La camera bella

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Laura Blandino

La camera bella

il cielo negli occhi

romanzo 1



il cielo negli occhi

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La camera bella Š Copyright 2014 - Piccola Casa Editrice per la presente pubblicazione Foto di copertina: Getty Images Direzione editoriale: Maria Serra, Davide Cestari Coordinamento editoriale: Lorenzo Murnigotti Via del Tecchione, 36 - Sesto Ulteriano, San Giuliano Mil. (Mi) Tel. + 39 02 98287410 www.piccolacasaeditrice.it info@piccolacasaeditrice.it 3URJHWWR JUDĂ€FR H LPSDJLQD]LRQH G&C, Milano - Lucia Crimi 6WDPSD $UWL *UDĂ€FKH )LRULQ 6HVWR 8OWHULDQR Finito di stampare: luglio 2014

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Laura Blandino

La camera bella

romanzo

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Prima Parte

Estate

1. Chiara – Biglietti, prego! – disse affacciandosi alla porta dello scompartimento il controllore, che in realtĂ era una signorina con tanto di gonnella blu e capelli lunghi raccolti a coda di cavallo. “Una controlloraâ€?, avrebbe detto Cecilia, se fosse stata lĂŹ. Chiara estrasse dalla tasca il biglietto e glielo porse. – Cassanico? – domandò la controllora. – Ci siamo quasi, è la prossima. – Grazie, molto gentile – rispose la ragazza con un sorriso, TFCCFOF M JOGPSNB[JPOF GPTTF QFS MFJ EFM UVUUP TVQFSnVB Conosceva benissimo quel tratto ferroviario, perchĂŠ lo aveva percorso decine di volte, a bordo del solito treno locale che collegava le cittadine della provincia con il capoluogo. Chiara richiuse la rivista che stava sfogliando, la ripiegò e la JOmMÂş OFMMB TVB DBQBDF CPSTB B [BJOFUUP 4QJOTF MP THVBSEP GVPSJ EBM mOFTUSJOP PMUSF J QSBUJ TGFS[BUJ dal sole di luglio, e intravide all’orizzonte la sua Cassanico: una cittadina piccola e quieta, che sorgeva sulla sommitĂ di una collina e si estendeva lungo i suoi versanti, digradando dolcemente. Tutt’intorno la campagna: un ondeggiare di alture verdissime, vigneti e frutteti, pendii erbosi per il pascolo. Qua e lĂ , collegate da nastri d’asfalto di un grigio pallido velato di polvere, le frazioni: gruppi di case rurali, villaggi piccoli ma dignitosi, ciascuno con la sua chiesetta, il suo emporio, il suo nome vecchio di secoli. 7


A valle, poco oltre la ferrovia, scorreva il Fà vero, torrente impetuoso e limpido, che proprio ai piedi della città formava una vasta ansa in cui l’acqua rallentava e durante la bella stagione acquistava tepore. Il cuore antico di Cassanico sorgeva sul cocuzzolo, in una suggestiva atmosfera d’altri tempi, con strade selciate, palazzi di pietra, vecchi negozi e botteghe, archi e resti delle mura che secoli prima avevano cinto e difeso la città . Sul versante meridionale della collina, al nucleo antico si erano aggiunte negli anni altre costruzioni, via via sempre piÚ moderne, ma comunque graziose, piccole, piacevoli a vedersi e ben integrate sia con la parte d’epoca sia con il verde della campagna circostante. Sul versante settentrionale si estendeva invece la Cassanico nuova, caratterizzata da una piccola zona industriale e da quello che era noto come il quartiere popolare: parecchi palazzi relativamente recenti, funzionali ma un po’ anonimi; parallelepipedi tutti uguali, come spesso se ne vedono nelle periferie delle grandi città . Chiara assomigliava molto a Cassanico: era quieta, dolce F nPSJEB DPNF MB DJUUBEJOB JO DVJ WJWFWB EB RVBOEP FSB OBUB E come lei, aveva un cuore antico, un ottimismo semplice che si fondava sul gusto per le piccole cose di sempre. Ma, sempre come Cassanico, anche Chiara stava crescendo anno dopo anno: e crescendo cambiava in modo sempre piÚ evidente seppure armonioso. Già si poteva intuire, se si osservavano con attenzione quei suoi occhioni nocciola sempre spalancati sul mondo, qualcosa di nuovo, che andava oltre le apparenze e che rimandava a un pensiero nascosto, a una malinconia, chissà , a un turbamento. Mentre il treno attraversava sferragliando la vasta zona collinare, Chiara osservava in silenzio il paesaggio a lei cosÏ familiare. In quel tratto la ferrovia costeggiava il 8


Favero; la ragazza guardava l’acqua che balzava fra i massi e ricordava le mille e mille volte in cui, da bambina, aveva HJPDBUP OFM UPSSFOUF DPO MF HBNCF JNNFSTF mOP BM HJOPDchio, il cuore in gola, il vestito bagnato di spruzzi e una specie di solletico in gola per la gran voglia di ridere. Quando il treno cominciò a rallentare, Chiara si alzò e si avvicinò all’uscita. Un passeggero, vedendola camminare nello stretto corridoio, le lanciò una breve occhiata EJ BNNJSB[JPOF -B SBHB[[B mOTF EJ OPO BDDPSHFSTFOF NB sentĂŹ dentro il petto un lieve tuffo. Sapeva di non essere una bellezza vistosa: non era alta come certe attrici, non era magra come certe modelle, i suoi capelli castani non erano nĂŠ lunghi nĂŠ corti, nĂŠ lisci nĂŠ ricci; insomma era una come tante altre e non se ne era mai rammaricata: lei era MFJ F RVFTUP mOPSB MF FSB TFNQSF CBTUBUP QFS TFOUJSTJ BMMFHSB Tuttavia l’adolescenza aveva arricchito il suo corpo assai piĂš di quanto lei stessa fosse consapevole: il seno abbondante F J mBODIJ UPOEJ MF DPOGFSJWBOP VOB GFNNJOJMJUÂŞ NPSCJEB F a suo modo seducente; le gambe snelle erano sempre piĂš eleganti; il viso ovale, di una regolaritĂ perfetta, era ancora quello di una bimba, dolcissima e sorridente; e la carnagione chiarissima conferiva a tutto il corpo, a tutto il viso, una luminositĂ non comune. Ogni tanto capitava che qualche uomo cominciasse a guardarla, quando passava per strada; e il semplice fatto di poter colpire l’attenzione di qualcuno in quel modo le provocava un turbamento strano, un misto di compiacimento e di paura, di orgoglio e di pudore. Ogni volta SFBHJWB DPO MB TVB JTUJOUJWB TBHHF[[B mOHFWB EJ OPO FTTFSTJ accorta di nulla e tirava avanti veloce. Ed ecco Cassanico sotto il sole rovente del pomeriggio estivo. Chiara scese dal treno ed entrò rapida nella piccola stazione, rifugiandosi al fresco della sua ombra. Nell’a9


USJP QPDP BGGPMMBUP TDPSTF VOB mHVSB BMUB F TOFMMB JO QJFEJ davanti al tabellone dell’orario ferroviario; era girata di schiena, ma dal leggero vestitino rosso e dalla splendida treccia nera che percorreva tutto il dorso, Chiara riconobbe TVCJUP MB mTJPOPNJB EJ .BSDFMMB – Ehi, che ci fai qui? o 0I $IJBSB TFJ BSSJWBUB mOBMNFOUFÞ o .BSDFMMB TJ WPMUº e le sorrise, con la consueta espressione allegra e disinvolta. Poi riprese a osservare il tabellone. – Stavo guardando quanti posti esistono lontano da Cassanico. Guarda quanti nomi di città ... Alcuni non li ho mai sentiti... o & TFJ WFOVUB mO RVJ QFS MFHHFSF EFJ OPNJ EJ DJUUª – No, no! Leggevo per passare il tempo! In realtà stavo aspettando te. Ti ho cercata a casa, ma non ti ho trovata; allora tua sorella mi ha detto che eri andata in treno da qualche parte e che saresti tornata verso le quattro... – Sono stata a Revinasco per fare una commissione ai miei, dovevo consegnare un pacco delicato ad alcuni clienti importanti... Dodici calici di cristallo lavorati a mano, DBQJTDJ .BNNB OPO TJ mEBWB B TQFEJSMJ P B NBOEBSDJ JM ragazzo. Avresti dovuto vedere in che casa abitano quei tipi: una favola! Guarda che mancia mi hanno dato... – SÏ, sÏ... Ma ascolta, io sono venuta per parlarti, devo raccontarti delle cose incredibili... – Allora perchÊ non chiacchieriamo davanti a un bel gelato? Offro io, con i soldi della mancia! Si avviarono rapide verso il bar della stazione e trovarono un tavolino libero nella veranda, all’ombra di un tendone verde che proteggeva dal calore estivo e nel contempo MBTDJBWB mMUSBSF VOB MVDF EJTDSFUB F HSBEFWPMF 0SEJOBSPOP due coppe di quelle enormi, con il biscotto triangolare e l’ombrellino piantato sopra. 10


Marcella era la migliore amica di Chiara. Si conoscevano mO EBMM JOGBO[JB FSBOP DPNQBHOF EJ TDVPMB F BCJUBWBOP nella medesima via. Avevano la stessa etĂ , ma Marcella dimostrava un po’ piĂš dei suoi diciassette anni, forse perchĂŠ era alta e ben fatta o forse perchĂŠ negli ardenti occhi neri si leggeva una gran fretta di crescere. – E allora, questa notizia sensazionale? – Ho incontrato un ragazzo! – esclamò Marcella tutto E VO mBUP 1PJ SJNBTF B PTTFSWBSF JM WPMUP EFMM BNJDB QFS spiarne le reazioni prima di proseguire. Chiara rimase un attimo in silenzio, cercando di raccogliere i pensieri. Tante volte, negli ultimi anni, si erano TDBNCJBUF DPOmEFO[F EJ WBSJP HFOFSF "WFWBOP WJTTVUP piccoli amori, subĂŹto alcune delusioni, scambiato tenerezze con qualche coetaneo e sempre ne avevano parlato, per condividere le molte fantasie e qualche lacrima. Tuttavia Chiara intuiva che questa volta si trattava di qualcosa di diverso. Marcella non aveva mai usato quel tono prima di allora, e non aveva mai avuto quel fuoco negli occhi. – E chi è? – Non credo che tu lo conosca. Si chiama Beppe e lavora giĂš alla BTP Bruciatori; è un tecnico, uno in gamba. Dovresti vedere com’è alto, molto piĂš alto di me e ha due occhi verdi che ti ci perdi dentro. Ed è biondo, sai... – Ma... tutto cosĂŹ all’improvviso? – L’ho visto la prima volta l’altra settimana... Era venuto a casa di mia zia per la revisione della caldaia. Ho notato subito che era stupendo, ma non immaginavo che lui si fosse accorto di me. Invece ieri pomeriggio l’ho incontrato e lui mi ha subito riconosciuta... Abbiamo parlato per piĂš di un’ora, seduti su una panchina dei giardini di viale Marconi. Mi ha raccontato del suo lavoro, dei suoi progetti e io gli ho detto tante cose di me. Era cosĂŹ bello stare con 11


lui. Vedi, non è un ragazzotto sciocco come i nostri amici, IB HJÂŞ WFOUJRVBUUSP BOOJ F TB DPNF WB JM NPOEP "MMB mOF NJ ha accompagnata un pezzo verso casa e a un certo punto mi ha preso la mano, proprio cosĂŹ... – e intrecciò le dita con quelle di Chiara – e dopo pochi passi ci siamo fermati, dietro un tiglio del viale, dove nessuno ci poteva vedere. Mi ha abbracciata stretta stretta e mi ha dato un bacio. Un bacio, capisci? Ma non come fanno i ragazzini, lui mi ha baciata in un modo diverso, abbracciandomi... non saprei dire... abbracciandomi... tutta! Ecco: abbracciandomi tutta! Tacquero entrambe per un lungo momento. Chiara mangiava il suo gelato lentamente, senza la consueta golositĂ e pensava alle cose che le stava raccontando Marcella. Non le pareva molto plausibile che un grande amore potesse nascere, svilupparsi ed esplodere in cosĂŹ poche ore, ma non aveva il coraggio di esprimere le sue perplessitĂ perchĂŠ temeva che l’amica potesse considerarla una ragazzina antiquata o, peggio ancora, un’invidiosa. – E tu che cos’hai provato? – Be’, lĂŹ per lĂŹ ho avuto un po’ di paura, ho pensato: “Adesso che mi fa questo qui?â€?. Ma poi ho sentito qualcosa che mi si scioglieva dentro, come un gran caldo dappertutto‌ Comunque è durato cosĂŹ poco: solo qualche attimo, il tempo di quel bacio... – E adesso come ti senti? Sei contenta? o 0I $IJBSB OPO QVPJ JNNBHJOBSF 4F RVBMDVOP mOP B ieri mi avesse detto che era possibile essere cosĂŹ felici, non gli avrei creduto e invece eccomi qui. E mentre parlava, i suoi occhi bellissimi avevano un bagliore tutto nuovo, carico di allegria e di desiderio. – Vi rivedrete? – Ma certo! Ti pare, dopo quello che è successo ieri? Fra 12


meno di un’ora andrò a prenderlo all’uscita dal lavoro. – Ma è una cosa seria? – È una cosa bella, Chiara, e poi se sarà seria si vedrà. .JDB DJ QPTTJBNP mEBO[BSF EPQP EVF HJPSOJ OP – Certo, hai ragione – ammise Chiara senza convinzione. Ma subito il sorriso raggiante dell’amica la contagiò e anche lei sorrise rassicurata. Le due ragazze tornarono ai loro gelati e mangiarono in silenzio, con gusto e quasi con avidità. Quand’ebbero terminato, Marcella salutò l’amica, inforcò il motorino e partì alla volta della zona industriale, dove qualcuno sarebbe di lì a poco uscito dal lavoro. Chiara la guardò allontanarsi, bellissima nel suo vestitino rosso che svolazzava, e provò un moto di affetto per lei. “Auguri Marcella – pensò. – Sii felice”. Poi si avviò su per la strada che dalla stazione conduceva al centro, cercando di camminare il più possibile all’ombra dei platani per proteggersi dai raggi roventi del sole. 2. Cecilia ANSALDI CASALINGHI E ARTICOLI REGALO L’insegna sovrastava la porta del negozio in cui i genitori di Chiara trascorrevano lunghe giornate di impegnativo ma soddisfacente lavoro. Per lei e per la sorellina Cecilia si trattava di un luogo familiare, dove molto più che a casa potevano vedere papà e mamma e stare un po’ con loro. Entrando nella fresca penombra dell’antico locale, Chiara sperò intensamente che non ci fossero clienti in negozio: desiderava trascorrere almeno qualche minuto in compagnia dei suoi, parlare del più e del meno, sentirsi riavvolta nella cara vecchia atmosfera di cose semplici. Con una punta di delusione, si avvide subito che i genitori erano impegnati: suo padre stava spiegando a un’anziana 13


coppia il funzionamento di un complicato elettrodomestico, mentre sua madre serviva una distinta signora che pareva assai indecisa sull’acquisto da fare. Appoggiata a un capo del banco e molto interessata a quanto accadeva stava Cecilia, delizioso maschiaccio di otto anni. – Sono molto incerta – spiegava la cliente accarezzandosi dubbiosa il doppio mento. – Piaceranno agli sposi? – Ăˆ impossibile che non piacciano – assicurava la mamma. o 4POP UB[[F EB DPMB[JPOF EFMMF NJHMJPSJ EJ QPSDFMMBOB mOF decorate a mano. Secondo me sono una vera sciccheria... – Secondo me sono una schifezza! – La vocina squillante e disinvolta di Cecilia ebbe l’effetto di una doccia ghiacDJBUB F UVUUJ HMJ THVBSEJ TJ mTTBSPOP TVM TVP WJTP SPUPOEP F colorito. – Ceci... – mormorò la mamma con un’espressione di rimprovero che avrebbe avvilito chiunque. Chiunque ma OPO $FDJMJB DIF SJUFOOF TVCJUP PQQPSUVOP TQFDJmDBSF OFM dettaglio le ragioni del suo giudizio. – MacchĂŠ tazze da colazione, sembrano vasi da notte! – Ceci! – questa volta il tono di voce della mamma fu meno sommesso e lo sguardo parve quasi feroce. La CBNCJOB QFS HJVTUJmDBSTJ TQJFHÂş NFHMJP – Non è una bugia, davvero, questa tazza sembra proprio il vaso da notte della nonna che abita a Frazione San Giovanni e ha il bagno scomodo e di notte quando le scappa la pipĂŹ la fa nel vaso e il vaso è proprio come questo bianco con una riga blu sul bordo... Cecilia parlava sempre in questo modo, come se nel suo cervello non fosse mai esistito il concetto di punteggiatura. Ogni suo discorso era una specie di torrente in piena, con le frasi che uscivano impetuose l’una dopo l’altra, in assoluta libertĂ . E dire che sarebbe potuta diventare una ragazzina 14


meravigliosa, con quel sorriso luminosissimo, gli occhi azzurri come laghetti, i capelli biondi e ricci. Avrebbe potuto, se avesse voluto. Invece, non le interessava affatto essere graziosa: si vestiva come un ragazzino di strada perchĂŠ “cosĂŹ era piĂš comodoâ€?. Anche quel giorno indossava una maglietta stinta e un paio di vecchi pantaloni con la pettorina. Amava i capelli corti perchĂŠ non aveva tempo da perdere a pettinarli, e se riusciva a sgattaiolare fuori di casa la mattina senza essersi lavata si sentiva felice e libera come un uccellino. Quanto piĂš Chiara cresceva in ordine, compostezza e grazia, tanto piĂš Cecilia cresceva in monelleria. Alla ragazzina nella vita interessavano altre DPTF DPSSFSF B QFSEJmBUP TV F HJÂż QFS MF DPMMJOF BSSBNQJcarsi sugli alberi, giocare con gli animali della campagna, BJVUBSF J DPOUBEJOJ B SJWPMUBSF JM mFOP GBSF JM CBHOP OFM torrente e sguazzare tutto il pomeriggio nell’acqua limpida mOP B EJWFOUBSF MJWJEB QFS JM GSFEEP Era una vera peste, eppure tutti la conoscevano e le volevano bene. Chiara si stupiva della simpatia che, ovunque andasse, Cecilia riusciva a conquistarsi. Non faceva nulla per piacere agli altri e, nonostante questo o forse proprio per questo, piaceva irresistibilmente a tutti. Anche quel pomeriggio, nonostante la gravitĂ della gaffe che aveva creato tanto imbarazzo alla madre, Cecilia era piaciuta alla distinta cliente, che non potĂŠ fare a meno di sorriderle. – E tu chi sei, signorina? o 4POP MB mHMJB EFMMB NBNNB o SJTQPTF QSPOUBNFOUF o 4POP BODIF MB mHMJB EJ RVFM QBQÂŞ MÂŞ F MB TPSFMMB EJ RVFMMB ragazza che è entrata adesso. – Buongiorno – salutò Chiara, avvicinandosi con discrezione al banco, per nulla entusiasta di essere stata tirata in ballo proprio in quel momento. – Buongiorno – rispose la signora. – Vedo che lei è 15


giovane. Sarà sicuramente in grado di consigliarmi. Mi dica: che cosa gradirebbe ricevere per il suo matrimonio? – Ma io... io non mi devo sposare. – No, ma provi a immaginare: se stesse per mettere su casa, che cosa le piacerebbe come dono di nozze? – Be’, credo che le tazze da colazione siano una buona idea – rispose, pensando che se la scelta era già caduta su quel tipo di articolo, sarebbe stato imprudente ricominciare tutto daccapo; ma subito temette che Cecilia riprendesse la storia del vaso da notte e si affrettò a precisare: – Magari un altro servizio, più semplice di questo: per esempio tutto bianco, senza decorazioni, che vada d’accordo con qualsiasi tipo di tovaglia o di posata... Chiara colse subito nel viso di sua madre un’espressione di gratitudine. Miracolosamente di fronte alle tazze tutte bianche la cliente si convinse subito, ne lodò la semplicità e le acquistò soddisfatta. Quando rimasero sole, sospirarono per il gran sollievo. – Se tutti i clienti fossero così, impiegheremmo un’ora per vendere una zuccheriera e dovremmo assumere un esercito di commesse – commentò la mamma. Poi sorrise a Chiara, con quella sua caratteristica dolcezza un po’ stanca: – Sei stata brava a cavarci d’impaccio. – Ma però anch’io ho provato ad aiutare, anch’io ho detto la mia – osservò Cecilia. – Forse sarebbe meglio che tu parlassi di meno... – O, almeno, che parlassi meglio! – rincarò Chiara che studiava al liceo classico e detestava i discorsi sgrammaticati della sorella. – Mamma, tu mi vuoi bene anche se parlo troppo e parlo male e parlo sempre quando invece è meglio che stia zitta? – Ma certo che ti voglio bene! – E tu, papi? – gridò la bambina per raggiungere con 16


la voce l’altro capo del banco. Il padre interruppe la dimostrazione che stava facendo ai clienti e Cecilia ripetĂŠ con decisione la domanda: – Tu mi vuoi bene, papi? – E come no! – rispose l’uomo, con un breve sorriso al di sotto dei baffoni neri. Cecilia, soddisfatta del risultato e certa di aver ottenuto il perdono per la sua marachella, li salutò allegramente e uscĂŹ dal negozio per raggiungere di nuovo i prati della sua campagna. Varcò la soglia con un salto e a Chiara parve un uccellino che esce dalla gabbia e spicca il volo. – Questa bambina mi dĂ dei pensieri – borbottò la madre con espressione preoccupata. – Sta crescendo maleducata e selvaggia... Nel frattempo entrarono nuovi clienti e Chiara comprese che papĂ e mamma sarebbero stati troppo impegnati per occuparsi di lei. Provò una punta di amarezza, ma seppe SJQSFOEFSTJ TVCJUP %FM SFTUP FSB BCJUVBUB mO EB QJDDPMB B queste ricorrenti sensazioni di abbandono. I suoi genitori erano da sempre proprietari di quel negozio e tempo libero non ne avevano quasi mai. Anche alla sera, dopo l’orario di chiusura, proseguivano il lavoro riordinando la merce, facendo i conti, sbrigando eventuali pratiche amministrative. Persino la domenica, spesso, scendevano in negozio e facevano l’inventario, programmavano le consegne della settimana, discutevano gli acquisti e i rapporti con i diversi fornitori. Casa Ansaldi, un ampio appartamento al primo piano, proprio sopra al negozio, era spesso vuota. Alle varie incombenze domestiche provvedeva la Carla. Arrivava ogni NBUUJOB BMMF PUUP F TJ GFSNBWB mOP BM QSJNP QPNFSJHHJP faceva le pulizie, lavava, stirava, si occupava della spesa e preparava i pasti. Pasti che ciascuno consumava quando 17


poteva o voleva, un po’ a casaccio: era rarissimo che la famiglia riuscisse a trovarsi con calma intorno alla tavola. -F mHMJF RVBOEP OPO FSBOP B TDVPMB USBTDPSSFWBOP JM loro tempo in negozio oppure a zonzo per la città, con i soliti amici, oppure ancora, e questo valeva soprattutto per Cecilia, in campagna: all’aperto durante la bella stagione o a casa della nonna quando l’inclemenza del tempo non consentiva scorribande nei prati. Godevano entrambe di molta libertà e durante i mesi estivi la vita delle ragazze si svolgeva senza orari e con poche regole. Erano ormai le sette del pomeriggio e il calore del sole si era fatto più mite. Chiara uscì dal negozio e cominciò a passeggiare lentamente per le vie del centro. Guardava le vetrine, rispondeva ai saluti dei passanti, si godeva il tepore di quell’ora preserale. Nella piazzetta della chiesa di San Francesco, cuore della Cassanico antica, Chiara scorse da lontano gli amici di sempre. Erano raggruppati all’angolo, chi appoggiato al bordo della fontana, chi seduto sulla solita panchina: tre o quattro compagne di scuola e alcuni ragazzi dell’Istituto tecnico. Si conoscevano da anni ed erano cresciuti insieme. All’età di Cecilia avevano fatto anche loro interminabili scampagnate. Adesso che erano grandi, preferivano la vita di città, le ore a chiacchierare e a ridere di tutto e le soste al baretto dietro il municipio. Chiara intravide Luigi, che tutti chiamavano “Topo Gigio” per i denti in fuori e le orecchie a sventola; Adriana, la più ribelle della compagnia, con i suoi capelli arruffati e rossi come il fuoco; Stefano il bello, che faceva sempre strage di cuori ma non si decideva mai a scegliersi una ragazza; Roberto, che si portava sempre dietro sua sorella Roberta, e tutti li prendevano in giro chiamandoli “i Roberti”. Poi 18


c’era “la Raffaellonaâ€?, settanta chili di simpatia e buon umore, e Alessandra, una brunetta timida e silenziosa, ma dolcissima e disponibile con tutti. Invece, mancava Marcella... Appena le tornò in mente l’amica, Chiara pensò che forse in quello stesso istante, a pochi chilometri da lĂŹ, un tale prendeva per mano Marcella, la conduceva dietro a un tiglio e la baciava “abbracciandola tuttaâ€?. Subito provò un senso di apprensione, come se Marcella stesse facendo una sciocchezza e rischiasse di pentirsene. Poi, quasi senza avvedersene, lasciò che il pensiero scivolasse di nuovo su quell’espressione, “abbracciandomi tuttaâ€?, e per un momento immaginò di esserci lei, in quella situazione bellissima e terribile: quasi le pareva di sentire la durezza del tronco dietro la propria schiena, la pressione energica di un bacio speciale, il tocco di mani forti che afferravano il suo corpo. E all’improvviso provò una sensazione di vertigine, come se per un istante il sangue avesse cessato di scorrere; un’emozione brevissima e intensa, una stretta in mezzo al petto, e poi, da dentro, il calore di una mBNNBUB DIF MF BDDFTF EJ SPTTP JM WJTP 3. In riva al torrente Anche Cecilia aveva un “amico piĂš amico di tutti gli altriâ€?, Pipetto. Si trattava di un ragazzino ruspante, con i capelli a spazzola e le fossette sulle guance. Aveva da poco DPNQJVUP OPWF BOOJ FE FTTFOEP mHMJP EJ VOB GBNJHMJB DPOUBdina esercitava su Cecilia un fascino irresistibile: sapeva mungere le mucche, fare rutti che sembravano cannonate, preparare il pastone per i maiali, arrampicarsi sugli alberi con la velocitĂ di un gatto, prevedere pioggia o sereno a seconda della forma e del movimento delle nuvole, confezionare splendidi cappelli con le foglie di castagno, e mille 19


Le scostò i capelli dal viso e con dolcezza le baciò la fronte, gli zigomi, le labbra e poi ancora la fronte: una tempesta di piccoli baci che la resero radiosa.

Laura Blandino q QDWD QHO D 7RULQR Ë PRJOLH H PDGUH GL GXH ÀJOL Questo è il romanzo che avrebbe voluto leggere quand’era adolescente, ma che ancora non era stato scritto.

Euro 14,50 ISBN 978-88-97086-90-1

9 788897 086901

www.piccolacasaeditrice.it info@piccolacasaeditrice.it


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