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Anno 5 numero 31. Luglio/Agosto 2005. € 3,00
MARTIN PARR / MAGNUM PHOTOS
Mensile di economia sociale e finanza etica
Fotoreportage > Turismo
Dossier > Turismo responsabile, un’alternativa etica ai pacchetti all-inclusive
Fuori circuito Finanza etica > Piccolo viaggio tra le grandi bolle finanziarie pronte a scoppiare Internazionale > Chi vuole riaprire l’inchiesta sull’attentato alle Torri Gemelle Economia etica > Le “buone” risposte alla crisi del tessile Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento
| editoriale |
Slow Food
Comunità del Cibo
di Carlo Petrini
ROPRIO QUEST’ANNO RICORRE IL DUECENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO della nascita di Anthelme Brillat-
P NOVAMONT
L’AUTORE Carlo Petrini
neonominato Grande Ufficiale della Repubblica, fondatore di Slow Food e anima di Arci Gola, nasce nel 1949 a Bra. La sua biografia unisce cultura, cibo (l’esordio gionalistico è sulla rivista “Barolo & co”, quello culinario l’Osteria dell’Unione) e una profonda attenzione e rispetto per le culture locali e contadine («mia nonna preparava marmellate e conserve per l’inverno, spellava galline e conigli, per poi cucinarli con pazienza e orrore per gli sprechi, e nelle stagioni giuste andava nei prati a raccogliere erbe spontanee e insalate selvatiche…». Slow Food, nato nel 1987, diviene presto un movimento internazionale e sviluppa una particolare attenzione alla Biodiversità.
Savarin, uno dei padri fondatori della gastronomia moderna. Il suo grande merito, espresso nella fisiologia del gusto, è stato quello di averne colto i plurimi saperi coinvolti: «La gastronomia è la conoscenza ragionata di tutto ciò che si riferisce all’uomo in quanto egli si nutre»; e ancora: «l’argomento materiale della gastronomia è tutto ciò che può essere mangiato: il suo fine diretto, la conservazione degli individui; e i suoi mezzi di esecuzione sono: l’agricoltura che produce, il commercio che scambia, l’industria che prepara e l’esperienza che inventa i modi di usare ogni cosa nel modo migliore». Alcuni anni fa, organizzando diversi incontri nelle scuole in giro per l’Italia, rilevammo qualcosa di preoccupante: quasi tutti i bambini, soprattutto nelle città, avevano completamente perduto le loro naturali capacità sensoriali, insieme ad una totale ignoranza sull’origine e la provenienza della maggior parte dei cibi che quotidianamente mangiavano. Con dei semplici test, rilevammo che molti di loro associavano odori elementari come quello di fragola o di menta, a dentifrici e chewing-gum piuttosto che ai loro frutti o erbe! Accorgersi che un bambino comune non immagina nemmeno la provenienza del latte, o del prosciutto, deve far riflettere… Parlare di qualità significa, così, difendere questi legami, cercando di riattivarli, significa soprattutto battersi per una forma di agricoltura equilibrata e compatibile contro questo terrificante meccanismo di massificazione che ha invaso il mondo. Inizialmente, bisognava comunicare il territorio, far conoscere i suoi prodotti e le sue storie, e così sono nate le guide. Poi, si trattava di difendere tanti prodotti dalle qualità straordinarie, ma che la brutale legge del mercato sovente rischiava di far scomparire e abbiamo fatto i Presìdi, prima in Italia e, successivamente, nel mondo. Dopodiché, era anche necessario creare uno sbocco a questi prodotti, ed è quello che il Salone del Gusto ha fatto e continua a fare, proponendosi come una vetrina per tutta la produzione di qualità. Però, quando lo scorso ottobre abbiamo organizzato, come Slow Food, Terra Madre a Torino, invitando le Comunità del Cibo da tutto il mondo, ci siamo trovati davanti a una nuova sfida, non più soltanto a livello nazionale ma mondiale: dare voce e dignità ai tanti custodi della biodiversità nel mondo, a pastori, nomadi, produttori di riso, allevatori, pescatori, apicoltori, e tutte quelle persone che, probabilmente, non finiscono mai sui giornali, né tra le notizie, ma che rappresentano, invece, i reali custodi della diversità. È stato con il concetto di Comunità del Cibo, una categoria nuova che vuole racchiudere la complessità della società attuale, che abbiamo avvicinato tutti questi rappresentanti, così differenti l’uno dall’altro per provenienza, cultura, lingua, ma legati da un comune sentire, che è il rispetto per il prodotto al quale lavorano, per la propria terra e la propria gente. Le Comunità del Cibo sono il modello a cui guardiamo. E sono queste le vere chiavi per un mondo sostenibile. Insomma, aveva proprio ragione Brillat-Savarin: l’arte del gusto va letta da un punto di vista multidisciplinare. E il percorso che abbiamo fatto fino a qui ci ha insegnato che il gusto deve rispettare tre condizioni fondamentali: 1) l’ambiente, prima di tutto. Non si può più pensare a una qualsivoglia forma di produzione che non tenga conto dell’ambiente, senza distruggerlo o deturparlo irreversibilmente. 2) Rispettare le qualità organolettiche, perché un prodotto che, in bocca, non ha sapore, non può essere considerato buono; 3) Rispettare i lavoratori, pagando il giusto prezzo per il loro lavoro.
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luglio/agosto 2005 mensile www.valori.it
anno 5 numero 31 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore
Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci
Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Ecor, Federazione Trentina delle Cooperative, Axia, Publistampa, Rodrigo Vergara
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valori Goa, cento chilometri di costa sabbiosa meta di migliaia di turisti ogni anno che affollano villaggi e raffinati ecoresort. Secondo l’Indian Trade Union (PWTUC), Goa è anche una meta di turismo sessuale internazionale.
India, 1993
bandabassotti
7
fotoreportage. Turismo
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dossier. Visitare per capire
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Testa nel sacco o sacco in spalla? Un’offerta che fa la differenza [INTERVISTA A DUCCIO CANESTRINI ] Le voci dello Tsunami dai protagonisti
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lavanderia
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finanzaetica
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Bolle e squilibri, i mercati continuano a tremare [INTERVISTA A LEONARDO BECCHETTI ] Hedge Funds, primo freno a una corsa inarrestabile Germania, la sovravalutazione del mercato immobiliare
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bruttiecattivi
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internazionale
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9/11, i molti dubbi mai chiariti Banca Mondiale, la sfida del cambiamento
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Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)
macroscopio
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abbonamento
economiaetica
50
Alta qualità, ricerca e innovazione per i tessuti Il nuovo mercato dei tessuti biologici
52
fuorigiri
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altrevoci
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stilidivita
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numeridivalori
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padridell’economia
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consiglio di amministrazione
Sabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it) collegio dei sindaci
Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone
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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) redazione (redazione@valori.it)
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Via Copernico, 1 - 20125 Milano Francesco Carcano, Sarah Pozzoli Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto progetto grafico e impaginazione
Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Adriana Collura (infografica) fotografie
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| bandabassotti |
Malcostume
C’è anche Kaiser Franz il gran risanatore di Andrea Di Stefano
A CADUTA DEGLI DEI. Il grande risanatore, l’uomo che legge e parla in tedesco più volentieri che in italiano, che viene chiamato ai vertici delle aziende per fare pulizia e tagliare teste, costi e, ovviamente, posti di lavoro. Il mega manager Franco Tatò, soprannominato Kaiser Franz per la sua passione teutonica, non era molto diverso dai suoi colleghi. Consulenze strapagate, residenze faraoniche a spese delle aziende, persino feste di compleanno a carico di una Fondazione culturale: l’elenco degli episodi di malagestio, o malcostume, di cui si è reso protagonista l’ex amministratore delegato dell’Enel è lungo. E Kaiser Franz, nella pura tradizione italica, di fronte ai problemi (e agli atti d’accusa in carta bollata) non ha trovato di meglio che addurre un complotto politico ai suoi danni. Ma i fatti, prima del gossip, parlano chiaro. Tatò era stato chiamato ai vertici della Fondazione Treccani, quella che controlla la casa editrice della più famosa enciclopedia italiana, con il mandato di risanare i conti resi traballanti dalla competizione degli strumenti digitali e dalla difficoltà strutturale delle vendite rateali. Agli onori delle cronache è invece finito per uno scontro al fulmicotone sulla trasparenza e la corretta gestione dei conti. All’origine del braccio di ferro con alcuni consiglieri le spese di rappresentanza dell’amministratore delegato Tatò, così come raccontato con dovizia di particolari dall’Espresso: «Champagne e vini pregiati (viste le fatture da pagare) non mancano alla Treccani, l’istituto per l'Enciclopedia Cene da Puny italiana guidato da Franco Tatò. E il conto è salato anche per per festeggiare la moglie. un pranzo di rappresentanza da 2.760 euro a Roma solo due giorni Casse intere di champagne. dopo un altro ricevimento per il compleanno della moglie Appartamento con utenze. di Kaiser Franz, Sonia Raule, al ristorante Puny di Portofino, Il gran tagliatore il 5 giugno 2004: 3.432 euro, pagati con la carta di credito della dei costi. Solo altrui Treccani. Tatò ha precisato trattarsi di spese di rappresentanza, che “per loro natura sono insindacabili”, giacché “uno spende quello che ritiene opportuno”. I documenti, però, parlano chiaro. Champagne Roederer Brut Premier e Roederer Cristal 1996, vino Chateau De Pez 1999 (in cassa legno), Pouilly Fume De Ladoucette, Chateau Les Justices 2000: decine di bottiglie ogni volta, come dimostrano quattro fatture (tutte indirizzate alla Treccani): una del 30 dicembre 2003 (2.878 euro il netto da pagare per 126 bottiglie), una del 6 febbraio 2004 (1.691 euro per 50 bottiglie), una del 26 marzo successivo (906 euro per 36 bottiglie) e una del 28 maggio 2004 (1.879 euro per 84 bottiglie). Il 5 giugno, sempre del 2004, c'è la festa al Puny di Portofino (32 coperti): 2.194 euro per il mangiare e 1.237 euro per il bere. Due giorni dopo, il 7 giugno, a Roma c’è un pranzo di rappresentanza in salita S. Onofrio, si legge nella fattura, spesa totale: 2.760 euro». Altra carica. Altri problemi, con tanto di carte bollate. Questa volta si tratta della Rcs dove il super manager è stato presidente per soli 180 giorni, da settembre 2002 a marzo 2003. Il neo amministratore delegato Vittorio Colao quando è arrivato in Via Solferino ha fatto una vera e propria due diligence di tutti i contratti in essere. E ha chiesto ragione dei contratti di consulenza all’ex presidente che comprendevano anche il faraonico appartamento in Piazza Castello, con tutte le utenze, compreso l’abbonamento alla tv satellitare.
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CISL
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| fotoreportage | MARTIN PARR / MAGNUM PHOTOS
> Turismo foto di Martin Parr / Magnum Photos / Contrasto
Fonte di ricchezza e di squilibrio della realtà socio-economica di intere fasce territoriali, il turista è il soggetto privilegiato del reportage fotografico di Martin Parr. Un’analisi lucida e tagliente del turismo occidentale nel mondo. A Milano, fino a settembre, una selezione delle sue foto sarà presente nell’ambito della mostra “Italia, doppie visioni”.
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rentatre anni fa decisi di investire il mio cuore e la mia anima in un sogno. Comprai un’isola incontaminata nel Sud Pacifico ...». L’isola incontaminata è la Turtle Island delle Fiji e chi parla è il suo fortunatissimo proprietario, Mr Richard Evanson, un signore sulla sessantina, cappello di paglia e polo bianca “molto British”. Purtroppo non abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, ma soltanto di osservare la sua faccia sorridente che ammicca dal sito www.turtlefiji.com per attirare clienti nel suo paradiso terreste (nel 2004 l’isola è stata uno dei tre finalisti del World Legacy Tourism Award, premio assegnato «per l’eccellenza ambientale, la gestione della biodiversità e lo sviluppo di programmi di equità sociale - salute, scuola, creazione di posti di lavoro - a favore della comunità locale»). Chi non vorrebbe passarci almeno un weekend nella vita? Pochi direbbero di no. Ma quanti possono permettersi di condividere il sogno di Mr Richard? Pochissimi, perché per passarci una notte il prezzo va da 1.975 a 2.390 dollari (la doppia) tutto compreso. Sempre vuoto? Nossignori, i clienti ci sono eccome. Come ci sono per altri ecoresort di lusso sparsi in giro per il mondo. E a sentire gli operatori del settore, la domanda è in crescita. Turtle Island a parte, che probabilmente è uno dei posti più esclusivi del Pianeta, secondo Bradipo Travel Designer, un’agenzia di viaggi per pochi con sede a Milano, gli amanti del lusso eco apprezzano anche il Daintree Ecolodge (www.daintree-ecolodge.com.au), un resort nella foresta pluviale del Queensland in Australia (476 dollari la doppia con colazione) che ha vinto l’Australian Tourism Awards 2003, nella sezione ecotourismo di lusso, il Beagawan Giri Estate a Bali (www.begawan.com) che ha anche costituito una fondazione per promuovere programmi di educazione, salute e consapevolezza ambientale dei locali. E i più dinamici i campi (si fa per dire, visti i lodge) nei parchi africani della Wilderness Safaris (www.wildernesssafaris.com), insignita nel 2003 del premio internazionale World Legacy for Nature Travel grazie ai progetti di conservazione dell’ambiente. Tra i numerosi ecoresort sorti negli ultimi anni, alcuni sono meta privilegiata di specifiche categorie. Il passaparola è ancora un efficace sistema di promozione delle offerte, sopratutto quando riguarda offerte molto economiche o, come in questo caso, assolutamente esclusive. Tra i fotografi di moda e operatori del settore fashion la segnalazione riguarda resort in Sud Africa e in Brasile, dove vengono ambientati gran parte dei set per le pubblicità di moda. A Bahia si segnala il “Praia do Forte Ecoresort” che offre una selezione di 115 piatti biologici e un servizio di baby sitter prenotabile via internet. A Goa, un ex manager discografico londinese ha aperto una lussuosa tendopoli in cui alloggiare conoscenti e ospiti. Inclusi nel costo corsi di danze tradizionali indiane e massaggi. Un’esclusiva e tantrica pausa, non priva di utili incontri, prima di rientrare riposati e rampanti nel cuore del business occidentale.
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L’AUTORE Martin Parr Nato nel 1952 a Epsom, Surrey, Martin Parr ha studiato fotografia al Manchester Polytechnic (1970-73), ricevendo tre premi consecutivi dal Consiglio di Arti inglese. Fotogiornalista e freelance per molti anni, assertore della valorizzazione della cromìa, Parr entra nella prestigiosa agenzia Magnum nel 1994. I suoi lavori vengono esposti e pubblicati in Europa e negli Stati Uniti, oltre a diventare parte di numerose collezioni. Molto influenzato dai lavori di C. Killip, Parr diviene un testimone ironico, straniato e attento della società britannica. Con le sue foto caratterizzate dall’uso molto contrastato e luminoso del colore, racconta la storia del gusto e dei comportamenti della classe media negli anni ’80. Alcune sue opere saranno visibili nella mostra “Italia, doppie visioni”, aperta fino al 25 settembre 2005 a Palazzo Reale di Milano. Curata da Giovanna Calvenzi, la mostra è organizzata da Agenzia Contrasto, Comune di Milano e Maison Européenne de Photographie. Sono esposte, oltre alle opere di Parr, immagini di Henri Cartier-Bresson, Mario Giacomelli,Paul Strand, Gianni Berengo Gardin, William Klein, Mario Carrieri, Mimmo Jodice, Gabriele Basilico, Massimo Vitali, Raymodn Depardon, Carla Cerati e altri fotografi chiamati a presentare dieci temi centrali della storia visiva italiana.
Destinazione per molti anni dei viaggi dall’Europa e dai confinanti Stati Uniti, il Messico vede arrivare ogni anno oltre venti milioni di turisti sulla sua terra. Il ricavo annuale dal turismo è di circa 9 miliardi di dollari.
Messico, 2003
> Turismo
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| fotoreportage | In Gambia il turismo produce il 16% del prodotto interno lordo. Per via dei molti parchi nazionali e della vita animale ricca di specie, il Gambia viene amato come meta turistica specialmente da turisti interessati alla natura incontaminata. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’incremento del turismo ha portato a maggiori scambi con la popolazione locale e tra le conseguenze indirette, oltre all’aumento della prostituzione, vi è stato un forte incremento alla fine degli anni novanta dei casi di Aids. Il governo del Gambia ha ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino.
Gambia, 1991 Pagina seguente, da sinistra a destra e dall’alto in basso: lago di Garda, Italia, 1999; Teotihuacan, Messico, 2003; Giza, Egitto, 1992; Benidorm, Spagna, 1999.
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| fotoreportage | Meta privilegiata dei viaggi organizzati, l’Egitto viene visitato ogni anno da oltre cinque milioni di turisti. Le crociere con animazione e ristorazione europea sono offerte da tutte le agenzie turistiche.
Egitto, 1992
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Testa nel sacco o sacco in spalla? >18 Un’offerta che fa la differenza >20 Le voci dello tsunami dai protagonisti >24 a cura di Paola Fiorio e Sarah Pozzoli
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dossier
Il reportage di Martin Parr rimanda ad un’immagine classica, ironica e di valore sociologico del turista occidentale. Una vera e propria icona alla quale contrapporre un rapporto attivo e solidale con le popolazioni locali.
Turchia, 1994
Turismo responsabile
Visitare per capire
Le molte alternative alla formula all inclusive per di solidarietà, scambio culturale, aiuto.
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fare delle vacanze dove il sogno lasci un segno Nel rispetto dell’ecosistema. E anche degli uomini.
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| dossier | turismo responsabile |
| dossier | turismo responsabile |
Testa nel sacco o sacco in spalla?
LE DIECI REGOLE CARDINE DELTURISMO RESPONSABILE
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di Paola Fiorio
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piagge bianchissime, mare blu, palme, svariate portate tra cui sce-
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gliere per pranzo, altrettante a cena, frutta esotica di ogni tipo e be-
vande a volontà. Tutto all inclusive, tutto compreso nel prezzo. Una vacanza da sogno in qualche località del sud del mondo, che magari costa meno di un
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soggiorno a Rimini. Ma non è tutto oro quello che luccica e qualcuno è andato a vedere cosa c’è dietro. Renzo Garrone, di Ram (Centro di attenzione al turismo) e la sua collega Marta Di Cesare, hanno intervistato manager, lavoratori e sindacalisti del settore turistico in sei mete tradizionali: Canarie, Playa del Carmen e Cancun, Repubblica Dominicana, Cuba, Bali, crociere sul Nilo. MARTIN PARR / MAGNUM PHOTOS
Dalla loro inchiesta è uscito un quadro allarmante contenuto nel libro “Povero outgoing” (edizioni Ram, 2004). L’indice è puntato soprattutto sui salari insufficienti, inaccettabili senza le mance, sulla carenza di contratti, sul forte pendolarismo (solitamente i villaggi turistici sorgono in zone isolate) e i lunghi orari di lavoro.
Turismo, un quadro in chiaro scuro
In mostra a Milano fino al 25 settembre nell’ambito della mostra “Italia, doppie visioni”, le immagini di Martin Parr sono icone del turista occidentale.
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LIBRI
. Marta di Cesare Renzo Garrone Povero outgoing Le condizioni dei lavoratori nei paradisi turistici del sud Associazione Ram
Precarietà e alienazione dei lavoratori non sono le uniche note dolenti dell’industria turistica, alcune imputabili alle strutture di ricezione, altri alla maleducazione del turista. Tra i punti di criticità un posto importante lo occupa lo spreco di risorse naturali, come l’acqua e l’energia, che i
Sopra Lago di Garda, 1999 A fianco Thailandia, 1998
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PROMUOVERE UN TURISMO EQUO, RESPONSABILE E SOSTENIBILE come strumento di conoscenza tra i popoli. Questo l’obiettivo che nel 1999 ha spinto i membri dell’Organizzazione mondiale del turismo, i rappresentanti dell’industria turistica mondiale e delle istituzioni a siglare il Codice mondiale di etica del turismo. Questi, in sintesi, i suoi principi. ART. 1 «Contributo alla comprensione e al rispetto reciproco tra i popoli e le società» Turisti e operatori del settore sono tenuti al rispetto delle tradizioni sociali e culturali, dell’ambiente e delle leggi dei Paesi di accoglienza. Proibiti il traffico di droga e armi, di oggetti d’antiquariato e specie protette. ART. 2 «Il turismo quale mezzo di soddisfazione individuale e collettiva» Allo scopo di sviluppare il turismo come strumento di apprendimento delle diversità e della tolleranza reciproca e come promozione dei diritti umani, vanno promossi i programmi di insegnamento sul valore degli scambi turistici e i viaggi di natura religiosa, per la salute, l’istruzione, gli scambi culturali o linguistici. Condannati i viaggi a scopo sessuale. ART. 3 «Fattore di sviluppo sostenibile» Perché il turismo sia sostenibile, non impoverisca le risorse naturali e tuteli l’ambiente, devono essere privilegiate le forme di turismo che limitano la produzione di rifiuti, i consumi di acqua e energia. Le infrastrutture devono essere costruite in modo da preservare il patrimonio naturale e rispettare le restrizioni all’accesso previste per alcune aree sensibili (foreste tropicali, aree desertiche, riserve protette, ecc.). ART. 4 «Contributo al patrimonio culturale dell’umanità e al suo arricchimento» Le attività turistiche devono essere svolte nel rispetto e tutela del patrimonio artistico, culturale e archeologico. Anche i prodotti artigianali tradizionali e il folklore devono essere tutelati per non rischiare la loro standardizzazione. ART 5 «Il turismo quale attività vantaggiosa per i Paesi e le comunità di accoglienza» Le attività turistiche devono avere una ricaduta economica, sociale e culturale equa sulle popolazioni locali in modo da migliorarne le condizioni di vita. ART. 6 «Obblighi degli operatori dello sviluppo turistico» I professionisti del turismo devono fornire informazioni trasparenti sul viaggio e le clausole del contratto che lo regola e garantire ai loro clienti, in collaborazione con le autorità pubbliche e per quanto compete loro, la sicurezza, la tutela sanitaria e l’igiene alimentare durante il viaggio. ART 7 «Diritto al turismo» Tutti devono poter usufruire in modo paritario del diritto al turismo. Deve essere promosso e facilitato il turismo sociale, quello delle famiglie, delle persone anziane, dei disabili, dei giovani e degli studenti. ART. 8 «Libertà di spostamenti turistici» L’accesso ai luoghi di transito e di soggiorno e alle mete culturali e turistiche deve essere regolato senza discriminazioni né eccessive formalità. ART. 9 «Diritti dei lavoratori e degli imprenditori dell’industria turistica» Le amministrazioni vigileranno sui diritti dei lavoratori del settore turistico, tenendo conto del carattere stagionale della loro attività, della dimensione globale dell’industria turistica e della flessibilità richiesta dalla natura del lavoro stesso. ART. 10 «Applicazione dei principi del Codice mondiale di etica del turismo» Eventuali controversie sull’applicazione o l’interpretazione del Codice saranno sottoposte al Comitato mondiale per l’etica del turismo. P.F.
turisti spesso utilizzano in abbondanza anche dove la popolazione locale deve fare i conti con un loro razionamento. C’è poi il problema dell’impatto ambientale: strutture ricettive poco integrate con il territorio o che chiudono l’accesso alla gente del posto impedendogli di beneficiare del proprio patrimonio naturale o artistico. Per non parlare dei rifiuti, prodotti in grosse quantità nei villaggi turistici e grandi alberghi e che possono minare l’ecosistema circostante. Altro punto fondamentale è la mancanza di un vero contatto con la popolazione locale, al di là della cena con danza folkloristica. Infine, va considerato l’aspetto economico. Le grandi catene alberghiere e i villaggi turistici sono spesso il frutto di investimenti stranieri. Di conseguenza, del giro d’affari portato dal turismo internazionale nei Paesi del sud del mondo restano sul posto solo poche briciole. Visto così il quadro è decisamente sconfortante. Ma l’industria turistica porta anche notevoli vantaggi. Oltre ad essere una voce fondamentale nelle bilance commerciali di molti Paesi, il turismo può essere un importante momento di rigenerazione, conoscenza, scambio culturale. Ed è, in questo senso, irrinunciabile.
Viaggiare informati, viaggiare consapevoli Il turismo insomma è una grande risorsa, ma va maneggiato con cautela. Sì al turismo, quindi. Ma quale? Esiste un’alternativa al viaggio mordi e fuggi? Alla vacanza in un villaggio turistico? Esiste, e si chiama turismo responsabile. L’idea viene da lontano, quando negli anni Cinquanta alcuni antropologi cominciarono a muovere le prime critiche a un turismo visto come il solito modello di sfruttamento nord-sud. Al contrario, il turismo responsabile è una nuova etica del viaggio, con una ricaduta economica diretta sulle comunità locali. Qualsiasi tipo di viaggio, dal turismo fai-da-te a quello organizzato, può essere orientato verso un’ottica più solidale, a partire da un comportamento educato del turista verso il Paese che lo ospita. Questo significa rispettare gli usi e i costumi locali, evitare gli sprechi di beni primari, consumare cibi e bevande locali per non costringere quel Paese a onerose importazioni di derrate alimentari ad esclusivo beneficio dei turisti. Ci sono poi precisi principi che rendono un viaggio responsabile: preferire ristoranti, alloggi e trasporti di proprietà locale perché i soldi spesi restino nelle mani della gente del posto, concedersi tempo nella preparazione e durante il viaggio stesso, entrare realmente in relazione con i locali. Per promuovere l’idea di un turismo più solidale in Italia, nel 1998 è nata Aitr (Associazione italiana turismo responsabile). «Noi cerchiamo di sensibilizzare i tour operator, ma anche gli opinion makers», spiega Garrone, tra i soci fondatori «per cambiare la mentalità al mondo del tu-
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| dossier | turismo responsabile |
UNA SPIAGGIA NEL MIRINO DI CLUB MED SCONVOLGE ANCHE L’ALBANIA IL CLUB MED HA MESSO GLI OCCHI su uno degli ultimi posti vergini della costa mediterranea. È la baia di Kakome, in Albania, un lembo di spiaggia incontaminata tra le montagne affacciate sul Mediterraneo, quasi al confine con la Grecia. Qui sorgerà un villaggio turistico all inclusive a cinque stelle con 800 posti letto. L’apertura è prevista per il 2007 e si stima che una volta ultimato il resort potrà ospitare circa 12mila turisti all’anno. L’investimento è di quelli che fanno girare la testa, ben 40 milioni di euro, e creerà circa mille posti di lavoro per la gente del luogo. Eppure c’è qualcuno che non è affatto contento che il colosso francese sbarchi sulla costa del Paese delle aquile. Sono i pastori di Nivica, circa 300 anime che vivono alle spalle della montagna che domina Kakome e che rivendicano la proprietà della baia, forti di un documento del 1876. Gli abitanti di Nivica sono già scesi sul piede di guerra e hanno occupato la strada provinciale per bloccare i lavori del resort. La polizia è intervenuta arrestando sette persone. Da parte loro, le autorità sostengono che Nivica non può accampare diritti su Kakome. La battaglia, quindi, continua e la polizia è costretta a proteggere gli operai del cantiere. In realtà, i pastori non sono contrari al turismo, ma non vogliono un villaggio vacanze i cui proventi resterebbero nelle mani di pochi. Quello che chiedono è un turismo sostenibile, coerente con le loro tradizioni e in grado di creare reddito per la gente del posto. E per sostenere le loro richieste sono pronti ad usare le maniere forti. P.F.
rismo inquadrato con una lente in cui l’etica si sposi con la qualità». L’organizzazione conta oggi sessanta membri, tra associazioni di promozione e divulgazione e agenzie di viaggio che nei loro programmi scelgono ristoranti e strutture ospitanti a conduzione familiare, invece delle catene alberghiere, e lavorano anche con soggetti che non fanno parte dell’industria turistica. «Ram, per esempio - chiarisce Garrone - in Sri Lanka collabora con i Tamil che fanno i braccianti nelle piantagioni del the e che una volta all’anno ricevono i turisti. Assieme a loro si visita il villaggio dove vivono e si ha quindi l’occasione di entrare in una realtà alla quale altrimenti non si avrebbe avuto accesso».
L’identikit del turista “non per caso” Consumo critico e autenticità. Questo è quello che chiedono i turisti che si rivolgono alle agenzie del turismo responsabile. A partire per i Paesi in via di sviluppo sono soprattutto coppie con reddito medio alto e single, in maggioranza donne. L’età dei viaggiatori solidali varia dai 25 ai 60 anni, ma la fascia di età più rappresentata è quella dai 30 ai 45 anni. Non esistono statistiche ufficiali sul numero di persone che ogni anno preferiscono questa alternativa, ma la stima delle agenzie associate ad Aitr parla di circa 1.700 turisti che nel 2004 hanno acquistato un viaggio responsabile. Ancora pochi rispet-
to ai 760 milioni di persone che secondo l’Organizzazione mondiale del turismo si sono spostate l’anno scorso. «Forse il nostro difetto - spiega Enrico Marletto di Viaggi solidali - è non essere ancora riusciti a comunicare che è possibile fare un viaggio bello, con garanzia di sicurezza, organizzazione e affidabilità e che al tempo stesso abbia una ricaduta equa. Spesso, infatti, si pensa che un turismo responsabile sia un turismo di sofferenza».
Un aiuto alla crescita? Bello per chi viaggia dunque, ma anche per chi accoglie. Un turismo sostenibile di cui le comunità locali riescano a trattenere i proventi può aiutare lo sviluppo economico di molte aree del sud del mondo. Circa il 30-40% del costo di un viaggio responsabile organizzato resta infatti nelle mani della gente del posto. In cinque anni di vita, per esempio, Viaggi solidali ha lasciato nei Paesi visitati una cifra complessiva che si aggira sui 2,2 milioni di euro. Ancora poco. «Per aiutare realmente i Paesi in via di sviluppo», chiarisce Marletto, «dovremmo avere un’incidenza maggiore di quella che abbiamo al momento sul potenziale del mercato del settore turistico». Ma, conclude Garrone, «il turismo non deve essere considerato come una panacea: può essere solo un’integrazione altrimenti divora se stesso perché perde di autenticità».
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Un’offerta che fa la differenza Intervista a Duccio Canestrini, docente di antropologia al Master di tourism management della Trento School of management Quello che voglio dire è che non è un movimentista né un missionario alla formula come tende a dipingerlo una parte dell’industria del turismo. Che – didel tutto compreso. Ma le cose stanno cambiando, ciamolo - rispetto a queste nuove sensibilità è rimasta un po’ indietro. molta gente va nei villaggi vacanze, anche perché il prezzo è conveniente, ma poi torna a casa didi Sarah Pozzoli sgustata». Duccio Canestrini, 49 anni, docen“L’anno scorso sono stato a Sharm, quest’anno vado Cante di antropologia al Master di tourism manacun”. Ovvero pacchetti tutto compreso con volo-villaggiogement della Trento school of management e autore di vari volumi sul intrattenimento. Lei cosa pensa di questo tipo di turismo? turismo responsabile*, non risparmia critiche alla grande industria delDirei: tutto compreso, niente capito. A parte gli scherzi, è un fenomele vacanze. Anche perché, dice, «i paesi del Sud del monno importante e soddisfa un desiderio di svago per staccaI SUOI LIBRI do dove vengono costruiti i villaggi godono solo di una re la spina dalla vita di tutti i giorni. Il problema è lì, bisoNon sparate minima parte dell’indotto economico generato dal turignerebbe lavorare sulla qualità della vita, sulla sul turista smo, per esempio il 10% del costo di una vacanza alle quotidianità che produce questo tipo di turismo. Il nostro Bollati Boringhieri Milano, 2004 Mauritius, il 30% in Kenya e il 50% in Giamaica». comportamento in vacanza è espressione dei mali della Andare a quel paese nostra società. Però si stanno cominciando a vedere seFeltrinelli gnali d’insofferenza nei confronti di queste gabbie dorate. Professore, chi è secondo lei il “turista reBologna, 2003 La gente vuole qualcosa di più autentico. Quando va a sponsabile”? Trofei di viaggio Bollati Boringhieri Sharm, si trova in strutture militarmente protette, cuccaÈ una persona responsabile, di media sensibilità, cultura e Milano, 2001 gne dove lo spirito del luogo è tenuto fuori. Il nostro mointelligenza che quando fa il turista sente il desiderio di cado di fare turismo dovrebbe diventare più permeabile alla pire gli abitanti del luogo in cui va e che rispetta la natura.
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I FANNO CREDERE CHE NON CI SIA ALTERNATIVA
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e autore di diversi libri sull’argomento. situazione locale. E poi il viaggio deve essere un’avventura. Insomma, secondo lei meglio andare in un villaggio turistico o starsene a casa? Meglio il turismo fai-da-te o affidarsi all’Associazione di turismo responsabile. Altrimenti, dipende da che casa si ha e in che villaggio si va. Capisco benissimo il problema del degrado urbano, il caldo, il traffico. E che tutti hanno bisogno di verde e di natura. Il problema è che poi molte strutture turistiche riproducono la quotidianità, con i residence, i balconcini, le scalette. Ma non è questo di cui abbiamo bisogno. Comunque non voglio criminalizzare i villaggi anche perché basterebbe così poco per fare un passo avanti. Mi faccia un esempio ... Gli animatori invece di fare il verso a Fiorello potrebbero raccontare le storie del luogo e poi potrebbero spiegare gli animali, la natura.
IN CRISI ILMODELLO DI VILLAGGIO USA E GETTA IL TURISMO CREA RICCHEZZA? Sì, ma nel lungo termine solo se è un turismo sostenibile. Questa una delle conclusioni che sembra emergere da una ricerca, ancora in corso, condotta da Paolo Figini, docente di economia del turismo dell’Università di Rimini, sulla base di dati relativi a 60 Paesi di tutto il mondo, in un arco di tempo che va dal 1985 al 2001. L’indagine usa come base di partenza, cercando di fare un passo avanti, una ricerca precedente che aveva dimostrato in modo empirico la validità della teoria secondo cui il turismo crea ricchezza soprattutto nei Paesi con un notevole gap tecnologico (cioè quelli in via di sviluppo). E che tra questi, la crescita maggiore si ha in quelli di dimensioni più piccole. «I risultati sono ancora provvisori – spiega Figini - ma un aspetto sembra chiaro. E cioè che se il turismo cresce sfruttando malamente le risorse naturali, nei primi anni si produce un effetto positivo sul prodotto interno lordo. Ma poi si arriva a un livello di saturazione e via via l’effetto sulla crescita comincia a diminuire nel tempo». Un esempio? Prendiamo le Maldive. Il boom dei famosi atolli dell’Oceano Indiano è scoppiato circa 20 anni fa. Allora i grandi tour operator iniziarono a costruire i villaggi e le compagnie aeree ad attivare le linee per Malé. In quegli anni naturalmente l’economia fece un bel balzo in avanti. Ma poi l’effetto benefico ha cominciato ad affievolirsi. Non solo. Le Maldive non sono più il paradiso terrestre di una volta e c’è il rischio che i turisti più esigenti comincino a guardare altrove. «Se non si preservano le risorse naturali l’effetto positivo che si ha a breve termine si perde – osserva il docente dell’università di Rimini – e nel lungo periodo si può trasformare in un effetto boomerang». Non è finita qui. La ricerca in corso, rispetto a quella precedente condotta solo sulla base di un’analisi del pil dei singoli Paesi, sta valutando anche gli effetti del turismo sulla popolazione locale. «Gli effetti economici non sono tutto – continua Figini – è importante capire anche l’impatto sulla società». Su questo fronte però il lavoro è ancora agli inizi. «Quello che si può dire – spiega il docente – è che un Paese che si specializza nel turismo può farlo seguendo due modelli. Il primo è quello dei grandi tour operator che arrivano in loco, costruiscono villaggi e portano turisti – spiega Figini - l’effetto economico può anche essere molto forte, ma la ricaduta sulla popolazione è molto bassa, perché al di là di qualche lavoro stagionale e precario non si producono altri effetti degni di rilievo. E la maggior parte dei profitti o resta nelle mani di pochi o esce dal Paese. Il secondo è il caso dei piccoli alberghi gestiti dai locali che producono effetti economici più diffusi e hanno una maggiore sostenibilità. In genere – conclude il professore – questo modello porta a una diminuzione della povertà, minori diseguaglianze ed è meno probabile che si sviluppino conflitti sociali». L’ultima parola però spetta ai risultati che emergeranno dall’analisi S.P. sulla distribuzione del reddito, di prossima pubblicazione.
I grandi tour operator che aprono alberghi nel Sud del mondo dicono che creano opportunità di sviluppo all’area e
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ALTRO CHE AREE PROTETTE per la conservazione delle biodiversità, i parchi italiani si comportano più come agenzie del turismo o grandi pro loco. E dedicano più energie a organizzare la fiera della caciotta o il mercatino del salame che alla tutela del lupo o dell’orso marsicano. A questo si aggiungano gli abusi edilizi, il bracconaggio, le discariche abusive, gli incendi (soprattutto al Sud), i fondi decurtati, la politicizzazione delle cariche, l’eccesso di burocrazia e il quadro che esce dal primo libro bianco del Wwf sulle aree protette italiane (quasi 6 milioni di ettari, tre su terra e il resto di mare, pari al 10% del territorio rispetto alla media mondiale del 12,6%), pubblicato a maggio, è assolutamente sconfortante. Visione antropocentrica - I parchi non sanno più fare il loro mestiere, sostiene in sostanza l’associazione del Panda. Nati per preservare la natura ormai si starebbero dedicando soprattutto alle attività per farla fruttare, visto il continuo aumento dei visitatori (almeno 15 milioni l’anno). Fiere e mercati dunque, più che biodiversità e servizi ambientali. E poi differenziazione dei vincoli «con il rischio di aprire le aree tutelate a forme di sfruttamento e perfino alla caccia» e «ricerca forzata dell’autofinanziamento come se gli enti gestori fossero aziende produttive». L’ovvia conseguenza di questa visione? «Molte risorse – afferma il Wwf - finiscono in opere di sistemazione o recupero urbanistico piuttosto che in progetti e programmi di conservazione». Paradiso imperfetto – In Italia ci sono 777 aree protette riconosciute dal ministero dell’Ambiente (a cui si devono aggiungere oltre 200 non riconosciute per un totale di mille, secondo le stime del Wwf), di cui 23 parchi e tre aree nazionali, 24 aree marine, 146 riserve statali. E sotto il controllo delle regioni ci sono altri 105 parchi, 335riserve e 141 aree. Con un patrimonio importante: in Italia nel complesso è presente oltre un terzo delle specie animali e quasi la metà della flora europea. Un piccolo paradiso, insomma. Ma molto imperfetto. Secondo il Wwf, l’habitat più difeso è la montagna, mentre sono trascurati gli ambienti umidi (come la Laguna Veneta o gli stagni sardi), tratti costieri come quelli della Sardegna (Golfo di Orosei, Costa Verde, ecc.), del Salento e della Calabria, fondali marini e boschi planiziali. Inoltre, il personale è carente soprattutto nelle strutture nazionali e le risorse messe a disposizione sono in calo continuo da quattro anni (per il 2005 i parchi nazionali hanno una dotazione di 57,8 milioni di euro, un milione in meno rispetto all’anno precedente). Cariche pilotate – L’altra nota dolentissima del verde italiano riguarda «l’elevato grado di burocratizzazione e l’eccessivo politicismo». Gli strumenti di pianificazione quando ci sono restano lettera morta. E le nomine dei presidenti spesso sono pilotate. Per esempio alla guida dei Parchi in Val Grande, Maddalena, Pollino, Maiella e Vesuvio ci sono vari esponenti di An. Il Gran Paradiso, l’Asinara e lo Stelvio invece sono andati a tre esponenti azzurri. Per chiudere in bellezza (si fa per dire), c’è il capitolo commissariamenti di cui peraltro, osserva il Wwf, non si capisce il senso visto che non c’è alcuna situazione di emergenza. Ebbene di sei commissariamenti quattro (Appenino Tosco Emiliano, delle foreste casentinesi, dei Monti Sibillini e dell’Aspromonte) fanno capo a un sola persona, il direttore della direzione conservazione della natura del ministero dell’ambiente, Aldo Cosentino.
Secondo lei c’è qualcuno tra i tour operator che si distingue in negativo o in positivo? Nomi non ne faccio. Posso dire che mi è capitato di sentire con le mie orecchie un discorso del tipo: la barriera di Hurgada si sta rovinando? Pazienza, cercheremo un altro posto. Ma il clima sta cambiando. L’Astoi (Associazione dei tour operator italiani) per esempio ha creato un laboratorio di sostenibilità. Tutto sommato è nel loro interesse cercare formule di turismo diverse da quelle di oggi. Il peggio e il meglio del turismo visto con i suoi occhi. Mi è capitato di vedere nei parchi sudafricani cancelli e recinzioni elettrificate con dentro leoni grassi e pasciuti belli pronti per le foto dei turisti. E fuori milioni di miserabili. Uno spettacolo desolante. In positivo invece i posti dove le comunità locali gestiscono i flussi turistici. Un esempio è la parte caraibica di Panama. Lì gli indios, che si chiamano Cuna, gestiscono il turismo senza intermediari con i consigli degli anziani a dirimere le controversie. Non sono serviti neanche grossi investimenti, si dorme in piccoli resort di legno. È un posto molto bello. Oggi vanno molto di moda gli eco-resort, gli eco-hotel e così via. Il dubbio è che siano solo operazioni di facciata. Come si fa a distinguere? Innanzitutto dipende da cosa si intende per ecologia. Negli anni ‘80 andava molto di moda l’eco-furbizia. Si ricorda la pubblicità del Dixan con i delfini? Ecco quello è un esempio. Detto questo, ci sono marchi come l’ecolabel. Il fatto che un albergo sia riuscito a ottenerlo dà una certa garanzia. E poi bisogna vedere chi è il proprietario: una cooperativa locale o una multinazionale? Un’altra cosa da sapere è come vengono assunte le persone. Non è detto che uno queste informazioni riesca a ottenerle... Sì, questo è ancora un problema. Ma è ora che l’industria del turismo si adegui e che cominci a darle. Anche perché la domanda sta crescendo. Ultima domanda scontata: dove andrà in vacanza quest’estate? Ho già viaggiato molto, non ho l’esigenza di andare lontano. Andrò in un posto, dove c’è mare pulito, campagna, bosco.
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Basterebbe veramente poco per superare la logica dei villaggi vacanze dove nulla è reale
danno lavoro. I promotori del turismo responsabile sostengono che nelle tasche dei locali entrano solo le briciole. Ma poco è sempre meglio di niente, non le pare? Poco sarebbe meglio di niente se non ci fossero altri impatti pesanti sull’ambiente, sulla cultura, sulla società, sulle organizzazioni sindacali. Basta guardare le zone colpite dallo tsunami. Dopo il disastro, i tour operator hanno iniziato a dire che bisognava tornare per aiutare la gente del posto. Ma i problemi sono altri. Sono le strutture costruite sulla spiaggia che hanno rovinato le bellezze dei luoghi. È il furto dell’acqua usata nei grandi alberghi e tolta alla gente. E poi il lavoro nero. Mi puzza questo discorso da benefattori. Ci ha mai fatto caso? Nei villaggi e negli alberghi dei tour operator la gente del luogo ha solo lavori di basso livello. Camerieri, facchini, donne delle pulizie ...
LE METE PRINCIPALI (ARRIVI 2004, IN MILIONI) TREND IN % DAL 2000 0
Fonte: World Tourism Organization
MACCHÉ LUPO, MEGLIO LA CACIOTTA
MARTIN PARR / MAGNUM PHOTOS
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Francia
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Spagna
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Stati Uniti
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Gran Bretagna
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Messico
np
Germania
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Austria
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Luxor, tempio di Karnak. Una delle mete privilegiate del turismo di massa devastante per i siti storici e archeologici.
Egitto, 1992
Crescenti domande sul turismo sostenibile Intervista a Ellen Bermann membro dell’Astoi (Associazione dei tuor operator italiani)
«C’ di Paola Fiorio
È UNA GENERALE CRESCITA DI CONSAPEVOLEZZA verso aspetti inerenti la sostenibilità e diversi tour operator stanno facendo notevoli passi in avanti». Lo sostiene Ellen Bermann, componente del tavolo di lavoro di Astoi (Associazione dei tour operator italiani). Insomma, qualcosa si sta muovendo anche nell’industria turistica tradizionale. Ma «gran parte delle scelte operate in questo contesto non può esimersi dal coinvolgimento dell’utente finale, cioè il turista, come importante ingranaggio nell’intera filiera del valore».
Il turismo è un’occasione di sviluppo economico per i Paesi del sud del mondo. Ma quanto del reddito prodotto resta alle popolazioni locali? È difficile dare cifre esatte, in quanto contano anche i benefici economici percepiti indirettamente, derivati da attività complementari come l’agricoltura e l’artigianato per i quali lo sviluppo turistico funge da catalizzato-
re. Molto recentemente sono stati prodotti studi molto interessanti sull’impatto di alcuni villaggi all inclusive nella Repubblica Dominicana e hanno in gran parte fatto rivedere il dogma implicito posto nel quesito. Cosa fanno i tour operator per limitare l’impatto dei villaggi vacanze sull’ambiente? Molti villaggi vacanze o grandi alberghi a volte si trovano in posizione più favorevole nel controllo dei propri impatti ambientali e mostrano spesso performance ambientali ben superiori a piccole strutture a gestione familiare, per esempio in materia di gestione dell’energia, consumo dell’acqua, acque reflue, e ciò è dovuto principalmente a sistemi di gestione ben collaudati e alla professionalità degli addetti. Anche un operatore turistico generalista, cioè che non possiede proprie strutture ma le contratta da terzi, ha un’importante strumento da esercitare: quello di cercare di influire sui propri fornitori, richiedendo il rispetto di criteri ambientali.
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I promotori del turismo responsabile sostengono che nei villaggi turistici il personale locale è addetto solo ai lavori più umili. Cosa risponde? Dipende dal Paese e dal grado di formazione medio che caratterizza le popolazioni locali. Ci sono destinazioni dove la scolarità e la professionalità delle persone locali non hanno nulla da invidiare all’Italia, per cui gli italiani espatriati sono veramente in percentuale minima, principalmente per garantire l’esigenza di comunicazione, mentre il personale locale può ricoprire posizioni anche di rilievo, con stipendi adeguati alle condizioni sindacali del rispettivo Paese.
Le voci dello tsunami Fuori dall’ufficialità come si sono mossi e lavorano i volontari in uno dei paesi più colpiti dalla tragedia del post terremoto.
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UN TURISMO A PROVA DI AMBIENTE per le Olimpiadi di Torino del 2006. Il Toroc, che è il comitato organizzatore dei Giochi invernali, ha avviato un progetto finanziato dall’Unione Eropea per attribuire ad alberghi, rifugi, Bed&Breakfast, case per ferie dei luoghi a cinque cerchi il marchio Ecolabel, l’etichetta ecologica che garantisce il rispetto di determinati requisiti di tutela ambientale. Tra cui il risparmio idrico ed energetico (soprattutto “attraverso il sistematico ricorso alle migliori tecnologie disponibili”), il corretto smaltimento dei rifiuti e il personale addestrato a comportamenti “ecologicamente corretti”. Le strutture coinvolte nel programma per ora sono 14, tra cui 10 hotel (tre si trovano in Val di Susa, due nella cintura di Torino, uno in Val di Lanzo, due a Torino, uno a Bussoleno e uno in Val Pellice) e due case per ferie (una in val di Susa e una in Val di Pellice). Inoltre, è previsto uno studio di fattibilità del marchio a un villaggio olimpico (è stato scelto il villaggio Media dell’ex area Italgas perché già in fase di progetto risponde a criteri obbligatori). Il Toroc assisterà queste strutture nella compilazione della modulistica e nella messa a punto della domanda da inviare al comitato Ecolabel ed Ecoaudit, nonché nella fase successiva di ispezione che sarà fatta dall’Apat (l’Agenzia nazionale di protezione ambientale). L’obiettivo è di far sì che entro l’autunno le strutture prescelte abbiano il bollino ambientale. I costi relativi all’istruttoria da parte dei comitati e dell’Apat, oltre a quelli relativi ai diritti d’uso annuali del marchio, saranno a carico degli alberghi. Attualmente in Europa sono 50 le strutture turistiche che possono fregiarsi dell’ecolabel. Dieci di queste si trovano in Italia e sette sono in Piemonte. Compreso il rifugio Arlaud, che si trova nel parco naturale del Gran Bosco di Salbetrand (Torino) - ovvero nel cuore nel territorio dove si svolgeranno le Olimpiadi - il primo in Europa ad avere ottenuto la certificazione.
Sopra, la Piramide di Chichen Itza nello Yucatan.
Messico, 2002 Sotto, su una nave da crociera.
Usa/Messico, 2002
E per quanto riguarda la precarietà? Purtroppo il settore turistico è influenzato da forti stagionalità e, a volte, anche da condizioni ambientali e geopolitiche straordinarie che possono minare la sua stabilità nel tempo. L’operatore turistico non sceglie questa condizione ma è il primo a risentirne.
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L MOMENTO DI IMBARCARCI SUL VOLO di partenza Vienna –Amman, cui poi doveva seguire l’Amman-Colombo, in Austria ci hanno detto che era successo un disastro di enormi proporzioni, che l’aeroporto di Colombo era chiuso: praticamente di di Renzo Garrone tornarcene a casa. Abbiamo invece deciso di volare almeno fino ad Amman, lì avremmo visto il da farsi. L’impiegata di turno ci aveva raccontato come fossero chiusi anche gli aeroporti di Bombay e Delhi, il che appariva incredibile….». Sergio Cabras, romano, capogruppo RAM che guidava un manipolo di viaggiatori italiani verso Sri Lanka il 26 dicembre, racconta l’espe-
ECOLABEL PER GLI ALBERGHI DELLE OLIMPIADI 2006 DI TORINO
rienza di un viaggio di turismo solidale. Iniziato proprio il giorno della grande distruzione. «Arrivati all’aeroporto di Amman invece ci hanno dato subito le carte d’imbarco senza dire né ah ne bah, e siamo ripartiti. A Colombo, abbiamo capito come lo tsunami avesse toccato solo alcune zone dell’isola. L’aeroporto era perfettamente agibile. Siamo riusciti a raggiungere il centro della città con un bus pubblico, quello dell’aeroporto, e a partire poi con un treno diretto a Kandy, in collina, cioè verso la nostra meta dei primi giorni, come preventivato». Sebbene lo tsunami a Sri Lanka sia stata una catastrofe terribile, è importante sottolineare come nell’immaginario tutto venga am-
LE DESTINAZIONI PIÙ GETTONATE (NUMERI DI ARRIVI) PAESE
Francia Spagna Stati Uniti Cina Italia Regno Unito Hong Kong (Cina) Messico Germania Austria Mondo
1995
2000
2003
2004
VAR % 2004*/2003
QUOTA MERCATO 2004*
60,0 34,9 43,5 20,0 31,1 23,5 10,2 20,2 14,8 17,2 545
77,2 47,9 51,2 31,2 1,2 25,2 13,1 20,6 19,0 18,0 686
75,0 51,8 41,2 33,0 39,6 24,7 15,5 18,7 18,4 19,1 691
75,1 53,6 46,1 41,8 37,1 27,7 21,8 20,6 20,1 19,4 760
0,1 3,4 11,8 26,7 -6,4 12,1 40,4 10,5 9,5 1,5 10
9,9 7,1 6,1 5,5 4,9 3,6 2,9 2,7 2,7 2,6 -
* Dati disponibili a maggio 2005
plificato e restituito in modo confuso. Anche oggi, dopo sei mesi dall’evento, non si sa in che condizioni siano davvero le zone colpite. Né esiste un livello di informazione accettabile, tuttora, su quali esse siano realmente. Nonostante le difficoltà, e i problemi creati soprattutto dallo Stato, la gente sulla costa sud e su quella dell’est si sta rimettendo in piedi. Con l’aiuto della solidarietà internazionale, specie quella che aggira il governo; tramite i parenti all’estero; in ogni modo possibile. E nonostante la burocrazia. I soci RAM volevano andare in vacanza, semplicemente. Anche quelli che in quelle ore erano diretti in India. In vacanza, ma non “a trovarci coinvolti” (in situazioni tragiche) “dove potremmo essere di
Fonte: Organizzazione mondiale del turismo, dati in milioni
DALLA TOMA DI GRESSONEY AL PANE UR-PAARL DELL’ALTO ADIGE. Dal carciofo violetto dell’isola di Sant’Erasmo nella laguna veneziana allo sciroppo di rose genovese. E ancora: dal Lardo di Colonnata al pane di Altamura. Per finire con la bottarga di Favignana e i capperi di Salina. Ovvero un viaggio immaginario lungo tutto lo Stivale sulla scia degli odori e dei gusti dei prodotti tipici italiani. Un patrimonio enogastronomico enorme che stava scomparendo. E che invece è risorto con i presidi alimentari di Slow Food, un progetto a cui il movimento si dedica dal 1999 per salvaguardare i cibi di qualità e a rischio di estinzione. Da un’indagine condotta su 99 presidi italiani (la metà di quelli attualmente esistenti) è emerso che il numero delle aziende dedicate alla produzione di cibi e vini tipici è aumentato del 60%, passando dalle 1.094 del 2000 alle 1.480 del 2004. In crescita anche il numero degli occupati, +99,9% passando da 2.189 a 3.053 unità (prendendo in considerazione anche i lavoratori stagionali e chi partecipa all’intero ciclo produttivo il numero di addetti arriva a 4.001). Effetti positivi si sono visti anche sul fronte dei prezzi che nel periodo considerato sono aumentati in media del 35% (del 93% se il confronto si fa con i prezzi dei prodotti prima di diventare presidi Slow Food). E delle quantità prodotte aumentate nei quattro anni del 643% (se si confrontano i dati relativi alla produzione prima di diventare Presidio l’aumento è stato del 1.061%). Ma come funzionano i presidi? Slow Food cerca i produttori e li riunisce attorno a un obiettivo di recupero, coinvolgendo anche gli enti locali. Quindi, raccoglie tutte le informazioni necessarie per la stesura di un disciplinare di produzione a cui tutti si devono attenere e che garantisce l’alta qualità del prodotto. Poi, identifica le differenze organolettiche tra zona e zona, produttore e produttore e dà indicazioni sui difetti dei prodotti. Infine, promuove i prodotti. Oltre ai 200 presidi italiani, Slow Food ha dato il via anche a una sessantina di microprogetti in 30 Paesi di tutto il mondo. Tra cui: il presidio canadese del grano Red Fife che è diventato uno dei “principali alfieri della battaglia per un’agricoltura ogm free”; diversi presidi latino-americani a tutela delle risorse ambientali come la noce amazzonica del Pando e il guaranà dei Saterè Mawè e i presidi per la salvaguardia delle razze autoctone e della carne di qualità come il pollo Coucou francese e il Souvas di renna.
I vostri detrattori sostengono che il modello del villaggio turistico senza contatto con l’esterno è un po’ sorpassato. Cosa ne pensa? Nulla nel tempo rimane uguale a se stesso. Questo significa che sicuramente le esigenze del turista si stanno evolvendo come anche le proposte dei villaggi turistici. Ci sono dei valori che il turista medio italiano comunque continua a ricercare, come rassicurazione, nel proprio luogo di villeggiatura, quali il parlare la propria lingua e una cucina che gli è familiare. Però si nota anche una maggiore voglia di conoscere il Paese ospitante per cui alcuni nostri associati propongono, con notevole successo, iniziative di mediazione culturale ed interpretazione dell’ambiente circostante.
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LA BIODIVERSITÀ DEL CIBO CREA RICCHEZZA
intralcio”: questo ha detto Giorgio Della Torre, modenese, al telefonino da Fiumicino, in una concitata conversazione prima della partenza, riportando il parere di tutto il gruppo. L’ho trovato onesto. Lui e un’altra decina stavano imbarcandosi per Madras. Mentre erano in volo, loro consenzienti, dall’Italia abbiamo cambiato il loro passaggio aereo interno, da Bombay reindirizzandoli, invece che su Madras, su Bangalore, dove non era successo nulla. Hanno continuato il loro giro, il loro viaggio “solidale” appoggiandosi a varie comunità delle campagne tamil. A Kandy, nelle colline dello Sri Lanka, frattanto, Sergio e gli altri trovavano Sivapragasam di HDO, e il suo gruppo, intenti a preparare
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L’HOTEL SOLIDALE SI CHIAMA CAITH, AIUTA ILCENTRO DI ACCOGLIENZA
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DA CHIERI ALLE ANDE per fondare un centro di accoglienza per bambine sfruttate. È la storia di Vittoria Savio che, dopo altre esperienze di cooperazione in Perù, nel 1994 ha fondato un hogar a Cusco, una casa-famiglia per le molte ragazze di etnia quechua impiegate per pochi soles come domestiche e spesso maltrattate. Qui queste bambine, la più piccola mai ospitata dal Caith aveva appena sei anni, ricevono protezione, un’educazione e una casa dove stare. Le spese sono molte e oltre a finanziarsi attraverso le donazioni, Caith ha avviato un progetto di ospitalità rivolto ai numerosi turisti che ogni anno visitano Cusco, antica capitale dell’impero Inca e punto di partenza per le escursioni al Macchu Pichu. Tutto è iniziato per necessità. «Abbiamo cominciato ospitando amici che lasciavano qualcosa e a cui davamo un materasso per terra», spiega Vittoria Savio. «Poi c’è stato il caso di un’adolescente che doveva partorire e non avevamo i soldi per l’ospedale. Al Caith c’erano due amici ospiti. Sono sbottata e ho chiesto: pagatemi. Da lì è nata l’idea di dare alloggio ai turisti». Oggi accanto all’hogar ci sono 12 stanze per i turisti che dormono e mangiano come in una vera casa e possono condividere la vita quotidiana del Caith. Obiettivo di questo progetto non è però solamente finanziare la casa-famiglia, ma anche offrire a turisti e bambine un’opportunità unica di scambio culturale e sociale. Il turista riparte arricchito da questa esperienza e per le bambine è molto gratificante che qualcuno che viene da tanto lontano si interessi a loro e magari le porti a giocare a pallone acanto alle mura inca di Sacsayhuaman. Ma le ospiti dell’hogar, ci tengono a precisare quelli di Caith, non sono un souvenir in vetrina per i turisti. Vige un regime di separazione, educatori e turisti da una parte, bambine dall’altra. E sono solamente queste ultime a decidere se vogliono incontrare i turisti. P.F.
Rio de Janeiro, ragazzi di strada. I problemi sociali restano esclusi dal panorama visivo dei pacchetti “tutto compreso”. Appena il turista esce dai paradisi ovattati tutto si trasforma. Brasile, 1996
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razioni di cibo e altri generi di prima necessità da portare ai colpiti sulla costa est (a Batticaloa). HDO è una ong di Tamil, che lavora in queste colline difendendo i diritti dei braccianti occupati nelle piantagioni del tè. «Ci siamo messi anche noi a dare una mano a preparare le razioni per il giorno dopo», continua Cabras. Invitati ad andare con loro, abbiamo riflettuto insieme e deciso che saremmo andati in due, mentre le ragazze avrebbero visitato il grande Giardino Botanico di Peradenya e poi sarebbero tornate da HDO a confezionare altri aiuti per le successive spedizioni. Il giorno dopo eccoci sulla strada per Batticaloa, due pulmini carichi di roba e di gente. A Velaichennai, lì intorno, abbiamo distribuito tutto a quattro diversi insediamenti di rifugiati, in ciascuno c’era un gruppo di 200-300 persone, gente che aveva perso tutto. Siamo tornati a Kandy alle 4 del mattino».
La gestione degli aiuti In Italia, RAM ha raccolto in gennaio circa 19.000 euro, che sono stati affidati a un collaboratore, Luciano Dallapè. Luciano risiede in Tamil Nadu parte dell’anno, dove lavora come operatore sociale. Metà dei soldi sono stati spesi lì, nelle campagne indiane, un’altra metà a Sri Lanka (qui, una parte gestita proprio da HDO). La testimonianza di Dallapè dall’India del sud è interessante e preziosa, proprio per l’approccio anticonvenzionale seguito al fine di evitare le lungaggini e la possibile corruzione. «A partire dall’inizio di aprile Manickam e io siamo stati quasi tutto il tempo al Children’s Village di Prathabaramapuram. La nostra azione di ripulitura dei pozzi» - che Luciano aveva intrapreso durante febbraio, per desalinizzarli dalle infiltrazioni lascito dello tsunami - «ci aveva resi noti a tutta la comunità e durante quel periodo di lavori abbiamo fatto sapere che, una volta esaurite le attività comunitarie, avremmo considerato le richieste di aiuto di singole famiglie. A fine marzo, hanno cominciato ad arrivare le prime. Fin da subito abbiamo adottato alcuni accorgimenti: la richiesta di aiuto deve essere scritta e non generica. Il richiedente deve dire precisamente cosa richiede e allegare un preventivo di spesa. Le prime richieste sono state naturalmente in riferimento alle poche capanne danneggiate dal tsunami. Mi pare che fossero solo due e abbiamo provveduto a farle ricostruire. Un’altra regola è che cerchiamo di valutare bene quali siano le disponibilità economiche della famiglia e stabiliamo l’aiuto in modo tale che loro ci debbano mettere comunque qualcosa: lavoro, impegno a cercare i materiali e la mano d’opera e anche un po’ di soldi. Insomma che si aiutino, si diano da fare e ci mettano del loro. Questo è importante, perché quel loro contributo li differenzia dai mendicanti e da’ loro dignità di attori nella soluzione dei loro stessi problemi. Il tecnico, per così dire, della situazione sono io, mentre Manickam è lo stratega assoluto. Io valuto le condizioni dell’abitazione esistente, i materiali e la mano d’opera necessari a sistemarla e il costo dell’operazione. Manickam assume costantemente informazioni sulle famiglie che assistiamo e da’ il parere finale sulle capacità economiche di ciascun nucleo. Assieme stabiliamo la cifra da destinare, che cerchiamo di tenere almeno del 10% inferiore allo stretto necessario. A lavori in corso, se necessario provvediamo ad aumentarla. Per ora sta andando benissimo. Circa una ventina di capanne sono state riparate (rifacimento
struzione. Il numero delle persone che vivevano in della copertura) o interamente ricostruite, quasi tutL’ECONOMIA DEI PAESI campi era, alla fine di gennaio 2005, di 169.000 (un terte dagli stessi proprietari e la maggior parte con un COLPITI DALLO TSUNAMI zo dei rimasti senzatetto). La fase intermedia, fatta di buono standard di esecuzione. Spendo solo due patende, è stata seguita da una seconda fase di shelters (rirole per elogiare la dedizione e la saggezza di MaINDONESIA Pil pro capite: $ 946 fugi di legno con tetti di lamiera ondulata), cui via via nickam il quale è assolutamente il faro guida nella Crescita Pil: 4,1% Indice di povertà: 27% si stanno sostituendo edifici permanenti, nuovi o rinostra collaborazione. Senza la sua profonda conoOccupati nel turismo: 8,5% costruiti. Anche se, a fine maggio, prendendo in esascenza dell’India e il suo coraggio nell’andare a fonPercentuale sul Pil 10% del settore turistico: me la sola costa sud, molti sono ancora gli attendado alle cose, non credo che sarei mai arrivato a lavomenti degli sfollati e anche di più gli stanziamenti di rare così attivamente (e speriamo con successo) con THAILANDIA Pil pro capite: $ 2.037 chi vive negli shelters, queste abitazioni temporanee la fascia più povera della popolazione. Crescita Pil: 6,7% su cui si sono concentrate le ong di molti paesi del A partire dai primi giorni di aprile sono cominciaIndice di povertà: 10,4% Occupati nel turismo: 9,0% mondo. Intanto «i Tour Operators non tornano», dice te ad arrivare richieste con un ritmo regolare e sempre Percentuale sul Pil il signor Gunaratne, proprietario dell’Hotel Nippon crescente. Siccome i primi aiuti erano stati dati per ca12% del settore turistico: Villa a Ikkaduwa, la prima resort del paese, nel sud, colse danneggiate dal tsunami, all’inizio tutte le richieste INDIA Pil pro capite: $ 520 pita dall’onda, ma oggi già quasi interamente ricoerano per case danneggiate dal tsunami anche se non Crescita Pil: 8,3% struita. «Certo, sono venuti a trovarci, a vedere che aria era vero. Per questo nel primo rapporto chiedevo ai Indice di povertà: 25% Occupati nel turismo: 5,6% tirava. Gente come le tedesca TUI, i grossi, quelli che ci donatori di consentirmi di intervenire in modo non Percentuale sul Pil portavano i gruppi numerosi. Dicono che per ora non rigidamente legato agli effetti del tsunami. Tutte le ri5% del settore turistico: possono riprendere come prima. Perché nonostante le sposte che ho ricevuto, non moltissime, ma in numeMALDIVE strutture di accoglienza siano di nuovo operative, ai turo certamente significativo, sono state positive e ho Pil pro capite: $ 2.122 Crescita Pil: 2,3% risti non piace passare in zone dove ci sono ancora le proceduto. Abbiamo chiarito con i richiedenti, le riIndice di povertà: N.D. macerie, o le tende degli sfollati». chieste sono aumentate e le bugie diminuite. Dopo un Occupati nel turismo: 64% Percentuale sul Pil primo, rapido periodo di assestamento in cui ci siamo 74% del settore turistico: fatti bene un’idea delle necessità pressanti in campo Un disastro annunciato MALESIA abitativo di questa comunità (che sicuramente sono Molti, sulle coste dello Sri Lanka, hanno perso il laPil pro capite: $ 4.042 Crescita Pil: 5,2% analoghe a quelle di moltissime altre comunità simivoro e gli strumenti che lo rendevano possibile. BarIndice di povertà: 8% li), le cose hanno cominciato a procedere su binari abche e reti i pescatori, alberghi ristoranti e negozi gli Occupati nel turismo: 13% Percentuale sul Pil bastanza consolidati. operatori del turismo e del piccolo commercio, altri 15% del settore turistico: Più o meno funziona così: ricevute le richieste, le ancora hanno perso i risparmi (e l’oro, i gioielli che SRI LANKA dividiamo per zone, naturalmente considerando suerano in casa); e poi le referenze, gli archivi (spesso Pil pro capite: $ 881 bito quelle palesemente urgenti (dove vecchi o bamin cartaceo) delle loro occupazioni. Il tutto, era inCrescita Pil: 5,5% Indice di povertà: 22% bini piccoli sono presenti), ne scegliamo da sei a otto fatti concentrato (e ancora lo è) su una costa dove Occupati nel turismo: N.D. e facciamo una prima visita. Quattro la mattina prepoche centinaia di metri da sempre racchiudono atPercentuale sul Pil N.D. del settore turistico: sto e quattro nel tardo pomeriggio ché durante il giortività produttive, abitazioni, la strada principale (a MYANMAR no si schianta dal caldo. (…) Di tutti i componenti la Sri Lanka non ci sono autostrade) l’unica ferrovia, Pil pro capite: $ 180 famiglia osservo l’età apparente, lo stato di salute gescuole, ospedali, templi. Una fascia costiera intensaCrescita Pil: 5,1% Indice di povertà: 25% nerale, la pelle, il portamento, lo sguardo, gli occhi, i mente popolata, probabilmente troppo popolata. Occupati nel turismo: N.D. denti e tutto il resto. Questo mentre loro parlano con Per il governo lo tsunami del 26 dicembre 2004 è Percentuale sul Pil N.D. del settore turistico: Manickam. Per i casi di malati che ritengo vadano viun’eventualità che potrebbe ripetersi, nonostante sti da un medico, prima davo loro i soldi per la visita qualcosa del genere sia accaduto a Sri Lanka solo BANGLADESH Pil pro capite: $ 368 e ora mi sono messo d’accordo con un dottore locale questa volta in 2000 anni. Crescita Pil: 5,4% che glieli mando con una mia nota e lui li visita e da La sua decisione, presa subito dopo la catastrofe, Indice di povertà: 35,6% Occupati nel turismo: N.D. loro la fattura da passare a me che poi lo pago. Questo è stata dunque di proibire la ricostruzione e la nuoPercentuale sul Pil tipo di interventi e tanti altri da 50 a duecento rupie va costruzione di edifici entro i 100 metri dalla batdel settore turistico: N.D. (da 1 a 4 euro e anche qualcosa di più) non li segno tigia. Ma l’istituzione di questa “buffer zone” ha il sasennò non ci sto dietro e vanno a finire nelle spese generali. In genepore di una beffa per buona parte della popolazione afflitta rale lo stato di salute è buono con l’esclusione dei denti….« dall’evento, che risiedeva e possedeva qualcosa proprio entro tale faMetodi spicci e diretti. Preferibili all’ufficialità, onde non incappascia. Anche sul fronte del turismo, la maggior parte delle strutture re nelle ragnatele governative. E d’altra parte…..Sentite cosa accade ogdanneggiate (alberghi piccoli e grandi, ristoranti, eccetera) sono gi a Sri Lanka. Lo tsunami ha colpito l’isola il 26 dicembre, uccidendo comprese entro questi nevralgici 100 metri. La ragione addotta dal 36.600 persone. All’inizio si sono contati 800.000 dispersi, con governo è di sicurezza, ma sorge automatico il sospetto che dietro 119.000 case distrutte o gravemente danneggiate. Poi i dispersi sono queste mosse vi siano enormi appetiti sugli aiuti post tsunami proscesi a 500.000, con molta gente che tornava a casa nonostante la dimessi all’isola: ben tre miliardi di dollari.
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Riciclaggio
Le nuove frontiere sono liberalizzate di Davide Venezia
L RICICLAGGIO HA SEMPRE CERCATO DI APPOGGIARSI A SOCIETÀ NON FINANZIARIE che trattassero fondi liquidi rilevanti. Le società operanti nel commercio d’oro e di preziosi non lavorati e le case da gioco d’azzardo sono state puntualmente sorvegliate dai servizi specializzati. La cerchia ora si è allargata. Uno degli effetti della liberalizzazione e della deregolamentazione, soprattutto nei paesi in cui la “rivoluzione neoliberale” è stata spinta più lontano, è stato di sottomettere il settore finanziario, precedentemente molto regolamentato e quindi controllabile, all’“apertura alla concorrenza”. In questo modo diventa possibile per imprese esterne al settore procedere a operazioni finanziarie beneficiando di margini di manovra molto ampi. Quand’è così, osserva il GAFI, «ogni impresa può, all’interno delle sue attività principali, effettuare alcune operazioni finanziarie. L’offerta dei servizi di cambio da parte di agenzie di viaggio ne è un esempio. L’assenza di norme in questo campo costituisce, nell’ambito della lotta contro il riciclaggio di capitali, un vuoto che potrà essere sfruttato dai criminali». Una volta che il denaro sporco è riuscito a penetrare all’interno di un sistema finanziario ormai globalizzato, formale o informale che sia, gli riuscirà straordinariamente facile muoversi su scala internazionale. La globalizzazione finanziaria agevola anzitutto l’empilage, definito come processo che tende «a separare i proventi illeciti dalla loro origine creando un sistema complesso di empilage di transazioni». La globalizzazione finanziaria autorizza il massimo sfruttamento delle possibilità offerte dai progressi tecnologici nel campo delle telecomunicazioni. I trasferimenti telegrafici prima I rapporti ufficiali del Gafi, il Gruppo di azione finanziaria ed elettronici poi, hanno reso la circolazione internazionale del denaro più facile che in qualsiasi altra epoca precedente, ma la liberalizzazione creato in occasione del G7, contengono tutte e la deregolamentazione finanziaria ne hanno moltiplicato gli effetti. le informazioni necessarie Ma la questione non dipende semplicemente dalla tecnologia. La globalizzazione ha anche permesso un’espansione senza precedenti delle più raffinate combinazioni di società anonime autorizzate dal diritto, come la costituzione di società “paravento”, o l’impiego allo stesso fine di società già denunciate. Basta leggere le affermazioni del GAFI: «vista la tendenza a utilizzare società paravento nelle operazioni di riciclaggio di capitali, l’obiettivo consiste nel fare in modo che i proprietari effettivi di queste società siano identificati e che i servizi operativi che indagano su operazioni di riciclaggio abbiano accesso a questo tipo di informazioni». “Risciacquare” il denaro già “lavato” è ormai un gioco da ragazzi per gli specialisti della finanza. La globalizzazione finanziaria ha evidentemente moltiplicato le possibilità di collocare o investire capitali ripuliti, sia nei paesi d’origine, sia altrove. È noto che i capitali illeciti prediligono alcune grandi attività di servizio, in particolare il commercio all’ingrosso e al dettaglio, come pure il turismo e il tempo libero, e ancora il settore immobiliare dove si investono somme molto cospicue. Ma la menzionata “associazione con i professionisti della finanza”, in particolare le società di intermediazione, lascia pensare che sia proprio all’interno della sfera finanziaria, nel quadro ad esempio dei grandi fondi d’investimento (Mutual Funds) che una parte dei proventi del commercio della droga vengano in seguito valorizzati. Lo stesso dicasi, ovviamente, per qualsiasi capitale che voglia conservare la forma denaro e produrre valore all’interno della sfera finanziaria dei mercati mondializzati. È proprio questa rispettabilità che hanno permesso al denaro sporco di acquistare la pulizia e il risciacquo.
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DIARIO
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Bolle e squilibri, i mercati continuano a tremare >33 Hedge Fund, primo freno ad una corsa inarrestabile >36 Germania, la sovravalutazione del mercato immobiliare >37
finanzaetica POCHE INFORMAZIONI DALLA BANCA EUROPEA DEGLI INVESTIMENTI. UN SITO LE RACCOGLIE IN RETE
TOTAL NON VUOLE LASCIARE LA DITTATURA DEL MYANMAR
BOCCIATO IL CODICE POCO ETICO DI WAL MART TEDESCA
PER LE GOMME DA F1 UN ALTO PREZZO UMANO E AMBIENTIALE
SE SCRIVI CENSURA IN CINA, IL COMPUTER TI INVITA A USARE UN’ALTRA ESPRESSIONE. MICROSOFT SOTTO ACCUSA
ETICA ADERISCE A UN PROGETTO DI AZIONARIATO ATTIVO IN USA
Il sito www.eibprojects.org è stato promosso da Friends of the Earth International, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM) e CEE Bankwatch Network. Presenta in un database tutti i progetti finanziati nell’ultimo decennio dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI) in Africa, Asia, America Latina e nei Paesi Caraibici. Tra i compiti del sito internet vi è raccogliere informazioni sui progetti della BEI in questi Paesi direttamente dalle organizzazioni di base o dalle popolazioni colpite dagli impatti dei progetti. Secondo le organizzazioni promotrici dell’iniziativa, infatti, la BEI è una delle istituzioni finanziarie internazionali meno trasparenti e non sembra destinata a fare progressi, vista la deludente nuova bozza sulla revisione della politica sulle informazioni, presentata lo scorso 19 maggio. «Mentre la trasparenza e l’accesso alle informazioni sono politiche ben presenti nelle altre istituzioni finanziarie internazionali, la BEI rimane estremamente oscura», afferma Jaro Colajacomo, della Campagna per la riforma della Banca mondiale, citato da rsinews.it. «Le comunità impattate dai suoi progetti spesso non hanno mai sentito parlare della BEI, che ha un budget annuale superiore a quello della Banca mondiale. Con il sito web cerchiamo di fornire alla società civile, soprattutto del Sud del mondo, un’utile fonte di informazioni sui singoli progetti, anche se questo compito spetterebbe alla BEI ed è invece assolto ancora una volta dalle Ong». La maggior parte dei progetti elencati nel database vengono giudicati altamente insostenibili. Ad esempio, tra i prestiti erogati dalla BEI per il settore energetico, che in totale ammontano a 6,3 miliardi di euro, si trova un solo finanziamento di 41 milioni per un progetto per lo sviluppo di fonti rinnovabili, mentre la maggior parte dei fondi va a un’industria altamente inquinante come quella estrattiva (gas, miniere e petrolio). Secondo le Ong la BEI non sembra rispettare gli obiettivi dell’Unione europea per combattere i cambiamenti climatici e sconfiggere la povertà e opererebbe i suoi investimenti senza solide politiche di salvaguardia socio-ambientale e senza che le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo possano prendere parte ad un serio processo consultivo sui progetti.
Fuori Total dal Myanmar. Lo chiedono da tempo 53 organizzazioni di tutto il mondo. Ma la multinazionale francese del petrolio ha fatto sapere che non è intenzionata a lasciare. “Andarsene non servirebbe a far progredire la democrazia”, ha dichiarato agli azionisti Thierry Desmarest, direttore della società. L’ex colonia britannica, ricca di petrolio, gas e minerali, è in mano a una giunta militare accusata di calpestare sistematicamente i diritti umani. Total, che è presente nell’indice azionario etico Dow Jones Sustainability, ha notevoli interessi nel Paese, dove ha partecipato alla costruzione del metanodotto di Yadana verso la Thailandia. Un’opera da 1,2 miliardi di dollari che, secondo le organizzazioni per i diritti umani, sarebbe stata costruita in complicità con l’esercito, utilizzando lavoro forzato e torture. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno imposto sanzioni contro la giunta militare. Ma la Francia si oppone, per proteggere la sua compagnia petrolifera di bandiera. Visti gli interessi in gioco il ritiro di Total dal Myanmar sembra poco probabile nel breve periodo. Intanto sarebbe già qualcosa se i titoli dell’impresa uscissero dall’indice Dow Jones Sustainability, su cui si basano decine di fondi di investimento “etici” internazionali.
Secondo il “Financial Times Deutschland” il tribunale di Wuppertal avrebbe giudicato contrarie alle normative tedesche sui diritti dei lavoratori le parti più contestate del “codice etico” di Wal-Mart, il gigante americano della distribuzione al dettaglio, che ha 91 punti vendita in Germania. In particolare sarebbe stata discussa e bocciata dal tribunale la applicabilità della normativa interna che vietava relazioni affettive dei dipendenti con i propri superiori, che potrebbero avere influenza sul loro stipendio e le loro condizioni di lavoro. Cassata anche la cosiddetta hotline etica, cui i dipendenti dovrebbero rivolgersi, per denunciare violazioni del codice da parte di propri colleghi di lavoro. Un vero e proprio servizio per delatori contrario sia all’etica dei rapporti tra lavoratori sia alla tradizione tedesca. Wal-Mart prevedeva, in base al codice, che le violazioni sarebbero state punibili anche con il licenziamento. Gli effetti sul clima interno e sui rapporti umani tra lavoratori sarebbero state pesanti. La decisione di rivolgersi al tribunale era stata assunta nel marzo scorso dal sindacato Ver.di, che contestava numerose parti del codice di Wal-Mart. Il colosso della distribuzione sostiene che il codice, già utilizzato negli Stati Uniti, sarebbe stato tradotto direttamente in tedesco senza prestare attenzione alla differente cultura e ai diversi diritti dei lavoratori europei e tedeschi.
Il problema della squadra automobilistica Ferrari sembra nelle gomme che non garantirebbero l’aderenza giusta nelle prove. Sotto accusa la Bridgestone/Firestone, multinazionale nippo-americana che le produce. Una gomma può far guadagnare o perdere un secondo al giro, dicono gli esperti. Ma può anche pesare sulla salute fisica e mentale di migliaia di persone. Il mensile Nigrizia ha scoperto i retroscena della produzione dei pneumatici montati dalla rossa di Maranello. Una buona parte del caucciù con il quale sono prodotti viene estratto dalla piantagione liberiana di Harbel City, la più grande del mondo. Vi lavorano ventimila persone, dalle 4 del mattino alle 4 del pomeriggio, per un dollaro e mezzo al giorno. «Incidiamo fino a 850 alberi al giorno -racconta Joseph Wolo, uno dei lavoratori È un vero sistema di schiavitù. Se dici di no, vieni mandato via dalla piantagione. E c’è sempre un altro disperato come te disposto ad accettare queste condizioni». Gli operai sono costretti a utilizzare sostanze chimiche senza alcuna protezione sanitaria. Molti perdono la vista. I rifiuti della lavorazione della gomma finiscono nel fiume Farmington dove si concentrano acido solforico, ammoniaca, formaldeide e altre sostanze tossiche. L’acqua è imbevibile, i pesci muoiono. Mentre i tifosi del cavallino discutono sull’aderenza delle gomme.
Anche Microsoft, dopo Yahoo, si sarebbe piegata al regime cinese impedendo che sui blog che utilizzano il suo “MSN Space” vengano postati messaggi contenenti parole come “democrazia”, “Dalai Lama”, “Cina + corruzione”, “Diritti umani”, “Falungong” o “4 giugno”, la data del massacro di Piazza Tiananmen nel 1989. Se queste od altre espressioni vietate vengono utilizzate, il sistema di Microsoft, che opera in collaborazione con l’azienda di Stato Shanghai Alliance Investment, fa comparire l’avviso: “Questo messaggio contiene un’espressione proibita. Per favore cancellate questa espressione”. La denuncia arriva dall’associazione Reporters sans frontières, che aveva già fatto emergere l’anomalo funzionamento di Yahoo in Cina. Secondo l’associazione «la mancanza di etica di queste compagnie è estremamente preoccupante. I loro dirigenti giustificano spesso la loro collaborazione con la censura cinese, spiegando che non fanno altro che applicare la legislazione locale». Una spiegazione che Reporters sans frontières rifiuta categoricamente, chiedendosi se «questo significa che se le autorità cinesi chiedessero informazioni sui cyberdissidenti che utilizzano i suoi sistemi, Microsoft accetterebbe di farlo, con il pretesto che ciò è legale?». I diritti dei cybernauti nella nuova Cina restano molto fragili. Reporters sans Frontières cita il caso di Liu Di, una dei 42 cyber dissidenti incarcerati nel Paese del Dragone. La giovane di 22 anni, studentessa all’Università di Pechino, conosciuta con il nick “il mouse inossidabile” è stata arrestata nella sua stanza del campus universitario e subito trasferita in una località segreta. L’accusa che ha condotto al suo arresto è di “incoraggiamento degli internauti ad ignorare la propaganda del regime cinese, vivendo in libertà”. Huang Qi è stato invece condannato a cinque anni di carcere per il reato di “sovversione e incitamento alla rivolta contro i poteri dello Stato”. Non ci sono sue notizie da tre anni. Padre di uno dei siti più seguiti in quel periodo nel Paese: www.tianwang.com . Huang fu processato in un procedimento farsa che si concluse nel mese di agosto del 2001 e da allora, di lui, non si hanno più notizie. L’ultima volta che è stato visto in pubblico, durante la lettura della sentenza di condanna, l’uomo portava sul volto i segni dei maltrattamenti subiti.
Etica Sgr, società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Etica, dopo la partecipazione all’assemblea di Indesit Company (il 13 maggio scorso) ha deciso di aderire a ICCR (Centro Interreligioso sulla Responsabilità Sociale, www.iccr.org) diretto da Suor Patricia Wolf. È una coalizione internazionale di 275 investitori cristiani ed ebraici che usano i loro patrimoni per votare ogni anno più di 100 risoluzioni di carattere sociale e ambientale nelle assemblee degli azionisti delle maggiori imprese americane. Nel 2004 ha fatto votare mozioni su temi come l’accesso ai medicinali di base, il pagamento eccessivo dei manager o la discriminazione sessuale sul luogo di lavoro. «Anche i nostri fondi comuni etici investono in imprese americane - spiega Luca Mattiazzi, direttore di Etica Sgr. L’adesione a ICCR ci permetterà di delegare Suor Patricia e le sue consorelle a rappresentarci nelle assemblee di queste imprese». La prima occasione potrebbe verificarsi il 15 novembre di quest’anno con l’assemblea di Cisco Systems, leader mondiale dei sistemi per internet. ICCR chiederà a Cisco di rendere disponibile un rapporto sugli stipendi dei manager che metta a confronto le paghe dei dirigenti con quelle degli impiegati dal 1994 al 2005. A sostenere la risoluzione potrebbe esserci anche Etica Sgr, con 60.000 azioni.
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Bolle e squilibri i mercati continuano a tremare
Sono passati cinque anni dallo scoppio della bolla di Internet ma i mercati sono ancora instabili. Solare, immobiliare, hedge fund: gli investitori continuano a scommettere, malgrado l’esperienza dovrebbe indurre alla cautela. Fino al prossimo crash. di Mauro Meggiolaro e Francesca Paola Rampinelli NEW YORK È UN GIORNO COME TANTI ALTRI. Il miliardario Rockefeller si siede su una poltrona e si fa lucidare le scarpe. Il giovane lustrascarpe è euforico. «Lo sa signore – dice cominciando a spazzolare - sono appena stato in banca. Ho comprato mille azioni. Un mio parente mi ha assicurato che nel giro di alcuni giorni raddoppieranno il loro valore. Non è fantastico? Perché non ci prova anche lei?». Rockefeller mette mezzo dollaro nella mano del ragazzo, che non ha ancora finito il lavoro, e scappa in borsa a vendere tutti i suoi titoli. Dopo poche settimane Wall Street crolla. Inizia la crisi del 1929, seguita dalla Grande Depressione. È un vecchio aneddoto di cui esistono molte versioni. Ma il messaggio è chiaro: quando anche l’uomo della strada parla di investimenti in borsa, molto probabilmente i mercati sono già sull’orlo di un collasso. Ed è ora di vendere. È successo anche nel 2000. Amici, parenti, carrozzieri e parrucchiere. Tutti a comprare azioni. La fase espansiva sembrava non finire mai. Poi il crollo inatteso e tre anni consecutivi di rendimenti sottozero. I guadagni di molti piccoli investitori si sono dissolti come una bolla di sapone alla prima bava di vento. In effetti in questi casi si parla proprio di “bolle speculative” che si gonfiano a dismisura per poi scoppiare improvvisamente. A cinque anni dallo scoppio della bolla hi-tech del 2000, che ha travolto i titoli tecnologici, nel mondo della finanza è tornato vivo il timore di nuove bolle o di altri eventi in grado di generare gravi squilibri. Si sente parlare di bolla immobiliare, di bolla del solare, mentre le acrobazie dei fondi speculativi Prof. Leonardo (hedge fund) disturbano i sonni delle banche e la stabilità dei merBecchetti, cati. Ma prima di analizzare nel dettaglio i singoli casi cerchiamo di docente di economia politica capire meglio che cosa si nasconde dietro alle bolle speculative. Coall’Università me si formano? C’è davvero il pericolo che eventi del genere si ripedi Roma Tor Vergata e membro tano? Lo abbiamo chiesto al prof. Leonardo Becchetti, docente di neo-eletto economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e membro neodel Comitato Etico di Banca Etica eletto del Comitato Etico di Banca Etica.
A Meta classica del turismo sessuale, la Thailandia viene vistata da oltre dieci milioni di turisti ogni anno. La prostituzione minorile è formalmente vietata ma ancora molto presente.
Thailandia, 1998
> Turismo
ondate “Le di ottimismo senza analisi di lungo periodo creano i presupposti per le bolle finanziarie
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Professor Becchetti come nasce una bolla speculativa? Una bolla speculativa si crea quando il valore di un’attività finanziaria diventa significativamente superiore al suo valore reale, calcolato dai modelli di valutazione economica. Nel caso del mercato azionario, ad esempio, il prezzo di un’azione dovrebbe riflettere il flusso dei dividendi (vedi GLOSSARIO ) che ci si attende dal titolo aziona|
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GLOSSARIO Dividendo: remunerazione corrisposta al possessore di titoli azionari, di solito annualmente per le società italiane e trimestralmente per quelle americane. Può essere pagato in contante, in nuove azioni gratuite o in altro modo. L’ammontare è deciso dall’assemblea degli azionisti. Nasdaq: mercato azionario telematico statunitense volto originariamente a offrire alle imprese medio-piccole ad alto potenziale di crescita l’opportunità di finanziarsi sul mercato. Nato nel 1971, è oggi fortemente specializzato nella contrattazione di titoli di imprese del settore tecnologico. È il primo mercato azionario del mondo per numero di società quotate.
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rio nel futuro e quindi le prospettive reali di crescita di un’impresa. Ma non sempre è così e può succedere che alcuni titoli vengano sopravvalutati. Il problema è che i metodi di valutazione delle attività finanziarie, e in particolare delle azioni, sono tutt’altro che una scienza esatta. Il valore “corretto” di un’attività finanziaria può quindi essere mutevole o incerto. Ci puo’ fare un esempio? Alla fine degli anni novanta si diffuse una teoria secondo la quale il prezzo delle azioni delle imprese hi-tech (Internet, nuove tecnologie, ecc.) non poteva dipendere solo dal loro flusso di dividendi atteso, ma anche da un presunto “valore d’opzione”. Il GLOSSARIO solo fatto di operare nel settore tecnologico avrebbe dato alle imprese un’opportunità Hedge fund: fondi comuni esclusiva di approfittare delle continue innodi investimento vazioni che si sarebbero create nel campo dellocalizzati generalmente in centri le tecnologie informatiche. Ciò avrebbe pooffshore o negli USA, tuto far salire le loro azioni ben al di sopra del contraddistinti da un numero ristretto livello previsto dalle valutazioni classiche. È di soci partecipanti come quando si è proprietari di un terreno. e dall’elevato investimento minimo Se sottoterra si trova un giacimento di petrorichiesto. Se lo scopo lio si ha il diritto esclusivo di sfruttarlo. La di un normale fondo comune è investire teoria si rivelò ben presto priva di fondain un mercato mento: nel settore hi-tech non esistevano di– azionario o obbligazionario– ritti esclusivi di sfruttamento né barriere sie batterlo, lo scopo gnificative all’ingresso in nuovi business. di un hedge fund è invece quello C’erano piuttosto “first mover”, imprese che di ottenere scoprivano un prodotto o una tecnologia per un rendimento assoluto, cercando prime, per poi essere seguite dalle altre. Ma di guadagnare denaro intanto la teoria del “valore d’opzione” avesempre e comunque. Per questo fine i fondi va contribuito a far salire i prezzi delle azioni hedge dispongono in modo incontrollato. di un ventaglio di possibilità di investimento assai più ampio di quello concesso ai normali fondi comuni. Non investono, cioè, solo in azioni e obbligazioni, ma possono fare ampio uso di strumenti derivati (come opzioni e future), possono ricorrere alla vendita di titoli allo scoperto (cioè senza averli in portafoglio) e, soprattutto, possono investire somme molto superiori al loro patrimonio indebitandosi (effetto leva). La legge italiana li classifica come fondi speculativi anche se il loro scopo originale non era di ottenere guadagni elevati speculando, ma coprire dal rischio – il termine inglese “hedging” da cui deriva il nome hedge funds significa appunto copertura (dai rischi).
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Quali altri fattori possono portare alla creazione di una bolla speculativa? Perché si sviluppi una bolla c’è bisogno di qualcosa che crei e parzialmente giustifichi un’improvvisa ondata di ottimismo. Nel caso della bolla hi-tech, scoppiata nel marzo del 2000, l’ottimismo era nato dall’osservazione della rivoluzione epocale generata da internet e dei suoi effetti sulla produttività delle imprese. Da questa osservazione è derivata l’ipotesi secondo la quale le imprese hi-tech avrebbero visto crescere costantemente i propri utili. Se è vero che le tecnologie informatiche hanno realmente trasformato la nostra vita, l’ipotesi della crescita costante degli utili era del tutto assurda. Si è sottovalutato il fatto che, come si legge nei primi capitoli di un qualsiasi testo di microeconomia, in un mercato competitivo nel lungo periodo i profitti tendono ad annullarsi perché i vantaggi competitivi di una o più imprese si riducono con l’entrata nel mercato di soggetti sempre nuovi. Il mercato hi-tech era altamente concorrenziale, non vi erano barriere all’entrata e quasi tutte le imprese applicavano politiche aggressive per tagliare drasticamente i prezzi e costruirsi una rete stabile di consumatori. Parlare di crescita continua degli utili in una situazione del genere non aveva senso. E allora perché quasi tutti hanno abboccato? Perché si era creato un clima di fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive” dell’economia. Un picco di ottimismo che non si vedeva da decenni. La guerra fredda era finita da poco e già si parlava di fine della storia, di fine dei cicli economici. Di una nuova era. Anche la percezione del rischio dell’investimento azionario era distorta. Nel valore di un azione un fattore fondamentale e piuttosto imponderabile è il cosiddetto “premio di rischio”, ovvero il differenziale di rendimento positivo che gli investitori richiedono a un titolo azionario per il fatto che è più rischioso di un’obbligazione (ad
ENTRO IL 2007 CROLLA TUTTO, PAROLA DELPROFETA MANDEVILLE NELL’AURA DI INCERTEZZA che attanaglia la vita quotidiana e le previsioni degli analisti finanziari è motivo di sollievo la pubblicazione del libro di Michael Wells Mandeville: “Come affrontare il crollo economico del 2006-2007”. Mandeville si dice sicuro che, entro due anni, i mercati crolleranno e dispensa consigli per evitare il peggio. Le sue certezze derivano da uno studio approfondito sui testi del veggente Edgar Cayce (morto nel 1945). Secondo Cayce le peggiori depressioni e recessioni della storia americana si manifesterebbero a intervalli di 25 anni. Fatti due calcoli Mandeville ha fissato la prossima crisi tra il 2006 e il 2007. Il libro analizza in modo scrupoloso la teoria dei cicli di Cayce studiando anche le correlazioni che esisterebbero tra una serie di fenomeni fisici e alcune variabili economiche, come il rapporto tra le macchie solari e l’indice azionario Dow Jones Industrial. Segue un elenco di consigli per restare a galla durante il collasso: i titoli azionari da comprare, il partito da votare, ecc. Cayce seppe prevedere con largo anticipo l’inizio della seconda guerra mondiale, la fine del comunismo e la crisi del 1929. Ha avuto meno fortuna con l’allagamento di Giappone e Gran Bretagna dopo il 2000. E con la Cina, che avrebbe dovuto diventare la nuova culla della cristianità. Ma diamo tempo al tempo, non è mai detta l’ultima parola. Una lettura amena per sdrammatizzare i tempi bui e ingannare il tempo sotto l’ombrellone. [MM] Michael Wells Mandeville, Come affrontare il crollo economico del 2006-2007,
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esempio un titolo di Stato). Più è alto il rischio percepito, più gli investitori richiedono di essere compensati. La media storica del premio di rischio secolare è tra il 5 e il 7 percento. Nel periodo della bolla il premio di rischio è arrivato a zero e in alcuni casi, nel mercato Nasdaq, è stato addirittura negativo. Ciò significa che gli investitori pensavano che le azioni fossero meno rischiose dei titoli di Stato e si precipitavano a comprarle. È evidente che tale percezione segnalava un eccesso di fiducia nei mercati. Oltre alle bolle che destabilizzano i mercati ci sono anche bolle che li riconducono all’equilibrio? La bolla speculativa è per definizione un feGLOSSARIO nomeno di allontanamento dal presunto “valore corretto” dell’attività finanziaria. E quinCartolarizzazione: operazione di cessione di non può mai riportare verso l’equilibrio. di crediti ad un altro Diverso è il discorso se parliamo dell’attività di soggetto che li trasforma in obbligazioni speculazione in sé e per sé. Chi specula al rie li colloca sul mercato. basso, infatti, è convinto che l’azione abbia Permette alle banche di trasferire i rischi raggiunto un valore abnorme e scommette derivanti dai mutui sull’abbassamento del suo prezzo. In alcuni (e da altri crediti) scaricandoli interamente casi lo speculatore ribassista può contribuire al o parzialmente riequilibrio del mercato spingendo i titoli versul mercato. so il basso, verso il loro valore corretto. Strumenti derivati: C’è il pericolo che fenomeni come quello del 1929 o del 2000 si ripetano? Le bolle possono certamente ripetersi anche se la memoria delle ferite passate rende difficile che eccessi di ottimismo si creino attorno allo stesso tipo di titoli. Ma potrebbero benissimo crearsi attorno ad azioni di altri settori.
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E i “tetti” non sono più un investimento sicuro I prezzi delle case sono alle stelle. Le banche centrali cominciano a manifestare i primi timori per la bolla immobiliare anche se uno scoppio improvviso viene giudicato ancora altamente improbabile. 1997 AD OGGI I MERCATI degli immobili residenziali hanno continuato a crescere senza sosta e anche nei Paesi in cui si è registrata qualche rara frenata, come in alcune località degli Stati Uniti, si è trattato solo di un attimo subito soppiantato da una nuova ulteriore risalita. Alla luce di ciò, dopo una serie di caute dichiarazioni preparatorie, alla fine di maggio, il presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, ha riconosciuto l’esistenza di una bolla speculativa immobiliare, sia pure a livello regionale, aggiungendo anche che la possibilità di un calo del prezzo delle case attualmente "è molto improbabile". In America infatti i prezzi delle abitazioni sono au-
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mentati del 10% solo nel 2004 (con picchi del 25% in California, Florida e Nevada) ed è in crescita la tendenza agli acquisti della seconda o anche terza casa, nell’ottica di un investimento che sostituisce il classico acquisto di azioni e obbligazioni. Uno studio della Federal Deposit Insurance Corp., ha rilevato anche che nel corso dell’ultimo anno negli Stati Uniti le zone ufficialmente interessate da una corsa agli immobili (cioè caratterizzate da un aumento dei prezzi di almeno il 30% in tre anni), sono aumentate di ben due terzi, arrivando a coprire il 15% delle 362 principali aree metropolitane: una percentuale che è la più elevata in un trentennio ed è doppia anche rispetto ai gloriosi anni 80.
Greenspan, nelle sue recenti dichiarazioni, ha anche fatto un esplicito riferimento a Fannie Mae e Freddie Mac holding che rilevano i mutui immobiliari erogati dalle banche ai privati ricollocandoli sui mercati sotto forma di strumenti derivati (cartolarizzazione, vedi GLOSSARIO ). Ai due colossi attualmente fanno capo i finanziamenti per l’acquisto di una casa su quattro negli Usa e, secondo il presidente della Fed, necessitano di un ridimensionamento delle attività perché attualmente concentrano una parte eccessiva del rischio dei finanziamenti nel real estate. L’intero settore infatti, e più in generale i mercati finanziari, sono strettamente dipendenti dalla correttezza dell’operato dei due colossi. In caso di crisi il rischio di pesanti ri-
flessi su tutto l’ambito del real estate è altissimo e, di conseguenza, il timore è che investimenti massicci in questo campo possano creare, sulle attese di guadagni a breve termine, distorsioni tali nel mercato da provocare pesanti riflessi sulla stabilità del sistema. Secondo una ricerca svolta dall’Economist, il mercato immobiliare americano mostra i classici sintomi della presenza di una bolla speculativa. Nei quaranta anni precedenti il 1997, i prezzi delle case non avevano mai sperimentato accelerazioni così intense. In Europa la situazione non appare certo migliore tanto che in Gran Bretagna, per esempio, dove i prezzi delle case sono ormai arrivati a livelli assurdi, è stata lan|
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Strumenti finanziari il cui prezzo e la cui valutazione sono dipendenti dal prezzo di un altro bene, definito strumento sottostante. Il sottostante può essere un’azione, un indice, un’obbligazione, un tasso, una valuta o anche una materia prima come il petrolio o il caffè. Bond: Obbligazione. Strumento di debito che consente alle imprese di finanziarsi prendendo a prestito fondi direttamente dai risparmiatori. Le obbligazioni sono caratterizzate da una scadenza, o maturità, e pagano un tasso d’interesse che prende il nome di cedola. I titoli di Stato (BOT, BTP, BUND, ecc.) sono delle obbligazioni emesse da Enti Sovrani. Junk bond: Letteralmente Obbligazione spazzatura. Obbligazione che a fronte di un rischio molto elevato può offrire rendimenti superiori alla media. Tecnicamente si definiscono “junk” i titoli obbligazionari con un rating internazionale inferiore a BAA di Moody’s e a BBB di Standard & Poor’s.
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FONDI HEDGE PATRIMONI GESTITI IN TRILIONI DI DOLLARI
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Fonte: Hedge Fund Research/The Economist
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ciata una campagna significativamente denominata “House Price Control” promossa da un’associazione che chiede prezzi più realistici nell’ottica del tenore di vita del "cittadino ordinario". Anche nella zona euro si comincia a parlare di una possibile bolla immobiliare tanto che la Bce, nell’ultimo bollettino mensile, ha affrontato apertamente il problema: “L’effetto congiunto dell’abbondante liquidità e della forte espansione del credito potrebbe indurre incrementi non sostenibili dei prezzi sui mercati immobiliari in alcune regioni dell’area”. Secondo dati diffusi da Nomisma e dall’Economist il boom ha fatto sì che chi ha comprato nel 1997 sia riuscito a fare ottimi affari: un bilocale acquistato otto anni fa per 100mila euro oggi in Italia vale 165mila euro, in Francia ha raggiunto quota 190mila euro e in Gran Bretagna vale addirittura 247mila euro, mentre in Sudafrica sfiora i 300mila. Negli States invece i prezzi sono esattamente come in Italia mentre in Germania i prezzi del settore residenziale sono immutati.
Ma la più diretta e preoccupante conseguenza di questo fenomeno è dato dalla incombente maturazione della bolla dei mutui. Secondo il Bollettino economico pubblicato a marzo dalla Banca d’Italia, nel 2004 i prestiti sono aumentati del 6,7% e hanno corso di più di quanto sia avvenuto in area euro; solo la Spagna mostra aumenti più importanti (attorno al 18%). In Italia dunque, anche se è in crescita, la propensione a indebitarsi per comprare casa rimane molto più bassa rispetto a quanto avviene nel resto del mondo. Da noi, infatti, il capitale finanziato con i mutui è sotto al 15% del Pil, mentre in Francia e in Spagna questa quota raddoppia, in Germania si arriva a superare il 50% e in Inghilterra supera addirittura il 100 per cento. Ciò è parzialmente dovuto ad importante carattere distintivo proprio del nostro Paese: otto italiani su dieci sono proprietari della casa in cui vivono, una percentuale che si registra solo nei Paesi dell’Europa dell’Est…
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Hedge fund, prime frenate a un’espansione senza limiti Nati per coprire i rischi finanziari si sono trasformati in strumenti altamente speculativi: basta una scommessa sbagliata per mandare in tilt i mercati. O SCOSSONE CAUSATO ALL’INIZIO DI MAGGIO, quando alcuni hedge fund (vedi GLOSSARIO ) sono stati dolorosamente colpiti dal declassamento dei bond di General Motors e Ford, ha riaperto il dibattito sul ruolo e sulla pericolosità di questi, sempre più diffusi, strumenti d’investimento. Nel caso degli hedge è molto difficile parlare di bolla ma certo è che ultimamente quello che in origine, quarant’anni fa, era nato come un investimento per pochi danarosissimi eletti sta diventando invece un modo per far fruttare i risparmi di moltissima gente. Nel secondo trimestre di quest’anno infatti gli hedge fund negli Stati Uniti hanno registrato livelli record nella raccolta raggiungendo 8,4 miliardi di dollari in nuovi investimenti e superando il picco massimo dell’afflusso totale rispetto allo scorso anno. Attualmente in Italia la legislazione prevede che l’importo minimo di investimento per accedere ai fondi speculativi e ai fondi di fondi sia pari a 500 mila euro per un numero massimo di sottoscrittori pari a 200 ma da più parti sono state avanzate richieste per l’abbassamento della soglia d’ingresso. Un brusco risveglio ha scosso poche settimane fa i fautori di questi strumenti, che, nella prassi, si identificano, come quei fondi che utilizzano particolari strategie di gestione e di copertura, con facoltà di scegliere l’oggetto del proprio investimento e in grado di generare una performance assoluta, cioè non correlata all’andamento del mercato. Sono stati pesanti infatti gli esiti negativi di una doppia scommessa sui titoli di General Motors (GM) e Ford. Molti hedge avevano puntato contemporaneamente sul rialzo dei bond (ritenuti sottova-
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lutati) e sul ribasso delle azioni delle due compagnie automobilistiche. L’operazione è stata mandata a gambe all’aria dell’intervento del miliardario Kirk Kerkorian che il 4 maggio scorso ha dichiarato di voler comprare il 5-10% delle azioni Gm. Non più tardi del giorno dopo ha completato l’opera la notizia che Standard & Poor’s ha abbassato a junk (spazzatura) il rating del debito Gm , a causa del peggioramento dei conti della società americana. Nel giro di 24-48 ore chi era corto di azioni se le è viste schizzare in alto del 18% e chi era lungo di bond li ha visti crollare di 10-25 punti percentuali. La presunta protezione (to hedge, coprire) s’è trasformata in una perdita due volte più grande: anzi 10 o 20 volte più grande, perché in queste operazioni gli hedge fund fanno larghissimo uso di leva finanziaria, ossia ossia si indebitano presso le banche per scommettere oltre il limite costituito dal loro patrimonio. Secondo uno studio di Deutsche Bank il declassamento a junk del debito di Gm e Ford sta pesando su hedge e banche per un totale di 32 miliardi di dollari. Nel vecchio continente ora da più parti si parla di sottoporre gli hedge fund a una regolamentazione più restrittiva di quella attualmente in vigore. Il commissario europeo al mercato interno, Charlie McCreevy, ha confermato a metà maggio di essere «piuttosto aperto» a considerare un rafforzamento della normativa vigente, per poi frenare però subito dopo con l’affermazione che, in ogni caso, eccessi legislativi non sono desiderabili. Per non parlare dei bellicosi annunci del Governo tedesco che ha affermato di voler intervenire con più decisi controlli sul settore, dopo che l’hedge inglese TCI, ha indotto alle dimissioni sia il Ceo
della Borsa di Francoforte, Werner Seifert, che il presidente del consiglio di vigilanza Rolf Breuer. TCI, in quanto maggior azionista della società, aveva, in precedenza, costretto Deutsche Börse a desistere dal tentativo di acquisizione del London Stock Exchange. Buona parte del danno da instabilità complessiva dei mercati è provocato dalle voci incontrollate sulle forti perdite da trading e sulle ampie posizioni precarie detenute da molti hedge fund. Eppure anche gli hedge sono uno strumento, anche se assai complesso, e non vanno demonizzati in quanto tali ma in quanto si possono prestare ad operazioni poco lecite soprattutto ai danni degli investitori meno preparati. Infatti va considerata, intanto, l’enorme diversità di performance in un universo di oltre 8mila fondi, e poi va tenuto presente che anche i gestori che operano in questo campo sono passibili di errori. Gli esempi più clamorosi sono rappresentati dalle batoste che colpirono persino il re degli hedge, George Soros, e dal più celebre collasso della storia degli hedge, quello che nel 1998 travolse il Long-Term Capital Management, detto «l’hedge fund dei premi Nobel». LTCM scontò una serie di errate previsioni che furono rese più gravi dal fatto che usava denaro in prestito in proporzione di 5 a 1. La Federal Reserve dovette intervenire con un prestito di 3,6 miliardi di dollari per evitare lo sconvolgimento del sistema finanziario globale. Eppure, dopo che il debito è stato quasi interamente ripagato, uno dei suoi gestori di punta, John Meriwether, non ha avuto difficoltà a trovare investitori per un nuovo hedge fund raccogliendo 250 milioni di dollari da investire, naturalmente, con la stessa strategia utilizzata per la LTCM.
IL RUOLO DELLE BANCHE NELL’INNESCARE LA BOMBA DEL REAL ESTATE «LA CRISI DELL’IMMOBILIARE è come una bomba ad orologeria. Quando esploderà porterà con se l’intero sistema bancario. La bomba è innescata, tutti ne sentiamo il ticchettio, ma nessuno ha il coraggio di dire o di fare qualcosa». L’avvocatessa Doreen Blasig di Lipsia spiega la sua tesi con furia, con rabbia, ad un pubblico preoccupato ed impotente: «In Germania e ben presto in tutta l’Unione Europea le banche saranno definitivamente costrette a far una scelta: o ammettere i propri tragici sbagli nel settore creditizio e cercare una soluzione di lungo periodo, oppure applicare regole che impediscano al 90% dei cittadini di accedere ad un prestito - che è ciò che sta accadendo, con l’effetto di strozzare definitivamente la piccola e media impresa. E se continua così, in cinque anni gli unici ad avere denaro per acquistare saranno arabi e cinesi». Nei mesi scorsi anche diversi esponenti delle Casse di Risparmio e delle Banche Popolari tedesche avevano flebilmente sussurrato un monito sulla reale situazione del settore immobiliare in Europa. I fatti: le banche, per poter coprire a bilancio le voragini aperte che le più grandi industrie europee e lo Stato hanno creato con la loro incapacità di restituire i prestiti generosamente elargiti nel corso degli anni ’90, hanno preso ad incrementare a colpi di 10% annui la valutazione degli immobili di loro proprietà o da loro amministrati. L’effetto è strabiliante, spiega Blasig: «Nella Germania Est c’è un 19% di patrimonio abitativo inutilizzato ed un altro 8% non più restaurabile. Il valore ufficiale degli immobili, posto dalle banche, è quasi il doppio del loro valore di mercato. Il patrimonio immobiliare tedesco non ha più un valore reale definito». Se le banche hanno un attivo gonfiato da questa ipervalutazione degli immobili, quale è il loro reale grado di solvibilità? E se le banche, per nascondere questa situazione, strozzano il credito, come pensano di potersi rifinanziare? «La bolla degli strumenti derivati si sta fortunatamente sgonfiando. Ma il danno oramai è fatto: in Europa il prodotto non ha più una reale incidenza sul guadagno. Il denaro genera denaro, ed in questo modo il prodotto costa ma non rende. A meno di non lavorare ai prezzi ed alle condizioni dell’industria cinese...» I segnali non mancano. Specialmente dopo il 21 marzo 2002, quando il colosso edile tedesco Philip Holzmann, per la cui salvezza provvisoria il governo socialdemocratico di Gerhard Schröder aveva sacrificato alcuni miliardi di raccolta fiscale, finiva miseramente in bancarotta. Ventitremila impiegati da un giorno all’altro senza lavoro, le banche con un buco di oltre 10 miliardi di euro. Un buco ripianato con il trucchetto della ipervalutazione degli immobili e con l’omertà delle società di revisione e degli organi di controllo dello Stato. Lo stesso era accaduto due anni prima con la multinazionale “Metallgesellschaft”. Lo stesso potrebbe accadere nei prossimi mesi con almeno due altri colossi dell’industria tedesca - uno nel settore automobilistico ed uno nel settore dell’energia. D’altro canto, cosa può accadere se le banche svalutassero d’un colpo le loro proprietà immobiliari? Non lo sa nessuno, sostiene Blasig, «giacchè oggi nessuno, forse nemmeno i vertici delle banche stesse, ha un’idea precisa della reale situazione di cassa. Tutti sperano in una ripresa dell’economia, ma lavorano per strozzare gli introiti delle famiglie, impedendo così l’aumento dei consumi, sempre annebbiati dalla superstizione che si possa fare denaro senza produrre beni. Un vicolo cieco». Un vicolo che sia la maggioranza socialdemocratica che l’opposizione democristiana sono unanimi nel voler percorrere fino in fondo. Evviva. Paolo Fusi
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Trasparenza addio
GlaxoSmithKline non è sostenibile di Andrea Di Stefano
Nel 2001 una giuria del Wyoming aveva ordinato alla GlaxoSmithKline di pagare 6,4 milioni di dollari alla famiglia di Donald Schell, 60 anni, che era sotto trattamento di Paxil da 48 ore quando aveva ucciso sua moglie, sua figlia, sua nipote per poi togliersi la vita. Glaxo perse la causa perché i documenti interni mostravano che era al corrente della possibilità che alcuni pazienti divenissero agitati e violenti a causa del Paxil. La Glaxo fu considerata colpevole perché la confezione del Paxil non includeva un’avvertenza sul suicidio. Ma il dramma è solo un episodio. La multinazionale, che è il secondo gruppo farmaceutico mondiale con vendite per 32,8 miliardi di dollari e compare ancora tra le aziende del Dow Jones Sustainability Index, dal 1998 era a conoscenza dei rischi del Paxil. Nel mese di giugno del 2004, il procuratore generale dello stato di New York, Eliot Spitzer, fece causa alla Glaxo, accusandola di aver commesso in maniera ripetuta e continuata una frode in merito al Paxil (un medicinale che ha fruttato 3,1 miliardi di dollari solo nel 2003). Spitzer aveva la prova che Glaxo aveva nascosto i risultati di studi su bambini ed adolescenti che mostravano che il Paxil era inefficace e aumentava il rischio di comportamento e pensiero tendente al suicidio. Nella sua citazione, Spitzer scrisse: «nascondendo studi scientifici di importanza critica sul Paxil, GlaxoSmithKline ha ridotto la capacità dei dottori di prendere decisioni appropriate per i loro pazienti e questi potrebbero aver messo in pericolo la loro salute e sicurezza». Spitzer aveva un memorandum interno della Glaxo È ora che i consumatori prendano la parola: fuori dal risalente al 1988 in cui si affermava che l’azienda voleva «controllare la disseminazione dei dati allo scopo Dow Jones Sustainability Index le società che di minimizzare ogni possibile impatto commerciale negativo». truffano i dati e il mercato Ma anche in questo caso la Glaxo ha accettato di pagare come il colosso del pharma una multa, nell’agosto del 2004, di 2 milioni e mezzo di dollari e di rivelare tutti i dati sperimentali clinici. Benché Spitzer avesse la prova “della pistola fumante” che la Glaxo avesse nascosto degli studi scientifici che avevano messo a rischio la salute dei bambini, i dirigenti della Glaxo non hanno dovuto rispondere di nessuna accusa penale. Eppure già nel dicembre del 2003, l’Agenzia di regolamentazione dei medicinali britannica aveva comunicato ai dottori che a pazienti depressi sotto i 18 anni non dovevano essere prescritti Zoloft, Lexapro, Celexa, Luvox, Effexor, Serzone, Remeron e Paxil. L’Agenzia era giunta alla conclusione che la scarsa sicurezza di questi antidepressivi - fino al rischio delle tendenze suicide e dell’aggressività - superavano di molto ogni prova di efficacia. Quale fu la reazione della Fda? Un epidemiologo dell’Fda, Andrew Mosholder, esperto su sicurezza ed efficacia degli antidepressivi, concordava con l’Agenzia britannica, ma alti funzionari dell’Fda gli impedirono di parlare. Mosholder giunse alla conclusione che esisteva un rischio significativo di serie tendenze suicide tra i bambini sottoposti a trattamento con questi antidepressivi. I bambini che li avevano ricevuti erano 1,89 volte più soggetti al rischio del suicidio che altri cui erano stati somministrati placebo. Invece, i boss della Fda non permisero a Mosholder di testimoniare all’incontro di consulenza su farmaci antidepressivi organizzati dall’Fda nel febbraio del 2004.
I
FATTI.
Affacciato sul mare ma prevalentemente montuoso, il Marocco offre resort e villaggi. Il tasso di alfabetizzazione degli adulti è al 50,7%, l’agricoltura dà origine al 16% del PIL.
Marocco, 2001
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I molti segreti dell’undici settembre >43 Hollywood e il Pentagono, scontri e propaganda >44 Banca Mondiale, la sfida del cambiamento >46
internazionale L’INVISIBILE STRAGE DI FALLUJA SU “DIARIO”
DIBATTITO APERTO ANCHE NEGLI STATI UNITI SULLE DETENZIONI ILLEGALI E GLI ABUSI A GUANTANAMO
ALLARME ONU PER I BAMBINI IRACHENI MALNUTRITI
UN RAPPORTO RISERVATO MONSANTO SUI RISCHI OGM
CECENIA, LA PAURA DEGLI EX MILIZIANI INDIPENDENTISTI COSTRETTI A COMBATTERE ANCHE DOPO L’AMNISTIA
REPRESSIONE IN ETIOPIA CONTRO LE NUMEROSE MANIFESTAZIONI
Il settimanale italiano Diario ha pubblicato una dettagliata inchiesta sulla strage di Falluja, dove sono stati recuperati finora oltre 700 corpi di vittime dell’attacco americano dell’8 novembre dllo scorso anno. Secondo le organizzazioni umanitarie locali, oltre 500 appartengono a civili non combattenti, compresi bambini, donne, anziani. Due fosse comuni sono state allestite fuori città. La strage di civili è documentata da video e fotografie del Centro studi per la democrazia e i diritti umani di Falluja. I vertici politici e americani hanno sempre negato l'esistenza di vittime civili, nonostante i continui bombardamenti della città e una battaglia casa per casa durata almeno dieci giorni. Il settimanale ha ricostuito l’operazione Al-Fajr, l’attacco alla città sunnita lanciato dalle truppe americane e irachene l’8 novembre 2004. Sei mesi dopo la fine dell’operazione in città si combatte ancora, come rivela un rapporto riservato dell’Unami, la missione Onu a Baghdad. Le case colpite nella battaglia sono state 36.955, secondo i dati ufficiali del Comitato per le compensazioni di Falluja, a cui partecipano anche i rappresentanti degli americani. Di queste, oltre 10 mila sono state rase al suolo o danneggiate per oltre il 50 per cento. Diario ha intervistato ad Amman diversi esponenti della società civile fallujana, raccogliendo numerose testimonianze dirette e circostanziate sull'uccisione di civili.
L’ex segretario di Stato Henry Kissinger ha espresso dubbi sulla compatibilità dell’esistenza del carcere speciale di Guantanamo con l’immagine internazionale degli Stati Uniti ed ha messo in guardia sul rischio di creare una nuova generazioni di terroristi antiamericani. Thomas Friedman, columnist del “New York Times”, aveva posto il problema per primo chiedendosi se una struttura di questo tipo non creasse un danno all’America. Amnesty International, provocando la reazione stizzita del presidente statunitense George W. Bush, ha definito Guantanamo “un Gulag del nostro tempo”. Il settimanale Time, che ha pubblicato un rapporto riservato di 84 pagine sulla gestione del carcere speciale situato nella riserva militare statunitense nell'isola di Cuba, ha dedicato la copertina al caso della prigione in cui si sarebbero consumati gravi episodi di brutalità e di pressione psicologica con offese anche alla religione dei detenuti, tutti di fede islamica e provenienti dalle guerre di occupazione in Afghanistan e Iraq. Lo stato dei prigionieri resta al di fuori e contro ogni normativa internazionale, fenomeno che Amnesty e le maggiori organizzazioni per i diritti umani non hanno mai smesso di sottolineare. I detenuti sono stati sequestrati nel paese d’origine dai soldati Usa e vengono trattenuti senza i più elementari diritti di difesa nella prigione speciale prima di un processo militare le cui condanne sono prive di qualsiasi validità al di fuori degli Stati Uniti. Il regime carcerario di Guantanamo, descritto da Time, è di costante prevaricazione psicologica, con divieti di espletare bisogni corporali, musica assordante e luci accese anche la notte, obbligo di restare in piedi per lunghi periodi. Ai detenuti sarebbero state mostrate dai guardiani videocassette con le immagini dell’attentato dell’11 settembre mentre lo stesso Pentagono ha dovuto ammettere più episodi di intolleranza religiosa.
Secondo lo studioso svizzero Jean Ziegler, esperto delle Nazioni Unite di diritto all’alimentazione, il tasso di malnutrizione dei bambini iracheni al di sotto dei 5 anni è quasi raddoppiato dopo l’invasione della coalizione guidata dagli Usa. Il tasso che prima della caduta di Saddam, nell’aprile 2003, si assestava al 4% ha raggiunto, alla fine dello scorso anno, il 7,7%. Ziegler ha sostenuto che la situazione è il risultato della guerra intrapresa dalla coalizione a guida statunitense precisando, inoltre, che i governi che ne fanno parte hanno l’obbligo extraterritoriale di riconoscere il diritto all’alimentazione a tutti e che non dovrebbero compromettere l’accesso a tale diritto alla popolazione che vive al di fuori dei loro confini nazionali. Lo scorso novembre era uscito un rapporto del Fafo, un istituto norvegese per le scienze sociali in cui si sottolineava che il livello di malnutrizione in Iraq aveva raggiunto i livelli dei Paesi africani più disagiati. Lo scorso anno il direttore dell’Unicef, Carol Bellamy, aveva rilevato come la violenza in Iraq ha amplificato i problemi legati alla malnutrizione soprattutto tra i bambini. Infine, lo studio della rivista medica the Lancet dell’ottobre 2004, ha fatto notare che la mortalità in Iraq è aumentata enormemente dopo l’invasione, stimando che le vittime irachene, gran parte donne e bambini, potrebbero aver raggiunto le 100.000 unità.
La Gran Bretagna e altri nove paesi la settimana scorsa hanno votato al Parlamento Europeo a favore della vendita di ogm sul territorio dell’Unione: una decisione che compromette un pieno accordo futuro su una questione che resta dibattuta, sia a livello accademico sia nella società civile. The Independent ha pubblicato una ricerca segreta condotta dalla multinazionale Monsanto (gigante del cibo geneticamente modificato), che mostra come i ratti nutriti con grano ogm siano cresciuti con reni più piccoli del normale e abbiano subito variazioni nella loro composizione sanguinea. Secondo il rapporto confidenziale di 1.139 pagine, i problemi di salute sono stati riscontrati unicamente nel gruppo dei roditori alimentati con cibo ogm. Questi risultati giungono mentre molti paesi europei stanno decidendo se immettere o meno sul mercato i cibi geneticamente modificati. La scoperta dei rischi per la salute a seguito della ricerca condotta dalla Monsanto ha intensificato il dibattito riguardo all’eventuale necessità di ulteriori indagini per stabilire la sicurezza del grano in questione. I medici sostengono che l’alterazione sanguigna riscontrata nei roditori potrebbe significare che il sistema immunitario dei ratti è stato danneggiato oppure che si è sviluppata una forma tumorale contro cui le difese naturali non sono state in grado di combattere.
«Erano le tre del mattino quando i soldati russi hanno fatto irruzione a casa di Dagman Bantayeva, nel villaggio ceceno di Komsomolskoye, nelle pianure a nord di Gudermes. Lei, Dagman, era paralizzata e tremante di paura mentre i militari inziavano a perquisire l’abitazione, urlando e chiedendo dove fossero i soldi e dove fosse nascosto suo figlio Salman». Aslambek Badilayev è un giornalista ceceno del quotidiano distrettuale di Grozny ‘Zov Zemli’ che collabora con l’Institute for War and Peace Reporting. Il suo articolo è stato pubblicato dal sito italiano PeaceReporter.net, tra i pochi a fornire una costsnte informazione su quanto accade in Cecenia. Il racconto di Badilayev riporta le parole della madre del ragazzo scomparso: «Lo hanno trovato che dormiva nell'altra stanza. Lo hanno picchiato selvaggiamente e poi lo hanno portato via e caricato in una macchina, che è partita verso la città. Da quella notte non ho più avuto notizie di lui». Dagman è una delle numerose madri cecene che negli ultimi mesi si sono viste portare via i figli dalle forze russe. Guerriglieri nella resistenza indipendentista che dopo esserne usciti hanno ottenuto un’amnistia ufficiale dal governo ceceno appoggiato dal Cremlino, i loro figli vivono ora nella paura e continuano ad essere tormentati dalla forze di sicurezza. Numerosi ex combattenti che hanno consegnato le armi e sono tornati alla vita civile vivono oggi nella paura che le forze russe usino il loro passato per arrestarli. Per molti di questi ragazzi l'unica via di scampo da questa situazione è quella di passare dalla parte dell'ex nemico, ovvero di arruolarsi nelle milizie paramilitari dei servizi di sicurezza presidenziali, una forza armata di quindicimila uomini agli ordini del vice primo ministro ceceno Ramzan Kadyrov.
Migliaia di arresti sono stati ordinati dalla autorità etiopi contro i dimostranti che sostenevano l’illegittimità delle recenti elezioni parlamentari. Le proteste, soffocate in un bagno di sangue dalle forze di sicurezza, si sono concluse con diverse decine di morti tra i civili e più di cento feriti. Secondo quanto riferito dall’agenzia IRIN citata da Warnews, Georgette Gagnon dell’Human Rights Watch (HRW) ha dichiarato che in questi primi giorni della settimana è in corso un vero e proprio giro di vite, soprattutto contro studenti attivisti e oppositori politici. Sono almeno nove le città in cui la repressione poliziesca sta imperversando, approfittando del fatto che l’attenzione degli osservatori recentemente si è focalizzata soprattutto sulla capitale Addis Abeba. Cresce in il rischio di violazioni dei diritti umani che sfuggano agli occhi della comunità internazionale. Alcuni dei primi arrestati cominciano ad essere rilasciati mentre continuano fermi selettivi di membri e simpatizzanti della Coalition for Unity and Democraty (CUD), partito d’opposizione. Le autorità non smentiscono, ma non forniscono neppure precisazioni sulle cifre degli arresti. Mulgeta Shiferaw, un capo della polizia ascoltato dalla IRIN, ha dichiarato che alcuni dei prigionieri accusati per i disordini iniziati il 6 giugno sono stati portati nella struttura detentiva di Ziway, a 150 km da Addis Abeba.
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Le verità ufficiali e i molti misteri dell’undici settembre 2001 Movimenti di denaro inspiegabili, segnalazioni dell’antiterrorismo cadute nel vuoto. allarmi continui e ingiustificati, una commissione d’inchiesta le cui sedute hanno portato a molti documenti e nessuna certezza. Sull’11 settembre tutta la verità non è forse ancora stata scritta. Y NAME IS WILLIAM RODRIGUEZ – comincia così un giovalibro in cui si è parlato degli affari del nonno Prescott Bush con i nazinottone dalla pelle olivastra – ho lavorato 20 anni al sti e i finanziamenti ad Hitler: «La cosa più probabile è che il crollo delWorld Trade Center come responsabile delle pulizie le Torri sia stato provocato da una demolizione controllata, anche se delle scale della Torre Nord». non sappiamo esattamente cosa abbiano utilizzato. PER APPROFONDIRE Credo sia stato sperimentato qualcosa di nuovo. La dedi Paola Baiocchi È un eroe nazionale, ricevuThierry Meyssan to alla Casa Bianca per il comolizione dell’edificio 7, un grattacielo di 47 piani cacon il contributo di L’incredibile menzogna Micol Carmignani raggio dimostrato l’11 setduto alle 17,30 – continua Tarpley – è di tipo tradizioFandango, 2002 tembre quando, unico tra i nale, ed ha lasciato macerie di un certo tipo, diverse Thierry Meyssan Il Pentagate, altri documenti cinque ad avere la chiave universale di tutte le porte dei dalla micronizzazione del cemento delle Torri». sull’11 settembre Fandango, 2003 due grattacieli, è rimasto al suo posto di lavoro e ha aiuMa, se le cose non sono andate come ce le hanno Marina Montesano tato i vigili del fuoco nella loro opera di salvataggio. raccontate, chi ha organizzato l’attentato signor TarMistero americano. Ipotesi sull’11 settembre Ma ora è diventato un eroe scomodo, perché come pley? «L’unica forza in grado di architettare un’operaDedalo, 2004 rappresentante dei familiari delle vittime, si chiede cozione di queste dimensioni, cioè una frazione interna Gore Vidal me mai quello che ha visto e sentito quel giorno non allo stesso Stato, una rete golpista, come spiego nel mio Le Menzogne dell’Impero e altre tristi verità. Perché coincide con la versione del governo americano ed è libro “9/11 Syntehetic Terror: Made in USA”. Invitiala junta petroliera Cheney-Bush vuole la guerra in Iraq partito per un tour europeo organizzato dal miliardamo tutti a chiedere la riapertura delle indagini su un Fazi Editore, 2002 rio americano Jimmy Walter (vedi box), che vuole forfatto gravissimo che riguarda tutto il mondo e che somare una Commissione internazionale indipendente lo una Commissione internazionale indipendente, che riesamini gli avvenimenti dell’11 settembre 2001. penso a un presidente autorevole come Mandela, può Dopo i molti appuntamenti negli Stati Uniti, la riesaminare. Questo governo invisibile è drogato: se le campagna “reopen 911” promossa da Jimmy Walter è scelte dei Paesi che utilizzano il dollaro si spostassero partita per l’Europa passando per Berlino, Amsterdam, verso l’euro, avrebbero bisogno di terrorismo, come di Maurizio Blondet Parigi, Londra, Madrid, Vienna, Manchester e Roma una droga». 567 sono le pagine prodotte dall’inchiesta Chi comanda in America Effedieffe, 2003 dove noi li abbiamo incontrati. Il racconto di Rodriufficiale sui fatti dell’11 settembre, 400 le domande poguez continua, incalzante: «Ero in una riunione quelste dai familiari delle vittime, la maggior parte delle Maurizio Blondet 11 settembre: colpo la mattina, al primo piano sottosuolo (B1) della Torre quali senza risposta, così come la testimonianza di Rodi Stato in USA nord. Alle 8,45 ho sentito un’esplosione che provenidriguez, che non è stata messa agli atti; al momento Effedieffe, 2002 va da sotto, da B2 o B3, ho pensato fosse un generatol’Amministrazione Bush ha speso tre milioni di dollaRay Griffin The New Pearl Harbor re elettrico. Poi un impatto dall’alto ed è arrivato Feliri per esaminare l’evento che ha cambiato il mondo, Eric Hufschmid pe ferito». Nella sua scalata con i vigili del fuoco per mentre per l’affare Clinton-Lewinsky sono stati utilizPainful Questions (Dolenti note) www.hugequestions.com aprire tutte le porte e aiutare le persone terrorizzate ad zati 62 milioni di dollari. Webster Griffin Tarpley uscire, Rodriguez arriva fino al 39° piano e sente altre Anche Maurizio Blondet ha partecipato alla tre e Anton Chaitkin Gorge Bush piccole esplosioni venire dall’alto: “bum, bum”. Cosa giorni romana organizzata da Jimmy Walter; Blondet The Unathorized Biography potevano essere queste esplosioni? Ne parla Webster è un giornalista conservatore di Avvenire, autore di www.tarpley.net www.reopen911.org Griffin Tarpley, autore nel 1992 con Anton Chaitkin molti libri sul nuovo corso statunitense, tra cui “Chi della biografia non autorizzata di Bush padre, il primo comanda in America” e “11 settembre: colpo di Stato
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Affacciato sul mare e confinante con il Senegal, il Gambia è un paese in cui il turismo sta avendo un forte sviluppo. Dopo il colpo di stato del 1994 alcuni diritti civili sono stati ripristinati.
Gambia, 1991
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UN MILIONARIO A CACCIA DI VERITÀ JIMMY WALTER HA 57 ANNI, è un miliardario americano: ha una società senza fini di lucro, la Walden Three (www.walden3.org) a Santa Barbara in California. Il signor Walter ha ereditato la maggior parte dei suoi milioni dall’azienda di materiali da costruzione di suo padre a Tampa e fino a poco tempo fa non era molto noto alle cronache. Ma qualcosa ha mosso la sua coscienza quando ha visto cadere le Torri e ha trovato fuorvianti le risposte che il suo governo e il suo presidente gli fornivano. Non è stato a guardare: spendendo 250.000 dollari ha acquistato pagine di quotidiani, tra cui il Washington Times e il New York Times, in cui chiedeva ai lettori se, dopo la pubblicazione delle conclusioni della commissione sull’11 settembre, si sentivano più sicuri. È andato avanti, commissionando un sondaggio a P. Zogby, un istituto di sondaggi rappresentativo e ha capito di essere in buona compagnia: il 49 per cento degli abitanti di New York e il 41 per cento dei cittadini dello Stato di N.Y. si sono detti convinti che membri dell’amministrazione abbiano saputo in anticipo dell’attacco e volontariamente non siano intervenuti. Mister Walter ha chiesto l’impeachment di Colin Powell e dell’amministrazione Bush, partecipando anche in modo spettacolare alla manifestazione contro la convention repubblicana di Washington: sorvolandola con l’elicottero personale da cui gettava magliette anti Bush. Ha promosso il libro di Eric Hufschmidt “Painful Questions” e il sito www.reopen911.org e organizzato l’11 settembre del 2004 a Manhattan il convegno: “Confronting the Evidente - riapriamo le indagini sull’11 settembre” con l’obiettivo di formare una Commissione internazionale indipendente. Dichiara di aver speso finora un milione e mezzo di dollari e di essere disposto a spenderne tre per arrivare all’incriminazione dei veri responsabili della strage. Sul sito di “reopen” sono disponibili le informazioni per il concorso internazionale promosso da Walter.
in USA” (edizioni Effedieffe): «La cosa più probabile è che gli aerei siano stati teleguidati, con sistemi non così fantascientifici come potrebbe sembrare; l’avionica è già in uso sugli aerei di linea, altre applicazioni sono coperte da segreto militare. Anche le lettere all’antrace fanno parte dell’operazione: l’antrace proveniva dai laboratori militari USA, le lettere sono servite a svuotare il Congresso per la bonifica, mentre Bush approvava come decreti d’emergenza e senza nessun controllo parlamentare il Patriot Act, un insieme di provvedimenti repressivi che proprio in questi giorni vorrebbero far diventare definitivi». In questa campagna di sensibilizzazione vengono distribuiti non volantini, ma dvd in tutte le lingue dal titolo “Confronting the Evidence”, tre ore di filmati, ricostruzioni, interventi di tecnici e giornalisti che smantellano ogni tassello della versione ufficiale. Ci sono foto del Pentagono mentre i vigili spengono un piccolo incendio, con un foro sulla facciata di circa 5 metri di diametro, da cui sarebbe dovuto passare un Boeing 757 alto 14 metri e dalla larghezza alare di 38. Il primo a mostrare queste foto è stato Thierry Meyssan, che all’inizio del 2002 ha pubblicato “L’incredibile menzogna” (Fandango editore), presente alla conferenza organizzata da Walter a Parigi ed uno dei probabili componenti della Commissione. Nessun aereo sul Pentagono, dicono, forse un missile, nessun pilota sugli aerei di linea, antrace prodotta dalla Difesa statunitense, il volo della Pennsylvania abbattuto dall’Air Force. Non è un po’ troppo? «Hoover affermava – risponde Blondet – se devi dirla, dilla grossa. La storia degli Stati Uniti ha parecchi precedenti simili: per orientare la cittadinanza che lo aveva votato proprio per il suo impegno contro la guerra, Roosevelt sposta la flotta dall’Atlantico a Pearl Harbor nel Pacifico, perIL DVD ché fosse raggiunta dagli aerei giapponesi». Nel dvd “reopen911” è contenuta un’altra di queste azioni terroristiche, che ricordano la nostra Strategia della tensione: l’FBI ha finanziato e preparato l’attentato alle Torri del 1993, ma uno degli esecutori, per una crisi di coscienza, ha documentato e filmato tutto. Chi ha guadagnato dall’11 settembre? Jimmy Confronting the evidence Walter esclude che siano guadagni per la citReopen911 tadinanza: «Oltre alle evidenti perdite umane e le ripercussioni socio-culturali dell’evento, i
costi di manutenzione e sviluppo del settore bellico (e della cosiddetta “sicurezza”) sono incrementate e divenute ormai una delle voci fondamentali del budget governativo, a discapito da larghe fasce della popolazione». Qualcuno ha potuto conseguire guadagni diretti dall’evento, per lo più nel mondo della finanza, con la quotazione dell’oro salita alle stelle ed i titoli delle compagnie aeree in crisi completa. Blondet ricorda un curioso investimento pochi giorni prima dell’attentato alle torri gemelle, un acquisto ingente di put, cioè una quantità di titoli comprati secondo un prezzo fissato (di solito il valore del titolo nel momento dell’acquisto), che possono in futuro essere ceduti al prezzo iniziale. Ovviamente, chi comprò put delle compagnie aeree americane, ha ottenuto forti guadagni. «Bush è in piedi – aggiunge Webster G. Tarpley – grazie all’11 settembre. E poi non bisogna dimenticare Larry Silverstein, che stipulando un contratto di affitto per 99 anni il 24 aprile del 2001 del World Trade Center ha concluso il miglior affare della sua vita». Nell’accordo è indicato espressamente che decade in caso di attacco terroristico, quindi Silverstein dovrà essere risarcito dalla Port Authority, mentre gli resta è restato il diritto a ricollocare le 480 imprese di 28 Paesi che popolavano le Torri Gemelle. La crisi della New Economy stava finalmente allentando i prezzi stellari degli uffici di New York, e in particolare nel cosiddetto Financial District. Ma quando un milione e mezzo di metri quadrati sono andati in fumo, l'improvvisa scarsità di spazio nell'angusta isola di Manhattan ha spinto nuovamente gli affitti alle stelle. Dopodichè Larry Silverstein dovrà affrontare la ricostruzione, andandosi ad unire nei profitti “generati” dalla strage anche al settore dell’alta tecnologia impiegata nella sicurezza, all’edilizia per la programmata ricostruzione dei territori in Iraq, ai settori di approvvigionamento ai militari, e alle altre grandi Corporations che hanno supportato l’attuale presidente. Una situazione in cui guadagni ingenti nel breve termine si affiancano ad ampie manovre strategico-economiche di medio e lungo termine, attraverso i settori industriali più potenti. In un periodo in cui tutte le più grandi aziende, entusiaste, parlano e speculano sulle teorie di gestione social responsible, di sviluppo sostenibile per le generazioni future, ci chiediamo assieme a J. Walter se davvero i dichiarati “responsabili” si rivolgano con occhi limpidi alla società civile. O piuttosto alla società aziendale.
I DANNI ALLE PERSONE E ALL’AMBIENTE JAHN WALCOTT, poliziotto di New York addetto per mesi alle operazioni di sgombero a Ground Zero è affetto da leucemia mieloide, il cancro del sangue, ricorrente in chi è esposto a radiazioni o benzene. Insieme a lui altri 600 lavoratori (poliziotti, vigili del fuoco, addetti alle pulizie, personale dei trasporti e molti altri ingaggiati a giornata) hanno avviato un’azione giudiziaria contro l’impresa immobiliare delle Torri Gemelle di Larry Silverstein e diverse ditte appaltatrici dei lavori di sgombero. Gli avvocati hanno fatto causa anche alle autorità portuali e all’EPA, imputando al contatto con le polveri che si sono prodotte l’11 di settembre le malattie contratte dai loro clienti: asma, sinusite, bronchite cronica, insufficienza renale e cardiaca, tumori maligni (leucemia, morbo di Hodgkins, tumori alla tiroide e al fegato). In uno screening eseguito su 1138 persone, lavoratori e volontari che hanno contribuito alle operazioni di sgombero delle macerie del World Trade Center, quasi tre quarti accusavano problemi respiratori, nel 50 per cento dei casi i disturbi si sono protratti per una media di otto mesi dopo la fine dei lavori. Persistenti le sinusiti, le irritazioni croniche della gola, i casi di riflusso gastro-esofageo, l’asma. E la tosse, a distanza di tre anni dal crollo. Sugli effetti a lungo termine i dubbi sono molti, ma non sono disponibili studi sull’effetto combinato di quelle sostanze. TUTTO CIÒ CHE ERA CONTENUTO e che formava le due Torri è stato disintegrato nel crollo e disperso nell’ambiente. Oltre alle centinaia di tonnellate di cemento, vetro, moquette, materiali plastici che sono ricaduti in microframmenti su un’area di chilometri, nelle due torri c’erano circa 50.000 computer, con all’interno ognuno da 1,8 a 5,5 Kg di piombo. 40 piani di almeno una delle due Torri contenevano amianto che è stato disperso nell’aria, così come il mercurio di almeno 10.000 lampade fluorescenti. Nonostante questo due giorni dopo il crollo delle Torri, Wall Street è stata riaperta e l’Environmental Protection Agency il 18 di settembre ha dichiarato che l’aria era nuovamente respirabile e l’acqua potabile.
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Hollywood e il Pentagono, scontro e propaganda
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UANDO I DUE AEREI SONO ENTRATI nelle Torri l’immagine è sembrata per un attimo irreale, iconica come quella dei cosacchi che abbeverano i cavalli nelle fontane del Vaticano. Uno di quegli eventi talmente paventati e infinitamente rappresentati da far parte dell’immaginario universale. Non più tardi degli inizi del 2001, un telefilm della serie The Lone Gunman, rappresentava un attacco terrorista alle Torri, con Boeing 747, ordito da alcuni generali del Pentagono, preoccupati per la mancanza di fondi. Tre hacker riuscivano da terra a teleguidare fuori rotta il minaccioso aereo, inserendosi nel computer di
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bordo. La rappresentazione di minacce sempre diverse fa parte della produzione hollywoodiana, almeno dai primi anni Cinquanta e costituisce un filone spesso strumentalizzato dalle istituzioni culturali e mediatiche della civil defense, come analizza Jean-Michel Valantin nel suo libro: Hollywood, il Pentagono e Washington, appena pubblicato da Fazi. A partire dal 1942 - racconta Valantin - quando Roosevelt convocò alla Casa Bianca i più grandi registi dell’epoca, tra i quali John Ford e Frank Capra, per commissionargli decine di film per aumentare l’adesione al-
la sua politica sul conflitto, il Ministero della guerra apre un ufficio di collegamento a Hollywood. Il dibattito strategico americano - dice l’autore - è costituito da interazioni permanenti (alleanze, schieramenti, ma anche conflitti durissimi) tra i grandi centri del potere, la Casa Bianca, il Congresso, il Pentagono e le grandi agenzie di intelligence. Così che il grande fantasma di Pearl Harbor, evocato nel 2001 dal film di Michael Bay, si materializza poco dopo nell’abbattimento delle due Torri. E si capisce l’affermazione del segretario della Di-
fesa Rumsfeld che, il 18 dicembre 2002, dichiara agli americani che non devono preoccuparsi «perché i missili nordcoreani non possono raggiungere il territorio degli Stati Uniti al di là dell’Alaska». La smentita, non richiesta, arriva un mese dopo l’uscita sugli schermi dell’ultimo James Bond “La morte può attendere” in cui si presenta una Nord Corea estremamente pericolosa per la sua aggressività (tra l’altro nuclearizzata grazie agli Stati Uniti) e Rumsfeld sfrutta la paura che suscita per preparare l’opinione pubblica ad un altro avvenimento.
IL LIBRO Jean-Michel Valantin Hollywood, il Pentagono e Washington Fazi editore, 2005
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Da Bretton Woods al futuro tra conservazione e cambiamento
La Banca Mondiale può contare su 184 paesi membri e un enorme potere, in grado di condizionare le scelte e il futuro politico di una nazione. Nata per aiutare la ricostruzione dopo la Seconda Guerra mondiale, è divenuta presto uno dei protagonisti dell’economia e della politica internazionale, tra promesse di riforma, contestazioni a livello mondiale e una nuova direzione conservatrice. L TERMINE DEL CONFLITTO TRA GLI ALLEATI DELLA COALIZIONE OCCIDENTALE si è posto il problema di confrontarsi sui flussi monetari internazionali. Nella Conferenza Economica e Monetaria del luglio del 1944 a Bretton Woods, in New Hampshire (USA) nascono la Banca Mondiale (WB) e il Fondo Monetario Internazionale (IMF). Ufficialmente l’istituzione si chiama “Gruppo Mondiale” e comprende la Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (IBRD), l’Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), la Compagnia finanziaria internazionale (IFC), l’Agenzia multilaterale per la garanzia degli investimenti (MIGA) e il Centro internazionale per la gestione dei conflitti relativi gli investimenti (ICSID). Lo stesso gruppo utilizza il termine “Banca Mondiale” per riferirsi alla Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo e l’Associazione internazionale per lo sviluppo, organismi che hanno la parola decisiva sui progetti da finanziare e sugli interessi da applicare nei paesi in via di sviluppo. Gli altri tre istituti assumono dei ruoli limitati e marginali. Agenzia specializzata dell’Onu, la Banca Mondiale conta 184 stati membri, che sono direttamente responsabili dei finanziamenti dell’istituzione e degli investimenti da eseguire. Il gruppo Banca Mondiale nel suo insieme conta oltre 10 mila funzionari. È l’organizzazione sovranazionale che più al mondo informa l’opinione pubblica sulle proprie strategie e attività. Dalla sede di Washington, 1818 H Street Northwest vengono prodi Cristina Artoni dotti a ciclo continuo brochures, analisi, dati statistici. In un primo tempo, la Banca era stata istituita per assistere e aiutare alla ricostruzione delle nazioni uscite distrutte dalla guerra. La Banca avrebbe operato prestando dal proprio capitale e fornendo garanzie per gli investimenti privati. Il paese a beneficiare del primo prestito fu la Francia per un valore di 250 milioni di dollari. Nel 1948 viene erogato il primo prestito ad un paese in via di sviluppo (Cile) per la costruzione di un impianto idroelettrico. Il capitale originale della Banca venne fissato a 10 miliardi di dollari, equivalenti a 70-80 miliardi di oggi. Il 20% del capitale versato dagli stati membri, il resto messo a disposizione a titolo di garanzia. In questo modo la Banca si muove liberamente sui mercati internazionali per finanziare i propri prestiti tramite la vendita
LA POLITICA SUL DEBITO DEI PAESI DELSUD DAL 1960 AD OGGI il rapporto di ricchezza tra il 20% più povero del pianeta e quello più benestante è passato da 1/30 a 1/73. I paesi dell’Africa sub-sahariana si ritrovano più poveri rispetto agli anni ’70, nonostante le cifre vertiginose degli aiuti, pari a circa 270 miliardi di dollari. Secondo le Nazioni Unite dal 1996 in poi il flusso globale finanziario è andato dal Sud verso il Nord del mondo totalizzando più di 200 miliardi di dollari nel 2002. A pesare in modo determinante è il debito. Banca e Fondo monetario internazionale controllan circa 400 miliardi di dollari dei 2.500 miliardi che il Sud complessivamente deve al Nord e sono tra i primi creditori. Nel 1996 l’istituzione ha lanciato un’iniziativa per la cancellazione del debito dei 42 paesi più poveri ed indebitati al mondo. A nove anni dall’avvio della campagna il risultato è minimo: debito cancellato a soli 8 paesi, con la prospettiva di azzerare il debito anche ad altri 19. Uno sconto per un totale di 31 miliardi di dollari sui 103 miliardi previsti inizialmente. Banca e Fondo Monetario si sono sempre rifiutati di far ricorso alle proprie riserve per tale cancellazione, vincolando nuovi prestiti all’approvazione di privatizzazioni e ristrutturazioni interne ai Paesi che vanno poi danno delle fasce più deboli della popolazione.
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WOLFOWITZ, UN FALCO ALLA GUIDA DELLA BANCA CANDIDATO UNICO alla poltrona per la Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, pur non raccogliendo l’entusiasmo dei governi europei, è stato nominato alla presidenza dell’organizzazione. Wolfowitz, numero 2 del Pentagono, rappresenta l’incarnazione di tutti i mali del primo mandato di presidenza Bush: capofila dei neoconservatori, teorico della guerra preventiva, architetto dell’invasione in Iraq, sostenitore dell’unilateralismo Usa. Sulla sua nomina il Los Angeles Times ha pure ironizzato, scrivendo: “E quale sarà la prossima mossa? Mettere Donald Rumsfeld a capo dell’Unicef?” Cresciuto nelle fila della sinistra, dove ha debuttato a 19 anni impegnandosi nella campagna elettorale per Kennedy, il salto verso il partito repubblicano avverrà negli anni settanta. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, Wolfowitz si impone come il teorico dei neocons sulla base di una dichiarazione d’intenti: “la missione militare e politica degli Stati Uniti è che non emerga d’ora in poi nessuna altra superpotenza”. L’amministrazione di W. Bush lo arruola come vice segretario alla Difesa dove caldeggia un intervento armato in Iraq. Secondo Joseph Stiglitz , per anni economista di punta proprio della Banca Mondiale, l’organizzazione con Wolfowitz, malgrado le iniziali aperture sui temi del debito, diventerà «lo strumento esplicito del potere americano».
di titoli obbligazionari IBRD. Nel 1960, con la creazione dell’IDA, la Banca diventa una vera e propria istituzione di sviluppo. I prestiti dell’IBRD, infatti, vengono ripagati con un periodo di cinque anni, dopo il quale i governi hanno dai 15 ai 25 anni per ripagare il prestito a tassi quasi di mercato. I prestiti IDA, destinatiai paesi poveri, sono ad interesse quasi nullo. Mentre per l’IBRD la dotazione di capitale è assicurata dai pagamenti degli interessi sui prestiti, e dall’emissione di azioni, per l’IDA un terzo della dotazione è garantita con ricostituzioni di capitale tramite le quote associative dei governi dei paesi donatori da versare su base triennale. Nel corso degli anni la Banca Mondiale ha assunto un potere immenso e stratificato. Si tratta infatti dell’unica istituzione che concede prestiti ai paesi più poveri. Durante i soli anni novanta ha devoluto prestiti a lungo termine nel Terzo mondo per circa 225 miliardi di dollari.
L’ultima possibilità L’istituzione sostiene progetti per lo sviluppo, ma non solo. In alcuni casi, in Niger ad esempio, la Banca Mondiale copre anche il deficit di bilancio dello Stato, oltre a finanziare iniziative per migliorare le condizioni di vita. In termini tecnici bancari, questo organismo gioca il ruolo di “the lender of last resort”, è l’ultima possibilità per un paese di ottenere dei finanziamenti, una chance che ha reso l’istituzione talmente potente da poter imporre al debitore tutte le condizioni che preferisce. Nella pratica quotidiana la Banca Mondiale funziona secondo criteri strettamente bancari. Al vertice della Banca siede il Consiglio dei Governatori (Board of Governors) dei 184 paesi membri. Il Governatore è di norma il Ministro del Tesoro o delle Finanze del paese. Subordinato al Consiglio dei Governatori c’é il Consiglio dei 24 Direttori Esecutivi (Board of Executive Directors) che ha la facoltà di approvare i prestiti IBRD/IDA ed i crediti IFC per riforme strutturali o progetti e le garanzie della MIGA. I cinque grandi stati donatori (USA, Giappone, Francia, Germania e Gran Bretagna) e la Cina, l’Arabia Saudita e la Federazione Russa sono rappresentati da un loro Direttore Esecutivo permanente, mentre gli altri 16 seggi rappresentano un gruppo di paesi (cosiddetta “constituency”), spesso sotto la guida di un paese industrializzato. Ad esempio, il Direttore Esecutivo italiano rappresenta anche Grecia, Malta, Portogallo, Albania e Timor Est. In questo modo i 42 paesi membri dell’Africa Sub-Sahariana nel Board hanno solo due Direttori Esecutivi. Il sistema delle votazioni si basa sul principio di “Un Dollaro (di capitale) uguale a Un Voto”. Le decisioni vengono prese quasi sempre per consenso, un metodo che in un rapporto di forze sbilanciato va sempre a vantaggio dei paesi ricchi o più grandi. Il sistema di governo interno di Banca mondiale non è democratico e permette agli Stati Uniti, la cui quota oscilla intorno al 15 percento del capitale della Banca, di esercitare un vero e proprio diritto di veto. Il Presidente della Banca Mondiale è anche presidente del Consiglio dei Direttori. Tutti i presidenti della Banca Mondiale sono stati americani, fino all’attuale neoletto Paul Wolfowitz. Lo staff ed i funzionari della Banca competenti per singoli paesi sono suddivisi in dipartimenti regionali, ognuno dei quali è controllato da uno dei vicepresidenti della Banca.
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Bush e Kyoto
Vergogna! Solo vergogna
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di Walter Ganapini
GOVERNMENT ACCOUNTABILITY PROJECT, Associazione che negli Stati Uniti offre supporto ai “Whistler-blowers” (“soffiatori di fischietto”) della Pubblica Amministrazione, cioè chi esce allo scoperto denunciando scorrettezze nella gestione del bene pubblico nell’interesse generale, oggi sappiamo per certo che il Capo di Gabinetto del Comitato del Presidente Bush per la Qualità dell’Ambiente, tale Philip Cooney, già lobbista per conto delle compagnie petrolifere, ha manomesso e censurato i rapporti scientifici in materia di cambiamento climatico globale. Finito il suo lavoro di manipolatore il buon Cooney è ritornato all’ovile, assunto dalla Exxon Mobil, una delle compagnie petrolifere che persino il conservatore Wall Street Journal ha messo sotto accusa per la totale inazione nella ricerca e sviluppo di fonti energetiche alternative. Già lo scorso anno l’autorevole Observer, pubblicato nel Regno Unito, aveva denunciato come la Casa Bianca avesse occultato un Rapporto del Pentagono che indicava negli effetti di tale cambiamento climatico, soprattutto in termini di ridistribuzione delle risorse idriche, una causa tendenziale di conflittualità internazionale superiore al terrorismo. Già lo scorso anno alcuni Premi Nobel statunitensi avevano messo in risalto come l’Amministrazione Bush non fosse aliena dal “correggere” i dati della US Environmental Protection Agency, soprattutto per quel che riguarda l’impatto dell’industria chimica. Ci è persin toccato di vedere, sempre lo scorso anno, Forse anche in Italia è l’ora la “colomba” Colin Powell, allora segretario di Stato di un progetto Trasparenza di Bush, impegnarsi in ripetute missioni per divulgare che faccia emergere i misfatti della pubblica la contrarietà del suo governo rispetto alla Direttiva REACH amministrazione dell’Unione Europea, che finalmente sfidava la chimica ad innovare misurandosi con i temi della qualità ambientale dei propri processi produttivi e dei propri prodotti. La vicenda Cooney, oggi, supera ogni possibile immaginazione: l’unica superpotenza rimasta “trucca le carte”, irride al bisogno di qualità ambientale del vivere forte anche tra i suoi cittadini, antepone gli interessi economici che hanno portato Bush al potere ad ogni considerazione etica, seppur minima. Sono quegli interessi che investono sulla “fiction alla Crichton”, per cercare di convincere le persone che il cambiamento climatico da essi stessi causato non esiste, è l’invenzione di qualche sparuto gruppo di ecologisti paranoidi. Sono quegli interessi che, abbagliati dalla sete di profitto, mentre negano quel cambiamento, contestualmente postulano il ritorno al nucleare come unica via per mitigare proprio quel cambiamento! I paranoidi sono loro ed i loro servi, accademici e letterari ( e comunque a “libro paga”)! Dobbiamo dire basta, dobbiamo esprimere in ogni modo lo schifo che proviamo per questo ributtante spettacolo, dobbiamo far conoscere a tutti la menzogna e chi la propala. Forse è il caso che anche in Italia nasca un “Progetto Trasparenza di Governo”, che faccia emergere i misfatti della Pubblica Amministrazione fornendo garanzie ed assistenza a quei funzionari che sentono superato il limite di ogni ragionevole decenza: sono sicuro che sono la stragrande maggioranza.
G
RAZIE AL
Con un tasso di analfabetismo quasi inesistente e una ridottissima mortalità infantile (percentuale del 5,8 su mille), sottoposta da anni ad embargo per diktat statunitense, l’isola di Cuba registra un forte sviluppo turistico.
Cuba, 2000
> Turismo
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Alta qualità, ricerca e innovazione per i tessuti >52 Crisi del tessile, davvero è solo colpa della Cina? >54 Biologici, i tessuti che aprono un mercato >57
economiaetica IL PREMIO INNOVAZIONE AMICA DELL’AMBIENTE
CAFFÈ EQUO E SOLIDALE DAL GUATEMALA AL CARCERE DI TORINO. TARGATO SLOW FOOD
ANCHE IN ITALIA UNA LEGGE PER I DIRITTI DEI CELIACI
INCREMENTO DEI DISTRIBUTORI AUTOMATICI DI CAFFÈ EQUO
BANCHE ITALIANE POCO ETICHE, PER LA PROCURA DI PALMI SI APPLICANO INTERESSI IRREGOLARI
OPERATIVA DA DIRETTIVA UE PER GLI ECO EDIFICI
Quinta edizione del fortunato Premio all’innovazione amica dell’ambiente promosso da Legambiente e Regione Lombardia in collaborazione con Politecnico di Milano e l’Università Bocconi. Il Premio è rivolto alle imprese (private, pubbliche, individuali, cooperative, consortili, organizzazioni non profit) che producono beni o erogano servizi. È altresì rivolto alle amministrazioni pubbliche, ai singoli uffici della Pubblica Amministrazione, alle istituzioni scientifiche, agli istituti universitari, ai liberi professionisti e alle associazioni di cittadini. Anche quest’anno è prevista una menzione speciale per le innovazioni provenienti da imprese straniere. Il focus della quinta edizione del Premio, la cui scadenza per la presentazione delle domande è il 31 luglio 2005, è sui temi dell’eco-efficienza; le esperienze di governance e sviluppo sostenibile; il design per la sostenibilità ambientale. L’attenzione verrà posta alle innovazioni, di prodotto e di servizio, in grado di ridurre l’impatto ambientale in tutte le fasi del ciclo di vita: scelta dei materiali, fabbricazione, distribuzione, uso e dismissione. Il Premio è aperto alle innovazioni in ogni campo. Per ulteriori informazioni: www.premioinnovazione.legambiente.org
Arriva il caffè equo che offre concrete possibilità di inserimento lavorativo ai carcerati. La cooperativa sociale “Pausa Cafè” importa una pregiata produzione di arabica, presidio internazionale Slow Food ed ha creato una torrefazione nel carcere “Lorusso e Cotugno”di Torino. Il caffè proviene da una ristretta area geografica del Guatemala, ai confini con il Messico: la Huehuetenango, la più alta catena montuosa non vulcanica del Centro America, considerata come una delle aree più vocate a questa produzione, il cru della terra dei Maya. Slow Food ne ha fatto un presidio, e ha inserito la produzione nel circuito del commercio equo e solidale certificato Fairtrade TransFair; segue i produttori dal punto di vista tecnico, li aiuta a collocare il prodotto sul mercato, promuove e valorizza sapori e territori. Il progetto si è poi ampliato ed oggi il caffè viene torrefatto artigianalmente nel carcere di Torino, con una tostatura lenta e leggera, raffreddato ad aria e lasciato riposare per almeno 48 ore così da consentire il naturale processo di degassazione, prima di essere macinato. I consumatori possono quindi degustare un caffè 100 per cento arabica, straordinario per la qualità in tazza, ma unico anche per le modalità di produzione. Ai produttori non solo è riconosciuto un prezzo equo, ma è garantita la possibilità di partecipare al 50 per cento degli utili generati dall’intero processo di trasformazione e commercializzazione, dal quale sono normalmente esclusi. Un’innovativa forma di alleanza tra i diversi protagonisti della filiera con cui si fornisce una risposta alla grave crisi internazionale dei prezzi del caffè, che colpisce proprio i piccoli produttori. Al valore della solidarietà verso i cafetaleros del Guatemala si somma l’impegno per l’integrazione sociale delle persone svantaggiate: la torrefazione coinvolge direttamente i carcerati fornendo una concreta opportunità di inserimento lavorativo.
Finalmente anche in Italia c’è una legge per i celiaci. Il provvedimento, di sette articoli, prevede l’obbligo di etichettatura di tutti i prodotti contenente glutine, interventi di sostegno per la diagnosi e la fornitura obbligatoria da parte di mense pubbliche e private di pasti senza glutine. In particolare, il ddl prevede interventi per favorire una diagnosi precoce della malattia, per qualificare e formare il personale sanitario in grado di seguire i soggetti interessati alla patologia e maggiore attenzione all’informazione, per i malati, sui prodotti contenenti glutine. Inoltre l’articolo 4 “Erogazione dei prodotti senza glutine”, contempla il diritto all’erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine e l’obbligo, per le mense delle strutture pubbliche, scolastiche e ospedaliere, di somministrare anche pasti senza glutine. L’intolleranza al glutine è un disturbo di cui soffrono almeno trentamila italiani; per questo motivo è una problematica che necessitava di un’apposita regolamentazione e di un esplicito riconoscimento. La nuova legge stabilisce infatti, negli articoli 1 e 2, interventi diretti «a favorire il normale inserimento nella vita sociale dei soggetti affetti da celiachia».
Non solo nelle botteghe dell’equo e solidale e nelle cooperative più sensibili. La pausa equosolidale alla macchinette del caffè sembra riscuotere interesse e sono sempre più numerose le aziende e gli uffici pubblici in Italia che offrono questa opportunità ai propri dipendenti. Dopo la fase sperimentale della Daem Spa a Bologna in alcuni luoghi ad intensa frequentazione (l’atrio dell’Ospedale Maggiore, alcuni uffici del Sant’Orsola-Malpighi e il Centro provinciale per l’impiego di via Todaro) i distributori automatici di caffè del commercio equo si stanno diffondendo anche in altre città. A Roma il servizio è offerto dalla società AromatiKa, a Ferrara La Ristora ha collocato le macchinette in tutti gli uffici comunali, mentre a Reggio Emilia il Gruppo Argenta le ha proposte con successo in molte scuole di città e provincia. Intanto la Daem, pioniera del settore, ha allungato l’elenco delle postazioni, aggiungendo la sede staccata della Provincia a Imola, lo spazio fruito dalla Giunta nella sede centrale, l’ospedale di Castelnuovo Né Monti (Reggio Emilia) e l’Istituto Tecnico Industriale di San Secondo (Parma). Anche alcune Botteghe del Mondo si stanno attivando per la diffusione delle macchinette con il caffè solidale. Come La Melagrana di Trieste che ha collocato in città circa quindici distributori con caffè a cialde Facondo garantito da Fairtrade TransFair.
La Procura di Palmi ha chiesto il rinvio a giudizio per usura dei vertici di alcune banche nazionali, tra i quali figurano Cesare Geronzi, presidente di Capitalia; Luigi Abete, presidente della Banca Nazionale del Lavoro; Dino Marchiorello ed Antonio Ceola, ex presidenti della Banca Antonveneta, e Pier Luigi Fabrizi, presidente del Monte dei Paschi di Siena. Complessivamente le richieste di rinvio a giudizio riguardano 41 persone tra direttori e dirigenti di sei istituti di credito: Banca Antonveneta, Banca di Roma, Monte dei Paschi di Siena, Banca Nazionale del Lavoro, Banca Regionale Calabrese e Carime. Il comune di Rosarno, ha dato incarico al proprio ufficio legale di costituirsi parte civile. Secondo la ricostruzione del settimanale Vita diffusa sul web, l’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Alberto Cianfarini, avrebbe avuto origine da un esposto del gruppo imprenditoriale della Piana di Gioia Tauro, De Masi, inviato alla Prefettura e alla Banca d’Italia, in relazione al comportamento assunto dalle banche suddette. L’esposto è stato trasmesso dalla Prefettura alla Procura della Repubblica di Palmi che ha avviato le indagini. A confermare il contenuto della denuncia del gruppo De Masi, secondo il quale alcune banche applicano al Sud, e in Calabria in particolare, tassi di interesse irregolari perchè più alti che nel resto del Paese, secondo quanto si è appreso, sono stati i risultati di una consulenza tecnica d’ufficio disposta dalla procura. De Masi ha riferito di essere stato costretto, ad opera degli istituti di credito con cui intratteneva rapporti, a pagare tassi d’interesse che diventavano superiori ai limiti consentiti con l’applicazione delle commissioni di massimo scoperto. Il gruppo De Masi, che ha circa trecento dipendenti, estende la sua attività in vari settori, tra cui i lavori edili, la produzione di macchine agricole ed i trasporti.
Il consiglio dei ministri ha varato il recepimento della direttiva Ue sugli immobili ecocompatibili. Secondo la normativa di Bruxelles, che dovrà essere recepita da tutti gli Stati membri entro il 4 gennaio 2006, i nuovi immobili dovranno ottemperare a una serie di requisiti minimi di rendimento energetico. A questo scopo gli edifici dovranno essere classificati in 9 categorie (abitazioni monofamiliari di diverso tipo; condomini di appartamenti; uffici; scuole; ospedali; alberghi e ristoranti; impianti sportivi; esercizi commerciali; altri tipi di fabbricati) in modo da poter calcolare il rendimento energetico considerando tutte le componenti che contribuiscono ai consumi. Le componenti prioritarie saranno quelle dei prodotti per la costruzione; dei sistemi di riscaldamento e di produzione dell’acqua calda per usi sanitari; degli impianti di condizionamento dell’aria; dei sistemi di ventilazione; degli impianti di illuminazione; della posizione e orientamento delle unità residenziali; della presenza di pannelli solari; della introduzione di sistemi di cogenerazione dell’elettricità e di riscaldamento a distanza. Per quanto invece riguarda il patrimonio immobiliare esistente, la direttiva impone che tutti gli immobili superiori a 1000 m2 e che subiranno ristrutturazioni importanti dovranno soddisfare i requisiti minimi di rendimento energetico già fissati dalla direttiva.
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Non si vive di sola rendita Innovazione, ricerca e alta qualità Specializzarsi in produzioni di alta qualità, investire in ricerca e innovazione, crescere, guardare verso i mercati internazionali, aprire propri punti vendita. Queste le ricette per sopravvivere alla crisi del settore tessile, per vincere la concorrenza con la Cina. Lo sostengono gli economisti e lo confermano le imprese che ce l’hanno fatta. Alle prime avvisaglie della crisi infatti molte aziende sono corse ai ripari e si sono rimboccate le maniche per trovare vie d’uscita per non soccombere. Ciascuna a modo suo, con molti sforzi e sacrifici, ma alla fine, hanno trovato le armi vincenti. È UNA BELLA DIFFERENZA TRA UNA MAGLIETTA O UN PAIO DI CALZE E UN ABITO DA CERIMONIA.
Per i primi due il margine di creatività o di miglioramento della qualità è davvero ridotto e quello che conta è il prezzo. Nel secondo caso invece la lavorazione, il disegno e la materia prima sono fondamentali, il prezzo diventa solo una conseguenza. Questo è il segreto per vincere la concorrenza dei Paesi con un basso costo della manodi Elisabetta Tramonto dopera. Calze e t-shirt, ma anche jeans o maglioni di lana sono facile preda per qualsiasi produttore tessile. In questo campo la battaglia delle imprese italiane è persa in partenza. Sul fronte dei prezzi infatti Cina, India, ma anche Romania e Brasile sono imbattibili. Il discorso cambia se si parla di tessuti pregiati, sottoposti a trattamenti particolari, o abiti dal disegno unico. Qui l’esperienza italiana è ancora un fattore chiave per vincere la concorrenza. È vero che la Cina ormai possiede le competenze tecniche e i macchinari necessari a produzione tessili di alto livello, ma è certamente più conveniente realizzare grandi quantità di capi standard. «Ci stiamo spostando sempre più verso prodotti di fascia alta, verso tessuti fantasia, quello che per ora ai cinesi non interessa». Franco Bini è un imprenditore tessile del polo industriale di Prato, il distretto italiano specializzato nei filati e nei tessuti moda. Con le sue tre imprese, una di tessitura, una che realizza tessuti spalmati come la pelle ecologica, e una di finissaggio e nobilitazione, ha vissuto in prima linea la crisi del settore tessile. «Credo che ci sia ancora spazio per il tessile italiano, quello specializzato però. A Prato subiamo la concorrenza cinese più che altro su tessuti basici, a tinta unita, non sulla fantasia e i tessuti moda – spiega Bini – Stiamo riuscendo a sopravvivere perché proponiamo un tessile creativo. Investiamo molte energie, risorse finanziarie e intellettuali per realizzare nuove collezioni, nuove serie di filati, nuove tipologie di tessuti. E ogni stagione dalle imprese del distretto di Prato vengono proposti sul mercato circa 30.000 nuove soluzioni di tessuti». Nella stessa direzione si sono mossi anche gli imprenditori di Biella, un altro importante distretto tessile italiano, specializzato nella lavoUna esposizione italiana di prodotti tessili. razione della lana. Qualità, creatività e tecnologia, i segreti per il La-
FONTE: WWW.LATESSITURA.COM
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UN FIUME IN PIENA I NUMERI DELL’INVASIONE CINESE I PRIMI SEGNALI DELL’INVASIONE di prodotti made in China nel settore tessile italiano si sono manifestati nel 2001, anno in cui la Cina è entrata nel Wto. Ma il boom è arrivato con l’inizio del 2005, quando è caduto l’Accordo Multifibre, che imponeva delle quote massime alle importazioni di prodotti tessili. Secondo i dati dell’ufficio studi di Sistema Moda Italia solo nei primi due mesi di quest’anno sono entrati nel nostro Paese oltre 13 milioni di pantaloni da uomo made in China, quasi il 2.000% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’incremento di maglioni ha raggiunto il 1.250%. Cifre da capogiro anche per le altre categorie di prodotti di abbigliamento: cappotti da donna (+757%), t-shirt (+537%), reggiseni (+213%). Le importazioni delle calze sono lievitate del 22.866%. Tra gennaio e febbraio ne sono arrivate in Italia 6 milioni di paia contro le 26 mila di un anno prima. Una vera e propria invasione a suon di prezzi stracciati. Un mix di fattori permettono alla Cina di produrre a costi bassissimi e di esportare a prezzi fino a dieci volte inferiori rispetto a quelli applicati dai paesi importatori. Le materie prime (cotone, seta, lana) hanno circa gli stessi costi per entrambi i Paesi. Lo stesso vale per i macchinari e le attrezzature. La differenza diventa invece mastodontica per quanto riguarda il costo del lavoro che in Cina è in media di 0,4 dollari all’ora, contro i 15,6 dollari all’ora in media nel settore tessile in Italia. C’è poi una lunga serie di costi che gravano sulle imprese italiane, molto meno o per niente su quelle cinesi, come quello per la ricerca, che per alcune aziende nostrane può raggiungere il 3% del fatturato mentre in Cina è quasi assente. Il costo dell’energiain Cina è meno di un terzo rispetto all’Italia. I costi necessari per adeguare gli impianti agli standard di tutela ambientale sono totalmente assenti in Cina. La valuta cinese, infine, è sottovalutata di un 35-45% rispetto al suo valore reale, che si traduce in un dazio all’entrata per le merci europee esportate verso la Cina e in un sussidio all’export cinese verso l’Europa. E, come se non bastasse l’attacco dall’esterno, le imprese cinesi stanno “aggredendo” il sistema industriale italiano anche dall’interno. Negli ultimi quattro anni in Italia le imprese di moda di proprietà dei Li e degli Hu è aumentato del 60%. Lo rivelano i dati della Camera di Commercio di Milano. Le imprese individuali con un titolare cinese in Italia sono più di 8 mila, l’8% delle ditte individuali. Un vero assalto alla diligenza!
DISOCCUPATI NEL TESSILE-ABBIGLIAMENTO IN ITALIA [IN MIGLIAIA] 600
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Fonte: Elaborazione Sml e Ati
686 610*
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nificio Luigi Colombo. «Abbiamo scelto fin dagli inizi, di lavorare solo fibre naturali pregiate, cashmere, vicuña, guanaco, camelhair, alpaca, mohair e lane superfini - sottolineano i due titolari, Roberto e Giancarlo Colombo – e abbiamo puntato sulla tecnologia a supporto di una mano d’opera esperta, ricca ancora di quella preziosa artigianalità che rende il tessuto esclusivo». E se da Biella ci spostiamo nel distretto della seta a Como la storia non cambia. Da Ratti a Mantero, nomi storici della tradizione serica comasca, la scelta è la stessa: alta qualità e sempre maggiore specializzazione. Insomma fare quello che gli altri non sanno fare. È il segreto della Tintoria emiliana, di Modena, specializzata in lavorazioni molto particolari. «Stiamo risentendo poco della crisi. Siamo specializzati nella tintura di capi molto difficili e molto costosi, per cui non ci si può permettere di sbagliare – spiega Riccardo Anouchinsky, responsabile del laboratorio controllo qualità della Tintoria emiliana - Le aziende che si rivolgono a noi, nomi come City Company o Murphy and Nye, ci richiedono trattamenti particolari, per cui è necessaria una grande esperienza. Effetti di invecchiamento, di sporcamento e di colore, come la tintura Old o il trattamento Forced che crea un effetto chiaro-scuro tra le costine dei maglioni. È difficile che i cinesi si imbarchino in lavorazioni così particolari e complicate», conclude Anouchinsky.
Innovazione innanzitutto «È necessario che le imprese italiane investano di più in ricerca e sviluppo. Solo così potranno sperare di competere con il gigante asiatico». Quello di Paolo Zegna, presidente di Sistema Moda Italia e amministratore delegato insieme al cugino Gildo del gruppo Ermenegildo Zegna, più che un consiglio è quasi un ordine. Molte imprese lo stanno già mettendo in pratica, molte no. Ma chi da tempo ha dedicato sforzi e investimenti in ricerca e innovazione sta sperimentando sulla sua pelle i risultati e non può fare a meno di dare ragione a Zegna. «L’innovazione tecnologica è segreto per uscire dalla crisi del settore tessile – continua Riccardo Anouchinsky – Abbiamo tre laboratori di ricerca molto attrezzati e questo ci permette di offrire prodotti di altissimo livello. La Tintoria emiliana ha investito molto in ricerca e innovazione, a totali spese dell’azienda, senza alcun finanziamento esterno. Dal 5% al 7% del fatturato ogni anno». Non tutte le imprese del comparto tessile-abbigliamento però possono permettersi di dedicare porzioni del proprio fatturato alla ricerca. Soprattutto in questo momento di crisi delle vendite e soprattutto imprese, come quelle italiane, che per lo più hanno dimensioni ridotte e un carattere familiare. «Fino a un paio di anni fa era possibile attingere al Fondo agevolazione ricerca, gestito dal Miur, il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca – spiega Solitario Nesti, di Tecnotessile, società di ricerca e innovazione nel settore tessile e meccanotessile a Prato – Oggi non si può più, è tutto bloccato per mancanza di fondi».
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Più grandi e internazionali
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«L’aggregazione fra piccole imprese è necessaria per competere nel mercato globale», dice Paolo Zegna. Dimensioni maggiori per essere più competitivi quindi. Una soluzione per avere fondi da investire in ricerca e innovazione, ma anche per potersi affacciare sui mercati internazionali. Sono molte le imprese italiane che hanno scelto |
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di rivolgersi all’estero, proponendo i propri prodotti su nuovi mercati o delocalizzando parte della produzione in Paesi a basso e bassissimo costo del lavoro. È la scelta di Prada che qualche mese fa ha annunciato «un possibile trasferimento di parte della produzione, i prodotti meno esclusivi, in Paesi mediterranei più economici dell’Italia oppure in Cina». La Ratti, dal 1945 famosa azienda serica di Como, ha scelto la Romania come sede di due nuovi stabilimenti, uno di tessitura e uno di stampa, aperti due anni fa. «Abbiamo trasferito le lavorazioni ad alto contenuto di manodopera, portando i nostri tecnici e insegnando il lavoro agli operai locali», spiega Doni Ratti, presidente e amministratore delegato, figlia di Antonio Ratti, fondatore dell’impresa serica. «Affrontiamo la sfida competitiva cercando nuovi mercati da conquistare - dichiara Vincenzo Crotti, amministratore delegato del Lanificio Lessona, azienda specializzata in tessuti per abiti da uomo nel polo biellese - La Cina sta diven-
tando per noi uno dei mercati più importanti, insieme all’Est europeo, all’estremo oriente e al Sud America».
Filo diretto con il cliente «Se le imprese tessili italiane vogliono sopravivere alla crisi e alla concorrenza dell’est europeo e dei Paesi asiatici devono instaurare un rapporto diretto con il consumatore finale, aprendo propri punti vendita». Questa la tesi di Simone Guercini, professore di marketing alla facoltà di Firenze. «È l’unico modo per bypassare le scelte dei distributori che negli ultimi anni hanno modificato le loro strategie orientandosi verso una risparmio di costo e quindi rivolgendosi ai produttori dei paesi emergenti, a basso costo della manodopera». Alcune imprese italiane lo hanno capito da tempo. L’anno scorso il Lanificio Colombo, azienda tessile del distretto di Biella, ha aperto un negozio monomarca a Parigi. Quest’anno a Porto Cervo è
nata la boutique Colombo e a settembre ne sarà inaugurata un’altra a Vienna. E per essere più vicino al cliente il lanificio biellese ha creato anche una propria linea prêt à porter, che gli ha permesso di conquistare gli scaffali di department stores in America, Giappone, Europa e Asia. Una strategia simile a quella dell’impresa serica di Como Mantero che ha scelto di concentrarsi più sul prodotto finito che sul semilavorato. Se fino a pochi anni fa realizzava solo di tessuti, per cravatte e per abbigliamento femminile, oggi produce anche cravatte e abiti da donna, sciarpe e foulard. E in più ha dato vita a una propria rete distributiva. Per il momento la Mantero non ha punti vendita ma ha aperto filiali a New York, Parigi e Shangai e ha sparso per il mondo importatori e agenti «per essere più vicini al consumatore finale», spiega Moritz Mantero. Modi diversi per affrontare la crisi. Perché anche sotto l’attacco dei calzini cinesi a basso costo è possibile trovare una via d’uscita.
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TESSILE, IL BOOM DELL’IMPORT UE DALLA CINA dati primo trimestre 2004
Fonte: Commissione UE
T-shirts
164%
Pullovers
534%
Pantaloni uomo
431%
Camicette
186%
Calze e calzoni
183%
Cappotti donna
139%
Reggiseni
63%
Filo lino
51%
Tessuto lino
257%
S.o.s. tessile, tutta colpa della Cina? Magliette, pantaloni, calze made in Cina invadono l’Europa. Le imprese tessili vacillano. Un accordo tra Cina e Unione europea iamo in guerra. Una guerra economica dove uno dei due avversari non combatte ad armi pari. Di fronte abbiamo nazioni che non rispettano i diritti dei lavoratori, né tanto meno l’ambiente, pur di ottenere prodotti ai minori costi possibili. E in Italia siamo costretti a licenziare i nostri dipendenti e a chiudere le fabbriche». Rabbia e orgoglio nella voce di Luciano Barbera, classe 1938, amministratore delegato del Lanificio Carlo Barbera, azienda storica nella produzione di tessuti di lana e cachemire di alta qualità nel bel mezzo del distretto industriale di Biella, specializzato proprio nella lavorazione della lana. Luciano Barbera parla della crisi che sta attraversando il settore tessile e della concorrenza dei Paesi asiatici. «Spietata e sleale», la definisce. Parla dell’invasione in Italia e in Europa di pantaloni, magliette, maglioni e qualsiasi altro capo di abbigliamento o prodotto tessile a prezzi stracciati in arrivo dalla Cina, dall’India o da qualche altro Paese dove la manodopera costa pochissimo. Parla di aziende che chiudono, schiacciate dal peso della concorrenza eccessiva, e di molti lavoratori che restano senza un impiego. I dati gli danno ragione. La crisi del settore tessile-abbigliamento italiano è una realtà. Secondo il centro studi di Sistema Moda Italia nel 2004, per il terzo anno consecutivo, il tessile-abbigliamento made in Italy ha perso terreno. Rispetto al 2001 il fatturato del comparto è sceso di oltre l’11%, più di 5 miliardi di euro bruciati. 24 mila i posti di lavoro nel settore tessile persi nel 2004, oltre 66 mila nell’ultimo triennio. E le imprese costrette a chiudere i battenti negli ultimi cinque anni sono state quasi 13 mila. Per il futuro non si prevede niente di buono. Oggi le imprese “sopravvissute” del settore tessile-abbigliamento in Italia sono 68 mila e danno lavoro a circa 570 mila persone. 30 mila di queste imprese sono a
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rischio chiusura e nei prossimi 2 anni 90 mila lavoratori (il 15% del totale) potrebbero restare a casa. Uno scenario decisamente allarmante. Il padre di Luciano Barbera, Carlo, nel 1949 diede vita al lanificio che porta il suo nome. Oggi ha novant’anni suonati e lo si può ancora incontrare nello stabilimento dell’impresa di famiglia. «Tutti i suoi sforzi stanno andando in rovina», commenta con tristezza il figlio, Luciano, che vent’anni fa aveva già previsto tutto. «Nel 1986 feci un viaggio in Asia e una volta tornato a Biella lanciai un grido d’allarme. Laggiù avevo visto imprese che crescevano a ritmi incredibili. Costruivano capannoni, acquistavano macchinari sofisticati, compravano lane e cachemire di alta qualità, le stesse che utilizziamo noi. Non avevano ancora le nostre competenze tecniche, ma avevano e hanno ancora una manodopera che costa 30/40 volte meno che da noi - racconta Luciano Barbera – Quando tornai a casa lo dissi ai miei colleghi imprenditori: ci faranno una concorrenza spietata e sleale. Se non corriamo ai ripari, saremo inevitabilmente travolti».
Non solo Cina La Cina è l’indiziato numero uno della crisi del settore tessile. Ma è davvero tutta colpa della concorrenza cinese se le vendite di magliette e pantaloni made in Italy crollano e le imprese italiane falliscono? Non esattamente. Come ha spiegato Marco Fortis, docente di economia industriale all’Università Cattolica di Milano e vice presidente della fondazione Edison, la concorrenza cinese ha accelerato i tempi di un processo già avviato, che sarebbe comunque proseguito autonomamente. La crisi del settore è iniziata, infatti, circa quattro anni fa, innescata da un mix di fattori. È colpa di una diminuzione generaliz-
ha messo un freno al boom di importazioni cinesi per non far crollare il mercato. Una situazione imputabile solo alla Cina? zata dei consumi mondiali, particolarmente accentuata nei settori dei beni non di prima necessità, come l’abbigliamento per esempio. Ma è anche la conseguenza di un’evoluzione nelle strategie delle grandi catene distributive. «Negli ultimi anni gli equilibri nella filiera tessile-abbigliamento sono cambiati radicalmente – spiega Simone Guercini, docente di marketing presso la facoltà di Firenze - L’ultimo anello della catena, la distribuzione, ha assunto un ruolo sempre più importante a discapito della produzione. Le imprese italiane sono state penalizzate perché le grandi catene di distribuzione, soprattutto statunitensi o del Nord Europa, hanno modificato le loro strategie orientandosi sempre più verso una risparmio di costo sacrificando la qualità del prodotto. Per questo motivo vengono privilegiate aree di produzione dove il costo del lavoro è più basso: l’Europa dell’est, i paesi dell’ex blocco sovietico, la Turchia, l’Asia». Ci si è messo poi il tasso di cambio con l’euro sempre più forte sul dollaro che ha penalizzato le esportazioni delle imprese europee. La Cina poi ha dato il colpo di grazia, con l’invasione dall’inizio di quest’anno di prodotti a prezzi bassissimi e con una crescita delle importazioni made in Cina del 200, 1000 e anche 20.000%.
Un boccata di ossigeno Un primo passo per arrestare l’emorragia di quote di mercato delle imprese tessili europee sottoposte all’attacco della Cina è arrivato il mese scorso. Dopo un incontro durato dieci ore, il 10 giugno a Shanghai il ministro del commercio cinese Bo Xilai e il commissario europeo al commercio estero Peter Mandelson hanno raggiunto un accordo che ha evitato lo scontro frontale tra Cina e Unione europea. L’accordo riguarda dodici prodotti del tessile-
abbigliamento, quelle categorie che dall’inizio dell’anno hanno subito maggiormente l’aggressione da parte dell’export cinese e che la Commissione europea stava monitorando. È stato fissato un tetto tra l’8 e il 12,5% alla crescita delle esportazioni cinesi verso l’Europa di questi prodotti, limite che la Cina dovrà rispettare fino al 2008. Un accordo arrivato appena in tempo. Dopo poche ore sarebbe scaduto l’ultimatum e sarebbero scattate le clausole di salvaguardia decise da Bruxelles sulle importazioni di tshirt e filati di lino made in Cina. Da mesi la Commissione europea subiva forti pressioni da parte di molti Paesi europei affinché fossero introdotte le clausole di salvaguardia. L’Europa si era spaccata in due. Da un lato paesi come l’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo, il Belgio, la Repubblica Ceca, la Slovenia e la Lituania, che chiedevano l’introduzione delle clausole di salvaguardia. Dall’altro il fronte nord-europeo con Svezia, Olanda e Irlanda in primo piano appoggiati da Germania e Gran Bretagna. Il perché di questi due schieramenti è semplice: il primo gruppo di paesi difendono gli interessi dei produttori tessili, presenti in grande quantità in queste zone, il secondo blocco invece rappresenta le grandi imprese della distribuzione, forti soprattutto nel Nord-Europa. Come dice Marco Fortis non è una battaglia tra protezionismo e liberismo, ma tra produttori e distributori europei. È evidente che per i produttori del settore tessile, l’invasione di prodotti cinesi a basso prezzo costituisce un danno enorme, perché provoca un calo delle vendite e una perdita di guadagno e di quote di mercato. Per i distributori invece è solo un minor costo e quindi una fonte di maggiore profitto. Ma ormai, con l’accordo raggiunto a Shanghai, la guerra triangolare tra la Cina, da un lato, e l’Europa dall’altro, divisa tra Paesi pro e Paesi contro l’introduzione |
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Le materie prime sono le stesse, ad incidere sul prezzo di vendita sono il costo del lavoro e le metodologie di distribuzione.
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| economiaetica | delle clausole di salvaguardia, sembra giunta a una tregua. Non è certo la soluzione a tutti i problemi del settore tessile. PerchÊ la concorrenza cinese continuerà a esistere, anche se non ai livelli di questi primi mesi dell’anno. PerchÊ la Cina non è l’unico Paese che esporta prodotti tessili a prezzi stracciati e nessuna limitazione è stata imposta alle esportazioni di India o Pakistan. E infine perchÊ tra tre anni il problema dell’invasione di magliette e calze made in Cina tornerà a bussare alla porta. Ma almeno una limitazione alle importazioni dalla Cina garantisce un po’ di respiro alle imprese italiane, che avranno a disposizione tre anni per prepararsi ad affrontare la concorrenza cinese o, in alternativa spostarsi verso altri settori, ma in modo graduale e non traumatico. Tre anni durante i quali anche il governo italiano e l’esecutivo europeo avranno la possibilità di intervenire in soccorso del settore tessile.
Servono altri aiuti ÂŤNon chiediamo dazi ma reciprocitĂ nei mercati e obbligatorietĂ dell’etichetta che indichi l’origine di ogni prodotto tessile realizzato dentro e fuori dall’Unione europea, una regola che negli Stati Uniti è stata introdotta molto tempo faÂť. Questi gli interventi urgenti per aiutare il settore tessile secondo Paolo Zegna, presidente di Sistema Moda Italia e amministratore delegato, insieme al cugino Gildo, del gruppo Ermenegildo Zegna. Sono ancora molti i Paesi dove le esportazioni italiane faticano ad arrivare, a causa di dazi all’ingresso elevati o di autorizzazioni difficili da ottenere. Ăˆ il caso dell’India, della Cina, ma anche del Brasile. ÂŤLe loro merci possono entrare in
Italia, le nostre invece non possono varcare i loro confini. Il mercato dovrebbe essere libero in entrambe le direzioniÂť. Lamenta Moritz Mantero, titolare della storica impresa serica di Como che porta il suo nome. ÂŤSempre piĂš prodotti vengono etichettati, l’ultimo è stato il latte – continua Mantero – anche i prodotti tessili dovrebbero avere la loro carta d’identitĂ che indichi dove sono stati realizzati e con che cosaÂť. Gli fa eco Antonio Franceschini, segretario regionale di Federmoda, secondo cui ÂŤi consumatori dovrebbero sapere se i capi che acquistano sono realizzati nel rispetto dei diritti dei lavoratori, seguendo le norme a tutela dell’ambiente e le norme sanitarie oppure noÂť. E dai sindacati del comparto tessile arriva anche la richiesta di intensificare la lotta alla contraffazione, una pratica altamente diffusa in Cina. Nei bilanci delle imprese cinesi la voce ricerca e sviluppo è quasi inesistente. Ăˆ facile invece che dietro abiti made in Cina si nascondano modelli disegnati in Italia. ÂŤIn Cina manca totalmente il rispetto della proprietĂ intellettuale. Copiare è culturalmente accettato – spiega Moritz Mantero - Per noi non è accettabile da un punto di vista etico ed economicoÂť. ÂŤChiediamo un inasprimento delle sanzioni previste in caso di contraffazione e l’obbligo di distruzione immediata della merceÂť si legge nel documento presentato dalle parti sociali del comparto tessile al governo lo scorso ottobre. Molti dunque gli interventi richiesti alle istituzioni da parte delle imprese del settore tessile. Interventi urgenti per salvare un fiore all’occhiello del made in Italy.
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ILCAMMINO DELLE CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA
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NEL 1974 entra in vigore l’Accordo Multifibre, che stabilisce delle quote per le importazioni tessili. NEL 1994 si decide la sospensione dell’Accordo Multifibre dopo 10 anni. NEL 2001 la Cina entra nel Wto. Il protocollo di adesione prevede per il 2005, quando sarebbe cessato l’Accordo Multifibre, l’eventuale applicazione di clausole di salvaguardia qualora si verificassero gravi segni di destabilizzazione nei mercati europei con l’arrivo dei prodotti cinesi. Le clausole di salvaguardia stabiliscono dei tetti alle importazioni di prodotti cinesi, che non possono superare una crescita del 7,5% annuo. IL PRIMO GENNAIO 2005 decade l’accordo Multifibre. Inizia il boom delle importazioni cinesi in Europa. E inizia la campagna da parte di un gruppo di paesi europei per chiedere l’applicazione delle clausole di salvaguardia. IL 28 APRILE la Commissione europea avvia un’inchiesta su nove categorie di prodotti del tessile abbigliamento esportati
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dalla Cina in Italia: t-shirt, maglioni, camicette, calze e calzini, pantaloni da uomo, reggiseno, filo di lino e tessuti di lino. Ăˆ il primo passo per l’eventuale applicazione delle clausole di salvaguardia. IL 25 MAGGIO la Commissione europea avvia le consultazioni formali con la Cina su due prodotti: t-shirt e fili di lino. Un altro passo verso l’applicazione delle clausole di salvaguardia. L’11 GIUGNO sarebbero dovute scattare le clausole di salvaguardia, e quindi le limitazioni alle importazioni, per le 2 categorie per cui erano state avviate le consultazioni con la Cina: t-shirt e fili di lino. Invece la notte precedente viene raggiunto un accordo tra il ministro del commercio cinese Bo Xilai e il commissario europeo al commercio estero Peter Mandelson. Fino al 2007 le esportazioni cinesi verso l’Europa dei 12 prodotti tessili piĂš soggetti alla concorrenza cinese non dovranno superar una crescita tra l’8% e il 12,5% a seconda dei prodotti. GLI USA hanno giĂ imposto quote sulle importazioni di 7 categorie di prodotti tessili.
Fattore Bio: un occhio all’ambiente Diffusi in Europa, i tessuti biologici rappresentano un mercato che inizia a svilupparsi anche in Italia
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ESSUTI BIOLOGICI. Abiti in cotone, lino, canapa
e lana che a partire dal seme usato per coltivare la materia prima fino allo scaffale del grande magazzino non incontrino mai sulla loro strada prodotti chimici nocivi. Sarebbe un grosso favore reso allâ&#x20AC;&#x2122;ambiente, un beneficio per la salute di chi indossa quegli abiti, ma anche unâ&#x20AC;&#x2122;opportunitĂ per il sofferente settore del tessile made in Italy e una possibile risposta delle imprese italiane alla concorrenza asiatica. Il mercato del tessile biologico vale 680 milioni di euro a livello mondiale. Lâ&#x20AC;&#x2122;Europa copre piĂš della metĂ del giro dâ&#x20AC;&#x2122;affari totale, 370 milioni di euro, con la Germania che fa da padrone, con 200 milioni di fatturato. 281 milioni di euro invece il volume dâ&#x20AC;&#x2122;affari negli Stati Uniti. Queste le stime dellâ&#x20AC;&#x2122;Icea sui dati Ota e Pan-Uk. Lâ&#x20AC;&#x2122;Italia per il momento occupa una fetta molto piccola di questo mercato, tra 2 e 3 milioni di euro, ma è in netta crescita. Colossi come Nike, Timberland, Patagonia e Mark&Spencer sono giĂ da tempo attivi nellâ&#x20AC;&#x2122;eco-fashion. Ma che requisiti deve rispettare un tessuto per essere definito biologico? Gli standard di riferimento sono stati fissati dallâ&#x20AC;&#x2122;Aiab, lâ&#x20AC;&#x2122;Associazione italiana per lâ&#x20AC;&#x2122;agricoltura biologica. Lâ&#x20AC;&#x2122;Icea, lâ&#x20AC;&#x2122;i-
stituto di certificazione etico ambientale, valuta se un prodotto tessile può meritare la qualifica di biologico. Ogni fase del processo produttivo deve essere realizzata secondo metodi naturali: coltivazione, filatura, tessitura, tintura e confezionamento dellâ&#x20AC;&#x2122;abito. Banditi pesticidi o fertilizzanti artificiali. Un vantaggio enorme per lâ&#x20AC;&#x2122;ambiente ma anche per la salute di chi lo abita, cioè tutti noi. ÂŤNella coltivazione del cotone tradizionale, che da solo rappresenta il 50% di tutte le fibre tessili, viene riversato il 25% degli insetticidi impiegati nel mondo spiega Paolo Foglia dellâ&#x20AC;&#x2122;Icea - Le sostanze autorizzate nelle diverse fasi della realizzazione di un prodotto tessile sono 7 mila. Molte di queste, seppur siano permesse, sono estremamente pericolose e nocive per la salute. Nella realizzazione di capi biologici queste sostanze devono essere eliminate o sostituite con altre naturaliÂť.
Made in Italy alle prese con il bio-tessile Lâ&#x20AC;&#x2122;Italia sta muovendo i primi passi nel mondo del biotessile. Presto potrebbe nascere unâ&#x20AC;&#x2122;intera filiera biologica. Un gruppo di 12 imprese del distretto tessile di Carpi, |
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UNA CAMICIA CHE PROTEGGA DAI RAGGI ULTRAVIOLETTI, calzini che annientino i cattivi odori, biancheria intima che monitori costantemente le funzioni biologiche di chi la indossa. Se i prodotti tessili si tuffano nel mondo dell’innovazione e incontrano chimica e informatica si aprono prospettive inimmaginabili. La parola innovazione nel settore tessile non significa solo stile, design dei modelli e tessuti all’ultima moda, ma anche ricerca tecnologica applicata alle fibre tessili. Così dallo studio delle squame dei pesci nascono costumi aerodinamici che permettono di fendere l’acqua e fanno guadagnare centesimi di secondo preziosi nel nuoto agonistico. Oppure nell’incontro tra tessile e cosmesi nascono tessuti a rilascio graduale di sostanze chimiche, utilizzabili per creare abiti che contengono creme idratanti liberate a contatto con la pelle, ma che possono essere impiegati anche in campo medicale nei cerotti antifumo. Nuovi mercati si offrono alla conquista delle imprese tessili. Dallo studio Format commissionato dalla Regione Toscana emerge che dal 1995 ad oggi i prodotti tessili ad alte prestazioni hanno registrato un tasso di crescita in media del 4% annuo, raggiungendo un consumo di oltre 13 milioni di tonnellate, ed è previsto che nei prossimi 10 anni i consumi del settore cresceranno ancora a un tasso del 4%. Questi tessuti hi-tech trovano applicazione nei campi più disparati, dallo sport agonistico all’edilizia, dal biomedicale ai mezzi di trasporto fino alla vita quotidiana. Chi non sarebbe interessato ad acquistare delle calze che impediscono la formazione dei cattivi odori? «Tecnicamente è possibile, basta inserire nel tessuto dei prodotti antibatterici come argento, alghe o una sostanza prelevata dai granchi», spiega Aurora Magni, docente di ingegneria tessile al politecnico di Milano. «Si possono poi ricoprire i tessuti con microcapsule di ceramica che permettono di respingere i raggi ultravioletti o inserire nelle stoffe fili metallici per creare una barriera protettiva dalle onde elettromagnetiche», racconta la Magni. Per non parlare dell’abbigliamento da montagna, che al confort unisce traspirabilità, protezione (da vento, pioggia, sole e abrasioni) e termoregolamentazione. Il Goretex nasce proprio dalla ricerca applicata al settore tessile. Non è altro che un tessuto ricoperto da una membrana i cui pori sono 20 mila volte più piccoli di quelli di una goccia d’acqua e 700 volte più grandi di una molecola di vapore acqueo. In questo modo l’acqua non passa e il calore corporeo resta imprigionato all’interno della giacca. Sono molti i grandi marchi impegnati costantemente nella sperimentazione e nella ricerca di nuove soluzioni nel campo del tessile, in particolare destinate al mondo dello sport, ma non solo. Speedo, Arena e Diana hanno creato costumi che sono come una seconda pelle, studiati per ridurre l’affaticamento muscolare e consentire al corpo in movimento de fendere l’acqua riducendone l’attrito. Le frontiere del tessile sono davvero infinite. Per le imprese che intendano esplorale sono necessarie competenze specifiche e notevoli sforzi di ricerca e innovazione. Grandi passi avanti nell’innovazione nel settore tessile sono invece stato effettuati negli Stati Uniti e in Giappone, ma anche in Germania e Francia. In Italia le università dedicate a studi di ingegneria tessile sono solo 5: a Milano, Castellanza, Biella, Bergamo e Firenze. Ci sono poi alcuni centri di ricerca e nuovi progetti in via di realizzazione. A Prato ad esempio fin dal 1972 esiste Tecnotessile, una società di ricerca specializzata nel campo tessile e meccanotessile, che offre alle imprese che vogliano investire in innovazione, consulenza per sviluppare nuovi processi, nuovi prodotti utilizzando tecnologie all’avanguardia. A Biella invece c’è un’alta concentrazione di strutture dedicate all’innovazione nel settore tessile: dall’Università, la prima con una laurea in ingegneria tessile, al CNR-ISMAC, che porta avanti ricerche sulle fibre tessili di nuova generazione, all’Associazione Tessile e salute, che studia l’aspetto sanitario del tessile. Hanno appena inaugurato un laboratorio per la ricerca nel settore tessile, usufruibile da tutte le imprese interessate.
in provincia di Modena è riuscita a realizzare in via sperimentale un primo campionario di moda bio: t-shirt per uomo e donna, felpe e maglie, tutto in cotone biologico, presentato ad aprile alla Biofach, la fiera biologica di Norimberga. Tutta la produzione ha adottato accorgimenti naturali. La tintura è una delle fasi più delicate nella realizzazione di un prodotto tessile biologico, perché qui si concentra la maggior parte delle sostanze chimiche che finiscono su un tessuto. La Tintoria emiliana di Modena ha partecipato al progetto Carpi bio-moda. Anzi, in realtà già da tre anni ha convertito una parte della propria produzione al tessile biologico. «I costi sono superiori per la produzione biologica. I coloranti vegetali sono più costosi, ma soprattutto la fase di tintura è più complicata – spiega Riccardo Anouchinsky, responsabile del laboratorio controllo qualità della Tintoria emiliana – Una tintura vegetale costa circa 9 euro al kg, contro i 6 euro di una tintura con i coloranti migliori su cotone. Ma su una t shirt che pesa un etto l’influenza è minima». Anche la Coop ha aperto le porte al tessile biologico. “100% cotone, 0% sfruttamento” si legge sull’etichetta della Polo Solidal Coop, in vendita a 16 euro in tutti i supermercati del gruppo. È stata realizzata con cotone biologico trattato senza cloro né altri prodotti chimici dannosi. È prodotta da un’impresa svizzera, la Remei, che ha stretto collaborazioni con i coltivatori di cotone in India e in Tanzania nel massimo rispetto degli standard sociali e ambientali. «È un progetto importante – sottolinea Paolo Foglia - perché un colosso come la Coop ha messo in campo la sua forza e una distribuzione capillare in tutta Italia in favore del tessile biologico e del commercio equo e solidale». Il tessile bio attira anche le grandi firme della moda italiana. Il gruppo Armani che si è impegnato in prima linea per riportare la canapa tra le principali coltivazioni in Italia. Fino agli anni ’50 eravamo infatti il secondo produttore mondiale di questa fibra. L’anno scorso nel ferrarese 1.100 ettari di terreno sono stati coltivati a canapa, all’interno di un progetto di agricoltura biologica. Un’iniziativa promossa dalla Regione Emilia-Romagna con il coinvolgimento della Simit, cui fa capo la linea Armani Jeans, che si è occupata di trasformare in abiti i 500 mila metri di tessuto di canapa prodotto. Il biologico fa gola anche al gruppo Burani che punta sulla Kenaf, una fibra naturale la cui coltivazione ha un ridotto impatto ambientale. Tramite Greenvision, la holding operativa nel settore della conservazione e della sicurezza ambientale, Burani impiega la Kenaf per produrre tessuti per la bioedilizia e pannelli isolanti termoacustici ed ecocompatibili. Un business con fortissime potenzialità di crescita. Ci crede Giovanni Burani: «per noi vale 16 milioni di euro, con tassi di crescita nell’ordine del 40-50% quest’anno», sottolinea Burani, secondo cui le applicazioni delle fibre naturali ed ecocompatibili sono sempre più vaste e sempre più richieste dal mercato.
MARTIN PARR / MAGNUM PHOTOS
UN SALTO NEL FUTURO ANCHE I TESSUTI POSSONO ESSERE INTELLIGENTI
Tra i paesi occidentali, gli USA detengono il record della spesa per il turismo, circa sessanta miliardi di dollari l’anno spesi sull’intero globo con alcune aree vietate, come Cuba.
Lettonia, 1999
> Turismo
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Software libero
Una lobbing per una buona causa di Giacomo Cosenza
18 NOVEMBRE 2004: BILL GATES E LUCA CORDERO di Montezemolo sullo stesso palco al Futureshow 3004. Microsoft e Confindustria, tecnologia della comunicazione e dell’informazione per indicarci come risollevare le sorti dell’industria italiana. Proprio quel giorno, 18 novembre 2004, Microsoft sottomette all’Ufficio Marchi e Brevetti degli Stati Uniti d’America la richiesta di brevettare l’operatore logico IS NOT. Si, avete letto bene. Lo stesso giorno in cui Bill Gates ci spiega, con il compiaciuto assenso del Presidente della Confindustria, quale sia la strada maestra che conduce alla pietra filosofale dell’innovazione tecnologia, la sua azienda ritiene di avere inventato la negazione logica e di avere investito cosi tanto in questa incredibile e innovativa invenzione, da meritare un monopolio ventennale sul suo sfruttamento commerciale. C’è però un problema. In Europa si sta discutendo una direttiva per armonizzare le normative nazionali sulla brevettabilità del software. Avere investito cosi tanto per inventare la negazione logica e molto altro e non poterla sfruttare commercialmente a livello globale, Europa compresa, vorrebbe dire vedersi negato il diritto di godere di una proprietà intellettuale tanto faticosamente costruita. Che fare? Lobbing, ecco cosa fare. Esercitare tutte le pressioni possibili sugli europarlamentari affinché questi ultimi non cadano nel nefasto errore di negare l’incentivazione economica a chi investe cospique risorse economiche ed intellettuali per innovare e migliorare la qualità della nostra vita e di quella dei nostri figli. C’è però bisogno di alleati europei in questa battaglia È opportuno combattere di libertà per estendere dagli Stati Uniti alla vecchia Europa il rispetto contro la direttiva della proprietà intellettuale. A volte, i migliori alleati li si incontrano dell’Unione Europea per armonizzare le normative sui palchi dei convegni. Saranno poi loro a portare avanti la difesa nazionali sulla brevettabilità del diritto di Microsoft di poter sfruttare economicamente l’invenzione della negazione logica. Ecco allora che le confindustrie di tutta Europa si schierano con Microsoft ed esercitano la loro autorevolezza nelle sedi legislative europee attraverso l’intermediazione degli europarlamentari. Ma che ne sa Luca Cordero di Montezemolo di software? Non molto, credo. Ma c’è Telecom Italia a cui chiedere un consiglio pertinente. Guarda caso Marco Tronchetti Provera ha potuto scalare la Telecom Italia proprio grazie alla vendita di una azienda che operava nel settore delle fibre ottiche e la cui valutazione dipendeva quasi esclusivamente dai brevetti di cui era in possesso. Non erano brevetti software, ma fa lo stesso. Quale migliore consulente di Telecom Italia per decidere la posizione di Confindutria sulla brevettabilità del software? E secondo voi, quando Confindustria dice agli europarlamentari italiani che la brevettabilità del software è cosa buona e giusta, quest’utimi come potranno votare nelle commissioni giuridiche e nelle plenarie dell’europarlamento? A favore o contro la brevettabilità del software? Tutto questo accade mentre non si riesce a vedere un film al cinema senza che prima ci abbiano ricordato a chiare lettere che la pirateria è un reato penale. Ma perchè nessuno parla della pirateria delle corporation, di quella pirateria che si appropria con tutti i mezzi, leciti e meno leciti, persino della negazione logica, arrivandola a spacciarcela come innovazione tecnologica? A giorni i nostri europarlamentari decideranno anche di questo. C’è da sperare che per una volta si ricordino che rappresentano i cittadini europei e non le multinazionali americane.
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CAES
IOVEDI
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altrevoci LA GUERRA GLOBALE CHE IL DIRITTO INTERNAZIONALE NON HA GIUDICATO
GOVERNARE L’IMPRESA CON VALORI ETICI
VLADIMIR PUTIN E LA RUSSIA DI OGGI
ILSECOLO DELLA CINA CHE È GIÀ INIZIATO
IL DRAMMA DEI BAMBINI COSTRETTI ALLA GUERRA
LA DIFFICILE VITA DEL LAVORATORE PRECARIO
L’America ha tentato di giustificare la guerra contro l’Iraq facendo appello a un’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. A proposito dell’Afghanistan, aveva parlato di “autodifesa”, mentre per il Kosovo di “intervento umanitario”. Stando alle norme del Diritto internazionale, invece, in tutti e tre i casi si è trattato di guerre “illegali”, ascrivibili alla categoria dei “crimini internazionali supremi”. Michael Mandel è un esperto di diritto internazionale e propone un’approfondita analisi critica delle guerre illegali americane e del sistema che ha garantito una pericolosa e ingiusta impunità ai leader politici americani, analizzando dall’interno l’azione della nuova Corte penale internazionale e delle altre forme di “giurisdizione universale”. Definito da Noam Chomsky «brillantemente argomentato e accuratamente documentato», il saggio fonda il suo valore sull’attenta ricerca condotta da Michael Mandel, copresidente dell’Associazione Avvocati contro la guerra fondata in Canada nel 2001 con sede in 13 Paesi e docente di Diritto penale Internazionale alla York University in Canada. Il volume, presentato in Italia dalle Edizioni Gruppo Abele, ricostruisce la dinamica dei recenti conflitti e i casi in cui palesemente l’organizzazione della guerra e la sua concreta attuazione sono entrati in conflitto con norme del diritto internazionale che permetterebbero una azione internazionale verso i crimini contro l’umanità condotti in nome di una valutazione geopolitica priva di fondamento e legittimità da parte di organismi mondiali riconosciuti. Un dibattito destinato, almeno sotto il profilo accademico, a restare vivo, prima di essere consegnato ad una obiettiva analisi storica che darà conto di un progetto geopolitico globale e delle violazioni dei diritti umani che ha comportato.
«Il processo di costruzione dell’impresa irresponsabile ha incluso due tappe principali. Anzitutto lo sviluppo d’una nuova concezione dell’impresa, fondata sulla massimizzazione a ogni costo, e a breve termine, del suo valore di mercato in borsa. In secondo luogo, per affermare a concezione del “valore per gli azionisti” sono stati modificati struttura e funzionamento degli organi di governo dell’impresa». Condizioni di lavoro, prezzi, trasporti e media, ambiente, tempo libero, alimentazione, forme di risparmio e rischi connessi, organizzazione della famiglia. Piaccia o no sono scelte legate alle decisioni che provengono, piú che dal governo della nazione, dal governo delle imprese. Tuttavia queste ultime non paiono tener sempre conto delle conseguenze sulle nostre vite delle loro attività. Da tempo si insiste affinché le imprese agiscano in modo socialmente piú responsabile su base volontaria. La «responsabilità sociale dell’impresa» dovrebbe così diventare un obiettivo politico primario.
Di Vladimir Putin si scrive spesso che è cresciuto alla vecchia scuola del Kgb ma è modernizzato e che sa rappresentare sulla scena internazionale con prestigio la Russia. Il libro di Anna Politkovskaja, giornalista moscovita nota per i suoi coraggiosi reportage sulle violazioni dei diritti umani in Russia, in pagine ben documentate e drammatiche. racconta Putin senza incanto. È un libro destinato a restare memorabile per la maestria e l’audacia con cui l’autrice racconta la Russia di oggi, soffocata da un regime che dietro la facciata di una democrazia in fieri si rivela ancora avvelenato di sovietismo. Putin resta sullo sfondo del testo per essere chiamato sul proscenio nel tagliente capitolo finale, dove viene ritratto come un modesto ex ufficiale del kgb divorato da ambizioni imperiali. In primo piano vi sono squarci di vita quotidiana, grottesca quando non tragica, dalla Cecenia alla nuova mafia di Stato che si lega ad una corruzione senza precedenti.
La Cina è il paese che sta cambiando più velocemente al mondo e che sta cambiando più velocemente il mondo. Un paese che in trent’anni si è del tutto trasformato in modo sorprendente. Secondo Fishman non ci sono dubbi: il secolo cinese è già cominciato. Ma come è successo che un paese in passato incredibilmente povero, e tuttora comunista, sia oggi il centro del capitalismo globale? E cosa potrà accadere quando la Cina sarà in grado di produrre praticamente tutto? Come sta cambiando e come cambierà la vita di ognuno di noi? Un libro essenziale e provocatorio, documentato e ricco di aneddoti, che dimostra come la Cina forzerà tutti noi a trasformazioni ben più grandi di quanto possiamo solo immaginare modificando il modo in cui pensiamo il futuro. Ted C. Fishman è da anni esperto di import-export cinese e scrive per il New York Times.
A lenire il dolore e a permettere di portare aventi un compito non scelto sono le droghe. Khat in Somalia per i giovani arruolati dai war lords, Jamba per i bambini arruolati forzosamente dal Fronte Unito Rivoluzionario. Il volume di Giulio Albanese racconta le storie dei bambini soldati delle guerra africane, concentrando il racconto su Uganda e Sierra Leone. Paesi devastati dalla violenza che rappresentano ormai un esempio per quanti vogliano approcciare il complesso tema dei bambini impiegati nei conflitti mondiali. Secondo i dati forniti da “Stop all’uso dei bambini soldato”, sono più di trecentomila i minori presenti sui teatri di guerra. L’età dei giovanissimi soldati tende costantemente a diminuire, quindici ma anche nove o otto anni, strappati alla famiglia o consegnati dai genitori. «Super Boy era un soldatino di quella banda criminale che controllava i centri diamantiferi. Aveva meno di dieci anni, capelli corti, minuto come un passerotto, portava fieramente una Beretta calibro 9 che gli arrivava quasi al ginocchio...»
Date per defunte prima del tempo sulla base di un calcolo astratto, le lotte sul lavoro sembrano aver trovato nuova e difficile linfa nei nuovi contratti precari, che accomunano in modo inedito ricercatori universitari e operai di Melfi. Il volume collettivo edito da Manifestolibri, una casa editrice vivace e attenta alle modificazioni del mercato del lavoro e della società, cerca rintracciare gli elementi unitrari di una condizione difficile, quella dei nuovi lavoratori precari. L’analisi è stata condotta attraverso la raccolta delle esperienze e opinioni degli esponenti dei movimenti, dei delegati sindacali e dei nuovi soggetti che hanno animato le mobilitazioni contro le limitazioni dei diritti e i casi di sopruso legate alla precarietà del lavoro. Come raccontano gli autori, ne esce il quadro di figure «diverse tra loro ma con un tratto comune: il reclamare nuove forme di democrazia economica e politica per l’intera società».
MICHAEL MANDEL COME L’AMERICA LA FÀ FRANCA CON LA GIUSTIZIA INTERNAZIONALE
LUCIANO GALLINO L’IMPRESA IRRESPONSABILE
ANNA POLITKOVSKAJ LA RUSSIA DI PUTIN
Manifestolibri, 2005
Einaudi, 2005
Adelphi, 2005
GIULIO ALBANESE SOLDATINI DI PIOMBO
TED C. FISHMAN LA SUPERPOTENZA CHE STA SFIDANDO IL MONDO
Nuovi Mondi Media, 2005
Ega, 2005 | 62 | valori |
Feltrinelli, 2005 ANNO 5 N.31
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AA.VV PRECARIOPOLI
economiaefinanza
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IN UNA GUIDA IL MONDO VISTO DA CHI LO VIVE LE POLITICHE LOCALI PER LA SOSTENIBILITÀ TRA PARTECIPAZIONE E SOLIDARIETÀ Un conto è la generica difesa dell’ambiente, un altro la sostenibilità dello sviluppo. Mentre la politica nazionale vive una crisi di credibilità in tutta Europa, con forti segnali di scollamento tra la collettività e la sua espressione politica e classe dirigente, a livello locale nascono programmi e progetti che coinvolgono le comunità in azioni concrete e condivise, con una vitalità spesso inaspettata. Quasi sempre si tratta di iniziative legate a una migliore gestione del territorio, alla salvaguardia dell’ambiente e alla solidarietà sociale. Questa creatività locale corrisponde a una svolta culturale importante, con il riconoscimento dell’ambiente come valore, un patrimonio della collettività fatto si risorse naturali, relazioni sociali e qualità della vita. Per valorizzare questo patrimonio i cittadini e i loro amministratori si impegnano ad ottenere risultati concreti e tangibili. La sostenibilità ambientale si trasforma così da slogan astratto ad azione reale e misurabile. Secondo gli autori, questo «la trasforma in politica, che ha bisogno dell’ambiente per riprendere concretezza, perchè non è possibile salvaguardare le risorse senza fare i conti con le variabili economiche e con l’equità sociale». Viene quindi proposto il modello dell’ambiente “condiviso” per superare le politiche ambientali di settore in modo sistemico e integrato. FAUSTO GIOVANELLI, ILARIA DI BELLA, ROBERTO COIZET AMBIENTE CONDIVISO
Realizzata dall’Instituto del Tercer Mundo di Montevideo in Uruguay, la “Guida del mondo” è un’opera alternativa di consultazione basata su dati delle Nazioni Unite e di altre fonti ufficiali. Interamente realizzata nel Sud del mondo è il risultato dello sforzo comune di una rete internazionale di ricercatori, redattori e associazioni. La nuova edizione presenta un focus sui temi di maggiore rilevanza sulla scena geopolitica con informazioni aggiornate su oltre duecento paesi accompagnate da carte, grafici, statistiche, storia, analisi politiche ed economiche, i diritti umani e i problemi sociali e ambientali oltre a una dettagliata presentazione della problematiche legate a demografia, infanzia, alimentazione, sanità, istruzione, donne, rifugiati, debito, armi, multinazionali, deforestazione, effetto serra, acqua, popolazioni indigene. La guida si apre con una ricca sezione dedicata all’analisi delle grandi sfide di oggi, dalla democrazia alla sicurezza, dallo sfruttamento dell’acqua alla biotecnologia. AA.VV GUIDA DEL MONDO 2005-2006
Emi, 2005
Edizioni Ambiente, 2005 |
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NEL BRONX ANNI TRENTA ROSE E GLI MITWISSER
UN AMORE TRA DUE RAGAZZE ADOLESCENTI
Rose Meadows viene buttata fuori dalla casa di suo cugino Bertram. Rose, «una persona che si limita a guardare e ascoltare», è orfana, brillante, colta e distrutta. Risponde a un annuncio di un giornale di Albany che richiede un’assistente per una famiglia recentemente arrivata da Berlino che deve trasferirsi a New York. Non è chiaro se Rose debba fare da segretaria al capofamiglia Rudolf Mitwisser, da infermiera a sua moglie Elsa (ex ricercatrice nel più importante istituto scientifico tedesco, espulsa perché ebrea) o da tata ai loro cinque difficili figli, Rose è l’unica ad aver risposto all’annuncio di quella stranafamiglia di profughi. Rudolf, studioso di storia delle religioni, è completamente assorbito dai suoi studi sui movimenti ereticali. Elsa è sempre inchiodata al letto mentre la famiglia sopravvive grazie alle royalties sui fumetti del progenitore. «Un grande romanzo romantico sul desiderio, la fama, il fanatismo e i rovesci di fortuna. Un sorprendente ritratto di esuli nel Bronx degli anni trenta».
In uscita a luglio per Fandango, “Un’estate d’amore” di Helen Cross, è il racconto tormentato di quanto accadde l’estate del 1980 tra due adolescenti. Monica, accanita bevitrice e piccola ladra di quindici anni è ossessionata dal proprio peso e determinata a ribellarsi al prototipo di famiglia “sciatta e impegnata contro il nucleare”, dalla quale proviene. Incontra Tasmin Fakenham snob e chic, alter ego ribelle dell’alta società: atteggiamento superiore, grande casa, “seni perfetti, genitori in voga” e una sorella maggiore morta. Sole nella grande residenza di campagna di Tasmin, dormono durante il giorno e di notte fanno baldoria, dipingono le finestre di rosa, mangiano sandwich After Eight e rovesciano candeggina sugli avanzi per dissuadersi dal mangiarli. La loro relazione rapidamente diventa ossessiva, esacerbata, violenta. L’amore e la speranza si inaspriscono e tutto degenera in un atto di violenza. Dal romanzo è tratto il film My Summer of Love di Pawel Pawlikowski. HELEN CROSS UN’ESTATE D’AMORE
CYNTHIA OZICK EREDI DI UN MONDO LUCENTE
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LA LUNA DI GHIACCIO E UN’EMPATIA DOLOROSA
SFUOCATE EMOZIONI PER MICHAEL ACKERMAN Michael Ackerman è nato in Israele nel 1967 e si è stabilito a New York nel 1974. Sue fotografie sono state pubblicate su Harpers, The New Yorker e Stern. Ha presentato diverse mostre delle sue immagini, una delle più recenti alla Galleria della Agenzia VU a Parigi. Ha vinto nel 1997 il premio per i giovani fotografi dell’International Center of Photography. Il suo libro più conosciuto, “End Time City”, ha raccontato con un reportage in bianco e nero con immagini dai tagli fortemente innovativi la città indiana di Benares, città santa dell’India dove regna un’atmosfera a metà tra la fiaba e l’incubo. Il fotografo ha saputo creare un ritratto fortemente partecipato e atmosferico degli abitanti e dei pellegrini che la popolano. Fiction, la sua opera più recente, è dotata di una intensa carica emotiva. La sua particolare tecnica di ripresa stimola molta curiosità con l’apparente casualità dello scatto, di cui a una più attenta lettura si scorgono la grande passione e tecnica fotografica.
RITRATTI STATUNITENSI NELL’OPERA DI ROBERT FRANK RIPUBBLICATA DA STEIDL PUBLISHING
Mister Piccolo è un giornalista cui viene proposto di vedere buona parte del mondo in un viaggio organizzato che dovrà condividere con altri otto suoi colleghi. Da Roma allo Sri Lanka, da Hong Kong all’Australia sfileranno, affrontati con humour e sgomento, distanze, esotismi, paradisi naturali. Uno scenario mondiale che rappresenta «un universo relativo, una tragica burla, una comica fantasmagoria dell’immaginazione». A caratterizzare il viaggio, e lo sguardo, di Mister Piccolo sarà il suo privilegio che lo accompagna dalla business class del primo volo diretto in Sri Lanka. Un segno distintivo che uniforma i luoghi, azzera le distanze geografiche e amplifica quelle sociali, che crea paradisi e li distrugge. Mister Piccolo guarda osserva ascolta e in questo guardare, osservare, ascoltare lascia entrare nel viaggio episodi ed esplorazioni che riconducono a qualcosa che riporta alla bizzarra ingiustizia e privilegio di essere un esemplare piuttosto significativo della “specie” occidentale (corretto e mostruoso, cinico e passionale, pensoso ed edonista, ma sempre e rigorosamente fino a un certo punto), vale a dire una “contraddizione vivente”. Mister Piccolo si perde nella mesta allegria occidentale di sapersi sempre altro da ciò che è ma finisce con il misurare la povertà della propria autonomia, della propria identità, della propria normalità.
Pubblicato per la prima volta in Italia da Einaudi, il giovane scrittore tedesco Jan Costin Wagner affronta con Luna di ghiaccio una riflessione, mascherata da noir, sul tema della morte. Lo scenario è la Finlandia dove un assassinio sconvolge la vita di una città immersa nel freddo e nell'assenza di sole. La vita di Kimmo Joentaa, poliziotto della città di Turkuè sconvolta dalla malattia e dalla morte di Sanna, la giovane moglie. Ma Kimmo deve fare i conti con altre morti, quelle seminate da un serial killer che uccide le sue vittime nel sonno. Sarà la sua personale “cognizione del dolore” a fargli comprendere la psicologia dell'assassino e a farlo entrare in contatto con lui. Kimmo Joentaa si ritrova così doppiamente coinvolto nel mistero della morte: al dolore per la perdita della giovane moglie si aggiunge il vortice degli omicidi che lo colpiscono con la forza di una rivelazione. Ogni nuova vittima ai suoi occhi lo ferisce come la morte di Sanna in una spirale di dolore che lo porterà a condividere empaticamente il dolore dello stesso assassino.
FRANCESCO PICCOLO ALLEGRO OCCIDENTALE
JAN COSTIN WAGNER LUNA DI GHIACCIO
MICHAEL ACKERMAN FICTION
ROBERT FRANK NEW YORK TO NOVA SCOTIA
Kehayoff Verlag, 2004
Steidl Publishing, 2005
Feltrinelli, 2005
Einaudi, 2005
IL LUNGO E ASSURDO VIAGGIO DI MISTER PICCOLO INTORNO ALMONDO
«Quel senso di pazzia che c’è in America quando il sole scotta sulle strade e viene musica dal juke-box o da un vicino funerale è ciò che Robert Frank ha fermato in queste straordinarie fotografie scattate viaggiando per quarantotto stati su una vecchia auto usata e fotografando, con l’agilità, il mistero, il genio, la tristezza e la strana segretezza di un’ombra, scene che non si erano mai viste sulla pellicola…». Jack Kerouac iniziava con queste parole una celebre introduzione a “The Americans”, l’opera più conosciuta del fotografo Robert Frank, in corso di ripubblicazione. Dagli anni Cinquanta, Frank si è affermato come uno dei più importanti e influenti fotografi sulla scena mondiale. Le sue immagini, hanno radicalmente mutato lo stereotipo sentimentale ed i clichè della fotografia del dopoguerra, come quelle di Diane Arbus. La sua opera ha contribuito a ridefinire l’iconografia statunitense mostrando automobili, juke-boxes e pompe di benzina, nuovi simboli della vita contemporanea americana. Le sue fotografie innovative continuano a rompere le regole più codificate espandendo il potenziale espressivo della sua arte. Un percorso di immagini, non un catalogo analitico, in grado di parlare un linguaggio scarno ed emotivo dal forte valore storico e sociologico.
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LA GUERRA VERA VISTA DA MOISES SAMAN
UN ANNO DI STORIA NEL WORLD PRESS PHOTO
Il primo libro di Moises Saman raccoglie le immagini dai conflitti realizzate dal giovane fotografo premiato nel 2003 nell'ambito del World Press Photo Award for General News. L'obiettivo di Saman, fotografo del Newsday di New York, restituisce alla guerra le sue carateristiche intrinseche: dolore, distruzione, buio. Immagini lontane da quella realtà che oggi ci viene somministrata dai media come una colossale proiezione cinematografica, come un video-game iper tecnologico, come una patinata e truccata produzione televisiva. Premiato nel World Press Photo 2004 per una sua immagine, Saman racconta l'agghiacciante realtà della guerra attraverso le immagini realizzate in Palestina, Afghanistan e Iraq. Testimone attento e partecipe della distruzione dei rapporti umani provocata dai conflitti, il fotografo ha documentato nelle sue immagini la rabbia quotidiana della Palestina e l'improvvisa distruzione portata dalla guerra irachena, vista attraverso gli occhi di chi vive sulla pelle la tragedia del conflitto.
Il Premio World Press Photo è uno dei più importanti riconoscimenti nell’ambito del fotogiornalismo. Da quasi mezzo secolo una giuria indipendente formata da esperti, scelti tra i più accreditati in campo internazionale, è chiamata ad esprimersi sulle migliaia di domande inviate da ogni parte del mondo alla World Press Photo Foundation di Amsterdam da fotogiornalisti, agenzie, quotidiani e riviste. Il catalogo e la mostra itinerante sono un'occasione per vedere raccolte insieme le immagini più belle e rappresentative che hanno accompagnato illustrato gli avvenimenti del nostro tempo sui giornali di tutto il mondo. Nel 2005, tra le opere premiate vi sono state quelle di Paolo Pellegrin (Magnum), Francesco Zizola, Tommaso Bonaventura (Contrasto). Foto dell’anno 2004 è stata selezionata la fotografia realizzata dall’indiano Arko Datta (Reuters). L’immagine, fortemente simbolica, mostra una donna Indiana che piange la morte di un parente ucciso dalla catastrofe dello tsunami.
ROBERT FRANK THIS IS WAR
AA.VV WORLD PRESS PHOTO 05
Charta, 2004
Contrasto, 2005
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LA RICERCA DI UN PADRE ATTRAVERSO LE SUE OPERE
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IL VINO TRA RACCONTI DI GUSTO E DI CONTESE
UN CORSO DI AUTODIFESA FINANZIARIA IN CDROM Non un corso per diventare ricchi ma un cdrom redatto da un analista finanziario per evitare che diventiate poveri. Il cdrom realizzato da Paolo Sassetti è una guida interattiva per consigliarvi su come selezionare autonomamente i prodotti finanziari migliori nella Rete, evitando gli errori metodologici più gravi. Una metodologia didattica innovativa basata su “casi” reali di distruzione e di creazione di valore, una filosofia di “analisi del valore” dei prodotti finanziari, un approccio pratico ed antiaccademico essenziale per risparmiatori e consulenti finanziari. L’opera rappresenta un mezzo per la presa di coscienza della massiccia distruzione di valore a danno dei risparmiatori tipicamente effettuata dall’industria dell’intermediazione finanziaria. Un mezzo per imparare ad identificare i prodotti finanziari che rappresentano eccezioni a questa regola ed uno strumento ideale per la diffusionedi uno spirito finanziario critico presso risparmiatori ed investitori.
My Architect è una storia d’amore, tradimento e perdono, un’esplorazione unica nel mondo dell’architettura. Il figlio di Lousi Khan, considerato da molti il più grande architetto del Dopoguerra intraprende un viaggio che durerà cinque anni e toccherà cinque continenti, per ritrovare le tracce di suo padre, morto quando il regista aveva appena 11 anni. Figlio illegittimo, ripercorre le ragioni di un abbandono guidando lo spettatore alla scoperta della vita e della potenza creatrice del padre, Louis Kahn. Nomination all’Oscar come miglior documentario nel 2004 e vincitore di numerosi premi internazionali, “My architect, il viaggio di un figlio” viene distribuito in dvd da Feltrinelli nella collana Rel cinema accompagnato dal libro “Buoni edifici, meravigliose rovine”, curato dall'architetto Nicola Braghieri che presenta l’opera di uno dei maestri dell’architettura del Ventesimo secolo, la cui intensa opera si univa ad una complessa realtà personale e relazionale.
UN DOCUMENTARIO CHE RACCONTA LA REALTÀ DEI CENTRI PER STRANIERI IN ITALIA Il film si apre con le lacrime del premier Berlusconi a Brindisi, all’indomani della “Strage del Venerdi Santo”, dove morirono in mare a causa di una collisione con una imbarcazione della Marina militare oltre 80 albanesi che tentavano di raggiungere le nostre coste con l’ennesima carretta del mare, la Kater I Rades. Era il 1997, il Paese era governato dal centrosinistra. Il documentario prosegue con un inseguimento tra scafisti e Guardia di Finanza italiana tra la Baia di Valona e il Canale di Otranto tre anni dopo, durante il periodo “dei respingimenti” a colpi di kalashnikov. “Mare nostrum” è un film-inchiesta che mette a nudo alcuni aspetti dell’incostituzionalità della legge sull’immigrazione “Bossi-Fini-Mantovano”. Alcune immagini di questo film hanno permesso alla magistratura salentina di istruire un processo contro i gestori di un “Centro di permanenza temporanea” gestito dalla Curia arcivescovile di Lecce, la Fondazione “Regina pacis”. Il progetto è stato completamente autoprodotto nell’arco di oltre cinque anni e costato oltre 25 mila euro. Realizzato e prodotto da Stefano Mencherini, che firma dopo Dante D’Aurelio anche la fotografia (il montaggio è di Leida Napoles e Mario Chavarria), il documentario è un viaggio in presa diretta nell’Italia dei diritti negati agli stranieri.
Attraverso tre continenti l’intreccio delle saghe familiari dei broker milionari della Napa Valley, con la rivalità di due aristocratiche dinastie fiorentine e gli sforzi di tre generazioni di una famiglia per mantenere la propria tenuta di pochi acri in Borgogna. Il clamore di queste lotte viene però superato dagli allegri traffici di un pirata dispettoso di Bordeaux, mentre diffonde il vangelo della modernità dall’Italia, all’Argentina, fino a New York. Il vino è stato un simbolo della civiltà occidentale per migliaia di anni ma, mai come ora, la lotta per la sua identità è stata così disperata. Mai sono stati messi in gioco così tanti soldi e tanto orgoglio. Gli schieramenti non sono, però, quelli che si potrebbero immaginare: i proprietari locali contro le multinazionali, i semplici contadini contro i potenti capitani d’industria. Sullo fondo del filmato, la lotta tra le opposte fazioni dei viticoltori, chi crede nei valori regionali e della tradizione e chi si avventura per le impervie strade del nuovo gusto internazionale.
NATHANIEL KAHN MY ARCHITECT
STEFANO MENCHERINI MARE NOSTRUM
JONATHAN NOSSITER MONDOVINO
PAOLO SASSETTI JUDO FINANZIARIO
Feltrinelli, 2005
prenotazione copia vhs: www.stefanomencherini.org
Feltrinelli, 2005
ordinabile in Rete
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in rete
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GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALI SULWEB
UN SITO SULLE MOLTE ANIME DELTURISTA
I gruppi di acquisto solidale, raccolti sotto la sigla G.A.S., sono formati da persone che decidono di incontrarsi per acquistare all’ingrosso prodotti alimentari o di uso comune, da ridistribuire tra loro. Diffusi in tutta Europa, stanno conoscendo uno sviluppo anche in Italia dove possono contare su una vasta rete di contatti e su un sito informativo. I gruppi sono omogenei nell’azione e nelle finalità immediate ma spesso provengono da storie ed esperienze diverse, come spiegano i responsabili del sito: «ogni GAS nasce per motivazioni proprie, spesso però alla base vi è una critica profonda verso il modello di consumo e di economia globale ora imperante, insieme alla ricerca di una alternativa praticabile da subito. Il gruppo aiuta a non sentirsi soli nella propria critica al consumismo, a scambiarsi esperienze ed appoggio, a verificare le proprie scelte». I gruppi cercano prodotti biologici o ecologici provenienti da piccoli produttori locali per avere la possibilità di conoscerli direttamente, verificandone condizioni di lavoro ed eco-sostenibilità.
Anima del sito outis.org, che presenta una interessante sezione sul turismo industriale e link ai più interessanti siti dedicati alle forme non convenzionali di turismo, Duccio Canestrini insegna Antropologia del turismo al Master of Tourism Management (Trento School of Management) e Cinema, fotografia e televisione nel Corso di laurea in Scienze del turismo al Campus di Lucca. Il turista nelle sue diverse accezioni è il suo campo di applicazione. «La “specie” Homo turisticus si evolve e si diffonde molto rapidamente ai primi dell’Ottocento. Fin da subito affianca i cosiddetti veri viaggiatori, sugli stessi territori di svago. I viaggiatori erano più colti, più danarosi, avevano più tempo e soprattutto erano meno numerosi. Sembra fin troppo facile. Dove il viaggiatore è attivo, il turista è passivo. Dove il viaggiatore è curioso, il turista è annoiato. L’eroe del viaggio di stampo romantico è tallonato da un’ombra: il turista, che ne scimmiotta le gesta, senza nobiltà e senza cultura». WWW.HOMOTURISTICUS.COM WWW.OUTIS.ORG
PARLARE DI HIV PER UN PENSIERO SOLIDALE IN RETE LE CAMPAGNE E I DOSSIER SUI DIRITTI UMANI DI AMNESTY INTERNATIONAL Amnesty International è un’organizzazione non governativa indipendente, una comunità globale di difensori dei diritti umani, fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson, che lanciò una campagna per l’amnistia dei prigionieri di coscienza. Il sito italiano presenta l’attività dell’associazione e le campagna internazionali. Scriveve Benenson: «aprite il vostro giornale ogni giorno della settimana e troverete la notizia che da qualche parte del mondo qualcuno viene imprigionato, torturato o ucciso perché le sue opinioni o la sua religione sono inaccettabili per il governo. Il lettore del giornale sente un nauseante senso di impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto potessero essere uniti in un’azione comune qualcosa di efficace potrebbe essere fatto.» Amnesty conta attualmente quasi due milioni di soci, sostenitori e donatori in più di 140 paesi. La Sezione Italiana di Amnestyconta oltre 80.000 soci. Amnesty svolge ricerche e azioni per prevenire e far cessare gravi abusi dei diritti all’integrità fisica e mentale, alla libertà di coscienza e di espressione e alla libertà dalla discriminazione. L’associazione denuncia gli abusi commessi dai gruppi di opposizione, assiste i richiedenti asilo politico, sostiene la responsabilità sociale delle imprese e si batte per un trattato internazionale sul commercio di armi.
Sieropositivo.it è il sito di una associazione di volontariato romana che si occupa di informazione su tematiche legate all’aids e alla sieropositività. Dopo anni in cui era frequente l’informazione sulla diffusione del virus e su come era possibile per chi lo aveva contratto gestirne le ricadute sul piano relazionale, affettivo e sanitario, il silenzio è calato sul tema. Le conseguenze sono una costante crescita, soprattutto tra gli ultrasessantenni e gli adolescenti, dei casi di affezione da virus Hiv. Il sito, come altri analoghi gestiti dalle associazioni che si occupano di aids (Lila o Anlaids) ha un compito informativo cui si unisce un tono pacato e sereno nell’affrontare una tematica certo non semplice. Nella solitudine che può ingenerare la malattia nella sua fase iniziale la Rete può essere un importante strumento di relazione per capire che non si è soli. «Lo spirito che ci anima si basa sul principio di un solidale pensiero positivo» scrivono i webmaster. Dal sito sono accessibili una sezione informativa di supporto medico e psicologico e un’area legale e informativa.
WWW.AMNESTY.IT WWW.RETEGAS.ORG | 68 | valori |
WWW.SIEROPOSITIVO.IT ANNO 5 N.31
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radio popolare
stilidivita RISULTATI MEDICI FALSATI NEI RAPPORTI
BUSH SOSTENITORE DEI PRODUTTORI DI TABACCO MAXIMULTA RIDOTTA DRASTICAMENTE
CIELI ARMATI PER I MILITARI USA SENZA LIMITI
BREVE FLIRT TRA CREATIVE COMMONS E BZZ
TOUR GUIDATI TRA LE ROVINE DI CHERNOBYL
Nei laboratori statunitensi il 15% dei ricercatori ha ammesso di aver modificato i risultati dei propri lavori, di non aver rispettato le regole etiche negli studi clinici, di aver coperto colleghi che utilizzavano dati falsi o proposto interpretazioni non corrette dei dati stessi. L'indagine è stata svolta da Health Partners Research Foundation di Minneapolis. I ricercatori intervistati, il cui lavoro era finanziato dai National Institutes of Health, dichiarano che c'è tanta competizione e le pressioni commerciali sono sempre più forti. Tra gli altri risultati di una ricerca condotta dai National Institutes of Health su 3.600 ricercatori e 4.160 borsisti è emersa una preoccupante tendenza a stendere rapporti di servizio basati su dati imprecisi o adattatai alle circostanze. Circa il 50% ha risposto ad una serie di domande che ha messo in luce comportamenti preoccupanti: lo 0,3% ha affermato di avere falsificato i dati o di averli inventati e il 15,5% ha modificato la linea e la metodologia di ricerca per accontentare chi finanziava lo studio. In totale, circa il 33% di coloro che hanno risposto alle domande ha avuto una condotta sleale.
Il ministero della Giustizia americano ha ridotto da 130 a 10 miliardi di dollari la proposta di una pena da infliggere alle multinazionali del fumo in una vicenda giudiziaria che va avanti da sei anni, promossa dall’amministrazoien Clintone mai appoggiata da Bush. La sorprendente richiesta da parte del governo è arrivata nelle fasi finali del processo in corso di fronte al giudice di Washington Gladys Kessler, partito nel 1999 dall'accusa ai grandi produttori di tabacco di aver cospirato tra loro per nascondere all’opinione pubblica i rischi per la salute legati al fumo. Sul banco degli imputati vi sono colossi come Philip Morris, Brown & Williamson e R.J.Reynolds, che controllano buona parte del mercato mondiale delle sigarette. Il giudice aveva negato al governo la richiesta di un risarcimento di danni da 280 miliardi di dollari alle multinazionali per i guadagni illeciti del passato ed il ministero della Giustizia aveva quindi chiesto di far pagare in futuro agli imputati le spese di una maxicampagna contro il fumo. Un esperto nominato dal governo, Michael Fiore, un professore dell’Università del Wisconsin, ha quantificato in aula in 130 miliardi di dollari l’entità del prezzo da pagare per le società per dar vita a un programma di prevenzione della durata di 25 anni. Ma al momento di presentare le proprie richieste, il rappresentante dell’amministrazione Bush ha detto che 10 miliardi sono una cifra sufficiente come pena, suscitando la perplessità del giudice Kessler, la donna magistrato che guida il processo. «Forse questa è un'indicazione che si sono aggiunte influenze aggiuntive alla posizione del governo su questo caso».
Gli Stati Uniti si appresterebbero a dispiegare armi nello spazio. La decisione dell’Amministrazione Usa sembra non poter essere ostacolata da nessuna legislazione attualmente in vigore. Secondo il New York Times e il The Guardian il presidente Bush potrebbe firmare una nuova direttiva di sicurezza nazionale che permetterà all’aeronautica militare americana il dispiegamento di armi nello spazio. Da un punto di vista giuridico la direttiva non incontrerebbe alcun ostacolo poiché nessun accordo internazionale o legge del Congresso impedisce tale opzione, soprattutto dopo il ritiro di Washington dal Trattato Abm firmato dal presidente Nixon nel 1972 con Breznev in piena distensione, che prevedeva espressamente il divieto di approntare armi spaziali. Questo documento prenderebbe il posto di un’altra direttiva firmata da Bill Clinton nel 1996, la quale, seppur con parole vaghe e confuse, enfatizzava la necessità di un utilizzo pacifico dello spazio in linea con l’opinione generale del tempo.
Collaborazione di breve durata tra BzzAgent, società statunitense specializzata in buzz marketing (passaparola) e Creative Commons, la nota associazione impegnata da anni in battaglie per il superamento del copyright e la libera condivisione della conoscenza. Come riferisce guerrigliamarketing.it, Bzz si era offerta di collaborare gratuitamente con Creative Commons per promuoverne filosofia e valori. Le polemiche divampate all’interno della community di Creative Commons hanno però portato all’interruzione anticipata della collaborazione con l’agenzia. L’attività di Bzz, seppur no profit e dedicata ad una giusta causa, ha infatti suscitato un vero e proprio vespaio fra i militanti di Creative Commons costringendo Larry Lessig, storico fondatore della community, a sospendere la collaborazione prima del previsto. Uno degli attivisti di Creative Commons schierato a favore dell’accordo ha commentato «spesso le nostre opinioni e le nostre scelte peccano di elitarismo, al punto da impedirci di approfittare dei benefici che potremmo ottenere, e di lavorare insieme per la crescita di Creative Commons».
Escursioni guidate tra le rovine della zona di Chernobyl per turisti stranieri. La prevedibile trovata sta raccogliendo numerose adesioni e il numero di visitatori cresce ogni anno. Nella zona di Pripyat vivevano 45,000 persone, costrette alla fuga dopo lo scoppio della centrale nucleare avvenuto nel 1986. Le regole per le visite sono piuttosto strette: non si deve calpestare il terreno ma solo l’asfalto, che espone meno al rischio di radiazioni; non si devono toccare oggetti, inclusi i corrimano; bisogna restare strettamente ancorati al gruppo anche perchè la zona è sottoposta a vigilanza. Poche ore di tour, secondo l'agenzia che organizza la visita guidata, non espongono al rischio di malattie e a fidarsi di questa promessa sono soprattutto giovani escursionisti del nord Europa che visitano la città abbandonata di Pripyat per scattare (con molte limitazioni) fotografie e vivere la sensazione di una città sopravvissuta ad una catastrofe nucleare. Il tour, organizzabile con l’agenzia “Chernobylinterinform”, ha un costo variabile dai 200 ai 400 dollari e le guide sono provviste di un sistema di verifica del tasso di radioattività.
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PRODUTTORI DI COMPUTER SOTTO ACCUSA PER LE POLITICHE DI RICICLO Il tema dei rifiuti elettrici ed elettronici è divenuto di enorme importanza con la grande diffusione di prodotti hi-tech (basti pensare all’esplosione di vendite di prodotti miniaturizzati come le chiavi usb per i dati o i lettori Mp3). Il fenomeno preoccupa molto gli ambientalisti e la normativa europea avrà piena efficacia solo nei prossimi anni. Davanti alla sede europea di Hewlett Packard a Ginevra i militanti di Greenpeace hanno depositato vecchi computer con lo scopo di denunciare i produttori di rifiuti elettronici tossici. Greenpeace chiede ai produttori di non utilizzare elementi chimici che possono essere una minaccia per la salute. I lavoratori impiegati nel montaggio di computer e altri apparecchi elettronici rischiano di essere intossicati. Anche Apple è nel mirino degli ecologisti dopo il successo mondiale del suo lettore Mp3 IPod. Dopo la rumorosa partecipazione all’assemblea degli azionisti, la contestazione ha visto sventolare in cielo uno striscione che invitava Apple a una nuova politica ambientale. I protagonisti della protesta accusano l’azienda di non fare tutto il possibile per impedire la dispersione nell’ambiente dei computer alla fine della loro vita operativa e per il riciclo di iPod, il piccolo player che a causa delle sue piccole dimensioni finisce facilmente nella spazzatura comune e diventa un pericoloso elemento inquinante. Apple ha recentemente promosso una campagna di rottamazione dei primi esemplari con sconti presso i rivenditori.
NEONAZI METTONO IN DIFFICOLTÀ LONSDALE
CAVALLI DI TROIA PER SPIARE LE INDUSTRIE
Scelta come griffe da gruppi neonazisti olandesi, responsabili di recenti attacchi a scuole musulmane e moschee, la marca di abbigliamento Lonsdale si trova ora nell’occhio del ciclone. Indossati da numerosi giovani neonazisti, i capi della griffe sono diventati una sorta di riconoscibile divisa. Succede quindi che l’ingresso in molti pub e locali non sia ora permesso a chi indossa magliette con il marchio inglese. Diverse scuole già lo vietato agli studenti e una cittadina del sud sta pensando di metterlo al bando. Una delle ragioni di questa passione neonazista per il marchio è dovuta al fatto che aprendo la tipica giacca bomber nel modo giusto è possibile esporre solo le sole lettere centrali del marchio: “NSDA”. Solo una lettera in meno di NSDAP, l’acronimo di Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, il partito di Hitler. Mentre la stampa parla di Gioventù Lonsdale in chiave spregiativa, l’azienda è stata costretta un rapido riposizionamento del marchio in Olanda con la campagna “Lonsdale loves all colours” e ha creato un sito osservatorio sul razzismo: Lonsdale News.
Il caso non ha precedenti in Israele e ha dato avvio a un grande dibattito. Si è scoperto, per una casualità, che uno sviluppatore di programmi informatici aveva creato dei “trojan” per conto di società investigative. Installati nei computer di alcune aziende i “cavalli di troia” avevano reso permeabili quei computer allo spionaggio industriale. I dati contenuti negli hard disk potevano infatti essere costantemente letti in remoto, superando le barriere di protezione. Per ogni trojan creato ad hoc, lo sviluppatore riceveva un compenso di circa tremila euro mentre il danno per le aziende che vedevano violati i brevetti in corso di studio e la segretezza delle operazioni commerciali, era enorme. Almeno tre agenzie investigative si erano rivolte a Michael Haefrati, l’inventore del sistema di spionaggio. Per consentire l’installazione del codice erano stati individuati e coinvolti anche alcuni fornitori delle società da spiare, che avevano il compito di inviare una mail contenente un allegato autoinstallante. La mail doveva provenire da un indirizzo già conosciuto e quindi abilitato all’ingresso nel sistema di posta elettronica. Il “trojan”sarebbe stato attivo per circa due settimane.
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LA PIRAMIDE DELLE CLASSI SOCIALI...
...E LA RICCHEZZA NAZIONALE
% delle famiglie ordinate per ricchezza
L’1% superiore possiede il il successivo 9% possiede il il successivo 10% possiede il
nel 1999
nel 2000
10,6%
17,2%
29,6%
31,3%
17,7%
il 40% medio possiede il
15,3% 33,8%
29,2%
8,3%
7,0%
il 40% inferiore possiede il
PUBBLICHE RELAZIONI E NEWS SENZA CONTROLLO
Coop Italia è il maggior venditore al dettaglio di alimenti e può contare su una rete di oltre sei milioni di soci in tutta Italia. Quando decide di sposare una campagna, come accaduto per il costo del latte in polvere, mette in campo una storia di grande credito. Un’eccessiva fiducia sulla capacità di gestire i media sembra tuttavia affacciarsi nelle politiche comunicative del maggior grocery italiano. La Coop ha presentato, ottenendo lusinghieri articoli sulla stampa nazionale, il suo sacchetto “degradabile”, un prodotto presuntamente ecologico in grado di autodistruggersi senza inquinare mari e boschi. Il sacchetto, arricchito da un additivo contenente metalli pesanti, è stato però presentato insieme a prodotti ecocompatibili e biodegradabili, come piatti derivati dal mais e carte riciclate, che erano però già presenti da tempo nei punti vendita. Un binomio anomalo che si spiega solo con il bisogno di sovrapporre i termini biodegradabile (i piattini) e degradabile (il sacchetto). Coop si è ben guardata dal spiegare la differenza insistendo sul valore epocale della scelta fatta. Fino alla denuncia all’Authority per la concorrenza presentata da Legambiente e Movimento consumatori.
Il settore delle pubbliche relazioni riveste oggi una importanza fondamentale. Il volume “Fidati! gli esperti siamo noi” di Sheldon Rampton e John Stauber, pubblicato per l’Italia da Nuovi Mondi Media è un utile guida per riconoscere l’informazione indirizzata dalle aziende e dagli uffici di pubbliche relazioni. L’utilizzo dei comunicati stampa in redazione è ormai divenuto pratica quotidiana. Il giornalismo basato su fonti confidenziali e verifiche dirette resta appannaggio delle testate d’inchiesta, dei grandi reporter e di parte dell’editoria locale o radicale e viene nel migliore dei casi sostituito da una riscrittura di atti di inchiesta delle forze dell’ordine oppure nella quotidianità della frenetica vita di una redazione media nella ribattitura di agenzie di stampa e comunicati. Nel settore dell’informazione video, malgrado incontri ostacoli, la pratica dei nastri preregistrati (VNR), forniti direttamente alle redazioni televisive, si sta estendendo dall’ambito commerciale a quello politico. Il fenomeno è spesso al centro dei dibattito politico negli Stati Uniti e in Italia viene sporadicamente dibattuto.
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ILRAZZISMO QUOTIDIANO PRIMA DELLE CRONACHE FINANZIAMENTI AI THINK TANK PER NEGARE IL LEGAME TRA EFFETTO SERRA E INQUINAMENTO Greenpeace ha realizzato un sito in cui svela le connessioni tra numerosi leader d’opinione, associazioni e think tank, che diffondono scetticismo sui cambiamenti climatici e che risultano finanziati da ExxonMobil. Secondo l’associazione ecologista si tratta di gruppi di pensiero che a prima vista possono apparire indipendenti e imparziali ma che quando parlano con i media non amano affrontare il discorso dei propri finanziamenti, che in realtà provengono, almeno in parte, da una delle industrie maggiormente responsabili dei mutamenti climatici. Dal 1998, afferma Greenpeace, Esso ha speso più di 12 milioni di dollari per finanziare coloro che diffondono scetticismo sulle basi scientifiche che legano i gas serra al surriscaldamento del pianeta. Nel sito vengono fornite informazioni dettagliate su 120 gruppi. Per ognuno sono indicate caratteristiche e finalità, struttura e persone chiave, finanziamenti ricevuti da Esso, presenza sui media e articoli pubblicati direttamente, fonti da cui Greenpeace ha ricavato le informazioni. «La prossima volta che leggete sulla stampa o su Internet un articolo secondo cui i cambiamenti climatici sono tutto fumo e specchi visitate www.exxonsecrets.org e ricercate l’organizzazione o la persona che viene citata. Esiste una buona probabilità che ExxonMobil stia pagando il suo microfono», ammonisce Greenpeace.
Prendi un quotidiano locale di lunga tradizione che titola su una banda di giovani pachistani dediti alla vendita delle rose ai semafori, fermati nel corso di una brillante operazione delle forze dell’ordine. Immagina un sindaco di una città aperta agli scambi internazionali che non trova tempo e parole efficaci per denunciare il linciaggio di un ragazzo che aspetta l’autobus, reo di essere straniero all’indomani di un brutto omicidio compiuto senza motivo da un altro straniero, in una città vicina che il ragazzo dell’autobus probabilmente neppure conosce. Prendi un ex Ministro dell’Interno che si trova in piazza insieme al sindaco, entrambi con la bandiera verde dei Padani, mentre qualche decina di militanti di estrema destra scantona il corteo per darsi ad una caccia all’uomo per le strade. Michele Mancino è un giornalista di Varese pacato e curioso che lavora sul territorio. Ha raccolto con lo storico Enzo Laforgia il racconto di intolleranze e razzismi nella città che ha visto nascere ed affermarsi la Lega Nord. Un caso di giornalismo legato al territorio divenuto d’attualità proprio perchè andava a toccare un fenomeno reale prima che diventasse notizia.
numeri
123
Per il fisco italiano i ricchi sono pochissimi
che 100 mila euro l'anno, forse, sono pochi. Eppure, 90 mila macchine l'anno per 180 mila persone significa che questi straricchi dovrebbero farsi la Cayenne nuova almeno ogni due anni. E poi non c’è solo la macchina. Perchè i ricchi amano anche le barche da diporto: in Italia risultano registrate, tra cabinati, semicabinati, a vela e a motore, oltre 70 mila imbarcazioni da 10 ai 24 metri di lunghezza. Uno studio del Fisco stima in 200 miliardi di euro (esatto 200 miliardi, circa 400.000 miliardi di lire) il giro d’affari che sfugge all’imposizione. Ma il Presidente del Consiglio non ha esitato per l’ennesima volta ad esaltare il “nero” per spiegare il reale stato di salute dell’economia italiana, che secondo Palazzo Chigi, è ottimo.
LI ITALIANI NOTI AL FISCO sono quasi 40 milioni, ma solo uno su cento dichiara di guadagnare più di 70 mila euro (lorde, al netto di tasse e contributi è circa la metà) l' anno. Fra questi, a superare anche il picco dei 100 mila euro sono solo 188 mila, meno di uno ogni duecento. Questo sparuto manipolo di ricchi, peraltro, sembra darsi un gran da fare, spendendo e spandendo come Grandi di Francia prima di Robespierre. In Italia, si vendono, ogni anno, circa 90 mila macchine grandi o di lusso, le Bmw, le Mercedes, i gipponi e le Porsche Cayenne e non, quelle auto che costano da 40-50 mila euro insù solo all' acquisto e una congrua quota a farle girare. Difficile prenderle senza un reddito all'altezza e an-
G
.
CHI PAGA L’IRPEF E CHI NO CLASSE DI REDDITO (IN EURO)
LA RICCHEZZA NETTA PER TIPO DI LAVORO NUMERO CONTRIBUENTI
% CONTRIBUENTI SUL TOTALE
1999
2000
200
0-7.5OO
13.731.698
35,62
7.500-10 mila
4.731.250
12,29
10-15mila
6.249.621
16,35
15-30mila
11.000.245
28,57
30-50mila
1.788.364
4,64
50-70mila
579.927
1,51
70-10Omila
207.874
0,54
Oltre 100 mila
188.216
0,49
38.504.195
100
TOTALE
160
Fonte: Ministero dell’economia
NOTIZIE ECOLOGICHE CONFUSE DA COOP ITALIA
120 media=100 80 40 0
dipendenti
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autonomi
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pensionati
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Fonte: Bankitalia
informazionedisinformazione
Fonte: Censis
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La Cina e l’Asia divorano energia di energia nel 2004 sono ammontati a 10.000 GToe (Giga Tons Oil Equivalent), pur non essendo equivalentemente suddivisi: buona parte dei paesi in via di sviluppo non dispone ancora di una quantità di energia sufficiente per la propria crescita. Nel periodo compreso fra il 2005 e il 2020 prevedibilmente i consumi cre-
sceranno del 59%, fino a circa 16.000 GToe. La crescita maggiore sarà registrata nei paesi in via di sviluppo: in particolare in Asia, dove si attesterà su circa il 4% annuo, pari a circa l’81% della crescita relativa alle aree in via di sviluppo, e dove la domanda di energia sarà più che duplicata, passando da 1.700 a 4.000 GToe. In un importante vertice con i paesi con-
Ex Unione Sovietica 24,1 milioni
sumatori dell’Asia, i maggiori membri dell’ OPEC hanno deciso di aumentare le esportazioni verso la Cina, l’India, la Corea del Sud, il Giappone: gli acquisti asiatici coprono il 60% delle forniture di greggio del Medio Oriente. Il fabbisogno della Cina, che è pari a 350 gigawatt (quella degli Stati Uniti è 811 gigawatt), per più della metà dipende dall’estero.
Paesi Baltici 0,2milioni Europa Orientale 4 milioni Nord America 5,3 milioni
.
Caraibi 6,8 milioni Livelli di denutrizione
PAESE
PIL
Cina +9,5 I Trimestre India +6,2 IV Trimestre Indonesia +6,7 IV Trimestre Malesia +5,6 IV Trimestre Filippine +5,4 IV Trimestre Singapore +2,4 I Trimestre Corea del Sud +3,3 IV Trimestre Taiwan +3,3 IV Trimestre Tailandia +5,1 IV Trimestre Argentina +8,4 IV Trimestre Brasile +4,9 IV Trimestre Cile +7,3 IV Trimestre Colombia +4,3 IV Trimestre Messico +4,9 IV Trimestre Perù +6,8 Febbraio Venezuela +11,2 IV Trimestre Egitto +4,7 IV Trimestre Israele +4,8 IV Trimestre Sud Africa +4,7 IV Trimestre Turchia +6,3 IV Trimestre Repubblica Ceca +4,3 IV Trimestre Ungheria +3,7 IV Trimestre Polonia +3,9 IV Trimestre Russia +4,9 I Trimestre
PRODUZIONE INDUSTRIALE
PREZZI AL CONSUMO
+15,1 +7,2 -5,7 +8,5 +2,4 +8,3 +4,8 -0,8 +7,1 +5,4 +4,4 +2,3 +2,0 +2,0 +2,1 +9,5 +3,3 +2,2 +2,7 +5,5 +0,1 +3,9 -3,7 +5,5
+2,7 Mar. +4,2 Mar. +8,1 Apr. +2,6 0ar. +8,1 Apr. +0,4 Mar. +3,1 Mar. +2,3 Mar. +3,2 Mar. +9,1 Mar. +7,4 Feb. +2,4 Mar. +5,0 Mar. +4,3 Mar. +1,9 Mar. +15,8 Mar. +6,8 Feb. +0,7 Mar. +3,0 Mar. +8,2 Apr. +1,6 Apr. +3,9 Apr. +3,4 Mar. +13,4 Apr.
Mar. Mar. Gen. Feb. Feb. Mar. Mar. Mar. Mar. Mar. Feb. Mar. Gen. Feb. Mar. Feb. 2004 Feb. Feb. Mar. Mar. Mar. Mar. Mar.
BILANCIA COMMERCIALE
TASSI INTERESSE
+57,3 Marzo -26,8 Marzo +27,4 Marzo +22,8 Marzo -0,1 Febbraio +15,8 Marzo +28,8 Aprile +3,6 Aprile -1,8 Marzo +11,7 Marzo +35,9 Marzo +9,1 Aprile +0,9 Dicembre -9,9 Marzo +2,9 Gennaio +22,1 IV Trimestre -9,0 IV Trimestre -7,0 Marzo -2,7 Marzo -35,9 Marzo +0,1 Marzo - 2,9 IV Trimestre -4,9 Febbraio +97,6 Marzo
BABY MINATORI
2,50 5,19 7,89 2,82 5,06 2,13 3,51 1,40 2,65 4,56 19,52 3,36 7,32 9,81 2,95 11,97 10,03 3,47 7,05 16,60 1,78 7,47 5,51 13,00 Fonte: ILO, IPEC, CASM
Frequenza di lavoratori in miniera o nelle cave Alta Media Bassa Scarsa-nessuna
Ucraina Carbone Colombia Argilla, oro, smeraldi, carbone Senegal Oro, sale, cave di pietra
Guatemala Cave di pietra Perù Oro
Tanzania Diamanti, gemme, oro
Bolivia Stagno, oro, argento, zinco
| 74 | valori |
Centro America 7,4 milioni
ANNO 5 N.31
Niger Sale, trona*, cassiterite**, oro, gesso, materiali da costruzione
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LUGLIO/AGOSTO 2005
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Nepal Minerali non ferrosi, gemme, pietre semi-preziose
L’organizzazione mondiale del lavoro, in occasione della Giornata Mondiale contro il lavoro minorile, ha chiesto di porre fine allo sfruttamento dei bambini in miniera.
Mongolia Carbone, oro, fluorite***
.. . .
Filippine Oro, argento, rame
* usato come cibo per animali ** minerale o diossido *** usato nella fusione tra i metalli
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246 milioni di bambini lavorano 1 milione di bambini lavora in cave o miniere i baby minatori rischiano di ferirsi, di morire o problemi di salute latente per anni i problemi di salute includono: assideramento, esaurimento, dolori alla schiena, deformazioni ossee, disturbi muscolari, problemi agli occhi, ferite, avvelenamento chimico, disturbi respiratori e polmonari cronici 246 milioni di bambini lavorano
Mediamente alto (20-34%) Mediamente basso (2,4-4%) Estremamente basso (<2,5%)
Sud Est Asiatico 65,5 milioni Medioriente 36,7 milioni
Africa Centrale 45,2 milioni
Molto alto (35%)
LE NAZIONI EMERGENTI
Asia Orientale 151,7 milioni
Nord Africa 6,1 milioni
Africa Meridionale 35,7 milioni
Sud America 33,6 milioni
Asia Meridionale 301,1 milioni
Africa Orientale 86,8 milioni Fonte: Undp
I
CONSUMI MONDIALI
LA FAME NEL MONDO
Dati non disponibili
LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI PAESE
Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro
PIL
INFLAZIONE
MIN/MAX 2005
MIN/MAX 2006
MEDIA 2005
MEDIA 2006
1,9/3,4 1,6/2,3 1,1/2,5 2,2/3,0 2,3/3,2 1,5/2,6 1,5/2,6 0,4/1,2 0,4/1,5 0,6/1,6 0,7/1,5 2,3/3,3 2,4/3,3 0,9/1,6 3,3/4,0 1,1/1,7
2,7/3,7 1,4/2,3 1,7/2,7 1,7/3,0 2,4/3,8 1,6/2,5 1,7/2,4 1,0/1,8 0,6/2,2 1,1/3,3 1,0/2,2 2,3/3,9 2,5/3,2 1,0/2,0 2,5/4,0 1,4/2,2
2,5 (2,6) 2,0 (2,1) 2,0 (2,1) 2,4 (2,5) 2,7 2,1 1,9 (2,0) 0,9 0,8 (1,0) 1,1 1,1 2,7 2,8 (2,7) 1,2 (1,3) 3,5 (3,7) 1,4 (1,5)
3,2 2,0 (2,1) 2,2 2,2 3,0 2,2 2,0 (2,1) 1,5 1,4 (1,5) 1,8 (1,9) 1,7 2,6 2,8 (2,7) 1,7 (1,8) 3,2 1,8 (1,9)
2005
2,6 2,0 1,9 1,8 2,0 1,4 1,6 1,4 1,9 0,3 1,4 2,9 1,2 1,2 2,8 1,8
LA MAPPA DEI RICCHI I cittadini con una ricchezza individuale superiore al milione di dollari (cifre arrotondate per difetto al milione o al migliaio)
2006
BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2005 2006
2,6 1,6 1,7 1,9 2,1 1,7 1,6 1,1 1,9 0,3 1,0 2,6 1,5 1,2 2,5 1,6
-5,6 -0,6 +3,4 -2,6 1,8 2,2 -0,3 2,9 -1,0 3,6 3,5 -4,9 7,0 11,9 -6,2 0,5
-5,0 -0,8 3,3 -2,6 1,5 2,1 -0,1 2,9 -1,1 3,6 3,5 -5,0 6,4 11,4 -6,0 0,5
Fonte: Rapporto 2005 Merrill Lynch-Capgemini
2,5 2,7 milioni milioni
2,6 2,6 milioni milioni
Nord America +9,7%
Europa +4,1%
288 307 mila mila America Latina +6,3%
2004 2003
188 195 mila mila Italia +3,7% 2,0 2,3 milioni milioni
232 258 mila mila Medio Oriente +9,5%
63 64 mila mila Africa +13,7%
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ANNO 5 N.31
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LUGLIO/AGOSTO 2005
Asia +8,2%
| valori | 75 |
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indiceetico
| numeridivalori |
| numeridivalori |
portafoglioetico
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IL PORTAFOGLIO DI VALORI
NORDISKT HÅLLBARHET INDEX NOME TITOLO
ATTIVITÀ
BORSA
Electrolux H&M Trelleborg Orkla Kesko Statoil Svenska Handelsbanken Storebrand Gambro Coloplast Novozymes Metso Skanska Tomra Tietoenator Nokia Holmen UPM-Kymmene Telenor Hafslund
elettrodomestici abbigliamento componenti meccaniche alimentari/media distribuzione petrolio servizi bancari assicurazioni tecnologia medica tecnologia medica farmaceutici macchine industriali edilizia macchine industriali software telefoni carta carta telecomunicazioni utilities
Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Copenaghen, Danimarca Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Oslo, Norvegia
CORSO DELL’AZIONE AL 31.05.2005
RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 31.05.2005
9.629,62 SEK 10.233,03 SEK 9.206,68 SEK 9.957,93 NOK 1.087 € 9.806,73 NOK 8.382,61 SEK 7.575,17 NOK 9.363,89 SEK 8.440,68 DKK 7.876,19 DKK 1.393,65 € 10.532,16 SEK 6.882,88 NOK 1.070,09 € 1.174 € 7.832,52 SEK 959 € 7.719,94 NOK 8.938,66 NOK
Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 31.05.2005
NOME TITOLO
ATTIVITÀ
BORSA
5,27% 11,87% 0,65% 15,09% 8,69% 23,83% -8,36% -4,35% 2,37% 13,38% 5,79% 39,37% 15,14% -13,09% 7,01% 17,38% -14,37% -4,10% -2,52% 12,87%
Sabaf Heidelberger Druck. CSX Body Shop International Henkel Aviva Svenska Handelsbanken Novo Nordisk Merck Kgaa 3M Company FLS Industries Mayr – Melnhof Karton Verizon Cisco Systems Canon Stmicroelectronics BG Group Severn Trent Vestas Wind Systems Boiron
pezzi per forni a gas macchine per la stampa trasporti cosmetici detergenti, cosmetici assicurazioni servizi bancari farmaceutici farmaceutici/chimica grafica, edilizia edilizia cartone telecomunicazioni tecnologia Informatica tecnologia digitale semiconduttori gas ciclo acqua pale eoliche medicina omeopatica
Milano, Italia Francoforte, Germania New York, USA Londra, Gran Bretagna Francoforte, Germania Londra, Gran Bretagna Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Darmstadt, Germania New York, USA Copenaghen, Danimarca Vienna, Austria New York, USA New York, USA Tokyo, Giappone Milano, Italia Londra, Gran Bretagna Londra, Gran Bretagna Copenaghen, Danimarca Parigi, Francia
+6,60%
Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 31.05.2005
€ = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi
CORSO DELL’AZIONE AL 31.05.2005
RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 31.05.2005
17,08 € 24,98 € 41,58 USD 219,23 £ 74,75 € 615,62 £ 161,00 SEK 311,00 DKK 63,50 € 76,65 USD 112,50 DKK 115,85 € 35,38 USD 19,40 USD 5.900,00 JPY 12,59 € 417,82 £ 1.011,50 £ 98,25 DKK 19,90 €
-10,25% -0,08% 14,49% 42,37% 16,80% 2,19% -8,36% 3,91% 26,24% 3,07% 9,12% -7,54% -3,62% 10,81% 12,55% -11,43% 20,85% 9,02% 44,35% -18,78%
+8,34%
€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi
Due punti sopra Il Nordiskt riparte
Euro debole e rinnovabili rompono l’incantesimo
ORNANO IN POSITIVO LE BORSE EUROPEE. Il Dow Jones Eurostoxx 50 chiude i primi Nordiskt Index [in Euro] Rendimenti dal 31.12.2004 al 31.05.2005 6,60% cinque mesi dell’anno a +4,25%. I mercati hanno accolto con entusiasmo le elezioni anticipate indette per il prossimo autunno in Germania. La vittoria delEurostoxx 50 price Index [in Euro] 4,25% l’opposizione cristiano-democratica, che viene data per certa, potrebbe portare a un miglioramento della situazione economica ma anche –ahimè– a un rilancio del nucleare, messo in soffitta dal governo rosso-verde. L’indice nordico di Statoil Sede Stavanger, Norvegia Borsa OSE, Oslo Valori batte ancora una volta il mercato. Chiude a +6,60%, quasi due punti in più dell’Eurostoxx, Rendimento 31.12.2004 - 31.05.2005 +23,83% il suo parametro di riferimento. I titoli norvegesi Attività Compagnia petrolifera con sede in Norvegia e attività in più di 20 Paesi. si avvantaggiano della rivalutazione della corona Impiega circa 16.800 persone. che anticipa il probabile rialzo dei tassi da parte Responsabilità sociale della Norges Bank, previsto per la fine di giugno. Giudizio complessivo Contatti regolari con vari gruppi di portatori di interesse (movimenti ambientalisti Tirano la volata del nostro indice la finlandese e per i diritti umani). Impegno per ridurre le emissioni di CO2. Metso (macchine industriali) e Statoil, l’impresa Politica sociale interna Rapporto costruttivo con i sindacati. Molto efficaci le politiche di salute e sicurezza: che vi presentiamo questo mese. E’ l’unica comdal 1996 al 2000 gli incidenti sul lavoro sono calati del 50%. pagnia petrolifera approvata dal consulente etico Politica ambientale Rispetto delle norme ambientali ISO14001. Riduzione significativa delle emissioni di CO2 e di altre sostanze nocive negli ultimi anni. Punto debole: scarsi gli investimenti nelle energie Ethibel. Dialoga con i movimenti ambientalisti e rinnovabili. per la difesa dei diritti umani e si impegna a riPolitica sociale esterna Politica dei diritti umani basata sui principi del “Global Sullivan” e sulle direttive del “Global durre le emissioni di CO2. Statoil ha appena conCompact”. Statoil ha introdotto un sistema di controllo per monitorare il rispetto dei principi e cluso un accordo quinquennale per la tutela del delle direttive sui diritti umani in tutte le aree in cui il Gruppo è presente, in particolare nei Mare di Barents con Arctos, una rete di associaPaesi in via di sviluppo. zioni ambientaliste scandinave.
pagine a cura di Mauro Meggiolaro
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D
mercati si è interrotto l’incantesimo dell’8 marzo, quando le borse hanno raggiunto il punto di massimo del 2005 per poi cominciare a scendere. L’inversione di tendenza ha molte ragioni, anche se nessuno sa se basteranno a sostenere a lungo la crescita. Il petrolio è sceso sotto la MSCI DM World price Index [in Euro] 7,62% soglia psicologica dei 50 $ al barile, l’euro si è svalutato di circa dieci punti percentuali sul dollaro, l’economia USA è in condizioni migliori di quanto si pensasse fino a un mese fa. La moneta unica sconta la crescita aneCisco Sede San José, USA Borsa NASDAQ, New York mica dell’Europa e i due no alla costituzione. Rendimento 31.12.2004 - 31.05.2005 +10,81% L’euro debole è una boccata d’ossigeno per le Attività Cisco Systems è stata fondata nel 1984 e nel giro di 15 anni è diventata leader mondiale esportazioni europee e per i titoli americani del nel networking per internet. In tutto il mondo impiega circa 35.000 persone. nostro borsino, che valgono di più grazie alla forza del biglietto verde. Regina del portafoglio Responsabilità sociale è la danese Vestas Wind Systems. Produce pale e Giudizio complessivo Cultura aziendale basata sulle pari opportunità. Politica attiva di riciclaggio dei materiali. Codice di condotta etico. turbine eoliche e ha chiuso maggio a +44,35%. Politica sociale interna Cultura aziendale egualitaria, grande flessibilità nell’organizzazione degli orari di lavoro. In aprile si è assicurata una commessa dal goAttenzione per le diversità. Cisco offre al personale buone soluzioni assicurative per la malattia verno di Taiwan, che progetta di diventare un’ie l’invalidità. sola dell’hi-tech ecologico entro il 2010 raddopPolitica ambientale Impatto ambientale relativamente limitato, come per tutti i produttori di hardware e software. piando la quota di energia prodotta con fonti Politica sociale esterna Programma di investimenti sociali molto sviluppato, non solo come sponsor di diversi progetti sociali, ma anche come partner logistico di scuole, iniziative di formazione per persone rinnovabili. Il presidente Chen Shui-bian ha già svantaggiate ecc. Cisco ha tra i suoi fornitori numerose piccole imprese gestite da donne dato il buon esempio tappezzando il tetto del o da membri di minoranze etniche. suo palazzo di pannelli solari. Portafoglio di Valori [in Euro] 8,34%
UN’IMPRESA AL MESE
UN’IMPRESA AL MESE
T
A INIZIO ANNO +8,34%. Il borsino etico di Valori torna a salire. Nei
Rendimenti dal 31.12.2004 al 31.05.2005
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in collaborazione con www.eticasgr.it | 76 | valori |
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| padridell’economia |
Liberismo doc
La “mano invisibile” di Adam Smith di Francesca Paola Rampinelli
INFORME, COSTANTE, E ININTERROTTO SFORZO DI OGNI UOMO
per migliorare la propria condizione, il principio da cui il benessere pubblico e nazionale, come pure quello privato, originariamente derivano, sono spesso abbastanza potenti da realizzare un continuo miglioramento nel progresso naturale delle cose, a dispetto sia della prodigalità del governo, sia dei più grandi errori di amministrazione». Con questa affermazione Adam Smith sancisce il principio del liberismo economico che sta alla base delle sue teorie e di tutto il pensiero economico moderno. Secondo il filosofo scozzese esiste una “mano invisibile” che guida i singoli interessi al di là delle loro specifiche intenzioni, componendoli in una totalità che non necessita, ma anzi è ostacolata, dall’intervento dello Stato. Adam Smith nasce a Kirkcaldy, presso Edimburgo, nel 1723, e, prima di trasferirsi all’università di Oxford, studia a Glasgow nutrendosi di quell’ambiente scozzese così più vivo e dinamico rispetto all’immobilismo e al conformismo prevalente negli ambienti accademici inglesi e rafforzando così le sue radici in una tradizione culturale di solido buon senso, soprattutto nel campo delle scienze sociali. Più tardi i viaggi in Europa aggiungeranno la propensione all’ottimismo propria dell’illuminismo grazie agli incontri con Voltaire a Ginevra e con d’Alembert, Quesnay e Turgot a Parigi. Nel suo primo libro, la “Teoria dei sentimenti morali”, del 1759, l’economista propone una “morale della simpatia”, secondo la quale le azioni di ogni individuo dovrebbero essere guidate dal giudizio di uno “spettatore imparziale” ben informato delle circostanze Con il pensatore scozzese, che si trova nella coscienza stessa del singolo. Partendo, infatti, padre delle teorie della dal presupposto che ognuno desidera l’approvazione degli altri, non ingerenza dello stato e della divisione del lavoro, proprio perché vive non isolato ma come membro della società, nasce la scienza la coscienza morale diventa non un principio razionale interiore dell’economia politica ma presenta un carattere prevalentemente sociale e intersoggettivo. Un analogo principio armonicistico sta alla base dell’analisi dei processi socio-economici che Smith compie nella sua opera principale, l’“Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni”, del 1776. Testimone delle trasformazioni che investono la vita economica dell’Inghilterra, in questa fase iniziale di rivoluzione industriale che vede, in nuce, comparire i meccanismi del moderno capitalismo industriale, Smith non nega che l’elemento propulsore di ogni attività economica sia l’interesse individuale. È infatti famosissima l’affermazione per cui «non è dalla generosità del macellaio, del birraio o del fornaio che noi possiamo sperare di ottenere il nostro pranzo, ma dalla valutazione che essi fanno dei propri interessi». Però, conclude il ragionamento, «cercando per quanto può di impiegare il suo capitale a sostegno dell'industria interna e di indirizzare questa industria in modo che il suo prodotto possa avere il massimo valore, ogni individuo contribuisce necessariamente quanto può a massimizzare il reddito annuale della società... egli mira soltanto al proprio guadagno e in questo, come in molti altri casi, egli è condotto da una mano invisibile a promuovere un fine che non entrava nelle sue intenzioni». Un altro concetto chiave del pensiero di Smith riguarda la possibilità di individuare il valore di un oggetto attraverso la cristallizzazione del lavoro presente in esso. Da qui deriva l’importanza del tempo impiegato dal singolo nella produzione della merce e la conseguente teoria della divisione del lavoro.
«L’
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L U G L I O /A G O S T O 2 0 0 5
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valori
lo leggi solo se ti abboni
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