Accordi di Basilea

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Gli Accordi di Basilea sulla vigilanza bancaria


Indice Introduzione I. Il Comitato di Basilea e gli Accordi sul capitale II. I 3 pilastri dell’Accordo III. Il 1^ pilastro: i requisiti patrimoniali minimi III.1 Il rischio di credito BOX Metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali minimi III.2 Rischio di mercato III.3 Rischio operativo III.4 Patrimonio di vigilanza Testo tratto da “Banca Popolare Etica e l’applicazione delle regole di Basilea - Effetti sul credito al Terzo settore”, Tesi di Master di Marilena Raule Economia della Cooperazione MUEC Università di Bologna Supervisor Riccardo Milano Banca Popolare Etica Aggiornamento Basilea 3 Andrea Baranes Fondazione Culturale Responsabilità Etica onlus Editing Irene Palmisano Fondazione Culturale Responsabilità Etica onlus Testi chiusi il 28/2/2011

IV. Il 2^ pilastro: il controllo prudenziale dell’adeguatezza patrimoniale IV.1 I principi del processo di controllo prudenziale IV.2 Le fasi del processo del controllo prudenziale

V. Il 3^ pilastro: la disciplina di mercato VI. Il Passaggio a Basilea 3 BOX Basilea 3 nuove misure prudenziali

VII. Basilea e il Terzo Settore Piccolo glossario %LEOLRJUDȴD Siti


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Gli Accordi di Basilea sulla vigilanza bancaria

Introduzione L’accordo di Basilea è una delle misure piĂš La quantitĂ di capitale da tenere a disposiimportanti di regolamentazione del sistema ]LRQH YDULD D VHFRQGD GHO ULVFKLR GHO Č´QDQbancario. Dopo la crisi del 1929 furono introziamento concesso. L’accordo prevede una dotte diverse normative per il settore bancapercentuale di capitale pari all’8% di ogni ULR H Č´QDQ]LDULR 0ROWH GL TXHVWH OHJJL VRQR prestito accordato e che viene poi “pesataâ€? a state progressivamente smantellate negli ulseconda del rischio. Per taluni prestiti il catimi 30 anni, sull’onda dell’ideologia neolibepitale da tenere a disposizione sarĂ il 100% ULVWD 0DOJUDGR WDOH GHUHJRODPHQWD]LRQH OH di questo 8%, per altri una percentuale minobanche sono comunque sotre, per altri ancora piĂš del toposte a diversi controlli. 100%. L’accordo di Basilea, in sĂŠ L’accordo di Basilea ha non vincolante ma che deve introdotto un sistema di mi'RSR OD FULVL Č´QDQ]LDULD poi essere recepito dai singoli del 2007 – 2008 ci si è accorsurazione dell’adeguatezza Paesi, rappresenta un tentatipatrimoniale delle banche, ti che l’accordo originale di vo di promuovere delle regoBasilea e la nuova versione le comuni per il sistema ban- con la previsione di requisiti Basilea II non erano stati in cario internazionale. minimi di capitale a fronte grado di limitare il rischio del rischio di credito per le banche. Per questo In termini non rigorosi e per è stato avviato un procesVHPSOLČ´FDUH OȇDFFRUGR SUHso che dovrebbe portare vede che le banche debbano all’approvazione in tutte tenere a disposizione un certo patrimonio, le maggiori economie del pianeta dell’accorin modo da poter fare fronte all’eventualitĂ do di Basilea III. In realtĂ sono molte altre FKH DOFXQL SUHVWLWL QRQ YDGDQR D EXRQ Č´QH le riforme, anche sostanziali, necessarie per e per tutelare la clientela e la stabilitĂ dello HYLWDUH FKH LO VLVWHPD EDQFDULR H Č´QDQ]LDULR stesso sistema bancario. Il ragionamento è il sia responsabile di una crisi paragonabile a seguente: su migliaia di prestiti concessi dalle quella degli scorsi anni: dalla chiusura del banche, un certo numero andranno in default sistema bancario ombra alla regolamentae i soldi non verranno restituiti. Se la banca zione delle cartolarizzazioni, dei derivati a non ha risorse proprie che può utilizzare per molti altri aspetti. In quest’ambito, l’accordo FRSULUH WDOL SHUGLWH VL WURYHU¢ LQ GLÉ&#x;FROW¢ di Basilea rappresenta un importante tasselmettendo a rischio i depositi dei clienti e dei lo del percorso di ri-regolamentazione della risparmiatori. Č´QDQ]D

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I. Il Comitato di Basilea e gli Accordi sul capitale Nato nel 1974 per iniziativa dei Governatori delle Banche centrali del G101, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria rappresenta un organismo di consultazione all’interno della Banca per i Regolamenti Internazionali (Bank for International Settlements: BIS) il cui scopo è rafforzare la cooperazione tra le autorità di vigilanza nell’ottica di una maggiore stabilità del sistema bancario internazionale. A questo scopo il Comitato approfonGLVFH OR VWXGLR H LO GLEDWWLWR VX VSHFLȴFL WHPL di vigilanza, sviluppa linee guida e requisiti standard per le società creditizie, favorendo la convergenza tra sistemi regolamentari e gestionali internazionali. Il contributo più noto del Comitato è rappresentato dall’Accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali, che ha avuto la sua prima formulazione nel 1988 e che è stato progressivamente introdotto non solo nei paesi membri ma anche in numerosi altri Stati che hanno aderito alla convenzione. L’Accordo introdusse un sistema di misurazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche, con la previsione di requisiti minimi di capitale a fronte, in particolare, del rischio di credito. L’inadeguatezza dimostrata dall’Accordo nel saper allineare i requisiti di capitale con

i rischi sopportati dalle banche, ha condotto, attraverso il confronto con le autorità di vigilanza dei vari paesi ed una serie di indagini quantitative, ad un ridisegno della regolamentazione avvenuto con il Nuovo Accordo di Basilea, c.d. “Basilea 2”, pubblicato a giugno 2004 e successivamente completato e agJLRUQDWR FRQ QXRYL HOHPHQWL ȴQR DOOD YHUVLRQH GHȴQLWLYD GHO 2. L’attenzione del Comitato per la stabilità del sistema bancario internazionale si sviluppa in una continua attività di consultazione e di formulazione di proposte per aumentare l’afȴGDELOLW¢ GHOOH EDQFKH H QHO SURPXRYHUH XQ PLJOLRU HTXLOLEULR IUD LQQRYD]LRQH ȴQDQ]LDria e crescita sostenibile. Attualmente il CoPLWDWR ª LPSHJQDWR QHOOD GHȴQL]LRQH GL QXRYH stringenti misure che andranno a costituire il nuovo impianto regolamentare, denominato Basilea 3. Obiettivo del nuovo Accordo sarà di incrementare la qualità e consistenza del capitale di vigilanza, rinforzare gli standard di liquidità, scoraggiare l’eccesso di leverage e di esposizione al rischio da parte della banche e ridurre l’effetto di pro-ciclicità3.

1 G10. Gruppo fondato nel 1962 dalle dieci maggiori economie occidentali: Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti, Svezia. Nel 1984 si è unita anche la Svizzera.

3 L’Accordo di Basilea 3 ha trovato approvazione da parte del Gruppo dei governatori e supervisori durante il mese di settembre 2010 e sarà presentato al vertice del G20 che si terrà a Seul in novembre 2010. L’entrata a regime della riforma è prevista per il 2019.

2 L’Accordo di Basilea sul capitale ha trovato attuazione in Italia con la circolare 263 del 27 dicembre 2006 della Banca d’Italia, recante “Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche”.

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Tabella 1. I tre pilastri di Basilea 2.

II. I 3 pilastri di Basilea II L’obiettivo fondamentale dell’Accordo è il rafforzamento della soliditĂ e stabilitĂ del sistema bancario internazionale, promuovendo l’adozione di solide prassi di gestione del rischio, che si traducono essenzialmente nella previsione di adeguati requisiti patrimoniali. Il nuovo Accordo di Basilea si è evidenziato, tuttavia, per aver introdotto due nuovi presupposti, altrettanto fondamentali per JDUDQWLUH OȇDÉ&#x;GDELOLW¢ GHO VLVWHPD EDQFDULR La logica di fondo dell’Accordo, infatti, si sviluppa su tre pillars, pilastri, della vigilanza bancaria: i requisiti patrimoniali minimi, il controllo delle Banche Centrali, la disciplina di mercato.

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Questo insieme di previsioni mira ad assicurare una misurazione accurata di un ampio novero di rischi e a pervenire ad una dotazione patrimoniale piÚ strettamente commisurata all’effettivo grado di esposizione al rischio di ciascun intermediario. Stimola, inoltre, le banche a migliorare le prassi gestionali e le tecniche di misurazione dei rischi, anche in ragione dei possibili risparmi patrimoniali; YDORUL]]D LQȴQH LO UXROR GLVFLSOLQDQWH GHO PHUFDWR FRQ OȇLQWURGX]LRQH GL VSHFLȴFL REEOLghi di informativa al pubblico. Gli effetti della regolamentazione bancaria non coinvolgono i soli istituti vigilati ma si estendono ai soggetti su cui la vigilanza va ad


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Le parti dell’Accordo DIRETTE

INDIRETTE

Banche erogatrici

Clienti affidati

Gruppi bancari Banche internazionali Banche Nazionali SocietĂ Mobiliari

Stati Banche centrali Banche e Sim Imprese Enti pubblici e privati Privati

Inoltre Organi ausiliari del credito (Confidi)

Organi di controllo (Banca d’Italia)

Organi legislativi (per l’attuazione degli accordi a livello nazionale)

Tabella 2. Le parti dell’Accordo

incidere indirettamente (imprese, risparmiatori, investitori, clienti), in relazione ai magJLRUL VWLPROL DOOȇHÉ&#x;FLHQ]D H DOOD FRQFRUUHQ]D promossi nel settore bancario. Le conseguenze economico-organizzative si riverberano soprattutto sulle “contropartiâ€? (prenditori, GHELWRUL DÉ&#x;GDWL HFF RYYHUR VX FRORUR FKH ULFRUURQR DO FUHGLWR GHJOL LQWHUPHGLDUL Č´QDQziari. Le norme di vigilanza prudenziale si applicano agli istituti bancari sia che si tratti di soggetti individuali, sia che appartengano a gruppi di diversa complessitĂ ed articolazione.

Le regole in materia di patrimonio di vigilanza, requisito patrimoniale complessivo, valutazione dell’adeguatezza del capitale interno e concentrazione dei rischi sono applicate su base consolidate ai gruppi bancari; le banche appartenenti ai gruppi bancari devono rispettare anche su base individuale la disciplina, seppur con requisiti e limiti meno stringenti rispetto a quelli ordinari.

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III. Il 1^pilastro: i requisiti patrimoniali minimi I requisiti patrimoniali minimi, che ricoprono un ruolo centrale nella normativa di vigiODQ]D VRQR Č´VVDWL D SUHVLGLR GHOOD VWDELOLW¢ GL fronte ai rischi connessi con il complesso delle attivitĂ bancarie. L’Accordo di Basilea individua tre fondamentali tipologie di rischio:

- rischio di credito, deriva dalla probabilitĂ di incorrere in perdite legate all’inadempimento dei clienti affidati (incapacitĂ a restituire il capitale prestato o ad essere puntuale al pagamento alle scadenze); - rischio di mercato, è legato alla probabilitĂ di incorrere in perdite del valore degli investimenti effettuati dalla banca, a causa di movimenti sfavorevoli dei prezzi di mercato. - rischio operativo, è legato alle perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni. Elemento fondamentale a copertura del rischio sopportato è il patrimonio di vigilanza, che la banca deve costantemente detenere in misura non inferiore ai requisiti patrimoniali minimi determinati per ciascuna tipo-

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logia di rischio:

39ȸ39UF 3YUP 3YUR

con PV patrimonio di vigilanza e Pvrc, Pvrm, Pvro requisiti patrimoniali minimi detenuti a fronte del rischio, rispettivamente, di credito, di mercato, operativo.

Il rischio di credito è commisurato al totale dell’attivo bancario esposto a tale rischio. I requisiti patrimoniali minimi (Pvrc) sono, pertanto, determinati come misura del totale dell’attivo soggetto a rischio di credito cui viene applicata una ponderazione, la quale ha funzione di mitigare o eventualmente DFFHQWXDUH LO SHVR GL WDOXQL JUXSSL GL Č´QDQziamenti, in base alla rischiositĂ legata alle caratteristiche del prestito o del debitore. Si determinano in questo modo le AttivitĂ ponderate per il rischio (Risk Weighted Assets, RWA), le cui modalitĂ di calcolo sono diverse a seconda del metodo di valutazione adottato dalla banca. La componente del patrimonio di vigilanza detenuta a fronte del rischio di credito è espressa come funzione delle attivitĂ ponderate al rischio e, in particolare, non deve esse-


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Metodo Standard

AttivitĂ ponderate al rischio = Esposizione coefficiente di ponderazione

0HWRGR 5DWLQJ LQWHUQL

AttivitĂ ponderate al rischio = f (PD, LGD, EAD, M)

UH LQIHULRUH DOOȇ FRHÉ&#x;FLHQWH SDWULPRQLDOH minimo) delle R.W.A.

39 3YUP 3YUR 5:$ Il requisito prudenziale può essere espresso nuovamente come rapporto tra il patrimonio di vigilanza e il totale delle attivitĂ ponderate al rischio, denominato FRHÉ&#x;FLHQWH SDWULmoniale complessivo, che non deve essere inferiore all’8%: al denominatore le attivitĂ totali ponderate per il rischio e 12,5 reciproco di 8%. Rispetto a quanto previsto dal precedente Accordo, le regole di Basilea 2 sul patrimonio DL Č´QL GL YLJLODQ]D UHVWDQR VRVWDQ]LDOPHQWH LQYDULDWH QHOOD GHČ´QL]LRQH GL FRHÉ&#x;FLHQWH SDtrimoniale e nella misura minima dell’8%. Le differenze intervenute nella misurazione delle attivitĂ ponderate al rischio, attraverso l’introduzione di nuovi metodi piĂš puntuali per la valutazione della rischiositĂ , associano piĂš strettamente il patrimonio di vigilanza al merito creditizio delle esposizioni, quindi alla misura effettiva del rischio sopportato. Ciò comporta, nelle intenzioni del Nuovo Accordo, il superamento di fenomeni di ar-

bitraggio legati al fatto che requisiti patrimoniali poco elastici rispetto al rischio tendono a penalizzare portafogli con merito creditizio piĂš elevato.

III.1 Il rischio di credito La componente del rischio di credito, facendo riferimento all’attivitĂ caratteristica della banca, rappresenta la parte fondamentale dei requisiti patrimoniali e ad essa è dedicata un’attenzione particolare da Basilea 2. Come indicato sopra, il rischio di credito fa riferimento alla incapacitĂ da parte del debitore di far fronte, in tutto o in parte, agli obblighi di rimborso del capitale e di pagamento degli interessi. Legato al rischio di credito vi è il concetto di default, o stato d’insolvenza, con il quale, nell’ambito di Basilea 2, ci si riferisce non solo al caso in cui la banca valuti improbabile ottenere dal cliente il rimborso del prestito, ma anche al caso di ritardi nei pagamenti o nei ULPERUVL GL XQD R SLÂť SDUWL GHO Č´QDQ]LDPHQWR

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Metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali minimi

Le norme di vigilanza si applicano alle banche e ai gruppi bancari secondo i principi di proporzionalitĂ e gradualitĂ , cosicchĂŠ ciascun intermediario può applicare le metodologie di calcolo dei requisiti piĂš idonee alle proprie caratteristiche (dimensione, complessitĂ , ecc.) e articolare nel tempo l’accesso a metodologie e processi progressivamente piĂš avanzati. La componente del rischio di credito, facendo riferimento all’attivitĂ caratteristica della banca, rappresenta la parte fondamentale dei requisiti patrimoniali e ad essa è dedicata un’attenzione particolare da Basilea 2. Con il metodo standardizzato, le atWLYLW SRQGHUDWH DO ULVFKLR GL FUHGLWR 5:$ risk weighted assets) sono ricavate applicando alle esposizioni creditizie, suddivise in diverse classi a seconda della natura della controparte o delle caratteristiche del rapporto, coefficienti di ponderazione standard predefiniti dall’AutoritĂ di vigilanza oppure derivanti dalle valutazioni di merito creditizio espresse da agenzie di rating esterne specializzate. Se all’esposizione creditizia verso l’impresa X viene applicato il coefficiente di SRQGHUD]LRQH GHO DOORUD OČƒDWWLYLW ponderata per il rischio di quell’esposizione sarĂ pari all’intero importo erogato e su di esso si dovrĂ prevedere un accantonamento GHOOČƒ ,Q DVVHQ]D GL UDWLQJ H DJOL HQWL

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senza scopo di lucro viene applicato il FRHIILFLHQWH GHO ,O FRHIILFLHQWH PDVVLPR GHO YLHQH DSSOLFDWR DL VRJJHWWL dotati di rating peggiori. Minori coefficienti di ponderazione vengono riconosciuti a soggetti dotati di rating molto buoni, alle HVSRVL]LRQL DO GHWWDJOLR R UHWDLO H DOOH esposizioni coperte da garanzia ipotecaria ILQR DO Con il metodo dei rating interni, le attività ponderate al rischio di credito sono espresse come funzione di parametri che descrivono la rischiosità di esposizioni o debitori: probabilità di insolvenza (PD), perdita su insolvenza (LGD), esposizione su insolvenza (EAD), scadenza (M). Nel sistePD ,5% GL EDVH DOOH EDQFKH YLHQH FRQVHQtita la sola stima della PD, mentre gli altri parametri sono determinati dall’Autorità di vigilanza, contrariamente a quanto avviene nel sistema avanzato, in cui la banca stima direttamente tutte le variabili di rischio.

per un periodo superiore a 180 giorni4. Basilea 2 indica due metodologie alternative per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito e, in particolare, alla determinazione delle attivitĂ ponderate per il rischio (R.W.A.):

- il metodo Standardizzato

4 Il debitore si considera in ritardo su una obbligazione creditizia rilevante verso la banca se sono trascorsi: a) oltre 180 giorni, per i crediti al dettaglio e quelli verso gli enti del settore pubblico vantati nei confronti di soggetti residenti o aventi sede in Italia; b) ROWUH JLRUQL ȴQR DO SHU L FUHGLWL YHUVR le imprese vantati nei confronti di soggetti residenti o aventi sede in Italia; c) oltre 90 giorni per gli altri. (fonte: Banca d’Italia, Circolare 263/2006)


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,O FRHIILFLHQWH GHO VL DSSOLFD DOOH classi 5 e 6. - il metodo dei rating interni ,QWHUQDO 5DWLQJ %DVHG ,5%

A sua volta questo metodo, introdotto con il Nuovo Accordo, prevede due livelli:

,5% GL EDVH ,5% DYDQ]DWR Con il metodo standardizzato, le attivitĂ ponderate al rischio di credito (RWA) sono ricavate applicando alle esposizioni FRHÉ&#x;FLHQWL GL ponderazione crescenti all’aumentare della rischiositĂ . Con il metodo dei rating interni, le attivitĂ ponderate al rischio di credito sono espresse come funzione di variabili che descrivono la rischiositĂ di esposizioni o debitori: probabilitĂ di insolvenza (PD), perdita su insolvenza (LGD), esposizione su insolvenza ($' VFDGHQ]D 0

Tabella 4. Percentuali di ponderazione per classi di merito.

III.2 Rischio di mercato Fra le tipologie di rischio verso le quali la banca deve tutelarsi conservando in via continuativa requisiti patrimoniali, vi rientra il rischio derivante dall’operatività sui mercati ULJXDUGDQWH JOL VWUXPHQWL ȴQDQ]LDUL OH YDOXWH e le merci. /D QRUPDWLYD LGHQWLȴFD DOFXQH VRWWR FDWHJRrie di rischio:

1. con riferimento al portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza: - rischio di posizione; - rischio di regolamento; - rischio di concentrazione; 2. con riferimento all’intero bilancio: - rischio di cambio;

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- rischio di posizione su merci. I requisiti patrimoniali minimi per il rischio di mercato possono essere calcolati secondo una metodologia a “building blockâ€?, sommando i requisiti misurati per ciascuna tipologia di rischio sopra elencata (metodo standardizzato), oppure mediante il metodo dei modelli interni, praticabile nei soli casi di rischio di posizione, cambio e posizione su merci. I modelli interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di mercato si basano sul controllo quotidiano dell’esposizione al rischio, calcolata attraverso un approccio fondato su procedure statistiche (approccio del “valore a rischioâ€?, VaR). Particolare importanza ha poi l’effettuazione di rigorose prove di stress che hanno lo scopo di valutare l’adeguatezza patrimoniale della banca di fronte a numerosi scenari di turbativa dei mercati e ai conseguenti effetti di liquiditĂ . Le prove di stress permettono, inoltre, di individuare le misure da intraprendere per ridurre il rischio e preservare il patrimonio. La determinazione dei requisiti patrimoniali minimi non esaurisce, infatti, la pratica prudenziale che l’intermediario deve attuare per tutelarsi dal rischio di mercato, data la volatilitĂ di titoli e valute e, in generale, la rischiositĂ dei mercati.

III.3 Rischio operativo Il rischio operativo fa riferimento alle perdite derivanti dall’inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni. Possono essere provocate da frodi, errori umani, interruzioni dell’operativitĂ , indisponibilitĂ dei VLVWHPL LQDGHPSLHQ]H FRQWUDWWXDOL FDWDVWURČ´ naturali. Nel rischio operativo è compreso il rischio legale, mentre non sono inclusi quelli

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strategici e di reputazione5. Il rischio operativo diviene tanto piĂš determinante quanto maggiori sono le dimensioni e la complessitĂ organizzativa della banca; è OHJDWR LQROWUH DOOȇDFFUHVFLXWD LQQRYD]LRQH Č´nanziaria e al ricorso a schemi giuridici complessi nell’attivitĂ operativa. In questo senso, un puntuale rispetto delle disposizioni in tema di conformitĂ alle norme (compliance) assume rilievo anche per la prevenzione e il contenimento dei rischi operativi. Per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi la normativa prevede tre metodi, caratterizzati da livelli crescenti di complessitĂ :

- metodo Base (BIA – Basic Indicator Approach); - metodo Standardizzato (TSA – Traditional Standardised Approach); - metodi Avanzati (AMA – Advanced Measurement Approaches). 0HQWUH LO PHWRGR EDVH GHWHUPLQD LO UHTXLsito patrimoniale applicando un unico coefČ´FLHQWH UHJRODPHQWDUH DOOD PLVXUD GHO YROXme di operativitĂ aziendale, rappresentato dal margine di intermediazione, il metodo standardizzato prevede l’applicazione di piĂš FRHÉ&#x;FLHQWL GLIIHUHQ]LDWL LQ EDVH DOOD OLQHD GL business aziendale. Nei metodi Avanzati, l’ammontare del requisito patrimoniale è misurato dalla banca attraverso modelli di calcolo basati su dati di perdita operativa ed altri elementi di valutazione raccolti ed elaborati dalla stessa banca. Ăˆ previsto che ciascun intermediario applichi la metodologia piĂš attinente alla propria complessitĂ operativa e alle proprie dimensioni e capacitĂ gestionali.

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Rif. Banca d’Italia, circolare n. 263 del 2006.


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III.4 Patrimonio di vigilanza La composizione del patrimonio di vigilanza è puntualmente disciplinata dalla normativa, che ne individua due componenti, il patrimonio di base e supplementare, caratterizzate da diversa qualità patrimoniale. Gli elementi positivi del patrimonio devono essere nella piena disponibilità della banca per poter essere utilizzati senza limitazioni a copertura dei rischi e delle perdite. Il patrimonio di vigilanza è cosÏ costituito:

Patrimonio di base (tier 1) SDWULPRQLR VXSSOHPHQWDUH WLHU

al netto delle deduzioni I principali elementi positivi che compongono il patrimonio di base sono:

- capitale versato; - riserve; - strumenti innovativi di capitale; - utile del periodo. Dagli elementi positivi del patrimonio di base devono essere dedotte le componenti negative, quali:

- le azioni proprie; - l’avviamento; - le immobilizzazioni immateriali; - le rettifiche di valore su crediti; - le perdite registrate in esercizi precedenti e in quelli in corso; - altre deduzioni e rettifiche.

Le principali componenti del patrimonio supplementare sono:

- le riserve da valutazione; - gli strumenti innovativi di capitale non computabili nel patrimonio di base; - gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e le passivitĂ subordinate; - le plusvalenze nette su partecipazioni. Dagli elementi positivi, anche in questo caso, vanno dedotte minusvalenze nette su partecipazioni e altri elementi negativi. Dal patrimonio di base e dal patrimonio supplementare sono dedotti gli elementi che fanno riferimento, in particolare, a partecipazioni, strumenti innovativi di capitale e strumenti ibridi di patrimonializzazione e le attivitĂ subordinate, detenuti nei confronti di DOWUH EDQFKH H VRFLHW¢ Č´QDQ]LDULH Allo scopo di salvaguardarne la qualitĂ e di ridurne la potenziale volatilitĂ indotta dall’applicazione delle regole contabili previste dai principi contabili internazionali (IAS/IFRS), il Patrimonio di Vigilanza è calcolato tenendo FRQWR GHL FRVLGGHWWL ČŠČ´OWUL SUXGHQ]LDOLČ‹ FKH consistono in correzioni apportate alle voci del patrimonio netto di bilancio. $O Č´QH GHOOD GHWHUPLQD]LRQH GHO SDWULPRnio di vigilanza il patrimonio di base viene integralmente ammesso, mentre il patrimonio supplementare, non avendo la medesima qualitĂ patrimoniale, è ammesso entro un ammontare massimo pari al patrimonio di base. Possono far parte del patrimonio di vigilanza ulteriori elementi patrimoniali di terzo livello (tier 3), che possono essere utilizzati solo a copertura dei requisiti patrimoniali sui rischi di mercato.

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IV. Il 2^ pilastro: il controllo prudenziale dell’adeguatezza patrimoniale IV.1 I principi del processo di control/D PLVXUD]LRQH H OD FRQȴJXUD]LRQH GHL UHlo prudenziale quisiti prudenziali rientra in un più ampio FRQWHVWR GL FRQWUROOR H YHULȴFD FKH OD EDQFD GHYH DWWXDUH DO ȴQH GL JDUDQWLUH VLFXUH]]D H Secondo quanto previsto dall’Accordo di Basolidità di fronte al rischio. Il secondo pilasilea, il processo di controllo prudenziale è stro di Basilea introduce a questo proposito improntato su quattro principi fondamentaun Processo di controllo prudenziale (Suli: pervisory Review Process – SRP) di cui i 1. principio del controllo prudenziale soggetti attivi sono, in modo interconnesso, la dell’adeguatezza patribanca e l’autorità di vigilanmoniale. za, e che si articola in due Prevede che la banca fasi integrate: La Banca d’Italia ha emanato disponga di un procedi- il Processo interno di mento per valutare l’adedisposizioni di vigilanza prudeterminazione dell’adedenziale per le Banche, artico- guatezza patrimoniale guatezza patrimoniale (Incomplessiva in rapporto ternal Capital Adequacy lando il processo di controllo in DO SURSULR SURȴOR GL ULAssessment Process - ICAdue fasi interconnesse: prima schio e di una strategia AP) prevede che le banche per il mantenimento dei si dotino di un’idonea strutil processo interno di determi- livelli patrimoniali. tura organizzativa aziendanazione dell’adeguatezza paLe caratteristiche fondale di gestione dei rischi, con trimoniale e successivamente il mentali del procedimento linee di responsabilità ben GHȴQLWH HG HɟFDFL VLVWHPL processo di valutazione e revi- si rifanno: di controllo interno, che siasione da parte di un’autorità di a) al ruolo del Consino predisposti strumenti e glio di amministrazione vigilanza esterna procedure per determinare e dell’alta direzione nella il capitale adeguato - per imsupervisione sulla coerenporto e composizione - alla za tra obiettivi strategici e copertura permanente di tutti i rischi assunti, requisiti patrimoniali. anche diversi da quelli per i quali è richiesto il rispetto dei requisiti patrimoniali minimi. b) alla corretta valutazione del capitale; - Il Processo di revisione e valutazione c) alla esaustiva valutazione dei rischi. Attenprudenziale (Supervisory Review and Evazione particolare deve essere posta non solo ai luation Process - SREP) attraverso il quale rischi individuati dal primo pilastro, ma anche a l’Autorità di vigilanza, che riesamina l’ICAAP, rischi non interamente coperti dai requisiti miformula un giudizio complessivo sulla banca nimi; e attiva, ove necessario, misure correttive. d) al monitoraggio delle esposizioni di rischio e

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al sistema di reporting all’alta direzione; e) alla verifica dei controlli interni. 2. Principio di vigilanza. Prevede l’attività di controllo sul procedimento interno di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche e sulla loro capacità di monitorare e assicurare la conformità con i requisiti patrimoniali obbligatori. Prevede, inoltre, che l’autorità di vigilanza possa adottare appropriate misure prudenziali qualora non siano soddisfatte dai risultati di tale processo. 3. Principio di prudenzialità. Individua l’opportunità che l’autorità di vigilanza solleciti la banca a detenere un patriPRQLR VXSHULRUH DL FRHɟFLHQWL PLQLPL 7DOH previsione:

a) è giustificata da ragioni di maggiore affidabilità creditizia sui mercati per la banca; b) è necessaria per coprire la variabilità dei requisiti tanto più in quanto la raccolta di capitale si rivela onerosa se attuata rapidamente; c) evita di incorrere in interventi di vigilanza che si attuano obbligatoriamente quando il patrimonio scende sotto la soglia minima; d) permette di proteggere la banca dai rischi non contemplati dal primo pilastro. 4. Principio della vigilanza preventiva. Prevede che l’autorità di vigilanza intervenga per evitare che il patrimonio di una banca scenda sotto i livelli minimi ed esiga l’adozione di pronte misure correttive se la dotazione di patrimonio non viene mantenuta o ripristinata.

IV.2 Le fasi del processo del controllo prudenziale

Le disposizioni di vigilanza prudenziale emanate dalla Banca d’Italia hanno attuato i principi del secondo pilastro articolando il processo di controllo prudenziale in due fasi tra loro interconnesse. La prima fase vede protagonista la banca e prevede l’attuazione di un processo interno di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale (Internal Capital Adequacy Assessment Process, ICAAP). La seconda fase è attuata dall’autorità di vigilanza e consiste nel processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process, SREP). L’intero processo è informato al principio di proporzionalità, per cui il sistema dei controlli, sia interni alla banca, sia attuati dall’autorità di vigilanza, sono commisurati alle caratteristiche, alle dimensioni e alla complessità dell’attività svolta dalla banca. A questo scopo, vengono individuate da Banca d’Italia tre classi di appartenenza per gli istituti, caratterizzate da complessità e dimensioni decrescenti. Alla prima classe appartengono, pertanto, banche o gruppi bancari che utilizzano metodi di valutazione interna del rischio, mentre alle classi successive appartengono le banche o i gruppi che utilizzano metodologie standardizzate e caratterizzati da dimensioni dell’attivo superiore o inferiore a 3,5 miliardi di euro. L’autorità di vigilanza suggerisce PHWRGRORJLH GLYHUVLȴFDWH SHU OD JHVWLRQH GHO rischio e la determinazione dei requisiti patrimoniali coerenti con la complessità aziendale, pur ammettendo la possibilità per le banche appartenenti alle classi inferiori di adottare procedure più avanzate rispetto a quelle suggerite, motivandone la scelta. Il processo ICAAP può essere scomposto nelle seguenti fasi:

- individuazione dei rischi da sottoporre a va-

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Tabella 5. Rischi non previsti dal primo pilastro.

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lutazione. A questo scopo Banca d’Italia elenca, oltre ai rischi previsti dal primo pilastro (credito, mercato, operativi) anche altre tipologie di rischio che la banca deve tenere in considerazione. Ciascun istituto deve individuare e valutare eventuali ulteriori fattori di rischio connessi con la propria operativitĂ ; - misurazione/valutazione dei singoli rischi e del relativo capitale interno. A questo scopo la banca predispone la metodologia di misurazione che ritiene piĂš appropriata e prevede l’effettuazione di prove di stress, al fine di valutare la propria vulnerabilitĂ di fronte a specifici eventi o a scenari avversi; - misurazione del capitale interno complessivo. La banca può valutare l’esistenza di benefici derivanti dalla diversificazione delle varie tipologie di rischio; - determinazione del capitale complessivo e riconciliazione con il patrimonio di vigilanza. - Annualmente la banca deve determinare il livello attuale e prospettico del capitale interno complessivo e deve presentare un rendiconto sul processo ICAAP all’autoritĂ di vigilanza. Il processo di revisione e valutazione prudenziale SREP viene condotto con cadenza annuale dall’autoritĂ di vigilanza e, anche in questo caso, si possono individuare alcune fasi principali:

- analisi dell’esposizione a tutti i rischi rilevanti assunti e dei relativi sistemi di controllo; - verifica del rispetto dei requisiti patrimoniali e delle altre regole prudenziali; - valutazione del procedimento aziendale di determinazione del capitale interno complessivo e dell’adeguatezza dello stesso rispetto al profilo di rischio della banca; - attribuzione di giudizi specifici relativi a cia-

scuna tipologia di rischio e di un giudizio complessivo sulla situazione aziendale; - individuazione degli eventuali interventi di vigilanza da porre in essere. Banca d’Italia, nell’attuazione dello SREP, si dota di un “Sistema di analisi aziendaleâ€? che consiste in una metodologia standardizzata per la valutazione delle informazioni disponibili, ma non può prescindere dal confronto diretto con la banca per una corretta comprensione ed approfondimento del quadro informativo.

V. Il 3^ pilastro: la disciplina di mercato Il terzo pilastro si fonda sull’importanza del ruolo del mercato nel valutare adeguatamenWH OH FRQGL]LRQL Č´QDQ]LDULH H UHGGLWXDOL GHOOH istituzioni e, quindi, di disciplinarne i comSRUWDPHQWL /ȇHÉ&#x;FDFLD GHOOȇD]LRQH GL YLJLODQza praticata dal mercato dipende dalla dispoQLELOLW¢ GL LQIRUPD]LRQL DÉ&#x;GDELOL FRPSOHWH e tempestive. Tale obiettivo viene perseguito attraverso la richiesta di una maggiore trasparenza informativa da parte delle banche, concernente la pubblicazione di un articolato set di dati in materia di valutazione dei rischi e di procedure gestionali. Il requisito di trasparenza è fondamentale soprattutto in relazione alla possibilitĂ offerta alle banche di determinare in maniera piĂš discrezionale, attraverso le metodologie interne, i requisiti patrimoniali. Le informazioni, sia a carattere qualitativo

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che quantitativo, hanno ad oggetto obiettivi e politiche di gestione delle diverse categorie di rischio, ambito di applicazione (informazioni sulla banca e gruppo bancario), composizione del patrimonio di vigilanza, adeguatezza patrimoniale, con particolare riguardo a metodi adottati nella valutazione e indicazione dei requisiti patrimoniali, dati sulle esposizioni, anche con indicazione della distribu]LRQH SHU DUHH JHRJUDČ´FKH VLJQLČ´FDWLYH H SHU settore economico, esposizioni deteriorate o VFDGXWH H UHWWLČ´FKH GL YDORUH WHFQLFKH GL DWWHnuazione del rischio, descrizione del metodo di rating interno, laddove applicato, altre informazioni suddivise per natura del rischio. Per le banche che utilizzano sistemi interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali per i rischi di credito od operativi e per quelle che si avvalgono di tecniche di attenuazione del rischio di credito, il rispetto degli obblighi informativi costituisce condizione necessaria SHU LO ULFRQRVFLPHQWR DL Č´QL SUXGHQ]LDOL GHL suddetti sistemi (“requisiti informativi di idoneitĂ â€?). La frequenza di pubblicazione è, generalmente, annuale; è prevista una maggiore frequenza nel caso di utilizzo di sistemi interni di rating. Le banche pubblicano, in linea di principio, informazioni che ritengono rilevanti, quindi non possono omettere quelle informazioni la cui mancanza o errata indicazione può moGLČ´FDUH R LQČľXHQ]DUH L JLXGL]L R OH VFHOWH GL coloro che su di essa si basano per assumere decisioni di carattere economico, oltre che le informazioni che costituiscono requisiti informativi d’idoneitĂ . In casi eccezionali si possono omettere, invece, informazioni ritenute esclusive o riservate, informazioni cioè la cui pubblicazione lede la posizione competitiva della banca o informazioni soggette a vincoli legali di riservatezza.

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VI. Il Passaggio a Basilea 3 /D FULVL Č´QDQ]LDULD LQL]LDWD QHO KD UHVR LQGLVSHQVDELOH XQD SURIRQGD ULČľHVVLRQH sull’assetto regolamentare e sulla supervisioQH GHO VHWWRUH Č´QDQ]LDULR Il Comitato di Basilea, nello sforzo continuo di rinforzare lo schema di regolamentazione EDQFDULD ÂŞ SHUYHQXWR DOOD GHČ´QL]LRQH GL XQ nuovo assetto regolamentare denominato Basilea III. Nel loro incontro del 12 settembre 2010 il Gruppo dei Governatori e Capi della supervisione ha approvato un sostanziale rafforzamento dei requisiti patrimoniali, insieme alle misure volte al contenimento del grado di leva del sistema bancario. Questo pacchetto di riforme è stato successivamente approvato durante l’incontro del G20 che si è tenuto a Seoul a novembre del 2010. Tale passaggio in sede di G20 si è reso necessario per cercare di promuovere l’accordo in tutte le maggiori economie del pianeta, in modo da evitare, com’è successo per Basilea II, che alcuni dei Paesi con il sistema bancario piĂš importante, primi tra tutti gli USA, ma anche la Cina, il Brasile e le altre potenze emergenti, non applicassero l’accordo. Se questo tentativo di omogeneizzazione delle regole è sicuramente positivo, è opportuno ricordare che il G20 non ha uno status giuridico internazionalmente riconosciuto, ma è un gruppo informale di Paesi che si è autonominato coordinatore delle economie mondiali all’indomani della crisi del 2007-2008. /D UDWLČ´FD GHOOȇDFFRUGR GL %DVLOHD ,,, ULPDne quindi di pertinenza dei singoli governi e Parlamenti, e solo nei prossimi anni potremo


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nuove misure prudenziali - Incremento della componente predominante del patrimonio di base, il common equity Tier1, che include azioni ordinarie e riserve di utili, ovvero gli elementi caratterizzati dalla piĂš forte capacitĂ di assorbire le perdite. Il requisito minimo per il common equity dovrĂ gradualmente raggiungere il livello del ULVSHWWR DOOH DWWLYLW SRQGHUDWH SHU LO ULschio; - Passaggio della componente Tier 1 GDO DO PHQWUH ULPDQH LQDOWHUDWR LO Uequisito totale GL FDSLWDOH DOOČƒ ; - Istituzione di un buffer (cuscinetto) di conservazione del capitale, della stessa qualitĂ patrimoniale del common equity, ad integrazione dei requisiti minimi di capitale. Questo costituirĂ una riserva a cui le banche potranno attingere in periodi di crisi. E’ previsto anche un limite alla distribuzione degli utili qualora la copertura patrimoniale sia troppo vicina ai minimi regolamentari; 5HJROH SLš VWULQJHQWL SHU OČƒDPPLVVLELOLW QHO patrimonio supplementare degli strumenti di debito subordinato. Vengono eliminati gli elementi di qualitĂ piĂš bassa (Tier 3);

- Introduzione di un buffer anticiclico a garanzia che tutte le banche accumulino risorse patrimoniali nelle fasi di crescita eccessiva del credito aggregato, cosĂŹ da essere in grado di fronteggiarne i relativi rischi nei periodi di crisi. L’obiettivo di questo buffer è di natura macroprudenziale, essendo volto a contrastare l’effetto pro-ciclico delle norme prudenziali; - Introduzione di un leverage ratio, non correlato alle misure del rischio, come avviene per gli altri requisiti. Tale misura è volta a contenere il livello di indebitamento nelle fasi di eccessiva crescita economica e a supplire alle eventuali carenze dei modelli interni per la valutazione del rischio, soprattutto di quelli sviluppati per prodotti finanziari particolarmente complessi o innovativi. 5HJROH TXDQWLWDWLYH YROWH D ULGXUUH LO ULVFKLR di liquiditĂ andranno ad integrare il quadro regolamentare, finora imperniato su presidi di natura patrimoniale. Le misure previste si riferiscono a due indicatori: il liquidity coverage ratio, cuscinetto di liquiditĂ idoneo a far fronte ai deflussi di cassa che potrebbero determinarsi in condizioni di stress acuto, e il net stable funding ratio, volto ad evitare squilibri nella composizione per scadenze delle passivitĂ e delle attivitĂ di bilancio. Per entrambi gli indicatori è previsto un preventivo periodo di osservazione prima della determinazione di un definitivo standard minimo.

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Tabella 6. Graduale introduzione dei nuovi requisiti patrimoniali minimi. (fonte Bank of International Settlements). La tabella evidenzia il passaggio a piĂš elevati requisiti patrimoniali, espressi come percentuale sulle AttivitĂ ponderate per il rischio (RWAs). Tutte le date si riferiscono al 1 Gennaio. Le caselle colorate indicano il raggiungimento del requisito standard.

YHGHUH VH H Č´QR D FKH SXQWR %DVLOHD ,,, GLYHQterĂ lo standard internazionale per il sistema bancario. Per l’adeguamento ai nuovi standard è previsto un ampio periodo di transizione, durante il quale le nuove regole saranno introdotte con la gradualitĂ necessaria ad evitare un rallentamento dell’attivitĂ bancaria e della ripresa produttiva. La piena attuazione della riforma è prevista il primo gennaio 2019. Gli effetti della nuova struttura di riforma

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saranno, nelle intenzioni dei riformatori, maggiori dotazioni di capitale e liquidità nei ELODQFL GHOOH EDQFKH PLQRUH OHYD ȴQDQ]LDULD e regole piÚ omogenee fra i paesi. Un passaggio graduale alle nuove regole dovrebbe contenere l’impatto complessivo della riforma, garantendo il raggiungimento di piÚ alti standard patrimoniali senza penalizzare il ruolo del sistema bancario di supporto all’economia. Gli Accordi di Basilea non esauriscono il loro effetto sugli intermediari vigilati bensÏ


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VII. Basilea e il Terzo Settore HVWHQGRQR OD SURSULD LQČľXHQ]D VXO VLVWHPD economico intervenendo, in particolare, sul credito. Gli intermediari agiscono, pertanto, da conduttore tra il sistema di regole e il mercato, rappresentato da famiglie e imprese. L’obiettivo della regolamentazione prudenziale è di intervenire positivamente sul sistePD Č´QDQ]LDULR DXPHQWDQGRQH OD VWDELOLW¢ ULducendo l’impatto che eventuali crisi possono determinare e favorendo una migliore gestione del rischio da parte delle banche. Le norme, tese ad armonizzare la vigilanza bancaria internazionale, possono però non avere impatto positivo nella misura in cui non valorizzano le diversitĂ dell’azione e delOH Č´QDOLW¢ GHL VRJJHWWL HFRQRPLFL FRLQYROWL Come interviene Basilea sull’economia Non 3URČ´W" 2IIUH XQ WUDWWDPHQWR GLIIHUHQ]LDWR" Nell’ambito delle regole prudenziali, si può distinguere cosa avviene all’interno dei diversi metodi di calcolo: - metodo standardizzato: ai soggetti del Terzo

Settore viene applicato il coefficiente di pondeUD]LRQH GHO DO SDUL GL TXDOVLDVL LPSUHVD non dotata di rating; - nei sistemi di internal rating non viene riconosciuto alcun trattamento diversificato rispetto alle altre imprese, essendo applicati modelli di rating indistinti, che non tengono conto delle peculiaritĂ degli Enti Non Profit. Il primo sistema, quindi, attraverso l’applica]LRQH GL XQ FRHÉ&#x;FLHQWH VWDQGDUG QRQ FRQVLGHUD OȇHIIHWWLYD ULVFKLRVLW¢ GHO VRJJHWWR Č´QDQziato, facendo sĂŹ che a quelli piĂš virtuosi, in WHUPLQL GL DÉ&#x;GDELOLW¢ H FDSDFLW¢ GL HVVHUH VROvibili, siano applicate condizioni penalizzanti o vengano richieste garanzie sproporzionate, in considerazione del fatto che per la banca l’esposizione è onerosa in termini di capitale da accantonare. Il metodo standardizzato,

seppure piĂš semplice e meno costoso, non favorisce l’operativitĂ degli istituti bancari che intendono rivolgersi in maniera preferenziale al Terzo Settore. Allo stesso modo, un sistema di rating formulato con riferimento alle imprese lucrative, che valuti la capacitĂ di rimborso del richiedente il credito in base all’attitudine a produrre reddito, può comportare il posizioQDPHQWR GHOOȇHQWH 1RQ 3URČ´W LQ XQD FODVVH GL rischio maggiore rispetto alla propria effettiva rischiositĂ . Ne deriva l’importanza della realizzazione GL PRGHOOL GL FDOFROR GHO UDWLQJ VSHFLČ´FL SHU JOL HQWL 1RQ 3URČ´W LQ JUDGR GD XQ ODWR GL DWtuare una corretta lettura dei dati contabili del settore, talvolta di interpretazione controversa, se letti con la stessa ottica applicata alle imprese lucrative; dall’altra, di tener conWR GL TXHOOH LQIRUPD]LRQL DQFRUD GLÉ&#x;FLOL GD rappresentare con dati di bilancio, che fanno riferimento alle motivazioni ideali dell’ente, alla capacitĂ di rispondere ai bisogni della comunitĂ , alla governance democratica, alla capacitĂ di creare una rete sociale, ovvero a tutti quegli elementi che decretano il successo e la sostenibilitĂ del Terzo Settore. ,Q TXHVWD GLUH]LRQH OȇHFRQRPLD 1RQ 3URČ´W dovrebbe trovare sostegno, in particolare, da parte degli intermediari che per loro natura sono tesi alla valorizzazione dell’economia civile e sostenibile. L’importanza delle garanzie nell’ambito della regolamentazione prudenziale di Basilea sottolinea anc il ruolo fondamentale dei ConVRU]L Č´GL VSHFLDOLVWLFL GHO 7HU]R VHWWRUH SXU nella consapevolezza che il monito derivante dalle regole di vigilanza e dalla recente crisi Č´QDQ]LDULD ÂŞ GL QRQ LQGLYLGXDUH QHOOȇLQGHELtamento la base della crescita economica.

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Piccolo glossario Retail Con il termine retail si fa riferimento alle esposizioni al dettaglio, per le quali sono valide le seguenti caratteristiche: OȇHVSRVL]LRQH ÂŞ QHL FRQIURQWL GL SHUVRQH Č´VLFKH R GL SLFFROH H PHGLH LPSUHVH - l’esposizione verso un singolo cliente non supera l’1 per cento del totale del portafoglio; - l’esposizione unitaria massima verso un unico cliente non deve essere superiore ad 1 milione di euro. Pro ciclicitĂ Ăˆ l’effetto riferito alle norme prudenziali in quanto esse legano i requisiti paWULPRQLDOL DO UDWLQJ 0HQWUH GXUDQWH L SHULRGL GL FUHVFLWD HFRQRPLFD L OLYHOOL GL ULVFKLR VRQR bassi e ciò può favorire una crescita del credito aggregato, durante i periodi di crisi i livelli di rischio di insolvenza aumentano. Per mantenere costante il rapporto fra patrimonio e attivitĂ al rischio le banche sono costrette a ridurre il credito erogato, enfatizzando la congiuntura negativa. Sistemi di rating Rappresentano un processo attraverso il quale si perviene alla formulazione di valutazioni sintetiche della rischiositĂ (rating) dei creditori, sulla base della raccolta ed elaborazione di informazioni rilevanti, sia di natura quantitativa che qualitativa. Il sistema GL UDWLQJ FRQVHQWH GL FROORFDUH L VRJJHWWL DÉ&#x;GDWL R GD DÉ&#x;GDUH DOOȇLQWHUQR GL ČŠFODVVL GL UDWLQJČ‹ ordinate in funzione del rischio creditizio: muovendo da una classe meno rischiosa ad una piĂš rischiosa, la probabilitĂ che i debitori risultino in stato di default (insolvenza) è crescente.

5LIHULPHQWL ELEOLRJUDČ´FL Banca d’Italia, Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 “Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le bancheâ€?. Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, “Convergenza internazionale della misurazioQH GHO FDSLWDOH H GHL FRHÉ&#x;FLHQWL SDWULPRQLDOL 1XRYR VFKHPD GL UHJRODPHQWD]LRQHČ‹ %DQN IRU International Settlements, giugno 2006. Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Comunicato stampa n. 35/2010 , Bank for International Settlements, settembre ’10. 0LHOL 6WHIDQR /D UHYLVLRQH GHOOH UHJROH SUXGHQ]LDOL VXO FDSLWDOH GHOOH EDQFKH &RQYHJQR $%, giugno 2010.

Siti www.basilea2.com www.nuovabasilea2.com

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La Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus (www.fcre.it) è stata fondata da Banca Etica per promuovere nuove forme di economia sostenibile, SHU GLIIRQGHUH L SULQFLSL GHOOD ȴQDQ]D HWLFDPHQWH RULHQWDWD SHU DQDOL]]DUH LO IXQ]LRQDPHQWR GHOOD ȴQDQ]D H SURSRUUH VROX]LRQL QHOOD GLUH]LRQH GL XQD PDJJLRUH VRVWHQLELOLW¢ 3HU UHDOL]]DUH TXHVWL RELHWWLYL OD )RQGD]LRQH ODYRUD LQ UHWH H SDUWHFLSD DOOH LQL]LDWLYH H DOOH FDPSDJQH GHOOH RUJDQL]]D]LRQL GHOOD VRFLHW¢ FLYLOH LQ ,WDOLD H D OLYHOOR LQWHUQD]LRQDOH 1HOOȇDPELWR GHOOH SURSULH DWWLYLW¢ OD )RQGD]LRQH KD GHFLVR GL SURSRUUH TXHVWH VFKHGH ȊFDSLUH OD ȴQDQ]Dȋ /H VFKHGH SURYDQR D VSLHJDUH LQ PDQLHUD VHPSOLFH L SULQFLSDOL PHFFDQLVPL H OH LVWLWX]LRQL GHO SDQRUDPD ȴQDQ]LDULR LQWHUQD]LRQDOH GDOOH LVWLWX]LRQL LQWHUQD]LRQDOL DL SDUDGLVL ȴVFDOL GDL QXRYL VWUXPHQWL ȴQDQ]LDUL DOOH EDQFKH H DOOH DVVLFXUD]LRQL &RQ TXHVWH VFKHGH FL DXJXULDPR GL GDUH XQ FRQWULEXWR SHU FRPSUHQGHUH OH UHFHQWL YLFHQGH LQ DPELWR ȴQDQ]LDULR H SHU VWLPRODUH OD ULȵHVVLRQH QHOOD ULFHUFD GL SHUFRUVL DOWHUQDWLYL /H VFKHGH VRQR UHDOL]]DWH LQ FROODERUD]LRQH FRQ LO PHQVLOH 9DORUL H FRQ OD &5%0 Valori ZZZ YDORUL LW ª XQ PHQVLOH VSHFLDOL]]DWR QHL WHPL GHOOȇHFRQRPLD VRFLDOH GHOOD ȴQDQ]D HWLFD H GHOOD VRVWHQLELOLW¢ (ȇ WUD OH WHVWDWH SL» DXWRUHYROL LQ ,WDOLD D WUDWWDUH TXHVWLRQL FRPSOHVVH H ȊGLɟFLOLȋ UHODWLYH DO PRQGR GHOOȇHFRQRPLD H GHOOD ȴQDQ]D LQ PDQLHUD DSSURIRQGLWD PD DO WHPSR VWHVVR FRPSUHQVLELOH GHQXQFLDQGRQH OH LQJLXVWL]LH HYLGHQ]LDQGRQH OH LPSOLFD]LRQL VXL FRPSRUWDPHQWL LQGLYLGXDOL H VXOOD YLWD GHOOD VRFLHW¢ FLYLOH D OLYHOOR VLD ORFDOH FKH JOREDOH H SURPXRYHQGR OH HVSHULHQ]H OH SURJHWWXDOLW¢ H L SHUFRUVL GHOOȇHFRQRPLD VRFLDOH H VRVWHQLELOH La CRBM ZZZ FUEP RUJ ODYRUD GD ROWUH DQQL SHU XQD GHPRFUDWL]]D]LRQH HG Campagna per laXQD SURIRQGD ULIRUPD DPELHQWDOH H VRFLDOH GHOOH LVWLWX]LRQL ȴQDQ]LDULH LQWHUQD]Lriforma della RQDOL FRQ XQȇDWWHQ]LRQH SDUWLFRODUH DJOL LPSDWWL DPELHQWDOL VRFLDOL GL VYLOXSSR Banca Mondiale H VXL GLULWWL XPDQL GHJOL LQYHVWLPHQWL SXEEOLFL H SULYDWL GDO 1RUG YHUVR LO 6XG GHO PRQGR LQ VROLGDULHW¢ FRQ OH FRPXQLW¢ ORFDOL FKH OL YLYRQR LQ SULPD SHUVRQD HG DOOȇLQWHUQR GL QXPHURVH UHWL GHOOD VRFLHW¢ FLYLOH LQWHUQD]LRQDOH

/D )RQGD]LRQH &XOWXUDOH &5%0 H 9DORUL VRQR DQFKH WUD L SURPRWRUL GHOOȇ2VVHUYDWRULR VXOOD )LQDQ]D XQR VWUXPHQWR GL LQIRUPD]LRQH FULWLFD VXOOD ȴQDQ]D H OȇHFRQRPLD ZZZ RVVHUYDWRULRȴQDQ]D LW Per contatti e per maggiori informazioni: info@fcre.it


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