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Su ChatGPT, gli editori scienti ci
La Rivoluzione Solo Se Conviene A Noi
La comunicazione scienti ca è stata messa sottosopra dalla rivoluzione digitale: ma anche i rivoluzionari più entusiasti diventano conservatori se temono di perdere i propri privilegi o le posizioni dominanti: sarà mica questo il caso degli editori scienti ci? Prontissimi, per convenienza, ad adottare l’innovazione, stanno reagendo in modo super prudente di fronte alla novità dell’intelligenza arti ciale generativa (che peraltro non si può dire sia esattamente una novità). ChatGPT è una straordinaria occasione per ri ettere sui valori essenziali della comunicazione – e quindi dell’editoria – e sul signi cato dell’autorialità, sul senso dell’originalità di pensiero in una rete inestricabile di connessioni, sulle opportunità che strumenti di questo tipo possono promettere – se non garantire – in termini di riduzione delle disuguaglianze nell’accesso e nella produzione di contenuti.
Una delle cose più importanti nel lavoro di un ricercatore è che il proprio studio sia scritto in modo chiaro e coinvolgente, così da trasformare i risultati della ricerca in una narrazione interessante e i numeri in dati scientifici di grande impatto. Se il disegno e la conduzione di uno studio rigoroso sono la spina dorsale di una ricerca di valore, anche la forma e lo stile della comunicazione giocano un ruolo fondamentale nell’accettazione, disseminazione e implementazione dei risultati degli studi nel contesto accademico e non solo.
Gli autori eal (english as an additional language) devono percorrere una strada decisamente in salita nel presentare i nuovi risultati in inglese, la loro seconda (e talvolta terza o quarta) lingua. Gli strumenti di scrittura e le agenzie di supporto agli autori aiutano i ricercatori a migliorare la chiarezza nell’esporre le proprie argomentazioni, a guadagnare tempo da dedicare maggiormente alla ricerca, a velocizzare la pubblicazione e ad acquisire fiducia nel proprio lavoro. Innanzitutto, questi strumenti offrono ai ricercatori eal (che sono la stragrande maggioranza nel mondo) delle condizioni di partenza più eque in cui la ricerca viene valutata in base alla qualità del contenuto e non al livello di conoscenza della lingua inglese degli autori.
ChatGPT come autore
Avi Staiman Ceo of
Dal momento in cui ChatGPT è stato lanciato a novembre del 2022, i ricercatori hanno iniziato a sperimentarne le potenzialità come supporto alla preparazione di revisioni sistematiche, per completare ricerche bibliografiche, per riassumere articoli e discutere i risultati sperimentali. Mi ha sorpreso vedere che, nell’affrontare la questione dell’uso di ChatGPT, alcuni dei grandi editori ne abbiano ignorato le implicazioni di vasta portata e le numerose possibilità, concentrandosi invece su una questione decisamente minore, vale a dire se ChatGPT possa essere considerato un autore. Comunque la loro risposta sembra più che altro una reazione impulsiva a sporadici tentativi di elencare ChatGPT tra gli autori di un articolo, tentativo che molti editori hanno voluto arginare prima che questa tendenza prendesse piede. Almeno in alcuni dei casi, questi articoli scientifici firmati da ChatGPT sembravano essere esperimenti teorici finalizzati a riflettere sui limiti della paternità e a dire qualcosa a tal riguardo. Science, Elsevier e Nature hanno rapidamente reagito, aggiornando le rispettive politiche editoriali e di pubblicazione, affermando incondizionatamente che ChatGPT non può comparire come autore in un articolo accademico. Nature si è spinta fino a descrivere ChatGPT come un “pericolo per la scienza trasparente”. Il fatto che a ChatGPT non venga concessa la paternità sembra abbastanza banale e non ha generato molte reazioni. Non sono molti i ricercatori che chiedono a gran voce di condividere l’authorship con i colleghi, per non parlare di un chatbot. Tuttavia, gli editori sembravano rispondere a una domanda che pochi si ponevano, tralasciando invece altri scenari (più importanti?) dell’utilizzo di questo strumento. I ricercatori possono o devono usare ChatGPT o altri strumenti di intelligenza artificiale nello sviluppo e nella stesura dei propri articoli? E per condurre una revisione degli studi? Per analizzare i risultati? O forse per scrivere il riassunto di un articolo già pubblicato? Queste sono le domande importanti che gli autori si pongono, laddove gli editori sembrano lasciare (troppo?) spazio alla libera interpretazione.
Tracciare dei con ni
Le case editrici che hanno affrontato questa zona grigia non hanno una posizione univoca per quanto riguarda la questione se ChatGPT possa essere utilizzato come supporto al processo di ricerca e circa il livello di dettaglio e chiarezza delle loro politiche. Dopo aver dichiarato che i non umani non possono essere considerati autori, JAMA lascia un certo margine di manovra (anche se con qualche esitazione) per l’uso di ChatGPT come assistente per la scrittura. Le linee guida chiedono agli autori di specificare nel dettaglio la natura del coinvolgimento.
Gli autori devono segnalare l’uso di in-