Mensile Valori n.85 2010

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valori

Anno 10 numero 85. Dicembre 2010 Gennaio 2011. € 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

NECESSITÀFOTOGRAFICA

Fotoreportage > Torino 2006

Dossier > Un tesoro miliardario attira speculazione finanziaria, riciclaggio e la mafia

La bolla sportiva

Finanza > Tra ostacoli e paradossi, le banche europee alla sfida di Basilea Economia solidale > L’Eldorado invisibile. La biodiversità vale 5 mila miliardi Internazionale > Tra Stati Uniti e Sudamerica potrebbe arrivare una nuova stagione Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


| editoriale |

Meno male

che c’è Cantona di Luca Manes

F

L’AUTORE Luca Manes

vive a Roma, dove lavora come responsabile della comunicazione di Crbm (Campagna per la riforma della Banca mondiale). Quando non segue summit internazionali come il G20 e altri eventi in giro per il mondo, scrive di globalizzazione e calcio inglese. Per Bradipo Libri ha scritto “Manchester United, la leggenda dei Busby Babes”, che ha ricevuto la targa d’onore al Premio Bancarella Sport 2007, “Made in England” e “Celtic Forever”, quest'ultimo insieme all’amico Max Troiani.

pensavo che fosse arrivato il momento di dire basta. Dopo tanti anni di passione vissuta allo stadio, pensavo che il giocattolo calcio andasse riposto in soffitta, in un baule da non aprire mai più. Per tanti, troppi attori, il giocattolo calcio - così come il ciclismo o il nuoto sono diventati fonte di guadagni e di interessi enormi, francamente spropositati e spesso non giustificati. Allora, pensavo, meglio rituffarmi nei miei ricordi di bambino, meglio consolare questo “amore ingrato” nel football meno globalizzato e tv-dipendente, quello della radiolina e di novantesimo minuto, delle figurine e delle squadre di Subbuteo. Intendiamoci, non ne faccio (solo) un discorso nostalgico e non dimentico che anche allora i problemi c’erano, eccome se c’erano. A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta allo stadio si poteva morire, alcune partite erano truccate e, chissà, qualcuno faceva anche uso di sostanze illecite, come scrive l’ex giocatore Carlo Petrini nel suo libro Nel fango del Dio pallone. Però, tranne rare eccezioni, i club avevano alle spalle società ancora “a conduzione familiare”. Non c’erano multinazionali, speculatori e fondi sovrani a imperare. Paradossalmente, giravano meno soldi, ma c’era anche meno pericolo che la propria squadra del cuore fallisse per qualche azzardo finanziario riuscito male. Il calcio business o corporate football, come lo definiscono nel Regno Unito, prende un’ulteriore accezione negativa in Italia, dove chi fa affari alle spalle di una palla che rotola possono essere anche gli ultrà – che poi non di rado provano a condizionare i club di appartenenza in base alle loro esigenze – e dove la cultura sportiva latita da tempo immemore, vittima di vecchi campanilismi e odi incrociati che mortificano i gesti tecnici di bella fattura. E allora addio Serie A di calciopoli, che, come tante cose del Belpaese, ora sembra sia stato un temporale estivo e non un uragano, e della tessera del tifoso, ennesimo esempio di schedatura di massa con fini commerciali nemmeno troppo reconditi. Purtroppo il cahier de doléances sull’Italia potrebbe continuare con dozzine di altri buchi neri, ma se provo a guardare oltre, mi imbatto nella Fifa, che ha organizzato una competizione come il Mondiale in Sud Africa a uso e consumo degli sponsor e non dell’economia locale, se è vero che ai beni in entrata e in uscita di tutte le società partner della Fifa, il massimo organo calcistico internazionale, incluse le tv e i diritti di riproduzione, non è stata applicata nessuna tassa doganale. Uno scandalo che va citato sotto voce, appena accennato, perché il solito giocattolo non si deve rompere e tanto una volta fatto un Mondiale, si passa subito a pensare al prossimo, no? L’ultimo colpo, poi, che mi aveva rigirato il coltello nella piaga di questo amore per il calcio e per lo sport, che non si spegne, ma che si piega, era stato l’annuncio che gli idoli di milioni di ragazzini sparsi per il Pianeta, i calciatori, avessero pensato a uno sciopero, come accaduto a settembre nell’Italia messa in ginocchio dalla crisi, per tutelare alcuni privilegi da bambini viziati. Tutti loro dovrebbero leggere il bel libro del giornalista della BBC Gary Imlach, My father and other working class football heroes. Un prezioso volume che spiega come i calciatori, da sempre prodotto quasi esclusivo della classe operaia, per decenni hanno vissuto in maniera intensa e consapevole il rapporto che li legava con la comunità, il contesto sociale da cui provenivano. Proprio come Eric Cantona, l’ex giocatore del Manchester United già protagonista dell’ultimo film di Ken Loach Il mio amico Eric, che ha messo in porta un altro dei suoi goal spettacolari: contro la finanza della crisi, fate lo sciopero dei conti correnti! Grazie Cantona.

INO A POCHISSIMI GIORNI FA

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DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

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| sommario |

valori dicembre 2010 / gennaio 2011 mensile

editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Ava consiglio di amministrazione

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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore

Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it)

NECESSITÀFOTOGRAFICA

www.valori.it

anno 10 numero 85 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

Numerosi impianti costruiti solo quattro anni fa per le Olimpiadi invernali in Piemonte risultano oggi poco utilizzati, se non del tutto abbandonati.

Torino, 2010

globalvision

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fotoreportage. Torino 2006

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dossier. Le mani sullo sport

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Come Las Vegas: “vincite” da capogiro Calcio indebitato. Il pallone si è sgonfiato Dai dilettanti alla Serie A, dietro c’è Cosa Nostra Vele d’Italia: tutti i colori del nero Finanziamenti pubblici: lo sport italiano dà i numeri Campi sportivi, scuole di etica e legalità

redazione (redazione@valori.it)

finanzaetica

progetto grafico e impaginazione

Tra ostacoli e paradossi. Le banche europee alla sfida di Basilea Banca Etica, tra regole vecchie e nuove Investimenti responsabili. È possibile definirli? Buon compleanno Mag2. Trent’anni di finanza solidale Il microcredito: “etico” nell’uso del denaro C-Global in trincea per difendere il proprio lavoro

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islamfinanzasocietà

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Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi Francesco Camagna, Simona Corvaia (info@mokadesign.org) fotografie

Daniele Di Pietro e Michela Czech (Necessitàfotografica), Daniele Cavallotti stampa

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Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

Il valore economico della biodiversità, l’Eldorado invisibile L’olocausto silenzioso del capitale naturale Costanza: «Tutelare la biodiversità? Paghi 1, ricavi 100» Ogm: né pro, né contro. Esistono soluzioni migliori

internazionale Stati Uniti e Sudamerica. Il “cortile di casa” vive una nuova stagione Costa Rica: niente esercito per essere felici Forum mondiale. L’educazione nei Paesi occupati Global voices, il meglio della blogosfera internazionale

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LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI COMUNICAZIONE E AMMINISTRAZIONE

PUBBLICITÀ, DISTRIBUZIONE, PROMOZIONE E SVILUPPO

Società Cooperativa Editoriale Etica

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| globalvision |

Flop al G20

La crisi non ha insegnato nulla di Alberto Berrini

La borsa non è un

O C O I G

Fondi etici: l’investimento responsabile ETICA SGR: VALORI IN CUI CREDERE, FINO IN FONDO. Etica Sgr è una società di gestione del risparmio che promuove esclusivamente investimenti finanziari in titoli di imprese e di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali. L’investimento responsabile non comporta rinunce in termini di rendimento. È un investimento “paziente”, non ha carattere speculativo e quindi ben si coniuga con la filosofia di guadagno nel medio-lungo termine comune a tutti gli altri fondi di investimento. Parliamo di etica, contiamo i risultati. I fondi Valori Responsabili si possono sottoscrivere presso tutte le filiali e i promotori di Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banca di Legnano, Simgest/Coop, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Casse Rurali Trentine, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca della Campania, Eurobanca del Trentino, Banca Popolare di Marostica, Eticredito, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca di Piacenza, Online Sim e presso alcune Banche di Credito Cooperativo. Per maggiori informazioni clicca su www.eticasgr.it o chiama lo 02.67071422. Etica Sgr è una società del Gruppo Banca Popolare Etica. Prima dell’adesione leggere il prospetto informativo. I prospetti informativi sono disponibili presso i collocatori e sul sito www.eticasgr.it

*LIPPER FUND AWARDS 2010

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto Rendimenti a tre anni (2007-2009)

*LIPPER FUND AWARDS 2009

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto Rendimenti a tre anni (2006-2008)

MILANO FINANZA

GLOBAL AWARDS

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OME ERA PREVEDIBILE, IL

G20 DI SEUL (11-12 NOVEMBRE 2010) non ha portato alcun risultato apprezzabile, in particolare rispetto alla “guerra delle valute” (di cui si era parlato nella rubrica “global vision” del mese scorso) tuttora in corso. Del resto la decisione della Banca Centrale americana, che ha preceduto il summit, di accelerare ulteriormente la creazione di moneta con enormi acquisti di titoli - in parole povere la scelta della Fed di stampare dollari - ha precluso a priori ogni esito positivo del G20 coreano. Si è trattato, infatti, di un atto unilaterale che ha depotenziato qualsiasi “possibilità diplomatica” dell’incontro di Seul. Gli Stati Uniti hanno, tra l’altro, così dimostrato un’incapacità culturale, prima ancora che economica e politica, di comprendere quanto il mondo sia cambiato e che gli altri Paesi, in particolare quelli in condizioni economiche favorevoli, non accettano più senza reagire quanto viene stabilito a Washington. Ma, soprattutto in quest’ultimo G20, sono definitivamente tramontate le ormai tenui speranze di un’uscita “semplice”, perché politicamente coordinata a livello internazionale, dalla crisi. Nella primavera del 2009 (vertice di Londra), al culmine della tempesta economica mondiale, sembrava che il G20, accantonato l’obsoleto G7, potesse diventare l’organismo in grado di svolgere quel ruolo. Ma da allora non si sono registrati che fallimenti negli incontri successivi, come fallimentare è stata la complessiva politica economica internazionale nell’affrontare una crisi che evolve in fasi successive, che vanno a toccare ambiti diversi del sistema economico e che, proprio per questo, è ben lontana da concludersi. Con la decisione della E l’esito di tutto ciò, almeno nella parte cosiddetta “sviluppata” Fed di agire in modo del mondo, sono le decine di milioni di posti di lavoro persi e le scarse unilaterale sono prospettive di riassorbire, nel breve come nel medio termine, questa “nuova” tramontate le speranze disoccupazione con riflessi negativi a livello sociale fin troppo evidenti. di una soluzione Dunque, in definitiva, il summit di Seul segnala che di fronte al disordine internazionale alla crisi monetario internazionale nessuna “Bretton Woods” è all’orizzonte. Ma il problema non è solo “diplomatico”, ossia di relazioni internazionali, ma anche e soprattutto di “paradigma teorico” che ancora è alla base delle politiche economiche nazionali e internazionali. Da questo punto di vista il liberismo non è stato sconfitto dalla crisi, né questa ha riportato in auge, se non in maniera strumentale e limitata all’emergenza, il pensiero keynesiano. Questo implica dei cambiamenti, non solo di obiettivi e di strumenti, ma anche di atmosfera culturale, visioni della società e sistemi di valori che circondano e permeano il nucleo della politica economica. Al punto che l’economista americano Krugman tristemente osserva che “Il Presidente Obama e compagnia sono riusciti in una grande impresa: convincere gli elettori che l’interventismo pubblico ha fallito senza applicare l’interventismo pubblico”. (Obama ha perso e non ha più “stimoli”, Il Sole 24 Ore, 13 novembre 2010) Tornando ai commenti sull’ultimo G20, anche un economista “moderato” come Franco Bruni ha sottolineato che “la crisi dovrebbe aver insegnato che le cose sono cambiate: cambiano le locomotive ma, soprattutto, il modello di sviluppo precedente non si è inceppato per un incidente di percorso, ma perché non era sostenibile”. (Il mondo alla guerra delle valute, La Stampa, 13 novembre 2010). Peccato che, a distanza di tre anni dalla più grave crisi economica internazionale, paragonabile solo alla Grande Depressione degli anni Trenta, nessuno sembra accorgersene.

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Valori Responsabili Obbligazionario Misto - Rendimento a un anno (2008)

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| fotoreportage |

> Torino 2006 foto di Necessitàfotografica

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a festa durò circa due settimane. E per tutti fu un evento senza precedenti. Nel febbraio 2006 Torino ospitò la XX edizione dei Giochi olimpici invernali, attraendo qualcosa come mezzo milione di visitatori provenienti da ogni dove. Durante quei giorni il mondo scoprì la città e le sue rapide quanto profonde trasformazioni. La metropoli austera, simbolo indiscusso del trionfo industriale (con tutte le sue contraddizioni, a cominciare da quelle sociali) si rivelava per ciò che era veramente. Un luogo profondamente vivo, ospitale, sempre in movimento. Quella città, a modo suo unica, come lo sono tutte del resto, era entrata definitivamente in una nuova era. E niente, si disse in quei giorni, sarebbe più stato come prima. Che quell’occasione fosse speciale lo si era intuito a partire dalla spettacolare cerimonia d’apertura dei Giochi, svoltasi nella cornice del rinnovato stadio comunale. Abbandonato nell’estate “mondiale” del 1990 per lasciare spazio al pachidermico ed esageratamente capiente “Delle Alpi”, lo stadio, ribattezzato “Olimpico”, riaprì ufficialmente le sue porte al calcio sette mesi più tardi, il 10 settembre del 2006. Quel giorno il pubblico accorso all’incontro Torino-Parma provò l’ebbrezza di avvicinarsi agli ingressi ammirando il lascito delle Olimpiadi. Lo spettacolare Palasport, sorto accanto al rinnovato impianto, troneggiava davanti a giardini ben curati che contribuivano a formare una scenografia davvero invidiabile. Era il volto più bello dell’eredità olimpica. Ma anche il meno rappresentativo. Per capire in che cosa si fossero tramutati quegli straordinari giorni di festa era sufficiente spostarsi di qualche chilometro, verso la periferia della città. Gli alloggi degli atleti che componevano il villaggio olimpico erano pronti a ospitare nuovi affittuari e acquirenti. Ma nessuno, o quasi, sembrava manifestare particolare interesse. Oggi l’ex villaggio versa nel degrado più totale, con il suo centro commerciale completamente abbandonato e un’area residenziale ampiamente sottoutilizzata. Un destino che ha caratterizzato anche le altre cattedrali sportive della Val di Susa, impianti spesso deserti, buoni per qualche gara amatoriale e solo raramente sedi di eventi di livello (nel gennaio del 2011 la pista di Cesana ospiterà i Campionati Mondiali di slittino e la Coppa del Mondo di bob e skeleton). Le opere per i Giochi del 2006, segnalò un anno dopo un rapporto di Legambiente, sono costate 2,6 miliardi di euro. Una spesa (pubblica) che non sarà mai ammortizzata. Colpite dalle intemperie e abbandonate al loro destino, le mascotte olimpiche con il loro ghigno triste e grottesco sono ormai un monumento alla nostalgia. Torino resta una città meravigliosa. Ma la festa adesso è davvero finita. (da Torino) Matteo Cavallito

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NECESSITÀFOTOGRAFICA

Due miliardi e seicento milioni di euro per due settimane di spettacolo. Era il 2006 e Torino ospitava i Giochi olimpici invernali. Una cifra servita a realizzare strutture, impianti sportivi, il villaggio olimpico per ospitare gli atleti. Tutto poi abbandonato al degrado più totale. Torino oggi è più bella, ma un simile spreco di risorse lascia senza parole.

GLI AUTORI Necessitàfotografica è uno studio fotografico che nasce dalla collaborazione tra Daniele Di Pietro, nato a Torino l’8 gennaio del 1981, fotografo professionista con esperienza presso il dipartimento della Protezione Civile e vincitore del concorso “Sottovuoti” 2009 di Architettura Senza Frontiere Onlus, e Michela Czech, nata il 23 agosto del ’79 a Roma, fotografa e studiosa di comunicazione visiva, dopo aver curato insieme

Torino, Villaggio olimpico, la passerella olimpica. Luogo simbolo dell’abbandono. Molti locali commerciali sono chiusi. La maggior parte degli appartamenti non è occupata.

la documentazione fotografica del progetto di ricerca “Romanes a Roma” dell’università La Sapienza di Roma. Si rivolge ad aziende e a privati, per i quali realizza servizi fotografici editoriali, pubblicitari, di eventi e reportage sociali e di viaggio. Tra gli ultimi lavori, le fotografie per il sito web della Soprintendenza Speciale per l’Area Archeologica di Napoli e Pompei, un reportage di Berlino per RMW Magazine e shooting fotografici nel mondo della musica. www.necessitafotografica.com

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In alto, a sinistra: San Sicario, una panoramica della Pista da bob. A destra: l’imponente ingresso dell’impianto. In basso da sinistra a destra: la pista da fondo di Pragelato; la pista illuminata del Sestriere; l’Olympic Centre di San Sicario; lo stadio del salto di Pragelato e lo Ski Jumping Hotel.

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In alto, a sinistra: la passeggiata nel centro commerciale abbandonato dell’ex Villaggio Olimpico. A destra: una panoramica dall’alto del centro commerciale. In basso, foto dell’area residenziale, molti alloggi non sono mai stati occupati. Dettagli dell’area e del generale stato di incuria. Nelle due pagine precedenti dettagli delle strutture di San Sicario (la pista di bob, quella di biatlon e l’Olympic Centre) e di Pragelato (lo Ski Jumping Hotel e lo stadio del salto) oltre ad alcuni dettagli del Villaggio Olimpico di Torino (l’area residenziale, il centro commerciale e la passerella olimpica).

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dossier

a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio e Luca Trovani

Lo sport come Las Vegas: “vincite” da capogiro >18 Calcio indebitato, il pallone si è sgonfiato >20 Dai dilettanti alla Serie A. Dietro c’è Cosa Nostra >22 L’ipocrisia pallonara alimenta il doping >23 Vele d’Itaiia: tutti i colori del nero >24 Finanziamenti pubblici: lo sport italiano dà i numeri >25 Campi sportivi, scuole di etica e legalità >26

La mascotte delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 nel giardino Gustavo Colonetti nei pressi del Villaggio Olimpico

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Sport & affari

Le ombre dietro i riflettori Lo spirito sportivo lascia il posto al business. Tra sponsor e diritti televisivi, un tesoro miliardario. Dietro il tifo si nascondono speculazioni finanziarie, riciclaggio di denaro e la mano di Cosa Nostra | 16 | valori |

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| dossier | sport&affari |

| dossier | sport&affari |

Lo sport come Las Vegas “vincite” da capogiro

EMOZIONI, BELLEZZA, appartenenza, sessualità, gioco, guerra: nello sport c’è tutto quello che muove il mondo. E i regimi, che hanno sempre usato l’agonismo per la propaganda, lo sanno bene. Ora a questi elementi si è aggiunto un fiume di denaro sul quale hanno messo le mani le grandi corporation dei media, costruendo un complesso sistema di enfatizzazione dell’evento sportivo che occupa giornali, radio, televisioni, web e cellulari dal lunedì alla domenica. Frutto delle privatizzazioni e delle concentrazioni dei media cominciate negli anni Ottanta, il sistema è basato sulla vendita dei diritti televisivi degli sport e sulla convergenza, cioè sulla commercializzazione incrociata attraverso più media degli eventi sportivi. Compresa la “visione” degli spogliatoi dopo le partire, che dalla stagione 2010/2011 è possibile anche in Italia, per l’entrata in vigore della legge Melandri-Gentiloni sulla vendita collettiva dei diritti televisivi, quantificata in 1.000 milioni di euro dall’advisor Infront. Diritti che, l’anno scorso, erano stati poco più di 673 milioni. Un meccanismo che ci sfilerà centinaia di euro di tasca senza nemmeno farci alzarci dal divano di casa. Il modello della privatizzazione dei diritti sportivi è quello degli Stati Uniti, dove hanno sede le più grandi conglomerate dei media, e che è servito a Rupert Murdoch per costruire la sua leadership sui giornali e sui palinsesti inglesi, partendo dal calcio. Far diventare lo sport uno spettacolo che nulla ha di gratuito ingrossa il fatturato delle sette sorelle dei media, quei giganti che vanno dai 43,7 miliardi di Time Warner, agli 11,47 miliardi di dollari l’anno di Viacom, e che hanno tutte in pancia oltre al cinema, alla musica e ai giornali, la proprietà di una o più squadre di hockey, di baseball, di pallacanestro o di calcio (come in Italia Fininvest). Controllano decine di canali dedicati interamente agli sport dall’Asia all’America Latina, come Espn International della Disney, possiedono stadi, gestiscono i diritti dei siti web delle squadre, controllano l’indotto commerciale che ogni compagine genera in pubblicità trasmessa durante gli incontri e in oggetti collegati allo sfruttamento dell’immagine della squadra del cuore. E alimentano un gigantesco Nicola Porro mercato della performance in cui il doping Sociologia del calcio Carocci, 2008 è di casa. Paola Balocchi

nove zeri, colpi (spesso bassi) di mercato e sponsorizzazioni record. Uno scenario che - sosteneva allarmato il Parlamento europeo in una nota del 2007 - “non può che nuocere

Il barone francese Pierre de Cubertin, nel 1894 riportò agli antichi splendori i Giochi Olimpici.

Calcio, Formula Uno, tennis, basket, olimpiadi. Lo sport fatto di atleti scalzi che tagliano per primi il traguardo è ormai preistoria. Oggi la competizione è prima di tutto economica. E lo sport rimane uno show sullo sfondo delle grandi speculazioni finanziarie | 18 | valori |

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Sponsorizzazioni milionarie Sono i diritti televisivi e gli sponsor a garantire la maggior parte degli introiti nello sport globale. L’evento per eccellenza negli Sta-

FONTE: COMUNICAZIONE E POTERE, DI MANUEL CASTELLS (UNIVERSITA BOCCONI EDITORE, 2009). DATI AL FEBBRAIO 2008

allo spirito sportivo, che negli anni ha perso il fair play e la passione che lo animava”.

LE SETTE SORELLE DELL’INFORMAZIONE MONDIALE

FATTURATO ANNUO IN DOLLARI USA (IN MILIARDI)

43,7

34,29 28,66

24,21 16,12

14,32

11,47 VIACOM

soldi: trasferimenti da capogiro, stipendi milionari, marketing spietato, diritti televisivi a

CBS

commistione indissolubile di esercizio fisico e finanziario. Un’ipertrofica macchina da

NBC UNIVERSAL

ness. Eppure è proprio così: tifosi di tutto il mondo, arrendetevi! Lo sport, oggi, è una

BETTELSMANN

che, un secolo più tardi, si sarebbero trasformati in una gigantesca opportunità di busi-

NEWSCORP

lontà di ridare vita ai Giochi Olimpici certamente non poteva immaginare

DISNEY

Q

uando, nel 1894, il pedagogista francese Pierre de Cubertin annunciò la vo-

TIME WARNER

di Andrea Barolini

La Las Vegas dello sport è, dunque, un mercato globale, in continua crescita e che gode di una garanzia straordinaria: la passione della gente. Altro che credit-default swap: il tifo assicura l’investimento. La finale di Champions League tra Barcellona e Manchester United, disputata allo stadio Olimpico di Roma nel 2009, è stata vista in tv da 109 milioni di persone. Complessivamente, l’intera competizione può vantare 206 milioni di fedelissimi. Il gran premio di Formula Uno del Bahrain totalizza normalmente oltre 50 milioni di telespettatori. La finale dei 100 metri di atletica ai mondiali del 2009 è stata seguita da 33 milioni di persone. Per non parlare di quella di coppa del mondo di calcio del 2010 tra Spagna e Olanda, che, secondo le stime della Fifa (la Federazione calcistica internazionale), avrebbe raggiunto i 700 milioni di telespettatori, battendo la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino (600 milioni).

FORMULA BIG BERNIE

DAL DIVANO DI CASA I MEDIA PRIVATIZZANO LA PASSIONE

BERNARD CHARLES ECCLESTONE è il discusso boss del circus della Formula Uno. Dopo una parentesi come pilota, grazie ai capitali messi insieme con la vendita di auto usate, nel ’57 acquista due monoposto da F1. È il primo mattone dell’impero: nel ’71 compra la scuderia Brabham per 100 mila sterline, l’anno successivo entra nell’associazione dei costruttori (Foca), di cui nel ‘78 diventa il numero uno. Tre anni dopo vende la scuderia per 5 milioni di dollari e fonda la Formula One Promotional Association (oggi Formula One Management). Primo obiettivo: i diritti televisivi. Che Bernie, a suo modo di vedere, distribuisce equamente: il 47% ai costruttori, il 30% alla federazione (la Fia) e il 23% a se stesso. Nel 1996 trasferisce le proprietà alla moglie Slavica e pone la Fom sotto il controllo della Slec Holdings (sede off shore alle Channel Islands). Nel 1997 si batte per non vietare le pubblicità delle sigarette durante le corse (per essere “convincente” regala al partito al governo nel Regno Unito un milione di sterline, somma poi restituita). Una vicenda nella quale fu implicato anche l’avvocato David Mills, lo stesso coinvolto in un processo con Silvio Berlusconi. Nel ’99 vende il 12,5% della Slec al Morgan Grenfell Private Equity, per 325 milioni di dollari; nel 2000 cede un altro 37,5% all’americana Hellman & Friedman, per 725,5 milioni. A loro volta le due società si uniscono e creano la Speed Investment, che poi vendono per 1,65 miliardi al gruppo tedesco Em.Tv (entrerà poi anche Kirch, grazie all’intervento delle banche Bayerische Landesbank, JPMorgan e Lehman Brothers). Più recentemente, con una nuova cessione del 25% di SLEC, Ecclestone riceve 987,5 milioni di dollari. Ma dal 2006 per la prima volta l’impero di Bernie scricchiola: Cvc Capital Partners si aggiudica il controllo sulla F1. Ma Ecclestone strappa il mantenimento del ruolo di a.d. Nel 2007, insieme a Flavio Briatore, compra la squadra di calcio inglese Queens Park Rangers. A 80 anni suonati i prossimi obiettivi sono i GP in India (2011) e Russia (2014). The show (business) must go on. Andrea Barolini ti Uniti, il SuperBowl (la finalissima annuale di football) ha visto quasi triplicare in 15 anni il prezzo per aggiudicarsi 30 secondi di pubblicità in tv: dal milione e 150 mila dollari del 1995 ai 3 milioni del 2009. Il tutto per raggiungere i quasi 99 milioni di persone incollati agli schermi. Secondo il Libro Bianco sullo sport dell’Unione europea nel 2005 il 91% di tutti gli investimenti in sponsorship si è concentrato proprio sullo sport: un business da 7-8 miliardi di dollari all’anno (la cultura non supera l’1%). Anche grazie al fatto che, insieme a loghi sulle maglie, cartelloni e spot tv, si sono aggiunte nuove forme di pubblicità, come i nomi affiancati agli eventi (“Serie A-Tim”) o agli impianti (allo stadio della squadra di hockey su ghiaccio americana dei Pittsburgh Penguins, a cui è affiancato al nome della Consol Energy. Un affare da 84 milioni di dollari, per un naming right di 21 anni). Per avere un’idea del giro d’affari basta dare uno sguardo alla classifica dei contratti cosiddetti “top” (vedi TABELLA ). Nike ha pagato 475 milioni di dollari per assicurarsi la sponsorizzazione della Ligue 1 del calcio francese, 206 per campeggiare sulle maglie nerazzurre dell’Inter e 118 milioni per vestire il campionissimo di tennis svizzero Roger Federer.

Il modello Formula Uno Ma l’esempio più vivido di come lo sport si sia trasformato in un moderno mega-business arriva dalla Formula Uno. Nella sua trasfor-

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mazione, il cui principale deus ex machina è il miliardario inglese Bernie Ecclestone, c’è per intero il profilo classico di una multinazionale: speculazioni finanziarie, aggiramento del fisco, paradisi fiscali, fondi d’investimento (vedi BOX ). E, soprattutto, un turnover da quasi quattro miliardi di dollari (secondo una stima di Deloitte). La società Formula One Group è la capostipite dell’impero. È stata acquisita nel 2006 dal colosso del private equity mondiale Cvc Capital Partners insieme alla Apm, che ne gestisce marketing e pubblicità, e alla Allsport Management, che si occupa dell’ospitalità dei vip ai gran premi. Il tutto con una maxi-operazione da 2,5 miliardi di dollari. Che Cvc conta di ripagare grazie anche allo sfruttamento dei mercati emergenti, con i neonati o nascituri gran premi in Malesia, Barhain, Russia, Cina, Corea, Abu Dhabi. Le parole d’ordine sono: delocalizzare, diversificare, massimizzare i profitti. Anche grazie a spettacolari quanto sconcertanti speculazioni immobiliari e di marketing, come quella che si prospetta per il Gp di Roma, che già nei prossimi anni potrebbe vedere la luce insieme a 230 mila metri cubi di cemento che andrebbero a invadere il quartiere Eur. Allungando un’ombra sempre più scura sullo spirito “olimpico” dello sport.

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FONTE: R&S MEDIOBANCA,INDAGINE SULLE MULTINAZIONALI (1999-2009) DISPONIBILE SU: WWW.MBRES.IT

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SPONSORIZZAZIONI SPONSOR

SPONSORSHIP

VALORE (MLN $) DURATA (ANNI)

1 Nike

French Football Federation (from 2011)

475

7

2 Nike

Internazionale

206

10

3 BT

London Olympics 2012 Tier One Sponsor

160

5

4 Nortel

London Olympics 2012 Tier One Sponsor

150

4

5 Adidas

AC Milan

123

10

6 Nike

Roger Federer

118

7 Adidas

Russian Football Union

100

9 BP

London Olympics 2012 Tier One Sponsor

100

10 British Airways

London Olympics 2012 Tier One Sponsor

98

5

11 Adidas

All Blacks

90

10

4

12 Consol Energy

Pittsburgh Penguins NHL stadium

84

21

13 Dekra

Deutscher Fubball-Bund (DFB)

80

4

14 Deutsche

Telekom Deutscher Fubball-Bund (DFB)

80

4

15 Miller

Dallas Cowboys

80

10

16 Roger Communications

Buffalo Bills

77

5

17 Automobile Clubs of South Carolina

Auto Club Speedway of South California

75

10

18 Banc itau

Brazilian Football Confederation

75

5

19 Budweiser

NHL sponsorship through Bud Lite

75

3

20 Olympus

US Open & US Open Series Official Camera

70

6

Calcio indebitato Il pallone si è sgonfiato

DOPO LE BANCHE, GLI STADI ULTIMA FRONTIERA DI UNO SPORT MALATO SERGIO CRAGNOTTI, CALISTO TANZI E VITTORIO CECCHI GORI sono stati solo punte di un iceberg. I crack finanziari che hanno patito Lazio, Parma e Fiorentina venivano in realtà da lontano. Fatta in parte eccezione per l’ex patron di Parmalat (che da solo aveva costruito un colosso d’argilla), la montagna di debiti accumulata dalle squadre di calcio italiane è legata a filo doppio alle banche. Il gioco è durato fino a qualche anno fa. Poi gli istituti di credito hanno chiuso i rubinetti. Anche perché molte squadre erano diventate finanziariamente poco “affidabili”. Perciò c’è chi ha fatto economie (la Lazio), chi ha puntato sull’autofinanziamento (la Roma), chi ha potuto contare sulle tasche dei proprietari (Inter, Milan e Juventus). Ma per un mondo affamato di business non basta. Servono capitali liquidi, finanziamenti, progetti. Come “sostituire” dunque le banche? Buttandosi sulle costruzioni immobiliari. Il che significa

stadi nuovi e di proprietà delle società. Ma se, come gongolava già nell’aprile scorso il sottosegretario con delega allo Sport Rocco Crimi, «così potremo competere meglio con i grandi club europei», sappiamo bene che in Italia le ondate di costruzioni spesso sono accompagnate da notevoli problemi. I mondiali del ‘90 insegnano: all’epoca ci fu la possibilità di creare strutture nuove, polivalenti, sicure e capaci di garantire servizi sul territorio anche al di là degli eventi sportivi. Ma a soli vent’anni di distanza i nostri impianti sono considerati

tra i peggiori d’Europa. Oggi ci si riprova. La prima a muoversi è stata la Juventus, che conta di completare il suo nuovo stadio nel 2011: 41 mila spettatori, 150 mila metri quadrati di aree dedicate ai servizi, con 8 punti ristoro. Design firmato Giugiaro. Il tutto per 105 milioni di euro. Coperti per 75 milioni grazie alla cessione per 12 anni a Sportfive (società del Gruppo Lagardére Sports) dei diritti di intitolazione dello stadio stesso. Una ventina tramite la vendita dell’area commerciale. E, come per magia, le banche hanno riaperto le porte, con mutui per 50 milioni. La strategia è benedetta dal governo, che punta ad una legge per agevolare la costruzione dei nuovi impianti (con tanto di incentivi milionari). La discussione parlamentare, però, ancora non è conclusa. E in molti premono: il business del cemento è allettante. Come fu quello delle banche. Finché è durato. A.B.

Sono i tre campionati più prestigiosi del mondo, ma anche i più indebitati. Dalla Premiership alla Liga passando per la Serie A, il calcio europeo sta letteralmente collassando.

A

LTRO CHE “FAIR PLAY FINANZIARIO”, qui si rischia il collasso. In attesa di sapere se in un futuro non troppo lontano potranno ancora prendere parte alle competizioni internazionali (le norme Uefa imporranno il pareggio di bilancio come requisito per la partecipazione alle di Matteo Cavallito coppe) i club calcistici europei sembrano impegnati oggi nella disputa di un campionato molto particolare e

UEFA CHAMPIONS LEAGUE UN TESORO DA UN MILIARDO

L’UNIONE DELLE FEDERAZIONI CALCISTICHE Europee (Uefa) rende noti ogni anno i dati sulla redistribuzione degli introiti legati alla Champions League: la torta più corposa, in termini economici, alla quale ogni società di calcio ambisce. Per la stagione sportiva 2009/2010 ciascuna delle 32 squadre che hanno partecipato ha ricevuto un bonus iniziale di 3,8 milioni di euro. Ai quali si aggiungono 550 mila euro per ciascuna partita giocata nella fase “a gironi” (solo per il fatto di essere scesi in campo). Chi vince incassa altri 800 mila euro; la metà in caso di pareggio. Le 16 squadre che hanno raggiunto la fase finale (non più a gironi, ma a eliminazione diretta) incassano 3 milioni per aver disputato gli ottavi di finale; 3,3 milioni per i quarti; 4 milioni per le semifinali. La vincente (l’Inter, lo scorso anno) ha poi intascato un jackpot da 9 milioni (5,2 per la seconda classificata, il Bayern di Monaco). Nella classifica dei pluripremiati degli ultimi 17 anni spiccano il Manchester United, con 299 milioni e 787 mila euro, il Bayern Monaco (268 milioni) e il Real Madrid (249,5 milioni). Secondo i calcoli della Gazzetta dello Sport nel 2008/2009 i ricavi per la Uefa sono stati pari a 1 miliardo e 90 milioni di euro. 530 milioni sono andati complessivamente a gonfiare le tasche dei club. A.B. Denaro proveniente principalmente dai diritti televisivi e dagli sponsor.

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ben poco prestigioso: quello del dissesto finanziario. Un torneo aperto, dai risvolti potenzialmente devastanti. Che ha già delineato la sua graduatoria.

Acrobazie inglesi In testa alla classifica ci sono i club inglesi. Nel febbraio scorso, l’Uefa stimò che l’indebitamento complessivo della Premiership valesse da solo 3,8 miliardi di euro, il 56% del totale europeo. Ma sono dati vecchi (risalgono al 2008), destinati a essere corretti al rialzo. Un esempio per tutti è quello del Manchester United. All’inizio del 2010 gli si attribuivano debiti per circa 700 milioni di sterline. A giugno l’esposizione dei suoi proprietari, la famiglia statunitense Glazer, superava il miliardo. La parabola dello United è quanto di più emblematico si possa immaginare. Nel 2005 i Glazer completarono la sua acquisizione sborsando quasi 800 milioni di sterline. Solo che, in buona parte, non erano soldi loro, bensì capitali presi a prestito dalle banche e dai fondi hedge, mettendo a garanzia le attività stesse del club (chiamato in seguito a farsi carico del debito). Ora il Manchester deve fronteggiare la fila dei creditori e i profitti bastano appena per pagare gli interessi. Un’operazione suicida, insomma, eppure perfettamente legale. Si chiama leveraged buy-out e in Inghilterra ha fatto un’altra vittima eccellente, il Liverpool. Nel 2007 gli americani

Tom Hicks e George Gillet avevano messo le mani sul club grazie anche a un maxi prestito da 230 milioni di pound, concesso da Royal Bank of Scotland. Quando, nell’ottobre scorso, la società è passata di mano a un altro finanziere statunitense, il proprietario dei Boston Red Sox, John Henry, per 300 milioni, i due hanno fatto causa al presidente del club, Martin Broughton (cui avevano dato mandato a vendere), reo di aver concluso la trattativa a un prezzo troppo basso. Hicks e Gillet chiedono 1,6 miliardi di dollari di risarcimento. Se l’Inghilterra piange, la Spagna non ride di certo. I dati Uefa del 2008 parlavano di un debito totale di 978 milioni, ma uno studio successivo, condotto nei mesi scorsi dal docente dell’università di Barcellona, José María Gay, ha alzato la cifra a 3,5 miliardi. A pesare sulle finanze dei club ci sono i conti dei giganti Barcellona (debiti per 430 milioni) e Real Madrid (683), ma anche del meno quotato Mallorca, primo club nella storia a essere escluso dalle coppe per problemi finanziari.

Italia in rosso

oltre 300 milioni di esposizione verso le banche: l’Inter deve agli istituti di credito 48 milioni, il Milan addirittura 163. Ormai ufficialmente in vendita, la Roma, la cui controllante Italpetroli - di proprietà della famiglia Sensi - risultava esposta per 325 milioni con Unicredit, ha ottenuto l’azzeramento del debito. La banca di piazza Cordusio, in cambio, ha acquisito la maggioranza degli asset della società petrolifera oltre a una quota del club. I bilanci, nel frattempo, sono in rosso: in attesa del Milan, che chiuderà i conti al 31 dicembre, l’Inter ha registrato una perdita di 69 milioni, contro i 21,9 della Roma e i 5,1 della Juventus. Alcuni saldi negativi, peraltro, erano stati mitigati in passato da operazioni contabili altamente creative. Nel 2006 l’Inter ha ceduto il proprio marchio a una società controllata, la Inter Brand Srl, per 158 milioni, cifra messa puntualmente a bilancio nella colonna degli attivi. Un anno prima il Milan avevo fatto lo stesso totalizzando una plusvalenza ancora maggiore: 181 milioni. Roma, Lazio, Sampdoria, Chievo e Reggina hanno adottato la stessa tecnica per un beneficio complessivo, sempre secondo Il Sole, di circa 275 milioni.

Non se la passa bene, manco a dirlo, nemmeno l’Italia. Le 20 società della massima Serie sono indebitate per 2,2 miliardi (oltre 200 milioni in più rispetto all’anno passato). Una zavorra, ha ricordato Il Sole 24 Ore, su cui gravano gli

Le 20 società della Serie A sono indebitate per 2,2 miliardi. Quest’anno l’Inter è in rosso per 69 milioni.

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LIBRI

Daniele Poto Le mafie nel pallone Edizioni Gruppo Abele Sopra, il progetto del nuovo stadio della Juventus. La squadra torinese conta di completarlo nel 2011: 41 mila spettatori, 150 mila mq di aree dedicate ai servizi, con 8 aree ristoro. E un design firmato da Giugiaro. Il tutto per 105 milioni di euro.

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CALCIO-LAVANDERIA LA CRIMINALITÀ GIOCA IN CASA L’ALLARME È STATO LANCIATO più di un anno fa. Con una diffusione e un giro d’affari senza eguali, il calcio può essere un veicolo privilegiato per il riciclaggio del denaro sporco e la reiterazione di comportamenti criminali come l’evasione fiscale, il traffico di droga (leggasi doping) e quello degli esseri umani (soprattutto se calciatori promettenti nati in qualche angolo del Terzo Mondo). Un aspetto oscuro, di cui nessuno ama particolarmente parlare. Ma anche un rischio conclamato, reso noto già un anno e mezzo fa da un rapporto della Financial Action Task Force (Fatf) dell’Ocse. Secondo i ricercatori il gioco più popolare del mondo presenterebbe almeno

tre aspetti critici: la struttura di mercato, il suo aspetto culturale e il suo contesto finanziario. Il calcio, in altre parole, costituirebbe un mercato a cui si accede agevolmente (si pensi alla facilità con cui i club possono passare di mano), ma anche una “lavanderia” estremamente efficiente capace di garantire popolarità e ritorni di immagine a chi sceglie di investirvi. A rendere tutto più complicato, infine, c’è il progressivo dissesto finanziario del settore: costretti a fronteggiare una crisi debitoria sempre più grave - sottolinea l’Ocse - molti club potrebbero essere indotti ad accogliere anche i capitali di dubbia provenienza, favorendo così gli interessi

dei criminali. Nel documento, ovviamente, non si fa alcun nome, ma gli esempi non mancano. Tra questi anche il caso del tentato acquisto di una famosa squadra italiana che avrebbe dovuto essere finanziato con denaro sporco. I ricercatori non confermano, ma i sospetti sembrano rivolgersi alla S.S. Lazio. Nel luglio del 2008, la magistratura italiana spiccò dieci ordini di custodia per quelli che riteneva i protagonisti di un tentativo di scalata al club romano condotto a forza di minacce e intimidazioni di stampo mafioso. Pronti a finanziare l’operazione, si stimò allora, ben 21 milioni di euro messi sul tavolo dal clan M.Cav. camorrista dei Casalesi.

Sistema calcio, Cosa Nostra

La Piovra ha messo i tentacoli sul mondo del pallone. Dai campionati dilettanti fino alla Serie A.

P

seppe Graviano, componente della commissione regionale di Cosa Nostra. In fondo i fratelli Graviano dovevano riconoscenza al padre di Gaetano per averli ospitati per qualche tempo a casa propria. C’è poi il caso del calabrese Giuseppe Sculli, ora apprezzata ala del Genoa, anni fa a un passo dall’arresto per aver truccato tre partite, che si vanta di essere “giocatore d’onore” e che un rapporto dei Ros indica come “individuo perfettamente integrato nella realtà criminale della propria area”. Forse grazie a suo nonno, Giuseppe Morabito, detto “U tiradrittu”, boss delle ‘ndrine della Locride. Oppure si può scendere nella Serie B, nella quale sarebbero stati “indirizzati” i risultati di 25 partite su 42 del camIL CASO POTENZA LA PUNTA DELL’ICEBERG pionato 2009-2010. Oppure si può guardare ancora in basso. Nel foltissimo sottobosco delle leghe minori, usate dai QUELLO DEL POTENZA CALCIO è un caso-limite del binomio calcio-camorra e di un sistemaclan mafiosi per aumentare ricchezza, potere e prestigio. pallone in cui tutto sembra permesso. Una cronistoria criminale che ha come protagonista Da qualunque parte lo si guardi, ci sono tante, tropil giovane presidente della squadra, Giuseppe Postiglione. Formalmente è titolare della Nipa, un’azienda di comunicazione: entra nel calcio come azionista di maggioranza relativa pe, ombre attorno al mondo del pallone. A svelarle, un e, nel 2009, vince anche il premio Fair Play. Per i suoi affari Postiglione forma una triade libro-dossier “Le mafie nel pallone”, scritto da Daniele con un dirigente di lungo corso, Luca Evangelisti, e con il boss Antonio Cossidente, punto Poto, giornalista di Tuttosport insieme all’associazione di contatto tra camorra e il clan dei Basilischi. Dietro al Potenza Calcio mettono in piedi Libera. Una mappa delle infiltrazioni, che si radica in Siun sistema gelatinoso. Le carte dell’inchiesta evidenziano come “personaggi ancora cilia, abbraccia Campania, Lucania, Calabria, tocca il Lasconosciuti regalavano” ogni domenica risultati sicuri a Postiglione, che scommetteva, vinceva e divideva. Una società a delinquere. Decapitata quando il presidente del Potenza zio, sfiora la Puglia, diffonde più di un sospetto in Abruzinizia ad andare spesso a Roma, all’hotel Plaza, in via del Corso. In quell’albergo zo e inizia a fare metastasi nel Nord Italia. si conoscevano i risultati delle partite truccate in Serie A: un modo per entrare in un giro più vasto, che avrebbe elevato il livello di conoscenze. Troncato da una clamorosa sentenza Un luogo ideale per affari loschi (a orologeria?) della giustizia sportiva che, per la manipolazione di un risultato della stagione Il fenomeno è venuto alla ribalta a livello nazionale socalcistica 2007-08, ha collocato il Potenza all’ultimo posto del torneo di Lega Pro di prima divisione. Un provvedimento con pochi precedenti nella storia del calcio professionistico. lo dopo il caso Potenza (vedi BOX ). La punta di un iceberg che ha dimostrato come le organizzazioni criminaROBABILMENTE È IL GIOCO PIÙ BELLO DEL MONDO,

sicuramente è il più truccato. Ci sono talmente tanti episodi che si fatica a scegliere. Si può partire dall’alto, dal calcio delle stelle e dei campioni osannati dalle folle, citando il caso di di Emanuele Isonio Gaetano D’Agostino: calciatore siciliano di Roma, Udinese, Juve e ora Fiorentina. 30 anni di classe cristallina, campione europeo Under 21, che ha fatto il primo provino al Milan grazie a Marcello Dell’Utri, su intercessione del boss Giu-

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li abbiano trovato nel pianeta calcio un habitat ideale. Per molti motivi: acquisizione diretta dei club, affari con le dirigenze compiacenti, riciclaggio di denaro attraverso operazioni off shore di calciomercato (fenomeno in crescita, visto che i giocatori stranieri sono ormai il 40%), scommesse legali e clandestine, partite vendute, partite comprate, controllo delle curve e pizzo ai danni dei venditori fuori e dentro lo stadio. «Tra l’altro - spiega Daniele Poto - più si scende di categoria e più il livello di infiltrazione cresce, perché minori sono i controlli istituzionali, lontana da una pressione mediatica e da un osservatorio nazionale». Una situazione incentivata dal cambio di status giuridico dei club. Secondo Poto «la malaugurata trasformazione in società per azioni ha legittimato il carattere lucrativo del bilancio e ha incentivato le infiltrazioni malavitose, perché ha introdotto atteggiamenti di pura speculazione. Il denaro, per fruttare, non deve rimanere fermo, deve essere riciclato, lavato, riconvertito. Ed ecco che, anche nel calcio italiano, si stanno tuffando a pesce investitori stranieri - americani, russi, arabi - a capo di cordate di dubbia provenienza».

Vincere crea consenso L’aspetto che, però, più sfugge a chi non vive la realtà del calcio minore nel Meridione affamato di lavoro è un altro: infiltrandosi nel pianeta-calcio, le cosche hanno un formidabile canale di controllo sociale, di formazione del consenso e di reclutamento della manodopera. «Nei piccoli centri, si sa perfettamente se una società sportiva è controllata, direttamente o indirettamente, dal boss locale. E una squadra che vince crea consenso perché porta prestigio al territorio. Purtroppo bisogna ammettere che c’è molta gente disposta a chiudere ambedue gli occhi pur di veder trionfare la propria squadra. Sono stati comprati e non se ne rendono conto», ammette sconsolato Marcello Cozzi, responsabile di Libera in Basilicata. «Inoltre, a livello giovanile, le squadre sono la porta d’accesso ai clan. Si entra in una certa cerchia, s’inizia a frequentare determinati ambienti». E si finisce per diventare condizionabili: «Il giocatore – prosegue Cozzi – sa bene che il proprio cartellino è di proprietà della società calcistica e deve quindi sottostare alle decisioni e ai riIl campo di calcio catti del boss. Ribellarsi è difficile quando dell’associazione Don Milani Onlus giocare a calcio non significa solo dare calci (vedi articolo a un pallone, ma assicura il pane sulla tavo“Scuole di etica e legalità”a pag. 26). la della propria famiglia».

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L’IPOCRISIA “PALLONARA” ALIMENTA IL MERCATO DEL DOPING CARLO PETRINI è un calciatore che ha giocato tra la fine degli anni ‘60 e gli ‘80 nel Genoa, nel Lecce, nel Milan di Nereo Rocco, nel Torino, vincendo la Coppa Italia nel 1970/71. Ha corso dietro al pallone nella Roma di Nils Liedholm e in molte altre squadre importanti. Quando si è ritirato dal calcio si è messo a scrivere e ha fatto scandalo, perché ha ammesso di essersi dopato. L’ha raccontato nell’autobiografia Nel fango del dio pallone: “Verso la fine del campionato 1967-68, quando ero un giovane attaccante del Genoa, in Serie B, insieme a qualche compagno di squadra ci dopammo e giocammo da dopati alcune partite decisive per non retrocedere”. Sul processo per doping alla Juventus in cui è stato assolto il medico sportivo Riccardo Agricola, si è espresso in modo altrettanto diretto nel libro Scudetti dopati: “...il calcio professionistico non è più uno sport, ma è diventato quello che gli americani chiamano show business, spettacolo e affari. Il fatto sicuro è che nessun atleta è in grado di giocare tre partite alla settimana, come fanno molti calciatori per anni, senza l’aiuto di potenti medicinali, dell’Epo, oppure di sostanze dopanti ancora “invisibili” ai controlli antidoping”. Petrini invita a dire apertamente come stanno le cose, per superare l’ipocrisia “pallonara” di un calcio spettacolo in cui nessuno è umano fino in fondo e le tecniche di doping sono sempre più sofisticate e con LIBRI effetti sulla salute che si verificano anni dopo. Perché l’esempio degli sportivi famosi è contagioso: nel rapporto 2010 del ministero della Salute si è registrata la crescita del doping negli sport a livello amatoriale e master. Le sostanze più diffuse sono gli Carlo Petrini anabolizzanti e le sostanze attive sul sistema Calcio nei coglioni. Porcate, imbrogli e ormonale (25,4%), gli stimolanti (20,3%), fregnacce: i cannabinoidi (16,9%), i corticosteroidi (8,5%) cronache pallonare senza censura e i diuretici. Si è riscontrato l’uso di sostanze Kaos edizioni, 2010 maggiormente dannose per la salute rispetto agli anni precedenti e in coktail con altre. Le sostanze dopanti circolano nelle palestre, spesso proposte dagli allenatori ai giovani che cercano in fretta il risultato o si fidano, e sono contenute in integratori Carlo Petrini che sembrano innocui. Ma sono prodotti Scudetti dopati. La Juventus 1994-98: illegali, che vengono smistati dalla criminalità flebo e tornei organizzata sulle stesse rotte delle droghe. Kaos edizioni, 2005 Il rapporto 2008 dell’Associazione Libera, I traffici mondiali delle sostanze dopanti stimava che fossero 500 mila i consumatori di sostanze dopanti in Italia e il giro d’affari vicino ai 600 milioni di euro. Mentre a livello Carlo Petrini mondiale il rapporto stimava fossero circa Le corna del diavolo. 30 milioni gli assuntori, con un giro d’affari Il Milan di Berlusconi Pa. Bai. intorno ai 15 miliardi di euro. Kaos edizioni, 2006

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Lo sport italiano dà i numeri 474 milioni di fondi pubblici per 95.000 realtà sportive.

L Nella foto grande: la regata del Trofeo Regione Sardegna, tappa del Circuito Audi Med Cup. Sopra: barche impegnate nella Rolex Swan Cup.

Vele d’Italia: tutti i colori del nero

Avere una barca che prende parte alle grandi regate significa entrare in una ristretta élite, dove si fanno lauti affari

Barche off-shore, fatture gonfiate, riciclaggi di denaro: la grande vela è il paradiso dell’evasione. Focus su una casta che mette in ombra gli sforzi di molti veri sportivi.

N

di Luca Trovani

ON CE NE VOGLIANO gli habitué delle sue coste, ma il Mar Tirreno, fra gli specchi d’acqua salata del globo, non è né il più cristallino, né il più pulito, né quello dai venti più complicati da domare. Eppure, ha un primato particolare: fra le sue onde si tiene il numero maggiore di regate, per quantità e per qualità delle imbarcazioni in gara. È, in sostanza, il primo campo di regata del mondo. A pensar male, verrebbe da associare questo dato con un altro aspetto curioso: se si spulcia l’elenco delle barche iscritte a qualsiasi regata di medio livello e si osserva il luogo di “immatricolazione”, si scopre che più sono grandi le imbarcazioni, più “capita” che siano registrate in paradisi fiscali. Prendiamo ad esempio la Palermo-Montecarlo, che si corre nel mese di agosto. Delle 27 barche in gara, sei sono registrate a persone o società con sede nello Stato

L’EX CALCIATORE CANTONA A GAMBA TESA SULLE BANCHE

L’EX CAMPIONISSIMO DEL MANCHESTER UNITED, Eric Cantona, da tempo non dà più calci al pallone. Cerca di darli, però, a un sistema economico e sociale che proprio non gli va giù. La verve del francese, fortunatamente, non è la stessa di quando si lanciò con un colpo da kung-fu contro un tifoso di una squadra avversaria (gesto che gli valse nove mesi di squalifica). Ma la decisione è quella di sempre. Basta ascoltare una breve video-intervista che in questi giorni sta spopolando on line (cliccare per credere: www.youtube.com/watch?v=padCfgZjbXI) in cui, parlando dei recenti scioperi in Francia, si domanda se siano davvero utili «milioni di persone a manifestare per le strade. Vogliamo fare davvero la rivoluzione? È facilissimo: basta che quegli stessi milioni di persone vadano in banca e ritirino tutti i loro soldi. Il sistema crollerebbe all’istante». Pare che qualcuno lo abbia preso sul serio e abbia ipotizzato una sorta di “giornata della chiusura del conto”: «Ogni tanto - conclude - ai sindacati bisogna dargli qualche idea nuova...».

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monegasco. Si può dire: è normale, visto che la regata arriva a Montecarlo. È meno normale che altre, come la Wally B, che gareggia per lo Yacht Club di Monaco, risultino in realtà di proprietà della società Non Plus Ultra SA in Lussemburgo. Discorso analogo per il 34 metri Highland Breeze: iscritto sotto le insegne del Real Club Nautico de Palma, è di proprietà della Highland Breeze Ltd, registrata alla casella postale 837 del paradiso caraibico di Curaçao. Ce n’è abbastanza per far sorgere il sospetto che le regate di questo tipo non siano solo un passatempo per milionari annoiati.

Una groviglio di evasioni Il sospetto ci è confermato, dietro l’impegno a garantirgli il più rigoroso anonimato, da un velista molto apprezzato nell’ambiente delle regate, con centinaia di gare alle spalle e una profonda conoscenza di quanto avviene in acqua e fuori: «Il Tirreno è il campo di regata in cui si autocelebra l’evasione fiscale. Il nero è il colore dominante dell’intero sistema. È in nero la gestione della barca, sono in nero i pagamenti degli equipaggi e dietro le sponsorizzazioni ci sono puntualmente fondi neri, se non vere e proprie operazioni di riciclaggio». Per rimanere al Mar Tirreno: alle varie regate che vi si organizzano, partecipano circa 2000 armatori. Perché lo fanno? Non solo per passione. «Con queste regate entri in contatto con imprenditori spesso inarrivabili. Con il Gotha finanziario e industriale. Quelli che hanno il jet privato sempre pronto al decollo. Quindi chi vuole farsi conoscere in quel mondo,

sceglie di diventare armatore. Entra così in una ristretta élite, dove si fanno lauti affari». Un po’ quello che succedeva con le regate alle quali partecipavano Raul Gardini, Gianni Varasi, Massimo Gatti e Alan Bond. Armare una barca e farla gareggiare costa però uno sproposito: «Per una barca di 13-14 metri siamo sui 45mila euro al giorno. E si gareggia almeno 100 giorni l’anno». Come si fa a fare in modo che altri sopportino quei costi? Ad esempio si pagano in nero gli equipaggi: «Si prendono velisti professionisti e si pagano circa 300 euro al giorno cash. Se consideri che in un anno possono lavorare anche 300 giorni, siamo sui 90-100mila euro esentasse. Ovvio che nessuno di loro si lamenti».

Il sistema dell’1 a 3 Poi si cercano gli sponsor. Che danno soldi, non tanto per ottenere visibilità, ma per lucrare e creare fondi neri: «Il rapporto è 1 a 3», rivela il nostro velista. Un esempio: «L’azienda sponsor versa all’armatore un milione di euro. L’armatore sa che in realtà può usare per la gestione della barca solo un terzo di tale somma. Deve però fornire allo sponsor fatture per l’intero importo. E la differenza la riconsegna all’azienda finanziatrice, che così può disporre di denaro in nero». Per gli sponsor tra l’altro è anche un modo per far figurare meno utili di quelli reali. Possibile che un fenomeno così diffuso non attiri l’attenzione di stampa e finanzieri? «La stampa del settore è ben controllata. Quanto ai controlli: in tanti anni non ne ho vista nemmeno l’ombra».

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A RETE DEI SOGGETTI che ruotano intorno alla pratica sportiva in Italia è stata quantificata nel 2008 dal primo – e finora unico – Rapporto sport & società, realizzato da Censis e Coni, che stimava in 95 mila il numero dei punti di offerta e di organizzazione sportiva terdi Corrado Fontana ritoriali nel nostro Paese: «Si tratta della più ramificata e ampia rete esistente in Italia. Un punto sportivo ogni 631 abitanti, più delle tabaccherie». Un sistema formato da federazioni nazionali (Fsn), enti di promozione sportiva (Eps) e organizzazioni sportive che non hanno un peso tale da diventare federazioni (Dsa, Discipline sportive associate come l’arrampicata sportiva, il biliardo sportivo, il cricket, la dama). Tolti i fondi che arrivano da sponsor privati, lo sport italiano si sostiene grazie ai finanziamenti pubblici, attraverso un modello di distribuzione in cui il Coni, che riassume in sé la dimensione agonistica e quella istituzionale, diventa una sorta di ministero dello Sport. Un modello che in Europa è apprezzato ma non è l’unico: la Francia ha infatti un vero ministero a sovrintendere il flusso di denaro pubblico per le federazioni sportive; in Germania i finanziamenti provengono in maggior misura dai länder, cioè dagli enti locali, ma riguardano per lo più la partecipazione ai Giochi Olimpici; in Gran Bretagna i soldi li passa in primis la Casa Reale, cui si affiancano fondazioni e sponsor (tanto più ora che si aspettano le Olimpiadi di Londra 2012). Anche da noi, peraltro, gli enti locali sostengono la pratica sportiva (finanziando singole manifestazioni o realizzando e manutenendo impianti) e si coordinano in tal senso proprio col Coni, attraverso l’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) e la Conferenza delle Regioni. Nel 2007 il Censis ha esaminato il bilancio di previsione di 19 Regioni e due Provincie autonome: gli stanziamenti per lo sport hanno toccato ben 195 milioni di euro.

Un budget milionario Il budget complessivo previsto dal Coni per il 2010 è di 474 milioni e 245 mila euro, compreso il finanziamento statale di 460 milioni di euro (cifra rimasta pressoché costante negli ultimi anni). Del budget totale, oltre 322 milioni sono destinati a “contributi per attività istituzionale”, di cui 265 milioni per il funzionamento e l’attività sportiva delle federazioni nazionali, mentre il resto è suddiviso tra Dsa, Eps, Forze Armate e Associazioni Benemerite. Il dettaglio del bilancio consolidato 2009 mostra, però, che il Coni distribuisce diversamente “l’affetto” ai suoi figli: sui 253 milioni di euro complessivi attribuiti alle 45 federazioni nazionali (compreso l’AciAutomobil club italiano), ben 84 milioni sono finiti alla Federazione italiana gioco calcio (Figc) - segnata non casualmente in un rigo a parte - e “solo” 168 milioni alle altre 44 Fsn (dai circa 9 milioni per il nuoto e l’atletica via via a scendere, con 7 milioni mezzo al ciclismo, 3 milioni e mezzo al Comitato paralimpico, quasi 2 al pentatlon moderno e giù giù, fino alle due cenerentole con meno di un milione di euro di finanziamento, ovvero armi sportive e squash). Un’ultima notazione: per calcolare quanto “vale” il movimento sportivo italiano non si può ignorare il contributo dei volontari. Nel 2008 il primo Rapporto sport & società stimava un controvalore di 3,4 miliardi per le ore di volontariato (a 15 euro l’una), spese per l’attività di un campione di 11 mila società sportive.

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È tutto un altro mondiale

CENTRI SOCIALI PER LO SPORT RISORSA DI QUARTIERE

A MARZO FESTEGGIA un anno di attività la palestra popolare del Quadraro, a Roma. È solo l’ultima di una serie di esperienze che restituiscono ai quartieri molti luoghi abbandonati della Capitale e non solo. Tredici o quattordici solo a Roma, ma di “palestre popolari” se ne trovano anche a Napoli, Bergamo, Firenze, Milano e nel nord-est. Si tratta di locali o interi immobili abbandonati in stato di degrado, di proprietà pubblica o privata, occupati inizialmente in modo abusivo e, poi, una volta ripristinati e restituiti al territorio, spesso riconosciuti anche dalle istituzioni per il loro ruolo di riqualificazione urbana e sociale. Così è accaduto per palestre popolari romane come San Lorenzo, Cinecittà, Casalbertone, Ponte Marconi e Tufello, ma così forse avverrà anche per la neonata palestra del Quadraro, sorta nei locali di alcuni scantinati fatiscenti, occupati nel 2008 dai giovani del centro sociale Spartaco. «Sapevamo di questi garage, abbandonati da 44 anni, mai utilizzati e disastrati. Siamo entrati, li abbiamo puliti e abbiamo sollevato la questione. La proprietà Ater (ex Istituto autonomo case popolari) non si è mossa e noi abbiamo deciso di aprire la palestra popolare», spiega Alessandro Luparelli dello Spartaco, che ricorda il lungo lavoro dei volontari che hanno bonificato 500

dei 940 metri quadrati disponibili, dotandoli di un ring da boxe, specchi, docce con acqua calda e pesistica. La palestra del Quadraro a marzo prossimo taglierà il traguardo del primo anno di vita, è affiliata alla Uisp (Unione italiana sport per tutti) come associazione sportiva dilettantistica e ha un centinaio d’iscritti che si tengono in forma a costi, appunto, popolari (15 euro l’anno), praticando boxe, karate, difesa personale, yoga, capoeira, tango argentino. E non è tutto. Perché la palestra si sta rivelando anche un’occasione di occupazione per il quartiere: molti soci sono istruttori certificati dalle federazioni sportive o con attestati Isef e nella palestra lavorano. A guastare la festa potrebbe, però, essere la situazione di abusivismo della struttura e i conflitti che spesso si sviluppano tra centri sociali e istituzioni. Non va sempre così, però. Alessandro Luparelli sottolinea come spesso, nonostante l’occupazione abusiva di uno spazio pubblico o privato, «alcune realtà hanno vinto vertenze con la proprietà e sono diventate assegnatarie dei locali. Il Quadraro, ad esempio, ha avviato una trattativa sostenuta dal X Municipio e attualmente non è sotto sgombero. La speranza è che possa essere applicata una delibera che prevede uno sgravio dell’80%

dell’affitto. Nel frattempo svolgiamo iniziative per il diritto allo sport e stiamo chiedendo al Comune di Roma e alla Regione di rendere possibile la pratica sportiva anche nei parchi urbani. Del resto, da queste palestre escono atleti che vincono titoli, specialmente nella boxe dilettantistica. Noi stessi abbiamo una squadra di rugby iscritta al campionato Serie C». E, nonostante la Giunta del sindaco Alemanno stia negando l’attivazione di finanziamenti ad hoc già disponibili, non c’è clima di scontro con gli enti locali territoriali. Sandro Medici, presidente del X Municipio, in passato definì la palestra del Quadraro «un’occasione di riscatto per la periferia e una risposta concreta alla carenza di strutture sportive del territorio» e oggi ribadisce il «duplice aspetto positivo dell’iniziativa, quanto all’inclusione sociale e al ripristino di uno stabile abbandonato e fatiscente». In più per l’amministrazione è a costo zero, mentre quest’anno il X Municipio ha 4.500 euro a disposizione per la promozione allo sport di quasi 190 mila residenti. www.spartaco.it - sanpietrino.noblogs.org www.pacipaciana.org/palestra-popolare-pacipaciana www.myspace.com/palestravalerioverbano

Un pulmino e un pallone per conscere l’Africa.

U

N “MATATU” , ovvero il tipico minibus usato in Africa per i trasporti pubblici, è partito il primo giugno scorso da Nairobi per essere a Johannesburg in tempo per la finalissima del Campionato del mondo di calcio dell’11 luglio. Un di Corrado Fontana viaggio pensato a Milano da Altrimondiali (campagna sociale giunta alla sua quarta declinazione con Altrimondiali by matatu e organizzata da Altropallone, Karibu Africa e l’associazione di Ong lombarde Colomba) per attraversare Tanzania, Zimbabwe, Malawi, Zambia, Mozambico, Lesotho e Swaziland, improvvisando tornei di calcio nelle periferie delle città. Obbiettivo: accendere i riflettori dei media sulla situazione degli ultimi in Africa. Ma non solo. Perché un viaggio è certo solo il punto di partenza, mentre come e quando si arriverà a destinazione sono variabili da scoprire lungo la via. Così il matatu, col suo equipaggio formato da tre italiani e tre keniani (giocatori, educatori e allenatori di calcio e basket, esperti di cooperazione, informatici e cineoperatori) e un progetto da circa 50 mila euro (metà coperti dagli sponsor), si è trasformato in veicolo – appunto – di grandi scoperte.

Corrado Fontana

Campi sportivi, scuole di etica e legalità

Cooperazione in campo

La lotta alla mafia si fa anche così: a Gioiosa Ionica e Gela il calcio aiuta la crescita civile contro la cultura criminale. E di iniziative simili ce ne sono sempre di più.

«M

OLTE FAMIGLIE ASPETTAVANO un percorso del genere per i propri figli. Prima non c’erano che certe scuole di calcio, non c’erano alternative. Le mafie, infatti, prediligono un “percorso di riconoscimento” che significa: “se non ci sono io queste cose non si possono di Corrado Fontana fare”. La verità è che hanno bisogno di consenso sul territorio e non entrano in questo business per affari, ma se sono i soli a occuparlo. E si presentano con la faccia pulita e il doppio petto, primeggiano». Così Francesco Rigitano, referente dell’Associazione Libera INFO per la Locride, analizza il contesto in cui il 27 settembre 2010 sono iniziate a Gioiosa Ionica (Rc) le attività delPER SOSTENERE la Scuola Etica la “Scuola etica e libera di educazione allo sport”. Una e Libera di Educazione scuola di calcio affiliata al Csi (Centro sportivo italiano) allo Sport: c/c intestato a dove i 40 iscritti – bambini tra 5 e 11 anni – potranno Associazione Don crescere in un contesto in cui la pratica sportiva è conMilani – onlus Monte siderata «strumento educativo, di aggregazione e di indei Paschi di Siena – Filiale di Roccella clusione sociale, per apprendere il rispetto di sé e degli Ionica IBAN IT 55 W altri, e il rispetto delle regole». 01030 81520 000 063 110 179 Una sfida culturale nata dall’impegno di Sporting donmilanigioiosa.it Gioiosa-Associazione sportiva dilettantistica, Associawww.libera.it zione Don Milani-Onlus e, appunto, Libera, a partire

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da un centro sportivo esistente e con un impegno di gestione dai costi economici abbastanza limitati (1213mila euro l’anno), tanto che Rigitano si augura un moltiplicarsi di tali iniziative, magari promosse dagli enti locali.

Un pallone contro il racket Quello di Gioiosa Ionica è un progetto sviluppato in fretta (circa due anni), ma non è il solo. Vale la pena ricordare anche l’esempio del Gela Calcio, a rischio chiusura nel 2005 per la denuncia di connivenze tra la vecchia dirigenza e la criminalità organizzata e invece rinato, grazie anche agli sforzi del sindaco di allora Rosario Crocetta, per diventare la prima società calcistica esplicitamente impegnata contro il racket con iniziative come “Dai un calcio al pizzo!”. Oppure le decine di iniziative locali (la staffetta di Sport against violence alle Terme di Caracalla; la Domitia marthon, maratona contro la camorra tra Castel Volturno e Baia Domizia; la annuale due giorni di judo dedicata a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che si svolge a Palermo) e i numerosi progetti educativi nati da e per lo sport nelle carceri italiane.

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E NEGLI USA SBARCA IL TOTO - HEDGE FUND

SONO PASSATI CINQUE ANNI da quando Mark Cuban, proprietario della squadra di basket americana dei Dallas Mavericks, annunciò di voler dar vita a un hedge fund concentrato sulle scommesse sportive. Motivo? Semplice: secondo il manager scommettere sullo sport è più facile che farlo sul mercato azionario. E lo scorso aprile, attraverso la compagnia d’investimenti londinese Centaur, è stato lanciato il fondo speculativo Galileo. Ci si concentrerà su calcio, tennis, cricket, corse dei cavalli e golf. Per poi passare anche a football e baseball, in un vero e proprio intreccio tra alta finanza e “puntate” da bar dello sport. Ma che presenta, secondo un dirigente del fondo, Tony Woodhams, importanti vantaggi: è piuttosto al riparo dalle crisi economiche e non prevede interventi diretti da parte della banca centrale né del governo. L’obiettivo di Galileo è di arrivare in due anni ad una raccolta di capitali gestiti pari a 100 milioni di dollari, con ritorni promessi tra il 15 ed il 25%, compresi una commissione del 3% per i gestori e una trattenuta del 30% sui profitti netti. Sempre che i pronostici siano rispettati. Sopra, i volontari al lavoro per la palestra del Quadraro, a Roma, rimettono in sesto un vecchio garage per fornire al quartiere un luogo di incontro tramite lo sport. Sotto, Spartaco rugby, la squadra dell’omonimo centro sociale, che ha dato vita alla palestra del Quadraro.

Il matatu ha così conosciuto un territorio colorato di profonde ferite e diversità, scoprendo la persecuzione sanguinosa e superstiziosa verso gli “africani bianchi” (i dati ufficiali parlano di 54 albini uccisi nel 2008 tra Tanzania, Burundi e Uganda, cui si aggiungono le eliminazioni sistematiche alla nascita, non quantificabili), spazzata via per un giorno in un torneo di calcio tra squadre miste di neri e albini, giocato a Dar Es Salaam, ospiti di Cefa Onlus. Oppure il progetto del Centro orientamento educativo (Coe) a Kafue, in Zambia, che utilizza il calcio professionale per favorire l’aggregazione, in particolare quella femminile, coinvolgendo 1.200 giovani (quasi 500 ragazze). O, infine, la discriminazione dei neri di Capetown verso altri neri, rifugiati di guerra da Zimbawe, Botswana e Congo, combattuta attraverso un programma di cooperazione che sta formando una squadra di calcio di rifugiati e giovani delle baraccopoli di periferia. Ma la sorpresa più grande – ricorda Michele Papagna di Altrimondiali – è arrivata a Johnnesburg, constatando che «la sfida internazionale del primo Campionato mondiale di calcio in Africa INFO della storia è stata vinta, sostanzialmente, su tutti i fronti: su quello delwww.altrimondiali.it l’organizzazione, della sicurezza e della www.karibuafrika.it www.onglombardia.org partecipazione popolare, anche nelle www.cefaonlus.it township. Se siano stati soldi buttati per www.coeweb.org il futuro, lo si scoprirà presto».

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Ostacoli e paradossi. Le banche europee alla sfida di Basilea >30 Investimenti responsabili. È possibile definirli? >33 Buon compleanno Mag2. Trent’anni di finanza solidale >36

finanzaetica AFRICA, UN SOSTEGNO CONTRO I FONDI AVVOLTOIO

ENEL GREEN POWER: ADUSBEF PRESENTA UNA DENUNCIA PER TRUFFA

LA FSA SORVEGLIERÀ LE TELEFONATE DEI TRADER

LEGGI TROPPO COMPLICATE: DA GRAMEEN “NO” ALL’ITALIA

ENTI PUBBLICI ITALIANI: NUOVE CAUSE SUI PRODOTTI FINANZIARI DERIVATI

SUDAN, INVESTITORI IN PRESSING SUI DIRITTI UMANI

L’African legal support facility (Alsf) sosterrà con 500 mila dollari parte delle spese legali del governo della Repubblica Democratica del Congo nella causa intentata contro Kinshasa dal fondo “distressed” FG Hemisphere. Lo ha riferito il portale specializzato Allafrica.com evidenziando come quello offerto da Alsf sia il primo sostegno diretto realizzato dall’organizzazione creata nel 2008 dall’African Development Bank (Adb). Abitualmente domiciliati nei paradisi fiscali e conosciuti in gergo come “avvoltoi” (vulture), i “distressed debt funds” sono specializzati, tra le altre cose, nell’acquisizione a prezzo scontato dei crediti vantati dalle società private nei confronti dei Paesi più poveri con l’obiettivo di trascinare i governi in tribunale e ottenere maxi risarcimenti (garantiti dal congelamento degli assets detenuti all’estero). Secondo l’Adb, i rendimenti finali di queste operazioni possono raggiungere anche il 2000%. Detentore dal 2004 dei diritti sul debito contratto nel 1980 dall’allora Zaire con la società jugoslava EnergoInvest, FG ha già ottenuto un’importante successo all’inizio del 2010 quando una corte di Hong Kong ha ordinato il pignoramento del credito accumulato dalla nazione africana con la Cina a seguito del rilascio delle concessioni minerarie.

L’Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi (Adusbef) ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica invocando l’apertura di un’indagine sulla gestione dei titoli di Enel Green Power (Egp), la società creata dal colosso italiano dell’energia che ha debuttato in borsa lo scorso 4 novembre. Nel mirino proprio il collocamento azionario di Egp, un’operazione, ha sostenuto Adusbef, che potrebbe delineare una manipolazione del mercato. Enel aveva collocato 1,65 miliardi di azioni coinvolgendo nell’operazione dieci banche nel ruolo di promotori e garantendo a queste ultime una commissione da 48 milioni. Un premio meritato, ha evidenziato l’Adusbef, “per aver convinto i risparmiatori a comprare le Egp a un prezzo tra 1,8 e 2,1 euro (successivamente abbassate a 1,6 euro), che invece gli investitori istituzionali, cioè le stesse banche, i fondi d’investimento e le compagnie d’assicurazione, hanno giudicato scandalosamente alto”. All’apertura delle contrattazioni un soggetto misterioso aveva piazzato un ordine di vendita per 9,6 milioni di azioni al prezzo di 1,55 bruciando così ben 548 mila euro in soli 25 secondi e scatenando la corsa al ribasso. A consentire la rimonta fino al prezzo iniziale erano stati gli acquisti condotti nelle ore successive dai fondi d’investimento. Le grandi banche, ha ipotizzato Il Fatto Quotidiano, si sarebbero liberate dei titoli piazzandoli proprio ai fondi che, come noto, sono sì gestiti dagli istituti ma operano con i soldi dei risparmiatori. Nei piani dall’Enel, l’85% delle azioni sarebbe dovuto finire nelle mani degli investitori istituzionali che invece, ad oggi, controllano appena il 23% dei titoli contro il 77% in mano alla clientela retail.

La Financial Services Authority (Fsa) britannica imporrà alle società della City di registrare le telefonate di lavoro effettuate dai propri dipendenti. L’obiettivo è tenere sotto controllo le informazioni degli operatori prevenendo così lo sfruttamento illecito sul mercato di notizie riservate (insider trading). La norma, ha riferito il Wall Street Journal, sarà applicata a partire dal 14 novembre 2011 e interesserà le circa 16 mila utenze dei trader londinesi attivi sui mercati finanziari. Si tratta del primo provvedimento del genere assunto da un ente di sorveglianza europeo. Secondo le stime, l’introduzione della tecnologia necessaria costerà circa 11 milioni di sterline cui se ne aggiungeranno altri 18 per finanziare ogni anno l’intera attività di monitoraggio. La normativa, che secondo la Fsa sarebbe pienamente in linea con le regole europee sulla tutela delle privacy, potrebbe funzionare da deterrente rivelandosi efficace nella prevenzione dei reati finanziari. Negli Stati Uniti proprio le intercettazioni hanno permesso agli inquirenti di scoprire e arrestare il numero uno di Galleon Group Raj Rajaratnam, al centro di uno dei più clamorosi casi di insider trading nella storia di Wall Street.

I progetti alternativi non mancano ma l’idea di una filiale italiana della Grameen Bank, la più vecchia e più celebre istituzione di microcredito del mondo, sembra definitivamente tramontata. Lo ha reso noto lo stesso numero uno di Grameen, il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, in un’intervista concessa al Corriere della Sera. «Ci piacerebbe aprire qui una banca, ma la legge italiana è talmente complicata, servono molti soldi», ha dichiarato Yunus. «Abbiamo rinunciato. Aprire istituti più piccoli per aiutare la povera gente sarebbe perfetto. Non c’è bisogno di mega-banche». Circa un anno fa il banchiere bengalese aveva incontrato a Milano l’allora amministratore delegato di Unicredit (un istituto non propriamente protagonista della finanza etica), Alessandro Profumo, per discutere in merito alla possibile riproduzione del modello Grameen in Italia. Un progetto condotto insieme a Unicredit Foundation e che dovrebbe sfociare ora nella nascita di un programma di microcredito ma, ha precisato Yunus, non in una filiale della banca bengalese. Dall’accordo tra l’Istituto europeo di design di Milano e Grameen Creative Lab (un’organizzazione no profit creata a Wiesbaden, Germania, insieme all’imprenditore locale Hans Reitz) sarà invece istituita una cattedra in design for social business.

Scottati da contratti rivelatisi estremamente dannosi gli enti locali italiani stanno avviando un crescente numero di cause contro le banche con le quali avevano sottoscritto i prodotti finanziari derivati. Mentre procede il processo penale per truffa aggravata al Comune di Milano, la Provincia di Pisa e il Comune di Rimini hanno da poco ottenuto sentenze favorevoli dai tribunali amministrativi. Nel primo caso il Tar della Toscana ha confermato la sentenza di annullamento dei contratti siglati con Dexia Crediop e Depfa Bank confermando la presenza illegittima di costi aggiuntivi e non dichiarati. Un annullamento analogo, causa irregolarità di forma, ha interessato anche i derivati sottoscritti dall’ente romagnolo con Unicredit. Le cause traggono origine dalla grande ondata di ristrutturazione debitoria avviata dagli enti locali italiani otto anni fa, quando l’approvazione della Finanziaria del 2002 spalancò la strada al ricorso a questi strumenti da parte delle amministrazioni pubbliche. Da allora, si stima, almeno 664 enti avrebbero stipulato derivati a protezione dei propri bilanci – sui quali gravava il rischio di una forte crescita dei tassi di interesse – coprendo con questo sistema almeno 35 miliardi di esposizione (un terzo circa dei 107 totali accumulati in Italia). Un’operazione rivelatasi in molti casi un affare disastroso con gravi perdite aggiuntive per gli enti. Alla finestra, ha ricordato di recente il quotidiano Finanza e Mercati, ci sarebbero ora anche i comuni di Firenze e Prato, pronti a trascinare in tribunale gli istituti Merrill Lynch, Ubs e Dexia. Per evitare nuovi scandali giudiziari, ha evidenziato lo stesso quotidiano, le banche sembrerebbero ora pronte alla revisione se non addirittura alla chiusura dei contratti.

In previsione del voto del gennaio 2011 che potrebbe sancire la secessione del Sudan meridionale, Conflict Risk Network (Crn), un’organizzazione internazionale che raccoglie investitori individuali ed istituzionali, si è impegnata a chiedere alle imprese straniere operanti nel Paese di contribuire al rispetto dei diritti umani. Sotto il comando del presidente Omar al-Bashir, già accusato di crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale, il governo sudanese starebbe cercando di ostacolare in tutti i modi la preparazione del referendum indipendentista delle regioni meridionali del Paese, notoriamente le più ricche di petrolio. Forte dei suoi 700 miliardi di dollari in asset gestiti, ricorda il portale SocialFunds.com, Crn si è rivolto direttamente alle aziende di telecomunicazione e a diciotto grandi imprese del settore petrolifero come la China National Petroleum, già accusata di aver contribuito al riarmo del regime di Khartoum con i profitti delle operazioni congiunte con il governo locale previste dagli accordi di sfruttamento delle risorse. La Cina si oppone da sempre alle sanzioni contro il regime di Bashir. Nei 22 anni della guerra civile conclusasi ufficialmente con gli accordi di pace del 2005 i morti sono stati più di 2 milioni.

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| finanzaetica | nuove regole |

| finanzaetica | BASILEA LA CRONOLOGIA DELLE REGOLE

1974: La Bis (Bank for International Settlements, in italiano Bri: Banca dei regolamenti internaizonali) fonda il Comitato di Basilea per la supervisione bancaria. 1988: approvato il primo regolamento (Basilea 1) che fissa all’8% delle attività il valore minimo del patrimonio complessivo. 2004: seconda versione dell’accordo (Basilea 2). Alle banche viene imposto di mettere da parte quote di capitale in proporzione al rischio delle loro attività. L’accordo entra il vigore nel 2007. 2010: il Comitato approva l’accordo Basilea 3. 2013: primo graduale innalzamento dei parametri (patrimonio base al 3,5%). 2016: introduzione graduale del buffer. 2019: data fissata per il definitivo adeguamento ai nuovi parametri.

GLOSSARIO

La città svizzera dove si riunisce il Comitato per la supervisione bancaria.

Costi aggiuntivi e bilanci da rinforzare. Le regole imposte dalla Bis appaiono necessarie. Ma i limiti del provvedimento e il rischio di effetti perversi non mancano di certo.

U

NA STRETTA NECESSARIA PER METTERE LE BANCHE al riparo dagli effetti di future crisi. Ma anche un provvedimento denso di aspetti critici e capace, per questo, di creare paradossi acuendo le difficoltà di quegli stessi istituti che con la crisi di Matteo Cavallito hanno avuto tutto sommato poco o nulla a che fare. Sono questi, in sintesi, i due volti di Basilea 3, il piano di riforma dei requisiti patrimoniali degli istituti realizzato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (Bis).

Capitali più forti Approvato a settembre e destinato a entrare a pieno regime nel 2019, il programma, che sostituisce la vecchia versione pre-crisi (la cosiddetta Basilea 2 – vedi BOX ), punta tutto sul rafforzamento della liquidità in deposito. Il messaggio è chiarissimo: gli istituti - dicono da Basilea - dovranno avere a disposizione maggiori quantità di denaro liquido così da fronteggiare eventuali nuovi shock creditizi senza ricorrere al sostegno pubblico.

Un traguardo raggiungibile, ovviamente, con un ragionato rialzo dei parametri: il valore del patrimonio di base dovrà equivalere come minimo al 4,5% di quello delle attività totali della banca (prestiti, investimenti, ecc.) ponderate per il rischio, contro il 2% storicamente in vigore. Il valore del Tier-1 (vedi GLOSSARIO ) passa dal 4 al 6% mentre il peso del patrimonio complessivo (il capitale totale) resta invariato all’8%. La vera novità consiste, però, nell’introduzione del cosiddetto buffer, un capitale liquido aggiuntivo pari al 2,5% delle attività e destinato a rinforzare gli indicatori patrimoniali stessi (vedi TABELLA ). È prevista, inoltre, la possibilità di applicare un ulteriore buffer variabile (fino al 2,5%) in situazioni di eccesso di credito.

Problemi aperti La caccia alla ricapitalizzazione è appena iniziata, ma per gli istituti i problemi sono già emersi con forza. In primo luogo c’è la questione del surplus dei capitali attualmente disponibile che, in Europa, appare molto variabile. In pole position, ha rivelato una recente ricerca di Matrix Corporate, ci sarebbero gli istituti scandinavi che, primi in ordine di tempo, potranno già distribuire capitali ai loro azionisti. In fondo alla griglia ci sarebbero invece le banche italiane, tra cui Unicredit e Intesa SanPaolo, che, pur non

Agli istituti si chiede di accantonare maggiori quantità di capitali, per fronteggiare nuove crisi. Ma non è detto che tutti applicheranno i nuovi standard | 30 | valori |

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avendo al momento necessità di accumulare nuove risorse, non potranno con ogni probabilità contare sulle eccedenze. A pesare sui conti delle banche europee ci sono poi le scorie della crisi che, come noto, non sono ancora state smaltite. Secondo i dati diffusi da Mediobanca, i principali istituti europei porterebbero tuttora in grembo qualcosa come 347 miliardi di asset tossici equivalenti in media al 52,3% del patrimonio netto (ma la percentuale scende al 15,6 per le banche italiane) con punte anche del 209%, per Deutsche Bank, e del 598,5% come nel caso della franco-belga Dexia. Questa montagna di rifiuti finanziari è contabilizzata ad oggi tenendo conto di un valore nominale decisamente superiore a quello effettivo di mercato. Il che significa che alla scadenza degli stessi titoli (obbligazioni, derivati etc.) i patrimoni subiranno una contrazione imponendo ulteriori ricapitalizzazioni alle banche più esposte. Ammesso, ovviamente, che queste ultime sopravvivano alla svalutazione.

Basilea: limiti e paradossi Al netto dei problemi contabili, restano poi i dubbi sugli effetti diretti del provvedimento. Gli Stati Uniti non hanno mai applicato pienamente nemmeno le regole di Basilea 2 e il timore, ora, e che la storia possa ripetersi. Il rischio è che le nuove regole finiscano così per penalizzare eccessivamente gli istituti del Vecchio Continente ri-

TIER-1 CAPITAL La somma del common equity e di altri strumenti finanziari giudicati di qualità primaria come le cosiddette azioni privilegiate, ovvero quei titoli che danno diritto a una quota determinata degli utili distribuita prima di aver stabilito i dividendi delle azioni cosiddette ordinarie. PATRIMONIO COMPLESSIVO (O CAPITALE TOTALE) Aa somma del tier-1 e del cosiddetto tier-2 (un insieme di strumenti giudicati più rischiosi e, quindi, di qualità inferiore). ASSET TOSSICI Titoli che si sono svalutati con la crisi finanziaria, ma che sono tuttora presenti nei bilanci delle banche. Possono essere iscritti nella contabilità di una società in due modi: con il loro prezzo plausibile di mercato (fair value) o con quello previsto dal loro contratto d’acquisto (per un’obbligazione, ad esempio, il valore originario più gli interessi maturati). Nel caso di un asset tossico, il valore ipotetico di mercato risulta decisamente più basso rispetto a quello nominale. Il che, tipicamente, induce i suoi possessori a scegliere il secondo criterio di prezzo. Alla scadenza del titolo il prezzo nominale viene per forza sostituito dal fair value. E il bilancio peggiora. SOFFERENZE L’insieme dei crediti vantati nei confronti di soggetti prossimi o quasi alla bancarotta e, per tanto, estremamente difficili da riscuotere. La sofferenza lorda identifica l’ammontare complessivo del credito. Sottraendo a quest’ultima la cifra che si stima di poter recuperare in seguito (ad esempio con la liquidazione post fallimento del debitore) si ottiene la sofferenza netta.

BASILEA 3 REQUISITI DI CAPITALE (IN %) PATRIMONIO DI BASE

TIER 1 CAPITAL

CAPITALE TOTALE

Minimo

4,5

6,0

8,0

Buffer

2,5

2,5

2,5

Minimo + Buffer

7,0

8,5

10,5

Buffer anticiclico

da 0 a 2,5

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FONTE: BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI (BANK OF INTERNATIONAL SETTLEMENTS – BIS)

Tra ostacoli e paradossi Le banche europee alla sfida di Basilea

PATRIMONIO DI BASE Altrimenti detto common equity, è dato dalla somma del capitale della banca (azioni ordinarie) e delle riserve detenute.


| finanzaetica |

| sotto la lente | finanzaetica |

sparmiando, al contrario, proprio le banche d’Oltreoceano, ovvero le principali responsabili della crisi. Secondo il presidente del comitato strategico del Tesoro francese (ed ex presidente del Fondo monetario internazionale), Jacques de Larosière, le norme di Basilea produrranno inevitabilmente un calo dei profitti, inducendo così le banche europee a scaricare i costi sulla clientela e riducendo contemporaneamente le attività meno redditizie. Come a dire che il credito concesso alle piccole e medie imprese sarebbe destinato a diminuire mentre

le attività speculative dovrebbero conoscere un nuovo sviluppo. “La crudele ironia – ha scritto recentemente Larosière in un articolo pubblicato dal Financial Times – è che il modello bancario che favorisce maggiormente la stabilità finanziaria e la crescita economica potrebbe essere la principale vittima della nuova regolamentazione. Al contrario, il modello che ha causato la crisi (quello delle banche d’investimento Usa a orientamento speculativo, ndr) potrebbe essere, almeno parzialmente, lasciato intatto”. Un autentico paradosso, insomma. Per non dire di peggio.

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Banca Etica, tra regole vecchie e nuove

La solidità patrimoniale c’è, ma, per adeguarsi ai requisiti di Basilea, resta penalizzata dalle regole italiane. ON HA INCAMERATO TITOLI TOSSICI, vanta indici patrimoUna classificazione dubbia

N

di Alessia Vinci

niali di tutto rispetto e, in futuro, conta di aumentare il proprio patrimonio. Le novità di Basilea 3, insomma, non sono un problema, ma sull’adeguamento ai requisiti di capitale pesa ancora una regolamentazione nazionale sfavorevole. È la situazione che caratterizza oggi Banca Etica, chiamata, come gli altri istituti di credito, a garantire solidità.

Il fattore rischio La questione centrale, ovviamente, è data dal maggiore accantonamento di capitale imposto dalla Bis (o Bri, Banca dei Regolamenti Internazionali). L’ammontare dello stesso, ovviamente, viene calcolato sul valore delle attività che, a sua volta, come noto, è ponderato per il rischio. E qui sta il punto. Perché le attività di Banca Etica, non diversamente da quelle degli istituti di credito cooperativo, sono giudicate tendenzialmente rischiose a causa di una parte della clientela - imprese sociali, enti non riconosciuti, onlus e non profit - la cui probabilità di insolvenza è ritenuta maggiore. Nella regolamentazione italiana il loro livello di rischio (coefficiente del 100%) è giudicato superiore rispetto a quello della più diffusa clientela retail (livello al 75%). La norma ovviamente vale per tutti, ma per chi, come Banca Etica, fa i conti con una presenza particolarmente rilevante di clientela “rischiosa” la questione diventa pressante. Il valore delle attività, dal punto di vista matematico, si innalza a causa del coefficiente di rischio e il fabbisogno patrimoniale deve crescere di conseguenza. Tradotto: la capitalizzazione, di fatto, deve aumentare. Cioè servono più soldi.

La clientela di Banca Etica è classificata “rischiosa”, ma è proprio la selezione della clientela a ridurre il rischio | 32 | valori |

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Il ragionamento sembrerebbe logico se non fosse, però, che questo “club del 100%” non è in realtà particolarmente portato al default. Le sofferenze nette (vedi GLOSSARIO ), patite dalla banca alla fine di settembre, erano pari allo 0,4% dei prestiti contro il 2,2% delle banche di credito cooperativo (bcc) e il 4% degli istituti commerciali. Il dato lordo si attestava invece allo 0,85% (+8% rispetto al 2009 contro il +37% della media nazionale stimata dall’Abi, l’Associazione bancaria italiana). Come a dire che le banche tradizionali, con clienti giudicati più affidabili, se la passano decisamente peggio. Dietro alla tenuta, sottolinea Fabio Pisani, ricercatore presso l’Università di Roma Tor Vergata, c’è soprattutto la presenza di una clientela «selezionata tenendo conto della correttezza dei suoi comportamenti. Il che, ovviamente, costituisce un fattore di riduzione del rischio». Una revisione dei parametri, insomma, potrebbe anche essere giustificata. Soprattutto alla luce dell’esperienza di altri Paesi. In Polonia, ad oggi, i prestiti inferiori a 1 milione di euro sono sempre classificati al 75% del rischio a prescindere dal tipo di clientela cui sono orientati.

Il problema del Tier Altra questione aperta è poi quello relativa al tier-1, ovvero il patrimonio di qualità primaria. Banca Etica si attesta al momento a quota 8,38%, contro il 4% imposto dai vecchi parametri di Basilea II. Ma nelle intenzioni dell’istituto il valore percentuale dovrà crescere ancora. I soci della banca (al pari di quelli delle bcc non quotate) possono infatti recedere in ogni momento liquidando presso l’istituto la loro partecipazione azionaria. In assenza di un vincolo, insomma, il capitale di base può contrarsi in ogni momento. Un’eventualità che può essere ammortizzata solo con ulteriori capitalizzazioni. Anche qui, per dirla in estrema sintesi, ci vogliono più soldi. Basilea in fondo significa soprattutto questo.

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Investimenti responsabili È possibile definirli? La Ong francese Les Amis de la Terre ha analizzato 89 fondi, scoprendo che 71 non dovrebbero essere considerati “sostenibili”. Ma è davvero possibile tracciare un confine tra finanza responsabile e tradizionale?

D

EREGULATION SFRENATA, RICERCA DEL MASSIMO risultato nel brevissimo termine e crescita di enormi bolle speculative sono stati gli ingredienti della finanza globale negli ultimi vent’anni. Basti pensare che il valore dei derivadi Andrea Barolini ti trattati in tutto il mondo ha raggiunto i 582 mila miliardi di dollari: dieci volte il Prodotto interno lordo globale. Una miscela esplosiva (la crisi dei mutui subprime lo insegna), ma anche la conferma di quella che l’organizzazione non governativa francese Les Amis de la Terre definisce «l’insostenibile leggerezza» della finanza. In questo contesto gli investimenti socialmente e ambientalmente responsabili sono considerati uno strumento utile per riequilibrare il sistema. Indirizzandolo verso metodi e strategie più sostenibili: «Ma i protagonisti attuali di tale “alternativa” - si chiede la Ong - sono davvero in grado di centrare questi obiettivi?». In altre parole: quali fondi possono essere davvero considerati “responsabili”? E secondo quali criteri? Fornire una risposta univoca, in questo senso, è impossibile. Non esiste, infatti, uno standard unico al quale ci si possa riferire, né normativamente, né in termini di prassi. Ciascun fondo d’investimento sceglie la “propria” definizione di eticità. E ciò pone qualche rischio. Questa eterogeneità di approcci, infatti,

INVESTIMENTI SOCIALMENTE RESPONSABILI (SRI) NEL MONDO* Stati Uniti (2007) Canada (2008) Australia (2009) Giappone (2009) Europa (2009) Totale mondo

Totale SRI Core SRI Broad SRI Core SRI Broad SRI Totale SRI Core SRI Broad SRI

2009 US$ 2.710 Cnd$ 54,2 Cnd$ 555 Au$ 15,8 Au$ 59,9 Yen 579 € 1.150 € 3.836

Totale (mld) Totale SRI (mld euro) US$ 2.710 1.514 Cnd$ 609,2 405 Au$ 75,7

47

Yen 579 € 4.986

4 4.986 6.956

*I DATI SONO DIVISI TRA CORE (NEI CASI IN CUI SONO PREVISTE ESCLUSIONI BASATE SU NORME E VALORI ETICI, SCREENING E NEI CASI DI FONDI TEMATICI) E BROAD (ESCLUSIONI EFFETTUATE SULLA BASE DI POCHI CRITERI).

sembra aver portato alcuni fondi sostenibili a essere contaminati dalla stessa «leggerezza» della finanza tradizionale.

Fondi responsabili, ma non troppo Un recente studio della Ong francese (intitolato “Investissement Socialment Responsable: l’heure du tri”, del settembre scorso) lancia un allarme sui fondi d’investimento transalpini considerati socialmente responsabili. L’analisi ne ha presi in considerazione 89 ed è giunta alla conclusione che 71 non sono affatto “etici”, dal momento che nei loro portafogli d’investimento figurano titoli di almeno una delle 15 imprese - individuate dalla stessa Ong - che si sono contraddistinte per «pratiche sociali ed ambientali disastrose». L’elenco delle “insostenibili” spazia da colossi bancari e assicurativi come Axa, BNP Paribas e Deutsche Bank a compagnie petrolifere come Total, British Petroleum e Royal Dutch Shell a industrie farmaceutiche come Bayer e Novartis. E ancora le “nucleariste” Areva e GDF Suez, insieme a France Telecom, Andritz, Rio Tinto, Nestlé e BMW (vedi TABELLA ). La considerazione di Les Amis de la Terre è semplice: «Se non si eliminano queste aziende dal proprio orizzonte d’investimento, l’appellativo di “responsabile” risulta totalmente illegittimo». La ricetta per l’eticità passa infatti per una «inevitabile esclusione di alcuni settori. Quello petrolifero, ad esempio, non può essere finanziato in alcun modo, a prescindere da quale sia l’azienda scelta, visti i danni ambientali in termini di effetto serra che ne derivano», si legge nell’introduzione alla ricerca.

Diverse facce della sostenibilità Ciò significa che anche i dati di un recente studio dello European Sustainable Investment Forum (Eurosif), che ha stimato (vedi GRAFICI ) il totale degli asset “SRI” a quota 5 mila miliardi di euro al 31 dicembre del 2009 (quasi il doppio dei 2.700 miliardi del 2007) sono da prendere con le pinze? Dipende, ancora una volta, da che significato attribuiamo al concetto di sostenibilità. «Noi abbiamo scelto criteri molto restrittivi -, spiega Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica Sgr -. Ma non va dimenticato che in alcuni casi è importante essere presenti nelle aziende, per via delle pressioni che i gestori di fondi possono esercitare sui dirigenti, al fine di spingerli verso traguardi di sostenibilità». Si può quin|

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di scegliere di mantenere partecipazioni azionarie in alcune aziende “scomode”, con l’obiettivo di modificarne i comportamenti: «L’azionariato critico, infatti, costituisce una leva che in alcuni casi può essere decisiva», conferma Fabio Salviato, ex presidente di Banca Etica. E se l’intento è positivo, come non considerare responsabile un fondo che lo persegue? Ciò costituisce una conferma del fatto che non si può tracciare una linea di demarcazione: «Anche se è ragionevole affermare che alcuni settori debbano essere esclusi a priori, come nel caso di costruttori di armamenti o industrie del tabacco, è chiaro che non possiamo che essere in una zona grigia», osserva Salviato.

Nel caso dell’azionariato critico si può essere responsabili anche se si possiedono titoli di imprese da “black list”

Ingrediente segreto: la trasparenza

LE 15 AZIENDE DA ESCLUDERE SECONDO LES AMIS DE LA TERRE

Come decidere, allora, a chi affidare i propri investimenti nell’orizzonte della finanza sostenibile? Un elemento più “oggettivo” per giudicare la responsabilità dei fondi c’è: si tratta della trasparenza. Se le informazioni fornite agli investitori sono chiare, complete e puntuali, questi potranno scegliere a ragion veduta i gestori che a loro avviso sono davvero sostenibili. «C’è sempre il rischio che qualcuno venga ingannato dall’etichetta di “sostenibilità” - spiega Davide Dal Maso, studioso del rapporto tra attività finanziaria e sviluppo sostenibile al centro di ricerca “Avanzi” -. Se però un fondo d’investimento specifica chiaramente quali sono le proprie politiche, starà poi all’investitore giudicare». La critica degli Amici della Terra francesi, dunque, è legittima. Ma è bene considerarla una voce, per quanto autorevole, in un mondo che non potrà mai richiamarsi a un’ortodossia.

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La negazione dell’etica Dal pulpito dello Ior

NOME

PAESE

SETTORE

Andritz AG

Austria

Costruzioni

Areva

Francia

Energia

Axa

Francia

Assicurativo, finanziario

Bayer

Germania

Farmaceutico

BNP Paribas

Francia

Bancario

BMW

Germania

Automobilistico

BP

Gran Bretagna Petrolifero

Deutsche Bank

Germania

Bancario

Telecom France

Francia

Telefonia

Gdf Suez

Francia

Energia

Nestlè

Svizzera

Alimentare

Novartis

Svizzera

Farmaceutico

Rio Tinto

Gran Bretagna Minerario Australia

Royal Dutch Shell

Olanda

Petrolifero

Total

Francia

Petrolifero

Secondo Ettore Gotti Tedeschi «la finanza etica non esiste». La replica del presidente di Banca Etica, Biggeri.

C

HE IL PRESIDENTE DELLO IOR (ISTITUTO OPERE RELIGIOSE del Vaticano) dichiari che «la banca etica e la finanza etica non esistono», a ben vedere, non dovrebbe destare neppure troppo stupore. Ettore Gotti Tedeschi guida, infatti, una banca privata improntata (formalmente) a una di Andrea Barolini vocazione caritatevole, ma che viene di fatto gestita con crismi svizzeri. La Città del Vaticano - stupefacente, ma vero - non aderisce ai patti internazionali anti-riciclaggio. Lo Ior può, cioè, esportare notevoli quantità di capitali in condizioni di assoluta riservatezza, prevede la possibilità di aprire conti in valuta estera, può identificare i clienti solo attraverso un identification number. E, come se non bastasse, il “governo” ecclesiastico non ha mai concesso nella sua storia neppure una rogatoria internazionale. Da ultimo, è nota la vicenda dello scorso settembre, quando Gotti Tedeschi, insieme al direttore generale Paolo Cipriani, è stato indagato dalla procura di Roma per violazione proprio della normativa sulla prevenzione del riciclaggio (il giudice Maria Teresa Covatta ha anche disposto un sequestro di 23 milioni di euro depositati presso una filiale romana del Credito Artigiano). Insomma, vi-

OBBLIGAZIONARIO

+ 114% (SRI) - 5% (COMPLESSIVO) + 33% (SRI)

AZIONARIO

- 14% (COMPL.) -7% (SRI)

-40%

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-20%

0%

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20%

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40%

60%

80%

100%

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300 250

. . BOARD

13,1

CORE

3,4

200 150 100

240

299,3

50 0

2007

2009

FONTE: EUROSIF EUROPEAN SRI SURVEY, 2010

+ 4% (COMPLESSIVO)

MONETARIO

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IL MERCATO SRI IN ITALIA FONTE: EUROSIF EUROPEAN SRI SURVEY, 2010

CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI SRI PER ASSET (2007-2009)

sta dal suo punto di vista, forse è vero che l’etica è lontana anni luce dalla finanza. In effetti, la stessa “eticità” non è data tanto dagli strumenti, ma dall’uso che se ne fa. «Affermare che la finanza etica non esiste - ha replicato Ugo Biggeri, presidente di Banca popolare Etica - significa ignorare un movimento internazionale ampissimo, che sta intercettando la richiesta di un numero crescente di cittadini che chiedono banche e istituzioni finanziarie capaci di operare sui mercati al servizio della collettività, allontanandosi dalle logiche del puro profitto di breve periodo». Recentemente Eurosif, network dei forum europei per la finanza sostenibile, ha pubblicato dati che mostrano un aumento dell’87% in due anni dei patrimoni investiti in Europa secondo criteri di responsabilità sociale e ambientale: quasi 5 mila miliardi di euro. «Gotti Tedeschi sembra non aver letto la recente enciclica papale Caritas in Veritate - aggiunge Fabio Salvato, ex presidente dell’istituto di credito di Padova -. Forse lo stesso Benedetto XVI dovrebbe convocarlo per chiedere spiegazioni in questo senso».

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MOTIVAZIONI DELL’ESCLUSIONE Partecipazione alla costruzione della diga di Ilisu, in Turchia, che ha provocato l’inondazione di numerose città millenarie, lo spostamento di 55 mila abitanti e la distruzione dell’habitat naturale. Implicata in progetti idroelettrici in Amazzonia, accusata di deforestazioni selvagge, distruzione dell’habitat naturale. Coinvolta nella costruzione della più grande fabbrica di carta in Tasmania, con conseguente distruzione di 200 mila ettari di foresta primaria e rischio di produzione di rifiuti altamente tossici. Sfruttamento delle miniere d’uranio in Niger, con gravi rischi per la popolazione locale, per i lavoratori e per l’ambiente. È accusata anche di aver prodotto falsi referti medici sulle condizioni di salute dei propri dipendenti. Esportazione di rifiuti radioattivi in Russia, senza verifica delle condizioni di stoccaggio. Inquinamento delle acque nel sito di Tricastin, in Francia, nel luglio del 2008. Pratiche di investimento irresponsabile: la compagnia possiede azioni di imprese considerate “controverse”, come la Wilmar (idrocarburi), la Suncor Energy (sabbie bituminose canadesi) e la Textron (armamenti). Impegnata contro la diffusione dei medicinali generici di importanza vitale in India. Condannata per contaminazione di partite americane di riso convenzionale con organismi geneticamente modificati. Impegnata nella commercializzazione di insetticidi sospettati di essere responsabili dell’alta mortalità locale delle api. Pratiche di investimento irresponsabile: la compagnia possiede azioni di imprese considerate “controverse”, come la Suncor Energy (sabbie bituminose canadesi), la Wal-Mart (violazione dei diritti dei lavoratori, Textron (armamenti), Total (idrocarburi). Tra le prime compagnie europee in termini di pressioni nei confronti dell’Ue contro le limitazioni alle emissioni di CO2. Produzione di motori altamente inquinanti. Al centro del recente scandalo in materia di scarse misure di sicurezza dei propri impianti. Deforestazione, inquinamento del suolo e delle acque e forti emissioni di gas ad effetto serra. Ha investito nelle sabbie bituminose del Canada. Pratiche di investimento irresponsabile: la compagnia possiede azioni di imprese considerate “controverse”, come la Wilmar (idrocarburi), la Suncor Energy (sabbie bituminose canadesi), la Vedanta Resources (violazione dei diritti umani) e la Textron (armamenti). Politiche manageriali disastrose che si sono tradotte di mobbing per i propri dipendenti, causando numerosi suicidi. Partecipazione attiva nella costruzione di una diga sul Rio Madiera, e per questo fortemente criticata dalla popolazione brasiliana, peruviana e boliviana. Il progetto prevede lo spostamento forzato di migliaia di abitanti, deforestazione di vaste aree, rischio di inquinamento da mercurio del fiume, messa in pericolo di alcune specie di pesci. Implicata nella deforestazione legata alla produzione industriale dell’olio di palma in Indonesia (tramite la Sinar Mas). Nestlé ha chiuso l’accordo diretto con l’azienda fornitrice, ma continua ad acquistare l’olio di palma prodotto nell’area. Implicata in uno scandalo di “biopirateria” in Sudafrica: al centro delle critiche la produzione di cosmetici. Impegnata contro la diffusione dei medicinali generici di importanza vitale in India. Riconosciuta colpevole di discriminazioni contro le donne impiegate negli Usa da un tribunale di New York nel 2010. Partecipazione del 33% nel capitale dell’industria farmaceutica Roche, a sua volta implicata in sperimentazioni su cavie umane in Cina. Si tratta di pazienti che hanno subito trapianti d’organi, sui quali è stata provata una nuova cura antirigetto. Ma il 90% degli organi proveniva da cittadini condannati a morte (Novartis ha negato di conoscerne l’origine). Partecipazione allo sfruttamento della miniera di Grasberg, in Indonesia, con gravi contaminazioni delle acque. Partecipazione allo sfruttamento della miniera di PT Kilian, in Indonesia, con contaminazioni delle acque e gravi scontro con la popolazione locale. Implicata nello scandalo ambientale ed umano del Delta del Niger, con gravi impatti sull’ecosistema locale e sull’economia della regione. Coinvolta nello sfruttamento delle sabbie bituminose nordamericane. Implicata nei progetti petroliferi e del gas del consorzio Sakhalin Energy, accusati di disastri ambientali. Implicata nel controverso progetto di Yadana, nel Sud della Birmania, caratterizzato da violenze sistematiche dell’esercito birmano perpetrate al fine di proteggere le infrastrutture della compagnia. Sfruttamento delle sabbie bituminose ad Alberta, in Canada. Sfruttamento del giacimento petrolifero di Kashagan, in Kazakistan, ritenuto colpevole di disastri ambientali e gravi conseguenze sanitarie per la popolazione.

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| finanzaetica | mutue auto gestione |

| finanzaetica | DANIELE CAVALLOTTI

Buon compleanno Mag 2 Trent’anni di finanza solidale

UNA STORIA ITALIANA

LA PRIMA A PARTIRE IN ITALIA E STATA MAG VERONA, nel 1978.; seguita nel 1980 dalla Mag di Milano, che non a caso prese il nome di Mag2, palesando l’intenzione di costruire una rete. Non esistono più Mag3 di Padova (che ha contribuito a creare Banca Etica) e Autogest di Udine, avviate a metà anni 80. Non ha superato la prova del tempo neanche Mag7 di Genova. Sono invece operative Mag6 di Reggio Emilia, Mag4 di Torino e Mag Venezia. In fase di avvio Mag Roma e Mag Firenze, mentre è stata appena lanciata l’idea di aprire una Mag in Sardegna. Il forte collegamento col territorio e il sostegno a realtà di piccole dimensioni accomuna tutte le Mag, che si differenziano però per altri aspetti, ad esempio nel modo in cui raccolgono le risorse e nel tipo di soggetti finanziati (singoli o organizzazioni, soci o meno). A gennaio, il coordinamento MAGico delle Mag italiane ha approvato un Manifesto (pubblicato su www.finanzaetica.net) coi principi a cui deve ispirarsi l’attività “mutualistica e solidale” (ne ha parlato Valori di marzo 2010). A.d.T.

Le Mag puntano a creare una rete in tutta Italia, per favorire un uso solidale del denaro

Dopo tre decenni di attività, la pioniera delle Mutue si propone ancora come una concreta alternativa ai dogmi del neoliberismo. Ma occorre “fare sistema” per affermare un uso più solidale del denaro.

T di Andrea Di Turi

RENT’ANNI: LI HA APPENA COMPIUTI MAG2 FINANCE a Milano, pioniera delle Mutue auto gestione italiane, cooperative che applicano i principi mutualistici e solidali all’utilizzo, consapevole, del denaro, sostenendo chi normalmente è escluso dai circuiti tradizionali del credito e finanziando attività ad alto valore sociale e ambientale. Mag2 ha celebrato il trentennale con una serie di appuntamenti, che proseguiranno anche all’inizio del 2011. Un’occasione per fare il punto su cosa abbia significato questa lunga esperienza - oltre un migliaio di persone coinvolte e più di 200 progetti finanziati - di un altro modo possibile di utilizzare il denaro, che non ha mai perso la sua freschezza e la forza rivoluzionaria. E su cosa significhi oggi, all’indomani del fallimento di un’economia retta dai ciechi dogmi del neoliberismo e dalla mano spesso fin troppo visibile del mercato.

Il bilancio di un trentennio

Giovanni Acquati e Giorgio Peri il giorno dell’assemblea del 2006 in cui il primo ha lasciato la presidenza. Sopra, Patrizio Monticelli. In alto e nella pagina a fianco, alcuni momenti di Mag2. | 36 | valori |

Da quale idea o bisogno sono nate le Mag? «Il motivo è semplice, quasi banale», risponde Giovanni Acquati, fondatore e presidente di Mag2 fino al 2006, che ha tenuto a battesimo tutte le altre Mag sorte su e giù per lo Stivale. «Lavorando in banca e vivendo le contraddizioni spaventose date dal fatto che, classicamente, si finanzia chi ha già i soldi e non chi ne ha bisogno, mi resi conto che ciò non poteva funzionare. Quando mi capitò in mano il volantino della Mag Verona, decisi di smettere col lavoro in banca e fare altro, che in quel momento era solo una possibilità. La certezza venne quando, nel 1982, sulla nostra cooperativa di consumo appena costituita, dove si comprava e vendeva denaro invece che merci, arrivò un controllo del ministero del Lavoro per accertare se vi fosse ricorso abusivo al credito. Gli ispettori, invece, verificarono la regolarità di quello che facevamo, auspicando, anzi, che vi fossero altre iniziative come la nostra». E così il verbo delle Mag cominciò a diffondersi. «Per quella che è la mia esperienza, il messaggio fonda-

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mentale di questa lunga storia - sottolinea Acquati - è che bisogna credere che una cosa è possibile per realizzarla: serve una convinzione profonda e l’individuazione di un percorso, anche prendendosi dei rischi».

Verso una rete della finanza etica Oggi questo percorso dove sta portando? «Credo sia arrivato il momento - risponde Acquati - di costruire una rete della finanza etica nazionale: Mag, Banca Etica, altri soggetti, ognuno con uno strumento che completa gli altri. Compreso il microcredito, di cui c’è bisogno, ma che non enfatizzerei come modello, perché lo considero semplicemente un altro modo di fare finanza, tra l’altro costoso in termini operativi». Fare sistema sembra dunque una priorità irrinunciabile per le Mag che guardano al futuro. «Vedo la Mag2 che sogno - dichiara Patrizio Monticelli, attuale presidente - come parte di un sistema che affermi sempre più l’uso solidale del denaro, contro ogni logica speculativa, orientato al bene comune e parte integrante di una nuova economia alternativa, in cui contano le relazioni e non il profitto. Una rete di Mag in ogni regione d’Italia, autonome ma federate». In effetti la realtà delle Mag si sta radicando sempre più sul territorio italiano, anche sulla scia di un’attenzione a comportamenti più responsabili che si sta diffondendo nei consumi e negli stili di vita. «È importante - spiega Monticelli - che questi fermenti si raccordino fra loro fino a diventare un reale modello economico alternativo. E che la finanza etica e solidale diventi protagonista di questo processo. Partendo dalla Lombardia, ad esempio, stiamo lanciando la proposta che in ogni Des (Distretto di economia solidale, ndr) si discuta e ci si attrezzi anche con strumenti finanziari per l’economia solidale. Con questo slogan: oltre che per la sovranità alimentare e quella energetica, creiamo le condizioni anche per la sovranità finanziaria».

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Il microcredito: “etico” nell’uso del denaro

Andrea Limone di PerMicro risponde alle critiche di alcune Mag: «Etica è: fornire un’opportunità».

F

INANZA MUTUALISTICA E MICROCREDITO sono due realtà diverse. Entrambe utilissime e con alcuni punti in comune, ma diverse». Risponde così Andrea Limone - amministratore delegato della società di di Elisabetta Tramonto microfinanza PerMicro, nonché socio di Mag 4 e Mag 2 ed ex dipendente di ques’ultima - alle critiche che alcune mutue autogestite hanno rivolto al microcredito, all’indomani dell’approvazione del nuovo Testo unico bancario (Tub) lo scorso luglio. Sul numero di settembre di Valori, in un articolo sul nuovo Tub e, in particolare, sull’articolo 111, dedicato al microcredito (per la prima volta nella normativa italiana), avevamo descritto la delusione, espressa da alcune Mag, per la sostanziale esclusione della finanza mutualistica dalla norma e le critiche verso il microcredito, perché, sostenevano alcune mutue autogestite, non considera adeguatamente la provenienza del denaro. Andrea Limone ha voluto precisare alcuni concetti, «senza alcun intento polemico», sottolinea. Intanto la società di microfinanza, nata a Torino tre anni fa, continua a crescere. Il 4 novembre scorso, grazie a un accordo con la Banca Popolare Commercio Industria, ha aperto a Milano uno sportello all’interno della filiale della Bpci di via Vitruvio 38. Una zona con una forte presenza di lavoratori immigrati, una delle principali categorie a cui Permicro si rivolge.

Le mutue autogestite, pur sottolineando l’estrema validità del microcredito, ne hanno preso le distanze…

mutualistica “Finanza e microcredito sono due realtà diverse, entrambe valide e utili, ma diverse ”

Le Mag sostenengono che il microcredito non può essere accomunato alla finanza mutualistica e solidale. Ed è vero, sono due cose diverse. Il Tub, infatti, contiene delle indicazioni relative al microcredito (tanto che l’articolo 111 è intitolato proprio “microcredito”), non alla finanza mutualistica. Un’obiezione corretta da parte della Mag al legislatore avrebbe potuto essere: vi siete dimenticati di una legge sulla finanza mutualistica, che ne specifichi finalità e regole. La principale critica di alcune Mag riguarda il fatto che il microcredito non valuti la provenienza etica del denaro… Potrei dire che è vero, ma anche che la provenienza del denaro non è l’elemento principale del microcredito (a parte, ovviamente, la verifica della legalità). Per la finanza mutualistica, invece, è certamente un pilastro, insieme alla gestione condivisa del denaro. Per il microcredito è molto più importante come viene impiegato, cioè per finanziare più persone possibili, non bancabili, ma con progetti validi. Questa per noi è eticità: dare una possibilità a chi altrimenti non ne avrebbe. Ritengo che sia molto difficile certificare, e talvolta anche definire, l’origine “etica” del denaro. PerMicro intanto sta crescendo. Ha appena aperto un nuovo sportello a Milano. Quali i prossimi obiettivi? Vogliamo consolidare le dieci filiali che abbiamo, allargando l’offerta agli immigrati, la cui domanda è elevata. Vorremmo raggiungere le 4.000 pratiche annue nel 2012, dalle attuali 700 (la previsione per l’anno prossimo è di toccare le 1.500). Quanto è importante per voi essere sostenibili? Si può anche sopravvivere con le donazioni, ma essere sostenibili grazie ai volumi d’affari, stare in piedi con le proprie gambe, garantisce la replicabilità del progetto e la serietà dell’impatto.

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C-Global in trincea per difendere il proprio lavoro

APPUNTAMENTI DICEMBRE>FEBBRAIO

La C-Global, società del gruppo Cedacri, vuole trasferire forzatamente a Collecchio, nella sede centrale, i dipendenti delle sedi toscane di Pisa e Firenze. Per contenere i costi. Ma i risultati del 2009 parlano di redditività record.

S

ULLA HOMEPAGE DEL SITO INTERNET DELLA C-GLOBAL,

azienda che fa capo al gruppo Cedacri, specializzata nei servizi bancari, campeggia una mappa che indica le sedi. Quattro: la “centrale” di Collecchio (Parma), una seconda a Castellazzo Bormida (Alessandria) e poi di Andrea Barolini Pisa e Firenze. Quindi c’è una sezione, come logico attendersi, che offre una panoramica dell’azienda: 25 banche azioniste, 31 anni di vita, 150 clienti, 813 dipendenti. Ma non c’è nessun cenno a ciò che negli ultimi tempi sta accadendo nelle sedi toscane del gruppo.

Spostamenti inattesi Da mesi, infatti, i lavoratori impiegati nella regione (65 a Pisa, 17 a Firenze) combattono una difficile battaglia contro i vertici della Cedacri, che ha pianificato la chiusura delle sedi e lo spostamento di tutti i dipendenti a Collecchio. Il che, per molti lavoratori, si tradurrà nella perdita del posto di lavoro. O, per lo meno, in un netto peggioramento delle condizioni di vita: «Molti di noi spiega Angela Saponaro, rappresentante sindacale in CGlobal - hanno mogli o mariti che lavorano in zona, figli che vanno a scuola. Spostarsi può risultare impossibile. Così come immaginare di fare i pendolari, dal momento che Collecchio è lontana 200 chilometri». E se la crisi globale ci ha abituati a convivere con trasferimenti, chiusure e ristrutturazioni, in questo caso l’atteggiamento dell’azienda è di rigidità estrema: «Dicono che la manovra serva a ridurre i costi e che così sarà più facile organizzare il lavoro. Ma è un’assurdità: noi lavoriamo in rete, potremmo addirittura

L’indice Ebit è cresciuto del 480% lo scorso anno: per questo sindacati e istituzioni non credono alle argomentazioni dell’azienda | 38 | valori |

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farlo da casa: cosa può migliorare lo spostamento in un’altra sede?».

Dialogo difficile I lavoratori hanno chiesto a più riprese di poter parlare con l’azienda. Invano. Si sono attivate, quindi, le organizzazioni sindacali Fiba-Cisl, Fabi, Fisac-Cisl e Uilca di Parma, spiegando che quello dei costi è un falso problema: “Cedacri ha presentato un bilancio 2009 con un indice di redditività (Ebit) in aumento del 480% rispetto all’anno precedente”, hanno spiegato recentemente. L’obiettivo è “fare risultati a scapito dei lavoratori italiani sfruttando il basso costo del lavoro in Moldavia”, Paese nel quale l’azienda si è lanciata. Anche le istituzioni hanno tentato una mediazione. Il 22 settembre scorso il presidente della Provincia di Pisa Andrea Pieroni ha scritto ai presidenti della Cassa di Risparmio di Volterra, Giovanni Manghetti, e di Banca Etruria, Giuseppe Fornasari, istituti toscani che detengono il 6,1% e il 4% del capitale sociale di Cedacri. «Il piano di riorganizzazione aziendale - sostiene Pieroni - non pare coerente né con la professionalità dei dipendenti che l’azienda rischia di perdere, né con gli ottimi dati di bilancio di C-Global e Cedacri». Gli fa eco Giacinto Palladino, della Fiba-Cisl: «I falchi nel Cda hanno avuto il sopravvento su banche storicamente votate alla responsabilità sociale d’impresa. Ciò costerà molto a Cedacri, se non avrà la lucidità di condividere soluzioni alternative». Successivamente l’azienda ha accettato di incontrare i sindacati: «Ma di passi avanti ne sono stati fatti ben pochi - conclude Angela Saponaro -. Se entro il primo dicembre non avremo raggiunto un accordo, a gennaio saremo costretti a lasciare le sedi». Proprio mentre questo numero di Valori va in stampa scadono i termini della trattativa: vi terremo aggiornati sul numero di febbraio.

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1 dicembre FORLÌ FUNDRAISING PER IL NONPROFIT E GLI ENTI PUBBLICI Scadono i termini per la presentazione della domanda di partecipazione al master organizzato presso la Facoltà di Economia di Forlì. Il costo totale di iscrizione è di 2.950 euro. I corsi si svolgeranno dal gennaio 2011 al gennaio 2012. www.unibo.it/Portale/Offerta +formativa/Master/default.htm 1 dicembre ROMA BASILEA 3 DOPO SEUL Come cambierà la redditività delle banche italiane con Basilea 3? Quale sarà l’impatto sulla governance e sul controllo dei rischi? Come si dovranno evolvere i modelli di business? Quali saranno gli spazi per le banche locali? Sono i temi al centro dell’incontro organizzato dall’Abi (Associazione bancaria italiana) presso la sede di Palazzo Altieri in Piazza del Gesù 49 a Roma. www.abieventi.it

2 - 3 dicembre HONG KONG (CINA) MICROFINANCE INVESTMENT SUMMIT Esperti del settore mettono a confronto le proprie esperienze nel settore microcreditizio in Asia in queste due giornate di conferenza ad Hong Kong. www.microfinancesummits.com 2 - 3 dicembre ROMA CBI 2010 Evento annuale sul Corporate Banking Interbancario (Cbi) e sulla fattura elettronica. Il Convegno Cbi2010 affronterà, grazie alla presenza di relatori italiani e internazionali, sia gli aspetti più tecnici del corporate banking interbancario e della fattura elettronica sia gli impatti commerciali e strategici. www.abieventi.it

3 dicembre PARIGI (FRANCIA) ESG STRATEGIES FOR RESPONSIBLE INVESTORS

Incontro annuale organizzato da Novethic presso il Georges V Eurosites Convention Centre di Parigi. Alla scorsa edizione hanno preso parte più di 200 uditori e una trentina di relatori provenienti da Francia, Belgio, Regno Unito, Danimarca e Svezia. www.novethic.com 9 - 10 dicembre DIJON (FRANCIA) LA MICROFINANCE DE LA CHARITÉ AUX AFFAIRES Due giorni di conferenza sulla microfinanza e i suoi sviluppi organizzato dall’Università di Greenwich e dalla Chaire de Microfinance du groupe ESC Dijon Bourgogne. Tra i relatori anche Marc Labie, docente dell’Université de Mons e della JFK School of Public Policy di Harvard, co-editore nel 2010 del testo “Handbook of Microfinance” sulla gestione delle istituzioni di microcredito. escdijon.ecoles.officelive.com

10 dicembre NIZZA (FRANCIA) GREEN INVESTING CONFERENCE 2010 Conferenza sugli investimenti verdi organizzata da Edhec Business School in collaborazione con Ville de Nice, Nice Côte d’Azur, Eco-Vallée, Team Côte d’Azur e CCI Nice Côte d’Azur. Prevista una sessione plenaria in mattinata con l’intervento di esponenti dell’Ocse, della Banca europea per gli investimenti e del Ministero francese per lo sviluppo sostenibile. faculty-research.edhec.com 15 dicembre MILANO FORUM CONFIDI 2010 Incontro organizzato da Business International in collaborazione con Confiteor. Si discute di evoluzione dei Confidi alla luce della direttiva sul credito al consumo, trasformazione in soggetti vigilati, iscrizione elenco speciale, impatti di Basilea III e Icaap sul capitale e gestione delle sofferenze. www.businessinternational.it 15 - 16 dicembre TUMKUR (INDIA) MICROFINANCE AND SUSTAINABLE LIVELIHOOD PROMOTIONS IN INDIA

A CURA DI MATTEO CAVALLITO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

Convegno dedicato al settore della microfinanza indiana sponsorizzato dalla National Bank for Agriculture and Rural Development (Nabard) di Mumbai. Attualmente il mercato indiano dei servizi finanziari vive un momento di forte crescita evidenziato dallo storico ingresso in borsa del colosso SKS. Un evento che anima tuttora un acceso dibattito sul futuro e sui rischi dell’evoluzione del microcredito. www.sit.ac.in

fine gennaio (data da definire) ROZZANO (MI) MAG2 SEMINARIO SUL MICROCREDITO Seminario sulle pratiche di microcredito in Lombardia e le convenzioni di Mag2 organizzato presso il centro culturale Cascina Grande di Rozzano (Milano). In 10 anni la cooperativa finanziaria ha erogato 210 microcrediti a persone fisiche per un ammontare di circa 600.000 euro (60.000 euro in convenzione con il comune di Rozzano). www.mag2.it

15 gennaio PLYMOUTH (UK) MASTER OF ARTS IN SOCIAL BANKING AND SOCIAL FINANCE Scadono i termini per la presentazione della domanda di ammissione al master promosso dall’Institute for Social Banking e organizzato presso l’Università di Plymouth. www.social-banking.org/masters/ 20 - 21 gennaio ROMA FORUM CSR 2011 Incontro sul tema della responsabilità sociale d’impresa organizzato dall’Abi presso il Centro Convegni Roma Eventi - Fontana di Trevi. Al centro del dibattito l’analisi della situazione attuale e la valutazione delle evoluzioni future. www.abieventi.it |

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24 - 29 gennaio DARTFORD (UK) PRACTICAL LENDING TECHNIQUES FOR SME AND MFI CLIENTS Corso sulle pratiche di analisi e gestione del credito nei Paesi in via di sviluppo. Il programma di formazione è organizzato dalla Microfinance Association. www.microfinanceassociation.org

25 - 26 gennaio SINGAPORE ESG STRATEGIES FOR RESPONSIBLE INVESTORS Assicurare una crescita sicura nelle attività di microfinanza. È il tema al centro del convegno organizzato da Hanson Wade a Singapore. Tra le questioni affrontate anche il sovra indebitamento della clientela, un fenomeno che caratterizza spesso i mercati emergenti. www.microfinanceassociation.org 3 - 4 febbraio AMSTERDAM (OLANDA) MICROFINANCE INVESTMENT SUMMIT 2011 Conferenza organizzata da Uniglobal sul tema delle strategie di crescita del settore microfinanziario in rapporto alle nuove circostanze di mercato. www.uni-global.eu 7 - 18 febbraio BORACAY (FILIPPINE) MICROFINANCE INVESTMENT SUMMIT 2011 Corso di formazione di due settimane organizzato da Microsave sugli elementi fondamentali della gestione del microcredito. www.microsave.org 21 - 26 febbraio QUITO (ECUADOR) MANAGEMENT DEVELOPMENT TRAINING OF TRAINERS FOR LATIN AMERICA Quattro giornate di formazione organizzate dal Center for Microfinance Leadership della Women’s World Banking (Wwb), un ente attivo dal 1979 per la promozione del ruolo delle donne nel microcredito. Il Wwb è presente in 28 Paesi con 40 istituzioni finanziarie. leadership.swwb.org

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Fondi sovrani

Gli sceicchi puntano su solare e cultura di Federica Miglietta*

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UESTO MESE CI OCCUPIAMO DEI FONDI SOVRANI DI INVESTIMENTO, detti anche sovereign wealth fund (Swf). I media

se ne sono interessati in questo periodo, in concomitanza con l’importante missione diplomatica ed economica da parte di imprenditori e ministri italiani ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi. Su questi investitori istituzionali - che rappresentano il braccio finanziario di Paesi ricchi e potenti come Cina, Russia, Singapore, Emirati Arabi Uniti - ci eravamo soffermati nella rubrica su Valori di ottobre. Avevamo analizzato, in particolare, l’ingente massa di denaro che possono gestire con grande libertà. Seppur esistano da decenni (il primo fondo sovrano, il Kuwait Investment Authority-Kia, nasce nel 1953), hanno iniziato a investire in modo massiccio sui mercati occidentali in concomitanza con la profonda crisi finanziaria, iniziata nel 2008 e della quale ancora subiamo gli effetti. In quell’occasione, infatti, numerosi fondi sovrani (tra gli altri Abu Dhabi Investment Authority-Adia, Kia, Qatar Investment Authority-Qia), in piena tempesta finanziaria, avevano comprato “in saldo” importanti partecipazioni in banche e assicurazioni tra le più importanti al mondo. Il risveglio non era stato dei migliori; gli investimenti, infatti, avevano comportato ingenti perdite di portafoglio e generato aspre critiche in patria per lo sperpero di soldi pubblici. Nei mesi scorso Adia aveva addirittura citato in giudizio Citigroup, accusando il colosso statunitense di aver falsamente presentato i dati di bilancio per indurre il fondo sovrano all’acquisto del 4,9% del capitale a 7,5 miliardi di dollari nel novembre 2007. Nel corso dell’ultimo anno si sono evidenziati alcuni cambiamenti I sovereign funds arabi nelle strategie e negli investimenti dei Fondi che meritano, a nostro parere, si stanno dimostrando una certa attenzione; i Fondi Sovrani, infatti, facendo tesoro delle perdite lungimiranti, investendo conto capitale subite, hanno voluto attuare strategie di portafoglio in progetti legati alle fonti in innovative e ben diversificate, differenti dal passato. Il presente, come rinnovabili. Proprio loro: dimostrano i dati di Monitor-Feem presentati nello scorso ottobre, i re globali del petrolio testimonia una visione nuova del futuro. I fondi sovrani, infatti, dopo un periodo di ripiegamento, hanno nuovamente ripreso a investire, in particolare in Europa e in settori importanti come le risorse naturali (carbone, petrolio e gas naturale). Quelli che però sembrano più innovativi e forieri di sviluppo, sono gli investimenti in impianti eolici e solari; Mubadala, in particolare, fondo sovrano di Abu Dhabi, ha investito risorse ingenti in questi settori. Il ragionamento sottostante è evidente: dal momento che il petrolio (prima o poi) terminerà, gli Emirati Arabi hanno necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico. E, dal momento che il sole batte 12 mesi all’anno sulla penisola arabica, è opportuno investire su questa risorsa virtualmente infinita e a basso costo. In sintesi, gli sceicchi, da alcuni commentatori definiti “barbarians at the gates” ci hanno dato una lezione economica di sostenibilità. Hanno le risorse naturali, quelle finanziarie e provano a immaginare il loro futuro, non senza un tocco meravigliosamente visionario (o realizzabile?) con la costruzione * Ricercatrice di Economia di Masdar City, città ecologica ad emissioni zero. In più, oltre alla ricchezza, si preoccupano della cultura: degli intermediari nasce un nuovo Guggenheim Museum ed una sede del Louvre. Cosa facciamo noi italiani, invece, finanziari presso la facoltà di Economia che potremmo esportare sole e vento, e abbiamo (ancora) Pompei ed il Colosseo ed i musei tra i più belli all’Università di Bari al mondo? Pensiamo alle centrali nucleari di quinta generazione. Non potremmo, per una volta, e presso l’Università Bocconi di Milano abbandonare la nostra “superiorità culturale”, e prendere esempio proprio dagli “arretrati” sceicchi?

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Biodiversità, l’Eldorado invisibile da 5 mila miliardi >44 L’Olocausto silenzioso del capitale naturale >46 Ogm: né pro, né contro. Esistono soluzioni migliori >49

economiasolidale LAMPADINE USATE: NEGOZI OBBLIGATI AL RITIRO

ULIVI MILLENARI DI PUGLIA PATRIMONIO DI BIODIVERSITÀ RICEVONO IL PANDA D’ORO DALLA GIURIA POPOLARE

OMSA: LE DIPENDENTI INVITANO AL BOICOTTAGGIO

LEGGE EUROPEA SULLA RSI: LA COMMISSIONE CI PENSA

RSINEWS SI RINNOVA: DA AGENZIA A PORTALE SULLA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA

TONNO ROSSO, LA PESCA ILLEGALE VALE TRE MILIARDI

Gli addetti ai lavori parlano di “uno contro uno”. I consumatori spesso non sanno che dietro tale dicitura si nasconde un loro diritto, introdotto in Italia a giugno da un decreto ministeriale che recepisce una direttiva Ue: al momento dell’acquisto di un nuovo apparecchio elettrico o elettronico, il rivenditore è obbligato a ritirare gratuitamente un vecchio prodotto analogo e a inviarlo ai centri di raccolta e smaltimento. Per aumentare l’efficacia dell’iniziativa, i consorzi per il riciclo dei materiali elettronici si stanno muovendo. Ecolamp, consorzio per il trattamento delle lampadine esauste, ha ad esempio stretto un accordo con la Federazione distributori di materiale elettrico. Da un lato, i rivenditori garantiranno il ritiro gratuito delle lampadine dei clienti che ne acquisteranno di nuove e provvederanno al trasporto dei rifiuti nei centri di raccolta comunali; dall’altro, Ecolamp allestirà gratuitamente gli Eco Point per contenere tubi lineari e lampade fluorescenti compatte. L’iniziativa si affianca ad altre già avviate dal 2009: ExtraLamp, garantendo il ritiro gratuito in sede delle lampadine rotte, ha finora permesso la raccolta di 640 tonnellate di materiale. I Collection Point, 20 punti di raccolta gratuita dislocati in tutta Italia e riservati ai professionisti del settore, hanno invece permesso di ritirare altre 180 tonnellate di lampade e lampadine.

Non servono pietre per fare un monumento. “Bastano” alberi imponenti, dai tronchi che sembrano sculture, che permettono di produrre olio dal sapore della storia. Sono gli ulivi millenari di Puglia, gli stessi da cui raccoglievano le olive gli antichi romani. Monumenti alla bellezza e patrimoni di biodiversità. Proprio per questo ruolo di tutela della biodiversità, il Panda d’Oro 2010 del WWF, deciso dalla giuria popolare, è stato assegnato al progetto “I giganti del Mediterraneo” della Comunità di olivicoltori biologici pugliesi composta dalle antiche masserie Brancati, Giummetta e Il Frantoio; dall’Istituto Tecnico Agrario E.Pantanelli di Ostuni, dalla cooperativa Terre di Puglia-Libera Terra Puglia, composta da giovani che coltivano le terre confiscate alla criminalità organizzata. L’oliveto secolare, per il numero ridotto di piante per ettaro (40-50) disposte irregolarmente, rappresenta un ambiente agricolo estensivo e seminaturale in grado di ospitare numerose specie vegetali spontanee, dalla macchia mediterranea lungo i muri a secco che bordano gli appezzamenti, alle numerose essenze erbacee tra piante monumentali. Anche il tronco cavo degli olivi dà rifugio a mammiferi, rettili e uccelli che popolano la campagna. Per questo l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari, il ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia stanno stimando l’importanza di questi oliveti nel sostenere la biodiversità. «I Giganti del Mediterraneo - spiegano i promotori - è un progetto per tutelare il paesaggio agrario degli oliveti monumentali di Puglia, attraverso la promozione dell’olio extravergine di oliva degli olivi secolari ottenuto con metodi di agricoltura biologica». Comprando quest’olio si dà una mano a salvare questi alberi secolari, che richiedono attenzioni e cure particolari (e dispendiose). www.masseriabrancati.com; www.masseriailfrantoio.it; www.masseriagiummetta.com; www.pantanelli.it; liberaterrapuglia.wordpress.com

Davanti ai teleschermi e sulle pagine delle riviste c’è l’immagine di bellissime ragazze con gambe fantastiche avvolte da collant e autoreggenti. Dietro, la realtà è ben più drammatica e coinvolge ormai da molti mesi le 350 dipendenti dello stabilimento Omsa di Faenza, che rischiano di rimanere senza lavoro perché il gruppo tessile ha deciso di intraprendere la strada della delocalizzazione. «Il proprietario dell'Omsa, Nerino Grassi ha infatti deciso di spostare questo ramo di produzione in Serbia, dove la manodopera, l'energia e il carico fiscale sono notevolmente più bassi», denunciano le lavoratrici che presidiano i cancelli dell’azienda per impedire il trasferimento dei macchinari. L’aspetto più paradossale della vicenda è che l’azienda non è in crisi e anzi continua a detenere il 55% delle vendite di collant in Italia. Per questo, le dipendenti hanno lanciato un appello ai “consumatori critici” per boicottare i marchi del gruppo (Philippe Matignon, Sisi, Omsa, Golden Lady, Hue Donna e Uomo, Saltallegro e Serenella). La campagna, diffusa anche via Facebook, ha ottenuto in pochi giorni oltre tremila adesioni.

Non solo la governance delle aziende, ma anche gli elementi di trasparenza sociale, ambientale e di rispetto dei diritti umani: la Commissione europea si starebbe preparando a interventi normativi ad ampio spettro verso il mondo delle imprese. Il “braccio esecutivo” dell’Unione europea ha, infatti, lanciato una serie di 50 proposte per rafforzare il mercato interno, contenute in una comunicazione ufficiale presentata il mese scorso. Tra le altre, la numero 38 lancia una pubblica consultazione sui modi migliori per incrementare la trasparenza di informazioni sui temi della sostenibilità sociale ed economica delle imprese e sul rispetto dei diritti umani. Consultazione che, annuncia il portavoce della Commissione, «può sfociare in iniziative legislative perché è fondamentale che le imprese europee dimostrino la propria responsabilità non solo verso i propri dipendenti e azionisti ma verso l’intera società». Il passo in avanti dell’esecutivo di Bruxelles in favore della responsabilità sociale d’impresa era ampiamente annunciato già nel Libro Verde dedicato al tema: “L’azione dei pubblici poteri – si leggeva nel documento – è essenziale per incoraggiare le imprese a prendere coscienza del proprio ruolo sul piano sociale e per creare un quadro che permetta di garantire gli aspetti ambientali e sociali nelle loro attività”.

Per chi naviga in Rete a caccia di notizie sulla responsabilità sociale d’impresa (Rsi, Csr per gli inglesi), si tratta con ogni probabilità di un nome conosciuto: RSInews.it, infatti, dall’inizio del 2004 si è proposto sul web italiano come la prima agenzia d’informazione on line sulla responsabilità sociale delle imprese. Dalla metà di ottobre il cambio di marcia, il passaggio a portale, con un consistente ampliamento dell’informazione: non più solo news, ma anche idee e commenti, offerte di lavoro targate Csr, in Italia e all’estero, ricerche, studi, appuntamenti, informazioni su come anche la pubblica amministrazione si sta avvicinando a questo mondo. In tempi di crisi, lo si può vedere come un atto di fiducia nel futuro e in un’affermazione ancora più diffusa della Rsi. Ma è anche una sfida che Beniamino Bonardi, giornalista di lungo corso con un curriculum decisamente green, lancia prima di tutto a sé stesso. «Con la crisi finanziaria globale - dice e poi con la marea nera del Golfo del Messico, si è chiusa un’era opaca e retorica della Csr. Dal 2004 RSInews.it, operando come agenzia d'informazione, ha evidenziato le contraddizioni tra ciò che si predicava e come si agiva concretamente negli affari quotidiani. Ora abbiamo deciso di trasformarci in un portale della responsabilità sociale d’impresa, cioè in uno strumento di lavoro per coloro che operano nel campo della Csr. Aggiungendo ai contenuti precedenti l’attenzione alla ricerca e al dibattito volti a passare da una visione infantile e opportunistica della Csr, ad una sua versione adulta, concreta e trasparente». L’iscrizione al sito è gratuita e permette di testare il servizio per 14 giorni e di ricevere la newsletter, con l’incipit degli articoli. Per accedere al testo completo di tutti i servizi e all’archivio, occorre invece sottoscrivere l’abbonamento.

Il tonno rosso arricchisce il mercato nero. Giochi di parole a parte, il commercio illegale di questa specie in pericolo d’estinzione vale tre miliardi di euro. La stima arriva da un’indagine indipendente realizzata, in 8 mesi, dal Consorzio dei giornalisti d’inchiesta. I dati raccolti confermano che ancora nel 2010 vige lo spregio delle regole alla pesca del tonno rosso nel Mediterraneo: si passa dai casi eclatanti di violazione della quota consentita (si è pescato più tonno di quanto permesso), alla mancanza di rendicontazione del pescato alle autorità competenti, all’uso di aerei da ricognizione (vietati fin dal 2006) per identificare i tonni da pescare, fino alla cattura di esemplari sottomisura, dannosissima perché non permette agli esemplari di riprodursi a sufficienza. Le indagini dell’Icij puntano in particolare sulle autorità francesi, che avrebbero coperto per anni le attività illegali della flotta dando informazioni deliberatamente errate all’Ue. Sono gli stessi operatori del settore della pesca a testimoniare tale fenomeno: «Tutti truffano. Ci sono delle regole, ma noi non le seguiamo», ha ammesso il Capitano della flotta francese Roger Del Ponte. Per far fronte all’emergenza il Wwf ha lanciato due proposte: ridurre a seimila tonnellate annue la quantità di pescato consentito e individuare zone precluse alla pesca dove i tonni possono riprodursi senza rischi.

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QUANTO CI COSTA IL DEGRADO DELLE RISORSE NATURALI

1.000 0

FONTE: ROBERT COSTANZA, FORUM GREENACCORD 2010, CUNEO

2.000

Cambogia - Foresta tropicale Uso tradizionale della foresta Produzione non sostenibile del legname

3.000

Canada - Area umida

4.000

Ecosistema sostenibile diretto Ecosistema convertito

Thailandia - Mangrovie Intatte Allevamento di gamberi

5.000

Camerun - Foresta tropicale Agricoltura sostenibile Agricoltura in piccola scala

6.000

Area intatta

7.000

GLI ECOSISTEMI E I LORO SERVIZI

VALORE ATTUALE NETTO IN DOLLARI ALL’ETTARO

Agricoltura intensiva

Biodiversità L’Eldorado invisibile

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Le prime 3.000 imprese causano danni per 2,2 miliardi all’anno Nella foto grande: una rana della foresta tropicale. A sinistra: le barriere coralline sono tra gli ecosistemi più fragili. Sotto: il logo della conferenza di Nagoya sulla biodiversità.

Tutelare le aree naturali assicura ogni anno benefici per 5 mila miliardi di dollari: una miniera d’oro che dilapidiamo con uno sviluppo insostenibile. La via d’uscita? Inserire il valore degli ecosistemi nella contabilità nazionale.

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IAMO SEDUTI SU UNA MONTAGNA D’ORO E NON CE NE RENDIAMO CONTO.

Dov’è nascosta? Nelle foreste che puliscono la nostra aria, tra le api che impollinano le piante che mangiamo o dalle quali ricaviamo di Emanuele Isonio medicine, tra le altre specie animali, nelle barriere coralline e nei bacini idrici. Tutti fattori che assicurano la sopravvivenza degli esseri umani. In una parola: biodiversità. Fattori incomprensibili per chi è abituato a quantificare la ricchezza solo sotto forma di infrastrutture, metri cubi di cemento e utili di un’azienda. Talmente inconcepibili, da venir sottoposti a stress enormi, che li mettono in pericolo, creando un danno alla collettività di migliaia di miliardi di dollari ogni anno. Quantificare l’effettivo valore delle risorse naturali del Pianeta è un’impresa titanica. Una grossa mano arriva dal rapporto Teeb (The Economics of Ecosystems and Biodiversity), il più grande sforzo mondiale di riunire tutte le conoscenze sull’importanza della biodiversità per l’economia umana.

Migliaia di miliardi dimenticati Secondo il documento, voluto da Onu e Commissione europea e presentato a Nagoya (Giappone) durante la 10° conferenza dei Paesi aderenti alla Convenzione sulla Diversità biologica, i benefici derivanti dalla tutela degli ecosistemi sfiorano i cinquemila miliardi di dollari all’anno. Ma la cifra – è bene precisarlo – tiene conto solo dei vantaggi connessi con la corretta protezione delle aree naturali protette. Al| 44 | valori |

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tre analisi, come quella, storica, dell’economista Robert Costanza, pubblicata su Nature nel 1997 (The Value of the World’s Ecosystem Services), fissano il valore dei servizi degli ecosistemi mondiali in 37 mila miliardi di dollari. Se consideriamo che l’attuale Pil mondiale si aggira sui 70 mila miliardi, riusciamo a comprendere meglio l’entità del “gruzzolo”. Una ricchezza enorme che sfugge agli indicatori economici tradizionali (che non la quantificano) e, assai spesso, anche ai decisori pubblici, che, sottovalutandola, non la tutelano adeguatamente. Con il giusto polso del valore economico del capitale naturale, porre freni alle attività che lo danneggiano sarebbe ben più facile.

La rana Platypus: un’estinzione da ulcera In Australia viveva una rana del genere Platypus, che incubava i suoi piccoli nello stomaco. Per farlo, produceva una proteina che inibiva la produzione di succhi gastrici. Proteina importantissima per sviluppare nuovi farmaci contro l’ulcera gastrica. Ma la rana, a causa della distruzione del suo habitat, si è estinta e l’uomo ha così perso la possibilità di produrre tali farmaci. Qual è il costo economico (oltre che sanitario e sociale) derivante da tale estinzione? Sicuramente, anche senza considerare il danno alla qualità della vita, è almeno pari alla spesa per la cura dell’ulcera nel mondo e alle ore lavorative perse per colpa di tale malattia. Di esempi come questo il rapporto Teeb ne fa molti: fermare la deforestazione entro il 2030 taglierebbe le emissioni di CO2 di due miliardi di tonnellate ogni anno e assicurerebbe un ri-

sparmio di 3.700 miliardi di dollari. La pesca intensiva, aiutata dagli incentivi economici alla produzione, sta depauperando le riserve ittiche mondiali, con un danno di 50 miliardi di dollari all’anno. La distruzione della barriera corallina costa al mondo tra 30 e 172 miliardi di dollari, perché ha ripercussioni sull’ecosistema marino e sulle comunità che dalla barriera dipendono. Una singola colonia di api assicura una ricchezza agricola di produzione di frutti di circa 1.050 dollari mentre il valore economico mondiale dell’impollinazione degli insetti è valutato in 153 miliardi di dollari (il 9,5% della produzione agricola mondiale). Tutti esempi che, ancor più delle singole cifre, dimostrano quanto sia insostenibile un modello di sviluppo che danneggia gli ecosistemi. «Il grande merito del rapporto Teeb – spiega Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf – è di rendere visibile ciò che finora non lo era». Una visibilità essenziale, secondo Pavan Sukhdev, banchiere indiano a capo della ricerca: «Il valore dei servizi offerti dalla natura deve essere visibile per entrare nei processi decisionali. Se non si farà nulla si perderanno migliaia di miliardi in termini di benefici presenti e futuri, s’impoveriranno ulteriormente i poveri e si metterà a rischio la vita delle future generazioni» A voler essere ottimisti, un passo in avanti l’Italia lo ha fatto con la recente Strategia nazionale per la biodiversità, approvata per “integrare la diversità biologica nelle politiche nazionali, riconoscendo la necessità di rafforzarne la conservazione e l’uso sostenibile in quanto elemento essenziale per il benessere umano”. Ma molte sono

QUALI SONO I MAGGIORI SERVIZI che gli ecosistemi mondiali assicurano all’umanità? Si possono davvero calcolare i loro benefici economici? Ecco i più importanti, secondo Andrea Masullo, docente di Economia sostenibile: Depurazione delle acque

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Controllo della siccità Rigenerazione della fertilità dei suoli Decomposizione degli scarti dei rifiuti Impollinazione Dispersione dei semi Ciclo dei nutrienti Controllo delle patologie vegetali e dei parassiti Mantenimento della biodiversità Protezione delle coste dall’erosione Schermatura dei raggi ultravioletti Stabilità del clima Mitigazione degli eventi meteorologici estremi Mantenimento della bellezza dei paesaggi.

Calcolarne i benefici sembra roba da marziani. Invece è abbastanza comprensibile: «Anche non considerando altri fattori positivi, il loro valore economico è quantomeno uguale alla spesa necessaria all’uomo per sostituire il servizio assicurato dall’ecosistema con uno offerto dalla tecnologia», spiega Masullo. «Oppure è almeno pari alla spesa per riparare i danni causati da un disastro naturale che un ecosistema intatto avrebbe evitato». L’alluvione in Veneto, la fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma Bp nel golfo del Messico, il crollo della Domus dei Gladiatori a Pompei. Gli esempi, in Italia e nel mondo, purtroppo, non mancano.

le voci critiche che temono che, in assenza di adeguati fondi, questo documento rimanga l’ennesimo vaso vuoto.

Una manna per le imprese Da un approccio nuovo e virtuoso con la biodiversità possono trarre vantaggio anche le imprese. Un tasto sul quale batte il commissario europeo all’Ambiente, Janez Potočnik: «I servizi ecosistemici offrono opportunità a tutte le imprese e lo dimostrano i casi di molte aziende che prosperano senza danneggiare l’unico Pianeta che abbiamo». In effetti alcune stime, elaborate dal colosso per la consulenza alla imprese PricewaterhouseCoopers sulle opportunità per le aziende a livello mondiale connesse all’uso sostenibile di risorse naturali, indicano un mercato potenziale tra 2 e 6 mila miliardi di dollari entro il 2050.

Internalizzare i danni alla biodiversità Ed è proprio da qui che si può iniziare per convogliare le attività umane verso canali rispettosi del valore degli ecosistemi. Tanto più che – come ricorda la società di consulenza britannica TruCost – le prime tremila aziende del mondo producono un impatto ambientale negativo che costa alla collettività 2.200 miliardi ogni anno. «Gli attuali sistemi di contabilità nazionale devono includere il valore dei cambiamenti negli stock di capitale naturale e nei flussi dei servizi degli ecosistemi», ammonisce Sukhdev. Qualcosa di simile |

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lo farà la Ue: la Commissione vorrebbe infatti imporre agli Stati membri di adeguarsi a questo tipo di contabilità già dal 2013. E poi, come ricorda Bologna del Wwf, «vanno eliminati tutti i sussidi perversi, che finiscono per incentivare attività dannose per il sistema ambientale». Aiuti all’agroindustria, alla pesca intensiva, alle imprese che producono energia da petrolio o carbone. «Serve una fiscalità ecologica che sposti le tasse dal lavoro allo sfruttamento delle risorse naturali». Ancora oltre si spinge Andrea Masullo, docente di Economia sostenibile all’università di Camerino: «Azzeriamo tutti i sussidi. E al loro posto, facciamo pagare i danni per la perdita di capitale naturale a chi trae profitto dall’ecosistema». In pratica: internalizzare i costi ambientali. «Se si applicasse questo principio al settore dell’energia, le fonti rinnovabili sarebbero ancora più convenienti di quanto lo siano oggi con gli incentivi. E il mercato si indirizzerebbe verso settori più sostenibili». Ma il discorso vale anche per l’edilizia. O per l’agricoltura, nella quale oggi, nota Serena Milano, segretario generale della Fondazione Slow Food per la biodiversità, «c’è un paradosso insostenibile: chi vuole produrre in modo sano, biologico o biodinamico, si deve far carico dei costi delle certificazioni e dell’adeguamento della propria attività. Chi continua con le coltivazioni intensive, non paga nulla. Spostando gli incentivi dalla produzione ai produttori, si scoraggerebbe l’agroindustria e si aiuterebbero molti piccoli contadini e allevatori, baluardi essenziali contro il dissesto delle zone rurali».

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LA BOCCONI ELOGIA I PRESÌDI SLOW FOOD

TUTELARE LA BIODIVERSITÀ fa bene alla Terra e a chi cura la terra. Anche dal punto di vista economico. Molto significativi, in tal senso, i dati della ricerca dell’università Bocconi. Lo studio analizza le ricadute economiche dei presìdi Slow Food: 194 in Italia e altri 145 nel mondo. “Interventi principalmente culturali. Non un modello imprenditoriale” precisa lo studio, che però ammette: “Uno dei risultati più evidenti e generalizzati dovuto alla loro attivazione è stata la crescita dei quantitativi di produzione, spesso accompagnata da una netto incremento dei prezzi di vendita e della redditività della produzione”. E quindi delle remunerazioni dei piccoli produttori. In effetti, dal momento dell’attivazione dei presìdi, l’andamento dei quantitativi e dei prezzi di vendita fa segnare sempre incrementi a due cifre. Spesso a tre, talvolta a quattro. Come nel caso della Fagiolina del Trasimeno (+1.633% di quantità vendute) e del pomodoro San Marzano (+1.140% il prezzo di vendita). Nel complesso, in Italia, le imprese dei presìdi sono cresciute del 32%, le quantità prodotte più che raddoppiate, il valore medio dei cibi è salito del 95%. Ma, oltre all’ottica economica, tali iniziative hanno un grande valore culturale perché, commenta la ricerca della Bocconi, “salvaguardano produzioni e processi lavorativi radicati nella tradizione. I prodotti di nicchia sono spesso riusciti a diffondere la propria conoscenza sul mercato nazionale e internazionale”. Con ricadute positive anche sul territorio: “Non raramente i presìdi hanno determinato anche l’instaurazione di flussi turistici”.

Una soluzione è far pagare i danni alla biodiversità a chi trae profitto dagli ecosistemi

L’olocausto silenzioso del capitale naturale

CASI PRATICI DI BIODIVERSITÀ UTILE

IMPOLLINAZIONE DELLE COLTURE COSTA RICA Nelle coltivazioni di caffè situate all’interno di una foresta le specie impollinatrici aumentano del 20% il raccolto di caffè. I servizi d’impollinazione hanno fruttato a una sola azienda agricola un reddito di 60 mila dollari l’anno. A livello mondiale, 75 delle 100 principali colture fanno affidamento su impollinatori naturali.

COSTA RICA

TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI SCARICO SRI LANKA L’area paludosa di Muthurajawela Marsh fornisce una serie di servizi essenziali: il trattamento delle acque di scarico industriali e domestiche, l’attenuazione delle inondazioni, la fornitura di legna da ardere e di acqua potabile. La valutazione globale di tali servizi è di 7,5 milioni di dollari annui.

FORNITURA DI MEDICINALI NORVEGIA Nel Paese scandinavo è stata isolata una sostanza prodotta da microrganismi del suolo, usata per prevenire le crisi di rigetto nei trapianti di organi e per produrre il Sandimmun, uno dei medicinali più venduti al mondo. Oltre il 50% dei composti medici di sintesi proviene da precursori naturali. NORVEGIA

SRI LANKA

ECUADOR

FORNITURA IDRICA ECUADOR Oltre l’80% delle risorse idriche della capitale Quito proviene da tre zone protette, minacciate però dalle attività umane, fra cui la costruzione di infrastrutture per la fornitura idrica, la conversione di terreni ad opera di contadini e coltivatori e il disboscamento. Nel mondo, un terzo delle 105 città maggiori ricava la propria acqua potabile da zone protette.

RIDUZIONE DEI GAS SERRA INDONESIA Nelle torbiere della provincia di Riau vengono stoccati 14,6 miliardi di tonnellate di carbonio, il più grande quantitativo del Paese. Le torbiere possono immagazzinare 30 volte più carbonio delle foreste tropicali che vi crescono sopra. Ma solo se sono in salute: dal 1985 Riau ha perso il 65% delle sue foreste per la creazione di piantagioni industriali di palma da olio e di legname per cartiere. Il cambio d’uso del suolo ha prodotto più CO2 di tutta l’Unione europea messa insieme.

INDONESIA

REGOLAZIONE DELLE PATOLOGIE INDONESIA Tra gli abitanti adiacenti alla foresta vergine di Flores i casi di malaria e dissenteria sono molti meno rispetto alle comunità vicine prive di foreste vergini. A causa della deforestazione sono aumentate quantità e varietà di moscerini ed è cambiato il loro ciclo vitale. Discorso analogo avviene in Africa.

In 40 anni è scomparso il 30% delle specie viventi. Un danno non solo dal punto di vista ambientale ma un pericolo per la stessa sopravvivenza umana.

I

FONTE: WWF LIVING PLANET REPORT 2010

di Emanuele Isonio

INDICE DEL PIANETA VIVENTE LOCALE

L’INDICE MOSTRA UN DECLINO DI CIRCA IL 30% DAL 1970 AL 2007, SULLA BASE DI 7.953 POPOLAZIONI DI 2.544 SPECIE DI MAMMIFERI, UCCELLI, RETTILI, ANFIBI E PESCI. 1,2

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PPOPOTAMI, PANDA, MANGROVIE, pesci, coralli, anfibi, alberi tropicali, balene, orsi, gazzelle. Tanti attori diversi di un unico spettacolo chiamato biodiversità e che riunisce in sé ogni forma vivente geneticamente diversa e gli ecosistemi che le ospitano. Ma accomunati da un futuro fosco. Perché negli ultimi decenni la contrazione delle specie terrestri sta procedendo a ritmi mai visti. A livello complessivo, un buon campanello d’allarme è rappresentato dall’Indice del Pianeta vivente (LPI), utilizzato dal Wwf per il suo rapporto biennale Living Planet Report (vedi GRAFICO ): in meno di 40 anni, dal 1970 al 2007, tale indice mostra un declino del 30%. Un risultato analogo a quello a cui arriva l’Unione mondiale per la Conservazione della Natura, che denuncia una diminuzione del 31% della popolazione animale. Nello specifico: il 21% dei mammiferi, il 30% degli anfibi, il 12% degli uccelli e il 27% dei coralli. Le stime indicano che l’attuale tasso di estinzione è fra le cento e le mille volte superiore al tasso “naturale di riferimento” (il tasso di estinzione senza l’interferenza umana). E se si confronta il dato attuale con quelli di inizio secolo, le differenza è ancora più allarmante: «Nel mondo sparisce una

razza domestica ogni due settimane», rivela Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. «Dall’inizio del ‘900 abbiamo perso il 75% della diversità genetica fra i prodotti agricoli e oggi meno di trenta piante nutrono il 95% della popolazione mondiale». Le aree considerate più a rischio comprendono gli habitat fragili, come i climi molto caldi e molto freddi. Gli animali e le piante adattati alla vita desertica sono stati decimati. Né va meglio per le specie vegetali: un’altra ricerca del museo di Storia naturale di Londra indica a rischio estinzione un quinto delle piante. Il problema, ovviamente, non è solo ambientale. Perdere piante e animali significa anche non poter più disporre di “strumenti” che hanno assicurato la vita dell’uomo. «Da quando l’agricoltura è diventata un’industria – denuncia Serena Milano, segretario generale della Fondazione Slow Food – si sono perse l’80% delle specie vegetali. Perché all’agroindustria servono prodotti fatti in serie e tutti uguali. E questo comporta la scomparsa di molti tipi di frutta e di verdura». Alzi la mano chi sa ad esempio che, nel solo Piemonte, esistono oltre 100 varietà diverse di mele («Ma trenta anni fa erano 500»). Ognuna adatta a un clima e a un territo-

rio. «La loro scomparsa è un pericolo per la stessa sopravvivenza umana». Ma non c’è solo l’agroindustria a minacciare la biodiversità. Anzi, il rapporto 2010 del Wwf, uscito poche settimane fa, indica cinque principali fonti di minaccia: la perdita, l’alterazione e la frammentazione degli habitat, causate, oltre che dall’ipersfruttamento agricolo, anche dalle attività minerarie, dall’industria idroelettrica e dalle attività di pesca su larga scala. C’è poi il sovrasfruttamento delle popolazioni di specie selvatiche (cattura di animali e raccolta di piante per scopo alimentare o medico, a tassi superiori alla loro capacità riproduttiva); l’inquinamento, causato soprattutto dall’uso eccessivo di pesticidi in agricoltura e acquacoltura, dagli scarichi urbani e industriali e dagli scarti delle attività estrattive; i cambiamenti climatici, causati dai gas serra e dalla deforestazione. E infine, le specie invasive, introdotte in una regione diversa da quella provenienza, che competono o predano quelle native. Minacce che hanno nell’uomo il comune denominatore. E che fanno dire ad Achim Steiner, direttore del Programma Onu per l’Ambiente: «L’umanità si è fabbricata l’illusione che ce la possiamo fare senza biodiversità o che

Il percorso biodiversità presentato durante Terramadre: sul tavolo le cento varietà diverse di mele esistenti solo in Piemonte: 30 anni fa erano cinquecento.

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questa sia in qualche modo periferica al nostro mondo: la verità è che ne abbiamo bisogno più che mai in un pianeta abitato da sei miliardi di persone che si avviano a diventare nove nel 2050». Uomo avvisato…

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il Pil dice che cresciamo. Altri indici da tempo denunciano “Solo che la qualità della nostra vita è ormai in grave recessione ”

«Tutelare la biodiversità? Paghi 1, ricavi 100»

Ogm: esistono soluzioni migliori

È il calcolo di Robert Costanza, tra i più noti economisti ecologici. «Ma servono nuovi indicatori della ricchezza».

«C

ONSERVARE LA BIODIVERSITÀ anziché impoverirla conviene 100 a 1». Non è un numero a caso quello citato da Robert Costanza, professore di Sostenibilità ed Economia ecologica all’università di Portland. È di Emanuele Isonio anzi un calcolo preciso dei costi e dei benefici prodotti dalla tutela degli ecosistemi.

Come si arriva a quel dato, professor Costanza? Abbiamo fatto uno studio con altri diciotto ricercatori: da un lato abbiamo calcolato che, per espandere e conservare intatte le risorse naturali in modo che coprano il 15% della biosfera terrestre e il 30% di quella marina, si dovrebbero investire 45 miliardi di dollari all’anno. Dall’altro, abbiamo quantificato i benefici di tale investimento: oscillano tra 4.400 e 5.200 miliardi di dollari all’anno. Appunto: investendo 1, ricaviamo 100. Anche le grandi organizzazioni internazionali ormai ammettono che tutelare la biodiversità assicura vantaggi economici. Ma è possibile farlo senza cambiare modello di sviluppo? È un passaggio essenziale. L’attuale modello si fonda su cinque premesse: avere di più è sempre meglio; la crescita economica può essere infinita; la povertà si sconfigge con maggiore crescita; la natura è un divertimento; la proprietà privata è sempre meglio. Sono tutti concetti da contestare alla radice, perché incompatibili con un modello economico amico dell’ecosistema.

metà degli anni ’90. Lo considera l’indicatore ideale? I modi per misurare la qualità della vita sono tanti. Il Gpi non è perfetto, ma ha il merito di conteggiare molti fattori non considerati dal Pil, come la distribuzione del reddito nella popolazione o il valore del lavoro di volontariato e di quello casalingo. Inoltre sottrae dalla ricchezza prodotta fattori negativi come il costo della criminalità, le spese per ripulire le fuoriuscite di petrolio da una piattaforma in mezzo all’oceano o il costo della perdita di capitale naturale e di biodiversità. Continuare a misurare il progresso con il Pil significa avallare il profitto ottenuto, causando gravi rischi nel lungo periodo sotto forma di disastri naturali, perdite di specie animali e vegetali, inquinamento dei bacini idrici. In sostanza, quello evidenziato dal Pil è un progresso fittizio… Osserviamo questo grafico: negli Stati Uniti, Gpi e Pil hanno avuto andamenti analoghi fino al 1970. Poi hanno iniziato a divergere. Il Pil è continuato a crescere sotto tutti i governi. Il Gpi invece è decresciuto. Siamo entrati in una recessione della qualità di vita. Come è possibile creare le premesse per un progresso sostenibile? In primo luogo, introducendo gli incentivi giusti per far dire la verità al mercato. Bisogna riuscire a svelare i veri costi di alcuni servizi. Poi servono riforme fiscali per tassare non i beni in sé ma i danni agli ecosistemi causati, ad esempio, da beni prodotti con fonti fossili o a scapito degli ecosistemi.

Cambiare modello economico implica anche indicatori che misurino il progresso di un’economia in modo nuovo? Anche questo è inevitabile. Ci sono quattro tipi di capitali diversi, tutti necessari per assicurare un benessere della popolazione che sia però ecologicamente sostenibile: non solo il capitale economico, composto da infrastrutture, ricchezza materiale e potere d’acquisto convenzionale. Ma anche, il capitale umano, ovvero il benessere individuale basato sulla salute e sull’accesso all’educazione e all’informazione. Il capitale sociale, ovvero tutte le interazioni tra persone, reti e istituzioni. E il capitale naturale, estremamente importante perché nostro supporto di vita. Il Prodotto interno lordo misura solo il primo fattore. Quattro “capitali” che sono considerati dal Genuine Progress Indicator, ideato proprio da lei a | 48 | valori |

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(Incontriamo il professor Costanza durante il Forum Internazionale Greenaccord dell’Informazione ambientale che lo vedeva tra i relatori. Una sera a cena, gli facciamo un’ultima domanda, forse un po’ politically incorrect). Le democrazie attuali, in cui i governi per essere rieletti devono fare scelte che producono effetti a breve termine, sono i sistemi migliori per risolvere problemi che impongono invece scelte che esplicheranno effetti in 10 o anche 20 anni? O forse su certi temi, la democrazia non è il sistema adatto? Quelli democratici sono i sistemi migliori che conosca. Si posso certamente migliorare: ad esempio, con le tecniche di democrazia deliberativa, che prevedono sessioni di approfondimento di un certo tema per consentire agli elettoRobert Costanza ri di informarsi adeguatamente prima di recarsi alle urne. è docente Ma dubito si possano fare scelte che incidono sul nostro alla Portland University. modello di progresso senza coinvolgere i cittadini.

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Produrre più cibo e coltivare senz’acqua. I sostenitori degli Ogm li propongono come soluzione alla fame nel mondo. Ma esistono molte altre possibilità, naturali, sostenibili, meno costose e senza effetti collaterali.

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IETE FAVOREVOLI O CONTRARI AGLI OGM? La domanda alla quale dobbiamo rispondere non è tanto questa, bensì: qual è l’obiettivo degli Organismi geneticamente modificati? Se è quello di ottenere colture resistenti alla siccità, allora dodi Gunter Pauli vremmo chiederci: perché vogliamo piantare colture che richiedono acqua in aree dove l’acqua non c’è? Perché non puntiamo su colture che, invece, sono in grado di crescere in queste condizioni ambientali? Se abbiamo una scelta limitata a cinque varietà (grano, riso, mais, soia, palme), piantate in monocolture, allora non abbiamo scelta: dobbiamo modificare geneticamente tali colture per consentire loro di resistere alla siccità. Se, invece, nell’anno internazionale della Biodiversità, cercassimo i semi, risultato di milioni di anni di adattamento, potremmo applicare la migliore opzione possibile, disponibile attualmente e già sperimentata, senza effetti collaterali. Potremmo piantare immediatamente i semi senza dover portare avanti ulteriori ricerche, risparmiando il denaro per far approvare i prodotti, quello per le campagne pubblicitarie e per le attività dei lobbisti che cercano di far sì che le colture resistenti alla siccità siano appoggiate dai legislatori. Una rapida analisi delle attuali banche del seme conferma che esistono centinaia di biotipi disponibili a ogni latitudine o altitudine, con una vasta sperimentazione alle spalle, capaci di resistere alla mancanza d’acqua.

Per sfamare il Pianeta La seconda argomentazione è che le colture “tradizionali” non sono in grado di produrre sufficiente cibo per tutti. È vero? Siamo portati a credere che solo cinque colture, modificate ge-

neticamente attraverso un cocktail chimico, potranno salvarci da fame e carestie. Lasciatemi analizzare la questione. Se consumiamo solamente una frazione di quanto produciamo (lo 0,1% del tè, lo 0,2% del caffé o il 17% dello zucchero) e il resto viene lasciato a marcire, utilizzato per generare gas metano, bruciato o riarato nel terreno, allora è vero che non produrremo mai abbastanza cibo. Personalmente dubito che l’appetito della crescente popolazione globale sarà mai in grado di garantire sicurezza alimentare per tutti, anche qualora si introducessero in modo massiccio gli Ogm. Forse la creazione di tale scarsità permanente è ciò di cui i produttori di Ogm hanno bisogno per giustificare la loro tesi secondo cui allevierebbero la fame nel mondo. Monocolture, irrigazione, selezione dei semi e dei fertilizzanti hanno incrementato la produzione delle singole colture, non c’è dubbio. Ma tale approccio ha perso di vista le enormi opportunità esistenti anche al di là del riso e del frumento. Dovremmo declinare le nostre risorse agricole nel modo in cui viene fatto dagli ecosistemi. In realtà, siamo l’unica specie che spreca. Nessun altro è capace di farlo. Così, anziché cercare di affrontare il problema della fame, potremmo utilizzare la sperimentazione integrata con le moderne tecniche agricole per superare il concetto di scarsità e lavorare per ottenere la sufficienza o, addirittura, sognare l’abbondanza.

L’economista belga Gunter Pauli, è appena uscito, con Edizioni Ambiente, il suo ultimo libro “Blue Economy”. |

Una logica al contrario Se trasformiamo l’agricoltura in un sistema di produzione e consumo che sfrutta tutte le risorse disponibili - ad esempio coltivando i funghi dai resti di caffè o tè come si fa in Africa o in

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SOSTENIBILITÀ: GUARDARE L’INTERO SISTEMA NON SOLO IL SINGOLO OBIETTIVO “CARO ANDERS, innanzitutto, grazie per la tua domanda.”. Inizia così l’articolo di Gunter Pauli, di cui trovate la traduzione in queste pagine, pubblicato sul sito internet della Zeri Foundation. È la risposta a una domanda che Hon Anders Wijkman, membro dell’Accademia reale svedese delle Scienze, noto attivista ambientale, ha rivolto a Gunter Pauli: “Lei è contrario agli Ogm? A qualsiasi forma di Ogm?”. La risposta dell’economista Belga, fondatore della Zeri Foundation, è tutt’altro che prevenuta.

“Non sono né a favore né contrario agli Ogm, sono per la soluzione migliore”, scrive Pauli. E continua: “Nel tentativo di creare una società capace di rispondere a bisogni essenziali come l’acqua, il cibo, la salute e l’energia, per tutti, non possiamo lasciare inesplorata alcuna possibilità solo perché ‘non ci piace’. Certe soluzioni, poi, possono risultare valide nell’immediato, ma non nel lungo termine”. E cita un esempio: “Nei primi anni ’90 mi sono battuto per promuovere saponi biodegradabili,

per poi rendermi conto che provocavano un’impennata nella domanda di olio di palma, che nei prossimi 10 anni provocherà la distruzione di 2,5 milioni di foresta vergine. Ho realizzato che bisogna guardare l’intero sistema e non semplicemente il singolo obiettivo. In questo caso la ‘soluzione migliore’ che proponiamo è estrarre dalle bucce degli agrumi il d-Limonene, uno dei più efficaci, competitivi, sostenibili e puliti agenti detergenti. Un modo per convertire i rifiuti in risorsa”.

geneticamente modificato fu annunciato come una soluzione definitiva ai problemi della cecità. Se, per proteggere i bambini dalla cecità, modifichiamo geneticamente il riso, aggiungendo betacarotene ai chicchi, come si potrebbe essere contrari? Però non dovremmo formarci un’opinione sulla base di ciò che è “buono” e ciò che è “cattivo”, dovremmo piuttosto scegliere la migliore opzione possibile, che comporta i rischi minori, considerando le conseguenze, anche involontarie, che potremmo cagionare agli abitanti del Pianeta. Quando ci confrontiamo con una sfida sociale come la cecità, dovremmo innanzitutto domandarci perché tale malattia sta crescendo. Immediatamente capiremmo che la questione è proprio la mancanza di betacarotene...ovvio! Ma è una ragione sufficiente per modificare geneticamente il riso? Dovremmo domandarci: perché esiste tale mancanza di betacarotene nella catena alimentare che gravita intorno alle piantagioni di riso? Studiando gli ecosistemi scopriamo che alcune micro-alghe, compresa l’alga verde-blu, esistono più o meno ovunque. Si tratta di una delle prime forme di vita comparse sulla Terra. Sono presenti da miliardi di anni, hanno superato tutte le calamità naturali e sono eccellenti produttori di betacarotene e di molti altri elementi nutritivi. Perciò che cosa è Il riso contro la cecità accaduto loro attorno alle coltivazioni di riso? Ora voglio offrire un secondo esempio, per valuScopriamo che nelle risaie si forma uno strato tare il contributo potenziale degli Ogm per un schiumoso, che è stato rimosso tramite l’uso di Pianeta sostenibile, sano e felice. Ricordate l’avadditivi chimici, per incrementare la produziovento del Golden Rice, 15 anni fa? Questo riso ne. Ma quella schiuma è ricca di microalghe e, quindi, molto ricca di betacarotene. SCOMMETTERE SULLO ZERO In Cina, Vietnam, Laos e Cambogia i contadini mettono gamberetti o, addirittura, carpe ALLA RICERCA DI UNA CO-EVOLUZIONE CON LA NATURA, sfruttando la tecnologia. È lo scopo dell’economista belga Gunter Pauli e di Zero Emissions Research and Initiatives nelle risaie, che mangiano le microalghe ricche (ZERI), rete internazionale nata nel 1994 e formata da migliaia di scienziati ed economisti di betacarotene, assicurando questa preziosa sodi tutto il mondo col comune obbiettivo di sviluppare processi produttivi in cui gli scarti stanza nella catena alimentare, in modo che la possano essere utilizzati come materie prime per altri processi, con una drastica riduzione, popolazione ne abbia a sufficienza, usando in se non l’azzeramento, di sprechi, rifiuti e inquinamento. www.zeri.org modo naturale le risorse. Questo metodo di colAmerica Latina, o dalla paglia del riso secondo la tradizione cinese - allora potremmo produrre colture che garantiscano 100 volte la quantità di aminoacidi attualmente disponibili. Non esistono Ogm o piani di irrigazione in grado neanche di avvicinarsi a questa performance. Quando Il Cairo ha affrontato un intollerabile inquinamento atmosferico dovuto alla paglia di riso bruciata, la migliore soluzione trovata fu modificare geneticamente il riso, per produrre una qualità “a gambo corto”. E chi potrebbe dichiararsi contrario alla riduzione delle malattie respiratorie causate dall’incenerimento incontrollato dei rifiuti agricoli (che una volta erano utilizzati per costruire, mentre oggi sono stati rimpiazzati dal cemento)? Ma perchè, in una megalopoli tentacolare come Il Cairo, non si è considerata la possibilità di generare maggiori quantità di cibo? La coltivazione di funghi dalla paglia di riso in un’area urbana genera occupazione, guadagni e converte rifiuti in cibo, riducendo l’inquinamento. È già stato fatto in 16 Paesi. La scusa addotta è stata che gli egiziani non mangiano funghi? Non avevano mai mangiato nemmeno gli hamburger, che oggi invece spopolano. Allora c’è o no qualche difetto nella logica economica? (...)

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tivazione non è “efficiente” in termini di produttività del riso come la monocoltura, ma genera più sostanze nutritive, provvedendo alla sicurezza alimentare e anche garantendo le difese necessarie contro le malattie moderne, come la cecità. Questo metodo produce più reddito a livello locale. Mentre le colture da esportazione generano una quantità maggiore di prodotti ed entrate che fluttuano con i mercati mondiali dei prezzi. Il nostro “moderno” metodo di coltivazione del riso, focalizzato sulla massimizzazione della produzione, elimina il betacarotene (e molto altro) dalla catena alimentare. Spinti dalla volontà di aumentare la produzione di un elemento, il riso, riduciamo la produzione naturale di tutti i fondamentali aminoacidi e micro sostanze nutritive che il riso da solo non può fornire. Come possiamo accettare che la soluzione alla cecità sia la manipolazione genetica? Se veramente vogliamo combattere questo grave problema, allora dovremmo coltivare il riso, lasciare la sua schiuma nell’acqua, usarla per nutrire anatre, crostacei e pesci. Così avremmo un apporto equilibrato di proteine e, allo stesso tempo, un’adeguata produzione di betacarotene. Come i nostri ricercatori hanno dimostrato, questo sistema produce più sostanze nutritive di qualsiasi coltivazione intensiva di riso Ogm. Il Golden Rice non risolve alcun problema oltre alla cecità, ma alimenta un modello agricolo insostenibile, sia sul fronte della produzione (esaurisce la fertilità del suolo), che su quello del consumo (producendo cibo sbagliato). E com’è possibile che la compagnia

svizzera che produce il Golden Rice abbia un’autorizzazione esclusiva, fino al 2012, per la vendita di riso “anti-cecità” per trarne profitto? Se lo scopo è guadagnare e massimizzare il ritorno degli azionisti, allora dovrebbe essere esplicitato nella campagna che si propone come soluzione per combattere la cecità. È giunto il momento di smettere di rattoppare i problemi con soluzioni raffazzonate e iniziare a mettere in cantiere soluzioni durature che possano svilupparsi e migliorare nel tempo. In Brasile abbiamo calcolato che il betacarotene che può essere naturalmente prodotto per ogni ettaro all’anno dall’ecosistema che ha reso il riso così competitivo è 40 volte più alto di quello che potrebbe essere generato da una modifica genetica del riso. E può essere ottenuto a un costo più basso. Quindi io non sono “contro” il Golden Rice o gli Ogm, io cerco sempre di domandarmi “qual è il modo migliore per raggiungere un risultato?”. E se l’obiettivo è combattere la cecità dovuta alla mancanza di betacarotene, allora il Golden Rice è una soluzione piuttosto scarsa. E, peggio, è un’opzione costosa e inefficace se confrontata alle tecniche agricole integrate che, si è dimostrato, funzionano. Finora per tutti gli esempi che mi sono stati proposti per giustificare gli Ogm, ho sempre trovato una soluzione migliore. Soluzioni che contribuiscono alla salute e alla vivibilità di tutti, eliminano la fame e sono anche più competitive.

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Se la cecità dipende dalla mancanza di betacarotene, non serve il riso Ogm, basterebbe rispettare l’ecosistema


APPUNTAMENTI NOVEMBRE>MARZO Dicembre ITALIA PREMIO ALL’INNOVAZIONE AMICA DELL’AMBIENTE Un riconoscimento nazionale rivolto all’innovazione di impresa in campo ambientale, attribuito a innovazioni di prodotto, di processo, di servizi, di sistema, tecnologiche e gestionali, realizzate o in stato di realizzazione avanzata, che abbiano contribuito a significativi miglioramenti orientati alla sostenibilità ambientale. www.legambiente.eu 4 - 12 dicembre RHO (MILANO) ECOABITARE L’evento propone, all’interno di Artigiano in Fiera, tutto ciò che concerne la casa e i servizi a essa connessi, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale. www.ecoabitare.net

23 dicembre BOLOGNA SVILUPPO SOSTENIBILE E GESTIONE DEI SISTEMI AMBIENTALI Scadenza dei termini per la presentazione della domanda di partecipazione al master organizzato dall’Università di Bologna. I corsi si svolgeranno dal febbraio 2011 al marzo 2012. Costo totale: 3.000 euro. www.unibo.it/Portale/Offerta+formativa /Master/default.htm 13 gennaio MUMBAI (INDIA) SOLAR INDUSTRY SUMMIT INDIA 2011 Prima conferenza sull’industria solare in India, che si svolgerà in contemporanea con la fiera Glasspex India 2011, che nella scorsa edizione ha coinvolto 3.200 visitatori. www.solarpraxis.de 24 - 25 gennaio BERLINO (GERMANIA) 1ST INVERTER AND PV SYSTEM TECHNOLOGY FORUM L’evento propone una discussione sulle opportunità fornite attualmente dalla tecnologia fotovoltaica, con particolare attenzione alla riduzione dei costi e alle ottimizzazioni tecniche. www.solarprais.de 25 - 27 gennaio LIPSIA (GERMANIA) ENERTEC 2011 È l’unico salone in Germania completamente dedicato all’energia. Quest0anno i focus saranno sulle tecnologie dell’energia decentralizzate, sull’approvvigionamento energetico | 52 | valori |

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A CURA DI ANDREA BAROLINI | PER SEGNALAZIONI SCRIVERE A BAROLINI@VALORI.IT

e l’efficienza, sulle energie rinnovabili (bioenergia l’argomento principale). www.enertec-leipzig.de 26 - 29 gennaio GRAZ (AUSTRIA) CENTRAL EUROPEAN BIOMASS CONFERENCE 2011 Un panorama completo sugli sviluppi politici, economici e tecnologici sulle biomasse: disponibilità e fornitura delle materie prime, tecnologie di conversione (caldo, freddo, elettricità, carburanti), integrazione nel sistema energetico, applicazioni industriali, finanziamento di progetti “verdi”, impatti ambientali, sviluppo mercato e requisiti politici. www.biomasseverband.at

27 - 30 gennaio BOLZANO KLIMAHOUSE 2011 È la fiera leader del settore per l’efficienza nell’edilizia sostenibile nata dall’esigenza sempre crescente di costruire in maniere sostenibile, risparmiando energia e così rispettando l’ambiente. www.fierabolzano.it/klimahouse2011 10 febbraio STOCCARDA (GERMANIA) CEP® CLEAN ENERGY & PASSIVEHOUSE 2011 Fiera e congresso internazionale su energie rinnovabili e efficienza energetica nella costruzione e ristrutturazione di edifici. Presenta i trend e le innovazioni su efficienza energetica nella costruzione e ristrutturazione di edifici, casa passiva, energia solare, pompe di calore, energia dal legno e cogenerazione. www.cop-expo.de

10 febbraio ROMA LA REPUBBLICA SIAMO NOI Incontro presso il liceo Kant organizzato dall’associazione Libertà e Giustizia nell’ambito del Laboratorio didattico per le scuole medie superiori. Titolo dell’evento: “Cultura della legalità e senso profondo delle regole”. Parteciperanno Antonio Turri, referente dell’associazione Libera nel Lazio, e Andrea Barolini, giornalista di Valori. www.leg-roma.org 4 - 5 febbraio VENEZIA ENERGY FOR GREEN PORTS Fiera-congresso dedicata alle possibili fonti di energia alternativa

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concretamente utilizzate o potenzialmente utilizzabili nei vari porti italiani ed internazionali al fine di renderli ecocompatibili. www.energyforgreenports.it 16 - 17 febbraio SAN FRANCISCO (USA) SOLAR TERAWATT-HOURS CONFERENCE Sesta edizione dell’incontro internazionale sulle tecnologie fotovoltaiche organizzata dalla Photon Academy. www.photon-expo.com

17 febbraio VIENNA (AUSTRIA) BAUEN & ENERGIE WIEN COSTRUZIONI & ENERGIA VIENNA 570 espositori informano su materiali edili, finestre e porte; case prefabbricate, finanziamenti; riscaldamento e climatizzazione; costruzioni biologiche e ecologiche ed efficienza energetica. www.bauen-energie.at 17 - 18 febbraio VERONA ECO(MAKE) Mostra-convegno rivolta principalmente alle aziende, al fine di promuovere la crescita dell’ecoeconomia nel settore dell’edilizia e dell’ambiente. www.ecomake.it

17 - 20 febbraio SALONICCO (GRECIA) ENERGY TECH 3° Fiera Biennale dell’Energia da fonti rinnovabili, climatizzazione e riscaldamento “energy tech”, appuntamento tra i più importanti della zona dei Balcani. Nella scorsa edizione, sono stati circa 12 mila gli operatori che hanno visitato la manifestazione provenienti, oltre che dalla Grecia, da oltre 20 Paesi stranieri. www.helexpo.gr 24 febbraio OFFENBUG (GERMANIA) GEOTHERM L’evento europeo più importante per l’energia geotermica, giunto ormai alla quarta edizione, raggruppa e mette a confronto tutti i principali attori coinvolti nella gestione delle soluzioni legate al campo della geotermia: aziende fornitrici, mondo accademico e istituzioni. www.geotherm-offenburg.de 24 - 25 febbraio FIUMICINO (ROMA) CIS-IT 2011

La Conferenza dell’Industria Solare Italia 2011 - organizzata dalla Solarpraxis di Berlino, compagnia leader nei servizi dedicati all’industria del solare e delle altre energie rinnovabili, in collaborazione con Ambiente Italia e con il supporto di consulenza da parte di eclareon si concentrerà sull’analisi dell’industria italiana del fotovoltaico, del solare termodinamico e del solare termico. www.solarpraxis.de/it/conferenze /cis-it-2011 24 - 25 febbraio SAN FRANCISCO (USA) GEOPOWER AMERICAS Incontro annuale dell’industria geotermica del nord centro e sud americana. www.solarpraxis.de/it/conferenze /cis-it-2011

1 - 3 marzo LONDRA (GRAN BRETAGNA) ECOBUILD 2011 Con più di 41 mila visitatori, è una delle fiere leader mondiale dedicata all’Eco-edilizia. www.ecobuild.co.uk

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3 - 6 marzo REGGIO EMILIA ECOCASA & IMPRESA EXPO I protagonisti della Green Economy si confrontano: in mostra le tecnologie più innovative. www.ecocasa.re.it

4 marzo WELS (AUSTRIA) ENERGIESPARMESSE Fiera interregionale con due giornate dedicate esclusivamente agli operatori del settore e tre aperte anche al pubblico. È una delle manifestazione europee più importanti sul risparmio energetico, la costruzione e ristrutturazione di edifici e sulle istallazioni idro-sanitarie. www.energiesparmesse.at

10 - 11 marzo PARIGI (FRANCIA) PV POWER PLANTS 2011 - EU Conferenza concentrata sugli impianti fotovoltaici di grandi taglie, organizzata dalla tedesca Solarpraxis. www.solarpraxis.de

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Stati Uniti e Sudamerica. Al via una nuova stagione >56 Forum mondiale: l’educazione in Palestina >60 Global voices: il meglio della blogosfera internazionale >63

internazionale NUOVO PORTALE DI PROTEZIONE SOCIALE SUD-SUD

IL GOVERNO RUSSO PREDISPONE UNA NUOVA ONDATA DI PRIVATIZZAZIONI DI AZIENDE STATALI

IN SPAGNA E SVEZIA LE MIGLIORI LEGGI PER LE DONNE

RISARCIMENTI AGLI EX DETENUTI DI GUANTANAMO

MURDOCH LANCIA IL TABLOID SU IPAD: NOTIZIE SOLO NAZIONALI, POCHI GIORNALISTI E POCHI TECNICI

ACCORDO TRA ENI E PDVSA SULLE SABBIE DELL’ORINOCO

L’International Policy Centre for Inclusive Growth (IPC-IG), nato dalla collaborazione tra l’Agenzia delle Nazioni Unite per le politiche dello sviluppo (Undp) e il governo del Brasile, ha attivato un nuovo portale per la protezione sociale (http://south-south.ipc-undp.org/). Con sede a Brasilia, l’Ipc-Ig è un organismo facilitatore della collaborazione Sud-Sud, con l’obiettivo di ampliare le conoscenze e le capacità di progettazione dei Paesi in via di sviluppo. “L’attuale crisi ha evidenziato l’importanza di poter contare su un pacchetto minimo di prestazioni di sicurezza sociale per tutti”, ha dichiarato il Direttore Generale dell’Ilo, Juan Somavia. L’idea del sito è nata dall’esperienza di cooperazione tra Africa e Brasile nel programma di protezione sociale iniziato nel 2008. Il sito è impostato come una libreria virtuale, con un database che ricerca tra documenti di protezione sociale provenienti da tutto il mondo. Oltre alla biblioteca c’è una sezione che mappa la rete di protezione sociale in tutti i Paesi in via di sviluppo. L’Ipc-Ig invita le istituzioni, i politici, i centri di ricerca, le organizzazioni della società civile interessate alle politiche di protezione ad essere parte attiva del programma di apprendimento Sud-Sud, per la costruzione di un mondo più inclusivo.

Il governo russo sta predisponendo una nuova ondata di privatizzazioni che interesserà circa 900 compagnie statali per una cifra tra i 59 e i 65 miliardi di dollari. L’operazione sarà distribuita nel quinquennio 20112015 e riguarderà la vendita delle quote di minoranza, soprattutto ad investitori stranieri, di società statali come la petrolifera Rosneft, le banche Sberbank, VTB (la banca per il Commercio estero). Poi Mosmetrostroi, che sta costruendo alcune linee della metropolitana di Mosca, la società di assicurazioni Rosgosstrakh, la compagnia aerea Aeroflot. È prevista la vendita del 50% meno un'azione della società di navigazione SovKomFlot e della società di leasing per il settore agrario RosAgroLeasing, di una quota dell’8% della società produttrice di energia elettrica RusHydro. Rispetto al progetto iniziale sono state tolte dal pacchetto la Rzd (il monopolio delle ferrovie) e un paio di compagnie finanziarie. Tutte le imprese della lista hanno ottenuto risultati molto buoni nei primi sei mesi del 2010. La campagna di privatizzazioni inverte la rotta rispetto alle rinazionalizzazioni, effettuate da Putin, di una serie di imprese strategiche, che erano state svendute durante la campagna di privatizzazioni del 1996. In questa nuova tornata di vendite lo Stato conta di immettere sul mercato quote inizialmente tra il 10 e il 20% e di mantenere la quota del 51% nelle aziende.

Quale corpus giuridico dovrebbe avere il Paese dove i diritti delle donne sono meglio tutelati? Un misto legislativo tra la Svezia e la Spagna. È quanto emerso dal convegno, organizzato dall’Associazione francese Choisir e dalla Casa internazionale delle donne, all’università La Sapienza di Roma a novembre, in cui è stato presentato un bouquet di 14 leggi, la cui adozione è consigliata per tutti i Paesi. Per Choisir, associazione fondata da Simone de Beauvoir e da Giséle Halimi, un’avvocatessa nata a Tunisi, tre leggi più favorevoli alle donne sono svedesi: riguardano l’aborto, la prostituzione e i congedi parentali, ben retribuiti e obbligatori anche per gli uomini. Per quanto riguarda la prostituzione, in Svezia, sono perseguiti i clienti, mentre chi esercita la prostituzione viene avviato a progetti speciali, soprattutto se vittima della tratta. La legislazione spagnola, invece, è la migliore per il divorzio, il matrimonio e la violenza sulle donne. In Spagna tutto il personale che viene in contatto con chi ha subito violenza, anche psicologica, è appositamente formato. La Francia invece vanta le migliori leggi sullo stupro e in favore del lavoro femminile. Due ottime leggi in Belgio sui Pacs, equiparati al matrimonio, e sulle quote rosa: le liste vengono invalidate se non costituite per la metà da donne. All’Olanda va la palma per la contraccezione, del tutto gratuita.

Si concluderanno con risarcimenti milionari i processi che una decina di cittadini inglesi, ex detenuti delle carceri di Guantanamo o di altre carceri segrete, hanno intentato al governo inglese. Tra le parti è stato raggiunto un accordo di risarcimento, sia per i maltrattamenti e gli abusi subiti, sia per la rinuncia all’azione legale contro i servizi segreti di sua Maestà. L’accusa di complicità nelle torture e nelle extraodinary renditions, la rete di sequestri e di trasferimenti in carceri segrete messe in atto dal governo statunitense durante la presidenza Bush, investe non solo i servizi segreti britannici, ma anche tre ministeri. Lo scorso anno il Foreign Office, il ministero degli Esteri britannico, aveva perso in appello ed era stato costretto a rivelare documenti che provavano la corresponsabilità del servizi segreti Mi5 negli interrogatori e nelle torture subite da un prigioniero a Guantanamo. L’Alta Corte, inoltre, a luglio aveva ordinato la pubblicazione di circa 500 mila documenti. Era stato allora che il primo ministro, David Cameron, aveva lasciato intendere la sua disponibilità al raggiungimento di un accordo extra giudiziale con gli ex detenuti del carcere speciale americano.

Rupert Murdoch, il più “spregiudicato” editore multimediale del Pianeta, a capo della News Corp, ha da qualche anno dichiarato apertamente guerra alla diffusione gratuita delle notizie dei quotidiani su internet. Alla sua campagna per il pagamento delle notizie sul web si sono gradualmente accostati tuttigli altri editori che hanno preparato o stanno preparando edizioni on line leggibili a pagamento. Cosa che ha portato a una graduale scomparsa dal web delle notizie contenute nelle pagine dei quotidiani, che fino a poco tempo fa occupavano le prime schermate delle ricerche sui principali motori. Ora James Murdoch, figlio del magnate australiano ed erede in pectore della News Corp, la sconfinata conglomerata che raccoglie decine di testate giornalistiche e di canali televisivi in tutto il mondo, ha dato una nuova svolta alla privatizzazione delle notizie, annunciando per Natale l’uscita su iPad di The Daily, un quotidiano per il quale i Murdoch prevedono di sottoscrivere 800 mila abbonamenti, con una redazione ridotta all’osso e supportata solamente da una decina di tecnici. The Daily sarà lanciato soprattutto per l’iPad, ma potrà essere letto anche dai prodotti simili della Samsung o della Research in motion. “Entro il 2011 ci saranno in circolazione 30-40 milioni di iPad, anche i bambini ne avranno uno”, ha dichiarato Murdoch senior in un’intervista all’Australian Financial Review. Le notizie di The Daily saranno più brevi, solamente di carattere nazionale e con “elementi di humor”. Insomma un tabloid formato tablet.

Eni avvia un maxi-progetto per l’estrazione di olio pesante da sabbie bituminose in Venezuela. L’Ad del gruppo, Paolo Scaroni, e il ministro dell’Energia e del Petrolio del Venezuela e presidente della compagnia di Stato Pdvsa, Rafael Ramírez, hanno firmato a fine novembre i contratti per la creazione di due imprese miste, PetroJunín e PetroBicentenario. La partecipazione in entrambe le imprese sarà del 60% per Pdvsa e del 40% per Eni. La prima è dedicata allo sviluppo del blocco Junín 5, situato nella fascia dell’Orinoco a circa 550 chilometri a Sud-Est di Caracas, che possiede 35 miliardi di barili certificati, con riserve recuperabili che superano i 2,5 miliardi di barili. La seconda impresa mista è finalizzata alla costruzione e alla gestione di una raffineria nell’area industriale costiera di Jose. La nuova raffineria, si spiega dall’Eni, avrà una capacità di lavorazione di 240 mila barili al giorno, oltre a possibili volumi addizionali per circa 110 mila barili al giorno di semilavorati provenienti da altri impianti di Pdvsa. L’impianto sarà realizzato nell’area industriale costiera di Jose, che fornisce l’accesso ai mercati di esportazione e assicura sinergie con i servizi industriali esistenti. Ramírez ha inoltre sottolineato la valenza politica del progetto della raffineria che consentirà di lavorare il greggio in Venezuela, contrariamente a quanto avviene adesso per la maggior parte della produzione.

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Stati Uniti e Sudamerica Il “cortile di casa” vive una nuova stagione

La Rousseff alle presidenziali brasiliane incassa un successo che conferma la fiducia nella politica

progressista di Lula e la presenza di un vasto fronte che potrebbe mandare in soffitta l’armamentario dell’ingerenza Usa.

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VENEZUELA: SALVATO DA SADDAM” è uno dei capitoli del libro di John Perkins “Confessioni di un sicario dell’economia”. Il sicario del titolo è lo stesso Perkins, per anni economista di una società di Boston di Paola Baiocchi specializzata in grandi progetti infrae Francesco Schettino* strutturali internazionali, utilizzati per * docente presso il dipartimento di Economia pubblica, Università La Sapienza, Roma aggiogare al debito Paesi ricchi di materie prime. Naturalmente con la giustificazione degli investimenti necessari allo sviluppo. In che modo Saddam avrebbe salvato il Venezuela tra il 2002 e il 2003? La sfida rappresentata per gli Stati Uniti da un presidente come Chavez – sostiene Perkins – avrebbe subito un rinvio solo perché era stata scelta la via dell’invasione all’Iraq e “l’amministraLIBRI zione Bush non poteva prendersela in una sola volta con l’Afghanistan, l’Iraq e il Venezuela”. A sette anni di distanza dall’invasione dell’Iraq e dopo il cambio di presidenza, ai fronti esteri di guerra degli Stati Uniti si è aggiunto il fronte interno della crisi economica, complicato dalla perdita delle elezioni John Perkins di mid term. Quello su cui ora ci si interroga, dopo la Confessioni di un vittoria di Dilma Rousseff, la candidata scelta da Lula sicario dell’economia. per succedergli alla guida del Brasile, è per quanto il La costruzione dell’impero americano Sudamerica, impegnato in una svolta progressista, ponel racconto trà continuare a contare sul vicino nordamericano, didi un insider stratto da così tante questioni personali da non avere Minimum Fax, 2005 tempo per occuparsi del “cortile di casa”? | 56 | valori |

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Sudditi sempre più disobbedienti Dilma la rivoluzionaria, con un passato nella lotta armata contro la dittatura dei generali, ha vinto al ballottaggio le elezioni in Brasile e comincerà a governare dal 1° gennaio prossimo con una schiacciante maggioranza nei due rami del Parlamento: 360 deputati contro 125, alla Camera, e 57 contro 22, al Senato. Governerà con dei numeri che Lula non ha mai avuto e che potrebbero aprire una nuova stagione di riforme non più basate solo su decreti, come i programmi Fame Zero e gli assegni famigliari di Bolsa Familia. Rispetto a otto anni fa, quando Lula è stato eletto la prima volta, il Brasile vive ora un vero boom economico, con il Pil che nel 2010 è cresciuto del 7%, mentre la disoccupazione è crollata al 6,7%. Le imprese brasiliane fanno shopping di società statunitensi attraverso le quali piazzare i propri prodotti sul mercato nordamericano. E il Banco do Brasil, gruppo a quasi totale partecipazione pubblica del governo, ha ricevuto l’Ok dalla Fed per avviare una serie di importanti operazioni negli Stati Uniti, tra cui l’apertura di 15 nuove filiali nei prossimi cinque anni, anche attraverso l’acquisizione di piccole banche locali. “Tra tutte le ‘minacce’ all’ordine mondiale, la più pericolosa per il potere imperiale è la democrazia”, scrive Noam Chomsky, docente di Linguistica e filosofia al Massachusetts Institute of Technology (Mit)

HONDURAS IL GOLPE DIMENTICATO NELLA REPUBBLICA DELLE BANANE IL 28 GIUGNO 2009, nello stesso giorno in cui si sarebbe dovuto tenere un referendum consultivo per la riforma della Costituzione, la delicata situazione istituzionale dell’Honduras collassa e Manuel Zelaya, il presidente liberale, eletto nel 2005, viene arrestato dai militari e trasportato in Costa Rica. Nelle stesse ore vengono sequestrati gli ambasciatori in Honduras di Venezuela, Cuba e Nicaragua, poi rilasciati. I poteri presidenziali vengono conferiti provvisoriamente al presidente del Congresso, Roberto Micheletti, mentre nella capitale Tegucigalpa le proteste dei sostenitori di Zelaya vengono represse sanguinosamente dalla polizia e dall’esercito, con due morti e centinaia di feriti. Immediatamente gli Stati Uniti esprimono preoccupazione dichiarando che sono stati violati

i principi democratici e rinnovando l’appoggio a Zelaya. Immediata anche la reazione di Chavez che minaccia di intervenire militarmente in appoggio al presidente. Castro e i presidenti dei Paesi appartenenti all’Alba (Alleanza bolivariana per le Americhe) richiedono ai golpisti di rimettere il potere nelle mani del legittimo presidente Zelaya. Poi i riflettori si spengono e si arriva alle elezioni che si svolgono sotto il controllo militare e con un’astensione del 70% e portano nel gennaio 2010 il latifondista Porfirio Pepe Lobo, già avversario di Zelaya, alla presidenza. Cosa resta dell’appoggio internazionale a Zelaya? L’uscita di scena di Micheletti ha fatto sì che l’Unione europea e gli Stati Uniti siano passati dalla disapprovazione per il golpe, all’accettazione della nuova presidenza. Il governo Lobo, invece,

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non è stato riconosciuto dagli Stati dell’Alba e dall’Unasur (Unione delle nazioni sudamericane). Ma le condizioni di vita nel piccolo Paese centroamericano, che lo scrittore americano O. Henry aveva chiamato la Repubblica delle banane, in riferimento al suo prodotto principale e allo strapotere esercitato dalle compagnie United Fruit Company e Standard Fruit Company, tornano a farsi critiche dopo la breve stagione di minime riforme e di appoggio al Venezuela avviata da Zelaya. Mino Olivieri, fotografo e attivista del collettivo Italia-Centro America, testimonia il ritorno degli squadroni della morte che uccidono, torturano e imprigionano gli oppositori tra i sindacalisti, gli studenti, i giornalisti e gli esponenti della società civile. Pa. Bai.

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Dilma Rousseff, con un passato nella lotta armata contro la dittatura dei generali (1964-1984), è il nuovo presidente del Brasile, dopo la vittoria del 31 ottobre scorso.

LIBRI

Raffaele Nocera Stati Uniti e America Latina dal 1823 a oggi Carocci, 2009

Mario Del Pero Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo, 1776-2006 Laterza, 2008

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Anders Stephanson Destino manifesto. L’espansionismo americano e l’impero del Bene Feltrinelli, 2004

nel suo recente articolo L’Indipendenza dei sudditi. Quei sudditi che, secondo Chomsky, stanno diventando sempre più disobbedienti e quel Sudamerica che, “per la prima volta dall’arrivo dei conquistatori spagnoli e portoghesi cinquecento anni fa, sta andando verso l’integrazione, un prerequisito necessario per l’indipendenza”. Per gli Stati Uniti - continua Chomsky questo potrebbe essere il momento opportuno per avviare una nuova “dottrina” nei confronti del Sudamerica, che mandi in soffitta tutto l’armamentario del secondo dopoguerra, in cui la Casa Bianca si è adoperata per rendere il subcontinente “sicuro” dalla minaccia del comunismo internazionale.

Un gigante demografico, ricco di materie prime e di ottimismo Da una ricerca condotta nel mese di marzo dalla Kpmg sui dirigenti di 17 Paesi, risulta che i manager brasiliani

sono i più ottimisti rispetto all’andamento dell’economia globale nel 2011. L’elezione della Rousseff, che Lula ha lanciato come suo alter ego, viene considerata la conferma alla fiducia nella svolta impressa da Lula al più grande Paese del Sudamerica. Il fronte progressista sudamericano allinea ora molti Paesi, dalla Bolivia di Morales, all’Ecuador di Correa, al Venezuela di Chavez. Tuttavia la situazione non è lineare: l’Argentina sta vivendo una complicata fase di instabilità istituzionale e la morte dell’ex presidente Nestor Kirchner la accentua. Il fallito golpe in Ecuador (vedi Valori di novembre), la sostituzione del presidente Zelaya in Honduras ( BOX pag. 57), Paese spesso usato nel passato come base per incursioni nel confinante Nicaragua, e l’aumento della presenza militare in Colombia, sono tutti fattori di instabilità che ricordano quanto sia recente il passato delle dittature militari. E che anche un vicino con molti problemi può rappresentare un problema.

HONDURAS 15 settembre 1821 dalla Spagna 7.989.415 4.100 $ (stima 2009) 80% 59% (2008) 21,04 per mille 45,1% del Pil (2009) 7,8% (stima 2009)

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ECUADOR 1822 dalla Spagna 14.573.101 (stima luglio 2010) 7.500 $ (stima 2009) 91% (2001) 35,1% (2008) 20,9 per mille 22,1% del Pil (2009) 4,3% (stima 2009)

Da un cupo passato di repressione degli oppositori, ai successi nelle ripubblicizzazioni di gas e acqua. boli delle lotte del Forum sociale mondiale per la ripubblicizto come paradigma del passato e del presente del zazione dell’acqua. Tutto parte dalla privatizzazione decisa nel 1999 dalla coalicontinente sudamericano e da qualche anno è anche il simbolo delle lotte che partono dal zione di forze politiche guidate dal dittatore Banzar, che affida lo di Paola Baiocchi basso. La piccola Bolivia, con meno di sfruttamento dell’acqua di Cochabamba alla multinazionale stanove milioni di abitanti, senza sbocco sul tunitense Bechtel e all’italiana Edison. Le vessatorie condizioni mare, ma con grandi ricchezze minerarie, è riuscita a tornare ad economiche che le multinazionali impongono in poco tempo affacciarsi sull’Oceano e, quindi, a protendersi verso l’Asia, gra- privano la maggioranza della popolazione dell’accesso all’acqua. La lotta che ne scaturisce è talmente generalizzata e risoluta da zie a un accordo con i suoi vicini peruviani. L’accordo siglato alla fine di ottobre (vedi Valori di novembre) concludersi con la revoca della legge che aveva dato il via alle priprevede che il Perù lasci per 99 anni lo sfruttamento del porto di vatizzazioni. A Cochabamba, nell’aprile del 2000, si contano sei Ilo alla Bolivia, abbattendo in questo modo considerevolmente morti e decine di feriti tra la popolazione indigena come conseguenza degli scontri per la riconquista dell’acqua. la spesa che il Paese governato da Evo Morales deve FILM Anche il controllo pubblico del gas è una storia di sostenere per avviare sui mercati asiatici soprattutto il sudore e sangue. Tre sono state le nazionalizzazioni prezioso litio, materia prima necessaria alla produdegli idrocarburi, come racconta il giovane film maker zione delle batterie per le auto elettriche. italiano Miko Meloni nel documentario Otra vez: L’accordo tra i due ex nemici è strategico per le ri«Una prima nazionalizzazione è del 1936, frutto di cadute infrastrutturali ed economiche che avrà ed è una lotta dolorosa che ha come unico precedente le indicativo di quale ruolo giochi la presenza cinese nazionalizzazioni compiute dalla rivoluzione russa. nello sviluppare l’integrazione interregionale, quella Miko Meloni La seconda è del 1969, ma viene annullata negli ancollaborazione da sempre osteggiata dalle politiche Otra vez, idrocarburi ni Ottanta dall’ondata di privatizzazioni prodotte colonialiste europee e nordamericane, che ancora in Bolivia (documentario, 2008) dalle politiche liberiste della scuola di Chicago. L’ulrappresentano un pesante retaggio per il Sudamerica. Presentato all’edizione tima è del 2003 – dice Meloni – e passa attraverso il Ma non solo: da essere ricordata come luogo do2008 del Milano “massacro del gas”, quando in una settimana vengove nel 1967 fu ucciso Ernesto Che Guevara, e per esFilm Festival www.terrelibere.org no uccise decine di manifestanti». sere stata un cupo partecipante - assieme a Cile, Ar/video/otra-vez La presidenza del sindacalista cocalero Evo Morales, gentina, Brasile, Paraguay e Uruguay - del Plan reporter.indivia.net pur con tutte le contraddizioni tipiche del subcontiCondor (il piano continentale di repressione e assas/indexold.html nente, nasce e rappresenta queste lotte sociali. sinio degli oppositori), la Bolivia è ora uno dei sim-

COLOMBIA 20 luglio 1810 dalla Spagna 44.205.293 (stima 2010) 9.200 $ (stima 2009) 90,4% 46,8% (2008) 16,87 per mille 15,8 del Pil (2008) 4,2 (2009)

UNO DEI PAESI PIÙ POVERI DEL SUDAMERICA. Può essere let-

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VENEZUELA

GUYANA 26 maggio 1966 dal Regno Unito 748.486 6.500 $ (stima 2009) 91,8% 37,89 per mille 3,9% (2009) GUYANA

SURINAME 25 novembre 1975 dall’Olanda 486.618 (stima luglio 2010) 9.500 $ (stima 2009) 18,19 per mille 6,4% (stima 2007) GUYANA FRANCESE [ FRANCIA ] dipartimento d’oltremare della Francia 190.842 LEGENDA Indipendenza Popolazione Pil pro capite Alfabetizzazione: % popolazione sopra 15 anni in grado di leggere e scrivere Popolazione sotto la soglia di povertà Mortalità infantile Debito pubblico Tasso d’Inflazione

COLOMBIA ECUADOR

IL SUDAMERICA INVESTE SU SE STESSO TRA INFLAZIONE E SPESE PER L’ALFABETIZZAZIONE

PERÙ

BRASILE 7 settembre 1822 (dal Portogallo) 201.103.330 10.100 $ (stima 2009) 88,6% 26% (2008) 21,86 per mille 60% del Pil (stima 2009) 4,2% (stima 2009)

BOLIVIA

PARAGUAY

URUGUAY

PERÙ 28 luglio 1821 dalla Spagna 29.907.003 (stima luglio 2010) 8.500 $ (stima 2009) 92,9% 44,5% (2006) 27,74 per mille 24,8% del Pil (stima 2009) 2,9% BOLIVIA 6 agosto 1825 dalla Spagna 9.947.418 (stima 2010) 4.700 $ (stima 2009) 86,7% 60% (stime 2006) 43,41 per mille 42% del Pil (stima 2009) 3,3% (stima 2009)

GUYANA FRANCESE

SURINAME

VENEZUELA 5 luglio 1811 dalla Spagna 27.223.228 (stima luglio 2010) 13.000 $ (stima 2009) 93% 37,9% (stima fine 2005) 21,07 per mille 18% del Pil 27,1% (stima 2009)

FONTE: CIA, THE WORLD FACTBOOK, 2010

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COSTA RICA

COSTA RICA 15 settembre 1821 dalla Spagna 4.516.220 (stima luglio 2010) 10.900 $ (stima 2009) 94,9%) 16% (stima 2006) 9,72 per mille 45,1% del Pil (stima 2009) 7,8% (stima 2009)

Bolivia: dal Plan Condor alle lotte dal basso

È

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HONDURAS

URUGUAY 25 agosto 1825 dal Brasile 3.510.386 (luglio 2010 stima) 12.600 $ (stima 2009) 98% 10,99 per mille 56,6% del Pil (stima 2009) 7,1% (stima 2009)

ARGENTINA CILE

CILE 18 settembre 1810 dalla Spagna 16.746.491 (stima luglio 2010) 14.600 $ (stima 2009) 95,7% 18,2% (2005) 7,52 per mille 6,1% del Pil (stima 2009) 1,5% (stima 2009)

PARAGUAY 14 maggio 1811 dalla Spagna 6.375.830 (stima luglio 2010) 4.600 $ (stima 2009) 86,7% 94% 23,83 per mille 24% del Pil (stima 2009) 1,9% (2009)

ARGENTINA 9 luglio 1816 dalla Spagna 41.343.201 (stima luglio 2010) 13.400 $ (stima 2009) 97,2% 13,9% 11,11 per mille 48,6% del Pil (stima 2009) 7,7% (stima 2009) |

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| internazionale | l’intervista |

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Costa Rica: niente esercito per essere felici «Niente esercito, investimenti in istruzione, sanità, biodiversità e democrazia»: il viceministro Ana Lorena Guevara illustra la via costaricana, fatta di luci e di ombre.

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EL PANORAMA DEGLI STATI LATINOAMERICANI, per molti aspetti, il Costa Rica rappresenta un modello positivo, ma non nasconde alcune stridenti contraddizioni. Da un lato le luci: la scelta di abolire l’esercito nel 1948 (scrivendolo nella Costituzione); una buona posiziodi Emanuele Isonio ne nella classifica mondiale della libertà di stampa (26° insieme al Canada, subito dietro agli Usa, 46 posizioni sopra l’Italia); il primo posto nell’Happy Planet Index, la classifica stilata dalla londinese New Economics Foundation, sui Paesi con la popolazione più felice. Dall’altra parte le ombre: il Costa Rica è un paradiso fiscale che ha attratto enormi capitali esteri grazie a incentivi e zone tax free. Fino al 2009 faceva parte della “lista nera” dei paradisi fiscali, stilata dall’Ocse, da cui l’anno scorso è uscito. Ma resta tra i Paesi sotto osservazione da parte dell’istituto internazionale, nella “lista grigia” di quelli che, Nella foto: Ana Lorena Guevara, pur avendolo promesso, non si sono ancora adeguati agli viceministro standard internazionali di trasparenza. dell’Ambiente, dell’Energia e delle Al Forum internazionale dell’Informazione ambientaTelecomunicazioni le, organizzato lo scorso ottobre a Cuneo dall’associazione del Costa Rica. Greenaccord, abbiamo incontrato Ana Lorena Guevara, viceministro dell’Ambiente, dell’Energia e delle Telecomunicazioni del Costa Rica. Con lei abbiamo parlato di un modello di sviluppo che mira a essere sostenibile.

Ministro Guevara, basta abolire l’esercito per avere cittadini felici? Ovviamente no, ma è una premessa indispensabile.

Chavez, Evo Morales, Rafael “Hugo Correa, le loro strategie sono compatibili con il vostro modello? Assolutamente no ” | 60 | valori |

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L’abbiamo provato sulla nostra pelle: quella scelta ha permesso ai nati dopo il 1948 di vedere le armi come un elemento di ansia più che di sicurezza. E ci ha permesso di concentrare risorse sull’istruzione (l’analfabetismo è sotto il 4%, ndr) e sull’assistenza sociale (la sanità è gratuita e capillare, ndr). Niente esercito, educazione e salute: sono questi i segreti del modello Costa Rica? Aggiungerei altri tre fattori: la presenza di un sistema democratico, che dà a tutti la possibilità di mettersi in gioco e che stimola i nostri cittadini a dare il meglio di sé; l’assenza di grandi differenze di reddito, che riduce i conflitti sociali; e aver investito nella biodiversità, considerandola un fattore imprescindibile per il progresso: i fattori ecologici occupano un posto centrale nella felicità umana. I costaricani sono felici non perché sono ricchi di denaro, ma perché vivono ogni giorno a contatto con la natura. Uno Stato piccolo come il vostro riesce a influenzare la politica degli altri Stati latinoamericani? Abbiamo un’influenza limitata, ma siamo riconosciuti come un modello positivo. Veniamo spesso chiamati a parlare del nostro approccio allo sviluppo e questo ci permette di diffondere il nostro punto di vista. L’ideale sarebbe unirci in un blocco di pensiero con altri Paesi dell’America Latina, un po’ come succede per voi con l’Unione europea. Così come sarebbe utile creare un “fronte unico” fra i Paesi ricchi di biodiversità. Hugo Chavez in Venezuela, Evo Morales in Bolivia, Rafael Correa in Ecuador: possono essere vostri alleati in questa battaglia? Le loro strategie sono compatibili con il vostro modello? Assolutamente no. Forse sui temi ambientali abbiamo preoccupazioni simili, ma hanno modelli diversi dal nostro e hanno intrapreso cammini diversi. Non so se i loro cittadini sono felici come i nostri. Di certo non credo abbiano le stesse opportunità dei costaricani. Il suo Paese è però anche un paradiso fiscale. È indispensabile per attrarre capitali esteri e per fare investimenti? Io sono un ingegnere, sono entrata nel governo di Laura Chinchilla da tecnico e mi occupo di ambiente e tutela delle risorse naturali. A questa domanda non so rispondere. Mettiamola così, allora: il vostro modello è economicamente sostenibile? Come tutti i Paesi abbiamo bisogno di investimenti, anche stranieri, per garantire il livello di reddito della popolazione e per finanziare i progetti che ci stanno a cuore nel settore istruzione e ambiente. Ma siamo noi a scegliere quali investimenti accettare e quali respingere. E abbiamo già detto “no” alle imprese petrolifere.

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Per andare a scuola una bimba palestinese è costretta a saltare, a suo rischio, il Muro.

L’educazione nei paesi occupati Dal 28 al 31 ottobre si è svolto il World Education Forum nella West Bank. “Istruzione per il cambiamento”, è stato il tema al centro dell’incontro internazionale, che per la prima volta si è svolto in Palestina.

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I SONO MOLTI FRUTTI NATI DAL FORUM SOCIALE MONDIALE

che si è riunito la prima volta a Porto Alegre nel 2001. Uno di questi è il World education forum (Wef), appuntamento annuale per confrontarsi sui temi dell’educazione. Quedi Erica Fraceti st’anno si è svolto dal 28 al 31 ottobre nella West Bank, nei territori sulla riva occidentale del fiume Giordano, per la maggior sotto occupazione militare israeliana a partire dalla Guerra dei Sei giorni del 1967. La decisione di tenere il Forum sull’Educazione in Palestina è scaturita, il 4 maggio scorso, dalla necessità di condividere con il resto del mondo l’esperienza educativa all’interno della lotta palestinese. Si è trattato di un Forum particolare, spiegano dall’Arci: «I palestinesi hanno insormontabili ostacoli alla libertà di movimento e non è possibile fare un evento centralizzato». Così le attività del Wef sono state localizzate a Haifa, Ramallah, Gerusalemme, Gaza e in un campo profughi in Libano. Gli ospiti hanno discusso sul ruolo fondante della formazione, nello specifico in Palestina, di fronte alle voragini culturali e identitarie che l’occupazione

israeliana porta nei territori di Gaza e della West Bank ed esplorandone in parallelo l’impatto economico, sociale, politico e ambientale ( BOX a pag. 62). «L’istruzione non è solo un diritto umano fondamentale, che non può essere trascurato o rinviato in un conflitto o relegato a una situazione di emergenza, ma ha anche un ruolo fondamentale nel sostenere e proteggere la vita dei bambini e dei giovani», spiega il dottor Hamada di Al, docente della Gaza-Azhar University, uno degli organizzatore del Wef.

La Palestina come simbolo Di questo tema e di come le lotte per la pace e la giustizia sociale in tutto il mondo siano indispensabili per creare un’alternativa all’oppressione e alle disuguaglianze dell’attuale sistema, hanno discusso i rappresentanti arrivati in Palestina dal Giappone, dal Canada, dal Brasile, dall’Uruguay, dal Senegal, dall’Europa. Per l’Italia hanno partecipato delegazioni di Arci, Un ponte per..., Cgil, Cobas Scuola. Per rompere i confini fisici di partecipazione al Wef è stata creata una piattaforma di interazione virtuale in grado di coinvolgere, attraverso videoconferenze, altre associazioni nel mondo e tutti i profughi palestinesi che non hanno potuto essere presenti a causa delle restrizioni di viaggio. La piattaforma globale ha messo in evidenza il potere dell’educazione nel mediare tra le culture, creando una più ampia consapevolezza e conoscenza tra le metodologie di insegnamento, come strumenti per rimuovere la diseguaglianza.

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Scuola: strumento di resistenza civile quotidiana I giovani palestinesi vivono l’occupazione in modo più drammatico rispetto alla generazione dei loro genitori. L’isolamento e le mille difficoltà inducono all’abbandono il 30% degli studenti.

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WORLD EDUCATION FORUM ha toccato punti nevralgici per l’istruzione come l’alfabetizzazione degli adulti e l’equità di genere nell’educazione, ha approfondito temi come i bisogni psicologici degli studi Erica Fraceti denti traumatizzati dalla guerra. La situazione nei Territori palestinesi è stata presentata all’attenzione internazionale. Dopo l’Accordo di Oslo nel 1993 e la suddivisione della West Bank nelle aree A, B e C (area A: controllo palestinese; area B: amministrazione palestinese e controllo militare israeliano; area C: interamente sotto controllo israeliano) l’organizzazione scolastica è stata posta sotto l’Autorità nazionale palestinese (Anp), soggetta alla giurisdizione israeliana. Esistono tre tipi di scuole: le scuole private israeliane, che si trovano a Gerusalemme nell’area A, e forniscono un ottimo grado di istruzione; poi ci sono le scuole pubbliche, distribuite tra aree A e B. Infine le

FONTE: UNRWA, EMERGENCY APPEAL 2010/OCHA OPT SPECIAL FOCUS 2010

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Le perquisizioni di studenti e insegnanti, il passaggio ai metal detector, anche 12 volte al giorno, contribuiscono all’abbandono scolastico.

scuole dei campi profughi dell’area C, di cui si occupa l’Unrwa (United Nations Relief and Works Agency), l’Agenzia Onu che fornisce assistenza, protezione e difesa per i 4,7 milioni di rifugiati palestinesi in Giordania, Libano, Siria e Territori palestinesi occupati.

A scuola attraversando il Muro Nei Territori si registrano le peggiori condizioni scolastiche per gli studenti palestinesi. Tamer Imad dal campo profughi di Deishe, ha raccontato i problemi comuni ai campi della West Bank: «Nel mio campo ci sono 1.500 studenti e solo 33 insegnanti. Le classi sono in media di 50 alunni - continua Imad - e gli insegnanti faticano a gestire le lezioni e i rapporti individuali con i ragazzi. Nei campi profughi di Arroub, Balata, Jenin, Jalazone, Tulkarem e Askar e nel campo di Shu’fat le frequenti operazioni militari hanno danneggiato le reti di conduzione idrica e di smaltimento dei rifiuti solidi e le scuole sono prive dei servizi idrico-sanitari. Inoltre, le barriere come i check point e il Muro limitano la mobilità di studenti e insegnanti che sono costantemente esposti all’attacco dei militari e dei coloni israeliani, i quali impediscono loro di raggiungere le scuole in sicurezza». Martina Pignatti di Un Ponte per... racconta che a Hebron l’Operazione Colomba scorta i bambini a scuola attraverso i check point. Buona parte delle scuole sono state trasformate in basi militari per l’esercito e quelle che rimangono sono obiettivo di attacchi militari, con il rischio per gli studenti di essere prelevati e arrestati anche durante le lezioni.

Donne molto “occupate”

L’IMPATTO DELL’OCCUPAZIONE SULL’ECONOMIA E LE RELAZIONI

LA FRAMMENTAZIONE DELLA WEST BANK NELLE AREE A, B E C rende problematico, in particolare per le comunità che risiedono nella zona C, l’accesso ai servizi e la ridotta mobilità tra le città della West Bank causa disgregazione delle relazioni e delle comunicazioni, nonché un difficile accesso al lavoro. Nel 2006 la disoccupazione è salita al 62% e oltre il 65% delle famiglie ha perso più della metà del proprio reddito. Tra West Bank e Gaza ci sono 297 mila disoccupati. Durante i primi dieci mesi del 2009 l’Unrwa stima che 3.870 ore di lavoro sono state perse a causa di ritardi ai posti di blocco. ANNESSIONE E CONFISCA DELLE TERRE COLTIVATE Il Muro, debordando dell’85% dal percorso della Green Line stabilita nel 1949, ha sottratto circa l’86% di terre agricole alla popolazione palestinese. Per esempio a Salfit City entra nella città per ventidue chilometri, annettendo circa il 70% delle sue terre coltivate. Il Muro passa nell’Area C, che comprende oltre il 60% del territorio di West Bank e Cisgiordania, dove si trovano le principali risorse acquifere e la maggior parte dei terreni agricoli e da pascolo, vitali per la sopravvivenza dei palestinesi. OPERAZIONI MILITARI: DEVASTAZIONE DEL TERRITORIO Dopo l’operazione Piombo fuso 60 mila case sono state demolite solo a Gaza. I rifugiati nella West bank sono il 40% della popolazione e a Gaza oltre i due terzi della popolazione su 1 milione e 400 mila sono profughi assistiti dall’Unrwa.

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L’educazione inoltre mette sul piatto della bilancia una questione di genere con la quale la società palestinese deve iniziare a fare i conti. Il Movimento delle donne in lotta, Union Palestine Women Councils, offre sostegno alle studentesse che in una società ancora patriarcale faticano ad esternare gli abusi che spesso subiscono da parte dei militari e dei coloni nei tragitti verso scuola. Inoltre, con mariti disoccupati o in carcere, le donne svolgono un ruolo indispensabile e attivo nella resistenza palestinese. Lavorano, denunciano, imparano piccoli mestieri di taglio e cucito emancipandosi giorno per giorno. «Siamo donne occupate, nel senso che siamo piene di cose da fare!», dice ironicamente Arabiya Mansour. E il loro impegno si è visto anche nel corteo di apertura del Wef a Ramalla: «Che era composto per più della sua metà da donne!» racconta Elise Melot di Amisnet-Donne nell’occupazione.

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Global voices il meglio della blogosfera internazionale La rivoluzione scatenata da internet prosegue. Dove c’è una connessione telematica può esistere un blogger e nascere un punto di vista “non istituzionale”

sulla realtà. Basta starlo a sentire.

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I PARLA DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA di São Tomé e Príncipe, un piccolo Stato indipendente e un arcipelago al largo dell’Africa centro-occidentale, dove la rabbia è esplosa sul web per la deviazione dolosa dell’acqua potadi Corrado Fontana bile dal principale ospedale del Paese. Ma si leggono anche i commenti dei cosiddetti netizens, cioè i cittadini della rete giapponesi, che da tempo preannunciavano il sorpasso dell’economia cinese su quella del loro Paese, come seconda economia mondiale. Internet è lo spazio glocal per eccellenza, dove provinciale e globale si incontrano di continuo e le pagine web raccontano il mondo prima e, a volte, meglio dei media tradizionali e istituzionali. Il network informativo di Global Voices Online raccoglie, seleziona, ordina e riprende le voci dall’etere per ridistribuirle alla comunità dei lettori e offrire loro cittadinanza informativa, fuori dal cosiddetto mainstream, il flusso dell’informazione globale.

la voce di singoli, comunità e situazioni tramite l’uso diffuso, non filtrato, dei citizen media. Si tratta soprattutto di Paesi in via di sviluppo o comunque fuori dal radar mediatico e di temi legati all’attualità, eventi e culture locali, conflitti “dimenticati”, disastri naturali e scenari socio-politici, con un’attenzione particolare alla libertà d'espressione e al cyberattivismo». Un’idea che ha germogliato, al punto che attualmente Global Voices riprende la voce di circa 300 bloggers sparsi per il mondo e, nella sua versione inglese, contava quasi 140 mila visite uniche al mese ad agosto 2010, avendo prodotto quasi 63 mila corrispondenze (più altrettanti commenti e innumerevoli notizie brevi), regolarmente rilanciate da un numero sempre crescente di blog, siti e testate internazionali. Senza contare che Global Voices si avvale ormai di una varietà di partnership mirate (RuNet Echo, United Nations Population Fund, Development Research Centre, BBC News) e che tutti i suoi contenuti sono rilasciati con licenza Creative Commons (Attribution 3.0) e possono quindi essere liberamente ripresi e riutilizzati da chiunque citi la fonte.

Redazione aperta

Global Voices sceglie i propri narratori e le storie da raccontare monitorando blog e social network come Twitter e Youtube. Ed estraendone i contenuti più stimolanti nella varie lingue. Una selezione di notizie elaborata da editors e autori regionali, che perciò conoscono le questioni e le fonti locali e hanno una propria rete di contatti sul territorio, che poi viene ripresa e, se serve, tradotta per la pubblicazione. La versione italiana vanta una comunità base di oltre 15 traduttori e collaboratori regolari, ha pubblicato finora quasi 1.600 interventi, invia una newsletter settimanale ai propri lettori e ha un nutrito gruppo di fan su FaUna pioggia di voci Rete internazionale di siti web, ma anche strumento di democrazia cebook. E, per ampliare la diffusione del progetto informativo anche attraverso una serie di eventi locali, Global Voices Italia sta digitale, Global Voices Online nasce da un incontro di bloggers (per promuovendo una raccolta di fondi in collaboralo più non occidentali), che si è tenuto nel dicemON LINE zione con YouCapital.it. Le notizie di Global Voibre 2004 presso il Berkman Center for Internet and ces Italia vengono rilanciate da altri media (Metro Society dell’università di Harvard. L’idea di base – globalvoicesonline.org News, Agoravox) e la sua redazione gestisce, da febspiega Bernardo Parrella, coordinatore della versioSito web della versione internazionale di GVO braio 2010, una rubrica quotidiana sul sito de La ne italiana di Global Voices, nata ad aprile 2008 – cyber.law.harvard.edu Stampa (Voci Globali: il meglio della blogosfera interera quella di creare «una sfera pubblica globale aperSito web del Berkman center nazionale), in attesa di un’associazione culturale e ta e partecipativa, capace di far conoscere ciò che acfor Internet and society della Harvard University una testata indipendente – il cui sito web cade in altri Paesi e tematiche locali, superando le vociglobali.it (http://vociglobali.it/) è già attivo – per diffondefrequenti limitazioni (di spazio, di attenzione e di Sito web di Voci Globali re ulteriormente i contenuti del suo lavoro. interesse) delle grandi testate, dando invece forza al-

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APPUNTAMENTI DICEMBRE>FEBBRAIO 29 novembre - 10 dicembre CANCUN (MESSICO) 16EMO SUMMIT SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI (COP 16) Sedicesima edizione della Conferenza Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc). Dopo l’insoddisfazione per i risultati della Conferenza di Copenaghen dello scorso dicembre, i movimenti per la giustizia climatica attendono ora un segno di svolta sostanziale. www.giustiziaclimatica.org/ cop16-cancun/ 6 - 10 dicembre GINEVRA (SVIZZERA) INCONTRO ANNUALE BTWC Incontro annuale, nell’ambito delle Nazioni Unite, degli Stati firmatari della Convenzione sulle armi biologiche e tossiche Biological and Toxin Weapon Convention - BTWC (Bacillus anthracis ripreso al microscopio).

12 dicembre TRANSNISTRIA ELEZIONI PARLAMENTARI La regione della Transnistria, che faceva parte della Repubblica socialista sovietica moldava, ha dichiarato unilateralmente la sua indipendenza come Repubblica Moldava di Transnistria il 2 settembre 1990. Dal marzo al luglio 1992 la regione è stata interessata da una guerra che è terminata con un cessate il fuoco garantito da una commissione congiunta tripartita tra Russia, Moldavia e Transnistria, e l’accordo per un’area smilitarizzata tra Moldavia e Transnistria comprendente 20 località sulle adue sponde del fiume Nistro.

12 dicembre KOSOVO ELEZIONI PARLAMENTARI 14 - 15 dicembre GINEVRA (SVIZZERA) WTO CONSIGLIO GENERALE Consiglio generale del World Trade Organization (WTO), l’Organizzazione mondiale per il commercio a cui aderiscono 153 Stati. www.wto.org 16 - 17 dicembre BRUXELLES (BELGIO) CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA | 64 | valori |

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Riunione dei capi di Stato e di governo di tutti i Paesi dell’Unione. 19 dicembre BIELORUSSIA ELEZIONI PRESIDENZIALI Le elezioni sono state decise dalla Camera bassa di Minsk. L’attuale presidente, Alexander Lukashenko, guida ininterrottamente il Paese dal 1994 e punta ora a un quarto mandato, ma la crisi economica che ha colpito pesantemente il Paese non gioca a suo favore. L’opposizione denuncia che non si potrà parlare di libere elezioni.

26 dicembre ISOLE COMORE ELEZIONI AMMINISTRATIVE Sedicesima edizione della Conferenza Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Dopo l’insoddisfazione per i risultati della Conferenza di Copenhagen dello scorso dicembre, i movimenti per la giustizia climatica attendono ancora un segno di svolta sostanziale. www.giustiziaclimatica.org /cop16-cancun

2011 ANNO INTERNAZIONALE DELLE FORESTE L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2011 Anno internazionale delle foreste, organizzando una serie di iniziative di sensibilizzazione sulla gestione sostenibile, la conservazione e lo sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste. Sul sito dedicato all’Anno delle foreste sono pubblicati gli eventi e le risorse disponibili per promuovere il dialogo sulle foreste. www.un.org/en/events/iyof2011 /index.shtml

2011 ANNO INTERNAZIONALE DELLA CHIMICA 6 - 9 gennaio LAS VEGAS (USA) CES (CONSUMER ELECTRONICS SHOW) La manifestazione fieristica dell’elettronica di consumo che apre l’anno si preannuncia densa di novità. Tra queste si parla della

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A CURA DI PAOLA BAIOCCHI | PER SEGNALAZIONI SCRIVERE A BAIOCCHI@VALORI.IT

presentazione della Tv di Google e dalla consegna dei premi Technology & Engineering Emmy Award, da parte della National Academy of Television Arts & Sciences (NATAS) dedicati a riconoscere i contributi innovativi all’engineering dei programmi televisivi da parte di singoli ricercatori, aziende o altre organizzazioni. www.cesweb.org/events/default.asp 9 gennaio SUDAN REFERENDUM DI INDIPENDENZA DEL SUD SUDAN Il 9 gennaio si vota per il referendum sull’indipendenza del Sud Sudan, previsto dall’Accordo inclusivo di pace (Cpa), firmato a Nairobi (Kenya) nel 2005, che ha messo fine alla guerra ventennale tra Nord e Sud Sudan. All’approssimarsi della scadenza referendaria è in aumento la tensione tra Nord e Sud Sudan.

16 gennaio HAITI ELEZIONI PRESIDENZIALI E LEGISLATIVE Secondo turno delle elezioni che dovrebbero portare alla designazione del nuovo presidente di Haiti e alla formazione del nuovo Parlamento.

20 - 30 gennaio UTAH (STATI UNITI) SUNDANCE FILM FESTIVAL Dal 20 al 30 gennaio 2011 il cinema indipendente mondiale si troverà a Park City e a Ogden, nello Stato dello Utah, a mostrare le proprie creazioni nel Sundance Film Festival. La manifestazione è nata nel 1978 con il nome Utah/US Film Festival; nel 1981 Robert Redford ha fondato il Sundance Institute, organizzazione no profit finalizzata al sostegno del lavoro di cineasti indipendenti. Nel 1985 il Sundance Institute diventa l’organizzatore del Festival, che nel 1991 viene ufficialmente rinominato Sundance Film Festival, dal nome di Sundance Kid, il bandito interpretato da Redford nel film Butch Cassidy del 1969. www.sundance.org/festival 23 gennaio REPUBBLICA CENTROAFRICANA ELEZIONI PRESIDENZIALI E PARLAMENTARI

26 - 30 gennaio DAVOS (SVIZZERA) MEETING ANNUALE DEL WEF 41simo annuale appuntamento del World Economic Forum (Wef), il club che riunisce i dirigenti delle circa 1.000 aziende leader in campo mondiale, i capi di governo, i rappresentanti della società civile, i capi spirituali, gli sportivi, i sindacalisti, I presidenti dei Consigli di Global Agenda 72, che rappresenta una rete di oltre 1.200 esperti, assieme agli innovatori in campo culturale e tecnologico. Il tema di discussione di questo inizio 2011 è “Condivisione di norme per la nuova realtà”, argomento spiegato così sul sito ufficiale del Wef: “riflette la preoccupazione principale di molti dirigenti oggi che vivono in un mondo sempre più complesso e interconnesso e al tempo stesso vivendo un’erosione dei principi e valori comuni”. Nel corso dell’anno si svolgeranno altri incontri del Wef, centrati sull’osservazione delle diverse aree di sviluppo economico mondiali: dall’Africa al Medioriente. www.sundance.org/festival

31 gennaio NIGER ELEZIONI PRESIDENZIALI E PARLAMENTARI Primo turno delle elezioni presidenziali.

6 - 11 febbraio DAKAR (SENEGAL) WORLD SOCIAL FORUM A dieci anni dalla sua costituzione, avvenuta a Porto Alegre in Brasile nel 2001, il Forum sociale mondiale si svolgerà in Africa e sarà l’occasione per l’incontro e la costruzione di reti tra migliaia di organizzazioni africane e internazionali che, attraverso più di venti forum nazionali e regionali, si confronteranno (nella foto: un momento del Forum sociale a Belém, Brasile 2009). fsm2011.org/en/frontpage


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economiaefinanza

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A CURA DI MICHELE MANCINO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

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altrevoci

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È ORA DI SUPERARE IL DECENNIO DEL “GRANDE ZERO”

WECONOMY: SIAMO QUINDI SONO

30 ANNI FA BANKITALIA APPOGGIÒ AMBROSOLI

IMPRESE OLTRE LA LINEA DELLA CRISI

POLITICA, MAFIA E VENT’ANNI DI COLLUSIONI

OLOCAUSTO I NAZISTI SCRIVEVANO AI MORTI

“Da ormai tre anni siamo nella morsa della crisi”. Esordisce così Alberto Berrini nel suo ultimo libro. Dopo il suo precedente lavoro, “Come si esce dalla crisi”, pubblicato nel 2009, l’autore, editorialista di Valori, torna ad analizzare la situazione economica che il mondo sta attraversando, cercando di capirne le cause, gli errori e le vie d’uscita, con un riferimento importante a Keynes e alla crisi del ’29. Un’analisi degli ultimi 10 anni, dal 2000 al 2010, definiti da Paul Krugman il decennio del “Grande zero”, perché, citando l’economista americano, “non è accaduto nulla di buono e nessuna delle cose ottimistiche e positive che credevamo sarebbero accadute ha finito con il concretizzarsi”. Il racconto dei tre anni della crisi, che si è evoluta, come ha osservato Deaglio, “come un virus che muta nel tempo”: dallo scoppio della tempesta dei subprime nel 2007 a quella del debito sovrano, che oggi sta travolgendo interi Stati e i titoli che hanno emesso. Una crisi che potrebbe sembrare superata nella sua fase più acuta, ma che, secondo Berrini, in nessuna delle sue manifestazioni è stata completamente superata. Sono stati adottati “interventi congiunturali, che non sono in grado di affrontare quei cambiamenti epocali irreversibili che hanno caratterizzato il primo decennio del nuovo secolo”, spiega l’autore, secondo cui, invece, “serve un nuovo paradigma come era stato quello keynesiano che aveva permesso di affrontare con successo la Grande depressione degli anni 30”.

Ci sono due aspetti interessanti in questo libro collettivo: il contenitore e il contenuto. “Weconomy” è in modalità 2.0. È navigabile: contiene infatti in ogni sezione i QR codes per collegarsi con lo smartphone alla corrispondente pagina web. È un progetto aperto, perché si trova la versione pdf scaricabile gratuitamente; libero, grazie alla licenza creative commons; infinito, cioè in versione beta perenne. Il we è la particella chiave, soluzione che ha nel contributo collettivo il suo senso più profondo. Le reti non sono solo un’infrastruttura, ma una modalità di lavoro che si confronta e condivide le conoscenze. La new economy è fatta di partecipazione, cambio dei poteri, trasparenza, valorizzazione delle diversità culturali. Imprenditori come Adriano Olivetti e Robert Bosch erano stati precursori di questa filosofia. Oggi con la rivoluzione digitale e i social network si assiste a una migrazione dal mondo reale a quello virtuale, dove si forma un’individualità collettiva. «Insieme, io sono».

Forse non c’era bisogno del papello dei Corleonesi, custodito da Ciancimino, per capire quale fosse l’intreccio politico-mafioso che attanagliava l’Italia del secondo dopoguerra. C’è chi a suo tempo denunciò quell’intreccio e, per questo motivo, pagò con la vita. Come accadde a Giorgio Ambrosoli, uomo onesto che scoperchiò la vicenda, collegata al dissesto delle banche di Michele Sindona. Sullo sfondo c’è la storia della Loggia massonica P2 di Licio Gelli che condizionò la vita democratica italiana e la vicenda del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. A distanza di oltre trent’anni, il delitto Ambrosoli ha ancora dei contorni inquietanti. È vero, si conoscono mandante ed esecutore, ma il vero buco nero è il ruolo a dir poco ambiguo che giocò in quella vicenda il potere politico. Il contributo di Giuseppe Guarino, avvocato e consulente della Banca d’Italia, getta nuova luce sull’attacco che subirono i vertici (Baffi e Sarcinelli) di via Nazionale, colpevoli di appoggiare l’iniziativa di Ambrosoli.

Per una volta nello scenario buio della crisi, i piccoli, anzi, i microimprenditori raccontano se stessi. Un libro che è voce corale di quelli che hanno reagito alla disfatta, senza piagnistei o autocommiserazione. L’intraprendere descritto in questo libro non parte dalla teoria, bensì dalle storie personali, dall’esperienza vissuta. Si raccontano pregi, paure e ricchezza della “spina dorsale dell’economia italiana”. Nel fare impresa non sempre c’è una motivazione chiara e precisa, c’è sempre una grande passione. Alla politica non si chiede nulla perché è lontana dalla realtà e quindi non può capire cosa provi un artigiano risucchiato dalla crisi e dalla globalizzazione che impongono spostamenti mentali e geografici, e la lettura di nuove mappe economiche. C’è chi è morto, ma c’è anche chi ha capito prima degli altri la direzione da prendere: “Anche un microimprenditore deve tendere il collo, drizzare le orecchie e affinare il fiuto. Il mondo è una savana, noi le gazzelle!”.

Mafia e politica, un connubio che Giovanni Falcone definiva il “terzo livello” di Cosa Nostra. Gli ultimi vent’anni di tali collusioni e coperture tra criminali e pezzi dei partiti e delle istituzioni sono diventati un libro che scatta una fotografia esaustiva (e magari definitiva) sull’argomento. Un volume imponente - nato da uno straordinario lavoro di ricerca e documentazione e appassionante, grazie alla molteplicità prospettica che emerge. Nando dalla Chiesa interpreta i fatti come studioso dei fenomeni mafiosi, per storia personale e passione, ma anche da testimone diretto, protagonista fino a ieri nel corpo della politica e dello Stato e, infine, come di docente di Sociologia della Criminalità organizzata. La convergenza apre squarci di luce sulla trattativa Stato-mafia, sul papello di Riina, “sulla sinistra che fa le leggi che servono alla mafia” e sull’assalto della destra, “che alla mafia offre la dissoluzione del senso dello Stato”. È un libro che non fa sconti a nessuno e perciò è prezioso per tutti.

Briefaktion, “Operazione Posta”, così la chiamarono i nazisti. La macchina della distruzione di massa degli ebrei d’Europa, messa in piedi dai tedeschi, comprendeva anche l’arma della persuasione nei confronti dei parenti delle vittime della camere a gas. Questa unità speciale aveva il compito di riscrivere con lo stesso tono e lo stesso stile le lettere che i deportati nei campi erano stati costretti a scrivere ai parenti prima di essere uccisi. La “Soluzione finale” doveva rimanere segreta e le lettere in cui le vittime lodavano le condizioni di vita dei lager contribuivano ad alimentare la grande menzogna nazista. Morti che scrivevano ad altri candidati alla morte per dimostrare che la deportazione non nascondeva nulla di cattivo. Ma ai quaranta scrivani addetti a questa missione si presentò un imprevisto: il ministero per l’educazione del popolo e per la propaganda aveva dato l’ordine di rispondere a un vivo, Martin Heidegger. Il noto filosofo era da tempo in attesa di una risposta dal suo ottico ebreo al quale aveva chiesto un nuovo paio di occhiali.

DAVIDE IELMINI OLTRE LA LINEA

ALBERTO BERRINI NELLA MORSA DELLA CRISI APPUNTI PER UN NUOVO NEW DEAL

A CURA DI LOGOTEL WECONOMY

A CURA DI GIUSEPPE AMARI, IN DIFESA DELLO STATO AL SERVIZIO DEL PAESE

Diabasis, 2010

B.C.Dalay editore, 2010

Ediesse, 2010

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ANNO 10 N.85

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DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

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Confartigianato Varese, 2010

NANDO DALLA CHIESA LA CONVERGENZA, MAFIA E POLITICA NELLA SECONDA REPUBBLICA

Melampo Editore, 2010

narrativa

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250 CONSIGLI BIOLOGICI PER VIVERE IN SALUTE L’IRRESISTIBILE VENDEMMIA LETTERARIA DELL’AGLIANICO Definire uno scrittore “il Philip Roth italiano” è come dire a un calciatore che gioca come Maradona. Così è stato chiamato Gaetano Cappelli, paragonato, appunto, al mito della letteratura americana. Il suo nuovo libro (come il titolo rivela) è molto originale. Che cosa sa Riccardo Fusco del vino Aglianico, conosciuto anche come il barolo del Sud? Intorno a questo millenario vitigno si svolge la storia del protagonista e dei suoi “gregari”: Graziantonio Dell’Arco uno degli uomini più ricchi e famosi d’Italia e il dandy Yarno Cantini. C’è posto anche per Chatryn Wally Triny, critica newyorkese, che deve scegliere qual è il vino migliore del mondo, e per la strega Lia la Bavosa, detentrice dei segreti della magia lucana. L’avido latifondista Michelantonio Dell'Arco da improbabile re del gas metano si trasformerà in re della gassosa, mentre l’artista Mikail Nikolaevic Trepulov è costretto a dipingere ritratti di Stalin. GAETANO CAPPELLI STORIA CONTROVERSA DELL’INARRESTABILE FORTUNA DEL VINO AGLIANICO DEL MONDO

Marsilio, 2010

Ceci contro il colesterolo cattivo, camomilla romana contro il mal di testa, borragine sudorifera e fiori di fava contro le infiammazioni renali. Sono alcuni dei 250 consigli rigorosamente bio de “Il piccolo libro verde della salute”, una guida per conoscere tutti quei consigli della nonna che fanno bene, non hanno controindicazioni e ti fanno anche risparmiare. «Adoperare il bicarbonato per pulire, l’aceto al posto dell’ammorbidente e la farina di semi di lino per far passare la tosse a tuo figlio portano a un miglior uso delle risorse, rispettando l’ambiente e noi stessi», spiega l’autrice, Francesca Sassoli. «L’anno scorso ho pubblicato “Il piccolo libro verde del bambino” con 250 consigli bio per crescere gli uomini e le donne di domani in ambienti domestici puliti senza l’abuso di sostanze potenzialmente tossiche, mangiando in modo sano e usando, almeno in prima battuta, rimedi naturali per i raffreddori. Ha funzionato e quindi ecco una guida per tutti». FRANCESCA SASSOLI IL PICCOLO LIBRO VERDE DELLA SALUTE 250 CONSIGLI RISPARMIOSI PER VOI E PER L’AMBIENTE

THAISA FRANK GLI OCCHIALI DI HEIDEGGER

Morellini editore collana Econsigli, 2010

Neri Pozza, 2010 |

ANNO 10 N.85

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DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

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A CURA DI CORRADO FONTANA | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A FONTANA@VALORI.IT

NATALE SOSTENIBILE SOTTO IL TENDONE

ECCO!, LO SPEEDY BOY ECOLOGICO DI ROMA

Per il 14° anno torna a Milano il tendone bianco del Banco di Garabombo, il mercato del commercio equo e solidale che l’anno scorso ha registrato circa 40 mila visitatori. Uno spazio unico per chi si propone regali e acquisti responsabili, in cui, oltre al commercio equo, si trovano prodotti realizzati in carcere, alimentari biologici e di filiera corta e prodotti provenienti da terreni confiscati alle mafie; o abbigliamento e accessori, cosmetici naturali, prodotti dell’artigianato etnico, i libri e le riviste. E quest’anno la sostenibilità sotto il tendone arriva in modo particolare da dentro le mura dei penitenziari italiani. Ci sono le leccornie nate all’interno del laboratorio di pasticceria del carcere di Verbania col marchio Banda Biscotti, per un’iniziativa che coinvolge l’agenzia di formazione CFPP Casa di Carità Onlus e la Cooperativa Divieto di Sosta. C’è il «vino giusto per momenti di evasione», che arriva dalla cantina del Carcere di Velletri (Roma). Ma se invece volete proprio esagerare non vi resta che provare le golosissime Dolci evasioni di pasta di mandorle, lavorate nel Carcere di Siracusa, nel laboratorio gestito dalla cooperativa sociale L’Arcolaio.

A ridurre le emissioni nocive si comincia anche dal piccolo, seppure in una grande città. Pensate se tutti i “pony express” di Roma, o magari anche di Milano, Napoli, New York, fossero scooter o mezzi silenziosi e che non bruciano idrocarburi. Il sogno comincia a materializzarsi nella Capitale, dove è nato EcCo!, primo corriere completamente ecologico che promette di risparmiare 150 tonnellate di CO2 l’anno. EcCo! sta per Ecological Courier e Massimiliano Pontillo, presidente della società che ha lanciato il servizio, oltre a garantire efficienza e costi contenuti, punta proprio sul rispetto dell’ambiente: «Ora è possibile spedire senza produrre gas serra, smog, inquinamento acustico». In concreto, il merito va a una “flotta” di veicoli composta da 30 scooter, 5 macchine e 5 bici elettrici con pedalata assistita. Non solo. EcCo! punta a limitare l’impatto del proprio lavoro anche impiegando buste, packaging, tagliandi e cancelleria fatti di materiali ecologici, ricaricando i propri veicoli con energia da fonti rinnovabili e partecipando a progetti di riforestazione in città.

www.chicomendes.it

www.ilcorriereecologico.it

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terrafutura

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VECCHI MOBILI RIVIVONO NELL’ARTE A RAVENNA LA FIERA DEL BARATTO E DEL RIUSO “Baratto” e “riuso”, concetti di un’economia alternativa, lontana da un mercato che si alimenta della propria autodistruzione continua. Il prossimo 6 gennaio, nei Giardini Speyer di Ravenna, questi concetti diventeranno realtà in una fiera giunta alla sua terza edizione e capace di riassumere in sé una molteplicità di significati legati all’idea di società sostenibile. A organizzare la manifestazione - che l’anno scorso ha visto la partecipazione di almeno un migliaio di cittadini - è un servizio di mediazione sociale del comune chiamato Cittattiva, gestito da operatori della cooperativa Villaggio Globale, che da qualche settimana raccoglie abiti, mobilio, giocattoli e ogni altro tipo di oggetto possa avere nuova vita nelle mani di nuovi proprietari: materiali consegnati dagli abitanti del quartiere e raccolti da bambini e ragazzi, che fanno a gara per poter vincere percorsi educativi alla sostenibilità per la propria scuola. Alla fiera nessuna contrattazione in denaro, perché ogni oggetto vale un gettone di legno (anch’essi donati da un’azienda locale e prodotti da materiali di recupero), e il riuso si insegna anche attraverso laboratori tessili e sfilate di abiti basati su stoffe di riciclo. E se questo non bastasse, la fiera vanta un altro valore sociale importante: organizzata in un quartiere di frontiera e animata da volontari di ogni provenienza, l’anno scorso si è rivelata un’ottima occasione di conoscenza e integrazione tra gli abitanti del quartiere, italiani e stranieri.

Angelo è un artista e un artigiano, recupera interi mobili destinati a essere buttati via o singoli pezzi e gli dona nuova vita, forma e veste, e quindi nuova usabilità. Maddalena, la sua compagna, è una giornalista e si occupa della comunicazione, ma, soprattutto, immagina e scrive storie che si accompagnano ad ogni creazione, ciascuna unica e irripetibile come le opere di Angelo. Questa è la sintesi del lavoro di recupero creativo sviluppato da Ecocreo, laboratorio nato pochi mesi fa a Bologna, in cui si impiegano materiali e vernici naturali, si arricchisce ogni pezzo con inserti di lamine di rame battute a mano e pietre dure. Così accade che un vecchio baule si trasformi e torni a nascere, combinandosi con una cassettiera laterale e acquisendo una diversa apertura. Ma Ecocreo è anche riuso, recupero e, addirittura, una filosofia di vita che valorizza il rapporto con la “madre terra” e coi materiali della natura, in un percorso che si avvicina spesso all’arte. Sul sito ci sono informazioni e foto, e un blog per dialogare con l’artigiano. Presto i pezzi in vendita verranno esposti.

www.cittattivaravenna.it/fiera-del-baratto-e-del-riuso

www.ecocreo.it

www.villaggioglobale.ra.it

www.artvisionary.it

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ANNO 10 N.85

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DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

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A CURA DI FRANCESCO CARCANO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

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INSEGNA A CAPIRE LA FINANZA E LA FINANZA ETICA IPHONE PER MONITORARE LA QUALITÀ DELL’ACQUA

FINANZIARE PROGETTI CON FONDI DALLA RETE

Una application sviluppata con Ibm permette ai telefonini Apple di essere utilizzati dai cittadini per monitorare la qualità delle acque dei torrenti. Grazie al Gps integrato (lo stesso sensore di movimento che consente ai navigatori satellitari di segnare i percorsi) ogni anomalia notata dai passanti, anche nei rivoli dei torrenti, può essere istantaneamente segnalata con geolocalizzazione ai controllori. A utilizzare per primo questa “app” è stato il Water Control Board della California, cui compete il controllo di migliaia di chilometri di fiumi e torrenti. Sul sito dell’applicazione sono visibili alcune mappe con i tipici segnalini che indicano la presenza di commenti, fotografie e approfondimenti postati dagli utenti. I dati forniti vengono caricati in tempo reale all’interno di un database centrale e possono essere monitorati e valutati dagli utenti della Rete e dalle autorità responsabili del controllo delle risorse idriche.

Come finanziare un progetto senza dover corteggiare gli onnipresenti sponsor commerciali? Esistono già in Rete numerosi progetti di crowfunding, raccolte di denaro on line finalizzate ai più diversi progetti, personali o collettivi, con vocazione business o pura finalità sociale. Kapipal è un progetto creato da Alberto Falossi e la sua carta di intenti esordisce spiegando che “il tuo capitale sono i tuoi amici”. Siamo nell’era dei social network e, quindi, si prevede che la rete amicale, anche costruita su relazioni puramente virtuali, possa soccorrere in caso di necessità o investire in caso di nuove progettualità che il mercato non intende sostenere. Tra le altre opportunità già esistenti il progetto non profit di Youcapital, realizzato dall’associazione culturale Pulitzer, specificamente dedicato alla produzione di contenuti giornalistici e di informazione.

L’APPELLO PER LA LIBERTÀ DI WIKIPEDIA CHAOS, IL COLLETTIVO DI HACKER CHE METTE IN GUARDIA I GOVERNI Per hacker e “smanettoni” il collettivo Chaos Computer di Berlino è uno dei simboli della capacità di resistenza di fronte allo strapotere informatico dei governi. Alla vigilia del rilascio di oltre 60 milioni di nuovi documenti di identità elettronici in Germania, tutti dotati dei nuovi chip con tecnologia Rfid, Chaos si è sbizzarrito a violarne la sicurezza per dimostrare come la tecnologia rappresenterebbe un pesante rischio per la privacy. I rilievi che il collettivo ha mosso riguardano innanzitutto la facilità con cui degli hacker esperti potrebbero copiare contenuti e identità inserite nel microchip. Sono operazioni che sarebbero impossibili per l’internauta e l’informatico medio (le nuove carte sono compatibili con lo standard bancario Hbci considerato ad alto livello di sicurezza), ma possibili tanto per l’hacker navigato quanto per la delinquenza informatica. Un ulteriore baco riguarda la possibilità di apporre delle firme elettroniche a documenti legali, inserendo dei testi aggiuntivi in JavaScript nel corpo del documento, con possibili relativi strascichi legali e incertezza sul testo completo del documento firmato.

Quanto vale la libertà della più vasta e conosciuta enciclopedia on line gratuita? Come ogni anno l’appello del fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales, arriva puntuale. L’indipendenza da sponsor privati e da banner pubblicitari è uno dei punti di forza del progetto, che conta su oltre 380 milioni di utenti l’anno ed è il quinto sito per importanza a livello mondiale. La richiesta per garantire un sereno e proficuo 2011 è di sedici milioni di dollari, il doppio rispetto all’anno precedente. La lettera per la richiesta di donazioni è stata inviata a tutti gli utenti registrati ed è disponibile sul sito, insieme ai bilanci della società. Sue Gardner, direttore esecutivo della Wikimedia Foundation, ha così spiegato la scelta di rivolgersi ancora una volta direttamente al pubblico degli utenti e collaboratori volontari per il finanziamento: «Wikipedia è un’enciclopedia della gente, è scritta da gente comune ed ha senso che proprio la gente comune paghi per sostenerla».

UN CORSO INTENSIVO

PER FORNIRE GLI STRUMENTI

per capire quello che sta accadendo nel mondo in questo delicato momento. La crisi che, dai mercati finanziari, arriva a colpire l’economia reale, quindi le monete e gli stessi Stati. Il funzionamento delle Borse; derivati, futures e hedge funds; le bolle finanziarie; la fiscalità. Per arrivare alle soluzioni alternative fornite dalla finanza etica e dagli investimenti socialmente responsabili. AI PARTECIPANTI VERRANNO FORNITI

dispense, l’accesso al sito internet con tutti i materiali e l’accesso streaming on line per i fuori sede, un attestato di partecipazione, un abbonamento gratuito a Valori per un anno... e molto altro QUANDO 15, 22 e 29 gennaio 2011 Per 3 sabati dalle ore 10.00 alle 19.00 + 1 fine settimana residenziale 5 e 6 febbraio 2011 presso la cooperativa agrituristica Valli Unite (www.valliunite.com) a Costa Vescovato (Al) DOVE a Milano in via Pecchio 9 (a 150 metri dalla fermata MM di Loreto) PER CHI Per operatori del mondo finanziario interessati alla finanza etica; giornalisti che vogliano approfondire temi di grande attualità e con notevoli sbocchi professionali; studenti che pensino di arricchire la propria esperienza e il curriculum, esponenti del mondo dell’associazionismo e tutti coloro che vogliano capire il mondo che ci circonda. CHI INSEGNA Andrea Di Stefano, direttore del mensile Valori Andrea Fumagalli, docente di Economia all’università di Pavia Alessandro Santoro, docente di Scienza delle finanze all’università di Milano Bicocca Riccardo Milano, formatore di finanza etica per Banca Etica Mauro Meggiolaro, esperto di investimenti responsabili (Merian Research) Roberto Romano, ricercatore economico CGIL Lombardia Coordinatore per la didattica: Massimiliano Lepratti

È possibile iscriversi entro il 10 gennaio 2011 Il corso avrà inizio solo con un minimo di 20 iscritti TUTTE LE INFORMAZIONI SUL SITO INTERNET | 70 | valori |

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DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

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www.corsivalori.it


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VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

PAESE

Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways

Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari

Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania

CORSO DELL’AZIONE 23.11.2010

RENDIMENTO DAL 23.11.09 AL 23.11.2010

0,38 € 25,11 € $0,82 $124,53 $7,12 43,56 € CHF 43,56 21,70 € £55,00 2,43 € kr 44,05 25,49 € 62,00 € 20,10 € 3,20 € 15,49 € 10,10 € $25,73 $15,97 2,90 €

-49,33% -36,43% -42,51% 7,63% 51,94% -18,70% 81,00% -39,44% -10,50% -77,60% -48,70% 32,90% 38,58% 22,64% 5,26% -22,24% -58,78% -23,68% -21,05% 3,57%

-10,27% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

I cavalli sbagliati dell’indice solare a cura di Mauro Meggiolaro

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UN’IMPRESA AL MESE

ON IL NUMERO DI NOVEMBRE AVEVAMO CHIUSO LA RUBRICA, decretando la sconfitta del solare in borsa negli ultimi due anni. Poi molti lettori ci hanno scritto per capire – 10,27% Valori Solar Energy Index meglio i motivi per cui i produttori di moduli, celle, inverter, ecc., sono crollati in modo così catastrofico. Molti di questi motivi li abbiamo già spiegati: taglio dei sussidi pubEurostoxx 50 + 8,67% blici, chiusura dei rubinetti del credito a causa della crisi finanziaria, concorrenza spietata dei produttori cinesi. Ma vale la pena sottolineare alcune sfumature. Lo facciamo riaprendo la ru- Rendimento 23.11.2009 -23.11.2010 brica, per chiuderla poi definitivamente e ripartire con un nuovo progetto a febbraio. Per sottoliQ-Cells www.qcells.de neare meglio alcuni aspetti del nostro Sede Thalheim, Germania investimento virtuale nelle imprese del solare abBorsa FSE – Francoforte sul Meno biamo ristretto l’orizzonte di investimento, conRendimento dal 23.11.2009 al 23.11.2010 –77,59% centrandoci sugli ultimi dodici mesi. Come vedeAttività Q-Cells produce celle fotovoltaiche di silicio per panelli solari. Nel marzo del 2010 ha cambiato management e strategia. Da produttore di celle solari e costruttore di impianti solari chiavi in mano te il risultato non cambia molto. Si notano però di grandi dimensioni, si è trasformato in “fornitore di soluzioni fotovoltaiche”, specializzandosi con maggiore chiarezza i “cavalli sbagliati” su cui nell’installazione di impianti di media dimensione e nella produzione di moduli solari cristallini. abbiamo puntato. Uno su tutti: Q-Cells, la granRicavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2008 de promessa, non mantenuta, del solare tedesco. 187,3 2.780 2009 1.251,3 2.564 Una società che ha scommesso sulle celle solari e sui progetti di grandi dimensioni. Ma il prezzo 801,6 delle celle è crollato e le dimensioni dei parchi solari si sono rimpicciolite. E Q-Cells ha perso in un –1.356,2 anno quasi l’80% del suo valore in un anno.

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ANNO 10 N.85

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DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

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Riforme delle pensioni

valori

Europei più poveri

Anno 10 numero 85. Dicembre 2010 Gennaio 2011. € 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

valori

Anno 10 numero 85. Dicembre 2010 Gennaio 2011. € 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Torino 2006

Fotoreportage > Torino 2006

A ANNI LA RIFORMA DEI SISTEMI PENSIONISTICI PUBBLICI è nell’agenda di quasi tutti i governi e, in tempi di crisi della

finanza pubblica e dei mercati finanziari, lo è ancor più drammaticamente oggi, che anche la pensione complementare è entrata a regime. In Italia, come altrove del resto, è noto che si andrà in pensione sempre più tardi (in ragione dei trend demografici previsti) e con aspettative di entrate sempre minori e incerte (a causa dei vincoli di spesa e della volatilità dei mercati): chi inizia oggi a lavorare avrà una pensione di base pari a circa la metà del proprio stipendio e difficilmente riuscirà ad integrarla significativamente con la pensione complementare, a meno di enormi sacrifici. Ma perché la pensione di base sarà così bassa? Ci sono di fatto due ragioni, la prima di natura prettamente politica. Esattamente 15 anni fa la riforma Dini sanciva che la pensione non fosse più un diritto per così dire assoluto, come lo sono la salute, l’istruzione o la sicurezza, diritti per i quali lo Stato si fa carico di tutti i costi, comprensivi degli eventuali ammanchi di cassa. Ulteriori revisioni di quella riforma hanno stabilito che la spesa pensionistica, quantunque non in deficit, non dovesse essere più a carico dello Stato se non in una certa misura. Un po’ come se domani si stabilisse per legge che la spesa sanitaria debba essere finanziata con contributi speciali, non eccedere certe soglie e non andare mai in passivo. Difendere tale scelta, soprattutto dopo che i governi hanno di fatto stampato moneta pur di salvare dal fallimento enti privati come le banche, spetta alla politica, anche se molte perplessità sembrano fondate. La seconda ragione, squisitamente tecnica, sta nelle assunzioni, La previdenza in Italia inconfutabili e al contempo indimostrabili, alla base dei modelli che è monitorata con sistemi la Ragioneria dello Stato usa per monitorare i trend di spesa e supportare la cui efficacia è dubbia. le revisioni triennali dei famosi “coefficienti di trasformazione”, che traducono Sarebbe invece più utile il montante dei contributi versati in rendita vitalizia. Sono questi i modelli che uno sfrozo per far leva sugli equilibri di bilancio ci dicono, ad esempio, che nel 2060 il saldo migratorio sarà di 198 mila unità (un terzo in meno che nel 2005, un dato verosimile solo se imposto per legge); che la speranza di vita per noi maschi raggiungerà gli 85 anni (speriamo di sì); che il tasso di fecondità sarà pari a 1,58 e che i tassi di occupazione e di attività rimarranno sostanzialmente invariati (speriamo di no). Su queste stime, che peraltro agiscono su un capitolo di spesa aggregato, che oltre alla previdenza considera anche l’assistenza non coperta da contributi (pensioni sociali e, soprattutto, cassa integrazione e altri ammortizzatori sociali), si gioca ogni tre anni il futuro pensionistico di tutti i lavoratori. I dati reali, se è vero che lo scorso anno l’avanzo di cassa del comparto dei lavoratori dipendenti gestito dall’Inps ha superato i cinque miliardi di euro, dicono che ad oggi non c’è un rischio imminente di passivo di sistema nella gestione previdenziale. Non sarebbe più opportuno, allora, agire sulle variabili che incidono sull’equilibrio di bilancio (occupazione, apporto degli immigrati, recupero del sommerso) e ipotizzare, se necessaria, una revisione dei carichi contributivi per fasce di reddito piuttosto che limitarsi a frazionare i coefficienti di trasformazione? Un tale sforzo appare necessario anche alla luce dei rendimenti dei fondi pensione integrativi (-21.4% nell’area Ocse nel 2008, in recupero solo del 10% l’anno successivo), che di certo non aiutano molto quei lavoratori che si ritrovano oggi esposti “per legge” alle dinamiche dei tassi di interesse e alla volatilità dei mercati in quanto azionisti o creditori di imprese e governi sotto il mirino della speculazione. todebate@gmail.com

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NECESSITÀFOTOGRAFICA

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NECESSITÀFOTOGRAFICA

dal cuore della finanza londinese Luca Martino

Dossier > Un tesoro miliardario attira speculazione finanziaria, riciclaggio e la mafia

Dossier > Un tesoro miliardario attira speculazione finanziaria, riciclaggio e la mafia

Finanza > Tra ostacoli e paradossi, le banche europee alla sfida di Basilea Economia solidale > L’Eldorado invisibile. La biodiversità vale 5 mila miliardi Internazionale > Tra Stati Uniti e Sudamerica potrebbe arrivare una nuova stagione

Finanza > Tra ostacoli e paradossi, le banche europee alla sfida di Basilea Economia solidale > L’Eldorado invisibile. La biodiversità vale 5 mila miliardi Internazionale > Tra Stati Uniti e Sudamerica potrebbe arrivare una nuova stagione

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

La bolla sportiva

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