5 minute read

Previdenza Luca Giustinelli

FINE 2021, SCADE LA PACE CONTRIBUTIVA

Fine anno, si sa, è tempo di scadenze. E molte sono le scadenze previdenziali che questo fine 2021 si porta dietro: prima di tutto “Quota100” - il cui sostanziale fallimento è stato ormai sviscerato in tutti i suoi risvolti -, ma anche Ape Sociale (che, però, al contrario di “Quota100”, sarà rinnovata e potenziata, allargandola ad ulteriori categorie di lavoratori) ed “Opzione Donna” (misura che sarà - anch’essa - riproposta, seppure con nuovi requisiti). La buona notizia è che, in questo 2021 ormai al tramonto, si comincia, fortunatamente, ad inserire con sempre maggiore frequenza ed insistenza nel dibattito politico la questione dei giovani e delle loro pensioni future (molte delle quali rischiano di avere un importo al di sotto del livello di sussistenza) - con la conseguente presa di coscienza della necessità di incentivare l’accesso ai Fondi di Previdenza Complementare - e si fa strada in maniera sempre più decisa

Ci si avvicina alla conclusione dell’anno e, tra le diverse scadenze previdenziali da tenere d’occhio, c’è anche la forma di riscatto che consente di coprire gli anni privi di contribuzione

l’idea di una “Pensione di Garanzia”. Di contro, nel silenzio pressoché generale, sta andando a scadere - oltre a quelle già accennate - anche una ulteriore misura che proprio ai giovani (nell’accezione che se ne dà in un Paese in cui si considerano “giovani” i soggetti fino alle soglie dei 40 anni) era diretta. Scade infatti il prossimo 31 dicembre la possibilità di usufruire della cosiddetta “Pace contributiva”, che era stata prevista, unitamente al Riscatto Laurea agevolato (o “light” come viene giornalisticamente definito), dallo stesso provvedimento che aveva introdotto anche “Quota100” e il “Reddito di cittadinanza” (Decreto Legge 4/2019); ma, al contrario del riscatto di Laurea agevolato, che costituisce una misura strutturale, la “Pace contributiva” era stata introdotta in via sperimentale per il solo periodo 2019-2021. Di che si tratta? Si tratta di una forma di riscatto che consente di “coprire fino ad un massimo di 5 anni - anche non continuativi - privi di contribuzione figurativa o obbligatoria, recuperandoli ai fini pensionistici. Tale possibilità può essere esercitata ad alcune condizioni: possono usufruirne i soli lavoratori che non facciano valere alcuna contribuzione - né obbligatoria, né figurativa - prima del 1996, ai quali si applica, quindi, il sistema di calcolo interamente contributivo (ne sono

esclusi, ad esempio, i soggetti che abbiano esercitato l’opzione al sistema contributivo, in quanto questi lavoratori, pur avendo l’applicazione del sistema di calcolo contributivo, sono comunque titolari di contribuzione anteriore al 1996). La titolarità di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 comporta l’impossibilità di usufruire della Pace contributiva, anche se la contribuzione risulta accreditata presso le Casse previdenziali dei liberi professionisti oppure in un Paese estero. Questa condizione deve essere mantenuta anche dopo l’attivazione della Pace contributiva; in caso contrario (ad esempio, in caso di accredito di un contributo prima del 1996 in un momento successivo al perfezionamento della Pace contributiva), si perde il diritto a questa misura - ancorché già perfezionata - con conseguente restituzione dei contributi versati; i lavoratori che la richiedono non devono essere titolari di un trattamento pensionistico diretto; possono formare oggetto di riscatto (nel limite massimo di 5 anni) i periodi non coperti da contributi, in qualsiasi gestione INPS dove il lavoratore abbia almeno un contributo, purché i “vuoti contributivi” si posizionino tra l’anno del primo contributo versato e l’anno dell’ultimo contributo (e comunque entro il 28 gennaio 2019); i periodi per i quali è consentito il riscatto devono essere periodi di inattività; non possono pertanto formare oggetto di questa particolare forma di riscatto i periodi per i quali il datore di lavoro abbia eventualmente omesso il versamento dei contributi (in questo caso, sono riscattabili mediante un diverso tipo di domanda - la cosiddetta rendita vitalizia - che soggiace a regole diverse). L’onere da versare all’INPS è calcolato applicando l’aliquota contributiva della gestione in cui viene operato il riscatto alla retribuzione lorda degli ultimi 12 mesi. Peraltro, i datori di lavoro possono sostenere una parte dell’onere destinandovi i premi di risultati detassabili, su richiesta dei lavoratori interessati; in questo caso, le relative somme sono deducibili per l’azienda dal reddito d’impresa. Ma la “pace contributiva” conviene? L’anzianità contributiva acquisita per effetto del riscatto è utile sia ai fini del conseguimento del diritto a pensione, sia per la determinazione della relativa misura. Può quindi consentire di colmare i buchi contributivi tra un lavoro e l’altro, recuperando anzianità contributiva utile alla pensione ed incrementandone il futuro importo (finalizzato anche al raggiungimento dell’importo soglia previsto nel sistema contributivo quale ulteriore requisito per l’accesso a pensione). Questa possibilità risulta particolarmente favorevole per coloro che hanno una carriera lavorativa frammentata e discontinua, situazione nella quale sempre più persone - soprattutto i giovani - si trovano negli ultimi anni, in considerazione della precarietà che caratterizza l’attuale mondo del lavoro. Di contro, proprio la circostanza che la platea dei beneficiari sia quella dei lavoratori ancora relativamente giovani (privi di anzianità contributiva al 1/1/1996) rende difficile per i diretti interessati, ancora lontani dal momento del pensionamento, avere oggi una prospettiva chiara (e tantomeno, certezze) circa la convenienza di sostenere il relativo onere economico, con la spada di Damocle di possibili riforme pensionistiche future che potrebbero “neutralizzare” i vantaggi attualmente ipotizzabili. Particolarmente interessante è però il risparmio fiscale: la Pace contributiva è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50% ed è rateizzabile senza interessi in un arco di tempo pari a 10 anni (fino a 120 rate mensili). Dati ufficiali non se ne conoscono, ma la sensazione è che - ad un mese dalla scadenza - una misura che se adeguatamente valorizzata avrebbe potuto costituire un efficace strumento per recuperare contribuzione per una fascia di lavoratori particolarmente fragile dal punto di vista previdenziale è stata, invece, assai poco utilizzata. Per chi volesse usufruirne, il tempo stringe: salvo improbabili proroghe, le domande vanno presentate improrogabilmente entro il 31 dicembre prossimo. Gli Uffici 50&PiùEnasco presenti su tutto il territorio nazionale possono fornire ai lavoratori interessati tutte le valutazioni e le informazioni, verificando l’opportunità di presentare la domanda di riscatto e la relativa convenienza, e potranno provvedere alla presentazione della relativa domanda.

This article is from: