho provato, con-
fermo). -se è vero che bisognerebbe lavorare per non più di 20 minuti di seguito seduti, allora quale lavoro richiederebbe la concentrazione di appena 20 minuti? e ancora, caro Konstantin, -se proprio mi dimenti-
cassi di quanti gradi è fatto un angolo giro, perchè mi dovrebbe interessare a quale punto del goniometro mi sono fermato? Di tutti i difetti, salviamo la forma piacevolmente sgraziata, ben proporzionata. Belli i colori. Pessimo il tavolo.
GIUGNO 09
31
32
JUNE 09
Paola Antonelli, the curator of the Museum of Modern Art (MoMa) New York, said that it will take years to understand whether the 360 of Kostantin Grcic is something that we might need. She put the object in front of a crossroads, without choosing its path. Now I recognize the value of the project, its innovative qualities, even its charismatic power. I do, however, have a few questions, a few FAQs: - if it is a work stool, why is it so uncomfortable? - if it is true that one should not work seated for over 20 minutes, then what kind of job requires a concentration of only 20 minutes? And, finally, dear Konstantin, - if for some reason I do
forget how many degrees make a full circle, why would I care at what point on the protractor I'm on? Besides its many defects, the form is pleasently ungraceful, well proportioned. Nice colors. Awful table.
GIUGNO 09
33
FLAX PROJECT ROBERTO MARONE Io me lo sono sempre chiesto. Voglio dire: è kitsch utilizzare simboli ed elementi che appartengono a un'altro mondo e riconvertirli a oggetti di design? Prendere un pietra e farla diventare una poltrona, un fiore una sedia, una cima una lampada. Con ogni probabilità , alla fine, è una domanda senza risposta. note: christien meindertsma for thomas eyck
It is something that I have always asked myself. I mean: is converting symbols and elements that belong to another world into design objects kitsch? Taking a stone and turning it into a sofa, a flower into a chair, a rope into a lamp. As probable as it may be, it remains a question without an answer. note: christien meindertsma for thomas eyck
36
JUNE 09
DEKOCHARI LUCA SPAGNOLO Dopo il fenomeno giapponese dei dekotora, immortalati nelle foto di Masaru Tatsuki, arrivano i dekochari, ovvero le biciclette modificate (decorate) secondo quello stile che affonda sempre le sue radici nel mondo dei manga, anime e super robot coloratissimi. La bici sparisce sotto una accozzaglia di lamiere splendenti e illuminate, pesanti, ma ridicolmente affascinanti. Un universo da supereroi che viaggiano nello spazio, ma sempre pedalando goffamente. Qui negli scatti di Satoshi Minakawa.
After the Japanese fenomenon of dekotora (immortalized by photographer Masaru Tatsuki), here come dekochari, the modified (decorated) bicycles whose styles go back to the roots, of mangas, anime and colorful super robots. The bicycle disappears under a jumble of shine and glitter, overfull, but ridiculously fascinating. A universe of superheroes that travel through space with their goofy pedaling. Photographs of Satoshi Minakawa.
37
JUNE 09
38
GIUGNO 09
39
JUNE 09
40
41
GIUGNO 09
1899 Horsey Horseless
"C'è sempre una certa ritrosia ad accettare il progresso tecnologico" "There's always a certain kind of shyness to accept the technolgycal progress"
42
JUNE 09
EXCLUSIVE DESIGN BY RENATO BRUNETTA GAETANO ALTERI Già mi immagino la scena: questi piccoli imprenditori del Friuli, berlusconiani nel midollo, brizzolati, sorriso stampato e moglie bionda, in questa sala controsoffittata davanti al tavolo e, dall'altra parte del tavolo, sotto il tavolo, il piccolo Brunetta. Aria antipatica e vigliacca tipica del suo fare spocchioso, matita in mano, a disegnare la collezione per il salone del mobile. O meglio, a scegliere su quali disegni mettere la sua firma e fare la notizia: "Ministro designer", exclusive design by Renato Brunetta: per la gioia di tutti e gli applausi del pubblico pagante. Non è dato sapere se tale Midj sia il cugino della suocera
della compagna di Brunetta o quali altre acrobazie hanno portato a questa indimenticabile collaborazione, e forse non ci interessa nemmeno giudicare se sia una cosa giusta, tanto tutto si palesa e si giustifica nel risultato: la bruttezza del fatto è minima rispetto alla bruttezza dei suoi mobili!
43
GIUGNO 09 I can already imagine the scene: little buisnessmen from north east Italy, Berlusconian in the DNA, grey-haired, constant smile, blonde wife, in a hall with a false ceiling in front of a table, on the other side of the table, under the table, little Brunetta. Unpleasant and cowardly appearance, typical of his conceited ways, a pencil in his hand, drawing the collection for the Design Week. Or better yet, choosing on which drawings to put his signature and making the news: "Designer Minister", exclusive design by Renato Brunetta: for the joy of the people and the applause of the payer audience. We have not been told whether this Midj is the cousin of the mother-in-law of the mate of Brunetta nor what acrobatics brought to this unforgettable collaboration, and maybe we do not even care whether it is morally right, as the results speak for themselves: the ugliness of the deed is minim compared to the ugliness of the furniture!
44
JUNE 09
DISMETTIAMOLA LUCA SPAGNOLO Durante questo Salone del Mobile si è tenuta presso la Fabbrica del Vapore una piccola mostra, organizzata da 5 giovani designer*, intorno al tema sempre più che mai attuale dei rifiuti e del riciclaggio. Focalizzando l'attenzione sul "come si gettano i rifiuti", sono stati presentati 38 progetti di designer di età compresa tra i 25 e i 30 anni che hanno fatto i conti con il parere di tre giudici d'eccezione come Finessi, Ferreri e Santachiara. In mostra una selezione di 11 lavori più i 5 degli organizzatori;a fare da cornice il paziente allestimento realizzato con carta intagliata a mano di Matteo Capobianco. Quindi: Un tappeto persiano che non nasconde più solo poca polvere, ma la molta spazzatura accumulata nel tempo; Ales-
sandro Balbo e Lidia Signori Cestini come insiemi che si intersecano tra loro per creare un nuovo spazio di raccolta; Piter Perbellini Una valigetta, per portare in cortile la spazzatura , che contiene i sacchetti che diventano strutturali; Angela Ponzini Un vaso per un facile compostaggio fai da te; Sovrappensiero Un cestino per la carta fatto con una serie di sacchetti di carta riciclata che riprendono la forma del cestino; Riccardo Nannini, Domenico Orefice Emanuele Pizzolorusso Un cestino separatore realizzato in lamiera con pochi gesti semplici ed eleganti; Biagio Ludovico Tre canestri da pallacanestro per divertirsi almeno un po' a differenziare i rifiuti; Lorenzo de Bartolomeis
4
45
GIUGNO 09
1 1. Alessandro Balbo e Lidia Signori 2. Bubble design 3. Gluegluedesign 4. Alessandro Balbo e Lidia Signori
3
2
Una t-shirt realizzata riciclando 8 bottiglie in PET che ha come grafica 8 bottiglie PET; Gluegluedesign Un rotolo di sacchi per la spazzatura con grafica decorata che sensibilizza gli utenti sul tema; A-rstudio Un mini cestino tascabile per chewing gum masticati; Bubble design Il classico sacco nero arricchito di simbologie per farci riflettere sulle nostre azioni; Asteriscolab Una provocatrice parabola specchiante che messa in un normale cestino moltiplica i rifiuti gettati all'interno; Alessandro Balbo e Lidia Signori Una cartone curvato sinuosamente ospita i sacchetti tra le sue curve; Philippe Cordola Un altro cartone che piegato e stampato invita a riciclare i sacchetti per la spesa per gettarci i rifiuti; Andreas Boccone
Un set di bandierine in plastica che indicano la categoria di rifiuto, utilizzabili in qualsiasi situazione e facili da fissare; Chiara Moreschi Un piccolo contenitore per seccare i rifiuti organici accumulati nell'arco della giornata; Daniela Maurer Una mostra ben ruscita organizzata da giovani, allestita da un giovane con oggetti in mostra di giovani designer, un po' di aria fresca.
*(Andreas Boccone, Philippe Cordola, Daniela Maurer, Chiara Moreschi e Angela Ponzini)
46
JUNE 09
5
6
7
8
5. Philippe Cordola 6. Chiara Moreschi 7. Riccardo Nannini Domenico Orefice Emanuele Pizzolorusso 8. Andreas Boccone
47
GIUGNO 09 9. Piter Perbellini 10. Angela Ponzini 11. Biagio Ludovico 12. Daniela Maurer 9
10
During this year's Design Week in Milan, an exhibition organized by 5 young designers* was held at the Fabbrica del Vapore. The show featured projects that examine the theme of waste and recycle with particular attention to "how to throw away trash".38 projects of designers (age range 25-30) that had to face the opinions of three exceptional judges: Finessi, Ferreri and Santachiara. 11 objects + 5 of the organizers, all housed by a very patient hand-made arrangement of paper made by Matteo Capobianco. So: - A persian carpet that no longer hides only small amounts of dust, but a heap of it; Alessandro Balbo and Lidia Signori. - Trash cans that intersect each other to create a new container; Piter Perbellini.
11
12
48
JUNE 09 about recycling; A-rstudio. - A mini pocket-sized waste disposal for chewing gum; Bubble design. - The classic black trash bag with symbols that make us reflect; Asteriscolab. - A provocative mirrored inside that multiplies the image of the contents; Alessandro Balbo and Lidia Signori. - A cardboard curved sinuously to contain waste bags; Philippe Cordola. - Another cardboard wastebasket that invites us to recycle the grocery plastic bags as trash bags; Andreas Boccone. - A set of plastic tags that indicate the waste category,
15
- A suitcase for taking the trash to the courtyard, that contains structural bags on the inside; Angela Ponzini. - A vase that enables you to make your own potting compost; Sovrappensiero. - A series of paper trash cans made out of recycled paper bags; Riccardo Nannini, Domenico Orefice and Emanuele Pizzolorusso. - An elegant sheet metal trash can that allows you to separate the waste; Biagio Ludovico. - A way to have atleast a little bit of fun while separating the waste by shooting some hoops; Lorenzo de Bartolomeis. - A t-shirt made by recycling 8 PET bottles and the graphic illustrates 8 PET bottles; Gluegluedesign. - A roll of waste bags from which you can learn more
13
13. Lorenzo de Bartolomeis 14. Asteriscolab 15. A-rstudio 16. Sovrappensiero
49
GIUGNO 09
14
suitable for any waste container and easy to apply; Chiara Moreschi. - A little container that allows you to dry the organic waste accumulated during the day; Daniela Maurer. A successful show, organized by young designers, arranged and set-up by young designers, with objects of young designers, a little bit of fresh air...
16
JUNE 09
WASTE BIN - by Grace Youngeun Lee ROBERTO MARONE Alcuni oggetti non riescono mai a trovare una forma compiuta, diventando l'esercizio ossessivo di tutti i progettisti. Uno di questi, sicuro, è il cestino. Ne avranno disegnati migliaia, a variabili e soluzioni infinite senza che nessuno ci sia mai riuscito, nemmeno Ikea. Questo, sarà perchè si apre il sotto e non il coperchio, sarà per il taglio obliquo che elimina qualsiasi marchingegno, sarà la linea spigolosa e i colori giusti, ma sicuro, nel catalogo dei progetti dei cestini, io gli darei la copertina.
50
GIUGNO 09
Some objects can never find an absolute form, and remain victims of obsessive design excercises. One of these objects is the trash can. They must have designed over a million models with infinite solutions, without there never actually being a winner, not even Ikea. This one, maybe because it opens from the bottom and not from the top, maybe because its oblique shape eliminates any possible devilment, maybe it is the angular lines and the right colors, but it would definately be on the front page of the trash can design catalogue, if one was to ever exist.
51
DALLA CANTINA JUNE 09
52alla luce un vecchio articolo riportato
BOUQUET IV LUCA SPAGNOLO
L'opera si chiama Bouquet IV (2005). Gli artisti sono gli olandesi Jeroen de Rijke e Willem de Rooij. Questo lavoro è composto di tre parti: una descrizione dei tipi di fiori e la quantità, una foto del bouquet in bianco e nero 122,5 x 122,6 x 2,4 cm e il bouquet vero e proprio in un vaso di ceramica bianca. Cosa succede? Succede che l'opera tende a creare copie infite di se stessa, ogni volta il bouquet nel vaso bianco sarà sempre uguale e diverso dalle versioni realizzate precedentemente. Ogni volta il bouquet è l'interpretazione personale di un/a fioraio/a locale che interpretando l'immagine in bianco e nero, tenta di riprodurre il bouquet che "solamente lui/lei" vede, con fiori uguali, ma ovviamente diversi. The piece is called Bouquet IV (2005). The artists are Jeroen de Rijke and Willem de Rooij (currently on show at the MAMBO in Bologna). The work is made up of three parts: a description of flower type and quantity, a black and white photograph of the bouquet measuring 122,5 x 122,6 x 2,4 cm and the actual bouquet placed inside a white ceramic vase. What happens is that the piece creates infinite copies of itself. Each time the bouquet in the white ceramic vase turns out to be same as and different from its previous versions. Each time the bouquet will be like a personal interpretation of a local florist that attempts to recreate the bouquet from the black and white picture, using the same but inevitably different flowers.