Mensile Valori n.28_2005

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Anno 5 numero 28. Aprile 2005. € 3,00

Mensile di economia sociale e finanza etica

STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

Inserto speciale > Terra futura

Fotoreportage > Discariche

Dossier > Lobbies, think tank e scrittori contro l’ecologia

Ambiente nel mirino Finanza etica > Conto Arancio, conto armato? Le accuse dal Belgio Brasile > L’equilibrismo di Lula tra le promesse e la difficile realtà India > Università degli scalzi: tecnologia, partecipazione e povertà Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento


| editoriale |

Beni comuni

nuovi Valori di ricchezza

di Wolfgang Sachs

G terra futura L’AUTORE Wolfgang Sachs

è una delle figure più conosciute del movimento ambientalista a livello internazionale. Laureato in sociologia, storia e teologia nelle Università di Monaco, Tubingen e Berkley, Wolfgang Sachs ha caratterizzato la sua carriera accademica occupandosi di sviluppo. È autore di innumerevoli pubblicazioni e saggi, tra i quali ricordiamo solamente Archeologia dello sviluppo, Futuro sostenibile, Ambiente e giustizia sociale: i limiti della globalizzazione. Dal 1993 al 2001 è stato presidente di Greenpeace Germania. Attualmente è direttore dell’Istituto Wupperthal per il Clima, l’Energia e l’Ambiente ed è presidente del comitato dei garanti di Terrafutura.

HANDI DICEVA CHE IL MONDO È ABBASTANZA RICCO PER SODDISFARE I BISOGNI DI TUTTI,

ma non lo è per soddisfare l’avidità di ciascuno. La ricchezza che conosciamo è strutturalmente oligarchica, e non può essere democratizzata se non sacrificando la Terra. Ecco perché la lotta alla povertà deve essere riconvertita in lotta alla ricchezza, perché la povertà non é più combattibile sul piano dell’emancipazione materiale degli esclusi (i limiti allo sviluppo non lo permettono) ma sulla revisione del modello di sviluppo stesso che crea una ricchezza elitaria. Parlare di beni comuni significa cominciare ad aprire gli occhi, cancellare l’auto accecamento che non permette di osservare il mondo con lenti diversi da quelle del prodotto interno lordo e del reddito pro capite. Riuscire a proporre altri parametri per misurare la ricchezza significa innanzitutto ripensare il ruolo della fiscalità e della spesa pubblica. Se non partiamo da questi temi non riusciamo a intervenire concretamente, a ridefinire la competitività tra economie e paesi che altrimenti rischia di schiacciare qualsiasi dibattito e intervento concreto. È questa la nuova pregiudiziale: dare un nuovo indirizzo alla competizione partendo dalle risorse disponibili. Qual è la vera ricchezza pubblica, come possiamo gestirla e coltivarla? Queste sono le domande alle quali dobbiamo dare risposte chiare, cominciando dalla cancellazione delle spese militari. Il resto viene di conseguenza. Bisogna dare un nuovo indirizzo al progresso tecnologico, che deve essere finalizzato all’alleggerimento della produzione. Usiamo troppe risorse naturali per unità di prodotto, mentre si tratta di puntare sull’eco-efficienza attraverso la distinzione tra produzioni durevoli e produzioni biodegradabili, queste ultime da promuovere. L’attuale modello di sviluppo ha bisogno di sempre meno gente per la sua riproduzione, ovvero il mondo contemporaneo si trova di fronte a milioni di persone superflue che pongono problemi di sostenibilità e di stabilità. Si pone insomma un problema di ridistribuzione dell’attività lavorativa, puntando a ristabilire la sovranità dell’Uomo sul tempo, che deve poter scegliere di scambiare reddito per qualità della vita. Questo significa ripensare l’organizzazione del lavoro, puntando ad una distinzione tra il lavoro remunerato, le attività di impegno civile e le attività di sussistenza. Ma anche sul fronte dei sistemi economici bisogna far entrare nei luoghi della globalizzazione nuovi modelli produttivi, capaci di regionalizzare ed umanizzare la produzione (“attività di regional sourcing” e di “regional marketing”), puntando anche a economie di riciclaggio e di riparazione. È indispensabile orientare il modello produttivo attraverso il consumo critico, perché il prodotto non ha solo un prezzo ma anche una biografia. Il consumo critico ha la capacità di promuovere le produzioni eticamente sostenibili.

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| sommario |

marzo 2005 mensile www.valori.it

anno 5 numero 27 Registro Stampa del Tribunale di Padova n. 1743 del 27.04.2001 editore

Cooperativa Editoriale Etica s.c.a r.l. Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Ecor, Federazione Trentina delle Cooperative, Axia, Publistampa, Rodrigo Vergara consiglio di amministrazione

Sabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it) collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone

Vivere in discarica, cercando tra i rifiuti quanto può servire per sopravvivere. Una realtà poco nota. La quotidianità di migliaia di persone.

Nigeria, 2002

bandabassotti

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fotoreportage. Discariche

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dossier. Ambientalismo sotto tiro

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Dopo Lomborg, arriva Crichton

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Disinformazione ambientale [INTERVENTO DI WALTER GANAPINI ]

22

«Si può creare un nuovo business eco-compatibile» [INTERVISTA A GUNTER PAULI ]

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finanzaetica

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Sabina Siniscalchi (siniscalchi@valori.it)

La nuova povertà in Italia

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direttore responsabile

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it)

«Una povertà diffusa e nuovi rischi per i minori» [INTERVISTE A FRANCESCA ZAJCZYK E DAVID BENASSI ] 30

redazione (redazione@valori.it)

Conto Arancio, conto armato?

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Via Copernico, 1 - 20125 Milano Francesco Carcano, Sarah Pozzoli Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto

bruttiecattivi

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inserto speciale. Terra futura

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direttore editoriale

diario

STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

valori

progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Adriana Collura (infografica)

internazionale

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Stuart Franklin, Alex Majoli (Magnum Photos / Contrasto)

Brasile: la difficile scommessa di Lula [INTERVISTE A SIMONA BERETTA E EMIR SADER ]

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stampa

Unrwa, l’Agenzia Onu per i profughi palestinesi

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macroscopio

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economiasolidale

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L’esperienza partecipativa della Università degli scalzi in India

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«Il potere delle lobby sulla politica europea» [INTERVISTA A RAOUL MARC JENNAR ]

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fuorigiri

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stilidivita

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altrevoci

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numeridivalori

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fotografie

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento) abbonamento

10 numeri 25,00 euro ˜ sostenitore 50,00 euro come abbonarsi I

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| bandabassotti |

bancarotte familiari

Bush cambia le regole la finanza esulta di Andrea Di Stefano

NA GRAVE MALATTIA. LA PERDITA DEL POSTO DI LAVORO. IL DIVORZIO. Sono alcune delle cause principali della bancarotta familiare, un fenomeno sempre più comune negli Stati Uniti. Lo scorso anno 1,6 milioni di famiglie statunitensi hanno gettato la spugna sotto il peso dei debiti contratti per il mutuo, gli acquisti a rate con le carte di credito, le spese mediche inaspettate. Per i vertici di Bank of America, Capital One Financial, Morgan Stanley, Citigroup e MBNA (il più grande emettitore indipendente di carte di credito in Usa) una nuova legge sulle bancarotte personali era un imperativo categorico: da otto anni queste istituzioni finanziarie premono sul congresso e la Casa Bianca perché metta mano ad una riforma di ampio respiro. George W. Bush li ha accontentati: lo scorso 11 marzo il Congresso ha definitivamente approvato il nuovo bankruptcy bill. Secondo tutti gli osservatori si tratta di una riforma radicale: d’ora in poi le famiglie in bancarotta potranno essere chiamate a rimborsare in parte o interamente i loro debiti se i redditi risultano superiori alla media dello stato dove vivono. Due emendamenti che escludevano da questa nuova procedura i fallimenti famigliari dovuti a problemi di salute non sono passati. E il sistema finanziario, che ha beneficiato di un incremento dell’indebitamento personale pari a 15 volte dal 1980 al 2004, esulta. Lo scorso anno l’ammontare complessivo delle bancarotte familiari negli Stati Uniti è stato pari a 60 miliardi di dollari. Secondo uno studio della Harvard University metà dei 1.458.000 fallimenti registrati nel 2004 sono stati prodotti dalle spese sanitarie. L’analisi evidenzia che le medical bankruptcies coinvolgono ogni anno oltre Metà dei fallimenti due milioni di americani, considerando i titolari dei fallimenti e i loro che ogni anno colpiscono famigliari, tra i quali 700.000 bambini. Gli economisti di Harvard oltre 1,5 milioni di americani sono prodotti dalle spese segnalano il dato sorprendente che più di due terzi di queste per le malattie non coperte famiglie erano assicurate quando è iniziata la malattia: il 38% dalle assicurazioni ha successivamente perso la copertura e nella maggior parte dei casi le polizze non sono state sufficienti a coprire le spese mediche. La maggior parte dei falliti appartiene alla middle classe: il 56% era proprietario di casa e mandava i figli al college ma di fronte ad una malattia grave, per esempio l’insorgenza di un cancro e la perdita del posto di lavoro, la situazione è immediatamente degenerata. L’indagine condotta dalla Harvard Law School e Harvard Medical School è la più approfondita mai realizzata negli Stati Uniti sulle medical bankurpcties ed è stata resa possibile dalla collaborazione dei tribunali fallimentari della California, Illinois, Pennsylvania, Tennessee e Texas: oggi il sistema sanitario, basato sulle assicurazioni private, offre una protezione molto limitata in caso di gravi malattie. Mediamente le spese rimborsate raggiungono al massimo la cifra di 13.460 dollari mentre le persone affette da un cancro si ritrovano con debiti per 35.878 dollari. Ma neppure questi dati dell’Harvard University hanno fatto cambiare idea alla maggioranza repubblicana e alla Casa Bianca: chi fa bancarotta deve essere chiamato a rimborsare almeno in parte i propri debiti. Altrimenti si contribuisce ad alimentare una prassi truffaldina che, secondo i sostenitori della nuova legge, porta molti a fare spese sapendo di poter poi dichiarare bancarotta senza conseguenze. Nessun cenno alla situazione disastrosa della sanità Usa, soprattutto all’incredibile gigantesca truffa perpetrata dalle grandi case farmaceutiche: negli ultimi due anni le big pharma sono state costrette a rimborsare complessivamente 2,46 miliardi di dollari a Medicair e Medicaid per manipolazioni sui prezzi dei farmaci.

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novamont

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> Discariche

STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

| fotoreportage |

foto di Stuart Franklin / Magnum Photos / Contrasto

Per cercare di sopravvivere raccolgono materiali recuperabili e avanzi di cibo dalle discariche. Nel Sud del mondo, come testimonia il reportage di Magnum, sono numerose le baraccopoli sorte attorno alle discariche. Le “montagna fumanti” incombono sulla vita disperata di chi vi cerca la salvezza dalla povertà.

ayatas a Quezon City, nella periferia di Manila, è una baraccopoli dove vivono oltre 25.000 persone. La sua particolare caratteristica è quella di essere sorta sul pendio di una collina di rifiuti. Le chiamano “Montagne fumanti”, adulti e bambini vivono della discarica cercando materiali di recupero da rivendere. Nel luglio 2000 la collina franò, uccidendo oltre duecento abitanti. Paradise Village, nella zona nord della capitale delle Filippine, è un’altra comunità sorta su un acquitrino spesso soggetto ad allagamenti e sotto ad una delle discariche che circondano la città. La abitano, tra rischi continui e epidemie, oltre trentamila persone. “Dumpsite Catmon”, la discarica su cui è stato costruito un vero e proprio villaggio sovrasta Paradise Village. Un giorno, ne sono certi gli abitanti, la montagna crollerà. Fino ad allora si scava tra i rifiuti per cercare di sopravvivere. La discarica come luogo di malattia e morte e come quotidiana speranza di vita nel ventunesimo secolo. Il traffico di rifiuti tossici e nocivi dai paesi industrializzati verso il sud del mondo è proseguito in varie forme fino agli anni Novanta. L’incremento delle produzioni nel sud del mondo destinate all’esportazione ha incentivato un meccanismo di crescita all’eccesso della popolazione delle capitali del sud, prive di infrastrutture sanitarie e abitative che ha creato enormi squilibri nella gestione dei rifiuti sia quelli urbani, prodotti da milioni di persone, sia quelli derivanti dalla produzione industriale. Secondo Wolfgang Sachs «il vecchio principio della termodinamica secondo cui la produzione genera sia ricchezza sia rifiuti appare sempre più evidente. E insieme alla globalizzazione della produzione di ricchezza anche la produzione di rifiuti si stringe sul pianeta». Rifiuti urbani di cui sopravvivere, rifiuti tossici che avvelenano le acque e provocano malattie in regioni dove la medicina spesso è ancora assente o può intervenire solo per constatare un incremento anomalo di tumori. Il maremoto che ha sconvolto l’Oceano Indiano ha trasportato fino sulle coste africane delle scorie tossiche, fusti di rifiuti pericolosi che probabilmente si pensava il mare avrebbe trattenuto e nascosto. I racconti dei pescatori della Somalia, dove ora sono giunti questi residui, riferiscono ormai da alcuni anni di mali inspiegabili, febbri improvvise, malattie mortali. L’Unep, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Ambiente, dopo aver tenuto nel cassetto per oltre otto anni un rapporto che invitava sulla base di testimonianze a investigare sul dumping nelle coste somale, denuncia ora il fenomeno reso visibile dallo spostamento dei fondali marini dopo lo Tsunami. Il dumping si sarebbe intrecciato per anni con gli affari torbidi dei signori della guerra, disposti a tollerare tonnellate di rifiuti esportate dagli occidentali ottenendo in cambio denaro e nuove armi per proseguire la guerra civile.

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Manila. Tra i rifiuti delle“Montagne Fumanti”.

L’AUTORE

Filippine, 1988

Stuart Franklin Nato a Londra nel 1956, si è laureato in fotografia al West Surrey College e in geografia all’Università di Oxford. Ha iniziato a lavorare per l’agenzia Sygma come reporter a partire dal 1981. Nel 1985 è entrato a far parte della scuderia Magnum, di cui è ancora membro. Instancabile viaggiatore, ha realizzato reportage in tutto il mondo pubblicati da riviste quali “Geo” e “National

Geographic”. La sua fotografia della rivolta studentesca in piazza Tien An Men nel giugno 1989 con l’immagine di un ragazzo in piedi davanti a una fila di carri armati, è stata premiata con il World Press Award ed ha fatto il giro del mondo per la forza del suo messaggio. Premio Tom Hopkinson per il fotogiornalismo, ha realizzato un reportage nel Sahel colpito dalla carestia che ha ricevuto numerosi riconoscimenti.

Dal 1990 ha realizzato numerosi reportage per il National Geographic in America Centrale e del Sud. Autore nel 1999 di un volume pubblicato in Italia da Leonardo Arte sugli alberi, ha in seguito realizzato reportage sulla Cina e in Asia. Il più recente volume di Stuart Franklin, “The Dynamic City: Travel Through The Metropolises Of The Third Millennium”, è stato pubblicato dalla casa editrice Electa nel 2003 ed esamina l’evoluzione

della quotidianità nel contesto urbano. Attualmente è impegnato nella realizzazione di reportage per il National Geographic e in un progetto sul mutamento del clima. Volumi pubblicati: Il tempo degli alberi Editore Leonardo Arte, 2000 The Dynamic City: Travel Through The Metropolises Of The Third Millennium Editore Electa, 2003 |

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> Discariche |

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| fotoreportage |

Lagos. La discarica di Olososua accoglie ogni giorno oltre mille camion di rifiuti. Aperta come soluzione al problema dei rifiuti che riempivano le strade della città , è un luogo dove centinaia di persone cercano tra i cumuli di spazzatura oggetti da vendere o alimenti recuperabili.

Nigeria, 2002

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> Discariche

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| fotoreportage |

Manila. La capitale conta tredici milioni di abitanti, di cui otto nelle periferie dove le discariche sono luoghi in cui cercare di sopravvivere.

Filippine, 1988

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| fotoreportage |

Pechino. Nelle discariche cinesi sono arrivati rifiuti illeciti anche dall’Italia.

Cina, 2000

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Dall’ambientalista scettico a Crichton >20 Ecodisinformazione>22 L’utopia concreta di Gunther Pauli>24 a cura di Andrea Di Stefano e Sarah Pozzoli

STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

dossier

Il secondo anello stradale di Pechino. Se tutti i cinesi dovessero avere l’automobile presto l’inquinamento raggiungerebbe livelli insostenibili.

Cina, 1998

Attacco frontale

Ambiente nel mirino Think tank conservatori, lobbies industriali e finanziarie, gruppi d’interesse cercano di minare la scientificità delle ricerche sullo stato di salute dell’ambiente.

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| dossier | ambiente nel mirino |

| ambiente nel mirino |

Dopo Lomborg arriva Crichton: tutte le armi contro il principio di precauzione

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el mirino. Ambientalisti, scienziati, giornalisti, attori. E persino finanzieri che negli ultimi anni hanno dato sostegno alla ricerca e indagine scientifica. Un dispiegamento di forze come non si vedeva da tempo. Con un unico obiettivo: l’ambientalismo, gli studiosi che si occupano di tematiche ambientali, i ricercatori che analizzano i grandi fenomeni riconducibili ai cambiamenti climatici. Prima era stata la volta dello statistico danese Bjorn Lomborg, autore de L’ambientalista scettico. Il primo tentativo di mettere in discussione alla radice l’ambientalismo come una branca delle scienza, come un perimetro ben preciso nel quale operare e rispondere alle soluzioni di crescenti problemi causati dall’interazione tra l’uomo e la natura.

LIBRI

LIBRI

Michael Crichton State of fear Harper Collins Publishers, 2004

Bjorn Lomborg L’ambientalista scettico Non è vero che la Terra è in pericolo Mondadori, 2003

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Grazie ai finanziamenti dell’Accademia danese delle scienze Lomborg ha messo in discussione non solo i più recenti studi sui cambiamenti climatici ma anche i dati sullo stato di salute del pianeta. Che, diversamente dal catastrofismo degli ambientalisti, secondo lo statistico danese non sta bene, sta benissimo, come meglio non potrebbe essere stato negli ultimi secoli. Il volume ha un discreto successo ma non riesce a intaccare la validità di ricerche e analisi, condotte e in corso, sui cambiamenti climatici e sugli effetti prodotti dall’immissione nell’atmosfera terrestre di centinaia di sostanze inquinanti. È però sufficiente per dare il via libera a quella che si preannuncia come una vera e propria campagna, un azione coordinata e concentrica per

Ma dietro il romanziere c’è l’ombra, neppure tanto nascosta dei circoli della destra statunitense. Un modello che si farà strada anche nel nostro Paese?

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«LA CO2? POMPIAMOLA SOTTO IL DESERTO DEL SAHARA»

LA GIORNATA AMBIENTALMENTE CONSAPEVOLE

LA CARBON SEQUESTRATION DIVIDE IL MONDO SCIENTIFICO. Ma Bp ha già iniziato a immagazzinare milioni di tonnellate in Algeria. Come ci si disfa delle emissioni di anidride carbonica senza spendere troppo? Il colosso petrolifero Bp un modo lo ha trovato: le inietta sottoterra. Al centro del deserto del Sahara, in Algeria, a circa 160 chilometri dal primo luogo abitato, il gruppo britannico ha speso 100 milioni di dollari per un impianto che cattura la CO2 e la pompa sotto il suolo (a una profondità di circa 1,6 chilometri). L’intenzione è di mettere in questo “magazzino” circa 1 milione di tonnellate di emissioni all’anno (più o meno quelle prodotte annualmente da 100mila gipponi) per i prossimi 20 anni. «È il modo meno costoso per abbattere le emissioni che conosciamo», ha dichiarato Iain Wright, il responsabile del progetto. La “carbon sequestration” (così viene definito il procedimento dai tecnici) di Bp è ancora in fase sperimentale ma un po’ tutte le compagnie energetiche lo stanno guardando con molto interesse. Soprattutto quelle europee perché con l’entrata in vigore del protocollo di Kyoto (il 16 febbraio scorso) sono obbligate a rispettare dei tetti di emissione fissati dai piani nazionali (peraltro in Italia il piano è ancora in attesa di approvazione da parte di Bruxelles). Ma anche quelle americane, perché nonostante la mancata adesione di George W. Bush al protocollo, ritengono che prima o poi verrà anche la loro ora. Ma gli aspetti controversi di questo sistema – a cui stanno lavorando oltre a Bp anche la compagnia norvegese Statoil sotto il letto del Mare del Nord e Chevrontexaco in Australia fuoricosta, mentre Ue e Usa stanno spendendo decine di milioni di dollari nella ricerca – non sono di poco conto. La principale preoccupazione riguarda la sicurezza. Nel 1986 – ricordano gli oppositori della carbon sequestration - anidride carbonica e altri gas che esistevano naturalmente sotto un lago vulcanico in Camerun fuoriuscirono improvvisamente, asfissiando 1.700 persone che abitavano nelle vicinanze. I geologi di Bp hanno ribattuto che la riserva dove stanno iniettando le emissioni è sigillata meglio di un vulcano. Ma hanno ammesso che ci sono delle incertezze. «Niente è sicuro al 100% - hanno detto - ma abbiamo fatto tutto quello che potevamo per mitigare il rischio». La “carbon sequestration” divide anche gli ambientalisti. Sicurezza a parte, molte associazioni verdi sono contrarie perché temono che lo sviluppo di questo sistema distolga attenzione e soldi dalle energie alternative (soprattutto solare ed eolica) e alle tecnologie per un uso più efficiente dell’energia. C’è invece chi non lo ostacola. «Dobbiamo iniziare a tagliare le emissioni inquinanti senza aspettare il momento in cui si potrà fare a meno dei combustibili fossili – ha detto David Hawkins, direttore del centro sul clima dell’associazione americana Natural resources defense council. Insomma, il dibattito è aperto. s.p.

distruggere alle fondamenta le basi scientifiche dell’ambientalismo, seminare il dubbio, diffondere nell’opinione pubblica la sensazione che gli allarmi lanciati sugli effetti dei cambiamenti climatici (ma anche sugli effetti negativi sulla salute umana di sostanze chimiche, ormoni della crescita, manipolazioni genetiche) possano essere il frutto del protagonismo di alcuni docenti universitari e non l’esito di ricerche e analisi imparziali. Dietro le quinte di questa azione appare la firma, neppure tanto celata, di alcuni grandi interessi economico finanziari. Imprese in grado di dettare la politica estera delle più grandi potenze mondiali. Conglomerate che negli ultimi tre anni hanno realizzato fantastiliardi di utili grazie alle tensioni geopolitiche seguite all’attentato dell’11 settembre. Stiamo parlando delle grandi corporation petrolifere, le stesse messe sotto accusa persino dal presidente dell’Accademia delle Scienze britannica che ha pubblicamente

ORE 8.00 Tragitto 10 km casa-ufficio Mezzi pubblici anziché auto -1,83 kg CO2

ORE 9.00 Ascensore o scale Salita in ufficio a piedi -0,1 kg CO2 Lavoro Risparmio 50 fogli carta A4 -0,35 kg CO2 Ascensore o scale in ufficio Discesa e risalita a piedi - 0,2 kg CO2

ORE 12.00-13.00 Pausa pranzo Spegnimento Pc, stampante -0,17 kg CO2 e fotocopiatrice Pausa caffè Stoviglie non usa e getta - 0,33 kg CO2 Raccolta differenziata -0,6 kg rifiuti in discarica - 0,39 kg CO2

ORE 18.00 Ascensore o scale Discesa dall’ufficio a piedi -0,1 kg CO2 Tragitto 10 km Casa-Ufficio Mezzi pubblici anzichè auto - 1,83 kg CO2 RISPARMIO TOTALE In un giorno In un mese

- 5,2 kg CO2 - 104,0 kg CO2

parlato dell’azione di lobbies per far cambiare linea al governo Blair in materia di cambiamenti climatici. In questo contesto si muovono con grande attivismo diversi think tank, gruppi di discussione formati da intellettuali, politici, scienziati, finanzieri, la “crema” della società, i padroni della conoscenza, il cui compito principale è produrre documenti, libri, dibattiti, idee e programmi per il mondo della politica. I più famosi sono i think tank neo con, cioè neo conservatori, che negli ultimi trentanni hanno costruito le fondamenta teoriche, o forse sarebbe meglio dire ideologiche, per l’affermazione della destra. Alcuni nomi: L’American Enterprise Institute, The Indipendent Institute, il Manhattan Institute, il National Center for Policy Analysis. Sono le stesse strutture che si sono distinte nella demolizione dello stato sociale, del ruolo pubblico nell’economia, a favore del bellicismo e isolazionismo statunitense e nell’affermazione crescente di slo-

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ALLEANZA MONDIALE PER IL CLIMA IL FORUM MONDIALE DI PORTO ALEGRE si è chiuso con un appello nel quale energia e clima erano tra i punti condivisi tra i gruppi firmatari proponendo un «contratto mondiale per l’energia e per il clima», come è già avvenuto per l’acqua. «L’energia è un diritto alla vita e un bene comune. La lotta contro la povertà e il cambiamento climatico esigono che l’energia sostenibile sia tra le priorità delle iniziative e delle campagne dei movimenti», si legge nell’appello. Il contratto sostiene che entro il 2050 i consumi pro capite da fonti non rinnovabili devono scendere sotto la soglia di 1 tep (tonnellata equivalente di petrolio) in tutti i paesi del mondo. «Una sfida che può essere vinta solo se fin da subito si punta su fonti rinnovabili, risparmio energetico, distribuzione equa delle risorse, rallentamento progressivo della crescita economica», dice uno dei firmatari del contratto, Mario Agostinelli, responsabile Enea del progetto per la mobilità sostenibile. «L’affermazione più coraggiosa e rivoluzionaria del contratto continua Agostinelli - è che un sistema perfettamente sostenibile è un sistema a crescita zero, ottenuto diminuendo consumi e produzioni dei ricchi e alzando quelli dei poveri». Il “contratto” sostiene che solo producendo elettricità e calore con risorse solari e usando l’energia prodotta con intelligenza ed efficienza è possibile garantire a tutti energia e combattere la povertà, fermare i cambiamenti climatici e l’inquinamento dell’aria, garantire democrazia e partecipazione perchè sole, vento e biomasse sono fonti distribuite sul territorio, non monopolizzabili come il petrolio, il carbone, il metano e il nucleare. Gli obiettivi perseguiti dalle associazioni che sottoscrivono questo manifesto sono: 1) produrre azioni per garantire a tutti l’accesso all’energia; 2) produrre azioni per la realizzazione del protocollo di Kyoto e costruire le condizioni per un nuovo protocollo che impegni i Governi a realizzare entro il 2050 una riduzione delle emissioni del 80% rispetto a quelle del 1990; 3) promuovere un modello energetico che consideri l’energia non come una merce, ma come un bene comune e un diritto; 4) promuovere un nuovo modello di trasporti più collettivo e intermodale, che favorisca l’utilizzo di mezzi di trasporto innovativi nei sistemi di alimentazione (modelli ibridi ed elettrici) e nei carburanti (biocarburanti ed idrogeno verde prodotto da fonti rinnovabili).

Gran parte delle “teste pensanti” citate nel volume appartengono allo stesso salotto neo conservatore Usa, il Science and Environment Policy Project | 20 | valori |

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gan ideologici per la libertà di mercato e di scelta. È questo il terreno di cultura nel quale è stato prodotto in vitro il nuovo romanzo di Crichton? Prima di rispondere, una breve ricostruzione della trama di State of fear, anche se gli appassionati di gialli troveranno la nostra scelta inaccettabile. Un gruppo di ambientalisti fondamentalisti per avvalorare la tesi del riscaldamento del pianeta manipolano i dati, ordinano e eseguono omicidi e innescano una serie di finti cataclismi. Con gli ambientalisti criminali sono schierati tutti i personaggi cattivi: un multimiliardario filantropo finanziatore del movimento ambientalista (Gorge Soros), l’attore protagonista di serial televisivi in cui impersona il Presidente degli Stati Uniti (Martin Shhen), il leader ambientalista che per garantire il successo mediatico della sua conferenza scatena le catastrofi (Ralph Nader). Gli eroi positivi, guidati da uno scienziato del MIT che è anche una sorta di 007 esperto di antiterrorismo, si sbattono da un angolo all’altro del pianeta per evitare all’ultimo minuto il distacco di un iceberg in Antartide, un’alluvione nel parco naturale dell'Arizona che rischia di travolgere comitive di scolaresche e scouts, lo scatenamento di uno tsunami in un’isoletta della Nuova Guinea infestata di cannibali. Fin qui pura fiction come sottolinea lo stesso Crichton. Ma nella parte finale del voluminoso volume l’autore mette a disposizione della sua tesi una serie di numeri e grafici e indica un panel di consulenti scientifici, quasi tutti esponenti di primo piano di “gruppi di pensiero” conservatori.

Il pensiero dei Think tank Per The Indipendent Institute, un think tank finanziato dalle corporation del tabacco e dalla Exxon, lavora l’economista Wilfred Beckerm e nella stessa struttura trovano ospitalità gli ambientalisti scettici americani che tanto piacciono all’amministrazione Bush, come Thomas G. Moore e Fred S. Singer (un'altra delle fonti di Crichton). Gran parte di queste “teste pensanti” fanno parte del Science and Environment Policy Project – Sepp, altro salotto neo conservatore Usa. Tra i consulenti citati da Crichton figurano poi Peter Huber, un legale che fa parte del conservatore Manhattan Institute, e Aaron Wildavsksy, scienziato politico, che è stato in passato direttore e professore di Sepp e Independent Institute. Infine tra i grandi pensatori che hanno ispirato il romanziere statunitense figura Alston Chase, filosofo, testa pensante dell’Ncpa (National Center for Policy Analysis) famoso per un trattato in cui accusa Harvard e le università americane (e il veleno dell'ecologia) di creare una cultura della disperazione e della paura che in ul-

EVENTI CLIMATICI ESTREMI NEL CORSO DEL 2004 [Quarta temperatura media più alta. Incremento di 0,6° rispetto al 1900] ALASKA Record di caldo in Maggio, Luglio e Agosto

NORD AMERICA Ottava più consistente nevicata degli ultimi 38 anni in Ottobre

CANADA Estate più fredda in Praires

USA CENTRO-NORD Record di caldo in estate da Maggio a Agosto

GHIACCIO MARINO Estensione sempre più ridotta: a Settembre il 13% in meno rispetto alla media degli ultimi dieci anni

EUROPA Temperature sopra la media stabile di 1°

RUSSIA E BIELORUSSIA Piogge torrenziali da Marzo a Maggio. Oltre 1000 sfollati

ASIA OCCIDENTALE E MONGOLIA Record di caldo con temperature medie più alte di 2-3°

SPAGNA E PORTOGALLO ALASKA/YUKON WILDFIRES GIAPPONE Record di caldo in Giugno Record di caldo in estate Anno molto più umido del solito con AFGHANISTAN e Luglio con picchi di 40° da Maggio a Agosto piogge tropicali più estese Condizioni di siccità INDIA Siccità devastante prolungata e e pluriennale. Secco Monsoni record USA CENTRO-SUD pluriennale in Giugno-Ottobre. record in Marzo Violente tempeste Estate molto più fredda Milioni di sfollati e Aprile in Gennaio nel Nord Est GIORDANIA, SIRIA, del previsto in Bangladesh, Assam TORNADO GRECIA E TURCHIA e Bihar. Eventi più Numero record di eventi Precipitazioni record CINA MESSICO disastrosi da 15 anni di origine tropicale in Febbraio. Oltre 60 cm Piogge torrenziali nella Piogge torrenziali in Aprile di neve in Giordania provincia di Sichuan. Siccità STAGIONE DEGLI URAGANI INDIA lungo il fiume Escondido più drammatica nel Sud Est FILIPPINE AFRICA DELL’ATLANTICO Ondata record del paese con problemi Ivan, Charlie, Jenne e Francis: Temperature medie in costante di caldo in Marzo. Due depressioni di approvvigionamento idrico. tropicali record e duraturo aumento i più violenti e dannosi Più di 100 morti. seguite dal tifone STAGIONE DEI TORNADO degli ultimi anni con migliaia ANGOLA, ZAMBIA Narmadoi che DEL PACIFICO DELL’OVEST di dispersi ad Haiti Piogge record in Aprile ha provocato Attività sotto la media: e Maggio la perdita AUSTRALIA 12 tornadi e 6 uragani di mille vite Nelle regioni del Nord Est BRASILE stagione delle piogge in assoluto SOMALIA E KENYA Stagione molto secca più lunga e umida In Somalia, nonostante una buona in Dicembre e Febbraio. stagione delle piogge, la siccità a lungo Record di piogge nelle regioni PERÙ, CILE, ARGENTINA termine rimane drammatica. Solo il 50% AUSTRALIA del Nord-Est in Gennaio Freddo molto rigido delle normali precipitazioni nel Sud Est Intense ondate di e precipitazioni nevose del Kenya negli ultimi due anni caldo nel mese di durante i mesi TASMANIA URAGANO DEL SUD ATLANTICO Febbraio. Siccità da di Giugno e Luglio Secondo Gennaio Inusuale fenomeno nella regione a Marzo con lungo tempo nel Sud più umido dal 1900 venti ad oltre 120-130 km/h Est e Est del Paese.

FONTE: US NATIONAL OCEANIC AND ATMOSPHERIC ADMINISTRATION

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UN BIOLOGO BUROCRATE LA GUIDA DELL’EPA. PER AFFOSSARLA? LO SCIENZIATO STEVE JOHNSON alla guida dell’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (Epa). L’ha voluto Gorge W. Bush per il suo secondo mandato da presidente, cogliendo di sorpresa i gruppi ambientalisti abituati a nomine più politiche. Ma non confondano le congratulazioni pressoché unanimi riscosse da Johnson da parte di “verdi” e industriali. Di fatto, la scelta di un funzionario per un ruolo che in passato, per ben due volte, Bush aveva affidato a degli ex governatori sembra suggerire un declassamento di importanza dei problemi dell’ambiente. A conferma di questa ipotesi ci sarebbe la proposta dell’Amministrazione di ridurre del 5% il bilancio dell’Epa per l’esercizio 2005/06. Attualmente l’agenzia controlla 8,6 miliardi di dollari e conta su 18mila dipendenti. Il compito di Johnson, biologo da 24 anni dipendente dell’Epa, non sarà dei più facili. Se il Senato confermerà la sua nomina, dovrà dimostrare di essere realmente super partes. Già in passato, infatti, l’agenzia è stata al centro delle polemiche per aver ceduto a pressioni politiche e aver fatto gli interessi dei gruppi industriali. Da lui, il presidente Bush si aspetta una decisiva collaborazione per l’approvazione entro l’anno del progetto di revisione delle norme sull’inquinamento atmosferico “Clear Skies”. Con questo piano, l’Amministrazione americana intende ridurre, in modo alternativo e senza concessioni al protocollo di Kyoto, le emissioni di biossido di zolfo (del 73%), ossidi di azoto (67%) e mercurio (69%) e controllare le emissioni di anidride carbonica, una delle sostanze maggiormente responsabili del riscaldamento terrestre. “Clear Skies” non incontra però il favore degli ambientalisti Usa che non lo ritengono abbastanza efficace e pensano anzi che indebolisca le norme vigenti.

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THINK TANK STATUNITENSI: COSA SONO, COSA FANNO

tima analisi porta al terrorismo (una tesi simile a quella cardine di State of fear). Sono questi think tank che hanno costruito con certosina attenzione i pilastri fondamentali dell’azione di governo della destra statunitense. E sono sempre questi ambienti intellettuali e scientifici che da alcuni anni mettono in discussione la validità scientifica dell’ambientalismo, in tutte le sue forme. Anche in Italia hanno trovato diversi adepti, sia nel mondo accademico sia nel più largo mondo intellettuale, e alcuni or-

gani di stampa che si sono contraddistinti per un particolare accanimento nei confronti delle tesi, definite più volte antiscientifiche, degli ambientalisti. Al punto da definire idiota il divieto all’uso del DDT, che avrebbe invece permesso di debellare la malaria, e suicida il no al nucleare. Solo uno scimmiottamento della ben più seria lobby Usa? Difficile dare, per ora una risposta. Di certo c’è il fatto che le tesi contro l’ambientalismo hanno fatto breccia, e non da oggi, in parte della comunità scientifica.

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AMERICAN ENTERPRISE INSTITUTE Uno dei maggiori think tank americani, vivaio del pensiero neoconservatore. Fondato nel 1943, con il denaro della CIA, ha sede a Washington. Il suo CdA è composto dal gotha finanziario ed industriale statunitense. Le sue pubblicazioni sostengono apertamente le idee dei falchi statunitensi ed israeliani. Ne sono membri Richard Perle e Newt Gingrich, membri del Consiglio delle Politiche di Difesa. Venti membri della prima amministrazione Bush arrivano dall’Aei. www.aei.org

BENADOR ASSOCIATES Il gabinetto di pubbliche relazioni che assicura la copertura mediatica di Daniel Pipes (fondatore di Campus Watch, un think tank che propaganda la visione neoconservatrice sul Medio Oriente nelle università statunitensi), Richard Perle e Frank Gaffney Jr. (fondatore e presidente del Center for Security Policy, il think tank neoconservatore per eccellenza). www.benadorassociates.com

CENTER FOR SECURITY POLICY Fondato nel 1988, è il think tank dei falchi statunitensi. Sostiene la visione unilateralista in politica internazionale e interviene senza sosta sulla stampa per mettere in causa la supremazia dei trattati internazionali sulle leggi americane. Membri del suo board sono le teste d’uovo dell’apparato militaroindustriale USA (Lockeed Martin, Resource Alternatives, American Securities). www.centerforsecuritypolicy.org

PROJECT FOR NEW AMERICAN CENTURY (PNAC) Creato appositamente per sostenere il lancio del nuovo piano per il Secolo Americano all’insegna della difesa militare: Rebuilding America’s Defences: Strategies, Forces And Resources for a New Century. Cinque dei 27 autori del documento sono stati membri del primo governo Bush. www.pnac.info www.newamericancentury.org

SEPP (SCIENCE & ENVIRONMENTAL POLICY PROJECT) Creato nel 1990 dal metereologo Fred Singer è uno dei più accesi oppositori alle attività di ricerca e analisi delle Nazioni Unite sulle problematiche ambientali e i cambiamenti climatici. Ha organizzato veri e propri contro vertici in occasione dei summit per la Terra di Rio e Johannesburg. www.sepp.org

Ecodisinformazione, incertezza conoscitiva e principio di precauzione Amianto, Pbc, Cvm sono solo alcuni esempi concreti del valore che dobbiamo attribuire ai primi segnali di allarme. A RESISTENZA AL CAMBIAMENTO è attitudine tipica della nostra specie, soprattutto della sua parte che detiene il controllo delle leve del potere economico e politico, che vuole conservare lo stato di cose presenti in nome dei propri “vested interests”. di Walter Ganapini Tale resistenza si nutre della presidente di Macroscopio e membro del comitato scientifico dell’Agenzia ben studiata propensione degli Europea per l’Ambiente umani ad occuparsi solo di ciò che è vicino nello spazio e nel tempo, propensione che confligge con l’ampiezza e la trasversalità intrinseche alla questione ambientale. Ambiente è sinonimo di complessità: la transizione dai paradigmi della semplificazione meccanicistica a quelli olistico-sistemici è difficile anche per il regime di incertezza che ancor oggi caratterizza la conoscenza dei processi che nell’ambiente si instaurano ed evolvono, obbligando ad assumere a necessario corollario la nozione di rischio associata a quella di incertezza e di complessità/crisi di letture di nessi causali lineari come governanti le relazioni tra organismi umani, biologici e sociali.

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Come definire “pericolo”, “rischio”, “incertezza”, “ignoranza”? Pericolo è valutazione di un fenomeno in qualche modo noto: quando al pericolo possiamo associare la nozione di probabilità del verificarsi di un effetto, parliamo di rischio, mentre la nozione di incertezza è adatta a ciò che non è noto e men che meno scientificamente provato e ignoranza è condizione necessaria e sufficiente per l’assenza di qualunque percezione di rischio. Consci dell’esigenza di pervenire ad una semplificazione consapevole della complessità al fine di poterla governare, si individuano nelle cosiddette “no regret actions” le uniche alternative possibili nel caso si prevedano effetti potenzialmente irreversibili di perturbazioni di origine antropica (vuoi perché frutto di “spontanee” forze di mercato orientate alla mera massimizzazione del profitto, vuoi perché programmate da un potere pubblico ignorante delle criticità ambientali,

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quando non ad esse colpevolmente indifferente), per contrastarne l’irreversibilità attraverso l’attivazione di fattori che amplifichino e non mortifichino, la capacità omeostatica di reazione dei sistemi naturali alle perturbazioni stesse . I sistemi a maggior rischio d’impatto rilevante da dissennato sfruttamento antropico (cioè ad opera dell’uomo) di risorse comunque esauribili (“finite” prima sul versante qualitativo che non su quello della disponibilità quantitativa, come le idriche e le energetiche) sono quelli meno attrezzati sul piano della conoscenza circa lo stato del proprio ambiente. Da parte dei grandi interessi industriali e finanziari dominanti si preferisce optare per un’aprioristica negazione di qualsivoglia problema, devolvendo risorse imponenti non alla conoscenza, ma a supporto di scelte scientemente “tranquillizzatrici”, che assumono il carattere di martellanti campagne di dis-informazione; in Italia la situazione è aggravata dalla ricorrente tentazione di funzionari tecnici ed amministratori pubblici, in teoria non portatori di interessi diretti, ad oscillare tra le opzioni “tranquillizzatore a tutti i costi” e “nunzio di catastrofi”. Negli Stati Uniti, le principali reti televisive iniziarono già negli anni ‘80 a trasmettere “pillole quotidiane” sulla convivenza necessitata con il rischio, non esistendo il rischio zero (nozione evidente grazie alla termodinamica): la comunicazione orientata alla prevenzione era praticamente annullata e l’illusione tecnologica dominava, finchè si verificò il terribile incidente alla centrale nucleare di Three Miles Island. L’Unione Europea ha per prima indicato una forma di “governance” della complessità, introducendo la Valutazione Ambientale Strategica di piani e progetti come pre condizione per ottenerne il finanziamento nell’ambito del Quadro Comunitario di Sostegno (i Fondi Strutturali): l’analisi “ex-ante” così garantita dovrebbe essere accompa-

parlava di convivenza “ Si necessaria con il rischio, poi ci fu l’incidente di Three Miles Island ”

L’importanza del principio di precauzione per minimizzare il rischio di fenomeni irreversibili contro l’ambiente. gnata da un monitoraggio d’efficacia delle azioni “in progress ” (che ne consenta una correzione in corso d’opera) in base a set condivisi di indicatori, in vista della valutazione finale ex-post.

La nascita del Principio di Precauzione Lo strumento decisivo per minimizzare strategicamente il rischio del verificarsi di fenomeni irreversibili di degrado dell’ambiente in cui viviamo, in logica di sostenibilità dello sviluppo intesa come solidarietà diacronica ed equità intra- ed inter-generazionale, è, nel comune sentire degli attori sociali, istituzionali ed economici più consapevoli a scala internazionale, il Principio di Precauzione, introdotto nel 1984 nella legislazione tedesca a seguito dell’acidificazione della Foresta Nera. L’adesione a tale Principio è messa quotidianamente in discussione dai paladini (“disinteressati”?) della crescita a tutti i costi, quasi non risultasse sufficiente il costo sin qui pagato dall’Umanità in termini di morti da inquinamento, danni da eventi estremi correlabili al cambiamento climatico globale in atto, sofferenze per le aggressioni ai diritti delle persone, dalla fame all’assenza di assetti democratici in gran parte delle aree detentrici di risorse strategiche per il mercato. La innovatività delle scelte necessarie a garantire un qualche futuro alle generazioni che verranno, contrastando il cambiamento climatico globale in atto, si legge bene esaminando le risorse che il potere politico e finanziario internazionale sta dedicando ad una sin qui mai vista operazione di disinformazione sistematica in materia. Fallita la missione affidata al Lomborg de “L’ambientalista scettico”, rintuzzati i tentativi di dare patine di scientificità agli argomenti cui l’Amministrazione Bush appena insediata ricorreva per giustificare la ripulsa del Protocollo di Kyoto, oggi si arriva a scomodare Michael Crichton , che redige diligentemente il suo “State of fear”, per insinuare nella coscienza collettiva il dubbio che il cambiamento climatico altro non sia che una colossale mistificazione opera di una maligna EcoSpectre. L’operazione conservativa è così massiccia da generare forte preoccupazione, come reso evidente dai ripetuti interventi pubblici di autorevolissimi accademici di un Re-

gno Unito impegnato alla costruzione di nuove prospettive di sviluppo che minimizzino la vulnerabilità attuale per dipendenza da risorse sempre più scarse . Torna conto, allora, tutelare il Principio di Precauzione da un attacco frontale che fa apparire chi lo sferra come in preda alla più palese “Sindrome da Titanic”, richiamando i principali argomenti elaborati dall’Agenzia Europea dell’Ambiente grazie al recupero di esemplari informazioni mai sistematizzate e diffuse, a partire dall’amianto e dal suo impatto su salute e ambiente: l’Agenzia ha ritrovato una relazione di Miss Lucy Dean, ispettore industriale del servizio sanitario di Sua Maestà, che, nel 1898, visitando una fabbrica di lavorazione dell’Asbesto, ne analizzò al microscopio le polveri minerali riscontrando effetti dannosi alla salute secondo lei prevedibili. L’amianto diviene fuori legge in Inghilterra e in Europa cento anni dopo: ancora oggi nel Regno Unito muoiono 3.000 persone all’anno per amianto, mentre si stimano, in Europa nei prossimi 35 anni, 400.000 morti per passate esposizioni all’amianto. Riflettendo su analoghe vicende, Albert Schweitzer, persona di cui si è un po’ persa la memoria, ma che molto ha fatto per l’Umanità più disperata di questo Pianeta, già negli anni ‘40 diceva: «l’uomo ha perso la capacità di prevedere, di prevenire e certamente finirà col distruggere la Terra».

Gli early warning: una lunga storia di allarmi disattesi Nel suo Rapporto, l’Agenzia sintetizza anche le ultime lezioni da allarmi precoci, studiando i casi, oltrechè della mucca pazza (BSE), dei PCB, degli ormoni della crescita, dei CFC, delle radiazioni, dell’MTBE, degli antibiotici nella alimentazione animale, per ogni caso valutando quando venne dato il primo “early warning” (anche su un giornale, non necessariamente in letteratura scientifica), le azioni o inazioni susseguenti all’early warning stesso, costi e benefici delle azioni e delle inazioni e le raccomandazioni che si possono trarre da tali considerazioni. Consapevole della priorità dell’interfaccia “ambiente/salute”, l’Agenzia evidenzia il rischio associato a tre categorie di sostanze: organi-

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smi geneticamente modificati, “chemicals” (la “sporca dozzina”, il cui carattere non previsto e studiato è la persistenza) e i cosiddetti “disruptors” endocrini (tutto ciò che va a colpire la dotazione biologica a partire dall’impatto di sostanze sintetiche sulle capacità riproduttive). A volte risulta necessario un monitoraggio a lungo termine, come per i CFC, i PCB, le radiazioni, casi di early warnings immediatamente sottovalutati, se non cancellati dagli stessi produttori delle sostanze diffondendo falsi assunti, anche riportati sulle etichette dei prodotti. Altro luogo comune dimostratosi inconsistente è che i PCB potessero ritenersi totalmente confinati nei trasformatori, in cui fungono da dielettrico, o in prossimità degli impianti di produzione, quando oggi lo si trova ovunque, come accadde per il DDT, rinvenuto nel grasso delle urie e delle procellarie al Polo Nord, così distante dalle aree di produzione e consumo della molecola, caso grazie al quale si compresero i meccanismi di accumulo biologico di inquinanti lungo le catene alimentari, regolandone infine la pratica di scarico/diluizione nell’am-

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biente. Altro luogo comune sconfitto è che gli ormoni della crescita non potessero avere effetti al di fuori dei coltivi in cui venivano usati: già negli anni ‘70, dalla zona floricola fra Pistoia e Pescia, nonché dal distretto delle colture protette di Vittoria, arrivavano segnalazioni di topi e altri animali di dimensioni inconsuete e alla fine riconducibili al contatto con quegli ormoni, così come di malattie degenerative dovute all’uso massiccio di presidi chimici e fitosanitari . È nella responsabilità dei professionisti dei controlli ambientali analizzare lo scenario peggiore (“worst case”), studiando ciclo di vita del prodotto in esame e suo destino finale, distinguendo rischio, incertezza, ignoranza, evitando luoghi comuni e il ricorso ad una unica fonte, mettendo intorno al tavolo multidisciplinare tutti gli esperti potenzialmente interessati, dai medici ai veterinari, dagli ingegneri ai chimici. Ciò non significa non tenere conto degli specialismi, ma indurli a relazionarsi con la percezione di ispettori industriali, lavoratori, medici locali, residenti relativamente ad un fenomeno, per evitare che, so-

lo molto tempo dopo, venga accertato ed accettato come tema esistente, fino ad interessare il normatore. Non si dimentichiil caso di John Dennis, un giornalista di New York, che documentava i primi effetti nocivi delle radiazioni X già qualche anno dopo la loro scoperta, nel 1895; ancora oggi il Servizio Sanitario Inglese misura come eccedente di oltre il 25% l’uso che oggi si fa in medicina di radiazioni X. Il caso oggi forse più evidente al riguardo è quello dei sarcomi delle parti molli che Gloria Costani Rabitti, medico di base a Mantova, ha riscontrato in una popolazione soggetta alla ricaduta dei fumi di alcune importanti sorgenti (petrolchimico, impianto di incenerimento ecc.). Se si è corpo di regolazione e di controllo occorre mantenere la distanza (terzietà, garanzia di trasparenza) dalle parti interessate: gli effetti del benzene sul sistema osseo (1897), gli effetti dell’amianto (1898), gli effetti negativi dei PCB sui lavoratori (negli anni ‘30), del CVM, sono stati riscontrati come noti all’industria interessata e, a vol-

te, anche del normatore. Se i costi associati all’azione precauzionale crescono ad un ritmo diverso e più alto dell’azione stessa e dei suoi effetti si dice che si è superato il “precautionary principle” per arrivare ad adottare il “proportionality principle”, mantenendo consapevolezza che all’interfaccia tra scienza e politica si deve cambiare paradigma, da quello “fatti consistenti - valori deboli”, a quello “deboli fatti/deboli segnali scientifici - forti valori pubblici”. Nell’ipotesi di non esclusione d’impatti irreversibili bisogna operare prima di averne la prova, riducendo comunque le aggressioni all’ambiente, promuovendo la eco-efficienza e dunque la produzione più pulita, incoraggiando la convergenza e la integrazione di tematismi ambientali nei principali “drivers” dello sviluppo (industria, agricoltura, energia, trasporti, turismo), come postulato dal V° Programma di Azione “Verso la sostenibilità” dell’UE, associando alla tutela ambientale i temi della innovazione, della competitività, dell’occupazione.

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La natura basta a sé stessa. Basta osservarla e rispettare i suoi tempi L’Utopia molto concreta di Gunter Pauli per un mondo sostenibile. Il progetto “emissione zero”, la lobby contro Kyoto e l’utopia delle aziende ambientalmente corrette che riescono ad essere all’avanguardia e redditizie.

L di Sarah Pozzoli

A NATURA DÀ TUTTO QUELLO CHE SERVE a chi la osserva e rispetta i suoi tempi. Basta non sprecare nulla e usare il cervello. La ricetta di Gunter Pauli per un mondo sostenibile non fa una grinza. E sembra dannatamente semplice in un mondo dannatamente complicato. Chi si adeguerà: noi a lui o lui a noi? Lui è ottimista. “Quando la gente si accorgerà che tutto è collegato ne rimarrà affascinata”. E il gioco sarà fatto. Un visionario? Difficile da sostenere dopo aver letto il suo curriculum. Pauli, 49 anni, una laurea in economia e due Mba alla prestigiosa Insead in Francia, sei lingue parlate correttamente, otto libri sul management tradotti in tutto il mondo, imprenditore, globe trotter da sempre, ora è impegnato in un progetto (la “Zero Emission research initiative” dell’Università dell’Onu a Tokio) che punta a far diventare ecologiche le aziende che non lo sono. Con lui abbiamo parlato dei temi ambientali “caldi” e di dove dovrebbe andare l’economia mondiale per essere eco-compatibile.

compagnie Usa “Le fanno pressione contro Kyoto ma in Europa dovranno rispettarne le regole

Il 16 febbraio è entrato in vigore il protocollo di Kyoto. C’è chi dice che è già un “dead man walking”, chi invece che è un neonato scampato a un aborto. Lei cosa ne pensa? Il protocollo di Kyoto è un primo passo in avanti, incom-

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pleto e certo facile da criticare. Ma quello che importa è che il mercato delle emissioni inquinanti è diventato realtà per 12mila aziende europee e sta cambiando il modo di pensare di tutti. Anche se la lobby di Exxon Mobil fa pressione sul governo americano perché ne resti fuori, anche questa compagnia quando opera in Europa lo dovrà rispettare La Royal Society britannica ha lanciato un allarme: lobbisti Usa anti-Kyoto stanno aprendo i loro uffici a Londra. Evidentemente costa meno fare lobby contro Kyoto che studiare soluzioni pro-Kyoto. Ma secondo lei perché i grandi gruppi industriali non si impegnano di più per studiare soluzioni ecocompatibili? È solo un problema di costi? Il problema è che non ne hanno ancora viste le opportunità. Non è un problema di soluzioni più o meno verdi. Ma di come sia possibile creare più valore, più ricavi. Ci sono già tante di imprese che ci stanno riuscendo. Un esempio per capire come funziona un sistema di produzione eco-compatibile: bevi un caffé e quindi produci dei rifiuti. Questi rifiuti li usi per coltivare funghi. Poi prendi i rifiuti dei funghi e ne ricavi mangime per gli animali. Questo è il nuovo business eco-compatibile che coincide con le strategie del core business. Può fare qualche nome di azienda che, secondo lei, è “ambientalmente corretta” e

nello stesso tempo ha bilanci in crescita? Il caso migliore che conosco è quello di Patagonia, l’azienda americana di abbigliamento sportivo è andata molto avanti nel suo impegno per l’ambiente e è anche molto redditizia. Poi c’è una cooperativa indiana che si chiama Poabs, anch’essa genera molti profitti. Pensi che questa cooperativa compra piantagioni di tè in fallimento considerate non redditizie dalle multinazionali e le rimette in sesto. Un terzo esempio, il più sensazionale, è Las Gaviotas in Colombia: hanno avuto successo nella riforestazione e anche nella rigenerazione della foresta pluviale, creando posti di lavoro e ricavi. Potrei farle tanti altri casi, il fatto è che queste compagnie non sono molto visibili perché sono piccole. Ma alla fine saranno queste migliaia di imprenditori che faranno la differenza. Autorevoli rappresentanti del mondo scientifico italiano si sono schierati a favore di un tema controverso come gli organismi geneticamente modificati e negli ultimi tempi è tornato in auge il sì al nucleare. A fare da contrappeso spesso ci sono organizzazioni ambientaliste che non comunicano alternative chiare. Risultato: la gente è confusa. Lei cosa ne pensa? La questione ogm non esiste, è un motivo di dibattito solo per gli scienziati. Ed è appunto questo dibattito che sta alienando il pubblico. Tornando all’esempio di prima: se

coltivi funghi con i rifiuti del caffé e nutri gli animali con i rifiuti dei funghi generi 40 volte più proteine di quello che sarebbe mai stato considerato possibile. La natura è in grado di creare di più. L’unica condizione è che non ci si fermi alla monocoltura. Anche la questione del nucleare non è da discutere: chieda a una compagnia assicurativa se coprirebbe il rischio senza la garanzia del governo. La risposta sarebbe no, nessuna assicurazione lo farebbe. Il dibattito reale è che ci si dimentica che tutto è collegato. Per esempio: se hai il riso, allora hai anche l’acqua e sulla superficie dell’acqua si forma uno scarto. Quello scarto è l’alga spirulina. Un’alga molto salutare. Insomma se produci il riso hai anche la spirulina, ma nessun produttore di riso produce anche la spirulina. Peccato, perché combinando il riso con la spirulina otterrebbe una quantità di vitamina E che un riso ogm non arriverà mai ad avere.

LIBRI PER APPROFONDIRE

Gunter Pauli Il progetto Zeri Edizione Il Sole 24 Ore, 1999

Quali principi dovremmo seguire per consegnare ai nostri figli un mondo vivibile? Dovremmo soddisfare i bisogni primari di tutti, cioè cibo, acqua, casa, energia, diritto alla salute, lavoro e educazione, con quello che abbiamo a disposizione e in coevoluzione con la natura. Cioè tenendo conto che tutto cambia in ogni istante, richiede cambiamento, che ogni volta che il clima cambia tutto cambia e quindi noi dovremmo mantenere un alto livello di creatività e di innovazione. Una funzione che dovrebbe essere propria soprattutto degli imprenditori.

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Nuovi poveri in Italia, a rischio precari, anziani e minori >29 Conto Arancio, conto armato? >34

finanzaetica GUAI SENZA FINE PER LA HALLIBURTON: DOPO I PREZZI TRUCCATI UN CARTELLO ANTITRUST

ANCHE BOA RIMBORSA GLI INVESTITORI PER WORLDCOM

STARBUCKS E OFXAM: ACCORDO GIÀ CONCLUSO

BANCHE ITALIANE MULTATE PER I BOND

IL FONDO PENSIONE ELVETICO ETHOS SI PREPARA A DARE BATTAGLIA ALL’ASSEMBLEA DELLA NESTLÈ

ANCHE I BUONI PASTI NEL MIRINO DELLA CASA BIANCA

La Halliburton forse è implicata anche in un caso di truffa. Gli investigatori americani stanno infatti indagando su alcuni ex impiegati della società di appalti texana. L’accusa per loro è di essersi accordati con altre compagnie per truccare le offerte nelle gare d’appalto e aggiudicarsi dei grossi contratti di costruzione all’estero a metà degli anni 0ttanta. A rivelare l’apertura dell’inchiesta è stata la stessa Halliburton, finita nel mirino assieme ad altre tre società. I vertici dell’azienda negano però che si possa parlare di violazione dell’antitrust. La truffa è venuta alla luce durante un’altra indagine, tuttora in corso, per delle bustarelle finite nelle mani di funzionari nigeriani per la costruzione di un impianto per il gas naturale. Anche qui ci sarebbe lo zampino di ex dipendenti della Halliburton, presieduta fino a qualche anno fa dall’attuale vice presidente americano Dick Cheney. Tra gli indagati c’è Albert Stanley, ex presidente della società di costruzioni Kellogg Brown & Root, controllata da Halliburton. Stanley è stato licenziato nel giugno scorso. L’azienda, infatti, non aveva gradito che sul conto del suo dipendente fossero finiti degli “strani” pagamenti da parte di funzionari della Nigeria. Ma altri guai si profilano all’orizzonte per la Halliburton, un colosso con interessi plurimiliardari nel settore petrolifero e delle costruzioni di grandi infrastrutture. Secondo un’istruttoria federale il gruppo che era guidato da Cheney potrebbe infatti aver violato le sanzioni Usa facendo affari con l’Iran. Inoltre, dovrà affrontare un’inchiesta per aver praticato dei ricarichi sui servizi forniti alle truppe americane in Iraq.

La Bank of America rimborserà con 460,5 milioni di dollari gli investitori danneggiati dal crack finanziario di WorldCom. I querelanti contestano ad alcuni istituti di credito di aver piazzato tra il 2000 e il 2001 azioni e bond della WorldCom per miliardi di dollari, nonostante fossero a conoscenza del comportamento fraudolento dei vertici della società. Quando, nel 2002, la WorldCom ha chiuso per bancarotta, ammettendo la falsificazione dei bilanci, le azioni e le obbligazioni emesse si sono trasformate in carta straccia. La transazione di Bank of America segue di un anno quella di Citigroup, che si era accordato per un risarcimento di 2 miliardi e mezzo di dollari. Al momento sono ancora quattordici gli istituti di credito coinvolti nella vicenda e che potrebbero patteggiare. Tra loro, J. P. Morgan e Deutsche Bank. Gli avvocati dei querelanti sono fiduciosi di poter trovare un accordo anche con loro perché, dicono, ogni volta che uno degli accusati chiude la sua parte di causa, la responsabilità di chi rimane nell’arena aumenta. I tre miliardi di dollari totalizzati con i rimborsi di Bank of America e Citigroup hanno già garantito a questa causa il secondo posto nella storia delle class action per denaro recuperato. L’importanza di questa somma è per gli investitori truffati anche un messaggio alle banche: è loro dovere professionale esercitare un controllo sui bilanci delle società di cui sottoscrivono e collocano azioni e obbligazioni.

È già finita la collaborazione tra la catena di coffee shops Starbucks e Oxfam, l’organizzazione non governativa per lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali. L’accordo, siglato nell’ottobre scorso e valido per un anno, non sarà rinnovato. L’intesa prevedeva un’investimento iniziale di 100mila sterline da destinare allo sviluppo rurale della regione di Hararge, nell’Etiopia orientale, dove si coltiva il caffé arabica. I progetti prevedevano il miglioramento del sistema di irrigazione, programmi per l’alfabetizzazione femminile e la messa a disposizione del proprio know how per migliorare la qualità del raccolto. L’obiettivo prioritario dell’accordo era contrastare il vertiginoso calo del prezzo dell’arabica, dimezzato in appena cinque anni. A decidere la fine della collaborazione è stata Oxfam, che precisa di non aver subito pressioni politiche. Certo è che al rinnovo dell’accordo non deve aver giovato la reazione dell’opinione pubblica. In questa operazione, infatti, molti hanno visto per Starbucks la possibilità di rivendersi come una società eticamente responsabile, mentre nel frattempo saturava il mercato con l’apertura di nuove filiali, costringendo alla chiusura i piccoli locali a gestione familiare. Ma il dissenso più forte era arrivato dai gruppi musulmani con una campagna contro il presidente di Starbucks, Howard Schultz. Le accuse di attivismo sionista a suo carico erano però state prontamente smentite sia da Starbucks sia dall’Ong inglese.

Le cifre sono irrisorie. Il Tesoro ha sanzionato per 10 milioni di euro 10 banche che avevano collocato i bond Cirio e Argentina presso i risparmiatori. La sanzione non è sicuramente destinata a incidere sui conti degli istituti di credito, ma ha un enorme valore simbolico e darà ulteriore linfa alle decine di avvocati che puntano a portare le banche in tribunale a tutela dei risparmiatori. Per i bond argentini, nella tagliola della Consob sono finite Intesa e Unicredit (anche se per quest’ultima banca è atteso il risultato dell’istruttoria di Via XX Settembre). Per i bond Cirio, le banche che secondo il Tesoro hanno commesso violazioni sono molte di più: Banca Intesa (incluse Comit, Cariplo e Banco Ambrosiano Veneto), San Paolo Imi, Capitalia, Bnl, Banca Agricola Mantovana (ora Mps), Antonveneta, Cassa di Risparmio di Torino (ora Unicredit), Credito Emiliano, Banca Popolare di Ancona, Cassa di Risparmio di Firenze. Non si esclude che una buona parte delle banche decida di far ricorso contro la decisione del Tesoro. Molte stanno ancora valutando come comportarsi a seguito delle sanzioni, che in alcuni casi non sono state ancora notificate agli interessati. I 10 milioni di euro finiranno nelle casse dell’erario: nel sistema italiano a differenza ad esempio degli Usa, la sede naturale per il risarcimento del danno rimane il Tribunale.

Ethos, fondo pensione svizzero e azionista del Gruppo Nestlé, si prepara a sfidare il prossimo 14 aprile a Losanna il leader mondiale del food and beverage, nel corso della sua assemblea annuale. In gennaio Nestlé ha annunciato la decisione di fondere le cariche di amministratore delegato e di presidente. Una scelta piuttosto insolita ma che, anche in ragione dell’ottimo stato di salute del gruppo, era passata praticamente sotto silenzio. Fino ad oggi, almeno. Il direttore di Ethos Dominique Biedermann intende mettere il bastone tra le ruote a un’operazione che, pur legittima, andrebbe in controtendenza rispetto agli assetti di governance più diffusi e che finirebbe per concentrare in una sola persona, l’attuale direttore generale di Nestlè Peter Brabeck, un potere praticamente assoluto sulle strategie del Gruppo. Brabeck ha dichiarato di non essere contrario alla separazione degli incarichi, ma suggerisce criteri molto rigidi. Ma non è finita qui. Tra le richieste che Ethos sottoporrà al giudizio dei 3mila azionisti vi è anche la riduzione da 5 a 3 anni della carica dei consiglieri d’amministrazione. Inoltre, il Fondo suggerisce di cambiare le regole restrittive sul diritto di mozione degli azionisti. In Nestlé infatti è richiesto uno stock di azioni di circa 320 milioni di franchi svizzeri e per raggiungere questa cifra per l’appuntamento di aprile Ethos ha dovuto fare squadra con altri quattro Fondi pensione. È lo stesso Biedermann ad ammettere le scarse probabilità di successo di questa battaglia. Tuttavia alcuni precedenti (Credit Swiss, Zurich Financial Services) insegnano che non è impossibile determinare correzioni di rotta negli orientamenti di governance a tutela del piccolo azionariato.

Nel disperato tentativo di ridurre il deficit federale, il Congresso statunitense, alle prese con l a scrittura del budget per il prossimo anno, si sta orientando a ridurre anche i buoni pasto per gli homeless. La Casa Bianca ha proposto di tagliare i sussidi agli agricoltori e i vuocher alimentari per le famiglie più povere che per motivi contabili sono iscritti al bilancio dell’Agricoltura. La maggioranza repubblicana del Congresso non ha alcuna intenzione di tagliare i sussidi ai farmers e propone un tagli o più radicale ai sussidi e alla parte del bilancio del dipartimento che riguarda la conservazione dell’ambiente. Il sistema di buoni, basato sull’Electronic benefit transfer (una sorta di carta di credito che ha permesso di ridurre costi amministrativi e sprechi) è già oggi ampiamente insufficiente. Tra il 1999 e il 2004 c’è stato un aumento del 45% di coloro che ricevono il food stamp, passati da 17 milioni e mezzo a 25 milioni e mezzo. Tranne che nelle Hawaii, l’aumento ha riguardato tutti gli stati, con punte in Alaska, Arizona, Nevada, Oregon, Indiana. Nel 2003, 36 milioni di famiglie hanno avuto problemi a permettersi il cibo, quattro anni prima erano 5 milioni in meno. Quasi 4 milioni di persone vengono definiti «affamati». L’88% delle famiglie che ricevono i food stamp sono sotto la soglia di povertà (meno di 18.100 dollari l’anno) e nell’80% ci sono bambini o disabili.

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Una povertà che fa sempre più paura

Cresce il numero dei nuovi soggetti sociali a rischio di povertà in Italia. La crescita dei costi, la diffusione del lavoro precario e la scarsità di reti sociali espongono nuove fasce al processo di impoverimento. La “crisi delle vendite della quarta settimana” aveva suonato l’allarme. Ma le politiche sociali sono improntate solo a interventi estemporanei, imperniati sulla sacralità della famiglia tradizionale e sull’assistenzialismo. Manila. Nella baraccopoli di Payatas nel 2000 oltre 200 persone persero la vita per la frana di un versante della collina di rifiuti che distrusse le abitazioni.

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Filippine, 1988

> Discariche

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«L

E FAMIGLIE PIÙ FRAGILI PER RAGIONI ECONOMICHE, CULTURALI, ANAGRAFICHE (età, genere, stato civile) si trovano

a convivere quotidianamente con un sovraccarico di bisogni rispetto alle risorse a loro disposizione, con rischi crescenti di scivolare lungo il piano inclinato dell’emarginazione e dell’esclusione sociale». La citazione dal “Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale” viene confermata da più di Francesco Carcano analisi e indicatori. Il grido d’allarme sulla flessione delle vendite alla fine del mese (quando si sono esaurite le risorse rese disponibili dal pagamento dei salari) e le analisi compiute in ambito accademico su realtà territoriali oltre alla analisi di fenomeni concomitanti (l’estensione ai beni primari del credito al consumo e l’innalzamento delle insolvenze minori) avrebbero permesso di analizzare con sufficiente anticipo un trend crescente di modificazione e crescita delle nuove forme di povertà ed esclusione sociale. Tra i soggetti maggiormente a rischio vi sono i singles, le famiglie monoparentali con figli, gli anziani, i lavoratori atipici e i lavoratori ultracinquantenni con impiego fisso presso grandi aziende in via di ristrutturazione. Per loro il rischio di impoverimento è sempre maggiore, come documentano le analisi condotte a livello nazionale prima DIFFUSIONE E COMPOSIZIONE DELLA POVERTÀ dai consulenti del rapporto sulla povertà, dagli istituti di statistica e a CAMPIONE* COMPOSIZIONE DIFFUSIONE livello regionale e locale dalle università. Lo stesso governo italiano nel POVERTÀ POVERTÀ** Dpef 2004-2007 faceva proprio un dato comunemente percepito, ovAnziani soli 19,2 (89,0) 30,6 22,4 (23,2) vero la difficoltà di arrivare a fine mese, sostenendo che «i redditi da laCoppie anziane 8,8 (10,9) 8,0 12,7 (26,7) voro dipendente pro capite hanno mostrato fra gli incrementi più conSingle 14,7 (58,1) 15,5 14,9 (18,8) tenuti sia in termini assoluti sia rispetto all’evoluzione dell’indice dei Coppia senza figli 13,2 (7,3) 10,1 10,8 (20,0) prezzi armonizzati e della produttività del lavoro». La proposta conseCoppia con figli >18 14,7 (5,6) 8,1 7,7 (16,7) guente (la creazione di forme ipotecarie sulla prima casa per incentiCoppia con figli <18 17,4 (3,3) 14,2 11,5 (11,1) vare i consumi) venne stralciata dopo il fuoco di fila provocato dalla Monogenitore figli >18 5,8 (91,3) 5,1 12,3 (13,3) sua prima comparsa. L’ipotesi insomma che in Italia ci fosse la necesMonogenitore figli <18 1,8 (85,2) 3,9 31,1 (33,3) sità di doversi “impegnare” anche l’abitazione per poter avere liquidità Altro 4,5 (40,8) 4,5 13,9 (17,9) finanziaria sembrava un perversione frutto della “finanza creativa” Totale 100,0 (37,5) 100,0 14,0 (20,6) promossa dall’allora ministro dell’Economia Tremonti. Era invece una Fonte: Benassi * Tra parentesi la quota di famiglie con persona di riferimento femmina radiografia di uno stato di fatto di numerose famiglie. Una proposta ** Tra parentesi la diffusione tra le famiglie con persona di riferimento femmina poco decente e poco presentabile. Come il pagamento rateale della spe|

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Individui che non si considerano poveri nord-ovest nord-est centro sud isole ITALIA Individui che si considerano poveri nord-ovest nord-est centro sud isole ITALIA

PERSONAL COMPUTER

INTERNET

TEATRO

CINEMA

MUSEI

CONCERTI MUSICA CLASSICA

ALTRI CONCERTI

SPETTACOLI

DISCOTECHE

MONUMENTI

52,8 54,0 54,3 62,2 64,1 56,8

63,4 62,7 61,4 68,9 72,3 64,9

72,5 71,8 70,2 76,1 76,6 73,1

41,9 45,4 40,1 45,7 48,0 43,8

60,0 57,1 61,8 71,5 70,1 63,6

83,4 81,8 82,0 82,1 83,7 82,5

74,9 72,0 72,6 72,0 71,7 72,9

65,0 63,3 61,6 64,5 65,6 64,0

66,6 64,5 64,8 68,2 66,4 66,2

68,4 67,5 67,7 76,1 73,9 70,5

80,1 75,5 81,5 81,8 78,9 80,2

86,0 80,3 85,3 83,3 81,3 83,4

85,6 81,9 85,1 84,7 84,8 84,6

65.9 64.9 63,2 61,8 63,0 63,4

84,9 74,4 81,3 84,7 82,5 82,6

91,5 85,5 92,0 89,1 87,9 89,4

85,7 83,2 84,3 82,5 78,7 82,8

79,9 74,6 76,7 74,3 74,4 75,8

74,8 74,6 77,3 78,7 72,9 76,2

86,5 80,3 84,5 86,9 84,4 85,3

Fonte: Istat, Indagine Multiscopo sulle famiglie. Anno 2001. Valori in percentuale. Persone che non usano il pc ed internet e che non fruiscono di diversi tipi di spettacoli ed intrattenimenti per ripartizione geografica, distinte in base alla percezione della situazione economica della famiglia

sa, vissuto in molti casi come un vantaggio e una sorta di riconoscimento del proprio valore economico e della affidabilità, invece che sintomo della crescente difficoltà a far fronte ai costi della vita quotidiana. La “sindrome della quarta settimana” ha tenuto banco sui quotidiani solo per qualche giorno a fine primavera dello scorso anno. Eppure il fenomeno doveva fare riflettere. Coop Italia lamentava la «sensazione di una diffusa flessione dei consumi» nella settimana che precede la paga degli stipendi. La Granarolo, produttrice di latte, ha segnalato una flessione delle vendite nella quarta settimana del mese tra il 5 e il 10%. Il dato è considerato preoccupante perché il latte fresco è ritenuto un alimento base dell’alimentazione a cui difficilmente si rinuncia in una situazione economica normale. Ai ricercatori e agli operatori sociali il fenomeno è noto ormai da tempo. Vi sono crescenti segnalazioni di impoverimento ed esclusione sociale che riguardano sia nuclei familiari che fino ad oggi si erano attestati su un livello di benessere accettabile e non a rischio di decadimento verso la povertà, sia

lavoro che introducendo e istituzionalizzando il lavoro precario, secondo il direttore della Caritas ViFAMIGLIE INDIVIDUI (>14 ANNI) centina «mette in crisi le prospettive per il futuro di COMPOSIZIONE DIFFUSIONE N* %* COMPOSIZIONE DIFFUSIONE N* %* molte famiglie e diventa devastante per chi vive sulAttivi 21,5 8,1 701 46,6 23,9 7,0 1362 49,7 la sua pelle una situazione di esclusione sociale, non Inattivi 25,1 46,2 89 5,9 37,4 30,5 499 18,2 consentendo inserimenti agevolati ed accompagnaPensionati 53,4 15,7 715 47,5 38,7 17,0 881 32,1 ti per particolari fasce deboli della popolazione». InTotale 100,0 14,0 1505 100,0 100,0 14,5 2742 100,0 certezza sul futuro economico, proposte lavorative *Posizione occupazionale della persona di riferimento. Fonte: David Benassi - Roberto Biorcio, Università Bicocca Milano. con salari insufficienti a garantire una qualità di vita accettabile e ad incentivare scelte future (per al consumo dell’8,6% annuo (un dato che si acesempio la possibilità di avere dei figli quando si è POVERTÀ INDIVIDUALE compagna a una crescita esponenziale delle piccole neolaureati o precari o il desiderio di condividere lo ETÀ DIFFUSIONE COMPOSIZIONE insolvenze e dei decreti ingiuntivi per debiti fino a spazio abitativo affittando un appartamento più 0-17 16,5 13,5 2.600€: incremento del 225% dei casi nel 2004 al grande o addirittura acquistandolo), aumento co18-34 9,8 14,0 Tribunale di Milano), in linea con le tendenze degli stante dei canoni di locazioni nei grandi centri ur35-54 9,9 22,9 altri paesi europei che possono però garantire un pobani determinano una situazione di esclusione pro55-64 14,5 18,5 tere di acquisto più elevato ai loro cittadini e, in molgressiva di una rilevante fascia della popolazione, 65 e più 16,1 31,1 ti casi, una minima rete di protezione sociale. La Cacostretta a dover fare i conti con il soddisfacimento Totale 12,9 100,0 ritas deve fare fronte in tutta Italia a una domanda di bisogni primari e potenzialmente esclusa dalla Fonte: Benassi - Biorcio, Univ. Bicocca Milano. in crescita costante di assistenza, legata soprattutto fruizione di servizi educativi (per esempio l’accesso alle famiglie monoparentali con figli e agli anziani. all’università). Secondo il “Rapporto Italia 2004” Alla Caritas di Vicenza segnalano come il fenomeno sia in ampliadell’istituto di studi Eurispes “gli studi di settore evidenziano come la mento. «In quattro anni il bacino di utenza si è quasi triplicato con l’avariabile del lavoro incida pesantemente sulle condizioni di povertà”. cuirsi di numerosi situazioni di disagio. Oltre la metà delle richieste di In particolare, oltre al problema delle forme di lavoro precario, si citaaiuto riguardano la difficoltà di fare fronte alle spese con il proprio redno «i lavoratori dipendenti e con basso salario oltre ai disoccupati e ai dito». Tra le richieste, primeggiano quelle di aiuto economico immegruppi situati al limite inferiore del ceto medio. Questi nuovi soggetti, diato (33,8%) e di soluzioni abitative di fortuna (26,2%). A rivolgersi alappartenenti ad una classe sociale intermedia tra poveri e abbienti sol’associazione sono in misura crescente anche gli anziani, che soffrono no scarsamente considerati dalle politiche sociali e corrono un rischio un doppio disagio sia per la trasformazione nei centri urbani del condi impoverimento molto elevato e già in parte attualizzato». Un taglio testo abitativo e la rarefazione della rete sociale esistente (spesso si trostrutturale nell’azienda, una malattia che implica lungodegenza per un vano a vivere in appartamenti che vengono ristrutturati e adibiti prelavoratore a progetto, la maternità se si è privi di una rete di supporto valentemente a uso ufficio; i legami amicali si diradano con li tempo e familiare o sociale. Da questi eventi può derivare una situazione di imle difficoltà economiche legate al reddito da sola pensione precludono poverimento progressivo, un fenomeno che dovrebbe analizzato ataltre forme di vita sociale) sia per la difficoltà di fare fronte a bisogni estentamente per le conseguenze che può avere sulle vite dei singoli ma senziali con le entrate minime garantite dalla pensione, a fronte della anche, secondo l’istituto di analisi e ricerca, sulla società nel suo comcrescita dei costi. Un ulteriore fenomeno, che viene in parte affrontaplesso, in termini di produttività, incremento della spesa sociale e di to anche nel rapporto Eurispes, riguarda l’evoluzione del mercato del degrado sociale e ambientale. COMPOSIZIONE E DIFFUSIONE DELLA POVERTÀ FAMILIARE* E INDIVIDUALE

PERSONE A RISCHIO POVERTÀ CHE NON USANO IL PC ED INTERNET E NON FRUISCONO DI SPETTACOLI DI INTRATTENIMENTO E CULTURALI

singole persone che si trovano per una rapida serie di mutamenti sociali in Italia ad essere prive di garanzia e pericolosamente sull’orlo della povertà. In particolare, il fenomeno riguarda le famiglie monoreddito e gli anziani. Secondo l’isituto di ricerca Eurispes, che ha contestato la formulazione del paniere essenziale Istat e la scarsa attenzione riservata all’incidenza del costo degli alloggi, con i soli redditi da lavoro una famiglia media italiana non riesce ad arrivare alla fine del mese senza accumulare piccoli debiti. Solo l’intervento di un sistema di garanzie esterno e non calcolabile (un secondo lavoro “nero” o altre entrate non ufficiali; la rete dei parenti attraverso il calcolo di donazioni o regali ricevuti durante l’anno; il ricorso ai servizi sociali o a forme di contenimento della spesa) consente di ripianare il debito senza dover accedere a forme di indebitamento bancario o attraverso società di credito. L’evoluzione stessa del sistema di credito al consumo e la sua estensione a prodotti di prima necessità ne sono la riprova. Ossfin- Bocconi di Milano ha stimato una crescita del credito

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«Cresce la percezione della povertà e mutano i protagonisti» Francesca Zajczyk, sociologa che da anni analizza il fenomeno della povertà in Italia sottolinea come il fenomeno della povertà dei minori fosse stato denunciato già nel 2002, senza che si siano registrati interventi rilevanti

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RA I PRINCIPALI ESPERTI ITALIANI DELLE MUTAZIONI delle forme di povertà, attenta analista del fenomeno nel contesto urbano, Francesca Zajczyk è docente al Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale all’Università Bicocca di Milano.

Qual è la sua valutazione sulle cosiddette “nuove povertà” in Italia? Abbiamo iniziato ad occuparci delle nuove forme di povertà all’inizio degli anni novanta. Ci interessa, più che il dato percentuale, l’aspetto del| 30 | valori |

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la composizione e della mutazione delle categorie riferibili al fenomeno della povertà o che sono borderline. Lavoriamo sull’analisi e la comprensione dei dati nazionali rilevati con metodologie scientifiche comuni a tutta l’Europa ma soprattutto sul territorio, anche in collaborazione con altre università. Torino per esempio ha realizzato uno studio specifico sui nuclei che abitano le case popolari, Napoli sui quartieri emarginati e sugli homeless. L’insieme di questi dati ci dà una percezione di dove andare ad indagare, a raccogliere nuovi dati per capire un fenomeno che è multidimensionale e deve essere letto da più fronti.

Quali sono secondo la vostra esperienza i soggetti attualmente più a rischio di entrare nella categoria di povertà? In Italia e soprattutto nei grandi centri urbani esiste un fenomeno più visibile legato ai singles e alle famiglie monoparentali costituite dalla sola madre con dei figli minori a carico. È un fenomeno nuovo per la società italiana, su cui noi abbiamo lavorato negli ultimi anni anche analizzando i dati dei servizi sociali, come nel caso della ricerca realizzata a Milano, perché questi stessi nuovi soggetti si ritrovano poi ad esempio nelle liste di attesa della casa popolare.

La recente pubblicazione dell’analisi Unicef sulle condizioni dell’infanzia in Italia ha denunciato il rischio della povertà per una fascia non marginale anche di bambini. È un dato che avete riscontrato? Nel 2002 abbiamo pubblicato un’analisi che sottolineava il rischio che correvano molti minori di scivolare verso forme di povertà, analizzando in particolare il caso della città di Milano. Il segnale non è però stato raccolto e ci auguriamo che la pubblicazione del rapporto Unicef abbia un altro effetto. È un problema, a, livello dell’indagine scien|

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DIRITTO ALLA MATERNITÀ, SENZA IMPOVERIRSI: ESEMPI IN EUROPA

tifica, di come si estrapolano e evidenziano i dati. La percentuale di anziani poveri sul totale di persone considerate povere è un dato accertato e condiviso. L’esistenza di un rischio di povertà per i minori, quasi sempre legato alla povertà e assenza di prospettive dei genitori, è evidente. Solo a Milano il Tribunale ha segnalato quasi mille casi di bambini per i quali si impone l’attivazione dei Servizi Sociali. Il fenomeno ha quindi oggi una sua evidenza. La sostanziale assenza in Italia di automatismi di aiuto a situazioni di crisi, in particolare verso giovani donne che desiderino avere dei figli pur non avendo un impiego fisso o terminato gli studi, incide secondo lei sulla diffusione di forme di povertà? In altri paesi (in particolare del nord Europa) questo fenomeno è in parte scongiurato da interventi dello Stato di sostegno economico e sociale… Il sistema di welfare in Italia si basa sulla sussidiarietà familiare e l’assistenzialismo, non su diritti condivisi. La famiglia di origine come ammortizzatore sociale è la sua concezione chiave, anche se le famiglie si sono trasformate e spesso non sono più in grado di fare fronte al supporto economico ad esempio dei genitori anziani. La famiglia è senz’altro ancora una risorsa ma diminuendo, in situazioni di povertà relativa, le possibilità complessive, si crea un meccanismo di impoverimento collettivo che penalizza in ultima istanza i minori, privandoli di possibilità future di autonomia e quindi di riscatto.

AUSTRIA

DANIMARCA

FRANCIA

GERMANIA

GRAN BRETAGNA

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Sostenuta a parole da tutti, la maternità in Italia rappresenta tuttavia un problema economico cui lo Stato non dà risposte, delegando alla famiglia l’intervento ed il supporto sociale, con una palese lesione dell’autonomia della madre. In altri paesi d’Europa, invece, avere dei figli non preclude l’indipendenza della madre. In Germania gli incentivi sono automatici e vengono erogati mensilmente alla madre sul suo conto bancario : 154 euro mensili per ogni figlio fino ai 18 anni, asili pubblici o d’iniziativa dei genitori quasi gratuiti. Chi tiene il bambino con sè fino ai due anni, senza ricorrere al nido, ha diritto a un’integrazione di 300 euro mensili.

DONNE

PENSIONATI CON FIGLI

LAVORATORI CON FIGLI

Riduzione dell’età di pensionamento (60 anni), copertura del 100% della retribuzione in caso di maternità per 16 settimane.

Incremento della rendita (22 euro mensili) per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni (27 anni se studente, nessun limite se disabile).

Trasferimento mensile pari a 94 euro per ogni figlio di età inferiore a 10 anni, di 113 euro per ogni figlio tra 10 e 19 anni, di 134 euro per ogni figlio superiore a 19 anni se studente con reddito inferiore a 283 euro, di 120 euro per ogni figlio disabile in modo permanente.

Copertura della retribuzione in caso di maternità fino a 371 euro a settimana per un massimo di 30 settimane.

Trasferimento mensile pari a 127 euro per un figlio, 200 euro per due figli, 331 euro per tre figli, 483 euro per 4 figli e 172 per ogni figlio aggiuntivo. Integrazione mensile di 34 euro per ogni figlio riservata alle famiglie con un solo genitore. Premio per la nascita di 128 euro. Integrazione per le cure domestiche di bambini al di sotto dei 3 anni di 2525 euro mensili e di 50 euro mensili per ogni figlio aggiuntivo di età inferiore a 7 anni accudito a casa. Integrazione di 63 euro mensili pagabili al genitore che riduce il proprio orario di lavoro fino ad un massimo di 30 ore settimanali.

Copertura del 100% della retribuzione in caso di maternità fino a 16 settimane con incrementi del periodo di copertura all’aumentare del numero di figli.

Premio monetario per la nascita di figli da 104 a 133 euro. Premio di compartecipazione alle cure familiari di 150 euro a famiglia. Rendita supplementare per famiglie a basso reddito di 136 euro mensili. Contributo per le spese di affitto di ammontare variabile a seconda del canone, del reddito e del numero di figli. Contributi monetari per le famiglie con un solo genitore. Contributo per la copertura dei servizi di assistenza domestica ai bambini al di sotto dei 6 anni da 125 a 63 euro a seconda dell’età. Contributi straordinari per bambini portatori di handicap.

Copertura del 100% della retribuzione fino a 14 settimane con un limite di 13 euro al giorno. Contributo in somma fissa di 76 euro alla nascita riservato a chi non ha diritto all’assegno di maternità.

Contributo monetario di 154 euro mensili per il primo e secondo figlio, 160 euro mensili per il terzo figlio e 179 euro mensili per ogni figlio aggiuntivo. Tali contributi vengono versati fino al raggiungimento dei 18 anni dei figli (21 anni se disoccupati, 27 anni se studenti, senza limiti di età se disabili). Per i figli di età superiore ai 18 anni, l’ammontare di tali contributi dipende dal loro reddito.

Riduzione dell’età di pensionamento (60 anni). Copertura del 90% della retribuzione media per 6 settimane, 91 euro a settimana per le 12 settimane successive.

Incremento della rendita pensionistica per persone a carico.

Contributo monetario di 22 euro a settimana per il primogenito, 15 euro per i figli successivi.

Nuove povertà per i minori nella Milano che cambia Intervista a David Benassi, docente di Sociologia, autore di inchieste sulla diffusione della povertà a Milano e sulle mutazioni

L LIBRI UTILI PER APPROFONDIRE

Fondazione Zancan, Caritas Vuoti a perdere Feltrinelli, 2004

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A CITTÀ ITALIANA CON IL REDDITO PROCAPITE PIÙ ELEVATO ha sem-

pre meno bambini, costi abitativi elevati e una percezione crescente della povertà. David Benassi, docente del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale all’Università di Milano Bicocca ha curato numerosi studi (l’ultimo in uscita per Franco Angeli) da cui emerge il quadro delle nuove forme di povertà nella città più ricca d’Italia. Come si caratterizza il fenomeno della povertà a Milano? Abbiamo effettuato numerose ricerche sul contesto milanese e dell’hinterland, applicando anche più tecniche di ricerca proprio per valutare tutti gli aspetti di evoluzione del fenomeno della povertà. Parliamo di povertà in contesti industrializzati, dove il problema principale non è la sussistenza ma la possibilità di svolgere quelle funzioni sociali che sono poi essenziali per poter avere accesso a tutte le risorse necessarie presenti sul territorio. Qui permane una differenziazione nella società. Lo status socio economico garantisce ancora l’accesso a una serie evolute di servizi (pensiamo all’istruzione o a determinati servizi sanitari) che determina poi un ciclo virtuale che può allontanare o portare verso un meccanismo di povertà. In

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estrema sintesi potremmo dire che il problema della povertà a Milano si concentra soprattutto sugli anziani (come accade a livello nazionale) e, in misura più elevata rispetto alla media nazionale, sui minorenni. Le nuove forme di precariato (esempio: i contratti a progetto) si può valutare che ruolo hanno rispetto alle nuove povertà, considerato il beneficio economico immediato e viceversa l’assenza di garanzie e di alcuni diritti (malattie a lungodegenza, maternità)? I nuovi contratti non danno più le prospettive e le garanzie del “lavoro fisso”. Creano così una incertezza strutturale, mitigata per i singles dalle maggiori aspettative legate all’età e al continuo procrastinarsi di quelle che restano considerate le scelte che caratterizzano il passaggio all’età adulta: il matrimonio o la convivenza con la scelta di avere dei figli, il mutuo per la prima abitazione. Il problema degli alloggi quanto incide? Milano è la città italiana con il più elevato tasso di pendolarismo. Tra il 1971 e il 2001 oltre quattrocentomila abitanti hanno lasciato la città per l’hinterland. Una trentina di an-

e caratteristiche del fenomeno del ciclo di impoverimento ni fa il quartiere centrale di Brera era una zona con un forte insediamento abitativo, anche popolare. Oggi è un centro economico i cui costi sono elevatissimi. Si è modificata la destinazione d’uso di interi quartieri, sono cresciuti i costi sia per gli affitti sia per l’acquisto della casa, che resta comunque nell’immaginario collettivo un punto di arrivo, di passaggio verso l’età adulta e di separazione dalla famiglia. Avete riscontrato anche a Milano il fenomeno tipicamente italiano della presenza in casa di figli maggiorenni? A differenza di quanto accade in città della Germania o della Scandinavia, la “povertà degli individui” (il dato riferito alle loro entrate e non al nucleo familiare) a Milano tra i 18 e i 34 anni risulta bassa. Avrebbero cioè le possibilità materiali di uscire di casa. Vivono con i genitori e hanno un reddito e una occupazione. Oltre l’80% risulta infatti occupato anche se il reddito è mediamente inferiore a quello dei genitori. Dall’analisi della situazione che idea si è fatto delle possibili strade per avviare politiche di contrasto alla povertà?

Contrastare le povertà dal punto di vista delle politiche sociali significa individuare come spezzare i meccanismi di riproduzione delle povertà. Al centro delle preoccupazioni ci devono quindi essere i minori, mentre per gli anziani è prevalente garantire una riduzione del disagio sia economico sia psicologico. Le soluzioni sono molteplici. Per quanto riguarda Milano il primo passo sarebbe creare una rete efficiente di asili nido, positivi sia per il bambino (che acquisisce modelli plurali) sia per le famiglie, liberando le madri dall’impossibilità di avere una carriera alternativa e parallela a quella genitoriale, permettendo così di lavorare e aumentare il reddito familiare e le successive possibilità anche del bambino e la sua qualità di vita, per esempio potendo avere una casa con una stanza sua, le vacanze, la possibilità di avere in futuro una nuova nascita in famiglia. Oggi per le famiglie è estremamente gravoso poter avere un secondo o terzo figlio, il sistema di welfare è poco amichevole e il rischio di impoverimento se non ci sono strutture di supporto che permettono di avere una carriera lavorativa aumenta considerevolmente, con ripercussioni poi anche sulla vita dei minori e l’avvio di un circolo virtuale che danneggia tutti.

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LIBRI UTILI PER APPROFONDIRE

a cura di Francesca Zajczyk La povertà a Milano Franco Angeli, 2003

Jeffrey D. Sachs The End of Poverty Hardcover, 2005

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Conto arancio. Conto armato?

PRODUZIONE MONDIALE DI MINE ANTIUOMO

Russia

Nord Corea Stati Uniti Cuba

Egitto

Sud Corea

Cina

Iraq Iran Pakistan Nepal India

Birmania Vietnam Singapore

Paesi produttori di mine antiuomo. Stati aderenti al Trattato (adesione e ratifica) Stati che hanno aderito ma non ratificato

Le banche Ing, Dexia, Fortis, Axa e Kbc hanno investito 1,5 miliardi di dollari in imprese che producono bombe a grappolo, mine antiuomo e uranio impoverito. Lo rivela uno studio dell’ONG belga Netwerk Vlaanderen. Che ha scioccato l’opinione pubblica.

M

di Mauro Meggiolaro

Violento attacco del quotidiano “Il Sole 24 Ore” alla campagna contro le banche armate (qui a fianco, il logo). Sabato 5 marzo il quotidiano della Confindustria ha aperto le ostilità contro la scelta degli istituti di credito italiani di ritirarsi dai finanziamenti alle esportazioni di materiale bellico. I gruppi italiani, pubblici e privati, sarebbero penalizzati da scelte che secondo il giornale sarebbero riconducibili solo ad “eccessi da etica pacifista”. “In molti casi la scelta potrebbe essere dettata da mere ragioni di immagine”, scrive il quotidiano italiano di economia. | 34 | valori |

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ETTETEVELO NELLA ZUCCA.

Se avete depositato i vostri risparmi nel conto arancio è possibile che i vostri soldi siano stati usati per finanziare l’industria delle armi. ING, la banca olandese che ha portato in Italia il conto delle meraviglie, è uno dei finanziatori di EADS, secondo produttore di armi europeo. Ha inoltre investito nelle azioni di imprese che producono mine antiuomo e anticarro, armi nucleari e uranio impoverito. È quello che si legge nel rapporto dell’ONG di Bruxelles Netwerk Vlaanderen pubblicato l’anno scorso nell’ambito della campagna “Mijn Geld. Goed Geweten?” (Il mio denaro. Coscienza pulita?) promossa da Netwerk in collaborazione con due movimenti pacifisti belgi. Nel rapporto vengono messe sotto la lente le relazioni tra le cinque banche più importanti presenti in Belgio (AXA, DEXIA, FORTIS, ING e KBC) e 11 imprese produttrici di armi controverse. I risultati della ricerca parlano da soli: al momento della pubblicazione del rapporto (aprile 2004) tutte e cinque le banche erano coinvolte nel finanziamento della produzione di armamenti, con un investimento complessivo di 1,5 miliardi di dollari. «Nessuno in Belgio aveva mai parlato dei rapporti tra le banche e la produzione di armi», spiega Karl Maeckelberghe di Netwerk. «Dopo un anno e mezzo di campagna la situazione è completamente cambiata». Ora fioccano le petizioni, i dibattiti, gli articoli sulla stampa, i servizi alla radio e in televisione. L’opinione pubblica è scioccata e chiede alle banche di fermare gli investi-

SCHEDA 1 FORGES DE ZEEBRUGGE

LOCKHEED SCHEDA 2 MARTIN (LM)

Forges de Zeebrugge (FZ) è un’impresa belga che fa capo a TDA (Thomson Dasa Armaments), che a sua volta è una joint venture tra il colosso francese degli armamenti Thales e EADS (il secondo produttore di armi europeo). FZ è specializzata nella produzione di missili per elicotteri e aerei da combattimento. I missili di Forges possono essere equipaggiati con vari tipi di testate e sub-munizioni. Alcuni dei missili prodotti da FZ possono essere considerati a tutti gli effetti “bombe cluster”. Come l’FZ-100, che contiene nove piccole bombe anticarro e antiuomo.

È il più grande produttore di armi del mondo e il più importante fornitore del Pentagono. Attivo nella produzione di munizioni cluster e di testate nucleari per i sottomarini britannici e americani. I suoi missili ATACMS hanno una gittata di 165 Km e possono contenere fino a 950 sub-munizioni. Le bombe cluster di LM sono state usate nel 2003 nella guerra contro l’Iraq. Lanciate anche nelle aree urbane di Baghdad, al-Najaf e Karbala. sono la causa principale delle morti di civili nel conflitto. L’ex-vicepresidente di Lockheed Bruce Jakson è stato nominato presidente del Comitato per la Liberazione dell’Iraq, formato con il sostegno dell’amministrazione Bush. La moglie del vice-presidente Cheney è stata membro del Consiglio di Amministrazione di LM.

Paesi ex produttori di mine antiuomo Albania Bosnia Colombia Argentina Brasile Rep. Ceca Australia Bulgaria Danimarca Austria Canada Finlandia Belgio Cile Francia

Germania Grecia Ungheria Isrlaele Italia

Giappone Olanda Normandia Perù Polonia

Portogallo Romania Serbia Sud Africa Spagnia

Svezia Svizzera Taiwan Turchia Uganda

Inghilterra Zimbawe

menti. Ottenendo anche importanti risultati: ING, KBC e FORTIS hanno già cominciato a fare marcia indietro. Ma prima di parlare degli effetti della campagna vediamo più in dettaglio i contenuti del rapporto.

gni inesplosi hanno provocato la morte di 1.600 civili, il 60% dei quali aveva meno di quindici anni. I principali produttori di bombe a frammentazione sono Forges de Zeebrugge SCHEDA 1 , Raytheon, Lockheed Martin SCHEDA 2 e EADS SCHEDA 3 . Lo dice Jane’s Defence database, la banca dati più completa sull’industria deGrappoli di bombe gli armamenti, e lo confermano i siti internet delle im“Cluster bombs”, in italiano bombe a grappoli o a framprese. Nel marzo del 2004 tutte le banche analizzate da mentazione. Vengono lanciate da aerei, elicotteri o dalNetwerk stavano investendo in queste l’artiglieria di terra. Poco dopo il lancio FIGURA 1 società GRAFICO 1 . si aprono e rilasciano centinaia di subAlla fine del 2002 KBC, DEXIA e munizioni: bombe più piccole, granate, FORTIS garantivano le operazioni di mine, agenti chimici che si disperdono Forges per circa 2,6 milioni di euro. in aree molto vaste (vedi FIGURA 1 ). Sempre nel 2002 ING ha partecipato a Le munizioni dovrebbero esplodere un finanziamento in pool assieme a una una volta raggiunti gli obiettivi. In trentina di banche a favore di EADS, realtà molte rimangono inesplose (dal sborsando dai 50 ai 100 milioni di euro, 5 al 30% del totale) creando veri e proCome funziona mentre fino al luglio del 2003 AXA era pri campi minati. Come se non bastasuna bomba cluster. uno degli azionisti di EADS attraverso la se, le sub-munizioni sono più difficili Dal sito della BBC. holding francese Désirade. da disinnescare rispetto alle mine anMa anche tra le grandi banche c’è chi dice no. In tiuomo e quando vengono calpestate non feriscono. seguito alle pressioni del partito di opposizione olanUccidono direttamente. Le cluster sono state usate in dese SP (Socialistische Partij), ABN Amro, gruppo banalmeno 16 Paesi, tra cui Afghanistan, Albania, Bosnia, cario internazionale con sede ad Amsterdam, ha deciIraq, Cecenia e Kosovo. Secondo un rapporto di Huso di chiudere tutti i suoi rapporti con la società inglese man Rights Watch, durante la prima guerra del Golfo Insys, che testa le cluster per l’esercito britannico. ABN ne sarebbero cadute 61.000 solo sull’Iraq, liberando deteneva il 18% del capitale di Insys attraverso un fonun totale di circa 20 milioni di sub-munizioni, molte do di investimento. È un precedente interessante, andelle quali non sono esplose. Dopo la guerra gli ordi|

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all’esplosione di solito non sfugge all’amputazione di uno o più arti. Solo in Cambogia le persone che hanno subito mutilazioni sono 35.000. Secondo fonti militari nel corso della guerra del Golfo del 1991 gli Stati Uniti, che non hanno ancora sottoscritto il trattato di Ottawa, avrebbero lanMine antiuomo ciato in Iraq e Kuwait 117.634 mine antiuomo. Un rapLe banche analizzate nel report di Netwerk non si tirano porto di ICBL (Campagna Internazionale indietro nemmeno di fronte alle famigeper la messa al bando delle mine antiperrate mine antiuomo. Dichiarate illegali sona) documenta invece il loro uso da parnegli oltre 150 Paesi che hanno sottoscritte della Russia in Cecenia e in Tagikistan e to il trattato di Ottawa, le mine uccidono del Pakistan ai confini con l’India. ogni anno più di 26.000 civili e ne feriLa produzione di mine antiuomo è scono gravemente molti di più. Le pegun business di cui nessuno ama parlare giori sono quelle a frammentazione: se ed è quindi molto difficile ottenere vengono calpestate esplodono in centiVi siete mai chiesti perché informazioni attendibili. Il rapporto di naia di piccoli pezzi in un raggio di 50 mela Cambogia è al 178° posto Netwerk fa riferimento ancora una voltri. Alcune, prima di esplodere, si alzano finel calcio mondiale? Cambodia Landmine ta alle ricerche dell’ONG Human Rights no a un metro e mezzo di altezza per Campaign in Phnom Penh. Watch. I maggiori produttori si trovano colpire lo stomaco di una persona adulta Realizzata dalla M & C Saatchi di Singapore. nei Paesi che non hanno ancora firmao la testa di un bambino. Chi sopravvive che perché ABN si è formalmente impegnata ad evitare ogni ulteriore rapporto con i produttori di bombe a frammentazione.

GRAFICO 1

INVESTIMENTI DIRETTI E INDIRETTI* IN PRODUTTORI DI BOMBE CLUSTER (IN US $) IMPRESA

EADS Lockheed Martin Raytheon

AXA GROUP

DEXIA GROUP

FORTIS GROUP

ING GROUP

KBC GROUP

TOTALE

4.787.559 430.774.009 35.561.373

3.956.848 1.483.228 4.209.336

18.209.408 2.278.827 1.800.349

13.952.036 67.007.840 7.030.578

1.352.711 5.910.696 3.249.426

42.258.562 507.454.600 51.851.062

Fonte: Shareworld databank, Marzo 2004 *Investimenti indiretti: investimenti nelle società che producono cluster tramite fondi comuni offerti al pubblico

SCHEDA 3

EADS EADS è nata nel 2000 dalla fusione di tre industrie militari: la tedesca Deutsche Aerospace Agentur (DASA), la francese Aerospatiale Matra e la spagnola Construcciones Aeronauticas (CASA). EADS è il secondo produttore di armi europeo, anche se solo un quinto della sua produzione è destinato alla difesa. Produce bombe cluster del tipo AFDS con le quali vengono equipaggiati anche gli F16 americani. Le cluster possono contenere da 24 a 120 sub-munizioni. Da una joint venture tra EADS, BAE Systems e Finmeccanica è stata creata MBDA, una società europea specializzata nella produzione di missili che possono montare anche testate nucleari.

to il trattato di Ottawa. A Singapore c’è la Singapore Technologies Engineering SCHEDA 4 , controllata dallo Stato ma quotata in borsa e presente in molti indici azionari internazionali. Negli Stati Uniti i leader del settore sono tre: ATK (Alliant Techsystems, SCHEDA 5 ) e i già citati Lockheed Martin e Raytheon. Nel 2004 tutte le banche oggetto del report di Netwerk investivano in azioni di Singapore Technologies attraverso fondi comuni di investimento destinati alla clientela. ING era al primo posto, con 5 milioni e mezzo di dollari investiti dai fondi ING Invest Industrials e ING Invest Singapore & Malaysia. In ATK investiva invece in modo significativo AXA: circa 145 milioni di dollari, il 6,6% del capitale della società. Anche ING era della partita, con un investimento di 3,43 milioni di dollari (0,2% del capitale).

Uranio impoverito Anche gli investimenti (diretti e indiretti) delle banche belghe e olandesi in imprese che producono uranio impoverito sono degni di nota. Ai primi posti troviamo ancora una volta AXA, con 380,77 milioni di SINGAPORE SCHEDA 4 dollari, e ING, con 201,74 milioni di dollari TECHNOLOGIES ripartiti tra le imprese ATK, BAE Systems e GeENGINEERING Singapore Technologies neral Dynamics. L’uranio impoverito o uraEngineering (STE) nio 238 è un prodotto di scarto ottenuto dalè una società la raffinazione dell’uranio naturale nei per azioni quotata nella borsa reattori nucleari e nelle bombe atomiche. di Singapore In ambito militare è usato specialmente dal dicembre del 1997. nelle munizioni anticarro degli USA. La sua I suoi titoli sono grande densità lo rende molto efficace conpresenti in numerosi indici azionari, tra cui tro le corazzature. Quando esplode, l’uranio lo Standard & Poor’s si polverizza in frammenti incandescenti che Asia Pacific 100 e l’MSCI Singapore rimangono a lungo nell’atmosfera e possono Free Index. quindi venire inalati dai soldati, dagli operaPiù del 50% delle azioni tori di pace e dai civili provocando gravi masono di proprietà lattie e malformazioni genetiche. I veterani di Singapore Technologies, della prima guerra del Golfo ne sanno qualuna società statale. cosa: una ricerca fatta su 251 famiglie di veLa produzione di armamenti terani nel Mississipi ha dimostrato che il è il core business 67% dei bambini concepiti e nati dopo la di STE (54% del fatturato, che nel guerra sono portatori di malattie rare e pro2003 ammontava a blemi genetici. Anche le truppe Nato e i ca1,4 miliardi di dollari). La controllata schi blu delle Nazioni Unite di stanza nei BalSingapore Technologies cani hanno subito gli effetti dell’uranio 238. Kinetics (STK) produce anche mine antiuomo In Italia le morti documentate sono una vendi cui non si fa però tina. Più di 200 i casi di cancro. Di solito si alcun riferimento sul sito della società. tratta del linfoma di Hodgkin, un tumore Le più utilizzate maligno del sistema linfatico ormai tristesono le VS-50 di plastica, mente noto come “sindrome dei Balcani”.

Quattro passi avanti e uno indietro A un anno e mezzo dal suo lancio la campagna “Mijn Geld. Goed Geweten?” co-

difficilmente rilevabili dai metal detector e le VS-69, mine a frammentazione che saltano in aria prima di esplodere.

MERCANTI IN FIERA DAL 4 AL 7 APRILE 2005 IN GIORDANIA, al centro esposizioni internazionali di Amman, non sarà difficile sentire parlare uno strano idioma che mischia dialetti soprattutto del nord Italia, inglese e arabo. “Rebuilding Iraq 2005” è la fiera degli aspiranti ricostruttori di una guerra non ancora terminata. Poca etica, qualche speranza di finanza. Alla Fiera di chi applica al proprio business plan il sincero enunciato dell’esponente socialista Gianni De Michelis (“lo sappiamo tutti: dobbiamo andare lì e dare il nostro supporto perché solo così si partecipa alla ricostruzione e ai nuovi equilibri mondiali”) parteciperanno decine di aziende italiane ansiose di strappare qualche commessa o sub appalto al ricco piatto organizzato dai promoter dell’invasione irachena e pagato, in virtù di un meccanismo anomalo, dallo stesso popolo occupato. Una scommessa non facile visto che la gran parte degli appalti è destinata ad imprese anglo-americane o da essi, tramite società di investimento Usa come il Carlyle Group, indirettamente controllate. Fa eccezione per ora il contratto ottenuto da Olidata. L’azienda italiane sta realizzando in partnership con il Ministero per l’Innovazione e la Tecnologia una rete di centraline laser di nuova generazione per collegare nella rete di e-government 15 ministeri di Bagdad. Per seguire questo programma Olidata ha dovuto allestire una filiale responsabile per hardware, manutenzione e installazione delle centraline laser mente il Ministero italiano sta curando l’addestramento di 40 operatori iracheni. Per le altre imprese restano aperte le sub commesse. La ricostruzione dell’Iraq implica un volume di affari complessivo stimato in oltre 150 miliardi di dollari nell’arco di un decennio, tra i benefici diretti rappresentati dagli appalti e le proiezioni di resa dell’investimento. L’Ice, Istituto che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali con l’estero, si definisce “l’autostrada per il made in Italy”. Nel proprio sito segnala alle aziende italiane i settori in cui proporsi per accordi di collaborazione. Senza citare ovviamente le cause che determinano tale necessità, si consiglia di “concentrare l’attenzione” su opportunità relative a partnership in mercati come “impianti petroliferi, riparazioni stradali, ripristino porti, telecomunicazioni, ospedali”. Dall’agosto del 2003 è attivo a Bagdad un apposito ufficio (“antenna”) dell’Ice, cui era affidato inizialmente il compito di assistere le imprese italiane coinvolte nel programma “Oil For Food”, su cui sono ora state aperte indagini. L’antenna ha da subito avuto il compito anche di “fornire informazioni di primo orientamento agli operatori italiani interessati alla ricostruzione dell’Iraq e di censire gli operatori locali disponibili a collaborare con le aziende italiane”. Oltre al sito ufficiale di “Rebuild Iraq 2005” (http://www.rebuild-iraq-expo.com/), che offre il programma completo della fiera con l’elenco delle aziende italiane partecipanti, ed il sito ufficiale dell’Ice, la ricostruzione di un paese tuttora insanguinato dall’occupazione attrae la fantasia di imprenditori italo iracheni. Il sito “Itaraq.it” offre informazioni per le imprese e assistenza in loco in lingua inglese e araba dietro un rimborso forfettario di 1.500€ + iva, pagati prima dell’inizio della manifestazione.

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SCHEDA 5

ALLIANT TECHSYSTEMS (ATK) È il più grande fornitore di mine antiuomo dell’esercito americano con i sistemi GATOR e VOLCANO. Le mine GATOR, usate durante l’operazione “Tempesta nel deserto” del 1991, sono “smart mines” (mine intelligenti) e contengono un meccanismo di autodistruzione. Si trasformano facilmente in normali mine antiuomo perchè spesso il meccanismo di autodistruzione non funziona. ATK ha dichiarato a Human Rights Watch di aver chiuso la produzione di mine antiuomo GATOR nel 1996. Ora si sarebbe specializzata nella produzione di mine anticarro VOLCANO.

deciso di escludere dai suoi fondi STE e ha promesso di mincia a raccogliere i primi importanti frutti. «Ad ogadottare specifici codici di condotta, mentre Fortis è gi solo una delle cinque banche analizzate non ha fatstata l’unica banca che ha avuto il coraggio di partecito niente per modificare la sua posizione», spiega pare a un dibattito pubblico organizzato da Netwerk Maeckelberghe di Netwerk Vlaanderen. «Le altre si sonel maggio del 2004, dove si è data un anno di tempo no mostrate disponibili al dialogo e hanno fatto seguiper sviluppare una politica di investimento seria e trare alle dichiarazioni di intenti i primi fatti concreti». sparente sugli armamenti. Le linee guida di Fortis doIl brutto anatroccolo è la francese AXA. «Sin dall’ivrebbero uscire prima dell’estate. nizio della campagna AXA ha reagito in modo molto E infine ING, la banca che ha inventato il Conto negativo alle nostre domande. E ora non ha intenzioArancio, tanto amato dai risparmiatori italiani. Nell’aprine di cambiare una virgola nella sua politica di invele del 2004 il presidente del colosso stimento in armamenti». «Non adotolandese ha promesso di fermare ogni teremo mai codici di condotta o SITI investimento in STE (produttore di criteri relativi all’investimento in arDI RIFERIMENTO mine antiuomo), mentre il Gruppo mi», ha dichiarato Elly Bens, portaING ha iniziato a collaborare con voce di AXA. Il rapporto di Netwerk può essere scaricato dal sito della campagna Netwerk nell’elaborazione di specifiMjin Geld. Goed geweten che linee guida sugli armamenti. «SoKBC, quando www.mymoneyclearconscience.be no segnali positivi – spiega Karl la pressione funziona Netwerk Vlaanderen www.netwerk-vlaanderen.be Maeckelberghe – ma ING sembra aver KBC è la banca che ha reagito meglio Human Rights Watch dimenticato le sue promesse sull’uscie in modo più rapido. Dopo la pubwww.hrw.org ta dagli investimenti in armi nucleari». blicazione del rapporto ha smesso di The Cluster Munition Coalition Dopo aver portato a casa ottimi riinvestire in imprese che producono www.cmc-international.org sultati la campagna “Mijn Geld. Goed mine antiuomo e bombe cluster. SinJane’s Defence database www.janes.com Geweten?” continua. E Maeckelgapore Technologies Engineering International Campaign berghe non può che essere ottimista: (STE), Raytheon, Lockheed Martin, for a Ban on Landmines «se continuiamo a fare pressione sulThales, EADS e ATK rimarranno fuowww.icbl.org le banche, in un futuro prossimo pori anche dai fondi di investimento Campaign Against Depleted Uranium www.cadu.org.uk tremmo ottenere risultati ancora più destinati alla clientela. importanti». Parola di Netwerk. Il gruppo franco-belga Dexia ha

STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

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Mexico City. Per molti anni il Messico è stato una terra di esportazione di rifiuti tossici dagli Stati Uniti.

Messico, 1990

> Discariche

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fusioni e acquisizioni

Licenziamenti e megaplusvalenze di Andrea Di Stefano

DOW JONES SUSTAINABILITY INDEX. Si stanno per fondere. O meglio una, la più grossa, la Johnson & Johnson, vuole acquistare la specializzata Guidant che opera nel campo delle terapie cardiovascolari per oltre 25 miliardi di dollari. Ma la preda ha messo in atto un taglio “preventivo” e radicale del personale per risultare più appetibile in vista dell’operazione mentre i suoi manager, dall’amministratore delegato al direttore finanziario, lucravano milioni di dollari dalla vendita delle azioni ricevute come bonus negli anni passati. Ma c’è chi ha scelto di non subire: uno dei quadri licenziati, Joe Pagliolo, ingegnere specializzato nella progettazione di pacemaker e defibrillatori con dodici anni di anzianità, ha denunciato Guidant alla Equal Employment Opportunity Commission di Minneapolis accusando la società di discriminazione nei confronti dei lavoratori più “anziani”. Due mesi prima dell’annuncio del take over da parte della Johnson & Johnson i vertici della Guidant hanno varato un piano di ristrutturazione: complessivamente è stata tagliata la forza lavoro del 10%. Una riduzione che ha colpito in modo massiccio i lavoratori intorno ai cinquant’anni di età. Pagliolo nella denuncia presentata alla commissione per le pari opportunità sostiene che la maggior parte degli esuberi ha infatti colpito dipendenti che avevano intorno ai cinquant’anni mentre l’anzianità media in azienda è intorno ai 39. Un ulteriore tassello a favore dell’ipotesi di scelte molto interessate da parte I sei top executives del management della società, che si sarebbe preparato di Guidant hanno ricevuto all’acquisizione gestendo male le attività e sfruttando al meglio le stock options a prezzi di favore e venduto ai massimi le opportunità offerte dalle voci su un possibile takeover. poco prima dell’annuncio Così i vertici, sull’onda di una spinta all’insù dei prezzi di Johnson & Johnson di borsa, hanno potuto realizzare ingenti plusvalenze vendendo le azioni ricevute come bonus. I sei top executives hanno incassato da 3,4 a 9,2 milioni di dollari ciascuno esercitando le stock options: il direttore finanziario Keith Bauer ha realizzato 9,2 milioni, l’ex chairman Jay Graf 7,5 milioni, l’attuale presidente e ceo Ronald W. Dollens oltre 3,9 milioni di dollari. Ora non è escluso che la Sec, la Consob statunitense, decida di mettere il naso nelle operazioni condotte dalla prima linea del management che, peraltro, una volta conclusa la vendita alla J&J ha annunciato che andrà in pensione, chi subito chi tra un paio d’anni con un ulteriore lucroso piano previdenziale. Anche gli azionisti della Guidant vogliono capirci qualcosa di più sull’andamento dei conti (e del prezzo delle azioni) della società. Nel corso del 2003 il titolo ha infatti registrato un vero e proprio tonfo, offrendo ai manager l’opportunità per aderire ai piani di stock options ad un prezzo particolarmente favorevole. Nella seconda metà del 2004, sull’onda delle voci di una possibile acquisizione, il titolo Guidant ha ripreso a correre. A metà febbraio di quest’anno, con le comunicazioni del 10-k alla Sec, è emerso che tutta la prima linea di amministratori aveva provveduto a sfruttare l’ottimo momento borsistico per realizzare mega plusvalenze mentre i dipendenti venivano licenziati per migliorare la redditività in vista dell’acquisizione da parte di Johnson & Johnson.

S

ONO ENTRAMBI NEL

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CISL>Caaf


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| inbreve |

Lula, ritratto del Presidente equilibrista >45 Pro o contro: opinioni a confronto sul nuovo Brasile >46 Unrwa: una Agenzia Onu per i profughi palestinesi >49

internazionale INDIANI IN RETE, MA SOLO FORNENDO I DATI PERSONALI

INDAGINE SU AGENTI CIA SOSPETTATI DI AVERE SEQUESTRATO UN CITTADINO EGIZIANO A MILANO

RICAMBIO DEI MILITARI IN IRAQ PER STRESS TRAUMATICO

ACCUSE A NOVARTIS: “DISCRIMINA LE DONNE”

NUOVE TESTIMONIANZE SU FALLUJA. DAL MINISTERO IRACHENO UNA DENUNCIA: “USATE ARMI CHIMICHE”

PROTESTE IN CINA CONTRO I SUPERMERCATI STRANIERI

Solo il 12% dei collegamenti ad Internet avviene da casa e in India la preoccupazione degli uffici governativi su come tenere d’occhio l’utilizzo della Rete è crescente. Il pretesto è stata la dichiarata volontà di combattere il fenomeno delle truffe realizzate tramite la Rete. D’ora in poi comunque chi vorrà utilizzare un Internet point, diffusissimi in tutta l’India, dovrà fornire un documento di identità i cui dati verranno registrati con l’indicazione della postazione utilizzata. La novità, introdotta nella regione di Karnataka e destinata ad essere estesa a tutto il Paese, è basata su un articolo del “Indian Information Technology Act” approvato nel 2000 ma che solo ora trova applicazione. Il timore governativo è legato all’utilizzo della Rete a fini politici. In India infatti gli Internet point hanno presto assunto un ruolo di aggregazione e rappresentano per molti cittadini la sola possibilità di avere accesso alla Rete. Un ulteriore argomento portato a favore delle nuove normative, la cui estensione sembra destinata a creare un crollo del mercato dei cyber cafè e degli access point, è la rilevazione dell’enorme flusso di accesso a siti contenenti materiale pornografico e alle crescenti iniziative indiane e straniere su questo tema, legate all’India sia come produzione sia come consumo. Per il 2005 è previsto un forte incremento della diffusione della banda larga e della connettività domestica che le nuove normative dovrebbero favorire pur segnalando il livello di controllo esercitato sulle connessioni in Rete.

La Procura di Milano ha aperto una indagine sul sequestro nel 2003 di un cittadino egiziano, residente a Milano, prelevato da un gruppo di uomini americani mentre si avvicinava, in pieno giorno, alla moschea di Viale Jenner a Milano. Un testimone oculare, una donna la cui finestra si affacciava sul vicolo in cui l’uomo è stato brutalmente fermato mentre un furgone senza insegne bloccava la via di ingresso, ha potuto seguire l’intera scena. Dal numero di targa del furgone gli inquirenti sono risaliti dopo la denuncia del testimone alla società di noleggio, alle carte di credito utilizzate dagli uomini e di lì al loro soggiorno in un hotel milanese, alle conversazioni telefoniche ed agli spostamenti. Secondo la Procura di Milano Abu Omar di 42 anni, un uomo abituato a farsi notare per la sua eccessiva loquacità su temi delicati, sarebbe stato prelevato da un gruppo di uomini statunitensi che avrebbero lasciato numerose tracce del loro passaggio, tra cui una telefonata alla base Usa di Aviano e una in Virginia, dove la Cia ha la sua sede operativa. Un sequestro in piena regola effettuato in uno stato sovrano. Abu Omar, che è riuscito a descrivere brevemente la sua esperienza telefonando dal carcere egiziano in cui è rinchiuso, sarebbe stato sequestrato, portato ad Aviano nella base statunitense, interrogato sui suoi legami con affiliati ad Al Quaeda, picchiato e forzatamente trasferito in Egitto, dove viene detenuto per quattordici mesi. La libertà viene concessa nell’aprile del 2004 a patto del silenzio totale sull’accaduto. Una sua telefonata in Italia viene intercettata dalle forze dell’ordine egiziane che lo prelevano nuovamente. Da allora non si sono più avute sue notizie mentre l’inchiesta della Procura approdava ad Aviano, base Usa in territorio italiano per la quale gli Stati Uniti pongono un principio di extraterritorialità.

La sigla è PTSD, “disturbo posttraumatico da stress”, ed avrebbe già colpito il 17% dei militari statunitensi impiegati in Iraq. Per loro è stata prevista la turnazione con il richiamo in patria dove la terapia psicologica e farmacologica dovrebbe aiutare a superare il disturbo. All’origine, come accaduto ai tempi della guerra in Vietnam, vi sarebbe l’orrore della guerra reale e i suoi effetti sulla psicologia dei soldati. Interrogato da Peacereporter, il sito web di informazione nato dall’esperienza di Emergency, lo psichiatra Jeffrey Fine, direttore del programma di cura del PTSD al New York Harbor Healthcare System si è detto convinto che «il numero di soldati che soffrono di PTSD aumenterà ancora. Al momento stiamo curando una cinquantina di veterani dall’Iraq e dall’Afghanistan. Ma per molti i primi sintomi si presenteranno con mesi o anni di ritardo: qui riceviamo ancora centinaia di militari che hanno combattuto in Vietnam e nella Seconda guerra mondiale». Tra i sintomi più frequentemente presentati, disturbi del sonno e incubi, apparente distacco emotivo anche al rientro dalla missione e durante il periodo di licenzaconvalescenza a contatti dei familiari, attacchi di ansia e sbalzi di umore. Alcuni soldati hanno manifestato i primi sintomi dopo la perdita dei più cari amici in battaglia, sentendosi colpevoli perché sopravvissuti, altri si sono progressivamente isolati per i ricordi di quanto vissuto.

Il colosso farmaceutico elvetico viene accusato di discriminare sistematicamente le impiegate a livello di salario, formazione continua e promozioni. La denuncia viene riferita dal portale della Televisione Svizzera Swissinfo. «Novartis ha permesso ai manager e ai quadri di degradare, punire e discriminare le impiegate», si legge in una dichiarazione dell’avvocato delle denuncianti. L’azienda ha replicato con durezza affermando che Novartis è fiera della propria politica di uguaglianza dei sessi e di promozione delle donne, specialmente nei settori marketing e vendita e annunciando contro denunce in Tribunale. L’avvocato delle denuncianti, David Sanford, spiega che le donne sono vittime di osservazioni sessiste e razziste e di scherzi di dubbio gusto. Alcuni dirigenti, inoltre, contravverrebbero al regolamento interno, prendendo contatto le collaboratrici in congedo malattia o gravidanza, per affidare loro incarichi di lavoro a domicilio. Secondo l’avvocato Sanford, Novartis fa credere di essere un’azienda che favorisce le madri lavoratrici, ma la realtà è ben diversa. Le denunce per discriminazione sessuale sul posto di lavoro si sono moltiplicate in questi ultimi tempi negli Stati Uniti. Nel luglio scorso la banca Morgan Stanley ha concluso un accordo extragiudiziale con 340 donne che l’accusavano di discriminazione, versando loro una somma di 54 milioni di dollari.

«Dai recenti avvenimenti verificatisi a Falluja è chiaro che le parti in conflitto hanno ignorato il diritto internazionale umanitario. Deve essere avviata subito un’indagine esauriente, indipendente ed imparziale». A richiedere un autorevole intervento esterno alle parti in conflitto è tra gli altri Amnesty International, tra le prime associazioni a livello mondiale a denunciare quanto accaduto a Falluja durante l’assedio e il successivo ingresso delle truppe anglo-statunitensi nella città irachena. Nuove testimonianze vengono faticosamente raccolte, considerato che nella città era vietato l’ingresso ai giornalisti e che la diaspora degli abitanti di Falluja e la pericolosità del lavoro giornalistico e di documentazione in Iraq rendono paradossalmente difficile raccogliere testimonianze di prima mano. Rai Tre ha trasmesso un video girato segretamente dall’interno di una macchina di soccorso della Mezza Luna Rossa che mostra una città interamente presidiata, sotto lanci di granate e tiro dei cecchini. Secondo il sito “occupationwatch.org” oltre il 60% delle case sono state rese inabitabili. Un funzionario del ministero della Sanità iracheno, Khalid ashShaykhili, al quale è stato affidato l’incarico di accertare le condizioni di salute degli abitanti di Falluja, ha detto ad all’emittente araba Al Jazeera che le ricerche effettuate dalla sua equipe medica provano che le forze Usa hanno usato gas “mostarda”, gas nervino e altre sostanze chimiche nocive. «Quello che ho visto durante i nostri sopralluoghi a Falluja mi portano a credere tutto quanto è stato detto riguardo a quella battaglia». Secondo Amnesty le vittime sarebbero state centinaia ma le forze di occupazione non hanno voluto fornire informazioni sui civili uccisi negli scontri.

Alla conquista del mercato cinese le grandi catena di supermercati europee e statunitensi si scontrano con i contadini locali che le accusano di importare frutta e verdura disponibile localmente dall’estero con pesanti ricadute sulle economie locali. La denuncia riguarda in particolare la francese Carrefour e l’americana Wal-Mart, rispettivamente seconda e prima rete di supermercati del mondo. L’incremento di vendite di Carrefour in Cina è stato lo scorso anno del 21%, con un incasso di quasi due miliardi di dollari. Sono già 62 i punti vendita di Carrefour aperti in Cina mentre anche Wal-Mart, il colosso statunitense del commercio ha registrato un aumento delle vendite del 30,5% pur scontando una rete inferiore di vendita che verrà potenziata nel corso dell’anno. Wal-Mart, su cui sono aperte alcune inchieste negli Stati Uniti per le politiche relative ad assunzioni sena pagamento di spese sanitarie, utilizzo di lavoro nero e condotta anti-sindacale (l’azienda non assume personale già iscritto al sindacato), ha annunciato di voler aprire 40 nuovi punti vendita in Cina nel corso dell’anno. Un progetto analogo è stato annunciato dai concorrenti Carrefour e Metro Ag, catena tedesca al quarto posto mondiale tra i retailer. Per consolidare il suo ingresso in Cina, Wal-Mart è scesa a patti con la sua politica dichiaratamente anti-sindacale accettando di versare il 2% al sindacato unico cinese con un prelievo sui salari, una condizione imposta per concedere le licenze.

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Il Brasile di Lula sul filo di lama. Il difficile cammino di un presidente equilibrista Oggi i mercati finanziari internazionali si fidano di lui, il Fondo Monetario internazionale applaude le sue scelte, una parte dei suoi alleati lo ha abbandonato delusa, ma la gente, secondo i sondaggi, continua a credergli. Al giro di boa, un bilancio dei primi due anni e mezzo della presidenza di Lula cercando di capire perché è uno che “o lo ami o lo odi”, anzi capita che passi dall’uno all’altro sentimento. di Elisabetta Tramonto

Ecuador. Anche la Texaco avrebbe riversato fino al 1992 rifiuti altamente tossici in pozzi privi di rivestimento protettivo su un’area abitata da una comunità indigena. L’incidenza dei tumori ha superato il 40% e sono nati bambini con malformazioni congenite.

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Ecuador, 1997

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IANCO E NERO, LUCI E OMBRE. È difficile tracciare un bilancio netto dei primi due anni di governo in Brasile di Ignacio “Lu-

la” da Silva. Nel 2002 la sua elezione fu osannata dai brasiliani, dai partiti di sinistra, dai movimenti sociali, dai sindacati. Era la speranza di vedere modificate le condizioni sociali di un Paese dove oltre 50 milioni di abitanti vivono con meno di un dollaro al giorno, dove l’1% della popolazione detiene il 15% delle ricchezze di tutta la nazione, dove il 46% delle terre è in mano a 26.000 grandi latifondisti mentre 4 milioni e mezzo di abitanti non hanno un fazzoletto di terra da coltivare. Miraggi sociali che rendevano decisamente nervosi i mercati finanziari internazionali, gli Stati Uniti e il Fondo monetario internazionale (Fmi) che temevano di non vedere ripagato l’enorme debito pubblico che il Brasile vantava nei loro confronti. Sono passati due anni e molte cose sono cambiate, gli equilibri si sono capovolti. Amore e odio spesso invertiti. Promesse non mantenute, speranze infrante, un diverso ordine di priorità per il governo. Lula era salito alla guida del Paese con un programma molto impegnativo. Conciliare riforme sociali come la lotta alla povertà, la redistribuzione delle terre, la riduzione delle disuguaglianze, con rigidi obiettivi economici: il rispetto degli impegni con i creditori internazionali, la creazione di una stabilità finanziaria, una rapida ripresa economica. Insomma un insieme di riforme di “sinistra” con una politica economica di “destra”. Un programma che probabilmente sarebbe stato impossibile da realizzare per chiunque. Lula ha fatto delle scelte e delle rinunce. Ha scelto la conquista della fiducia dei mercati finanziari internazionali e del Fondo monetario internazionale. Ha rinunciato a intervenire radicalmente sugli enormi bisogni sociali del Brasile, accontentandosi di piccoli interventi marginali. Ma bisogna anche considerare che Lula ha avuto in parte le mani legate da una coalizione di governo che unisce partiti di sinistra e di centro destra, dal partito liberale al Partito comunista do Brasil. Gli Stati Uniti e il Fondo Monetario Internazionale Sobral. Nell’ambito del programma hanno tirato un sospiro di sollievo. Lula non si è rivela“Fame zero”, Lula ha visitato to affatto quello spauracchio da loro tanto temuto. Gli numerose località del Paese. Brasile, 2004 impegni finanziari internazionali sono stati via via ri|

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PERCHÈ SÌ «IL PAESE È SALDO E ORA LULA PUÒ FORSE PENSARE REALMENTE AI PROGETTI SOCIALI» È DIFFICILE GOVERNARE UN PAESE enorme e vulnerabile come il Brasile. Lula ha saputo conquistare consensi interni e internazionali, creando una dialettica politica nel governo. Simona Beretta, docente di politiche economiche internazionali all’Università Cattolica di Milano, analizza i due anni di governo in Brasile di Lula. Che cosa ha portato di buono Lula al Brasile?

«Ha preservato la stabilità macroeconomia del Paese, evitando che sprofondasse in una crisi come l’Argentina. Ha permesso di raggiungere un tasso di crescita economica intorno al 5%. Ha mantenuto l’inflazione a un tasso alto ma ragionevole, intorno al 7%, lontano dall’iperinflazione che il Brasile ha sperimentato in passato. Ha conquistato la fiducia dei mercati internazionali, rispettando gli impegni con i creditori. Ha conquistato un ruolo di rilievo nel panorama politico internazionale e una capacità di leadership che non aveva avuto per decenni» …e ora le cose non fatte. Che cosa si può rimproverare a Lula?

«Le politiche di lotta alla povertà non hanno ottenuto i risultati sperati (e promessi). Il programma “Fame zero” si è impantanato in un sistema troppo burocratizzato. Ogni apparato burocratico è per sua natura facilmente catturabile da interessi particolari. Così spesso i vantaggi sono finiti a chi povero non lo era. In Brasile la spesa pubblica assorbe il 15% del Pil, una quantità enorme di denaro di cui il 2% è destinato ai fondi pensione dei dipendenti pubblici, che non sono certamente i poveri del Brasile. Il problema è anche un altro: trasferire fondi ai poveri non significa estirpare la povertà. È un obiettivo ambizioso, ma è ancora più difficile da raggiungere con riforme alla Lula, cioè grandi programmi nazionali di impronta burocratica. È necessario invece che l’iniziativa parta dal basso» Che cosa avrebbe potuto fare Lula che invece non ha fatto?

«Avrebbe potuto modificare l’inefficiente impianto burocratico che ha ereditato dal governo precedente ma in certi casi lo ha addirittura burocratizzato ulteriormente, centralizzando le decisioni. In Brasile c’era una forte tradizione di iniziativa dal basso, penalizzata ora dal governo Lula che tende a fare programmi governativi su tutto, dagli asili alle mense per i poveri» Si può dire che Lula abbia tradito le aspettative di chi lo aveva votato?

«No. La scommessa iniziale di Lula era di prendere in mano un Paese con problemi gravissimi e farlo rialzare in piedi con una politica che conciliasse il rispetto degli impegni con politiche di welfare. Ggovernare un Paese come il Brasile è difficile.La priorità per Lula è stata rispettare gli impegni finanziari. Questo lo ha portato a dover fare delle scelte difficili che non sono piaciute a tutti. Una delle condizioni che hanno permesso al Brasile di crescere a un tasso del 5%, è stato proprio il fatto di non essersi tirato indietro rispetto agli impegni internazionali. Tutto il contrario dell’Argentina» Poteva scegliere una strada diversa?

«Poteva scegliere di non rispettare gli impegni finanziari. Avrebbe ottenuto molti più consensi interni e probabilmente nel breve termine l’economia sarebbe cresciuta anche di più. Rispettando gli impegni finanziari invece Lula ha posti le basi per una politica sostenibile. Politiche populiste e irresponsabili, che per decenni hanno caratterizzato l’America Latina, hanno danneggiato innanzitutto i poveri e hanno aggravato la disuguaglianza sociale ed economica»

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spettati. Lula ha rapidamente conquistato la fiducia dei mercati finanziari e del Fondo Monetario, ma ha perso in parte quella dei suoi alleati: di una parte della sinistra, di molti movimenti sociali e dei sindacati, gli stessi che due anni fa avevano strenuamente creduto in lui esultando per la sua elezione e che oggi si trovano con una montagna di promesse non mantenute.

I sogni infranti Lula aveva promesso di eliminare la povertà dal Brasile. E non lo ha fatto. Tre pasti al giorno per tutti, declamava all’inizio del mandato. Il grande progetto è finito con circa 20 dollari al mese per qualche decina di migliaia di famiglie indigenti. Non un intervento strutturale che affrontasse di petto il problema della povertà e dell’esclusione sociale, che in Brasile riguarda oltre 50 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà (1 dollaro al giorno). Solo una serie di interventi assistenziali per un totale di 7 miliardi di reais (circa 2 miliardi e mezzo di dollari) di spesa pubblica. La profonda disuguaglianza sociale ed economica presente in Brasile è ancora al suo posto. «Non bisogna pensare al concetto di disuguaglianza dal punto di vista di un europeo – spiega Gianni Alioti, responsabile dell’ufficio internazionale della Fim-Cisl – Se da noi tra i redditi in assoluto più bassi e quelli più alti c’è un rapporto di 1 a 3 o 1 a 5, in Brasile si parla di un rapporto di 1 a 100». Lula non è riuscito a modificare lo stato delle cose. Ha destinato una parte della spesa pubblica agli interventi sociali, ma si è trattato di trasferimenti spalmati su tutta la popolazione in proporzione al reddito. Un contentino a tutti che non ha cambiato la proporzione tra ricchi e poveri. Lo ha ammesso lo stesso governo. «La distribuzione dei trasferimenti ha replicato la distribuzione dei redditi precedenti all’intervento governativo», si legge in una nota del ministero delle Finanze brasiliano. L‘annunciata riforma agraria non c’è stata, bloccata dalla strenua resistenza della lobby dei latifondisti. Lula aveva promesso di trovare una terra per 1 milione di famiglie entro la fine del suo mandato, poi le famiglie sono diventate 400 mila tra il 20004 e il 2006. “Nel 2003 sono state insediate 14 mila famiglie e l’anno scorso appena 7 mila” si legge in un comunicato dell’Mst, il movimento dei senza terra. Oggi circa 200 mila famiglie sono accampate ai margini delle strade in tutto il Paese. Chiedono una terra, chiedono che il loro presidente mantenga le promesse fatte.

Le mete raggiunte “Un Brazil decente”. Era questo il leit motiv della propaganda elettorale di Lula. Ma in due anni il presidente-operaio ha fatto decisamente di più che creare un Brasile decente. Ha portato un Paese con 180 milioni di abitanti dalla recessione a una crescita econo-

mica del 5,2% nel 2004 (questo il dato rilevato dall’istituto brasiliano di statistica Ibge). È riuscito a ridurre il pesante debito pubblico brasiliano dai 260 miliardi di dollari, ereditati dal governo Cardoso, a circa 245 miliardi, portando il rapporto tra il debito e il Prodotto interno lordo dal 55,5% del 2002 al 52,4% nel 2004. Se si pensa che, secondo gli ultimi dati dell’Istat, la Francia ha chiuso l’anno scorso con un debito/Pil del 64,9%, la Germania del 65,9% e l’Italia addirittura del 105,8%, i debiti del Brasile sembrano briciole. Il rigore finanziario inseguito da Lula ha permesso di contenere l’inflazione, che oggi si aggira sul 6% (6,6% per l’Fmi nel 2004) e di raggiungere una certa stabilità monetaria, segno della conquistata fiducia sui mercati internazionali. Sul piano del coinvolgimento della società civile nelle decisioni politiche sono stati fatti passi avanti. L’istituto brasiliano “Observatorio de Imprensa” ammette che «le relazioni con i movimenti sociali sono migliorate e il governo Lula non tratta più le rivendicazioni dei sindacati, dei Sem Terra (il movimento dei senza terra, ndr) e delle ong come problemi di polizia come negli anni di Cardoso». Lula ha saputo conquistare un ruolo di primo piano nei giochi politici internazionali. Guidando il cosiddetto G20, il gruppo formato da venti tra i Paesi in via di sviluppo, il Brasile sfidò e lasciò a bocca asciutta Europa e Stati Uniti sulla questione dei sussidi all’agricoltura. Sta combattendo per conquistare un seggio al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Intessendo legami economici e commerciali con grandi potenze come il Sudafrica e l’India, ma anche con la Cuba di Castro o il Venezuela di Chavez e la Cina, dove è diretto l’enorme flusso di esportazioni che sta trainando l’economia brasiliana. A novembre il presidente cinese Hu Jintao, in visita ufficiale in Brasile, ha firmato un accordo impegnandosi a investire 8 miliardi e mezzo di dollari per la costruzione di strade, ferrovie e porti in Brasile. Jintao ha anche dichiarato Brasile e Argentina meta turistica per i cittadini cinesi, aprendo così la strada all’arrivo di una buona fetta dei 20 milioni di turisti che ogni anno escono dal loro Paese. E ha iniziato le trattative per riaprire il mercato cinese alla carne brasiliana e argentina.

Una strada lastricata di compromessi e contraddizioni “Ho sempre fatto il sindacalista e so negoziare. Ho negoziato tutta la mia vita” affermava Lula in un’intervista poco prima dell’elezione nel 2002. Negoziati, concessioni e compromessi continui sono stati il filo con-

PERCHÈ NO «NESSUNA NOVITÀ CONCRETA E TROPPA CONTINUITÀ CON LA POLITICA ECONOMICA DI CARDOSO» EMIR SADER, INSEGNA ALL’UNIVERSITÀ DELLO STATO DI RIO DE JANEIRO. Membro del comitato internazionale del Forum sociale Mondiale, Sader è apertamente critico nei confronti del governo di Lula, in particolare verso la politica monetarista del governo. «Il governo Lula è responsabile di aver mantenuto la politica economica applicata dal precedente esecutivo, dove venivano privilegiati gli interessi finaziari. Gli interventi sul sociale, sono stati solo quelli che riguardano l’emergenza, come prevede la politica della Banca Mondiale. Manca l’ obiettivo di rendere universale i diritti per i meno abbienti». Per chi lo ha votato, l’orientamento centrale del governo doveva essere improntato da una decisiva politica sociale...

«La strada imboccata è la diretta conseguenza della scelta fatta nel comporre la sua equipe economica, di cui non fa parte praticamente nessun economista del PT (Partito dei Lavoratori) né alcun altro esperto proveniente dalla sinistra ma economisti di formazione liberista, che hanno già lavorato con i governi precedenti e che già avevano dato dei segnali di distacco dagli interessi della base popolare. Una delle misure che hanno deluso maggiormente è la proposta di riforma delle pensioni. Lula prevede che i pensionati paghino le tasse. Questa proposta ha anche abbassato il livello delle pensioni per i lavoratori del settore pubblico e ha aperto un grande spazio allo sviluppo ai fondi pensione, di fatto un regalo per il sistema finanziario». Che ruolo hanno avuto, se ne hanno avuto, i grandi organismi finanziari nelle scelte di Lula?

«Il più duro attacco a Lula e alla sua elezione avvenne nel 2002, con un’azione speculativa- finanziaria durante la campagna elettorale. Questa speculazione fu possibile per la fragilità del sistema economico, il prodotto dell’applicazione delle politiche del FMI (Fondo Monetario Internazionale). Per reagire Lula firmò un documento intitolato “Lettera ai brasiliani” dove precisava che non avrebbe disatteso nessuno degli impegni finanziari assunti dal paese, un modo per frenare la fuga di capitali causata dalla sua possibile vittoria. Ma in seguito Lula decise, di sua propria volontà, di applicare una pressione fiscale superiore a quella richiesta dal FMI. Quali sono i movimenti sociali che sostengono il governo al momento?

«A più della metà del suo mandato Lula non può più contare sull’appoggio incondizionato dei movimenti sociali. I più radicali criticano apertamente l’esecutivo, come il Movimento dei Senza terra, rimasto deluso dalla lentezza nella creazione di una riforma agraria e la ripresa delle occupazioni di terre ha creato imbarazzo nel partito dei lavoratori. Il ministero dell’agricoltura appoggia apertamente l’uso di ogm, osteggiate dai “sem terra” che si sono sempre battuti anche per un asse di sviluppo agrario dei piccoli e medi proprietari, pronti a produrre per il mercato interno. La Centrale unica dei lavoratori si oppone agli aspetti centrali della politica economica. Le grandi manifestazioni organizzate dall’inizio del governo Lula hanno raccolto i sindacati dei lavoratori del settore pubblico e ricevuto l’appoggio di MST, della CUT e del movimento studentesco». Cristina Artoni

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IL PRESIDENTE OPERAIO UN COMPLEANNO SPECIALE PER LULA il 27 ottobre del 2002. Compie 57 anni ed è eletto presidente del Brasile. Dopo quattro tentativi falliti, battuto una volta da Collor e due da Cardoso, alla fine ce l’ha fatta. Il 63% dei brasiliani lo ha voluto alla guida del Paese. Lui, Luiz Ignacio da Silva detto Lula, calamaro in portoghese, un presidente operaio. A 15 anni è entrato in fabbrica. Un diploma da tornitore. La cultura se l’è fatta in carcere, nei due anni trascorsi nelle prigioni del Dops (la polizia politica), arrestato sotto la dittatura militare. La povertà, quella che vuole combattere, l’ha vista da vicino. Otto fratelli e un padre fuggito lasciando moglie e figli abbandonati a se stessi, Lula è cresciuto sulla strada. È nato nel Sertao (il deserto) nel Nord-Est del Brasile, un paesaggio lunare, un’immensa regione fatta di terra incandescente bruciata dal sole. La sua prima moglie muore di epatite perché non può curarsi. Oggi è sposato con Marisa, che ha origini italiane. Nell'80 in una scuola di San Paolo nasce il Pt (Partito dei lavoratori). E comincia la sua carriera politica. Dopo 22 anni sbarca al Palazzo del Planalto, la reggia di Brasilia, dopo una campagna elettorale condotta a bordo di un "pau de arara", il camion dal tetto di tela dei derelitti del Sertao. Un viaggio lungo 3000 chilometri ripetendo la promessa di costruire un “Brazil decente”. Nel 2002 tutto il Brasile era in festa per la sua elezione. La gente ballava per strada e sventolava le bandiere del Pt, il partito dei lavoratori, il partito di Lula. La promessa di tre pasti al giorno per i 40 milioni di brasiliani che patiscono la fame e di una terra per tutti gli ha fatto guadagnare la fiducia dei brasiliani. Non certo i ricchi, quell'1% di popolazione che detiene oltre il 15% delle immense ricchezze del Paese, che non si da pace ad avere come presidente un ex-operaio. Sono passati due anni e mezzo e la situazione è diversa. Diversa è l’opinione su Lula.

PIL BRASILE PRO CAPITE NATIONAL CURRENCY 5.798

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PIL BRASILE VARIAZIONE ANNUA 4,0% 1,9% -0,2% 2002

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INFLAZIONE BRASILE VARIAZIONE ANNUA 14,8% 8,4% 6,6% 2002

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duttore dei primi due anni di governo di Lula, frutto del tentativo di conciliare le componenti diametralmente opposte presenti nel governo. Una coalizione che vede rappresentati gli interessi dei grandi latifondisti insieme a quelli dei milioni di famiglie senza terra. Lula ha dovuto essere un abile equilibrista e camminare sul filo senza cadere da una parte o dall’altra. Emblematica è la creazione di due ministeri praticamente identici: quello dell’Agricoltura e quello dello Sviluppo agrario, affidati l’uno a un ministro di sinistra l’altro a un ministro di destra. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Mentre il ministro dell’Agricoltura spinge per adottare coltivazioni transgeniche, strizzando l’occhio alla multinazionale Monsanto, il ministro dello Sviluppo agricolo appoggia il movimento dei senza terra, che lotta strenuamente contro l’introduzione degli Ogm.

I prezzi da pagare Per ottenere una stabilità finanziaria e un clima favorevole agli investimenti esteri Lula ha usato le armi del rigore finanziario e fiscale e una politica monetaria fortemente restrittiva, troppo rigida anche a giudizio della Banca Mondiale. Il Banco Central do Brasil a gennaio ha nuovamente alzato, per il quinto mese consecutivo, i

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tassi di interesse che ormai hanno raggiunto la vetta del 18,25%. Finora Lula ha assecondato la politica severa della Banca centrale brasiliana ma le imprese iniziano a scalpitare temendo che l’eccessiva stretta finanziaria possa strangolare l’economia e penalizzare anche l’export. Lula si trova così tra l’incudine e il martello. Da un lato la sinistra radicale e i movimenti sociali e sindacali gli rimproverano di aver sacrificato gli investimenti interni e il sostengo alle politiche sociali alla fiducia dei mercati internazionali mentre la destra imprenditoriale lo critica per l’eccessivo rigore economico. Il Fondo Monetario Internazionale cita il Brasile come uno dei Paesi che “hanno fatto i maggiori passi avanti negli ultimi anni nella crescita economica, nella contrazione dell’inflazione, nella riduzione del debito pubblico, un modello da imitare di rispetto dei programmi del Fmi”. Un merito e un capo d’accusa allo stesso tempo. Proprio l’applauso del Fondo Monetario Internazionale è interpretato dai movimenti sociali, dalla sinistra brasiliana come il segnale che Lula non sta affatto facendo gli interessi del Brasile.

Lula perde colpi, ma non troppi Lula ha pagato un prezzo per le politiche adottate in questi due anni di governo. Nelle elezioni amministrative di ottobre il Pt, il partito dei lavoratori di Lula, ha perso importanti città come San Paolo e Porto Alegre. Ma in compenso i comuni in mano al Pt sono più che raddoppiati, passando dai 187 del 2000 a 411 nel 2004. Forse lo smacco più grave per il partito di Lula è stato la perdita della presidenza della Camera. Nelle elezioni di febbraio il candidato del Pt è stato battuto da un quasi sconosciuto Severino Cavalcanti, che gareggiava per un partito minore di destra. Le critiche a Lula provengono dall’ala più radicale dei movimenti sociali, dei sindacati e del suo stresso partito. Il consenso popolare però continua a essere alto. Il 70% dei brasiliani approva l’attività del presidente e il 45% promuove il suo governo. Un gradimento inossidabile, merito della solida crescita economica e del carisma di Lula, un leader popolare con pochi paragoni nella storia del Brasile. Mancano due anni alla fine del mandato presidenziale di Lula. La fiducia dei mercati è stata conquistata, gli impegni con il Fondo monetario vengono rispettati, il consenso popolare è ancora alto. Lula non ha più motivi per rimandare le riforme sociali promesse. Quest’anno sarà decisivo per la rielezione di Lula nel 2006. Sono in molti a INDIRIZZI pensare che se l’economia conUTILI tinuerà a crescere ai tassi attuali e se non ci saranno clamorowww.comitatomst.it Riferimento in Italia si errori nel governo, Lula si del movimento presenterà da favorito al voto brasiliano dei Sem Terra del 2006.

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Meno poveri e disperati. Gli obiettivi concreti e molto sgraditi dell’Agenzia Unrwa è l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dell’assistenza ai profughi palestinesi. Un organismo sostenuto e finanziato al 95% dai paesi europei e osteggiatissimo da Stati Uniti e Israele. Tra i compiti del’Agenzia vi sono gli interventi a favore di istruzione, salute e servizi sociali, in un contesto di continua e grave emergenza.

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LLEVIARE LO STATO DI POVERTÀ DEI PROFUGHI PALESTINESI. Questo uno degli obiettivi principali dell’Unrwa, Agenzia del-

le Nazioni Unite per l’assistenza ai rifugiati palestinesi, riportato nell’atto costitutivo dell’organismo. Nel punto d, del documento viene precisato che l’agenzia «ha il compito di provvedere all’accesso ai servizi sociali da parte dei rifugiati e a promuovere la loro progressiva autonomia. In questo contesto è importante l’obiettivo di alleviare lo stato di povertà dei rifugiati». di C.A. L’Unrwa nasce sotto il segno dell’emergenza dopo il conflitto israelo-palestinese del 1948. Le Nazioni Unite creano con la risoluzione 302 nel 1949 l’agenzia che avrebbe portato soccorso ai rifugiati palestinesi. Un anno dopo, l’organismo comincia i primi interventi in Medioriente. Da allora l’Unrwa ha lavorato sul campo sia in tempi di relativa calma sia durante i periodi di aperto conflitto. Gli aiuti dell’organizzazione hanno sfamato e offerto alloggio a decine di migliaia di rifugiati palestinesi di quattro generazioni in fuga dalla violenza. INTERVENTI DI EMERGENZA PER LIMITARE L’Unrwa, che è un’agenzia indipendente all’interno dell’Onu, I DANNI DELLA CHIUSURA DEI TERRITORI era stata concepita come un organismo di breve durata. Ma la violenza che segna la regione ha trasformato l’agenzia in una struttura DALLO SCOPPIO DELLA SECONDA INTIFADAH, la popolazione indispensabile per il sostegno alla popolazione palestinese. Il manpalestinese della Striscia di Gaza e della Cisgiordania vive perennemente dato per gli interventi nei Territori occupati è stato rinnovato perionell’emergenza. Dal 2000 la Unrwa ha focalizzato i suoi interventi dicamente dalla data della sua creazione. nell’area per cercare di limitare i danni della violenza, dei frequenti L’Unrwa offre assitenza, attraverso diversi programmi di aiuto, a circoprifuoco e della chiusura dei Territori. ca 3,9 milioni di rifugiati palestinesi presenti in cinque aree: Giordania, Negli ultimi anni il blocco degli accessi verso zone della Cisgiordania Libano, Repubblica araba di Siria , Cisgiordania e Striscia di Gaza. e di Israele, hanno fatto crollare l’economia palestinese, causando Circa 1,3 milioni di rifugiati, quasi un terzo del totale vive in 59 l’abbandono da parte di centinaia di persone del proprio nucleo campi profughi in cui l’agenzia dell’Onu opera. famigliare per cercare un nuovo lavoro. Lo scopo delle attività dell’Unrwa sono tutte di carattere umaniSi calcola che il 50% della popolazione è disoccupata. Una realtà tario e includono lo sviluppo dell’area attraverso gli interventi in tre allarmante che si ripercuote sulla quotidianità: tra il 50 e il 60% settori: istruzione, salute e creazione di servizi sociali. dei palestinesi vive sotto la soglia di povertà, con meno di 2 dollari Nel 1993 il mandato dell’agenzia è stato esteso, con una nuova al giorno. Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite che coordina gli interventi risoluzione, ad altre attività di sviluppo: “per dare un contributo deumanitari circa due milioni di palestinesi, pari al 62% della popolazione cisivo e nello stesso momento un nuovo impeto alla stabilità ecoè considerata a “rischio” perché non ha la possibilità di sfamarsi in modo nomica e sociale dei Territori occupati”. L ’agenzia ha quindi punsufficiente e non ha accesso alle strutture sanitarie. Uno dei programmi tato su nuovi programmi di intervento come la creazione di impreprevede la distribuzione di cibo alle famiglie, con cassette che contengono se per i progetti di microcredito e servizi sociali più estesi. farina, riso, zucchero, olio, latte in polvere e lenticchie. La struttura dell’Unrwa è rappresentata al vertice dal Commissario Generale che viene designato dal Segretario Generale delle Na|

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L’UNRWA HA LANCIATO DA QUASI DIECI ANNI, nelle aree dove è presente, alcuni programmi di microfinanziamento alle piccole imprese. L’intervento è partito nel febbraio del 1996 a Gaza e in seguito è stato esteso in Cisgiordania. Nell’area erano presenti 43 mila microimprese, che davano un impiego al 40% della forza lavoro. Circa il 91% delle società erano costituite da meno di cinque lavoratori, incluso il proprietario. A causa dei lunghi periodi di blocco dei Territori e dei controlli ai checkpoint molte delle microimprese si sono trovate in difficoltà, senza nuovi appalti e possibilità di ottenere finanziamenti di capitale. In assenza di soluzioni alternative i proprietari si vedevano prossimi al fallimento. L’agenzia delle Nazioni Unite ha per questo motivo introdotto un tipo di credito per sostenere le attività lavorative. Il progetto è nato con la creazione di un fondo che presta il capitale necessario a far partire un’impresa o a sostenere la sua crescita. Alla resa del prestito gli interessi sono bassi, cosa che altri istituti di credito non hanno mai garantito. Dal maggio 2002 sono state finanziate a Gaza e in Cisgiordania oltre 28 mila microimprese, con un prestito complessivo di 29 milioni di dollari. Finora il tentativo sembra essere andato nel segno. La creazione del Fondo ha permesso lo sviluppo di centinaia di microimprese, rese più stabili dai finanziamenti. L’agenzia dalla nascita del progetto ha creato quindi due sedi del Fondo per il microcredito a Gaza e Khan Younis, quattro in Cisgiordania (a Nablus, Hebron, Tulkarem e Jenin). L’intervento con i finanziamenti è una delle strade possibili per aiutare l’economia palestinese a sopravvivere e a creare nuovi posti di lavoro. L’agenzia vuole dare nuove chance di impiego ai rifugiati palestinesi, ma anche i residenti della zona di intervento possono richiedere i finanziamenti. L’Unrwa promuove con i microcrediti anche la produzione orientata verso l’esportazione, di modo da ottenere l’ingresso nei Territori di valuta straniera. Uno degli obiettivi dell’agenzia delle Nazioni Unite è di aumentare la presenza delle donne nel mondo del lavoro. Sul campo gli operatori sociali cercano di stimolare la richiesta di finanziamenti per attività gestite da donne. L’Unrwa ha fatto partire in questi ultimi anni diversi programmi per il loro inserimento. Sono 134 le iniziative di tipo tecnico e finanziario per le donne. Vanno da centri di riabilitazione per coloro che hanno vissuto nei campi profughi, ad azioni di sostegno tramite l’intervento dei servizi sociali.

L’istruzione è un obiettivo primario dell’attività dell’Unrwa che garantisce l’sistruzione di base in 639 scuole elementari e medie | 50 | valori |

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zioni Unite dopo aver testato il parere della commissione consultiva. Questo organo è composto dai rappresentanti dei governi di Belgio, Egitto, Francia, Giappone, Giordania, Libano, Repubblica araba siriana, Turchia, Gran Bretagna e Stati Uniti. L’Autorità Palestinese fa parte della commissione, ma solo in veste di osservatore. La stessa commissione ha il compito di eseguire un controllo annuale sulle attività dell’agenzia. L’Unrwa gestisce in maniera indipendente dall’Onu i finanziamenti che riceve dai paesi fondatori dell’agenzia e da altri governi donatori. Gli interventi dell’Unrwa sono sostenuti per la maggiorparte da contributi volontari dei governi e dall’Unione Europea, che stanzia il 93% dell’intero bilancio. Solo il 5% delle entrate arriva da altri organismi delle Nazioni Unite per coprire le spese dei dipendenti. I contributi all’agenzia vengono devoluti soprattutto in finanziamenti in denaro. Ma vi sono anche altri tipi di aiuti: il 5% del bilancio complessivo è composto da donazioni in cibo da distribuire ai rifugiati in difficoltà. L’Unrwa si differenza dagli altri organismi delle Nazioni Unite anche sul recrutamento del personale. Lo staff dell’agenzia è composto da un numero limitato di membri internazionali. L’organismo privilegia infatti a investire nelle risorse sul campo, puntando a creare uno staff in cui la popolazione locale è in maggioranza. Al momento sono 22 mila i dipendenti dell’agenzia originari dell’area di intervento. A differenza delle altre agenzie delle Nazioni Unite che lavorano attraverso le autorità locali o con agenzie che eseguono i progetti, l’Unrwa offre direttamente i suoi servizi ai rifugiati palestinesi. L’organizzazione pianifica e realizza le proprie attività e progetti, costruisce e poi amministra i centri che vengono fatti nascere, come le scuole o le cliniche. Al momento l’agenzia dell’Onu gestisce e sponsorizza più di 900 strutture di diversa natura, con 23.500 funzionari che lavorano ai progetti. Nel caso di servizi che rientrano nel settore pubblico come l’istruzione e la sanità, l’Unrwa coopera in stretto contatto con le autorità governative nelle aree di intervento, e nello stesso tempo offre assistenza ai rifugiati palestinesi. È l’istruzione la maggior area di intervento delle attività dell’agenzia, vi viene stornata la metà del bilancio ordinario e vi lavora un terzo del suo personale. Nell’anno scolastico 2001-2002 l’Unrwa ha garantito l’educazione di base gratutita a oltre 450 mila giovani rifugiati palestinesi in 639 scuole elementari e medie, in tutte le zone in cui opera. Tra questi gli alunni di sesso femminile rappresentano il 50% del totale. I programmi scolastici sono gli stessi che vengono adottati dal governo o dalle autorità locali. Ma l’agenzia produce anche del materiale didattico che possa essere integrato con le materie locali. In particolare l’Unrwa si impegna a introdurre forme di apprendimento che promuovano la non violenza, la soluzione di conflitti e i diritti umani. Questo tentativo viene percorso con la traduzione in arabo di libri non ancora disponibili oppure con la creazione di manuali specifici. L’agenzia inoltre organizza per gli alunni delle scuole dell’Unrwa degli accampamenti d’estate per promuovere scambi culturali. Negli anni passati l’iniziativa era stata realizzata a Gaza e in Cisgiordania, mentre ora stanno per essere costruiti dei centri in altre zone. Agli accampamenti avevano anche partecipato alcune delegazioni israeliane.

STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

MICROFINANZIAMENTI ALLE IMPRESE CONTRO LA PARALISI DELL’OCCUPAZIONE

Lagos. Regione di Sarulere. Anni di negligenza ambientale hanno trasformato i canali in pozze putride. Sono una terra di allevamento per tifoidi e colera.

Nigeria, 2002

> Discariche

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il nodo energia

Bruxelles compatibile Italia energivora di Walter Ganapini

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L CONSIGLIO EUROPEO HA ADOTTATO UNA POSIZIONE COMUNE per accelerare l’iter di approvazione

della Direttiva comunitaria relativa alla progettazione ecocompatibile dei prodotti energivori, strumento strategico di lotta al cambiamento climatico in quanto teso al “disaccoppiamento” tra produzione di beni e servizi e consumo di energia e al conseguimento di più elevati livelli di ecoefficienza. Le specifiche identificate dalla Direttiva daranno priorità all’autoregolamentazione dell’industria affinché raggiunga obiettivi di risparmio energetico in maniera rapida e meno costosa rispetto a imposizioni vincolanti, anche mediante accordi di programma e misure di informazione e coinvolgimento di utenti e consumatori. Un’attenzione particolare verrà rivolta ad agevolare l’adeguamento ai criteri e alle specifiche da parte delle piccole e medie imprese attraverso incentivi e diffusione di conoscenze tecnologico-gestionali. I parametri di progettazione dei prodotti ecocompatibili dal punto di vista dei consumi energetici sono riferibili ai vari stadi della costruzione e del ciclo di vita: selezione e impiego di materie prime, fabbricazione, condizionamento, trasporto e distribuzione, installazione e manutenzione, uso e gestione del rifiuto. Per ciascuno stadio verranno valutati gli aspetti ambientali relativi al consumo di energia ed altre risorse, alle emissioni previste a carico delle componenti ambientali e al relativo inquinamento, alla prevedibile generazione di rifiuti, alla possibilità di reimpiego, riciclaggio e recupero dei materiali, I numeri di una liberalizzazione al peso e volume del prodotto, all’uso di sostanze pericolose e alla possibilità di scorporarle alla fine del ciclo di vita, che non esiste. E che alla quantità e natura dei materiali di consumo necessari non rende possibile una riduzione dei costi per la manutenzione. In Italia, la Direttiva arriverà a recepimento dell’approvvigionamento nel momento in cui, in materia energetica, tutti i nodi vengono per le imprese al pettine e si fa strada l’idea di scioglierli alla maniera di quello di Gordio, recidendoli con un sano colpo di nucleare (nessuno rammenta che neppure la Thatcher riuscì ad attrarre capitale privato in Powerge, società in cui erano allocate le attività elettronucleari inglesi: il mercato per primo ne sottolineava la non economicità). Strano paese, il nostro, anche in tema di energia, per cui converrà affidarci di nuovo ai numeri per cercare di capire: ci soffermeremo sugli usi finali elettrici, per il costo dei quali le nostre imprese soffrono molto. Costi che non si sono certo ridotti in ragione delle privatizzazioni all’italiana, così monche di un contesto di vera liberalizzazione, come ben ha dimostrato l’ultimo rapporto firmato dalla gestione Tesauro dell’Autorità Antitrust (Enel, con il 55% della produzione, è in “posizione dominante” e condiziona verso l’alto i prezzi di mercato). Il parco elettrico nazionale ammonta ad oltre 75.000 Mw di potenza installata di cui circa 55.000 operativi; quel parco centrali si alimenta di gas naturale per il 41%, di olio combustibile per il 28%, di carbone per il 13%, di salti idrici per il 18%. Le importazioni alimentano il mercato degli usi finali per il 16% circa: in Spagna, ove tale pratica non eccede il 3,5% sul versante dell’offerta, il Governo Zapatero ha deciso di riservare l’attività di import agli operatori minori, che comunque non detengano oltre il 10% dell’offerta. Nel 2005, sin qui, la punta dei consumi si è registrata alle h.18 del del 18 Gennaio, con una domanda pari alla potenza erogata da circa 53.300 Mw attivi; il black-out di due anni fa si registrò nel momento in cui la domanda non superava i 22.000 Mw.

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L’esperienza partecipativa dell’università degli scalzi >56 Intervista sull’Europa a Raoul Marc Jenner >60

economiasolidale STUDI FAVOREVOLI PAGATI DA PHILIP MORRIS

UNA GIORNATA MONDIALE PER IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE, FORTE CRESCITA ANCHE IN INGHILTERRA

NEI CARCERI MINORILI PROGETTI DI E-LEARNING

TACO BELL DEVE ACCOGLIERE LE RICHIESTE DELLE ASSOCIAZIONI

SMS E AIUTI AI PAESI COLPITI DAL MAREMOTO IN ASIA, SECONDO LE ONG LE DONAZIONI ARRIVANO TARDI

I GITANI CONTRO L’IBM PER LO STERMINIO NAZISTA

Il rapporto tra fumo passivo e casi di morte prematura dei neonati, affrontato da una ricerca dell’Epa (Environmental Protection Agency) statunitense nel 1992, era stato contestato sulla base di presunti rilievi scientifici indipendenti dalla Philip Morris che aveva commissionato tramite il suo Dipartimento Scienza e Tecnologia della filiale svizzera, la Fabriques de Tabac Reunies, a due scienziati, Frank Sullivan e Susan Barlow. Le conclusioni cui giunsero gli esperti sarebbero state adeguate nella stesura finale alle richieste della Philps Morris, secondo quanto raccontato in un ampio dossier dalla rivista “Pediatrics” edita dall’American Academy of Pediatrics che ha pubblicato una ricerca effettuata esperti del Center for Tobacco Research Control dell’Università della California e dei Centers for Disease Control di Atlanta. In particolare le evidenze della prima stesura del rapporto in cui si ponevano su un piano paritetico e indipendente i fattori di rischio legati al fumo passivo nella fase prenatale e subito dopo la nascita. La Philip Morris, nel corso di incontri con il team “indipendente” sarebbe riuscita a ottenere una revisione in cui si affermava con certezza che il fumo era dannoso solo nella fase prenatale e che non vi erano evidenze accertate sul legame con casi di SIDS (Sudden Infant Death Sindrome), la sindrome da morte precoce dei neonati. Questa ricerca è stata citata in una ventina di rapporti scientifici.

Si svolgerà il 14 maggio prossimo la Giornata Mondiale del Commercio Equo e Solidale. L’iniziativa si svolgerà in collaborazione con NEWS!, la Rete Europea delle Botteghe del Mondo, con l’Associazione delle Botteghe del Mondo che avvierà una nuova iniziativa dal titolo “Difendiamo i LORO diritti. Una campagna delle Botteghe del Mondo europee contro lo sfruttamento del lavoro minorile ed a sostegno del commercio equo e solidale”. La diffusione in tutta Europa del commercio improntato a criteri etici e di responsabilità verso i produttori è un fenomeno di rilevanza sempre crescente. Secondo i dati diffusi da Fairtrade Fundation, il consumo di prodotti del commercio “equo e solidale” in Inghilterra è cresciuto nel 2004 di oltre il 50%. Un aumento vertiginoso trainato in particolare dal caffè, entrato nella grande distribuzione sia come prodotto da vendita nei supermercati sia come prodotto fornito ai bar. Un analoga impennata si era verificata in Italia l’anno precedente, quando Coop aveva inserito nel settore della grande distribuzione numerosi prodotti (cioccolato, caffè, zucchero, dolci, succhi, banane, frutta secca), realizzando un incremento del 160% della diffusione rispetto all’anno precedente. A gennaio del 2005 è stato anche promosso il primo corso universitario sul tema del commercio equo, dall’Università di Urbino. Il “Corso di Aggiornamento su Economia e Comunicazione del Commercio Equo e Solidale” è un’esperienza pilota cui sono interessati altri atenei. Al corso di affiancava il “Master Lavorare nel non profit” che prevedeva corsi, seminari sulle esperienze delle organizzazioni nei diversi settori del non profit dalla finanza etica al volontariato, dalle cooperative al commercio equo e quattro mesi di stage presso un’organizzazione non profit.

Il Ministero dell’Istruzione italiano ha approvato la direttiva che porterà l’e-learning negli istituti minorili. Si svilupperà così un nuovo mercato, già consolidato in altre realtà europee, nel quale il crescente fenomeno dell’informatica solidale può avere un importante ruolo di programmazione. Il progetto per gli Istituti penali minorili, secondo quanto dichiara il Ministero, è stato ideato con l’obiettivo di realizzare un’infrastruttura di videoconferenza e di e-learning a disposizione dei docenti che operano nei 22 Istituti penitenziari minorili, favorendo così il recupero dei giovani. Collegandosi alla scuola più adatta verranno formate nel corso del periodo di detenzione figure professionali operanti nell’ambito dell’Ict. Il progetto nasce da alcune iniziative in questo settore avviate autonomamente dalle scuole e dalle amministrazioni locali e dalla positiva esperienza dell’iniziativa. Interessante il confronto con il progetto HOPE (E-learning per le persone socialmente escluse), una piattaforma di e-learning volta a migliorare il processo di formazione di persone socialmente escluse, in particolare dei giovani detenuti. HOPE è un progetto finanziato in parte dalla Comunità europea nell’ambito del programma Tecnologia della società dell’informazione e fa parte dell’iniziativa pilota The Learning Citizen attualmente in corso in Grecia e Spagna.

Taco Bell, gigante della ristorazione Usa che conta più di 6.500 ristoranti specializzati in cucina messicana, ha raggiunto un accordo con i promotori di una iniziativa di boicottaggio, la Coalition of Immokalee Workers (CIW), cui avevano aderito anche 21 università, che avevano rescisso i contratti con la compagnia di ristorazione o avevano tolto le concessioni date. Taco Bell è una divisione di Yum! Brands Inc, che controlla anche i marchi KFC, Pizza Hut e Long John Silver’s. Immokalee è una delle aree agricole più importanti della Florida, che rifornisce di pomodori tutti gli Usa. Oggetto della controversia erano le condizioni di lavoro e le basse retribuzioni dei raccoglitori di pomodoro, impiegati dai fornitori di Taco Bell. La società aveva sempre risposto di non avere alcun potere d’intervento diretto. Il movimento ha ottenuto da Taco Bell che la compagnia si rifornisca solo da quei fornitori che incrementeranno la paga dei braccianti di un cent per ogni libbra (2,2 chili) di pomodori raccolti. Un aumento che significa il raddoppio della paga attuale. In base all’accordo, Taco Bell darà la preferenza ai fornitori che presentano migliori condizioni di lavoro e Yum! Brands s’impegnerà per la modifica della legge sul lavoro dello Stato della Florida. In caso di violazioni, da parte dei fornitori, dei punti previsti dall’accordo, Taco Bell e Yum! Brands rescinderanno i contratti.

Le Ong italiane denunciano ritardi notevoli nell’erogazione dei fondi raccolti tramite gli sms e destinati all’emergenza del maremoto in Asia. Il sospetto è in qualche modo si voglia fare cassa con questi aiuti, distillandone l’erogazione e addossando alle Ong il costo rilevante dell’anticipo delle spese, contando sulla loro disponibilità, legata all’effettiva drammaticità dell’emergenza umanitaria. «Fino ad oggi né la Protezione civile né il ministero degli Esteri hanno erogato un solo euro ai progetti delle organizzazioni non governative italiane: la tanto sbandierata efficienza non ha funzionato. Sono prevalsi invece i tempi dei burocrati e della burocrazia». Lo ha dichiarato, citato da Misna, il presidente delle ong italiane Sergio Marelli, tracciando un bilancio degli interventi di assistenza a due mesi esatti dallo tsunami che il 26 dicembre scorso si è abbattuto sul sud-est asiatico e sulle coste dell’Africa orientale, provocando secondo le ultime stime almeno 300.000 morti. «Tutti i 46 interventi delle nostre ong nei Paesi colpiti da questa tragedia sono completamente finanziati e sostenuti con donazioni e fondi privati. Malgrado la nostra insistenza, anche l’ostentato principio della sussidiarietà è stato disatteso: fino a questo momento la decisione è di destinare i contributi raccolti con gli sms e quelli governativi soltanto ad alcuni Paesi». Le donazioni effettuate con il telefonino andranno tutte allo Sri Lanka, mentre i 70 milioni promessi dalla Farnesina sono destinati, oltre allo Sri Lanka, anche a Indonesia e Tailandia. Secondo Marelli, «le organizzazioni italiane sono invece presenti anche in India e in Birmania, due Paesi colpiti altrettanto duramente degli altri» nei quali tuttavia per potersi muovere è necessario contare su una consolidata rete di rapporti, quale quella delle Ong, a causa dei conflitti interni.

La causa intentata contro Ibm dalla “Gipsy International Recognition and Compensation Act (GIRCA)”, costituita a Ginevra nel 2000, può proseguire. Dopo una lunga battaglia legale per dichiarare improponibile la causa, l’associazione ha visto riconosciuto a Ginevra il diritto dei gipsy a portare a giudizio la Ibm per aver concorso col regime nazista all’eccidio degli zingari. Almeno 600mila gitani sono stati vittime, insieme agli ebrei, dell’Olocausto e i sistemi informatici Ibm sarebbero stati determinanti per consentire alle Ss di identificare e rintracciare le persone da perseguitare. Secondo l’avvocato Henri-Philippe Sambuc, legale dell’associazione «lo spontaneo, incessante, volontario invio di macchinari da parte di Ibm è un consapevole e deliberato atto di partecipazione a un’organizzazione amministrativa finalizzata alla distruzione razziale». L’associazione gipsy ha annunciato che chiederà 10mila dollari di risarcimento per ogni familiare superstite. Tuttavia la ricerca dei discendenti potrebbe risultare difficilissima perché il diffuso analfabetismo ostacola la comunicazione coi popoli nomadi. Accuse di collaborazionismo erano già state lanciate l’anno scorso durante il Congresso internazionale dei veterani di guerra ebrei a Gerusalemme e in un libro di Edwind Black pubblicato pochi mesi fa.

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L’università degli scalzi costruita dalla gente povera per la gente povera

Il Barefoot College è una scuola speciale, un centro d’istruzione non formale per il recupero delle tradizionali abilità agricole e artigiane. Il campus è stato costruito da un contadino analfabeta che senza conoscenze architettoniche e ingegneristiche ha scavato fondamenta e eretto costruzioni per 5.500 metri quadrati di Paola Fiorio

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ON LASCIATE MAI CHE LA SCUOLA interferisca con l’istruzione». A citare Mark Twain è Bunker Roy, un signore indiano che ha abbandonato giacca, cravatta e una vita agiata per indossare il kurta (l’abito tradizionale) e andare a vivere in un villaggio rurale dell’India settentrionale. Tilonia, 2mila anime, qualche negozio, strade polverose, si trova nel Rajasthan, uno degli Stati più poveri e aridi del Paese, con un altissimo tasso di analfabetismo e un’economia agricola di sussistenza. Qui, nel 1972, Roy ha fondato un’università, il Barefoot College. Del tutto diverso dagli atenei di tradizione occidentale, l’università degli scalzi è una scuola assolutamente speciale, un centro d’istruzione non formale «costruito dalla gente povera solo per la gente povera». Insomma, niente accademia bensì recupero e valorizzazione delle tradizionali abilità agricole e artigiane snobbate dai professionisti della scienza solo perché appartenenti a persone povere e analfabete. Il tutto condito con un rifiuto, non ideologico ma assolutamente pragmatico, di tecnologie appannaggio esclusivo di pochi, oltretutto di dubbia utilità pratica nei villaggi di campagna. Non è che il campus di Tilonia sbarri il passo alla tecnologia tout-court, semplicemente seleziona ciò che è davvero utile alla comunità in funzione dei suoi reali bisogni, evitando innovazioni costose, inutili e che gli abitanti dei villaggi potrebbero non essere in grado di gestire e riparare. Una scelta che si ispira alla filosofia del mahatma Gandhi, secondo il quale le innovazioni non devono solo servire

ANCHE I POVERI POSSONO PRODURRE INVENZIONI ARARE UN CAMPO per un povero agricoltore del Gujarat può essere molto faticoso. Non potendosi permettere la spesa di un trattore, sarebbe costretto a ricorrere ai tradizionali buoi o a un aratro meccanico, non sempre efficace per la morfologia del territorio indiano. Per risolvere questo problema, Bhanjibhai Mathukia, che vive in un piccolo villaggio contadino nel distretto di Jungarh, ha preso dei materiali riciclati e si è inventato un’alternativa. Assemblando i pneumatici di una vecchia Fiat, le marce di una jeep usata, il motore di una pompa per l’acqua, questo ingegnoso contadino del Gujarat ha costruito un mini trattore, adatto alle condizioni del suolo della sua regione, facile da usare e, soprattutto, economico. Sono queste soluzioni semplici, ma efficaci, che nascono dalle conoscenze pratiche di gente povera e spesso semianalfabeta, a interessare la Honeybee Network, la rete degli innovatori indiani, che passando al setaccio i villaggi rurali dell’India ha già raccolto 10mila invenzioni di artigiani e agricoltori. Si tratta di innovazioni tecnologiche che non troverebbero mai posto in un laboratorio scientifico europeo o americano perché lontane dalla logica di mercato delle multinazionali. Eppure queste piccole invenzioni riescono a risolvere i problemi quotidiani della popolazione dei villaggi rurali dell’India - dalla semina, all’irrigazione, alle malattie del bestiame -, nel rispetto delle biodiversità, e senza impoverire le risorse naturali del territorio. La rete Honeybee raccoglie e dà linfa vitale a questa tecnologia fatta in casa, ispirandosi a una filosofia che è già tutta nel suo nome. Seguendo l’esempio delle api che collegano fiore con fiore attraverso l’impollinazione, questa organizzazione dal 1989 mette in contatto gli innovatori, permettendogli di condividere le loro conoscenze e proteggendo, per la prima volta in India, la proprietà intellettuale delle loro scoperte. A trasformare poi queste innovazioni in imprese commerciali, provvedono due associazioni nate per affiancare la rete delle api, Sristi (Società di ricerca e iniziativa per le tecnologie e le istituzioni sostenibili) e Gian (Rete per la diffusione delle innovazioni rurali del Gujarat). È così che anche Bhanjibhai Mathukia ha trovato un imprenditore pronto ad investire nella produzione e commercializzazione del suo mini trattore.

alla comunità, ma anche restare sotto il suo controllo per evitare dipendenza, senso di inadeguatezza e alienazione. «Lo sviluppo attraverso il rispetto di sé e delle proprie tradizioni», spiega Roy, «è la chiave della filosofia scalza. Facendo dipendere i villaggi da tecnologie ed esperti esterni si distrugge la capacità delle comunità rurali di badare a se stesse. Questo approccio deve essere rovesciato». Anche perché, secondo il fondatore del Barefoot College, chiunque, indipendentemente dai suoi studi o dalle sue conoscenze è in grado di imparare a utilizzare un computer o sfruttare l’energia solare, anche un contadino analfabeta. «La partecipazione della comunità e la proprietà sono la chiave

Il Campus del Barefoot College ospita decine di giovani provenienti da tutta l’India.

di un approccio sostenibile», sottolinea. «Se questi elementi non sono presenti fin dall’inizio, se le conoscenze degli esperti non sono utilizzate per lo sviluppo locale, nessun progetto, di nessun donatore, avrà mai successo, un errore che la Banca Mondiale e i donatori europei stanno facendo e continueranno a fare. Come diceva Albert Einstein a proposito della pazzia? Ripetere all’infinito lo stesso errore, sperando in un risultato differente». Fedele a questo principio, Roy ha fatto costruire il campus a un contadino analfabeta privo di approfondite conoscenze tecnico-architettoniche ma che, utilizzando con sapienza materiali a buon mercato e facilmente reperibili ha scavato fondamenta ed eretto muri su una superficie di 5.500 metri quadrati. Un campus dove docenti senza titoli di studio insegnano a studenti analfabeti o semi analfabeti, dove non c’è alcuna distinzione tra alunni e insegnanti, dove non esistono aule e cattedre. Al Barefoot College, infatti, le lezioni sono esclusivamente pratiche. Fare e insegnare a fare, senza teoria e senza chiacchiere. Il risultato è che, grazie al principio della competenza non formale, da oltre trent’anni il Barefoot College forma insegnanti scalzi, “medici” scalzi, “ingegneri” scalzi, meccanici, comunicatori, contabili, tanti professionisti scalzi impegnati a loro volta a istruire altri studenti e a esportare questo modello accademico-economico-sociale in altre comunità. Nei piccoli laboratori o seduti all’aria aperta, per esempio, 150 giovani provenienti da nove Stati dell’India hanno imparato a in|

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| economiasolidale | ta all’autosufficienza. Oggi il lavoro del Barefoot College coinvolge stallare pannelli solari. Grazie a loro oggi 2mila case delle vette himigliaia di persone, tra membri dello staff e comunità raggiunte dai malayane sfruttano l’energia solare. E proprio grazie al sole, dal suoi servizi. Tra le sue realizzazioni vi sono le scuole serali per i cir1986 il college produce 15 kWh di energia elettrica, sufficiente al ca 3mila bambini che durante il giorno devono accudire gli anifabbisogno di tutto il campus: una sala informatica con 15 compumali, la produzione di energia elettrica dal sole, la ter, la biblioteca, la sala da pranzo, un centinaio di realizzazione di strutture per la raccolta dell’acqua abitazioni, un centro medico e gli impianti idraulipiovana, l’installazione di impianti di sollevamenci. Luci elettriche alimentate dai pannelli solari to di acqua di falda dai pozzi. hanno sostituito le tradizionali lampade a kerosene. Un comitato eletto dalla comunità gestisce gli Non solo. Ogni anno, durante il periodo dei impianti e condivide le proprie esperienze con quelmonsoni, le cisterne ricavate sotto la superficie del le dei comitati di altri villaggi. Nella società indiana, terreno si riempiono di circa 400mila litri di acqua, dove è ancora molto forte l’appartenenza alle caste, una quantità sufficiente per un intero anno e dila partecipazione attiva di tutta la comunità al prostribuita grazie a un semplice ma efficiente imprio benessere ha un effetto salutare anche sui campianto idraulico alimentato da energia solare. Sobiamenti sociali, costringendo ricchi e poveri a colluzioni non solo economicamente sostenibili, ma laborare per il bene comune. che permettono anche di non impoverire le risorIn relativamente poco tempo, insomma, Tilose naturali: le falde acquifere non vengono intacnia si è trasformata in un laboratorio economico e cate, mentre la luce elettrica ha mandato in soffitTilonia si è trasformata sociale. Il prossimo passo per i professionisti scalzi ta le lanterne alimentate da combustibili fossili. in un laboratorio in cui si sarà portare il loro approccio non formale in altre In poco più di 30 anni Tilonia è diventato il fulconiugano scienze ed etica. comunità rurali del mondo. «Il metodo del Bacro di un sistema economicamente sostenibile in refoot College di identificare, utilizzare e applicacui ciascuno mette al servizio della collettività le re le conoscenze dei villaggi», conclude Roy, «è l’unico modello proprie capacità. Niente socialismo, per carità, ognuno viene retridisponibile a basso costo e basato sulla comunità. Può essere rebuito per l’attività svolta. Persino il college vende servizi alla coplicato in qualunque villaggio del mondo. Abbiamo dimostrato munità da cui ricava il 20% dei suoi fondi. Tutte le famiglie dei vilche funziona anche in Afghanistan, Etiopia, Sierra Leone, Senelaggi, però, contribuiscono alle spese, alla pianificazione, all’instalgal, Ghana, Tanzania e Marocco». lazione e alla manutenzione degli impianti in un sistema che pun-

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LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA CERCA SPAZIO ANCHE NEL TAMIL NADU

INDIA IN NUMERI Superficie Popolazione Età media Tasso di natalità Mortalità infantile Aspettativa di vita Popolazione analfabeta (2003) Maschi Femmine Pil Pil pro capite Pil per settori (2002) agricoltura industria servizi Crescita Pil Popolazione sotto la soglia di povertà Inflazione Forza lavoro Forza lavoro per occupazione (1999) agricoltura industria servizi Disoccupazione

3.287.590 kmq 1.065.070.600 24,4 anni 2,8% 5,8% 64 anni 40,5% 28,8%, 51,7% $ 3.033 miliardi (2003) $ 2.900 (2003)

Nata nel 1984 nello stato indiano del Tamil Nadu, Peace Trust è una Ong impegnata nella promozione di uno sviluppo sostenibile a livello sociale e ambientale. Insieme all’organizzazione Mani Tese, Peace Trust interviene sul territorio cercando di aumentare la partecipazione della comunità per creare un percorso di sensibilizzazione. Da un anno, in particolare è stato lanciato un progetto pilota di responsabilità sociale nel distretto di Dindigul per promuovere un’azione di responsabilità sociale del settore privato in un’area dove c’è una forte delocalizzazione della produzione europea nel tessile. Paul Baskar è direttore di Peace Trust.

23,6%, 28,4%, 48,0% 8,3% (2003) 25% (2002) 3,8% (2003) 472 milioni (2003)

Quali sono i rischi nell’area dopo la tragedia dello Tsunami? «Il dopo Tsunami sta in effetti provocando nuovi problemi nello stato dove siamo presenti con i nostri progetti. Molti lavoratori dell’area costiera, soprattutto pescatori, sono immigrati verso le grandi città dove si concentra tutto il settore dell’industria. Questo fenomeno porterà richiesta di lavoro anche a condizioni che violano qualsiasi standard di norma. Coinvolti in questa immigrazione vi sono anche molti bambini e noi temiamo l’aumento dello sfruttamento minorile. Un altro aspetto pericoloso è la possibile crescita dell’influenza del settore privato sulla politica dei governi locali».

60%, 17%, 23% 9,5% (2003) Fonte: Cia, The world fact book 2004

«L’approccio partecipativo: un’alternativa alle ricette calate dall’alto» Secondo Eliana La Ferrara, docente di Economia politica all’università Bocconi di Milano, se è impossibile sottrarsi alla globalizzazione,

«G di P.F.

LOBALIZZAZIONE ED ECONOMIA SOSTENIBILE a livello locale non possono ignorarsi, anzi, devono trovare il modo di integrarsi». Ne è convinta Eliana La Ferrara, docente di economia politica all’università Bocconi di Milano. «È difficile sottrarsi alla globalizzazione che espone fino al più piccolo villaggio a tecnologie ed esperienze non autoctone. Si tratta di scegliere quali di queste sia meglio adottare».

Che cosa pensa del modello di sviluppo proposto dal Barefoot College e dalla rete Honeybee? «Si tratta di due iniziative che vanno inquadrate in un cambiamento generale del metodo. Negli ultimi anni si è passati da soluzioni imposte a una comunità da agenti esterni (governo, organismi internazionali, ecc.), a una filosofia più partecipativa, che tiene conto delle informazioni sul territorio e sulla cultura che sono prerogativa dei locali». | 58 | valori |

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Come è avvenuta questa inversione di rotta? «Tradizionalmente il sostegno allo sviluppo dei Paesi poveri si è articolato nell’invio di personale specializzato che metteva in piedi un progetto. Quando gli esperti se ne andavano, il progetto chiudeva. Dopo molti fallimenti di questo tipo, negli anni ‘90 la Banca Mondiale e altri organismi di cooperazione hanno cambiato strategia privilegiando un maggior coinvolgimento delle comunità locali. Oggi prima di avere certi tipi di prestito dalla Banca Mondiale, il governo locale deve formulare un Policy Strategy Paper per dimostrare di aver individuato delle priorità di concerto con le realtà locali». L’istruzione non formale può essere una valida alternativa per le aree rurali? «È un metodo sempre più diffuso nei contesti in cui il sistema scolastico tradizionale non funziona. Credo però che per essere efficace debba essere un complemento all’istruzione tradizionale e non alternativo, al-

Qual’è il vostro ruolo per promuovere uno sviluppo sostenibile? «Negli ultimi anni abbiamo intensificato il lavoro con l’industria tessile locale che con le sue attività ha causato degli alti tassi di inquinamento delle risorse idriche local. Sono stati colpiti, in particolare di tre fiumi in Tamil Nadu con conseguenze devastanti per le comunità rurali. Abbiamo cercato di sensibilizzare i datori di lavoro e le imprese sulle necessità di non inquinare di rispettare l’ambiente. Peace Trust sta cercando di far partire un dialogo tra le comunità locali che sono state danneggiate e il mondo dell’imprenditoria locale. Negli ultimi mesi cominciano ad arrivare i primi risultati dopo una prima presa di coscienza delle imprese, soprattutto quelle piccole, che hanno provocato questi gravi danni ambientali con ripercussioni sull’agricoltura. Alcune imprese si sono impegnate, grazie al nostro intervento a ripulire i fiumi inquinati e a proseguire per il futuro con una politica differente».

è meglio concentrarsi su come governare il processo di sviluppo. trimenti rischia di essere un’educazione spendibile solo in quella comunità rurale. Se le persone vogliono una mobilità sociale devono avere un’istruzione comparabile con quella degli altri». E l’iniziativa di Honeybee? «La condivisione della conoscenza è una risorsa eccezionale nelle comunità rurali. In questo caso però bisogna chiedersi chi è il target di una rete informatica di innovatori. Se l’utente è un contadino semianalfabeta, la creazione di un database informatico cambierà ben poco. Ci sarà sempre bisogno di un intermediario per accedere all’informazione. L’elemento nuovo di Honeybee è invece il brevetto. Anche qui però bisogna fare una distinzione. La tecnologia che è frutto dell’investimento di risorse del singolo va tutelata, al fine di incentivarlo a innovare. Viceversa, non è ovvio che si debbano brevettare quelle pratiche che sono un “bene pubblico” di una determinata comunità».

c.a.

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«L’Europa non è una comunità di valori ma di interessi»

STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

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L’accusa di Raoul Marc Jennar, autore del volume “Europe, la trahison des élites”: «Si rischia anche un nuovo colonialismo firmato OMS». EUROPA NON DICE QUELLO CHE FA; non fa quello che dice. Dice quello che non fa; fa quello che non dice. Questa Europa che stiamo costruendo, è un’Europa a trompe l’oeil». È da questo assunto del sociologo di Cristina Artoni francese Pierre Bourdieu che parte il libro di Raoul Marc Jennar, docente di Scienze Politiche. Oggi l’Europa non è una comunità di valori, ma una comunità d’interessi dove l’individualismo ha il sopravvento, tutti i giorni, sui beni comuni, come avviene nella società statunitense, spesso criticata ma sempre più imitata. Dal 1999, Jennar è ricercatore sui dossier dell’Organizzazione Mondiale del Commercio per l’Ong belga Oxfam Solidarité e per l’unità di ricerca di informazione sulla globalizzazione URFIG (Francia) .

«L’

peo dei servizi che è la lobby di tutte le imprese dei servizi. Queste organizzazioni pubblicano in modo regolare dei testi, che se compariamo con quelli delle direttive europee o anche dei trattati, vi troviamo spesso parola per parola quello che le lobbies d’affari avevano richiesto. Quando si studia più da vicino il funzionamento di queste lobbies e le relazioni che hanno con la Commissione europea ci si rende conto che quest’ultima è prima di tutto lo sbocco politico e amministrativo dei gruppi di pressione del mondo degli affari piuttosto che un’istituzione che come dice il testo “è incaricata di tutelare gli interessi della collettività”. Non si nascondono nemmeno visto che il commissario europeo al commercio nella commissione che era presieduta da Romano Prodi, Pascal Lamy, non esitò a dichiarare pubblicamente “faremo il nostro lavoro sulla base delle vostre raccomandazione” durante l’assemblea generale del Trans Atlantic Business Dialogue, la lobby che raggruppa i 150 uomini d’affari più importanti degli Usa e dell’Unione Europea. Questa dichiarazione è una conferma dell’influenza delle lobbies sulla Commissione Europea.

Che tipo di Europa è in costruzione quella sotto i nostri occhi? «Non è certo l’Europa dei popoli ma quella dei mercati e dei mercanti. La Costituzione europea che ci propongono ora è l’illustrazione perfetta del tradimento di cui siamo vittime. Ci dicono che andiamo verso un’Europa che sarà solidale e generosa, RIFERIMENTO ma quella che costruiamo è in realtà un’Europa neoliBIBLIOGRAFICO berale dove vediamo progressi nell’economia, nel commercio e nelle finanze ma siamo una nullità su il piano sociale, fiscale e nell’applicazione della democrazia». Quali sono i rapporti di questa Europa con le lobbies affaristiche? Quale potere hanno? «Bisogna sapere che esistono una serie di gruppi di pressione che appartengono al mondo degli affari e che sono molto potenti e bene organizzati. Sono lobbies che agiscono senza nascondersi, possiamo visitare i siti internet dell’UNIC, l’organizzazione del patronato europeo, di Europa Bio, che è una lobby che raggruppa le imprese biotecnologiche, o del Forum Euro| 60 | valori |

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Raoul Marc Jennar Europe, la trahison des élites Fayard, 2004

Nel libro lei parla di una nuova colonizzazione dei paesi del sud del mondo attraverso la politica dell’OMS, in che modo? «Il discorso principale dell’OMS potremmo riassumerlo in questo modo: se si favorisce il libero commercio, se combattiamo il protezionismo, se apriamo i mercati, promuoviamo la crescita economica e automaticamente lo sviluppo. È un argomento che proviene da un retaggio dogmatico che non si avvera nella realtà. È vero che il libero commercio favorisce i paesi ma solo quelli che si trovano allo stesso livello di sviluppo. Il libero scambio tra paesi di diverso grado è sempre a vantaggio di quello industrializzato, perchè dal momento che i mercati sono aperti, anche la concorrenza è senza freni e tra un paese ricco e l’altro povero è chiaro chi vince nella competizione».

Pechino. Nel lato occidentale della città, i lavoratori migranti appena arrivati dalla provincia di Sichuan riescono a guadagnare da vivere setacciando i rifiuti.

Cina, 1999

> Discariche

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software

Free non ha appeal. Open Source, sì di Giacomo Cosenza

UANTO ACCADUTO ALLE START-UP A CAVALLO DELLA BOLLA DI INTERNET è cosa nota a molti addetti ai lavori. Ma non solo a loro. È noto anche a molti “speculatori” di borsa. Li chiamo cosi perchè mi è stato argutamente spiegato che appellandoli con il termine “risparmiatori” si induce una ampia e ingenua fascia di persone in tanto facili, quanto false tentazioni: quella di credere di poter diventare euromilionari senza nulla fare e nulla sudare. I prestatori di capitali, altrove detti Venture Capitalist (VC), hanno recentemente ricominciato a sentire un certo pizzicorio al naso che non è generato dall’odore dei soldi, ma dal profumo della ben più preziosa pianta che, eventualmente, li genererà nel futuro. Ci vuole olfatto fino, come per i tartufi. Ma qual’è questa pianta? Alcuni, per gli stessi motivi per cui la speculazione è stata rinominata risparmio, la chiamano, da quando l’hanno scoperta, Open Source Sofware (OSS), anche se il suo nome originario, dall’orwelliano anno 1984, era Free Software. Ci ho messo del tempo a capire il senso profondo di questa sottile mutazione liguistica. Se provi a cercare un solo venture capitalist disposto a interessarsi delle sorti di una start-up che affermi esplicitamente di sè stessa che si occupa di Free Software (software libero): zero, niente, il nulla. Se però si sostituisce Free con Open Source, allora il balzo del numero di finanziatori che se ne interessano cominica a diventare apprezzabile, quasi atletico. Il tutto per una cambio di terminologia. Come è possibile? Tutti i sostenitori del Free Software rimarcano costantemente che con l’aggettivo Free applicato al software non si intende dire che sia I venture capitalist si muovono gratis, ma che sia libero. La domanda che immediatamente sorge solo quando c’è il profumo della spontanea è allora la seguente: se la sostituzione di Free con Open pianta che può produrre denaro. Source produce simili effetti finanziari prima, ed economici dopo, E il Free Software è troppo vuol forse dire che cosi facendo se ne offusca uno dei due significati libero per garantire dipendenza in termini di assistenza e servizi. se non addirittura entrambi? Io credo di si. Se andate da un venture capitalist e gli dite che siete un’azienda che produce software gratuito, non è facile convincerlo che riuscirete a fare crescere una pianta che genera soldi. Se però argomentate dicendo che, grazie al vostro Open Source, venderete tutti i servizi professionali a esso associati, dalla formazione fino alla realizzazione di applicazioni personalizzate, puntando in particolare sulla vendita del supporto e della manutenzione, allora l’occhio stanco del finanziatore comincerà a mostrare i primi segni di una vitalità latente. A fare ravvivare definitivamente l’occhio del venture capitalist è ora sufficiente focalizzare l’attenzione sull’effetto moltiplicativo che i servizi di manutenzione e supporto possono generare sui ricavi, senza che ciò incida in modo proporzionale sui costi. Per ottenere l’effetto moltiplicativo si deve puntare diritti filati all’effetto rete (net effect), ossia allo sfruttamento della rete come moltiplicatore della diffusione e all’induzione della dipendenza (addiction) nei propri clienti. Queste due pratiche sono molto note tra i maggiori produttori di software proprietario. L’effetto rete lo si puo’ ottenere con l’Open Source senza bisogno di ipocrisie verso la pirateria, perchè scaricare e copiare l’Open Source è legale. Se il vostro OSS viene scaricato milioni di volte e anche una modesta percentuale di utenti è disposta a pagarvi per i servizi di manutenzione e supporto, il gioco del moltiplicatore può funzionare. Ma la dipendenza? Sotto le pressioni dei VC sono già in molti tra quelli che producono OSS a provarci, ma ho l’impressione che falliranno, perchè l’oscuramento terminologico dell’accezione libertaria del Free Software non è sufficiente ad annullarne l’intrinseca robustezza che alberga nelle sue licenze.

Q

contrasto

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stilidivita LO ZUCCHERO PIÙ DOLCE DELLO ZUCCHERO

OPEN OFFICE, UN SUCCESSO DEL MOVIMENTO OPEN SOURCE

LAVORATORI ATIPICI CON MUTUI E PRESTITI

SINDROME DA IPERATTIVITÀ DEI BAMBINI

IL FUTURO DEL NUCLEARE IN CERCA DI CASA

CREATIVITÀ A BASSO COSTO PER LE VIE DI NEW YORK

Splenda, il dolcificante prodotto dalla britannica Tate & Lyle e commercializzato da McNeil Nutritionals del gruppo Johnson & Johnson, sostituirà l’aspartame nella nuova linea di Diet Coke e nella bibita ipocalorica Pepsi-One. Splenda, utilizzato attualmente in oltre tremila prodotti, viene presentato come un dolcificante senza calorie «fatto dallo zucchero, con lo stesso sapore dello zucchero». La Sugar Association, associazione dei raffinatori di zucchero, ha annunciato di voler ricorrere in tribunale perchè Splenda non è un surrogato dello zucchero ma un prodotto chimico presentato con una pubblicità ingannevole. Il sucralose, ingrediente base dello Splenda, è circa seicento volte più dolce dello zucchero, non ne ha il sapore, e viene prodotto chimicamente. Il lancio del nuovo dolcificante, che dovrebbe aggredire la fascia di consumatori con problemi di linea degli Stati Uniti, un mercato enorme, è costato oltre cento milioni di dollari all’affiliata del gruppo Johnson & Johnson che detiene la titolarità del prodotto. McNeil Nutritionals ha subito annunciato una dura battaglia legale contro la Sugar Association per difendere il suo investimento.

La suite per ufficio OpenOffice.org 2.0, versione definitiva della suite con licenza libera, si avvia ad essere una delle grandi novità del mondo del software libero del 2005. Entro la primavera, promettono gli sviluppatori, la versione definitiva del programma sarà disponibile per il download. Sul sito ufficiale, www.openoffice.org, è già disponibile una versione “beta” in più lingue compreso l’italiano, che può essere usata per familiarizzare con le nuove caratteristiche del programma, come il formato dei file Open Document XML e il nuovo modulo OpenOffice.org Base per la gestione di database. La creazione del software è rilevante perchè, assicurando in questa versione le ormai indispensabili doti di facilità d’uso e interoperabilità, Open Office dà vita al progetto di una suite completamente svincolata dai formati proprietari dei file, a vantaggio degli utenti, siano essi individui, aziende o enti governativi. Il progetto acquista una sua rilevanza nei progetti di diffusione di hardware e software a sostegno di progetti no profit, dove ogni costo ulteriore, incluso quello dei software proprietari, può rappresentare un limite alla diffusione di reti informatiche. La contestazione rivolta all’open source dai produttori tradizionali di software è il maggior costo da supportare per la formazione e l’assistenza. Anche per questo il progetto di Open Office ha sviluppato un’interfaccia più evoluta e amichevole in cui i comandi hanno differenti livelli di accesso per una maggiore flessibilità di utilizzo. Si vorrebbe così evitare la necessità di una formazione per l’uso.

Nell'incertezza del futuro e nella certezza che alcuni diritti acquisiti devono essere ripensati per un mercato del lavoro molto flessibile, si susseguono in Italia le proposte per creare un nuovo mercato del credito al consumo e dei mutui per la prima casa alle nuove coppie. I lavoratori atipici, classificati ora come lavoratori a progetto (terminato, il progetto, termina il contratto di lavoro) potranno accedere a forma di credito al consumo garantite e in un prossimo futuro a mutui per la prima casa. La creazione di un fondo a sostegno della concessione del credito a soggetti con lavoro precario è stata decisa dalla Provincia di Milano che deve fare i conti con oltre quattrocentomila lavoratori a progetto sul suo territorio per il quali vi sono enormi difficoltà non solo ad accedere al credito al consumo e a prestiti ma anche per ottenere contratti di affitto in regola. La proposta di un fondo garantito per accedere al mutuo prima casa viene dal ministero del Welfare che intende applicare un prelievo al fondo previdenziale dei lavoratori a progetto per creare un deposito a garanzia dei mutui, attivabile in caso di insolvenze temporanee.

ll Ritalin, medicinale utilizzato per la «sindrome da iperattività e deficienza attentiva» dei bambini, è tornato nelle farmacie italiane. Dopo le proteste della comunità scientifica contro il farmaco è stato deciso uno stop prolungato. Ora il ministero della Salute ha autorizzato la somministrazione del Ritalin stabilendo un protocollo di utilizzo rigido. Secondo la campagna italiana “giù le mani dai bambini” (che riunisce esponenti di spicco della pediatria e psicologia infantile italiana) bisogna evitare il più possibile il ricorso a questi farmaci. Presentando la campagna i promotori hanno sottolineato come «negli Stati Uniti ad oltre undici milioni di bambini vengono somministrati quotidianamente anfetamine o psicofarmaci per risolverne i disagi. Anche nelle scuole italiane sono stati avviati screening di massa per individuare i bambini sofferenti di problemi di carattere psicologico». La soluzione a molti fenomeni che allarmano i genitori (crollo nella rendita scolastica, fenomeni di intolleranza e aggressività) è indicata non nel ricorso a terapie farmacologiche dagli effetti collaterali potenzialmente distruttivi ma nella ricerca di un maggior rapporto di scambio con i minori, anche con l’assistenza di un servizio psicologico.

La decisione su dove installare l’impianto sperimentale prosegue ornai da tempo e un accordo non si riesce a trovare. Per il progetto Iter, il programma di ricerca sulla fusione nucleare sostenuto da Europa, USA, Giappone, Cina, Corea e Russia , tuttavia non ci saranno rallentamenti. La decisione di proseguire negli investimenti (6 miliardi di dollari) è stata presa dai paesi europei che sostenevano la candidatura della Francia, alternativa a quella del Giappone. Secondo numerosi fisici la “fusione nucleare” sarà l’energia del futuro, presentata come priva di rischi e senza produzione di scorie. Allo stato attuale tutti gli esperimenti in corso producono ancora scorie, la fusione nucleare è da ritenersi un esclusivo campo di indagine scientifica e secondo gli ambientalisti bisogna prestare molta attenzione a non permettere che questa ricerca faccia da apripista a una rivalutazione del nucleare dopo Chernobyl. Il processo di fusione nucleare è quello che fornisce l’energia delle stelle, grazie alla fusione di nuclei di idrogeno per formare nuclei di elio. Sulla Terra finora la fusione è stata realizzata solo nelle bombe H, rilasciando una incontenibile quantità di energia.

Le grandi campagne pubblicitarie da milioni di dollari non bastano da sole per raggiungere il possibile nuovo consumatore della strada. La creatività delle agenzie di pubblicità si è così scatenata alla ricerca di nuove soluzioni pubblicitarie in grado di raggiungere con bassi costi e una buona dose di inventiva nuove fasce di consumatori che si presume non guardino la televisione e i manifesti murali. Ad aprire il nuovo trend è stato il “bicchiere abbandonato” citato dal sito “guerrigliamarketing.it”. Sul tetto di decine di taxi di New York è stato installato, in modo da apparire casuale, un bicchiere mezzo pieno di birra destinato a raccogliere l’attenzione dei passanti sul marchio della bevanda impresso sul bicchiere. A questa è seguita un’altra trovata analoga. In numerosi locali e cinema di tutti gli States sono stati abbandonati in modo apparentemente casuale dei falsi passaporti, esteriormente identici a quelli in uso in Europa. La curiosità spinge ad aprirli e all’interno, al posto della fotografia, vi è un invito a consumare un dato prodotto. In questo i pubblicitari hanno voluto giocare con furbizia sul senso di sospetto e paura dell’americano medio negli anni del terrorismo.

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LA RACCOLTA DIFFERENZIATA CHE FA RISPARMIARE UN COMPUTER DI LEGO PER UN RITORNO HI-TECH ALL’INFANZIA

Il comune di Montebelluna (Tv) ha applicato ai suoi cittadini una riduzione del 10% del costo della raccolta dei rifiuti urbani come conseguenza della messa a regime del sistema di raccolta differenziata. La partecipazione dei cittadini al sistema di raccolta, infatti, avrebbe permesso di ottimizzare i costi e gli amministratori della città hanno voluto dare un segno concreto applicando la riduzione. «Abbiamo ricevuto in questi giorni dal consorzio Treviso 3 le previsioni di fatturazione del servizio di raccolta rifiuti alle famiglie del nostro Comune. Nelle sei classi dei diversi nuclei famigliari, che vengono prese come riferimento per la fatturazione del servizio, il risparmio si attesta ad un 10% medio, tanto per la quota fissa che per quella variabile», spiegano dal Comune sottolineando come il progetto abbia richiesto numerose energie per l’iniziale diffidenza nei confronti del sistema di raccolta porta a porta. Dal municipio si sottolinea anche che l’attivazione di un meccanismo controllato di raccolta e compartecipato dalla popolazione ha permesso di limitare l’ingente quantità di rifiuti che cittadini di altri comuni o addirittura di altre province erano abituati a scaricare nei cassonetti di Montebelluna.

Un casa di Lego per un vecchio computer, da smontare e modificare nelle pause del lavoro o di un upload infinito. La proposta è nata da un riparatore di computer Macintosh che aveva ricevuto un sistema molto datato, un vecchio Performa, il cui case era stato rovinato da un mozzicone di sigaretta. A quel punto, invece di ricorrere alla ricerca di un computer da “cannibalizzare” (aprire, svuotare completamente dell’hardware per recuperare il case o le componenti interne), il riparatore si è prodigato a costruirgli una casetta di Lego con tanto di personaggi all’esterno adagiati su ovviamente rigide poltroncine incastonate nella classica base verde. Il successo è stato buono e si sono viste più versioni, con notevole anticipo rispetto alla commercializzazione di case con bollicine d’acqua o pesciolini reperibili nelle catene retail. La scelta di creare dei case che si ispirano, in forme più o meno eleganti, all’infanzia (a differenza ad esempio della rigorosa ricerca formale di design compiuta dalla Apple e da alcune case produttrici di accessori) è sintomatica, insieme alla diffusione anche in Italia dei collegamenti “flat” attivi 24 ore su 24 e di forme di telelavoro via internet, della progressiva diffusione dell’utilizzo di internet anche nelle famiglie dove viene utilizzato da tutta la famiglia sia per studio e ricerche sia per un secondo lavoro da casa sia per creare dei sistemi di intrattenimento domestico in cui il pc, perennemente in Rete, è anche parte dell’arredamento domestico.

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informazionedisinformazione

NGV, INFORMAZIONE VIDEO CONDIVISA

LA CENSURA DI GUERRA TORNA AL VOTO IN ITALIA

La diffusione di materiali video nella Rete può diventare la base di una differente circolazione di reportage. Dove ancora non sono arrivati gli inviati delle grandi testate o dove se ne sono già andati verso nuove notizie da prima pagina, l’informazione indipendente (anche apertamente schierata con una delle parti in conflitto) può essere un efficace canale di comunicazione di realtà sottoposte ad oppressione e censura. Il ruolo dell’inviato, accreditato dalla grande testata internazionale, comporta spesso infatti una serie di vincoli e mediazioni, da quelle di censura autoimposta all’assenza di un rapporto con la popolazione, i cui racconti vengono mediati ora dalle organizzazioni umanitarie ora dai corpi militari. In Italia, oltre ai progetti di Telestreet vi sono alcune esperienze di reti di canali video ondine. NGV (www.ngvision.org) si presenta come un progetto basato sulla collaborazione di quanti lavorano in Rete, basato sull’utilizzo di tecnologie e software di pubblico dominio per scaricare e pubblicare video di documentazione su realtà che spesso non sono ancora o più sotto l’attenzione dei grandi media.

Dopo la liberazione di Giuliana Sgrena, che ha contribuito a riaccendere l’attenzione su quanto accaduto a Falluja (la giornalista del Il Manifesto stava infatti intervistando alcuni profughi di Falluja giunti a Bagdad quando è stata rapita e nel corso del suo sequestro sono emerse informazioni e immagini delle vittime dell’assedio della Coalizione alla città) il tema della censura imposto ai giornalisti nelle aree di guerra ha assunto un ulteriore rilievo. Secondo il progetto di riforma del codice penale militare italiano, tornato in discussione al Senato, chi diffondesse notizie dal fronte che possano, genericamente, arrecare danno all’operato dei militari rischierebbe da 5 a 20 anni di carcere. Espressamente previsto l’applicazione alle cosiddette “missioni di pace” e a tutte le aree in cui il comando viene assunto dalle forze militari. Un articolo della proposta prevede da 2 a 10 anni di reclusione per «chiunque si procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro stato sanitario, la disciplina o le operazioni militari e ogni altra notizia che, non essendo segreta, ha tuttavia carattere riservato ai militari».

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USO DEI MEDIA E INSIDER TRADING PER UN FARMACO SERPICA NARO ALLA SETTIMANA DELLA MODA: UNA BEFFA AD ARTE DEL MOVIMENTO ANTAGONISTA «Stilista anglonipponica e giovane artista, Serpica Naro presenterà la sua collezione sul cavalcavia Bussa (...) le sue performance hanno conquistato le attenzioni dei critici ma hanno sempre lasciato uno strascico di polemiche per il suo uso spregiudicato di tematiche sociali e ambienti metropolitani». Il sito della settimana della moda è rimasto inalterato. Un gesto di eleganza da parte degli organizzatori della kermesse milanese, beffati con notevole perizia e ingegno da un gruppo di creativi e precari del mondo della moda che hanno creato ad arte una stilista (Serpica Naro) perchè venisse inserita nella vetrina milanese. Serpica Naro, anagramma di “San Precario” (uno dei simboli iconografici del movimento antagonista) non è mai esistita. E per portarla nel cartellone della prestigiosa vetrina della moda italiana sono bastati una richiesta a falso nome della sedicente “pr” dell’artista-stilista, un sito molto ben costruito e ancora visibile (www.serpicanaro.com), un falso book e una altrettanto fasulla rassegna stampa estera con tanto di richiami in copertina all'autrice, che nessuno ha controllato malgrado la notorietà nel mondo della moda e dei creativi dei giornali sapientemente artefatti. I quotidiani, complice la redazione milanese de “Il Manifesto” che si è prestata alla beffa situazionista, hanno presentato la sfilata, in alcuni casi con parole virgolettate della stilista. Ai numerosi intervenuti è stata invece presentata, oltre alla beffa, una collezione autoprodotta di abiti a forte contenuto sociale, come l’abito fasciante nascondi maternità per lavoratrici precarie.

Diffusione di notizie false e ingannevoli sulle prospettive di un farmaco, poi ritirato dal commercio e insider trading: la “class action” degli azionisti di Elan e Biogen Idec è molto pesante e si accompagna al crollo in Borsa delle due società farmaceutiche produttrici del Tysabri, un farmaco contro la sclerosi multipla. Le società avevano diffuso un comunicato ottimistico ad uso della stampa sulle prospettive del farmaco. Il vicepresidente del gruppo affermava, ripreso dalla stampa: «il Tysabri diventerà la terapia leader per i pazienti affetti da sclerosi multipla». Il giorno seguente il titolo in Borsa registrava un immediato rialzo e alcuni insider di Biogen Idec iniziarono una vendita di azioni protrattasi per alcuni giorni, con un beneficio, secondo la denuncia presentata dallo studio legale Scott + Scott, di alcuni milioni di dollari. Una settimana più tardi veniva comunicato alla Food and Drug Administration che il farmaco aveva provocato due gravi patologie nei pazienti, di cui una con esito mortale. Il titolo crollava in Borsa e il farmaco veniva ritirato dal mercato. A seguito della class action degli azionisti minori anche l’organo di controllo della Borsa (Sec) ha aperto una indagine.

radio popolare


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altrevoci

economiaefinanza

TRA BANCHE E POLITICA, IL MADE IN ITALY ARMATO CHE CONQUISTA IL MONDO

LE BUGIE DEI MEDIA: “TUTTO QUELLO CHE SAI È FALSO 2”

IL FASCINO SOFT PER UNA POLITICA NUOVA

IL RACCONTO DEI DIECI ANNI DI LIBERA

IMPERO E LIBERTÀ PERSONALI PER BLUM

OSTALGIA E PAURA NEL RACCONTO DELLA DDR

Il made in Italy non è solo pizza, scarpe e bei vestiti. È fatto anche da celebri pistole, adottate dai corpi di polizia di diversi Paesi nel mondo; da milioni di mine, messe al bando ma pronte ad esplodere in ogni angolo del Sudest asiatico e dei Balcani; da aerei ed elicotteri di ultima generazione. L’Italia, dal 1945 ad oggi, si è annualmente piazzata tra i primi dieci produttori di armamenti nel mondo; sono italiani i presidenti delle più importanti realtà armiere europee; un sostegno incondizionato all’industria coinvolge quasi tutto l’arco parlamentare; e, in epoca di grandi privatizzazioni, la massima parte della produzione di armamenti rimane, per il tramite di Finmeccanica, saldamente sotto il controllo dello Stato. La legge 185 che regolava la vendita di armi è stata riformata, un provvedimento inseguito per oltre un decennio dalla lobby degli industriali, ansiosa di liberarsi da una gabbia che le impediva di chiudere affari con clienti ottimi ma impresentabili. I controlli si sono ora allentati e buona parte delle produzioni e delle vendite sono state sfilate dalla rendicontazione pubblica. Il volume descrive le tante operazioni ai limiti del lecito compiute da produttori, commercianti e dalle cosiddette banche armate a sostegno di esportazioni dirette verso i luoghi più caldi del pianeta, nella convinzione che non si possa comprendere la politica estera d’Italia e d’Europa, i rapporti di entrambe con gli Stati Uniti, il nostro recente coinvolgimento in missioni di guerra “umanitaria” o “preventiva” senza comprendere il delicato intreccio fra industria armiera, potere politico e potere finanziario.

Dopo il successo di critica e vendita del primo volume, edito dall’attivissima Nuovi Mondi Media, esce la seconda parte che raccoglie casi di censura e bugia diffusi dai media, analisi delle notizie e raffronti sul peso dato da differenti media allo stesso tema. Il secondo volume è basato su una raccolta autonoma di informazioni e sulla ripubblicazione dei contenuti di due testi usciti negli Stati Uniti (Abuse Your Illusions e You Are Being Lied To, editi dalla casa editrice Disinformation). Sotto inchiesta, i casi di suicidio legati all’uso del Prozac, la formazione alla pratica della tortura e le armi proibite degli eserciti occidentali. A Gabriella Canova è affidato un capitolo sull’Italia dedicato alle stragi impunite mentre il ruolo della finanza mondiale viene analizzato da Lucy Komisar che racconta la storia di una società del Lussemburgo, la Clearstream. Nel 2000 la società fiduciaria avrebbe gestito circa quindicimila conti, la metà dei quali segreti e legati ad una doppia contabilità, per 2.500 clienti, tra cui la maggior parte delle società di investimento, banche e compagnie consociate d’Europa.

Proposto nell’era della guerra globale sembra una provocazione. Eppure il “soft power” è da sempre parte della diplomazia, anche statunitense. Joseph S. Nye jr, preside della Kennedy School of Government presso la Harvard University lo propone in un saggio di prossima uscita e lo descrive con queste parole: «È la capacità di ottenere ciò che si vuole tramite la propria attrattiva piuttosto che per coercizione o compensi in denaro. Nasce dal fascino della cultura, degli ideali e delle pratiche politiche di un paese. La seduzione è sempre piú efficace della coercizione, e valori come la democrazia, i diritti umani e le opportunità individuali sono estremamente affascinanti. Ma l’attrazione può trasformarsi in repulsione se agiamo in maniera arrogante. Alcuni dei nostri leader non comprendono l’importanza cruciale del soft power nel nuovo assetto mondiale post 11 settembre. ll “soft power” è una forma di potere e non riuscire a incorporarlo nella strategia nazionale costituisce un grave errore».

“Le mani in pasta” è un volume che ripercorre il cammino delle cooperative sociali che da qualche anno in Sicilia lavorano i terreni confiscati ai boss mafiosi. Scritto da Carlo Barbieri e pubblicato da Editrice Consumatori, il ricavato sarà devoluto a “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie”. La Coop aveva già distribuito in esclusiva per la prima volta la pasta “Libera Terra” della Cooperativa Placido Rizzotto, prodotta con grano coltivato nei terreni confiscati alla mafia. Libera nasce a Corleone nel 1995 con una raccolta di firme per sollecitare l’approvazione della legge che preveda l’utilizzo sociale dei beni confiscati ai boss mafiosi. L’iniziativa si estende a tutta l’Italia e le firme raccolte arrivano a un milione. Dall’approvazione della legge 109 alcune centinaia di ettari di terreno confiscati alla criminalità organizzata sono stati recuperati da uno stato di completo abbandono e assegnati a cooperative sociali che li lavorano producendo pasta, vino, olio, passata di pomodoro, farina, frutta, ortaggi e legumi.

Per numerosi cittadini degli Stati Uniti resta oltraggioso e assurdo parlare di “impero americano”. Per il giornalista ed ex funzionario del Dipartimento di Stato Wiliam Blum questo è oggi l’unico modo per definire un paese che esercita un potere praticamente illimitato, grazie al quale può raggiungere qualunque punto del Globo ed eliminare impunemente chiunque. Nicaragua, Cile, Corea, Vietnam, Afghanistan, Sudafrica, Iraq, Jugoslavia sono, secondo l’autore, pur nella differenza dei percorsi storici che hanno portato a contrasti o interventi Usa, esperienze di un unico progetto di controllo ed espansione. Dal saggio di Blum emerge un’analisi puntuale dei metodi con cui l’unica superpotenza rimasta conduce la politica estera e controlla l’opinione pubblica e le libertà personali dei cittadini. Un libro che ha scatenato polemiche negli Stati Uniti ed è stato molto avversato da quanti considerano il sistema di potere statunitense una “sentinella del mondo”. L’autore, tra i fondatori del Washington Free Press, ha pubblicato numerose inchieste sul ruolo della Cia.

Fonti ufficiose affermano che nella Germania dell’Est gli informatori al servizio della Stasi, la potente polizia segreta, fossero una persona ogni sei abitanti. Non solo le più minute chiacchiere da bar venivano continuamente monitorate e annotate da solerti funzionari governativi, ma anche fin nella più intima alcova familiare lo stato riusciva ad allungare i propri tentacoli. Dopo il 1989, all’apertura degli archivi, con grande sorpresa si è scoperto quante famiglie allevassero al proprio interno informatori incaricati di riferire allo stato i pensieri e le aspirazioni dei propri familiari. A circa quindici anni dalla fine della Ddr, si assiste a un ritorno di popolarità di colori, suoni e sapori legati all’esperienza del socialismo di stato, la cosidetta “Ostalgia”, nostalgia dell’Est. La realtà del controllo sociale, però, era veramente dura e annichilente, e questo libro ci riporta nel pieno del ricordo della quotidianità di uno stato che non c’è più. Anna Funder ci riconduce in quell’esperienza, ascoltando sia ex funzionari governativi e informatori, sia persone che hanno avuto la vita spezzata da una repressione immotivata.

UNA RETORICA CHE SI AUTOALIMENTA NELLO SFAVILLÌO DI CONTINUE NOTIZIE

AA.VV. TUTTO QUELLO CHE SAI È FALSO

JOSEPH S. NYE JR SOFT POWER

Nuovi Mondi Media, 2005

Einaudi, 2005

WILLIAM BLUM CON LA SCUSA DELLA LIBERTÀ

ANNE FUNDER C’ERA UNA VOLTA LA DDR

MICHELE LOPORCARO CATTIVE NOTIZIE

Marco Tropea, 2005

Feltrinelli, 2005

Feltrinelli, 2005

RICCARDO BAGNATO-BENEDETTA VERRINI ARMI D’ITALIA

Fazi, 2005 | 68 | valori |

ANNO 5 N.28

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APRILE 2005

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CARLO BARBIERI LE MANI IN PASTA

Editrice Consumatori, 2005

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ORIENTARE GLI STILI DI VITA VERSO L’ ETICA Le abitudini quotidiane dei cittadini del Nord del mondo, che concentra su di sè la maggior parte delle ricchezze e consuma gran parte delle risorse, contribuiscono al mantenimento di un sistema iniquo e irrazionale. Riorientare i nostri stili di vita può avere effetti rivoluzionari: è una spinta dal basso che, con modalità non violenta, può accompagnare quei cambiamenti politici e strutturali necessari per una globalizzazione più equa e sostenibile. La guida al “quotidiano responsabile” è un suggerimento per «iniziare giorno per giorno a prendersi cura del mondo e degli altri». Suddivisa in capitoli con glossari e spiegazioni molto accessibili a termini entrati ormai nel linguaggio comune (etica, effetto serra, turismo responsabile), la guida è stata scritta da Ugo Biggeri, Valeria Pecchioni e Anne Rasch. All’insegna del motto “mi interessa”, propone la riscoperta responsabile di uno stile di vita eticamente responsabile. Il linguaggio accessibile la rende utile anche per percorsi formativi e esperienze scolastiche.

L’informazione in Italia è uno strumento di perpetuazione di forme di potere. Anestetizza la coscienza politica e previene il formarsi di opinioni autonome. Nel 1971 Umberto Eco descriveva così il fenomeno «Il quotidiano italiano è uno strumento autoritario di repressione. Anche se non è un quotidiano di destra». Il meccanismo della repressione era individuato allora nell’oscurità, nel tecnicismo burocratico. Oggi tutto sembra cambiato. Il giornale e i tg parlano per farsi capire da tutti. Parlano, anzi, una lingua ostentatamente “vicina alla gente”: il telegiornale variopinto del Duemila è ben diverso dal grigio notiziario dei primi decenni Rai e il giornale oggi a forti tinte (in tutti i sensi) non è più il grigio quotidiano d’una volta. Ma questa immediatezza è, in realtà, la cifra di uno stile che impone la semplificazione populistica anziché l’analisi, la strizzatina d’occhio anziché la spiegazione e, in una parola, l’appello all’emotività anziché al raziocinio. Siamo agli antipodi, dunque, rispetto all’ideale dell’informazione come quarto potere, sede del dibattito razionale sulla politica, nato con l’Illuminismo. Questo stile antirazionale e semplificatorio, che caratterizza l’intero sistema dai tg Mediaset a “la Repubblica”, è perfettamente adeguato allo sfavillio oscurantista dell’Italia d’inizio Duemila. Capire come parla - e perché parla così - l’informazione pubblica italiana è un esercizio di analisi indispensabile per chiunque voglia comprendere la realtà politica dell’Italia contemporanea.

BIGGERI-PECCHIONI-RASCH QUOTIDIANO RESPONSABILE

Emi, 2004

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ANNO 5 N.28

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APRILE 2005

| valori | 69 |


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narrativa

| altrevoci |

QUANDO IL SILENZIO CREA LE BARRIERE

ANNE TYLER IL TUO POSTO E’ VUOTO

Guanda, 2005

| 70 | valori |

ANNO 5 N.28

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fotografia

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IN CERCA DELLA BELLEZZA PERDUTA

SATIRA DAI QUARTIERI ALTI

AUTOBIOGRAFIA DI UN MAESTRO IRONICO E AUDACE

TUTTO IL TEMPO DI UNA VITA IN IMMAGINI

Quello di Della Sciucca è un esordio editoriale originalissimo e al tempo stesso sorprendente per l’acutezza dell’analisi critica e satirica dei rapporti, dei tic, delle manie e delle idiosincrasie della società degli alti quartieri newyorkesi. Sprazzi di vite rubate e ritratti di individui spiazzanti nel loro modo di essere, in cui l’autore mescola con gusto realismo tagliente e visionaria comicità. Alle pagine scritte si alternano disegni in bianco e nero che creano attorno a questi dieci racconti un’atmosfera cinematografica che ricorda i film di Woody Allen e in genere tutta la satira sociale e psicologica di cui furono padri anche Neil Simon, Marshal Brickman, Groucho Marx. Il viaggio metropolitano segue fedelmente gli itinerari che si snodano attraverso la linea divisoria di Central Park, passando per gli intellettuali raffinati di West Park e proseguendo verso l’elite ultra riservata dell’Upper East Side. Alla fine quella che ne esce è una sintesi della nostra società contemporanea perchè, osservando attentamente, non è solo il newyorkese quello abilmente descritto oltre le apparenze.

Maestro dell’azzardo, Helmut Newton ha scandalizzato e intrigato per oltre cinquant’anni il mondo intero con le sue provocanti immagini femminili e la sua attitudine da “bad boy”. Ora che un terribile e spettacolare incidente automobilistico ha stroncato la vita del grande fotografo, l’autobiografia ci permette di conoscere meglio la vita e il lavoro di uno tra i più geniali, innovativi, caustici, profondi, ironici ed audaci fotografi del nostro tempo. Dalla sua famiglia, ai rapporti con l’amata madre e con il padre, ai suoi viaggi, fino ai famosi reportage di moda, Newton ripercorre gli episodi della sua vita, con lo stesso stile ironico e provocante delle sue fotografie. Il libro è fedele alla veste grafica originale di cui ha conservato perfino il carattere tipografico, secondo quanto espressamente voluto da Helmut Newton. Tra i più influenti fotografi, inventore di uno stile che ha fatto scuola e resta inimitabile, Newton si schianta alla guida di una Cadillac contro una palma del Sunset Boulevard di Hollywood. Come in un set di una delle sue patinate e sconvolgenti fotografie.

Lesley McIntyre, fotografa documentarista, ci racconta ne ‘il tempo di una vita’, la breve e intensa esistenza della figlia Molly, nata con una grave anomalia muscolare che l’ha portata progressivamente alla morte a soli 14 anni. Come una madre qualunque, Lesley ha fotografato sua figlia Molly lungo tutto l’arco della sua fragile vita. Le straordinarie immagini scattate da una fotografa d’eccezione e la precarietà della vita di Molly fanno di questo libro pubblicato da Contrasto, grazie alla collaborazione dell’Anfaas Milano, una narrazione struggente e densa di significato. «Per me questo libro spiega come si vive senza nessuna garanzia. In altre parole, parla di quello che ognuno fa fingendo che non sia così. Credo che, malgrado la sua fragilità, mia figlia abbia vissuto la sua vita con coraggio e, a volte, con sorprendente piacere e che sia morta con grande dignità nella sua casa, circondata da chi più la adorava. Nonostante tutta l’angoscia provata ad assistere al suo deterioramento fisico, la sua vitalità ha dato forza a tutti».

L’ULTIMA AFRICA NEL REPORTAGE DI GIANNI GIANSANTI, REPORTER DI SYGMA

Rwanda 1994. Sta per cominciare l’orrendo massacro dei tutsi ad opera degli hutu. Sui bordi della piscina di un lussuoso albergo una variegata società si intrattiene facendo finta che nulla stia accadendo. Un classico “covo di occidentali” dove, tra cooperanti flaccidi e parà impegnati ad abbordare rozzamente cameriere e prostitute locali, troviamo anche Valcourt, giornalista canadese approdato in Rwanda dopo le esperienze in Vietnam, Nicaragua e il recente naufragio di un legame affettivo. La realizzazione di un reportage sull’Aids è il motivo per cui Valcourt esplora questo paese dove ci si dilania a vicenda e si muore come mosche, entrando a contatto con la gente del posto e scoprendo che con la morte possono convivere curiosamente allegria, fraternità e un amore feroce per la vita. Amore che si traduce per lui in una nuova sensazione di appartenenza e che si intensifica più che mai nell’incontro con la cameriera di sangue misto Gentille. Il loro legame cresce tra scene quotidiane di esseri umani fatti a pezzi, stuprati dagli squadroni miliziani, mutilati a colpi di machete, sotto le connivenze delle istituzioni e la scandalosa assenza delle organizzazioni internazionali. Un finale brusco interromperà la rassegnata fuga della coppia. Prezioso lo sguardo iniziale di Valcourt, quello di chi non sta da nessuna parte, forse solo dalla parte dell’umano, e si trova, senza astrazioni e schematismi, nudo di fronte a eventi spietati.

Vincenzo Postiglione ha una vita normale, una moglie, un figlio ed è un agronomo impiegato nel ministero. Il suo lavoro è il motivo del suo viaggio nel sud Italia, tra luoghi di forte degrado edilizio e ambientale, discariche, sfasci, case abusive, campi coltivati dagli extracomunitari, alberghi di terz’ordine e strade mal frequentate. C’è una somiglianza tra questi paesaggi ed il corpo di Vincenzo, che all’improvviso si scopre affetto da strane dermatiti di cui non riesce a capire la causa. Eppure è risaputo che tali disturbi sono spesso di origine psicosomatica, perchè è il corpo che parla quando la mente è bloccata. Mentre l’eczema gli si spande sulla pelle, dubbi ed incertezze iniziano ad attanagliare la coscienza del protagonista e quando tenta di curarsi questi si scopre innamorato di un’altra donna, Elena. Un romanzo sulle disillusioni, quelle di chi ad un certo punto della vita si accorge di aver lasciato senza concime il proprio terreno ed allora tenta di inseguire il tempo perduto. Un reportage sulla bellezza violata del nostro paese.

La vasta, selvaggia e remota regione dell’Etiopia si trova lontana da tutto, e apparve sulle mappe solo un secolo fa, quando i primi esploratori europei vi scoprirono uno straordinario mosaico di gruppi etnici. Persone rimaste isolate per secoli, che hanno conservato intatti i loro costumi e la loro cultura fino ai giorni nostri: etnie come quelle dei Surma, i Mursi, i Karo, i Galeb, i Bume. Sono legati gli uni agli altri e condividono un passato di misteriose migrazioni, ma sono anche individualisti, orgogliosi delle loro identità culturali. Sono spietati guerrieri, indifferenti alla sofferenza propria ed altrui, eppure capaci di trasformare la forza in forme d’arte: il combattimento con i bastoni è diventato una danza, con i corpi dipinti con calce e ocra che creano affreschi in movimento. Questo libro racchiude mesi di lavoro di preparazione; soprattutto, è un tributo all’eterna bellezza dell’Africa: le fotografie e i testi ‘rubano’ alle popolazioni dell’Omo un frammento del loro mistero. Ma con delicatezza e rispetto. Studiando una piccola regione del cuore del Continente Nero, prova a rintracciare le origini dell’Africa più remota: la culla dell’uomo, dove ancora esistono legami atavici con la natura, e dove mondi reali e magici continuano a confondersi. È un posto dove il legame con il lato oscuro dell’esistenza non è nascosto, bensì esibito. L’autore ha racchiuso molti anni di studi sui più interessanti gruppi etnici dell’Africa. Centrato su una serie di straordinarie fotografie, il libro è una sorta di reportage dal confine del mondo, alla ricerca dell’ultima Africa.

La prefazione al libro è di Paolo Rumiz e racconta con tono lirico “una terra senza orizzonti” in cui la fotografa e antropologa Monika Bulaj conosce una comunità rom della Serbia. La accompagna Marzia Ravazzini, autrice di indagini nei Balcani per conto della Caritas. «Una sera d'inverno nella pianura, il vento che desertifica i villaggi, un cielo color topo, corvi enormi e gonfi sui pochi alberi, nemmeno un cane, nemmeno le oche in giro - racconta Rumiz- il ghiaccio nei fossati, un camino che fuma, una casa povera, un fuoco acceso, una vecchia mamma ciccia che ti offre la minestra, parla e racconta in mezzo ad una tribù di figli e nipoti. Notti lunghe, il gelo pannonico che morde le finestre, esalta un mondo blindato, un instancabile “stare in casa” che si esaurisce e consuma in sè, ma non ha perso la sua prontezza a far le valigie e partire, in qualsiasi momento. Così Marzia Ravazzini insieme a Monika Bulaj entra nella vita dei rom. Ne condivide ogni momento conscia che i gagè- gli stranierinon possono capire quel mondo segregato se non vivendolo»·

GIL COUTEMANCHE UNA DOMENICA IN PISCINA A KIGALI

ANTONIO PASCALE PASSA LA BELLEZZA

GLAUCO DELLA SCIUCCA CENTRAL PARK WEST STORIES

HELMUT NEWTON AUTOBIOGRAFIA

LESLEY MCINTYRE IL TEMPO DI UNA VITA

GIANNI GIANSANTI L’ULTIMA AFRICA

CARITAS ITALIANA LE HA MA LA JA

Feltrinelli, 2005

Enaudi, 2005

Zelig, 2005

Contrasto, 2004

Contrasto, 2005

White Star, 2004

Monti Editore, 2004

GIL COUTEMANCHE, FEROCIA E AMORE NELLA TRAGEDIA DEL RWANDA

I drammi casalinghi trovano spazio in questi cinque racconti della Tyler. Protagonisti mogli e mariti, genitori e figli che per qualche motivo non riescono più a comunicare. Una donna iraniana raggiunge il figlio negli Stati Uniti e lo ritrova “americanizzato”, che parla una lingua diversa, con una sua famiglia e abitudini differenti; i due rimangono l’uno accanto all’altra separati da un silenzio pesantissimo. Vi è poi una moglie alle prese con un marito assolutamente incapace di sostenerla nelle cose di tutti i giorni, delegandole qualsiasi sorta di incombenza. Il dramma di una madre che sta per lasciare il figlio di nove anni disabile in una struttura ospedaliera permanente e scorge sul volto del bambino l’inquietudine di chi ha compreso l’abbandono. L’anziano padre che rimasto vedovo non sa come affrontare la visita natalizia della figlia e del genero. Sotto il peso del silenzio e dell’incomprensione, come spesso accade, l’affetto non muore, ma, pur resistendo alle più profonde rotture, non è più sufficiente a riaprire canali di scambio.

| altrevoci |

APRILE 2005

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UN VIAGGIO FOTOGRAFICO TRA I ROM DELLA SERBIA

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ANNO 5 N.28

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APRILE 2005

| valori | 71 |


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IN VIDEO LA TESTIMONIANZA DI TIZIANO TERZANI SULL’IMPEGNO DI PACE

JAMES NACHTWEY WAR PHOTOGRAPHER

TIZIANO TERZANI-ANGELO CAVAGNA PACE PER TUTTI, TUTTI PER LA PACE

American Masters, 2004

Emi, 2005

| 72 | valori |

ANNO 5 N.28

«Purtroppo non credo che ci potremo incontrare. Conto di ritirarmi completamente dal mondo fuori e di non incontrare più nessuno. Un abbraccio. Tiziano». È l’ultimo messaggio di Tiziano Terzani, una cartolina spedita il 29 maggio 2004 a un amico. Due mesi dopo, quell’amico era pigiato insieme a un migliaio d’altri nel Salone dei Cinquecento a Firenze a salutare Terzani, morto il giorno prima. Un aneddoto minimo in cui è sintetizzata la straordinaria avventura umana di un giornalista, uomo e cittadino, che «dopo aver fatto tutta la vita il corrispondente di guerra» per denunciare l’imbecillità della più criminale fra le attività umane, si fa «kamikaze della pace» perché «solo testimoniandola in prima persona la si può costruire». La videocassetta distribuita dalla Editrice Missionaria raccoglie la testimonianza di un autore che ha saputo attraversare momenti storici drammatici sviluppando una riflessione intima e politica di grande respiro, fino alle nette prese di posizione contro la guerra, poco prima della sua morte per una lunga malattia di cui ha lasciato memoria e riflessioni in un diario dal grande successo editoriale. Allegato alla videocassetta viene distribuito il volume “dodici vie praticabili alla pace” di Angelo Cavagna. Il documento si apre con una riflessione ancora attuale. Molti sono contro il commercio di armi, alcuni contro le spese militari, pochi però sono contro la necessità di un esercito: il cammino da percorrere è lungo.

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APRILE 2005

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I SERVIZI SEGRETI USA DAL 1947 AD OGGI IN DVD

Nel 1912 due stralunati ragazzi di provincia arrivano a San Pietroburgo per studiare matematica. Il destino li porta sulle tracce di Velimir Chlebnikov, il poeta puro, destinato ad essere perseguitato, internato in manicomio e poi cancellato dalla memoria collettiva. Al romanzo è allegato un documentario. «Si parla di una città che si è chiamata nel tempo sia Pietroburgo che Pietrogrado che Leningrado che San Pietroburgo. Quando sono stato a San Pietroburgo ho fatto caso al fatto che molte strade del centro, tipicamente pietroburghesi, e alcune strade intorno al centro, tipicamente sovietiche, stavano diventando come molte strade di molte città dell’Europa occidentale. La Malaja Sadovaja, per dire, una stradina pedonale perpendicolare alla prospettiva Nevskij, a me ricordava via Cavour, una stradina di Parma perpendicolare alla via Emilia. Lo stesso acciottolato finto antico, gli stessi lampioni finto moderno, gli stessi bar, le stesse verande, gli stessi tavolini all’aperto...».

Oltre cinquant’anni di storia del servizio segreto americano Cia attraverso le testimonianze inedite raccolte da uno dei più grandi documentaristi francesi. Il video, in vendita sul sito dell’emittente satelitare Arte (www.arte.fr) ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Attraverso una moltitudine di immagini e testimonianze assolutamente inedite il filmato cerca di ricostruire il ruolo svolto dalla Cia a partire dal 1947 e le sue mutazioni. Nel corso dell’inchiesta, da cui sono stati tratti i tre video per una durata complessiva di 245’, l’equipe ha potuto realizzare interviste esclusive con i massimi dirigenti della Cia, ma anche con ex agenti segreti che hanno descritto le operazioni, il reale potere dell’Agenzia e i condizionamenti che quotidianamente deve subire in relazione ad obiettivi politici dell’Amministrazione. La serie è stata divisa in ordine cronologico dal 1947 al 1977 (gli anni delle operazioni clandestine), dal ‘77 all’89 (la fine delle illusioni) e fino al 2001 (da una guerra all’altra). Il dvd è in lingua francese con numerosi contenuti extra.

PAOLO NORI PANCETTA

Feltrinelli, 2004

WILLIAM KAREL CIA, GUERRES SECRETES

ARTE boutique, 2004

Svizzera

0,8% 0,7%

Belgio

Portogallo

Comm. Ue

Qatar

India

Italia

Finlandia

0,9% 0,8%

1,1% 1,3% 1,3% 1,1% 1,1%

Grecia

Francia

Echo

N. Zelanda

Fed. russa

Australia

Olanda

Danimarca

Canada

Giappone

Privati

1,6% 1,5% 1,5%

123

I fondi per lo Tsunami erodono tempo e aiuti A DECISAMENTE MALE IL FLUSSO DEGLI AIUTI verso i paesi colpiti dallo Tsunami. La realtà è distante dalle promesse e la burocrazia rallenta il flusso di danaro verso i paesi colpiti dal maremoto. Salvo i privati e il Giappone che si è dimostrato il più tempestivo e efficiente, il resto dei paesi e l’Unione Europea risultano pesantemente in ritardo. Molto efficienti le nazioni più piccole, (Svizzera, Belgio, Portogallo, Quatar, Grecia), alcune dell’area colpita come India e Cina. Bene anche la Gran Bretagna. Sopra la media nell’erogazione dei fondi Stati Uniti e Germania. L’Italia, come confermato anche dalle denunce delle principali Ong, mostra la corda e i ritardi tengono paraliz-

V

zato il sistema di erogazione nelle mani della Protezione Civile. C’è poi un altro rischio: gli aiuti per lo Tsunami potrebbero andare a discapito degli obiettivi del Millennium Goal. Jan Egeland, coordinatore delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari, ha accusato i paesi ricchi di essere “avari”, poiché la maggior parte di loro non hanno raggiunto il traguardo fissato dall’Onu dello 0,7 per cento del PIL da destinare ai paesi più poveri. Solo cinque nazioni hanno ottenuto - e superato - questo obiettivo, stabilito nel 1970 dall’Assemblea Generale dell’Onu: Danimarca (1,06 per cento), Olanda (0,82 per cento), Svezia (0,81 per cento), Norvegia (0,80 per cento) e Lussemburgo (0,7 per cento).

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INDICE DI POVERTÀ MEDIA ’80

Australia Canada Germania Italia Giappone Inghilterra Stati uniti Media OECD

12,2 11,6 6,4 10,3 11,9 6,9 17,9

POVERTY RATE MEDIA ’90

9,3 9,5 9,1 14,2 13,7 10,9 16,7 9,8

2000

MEDIA ’80

11,2 10,3 9,8 12,9 15,3 11,4 17,1 10,2

24,2 19,8 22,9 29,9 0,0 16,0 33,6

POVERTY GAP MEDIA ’90

2000

31,5 29,9 23,6 37,2 35,0 19,6 34,1 27,2

26,7 32,0 31,7 36,5 36,1 22,9 34,7 27,7

1984, 1994, 1999 1985, 1995, 2000 n.a., 1994, 2001 1984, 1995, 2000 1985, 1994, 2000 1985, 1995, 2000 1989, 1995, 2000

Note: Indice di povertà è misurato in proporzione alla percentuale di individui con reddito inferiore al 50% della media dell'intera popolazione. Poverty gaps è misurato come differenza percentuale tra il reddito medio della popolazione e il tasso di chi vive sotto il 50%

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ANNO 5 N.28

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Fonte: Förster and Mira D'Ercole (2005)

Prodotto da American Masters e distribuito nelle librerie statunitensi e reperibile tramite la libreria online Amazon, “War Photographer” raccoglie in dvd un documentario sull’attività ventennale del fotografo di Magnum, James Nachtwey. Il filmato ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui la nomina all’Oscar come miglior documentario. La trasposizione in dvd ne consente ora la circolazione al di fuori del circuito televisivo. James Nachtwey, autore di alcune tra le più significative immagini dei conflitti degli ultimi venti anni, membro per molti anni di Magnum Photos. Nato nel 1948 a Syracuse, nello stato di New York, è considerato da molti il vero erede di Robert Capa. Molti dei suoi reportages in Romania, Somalia, India, Sudan, Bosnia, Rwanda, Zaire, Chechnya e Kosovo sono raccolti nel volume Inferno. Il documentario propone un ritratto di Nachtwey seguito per due anni durante il suo lavoro, dalle riprese in Kosovo, Palestina e Indonesia all’editing delle fotografie fino alla messa in pagina di un servzio nella redazione del settimale tedesco Stern.

PANCETTA E TRACCE DI POESIA A SAN PIETROBURGO

2,4%

1,8%

0,9%

numeri 100

JAMENS NACHTWEY, VENTI ANNI DI GUERRE

6,0%

Fonte: Nazioni Unite/Ocha

Fondi erogati Fondi promessi % sul totale erogato

1,4%

1,6%

1,3% 1,8%

Cina

300

4,8% 3,6%

Norvegia

23,8%

400

200

PROMESSE FATTE E MANTENUTE [in milioni di dollari]

5,1%

Stati Uniti

600

Svezia

700 26,3%

Regno Unito

multimedia

Germania

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APRILE 2005

| valori | 73 |


| numeridell’economia |

| numeridell’economia |

Taiwan attira capitali esteri

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+14,4 Dic. +7,9 Dic. -2,3 Aug. +2,9 Gen. +5,7 Dic. +9,9 Gen. +14,2 Gen. +13,0 Gen. +3,9 Gen. +4,9 Gen. +5,3 Gen. +5,6 Nov. +5,6 Nov. +3,9 Dic. +10,6 Dic. +23,1 Nov. +3,3 2004 +4,4 Dic. +7,8 Dic. +6,8 Gen. +8,3 Dic. -1,4 Dic. +4,7 Gen. +6,8 Gen.

BILANCIA COMMERCIALE

120

+1,9 Gen. +4,4 Gen. +7,2 Feb. +2,4 Gen. +8,5 Feb. +0,9 Dic. +3,3 Feb. +1,9 Feb. +2,5 Feb. +8,1 Feb. +7,4 Gen. +2,2 Gen. +5,3 Feb. +4,5 Gen. +1,7 Feb. +16,9 Feb. +11,4 Dic. +0,8 Gen. +3,0 Gen. +9,2 Gen. +1,7 Feb. +4,1 Gen. +4,0 Gen. +9,2 Gen.

TASSI INTERESSE

+51,0 Febbraio -23,6 Gennaio +24,5 Gennaio +21,7 Gennaio -0,7 Dicembre +15,4 Dicembre +30,3 Gennaio +5,6 Febbraio +0,2 Gennaio +12,3 Gennaio +35,1 Febbraio +9,1 Febbraio +1,0 Novembre -9,5 Gennaio +2,7 Dicembre +22,1 IV Trimestre -8,1 III Trimestre -7,1 Gennaio -2,4 Gennaio -34,5 Dicembre -0,8 Gennaio - 2,5 III Trimestre -6,1 Dicembre +91,1 Gennaio

2,50 4,82 7,56 2,82 6,31 2,00 3,45 1,35 2,60 4,44 18,75 3,00 7,37 9,32 2,81 12,92 9,90 1,00 7,60 17,60 2,07 7,54 6,19 13,00

GAP

CORRUZIONE

POVERTÀ

Quanto manca per lo 0,5 Pil

In una scala 1-10, dove il più corrotto è 10 è il meno corrotto 1

Persone, in milioni, che vivono con meno di $1 al giorno

|

APRILE 2005

|

1997

1998

1999

2000

2001

PAESE

200

Sud Africa

2003

PIL

Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro

MIN/MAX 2005

MIN/MAX 2006

2004

2,0/3,4 1,4/2,4 1,3/2,5 2,0/3,1 2,5/3,5 1,5/2,6 1,3/2,3 0,8/1,6 0,6/1,8 0,6/2,6 0,7/1,5 2,0/2,9 2,4/3,4 1,2/2,0 3,2/4,4 1,3/1,8

2,3/3,8 1,2/2,5 1,6/2,7 1,7/3,1 2,3/3,3 1,6/2,4 1,6/2,4 1,0/2,0 0,9/2,2 0,7/3,0 1,0/2,5 1,9/3,0 1,9/3,1 1,0/2,3 2,1/4,1 1,3/2,2

INFLAZIONE MEDIA 2005

MEDIA 2006

2005

2006

3,2 2,1 2,2 2,4 2,9 2,1 2,1 1,6 1,6 1,8 1,7 2,6 2,7 1,8 3,2 1,9

2,6 2,0 1,8 1,8 1,9 1,4 1,7 1,3 2,0 0,3 1,2 2,8 1,0 1,1 2,5 1,8

2,6 1,6 1,7 1,8 2,1 1,7 1,5 1,1 1,9 0,3 1,4 2,6 1,7 1,2 2,4 1,6

2,9 (3,1) 2,0 (2,1) 2,1 2,5 (2,4) 2,9 (3,0) 1,9 (2,0) 1,9 1,1 (1,3) 1,2 (1,4) 1,4 (1,6) 1,2 (1,3) 2,6 (2,4) 2,9 1,6 (1,7) 3,7 (3,5) 1,6

20.000

10.000

0

-10.000

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2005 2006

-5,7 -0,8 +3,4 -2,7 2,1 2,4 -0,5 2,9 -1,0 3,5 3,4 -4,2 6,8 12,1 -5,9 0,6

-5,3 -0,9 3,5 -2,8 1,6 2,3 -0,4 3,0 -1,1 3,4 3,3 -4,2 6,1 11,7 -5,7 0,6

ANDAMENTO EXPORT

Italia Germania Francia Spagna

130

Esta Asia

400

2002

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI

30.000

600

Est e Nord Africa

America

Fonte: Trasparency International

Europa

Sud Africaa

Ghana

Senegal

Zimbabwe

2

D.R.C.

$10

Fonte: OECD

Fonte: OECD

$20

Svezia Olanda Spagna Canada Italia Francia Inghilterra Germania Giappone America

$10,000

Nigeria

Africa Asia Russia America latina Est Europa Giappone America, Canada, Oceania

4 $30

1996

40.000

1981 2001

$40

$15,000

ANNO 5 N.28

800

6

America Latina, Caraibi

$50

1820 1998

1995

140

Est Europa. Asia Centrale

aiuti destinati nel 2003 quanto allo 0,5

105

SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE NELLA UE

SALUTE

| 74 | valori |

125

120 100 90 80 70

1987

1989

1991

|

1993

1995

ANNO 5 N.28

1997

|

1999

APRILE 2005

2001

2003

2005

| valori | 75 |

Fonte: OECD, Morgan Stanley Research

+9,5 IV Trimestre +6,6 III Trimestre +6,7 IV Trimestre +5,6 IV Trimestre +5,4 IV Trimestre +6,5 IV Trimestre +4,6 III Trimestre +3,3 IV Trimestre +5,1 IV Trimestre +8,3 IV Trimestre +4,9 IV Trimestre +6,8 III Trimestre +2,4 III Trimestre +4,9 IV Trimestre +9,1 Dicembre +11,2 IV Trimestre +4,7 IV Trimestre +2,9 III Trimestre +4,7 IV Trimestre +4,5 III Trimestre +3,6 III Trimestre +3,7 IV Trimestre +4,8 III Trimestre +6,7 IV Trimestre

PREZZI AL CONSUMO

Sud Asia

PRODUZIONE INDUSTRIALE

Fonte: World Bank

PIL

Crescita a lungo termine del Pil procapite in dollari

$5,000

Stati Uniti Area Euro Italia 1995 = 100; ultimo dato 4° trimestre 2004

110

PAESE

$20,000

130

115

LE NAZIONI EMERGENTI Cina India Indonesia Malesia Filippine Singapore Corea del Sud Taiwan Tailandia Argentina Brasile Cile Colombia Messico Perù Venezuela Egitto Israele Sud Africa Turchia Repubblica Ceca Ungheria Polonia Russia

135

Fonte: ISTAT, Morgan Stanley Research

B

stato del 2,9% nello stesso periodo; in Sud Corea e Taiwan la crescita è sempre a due cifre, per la precisione 14,2 e 14% su base annua. Balzo dei prezzi in Venezuela, Argentina e Filippine, rispettivamente del 23,1%, 8,1 e 8,5% mentre l’inflazione risulta sotto controllo in Brasile dove l’Ocse prevede un dimezzamento nel corso del 2005 e 2006.

flessi pesanti. Il Pil della Tailandia cresce del 5,1% su base annua nell’ultimo trimestre del 2004, in flessione rispetto ad una precedente previsione del 6,1%. Nel complesso la produzione industriale viaggia a ritmi elevati in diversi paesi in via di sviluppo: in Turchia è cresciuta del 6,8% su base annua a Gennaio dal 4,7% del mese precedente; in Malaysia l’incremento è

Fonte: Thomson Datastream

per le casse di Taiwan, che ha visto passare le sue disponibilità in valuta da 3,9 a 246,6 miliardi di dollari nell’arco di soli dieci mesi grazie ai consistenti afflussi di capitali nell’isola indipendentista. Le economie dei paesi asiatici, e anche quelle dell’area colpita dal Maremoto, non mostrano per ora riOOM DELLE RISERVE ESTERE

L’ANDAMENTO DEL PIL


|

indiceetico

| numeridivalori |

portafoglioetico

| numeridivalori |

|

IL PORTAFOGLIO DI VALORI

NORDISKT HÅLLBARHET INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Electrolux elettrodomestici Stoccolma, Svezia H&M abbigliamento Stoccolma, Svezia Trelleborg componenti meccaniche Stoccolma, Svezia Orkla alimentari/media Oslo, Norvegia Kesko distribuzione Helsinki, Finlandia Statoil petrolio Oslo, Norvegia Svenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, Svezia Storebrand assicurazioni Oslo, Norvegia Gambro tecnologia medica Stoccolma, Svezia Coloplast tecnologia medica Copenaghen, Danimarca Novozymes farmaceutici Copenaghen, Danimarca Metso macchine industriali Helsinki, Finlandia Skanska edilizia Stoccolma, Svezia Tomra macchine industriali Oslo, Norvegia Tietoenator software Helsinki, Finlandia Nokia telefoni Helsinki, Finlandia Holmen carta Stoccolma, Svezia UPM-Kymmene carta Helsinki, Finlandia Telenor telecomunicazioni Oslo, Norvegia Hafslund utilities Oslo, Norvegia Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 28.02.2005

CORSO DELL’AZIONE AL 28.02.2005

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 28.02.2005

164,50 SEK 241,00 SEK 129,00 SEK 226,50 NOK 19,600 € 112,75 NOK 167,00 SEK 61,25 NOK 97,00 SEK 296,50 DKK 278,00 DKK 14,15 € 81,50 SEK 26,50 NOK 27,37 € 12,28 € 229,00 SEK 16,84 € 57,25 NOK 41,00 NOK

+7,57% +3,47% +13,47% +24,66% +9,19% +18,98% -4,06% +4,96% +1,75% -1,43% +0,20% +21,36% +1,57% -20,22% +16,97% +5,68% -1,04% +2,93% +4,35% +4,85% +5,76%

NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

.

-3,38% +7,36% +5,84% +30,29% +5,55% +6,20% -4,06% +4,24% +1,33% +5,03% +4,74% +7,14% -8,82% -7,41% +1,33% -4,94% +16,24% -3,27% +10,18% 0,00% +3,68%

Il borsino di Valori a testa alta pagine a cura di Mauro Meggiolaro

Rendimenti dal 31.12.2004 al 28.02.2005

+5,76% Eurostoxx 50 price Index [in Euro]

Portafoglio di Valori [in Euro]

Rendimenti dal 31.12.2004 al 28.02.2005

+3,63%

3,68% 3,28%

Helsinki (Finlandia)

Borsa

HEX, Helsinki

Rendimento 31.12.2004 - 28.02.2005

+21,36%

Attività

Metso è specializzata nel design e nella produzione di macchine industriali per vari settori: lavorazione della carta, estrazione di minerali, informatica ecc. Ha più di 28.000 dipendenti in tutto il mondo.

Responsabilità sociale Giudizio complessivo

Attenzione alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro. Nel design dei prodotti vengono presi in considerazione aspetti ambientali.

Politica sociale interna

Buona la politica di risorse umane e la comunicazione interna. Metso è molto attenta alla salute e alla sicurezza dei suoi dipendenti.

Politica ambientale

La politica ambientale è ben elaborata e in linea con le norme ISO14001. Attenzione agli aspetti ambientali nel design delle macchine.

Politica sociale esterna

A differenza di altre imprese del settore Metso non sviluppa prodotti specificamente adattati per l’uso militare e non è mai stata accusata di violazioni dei diritti umani.

UN’IMPRESA AL MESE

Metso Sede

Sabaf Sede Ospitaletto (BS) Attività

L PORTAFOGLIO DI VALORI RIALZA LA TESTA. +3,68% in due mesi, quasi mezzo punto in più dell’indice MSCI World, composto da oltre 1500 titoli di imprese di tutto il mondo, con cui lo confrontiamo mese per mese. Sul primo gradino del podio c’è ancora Body Shop (+30,29%), seguita da British Gas Group (+16,24%) e dalla danese Vestas (+10,18%), che produce pale e rotori per impianti eolici. L’impresa che vi presentiamo questa settimana è l’italiana Sabaf, una società di Ospitaletto, alle porte di Brescia, specializzata nella produzione di componenti per cucine a gas. Il suo bilancio sociale è considerato uno dei migliori in Europa per la qualità e la trasparenza delle informazioni. Sabaf affitta e vende appartamenti ai dipendenti a prezzo di costo, concorda termini di pagamento più brevi con i fornitori più piccoli e non accetta i fornitori che non rispettano i diritti umani. Nel 2003 ha creato nuovi posti di lavoro e ha chiuso con un margine operativo lordo molto superiore alla media del suo settore.

I

MSCI DM World price Index [in Euro]

UN’IMPRESA AL MESE

I

Nordiskt Index [in Euro]

18,38 € 26,84 € 41,31 USD 204,00 £ 67,55 € 650,50 £ 167,00 SEK 312,00 DKK 56,00 USD 83,94 USD 108,00 DKK 134,25 € 35,97 USD 17,42 USD 5.520,00 JPY 13,51 € 408,63 £ 912,50 £ 75,00 DKK 24,50 €

€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi

Le imprese scandinave prendono il volo NORDISKT INDEX VOLA IN ALTO. Dopo due mesi chiude a +5,76%. Due punti in più dell’Eurostoxx 50. Merito di imprese come Orkla, Statoil, Tietoenator, Trelleborg e Metso, che festeggiano il 2005 con rendimenti a due cifre. Merito anche di Electrolux, società svedese di elettrodomestici che in Italia ha 9.500 addetti. Il 14 febbraio scorso ha guadagnato l’11% in borsa solo per aver annunciato tagli al personale e la delocalizzazione di alcuni comparti produttivi in Paesi dove il lavoro costa meno. I mercati applaudono sempre alla riduzione dei costi, anche se ci vanno di mezzo centinaia di famiglie. Noi preferiamo non partecipare alla claque e aspettare che siano noti i dettagli dell’operazione. Si raggiungerà un accordo con i sindacati? Sarà riallocato il personale in esubero? Sono queste alcune delle domande a cui vorremmo cercare di rispondere prima di applaudire con gli altri. Se le risposte non saranno soddisfacenti le azioni di Electrolux prenderanno il volo. Fuori dal nostro indice.

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 28.02.2005

Sabaf pezzi per forni a gas Milano, Italia Heidelberger Druck. macchine per la stampa Francoforte, Germania CSX trasporti New York, USA Body Shop International cosmetici Londra, Gran Bretagna Henkel detergenti, cosmetici Francoforte, Germania Aviva assicurazioni Londra, Gran Bretagna Svenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, Svezia Novo Nordisk farmaceutici Copenaghen, Danimarca Lilly Ely & Co. farmaceutici New York, USA 3M Company grafica, edilizia New York, USA FLS Industries edilizia Copenaghen, Danimarca Mayr – Melnhof Karton cartone Vienna, Austria Verizon telecomunicazioni New York, USA Cisco Systems tecnologia Informatica New York, USA Canon tecnologia digitale Tokyo, Giappone Stmicroelectronics semiconduttori Milano, Italia BG Group gas Londra, Gran Bretagna Severn Trent ciclo acqua Londra, Gran Bretagna Vestas Wind Systems pale eoliche Copenaghen, Danimarca Boiron medicina omeopatica Parigi, Francia Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 28.02.2005

€ = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi

L

CORSO DELL’AZIONE AL 28.02.2005

Borsa Milano Rendimento 31.12.2004 - 28.02.2005 -3,38% Sabaf produce componenti per apparecchi domestici, in particolare rubinetti, termostati e bruciatori per forni a gas. Nel 2003 ha realizzato un fatturato di 110 milioni di euro impiegando 485 persone.

Responsabilità sociale Giudizio complessivo Eccellente il bilancio sociale. Certificazione ISO14001 di tutti gli impianti. Linee guida dettagliate sui diritti umani. Politica sociale interna I lavoratori contribuiscono alla definizione delle strategie di gestione del personale. Percentuale di dipendenti donne sensibilmente superiore alla media del settore metalmeccanico. Politica ambientale Grande impegno nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Alcuni prodotti hanno un chiaro impatto positivo sull’ambiente. Politica sociale esterna Sabaf organizza incontri con i diversi portatori di interesse. Pur non essendo presente in paesi sensibili, Sabaf ha una politica ben precisa sui diritti dell'uomo e non accetta i fornitori che non la rispettano. Politica economica EBITDA (margine operative lordo) molto superiore alla media del settore. Relazioni durature con i fornitori. Per i fornitori artigiani e meno strutturati sono concordati termini di pagamento molto brevi (prevalentemente a 30 giorni).

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in collaborazione con www.eticasgr.it | 76 | valori |

ANNO 5 N.28

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APRILE 2005

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| valori | 77 |


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inrete

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L’ITALIA VISTA DALLA STAMPA DI TUTTO IL MONDO

PUNTO INFORMATICO PER ESSERE IN RETE

Curato dalla redazione online del settimanale Internazionale, il sito “Italieni” è il primo sito internet nato con lo scopo di raccontare come la stampa straniera vede il nostro paese offrendo una selezione degli articoli apparsi sulla stampa estera. Lo scopo principale di Italieni è di informare da un punto di vista piuttosto inusuale, osservando le vicende che ci portano al centro dell’attenzione a livello internazionale. Le notizie brevi vengono aggiornate quotidianamente. Gli approfondimenti e le rubriche hanno un aggiornamento settimanale, con qualche eccezione per questioni di grande rilievo, che richiamano l’attenzione della stampa internazionale, che vengono segnalate e approfondite il giorno stesso. Italieni restringe il campo di ricerca e focalizza l’obiettivo sull’Italia, sfruttando l’esperienza e la profonda conoscenza della stampa estera di Internazionale. L’importanza dell’analisi della rappresentazione dell’Italia all’estero è di grande rilevanza e spesso è utile per orientarsi tra questioni politiche interne poco comprensibili un occhio esterno e più obbiettivo.

Punto Informatico è il primo quotidiano italiano online che si occupa di Internet, informatica e comunicazione. Ha iniziato le attività nel 1995, tra i primi siti ad occuparsi della Rete stessa nei suoi molteplIci aspetti ed è il website con maggior seguito ancora oggi. Prima di arrivare su Internet, Punto Informatico per vari mesi è stato distribuito nel circuito delle BBS. Dal 1996 su internet Punto Informatico ha cercato di raccontare giorno per giorno l’evoluzione e il progresso tecnologico, in particolar modo quello relativo allo sviluppo della rete. Così facendo ha sviluppato una identità e una personalità che rimangono uniche nel panorama editoriale italiano. Oltre alle news quotidiane che raccolgono quanto di più interessante accade in Italia e all’estero nel mondo dell’Information and Communications Technology, Punto Informatico lavora su una continua scansione delle attività sulla rete e degli eventi che la riguardano. Molti gli utenti che ogni giorno frequentano alcune rubriche specializzate. Le rubriche sono tutte ad accesso gratuito con una rete di collaboratori che partecipa al progetto.

WWW.ITALIENI.IT

WWW.PUNTO-INFORMATICO.IT

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ANNO 5 N.28

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APRILE 2005

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SUL WEB L’AGENZIA ONU PER I PROFUGHI THEY RULE, UN SITO CHE VISUALIZZA LE RELAZIONI CHE LEGANO I CENTRI DI P0TERE NEGLI STATI UNITI Theyrule.net, vincitore della prestigiosa Golden Nica al Prix Ars Electronica, è una mappa del potere illustrata attraverso un’elegante e funzionale interfaccia con animazione Flash. Gli organigrammi delle maggiori corporations internazionali si animano al tocco mostrando la incredibile serie di relazioni che lega tra loro le corporations e queste al potere politico. I presidenti, gli amministratori delegati, i componenti delle grandi aziende vengono rappresentati tramite semplici sagome maschili o femminili, in giacca e cravatta o tailleur, tutti dotati dell’immancabile valigetta. Il loro peso aumenta proporzionalmente al loro potere. Cliccando sulle icone è poi possibile avviare una ricerca su Google, visitare il sito dell’azienda o curiosare tra le donazioni effettuate da ognuna di queste personalità. Il progetto permette agli utenti di interagire contribuendo alla costruzione di nuove mappe o aggiungendo note e osservazioni. Il progetto, creato da Josh On del gruppo Futurefarmers, si è avvalso della collaborazione e dei suggerimenti di decine di persone tramite un newsgroup di Yahoo completamente dedicato a Theyrule. Il sito è stato ispirato da “The Power Elite”, un libro scritto dal sociologo Charles Wright Mills nel 1956, che documentava le relazioni tra i maggiori gruppi di potere degli Stati Uniti in quegli anni. i Futurefarmers sono autori anche del primo videogioco antimilitarista, Antiwar Game. WWW.THEYRULE.NET

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR) fornisce protezione internazionale e assistenza materiale ai rifugiati e persegue soluzioni durevoli alla loro drammatica condizione. L’UNHCR ha sede a Ginevra e venne istituito nel dicembre del 1950. Nel corso dei decenni seguenti, con l’aumentare del numero dei rifugiati in tutto il mondo, il suo mandato è stato rinnovato ed ampliato. Nei suoi 50 anni di attività - per la quale l’Agenzia ha ricevuto anche due Premi Nobel per la Pace, nel 1954 e nel 1981 - l’UNHCR ha soccorso più di 50 milioni di persone. Fra i destinatari delle attività dell’Agenzia non si annoverano soltanto i rifugiati stricto sensu, ossia coloro che per sfuggire a guerre e persecuzioni sono stati costretti ad abbandonare il proprio paese d’origine, ma anche i richiedenti asilo, i rifugiati rimpatriati e gli sfollati interni, ossia coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro abitazioni ma sono rimasti all’interno dei confini del proprio paese. L’UNHCR assiste 4,4 milioni dei 24 milioni di sfollati che si stima vi siano in tutto il mondo. WWW.UNHCR.IT

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