Mensile Valori n.33 2005

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Anno 5 numero 33. Ottobre 2005. € 3,00

Mensile di economia sociale e finanza etica

ISSN 1826-6975

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9 771826 697002

STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO

Fotoreportage > Periferie

Dossier > Non può esistere sviluppo senza equità. Ma anche senza giustizia

Equa povertà? Finanza etica > Le locuste del capitalismo all’attacco della Germania Terzo settore > Zamagni: «Subito una rappresentanza istituzionale» Mongolia > Agricoltura autosufficiente e sobria. Ma dignitosa. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento


| editoriale |

Contro la povertà

Aboliamo la guerra

di Gino Strada

ONO MATURI I TEMPI PER LANCIARE UNA CAMPAGNA FORTE per dire che la guerra è una vergogna,

S POSTE

L’AUTORE Gino Strada

57 anni, è sposato e ha una figlia. Laureato in medicina, specializzato in chirurgia dei trapianti di cuore e cuore-polmone. Dal 1989 al 1994 lavora come chirurgo di guerra con la Croce Rossa Internazionale. L’esperienza lo convince della necessità di un’organizzazione piccola, agile e altamente specializzata, che curi le vittime civili della guerra. Con scarsissimi mezzi, assieme a un gruppo di colleghi e amici, fonda Emergency nel 1994. Emergency ha costruito negli anni undici tra centri chirurgici e di riabilitazione in Ruanda, Eritrea, Iraq, Afganistan, Cambogia, Sierra Leone, Sudan, e ha curato più di 1,3 milioni di pazienti. Gino Strada ha anche scritto Pappagalli verdi, cronache di un Chirurgo di Guerra (1999), e Buskashi, viaggio al centro della guerra (2002), entrambi pubblicati da Feltrinelli.

che deve essere abolita, cancellata dal Pianeta. Il nostro obiettivo è quello di costruire un appello internazionale di uomini della scienza e della cultura che, a cinquant’anni dalla scomparsa di Albert Einstein, ne rilanci l’impegno a tutto campo contro la guerra e per la pace. Gli scienziati atomici hanno detto che il rischio di conflitto nucleare non è mai stato elevato come ora. Uno dei più grandi intellettuali viventi, Noam Chomsky, ritiene che un eventuale conflitto in cui si usassero ordigni atomici potrebbe, addirittura, «porre fine all’esperimento umano». Siamo in una situazione così pericolosa, eppure non se ne parla. Mentre il mondo si militarizza sempre di più, mentre va incontro a un rischio sempre più elevato non si sente più parlare di disarmo, nessuno dice niente. Credo, allora, che in questa situazione sia estremamente importante cercare di capire davvero la natura della guerra, le sue motivazioni, per uscire dall’empasse in cui ci troviamo. Vorrei citare Albert Einstein: nel 1932 si trovava a Ginevra a una Conferenza internazionale sul disarmo in cui si discuteva quali armi fosse lecito usare e quali no, con quali strumenti uccidere fosse lecito, con quali altri strumenti dovesse essere considerato un crimine. Einstein a Ginevra fece una cosa straordinaria: per la prima e ultima volta nella sua vita, convocò una conferenza stampa e disse ai giornalisti «La guerra non si può umanizzare, la guerra si può solo abolire!». Credo che la storia dei decenni successivi gli abbia dato ragione: anche se Einstein non è stato preso sul serio dalla classe politica, di fatto ogni tentativo di rendere la guerra più «umana» è fallito, ogni Trattato, ogni Convenzione che sono stati firmati sono poi stati regolarmente calpestati. Solo se debelleremo la guerra, con tutti i suoi orrori, potremo avere un futuro. Per secoli nella storia la schiavitù è stata data per scontata, come se facesse parte integrante della fisiologia sociale sino a quando non è nato un movimento per l’abolizione che si è imposto all’umanità intera, vincendo nemici e interessi molto potenti. Cancellare la guerra non è solo impellente per le armi di distruzione di massa che incombono sulla vita di tutti, ma perché è una barbarie tale che non ammette giustificazioni o mediazioni. Se si lascia la guerra come un’opzione possibile per la risoluzione dei problemi, di qualsiasi tipo di problema, si lascia aperta la porta alla barbarie. L’ultimo rapporto Sipri ha stimato in 1.035 miliardi di dollari l’ammontare della spesa in armamenti nel 2004: è quello che ha per vivere un terzo della popolazione mondiale. Dalla fine del secondo conflitto mondiale abbiamo avuto 162 guerre, considerando solo quelle più importanti: qualunque sia la guerra e dove si svolga, il 90% delle vittime sono civili, un terzo bambini. La parola per descrivere queste armi occidentali è una sola: terrorismo. Cito un ultimo esempio, un caso che, come Emergency, conosciamo da vicino: la Banca Mondiale ha messo a punto un progetto per la costruzione del sistema sanitario in Afghanistan, un paese che esce da trent’anni di conflitto con due milioni e mezzo di morti, un milione e mezzo di mutilati e quattro milioni di rifugiati. Secondo l’istituzione di Washington il sistema sanitario di Kabul dovrebbe essere pagato in parte dai cittadini: per un paese dove la stragrande maggioranza della popolazione vive con 150 dollari l’anno, proporre che il sistema sanitario sia anche solo parzialmente coperto con il contributo della popolazione è una politica di guerra.

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| sommario |

ottobre 2005 mensile www.valori.it

anno 5 numero 33 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Fondazione Fontana

Parco al Laurentino 38. Le periferie urbane si avviano ad una trasformazione profonda tra molte difficoltà economiche e sociali.

Roma, 2003

bandabassotti

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fotoreportage. Periferie

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dossier. Povertà e diseguaglianze La lotta alla povertà. Equa e giusta «La Banca Mondiale deve ancora capire» [INTERVISTA A WILLY THIS ] «I poveri negli Stati Uniti di oggi» [INTERVISTA A DAVID SHIPLER ]

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Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone

lavanderia

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direttore editoriale

finanzaetica

redazione (redazione@valori.it)

Le locuste del capitalismo attaccano la Germania «Una caccia alle streghe ingiustificata» [INTERVISTA A GUIDO GIUBERGIA ] «Una rappresentanza politica e istituzionale per il Terzo Settore» [INTERVISTA A STEFANO ZAMAGNI ]

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Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Francesco Carcano, Sarah Pozzoli, Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto

bruttiecattivi

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progetto grafico e impaginazione

internazionale La Mongolia. Autosufficiente. Povera. Ma senza devastazioni. Maldive. La galera a cielo aperto Maumoon Abdul Gatoom, ritratto di un dittatore

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Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)

macroscopio

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distributore nazionale

economiasolidale La guerra preventiva del ministro Moratti «Stop alla sperimentazione. Troppe incertenzze» [INTERVISTA A GIANFRANCO SIMONCINI ] Un budget diverso condiviso con il territorio e le persone

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Sabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it) collegio dei sindaci

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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it)

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Stefano G. Pavesi (Contrasto) stampa

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Fiat

Il lupo perde il pelo ma non il vizio di Andrea Di Stefano

Cambiano le generazioni alla guida della Fiat ma non l’atteggiamento nei confronti delle regole e della trasparenza. Due precise e dettagliate richieste di informazioni da parte della Consob, quando il titolo del gruppo torinese aveva cominciato a galoppare in modo anomalo in vista della conversione del prestito da 3 miliardi in azioni del Lingotto, hanno ricevuto identiche e nette comunicazioni. L’Ifil ha risposto alle due richieste di informazioni dichiarando di «non aver intrapreso né studiato alcuna iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo» e di «non disporre di alcun elemento utile a spiegare tale andamento». Ed effettivamente l’holding che controlla il gruppo Fiat non ha studiato alcuna operazione. Ci ha pensato Exor, una finanziaria lussemburghese controllata dall’accomandita della famiglia, la Giovanni Agnelli & C., il cui presidente è Gianluigi Gabetti. Guarda caso lo stesso presidente dell’Ifil, che in una serie di interviste conferma di aver ricevuto un’interessante offerta dalla banca d’affari Merryl Lynch quando il titolo Fiat si trovava ai suoi minimi storici di 4,52 euro. L’operazione tecnicamente si chiama equity swap. In pratica la banca d’affari si è impegnata a acquistare un consistente pacchetto di azioni e rivenderlo alla fiduciaria lussemburghese. Che, a sua volta, ha provveduto a rivenderlo all’Ifil, la finanziaria che controlla da sempre La famiglia Agnelli il gruppo Fiat. Il gioco, avvenuto alle spalle del mercato, non rinuncia alle abitudini ha permesso di realizzare una plusvalenza da oltre 74 milioni di poca trasparenza di euro. Tutto danaro finito nelle casse di Exor e quindi e molti giochi finanziari. dell’accomandita della famiglia. Con buona pace degli azionisti Alle spalle delle autorità minori, della Consob e delle regole di mercato che avrebbero di controllo e della Borsa imposto, tra l’altro, una possibile Opa dato che con questa operazione l’holding Ifil aveva incrementato la propria quota ben oltre la soglia del 30% del capitale prima della diluzione prodotta dalla conversione del prestito. Il contratto tra Exor e Merrill Lynch è stato, infatti, stipulato il 26 aprile 2005: la banca d’affari e la fiduciaria lussemburghese hanno pattuito l’equity swap su 90 milioni di azioni Fiat ordinarie quando il titolo era intorno ai minimi di 4,5 euro. Il prezzo medio dell’intero quantitativo per la banca d’affari nel periodo tra il 26 aprile e il 7 giugno è stato di circa 5,5 euro per azione per un totale di 495 milioni di euro. Il contratto è stato modificato il 15 settembre 2005 prevedendo di chiudere l’operazione su 82,250 milioni di azioni. In quella data Exor ha acquistato le azioni al prezzo unitario di 5,6 euro per rivenderle all’Ifil a 6,5 euro per azione. L’operazione piace anche alle banche che in base al complesso contratto, stipulato in occasione del prestito convertendo da 3 miliardi di euro, avrebbero sottoscritto l’aumento di capitale al servizio della conversione in azioni. Tutti contenti, dunque. Salvo i piccoli azionisti, all’oscuro di contratti di equità swap e annessi, la Consob e le regole che avrebbero imposto la comunicazione formale per esaminare l’eventualità di una offerta pubblica di acquisto.

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ETICA SGR BPM

L LUPO PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO.

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| fotoreportage | STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO

> Periferie foto di Stefano G. Pavesi / Contrasto

La trasformazione delle periferie urbane è un fenomeno in atto da molti anni. Stefano Pavesi di Contrasto ha documentato con un reportage l’evoluzione delle periferie delle grandi città italiane. Uno sguardo quotidiano sugli abitanti, una riflessione sulla composizione sociale, una lucida visione sul corpo urbano in costante cambiamento.

ella città sopravvissuta alla New Economy e modificatasi con lo sviluppo del terziario, la periferia assume il ruolo di elemento di continuità e di trasformazione, elemento vivo di recupero della qualità della vita e del senso della relazione. Secondo Marco Percoco dell’Istituto di Economia Politica dell’Università milanese Bocconi «negli anni novanta si è verificato un mutamento enorme nel territorio e nelle relazioni tra chi vi opera, grazie allo sviluppo delle telecomunicazioni. Lo sviluppo del lavoro decentralizzato e la modificazione del lavoro nel centro urbano hanno determinato un flusso inverso, dal centro verso il contesto delle periferie». Nell’hinterland era ancora possibile affrontare un progetto di vita. Difficile, per molti impossibile, affrontare i costi elevati della città, anche a causa della diffusa incertezza legata alle nuove forme contrattuali che ha negato l’accesso agli immobili (i soli costi di cauzione, agenzia e anticipo sull’affitto per un bilocale a Milano possono corrispondere a quasi un anno di pagamenti mensili di un contratto a progetto di quelli offerti dalle numerose agenzie interinali; l’accesso ai mutui è legato alla stabilità lavorativa o alle garanzie offerte da terzi). Roma, Milano, Firenze, Napoli, al censimento del 2001 contavano gli stessi residenti degli anni settanta. A Milano quasi un terzo della popolazione è ormai ultrasessantenne. Si è diffuso il fenomeno dei “city users”, nomadi metropolitani che utilizzano la città durante il giorno per necessità legate ai contatti sociali e di lavoro e per lo studio, abbandonando alla popolazione residente la città dal tardo pomeriggio. La bolla immobiliare, avvertibile confrontando il costo della vita, i salari e il costo di un appartamento in acquisto in un centro cittadino, non ha però frenato la trasformazione delle capitali della finanza e dei servizi e gli investimenti si rivolgono ora ad aree inusuali. A Milano aree un tempo disagiate sono destinate a un notevole incremento di costi con un conseguente peggioramento della qualità della vita dei residenti (l’area di Rho Pero dove la Nuova Fiera ha fatto esplodere i costi, i Navigli dove numerosi stilisti stanno spostando i loro studi). Guido Martinotti, sociologo urbano, professore all’Università di Milano Bicocca, usa la definizione di “meta-city”, una concentrazione territoriale che supera i confini del centro cittadinio e include l’area metropolitana frutto del dopoguerra. Abolito il confine del non luogo che la separava dalla città, silenziosamente nel corso degli ultimi trent’anni la periferia ha assunto il centro al suo interno, diventando città nella città. Bagnoli, Tor Bella Monaca, l’hinterland milanese hanno assunto una connotazione e un’autonomia dalla città con cui confinano che li ha resi entità separate. Il recupero delle periferie urbane così giovani e già da recuperare è la nuova sfida delle amministrazioni italiane. Nel reportage di Stefano Pavesi la periferia è analizzata oltre gli stereotipi, come un corpo in evoluzione con la sua umanità.

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L’AUTORE Stefano G. Pavesi è nato a Milano, dove tutt’ora vive, nel 1967. Dopo gli studi in Agraria all’Università di Milano ha studiato fotografia all’Istituto Riccardo Bauer di Milano. Ha iniziato la sua carriera professionale lavorando come assistente nei vari ambiti della fotografia: ritratto, still life, pubblicità. Si è dedicato successivamente al reportage sportivo dove, per la Gazzetta dello sport magazine ha realizzato numerosi lavori in Italia e all’estero. È proprio questo campo d’interesse che lo ha portato a realizzare un lungo lavoro attraverso gli istituti penitenziari dove ha raccontato le esperienze dei giovani detenuti in relazione allo sport. Con i reportage successivi ha continuato a raccontare temi di grande attualità: la situazione dei curdi in Germania, l’universo giovanile della notte, i profughi albanesi, l’esperienza del movimento secessionista della Lega. I suoi lavori sono stati pubblicati dalle maggiori testate italiane. Attualmente collabora continuativamente con Sette, magazine del Corriere della Sera. Nel 1999 il suo progetto sulle periferie urbane presentato in queste pagine ha vinto il Premio Canon per il miglior progetto fotografico. Dal 1977 Pavesi è membro dell’agenzia Contrasto.

Chiesa Rossa al Naviglio Pavese di Milano. Ora l’area è al centro di molti interessi speculativi

Milano, 1998

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| fotoreportage | Laurentino 38: bambini del campo nomadi giocano su un’automobile.

Roma, 2003

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| fotoreportage | Bagnoli, ex area industriale Ilva- Italsider. Recentemente è stato varato un “Osservatorio sullo sviluppo di Bagnoli” per favorire la conversione e le nuove opere.

Napoli, 1998

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| fotoreportage | Quartiere Missaglia, Bowling del Sole. Nell’area il comitato di cittadini “La Conca” protesta contro i progetti di sviluppo edilizio del Comune.

Milano, 1998

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Equità e giustizia contro la povertà >18 A tutta birra in Cina, con disparità >19 «Conciliare crescita economica e sviluppo» >22 David Shipler: «La povertà oggi negli Usa» >26

a cura di Cristina Artoni, Roberto Festa e Elisabetta Tramonto

STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO

dossier

Quartiere Barra a Napoli. Su circa 42.000 abitanti, oltre 16.000 sarebbero disoccupati secondo le organizzazioni dei disoccupati organizzati napoletani. Anche Barra, nella parte orientale, verrà toccata dal progetto Napoli Est, che prevede forti investimenti per insediamenti universitari e produttivi. Secondo la Direzione Antimafia, tuttavia, i grandi progetti previsti richiedono molta sorveglianza per gli interessi criminali che possono attirare.

Napoli, 1998

diseguaglianze

La sfida dell’equità Non può esistere sviluppo senza equità. Anche per la Banca Mondiale oggi il solo mercato non basta. La lotta alla povertà è ora tra gli obiettivi delle Nazioni Unite. Basterà questo per affrontarla?

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A TUTTA BIRRA! MA LA CINA DIMENTICA LA GIUSTIZIA SOCIALE

Niente povertà senza equità. Ma è possibile l’equità senza giustizia?

QUARANT’ANNI A TUTTA VELOCITÀ. La Cina corre a ritmi vertiginosi. Tassi di crescita economica senza precedenti. Un reddito pro capite che triplica di anno in anno. Una locomotiva lanciata a tutta birra su una strada in discesa. Forse però sta correndo un po’ troppo e non si accorge di quello che si sta lasciando alle spalle. A pagarne le conseguenze è la giustizia sociale. L’ineguaglianza all’interno del Paese è sempre più profonda. Enormi le differenze in termini di reddito, benessere, salute, speranza di vita, educazione tra le regioni più ricche e quelle più povere. La mortalità infantile nelle aree urbane è circa un terzo rispetto a quella delle aree rurali. Se a Shanghai i bambini che muoiono entro i 5 anni sono 8 su 1000 (circa come negli Stati Uniti), nelle province povere del Guizhou sono 60 su 1000 (come in Namibia). Sono i dati riportati nel rapporto sullo sviluppo umano dell’Onu. Enormi anche le differenze su base sessuale. Mentre il tasso di mortalità infantile per i maschi sta diminuendo del 2,3%, quello delle femmine sta aumentando dello 0,5%. E le politiche pubbliche non hanno fatto altro che aggravare la situazione – si legge nel rapporto dell’Onu - aumentando l’ineguaglianza sociale. Fino al 1980, infatti, gran parte della popolazione povera delle aree rurali della Cina usufruiva di un copertura assicurativa pubblica, tramite il Cooperative Medical System. Oggi non esiste più, è stato smantellato con la riforma dei mercati finanziari. Quindi i cinesi possono scegliere: o pagano un’assicurazione privata o restano senza cure mediche. La Cina oggi spende il 5% del Prodotto interno lordo nel campo della sanità, un tasso elevato se confrontato con altri Paesi aventi lo stesso reddito. Ma dalle tasche dello Stato esce meno del 2% del Pil, tutto il resto è stato privatizzato. La spesa pro capite per l’assistenza sanitaria nelle aree urbane è circa 3,5 volte superiore rispetto a quella delle aree rurali, dove circa l’80% della popolazione non ha alcuna copertura assicurativa. Con la decentralizzazione del sistema fiscale poi, le regioni più povere si sono ritrovate senza fondi sufficienti provenienti dalla tassazione e in molti casi si sono rifatti sul sistema sanitario aumentando i ricarichi sui servizi offerti. Ad esempio sulle vaccinazioni. Così anche la salute sta diventando una merce a caro prezzo e, soprattutto, un diritto per pochi.

di Elisabetta Tramonto

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thabiseng è una bambina sudafricana. Ha la pelle nera ed è nata in un’area rurale a 700 chilometri da Cape Town da genitori poveri che

non hanno ricevuto alcuna istruzione. Sven invece è un bambino bianco, nato in una famiglia di medio reddito in Svezia e i suoi genitori hanno completato gli studi universitari. Due bambini le cui vite sono destinate a prendere strade completamente diverse. Nthabiseng ha il 7,2% di probabilità di morire nel suo primo anno di vita, Sven solo lo 0,3%. Nthabiseng ha davanti a sé una vita media di 50 anni, 30 in meno di Sven, che invece potrà ambire a compierne 80. Sven probabilmente studierà per 12 anni, Nthabiseng sarà fortunata

Un bambino nato in Svezia e una bambina nata in Sud Africa. Enorme il divario già alla nascita. In Sud Africa la mortalità infantile nel 2004 era pari al 62 per mille. In Svezia lo stesso dato nel 2003 era 2,8.

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20 ANNI DI DISUGUAGLIANZA NELLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO IN CINA FONTE: BANCA MONDIALE, WORLD DEVELOPMENT REPORT 2006

se frequenterà la scuola per un anno. Fattori come il sesso, la razza, il luogo di nascita, il reddito e l’educazione dei genitori segneranno per sempre le loro vite e anche le nostre. A sostenerlo è la Banca Mondiale nel suo prossimo rapporto, il World Development Report 2006 intitolato “Equity and Development”, equità e sviluppo, realizzato da un nutrito team di economisti e coordinato da Francois Bourguignon, capo-economista della Banca mondiale (che il mese prossimo, il 16 novembre, sarà in Italia, a Torino). L’equità è il tema centrale di questa edizione del rapporto. Gli economisti della Banca mondiale si chiedono se esista equità all’interno dei singoli Stati e tra uno Stato e l’altro e se possa esistere sviluppo senza equità. Risultato? Viviamo in un mondo ingiusto dove pochi hanno molto e moltissimi hanno quasi niente. Questo era noto da tempo. La novità è che anche la Banca Mondiale si è accorta che l’equità è un fattore fondamentale e che non può esistere sviluppo, anche economico, senza equità. Una conclusione a dir poco rivoluzionaria, se si considera che arriva dall’istituzione portabandiera, insieme al Fondo monetario internazionale, della dottrina neoliberista. Per i sostenitori della teoria economica liberista, infatti, non ha senso parlare di distribuzione equa o non equa delle risorse. È il mercato, attraverso la legge della domanda e dell’offerta, a determi-

Indice Gini sulla distribuzione del reddito 38 36 34 32 30 28 26 24 22 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001

nare l’allocazione della ricchezza e del benessere. Se il mercato decide che devono esistere ricchi e poveri, pazienza, non è lecito intervenire. Sulla stessa lunghezza d’onda della Banca mondiale ci sono anche le Nazioni Unite, che negli ultimi mesi hanno sfornato ben due rapporti dedicati al tema dell’ineguaglianza legata allo sviluppo: lo Human Development Report 2005 dell’Undp, l’agenzia dell’Onu per lo sviluppo, e il Report on the World Social Situation 2005 intitolato “The Inequality Predicament” (scaricabili entrambi dal sito internet dell’Onu www.un.org). Le conclusioni delle due ricerche delle Nazioni Unite sono analoghe a quelle della Banca mondiale: serve maggiore equità per avere maggiore sviluppo. Ma le differenze tra gli approcci delle due istituzioni si fanno sentire. L’alone liberista della Banca mondiale non è certo scomparso, anche se nell’ultimo rapporto la World Bank si è pericolosamente avvicinata a un mea culpa.

Quale equità? «Esistono solo due categorie di persone al mondo: quelli che hanno e quelli che non hanno», dice Sancho Panza nel romanzo Don Quixote de la Mancha di Miguel de Cervantes. Il punto però è capire da che cosa dipenda la possibilità di avere o non avere (reddito, ricchezza, benessere, salute). Se cioè i risultati che è possibile raggiungere nella vita dipendano da un insieme di caratteristiche individuali come capacità, talento e impegno, o invece dalle opportunità che ci vengono, o non vengono, offerte dall’esterno, come l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la possibilità di avere un lavoro o l’accesso al credito. Torniamo alla storia di Nthabiseng e Sven. Ipotizzando che i due abbiano la stessa intelligenza, la stessa forza di volontà, lo stesso talento, avrebbero pari opportunità di raggiungere gli stessi obiettivi? Oppure il fatto di avere la pelle di un colore diverso, di essere di sesso diverso, di essere nati in luoghi diversi e da genitori diversi condizionerà per sempre le loro vite, offrendo a Sven opportunità che Nthabiseng non avrà mai? Secondo la Banca Mondiale, purtroppo, è vero il secondo scenario. Nthabiseng dovrà faticare molto più di Sven per riuscire a studiare e, probabilmente, frequenterà scuole di peggiore qualità del suo coetaneo svedese. Una volta arrivata nel mondo del lavoro per lei sarà più difficile ottenere un impiego, quasi impossibile raggiungere cariche dirigenziali, riceverà un salario più basso e, se vorrà avviare un’attività imprenditoriale, per lei sarà arduo convincere una banca a concederle un finanziamento. Questo è ciò che la Banca mondiale intende per mancanza di equità: avere le stesse capacità ma non poter raggiungere gli stessi traguardi a causa di differenze basate su fattori come sesso, razza, luogo e ambiente di nascita. La Banca mondiale cioè non si preoccupa tanto di garantire uguali risultati a tutti. È giusto che ciascuno abbia il reddito, l’istruzione e il lavoro che si merita in base alle proprie capacità e al proprio impegno, purché tutti abbiano a disposizione le stesse opportunità. Questo è in sintesi il pensiero espresso da Francois Bourguignon nel World Development Report. In un mondo equo deve essere garantita a tutti la possibilità di studiare, di ottenere un’assistenza sanitaria, un lavoro, l’accesso al credito e ogni altra opportunità. Una teoria condivisa da molti economisti, come Sen, Romer, Dworkin o Rawls, ma non da tutti. L’Onu ad esempio segue una diversa linea di pensiero. Il concetto di equità, infatti, può anche essere inteso in termini di risultato finale. Per le Nazioni Unite cioè non

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GRAFICO 2

DIFFERENZE DI SALARIO TRA UOMINI E DONNE IN AMERICA LATINA [DATI 2004]

I salari di uomini Afro-indigeni, donne bianche non indigene e donne Afro-indigene, rapportati al salario di un uomo bianco 0,9

Uomini Afro-indigeni

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Donne bianche non indigene

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Donne Afro-indigene

PIL PRO CAPITE FONTE: ONU REPORT ON THE WORLD SOCIAL SITUATION 2005

FONTE: BANCA MONDIALE, WORLD DEVELOPMENT REPORT 2006 – EQUITY AND DEVELOPMENT

partenenza ai diversi gruppi etnici è un fattore rilevante. Il 13% degli americani bianchi non è assicurato contro 21% degli Afro-americani e il 34% degli Ispano-americani. I numeri parlano chiaro. Viviamo in un mondo dove l’equità è solo un barlume all’orizzonte. Ma l’aspetto più preoccupante è che negli Siamo tutti diseguali ultimi anni anziché diminuire, l’ineguaglianza è cresciuta. Dieci anni L’80% del prodotto nazionale lordo mondiale giace nelle tasche di un di aumento nelle disparità tra Paesi ricchi e poveri e tra diversi gruppi miliardo di persone che vivono nei cosiddetti Paesi sviluppati. Gli alsociali all’interno di ogni Paese, come rivela l’ultimo rapporto dell’Otri 5 miliardi di persone che vivono, o meglio tentano di sopravvivenu sullo sviluppo umano. Le differenze di reddito, di consumo, di istrure, nel Sud del mondo devono invece arrangiarsi con il restante 20%. zione, di salute si fanno sempre più profonde. Il mondo cresce - sul Questa immagine dovrebbe già riuscire a rendere un’idea dell’ineguafronte economia, tecnologia, innovazione - e diventa sempre più iniglianza che regna nel mondo, almeno per quanto riguarda le enormi quo. Ma perché? Questo è il punto cruciale. È proprio nell’individuare differenze di ricchezza tra un Paese e l’altro. Ma non è tutto. Che il redle ragioni che negli ultimi anni possono aver portato a un incremento dito medio, il benessere, il livello di consumi siano diversi, molto didell’iniquità che la Banca mondiale fa lo sforzo più grande e si avviciversi, tra l’Italia e, ad esempio, l’Eritrea è facile da immaginare. Più na ad ammettere le proprie responsabilità. “Sistematiche politiche masconcertante invece è che esistano enormi ineguaglianze all’interno croeconomiche come la liberalizzazione dei commerci, l’apertura dei dei singoli Paesi tanto nel Sud quanto nel Nord del mondo. Il 10% più mercati dei capitali, le privatizzazioni e le riforme del settore finanziaricco della popolazione in Sudafrica ha livelli di consumo 70 volte surio possono aver provocato nel lungo termine un aumento dell’ineperiori rispetto a quelli del 10% più povero. In alcuni Paesi dell’Ameguaglianza e l’arricchimento di alcuni gruppi a discapito di altri”. Non rica latina si registrano forti differenze di salario tra uomini e donne e è esattamente un mea culpa ma gli assomiglia molto. tra diverse etnie GRAFICO 2 . E se si pensa che spostandoChi se non la Banca mondiale e il Fondo monetario inci in un Paese “ricco” le cose possano cambiare ci si MORTALITÀ INF. GRAFICO 1 ternazionale hanno favorito politiche di liberalizzaziosbaglia di grosso. Negli Stati Uniti ci sono zone – lo dine dei commerci, di apertura dei mercati dei capitali e chiara l’ultimo rapporto dell’Onu sullo sviluppo - doTasso di mortalità di privatizzazione? Oggi invece proprio dalla Banca ve il livello di povertà è paragonabile a quello dei Paeinfantile [neonati morti ogni 1000 nati] mondiale arriva un indicazione: prima di introdurre si in via di sviluppo. E la situazione non migliora se si 15 riforme liberiste, che possano esporre un Paese all’agconsiderano altri fattori come la mortalità infantile, la INDIA [KERALA URB.] USA [AFRO-AMERICANI] gressione della concorrenza esterna, è meglio valutarsperanza di vita o l’istruzione. Gli Stati Uniti, primi al ne attentamente l’impatto sociale. mondo per la spesa per l’assistenza sanitaria (il 13% URUGUAY del Pil), hanno zone in cui il tasso di mortalità infan10 tile è pari a quello della Malesia GRAFICO 1 . Un americaUn triangolo per lo sviluppo no ricco, appartenente al 5% della popolazione statuCi può essere sviluppo senza equità? Per la prima nitense con il reddito più elevato, vive in media il 25% volta la risposta a questa domanda da parte degli MALESIA, USA in più di un americano povero, preso tra il 5% della economisti della Banca mondiale è un secco no. Nel USA [BIANCHI] 5 popolazione con il reddito più basso. Ma c’è di più: il lungo periodo equità e sviluppo sono legati indisdiritto alla salute negli Usa è una questione di razza. solubilmente. E le ragioni di questo legame sono GIAPPONE Lo dimostrano i dati raccolti dall’agenzia per lo svimolteplici. La prima è di natura prettamente ecoluppo dell’Onu, l’Undp. La percentuale di bambini nomica. Una società dove non tutti hanno la possi0 neri che muoiono prima del loro primo anno di vita bilità di accedere liberamente a fattori come l’istruè il doppio rispetto ai neonati bianchi. E durante tutzione, il lavoro, i mercati finanziari o gli ta la vita l’accesso all’assistenza sanitaria è segnato da profonde diffeinvestimenti, è necessariamente inefficiente. Una distribuzione direnze razziali. Il modello sanitario statunitense è basato in larga parte seguale delle opportunità, infatti, provoca un’allocazione ineffisu un sistema di assicurazioni private, coperte per lo più dai datori di ciente delle risorse, una perdita di potenziale produttivo e un funlavoro. Fatto sta che circa 45 milioni di americani non hanno una cozionamento inefficiente dei mercati dei capitali, assicurativi e pertura assicurativa (dati Onu riferiti al 2003). E ogni anno, secondo immobiliari. È questa la conclusione dell’analisi della Banca monuna stima dell’Institute of Medicine, 18.000 americani muoiono prediale. Nel breve periodo invece equità ed efficienza possono, ma maturamente perché non sono assicurati. Anche in questo caso l’apnon necessariamente, essere in contrasto fra loro. Si pensi ad esempio all’istruzione. Raggiungere un elevato livello di alfabetizzatone è per un Paese una fonte di ricchezza. Gli studenti di oggi saranno Anche migliaia di cittadini i ricercatori, gli imprenditori, i dirigenti di domani, che contribuiranno allo sviluppo del Paese. Ma garantire a tutti un’istruzione ha Usa muoiono ogni anno un costo elevato. Non bisogna però essere miopi, ammonisce la perchè non hanno Banca mondiale. I maggiori costi a cui si va incontro oggi saranno accesso diretto più che bilanciati dai benefici futuri. alle cure mediche FONTE: UNDP-ONU, HUMAN DEVELOPMENT REPORT 2005

basta assicurare a tutti pari opportunità – condizione comunque ritenuta necessaria – bisogna anche ridurre al minimo le ineguaglianze di reddito, sia all’interno di un singolo Stato sia tra una Paese e l’altro.

0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 BRASILE

GUYANA

GUATEMALA

BOLIVIA

CILE

La seconda motivazione alla base del ruolo fondamentale dell’equità per lo sviluppo riguarda il legame tra povertà e ineguaglianza. Se l’ineguaglianza aumenta, aumenta la povertà, anche in presenza di crescita economica. Ridurre l’ineguaglianza è l’unico modo per combattere la povertà. È la prima volta che la Banca mondiale fa un’affermazione del genere. Fin dall’inizio degli anni ’90 ha fatto della lotta alla povertà la propria missione. Finora però la parola equità non era mai stata pronunciata. La strategia per combattere la povertà prevedeva strumenti come la crescita della ricchezza complessiva, gli aiuti per le popolazioni indigenti, l’aumento delle opportunità per i più poveri. Oggi invece arriva la svolta. La Banca mondiale riconosce che povertà ed equità sono due fattori strettamente correlati. Che i poveri sono poveri perché non hanno libero accesso all’istruzione, al sistema sanitario, al credito, non hanno a disposizione infrastrutture e opportunità di accedere al mercato. Francois Bourguignon, capo-economista della Banca mondiale, sostiene nei suoi studi che lo sviluppo si basa su tre pilastri: crescita economica, lotta alla povertà e riduzione delle disuguaglianze. Di conseguenza pensare che sia necessario scegliere tra politiche orientate alla crescita economica e politiche redistributive è sbagliato. Se ben integrate le due politiche sono due facce della stessa medaglia. Nel rapporto della Banca mondiale compare una terza argomentazioneche spiega il legame imprescindibile tra equità e sviluppo. Un’argomentazione di natura socio-politica, che finora la Banca mondiale non aveva mai preso in considerazione, l’Onu sì. La mancanza di equità è fonte di conflitti, instabilità sociale e criminalità. Tensioni che, sostiene Bourguignon, possono restare latenti o esplodere in vere e proprie rivolte o guerre civili. Ma, anche nel caso non dovessero manifestarsi, una diseguale distribuzione delle risorse tra diversi gruppi sociali comporta diversi interessi da gestire, diverse politiche da attuare e, di conseguenza, un’inevitabile dispersione di risorse pubbliche e un aumento dei costi. In entrambi i ca-

MESSICO

PERÙ

I 20 paesi più poveri

32.339

I 20 paesi più ricchi Confronto tra il Pil pro capite nei paesi ricchi e in quelli poveri [in migliaia di dollari] 11.417 212

267

1960-1962

2000-2002

si quindi, che i conflitti si manifestino o restino latenti, a pagarne le conseguenze saranno la crescita e lo sviluppo.

Ricette per essere un po’ più uguali Governi e istituzioni possono fare molto, dicono Banca Mondiale e Nazioni Unite, per costruire un mondo un po’ più equo. Sono necessari interventi volti a garantire a tutti l’accesso a fattori primari come l’istruzione, l’assistenza sanitaria, un lavoro, una terra da coltivare. Disoccupazione, povertà e disuguaglianza sono condizioni collegate. Nel 2003 erano 186 milioni le persone senza un lavoro nel mondo, il 6,2% del totale dei lavoratori. Politiche di liberalizzazione, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, hanno peggiorato la situazione del mercato del lavoro, erodendo i minimi salariali, riducendo gli impieghi nel settore pubblico e indebolendo le leggi a favore dei lavoratori. Secondo Bourguignon per contrastare la disuguaglianza sociale è necessaria una riforma agraria che colpisca i latifondisti e garantisca a tutti gli agricoltori la possibilità di coltivare un pezzo di terra. Fondamentale nell’ottica di un mondo basato sulle pari opportunità anche l’accesso alle infrastrutture. Le strade, la ferrovia, l’elettricità, il telefono, l’acqua dovrebbero essere disponibili per tutti. Infine la ripartizione della ricchezza. La Banca mondiale fa un passo indietro e, anziché continuare a dichiarare che sono le leggi di mercato a determinare la distribuzione della ricchezza e che non servono interventi dall’esterno, afferma che sono necessarie politiche fiscali e redistributive per ridurre le ineguaglianze sociali tra Paesi e all’interno di ogni Paese. Dello stesso parere le Nazioni Unite. “Programmi di trasferimento di reddito verso le famiglie più povere sono fondamentali per modificare la struttura delle opportunità” si legge nel rapporto dell’Onu “The Inequality Predicament”. Sulla carta queste sono le indicazioni della Banca mondiale e delle Nazioni Unite per eliminare ingiustizia sociale e povertà dal mondo. Non resta che metterle in pratica. Nthabiseng non aspetta altro.

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Giovanni Andrea Cornia, docente di economia dello sviluppo all’università di Firenze ed ex-direttore del Wider (World Institute for Development Economic Reserch), uno centri di ricerca dell’università delle Nazioni Unite.

Equità fino in fondo, non basta garantire pari opportunità L’ineguaglianza è incontinuo aumento, spiega il docente di economia Giovanni Andrea Cornia. Si deve prestare molta NA RICERCA CHE, CINQUE ANNI PRIMA della Banca mondiale, dimostra che l’ineguaglianza è in continua crescita, tra uno Stato e l’altro e all’interno dei singoli Stati. Una ricerca che ha dato vita a un libro: “Inequality, Growth and povertà in an era of Liberalization and Globalization”. di E.T. Curatore della ricerca, e del libro, Giovanni Andrea Cornia, docente di economia dello sviluppo all’università di Firenze ed exdirettore del Wider (World Institute for Development Economic Reserch), uno centri di ricerca dell’università delle Nazioni Unite.

U

Con quali finalità è nata la ricerca? «La mia esperienza personale dagli anni ’70 a oggi mi ha portato a studiare con attenzione la realtà dei Paesi dell’Est, la povertà nei Paesi ricchi, l’America Latina e la Cina. Ho avuto modo di constatare empiricamente in continuo aumento dell’ineguaglianza. L’indagine che abbiamo condotto ha poi confermato la mia intuizione. Abbiamo analizzato la distribuzione del reddito negli ultiLIBRI mi 20 anni in 73 Paesi (i dati sono contenuti nel database Wiid, consultabile sul sito internet www.wider.unu.edu) e abbiamo scoperto che in 53 di questi l’ineguaglianza è aumentata. Un risultato decisamente indicativo. La Banca mondiale però 5 anni fa non lo riconosceva. Ci siamo quindi chiesti il perché di questo aumento dell’ineguaglianza così diffuso». E avete individuato le cause dell’incremento dell’ineguaglianza? «Inizialmente abbiamo preso in considerazione cause tradizionali come la distribuzione diseguale della terra, dell’istruzione, l’economia mineraria dominante, che spesso è causa di profondi squilibri distributivi, scelte di investi-

attenzione alla differenza tra «crescita economica» e «sviluppo».

mento che favoriscono il settore urbano a discapito di quello rurale. Ma abbiamo scoperto che le cause tradizionali non spiegano, se non in un numero limitato di casi (10-15 su 100), l’aumento dell’ineguaglianza in così tanti Paesi. Siamo quindi giunti alla conclusione che la colpa dell’aumento dell’ineguaglianza sia della politica economica e in particolare di politiche economiche volte alla liberalizzazione dei mercati finanziari, all’apertura del commercio internazionale».

gentina, Brasile, Bolivia - e in Sudafrica (62 dell’indice di Gini), l’Italia ha un coefficiente 33-35, la Cina intorno al 42, come gli Stati Uniti. Una profonda ineguaglianza si manifesta ovunque ci siano latifondi o nelle economie caratterizzate da una forte stratificazione razziale, proprio come il Sudafrica e l’America latina. Adesso alcune delle economie ex sovietiche si stanno dirigendo verso un elevata ineguaglianza e si stanno riproducendo condizioni di tipo latino americano».

Quindi politiche liberiste come quelle sostenute da Banca mondiale e Fmi sono la causa dell’aumento dell’iniquità? «Dipende. Non sono politiche sbagliate di per sé, ma devono essere introdotte solo nei casi in cui le condizioni sono mature. Nei paesi dove l’economia è già abbastanza solida la liberalizzazione porta dei benefici. Promuovere una politica di liberalizzazione interna e di globalizzazione esterna senza precauzioni porta a un aumento dell’ineguaglianza».

E l’Italia, è un Paese iniquo? «Le indagini dell’Istat e della la Banca d’Italia mostrano un aumento dell’ineguaglianza nella distribuzione dei redditi fino al ’92-‘93 poi una certa stabilità. Abbiamo una tasso di ineguaglianza più marcato dei paesi scandinavi, simile a quello di Francia e Spagna, ma più basso degli Stati Uniti. Fra i Paesi occidentali, quelli che presentano una spiccata mancanza di equità sono gli anglofoni: Stati Uniti e Gran Bretagna, che applicano maggiormente politiche economiche liberiste. In Italia le politiche di riforma del mercato del lavoro e la liberalizzazione dei mercati finanziari anno influito sull’aumento della disuguaglianza».

Giovanni Andrea Cornia Inequality, growth, and poverty in an era of liberalization and globalization

Ci può essere sviluppo senza equità? «No. Un paese può avere una crescita elevata anche in presenza di forti ineguaglianze interne, ma non si potrà parlare di sviluppo». La Cina sta crescendo rapidamente ma in modo diseguale. Bisogna dubitare della sostenibilità di questo modello di sviluppo? «In Cina la disuguaglianza è per lo più spaziale, le regioni della costa sono molto più ricche quelle dell’interno più povere. Credo che anche la Cina se continuerà così per 1020 anni diventerà un altro Brasile, con un alto tasso di criminalità, un’elevata instabilità, le classi sociali si rivolteranno. E poi la Cina non ha un tasso di ineguaglianza così alto. I tassi più elevati sono presenti in America latina - Ar-

Come si misura la disuguaglianza? «Esistono diversi indici per misurarla. Tra i più usati l’indice di Gini che varia tra 0 e 100 e misura la distribuzione del reddito. Se l’indice è pari a zero abbiamo tutti lo stesso reddito, se è pari a 100 il reddito è tutto nelle tasche di una persona e gli altri non hanno nulla. Ma la disuguaglianza si può misurare anche sui consumi o sulla distribuzione della ricchezza: risparmi, case, terre, immobili, fabbriche, gioielli, quadri». La Banca mondiale definisce l’equità come un’uguale distribuzione delle opportunità. Che cosa pensa di questa diversa visione? «Si può anche misurare l’equità con riferimento alle opportunità, ed

è quello che fa Bourguignon. Cioè se tutti hanno la possibilità di andare a scuola, di accedere liberamente al mercato del credito, posso dire di avere una società equa. Ma siccome non siamo tutti uguali, parte delle disuguaglianze dipendono da fattori soggettivi come differenze nella distribuzione del talento, delle capacità, dell’impegno. Una teoria che condivido ritiene che ci debba essere equità anche nei risultati e che quindi si debba intervenire laddove le capacità sono inferiori. Anche se l’ineguaglianza dipende da una differenza nella distribuzione del talento e delle capacità individuali, va comunque corretta. Altrimenti si rischia comunque un’instabilità. L’ineguaglianza delle opportunità è anche difficile da misurare, perché è difficile misurare le capacità di una persona. Difficile anche parlare di pari opportunità. Le dotazioni iniziali agiscono anche a livello psicologico. Il figlio di un professore universitario è più probabile che faccia l’università rispetto al figlio di un barbiere, perché diverse sono le aspettative dei genitori e perché diverso è il ruolo da imitare. La condizione di equità individuata da Bourguignon, cioè le eque opportunità, non è sufficiente. Non è possibile a parificare le opportunità». Che cosa si può fare per ridurre l’ineguaglianza? «Innanzitutto rendere l’accesso alle risorse uguale per tutti. È necessaria una serie di interventi sulle cause tradizionali: una riforma agraria, mandare tutti i bambini a scuola in particolare le femmine, organizzare corsi di istruzione per le donne. Così si andrebbero a parificare le condizioni di partenza. Bisognerebbe poi migliorare l’accesso al credito. Spendere i soldi della spesa pubblica nella salute. Su questo aspetto istituzioni come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale sono concordi. Poi ci sono le politiche macroeconomiche: è necessaria una politica di bilancio rigida, portare l’inflazione al 3%, lasciare circolare i capitali liberamente, aprire totalmente gli investimenti diretti».

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«Tanta ipocrisia. Un freno al mercato va posto» Per la prima volta il tema del rapporto tra lotta alla povertà ed equità sociale viene analizzato anche dalla Banca Mondiale. ON CI SI PUÒ OCCUPARE DI LOTTA ALLA POVERTÀ senza porre l’accento sull’equità. Per lo sviluppo la ripartizione dei profitti è una questione centrale, così come non ha senso parlare di crescita senza considerare il nodo della giustizia sociale». A parlare in questi termini è François Bourguignon il più importante economista della Banca Mondiale, in carica dall’ottobre del 2003.

«N di Cristina Artoni

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Il tema dell’equità viene analizzato in profondità nel rapporto “Il ruolo dell’equità nello sviluppo”, curato dallo stesso Bourguignon. Dopo il periodo in cui si è affermato lo sviluppo pianificato, il mondo si è trovato davanti alla diffusione di un modello unico: lo sviluppo neoliberista, un errore, ha spiegato l’economista: «Si è proceduto con piani di

L’economista Francois Bourguignon ha curato l’innovativo rapporto titolato “Il ruolo dell’equità nello sviluppo”. aggiustamento e si pensava che la crescita e il benessere potessero essere raggiunti indipendentemente da una ridistribuzione delle ricchezze. Si procedeva quindi con le privatizzazioni, che poi in alcuni casi in effetti si sono dimostrate catastrofiche. Ora si apre una nuova fase: si deve riconoscere che nello sviluppo è necessario almeno in parte l’ intervento dello Stato. Siamo passati da

una posizione che era frutto di dottrine applicate a priori, a una posizione pragmatica». Nel corso del Global Progressive Forum di Milano, che si è svolto lo scorso 9 e 10 settembre a Milano all’interno della Festa nazionale dell’Unità abbiamo raccolto le opinioni di alcuni relatori su questa posizione inedita di un organismo come la Banca Mondiale.

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Non c’è equità senza libertà

mo accettare cose mostruose come continuare a vivere sapendo che ogni giorno c’è gente che non ha nulla da mangiare».

Federico Mayor Zaragoza è presidente di Ubuntu ed ex direttore generale dell’Unesco: «Si può pensare che l’elemento principale per favorire lo sviluppo sia l’equità, ma questa credo debba essere legata a doppio filo anche con la libertà. Nel 1989, proprio nel bicentenario della Rivoluzione Francese abbiamo vissuto un grande cambiamento, è scomparso un intero mondo in cui si riservava grande spazio all’uguaglianza ma che nascondeva il fatto che mancava la libertà. Troppi silenzi di un regime chiamato Unione Sovietica. Poi questo mondo si è disciolto. Perchè? Perchè era fondato sull’equità ma aveva dimenticato la libertà. Ora siamo di fronte a un problema opposto: abbiamo un sistema che è basato sulla libertà ma che ha dimenticato l’equità è non può reggere in questo modo. Questi due elementi a loro volta hanno poi cancellato la fratellanza. Dobbiamo ricordare che la dichiarazione dei diritti dell’Uomo nel primo articolo dice: “tutti gli esseri umani nascono liberi” e prosegue dicendo che si devono relazionare in maniera fraterna. Non sono io che sottolineo queste cose, questi sono i principi adottati per il mondo che noi cederemo ai nostri discendenti e alle generazioni che prenderanno il nostro posto. Ma ora all’improvviso ci dicono che è il Mercato a comandare. Addirittura il presidente Clinton nel 1996 si è spinto a dire che oltre ad avere un’economia di mercato il mondo doveva prepararsi all’idea di una democrazia di mercato e ad una società del mercato. Ve lo potete immaginare una democrazia di mercato? Bisogna ritornare a pensare all’essere umano, occorre rispettarlo, ed è necessario ribadire che noi non possia-

DISTRIBUZIONE DEL REDDITO GINI

La corruzione demagogica 90

80 AFRICA SUB-SAHARIANA 72,2 70 MONDO 67,0 AMERICA LATINA E CARAIBI 57,1

FONTE: UNDP-ONU, HUMAN DEVELOPMENT REPORT 2005

Per Sameer Dossani, statunitense, direttore della rete 50 Years is Enough e del US Network for Global Economic Justice, la posizione è dell’economista Bourguignon è ipocrita: «La Banca Mondiale da sempre punta il dito sulla questione della corruzione e della legalità in Africa e in altri continenti del Sud del mondo, problemi sicuramente gravi e che dobbiamo tenere presenti, ma credo che di fronte a tutti i casi di corruzione, dobbiamo prima di tutto chiederci quali sono le responsabilità degli organismi legati all’Onu. Quello che stanno facendo Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale nei loro piani di intervento è di fatto far sì che i governi diventino la fotocopia dei loro stessi organismi istituzionali, annullando reali forme di auto-governo di ogni singolo paese. Così spesso un governo nel sud del mondo non rappresenta più la popolazione. Questo svuotamento della capacità decisionale di un paese è un fenomeno molto più pericoloso di quello che loro riconoscono come corruzione, quindi parlare di equità mi sembra un’ipocrisia». Martin Khor, economista malese, è direttore della rete Third World: «È vero che l’equità è un elemento fondamentale per lo sviluppo, ad esempio in campo agricolo. I contadini del Sud del mondo sono di fronte a un processo più grande di loro che li spinge sempre di più verso la povertà. Occorrono nuove regole per difenderli. Penso che occorra introdurre il concetto di

Calcolato applicando il coefficiente statistico di Gini sulla diseguaglianza

ASIA ORIENTALE E PACIFICO 52,0 EUROPA E CSI 42,8 HIGH INCOME OECD 36,8 ASIA DEL SUD 33,4

60

50

40

30

20

10

DISEGUAGLIANZA TRA STATI NAMIBIA BRASILE SUD AFRICA CILE ZIMBABWE MESSICO ZAMBIA ARGENTINA MALESIA FILIPPINE CINA THAILANDIA KENYA USA VIET NAM REGNO UNITO EGITTO POLONIA SRI LANKA FRANCIA FED. RUSSA ETIOPIA ALBANIA UNGHERIA SVEZIA

70,7 59,3 57,8 57,1 56,8 54,6 52,6 52,2 49.2 46,1 44,7 43,2 42,5 40,8 37,0 36,0 34,4 34,1 33,2 32,7 31,0 30,0 28,2 26,9 25,0

nomico per un paese, oltre che per la giustizia sociale». equità a livello internazionale, dove ad esempio i paesi È possibile riformare le organizzazioni economiche sviluppati stanno invadendo il mercato nelle esportacome Banca Mondiale e Fondo Monetario? «Questa zioni di merci: riescono a produrre moltissimo e manpossibilità – prosegue l’economista malese - è nelle tenere i prezzi molto bassi. È necessario per cambiare le mani dei cittadini dei paesi ricchi: se la popolazione cose introdurre equità nelle regole delle organizzazioni farà pressione sui propri governi, considerato che sono del commercio, che al momento non sono per nulla loro ad avere il controllo dell’FMI, della Banca Mononeste. L’esempio più grave sono le regole che riguardiale e dell’Organizzazione Mondiale del commercio. dano l’agricoltura nel WTO. Queste regole permettono Altrimenti non lo faranno mai di loro spontanea voai paesi del primo mondo di proseguire con i sussidi per lontà. Occorre che i cittadini del Sud ini produttori, mettendo sul lastrico i condichino la strada, ma poi il movimento tandini dei paesi in via di sviluppo. È sociale dei paesi ricchi, come Italia, Gerun’ingiustizia. Occorre quindi equità sia mania, Stati Uniti e Giappone aprano la a livello locale sia a livello globale». strada per chiedere la fine dello sfruttaMa non è strano che ora anche l’emento delle popolazioni dei paesi poconomista di punta della Banca Monveri». diale sostenga la necessità di maggiore Chico Whitaker, brasiliano, è coequità? Per Martin Khor si tratta di una fondatore e membro del comitato del Francois Bourguignon, sensibilità che si sta diffondendo in maeconomista. Forum sociale Mondiale: «Si è parlato niera evidente: «Sempre più gente sta molto negli ultimi tempi della riforma realizzando che l’equità è un fattore imdell’Onu, credo sia importante perchè è portante non solo a livello sociale ma una struttura che va salvata, ma per faranche da un punto di vista economico. lo in modo sensato credo che si debba Se vi è una ridustribuzione equa dei propartire dagli organismi economici che fitti gli stessi lavoratori si trovano nelle hanno un’incidenza fondamentale sui condizioni di poter spendere di più e destini del mondo, ossia: Fondo monetario internazioquesto spinge alla crescita economica di un paese. Ma nale, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale del se la ricchezza rimane concentrata nelle mani di pochi commercio. Sono organizzazioni generate dagli accorci sarà una totale assenza della domanda, come aveva di di Bretton Woods che si devono rifare alla carta deldetto il grande economista Keynes, se c’è una ripartile Nazioni Unite, cioè sulla carta universale dei diritti zione dei profitti, la domanda crescerà e i produttori dell’Uomo, cosa che al momento non rispettano. Pardovranno lavorare di più e l’economia crescerà. L’eliamo di equità, ma facciamolo davvero». quità quindi è fondamentale anche per l’aspetto eco-

Equità “epovertà lotta alla sono legate

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«Belle parole, ma la pelle della Banca Mondiale non cambia» Willy Thys, Segretario Generale della Confederazione mondiale del Lavoro, non si fa convincere dalla “svolta” annunciata da di Cristina Artoni

della Banca Mondiale comprenderanno che i souk dei paesi arabi possono essere uno strumento di sviluppo economico avranno capito tutto»

L GIORNO IN CUI I DIRIGENTI

«I

all’interno “Anche della Banca Mondiale vi è chi avanza buone idee. Ma poi l’istituzione prende il sopravvento

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Anche la Banca Mondiale, attraverso le parole del vicepresidente per lo sviluppo economico dell’organismo, François Bourguignon, sostiene che l’equità sia un punto centrale per realizzare lo sviluppo, non le sembra una posizione nuova rispetto al passato? «È vero anche che anche all’interno della Banca Mondiale c’è gente che fa dei bei discorsi e che avanza delle buone idee. Ma il problema è che l’istituzione funziona sempre nella stessa maniera dalla sua

Bourguignon. «Nella Banca il Terzo Mondo non è rappresentato, manca una vera comprensione di modelli economici differenti». creazione. Quali sono i suoi grandi difetti? La Banca Mondiale è l’istituzione che di più rispetto alle altre agisce direttamente sul terreno, sappiamo in primis che tutta l’analisi è nelle mani di consulenti che arrivano da paesi sviluppati, quindi c’è la totale assenza di rappresentanza del Terzo mondo. Dall’altra parte si applica lo stesso modello economico ovunque, senza tener conto delle strutture economiche deboli dei paesi in via di Sviluppo. Io cito sempre un esempio piuttosto semplice ma credo efficace: il giorno in cui i dirigenti della Banca Mondiale comprenderanno che i souk dei paesi arabi possono essere uno strumento di sviluppo economico avranno capito tutto, perchè il problema è che spesso con il loro intervento sopprimono quello che funziona e installano cose che non è detto che

funzionino e dunque arriviamo a delle soluzioni di squilibrio che finiscono per portare a un aumento del debito piuttosto che a sanare l’economia». Si è parlato molto di riforma dell’Onu, ma per ottenere dei reali passi avanti non si sarebbe forse dovuto partire da una riforma delle agenzie economiche? «È chiaro che quello che determina lo sviluppo del mondo sono le politiche del Fondo Monetario Internazionale a livello macroeconomico e della Banca Mondiale a livello microeconomico. Queste istituzioni, infatti, giocano un ruolo molto importante nello sviluppo ma anche e soprattutto nel “non sviluppo” dei paesi del Sud del mondo e di quel-

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0,63 0,42 0,41 0,39 0,37 0,36 0,35 0,28 GERMANIA 0,26 SPAGNA 0,26 CANADA 0,25 AUSTRALIA 0,24 AUSTRIA 0,23 NUOVA ZELANDA 0,23 GRECIA 0,19 GIAPPONE 0,16 USA 0,15 ITALIA

Avete speranza di cambiare le cose con l’aiuto dei movimenti? «La società nel mondo non è progredita che con la sollevazione della gente e dunque è creando dei contropoteri a differenti livelli che possiamo riuscire a cambiare le mentalità. Io credo che la formazione sia un elemento molto importante per lo sviluppo e il cambiamento. Quando le persone sono preparate, possono affrontare le grandi sfide che si trovano davanti perchè la società diventa sempre più complessa e solo a quel punto le cose cominciano a cambiare. Ora la gente non capisce ma sente che c’è aria di rivolta che fino a qui non si è però ancora concretizzata, ma quando la gente avrà capito il meccanismo e avrà messo a fuoco degli obiettivi si renderà conto che le cose possono cambiare davvero attraverso delle scelte politiche, con partiti che sono coerenti. A quel punto il mondo cambierà e ogni individuo diventerà un attore del cambiamento».

AIUTI AI PAESI IN VIA DI SVILUPPO IN PERCENTUALE SUL PIL DEI DONATORI 0,87 0,85 0,84 0,77 0,74

Da parte parte bisogna cominciare per sanare? «Io credo che la prima cosa che dobbiamo pensare è arrivare a un reale alleggerimento del debito. Il debito estero è un elemento che paralizza totalmente lo sviluppo dei paesi del Terzo mondo perchè con questo peso gravoso non ci sono margini per applicare delle politiche. Questa è la prima cosa. Dovrebbero essere introdotti dei meccanismi che facciano in modo che il debito estero nel budget di uno stato sia stabilito al 20%, così il resto può essere trasformato in fondo sociale per lo sviluppo in modo da sostenere le politiche sociali come ad esempio l’istruzione, la sanità o creare degli impieghi per lo sviluppo economico. Invece con le regole della Banca Mondiale i paesi del Terzo mondo ripagano di più in interessi e in spese rispetto ai paesi sviluppati. È un’assurdità, con questo sistema non si blocca mai come si

dice il rubinetto e le cose restano sempre difficili da migliorare».

NORVEGIA LUSSEMBURGO DANIMARCA SVEZIA OLANDA PORTOGALLO FRANCIA BELGIO IRLANDA SVIZZERA REGNO UN. FINLANDIA

È in corso nel Sud del mondo una sorta di neo-colonizzazione secondo lei? «È vero che quando il sistema coloniale è affondato dopo la seconda Guerra Mondiale, è stato sostituito da queste strutture che mantengono un sistema di equilibrio monetario mondiale. Il problema è che non sono mai state riformate e da sessant’anni funzionano sempre

nella stessa maniera ma in un mondo che è cambiato moltissimo. È caduto anche il muro di Berlino, ma FMI e WB appaiono come immutabili. È una cosa aberrante».

FONTE: OONU: REPORT ON THE WORLD SOCIAL SITUATION 2005

li in crescita. È vero che si vuole migliorare la situazione economica del mondo e a cascata, quindi, anche quella politica e sociale, credo che occorra riformare queste istituzioni. Stiamo parlando di realtà come il Fondo Monetario Internazionale, organizzato come un’istituzione finanziaria, dove esiste un consiglio di amministrazione in cui chi ha più soldi ha diritto ad avere più peso nelle decisioni con più voti, e dunque questo crea una situazione di strapotere. Prima di tutto degli Stati Uniti, ma anche dei paesi dei G7 cioè quelli più industrializzati. Qualcuno del movimento sostiene che questi sono degli strumenti di dominazione dei ricchi sui poveri, ed è sicuramente vero».

L’Africa in casa dei ricchi. Anatomia della povertà negli Stati Uniti La povertà non riguarda solo i paesi in via di sviluppo, spiega l’autore di “The Working Poor” che ricorda come, ancora oggi, un bambino su sei negli Usa sia denutrito e la povertà abbia sempre una caratterizzazione di colore, età e genere. INQUE ANNI DI LAVORO,

centinaia di interviste in giro per gli Stati Uniti: The Working Poor di David Shipler è una cronaca dei poveri d’America dopo la riforma del Welfare: le madri teenager senza lavoro, marito, futuro; i giovani ex-carcerati che di Roberto Festa affondano nell’alcolismo e nella marginalità sociale; i migranti messicani ridotti a schiavi nei campi del North Carolina e negli uffici di Los Angeles. David Shipler, ex-giornalista del New York Times, Premio Pulitzer per un suo reportage sul conflitto israelo-palestinese, professore a Princeton, descrive la povertà come un abisso fatto di scarsa istruzione, solitudine, lavori incerti, salute malferma, assistenza sociale inesistente, profonda depressione. «I poveri diventano invisibili grazie a una cultura che insiste sulla responsabilità personale e sulla moralità del successo professionale», ci dice Shipler dalla sua casa nel Maryland.

C

LIBRI

David Shipler The Working Poor

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Mister Shipler, lei descrive un paese che ha rinunciato a ogni progetto di protezione dei più deboli. «La situazione americana è molto diversa da quella europea. Pur in un quadro di riduzione delle garanzie, l’Europa mantiene un sistema esteso di garanzie sociali. Negli Stati Uniti la cultura del Welfare è completamente screditata. L’espressione welfare mothers (madri single a carico dell’assistenza pubblica) è diventata peggio di un insulto».

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Dove nasce questo orientamento, culturale ancor prima che economico? «Nasce con il nostro mito fondatore, con la cultura della frontiera che modella l’America. Questa in fondo è la terra delle opportunità. Fin da bambini ci dicono che per prosperare devi rimboccarti le maniche. Il lavoro diventa una forma etica: se lavori duro sei una brava persona. Non esiste nessun'altra società che attribuisca un valore così alto al successo sul luogo di lavoro. I soldi sono il segno che hai svolto con successo il tuo dovere. La ricchezza diventa indice di moralità. Se invece sei a carico dell’assistenza pubblica, sei un fallito o un essere immorale». Un mito che ha garantito anche lo sviluppo del paese……. «Sì, in questo mito americano c’è una parte buona e una cattiva. La parte cattiva è ovvia: gli individui sono biasimati per la loro situazione. Finisci per condannare le vittime. Il lato positivo è che la società acquista uno straordinario dinamismo. Il mito dell’arricchimento si trasforma in una tensione continua, in un bisogno degli individui di dare realtà al mito. E’ un processo che assicura mobilità sociale e sviluppo economico». Progressisti e conservatori americani si incontrano oggi nella diffidenza a un Welfare State troppo esteso?

«Rimangono delle differenze: i conservatori si rifanno a teorie sociali individualiste e attribuiscono la povertà a un disordine personale, “comportamentale”; i progressisti tendono invece a enfatizzare il ruolo di istituzioni e società. Nella pratica politica, comunque, i due poli spesso si incontrano. Dopotutto è stato proprio un presidente democratico, Bill Clinton, a mettere fine al Welfare così come lo conosciamo». Lei si riferisce alla riforma del 1996. Alcuni dati recenti dicono che oggi 2 milioni di famiglie americane vivono grazie ai programmi del Welfare (Medicaid, buoni alimentari, sussidi per la casa, voucher per l’assistenza sanitaria ai bambini). Erano 5 milioni nel 1994. Il numero degli americani a carico dell’assistenza pubblica si è ridotto del 60%. È un segnale positivo? «Bisogna saper leggere i dati. La riforma – welfare-to-work - ha costretto milioni di persone ad accettare lavori sottopagati, promettendo fondi per la formazione, l’assistenza ai minori, il comfort abitativo. Quei fondi non sono mai arrivati. Il risultato è che oggi in America milioni di genitori escono la mattina e lasciano i figli senza alcuna assistenza, in ambienti degradati. Non guadagnano abbastanza, passano da un lavoro non specializzato all’altro, sprofondano sempre più nella depressione. 33 milioni di

americani vivono sotto la linea della povertà (circa 18 mila dollari per un genitore con tre figli)». La povertà, il Welfare, ha un colore? «Sì, ha un colore, un genere e un’età. Ha il colore degli afroamericani e dei latinos: il 23% dei neri e il 22% dei latinos sono poveri. Il genere è spesso quello femminile: più di 20 milioni di donne non hanno di che vivere. E spesso la povertà colpisce i più piccoli: un bambino su sei è denutrito». Come si è comportata l’amministrazione Bush nei confronti del Welfare? «Se Clinton lo ha ridotto, Bush lo ha esplicitamente preso di mira, riducendo i sussidi per istruzione e sanità, ponendo vincoli burocratici che ne ritardano l’attribuzione. L’amministrazione ha introdotto il sistema dei block grants: prima molti programmi sociali erano co-finanziati (a ogni dollaro speso dai singoli stati corrispondeva un dollaro del governo federale); oggi Washington tende a concedere una somma fissa, ciò che porta a una contrazione inevitabile della spesa».

David Shipler, premio Pulitzer e docente a Princepton, autore di The Working Poor.

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in America oltre trenta “Oggi milioni di cittadini vivono sotto la linea della povertà e non hanno garanzie ” |

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Liberia e dintorni

I soldi del dittatorello che scompaiono di Paolo Fusi

IDEA ERA SEMPLICISSIMA. In Liberia si combatte da anni, chi vuoi che vada a controllare cosa combina una società

L’

NOVAMONT

bucalettere di Monrovia. Per giunta, per costituire una società liberiana, non c’è bisogno di andare laggiù. La “piazza finanziaria” viene gestita dalla Liberian International Ship & Corporate Registry (LISCR) – una società privata statunitense con sede a Vienna (in Virginia), a New York, al porto greco del Pireo, a Zurigo, a Londra, a Tokyo, a Hong-Kong… e naturalmente in un ufficetto di Monrovia, in cui siede una segretaria ruffolona e preoccupata, che gestisce un telefono con cui chiamare la centrale in Virginia. La LISCR funge da ufficio del registro e da registro per l’immatricolazione delle navi (da sempre una delle maggiori fonti di sostentamento della Liberia). Sicché il nostro eroe – il presidente/dittatore di uno stato nato dall’esplosione dell’ex Unione Sovietica – nel 1999 costituisce tre società liberiane: una a Zurigo, una a New York ed una a Hong-Kong. I soldi, che il nostro eroe riceve sottoforma di aiuti da parte del governo tedesco, li nasconde semplicemente in una banca di Francoforte, di modo che non transitino mai nel suo paese (e non ci sia quindi il rischio che qualche dipendente malandrino ne scippi una parte). Orbene: mentre tutti noi sappiamo, che nelle piazze offshore europee c’è un simpatico truffatore (in gergo “fiduciario”) che s’incarica di gestire la bucalettere, in Liberia non c’è nulla. Il dittatorello ne gode. E spera: se un giorno vorranno acciuffarmi, non ci sarà nessun fiduciario a spifferare tutto alla polizia. E difatti: la LISCR non è tenuta a tenere un registro vero e proprio delle società che sono ufficialmente costituite in Liberia. E non è necessario – come a Panama, le Bahamas, le Isole Vergini o il Liechtenstein – che nel Un contorno di faccendieri consiglio d’amministrazione segga un indigeno con funzioni di garante. protagonisti di scorribande Dal 2000 alla testa del LISCR ci sono l’avvocato israeliano Yoram Cohen di ogni tipo, sfuggiti anche grazie alla Corte ed un socio del dittatore liberiano Charles G. Taylor, Sanijvan Ruprah. di Cassazione italiana Costoro ricevono oboli alla registrazione delle nuove navi e decidono cosa fare dei documenti relativi alle bucalettere costituite per conto della LISCR (e dello Stato della Liberia). Se l’obolo non è sufficiente, allora c’è da attendersi qualunque cosa. Ruprah non è uno sconosciuto: nel 2002 è stato salvato dalla Corte di Cassazione italiana, poiché la procura della Repubblica di Monza aveva potuto dimostrare che di mestiere traffica armi insieme a personaggioni della Odessa da bere. Costoro, annoiati dai facili guadagni con il petrolio, la prostituzione e la droga, si sono messi ad armare gli eserciti privati che massacrano gente in giro per l’Africa per controllare le miniere di diamanti. La Cassazione ha deciso che il reato sussiste, ma non gli interessa, perché compiuto da un cittadino estero all’estero – poco importa se l’ha organizzato dall’Italia. Torniamo al nostro caro dittatorello. Il tipo non paga il pizzo all’IRI (simpatico nome della società che raccoglie per Taylor gli oboli pagati collateralmente all’iscrizione al LISCR), perché da onesto tiranno è offeso da tanta malavitosità. Yoram Cohen, tra l’altro, è sotto inchiesta in Israele per spionaggio via Internet. Risultato: in modo difficilissimo da spiegare, tutti i dati del dittatorello finiscono sul tavolo degli ispettori del Fondo Monetario Internazionale. Orrore. Il presidente, offesissimo, si dimette e lascia il suo paese. Poi si reca a Francoforte a prendere i suoi soldi per poi trasferirsi al mare a godersi il suo cattivo umore. Ci crederete? Le sue società risultano non essere mai esistite. Ed i conti bancari? Le banche tedesche, che sono una cosa seria, non danno informazioni sui propri depositi. A nessuno. Tanto meno a qualche ex dittatorello asiatico, di cui manco riescono a pronunciarne il nome.

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Regole ancora lontane per i fondi speculativi in Germania >33 Gli operatori degli hedge funds: «una caccia alle streghe» >36 Una rappresentanza per il Terzo Settore è necessaria >37

finanzaetica OTTIMI AFFARI PER LE BANCHE SVIZZERE PRONTE ALLE BARRICATE CONTRO LE ROGATORIE

RINVIO DELLA SARBANEX OXLEY PER LE PMI

LE BANCHE CONDANNATE A RIMBORSARE PARMABOND

DUE MILIONI DI DOLLARI DA BAE SYSTEMS A PINOCHET

IL DOW JONES SUSTAINABILITY INDEX SI RINNOVA E REGISTRA PIÙ ATTENZIONE AI PRODOTTI

BOOM NELL’ACQUISTO DI ARMI NEL TERZO MONDO

I conti vanno a gonfie vele, nonostante l’euroritenuta entrata in vigore su una parte dei redditi finanziari realizzati da cittadini residenti nei paesi dell’Unione Europea. Ma quello che non va giù ai banchieri svizzeri è l’insistenza delle autorità giudiziarie. In occasione dell’assemblea annuale dell’Associazione delle Banche elvetiche il direttore generale, Urs Roth, ha lanciato un allarme sostenendo che le rogatorie sui conti di cittadini non residenti in Svizzera non devono diventare uno strumento per acquisire in modo surrettizio informazioni riservate. Roth ha fatto un esplicito riferimento alla vicenda Yukos, il colosso petrolifero che era sotto il controllo di Mikhail Khodorkovsky, il magnate finito in carcere per il suo progetto di opposizione politica. Ma in realtà la Switzerland Bankers’ Association non ha mai amato l’attivismo dell’autorità giudiziaria che nel corso degli ultimi anni ha dato la caccia ai tesori di ex dittatori, come il nigeriano Sani Abachi o il peruviano Alberto Fujimori. Nonostante le rogatorie il 2004 è stato ricco di utili per le banche elvetiche che hanno registrato utili netti per 58,5 miliardi di franchi, con un aumento del 6,4% rispetto all’anno precedente. I patrimoni gestiti, voce principale per le banche svizzere, a fine 2004 erano pari a 3550 miliardi di franchi, in aumento di oltre il 10% rispetto ai 3200 miliardi dichiarati a suo tempo per fine 2003. La SBA ha fatto notare che la somma raggiunta rimane inferiore del 3,6% al record del 2000. Ma resta il fatto, secondo molti analisti della piazza elvetica, che vi è stato un incremento della massa dei patrimoni gestiti, tanto più interessante se si considera che è stato registrato nella fase che ha preceduto l’avvio dell’euroritenuta su una parte dei redditi finanziari degli investitori Ue non residenti. Questa nuova imposta, accettata dalla Svizzera in cambio del mantenimento del segreto bancario ed entrata in vigore il primo luglio scorso, avrebbe potuto determinare una riduzione dei capitali gestiti, ma i dati di fine 2004 e le proiezioni di metà 2005 indicano che ciò sin qui non è avvenuto.

La Sec ha deciso di allentare le maglie della legge anti-truffa Sarbanes Oxley per le medie imprese. Le aziende con una capitalizzazione di mercato inferiore ai 75 milioni di dollari avranno a disposizione un altro anno per mettersi in regola con i controlli interni sui loro bilanci. La Sec, che aveva già concesso un rinvio di dodici mesi in marzo, ha così spostato la scadenza fino al luglio 2007. Con il nuovo rinvio, la Sec e il suo nuovo presidente Chris Cox seguiranno la raccomandazione di una loro stessa commissione, creata appositamente per analizzare gli effetti delle normative sulle piccole aziende. La Sec ha concesso anche alle banche un altro anno, fino al settembre 2006, per la registrazione con l’agenzia di attività nel brokeraggio. Una normativa che, in realtà, precedeva la Sarbanes Oxley ed era nata all'indomani della deregolamentazione dei servizi finanziari. Le regole per le medie aziende al centro del ripensamento, in particolare, chiedono un processo di valutazione dei controlli sui conti e della loro capacità di scongiurare scandali che, negli anni passati, hanno travolto anche grandi gruppi quali Enron e WorldCom. Questo processo prescrive poi che i revisori esterni dei conti approvino i controlli e che i risultati delle verifiche condotte su questi sistemi siano resi noti nei rapporti annuali agli azionisti.

Una sentenza potrebbe cambiare il corso della battaglia dei risparmiatori contro le banche per i bond Parmalat. Il tribunale di Parma lo scorso 22 luglio ha infatti annullato i contratti con i quali alcuni clienti avevano sottoscritto i bond «per vizio generalizzato». Diversamente da quanto deciso da altri tribunali i giudici hanno riscontrato tali anomalie da ritenere nulli i contratti fatti sottoscrivere ai clienti. Si tratta nello specifico dei bond emessi dalla Parmalat Finance Corporation Bv, società lussemburghese del gruppo di Collecchio con un capitale sociale di 1.242.000 euro e nessun dipendente a carico, venduti con la denominazione Parfin, la stessa che compare nelle contrattazioni di titoli della Parmalat Finanziara Spa di Milano. La mancata identificazione della società emittente ha determinato un «vizio della volontà» in virtù del quale i clienti hanno ottenuto la restituzione delle somme pagate per l’acquisto dei bond. L’elemento estremamente innovativo di questa sentenza è il fatto che è ragionevole ipotizzare l'estensione dello stesso principio a tutti gli altri casi in cui i bond emessi dalle consociate estere di Parmalat sono stati venduti ai clienti con una denominazione insufficiente ad identificare la vera società emittente. Secondo una prima analisi oltre il 70% dei prestiti obbligazionari sono stati venduti con identiche procedure.

BAE Systems, il maggior fabbricante di armi del Regno Unito, avrebbe pagato segretamente all’ex dittatore cileno Augusto Pinochet 2 milioni di dollari. Secondo un'inchiesta del Guardian, i pagamenti cominciarono nel 1997 e continuarono fino al 30 giugno dell’anno scorso, data dell’ultimo trasferimento di 189.940 dollari. Una parte del denaro è stata pagata con l’intermediazione di una società fantasma domiciliata nelle isole Vergini britanniche, utilizzata dalla BAE per canalizzare le sue commissioni per la vendita di armi. Sollecitata sulle ragioni dei pagamenti al dittatore la multinazionale aerospaziale britannica si è limitata a pubblicare un comunicato in cui ha spiegato che la società ha una «chiara e rigorosa politica nelle relazioni con terze parti, a cui i dipendenti si devono attenere». BAE Systems è stata già accusata in passato del pagamento di bustarelle all’estero: la società è al centro di un’inchiesta della squadra anti-frode del ministero della Difesa per presunti fondi neri destinati all’Arabia Saudita in cambio di potenziali commesse militari. Il 14 settenbre la Corte suprema del Cile ha revocato l'immunità a Augusto Pinochet; il che permetterà al pubblico ministero di depositare le incriminazioni contro l’ex dittatore, accusato per la scomparsa di 3.000 oppositori politici durante il regime militare.

Sono 57 le nuove aziende inserite quest’anno nel Dow Jones Sustainability World Index. Cinquantaquattro quelle cancellate. L’indice di riferimento pan-europeo, il Dow Jones Stoxx Sustainability Index, include invece 25 nuove società, mentre 29 ne sono state eliminate. Tra le società nel paniere figurano la banca olandese Abn-Amro, la svedese Ericsson, specializzata in apparati di telecomunicazione e la casa automobilistica tedesca Bmw. Ma anche l’italiana Telecom, per il secondo anno consecutivo. Questa la scelta per il 2005 dei Dow Jones Sustainability Indexes, che il gruppo svizzero Sam traccia dal 1999, per conto di Dow Jones Indexes e Stoxx, valutando le performance finanziarie delle aziende di tutto il mondo e i loro criteri di sostenibilità ambientale e sociale. L’analisi di Sam, basata sulla valutazione delle pratiche sociali, ambientali e di Corporate Governance delle compagnie, costituisce l’indice di riferimento per gli investimenti sostenibili in 14 Paesi. E non sono briciole. Il valore complessivo ammonta infatti a 3,3 miliardi di euro. Secondo la valutazione di Sam, l’interesse delle multinazionali per la sostenibilità sta progressivamente spostandosi dalle strategie ai prodotti e ai servizi offerti come le tecnologie eco-compatibili nell’industria elettronica, la prevenzione anticrimine nel settore finanziario e cibi più naturali nell’industria alimentare. Nel suo rapporto annuale Sam sottolinea inoltre che ad aiutare la trasparenza e l’affidabilità delle compagnie vengono sempre più spesso introdotti dei meccanismi di controllo e indicatori standard di sostenibilità. Ne è un esempio l’inglese Operating & Financial Review (Ofr). Insomma, l'attenzione alla sostenibilità socio-ambientale della catena produttiva sembra vivere un momento favorevole. Per questo Sam si prepara a incrementare l’offerta di indici lanciando il Dow Jones North America Sustainability Index e il Dow Jones Sustainability Index.

I contratti di fornitura di armi tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo sono stati nel 2004 pari a 22 miliardi di dollari, in netto aumento rispetto all’anno precedente, quando il totale fu di 15,1 miliardi di dollari. La vendita di armi convenzionali verso i paesi in via di sviluppo, che si attesta tra il 55% e il 72% dell’intero mercato di armi, ha raggiunto livelli record. Nel periodo 2001-2004, secondo il report del servizio di ricerca del Congresso USA, i paesi in via di sviluppo hanno ricevuto il 57,3% di tutti i trasferimenti di armi. stesso periodo il 63,2% delle effettive consegne sono state portate a termine nei paesi in via di sviluppo. Il Medio-Oriente è sempre stato il più grosso mercato di armi nel mondo in via di sviluppo – il 49,2% degli accordi di tutti i paesi in via di sviluppo negli anni tra il 1997 e il 2000 lo riguardava – l’Asia lo ha surclassato nel 20012004, spendendo, secondo quanto afferma il report, 35 miliardi di dollari in nuove armi durante questo periodo. Il cambiamento è in parte dovuto alla diminuzione di acquisti di armi da parte dell’Arabia Saudita e di altri stati del Golfo come conseguenza della Prima Guerra del Golfo all’inizio degli anni ’90. Ciononostante, l’Arabia Saudita nel 2004 si è classificata seconda, dietro all'India, nella classifica dell'acquisto armi nei paesi in via di sviluppo, seguita da Cina e Egitto. Fonte: www.megachip.info

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Le “locuste del capitalismo” attaccano la Germania

I fondi speculativi controllano ormai un quarto delle grandi imprese tedesche. Locuste avide di denaro o ossigeno per i mercati? Il dibattito è aperto, ma il fortino tedesco è sempre più vulnerabile. E le regole stentano a decollare. di Mauro Meggiolaro ONO COME LOCUSTE. Saccheggiano le imprese per poi scappare con la cassa». Così Franz Müntefering, capo dei socialdemocratici tedeschi (SPD), ha chiamato i fondi hedge e private equity lo scorso aprile. Non pago, ha reso nota una lista di “locuste” che starebbero per aggredire il sistema industriale tedesco: KKR, Apax, BC Partners, Carlyle, Advent, Permira, Blackstone, CVC, Saban Capital e altre ancora. Nomi sconosciuti ai più, società di investimento che lavorano nell’ombra, con grande discrezione. La vice Ute Vogt si spinge oltre invitando addirittura a boicottare i prodotti delle imprese controllate dai capitalisti selvaggi. In Germania si scatena un putiferio. In molti liquidano la boutade del compagno Münte come mera propaganda elettorale, per guadagnare voti a sinistra. Ma il dibattito intorno al capitalismo e ai suoi figli degenerati non accenna a spegnersi. Solo un mese dopo il fondo speculativo britannico TCI, assieme ad almeno altri otto fondi hedge, costringe alle dimissioni Werner Seifert, direttore di agli azionisti. Dal detto al fatto Hohn coDeutsche Börse AG, la borsa tedesca. Un mincia ad aumentare progressivamente la colpo al cuore per la city di Francoforte. sua posizione in Deutsche Börse, seguito A guidare la fronda degli azionisti c’è da una serie di fondi speculativi e di banChristopher Hohn, fondatore, proprietache - tanto che ora le autorità di vigilanza rio e direttore di TCI, “The Children’s Insospettano l’esistenza di un concerto. vestment Fund”, un hedge che ha sede Sempre più azionisti, che non conoscono i operativa a Londra ma è domiciliato alle retroscena, vendono le loro partecipazioni Franz Müntefering, Cayman. Hohn ha 38 anni e nessuno pria Hohn e ai suoi colleghi, mentre il corso capo dei ma del colpaccio alla borsa sa chi è. Anche del titolo sale. Il TCI passa presto all’8% socialdemocratici tedeschi (SPD) perché è un personaggio molto riservato. nel capitale di Deutsche Börse. Altri fondi, Di lui non esistono foto pubbliche e la sua come Atticus e Och-Ziff, superano il 5%. segretaria non è in grado di confermare nemmeno la Anche Generali è della partita, con il 3,5%. «Il 59% desua età. Come puo’ un carneade del genere mettere in gli azionisti è con me», dichiara finalmente Hohn in crisi una delle maggiori istituzioni tedesche? Con una una mail il 17 aprile. «Ora mi sembra chiaro che la distrategia ben precisa e un’enorme massa di liquidità rezione della borsa tedesca è in seria difficoltà». Il 9 da investire. La strategia ormai è nota. Hohn non dimaggio Seifert si dimette. Hohn vince la partita, l’acgerisce la decisione di Seifert di acquisire la borsa di quisizione della borsa di Londra fallisce e la cassa delLondra. Come azionista giudica troppo alto il prezzo la Deutsche Börse finisce nelle mani degli azionisti di da pagare e preferirebbe che la borsa tedesca utilizzasminoranza. Diventati, silenziosamente, maggioranza se la cassa in un altro modo: per riacquistare azioni assoluta. «Siamo di fronte al Martin Lutero del capitaproprie (aumentandone il valore) e staccare dividendi lismo», commenta entusiasta Michael Adams, profes-

«S Laurentino 38, il campo nomadi: una donna e una roulotte. GLOSSARIO Sotto, Armando prepara da mangiare sul retro della sua baracca.

Roma, 2003

> Periferie

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Private equity

La definizione di private equity comprende tutte le forme di investimento nel capitale di rischio di aziende non quotate, effettuate da investitori finanziari specializzati generalmente fondi di investimento chiusi sia attraverso l’acquisto o la sottoscrizione di azioni o quote di capitale, sia tramite titoli obbligazionari convertibili. Riguardo alla finalità dell’investimento, si parla normalmente di venture capital per le operazioni che hanno lo scopo di finanziare l’avvio o lo sviluppo dell’impresa, di buy-out o di replacement per le operazioni che comportano l’acquisto del controllo di aziende esistenti, ovvero di quote del capitale nell’ambito della ricomposizione dell’assetto proprietario.

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TCI: SPECULARE PER AMORE DEI BAMBINI IL TCI, THE CHILDREN’S INVESTMENT FUND non si chiama così a caso. Il fondo con cui Mr Hohn ha guidato l’attacco a Deutsche Börse è infatti uno dei rari esempi di hedge a devoluzione. Il suo prospetto stabilisce che una quota fissa dei proventi venga destinata in beneficenza. Le donazioni le gestisce Mrs Cooper-Hohn, la moglie del direttore, attraverso una fondazione, che ha sede a New York. I soldi, ben 3,5 milioni di dollari il primo anno, servono a finanziare una serie di progetti a sostegno dei bambini dell’Asia e dell’Africa. “Un olocausto silenzioso sta creando dai 30 ai 40 milioni di orfani nell’Africa sub-sahariana. La colpa è dell’HIV. Il fondo TCI è un modo per raccogliere soldi perché questo eccidio abbia fine”. Così ha dichiarato Hohn in una delle rare interviste che ha concesso. Anche le locuste hanno cuore? (MM)

LTCM: IL FONDO DEI PREMI NOBEL CREATO NEL 1994 dall’asset manager John Meriwether, il fondo hedge americano Long Term Capital Management (LTCM) ha avuto nel suo Board Myron Scholes e Robert Merton, due premi nobel in economia. Il 23 settembre del 1998 è finito in bancarotta per una serie di scommesse sbagliate legate in particolare alla crisi asiatica e alla svalutazione del rublo. Diverse istituzioni finanziarie internazionali sono state coinvolte. Per evitare il tracollo del sistema il governatore della FED Alan Greenspan è intervenuto creando un consorzio internazionale di banche che ha rilevato gli investimenti di Ltcm scongiurando la paralisi dei mercati obbligazionari internazionali. (MM)

sore di economia all’università di Amburgo. Per molti Hohn diventa il simbolo della fine di un’era, quella della Deutschland AG, della Germania dei controlli incrociati, poco trasparente, rigida e dai metodi un po’ invecchiati. Per la sinistra dell’SPD, invece, l’attacco di TCI è l’ennesima dimostrazione dell’aggressività delle locuste. Pronte a tutto pur di mettere le mani sul denaro fresco. Una minaccia per i diritti degli azionisti e dei lavoratori.

L’ora dei pesci grossi Dopo la beffa di Hohn le segnalazioni di nuovi attacchi si moltiplicano. I fondi speculativi, che prima preferivano prendere di mira società medio-piccole, spesso non quotate, cominciano a puntare ai centri nevralgici del sistema economico tedesco. Ai primi di luglio il CEO di Mobilcom Thorsten Grenz annuncia | 34 | valori |

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a sorpresa la fusione della sua società di telefonia mobile con la concorrente Freenet. È un merger lampo: 1,15 azioni Mobilcom contro 1 azione Freenet, senza grandi discussioni. Dietro ci sono, ancora una volta, gli investitori stranieri. In Aprile, una settimana dopo l’assemblea degli azionisti, il fondo Texas Pacific Group (TPG) rileva il 28% di Mobilcom e si aggiudica tre posti in Consiglio di Amministrazione. Da lì accelera i piani per la fusione, che ha come obiettivo il consolidamento della cassa e la possibilità di aumentare, con la riclassificazione del bilancio, l’esposizione creditizia. Indebitarsi per pagare dividendi astronomici agli azionisti. Sarebbe questo il piano di TPG secondo la ricostruzione del settimanale Der Spiegel. Grenz non ci sta, ed è costretto a farsi da parte. A fine agosto anche Daimler Chrysler lancia un SOS. Nel suo capitale sociale gli hedge spuntano come funghi e il loro peso continua a salire. Si parla di una possibile offerta di acquisto, ma l’ipotesi cade. I fondi in realtà vogliono solo mettere alle strette il direttore generale Dieter Zetsche per ottenere un risanamento dell’impresa in tempi brevi e guadagnare dalla conseguente ascesa del titolo in borsa, da tempo sottovalutato. Ultimo obiettivo in ordine di tempo la Commerzbank. Numerosi fondi speculativi avrebbero in mano pacchetti di azioni, anche superiori al 2%. L’offensiva lanciata dagli hedge durante l’estate potrebbe spiegare l’improvviso scatto in avanti dei titoli: +17% nel solo mese di agosto. Dopo l’acquisizione di HypoVereinsbank da parte di Unicredit sono in molti a scommettere che la prossima scalata potrebbe interessare proprio la terza banca della Germania. L’interesse degli investitori stranieri è forte anche nel settore immobiliare tedesco, uno dei pochi al mondo a non aver conosciuto una vera fase di boom. Lo Stato, i comuni e addirittura le banche vendono gli immobili a prezzi stracciati per far cassa. E i fondi ne approfittano. Il meccanismo non cambia: raccogliere soldi da privati o fondi pensione, investire in imprese sottovalutate, ristrutturarle e quindi rivenderle a prezzi più alti.

Confessioni di una locusta Un giochino molto redditizio con regole ben precise, che può però costare caro in termini sociali. In un’intervista al settimanale Freitag, Thomas Middelhoff, ex CEO di Bertelsmann e oggi partner del fondo Investcorp, domiciliato nel Bahrein, si lascia sfuggire qualche indiscrezione. Secondo Middelhoff, l’impresa ideale da scalare non è quotata in borsa, ha un capitale di almeno 100 milioni di euro e ha una buona capacità di generare profitti. In più dovrebbe avere il potenziale per diventare leader nel suo settore. Il fondo speculativo la compra, la libera da una serie di “costi inutili” e poi la rivende. Il ciclo di “rigenerazione” dura in media cinque anni. Purtroppo tra i “costi

GLOSSARIO

HEDGE USA SOTTO ACCUSA PER FRODE RENDIMENTI GONFIATI, segni meno che diventavano più nelle comunicazioni ai clienti. E una società di revisione fittizia a certificare il tutto. È successo per almeno 5 anni con i fondi hedge di Bayou, una finanziaria americana diretta da Mr Samuel Israel. Ora è sotto accusa per frode, dopo essere riuscito a prosciugare più di 300 milioni di dollari dalle tasche degli ignari investitori: persone agiate, istituzioni e anche un fondo di JP Morgan. Israel aveva comunicato ai clienti che avrebbe chiuso i fondi e restituito i soldi per dedicare più tempo ai figli, dopo la separazione dalla moglie. Ma i soldi non

inutili” finiscono spesso anche quelli del personale. Emblematico il caso della Tenovis, impresa tedesca del settore telecomunicazioni. Alla fine del 2002 i suoi dipendenti avevano rinunciato al 12,5% dello stipendio pur di salvare il loro posto di lavoro almeno fino alla fine del 2003. Nell’estate del 2003, il nuovo CdA, guidato dal fondo speculativo KKR, decide che non può più aspettare e lascia a casa quasi la metà degli operai. Degli 8.000 originari ne rimangono circa 4.500. Frecce avvelenate per l’arco di Müntefering e per la sua retorica anticapitalista. Ma le cose non vanno sempre a finire così. «Bisogna anche considerare che gli hedge funds hanno un loro lato positivo – spiega Michael Diekmann, direttore di Allianz, a Der Spiegel. Mettono a disposizione capitale che altrimenti l’impresa farebbe fatica a recuperare. In cambio chiedono un aumento drastico dell’efficienza, ristrutturazioni e profitti. Si puo’ essere d’accordo o no, ma i fatti sono questi».

Un quarto della torta Già, i fatti sono questi, e in Germania sono sempre più chiari. Secondo le ultime stime i fondi speculativi controllerebbero ormai il 20-25% dell’indice azionario DAX 30, che comprende le trenta imprese tedesche più capitalizzate, le blue chips della borsa di Francoforte. Il peso degli hedge, che fino a pochi mesi fa era in linea con quello dei Paesi europei, è aumentato vertiginosamente dopo l’annuncio delle elezioni anticipate. Dalle urne gli investitori si aspettano infatti una coalizione più solida e un governo finalmente in grado di far ripartire l’economia. E quindi scommettono al rialzo. «Non stiamo attaccando la Germania», spiega Heidi Zatlukal di Morgan Stanley al Financial Times. «È solo che il ciclo economico è entrato nella fase giusta». Le imprese tedesche sembrano pronte a

Hedge funds

si sono mai visti. Ora il giudice sta tentando di requisire gli asset rimasti per risarcire almeno in parte i clienti truffati. Bayou è il più grande hedge ad essere indagato per distrazione di fondi dal 2000, quando l’asset manager Michael Berger era stato accusato di aver fatto sparire 400 milioni di dollari di perdite in 4 anni. Da febbraio dell’anno prossimo gli hedge americani dovranno registrarsi presso la SEC e sottoporsi a controlli a campione per la prima volta nella loro storia. Intanto, da inizio 2005, l’autorità di vigilanza USA ha già preso provvedimenti contro 15 fondi speculativi. (MM)

volare di nuovo, negli ultimi anni hanno aumentato la loro efficienza a costo di notevoli sacrifici e ora presentano ai mercati valutazioni interessanti. Il discorso non fa una piega. In realtà la presenza ingombrante degli hedge desta più di qualche preoccupazione. Anche perché la Germania è solo la punta di un iceberg di un fenomeno molto più esteso, che coinvolge tutti i Paesi industrializzati. Il basso livello dei tassi di interesse ha sovraccaricato i mercati di liquidità e ha spinto gli investitori, soprattutto quelli istituzionali (non ultimi i fondi pensione), a cercare rendimenti sempre più attraenti, assumendosi rischi via via maggiori. Gli asset gestiti a livello internazionale dai fondi speculativi in cinque anni sono quasi raddoppiati. Secondo i dati di Hedge Fund Research, valgono ormai 1.100 miliardi di dollari, un quarto dei quali è investito in Europa. E sono in continua crescita. Se è difficile parlare di bolla nel caso degli hedge, non bisogna dimenticare che si tratta di strumenti in grado di destabilizzare i mercati con estrema facilità, soprattutto perché possono indebitarsi, arrivando ad investire somme molto superiori al loro patrimonio.

fondi comuni di investimento localizzati generalmente in centri offshore o negli USA, contraddistinti da un numero ristretto di soci partecipanti e dall’elevato investimento minimo richiesto. Se lo scopo di un normale fondo comune è investire in un mercato – azionario o obbligazionario– e batterlo, lo scopo di un hedge fund è invece quello di ottenere un rendimento assoluto, cercando di guadagnare denaro sempre e comunque. Per questo fine i fondi hedge dispongono di un ventaglio di possibilità di investimento assai più ampio di quello concesso ai normali fondi comuni. Non investono, cioè, solo in azioni e obbligazioni, ma possono fare ampio uso di strumenti derivati (come opzioni e future), possono ricorrere alla vendita di titoli allo scoperto (cioè senza averli in portafoglio) e, soprattutto, possono investire somme molto superiori al loro patrimonio indebitandosi (effetto leva). La legge italiana li classifica come fondi speculativi anche se il loro scopo originale non era di ottenere guadagni elevati speculando, ma coprire dal rischio – il termine inglese “hedging” da cui deriva il nome hedge funds significa appunto copertura (dai rischi).

Memoria corta del governatore Come rispondere allora all’assalto dei fondi speculativi? In Germania alle prediche di Müntefering sono seguiti ben pochi fatti. Un programma di sviluppo economico in quattro punti, poi ritirati, e una serie di tentativi, apprezzabili, da parte di Schröder di introdurre una qualche forma di regolamentazione basata sulla trasparenza e sul controllo: più informazioni su chi sta dietro ai fondi, eventuali limitazioni ai diritti di voto o all’acquisto di pacchetti di azioni, ecc.. Proposte da applicare necessariamente in modo congiun|

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| Economia civile | finanzaetica | to assieme agli altri Paesi, che sono però rimaste sulla carta. Dopo le consuete dichiarazioni di intenti i Paesi del G8 riuniti in Scozia hanno pensato che le locuste dei tedeschi non sono poi un problema che li riguarda. Il ministro delle finanze USA John Snow, in visita a Bruxelles, ha definito gli hedge «strumenti di estrema importanza per l’efficienza dei mercati, perché spostano il capitale nelle mani che riescono a far-

ne il migliore utilizzo». In linea con quanto sostiene Alan Greenspan, presidente della banca centrale americana, che si è opposto a qualsiasi forma di regolamentazione dei fondi speculativi. Sì, proprio Greenspan. Lo stesso che nell’ottobre del 1998 fu costretto a iniettare nel sistema 3,6 miliardi di dollari per evitare che il collasso clamoroso dell’hedge LTCM provocasse uno sconvolgimento dei mercati globali.

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Il Terzo Settore deve esprimersi per bilanciare pubblico e privato

«Una caccia alle streghe ingiustificata» Guido Giubergia, secondo operatore di hedge funds, risponde alle accuse nei confronti di questi prodotti finanziari.

«U

NA CACCIA ALLE STREGHE. Direi che le critiche e le

contesto che, per esempio, è scoppiato il caso dell’Ltcm che aveva spinto a livelli estremi la filosofia della leva finanziaria»

accuse che vengono mosse agli hedge funds sono frutto soprattutto delle carenze normative: le autorità monetarie e di controllo sui mercati salvo qualche eccezione di Andrea Di Stefano hanno latitato spingendo gli operatori ad operare da paesi che si prestavano a critiche e sospetti. Poi si sono aggiunti alcuni episodi, come quello dell’LCTM, che hanno dato la sensazione che questi prodotti fossero gestiti in modo poco trasparente. Ma se andiamo a guardare i dati statistici non c’è alcun elemento che possa confermare questa valutazione»: Guido Giubergia, presidente di Ersel Hedge SGR e amministratore delegato di Ersel Asset Management SGR, è uno dei massimi operatori del mondo hedge in Italia. Con il suo gruppo di gestione del risparmio, nato sulle solide fondamenta di uno degli studi di agenti di cambio più famosi e qualificati del Paese, lo Studio Giubergia operativo a Torino dal 1936, è stato il secondo in Italia a lanciare hedge funds secondo la normativa decisa dalla Banca d’Italia, la prima in Europa e una delle più avanzate al mondo.

Ma se il contesto è mutato perché periodicamente le autorità monetarie lanciano l’allarme sul rischio sistemico rappresentato dagli hedge? «Perché non hanno messo a punto un sistema di regole che permettesse alle società di uscire allo scoperto e di rendersi trasparenti. Sino a quando non ci saranno delle norme precise, le società di gestione di questi prodotti tenderanno a spostarsi Guido Giubergia, laddove è possibile operare. Sinora questo ha presidente privilegiato i famosi paradisi fiscali e off shodi Ersel Hedge SGR e amministratore re. Poi sta ovviamente ai singoli gestori decidelegato dere come muoversi: nel nostro caso abbiadi Ersel Asset Management SGR. mo cominciato a gestire fondi hedge solo quando è stato possibile nel nostro paese grazie all’adozione di un regolamento preciso e trasparente. A monte di tutte le discussioni c’è comunque il fatto incontrovertibile che sui mercati c’è stata una crescita consistente della massa monetaria e quindi della liquidità. Dopo il crollo dei mercati questa liquidità è rimasta parcheggiata o è finita per riversarsi sul settore immobiliare».

Gli hedge funds sarebbero quindi vittime di una campagna denigratoria? «No, non penso assolutamente che si tratti di questo ma di un’insieme di fattori che ha sicuramente contribuito a diffondere nel pubblico l’impressione che questi prodotti fossero altamente rischiosi e intrinsecamente speculativi. Non è così o almeno non è questa la caratteristica principale, diciamo industriale, di un hedge fund. Storicamente questi prodotti si sono sempre caratterizzati come un alternativa altamente professionale agli investimenti obbligazionari e azionari. La caratteristica peculiare degli hedge, almeno nella loro prima fase, era quella di utilizzare l’effetto leva: a fronte di risorse per cento investivano utilizzando la leva finanziaria per un corrispettivo di 500 o 1000. È in questo

Nonostante la mancanza di regole c’è stato comunque un boom degli investimenti? «Le modalità dell’investimento si sono modificate nel corso degli anni e un contributo importante alla stabilità del sistema è arrivato dalla scelta di alcune autorità, come italiana, di introdurre una regolamentazione per il settore. Il boom della domanda di investimento in hedge funds ha creato diversi problemi, nonostante lo sforzo dei gestori di rendere sempre più dinamica e differenziata l’offerta. La performance si è ridotta complessivamente, ma senza per questo assistere ad una esplosione della volatilità. Nel nostro caso registriamo per esempio delle performance molto limate, ma non c’è un prodotto che ha fatto il -10% e uno il +10%. Ci troviamo in una forchetta che va dal +1 al +6%»

Stefano Zamagni anticipa la proposta che avanzerà alle Giornate di Bertinoro: una rappresentanza

deliberativa per il mondo dell’economia civile. «Si tratta solo di una proposta sulla quale si possa aprire un confronto aperto e costruttivo. Siamo arrivati ad un punto importante del percorso di costruzione di modello alternativo e diventa ineludibile affrontare il tema della rappresentanza per fare un salto di qualità» né preconcetti questo problema. Si tratta di un tema fondamentale per il futuro di tutto il mondo del Terzo Settore: quale rappresentanza si deve dare questa realtà? Come deve concretizzarsi per rendere il confronto con il mondo del privato e del pubblico alla pari»: Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna e docente di storia del pensiero economico all'Università Bocconi di Milano, ancora una volta conferma il suo ruolo di padre dell’economia civile italiana. di Andrea Di Stefano Alle Giornate di Bertinoro, organizzate come ogni anno dall’Aiicon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del nonprofit), Zamagni lancerà la proposta di una rappresentanza istituzionale per il Terzo Settore. «La mia è sola una delle ipotesi che metteremo sul tavolo e sulla quale spero che ci possa essere un confronto aperto e costruttivo. Siamo arrivati, a mio parere, ad un punto molto importante del percorso di costruzione di una economia civile e sociale e diventa ineludibile affrontare il tema della rappresentanza istituzionale»

«È

ORA DI AFFRONTARE SENZA REMORE

un sistema “Manca di regole che permetta alle imprese di uscire allo scoperto

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mia valutazione “La è che le strutture esistenti di carattere associativo non siano sufficienti a svolgere questo ruolo

Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna e docente di storia del pensiero economico all'Università Bocconi di Milano.

Professor Zamagni la sua proposta muove dalla constatazione che è indispensabile dare concretezza istituzionale alla terza voce dell’economia. Perché oggi? «Le ragioni sono presto riassunte: il mondo del Terzo Settore è cresciuto ma rischia in ogni momento di essere fagocitato dai due grandi centri di interesse, la politica e l’economia capitalistica e di mercato. Entrambi questi soggetti hanno molto interesse nei confronti di queste realtà, per ragioni diverse, ma sono portatori di istanze molto diverse da quelle che invece trovano espressione nel Terzo Settore. Il Forum ha svolto e svolge un ruolo importante ma non è sufficiente a confrontarsi a livello istituzionale con le altre realtà. Anche il sindacato, agli inizi della sua storia, sino a quando aveva il carattere di un’associazione di interessi non riusciva a pesare e a svolgere un ruolo istituzionale. Per le organizzazioni dei lavoratori il passaggio fondamentale è stato quello del contrattazione» Ma non esistono già delle realtà che rappresentano il Terzo Settore? Penso per esempio alla Compagnia delle Opere? |

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LA V EDIZIONE delle “Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile”, si propone di affrontare il tema della rappresentanza del Terzo Settore. Nelle precedenti edizioni sono stati approfonditi molti dei cambiamenti che, nella nostra società, hanno dato risalto e centralità a questo settore: dai nuovi percorsi di costruzione delle identità individuali, alle trasformazioni dello stato sociale e delle logiche di intervento della pubblica amministrazione. Questo è stato l’intento con cui AICCON, l’Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit, ha ideato e promosso questo appuntamento, coinvolgendo studiosi e operatori in una vera e propria “Cernobbio del Non Profit”, in cui far confluire riflessioni ed elaborare proposte concrete lungo il percorso di “civilizzazione” dell’Economia. Il panorama del confronto con l’attualità si è progressivamente ampliato, eplicitando i punti nodali che rendono l’Economia Civile sempre meno una nicchia, ma piuttosto una dimensione strategica per i futuri assetti del welfare. Dalla prima edizione, nel 2001, sono passati per il Centro Universitario di Bertinoro, sede dell’iniziativa, docenti universitari di fama nazionale e internazionale, chiamati ad elaborare un “pensiero orientante” che potesse tradursi in un percorso di sviluppo reale per il nostro Paese, attraverso il confronto tra i rappresentanti dell’Economia Civile e con i loro interlocutori, nel settore pubblico in trasformazione e in un mercato for profit sempre più attento alla società civile e alla responsabilità sociale. Un percorso che è maturato in questi anni, in cui le Giornate hanno analizzato con spirito anticipatore le ricadute sociali, economiche e politiche di alcuni passaggi importanti:

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la definizione di uno dei soggetti protagonisti di questo scenario, l’impresa sociale, oggi in via di definizione giuridica (tema al centro dell’edizione 2002) i processi di trasformazione del welfare, che configurano nuovi mercati di qualità sociale in cui è necessario esplorare le forme di partecipazione e di intervento di cui soggetti dell’economia civile possano essere protagonisti (tema al centro dell’edizione 2003) la riforma del titolo V della Costituzione, che introduce il principio di sussidiarietà orizzontale all’interno della pubblica amministrazione configurando nuovi scenari di amministrazione condivisa tra pubblico e privato nella governance del territorio (tema al centro dell’edizione 2004).

Per info: www.legiornatedibertinoro.it

«La CDO non è una rappresentanza istituzionale di questo mondo. È un importante e qualificata rappresentanza associativa di soggetti di varia natura (imprese private, profit e nonprofit, cooperative ecc) ma il peso del nonprofit non è superiore ad un terzo all’interno della Compagnia. Il Consorzio Gino Mattarelli è un'altra realtà di indubbia rilevanza. La mia valutazione è però quella che il Terzo Settore nella sua interezza (finanza etica, cooperative, imprese sociali e volontariato) debba raggiungere una rappresentanza civile in grado di avere lo stesso peso che hanno acquisito il sistema pubblico e il mondo del privato. Pubblico e privato sono ben contenti e si fregano dalla gioia per questa assenza di rappresentanza dell’economia civile» Secondo lei quale forma di rappresentanza deve assumere il Terzo Settore? «Il punto da cui partire è che il terzo settore in Italia ha raggiunto una dimensione quantitativa e una rilevanza qualitativa tali da non poter più evitare il problema delle forme della rappresentanza. Il tema posto da questa edizione delle Giornate di Bertinoro è nuovo in senso assoluto ed è legato alla presa d’atto del fatto, se fino ad anni recenti la si poteva scongiurare, oggi bisogna risolvere la questione, per evitare il rischio di iniziare un cammino a ritroso. Il terzo settore italiano è nato all’interno della società civile ma sin da subito è stato preso sotto la tutela dalla società politica. Tale sussunzione alle logiche della politica lo ha fatto crescere ma non gli ha consentito di sviluppare la propria autonomia e libertà decisionale. D’ora in poi deve liberarsi da questo condizionamento, ma prima deve definire le forme della rappresentanza, vale a dire i livelli decisionali che lo rappresentino in maniera democratica: solo così potrà partecipare ai tavoli della concertazione, dialogando e negoziando ad armi pari. Si tratta effettivamente di compiere un atto di umiltà, per trovare, una via di uscita da un problema di cui dobbiamo capire in primo luogo la natura, l’urgenza e quello che non va fatto. Al dibattito delle Giornate di Bertinoro proporrò che venga scelto un metodo deliberativo: la formula più idonea credo che sia quella del forum deliberativo. Con il voto ci si conta, con il negoziato vince chi è più forte: proporrò un approccio deliberativo che assegna il potere a chi è maggiormente in grado di produrre ragioni».

STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO

IL PERCORSO DELLE GIORNATE DI BERTINORO

Terzo Settore “ Ilin Italia non può più evitare la discussione su come essere rappresentato visto come ormai sono cresciute le sue qualità e dimensioni

Quartiere Barra a Napoli. Accanto al persistere di squilibri sociali, cresce la sperimentazione culturale. Sul sito www.napoliest.it contributi sul possibile sviluppo della città campana.

Napoli, 1998

> Periferie

Possiamo fare riferimento a qualche esperienza estera? «Non ci sono perché in nessun altro paese il Terzo Settore ha raggiunto una presenza importante come in Italia. In Francia per esempio è troppo succube del governo. Oltre un terzo delle fondazioni è di nomina pubblica. In America il nonprofit è invece quasi completamente appannaggio del privato».

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L’asse del male

Dall’UE via libera all’attacco all’Iran di Roberto Ferrigno

A NUOVA GUERRA ALLE PORTE HA RICEVUTO UN SOSTANZIALE VIA LIBERA dalla decisione del cosiddetto gruppo “EU 3” (Francia, Germania, Gran Bretagna) di dichiarare esaurito il dialogo diplomatico con l’Iran iniziato nel novembre 2004 riguardo al presunto programma nucleare militare di Teheran. Il secondo passo, quasi sicuramente entro la fine del 2005, sarà la decisione dell’AIEA (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) di investire della questione il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il quale ben difficilmente troverà un accordo per imporre sanzioni all’Iran. Questo a causa di una ragione molto semplice. Nonostante mesi e mesi di ispezioni, controlli, raccolta di informazioni condotte in ogni modo, nessuna traccia è stata trovata del presunto programma di armamento nucleare iraniano. L’Iran ha ratificato il Trattato di Non Proliferazione (TNP) nel 2003, impegnandosi a sviluppare esclusivamente il nucleare civile, un programma iniziato già sotto il regime dello Shah in cooperazione con Francia e Germania, e bruscamente interrotto in seguito alla rivoluzione khomeinista del 1979. L’Iran ha riconosciuto di aver condotto 18 anni di attività segrete – soprattutto in cooperazione col Pakistan e la Russia - per dotarsi di conoscenze e mezzi per la costruzione dei propri centri di ricerca e produzione nucleare. L’adesione al TNP ha quindi rappresentato una svolta di apertura e trasparenza importante. L’altra potenza nucleare regionale, Israele, non ha firmato il trattato, non avendo mai riconosciuto ufficialmente di avere un programma nucleare. Lo stesso vale Enfasi poliziesca per Pakistan e India che insieme possiedono 70-90 testate atomiche e giudiziaria, accelerazione pronte all’uso. Siamo di nuovo di fronte ad una calcolata strategia liberista, meno fondi di disinformazione e mistificazione che vedrà gli USA, o magari Israele, per l’allargamento sono entro l’anno prossimo, dichiarare che, ancora una volta, l’ONU avrà le nuove linee guida della commissione Barroso fallito e che toccherà risolvere la questione in maniera unilaterale e militare. Un altro dei pilastri del famoso “asse del male” dovrà cadere, liberando per sempre l’area petrolifera del Golfo dall’ipoteca persiana. L’Europa, al contrario di quanto avvenuto con la guerra in Irak, questa volta sembra agire in perfetta consonanza con l’amministrazione Bush. Il cambio di rotta può apparire impressionante solamente agli osservatori più distratti delle vicende politiche continentali. L’adesione ai piani statunitensi di rovesciamento della repubblica islamica, in realtà, si integra appieno con le linee di azione sviluppate dalla Commissione Barroso, con il supporto della maggioranza dei governi nazionali e del parlamento Europeo: enfasi poliziesca e giudiziaria nella lotta al terrorismo e nel controllo dell’immigrazione; accelerazione liberista per smantellare i residui ostacoli sociali ed ambientali; drastica diminuzione del supporto finanziario regionale per i Paesi appena entrati, definitivo affossamento dell’adesione della Turchia, nuova enfasi verso l’Ucraina e maggior pressione in favore di un cambio di regime pacifico in Bielorussia. L’Europa sembra quindi avviarsi verso una stretta poliziesca – nel solco segnato da Tony Blair nel corso della presidenza inglese – accoppiata ad una politica di due pesi e due misure riguardo allo sviluppo della democrazia ad Est e nel “cortile di casa” mediterraneo, rispetto all’area petrolifera del Golfo Persico. Nel primo caso, si sceglie lo strumento della pressione politica ed economica a medio-lungo termine. Nel secondo, si appoggia la scelta militarista dell’amministrazione Bush.

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Mongolia. Poveri ma autosufficienti. E per ora liberi >45 L’inferno nel paradiso dell’Oceano Indiano >49

internazionale AUMENTO DELLA TEMPERATURA DI 3-4 GRADI E INNALZAMENTO DEL MARE: L’EFFETTO SERRA SULL’INDIA

NUOVO SCIOPERO DELLA FAME A GUANTANAMO

LE MAJOR VOGLIONO CONTROLLARE INTERNET 2

IL DISASTRO KATRINA NUOVO AFFARE PER L’HALLIBURTON

L’HOTEL RUANDA HA TROVATO UN MISTERIOSO COMPRATORE

GIORNALISTI E LETTORI DI LANCET CONTRO I BUSINESS ARMATI DELL’EDITORE REED ELSEVIER

Un aumento della temperatura di 3-4 gradi e l’innalzamento del livello del mare entro il prossimo secolo. Queste sono le conseguenze del riscaldamento globale in India. Lo ha evidenziato un recente studio congiunto del ministero indiano per l’Ambiente e del ministero inglese per il Commercio e gli Investimenti. Secondo la ricerca, il cambiamento climatico avrà un effetto devastante sull’agricoltura che costituisce circa un quarto del Pil indiano e occupa quasi il 70% di una popolazione a nove zeri. L’aumento della pioggia potrebbe compromettere alcuni colture costringendo l’India a cambiare l’assetto dei prodotti dell’importexport. Senza contare che con un clima più umido si potrebbero diffondere malattie come la malaria. Inoltre, l’innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, danneggerebbe la rete ferroviaria che corre lungo le coste dell’India. A rischio sarebbe soprattutto il progetto di 760 km di strada ferrata lungo la costa occidentale. Uno scenario apocalittico, insomma, a cui la comunità internazionale sta cercando da tempo di rispondere con il protocollo di Kyoto con cui i Paesi firmatari si impegnano, entro il 2008-2012, a ridurre del 5,2% rispetto ai livelli del 1990 le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. Per aiutarne lo sviluppo economico, Paesi come l’India e la Cina sono però esentati dal protocollo fino al 2012. Lo scorso luglio era comunque emerso un accordo segreto extra Kyoto siglato da Usa, Australia, India, Cina e Corea del sud, responsabili da soli del 40% delle emissioni di gas serra. Il patto, che mirava a combattere il riscaldamento globale senza danneggiare l’economia, è stato però bocciato dalla comunità internazionale perché privo di obiettivi e in collisione con i trattati già esistenti in materia.

Più di 200 detenuti rifiutano il cibo nella contestatissima prigione di Guantanamo. Lo sciopero della fame è iniziato a metà agosto per protestare contro la profanazione del Corano da parte delle guardie e per la mancata applicazione della Convenzione di Ginevra. La maggior parte dei 505 prigionieri di Guantanamo sono stati catturati in Afghanistan nell’ottobre 2001, subito dopo l’invasione americana. Altri sono incarcerati fin dal gennaio 2002. Senza un regolare processo. Non è la prima volta che i detenuti del carcere attuano forme di protesta di questo tipo. L’ultimo sciopero della fame era finito il 28 luglio scorso con la promessa dell’Amministrazione Usa di migliorare le condizioni di prigionia. Promessa non mantenuta, dicono i detenuti, che hanno quindi ripreso la protesta. E questa volta sono disposti a morire di fame. La situazione è disperata. Secondo i familiari e i legali dei detenuti, molti sono ormai allo stremo. Il Pentagono, che parla di 76 scioperanti contro i 210 denunciati dai loro avvocati, ha fatto sapere che tredici dei prigionieri che rifiutavano il cibo sono ora alimentati artificiale. Nel frattempo, a Birmingham, in Gran Bretagna, c’è chi si veste con la tuta arancione dei detenuti di Guantanamo e picchetta il quartier generale di una compagnia che fornisce le manette usate nel carcere dell’isola cubana.

Le major cinematografiche e musicali aderiscono al consorzio Internet2. Il loro scopo, studiare nuove tecnologie di gestione di diritti digitali, per proteggere i propri contenuti.È questo il succo della dichiarazione di MPAA (Motion Picture Association of America, l’Organizzazione americana dei produttori cinematografici) e RIAA (Recording Industry Association of America, Associazione americana dei produttori discografici). Internet2 è un consorzio senza scopo di lucro formato da 207 università USA e da alcuni partner del mondo industriale, tra cui Comcast, Intel, Sun e Cisco. Lo scopo è sviluppare tecnologie per la trasmissione di dati ad alta velocità. Attualmente, questo tipo di rete è usata sperimentalmente in alcune scuole USA per i collegamenti interni. Il suo uso commerciale è previsto tra non meno di tre anni, ma saranno probabilmente di più. In soldoni, da questo consorzio usciranno gli standard futuri della rete, la seconda generazione di Internet. Con questo annuncio, i padroni dell’industria dell’intrattenimento calano sul tavolo la briscola da undici. Il protocollo di trasmissione via rete ultra veloce, quello creato per la trasmissione di files multimediali in pochi secondi, avrà incorporato un sistema di DRM. Chi spera nella rete come svolta economica democratica inizi a tremare. Fonte: www.zeusnews.it

Il conto dei danni di Katrina continua a salire. Un disastro dai risvolti umani ed economici altissimi. Ma non per tutti. C’è qualcuno che ha già iniziato a vedere la luce sotto le macerie. Chi? Gli azionisti di Halliburton, che dal giorno in cui la tempesta si è abbattuta su New Orleans, hanno visto il titolo della compagnia brillare a Wall Street, guadagnando oltre il 10% a 65 dollari. Secondo il mercato, il colosso texano, portato alla ribalta dalla guerra in Iraq come il maggior beneficiario degli appalti e di cui il vicepresidente Usa Dick Cheney è stato a.d. dal ’95 al 2000 sarà ancora una volta tra i principali protagonisti della ricostruzione. Nei primi giorni di settembre la società ha già ricevuto l’incarico dalla Marina Usa di ripristinare tre basi navali danneggiate dalla tempesta (l’ammontare dell’appalto è di 17 milioni di dollari). Ma gli osservatori si aspettano molto di più. Ovvero che la compagnia metterà in moto ancora una volta la sua rete di relazioni con la Us Army corps of engineers, l’agenzia militare che le affidò i lavori in Iraq e che adesso sta supervisionando la riparazione degli argini di New Orleans. E con Fame (l’agenzia della protezione civile), il cui ex direttore Joseph Allbaugh (nei primi due anni del governo Bush), è diventato consulente della compagnia. .

L’Hotel “Mille Colline”, grande albergo della capitale Kigali – grazie al quale, nel 1994, 1268 “ospiti” riuscirono a sottrarsi al genocidio – avrebbe trovato un compratore dopo essere stato messo all’asta per il fallimento della compagnia aerea belga che ne deteneva la proprietà. L’acquirente sarebbe un “uomo d’affari congolese” di cui però non è ancora stato diffuso il nome. L’albergo a quattro stelle, con 112 camere, un bar, tre sale per conferenze, un ristorante e una piscina, è diventato famoso dopo essere stato al centro del film Hotel Rwanda in cui si racconta la vicenda del suo direttore Paul Rusesabagina, che procurò agli “sfollati” cibo e acqua, arrivando a utilizzare quella della piscina, mentre inviava fax a Bruxelles e nel resto del mondo per cercare aiuti. Ma la situazione in Ruanda resta sempre tesissima. Jean Léonard Chérif, giornalista del bimestrale indipendente ruandese Umuco, è stato arrestato lunedì 12 settembre nella capitale Kigali dopo la pubblicazione di un articolo critico verso il funzionamento dei “Gacaca”, i tribunali popolari che affiancano la magistratura ordinaria nei casi di genocidio. In un recente scritto pubblicato su Umuco – che in lingua kinyarwanda significa “Cultura” – Chérif aveva denunciato una situazione di corruzione diffusa nel “Gacaca” del distretto di Kayumbu, nella provincia di Gitarama. Fonte: www.misna.org

Giornalisti e lettori della prestigiosa rivista scientifica Lancet sono scesi in campo contro il commercio internazionale di armi. Lo hanno fatto con un editoriale e delle lettere indirizzate all’editore, la multinazionale Reed Elsevier, e pubblicate nell’ultimo numero della rivista. L’occasione è la fiera sulle armi che si tiene in questi giorni a Londra. Reed Elsevier, infatti, non solo è l’editore delle più importanti riviste mediche mondiali, ma è anche proprietario di Spearhead, la società che organizza le maggiori fiere mondiali nel settore degli armamenti. La richiesta che Lancet fa a Reed Elsevier nel suo editoriale è di «sbarazzarsi di ogni interesse d’affari che minacci l’uomo, specialmente i civili, la salute e il benessere». Rincarando la dose esorta il più importante editore medico mondiale ad «allineare i suoi valori negli affari ai valori professionali della maggioranza di coloro che serve». E le famigerate bombe a grappolo, in vendita nella fiera di Londra di due anni fa, non rientrano nei valori che hanno come centro di interesse la salute pubblica. Inoltre, precisa Lancet, l’industria degli armamenti toglie risorse al settore sanitario dei Paesi poveri. Basti pensare che il 59% della vendita di armi nel 2004 è stato destinato ai Paesi in via di sviluppo per una spesa complessiva di 22 miliardi di dollari. Sullo stesso tenore anche le lettere firmate da esperti in salute pubblica e organizzazioni mediche e scientifiche che ricordano a Reed Elsevier che il suo coinvolgimento nella fiera sulle armi è incompatibile con il principio di Lancet di non causare dolore. Secca la risposta di Reed Elsevier che rivendica un ruolo centrale dell’industria della difesa nel preservare la libertà e la sicurezza nazionale e sottolinea come le forze armate siano ormai spesso impegnate in attività di soccorso umanitario.

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Autosufficiente. Povera. Ma senza devastazioni sociali

La casa è una gher, una tenda bianca di feltro e legno. Le condizioni sono dure, ma migliori di quelle della città. È l’economia agricola di sussistenza. A rischio per gli effetti dei fenomeni atmosferici, come lo zud che gela i terreni, ma con grandi capacità di sopravvivenza perchè regolata dalla sobrietà e l’autosufficienza. di Paola Fiorio Una ragazza in spiaggia sul lungomare di Bagnoli. La domenica si svolge un mercato di prodotti dell’Est per i numerosi immigrati. Sotto, un venditore ambulante al quartiere Ponticelli.

Napoli, 1998

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LAURA LIRUSSI

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Oyunsuren e il marito Gombotseren davanti alla loro gher, la tenda tonda e bassa di feltro e legno, con due dei loro figli. La tenda poggia direttamente sull’erba della steppa.

YUNSUREN, STRETTA NEL SUO VEZZOSO ABITO TRADIZIONALE di raso azzurro, sorride agli ospiti mostrando i denti bianchissimi mentre la pelle scurita dal sole si increspa in mille rughe. Ha 35 anni, ma la dura vita della steppa mongola l’ha fatta invecchiare precocemente. Lei, il marito Gombotseren e i loro cinque figli sono pastori nomadi. In Mongolia si stima ci siano circa 170mila famiglie che vivono di pastorizia spostandosi attraverso la vasta prateria mongola in cerca dell’erba migliore per il bestiame. Come gli altri allevatori, anche Oyunsuren e Gombotseren vivono in una gher, la tenda bianca di feltro e legno, tonda e bassa per resistere meglio al vento che durante l’inverno sferza la steppa. Le dure condizioni di vita e le difficoltà di comunicazione – da queste parti non esistono strade, solo piste di terra battuta - inducono i mongoli ad essere solidali con chi si avventura fino al loro accampamento. Non occorrono convenevoli per entrare in una gher a chiedere ospitalità. Semplicemente si attraversa la porta di legno e ci si siede a sinistra, il luogo riservato agli ospiti. Le donne di casa si sistemano a destra, mentre gli uomini si accomodano sul lato opposto alla porta. La tenda di Oyunsuren poggia direttamente sull’erba e per attraversarla tutta bastano pochi passi. La luce filtra dall’alto, al centro domina la stufa per cucinare e scaldarsi, di fronte alla porta d’ingresso ci sono gli unici mobili. In uno, chiuso con il lucchetto, sono custoditi i beni della famiglia, mentre sopra l’altro troneggia l’immagine sorridente del Dalai Lama circondata dalle foto dei figli di Oyunsuren. Il tempo nella steppa è scandito dalla routine quotidiana. Ogni giorno Oyunsuren si alza alle sei, quan-

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LA MENSA E IL GREGGE

Tre anni di zud, un fenomeno invernale che gela il terreno rendendo impossibile il pascolo, ha prodotto dal 1999 al 2001 una vera falcidia della pastorizia mongola. Secondo le stime degli enti internazionali sono andati persi 33 milioni di capi e decine di villaggi sono letteralmente scomparsi con una migrazione crescente e incontroilata verso la capitale Ulan Baatar.

MONGOLIA IN NUMERI Superficie Popolazione Densità Capitale Lingua Religione Moneta Alfabetizzazione Inflazione Vita media Pil

1.564.100 kmq 2.475.400 (2003) 1,6 abitanti/kmq Ulaan Baatar (846.500 abitanti) Mongolo Kalka Buddisti 94% Togrog 83% 6% (2003) Uomini 62,1 anni donne 66,5 anni 6.100 milioni di $

Fonte: www.mongoliatourism.gov.mn

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L’iniziativa è ancora giovane. Dal 2003, prima con raccolte informali di soldi tra gli amici, ora attraverso le donazioni dei 200 soci de La Mensa e il gregge, Bellinelli ha aiutato cinque famiglie nomadi. Due di queste hanno già raggiunto il numero sufficiente di animali per garantirsi la sussistenza e si preparano a restituire la mandria affidata loro. Presto quindi verranno selezionati nuovi nuclei familiari che entreranno nel programma della Mensa e il gregge. Sono piccoli numeri, forse una goccia nel mare, ma l’iniziativa, spiega Bellinelli, «permetterà a quindici famiglie nell’arco di dieci anni di potersi mantenere restando nella steppa a fare i pastori. Loro e i loro figli. Il nostro scopo è creare una continuità per consentire la permanenza nella steppa». Il prossimo passo in questa direzione è una comunità stanziale che La mensa e il gregge sta progettando nella zona di Batsumber, 300 km a nord della capitale. Qui sorgeranno un’azienda agricola per dare lavoro a tre famiglie, una grande stalla per custodire il bestiame durante l’inverno, una rimessa per il foraggio e due laboratori per la lavorazione della lana e dei latticini. «Vogliamo creare una struttura di riferimento - conclude Bellinelli - che consenta ai pastori nomadi di lavorare meglio e di essere sostenuti in modo affidabile. Qui potranno trovare fieno per nutrire il bestiame durante gli inverni difficili e un responsabile che li potrà aiutare». Paola Fiorio

do sorge il sole. Gombotseren e i figli maschi portano il gregge al pascolo - pecore, capre, yak, mucche, cammelli e cavalli - mentre alle donne è affidato il compito della mungitura, all’alba e al tramonto.

La ricchezza: le capre Gli animali rappresentano il perno dell’economia nomade. Sono un mezzo di trasporto, si possono commerciare e forniscono carne da mangiare e da vendere, latticini, pellame, lana. Ma la vera fonte di ricchezza per Oyunsuren e Gombotseren sono le capre. Il pelo che in primavera viene spazzolato via da queOTTOBRE 2005

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OFFRESI CAPRE E PECORE IN USUFRUTTO. Questo potrebbe essere lo slogan dell’associazione La mensa e il gregge, fondata nel marzo scorso da Matteo Bellinelli, un giornalista e documentarista della rete televisiva elvetica in lingua italiana con il pallino della Mongolia. Dopo due viaggi nel Paese di Gengis Khan per girare dei documentari sulla situazione di estremo bisogno di gran parte della popolazione mongola, Bellinelli capisce che non può più restare solamente dietro la macchina da presa. Ci vuole un impegno concreto. E con l’aiuto di Amraa, ex sindacalista di Ulan Bataar decide di fare qualcosa per i pastori nomadi che, dopo aver perso tutte le loro greggi a causa dello zud, si sono riversati in città in cerca di fortuna e si sono ritrovati, disoccupati, a popolare le mense dei poveri. L’obiettivo di Bellinelli è semplice: dare ai pastori che vogliono continuare questa attività la possibilità di farlo. Ma senza animali non si può sopravvivere nella steppa. Così è nata l’idea di dare alle famiglie nomadi che non avevano più bestiame un gregge nuovo: capre, pecore, cavalli, mucche – per i pastori della steppa – o cammelli – nel deserto dei Gobi. Ogni famiglia riceve circa 200 capi, il cui costo si aggira tra i 4mila e i 6mila euro. Non si tratta però di una donazione permanente. È un affido temporaneo. Gli allevatori si prendono cura del gregge per un paio d’anni, raddoppiandolo con i nuovi nati che poi rimangono di loro proprietà. Il bestiame ricevuto, invece, passa a un’altra famiglia.

sti ovini è un cachemire resistente e molto ricercato. Un centinaio di capre possono dare circa 30 chilogrammi della preziosa lana che sul mercato vale 26 dollari al kg. Non sono certo grandi cifre quelle che girano per le tasche dei pastori. Soprattutto perché solo il 10% di loro possiede più di cento capi di bestiame, considerati una fragile soglia di sussistenza. Inoltre, tre anni di zud, un fenomeno atmosferico invernale che gela il terreno e impedisce agli animali di nutrirsi, ha ucciso dal 1999 al 2001 un terzo dei quasi 33 milioni di capi di bestiame dei pastori mongoli. Senza greggi molte fa-

miglie sono state ridotte in condizioni di estrema povertà. La stima parla del 36% della popolazione, su 2,5 milioni, che vive con meno di un dollaro al giorno. Oyunsuren e Gombotseren sono fortunati. Di animali ne possiedono circa 400, soprattutto ovini. Ma nella loro gher, come nella maggioranza delle tende della steppa, non c’è nessun bene superfluo e la loro dieta è uguale a quella degli altri pastori: carne, latticini e farina. Consumano cioè quello che possono produrre, farina a parte. Non c’è energia elettrica nelle gher. Alcune tende hanno dei piccoli impianti fotovoltaici o delle pale per |

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SOYOMBO AIUTA I BAMBINI DI STRADA VIVONO DI RIFIUTI. Raccolgono bottiglie di plastica per rivenderle a pochi soldi. Rovistano l’immondizia per qualche avanzo di cibo. Sono i bambini di strada di Ulan Bataar. Si stima ce ne siano tra i tre e i seimila. Sono in maggioranza maschi, abbandonati o, spesso, fuggiti da genitori alcolizzati e violenti. D’inverno, per resistere alle temperature rigide che scendono anche a -30 gradi, si rifugiano nelle condutture sotterranee del riscaldamento. Gravi scottature, malattie legate alla mancanza di igiene, malnutrizione e il rischio di abusi sessuali per le bambine, sono i problemi che affrontano tutti giorni. Diverse organizzazioni cercano di offrire un aiuto a questo dramma della miseria. Nella capitale ci sono una ventina di dormitori che riescono a ospitare circa 500 bambini. Lo Zerbist care center, il ricovero gestito da padre Gilbert, un prete filippino, dà rifugio a 120 minori, dai 3 anni in su. Tra i donatori dello Zerbist care center c’è anche un’associazione italiana, Soyombo, che dal 1991 si occupa di diffondere informazioni sulla Mongolia nel Belpaese. Attraverso piccole donazioni e organizzando cene e altre iniziative, Soyombo riesce a inviare ogni anno 3-4mila euro a Ulan Bataar. E padre Gilbert li trasforma in letti, pasti caldi e istruzione per i bambini di strada. p.f.

l’energia eolica, ma l’elettricità prodotta non è sufficiente per far funzionare un frigorifero. Il cibo deve essere quindi conservato in modo naturale, sfruttando le caratteristiche delle stagioni. Così, all’inizio dell’inverno, ogni famiglia uccide 3-4 capi di bestiame e consuma la maggior parte della carne durante i mesi freddi. Quel che resta finisce appeso all’interno della gher e seccato per l’estate. Nella stagione calda, invece, si preparano il formaggio e lo yogurt, freschi o seccati al sole, e la crema di latte.

L’incognita città Anche la vodka nella steppa viene fatta in casa utilizzando una base di latte fermentato con lo yogurt. Ma la bevanda di cui ogni mongolo non può fare a meno è l’airag, il latte di cavalla fermentato e leggermente alcolico preparato in un grande recipiente ottenuto dallo stomaco di mucca. Il desiderio di affrancarsi da un’economia di pura sussistenza, la perdita del gregge dopo lo zud, il bisogno di maggiori servizi – scuole, ospedali – hanno spinto negli ultimi anni molti pastori a cercare maggior fortuna in città. La popolazione della capitale Ulan Bataar è passata in poco tempo da 400mila abitanti a 870mila. Oyunsuren, però, non intende abbandonare la steppa. «Certo la vita in città sarebbe più facile», spiega mentre prepara una zuppa di carne secca per cena, «ma noi non abbiamo istruzione e sappiamo fare solo i pastori. Che lavoro potremmo trovare nella capitale?».

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Il paradiso dell’Oceano Indiano è una galera a cielo aperto Il clan politico affaristico del presidente Abdul Gayoom basa il suo potere sugli introiti del turismo: il 60 per cento degli introiti rimane nelle mani del regime. E larga parte del restante giro d’affari finisce nelle tasche di imprenditori stranieri che foraggiano il sistema di potere. Tutto è relativo e chi meglio delle Maldive per dimostrarlo ai nostri occhi di turisti occidentali, che vediamo nell’arcipelago dell’Oceano Indiano la massima espressione di vacanza esotica fatta di sabbia dorata e mare cristallino. In mezzo a quelle palme il regime di Maumoon Abdul Gayoom prospera da oltre 27 anni. Ultimamente non è raro che l’insoddisfazione della popolazione esploda neldi Cristina Artoni le piazze della capitale Malè. La risposta della polizia è violentissima, con scontri, arresti, e detenzioni senza possibilità di difesa per chiunque protesti contro il regime. Sulla carta le Maldive sono una repubblica presidenziale e le principali attività economiche sono la pesca, ma soprattutto il turismo di massa. Composto da circa 1200 isole sparse, l’arcipelago ha subito nella sua storia l’influenza indiana e dal X secolo d.c. quella araba, che spinse alla conversione all’Islam gli abitanti prima buddisti e animisti. A parte una breve parentesi di occupazione portoghese, le Maldive sono state per quasi due secoli un protettorato britannico prima dell’indipendenza nel 1965. Tre anni dopo il sultanato che reggeva da secoli è stato sostituito da una repubblica che ha visto dal 1978 Gayoom stabilirsi al potere per non lasciarlo più. Esiste alle Maldive un’assemblea parlamentare (Majlis) che legifera sotto lo stretto controllo del presidente che conta tra la maggioranza dei deputati tutti suoi sostenitori, tranne pochi indipendenti, visto che nessuna formazione politica ha mai potuto presentarsi alle consultazioni elettorali.

A

NCHE IN UN PARADISO SI PUÒ NASCONDERE UN INFERNO.

Trent’anni di dittatura

MALDIVE IN NUMERI Superficie: Popolazione: Densità: Governo: Presidente: Capitale: Religione: Moneta: Lingua: Pil: Pil pro capite: Crescita annua: Inflazione:

297 Km2 311.000 (2001) 1047 ab/Km2 Rep. presidenziale Abdul Gayoom Male (63.000 ab.) Musulmana sunnita Rupia (Rufiyaa) Dihevi 1,25 miliardi di $ 3.900 dollari 6,1% 20% Fonte: Dihevi Observer

In alto un immagine della brutale repressione delle ultime manifestazioni democratiche a Malè. Molto diversa da quella del “classico” atollo maldiviano.

Quando si era installato alla poltrona di presidente, Gayoon, era partito con il progetto di modernizzare il paese verso uno sviluppo economico che però resterà, si vedrà chiaro nel corso degli anni, esclusivo privilegio di pochi. Il regime si caratterizza soprattutto per la totale mancanza di libertà politiche e civili. Gayoom sostiene che da quando è al potere la qualità della vita dei circa 338.000 abitanti ha avuto un balzo in avanti. Ma la corruzione e la mancanza di regole democratiche hanno esasperato la popolazione. Il malcontento è diventato visibile nel settembre del 2003 con manifestazioni di piazza a cui il Gayoom promise di riformare istituzioni e magistratura. Successivamente nel giugno del 2004 un nuovo pacchetto di riforme era stato annunciato e mai davvero applicato. La delusione si è allora riversata per le strade di Malè nell’agosto dello stesso anno, dove migliaia di persone, con in testa giornalisti, attivisti dei diritti umani e parlamentari indipendenti hanno reclamato una svolta democratica: rifor|

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SI DEFINISCE il presidente più felice del mondo. All’età di 68 anni, Maumoon Abdul Gayoon non potrebbe sentirsi meglio, lui che da sei mandati consecutivi rimane a capo di uno dei più piccoli stati del pianeta: l’arcipelago delle Maldive. Al potere dal 1978 Gayoon mantiene il record di longevità politica di un presidente eletto in Asia. Sotto il suo pugno di ferro quello che era un anonimo mosaico di 1.190 isole si è trasformato in un affare colossale, dove però sono all’ordine del giorno arresti sommari, torture, ergastolo ai dissidenti, estromissione dalla vita politica di qualsiasi formazione, controllo totale dei media, con un’opposizione costretta all’esilio. Gayoom ha trasformato uno dei paradisi della Terra in un inferno. Quando il presidente maldiviano racconta il suo passato presidenziale ne disegna un quadro idilliaco in cui la popolazione avrebbe beneficiato dei progressi portati dalla linea di governo che ha puntato tutto sul turismo. Una cartolina di palme e abbondanza che non combacia con la realtà vissuta dalla maggioranza degli abitanti. Solo una ristretta cerchia di privilegiati legati al potere nel paese, ha goduto dei proventi del turismo di massa, sono diventati dei multimiliardari, mentre il 42% dei maldiviani vive con meno di un dollaro al giorno secondo i dati riportati dal settimanale di Hong Kong, Time of Asia. I 27 anni di governo di Gayoon sono stati contrassegnati da una certa stabilità e da una buona crescita economica, basata sul turismo e le attività finanziarie offshore. Il lungo regime instaurato da Gayoom è stato minacciato seriamente solo due volte: nel novembre del 1988 quando un gruppo di mercenari Tamil, del vicino Sri Lanka e arruolati da imprenditori ostili al presidente-dittatore sbarcò a Malè. La crisi venne superata con l’intervento nel giro di 24 ore di paracadutisti indiani inviati dal premier Rajiiv Gandhi in appoggio a Gayoom. L’altro periodo instabile fu nel 1993 quando all’interno dello stesso clan familiare, il cognato Ilyas Ibrahim tentò un golpe, sventato in anticipo dagli uomini della dittatura maldiviana. Ora la principale minaccia al regime è il crescente malcontento della popolazione, stremata dalla violenza degli apparati governativi e dalle rinnovate promesse di aperture democratiche. Promesse fino ad ora sempre disattese. La repressione è il principale strumento di governo per Gayoon tanto che sul regime arrivano sempre con più insistenza pressioni internazionali, soprattutto da Unione Europea e dall’organizzazione Amnesty International. Uno dei principali alleati di Gayoom dell’area è l’India che per preservare la sua influenza sull’arcipelago ha ultimamente richiesto a Malé concrete misure di aperture democratiche. Il presidente Gayoom nella migliore tradizione totalitaria mantiene il controllo politico ed economico grazie all’appoggio del clan familiare allargato, piazzando parenti e fedeli sostenitori nei posti chiave del regime, quindi a capo di tutti gli enti statali e delle maggiori attività economiche.

me, diritti civili, la liberazione dei detenuti politici. La risposta del regime è stata feroce, tanto da essere ricordata nell’arcipelago come il “venerdì nero”. La polizia in assetto anti-sommossa ha disperso i cortei con l’uso di gas lacrimogeni e idranti. Centinaia di dimostranti sono finiti in carcere, molti dei quali ancora detenuti. In seguito sono fioccate denunce su casi di tortura, pestaggi e condanne dopo processi farsa. Il presidente Gayoon ha inoltre imposto per i mesi successivi lo stato di emergenza e il Parlamento si è riunito malgrado l’assenza dei parlamentari indipendenti, per la maggior parte finiti in prigione. In questa atmosfera, resa ancora più drammatica dal dopo-Tsunami, si sono svolte nel gennaio 2005 le elezioni legislative in cui la formazione del presidente Gayoom, il Partito del Popolo delle Maldive (MPP) ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento. L’opposizione ha parlato di frodi gigantesche e di una consultazione in cui non è stata per nulla garantita la libertà di espressione e di stampa. L’organizzazione Reporters sans Frontières ha denunciato che tutti i media, sia pubblici sia privati, sono controllati dalla presidenza e dai suoi sostenitori, in aperta violazione dell’articolo 25 della Costituzione che garantisce “il diritto di espressione e di divulgazione delle idee.” Le Maldive compaiono al 157° posto su 167 paesi presenti, nelle liste che indicano la situazione della libertà di stampa.

STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO

MAUMOON ABDUL GAYOOM, CARTOLINA DI UN DITTATORE

Pressioni internazionali Le pressioni internazionali hanno obbligato quest’anno il regime maldiviano a garantire le tante annunciate riforme e dal giugno del 2005 il Parlamento si è visto costretto ad approvare una legge per aprire al multipartitismo. Ma sembra l’ennesima operazione di facciata: ad agosto il più noto dissidente del paese, il carismatico giornalista Mohammed Nasheed, alla guida del Partito Democratico Maldiviano (MDP) è stato arrestato per l’ennesima volta nel corso di una manifestazione nella capitale. Un portavoce del regime ha annunciato senza mezze misure che il leader dell’MDP potrebbe passare il resto della sua vita in carcere perchè accusato di “terrorismo e incitamento alla sommossa”. I vertici del partito democratico hanno risposto che le accuse sono assolutamente inventate e hanno sottolineato che si tratta di un tentativo di sbarazzarsi di un rivale così popolare tra i maldiviani. Nasheed era rientrato nel paese dall’esilio per partecipare al processo che avrebbe dovuto introdurre le riforme nel paese. Il paradiso dell’Oceano Indiano accoglie in questo quadro che non può essere marginale, almeno 250 mila turisti l’anno per un giro di affari di circa 80 milioni di dollari, rendite che vanno ad alimentare il traffico corruttivo su cui si fonda il regime. Gli italiani sono una fetta importante del turismo di massa verso l’arcipelago: nei primi sei mesi del 2004 sono stati 80 mila a riversarsi sulle spiagge maldiviane, pari al 22% del totale dei turisti sbarcati. Il 60% del Pil delle isole deriva dal turismo e finisce per garantire la stabilità del regime. Inoltre parte dei proventi sono destinati ai pochi imprenditori locali e stranieri, cui il presidente concede in modo esclusivo le isole più belle dell’arcipelago. Il clan politico-affaristico che sostiene Gayoon sembra quindi per il momento pronto a tutto per di rimanere alla guida del paese, tra cui I SITI PER APPROFONDIRE screditare l’opposizione ora accusata, anche quella costretta all’esilio in www.dhivehiobserver.com www.hrcm.org.mv Gran Bretagna e India, di essere legawww.friendsofmaldives.org ta dal fondamentalismo islamico.

Ronchetto dei Navigli. A Milano il 17,5% dei bambini iscritti alla Materna nel 2002 era di origine straniera.

Milano, 1998

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Parternariato

Per un Mediterraneo di sostenibilità e pace di Walter Ganapini

OPO L’AMPLIAMENTO, L’UNIONE EUROPEA INDIVIDUA NEL “PARTENARIATO DI PROSSIMITÀ”, che accorperà e sostituirà la pletora di strumenti oggi disponibili (Interreg, Cards, Meda, ecc.) lo strumento per cooperare con i Paesi nuove frontiere d’Europa, attribuendo un ruolo da protagonista alle Regioni note come “Obiettivo 1” (tra cui, in Italia, Campania, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) e vedendo la gestione sostenibile delle risorse (dai rifiuti alle risorse idriche, dalla qualità dell’aria a mobilità ed energia) come parte integrante della strategia di armonizzazione e di sicurezza nei riguardi delle citate nuove frontiere. Per tale strumento si prevede una dotazione finanziaria di circa 1 miliardo di euro. Promuovere la cooperazione interregionale facilitando l’integrazione dei tematismi ambientali negli obiettivi dello sviluppo (produzione industriale, agricola, energetica, trasporti, turismo), dall’area balcanica alla costa meridionale del Bacino Mediterraneo, è anche occasione unica di internazionalizzazione del sistema-Paese. Nei Balcani emergono criticità legate ad uno sviluppo industriale e urbano non ambientalmente compatibili (rifiuti pericolosi, bonifica di suoli contaminati, emissioni in atmosfera fortemente inquinanti), mentre nella seconda area si presentano problemi di compatibilità nel settore Molte opportunità dai agroalimentare (approccio “cleaner production”), di corretta programmi di partenariato gestione di rifiuti solidi e reflui liquidi nelle zone costiere, tra le regioni dell’Obiettivo 1 con particolare intensità in riferimento agli attuali e i paesi che faranno parte dell’allargamento, dai Balcani (ed ai previsti) insediamenti turistici, di battaglia contro alla costa meridionale la desertificazione. Per far sì che ci si approssimi agli obiettivi del mare meditteraneo attesi di partenariato, le Regioni debbono valorizzare la capacità progettuale pubblica e privata, a scala di singolo attore e/o di distretto, sul versante dell’aiuto all’”Institutional Building” (promozione o consolida mento di strutture agenziali, dal controllo ambientale al supporto alle imprese, soprattutto piccolo-medie e/o artigianali) e su quello del “Technology Transfer” inteso come implementazione di modelli progettuali e gestionali che incrementino i livelli di autonomia delle realtà riceventi. La difficoltà di concretizzare una così rilevante opportunità è emersa nelle Conferenze di Ancona, nel 2004, e di quest’anno a Matera: essa deriva anzitutto dallo stato di emergenza ambientale che caratterizza cruciali Regioni “Obiettivo 1” del nostro Paese (che però potrebbero essere affiancate da altre realtà in logica di partenariato interregionale) ed anche da resistenze burocratiche a scala decentrata, soprattutto da parte di chi per anni ha gestito il piccolo cabotaggio dei vari Interreg, ecc. C’è da augurarsi che, per candidare autorevolmente le Regioni italiane a giocare il ruolo atteso nei nuovi strumenti partenariali, si manifesti una volontà istituzionale forte in vista dell’incontro di Cagliari, che si terrà nel tardo Autunno, a partire dalla individuazione e dal coinvolgimento delle parti terze interessate, tanto nei Balcani quanto nel Bacino Mediterraneo meridionale.

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CONTRASTO

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La guerra preventiva di Letizia Moratti >56 Il budget condiviso di Banca Etica >61

economiasolidale BANCA ETICA CONTINUA LA CRESCITA IN MERIDIONE

GRANDE SUCCESSO PER IL BOND DI SISTEMA PROMOSSO DALLA REGIONE TOSCANA

TREMILA PUNTI DI CONTATTO PER FARE LA SPESA GIUSTA

IL COMUNE PREME IL CARCERE MIGLIORA

UN ADOLESCENTE LONDINESE HA VINTO UNA CAUSA CONTRO IL COPRIFUOCO IMPOSTO DA BLAIR

RITORNA LA FIERA DELLE UTOPIE CONCRETE

Banca Etica sbarca a Sud: il 24 ottobre apre la filiale di Napoli, in Piazza Nicola Amore, nei locali che hanno ospitato il punto informativo. L’apertura di uno sportello operativo rende visibile una presenza in continua crescita nel sud (dove è previsto l’avvio di un'altra filiale a Bari). Lo confermano i numeri (aggiornati al 31 agosto); relativi ai soci (circa 1800), al capitale sociale (915.000 di euro), al rapporto tra raccolta di risparmio e impieghi: con 10.700.000 euro di raccolta e 17.500.000 euro di impieghi accordati, Banca Etica rappresenta un’eccezione nel panorama italiano che in genere al Sud raccoglie più di quanto investa. Il 25 e 26 ottobre è in programma, sempre a Napoli, un convegno dal titolo “Investimenti etici e sviluppo sostenibile. Quale progetto per il Mezzogiorno”. Un’occasione di confronto su un modello di sviluppo che punti all’integrazione tra servizi sociali, istruzione e lavoro, individuando un ruolo adeguato del pubblico, una funzione eticamente orientata del sistema finanziario e scelte imprenditoriali socialmente responsabili. Interverranno tra gli altri: Nichi Vendola (presidente Regione Puglia), Savino Pezzotta, Luigi Bobba (presidente Acli), Paolo Beni (presidente Arci), Pippo Callipo (Presidente Confindustria Calabria) e Fabio Salviato (presidente Banca Etica). Info su sede e programma: Pina Bevilacqua (081 7877516 int 210).

C’è grande soddisfazione alla Regione Toscana per il successo ottenuto dai “bond di sistema”. Nel mese di luglio questa linea di finanziamenti sostenuta da bond era stata presentata alle imprese toscane e già a metà settembre erano arrivate 2247 domande per 560 milioni di euro, ben oltre i 250 milioni messi a disposizione con un meccanismo innovativo dalla Regione. Il costo dell’operazione infatti sarà molto inferiore per la Toscana, che interverrà con un fondo di garanzia di 12,5 milioni; la moltiplicazione per 20 avverrà attraverso le banche toscane o che operano sul territorio - che concederanno i finanziamenti, senza la presentazione di garanzie reali ipotecarie, a costi ridotti e sostenibili. Le banche cederanno il credito ad una società veicolo, che a sua volta emetterà obbligazioni, cartolarizzandole poi nel corso del prossimo anno. Questo sofisticato strumento finanziario, il primo emesso da una Pubblica amministrazione in linea con i requisiti dell’accordo Basilea 2, è stato messo a punto da Fidi Toscana, società per azioni di proprietà della Regione e delle banche, e dal Monte de Paschi di Siena che ne fa parte. La quantità di domande per i bond (che si possono presentare ancora fino al marzo 2006) ha sorpreso anche Martini, il presidente della Regione, e Brenna l’assessore alle attività produttive, che hanno commentato così: «L’importo medio di 250.000 euro per operazione significa che si tratta di investimenti importanti, molto superiore alla media dei finanziamenti fino ad oggi richiesti dalle singole aziende». Con i prestiti ottenuti le imprese possono finanziare progetti nuovi o avviati da non più di un anno, destinati all’acquisizione di marchi o brevetti, per l’innovazione competitiva, per l’internazionalizzazione, per formare i propri manager o per la ricerca e lo sviluppo.

Tremila punti vendita mobilitati della piccola, media e grande distribuzione e del dettaglio biologico con promozioni e iniziative tutte all’insegna dell'equosolidale; testimonial di primo piano del mondo della cultura, dello sport, del cinema a dire che la scelta di solidarietà nei confronti dei piccoli produttori del Sud del mondo può incidere effettivamente sulle vite di migliaia di persone Sono questi alcuni dei numeri di “Io faccio la spesa giusta”, la settimana per il Commercio Equo e Solidale ideata e promossa da Fairtrade TransFair Italia, il marchio che certifica l’origine e le condizioni in cui sono stati lavorati questi prodotti, nel rispetto dei diritti dei lavoratori e delle loro famiglie. La prima edizione del 2004 ha coinvolto un milione di consumatori che hanno scelto di provare le referenze certificate e che hanno continuato a sceglierle anche durante l’anno. Quest’anno la settimana, che si svolgerà dal 15 al 23 ottobre, oltre che nei punti vendita che aderiscono all’iniziativa (Coop, Conad, GS, Famila, Naturasì, B'io) sarà protagonista di incontri di approfondimento nelle Librerie Feltrinelli di Milano, Roma, Bologna, Firenze e Napoli. Sul sito di TransFair (www.transfair.it) sarà possibile consultare gli eventi che si succederanno durante la settimana e l’elenco dei punti vendita che hanno aderito a “Io faccio la spesa giusta”.

Il Comune di Firenze ha inaugurato una nuova stagione nei rapporti con le Amministrazioni penitenziarie, aprendo un tavolo di confronto tra i responsabili del carcere di Sollicciano e l’Asl, per risolvere i problemi sanitari e di sovraffollamento della struttura. Nel mese di giugno l’Asl fiorentina aveva presentato a Palazzo Vecchio una relazione allarmata sulla situazione di degrado di Sollicciano, sia dal punto di vista strutturale (mancanza di impianti di areazione, cucine non a norma, muri scrostati), sia dal punto di vista dell’affollamento: 1030 reclusi oltre a 8 bambini, a fronte di una capacità di 450 persone. Fino a nove detenuti in una cella di 27 metri quadrati. Subito Graziano Cioni, assessore comunale alle politiche sanitarie, aveva invitato l’Amministrazione carceraria a predisporre un piano di ristrutturazione, senza ottenere risposta. Cioni allora il 19 di agosto aveva emesso un’ordinanza prescrittiva «per effettuare i lavori necessari per riportare la struttura a una situazione accettabile» tempo 30 giorni, altrimenti la chiusura. Il 23 di agosto il direttore di Sollicciano, Oreste Cacurri, fa sapere che un piano di ristrutturazione è stato messo a punto e alcuni provvedimenti attuati. E soprattutto l’annuncio dell’«alleggerimento di 100 persone e di un piano di riduzione e redistribuzione all'interno dell'istituto fiorentino».

Un adolescente londinese di 15 anni ha vinto la sua battaglia contro il coprifuoco, introdotto nel 2003 dall’Anti Social Behaviour Act. Fortemente voluti da Blair, gli Anti Social Behaviour Act sono un insieme di norme molto repressive che prevedono, tra l’altro, l’istituzione di zone della città in cui i sedicenni non possono circolare non accompagnati dopo le 21,00 e dove possono essere presi e scortati a casa, indipendentemente dal loro comportamento. Dopo la creazione di tre zone di coprifuoco a Richmond dove risiede, il minorenne - noto solo con la lettera “W” ha presentato ricorso contro questa misura, assistito dall’avvocato Javan Herberg dell’organizzazione per i diritti civili Liberty. I giudici dell’Alta Corte hanno deliberato che la legge non dà alla polizia il potere di fermare i teenager o di riportarli a casa con la forza. Se il governo vuole insistere con il coprifuoco deve ridiscuterlo in Parlamento e «identificare meglio le circostanze in cui tali poteri possono essere applicati». Parlando a nome del governo, una portavoce del ministero degli Interni, ha detto che ci sarà un appello per ribaltare la decisione dei giudici. «Credo che nessuno possa trattarmi come un criminale solo perché ho meno di 16 anni», ha dichiarato il quindicenne; dopo aver vinto la causa le circa 400 zone soggette al coprifuoco nel Regno Unito dovranno essere riviste. Ma al di là della vittoria di “W” resta il fatto che sono stati istituiti 20 mila Community Support Officer, ausiliari assunti part time, con licenza di manganello, manette e arresto; pronti a perquisire, fotografare e multare chiunque per strada sia sospetto di comportamento anti sociale.

“Ponti per un futuro amico”: dal 13 al 16 ottobre nuovo appuntamento a Città di Castello con la Fiera delle Utopie concrete che ripropone la sua forma classica in una edizione che ricorda il fondatore dell’iniziativa, Alexander Langer. Parte da due concetti capisaldi del suo pensiero, i “costruttori di ponti” e “futuro amico” che saranno al centro del seminario e del colloquio sul Premio Alexander Langer di domenica mattina. I ponti da costruire per un futuro amico erano per Alex ponti di convivenza tra le etnie, le religioni, le culture, le lingue, le nazioni. Come si costruiscono? Quali sono i materiali e perché è così difficile farli reggere? Le mostre, le animazioni, il corso di formazione, la conferenza nazionale “Città sostenibili ed amiche dei bambini” e gli incontri in Fiera riprenderanno il tema per ambiti diversi, cercando di suscitare le sensibilità e far crescere le conoscenze, la voglia e la fiducia per un lavoro verso un futuro amico. La Fiera ospita anche un corso di formazione sugli strumenti di pianificazione integrata della gestione dell’ambiente e un workshop de L’Alleanza per il Clima sul progetto Climate Compass, una metodologia che permette ai Comuni piccoli e medi di elaborare in tempi brevi un programma d’azione ad hoc per la protezione del clima. Per info: www.utopieconcrete.it

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La guerra preventiva del ministro Moratti

La legge delega I NUMERI DELLA RICERCA NELLE UNIVERSITÀ BOX 1

IN ITALIA SI SPENDONO 11,5 MILIONI DI EURO, in Francia oltre 28 milioni, in Germania addirittura 47 milioni. Il rapporto tra il numero di docenti e quello degli studenti vede l’Italia agli ultimi posti: da noi c’è un professore ogni 32 alunni, in Francia uno ogni 16, in Germania uno ogni 12. I laureati italiani sono soltanto l’8,7% della popolazione attiva (tra i 25 e i 64 anni), mentre in Francia rappresentano il 20,6% e in Germania il 23%. La formazione universitaria rappresenta lo 0,63% del Pil, mentre supera l’1% nella maggior parte degli altri paesi europei. E l’elenco, tutto in negativo per il sistema universitario italiano, potrebbe continuare a lungo. Unica nota positiva è il solido terzo posto dell’Università italiana, dopo Germania e Regno Unito, per la raccolta di finanziamenti europei.

Una devastazione amministrativa, finanziaria e didattica si sta abbattendo

su tutto il sistema scolastico italiano. Riduzione del tempo scuola, introduzione del tutor, aumento degli alunni per classe, cancellazione dell’obbligo scolastico, scelta a dodici anni tra il percorso professionale e lo sbocco universitario. Se cominciare così può sembrare una provocazione di tipo giornalistico, bisogna fare un giro sul sito del Ministero presieduto da Letizia Moratti: all’indirizzo www.miur.it corrisponde infatti il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Miur - non più Ministero della pubblica istruzione. Una sfumatura per palati fini o una dichiarazione di intenti? La scuola è abituata alle riforme, ne ha viste parecchie ed anche sostanziali da quando esiste di Paola Baiocchi la nostra giovane Repubblica fondata sulla Costituzione nata dai valori della Resistenza, contrariamente al quadro che dipinge il ministro Moratti quando afferma che «da ottant’anni la scuola non ha subito cambiamenti». Ma un intervento così massiccio e davastante come quello apportato dalla riforma Moratti, ancora non lo aveva vissuto, tanto che ci si chiede se si riuscirà a sanare i danni che ha portato nel mondo della scuola. Ci vorrà del tempo e dei governi decisi ad abrogarla, ascoltando le voci dei tantissimi che si oppongono tra gli insegnanti, i genitori, gli studenti e i sindacati. La rivolta nei confronti delle spallate tirate dal governo Berlusconi al sistema dell’istruzione parte prima delFUNZIONAMENTO DIDATTICO E AMMINISTRATIVO [IN MILIONI DI EURO] l’entrata in vigore della legge delega 53 del 2003. Nel diCostituisce la parte più consistente dei bilanci delle scuole e servono cembre del 2002 tutti i rettori delle università italiane preper fronteggiare tutte le spese ordinarie e ricorrenti: bollette del telefono, cancelleria, viaggi di istruzione, tassa rimozione rifiuti ecc. sentano contemporaneamente le dimissioni, per protesta contro il taglio alle spese per gli atenei previsto dalla Fi331,480 nanziaria. La notizia, annunciata da Piero Tosi presidente della Crui, la Conferenza dei rettori, fa il giro del mondo 248,259 in un istante per la sua gravità, anche considerando le 208,159 università non sono certo organismi governati da giovani estremisti scapestrati. Le richieste della protesta? Non 187,839 185,587 ridurre le spese, ma mantenerle nella Finanziaria del 2003 almeno come quelle dell’anno precedente. Una rivendicazione minima VEDI BOX 1 , che viene tamponata in parte con i fondi del fumo. Gli oltre tre mesi di incontri e scontri fra la Conferenza dei rettori da un lato e Moratti e Tremonti dall’altro hanno determinato l’inserimento, all’interno del maxiemendamento della Finanziaria 2003, di una “tassa sul fumo”, che prevede un get2001 2002 2003 2004 2005 tito di 435 milioni di euro destinati anche alle università

Fonte: Cgil scuola

È

SPARITA LA “PUBBLICA ISTRUZIONE”.

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PRIVATIZZATI ANCHE GLI ESAMI DI MATURITÀ BOX 2

C’ERANO UNA VOLTA I PRIVATISTI, quei ragazzi che arrivavano alla maturità magari portando “due anni in uno” per recuperare qualche bocciatura: sostenevano un esame di ammissione, portavano tutte le materie e, solitamente, finivano bocciati un’altra volta. Negli ultimi quattro anni i privatisti si sono presentati in numero sempre crescente nelle scuole paritarie - quelle che la legge 62 del 2000 ha parificato alle statali - e sono diminuiti nelle scuole pubbliche. Eppure i costi per sostenere l’esame sono molto differenti: meno di 30 euro nelle pubbliche; da 1000 euro in sù nelle paritarie. Ma perché dal 2001 ad oggi i privatisti che si presentano nelle paritarie sono aumentati da 348 unità a 10322? Forse la spiegazione sta in una leggina contenuta nella Finanziaria del 2002 che ha modificato la composizione delle commissioni agli esami di maturità, abolendo i commissari esterni, sostituiti con i professori delle classi stesse. Il provvedimento è stato voluto dal ministro per contenere la spesa: nel 2001 un commissario interno veniva pagato infatti 523 euro, mentre quello esterno costava 1073 euro, che potevano salire fino a 3000 con il rimborso spese. Un indubbio risparmio per le casse dello Stato, che si è tradotto in una vera fortuna per le scuole paritarie, che nella sessione d’esami del 2005 hanno portato a casa almeno 15 milioni di euro e hanno bocciato in percentuale molto meno che nelle scuole statali.

e alla ricerca: già la politica italiana tante volte aveva dato del suo peggio, ma con il provvedimento di estrarre fondi per la ricerca da una tassa sul fumo (dal cancro ai polmoni, direttamente alla ricerca sul cancro) anche i transfughi dell’istruzione che avevano votato Berlusconi per bloccare la riforma Berlinguer, hanno cominciato a capire che il peggio doveva ancora arrivare.

Il 28 marzo 2003 viene approvata in via definitiva la legge delega 53, la riforma Moratti dell’istruzione e della formazione, nata dall’elaborazione di un gruppo ristrettissimo, di cui si conosce il pedagogista Giuseppe Bertagna, senza che ci sia stata una reale e diffusa consultazione delle parti interessate. Nulla a che vedere con la Commissione dei saggi che aveva preceduto la riforma Berlinguer e aveva mosso un’approfondita discussione condivisa tra intellettuali, pedagogisti e tecnici sia del mondo laico che cattolico. Le reazioni contro la riforma arrivano immediatamente e la critica è subito fortissima da parte di tutte le componenti del mondo scolastico: non si sentiva l’esigenza di toccare le materne e le elementari, che costituiscono la parte più realizzata del nostro sistema educativo. Nelle scuole la confusione si somma alla disinformazione che viene diffusa dal Ministero e dalle fonti ufficiali. I sindacati, gli studenti e i comitati formati da genitori e insegnanti cominciano una lunga serie di lotte di piazza, di volantinaggi, di feste con palloncini e occupazioni simboliche. Alfia Nicotra, segretaria generale Cgil scuola provincia di Milano, ci riassume alcuni passaggi della riforma e del metodo utilizzato: «La riforma Moratti è stata delineata in una legge cornice che contiene l’enunciazione di diversi principi, che devono poi essere regolati dai decreti attuativi. Per tutta un’altra serie molto importante di cambiamenti, come il tutor, la legge 53 rimanda alle “indicazioni nazionali”, che non sono legge fino a quando non termineranno il loro iter legislativo. Quindi - continua Alfia Nicotra - sta succedendo di tutto e di più: ci sono scuole che applicano il portfolio delle competenze - che è il nuovo sistema di valutazione e altre no. Ma possono farlo perché il portfolio è all’interno delle indicazioni nazionali, che non essendo legge, non sono prescrittive». «Stessa identica cosa - riprende Alfia Nicotra - ma molto più grave e drammatica vale per i programmi, cioè cosa insegnare: anche i programmi sono contenuti nelle indicazioni nazionali. Quindi ci sono in vigore i vecchi programmi, ma le indicazioni nazionali sono passate nella maggioranza delle scuole attraverso i libri di testo, perché gli editori si sono adeguati subito e gli insegnanti sono stati costretti ad adottare i libri “riformati”. La scuola sta vivendo una fase estremamente negativa perché alla bruttezza di questa legge che non condividiamo in nessun senso, si aggiunge questo elemento di confusione che mortifica e peggiora la qualità della scuola». La complessità e la profondità con le quali agisce la riforma Moratti nella società non permettono semplificazioni e infatti si estende lo schieramento che chiede di abrogarla del tutto, mentre i suoi tagli si fanno sentire: nelle scuole di ogni ordine e grado aumentano gli studenti, mentre diminuiscono le classi e gli insegnanti; scendono di anno in anno i fondi per seguire progetti |

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contro la dispersione scolastica, si tagliano gli acquisti di materiale di consumo VEDI GRAFICO , ci sono scuole che non riescono a pagare la tassa rifiuti.

Attività pomeridiana addio Mentre aumentano del 40% i contributi per le famiglie che iscrivono i figli alle private, gli istituti non riescono più a garantire l’apertura pomeridiana per attività di approfondimento, perché non hanno fondi per pagare gli straordinari ai bidelli (personale ATA). «L’apertura al pomeriggio delle scuole è stato un obiettivo di molte lotte studentesche; le associazioni di volontariato usano spesso gli edifici scolastici per le loro attività. Nei paesi dove la delinquenza giovanile è alta si provvede ad aprire anche al pomeriggio le scuole per frenare il fenomeno; la perdita di spazi vissuti e di attività aggregative inciderà sui nostri tessuti urbani con conseguenze che vedremo presto», parla così un’insegnante di un istituto tecnico pisano, che ci racconta anche di aver fatto coincidere tutte le aperture pomeridiane per scrutini o colloqui con i genitori, con le lezioni di un corso seguito da un suo gruppetto di allievi. Il 15 di settembre, alla Conferenza Stato-Regioni, il decreto attuativo della riforma delle scuole medie superiori è stato bloccato dall'opposizione delle Regioni (vedi intervista), che hanno ottenuto il rinvio della sperimentazione al prossimo anno scolastico. La riforma riorganizza le superiori secondo la distinzione tra licei e formazione professionale, che dovrebbe andare a carico delle Regioni, ma senza copertura finanziaria. La riforma delle superiori verrà approvata nel Consiglio dei ministri del 17 ottobre; spetta ora ai politici, in vista delle prossime elezioni, inserire l'abrogazione della riforma voluta dal governo Berlusconi nei pro-

grammi elettorali, mentre il nostro impegno di cittadini deve essere quello di non dare credito ad atteggiamenti ambigui nei confronti di questa riforma così depauperante. Dal canto suo il ministro Moratti è ben decisa ad andare avanti ricorrendo, come sempre, all’arma della disinformazione: non è vero che con le assunzioni, di cui si sono conosciuti i numeri a luglio, si sia dimezzata la folla dei precari. Sono stati coperti, a malapena, i posti resi liberi dal turn over; resta un uguale numero di supplenze affidate ai non di ruolo. Per quello che riguarda il personale ATA la situazione è ancora più carente: la Regione Toscana, per esempio, ha reso noto che sono stati colmati solo il 7% dei posti vacanti. Per riassumere, i punti più contrastati della riforma sono: la riduzione del tempo scuola, l’introduzione del tutor, l’aumento degli alunni per classe (fino a 28) l’anticipo a due anni e mezzo per l’entrata alla materna e a cinque anni e mezzo per le elementari, la cancellazione dell’obbligo scolastico sostituito da un generico diritto/dovere esteso fino ai 18 anni, la scelta a dodici anni tra il percorso professionale e lo sbocco universitario, l'alternanza scuola-lavoro, la cancellazione del valore legale del titolo di studio. Proprio questo è uno dei punti più dirompenti dell’impianto varato dal governo Berlusconi: perfino l’accesso alle Università sarà legato non più al conseguimento della maturità e dei diplomi, ma a prove di ammissione, sempre più aziendali. È la risposta ad una richiesta di Confindustria, ripresa nel corso di quest’anno dal rapporto “Fermiamo il declino” elaborato dalla Fondazione De Benedetti: si progetta una forza lavoro ultraflessibile e che non possa far valere, né contrattualmente né sul posto di lavoro, i titoli acquisiti con lo studio.

BIOGRAFIA DI UNA CARRIERA BRILLANTE

Scompare anche la “pagella”

LETIZIA BRICHETTO SPOSATA CON GIAN MARCO MORATTI, è figlia di Mimina e Paolo Brichetto, uno dei fondatori assieme a Edgardo Sogno dei Comitati di resistenza democratica, nati nel 1971 con lo scopo di “impedire con ogni mezzo che il Pci andasse al potere, anche attraverso libere elezioni”. I Comitati si assumevano l’impegno di “compiere personalmente e singolarmente l’esecuzione degli esponenti politici di partiti democratici, responsabili di collaborazionismo con i nemici della democrazia e di tradimento verso le libere istituzioni” (dal libro Testamento di un anticomunista, intervista ad Edgardo Sogno di Aldo Cazzullo). Questa tradizione familiare del ministro Moratti non si trova nelle sue biografie ufficiali, che parlano di una brillante carriera nel mondo del brokeraggio assicurativo, e delle telecomunicazioni. Nel ’90 entra nel consiglio di amministrazione della Comit, da cui esce nel ’94. Nello stesso anno la Gpa acquisisce il gruppo Nichols e forma un’alleanza internazionale con il gruppo Segdwick. Nel ’94, con il governo Berlusconi, viene nominata presidente della Rai, carica che mantiene fino al ’96; durante questo periodo svende settori attivi della Rai come i giornali Moda e King, favorendo il passaggio della pubblicità delle due testate verso la concorrenza. Proprio nel ’96 è Letizia Moratti che presenta Massimo D’Alema nel salotto buono della finanza italiana, trasformandosi in ambasciatrice del verbo dalemiano: lo fa incontrare con l’amministratore delegato di Mediobanca Vincenzo Maranghi e con Luigi Fausti della Comit. Ne magnifica «l’onestà intellettuale e la modernità dell’uomo». Alla fine del ’98, e per un anno circa, Letizia Moratti diventa presidente e amministratore delegato di News Corp Europe, società del gruppo Murdoch per cui realizza il piano di espansione in Europa. Sostiene e frequenta la comunità di San Patrignano, fondata da Vincenzo Muccioli per il recupero dei tossicodipendenti. Nel 2001 ha fatto parte dell’Advisory Board di Carlyle Group – Europa, fondo attivo nell’acquisto degli immobili del patrimonio dello Stato italiano, dismessi con la società di cartolarizzazione Scip.

Procedendo in questa direzione intanto si è eliminata la scheda di valutazione nazionale: la pagella non è più stampata dal Ministero e uguale in tutta Italia. Dal dicembre 2004 le scuole devono provvedere a proprie spese alla stampa e ai contenuti: «Così non solo si perde il senso dell’unità nazionale della scuola – commenta Alfia Nicotra - ma si perde il senso del valore della scuola pubblica. Questa novità sconvolgente è cominciata con la riforma degli esami di Stato, con l’abolizione del commissario esterno. Lì è stato il primo segnale che gli esami di Stato non hanno più lo stesso valore forte, per dire che con il tempo verrà tolto valore legale al titolo di studio. Per cui se io mi sono diplomato ragioniere nell’istituto tecnico il mio titolo di studio varrà quanto quello del tipo che ha fatto 14 corsi in 14 uffici privati». «Hanno in mente un modello di scuola leggero, dice ancora Alfia Nicotra della Cgil scuola - molto simile al modello americano che deve alfabetizzare e dare quel minimo di competenze di base e poi chi ha strumenti e risorse, ha i luoghi dove completare la sua formazione. Questo è un modello che divide la società in due parti: chi dovrà fare il manovale e chi dovrà fare il dirigente. Lo stato sociale leggero parte dalla scuola». Un lavoro così sistematico di demolizione dei saperi della popolazione porta ad un abbassamento generalizzato della coscienza critica dei cittadini. Le ricadute sociali potrebbero essere enormi: nel giro di pochi anni si potrebbero riprodurre anche da noi proprio quei fenomeni tipici delle aree povere delle città statunitensi, in cui vivono 42 milioni di americani a cui sono negate istruzione, sanità, sana alimentazione, possibilità di avanzamento sociale.

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«Stop alla sperimentazione. Troppe incertezze, assenza di fondi. Costituzione ko». L’atto d’accusa di Gianfranco Simoncini, assessore all’istruzione della Regione Toscana. Il decreto del ministro contiene un invasione di campo nelle competenze delle Regioni, ribadite e confermate anche dalle sentenze della Corte Costituzionale. Lo stop era quindi un obbligo. | 58 | valori |

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A REGIONE TOSCANA GIÀ NEL CORSO DELL'ESTATE aveva ufficialmente rimandato di un anno la sperimentazione della riforma Moratti nella scuola superiore, in attesa di modifiche ritenute necessarie. Alla Conferenza Stato-Regioni del 15 settembre le Regioni hanno ottenuto di rimandare al prossimo anno scolastico 2006/2007 la sperimentazione. L'assessore per l'istruzione della Regione Toscana, Gianfranco Simoncini, che aveva avversato da subito la riforma ha risposto alle nostre domande.

Cosa ha chiesto la Regione Toscana nella Conferenza Stato Regione del 15 settembre?

«La Toscana, insieme alle altre regioni, ha chiesto fin da subito il ritiro del decreto del ministro Moratti sul secondo ciclo delle superiori. Il giudizio è stato negativo perché la proposta istituisce un doppio binario licei-istruzione professionale, rompendo l’unitarietà del percorso formativo e la pari dignità degli istituti scolastici. Il decreto contiene inoltre una invasione di campo rispetto alle competenze assegnate dalla Costituzione e risulta, nei fatti, inapplicabile per mancanza di risorse e strumenti attuativi. In questo quadro, la Regione Toscana ha deciso di mettere uno stop alla sperimentazione: troppe incertezze sull’offerta formativa, sui

titoli di studio, sulla possibilità di passaggio da un regime ad un altro. E, soprattutto, nessuna risorsa certa per la realizzazione del nuovo sistema di istruzione professionale, interamente affidato alle Regioni. Un caos insomma, che abbiamo tentato di scongiurare, almeno per quest’anno, cercando di dare serenità e certezze alle famiglie. Nel frattempo, come Regioni, è stato deciso di entrare nel merito del documento, chiedendo una serie di emendamenti la cui approvazione dovrà condizionare l’attuazione eventuale del decreto». Quali sono i punti dove si richiedono modifiche? |

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«Nonostante il giudizio negativo, le Regioni hanno comunque deciso di proseguire il difficile confronto con il governo. Hanno presentato un articolato documento con una seria analisi di merito. Rispetto alla possibile applicazione sono state individuate tre questioni vitali, la cui soluzione è ritenuta indispensabile per ridurre il danno: certezza e quantificazione delle risorse, norme transitorie che regolino il passaggio da vecchio a nuovo sistema, definizione dei titoli di studio. Sono tre punti irrinunciabili: solo se troveranno risposta il decreto potrebbe essere considerato attuabile, anche se restano il giudizio di fondo e la richiesta di trasformazione radicale dell’impianto della riforma». Si è calcolato quale potrebbe essere il peso economico della riforma delle superiori sulle Regioni?Con le modifiche già attuate nella scuola elementare gli Enti locali si sono trovati a far fronte a nuovi costi? Si possono quantificare? «Il punto è che per questa riforma non è previsto alcun tipo di finanziamento. Il provvedimento del governo non chiarisce quali possano essere le risorse per la sua attuazione. Una riforma non può essere fatta a costo zero o avere addirittura l’effetto di tagliare le spese, come di fatto è avvenuto in questi primi anni di attuazione dei provvedimenti per gli altri cicli di istruzione». La riforma, eliminando elementi comuni - come la certificazione legata al documento di valutazione – e spostando risorse verso le scuole private, sta smantellando la scuola nazionale. Le Regioni riescono a fare fronte comune contro questa dissipazione?

riforma non può essere “Una uno strumento per tagliare la spesa nell’istruzione, come è avvenuto negli ultimi anni

Gianfranco Simoncini, assessore all’istruzione della Regione Toscana. È stato uno dei protagonisti del braccio di ferro con il ministro Letizia Moratti. | 60 | valori |

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«È evidente il rischio, gravissimo, che sta dietro questa riforma e, direi, dietro tutta la politica portata avanti dal ministro Moratti: quella di indebolire e di conseguenza far perdere progressivamente credibilità alla scuola pubblica. Meno risorse, meno personale, programmi e titoli di studio differenziati, il reinserimento di un doppio canale licei-istruzione professionale, rompendo l’unitarietà dell’iter formativo, sono tutti passi che potrebbero portare verso scenari di degrado e al quale le Regioni stanno reagendo in maniera compatta». La Toscana ha preparato, come la Regione Emilia Romagna, delle leggi regionali specifiche riguardo alla scuola? «Sì, la Toscana l’ha fatto fin dall’inizio di quest’anno. Con la nostra legge abbiamo recepito le indicazioni del decreto legislativo 112 del marzo 1998, ribadite nel nuovo titolo V della Costitituzione, che assegnano alle Regioni le funzioni amministrative inerenti la programmazione dell’offerta formativa integrata fra istruzione e formazione professionale nonché, proprio per rendere effettiva questa competenza, le funzioni di programmazione della rete scolastica. Una funzione che la Regione ha fino ad oggi puntualmente esercitata ma che, vanificata o contraddetta dalle decisioni degli uffici decentrati del ministero, è rimasta un libro dei sogni. La Corte Costituzionale, in una sentenza recentissima, ha fatto chiarezza su questo punto, riconfermando la competenza piena della Regione. Così, con la nuova legge, la Regione si riappropria di questa funzione fino ad oggi rimasta virtuale. La legge è un'integrazione della legge regionale 32, primo testo unico in materia, cui sono seguiti il regolamento attuativo e il piano di indirizzo integrato. Con la legge 32 prende corpo l’idea di un sistema che punta su integrazione fra istruzione, formazione, lavoro, avvicina la scuola al mercato del lavoro, valorizza l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in altre parole un sistema che realizzi la libertà individuale e l’integrazione sociale attraverso il diritto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. La legge 32 costituisce il quadro normativo, semplificato e aggiornato, nel quale trovano collocazione tutti i servizi educativi in ambito regionale. Con questa legge la Toscana ribadisce in maniera inequivocabile che l’apprendimento è un diritto inalienabile della persona, al pari di quello alla salute o al lavoro». Ritiene che un futuro governo di centrosinistra debba apportare delle modifiche alla riforma Moratti o debba abolirla del tutto? «Proporre modifiche e uno slittamento, non significa nascondersi i limiti di fondo dello schema di decreto e il nostro giudizio sul merito resta drasticamente negativo. Non credo francamente che, una volta mutate le condizioni politiche, questa possa essere una base da cui ripartire. Per questo penso che un futuro governo di centro sinistra dovrebbe sospenderne l’iter per andare verso una riforma seria, anche attraverso un percorso condiviso con parti sociali, regioni, operatori della scuola, un confronto che in questa fase è mancato».

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Un budget diverso condiviso con il territorio e le persone

Banchieri ambulanti, associazioni e realtà espressione della società civile, filiali: sono i protagonisti del processo che porta la Banca Popolare Etica a definire i propri obiettivi economici. Un percorso partecipato per definire gli obiettivi di utilità sociale che l’istituto vuole raggiungere nei suoi progetti di crescita. MCKINSEY O ACCENTURE. Non si preparano business plan la cui unica stella polare sia il roe, cioè il parametro che misura la capacità di fare profitto. In prima fila ci sono invece i banchieri ambulanti insieme alle realtà del no-profit che hanno dato vita all’esperienza sempre più unica di Banca Popolare Etica. Un approccio diverso che nasce sin dalla definizione del budget, uno degli strumenti base di qualsiasi attività economica strutturata. Le linee strategiche vengono definite dal consiglio d’amministrazione della Banca e con due obiettivi: lo sviluppo economico/volumetrico dell’attività e l’incremento dell’articolazione territoriale. Il consiglio d’amministrazione affida alla direzione generale il compito di individuare un piano operativo idoneo al raggiungimento degli obiettivi indicati. Da questo momento parte il processo di discussione e elaborazione che coinvolge tutte le aree della Banca. I responsabili di area (coordinati dal responsabile dell’area controllo di gestione/amministrazione) elaborano un piano operativo specifico per l’area di propria responsabilità che declina obiettivi specifici ed il correlato fabbisogno di risorse. Poi c’è una fase di negoziazione con la Direzione Generale che ha l’obiettivo di amalgamare le diverse istanze, al fine di predisporre una programmazione che renda sostenibile il raggiungimento degli obiettivi prefissati, con le necessità dell’organizzazione aziendale e con gli obiettivi di efficienza economica il cui raggiungimento è necessario per la vita e lo sviluppo della banca. L’obiettivo è ovviamente quello di arrivare a proporre al consiglio d’amministrazione un piano di sviluppo che abbia al centro, appunto, non tanto l’incremento della redditività finanziaria ma l’utile sociale. Un percorso che ormai è diventata una prassi consolidata per la Banca Popolare Etica. In occasione dell’apertura «La banca ha visto la luce con una mission specifica: essere il sogdella filiale di Banca Popolare Etica getto creditizio del Terzo Settore italiano. La situazione economico a Napoli si terrà anche un convegno sul credito al Sud. sociale, il contesto territoriale e la naturale propensione alle tematiche sociali hanno portato ad una domanda crescente di Banca Etica da parte del pubblico – spiega il direttore generale Mario Crosta Questa domanda ha favorito una profonda mutazione, incrementando la gamma dei prodotti e servizi offerti: la Banca sta ampliando la propria presenza a livello territoriale con l’obiettivo ormai esplicito di diventare il punto di riferimento per singoli, famiglie, realtà profit con un certo orientamento. Non un secondo istituto di credito, al quale si aderisce soprattutto per una condivisione del progetto, ma il proprio istituto di riferimento. In quest’ottica l’accordo con le Poste Italiane, che andiamo a sperimentare in quattro regioni, amplia in modo considerevole le potenzialità d’utilizzo dei servizi tradizionali e si aggiunge allo sviluppo dell’online e dei stru-

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BANCA POPOLARE ETICA con l’accordo con Poste Italiane diventa sempre piĂš vicina ai cittadini, alle cooperative e associazioni che intendono gestire il danaro in modo diverso. Grazie agli sportelli di BancoPosta sarĂ infatti possibile effettuare versamenti sul conto corrente aperto presso Banca Etica. Il tutto avviene in modo abbastanza semplice: la carta Bancomat di Banca Etica consente agli operatori degli sportelli di BancoPosta di associare il numero di carta al conto corrente e quindi di operare con la massima facilitĂ nelle aree dove non è presente una filiale. Il servizio, in una prima fase sperimentale, sarĂ operativo in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Puglia.

Una realtĂ sempre piĂš vicina ai cittadini e alle realtĂ associative per sostenere il cambiamento

menti di pagamento elettronico come carta di credito, Bancomat e carte prepagateÂť. Il processo per la definizione del budget è anche uno dei momenti di piĂš concreta attuazione della governance che la Banca Etica ha conti nuamente affinato sin dai tempi della Cooperativa Verso la Banca Etica: ÂŤdobbiamo essere tutti consapevoli che il progetto a cui i soci fondatori, soci persone fisiche e non, risparmiatori hanno aderito è diventato una banca, ossia un istituto che amministra denaro che le viene affidato e por il quale è ovviamente garante – continua Crosta – che ha responsabilitĂ quindi nei confronti dei risparmiatori, dei prenditori di credito, dei soci e dei dipendenti. Il ruolo di cambiamento che rappresenta uno dei nostri obiettivi strategici prioritari può essere perseguito solo consolidando la governance interna alla Banca e il processo di budget da questo punto di vista è uno degli elementi cardine. Potersi confrontare con il territorio, raccogliere le istanze che emergono a livello locale e trasformarle in obiettivi strategici e economici è una delle attivitĂ concrete piĂš esplicite del cambiamento, dei valori di cui vogliamo essere portatori con il nostro progettoÂť. Sono diversi gli esempi, i casi concreti che testimoniano della strettissima relazione tra il “mondo Banca Eticaâ€? e la Banca stessa: ÂŤstiamo rendendo sempre organici i rapporti operativi con alcuni dei soci fondatori – conclude Crosta – per fare in modo che tutte le attivitĂ creditizie facciano capo alla Banca. Abbiamo attivato importanti collaborazioni con le istituzioni locali per mettere a disposizione dei cittadini strumenti finanziari di supporto come l’anticipo della cig nell’area torinese o i mutui agevolati ai giovani. Il sistema dei valutatori sociali e il progetto di formazione sono due altri tasselli del nostro impegno per contribuire alla crescita della conoscenza delle realtĂ economiche profit e non profit che vedono nella Banca un partner piĂš che un organismo di supporto tecnicoÂť.

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Sotto, Laurentino 38: una famiglia nella casa abusiva.

Roma, 2003

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Roma, la fermata dell’autobus al ponte VIII. Second il prof. Sgritta della Sapienza il 14,8% dei romani accusa crescenti difficoltà economiche.

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STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO

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ANNO 5 N.33

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Caffè del Presidio

Sorso di biodiversità. Equa e solidale di Andrea Di Stefano

E MACCHINE PER LA TORREFAZIONE SONO ALL’INTERNO DI UN CARCERE. Il caffè arriva direttamente dal Guatemala, per la precisione da 100 famiglie di piccoli e micro produttori, in larga maggioranza indigeni, associati in un consorzio di cooperative nel dipartimento di Huehuetenango. L’area è quella di un Presidio Slow Food: il caffè di Huehuetenango, San Pedro Necta è il primo Cru del Presidio, è frutto del lavoro di mappatura dell’area di produzione, che ha evidenziato le zone maggiormente vocate e stilato un attento disciplinare di produzione, che ne garantisce la qualità organolettica, sociale e ambientale. Questo caffè è ricavato unicamente da piante di Coffea Arabica (delle varietà Typica, Bourbon e Caturra) coltivate all'ombra di alberi ad alto fusto, ad un’altezza compresa tra i 1.500 ed i 2000 metri di altezza. Caratteristica importante della popolazione del dipartimento è la multiculturalità: vivono a Huehuetenango nove gruppi etnici differenti (Mam, Q'an'jobal, Jacalteko, Chuj, Akateko, Tectiteko, Awakateco, Kiche e ladino). L’indice di analfabetismo nel dipartimento è stimato al 53%, con maggiore incidenza nelle donne residenti in area rurale e nella popolazione indigena. La povertà unita alla discriminazione etnica, di genere e geografica, limita e ostacola l’accesso dei bambini e delle bambine alla scuola primaria, a cui si aggiunge l’impiego precoce come forza lavoro familiare. Due debolezza sono diventata una grande forza grazie a Pausa Cafè, una cooperativa sociale che ha sede Da 100 produttori presso la Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, del Guatemala che lottano contro povertà, emarginazione dove un gruppo di detenuti lavora il caffè di Huehuetenango e analfabetismo. E torrefatto sotto l’attenta guida di alcuni grandi torrefattori italiani. in un carcere italiano I produttori si sono impegnati al rispetto di un disciplinare che definisce l’area di coltivazione del caffè Huehuetenango, le norme agronomiche, ambientali sociali ed economiche di produzione. In particolare la disciplinare prevede l’impegno al mantenimento della biodiversità, la riduzione e controllo nell’uso di prodotti chimici, la conservazione delle riserve d’acqua. I bambini possono essere impiegati nel ciclo di produzione solo se adempiono agli obblighi scolastici e l’organizzazione ha l’obbligo di diffondere l’alfabetizzazione. I bambini dei produttori associati devono aver fatto i vaccini minimi necessari e le donne devono sottoporsi a esami ginecologici una volta all’anno. Il 70% o il 75% dei profitti ricevuti dalla vendita del caffè vanno ai produttori stessi, a seconda della qualità del loro prodotto. Il 5% viene utilizzato nella realizzazione di opere sociali ed il restante 20% viene utilizzato nel mantenimento e nella promozione dell'organizzazione. Le donne produttrici, vedove o single, ricevono il 5% in più degli altri produttori. Questa innovativa forma di alleanza tra i differenti protagonisti della filiera produttiva del caffè, consente di mantenere elevata la qualità in tazza e di migliorare la qualità sociale ed ambientale del caffè di Huehuetenango (ovvero le condizioni di vita dei produttori). Al contempo, si creano opportunità di inserimento lavorativo per i lavoratori svantaggiati partecipanti al progetto, rendendo infine disponibile ai consumatori solidali un prodotto di eccellenza (un caffè in purezza, torrefatto con miscela 100% arabica centroamericana) ad un prezzo equo.

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DIARIO

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altrevoci

economiaefinanza

MERCENARI E COMPAGNIE PRIVATE, PROTAGONISTI DELLE GUERRE CHE VERRANNO

IL SENSO DI BENESSERE E ALTRI VALORI NEL VISSUTO

UNA GUIDA ALLE ISTITUZIONI EUROPEE

INTOCCABILI MA CON MOLTI INDIZI A SFAVORE

SEGRETI DI GUERRA, TERRORISTI E INTELLIGENCE

REPORTAGE E EMOZIONE IN VIAGGIO TRA LE CAPITALI

Frutto di anni di ricerche sul campo, il volume di Francesco Vignarca racconta per la prima volta con larghezza di documentazione la realtà delle aziende private che fanno la guerra per conto terzi. Una realtà emersa con durezza in occasione dei sequestri mirati della guerriglia irachena contro le milizie private che hanno assoldato contractors in tutto il mondo, Italia inclusa. Dalla ricerca di Vignarca emerge il ritratto dettagliato di un sistema che pochissimi, anche a livello politico e istituzionale, conoscono e comprendono. E che nessuno controlla. «Se per “presenza mercenaria” intendiamo l’uso delle compagnie militari private per la fornitura di diversi servizi di sicurezza o di stampo bellico (protezione di uomini ed installazioni, addestramento delle polizie e dell’esercito iracheno, fornitura di servizi logistici e di approvvigionamento per la Coalizione) ci troviamo di fronte ad un contingente militare “privato” che si aggira sui 30.000 uomini, secondo per numero dietro a quello degli Stati Uniti. Mentre prima delle fasi più acute dello scontro post-bellico iracheno ognuno agiva per proprio conto e seguendo un proprio contratto, sempre di più le compagnie stanno stringendo contatti e rapporti fra loro per operare con medesimi standard e con una intelligence comune. Con un percorso che davvero potrà portare alla nascita di un vero e proprio esercito di stampo privato e non legato al controllo e all’indirizzo di nessuna autorità pubblica riconosciuta e sovrana».

«Perché siamo sempre più ricchi, ma sempre meno felici? Pretendiamo sempre di più, ci circondiamo continuamente di “cose”, di artefatti per rincorrere un benessere che non riusciamo ad afferrare». Attraverso una serie di interviste, il testo di Paolo Inghileri, professore straordinario di Psicologia sociale a Padova, ricerca una definizione concreta e vissuta del senso di benessere. Il testo, assunta la percezione prevalente nella società odierna per la quale il benessere è legato al possesso e consumo di beni materiali, è costruito sull’indagine verso individui e comunità eterogenee che hanno compiuto delle scelte estreme rispetto al mondo dei beni materiali, dagli Elfi dell’Appennino tosco-emiliano, alle famiglie di Villapizzone di Milano. Religione, famiglia, natura, ambiente e gruppi sociali sono passati in rassegna per cercare di capire se il possesso materiale e la ricchezza siano di per se stessi fonte di benessere e felicità o lo diventino solo quando rispondono a desideri e bisogni reali.

Edizioni Missionarie pubblica in collaborazione con la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario una guida dedicata ai giovani che vogliano compiere, all'interno o al di fuori di un contesto scolastico, un viaggio alla scoperta delle Istituzioni Internazionali in Europa. Uno strumento didattico alla scoperta dei luoghi di “global governance” che permette di affrontare in un’ottica formativa e critica i temi della sovranità alimentare e del commercio tramite il racconto di storie di vita dal Sud del mondo. Una struttura agevole rende il testo adatto a percorsi e progetti individuali di viaggio, unendo indicazioni teoriche e suggerimenti per approfondimenti a consigli pratici per giovani viaggiatori. «Se non si conoscono le strutture sovranazionali, il loro funzionamento e quindi anche i loro limiti - affermano gli autori- si ha una visione parziale del panorama storico attuale e delle possibilità sulle quali si può contare per risolvere le controversie internazionali ed i problemi della contemporaneità».

Centinaia di documenti sulle tracce del mistero dei potenti passati indenni attraverso pesanti accuse. Una selezione di atti giudiziari accompagnati da brevi e preziose indicazione che guidano la lettura. Difficile inserirsi, se si vuole andare oltre l’informazione quotidiana e il proluvio di condizionali, nell’immensa mole di dati dei processi agli Intoccabili. Il volume di Marco Travaglio e Saverio Lodato guida per mano alla ricerca di una possibile chiave di lettura non strettamente giudiziaria ma basati su atti d’inchiesta. Una necessità di verificare e farsi un’opinione propria così sintetizzata da Paolo Sylos Labini: «è l'informazione sulla verità dei fatti che dà coraggio. Solo la verità può rendere liberi quanti oggi non vogliono essere schiavi«. Dal maxiprocesso ai casi Andreotti, Dell’Utri e Mori, alle ultime controverse inchieste su Totò Cuffaro sino alla battaglia del governo per escludere Giancarlo Caselli dalla candidatura a Procuratore Nazionale Antimafia.

Era dal 1991, dall’uscita di Sovranità limitata, che i fratelli giornalisti Antonio e Gianni Cipriani non firmavano insieme un libro. Editano ora con Sperling & Kupfer “La nuova guerra mondiale” un manuale composto di più sezioni. La prima parte è una guida dei termini più usati in campo bellico e rappresentati dagli avvenimenti degli ultimi anni: guerra giusta, non ortodossa, psicologica, preventiva, umanitaria... Una serie infinita di definizioni, pari solo alla quantità di nomi che si danno alle sfumature di un colore. Ma se è determinante la scelta del nome come azione di marketing per “vendere” all'opinione pubblica la necessità di una guerra, resta irrilevante per le vittime sapere se si tratti di “fuoco amico” o nemico. “La nuova guerra mondiale” affronta anche la catalogazione dell’arcipelago delle maggiori organizzazioni dell’estremismo islamico, presentando informazioni inedite che ricostruiscono uno scenario non semplice da dipanare. Chiudono il libro i “profili” di alcuni servizi segreti.

Scrive Roberto Faben, sociologo e giornalista: «andare in ogni città è come amare o scrivere un romanzo: non sai mai dove quest’avventura ti porterà». Berlino, Anversa, New York, Ostenda, Venezia, Liverpool, Amburgo, Bruges, Washington, Amsterdam, Napoli, L’Aia, Londra. Tredici città raccontate attraverso le atmosfere, le storie, i personaggi, i libri, le canzoni e i film. Dal vuoto in costruzione di Potsdamer Platz ai graffiti del Bronx, dai labirinti veneziani alle cantine dei giovani Beatles, dalle tracce amburghesi dell’“Angelo azzurro” alle orme di Van Gogh nel museo di Amsterdam, fino ai quartieri spagnoli di Napoli, l’autore si aggira nelle città d’Europa e d’Oltreoceano per scoprirne l’immaginario, per catturarne le suggestioni e le atmosfere, per coglierne frammenti di vite e di Storia. Sospeso tra reportage e narrazione, il testo di Faben si muove sullo scenario delle capitali e tra le loro contraddizioni e storie. Un emotivo itinerario on the road di inizio secolo.

UN GAMBERO NERO PER LE RICETTE E I RACCONTI CULINARI DI CHI HA PERSO LA LIBERTÀ

PAOLO INGHILERI LA “BUONA VITA”

FOCSIV GOVERNARE GLOBALIZZAZIONE

M.TRAVAGLIO, S. LODATO INTOCCABILI

ANTONIO E GIANNI CIPRIANI LA NUOVA GUERRA MONDIALE

ROBERTO FABEN TREDICI CITTÀ

DAVID DUTTO, MICHELE MARZIANI IL GAMBERO NERO

Manifestolibri, 2005

Derive Approdi, 2005

Guerini e Associati, 2003

Emi, 2005

Bur Rizzoli, 2005

Sperling & Kupfer, 2005

FRANCESCO VIGNARCA MERCENARI

Bur Rizzoli, 2005

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LA DIFESA DAL MALE OBBIETTIVO PRIMARIO

Un libro fotografico e un ricettario per raccontare la vita quotidiana dei detenuti di un carcere piemontese. In un universo di privazione, anche e soprattutto dei sensi, come quello carcerario, il cibo diventa un momento in cui affermare i propri gusti e il proprio saper fare. Nel quotidiano di un detenuto, la preparazione del cibo, la sua condivisione e la continua reinvenzione di ricette diventano un modo per ricordare gli affetti, trasmettere agli altri una conoscenza pratica, condividere una frazione di piacere. In qualità di operatori sociali, Davide Dutto e Michele Marziani hanno trascorso più di un anno nel carcere di Fossano. Hanno varcato le porte delle singole celle e hanno ascoltato, osservato e aiutato i detenuti intenti alla preparazione del loro cibo. Il risultato è un ricettario “galeotto” nel quale confluiscono piatti, sapori e metodi di preparazione provenienti da tutto il mondo. Sempre più internazionale è infatti la composizione della popolazione oggi reclusa nelle carceri italiane. Accompagnano le cento immagini del volume, realizzate dal fotografo David Dutto (una esperienza di guardia carceraria alle spalle), delle didascalie che raccontano abitudini, aneddoti e curiosità, ricordano storia e provenienza dei personaggi ritratti in questo libro.

Nove brevi saggi di Salvatore Veca scritti tra il 2003 e il 2004 sono editi da Feltrinelli. Sono anni in cui la filosofia politica è stata chiamata a confrontarsi con eventi drammatici (la guerra, il diritto di intervento, l’idea di democrazia, lo statuto di verità della scienza). Ad accomunare questi grani temi è la tensione tra il piano teorico dell’analisi e le ricadute nella vita pratica. Le riflessioni di Veca si muovono tra questi due piani. Procedono nell’analisi filosofica, logica e consequenziale dei concetti in gioco, ma sono costantemente riportate alla concretezza del vivere e del convivere. Ragione e ragionevolezza devono poter coincidere. Ne deriva l’adesione a un modello di diritti umani, libertà e verità (temi diffusamente affrontati nel libro). Se l’idea di universalità di diritti umani sviluppatasi dopo la Seconda guerra mondiale incontra difficoltà, il compito della filosofia sarà trovare il punto di equilibrio tra le diverse esigenze, fissandolo nella “priorità del male”, ossia nell’assumere la prospettiva minimale della protezione dal male, come frontiera comune. SALVATORE VECA LA PRIORITÀ DEL MALE

Feltrinelli, 2005 |

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narrativa

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IL MISTERO DELLA SALA D’AMBRA SCOMPARSA

SCOPRIRE NEL PADRE UNA SPIA DEL REGIME

Catherine Scott-Clark e Adrian Levya, giornalisti investigativi, lavorano per il Sunday Times e il Guardian Weekend, per la BBC, Channel 4 e History Channel. Sono autori del “Mistero della sala d’ambra” premiato dal Sunday Times come libro dell’anno e per il quale hanno ricevuto tre nominations al British Press Awards. La storia della “sala d’ambra” ha inizio nel 1717 quando Federico Guglielmo di Prussia donò allo zar Pietro il Grande sei tonnellate di preziosa ambra. La sala di cinquantadue metri quadrati nel Palazzo di Caterina a Leningrado, ricoperta di pannelli d’ambra finemente lavorati è ritenuta oggi tra le grandi meraviglie del mondo. All’esercito tedesco che aveva l’ordine di trafugare l’ambra verso la Germania si presentarono solo le armature della sala. L’ambra era scomparsa. In una indagine condotta nel mondo dello spionaggio e negli archivi di San Pietroburgo e di Berlino fra diari e lettere mai classificati, gli autori hanno cercato una soluzione al mistero dell’ambra trafugata.

«È stata la lingua a provvedermi di serietà e di acume. È lei che mi aiuta, finora mi è sempre venuta in aiuto. Parlo della lingua come se parlassi di mia madre, infatti penso a lei nello stesso modo, con lo stesso trasporto. Mia madre mi fa venire in mente mio padre, ed ecco che ho già le lacrime agli occhi. Preferisco dire così, anziché dire che piango». Ultimata la stesura di “Harmonia Cælestis” lo scrittore Péter Esterházy chiede di poter accedere a documenti segreti per sapere se, tra gli anni sessanta e ottanta, i servizi ungheresi l’abbiano mai sorvegliato. Con sbalordimento trova quattro fitti dossier scritti da suo padre, eroe di Harmonia Cælestis, tra il 1957 e il 1980, con notizie su figure dell’aristocrazia ungherese e commenti di alcuni dirigenti dei servizi segreti sul lavoro d’informatore svolto dal padre. “L’edizione corretta” è un diario, in cui l’autorefiglio commenta brani tratti dai dossier con il suo stupore, l’amore per il padre e il senso di delusione e di odio per la scoperta del suo ruolo di spia.

REGOLE D’AMORE BASATE SULLE EMOZIONI NELLA NUOVA RACCOLTA DI WILLIAM TREVOR

C. SCOTT-CLARK, A. LEVY IL MISTERO DELLA SALA D’AMBRA

PÉTER ESTERHAZI L’EDIZIONE CORRETTA

WILLIAM TREVOR REGOLE D’AMORE

Corbaccio, 2005

Feltrinelli, 2005

Guanda, 2005

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Protagoniste di questa serie di racconti, ambientati nella provincia irlandese, sono quasi sempre delle donne, disposte a sbarazzarsi del carico inutile di gesti imposti dai ruoli sociali o dal pudore, pronte a riconoscere, in nome delle loro regole, le pulsioni segrete, gli istinti oscuri e inconfessabili dell’essere. Dopo “Gli scapoli delle colline” che lo ha presentato al pubblico italiano, Trevor torna in libreria con una serie di racconti in cui evidenzia lo spessore umano dei suoi protagonisti e il desiderio di creare un codice di regole non ortodosso ma emotivo e ingiudicabile. Emily, vedova da poche ore, decide di uscire dal silenzio e racconta per la prima volta a due sconosciute la storia del suo matrimonio infelice; per amore, Nuala decide di sacrificare il suo istinto di madre e propone un baratto all’amica che teme di essere sterile; Cheryl accetta di sedere a un bar con il marito da cui si è separata e di assistere, ancora una volta, ai suoi deliri omicidi per poi riscoprire l’ambigua compassione che un tempo l’aveva spinta a sposare quell’uomo, al di là del buonsenso e della prudenza. E una strana forma di amore per gli adolescenti, vittime del moralismo e dell’ipocrisia imperanti in un prestigioso collegio, suggerisce a una matura cameriera dalla bellezza leggendaria di sabotare la ferrea organizzazione dell’istituto.

IL LAMENTO TRISTE DI UN SUONATORE DI TAR

GLI USA MENTRE SI PREPARAVA LA GUERRA

In Italia i suoi racconti disegnati sono pubblicati da L’internazionale. Marjane Satrapi, nata a Rasht, in Iran nel 1969, deve la sua fama europea alla saga di “Persepolis”. Pollo alle prugne è il romanzo della maturità, la storia a fumetti struggente di un grande suonatore di tar decide di lasciarsi morire dopo che la moglie, per dispetto, gli ha rotto il suo prezioso strumento. Dietro agli ultimi giorni dell’uomo, appaiono - in flash back, digressioni ed ellissi i tratti di un amore infelice e di una società scomparsa, tormentata tra modernità e tradizione. La perdita delle illusioni e la disperazione dei progressisti, le meditazioni del musicista sulla memoria e sul piacere, e l’atmosfera nostalgica: un libro per capire le tensioni del presente ma anche immergersi in un passato che non tornerà mai più. Attualmente Marjane Satrapi vive a Parigi. Le sue strisce e illustrazioni compaiono regolarmente su quotidiani e riviste ed è autrice di numerosi libri per ragazzi.

Anthony Suau è un fotografo statunitense che da anni vive a Parigi. In Italia è rappresentato dall’agenzia Grazia Neri. Nel 1984 ha vinto il Premio Pulitzer per un servizio sulla carestia in Etiopia e nel 1996 la Robert Capa Gold Medal per i servizi sulla guerra in Cecenia. Nel 1999 ha realizzato la mostra e il volume “Beyond the wall” (Oltre il muro) frutto di dieci anni di immagini realizzate nell’Est europeo dopo la caduta del Muro di Berlino. “Fear This” raccoglie le immagini realizzate da Suau nell’arco temporale che va dal marzo al maggio 2003 nel periodo in cui il conflitto con l’Iraq si è trasformato da guerra minacciata a guerra reale. Le immagini sono introdotte dal giornalista premio Pulitzer Chris Hedges, autore del saggio “la guerra è una forza che ci conferisce significato” e sono raggruppate in tre aree tematiche e iconografiche (la strada, la politica, la guerra). Il volume è dedicato alle famiglie dei giovani militari statunitensi caduti durante l’occupazione dell'Iraq.

NELLE MONTAGNE DELLA NEUTRALE SVIZZERA I BUNKER MILITARI E LA PAURA DEL NEMICO

MARJANE SATRAPI POLLO ALLE PRUGNE

ANTHONY SUAU FEAR THIS

Sperling & Kupfer, 2005

Aperture Foundation, 2004

Infolio, 2004

fotografia

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QUATTORDICI ANNI DI IMMAGINI DAL MARE ALTO

REPORTAGE FOTOGRAFICO SULLE ATTESE DEI MIGRANTI

«Se sulla terra ferma l’agricoltura e l’allevamento hanno rimpiazzato la caccia, in mare aperto la pesca d’altura ancora sopravvive, con i suoi rituali e i suoi protagonisti». Alla ricerca degli ultimi equipaggi che solcano il mare e affrontano le tempeste, Jean Gaumy, fotografo dell’agenzia Magnum, per 14 anni si è imbarcato su pescherecci d’alto mare condividendo per mesi interi la vita quotidiana e le difficoltà dei marinai pescatori. Gaumy è un fotografo professionista di Parigi. Dal 1977 è membro di Magnum Photos. Jean Gamy ha realizzato molti reportage, in Europa, in Asia, in Africa e in Centro America; ha seguito la guerra in Iran e nell’America Latina e i cambiamenti del mondo rurale francese. Mare Aperto è il suo primo libro pubblicato in Italia. All’attività di fotografo ha affiancato negli anni anche la realizzazione di corti e mediometraggi. Il libro raccoglie 120 immagini e un diario della sua personale esperienza sui pescherecci, tra le difficoltà del mare e il particolare rapporto che lo lega al popolo dei pescatori.

Edito nella collana Documenti della Fandango Libri, “Frontiera Sud” è un fotoreportage sull’immigrazione realizzato in un percorso tra Spagna e Marocco che, a partire da Madrid, ha toccato le località di Almeria, Tarifa, Algeciras, Ceuta, Tangeri, Larache, Rabat. Il viaggio compiuto è un percorso a ritroso, che nelle intenzioni degli autori ha il senso di una raccolta paziente di piccoli frammenti significativi, di “documenti umani”, per dirla con una vecchia espressione. Le tappe prescelte nell'itinerario si prestano infatti a una rappresentazione complessa e unitaria del periplo migratorio e delle politiche che lo ostacolano. Le immagini fotografiche intendono rompere con un certo cliché di rappresentazione dell’immigrato e della sua condizione cercando di restituire non soltanto lo smarrimento dell’esule e la concitazione del transfugo, ma anche la dimensione dell’attesa e della sospensione delle vite dei migranti. .

LEO FABRIZIO

LA RICERCA

BUNKERS

JEAN GAMY MARE APERTO

S. SIMONCINI, G. CERAUDO FRONTIERA SUD

Nella neutrale Confederazione Elvetica le manovre militari e l’addestramento della popolazione sono sempre stati un fenomeno caratteristico. La Svizzera è ancora oggi una nazione neutrale che difende con forza la sua capacità militare di difesa dei confini, in un territorio naturalmente ricco di insidie e zone difficilmente raggiungibili. Il lavoro di Leo Fabrizio, ospitato in numerose mostre in Europa, è incentrato sull’iconografia dei bunker elvetici. Il fotografo, con un attento lavoro di ricerca e di separazione anche cromatica del corpo del bunker (la cui caratteristica dovrebbe essere proprio l’indistinguibilità dal paesaggio circostante) ha compiuto un rilevante lavoro storico e fotografico. Fotografo diplomato alla Scuola d’arte di Losanna, ha lavorato per tre anni sul tema ricercando nelle zone montagnose i bunker retaggio delle fortificazioni create a partire dal 1914 nel timore di una invasione straniera. «Quello che più mi ha colpito iniziando la ricerca dei bunkers è stata la forma rudimentale in rapporto alla sontuosità del paesaggio circostante». Proseguendo il lavoro di ricerca, il fotografo si è imbattuto anche in strutture ormai chiuse da tempo con l’apparenza esteriore di aziende agricole o di chalet privati. Il progetto di Leo Fabrizio ha in seguito ricevuto un contributo Federale per le Arti ed ha così potuto svilupparsi e tradursi in un libro e una mostra.

FandangoLibri, 2004

Contrasto, 2002 |

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RACCONTI DA CHERNOBYL DOPO LA CATASTROFE

bertinoro

Il 26 aprile 1986 un reattore della centrale atomica di Chernobyl in Ucraina, esplose durante una prova di sicurezza. La comunità internazionale seppe dell’incidente solo quando i paesi del Nord Europa rilevarono un improvviso aumento del tasso di radioattività. Oltre quattromila persone impegnate nelle operazioni di soccorso e di spegnimento del nocciolo del reattore nucleare erano state a quel punto contaminate. Gli abitanti della circostante cittadina di Prypiat vennero evacuati, senza che venisse fornita loro alcuna informazione ufficiale. La consegna del silenzio venne mantenuta anche quando morirono i primi soccorritori, colpiti da ondate di radiazioni intollerabili per l’organismo. A quasi venti anni di distanza dall’incidente, la comunità scientifica e politica si trovano a discutere delle conseguenze dell’incidente, con costanti pressioni minimizzatrici per una catastrofe che pochi documentari hanno saputo raccontare a quanti sono nati dopo il più terribile incidente nucleare della storia moderna.

UN DOCUMENTARIO E UN LIBRO PER RICORDARE GIAN MARIA VOLONTÉ E IL SUO IMPEGNO

WLADIMIR TCHERTKOFF LA TRAPPOLA ATOMICA

AA. VV UN ATTORE CONTRO

Emi, 2005

Bur Rizzoli, 2005

Gian Maria Volonté morì girando il suo ultimo ruolo sul set del film “Lo sguardo di Ulisse” di Theo Angelopoulos. Osteggiato dai produttori negli ultimi anni della sua carriera, Volontè è un attore simbolo, reso celebre dalla qualità dalle interpretazioni e dal rigore delle scelte artistiche e politiche realizzate nella sua carriera. Nel 1970 “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” da lui interpretato e diretto da Elio Petri viene premiato con l’Oscar come miglior film straniero, a Volonté per la stessa interpretazione viene assegnato il Nastro d’argento. A dieci anni dalla morte, resta il simbolo di una stagione del nostro cinema che ha legato l’arte all’impegno. Scontroso, lontano dal mondo dello show business, Volonté è stato un artista del tutto particolare, profondamente calato nel ruolo dei personaggi, nel bene e nel male, e convinto che praticare l’arte e trasformare il mondo siano cose collegate. Dagli spaghetti-western di Sergio Leone al grande cinema sociale con Elio Preti e Francesco Rosi fino all’immedesimazione scenica con Aldo Moro e con gli eroi di Leonardo Sciascia: un attore che ha raccontato la rabbia e il dramma di un’Italia in trasformazione in cui tanti spettatori si sono identificati. Il documentario di Ferruccio Marotti edito dalla Bur- senzafiltro presenta spezzoni tratti dal cinema di Volonté, le testimonianze di registi, sceneggiatori, produttori e amici. Il volume ne ricostruisce la parabola artistica.

multimedia

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IL CINEMA DI PROPAGANDA IN TRE FILM ANNI TRENTA

IL CAFFÈ DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

In vendita sul sito dell’Istituto Luce, “Cinema di propaganda” raccoglie in dvd tre esempi emblematici del cinema politico degli anni Trenta, tre pellicole prodotte per sensibilizzare i popoli americano, russo ed italiano sui temi cruciali per i destini dei loro paesi e per indirizzarne il consenso verso i regimi e governi nazionali. “Why we fight”, statunitense, viene commissionato insieme ad altri sei filmati di propaganda dopo l’attacco a Pearl Harbour. Diretti da Capra,costituiscono un prezioso documento per la comprensione dei valori e dei principi ai quali si richiamano tutt’ora gli Stati Uniti d’America. Sul fronte sovietico, invece viene presentato “Tre canti su Lenin”. Girato nelle citta’, nelle campagne,senza attori e scenografia ed utilizzando uno stile di montaggio che ancora oggi fa scuola nel mondo, Dziga Vertov dipinge un ritratto dello statista sovietico originale ed inedito. “Camicia nera” è invece l’esempio italiano più significativo della propaganda fascista.

“Dal chicco alla tazzina… evitando la borsa di New York” recita la presentazione del nuovo progetto della collana Emi, un libro e un Dvd per raccontare la catena di produzione di uno dei prodotti maggiormente diffusi e presenti nella nostra vita quotidiana: il caffè. Apprezzato ora in tutto il mondo, il caffè è diventato in tempi brevi un’importante materia prima, la seconda dopo il petrolio. Ma come si profila lo scenario della sua gigantesca economia produttiva? Quali sono i problemi che investono i 125 milioni di sconosciuti lavoratori del suo sistema produttivo? Questo piccolo libro racconta la grande storia del caffè, da chi è coltivato, a quali condizioni, e le nuove strade che percorre per giungere fino a noi attraverso il Commercio equo e solidale, che restituisce dignità al lavoro di tutti coloro che lo producono. Allegato al volume un documentario firmato da Giovanna Sganzini e Gianni Beretta (autore di numerosi reportage per la Televisione Svizzera Italiana) sulla coltivazione in Guatemala.

AA.VV IL CINEMA DI PROPAGANDA

TATJANA BASSANESE IL CAFFÈ

Istituto Luce, 2005

Emi, 2005 |

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in rete

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NETWORK ETICO IN INTERNET PER INFORMARE

SVILUPPO SOSTENIBILE E DIRITTI IN UNIMONDO

Nato dall’esperienza della Libera Università di Alcatraz creata da Jacopo Fo e dal progetto editoriale di Cacao, il sito “Network etico” raccoglie in un unico portale l’accesso a progetti e operatori del mondo etico e solidale oltre a fornire aggiornati elementi di informazione autoprodotta. In internet è presente dal 2000, dopo poco è arrivata la versione satellitare con Atlantide.tv, nata in occasione della mancata programmazione di uno spettacolo di Dario Fo già messo in scaletta dall’azienda pubblica e bloccato per veti politici. Un moderno progetto multimediale complessivo che si aggiorna con lo sviluppo della tecnologia (è stato tra i primi a realizzare contenuti in “podcasting”). Il progetto “linkamici” prevede la realizzazione di un grande database per la raccolta del maggior numero possibile di informazioni relative ad organizzazioni, centri, società, associazioni, operatori e professionisti che operano nel “mondo alternativo” inteso nella sua accezione più vasta. Il progetto si rivolge alle realtà che vogliono “un modo pulito e dolce di informare, produrre, lavorare e vivere”.

Unimondo è un progetto culturale per una comunicazione globale e duratura sui temi dello sviluppo umano sostenibile, dei diritti umani e dell'ambiente. La sua missione è quella di diffondere un’informazione qualificata e pluralista su diritti umani, democrazia, pace, sviluppo sostenibile e difesa del territorio. Unimondo è nata il 10 dicembre 1998 e nel 2001 è diventata un’associazione non profit indipendente riconosciuta Unimondo offre alle organizzazioni non governative e alle associazioni del terzo settore e del volontariato che operano in Italia, una nuova modalità per comunicare con fasce nuove di pubblico: ad oggi, Unimondo conta più di 300 partner in Italia. Unimondo è il nodo italiano del network internazionale OneWorld, nato a Londra nel 1995, che conta oggi 11 centri nel mondo. Il sito offre approfondimenti e articoli, con una sezione di archivio, oltre alle segnalazioni di appuntamenti e dibattiti sul tema dei diritti umani e dello sviluppo sostenibile. WWW.UNIMONDO.ORG

IL SECOLO DELLA RETE IN UN SITO E UNA RIVISTA NESSUNO.TV, L’INFORMAZIONE CONTRO LA CENSURA SCARICABILE ONLINE Esiste la censura in Italia? La domanda si ripropone insistentemente da alcuni anni, non appena il livello di guardia si alza per la bocciatura di una trasmissione televisiva o l’ostracismo e l’allontanamento di un conduttore o di un giornalista. In questi, clamorosi casi, scattano divieti politici (la richiesta dell’attuale Presidente del Consiglio di non permettere l’apparizione in video di Enzo Biagi, Michele Santoro o Daniele Luzzati, colpevole quest’ultimo di essersi chiesto - verbali e documenti alla mano - quali fossero i legami tra l’entourage del Presidente del Consiglio e la criminalità organizzata) oppure una ancor più insidiosa forma di autocensura da parte dei timorosi dirigenti pubblici e privati. In Rete sono iniziate così a circolare più proposte relative alla possibilità di creazione e circolazione di forme alternative di documentazione e inchiesta. Nessuno.tv si presenta «nata dall’incontro e dall’impegno di un gruppo di piccoli imprenditori che, stanchi della banalità proposta dalla maggioranza dei mezzi di comunicazione, ha voluto credere che un’altra comunicazione fosse possibile». Il target è quello dei 25-40enni «che crediamo voglia anche interpretare un ruolo attivo nella società proponendosi come motore del cambiamento». Presente in internet e diffusa gratuitamente sul satellite (anche nel bouquet Sky), Nessuno si avvale della collaborazione di giovani reporter e di affermati giornalisti d’inchiesta.

WWW.NETWORKETICO.IT WWW.NESSUNO.TV | 72 | valori |

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La replica dei monopolisti è ormai prevedibile. Il software free, sostengono, non offre garanzie in merito ai costi di effettivo utilizzo e formazione e all'assistenza tecnica. I prodotti “griffati” secondo le grandi corporation hanno un costo proprio perchè pensati in funzione di un utilizzo senza grosse difficoltà da parte dell’utente finale, sopratutto quello business. Una resistenza che appare destinata a perdere sostanza. Lo sviluppo del software libero è ormai parte della storia dell’informatica e anche i supporti, elettronici e cartacei, destinati a spiegarne l’utilizzo sono ampiamente diffusi. “Il secolo della Rete” è un sito, nato anche per sostenere un progetto editoriale autoprodotto di prossima realizzazione, pensato per analizzare e sostenere “pratiche diffuse di libera produzione, distribuzione e fruizione di conoscenza, diffondendo e consolidando l’esperienza pratica del free knowledge”. Tra le tematiche maggiormente dibattute quella sulla proprietà intellettuale e lo sfruttamento informatico. WWW.ILSECOLODELLARETE.IT

radio popolare


stilidivita CINQUANTA DOLLARI PER RACCONTARE UN MARCHIO

BIG DELL’INFORMATICA CONCEDONO LO SFRUTTAMENTO DI BREVETTI ALL’OPEN SOURCE

DALLA PERUGIA-ASSISI PER INFORMARE SUL MONDO

LA SEC ORDINA A IMMUCOR DI FORNIRE I DOCUMENTI

PRODUTTORI DI LATTE IN POLVERE SOTTO INCHIESTA

L’idea dell’agenzia pubblicitaria Cobrandit potrebbe sviluppare nuovi mercati nel settore della fidelizzazione dei clienti. L’idea è molto semplice ed ha subito raccolto l’interesse di “guerrigliamarketing”, l’agenzia italiana più sensibile alle nuove forme di promozione. Cobrandit promette cinquanta dollari a chiunque invii un breve filmato domestico incentrato su prodotti dei “brands” (marchi) rappresentati dall’agenzia. In un mercato saturo ormai di messaggi pubblicitari di ogni sorta, più o meno intelligenti, più o meno ironici, più o meno provocatori, è essenziale per una agenzia entrare in relazione con i clienti che davvero conoscono, oltre il messaggio pubblicitario, un prodotto e che ne definiscono, come utenti, il significato. Secondo i suoi ideatori il progetto rappresenta un passo avanti nella sollecitazione di contenuti generati dai consumatori e crea le premesse per quella che potrebbe essere chiamata pubblicità documentaristica open-source. Secondo “guerrigliamarketing” l’operazione promossa da Cobrandit «è un importante ribaltamento filosofico del rapporto tra marchio e consumo destinato ad aprire nuovi scenari».

Computer Associates ha offerto agli sviluppatori open source l’accesso a quattordici suoi brevetti registrati negli Stati Uniti. In precedenza anche IBM aveva aperto alcuni brevetti allo sfruttamento libero. L’azienda ha anche annunciato un accordo di cross-licensing con Big Blue che porterà le due aziende a scambiarsi diritti di licenza e tecnologie. I quattordici brevetti aperti da Computer Associates riguardano tecnologie e applicazioni nel campo dello sviluppo software, dell’analisi dei dati, della gestione dei sistemi, della sicurezza di rete, della business intelligence, del modeling e dello storage. Ibm aveva concesso la libera sfruttabilità di oltre cinquecento brevetti, un terzo rispetto al numero di brevetti aperto da Sun. Computer Associates non ha escluso, in futuro, la possibilità di mettere a disposizione della comunità open source altri patent. «Siamo fortemente impegnati nel promuovere l’innovazione attraverso l’open source e gli standard aperti, e continueremo a rafforzare la nostra posizione in questo segmento come fornitori leader di soluzioni per il management e la sicurezza», ha affermato Mark Barrenechea, executive vice president of technology strategy and chief technology architect di Computer Associates citata dal bene informato sito italiano “Punto Informatico”. Computer Associatesha anche colto l’occasione per dirsi “pienamente favorevole” all'iniziativa lanciata di recente dall'OSDL con il nome di Open Source Development Labs Patent Commons, che ha lo scopo di creare un unico deposito per tutte quelle licenze e brevetti di cui è stato garantito il libero accesso alla comunità open source. Anche Novell, Nokia e Red Hat hanno seguito l’esempio di Ibm, Sun e Computer Associates.

Alla vigilia della marcia PerugiaAssisi, un evento in grado di richiamare oltre duecentomila persone, un dibattito sulle possibilità di informare in Italia senza fare propaganda. Il sistema dell’informazione televisiva pubblica italiana, secondo il segretario nazionale dell’Usigrai Roberto Natale «non deve portare alla militanza, ma semplicemente esserci. Possibile che non esistano eventi capaci di sconvolgere i palinsesti? Essere tra la gente, esserci con le strutture. Ecco perché ancora oso sognare una sede di corrispondenza Rai dall’Africa subsahariana». La denuncia, in molti lo hanno detto, non basta più. Le proposte che sono seguite hanno avuto uno spirito operativo. Roberto Morrione, direttore di Rai News 24, coglie l’occasione per denunciare l’obsoleta settorialità del lavoro giornalistico in Rai e della scarsa valorizzazione del primo canale “all news” italiano, nella descrizione della realtà globale. Problemi strutturali, ma anche di contenuto. Secondo Laura Boldrini, portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati, occorre infatti «una comunicazione che parli di pace partendo da tutto ciò che si può raccontare dal Sud del mondo. Non solo guerra. Vite, storie, impegni, sogni di cui quasi nessuno si occupa».

La società fornitrice di apparecchiature per ospedali Immucor con sede ad Atlanta, in Georgia, ha annunciato il 26 agosto che la Securities and Exchange Commission (SEC), la Commissione di controllo sulla Borsa statunitense, ha ordinato formalmente alla compagnia la consegna di documenti e testimonianze relative ad alcuni pagamenti effettuati dalla sua filiale italiana, in merito ai quali esiste il sospetto che siano legati ad episodi di corruzione. La pratica di versare compensi professionali non meglio definiti ad intermediari e dirigenti delle strutture ospedaliere è molto diffusa nel settore delle apparecchiature medicali e si unisce ad una serie di “sponsorizzazioni” e benefit concessi da aziende del settore farmaceutico per sostenere l’utilizzo di farmaci o apparecchiature medicali. Sulla vicenda in Italia è aperta da mesi un’inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Milano, che vede tra gli indagati l’ex ministro della Salute ed ex primario del Policlinico di Milano, Girolamo Sirchia, in merito a pagamenti effettuati su conti in Svizzera e dei quali era stata rinvenuta prova documentale. Immucor, che ha condotto un’indagine interna sulla vicenda, ha garantito che collaborerà con la SEC.

La Procura della Repubblica di Torino ha indagato i responsabili di otto produttori di latte artificiale per neonati per i prezzi troppo alti dei prodotti: anche l’80% in più rispetto al resto dell’Europa. Una situazione che è andata avanti fino al febbraio scorso secondo l’indagine avviata un anno fa dal procuratore Raffaele Guariniello, nonostante le aziende avessero promesso un taglio dei prezzi. Già nel 2000 l’Antitrust aveva sanzionato sei produttori di sostituti del latte materno (Nestlé, Plada, Humana, Nutricia, Milupa, Abbott) per aver formato un cartello restrittivo della concorrenza, mantenendo troppo alti i prezzi, limitando la vendita dei prodotti alle farmacie e “spartendosi” con una rotazione su base mensile i pediatri e gli ospedali fornendo campioni gratuiti di latte in polvere. Nel 2004 sempre l’Antitrust ha avviato una seconda istruttoria sulla questione dei prezzi, questa volta a carico di 12 aziende del settore. In base al documento il latte in polvere in Italia veniva venduto anche a 40 euro al chilo contro i livelli molto più bassi degli altri Paesi europei. La storia della “banda del latte” è raccontata nel volume “Io boicotto Nestlé” in libreria e nelle “Botteghe del mondo”.

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WI-FI LIBERO A RISCHIO CON LE NUOVE NORME ITALIANE SULL’IDENTIFICAZIONE DEI COLLEGAMENTI Le nuove norme che entreranno in vigore in Italia potrebbero portare a una drastica riduzione dei punti hot spot per il collegamento internet senza cavi in modalità wi-fi. Il decreto del governo è stato presentato dopo gli attentati di Londra sulla base del supposto pericolo rappresentato dalla libertà delle telecomunicazioni e dei collegamenti internet attraverso le “telefonie” utilizzate perlopiù dagli stranieri per comunicare con le famiglie d’origine. I collegamenti hot-spot presenti a pagamento negli aeroporti e gratuitamente in alcuni Hotel e lounge bar potrebbero essere sospesi perchè il decreto prevede l’identificabilità di ogni collegamento. Si dovrebbe in pratica poter collegare ogni richiesta di collegamento alla persona fisica che lo ha richiesto per successive necessità di indagine. Evidenti i pericoli che questo comporta per la privacy e la libertà personale presente e futura. I problemi che si presentano sono legati sia al costo dell’operazione di identificazione del collegamento sia agli effetti che questo avrebbe nello sviluppo dei collegamenti wireless al di fuori dell’utilizzo domestico. Una delle chiavi di superamento del “digital divide” è basata proprio, per i piccoli Comuni non raggiungibili dall’Adsl, sul sistema di hot-spot interlacciati che rimandando il segnale a catena possono raggiungere aree non coperte dall’Adsl. La necessità di una certificazione di ogni utente del traffico implicherebbe dei costi di gestione che renderebbero impraticabile in partenza l’operazione.

LA RICERCA DEL PROFESSOR VERONESI E GLI AFFARI

PASTAFARIANI PER IL DIRITTO AD OGNI CREDO CREAZIONISTA

La Genextra è una holding che investe in start up in ambito farmacogenomico e biotecnologico. Genextra ha come oggetto sociale “l’assunzione la cessione di partecipazioni in società e la consulenza nell’ambito delle biotecnologie per la produzione e commercializzazione di prodotti e servizi nel settore medesimo”; la società “potrà assumere partecipazioni in Italia o all’estero”. A raccontare il legame tra Genextra e l’ex ministro della Sanità e luminare della lotta contro i tumori Umberto Veronesi è l’accurato sito “greenplanet.net” che sottolinea la delicata posizione del professor Umberto, socio di una azienda che dovrebbe essere quotata in Borsa nel 2006 e ricercatore. Una delle prime scommessa di Genextra è la proteina P66, i cui legami con la durata della vita dei mammiferi sono da tempo oggetto di studi dall’Istituto oncologico europeo guidato da Veronesi: si vorrebbe arrivare entro qualche anno a commercializzare un farmaco anti-aging in grado di rallentare i danni dell’età. L’operazione è stata sostenuta dal finanziere Francesco Micheli, che detiene circa un terzo del capitale e raggruppa il gotha dell’imprenditoria italiana.

739 mila voci che si moltiplicano a vista d’occhio e oltre 130 le pagine in italiano. Il tutto per una teoria secondo cui l’evoluzione umana deriverebbe dagli spaghetti. Il “Flying Spaghetti Monster” è il primo anello che ha originato la vita, sostengono i “Pastafariani”. Ideata come provocazione contro la decisione in Kansas di insegnare il creazionismo a scapito dell’evoluzionismo, è diventata un caso raccogliendo presto intorno a sé e nella Rete il vasto movimento d’opinione che critica l’entrata nelle scuole statunitensi delle teorie creazioniste, che a fianco della spiegazione scientifica avvallano le possibili teorie che rimandano ad un intervento divino. La risposta ironica è in realtà legata alla disputa sulla natura laica dell’insegnamento. Se una particolare teoria creazionista o religiosa può essere inserita nei piani di studio, allora anche il “Flying Spaghetti Monster” deve avere pari dignità ed essere contemplato tra i possibili creatori. Il suo “scopritore” si chiama Henderson, è laureato in fisica ed ha lanciato la sua provocazione dopo che il Kansas aveva stabilito che si dovesse concedere nei corsi di biologia lo stesso tempo alle teorie darwiniane e a quelle creazioniste.

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MOTORI DI RICERCA IN CINA CONTRO CYBERNAUTI

UNA RETE MORALISTA CHE CENSURA A SUA SCELTA

La notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo. Trattandosi della Cina, partner commerciale ormai imprescindibile, non si può scommettere sul fatto che la circolazione della notizia porti a qualche conseguenza per le vittime. “Reporter sans frontières” (Rsf) ha accusato il motore di ricerca Yahoo di fornire informazioni che hanno permesso alle autorità cinesi di imprigionare Shi Tao, un giornalista che lavorava per un quotidiano di notizie economiche, fornendo il suo indirizzo e-mail e permettendo così alle autorità di risalire al suo computer. Il cane da guardia dei media ha accusato il gigante americano dell’informatica di essere diventato un vero e proprio informatore della polizia per favorire le sue ambizioni commerciali nel paese. Shi Tao è stato condannato a dieci anni di prigione per aver permesso al sito web di ‘Rsf’ di pubblicare una traduzione di un messaggio “interno” del Partito Comunista cinese, la comunicazione avvertiva dei rischi che a livello sociale avrebbero comportato degli arresti durante l’anniversario della strage di Piazza Tienanmen. L’accordo tra il governo cinese e i motori di ricerca occidentali implica che vi siano censure e controlli sulle comunicazioni online.

Anche la Apple Computer punta sulla famiglia media americana dove il peccato, “Twin Peaks” insegna, se non combattuto va sicuramente celato. Così, in uno strano connubio tra tecnologia e moralismo, il monopolista della musica digitale rafforza nella nuova versione del player iTunes e del Music Store le censure sulla musica ritenuta non adatta ai minori. Apple, pur rimarcando il suo “think different” strizza ovviamente l’occhio al grande mercato consumer e dell’entertainment familiare dove Internet, ancora oggi, può essere recepito come un pericolo per gli adolescenti. Il trend censorio sembra destinato a crescere e ne è stato vittima recentemente anche il premio Nobel Gabriel Garcia Marquez (nella foto) che ha subito la censura della Rete per l’edizione economica del suo ultimo “Memoria delle mie tristi puttane” con email di avviso inviate e mai recapitate. Era accaduto all’estero anche in occasione dell’uscita del volume, come spiega l’editore di Marquez: «quando avevamo inserito il titolo l’email era scomparsa misteriosamente in una sorta di vuoto cibernetico. Abbiamo scoperto che la parola “puttana” viene censurata automaticamente da molti server».

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UNA NOTIZIA INCOMPLETA CHE FALSA IL SENSO L’OPERAZIONE MILITARE “QUICK STRIKE” IN IRAQ COME I MEDIA NON HANNO MOSTRATO «In un episodio sanguinoso ho visto i marines uccidere due abitanti disarmati. Uno di loro era nel suo letto nel distretto Sheik Hadid, di cui Sumaidi è originario. Il secondo è stato ucciso mentre passeggiava nel suo giardino. Diversi abitanti sono morti. Soltanto nella nostra zona i marines hanno ucciso cinque persone, tutte disarmate e che non avevano nulla a che fare con gli insorti. Per noi, quelli uccisi dagli Usa sono martiri. Il carico di martiri iracheni sta ingrandendosi e il sangue innocente continua a scorrere dall’arteria irachena che gli Stati Uniti hanno strappato. Il mondo sa delle vittime. Ma nessuno pronuncia una parola di protesta». Il racconto è riferito dal sito italiano “osservatorio Iraq”. Sono le notizie del fronte di guerra che nei telegiornali non compaiono. Il conflitto iracheno, che sarebbe costato all’inizio di settembre una cifra complessiva prossima ai 195 miliardi di dollari (stima del National Priorities Project) è paradossalmente una guerra di cui esistono poche immagini che riflettono la realtà degli scontri in atto. La politica di censura delle truppe occupanti si è sviluppata su più direttive “moderne” di censura. I giornalisti “embedded”, al seguito delle truppe Usa per “motivi di sicurezza” arrivavano sul posto solo molto dopo il passaggio dell’esercito della Coalizione. E i testimoni, di fronte ai militari, sono sempre pochi, le ritorsioni una minaccia concreta. I rapimenti selettivi operati dalla guerriglia verso giornalisti hanno reso quasi impossibile una testimonianza indipendente del conflitto e delle sue numerose vittime.

La Procura di Genova nell’ambito dell'indagine 126 indagati in servizio nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del luglio 2001 ha chiesto al gip l’archiviazione. Un elemento di primo piano per la richiesta è stata la difficoltà di identificare in modo certo i responsabili delle violenze, uomini della polizia penitenziaria e della Polizia di Stato in regolare e certificato servizio. Ad autunno inizia il processo a 45 tra poliziotti, agenti penitenziari, infermieri e medici accusati, a vario titolo, di abuso d’ufficio, abuso d’autorità su arrestati, violenza privata, lesioni personali, percosse, ingiurie, minacce e falso ideologico. Le richieste di archiviazione del secondo troncone di indagine sarebbero state dettate dalla difficoltà, da parte dei manifestanti, di riconoscere gli autori degli abusi attraverso le fotografie fornite dalle forze dell’ordine e, in alcuni casi, dall’assenza di querela di parte. La Polizia avrebbe fornito, dopo numerose richieste formali dei magistrati, solo le copie dei tesserini di servizio, sbiaditi e datati e difficilmente utilizzabili per il riconoscimento. Quest’ultima parte della notizia non è però stata ripresa dalla gran parte dei quotidiani, dando l’impressione di una richiesta di archiviazione tout-court.

I PERDENTI DELLA GLOBALIZZAZIONE

VALORE DELLA PRODUZIONE AGRICOLA AFRICANA

Esportazione in mld di dollari

Per un medesimo quantitativo di prodotto, perdono potere d’acquisto le produzioni agricole africane

4 3 2 1 0

MENO DI UN DOLLARO AL GIORNO

200 150 100 50 0

Mondo Africa

PAESE O AREA

Indice (1990=100)

1990

Cina Asia dell’Est India Asia merid. Asia Sud-Est Asia Centrale Totale

377 378 351 448 94 1 922

2003

173 174 327 404 40 4 621

SCENARIO 2015 POSITIVO NEGATIVO

2 2 85 102 4 0 108

46 46 197 274 23 3 347

Fonte: Asia Development Bank

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numeri 48

53

63

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93

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Per 416 milioni di poveri il reddito dei 500 più ricchi

Con le sovvenzioni che i paesi ricchi versano ai loro agricolINDICE DI SVILUPPO UMANO illustra esattamente il divatori, questi godono di un quasi monopolio sul mercato mondiale rio dell'Africa rispetto al resto del mondo: tra i pridelle esportazioni agricole, mentre i paesi in via di sviluppo permi 100 Paesi della graduatoria solo quattro sono dono circa 24 miliardi di dollari ogni anno a causa di questo proafricani - Seychelles, Libia, Mauritius e Tunisia (51, 58, 65 e 89 le tezionismo agricolo e sovvenzioni. Per esempio, il meccanismo rispettive posizioni) - per un totale di meno di 17 milioni di abidelle sovvenzioni si traduce in mancati guadagni per altri paesi tanti su una popolazione continentale di circa 850 milioni. Dei ricome il Brasile, che perde ogni anno 494 milioni di dollari, o per manenti 50 stati, 24 occupano le ultime posizioni, da 154 a 177. l’Africa del Sud che ne perde 151. Le esportazioni agricole dei paePermanendo le attuali condizioni, l’Africa sarà l’unico continente si africani continuano a declinare. a non realizzare neanche uno degli obiettivi posti dalle Nazioni Anche a livello generale il rapporto dell’UNDP mette in eviUnite: inaspettatamente hanno perso terreno persino paesi come denza che le diversità sono sempre più abissali. Se infatti è vero il Sud Africa e il Botswana, benchè dotati di discrete istituzioni poche dal 1990 oltre 130 milioni di litiche e avvantaggiati dall’assenza POPOLAZIONE CHE DISPONE DI MENO DI 1 DOLLARO PER VIVERE persone sono uscite dalla povertà di gravi conflitti interni. In BotswaIn %, periodo 1984-2002 estrema, in 18 Paesi la situazione è na, grazie ai costanti investimenti peggiorata e 10 milioni di bambini nel settore sanitario, si prevedeva muoiono ogni anno per cause evitache tra il 2000 e il 2005 la speranza bili. Con l’andamento attuale, nel di vita alla nascita avrebbe raggiunto 2015 ci saranno ancora 827 milioni e oltrepassato i 69 anni (era di 52,3 di persone in stato di povertà estreanni nel 1994), ma l’Aids l’ha fatta ma mentre le 500 persone più ricprecipitare a 41 anni; e in Zambia è che al mondo hanno un reddito toscesa a 30 anni, meno di quanto potale superiore a quello dei 416 tessero sperare di vivere i cittadini dal 5% al 9,9% più del 50% milioni più poveri. britannici nel 1840.

L’

dal 20% al 49,9% dal 10% al 19,9%

Fonte: Banca Mondiale

informazionedisinformazione

Fonte: WTO

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meno del 5% dati non disponibili

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| numeridell’economia |

Il petrolio detta legge. E fa paura

LA CLASSIFICA DEI PAESI PIÙ ECO-ENERGETICI PAESE

Soprattutto se la Fed continuerà ad innalzare il costo del danaro negli Stati Uniti, nonostante i costi economici enormi del disastro Katrina. Grande attenzione, e preoccupazione, per la situazione dell’Indonesia dove si teme una nuova crisi finanziaria dopo il crollo della rupia che ha toccato nuovi minimi.

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68

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11 [15]

Canada

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40

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2 [3]

Usa

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11 [17]

Cina

52

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40

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3 [2]

RegnoUnito 66

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13 [11]

Grecia

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4 [4]

Germania

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13 [8]

Svezia

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54

5 [5]

Portogallo 58

58

55

53

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15 [11]

Danimarca 50

50

43

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6 [7]

Francia

57

58

57

56

52

16 [13]

Australia

49

48

55

46

50

7 [5]

Italia

56

56

57

51

59

17 [15]

Norvegia

48

49

33

47

56

TASSI INTERESSE

7 [10]

Irlanda

56

58

37

47

63

18 [19]

BeIgio

44

45

36

38

51

4,38 5,19 13,33 2,90 7,31 2,00 3,64 1,45 4,00 6,69 19,74 3,84 6,86 9,21 2,97 11,11 9,20 3,72 7,05 15,80 1,79 5,81 4,54 13,00

9 [13]

India

55

57

51

41

51

19 [19]

FinIandia

35

35

27

46

56

10 [8]

Olanda

53

54

48

44

57

20 [20]

Austria

31

28

54

45

46

.

| 78 | valori |

ANNO 5 N.33

+4% N.D. +2% +2% +20% -2% +7% +102% +5%

|

8,7 3,1 3,8 5,6 11,3 3,6 0 N.D. 32,9 14,0 83,0

OTTOBRE 2005

|

9,2 3,2 3,8 5,1 12,4 3,6 0 N.D. 34,9 14,5 86,7

+6% +3% N.D. -9% +10% N.D. N.D. N.D. +6% +4% +4,5%

66 $

65 $

PIL

Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro

MIN/MAX 2005

MIN/MAX 2006

1,9/3,4 1,6/2,3 1,1/2,5 2,2/3,0 2,3/3,2 1,5/2,6 1,5/2,6 0,4/1,2 0,0/1,0 0,6/1,6 0,7/1,5 2,3/3,3 2,4/3,3 0,9/1,6 3,3/4,0 1,1/1,7

2,7/3,7 1,4/2,3 1,7/2,7 1,7/3,0 2,4/3,8 1,6/2,5 1,7/2,4 1,0/1,8 0,6/1,2 1,1/3,3 1,0/2,2 2,3/3,9 2,5/3,2 1,0/2,0 2,5/4,0 1,4/2,2

MEDIA 2006

2,4 1,9 1,2 2,0 2,8 2,0 1,4 0,9 -0,2 1,9 0,5 3,2 2,1 0,8 3,7 1,3

3,2 2,0 2,2 2,2 3,0 2,2 1,8 1,3 1,0 1,9 1,6 2,8 2,7 1,5 3,3 1,7

Fonte: Jcf Fac Set

I PROFITTI DA ORO NERO

22,3

Utili 2005 delle principali imprese europee, previsioni, mld di dollari

21,6

Imprese del settore oil e gas

60 $ 15,8

55 $

14,9 13,0

50 $ 45 $ 40 $ 35 $ 1/9/04

INFLAZIONE MEDIA 2005

2/11/04

4/1/05

7/3/05

6/5/05

7/7/05 7/9/05

11,5

11,4

10,3 8,4

7,9 Ubs

21,3 2,3 N.D. 16,0 4,3 7,9 5,4 14,1 N.D. 29,5 86,7

Fonte: P&G /L

PAESE

Glaxo

20,5 2,3 N.D. 15,7 4,2 6,6 5,5 13,2 N.D. 14,6 82,6

LA PRODUZIONE 2004 2006 VARIAZIONE %

PETROLIO: UN ANNO DI RINCARI

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI

Royal Bank of Scotland

PAESE

Stati Uniti Canada Messico Europa Russia Cina Giappone Asia OPEC Altri TOTALE

LA DOMANDA 2004 2006 VARIAZIONE %

+93,1 Agosto -34,7 Agosto +27,8 Luglio +23,6 Luglio -0,8 Giugno +16,9 Luglio +26,0 Agosto +1,7 Agosto -7,3 Luglio +11,2 Luglio +40,1 Agosto +8,7 Agosto +1,6 Maggio -9,6 Luglio +3,8 Giugno +24,7 II Trimestre -9,5 I Trimestre -8,0 Luglio -2,3 Luglio -38,9 Luglio -3,4 Luglio - 3,3 Luglio -3,3 Luglio +110,6 Luglio

Gazprom

TUTTI I NUMERI DELL’ORO NERO [MLN DI BARILI AL GIORNO] Fonte: KRT-P&G Infograph

+1,3 Ago. +4,1 Lug. +8,3 Ago. +3,7 Ago. +7,2 Ago. +0,1 Lug. +2,0 Ago. +3,6 Ago. +5,6 Ago. +9,7 Ago. +6,0 Ago. +3,0 Ago. +4,9 Ago. +4,0 Ago. +1,2 Ago. +14,8 Ago. +4,7 Giu. +1,6 Lug. +3,4 Lug. +7,9 Ago. +1,7 Ago. +3,6 Ago. +1,6 Ago. +12,4 Ago.

Eni

+16,0 Ago. +6,7 Lug. +7,3 Lug. +0,9 Lug. -0,1 Giu. +5,9 Lug. +7,0 Lug. -1,1 Lug. +4,7 Lug. +6,0 Lug. +0,5 Lug. +4,4 Lug. +3,0 Giu. -1,1 Lug. +5,9 Giu. +6,2 Giu. +3,3 2004 +0,5 Giu. +2,4 Lug. -0,3 Lug. +11,2 Lug. +8,4 Lug. +2,6 Lug. +4,9 Lug.

BILANCIA COMMERCIALE

Hsbc

Cina +9,5 II Trimestre India +7,0 I Trimestre Indonesia +5,5 II Trimestre Malesia +4,1 II Trimestre Filippine +4,8 I Trimestre Singapore +5,2 II Trimestre Corea del Sud +3,3 II Trimestre Taiwan +3,0 II Trimestre Tailandia +4,4 II Trimestre Argentina +8,0 I Trimestre Brasile +3,9 II Trimestre Cile +6,5 II Trimestre Colombia +3,6 I Trimestre Messico +3,1 II Trimestre Perù +4,9 Luglio Venezuela +11,1 II Trimestre Egitto +4,7 IV Trimestre Israele +4,8 II Trimestre Sud Africa +4,5 II Trimestre Turchia +4,8 I Trimestre Repubblica Ceca +5,1 II Trimestre Ungheria +4,1 II Trimestre Polonia +2,8 II Trimestre Russia +6,1 II Trimestre

PREZZI AL CONSUMO

Vodafone

PRODUZIONE INDUSTRIALE

Total

PIL

INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE INFRAS. RINNOVABILE EOLICA SOLARE BIOMASSE RINNOVABILI

Spagna

LE NAZIONI EMERGENTI PAESE

PAESE

1 [1]

Bp

continua ma la dinamica dei prezzi dell’energia è anche una delle cause dell’impennata del costo del danaro nei paesi asiatici. Dalla Cina alla Tailandia dopo mesi di sostanziale immobilità si assiste ad un impennata degli interessi, spesso non giusiticata dall’andamento dell’inflazione. Il surriscalda-

Royal Dutch Petroleum

I

mento di alcune economie, come quella cinese che continua a marciare ad un ritmo molto sostenuto (Pil a +9,5%, produzione industriale a +16% e bilancia commerciale a +93,1 miliardi di dollari), è in parte la causa di questa impennata del costo del danaro. Ma secondo alcuni analisti si potrebbe, invece, trattare di una vera e propria inversione di tendenza.

L BOOM DEI PAESI PRODUTTORI DI GREGGIO

Fonte: Ernest & Yung

INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE INFRAS. RINNOVABILE EOLICA SOLARE BIOMASSE RINNOVABILI

2005

2,7 2,1 2,4 2,0 2,1 1,6 1,8 1,7 2,1 -0,1 1,4 3,2 0,5 1,1 3,0 2,1

2006

BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2005 2006

2,7 1,8 2,0 1,9 2,2 1,8 1,6 1,6 1,9 0,3 1,0 2,9 1,3 1,1 2,7 1,8

-5,6 -0,6 +3,4 -2,6 1,8 2,2 -0,3 2,9 -3,0 3,6 3,5 -4,9 7,0 11,9 -6,2 0,5

COSTO DELL’ACQUA PAESE

Danimarca Germania Inghilterra Belgio Francia Paesi Bassi Italia Finlandia Africa del Sud Australia Spagna

-5,0 -0,8 3,3 -2,6 1,5 2,1 -0,1 2,9 -1,1 3,6 3,5 -5,0 6,4 11,4 -6,0 0,5

Fonte: NUS Consulting

CLASSIFICA 2004

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

CLASSIFICA 2005

COSTO IN EURO PER METRO CUBO

2 1 3 6 5 4 7 10 9 11 8

|

ANNO 5 N.33

EVOLUZIONE IN RAPPORTO ALLA MONETA LOCALE

1,82 1,73 1,4 1,32 1,19 1,15 0,82 0,74 0,72 0,71 0,71

|

OTTOBRE 2005

2,30% 1,20% 15,10% 1,50% 3,60% -1,90% 55% 13,10% 13,80% 5,70% 1,40%

| valori | 79 |


|

indiceetico

| numeridivalori |

| numeridivalori |

portafoglioetico

|

IL PORTAFOGLIO DI VALORI

NORDISKT HÅLLBARHET INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Electrolux H&M Trelleborg Orkla Kesko Statoil Svenska Handelsbanken Storebrand Gambro Coloplast Novozymes Metso Skanska Tomra Tietoenator Nokia Holmen UPM-Kymmene Telenor Hafslund

elettrodomestici abbigliamento componenti meccaniche alimentari/media distribuzione petrolio servizi bancari assicurazioni tecnologia medica tecnologia medica farmaceutici macchine industriali edilizia macchine industriali software telefoni carta carta telecomunicazioni utilities

Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Copenaghen, Danimarca Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Oslo, Norvegia

Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 02.09.2005

CORSO DELL’AZIONE AL 02.09.2005

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 02.09.2005

167,50 SEK 263,50 SEK 128,00 SEK 259,50 NOK 23,620 € 157,50 NOK 166,50 SEK 64,00 NOK 108,50 SEK 365,00 DKK 318,50 DKK 20,05 € 100,00 SEK 40,00 NOK 27,27 € 12,70 € 228,00 SEK 16,14 € 58,25 NOK 54,75 NOK

6,86% 10,37% 9,84% 50,61% 31,59% 75,26% -6,67% 15,65% 11,04% 21,16% 14,62% 71,96% 21,59% 26,98% 16,54% 9,29% -3,87% -1,34% 11,96% 47,65%

+22,05%

NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Sabaf Heidelberger Druck. CSX Body Shop International Henkel Aviva Svenska Handelsbanken Novo Nordisk Merck Kgaa 3M Company FLS Industries Mayr – Melnhof Karton Verizon Cisco Systems Canon Stmicroelectronics BG Group Severn Trent Vestas Wind Systems Boiron

pezzi per forni a gas macchine per la stampa trasporti cosmetici detergenti, cosmetici assicurazioni servizi bancari farmaceutici farmaceutici/chimica grafica, edilizia edilizia cartone telecomunicazioni tecnologia Informatica tecnologia digitale semiconduttori gas ciclo acqua pale eoliche medicina omeopatica

Milano, Italia Francoforte, Germania New York, USA Londra, Gran Bretagna Francoforte, Germania Londra, Gran Bretagna Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Darmstadt, Germania New York, USA Copenaghen, Danimarca Vienna, Austria New York, USA New York, USA Tokyo, Giappone Milano, Italia Londra, Gran Bretagna Londra, Gran Bretagna Copenaghen, Danimarca Parigi, Francia

17,20 € 28,24 € 44,02 USD 219,58 £ 76,66 € 609,25 £ 166,50 SEK 315,50 DKK 69,88 € 71,50 USD 160,50 DKK 114,75 € 32,47 USD 17,72 USD 5.580,00 JPY 13,03 € 510,50 £ 989,96 £ 130,25 DKK 22,50 €

-9,61% 12,96% 19,32% 41,74% 19,78% 0,53% -6,67% 5,24% 38,93% -5,35% 55,42% -8,42% -12,92% -0,36% 2,91% -8,32% 46,77% 6,06% 91,05% -8,16%

+14,65%

€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi

Fuori Hafslund. Entra Volvo

Pausa di riflessione

CARSA TRASPARENZA. È questo il motivo che ha portato l’utility norvegese Hafslund fuori dal Nordiskt, il nostro indice etico nordico. La società non ha forRendimenti dal 31.12.2004 al 02.09.2005 Nordiskt Index [in Euro] 22,05% nito informazioni sufficienti sul suo impatto ambientale, né sulle sue politiche sociali. Al suo posto entra Volvo, casa automobiEurostoxx 50 price Index [in Euro] 10,95% listica svedese che pubblica invece un rapporto ambientale molto dettagliato, investe nella formazione e nello sviluppo dei dipendenti e ha buoni rapporti con i sindacati. Vendendo i titoli di Hafslund Volvo incassiamo 1476,5 euro, +47,65% rispetto alSede Göteborg, Svezia Borsa SSE, Stoccolma l’investimento iniziale. Con questi soldi comRendimento Il titolo è entrato nel portafoglio il 2 settembre 2005 priamo una quarantina di azioni Volvo, delle 31.12.2004 - 02.09.2005 al prezzo di 326,50 corone svedesi per azione. quali potremo seguire l’andamento a partire Attività Il Gruppo Volvo è uno dei maggiori produttori mondiali di camion, autobus, attrezzature per dal prossimo numero. costruzione, componenti e servizi per l’industria aerospaziale. Nel 2003 ha realizzato un fatturato Intanto il Nordiskt continua a battere tutdi 19 miliardi di corone svedesi (2,5 miliardi di euro) dando lavoro a più di 17.000 persone. ti i record. Per l’ottavo mese consecutivo fa Responsabilità sociale meglio del DJ Eurostoxx 50, il suo parametro Giudizio complessivo Politiche sociali eccellenti. Buone le politiche di pari opportunità. Il rapporto ambientale è di di riferimento. Il divario tra il nostro indice buona qualità. Buona la comunicazione con i portatori di interesse. etico e l’indice europeo di Dow Jones non è Politica sociale interna Investimenti sostanziali nella formazione e nello sviluppo dei dipendenti. Buone le relazioni mai stato così ampio da inizio gioco. 11 puncon i sindacati. ti di differenza. E un impegno costante per Politica ambientale Eccellenti i programmi per la riduzione degli impatti ambientali. La maggior parte degli rendere il nostro pianeta più vivibile. Con la impianti sono certificati ISO14001. benedizione dei mercati.

pagine a cura di Mauro Meggiolaro

UN’IMPRESA AL MESE

S

UN’IMPRESA AL MESE

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 02.09.2005

Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 02.09.2005

€ = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi

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CORSO DELL’AZIONE AL 02.09.2005

Ad agosto il portafoglio etico di Valori in pratica non si è mosso. Ha chiuso a +14,65%, appena mezzo punto in più rispetto al mese precedente. È Portafoglio di Valori [in Euro] Rendimenti dal 31.12.2004 al 02.09.2005 14,65% arretrato, invece, di due punti il suo benchmark di riferimento, l’indice azionario internazionale della Morgan Stanley, che finisce MSCI DM World price Index [in Euro] 11,67% l’estate a +11,67%. A non stare mai ferma è la danese Vestas (pale eoliche) che si conferma regina del nostro listino. Dopo l’ottavo mese di gioco mette a segno un +91,05% guadagnando quasi trenta punti CSX Corporation Sede Richmond, Stati Uniti Borsa NYSE, New York da fine luglio. Rendimento 31.12.2004 - 02.09.2005 +19,32% Le borse si sono prese una pausa di riflesAttività CSX gestisce la rete di linee ferroviarie più grande degli Stati Uniti. Nel 2004 ha realizzato un fatturato sione. L’uragano Katrina, il prezzo del petrolio di 8 miliardi di dollari e un profitto di circa 1 miliardo di dollari impiegando quasi 36.000 persone. e le notizie contraddittorie sullo stato dell’economia americana spingono gli investitori alla Responsabilità sociale cautela. Affacciati alla finestra ingannano il Giudizio complessivo Impiego stabile. Tasso di infortuni inferiori alla media di settore. Forte coinvolgimento dei tempo e aspettano la correzione di fine anno, dipendenti nella politica ambientale. dopo aver inutilmente atteso quella di metà Politica sociale interna CSX offre impiego stabile e numerose possibilità di formazione. Come in molte compagnie ferroviarie le relazioni con i sindacati sono spesso problematiche. Ma CSX è stata una delle prime anno. In realtà i mercati azionari sono gonfi di società del settore ad adottare un approccio più maturo, basato sul dialogo. liquidità in eccesso, soprattutto in Europa. FinPolitica ambientale Il coinvolgimento dei dipendenti è uno dei punti chiave del sistema di gestione ambientale. Si ché non troverà alternative valide questo flusimpegna a ridurre le emissioni nell’aria con l’impiego di nuove tecnologie. so di denaro liquido potrebbe sostenere le borPolitica sociale esterna Gli investimenti sociali sono limitati alla beneficenza. Non c’è una politica ben precisa sui diritti se ancora a lungo. Anche se i grafici e le tabelle umani, anche se CSX non è mai stata accusata di violazioni. La qualità del servizio è molto alta. a volte suggeriscono il contrario.

F

ERMO UN TURNO.

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in collaborazione con www.eticasgr.it | 80 | valori |

ANNO 5 N.33

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OTTOBRE 2005

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OTTOBRE 2005

| valori | 81 |


| padridell’economia |

Alfred Marshall

L’analogia della forbice di Francesca Paola Rampinelli

E DOTTRINE ECONOMICHE SVILUPPATESI ALLA FINE DEL DICIANNOVESIMO SECOLO tendono perlopiù a inserirsi nella scia dei sistemi elaborati dagli autori classici mentre il marxismo sviluppa una scuola a sé stante. Anche Alfred Marshall, il più famoso studioso del periodo e fondatore della scuola di Cambridge che poi annovererà tra i suoi seguaci, tra gli altri, C. Pigou, J. M. Keynes, D. H. Robertson, nonostante le simpatie per gli ideali socialisti, ritiene che esista il pericolo che «la proprietà collettiva dei mezzi di produzione affievolisca le energie dell’umanità, e arresti il progresso economico» e perciò si preoccupa di preservare e proteggere «il sorgere della libera iniziativa». Secondo Marshall la nuova analisi dell’utilità amplia semplicemente i precedenti lavori sull’analisi del costo: il “principio del costo di produzione” e il principio “finale (marginale) dell’utilità” sono indubbiamente parti componenti di una legge dell’applicazione generale della domanda e dell’offerta; ciascuna può essere paragonata ad una delle lame di un paio di forbici. Quando una lama è ferma, e il taglio è effettuato muovendo l’altra, possiamo dire, con approssimativa brevità, che il taglio è fatto dalla seconda parte; ma questa non è certo un’affermazione formalmente esatta». Alfred Marshall nasce a Londra nel 1842 da una famiglia della piccola borghesia e sperimenta, durante l’infanzia, le durezze della pessima condizione economica che la classe media inglese sta da tempo scontando e che lo indurrà poi ad una visione tendenzialmente socialista. Il padre, severo ed oppressivo, lo vorrebbe indirizzare verso la carriera ecclesiastica Secondo il fondatore della ma Marshall riesce ad intraprendere gli studi di matematica scuola di Cambridge esiste a Cambridge dove rivela subito le sue grandi doti e, subito dopo il pericolo che «la proprietà collettiva dei mezzi la laurea conseguita nel 1865, viene nominato fellow di matematica. di produzione [...] arresti Lascia la prestigiosa carica dopo pochissimo per sposare Mary il progresso economico» Daley, sua ex allieva e futura collaboratrice, e, compie alcuni anni di studi filosofici, per poi passare ad insegnare Economia Politica all’Università di Bristol, di Oxford e dal 1885, di Cambridge. Pur essendo un brillantissimo matematico, Marshall non usa tuttavia questo potente strumento per avvalorare le sue teorie, ma relega i numeri nelle note sperando che le sue opere ottengano così maggiore diffusione. Nel 1879 pubblica The Economics of Industry in cui presenta una visione modernizzata della teoria di J. S. Mill e nel 1890 viene alla luce Principles of Economics, opera fondamentale nella storia dell'economia politica. Intanto a Cambridge viene creato un corso di laurea specifico in Economia (1903) e intorno a Marshall si forma un gruppo di famosi studiosi (la scuola economica di Cambridge). Fermo sostenitore della proprietà privata e del libero mercato, il professore inglese analizza l’elasticità del prezzo rispetto alla domanda, ricerca le condizioni che determinano un equilibrio economico stabile e puntualizza la distinzione fra costi industriali crescenti e decrescenti e quella fra economie di scala interne ed esterne. Secondo Marshall, inoltre, l’offerta di risorse in ambito economico é fissa: il problema è come allocare le risorse fra usi alternativi. Nel campo della teoria delle probabilità, la teoria marshalliana sostiene che l’aleatorietà delle valutazioni non é determinante: i prezzi vengono stabiliti dall’interazione fra le decisioni di buyers e sellers che focalizzerebbero la loro attenzione sull’opportunità migliore, senza preoccuparsi del rischio di perdita.

L

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ANNO 5 N.33

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OTTOBRE 2005

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valori

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