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L’esperienza della Regione Puglia: lo strumento

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Prospettive

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vamente raggruppati in classi di rischio per ridurre la variabilità del sistema e facilitare l’interpretazione dei risultati. Tuttavia, queste soluzioni presentano un limite evidente: se, da un lato, sono molto adatte a misurare l’intensità del bisogno assistenziale, dall’altro contengono poche informazioni utili a identificare le modalità organizzative, assistenziali o di presa in carico più adeguate alle classi individuate. Infatti, a una stessa classe di rischio possono corrispondere bisogni assistenziali e profili di patologia anche molto diversi.15 Sono assistiti senza patologie? Hanno una sola patologia cronica? Sono pazienti multicronici? Oltre alla complessità clinica presentano elementi di vulnerabilità sociale? Eppure queste informazioni sono fondamentali per programmare gli interventi, valutarne la sostenibilità economica e stabilirne la priorità. Agli elementi quantitativi (il punteggio di rischio) andrebbero affiancate informazioni di tipo qualitativo, che consentano al decisore di diversificare le strategie di intervento, identificando i soggetti che hanno una singola patologia cronica e che possono essere gestiti attraverso un PDTA semplice, oppure i pazienti multicronici, che in genere necessitano di un PDTA più strutturato e complesso, oppure i soggetti anziani, spesso multicronici, che presentano elementi di vulnerabilità sociale e che andrebbero gestiti attraverso percorsi assistenziali di tipo socio-sanitario, dopo aver definito un Piano Assistenziale Individualizzato (PAI).*

* Le differenze tra il PDTA e il PAI sono rilevanti: mentre nel caso dei Piani Diagnostico-Terapeutici Assistenziali si cerca di uniformare e standardizzare gli approcci di cura a determinate categorie di pazienti, attraverso il PAI si mira a individualizzare e quindi a massimizzare la personalizzazione degli stessi. In particolare, all’interno del PAI trovano spazio elementi di valutazione clinica, assistenziale, sociale, psicologica e linguisticocomunicativa, tutti integrati e condivisi con il nucleo familiare e/o con i caregiver del paziente, in modo da garantirne quanto più possibile l’empowerment, che costituisce un processo attraverso il quale le persone possono acquisire un maggiore controllo sulle decisioni e sulle azioni che riguardano la loro salute.

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