Mensile Valori n.29 2005

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Anno 5 numero 29. Maggio 2005. € 3,00

STEVE McCURRY / MAGNUM PHOTOS

Mensile di economia sociale e finanza etica

Fotoreportage > 11 settembre

Dossier > Il sottile confine tra i soldi sporchi e l’economia legale

La finanza nera Finanza etica > I chiaroscuri dei comitati etici delle banche italiane Internazionale > I protagonisti del grande affare dell’acqua Economia solidale > I nuovi precari esistono ma nessuno vuole vederli Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento


| editoriale |

Criminalità finanziaria

Il pompiere piromane

di Marc Chesney

I banca etica L’AUTORE Marc Chesney

è professore di finanza all’Università di Zurigo (ISB) e presidente del Centro di studi sul riciclaggio e la corruzione (CEBC) di Parigi. Chesney, che ha diversi master in econometria e economia ottenuti alla Sorbona e all’Università di Ginevra, è uno dei massimi studiosi in tema di riciclaggio. Ha contrbuito con diversi interventi, articoli e paragrafi di libri sul tema delle attività illecite sui mercati finanziari ricevendo anche alcuni premi. Tra le opere principali alle quali ha contribuito si segnalano The Mathematics of financial markets, Les options de change, évaluation et utilisation, Les options de change.

MERCATI FINANZIARI SONO OGGI ESSENZIALI PER IL CRIMINE ORGANIZZATO. Il “prodotto criminale lordo”, ovvero la cifra d’affari annuale delle organizzazioni criminali, ammonta a circa 1.000 miliardi di dollari. Come si guadagna tutto questo denaro? Per esempio sfruttando circa 200 milioni di schiavi, di cui almeno tre milioni di bambini solo per l’industria del sesso, oppure commerciando sostanze stupefacenti. Secondo l’ONU il traffico di stupefacenti rappresenta ormai l’8% del commercio internazionale. Nel 1998 il saldo mondiale degli scambi commerciali, che dovrebbe compensarsi ed essere uguale allo zero, presentava un deficit di 140 miliardi di dollari. La causa dello squilibrio era, ed è, da ricercare nella fuga incontrollata dei capitali nei paradisi fiscali: stati o zone che possono sfuggire ad ogni controllo e ricevere capitali dei quali viene occultata l’esistenza. Le enormi somme che sfuggono alla contabilità mondiale transitano nei paradisi fiscali, per poi essere riversate nell’economia legale, mediante i circuiti finanziari tradizionali. Emblematico in proposito l’esempio del cartello colombiano di Calì, che era specializzato nel business della cocaina. I trafficanti di Calì avrebbero investito una buona parte del loro portafoglio, un valore stimabile intorno ai dieci miliardi di dollari, in titoli tecnologici, contribuendo all’impennata del settore hi-tech e quindi allo scoppio della bolla speculativa nel 2000. I capitali provenienti da attività illecite sono, infatti, molto volatili e soggetti a investimenti e disinvestimenti continui, che possono provocare facilmente turbolenze nei mercati. I capitali reinvestiti dai criminali contribuiscono quindi a rendere più volatili i corsi delle azioni, accrescendo il bisogno di copertura dei rischi da parte degli operatori finanziari. Lo sviluppo di strumenti di copertura dei rischi, e cioè di prodotti derivati, combinato con l’esistenza dei paradisi fiscali, dei trust e delle società fantoccio, permette alle organizzazioni criminali di creare costruzioni finanziarie complesse e assai poco trasparenti che fanno accrescere la volatilità dei mercati e dunque i bisogni di copertura. È un serpente che si morde la coda e, ormai, la finanza internazionale gioca il ruolo di “pompiere piromane”, da una parte permettendo al crimine organizzato di investire nell’economia legale i suoi enormi profitti, con il risultato di aumentare i rischi e i disordini finanziari, e dall’altra proponendo dei mezzi di copertura contro tali rischi. La liberalizzazione dei mercati finanziari e dei movimenti di capitale si sta rivelando un fattore determinante anche nello sviluppo dell’altra faccia della criminalità: l’organizzazione e il finanziamento di atti terroristici. Le azioni contro il terrorismo finora sono state soprattutto militari. La lotta contro le reti finanziarie delle organizzazioni criminali ha riguardato solo alcuni aspetti del problema, come il finanziamento del terrorismo attraverso il sistema bancario, la hawala o le organizzazioni islamiche senza scopo di lucro. Sarebbe invece essenziale una riflessione approfondita sul ruolo dei mercati finanziari e l'attrattiva che possono rappresentare per i gruppi terroristici. Questa sembra però essere assente dalla maggior parte delle analisi. Del resto, un’indagine seria sulle connessioni tra il crimine organizzato e i mercati finanziari potrebbe rivelare scenari inauditi.

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maggio 2005 mensile www.valori.it

anno 5 numero 29 Registro Stampa del Tribunale di Padova n. 1743 del 27.04.2001 editore

Cooperativa Editoriale Etica s.c.a r.l. Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Ecor, Federazione Trentina delle Cooperative, Axia, Publistampa, Rodrigo Vergara

In copertina le macerie fumanti delle Torri Gemelle dopo l’attentato dell’11 settembre.

New York, 2001

bandabassotti

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fotoreportage. 11 settembre

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dossier. La finanza lava più bianco

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Il capitalismo finanziario non può più fare a meno della liquidità criminale

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Con un contratto derivato si riciclano ingenti somme [INTERVISTA A ROMEO CIMMINELLO ]

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La guida al meccanismo trifasico

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lavanderia

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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it)

finanzaetica

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redazione (redazione@valori.it)

I comitati etici della finanza italiana ai raggi X con molti chiaro scuri

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Via Copernico, 1 - 20125 Milano Francesco Carcano, Sarah Pozzoli Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto

«Il comitato etico ideale? Dovrebbe avere i centro occhi di Argo» [INTERVISTA A BEPPE SCIENZA ]

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progetto grafico e impaginazione

bruttiecattivi

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internazionale

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Le mani sull’acqua in Italia e all’estero

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Privatizzazioni latinoamericane, vantaggi di stato e insoddisfazione

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macroscopio

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economiasolidale

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Problemi molto tipici per lavoratori molto atipici

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Gli acquisti intelligenti diventano anche nobili

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altrevoci

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stilidivita

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numeridivalori

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padridell’economia

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consiglio di amministrazione

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novamont

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Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Andrea Bozzo, Adriana Collura (infografica) fotografie

Steve McCurry (Magnum Photos / Contrasto) stampa

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Compensi d’oro

I manager italiani tra i più pagati d’Europa di Andrea Di Stefano

PLUS, IL SETTIMANALE DEL SOLE 24ORE. La vicenda dei compensi degli amministratori delegati sta diventando sempre di più uno scandalo mondiale. E nella classifica dei manager più pagati l’Italia ha un poco invidiabile primato in Europa: alcuni dei nostri “capi azienda” sono i meglio retribuiti a livello continentale, nonostante gli affari delle imprese che guidano non vadano proprio a gonfie vele. Nel 2004, al netto delle stock options, i 113 amministratori e direttori generali delle prime 40 società quotate a Piazza Affari hanno portato a casa emolumenti e benefici (monetari e non) per complessivi 206,74 milioni di euro lordi. In un anno la crescita è stata del 29,25%: decine di punti percentuali in più rispetto al tasso d’inflazione a cui vengono correlati, invece, i salari dei dipendenti. Analisi approfondite sul fenomeno in Italia non sono note: ci sono solo alcuni raffronti che lasciano perplessi. Per esempio i 7 milioni di euro di Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fiat e a.d. della Ferrari, tre volte il compenso del ceo della Renault che a differenza del gruppo torinese e della casa di Maranello non chiude i conti in profondo rosso. Analoghi paradossi riguardano il mondo della telefonia, in particolare del gruppo Telecom: i vertici, a cominciare da Tronchetti Provera, portano a casa stipendi d’oro. Dai 7,3 milioni di Riccardo Ruggiero, capo della divisione della rete fissa, ai 5,1 di Carlo Buora passando per i 5,9 di Tronchetti per la sola presidenza ai 5,1 di Marco L’obiettivo è evitare De Benedetti. Cifre molto superiori a quelle, per esempio, che un amministratore del ceo di Vodafone, Arun Sarin, che nel 2004 ha ricevuto delegato si possa aumentare lo stipendio mentre 4,6 milioni di euro. l’azienda va male e licenzia Ma per capire la dinamica di quello che è accaduto negli centinaia lavoratori ultimi dieci anni bastano i dati statunitensi: la paga dei ceo d’Oltreoceano è cresciuta dal 1990 al 2003 del 313%, mentre la retribuzione media dei lavoratori delle stesse imprese quotate in Borsa è aumentata del 49%, poco di più dell’inflazione che negli Usa è stata nello stesso periodo del 41%. Però negli Stati Uniti la campagna contro le truffe perpetrate dagli amministratori delegati ha sortito qualche effetto. Nel solo mese di febbraio sono stati licenziati 100 tra manager e amministratori di aziende quotate a Wall Street. E sembrano tramontati i tempi di quando l’amministratore delegato del Nyse, Richard Grasso, aveva potuto assicurarsi una liquidazione personale da 180 milioni di dollari. Ma l’era degli amministratori-imperatori, capi azienda ai quali tutto è concesso, compreso aumentarsi la remunerazione mentre si tagliano posti di lavoro, non è per nulla finita. Lo dimostrano le campagne in corso in tutto il mondo da parte di alcuni fondi pensione e gestori di diritti di voto, come l’elvetica Ethos, per mettere un freno alla follia delle mega remunerazioni e soprattutto stabilire criteri per tenere sotto controllo l’operato dei manager. Per evitare che l’amministratore delegato di una società, come John F. Antioco della catena di noleggio video Blockbuster, si possa aumentare il compenso del 47% in un solo anno, portandolo a 7 milioni di dollari, proprio mentre la società perde 1,27 miliardi di dollari e sta tagliando 300 lavoratori nella sede di Dallas. E NE È ACCORTO PERSINO

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| fotoreportage | STEVE McCURRY / MAGNUM PHOTOS

> 11 settembre foto di Steve McCurry / Magnum Photos / Contrasto

Le macerie dell’11 settembre resteranno tra i simboli dell’era moderna. L’attacco alle Torri Gemelle e al simbolo del mondo finanziario occidentale rappresentato dal World Trade Center, oltre alle migliaia di vittime causate nell’immediatezza del fatto, ha provocato effetti finanziari a catena, con qualche dubbio mai chiarito.

on solo il dolore. Gli attentati dell’11 settembre, efferati quanto mediatici, hanno prodotto degli effetti sul mondo finanziario di grande rilievo, sia nelle immediate ore successive all’attentato, sia come fenomeni ormai strutturali. A seguito dell’attentato l’amministrazione Usa ha potuto contare sul sostegno del Congresso per lanciare una campagna di preparazione ad una lunga guerra contro il terrorismo, sostanzialmente priva di prove di carattere giudiziarie ma basata su un fondamento politico che riteneva alcuni Stati finanziatori o organizzatori di reti terroristiche. È stata così scatenata dapprima l’invasione dell’Afghanistan e in seguito si è predisposta, senza che vi fossero legami con l’11 settembre, l’invasione armata dell’Iraq. Gli effetti strutturali derivano dal ruolo che questi paesi svolgono rispetto alla produzione e approvvigionamento di petrolio. Altri effetti finanziari indiretti derivano dalla quantità di capitali messi in gioco dalla guerra contro l’Iraq e dalla ricostruzione del Paese invaso. Secondo Marc Chesney, professore allo Swiss Banking Institute dell’Università di Zurigo, è possibile indicare un ulteriore effetto finanziario legato agli attentati. Un uso criminale di strumenti finanziari derivati avrebbe permesso attività di insider trading con profitti per decine di milioni di dollari a favore dell’organizzazione terroristica che ha organizzato l’attentato dell’11 settembre. Chi ha orchestrato gli attentati sapeva che i titoli delle società più direttamente colpite dagli eventi sarebbero andati a picco e, secondo Chesney, avrebbe potuto sfruttare questo vantaggio conoscitivo speculando al ribasso su alcune azioni per mezzo delle put option (opzioni di vendita), strumenti finanziari derivati, che permettono di vendere a un prezzo prefissato un certo numero di titoli entro una certa data futura. Oggetto della speculazione, le compagnie aeree American Airlines e United Airlines, ma anche le finanziarie Morgan Stanley e Merril Lynch, che avevano i loro uffici all’interno del World Trade Center o nelle immediate vicinanze. Il 10 settembre 2001 un’azione di American Airlines valeva 29,70 dollari. Il 17 settembre, giorno di riapertura dei mercati, la stessa azione valeva solo 18 dollari. Chi sapeva che il titolo di American Airlines sarebbe crollato poteva acquistare opzioni di vendita, assicurandosi il diritto di venderle a 30 dollari entro il 20 di ottobre. Anche il contratto d’opzione poteva essere ceduto, senza esercitare l’opzione stessa ed aveva un valore di 2,5 dollari il 10 settembre e di 12 dollari il 17 settembre. Chi sapeva dell’attentato poteva ottenere un rendimento del 380% (12-2,5/2,5) in sette giorni. Un investimento di 300.000 dollari avrebbe così potuto fruttare 1,14 milioni di dollari. Chesney precisa che la sua è una ipotesi che l’esame delle transazioni finanziarie ha però confermato. Riproponendo un dubbio: perché anche in questo caso nessuno ha notato che qualcosa di anomalo stava accadendo?

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L’AUTORE STEVE MC CURRY, tra i più celebri fotografi contemporanei, è membro dell’agenzia Magnum dal 1986. Nato a Philadelphia, si è laureato all’università di arte e architettura della Pennsylvania. Dopo due anni di pratica in una rivista, ha documentato come free lance l’India da cui ha tratto una delle sue principali lezioni, la capacità di attendere per lo scatto fotografico, lasciando che le persone si trovino di fronte un uomo e non solo un fotografo, potendo ripetere i gesti della loro quotidianità senza sentirsi spiati. La sua carriera è diventata internazionale quando, travestito con i costumi del posto, riuscì ad attraversare la frontiera tra Pakistan e Afghanistan alla vigilia dell’invasione russa. Le pellicole, che erano state cucite dentro gli abiti per non essere scoperte ai numerosi posti di controllo, sono state pubblicate in tutto il mondo. Vincitore del prestigioso premio “Robert Capa” per il fotogiornalismo, ha vinto inoltre due volte il premio Olivier Rebbot. Steve McCurry ha seguito la guerra tra Iran ed Irak, il conflitto a Beirut, la Cambogia, le Filippine, la guerra del Golfo e l’invasione dell’Afghanistan. Celebre anche per il lavoro di documentazione realizzato nel Sudest asiatico, Mc Curry ha lavorato per alcuni anni anche per il National Geographic. Tra i suoi volumi si ricordano “Sanctuary. The Temples of Angkor” e “Ritratti”, entrambi pubblicato dall’editore Phaidon.

Tra le macerie del World Trade Center, dopo l’attentato dell’11 settembre 2001. Tra i pompieri intervenuti negli edifici in fiamme dopo lo schianto dei due aerei, vi sono state 343 vittime.

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> 11 settembre

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| fotoreportage | Nelle strade di Lower Manhattan dopo l’attentato. Tra le 8.45 e le 9.05 del mattino due boeing dirottati dai terroristi sono stati rivolti contro le Torri Gemelle.

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L’impatto mediatico è stato enorme: il mondo si è fermato

New York, 2001

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| fotoreportage | Tra le macerie, squadre di pompieri spengono le ultime fiamme dei due grattacieli e dei palazzi circostanti.

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Il capitalismo finanziario e la liquidità nera >18 Il ruolo dei derivati >22 La guida della Guardia di finanza >24 a cura di Mauro Meggiolaro

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dossier

Pompieri al lavoro dopo il crollo delle Torri Gemelle. L’asporto delle macerie ha richiesto settimane di lavoro: ogni giorno venivano rimosse da 6 a 10 mila tonnellate, per complessive 450.000 tonnellate.

New York, 2001

crimine offshore

La finanza lava più bianco Ogni anno vengono lavati e rimessi in circolo tra i 1.000 e i 1.500 miliardi di dollari. Le norme antiriciclaggio sono sempre più rigide. Ma pulire il denaro non è mai stato così facile.

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Il capitalismo finanziario non può più fare a meno della liquidità criminale

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ille - millecinquecento miliardi di dollari, dal 2 al 3% del prodotto nazionale lordo mondiale. Secondo le ultime stime è questo il valore dell’economia criminale. Una cifra che si ottiene sommando gli utili provenienti dal traffico di droga, di armi, di esseri umani, dai reati informatici e dalle contraffazioni. Un fiume di denaro che viene trasferito da un Paese all’altro, da un conto all’altro, passando per paradisi fiscali, trust, strumenti finanziari derivati, per poi tornare indietro perfettamente ripulito sui conti di partenza. Un’iniezione annua di liquidità superiore al PIL della Gran Bretagna, di cui il capitalismo finanziario non può più fare a meno: il grado di interdipendenza tra economia legale e illegale è ormai troppo avanzato per pensare di sciogliere tutti i legami. Somme enormi che sfuggono alla contabilità internazionale grazie ai paradisi fiscali e vengono riversate sui mercati con effetti gravissimi sulle economie di interi Paesi. «Non si possono comprendere le crisi finanziarie che si sono verificate in Asia, in Russia e altrove se non si considera che il traffico degli stupefacenti fattura ormai 500 miliardi di dollari all’anno, il doppio dei petroldollari che sconvolsero i mercati nel 1973», ha dichiarato Alain Cotta, professore di economia all’università di Parigi-Dauphine. Il doppio anche delle entrate dell’industria farmaceutica globale e ben nove volte di più degli aiuti ufficiali allo sviluppo.

Grand Hôtel des Palmes Per poter circolare il denaro sporco deve essere riciclato. Con il riciclaggio si cancellano le origini illecite dei guadagni, che possono essere reintrodotti nella sfera lecita dell’economia. Praticato fin dal medioevo, il riciclaggio

Il Grand Hotel des Palmes di Palermo, teatro di un vertice per spartirsi il narcotraffo nel 1957.

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GRANDI OPERAZIONI DI RICICLAGGIO/1 FRANKLIN JURADO: TRADITO DALLA CURIOSITÀ DI UN VICINO FRANKLIN JURADO, COLOMBIANO, SI LAUREA IN ECONOMIA AD HARVARD. Nell’aprile del 1996 viene dichiarato colpevole di riciclaggio di denaro dalla Corte Federale di New York e condannato a sette anni e mezzo di prigione. Usando le tecniche imparate all’università, era riuscito a ripulire, spostandoli da una banca all’altra, 36 milioni di dollari provenienti dalla vendita di cocaina negli Stati Uniti. I soldi venivano trasferiti elettronicamente da Panama all’Europa attraverso gli uffici della Merrill Lynch e di altre istituzioni finanziarie. In tre anni Jurado aveva aperto più di 100 conti in 68 banche di nove Paesi: Austria, Danimarca, Gran Bretagna, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Lussemburgo e Monaco. Alcuni dei conti venivano aperti usando i nomi delle amanti e dei parenti di José Santacruz – Londono, boss del cartello di Cali che aveva commissionato il riciclaggio. Mantenendo gli importi dei trasferimenti sotto i 10.000 dollari, per evitare di incappare nella normativa antiriciclaggio, Jurado spostava i fondi da un conto all’altro. Aveva anche creato società fantoccio in Europa con il probabile obiettivo di trasferire i soldi ripuliti in Colombia dove Santacruz li avrebbe investiti in ristoranti, società di costruzione, farmacie e immobiliari. Come gli investigatori hanno potuto leggere in un quaderno sequestrato a Jurado, il processo di riciclaggio ideale era composto di quattro fasi, dopo le quali i capitali ripuliti avrebbero potuto essere utilizzati senza problemi in qualsiasi mercato: FASE 1: un conto viene aperto in Germania con il nome Perez e viene alimentato con dei fondi provenienti dai Carabi; FASE 2: un altro conto, aperto alla Banca Industriale di Monaco, con il nome Ruiz viene alimentato da un trasferimento di denaro dal conto tedesco Perez; FASE 3: vengono costituite due società, una svizzera e l’altra lussemburghese, che ricevono i fondi in uscita dal conto Ruiz. A questo punto i fondi sono diventati completamente europei; FASE 4: la società svizzera apre con uno pseudonimo un conto in Austria per ricevere dei fondi dalla società lussemburghese. Le architetture dell’economista colombiano crollano quando il fallimento di una banca nel Principato di Monaco porta alla luce una serie di conti riferibili a Jurado. La prima segnalazione era però partita dal Lussemburgo, dove un vicino di casa del riciclatore aveva chiamato la polizia locale insospettito dal rumore incessante di una macchinetta contasoldi. Forte delle nuove leggi contro il riciclaggio la polizia lussemburghese riesce ad arrestare Jurado nel 1990, per poi estradarlo negli Stati Uniti alcuni anni più tardi. Il caso Jurado è un esempio di come i cartelli della droga usino mezzi sempre più sofisticati per riciclare i loro profitti, appoggiandosi ad esperti del settore finanziario. Ma indica anche che il tallone di Achille di chi pratica il riciclaggio è proprio la sete di profitti che li induce a compiere prima o poi dei passi falsi.

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del denaro assume una dimensione rilevante a partire dagli anni Settanta, quando il traffico di droga comincia ad assicurare alle grandi organizzazioni criminali introiti sempre più elevati. La svolta per l’economia criminale si fa risalire simbolicamente all’ottobre del 1957. Al Grand Hôtel des Palmes di Palermo le delegazioni americane e siciliane di Cosa Nostra si incontrano per fissare le regole del traffico internazionale di droga. Una ve-

Un iniezione di liquidità pari al prodotto interno lordo della Gran Bretagna, di cui il capitalismo finanziario non può più fare a meno.

ra e propria “Yalta dell’eroina” dopo la quale i mercati americano ed europeo vengono inondati di polvere bianca. E le casse della criminalità si gonfiano di narcodollari che necessitano di essere ripuliti. Partito come attività clandestina, effettuata ai margini del sistema economico infiltrando banche e imprese, il lavaggio del denaro si è progressivamente integrato nel sistema finanziario globale tanto che oggi risulta sempre più difficile distinguere i capitali della criminalità da quelli dell’economia legale: entrambi utilizzano gli stessi circuiti e le stesse possibilità offerte dalla globalizzazione dei mercati e dalle nuove tecnologie. Secondo Philippe Broyer, esperto di criminalità finanziaria, le condizioni dei mercati non sono mai state così favorevoli al riciclaggio. Cerchiamo di capire perché.

Autostrade elettroniche La diffusione delle tecnologie informatiche e il sempre maggior utilizzo di Internet hanno aperto delle autostrade ai flussi di denaro sporco. L’immagine del riciclatore che passa il confine con la valigetta piena di banconote appartiene sempre di più al passato. Oggi la maggior parte delle transazioni illegali avviene attraverso i circuiti di trasferimento elettronico Swift o Chips, senza che sia necessario spostarsi da casa o dalla sala trading di una banca. Basta un collegamento a Internet. Grazie ai sistemi informatici una somma di denaro può cambiare di mano anche trenta volte al giorno, viaggiando in una dozzina di piazze finanziarie diverse. I riciclatori possono trasferire elettronicamente il denaro da ripulire in società con sede nei paradisi fiscali per poi farlo rientrare nel Paese di origine sotto forma di prestiti o di pagamenti. Alla fine del processo può accadere che diventi impossibile accertare l'identità di chi ha realmente

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iniziato il trasferimento elettronico dei fondi. Il grande numero di transazioni elettroniche - da 700.000 a un milione al giorno con il sistema Swift – e la loro velocità rendono difficile ogni forma di controllo. «È probabile che il riciclaggio moderno – spiega Marc Chesney, presidente del CEBC (Centro Studi sulla Corruzione e il Riciclaggio) – si svolga soprattutto a New York o a Londra, in prossimità dei mercati finanziaGLOSSARIO ri in cui avviene il maggior numero di transazioni». Non è un caso che la più grande ed DERIVATO Strumento finanziario efficiente lavanderia del globo siano proprio il cui prezzo e la cui gli Stati Uniti, dove c’è anche il più alto convalutazione sono dipendenti dal prezzo sumo di sostanze stupefacenti del mondo. di un altro bene,

I derivati Un altro toccasana per chi deve riciclare denaro è rappresentato dallo sviluppo incontrollato dei contratti finanziari derivati. Nati nelle borse merci americane come strumenti per la copertura dei rischi (per esempio per assicurare gli agricoltori contro i rischi di un cattivo raccolto), i derivati sono diventati vere e proprie forme di scommessa. La diffusione generalizzata di futures, options e swaps (vedi GLOSSARIO ), iniziata nei primi anni Novanta, ha aperto l’era della finanza virtuale o, secondo alcuni, della “finanza barbara”. I derivati permettono infatti di scommettere sull’andamento del prezzo del petrolio, del caffè, di un titolo azionario, di una valuta, di un indice o di un’obbligazione senza dover necessariamente acquistare o vendere le merci o i titoli sottostanti, in un gioco di pura speculazione. Il mercato dei derivati ha avuto un incremento spettacolare negli ultimi quindici anni. Secondo la Bank for International Settlements, nel giugno del 2004 il valore complessivo dei contratti derivati in circolazione era pari a 220.000 miliardi di dollari, circa 4,5 volte il prodotto interno mondiale. I derivati sono molto amati dai riciclatori per una serie di motivi: si contraggono presso una clearing house o società di compensazione che garantisce sempre la solvibilità delle operazioni, sono sostanzialmente anonimi (la controparte non si conosce) e permettono di operare su valori di taglio molto elevato senza impegnare grandi somme di denaro. Naturalmente per poter usare in modo efficace strumenti così complessi le organizzazioni criminali devono collaborare con esperti del settore. Ma questo, come si vedrà, non è mai stato un problema.

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definito valore sottostante. Il sottostante può essere un’azione, un’obbligazione, un indice, un tasso, una valuta o anche una materia prima come il petrolio o il caffè. CONTRATTO FUTURE Tipologia di contratto derivato. Acquistando/vendendo un future si assume l’obbligo di acquistare/vendere i beni sottostanti al contratto allo scadere di una certa data e a un prezzo stabilito in precedenza. I contratti future possono fare riferimento sia a merci (commodity future), sia a strumenti finanziari (financial future). CONTRATTO DI OPZIONE Contratto derivato con il quale una delle parti, pagando una somma alla controparte (premio), acquista il diritto di comprare (call option) o di vendere (put option), ad una data futura, un certo quantitativo di strumenti finanziari o di merci a un prezzo stabilito (prezzo di esercizio). Si distingue tra un’option europea, che può essere esercitata soltanto alla data di scadenza concordata, e un’option americana, che può essere esercitata entro la data di scadenza.

Le oasi del riciclaggio Una parte rilevante delle transazioni finanziarie interessate dal lavaggio del denaro non sarebbero possibili senza l’appoggio dei paradisi fiscali o comunque di Paesi compiacenti nei quali è possibile aprire conti, depositare capitali e girarli senza che vengano fatte domande sulla loro provenienza. La FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, massima autorità internazionale antiriciclaggio) creata nel 1989 in seno al G7 e composta oggi da 28 Paesi, pubblica ogni anno una lista di Stati e Territori che non cooperano nella lotta al riciclaggio. Nel 2000 questa lista comprendeva quindici Territori, tra cui le isole Cook, Marshall, Cayman e Bahamas, la Russia, Panama e il Liechtenstein. Nel febbraio di quest’anno sono rimasti nella lista solo il Myanmar, Nauru e la Nigeria. Gli altri Paesi sono usciti in seguito all’adeguamento alle direttive del FATF e quindi all’approvazione di norme antiriciclaggio. La Russia, per esempio, è uscita nel 2002 dopo aver approvato la legge federale 115-FZ che ha introdotto di sistemi di identificazione più rigorosi e un’apertura alla cooperazione con le autorità finanziarie di altri Paesi. L’adesione alle raccomandazioni del FATF rende sicuramente più difficile il lavoro dei riciclatori, che però in genere continua assumendo forme diverse. «Chi ricicla il denaro si è dimostrato estremamente creativo nell’immaginare nuovi schemi per eludere le contromisure approvate dai governi. I sistemi nazionali dovrebbero essere abbastanza flessibili da individuare i nuovi schemi e rispondere adeguatamente», dichiara la FATF. Spesso però non lo sono, sia perché la criminalità organizzata è molto più veloce degli iter di approvazione delle leggi, sia perché a volte gli stessi Stati aderiscono alle norme antiriciclaggio solo per ragioni di opportunità politica e temono che una loro seria applicazione provochi un’emorragia di capitali verso Paesi meno virtuosi.

Paradisi del crimine Nella realtà i Paesi che vengono scelti per riciclare il denaro e far transitare capitali di dubbia provenienza sono ben più di tre. La ricerca “Euroshore” pubblicata nel 2000 da Transcrime (centro di ricerca sul crimine transnazionale dell’università di Trento), in collaborazione con la Bocconi e l’Università di Rotterdam, consiglia di affiancare ai Paesi non cooperativi individuati dalla FATF i Paesi “sotto-regolamentati”. È infatti dimostrato che gli Stati nei quali la regolamentazione anche in un solo ambito (finanziario, fiscale, commerciale, valutario, amministrativo o penale) è sotto gli standard internazionali, diventano automaticamente più interessanti di altri per il cri-

GRANDI OPERAZIONI DI RICICLAGGIO/2 LAW KIN-MAN: AFFEZIONATO CLIENTE DELLA BCCI LAW KIN-MAN, CITTADINO DI HONG KONG E MEMBRO DELLA TRIADE SUN YEE ON è in carcere negli Stati Uniti. Ha organizzato per parecchi anni traffici di stupefacenti e operazioni di riciclaggio. A partire dalla fine del 1982 Law diventa un cliente fedele della BCCI di Hong Kong, dove i suoi depositi di contante arrivano a superare anche i 100.000 dollari al giorno. Un giorno la filiale della BCCI fu costretta addirittura a chiudere anticipatamente per contare i 2,5 milioni di dollari in contanti versati da un corriere di Law. Tutti in tagli piccoli, come accade sempre con il traffico di droga. A partire dal 1987 le somme cominciarono ad essere versate sempre di più per via telematica. La banca aveva modificato le sue procedure per facilitare Law, che poteva disporre di 306 conti aperti a nome di 70 persone, la cui esistenza era certificata da documenti di identità falsi. Secondo Jim Wardell, uno degli investigatori del caso, a Law venivano accordati tassi di interesse di favore e veniva data la possibilità di usare un ufficio con un computer in una delle filiali per lavorare. L’importo totale riciclato da Law fino al giorno del suo arresto è stato stimato intorno ai 77 milioni di dollari. Tutti provenienti dal traffico di droga. L’inchiesta avviata dopo l’arresto ha svelato tutte le ramificazioni delle attività di Law: vendita di droga negli Stati Uniti per un valore complessivo di 600 milioni di dollari, più di 100 milioni di dollari di patrimonio in beni immobiliari, titoli e altri beni sparsi tra Honk Kong, Australia e Stati Uniti, ma anche un’impresa domiciliata in Liberia che gli permetteva di usare dei conti aperti a nome della società presso la BCCI. Law utilizzava anche forme meno sofisticate di riciclaggio: comprava e rivendeva gettoni del casinò di Atlantic City oppure importava clandestinamente a Hong Kong oro e pietre preziose per piazzarle sul mercato locale. Estradato negli Stati Uniti nel 1992, in seguito alla scoperta di un carico di oltre 1000 kg di eroina proveniente dalla Tailandia, Law è stato giudicato e condannato nel 1994. Nell’ottobre del 1995 è stato anche condannato in contumacia ad Hong Kong per riciclaggio: la prima condanna del genere che sia mai stata pronunciata sul territorio di Hong Kong.

mine organizzato. E quindi anche se “offshore” non significa per forza illegale o criminale, nella prassi le organizzazioni malavitose preferiscono agire nei Paesi a fiscalità (o comunque a legislazione) agevolata piuttosto che in altri Paesi. Il numero di questi Stati può variare da 40 a 80, a seconda dei criteri che si applicano. Secondo quanto riportato dal libro-dossier “Paradisi fiscali: uno scippo planetario” di Ares 2000 Onlus (associazione di ricerca economica), il giro d’affari annuo di queste piazze finanziarie particolari sarebbe pari a 1.800 miliardi di dollari, di cui il 40% proverrebbe da traffici criminali. Nei Paesi considerati in senso lato “paradisi fiscali” hanno scelto di aprire un’agenzia circa 10.000 banche di cui 320 italiane, mentre il 50% delle società italiane quotate in borsa (112 su 250) hanno partecipazioni di controllo su società residenti in territori “offshore”. Quando si parla di questi Paesi non bisogna per forza pensare a luoghi esotici. Anche Stati dell’Unione Eu-

SITI DI RIFERIMENTO www.transcrime.unitn.it www.fatf-gafi.org www.state.gov/g/inl www.ares2000.net

ropea possono deviare dagli standard di integrità e trasparenza adottati dalla comunità internazionale. La Gran Bretagna, per esempio, controlla più di venti paradisi fiscali, dalle isole Cayman alle più vicine Isole del Canale o all’Isola di Man e conserva un codice di diritto societario del tutto autonomo. Grazie al quale è possibile fondare “nominee” o “trust”, società fiduciarie che operano per conto di clienti che possono rimanere anonimi e ai quali non è possibile confiscare i beni nel caso vengano scoperte operazioni illecite. Non a caso la City di Londra viene ormai considerata da molti come “la madre di tutti i paradisi”.

Banche bassotti I sistemi elettronici, i derivati e i paradisi fiscali hanno contribuito a rendere il riciclaggio un’attività sempre più integrata nel sistema finanziario. Ma questa svolta non sarebbe stata possibile senza la connivenza di banche, istituzioni finanziarie, singoli operatori o esperti. Nel 1999 la Bank of New York è stata inquisita per un piano di riciclaggio che prevedeva l’uscita dalla Russia di dieci miliardi di dollari. Nel 1996 Franklin Jurado (vedi BOX RICICLAGGIO/1 ), un economista colombiano laureato ad Harvard, è stato incarcerato per aver architettato il lavaggio di 36 milioni di dollari provenienti dal traffico della cocaina facendoli uscire da Panama attraverso gli uffici della Merrill Lynch e di altri istituti finanziari. In tre anni Jurado ha aperto più di 100 conti in 68 banche di nove Paesi. Il castello di carte è crollato in seguito al fallimento di una banca di Monaco di cui Jurado era cliente. Possibile che prima nessuno si fosse accorto di niente? Non parliamo poi delle banche svizzere, messe sotto accusa in modo magistrale da Jean Ziegler nel libro “La Svizzera lava più bianco”, un classico sul riciclaggio del denaro. Negli istituti finanziari elvetici sono state riciclate le fortune dei cartelli di Medellin e Cali, dei narcotrafficanti iraniani e libanesi, delle mafie newyorchese, siciliana e calabrese, ma anche i tesori dei despoti africani, asiatici e latinoamericani. Dopo l’approvazione (agosto 1990) di una legge più severa sul riciclaggio, la piazza finanziaria svizzera non è più ai primi posti nelle preferenze dei riciclatori, che si sono spostati verso altri Paesi, primi fra tutti quelli dell’ex blocco socialista. Dopo il crollo del muro, in questi Paesi sono state create centinaia di banche che hanno cominciato a proporre ai loro clienti servizi analoghi a quelli garantiti

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LIBRI Philippe Broyer L’argent sale. Dans les réseaux du blanchiment L’Harmattan, 2000 Loretta Napoleoni La nuova economia del terrorismo Marco Tropea Editore, 2004 Jean Ziegler La Svizzera lava più bianco Mondadori, 1990 Ludovic François, Pascal Chaigneau, Marc Chesney Blanchiment et Financement du Terrorisme Ellipses, 2004 Transcrime, Euroshore Final Report, 2000 disponibile su www.transcrime.unitn.it

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rie senza controllo. Molti si sono chiesti come abbia fatto una banca del genere ad agire indisturbata per vent’anni. La risposta è semplice: i suoi servizi venivano utilizzati con profitto anche dalle autorità americane e da altri governi. Dai conti della BCCI sono passati, per esempio, i fondi che gli Stati Uniti hanno girato ai movimenti antisandinisti in Nicaragua.

nei paradisi fiscali. Negli ultimi anni la situazione è migliorata in quasi tutti i Paesi del Patto di Varsavia. Ma la Russia continua ad essere un luogo d’elezione per il riciclaggio: molte banche sono ancora nelle mani dei gruppi criminali.

La banca di dio La banca di Marcos, Noriega e Saddam Il caso più eclatante di connivenza tra un’istituzione finanziaria e la criminalità organizzata è probabilmente quello della Bank of Credit and Commerce International (BCCI). Al settimo Blackfriars Bridge, il ponte dei Frati Neri lungo il Tamigi, posto nel mondo tra le banche nel cuore della capitale londinese, dove il 18 giugno 1982 private, aveva sede a Londra e in venne ritrovato il corpo del banchiere Roberto Calvi. L’inchiesta non è ancora del tutto chiusa e secondo Lussemburgo, era presente in 73 la magistratura italiana l’ex presidente Paesi e gestiva 23 miliardi di doldel Banco Ambrosiano venne ucciso da uomini della Banda della Magliana per conto della mafia. lari per conto di più di un milione di clienti. Durante i vent’anficanti di droga e di armi del pianeta, i responsabili dei ni della sua esistenza (dal 1972 al 1991) la BCCI ha movimenti terroristici internazionali, ma anche la stesfavorito il riciclaggio di circa 32 miliardi di dollari. Creasa CIA. La BCCI offriva a ognuno di questi clienti servita dal finanziere pakistano Agha Hasan Abedi, la BCCI zi clandestini su misura, attirando il denaro della droga, aveva tra gli azionisti la Bank of America, all’epoca una dell’evasione fiscale e delle commissioni dei funzionari delle più importanti banche mondiali, nonché sceicchi statali corrotti. La chiusura della BCCI fu decisa dalla e miliardari sauditi. La lista dei suoi clienti fa rabbrividiBanca di Inghilterra il 5 luglio del 1991 e rivelò un enorre: Manuel Noriega (dittatore di Panama), Jean Claude me buco finanziario: tra i 10 e i 20 miliardi di dollari. Duvalier (dittatore di Haiti), Ferdinando Marcos (dittaUna perdita enorme generata da speculazioni finanziatore delle Filippine), Saddam Hussein, i più grandi traf-

Un’altra banca assurta alle cronache per il suo ruolo di intermediario tra il circuito finanziario legale e quello illegale è il Banco Ambrosiano Veneto. Fondato a Milano (come Banco Ambrosiano) nel 1896, fu fin dall’origine molto vicino alla Chiesa cattolica. Lo IOR (la banca del Vaticano) ne divenne azionista dopo la seconda guerra mondiale. Negli anni ottanta l’Ambrosiano, che dieci anni prima era ancora una banca regionale, diventò la prima banca privata italiana. Merito del presidente Roberto Calvi e dei consigli del suo amico Michele Sindona, spregiudicato finanziere sostenuto dalla mafia, dal Vaticano e dalla Democrazia Cristiana guidata da Andreotti. Dopo il crollo dell’impero Sindona e la condanna del finanziere, il Banco Ambrosiano, che nel frattempo aveva aperto succursali in Lussemburgo, nelle Bahamas, in Nicaragua e a Panama, divenne il partner principale per le operazioni finanziarie internazionali del Vaticano, tanto che Calvi fu presto soprannominato “il banchiere di Dio”. Tra i clienti più fidati dell’Ambrosiano, oltre alla Chiesa, figuravano però anche le più potenti famiglie mafiose siciliane e i trafficanti di droga colombiani. Con la protezione di Licio Gelli e della Loggia P2, Calvi riuscì ad

agire indisturbato per alcuni anni ma finì per perdere tutta la sua autonomia a scapito della loggia massonica, che utilizzò sempre di più la banca per finanziare le sue operazioni di destabilizzazione dello Stato italiano. La parabola del Banco Ambrosiano Veneto termina nel 1981, quando gli ispettori della Banca d’Italia scoprono una serie di malversazioni legate al trasferimento internazionale di fondi e un buco da 1,4 miliardi di dollari. Calvi, arrestato nello stesso anno, muore a Londra in circostanze ancora misteriose portandosi nella tomba i segreti della sua banca. Lo IOR, azionista dell’Ambrosiano, esce indenne dallo scandalo. Grazie alla sovranità territoriale vaticana, non è infatti sottomesso al controllo della Banca d’Italia. Il vescovo americano Marcinkus, allora presidente dell’Istituto Opere Religiose, e i suoi collaboratori non sono tenuti a rispondere alle autorità italiane. Secondo Philippe Broyer, autore del libro “L’argent sale” (Il denaro sporco), la vicenda del Banco Ambrosiano è la testimonianza di una compenetrazione quasi totale tra economia legale e illegale, nella quale gli attori diventano quasi intercambiabili. Anche per la storia dell’Ambrosiano si deve però constatare una triste verità, comune a molti altri casi di riciclaggio: il lavaggio di denaro si interrompe e viene alla luce perché implode su sé stesso e non perché viene fermato dalla legge, dalle forze dell’ordine o dalle autorità pubbliche. Del resto, come ebbe a dire Licio Gelli, «il capitale finanziario è come un esplosivo: se quelli che lo utilizzano sono competenti, seri e affidabili, si comporta docilmente e può moltiplicarsi a livello esponenziale. Altrimenti finisce per esplodere direttamente tra le mani di chi lo usa».

LIBRI Romeo Ciminello Droga e prodotti finanziari derivati pubblicato su “Rapport Moral sur l’Argent dans le Monde 1995” Association d’Economie Financiere, 1995 Ares 2000 onlus (a cura di) Paradisi Fiscali: uno scippo planetario Malatempora, 2002 Simona Mulinari Cyberlaundering Riciclaggio di capitali, finanziamento del terrorismo e crimine organizzato nell’era digitale Price Waterhouse Coopers, Milano, 2003 International Narcotics Control Strategy Report 2005

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Uno scrive, l’altro acquista E con un contratto derivato si riciclano ingenti somme Parla Romeo Ciminello, autore di “Droga e prodotti finanziari derivati”, pubblicato su “Rapport moral sur l’argent dans le monde”. Docente di finanza presso l’Università di Trieste e la Pontificia Università Gregoriana, è esperto di mercati dei cambi e dei derivati.

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n incredibile mole di danaro ruota intorno ai prodotti finanziari strutturati, vere e proprie scommesse ad alto rischio con le quali si può guadagnare (e perdere) molto danaro. Abbiamo intervistato Ciminello, uno dei massimi esperti del settore

di M.M. Come si fa a riciclare il denaro con i derivati? Faccio un esempio con le call options o opzioni di acquisto. Sono contratti derivati in base ai quali, a fronte del pagamento di un premio (una percentuale del valore dei titoli sottostanti) l’acquirente (holder) acquisisce il diritto (ma non l’obbligo) di acquistare dal venditore (writer) ad una data stabilita un certo numero di titoli (azioni, obbligazioni,

Qui sopra, Romeo Ciminello, uno dei principali esperti italiani di derivati.

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ecc.) ad un prezzo prefissato (prezzo di esercizio). Poniamo il caso che un riciclatore italiano voglia trasferire denaro sporco in un paradiso fiscale. Accordandosi con un complice residente nel paradiso fiscale che funge da writer (cioè vende le opzioni) acquista presso una banca una call option pagando il premio. Se la banca non è compiacente il premio dovrà essere inferiore ai 12.500 euro, soglia sopra la quale scatta la segnalazione antiriciclaggio. Acquistando la call option il riciclatore assume la facoltà di ritirare i titoli sottostanti alla scadenza oppure di recedere dal contratto abbandonando il premio. È un’operazione che non desta alcun sospetto perché è di importo limitato: si paga solo il premio. Se al momento della scadenza il prezzo di esercizio dell’opzio-

ne è inferiore al prezzo di mercato (out of the money) il riciclatore recede dal contratto, rinunciando ad esercitare l’opzione e perde il premio, che viene comunque trasferito al writer. Il writer acquisisce quindi ufficialmente la somma in modo lecito e pienamente giustificabile. Sarà cura del complice, che si tratterrà una percentuale per l’attività prestata, trasferire poi l’ammontare in qualche conto cifrato. Se invece alla scadenza il prezzo prefissato per l’acquisto dei titoli è inferiore al prezzo di mercato (in gergo in the money) al riciclatore non conviene recedere dal contratto: può esercitare l’opzione, comprando effettivamente dal writer (che è suo complice) i titoli sottostanti, per poi rivenderli al prezzo di mercato (che è più alto). In questo modo il

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riciclatore, che comunque deve pagare il premio al writer, trasferisce all’estero una somma di denaro (corrispondente all’ammontare del premio) riuscendo anche a guadagnare dall’operazione di call option. Come può Internet rendere più facile il riciclaggio? Internet mette a disposizione di criminali e terroristi straordinarie opportunità. Siamo entrati nell’era digitale del riciclaggio. La fase di layering (vedi GRAFICO ) è stata molto facilitata dal web. www.paypal.com, www.paycash.ru, www.ecash.com, www.e-gold.com: su questi ed

altri siti è possibile aprire conti ed effettuare trasferimenti in assoluta libertà. Sono banche virtuali che sfuggono a ogni controllo. Il sito www.e-dinar.com permette addirittura di effettuare tutte le operazioni in pieno rispetto della legge islamica. Il sistema si basa su una valuta virtuale, l’e-dinar, un’unità elettronica di denaro che corrisponde a 4,25 grammi d’oro 24 carati. La lotta al riciclaggio è votata al fallimento? Difficilmente si riuscirà a combattere il riciclaggio con il solo inter-

entrati “Siamo nell’era digitale del riciclaggio:

vento legislativo o la sola volontà politica. Per quanto restrittive possano essere le leggi, i riciclatori troveranno sempre spazi in cui agire indisturbati. In realtà fino a quando continuerà ad aumentare lo squilibrio tra nord e sud del mondo aumenteranno anche le possibilità di azione dei riciclatori. La maggior parte dei Paesi sono infatti costretti da necessità contingenti ad accettare capitali senza voler sapere nulla sulla loro provenienza. Quindi bisogna impegnarsi per ridurre gli squilibri e allo stesso tempo coscientizzare gli operatori finanziari organizzando corsi di etica. Seri.

opportunità unica per i riciclatori

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COLLOCAMENTO INTEGRATO DEL FLUSSO Pagamento di “Y” o fattura falsa inviata all’impresa “X” STRATIFICAZIONE

Denaro sporco integrato nel sistema finanziario

Raccolta del denaro sporco

INTEGRAZIONE Trasferimento elettronico Credito all’impresa “Y” Banca Offshore

ANDREA BOZZO

COLLOCAMENTO

Trasferimento nel conto bancario dell'impresa “X”

Acquisto di beni di lusso Investimenti finanziari Investimenti industriali e commerciali

Riciclaggio trifasico e connivenze indispensabili Quali sono le tecniche concrete attraverso cui si realizza il riciclaggio? La Guardia di Finanza italiana ha redatto uno studio a cura del Comandante del Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, colonnello Sergio Bosco, e del capitano Giulio Sanarighi.

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GUARDIA DI FINANZA HA REALIZZATO UNO STUDIO in cui viene esaminata la cosiddetta “concezione trifasica”, che analizza le tre fasi in cui è sempre possibile suddividere una operazione, anche la più complessa, di riciclaggio.

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NELLA PRIMA FASE, detta del collocamento o “placement stage” ci si “sbarazza” del denaro contante provento delle attività criminali. «L’obiettivo immediatamente perseguito è la trasformazione del contante nella cosiddetta "moneta scritturale", rappresentata dai saldi attivi dei rapporti costituiti presso intermediari finanziari». È una fase estremamente delicata perché, spiegano gli autori dello studio, «un soggetto agente deve entrare in contatto diretto con un intermediario finanziario. Non a caso proprio in questa fase si è sviluppato il cosiddetto “smurfing”, o frazionamento dell’operazione in più tranche, per eludere i controlli previsti dalle normative antiriciclaggio».

LA SECONDA FASE, chiamata “layering stage” prevede il camuffamento completo dell’origine del denaro e l’eliminazione delle tracce contabili del denaro sporco tramite più trasferimenti elettronici, modificazioni e transiti da un conto corrente e da un rapporto ad un altro. LA TERZA E ULTIMA FASE porta il denaro ripulito ad essere inserito nel mercato legale (“integration stage”).

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La prima fase, piazzare il denaro, presenta i rischi e i costi maggiori per l’organizzazione criminale. Si utilizzano quasi sempre le opportunità presentate dalle banche e società dei paesi “off-shore”, che non applicano le normative dell’accordo Gafi, previste dal G8 contro il riciclaggio. Secondo Bosco e Sanarighi «la criminalità organizzata si è trovata a fare i conti con le risposte normative dei paesi occidentali che impongono l’identificazione del cliente e gli indici di anomalia connessi al citato frazionamento delle operazioni. Allocare una grossa quantità di denaro sporco in una piazza offshore, tradizionale o emergente che sia, comporterà sicuramente delle commissioni maggiori, ma consentirà di perfezionare la transazione con estrema facilità». Depositato il denaro, si può ottenere una garanzia internazionale che attesta la presenza di un saldo attivo su un conto bancario. I “certificati di deposito” emessi su quel saldo positivo possono ora essere utilizzati come «un succedaneo della moneta legale, anche per il pagamento di beni o servizi. Possono essere ceduti, scontati o prestati in garanzia presso istituti di credito o presso altri operatori». Emblematico in questo senso il caso scoperto alla fine degli anni Novanta dalla Procura di Aosta che aveva individuato un caso di “roll programm”, l’utilizzo a cascata di certificati di deposito (alcuni addirittura

emessi sotto il Terzo Reich), alla base di speculazioni finanziarie di rilievo internazionale finalizzate al riciclaggio. L’inchiesta venne tuttavia bloccata d’autorità dopo le prime convocazioni eccellenti in Procura. In precedenza anche la Procura di Roma aveva accertato un sistema di riciclaggio internazionale simile, basato su certificati di deposito del Banco di Santo Spirito inseriti addirittura nella “black list” dei certificati rubati o la cui validità era compromessa, accettati tuttavia come garanzia a fronte di una rilevante commissione e della certezza che chi li presentava poteva coprire solidamente ogni esposizione, pur con denaro la cui provenienza sarebbe stata tutta da accertare. Infatti, come spiegano ancora Bosco e Sanarighi «i capitali sporchi, esposti al rischio di monitoraggio,rimangono immobili mentre al loro posto si muovono una vasta gamma di crediti documentari in un vortice di triangolazioni che vanno ad integrare la fase del camuffamento dell’origine effettiva del denaro». In questa fase rientrano anche i sistemi bancari forniti da operatori non tradizionali (“providers”) che utilizzano agenti (“brokers”) diffusi in ogni Paese. «Può così definirsi “riciclatore” – scrivono gli autori della ricerca – quel broker che accetti di trattare strumenti finanziari unendosi come ultima finalità trasformare un titolo di credito in un fondo “pulito”, ossia privo di

tracce che possano collegarlo a dei reati, per permetterne il reimpiego nel mercato legale o addirittura nuovamente in quello illegale». Tra le tecniche più ricorrenti, ricordano gli autori, «vi è senza dubbio quella del “loan back” o “teoria dell’indebitamento”, in sostanza un prestito a se stessi ufficializzato attraverso una pratica di finanziamento che offrirà una facciata legale alla disponibilità del denaro. In realtà l’interessato o il suo prestanome offriranno all’istituto bancario garanzie frutto della prima fase di riciclaggio al fine di indebitarsi, di avere cioè della disponibilità di denaro a quel punto assolutamente legale». Una volta ottenuto il finanziamento, il riciclatore ha almeno due strade percorribili: far riscattare la garanzia offerta, non pagando nelle modalità previste il suo debito e ottenendo così la legittimazione di quel denaro oppure godere della disponibilità del credito, rispettando il pagamento del debito e «avviando una impresa che ha una origine criminale ma che da quel momento in poi giocherà apparentemente secondo le regole del mercato». Nel caso di un’inchiesta penale sarà sempre possibile tentare una difesa che potrebbe vedere il broker accusato del reato minore di tentata truffa e i funzionari della banca, ancorché conniventi, presunte vittime della truffa stessa.

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Ferdinando Marcos

La caduta del Muro è costata molto cara di Paolo Fusi

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cisl INAS

EMBRAVA DAVVERO UN’IDEA BRILLANTE. Ad averla avuta era stato un banchiere zurighese, uno dei più stretti

collaboratori del dittatore delle Filippine Ferdinand Marcos. Perchè non utilizzare la Germania comunista per riciclare i proventi illeciti della dittatura? Un progetto tutt’altro che strampalato. Il sistema bancario della DDR era semplicissimo: la Staatsbank era la proprietaria di TUTTE le imprese nazionali, dalle banche alle industrie ai panettieri e barbieri. E la Staatsabank apparteneva al “popolo”. Marcos non poteva comprare una società. Un grosso punto a favore. Lui però poteva avere una società al di qua del muro che intrattenesse rapporti commerciali con una ditta della DDR e quindi avere un conto bancario nella Germania Est che sfuggisse a tutti i controlli di qualsiasi autorità giudiziaria e di regolazione finanziaria. Nel 1976 i rappresentanti in Europa di Marcos rilevano una società americana con sede a Francoforte, la SCM, che fin dalla fine della guerra produceva macchine per codici cifrati e macchine da scrivere su brevetto americano. La SCM stipula un contratto con la Leitec di Lipsia per la commercializzazione di un nuovo tipo di fotocopiatrici “a freddo”, prodotte per l’appunto a Lipsia. Al contempo la SCM vende i suoi prodotti ai paesi del blocco comunista - dopo essersi rinominata in CPF per nascondere l’origine americana dei prodotti. Marcos tiene tutti i proventi in tre conti a Lipsia, ed a partire dal 1979 comincia a far produrre al suo uomo di fiducia a Francoforte, l’ingegnere Horst Kämmerer, una serie di fatture bislacche per giustificare il pagamento di grandi cifre da diverse società dell’impero Il clan del dittatore ha perso finanziario dei Marcos alla Leitec di Lipsia. Nel 1983 sui tre conti nelle casse della banca sassoni di Marcos c’erano 9 miliardi di marchi della DDR (equivalenti di stato della DDR quasi 330 miliardi rubati allora a circa 330 miliardi di lire).Nel 1986 Marcos deve lasciare al popolo filippino Manila, il regime crolla. Il dittatore, stanco e malato, si nasconde ad Honolulu e prepara la sua successione. Vuole mettere insieme l’immenso capitale scippato alle Filippine e tracciare la strada per la restaurazione del suo clan al potere. Quando muore, nel 1989, il progetto è in uno stadio avanzato. Bisogna solo andare a prendere le centinaia di milioni nascosti a Lipsia.Ma proprio in quel momento Helmut Kohl ed Erich Honecker firmano la riunificazione delle due Germanie. La Staatsbank viene sciolta, l’intera proprietà del “popolo” viene brutalmente “privatizzata”. La famiglia Marcos, per riprendersi il denaro, deve presentarsi ad uno sportello di Berlino e documentare le proprie pretese - spiegando soprattutto come abbia fatto a mettere insieme una cifra così colossale.Marcos muore. I suoi figli incaricano Kämmerer di prelevare il denaro. Questi rileva la Leitec di Lipsia, ma non riesce ad arrivare al grosso dei soldi. Almeno così afferma il fiduciario tedesco della famiglia Marcos. Successivamente si scopre che il mariuolo, d’accordo con alcuni ufficiali della STASI ed alcuni ex funzionari del ministero dell’istruzione della DDR, ha ripulito almeno uno dei conti ed ha messo la Leitec in fallimento. Ora la famiglia Marcos ha proposto al governo un accordo per dividere il malloppo. Troppo tardi. Ciò che restava sul terzo conto (circa 76 milioni di dollari) è finito, dato che nessuno l’ha richiesto in tempo utile, nella disponibilità della KfW Kreditbank für Wiederaufbau (una sorta di Cassa del Mezzogiorno tedesca). Del resto non si sa nulla. O meglio, si sa che Horst Kämmerer ha comprato un’immensa fattoria in Brasile e si è trasferito laggiù. Pare che le cose gli vadano benone.

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Comitati etici in Italia, un’inchiesta con molti chiaro scuri >31 Intervista a Beppe Scienza: “Non basta un’etica astratta” >32

finanzaetica UN CODICE MOLTO POCO ETICO PER I DIPENDENTI DELLA WAL MART TEDESCA TRA INVITI ALLA DELAZIONE E INTIMI DIVIETI

INDAGINE SUGLI UTENTI DI TELEFONIA MOBILE IN ITALIA

BLOCKBUSTER MULTATA PER PUBBLICITÀ INGANNEVOLE

L’EPA DEVE BLOCCARE LO STUDIO SUI PESTICIDI

CONTRO LA CORRUZIONE NEI SETTORI MINERARIO E PETROLIFERO L’INZIATIVA EITI ANNUNCIA I PRIMI RISULTATI

CLASS ACTION PER UN FARMACO ANTI AIDS

Il codice etico di Wal- Mart tedesca, emanato senza aver consultato i sindacati, sta mettendo a dura prova i rapporti tra la filiale tedesca del colosso americano della grande distribuzione e i suoi oltre tredicimila dipendenti. Il nuovo “codice etico” vieta le relazioni affettive dei dipendenti con i propri superiori perché potrebbero avere influenza sul loro trattamento economico dei collaboratori sottoposti con incentivi non regolamentati e giustificati. A scatenare le proteste è stato sopratutto l’articolo che, pena il licenziamento, impone di informare la direzione su eventuali violazioni delle regole da parte dei colleghi. Il caso è così finito di fronte al tribunale. La compagnia respinge le accuse, affermando di aver informato il sindacato, prima di distribuire quelle che chiama “linee guida etiche”. La questione è all’attenzione anche della Confederazione europea dei sindacati “Uni” (Union Network International), che sottolinea come le politiche del lavoro praticate da Wal-Mart negli Usa risultino non convenienti, per la compagnia, in Europa, dove i suoi affari sono in fase calante, sia in Germania, sia in Gran Bretagna, gli unici due Paesi europei in cui la compagnia americana è sinora presente. ”Uni” sottolinea che il codice etico di Wal-Mart tocca un nervo scoperto dei tedeschi, perché richiama i metodi praticati per decenni dai servizi segreti della Stasi nella Germania Orientale, sottoposta al regime sovietico. Il codice etico contestato in Germania sarebbe una semplice traduzione dall’inglese di quello applicato da Wal-Mart negli Stati Uniti. Le normative nazionali sono tuttavia differenti e le conquiste dei sindacati sul tema della libertà personale e dei diritti dei lavoratori sono state in questo modo completamente ignorate dalla multinazionale che gestisce 91 supermercati in Germania. Tra gli obblighi di base dei dipendenti, il codice etico di Wal-Mart prevede quello di informare i superiori e cooperare con le indagini interne su presunte violazioni. Un obbligo di delazione che renderebbe i rapporti umani sul posto di lavoro fortemente degradanti, mettendo a rischio la dignità dei collaboratori e aumentando enormemente il potere discrezionale dei superiori.

La Una ricerca europea sul grado di soddisfazione dei clienti della telefonia mobile ha fatto emergere problematiche relative alla qualità di ricezione ,a soprattutto alla difficoltà di comprendere le tariffe applicate. Lo studio, realizzato per l’Italia dall’associazione Altroconsumo, ha rilevato che oltre un terzo degli intervistati ritiene poco chiare le compagne promozionali e le tariffe effettivamente applicate dai gestori. Ultori dati rilevati riguardano le abitudini degli italiani e l’utilizzo effettivo del telefonino. Poco il tempo dedicato ai videomessaggi e ai giochini, molto quello dedicato si più economici sms. Solo la metà degli intervistati dichiara di controllare la bolletta per verificare la tariffa applicata e le chiamate conteggiate. Anche chi riscontra irregolarità difficilmente avanza proteste. Pesano probabilmente in questo senso le lungaggini che si devono fronteggiare per avere informazioni e chiarimenti dai call center dei gestori, che richiedono molto tempo e pazienza. Difficile anche destreggiarsi tra le molto pubblicizzate offerte promozionali che prevedono da un lato un risparmio immediato, dall’altro un costo finale più elevato a carico del cliente. Solo una minoranza di chi si dichiara insoddisfatto delle tariffe applicate dichiara di aver trovato il tempo per modificare il piano tariffario o il gestore.

La campagna promozionale di Blockbuster Usa “non più penali per i ritardi” costerà piuttosto cara al colosso del noleggio di filmati. I Procuratori generali di 47 Stati americani hanno infatti raggiunto un accordo con Blockbuster che prevede il pagamento di una multa di 630.000 dollari per “pubblicità ingannevole”. Blockbuster ha negato le accuse ma è stata obbligata a pagare le consulenze e le spese legali e a ritirare la campagna pubblicitaria. Secondo l’accusa i consumatori non sarebbero stati informati delle pesanti penali previste nel caso in cui il ritardo avesse superato i sette giorni. In tal caso infatti il film o il videogioco erano automaticamente considerati acquistati dal cliente con un addebito sul conto personale da cui venivano comunque detratti i costi dei giorni di noleggio. Il conto presso Blockbuster infatti può anche andare in negativo anche per chi non paga con carta di credito e addebito automatico e il pagamento viene comunque preteso a fine mese. La clausola che considerava venduto il bene restituito dopo più di una settimana però non era chiaramente conoscibile dal consumatore e quindi la pratica commerciale era da ritenersi fraudolenta e ingannevole. Inoltre la campagna pubblicitaria era nazionale ma non era vincolante per tutti i 4.500 negozi, aperti in franchising, e questo poteva ulteriormente indurre in inganno i consumatori.

Lo studio sugli effetti dei pesticidi nelle famiglie con bambini minori di tre anni non si farà più. L’agenzia Epa statunitense ha infatti annunciato lo stop al progetto, co-finanziato dalla dalla “American Chemistry Council” (ACC), che rappresenta circa 150 compagnie chimiche americane. Dopo mesi di proteste contro lo studio, la decisione dell’Epa è stata forzata dall’ostruzionismo praticato da due senatori democratici che hanno rifiutato il loro indispensabile assenso nella nomina del nuovo direttore dell’agenzia fino a quando non sarebbe stata risolta la questione del contestato studio sui pesticidi. Secondo i senatori democratici in fatti lo studio non forniva garanzie di serietà ed eticità e i suoi risultati potevano essere strumentali a presentare un quadro positivo della relazione tra l’uso dei pesticidi e una serena crescita dei bambini. A creare le prime polemiche, otre al co-finanziamento di uno studio di cui sembravano palesi le finalità di marketing e i positivi risvolti per l’industria dei pesticidi, è stata la promessa di 970 dollari oltre a vari gadget tra cui una videocamera, destinati alle famiglie che avrebbero spontaneamente aderito al progetto. Il progetto, denominato CHEERS (Children’s Environmental Exposure Research Study), prevedeva che le famiglie non modificassero le loro abitudini ma le documentassero e avrebbe dovuto coinvolgere i bambini di 60 famiglie di Jacksonville, nella Contea di Duval, in Florida.

Lo scorso marzo a Londra si è tenuta grande conferenza internazionale dell’iniziativa “Eiti” (Extractive Industries Transparency Iniziative), stabilita nel corso del G8 di Evian nel 2003. Scopo dell’iniziativa era rendere pubblici gli introiti dei singoli Stati relativi al commercio degli idrocarburi per rendere maggiormente trasparenti le movimentazioni di denaro tra Stati e imprese nell’ambito dei settori minerario e petrolifero. L’iniziativa è sostenuta da numerosi governi, imprese private e nazionali (BP, Shell, ExxonMobil, Total e Rio Tinto), soggetti come Banca mondiale e da “Transparency International”, una organizzazione non governativa la cui missione è l’investigazione e la ideazione di pratiche contro i fenomeni di corruzione. Sotto la gestione degli enti che aderiscono all’iniziativa transitano flussi di capitali e beni per oltre ottomila miliardi di dollari. Dalla conferenza, che è stata seguita con grande attenzione da numerosi media, sono emerse la conferma della partecipazione di tutti i promotori e il coinvolgimento di un nuovo soggetto, il governo dell’Azerbaijan. Questo rapporto è stato redatto con la collaborazione delle multinazionali presenti nel Paese, di numerose Ong e del governo. La Bolivia, il Congo e la Guinea equatoriale hanno annunciato il loro sostegno all’iniziativa Eiti. Banca Mondiale, Inghilterra, Francia, Norvegia, Stati Uniti e Fondo Mondiale Internazionale hanno annunciato di avere aumentato le risorse per la “Extractive Industries Transparency Iniziative”, annunciando la prossima conferenza che si terrà nel marzo 2006. Tra le compagnie, BP ha annunciato l’intenzione di pubblicare delle informazioni sul contestato oleodotto Baku-Tblisi- Ceyhan, cui aderiva anche l’italiana Banca Intesa che, anche a seguito della campagna di informazione “MancaIntesa” ha annunciato il suo ritiro dal progetto.

Il ricorso della casa farmaceutica Abbott Laboratories contro la class action per un farmaco anti Aids è stato respinto dalla giustizia californiana. L’iniziativa era stata promossa dall’Health and Welfare Fund del Service Employees International Union (SEIU), il sindacato dei lavoratori dei servizi, che accusa la compagnia di aver aumentato di oltre il 400% il prezzo del Norvir, un antiretrovirale per il trattamento di infezioni HIV. L’aumento avrebbe avuto lo scopo di favorire un altro suo prodotto, il Kaletra, ed acquisire una posizione di monopolio sul mercato. L’aumento è scattato dal gennaio 2004 ed è applicato solo negli Stati Uniti. Centinaia di medici hanno promosso a seguito della variazione di prezzo una campagna di boicottaggio degli altri prodotti Abbott. La linea di difesa della casa farmaceutica è sempre stata improntata sulla tesi secondo cui l’aumento di prezzo sarebbe stato dettato dalla necessità di finanziare la ricerca. Non ci sarebbe quindi stata violazione delle leggi sulla concorrenza. Il Norvir, il cui principio attivo è il ritonavir, è un retrovirale che va assunto in combinazione con un altro inibitore della proteasi. Nel 2003, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha autorizzato due inibitori della proteasi, associabili al Norvir, prodotti da Bristol-Myers Squibb (Reytax negli Usa, Reyataz in Europa), e da GlaxoSmithKline (Lexiva negli Usa, Telzir in Europa).

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I comitati etici della finanza italiana ai raggi x con molti chiaro scuri

Poca disponibilità all’informazione. Molti conflitti d’interesse. Un’inchiesta documentativa mette in evidenza i troppi lati oscuri di chi dovrebbe essere all’apice della chiarezza. Soprattutto da parte di alcune delle grandi banche e istituzioni finanziarie che controllano le Sgr UN QUADRO MOLTO IN CHIAROSCURO. È quanto è emerso dall’inchiesta condotta da Valori tra le società di risparmio italiane che offrono fondi etici (Bipielle Fondicri, Aletti Gestielle, Aureo Gestioni, Bnl Gestioni, Etica sgr, Gestnord fondi, Monte Paschi Am, Nextra, Pioneer, SanPaolo Imi). Le noti dolenti: poca trasparenza, scarsa indipendenza e conflitto d’interessi. In barba all’etica, infatti, alcune importanti società non hanno fornito alcuna informazione (o uno stringatissimo elenco di nomi senza alcun particolare) sulla composizione dei comitati né sui loro poteri (Nextra del gruppo Intesa, SanPaolo Imi Asset Management e Aureo Gestioni). Diversi comitati di altre società di gestione, invece, hanno tra i loro membri dipendenti dello stesso gruppo. Insomma, il controllato fa il controllore. Fortunatamente ci sono anche le note positive: la maggior parte dei comitati, infatti, non si limita a dibattere di questioni di principio, ma affronta anche casi concreti. E le loro decisioni vengono sempre ascoltate, anche se non per tutti sono vincolanti. Tra i dettagli in chiaro anche la beneficenza gestita da alcuni comitati. Vediamo in particolare quanto è emerso.

C Subito dopo l’attentato la Casa Bianca ha chiesto una censura preventiva agli organi di informazione su eventuali rivendicazioni, in nome dell’interesse nazionale.

New York, 2001

> 11 settembre

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OMITATI ETICI.

di Andrea Di Stefano e Paola Fiorio

Come vengono scelti i membri Non ci sono regole valide per tutti. C’è chi ha scelto la strada del comitato composto soltanto da personalità esterne (per esempio Aletti Gestielle), chi ha preferito scegliere i membri tra i dipendenti (Bipielle Fondicri, Gestnord Banca Sella) e chi invece ha optato per un mix tra interni ed esterni (Pioneer Investments del gruppo Unicredit). Bnl per il Fondo TeleThon si è affidata alle indicazioni provenienti dalla stessa TeleThon optando per personalità rappresentative con competenze nei campi dell’etica degli affari, etica e economia, etica e salute, etica e ambiente. Monte dei Paschi Am rappresenta un caso a sé perché ha costituito un comitato di stakeholder con personalità provenienti dal mondo accademico e giuridico, dalle associazioni dei |

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GLOSSARIO AZIONARIATO CRITICO Raggruppamento dei piccoli azionisti di un’impresa per rappresentare quote di capitale sociale più forti e poter così influenzare le scelte dell’impresa sia attraverso il dialogo, sia con proposte formali da inserire all’ordine del giorno delle assemblee dei soci. BEST PRACTICE Per “miglior pratica” si intende la soluzione più vantaggiosa per svolgere una determinata attività. Essa viene individuata attraverso l’analisi e il confronto sia di altre pratiche interne all’azienda sia di attività analoghe svolte da altri operatori. COMITATO ETICO Organo consultivo che opera presso gli istituti di credito o le società di gestione del risparmio impegnati nel settore degli investimenti socialmente responsabili. È formato da membri indipendenti che forniscono pareri, vincolanti e non, sui criteri di investimento per la composizione del portafoglio finanziario. Svolge inoltre un ruolo di garante nei confronti del cliente investitore.

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RISPETTO A QUELLI TRADIZIONALI CONTANO ANCORA POCHISSIMO IN EUROPA GLI INVESTIMENTI ETICI CRESCONO. Ma continuano ad avere un peso marginale. Secondo l’ultima indagine di Avanzi Sri Research e Siri Company, una società di ricerca composta da varie organizzazioni nazionali che promuovono gli investimenti socialmente responsabili, a giugno 2004 gli asset europei gestiti secondo criteri etici, ambientali e sociali ammontavano a 19 miliardi di euro, il 57% in più rispetto all’anno precedente (12,2 miliardi). Tuttavia tale cifra rappresenta soltanto lo 0,47% dell’intero patrimonio dei fondi Ue (era lo 0,36% nel 2003). Insomma è ancora una goccia nel mare. Nel giugno del 2004 i fondi etici operativi erano 354, il 13% in più rispetto al 2003. Gran Bretagna, Svezia, Francia e Belgio rimangono i Paesi dove ci sono più prodotti (contano insieme per circa il 64,4% del totale dei fondi disponibili, percentuale sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente). Ma se la numero uno continua a essere la Gran Bretagna (rappresenta il 21% dei fondi, come a metà giugno 2003), i mercati più dinamici dell’anno sono stati l’austriaco e il francese cresciuti in termini di numero dei fondi di oltre il 25%. E L’Italia? Il Belpaese, dove i fondi etici di società italiane sono poco più di una ventina (vedi tabella), in termini di asset gestiti è balzato al secondo posto nella classifica europea dopo la Gran Bretagna. La distanza rispetto alla numero uno è ancora notevole: 2,2 miliardi di euro nel giugno 2004 contro 6,9 miliardi del Regno Unito. Ma la crescita rispetto all’anno precedente è di circa il 100% (nel 2003 l’ammontare era attorno al miliardo). Con i suoi 2,2 miliardi l’Italia ha dunque superato la Svezia (2 miliardi), l’Olanda (1,8 miliardi), la Francia (1,7 miliardi) e il Belgio (1,7 miliardi). Seguono la Svizzera (1,4 miliardi, l’Austria (978 milioni) e la Germania (869 milioni). La Spagna è il fanalino di coda con appena 74 milioni. Un altro dato interessante sull’Italia emerge dalla classifica dei fondi etici più grandi. Tra i primi dieci compaiono infatti ben tre fondi di società italiane: al secondo posto, dopo il fondo pensione britannico Stewardship di Friends provident pensions (1 miliardo di euro), si posiziona Unicredit Obbligazionario euro corporate etico di Pioneer Im (933 milioni di euro). All’ottavo e nono posto troviamo i due fondi del Sanpaolo Imi Asset management sgr: Azionario Internazionale etico (431 milioni) e l’obbligazionario etico (406 milioni). La Gran Bretagna è presente tra i 10 big con altri quattro fondi (Isis Stewardship growth fund, Framlington Health fund, Socially reponsible with profit di Npi e Stewardship Life fund), infine l’Austria e l’Olanda entrambe con uno (rispettivamente Espa bond Muendelrent di erste Sparinvest e Abn Amro Groen fonds). Lo studio rileva che la crescita dei fondi etici fa sperare in un’accresciuta capacità S.P. di influire sulla gestione delle aziende e sulle politiche di innovazione.

consumatori, dai sindacati, dalla stampa, dall’azionariato e dai dipendenti dell’sgr. SanPaoloImi, Nextra (gruppo Intesa) e Aureo Gestioni non hanno fornito informazioni in merito. Un po’ fuori dal coro la procedura di designazione e elezione del comitato etico di Banca Popolare Etica: i membri sono eletti dall’assemblea e durano in carica tre anni e sono il frutto di un processo consultativo molto ampio che coinvolge tutta la base sociale, dalle circoscrizioni territoriali ai soci fondatori. Tornando agli altri comitati, scorrendo le liste dei componenti si notano diversi personaggi famosi. L’oncologo Umberto Veronesi, per esempio, compare nel comitato di Pioneer. L’ambasciatore Boris Biancheri è il presidente del comitato etico di Bnl per Telethon. Il presidente di Borsa italiana Angelo Tantazzi occupa invece una delle tre poltrone del comitato di Aletti Gestielle. Con lui l’ex senatore Siro Lombardini, noto personaggio della politica e della finanza negli anni 60-70 e monsignor Luigi Ginani, diplomatico della Santa Sede. Da un articolo di Milano Finanza del 15 gennaio risulterebbe inoltre che il cardinale Ersilio Tonini partecipa al comitato del SanPaolo Imi, insieme al vice direttore di Rai2 Antonio Socci ma è stato per noi impossibile verificare e approfondire queste informazioni. Mentre il geologo di Gaia Mario Tozzi è tra i componenti del comitato di Aureo Gestioni. Un’operazione soltanto di facciata? Non è certamente il caso della Bnl: anche grazie all’approfondito rapporto annuale è possibile sapere che l’organismo di controllo del Fondo Telethon ha per esempio escluso dal portafoglio Abn Amro, per la partecipazione tramite un fondo di private equità ad un azienda inglese produttrice di bombe a grappolo, oppure la società di estrazioni petrolifere Transocean perché priva di un codice di comportamento e con numerosi gravi contenziosi sindacali in Nigeria. Ilaria Colombo, coordinatrice del comitato etico di Pioneer giura di no. È proprio grazie all’impulso di Ve-

ronesi «se abbiamo approfondito la questione del nucleare», dice Colombo. Cosa che ha portato la società, anche in seguito a diversi incontri con esperti, a non escludere il settore a priori. Le società ammesse in portafoglio devono però garantire un adeguato livello di sicurezza.

Di che cosa si occupano Innanzitutto bisogna chiarire che i comitati etici non suggeriscono il paniere dei titoli. Quello è il ruolo dell’advisor etico (si tratta di società di consulenza esterne come Avanzi, E. Capital, Ethibel, ecc.). I comitati intervengono successivamente, in genere su richiesta della sgr. Hanno una funzione consultiva e di indirizzo. Le decisioni che assumono possono essere vincolanti o non vincolanti, ma di solito vengono comunque accettate dal gestore. Ma i comitati discutono soltanto di questioni generali o anche di casi specifici? E’ emerso che un po’ tutti fanno sia l’uno che l’altro. Per esempio, il comitato di Pioneer ha escluso i settori del tabacco, superalcolici, pornografia, gioco d’azzardo, armi da fuoco e forniture militari. Inoltre, ha stabilito di non ammettere le compagnie del settore cartario che usano il cloro nel processo di produzione. Il comitato di Mps, dal canto suo, sta lavorando a un codice etico valido per tutto il gruppo di Siena. Quanto ai casi specifici, invece, il comitato di Aletti Gestielle ha escluso i titoli del debito pubblico degli Usa in seguito all’intervento militare in Iraq al di fuori dell’egida dell’Onu. Su un altro titolo, quello di Glaxo SmithKlein, una delle aziende farmaceutiche coinvolte negli scandali degli informatori scientifici, lo stesso comitato ha preferito sospendere il giudizio in attesa di una decisione del giudice. Un altro caso recente: il comitato di Pioneer ha ottenuto l’esclusione del gruppo assicurativo Aig, sotto inchiesta negli Usa perché favorito rispetto ad altre aziende.

Ma i comitati hanno altre funzioni? Alcuni comitati si occupano anche di beneficenza. Tra questi quelli di Aletti Gestielle e Gestnord. Entrambi hanno il compito di individuare i destinatari delle donazioni. Che non sono bruscolini: Aletti Gestielle per esempio ha elargito 250mila euro negli ultimi tre anni. Un caso a sé, come è noto, quello del comitato etico di Banca Popolare Etica. Oltre a svolgere un ruolo di analisi e proposta per la definizione di strumenti di supporto all’azione della banca e di Etica Sgr, il comitato ha lavorato con tre obiettivi precisi: «innanzitutto abbiamo sviluppato la democratizzazione del rapporto con tutti i soggetti, anche esterni alla base sociale della Banca spiega Eugenio Garavini, segretario del comitato durante due mandati – la nostra forza è stata ed è quella di essere coscienti del fatto che non siamo infallibili. Riceviamo sollecitazioni da qualsiasi soggetto e la esaminiamo e valiamo prima di portarla alla discussione del comitato etico. Anche grazie alla Rete siamo in grado di relazionarci con qualsiasi stakeholder. Il nostro organismo oltre ad essere completamente indipendente dalla struttura della banca è ispirato al confronto interdisciplinare». Tra gli obiettivi del comitato etico di BPE nel prossimo futuro c’è quello di un rapporto sempre più intenso con la fondazione culturale: «vogliamo guardare sempre di più alle novità, alle iniziative concrete di azione in diversi campi in grado di incidere concretamente sulla vita delle persone». Nulla si sa, invece, dei poteri del comitato di Nextra e di Aureo Gestioni: la sgr di Banca Intesa si è limitata a inviare i nomi dei membri senza alcuna informazione aggiuntiva sul profilo dei componenti e sull’attività del comitato, mentre nel caso di Aureo Gestioni non è stato possibile ricevere alcuna informazione. SanPaolo Imi si è invece limitato a dichiarare in modo generico che il comitato «ha come compito prioritario quello di verificare costantemente la rispondenza delle scelte gestionali ai principi etici dichiarati».

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Beppe Scienza: “Il comitato etico ideale? Dovrebbe avere i cento occhi di Argo” Difficile immaginare che le stesse banche e istituzioni finanziarie italiane protagoniste di alcune grandi truffe ai danni dei risparmiatori possano agire realmente secondo criteri trasparenti di eticità.

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FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO? Non sono uno strumento adatto per

la finanza etica. Come dovrebbe funzionare un comitato etico? Per fare davvero il suo lavoro dovrebbe avere “i cento occhi di Argo” perché ci sono mille modi per sottrarre soldi ai risparmiatori senza che se ne accorgano. È tranchant l’opinione di Beppe Scienza sul mondo della finanza etica. Anzi, forse è ancora più tranchant del solito proprio perché è finanza etica. Il docente di matematica finanziaria all’Università di Torino, autore di un libro

GLOSSARIO CONSOB La Commissione nazionale per le società e la Borsa è un organo di vigilanza istituito nel 1974 a tutela degli investitori. Controlla il corretto svolgimento e l’efficienza delle operazioni di Borsa e verifica la trasparenza del mercato. CORPORATE GOVERNANCE Letteralmente “governo d’impresa”, cioè gli organi societari, la loro composizione e le regole di funzionamento. FONDO COMUNE DI INVESTIMENTO Fondo che raccoglie i capitali di più risparmiatori che ne affidano a un gestore finanziario l’investimento in azioni, titoli di stato e obbligazioni, diversificati per aree geografiche e settori merceologici al fine di ottenere il maggiore rendimento per ogni profilo di rischio. INSIDER TRADING È un’espressione anglosassone per definire l’abuso di informazioni privilegiate. Lo commette chi sfrutta delle informazioni riservate, di cui è a conoscenza per il posto che occupa, per speculare in Borsa. INVESTIMENTI SOCIALMENTE RESPONSABILI Investimenti scelti non solo in base a criteri finanziari tradizionali, ma anche per la responsabilità sociale dell’impresa, come la tutela dell’ambiente, la trasparenza e l’attenzione ai Paesi in via di sviluppo. CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY (CSR) La responsabilità sociale d’impresa. Si riferisce all’approccio globale che un’impresa adotta per soddisfare o anticipare le aspettative dei suoi stakeholder, al di là dei tradizionali obiettivi di profitto e dei vincoli normativi.

popolarissimo “Il risparmio tradito”, non lesina fendenti a destra e a manca. Né sulla forma né sulla sostanza. Ma perché lei è così critico nei confronti dei fondi etici? «In realtà il discorso è più generale e riguarda quella realtà parassitaria che in Italia si chiama risparmio gestito. Il problema è che tali fondi sono gestiti dalle stesse società che da oltre vent’anni prosperano alle spalle dei risparmiatori, ovvero danneggiandoli, |

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IL PARLAMENTO VUOLE REGOLAMENTARE LA FINANZA ETICA E SUOI STRUMENTI LA FINANZA ETICA SBARCA IN PARLAMENTO. Nel disegno di legge sulla tutela del risparmio è stato infatti inserito un articolo, il 117-ter, che attribuisce alla Consob la sorveglianza sulle società che promuovono servizi e prodotti “qualificati come etici o socialmente responsabili”. Come? Regolamentando “gli specifici obblighi di informazione e di rendicontazione cui sono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione” interessate. La partita però non è ancora chiusa: dopo l’approvazione della Camera in marzo, il ddl deve passare il vaglio del Senato. Promotore dell’emendamento è il senatore Sergio Gambini (Ds). «Ci sono sempre più proposte nel campo degli investimenti etici», spiega il parlamentare, «e il timore è che la disponibilità del pubblico dei risparmiatori socialmente responsabili possa essere ingannata. Per questo occorre una prima forma di normazione». Nella sua formulazione originaria, però, la proposta di Gambini non convinceva le associazioni di categoria, contrarie alla definizione da parte della Consob dei requisiti che etichettano i prodotti finanziari come “etici”. L’obiezione era semplice: non esistono standard riconosciuti e comuni per definire l’eticità di un’impresa. Giusto per fare un esempio: un investitore cattolico potrebbe considerare moralmente inaccettabile una società che produce anticoncezionali e socialmente responsabile una società che produce energia nucleare; per un investitore ambientalista il criterio di valutazione sulle due imprese potrebbe invece essere completamente rovesciato. «Lo Stato non può stabilire l’eticità di un’impresa», spiega Davide Dal Maso del Forum finanza sostenibile, «solo il cittadino risparmiatore può farlo. Per permetterglielo però occorre trasparenza». Da qui la controproposta del Forum sulla quale Gambini ha rimodellato l’emendamento. Saranno dunque gli intermediari, le Sgr, le assicurazioni e gli istituti bancari, a comunicare i criteri in base ai quali una società viene definita etica. Questo dovrebbe permettere ai risparmiatori di investire in maniera consapevole e autonoma. Favorevole alla seconda versione dell’emendamento è anche l’Associazione banche italiane (Abi). «Il punto fondamentale», spiegano all’Abi, «non è stabilire cosa sia etico o cosa non lo sia quanto piuttosto chiarire quali elementi il processo di investimento debba curare e quali modalità di comunicazione e trasparenza vadano rese note ai propri investitori». Fuori dal coro Marco Gallicani, direttore dell’Associazione finanza etica, secondo il quale l’emendamento andrebbe eliminato perché non è il frutto di una reale attenzione e conoscenza della finanza etica. «In base all’emendamento se un’azienda dice di essere etica, allora la Consob, dopo aver concluso il lavorio sul regolamento, controlla unicamente che il suo atteggiamento di rendicontazione sia adeguato. In sostanza, un meccanismo buono solo per i furbi, che non garantisce il risparmiatore, né la coerenza, né la trasparenza, la Enron per esempio aveva ottimi bilanci sociali». La finanza etica per Gallicani è molto più che uno strumento nelle mani del risparmiatore: è anche investimento e gestione trasparente e partecipata. Questo emendamento, insomma, è un’occasione sprecata di regolare una materia che invece meriterebbe una legge apposita. Legge alla quale non si oppone nemmeno Gambini: «non c’è ragione per bloccare un percorso sulla finanza etica. Avrebbe un appoggio bipartisan. Ma bisognerebbe che le associazioni di settore dialogassero P.F. con i parlamentari e proponessero un’iniziativa».

come dimostrano le approfondite analisi dell’ufficio studi di Mediobanca (vedi: www.mbres.it), le mie (vedi: www.beppescienza.it) e comunque qualsiasi confronto che vada oltre ai comunicati e alle veline degli uffici stampa dei fondi comuni o di Assogestioni, l’associazione di categoria». Secondo lei quali compiti e poteri dovrebbe avere “il comitato etico perfetto”? «Un duplice ordine di compiti. Da un lato deve ovviamente vigilare sulla eticità degli emittenti dei titoli azionari e obbligazionari. D’altro lato deve però anche badare che il gestore non avvantaggi indebitamente società del gruppo, se stesso o propri complici. La mia posizione al riguardo è categorica: perché un fondo sia etico bisogna anche che il gestore non rubi né lasci che altri rubino. Per fare ciò il comitato etico deve avere i cento occhi di Argo, perché esistono numerose tecniche che permettono di sottrarre soldi ai clienti senza che neppure se ne accorgano. La trasparenza dei fondi comuni è infatti vicina allo zero assoluto». Come dovrebbe essere la composizione ideale del comitato etico? In altre parole quali esperti non dovrebbero mai mancare? «Sicuramente non bastano uomini di fede, come per esempio il cardinale Ersilio Tonini che notoriamente non ha saputo impedire che il San Paolo, investendo nella Borsa americana, puntasse anche su fabbriche di armi. Né basta aggiungere insigni docenti universitari, avulsi dall’operatività quotidiana sui mercati finanziari. Ci vogliono anche veri esperti, in grado per esempio di smontare fino all’ultimo ingranaggio le obbligazioni che possono contenere al loro interno agganci ad azioni cattive. Non basta cioè fare attenzione all’eticità astratta dell’emittente». Alcuni comitati etici italiani hanno tra i loro componenti dipendenti della banca o della società di gestione. Secondo lei si pone un problema di conflitto d’interessi oppure è una pratica accettabile? «È come se una quota degli addetti ai controlli di sicurezza negli aeroporti venisse scelta fra i membri di Al Qaida. Personalmente non mi fiderei, probabilmente neanche i lettori di Valori». Negli ultimi anni alcune banche italiane sono rimaste coinvolte in scandali finanziari ai danni dei risparmiatori. Oggi scopriamo che tra i loro prodotti ci sono anche fondi etici. Ci si può fidare? «Fidarsi è da suicidi. Si veda il caso del San Paolo Imi: la Consob li ha scoperti con le mani nel sacco mentre facevano guadagnare un fondo (San Paolo Azioni Italia) a danno di altri (San Paolo Soluzione 6 e Soluzione 7). Per giunta i capi della società di gestione e della banca hanno sostenuto di non essersi accorti di nulla. Come dire? Da un lato malversazioni, dall’altra dichiarata incapacità di tenere sotto controllo la situazione. Se tanto mi dà tanto, i clienti dei loro fondi cosiddetti etici possono aspettarsi di tutto». Finanza ed etica, per molti è un ossimoro. Lei cosa ne pensa?

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«Dipende. Se pensiamo all’etica del borghese (vedi Max Weber), sicuramente non c’è nessuna contraddizione e vale appieno la mia definizione di fondo etico come di un fondo dove non si rubano i soldi dei clienti. Per chi, all’opposto, interpreta in senso stretto il precetto evangelico “Vendi tutto quello che hai e distribuiscilo ai poveri” (Luca 18, 22), la contraddizione è insanabile. Ma altri invece ritengono moralmente accettabile far fruttare i propri soldi, ma immorale prestarli alla Mafia… o anche alla Beretta, pur essendo la produzione di pistole e fucili lecita. Per questa e per analoghe impostazioni la finanza etica ha senso». Entriamo più nel dettaglio: secondo lei, il fondo comune d’investimento è uno strumento adatto per la finanza etica? «Il fondo comune è stato pensato per rispondere ad altre esigenze, in particolare di liquidabilità. Per questo si richiede che la quasi totalità del patrimonio sia investita in titoli quotati. In questo modo però rischia di diventare una specie di letto di Procuste che limita alquanto i possibili impieghi etici dei propri risparmi. In Italia si aggiunge a GLOSSARIO ciò il fatto nel corso degli anni la lobby del risparmio gestito ha ottenuto modifiche RATING ETICO Il rating è una valutazione peggiorative della normativa iniziale, in dell’affidabilità modo da avere le mani più libere per fare i finanziaria di un’impresa emessa da un’agenzia propri comodi. Per essere accettabili i fon(come Standard&Poor’s di che si pretendono etici dovrebbero ale Moody’s) in base alla sua solidità, credibilità meno essere trasparenti, mentre ora non e attrattiva. Il rating etico lo sono affatto». è un giudizio basato invece su criteri di responsabilità sociale e ambientale.

STAKEHOLDER Tutti i soggetti interessati dall’attività di un’impresa e in grado, direttamente o indirettamente, di influenzarne gli esiti (sindacati, enti pubblici, clienti, fornitori, cittadini, consumatori, Ong, ecc.). SVILUPPO SOSTENIBILE Si definisce sostenibile quella forma di sviluppo in grado di garantire il soddisfacimento dei bisogni attuali senza compromettere la possibilità delle generazioni future di far fronte ai loro bisogni. SOCIETA’ DI GESTIONE DEL RISPARMIO (SGR) Sono società autorizzate dalla Banca d’Italia ad amministrare e gestire gli interessi finanziari di un gruppo di risparmiatori (nel caso dei fondi comuni) o il capitale di un singolo investitore.

Quali sono allora gli strumenti più adeguati? «Per cominciare una banca e ovviamente non solo la Banca Popolare Etica. Infatti una banca può finanziare realtà economiche anche piccole – addirittura singole persone – ovvero soggetti cui non potrebbero arrivare soldi da un fondo comune, perché non in grado né di quotarsi in Borsa né di emettere obbligazioni Poi può funzionare bene un fondo comune chiuso, che può investire con meno vincoli dei fondi aperti, quali sono quelli di abbiamo parlato finora. Non escluderei neppure la costituzione di una società finanziaria, che avrebbe ancora meno vincoli di una banca». Ma, a parte la banca, tali soluzioni non sarebbero più rischiose? «Qui bisogna evitare le ipocrisie. In genere è possibile investire i propri soldi nel rispetto dei propri valori etici, ma non si può pretendere anche di poterli liquidare ogni momento, di ottenere alti rendimenti e di non rischiare nulla. Troppa grazia».

IL BENESSERE DELLA SOCIETÀ NON È COMPITO DELLE IMPRESE MA DEI GOVERNI. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY, cioè l’attenzione per la collettività, deve essere veramente al centro delle scelte di un’impresa? Serve davvero alle grandi aziende avere consulenti o interi dipartimenti che sensibilizzano i manager a operare anche per il bene pubblico? Se lo è chiesto il settimanale inglese The Economist, che nella sua analisi ha emesso un verdetto lapidario: l’unico obiettivo che i dirigenti di un’azienda devono avere è fare affari, cioè portare a casa un utile. Il mero perseguimento del profitto, tanto osteggiato dai sostenitori della Corporate social responsability, ha infatti già una sua naturale ricaduta sul benessere dei cittadini. L’intervento della cosiddetta Csr nelle multinazionali, insomma, è superfluo, o addirittura dannoso, perché si basa su un concetto sbagliato di capitalismo filantropico. Bocciata quindi l’idea di un mondo degli affari più etico? Niente affatto. Si tratta piuttosto, secondo The Economist, di chiarire quali siano i limiti della responsabilità sociale di cui devono farsi carico le corporation. Agire onestamente, rispettando le leggi e le regole del mercato competitivo, trattare bene i dipendenti premiando equamente i più meritevoli, non imbrogliare fornitori e clienti. È questo l’unico comportamento etico che si deve pretendere da una corporation e che rispetta allo stesso tempo gli interessi dell’azienda. Per sgombrare il campo da ogni dubbio sulla reale efficienza della Csr nel mondo degli affari, The Economist ha analizzato alcune pratiche comuni nelle multinazionali che cercano di guadagnarsi l’etichetta di socialmente responsabili. Prima tra tutte quella delle donazioni (i Paesi del sud est asiatico colpiti dallo tsunami ne hanno beneficiato recentemente), decise dai manager dell’azienda, ma a spese degli azionisti che devono rinunciare a una parte dei loro dividendi. Le tipologie peggiori di Csr sono però quelle che non si limitano a ridurre l’utile aziendale, ma incidono negativamente anche sul benessere della comunità. È il caso, spiega il settimanale inglese, della politica socialmente responsabile di riciclare i materiali con dei costi che possono eccedere il beneficio sociale che ne deriva. Ultimo, ma non meno allarmante, è l’esempio delle multinazionali che rinunciano all’outsourcing nei Paesi in via di sviluppo perché etica vorrebbe che i salari dei dipendenti locali fossero equiparati a quelli degli altri impiegati nell’azienda. Poco importa se gli investimenti stranieri diretti porterebbero comunque ricchezza in quei Paesi, molti sostenitori della Csr dissuadono le multinazionali dalla delocalizzazione dell’attività nelle aree povere del mondo. Insomma, salvaguardare l’ambiente, migliorare il benessere sociale, correggere le storture del mercato, non sembrano compiti alla portata dei manager delle corporation. Meglio lasciarli svolgere il lavoro che sanno e possono fare, conclude il settimanale. Il compito di tutelare il bene pubblico spetta ai governi, responsabili di fronte all’elettorato e non agli azionisti. Paola Fiorio

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PANORAMA DI TUTTI I PRODOTTI A CONNOTAZIONE ETICA VENDUTI IN ITALIA NOME DEL FONDO

TIPOLOGIA

ABN AMRO Socially Resp. Equity Fund Advantage Ethical Enterprises Advantage S.R.I. European equity Aureo WWF Pianeta Terra AXA WF - Development Debt A BNL Per Telethon Bpl Etico Roma Caput Mundi Credit Suisse Equity Global Sustainability Dexia Equity L World Welfare Ducato Etico Geo Ducato Etico Fix Ducato Etico Flex Civita DWS Invest Sustainability Leaders Efficiency European Ethical Bd. Fortis L Fund Equity Socially Responsible Europe Fortis L Fund Strategy Balanced SRI Europe Fortis L Fund Strategy Growth SRI Europe Fortis L Fund Strategy Stability SRI Europe Gestielle Etico Azionario Gestielle Etico Bilanciato 30 Gestielle Etico Obbligazionario Henderson Horizon Global Sustainable Investiments Fund ING (Lux) Invest Sustainable Growth JPMF Global Socially Responsible Mellon European Ethical Index Tracker Nextra SR Bond Nextra SR Equity 10 Nextra SR Equity 20 Pictet Funds - European Sustainable Equities Pioneer Global Ethical Equity Aviva Funds European Socially Responsible Equity Fund Raiffeisen Azionario Etico Sanpaolo Azionario Internazionale Etico Sanpaolo Obbligazionario Etico Sanpaolo Etico Venezia Serenissima Sarasin OekoSar Portfolio Sarasin ValueSar Equity Sarasin Sustainable Bond Euro Sella Global Strategy - Global Ethical Fund UBS (Lux) Equity Fund -Ecoperformance Pioneer Obbligazionario Euro Corporate Etico Valori Responsabili Monetario Valori Responsabili Obbligaz. Misto Valori Responsabili Bilanciato

Azionari internazionali* Bilanciati Obbligazionari* Azionari Europa* Azionari internazionali Obbligazionari internazionali* Obbligazionari misti Obbligazionari misti Azionari altre specializzazioni Azionari Internazionali Azionari altre specializzazioni Obbligazionari Euro Corporate Investment Grade Flessibili Azionari altre specializzazioni Obbligazionari Area Europa* Azionari Europa Bilanciati Bilanciati Azionari Bilanciati obbligazionari Azionari altre specializzazioni Bilanciati obbligazionari Obbligazionari Euro Gov. a medio/lungo termine Azionari Internazionali* Azionari internazionali Azionari internazionali Azionari Europa* Obbligazionari Euro Gov. a medio/lungo termine Obbligazionari Misti Obbligazionari Misti Azionari Europa Azionari Internazionali Azionari Europa Azionari Internazionali* Azionari altre specializzazioni Obbligazionari altre specializzazioni Obbligazionari Misti Azionari altre specializzazioni* Azionari altre specializzazioni* Obbligazionari Euro Gov. medio/lungo termine* Bilanciati obbligazionari Azionari Energia e M.P. Obbligazionari Euro Corporate Investment Grade Obbligazionari Euro Gov. Breve Termine Obbligazionari Misti Bilanciati

PERFORMANCE FONDO 1 SETTIMANA

1 MESE

12 MESI

3 ANNI

0,9 0,5 0,5 0,8 ND 0,3 0,1 1,1 -0,2 -0,2 -0,4 0,2 0,2 -0,2 0,6 0,4 0,5 0,3 0,7 0,1 -0,1 1,4 1,2 0,7 0,4 -0,2 -0,1 -0,1 0,5 0,6 0,5 0,7 0,8 -0,1 0,0 0,2 0,6 0,1 -2,0 0,9 -0,2 -0,1 0,0 0,7

-0,4 -0,2 0,5 -0,7 0,0 0,4 0,2 0,5 0,4 0,0 -0,4 0,1 -0,9 0,0 -0,7 -0,3 -0,5 -0,2 0,2 0,1 0,1 0,5 0,2 -0,9 -0,2 -0,1 0,0 0,0 -0,7 -0,3 -1,0 0,1 0,0 0,1 0,2 -0,2 0,7 0,0 -7,1 -0,6 -0,1 0,1 0,1 0,5

0,9 0,9 7,4 -1,8 3,1 5,0 2,8 1,0 6,0 1,1

-34,8

1,6 7,2 1,4 9,5 7,0 8,2 5,7 0,4 2,7 3,4 1,0 4,4 -0,7 12,8 2,5 2,5 3,5 11,7 -0,6 15,2 5,4 0,5 3,5 3,0 3,3 5,0 3,0 -11,0 3,9 3,4 1,1 2,1 4,0

14,0 2,7 8,2 -27,7 -19,8 -25,2 -12,7 15,5 -19,7 -2,2 -11,1 7,2

-28,6 -29,0 -37,2 -10,6

-27,8 -9,1 -26,8 16,6 -9,8 -26,0 -11,1 -22,6

Fonte: Avanzi SRI Research/SRI Funds Service

LIVELLO RISCHIO

POLITICA SRI

Alto Medio Alto Alto Basso Medio Medio Alto Alto Alto Basso Medio Alto Basso Alto Medio Medio Medio Alto Medio Basso Alto Alto Alto Alto Basso Medio Medio Alto Alto Alto Alto Alto Basso Medio Alto Alto Basso Medio Alto Basso Basso Medio Medio

Il fondo investe in imprese particolarmente attive nello sviluppo di politiche ambientali e sociali. Investe esclusivamente nei titoli compresi negli indici FTSEE4GOOD e DowJones Sustainability Index, devolve lo 0,2% delle commissioni di gestione in iniziative benefiche ed umanitarie Investe nei titoli compresi negli indici FTSEE4GOOD e DowJones Sustainability Index, devolve lo 0,2% delle commissioni di gestione in iniziative benefiche ed umanitarie Il fondo investe in imprese particolarmente impegnate sul fronte ambientale. Devolve parte delle commissioni al WWF Italia Investe in titoli di debito trasferibili, emessi da istituzioni sovranazionali con lo scopo di raccogliere capitali per progetti miranti a sviluppi economici e sostenibili a lungo termine. Fondo misto Sri e a devoluzione dei proventi. Viene devoluto alla fondazione Telethon lo 0,6% del patrimonio. Il fondo sostiene l'associazione Roma Caput Mundi, attiva nel restauro e nella valorizzazione dei più importanti beni culturali di Roma. Il fondo esclude le società coinvolte nella produzione o vendita di armi, tabacco, energia nucleare, gioco d'azzardo, pornografia. Permette di investire in azioni selezionate per redditività e per il rispetto di alcuni criteri "etico-sociali". Oltre a criteri negativi, il fondo applica criteri positivi tra i quali l'esistenza di sistemi di sviluppo per il personale e i rapporti con le ONG Investe in emittenti che dimostrano di ispirare la loro attività a criteri di trasparenza e di correttezza nei confronti di tutti i soggetti, interni ed esterni all'azienda. Il fondo si distingue per il sostegno all'associazione Civita, cui devolve il 50% delle commissioni di gestione e di performance. La selezione degli investimenti avviene soprattutto in base al principio dello sviluppo sostenibile. Investe in titoli di emittenti con caratteristiche di corporate responsability, socially responsability, enviromental responsability. Il fondo investe in società europee quotate nell'indice etico "FTSE4Good Europe Index". Investe in emissioni governative di area euro e in azioni (50% circa del portafoglio) che soddisfano criteri in tema di diritti umani, ambiente e relazione con i portatori di interesse. Investe in emissioni governative di area euro e in azioni (75% circa del portafoglio) che soddisfano criteri stabiliti in tema di diritti umani, ambiente e relazione con i portatori di interesse. Investe in emissioni governative in euro e in azioni (il 25% circa del portafoglio) che soddisfano criteri stabiliti in tema di diritti umani, ambiente e relazione con i portatori di interesse. Esclusione delle società operanti nelle produzioni militari e pornografiche; un terzo delle commissioni di gestione è devoluto in beneficienza Parte azionaria: criteri negativi e positivi; obbligazionaria: esclusione dei Paesi in cui si applica la pena di morte. Emissioni governative di Paesi in cui non si applica la pena di morte. Lo 0,15% delle commissioni di gestione è devoluto in beneficienza. Il comparto segue la Strategia di Sviluppo Sostenibile dell'UE, che copre il cambiamento climatico, l'inquinamento, e altri temi. Investe in società sensibili al rispetto di norme sociali quali i diritti dell'uomo, la non-discrminazione, e le norme ambientali. Investe in azioni di società che perseguono l’obiettivo della sostenibilità ambientale, sviluppano relazioni positive con i loro azionisti e sostengono i diritti umani universali. Esclusione delle società operanti nelle produzioni militari e pornografiche; il fondo mira a replicare l'Ethical Index Euro. Fino al 100% del portafoglio in parti di OICR SR armonizzati. Per gli Stati emittenti privilegiati il rispetto dei diritti umani e l'assenza della pena di morte. Fino al 100% del portafoglio in parti di OICR SR armonizzati. La selezione si basa sulla connotazione etica. Investimenti in OICR azionari fino al 20% delle attività del fondo. Fino al 100% del portafoglio in parti di OICR SR armonizzati. La selezione si basa sulla connotazione etica degli stessi. Investimenti in OICR azionari fino al 30% delle attività del fondo. Investe in titoli di società che si distinguono per consapevolezza ambientale e del comportamento socialmente responsabile. Investe in titoli azionari di società che soddisfano determinati criteri etici e di protezione ambientale. Concentra gli investimenti su aziende dell'area euro impegnate in una crescita economica che non comprometta il contesto sociale ed ambientale. Investe in azioni nazionali ed internazionali selezionate secondo criteri sociali, ecologici ed etici. Vengono selezionate le imprese più impegnate in progetti volti a migliorare la sicurezza del lavoro e la salvaguardia dell'ambiente. Investe in titoli pubblici di Paesi che si distinguono per la tutela dei diritti dell'uomo e la sensibilità ai temi ambientali. Utilizza criteri positivi e negativi per la selezione dei titoli. Devolve parte delle commissioni di sottoscrizione alla Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia Investe in imprese che si distinguono per una strategia incentrata sul rispetto dell'ambiente e per una gestione proattiva dei rapporti con gli stakeholder Il fondo investe in azioni di società, quotate in tutti i mercati finanziari, che si distinguono per il loro contributo allo sviluppo sostenibile. Investe in titoli obbligazionari di Paesi Organizzazioni e società che si impegnano per lo sviluppo sostenibile. Usa criteri negativi Investe in azioni e obbligazioni di società che al momento dell'investimento non hanno violato i principi generalmente accettati dall'etica comune Investe su scala mondiale in società che vantino prestazioni superiori alla media in campo ecologico, sociale ed economico. Investe in obbligazioni di società che non operano in attività dannose per l’ambiente e che si impegnano a mantenere un comportamento responsabile nei confronti stakeholder. Investe prevalentemente titoli di Stato e obbligazioni denominati in Euro, eticamente certificati tramite il marchio europeo di qualità etica di Ethibel Investe minimo 80% obbligazioni e titoli di Stato e massimo 20% azioni eticamente certificati tramite il marchio europeo di qualità etica di Ethibel Investe massimo 70% azioni e minimo 30% obbligazioni e titoli di Stato eticamente certificati tramite il marchio europeo di qualità etica di Ethibel

*Categoria attribuita da Avanzi SRI Research utilizzando lo schema di classificazione Assogestioni. | 36 | valori |

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BNP Paribas

Il fiancheggiamento della morte non vale

STEVE McCURRY / MAGNUM PHOTOS

| bruttiecattivi |

di Andrea Di Stefano

N NUOVO PASSO. NELLA BATTAGLIA SENZA QUARTIERE CONTRO I PRODUTTORI DI MORTE. Proprio mentre monta in Italia una campagna contro gli «eccessi di pacifismo», che hanno portato diversi gruppi creditizi a allontanarsi dai finanziamenti alle industrie della difesa. Non è più sufficiente escludere dagli investimenti etici e socialmente responsabili le aziende che abbiano partecipazioni dirette o indirette in gruppi del settore bellico. Moltissimi gruppi finanziari e creditizi hanno infatti trovato un facile escamotage per non dover esporre nei rapporti sociali e ambientali il loro coinvolgimento nella produzione di strumenti di morte: si limitano a concedere linee di credito, organizzare e sostenere consorzi per il collocamento delle aziende o dei bond, assistere con attività consulenziali i gruppi operanti nel settore della difesa in occasione di operazioni di finanza straordinaria. Emblematico in proposito il caso del gruppo francese Bnp Paribas, presente nel Dow Jones Sustainability Index: il gruppo creditizio d’Oltralpe nel suo rapporto sulla csr e l’etica, mette in evidenza il non coinvolgimento in aziende del settore bellico. Ma si tratta, come in moltissimi altri casi, di verità molto parziali. O meglio di informazioni non veritiere. In realtà Bnp Paribas è uno dei principali finanziatori di EADS, secondo gruppo al mondo nel campo della difesa e uno dei principali produttori di bombe a grappolo e missili in grado di trasportare anche testate nucleari. EADS è nata nel 2000 dalla fusione di tre industrie militari: la tedesca Deutsche Aerospace Agentur (DASA), la francese Due miliardi di euro Aerospatiale Matra del gruppo Lagardere e la spagnola concessi come Construcciones Aeronauticas (CASA). EADS è il secondo produttore finanziamento al secondo produttore bellico di armi europeo, anche se solo un quinto della sua produzione impegnato anche nelle è destinato alla difesa. Produce bombe cluster del tipo AFDS cluster bombs con le quali vengono equipaggiati anche gli F16 americani. Le cluster possono contenere da 24 a 120 sub-munizioni. Da una joint venture tra EADS, BAE Systems e Finmeccanica è stata creata MBDA, una società europea specializzata nella produzione di missili che possono montare anche testate nucleari. Tra le aziende partecipate da EADS e finanziate, quindi, da Bnp Paribas figura anche Forges de Zeebrugge (FZ), un’impresa belga che fa capo a TDA (Thomson Dasa Armaments), che a sua volta è una joint venture tra il colosso francese degli armamenti Thales e EADS. FZ è specializzata nella produzione di missili per elicotteri e aerei da combattimento. I missili di Forges possono essere equipaggiati con vari tipi di testate e sub-munizioni. Alcuni dei missili prodotti da FZ possono essere considerati a tutti gli effetti “bombe cluster”. Come l’FZ-100, che contiene nove piccole bombe anticarro e antiuomo. Ma Forges de Zeebrugge non vuole sentir parlare di cluster bombs o altre ombre sul proprio impegno per l’eticità: «noi rispettiamo tutte le regole e investiamo ingenti somme ogni anno in ricerca e sviluppo per migliorare la qualità dei nostri missili, diminuendo i rischi collaterali per i civili e per le nostre forze armate». Una mission chiara: rendere più efficace la distruzione degli obiettivi senza effetti collaterali. Una tesi più volte richiamata anche per giustificare la guerra in Afghanistan e Iraq: la precisione dei nostri armamenti permette la guerra chirurgica, con limitatissime conseguenze per le popolazioni civili. Affermazioni che non necessitano di alcun commento: i fatti parlano da soli.

U

Per settimane a New York e in tutti gli Stati Uniti si è vissuto l’incubo di un nuovo possibile attacco terroristico. Ad aumentare il panico e la confusione è seguita la minaccia di un attacco chimico, prefigurato dalle lettere contenenti spore di antrace inviate a membri del Congresso e giornalisti. Le spore dell’arma chimica erano di provenienza militare, ma i colpevoli non sono stati mai individuati.

New York, 2001

> 11 settembre

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Le mani sull’acqua, in Italia e all’estero >42 Privatizzazioni latinoamericane: benefici e malcontento >45 America Latina, la mappa delle privatizzazioni >46

internazionale LA SARDEGNA CHIEDE LA CHIUSURA DELLA BASE USA

INQUINAMENTO E CORRUZIONE IN CINA, LA PROTESTA SI CONCLUDE CON DUE MORTI E UNA RIVOLTA

IN SOMALIA NON SI FERMANO GLI SCONTRI TRA LE FAZIONI ARMATE

GUERRA IN CINA AL GIOCO D’AZZARDO ONLINE

LE SPARIZIONI DI OPPOSITORI IN CECENIA SAREBBERO UNA PRATICA «DIFFUSA E CONTINUA»

SCHEDATURE DI MASSA IN SVIZZERA IN BASE AL DNA

Il Presidente della regione Sardegna ha chiesto che la base Usa di Santo Stefano nell’arcipelago della Maddalena sia smantellata. A preoccupare gli amministratori locali è soprattutto il rischio di incidenti nucleari. Nei mesi scorsi una inchiesta inglese aveva appurato che nelle basi Usa in Italia sono custodite testate atomiche. Nell’arcipelago della Maddalena sarebbero stanziati sottomarini nucleari statunitensi. Le basi Usa in Italia odono di una autonomia gurisdizionale che le pone di fatto al di fuori delle leggi italiane. Le informazioni sono scarsissime e questo incide sul difficile rapporto che si è creato recentemente sia ad Aviano, nel nord Italia, sia nell’arcipelago della Maddalena, sede di comandi Usa. Secondo Renato Soru, presidente della Regione Sardegna «abbiamo già fatto la nostra parte per la difesa nazionale e per la difesa dell’Occidente nell’Alleanza Atlantica. Adesso ci deve essere dato il cambio». L’isola è da anni meta di un forte turismo internazionale d’èlite e uno dei timori prospettati dagli amministratori è che un eventuale pur minimo incidente, come capitato nei scorsi mesi e faticosamente appurato dai giornali, possa far precipitare l’appeal della Sardegna, che fonda sul richiamo della sua natura incontaminata parte del suo sviluppo economico e vanta su quel tratto di costa un parco nazionale e uno internazionale alle Bocche di Bonifacio.

Una grande rivolta, che ha coinvolto migliaia di abitanti di paesi della Cina orientale si è scatenata dopo l’uccisione da parte della polizia di due anziane manifestanti. Circa duecento donne anziane stavano infatti partecipando a una iniziativa di protesta contro alcune fabbriche inquinanti quando la polizia è intervenuta per disperdere la manifestazione. Gli scontri hanno portato al ferimento di numerosi manifestanti e alla morte di due anziane dimostranti. Almeno cinquanta agenti sono rimasti feriti, così come quattro abitanti del villaggio di Huankantu nel distretto di Huangtianafan. Secondo le notizie riportate dalla versione online de “Il Gazzettino”, la rivolta sarebbe esplosa nella provincia di Zhejiang, sulla costa orientale cinese, dopo le violente manifestazioni antigiapponesi svoltesi a Pechino e nel sud della Cina. Nelle ultime settimane, duecento donne avevano picchettato 24 ore su 24 un complesso di tredici fabbriche chimiche ritenute altamente inquinanti e nocive per l’ambiente e la salute degli abitanti della zona e di chi vi lavora. Le anziane sono morte mentre gli agenti di polizia cercavano di sedare la protesta avvenuta nel villaggio di Huankantou, vicino alla città di Dongyang. La polizia ha caricato le dimostranti con l’intento di disperderle, hanno detto testimoni e fonti ufficiali. Due delle anziane donne sono state calpestate dai veicoli delle polizia, che sono passati sui loro corpi. Immediata la reazione: decine di auto delle forze dell’ordine sono state rovesciate, infranti anche i finestrini di una cinquantina di autobus su cui erano stati portati i poliziotti chiamati a intervenire. A rendere ulteriormente esasperati i toni della potesta sarebbero anche le condizioni economiche della regione, in cui viene avvertita in forme estreme la corruzione della classe dirigente.

l contigenti di “peacekeepers” che la fragile autorità somala, tuttora priva della capacità di insediarsi nella capitale Mogadiscio per gli scontri, hanno richiesto a gran voce sarà composto solo da ugandesi e sudanesi. Una soluzione di transizione che vedrà schierata una forza di interposizione di 6.800 soldati e che evita diplomaticamente lo scontro sulla presenza invasiva di soldati dei paesi confinanti. L’effettiva capacità del neo formato governo somalo di rappresentare unitariamente il Paese è tuttavia ancora incerta. Le immagini della votazione del Parlamento (che resta in esilio in Kenya per l’insicurezza della capitale), conclusasi con scontri fisici tra i deputati e l’intervento della polizia kenyota per riportare l’ordine, sono state la spia di un disagio ormai palese e di dissapori che dopo anni di guerra civile faticano a placarsi. La frontiera tra la Somalia e il Kenya è tornata terreno di scontro tra milizie contrapposte, con feriti ricoverati in ospedali kenyoti. I clan rivali dei Garre e dei Marehan si sarebbero infatti scontrati lasciando una quarantina di morti e altrettanti feriti sul terreno mentre glia scontri tra altre fazioni dei clan sono proseguite in altre zone del paese. Ad Hobyo, nella regione del Mudug che si trova a circa 500 km dalla capitale Mogadiscio, si sono registrate oltre duecento vittime per scontri interni al clan Hawiye, che controlla gran parte del territorio somalo.

Nuova grande campagna del governo cinese contro le forme di intrattenimento che minaccerebbero lo sviluppo e la stabilità economica del Paese. Dopo la campagna contro l’astrologia e il ricorso ai consulti dei cartomanti, il governo cinese ha lanciato ora un piano per combattere il gioco d’azzardo. Secondo il governo di Pechino ogni anno quasi sessanta miliardi di euro finirebbero nelle casse del gioco d’azzardo, provenienti dalle bische di Hong Kong e Macao. Uno dei maggiori centri per le attività illegali sarebbe la Birmania. Qui la maggior parte dei gestori di case da gioco e di giocatori sono provenienti dalle regioni cinesi del Guangdong e dalle zone circostanti. A preoccupare il governo della Repubblica Popolare è inoltre l’enorme diffusione dei casinò online. Solo a Shanghai e nella provincia di Zhejiang il capitale investito ogni giorno online dai giocatori supererebbe secondo le stime governative i quindici milioni di euro. Un primo giro di vite è stato deciso lo corso dicembre con l’approvazione della norma sull’espulsione immediata dei politici coinvolti nel gioco d'azzardo. Dalla fine dello scorso anno vengono punite le banche che favoriscono la corruzione e sono state tagliate le forniture di acqua ed elettricità alle case da gioco. Il governo sta rafforzando le misure di controllo soprattutto ai confini dello Yunnan, zona di transito preferita dei giocatori. In un mese sono state chiuse 82 case da gioco in Birmania e in Tailandia.

Dal 1999 ad oggi tra le tremila e le cinquemila persone sarebbero scomparse in Cecenia. Human Rights Watch, l’associazione per i diritti umani con base a New York, denuncia come «diffusa, continua e sistematica» la pratica di far eseguire gli arresti per finalità preventive senza che nessuna notizia sia comunicata ai familiari e senza imputazioni formali e diritto di difesa. Le persone fermate sarebbero state rilasciate solo dopo violente intimidazioni o torture mentre circostanziate denunce riferiscono di morti in carcere durante la detenzione preventiva. Secondo l’associazione non governativa negli ultimi cinque anni sono state aperte oltre 1800 inchieste su abusi commessi dalle forze federali o dalle forze cecene filorusse senza che si arrivasse in nessun caso ad accertare responsabilità. Rachel Denber, direttrice esecutiva ad interim del dipartimento Europa Asia centrale di Human Rights Watch spiega che «la Russia è perfettamente al corrente del problema, ma non ha alcuna intenzione di portare i responsabili davanti alla giustizia». A seminare il terrore nella popolazione locale per i metodi di repressione utilizzati sarebbero in particolare i “kadyroviti’, la milizia irregolare cecena comandata da Ramzan Kadyrov, attuale vice primo ministro del governo ceceno filo-russo e figlio del defunto presidente Akhmad Kadyrov, assassinato dagli indipendentisti. Gli uomini di Ramzan costituivano la guardia presidenziale del padre e si dedicavano al lavoro sporco per conto dei russi: spedizioni punitive, sequestri, torture, stupri, omicidi, estorsioni. Spesso quando le milizie della guardia presidenziale sequestrano un presunto fiancheggiatore della guerriglia, i familiari preferiscono cercare una soluzione per riottenerne la libertà senza fare alcuna denuncia.

Una nuova legge federale introduce la schedatura genetica di massa. D’ora in poi, la Polizia potrà registrare in una banca dati il profilo Dna di ogni persona sospettata di aver compiuto un reato di qualsiasi gravità. Basterà una semplice analisi di laboratorio: una lacrima, un capello, una goccia di sudore sono infatti sufficienti per stabilire un profilo Dna. A lanciare l’allarme sull’applicazione della nuova normativa, prevista dalla «legge federale sull’utilizzo dei profili genetici nel procedimento penale» approvata nel settembre 2002 è il sito antagonista di informazione Indymedia. Secondo Indymedia infatti la nuova normativa, oltre a rappresentare la fine del presupposto di innocenza, consentirebbe un ampio controllo sociale su tutte le forme di protesta. Già in un caso, secondo i mediaattivisti del Canton Ticino, la Polizia cantonale avrebbe provveduto a registrare i dati del codice Dna di un manifestante trattenuto a seguito di una manifestazione a Coira contro il vertice di Davos. Nello screening forzato saranno coinvolti tutti i detenuti prima della remissione in libertà. La Confederazione Elvetica, che ha fatto propria la proposta di schedature genetiche discussa anche dal parlamento inglese, ha tuttavia una certa tradizione di limitazione della libertà personale e di analisi sulle condizioni sanitarie a scopo politico, fenomeno storico che ha sollevato alcune preoccupazioni sulla nuova normativa.

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Le mani sull’acqua in Italia e all’Estero Grandi gruppi internazionali, ma anche ex municipalizzate, si sono buttate sull’oro blu convinte di poter realizzare ingenti profitti. Il “Contratto Mondiale” rilancia con forza la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua che rischia di non essere più un diritto di ogni essere umano ma un vero e proprio prodotto strategico. di Cristina Artoni ACQUA È LA MATRICE DELLA CULTURA, LA BASE DELLA VITA.

In arabo, in urdu e in indostano si chiama ab; abad raho è un augurio di prosperità e abbondanza. Il nome stesso dell’India deriva dal grande fiume Indo. L’acqua è sempre stata al centro del benessere materiale e culturale delle società di tutto il mondo. Oggi, purtroppo, questa preziosa risorsa è in pericolo». È con questo allarme che si apre il libro “Le guerre dell’acqua” della fisica ed economista indiana, Vandana Shiva. Un bene comune come l’acqua, è diventata negli ultimi anni una risorsa preziosa a rischio di mercificazione. Fino a metà degli anni Novanta questa minaccia non era così evidente. Secondo gli attivisti dell’ambiente infatti l’acqua diventerà nel futuro prossimo la materia prima da controllare, da accapparrarsi, da rendere merce commerciabile, alla stessa stregua, come avviene adesso, per il petrolio. Sembra incredibile, ma intorno all’oro blu ruotano già enormi interessi economici, e la tendenza, anche in Italia, è sempre più quella di trarne profitto, di privatizzarlo. È molto difficile però riuscire a individuare il giro di affari che potrebbe risultare dalla commercializzazione dell’acqua, spiega Emilio Molinari, ex senatore, ambientalista e vicepresidente del comitato per il Contratto Mondiale dell’Acqua: «I giri di affari sono enormi perché al fondo di tutta l’operazione ci saranno prima di tutto 6 miliardi di persone, con la prospettiva che la popolazione mondiale arrivi poi entro il 2020 a 8 miliardi. La tentazione delle grandi multinazionali è quella di far perdere la cognizione, che è inconsapevolmente insita nell’essere umano, che il bere è un diritto, ma nello stesso tempo, non si può farne a meno. L’accesso al bere avverrà attraverso l’acquisto di un prodotto che si comprerà al supermercato nelle bottiglie e che costerà progressivamente, rispetto ad ora, sempre di più. Il secondo aspetto riguarda l’uso dell’acqua come un servizio di tipo igienico, cioè l’acqua del rubinetto. Finora è stata pagata come un bene pubblico ma si arriverà a pagarla almeno come minimo, quattro volte più cara. In Germania l’acqua corrente viene già pagata 4-5 centesimi al litro».

«L’

C’è già chi paga l’acqua. Con la vita

Il Sahel, la terra di confine che dalla Mauritania porta al Sudan, attraverso il Mali, Niger e Burkina Faso, è da anni vittima della siccità.

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Questo è lo scenario di quello che avverrà tra qualche anno in tutto il mondo. Al momento però chi vive direttamente sulla propria pelle quanto questa risorsa sia preziosa, sono le popolazioni dei paesi del Terzo Mondo e in alcune nazioni in via di sviluppo, dove 1 miliardo e 400 milioni di abitanti non hanno accesso all’acqua potabile, con tutte le conseguenze che vi possono essere sulla salute.

CONFLITTI SEMPRE PIÙ ACCESI L’ACQUA E LE SUE RISORSE sono sempre più spesso al centro di conflitti. L’acqua è diventata un’arma da puntare contro il nemico e una risorsa da distruggere come ritorsione, contro le popolazioni civili. In Africa, nei Balcani e in Medioriente le risorse idriche sono state un bersaglio. L’Iraq, già contaminato dall'uranio impoverito, si trova dopo guerre ed embargo con l’acqua avvelenata da sistemi fognari malfunzionanti, dal petrolio che fuoriesce dagli oleodotti, dai residui industriali e di raffineria scaricati nei fiumi senza controllo. La miniera di zolfo di Al Mishraq (Mosul) ha provocato un grave inquinamento termico e chimico nelle acque superficiali e in quelle di falda, con pesanti ripercussioni sulle attività agricole. Dall’autunno scorso in Iraq è partito un progetto pilota dell’Unep (programma Onu per l’ambiente), per analizzare oltre 300 siti considerati contaminati. Dalla caduta del regime di Saddam per la riabilitazione dei sistemi idraulici e sanitari, secondo il ministro dei lavori pubblici, sono stati spesi 600 milioni di dollari, per la costruzione di grandi cisterne anche in aree remote e agricole. Ma occorreranno altri 500 milioni di dollari per completare i lavori, che secondo le previsioni più rosee, si concluderanno nell’agosto 2005.

DEVASTAZIONI E DEPORTAZIONE IN NOME DELLE DIGHE TRA I PROGETTI FARAONICI il cui l’obiettivo è lo sfruttamento dell’acqua, vi sono la costruzione delle dighe a Nam Theun, in Laos e nelle Highelands del Lesotho. Per entrambi un impatto ambientale devastante e il trasferimento forzato di migliaia di persone. Nam Theun 2 è il progetto per costruire una diga per la produzione di energia idroelettrica. Approvato a fine marzo dalla Banca Mondiale, prevede costi per circa un miliardo di dollari. I due terzi degli introiti andranno alle compagnie francesi (Electricité de France) e tailandesi (EGAT). La diga provocherà lo sfollamento di oltre 5.600 persone, sommergendo circa 500 km2 di terra. Gli ambientalisti, mobilitati nel denunciare il progetto, spiegano che servirebbero invece investimenti in tecnologie meno costose basati su reti diversificate. In Laos infatti due milioni di persone non hanno accesso alla rete elettrica. ANCHE IL LESOTHO HIGLANDS WATER, che fornirà acqua dal Lesotho verso il Sudafrica, è sotto accusa. È un progetto da otto miliardi di dollari. Pesante l’impatto ambientale, con esodi forzati di numerosi centri abitati. Altre migliaia di sfollati sono previsti nei prossimi 20 anni in cui verranno ultimate sei dighe, quattro tunnel di trasferimento e due di interconnesione oltre a due stazioni di pompaggio.

«Le multinazionali, nel Terzo mondo – precisa Emilio Molinari - forniscono acqua purificata, cioè distillata e rimineralizzata. Viene distribuita in tutto il Sud del mondo e la gente deve comprarla se non vuole morire di patologie intestinali o colera. L’acqua del rubinetto non esiste, tanto più nelle bidonville di grandi metropoli come Città del Messico, Buenos Aires o Rio de Janeiro. Lì vengono vendute taniche di acqua, di una quidicina di litri. Il prezzo è piuttosto salato e incide fino a 18-20% delle spese mensili su famiglie che vivono già in condizioni disagiate. La multinazionale capofila in questo commercio è la Coca Cola, seguita dalla Pepsi Cola. Le acque minerali vendute in bottiglia sono in mano soprattutto a multinazionali europee, il cui colosso principale è rappresentato dalla Nestlè (che controlla anche grandi marche come ad esempio la San Pellegrino e la Ferrarelle), seguita dalla Danone. In Italia, dopo la Nestlè c’è la San Benedetto, azienda che punta ad espandersi anche all’estero». In questa prospettiva di commercio globale, le regioni che soffrono di più al momento di penuria di acqua e che rischiano di accusare un colpo fatale, sono l’Africa, il Medioriente, il sud ovest degli Stati Uniti e il Messico, la sponda del Pacifico dell’America Latina, l’Asia Centrale fino all’Iran e l’India. Ancora una volta è nel Sud del pianeta che il futuro è già presente, con la privatizzazione delle risorse e l’intervento delle multinazionali che forniscono servizi, spalleggiate spesso dalla Banca Mondiale: «Nei servizi idrici – prosegue Emilio Molinari cioè nell’installazione di acqua corrente e nella realizzazione di cicli integrati (funzioni che comprendono la costruzione di rubinetti, di rete idrica, di rete fognaria e la depurazione), il colosso in campo è la francese Vivendi che interviene in circa 130 paesi nel mondo. A seguire c’è la Lyonnaise des eaux, che spesso passa sotto il nome di Suez. C’è da tenere presente che queste multinazionali cambiano denominazione a seconda dei paesi, ma il gruppo di controllo non varia. Il terzo colosso dei servizi idrici è la Saur (del gruppo Bouygues), sempre francese. Altra multinazionale potente è la tedesca RWE, che ha rilevato anche l’inglese Thames Water. Al quarto posto nelle multinazionali troviamo Agua de Barcelona, altro colosso che opera nel Terzo Mondo. In Italia ha un grosso peso l’Acea di Roma. Si tratta dell’ex azienda municipalizzata della capitale, ora privatizzata al 49%, ma che ormai viaggia in tutto il mondo e gestisce l’acqua di Lima, in Perù, della capitale albanese, Tirana, di Erevan in Armenia e di un paio di città dell’Honduras». Nel Terzo Mondo le aziende specializzate nei servizi idrici spesso si offrono per la costruzione delle infrastrutture (ad esempio parte della rete idrica o quella fognaria). Le multinazionali stipulano un contratto con lo Stato interessato, secondo un modello di project financing, in cui concordano una concessione dei servizi per un lungo periodo, in genere 25-30 anni. Dal punto di vista economico il ritorno dell’investimento è quindi garantito dalle tariffe. L’Italia non è ovviamente immune dalla privatizzazione dell’acqua, ma i passaggi sono differenti, spiega Emilio Molinari: «Nel nostro paese, le commissioni ad aziende che offrono servizi avvengono attraverso gare d’appalto. Tutte le società ex municipalizzate, entro il 2006 devono dichiarare come vogliono gestire |

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LE TENSIONI E LE DURE SCARAMUCCE per l’acqua tra Turchia e Siria negli anni ’80, l’appoggio siriano ai guerriglieri Pkk di Ocalan pagato coi tagli dei flussi d’acqua dell’Eufrate, restano il segnale mai sopito di possibili futuri contrasti non appena la scarsità d’acqua, saremo nel 2040, si farà sentire in Medioriente. «Se un secolo si è concluso con le guerre intorno al petrolio - affermava già nel ’95 Ismail Serageldin, vicepresidente della Banca Mondiale - il nuovo secolo sarà invece caratterizzato dalle guerre sull’acqua». L’acqua della splendida Mesopotomia, ormai sezionata tra Turchia, Siria e Iraq, tornerà ad essere il pomo della discordia col rarefarsi di un “oro blu” che dovrà dissetare popolazioni mediorientali in aumento. In realtà il bacino idrografico del Tigri e dell’Eufrate coincide con il travagliato e strategico Kurdistan turco. Prevedendone l’importanza, la Turchia ha pianificato uno dei più ambiziosi progetti idraulici al mondo: il Gap (Guneydogu Anadolu Projesi ovvero il Progetto della grande Anatolia) si suddivide da un quarto di secolo in 13 sottoprogetti e prevede la realizzazione ultima di 22 dighe e 19 centrali idroelettriche. Un Gap, pertanto, propulsore di rivitalizzazione economica ed energetica da una parte ma anche accentratore di ingenti risorse idriche. In realtà il megaprogetto ha preso la forma, al momento, di una gigantesca “cattedrale idrografica nel deserto”, attorniata da tremila villaggi curdi abbandonati, una depressione economica aggravata da più di un decennio di scontri tra guerriglieri del Pkk ed esercito turco. Ma fin d’ora una serie di previsioni ottimistiche per un Gap risolutore di problemi e motore di ripresa economica sono state largamente disattese: alle autorità turche che pianificavano 12 nuove città di 100.000 persone si è presentato il fenomeno migratorio forzato di migliaia di curdi dalle vallate progressivamente invase dai laghi serbatoi. Ai questo si è contrapposto lo svuotamento e l’ammassamento di curdi e anatolici nelle periferie di Istanbul, Ankara, Adana. I gecekondu, “chi si è messo di notte”, si affollavano in improvvisate periferie costruendo le loro case nell’oscurità, ben sapendo che un’antica legge avrebbe impedito alle forze dell’ordine di abbattere intere baraccopoli residenziali. Ma il Gap non aveva nemmeno previsto la reazione tenace di archeologi ed ambientalisti locali ed europei al progetto di sommergere interamente antichissimi siti archeologici come Hasankeyif, Zeugma ed il borgo di Halfeti. La pressione interna e dell’occidente ha permesso di ritardare fino ad oggi l’avanzamento della diga Ilisu impedendo la scomparsa di paesaggi di rara bellezza. Siria ed Iraq già dal ’79 cercano di arginare lo strapotere idrogeografico turco concludendo un accordo nel 1987 che prevedeva l’afflusso medio di 500 metri cubi al secondo delle acque dell’Eufrate in Siria che a suo volta avrebbe lasciato transitare in Iraq il 58% delle acque dell’Eufrate. In realtà la Siria ha accettato giocoforza rinunciando, o rimandando a migliori contesti, alla richiesta dei 700 metri cubi/sec. Ben diversa alleanza dell’acqua si è potuto notare tra Turchia ed Israele con il progetto Manavgat che prevede già dal ’97 il trasporto via navi cisterna di acqua dal sud-est turco a Israele. La sigla Manavgat crea ancora oggi disappunto tra i siriani che vedono perfezionato l’accordo turcoisraeliano con uno scambio inusuale: “acqua contro armi”. Il quotidiano inglese The Guardian specifica i termini dell’accordo: Israele costruirà una “flotta” di tanker giganti in grado di trasportare 50 milioni di metri cubi all’anno mentre la Turchia recupererà il suo credito con l’acquisto di un numero imprecisato di carri armati israeliani e di strumenti di tecnologia aerea. Vincenzo Pergolizzi

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Privatizzazioni latinoamericane vantaggi di Stato e insoddisfazione

l’acqua. Possono scegliere tre modalità: diventare totalmente private, cioè immettere sul mercato l’intero pacchetto azionario, oppure collocare almeno il 40% delle azioni o infine possono decidere di non quotarsi mai sul mercato».

ACQUA IN CAMBIO DI CARRI ARMATI

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Un bene comune inalienabile La corsa verso la privatizzazione sembra inarrestabile ma il coro di proteste diventa ogni giorno più incalzante. Nel Forum alternativo mondiale sull’acqua di Ginevra che si è svolto dal 17 al 20 marzo è stata riconfermata nel documento finale la volontà delle associazioni di «escludere l’acqua dalla sfera del commercio e dalle regole del mercato» e nello stesso tempo è stata sottolineata la necessità «di creare uno statuto per l’acqua a livello mondiale». Gli altermondialisti appoggiano apertamente le azioni di resistenza di molti paesi latino-americani allo sviluppo della gestione privata dell’acqua nelle grandi città del continente. In Bolivia, Argentina, Cile si sono sollevati molti movimenti per bloccare le privatizzazioni portate avanti dalle multinazionali Suez e Bechtel. Il Forum è stato un momento importante, sottolinea Emilio Molinari, perchè è stata compresa la centralità dell’acqua nel futuro del mondo: «La delegazione venezuelana ha dato il suo pieno appoggio ai principi del Manifesto dell’acqua e ha proposto che il prossimo incontro si svolga in Venezuela. È proprio da questo nuovo incontro che gli attivisti venezuelani hanno intenzione di lanciare una campagna in tutta l’America Latina contro le privatizzazioni. A Ginevra intanto è già partita la campagna contro la multinazionale Suez, che opera in questo momento soprattutto proprio nel continente latinoamericano». Il Forum di Ginevra ha anche adottato una mozione in cui si caldeggia «la creazione di un tribunale per giudicare i disastri ambientali che possono provocare le imprese private che si appropriano dell’acqua». I nomi che sono saltati immediatamente sul banco degli accusati sono: Suez-Ondéo, Véolia, Nestlé, Abengoa e Bechtel. L’allarme sull’acqua è stato ora recepito anche dal Palazzo di Vetro. Le Nazioni Unite hanno lanciato proprio lo scorso 22 marzo, nella Giornata mondiale dell’acqua, una campagna dal titolo «l’acqua per la vita, acqua per tutti» in cui si prefiggono l’obiettivo di dimezzare da qui al 2015 il numero di persone che non hanno accesso all’acqua potabile. È una dichiarazione di sconfitta secondo Emilio Molinari: «L’Onu subisce una pressione incredibile da parte della Banca Mondiale e dalle multinazionali. Prima fra tutte dalla francese Vivendi. Gli interessi UN LIBRO in gioco con le privatizzazioni sono una PER APPROFONDIRE torta troppo appettibile. Però le Nazioni Unite anche se in maniera sicuramente più leggera, sono state influenzate anche dalle pressioni dei movimenti, che sono comunque riusciti a condizionare il Comitato per i diritti umani dell’Onu, che con a capo l’economista Jean Zigler ha dichiarato che l’acqua è un diritto per l’intera umaVandana Shiva nità. È una dichiarazione importante, che Le guerre dell’acqua rappresenta in nuce la battaglia che stiamo Feltrinelli, 2004 conducendo».

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Dipende quasi sempre da chi giudica. Le privatizzazioni in America Latina sono infatti state positive secondo numerosi economisti perchè hanno aiutato i conti pubblici. Per gran parte della popolazione, spesso priva di ammortizzatori sociali, hanno significato nuova povertà. Fino alla rivolta. di Paola Fiorio AMERICA LATINA hanno giovato all’economia? Sì, anzi no. Insomma, dipende dai punti di vista. Secondo gli economisti, la vendita delle compagnie pubbliche ai privati ha portato vantaggi fiscali, un flusso di fondi ed effetti positivi sull’efficienza, la produzione e la redditività. Soddisfatti anche i Governi che con queste operazioni hanno rimpinguato le casse dello Stato e ridotto l’emorragia di denaro dei sussidi. Per l’opinione pubblica, invece, benefici non ce ne sono stati. Questo è quanto emerge da uno studio condotto da Jorge Carrera (docente di economia all’Università di Buenos Aires), Daniele Checchi e Massimo Florio (docenti di economia dell’Università di Milano) sull’impatto sociale delle privatizzazioni in America Latina. Un processo che è stato avviato nei primi anni Ottanta in Cile e Messico ed è proseguito nel decennio successivo nella maggior parte dei Paesi sudamericani, come parte del Washington Consensus, un progetto di riforma strutturale del mercato. Oggi la proprietà statale in Sud America è ridotta al 5% del Pil. Dalla ricerca, elaborata sui dati del Latinobarometro 2002 (condotta intervistando 18.500 persone di 17 Paesi del Sud America), risulta che i due terzi degli intervistati si sono espressi in modo negativo sulle dismissioni dei beni statali. L’ostilità maggiore è stata registrata in Argentina (45,1%), quella minore in Perù (12,2%).

L Il treno per Machu Pichu, in Perù. Gli anni del dominio di Fujimori hanno portato un’ondata di privatizzazioni selvagge nel Paese.

E PRIVATIZZAZIONI IN

Perù, 2004

Opinioni divergenti

L’ostilità contro le privatizzazioni aumenta quando peggiorano le condizioni socio-economiche

Ma perché questa completa divergenza di vedute tra economisti e popolazione? La risposta data dallo studio è che gli economisti analizzano gli effetti della privatizzazione sull’efficienza e sui conti pubblici, ma trascurano un aspetto fondamentale e cioè se la popolazione ne abbia tratto dei benefici concreti. Una visione miope anche perché, osserva lo studio, se la percezione dell’opinione pubblica è che i vantaggi della privatizzazione sono rimasti concentrati nelle mani di pochi (azionisti, dirigenti aziendali, contribuenti con alto reddito), il malcontento popolare può arrivare a bloccare la ristrutturazione del mercato. Ne sa qualcosa l’ex presidente della Bolivia, Sanchez de Lozada, costretto a rifugiarsi a Washington in seguito alle proteste popolari, contrarie ai truffaldini accordi di vendita del gas naturale boliviano agli Usa. Dallo studio emerge inoltre che l’ostilità alle privatizzazioni aumenta con il peggiorare delle condizioni socio-economiche degli intervistati. Questo da|

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BRASILE A metà degli anni Novanta, il Governo dà inizio a una vasta politica di privatizzazioni. Con un emendamento alla Costituzione del 1995, Brasilia liberalizza lo sfruttamento del petrolio e del gas naturale mettendo fine al monopolio di Petrobras. Anche l’incremento della partecipazione privata nei trasporti comincia nel 1995. Le concessioni del demanio stradale ai privati raggiungono oggi i 10.000 km di strade ad alta percorrenza, che costituiscono il 10% delle autostrade brasiliane, mentre il sistema portuale è quasi completamente in mano ai privati: lo Stato gestisce solo l’attività amministrativa e delle autorizzazioni. Infine, dalla concessione della rete ferroviaria Brasilia ha ricavato 1,9 miliardi di dollari per coprire le perdite della società statale. Meno vincente è risultata la dismissione del settore idrico, dove la partecipazione privata è ancora marginale. Ristrutturati e privatizzati anche i settori dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni. PERÙ Dell’ambizioso piano di concessioni del demanio stradale, avviato nel 1992, solo due strade, sulle 12 del progetto, sono oggi gestite da società private. Ridotta la partecipazione privata anche nel settore portuale e aeroportuale. Solo uno dei 14 porti peruviani, quello di Matarana, è stato dato in concessione, mentre dei 52 aeroporti, l’unico gestito da un consorzio privato è quello di Lima. È andata meglio con la rete ferroviaria: tre collegamenti su quattro, più la funicolare turistica che unisce Cusco a Macchu Pichu, sono finiti nelle mani dei privati. Nelle telecomunicazioni, la partecipazione privata ha avuto inizio nel 1994 con la graduale eliminazione del servizio pubblico per la telefonia fissa e le chiamate a lunga distanza. La concorrenza è però arrivata qualche anno più tardi, soprattutto nel settore dei cellulari. È del 1994 anche la privatizzazione dell’energia elettrica che conta oggi 21 società di distribuzione, anche se in molte di esse lo Stato mantiene delle partecipazioni. Nel 2002, invece, è stato dato in concessione il 29% del sistema di trasmissione dell’elettricità. Sul fronte degli idrocarburi, dal 1993, un sistema di concessioni e contratti regolamenta la partecipazione privata nel petrolio e nel gas naturale. ARGENTINA L’Argentina è stata tra i primi Paesi dell’America Latina a cercare di migliorare il sistema di infrastrutture per attrarre gli investimenti stranieri. Con la dismissione della rete dei trasporti, Buenos Aires mirava ad ampliare e migliorare l’offerta con la minor partecipazione possibile da parte del Governo. Tra il 1989 e il 1992, vengono privatizzati il trasporto ferroviario e la compagnia aerea di bandiera, mentre vengono erogate concessioni per la gestione di porti, aeroporti e demanio stradale. Negli stessi anni, l’Argentina avvia la deregulation del settore degli idrocarburi, che culmina nella privatizzazione del comparto del gas naturale e nella vendita, completata nel 1999, della società statale Yacimientos petroliferos fiscales alla spagnola Repsol. Senza un attimo di sosta, nel 1991, Buenos Aires dà il via alla privatizzazione del servizio di fornitura di acqua potabile e infrastrutture sanitarie e l’anno seguente è la volta dell’industria elettrica, che è oggi per la maggior parte gestita dai privati con tre compagnie per la distribuzione, una per la trasmissione e diverse società per la produzione. Nel biennio 1997/98 il mercato delle telecomunicazioni, che già aveva sperimentato un duopolio transitorio nel 1990, si apre alla competitività. Da qui alla deregulation di tv via cavo e telefonia mobile, introdotta nel 2000, il passo è stato breve.

to non segue però un andamento lineare. Le persone interpellate in “cattive condizioni socio-economiche” sono risultate più refrattarie alle privatizzazioni rispetto agli individui in “pessime condizioni”, anche se per questi ultimi – precisa la ricerca – il dato è contaminato da un’alta percentuale di “non so/non risponde”.

Maggiore sensazione di povertà Un altro dato interessante è che tra i più poveri quelli che hanno criticano di più le privatizzazioni sono stati gli individui con un’istruzione e non gli alfabeti. Perché? La risposta, secondo lo studio, è che le persone povere, ma istruite, percepiscano più acutamente la mancanza reale di benessere, poiché si sentono al contempo escluse dallo status economico e sociale adeguato al loro livello di istruzione. Per loro, le privatizzazioni hanno rappresentato una speranza di avanzamento. Questa categoria però, evidenzia lo studio, non ha potuto beneficiare della privatizzazione del settore trasporti perché non viaggia, né di quello dell’energia elettrica perché non possiede apparecchi elettrici. Non ha potuto nemmeno sfruttare tariffe telefoniche più favorevoli perché non può permettersi il telefono. Insomma, le privatizzazioni non hanno migliorato in alcun modo le loro prospettive socioeconomiche, quindi vengono percepite in modo negativo. Una risposta simile arriva anche dalla fascia medio borghese della popolazione nonostante abbia tratto vantaggi dal calo dei prezzi. Questo gruppo sostiene che la ricchezza ricavata dalle dismissioni pubbliche è rimasta nelle mani di pochi privilegiati. Inoltre, lo studio evidenzia che più le privatizzazioni sono state fatte in modo veloce, su vasta scala e coinvolgendo la maggior parte dei servizi pubblici di base - energia, acqua – (come per esempio è accaduto in Argentina e Colombia) più la percezione dell’opinione pubblica è stata negativa. Infine, l’avversione è risultata più forte laddove si è innestata su una situazione di basso tasso di crescita economica e alta disuguaglianza dei redditi.

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STEVE McCURRY / MAGNUM PHOTOS

LA MAPPA SUD AMERICANA DELLE PRIVATIZZAZIONI

Gli effetti finanziari dell’attentato sono stati limitati da un’azione di contenimento concordata tra le banche. Per le compagnie aeree, i cui titoli sono crollati, è stato necessario un aiuto governativo, ma decine di migliaia di posti di lavori sono andati perduti. Sotto, Steve Mc Curry in un autoscatto all’ingresso del World Financial Center prima del crollo definitivo.

New York, 2001

> 11 settembre


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Acquisti verdi

Regole e criteri precisi che fanno risparmiare di Walter Ganapini

L’

caes

INTRODUZIONE DI CRITERI AMBIENTALI ALL’INTERNO DEI CAPITOLATI PER APPALTI PUBBLICI, pratica nota come Green

Public Procurement (GPP), è stata promossa da recenti Direttive europee, le cui linee guida attuative forniscono indicazioni operative alle pubbliche amministrazioni circa le modalità con cui rendere sostenibili le procedure. Attraverso suggerimenti per requisiti di contratto, selezione dei fornitori, assegnazione ed esecuzione dei lavori (in particolare negli appalti per costruzione di nuovi edifici, servizi di pulizia e manutenzione, fornitura di elettricità e gas, servizi di trasporto pubblico e di ristorazione nonché per l’acquisto di prodotti d’uso) si cerca di porre rimedio all’usuale carenza di strumenti e metodi che possano dare rapida concretezza alla volontà politica di “far lavorare il mercato per l’ambiente”. L’evidente necessità di “fare rete” tra gli operatori, al fine di favorire lo scambio di esperienze e buone pratiche, è alla base del successo, in Italia, della campagna europea sugli acquisti responsabili denominata Procuro (www.procuraplus.com), promossa da ICLEI e ufficialmente appoggiata dall’UNEP, che si concentra inizialmente su sei prodotti/servizi per i quali stati sviluppati criteri di preferibilità ambientale: elettricità da fonti rinnovabili, apparecchiature informatiche e computer a risparmio energetico per ufficio, alimenti biologici per mense, ospedali e catering, edifici conformi ai più alti standard di efficienza per il riscaldamento e condizionamento, servizi di pulizia ecocompatibili, servizi di trasporto pubblico a bassa emissione di inquinanti. L’adozione di tali criteri costituisce un vantaggio anche per i fornitori, che È possibile già oggi orientare possono uniformarsi ad un set di parametri unico e condiviso, gli acquisti della pubblica amministrazione secondo criteri la cui ampia diffusione costituirà uno stimolo per le imprese di ambiente con l’indicazione all’aumento della produzione sostenibile di beni e servizi “più delle azioni da svolgere puliti”. Il modello di attuazione della Campagna Procuro+ si basa su un approccio di tipo “Plan Do Check Act” (Pianificare, fare controllare, agire), efficace nell’ottica di implementazione e valorizzazione di Direttive e linea guida della Commissione Europea , che prevede le seguenti fasi di attuazione: inventario delle forniture che specifichi quantità di prodotti acquistati, ammontare delle spese sostenute ed eventuali pratiche/modelli sostenibili già adottati. Questa analisi è sostenuta dalla “Matrice Acquisti”, strumento di definizione e monitoraggio dei costi reali di approvvigionamento; obiettivi specifici per ogni singolo prodotto, in base a capacità e bisogni della PA (ad esempio, raggiungere il 20% di consumo di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2010); piano di azione per il raggiungimento degli obiettivi definiti, coerente con durata dei contratti di fornitura già esistenti e disponibilità di personale per la sua attuazione; implementazione step-by-step del piano di azione nelle varie unità amministrative interessate dal processo di acquisto, al fine di consentire consultazione e scambio di informazioni fondamentali per l’attuazione; monitoraggio del piano di azione e comunicazione dei risultati al pubblico ed alle parti interessate ai diversi livelli. In questa ultima fase trova piena attuazione la logica della valutazione e del controllo d’efficacia del processo decisionale d’acquisto, anche attraverso l’approccio del Life Cycle Costing (LCC), suggerito dalla Linea Guida europea. La possibilità di rilevare le spese per ciascuna fornitura nel medio-lungo periodo e di ammortizzare i costi iniziali secondo l’approccio (LCC), garantisce economie e risparmi, ottimizzando l’impiego di risorse e evitando acquisti inutili.

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Lavoratori atipici, tanti problemi e nessuna certezza >52 «Lo stesso lavoro di prima con meno garanzie» >54

economiasolidale UNA SFIDA EUROPEA PER CONTENERE L’OBESITÀ

UNA MOSTRA CONVEGNO A PADOVA SULLA RESPONSABILITÀ SOCIALE E LA SOSTENIBILITÀ

NIKE RENDE NOTO L’ELENCO DEI SUOI FORNITORI

UNA GUIDA UNICEF SUL LAVORO MINORILE

RIFIUTI TECNOLOGICI E DOMESTICI RIUTILIZZABILI AL SERVIZIO DEL NOPROFIT E DI ATTIVITÀ ETICHE

DEPORTAZIONI DI MASSA DEI MIGRANTI CONDANNATE

Oltre un miliardo di persone nel mondo è in sovrappeso, di cui oltre 300 milioni sono clinicamente obese; oltre un milione di morti all’anno nel mondo sono imputabili a patologie legate all’obesità. L’area mediterranea non si discosta da questa tendenza. L’allarme, secondo l’Andid, Associazione nazionale dietisti italiani, è sostenuto dalle cifre: il 30% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni dell’area mediterranea è in sovrappeso o già obeso. La percentuale si attesta intorno al 20% dai 13 ai 17 anni. In Europa ogni anno un bambino su cinque supera il proprio peso ideale. In almeno sette Paesi europei una donna su cinque è obesa. I fattori a rischio - ricorda l’Andid - sono molti e conosciuti: ereditarietà da genitori obesi, sedentarietà, abitudini alimentari, condizioni socio economiche e culturali. «L’obesità aumenta rapidamente e il crescente sovrappeso degli Europei ha conseguenze devastanti per la salute pubblica ed enormi costi economici. Il nostro continente affronta un’epidemia di obesità grave quanto quella del Nord America», ha dichiarato il commissario europeo alla salute e difesa dei consumatori, Markos Kyprianou. «La piattaforma d’azione dell’UE rappresenta il contributo dell’Europa per fronteggiare questa sfida. Imprese, società civile e governi dovranno collaborare per contenere l’aumento dell’obesità tra i nostri bambini».

Civitas, la mostra convegno della solidarietà, dell’economia sociale e civile che si svolgerà alla Fiera di Padova dal 6 all’8 maggio con oltre 600 realtà rappresentate e oltre 45.000 visitatori previsti, sarà incentrata su una tematica di estrema attualità, la responsabilità degli attori nel territorio, nella quale si collocano i comportamenti etici e sostenibili quotidiani, processi di partecipazione, consumi consapevoli. Numerose sono le esperienze che hanno deciso di adottare politiche di maggiore attenzione all’impatto sociale e di assumersi la responsabilità di tutelare l’ambiente, adottando politiche e scelte gestionali, organizzative e tecnologiche che vadano ad incidere positivamente sulle loro capacità concorrenziali, sui risultati economico-finanziari e sulle ricadute sull’intero territorio di appartenenza. La responsabilità sociale è un importante strumento di governo, migliora le performance finanziarie, i processi di coesione interna, la gestione operativa; è una nuova via per il posizionamento dei prodotti e del marchio e per i cittadini e i consumatori è un valore aggiunto. Civitas rilancia a partire da un semplice interrogativo, analizzato sotto quattro punti di vista differenti: la responsabilità sociale può essere oggi la nuova declinazione della solidarietà nell’ambito delle imprese, ma non solo, anche della persona, della società civile e delle istituzioni? Quale assunzione di responsabilità da parte dei cittadini per la cura dei beni comuni? Quali nuove forme organizzative nella gestione dei servizi e nella produzione? Quali strumenti di comunicazione di reale trasparenza nei processi di consultazione e decisione? Quali comportamenti socialmente responsabili verso il territorio? Civitas propone alcuni spunti di riflessione e di discussione, momenti di incontro e di confronto, occasioni di scambio e dibattito per approfondire e analizzare.

L’utilizzo Nike ha rivelato quali sono le fabbriche che riforniscono la casa madre. Dopo le polemiche che hanno sempre accompagnato lo sviluppo di Nike, accusata di sfruttare attraverso i fornitori lavoro minorile e sottopagato, l’operazione di trasparenza della società rappresenta un passo avanti. Secondo i dati diffusi, risultano 124 aziende fornitrici in Cina, 73 in Thailandia, 35 in sud Corea e 34 in Vietnam su un totale di 731 fornitori che impiegano circa 650.000 lavoratori. Tra il 2003 e il 2004, Nike ha controllato 569 fabbriche di suoi fornitori. In oltre il 25% delle fabbriche del Sud asiatico sono stati riscontrati abusi verbali e fisici nei confronti dei lavoratori, mentre tra il 25 e il 50 per cento delle fabbriche in quella regione pongono restrizioni all’uso delle toilette e alla possibilità di bere acqua nell’orario di lavoro. In oltre la metà delle fabbriche dell’Asia del Sud e nel 25% delle fabbriche sparse nel mondo, l’orario normale di lavoro supera le 60 ore settimanali. L’operazione trasparenza di Nike ha ricevuto le congratulazioni dell’International Textile Garment and Leather Workers Federation (ITGLWF), che riunisce 217 organizzazioni sindacali in 110 Paesi, rappresentanti oltre 10 milioni di lavoratori del settore. La Federazione sindacale ricorda di aver sempre contestato il rifiuto opposto dalle imprese a rendere pubblica la catena dei fornitori, perché si sarebbe trattato di informazioni confidenziali.

La condizione dell’infanzia nel mondo presenta elementi di grande criticità per povertà diffusa anche nei paesi industrializzati e per il lavoro minorile nei paesi sottosviluppati. La sezione britannica dell’Unicef ha pubblicato una guida per le imprese sul lavoro minorile, “Child Labour Resource Guide”, che affronta le ragioni del fenomeno, i tipi di lavoro in cui i bambini vengono impiegati, le normative internazionali esistenti, proponendo una strategia per affrontare il problema da parte delle imprese, soprattutto quando si sospetta, o si ha la certezza, che il problema esista nella catena dei fornitori. Il volume affronta il problema anche dal punto di vista della convenienza, per le imprese, a contrastare il lavoro minorile, sottolineando la crescente importanza degli investimenti socialmente responsabili, che possono pesare sulla reputazione e sul valore del marchio delle aziende che hanno un atteggiamento lassista sul lavoro minorile. Attualmente si stima che nel mondo ci siano 211 milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni impiegati in qualche tipo di lavoro, mentre 180 milioni di quelli che hanno meno di 18 anni sono impiegati nelle peggiori forme di lavoro minorile, che secondo la Convenzione n.182 dell’International Labour Organization (ILO) dell’Onu sono schiavitù e lavoro forzato, sfruttamento sessuale, attività illecite e lavori pericolosi.

L’utilizzo sociale ed etico dei rifiuti, sopratutto di quelli tecnologici, sta assumendo una importanza crescente. La normativa europea che impone l’obbligo di raccogliere e riciclare i prodotti tecnologici esausti o difettosi e inutilizzabili apre nuove possibilità. Esperienze in questo senso sono già state condotte, per esempio in Lombardia da Legambiente, che ha promosso una raccolta di computer di vecchi generazione o con apparenti difetti da riparare e donare poi ad istituti scolastici. Il progetto si lega quasi sempre all’utilizzo di software open source che quasi sempre richiede una dotazione hardware inferiore rispetto ai nuovi modelli. Secondo la Camera di Commercio di Milano, che ha analizzato il potenziale economico di sviluppo dell’economia del riciclo tecnologico, il settore avrà una forte espansione ma dovrà superare i timori delle case madri. In questo senso il no-profit ha una grande opportunità perché si pone in una ottica di servizio e non commerciale per lo sviluppo di situazioni in cui, altrimenti, non sarebbe possibile ad esempio creare un parco di computer per bambini o per una cooperativa sociale che inizia l’attività. A Bologna l’associazione “Occhio del Riciclone” sta organizzando una selezione, direttamente nelle strade, del materiale ingombrante che viene avviato dai cittadini alla discarica. Il materiale ritenuto ancora funzionante e adattabile verrà distribuito gratuitamente a scopo educativo per sottolineare l’importanza di un corretto riuso dei materiali. Gli artisti dell’Occhio del Riciclone proporranno inoltre un’esposizione di opere d’arte e artigianato ottenute con gli scarti al fine di mostrare le potenzialità anche estetiche di quelli che vengono definiti “rifiuti”.

Soddisfazione per «la risoluzione di condanna dell’Italia per violazione dei diritti umani da parte del Parlamento europeo» è stata espressa dal circuito delle associazioni aderenti all’Arci. Le numerose proteste delle associazioni che si occupano di diritti umani non hanno frenato questa pratica che è stata condannata ora a livello anche europeo. L’Arci ricorda come «l’organo europeo si è mosso in seguito alla proposta presentata da quattro gruppi del Parlamento Europeo (Sinistra Unitaria, Socialisti, Verdi e Liberali) per le scandalose espulsioni collettive delle quali è stata teatro Lampedusa. Si tratta di un primo importante riconoscimento istituzionale dell’illegittimità del trattamento che l’Italia riserva ai migranti; un riconoscimento che dovrebbe sbarrare le porte a chi vorrebbe esportare la pratica disumana delle deportazioni di massa - che lede anche i più elementari diritti umani - in ambito europeo». L’accordo per il rimpatrio immediato dei migranti e la creazione di centri di detenzione temporanea sulle coste africane annulla il diritto dei migranti di presentare domanda di asilo politico e di cercare così di sfuggire a situazioni di oppressione. «Ci auguriamo adesso che in Europa determino le condizioni per imporre al nostro paese la sospensione dell’accordo di cooperazione siglato col governo libico. Sarebbe una prima vittoria importante dei migranti e di tutte quelle organizzazioni che si battono per l’accoglienza e il rispetto dei diritti umani».

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Problemi molto tipici per lavoratori totalmente atipici

Un viaggio nel mondo dei lavoratori senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Con la legge Biagi esplode il precariato: oggi potrebbero essere più di un milione gli occupati con “nuovi” contratti. Molte le porte chiuse sul loro cammino. Le istituzioni pubbliche, il mondo bancario, l’intero sistema sociale e assistenziale non sembrano riuscire a rispondere al rapido cambiamento del mondo del lavoro.

MARCO, 30 ANNI, SONO CRESCIUTI INSIEME. Stesso luogo di lavoro e dalle differenze rispetto ai lavoratori assunti. cortile da bambini, stesso iter scolastico: il liceo e la Differenze inesistenti per quanto riguarda le mansioni, gli orari di laurea. Eppure le loro vite oggi sono molto diverse. lavoro e le responsabilità, che di fatto sono esattamente le stesse Paolo guadagna 2.000 euro al medei lavoratori a tempo indeterminato. Ben diversi invece i diritti, se, Marco a fatica raggiunge i le tutele e i compensi. Per un lavoratore atipico è vietato ammadi Elisabetta Tramonto 1.000. Paolo può permettersi di larsi. Se la maternità è stata in parte regolata dalla legge Biagi, la ammalarsi, andare in vacanza e chiedere un mutuo per comprare malattia non è presa in considerazione. Ogni giorno a letto con una casa. Marco no. Che differenza c’è tra i due? Paolo ha un conl’influenza è un giorno di stipendio in meno. L’unico caso in cui tratto di lavoro a tempo indeterminato, Marco ha una collaborazioè previsto un rimborso è il ricovero ospedaliero. Quindi se sei atine a progetto. Due prospettive di vita completamente diverse. pico ti conviene stare davvero molto male. Parasubordinati, atipici, flessibili, precari: termini diversi per inI lavoratori atipici possono essere licenziati in qualsiasi modicare un’unica realtà. Una condizione discriminante che inizia sul mento, basta un breve preavviso. Ma nella maggior parte dei casi luogo di lavoro e finisce nella vita quotidiana, nell’accesso ai servinon serve neanche ricorrere al licenziamento. Un contratto di colzi più essenziali. Un lavoratore atipico può vedere escluso il proprio laborazione dura talmente poco, di solito dai tre ai sei mesi, per cui figlio dall’asilo, risultando temporaneamente senza lavoro e quinè sufficiente non rinnovarlo per liberarsi di un lavoratore. di senza necessità di usufruire del servizio. Per un lavoratore atipiDi sussidi di disoccupazione poi neanche a parlarne. La disoccuco è quasi impossibile ottenere un mutuo per comprare una casa. pazione è una condizione che rischia di verificarsi spesso per i lavoIl mondo del lavoro sta cambiando ratori atipici, che per definizione non hanno ISCRITTI INPS AL FONDO GESTIONE SEPARATA piuttosto velocemente, forse troppo. Le garanzie di continuità del rapporto di lavoANNO UOMINI DONNE TOTALE istituzioni pubbliche, il mondo bancario, ro. Sarebbero i destinatari di diritto di un sus1996 584.776 389.311 974.087 l’intero sistema sociale e assistenziale non sidio di disoccupazione. E invece niente. 1997 727.013 549.727 1.276.740 sembrano altrettanto reattivi. Così questa Una ricerca della Nidil-Cgil ha stimato 1998 855.806 675.023 1.530.829 nuova categoria, sempre più numerosa, si che un lavoratore atipico guadagna in me1999 964.877 780.988 1.745.865 ritrova senza una serie di tutele e di servizi dia 12.500 euro lordi all’anno. Un collega 2000 1.037.059 860.289 1.897.348 sociali essenziali. che svolge le stesse mansioni ma è assun2001 1.142.938 970.542 2.113.480 to a tempo indeterminato, può guadagna2002 1.287.742 1.104.785 2.392.527 re anche il doppio. E rispetto al collega asDura la vita per un atipico 2003 1.510.276 1.327.011 2.837.287 sunto, l’atipico ha degli oneri decisamenI problemi di un lavoratore atipico? C’è Fonte: Inps te superiori. Il contributo previdenziale inl’imbarazzo della scelta! Si può partire dal

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MOLTE DEFINIZIONI PER POCHI DIRITTI QUESTI I NUOVI CONTRATTI, per lo più introdotti dalla riforma Biagi, per chi oggi si affaccia nel mondo del lavoro e non è tra i pochi che riescono a ottenere un contratto a tempo indeterminato. CONTRATTI A PROGETTO In questa categoria è confluita la maggior parte delle vecchie co.co.co. (collaborazioni continuate e continuative). È un contratto di collaborazione continuata e continuativa dove il lavoratore gode di autonomia organizzativa. Nel contratto si devono specificare le mansioni da svolgere, le modalità, il compenso e la durata del rapporto di lavoro (del progetto) o almeno l’evento che lo farà terminare (ad esempio: “quando saranno stati archiviati tutti i libri arrivati nel magazzino della libreria”). LAVORO A CHIAMATA (JOB ON CALL) Il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro che lo chiama solo quando ha bisogno. La “disponibilità” del lavoratore è ripagata con un’indennità specifica, oltre alla retribuzione per le ore di lavoro effettuate. LAVORO RIPARTITO (JOB SHARING) Introduce il principio della condivisione del lavoro. Due o più persone possono svolgere una stessa prestazione di lavoro concordando tra loro come ripartirsi gli incarichi e i tempi di lavoro. APPRENDISTATO Prestazione lavorativa cui si unisce la formazione professionale. Può essere destinato ai giovani che abbiano compiuto 15 anni per completare la loro istruzione, oppure fino ai 29 anni per ottenere una qualifica professionale. PRESTAZIONI D’OPERA INDIVIDUALI Sono i lavoratori che hanno aperto una partita Iva e svolgono un’attività lavorativa per un datore di lavoro senza alcun vincolo di subordinazione. Spesso gli ex co.co.co. anziché essere assunti sono spinti ad aprire una partita Iva per continuare a lavorare per un’azienda. CO.CO.CO. (COLLABORAZIONI CONTINUATE E CONTINUATIVE) Ancora permesso per: pubblico impiego, lavoratori iscritti ad albi professionali, associazioni sportive, pensionati di vecchiaia, venditori porta a porta. LAVORATORI IN SOMMINISTRAZIONE Così vengono chiamati oggi i lavoratori interinali, che hanno due contratti di lavoro. Uno, anche a tempo indeterminato, con l’agenzia di lavoro interinale e uno con l’azienda presso la quale prestano la loro attività lavorativa. Quest’azienda si è rivolta all’agenzia interinale per trovare del personale. LAVORI OCCASIONALI E ACCESSORI Sono attività lavorative occasionali svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale, non ancora entrati nel mondo del lavoro o in procinto di uscirne (disoccupati da oltre un anno, casalinghe, studenti, pensionati, disabili). È prevista una durata massima di 30 giorni nell’arco dell’anno e un compenso massimo di 5.000 euro. Di solito questi lavoratori svolgono attività come lavori domestici, assistenza a bambini o anziani, ripetizioni private. ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE Sono una via di mezzo tra un dipendente e un socio di un’azienda. Non hanno quote societarie, contribuiscono solo con il proprio apporto di lavoro. Partecipano agli utili. Alcuni addirittura accettano di partecipare alle eventuali perdite.

nanzitutto, quel 18-19% dello stipendio che il collaboratore deve versare al fondo di gestione separata dell’Inps, creato apposta per questa categoria di lavoratori. Difficile pensare al domani per un lavoratore atipico. Se oggi la pensione è un’incognita per qualsiasi lavoratore che abbia meno di 40 anni, per chi non ha un contratto a tempo indeterminato è un’utopia. Le pensioni integrative costano troppo in proporzione agli stipendi degli atipici. E facendo due conti il contributo statale sarà ridicolo. Secondo i calcoli della Nidil-Cgil, andando avanti di questo passo, versando cioè il 18-19% del loro stipendio, al momento della pensione i lavoratori atipici riceveranno non più di 400 euro. «Ben al di sotto dell’assegno sociale», spiega Davide Imola, segretario nazionale Nidil-Cgil. Il paradosso è che nel fondo dell’Inps per gli atipici ci sarebbero risorse sufficienti a sopperire a tutti questi bisogni - la malattia, la disoccupazione, gli infortuni - ma non vengono usate. «È l’unico fondo dell’Inps a non essere in rosso – aggiunge Davide Imola della Nidil – Ha un avanzo patrimoniale di oltre 28 miliardi di euro, ma centellina gli interventi in favore dei lavoratori. Basta pensare che il bilancio previsionale del fondo per quest’anno indica entrate per 5.514 milioni di euro e uscite per soli 130 milioni di euro, circa il 2%». «Non si erogano ancora pensioni e si erogano pochissime prestazioni sociali – continua Davide Imola – per accedere a prestazioni sociali vengono fissati requisiti talmente difficili da raggiungere che alla fine quasi nessuno riesce a ottenerle».

E fuori dall’ufficio? Gli ostacoli sul cammino dei lavoratori atipici si estendono anche fuori dal luogo di lavoro, nella vita quotidiana. Un semplice quanto essenziale servizio come gli asili nido e le scuole materne per i bambini spesso sono inaccessibili per i lavoratori atipici. La situazione cambia da una struttura all’altra e da una regione all’altra, ma spesso tra i requisiti richiesti al momento dell’iscrizione di un bambino all’asilo c’è anche il contratto di lavoro. I figli degli atipici vengono penalizzati e, a parità degli altri criteri considerati, finiscono in fondo alla graduatoria e rischiano di non poter essere ammessi alla scuola. E allora? Con il risicato stipendio da collaboratore, la mamma “atipica” deve anche pagare una baby sitter o lasciare il lavoro per restare con i figli.

Porte chiuse dalle banche «Senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato il computer non accetta neanche la pratica». È questa la risposta più frequente che un lavoratore atipico si sente dare in banca di fronte alla richiesta di un mutuo. Le banche faticano ad adattarsi ai cambiamenti del mondo del lavoro. Troppa la paura di non recuperare il credito concesso. Se il debitore non fosse più in grado di pagare le rate del mutuo, la banca potrebbe procedere a un’esecuzione immobiliare, ma prima di riuscire effettivamente a mettere mano sulla casa ipotecata passerebbero dai 5 ai 7 anni. Questo è il motivo per cui il contratto di lavoro a tempo indeterminato è considerato un salvagente indispensabile. «Le banche hanno bisogno di due elementi, o di almeno uno dei due, per poter concedere un mutuo – spiega Stefano Caselli, profes|

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CHI PENSA AGLI ATIPICI? NIDIL – Nuove Identità di Lavoro È la struttura sindacale della Cgil nata nel 1998 per dare una tutela ai lavoratori atipici. Sede nazionale in via Palestro 78, Roma tel. 06 44340310 – www.nidil.cgil.it ALAI – Associazione lavoratori atipici e interinali È un’associazione all’interno della Cisl nata nel 1998 per offrire rappresentanza ai protagonisti dei nuovi contratti di lavoro. Sede nazionale in via Nizza 53, Roma tel. 06 8416378 – www.alai.cisl.it CPO – Coordinamento per l’occupazione Fa parte del dipartimento del mercato del lavoro dedicato agli atipici della Uil. Sede nazionale in via Lucullo 6, Roma tel. 06 4753337 (o 367) – www.uil.it/cpo

sore associato di economia degli intermediari finanziari all’Università Bocconi di Milano – Primo, la stabilità del reddito, avvalorata dal contratto di lavoro. Secondo, dati storici di riferimento riguardo alla categoria a cui appartiene chi chiede il mutuo». Cioè se i lavoratori atipici esistessero da diversi anni e se, in base ai dati statistici, si dimostrasse che, nonostante non abbiano un contratto fisso, di solito restituiscono il credito, le banche non avrebbero problemi a concedere un mutuo. «È solo una questione di tempo – continua Stefano Caselli – i lavoratori atipici esistono da troppo poco. Tra qualche anno il problema dell’accesso al credito non esisterà più». Intanto alcune banche, poche, si stanno già muovendo per andare incontro alle esigenze degli atipici. Banca di Roma è stata la prima a lanciare un prodotto pensato apposta per i lavoratori flessibili, il «Mutuo giovani», nato a novembre dell’anno scorso. Per richiederlo basta aver lavorato, con qualsiasi tipo di contratto atipico e anche in imprese diverse, per almeno 30 mesi negli ultimi 3 anni e avere dai 18 ai 35

anni d’età. Si può richiedere un mutuo al massimo di 150 mila euro, con una rata mensile che non superi il 35% dello stipendio. I tassi di interesse richiesti sono gli stessi dei mutui per i lavoratori con contratto a tempo determinato. A febbraio di quest’anno anche banca Woolwich, l’istituto specializzato in mutui del gruppo britannico Barclays Bank, ha pensato a un mutuo ad hoc, a tasso fisso o variabile, per i lavoratori atipici fino a 35 anni di età. In questo caso è richiesto un numero inferiore di mesi di lavoro, solo 24, ma i tassi applicati sono leggermente più alti rispetto a quelli per i clienti standard. Da poco anche Unicredit Banca per la casa ha allargato i propri orizzonti, accettando clienti che abbiano lavorato per almeno 3 anni consecutivi prima della richiesta del mutuo. Qualche altro istituto - come Banca Intesa, Bnl o GE Money Bank, la divisione di credito al consumo di General Electric - pur non disponendo di proposte specifiche per i lavoratori atipici, è ora un po’ più permissivo e, con qualche precauzione, concede un mutuo anche senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il resto del mondo bancario è rimasto con le mani in mano, fermo a condizioni paleolitiche e, di fronte alla richiesta di mutuo da parte di un lavoratore atipico, risponde con un secco no.

Il tira e molla dei numeri Ma quanti sono i lavoratori atipici oggi? L’Istat nel suo ultimo rapporto parla di 650 mila collaboratori e 150 mila interinali. La NidilCgil calcola invece almeno un milione di lavoratori atipici, escludendo le prestazioni occasionali. «Bisogna fare riferimento al fondo di gestione separata dell’Inps, dove gli atipici versano i loro contributi previdenziali» spiegano dalla Nidil. Gli iscritti alla gestione separata dell’Inps sono 2.800.000. Una cifra che comprende anche chi ha cambiato posizione lavorativa, magari è stato assunto, che non ha l’obbligo di cancellarsi dal fondo. L’ultimo dato ufficiale dell’Inps (2003,) vede 1.700.000 posizioni attive. Se aggiungiamo i nuovi iscritti previsti per il 2004, che la Nidil stima saranno 180.000 circa, e togliamo i collaboratori non puri, quelli che hanno altri redditi, otteniamo una cifra di 1.036.000 persone, a cui si devono aggiungere collaborazioni occasionali.

L’identikit dei lavoratori atipici? In senso stretto sono atipici i contratti di lavoro non dipendente, come le collaborazioni continuate e continuative e i nuovi contratti a progetto. In senso lato sono compresi gli altri lavoratori che, seppur dipendenti, sono esclusi dal contratto a tempo indeterminato: il lavoro internale, l’apprendistato, i contratti di formazione e lavoro, il part time. L’Eurispes ha tracciato un profilo dei tipici lavoratori atipici: hanno un’età compresa tra i 26 e i 39 anni, una professionalità medio-alta, in gran parte hanno una laurea, il 90% ha almeno un diploma. Si tende ad associare il concetto di lavoratori flessibili con la legge 30/2003, la cosiddetta riforma Biagi. In realtà la tendenza alla “flessibilità”, o forse è meglio dire alla precarietà, è iniziata molto prima dell’entrata in vigore della norma nell’ottobre del 2003 e del suo effettivo funzionamento a pieno regime dalla fine dell’anno scorso. Forme di contratti diverse da quello di assunzione a tempo indeterminato compaiono già nel codice civile. Poi ci sono stati i decreti De Michelis nel 1984, che hanno introdotto i contratti di formazione e lavoro, il part time e l’apprendistato, e il pacchetto Treu nel 1997, che ha codificato il lavoro interinale, che poi verrà chiamato “lavoro in somministrazione”. La legge Biagi ha dato il colpo di grazia, fornendo alle imprese un ventaglio di possibili contratti flessibili talmente vasto e talmente conveniente da non lasciare loro alternative. Perché un’impresa dovrebbe assumere un lavoratore se firmare un contratto a progetto costa circa il 40% in meno? Si risparmia infatti un’enorme fetta di contributi che invece con un assunzione bisognerebbe versare. E ci si mette al sicuro dal rischio di non poter licenziare un lavoratore in un momento in cui è necessario tagliare i costi. Gli ultimi dati dell’Eurispes, pubblicati nel “Rapporto Italia 2005”, rivelano che più della metà (il 52%) dei nuovi posti di lavoro creati tra il 2002 e il 2003 sono atipici. Dall’introduzione della legge Biagi, su 100 collaboratori continuati e continuativi, 61, anziché accedere a una maggiore stabilità, sono diventati “lavoratori a progetto” e 25 sono stati costretti ad aprire una partita Iva. Solo il 3% ha ottenuto un’assunzione.

IL WELFARE PER GLI ATIPICI, MOSCHE BIANCHE QUA E LÀ C’È MOLTO DA FARE PER I LAVORATORI ATIPICI. E qualcosa si sta già facendo, anche se solo a livello locale. Ecco alcuni rari ma preziosi casi di intervento pubblico per questa categoria così penalizzata. A dimostrazione che si può cambiare la situazione, basta volerlo. Il panorama è decisamente grigio, ma, se si guarda bene, è possibile vedere qualche timido spiraglio di luce. Per i problemi incontrati in ambito lavorativo le organizzazioni sindacali (Nidil, Alai e Cpo, vedi box) cercano di trovare soluzioni contrattando con le singole aziende. E qualche risultato è già visibile. Sul fronte dell’accesso ai servizi sociali, come l’ammissione agli asili per i figli degli atipici, la concessione di mutui per l’acquisto della prima casa, la formazione professionale, invece siamo in alto mare. Ma, nella totale assenza di interventi strutturali da parte del governo, qua e là si scorge qualche rara e isolata iniziativa andata a buon fine. Come in Liguria, dove la Provincia di La Spezia da tre anni pensa alla loro formazione. Ha creato degli sportelli dove vengono distribuiti a chi ne faccia richiesta dei buoni da usare per pagare corsi di formazione che ogni lavoratore può scegliere liberamente. Circa 70 mila euro all’anno dirottati dai finanziamenti del fondo sociale europeo per la formazione professionale, che hanno permesso a un centinaio di collaboratori ogni anno di seguire un master o un corso di aggiornamento. In Toscana ci sono invece gli sportelli Prometeo, realizzati dalla Regione e gestiti dalle tre organizzazioni sindacali, dove gli atipici trovano occasioni di informazione, orientamento al lavoro e formazione. Dal 2000 la regione Emilia Romagna concede finanziamenti per implementare la loro attività: dai corsi di formazione all’acquisto di materiale pubblicitario. Da poco più di un anno invece in Sardegna si è ricorso a una legge regionale per consentire l’accesso al credito per i lavoratori senza un contratto a tempo indeterminato. Si è infatti pensato di istituire un fondo di garanzia finanziato dalla Regione. Può accedervi chiunque voglia acquistare una prima casa ma non abbia i requisiti richiesti dalle banche, ma è stato pensato in particolare per gli atipici. Da poco si è aggiunta anche la Provincia di Milano, che due mesi fa ha lanciato un Fondo di garanzia per i lavoratori atipici per permettere loro di accedere al credito.

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Atipici, una logica al contrario Davide Imola, segretario nazionale della NIdiL-cgil dipinge il quadro di contraddizioni che avvolgono i lavoratori atipici. Pochi diritti e compensi bassi che aiutano l’Inps a non crollare. Colpa della legge ma ancora di più dei datori di lavoro.

«C

BIAGI è nata una terza categoria di lavoratori a metà tra i dipendenti e gli autonomi. Una categoria ibrida che prende il peggio da entrambe le tipologie. Sono i lavoratori atipici». Così Davide Imola, segretario nazionale della NIdiL (Nuove Identità di Lavoro), la struttura della Cgil dedicata alla tutela dei lavoratori atipici, descrive questi nuovi lavoratori.

ON LA LEGGE

I contratti atipici sono sempre più diffusi. Che svantaggi presenta essere un atipico? Gli atipici svolgono lo stesso lavoro degli altri senza averne le tutele. Godono di un trattamento svantaggiato sul | 54 | valori |

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luogo di lavoro senza garanzia di mantenere il posto, devono sostenere più oneri dei lavoratori dipendenti e non possono accedere a una serie di servizi sociali, come il credito o un mutuo In che senso sono penalizzati sul luogo di lavoro? La legge Biagi mette alla pari il lavoratore e il datore di lavoro. È assurdo. Ovunque esistono leggi di protezione per il lavoratore fatte apposta per riequilibrare il potere enorme che il datore di lavoro ha nei suoi confronti. Gli atipici possono essere licenziati in qualsiasi momento. Il datore di lavoro può rescindere il contratto senza paga-

re alcuna penale dando un preavviso, di solito molto breve. Le donne sono ancor più penalizzate. In caso di maternità a rischio ottenere un sussidio è difficilissimo. E la malattia? Non è presa in considerazione. L’unico intervento è previsto in caso di ricovero ospedaliero. Quindi il lavoratore atipico non può ammalarsi oppure deve sperare di farsi molto male. E gli stipendi? Questa è la differenza più evidente rispetto ai lavoratori

dipendenti. Secondo i dati dell’Inps il guadagno medio annuo di un lavoratore atipico è di 12.500 euro lordi. Le donne a parità di luogo e di professionalità guadagnano un terzo in meno e al Sud si guadagna la metà. Lei parlava di oneri superiori rispetto ai lavoratori dipendenti… Innanzitutto ci sono i contributi. Un lavoratore atipico versa il 18-19% del proprio stipendio nel fondo di gestione separata dell’Inps. In questo fondo di gestione affluiscono tutti i contributi previdenziali dei lavoratori atipici. Oggi gli atipici stanno pagando le pensioni delle altre |

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«L’anomalia di contratti incerti e sottopagati è solo italiana».

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| commercio equo | economiasolidale | categorie di lavoratori. Eppure dopo 35 anni completi di contributi, un lavoratore atipico riceverebbe 400 euro di pensione, una cifra al di sotto della pensione sociale.

COLPO DI STATO ALL’INPS MOVIMENTI SILENZIOSI attorno al Fondo previdenziale per i lavoratori atipici. Vi ha messo mano la Finanziaria. La Nidil-Cgil insorge puntando il dito contro il ministero del Lavoro. E dal ministero il sottosegretario Sacconi replica attaccando i sindacati e definendo quello degli atipici «il meno importante di tutti i fondi». C’è fermento all’Inps, attorno al Fondo previdenziale per i lavoratori parasubordinati, gli atipici insomma. Parliamo di un fondo che amministra risorse per oltre 28 miliardi di euro (questo l’avanzo patrimoniale per il 2005 secondo il bilancio previsionale dell’Inps). È in corso un cambiamento, tanto improvviso quanto silenzioso, le cui conseguenze, seppur immaginabili, si potranno toccare con mano nei prossimi mesi. E ricadranno tutte sulle spalle della fascia più debole e meno tutelata nel mondo del lavoro. Fino a 5 mesi fa i lavoratori atipici avevano la possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti all’interno del comitato di gestione del fondo previdenziale a loro dedicato. Sei dei tredici membri del fondo, infatti, erano eletti dagli iscritti alla gestione separata dell’Inps (altri sei nominati dalle associazioni di categoria dei datori di lavoro e due nomine spettavano al ministero del Welfare). Era così garantita la partecipazione diretta da parte dei lavoratori al comitato che avrebbe amministrato i loro contributi previdenziali. Il presidente del fondo poi era, per legge, scelto tra i sei membri eletti dai lavoratori. A novembre si sono svolte le elezioni per il rinnovo del comitato. Tutto cancellato. Ci ha pensato la Finanziaria a cambiare le regole. Il comma 158 della Legge Finanziaria 2005 ha infatti annullato il risultato delle elezioni e ha stabilito che: primo, i lavoratori atipici non potranno più eleggere direttamente i propri rappresentanti, sostituiti da membri (cinque e non sei) nominati da non meglio chiarite associazioni di lavoratori. Secondo, ma primo per importanza, il presidente del Fondo sarà il presidente dell’Inps, dal 2003 Gian Paolo Sassi. Si verifica una situazione per cui «controllore e controllato coincidono – si legge in un comunicato di accusa da parte della Nidil-Cgil – un atto grave, e un precedente pericoloso per gli altri fondi previdenziali». «Non vedo il problema», replica Maurizio Sacconi, sottosegretario al ministero del Welfare, che non si è occupato direttamente della questione, ma, in ogni caso, difende la decisione del governo a spada tratta. «È stata una decisione sacrosanta - continua Sacconi - Era ingiustificabile l’esistenza di un fondo elettivo e oltretutto era molto oneroso. Non si trova un analogo meccanismo elettivo negli altri fondi. Quella del fondo dei lavoratori atipici era un’anomalia e i tassi di partecipazione al voto da parte dei lavoratori non incoraggiavano certo la persistenza di una composizione elettiva del comitato di gestione. Il fatto di aver affidato al presidente dell’Inps la presidenza del fondo è solo un altro elemento a completamento della scelta di superamento del meccanismo elettivo». Questo il botta e risposta a distanza tra i sindacati e il governo, due posizioni diametralmente opposte. «Probabilmente il ministero del Lavoro ha intenzione di indebolire qualsiasi reale processo di emancipazione e di miglioramento delle condizioni dei lavoratori parasubordinati», accusano ancora dalla Nidil-Cgil. «Furono i sindacati all’inizio degli anni Novanta a decidere di uscire dalla gestione dell’istituto previdenziale – conclude Sacconi – Che senso ha adesso questo desiderio di partecipazione dei sindacati nella gestione del meno importante di tutti i fondi? Il sindacato ha chiesto funzioni di indirizzo, di vigilanza, non di gestione».

In che senso gli atipici pagano le pensioni degli altri lavoratori? Quello degli atipici è l’unico fondo dell’Inps non in rosso e, dal momento che nell’istituto di previdenza vige un principio solidaristico per cui si possono trasferire fondi da gestioni in attivo a gestioni in passivo, l’Inps attinge dal fondo degli atipici per pagare le pensioni ai lavoratori con un contratto di assunzione. Perché le aziende oggi ricorrono così massicciamente a contratti di lavoro atipici? Perché costano meno. Negli altri Paesi un lavoratore atipico costa di più. In Gran Bretagna, dove si fa enorme ricorso alla flessibilità, i lavoratori parasubordinati prendono di più degli assunti. In Italia invece il lavoratore atipico oltre a essere flessibile, sempre disponibile e licenziabile in qualsiasi momento, costa anche molto meno. È più conveniente per l’azienda del 40%. Ma la proliferazione dei contratti atipici non è solo un problema per i lavoratori, mette a rischio l’intero sistema economico italiano.

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La Regione Toscana ha varato il primo provvedimento organico per il sostegno del commercio equo solidale: disciplinare, registro di riferimento per gli operatori del settore e l’istituzione di una Giornata dedicata alle buone pratiche sono i punti salienti di un provvedimento giudicato in modo molto positivo dalle reti di economia solidale.

di Paola Baiocchi In che modo viene minato il sistema economico? Le imprese che introducono lavoro flessibile abbassano i costi, costringendo le imprese sane, che vorrebbero applicare contratti di lavoro dipendente, a usare contratti atipici perché altrimenti non riuscirebbero a competere. È possibile intervenire a tutela del lavoratore a livello sindacale? È molto difficile, perché la legge ha creato delle condizioni giuridicamente ardue da contestare. Stiamo procedendo su più piani: a livello individuale, con un’opera di informazione grazie alle 95 sedi sindacali in Italia e ad Internet,. A livello collettivo stiamo cercando la contrattazione con le singole imprese. Stiamo recuperando modalità di protezione sociale che i lavoratori si erano dati prima che nascessero i sindacati, con la società del mutuo soccorso. Facciamo pagare nei contratti ai datori di lavoro l’adesione all’assistenza mutualistica. Ma dove sta il problema? Nella legge Biagi? La legge ha legalizzato gli abusi che già c’erano e li ha messi in salvo da possibili contenziosi. È una legge che protegge i datori di lavoro e consente loro di abusare del lavoro delle persone. In Italia non si stanno usando queste forme di lavoro perché c’è bisogno di flessibilità ma perché si vuole abbassare costo del lavoro, facendone pagare le conseguenze solo ai lavoratori.

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Gli acquisti intelligenti diventano anche nobili

Il provvedimento della Regione Toscana potrebbe essere seguito da altre realtà locali.

di sostegno, con tanto di disciplinare, un registro di riferimento per gli operatori del settore e l’istituzione di una Giornata per la sensibilizzazione dei consumatori. Artefice di questo importante provvedimento il consiglio regionale della Toscana che il 17 febbraio -nell’ultima seduta della legislatura - ha approvato la legge 24/2005 contenente “Disposizioni per il sostegno alla diffusione del commercio equo e solidale in Toscana”. Nata dalla fusione di due distinte proposte avanzate una dalla Margherita e l’altra dai Democratici di sinistra, la legge sul commercio equo e solidale prosegue un cammino indicato dallo Statuto regionale e già attuato nelle politiche della Toscana, che rivolgono un’attenzione particolare non solo alla promozione della solidarietà e del dialogo tra i popoli, ma anche alla valorizzazione delle specificità delle colture e al rispetto dei produttori. Precedentemente, infatti, la Toscana con la legge 53 del 2000 aveva vietato la produzione e la commercializzazione degli organismi geneticamente modificati sul suo territorio. Ora è la prima Regione a varare una legge a sostegno della diffusione del commercio equo solidale, fornendo un modello al resto d’Italia che potrebbe diventare un disegno legislativo nazionale. La legge 24/2005 prevede un “disciplinare” con i requisiti per il riconoscimento dei prodotti di questo commercio etico, l’accesso prioritario ai contributi della programmazione regionale e istituisce il Registro del commercio equo e solidale, con cui verrà data visibilità alle molte associazioni o cooperative che operano in questo settore e che contemporaneamente danno vita ad esperienze di gruppi di acquisto, gestiscono mercatini, organizzano iniziative di formazione, lanciano campagne di pressione o di boicottaggio. Da parte dell’associazionismo toscano sono molte le voci di soddisfazione per questa legge: «un importante passo in avanti e un esempio che speriamo possa essere seguito da altre regioni» - dice Fabrizio Tognoni dell’Associazione Chiodofisso, che gestisce tra l’altro una Bottega del mondo a Perignano, in provincia di Pisa - «La legge è nata dopo un intenso confronto con i rappresentanti del Coordinamento regionale delle Botteghe del mondo e di-

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L COMMERCIO EQUO SOLIDALE CONQUISTA LA SUA PRIMA LEGGE

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50 I PAESIda cui vengono importati direttamente prodotti alimentari ed artigianato da oltre 1.000 organizzazioni che impiegano, a livello nazionale, piÚ di un milione di lavoratori; 4.000 le Botteghe del Mondo che vendono i prodotti importati e promuovono iniziative di informazione impiegando circa 3.000 dipendenti e piÚ di 200.000 volontari per un fatturato totale di oltre 400 milionidi euro. Sono trenta le Botteghe del mondo in Toscana, con nomi che trasmettono l’humor locale come l’Acqua Cheta di Pistoia o l’Ex Aequo di Grosseto, riunite in un coordinamento toscano, nel 2004 hanno fatturato oltre 10 milioni di euro.

rei che in buona misura ne recepisce le indicazioni. Ăˆ una legge che sostiene le pratiche consolidate del movimento toscano del commercio equo, in particolare sul versante educativo e della promozione di una cultura di consumo responsabile, introducendo anche alcuni aspetti significativi. Il disciplinare di prodotto per esempio - continua Fabrizio Tognoni - mi sembra uno strumento di garanzia, che può servire a rappresentare anche le realtĂ piĂš “lillipuzianeâ€?, quelle che non potrebbero permettersi i costi della certificazione, accessibili solo a fronte di alti volumi di produzioneÂť. Ăˆ anche un modo, quindi, per riconoscere e valorizzare la complessitĂ di questa realtĂ , che è fatta piuttosto di tanti piccoli progetti di importazione diretta, per i quali un processo di certificazione sarebbe impensa-

bile, pur essendo in presenza di un totale rispetto della carta dei criteri. Il disciplinare di prodotto, che verrĂ elaborato con le associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale e in cui verranno indicate le modalitĂ di riconoscimento di un prodotto equosolidale, sarĂ anche una difesa per i consumatori per evitare che acquistino prodotti che si fregiano di questa definizione, ma che tali non sono. Poi, dato che consumatori consapevoli non si nasce, la legge 24/2005 istituisce anche una Giornata regionale del commercio equo per promuoverne la conoscenza e la diffusione; inoltre prevede specifiche azioni educative nelle scuole finalizzate al rafforzamento del diritto del consumatore ad essere informato non solo sul prodotto, ma anche sugli effetti ambientali e sociali derivanti dalla sua produzione e commercializzazione. ÂŤUn altro aspetto importante della legge - riprende Fabrizio Tognoni di Chiodofisso - è che dĂ indicazioni agli Enti locali, alle Aziende sanitarie e alle altre istituzioni e organizzazioni locali per introdurre nelle mense e nei punti di somministrazione interni prodotti del commercio equo. Una scelta del genere avrebbe un forte valore simbolico e potrebbe costituire un’occasione educativa molto efficace, in cui l’uso stesso del prodotto diviene veicolo di informazione su culture diverseÂť. Le disposizioni regionali appena approvate contengono anche incentivi e agevolazioni alle imprese e ai soggetti del commercio equo e solidale. Insomma una legge completa di tutto: a questo punto l’unica cosa che manca è il regolamento attuativo, che il nuovo Consiglio di Palazzo Panciatichi deve emanare entro 180 giorni dall’entrata in vigore e che è, comprensibilmente, atteso con trepidazione.

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16 ottobre 2001: l’area, ribattezzata Ground Zero, verrà ora riedificata. Un concorso internazionale ha visto vincitore l’architetto Daniel Libeskind

New York, 2001

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mokadesign.it

il mensile di economia sociale e finanza etica

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altrevoci LE NOTIZIE SCOMODE CHE EDITORI E GIORNALISTI FANNO SCOMPARIRE

ORIGINI DELLA JIHAD E SCONTRO DI CIVILTÀ

CONTRO IL NAZISMO SENZA RETORICA

IL CLIMA VISTO DA ETICA E POLITICA

CREATIVITÀ E IMPRESA PER UN PENSIERO INNOVATIVO

FUNDRAISER ETICI AL SERVIZIO DEL NOPROFIT

Quando una notizia imbarazza, mette a disagio o danneggia forme di potere, spesso scompare: zittita da una replica non richiesta, sostituita da un fatto di cronaca eccessivamente sottolineato o resa neutrale da una lunga serie di condizionali nell’articolo. È un fenomeno noto, conosciuto sia da chi scrive ed edita, sia dai più accorti lettori. Leader politici, capi militari, agenzie di intelligence, media, multinazionali, istituzioni religiose, detentori riconosciuti di sapere, guardiani della moralità: tutte persone e istituzioni che hanno interesse a non subire troppo le attenzioni della vera stampa, quella che interroga, approfondisce e confronta. Non a caso il compito di molte istituzioni e uffici stampa è proprio quello di fare in modo che l’effetto di un’inchiesta giornalistica o di un avvenimento si stemperi. Le notizie, anche se pubblicate, diventano “le notizie che non si sanno”. Se si è poi spiriti poco critici e indipendenti e portati al fideismo, quale sia l’oggetto del credo, il compito sarà ancora più facile perché le notizie che non si sanno ancora di più faranno fatica a fare breccia. Il volume pubblicato da Nuovi Mondi Media, attivissima casa editrice italiana, è già un bestseller in Canada e negli Usa e ripropone notizie che le nuove forme di censura hanno oscurato, ora in nome del “politicamente corretto” e del rispetto religioso, ora temendo le conseguenze economiche dell’affondo contro potenti, ora proprio a seguito dell’intervento minaccioso delle persone citate o per tutte le possibili ragioni per le quali si preferisce che di un fatto, quasi all’improvviso, non si parli più.

Tra Occidente e mondo islamico è in atto uno “scontro di civiltà”? Questo libro sostiene di sì. Una tesi certo non politically correct e che molti non condividono (iniziando con il consulente di Bush sull’Islam Daniel Pipes, direttore del Middle East Forum). Ma sono soprattutto queste persone che dovrebbero ritagliarsi un paio d’ore per leggere cosa sostiene Pellicani, docente di sociologia politica. Non una tesi urlata alla Oriana Fallaci, ma un’analisi pacata sulle origini della jihad, partendo dall’ipotesi avanzata da uno studioso arabo del XIV secolo, Ibn Khaldun, sulle ragioni che hanno reso difficile per la civiltà musulmana competere economicamente con l’Occidente. Di qui il dramma e la frustrazione del popolo. «Come è potuto accadere che il mondo sia diventato l’inferno dei credenti e il paradiso dei miscredenti?» La guerra tra Occidente e mondo islamico per l’autore è una guerra culturale tra due modelli di civiltà «costitutivamente incompatibili», uno fondato sulla legge dell’uomo e sulla libertà, l’altro sulla sharia.

Cinquanta milioni di vittime, paesi completamente distrutti, l’attacco con armi atomiche al Giappone. La Seconda Guerra Mondiale, «universalmente celebrata come l’eroica difesa di un continente oppresso da un imperialismo che sembrava non avere limiti» è stata anche il frutto di una realpolitick che la storiografia parallela inaugurata da Howard Zinne e ripresa da Michael Zezima vuole sia approfondita e divenga parte dell’analisi storica. La guerra “buona e giusta” contro l’oppressione nazista merita un’analisi storica, senza visioni eroiche. Emergono così l’indifferenza degli Alleati verso lo sterminio degli ebrei; gli affari di parte dell’oligarchia repubblican con i nazisti; gli arresti indiscriminati di cittadini di origini nipponiche dopo Pearl Harbour e i campi di detenzione negli Usa, in cui vennero detenuti anche cittadini italiani; l’entusiasmo del presidente Ford per la politica antisindacale di Hitler prima della sua aggressiva espansione. “Salvate il soldato potere” è un tentativo di ridare a parte della storia contemporanea la doverosa obiettività.

Ideato da addetti ai lavori e da esponenti di comitati etici, “Termometro Terra: il mutamento climatico visto da scienza, etica e politica” è un testo che vuole avviare un percorso multidisciplinare a un tema che non è solo scientifico ma etico, in quanto strettamente connesso all’idea del futuro e del rapporto tra l’azione umana e l’ecosistema. Presentando il volume, il direttore generale del MInistero dell’ambiente Corrado Clini scrive che «Il problema scientifico dei cambiamenti climatici è di per sé molto complesso, ma la mente a volte vacilla di fronte all’intreccio di problemi economici, politici, sociali ed anche etici che da questo scaturisce nell’ambito di una società complessa e articolata come la nostra, Occorre stabilire un dizionario, un linguaggio comune che pur rispettando le differenti vedute permetta di dialogare e realizzare un indispensabile intreccio multidisciplinare. Dall’etica alla fisica, dalla matematica alla politica, anche “Termometro Terra” è un passo in questa direzione».

L’abilità creativa e l’originalità sono doti essenziali per la creazione e promozione di qualsiasi prodotto, quale sia la sua origine. La produzione eticamente più responsabile può avere un impatto comunicativo molto basso se malamente comunicata e spiegata. Il volume di Guerini e Associati, sviluppato da un consulente di linguistica e da un docente di marketing, non è orientato alle produzioni etiche. Il suo pregio però risiede da un lato nell’approccio interattivo che offre al lettore, dall’altro nella semplicità comunicativa che rende accessibili temi tecnici che, una volta acquisiti, acquistano una validità anche in contesti legati all’economia etica. In particolare, come spiegano gli autori, «il testo si concentra sia sugli aspetti micro-creativi, riferiti alle esperienze soggettive degli individui, sia su quelli macro creativi, con l’intento di mettere a fuoco strumenti capaci di accrescere e valorizzare l’interazione e l’innovazione all’interno di un team o di un contesto organizzativo».

Le citazioni che presentano il testo sono prese da Max Weber e don Luigi Giussani e contribuiscono a delineare l’orizzonte e il contesto del volume. Il Fund Raising al servizio di “opere e progetti etici” con una precisa missione: raccogliere il più possibile elevati fondi e disponibilità economiche, finalizzati a realizzare progetti. «Fundraiser: esperti venditori o appasionati missionari?» è la domanda cui cercano di dare una prima risposta gli autori spiegando che «da sempre questa professione si divide tra “business e mission” nella costante ricerca di un equilibrio tra i valori in gioco». Il fundraiser etico deve coinvolgere i suoi interlocutori «spiegando loro la gioia di donare» perché questo «può dare un significato profondo alle loro vite». Il volume prende quindi in esame cinque tipologie di “fundraiser” del noprofit analizzandone, anche alla luce dei curricula degli autori (Melandri è docente di Fund Raising all’Università di Bologna, Vittadini di Statistica a Milano Bicocca) limiti e possibilità da sviluppare.

AA.VV. TERMOMETRO TERRA

ROBERTO B.DILTS- GINO BONISSONE SKILL FOR THE FUTURE

RUSS KICK 50 COSE CHE FORSE NON SAI

LUCIANO PELLICANI JIHAD: LE RADICI

MICHAEL ZEZIMA SALVATE IL SOLDATO POTERE

Emi, 2004

Guerini e Associati, 2005

Nuovi Mondi Media, 2005

Luiss University Press, 2004

Il Saggiatore, 2004

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VALERIO MELANDRI- GIORGIO VITTADINI FUNDRAISER: PROFESSIONISTA O MISSIONARIO?

Guerini e Associati, 2005

economiaefinanza

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LA NUOVA ECOLOGIA IN UNA VESTE RINNOVATA IL GRANDE MERCATO DELLA SALUTE E LE POLITICHE CHE LO REGOLANO

Una nuova veste grafica per contenuti approfonditi, rodati da una lunga esperienza. Il mensile “La Nuova Ecologia” festeggia il suo venticinquesimo anno di pubblicazioni con una nuova direzione (Marco Fratoddi, già vicedirettore) e l’esordio della rinnovata veste grafica. Un vero e proprio rilancio, veicolato da abbonamenti e diffusione in libreria, che passerà anche attraverso lo sviluppo ulteriore del giornalismo d’inchiesta che ha caratterizzato in più occasioni la rivista, la prima a denunciare il fenomeno delle ecomafie in Italia. Secondo il neo direttore verranno inoltre esplorati «i nuovi stili di vita, le buone pratiche che oggi possono rendere concreta nella vita quotidiana di tutti la sostenibilità». Diffusa in circa centomila copie mensili, online sul sito www.lanuovaecologia.it, la rivista è parte di un più ramificato sistema di informazione e supporto editoriale incentrato sull’ecosostenibilità, «una vera e propria agenzia verde» dicono i responsabili, che ha creato due scuole di formazione, edita libri e le riviste tematiche sull’ambientalismo e la sostenibilità.

Ogni anno due milioni di persone muoiono di tubercolosi. L’aids ha ucciso dall’inizio degli anni ottanta ad oggi oltre ventidue milioni di persone. Ogni anno oltre quindici milioni di persone muoiono per malattie infettive che sarebbero curabili. Il 97% di questi decessi avviene nel Sud del mondo. Non è una casualità. Con uno stile che unisce la documentazione alla visualizzazione comunicativa, il volume di Castagnola e Rossi racconta il business della salute e il diritto alla vita. Attraverso un documentato racconto che spazia da un excursus sulle malattie più note e e diffuse (alcune ormai scomparse nei paesi ricchi ma non per questo meno letali dove i farmaci sono inaccessibili) per andare a descrivere, anche con riferimenti a casi di cronaca, il “mercato del farmaco”, il ruolo delle multinazionali e della ricerca. Come accade spesso con volumi delle Edizioni Missionarie, alla denuncia si unisce una parte di proposta costruttiva, che chiude il volume dopo aver analizzato il contesto ed i poteri economici che regolano questo mercato. Alla pubblicazione, adatta anche ad un uso didattico per la capacità di tradurre con esempi concreti e accessibili un fenomeno di dimensioni mondiali e così fortemente interagente con il vissuto quotidiano, ha collaborato anche l’organizzazione Medici senza Frontiere, che cura oggi progetti di accesso alle cure mediche in 80 paesi. ALBERTO CASTAGNOLA- MAURIZIO ROSSI IL MERCATO DELLA SALUTE

LA NUOVA ECOLOGIA

Emi, 2004

mensile, da aprile 2005 |

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narrativa

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LA VOCE E IL CORPO SECONDO CATHERINE

FUGA DI PASSIONE DA MEDELLIN A NEW YORK

Reclusi in un castello, i cinque artisti del coro Courage provano, in un clima di clausura, la composizione di un autore italiano. Forse un genio della musica, forse un cialtrone. Hanno due settimane per trasformare lo spartito in una magistrale esecuzione. Sono celebri e nel Castello de Luth in Belgio, che li ospita per preparare l’esecuzione, sono costretti a condividere tutto, malgrado le diversità caratteriali. Catherine, “che non sa vivere come gli altri, che il marito protegge come una bambina” dovrà ora confrontarsi con sé stessa e con i suoi più intimi desideri, che la solitudine in una calda estate fa deflagrare. Rinchiusi nel castello, con alle spalle un bosco da cui Catherine sembra udire voci di richiamo, gli artisti del coro devono per la prima volta accettare la loro fisicità e i desideri. “A voce nuda” è una conferma della capacità di Michel Faber di creare personaggi destinati a colpire profondamente, dopo la prostituta Sugar e la ragazza aliena dei suoi precedenti e fortunati romanzi.

Emigrare negli Stati Uniti per il sogno di un futuro diverso. Marlon e Reina sono due ragazzi come tanti. La Colombia, il loro paese, è la promessa di un futuro difficile. Reina vuole emigrare. Marlon starebbe con lei a qualunque prezzo. Sembra l’inizio di un sogno comune a tanti, una storia di passione e speranza lontano da Medellin, capitale della violenza, dove tutto è difficile e comporta delle scelte diverse da ciò che si vorrebbe. La passione li guida per le strade di New York. Ora sono lontani, ma clandestini. Le strade sono il sogno ma anche il pericolo. Una sera, un controllo di polizia basta a separarli. Marlon è per le strade, Reina in casa. La pattuglia si avvicina, Marlon fugge, scappa a perdifiato. Era per la strada a fumare una sigaretta, sotto la casa in cui con Reina iniziava il suo sogno americano. Non la ritroverà più, solo una immagine stropicciata tra le dita per cercarla tra i clandestini del Queens. Ora ha solo un motivo per restare: ritrovare il suo folle amore, fuggito non sa dove, e cercare ostinatamente di vivere con lei il suo fragile sogno americano.

UN TAGLIATORE DI TESTE ALLE PRESE CON L’ANGOSCIA DI UN FUTURO PRECARIO

MICHEL FABER A VOCE NUDA

Einaudi, 2005

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HOTEL SENZA NOME E FERITE DOPO LA PAURA

LO SGUARDO DA VOYEUR SULLE VITE DIFFERENTI

Il Killer usa la parola come un solista del mitra. Scrive lettere di licenziamento che fanno quasi passare in secondo piano, per un istante, la nuda notizia di cui sono portatrici. I suoi colleghi sfilano, la lettera in una mano, nei corridoi dell’azienda, imballano gli oggetti di una vita e entrano nel novero dei nuovi precari e disoccupati. Lui scrive lettere che sono quasi artefici poetici. Loro sono Martina e Federico, due bambini con il papà in ospedale, che mettono a soqquadro la sua rigida vita insegnandogli i rituali teneri e un po’ anarchici di una dolorosa paternità d’emergenza. In pochi istanti spazzano via premi di produzione e gestione delle risorse umane. Come in un felice paradosso, lo stesso che l’autore deve realizzare per raccontare il mercato del lavoro precario legalizzato, ora Killer deve spiegare a due bambini l’esatto opposto di ciò che ha sempre detto, e fare capire che a volte un arrivederci non è un addio e che non tutto finisce quando sembra perduto. Bajani, al suo terzo romanzo, ha una scrittura che colpisce. In questo breve estratto, il forzato addio di un vecchio direttore vendite: «avrà rimesso le mani in tasca e avrà tirato fuori il telefono cellulare, posandolo sul tavolo insieme alla carta di credito, al tesserino magnetico per entrare in azienda e al computer portatile. Quindi con la faccia tesa si sarà seduto di fronte a quel cumulo di protesi aziendali diventate inutili per decorrenza dei termini».

Un albergo senza nome. Una ferita incancellabile. La passione per desiderio di vendetta. Scritto come risposta al clima di incertezza e angoscia avvertito da parte della popolazione statunitense dopo l’11 settembre, il romanzo di Claire Tristram racconta il dolore espiato attraverso la carnalità. La vedova di un ebreo ucciso da un gruppo di terroristi islamici si trova calata nel ruolo di esponente del dolore provocato dal terrorismo, complice il perverso meccanismo mediatico che trasforma l’immagine del marito ucciso in un video le cui immagini diventano una sorta di icona. Una violenta passione fisica diventa la strada per ritrovarsi, oltre questo ruolo di martire ufficiale imposto dai media. Un uomo di fede mussulmana, naturalizzato americano è l’obiettivo di questa passione. La relazione prende strade impreviste e nel giro di ventiquattr’ore i due amanti si scambieranno affetto e violenza, si aiuteranno a superare l’impasse delle loro rispettive condizioni, spogliandosi dei preconcetti per cercare in sé le risposte che non possono venire dall’esterno.

La tragica fine della vita di Diane Arbus e le sue immagini costituiscono l’asse portante di questa raccolta antologica che presenta oltre cinquecento opere dell’artista americana e scritti tratti dai suoi diari, oltre a testi di lettere, conferenze e saggi critici. I contributi contenuti nel volume sono di Sandra Phillips, Neil Selkirk, Jeff L. Rosenheim, Elisabeth Sussmann und Doon Arbus. La ricerca di Diane Arbus sulle marginalità aveva motivazioni profonde. Una sua affermazione spiega in qualche modo l’interesse della Arbus a documentare la vita di nani, travestiti, ragazzi di strada negli anni Cinquanta e inizio Sessanta in cui, dopo la guerra, l’imperativo era quello di vivere il sogno americano. L’interesse di Diane Arbus era rivolto invece alle zone d’ombra analizzate con l’occhio attento di un voyeur che sa che l’apparenza cela inquietudini. «Molte persone vivono nel timore che possano subire qualche esperienza traumatica. I freaks sono nati con il loro trauma. Hanno già superato il loro test, nella vita. Sono degli aristocratici».

JORGE FRANCO PARAISO TRAVEL

ANDREA BAJANI CORDIALI SALUTI

CLAIRE TRISTRAM DOPO

Guanda, 2005

Einaudi, 2005

Guanda, 2005

MAGGIO 2005

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fotografia

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DIANE ARBUS REVELATIONS

Random House, 2003

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UN SOLE NUCLEARE PER GUERRE POSSIBILI

IMMAGINI DALLE COMUNITÀ CHIUSE

Curata da Vittorio Sgarbi, la mostra “Il male, esercizi di pittura crudele” è visitabile alla Palazzina di Caccia di Stupinigi a Torino fino al 26 giugno 2005. Una sezione collaterale, che raccoglie circa cento opere, vede come protagonisti alcuni grandi maestri della fotografia. L’area dedicata alla fotografia è divisa in due grandi sezioni: La Fotografia storica a cura di Italo Zannier e La Fotografia di cronaca, a cura di Giuseppe Pinna. Immagini storiche e contemporanee, relative al tema generale della mostra, con particolare riferimento alla guerra, alla povertà, alla solitudine, alla malattia, alla criminalità, in un excursus che impegna tutta la storia della fotografia, partendo dalle prime immagini di cadaveri e campi di battaglia (Felix Beato a Fort Taku nel 1860, James Robertson in Crimea nel 1855) fino alle recenti atroci immagini dei conflitti medio-orientali. Completano la mostra una serie di immagini significative sul tema del “male” nei suoi vari risvolti, compresa un’antologia di fotografi contemporanei, da Weegee (Artur H. Felling) a Joel-Peter Witkin, da Andreas Serrano a Sebastiao Salgado, da David La Chapelle a Robert Capa e autori italiani, tra i quali Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Mario de Biasi, Mimmo Jodice, Fulvio Roiter. La rassegna ha come prologo dieci fotografie originali d’epoca, cui segue una sequenza iconografica di circa quaranta immagini di grande formato.

Per più di una generazione, le immagini delle esplosioni atomiche, enormi funghi nucleari che si alzavano veloci e minacciosi distendendosi sui cieli del deserto del Nevada o delle isole del Pacifico, sono state un incubo con cui convivere. Dal luglio 1945 fino al novembre 1962 gli scienziati e l’esercito USA cercarono di comprendere il nuovo apocalittico potere che avevano svelato al mondo a Hiroshima e Nagasaki: 216 ordigni nucleari esplosero nell’atmosfera. In seguito, i test vennero effettuati nel sottosuolo fino al 1992, quando furono completamente proibiti dagli accordi internazionali. Per molti anni i dati di questa enorme pioggia di bombe radioattive sono rimasti chiusi negli archivi segreti dell’esercito americano. Michael Light li ha esaminati e raccolti in un libro intitolato “100 soli”. Alla grandiosità visiva delle immagini fa riscontro l’elenco agghiacciante e dettagliato dei dati, la cronologia dello sviluppo degli armamenti atomici, l’elenco dei test dichiarati e un’ampia bibliografia. Per ogni test il lettore può conoscerne lo svolgimento e gli effetti.

La collana Fotonote edita da Contrasto rappresenta l’edizione italiana dei “PhotoPoche” francesi ideati dal “Centre National de la Photographie”. Una piccola biblioteca, quasi tascabile, dedicata ai più importanti fotografi della storia, con una stampa e una confezione appositamente realizzate per valorizzare l’opera fotografica. Il volume che presentiamo è dedicato a Anders Petersen, fotografo svedese vincitore di Arles 2003 e già considerato tra i maestri della fotografia. La ricerca di Petersen è imperniata sulla documentazione di gruppi chiusi e coerenti di persone. Vi sono così reportage sui clienti abituali di un bar ad Amburgo come sui detenuti di una prigione. Lo scatto di Andersen non è quello classico del reportage, ha un tono narrativo che si sviluppa su più immagini che riescono a comunicare, anche con durezza, la parte meno visibile e accessibile dei soggetti ritratti. Il testo introduttivo è firmato da Christian Caujolle e le immagini si sviluppano su 144 pagine. La collana presenta numerosi altri autori della seconda metà del Novecento.

A CURA DI VITTORIO SGARBI IL MALE, ESERCIZI DI PITTURA CRUDELE

MICHAEL LIGHT 100 SOLI

Stupinigi (Torino), fino a giugno 2005

Contrasto, 2004

L’IMMAGINE DEL MALE IN MOSTRA A TORINO TRA PITTURA E FOTOGRAFIA

ANDERS PETERSEN FOTONOTE

Contrasto, 2004

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ANNO 5 N.29

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UN DIARIO TEATRALE TRA GLI SCONTRI

radio popolare

Dopo Teatri di pace in Palestina, edito da Manifestolibri, raccoglie in un libro-diario e nel dvd allegato il racconto di una compagnia teatrale, invitata a recitare a Betlemme e in Palestina durante l’occupazione israeliana. Curato da Giovanni Greco, autore anche del filmato allegato ed esponente del Teatro del Lido di Ostia, il volume racconta «una passeggiata nello spazio (...) perchè la rivolta inizia con una passeggiata, come diceva Heiner Muller». La Palestina e la guerra, i campi profughi e le città visti attraverso occhi sensibili da sempre ai temi del sopruso ma che hanno potuto sorprendersi per le conseguenze sulle vite individuali «di un Impero che non è solo gli Stati Uniti d’America» ma che ha assunto i toni di un «biopotere i cui i meccanismi di comando si esplicano in forma sempre più immanente al sociale». Riflessioni a margine di una esperienza che li ha visti creare teatro per bambini di differenti etnie e religioni per ricreare l’elemento del gioco, senza il quale non è possibile neppure pensare un diverso sviluppo.

UNA CIRCOLAZIONE ALTERNATIVA PER LA TELEVISIONE CENSURATA IN ITALIA

GIOVANNI GRECO TEATRI DI PACE IN PALESTINA

SABINA GUZZANTI REPERTO RAIOT

Manifestolibri, 2005

Bur, 2005

Senzafiltro è una collana che si propone di presentare nelle librerie, con un volume e un dvd, alcuni dei grandi nomi della satira e dell’informazione non tradizionale emarginati negli ultimi anni dalle televisioni sia private sia di Stato perchè considerati non graditi politicamente ai burocrati nominati dal governo di centrodestra. Sabina Guzzanti, che inaugura la serie, è insieme a Daniele Luttazzi, l’esempio più eclatante della miopia che ha segnato gli ultimi annidi programmazione televisiva. La prima e unica puntata di “RaiOt”, il programma commissionato e affidato dalla Rai alla Guzzanti, fu soppressa subito per ragioni politiche, nonostante uno straordinario gradimento del pubblico e la mobilitazione di centinaia di migliaia di persone. Sabina Guzzanti, dopo il ciclo di trasmissioni previste, avrebbe dovuto proseguire la tournée teatrale. Ha deciso invece di scrivere uno spettacolo nuovo che tenesse conto di quanto era accaduto. Così nasce Reperto RaiOt, presentato al pubblico nell’aprile del 2004, le cui immagini sono ora disponibile in DVD. Nel volume allegato sono presentati testi a supporto del testo dello spettacolo per chi volesse approfondire con documenti, dichiarazioni e la ricostruzione sintetica degli avvenimenti con il desiderio, speiga l’autrice, di «fare informazione vera, non come quella dei giornali che spesso presentano le notizie in modo incompleto e ambiguo».

multimedia

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IL MONDO SECONDO GEORGE W. BUSH

DIARIO DI UNA AMERICA LATINA RISCOPERTA

Difficile tornare sull’argomento dopo il trionfale successo del film vincitore di Cannes e del premio Oscar “Farheneit 9/11” di Michael Moore. William Karel affonta un documentario sul riconfermato Presidente Usa con il tono dell’inchiesta. Gli elementi sono ormai in parte noti e la clamorosa rielezione di Bush ne ha in qualche misura ridotto le possibili ricadute politiche. Tuttavia, “Il mondo secondo Bush” ha il pregio di indagare sulla gestione del potere alla Casa Bianca da quando la dinastia dei Bush ha tessuto una trama fitta di relazioni personali ed economiche che si sono accompagnate con mirabile e tragica lungimiranza agli sviluppi della storia contemporanea. Sotto inchiesta, attraverso una documentata ricostruzione dei fatti e una nutrita serie di interviste e testimonianze, vi sono gli elementi che hanno segnato il connubio tra le scelte di politica estera della prima potenza mondiale e nucleare del pianeta e gli interessi privati e le rigidità ideologiche del gruppo di potere che siede alla Casa Bianca.

Il viaggio in motocicletta di Ernesto Guevara e del suo amico Alberto Granado attraverso il continente latinoamericano. Finalmente in dvd il film che ha entusiasmato la critica al Sundance Festival e a Cannes, e il pubblico ai botteghini. Allegato al dvd vi è il libro Latinoamericana, scritto da Guevara, da cui è stato tratto il film che raccont ail viaggio intrapreso nel 1952 da due giovani (Ernesto Guevara e Alberto Granado) attraverso l’America latina. Ernesto, 23 anni, è uno studente in medicina; Alberto, 29 anni, è un biochimico. Il film segue i due giovani alla scoperta del continente latinoamericano. Con un senso molto romantico del viaggio, i due amici lasciano la loro città natale in sella a una sgangherata Norton 500 del 1939. L’avventura dura otto mesi, la moto spesso si inceppa e poi si rompe del tutto. A piedi o in autostop il viaggio prosegue attraverso le persone incontrate, cominciano a conoscere meglio il loro continente. Gli incontri e la geografia dei luoghi li emoziona profondamente e imprime un progressivo cambiamento delle loro prospettive.

WILLIAM KAREL IL MONDO SECONDO BUSH

WALTER SALLES IL DIARIO DELLA MOTOCICLETTA

Internazionale, 2005

Feltrinelli, 2004 |

ANNO 5 N.29

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in rete

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WIKIPEDIA PER UN SAPERE OPEN SOURCE

UNO SPORTELLO WEB PER L’ECOLOGIA

UN MILIONE DI VOLTI CONTRO LE PALLOTTOLE

Il primo incontro internazionale di Wikipedia sarà il prossimo agosto a Francoforte sul Meno, in Germania. Per l’enciclopedia libera della Rete, cui tutti possono attingre e a cui tutti possono donare dei testi purchè liberi da copyright e scritti direttamente dall’autore, è un appuntamento importante. La rete di relazioni e scambi culturali creata con l’esperienza di Wikipedia è ormai mondiale e l’enciclopedia della Rete è diffusa in oltre cento nazioni. «Wikipedia non è un progetto nato casualmente ma è stato avviato e creato nel gennaio del 2001 in inglese, a seguito di contatti fra Larry Sanger e Ben Kovitz, ed anche grazie all’impegno di Jimbo Wales, che mise a disposizione i server necessari per l’esperimento. La fase sperimentale è stata ben presto seguita da una fase di grande sviluppo che ha visto con l’andare del tempo un rapido incremento di utenti registrati ed una vertiginosa impennata del numero di articoli prodotti (gratuitamente e collaborativamente), che ha ampiamente superato oggi il milione di articoli». Wikipedia usa software libero, ispirato dalle riflessioni di Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation.

Diretto da Marcello Volpato, Ecosportello è uno “sportello informativo” per le raccolte differenziate. Si rivolge sia agli addetti del settore, più esperti nelle problematiche che la raccolta differenziata pone, sia a semplici utenti che vogliono approfondire sia a realtà locali desiderose di intraprendere un ciclo virtuoso verso l’ottimizzazione delle risorse. Il valore della raccolta differenziata, infatti, è ormai un dato comunemente acquisito, e che riceverà negli anni a venire ulteriore impulso, grazie anche al recepimento di nuove norme tendenti a limitare gli effetti delle produzioni industriali e dei rifiuti urbani sull’ecosistema. Sviluppato con il sostegno di Legambiente, il portale offre news riguardanti l’evoluzione della normativa, aggiornamenti a scopo educativo e documenti scaricabili. Dal portale si sviluppano poi alcuni progetti speciali, come la newsletter che dal mese di aprile pubblica, con invio gratuito a chi ne fa richiesta, dei report realizzati dalla redazione su tematiche particolari (la prima uscita è stata dedicata alla ricerca di come vengono effettivamente reimpiegati i rifiuti raccolti con la raccolta differenziata).

LA RETE DI GEEKCORPS INFORMATICI VOLONTARI ALL’OPERA CONTRO IL “DIGITAL DIVIDE”

WWW.IT.WIKIPEDIA.ORG

WWW.ECOSPORTELLO.ORG

WWW.GEEKCORPS.ORG

I finanziamenti arrivano da fondazioni private, singoli cittadini e, in qualche misura fondi statali americani. Il progetto dell’associazione “Geekcorps” coinvolge centinaia di volontari che, con il solo supporto dei costi di vitto e alloggio, devono creare reti e progetti telematici per strutture di paesi in via di sviluppo. La silenziosa opera dei volontari è iniziata cinque anni orsono con sei tecnici informatici che volevano investire tempo e conoscenze per un progetto di tipo umanitario, in quel primo caso ad Accra. Da allora il numero di tecnici assoldati dalla ong è aumentato fino a raggiungere 1.600 unità e gli interventi si sono succeduti in Mongolia, Rwanda, Kirghizistan, Armenia oltre a Senegal, Ghana e Mali, paesi in cui la ong sta cercando di creare database per incrementare le relazioni commerciali internazionali delle piccole imprese o progetti per collegamenti wi-fi delle stazioni radio. Alla base dell’azione di Geekcorps vi è l’utilizzo di tecnologie a basso costo e senza diritti d’autore. Il software utilizzato è sempre “open source” che, affidato alle sapienti mani di tecnici volontarie e performato sulle specifiche esigenze del richiedente, diventa un potente ed economico strumento di sviluppo, superando le problematiche legate alla presunta maggior difficoltà di utilizzo rispetto ai software più diffusi. «Vogliamo che i nostri progetti siano replicabili da chiunque», spiegano all’associazione, che raccoglie costantemente tramite il sito Internet le candidature per i nuovi progetti in tutto il mondo.

La Rete Italiana per il Disarmo ha lanciato una campagna a vari livelli sul tema degli armamenti, in particolare quelli cosiddetti “leggeri”. In questo costante lavoro di informazione e sensibilizzazione rientra anche l’adesione alla campagna internazionale “Control Arms”, mobilitazione sul commercio di armi che vuole migliorare gli strumenti legislativi e di trasparenza esistenti a livello internazionale. L’Italia è il quarto produttore ed il secondo esportatore mondiali di armi leggere, spiegano a Control Arms italiana, «eppure la nostra legislazione è vecchia di 30 anni e ad oggi non disponiamo di nessuna forma di controllo sugli intermediatori internazionali di armi». La campgna “un milione di volti”, lanciata a livello internazionale, vuole raccogliere entro il 2006 un milione di firme, per ottenere leggi più restrittive sul commercio di armi leggere. Tra gli obiettivi della campagna vi è una legislazione nazionale sugli intermediatori di armi (brokers) e l’adozione di una normativa più rigida rafforzando i vincoli all’export di armi leggere ed aumentando gli standard di trasparenza e tracciabilità. WWW.DISARMO.ORG

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contrasto


LORENA MOLINARI

stilidivita ECOBIJOUX PER UNA MODA MOLTO COMPATIBILE

CON SUGGERITORI INFORMALI DI ACQUISTI AUMENTANO LE VENDITE NEGLI USA

CRESCE LA TELEFONIA PER IL TERZO SETTORE

ALLARME PER IL MAIS CHE RESISTE AGLI ANTIBIOTICI

INCENTIVI TEDESCHI PER L’ENERGIA RINNOVABILE

Gioielli creati con pezzi di recupero in un laboratorio ribattezzato “ecobijoux”. La proposta viene da una giovane creativa, Elisabetta, che a Volterra dopo gli studi d’arte si è specializzata in oreficeria lavorando con materiali tradizionali. «Un giorno ho raccolto in strada un pezzo di plastica, che ho inserito in un primo modello. Ho iniziato a raccogliere questi scarti che ora considero una risorsa e una ricchezza non solo qualcosa di inutile e da eliminare. Da quel momento per me è iniziata l’era del riciclo». La tecnica utilizzata è fondamentalmente simile a quella dell’oreficeria tradizionale anche se al posto di pietre preziose si possono trovare nei gioielli fili di rame abbandonati nei cantieri o sorprese delle merendine per bambini. Elisabetta raccoglie ogni minutaglia che la colpisce e la ordina per gamma di colore e possibile accostamento di materiali o cromie nel suo laboratorio. La prima selezione è basata sull’allergenicità dei materiali. La fase successiva è quella dell’approntamento dei singoli pezzi, che non vengono mai incollati ma uniti mediante un paziente lavoro di cucitura con un sottilissimo filo di rame, lo stesso materiale che ricopre le parti smaltate a contatto del corpo.

Tra i primi a testare l’efficacia del metodo, la Sony Ericsson nel 2002 aveva ingaggiato sessanta attori in dieci città diverse perchè si recassero nelle strade con un telefonino dotato di fotocamera. Il loro compito era quello di fingersi comuni passanti e coinvolgere ignare persone per fare realizzare delle immagini di gruppo, decantando nel frattempo le lodi dell’apparecchio e invogliando indirettamente all’acquisto. Il passaparola non è una novità nei sistemi di vendita e le aziende di cosmesi per anni si sono appoggiate a donne di mezza età, con una vasta rete di relazioni nel quartiere o nella cittadina, per vendere i loro prodotti. Quello che ora cambia è essenzialmente la “copertura” dell’agente di vendita, che deve fingersi un comune utente per invogliare all’acquisto, soprattutto i suoi conoscenti. In una lunga e dettagliata inchiesta del New York Times, citata in Italia dal settimanale Internazionale, viene riscostruito il ruolo e la diffusione di questi agenti informali, pagati a volte con una percentuale legata all’aumento delle vendite nella loro cittadina o quartiere, altre volte con buoni sconto sui prodotti reclamizzati. Nel testo si riscostruisce la fortunosa carriera di una società, la BzzAgent, che ha fatto del passaparola la sua ragione sociale, creando campagne anche su scala nazionale e con rilevanti costi che hanno sempre ottenuto dei risultati positivi di vendita. Il compito degli agenti è inserire in conversazioni normali con conoscenti normali i pregi di un nuovo prodotto, generalmente un genere alimentare. E stendere dei dettaglati rapporti alla società pubblicitaria descrivendo la situazione in cui si è fatta pubblicità occulta e il numerodi potenziali clienti coinvolti. Gli agenti vengono reclutati in forma mirata in base al prodotto, malgrado molti di loro siano sempre disponibili.

Segno dei tempi e dell’evoluzione tecnologica, il Terzo Settore si apre al nuovo business delle telecomunicazioni e dell’accesso a banda larga. La cooperativa Livecom è un operatore noprofit della telefonia che sta vivendo un momento di sviluppo. La missione sociale della compagnia, nata a Padova nel 2001 come divisione operativa di una cooperativa sociale di tipo B, viene così sintetizzata dai creatori del progetto: «la sfida di Livecom è la creazione di una alternativa etica e professionale nelle telecomunicazioni in Italia e l’offerta di nuove opportunità di impiego per giovani con problemi di disagio familiare e sociale. I suoi servizi sono gli stessi dei grandi operatori nazionali con contratti telefonici per rete fissa e connessioni internet a banda larga per privati, aziende e realtà del Terzo Settore che siano interessati ad un consumo critico e responsabile». I primi riscontri sono stati confortanti, tanto da indurre ad un progressivo distacco dal nucleo originario con la costituzione di una cooperativa ad hoc, in grado di fornire servizi ad un bacino di utenza maggiore e conseguentemente di ampliare il numero di collaboratori senza alterare il progetto di coniugare etica e tecnologia.

Il mais Bt10, accidentalmente prodotto e commercializzato dalla Syngenta, rappresenta secondo Legambiente una differenza enorme rispetto al Bt11 autorizzato e la sua diffusione «è un fatto gravissimo». Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente, ha commentato in tono fortemente critico ultime notizie sulla diffusione del mais geneticamente modificato Bt10, erroneamente prodotto e distribuito dalla multinazionale Syngenta dal 2001 al 2004. «Ribadiamo alla Commissione europea la necessità di una verifica sulle importazioni dagli Usa di Bt 10, che è stato venduto in tutto il mondo, Europa compresa. L’atteggiamento della Syngenta, è scorrettissimo e inquietante». La resistenza agli antibiotici delle piante ogm potrebbe creare danni alla salute. L’attenzione su questa eventualità è stata più volte sottolineate dagli organismi internazionali, tanto che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha raccomandato ai Paesi membri di limitare alle sperimentazioni sul campo i prodotti transgenici resistenti all’ampicillina.

Le energie rinnovabili sono utilizzate da decine di migliaia di cittadini tedeschi e oltre trecento prodotti derivano da questa scelta energetica. Sono quasi mezzo milione i tedeschi che hanno scelto di usare fonti di energia rinnovabile e i nuovi impianti si moltiplicano. Secondo il portale Lifegate, che sostiene ed analizza progetti legati all’applicazione del protocollo di Kyoto, «nel 2050 almeno il 50% dell’energia tedesca verrà dal sole». Per ora si registra una considerevole crescita della produzione di energia tramite le turbine a vento, che grazie a 16.000 apparecchiature di trasformazione energetica permettono di fornire il 5% dell’energia nazionale. Per i Verdi che non senza difficoltà e problematiche interne siedono per la seconda legislatura al fianco del governo socialdemocratico i dati sono positivi. Per i singoli cittadini lo sviluppo di progetti sul fotovoltaico e le energie rinnovabili si traduce in piccoli benefici economici e in facilitazioni che hanno convinto numerosi abitanti della Germania ad aderire al programma dei “mille tetti” attrezzati con pannelli solari, divenuti oltre centomila grazie ad una politica che sembra aver coniugato benefici immediati ed ecosostenibilità.

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TIFFANY SOTTO PRESSIONE BOICOTTA I DIAMANTI DEL MYANMAR Una delle più note aziende del lusso a livello internazionale, la statunitense Tiffany, ha annunciato di aver bloccato l’importazione e la vendita di diamanti provenienti dal Myanmar, dopo le proteste e le polemiche contro il regime birmano. L’annuncio è stato dato dopo qualche indecisione. Ancora agli inizi di marzo sembrava che Tiffany volesse mantenere le attività nei giacimenti estrattivi asiatici, adducendo la motivazione che le pietre estratte in loco e non lavorate, ma esportate direttamente per la lavorazione, non erano da considerarsi una fonte di finanziamento indiretto per l’economia del regime birmano. Myanmar, a seguito di campagne di pressione di azionisti e clienti, era già stato abbandonato da aziende come Heineken, British American Tabacco, Triumph e Premier Oil. A incidere sulla decisione di Tiffany sono state le proteste dei clienti e anche alcune segnalazioni provenienti dalla rete di collaboratori, come quella di un celebre orefice dell’Illinois, Brian Leber, secondo cui il regime era dimostrabilmente il maggior azionista di tutte le miniere del paese e l’unico gestore, dalla capitale Rangoon, delle aste nel mercato dei diamanti. Una campagna internazionale di mobilitazione e invito al boicottaggio è tutt’ora in corso contro la francese Total, che grazie ai suoi investimenti nel settore degli idrocarburi risulta tra i principali finanziatori del regime, con risorse per oltre un miliardo di dollari destinate alla realizzazione del metanodotto di Yadana, ai confini con la Thailandia.

UN ANELLO CHIC PER CACCIATORI DI RETI WI-FI

BANCHIERI ETICI AMBULANTI NELLE PIAZZE

È ancora un progetto, anche se la prima versione è già stata testata e indossata. L’anello da dito, in acciaio o argento, che permette di cercare il segnale delle reti wireless sarà presto una realtà, con versioni che via via saranno presumibilmente clonate e rese maggiormente accessibili come sempre accade con lo sviluppo dell’elettronic e informatica consumer. Il circuito del prototipo raccoglie il segnale “2.4GHz” sfruttando un controller molto piccolo, al punto da poter essere inserito in un anello da dito. La novità potrebbe avere un grande successo, come dimostrato dal fenomeno del “tooting” legato alla telefonia mobile con tecnologia bluetooth, che rende comunicabili fra loro apparecchi senza fili nell’arco di una decina di metri e che ha permesso abili campagne pubblicitarie sulle possibilità di un incontro virtuale dell’anima gemella, rintracciabile in pochi metri. Un anello che ricerca reti wi-fi potrebbe avere funzioni anche socialmente utili. Il problema è che la frequenza delle trasmissioni del segnale a 2.4GHz accomuna anche altre apparecchiature oltre alla rete wireless che consente di accedere ad Internet senza fili. Il vostro prezioso anello tecnologico potrebbe così brillare anche per la vicinanza di un forno a microonde.

Un appuntamento in piazza ogni sabato mattina, dalle 10 alle 12, per incontrare un funzionario di banca con cui discutere di risparmi e progetti ad alto valore etico. L’iniziativa viene lanciata dal “Punto informativo di Finanza Etica” di Lodi e Cremona, aderente a Banca Popolare Etica, e potrebbe fare presto scuola. Se le banche che maggiormente operano nel campo della finanza internazionale sono spesso addirittura prive di sportelli per il pubblico e se dai notai del Liechtestein escono solo sigle anonime incomprensibili e conti cifrati, già mostrarsi in pubblico per parlare di etica finanziaria faccia a faccia è un segnale di speranza. E un modo per avvicinare chi non sa a chi rivolgersi ma desidera orientare i suoi risparmi e il suo conto bancario verso un progetto innovativo e solidale. I promotori dell’iniziativa hanno realizzato un volantino a sostegno dell’appuntamento in cui invitano «chi non vuole rischiare di finanziare guerre ed ingiustizie» a recarsi al banchetto per conoscere un modo diverso di pensare l’economia e la finanza. Oltre all’attività di Banca Etica sarà possibile trovare del materiale informativo su progetti come la rete del commercio solidale e progetti solidali sull’abitazione.

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informazionedisinformazione

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Fonte: IMF; Merrill Lynch

PAESI CHE ESPORTANO CAPITALI

IL DIFFICILE RUOLO DEI MEDIA IN UZBEKISTAN

Negli Stati Uniti l’attenzione al ruolo dei media è molto elevata. Numerosi centri di analisi sulla censura e sulle informazioni pilotate operano nelle Università e l’informazione in generale, anche se per una minoranza di lettori più sensibili al tema, viene costantemente passata in rassegna. Questo non incide particolarmente su alcune politiche dell’Amministrazione (clamoroso il fatto delle “pallottole fumanti” di Saddam Hussein in Iraq, le armi di distruzione di massa le cui prove di esistenza erano state mostrate all’Onu da Colin Powell e che non sono mai state trovate) però, come dimostra il caso del Watergate, uno sguardo vigile permette alla stampa di svolgere il suo compito. Tra questo centri di analisi il “Center for Media & Democracy” è tra i più attivi nell’analisi delle politiche comunicative di multinazionali e governi. I report vengono poi presentati sul sito “Pr Watch” (osservatorio Usa sulle pubbliche relazioni). Un esempio del lavoro di analisi sulla propaganda è proprio la ricerca sulle armi di distruzione di massa e la guerra condotta dai fondatori delle due agenzie di analisi dei media pubblicata anche in Italia da Nuovi Mondi Media con il titolo “Vendere la guerra, la propaganda come arma d’inganno di massa”.

Il Procuratore Generale dell’Uzbekistan ha dichiarato di aver aperto un’inchiesta sulla filiale di Tashkent di Internews, un gruppo di legali e dirigenti di media accusato di operare senza licenza. La notizia viene rilevata dal sito internet italiano “Informazione senza frontiere”. La portavoce del Procuratore Svetlana Artikova ha dichiarato che ci sono stati più interrogatori ma non sono stati effettuati arresti. Il gruppo americano Internews si occupa della formazione di giornalisti televisivi e della radio, fornisce consulenze legali ai giornalisti e s’impegna a favore delle riforme dei media. Circa un anno fa, Internews ha cominciato a documentare e a rendere pubbliche le violazioni della libertà di stampa in Uzbekistan. Il governo ha intensificato gli attacchi contro le organizzazioni non governative che promuovono la libertà di stampa in seguito alle recenti rivolte nel vicino Kirghizistan. Le autorità uzbeke avevano già preso provvedimenti contro Internews in passato. Nel settembre del 2004 una corte di Tashkent aveva chiuso la filiale locale dell’organizzazione Internews-Uzbekistan per sei mesi accusandola di non aver registrato il proprio logo e il cambiamento di indirizzo e di non aver informato le autorità di stare conducendo delle attività fuori dalla capitale.

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BOATOS IMPEDITO SU BRASIL TELECOM FBI SEMPRE CON OCCHI PUNTATI SULLA RETE RICHIESTI INDIRIZZI IP A SERVER ANARCHICO «Non criticherò o condannerò chi di voi si farà beffa di me. So anche che per questo alcuni di voi perderanno fiducia in me, in flag e nei suoi sottodomini. Questo non si puo’ evitare, ed è un elemento che ho preso in considerazione prima di decidere. Posto questo scritto in primo luogo per informare tutti voi e darvi l’opportunità di decidere se mi sono comportato correttamente». La dichiarazione di Dave è stata pubblicata come post sul forum del sito flag.blackened.net, uno dei principali host del movimento anarchico statunitense. Dave ha ricevuto dalla Fbi un mandato di comparizione che gli intimava la consegna dell’elenco dei visitatori (il codice IP che consente di rintracciare chi visita o lascia un messaggio anche anonimo su un sito) di alcuni siti anarchici, pena la perdita dei suoi beni. L’Fbi era interessata a rintracciare gli autori di due messaggi dal contenuto particolarmente violento. Secondo Dave tali messaggi potrebbero essere stati postati ad arte per giustificare l’intervento, visto che i frequentatoti abituali dei siti sanno di essere letti dalle forze dell’ordine. Sentitosi costretto a collaborare per non perdere la casa, ha deciso di rendere pubblica la sua decisione aprendo un dibattito che valica la sua personale situazione di militanza e convinzioni personali e riguarda più in generale il tema delle libertà civili negli Stati Uniti e nella Rete, le cui informazioni come noto transitano dai server statunitensi. Indymedia, sito antagonista che aveva già ricevuto le attenzioni della Fbi, ha denunciato il crescente utilizzo di tali pratiche da parte della Fbi.

Lo scontro in atto tra Telecom Italia e il gruppo guidato dal finanziere Daniel Dantas del “Banco Opportunità” per il controllo di Brasil Telecom si svolge anche su i media. Solo una attenta verifica da parte del giornalista del Sole 24 Ore che aveva ricevuto una notizia di agenzia ha permesso di evitare un “boatos”, la diffusione ad arte di una falsa notizia. Telecom Italia aveva infatti chiesto al Tribunale di Rio de Janeiro che sia applicata l’ingiunzione con cui Anatel (l’authority brasiliana della comunicazioni) ha stabilito che il gruppo di Tronchetti ha il diritto di risalire dall’attuale 19% al 39% del capitale di Banco Opportunità. Una Reuters della fine di marzo in potoghese, destinata al mercato iinterno, annunciava infatti l’avvenuto arresto di Daniel Dantas, accrditando la notizia con dichiarazioni della polizia lcale. La notizia, che veniva veicolata telefonicamente al Sole 24 Ore, poteva essere ritenuta plausibile essendo stato Dantas più volte presentato come un finanziere piuttosto discusso. La notizia dell’arresto però, in una fase di mercato in cui ogni notizia poteva incidere sull’operazione, era falsa. La verifica è stata compiuta dal Sole 24 Ore e la Reutesr ha dovuto pubblicare in successione due smentite.

Russia 5,3%

Giappone 23,5% Altri Paesi 25,2%

Taiwan 4,5% Arabia Saudita 4,4% Normandia 4,3% Singapore 4,2% Svezia 2,9% Hong Kong 2,6% Canada 2,6% Olanda 2,3%

PAESI CHE IMPORTANO CAPITALI Inghilterra 4,1% Australia 4,1% Spagna 3,2% Italia 3,0% Grecia 1,4% Messico 1,2% Altri 11,6%

USA 71,5%

numeri

123

Il Fondo Monetario vede grigio all’orizzonte

re deprezzamento del dollaro. «Il debole proDIFFERENZIALE DEI TASSI DEL BOND gresso nella riduzione degli squilibri accresce dell’economia italiana. Il Fondo MoRispetto al tasso ufficiale di sconto chiaramente i rischi per il futuro», è il monito netario Internazionale nel suo tradi250 America del Fondo. «Un brusco declino dell’appetito dezionale outlook vede una crescita mondiale al 4,3% Europa gli investitori per emissioni in dollari, un evenquest’anno (lo 0,2% in più rispetto alla stima del 200 to a bassa probabilità ma ad alto costo - scrive il settembre scorso) e al 4,4% nel 2006. Ma si tratta di 150 Fondo -, potrebbe generare un rapido deprezzaun dato globale che vede i progressi maggiori arri100 mento del dollaro e un rapido aumento dei tasvare dall’Asia (7,4%) dalla Cina (8,5%), dall’India si d’interesse Usa con potenziali serie conse(6,7%). Le difficoltà saranno per i paesi avanzati le 50 guenze negative per la crescita globale». cui economie cresceranno del 2,6% contro il 3,4% 1998 2000 2002 2004 Fra gli elementi potenzialmente pericolosi dello scorso anno. Gli Usa rallentano al 3,6% (queper lo sviluppo dell’economia, l’Fmi elenca gli st’anno e il prossimo) dopo il +4,4% del 2004. In scarsi sforzi dell’Europa per aumentare la crescita nel lungo pedifficoltà l’area dell’euro con un +1,6% quest’anno e un +2,3% il riodo, il mancato contrasto del Giappone ai problemi del sistema prossimo dopo il +2% del 2004. I paesi dell’Asean, invece, registrebancario e i tassi fissi dei cambi delle monete asiatiche, in partiranno un +5,4% quest’anno e un +5,8% il prossimo: sostanzialcolare lo yuan cinese. mente al passo con il +5,8% dello scorso anno. ortare a un ulterio-

R

IVISTE AL RIBASSO LE STIME SULLA CRESCITA

Fonte: IMF; Merrill Lynch

PROPAGANDA DI GUERRA E ANALISI DEI MEDIA

Svizzera 6,2% Cina 6,5% Germania 7,3%

.

MERCATO GLOBALI [IN MLD DI DOLLARI] PIL

Mondo Ue Euro zona Nord-America Stati Uniti Giappone

36.319,7 10.530,5 8.216,0 11.876,4 11.004,1 4.299,6

RISORSE TOTALI

3.155,9 285,3 186,6 111,1 74,9 663,3

CAPITALIZ. MERCATI AZIONARI

31.202,3 7.754,0 4.882,8 15.154,7 14.266,0 4.904,6

PUBBLICI

19.993,6 6.242,6 5.444,2 5.631,3 5.023,8 5.835,1

TITOLI DEL DEBITO PRIVATI

TOTALI

31.311,1 10.433,4 7.958,7 16.063,2 15.690,8 2.252,6

51.304,7 16.676,0 13.40,9 21.694,5 20.714,6 5.087,7

ASSET BANCARI

TOTALE MERCATI IN % SUL PIL

47.834,3 22.361,1 16.570,8 7.160,2 5.836,3 7.239,9

358,9 444,3 425,6 370,6 370,9 470,6

|

ANNO 5 N.29

|

MAGGIO 2005

| valori | 73 |


| numeridell’economia |

| numeridell’economia |

L’effetto tsunami pesa

CANADA 2,76 4.700

VNEZUELA 2,647 77.685

ANNO 5 N.29

PIL MIN/MAX 2005

55,5 59,9 68,6

Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro

2,1/3,4 1,7/2,4 1,5/2,5 2,5/3,0 2,3/3,2 1,7/2,6 1,6/2,3 0,6/1,2 0,5/1,5 0,6/1,6 0,8/1,5 2,4/2,9 2,5/3,1 0,9/2,0 3,3/4,1 1,3/1,6

MEDIA 2005

MEDIA 2006

2,7/3,7 1,4/2,5 1,7/2,7 1,7/2,9 2,4/3,6 1,6/2,5 1,7/2,4 1,0/1,8 0,6/2,2 1,2/3,0 1,0/2,4 2,3/3,0 2,5/3,0 1,0/2,3 2,5/4,1 1,4/2,2

2,6 (2,9) 2,1 (2,0) 2,1 2,5 2,7 (2,9) 2,1 (1,9) 2,0 (1,9) 0,9 (1,1) 1,0 (1,2) 1,1 (1,4) 1,1 (1,2) 2,7 (2,6) 2,7 (2,9) 1,3 (1,6) 3,7 1,6

3,2 2,1 2,2 2,4 2,9 2,1 2,1 1,6 1,6 1,8 1,7 2,6 2,7 1,8 3,2 1,9

FONTI ENERGIA ELETTRICA

Grafico normalizzato in base 100

Dati in percentuale

Carbone Petrolio WTI

30 180

Settembre

Ottobre

Altre fonti

Nucleare

10 Fonte: Assocaboni

Agosto

20

Carbone

100

2,6 2,0 1,8 1,8 1,9 1,4 1,7 1,3 2,0 0,3 1,2 2,8 1,0 1,1 2,5 1,8

SOCIETÀ

200

120

2005

2006

BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2005 2006

2,6 1,6 1,7 1,8 2,1 1,7 1,5 1,1 1,9 0,3 1,4 2,6 1,7 1,2 2,4 1,6

-5,7 -0,8 +3,4 -2,7 2,1 2,4 -0,5 2,9 -1,0 3,5 3,4 -4,2 6,8 12,1 -5,9 0,6

Exxon Mobil BP Total Royal Dutch Chevron Texaco Eni Shell T&T Conoco Phillips

PAESE

Stati Uniti Inghilterra Francia Olanda Stati Uniti Italia Inghilterra Stati Uniti

-5,3 -0,9 3,5 -2,8 1,6 2,3 -0,4 3,0 -1,1 3,4 3,3 -4,2 6,1 11,7 -5,7 0,6 Fonte: Bloomerg

I BIG MONDIALI DEL PETROLIO E LE LORO RISERVE

Mondo UE Italia

40

Petrolio

Italia Francia Germania Europa Spagna Paesi Bassi Obiettivo 2010 Inghilterra Stati Uniti Svezia

Fonte: Eurostat

INFLAZIONE

MIN/MAX 2006

CARBONE E GREGGIO A CONFRONTO 220

-0,2 -0,5

LIBIA 1,232 36.000

PAESE

140

-0,5

INDONESIA 1,192 5.123

EMIRATI ARABI UNITI 7,476 ARABIA 262.697 SAUDITA 7,476 QUATAR 262.697 0,596 15.207

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI

160

-0,2

CINA 3,38 24.000

PRODUZIONE IN MILIONI DI BARILI AL GIORNO RISERVE IN MILIONI DI BARILI

30,3 36,8 39,5 40,2 40,8 44,8 50

Italia

Spagna

Francia

Inghilterra

Svezia

Tasso in % (2003)

Paesi Bassi

Andamento medio in % (1999-2003)

-0,2 |

Fonte: Eurostat

Spagna Italia Inghilterra Paesi Bassi Europa Francia Germania Obiettivo 2010 Svezia

Fonte: Eurostat

MAGGIO 2005

2,90 5,31 7,63 2,82 6,69 2,13 3,54 1,40 2,64 4,56 19,24 3,00 7,44 9,64 3,03 12,88 10,56 1,00 7,70 17,64 2,05 7,65 5,91 13,00

IMPIEGO LAVORATORI ANZIANI

0,1 1 1,1

|

+51,0 Febbraio -25,0 Febbraio +26,7 Febbraio +21,9 Febbraio -0,2 Gennaio +15,6 Febbraio +29,7 Marzo +5,6 Febbraio -0,9 Febbraio +12,3 Gennaio +35,9 Marzo +9,1 Febbraio +0,9 Dicembre -9,5 Gennaio +2,9 Gennaio +22,1 IV Trimestre -8,1 III Trimestre -7,0 Febbraio -2,6 Febbraio -35,4 Febbraio -0,7 Febbraio - 2,9 IV Trimestre -6,1 Dicembre +91,1 Febbraio

TASSI INTERESSE

TASSO DISOCCUPAZIONE LUNGA

Germania

1,9 1,9 1,9 2,2 2,5 3

1 0,6 0,6 0,7 -0,4 Italia Paesi Bassi 0,1 Spagna Francia Germania Europa Svezia Inghilterra Stati Uniti | 74 | valori |

4,3

In % del pil 2003

1,2

Evoluzione annuale media % (199-2003)

+3,9 Feb. +4,2 Feb. +8,8 Mar. +2,4 Feb. +8,5 Mar. +0,9 Dic. +3,1 Mar. +2,3 Mar. +3,2 Mar. +9,1 Mar. +7,4 Feb. +2,4 Mar. +5,0 Mar. +4,3 Mar. +1,9 Mar. +15,8 Mar. +9,5 Gen. +0,8 Feb. +2,6 Feb. +9,2 Gen. +1,7 Feb. +3,2 Feb. +3,6 Feb. +12,8 Feb.

INVESTIMENTI RICERCA E SVILUPPO

1,7 1,9

PRODUTTIVITÀ DEL SALARIATO

+8,9 Gen. +8,0 Gen. -2,3 Aug. +8,5 Feb. +5,5 Gen. -10,2 Feb. -7,3 Feb. -13,3 Feb. -1,8 Feb. +4,8 Feb. +4,4 Feb. +5,3 Gen. +5,2 Dic. +3,1 Gen. +3,3 Gen. +13,2 Dic. +3,3 2004 +6,4 Gen. +7,8 Dic. +6,8 Gen. +7,2 Gen. +1,6 Gen. +2,1 Feb. +5,1 Feb.

BILANCIA COMMERCIALE

-0,1

Cina +9,5 IV Trimestre India +6,2 IV Trimestre Indonesia +6,7 IV Trimestre Malesia +5,6 IV Trimestre Filippine +5,4 IV Trimestre Singapore +6,5 IV Trimestre Corea del Sud +3,3 IV Trimestre Taiwan +3,3 IV Trimestre Tailandia +5,1 IV Trimestre Argentina +8,4 IV Trimestre Brasile +4,9 IV Trimestre Cile +7,3 IV Trimestre Colombia +4,3 IV Trimestre Messico +4,9 IV Trimestre Perù +5,2 Gennaio Venezuela +11,2 IV Trimestre Egitto +4,7 IV Trimestre Israele +4,8 IV Trimestre Sud Africa +4,7 IV Trimestre Turchia +6,3 IV Trimestre Repubblica Ceca +4,3 IV Trimestre Ungheria +3,7 IV Trimestre Polonia +3,9 IV Trimestre Russia +6,7 IV Trimestre

PREZZI AL CONSUMO

Fonte: World Bank

PRODUZIONE INDUSTRIALE

0 Europa

PIL

NIGERIA 1,894 31.506

MESSICO 3,56 28.300

LE NAZIONI EMERGENTI PAESE

IRAN 3,377 99.080

ALGERIA 0,735 11.314

USA 7,71 22.000

.

RUSSIA 7,05 48.600

NORVEGIA IRAQ KUWAIT 3,41 2,41 9.400 112.500 1,894 96.500 KAZAKISTAN 0,9 100.000 REGNO UNITO 2,5 4.900

Gas naturale

per i paesi in via di sviluppo, complice anche gli effetti dello tsunami che si sono fatti sentire sull’andamento delle nazioni del sud-est asiatico interessate dal cataclisma. In termini di indicatori macroeconomici il fenomeno più vistoso è stato una ripresa dell’inflazione che è risultata abbastanza FACILE

La dislocazione dei principali produttori mondiali di petrolio e le rispettive riserve

Fonte: Borsa e Finanza??????

N

sta fuori controllo. In flessione la produzione industriale in Tailandia (-1,8% in febbraio) e in altri paesi dell’area più colpiti dal terremoto. Le difficoltà delle economie hanno ripercussioni negative anche sull’andamento dei tassi di interesse, tutti in crescita con l’eccezione dei paesi dell’est europeo che mantengono prezzi sotto controllo.

diffusa, salvo alcune nazioni dell’est europeo. L’andamento della domanda petrolifera ha portato a livelli record la bilancia dei pagamenti della Russia che si ritrova nelle casse dello stato oltre 60 miliardi di dollari in tutto il 2004. Un andamento meno marcato, ma ugualmente rilevante, coinvolge anche il Venezuela dove comunque l’inflazione re-

ON È STATO UN INIZIO D’ANNO

I GIGANTI DEL BARILE

CAPITALIZZAZIONE (MLN EURO)

P/E ATTESO 2005

304.162 176.910 117.097 99.361 94.659 82.291 69.536 62.363

14,20 15,40 12,11 12,85 10,61 11,80 11,65 9,44

RISERVE PETROLIO (MLN DI BARILI)

18.094 16.814 10.566 22.004* 13.573 6.479 9.389

* Riserve complessive del gruppo Royal Dutch/Shell

|

ANNO 5 N.29

|

MAGGIO 2005

| valori | 75 |


|

indiceetico

| numeridivalori |

| numeridivalori |

portafoglioetico

|

IL PORTAFOGLIO DI VALORI

NORDISKT HÅLLBARHET INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Electrolux H&M Trelleborg Orkla Kesko Statoil Svenska Handelsbanken Storebrand Gambro Coloplast Novozymes Metso Skanska Tomra Tietoenator Nokia Holmen UPM-Kymmene Telenor Hafslund

elettrodomestici abbigliamento componenti meccaniche alimentari/media distribuzione petrolio servizi bancari assicurazioni tecnologia medica tecnologia medica farmaceutici macchine industriali edilizia macchine industriali software telefoni carta carta telecomunicazioni utilities

Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Copenaghen, Danimarca Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Oslo, Norvegia

CORSO DELL’AZIONE AL 31.03.2005

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 31.03.2005

164,50 SEK 243,00 SEK 122,50 SEK 232,00 NOK 19,820 € 108,00 NOK 167,00 SEK 57,50 NOK 96,50 SEK 299,00 DKK 282,00 DKK 13,82 € 85,50 SEK 28,30 NOK 26,37 € 11,96 € 222,50 SEK 17,10 € 57,00 NOK 42,10 NOK

6,42% 3,22% 6,60% 27,86% 10,42% 14,12% -5,08% -1,33% 0,15% -0,68% 1,56% 18,52% 5,42% -14,69% 12,69% 2,93% -4,88% 4,52% 4,04% 7,81%

Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 31.03.2005

+4,98%

NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Sabaf Heidelberger Druck. CSX Body Shop International Henkel Aviva Svenska Handelsbanken Novo Nordisk Lilly Ely & Co. 3M Company FLS Industries Mayr – Melnhof Karton Verizon Cisco Systems Canon Stmicroelectronics BG Group Severn Trent Vestas Wind Systems Boiron

pezzi per forni a gas macchine per la stampa trasporti cosmetici detergenti, cosmetici assicurazioni servizi bancari farmaceutici farmaceutici grafica, edilizia edilizia cartone telecomunicazioni tecnologia Informatica tecnologia digitale semiconduttori gas ciclo acqua pale eoliche medicina omeopatica

Milano, Italia Francoforte, Germania New York, USA Londra, Gran Bretagna Francoforte, Germania Londra, Gran Bretagna Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca New York, USA New York, USA Copenaghen, Danimarca Vienna, Austria New York, USA New York, USA Tokyo, Giappone Milano, Italia Londra, Gran Bretagna Londra, Gran Bretagna Copenaghen, Danimarca Parigi, Francia

NORDISKT RALLENTA LA SUA CORSA. L’indice azionario scandinavo di Valori chiude marzo a +4,98% da inizio anno, contro il +5,76% registrato a fine febbraio. Il Dow Jones Eurostoxx 50, il benchmark con il quale lo confrontiamo ogni mese, è un punto e mezzo sotto. È il secondo mese che il Nordiskt fa meglio del suo parametro di riferimento. Un risultato interessante, se pensiamo che i titoli del nostro indice etico sono stati scelti solo in base a criteri sociali e ambientali, senza fare valutazioni di tipo finanziario. L’impresa che vi presentiamo questo mese è Nokia, pioniere nel suo settore nella tutela dell’ambiente. Recentemente la multinazionale finlandese ha sviluppato un sistema per poter trasformare i telefonini non più utilizzati in sveglie, videogiochi tascabili o telecomandi. Il cellulare scartato ci aiuterà ad alzarci la mattina o a spegnere la tv. Sempre meglio che finire abbandonato in un cassetto, o in una delle tante discariche tecnologiche.

pagine a cura di Mauro Meggiolaro

.

Rendimenti dal 31.12.2004 al 31.03.2005

+4,98% Eurostoxx 50 price Index [in Euro]

Nokia Borsa HEX - Helsinki

Rendimento 31.12.2004 - 31.03.2005 +2,93%

Attività

Nokia è il più importante produttore di telefoni cellulari al mondo e uno dei più importanti fornitori di reti di telecomunicazione mobili e fisse.

Responsabilità sociale Giudizio complessivo

Solida cultura aziendale basata su principi etici. Buona politica sociale. Pioniere nel campo della politica ambientale. Attenzione alla comunicazione con i portatori di interesse.

Politica sociale interna Nokia ha una solida cultura aziendale basata su principi etici, sulle aspettative della comunità e sulla tutela dell’ambiente. C’è un sistema di partecipazione ai profitti aperto a tutto il personale. Politica ambientale

Nokia è un pioniere nella tutela dell’ambiente nel settore delle telecomunicazioni. La strategia ambientale si basa sullo studio del ciclo di vita dei prodotti e utilizza le migliori tecnologie disponibili. Nokia adotta programmi per l’uso ottimale dell’energia e delle materie prime, per ridurre l’inquinamento e i rifiuti, per allungare la vita media dei prodotti e favorire il loro riciclaggio.

Politica sociale esterna Nel passato Nokia produceva computer, stampanti e monitor per l’aeronautica militare, le forze di terra e le unità di difesa costiera. Queste attività sono state cessate definitivamente e in modo consapevole alla fine del 1998.

UN’IMPRESA AL MESE

UN’IMPRESA AL MESE

+3,54%

I

MERCATI SONO NERVOSI. Il portafoglio etico di Valori rimane fermo

poco sopra il 3%, come il suo parametro di riferimento. Gli investitori sono ripiombati nell’incertezza: quanto e come saliran3,52% no i tassi di interesse? Dove arriverà il prezzo del petrolio? Nelle scorse settimane il greggio ha toccato un nuovo massimo: 58 dollari al bariMSCI DM World price Index [in Euro] 3,20% le. Gli analisti di Goldman Sachs prevedono che possa salire fino a 105 dollari. Sarebbe una catastrofe. Se il petrolio sale, tutto costa di più, dai trasporti intercontinentali al pieno della nostra macchina, dal riscaldamenFls Industries Sede Valby, Danimarca to alla luce elettrica. Le imprese (ad eccezione di Borsa KFX - Copenhagen quelle petrolifere) devono rivedere al ribasso le Rendimento 31.12.2004 - 31.03.2005 +2,72% stime dei loro utili futuri, la ripresa economica freAttività Gruppo multinazionale (composto da più di 100 imprese) che produce macchine e materiali per l’edilizia. na e sulle borse cala la depressione. Per non deAltre attività Produzione di energia dalle biomasse e di sistemi di rilevazione dell’inquinamento. primerci più del dovuto vi presentiamo Fls Industries, l’impresa del borsino che è in vetrina Responsabilità sociale questo mese. Produce materiali e tecnologie per Giudizio complessivo Politica sociale interna molto buona. Impianti con certificazioni ambientali ISO 14001 e EMAS. l’edilizia, ma è anche uno dei leader europei nelEfficace politica di tutela dei diritti umani. la creazione di sistemi per la generazione di enerPolitica sociale interna I sindacati considerano la politica di risorse umane eccellente. FLS è stata la prima società danese, nel 1974, ad avere un rappresentante dei dipendenti nel consiglio di amministrazione, gia da biomasse (vegetali, sterco animale, ecc.) e ben prima che ciò fosse richiesto per legge. di attrezzature per la rilevazione dell’inquinaPolitica ambientale Attraverso la controllata FLS Milijo sviluppa e produce nuove tecnologie eco-compatibili, in mento. Nel 1974 è stata la prima impresa danese particolare per lo sfruttamento delle energie rinnovabili. ad accettare un rappresentante dei dipendenti in Politica sociale esterna FLS si rifiuta di fornire servizi a paesi che non rispettano i diritti umani fondamentali. Consiglio di Amministrazione. Portafoglio di Valori [in Euro]

Sede Espoo, Finlandia

-2,77% -1,40% 8,89% 27,60% 8,98% 3,82% -5,08% 6,83% -3,80% 9,40% 2,72% -2,12% -8,18% -2,97% 5,11% -9,56% 17,15% -2,28% 21,83% -3,84%

+3,52%

Il borsino etico in sala d’attesa

I

18,50 € 24,65 € 41,65 USD 199,50 £ 69,75 € 635,00 £ 167,00 SEK 320,00 DKK 52,10 USD 85,69 USD 106,00 DKK 122,64 € 35,50 USD 17,89 USD 5.750,00 JPY 12,85 € 411,25 £ 920,56 £ 83,00 DKK 23,56 €

€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi

Il Nordiskt rallenta. Ma è sopra il benchmark Nordiskt Index [in Euro]

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 31.03.2005

Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 31.03.2005

€ = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi

L

CORSO DELL’AZIONE AL 31.03.2005

Rendimenti dal 31.12.2004 al 31.03.2005

.

in collaborazione con www.eticasgr.it | 76 | valori |

ANNO 5 N.29

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MAGGIO 2005

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ANNO 5 N.29

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MAGGIO 2005

| valori | 77 |


| padridell’economia |

David Ricardo

L’economista degli economisti di Francesca Paola Rampinelli

A POPOLAZIONE È LIMITATA. Una popolazione ridotta comporta che sia messo in coltivazione solamente il terreno più fertile…. Ciò significa che le rendite si abbasseranno e che vi sarà una grande quantità di reddito accantonato per essere diviso fra i capitalisti e i lavoratori sotto forma di profitti e salari. Tutti (tutti, eccetto il proprietario terriero) sono soddisfatti. A questo punto però comincia un processo inesorabile che finirà col condurre a uno stato di desolazione: “dal momento che i profitti sono alti, i capitalisti cominceranno a richiedere più lavoratori da mantenere. Questo processo di offerta alzerà i salari al di sopra del livello di sussistenza, la popolazione si espanderà. Quando la popolazione si espande, essa è obbligata a trasferirsi sulla terra più povera per produrre l’aumento necessario nell’offerta di generi alimentari. Questo a sua volta significa rendimenti decrescenti e maggiori rendite. Il processo continua fino a quando la popolazione è così numerosa, la necessità di terra è così grande, e le rendite così alte da spingere 1) i salari al livello di sussistenza e 2) i profitti a livelli così bassi che nessun capitalista vuole accumulare più capitale. A questo punto, abbiamo raggiunto la fase stazionaria. Dal momento che i salari sono al livello di sussistenza, la popolazione non aumenterà. Dato che i profitti sono bassi, non ci sarà più accumulazione di capitale e, di conseguenza, nemmeno la possibilità di alzare i salari. Il sistema arriva a un punto morto. Solo se si verifica un cambiamento esterno, per esempio, un miglioramento nei metodi di produzione agraria, il movimento comincerà di nuovo». Con questa sintesi Richard Il sistema messo a punto Gill, professore di storia del pensiero economico, a lungo titolare dal pensatore inglese, di cattedra presso la Harvard University, definisce il “sistema massimo esponente della scuola classica, influenzerà ricardiano” sottolineando che «fino ad oggi Ricardo rimane tutti i suoi successori l’economista degli economisti». David Ricardo nasce a Londra a partire da Karl Marx. nel 1772 ed è considerato, con Adam Smith, il massimo esponente della scuola classica dell’economia, fermo sostenitore del laissez-faire. Figlio di un banchiere ebreo, accumula una fortuna prima come agente di cambio, poi come banchiere e, nel 1819, viene eletto alla camera dei Comuni. Nel 1817 pubblica la sua opera fondamentale, “Princìpi dell’economia politica e dell’imposta”, in cui espone una teoria del valorelavoro e della rendita differenziale dei terreni, che influenzeranno profondamente, più tardi, il pensiero economico di Karl Marx. Ricardo sviluppa ulteriormente il concetto di Smith del lavoro che determina il costo di produzione, studiando a fondo le leggi del libero scambio (teoria dei costi comparati) e del potere d’acquisto della moneta, mentre con la teoria della distribuzione dei redditi prende in esame le leggi che regolano la rendita, il salario e il profitto. Considera la rendita come determinata dalla differenza fra costi di produzione su terre a fertilità diversa, il salario naturale come determinato da quanto è necessario al mantenimento e alla riproduzione del complesso della manodopera esistente senza aumenti e diminuzioni e infine il profitto come determinato da ciò che rimane ai capitalisti una volta pagati i salari e le rendite. Per quanto riguarda il commercio internazionale mette a punto una teoria basata sui vantaggi dei costi comparati di produzione fra due paesi e sul meccanismo dei flussi di oro come compensazione degli squilibri della bilancia commerciale, che costituirà la base teorica del gold standard come sistema monetario internazionale.

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ANNO 5 N.29

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MAGGIO 2005

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