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Un punto (in)fisso contro la liquefazione

Intervista all’ingegner Vincenzo Colella, direttore tecnico dell’azienda che ha sviluppato la ricerca sull’impiego efficace dei pali prefabbricati per contrastare il fenomeno del discioglimento dei terreni

Ne ha parlato addirittura un organo informativo di massima autorevolezza economica come Il Sole 24 ore, mentre lo staff comunicativo di Assobeton ha approfondito gli aspetti pratici e risolutivi di una tecnica innovativa ed efficace nel contrasto alla liquefazione dei terreni. Ci riferiamo allo studio che Geofondazioni - impresa associata alla stessa Assobeton - sta conducendo a livello nazionale per proporre una soluzione efficace a un fenomeno che condiziona in modo sensibile gli insediamenti urbani e industriali, oltre che la tenuta complessiva del suolo, in molte aree del nostro paese. L’ingegner Vincenzo Colella, responsabile dell’ufficio tecnico di Geofondazioni e, nel caso specifico, partner tecnico della ricerca in corso, è stato intervistato nell’ambito di un report curato dal team di comunicazione di Assobeton. Il risultato, riportato di seguito, è la rivelazione di uno sviluppo tecnologico importante e foriero di risultati, nell’ambito delle pratiche più avanzate di consolidamento dei terreni, attraverso l’impiego dei pali prefabbricati.

Ingegner Colella, lo studio che state conducendo con l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e le Università di Chieti-Pescara e Padova riguarda un fenomeno, quello della liquefazione dei terreni, che in Italia è visto dall’opinione pubblica più come un “fenomeno curioso” che come un vero e proprio problema. Di quale rischi stiamo parlando, invece, per molte aree della nostra Penisola?

La liquefazione del suolo a seguito di terremoti è stata osservata molte volte in tutto il pianeta; ricordiamo le spettacolari immagini arrivate da Kobe, in Giappone, nel 1995 oppure quelle giunte da Christchurch, in Nuova Zelanda, nel 2010 e nel 2011. Il fenomeno della liquefazione si è presentato, nell’ultimo ventennio, anche in Italia. Durante il terremoto dell’Emilia, nel maggio del 2012, si sono verificati numerosi episodi di liquefazione del suolo nelle campagne del Ferrarese, e anche in alcune aree della piana dell’Aquila, dopo il terremoto dell’aprile 2009.

Cosa ha spinto Geofondazioni ad avviare questa collaborazione con le due università e con l’INGV?

Vale la pena inquadrare il problema con un semplice esempio esplicativo. Durante un evento sismico, lo scuotimento del terreno saturo d’acqua genera un incremento di pressione dell’acqua stessa. Ne consegue una riduzione delle pressioni di contatto intergranulari presenti normalmente nel terreno, fino, al limite, a portare i grani di sabbia in condizione di “galleggiamento”.

È un po’ come sostenere che in questa fase le sabbie diventano simili a delle sabbie mobili, nelle quali il terreno perde la sua capacità di resistenza e le strutture soprastanti collassano.

La verifica alla liquefazione delle sabbie è uno degli aspetti obbligatoriamente trattati nelle relazioni geologiche e in quelle geotecniche. Si tratta di una considerazione indispensabile ai fini del dimensionamen- to di un’opera di fondazione. L’esigenza di interpretare in maniera critica le conclusioni esposte in tali relazioni, sommata alla curiosità volta alla conoscenza del problema, mi ha spinto a leggere una gran parte delle numerose pubblicazioni presenti in letteratura. È doveroso precisare che alla sperimentazione ha partecipato, dagli Stati Uniti, anche il professor Kyle Rollins della Brigham Young University di Provo, nello Utah, ritenuto uno dei massimi esperti nel- la tecnica del blast test, che consiste nel far brillare in profondità una serie di cariche esplosive in modo da indurre il fenomeno della liquefazione e studiarne gli effetti.

Dalle prove effettuate, si evince che l’infissione per gruppi di pali limita notevolmente gli effetti della liquefazione. I pali possono quindi essere considerati come una sorta di “sistema di difesa“ dalla liquefazione?

Nel caso di una fondazione su pali in gruppo (rientrano in tale ambito le fondazioni su plinti o su platee) gli effetti della liquefazione possono essere assimilati ad un carico aggiuntivo assorbibile solo mediante l’impiego di pali di maggior lunghezza. Per ridurli, si può ricorrere a differenti tipologie di interventi mitigatori. La prima riguarda l’inserimento nel terreno di sistemi di drenaggio che agevolano la dissipazione della sovrappressione dell’acqua - una tecnica che tuttavia non risolve l’aspetto fondazionale nel momento in cui si rende necessario il ricorso ai pali. Possiamo considerare, in alternativa, l’impiego di tipologie di palo che per le modalità di realizzazione o messa in opera producono un addensamento nel terreno (si parla di pali a dislocamento laterale), in grado di contrastare la sovrappressione dell’acqua. Altri effetti hanno invece i pali singoli, che non influiscono significativamente sulla liquefazione, ma che possono comunque salvare la struttura che poggia su di loro.

L’edificio che è insediato sui pali si trasforma quindi in una sorta di palafitta. Nello studio che state conducendo, viene considerato anche questo effetto?

Si, nella nostra sperimentazione abbiamo constatato che i pali isolati non sono in grado di mitigare i fenomeni di liquefazione; abbiamo monitorato il loro comportamento durante la liquefazione e abbiamo riscontrato che, nonostante la forte riduzione della capacità di portata, sono in grado di rispettare il requisito della salvaguardia della vita: vale a dire la struttura potrebbe non essere più utilizzabile una volta terminato l’evento sismico, ma ha comunque conservato un margine di sicurezza nei confronti del collasso.

Pali prefabbricati in calcestruzzo, pali gettati in opera, pali in acciaio, pali in legno, pali in sabbia: nello studio sono state considerate anche altre tipologie di palo? In quali aspetti i pali prefabbricati in calcestruzzo risultano vincenti rispetto alle altre soluzioni?

La ricerca condotta è risultata decisamente impegnativa e ha riguardato solo i pali prefabbricati. A tal proposito, riprendendo il concetto affrontato in merito alla ca- pacità di un palo di addensare il terreno, si evidenzia che i prefabbricati sono in assoluto i pali con il maggior dislocamento laterale; in particolare, nel corso della sperimentazione abbiamo avuto modo di constatare una maggiore capacità di addensamento nei pali troncoconici rispetto a quelli cilindrici. Esistono in letteratura abachi che permettono di quantificare l’addensamento indotto dall’esecuzione di pali del tipo gettato in opera, dunque di altre tipologie, che tuttavia hanno delle rilevazioni sperimentali fatte in laboratorio, in piccola scala. La sperimentazione che abbiamo eseguito, invece, è la prima, con pali prefabbricati, condotta su scala reale. Con i risultati ottenuti stiamo provando a definire delle leggi di addensamento legate alla geometria dei pali e all’energia impiegata per la loro infissione. Si tratta, dunque, di leggi specifiche per questa tecnologia.

A quando i risultati finali dello studio? Confluiranno nelle normative di prossima generazione?

Con l’Università di Chieti-Pescara e con la Brigham Young University dovremmo essere in dirittura d’arrivo per l’esposizione dei risultati ottenuti sul gruppo di pali e sui pali isolati nei confronti del processo di mitigazione della liquefazione; a breve dovrebbero uscire pubblicazioni su riviste internazionali di geotecnica. Con l’Università di Padova è in corso lo studio dell’addensamento prodotto da una palificata, finalizzato all’individuazione di relazioni analitiche previsionali utili ai progettisti; per questa attività siamo a buon punto, ma non sono in grado di fare previsioni. Il desiderio è di sicuro quello di ottimizzare la progettazione; dal punto di vista della normativa vi è un duplice auspicio. Dal punto di vista geotecnico, in particolare nel campo dell’uso dei coefficienti di sicurezza parziali prescritti per la riduzione della stima della capacità di portata, evitare che alcune tipologie di palo gettato in opera, in quanto non espressamente citate, possano essere equiparate ai prefabbricati infissi. Sotto il profilo esecutivo, non si denota alcun vantaggio, in confronto ai pali gettati in opera, e ciò è collegato al fatto che si tratta di elementi prefabbricati assoggettati a rigorose procedure di controllo.

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