Anno 6 numero 45. Dicembre 2006 Gennaio 2007. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
osservatorio
nuove povertà
ALEX MAJOLI / MAGNUM PHOTOS
Una città che non conosce mezze misure, nel bene e nel male. Napoli è la metropoli più ferita dal crimine organizzato ma anche la patria di alcuni tra i più grandi musicisti, sarti, poeti e filosofi.
Fotoreportage > Elezioni Usa
Dossier > Storia, prospettive, regole e domande per le monete complementari
Una moneta amica Social Watch > L’architettura impossibile di un mondo veramente molto diverso Palestina > L’economia dei territori viaggia sempre più verso il baratro Natale > Alcune riflessioni sui comportamenti più che sui consumi ecosolidali Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.
| editoriale |
La nostra esperienza
il vostro impegno di Ugo Biggeri
ARI LETTORI, COME VEDETE GIÀ DA QUESTO NUMERO,
ci sono alcune novità che riguardano la rivista e che riteniamo significative. Innanzitutto abbiamo deciso di essere una rivista che oltre all'economia solidale e alla finanza etica si occupa di sostenibilità, un tema che va oltre i pure interessanti (ma a volte ambigui) concetti di sviluppo sostenibile. Il nostro obiettivo sarà quello di favorire un dibattito, il più ricco possibile, partendo dai beni comuni come base imprenscindibile di un vivere sostenibile. Ma non abbiamo solo ampliato il campo d'azione del giornale. Per favorire la diffusione della rivista mettiamo in campo un nuovo partner, con cui promuoviamo l’eccezionale esperienza di Terra Futura, la mostra convegno sulle buone pratiche di sostenibilità ambientale e sociale che, dal 18 al 20 maggio 2007, sarà alla quarta edizione. Si tratta della società cooperativa Adescoop -Agenzia dell’Economia Sociale con la quale stiamo studiando nuove modalità di sviluppo e promozione di Valori. Riteniamo che la sinergia con le reti associative, imprenditoriali ed istituzionali che promuovono buone pratiche di sostenibilità ambientale e sociale sia fondamentale per favorire il dibattito, anche attraverso Valori, sui temi del cambiamento necessario per dare un futuro alla terra, e sulle criticità che ne conseguono. Per questo prevediamo di mettere in atto collaborazioni e progettualità che ci consentano sia di raggiungere un pubblico sempre più vasto, che di mostrare cosa si sta muovendo nel campo dell’economia sociale, della finanza etica e della sostenibilità. Proprio in questa direzione abbiamo già realizzato una collaborazione con il distretto della bioedilizia di Treviso nel precedente numero, in occasione del salone Job Orienta Verona, nell’ambito dell’iniziativa di educazione ambientale IES sostenibilità copromossa da Adescoop e Fondazione Culturale Responsabilità Etica. Anche a voi lettori chiediamo un aiuto per la diffusione della rivista aiutandoci a farla conoscere a far sviluppare il dibattito che proponiamo. Gli spunti crediamo siano molti, anche questo numero ce ne offre alcuni, ad esempio su come l’esperienza delle monete locali sia al tempo stesso semplice e complessa. Nel 2004 abbiamo usato a Terra Futura le monete locali “ecoaspromonte”: dei 35mila visitatori quasi 10mila usarono la moneta ed ebbero occasione di riflettere sul significato del nostro rapporto con il denaro. È stato quasi un gioco data la brevità della fiera, ma significativo, eppure nelle edizioni successive non lo abbiamo potuto ripetere e quindi abbiamo sviluppato il dibattito grazie all’apporto di Tonino Perna e Margrit Kennedy entrambi nel comitato di garanzia della fiera: Perché? Il dossier sulle monete locali credo possa dare alcune risposte e soprattutto aiutare a riflettere su qualcosa che non è un gioco, ma che per la capacità di mettere le relazioni di fiducia al centro dell’economia locale, può essere veramente uno strumento per ripensare la finanza, per favorire le filiere corte, per agganciare il valore della moneta non alle speculazioni valutarie (ricordate la Tobin Tax?), ma alla partecipazione della gente, ad un idea di valore che parte dal territorio o da indicatori che hanno a che fare con i beni comuni (cultura, istruzione, natura): una moneta che è anche indirizzo politico. Le esperienze che funzionano ci insegnano che ci vuole un buon mix di inventiva, relazioni sociali, disponibilità delle istituzioni o abilità a trovare gli interstizi dei sistemi giuridici, generalmente ostili, che consentano di farle nascere.
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vecchi valori L’AUTORE Ugo Biggeri
nuovi valori
Il mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
Società Cooperativa Editoriale Etica Rapporti Istituzionali, Amministrazione e Redazione via Copernico, 1 ˜ 20125 Milano tel. 02.67199099 ˜ fax 02.67491691 e-mail amministrazione@valori.it ˜ www.valori.it
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Laureato in fisica, dal 1982 ha operato nel volontariato con l’associazione Mani Tese di cui è stato presidente fino al 2000. È stato presidente dell’associazione Finanza Etica, revisore della cooperativa verso la Banca Etica di cui è socio fondatore, e, dal 1998, consigliere d’amministrazione della Banca Popolare Etica. Dall’aprile 2003 è presidente della Fondazione responsabilità etica.
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| sommario |
valori dicembre 2006 - gennaio 2007 mensile
anno 6 numero 45 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore
Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci
Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop. consiglio di amministrazione
Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it), Sergio Slavazza direzione generale
Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci
Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale
ALEX MAJOLI / MAGNUM PHOTOS
www.valori.it
Elezioni americane, quasi parità. I democratici hanno governato per un totale di ottant’anni a partire dal 1828. I Repubblicani, dal 1860, quando Lincoln batté Stephen Douglas, hanno esercitato la presidenza per ottantaquattro anni.
Convention Repubblicani, New York, 2004
bandabassotti
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fotoreportage. Elezioni Usa
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dossier. Monete complementari I soldi non fanno la felicità? Dipende dalla moneta Vita dura in Italia per gli esperimenti locali Gli euro regionali fioriscono in Germania La Banca d’Italia dice no Due monete in tasca. Poche ma rigide regole
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lavanderia
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economiaetica
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Ugo Biggeri (biggeri.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile
Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) redazione (redazione@valori.it)
NOVAMONT
Via Copernico, 1 - 20125 Milano Cristina Artoni, Paola Baiocchi, Francesco Carcano, Paola Fiorio, Michele Mancino, Sarah Pozzoli, Francesca Paola Rampinelli, Elisabetta Tramonto progetto grafico e impaginazione
L’architettura impossibile della finanza internazionale Un natale all’insegna della sobrietà
osservatorionuovepovertà Sanità dove non si muore di fame ma non si vive di lavoro A Napoli la camorra non esiste La disoccupazione genera attività semi legali La musica italiana esce da Napoli
41 42 44 46 48
bruttiecattivi
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distributore nazionale
internazionale
Eurostampa srl (Torino) tel. 011 538166-7
Il declino dell’economia di Gaza
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Adescoop ˜ Agenzia dell’Economia Sociale s.c. Via Boscovich, 12 - 35136 Padova
macroscopio
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abbonamento ˜ 10 numeri
economiasolidale L’economia di comunione mette basi solide Un movente diverso dal profitto
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Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Adriana Collura (infografica) fotografie
Christopher Anderson, Roberto Caccuri, Augusto Casasoli, Roberto Koch, Alex Majoli, Davide Monteleone, Stefano G. Pavesi, Stefano Snaidero, Mario Spada (A3/Contrasto/Magnum Photos) stampa
Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)
comunicazione, sviluppo e abbonamenti
Euro 30,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 40,00 ˜ enti pubblici, aziende Euro 60,00 ˜ sostenitore come abbonarsi
bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori I bonifico bancario c/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin A della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato I carta di credito sul sito www.valori.it sezione come abbonarsi Causale: abbonamento/Rinnovo Valori È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri. Carta ecologica gr 90 Long Life prodotta secondo le norme Iso 9706 - Elemental Chlorine Free I
LETTERE E CONTRIBUTI RELAZIONI ISTITUZIONALI E AMMINISTRAZIONE
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| bandabassotti |
Wall Street
Bonus stellari a New York e Londra di Andrea Di Stefano
21,5 MILIARDI DI DOLLARI. Immediatamente stracciato quest’anno. Le prime cinque banche d’affari Usa pagheranno 36 miliardi di dollari in bonus per i loro banchieri di Wall Street. Quasi tre volte i danni dello Tsunami asiatico. Poco di più dell’ammontare della finanziaria nel nostro paese. Il 2006 sarà un anno d’oro per i dipendenti delle banche statunitensi, che percepiranno emolumenti record grazie ai super bonus. Considerando soltanto le cinque maggiori case d’investimento (Goldman Sachs, Morgan Stanley, Merrill Lynch, Lehman Brothers e Bear Stearns) un totale di 173mila dipendenti dovrebbe dividersi circa 36 miliardi di dollari di bonus, più di 200mila dollari a testa. L’incremento rispetto al 2005, che già era stato un anno da incorniciare, è addirittura del 30 per cento. Il volume crescente di fusioni e acquisizioni e dell’attività di compravendita di azioni, obbligazioni, certificati e contratti future ha gonfiato i conti delle big five di Wall Street, che ora potrebbe mettere a segno l’anno «migliore della storia», almeno secondo Brad Hintz, analista di Sanford Bernstein interpellato da Bloomberg News. Le imprese statunitensi, nel terzo trimestre, hanno realizzato una crescita media del 23% degli utili, metà dei quali derivano proprio dal comparto finanziario. La big in assoluto, in fatto di risultati e bonus, è Goldman Sachs che a fine anno dovrebbe far registrare utili per 8,4 miliardi di dollari (il 50% in più sul 2005) con 10 miliardi di bonus. Un fiume di denaro Numeri non molto distanti per le altre: Morgan Stanley destinato a sostenere (8,4 miliardi di bonus), Merrill Lynch (9,7 miliardi), Bear Stearns i prezzi delle case (2,6 miliadi) e Lehman Brothers (5,2 miliardi). in caduta libera. La finanza Nei mesi scorsi uno studio del gruppo Johnson Associates aveva sostiene se stessa, previsto un anno record per i bonus a Wall Street, con aumenti anche quando distribuisce del 20-25% per i banchieri d’affari rispetto alle cifre del 2005 favolosi premi e Gary Goldstein del Whitney Group aveva fatto previsioni simili: bonus in crescita del 10-25% con managing director da 200 mila dollari di salario base che porteranno a casa bonus da 2 a 5 milioni di dollari. Lo scorso anno il bonus medio a Wall Street è risultato pari a 125 mila dollari, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente, con punte del +28% per i banchieri d’affari, che hanno mediamente uno stipendio base di 150-300 mila dollari l’anno. Lo stesso sondaggio ha valutato nel 3-5% la crescita della forza lavoro a Wall Street rispetto all’anno precedente, anche se solo un terzo dei posti di lavoro persi fra il 2000 e il 2003 è stato recuperato, e nel 15% la crescita media dei compensi totali per chi lavora a Wall Street rispetto al +5-10% sul fronte delle banche commerciali. Il revisore dei conti per lo stato di New York, Alan Hevesi, che ogni anno effettua le stime sui bonus per calcolarne l’impatto sugli introiti fiscali della città, ha valutato che mediamente chi lavora a Wall Street guadagna cinque volte tanto ogni altro lavoratore dipendente della metropoli statunitense col risultato che, pur dando lavoro al 5% dei newyorkesi, il settore dei servizi finanziari e delle banche d’affari contribuisce al 21% del totale dei salari pagati in città per un totale di 49 miliardi di dollari all’anno. Uno scenario non molto dissimile si preannuncia a Londra, anche se mancano numeri aggregati come quelli di New York. E proprio questi bonus lasciano sperare in una caduta dei prezzi immobiliari meno dolorosi e devastanti dato che i banchieri investono la maggior parte dei premi in case e beni di lusso. ANNO SCORSO ERA STATO RECORD CON
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ALEX MAJOLI / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage |
> Elezioni Usa foto di Alex Majoli / Magnum Photos
L’esecuzione più celebre dell’inno americano, Star-Spangled Banner, rimane quella del chitarrista Jimi Hendrix a Woodstock. Il geniale musicista meticcio, con il suono distorto della sua chitarra, mandò un messaggio chiaro al pubblico: anche la democrazia più celebrata al mondo puo’ deformarsi quando le sue regole non vengono rispettate.
sisto, sono americano, quindi mi candido. Negli Stati Uniti non sono i partiti a decidere chi è il futuro candidato. Qualsiasi esponente politico puo’ autoproclamarsi “in corsa” per la Casa Bianca, affidandosi poi al giudizio popolare. Per essere eletto presidente degli Stati Uniti la Costituzione richiede tre requisiti: almeno trentacinque anni di età, la cittadinanza americana per nascita e la residenza negli Stati Uniti da oltre quattordici anni. Nell’immaginario collettivo si è consolidata la convinzione che l'elezione del presidente Usa sia un’espressione di voto “diretto” del popolo. Invece non è così. I votanti sono chiamati ad eleggere dei delegati che, a loro volta, riunendosi successivamente, si esprimono per il candidato nazionale che rappresentavano a livello locale, in occasione delle primarie e dei caucus, o, alla fine, per il presidente. La procedura si conclude con una elezione “di secondo grado” mediata dai delegati. La Carta costituzionale infatti stabilisce che “ogni Stato nominerà, nel modo che verrà stabilito dai suoi organi legislativi, un numero di elettori (delegati) che corrisponde al numero complessivo dei senatori e dei rappresentanti che lo Stato ha diritto di mandare al Congresso”. Considerato che c’è grosso modo un rappresentante ogni 475.000 residenti, che i membri della Camera sono 435 e che i voti elettorali presenti alla riunione finale del Collegio presidenziale sono in tutto 538 (100 corrispondenti ai senatori, 435 ai rappresentanti e 3 per il Distretto Federale di Washington), significa che per essere eletti presidenti si devono controllare almeno 270 voti. Non sempre però si raggiunge il quorum. È accaduto due volte nel 1800 per l’elezione di Thomas Jefferson e nel 1824 per quella di John Quincy Adams. In questi casi la Costituzione affida alla Camera dei rappresentanti la decisione finale, che dovrà scegliere tra i primi tre candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti elettorali (e cioè di delegati al Collegio). I delegati al Collegio presidenziale, che sono quelli che nomineranno formalmente il presidente, si devono conquistare Stato per Stato e non singolarmente. Questo significa che il vincitore per voti popolari, ad esempio, della Florida, si prenderà tutti i delegati di quel territorio, mentre il perdente non ne avrà nessuno. È chiaro a questo punto che gli Stati più popolosi avranno un maggior numero di delegati da eleggere e quindi sono nettamente più importanti per raggiungere quota 270 voti, cioè la maggioranza assoluta al Collegio presidenziale. Andrew Jackson, che venne eletto presidente nel 1828 e nel 1832, riportò nelle elezioni del 1824 più voti popolari e più voti elettorali di John Quincy Adams senza raggiungere però la prescritta maggioranza assoluta dei delegati. La Camera dei Rappresentanti, chiamata a pronunciarsi, gli preferì il rivale.
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L’AUTORE Alex Majoli, è nato a Ravenna nel 1971, e attualmente vive a Milano. Nel 1986 ha iniziato a lavorare con Daniele Casadio. Nel 1990 si è associato all’agenzia Grazia Neri. Tra il ’91 e il ’95 ha realizzato micro-storie sulla religione in Italia, il microcirco, le nuove repubbliche di Macedonia e Albania nel 1991. Nel 1992 e 1993 si è recato in Yugoslavia diverse volte, per documentare il conflitto in atto. Nel 1994 ha iniziato un reportage di ampio respiro nel manicomio di Leros, in Grecia. Nel 1995 si è recato in Sud America, fermandosi in Brasile. Nel 1996 è ritornato a Serajevo per la prima volta dopo la fine della guerra. Nello stesso anno, è diventato nominee di Magnum e, immediatamente dopo, ha realizzato un reportage in Mongolia. Nel 1997 ha iniziato il progetto “Hotel Marinum”, ovvero fotografare la vita delle città portuali di diverse parti del mondo. Nella primavera dello stesso anno, ha fotografato la rivolta albanese. Lavora per diverse riviste tra cui: Newsweek, The New York Times Magazine, Granta, e per il National Geographic.
> Elezioni Usa
L’unica candidata donna è stata Geraldine Ferraro nel 1984, alla vice presidenza con Mondale.
Convention Democratici, New York, 2004 |
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> Elezioni Usa Il Partito repubblicano fu fondato nel 1854 a Jackson da un gruppo di dissidenti democratici e whigs uniti dall’opposizione alla schiavitù e alla politica dei partiti di provenienza giudicata troppo conciliante verso il Sud.
Convention Repubblicani, New York, 2004 | 10 | valori |
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| fotoreportage |
ALEX MAJOLI / MAGNUM PHOTOS
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> Elezioni Usa All’inizio il partito repubblicano raccolse tra le sue fila l’oligarchia finanziaria e industriale. Negli ultimi cinquant’anni ha occupato lo scranno presidenziale per ben tre decenni. Il partito democratico, dopo aver perso il Sud, funge da polo di attrazione per immigrati, minoranze e fautori dei diritti civili. Bill Clinton e Jimmy Carter gli ultimi due grandi presidenti.
Convention Repubblicani, New York, 2004 / Democratici, Boston, 2004 | 12 | valori |
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> Elezioni Usa Jessie Jackson, democratico, fu nel 1984 il primo candidato di colore alle primarie a livello nazionale ad ottenere un notevole successo, consolidato nelle successive primarie del 1988.
Convention Democratici, Boston, 2004 | 14 | valori |
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ALEX MAJOLI / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage |
dossier
ROBERTO CACCURI / CONTRASTO
a cura di Mauro Meggiolaro e Elisabetta Tramonto
I soldi non fanno la felicità? Dipende dalla moneta >18 Vita dura in Italia per gli esperimenti locali >20 Gli euro “regionali” fioriscono in Germania >22 La Banca d’Italia dice no >24 Due monete in tasca. Poche ma rigide regole >26
Il caveu della Banca Popolare di Milano. Le banche private traggono profitto dall’espansione del credito e da un’ammontare crescente di prestiti. Anche questa è moneta circolante che causa un rialzo dei prezzi e una “tassa da inflazione” che, questa volta, non trasferisce ricchezza dai cittadini al Governo, ma dai cittadini alle banche private.
Milano, 2003
monete complementari
L’utopia molto concreta
Dagli Stati Uniti alla Germania, sono numerosi gli esperimenti di valute locali Ma in Italia gli unici due esempi si sono scontrati con l’opposizione di Banca d’Italia
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| dossier | monete complementari |
| dossier | monete complementari |
I soldi non fanno la felicità? Dipende dalla moneta di Elisabetta Tramonto
omprare un televisore, un biglietto aereo, un panino o una lezione di danza senza tirare fuori dalle tasche neanche un euro. È possibile? Certo, basta pagare con qualche altro strumento, diciamo una moneta diversa da quella ufficiale. Non si usano forse dei punti virtuali, le miglia accumulate dopo ogni viaggio, per acquistare un biglietto aereo? Per pagare il pranzo al bar si porge alla cassiera un foglietto di carta con la scritta “ticket restaurant”. I soci di una banca del tempo comprano un’ora di ripetizioni di matematica, in cambio della riparazione di un rubinetto. Gli abitanti di Rosenheim, in Baviera, pagano il commercialista con banconote arancioni che non hanno niente a che vedere con gli euro. Miglia, ticket restaurant, ore, Chiemgauer sono a tutti gli effetti monete.
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L’arma segreta delle monete complementari è la circolazione limitata: la fissazione di un confine prossimo le mette al riparo dai rischi esterni e favorisce gli scambi all’interno delle comunità | 18 | valori |
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Vengono chiamate complementari, o parallele, o locali. Non sostituiscono la valuta ufficiale, ma le si affiancano e, esattamente come euro, dollari o pesos, permettono di acquistare beni e servizi, ma, al contrario delle valute nazionali, sono utilizzabili solo in un ambito limitato, da un punto di vista geografico (nel senso che valgono solo entro certi confini) oppure per una specifica categoria di prodotti (i ticket restaurant nascono per pagare un pasto, i crediti di una banca del tempo permettono di acquistare ore di lavoro altrui) o per un unico fornitore (le miglia sono utilizzabili solo presso la stessa compagnia aerea o le collegate che le hanno emesse). Nel mondo ne esistono migliaia, negli Stati Uniti, in America Latina, in Giappone, in Germania, in Italia, diverse nella tipologia, nelle regole che rispettano e nelle motivazioni per cui sono nate. Ma perché creare una seconda valuta oltre a quella ufficiale? L’arma segreta delle monete complementari è la loro circolazione limitata. Questo confine oltre al quale perdono valore dà loro forza, le mette al riparo dai rischi esterni e aumenta gli scambi che queste monete consentono all’interno del loro mondo. La moneta non è altro che uno strumento per ottenere ciò di cui abbiamo bisogno o che ci dà piacere: una casa, del cibo, una macchina, una serata al cinema, un week end al mare. E il fatto di poter ottenere dei beni o dei servizi in cambio di un pugno di banconote dipende solo dalla fi-
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LA VALUTA PIÙ DIFFUSA SI CHIAMA “FREQUENT FLYER MILE” IL RUOLO DEL DOLLARO È IN PERICOLO. La Federal Reserve ne stampa in quantità industriali per sostenere l’economia americana. Le banche centrali asiatiche lo comprano per le loro riserve e ne sostengono il valore. Ma se un giorno smettessero di farlo? Per il biglietto verde sarebbe giunta l’ora del declino. Niente paura, dice l’Economist, da almeno due anni il dollaro non è più la prima valuta al mondo. Superato dall’euro? Dallo yuan cinese? No, dalle “frequent flyer miles”, i punti bonus che le compagnie danno in omaggio a chi vola frequentemente: uomini d’affari, politici, operatori internazionali. Accumulando i punti è possibile ottenere viaggi premio, sconti o posti in business class. Secondo le stime del settimanale inglese le miles non ancora utilizzate a livello globale sarebbero circa 14.000 miliardi, per un totale di 700 miliardi di dollari. Un valore superiore a quello di tutte le banconote e le monete espresse in dollari circolanti nel mondo. Le frequent flyer miles sono da tempo una forma di denaro, usata come intermediario degli scambi e deposito di ricchezza. I patiti delle miglia controllano il loro saldo ogni mese, le cause di divorzio spesso le inseriscono nel computo del patrimonio dei coniugi e i businessman le accantonano per godersele nei Carabi, una volta in pensione. Ma ormai le miglia cominciano ad essere troppe. Con il tasso di utilizzo attuale ci vorrebbero almeno 25 anni per consumarle tutte. E come succede per le altre valute, a fronte di un eccesso di offerta sta salendo l’inflazione. Alcune compagnie hanno già aumentato il numero di punti necessari per un volo premio e i viaggiatori corrono a liquidare le miglia. Prima che sia troppo tardi. M.M.
ducia che riponiamo in quei pezzi di carta, dal fatto che tutti abbiamo stabilito che quelle banconote hanno un valore, le accettiamo in pagamento perché sappiamo che poi potremo spenderle a nostra volta per comprare qualcos’altro. Quindi basta che un gruppo di persone decidano che una moneta complementare ha un valore, per poterla usare per ottenere in cambio beni e servizi. E il fatto che abbia valore solo per quel gruppo di persone garantisce che siano loro ad avvantaggiarsene. In che modo? Dipende. Nel caso dei punti fedeltà del supermercato o delle miglia aeree gli obiettivi delle monete complementari sono prettamente commerciali. Servono a fidelizzare il cliente, a spingerlo a scegliere i prodotti offerti da un’azienda invece che da un’altra. Ma le motivazioni alla base della creazione delle monete complementari sono soprattutto di natura socio-economica: risollevare l’economia di una zona in crisi, creare posti di lavoro, favorire gli scambi di beni e servizi di cui si necessita, fornire assistenza sociale a chi ne ha bisogno.
Una scialuppa di salvataggio In molti casi le monete locali sono nate come via d’uscita dalle grandi crisi finanziarie internazionali. È successo dopo la grande depressione del ’29 e dopo il tracollo dell’Argentina nel 2001. Una moneta locale è un po’ come una scialuppa di salvataggio. Finché tutto va
bene non serve usarla, ma se la nave sta affondando, ci si può salire sopra e mettersi in salvo. Nel 1931 a Woergl, una cittadina del Tirolo austriaco, il Sindaco decise di battere moneta propria. Erano dei buoni che potevano circolare solo nel comune, venivano accettati nei negozi e persino per pagare le tasse comunali. Se non venivano spesi, però, perdevano valore. Ogni mese, infatti, bisognava applicare sulla banconota un francobollo pari all’1% del valore della banconota stessa. Quello della scadenza o della progressiva perdita di valore è uno stratagemma usato da molte monete complementari per fare in modo che il denaro sia speso e non risparmiato. Una moneta, in particolare quella complementare, deve circolare, essere spesa. Solo così si crea ricchezza e posti di lavoro. Si innesca infatti un circolo virtuoso: se i clienti acquistano in un negozio, i commercianti hanno soldi per pagare nuovi lavoratori che a loro volta spenderanno la moneta per acquistare qualcos’altro. Così Woergl riuscì a emergere dalla crisi molto prima del resto dell’Austria. Margrit Kennedy, economista tedesca, tra i maggiori esperti di monete locali, è solita raccontare una storiella che rappresenta bene la logica delle monete complementari: una donna va in un hotel e consegna alla reception un biglietto da 100 euro per prenotare una camera per la notte. Con quella banconota l'albergatore paga il panettiere, la cui moglie esce e va a comprarsi un vestito, il sarto porta la macchina a riparare e il meccanico, sempre con la stessa banconota, paga un venditore ambulante di cellulari, che poi va in albergo a prendere una camera per la notte e paga con la stessa banconota da 100 euro. Nello stesso momento arriva la donna dell'inizio della storia, che, dicendo di non volere più la camera, si riprende i 100 euro. La banconota torna quindi nelle sue mani. Appena esce dall'albergo, con l'accendino le da fuoco...perché, dice, era falsa. Morale: una sola banconota da 100 euro, per giunta falsa, ha permesso di scambiare in un giorno almeno un valore di 500 euro di beni e servizi. Perché il valore del denaro dipende solo dalla fiducia che riponiamo in esso. Basta farlo circolare per creare ricchezza, intesa come beni e servizi di cui abbiamo bisogno. Su questo principio si basano le monete locali. In molti casi infatti una zona con alti tassi di disoccupazione e dove le imprese sono in rosso, avrebbe le risorse per ripartire. Molte piccole e medie imprese del Sud Italia hanno i magazzini pieni di merce, che non riescono a vendere a causa della concorrenza internazionale. Creando una moneta che può essere spesa solo entro determinati confini, si stimola la crescita economica di quella zona, perché la gente è spinta ad acquistare in quei negozi e, vendendo prodotti, le imprese ricominciano a produrre e ad assumere. La maggior parte delle monete complementari sono nate proprio per far ripartire l’economia locale. Nel 1991 a Ithaca nello stato di New York è stata creata l’Ithaca Hours, per contrastare il monopolio del colosso della distribuzione Wal-Mart e favorire la produzione locale. Le Hours sono banconote complementari che valgono dieci dollari, l'equivalente teorico di un ora di lavoro (da qui il nome "hours", ore), e sono accettate da negozi, falegnami, elettricisti, infermieri, medici, meccanici nel raggio di 50 miglia intorno a Ithaca. Molti stipendi sono pagati in Ithaca Hours e la Alternative Credit Union, una banca di credito cooperativo di Ithaca offre con-
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I SISTEMI DI VALUTA COMPLEMENTARI NEL MONDO
Comprare e vendere senza denaro Ci sono casi, poi, in cui non serve neanche avere una moneta per ottenere i beni e i servizi di cui si ha bisogno. È il caso dei Lets, Local Exchange Trading Systems, i distretti solidali nati in Canada e poi sviluppatisi anche in Europa (in francese Sel, systèmes d’echange solidarie), basati essenzialmente sul meccanismo del baratto. Ciascuno porta quello che ha o mette a disposizione ciò che sa fare e lo utilizza come merce di scambio per ottenere i beni e i servizi che gli servono. Funziona con un meccanismo di crediti e debiti. Acquistando un’ora di corso di informatica, iscrivo un debito sul mio conto e un
credito su quello dell’insegnante. Un meccanismo simile alle banche del tempo italiane: veri e propri conti correnti, dove, invece degli euro, si depositano “ore”. Vendo un’ora di baby sitting e compro un’ora di lezione di tango. I Fureai Kippu giapponesi funzionano in modo analogo. I giovani prestano assistenza agli anziani in cambio di crediti di ore che potranno poi spendere o cedere ad altri. Così senza spendere denaro pubblico si ottengono servizi sociali. In Brasile esiste un sistema di moneta locale, il Saber educational currency, per favorire l’istruzione dei bambini. La moneta, sotto forma di buoni, serve per acquistare libri e materiale scolastico. Le monete complementari sono strumenti malleabili che possono essere adattati al bisogno che si deve soddisfare, con regole create ad hoc. Il segreto per ottenere dei vantaggi è la dimensione del circuito dove circolano. Non può essere troppo piccolo, i beni e i servizi che si possono ottenere in cambio saranno pochi. Ma non può neanche essere troppo grande, perché altrimenti la moneta locale perderebbe tutti i vantaggi dell’essere locale.
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Vita dura in Italia per gli esperimenti locali
GERMANIA SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 18 NUMERO DI MEMBRI: OLTRE 2.000 PRINCIPALI PROGETTI: CHIEMGAUER (BAVIERA), STERNTALER (BAVIERA), VOLMETALER (NORDRENO-VESTFALIA)
EUROPA [OLTRE ALLA GERMANIA] SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 11 (BELGIO, GRAN BRETAGNA, FRANCIA, SPAGNA, PORTOGALLO, SVEZIA, AUSTRIA, SLOVACCHIA) NUMERO DI MEMBRI: CIRCA 5000 PRINCIPALI PROGETTI: LETS (VARIE CITTÀ IN GRAN BRETAGNA), SEL TERRE (BORDEAUX, FRANCIA), RES - HÉT ANDERE GELD! (LEUVEN, BELGIO)
GIAPPONE SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 5 NUMERO DI MEMBRI: OLTRE 2.000 PRINCIPALI PROGETTI: FUREAI KIPPU (VARIE CITTÀ), EARTH DAY MONEY (TOKYO)
STATI UNITI SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 66 NUMERO DI MEMBRI: OLTRE 3 MILIONI PRINCIPALI PROGETTI: ITHACA HOURS (NY), LIBERTY DOLLAR (VARI STATI)
CINA SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 2 NUMERO DI MEMBRI: CIRCA 2300 PRINCIPALI PROGETTI: COMMUNITY ECO-VILLAGE (HONG KONG)
AMERICA CENTRALE SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 2 MESSICO, 1 HONDURAS NUMERO DI MEMBRI: CIRCA 200 PRINCIPALI PROGETTI: TIANGUIS TLALOC (MEXICO CITY) FONTE: COMPLEMENTARYCURRENCY.ORG
ti correnti in moneta locale, con un prestito a tasso zero. Un meccanismo simile a quello dei Palmas, creati nella periferia di Fortaleza, in Brasile, o dei Chiemgauer, in Baviera. In tutti questi casi, la circolazione di monete complementari ha permesso alle imprese di vendere i loro prodotti, di creare posti di lavoro, di aumentare il denaro a disposizione delle famiglie.
CANADA SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 8 NUMERO DI MEMBRI: 105.000 PRINCIPALI PROGETTI: LETS (VICTORIA, BRITISH COLUMBIA), TORONTO DOLLARS (TORONTO)
SUDEST ASIATICO SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 4 TAILANDIA, 1 INDONESIA, 1 PAPUA NUOVA GUINEA NUMERO DI MEMBRI: CIRCA 75.000 (CONCENTRATI IN PAPUA NUOVA GUINEA) PRINCIPALI PROGETTI: TABU SHELL MONEY (RABAUL, PAPUA NUOVA GUINEA)
AMERICA LATINA SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 7 BRASILE, 1 COLOMBIA NUMERO DI MEMBRI: CIRCA 1500 PRINCIPALI PROGETTI: PALMAS (FORTALEZA, BRASILE), VLC, VALUABLE LOCAL CURRENCY (PORTO ALEGRE, BRASILE)
NUMERO SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI 0
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11-20
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SUDAFRICA SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 1 NUMERO DI MEMBRI: CIRCA 6000 PRINCIPALI PROGETTI: SANE COMMUNITY EXCHANGE SYSTEM (IN TUTTO IL PAESE)
OCEANIA SISTEMI DI SCAMBIO LOCALI: 5 NUOVA ZELANDA, 2 AUSTRALIA NUMERO DI MEMBRI: OLTRE 3000 PRINCIPALI PROGETTI: OZONE CARTER (VARIE CITTÀ IN NUOVA ZELANDA), LETS (VARIE CITTÀ IN AUSTRALIA)
Esperienze decollate e poi naufragate, dopo lo stop della Banca d’Italia. Nel nostro Paese sembrerebbe proprio non esserci posto per altre banconote al di fuori dell’euro. Ma ci sono molte forme di conii complementari. in Germania, negli Stati Uniti, in America Latina. In Italia, invece, sembra proprio non esserci posto per altre banconote al di fuori dell’euro. Lo didi Mauro Meggiolaro e Elisabetta Tramonto ce la Banca d’Italia. Tentativi di lanciare monete locali ce ne sono stati anche da noi, in Abruzzo LIBRI e in Calabria. Entrambi bruscamente interrotti. Meglio quindi trovare soluzioni alternative, su cui né Bankitalia, né nessun giudice possa avere qualcosa da ridire. Un’idea potrebbe arrivare da un gruppo di ricercatori a Milano.
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Jérôme Blanc Exclusion et Liens Financiers: Monnaies sociales Broché
Jérôme Blanc Les Monnaies Parallèles: unité et diversité du fait monétaire L’Harmattan
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E MONETE LOCALI PRENDONO SEMPRE PIÙ PIEDE
Eco-Aspromonte, una moneta per sollevare le sorti di un parco Inizia e finisce in meno di un anno l’avventura di gufi, querce, lupi e rovi sulle banconote coniate dal parco dell’Aspromonte. Una moneta locale, battezzata EcoAspromonte, che per tutto il 2004 poteva essere spesa negli esercizi commerciali all’interno del parco calabrese, mentre oggi si è ridotta a un semplice gadget per i turisti. Alla fine del 2004, infatti, la Banca d’Italia ha chiesto di sospenderne la circolazione. Detto fatto. Le banconote con i gufi non valgono più. L’idea di creare una valuta che circolasse all’interno dell’area protetta è nata dall’allora presidente del parco dell’Aspromonte Tonino Perna. Due le motivazioni: «Il parco comprende un’area economicamente depressa,
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con una disoccupazione altissima. 200 mila giovani che non hanno un lavoro o fanno lavoretti temporanei, spesso in nero«, spiega il professor Perna. «A questo si aggiunga il fatto che le risorse a disposizione del parco diminuiscono di anno in anno. Dai 2,7 milioni di euro del 2000 siamo arrivati a 1,8 milioni. Non bastano per nessuna delle attività necessarie per gestire un’area così vasta (87 mila ettari che comprendono 37 comuni, di cui 14 con il centro storico all’interno del parco) e con così tanti problemi». Una moneta locale appare la soluzione ideale. «Ci avrebbe permesso di rilanciare l’economia locale, creare nuovi posti di lavoro, attrarre più turisti, pur avendo le mani legate da un budget sempre più risicato», spiega Perna. Com’è possibile che il solo fatto di introdurre una moneta diversa dall’euro permetta di ottenere questi risultati? «È un semplice principio economico, che aveva teorizzato anche Keynes. Basta creare un circuito economico chiuso, per fare aumentare gli scambi. Dal momento che l’Eco-Aspromonte aveva un valore solo nell’area protetta, chi deteneva le banconote poteva spenderle solo nei negozi convenzionati e il denaro restava nel parco. Eravamo riusciti a creare un circuito di un centinaio di esercizi tra ristoranti, negozi e alberghi, oltre a una decina di comuni che avevano accettato di riscuotere alcune tasse, come l’acqua e i rifiuti, in Eco-aspromonte. Si era creato un circolo virtuoso per cui noi gestori del parco ci eravamo impegnati a promuovere gli esercizi che aderi-
vano al progetto e in cambio i negozianti e i ristoratori applicavano prezzi più bassi a chi pagava in Eco-Aspromonte». Tonino Perna era riuscito addirittura a convincere la Zecca dello Stato a stampare le banconote, evitando così problemi di contraffazione. Neanche lo stesso ideatore di questa moneta locale riesce a spiegare perché il direttore la Zecca avesse dato l’ok alla stampa delle banconote. «Forse non si rendeva conto del peso e delle dimensioni del parco dell’Aspromonte. Forse pensava si trattasse solo di un’attività promozionale - azzarda il professore - Di fatto però ha acconsentito». Sono stati stampati Eco-Aspromonte per due milioni di euro. Chiunque poteva cambiare euro in Eco-Aspromonte, con un cambio 1:1 (1 euro = 1 Eco-Aspromonte) e, in qualsiasi momento poteva riconvertire la moneta locale in euro. Per fare in modo che la moneta fosse spesa e non risparmiata, le banconote avevano una scadenza. Dopo un anno perdevano totalmente valore. Risultati? «Innanzitutto di valore culturale e sociale: abbiamo messo insieme 100 operatori tra commercianti e albergatori attorno a un progetto comune. Poi economico: i prezzi sono scesi drasticamente e i consumi sono aumentati. Siamo anche riusciti a creare nuovi posti di lavoro, avviando delle attività di tutela del territorio, anti-incendio, ricerca, gestione del centro visite del parco, che abbiamo affidato a giovani laureati, che venivano pagati in parte in euro e in parte in Eco-Aspromonte. L’e-
sperimento ha avuto un grande successo». Finché è durato. Dopo meno di un anno dall’avvio del progetto sono arrivate le lettere della Banca d’Italia, con cui informava che emettere moneta è reato penale, contro il Testo Unico Bancario (vedi ARTICOLO ). Tonino Perna non era più presidente del parco. Alla scadenza del suo mandato il ministero dell’ambiente ha nominato un commissario straordinario, che ha assicurato a Bankitalia che gli EcoAspromonte non avrebbero più avuto alcun valore.
LIBRI
Margrit Kennedy, Bernard A. Lietaer Regionalwährungen Riemann, Marzo 2004
Il SIMEC arrestato dalla finanza La prima moneta locale italiana, il “SIMEC”, è circolata a Guardiagrele (CH), un paesino di 10.000 abitanti ai piedi della Majella. Ma solo per un mese e mezzo. Nell’agosto del 2000 la guardia di finanza, su ordinanza del tribunale di Chieti, ha sequestrato tutte le banconote in circolazione. Le aveva fatte stampare il professor Giacinto Auriti, docente di diritto e co-fondatore dell’Università di Teramo. «Il giorno del sequestro a Guardiagrele non ci si poteva muovere. Il dispiegamento di volanti dei carabinieri e della guardia di finanza è stato impressionante», racconta Italo Colaneri, avvocato difensore di Auriti. Ma cos’è successo? E perché si sono mobilitate le forze dell’ordine per bloccare un progetto di valuta locale? Il professore aveva ideato un sistema monetario alternativo per «restituire la proprietà della moneta ai cittadini». Già alla fine degli anni novanta
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Bernard A. Lietaer, Ursel Schäfer, Das Geld der Zukunft Riemann, Luglio 2002
Bernard A. Lietaer The Future of Money: Creating New Wealth, Work and a Wiser World Paperback 2001
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LIBRI
Maurizio Pittau, Economie senza denaro. I sistemi di scambio non monetario nell’economia di mercato EMI, 2003
Massimo Fini Il denaro «Sterco del demonio» ed. Marsilio, 2003
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Auriti aveva querelato la Banca d’Italia in quanto «ricaverebbe profitti indebiti dal monopolio sulla stampa di cartamoneta, attraverso il signoraggio (differenza tra i costi di produzione della carta moneta e il suo valore nominale, NdR)». Il SIMEC, come altre valute locali, si basava sull’adesione di un certo numero di esercizi commerciali. Per far circolare la valuta e creare fiducia nei consumatori e nei commercianti, Auriti aveva pensato di raddoppiare il valore del SIMEC rispetto alla lira, pur conservando il cambio 1:1. In pratica con 1.000 SIMEC, comprati con 1.000 lire, era possibile acquistare beni per un valore di 2.000 lire. I commercianti potevano poi portare ad Auriti i SIMEC ricevuti in pagamento, ottenendo in cambio il doppio del valore in lire. «Era un modo per promuovere l’utilizzo della nuova valuta», spiega Colaneri. «Una volta che il sistema si fosse stabilizzato si sarebbe potuto optare per un cambio diverso». A rimetterci, di tasca propria, è stato lo stesso professore. Com’era prevedibile, l’iniziativa ha avuto subito un enorme successo. «Arrivava gente dai paesi vicini per comprare in SIMEC da noi», spiega Gaetano Ammirati, commerciante di stoffe di Guardiagrele. «I negozi di chi aveva aderito all’iniziativa venivano letteralmente presi d’assalto, in particolare le oreficerie». Secondo un articolo
del Wall Street Journal, il volume di affari giornaliero degli aderenti si aggirava intorno ai 40.000 dollari di allora, mentre gli esercizi commerciali non convenzionati col sistema rimanevano praticamente vuoti. Ma a un certo punto qualcosa è andato storto. Tra i commercianti si sono create tensioni, molti si sono affrettati a cambiare i SIMEC a fine giornata, inibendo così la circolazione auspicata da Auriti, e alcuni dei non aderenti hanno iniziato a protestare. Alla fine è scattata la denuncia di un negoziante ed è intervenuto il tribunale di Chieti, che ha ordinato il sequestro. Dopo due settimane il tribunale del riesame ha disposto il dissequestro, ma ormai il SIMEC non poteva più circolare: la fiducia dei consumatori e dei negozianti era crollata. Al processo, Auriti è stato poi dichiarato colpevole, con sentenza della Cassazione, per «abusiva raccolta del risparmio tra il pubblico» e «abusiva attività finanziaria». Il professore è morto lo scorso agosto, all’età di 83 anni.
Milano si prepara allo shopping in moneta locale Negozi, bar, ristoranti, palestre, supermercati e altro ancora, in tutta la provincia di Milano dove si può pagare con una moneta complementare. Nessuna banconota,
solo punti caricati su un borsellino elettronico. Con il passare del tempo, però, i punti non utilizzati vengono in parte donati ad alcune associazioni non profit che a loro volta li spenderanno negli stessi esercizi che fanno parte del circuito. È il progetto di moneta complementare che Milano si prepara a sperimentare. Un progetto promosso dalla Provincia da un team di ricercatori e professionisti, fondato da Massimo Amato e Luca Fantacci, entrambi docenti all’Università Bocconi di Milano (vedi INTERVISTA ). Il via dovrebbe avvenire tra sei-sette mesi, in tutta la provincia di Milano. Il punto di partenza è stato il successo dell’esperienza delle “Pink card”, le tessere lanciate dalla giunta Colli, che riservavano sconti e assistenza sociale alle donne lombarde che si iscrivevano. Quaranta mila le tessere in circolazione, un migliaio gli esercizi convenzionati. «Ora la Provincia vuole allargare il campo d’azione con un progetto che risponda contemporaneamente a esigenze sociali ed economiche e ha visto nella moneta complementare una possibile soluzione», spiega Massimo Amato. Le monete complementari verranno emesse sottoforma di sconti. Cioè il cliente acquisterà a prezzo pieno un prodotto o un servizio e in cambio riceverà dei punti, la moneta complementare, da usare in tutti i ne-
gozi che aderiranno (la Provincia è sicura che saranno anche più dei mille del progetto Pink card). Fin qui si articola la parte “profit” del progetto, ma ce n’è anche una non profit. I clienti hanno infatti a disposizione un periodo di tempo limitato entro il quale spendere i punti (caratteristica tipica delle monete complementari). Allo scadere del termine, giornaliero o settimanale, gli ideatori del progetto non lo hanno ancora deciso, una percentuale dei punti non spesi passano alle associazioni non profit coinvolte nel progetto e scelte dal cliente, che potranno usarli come se fossero euro, negli stessi negozi del circuito. «Un sistema che fa guadagnare tutti: le imprese perché la moneta complementare può essere spesa solo nei negozi coinvolti e perché, grazie al meccanismo della scadenza, i clienti sono spinti ad acquistare più spesso – spiega Amato – Ma guadagnano anche i clienti perché usufruiscono di sconti in tutti i negozi convenzionati, le associazioni non profit perché vengono finanziate in moneta complementare e l’amministrazione pubblica perché mette in atto una politica di welfare senza sborsare un centesimo, ma con una semplice attività di promozione, organizzazione del circuito, selezione dei soggetti da coinvolgere e garanzia della trasparenza del sistema».
LIBRI
Luca Fantacci La moneta. Storia di un’istituzione mancata ed. Marsilio, 2005
Giacinto Auriti Il paese dell’utopia Tabula fati, 2002
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Gli euro regionali fioriscono in Germania Diciotto progetti attivi, altri ventinove in fase di lancio: Christian Gelleri, che ha ideato il Chiemgauer, spiega nel dettaglio il meccanismo di funzionamento e perchè la Bundebank ha sinora dato il benestare ai diversi progetti avviati. di Mauro Meggiolaro Da sinistra: Chiemgauer con tre “bolli di proroga”, Havelblüten con il fiore di melo, Volmetaler e Urstromtaler.
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ANCONOTE VERDI, GIALLE, BLU, ARANCIO. Fiori di ciliegio, melo e asparago in filigrana. In Germania le monete locali si stanno diffondendo a un ritmo impressionante. Diciotto i progetti attivi e altri ventinove in rampa di lancio. I più noti si chiamano Chiemgauer, Sterntaler, Volmetaler, Urstromtaler. In comune hanno il desiderio di far ripartire, a livello regionale, un’economia che sembra essersi fermata. E con essa l’occupazione, da anni in costante declino. Ma cosa c’è dietro a uno sviluppo così rapido? La tolleranza della Banca centrale tedesca, l’appoggio di una banca etica e il lavoro infaticabile di personaggi carismatici come Margrit Kennedy o Christian Gelleri, un giovane insegnante di liceo che, in Baviera, ha ideato il Chiemgauer, la valuta regionale più conosciuta in Germania. Perché funziona bene e riesce a coinvolgere un numero sempre maggiore di cittadini, imprese private e associazioni non profit. Come? L’abbiamo chiesto proprio a Gelleri.
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Come definirebbe il Chiemgauer? Il Chiemgauer è una moneta complementare utilizzata nei distretti di Rosenheim e Traunstein (Baviera, sud-est della Germania, NdR) che si basa sull’accordo tra i membri dell’associazione Chiemgauer Regional e.V.. Ha lo scopo di rafforzare l’economia della regione e di finanziare iniziative culturali promosse da associazioni non profit.
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GIRO D'AFFARI IN CHIEMGAUER/EURO DEI COMMERCIANTI ADERENTI AL CIRCUITO 1.200.000 € 900.000 € 600.000 € 300.000 € 2003
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CONTRIBUTI PER LE ASSOCIAZIONI NON PROFIT DEL CIRCUITO CHIEMGAUER 20.000 € 15.000 € 10.000 € 5.000 € 2003
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Come funziona in concreto? Un Chiemgauer ha il valore di un Euro. È come se fosse un “euro regionale”. I membri dell’associazione possono cambiare Euro in Chiemgauer e spendere la valuta locale in più di 500 negozi convenzionati. Si tratta di esercizi commerciali locali: farmacie, panifici, negozi di abbigliamento, bar, ristoranti, alimentari, negozi bio, ma anche fisioterapisti, commercialisti o rivenditori di pannelli solari. Quando i commercianti cambiano di nuovo i Chiemgauer in euro, pagano una commissione del 5%: il 3% va come contributo a un’associazione non profit indicata dal consumatore e il 2% viene trattenuto come costo di gestione della rete.
suoi Chiemgauer, per esempio il “Coro di Wasserburg”. Con i 200 Chiemgauer il sig. Müller si compra una bicicletta da “Crazy Bikes & Service”, uno degli esercizi commerciali aderenti al circuito. Il rivenditore di bici intasca i Chiemgauer e li usa per pagare il commercialista Ohlert (anche lui aderente al circuito). Ma il commercialista si ritrova con troppi Chiemgauer in tasca rispetto a quelli che vuole spendere. E quindi li cambia in euro. Al momento del cambio riceverà 190 euro, il 5% in meno, perché 6 euro (3%) andranno al Coro di Wasserburg e 4 euro (2%) alla gestione della rete.
Perché invece il commercialista non decide di risparmiare i Chiemgaeur in eccesso? Ci puo’ fare un esempio? Perché non gli conviene. Le banconote (che sono in tagli da 1, 2, 5, 10, 20 e 30) hanno una data di scadenza. Il sig. Müller, socio di Chiemgauer Regional, si presenta Christian Gelleri, Possono valere al massimo 364 giorni. Poi non si posin uno dei 40 “sportelli” Chiemgauer con la sua Reideatore del Chiemgauer sono più utilizzare. A meno che non si incolli sulla gioCard, una specie di bancomat regionale. Suppoe presidente banconota una “Verlängerungsmarke” (bollo di proroniamo che voglia cambiare 200 euro, l’importo massidell’associazione Chiemgauer Regional. ga), che posticipa la scadenza di tre mesi. Ma costa il mo permesso in un giorno. La somma viene 2% del valore totale. Il discorso non è diverso per i addebitata, tramite un POS (point of sale, macchinetChiemgauer che i commercianti possono depositare in conto corte per carte di credito e Bancomat), sul suo conto in euro. In camrente. I conti sono aperti presso la GLS Gemeinschaftsbank (banbio ottiene 200 Chiemgauer. Sulla RegioCard è indicato il nome ca etica tedesca, NdR), formalmente sono gestiti in euro ma è codell’associazione locale che Müller ha scelto di sostenere con i
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pra solo perché paga in valuta regionale. Tuttavia sa che, se paga in Chiemgauer, mette in moto un meccanismo che rende disponibili nuove risorse per il suo gruppo sportivo, per la sua parrocchia, per il suo coro o per la scuola presso la quale studiano i suoi figli. Il commerciante, che paga una “commissione” del 5% quanIn pratica chi non fa circolare i Chiemgauer viene punito… do cambia i Chiemgauer in euro, apparentemente ci perde. In Sì, perché, secondo noi, il denaro che viene tenuto sotto il materealtà ha dei vantaggi superiori alla perdita di valore dei soldi. Perrasso non serve a nessuno. Solo se circola il denaro è vitale per l’eché, quando entra nel circuito, le associazioni conomia: diventa ricavo e quindi guadagno o saPROGETTI IN PARTENZA 29 PROGETTI GIÀ ATTIVI 18 non profit destinatarie del 3% fanno pubblicità lario. Il Chiemgauer è come un fiammifero per lui e per gli altri esercizi commerciali che acacceso che passa di mano in mano. Tutti cercano cettano i Chiemgauer. E quindi la sua clientela di disfarsene prima di scottarsi le dita con la aumenta. Se dovesse comprare spazi pubblicitafiamma. Il commerciante che viene pagato in ri sui giornali, alla radio o in TV spenderebbe Chiemgauer farà di tutto per rimetterli in circomolto di più. lo, magari pagando i suoi fornitori o lo stipendio dei dipendenti in valuta locale. Se non ci riesce sarà costretto a cambiare i Chiemgauer in euro, Quanti Chiemgauer sono attualmente in circoperdendo il 5%. La data di scadenza serve anche lazione? per stimolare il consumatore a spendere i soldi in Oggi sono in circolazione circa 70.000 Chiemmodo sensato. gauer. Alla fine del 2004 erano meno della metà. Mediamente ogni Chiemgauer viene usato per due transazioni al mese prima di essere cambiato Che vantaggi offre il Chiemgauer? in euro. Questo genera un giro d’affari mensile di Il consumatore non ha vantaggi immediati, non Le valute locali nell’area tedesca. circa 140.000 euro. puo’ approfittare di sconti sulla merce che comme se fossero Chiemgauer, perché seguono le regole del circuito: meno 5% al momento del cambio in euro e interessi negativi pari allo 0,02% al giorno (-8% all’anno).
Quanti li usano? L’associazione Chiemgauer Regional e.V. ha 1.650 membri, più del triplo rispetto alla fine del 2004. Di questi, 518 sono esercizi commerciali. Le associazioni che beneficiano del contributo del 3% sono 90. Dall’inizio del progetto (gennaio 2003) hanno ricevuto un totale di 31.688 euro. È possibile che nel circuito si generi inflazione? No, perché si tratta di un circuito aperto, che ha una valvola di sfogo: il cambio in euro. Quando i Chiemgauer sono in quantità superiore al necessario vengono cambiati in euro. Il Chiemgauer è legale? In Germania l’utilizzo di denaro alternativo all’euro è proibito dalla legge. Alla fine, però, è la banca centrale tedesca che decide caso per caso. Per ora la Bundesbank ha scelto la linea della tolleranza, anche con altri progetti analoghi. 70.000 euro in valuta locale sono una cifra irrisoria rispetto alla massa monetaria in circolazione nella nostra regione: non sono in alcun modo di disturbo alla politica monetaria. In più stiamo dimostrando che, oltre a non recare disturbo, abbiamo anche un impatto positivo sull’economia e sul tessuto sociale dei nostri distretti.
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La Banca d’Italia dice no Niente monete complementari in Italia, violano la legge anche per la Cassazione. Due i reati penali contestati: abusiva attività di raccolta del risparmio e abusiva attività finanziaria.
E di E.T.
URO, PESOS, REAL, DOLLARI E YEN.
Le valute ufficiali possono essere emesse esclusivamente dalle Banche centrali, che ne controllano la circolazione e detengono il monopolio di emissione. Le monete complementari, invece, che si tratti di vere e proprie banconote o di altri strumenti finanziari, sono emesse da enti diversi. È permesso dalle leggi nazionali? In linea generale no, ma ogni istituto centrale si comporta in modo diverso. La Bundesbank è tollerante. Finché la zona dove circola la moneta complementare è circoscritta, il numero di persone coinvolte è ridotto e la quantità di valuta è limitata, i banchieri centrali tedeschi non sembrano preoccuparsi troppo. Lo stesso vale per Stati Uniti, Canada e America Latina. In Italia, invece, la situazione è diversa. Il messaggio della Banca d’Italia è chiaro: niente monete oltre all’euro. In due casi nella penisola si era arrivati alla stampa di banconote locali: i Simec in Abruzzo e gli Ecoaspromonte in Calabria, questi ultimi coniati addirittura dalla Zecca (vedi ARTICOLO ). In entrambi i casi la circolazione della moneta locale è durata solo pochi mesi, prima di essere bruscamente interrotta. Perché? Quali so-
Un muro di diffidenza sta ostacolando tutti i progetti promossi a livello locale
Le monete rifiutate dalla Banca d’Italia: gli Ecoaspromonte e, sopra, il Simec.
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no le motivazioni giuridiche per cui in Italia non si possono usare le monete complementari? La prima e più immediata risposta è contenuta nel Decreto Legislativo 10 marzo 1998, n. 43 che all’articolo 4 taglia la testa al toro: l’emissione di banconote è prerogativa della Banca d’Italia. I sostenitori delle monete complementari, però, si difendono: non si tratta di vere e proprie banconote, dicono, ma di strumenti utilizzati da un ristretto gruppo di persone per effettuare scambi di beni e servizi, tra l’altro con finalità sociali. Per Bankitalia anche questo è vietato. Perché, anche se la circolazione della moneta locale avviene all’interno di un gruppo di persone ristretto ed è frutto di un accordo tra privati, vengono coinvolti interessi pubblici. Si toccano cioè questioni delicate come la tutela del risparmio, la stabilità dei mercati finanziari e l’affidabilità dei mezzi di pagamento. In particolare le monete locali violano gli articoli 106, 130 e 132 del Testo Unico Bancario, cioè si configurano i reati, penali, di abusiva attività di raccolta del risparmio e abusiva attività finanziaria. Lo sostiene la Banca d’Italia e lo ribadisce la Cassazione (nella sentenza n. 4097 del 2 luglio 2001 con cui la V sezione penale della Corte di Cassazione dà ragione alla Banca d’I-
talia e torto ai creatori dei Simec in Abruzzo). In particolare sono tre le attività che, per Bankitalia e Cassazione, sono insite nel sistema delle monete complementari e che costituirebbero reato:
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LA RACCOLTA DI RISPARMIO. Per la Banca d’Italia la distribuzione di moneta complementare in cambio di euro costituisce di fatto una raccolta di risparmio. Un’attività considerata dal legislatore italiano rischiosa per il risparmiatore e, di conseguenza, riservata alle banche. Per garantire la tutela del risparmiatore, infatti, gli istituti di credito sono tenuti al rispetto di una serie di precauzioni, come una riserva obbligatoria e un fondo di garanzia dei depositi. Nessuna di queste cautele invece, sostiene la Banca d’Italia, viene messa in atto dagli organi che emettono monete complementari. LA PRESTAZIONE DI SERVIZI DI PAGAMENTO. Il meccanismo delle monete complementari si basa sul principio che in qualsiasi momento le banconote locali possano essere riconvertite in valuta ufficiale. L’organismo emittente la moneta complementare potrebbe quindi dover consegnare euro al risparmiato-
FUREAI KIPPU: I NONNI GIAPPONESI SONO IN BUONE MANI UN GIAPPONESE SU QUATTRO HA PIÙ DI 60 ANNI. Un record mondiale, eguagliato solo dall’Italia. Grazie allo sviluppo economico e tecnologico e a una dieta sana i giapponesi possono sperare di vivere in media 82 anni (un anno in più degli italiani, degli svizzeri e degli svedesi, al secondo posto). Le società dei Paesi sviluppati sono in rapido invecchiamento e i servizi pubblici non sono più in grado di garantire un sostegno adeguato. Che fare allora di fronte a un numero crescente di persone bisognose di assistenza o anche solo di compagnia? Tsutomu Hotta (nella foto), ex ministro della giustizia giapponese, ha avuto un’idea geniale. Nel 1991 ha fondato l’Istituto per il welfare umano Sawayaka, un’organizzazione non profit, che , nel 1995, con l’aiuto dello Stato, ha istituito una nuova moneta. Si chiama “Fureai Kippu”, in italiano biglietto di assistenza comunitaria, e vale 60 minuti. Il suo funzionamento è molto semplice: i giovani aiutano le persone anziane e sono pagati in Fureai in base al tempo che trascorrono con loro. Le ore accumulate dai giovani diventano “crediti di assistenza” che potranno essere usati in futuro oppure girati ai parenti o agli amici bisognosi di cure in altre parti del Paese. RISPARMIARE TEMPO PREZIOSO Facciamo un esempio. Manami, una studentessa universitaria di Tokyo, dedica quattro ore alla settimana ad aiutare un’anziana vedova nelle faccende domestiche: cucina, pulizie, compere, ecc.. Per ogni ora di lavoro riceve un Fureai, che in futuro potrà scambiare con altre ore di servizio in suo favore. Intanto però deposita i Fureai accumulati in un “conto di risparmio”. Quando arriverà a un’età in cui non sarà più in grado di soddisfare da sola le sue necessità di base, potrà beneficiare della riserva di ore di assistenza che ha accumulato quando era giovane. Ma c’è anche un altro modo di usare i Fureai. Supponiamo che i genitori di Manami abitino a Sapporo, nel nord del Giappone e che il padre sia ammalato. Manami deve seguire le lezioni e dare esami a Tokyo e non puo’ fare assistenza al papà in modo continuativo. Come puo’ risolvere il problema? Inviando una parte dei Fureai Kippu che ha accumulato a Tokyo per pagare l’assistenza di un altro ragazzo, che vive però a Sapporo. ZERO INFLAZIONE, MASSIMA SODDISFAZIONE Uno dei risultati più sorprendenti di questo esperimento sociale, che coinvolge ormai centinaia di giovani in tutto il Giappone, è che le persone anziane – se possono scegliere -preferiscono i servizi pagati con buoni Fureai Kippu alle ore di assistenza di cooperative specializzate pagate in yen. Secondo gli anziani, i giovani del Fureai sono più motivati perché pensano al proprio futuro o alle ore che accantonano a favore dei propri familiari. “Il Fureai - che è una moneta settoriale, perché nasce per servire scopi specifici – è un esempio di come le valute complementari siano in grado di creare nuove relazioni sociali”, spiega la professoressa tedesca Margrit Kennedy, esperta di monete complementari. “Da questo punto di vista l’attuale sistema monetario è carente: una volta che hai pagato non ti senti più obbligato nei confronti di nessuno”. “Un altro vantaggio del Fureai Kippu è che non crea inflazione e non perde valore nel tempo”, continua Kennedy. “Un’ora è e rimarrà sempre un’ora, indipendentemente dalla quantità di Kippu in circolazione o dalla situazione economica”. Mauro Meggiolaro
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re. Attività che, anche in questo caso, la Banca d’Italia riserva esclusivamente agli istituto di credito.
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L’EMISSIONE DI MEZZI DI PAGAMENTO A SPENDIBILITÀ GENERALIZZATA. Chi emette moneta complementare distribuisce strumenti monetari che possono essere spesi in diversi esercizi commerciali. Attività consentita, come si legge nel Testo Unico Bancario, solo alle banche. Diverso sarebbe se lo stesso negoziante emettesse e ritirasse i buoni.
Tutte e tre le attività, secondo la legge italiana, sono quindi riservate alle banche, perché comportano dei rischi per il risparmiatore. Rischi a cui chiunque sarebbe esposto partecipando al circuito delle monete complementari. Gli euro raccolti dall’emittente di moneta complementare, in cambio di valuta locale, potrebbero, infatti, essere spesi e quindi non essere più disponibile nel caso si volessero riconvertire le banconote locali. Oppure i negozi del circuito potrebbero cambiare idea e non accettare più in pagamento
monete locali, che diventerebbero dei pezzi di carta senza valore. In sostanza se non si è la Banca d’Italia non si possono emettere banconote e se non si è una qualsiasi banca non si possono raccogliere capitali ed emettere strumenti di pagamento. Da un punto di vista legale, quindi, in Italia non sembra esserci alcuna possibilità per le monete complementari. Qualche via d’uscita però esiste. Basta evitare di “emettere” qualcosa. Lo fanno le compagnie aeree con le miglia, i supermerca-
ti con i punti fedeltà, le aziende con i ticket restaurant. Per scopi sociali lo stanno facendo le banche del tempo, che scambiano ore di lavoro: ripetizioni di matematica in cambio della consegna di una SITI INTERNET raccomandata in Posta. E lo stanno per fare nella provincia di Milano (vedi ARTICOLO ), www.regiogeld.de www.chiemgauer.info dove verranno semplicemente distribuiti www.complementarycurrency.org dei punti senza raccogliere euro e senza www.redlases.org.ar www.appropriate-economics.org emettere niente. Certo, con delle banconowww.tempomat.it te sarebbe tutto più semplice.
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Due monete in tasca Poche ma rigide regole di convivenza Migliaia gli esperimenti di monete complementari effettuati in tutto il mondo negli ultimi anni. Alcuni sopravvivono e generano linfa vitale per l’economia locale. Molti scompaiono. Perché? Quali regole devono rispettare le monete complementari? ONETE LOCALI O COMPLEMENTARI? Sociali o parallele? Già parlare di sistema monetario non è facile, tanto più se si propone un modello alternativo a quello in vigore. Se poi si inizia a fare di Elisabetta Tramonto confusione già dal nome, non se ne viene più fuori. E quali caratteristiche devono avere queste monete “diverse”? Quali regole devono rispettare? Le risposte in uno studio condotto da due ricercatori dell’Università Bocconi, Massimo Amato e Luca Fantacci, all’interno del progetto “Nuovistilidivita”, finanziato dalla Regione Lombardia e dall’Unione europea e promosso, tra gli altri, da Banca Etica.
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no. La moneta sta diventando sempre più globale, ma questa globalizzazione dei circuiti monetari tende a creare problemi all’economia locale. Il fatto che un prodotto sia progettato in un luogo, costruito in un altro e venduto in un altro ancora, provoca una tendenziale fuga della moneta dalla circolazione locale. E si rischia che in una comunità ci siano le risorse materiali per produrre beni e le persone che vogliono lavorare, ma manchino i mezzi monetari per scambiare i frutti del lavoro. Come se io avessi mal di denti, il mio vicino di casa fosse un dentista, ma non ci fossero i soldi per effettuare lo scambio. È ciò che è avvenuto in Argentina. La moneta complementare fa incontrare domanda e offerta in un luogo senza fare giri troppo lunghi e rischiosi. Avere soltanto una moneta globale può creare disoccupazione a livello locale.
Come possiamo chiamare queste monete, diciamo, “non ufficiali”? Monete complementari, locali, parallele e sociali, Quando nasce l’idea di creare una moneta comma anche solidali e cooperative. Aggettivi, tutti plementare? validi, che descrivono aspetti diversi di questo In realtà il fenomeno delle monete complemenA sinistra Massimo Amato e, a destra, strumento. Sono complementari perché non si tari precede le monete nazionali. Il sistema moLuca Fantacci, i due ricercatori sostituiscono alla moneta ufficiale, ma le si afnetario europeo dall’800 al 1800, fino a quando dell’Università Bocconi autori dello studio sulle monete locali. fiancano (ecco spiegato anche l’aggettivo parallesono nati i sistemi monetari nazionali, funzionale), per svolgere compiti diversi. Sono locali perva con un doppio regime: c’erano monete con ché solitamente circolano in un territorio delimitato e perché una circolazione locale e monete per i traffici internazionali. In temrispondono alle esigenze di una comunità. Permettono di rilanciare pi moderni il movimento delle monete complementari è nato parall’economia locale e di soddisfare bisogni sociali (quindi monete solelamente in Germania e negli Usa per rispondere alla crisi del ’29, ciali), che si traducono in richieste economiche: avviare attività proquando l’improvvisa sparizione dalla circolazione della moneta ha duttive, creare posti di lavoro, avere i fondi per acquistare beni e serdeterminato un crollo dell’attività produttiva e, quindi, inflazione. vizi. Sono poi solidali perché possono finanziare anche il settore non Poi è stato rilanciato negli anni ’90. Sono partiti 2-3 mila esperimenprofit e dovrebbero soprattutto essere cooperative, cioè essere aliti di monete complementari in tutto il mondo, alcuni resistono anmentate dal lavoro dei membri della comunità. cora oggi, altri sono scomparsi. Ma a che cosa serve avere una moneta a diffusione locale che si affianca a quella ufficiale? Una moneta locale permette a una comunità di sostenere la propria economia, senza dipendere eccessivamente dai rapporti con l’ester-
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Perché alcune monete complementari non sono sopravvissute? A volte perché non funzionavano, a volte, invece, perché funzionavano troppo bene e hanno messo in discussione il monopolio di emissione degli istituti centrali.
Quali requisiti deve avere una moneta non ufficiale per sopravvivere e per raggiungere i suoi scopi?
1. REGOLE DI EMISSIONE. Innanzitutto è necessario definire in modo chiaro e rigoroso, sulla base dell’ordinamento vigente, il rapporto tra la moneta locale e quella ufficiale, i confini tra l’una e l’altra. Non deve esistere concorrenza tra le due monete, né sovrapposizione di compiti perché non possono coesistere due monete nello stesso ambito e con le stesse funzioni. Una metterebbe necessariamente fuori gioco l’altra.
5. NON USCIRE. Naturalmente la moneta locale deve circolare all’interno di una comunità, o comunque all’interno di un ambito definito, ad esempio per l’istruzione o per aiutare gli anziani (vedi BOX Giappone). Una moneta locale nasce per rispondere ai bisogni di una comunità, se viene spesa altrove, non permette di rilanciare l’economia locale. 6. BISOGNI SOCIALI. Una moneta locale nasce per fini sociali, oltre che per fini economici. Ci deve essere un bisogno insoddisfatto, che non trova risposta nel welfare pubblico, a cui le monete locali dovrebbero sopperire.
2. APERTURA. D’altro canto è importante che i due ambiti di circolazione, ufficiale e complementare, non siano del tutto separati e impermeabili. È importante che in qualsiasi momento la moneta complementare possa essere riconvertita, a determinate condizioni, in moneta ufficiale, o essere ricevuta in pagamento da chi l’ha emessa. Se si tratta dello Stato o di un amministrazione comunale, ad esempio, devono accettare che le tasse siano pagate in moneta complementare. Se si tratta di un’impresa, deve invece vendere i propri prodotti in cambio di moneta locale.
3. GARANZIA DI CEDIBILITÀ. Bisogna garantire la cedibilità della moneta, è necessario, cioè, poterla spendere. Deve esistere un circuito, all’interno del quale la moneta complementare sia accettata per l’acquisto di beni e servizi. Qualsiasi moneta, anche quella ufficiale, si basa su un meccanismo di fiducia. Quando la accetto, cioè, devo essere sicuro di poterla poi cedere ad altri.
4. MAI FERMA. Non solo è necessario che la moneta complementare si possa spendere, ma deve essere spesa, non può restare ferma, bisogna evitare che sia risparmiata. La moneta ha un solo modo per creare ricchezza: circolare, acquistare beni e servizi, pagare stipendi. Solo così può mettere in moto un meccanismo economico e sociale, deve essere uno strumento per favorire lo scambio di beni, servizi e lavoro. Per ottenere questo risultato spesso le monete complementari hanno una scadenza o seguono un meccanismo per cui se vengono tenute ferme perdono valore.
7. REMUNERAZIONE DEL LAVORO. La moneta complementare deve essere in grado di mettere in raccordo un bisogno con il lavoro. Sarebbe fondamentale che anche il lavoro fosse remunerato in moneta complementare, almeno in parte. Ma è molto difficile, non tanto per una questione di principi giuridici, quanto per un problema di tecnica giuridica. In alcuni casi, come in Italia, sono state le Banche centrali a interrompere la circolazione delle monete complementari. Perché? Il monopolio nell’emissione della moneta da parte delle Banche centrali serve per tenere sotto controllo la quantità di moneta in circolazione, per evitare che si generi troppa inflazione. Rispetto alle monete complementari, le Banche centrali, che spesso non conoscono bene il fenomeno, nutrono tutto sommato una sana diffidenza. Temono che possano generare inflazione, a causa di un eccesso di moneta in circolazione. È giusto e auspicabile che le banche centrali se ne preoccupino, perché la posta in gioco è alta. Ma il rischio dipende da come è costruito il sistema. Se l’introduzione di una moneta complementare è fatta bene non aumenta la base monetaria, ma solo la velocità di circolazione della moneta. Questo alla Banca centrale non può dar fastidio perché se aumentano gli scambi significa che ci sono merci da scambiare. L’inflazione nasce quando dietro all’incremento di moneta non c’è un incremento di beni da comprare.
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Danesi offshore
Ditlev è furbo ma i cinesi non scherzano di Paolo Fusi
STATE 1996: DITLEV VOLA A SHANGHAI. Orgoglioso rappresenta un grande colorificio danese, che dopo una lenta ma inesorabile espansione in tutta Europa e in Nordamerica, ora vuole conquistare l’Oriente. Punta sul core business della sua azienda, i colori e le tinte di protezione per le navi. Anche perché, nel corso degli anni passati a dirigere l’azienda, insieme ad un paio di alti dirigenti ha messo su un commercio parallelo, amministrato da una mezza dozzina di società panamensi, che sottrae utili alla società e, in ossequio ai principi da anni propalati da Superciuk e nel frattempo fatti propri dalle grandi industrie e dai grandi partiti europei, ruba ai poveri, che del denaro non sanno che farne, per donare ai ricchi, che fanno il mondo più bello e colorato. Con uno dei colossi finanziari e commerciali della Cina, controllato in maggioranza dallo Stato, Ditlev apre fabbriche tessili, darsene per ricchi, colorifici, e poi compra immobili ed assets finanziari. Per farlo monta su una nuova struttura offshore, stavolta divisa tra Jersey ed Hong Kong, in cui il partner cinese, nel reticolo di società bucalettere ad incastro, vede a poco a poco diminuire i propri dividendi, dato che Ditlev è un furbone e sottoscrive in nome delle joint ventures cino-danesi contratti capestro a favore delle offshore. Tornato a casa se la ride. Ma i suoi padroni danesi cominciano ad innervosirlo. La rete di Panama non regala più le stesse prebende di prima, lamentano. Ditlev, sicuro del fatto suo, ha la risposta pronta: stiamo investendo tutto in Cina, da lì verranno soldi sufficienti per farci il bagno dentro. Però intanto, quatto quatto, comincia a liquidare le società panamensi conosciute ed a costituirne altre, Un grande business parallele, non presenti nel consolidato della società madre danese. E pensa: in nero senza fare certo che anche i miei colleghi danesi sono proprio degli ingenui… i conti con i partner La favola sembra quindi avviarsi ad un lieto fine, quando accade asiatici può essere un imprevisto. Il presidente della società si reca in vacanza a Venezia. molto pericoloso Lì incontra un dirigente cinese: i due si mettono a chiacchierare e confrontano le informazioni – e, dopo un po’, si accorgono che qualcosa non va. Vacanze rovinate, per entrambi, e musi lunghi al ritorno a casa. Ditlev, immediatamente convocato nella stanza del Grande Capo, ammette i suoi maneggi, ma è pronto a difendersi: se mi fate causa, io dichiaro tutti i soldi che abbiamo rubato insieme a Panama. Sicché lasciatemi fare: ora faccio sparire un po’ di soldi da Hong Kong, che tanto i nostri soci sono creduloni, e rimettiamo le cose a posto. Detto, fatto, da Hong Kong spariscono 6 milioni di dollari. Pfff. Estate 2005: Ditlev vola a Shanghai. Tronfio, sale in auto ed ammira il tramonto per le usate strade della megalopoli cinese. Ma, stranamente, gli sembra di non riconoscere il solito percorso tra l’aereoporto e l’hotel. Di colpo, di fronte ad una fabbrica diroccata, l’auto si ferma. Due ceffi lo prendono e lo sbattono in malo modo all’esterno, dove lo attendono diversi cinesi dall’aspetto severo. Ci hai fregato, dicono, Ditlev, un po’ spaventato, digrigna i denti e nega, poi li sfida a fare causa e sogghigna trionfante. Nessuno ride. Uno tira fuori una tenaglia e, reggendola con un guanto ignifugo, la tiene su un fuoco scoppiettante acceso su un cerchione abbandonato. Poi si avvicina a Ditlev, sorretto da due sgherri, e gli apre i pantaloni. Due ore dopo, Ditlev ha firmato la cessione di tutte le società offshore, di tutti i conti bancari, di tutte le fabbriche ed immobili, non solo in Cina, ma anche ad Hong Kong, a Panama ed in Inghilterra. Poi ha firmato le sue dimissioni dal suo posto di dirigente nel colorificio danese. Estate 2006. Ditlev guida la sua auto per la Germania. Ora lavora per un colosso dell’eolico, inseguito da cause milionarie in Danimarca. Perché scherzare con i cinesi può essere molto pericoloso. Meditate, gente, meditate.
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LEGA AMBIENTE GIRASOLI
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L’architettura impossibile della finanza internazionale >32 Un Natale all’insegna della sobrietà >36
economiaetica LA SOSTENIBILITÀ IN TUTTE LE DECLINAZIONI ALLO I.E.S.
A MONZA CONVEGNO SU ETICA E FINANZA
LA BANCA MONDIALE IGNORA IL MICROCREDITO
BANKITALIA MENO RIGIDA SUGLI HEDGE FUND
IL COSTO NASCOSTO DEL NATALE SVELATO DAL RAPPORTO DELL’ACF
LA TRAGEDIA DI SEVESO DEBUTTA IN TEATRO
La Commissione nazionale italiana dell’Unesco lo ha riconosciuto come iniziativa che contribuisce a promuovere il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile, proclamato dalle Nazioni Unite (2005-2014). Si tratta dello I.E.S. Sostenibilità, ovvero Itinerari Educativi per lo Sviluppo Sostenibile, un progetto promosso da Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Gruppo Banca Etica) e Adescoop, Agenzia dell’economia sociale, con la collaborazione scientifica della Fondazione Lanza. La prima edizione si è tenuta a novembre alla Fiera di Verona, all’interno del salone nazionale della scuola. Grazie allo I.E.S. migliaia di giovani, responsabili delle politiche della scuola, dell’educazione e delle politiche giovanili, operatori del mondo della formazione e del lavoro hanno potuto approfondire, attraverso percorsi guidati, le più diverse tematiche dello sviluppo sostenibile: ambiente, mobilità sostenibile, commercio equo e solidale, agricoltura biologica, bioarchitettura, energie rinnovabili, riciclo, ecoefficienza, cooperazione allo sviluppo, diritti umani, consumo critico, finanza etica, interculturalità. Diversi espositori del mondo delle aziende eticamente orientate, delle pubbliche istituzioni e del non profit hanno messo in mostra i loro progetti innovativi e le loro buone pratiche nell’area “Conoscere Sostenibile”. Decine di appuntamenti culturali hanno animato l’area “Dialogare Sostenibile”, dove esperti del settore, funzionari pubblici, esponenti del mondo dell’impresa e del terzo settore, si sono confrontati con insegnanti, cittadini e studenti sul significato di sviluppo sostenibile e sulle modalità per poterlo realizzare. I visitatori hanno potuto sperimentare i comportamenti sostenibili per un nuovo stile di vita, attraverso i laboratori dello spazio “Fare Sostenibile”. Infine, “Comunicare Sostenibile”, area dedicata all’editoria, con decine di riviste accreditate, libri e portali.
Etica, Finanza e sviluppo del territorio. Sono questi i temi che saranno affrontati venerdì 19 gennaio 2007 nel convegno organizzato a Monza da Fabi e Fabi-Cisl di Monza e Brianza. A discuterne saranno rappresentanti del mondo della politica, della finanza e del sindacato. Un tema d’attualità, considerate le grandi ristrutturazioni che stanno cambiando il volto del nostro sistema bancario. Una fase delicata, in cui è importante fare appello alla eticità nel mondo della finanza troppo spesso legato al “businnes” ad ogni costo e alle conseguenti possibilità di intervento delle banche, tra cui quelle locali, in sostegno alle diverse attività del territorio. «È importante – dice Corrado Villa, segretario generale della Fabi di Monza - interrompere quel circolo vizioso che lega le banche e il menagement, alle performance di breve periodo. A questa ricerca del guadagno in poco tempo che porta sia allo sfruttamento dei colleghi sia ad interventi poco rispettosi dei legittimi interessi della clientela, va sostituita la logica di una maggiore trasparenza». È il primo convegno sul territorio organizzato dalle due sindacati dei bancari che hanno anche stretto un patto di collaborazione a livello nazionale. La partecipazione è aperta a tutti.
Mohammad Yunus è intervenuto al vertice mondiale sul microcredito tenutosi ad Halifax, dove erano presenti più di 2.000 delegati provenienti da tutto il mondo. In quell’occasione il Nobel per la pace ha ribadito che la Banca Mondiale destina ancora troppo poco al microcredito (solo l’1% del suo bilancio) e che resta un miraggio per molti individui non solo dei Paesi poveri. Nel primo summit globale sul tema (Washington 1997) l’obbiettivo che i delegati si erano posti era raggiungere con il microcredito 100 milioni di famiglie entro la fine del 2005. I dati dicono che i clienti raggiunti sono stati più di 113 milioni, di cui l’84% donne. Le istituzioni di microfinanza nel mondo sono circa 2.000, ma solo 240 sono raggiunte dalle agenzie di rating e dai grandi investitori internazionali. I due nuovi obiettivi del microcredito lanciati ad Halifax hanno come scadenza il 2015: da una parte si vuole raggiungere la soglia di175 milioni di famiglie, in particolare nelle regioni più povere dell’Asia; dall’altra migliorare le condizioni di vita di 100 milioni delle famiglie più povere spostando il loro reddito sopra la soglia di un dollaro al giorno. In Italia il risparmio etico è in crescita ed ammonta a circa 400 milioni di euro. Di questi però solo 10 sono finalizzati a progetti d’impresa nel Sud del mondo, il resto rimane all’interno dei confini nazionali.
In un documento di consultazione Bankitalia individua nuove regole per sgr (società di gestione del risparmio) e fondi comuni di investimento. Per semplificare e razionalizzare le disposizioni di questo settore, è stata avanzata l’ipotesi di rimuovere il divieto per le società che gestiscono fondi speculativi di istituire fondi di altra natura. Bankitalia ritiene infatti che dopo 7 anni in cui è stata sperimentata la gestione di questo tipo di prodotti il divieto debba venire meno. Restano comunque degli obblighi importanti per chi gestisce i fondi a forte rischio, come quello di mantenere separate le attività di gestione dei fondi speculativi rispetto a quelli di altre tipologie e di indicare esplicitamente la denominazione “fondo speculativo”. Altro punto riguarda l’utilità del limite massimo di partecipanti al fondo speculativo che oggi è pari a 200 unità. Le società di gestione hanno aggirato facilmente questo limite, perché una volta raggiunto il tetto massimo creavano fondi identici, moltiplicando quello originario. Una disposizione inutile, dunque, alla luce anche del fatto che una selezione dovrebbe già farla il limite minimo di investimento che è di 500 mila euro. Infine, via Nazionale indica alcune modifiche sui regolamenti dei fondi speculativi, che possono essere approvati senza specifica autorizzazione da parte di Bankitalia.
Le pantofole per il nonno, un profumo per mamma, una bottiglia di whiskey per papà, un maglioncino alla cugina trendy e qualcosina anche per la vecchia zia. Ma quanto costano all’ambiente i regali che mettiamo sotto l’albero? L’Austrialian Conservation Foundation (Acf) ha fatto un po’ di conti in tasca agli australiani, compilando l’anno scorso un rapporto dal titolo “Il costo nascosto del Natale”. Risultato: per produrre i tipici doni natalizi - dolciumi, alcool, elettrodomestici, vestiario, libri - si creano 2.861 mila tonnellate di gas serra e si consumano 100 mila megalitri d’acqua. Diciotto euro spesi in dolci non impoveriscono solo il portafoglio, ma anche l’ambiente, perché nella fase di produzione hanno disturbato 25 metri quadrati di terra, consumato 940 litri di acqua e creato 16 kg di gas serra. Non va meglio se la vostra scelta è caduta sulle bevande alcoliche da regalare agli amici. L’Acf ha calcolato che nel Natale 2004 l’acquisto di alcolici in Autralia ha bruciato 42 mila piscine olimpioniche di acqua potabile. E ancora, i regali di elettrodomestici hanno generato 780 mila tonnellate di gas serra ancora prima di essere attaccati alla corrente, mentre i 900 milioni di euro spesi in capi di vestiario hanno richiesto più di mezzo milione di ettari di terreno per essere prodotti, hanno creato 720 mila tonnellate di gas serra e usato 38 mila megalitri di acqua. Più precisamente, due euro spesi in abbigliamento costano all’ambiente 20 litri di acqua e 3,4 metri quadrati di terreno e generano 0,5 kg di gas serra. Un consiglio per i prossimi acquisti natalizi? L’Acf suggerisce moderazione e doni eco-compatibili, magari incartati in carta di giornale o riciclata. Potete regalare un ciclo di massaggi rilassanti, cibo biologico, biglietti per il cinema, il teatro o un evento sportivo, iscrizioni in palestra o a organizzazioni ambientaliste. O, perché no?, fare una donazione.
Il 10 luglio del 1976 era un sabato. Alle 12 e 37, esplodeva per reazione chimica l’impianto dell’Icmesa, azienda chimica svizzera di proprietà della Givaudan-Hoffman La Roche. Dallo stabilimento chimico di Meda, in Brianza, fuoriuscì una nube tossica di diossina. Era il più grave disastro ambientale provocato dalla chimica italiana. Furono colpiti molti paesi ma fu Seveso, quello che pagò più di tutti. Quella tragedia, a 30 anni di distanza, è diventato un lavoro teatrale che debutterà il 1 dicembre al Teatro Excelsior di Cesano Maderno. La commedia farsesca dal titolo “Rotweiss Kabarett’’ è stata scritta e diretta da Andrea Taddei, e prodotta dall’associazione Musicamorfosi, in collaborazione con il Comune di Seveso, la Provincia di Milano direzione Monza Brianza. Il punto di osservazione della tragedia di Seveso è un salotto borghese di Berna, in Svizzera, patria del colosso farmaceutico Hoffmann - la Roche, proprietario dell’impianto. Tra i protagonisti dello spettacolo la moglie del presidente dell’azienda e la moglie del direttore dell’impianto che, con cinismo e disinteresse, osservano l’escalation del dramma della popolazione colpita dalla catastrofe, minimizzandone la portata: dai primi difetti e irregolarità registrate nella fabbrica fino all’incidente e alle successive richieste di risarcimento per i gravi danni.
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L’ARCHITETTURA FINANZIARIA IMPOSSIBILE
L’architettura impossibile della finanza internazionale Il rapporto Social Watch – giunto ormai alla sua decima edizione e pubblicato in Italia come supplemento di Valori – quest’anno si concentra sull’attuale struttura finanziaria internazionale, definita un’“Architettura impossibile” come quella dell’improbabile edificio di MC Escher, nella sua celebre acquaforte “Waterfall”.
A di Jason Nardi
6a conferenza ministeriale di Hong Kong del WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) e dopo il contestato incontro annuale di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale a Singapore lo scorso settembre, da più parti si afferma che il sistema di governo e di regole del commercio e della finanza internazionali è del tutto insufficiente per governare i processi di globalizzazione e sta creando sempre più danni non solo alle economie dei paesi impoveriti del Sud del mondo, ma anche all’ambiente e alle popolazioni nei paesi industrializzati. Secondo Roberto Bissio, direttore dell’Istituto Tercer Mundo di Montevideo, Uruguay, e coordinatore della rete internazionale del Social Watch (formata da oltre 400 organizzazioni non governative, centri di ricerca, sindacati, associazioni di promozione dei diritti umani), «canali sotterranei, invisibili per i cittadini del Nord o del Sud, deviano enormi quantità di denaro verso i paradisi fiscali e le reti del controllo fiscale catturano facilmente i piccoli pesci, ma lasciano passare, indenni, gli squali». Le due istituzioni intergovernative globali che dovrebbero presiedere alle finanze mondiali e regolare il loro flusso fanno l’opposto di ciò che ci si aspetterebbe da loro: invece di canalizzare i soldi verso lo sviluppo, la Banca Mondiale riceve più dai paesi in via di sviluppo di quanto essa dia loro. Invece di assicurare la globale stabilità finanziaria, il Fondo Monetario Internazionale si augura una crisi finanziaria o altrimenti non avrebbe i soldi sufficienti – oltre 800 milioni di dollari l’anno – per pagare i suoi funzionari. UN ANNO DALLA FALLIMENTARE
La sostenibilità del Fondo ormai dipende dall’instabilità finanziaria e dalle crisi dei mercati emergenti
I trasferimenti netti (gli impieghi meno i pagamenti meno gli interessi) verso i paesi in via di sviluppo da parte del ramo prestiti della Banca Mondiale – la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (IBRD) –, sono stati negativi dal 1991 in poi. Inoltre, secondo Yilmaz Akyüz - uno degli autori del Rapporto, «le operazioni di finaziamento del FMI per i paesi colpiti da crisi finanziaria (come l’Argentina, per esempio) sono state utilizzate per servire il debito esterno a creditori privati e mantenere la convertibilità della valuta, piuttosto che per assistere quei paesi a gestire e risolvere le ripercussioni sociali ed economiche delle crisi finanziarie. Al contrario, molte delle politiche implementate in questi paesi sono il risultato di condizionalità imposte dal FMI che hanno addirittura peggiorato l’impatto sociale ed economico delle crisi finanziarie. Siamo arrivati al punto che la stessa sostenibilità finanziaria del FMI dipende dall’instabilità finanziaria e dalle crisi dei mercati emergenti». Per assicurare uno sviluppo sostenibile e raggiungere i target degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, il Rapporto Social Watch raccomanda la riforma radicale di entrambi le istituzioni e il raffor-
SOCIAL WATCH È UNA RETE di oltre 400 organizzazioni non governative in 60 paesi. Il suo rapporto annuale è una delle analisi sullo sviluppo sociale più riconosciutenel mondo, ed è spesso considerato il “rapporto ombra” della società civile rispetto al rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP (il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite). Il lavoro principale della rete è quello di monitoraggio e advocacy sugli impegni assunti a livello internazionale sullo sviluppo sociale, la lotta alla povertà e l’equità di genere da parte dei governi all’interno del sistema delle Nazioni Unite (dal vertice di Copenaghen nel 1995 in poi).
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L’FMI VIVE GRAZIE ALLE CRISI Solo una piccola percentuale delle risorse prestate dall’FMI rientrano nei programmi per la riduzione della povertà e lo sostegno allo sviluppo: alla fine del 2004 meno di 9,9 miliardi, pari al 10% dei prestiti concessi. I finanziamenti per la lotta alla povertà producono commissioni insufficienti per ripagare lo staff dell’FMI che preferisce, così, concedere prestiti in occasione di crisi finanziarie. Ogni anno circa 800 milioni di dollari arrivano all’FMI da queste forme di prestito.
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FILANTROPI PIÙ GENEROSI Gli esborsi della Banca Mondiale sono pari a soli 4-5 miliardi l’anno per l’intero gruppo di più poveri paesi, anche considerando i finanziamenti della Banca per la ricostruzione e lo sviluppo. Prendendo ad esempio un campione dei paesi più poveri il finanziamento da parte della Banca Mondiale è pari a 3 miliardi di dollari mentre dai filantropi arrivano circa 10 miliardi.
I DAZI DEI RICCHI Le limitazioni commerciali presenti nei paesi ricchi costano ai paesi in via di sviluppo intorno ai 100 miliardi di dollari all’anno. L’Africa Sub Sariana perde 2 miliardi, India e Cina oltre 3.
GLI INVESTIMENTI ESTERI L’investimento diretto straniero (FDI) contribuisce significativamente allo sviluppo. Ma sono concentrati su un piccolo gruppo di paesi quali la Cina, l’India, il Brasile ed il Messico. L’Africa Sub Sahariana riceve pochissimi FDI. Inoltre, molti FDI sono utilizzati per fusioni e aquisizioni da parte delle multinazionali e non determinano né crescita occupazionale né trasferimento di nuove tecnologie.
IMPEGNI DISATTESI Nel 1970 le nazioni ricche si erano impegnate a spendere lo 0.7% del PIL in aiuti allo sviluppo. Impegni mai mantenuti.
I POVERI FINANZIANO I RICCHI I Pvs devono mantenere enormi riserve per difendere le loro valute dalla speculazione. La maggior parte dei paesi investono le riserve in beni relativamente sicuri e di breve durata, quali i buoni del Tesoro degli Stati Uniti. Finendo quindi per finanziare il paese più ricco.
PARADISI FISCALI Più del 60% del commercio internazionale è prodotto dall’interscambio delle filiali delle imprese multinazionali. Una grande parte finisce nei paradisi fiscali, caratterizzati dalla segretezza e imposte basse o nulle per le imprese non-domestiche. Si calcola che vengano trasferiti ogni anno tra i 200 e 350 miliardi dai paesi in via di sviluppo verso i cosidetti paradisi fiscali.
RIMESSE Le rimesse si sono transformate nel secondo più grande apporto di capitali ai pæsi in via di sviluppo. Nel solo Messico sono il reddito principale per il 21% delle famiglie. Dal 1982 ad oggi sono passate da 1 a 22 mld di dollari. Anche se i migranti guadagnano 10 volte di più che in Messico, l’80% rimane in Usa.
Il Fondo Monetario in crisi
COS’È SOCIAL WATCH
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L’illustrazione, ispirata alla famosa “Cascata” di Escher è una metafora dell’attuale struttura della finanza globale, un’architettura caratterizzata in modo particolare dalle istituzioni internazionali frutto degli accordi di Bretton Woods (la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale), anche quando falliscono gli obiettivi che si sono prefissati: assicurare la stabilità del sistema finanziario, il pieno impiego e lo sviluppo. L’acqua che cade non va dai ricchi ai poveri, secondo regolari flussi di caduta. Viene sottratta attarverso mille rivoli e contrariamente alle leggi della fisica inverte i flussi ritornando verso i ricchi. Emblematico, in proposito, il fatto che le rimesse dei migranti verso le famiglie rimaste nei paesi poveri superano l’ammontare dei fondi per l’aiuto internazionale da parte dei paesi ricchi. Il Social Watch Report 2006 illustra i problemi posti dall’attuale sistema finanziario internazionale e avanza alcune proposte concrete per rendere la finanza uno strumento per sradicare la povertà e favorire lo sviluppo.
LA PARALISI BANCA MONDIALE Dal 1991 il saldo tra finanziamenti e rimborsi sui prestiti della Banca Mondiale è sempre stato negativo. La Banca per la ricostruzione e lo sviluppo non sta quindi dando alcun contributo tranne intervenire durante le crisi finanziarie. La situazione è stata ulteriormente aggravata dal fatto che paesi che sono eleggibili sono generalmente poco propensi ad accedere ai finanziamenti e si muovono sui mercati commerciali.
I RICCHI NON PAGANO TASSE 11.5 trilioni di dollari è l’ammontare dei patrimoni dei più ricchi, in parte protetti nei rifugi fiscali. Il reddito prodotto dalle ricchezze non nascoste è stimato in circa 860 miliardi di dollari annui. La tassazione di questo reddito, al 30%, produrrebbe intorno ai 255 miliardi: sufficienti a finanziare interamente i Millennium Goals.
AI POVERI SOLO LE GOCCE Il flusso finanziario reale degli aiuti ammonta solo al 40% del volume complessivo degli aiuti. I costi amministrativi, l’assistenza tecnica, la contabilità riconducibile alla gestione del debito, gli obblighi di acquisto dai paesi donatori assorobono oltre il 60% delle risorse.
MAGGIORI RISORSE Se i paesi deboli modificassero le loro tasse, rinforzando le gestioni finanziarie e abolendo le esenzioni fiscali per gli investitori sovranazionali, le entrate per i bilanci pubblici raggiungerebbero il livello medio dei paesi ricchi (26% del PIL contro il 12% attuale), e i governi avrebbero a disposizione risorse aggiuntive per 140 miliardi di dollari l’anno.
PRESTITI CARISSIMI I paesi poveri ricevono 27 miliardi di dollari in aiuti ed pagano quasi 35 miliardi di interessi sui debiti. L’Africa Sub Sahariana ha pagato 220 miliardi di interessi nonostante abbia rimborsato 296 dei 320 miliardi ricevuti dal 1970. Dal 1984 solo per tre anni le somme pagate hanno ridotto il debito. Così i prestiti si sono trasformati in una perdita di risorse per i PVS.
FUGA DEI CAPITALI Per ogni dollaro di finanziamenti che entra nei paesi in via di sviluppo, dieci dollari escono per effetto della fuga di capitali. I Pvs perdono 500 miliardi ogni anno per l’incapacità di controllare i flussi finanziari, soprattutto quelli prodotti dalle transazioni commerciali e dai movimenti dei capitali dei ricchi. Le multinazionali occidentali, le istituzioni finanziarie, le grandi società di revisione e consulenza sono protagonisti attività nell’organizzazione e gestione di queste operazioni.
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QUANDO SARÀ RAGGIUNTA LA DIGNITÀ PER TUTTI Che cosa è il minimo indispensabile richiesto per una vita decente per tutti? I capi del mondo che hanno firmato la dichiarazione non l’hanno definito chiaramente, ma i relativi principi sono incastonati nell’impegno per realizzare determinati obiettivi entro il 2015. Alcuni di questi obiettivi sono regolati "per tutti" (formazione di base, accesso all’acqua e risanamento), mentre altri aspirano, p er esempio, a ridurre della metà la percentuale di gente che soffre
da fame. Una tal riduzione sarebbe un successo importante... ma ancora lascerebbe l’altra metà affamata. Quando conseguiremo i risultati di base della dignità materiale per la gente di tutto il mondo? Nei grafici, la data per il conseguimento dei risultati minimi (cibo, salute e fertilità ecc.) è stata valutata proiettando al futuro i tassi medi di progresso degli indicatori in ogni categoria come registrato fra 1990 e le ultime statistiche disponibili. RAGGIUNTO
Paesi che non sono progrediti (in % sulla Regione)
SICUREZZA DEL CIBO
zamento del ruolo economico delle Nazioni Unite, assieme a una serie di cambiamenti nell’architettura finanziaria internazionale, descritti nei vari capitoli. Il Rapporto si sofferma inoltre su questioni di interesse generale che spesso non sono trattate nel dibattito pubblico e rimangono appannagio degli esperti: dalla fuga di capitali all’evasione fiscale su scala globale, al commercio fraudolento intra-gruppo di molte multinazionali, alla stessa gestione delle istituzioni finanziarie internazionali. Tutte configurano violazioni di un diritto fondamentale che si va sempre più definendo per intere popolazioni e “periferie” del mondo: il diritto a non essere poveri. Il Social Watch sfata anche il mito che gli aiuti umanitari dai paesi ricchi sostengano le economie dei paesi in via di sviluppo. Le rimesse dai lavoratori migranti alle loro famiglie nei paesi impoveriti sorpassano in volume tutto l’aiuto umanitario che quei paesi ricevono ogni anno. Sono poi le tasse pagate localmente (o quel che ne rimane, una volta ripagato il debito estero) che pagano per buona parte dei servizi sociali fondamentali come l’istruzione e la salute.
NON PROGREDISCE
Ai livelli attuali gli obiettivi sarebbero raggiunti nell’anno....
BAMBINI SOTTO I CINQUE ANNI MALNUTRITI (0%) MALNUTRIZIONE (5%)
SALUTE DELLE DONNE FERTILI
Paesi che non sono progrediti (in % sulla Regione)
Ai livelli attuali gli obiettivi sarebbero raggiunti nell’anno....
Paesi che non sono progrediti (in % sulla Regione)
Ai livelli attuali gli obiettivi sarebbero raggiunti nell’anno...
L’Italia, in declino
Infine, vi è il capitolo italiano del Rapporto, aggiornato al dibattito sulla finanziaria 2007, in cui sono analizzate le conseguenze delle politiche degli ultimi cinque anni del governo Berlusconi dal punto di vista dello sviluppo sociale, dell’equità di genere e della qualità della vita degli italiani. Il quadro che ne emerge non è confortante, soprattutto per Gli indicatori del Social Watch quel che riguarda l’illegalità diffusa e l’abbassamento generale del teOltre ai capitoli – paese realizzati dalle coalizioni non governative nanore di vita (al 40° posto secondo l’indice BCI, dopo l’Ungheria, la Lizionali che fanno parte della rete internazionale del Social Watch, il tuania e la Bielorussia). «Una forte ripresa dell’evasione», afferma il raprapporto include tredici articoli tematici di esperti sulla finanza interporto, «è stata incoraggiata dalle politiche fiscali degli ultimi anni. In nazionale, come anche uno studio globale basato sugli indicatori sviItalia l’imposta evasa è superiore ai 300 miliardi di euro e l’incidenza luppati dal gruppo di ricercatori del Social Watch stesso: il Basic Capadell’economia in nero è superiore al 15% del prodotto interno lordo. bilities Index (Indice sulle capacità di base) e il Gender Equity Index Questa enorme evasione riduce le risorse necessarie per lo sviluppo (Indice sull’equità di genere). Nel Rapporto 2006 vi sono inoltre moleconomico e sociale del Paese e aumenta la pressione fiscale su impretissimi grafici e mappe tematiche, che aiutano a individuare immediase e cittadini onesti. Con 22 condoni fiscali e previdenziali attuati e lo tamente la situazione relativa dei diversi paesi rispetto a parametri che scudo fiscale (per il rientro “protetto” dei capitali illegalvanno ben oltre gli indici di sviluppo ufficiali e descrivoPER SAPERNE DI PIÙ mente detenuti all’estero), il Governo Berlusconi ha dato no con gli ultimi dati disponibili da varie fonti quali sono un segnale chiaro a favore del lavoro nero e dell’evasione i trend sullo sviluppo sociale, la lotta alla povertà, il ragwww.socialwatch.org durante tutti i cinque anni». giungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, l’e-
BAMBINI ATTESI DA PERSONE IN SALUTE (100%) PRATICHE CONTRACCETTIVE (70%*)
ISTRUZIONE
quità di genere e la qualità della vita. Per contribuire al dibattito e al monitoraggio continuo della situazione delle donne nel mondo, Social Watch ha sviluppato l’indice sull’equità di genere (GEI). Il GEI classifica 149 paesi includendo le dimensioni dell’attività economica, l’empowerment e l’educazione. I valori del GEI spaziano da 0 a 100, dove 0 rappresenta il minor grado di equità e 100 il più alto. «I risultati ottenuti nel 2006», dice Karina Batthyány, coordinatrice del team di ricerca del Social Watch, «per il GEI confermano, con evidenza, che in nessun paese al mondo le donne godono delle stesse opportunità degli uomini, che l’eliminazione dell’ineguaglianza non necessita di fondi addizionali e che, anche se la condizione delle donne è migliorata per certi aspetti negli ultimi anni, è chiaro che le opportunità per le donne nelle sfere economiche e politiche sono ancora limitate».
ALFABETISMO DEGLI ADULTI (100%) TASSO DI ISTRUZIONE PRIMARIA (100%)
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TASSO DI ISTRUZIONE SECONDARIA (90%)
GENDER EQUITY INDEX (INDICE SULL’EQUITA’ DI GENERE) Paesi che non sono progrediti (in % sulla Regione)
MORTALITÀ INFANTILE
Ai livelli attuali gli obiettivi sarebbero raggiunti nell’anno... PIÙ UGUAGLIANZA
TASSO MORTALITÀ INFANTILE (INFERIORE AL 5 PER MILLE) MENO UGUAGLIANZA DATI INSUFFICIENTI
MORTALITÀ INFANTILE SOTTO I CINQUE ANNI (INFERIORE AL 5 PER MILLE)
GEI RANK: SOCIAL WATCH
Paesi che non sono progrediti (in % sulla Regione)
ACQUA E ASSISTENZA SANITARIA
Ai livelli attuali gli obiettivi sarebbero raggiunti nell’anno...
*Attuale tasso percentuale riferito alla popolazione dei paesi sviluppati
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PERCENTUALE DELLA POPOLAZIONE CON ACCESSO ALL’ACQUA POTABILE (100%)
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| economiaetica | CAPACITÀ DI BASE E GENERE: LA MAPPA DELL’INEGUAGLIANZA 100
90
80
70
60
BASIC CAPABILITIES INDEX (INDICE CAPACITÀ DI BASE) CRITICO
MOLTO BASSO
BASSO
MEDIO
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50
GENDER EQUITY INDEX (INDICE EQUITÀ DI GENERE) ALTO
MENO UGUAGLIANZA
PIÙ UGUAGLIANZA
Un Natale all’insegna della sobrietà Per evitare banalità e mode due contributi di chi ogni giorno cerca di modificare in senso più etico, equo e solidale per combattere la colonizzazione di una festa all’insegna delle relazioni umane. ARLARE DEL NATALE È DIFFICILE senza diventare banali, ma la ricorrenza più bella dell’anno merita un ripensamento sulle forme che ha assunto e può anche diventare il momento ideale per prendere iniziative di cambiamento. Ne testimonianze raccolte da Paola Baiocchi abbiamo parlato con due persone che tutti i giorni operano in settori diversi, ma hanno in comune l’impegno per modificare il mondo in senso più equo e solidale.
P
Il grande casolare nella campagna di Vecchiano che ospita il Centro nuovo modello di sviluppo promosso da Franco Gesualdi.
FRANCO GESUALDI è il responsabile del Centro nuovo modello di sviluppo, che ha sede in un grande casolare nella campagna di Vecchiano. Il Centro è molto attivo nella promozione di campagne di sensibilizzazione sugli stili di vita e sui temi dello sfruttamento del Nord verso il Sud del mondo, come la campagna Abiti puliti; allo stesso tempo cura l’edizione di numerosi libri come la Guida al consumo critico. Cosa recuperare e cosa cambiare del Natale, che è una festa con grandi valori per la famiglia,
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dello stare insieme, è l’occasione per vedere delle persone che non si vedono da tanto tempo... Vediamo di concentrare la nostra attenzione sul messaggio religioso del Natale, depuriamoci totalmente di tutta la colonizzazione materiale che questo sistema consumista ci ha voluto per forza obbligare a fare. Facciamo scelte semplici: riduciamo i consumi. Il rapporto biennale del Wwf, il Living Planet 2006, ci dice che stiamo globalmente consumando risorse rinnovabili ad una velocità che è superiore alle capacità di rigenerazione del pianeta e, continuando di questo passo, nel 2050 avremo bisogno di due pianeti. C’è chi prende seriamente in esame possibilità fantascientifiche di recuperare l’acqua su altri pianeti, di ottenere il sole in laboratorio, ma taccia di utopisti chi propone sistemi nuovi di organizzare l’economia. Anche perché siamo in un momento in cui tutti dicono che i soldi non bastano mai. Ma allora, se non bastano siamo coerenti fino in fondo: facciamola finita con il comprare tutte le stupidate che la pubblicità ci propone e non scarichiamo sui bambini le nostre responsabilità.
REGALIAMO DEL TEMPO Siamo noi che abbiamo difficoltà a dire no al consumi-
smo, non i bambini. I bambini si fanno ragionare e poi gli vanno offerte delle opportunità diverse; quindi gli si dice non hai il regalo che non serve a niente, in compenso ti do del tempo. In compenso ti faccio giocare con me o ti porto nel lettone. I bambini reagiscono in base a quello che vivono in famiglia, perché se si rendono conto che la famiglia punta al consumismo loro spingono per il consumismo. Se si rendono conto che in famiglia certe cose non sono valutate o addirittura sono denigrate, anche loro si allineano. Spesso usiamo i beni materiali come un surrogato del tempo che noi non dedichiamo ai nostri figli o come un modo per colmare i nostri sensi di colpa, perché non gli abbiamo dedicato abbastanza affetto, però si sa che ai bimbi va dedicato il tempo, se vogliamo che crescano con dei valori diversi. Vale la pena insistere.
sioni che solitamente non coltiviamo, tenendo conto che il benessere, quello vero, è la soddisfazione armoniosa di tutte le dimensioni della persona umana, quindi bisogna cominciare a distinguere il bene-avere dal bene-essere. Il bene-avere sono soltanto i beni materiali che soddisfano i piaceri del corpo, considerando che l’essere umano è soltanto un ammasso di carne, con una serie di appendice sensoriali che vanno appagate. Invece il bene-essere è considerare una persona nella sua complessità. Bisogna cominciare a dire che c’è un momento in cui la ricerca del bene-avere entra in rotta di collisione con il bene-essere, perché per avere tutti gli oggetti che abbiamo finiamo per dedicare tanto tempo, che rubiamo alle altre dimensioni. Credo che questo sia un concetto da recuperare.
BENE-ESSERE O BENE-AVERE
FABRIZIO TOGNONI di Chiodofisso di Perignano (Pisa), as-
Uno dei connotati della nostra società è che la gente non parla più, non c’è più comunicazione e allora scattano le aggressività; anche agli adulti, quindi, regaliamo del tempo, delle attenzioni, dell’ascolto per riuscire a trovare dei piani di intesa. Per il Natale cerchiamo di coltivare tutte le dimen-
sociazione che dal 2000 si occupa di economia solidale, gruppi di acquisto solidali e segue progetti di volontariato con Libera. La prima risposta che mi è venuta alla mente sul significato del Natale equosolidale è stata quella del regalo, del cesto di Natale equosolidale che tutte le Bot|
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LIBRI
Guida al vestire critico Informazioni sul comportamento delle imprese per un consumo consapevole
Nord-Sud: predatori, predati e opportunisti Rev. 11/2005 Guida alla comprensione e al superamento dei meccanismi che impoveriscono il Sud del mondo
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| economiaetica | BASIC CAPABILITY INDEX [INDICE SULLE CAPACITÀ DI BASE] L’Indice sulle Capacità di Base viene calcolato dal Social Watch in base a tre parametri: l’indice di fertilità delle persone; il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni; il tasso di minori che riesce a raggiungere il 5° grado.
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BASIC CAPABILITIES INDEX
MEDIO
POPOLAZIONE SOTTO I 2$ AL GIORNO POPOLAZIONE SOTTO 1$ AL GIORNO
BASSO
LA DIMENSIONE DEI QUADRATI È PROPORZIONALE ALLA POPOLAZIONE DI OGNI PAESE
MOLTO BASSO CRITICO DATI INSUFFICIENTI
LIBRI
Sobrietà Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti
Guida al consumo critico Informazioni sul comportamento delle imprese per un consumo consapevole
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PAESI SENZA DATI ACCERTATI SUL LIVELLO DI POVERTÀ SONO CON I CONFINI TRATTEGGIATI
teghe propongono, addirittura alle aziende. Però bisogna andare al di là: come associazione a noi non interessa vendere o vendere qualcosa in più. Noi agiamo nel commercio equo e solidale perché siamo convinti che attraverso questo strumento, questa idea pazza e rivoluzionaria del commercio equo, si possa cambiare lo stato delle cose. Questa è la scommessa. Il nostro impegno è riuscire a radicare nelle persone un grado di consapevolezza che renda la scelta del mercato solidale continuativa. Il Natale può essere un modo per far conoscere il commercio equosolidale a chi non lo conosce, ma veicolando un messaggio forte di cambiamento. L’altra nostra grande sfida come associazione di volontari è quella di uscire dalla gestione dell’emergenza, sia che si tratti Corleone, terre di tossicodipendenza, devianza confiscate a Riina minorile, prostituzione o posulle quali si coltiva vertà. Se la nostra azione non si il grano biologico per la pasta di Libera. alimenta di un’azione politica non si riesce ad incidere sulle
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EUROSTAT LINE TASSO DI POVERTÀ DOPO I TRASFERIMENTI PRODOTTI DAL SISTEMA DI WELFARE
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POPOLAZIONE (2005) FONTE: ONU POPULATION DIVISION BCI BCI RANK: SOCIAL WATCH POVERTÀ FONTE: INTERNATIONAL POVERTY LINE (1 E 2$) WORLD DEVELOPMENT REPORT 2005 WORLD BANK AT-RISK-OF-POVERTY RATE AFTER SOCIAL TRANSFERS EUROSTAT 2000-2004 NATIONAL POVERTY LINE (USA): CUNSUS BUREAU, USA
cause strutturali che generano l’erosione dei diritti, l’esclusione, la marginalità, lo squilibrio tra Nord e Sud del mondo e la povertà. Quindi cerchiamo di dare stabilità e continuità alle nostre azioni di volontari, in collaborazione con le cooperative di Libera che coltivano le terre confiscate ai mafiosi. A Natale dell’anno scorso (vedi Valori n. 36) abbiamo portato attrezzi e macchinari in Calabria. A giugno siamo tornati con altri aiuti per la cooperativa di Portella della Ginestra, in Sicilia; con noi c’era l’assessore provinciale Gabriele Santoni e con lui abbiamo messo in piedi un lavoro più strutturato, che coinvolge gli enti locali, per fare in modo che tutti gli anni, il 2 giugno festa della Repubblica, ci sia un viaggio di solidarietà, che coinvolga non solo le associazioni, ma anche le amministrazioni pubbliche. A Natale andremo a Portella PER SAPERNE DI PIÙ con delle piante da frutto. Vogliamo che si crei una relazione www.cnms.it di continuità tra i nostri territowww.chiodofisso.org ri e queste comunità.
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ALTO
CAMPAGNA PORTATORI D’ACQUA
a cura di Paola Fiorio e Francesca Paola Rampinelli
osservatorio
nuove povertà napoli La città dalle mille contraddizioni. Natura benigna e umanità dolente. Genialità mediterranea e crisi economica perenne. Miseri bassi e ville hollywoodiane. Cultura antica e camorra moderna. Vedi Napoli e cerca di non morire.
Diario Palazzoni popolari chiamati “Vele” nel quartiere Scampia, alla periferia della città. Un quartiere simbolo del degrado urbano e terra di lotta della criminalità organizzata.
Napoli, 2004
La fabbrica di ceramiche Ideal Standard.
DAVIDE MONTELEONE / CONTRASTO
Brescia, 2002
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osservatorio
napoli
| osservatorio nuove povertà | napoli |
nuove povertà
Sanità, dove non si muore di fame ma non si vive di lavoro
CAMPANIA, APRILE-SETTEMBRE 2005 NAZIONALITÀ
DOMICILIO HA UN DOMICILIO 85,4%
MASCHI 798 [65,2%]
ITALIANI 548
FEMMINE 426 [34,8%]
STRANIERI 595 SENZA FISSA ALTRO DIMORA 0,7% 13,9%
BISOGNI DEGLI UTENTI
di Paola Fiorio
PROBLEMI ECONOMICI 30,4%
ALTRO 4,1% DIPENDENZE 1,5% PROBLEMI DI ISTRUZIONE 4,1% PROBLEMI DI IMMIGRAZIONE 4,9%
MUNACONE È COME UNO DI FAMIGLIA ALLA SANITÀ. Da oltre 200 anni la statua di
O’
San Vincenzo Ferreri veglia su uno dei quartieri più poveri di Napoli, di-
PROBLEMI ABITATIVI 9,6% PROBLEMI FAMILIARI 7,2% PROBLEMI DI SALUTE 5,2%
spensando grazie e sintetizzando in sé tutte le qualità del rione che ha dato i natali a Totò. «Ha il dito puntato in alto perché insegna che non dobbiamo abbassarci davanti a nes-
INTERVENTI EFFETTUATI DAI CENTRI DI ASCOLTO
suno. Questo spiega perché la mia gente è altezzosa. È un santo saggio perché ha la pa-
BENI E SERVIZI MATERIALI 33,1%
rola di Dio accanto e duemila anni di storia hanno fatto il mio popolo sapiente. Ha il gi-
ASCOLTO 31,6%
glio della purezza e noi amiamo i rapporti schietti. E poi ha la tromba perché noi siamo rumorosi, ci facciamo sentire. Ma soprattutto ha le ali, può volare, quindi ha una poten-
Quartieri Spagnoli. Tre bambini in motorino senza casco e un ragazzo in strada. Abbandonati a se stessi. Nel rione Sanità vivono 40 mila persone in 5 chilometri quadrati, non c’è una scuola nè un asilo.
MARIO SPADA / CONTRASTO
Napoli, 2004
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I vicoli contorti su cui si affacciano vecchi palazzi nobili e case popolari con i panni stesi ad asciugare sono come «grembi materni, danno radice, danno forza, sono accoglienti e protettivi. La Sanità è ricca di bellezza e l’educazione al bello è l’educazione al buono, guarisce, non peggiora». Certo, da qui viene il clan dei Misso, ma all’interno del quartiere, assicura don Antonio, non si ruba. Scippi, furti e rapine («ci sono anche gli esperti dei buchi nelle banche, storica specializzazione locale») si vanno a fare fuori, «perché non è bello che la nonna e la zia ti vedano rubare». La giornata nei vicoli si passa a scorrazzare sul motorino, un mezzo per trasportare di tutto, pacchi e pacchetti, mobili, l’intera famiglia. Sullo scooter si parla, si fanno commissioni, ci si corteggia. Senza nessuna attività particolare, continuando a passare avanti e indietro tutto il giorno, intasando l’aria del rumore delle marmitte e le strade di traffico. «I motorini caratterizzano la Sanità. Non escono dalla zona perché spesso non sono assicurati o perché non sono di lecita provenienza. Alla fine della giornata sono l’ultima persona, come uno di famiglia,
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FONTE: CARITAS
zialità esagerata». Questa è la Sanità di don Antonio Loffredo, parroco del quartiere. Qui, ra e tradizioni e addirittura un dialetto che al di fuori della valle non viene compreso.
STEFANO SNAIDERO / CONTRASTO
UTENTI TOTALE 1224
OCCUPAZIONE 33%
in effetti, si mantiene la vera Napoli, quella che altrove si è persa, si custodiscono cultu-
Don Antonio Loffredo, parroco di uno dei quartieri più degradati di Napoli, spiega che il riscatto passa attraverso l’educazione dei giovani al bello
IL CENTRO DI ASCOLTO CARITAS
ALTRO 1,1% ALLOGGIO 1,4% SCUOLA/ISTRUZIONE 1,5% LAVORO 3,1% CONSULENZA PROFESSIONALE 3,2%
SUSSIDI ECONOMICI 6,9% SANITÀ 6,3% ORIENTAMENTO 6,3% COINVOLGIMENTO 5,5%
ad entrare nel basso, le abitazioni povere», spiega don Loffredo. È un microcosmo sanguigno la Sanità, qui «la gente è carnale, ti dà il cuore ma è anche diffidente perché ha sofferto molto. Manca fiducia nel cambiamento». E di cambiamento il quartiere ne avrebbe veramente bisogno. Questa è una delle zone più densamente popolate di Napoli, cinque chilometri quadrati con 40 mila abitanti, eppure non c’è asilo pubblico, né una scuola media, e l’evasione scolastica è molto alta. «È fondamentale il recupero della scuola pubblica, altrimenti i ragazzi vanno a spacciare», spiega Alex Zanotelli, che dal Kenya, quattro anni fa si è trasferito proprio alla Sanità. «Il tasso di disoccupazione tra i giovani del quartiere è del 40 per cento, da rivoluzione civile», continua Loffredo. «C’è stata poca attenzione alla scolarizzazione e all’inserimento lavorativo negli ultimi anni. Questo ha radicato ancora di più i problemi». La povertà di questa piccola valle è soprattutto culturale, sottolinea don Antonio. Non si muore di fame, la gente si arrangia con la solidarietà familiare, si industria in qualche modo, con un picco-
Alex Zanotelli, parla a una manifestazione contro la privatizzazione dell’acqua.
Napoli, 2006
lo prestito o qualche attività illecita, ma non continuativa. Il vero problema sono i valori portati dalla televisione, non saper difendersi da certi modelli e replicarli, anche a costo di indebitarsi. «I nuovi simboli per i ragazzi sono i motorini, mentre le ragazze vogliono fare le veline», spiega Zanotelli. Allora bisogna ricominciare dai giovani, offrire delle opportunità di riscatto, anche magari ai 200 indultati che sono tornati a casa e che ora cercano un’attività legale per non dover più rubare. L’educazione a guadagnarsi il pane è uno dei compiti più difficili perché qui, chiarisce Loffredo «c’è una situazione atavica non lavorativa. Un bambino non sa che ci si può alzare dal letto, andare a lavorare e tornare la sera, perché non ha mai visto queste cose. Non esiste la filosofia delle otto ore di fatica». Per cambiare questa mentalità bisogna partire dall’esperienza. Ne è convinto don Antonio, le parole non servono. Ci vogliono iniziative concrete, come organizzare visite turistiche serali alla bellissima basilica della Sanità, in cui ogni ragazzo è impegnato a fare qualcosa, chi si occupa delle luci, chi spiega accompagna i turisti, chi recita. «I guadagni vengono divisi tra loro e questo ha creato un circolo virtuoso di ragionamento. I ragazzi sanno che se vengono i turisti nasce l’economia». Ma questa non è l’unica iniziativa di don Antonio. Da qualche anno i suoi giovani parrocchiani fanno la valigia per andare a conoscere altre città. Sono stati a Parigi, a Barcellona, a Petra. «Sono degli shock», dice Loffredo, «delle capate. Hanno il microcosmo nella testa. Per loro andare in un altro quartiere di Napoli è un viaggio. Immaginate fuori dalla città. E vedere altro gli fa bene, gli fa toccare con mano che si può vivere in un altro modo». Il riscatto passa anche dal recupero di materiali di scarto con cui si possono creare sculture meravigliose «Capire che gli oggetti che butti possono diventare opere d’arte, dal punto di vista pedagogico è importante». Così è nato un laboratorio in cui Lello, Raffaele e Peppe, tre giovanissimi della Sanità, realizzano i disegni dello scultore Riccardo Dalisi. E presto partirà un altro progetto per la valorizzazione di alcune zone del quartiere. «Dobbiamo cambiare la mentalità col bello», conclude Loffredo. «Come O’ Munacone, abbiamo bisogno di volare, di avere la possibilità di sperare».
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nuove povertà Su un milione di abitanti sono oltre 400 mila i disoccupati. Questo spiega l’illegalità diffusa
STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO
Il quartiere “Ponticelli”, alla periferia orientale della città. Qui vivono circa 55 mila persone. Nel Secondo Dopoguerra fu oggetto di una pesante speculazione edilizia. Napoli, 2004
USURA, L’UNICO ACCESSO AL CREDITO PER MOLTI NAPOLETANI
PER “CHI PUÒ” È LA CITTÀ PIÙ VIVIBILE DEL MONDO
VILLE HOLLYWOODIANE PER IL RELAX DEI BOSS
SONO 26 MILA LE IMPRESE COINVOLTE in rapporti usurari in Campania. Almeno una su tre. Ma le vittime dell’usura sono anche impiegati, donne sole, pensionati. In crescita anche il numero di commercianti finiti nella rete con un giro d’affari per gli usurai di quasi due miliardi di euro, tra lievitazione del capitale e interessi. Il ricorso allo strozzinaggio è un fenomeno molto diffuso nel napoletano dove, in presenza di un’economia sommersa significativa, di un alto tasso di abusivismo e di attività economiche precarie, sostituisce spesso il mercato legale del credito. Trovare qualcuno che ti presta denaro senza garanzie, ma a tassi che arrivano al 20 per cento mensile è facile. Non c’è solo la criminalità organizzata dietro a questo mercato. La figura del cravattaro, vicino di casa o conoscente che si dedica a questa attività, è molto diffusa. Facile entrare nel tunnel, quasi impossibile uscirne, anche se le cifre medie del prestito nella maggioranza dei casi sono relativamente basse, sui 10 mila euro. Il 15 per cento delle vittime di usura però non finisce mai di restituire le somme ottenute. «Non ci sono solo gli interessi. Un ritardo di un giorno nei pagamenti può costare 14 euro, dieci giorni fanno 140 euro e così via. Lo scopo dell’usuraio è portarti via tutto», spiega Rosaria, operatrice di Occhi sul mondo, sportello di prevenzione a Fuorigrotta. Difficile anche denunciare il proprio carnefice, non solo per paura di ritorsioni, ma anche perché ci si sente responsabili della situazione in cui si è finiti e ci si vergogna a fasi aiutare. «In tre anni di attività, abbiamo raccolto sei denunce, non quanto ci si aspetterebbe basandosi sulle statistiche dell’indebitamento. Dobbiamo far capire all’usurato che l’usuraio non è un amico. La denuncia comincia quando finisce questo rapporto». Paola Fiorio
UN CLIMA TEMPERATO PRATICAMENTE TUTTO L’ANNO, uno splendido mare con le isole più romantiche d’Italia ad un tiro di sasso dal porto, la collina sempre ventilata e fresca, e, cosa non trascurabile, una favolosa cucina ricca di sapori e colori: anche questo è Napoli, sapendo e soprattutto potendo goderne gli aspetti pratici positivi. Il capoluogo partenopeo offre infatti ai suoi cittadini “abbienti” favolose possibilità di godersi la vita secondo la filosofia propria di tutti i napoletani secondo cui “tirare a campare” è la regola ma “campare al meglio delle proprie possibilità è praticamente obbligatorio”. Basti pensare che da marzo a ottobre i liberi professionisti (gli avvocati per esempio tra un’udienza e l’altra) durante la pausa pranzo, che qui dura perlopiù dall’una alle quattro, scendono al porto per farsi un giro in barca a vela o corrono verso la costiera amalfitana per prendere il primo sole e farsi due bracciate. Non è un caso che per le prime regate di Capri, a maggio, i napoletani che passano rigorosamente qui “in villa” i week-end siano già abbronzati e possano cominciare a sfoggiare in Piazzetta la camicia di lino bianco che poi costituirà la divisa estiva con il golf blu legato sulle spalle. Proprio maggio e settembre sono i mesi ideali per frequentare i ritrovi “giusti” come La Grotta di Positano e l’Anema e Core di Capri. D’altra parte il napoletano bene, che vive rigorosamente al Vomero, il quartiere anche geograficamente alto della città, è una razza particolarmente chic, non per nulla la sartoria partenopea vanta una tradizione secolare come la gioielleria della città. Se appena è possibile i vestiti si fanno dal sarto su misura e non si comprano confezionati e le cravatte devono essere rigorosamente pezzi unici di Marinella. E si parla sempre al maschile perché in questa meravigliosa città per un fenomeno abbastanza comune al sud della penisola è più evidente e curata l’eleganza degli uomini rispetto a quella femminile. F. P. R.
“CIRCOLO DI LAURO”, RESIDENCE ESTIVO A CINQUE STELLE del clan di Cupa dell’Arco. Lo hanno scoperto i carabinieri l’estate scorsa in un giardino interno di alcune palazzine popolari a Secondigliano, periferia nord di Napoli. Un resort di lusso, con tanto di piscina, spogliatoio, barbecue, televisore al plasma, palma di plastica, prato sintetico. Ma anche un covo sicuro per gli affiliati. Le forze dell’ordine ne hanno trovato i “ferri del mestiere”, pistole, munizioni e, soprattutto, uno Shock Tronic, uno strumento di tortura per interrogare i rivali della faida di Scampia con violente scariche elettriche. Non mancava nemmeno un passaggio segreto. Una via di fuga attraverso la rete fognaria. Per i latitanti. Chissà se era passato di qui anche Francesco Abbinante, ritenuto un elemento di spicco del clan Di Lauro. Già condannato a 14 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti e ricercato per due ordinanze di custodia cautelare, è stato arrestato in ottobre a Marano (Napoli). All’arrivo dei carabinieri si era nascosto nel doppiofondo ricavato in un divano. Ma che fine fanno i rifugi della malavita confiscati? La villa bunker del boss di Giugliano, Francesco Rea, 5000mq in un complesso immobiliare di 33 mila mq con dodici villette a schiera, piscina, parco e una concessionaria, ospiterà presto una casa alloggio per ragazzi disabili, un campus della seconda università di Napoli, strutture sportive e di aggregazione sociale per la cittadinanza. Per riaffermare i valori della legalità sul territorio. P.F.
A Napoli la Camorra non esiste Secondo il sociologo napoletano Amato Lamberti la criminalità organizzata affonda le sue radici nella disoccupazione.
«L di Paola Fiorio
A CAMORRA NON ESISTE. Qui la mafia non ha mai avuto una
cupola». L’affermazione di Amato Lamberti, sociologo dell’università di Napoli ed ex presidente della Provincia, è di quelle che fanno saltare dalla sedia. Ma come? I morti ammazzati, il traffico di droga, il racket. Tutto finto? «Dobbiamo leggere il fenomeno in modo diverso. A Napoli su una popolazione di un milione di abitanti ci sono 400 mila iscritti alle liste di disoccupazione. Una situazione esplosiva. Come fa a reggersi? Vuol dire che tutta questa gente non è senza lavoro, percepiscono qualche reddito, si arrangiano in vari modi. Solo una parte, diciamo 5 mila, intraprendono vie illegali. Il resto lavora in nero. C’è un’illegalità diffusa, ma non criminale»
Napoli benestante e intellettuale e Napoli degradata e con un alto tasso di criminalità. Il Vomero e Scampia, due quartieri due mondi diversi? «Sì, ho sempre sostenuto, come diceva Vincenzo Cuoco nel 1799, che non si capisce niente di Napoli se si pensa a una sola società e a una sola cultura. In realtà sono due, distanti secoli per età e diversi gradi per clima, perché la parte ricca vive nelle zone alte, come il Vomero, e quella povera occupa i quartieri bassi del centro. E Cuoco aggiungeva che la prima società non vede nemmeno la seconda perché ha lo sguardo rivolto a Londra e Parigi. Ancora oggi è così. Non solo, la prima si mangia tutte le risorse disponibili per cui alla seconda non ne restano. Una società del genere si mantiene solo grazie a quell’ammortizzatore sociale che è la Camorra».
Ma come possono cinquemila persone tenere in pugno una città? «Ma non lo fanno. C’è molta pressione, non è facile vivere qui. La città soffre di questa micro-delinquenza diffusa. Ma se si va a Posillipo nelle case si festeggia, la vita è normale».
Quindi la Camorra si nutre delle garanzie che offre al posto dello Stato, prestiti, assicurazioni, ordine pubblico? «Certo, questa è la situazione. La criminalità organizzata ha due funzioni. La prima è assicurare la sopravvivenza agli strati marginali della società e lo fa distribuendo op-
si capisce “Non niente di Napoli se si pensa
a una sola società e a una sola cultura
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portunità illegali. La seconda è controllare la conflittualità degli strati poveri nei confronti di quelli ricchi». Per definire i fenomeni di criminalità organizzata si parla spesso di Stato nello Stato. A Napoli si può pensare ad una società mafiosa più forte di quella civile? «No, perché la Camorra spesso è un alibi. C’è l’emergenza rifiuti ed è colpa della Camorra, non c’è sviluppo ed è colpa della Camorra, c’è traffico ed è ancora colpa della Camorra. Invece di affrontare alle radici il fenomeno si preferisce trasformare un problema sociale in un problema criminale». Cosa intende? «Una famiglia napoletana su quattro è povera. È chiaro che il solo fatto che ci siano così tante persone in condizioni di marginalità spiega l’estensione della criminalità. La sopravvivenza è assicurata dalle attività illegali». Per questo il fenomeno non è circoscritto ma molto esteso e radicato nel tessuto economico della città?
«La criminalità non è qualcosa di statico. Io distinguo tre livelli. Il primo è quello predatorio, dove nasce la criminalità, dove uso violenza pura. Poi ce n’è un secondo che è parassitario in cui si mettono in piedi imprese illegali, contrabbando, contraffazioni, abusivismo edilizio. Il terzo livello è nell’economia legale. Apro un ristorante, una discoteca, un supermercato. Questo crea estrema mobilità e diffusione della criminalità». L’Italia che può permettersi di guardare dall’esterno i fenomeni mafiosi pensa spesso che ogni attività di contrasto sia inutile se non c’è una ribellione dal basso. È un passaggio possibile a Napoli? «Non se lo stimolo lo cerco nei disgraziati che non sanno come sopravvivere. Se vado invece a guardare tra i buoni borghesi che vogliono garantire le proprie posizioni forse sì. È lo Stato che non è in grado di controllare le dinamiche sociali. Se io voglio utilizzare tutti i fondi disponibili a favore di un pezzo di società e non lasciare niente a quell’altra, che è quella che crea problemi di sicurezza, allora che faccio? Dico qui è solo un problema di criminalità, quindi aumento polizia e carabinieri. L’importante è che |
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Amato Lamberti, docente di sociologia all’università di Napoli.
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nuove povertà LIBRI Matilde Serao Il ventre di Napoli Avagliano Editore, Cava de’ Tirreni, 2002 Giuseppe Marotta L’oro di Napoli BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2000 Benedetto Croce Storie e leggende napoletane Adelphi, Milano, 1999 Domenico Rea Spaccanapoli, Bompiani, Milano, 2003
SARTORIA, GIOIELLI E MOZZARELLE DOC
la struttura di controllo sociale non guardi dalla parte che mi interessa. In realtà, la polizia guarda dove vuole la politica, diciamo la verità. La responsabilità è tutta da parte dello Stato, delle amministrazioni pubbliche». Lei è stato presidente della Provincia. Cosa le ha impedito di fare qualcosa? «La prima cosa che ho fatto è stata creare una consulta provinciale anti-camorra. Perché il problema di Napoli è la Camorra che sta nelle amministrazioni. All’atto dell’insediamento della consulta grandi discorsi, ma poi nessuno aveva voglia di fare niente. C’era una resistenza tremenda. Anche chi si occupa di questi problemi sociali lo fa in termini di assistenza. Sono apparati simbolici».
Ci sono anche molte realtà non istituzionali che operano nei quartieri più poveri. Stesso giudizio? «Quelle hanno un gran valore. Le associazioni che, per esempio, insegnano cultura d’impresa dove non c’è. Questo è importantissimo, ma non deve essere lasciato ad un’associazione senza sostegno. Perché quello è un intervento intelligente, capace di cambiare». Sviluppo all’impresa, ordine pubblico, scuola. Come si combatte la Camorra? «Si deve affrontare in termini sociali. Tutte le famiglie monoreddito con tre o più figli sono in condizioni di povertà. Allora la cosa più logica qual è? È che io aggiungo reddito a questa famiglia e la tiro fuori dalla condizione di marginalità». Se è così semplice perché non si fa? «Perché non lo si vuole. Perché fa gioco. A Napoli quan-
La disoccupazione genera attività semi legali
ti politici hanno giocato su questo. Abbiamo bisogno di più risorse, di più poliziotti. Lo Stato ha mandato una cifra spropositata che avrebbe dovuto cambiare completamente il Mezzogiorno se fosse stata utilizzata per promuovere lo sviluppo, ridurre la marginalità, eliminare la delinquenza. Ma non con armi improprie. La repressione è un’arma impropria, non serve a niente. Quando ci fu l’operazione Aspromonte, per esempio, con cui si sono mandati i parà in Calabria, feci il conto che costava 500 milioni al giorno. Una mucca si comprava con due milioni. Allora con 500 milioni si potevano comprare 250 mucche al giorno. In un mese avremmo dato 50 mucche ad ogni famiglia dell’Aspromonte trasformando la gente in imprenditori e facendoli passare da una condizione di miseria, per cui sono costretti a fare anche i sequestri di persona, a un’autonomia economica. Su queste mucche avrebbero potuto costruire il proprio futuro».
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DAVIDE MONTELEONE/CONTRASTO
napoli
IL caffé letterario Intra Moenia di piazza Bellini.
Napoli, 2006
Secondo il professor Mariano D’Antonio è l’atavica piaga di Napoli, inasprita dalla soppressione della grande industria negli anni ’90, a generare quel tessuto di illegalità che sostiene l’economia. UNICO SETTORE DELL’ECONOMIA NAPOLETANA che in questi ultimi anni ha veramente registrato un’espansione è quello del turismo con tutto il suo indotto di prodotti tipici d’ecceldi Francesca Paola Rampinelli lenza come la pasta fatta a mano o la mozzarella, ma non si può fare di tutti i disoccupati napoletani dei camerieri o dei suonatori di mandolino». Lo afferma, sintetizzando con una battuta una situazione che si fa sempre più pesante proprio in questi giorni, Mariano D’Antonio, professore di Economia dello Sviluppo nella Facoltà di Economia "Federico Caffè" dell’Università di Roma Tre, napoletano doc e grande esperto del territorio. Eppure secondo i dati diffusi dalla Camera di Commercio cittadina nel II trimestre di quest’anno è migliorata «la congiuntura rispetto al I trimestre 2006 e continua il buon andamento della “Middle Class” trainata dalle imprese che esportano e con più di 20 addetti» mentre restano «ancora in difficoltà le micro imprese e vanno meglio le costruzioni, il turismo ed il terziario avanzato». «Poste tali premesse», secondo il rapporto della Ccia, «il secondo trimestre 2006 è risultato, per le imprese partenopee sostanzialmente stabile, con alcuni indicatori congiunturali che evidenziano una contrazione. Se esaminiamo produzione, occupazione e fatturato notiamo che i relativi saldi di risposta sono negativi (rispettivamente 16,4%, -0,6% e -14,8%) e che, in particolare per produzione e fatturato, sono consistenti le percentuali che indicano stazionarietà o diminuzione degli indicatori stessi» mentre «le previsioni per il terzo trimestre 2006 indicano sostanzialmente una condizione di leggero miglioramento, con una percezione da parte degli imprenditori di un “trend in cambiamento” rispetto al II trimestre: i saldi di risposta del-
«L’
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la produzione e del fatturato, pur rimanendo negativi, diminuiscono in valore assoluto (sono uguali a -5,4% e -8%), mentre il saldo dell’occupazione diventa positivo e pari a 1,2%. Probabilmente il fatturato estero risulterà stabile con buoni margini in “area positiva”. E per completare il quadro “anche se l’occupazione presenta una piccolissima percentuale di risposte che indicano un miglioramento (solo il 4,6%) notiamo che, nel 90,2% dei casi, gli imprenditori confermano la stazionarietà rispetto al trimestre precedente». «Da sempre la disoccupazione è una vera piaga a Napoli e colpisce soprattutto i giovani tra i quali arriva a sfiorare addirittura la percentuale del 40%, con particolare incidenza tra i diplomati o laureati, che tendono quindi ad andare a lavorare nel nord d’Italia», spiega D’Antonio aggiungendo che «rimane una grossa quota di disoccupati che invece ristagna e resta in zona vivendo di lavori saltuari attraverso attività semi legali, totalmente irregolari o lavoro criminale». La distinzione tra le tre forme di occupazione è decisamente esplicative della realtà locale. Il professore infatti precisa che «le attività semi legali sono quelle che vengono esercitate all’interno delle numerosissime piccole e medie imprese che proliferano nell’area del napoletano e operano nel settore del cosiddetto “made in italy” (abbigliamento, pelletteria, alimentare, ecc) e che, accanto ai dipendenti regolari, danno lavoro ad una quota di irregolari senza contratto di lavoro ne assistenza sociale (pensione, sanità, infortunistica) garantendo un salario modestissimo che spesso costringe ad accumulare più attività per arrivare alla fine del mese con seicento, settecento euro. Il lavoro totalmente irregolare invece è quello delle imprese in cui nessun lavoratore ha un contratto a norma e l’imprenditore si dedica ad attività illecite come la contraffazione dei marchi o la produzione di merce falsa (vedi BOX ).
Il lavoro criminale infine, svolto singolarmente o in gruppo (banda), è semplicemente quello che, in pratica, consiste nello spaccio di stupefacenti, nell’estorsione, nel commercio di armi o nel controllo della prostituzione». «Mentre le prime due categorie si limitano perlopiù a violare norme del codice civile la terza sostanzia la vera criminalità in contrasto con il codice penale». Conclude D’Antonio spiegando che «le cause di tutto ciò sono in primo luogo storiche, ma, senza stare a risalire ai Borboni, bisogna dire che un duro colpo è stato assestato dallo smantellamento della grande impresa partenopea. Basti pensare alla dismissione del settore della siderurgia con la Italsider di Bagnoli che dava lavoro a 12 mila persone e che quando è stata chiusa, perché l’impianto era inefficiente e in tutta Europa si stava smantellando la siderurgia, non ha dato luogo, qui a differenza che in tutto il resto del continente, alla riconversione dei lavoratori. A Napoli, infatti, ha resistito pervicacemente l’illusione che l’Italsider potesse resistere e nulla è stato fatto per assorbire i lavoratori. A ciò si è aggiunta la chiusura delle grandi fabbriche agroalimentari come quelle delle conserve di pomodoro del gruppo Cirio o la completa cessazione delle attività legate alla meccanica pesante». «Negli anni ‘90 insomma», spiega ancora il professore napoletano, «il sistema industriale di Napoli è stato ridotto e interi quartieri che una volta avevano vocazione operaia come Bagnoli, Ponticelli e Barra si sono trovati a spasso. A ciò si è aggiunto il prevalere di un atteggiamento di assistenzialismo che ha finito per trasformarsi di fatto in assunzione nel pubblico impiego: posto fisso, poche ore di lavoro e possibilità di arrotondare con una seconda attività clandestina». D’altre parte Antonio Stella alla fine di ottobre scrive sul Corriere della Sera che Napoli è la “Capitale di una regione che ha un decimo
NAPOLI È UNA CITTÀ CHE NON CONOSCE MEZZE MISURE. Nel bello e nel brutto. Potrà essere la metropoli più sporca e più ferita dal crimine d’Italia ma è anche la patria dei più grandi musicisti, sarti, gioiellieri e cuochi della penisola e quindi spesso del mondo. D’altra parte è qui che è nata la pizza, meraviglioso parto della fantasia culinaria, facilitato dalla presenza sul territorio dei suoi ingredienti nella loro forma migliore. Tra i prodotti tipici della zona, infatti, si annoverano opere d’arte come la colatura di alici di Cetara, il caciocavallo podolico picentino, la mozzarella di bufala, la scamorza affumicata con paglia, il provolone del monaco, l’olio extravergine di oliva, e vini quali il Lacryma Christi, il Greco di Tufo, l’Aglianico Tintore, oltre alla celebratissima pasta di Gragnano e in particolar modo agli spaghetti trafilati a rame. Nel mondo il capoluogo campano non è famoso solo per i piaceri della gola ma anche, per esempio, per la grande tradizione della sartoria artigianale. Tradizione che ha nel tempo elaborato regole precise, soprattutto per quanto riguarda la testa di ponte della produzione e cioè l’abito da uomo con tutti gli annessi e connessi. Per esempio le maniche della giacca “devono essere rigorosamente morbide e ‘a mappina’, particolare attenzione viene dato al giro manica che come vuole la scuola napoletana deve essere leggermente più stretto sotto le ascelle in modo da renderlo più confortevole e aderente ai movimenti del corpo. Attenzione particolare viene poi riposta nel sottocollo, che rende perfetta l’indossatura”. Recentemente tutta questa storica maestria è riuscita a dare vita a progetti imprenditoriali di ampio respiro come Il Polo della Qualità di Marcianise ideato da Gianni Aprile, presidente del Consorzio che raccoglie trecento tra i nomi più noti del del mondo della moda campana tra cui firme storiche dell’alta sartoria napoletana come Marinella, Kiton e Rubinacci, Isaia&Isaia, Eddy Monetti, Tramontano, Mario Valentino e Morelli, New Cotton Company, Sartoria Partenopea, Cannella, Antonella Tizzano, De Cristofaro e i marchi più noti della gioielleria partenopea, come Carità, Aprile, Altanus e Giannotti. Anche l’oreficeria, ed in particolare quella che ruota intorno alla lavorazione del corallo e del cammeo, è un altro dei vanti cittadini. «Napoli è vincente perché la Campania dall’antica Pompei è la terra dei gioielli. Deve valere l’abilità dell’artigiano, la sua creatività, la ricerca innovativa dei materiali», spiega Gianni Carità discendente da una famiglia di orafi fornitori dal 1834 della casa dei Borbone e ideatore de il Tarì un rete di 370 aziende riunite «in una rete consortile che crea il sistema. Si rimane con la propria identità, con la forza e la genialità dell’artigiano. Ma si va sui mercati con i mezzi di un gigante». Il gigante Tarì, la cui struttura edilizia è stata realizzata alle porte di Napoli nel ‘96, conta 3500 presenze quotidiane, 7000 nei giorni delle fiere, ogni anno vi passano 400 mila operatori con un volume d’affari di 750 milioni di euro. Francesca Paola Rampinelli
Quando chiuse l’Italsider di Bagnoli 12 mila persone furono espulse senza alcun programma di riconversione |
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RACKET, FONTE DI REDDITO E CONTROLLO
della popolazione italiana ma produce solo un quindicesimo della ricchezza nazionale, che ha gli stessi abitanti ma esporta meno di un settimo del Nordest, che ha un ottavo di tutte le pensioni d’invalidità, che piazza quattro centri (Casalnuovo, Lettere, Crispano e Melito) agli ultimi quattro posti per reddito pro capite dei comuni italiani”. E che dunque “Napoli appare sempre di più, perfino al di là dei meriti e degli errori di chi l’amministra, come la grande emergenza nazionale”. A questo proposito attaccare Bassolino, da 13 anni alla guida della regione, appare quasi fin troppo facile di questi tempi soprattutto I NUMERI DI NAPOLI
dopo che, sempre alla fine di ottobre (mesaccio per le autorità campane) è scoppiato lo scandalo delle società miste, partecipate e controllate dalla Regione. Secondo il Dossier redatto dalla Commissione di controllo sugli atti della Regione sono circa 37, con oltre 5mila dipendenti, sarebbero costate dal 2001 a oggi finanziamenti pari a circa 120 milioni e più dell'80% di esse ha i bilanci in rosso. In totale in soli due anni hanno registrato perdite che superano i 23 milioni. Ma c'è altro: l'investimento in partecipazioni dal 2001 a oggi è stato pari a 80,8 milioni e per sole sette società la Regione ha erogato tra il 2004 e il 2005 20,2 milioni. Inoltre, e per colorire il quadro, tra le società esaminate solo due hanno assunto personale attraverso concorsi pubblici: su 5.156 dipendenti solo 426 sono stati assunti per concorso.
TASSO DI DISOCCUPAZIONE A NAPOLI
Superficie: Popolazione: Pil pro capite
IL TESSUTO IMPRENDITORIALE Imprese attive (2005) Densità imprenditoriale (num. imprese ogni 100 abitanti) Media italiana
219.857 7,1 8,7
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VALORE AGGIUNTO PER SETTORI NELLA PROVINCIA DI NAPOLI (2004)
82,3%
24,2% 17,1% FONTE: CAMERA DI COMMERCIO DI NAPOLI
13.595 kmq 3 milioni Napoli 14.000 euro Italia 21.583 euro Consumi finali interni pro capite Napoli 10.249 euro Italia 14.052 euro Famiglie in condizione di povertà relativa (Campania, 2004) 24,9% (una famiglia su quattro)
E IN ITALIA (2005)
Eppure D’Antonio difende Bassolino quando questi afferma che chi viene da fuori non può capire la complessità della realtà napoletana e quanto in realtà si è fatto in questi ultimi anni. «I ragionamenti alla Giorgio Bocca o alla Antonio Stella più recentemente», spiega infatti il professore «combinando folklore con moralismo colgono una fetta della realtà ma non tutto. Inoltre le accuse piovono più facilmente quando, come in questi anni, la coperta della spesa pubblica si è accorciata e quindi i più deboli si trovano a coprire anche le pecche dei più forti. I ragionamenti nordisti che proliferano in questi momenti infatti sono fortemente guidati anche da interessi strumentali: perché continuare a dare denaro a chi non lo sa usare? Visto che è poco teniamolo per chi lo valorizza».
16,3% 13,0%
13,7% 10,1%
MASCHILE
FEMMINILE
TOTALE
MASCHILE
3,3%
7,7%
6,2%
1,4% FEMMINILE
TOTALE
AGRICOLTURA
MANIFATTUR.
COSTRUZIONI
INDUSTRIA
SERVIZI
«La camorra non deve diventare un alibi»
TASSA, ASSICURAZIONE, PRELIEVO. Sono i nomi innocui di un’attività che di innocuo non ha proprio nulla. È il racket, una delle maggiori fonti di sostentamento e finanziamento dei clan di Camorra. Un crimine che colpisce almeno 160 mila commercianti napoletani per un giro d’affari di 6 miliardi di euro l’anno. «Soldi sottratti all’economia sana per sostenere l’economia malata. Cioè si paga il proprio carnefice», spiega Luigi Cuomo, presidente del Coordinamento anti-usura e anti-racket di Napoli. Negli ultimi anni poi alla riscossione della tangente si accompagna l’imposizione di merci, servizi, mano d’opera, a costi maggiorati rispetto a quelli di mercato. Insomma, l’estorsione diventa sempre più uno strumento di comando. L’imprenditore perde la libertà e il negozio è destinato a una lunga agonia. «Tolti da questo incubo, i negozianti tornano ad essere padroni di se stessi e a fare investimenti. Prima si sentivano dipendenti». Denunciare non è facile, ma la collaborazione di forze dell’ordine e associazioni antiracket ha prodotto i suoi frutti facendo registrare nel napoletano un aumento delle denunce, in controtendenza rispetto al dato nazionale. In primavera poi, il Coordinamento anti-racket e l’associazione Contracamorra, nata sulla scia dell’associazione palermitana Addio Pizzo e della sua iniziativa di attacchinaggio (gli adesivi “Un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”), stanno organizzando una manifestazione contro l’estorsione con una lista di 3 mila firme di consumatori e 500 negozianti che si impegnano a non pagare le tangenti. Non si tratta di grossi numeri perché, giustifica Cuomo, «un’accettazione indiscriminata non sarebbe possibile. A Napoli, infatti, molti negozi sono della Camorra. È una forma strategica di controllo del territorio e serve anche per il riciclaggio del denaro». Ma l’estorsione non riguarda solo i commercianti. In alcune zone, come Barra e Scampia, i clan impongono contributi anche ai condomini. «La Camorra è un elemento costitutivo della quotidianità dei napoletani. Dal parcheggio abusivo alla spesa, al rapporto con i servizi pubblici, nessuno può pensare di alzarsi la mattina e andare a dormire la sera senza aver avuto a che fare con la criminalità organizzata. Non è possibile». Paola Fiorio
Il nuovo Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, Bertolaso, ha detto che anche gli enti locali «non hanno fatto la loro parte» mentre i soldi per liberare la città dai rifiuti si sono persi. di Francesca Paola Rampinelli
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MARIO SPADA / CONTRASTO
i rifiuti tossici “Con la camorra si è arricchita. Siamo la discarica occulta dell’industria italiana ”
Spazzatura lasciata in strada nelle vie del centro. I rifiuti sono una delle tante emergenze napoletane.
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per coprire disfunzioni». Lo ha affermato all’inizio di ottobre Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile e nuovo Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti riferendosi chiaramente agli enti locali che «non hanno fatto la loro parte». D’altra parte di questi tempi lo scottante tema rifiuti a Napoli e in Campania ha dato luogo anche a pesanti attacchi al governatore Bassolino non solo da parte dei “soliti” avversari politici ma anche da parte dell’Unità e della sinistra locale. Si rimprovera a Bassolino una gestione “baronale” soprattutto negli anni del doppio incarico come governatore e some commissario straordinario e addirittura il quotidiano diretto da Antonio Padellaro afferma che un «errore - commesso dal presidente regionale Antonio Rastrelli ma, bisogna dirlo, non risolto da Antonio Bassolino - è quello di aver lasciato che le soluzioni tecniche venissero cercate e trovate da una società privata, in conflitto di interesse, piuttosto che dalla politica. Un ultimo errore, commesso un pò da tutti, è di non aver capito fino in fondo che la "società del rischio" non può essere governata senza o addirittura contro la popolazione. Anche e soprattutto in un territorio inquinato
A CAMORRA NON DEVE DIVENTARE UN ALIBI
moralmente dalla camorra e fisicamente dai rifiuti tossici e nocivi con cui la camorra si è arricchita, facendo della Campania la discarica occulta dell’industria italiana». D’altra parte alla fine di ottobre il presidente della Commissione ambiente del Senato, Tommaso Sodano riferendosi all’urgenza del problema ha dichiarato «Nel ‘94 vennero chiuse le discariche perché c'era il sospetto che fossero controllate dalla camorra. Ora siamo costretti a riaprirle senza aver eliminato la camorra dal ciclo dei rifiuti». La nomina di Bertolaso in realtà conferma lo stato d’emergenza e non fa che ribadire la situazione disastrosa in cui versa la provincia campana dopo oltre 12 anni dall’istituzione del commissariato straordinario e una enorme spesa di danaro pubblico (secondo le stime fino al 2004 8.500 miliardi di lire) che paiono impiegati solamente per generare migliaia di procedimenti giudiziari e non certo per liberare dai sacchi nere le strade partenopee. Infatti la sola sezione Ecologia della Procura di Napoli, un procuratore aggiunto e sedici sostituti, ha tuttora aperti sulla questione oltre quaranta fascicoli che vanno dall' inchiesta per truffa e frode in pubbliche forniture, che coinvolge fra gli altri il governatore Bassolino, fino agli epi-
sodi di traffico e smaltimento illegale di rifiuti. Questo senza contare le inchieste portate avanti da sezioni diverse. Il risultato di tutto ciò è che in Campania si sono accumulati 5 milioni di “ecoballe” di rifiuti che, se gli inceneritori, sontuosamente definiti termovalorizzatori, esistessero potrebbero smaltire in circa 30 anni. Per non parlare della raccolta differenziata che dà lavoro a 2.134 addetti salvo essere ferma, a Napoli, all'8% della raccolta complessiva. D’altra parte se nella classifica su standard europei ambientale chiamata “Ecosistema Urbano Europa” le grandi e medie città italiane occupano gli ultimi posti nella classifica europea, Napoli rappresenta proprio il fanalino di coda dell’elenco guidato da Helsinki, la capitale della Finlandia. La più recente storia di questo disastro in Campania comincia agli inizi degli anni ‘90 con la chiusura delle discariche e la conseguente scelta, disattendendo le indicazioni dell’Unione europea, fondate sulle cosiddette "4 R" (riduzione, riuso, recupero da materia e infine recupero di energia), del solo recupero di energia. Sono nati così i sette impianti di produzione del «combustibile derivato dai rifiuti» (Cdr) e sono stati “pro|
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LIBRI Michele Prisco Fuochi a mare BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1982 Anna Maria Ortese Il mare non bagna Napoli Adelphi, Milano, 1994 Luciano De Crescenzo Così parlò Bellavista. Napoli, amore e libertà Mondadori, Milano, Erri De Luca Non ora, non qui Feltrinelli, Milano, 1989 Giorgio Bocca Napoli siamo noi Feltrinelli, Milano, 2006 Roberto Saviano Gomorra Mondadori, Milano 2006
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napoli
osservatorio ROBERTO KOCH / CONTRASTO
nuove povertà CHIÈCHI
AUGUSTO CASASOLI / A3 / CONTRASTO
ANTONIO BASSOLINO Nato a Afragola il 20 marzo 1947, è Presidente della Regione Campania. Militante del PCI fin da giovanissimo, nel 1987 viene eletto deputato. Nel 1993 diventa sindaco di Napoli, rieletto nel 1997. Dal 2001 è Presidente della Regione. Secondo la Corte dei Conti dall’inizio del suo mandato i debiti della Campania, prima irrilevanti, sono decuplicati. ROSA RUSSO JERVOLINO Nata a Napoli il 17 settembre 1936, è sindaco di Napoli. Figlia di Angelo Raffaele, ministro dei governi De Gasperi, democristiana, nel 1979 diventa senatrice. Nel 1996, durante il governo D’Alema, è la prima donna a ricoprire il ruolo di Ministro degli Interni. Nel 2001 è eletta sindaco di Napoli, dove viene riconfermata nel 2006. MARIO MARTONE Nato a Napoli nel 1959, è regista teatrale e cinematografico. Nel 1992 esce il suo primo film “Morte di un matematico Napoletano”. Nel 1995 il suo secondo film “L’amore molesto” vince il David di Donatello. Dal 1999 al 2001 è direttore artistico del Teatro Argentina di Roma. Partecipa nel 2001 all’esperienza registica collettiva del film “Un altro mondo è possibile”, girato in occasione delle giornate di protesta durante la riunione del G8 a Genova. Nel 2004 dirige “L’odore del sangue”. ERMANNO REA Nato a Napoli nel 1927, giornalista. I suoi libri sono inchieste su casi personali: la militante comunista Francesca Spada, suicida; il docente di economia Federico Caffè, scomparso misteriosamente, in “L’ultima lezione” (1992); “Fuochi fiammanti a un’hora di notte” (Premio Campiello 1999). Per “La dismissione” (2002) Rea torna a Napoli per seguire la storia dello smantellamento dell’acciaieria Ilva di Napoli. GIORGIO NAPOLITANO Nato a Napoli il 25 giugno 1925, dal 10 maggio 2006 è il Presidente della Repubblica Italiana. Nel ‘45 entra a far parte del Partito Comunista Italiano, nel ‘53 diventa deputato. Dai compagni Napolitano veniva chiamato “Giorgio ‘o sicco” per distinguerlo da Giorgio Amendola. È il terzo presidente napoletano dopo De Nicola e Leone. ILDA BOCCASSINI Nata a Napoli nel 1949. E’ Magistrato e sostituto Procuratore della Repubblica di Milano, dove lavora dal 1977. Nel ‘92 chiede il trasferimento a Caltanisetta, dove sostiene l’accusa nel processo a carico di Totò Riina per gli assassini dei giudici Giovanni Falcone, a cui era legata da profonda amicizia, e Paolo Borsellino. Tornata a Milano nel ‘95 entra nel pool di Mani Pulitei. FRANCESCO SAVERIO BORRELLI Nato a Napoli il 12 aprile 1930. Dal 1988 è Capo della Procura di Milano, dove guida il pool di Mani Pulite. Nel giugno 2002, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, dichiara la celebre frase che si concludeva con l’invito “esistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave”. Nel maggio 2006 dopo gli scandali del calcio viene nomiato capo dell’ufficio indagini FIGC. Incarico che lascia nel settembre 2006. ERRI DE LUCA Nato a Napoli nel 1950. Scrittore e giornalista. Da giovanissimo arriva a Roma e inizia a militare in Lotta Continua. Studia molte lingue da autodidatta. Nel 1989 scrive il suo primo libro “Non ora, non qui” sulla sua infanzia napoletana. Riceve molti premi letterari e nel 2002 pubblica “Tu, mio” che lo consacra tra i migliori scrittori italiani. | 50 | valori |
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grammati” alcuni inceneritori dove bruciare i rifiuti trattati per ottenere energia. Peccato che questi ultimi non siano appunto mai stati costruiti. L’Unità seppellisce l’operato di Bassolino e dei suoi successori spiegando così il successivo iter del disastro “essendo l´unica valvola di sfogo, dove i rifiuti entrano e non escono perché vengono conferiti e mai termovalorizzati, i sette impianti di produzione del «combustibile derivato dai rifiuti» divenuti discariche si sono presto riempite. Diventando talvolta fonte di inquinamento. E, quindi, chiuse dalla magistratura. Per di più i siti dei sette impianti divenuti discariche e dei termovalorizzatori ancora da costruire sono stati scelti - con criteri discutibili e comunque senza consultare gli enti locali e l´intera popolazione - da una società privata: la stessa che ha gestito (male) gli impianti di Cdr.
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NAPOLETANI CORAGGIOSI SU ROBERTO SAVIANO È STATO SCRITTO MOLTO su qualsiasi testata giornalista italiana e anche su diverse straniere. Il giovane autore di “Gomorra” (Mondadori) ha avuto un enorme successo nelle librerie (più di 200.000 copie vendute) e ha ricevuto numerosi premi letterari. Il 23 settembre scorso, in piazza a Casal di Principe, dal palco della quarta giornata di mobilitazione anticamorra ha gridato i nomi di “Zagaria, Iovine, Schiavone”, i capi della camorra. Questo gesto è stato seguito da alcune minacce anonime contro la sua persona, da allora è sotto scorta. Si è diffusa così a macchia d’olio una vastissima rete di sostenitori di Saviano e della sua sfida lanciata ai boss. SILVANA FUCITO È UN’ALTRA NAPOLETANA CORAGGIOSA: una commerciante che ha denunciato il racket e che per questo è stata anche premiata dal settimanale “Time” perché riconosciuta come una degli “Eroi Europei del 2005”. Nel 2003 la camorra fece saltare in aria il suo colorificio di San Giovanni a Teduccio. Lei decise di denunciare i suoi estorsori: gregari di tre clan - Aprea, Rinaldi e Cuccaro - e così si aprì il processo a loro carico. Ora Silvana e la sua famiglia hanno un’altra attività a Casandrino, altro comune dell’hinterland napoletano, dove si sono ricostruiti il loro parco clienti.
TRA FOLKLORE E SUPERSTIZIONE
LA LETTERATURA SOTTO IL VESUVIO
“QUEST’ANNO TOCCA A SCHUMACHER, a Prodi, al ministro Padoa-Schioppa e a Tronchetti Provera diventare statuette nel presepe napoletano. Tutto è pronto per la festa della Natività nei negozi degli artigiani di San Gregorio Armeno, dove ogni dicembre si rinnova il parco dei pastorelli con le caricature dei personaggi più famosi o chiacchierati dell’anno, ma anche con osti rubizzi, donne col gozzo, uomini gobbi o sciancati. Sono figure molto espressive, con tratti marcati e duri, secondo una tradizione che nasce nel Cinquecento e porta nel presepe la realtà quotidiana dei vicoli. O’ Presebbio non è solo un simbolo religioso, è una commistione di sacro e profano, è ironico e sentimentale allo stesso tempo, e tutte le famiglie napoletane, cattoliche o laiche, ne preparano uno ampliandolo ogni anno con nuove figure, un forno a legna, un pozzo, un ruscello. La strada degli artigiani brulica di gente che, immersa nella musica degli zampognari, cerca pastori di tutte le dimensioni. Sì, perché ci sono anche statue a grandezza quasi naturale e bellissimi esemplari del Sei-Settecento, gelosamente custoditi ed esposti nelle chiese e nei luoghi pubblici della città durante il periodo festivo. Folklore, ma anche gioco e superstizione, sono un segno distintivo dei napoletani, un’identità collettiva. Il cinquecentesco gioco del lotto genovese, trapiantato ai piedi del Vesuvio, ha prodotto uno dei libri più consultati, la Smorfia, in cui ogni evento, personale, di cronaca, tragico o lieto, si trasforma in un numero per la ruota. E poi ci sono le scommesse sportive. Nel 2005 Napoli si è aggiudicata il record di raccolta con 189,9 milioni di euro. Poco importa se un proverbio locale dice ” A casa d’o jucatore nun c’è autro che dolore” (chi gioca va incontro a miseria), perché ce n’è un altro che invita a continuare a sperare: “E luce fanno journo la sera”. Non c’è rassegnazione, ma fede nella Provvidenza, qualcosa prima o poi arriverà. Fatalismo e superstizione. Persino Eduardo De Filippo titolava un suo film Paola Fiorio “Non è vero ma ci credo”. Beh, non si sa mai.
L’INAUGURAZIONE DELLA SUA NUOVA SEDE, con l’apertura, nel 1995, del leggendario palazzo Serra di Cassano il cui portone era inchiavardato dal 1799 in attesa, come aveva giurato allora il duca, di poterlo riaprire solo quando “su Napoli spirerà di nuovo il vento della libertà, della rinascita e dell’abbandono delle barbarie”, avrebbe dovuto appunto costituire una tappa miliare del “Rinascimento napoletano”. Il Rinascimento napoletano, inaugurato nel 1993 dal sindaco Antonio Bassolino, visto l’attuale stato di impasse in cui versa la città, non c’è stato ma l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, fondato nel 1975 a Napoli da Gerardo Marotta, intorno alla biblioteca di oltre centomila volumi, messa insieme in un trentennio di ricerche tra i fondi librari di tutta Europa rappresenta comunque un centro fondamentale e una importantissima ragione di vanto per il capoluogo campano. Dal 1980 all’Istituto si affianca la Scuola di Studi superiori oltre ad una serie di attività editoriali. Qui passano e sono passati a tenere lezione i maggiori filosofi e pensatori contemporanei da Paul Dibon, a John Davis, Cesare Musatti, Bruno Neveu, Wolfhart Pannenberg, Karl R. Popper, Norberi Bobbio, René Roques, Carlo Rubbia, Jan Sperna Weiland, Claude Tardits, Xavier Tilliette e molti altri. D’altra parte in una città che sotto molti punti di vista arranca la cultura tradizionalmente vola; basti ricordare che soltanto a Napoli ci aono cinque Atenei e che alla rete universitaria si affianca una presenza di centri di ricerca di eccellenza, con realtà come il Cnr, il Mars, il Cira, il Tigem, il Criai, la Stazione Zoologica Anton Dohrn e la Città della Scienza (con il suo incubatore di imprese innovative Francesca Paola Rampinelli e ad alta tecnologia).
La musica italiana nasce a Napoli Non solo la grande canzone della tradizione nazionale ma anche il teatro e il cinema partenopeo hanno fatto scuola e continuano a dare frutti innovativi.
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OTÒ, NINO D’ANGELO, SAVERIO MARTONE,
Eduardo de Filippo, Mario Merola e Sofia Loren. Certi accostamenti possono apparire bladi F.P.R. sfemi eppure questi artisti di diversa estrazione culturale e con un pubblico diverso per epoca, per età e temperie spirituale esprimono un comune, grande, e orgogliosamente esibito, sapore di napoletanità. Si tratti di un grande attore senza tempo come il principe De Curtis o dell’ex scugnizzo con il baschetto, attualmente impegnato nel rilancio di un teatro storico per la sceneggiata napoletana come il Trianon di Forcella il comune denominatore resta comunque l’orgoglio di una provenienza, spesso difficile, ma sentita come una fortuna.
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D’altra parte è a Napoli che nascono la musica ed il teatro italiani e più tardi anche il cinema nazionale. Nell’ultimo ventennio dell’800 “nelle cantine di via Tribunali e nei ristoranti eleganti di Posillipo, nei vicoli poveri e nelle case dei "signori" si cantano le stesse canzoni” che da qui poi partiranno per colonizzare la penisola. Salvatore Palombo nel volume “La Canzone Napoletana” afferma che si concentrano in questo periodo “una serie condizioni favorevoli ed irripetibili: si forma un gruppo di autori di assoluto valore, compositori e poeti, che scrivono canzoni di grande bellezza e popolarità; nasce un'editoria musicale ricca di competenze e iniziative, e nei primi del Novecento muove i suoi primi passi l'industria del disco; nascono i caffè-con-
certo e i primi teatri di varietà che produrranno i primi divi che legano il loro nome alle canzoni di successo e le diffondono anche fuori di Napoli; le canzoni napoletane entrano nel repertorio della maggior parte dei cantanti lirici che le portano all'estero, nel corso dei loro concerti” ed infine, l'ultimo elemento, “non meno importante, è l'assenza di una vera concorrenza: non esiste ancora la canzone italiana, né giungono gli echi di musiche straniere”. D’altra parte nel 1952 su iniziativa della RAI prenderà il via il Festival della canzone napoletana, che rappresenta in pratica quella italiana, che più tardi si trasformerà nell’attuale festival di Sanremo. Tutto ciò ha fatto si che fosse ineluttabile
napoletano, che pone al suo centro l’archetipo del personaggio comico e tragico insieme, talvolta rappresentato dalla maschera di Pulcinella e interpretato molto spesso da Totò. I pionieri del cinema napoletano però furono i padri fondatori del cinema muto italiano. Oggi invece pensare al cinema partenopeo vuole dire Troisi o i capolavori di De Sica, spesso accompagnati dalla camminata “osè” della Loren che con il grande regista ha conquistato anche l’Oscar. Alla fine degli anni ’90 nasce la “scuola napoletana” costituita da un gruppo di giovani registi di talento: Martone, Capuano, Corsicato, Antonietta De Lillo o al primo De Crescenzo. Ma il film collettivo, “I Vesuviani” del 1997 registrerà un insuccesso clamoroso.
l’affermazione di quel flusso di ispirazioni musicali che ha reso immortali artisti come Enrico Caruso e Beniamino Gigli o Renato Carosone e più recentemente Roberto Murolo. Un destino che sembra appartenere anche al neomelodico Gigi d’Alessio o al classico Massimo Ranieri o all’alternativo Pino Daniele, ma anche al giovane duo rap di Scampia, dei “Co’ Sang”. Lo stesso discorso vale per quanto riguarda il teatro e più tardi varrà per il cinema. Infatti tra la fine dell'Ottocento e l'intero Novecento, il susseguirsi di due straordinarie generazioni di drammaturghi (Scarpetta, Di Giacomo, Bracco, Viviani, Eduardo) ha posto all'attenzione della cultura e del pubblico la singolare altezza drammaturgica del teatro |
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Evasori
Manager senza soldi salta il processo di Andrea Di Stefano
sta per chiudersi il procedimento aperto dal Dipartimento della Giustizia Usa contro la Kpmg per frodi fiscali. Il Dipartimento aveva avviato un’inchiesta sui tax shelter venduti a società e singoli individui dalla società di revisione già a partire dal 2003. Il caso si riferisce a quei veicoli d’investimento appositamente costruiti per permettere ai clienti di risparmiare sulle tasse: secondo le stime degli investigatori le tasse evase ammonterebbero a 2,5 miliardi di dollari. Si tratta di strumenti spesso al limite della legalità. Kpmg ha già in corso un’altra causa con l’ufficio tributario Usa, l’Internal revenue service, su casi di vendita e marketing di questi servizi. La società ha dichiarato di essere completamente disponibile a collaborare e comunque che questo genere di strategie fiscali non viene più proposto da anni ai clienti di Kpmg. Dopo PricewaterhouseCoopers, Ernst&Young e Deloitte, Kpmg è l’ultimo dei revisori a dover affrontare le indagini del governo sulle pratiche fiscali offerte ai propri clienti. Tutto è iniziato nel 2002, quando la Arthur Andersen fu costretta alla cessazione delle attività pochi mesi dopo essere stata rinviata a giudizio dal Dipartimento di Giustizia per il suo ruolo nello scandalo Enron. Da allora le cinque grandi sorelle della revisione contabile sono diventate quattro e il timore della Corporate America e delle autorità di Dopo quattro anni controllo di Borsa era che la scelta potesse ulteriormente ridursi a tre. di inchiesta rischia Probabilmente non si arriverà però mai al processo. Il giudice federale di non finire in aula che si occupa del caso dove sono imputati 16 ex soci della società la documentazione di revisione ha infatti rinviato sine die le udienze. Gli ex soci della raccolta a carico Kpmg non sarebbero, infatti, in grado di pagare le spese processuali. di Kpmg, una Si tratta dell’ultimo stratagemma messo a punto dalle grandi società delle principali statunitensi e dai loro soci e partner. È la seconda volta, infatti, società di revisione che il giudice Lewis A. Kaplan del distretto di Manhattan, New York, rinvia le udienze. Questa volta ha detto che difficilmente il quesito se Kpmg debba essere chiamata a pagare le spese processuali per gli ex quadri potrà essere risolto entro la data fissata per la nuova udienza, il prossimo 15 gennaio. Il risultato di questo procedimento sta tenendo con il fiato sospeso avvocati e grandi corporation. In giugno, il giudice aveva ritenuto che i procuratori federali avessero violato i diritti costituzionali degli ex soci di Kpmg imputati nel procedimento. Gli ex soci avevano vinto una causa civile contro Kpmg proprio per la questione delle spese processuali ma la società di revisione ha fatto appello, sostenendo che il contenzioso con gli ex partner deve essere risolto con un arbitrato, come previsto dagli accordi tra dipendenti e società. I procuratori di Manhattan hanno imputato gli 16 ex quadri di Kpmg di associazione per delinquere finalizzata all'evasione fiscale, considerandoli gli artefici di un programma che ha permesso alla gente ricca e a decine di grandi corporation di evitare di pagare diversi miliardi di tasse. Kpmg ha deciso di pagare 456 milioni di dollari nel mese di agosto del 2005 come parziale risarcimento allo Stato federale. La trattativa per una conclusione definitiva del contenzioso è in corso. Se aderisce all’accordo definitivo, Kpmg eviterà il processo.
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NUOVA ECOLOGIA (NUOVA)
ONTANO, MOLTO LONTANO DAI RIFLETTORI,
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Il declino dell’economia di Gaza >56
internazionale IN FRANCIA CHI INQUINA PAGA
UNA DONNA AL COMANDO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
INDIA PRIMO ACQUIRENTE DI ARMI IN ASIA
PRIMATO CINESE NELLE EMISSIONI DI GAS SERRA
UNA CORTE CONTRO I DISASTRI AMBIENTALI
IN AFRICA SI VIVE MENO CHE NEL MEDIO EVO
L’ambiente e la qualità della vita sono beni pubblici da salvaguardare e così il governo francese ha annunciato una serie di misure fiscali per tutelarli: una tassa sul consumo del carbone, l’aumento del 10% della tassa sull’inquinamento industriale e di quella sull’inquinamento acustico provocato dagli aerei. Le misure presentate dovrebbero entrare in vigore a partire dal primo gennaio 2007. La tassa sul consumo del carbone, l’unico combustibile ancora esente da ogni tassazione specifica, sarà pari a 1,19 euro/MWh, e secondo il primo ministro francese Dominique de Villepin, i circa 50 milioni dieuro che risulteranno dalle misure annunciate verranno utilizzati soprattutto per la lotta contro il cambiamento climatico, sostenendo, ad esempio, progetti sulle fonti di energia rinnovabile. Per quanto riguarda l’inquinamento acustico prodotto dagli aerei, è stato annunciato che i ricavati dell’aumento della tassa verranno destinati all’insonorizzazione degli alloggi vicini agli aeroporti. Infine, le industrie che dimostreranno di avere una certificazione ambientale non saranno toccate da questi aumenti. Allo studio ci sono anche altri misure: il pedaggio per le automobili nelle grandi città, la tassa per i camion che attraversano zone paesaggistiche di pregio.
Si chiama Margaret Chan, è cinese, ha 59 anni, è laureata in medicina in Canada e in salute pubblica all’università di Singapore ed è anche il nuovo direttore generale dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. Non è la prima volta che una donna guida una delle più importanti e delicate agenzie delle Nazioni Unite, ma in rappresentanza della Cina è in assoluto la prima volta che accade. L’elezione straordinaria della Chan è stata necessaria in seguito all’improvviso decesso dell’ex direttore generale dell’Oms, il sud coreano Lee Jong-Wook. Nel suo discorso inaugurale, pronunciato di fronte all’assemblea che l’ha eletta, il nuovo direttore ha parlato di miglioramento della sanità in Africa e di miglioramento delle condizioni di salute delle donne in tutto il mondo, come due obbiettivi che l’agenzia vuole perseguire. La nuova direttrice era già stata al vertice del dipartimento della salute di Hong Kong per quasi dieci anni. Durante il suo incarico aveva dovuto affrontare le emergenze dell’epidemia di influenza aviaria nel 1997 e della Sars, la polmonite atipica che nel 2003 ha scatenato allarme in tutto il mondo. In quello stesso anno è entrata a far parte dell’Oms, dapprima come assistente alla comunicazione, poi come rappresentante per le influenze pandemiche. Margaret Chan ha detto di voler concentrare l’azione dell’agenzia su chi ha maggiormente bisogno, oltre al miglioramento della sanità in Africa, gli obiettivi individuati per rafforzare la la salute in tutto il mondo sono: sviluppo della sanità, garanzia della sicurezza sanitaria, aumento delle attività, divulgazione e informazione delle popolazioni, istituzione di partnership e maggiore efficienza della burocrazia.
Secondo il rapporto del Congressional Research Service, il braccio scientifico del Congresso degli Stati Uniti, nel 2005, il business delle vendite di armi ha visto il primato degli Stati Uniti, ma se la sono cavata bene anche altri Paesi europei. Gli Usa hanno venduto armi per 11,6 miliardi di dollari, la Gran Bretagna per 3,1 miliardi di dollari, la Russia per 2,8, la Francia per 1,6, la Cina per 900 milioni, la Germania per 600 milioni e l’Italia per 200 milioni. La maggior parte dell’export delle industrie belliche è destinato ai Paesi in via di sviluppo. La Russia destina il 96%, la Francia l’81%, la Gran Bretagna il 77%, gli Stati Uniti il 70%. I mercati preferiti dagli americani sono: India, Kuwait, Arabia Saudita, Pakistan, Egitto, Angola, Chad, Etiopia, Colombia, Filippine, Uzbekistan, Emirati Arabi Uniti e Israele. La Russia ha venduto armi a India, Iran e Cina, mentre quest’ultima, a sua volta, le ha vendute all’Iran e alla Corea del Nord. L’India è il primo compratore non occidentale di armi al mondo. Solo nel 2005 ne ha comprate quasi il doppio della Cina. A questo scenario, tutt’altro che incoraggiante, fanno da sfondo le affermazioni del governo giapponese, secondo cui sarebbe legittimo il possesso di armi nucleari a scopo di autodifesa di fronte alla minaccia nordcoreana.
Si pensava che il sorpasso nel triste primato di chi inquina di più il pianeta, avvenisse tra una decina d’anni. Invece no: tra due anni la Cina inquinerà più degli Usa. La stima è contenuta nel World Energy Outlook 2006, rapporto dell'Agenzia internazionale dell'Energia. Il gigante asiatico diventerà, dunque, il Paese con le maggiori emissioni di gas serra. La ragione sta nell’aumento incessante del suo sviluppo economico che ha fatto crescere in maniera esponenziale la domanda di energia e in Cina la fonte primaria (70%) è il carbone, combustibile ad alta emissione di Co2. Attualmente la Cina brucia più carbone di Stati Uniti, Europa e Giappone messi insieme. In media si apre una nuova centrale termoelettrica ogni settimana, potente quanto basterebbe per illuminare una capitale europea. Per l’emissione di anidride solforosa - la sostanza tossica più legata alle centrali termoelettriche a carbone - il sorpasso sull'America è già avvenuto. L’anno scorso la Cina ha rilasciato nell'atmosfera 26 milioni di tonnellate di questa sostanza, più del doppio degli Usa. Inoltre, per sostenere la richiesta del mercato, nelle miniere di carbone si trascurano con conseguenze gravissime le elementari regole di sicurezza. Nei primi 9 mesi del 2006 (ma sono solo i dati ufficiali) si sono avuti oltre 2 mila incidenti con 3.284 vittime.
Chi ha pagato in termini di giustizia per i morti e le conseguenze gravissime di Chernobil e Bophal? Nei disastri ambientali è ancora accettabile che tutto si riduca ad una semplice questione di risarcimento monetario? Per rispondere a queste domande è necessario istituire una corte penale internazionale contro i crimini e le aggressioni ambientali. È la proposta avanzata dall’Accademia Internazionale di Scienze Ambientali, il cui presidente è il Premio Nobel per la Pace, Adolfo Perez Esquivel. I promotori dell’iniziativa hanno elaborato una “Carta” (scaricabile dal sito www.iaes.info) che è possibile sottoscrivere a titolo personale o di gruppo da tutte le persone interessate. Gli autori dell’iniziativa invitano gli Stati firmatari dello statuto della corte penale internazionale a promuovere, nelle forme che ogni Stato riterrà di adottare, una campagna di sensibilizzazione politico-istituzionale per la presentazione di emendamenti allo statuto e per l’inserimento del disastro ambientale intenzionale quale crimine contro l’umanità. Infine, viene rivolto un invito all’Unione Europea e soprattutto alla Commissione e al parlamento europeo, a sostenere la “carta” e ogni iniziativa che possa favorire l’inserimento di questa nuova tutela.
Quanto poteva sperare di vivere un uomo nel medio evo? È quanto oggi può sperare di vivere un uomo dell’Africa subsahariana. Il Rapporto sullo sviluppo umano 2006 lascia pochi dubbi: nei 31 paesi che stanno in fondo alla classifica una persona può sperare di vivere in media solo 46 anni, 32 in meno dell’aspettativa di vita media nei paesi a sviluppo umano avanzato. In questi paesi la situazione è peggiorata perché l’aspettativa di vita è più bassa oggi di quanto non fosse trent’anni fa. Il Botswana, ad esempio, a causa dell’Aids ha subito un drammatico arretramento in termini di sviluppo umano, con un calo di 20 anni dell’aspettativa di vita. In testa e in fondo alla classifica del rapporto non è cambiato nulla rispetto all’anno passato: la Norvegia si classifica al primo posto, mentre il Niger è l’ultimo. I norvegesi sono 40 volte più ricchi degli abitanti del Niger e vivono quasi il doppio. Inoltre, vantano un tasso di scolarità quasi universale al livello primario, secondario e terziario, contro un tasso di scolarità del 21 per cento del Paese africano. In termini di sviluppo umano mostrano, invece, segni di netto recupero l’Europa centrale e orientale e la Comunità di stati indipendenti (Csi), così come sono più veloci i progressi registrati dal 1990 nell’Asia orientale e meridionale. Le cifre del rapporto danno anche una fotografia precisa della sperequazione in atto: attualmente il reddito combinato delle 500 persone più ricche del mondo è superiore a quello dei 416 milioni di persone più povere. I quasi 11 milioni di bambini morti in un solo anno sono un’altra testimonianza dura e inoppugnabile della disuguaglianza esistente sul pianeta.
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Stretta nella morsa dell’embargo internazionale e il blocco imposto da Israele, la Palestina sta attraversando un livello di povertà senza precedenti
Il declino dell’economia di Gaza
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| internazionale | palestina |
| internazionale |
L’ACQUA: ELEMENTO CENTRALE NEL CONFLITTO “ISRAELE RICONOSCE IL DIRITTO DEI PALESTINESI A BENEFICIARE DELL’ACQUA IN CISGIORDANIA”. Questo passaggio è enunciato nell’appendice B dell’ articolo degli accordi di Taba, conosciuti come Oslo II. Ma come tutti i dossier difficili da affrontare nel corso del negoziato tra Israele e ANP, la questione dell’acqua è stata però rinviata, a future trattative finali. I negoziati impantanati dal 2000 nel fallimento di Camp David hanno avuto al centro delle discussioni anche la questione delle risorse idriche, elemento fondamentale per tutta la regione. Israele intende mantenere il controllo delle risorse della Cisgiordania, di cui il 90% viene utilizzato per il proprio stato, e del Golan, con cui vengono approvigionate le colonie. In attesa di una ripresa delle trattative di fatto i palestinesi si trovano in una situazione di penuria d’acqua e stando alle statistiche di media ogni abitante ha a disposizione 250 m cubi all’anno. Per capire l’entità di questa penuria occorre basarsi su un rapporto della Lega Araba ( dicembre 1999) in cui si precisa che due terzi dei paesi arabi dispongono meno di 1000 m cubi di acqua per abitante in un anno. Un livello considerato il minimo necessario prima di passare oltre la soglia di allarme. L’elemento acqua in una regione arida come il Medioriente, dove le precipitazioni sono rare, costituisce un bene vitale anche per garantire la stabilità di una nazione, considerando soprattutto un’area in cui il consumo è in forte crescita che va di pari passo con l’incremento demografico.
LA CRESCITA DEMOGRAFICA A GAZA MENTRE L’ECONOMIA AFFONDA, prosegue l’esplosione demografica. Sono 1, 4 milioni i palestinesi che ora vivono nella Striscia, ma diventeranno secondo le previsioni, due milioni nel 2010, anche perchè l’incremento della popolazione si aggira al 3-5% l’anno. Gaza ha infatti il tasso di natalità più elevato della regione, con 5,5 –6,0 figli per donna. E’ una popolazione giovane se si considera che il 50% è sotto i 15 anni e circa l’80% sotto i 50. Il nodo preoccupante, segnalato dagli ultimi studi dell’Università di Harvard, è che nel 2010 la popolazione adulta, in proporzione a quella infantile crescerà del 24%. Con queste cifre, senza cambiamenti concreti sulla qualità della vita della popolazione palestinese, la situazione a Gaza potrebbe innescare gravi tensioni sul mercato del lavoro e aumentare il problema abitativo. La crescita demografica è prevedibile che avrà forti ricadute sui servizi pubblici, in particolare istruzione e sanità. Ad esempio nel primo caso nei prossimi quattro anni ci sarà la necessità di nuove 984 aule per i nuovi studenti. Nel settore sanità invece se la Striscia di Gaza riuscirà a mantenere almeno gli attuali livelli di accesso ai servizi fino al 2010, avrà bisogno di altri 400 medici e 500 nuovi posti letto negli ospedali
di Cristina Artoni
U
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Sopra, Gaza. Qui a fianco, un funerale: i palestinesi dicono che sia stato vittima di un attacco israeliano mentre Israele sostiene la tesi di una mina lasciata dai palestinesi.
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DUBAI DEL MEDITERRANEO. Questa sarebbe dovuta essere la trasformazione di Gaza, secondo molti osservatori, dopo il “ritiro” parziale di Israele dalla Striscia nel 2005. Il presidente Bush, massimo sponsor dell’operazione, aveva addirittura parlato di “una grande occasione per il popolo palestinese per costruire un’economia moderna”. Un anno dopo questa dichiarazione la realtà per i palestinesi è al limite del disperante. Gaza sta vivendo un declino economico profondo, tanto da registrare livelli di povertà senza precedenti, con una disoccupazione in crescita, caduta degli scambi e servizi sociali sempre più carenti, come istruzione e salute. Una caduta provocata da due fattori determinanti che hanno scatenato un’implosione completa: l’embargo internazionale sugli aiuti e la stretta dei blocchi imposti da Israele. Un doppio colpo per Gaza che nel giro di pochi mesi ha avuto ricadute a casca-
NA
ta su tutte le strutture, tanto da far ammettere alla Banca Mondiale che i palestinesi stanno subendo la peggior depressione economica della storia moderna. La stessa organizzazione aveva dichiarato l’economia palestinese come una delle economie più dipendenti dalle rimesse nel mondo. La decisione quindi di imporre delle sanzioni contro il governo dell’ANP, rappresentato da Hamas, è stata una scelta precisa, perché la deriva che avrebbe causato era ben chiara. Nel 2005 secondo dati della Banca Mondiale i contributi esterni sono stati di 1,3 miliardi: umanitari e di emergenza (500 milioni, pari al 38% del totale); per lo sviluppo (450 milioni, il 35%) e di bilancio (350 milioni, il 27%). Nel 2006 gli aiuti annuali dei donatori occidentali, fissati in bilanci di previsione in circa un miliardo di dollari, sono stati sospesi. L’altra fonte di entrata dell’economia dell’Autorità Nazionale Pa-
lestinese è rappresentata dal traferimento mensile da Israele di 55 milioni di dollari di entrate doganali e fiscali raccolte per ANP. Anche queste entrate sono state completamente congelate. Un blocco che è in vigore dallo scorso aprile su un patrimonio che si aggira sui 400 milioni di dollari. Tutte cifre che sul campo hanno delle ripercussioni esplosive, a partire dal livello di disoccupazione che a Gaza ha toccato il 40%. Nel solo 1999 non arrivava nemmeno al 12%. Fatale per i lavoratori palestinesi è stata la chiusura dallo scorso marzo degli ingressi da Gaza verso Israele. Una decisione che ha avuto ricadute gravi soprattutto per la storica dipendenza dei palestinesi nei confronti di Tel Aviv. Tradizionalmente infatti i palestinesi hanno cercato lavoro in Israele sia a causa della mancanza di opportunità di lavoro in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, sia per gli stipendi |
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| internazionale | PROIEZIONI MACROECONOMICHE [2005-2008]
PALESTINA
2005
SUPERFICIE: comprende la Cisgiordania (Kmq 6.000) e la Striscia di Gaza (Kmq 360) divise dal territorio israeliano. Anche la Cisgiordania è frammentata in aree autonome e semi-autonome. CONFINI DAL 1946 AD OGGI: ISRAELE PALESTINA
ISRAELE PALESTINA
HAIFA
ISRAELE PALESTINA
HAIFA
TEL AVIV RAMALLAH JAFFA GERUSALEMME BETLEMME
TEL AVIV RAMALLAH JAFFA GERUSALEMME BETLEMME CISGIORDANIA GAZA
CHRISTOPHER ANDERSON / MAGNUM PHOTOS
| internazionale |
HAIFA
TEL AVIV RAMALLAH JAFFA GERUSALEMME BETLEMME CISGIORDANIA GAZA
ISRAELE PALESTINA HAIFA
TEL AVIV RAMALLAH JAFFA GERUSALEMME BETLEMME CISGIORDANIA GAZA
2006
2007
2008
Prodotto interno lordo [in $ usa] 4.044 2.910 2.835 2.851 Tasso di crescita reale 6,3% -24,5% -4,3% -1,0% Pil pro capite [in $ usa] 1.152 802 754 735 Tasso di crescita 2,7% -27,1% -4,4% -4,2% Reddito disponibile [GPI* in $ usa] 1.657 1.199 1.089 1.020 Tasso di crescita 4,3% -30,0% -10,8% -8,3% Tasso di disoccupazione 23% 40% 44% 47% Livello di povertà 44% 67% 72% 74% * GPI: reddito disponibile considerando le rimesse dall’estero, gli aiuti internazionali e e altri trasferimenti
PALESTINA ISRAELE
ISRAELE
1946
PIANO ONU 1947
1949-1967
2000
POPOLAZIONE: 2, 88 milioni di palestinesi (1,65 milioni in Cisgiordania, 1,4 milioni a Gaza e 210.000 a Gerusalemme Est). Sono 162.000 i coloni israeliani in Cisgiordania (96%) e Gaza (4%). CENTRI ABITATI: Gerusalemme Est, Ramallah (capitale provvisioria) Betlemme, Nablus, Jenin, Hebron, Tulkarem, Gerico, Qalqilya e Gaza. MONETA: non esiste una moneta ufficiale, sono utilizzate il dinaro giordano e lo sheqel israeliano. TASSO DI DISOCCUPAZIONE: 40%, previsto al 47% nel 2008. POPOLAZIONE ALLA SOGLIA DELLA POVERTÀ: 67%, il 74% nel 2008.
Totale Lega Araba di cui: Arabia Saudita Kuwait Oman Qatar Libia Egitto Algeria Tunisia Altri Assistenza bilaterale
2004
2005
2006 GEN-MAR
353 98 77 0 0 0 14 3 0 2 2 20
349 194 31 40 1 11 0 1 104 0 7 0
154 78 57 0 7 14 0 0 0 0 0 10
FONTE: FMI E MINISTERO DELLE FINANZE
FINANZIAMENTI INTERNAZIONALI IN MILIONI DI DOLLARI [2004-2006]
Momenti di tensione durante una manifestazione.
più alti. Ma ora ottenere un permesso è diventato difficile se non impossibile. Prima del 2000, quando non era ancora scoppiata la seconda Intifada, in media 110 mila palestinesi (il 22% del totale), lavoravano in Israele o negli insediamenti israeliani. Ora il Muro di separazione e la chiusura negli ultimi mesi di importanti arterie di trasporto hanno creato un isolamento senza via di uscita. Il Valico di Karni, un punto nodale per il passaggio delle merci, viene aperto a singhiozzo, provocando delle impennate dei prezzi. Zucchero e riso negli ultimi mesi sono stati venduti al doppio del loro normale prezzo, mentre il prezzo delle verdure prodotte localmente è precipitato. Disoccupazione e conseguente povertà stanno minando le famiglie palestinesi, mentre Israele ha sostituito la manodopera con immigrati da Filippine, Cina, Thailandia e paesi dell’Europa dell’est. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite fino al 2005, una media giornaliera di 44.800 palestinesi hanno lavorato in Israele, dipendendo dalle decisioni delle autorità dall’emissione di permessi di lavoro e dall’apertura dei checkpoints. Ma la realtà è diventata ancora più dura dopo la vittoria del movimento integralista Hamas. Israele ha aumentato le restrizioni e ridotto il più possibile il flusso di lavoratori. I movimenti sono condizionati da una fitta rete di blocchi, almeno 750 tra Gaza e Cisgiordania, sotto il controllo dall’esercito israeliano. Nell’aprile del 2006 il 79% dei nuclei famigliari di Gaza, secondo l’osservatorio umanitario dell’Onu, viveva in uno stato di | 58 | valori |
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povertà, contro meno del 30% nel 2000. Le Nazioni Unite si fanno carico dell’alimentazione di circa 830 mila del milione e 400 mila abitanti di Gaza. Si tratta del 59% della popolazione, che senza gli aiuti sarebbe ridotta alla fame. I problemi sociali hanno fatto esplodere ulteriori tensioni nello scontro politico tra Fatah e il presidente dell’ANP, Abu Mazen da una parte e Hamas dall’altra. Il pretesto è scattato dai mesi di ritardo nei pagamenti degli stipendi dei funzionari pubblici. L’Autorità conta 70 mila uomini nelle forze di sicurezza, 40 mila insegnanti e 9 mila paramedici. «I salari dei professori rappresentano un terzo degli stipendi versati dal governo – ha spiegato Nasseradine Al-Chaer, vice premier e ministro dell’educazione – Alcuni non vengono pagati da mesi. I debiti si sono accumulati e stiamo cercando di gestire proteste di piazza e politiche. Ci sono continui scioperi». Il governo di Hamas, che si è ritrovato le casse vuote, si è rivolto al mondo arabo e musulmano alla ricerca di sostegno finanziario. Egitto e Giordania hanno preferito non rispondere agli appelli, nel timore di ripercussioni interne. L’Algeria aveva inviato già prima dell’insediamento di Hamas 35 milioni di dollari, la Lega Araba ha finanziato con 70 milioni e sostegni sono arrivati dal Qatar, Arabia Saudita, Iran e Libia. Unione Europea e Stati Uniti hanno ribadito condizioni precise al nuovo governo dell’Autorità: denunciare la violenza, riconoscere lo stato di Israele e accettare tutti gli accordi firmati tra palestinesi e israeliani. Nulla di si-
Gaza, 2006
Il 59% dei palestinesi senza gli aiuti alimentari delle Nazioni Unite non riuscirebbe a vivere mile è stato richiesto al governo israeliano del premier Olmert. Nella Striscia di Gaza senza limitare l’ascesa di Hamas a un semplice voto di protesta, il cambiamento richiesto dalle urne risponde a delle precise ragioni sociali, tra cui un segnale a Fatah, la cui gestione si è molto screditata nel corso degli anni. Hamas, invece, appare come una formazione non compromessa negli scandali di corruzione, forte di una solida base sociale e un buon bilancio di gestione municipale. Tutti elementi che contano in una società dove la sopravvivenza è messa sempre più a dura prova. A esasperare gli abitanti di Gaza e ad aggiungere un nuovo passo al declino socio-economico dell’area è stato l’attacco israeliano dello scorso giugno alla centrale energetica. L’impianto, che è andato completamente distrutto, riforniva il 45% dell’elettricità alla Striscia. I blackout sono stati gravi e ripetuti e hanno impedito la fornitura di assistenza ospedaliera, la distribuzione di acqua, generi almentari e la gestione degli scarichi. L’organizzazione israeliana per i diritti umani B’tselem rifacendosi al diritto inter-
nazionale, ha definito l’attacco alla centrale un crimine di guerra, dato che ha avuto ricadute sulla popolazione civile. Il futuro non promette cambiamenti positivi in tempi stretti. Le Nazioni Unite hanno sottolineato che nel 2007 in assenza di significativi miglioramenti, l’economia palestinese rischia di essere ridotta del 35% in meno rispetto al 2005, precipitando a livelli che aveva conosciuto solo nel 1991, con oltre la metà della forza lavoro disoccupata. «L’economia palestinese – ha spiegato l’economista Raja Khalidi, della United Nations Conference on Trade and Development - imploderebbe verso livelli mai visti da generazioni». La realtà di Gaza resta quella di un’area circondata, dove la crescita demografica è tra le più alte della regione. La densità non è soltanto un problema di quantità di persone, ma di accesso alle risorse specialmente al mercato del lavoro. «Senza accesso da parte degli esterni e il diritto di emigrare – scrive Sara Roy, professore al Center for Middel Eastern Studies dell’Università di Harvard – cose che il Piano di Ritiro da Gaza e quello di riallineamento di Olmert impediscono efficacemente, la Striscia continuerà ad essere una prigione senza possibilità di sviluppare qualunque forma di attività economica». Nel 2005 attraverso uno studio eseguito dalla Comunità internazionale è emerso che i fattori più importanti nel declino economico palestinese non sono la riduzione degli aiuti, ma sono soprattutto le restrizioni negli spostamenti e la sospensione dei trasferimenti di reddito.
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| macroscopio |
Governo
Un programma per l’ambiente di Walter Ganapini
ONSTATO, COME TUTTI, LA POVERTÀ DELL’AZIONE DI GOVERNO in tema di orientamento delle politiche alla sostenibilità ed al contempo assisto perplesso a conniventi eccessi di “realismo politico” che permeano i comportamenti di gran parte del ceto politico attuale, a partire dalla disinvolta accettazione (o dalla mancata reazione curativa) di fenomeni degenerativi della dignità della politica, dai costi della stessa a pratiche ignobili come da più parti denunciati: falsi tesseramenti (finanziati con che soldi?) e forme di clientelismo quasi familistico come strumenti di controllo di partiti e partitini (per potersi sedere al “tavolo delle spartizioni” pure nell’attuale regime di scarsità di risorse?). Ritengo, altresì, di essere un eco-riformatore scevro, per il sin qui vissuto, da ricerca di scorciatoie o da ingenui ottimismi in tema di sostenibilità dello sviluppo. So che si può (e si deve) basare la propria azione per la sostenibilità sulle migliori analisi del reale e si può (e si deve) contare sulla migliore progettualità per tratteggiare scenari innovativi rigorosi, condivisibili ed in sintonia con la migliore elaborazione internazionale. So anche, però, che se mancano cultura di governo e sperimentata conoscenza e capacità di gestione della macchina amministrativa ed operativa che conduce dall’analisi all’attuazione dei progetti, non si registreranno che frustrazioni e fallimenti. Ciò è tanto più vero in un Paese nel quale non si danno le migliori precondizioni per un percorso eco-riformatore, ma anzi si registrano spesso le peggiori condizioni, a partire da una strutturale (e temo voluta) ignoranza circa lo stato dell’ambiente e da una cultura giuridicoamministrativa poco incline a razionalità e attenzione alla res publica. Passata la Finanziaria Ecco allora che l’ecoriformatore, munito di inesauribile pazienza è possibile mettere mano e registrata la mancanza, ancor oggi, di una esplicita assunzione ad alcune azioni immediate istituzionale ed economico-sociale della questione “qualità che permettano di dare vita ad un Tavolo della sostenibilità ambientale di processi produttivi , prodotti e territori” come primaria sfida competitiva tra sistemi sui mercati globali , si fa carico , per essere “performante” e credibile, di aggiungere nuova strumentazione alla “cassetta degli attrezzi” che è suo compito rendere disponibile ad un auspicabile “Tavolo della Sostenibilità”. Abbozziamo qui , allora, una proposta che, a Legge Finanziaria approvata, vada nel senso di incidere sulle precondizioni negative di cui sopra. È essenziale “conoscere per deliberare”: si acceleri, allora, l’iter del “ddl Realacci” (Atti Camera 1561) che, riformando il Sistema delle Agenzie Ambientali, le impegni a redigere entro brevissimo termine un completo ‘Rapporto sullo stato ambientale del Paese’, che costituisca il ‘puntozero’ per ogni politica futura e per il monitoraggio d’efficacia delle attuali, chiedendo la validazione delle metodologie utilizzate e dei risultati conseguiti all’Agenzia Europea dell’Ambiente. Si istituisca il ‘Tavolo Volontario della Sostenibilità’ , che veda convenuti mondo delle imprese (il tavolo dei 10) e della finanza (ABI), istituzioni (Conferenza Stato-Regioni-Enti Locali) e rappresentanze sociali per decidere le azioni da intraprendere a breve, complete delle relative risorse finanziarie pubbliche (comunitarie e nazionali) e private, focalizzandole sulle evidenti ed irrisolte emergenze ambientali quali il risanamento dell’aria in Pianura Padana (sostenibilità di mobilità e logistica, produzione di energia elettrica e termica, gestione dei rifiuti); il risanamento delle falde in Pianura Padana e gestione razionale delle risorse idriche superficiali (coerenza con il ridisegno in atto delle attività agro-zootecniche e forestali e promozione di un programma quadro di tecnologie produttive più pulite); una vera bonifica e riuso delle aree contaminate a rischio di crisi ambientale e sanitaria; l’informatizzazione ed automazione dei controlli sulle diverse fasi del ciclo dei rifiuti.
C
CONTRASTO
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| inbreve |
| inbreve |
L’economia di comunione mette basi solide >64 Un movente diverso dal profitto >66
economiasolidale IMPIANTO A IDROGENO DELL’ENI IN GERMANIA
COMMERCIO EQUO E SOLIDALE MENO EXPORT PIÙ LOCALE
COMPOST: ANNO DA RECORD
SPOT DI CIBI GRASSI VIETATI AI BAMBINI
CO.CO.CO PER L’ISTAT O LAVORATORI A COTTIMO?
DDL CONTRO LO SFRUTTAMENTO, IL CAPORALATO SARÀ PUNITO
Si tratta del primo impianto multifluel che potrà servire anche alle auto a idrogeno e fa parte del programma “Zero Regio” finanziato dalla Commissione Europea. Dopo l’impianto entrato in attività a Collesalvetti in provincia di Livorno, è toccato a una località vicino a Francoforte. L’iniziativa è dell’Agip, del Gruppo Eni, che in Germania gestisce circa 700 pompe di benzina, perlopiù concentrate in Baviera. La stazione di servizio è aperta al pubblico e sarà usata dai veicoli che fanno da navetta con l’aeroporto di Francoforte e sono alimentati a idrogeno. La sperimentazione delle case automobilistiche è entrata dunque nel vivo, anche se per vedere un vero e parco macchine alimentate a idrogeno bisognerà aspettare almeno 15 anni. Basti pensare che la Daimler Chrysler ha in tutto il mondo circa cento prototipi alimentati a idrogeno. Il problema sarà la creazione di una rete di rifornimento. Le stazioni stabili di idrogeno sono 3 in Europa e 2 negli Stati Uniti, in California. In Asia, invece, ancora nulla. Esistono, però, delle stazioni mobili che verranno messe in vari luoghi nel caso di eventi mediatici che prevedono l’utilizzo di vetture ad idrogeno. La Linde , uno dei grandi produttori di idrogeno, ha stimato che per creare un’adeguata rete ci vorrebbero almeno 3 miliardi di euro di investimento.
Il commercio equo e solidale è cresciuto notevolmente negli ultimi anni. Le banane solidali hanno raggiunto in tre anni una quota del 35% di tutto il mercato del biologico, lo zucchero di canna dei piccoli produttori del Perù e dell’Ecuador ha conquistato in meno di due anni il 5%, l’ananas fresco con certificazione etica arriva in Italia in quantità da 1.300 tonnellate all’anno. La linea solidale della Coop è passata dai 3 milioni di euro del 2002 agli oltre 11 milioni di euro del 2005, con un’ulteriore crescita da gennaio a settembre 2006 del 35%. ll fenomeno non è sfuggito all’occhio attento della grande distribuzione che investe nello sviluppo del comparto. Significativa la campagna di promozione dei jeans dell’Iper (15mila paia vendute in quindici giorni), delle rose provenienti dal Kenia, della crema spalmabile alla nocciola. Ma il padre fondatore del commercio equo e solidale, l’olandese Frans Van der Hoff, sostiene che nei prossimi anni si fermeranno le esportazioni di questi prodotti equi. Van der Hoff, che vive in Messico e coltiva un campo guadagnando pochi dollari al giorno, sostiene la necessità della nascita di un mercato locale a cui destinare le produzioni agricole e artigianali dei piccoli coltivatori. Già oggi una quota di prodotto, circa il 30 per cento, si tratta perlopiù di generi alimentari, viene commercializzata in Messico, considerato un mercato decisamente più vantaggioso rispetto all’esportazione. Le multinazionali, come Nestlè e McDonald, non stanno a guardare e così cominciano a proporre qualche prodotto equo. Difficile stabilire se si tratta di un’operazione di marketing, un cambiamento vero o una piccola vittoria dell’opinione pubblica. Frans Van der Hoff è convinto che le multinazionali vadano tenute sotto pressione, utilizzando il boicottaggio.
Il compost è un materiale che si ottiene dalla biodegradazione di rifiuti organici, rami, foglie, erba e vegetali in genere, e che si può utilizzare come concime naturale. In sostanza è un fertilizzante ottenuto in seguito alla decomposizione dei rifiuti a opera di microrganismi, al quale vengono aggiunti altri materiali come paglia, vinacce, fango, liquame per poi venire impiegato per apportare sostanze organiche al terreno. Che in Italia funzioni è un dato di fatto. Solo nel 2005, sono stati compostati 3 milioni di tonnellate di rifiuti selezionati: 1,2 milioni di tonnellate provenienti da raccolta differenziata di rifiuto domestico e 1,1 milioni di tonnellate provenienti dalla manutenzione dei giardini. In Italia funzionano circa 250 impianti di compostaggio di rifiuti organici che provengono dalla raccolta differenziata e 90 impianti che trattano la parte organica dei rifiuti indifferenziati, da cui si ricava materiale di minore qualità impiegabile in diversi settori, per esempio quelli stradali La pratica del compostaggio avviene anche negli impianti che trattano i rifiuti indifferenziati. Queste aziende trattano la parte organica selezionata: nel 2005 oltre 7,5 milioni di tonnellate, un dato che rappresenta, il settore di trattamento e recupero più avanzato del paese.
Niente più patatine, merendine, o cibi particolarmente calorici. Il governo inglese, a partire dal primo gennaio, proibirà spot pubblicitari che reclamizzano generi alimentari nocivi soprattutto per il peso: salati, con burro, olio, insomma tutto ciò che piace e fa male. È questa la decisione presa per contrastare la continua diffusione tra i giovani inglesi dell’obesità. Si è già calcolato che le restrizioni costeranno circa 40 milioni di sterline alle società per introiti pubblicitari mancati. Il provvedimento si applicherà a tutte le trasmissioni per bambini e anche a quelle per gli adulti in orario accessibile ai più piccoli. Inoltre la misura restrittiva si applicherà a quei prodotti alimentari che non vengono pubblicizzati in televisione, ma che risultano non salutari e che di solito allegano anche un giocattolo, un regalo, insomma un gadget. A eseguire i controlli sugli ingredienti sarà la Food Standards Agency. Inoltre il ministero dell’Istruzione britannico, per migliorare le abitudini alimentrai dei suoi studenti e prevenire i danni alla salute derivanti dalla probabile obesità per molti di loro, ha avviato una serie di lezioni sul tema della sana cucina. Le lezioni (in tutto sono 24 di un’ora ciascuna)sono iniziate con il nuovo anno scolastico.
Nel 2002 l’Istat ha creato una rete di oltre 300 rilevatori, tutti co.co.co che lavoravano in tutta Italia per raccogliere i dati necessari alla realizzazione dell’indagine continua “Forze Lavoro”, una delle rilevazioni comprese nel Programma statistico nazionale, indispensabile per il Paese e disciplinato da Regolamento Comunitario. I dati raccolti dai rilevatori, forniscono un quadro completo e qualitativamente elevato sulle condizioni occupazionali del Paese e quindi la realizzazione dell’indagine non può più prescindere dall’esistenza della rete stessa: a riprova di ciò l’Istituto ha investito e continua ad investire grandi risorse per potenziarne l’efficienza. Inoltre i risultati delle ricerche Istat sono fondamentali per l’Eurostat, Ente Statistico della Comunità Europea. I contratti dei rilevatori, però, vengono rinnovati di anno in anno, senza alcuna tutela. Non vengono riconosciute: malattia, ferie, tredicesima, Tfr (liquidazione). Ricevono un compenso per ciascuna intervista effettuata, come lavoratori a cottimo, e il compenso non è mai variato dal 2002 nonostante l’aggravio di spese sostenute finora a causa del costante aumento del costo della vita. E con le nuove aliquote Inps rischia di venire ulteriormente ridotto. La precarietà, dunque, non riguarda solo la temporaneità del contratto di lavoro ma anche la mancanza di alcuni diritti basilari in un corretto ed equilibrato rapporto di lavoro. L’anno scorso l’istituto ha pensato di ricorrere ad una gara per la privatizzazione della rete, che è stata fortunatamente sospesa grazie alla mobilitazione di Cgil e Uil e dei dipendenti Istat e in seguito ad una soluzione politica che attraverso la legge 248 del 5/12/2005 ha concesso la possibilità di rinnovare i contratti co.co.co per tutto il 2006 e di individuare una soluzione alternativa che potesse consentire la sopravvivenza della Rete e avviare un processo di stabilizzazione per questi lavoratori. Ma ancora non si sa niente.
Un provvedimento contro lo sfruttamento dei lavoratori clandestini arriva dal governo Prodi. Nel testo del ddl si introduce il reato di caporalato, si prevede la chiusura del luogo di lavoro nel caso si impieghino quattro clandestini. Se si supera il numero di quattro il luogo di lavoro viene posto sotto sequestro. Per i caporali colpevoli di sfruttamento sono previste pene che vanno dai 3 agli 8 anni, più una multa di 9 mila euro per ogni lavoratore. Per i clandestini sottoposti a grave sfruttamento del lavoro (sono previsti i criteri di gravità) viene rilasciato un permesso speciale. ll provvedimento prevede l’introduzione di un comma in più all’articolo 620 del codice penale. La pena è maggiorata se la manodopera in nero ha meno di sedici anni. Quello dei minori stranieri sottoposti a sfruttamento è un problema grave in Italia. Secondo i dati contenuti nel rapporto “Save the Children” i minori stranieri non accompagnati sul territorio italiano sarebbero 6300, un dato che risale al marzo 2006, quindi piuttosto attendibile. Infine il provvedimento contiene anche una serie di pene accessorie: interdizione nel trattare con la pubblica amministrazione per un anno, perdita del diritto di beneficiare di agevolazioni e finanziamenti.
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L’economia di comunione mette basi solide Nei dintorni di Firenze l’incontro con Ceciclia Mannucci del movimento dei focolari. Una concezione nuova di comunione nell’economia, un progetto di unità e uguaglianza delle persone che passa attraverso buone azioni pratiche. Oltre 5600 azionisti e una società sottoposta al controllo della Consob.
La folla di azionisti, curiosi e gente del posto radunatasi all’esterno della sala convegno. Qui a fianco, alcuni uomini della sicurezza controllano, mentre un giornalista della trasmissione televisiva “Le iene” tenta di entrare. Nella pagina a fianco, l’interno del Philocaffè e la facciata principale. | 64 | valori |
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L’Economia di Comunione e i focolari sono le manifestazioni visibili del pensiero e dell’opera dell’86enne Chiara Lubich, che già durante la seconda guerra mondiale ha cominciato a riunire gente attorno ad un progetto di unità ed eguaglianza tra le persone, che passa attraverso azioni pratiche. Nel 1991 in Brasile, di fronte allo “scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e di baracche disumane” è nato il primo polo industriale, vicino alla cittadella dei focolari di Vargem Paulista (San Paolo). Il polo Lionello di Burchio è il settimo; per costruirlo nel 2001 è stata creata la EdiC spa, sottoposta al controllo della Consob, che ha raccolto fondi da 5621 azionisti “poveri, ma tanti” come dice la Lubich. Tra questi anche Banca Etica. Cecilia Mannucci, amministratore delegato della EdiC spa, nel suo discorso di presentazione racconta che un imprenditore dell’Economia di Comunità ha deciso di destinare parte dei suoi utili ad un concorrente in difficoltà, perché la chiusura di quell’impresa avrebbe creato disoccupazione. Un esempio che la dice lunga sul rapporto che le imprese dei focolari vogliono stabilire con il territorio e l’approccio rivoluzionario del loro modo di agire.
Burchio è il settimo polo industriale dei focolari: la società creata ad hoc conta 5621 azionisti
800 aziende in tutti i Continenti e 270 in Italia aderiscono al progetto, che vuol dire destinare i due terzi del profitto agli altri: un terzo per la formazione e un terzo ad un fondo per la lotta contro la povertà (vedi intervista). Ma al di là dell’utilizzo del profitto verso i poveri (che già non è poco) quello che rende molto speciali i focolarini e l’Economia di Comunione è proprio il condividere una visione, un carisma che ha dato vita ad una comunità di costruttori, che lavorano per un mondo più fraterno e senza poveri.
CITTADELLA DI LOPPIANO LOPPIANO È A CIRCA 6 KM DALL’USCITA INCISA VALDARNO DELLA A1; è la prima delle 30 cittadelle dei focolari sorte nel mondo ed è la più sviluppata. Inaugurata l’8 marzo del 1968, è stata chiamata Mariapoli in omaggio alla Madonna; si estende per circa 200 ettari sui terreni donati da Vincenzo Folonari, focolarino e figlio della famiglia di produttori di vino. La tenuta comprende casolari, scuole, centri d’arte, botteghe artigiane e attività agricole che producono olio, vino, marmellate e succhi di frutta. Abitano e lavorano a Loppiano circa 800 persone che provengono da 70 Paesi di tutti i Continenti. È un centro di formazione aperto tutte le domeniche (tranne la prima del mese) e visitato ogni anno da 40 mila persone di tutto il mondo.
Dalla consulenza ai filati «La struttura del polo Lionello - ci spiega Mara, una focolarina di origine comasca che ci fa da guida – è completamente modulare: può crescere o diminuire. Agli architetti – continua Mara – non abbiamo chiesto di realizzare una certa cubatura, ma di disegnare un posto che ci rappresentasse. Così la facciata in mattoni è leggermente curva, accogliente come delle braccia e all’interno la galleria che unisce tutti gli spazi, è la piazza, un luogo di incontro». La caratteristica dei poli è di sorgere vicino alle cittadelle del movimento dei focolari, anche per questo il polo italiano porta il nome di “Lionello Bonfanti”, magi-
FONTE: MAPS.GOOGLE.COM
UGO PETTENUZZO
Qualcosa di rivoluzionario
UGO PETTENUZZO
VALDARNO, seguiamo le indicazioni polo Lionello. Tra le colline fiorentine, coltivate a vitigno e dominate da castelli, siamo sulle tracce di un evento già annunciato su Valori (n. 25): l’inaugurazione del polo industriale di Burchio, nato dalla spinta propulsiva di Chiara Lubich, vicino a Loppiano (vedi BOX ) sede della cittadella internazionale del movimento dei focolari (vedi BOX ). Ci riceve un servizio d’ordine capillare, ma sicuramente diverso dal solito: il primo che incontriamo con il cardi Paola Baiocchi tellino dell’organizzazione ha l’accento tedesco; al parcheggio due ragazzi africani, alla reception un’argentina. Non sono “presi in affitto” da qualche agenzia che gestisce l’evento, sono focolarini, tutti gentilissimi e sorridenti, ma molto determinati nell’incanalare il grande flusso di visitatori e giornalisti. Forse attirato dalla presenza di Prodi, arriva anche uno delle Iene, che circolerà durante l’inaugurazione creando un buffo contrasto visivo con il resto della folla, composta dagli azionisti del progetto di Economia di Comunione (EdC), curiosi, gente del posto, emittenti televisive, giovani e donne dai capelli bianchi scese dai pullman.
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INE OTTOBRE, AUTOSTRADA DEL SOLE, USCITA INCISA
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MOVIMENTO DEI FOCOLARI
strato scomparso nel 1981, che fu tra i primi artefici della comunità di Loppiano. All’interno del polo di Burchio hanno già preso posto 15 imprese che operano in campi molto diversi, ma c’è spazio per diventare più numerosi: ora ci sono Dulcis in fundo, una pasticceria; Azur e Fan-
tasy che costruiscono arredi per l’infanzia; c’è Creativa, un’associazione di consulenti del lavoro. Ci sarà un poliambulatorio, a fianco del Philocafè, un grande spazio che unisce ristorazione, una libreria e le lane della Bertagna filati. Durante l’inaugurazione nessuno aveva tempo
Un movente diverso dal profitto
per lavorare a maglia, ma il senso del posto era già perfettamente rappresentato da un giovane babbo che su un divanetto dava il biberon ad un neonato. Tutti e due tranquillissimi tra i flash dei fotografi che inseguivano Prodi e il cardinale di Firenze monsignor Antonelli.
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E. DI C. SPA
IN RETE
Via di Castagneto, 21 500064 Incisa Valdarno (Fi) www.edicspa.com
www.loppiano.it www.focolare.org www.pololionello-formazione.it
Il carisma spirituale è alla base del progetto dei focolari che vivono l’impresa in comunione nell’economia.
L
UIGINO BRUNI, DOCENTE DI ECONOMIA POLITICA all’Università di Milano Bicocca, è coordinatore per il progetto internazionale di Economia di Comunione.
di Paola Baiocchi e Andrea Montella
UGO PETTENUZZO
Quali sono le novità contenute in questo modo di fare economia? La diversità è sul movente: questo è un progetto che nasce da un carisma spirituale, quello del movimento dei focolari. Non è legato all’azione di un riformatore, di economisti o di filantropi. È un’espressione che per essere colta va letta all’interno di uno spirito unitario e questo già lo differenzia da tanti poli, tante cittadelle come quelle fondate dai socialisti utopici nell’Ottocento, che nascevano più per motivazioni sociali, umanitarie. Qui il movente centrale è di carattere spirituale.
La logica del progetto EdC è ben precisa, il profitto è in gran parte destinato alla lotta alla miseria: i due terzi degli utili vengono donati fuori. Un terzo per progetti culturali, per formazione, per borse di studio e un terzo direttamente per progetti contro la povertà. Questo è un fatto molto significativo, perché o tutta l’economia sociale risponde al grande tema della povertà, oppure tra qualche anno non resterà nulla di questo movimento sulla responsabilità sociale dell’impresa. Quindi questo progetto, nel suo piccolo, è una cosa seria, non è dare il tre per cento… è un progetto dove l’impresa diventa uno strumento per risolvere il problema della povertà nel mondo. Chiaramente in modo paradigmatico: le 800 aziende del progetto in tutto il mondo non basteranno a risolvere il problema, però noi sappiamo che il mondo va avanti per minoranze profetiche che mostrano degli esempi, che in certi casi vengono imitati e a volte divengono eventi epocali.
Carisma o fede sono la stessa cosa? Giuseppe Manzo e Luigino Bruni. No, il carisma è una dimensione che rimanda a una La diversità è anche nel fatto che nelle aziende delvisione di fede in Dio, ma è molto più universale e l’Economia di Comunione le decisioni vengono preampia rispetto alle religioni istituzionalizzate. Vese insieme? do un carisma anche in Yunus o in Gandhi, ma anLa sfida è anche questa, perché sarebbe un parache in tante Ong; si può parlare di economia caridosso fare un’impresa di comunione che poi rismatica, perché l’azione di carismi laici o religiosi manga all’interno piramidale, gerarchica, senza hanno spostato in avanti la frontiera dei bisogni sonessun tipo di coinvolgimento. Questo oggi non è ciali. Se noi non avessimo avuto i benedettini o i sostenibile e tanto meno non è in un progetto cofrancescani nel Medioevo e oggi gente che è mossa me il nostro, che punta a vivere la comunione dennon da interessi, ma da idealità, perché questo è il carisma, la vita tro l’economia. Poteva esserlo 100 anni fa con Rockefeller, con altri sarebbe molto più povera e, probabilmente, il mondo sarebbe un filantropi che frustavano i lavoratori per avere i soldi e poi far la fonluogo invivibile. dazione per i poveri. Bisogna dar senso a quello che si fa: ora un progetto che ha come ambizioni combattere la povertà per il divenire di un mondo più giusto e più fraterno, è un progetto che può muoAltri elementi di novità dell’Economia di Comunione? vere delle persone in gamba. Un secondo elemento è il rapporto con il territorio: non è così normale trovare esperienze che sentono il bisogno di localizzarsi in un posto e collegarsi con un territorio. Il Polo nasce proprio così: tante Il comunismo può essere il superamento, ancora più spinaziende che sperimentano forme di relazionalità e di rapporto, leto di questa idea di comunione? gate al produrre, facendo cose molto diverse tra di loro. Nei distretIl comunismo ha avuto la sua evoluzione e in quanto tale, come forti industriali - almeno in Italia - c’è la dimensione della cultura tacima di organizzazione economica e sociale non ha funzionato, queta del territorio, però qui non è la filiera produttiva omogenea che sto è un dato storico incontrovertibile. Poi la fede cristiana non è tiene insieme le imprese, ma una filiera di tipo ideale. quella del comunismo; in comunione e comunismo c’è questo cum che chiaramente è importante, dà l’idea del sociale, della condivisione, della partecipazione e questa è un’utopia che c’è stata fin da Le aziende che opereranno all’interno del Polo gestiranno quando l’uomo si è messo insieme agli altri nella preistoria. in modo diverso il loro profitto?
mondo “Ilva avanti per minoranze profetiche che fanno da esempio
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Quello che noi abbiamo conosciuto come comunismo in Russia, in realtà era capitalismo di Stato, perché non ha abolito la proprietà dei mezzi di produzione, ma l’ha statalizzata e il comunismo è la società dei produttori senza proprietà. Bisogna intendersi sui termini, perché in fondo anche i primi cristiani di Gerusalemme erano una forma di comunismo primitivo. Sicuramente Marx non voleva sostituire il capitalismo di Stato a quello privato. L’Economia di Comunione può essere un passo avanti per superare la cosiddetta alienazione generata dal sistema capitalistico. Sono d’accordo: in realtà questo progetto è una sfida radicale al capitalismo, non in senso marxista, però quando uno mette i profitti in comunione, il capitalismo stesso va in crisi, perché lo scopo principale dell’impresa capitalistica è l’appropriazione privata dei profitti. Quindi è una critica radicale, dal mio punto di vista, all’idea di impresa capitalistica come è stata immaginata negli ultimi duecento anni.
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IL MOVIMENTO DEI FOCOLARI O OPERA DI MARIA è un movimento laico nato nella Chiesa Cattolica. Fondato da Chiara Lubich a Trento nel 1943, il movimento ha come fine la realizzazione dell’unità tra le persone. Da un iniziale nucleo di ragazze che lasciano le proprie famiglie per dedicarsi ai poveri della città, si forma il primo focolare, in Piazza dei Cappuccini a Trento. Superata l’emergenza della guerra, il movimento ha un rapido sviluppo in Italia, in Europa e poi negli altri Continenti. Il vescovo di Trento mons. Carlo De Ferrari ne dà la prima approvazione nel 1947; successivamente il movimento è stato più volte studiato dalle autorità ecclesiastiche che ne hanno rivisto e corretto lo statuto e i regolamenti, fino all’approvazione dello statuto vigente, avvenuta nel 1990 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, che lo ha affidato alle mani di Chiara Lubich. Così i focolari saranno l’unico movimento cattolico che, anche alla scomparsa della sua fondatrice, saranno guidati da una donna. Pasquale Foresi è stato il primo focolarino ordinato sacerdote. Sono circa due milioni i focolarini sparsi in 182 Paesi, secondo i dati diffusi dal movimento; si calcola che nell’insieme il movimento coinvolga più di sei milioni di persone. All’interno del Movimento dei Focolari si sono sviluppate delle diramazioni che cercano di applicare la spiritualità dell’Unità nelle varie realtà sociali. Sono esempi di queste diramazioni: il Movimento Umanità Nuova (di cui i principali animatori sono i Volontari di Dio), il Movimento Famiglie Nuove, il Movimento Gen, settore giovanile (il nome sta per Generazione Nuova) e ha dato vita anche a due complessi musicali internazionali chiamati Gen Rosso e Gen Verde, i Giovani per un Mondo Unito, i Ragazzi per l’Unità, il Movimento Politico per l’Unità, la casa editrice Città Nuova e la rivista omonima.
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Impresa sociale
La sfida comunitaria più valore al territorio di Massimiliano Pontillo
L SUCCESSO DEL LIBERISMO IN CAMPO ECONOMICO ha da lungo tempo relegato nell’ombra una parte importante dell’economia reale. I suoi sostenitori lo presentano, inoltre, come l’unico modello possibile di sviluppo. Questa presunzione è oggi contestata e messa fortemente in discussione, in particolare dal movimento di protesta nato alla fine degli anni ’90 per chiedere un’altra globalizzazione rispetto a quella del mercato e della libera circolazione delle merci. Quest’ultimo, lontano dal ridursi solamente ad una mera e sterile critica ideologica, è in grado di elaborare un progetto alternativo e concreto per promuovere più solidarietà e democrazia nella società mondiale contemporanea. A fine ottobre si è tenuto a Roma un convegno internazionale dal titolo “Sviluppo locale solidale”, proponendosi come forum di scambio di pratiche, ideazione e sviluppo di nuovi modelli e strumenti per l’altra economia, in Italia e in Europa, attraverso la diffusione delle attività realizzate dalle istituzioni pubbliche nel territorio nazionale e a livello internazionale, lo scambio di esperienze e modelli, l’analisi degli incubatori di imprese sociali. Sono passati 15 anni dalla legge istitutiva delle cooperative sociali, la 381 del 1991; da allora il termine impresa sociale si è diffuso sempre più, parallelamente alla crescita del terzo settore, assumendo significati diversi in relazione ai differenti contesti e approcci culturali. Pochi mesi fa è entrato in vigore il decreto legislativo 155 del 2006, istitutivo dell’impresa sociale come specifica definizione giuridica non profit. In Gran Bretagna, il governo Blair ha creato un’apposita unità, la Social Enterprise Unit, con l’obiettivo di dare spazio alle imprese in grado di svolgere servizi di pubblica utilità. In particolare Più delle agevolazioni è stata creata la Community Interest Company (Cic), una forma imprenditoriale fiscali molte attività che può essere adattata a qualunque attività economica, purchè svolta in via sociali necessitano prevalente nell’interesse della comunità in cui opera. Il governo inglese non compie, di infrastrutture, dunque, l’equazione impresa sociale uguale no profit, non chiede alla stessa servizi e capitali di non distribuire utili, ma di reinvestirli nell’attività istituzionale e preoccuparsi che i benefici principali vadano a vantaggio della comunità locale. Alle Cic, insomma, non vengono offerte agevolazioni fiscali ma facilitazioni al venture capital, ossia al reperimento di capitali per l’avvio e lo sviluppo dell’impresa, tramite dei veri e propri fondi d’investimento che mettono capitale di rischio nei progetti delle imprese sociali, alimentandosi con i risparmi dei cittadini della stessa comunità. I quali, in cambio, ottengono una detrazione fiscale del 5% di quanto investito. In questo modo si crea un sistema di imprese sociali autonome dal punto di vista finanziario, forti perché in grado di investire, efficienti economicamente e potendo offrire servizi di qualità e posti di lavoro dignitosi. Tali profitti non sono e non possono essere una componente negativa dell’attività d’impresa; anzi, possono rappresentare il riscatto etico della finanza. Dando a quest’ultima una connotazione locale, agganciata all’economia reale e finalizzata all’utilità sociale. La direzione da prendere nelle politiche di sviluppo e di sostegno alle piccole imprese, di promozione occupazionale, e anche di welfare, è quella d’immaginare un’impresa sociale comunitaria, legata al territorio in cui opera. E verso questa indirizzare agevolazioni in termini di infrastrutture, servizi immateriali e capitali: sia attraverso la costituzione di borse locali che la creazione di fondi, con soggetti pubblici a fare da garanti e promotori e i cittadini responsabilizzati nel risparmiare, avvantaggiandosi di agevolazioni fiscali e – indirettamente – finanziare le imprese del proprio territorio, sentirsi partecipi dello sviluppo locale e della qualità socio-ambientale in cui vivono.
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PENTAPOLIS
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economiaefinanza
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altrevoci LA GLOBALIZZAZIONE RIFORMATA PUO’ FUNZIONARE NEL SUD DEL MONDO
IL SANGUE DELLA TERRA SCORRE IN AMAZZONIA
L’AFRICA BIANCA DI CURZIO MALAPARTE
UN MODELLO SULLA SOCIETÀ DEI BENI
GINGER MAN LA VIRTÙ CHE PERVADE IL VIZIO
SIAMO QUELLI CHE LA MORTE NON HA VOLUTO
Nel 2001 Joseph E. Stiglitz vinse il premio Nobel per l’economia per le sue ricerche teoriche sull’economia dell’informazione. Quando il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton gli chiese di rimanere alla Casa Bianca come membro del suo gabinetto, Stiglitz rifiutò perché riteneva che per risolvere i problemi della povertà dei Paesi del Sud del Mondo era strategico entrare alla Banca Mondiale. L’economista viene colpito dalle opportunità che la globalizzazione offre alla soluzione del problema, soprattutto se associato ad una serie di valori e principi che invece vengono ignorati. Stiglitz è, dunque, convinto che non è la globalizzazione ad essere negativa ma la sua gestione. Attraverso una serie di riforme sarebbe possibile realizzare un processo di crescita e sviluppo positivo soprattutto nel Sud del Mondo. «L’adozione di processi aperti e democratici - scrive l’economista - puo’ contribuire a limitare i poteri di alcuni gruppi che favoriscono interessi particolari... una cittadinanza impegnata e informata puo’ capire come far funzionare la globalizzazione, o almeno come farla funzionare meglio e pretendere che i leader politici agiscano di conseguenza». Che cosa ha decretato fino ad oggi il fallimento della globalizzazione? Secondo Stiglitz è il modello di governance adottata, perché le iniquità cominciano sempre dall’inizio, nel modo in cui vengono stabiliti gli argomenti da mettere all’ordine del giorno. Riformare la globalizzazione è, dunque, una questione di scelte politiche.
Della devastazione, in corso, dell’Amazzonia l’opinione pubblica è informata. Almeno per sentito dire il messaggio è passato. Ma quello che manca sono le prove sulla violazione dei diritti umani sulle popolazioni indigene e i dati concreti sull’aggressione su uno degli ecosistemi più importanti del nostro pianeta. “Il sangue della Terra” con un lavoro prestigioso colma questa lacuna per quello che riguarda la regione dell’Amazzonia ecuadoriana. Diviso in sedici capitoli, il libro analizza così pagina dopo pagina i “blocchi petroliferi” dati in concessione a Repsol, Eni, Encana, Agip oil e alle altre multinazionali presenti sul territorio ecuadoriano. Il quadro che ne esce è un’Amazzonia divisa e svenduta in tanti rettangoli neri, dove è disperato il tentativo da parte delle popolazioni indigene di salvare la pachamama. Nella geografia della distruzione emergono così le forme di resistenza dei Cofán, gli Shuar e i Kichwa. L’atlante è corredato anche da mappe geografiche in cui risultano in evidenza i pozzi di petrolio, i conflitti e le resitenza dei popoli indigeni.
«Denigrare è, spesso, molto facile: poiché spesso significa non capire. Il guaio è che i popoli d’Etiopia ci capiscono perfettamenre, conoscono perfettamente la nostra psicologia di frengi, di bianchi. La loro sensibilità è acutissima e delicatissima ed è come quella dei bambini, i quali sono specialmente sensibili all’incomprensione, e all’ingiustizia che spesso ne deriva». Queste parole, scritte nel 1939, sono di Curzio Malaparte e fanno parte di un articolo dal titolo “l’Uomo Bianco”. Questo e altri articoli sono stati raccolti nel libro “Viaggio in Etiopia e altri scritti africani”, curato dallo storico Enzo Rosario Laforgia. Un libro importante perché getta nuova luce sia sull’opera di Malaparte, sia sull’esperienza coloniale italiana durante il fascismo, svelandone i meccanismi che ancora oggi stanno alla base del rapporto, culturale ed economico, tra nord e sud del mondo. Curioso l’aspetto delle comuni radici cristiane di popoli così diversi e lontani tra loro. Malaparte aveva anticipato di 60 anni il dibattito che avrebbe infiammato l’Europa.
Ciò che rende interessante “La società dei beni” è l’approccio che hanno i due autori. Per elaborare un modello rispetto ai beni, prodotti e scambiati, occorre superare i confini tra una disciplina scientifica e l’altra. La rigida separazione disciplinare della scienza non corrisponde alla realtà, che è sì complessa ma soprattutto è interconnessa. Posta la premessa, Domenico Parisi e Federico Cecconi, due ricercatori nel campo della robotica, nella prima parte del libro sviluppano e propongono un modello sulla produzione e lo scambio di beni e sulle transizioni (famiglia, stato, imprese private) che ne hanno caratterizzato la storia. Gli autori partono dalla definizione di bene: come ce lo si procura e qual è il suo valore per arrivare al fenomeno globalizzazione. Nella seconda parte danno spazio alla simulazione del modello. Far vedere alla gente cosa succede nel meccanismo della produzione, dello scambio e circolazione dei beni, secondo gli autori, ha un valore civile e pedagogico perché sviluppa cittadinanza attiva.
Ci sono uomini tutto vizi e niente virtù. Sebastian Dangerfield è uno di loro. Un maschio nato per essere odiato dalle donne e tenuto alla larga dai suoi pari grado. Perché? semplicemente perché tra il dire e il fare c’è di mezzo la natura di Dangerfield. A questo ventisettenne di Dublino, studente di giurisprudenza al Trinity College, sposato e padre, non pesa parlare di giustizia, decoro, famiglia e buone maniere, salvo poi correre dietro e frugare sotto tutte le gonne che incontra, fare della truffa il suo mestiere e dell’alcol il suo compagno preferito. La voglia di dimenticare che ossessiona la gente dopo la guerra trova in “Ginger man” il suo antieroe per eccellenza, il suo specchio deformante. Questo romanzo pubblicato a Parigi nel 1955da Olympia Press, vietato negli Usa e in Irlanda, uscito in Italia nel 1959 in una versione incompleta, oggi è considerato un capolavoro, un classico, con paragoni di tutto rispetto: Henry Miller e James Joyce, tradotto in decine di lingue e ristampato in centinaia di edizioni.
Il 9 ottobre del 1963 aveva solo 13 anni. Alle 22 e 45di quel giorno stava con la nonna, quando vide una fetta di montagna cadere nella diga del Vajont e cancellare duemila persone, un intero paese, una civiltà durata millenni. Su quella valle stravolta dall’apocalisse e dal dolore grava ancora il peso delle responsabilità occultate e le ombre dei morti sono lì a ricordarlo. Mauro Corona sa che il tempo è canaglia perché scolorisce, fa dimenticare o, ancor peggio, fa confondere le cose, i fatti e le persone. È arrabbiato perché qualcuno ha deciso di svendere quella strage. Allora decide di far parlare i morti con i vivi, le ombre con la carne per mettere un po’ d’ordine nella memoria e nei conti della giustizia. All’osteria del Gallo Cedrone, tra un bicchiere di vino e l’altro, sei personaggi parlano e ricordano. Quelli che la morte non aveva voluto il 9 ottobre del 1963 hanno iniziato a guardare i fatti con animo diverso. Si poteva evitare? Di chi sono le responsabilità? Chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso? «Il caso Vajont, da poco riemerso, ha riaperto gli occhi a tutti. Anche a noi superstiti»
DENTRO LE VISCERE DI NAPOLI C’È LA VITA
DARIO TUORTO A SUD IL SANGUE DELLA TERRA?
A CURA DI ENZO R. LAFORGIA VIAGGIO IN ETIOPIA E ALTRI SCRITTI AFRICANI
DOMENICO PARISI FEDERICO CECCONI LA SOCIETÀ DEI BENI
J.P. DONLEAVY GINGER MAN
MAURO CORONA VAJONT: QUELLI DEL DOPO
ANTONELLA CILENTO SUL MARE LUCCICA
Edizioni Derive e Approdi, 2006
Vallecchi, 2006
Bollati Boringhieri, 2006
Mondadori, 2006
Editori Laterza, 2006
A JOSEPH E. STIGLITZ LA GLOBALIZZAZIONE CHE FUNZIONA
Einaudi, 2006
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Neri Pozza, 2006
narrativa
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CITTÀ IN NERO, NOVE AUTORI PER UN DELITTO Rappresentano il meglio del noir italiano. E guai a chiamarlo genere! Nove autori per nove città. Perché senza una città un autore non puo’ essere noir. «A Napoli ci sono finali da grande schermo Con la sua devianza fisiologica, o terminali di porto e di scarico, “a finale” le sue ombre, i suoi quartieri pieni e in altre città, un po’ più fredde, di loschi figuri, i suoi delitti, la sua un po’ più a nord, si chiudono interi baracconi polizia, Ia città è il palcoscenico quando qualcosa finisce, “la fiera”». necessario dove far muovere Dare una definizione finale di Napoli i vari personaggi. L’autore entra è un’impresa impossibile, anche per chi la conosce nel cuore del delitto, calandosi bene, come Antonella Cilento. Di una città nella mente degli assassini. raggiungibile dal cielo, da terra, dal mare Scoperchia la pentola dei vizi, e anche dalle viscere del sottosuolo, si puo’ illumina a giorno i lati bui della rimanere prigionieri. È questa l’unica certezza. parte cosiddetta “sana” della Napoli ha due spalle, il Vomero e Posillipo, società. I protagonisti non sono un retro a cui non guarda mai, Fuorigrotta, mai persone speciali, supereroi e un fronte marino, dominato in lontananza o superman. Perlopiù si tratta dal Vesuvio, con le sue interiora corpose, di cui di persone normali che vivono si dice che si debba aver paura, come del resto storie speciali. Il volto della noi temiamo di vedere i nostri intestini esposti. normalità è quello che si incrocia La metafora del corpo umano per descrivere sul pianerottolo di casa. Uomini la città è efficace. Francesco Guccini lo aveva e donne che ci sfiorano e nei quali fatto con la sua Bologna. La Cilento lo fa ci possiamo specchiare. Come con la sua Napoli. Così dopo aver tratteggiato succede leggendo i nove racconti la sinuosità o mostruosità del profilo (dipende di questo libro, ciascuno dedicato dai punti di vista), l’autrice descrive a una zona nera di una città. le “escrescenze architettoniche” napoletane, Milano (Gianni Biondillo) così esteticamente inutili o senza un fine Roma (Teresa Ciabatti), Firenze apparente, ma necessarie per contenere (Enzo Fileno Carabba, Marco l’affollamento, la tormentata presenza di milioni Vichi), Bologna (Gianluca di esistenze. Città stretta d’assedio dall’acqua Morozzi), Padova (Massimo come dal fuoco, Napoli ha una testa d’aria Carlotto), Prato (Emiliano Gucci), invisibile e pur non pensando produce filosofi Nuoro (Marcello Fois ) e Palermo ariosi, scrittori terragni, pittori liquidi (Christine von Borries) . e matematici disperati.
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AA. VV. CITTÀ IN NERO
Guanda, 2006
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fotografia
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VOLTI DIVERSI DAL MONDO Lo hanno definito un etnografo visivo. Patrick De Wilde nella sua lunga esperienza di fotografo ha realizzato fotoreportage sulla Birmania, Thailandia, India, Namibia, Argentina, Cile , Tasmania, Botswana e Galapagos. Nel libro “Ad altezza d’uomo” propone un viaggio nella diversità, un collage etnico fatto di sguardi sul mondo e dal mondo. Una testimonianza fotografica delle differenze e delle somiglianze negli esseri umani, proveniente dai più diversi e distanti angoli del pianeta. Sono i volti a definire i confini incerti della nostra umanità e della sua conoscenza: bambini, ragazzi in bilico sul mondo degli adulti, matriarche, uomini che lavorano e vecchi saggi. De Wilde invita ad interrogarsi su che cosa è l’uomo, ricordando che l’omologazione e l’appiattimento porta alla sclerotizzazione dell’umanità. È invece la diversità, l’esistenza di più culture a dare continuità e ricchezza al genere umano. “Ad altezza d’uomo” è uno strumento che fa riflettere e vedere con occhi diversi una realtà che, pur appartenedoci, viene percepita come estranea alla nostra esperienza. Riconoscere l’altro equivale a riconoscere se stesso.
SIRIA, TERRA DI CONVIVENZE CULTURALI
PATRICK DE WILDE AD ALTEZZA D’UOMO
GIANNI LIMONTA ADONIS ORO INCENSO E SIRIA
Ippocampo, 2006
Mondadori, 2005
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ANNO 6 N.45
Questa è una Siria che non ti aspetti, lontana dall’immaginario collettivo che riconduce quella parte di Medio Oriente alla conflittualità piuttosto che ai profili di bellezza. Il lavoro del fotografo Gianni Limonta e Adonis (pseudonimo di Ali-Ahmad-Said Esber) considerato il più importante poeta del mondo arabo, riporta le cose a posto. Fotografie che mostrano la natura, la religione, l’architettura, la gente e la cultura di questo Paese, accompagnate dalle parole di Adonis. «Damasco/Carovana di stelle su una stuoia verde/due mammelle di braci e arance». Il libro si apre con una foto dall’alto della capitale siriana. L’antica perla tempestata di smeraldi appare nella sua dimensione moderna. Una miriade di tetti piatti costellati di parabole televisive circondano un minareto, l’unico edificio risparmiato dalle grandi orecchie tecnologiche. Donne velate e donne a capo scoperto rappresentano le due anime di questo Paese. Madrasse e scuole laiche, suq brulicanti ed eleganti gioiellerie. In Siria c’è una convivenza complessa di religioni e culture: sciiti, drusi, cristiani, musulmani, sufi, beduini e armeni. Una ricchezza culturale che risale alla notte dei tempi, testimoniata dal decumano di Apamea, nella valle dell’Oronte, uno dei colonnati più imponenti dell’antichità. Colonne che come canne d’organo suonano al cielo: «o mondo che ti addobbi di sogno e nostalgia...».
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DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007
DALLA FISICITÀ ALLA VIRTUALITÀ FOTOGRAFICA
L’ENERGIA CREATIVA DI GROUND ZERO
DESIGNER GRAZIE ALLA RETE
Con l’avvento della fotografia digitale qualcosa è cambiato. Sono state abbandonate le procedure fisico-chimiche per abbracciare quelle dei bit. La mostra “Alterazioni” conduce in questo passaggio epocale. Il periodo storico va dai primi anni Settanta fino a oggi e la chiave di lettura adottata è quella delle materie della fotografia. Circa 100 opere fotografiche, video e installazioni dagli anni Settanta a oggi di 20 artisti italiani e stranieri che lavorano sulla materia della fotografia, esplorandola in profondità su entrambi i versanti. Nel percorso che ha portato dalla fisicità alla virtualità dell’immagine, molti artisti nell’arco degli ultimi trent’anni hanno fatto ricerche analitiche sui concetti della fotografia e sulle materie di cui essa è costituita: carta, pellicola, positivo e negativo, sviluppo, fissaggio, ritocco, file, pixel, codici numerici, programmi. L’immagine digitale è la nuova creatura di un’arte in divenire, aperta, camaleontica, in completa trasformazione. La mostra (fino al 4 febbraio 2007) è divisa in due parti: la prima con opere fotografiche analogiche, la seconda con foto digitali.
L’attentato alle torri gemelle di New York è l’immagine che ha aperto il nuovo millennio e forse destinata a rappresentarlo per sempre. Che cosa si puo’ aggiungere ancora, rispetto a quanto si è già visto? Il rischio di ripetere l’ennesima visione di un dolore sgomento e apocalittico è alto. Rischio che, però, non corre il fotografo americano Joel Meyerowitz. La sua elaborazione in “Aftermath”, infatti, va oltre il senso comune del fotografare un avvenimento tragico, per interrogarsi invece sul senso del fotografare. Questo lavoro in parte è testimonianza pura della storia, in parte è ricerca tecnica. L’America, si sa, è sempre capace di elaborare artisticamente i propri lutti e le proprie tragedie sociali. Basti pensare alla produzione cinematografica sulla guerra del Vietnam o allo sbarco in Normandia. Con l’attacco alle due Torri Gemelle sta accadendo la stessa cosa. Il libro di Meyerowitz, ben lontano dallo spirito dell’ennesima commemorazione, è la prova che si sta liberando energia artistica su questo argomento.
Il design per tutti grazie al computer e Internet. T-shirt, carte da lettera, copertine di dischi, biglietti di invito, packaging per cd unici e originali. Un sito curato dalla facoltà di graphic design del Maryland Institute di Baltimora, raccoglie decine di lavori grafici prodotti dagli studenti a disposizione dei navigatori. Una risposta al crescente desiderio della gente di dedicarsi al fai da te, ma anche una risposta a chi rifiuta le griffe, i marchi e i prodotti delle multinazionali. Il sito è diviso in sezioni: adesivi, inviti per cerimonie, copertine per album fotografici, dischi o dvd, cartoline, carta regalo. Nel sito sono contenuti anche esempi di webdesign per siti, blog, newsletter. Nella sezione download si possono scaricare disegni di ogni tipo da utilizzare per le magliette, sui biglietti di invito o per le copertine dei cd. Il sito contiene una serie di suggerimenti utili anche per riciclare materiali. L’ultima categoria è quella delle interviste: «Se imparate a pensare come un designer, potrete chiarire le vostre idee e trovare i materiali e i programmi che trasformano le vostre idee in realtà».
MUSEO FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA DI CINISELLO BALSAMO ALTERAZIONI |
JOEL MEYEROWITZ AFTHERMATH
Phaidon, 2006
TUTELARE I MINORI IN INTERNET È UN OBBLIGO Una modifica importante è stata apportata alla Carta di Treviso, documento che è parte integrante della deontologia giornalistica sulla tutela dei diritti dei minori nell’informazione. Il nuovo testo stabilisce che le norme devono essere applicate «anche al giornalismo on-line, multimediale e ad altre forme di comunicazione giornalistica che utilizzino innovativi strumenti tecnologici per i quali dovrà essere tenuta in considerazione la loro prolungata disponibilità nel tempo». L’Ordine dei giornalisti e la Fnsi possono «richiamare i responsabili delle reti radiotelevisive, i provider, gli operatori di ogni forma di multimedialità ad una particolare attenzione ai diritti del minore anche nelle trasmissioni di intrattenimento, pubblicitarie e nei contenuti dei siti Internet». Una decisione che arriva proprio nel momento in cui infiamma la polemica sulla pubblicazione dei video con al centro minori che hanno subito violenze. Il Garante della Privacy ha dato il suo consenso alla nuova versione. Un primo restyling della Carta di Treviso c’era stato già nel 1995 con la pubblicazione di un’integrazione, cioè il “Vademecum Treviso 1995”. Resta fermo il diritto di cronaca in ordine ai fatti e alle responsabilità, ma ricercando «un equilibrio con il diritto del minore ad una specifica e superiore tutela della sua integrità psico-fisica, affettiva e di vita di relazione».
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ELEZIONI DI APRILE, THRILLER E DEMOCRAZIA O
FELTRINELLI, 50 ANNI DI SUCCESSI EDITORIALI
“Uccidete la democrazia! Memorandum sulle elezioni di aprile” è un thriller democratico. In edicola, allegato al settimanale “Diario”, il dvd esce con la ristampa del libro “Il broglio”, scritto di fantapolitica, pubblicato subito dopo il voto di aprile e che per la prima volta inquadrò i retroscena delle ultime elezioni politiche. Il film si sviluppa intorno ad alcune domande, che ancora oggi non hanno avuto risposta. Perché le schede nulle e bianche nelle elezioni di aprile crollarono per la prima volta dopo sessant’anni? Perché i terminali della prefettura di Caserta si bloccarono per tre ore e ripresero a funzionare solo dopo che alcuni esponenti dei Ds occuparono l’ufficio del neonominato prefetto? Come è possibile che le schede bianche in tutta Italia, dalle grandi città ai più piccoli paesi, si fermassero improvvisamente tutte tra l’uno e il due per cento? Perché, a distanza di sette mesi, nessuna istituzione è in grado di comunicare il risultato definitivo delle elezioni, così come accade in qualsiasi Paese democratico?
La Feltrinelli compie cinquant’anni. Per celebrare l’avvenimento la casa editrice pubblica un dvd e un libro. Un album fotografico dove ritrovare le date, i luoghi, le facce e le grafiche di questa avventura editoriale. Una collezione di momenti che Gabriella D’lna ha ritrovato negli archivi, affindandola nelle mani di Salvatore Gregorietti, l’ideatore dell’attuale marchio. (la effe a freccia). Fondata da Giangiacomo Feltrinelli, la casa editrice dal 1955 ha pubblicato quasi settemila titoli. Una storia per immagini che è anche la storia di un progetto culturale pieno di successi alcuni dei quali clamorosi come Boris Pasternak o Giuseppe Tomasi di Lampedusa. E ancora: la pubblicazione di “Tropico del cancro” di Henry Miller, pubblicato e subito sequestrato con l’accusa di oscenità; la proposta di avanguardia del “Gruppo ‘63” che vide schierati grandi intellettuali come Sanguineti e Pagliarani. Così Inge Feltrinelli: «Siamo stati e continuiamo a essere sensori e generatori di cultura, dentro la modernità».
BEPPE CREMAGNANI ENRICO DEAGLIO UCCIDETE LA DEMOCRAZIA
Luben Production, 2006
WWW.ODG.IT/BARRA/ETICA/02.HTM
multimedia
A CURA DI GABRIELLA D’INA ALBUM FELTRINELLI. 19552005 Feltrinelli, 2006
WWW.DESIGNITYOURSELF.ORG |
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stilidivita LA CASA DI GRAMSCI DIVENTA UN ALBERGO
IN CINA RICOMPARE WIKIPEDIA CON DIVIETI
SUPER ADSL, LA TELECOM CONDANNATA DAL TAR
CRESCE L’INDUSTRIA DEL RICICLATO
VOLATILI A RISCHIO A CAUSA DEL CLIMA
In quella casa, al civico 15di piazza Carlo Emanuele a Torino, Antonio Gramsci ci aveva abitato per quasi dieci anni, dal 1913 al 1922. Nella casa di piazza Carlina, così la chiamano i torinesi, ci fu anche la redazione di “Ordine Nuovo”. L’edificio è stato battuto all’asta e acquistato dall’immobiliare Galileo per conto di Nh, un gruppo alberghiero spagnolo, che ha deciso di farci un hotel a cinque stelle. La società controlla anche la holding cui fa capo la Jolly Hotels. La Nh si è aggiudicata l’asta per 7 milioni di euro, battendo un’altra grande catena di alberghi, la svedese Radisson, che è stata esclusa per errore formale, perchè non avrebbe rispettato una disposizione del bando. Si è, infatti, presentata all’asta con un assegno circolare da 710 mila euro, mentre il bando prevedeva un assegno bancario. Un errore che ha spianato la strada agli spagnoli, mentre la Radisson avrebbe già presentato ricorso al Tar. Il Comune di Torino avrebbe dovuto ristrutturare l’edificio per un costo di circa 20 milioni di euro. Con il ricavato della vendita, invece, verranno comprati 350 alloggi del Villaggio giornalisti delle ultime Olimpiadi invernali.
Continuano a rimanere i soliti divieti di ricerca, come i fatti di Tienanmen o le rivolte degli studenti democratici, ma l’home page della versione cinese di Wikipedia (zh.wikipedia.org) la popolare enciclopedia on line è tornata visibile dopo circa un anno. Wikipedia è quindi attiva ed è possibile condurre ricerche riguardanti termini che non abbiano risvolti politici, ma resta ancora vietata la ricerca di temi tabù per la leadership comunista al potere, come per esempio il “4 giugno”. Quel giorno, nel 1989, l’esercito cinese si è scontrato nella piazza Tienanmen a Pechino con gli studenti che chiedevano riforme politiche. Negli scontri persero la vita migliaia di ragazzi. La Cina è uno dei paesi dove la censura è stata ed è ancora molto praticata. Le pressioni di Amnesty International, Reporters Senza Frontiere e, recentemente, anche di Microsoft, che ha minacciato di andarsene nonostante gli investimenti già fatti, ha dunque sortito gli effetti voluti. La multinazionale americana, insieme a Yahoo, Google e Cisco, ha accettato la censura dei cinesi pur di avere uno sbocco sul mercato on line che ha i numeri da record. I cinesi collegati alla rete sono 123 milioni, numeri che rendono questo mercato on line il secondo più grande del mondo. I gruppi di attivisti hanno accusato le società Internet occidentali di aver messo da parte alcuni loro principi per fare affari in Cina, scendendo a compromessi con il governo, consentendo la censura di titoli di blog e ricerche su Internet. Non è ancora chiaro il motivo per il quale Wikipedia, bloccato dall’ottobre del 2005, sia nuovamente accessibile, ammesso che lo rimanga ancora. La Cina impedisce regolarmente l’accesso ai siti Internet ritenuti sovversivi e filtra le pagine Internet censurando le chiavi di ricerca.
Il Tar boccia l’offerta della super adsl (internet superveloce) di Telecom che invece erano state approvate dall’Authority per le telecomunicazioni. Eppure l’offerta è ancora sul mercato, tanto che l’Associazione italiana degli internet provider ha diffidato Telecom Italia dal commercializzarla. Secondo il Tar, l’Authority non doveva approvarla perché quella di Telecom era un’offerta non pienamente replicabile. E per il giudice non conta il fatto che alcuni concorrenti avessero già lanciato l’adsl2, facendo così perdere quote a Telecom. Inoltre, quest’ultima ha una speciale responsabilità ai fini antitrust poiché è un operatore dominante. In pratica la Telecom, con riferimento al mercato adsl, proprio per la sua posizione di vantaggio non puo’ introdurre sul mercato nuovi servizi senza consentire agli altri operatori di poter competere in modo concorrenziale nello stesso settore di mercato. L’offerta di Telecom per una super adsl, fino ad oggi, non ha avuto molta fortuna. Era stata infatti annunciata per lo scorso aprile e rinviata poi a maggio, dal suo inserimento nel carnet e, dopo molti scossoni, è arrivata anche la sentenza del Tar del Lazio.
L’industria del recupero e del riciclo dei materiali di imballaggio ha avuto negli ultimi anni una forte crescita: il fatturato negli ultimi 4 anni è aumentato dell’80%, mentre sono circa 400 le unità produttive nate nello stesso perido. Dai rifiuti di imballaggio prodotti dalle città, passando attraverso la raccolta differenziata e i processi di selezione, trattamento e riciclo dei materiali, si ottiene materia prima e seconda a minor costo per il mercato manifatturiero (industria tessile, mobilifici, cartotecniche, industria del packaging). Si calcola che dal 1999 al 2004, a fronte di una crescita del 9% di imballaggi immessi al consumo, vi sia stato un incremento dell’utilizzo di materia prima-seconda nella sola industria del packaging pari al 53%. I vantaggi ambientali sono notevoli a partire dalla riduzione delle emissioni di gas serra, la riduzione dello smaltimento in discarica, il risparmio di materia ed energia, perché attraverso i trattamenti di riciclo si salta completamente il processo di estrazione di materia vergine ed il ciclo di lavorazione delle materie prime, altro processo che consuma molta energia, oltre che economicamente dispendioso.
Il cambiamento climatico porterebbe all’estinzione di numerose specie di volatili. L’allarme è stato lanciato dal nuovo rapporto del Wwf presentato al summit Onu sul clima in corso a Nairobi, in Kenya. Il rapporto evidenzia come l’effetto serra stia modificando il clima e gli habitat, rendendo la vita molto difficile a varie specie di uccelli. Gli stravolgimenti impediscono ai volatili di mettere in atto immediate strategie evolutive e di sopravvivenza. Se l’aumento della temperatura globale supererà di 2 gradi centigradi i valori preindustriali, si legge nel documento, il tasso di estinzione in Europa potrebbe essere del 38%, mentre nell’Australia nord-orientale potrebbe toccare la quota del 72%. In Africa sono a rischio l’upupa e l’aquila rapace, mentre nel nord Europa l’Uria comune non trova più i pesci necessari al proprio nutrimento. Secondo gli esperti del Wwf gli uccelli sono una sorta di termometro dello stato di salute del pianeta. Il fenomeno diventa preoccupante se si pensa che gli uccelli hanno sempre avuto una grande capacità di adattarsi ai diversi ambienti e alla naturale variabilità presente nei sistemi naturali.
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SUNSET HOTEL IL PRIMO ECOCOMPATIBILE IN LOMBARDIA Si chiama Sunset hotel, si trova a Gavirate in provincia di Varese, ed è il primo hotel ecocompatibile nato in Lombardia. Ogni aspetto è stato progettato e pensato per avere il minor impatto ambientale: dalle vasche di contenimento delle acque piovane, al vapore che fuoriesce dal riscaldamento, sino ai dispenser posizionati in tutte le camere per ridurre il consumo di sapone e, quindi, di tensioattivi. Inoltre, affacciandosi sul lago di Varese, gode di un panorama unico. Quattromilatrecento metri quadrati di struttura, oltre a diecimila di parco, curati nel dettaglio, fino alle riproduzioni appese alle pareti che, con l’obbiettivo di riprodurre le bellezze locali, raccontano i tanti volti della realtà varesina: dalle bellezze architettoniche e paesaggistiche, ai campioni dello sport, dai prodotti tipici ai gioielli dell’industria. Il tutto rielaborato con accostamenti e colori originali. La costruzione è iniziata quattro anni fa. L’hotel ha cinquantadue camere per un totale di centodieci posti letto. È un albergo a quattro stelle, anche se i costi sono allineati all’offerta della zona. Oltre al servizio alberghiero, l’hotel dispone di una sala congressuale di 200 posti e un ristorante capace di contenere 400 coperti circa. Per il momento il Sunset si è prefissato l’obiettivo di aprire come bed and breakfast e di dare in appalto la cucina in occasione di eventi speciali. Gradualmente, l’offerta sarà completata e comprenderà anche una zona relax e termale all’esterno. Infine è facile da raggiungere: a soli dieci minuti dall’Autolaghi, a dieci dalla Gravellona-Alessandria, a mezz’ora da Malpensa. |
UN ROBOT CHE CONOSCE SE STESSO
PISTOLE ELETTRICHE CONTRO GLI STUDENTI
Si curano da soli, saltano gli ostacoli e se hanno problemi ad un arto fanno movimenti alternativi, proprio come gli animali. Si tratta della nuova generazione di robot, frutto della ricerca di un gruppo di ricercatori della Cornell University, negli Stati Uniti. Si tratta di una tecnologia che ricava in modo autonomo delle informazioni sulla propria forma. Questo processo di apprendimento non è statico, ma si modifica ogni qualvolta la struttura fisica cambia. Ad esempio, se il robot perde uno degli arti, esso stesso provvede a modificare il modo in cui cammina per adeguarsi alla nuova forma fisica. Il robot a quattro zampe, infatti, ha sensori angolari in ogni giuntura degli arti, che ne registrano l’angolo di inclinazione del corpo e lo inviano al cervello. Nel caso ne perda uno è in grado di reagire attraverso un cambiamento dell’andatura. La novità sta nel metodo in cui questo avviene. Una volta che il robot ha tracciato un modello virtuale di sé, grazie alle informazioni che giungono dai sensori, un primo algoritmo genetico stabilisce il modo in cui è stato assemblato. In caso di danneggiamento, un altro algoritmo crea diversi modelli virtuali di comportamento.
È bastato un filmato che circola sul sito “You Tube” e subito è partito il tam tam della rete. In una nota università della California, il personale di sicurezza avrebbe utilizzato le pistole a stordimento “Taser”, che danno una scossa elettrica, per immobilizzare e terrorizzare le persone. Lo studente aveva protestato e per questo veniva preso per un braccio e scortato al di fuori dell’edificio. La colpa? Non aveva con sé l’Id che serve ad identificare tutti gli studenti che hanno accesso al campus e che sono obbligati a portarsi dietro. Perciò era stato invitato ad uscire, cosa che non ha fatto con la necessaria rapidità. Gli eventi sono stati ripresi con un telefonino da un altro studente. Il ragazzo avrebbe subito due scariche elettriche, a breve distanza l’una dall’altra, mentre i due poliziotti responsabili dell’evento avrebbero minacciato anche altri studenti che protestavano, suggerendo di non avvicinarsi troppo se non volevano prendersi una scossa anche loro. Non è l’unico episodio filmato e distribuito su internet che mette sotto accusa i poliziotti di Los Angeles e i loro metodi così poco ortodossi.
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FONTE: INTERNATIONAL JOURNAL OF CLIMATOLOGY
VARIAZIONI DELLE TEMPERATURE E PRECIPITAZIONI IN ITALIA Precipitazioni Temperature min-max Temperature medie
120 100 80 60 40 20 0
numeri 1750
1800
1850
1900
1950
2000
123
Il clima italiano cambia e avanza la siccità
l’Istituto di Fisica Generale Applicata di Milano, che rappresenta un trovano conferme scientifiche sempre importante passo in avanti nell’analisi dei fenomeni metereologici più puntuali anche nel nostro paese. Una ricerca pubblicata del nostro paese. L’analisi si avvale, infatti, di maggiori dati puntuasull’International Journal of Climatology evidenzia un increli (67 stazioni contro le precedenti 27 per il rilevamento delle temmento accertato delle temperature di un grado nell’ultimo secolo e perature, e 111 contro 32 per le precipitazioni) sulla base di una diuna forte riduzione delle precipitazioni. Il trend è omogeneo sia ristribuzione territoriale molto più spetto ai periodi stagionali sia nell’aTEMPERATURE E PRECIPITAZIONI IN ITALIA ampia della serie di dati precedenti: nalisi territoriale, mentre è evidenziaK/100y Estate Anno per esempio la Pianura Padana rapto un incremento maggiore delle Primavera Autunno presentava da sola tutto il nord Italia, temperature minime rispetto alle Inverno il centro poteva contare solo su 15 massime. L’unica eccezione in pro1,5 stazioni e mancavano ampie aree delposito è quella della Pianura Padana le regioni meridionali dove erano asdove le temperature medie risultano senti le serie di dati relativi sia alle in crescita in modo omogeneo. 1 temperature che alle precipitazioni. Le precipitazioni nello stesso temIn molti casi le serie, prima di questa po risultano in flessione mediamente 0,5 analisi, si fermavano al 1996 mentre del 5% su tutto il territorio italiano i ricercatori di Bologna e Milano hancon punte di decrescita del 9% duno potuto fare affidamento su dati rante i mesi estivi. Sono i principali 0 che arrivano sino al 2003. Particolarrisultati della nuova ricerca condotta mente impressionante il trend della da Michele Brunetti e Teresa Nanni, crescita della temperatura a partire dell’Istrituto Isac-Cnr di Bologna, - 0,5 dalla seconda metà del ‘900. Maurizio Maugeri e Fabio Monti, delCAMBIAMENTI CLIMATICI
I
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RADIO POPOLARE
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| numeridell’economia |
Le economie asiatiche sempre leader nella crescita
I
tiche. Secondo le previsioni dell’Economist il 2006 dovrebbe chiudersi con una crescita del Pil cinese del 10,5% seguito da quello indiano con un +8,3%. Al terzo e quarto posto figurano l’Argentina (+7,9%) e Venezuela (+7,8%) che batto-
no di un soffio Singapore, dove la crescita del Pil si attesterà, secondo queste previsioni, ad un +7,7%. La palma in Europa è saldamente nelle mani della Russia che dovrebbe chiudere il 2006 con un incremento del 6,7%, davanti a Repubblica Ceca (+6%), Polonia
ZERO IN CONDOTTA [ Le procedure d'infrazione per non corretta applicazione delle direttive ambientati al 31 dicembre 2005] Aria Impatto ambientale Patrimonio naturale Rifiuti Acqua Altro
(+5,3%) e Ungheria (+3,7%). Buon recupero della Turchia che dovrebbe chiudere l’anno con un incremento del prodotto interno lordo del 5,3% e un inflazione intorno al venti per cento su base annua, una delle più pesanti in assoluto tra i paesi oggetto del pool di previsioni.
Finlandia 4 0 0 1 0 1 1
Svezia 3
9 6 6
2
.
1
0
2
Olanda 5 3
Inghilterra 17
Irlanda 30
II I II II II II II II II
Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Agosto Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre
IL SUOLO DEL PIANETA Ripartizione % della superficie terrestre per tipologia di suolo
7,5%
12,1%
13,6% Arido Semi-arido Secco-umido Umido Freddo perenne Totalmente arido
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17,7% 39,2%
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9,9%
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+14,7 +11,4 +6,2 +3,6 -7,0 +7,6 +16,3 +2,1 +5,0 +6,6 +1,3 -2,6 +12,5 +5,0 +9,9 +12,7 +4,0 +8,1 +1,9 +4,0 +5,8 +11,8 +11,7 +4,1
Ott. Sett. Ago. Sett. Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Ago. Sett. Ago. Ago. 2005 Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett.
+1,4 +2,1 +6,3 +3,3 +5,4 +0,4 +2,1 -1,2 +2,8 +10,4 +3,3 +2,1 +4,2 +4,3 +1,9 +8,7 +9,6 +1,3 +5,3 +10,0 +2,7 +6,3 +1,2 +9,2
Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott.
BILANCIA COMMERCIALE
2
+155,2 Ottobre -42,0 Settem. +37,0 Settem. +28,6 Settem. -4,1 Agosto +33,7 Settem. +14,9 Ottobre +21,7 Ottobre -1,2 Settem. +11,5 Settem. +46,3 Settem. +21,2 Ottobre +0,7 Luglio -5,3 Settem. +8,0 Settem. +37,2 II Trimestre -11,2 I Trimestre -7,6 Ottobre -7,6 Settem. -51,4 Settem. +1,8 Settem. - 3,1 Settem. -3,6 Agosto +142,7 Settem.
3,00 6,63 10,18 3,75 6,13 3,44 4,61 1,84 5,25 10,44 13,67 5,16 6,70 7,04 4,45 10,24 9,49 5,26 8,85 19,39 2,64 8,25 5,60 11,500
QUEL MILIARDO DI ETTARI PERSI Deterioramento dei suoli, in grado di produrre aridità, negli anni Novanta per tipologia di cause. In milioni di ettari EROSIONE IDRICA
EROSIONE EOLICA
DETERIORAMENTO CHIMICO
DETERIORAMENTO FISICO
TOTALE GENERALE
Nord America
38,4
37,8
2,2
1,0
79,4
Sud America
34,7
26,9
17,0
0,4
79,0
EUROPA
48,1
38,6
4,1
8,6
99,4
Africa
119,1
159,9
26,5
13,9
319,4
Asia
157,5
153,2
50,2
9,6
370,5
Oceania
69,6
16,0
0,6
1,2
87,4
TOTALE
467,4
432,4
100,6
34,7
1.035,1
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Lettonia 1 0 0 0 1 0 0 0 0 1
9 8 7
8
1 1 1
0
1 0 2 2
0
Belgio 12
13 7
7
Rep. Ceca 1
1 0 0
0
Portogallo 25
94
Ungheria 2
0 0 0 0 0 0
0 0 0 1 0 0
Slovenia 0
Slovacchia 1
TOTALE 279
7 7 2 0 0 1 0 0
0
0
Spagna 45
58
1 0 0 1 0 0
3 1 0
35
0 0 0 1 0 0
Austria 6
18
33 55
Polonia 2
4
6 5 6
4
Lituania 1
1 0 0 1 0 0
Germania 13
0 0 0 1 0
Francia 21
11
TASSI INTERESSE
Italia 52
Malta 3
7 6 6
4
0
0
2
0 0 1 0 0
Grecia 23
Cipro 3
LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI PAESE
Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro FONTE: UNEP
III II II II II III II II II II II II II II
FONTE: UNEP
Cina +10,4 India +8,9 Indonesia +5,2 Malesia +5,9 Filippine +5,5 Singapore +7,1 Corea del Sud +5,3 Taiwan +4,6 Tailandia +4,9 Argentina +7,9 Brasile +1,2 Cile +4,5 Colombia +6,0 Messico +4,7 Perù +9,2 Venezuela +9,2 Egitto +5,9 Israele +6,2 Sud Africa +3,6 Turchia +7,5 Repubblica Ceca +6,2 Ungheria +3,8 Polonia +5,5 Russia +7,4
PREZZI AL CONSUMO
1
3
Lussemburgo 4
LE NAZIONI EMERGENTI PRODUZIONE INDUSTRIALE
0 0 0 1 0 0 8
2 0 0 1 1 1
0
16 PIL
Estonia 2
Danimarca 3
5 4 5
7
PAESE
1 0 0 1 0 0
0 1 1 1 0 0 7
2 1 1 0
0 0
PIL MIN/MAX 2006
MIN/MAX 2007
2,3/3,7 1,8/2,4 1,7/2,5 1,7/2,6 2,7/3,4 2,5/3,3 1,5/2,2 1,5/2,2 1,0/1,5 1,9/3,5 1,6/3,1 2,8/3,5 3,0/4,1 1,7/2,8 2,8/3,9 1,8/2,4
2,7/3,9 1,2/2,2 1,6/2,2 1,9/2,8 2,6/3,1 2,0/3,1 1,6/2,4 0,2/2,1 0,6/1,7 1,4/3,8 1,4/2,4 2,4/3,1 2,5/3,1 0,9/2,5 2,4/3,5 1,3/2,4
INFLAZIONE MEDIA 2006
MEDIA 2007
3,2 2,3 2,4 2,4 3,2 2,7 2,0 1,7 1,3 3,0 2,2 3,3 3,6 2,8 3,4 2,2
3,3 2,0 2,0 2,5 2,9 2,3 2,0 1,3 1,1 2,4 2,1 2,8 2,9 2,0 2,7 1,8
2006
2,9 2,0 2,2 1,9 2,1 1,9 1,7 1,6 2,1 0,3 1,5 3,3 1,4 1,1 2,9 2,1
EOLICO CONVENIENTE Costi di produzione in Usa per kwh per fonte energetica a! netto del "tax credit" di 2 cent circa per kwh
18 cent
11 cent
5 cent Carbone
6 cent Gas naturale
7 cent
EoIico
Idrogeno
2007
BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2006 2007
2,7 1,8 1,9 1,9 2,2 1,9 1,6 2,3 1,9 0,6 1,5 2,8 1,9 1,2 2,3 2,1
-5,4 +0,2 +2,2 -2,3 2,0 2,9 -1,3 3,9 -1,5 3,7 5,2 -6,9 6,7 13,1 -6,8 -0,1
-4,0 +0,2 2,3 -2,3 1,4 2,7 -1,1 3,9 -1,4 3,5 5,1 -7,0 6,3 12,4 -6,8 --------
FONTE: UCS, FUELCEID ENERGY, US DEPARTMENT OF ENERGY
L DEFICIT RECORD per le economie asia-
FONTE: MACROECONOMIA
| numeridell’economia |
Solare
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ANNO 6 N.45
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DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007
| valori | 79 |
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indiceetico
| numeridivalori |
VALORI NEW ENERGY INDEX NOME TITOLO
ATTIVITÀ
BORSA
Abengoa Ballard Power Biopetrol Canadian Hydro Conergy EOP Biodiesel Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Pacific Ethanol Phönix SonnenStrom Q-Cells RePower Solarworld Solon Südzucker Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems
Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Biocarburanti Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Biocarburanti Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Zucchero/biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche
Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Zug, Svizzera Calgary, Canada Amburgo, Germania Pritzwalk, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Fresno, CA-USA Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Mannheim, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca
CORSO DELL’AZIONE 31.10.2006
RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 31.10.06
23,92 € 7,88 CAN $ 9,50 € 5,73 CAN $ 34,26 € 11,35 € 6,62 $ 17,99 € 468,00 DKK 61,00 £ 16,75 $ 13,97 € 31,00 € 65,11 € 42,14 € 27,26 € 19,34 € 6,55 € 26,00 $ 164,50 DKK
5,42% 21,45% 14,46% 5,84% - 10,06% 7,48% - 13,72% 4,11% 4,37% - 11,66% 18,33% - 4,97% - 4,02% 17,10% - 2,75% - 7,81% - 0,72% - 12,90% - 0,16% 4,83%
+1,73% € = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi
Partenza positiva per Valori New Energy di Mauro Meggiolaro ARTE IN POSITIVO IL PORTAFOGLIO ENERGETICO DI VALORI. Buoni i rendimen3,91% ti per le società collegate alla produzione di bio-etanolo e di energia eoAmex Oil Index [in Euro] lica. Deludente il debutto delle imprese del solare, che stanno ancora 1,73% pagando la sbornia del 2005. Andamento incerto per le tecnologie dell’idrogeno, che Valori New Energy Index [in Euro] però riescono a mettere sul gradino più alto del podio Ballard Power (+21,45% in un Rendimenti dal 30.09.2006 al 31.10.2006 mese). Il risultato complessivo del nostro indice di energia pulita dopo il primo mese di gioco è +1,73%, due punti in meno dell’Amex Oil Index, Ballard Power www.ballard.com che raggruppa le maggiori compagnie petrolifere Sede Burnaby, Canada Borsa TSX, Toronto Rendimento 30.09.05 – 31.10.06 +21,45% del mondo. Il petrolio batte le energie rinnovaAttività Ballard Power Systems Inc. è una società canadese, fondata nel 1979, la cui attività principale consiste nella progettazione, lo sviluppo, bili. Ma siamo solo alla prima puntata: tutto può la produzione e la commercializzazione di una vasta gamma di celle ancora succedere. Intanto vi presentiamo Ballard a combustibile (idrogeno). È conosciuta sopratutto per la produzione di propulsori per veicoli ad idrogeno grazie alle alleanze strategiche Power, uno dei leader mondiali nella produzione siglate Daimler-Chrysler, Ford e Honda. di celle a idrogeno per automobili. È un’impresa Ricavi [Milioni di $] Perdita [Milioni di $] Numero dipendenti 2004 innovativa che ha seguito la sorte di molte so2005 cietà tecnologiche. Sviluppo impressionante e 132,6 650 performance da sogno fino al 2000 e poi bilanci 100,8 610 81,37 in perdita, titoli in picchiata, licenziamenti. Il boom dell’idrogeno e più lontano di quanto si 53,73 pensasse. Ma Ballard si sta riorganizzando bene. Un motivo valido per credere nel suo rilancio.
UN’IMPRESA AL MESE
P
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in collaborazione con www.eticasgr.it | 80 | valori |
ANNO 6 N.45
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DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007
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ECORADIO
George A. Akerlof
mokadesign.it
| padridell’economia |
Dieci numeri annui di Valori
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Insider trading ciò che pochi sanno
Undici numeri annui di Nigrizia a
di Francesca Paola Rampinelli
ASTA VERAMENTE POCO PER MANIPOLARE IL LIBERO MERCATO. La teoria delle asimmetrie informative, diventata oggi un dogma in finanza ma anche nel mondo sanitario, dimostra che se alcuni soggetti dispongono di informazioni riservate, il funzionamento efficiente del mercato viene completamente minato. Questo assunto che oggi, dopo gli scandali finanziari degli anni ‘90, ci può quasi sembrare scontato è stato elaborato dagli americani George A. Akerlof, Michael A. Spence e Josefh E. Stiglitz che, proprio con le dimostrazioni in materia di economia dell’informazione, nel 2001, hanno vinto il premio Nobel. Termini come selezione avversa, azzardo morale e insider trading devono appunto la loro messa a punto al trio di studiosi che hanno cercato di avvicinare l’economia ad altre scienze sociali, per farle guadagnare peso nella realtà quotidiana. Nel bel mezzo dell’onda neoliberista degli anni ‘80, infatti, Akerlof e Stiglitz rispondono alle critiche anti-keynesiane partendo dal presupposto che gli individui non dispongono tutti delle medesime informazioni, dimostrando che le rigidità dei salari, degli interessi e in generale dei prezzi possono scaturire da comportamenti razionali. Akerlof, in particolare, partendo da un’analisi del mercato delle auto usate, riesce a dimostrare che se alcuni operatori hanno l’accesso ad informazioni sconosciute ad altri individui, il funzionamento efficiente del mercato può essere facilmente compromesso, cioè in sintesi: il mercato non è perfetto, perchè non tutti i soggetti economici agiscono avendo la piena e paritaria La teoria dell'informazione conoscenza delle informazioni. asimmetrica, che è valsa un Nobel, Il professore statunitense è nato nel 1940 a New dimostra, che, se alcuni operatori Haven, nel Connecticut, si è laureato alla Yale University dispongono di informazioni e ha ottenuto il titolo di Ph.D al MIT nel 1966. riservate, il funzionamento Ha cominciato subito ad insegnare alla Berkeley University efficiente del mercato può essere nel 1966 e contemporaneamente all’Indian Statistical facilmente compromesso Institute, per poi passare ad Harvard e successivamente alla London School of Economics. Dal 1980 è tornato ad insegnare a Berkeley ed è vice presidente dell’American Economics Association, oltre ad aver diretto alcune fra le più prestigiose riviste economiche americane come l’American Economic Review, il Quarterly Journal of Economics e il Journal of Economic Behavior and Organization. Il più famoso caso di informazione asimmetrica è quello dell’insider trading: quando gli amministratori di un’azienda o altre persone privilegiate usano informazioni riservate per intervenire sui mercati, negano un principio di eguaglianza nell’informazione che è alla base del processo “a tastoni” con cui si forma il prezzo di mercato. A parte il fatto che l’“arricchimento indebito” dell’insider rappresenta un caso di palese ingiustizia, la teoria economica può aver qualcosa da dire sul modo di organizzare i mercati così da limitare l’asimmetria nell’informazione, fra i “soliti noti” e il “parco buoi”. È ancora una volta lampante l’esempio delle auto usate: il venditore sa cosa c’è sotto il cofano mentre il compratore non lo sa. Esiste allora un problema di organizzazione dei mercati che richiedono l’introduzione di regole e incentivi (per esempio, la garanzia obbligatoria di tre mesi) per limitare le conseguenze dell’asimmetria, e difendere il compratore. In alcuni casi la situazione si rovescia ed è il venditore che deve essere difeso. Si ha “selezione avversa”, o “antiselezione”, nel caso classico dell’assicurazione, quando l’assicurato cerca di nascondere al venditore della polizza quelle informazioni che potrebbero far aumentare il premio o addirittura rifiutare la polizza.
B
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ANNO 6 N.45
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DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007
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44 euro
Dieci numeri annui di Valori
+
Dieci numeri annui di Italia Caritas a
40 euro
Leggo doppio Leggo solidale Novità 2007 per i lettori. Valori a casa vostra, insieme a Nigrizia, l’unico mensile dell’Africa e del mondo nero, oppure insieme a IC, il mensile della Caritas Italiana, per capire meglio la società e il mondo che ci ruotano attorno, nel segno della solidarietà. Alleanza di pagine e idee, a un prezzo conveniente.
Bollettino postale
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