Anno 7 numero 52. Settembre 2007. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
ROBERTO CACCURI / CONTRASTO
Fotoreportage > Bagnoli
Dossier > Cantiere aperto su cento milioni di metri quadri di aree dismesse
La scommessa Angola > Protagonisti e comprimari della Holding Dos Santos Banca Etica > Dopo l’assemblea tante domande per continuare il dibattito Economia solidale > Il primo grande Social Forum negli Stati Uniti Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.
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Wall Street
La bomba dei mutui di Mauro Meggiolaro
I RISIAMO. Dopo quattro anni di crescita i mercati finanziari sono piombati di nuovo nel panico. La colpa, stavolta, è dei “mutui subprime”, finanziamenti ad alto rischio che, negli Stati Uniti, vengono concessi a chi vuole comprarsi una casa anche se non ha tutte le carte in regola per ripagare le rate. Se il mercato immobiliare cresce tutto fila liscio: i valori delle case aumentano e le famiglie possono rinegoziare i mutui ottenendo maggiore liquidità dalle banche. Le rate dei prestiti vengono restituite e avanza anche qualche spicciolo per comprare i mobili. Ma se il mercato scende la magia finisce. E iniziano gli incubi. È quello che è successo negli ultimi mesi. A febbraio NovaStar Financial, una finanziaria americana specializzata in mutui subprime, suona il primo campanello d’allarme, annunciando perdite per 14,4 milioni di dollari. “Non c’è nulla da temere”, assicurano gli analisti. “La crisi rimarrà confinata al piccolo mercato dei subprime USA”. Niente di più falso. Pochi mesi dopo alzano bandiera bianca i colossi di Wall Street. A fine luglio due fondi hedge di Bear Stearns dichiarano bancarotta e, a metà agosto, Goldman Sachs ammette che ci sono “problemi in un fondo speculativo”. Intanto crolla la banca tedesca IKB e la francese BNP Paribas è costretta a congelare tre fondi. È un’epidemia. Ma come ha fatto a diffondersi così rapidamente? Grazie a un meccanismo infernale, che produce “insaccati finanziari” di pessima qualità. Le banche che concedono i mutui subprime, infatti, non si assumono quasi mai tutto il rischio che i prestiti non vengano restituiti, ma lo cedono in parte ad altri, incorporandolo in migliaia di CDO (collateralized debt obligations). Si tratta di titoli obbligazionari, il cui andamento dipende dai contratti di mutuo sottostanti. Con i CDO il rischio viene impacchettato e può girare come una mina vagante in tutti i mercati. Lo comprano banche, società finanziarie, fondi speculativi in Europa, Asia, America. In cambio del rischio ottengono un rendimento superiore alla media. Ma i maggiori rischi non vengono percepiti correttamente e tutti cominciano a riempirsi di CDO. Anzi, per comprarli addirittura si indebitano. Il caso della IKB Bank è esemplare. Specializzata nel credito alle medie imprese tedesche, la banca di Düsseldorf nel 2002 pensa di diversificare il suo business comprando CDO. Per farlo si indebita emettendo commercial papers, titoli a breve termine. I commercial papers vengono a loro volta comprati da altre istituzioni in tutto il mondo (tra queste una scuola di Minneapolis e il comune di Oakland, in California). Per cinque anni gli affari vanno a gonfie vele. La banca lucra sulla differenza tra i tassi che deve pagare sui commercial papers e i guadagni che ottiene con l’aumento di valore dei CDO. E continua ad indebitarsi. È una catena di Sant’Antonio all’inizio della quale ci sono una serie di mutui stipulati da famiglie americane di reddito medio-basso. Il gioco sembra funzionare, ma all’inizio del 2007 la catena si spezza. Con la discesa dei valori degli immobili e l’aumento dei tassi, le famiglie non sono più in grado di pagare i mutui, il prezzo dei CDO collegati crolla e nessuno vuole più prestare soldi a chi li compra. I fiumi di liquidità che avevano invaso i mercati si seccano improvvisamente. La Fed e la BCE intervengono pompando miliardi di denaro liquido, ma “la liquidità non serve se nessuno si fida a prestarla”, spiega l’economista Paul Krugman al New York Times. Le borse precipitano e per il futuro si teme il peggio. Tra settembre e novembre, altri 125 miliardi di dollari di mutui subprime saranno adeguati alle nuove condizioni di mercato. Ne vedremo delle belle, almeno per un altro anno, assicurano gli esperti. E nuovi insaccati compariranno nei luoghi meno sospetti. Prepariamoci a digerirli.
C BDL SGR
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ROBERTO CACCURI / CONTRASTO
settembre 2007 mensile
Lavori di demolizione di un edificio nell’ex area industriale di Bagnoli.
Napoli, 2002
bandabassotti
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fotoreportage. Bagnoli
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dossier. Aree dismesse La bolla sulle città puo’ devastarle Il mattone tira e il trading fa boom La grande Formazione mappa nazionale Milano premia chi cuba Cemento disarmato I fondi immobiliari in Germania fanno paura
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lavanderia
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finanzaetica
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A Manchester va in scena la finanza cooperativa L’anima nera di Siemens. Milioni di tangenti Banca Etica: le domande della redazioen di valori
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economiasolidale
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Attivisti dell’economia lontani dalla finanza Differenziare si può. Anche nei centri urbani L’uragano di nome Beppe
internazionale Holding Dos Santos Reportage. L’inferno angolano Migrazioni e sviluppo. Un tema che viene da lontano Meeting di Loreto. Nuove strategie con attori i migranti
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| bandabassotti |
Vito Riggio
Un controllore da licenziare di Andrea Di Stefano
La liberalizzazione ancora peggio. Decine di migliaia di bagagli sono stipati negli hangar o addirittura abbandonati all’aperto. Di chi è la colpa? La denuncia lanciata attraverso la stampa la prima domenica di agosto e seconda di paralisi-bagagli a Fiumicino è netta e senza appello: «Sabotaggio sulle piste, manomessi i nastri-trasporto». La parziale retromarcia è arrivata tre giorni dopo: «Sabotaggio? È un termine che non ho mai usato. Ma ho il fondato sospetto che i macchinari vengano regolarmente manomessi». La prima e la seconda dichiarazione portano la firma del presidente dell’Ente nazionale per l’aviazione civile Vito Riggio (destinatario, parrebbe, dell’affondo del ministero: «Qualcuno ha esagerato ed è stato forse un po’ temerario nel tratteggiare l’ipotesi di sabotaggio»). In mezzo ci sono solo tre giorni. Settantadue ore di bagagli persi e denunce, improperi e ispezioni a sorpresa che si sono concluse con una relazione presentata al ministro dei Trasporti Bianchi dal direttore dell’Enac Silvano Manera: «Dai controlli non sono emersi elementi che facciano pensare a un sabotaggio». Adesso l’ultima parola spetta alla Procura di Civitavecchia che sul caso ha aperto un’inchiesta. Ma la parziale retromarcia di Enac (che non è stata anticipata da smentite da parte del suo presidente) ha non ha portato sul banco degli accusati il responsabile, Vito Riggio, I disastri prodotti dall’ennesima presidente di Enac dal 2003. In piena emergenza liberalizzazione sono stati scaricati bagagli, è stato riconfermato dal Consiglio sulle spalle dei lavoratori accusati dei ministri al vertice dell’ente. Perché di sabotaggio mentre le aziende la riconferma venga formalizzata deve ottenere sono rimaste impunite il via libera delle commissioni Trasporti di Camera e Senato, quindi essere messa nero su bianco in un decreto del presidente della Repubblica. Siciliano di Barrafranca, in provincia di Enna, 60 anni appena compiuti, docente di diritto regionale, ha iniziato la carriera nel ‘68, all’università di Palermo. Insieme a Sergio D’Antoni e Luigi Cocilovo era uno dei leader dell’ala cattolica del movimento studentesco. Democristiani di sinistra e amici che, quando qualche anno più tardi si ritrovarono nella Cisl, per tutti altro non furono che i «Fratelli bandiera» (in omaggio alle «sorelle bandiera» della famosa trasmissione tv di Renzo Arbore). Per D’Antoni e Cocilovo si aprì poi la strada del sindacato, per Riggio quella della politica: prima a livello locale, poi come parlamentare Dc, quindi come sottosegretario con delega alla Protezione civile durante il governo Ciampi. Tra i suoi consulenti di allora l’ingegnere Pietro Lunardi che qualche anno più tardi (dopo essere passato nel ‘94 con i referendari di Segni e nel 2001 con Democrazia europea) ritrovò ministro del governo Berlusconi. È con Lunardi che nel 2003 è arrivato all’Enac come commissario straordinario. Da allora ha guidato l’ente. Adesso farebbe bene a stare a casa perché non si capisce cosa c’entrino i lavoratori, peraltro sottopagati e in larga misura precari, nel disastro dei servizi aeroportuali dello scalo di Fiumicino. Un’enorme responsabilità c’è l’ha proprio l’Enac che non ha fatto rispettare alle società di hadling, che devono assistere a terra gli aerei, gli standard minimi di servizio per evitare problemi ai viaggiatori.
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ECOR B’IO
A PRIVATIZZAZIONE FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI.
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| fotoreportage |
> Bagnoli
foto di Roberto Caccuri / Contrasto
Una natura straordinaria, sacrificata per circa un secolo, sta per essere restituita alla città di Napoli grazie a un progetto di riqualificazione. La storia del più importante polo siderurigico italiano sarà raccontata da un percorso di archeologia industriale. Residences, centri congressi e cittadelle dello sport completano il pacchetto post-dismissione.
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agnoli è stato per quasi un secolo un polo siderurgico tra i più importanti d’Italia. Una “sprangata” in nome del lavoro assestata a un territorio bello e generoso. Anche oggi, nonostante la sua destinazione non sia più industriale, rimane un simbolo di quel sud alla perenne ricerca di una dimensione occupazionale adeguata. Nel 1905 si decide così il sacrificio di una risorsa ambientale unica in nome del progresso. L’Ilva (Società Siderurgica di Savona, Società Ligure Metallurgica, Società degli Altoforni, Fonderie ed Acciaierie di Terni), costituita a Genova, si insedia ai piedi della collina di Posillipo, dove si vede tramontare il sole sul golfo di Pozzuoli. L’altoforno dove si fonde l’acciaio deve fare concorrenza alle forge del Vesuvio. L’uomo però non si accontenta mai degli scempi che ha già fatto e dopo qualche anno approda sul golfo anche la chimica con la Montecatini e l’Eternit per la lavorazione di manufatti in cemento e amianto. Durante la Prima Guerra Mondiale negli stabilimenti in riva al mare lavorano quattromila persone. Seguono alcune crisi a singhiozzo, la più grave alla fine degli anni Venti, ma nel 1933 la costituzione dell’Iri segna una svolta: si ristruttura e si aumentano gli impianti. Nasce la Finsider con lo scopo di rivitalizzare il settore, ma ci penseranno gli angloamericani prima e i tedeschi dopo, durante la ritirata, a distruggere gran parte degli stabilimenti, causando la fermata della produzione. Il Secondo Dopoguerra è segnato dalla nascita dell’Italsider e negli anni ‘60 a Bagnoli aumenta la capacità produttiva di circa 1.000.000 di tonnellate annue, per un totale di oltre ottomila occupati. Gli anni ‘70 segnano il declino dell’area e l’inizio di un’attenzione da parte degli enti pubblici per il suo destino. Nel 1972 il consiglio comunale di Napoli stabilisce che il 30% della superficie occupata lungo la fascia costiera debba essere destinata a verde attrezzato con impianti turistici e il restante 70% ad attività industriali di tipo manifatturiero con l’esclusione di industrie nocive e inquinanti. Sono ammesse industrie ad alto contenuto tecnologico nonché impianti e attrezzature per la ricerca applicata all’industria. Negli anni Novanta si gettano le basi per il “Piano di recupero ambientale dell’area di Bagnoli”. i costi previsti dal piano Cipe sono 343 miliardi di lire di cui 261 coperti da un contributo pubblico, 82 da proventi realizzati da vendita di impianti, attrezzature e rottami. Nel 2002 si costituisce la società per azioni di trasformazione urbana “Bagnolifutura S.p.A.” Le attuali partecipazioni sono rispettivamente: Comune di Napoli 90%, Regione Campania 7,5%, Provincia di Napoli 2,5%. ANNO 7 N.52
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L’AUTORE Roberto Caccuri è nato a Lodi nel 1975 e vive a Roma. Segue temi di attualità e inchiesta sviluppandoli in ampi reportage. Alcuni dei suoi lavori che hanno avuto maggiore diffusione sono stati i progetti fotografici riguardanti l’emergenza ambientale e l’inquinamento in Italia, il mondo dell’economia e della finanza, le attività delle maggiori università italiane. Pubblica e lavora per le maggiori testate nazionali (Panorama, L’Espresso, Io Donna) e internazionali (Focus Germania, Der Spiegel). È il più giovane fotografo accreditato in Vaticano, dove segue le principali celebrazioni del Papa e l’attualità della Santa Sede dal 2002. Nel settembre 2004, con il suo reportage sulla costruzione delle linee ferroviarie ad alta velocità, è stata allestita un’esposizione nell’ambito della Biennale di architettura di Venezia, presso la Fondazione Querini Stampalia. È entrato a far parte dello staff di Contrasto nel 2000.
Napoletani in spiaggia con ombrelloni e lettini solari, di fianco alle strutture dell’ex area industriale.
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A sinistra, preparativi del festival della musica nella spianata dell’ex aera industriale Sopra, dall’alto in basso, veduta panoramica attraverso una delle grate metalliche che impedivano il diffondersi di scorie minerali nell’atmosfera; un tecnico installa un gruppo luci sulla spianata in occasione del festival; l’ex pontile di carico destinato ad essere convertito in passeggiata a mare.
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Resti degli stabilimenti demoliti dopo la dismissione dell’area industriale. A sinistra, un pezzo destinato ad essere preservato come esempio di archeologia industriale. il grande parco urbano di Coroglio di circa 120 ettari, sarà caratterizzato da una combinazione di natura e storia con la conservazione di 16 fra i più significativi edifici e macchine dell’impianto siderurgico, con un riutilizzo dei loro volumi per circa 200.000 mc. Sono previste attività turistico ricettive congressuali, nautico diportistiche commerciali, terziarie e residenziali.
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| fotoreportage |
A destra, veduta dell’acciaieria. Sopra, dall’alto in basso, nel progetto di riconversione a parco, l’ex cockeria verrà ristrutturata e preservata come pezzo di archeologia industriale; sotto, resti degli stabilimenti demoliti.
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dossier
ROBERTO CACCURI / CONTRASTO
a cura di Paola Baiocchi, Andrea Di Stefano, Mauro Meggiolaro e Elisabetta Tramonto
La bolla sulle città può devastarle >18 Il mattone tira e il trading fa boom >20 La Grande Conversione Mappa nazionale >22 Milano premia chi cuba >24 Cemento disarmato >26 I fondi immobiliari in Germania fanno paura >28
Nel progetto di riconversione dell’Italsider di Bagnoli, l’ex pontile di carico dei minerali verrà ristrutturato e trasformato in passeggiata a mare. In primo piano, l’area tubi.
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Aree dismesse
La Grande Trasformazione Decine di milioni di metri quadri occupati da fabbriche devono cambiare volto: importanti opportunità di riqualificazione sociale e ambientale ma anche altissimi rischi
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La bolla sulle città può devastarle di Paola Baiocchi
a più estesa è la Cortina di ferro: 8.500 chilometri da riutilizzare dopo la fine della guerra fredda. Una delle trasformazioni più spettacolari è Piazza Navona, nella capitale: un’infrastruttura sportiva di epoca romana riqualificata nel Settecento. Record a parte, ci sono 100 milioni di metri quadri di fabbriche chiuse, valutando per difetto solo i capoluoghi di provincia, che hanno cambiato o stanno cambiando destinazione in città o in periferia. La loro chiusura aveva fatto pensare che sarebbe stato possibile tornare in possesso di spazi che avevano segnato profondamente le città, rappresentando la vita e la morte di tante persone. Edoardo Salzano, urbanista
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Un’incisione di Giuseppe Vasi (1710-1782). Piazza Navona allagata ad agosto, in ricordo dei tempi quando lo Stadio di Domiziano veniva utilizzato per le battaglie navali.
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e direttore del sito eddyburg.it, vivace strumento di informazione sui cambiamenti urbani, commenta: «Il valore delle aree urbane in cerca di nuova utilizzazione è enormemente cresciuto dal momento iniziale, e non per effetto del lavoro e dell’investimento che ha fatto il proprietario, ma perché la collettività ha speso per urbanizzare, ha attrezzato, ha costruito strade. Ha fatto insomma»conclude Salzano «una serie di operazioni che hanno aumentato il valore di quel bene; se volessimo valutarlo da un punto di vista del concorso dei vari soggetti alla formazione del suo valore, dovremmo dire che la quota appartenente alla proprietà dovrebbe essere depurata dal contributo della collettività». E invece le aree industriali dismesse sono diventate un ricco bottino, un patrimonio immobiliare che ha dato vita a una ricostruzione superiore a quella del dopoguerra e ha portato nelle casse di un pugno di persone capitali esorbitanti, creando una bolla immobiliare che in Italia trova mille sostenitori. Mentre il sistema finanziario si riorganizzava sotto il crollo dei mutui subprime, Letizia Moratti a Milano annunciava lo spostamento del Palazzo di Giustizia e del Carcere di San Vittore in zona Porto di mare. L’area prescelta tra altre in lista d’attesa è vicina al nuovo quartiere Santa Giulia, ex Montecity-Rogoredo. La proprietà è
CONTRO LE NORME PERMISSIVE DEL DECRETO MATTEOLI UNA CATTIVA NOTIZIA arriva sul fronte del recupero dei suoli: a lanciare l’allarme sono le Regioni e le associazioni ambientaliste che hanno chiesto di rivedere tutte le parti relative alle bonifiche contenute nel decreto 152, varato dal ministro Matteoli (foto) il 14 aprile del 2006 come ultimissimo atto del governo Berlusconi, che ha dato il via libera a norme più permissive e meno certe rispetto al Codice Ronchi. In particolare viene criticata la “diluizione” dei parametri di contaminazione dei suoli. Con un giochetto di spostamento dei termini di comparazione, terreni che prima del decreto erano contaminati ora non sono più da bonificare. Anche sul controllo delle acque di falda il precedente decreto Ronchi non permetteva venissero fatti uscire contaminanti dai siti, anche di “pennacchi” di benzene che venivano arginati con barriere idrauliche, pozzi di sbarramento o pareti permeabili reattive. Nel decreto 152/2006 il limite viene spostato all’esterno e questo vuol dire rinunciare alla difesa della risorsa idropotabile. Per smontare il decreto 152 l’attuale ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio ha preparato tre decreti: sul secondo decreto, quello che modifica il regime giuridico dei rifiuti e le bonifiche, l’opposizione confindustriale è particolarmente accesa e trova l’appoggio di membri del governo come Emma Bonino che ha dichiarato «inopportuno sospendere il decreto Matteoli».
della Risanamento Spa di Luigi Zunino, il viticoltore passato alle aree deindustrializzate non senza qualche guaio giudiziario, come la richiesta di rinvio a giudizio per tentata truffa nei confronti della Regione Piemonte.
Come si aumenta la posta: l’esempio della Falk di Sesto
Sono il segno più evidente della globalizzazione e della finanziarizzazione che segue lo spostamento delle attività produttive dall’Italia verso altri siti: le aree industriali dismesse, le fabbriche che dalla fine degli anni ’70 hanno cominciato a chiudere.
re di vendita per una frazione dell’area Falck (180 mila metri quadri) per 200 milioni di euro. Ma nell’estate 2007 la “bolla continua”: Tecla e Berenice, due fondi immobiliari di Pirelli Re, sono stati oggetto di più offerte d’acquisto, da una parte Goldman Sachs-Caltagirone e dall’altra Pirelli Re-Morgan Stanley che, dopo aver creato i fondi, partecipa al rialzo per l’acquisto. Le valutazioni sono state più elevate del nav (net asset value) cioè il valore netto delle attività immobiliari sottostanti i fondi, debiti esclusi. «Siamo alle nuove mani sulla città» spiega Salzano. «Tutti i gruppi industriali, invece di utilizzare i profitti nell’innovazione e nella ricerca, li hanno impiegati nell’investimento immobiliare, un settore meramente parassitario. Questa è una delle ragioni della crisi economica dell’Italia». Le leve finanziarie hanno completato due strumenti introdotti dalla finanza creativa di Tremonti: è costretta ad ammetterlo anche la Guardia di Finanza che non riesce a risalire all’origine dei capitali di Ricucci e Coppola per via dello “scudo fiscale” e del “condono tombale”. Nel 2001 lo scudo ha fatto rientrare capitali illecitamente esportati all’estero, coadiuvato dalle nuove norme sul falso in bilancio; poi nel 2003 il “condono tombale” ha sanato l’evasione fiscale tra il 1997 e il 2001 e ha reso inutili anche gli accertamenti futuri su quegli anni, grazie alle “sanatorie anonime”.
I meccanismi di creazione della bolla immobiliare sono emersi con le indagini sulle scalate dell’estate del 2004 alla Bnl e al Corriere, che hanno portato alla ribalta alcuni nomi: Stefano Ricucci, Danilo Coppola, Giuseppe Statuto, Luigi Zunino vendono i paLa geografia lazzi tra di loro, facendo girare vorticosamente molta carta e pochi delle aree dismesse contanti, ma aumentando ogni volta la posta, che lievita rispetto Le aree in corso di trasformazione o già trasformate seguono la lial valore degli immobili. Nel 2005, per esempio, Zunino compera nea gotica dello sviluppo industriale in Italia: sono soprattutto al le aree Falck di Sesto San Giovanni dal Gruppo Pasini, che le aveNord e al Centro, mentre al Sud si tratta soprattutto di aree che va acquistate per 400 miliardi di lire nel 2000. All’operazione da non hanno mai visto l’avvio dell’attività industriale, in un “fare e 218 milioni di euro bisogna fare la tara togliendo dedisfare” che potrebbe attirare capitali, ma non risolvebiti (195 milioni di euro verso le banche) e crediti (65 re i problemi ambientali e occupazionali. Luigi De MaIN RETE milioni di euro del Gruppo Pasini): totale 88 milioni gistris, Pubblico ministero di Catanzaro titolare di molwww.audis.it di euro, per 1 milione e 300.000 mq. Cinque mesi più te indagini sul collegamento tra malavita e politica, ha www.eddyburg.it tardi Zunino firma con Danilo Coppola un preliminaavuto modo di dire: «Se i finanziamenti stanziati per la
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territorio è unico “Ciascun per cui è necessario riciclare, grattare una volta di più
Calabria fossero andati sugli obiettivi, la regione sarebbe il Lichtenstein del Sud». Eppure il riutilizzo delle aree industriali dismesse potrebbe contribuire a frenare l’allarmante consumo di suolo di cui parla Vittorio Emiliani, giornalista esperto di urbanistica: «Sulle città c’è un mare di gru, che però non producono case accessibili per i giovani o per gli immigrati. Allo stesso tempo, dal 1951 al 2003 abbiamo consumato oltre 11 milioni di ettari di territorio, più di 200.000 ettari l’anno. Ma soprattutto tra il ‘97 e il 2003, quando il consumo è stato di oltre 320mila ettari l’anno, la popolazione è cresciuta solo dell’1,5%». Che l’edilizia non risponda ai bisogni emerge anche dai dati pubblicati in occasione dell’Expo Italia Real Estate 2007:140.000 mq di uffici sfitti a Fiumicino, con altri 420.000 mq di uffici in via di costruzione nel 2006, nella sola area romana.
(ma possibilmente con la massima cura) il vecchio testo che gli uomini hanno inscritto sull’insostituibile materiale del suolo, per deporvene uno nuovo, che risponda alle esigenze d’oggi, prima di essere a sua volta abrogato André Corboz, 1983
”
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L’EX CORTINA DI FERRO DIVENTA VERDE NELLA ZONA DEL VECCHIO CONFINE TRA EST E OVEST in quella che Churchill aveva chiamato la Cortina di ferro, si è sviluppata una cintura verde, una Green Belt più o meno ininterrotta di preziosi habitat, che dal Mare di Barent fino al Mar Nero per 8500 chilometri potrebbe diventare un Parco e integrarsi nelle aree protette che costeggia; dal 2003 infatti lo Iucn, organizzazione mondiale dell’ambiente, ha avviato un processo di cooperazione transfrontaliera che coinvolge 22 paesi, dalla Finlandia alla Turchia. L’ex confine della Cortina di ferro, la testimonianza della guerra fredda potrebbe così diventare con la partecipazione dell’Unione europea il più esteso esempio di riconversione di aree dismesse, un monumento di land art sulla riconciliazione. Intanto a maggio in Germania hanno cominciato ad inaugurare a Hopfberg in Franconia il primo tratto del Parco, una piccola frazione della striscia che corre per 1393 chilometri lungo la vecchia frontiera tra Est e Ovest. La “green belt” e, sotto, un tratto di quella che era la cortina di ferro, al confine tra la Germania Est e la Germania Ovest.
www.euronatur.org/uploads/tx_userdownload/green_belt_news1105.pdf www.iucn.it
Il mattone tira E il trading immobiliare fa il boom Società che lievitano con manovre speculative. E si gonfiano di debiti. Possono farlo anche perchè nessuno le controlla, nè controlla le banche di cui si servono. compera Porta Vittoria dalle Ferrovie dello Stato e la RISANAMENTO DI LUIGI ZUNINO è considerata una delle rivende a Coppola, con una plusvalenza di 80 milioni società più importanti e più affidabili che opera neldi euro, +118% in 90 giorni. Su quest’area Coppola ha l’immobiliare. Eppure, il bilancio della società evidenpresentato un piano industriale che prevede la sede ziava alla fine dello scorso anno debiti netdalla Biblioteca Europea e degli immobili. Dalla vendi Andrea Di Stefano ti per 1,7 miliardi di euro. Oggi, ne ha per dita di quest’ultimi, Coppola prevede di ricavare qualoltre due miliardi di euro. Al solo servizio cosa come 420 milioni di euro: la stima è di venderli del debito, Risanamento deve pagare circa 80 milioni a una media di 10.000 €/mq. Per quanto il di euro di interessi: queste cifre sono simercato immobiliare di Milano sia folle e gnificative dello stato di salute del Gruppo particolarmente caro, gli immobili di queldi Zunino, e del fatto che la sua attività l’area, anche di nuova edificazione, sono principale non è la compravendita di immolto lontani da questi valori. mobili o le costruzioni, ma soprattutto il Eppure il finanziamento che Coppola trading immobiliare. LIBRI ha ricevuto da Banca Italease e dalla stessa Lo scorso anno il bilancio è stato salvaBanca Immobiliare, con la quale ha anche to da un’operazione di trading immobiliarapporti societari, si basa su questi conti re con Danilo Coppola: una plusvalenza di sopravvalutati per non essere drammatica150 milioni di euro che ha fatto chiudere Luigi Zunino, a capo mente in perdita. l’esercizio con 120 milioni di euro di utile. della Risanamento, Dopo l’arresto di Ricucci, in ParlamenTra Zunino e Coppola il giro d’affari è staa cura di società in affari Andrea Bondonio con Danilo Coppola. to più soggetti di diverse forze politiche to vorticoso: tutto è partito dall’acquisiGuido Callegari avevano chiesto una Commissione d’inzione della IPI, la società immobiliare che Cristina Franco Luca Gibello chiesta sul fenomeno immobiliare, richiesta da rilanil gruppo FIAT cede nel 2003 a Zunino per 4,7 euro ad Stop&Go. Il riuso ciare perché il contenuto dell’inchiesta in corso su azione. Due anni dopo Zunino la rivende a Coppola a di aree industriali Coppola è molto più rilevante e ha evidenziato che ci 7 euro per azione. dismesse, 30 casi studio in Italia sono sospetti di riciclaggio di danaro proveniente dalOltre alla vendita del pacchetto di controllo dell’Ila criminalità organizzata. PI, Zunino con Coppola realizza, in soli 90 giorni un Alinea, 2005 Complessivamente Coppola, Ricucci e Statuto trading immobiliare fulminante: la Risanamento
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Ci sono due problemi rilevanti di controllo, uno hanno investito in Borsa 2,1 miliardi di euro arrivati che compete le istituzioni a livello centrale, l’altro è dal trading immobiliare e dai finanziamenti concessi una forte carenza della CONSOB: le società, soprattutdal sistema creditizio a delle persone che non avevato quelle quotate in Borsa, per fare queste operazioni no mosso neanche un mattone, ma compiuto solo seguono alcune procedure, ma c’è un’incapacità nel operazioni di speculazione immobiliare e finanziaria. controllare efficacemente le operazioni di rivalutazioI 2,1 miliardi sono stati utilizzati per acquistare ne dei beni immobiliari. quote anche importanti di società: Coppola per Poi c’è un grosso problema di controlesempio era arrivato a quasi il 5% di Melo del sistema creditizio: dov’è Banca d’Idiobanca. talia, qual è la stabilità patrimoniale di Bisogna fare anche qualche riflessione queste operazioni, chi le controlla? (adessul legame che c’è tra queste dinamiche so nel mirino c’è Banca Italease anche per immobiliari e la gestione del patrimonio la vicenda dei derivati). Servono anche pubblico o ex pubblico; oltre alle Fs già cidelle strutture di controllo a livello territotate, molti successi del trading di Zunino riale. Sarebbe importante che la Provincia sono riconducibili a immobili venduti daldi Milano potesse creare una Commissiol’Enel, nel 2004, quando Paolo Scaroni era ne di analisi sul mercato immobiliare, in amministratore delegato, per i quali ZuniDanilo Coppola, modo da raccoglire i dati e capire come no è riuscito a realizzare in alcuni casi una l’immobiliarista romano ora agli arresti vengono stabiliti gli indici trattati, volta plusvalenza del 56% in 90 giorni. domiciliari dopo quasi per volta, degli oneri di urbanizzazione. I La domanda legittima è: o Enel ha ven4 mesi di carcere. dati raccolti, valutati in forma aggregata, duto male o c’è qualcosa che non funziopotrebbero dare delle indicazioni molto importanti alna in queste attività di trading immobiliare. Sicurala politica. Servirebbe, infine, anche un Osservatorio mente parte della bolla immobiliare è originata da in grado di verificare l’andamento del valore di libro queste attività e il rischio è che le dinamiche che abdelle aree dismesse. Questo porterebbe in evidenza gli biamo descritto si ripresentino per i milioni di mq di episodi anomali, come rivalutazioni straordinarie in aree dismesse che solo in Lombardia sono soggette a una manciata di mesi. progetti di recupero.
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LIBRI
a cura di Andrea Licata Dal militare al civile. La conversione preventiva della base USAF di Aviano. Kappa Vu, 2006
a cura di M. C. Gibelli E. Salzano No sprawl Alinea 2006
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MUSEO STORICO ALFA ROMEO
TOMMASO BONAVENTURA / CONTRASTO
LE PRINCIPALI AREE DISMESSE
Sopra, un’immagine degli anni Cinquanta dello stabilimeno Alfa Romeo di Arese: il montaggio del motore della Giulia Berlina. A sinistra, il gasometro al quartiere Ostiense di Roma.
La Grande Conversione I principali progetti già avviati per creare nuovi luoghi produttivi là dove c’erano le fabbriche.
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ALFA ROMEO DI ARESE (MI): 220 ettari della storica fab-
brica che ha dato molto filo da torcere alla Fiat e il cui futuro non è ancora deciso. L’accordo del 2003 con la Regione Lombardia prevedeva la creazione del Polo della mobilità sostenibile e, sulla restante area acquistata dall’americana Aig/Lincoln Estate, la logistica, che avrebbe dovuto riassorbire 550 operai (ne ha occupati 75). Il 25 settembre scade l’accordo fatto con i Comuni di Arese, Rho, Garbagnate, Lainate, e la Regione ha presentato un nuovo progetto che prevede la trasformazione in zona commerciale, verde e residenze per 5.000 abitanti. Dei 15.000 operai presenti nel 1987, quando la Fiat acquista l’Alfa, ne rimangono 660 nella progettazione e sperimentazione e 322 in cassa integrazione; per 172 di questi scatterà la mobilità lunga, per gli altri non si sa nulla . Nel 2003 i Cobas hanno fatto un documento in cui anticipavano la cronaca: nella Estate Sei Spa, proprietaria dell’area, c’era Hopa e quindi Gnutti, Consorte, Fiorani, Ricucci, ecc. Arese è stata una miniera d’oro per la Fiat: l’Alfa è costata 1.000 miliardi di lire, la vendita dell’area ha fruttato il doppio. I macchinari sono stati portati in Argentina, a Mirafiori e in altri fabbriche.
PROGETTO VERONA SUD: 200 ettari di industrie dismesse e al-
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meno 10 anni di lavori in un’area che va dal casello di Verona Sud alla stazione di Porta Nuova. Nell’area dell’ex Mercato ortofrutticolo crescerà il Polo finanziario, la city di banche e assicurazioni, con un parco e case a ridosso di Borgo Roma. Saranno recuperate le ex Officine Adige e le ex Cartiere di Basso Acquar, l’ex Foro Boario e gli ex Magazzini genera-
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li, che verranno collegati al centro da una galleria per autobus e tram. I progetti sono firmati, tra gli altri, dagli architetti Mario Bellini, Massimiliano Fuksas e Richard Rogers. A coordinare i lavori sarà un’Authority composta soprattutto da funzionari comunali. Sempre che la nuova amministrazione, ora di centrodestra, non freni o modifichi il progetto.
EX FIAT A FIRENZE-NOVOLI: 31,8 ettari in attività dal 1939 al 1987. Nel 1993 l’intera area viene demolita, salvando solo la centrale termica. Si passa attraverso un Piano particolareggiato e la modifica del Piano regolatore. La proprietà è Immobiliare Novoli Spa, che deve costruire l’Università, mentre Fiat interviene come consulente ed è tra i costruttori. Nel 2003 l’Università si trasferisce, ma gli studenti continuano per 4 anni a mangiare in un container: nessun ente pubblico ha stabilito dove sarà e quanto costerà acquistarla. La trattativa si conclude all’inizio del 2007 con l’acquisto da parte dell’Ente per il diritto allo studio della mensa,al prezzo ormai lievitato di 4.775.000 euro. Oltre all’Università sono state costruite residenze per studenti e abitazioni. L’area è una colata di cemento nel traffico: i 12 ettari di verde pubblico previsto devono essere ancora sistemati. E su tutto giganteggia il Palazzo di giustizia progettato da Leonardo Ricci, un incubo di spigoli taglienti che sembra il monumento alla ghigliottina.
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OFFICINE MECCANICHE BREDA A PISTOIA: 21 ettari ancora in corso di trasformazione a ridosso del centro storico. La produzione di carrozze ferroviarie comincia nel 1905 e negli anni successivi vengono prodotte anche macchine agricole e
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Tracciare una mappa completa di tutte le aree dismesse in Italia e fare un bilancio della porzione di territorio occupata è praticamente impossibile. Nella cartina abbiamo rappresentato le principali, esclusivamente quelle industriali.
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LEGENDA GIÀ REALIZZATO PARZIALMENTE REALIZZATO CANTIERE, LAVORI IN CORSO IN FASE PROGETTUALE, ANCORA DA REALIZZARE
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Città 1 Milano
Area Bicocca
Destinazione precedente ex Pirelli, ex Ansaldo
2 Milano 3 Milano 4 Milano
Bovisa-Certosa ex raffineria Fina City Life ex Fiera Garibaldi-Repubblica Ex stazione Porta Nuova, ex Varesine Ex raffineria Agip 5 Milano-Rho Nuovo polo Fiera Portello Fiera Ex Alfa Romeo 6 Milano 7 Milano
Pompeo Leoni
8 Milano 9 Milano
Rubattino Santa Giulia
10 Torino 11 Torino
Spina 1 Spina 2
12 Torino
Spina 3
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Fiumara
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Genova Genova Venezia Venezia Venezia
Campi Bolzaneto Porto Marghera Isola della Giudecca Punta San Giuliano
19 Venezia 20 Milano 21 Verona
Piazzale Roma Arese Porta Nuova
22 Firenze 23 Pistoia 24 Roma
Novoli Ostiense-Testaccio
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Napoli Bagnoli Torino Settimo Torinese (To) Sesto San Giovanni (Mi) Lodi
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Trento Conegliano Veneto (Tv) Udine Parma
34 Terni
Superficie m 700.000 2
454.000 255.000 230.000 2.000.000 385.000
Ex Om (Officine 313.000 Meccaniche) - Iveco Ex Maserati - Innocenti 611.000 Ex Montedison, 1.200.000 ex acciaierie Radaelli ex linea ferroviaria, ex Fiat Materferro Ex Officine Grandi Riparazioni, dalla Nebiolo e dalla Westinghouse OLTRE 1.000.000 ex impianti siderurgici CimiMontubi, ex stabilimenti Michelin, Paracchi, Fiat Ingest e Savigliano Ex Ansaldo 168.000 Ex Italsider Ex Sanac, Normoil e Lo Faro Ex area industriale Ex Junghans Ex discarica di rifiuti industriali e urbani Ex Manifattura Tabacchi Ex Alfa Romeo Ex mercato ortofrutticolo, ex Officine Adige, ex Cartiere di Basso Acquar, ex Foro Boario, ex Magazzini generali Ex Fiat Ex Officine meccaniche Ex Mattatoio, ex Mercati generali, ex Mira Lanza Ex acciaierie Ilva ex Italgas ex acciaierie Ferrero ex Falck ex caseificio Polenghi Lombardo ex Michelin ex Zanussi ex acciaierie Bertoli ex pastificio Barilla, ex zuccherificio Eridania ex Siri
265.000 72.000 2.000 32.000 70.000
Nuova destinazione 22 Polo universitario, teatro degli Arcimboldi, Bicocca Village con cinema multisala e centro benessere Edifici residenziali, parco, supermercato, polo universitario Tre torri, la più alta di 218 metri, un parco, abitazioni per 3.500 persone Città della moda, nuove sedi di Regione e Comune, spazi verdi, auditorium, scuole, altri spazi pubblici e commerciali
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Edifici residenziali e commerciali e il World Jewellery Centre Edifici residenziali e commerciali
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Edifici residenziali e commerciali Edifici residenziali e commerciali, un’area verde 12 km di viale alberato, pista ciclabile, esposizioni di arte Edifici residenziali, grattacieli di Renzo Piano, polo universitario Edifici residenziali e commerciali, un parco divertimenti, un parco tecnologico
Abitazioni di pregio, il palasport, parcheggi, spazi verdi, aree commerciali, nuove aziende una centrale elettrica a cogenerazione Parco tecnologico, 130 nuove aziende Mercato ortofrutticolo Parco scientifico e tecnologico Edifici residenziali, la casa dello studente, un teatro Parco San Giuliano Cittadella della giustizia
2.200.000 2.000.000
318.000 210.000 195.000 3.300.000 111.831 183.000 1.300.000 31.000
Polo finanziario, abitazioni, parco
Università, Tribunale, abitazioni, studentato, parco Biblioteca, scuola, abitazioni, Università Università Roma Tre, Citta dell’Altra Economia, Teatro India, Città del gusto, Città dei giovani e delle arti, il polo sportivo dei mondiali di nuoto del 2009, Museo d’arte contemporanea, uffici del Campidoglio, un centro commerciale, ecc. Polo multifunzionale per le produzioni multimediali ed audiovisive, ecc. Università degli studi di Torino, Villaggio media Edifici residenziali, commerciali, produttivi e terziario Uffici, abitazioni, negozi, parco Polo terziario polifunzionale
116.000 170.000 323.000 133.197
Polo culturale pubblico, parco Municipio e auditorium comunali, terziario, ricettivo, sedi scolastiche, residenze Edifici commerciali, terziario, residenziali e artigianali Edifici terziario, residenziali e commerciali, parco
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Teatro, musei civici, ricettivi, uffici, appartamenti, attività commerciali e terziario
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locomotive. Le Officine vengono bomLIBRI bardate durante la seconda guerra mondiale, ma la produzione continua fino agli anni Ottanta. Nel ‘68 la proprietà passa all’Efim, ente per il finanziamento dell’industria manifatturiera. Nell’80 il Comune acquista parte delle costruzioni e, successivamente, intervengono anche i privati. Nell’area ha trovato posto una Ermanno Rea grande biblioteca, una scuola e,nella paLa dismissione lazzina progettata da Gino Coppedé, una Rizzoli 2002 palestra. Un’altra parte dell’area verrà destinata all’Università e a strutture alberghiere. Alla chiusura della fabbrica hanno fatto seguito le cause degli operai ammalati di mesotelioma per esposizione all’amianto dal 1956.
AREA OSTIENSE, TESTACCIO, GASOMETRO ROMA: ha come centro
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la piramide Cestia accanto alla stazione Ostiense (appena recuperata da parte di Centostazioni Spa), inclusi il Testaccio con il suo Monte e le aree ex Mattatoio (dismesso da 30 anni) ed ex Mercati generali, e un tratto del Tevere. Nel suo lato più “nobile” confina con l’Aventino e le Terme di Caracalla. Se si aggiunge che è collegata anche al mare con la metropolitana, si
capisce perché l’area ha visto lievitare le sue quotazioni ed è diventata un cavallo di battaglia delle giunte Rutelli e Veltroni. È molto veltroniana, poi, la storia del gasometro di proprietà dell’Italgas: è stato messo sotto vincolo architettonico nel 2001 da un funzionario dopo aver visto le Fate ignoranti del regista Ozpetek, abitante storico dell’OGianni Amelio stiense. Nell’area si sono già installate l’ULa stella che non c’è niversità Roma Tre, il Teatro India nell’ex 2006, ispirato a Mira Lanza, la scuola popolare di Musica La dismissione del Testaccio, la Città dell’altra economia e la Città del gusto. In programma ci sono: la Città dei giovani e delle arti, una maxi libreria d’arte, un ponte, il polo sportivo dei mondiali di nuoto del 2009, il Museo d’arte contemporanea, la sede degli uffici del Campidoglio, un centro commerciale, la residenza per gli studenti, un parco, le terme e molte abitazioni. Nessuno azzarda cifre sul costo dei lavori, eseguiti con capitali pubblici e privati. FILM
EX FEDERCONSORZI-CITTÀ DELLA SCIENZA A BAGNOLI (NA): 7 et-
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tari sul mare, là dove è stata produttiva una fabbrica chimica dal 1853 al 1990, cambiando molte volte proprietà nel corso degli anni, ma che è di Enichem al momento della chiu-
sura. Nel 1993 passa alla Fondazione Idis (Istituto per la valorizzazione della cultura e della scienza) che affida il progetto di recupero dell’area, finanziato dal Cipe. Nasce così la Città della scienza, che resterà attiva per 66 anni dal suo completamento. La Città della scienza, inserita nel circuito museale campano, ospita anche attività di ricerca, di formazione e lì, dal 2003, si gira la serie televisiva Un posto al sole. Le attività dell’area danno lavoro a più di 500 persone, 36 delle quali provenienti dalla ex fabbrica.
ACCIAIERIA ILVA DI BAGNOLI (NA): con i suoi 330 ettari è la più
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grande di tutte le aree industriali dismesse e il suo futuro è ancora da costruire. Bagnoli si trova ai piedi del Monte di Posillipo, affacciata sul Golfo di Pozzuoli, proprio di fronte all’isolotto di Nisida, sede del carcere minorile. Nel 1909 gli altiforni cominciano a produrre e diviene il centro più importante del Meridione, occupando fino a 8.000 persone nel ‘73. Di proprietà Iri dal 1934, passa all’Italsider nel ‘62 per tornare all’Ilva negli anni Settanta, quando viene stabilito dal Piano regolatore che il 30% dell’area venga destinato a strutture turistiche e ricettive. La chiusura totale degli impianti avviene negli anni ‘90. La fabbrica ha inquinato il mare e la spiaggia, vietati alla balneazione. La loro bonifica comporterà una spesa di oltre 237 milioni di euro pubblici. Nell’accordo
firmato a luglio per la bonifica è previsto anche che 1.300.000 metri cubi di sedimenti tossici (la cosiddetta colmata) verranno riutilizzati per le darsene di Piombino e di Napoli est. Intanto si attende l’aggiudicazione del bando da 19 milioni di euro indetto da Bagnolifutura Spa con fondi dell’assessorato al turismo della Campania, destinati a un polo multifunzionale per le produzioni multimediali ed audiovisive.
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DISTILLERIA DI BARLETTA: 5,3 ettari nella zona sud del cen-
tro storico. La distilleria viene fondata nel 1882 ed è per anni un centro di riferimento della produzione agroalimentare del Mezzogiorno, esemplare anche per il riutilizzo ecosostenibile degli scarti di produzione per ottenere alcol e biocombustibile. Nel 1976 il complesso chiude ed è acquisito dall’Eridania; nel 1990 viene vincolato dal Ministero come archeologia industriale e se ne impedisce la demolizione,anche per il serrato confronto promosso dal Forum recupero ex distilleria (Fred) che comprende partiti e associazioni, uniti nel chiedere che l’area torni alla città. Nel 2004 la municipalità acquista l’intero complesso attingendo a fondi comunitari e aiuti statali. Il progetto prevede un polo per attività culturali, commerciali, di servizio e la realizzazione di un Orto botanico in cui sono cominciati i lavori dopo 17 anni dal vincolo ministeriale.
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Milano premia chi cuba Le aree dismesse fanno gola: milioni di metri quadri per edificare residenze superlusso. E il Comune spalanca le porte della città. RENDIAMO UNA VECCHIA FABBRICA ABBANDONATA. Ce ne sono molte nelle città italiane, a Milano moltissime. Un tempo erano al di fuori del tessuto cittadino, oggi ne sono parte integrante. Ex stabilimenti dei grandi marchi dell’industria italiana, codi Elisabetta Tramonto me Montedison, Pirelli, Falck, la cui attività produttiva è cessata negli ultimi trent’anni. Immaginiamo di abbatterli e, al loro posto, costruire maxi-complessi residenziali: un centro commerciale, un palazzo per congressi, appartamenti di lusso da vendere a prezzi fino a dieci mila euro al metro quadro. Un bell’affare, no? Da far ingolosire qualsiasi immobiliarista. Se poi dovesse capitare di radere al suolo qualche edificio storico della città, di sacrificare un po’ di verde, di dimenticarsi delle famiglie da 1.000 euro al mese che fanno salti mortali per pagare affitti da capogiro, pazienza. È esattamente quello che sta accadendo a Milano. Secondo i dati del Comune (riferiti alla prima metà del 2006) oltre l’8% della città, tredici milioni di metri quadrati, è coinvolto in un progetto di trasformazione edilizia. In quasi tutti i casi (l’80%) si tratta di grandi
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aree dismesse, dove per lo più si stanno realizzando abitazioni. Come dare torto ai grandi gruppi immobiliari, agli Zunino, Coppola o Ricucci di turno? Negli ultimi dieci anni a Milano i prezzi delle case, nuove o ristrutturate, sono aumentati in media del 90%, con punte di incremento in alcune zone del 144%. Le quotazioni degli uffici,invece, sono rimaste ferme (dati della Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura 2006). Se si punta al massimo profitto, quindi, bisogna costruire case. Peccato che in una città ci siano anche altre variabili da considerare. L’interesse dei cittadini, per esempio.
Chi trova un’area dismessa trova un tesoro Per chi se lo può permettere, il quartiere di Santa Giulia (www.milanosantagiulia.com) offre un’ampia scelta: da un “monolocale” di 70 metri quadrati a 450.000 euro, a un superattico di oltre 300 metri quadrati con quattro camere da letto, sei bagni, soffitti fino a sei metri di altezza e una piscina privata nella terrazza-giardi-
no per “soli” 3 milioni di euro. Si viaggia su queste cifre nel megacomplesso residenziale, firmato dall’architetto britannico Norman Foster, che la Risanamento di Luigi Zunino sta costruendo a sud-est di Milano, sull’area di 1,2 milioni di metri quadrati dove sorgevano gli stabilimenti della Montedison e le acciaierie Radaelli. Duemila appartamenti, trecentotrenta mila metri quadrati di parco, un centro congressi da otto mila posti, la nuova sede di Sky Italia, alberghi, una chiesa, parcheggi e ampi spazi commerciali. È il più imponente dei progetti di recupero di aree dismesse che Milano ha in cantiere. Ma ci sono anche le torri avveniristiche degli
architetti di grido Libeskind, Isozaki e Hadid che sostituiranno i padiglioni della ex Fiera di Milano; i grattacieli della Città della Moda voluti da Fondiaria-Sai insieme ai texani della Hines a Garibaldi-Repubblica; il progetto di Renzo Piano nell’ex area della Falck a Sesto San Giovanni, anche questo in mano alla Risanamento di Zunino. Progetti attorno a cui ruotano miliardi di euro. Una ricerca del CERTeT dell’Università Bocconi ha calcolato che, dal 1998 a oggi, a Milano sono stati avviati progetti di recupero su 10,5 milioni di metri quadrati di aree dismesse, tra ex stabilimenti industriali e scali ferroviari in disuso. Sono stati investiti 10,5 mi-
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A sinistra, il progetto dei grattacieli di Libeskind, Isozaki e Hadid all’ex Fiera di Milano. Sopra, quello del quartiere di Santa Giulia dopo l’intervento di Norman Foster.
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L’area dell’ex OM a ridosso della ferrovia.
liardi di euro, con un impatto economico totale di 24 milioni di euro, l’8,1% del Pil della Lombardia nel 2005. Solo nell’ultimo anno, secondo Scenari Immobiliari, gli investimenti nel settore immobiliare a Milano da parte di investitori istituzionali hanno raggiunto un miliardo di euro, di cui la metà da fondi stranieri. Non è difficile capire perché i grandi gruppi immobiliari cerchino di sfruttare al massimo le aree dismesse, costruendo il più possibile. Spetta però alla pubblica amministrazione, il Comune in questo caso, porre un freno, stabilire delle regole, decidere dove, quanto e che cosa permettere di costruire. Purtroppo non sempre accade .
«Da tempo le scelte urbanistiche a Milano non seguono più un progetto in funzione della città, ma ruotano attorno agli interessi dei costruttori e a giochi politici» accusa Sergio Brenna, professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano. «Basta osservare quanto sta accadendo negli spazi della ex Fiera di Milano, conquistati da CityLife, la cordata formata dalla Progestim di Ligresti, Generali, Ras, l’immobiliare romana Làmaro della famiglia Toti e la spagnola Lar. Il Comune di Milano ha concesso una densità edilizia di 1,15 metri quadrati per metro quadrato, il doppio delle altre aree dismesse milanesi. Significa 900 mila metri cubi di edifici in un’area di 255 mila metri quadrati. Una densità di edifici impressionante mentre il poco spazio verde previsto, anziché finire in un unico parco, sarà sbriciolato qua e là». Com’è stato calcolato un indice simile? «Semplice: si è partiti dal presupposto che quell’area dovesse fruttare circa 250 milioni di euro. Agli attuali prezzi di mercato, sono necessari 900.000 metri cubi di appartamenti.» risponde Brenna «È questa la logica dell’edilizia milanese
Cemento disarmato Quattro miliardi di euro è il valore delle che il demanio darà in concessione. Un patrimonio che potrebbe contribuire aree militari
IÙ CHE IL PACIFISMO POTRÀ IL MATTONE? Sembrerebbe di sì Niente Scip guardando il numero degli immobili (“Erano immoQuesta volta le cose potrebbero essere diverse dalla solita dismissione bili, oggi vi vengono incontro” si legge sul sito del Dedel patrimonio pubblico verso i soliti privati, perché l’ultima Finanmanio) che dal ministero della Diziaria ha introdotto la novità che i beni non saranno venduti, ma confesa stanno passando all’agenzia cessi per un massimo di 50 anni, scaduti i quali torneranno di prodi Paola Baiocchi del Demanio, nell’operazione Valoprietà del Demanio. L’apripista delle dismissioni è stata Bologna, dove re Paese che cambierà la destinazione d’uso di circa mille aree miliè stato firmato un protocollo di intesa tra ministero dell’Economia e tari, coinvolgendo gli Enti locali.La descrizione delle tipologie aliedelle Finanze, agenzia del Demanio e Comune di Bologna per il recunabili è contenuta nel decreto del 28 febbraio 2007 del ministero pero di dodici servitù militari: 500 milioni di euro per 600mila metri della Difesa e fa venire l’acquolina in bocca, perché molte aree sono quadri, fra cui molti stabili di interesse storico e in appetibili zone cengrandi “come piazze d’armi” e in zone di interesse ambientale, optrali. «Ma a Bologna, al di là delle dichiarazioni alla stampa» ci dice pure sono edifici storici e “strategicamente” collocati nel centro delVincenzo Simoni, segretario nazionale dell’Unione inquilini «non si le città: ex poligoni di tiro (uno sul Monte Argentario), arsenali, cavede un reale impegno della politica nel cercare soluzioni condivise e serme, aeroporti, un ex calzaturificio, aziende agricole, capannoni, innovative. Anche a Roma, sull’acquisizione di Forte Bravetta l’assesex polveriere. C’è anche un faro nelle Isole Tremiti. Dopo 14 anni e sore fa le cose in modo misterioso». 9 passaggi legislativi, il meccanismo si è messo in moto e verranno Per l’operazione Valore Paese la Cassa depositi e prestiti (Cdp) metdefinite quattro tranche, ognuna del valore catastale di almeno 1 terà a disposizione delle amministrazioni un nuovo strumento finanmiliardo di euro, attraverso le quali verranno liberati beni militari, ziario per intervenire nella riqualificazione dei beni: si tratta di prestianche in aree edificabili. ti a scadenza più lunga (50 anni) di quelli oggi concessi dalla Cassa. La prima tranche di 201 immobili, soprattutto al nord e nelle reVincenzo Visco ha commentato entusiasta: «Dopo anni in cui il pagioni centrali, è stata pubblicata; l’ultima tranche è previtrimonio è stato spesso svenduto a prezzi di saldo, questa per il luglio del 2008. Nelle liste non dovrebbero riensta è una grande operazione, in una logica totalmente IN RETE trare i 4.493 alloggi, su un totale di 18.084, che il Governo diversa, che cambierà la faccia delle nostre città, con inwww.patrimoniosos.it www.demaniore.com Berlusconi aveva tentato di vendere all’interno della famivestimenti privati che possono valere molto anche in www.unioneinquilini.it gerata operazione di cartolarizzazione Scip3. termini di Pil».
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moderna: prima si stabilisce quanto si vuole guadagnare e, in base a quella cifra, si decide quanto costruire. E il Comune dà il suo benestare, magari in cambio dell’impegno da parte del costruttore di realizzare un’opera pubblica: una strada, un tratto di metropolitana. Insomma, un modo per sopperire alla carenza di fondi pubblici concedendo più permessi edili». «Milano sta imboccando la strada della massima liberta edificatrice per i costruttori. Lo dimostra il nuovo Pgt (Piano di governo del territorio) proposto dall’assessore allo Sviluppo del territorio del Comune, Carlo Masseroli» denuncia Giorgio Ferraresi, professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano. Se la proposta dovesse essere approvata, il vecchio piano regolatore scomparirebbe per dare il benvenuto a un nuovo complesso meccanismo in base al quale i permessi edili si scambiano in una vera e propria Borsa, regolata da criteri di mercato. Il piano regolatore specificava in quali aree della città era possibile costruire e in quali no. Il nuovo metodo, invece, prevede che tutta la città sia potenzialmente edificabile. Cioè a tutte le zone di Milano è assegnato uno stesso indice di edificabilità (ancora da
stabilire). Chi volesse superarlo, dovrà acquistare diritti edificatori in Borsa da altri proprietari, e i terreni rimasti senza diritti di costruire finiranno nelle tasche del Comune. «Un meccanismo complesso quanto assurdo e pericoloso» commenta Ferraresi. «In questo modo il diritto a costruire, anziché essere concesso dallo Stato ai privati, appartiene direttamente ai singoli che possono decidere liberamente che cosa farne». Ma la libertà decisionale dei costruttori è evidente sin d’ora. «Nell’area Garibaldi-Repubblica si è assistito a una consapevole ed esplicita distruzione del quartiere Isola. E il Comune non ha mosso un dito» racconta il professor Ferraresi. «L’Isola è un pezzo della storia della città, dalla forte identità culturale, dove ancora sopravvivevano piccole attività artigianali concentrate soprattutto nella Stecca degli artigiani, una vecchia fabbrica dalle facciate scrostate, che, anziché essere ristrutturata, dopo mesi di battaglia da parte degli abitanti del quartiere, è stata rasa al suolo. Al suo posto sorgeranno moderni grattacieli per ospitare la nuova città della moda, le nuove sedi di Regione e Comune e case, tante remunerative case a prezzi da capogiro».
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a risolvere il problema della casa. Ma solo se si riparte da una progettazione condivisa. LE EX CASERME FRANCESI DI VAUBAN - FRIBURGO CON LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, le truppe francesi stanziate nelle caserme di Friburgo, nel Baden-Württemberg in Germania lasciano i 34 ettari a Vauban, area a solo due chilometri dal centro. La città nel 1994 li compera dallo Stato decidendo un progetto che dia il segno della riappropriazione dell’area dal punto di vista sociale e ambientale. L’obiettivo è un quartiere ad alta densità per differenti gruppi sociali, con alloggi per 5.000 abitanti e 600 posti di lavoro. Dieci vecchi edifici militari vengono dati dal Comune all’Organizzazione degli studenti, che li ristrutturano ecologicamente e li trasformano in residenze per 600 universitari. La rimanente area viene suddivisa in piccoli lotti e venduti principalmente a privati e a gruppi locali. La nascita del quartiere sostenibile Vauban è strettamente collegata all’attività del Forum Vauban, associazione non profit che raccoglie circa 300 soci e che è intervenuta in tutte le fasi della progettazione, come membro consultivo del Comune, per cui ora a Vauban tutti gli edifici consumano meno di 65 kWh/mq per anno, 42 hanno un consumo di 15 kWh/mq per anno e 10 producono più energia di quanta ne consumano. Per il riscaldamento di tutto il quartiere provvede una centrale di cogenerazione a pallet, tutti i tetti sono provvisti di collettori termici solari e di pannelli fotovoltaici (450 mq i primi e ben 1.200 mq i secondi). Il quartiere è stato pensato per ridurre al minimo la presenza delle auto. www.vauban.de
ADDIO ALLE ARMI La localizzazione dei 240 beni militari da dismettere individuati dal decreto del 2005 Veneto Lombardia Piemonte E. Romagna Liguria Campania Lazio Toscana Puglia Marche, Abruzzo, Umbria
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FONTE: MINISTERO DELLA DIFESA
900.000 metri cubi. Così il guadagno è assicurato
La destinazione d’uso? Pubblica, per una volta Si potranno fare avanti anche Enti privati, imprese, consorzi, associazioni. «A questo punto è importante che da settembre»riprende Vincenzo Simoni «diventi operativo quello che è stato deciso nel Tavolo nazionale sulla casa, a cui hanno partecipato ministeri, sindacati, Anci e associazioni di categoria. E cioè che ci sia una destinazione residenziale pubblica all’interno di queste aree, costruite a suo tempo con soldi pubblici. Per una volta, dopo l’occasione persa dell’utilizzo delle aree industriali dismesse, si potrebbe dare un senso alle istanze del pacifismo, dell’ambientalismo e fare fronte alle esigenze abitative e sono 600.000 le domande inevase di assegnazione di case popolari». E per sollecitare l’attenzione delle forze politiche e della società civile, in questo momento di transizione l’Unione Inquilini ha lanciato sul suo sito un appello da firmare dal titolo “Abitare nel costruito” dove si chiede che il passaggio agli Enti locali non sia oneroso. Elisabetta Spitz è il direttore dell'agenzia del Demanio che sta seguendo la dismissione con abilità bipartisan (l’incarico le è stato conferito da un governo di centrosinistra, riconfermato da Tremonti e ora dall’attuale governo) simili a quelle del marito Marco Follini, che sa cambiare schieramento politico al momento giusto. L’architetto Spitz ha commentato così le nuove opportunità offerte da Cdp: «In questo modo si favorisce la collaborazione con i Comuni per la valorizzazione dei beni. E con la disponibilità di Cdp si
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crea una leva finanziaria che incoraggerà gli investimenti». Una leva finanziaria valutata 40 miliardi di euro. Con ricadute positive anche per le casse dello Stato e dei Comuni? Sì, se la politica con la società civile fa sua questa grande opportunità.
Una grande opportunità Si è allungata la durata dei mutui per l’acquisto della prima casa: il 50 per cento di quelli concessi nell’ultimo anno è trentennale e questo impegno delle risorse delle famiglie ha diverse conseguenze: immobilizza l’economia in un asfittico circolo vizioso e costringe le famiglie a esercizi di equilibrismo per arrivare a fine mese. I dati del primo trimestre 2007 del Bollettino di Bankitalia parlano di debiti finanziari cresciuti dell’11% rispetto all’anno precedente. E di una contrazione nei consumi di beni alimentari. Le ricadute positive di una politica della casa che riparta da questi grandi spazi potrebbe riguardare anche settori d’investimento non speculativi, come ci spiega Giovanni Caudo urbanista, ricercatore presso l’Università Roma Tre: «In Italia non esiste l’offerta di alloggi a costo accessibile, intermedi tra quelli a canone so-
ciale e quelli in regime di libero mercato. Il mercato immobiliare italiano è rigido ed è causa della crescente vulnerabilità delle famiglie anche del ceto medio. I recenti incrementi dei canoni di affitto hanno determinato un aumento del numero delle famiglie (circa 400.000 tra il 2005 e il 2007) che hanno visto crescere, oltre la soglia del 30%, il peso del canone sui redditi. In città come Roma può incidere dal 47 al 70 per cento, se si risiede in zone centrali. Nel caso delle aree militari dismesse, i Comuni potrebbero destinarne una parte per favorire la diffusione della casa a costo accessibile. Per farlo è necessario favorire la costituzione di soggetti non profit affidatari della gestione. Si potrebbe così aprire una grande opportunità per destinare nuovi spazi al social housing, l’abitazione per chi non può permettersi la casa di proprietà, ma non è nemmeno così povero da rientrare nei parametri per gli alloggi popolari». Potrebbero formarsi gruppi di cittadini che organizzano l’autocostruzione, oppure si uniscono in cooperative o associazioni e ottengono la gestione delle aree. Un modello c’è già, ed è quello realizzato a Friburgo (vedi BOX ) dove al posto delle ex caserme francesi è nato un quartiere di 5.000 abitazioni.
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I fondi immobiliari in Germania fanno paura Valutazioni errate e disinvestimenti di massa: tre fondi immobiliari tedeschi sospendono le quotazioni. senza comprare case e palazzi. Promettono rendimenti superiori ai titoli di Stato senza correre grossi rischi. I fondi immobiliari, molto amati negli Stati Uniti, in Germania, in Francia e sempre più diffusi anche in Itadi Mauro Meggiolaro lia, sembrano aver trovato la quadratura del cerchio. Il loro funzionamento è semplice: una società di gestione raccoglie quote di capitale dai risparmiatori per acquistare o costruire immobili (di solito complessi industriali o commerciali). La somma delle quote costituisce il patrimonio del fondo, il cui guadagno è dato dalla riscossione degli affitti e dalla rivalutazione degli immobili. Un gioco da ragazzi che, secondo le stime, può offrire dai 2 ai 4 punti percentuali in più rispetto all’inflazione: una via di mezzo tra i BOT e gli investimenti azionari. Rischio basso, buoni rendimenti. Sembra la favola di Babbo Natale. ERMETTONO DI INVESTIRE NEL MATTONE
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Babbo Natale non esiste Ma Babbo Natale, in finanza, non esiste. Il popolo degli Immobilienfonds se n’è accorto nel 2005, in un freddo giorno di dicembre, quando DB Real Estate, la controllata di Deutsche Bank che si occupa di investimenti immobiliari, ha chiuso il fondo Grundbesitz Invest per procedere alla “rivalutazione degli immobili in portafoglio” e ha sospeso i rimborsi agli aderenti per due mesi e mez-
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zo. Appena un mese dopo hanno chiuso i battenti altri due fondi immobiliari, promossi dalla KanAm Grund Kapitalanlage, per riaprire agli inizi di aprile. In mezzo secolo di storia dei fondi del mattone tedeschi non era mai successo. Ma perché si è arrivati a decisioni così drastiche? Le ragioni sono molte. Prima di tutto i tre fondi in questione sono “aperti”: si può entrare e uscire quando si vuole. Per rimborsare chi esce viene accantonato almeno il 5% del patrimonio in riserve liquide. Solo che, se molti decidono di uscire nello stesso momento –com’è successo nel caso di Grundbesitz e KanAm- , il 5% può non essere sufficiente e quindi bisogna vendere gli immobili in portafoglio per recuperare liquidità. Cosa che può richiedere molto tempo. In passato situazioni del genere erano state gestite con l’intervento delle banche. Nel 2004 Dresdner e Deka Bank avevano iniettato liquidità nei propri fondi immobiliari per evitare di dover sospendere i rimborsi in attesa di realizzare le vendite. Deutsche Bank, invece, ha deciso di non intervenire e di lasciare il Grundbesitz al proprio destino. «Nel dicembre del 2005 erano altre le priorità per DB», spiega l’Economist, «la banca doveva raggiungere un ROE (ritorno sul capitale proprio NdR) del 25%. Correre in soccorso del fondo avrebbe significato sborsare qualche centinaio di milioni di euro: l’effetto sul bilancio sarebbe stato pesante». Nel caso del Grundbesitz, la crisi è stata innesca-
EUROPA POST INDUSTRIALE DEMOLIRE O RICICLARE? SONO DUE FILOSOFIE, DUE MODI DI VIVERE. Di fronte a qualcosa di vecchio, rotto, abbandonato si può passare un colpo di spugna, o di ruspa, e rifare tutto daccapo. Oppure rimetterlo in sesto e usarlo per uno scopo diverso, riciclarlo. Succede con i rifiuti, ma anche con le fabbriche abbandonate, i magazzini, le miniere. Le città europee sono piene di residuati di archeologia industriale, memoria di un’epoca finita da decenni. Che fare, quindi, di queste aree dismesse? Le risposte sono state molto diverse. L’Italia, nella maggior parte dei casi, sembra aver scelto la strada del “radi al suolo e ricostruisci”, senza alcun rispetto per ciò che quell’edificio rappresentava. Nel resto d’Europa invece sono molti gli esempi di ex aree industriali a cui è stata data una seconda vita, mantenendone l’identità originaria: le Dockland di Londra, ex depositi portuali trasformati in un’area commerciale alla moda, o il quartiere in stile vittoriano nelle Gorbals di Glasgow. O ancora la Promenade Plantée a Parigi, che unisce la Bastiglia alla Gare de Lyon sul percorso della vecchia ferrovia trasformata in un giardino affiancato da negozi di architettura d’interni e design, atelier d’artisti
e botteghe di moda. O Temple Bar a Dublino, trasformato da un insieme di magazzini a quartiere artistico e culturale, nella cui rinascita hanno avuto un ruolo fondamentale gli abitanti della zona. Una situazione simile al quartiere Isola, a Milano, dove però, purtroppo, la conclusione è stata molto meno felice (vedi articolo). Ma il simbolo del “non si butta via niente” nell’Europa post industriale è certamente la regione tedesca della Ruhr. Difficile trovare altri luoghi dove sia possibile fare sub in un depuratore, assistere al Lago dei cigni in una miniera e ascoltare musica in un gasometro. La regione simbolo dell’industria pesante tedesca ha saputo reinventarsi completamente, sfruttando in un modo nuovo ogni centimetro. Al posto di carbone e acciaio ci sono 250 musei. L’acciaieria è diventata un percorso di archeologia industriale, l’altoforno è un teatro, l’ex tubo per il raffreddamento fa da scivolo per i bambini, i muri di cinta sono una parete da arrampicata e dal trenino sotterraneo che trasportava carbone nelle miniere tra Dortmund e Duisburg, i turisti possono immaginare una vita che appartiene a un passato che non c’è più.
Intanto in Italia sembra essere finita la guerra sul fondo Berenice di Pirelli RE, che gestisce gli immobili ex Telecom. ta dalla stagnazione del mercato tedesco, su cui il fondo investiva il 60% del patrimonio. Gli affitti in discesa hanno costretto Deutsche Bank ad annunciare un ricalcolo degli asset, per adeguarli ai valori reali. All’annuncio sono seguiti disinvestimenti per 1,4 miliardi di euro (un quinto del patrimonio totale). Per il KanAm è bastato il sell di un’agenzia di rating, che ha consigliato di vendere le quote del fondo a causa di investimenti rischiosi negli USA, per dare inizio alla diaspora. Nella primavera dello scorso anno i tre fondi sono ripartiti, ma la scottatura dei piccoli risparmiatori, assicurano gli operatori del mercato, continuerà a produrre i suoi effetti.
Galline dalle uova d’oro «In Italia questi problemi non si pongono. I nostri fondi immobiliari sono chiusi o al massimo semi-aperti. È possibile uscire solo in momenti predefiniti», ha dichiarato Gerardo del Borgo, consulente di CordeaSavills ed ex direttore generale di Deutsche Bank Fondi Immobiliari Sgr. Sarà, ma anche con i fondi chiusi le sorprese non mancano. Lo dimostra la battaglia che hanno ingaggiato Pirelli Real Estate, alleata con la banca Merril Lynch, e il Gruppo Caltagirone, fiancheggiato dalla casa di investimenti Goldman Sachs, per aggiudicarsi i fondi immobiliari Tecla e Berenice. Nei due fondi, quotati in borsa dal 2005, Pirelli Real Estate aveva fatto confluire una parte delle cen-
trali e degli immobili svenduti da Telecom Italia a Pirelli, su cui la stessa Telecom continua oggi a pagare affitti molto elevati. Visto che, secondo Pirelli, i due fondi trattavano a sconto rispetto ai valori degli immobili, il 22 maggio scorso aveva deciso di portarli via dal mercato lanciando un’offerta pubblica d’acquisto (OPA) a 540 euro per quota (per Berenice): il 14,1% in più rispetto al prezzo medio negli ultimi dodici mesi. Ma non aveva fatto i conti con Caltagirone che, fiutato l’affare, il 18 giugno ha deciso di rilanciare a 640 euro. Da allora si sono susseguite una serie di offerte e controfferte fino al 31 luglio, quando Pirelli RE Sgr, gestore di Berenice, ha chiesto agli investitori di aderire all’offerta di Caltagirone-Goldman, fissata a 913 euro. Chi aveva comprato le quote di Berenice un anno fa può ora portare a casa un guadagno superiore al 110%. Ma perché un fondo immobiliare rimasto dormiente per due anni si è improvvisamente svegliato? C’è stato un difetto di trasparenza o si tratta semplicemente di “sonnolenza dei mercati”? Forse è ancora presto per dirlo. Un dato però sembra certo: gli immobili svenduti da Telecom a Pirelli per iscrivere a bilancio plusvalenze sono vere e proprie galline dalle uova d’oro, dove le uova sono gli affitti che la ex controllata di Tronchetti Provera continua a pagare a Tronchetti Provera, presidente di Pirelli. Ancora per poco. Prossimamente le pigioni d’oro saranno infatti riscosse dai Caltagirone.
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Darfur
Il business cinese di Paolo Fusi
ONO QUATTROCENTO CAMION DELLA IVECO
che vanno avanti e indietro, un giorno dopo l’altro, da Port Sudan a Darfur. Dalle tranquille acque del Mar Rosso all’inferno scatenato dal governo sciovinista di Omer El Bashir e del suo Movimento Fondamentalista Islamico, il NIF. Sono 400 camion della Iveco che viaggiano per 1800 chilometri all’andata e 1800 al ritorno, su una strada a volte dissestata dalle intemperie, a volte martoriata dalle bombe e dalle mine, a volte dall’incuria. Trasportano di tutto: stoffa, frutta, petrolio e gas per le società commerciali internazionali che caricano a Port Sudan, ma anche generi di prima necessità, medicine, mine antiuomo, pallottole e mitragliatrici per gli eserciti più o meno irregolari che si affrontano nella regione di Darfur, nel Sudan Occidentale, in cui il Governo di Khartoum sta perpetrando un genocidio senza che noi si faccia molto. E se avanza qualcosa, quei camion fanno ancora 400 chilometri verso sud, verso la città fantasma di Birao, nella Repubblica Centroafricana, combattuta dai soldati regolari di quel paese ed i ribelli – poi tutti spazzati via in un olocausto di fuoco scatenato dalle squadriglie dell’aviazione francese. Sembra la trama di un film? Invece no, è una storia vera. A Darfur quei 400 camion della Iveco, tutti appartanenti ad un’unica Compra l’oro nero sudanese società sudanese, sono i registi di una delle guerre che viene utilizzato più atroci degli ultimi decenni. Un genocidio, appunto. per trafficare in strumenti Che sarebbe impossibile senza quei camion. di morte per le milizie regolari E senza coloro che scambiano le ricchezze minerarie e irregolari. E la società commerciale reinveste gli utili del Sudan con le armi: scappati gli italiani, gli americani, gli inglesi ed i francesi, a comprare l’oro nero sudanese, pagandolo con ciò che il governo di Khartoum abbisogna per completare il massacro, sono solo e soprattutto i cinesi. Lo fanno con delle società che crescono a vista d’occhio, diventando dei colossi mondiali dell’energia: la CNPC in testa, ma anche i gruppi misti come Petrochina e Petrodar. Oggi il 65% dell’export sudanese è verso la Cina. Così nascono nuove banche internazionali, sorgono colossi commerciali internazionali, il tutto finanziato con una mostruosa ed antidiluviana economia di guerra. Se le società petrolifere europee se ne sono andate (molto riluttanti, dato che l’Agip fino all’ultimo ha cercato di restare mascherandosi dietro le spalle possenti di un prestanome kenyota), i cinesi hanno portato in Sudan dollari, droga e polvere da sparo in cambio del prosciugamento sistematico delle risorse naturali di un paese di per se ricchissimo ma in cui si muore di fame e di sterminio. Nel frattempo la società che gestisce i 400 camion Iveco ha costituito una finanziaria che reinveste una parte dei miliardi guadagnati con i trasporti di morte. Come li reinveste? Da noi, ad esempio, comprando da Finmeccanica e valutando la possibilità di investire nella FIAT. Così Torino gli costruisce anche i punti assistenza nel deserto, a chi trasporta morte. Così quei 400 camion della Iveco dureranno qualche anno in più prima di dover essere sostituiti…
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A Manchester va in scena la finanza cooperativa >34 L’anima nera di Siemens. Milioni di tangenti >37 Banca Etica: le domande della redazione di Valori >39
finanzaetica NASCE IN SVIZZERA L’AUTORITÀ DEI REVISORI
UNICREDIT-CAPITALIA L’ANTITRUST SI PRONUNCERÀ ENTRO OTTOBRE
CON L’ETICA LAVORATORI E AZIENDA CI GUADAGNANO
L’NDRANGHETA È UN GRANDE IMBROGLIO PER TUTTI
PARI OPPORTUNITÀ NEL CDA E TRA I MANAGER IL VOTO DI ETICA SGR ALL’ASSEMBLEA DI VODAFONE
INCENTIVI PER LO SVILIPPO UNA TRUFFA DA MILIARDI
In Svizzera è una piccola rivoluzione. Dal 1 settembre, la nuova autorità di sorveglianza dei revisori (organo indipendente) deciderà sull’abilitazione dei revisori e sorveglierà gli organi di revisione di società con azioni quotate in borsa. L’autorità garantirà da un lato che i servizi di revisione siano forniti conformemente alle prescrizioni e ai requisiti di qualità, e dall’altro che le direttive internazionali quali il “SarbanesOxley Act” statunitense vengano attuate. L’Autorità di sorveglianza dei revisori terrà un registro pubblico per persone fisiche e giuridiche che forniscono servizi di revisione previsti dalla legge, sorveglierà le imprese di revisione che forniscono servizi di revisione per società con azioni quotate in borsa e le sottoporrà a un controllo approfondito ogni tre anni. Nessun costo per la Confederazione, perché l’autorità di sorveglianza si autofinanzia completamente mediante gli emolumenti riscossi per le sue decisioni, i suoi controlli e le sue prestazioni nonché mediante le tasse delle imprese sotto sorveglianza statale.
Continua il braccio di ferro tra Antitrust e Unicredit, oggetto la fusione con Capitalia. L’Autority ha tempo fino al 7 ottobre per dare il parere definitivo. Le banche avrebbero avanzato una proposta secondo la quale si impegnano ad aumentare dello 0,77% la quota in vendita della partecipazione complessivamente detenuta in Mediobanca dopo la fusione. Il mandato a Mediobanca per il collocamento riguarderebbe il 9,39% di Piazzetta Cuccia, pari cioè alla quota in portafoglio di Capitalia. Inoltre, Unicredit si sarebbe impegnata a cedere 200 filiali, mentre i due istituti sarebbero disponibili “a sterilizzare” il voto di Rampl e Palenzona nel consiglio di sorveglianza di Mediobanca sui temi attinenti a Generali. L’istruttoria dell’Antitrust, avviata il 17 luglio scorso, ha rimarcato che la fusione ha un impatto potenziale in grado di creare o rafforzare posizioni dominanti su diversi mercati relativi a retail, risparmio, investment banking e settore assicurativo. Punto di partenza è rappresentato dai legami con Mediobanca e la sua principale partecipazione, le Generali. Secondo l’Authority, la banca che sorgerà dalla fusione avrà un ruolo di assoluto rilievo nella governance di Piazzetta Cuccia, nonostante l’impegno a cedere circa metà della partecipazione complessiva post-fusione, perché esprimerà una posizione unitaria e di rilievo, mentre nel passato Unicredit e Capitalia potevano esprimere posizioni difformi. A questo proposito l’Autorità per la tutela della concorrenza rileva che la banca post fusione esprime nel consiglio di sorveglianza di Mediobanca 5 componenti su 21, fra i quali il presidente Cesare Geronzi.
Come diffondere i valori della responsabilità sociale d’impresa all’interno delle aziende e come trasferirli ai dipendenti. È questo il tema che animerà la due giorni londinese (3 e 4 dicembre) organizzata da Ethical Corporation (www.ethicalcorp.com). Si tratta dell’evento più importante in Europa dedicato alla responsabilità sociale d’impresa, giunto quest’anno alla sua sesta edizione. Uno dei problemi che saranno affrontati è la percezione della propria azione responsabile non solo all’esterno, ma anche all’interno dell’azienda e la sua ricaduta nel rapporto con i lavoratori. Secondo gli esperti di risorse umane, coinvolgere i propri collaboratori nelle azioni di sostenibilità e responsabilità conviene, perché aumenta la loro efficienza operativa e consolida la loro motivazione nel lavoro. Un circolo virtuoso che influisce anche sul profitto aggiuntivo per ciascun dipendente pari a 2500 euro annui. Nella due giorni si parlerà di come motivare per sviluppare strategie innovatrici di sostenibilità dal basso verso l’alto; perché una reputazione sostenibile può aumentare e migliorare il rendimento del personale; come misurare i vari livelli di coinvolgimento.
‘Ndrangheta: la più potente organizzazione criminale al mondo. Calabria: la regione più povera in Italia e tra le più povere in tutta Europa. ‘Ndrangheta: giro d’affari di 36 miliardi di euro annui. Locride: strada statale 106 impercorribile, ferrovia a binario unico in via di smantellamento, comuni ad alta presenza mafiosa tra i più poveri e disastrati. ‘Ndrangheta: alleanza di ferro con una potente massoneria deviata e con la politica collusa. Calabria: disoccupazione altissima e sviluppo sempre più lontano. Comincia così la lunga lettera aperta scritta dalle Comunità libere (www.comunitalibere.org), dal Consorzio Sociale Goel (www.consorziosociale.coop) e dalla Pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Locri-Gerace. Una denuncia del grande imbroglio della ‘ndrangheta «una fregatura rivolta alle stesse famiglie mafiose. Ad essere imbrogliati sono proprio gli affiliati, gli “uomini d’onore”, i “picciotti”, i “camorristi”, gli “sgarristi”... e le loro famiglie, i loro parenti innocenti, coloro che senza saperne il perché sono spesso costretti a versare il proprio sangue in faide assurde».
Maggiore attenzione alle pari opportunità, alla rappresentanza femminile nel consiglio di amministrazione e nel management, più trasparenza sulle remunerazioni dei manager. Queste le richieste di Etica Sgr all’assemblea degli azionisti dell’inglese Vodafone, leader mondiale nelle telecomunicazioni. Con oltre un milione di azioni, Etica si è espressa a favore di tutti i punti all’ordine del giorno proposti dall’impresa: approvazione del bilancio, rielezione dei membri del consiglio di amministrazione, piano di remunerazione, sottolineando, appunto, la mancanza di “quote rosa” nei piani che contano. Quasi la metà dei dipendenti Vodafone sono, infatti, donne ma solo una siede nel consiglio di amministrazione della società e solo l’11% del top management è rappresentato da donne. Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica Etica Sgr, ha inoltre suggerito a Vodafone di preferire le remunerazioni in azioni rispetto alle stock options per prevenire un eventuale uso scorretto delle opzioni da parte dei manager. Voto negativo invece alle proposte degli investitori di Efficient capital structures (Ecs) che avevano chiesto alla società di indebitarsi ulteriormente e di scorporare la partecipazione di Vodafone in Verizon Wireless per restituire valore agli azionisti nel breve periodo. Le proposte di ECS non sono riuscite ad ottenere il voto della maggioranza degli azionisti, mentre tutti gli altri punti sono stati approvati.
La Guardia di Finanza ha stimato che tra il 1993 e il 2007 le frodi sugli aiuti stanziati dalla legge 488/92 hanno superato il 12 per cento. La legge è stata realizzata per erogare aiuti a fondo perduto nel campo dell’industria, dei servizi, dell’edilizia, del turismo, del commercio e dell’artigianato. Il record negativo spetta al sud, con Calabria e Sicilia in testa. Fino all’anno scorso i fondi erogati sono stati pari a 18 miliardi di euro al sud Italia e 2,5 miliardi al centro-nord. All’industria e ai servizi sono andati 15 miliardi, 2 miliardi e 600 milioni al turismo e al commercio. Nel 2006 le Fiamme Gialle sono intervenute 402 volte, individuando 168 milioni di euro percepiti illecitamente sui 259 totali. Il trend negativo si conferma nei primi mesi del 2007: 157 interventi della finanza per un totale di quasi 120 milioni di truffe e 245 milioni bloccati. Le tecniche illecite sono sempre le stesse: false fatturazioni, false fideiussioni, aziende fantasma, assunzioni virtuali, acquisto di macchinari usati spacciati per nuovi.
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A Manchester va in scena la finanza cooperativa
Co-operative Bank, Co-operative Insurance, ma anche supermercati, farmacie, agenzie di viaggi, servizi legali e funebri. Tutti riuniti nel Co-operative Group, la società cooperativa più grande del mondo. Che ha deciso di mettere l’etica al primo posto. ANCHESTER, NORD-OVEST DELL’INGHILTERRA, QUATTRO ORE DI TRENO DA LONDRA. La città più industrializzata del mondo alla fine dell’ottocento, quando «venivano da tutte le parti per vedere come sarebbe stato il futuro», mi spiega subito il taxista. Immagine di uno splendore passato. Oggi ha il volto di una grande città dinamica, che è passata dall’industria ai servizi, ai palazzi di vetro, ai ponti sospesi. È qui che ha sede il Co-operative Group, la società cooperativa più grande del mondo. Creata nel 1863 come Co-operative Wholesale Society (Cooperativa di vendita all’indi Mauro Meggiolaro grosso), oggi comprende 1.700 supermercati (6% del mercato britannico), una Co-operative Bank con oltre 90 sportelli, una compagnia di assicurazione e gestione del risparmio (CIS, Cooperative Insurance), ma anche farmacie, agenzie di viaggi, servizi legali e funebri, fattorie. In tutto impiega più di 68.000 persone. Una di queste è Ryan Brightwell, dell’Ethical Policy Unit, il dipartimento che studia le linee guida sociali e ambientali da applicare a tutto il Gruppo. «Ho studiato a Manchester e ho sempre sognato di lavorare in Co-op», mi spiega Ryan. «Qui si respira un’aria diversa, c’è molta attenzione ai diritti dei lavoratori, all’origine dei prodotti, al valore sociale dei servizi».
I pionieri di Rochdale CIS PRONTA A TAGLIARE 1.000 POSTI DI LAVORO IL 20 LUGLIO SCORSO Cooperative Insurance (CIS), il braccio finanziario del Co-operative Group, ha annunciato il taglio di 1.000 posti di lavoro: il 10% dello staff. Negli ultimi dodici mesi sono molte le banche e assicurazioni inglesi che hanno effettuato o annunciato tagli, tra queste Barclays (1.100 posti), Lloyds (3.000) e Aviva (4.000). Il motivo ufficiale è la “riduzione dei costi in un mercato sempre più competitivo”. I tagli in casa CIS, che arriveranno prima della fine dell’anno, dovrebbero interessare soprattutto i quadri intermedi. «È in atto una consultazione con i sindacati”, ha spiegato David Anderson, direttore di CFS (holding che controlla CIS e Co-operative Bank, ndr) al Financial Times. «Offriremo il massimo sostegno ai colleghi coinvolti nei tagli e cercheremo di usare il più possibile i prepensionamenti volontari, ma i licenziamenti saranno inevitabili». David Fleming, sindacalista di Unite, il più grande sindacato britannico, promette battaglia: «da parte nostra ci sarà tolleranza zero verso i licenziamenti coatti. Ci aspettiamo che CFS onori la sua reputazione di investitore etico». I profitti di CFS nel 2006 sono scesi da 159,3 a 146,2 milioni di sterline (217,56 milioni di euro). M.M.
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La stessa aria che devono aver respirato i “pionieri di Rochdale”, citati nei libri come i fondatori, nel 1844, del primo movimento cooperativo organizzato del mondo. Rochdale è una cittadina di 90.000 abitanti, che fa parte oggi della Grande Manchester. Allora era un centro dell’industria tessile, dove la gente lavorava fino a 16 ore al giorno, mangiava poco e male e viveva in media 21 anni. In un contesto del genere tutti erano in guerra contro tutti. «I negozianti ne approfittavano. Per fare più profitti mescolavano la terra al caffé, truccavano i pesi nelle bilance», racconta Ryan Brightwell. «A quel punto gli operai si stufano: 28 lavoratori decidono di aprire un negozio di alimentari che offre beni di alta qualità a prezzi ragionevoli. Un negozio di cui, finalmente, ci si puo’ fidare». E per aumentare la fiducia invitano i clienti a diventare soci dell’attività, a condividere i profitti, ad essere parte del progetto. Nasce la prima cooperativa, guidata dai “principi di Rochdale”, che ancora oggi sono alla base del movimento coopera-
PETER MARLOW / MAGNUM PHOTOS
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tivo internazionale: adesione libera, controllo democratico (una testa, un voto), partecipazione economica, educazione, collaborazione tra cooperative, ecc. Dal negozio si passa presto alla creazione di un “banco di credito e deposito”, per prestare i soldi a contadini e operai, e a una società di assicurazione, per assicurare i negozi di alimentari contro gli incendi. Tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento gli organi principali dell’odierno Co-operative Group sono già completamente formati.
Banca e assicurazione: l’etica al primo posto Nel 1971 il banco di credito diventa Cooperative Bank, “la prima ad applicare una politica socio-ambientale basata sulle indicazioni dei clienti e dei consumatori” e a “pubblicare un bilancio sociale certificato”. Intanto l’assicurazione diventa Cooperative Insurance (CIS) e nel 1990 promuove un primo fondo di investimento etico. Nove anni dopo lancia un programma di partecipazio-
ne attiva alle assemblee di azionisti. Per più di un secolo le due istituzioni percorrono strade separate, poi, nel 2002, si uniscono sotto a uno stesso cappello: quello di CFS, Cooperative Financial Services. Co-operative Bank ha chiuso il 2006 con un utile di 113 milioni di euro, concede crediti per 11,5 miliardi di euro (di cui 3,63 alle imprese) e ha depositi per circa 11,4 miliardi. «La nostra banca non è esclusivamente dedicata all’ambiente o al sociale, come possono essere Triodos, Charity Bank o la stessa Banca Etica italiana», spiega Ryan Brightwell. «Un terzo dei finanziamenti sono concessi alle imprese, in settori tradizionali». Per la concessione dei prestiti sono però applicate delle precise linee guida etiche, con la consulenza della società di ricerca inglese Eiris, la stessa che fornisce i dati per la selezione dei titoli dei fondi di Etica Sgr, la società di gestione del risparmio di Banca Etica. «Le linee guida sono elaborate dalla Ethical Policy Unit su indicazione dei clienti. Sono loro che decidono i temi che considerano più importanti», continua Ryan. «In tutte le filiali han|
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Il supermercato Sainsbury’s alla periferia di Manchester.
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no la possibilità di compilare un questionario dove, accanto a ogni tema, possono esprimere le loro preferenze. Ne abbiamo raccolti e scrutinati più di 80.000. È risultato un forte interesse per i diritti umani, il coinvolgimento nella produzione e commercio di armi, l’impatto ambientale, i diritti degli animali, le pari opportunità e l’accesso ai servizi finanziari». Nel rapporto di sostenibilità di CFS sono presentate, per ogni tema, le stime dei mancati ricavi in seguito all’applicazione delle linee guida etiche. La lista delle “perdite” è lunga e dettagliata: 10.000 euro per aver rifiutato il finanziamento di sistemi di controllo elettronico per missili anticarro e terra-aria, 460.000 euro per il no a un grande allevamento di maiali che non forniva sufficienti garanzie sul rispetto degli animali, 952.000 euro per aver chiuso la porta in faccia a una società che forniva servizi al settore petrolifero. «L’impegno per una finanza più etica ci è costato in tutto 2,4 milioni di sterline (3,5 LE PRINCIPALI SOCIETÀ APPARTENENTI AL CO-OPERATIVE GROUP BUSINESS
SEDI (NEGOZI, FILIALI)
DIPENDENTI
PROFITTI 2006*
1.659 116 92 431 637 331
43.189 9.855 4.163 3.064 2.753 1.859
92,5 175,9 75,6 25,9 17,7 -6,9
The Co-operative Food Co-operative Financial Services Co-operative Bank The Co-operative Pharmacy The Co-operative Funeralcare The Co-operative Travel
*in milioni di sterline
milioni di euro NdR) di mancati ricavi», spiega Brightwell. «In compenso cresce il numero dei clienti che ritengono l’etica il fattore più importante o semplicemente un fattore importante nell’attività della banca. Nel 2005 questi clienti hanno contribuito a creare il 51% dei profitti di Co-op Bank. Nel 2001 la percentuale era molto più bassa: 39%».
Nella torre solare Esco dell’edificio di Co-op Group e mi dirigo verso la sede di Cooperative Insurance, in Miller Street. È una torre di 25 piani. Nel 1962, quando fu ultimata, era il palazzo più alto del Regno Unito. «Dal 2006 la torre è ricoperta di pannelli solari su tre lati», mi spiega Robert Taylor di CIS. Sono oltre 7.200 e ogni anno producono 180.000 unità di energia rinnovabile: «sufficienti per preparare 9 milioni di tazze di tè», dice il prospetto. Robert è uno dei veterani del dipartimento “Sustainable Investing” (investimenti sostenibili), dove è membro del Comitato Etico del fondo Sustainable Leaders Trust. Lanciato nel 1990, è l’unico fondo etico di Cooperative Insurance. Ha un patrimonio di 215 milioni di euro e investe principalmente in imprese britanniche che abbiano superato un esame basato su oltre 70 indicatori sociali e ambientali. Negli ultimi tre anni ha reso l’82%: venti punti in più rispetto alla media del settore. «Abbiamo altri cinque fondi, ma non investono secondo criteri etici», continua Robert. «Con tutti i fondi facciamo però azionariato attivo: usiamo le azioni in portafoglio per partecipare alle assemblee degli azionisti delle imprese, e lì votiamo, facciamo interventi, proponiamo mozioni. Il dialogo con le imprese continua poi dopo le assemblee». Nel 2007 CIS ha votato alle assemblee di oltre 500 imprese. «I temi su cui interveniamo sono la trasparenza dei bilanci socio-ambientali e le remunerazioni dei top manager che, negli ultimi anni hanno raggiunto livelli esorbitanti», spiega Taylor. «Come succede per la banca sono gli stessi clienti dei fondi a indicarci su quali temi intervenire». Sulle pareti dell’ufficio di Robert è appesa una vecchia pubblicità di Co-operative Bank. Ci sono una serie di illustrazioni con relative didascalie. Nella prima c’è un bambino in piedi vicino a un pony, a seguire una banca, quindi due provette e un coniglio in gabbia. Le frasi sotto le foto raccontano una storia: “questo è il pony che i Watson hanno comprato con i risparmi che avevano depositato in una banca, che li ha utilizzati per investire in un’impresa che testa i suoi cosmetici sugli animali”. Dove vanno a finire i soldi che affidiamo alle banche? La finanza cooperativa cerca di dare una risposta a questa domanda. Da 150 anni.
Nel bilancio sociale di Cooperative Financial Services la lista dei mancati guadagni causati dai finanziamenti rifiutati o dagli investimenti non effettuati LE COOP INGLESI: DIETRO AI GRANDI MA PIÙ RESPONSABILI I SUPERMERCATI CO-OP INGLESI GODONO DI OTTIMA SALUTE. La loro quota di mercato (5-6%) è calata sensibilmente rispetto ai gloriosi anni ‘50, quando costituivano il 30% del mercato, ma le vendite e i profitti sono in continua crescita. Con 1.659 punti vendita e 43.000 dipendenti sono il comparto più importante di tutto il Co-operative Group. Primi a introdurre in Gran Bretagna i prodotti del commercio equo, hanno rinunciato alla competizione con i quattro grandi (Tesco, Asda, Sainsbury’s e Morrisons) per concentrarsi su quello che sanno fare meglio: trasformare in successo commerciale l’impegno etico e l’identità cooperativa. Farina, patate, piselli, fragole, sidro e altri prodotti agricoli venduti nei supermercati sono coltivati direttamente nelle campagne Co-op (28.000 ettari di terreno), limitando l’uso di pesticidi, acqua, energia e fertilizzanti. Attenzione etica anche per i prodotti per la cura del corpo: dentifrici, creme e profumi a marchio Co-op sono approvati da BUAV (Lega Antivivisezione Inglese), perché non sono testati sugli animali. M.M.
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L’anima nera di Siemens Milioni di tangenti scoperte in Italia di di Mauro Meggiolaro
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Un fondo da oltre 400 milioni di euro
per distribuire mazzette e vincere appalti pubblici. Un sistema di corruzione diffusa coperto dagli amministratori. E scoperto, quasi per caso, dalle Procure di Bolzano e Milano.
Da sinistra, Heinrich von Pierer e Klaus Kleinfeld. Sopra, lo stand della Siemens al Forum della Pubblica Amministrazione.
Roma, 2005
UANDO SIEMENS PERDE UN GROSSO CONTRATTO, mi sento addosso una sen-
sazione di impotenza». Così spiegava Heinrich von Pierer ai giornalisti dieci anni fa, quando era capo supremo di Siemens, il più grande gruppo tecnologico europeo. A quei tempi Siemens era finita sui giornali per una storia di ordinaria corruzione: un manager di medio livello aveva pagato un funzionario del governo di Singapore per ottenere una commessa. Come risposta la città-stato asiatica aveva escluso il Konzern tedesco per cinque anni da ogni appalto pubblico. Un caso isolato, il solito disonesto, la mela marcia che si annida in tutte le imprese. Il fattaccio viene presto archiviato. Nel 2005 von Pierer sale alla presidenza del Consiglio di Sorveglianza e lascia la direzione al suo delfino Klaus Kleinfeld, come succede nelle migliori famiglie. Passa poco più di un anno e succede il disastro. All’inizio di novembre del 2006 vengono perquisiti gli uffici della società, gli appartamenti dei manager, i cassetti e gli armadi di Kleinfeld. Si cercano le prove di fondi neri, tangenti, lavaggi di denaro. Si parla di una cassa di almeno 420 milioni di euro sottratta alla contabilità aziendale per distribuire mazzette a pioggia in Italia, Arabia Saudita, Grecia, Africa ed est Europa. |
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versati come tangente a un tale Giuseppe Parrella, già direttore generale dell’Asst (azienda I MANAGER BOICOTTANO LE INDAGINI telefonica di Stato), condannato e arrestato come collettore di mazzette per i partiti negli “TEMPO, TEMPO, TEMPO!” È il motto preferito da Peter Löscher, nuovo direttore generale di Siemens. anni di mani pulite. Perché la Siemens abbia Un richiamo a non perdere giorni preziosi per ripulire la società, punire i colpevoli e ricominciare. scelto come mediatore Parrella, che all’epoca I manager però sembrano non essere d’accordo. Secondo quanto hanno riportato la Frankfurter era appena uscito dal carcere e formalmente Allgemeine e la Süddeutsche Zeitung alla fine di luglio, molti responsabili regionali della multinazionale non contava più nulla, non è del tutto chiatedesca avrebbero disdetto gli appuntamenti con Debevoise & Plimpton, lo studio legale incaricato ro. Fatto sta che, indagando proprio su Pardi controllare tutte le operazioni della società, rifiutando l’accesso agli archivi. La resistenza, rella e ricostruendo il percorso della tangenin particolare, sarebbe arrivata dalle sedi Siemens in Austria e Grecia, due Paesi che hanno giocato te, i magistrati di Bolzano si imbattono per un ruolo chiave nella costruzione della ragnatela di tangenti. Intanto la stessa Siemens, in occasione caso nella cassa nera della Siemens: i famosi della pubblicazione dei dati semestrali, ha dichiarato che il volume dei “pagamenti sospetti” sarebbe 420 milioni di euro gestiti dalla divisione te“sensibilmente superiore” a quello ipotizzato a fine 2006 (420 milioni di euro). M.M. lecomunicazioni della società e fatti transitare dai conti della Raiffeisen Bank di Innsbruck, in Austria, alle tasche di faccendieri, 57 IMPRESE TEDESCHE SOSPETTATE uomini politici e funzionari di mezzo monDI CORRUZIONE IN IRAQ do. Il tutto con l’aiuto di contratti di consulenza fittizi e società di comodo domiciliate IL 5 GIUGNO SCORSO Transparency International (www.transparency.org) ha pubblicato una lista di 57 negli Stati Uniti, a Portorico, in Austria, nelle imprese tedesche che avrebbero pagato tangenti al governo iracheno, presentando un reclamo formale Isole Vergini Britanniche, nei Carabi o a Dual ministero dell’economia. Società che durante “Oil for Food” avrebbero continuato a fare affari bai. E con la regia di una fiduciaria svizzera, con Saddam pagando tangenti per 12 milioni di dollari. Le tangenti pari al 10% delle transazioni, con sede sul lago di Lugano. Dai conti ausono state registrate ufficialmente come forniture di “alimentari”, “medicinali” o “aiuti”. Nella lista striaci sarebbero partite le mazzette destinate si trovano, tra gli altri, i nomi di DaimlerChrysler, Linde e Siemens. Le 57 imprese sono tra le 2.253 all’ex dittatore nigeriano Sani Abacha, a funsocietà di tutto il mondo citate nel rapporto Volcker dell’ONU. Tra il 1999 e il 2002 il regime di Saddam zionari del governo greco per i sistemi di siHussein avrebbe raccolto tangenti per 1,8 miliardi di dollari. Secondo Transparency il governo tedesco curezza delle Olimpiadi 2004, a progetti in deve intervenire perché le imprese avrebbero violato le linee guida dell’OCSE, che prevedono l’adozione Egitto, Indonesia, Kuwait, Russia, Arabia Saudi standard sociali, ambientali e anti-corruzione da parte delle imprese multinazionali. dita. Oltre ai sei milioni di euro versati a tre manager dell’Enel per la fornitura di turbine a gas, su cui sta indagando la Procura di Milano. Secondo quanto riportato da Giuseppe Oddo sul Sole 24 Ore del Lo scopo? Vincere appalti pubblici per grosse forniture di turbine, si19 maggio, il pm milanese Francesco Greco sarebbe ora sulle tracce di stemi di telecomunicazione e di sicurezza, accrescere le quote di meruna nuova maxi-tangente da centinaia di milioni euro, fatta transitacato, piazzare ai governi tecnologie sempre meno competitive in terre attraverso la Intercom, una piccola società con sede in Svizzera. mini di prezzo. In sei mesi le inchieste portano alla luce un cancro di cui ancora non si conosce bene la diffusione. E cadono teste illustri. Von Pierer lascia l’incarico nell’aprile di quest’anno e Kleinfeld lo seLe tangenti: un peccato veniale gue a ruota. Entrambi si dichiarano “estranei” alle vicende, ma i loro Potevano Von Pierer e Kleinfeld non sapere? È quello che si chiesottoposti sono pronti a smentirli. Un colpo al cuore del capitalismo dono tutti. Ma al di là delle risposte che riusciranno a dare i magitedesco di cui Siemens è da 160 anni un simbolo indiscusso: 487.000 strati, una cosa è chiara: nel sistema industriale tedesco la corrudipendenti in tutto il mondo, 75 miliardi di euro di fatturato nei sizione è stata a lungo tollerata e considerata, anche dalle leggi, un stemi di trasporto, i servizi di telecomunicazione, la produzione di peccatuccio da nulla. Fino al 1999 era lecito corrompere funzionaenergia, l’automazione industriale e l’ingegneria medica. ri pubblici e politici stranieri in cambio di favori e le mazzette potevano essere addirittura detratte dalle tasse. Ancora agli inizi degli anni novanta Siemens pagava l’avvocato e l’eventuale cauzione ad C’è un giudice a Bolzano alcuni manager coinvolti in fatti di corruzione. Dopo l’entrata in Ma come si arriva alla Katastrophe? La pista seguita dagli inquirenti vigore di leggi più severe, in molte imprese tedesche si sono introparte dalla metà degli anni Novanta e ha come scenario l’Italia delle dotti efficaci sistemi di controllo. Non alla Siemens, che ora trema, privatizzazioni. Siemens vuole entrare in Italtel, società della Stet, che mentre continuano le indagini delle Procure di Milano, Bolzano, a sua volta è controllata dall’IRI. Italtel progetta e realizza (ancora ogBerna, Francoforte e le temutissime inchieste della SEC. Riuscirà il gi) reti e servizi di telecomunicazione ed è un bocconcino prelibato colosso tedesco ad uscire dalla crisi? Il compito spetta al nuovo diper il colosso tedesco. Solo che le offerte sul tavolo sono più di una. rettore generale Peter Löscher, in arrivo dalla società farmaceutica Alla fine la spuntano i tedeschi, che nel 1994 entrano in joint ventuamericana Merck. Per la prima volta in 160 anni di storia è un mare con la società italiana, sbaragliando la concorrenza. Ma a quale nager esterno all’azienda. Viste le premesse, questo potrebbe essere prezzo? Secondo la Procura di Bolzano, che indaga sulla vicenda dal un primo importante segnale positivo. 2003, l’operazione sarebbe costata a Siemens 10 milioni di marchi,
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Le domande di Valori
Dopo l’assemblea dello scorso 26 maggio a Padova rimane viva la voglia di discutere e di maggiore coinvolgimento. Sulle sfide per il futuro di un’esperienza unica: la nostra redazione lancia una serie di domande-interrogativi con l’intento di ospitare risposte e contributi.
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E QUESTIONI DA AFFRONTARE SONO TANTE:
alcune abbiamo tentato di descriverle nello scorso numero di Valori. La redazione di Valori a partire da questo numero lancia una serie di domande con l’intento di stimolare ulteriormente il dibattito e dare spazio a opinioni e proposte per il futuro di Banca Etica.
CRESCITA VS COERENZA ETICA/MISSION: è possibile mantenere i valori fondanti (il “sogno”) di Banca Etica, mirando ad un’espansione? È possibile uscire dall’ambiguità di banca alternativa?
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DISTINGUERSI NELLA GIUNGLA DEI PRODOTTI e delle banche “responsabili” e rivolte al Terzo Settore e in particolare confrontarsi anche con la sfida di Banca Prossima (patrimonio iniziale di 100 milioni di euro, un centinaio di dipendenti), nuovo soggetto che nasce appunto da Banca IntesaSanpaolo.
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CAPILLARITÀ: ci sono i banchieri ambulanti, i GIT e gli sportelli. Come potenziarli e quali altre idee per arrivare nelle case di tutti?
IL SUD DELL’ITALIA: presenza, capacità di fare rete, di innescare circuiti virtuosi, di attirare investimenti sul posto. Stare al fianco dei “non bancabili”, soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata (ma anche della burocrazia disorganizzata). INVESTIRE NELLA COMUNICAZIONE: maggiore trasparenza delle informazioni, visibilità sui media di massa, capacità di fornire messaggi che vadano oltre il target dei “già sensibili”. Investire nelle attività culturali e di ricerca, anche attraverso la creazione di un centro studi al servizio dell’economia sostenibile.
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MIGLIORARE IL RAPPORTO RISPARMIO RACCOLTO e capacità di erogare credito, attraverso specifiche iniziative che facilitino l’accesso al credito, mantenendo il rigore nella valutazione “etica”. BE potrebbe affermarsi come strumento per la promozione di economia sostenibile, anche attraverso un private equity etico.
LA DIMENSIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE: le basi per una rete europea di banche etiche ci sono. Il ruolo di Banca Etica è ancor più fondamentale oggi, evitando le fusioni delle banche tradizionali.
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AZIONARIATO ATTIVO: oltre ad investire nelle aziende socialmente responsabili, Banca Etica (come sistema e assieme ai suoi soci) potrebbe diventare un importante attore “critico” e costruttivo, intervenendo nelle assemblee dei grandi gruppi economici.
PARTECIPAZIONE E MAGGIOR COINVOLGIMENTO DEI SOCI: strumenti di gestione aperta (come bandi) per la sponsorizzazione di iniziative; migliorare la capacità di ascolto e di risposta alle esigenze di clienti e soci; migliorare i meccanismi elettorali, da molti soci considerati troppo “blindati”.
QUALITÀ ED EFFICIENZA DEL SERVIZIO: molto è stato fatto, ma c’è ancora tanta strada da fare per raggiungere livelli di servizio paragonabili ad altre banche.
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FONDI AZIONARI E FONDI PENSIONE: riaprire il dibattito, esplorando
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a fondo le implicazioni della gestione di fondi sul mercato finanziario e quale ruolo distintivo e innovativo debba avere BE. |
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Attivisti dell’economia lontani dalla finanza >42 Differenziare si può. Anche nei grandi centri urbani >47 L’uragano di nome Beppe >50
economiasolidale LE GIORNATE DI BERTINORO PER UNA CIVILE ECONOMIA
IL BIO CARBURANTE FA AUMENTARE IL GRANO DURO
L’ALTA VELOCITÀ PROSCIUGA LE ACQUE DEL MUGELLO
FERMATE LA PATATA OGM IN EUROPA
BILANCI DI PACE E BILANCI DI GUERRA COME SI SPENDE IN UN COMUNE ITALIANO
VOLA L’ENERGIA SOLARE E LE BANCHE LA SEGUONO
Il 12 e 13 ottobre si terrà la settima edizione delle “Giornate di Bertinoro per l’economia civile”, promosse da Aiccon (Associazione Italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit). Giornalisti, economisti ed esponenti del mondo accademico si confronteranno per tracciare prospettive e proposte sull’evoluzione del terzo settore in Italia. Al centro del dibattito di questa edizione il tema della regolamentazione e dell’innovazione sociale. È infatti alle porte la riforma della normativa in tema di associazioni e fondazioni e l’attuazione della legge sull’impresa sociale. Secondo le ultime indagini, sono presenti sul territorio nazionale circa 25.000 associazioni di volontariato, 8.000 cooperative e 4.000 fondazioni. Tra gli invitati il ministro Paolo Ferrero, Roberto Pinza, Maria Guidotti, Savino Pezzotta, Stefano Zamagni, Giuliano Poletti, Renzo Costi, rappresentanti di Confindustria e della cooperazione. Ci sarà anche l’anteprima Istat sulle rilevazioni e le analisi del terzo settore in Italia. www.legiornatedibertinoro.it
Secondo le previsioni, a settembre i prezzi di alcuni alimenti aumenteranno. Le ragioni? Sono molteplici. Secondo gli esperti vanno considerati: la siccità australiana, l’aumento dei consumi dei cinesi, l’aumento dei passaggi nella filiera e infine anche la quota di semi sottratta al consumo alimentare per diventare biocarburanti. Coldiretti nega che l’aumento dei prezzi degli alimentari
L’ultima segnalazione di danni all’ecosistema del Mugello e di Monte Morello attraversato dalla Tav arriva da un comitato di cittadini di San Piero a Sieve. A rischio è il torrente Carza che scorre, appunto, dal Monte Morello alla Sieve. «Adesso quel torrente, nel quale i ragazzi usavano andare a fare il bagno d’estate quando la spiaggia della Versilia era ancora troppo lontana - scrivono i cittadini - è diventato una pietraia. Morto». Nell’estate del 2006 è stata segnalata una moria di pesci proprio nel torrente Carza. I cittadini si domandano che ruolo giochi in questa emergenza la “galleria di Vaglia” della Tav e la gestione delle acque che essa intercetta. Il principale affluente del Carza, la Carzola, impattato dagli scavi per l’alta velocità, è infatti una pietraia ormai da diversi anni. L’associazione Idra si è rivolta alle autorità e partendo da queste segnalazioni ha posto alcune domande: dove finiscono le acque intercettate dalla galleria? Vengono restituite all’ambiente? Come mai nell’area del Monte Morello non si è provveduto in qualche modo a rimpinguare almeno artificialmente alcuni corsi d’acqua impattati attraverso i “rilanci” dalle gallerie? La prima notizia pubblica dell’impatto sulle falde settentrionali del monte, con il prosciugamento della Carzola (i toponimi “Carza” e “Carzola” indicano chiaramente la natura quasi-carsica dei terreni attraversati, particolarmente a rischio dunque per effetto degli scavi), la lanciò l’associazione Idra il 22 giugno di 6 anni fa, il giorno prima che la magistratura fiorentina avviasse la grande operazione di sequestro del cantiere Tav di Marzano in Mugello, di sette cave e di otto depositi Tav disseminati lungo l’intera tratta toscana, fra Sesto Fiorentino e Firenzuola. Un provvedimento cui fece seguito il processo penale ancora oggi in corso presso il tribunale di Firenze, col rinvio a giudizio dei costruttori.
Da una parte gli agricoltori scrivono alla Commissione Ue di non dare l’ok a Emphlora. Dall’altra i dati confermano che l’85% dei consumatori europei è contro il biotech. Lo stop alla patata ogm, la Emphlora, è stato ufficialmente chiesto dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori). Il presidente dell’organizzazione Giuseppe Politi ha scritto una lettera al presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso, al vicepresidente Franco Frattini e alla commissaria all’Agricoltura Mariann Fischer Boel. Nella missiva il presidente della Cia, visti i contrasti che sono sorti nell’ultimo Consiglio dei ministri agricoli, chiede ai rappresentanti dell’esecutivo di Bruxelles, a cui spetta la decisione finale sulla patata geneticamente modificata, una più attenta e approfondita riflessione che «porti a vietare la produzione e la commercializzazione di questo prodotto». Il «No» alla patata geneticamente modificata è dunque determinato. E non importa che la coltivazione sia destinata alla filiera della produzione della carta. Secondo gli agricoltori, è troppo rischioso per i terreni che potrebbero essere contaminati.
I miliardi di dollari destinati al Pentagono verranno recuperati riducendo la spesa sociale. Con i tagli a Medicare e Medicaid, i programmi a pagamento di assistenza sanitaria, saranno colpiti gli anziani, i più poveri e oltre 141 programmi sociali: dal sostegno alle madri sole, alle cure domiciliari per gli anziani, agli interventi per l’infanzia. Ma anche in Italia i tagli al sociale sono una realtà con cui gli amministratori locali si confrontano tutti i giorni e rappresentano uno dei temi che il movimento per la pace, insieme alla politica, deve riprendere in vista della Finanziaria 2008. Ne abbiamo parlato con Luca Barbuti, assessore al sociale di Rifondazione comunista a San Giuliano Terme, comune di 30mila abitanti alle porte di Pisa: «Quest’anno per la prima volta abbiamo dovuto contenere l’offerta ai bambini disabili dei “campi solari” le colonie estive locali pur trovandoci di fronte a esigenze pressanti. Per l’integrazione all’affitto dovremmo avere a bilancio la stessa cifra dell’anno scorso, ma le famiglie che hanno presentato le domande di contributo sono aumentate da 182 a 226 e anche i costi degli affitti sono cresciuti, quindi potremo rispondere più limitatamente rispetto agli anni passati». I 33 milioni di euro del bilancio di San Giuliano sono un granello di sabbia rispetto alla spesa militare italiana, che nel 2007 è stata di oltre 23 miliardi di euro e scompaiono rispetto a quella degli Stati Uniti, che occupa ormai il 60% dell’intero bilancio: «Il Comune di San Giuliano riserva più del 6% del bilancio alla spesa sociale - continua Luca Barbuti - il problema è che a fronte delle spese che aumentano, le risorse sono sempre le stesse e arrivano ormai dal territorio per il 92%. Soprattutto dagli oneri di urbanizzazione e questo spiega perché il Piano regolatore è già saturo e mancano cinque anni alla sua scadenza».
È un vero boom per il fotovoltaico in Italia. Gli italiani hanno scoperto che il solare conviene. Le banche si attrezzano con finanziamenti allettanti e consulenze tecniche. Una situazione virtuosa alimentata anche dal Conto energia che stimola e incentiva gli investimenti in questo settore. La maggior parte delle banche italiane si è, dunque, catapultata nel business dell’energia pulita facendo offerte e dislocando risorse umane per dare consulenze a chi decide di impiantare un sistema a pannelli fotovoltaici nella propria casa. I tassi variano dal 5 al 7 per cento. In prima fila: UniCredit, Banca Popolare di Milano, Intesa San Paolo fino ad arrivare ai piccoli istituti di credito. UniCredit ha tre prodotti che finanziano il fotovoltaico, e le richieste sono in aumento. Anche piccoli istituti locali riescono a finanziare un investimento che per un impianto di 3 kW costa circa 20 mila euro. All’appello non poteva mancare Banca Etica, che ha nel proprio dna costitutivo la difesa dell’ambiente. L’istituto con sede a Padova concede tassi più contenuti e più tempo per saldare il debito.
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sia da imputarsi al cambio di destinazione delle coltivazioni. In Italia siamo in ritardo con l’obbligo di miscelare una percentuale di biocarburanti fissato per legge. Sta di fatto che il prezzo del frumento è aumentato del 60% in un anno, la semola di grano duro è aumentata del 58%, il mais del 25%, l’orzo del 40% e la soia del38%. Secondo Coldiretti, nonostante l’inversione di tendenza, questa situazione non è nuova e non sarebbe quindi attribuibile all’aumento della domanda di biocarburante, perché il prezzo del grano è circa lo stesso dell’inizio degli anni ‘90.
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Attivisti dell’economia lontani dalla finanza Dagli USA, una panoramica del crescente movimento di economia solidale. Ad Atlanta più di diecimila attivitsti provenienti da tutto il paese hanno discusso per la prima volta delle loro esperienze, consapevoli che è indispensabile connettersi globalmente per uscire dall’isolamento.
È possibile anche nella culla del dogmatismo mercatista pensare a modelli di economia “diversa”: la rispotsa di Atlanta è Yes, che è anche una rivista del movimento
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JSHENKER
I collaboratori Ma dentro è piedomestici na di gente che parla – e suda – animatamente. Siamo ad Atlanta, al USSF – United States Social Forum – che sfilano per le vie di Atlanta si è svolto a fine di Giugno, per la prima volta, negli Stati Uniti d’America. Più di 10.000 attivisti da tutto il paecon il corteo se si sono incontrati – molti per la prima volta – a discutere delle loro esperienze e a “fare stratedel Social Forum. gie” comuni, consapevoli del fatto che “agire localmente” non è più sufficiente e che occorre “condi Jason Nardi nettersi globalmente” per riuscire a far emergere dall’isolamento in cui si trovano migliaia di gruppi “grassroot” che stanno reagendo a quella che chiamano “oppressione” dell’economia del “libero” mercato. In ritardo di almeno 15-20 anni rispetto ai movimenti di economia solidale dell’America Latina e dell’Europa, gli “economic activists” (attivisti dell’economia) statunitensi stanno rapidamente recuperando il passo. La domanda che si pongono è questa: possono le migliaia di esperienze diverse, locali e di base, costituire le fondamenta per un’alternativa reale e democratica al capitalismo? Cooperative di lavoratori, di consumatori, di abitanti; monete locali e comunitarie, orti sociali, organizzazioni di commercio equo, associazioni di autoaiuto di vicinato: possono sfidare la potentissima economia globalizzata? Queste “isole di alternative nell’oceano capitalista” sono spesso di scala ridotta, hanno poche risorse e sono mal collegate tra loro. Hanno tutto, usa un linguaggio molto meno ideologico e intellettuale deldifficoltà a mettersi in rete e soprattutto a connettere il loro lavola stampa progressista storica. ro in una visione ampia, strutturale e coerente di economia alterSarah Ruth van Gelder, la direttrice, descrive così il USSF: «Quenativa. Ma ci stanno provando, per andare “oltre la riforma o la risto Social Forum è molto diverso da altri incontri con fini simili, voluzione”, per una “trasformazione economica negli Stati Uniti”, perché ha avuto davvero un’alta affluenza soprattutto da gruppi di perché c’è “vita oltre il capitalismo”. persone che sono solitamente sottorappresentate. Gente di colore, immigrati messicani e da vari paesi, sotto-impiegati e disoccupati, giovani e donne, poveri organizzati. Gli sforzi che sono venuti da Yes! tutti questi gruppi hanno reso possibile un evento straordinario, La risposta – una delle risposte – è Yes! Una rivista – ma anche un che ha fatto convergere ad Atlanta piccoli agricoltori e veterani delgruppo di attivisti – che dal 2002 invita i lettori a far parte della “cola guerra in Iraq, vittime di Katrina “espulsi” da New Orleans e lamunità globale di change makers (agenti del cambiamento)” e il cui voratori del settore pubblico della sanità. Quello che li accomuna è slogan recita “supporting you in building a just and sustainable la volontà e il bisogno di ritrovare insieme i principi su cui un’Aworld” (Ti aiutiamo a costruire un mondo giusto e sostenibile). Inmerica giusta deve basarsi». sieme a pochi altri media progressisti sopravvissuti, Yes magazine era Non è un caso che il USSF si sia svolto ad Atlanta, la città della molto visibile al USSF e gioca oggi un ruolo importante per la società Coca Cola e dell’AT&T, ma anche dove dal 1972 la maggioranza civile, con una visione positiva per il futuro (che non è poco in una della popolazione è afro-americana: da allora tutti i sindaci sono società depressa e sconfitta come si sente quella statunitense) e un stati neri, inclusa l’attuale, Shirley Franklin e dove il movimento dei grande senso pratico nel descrivere le battaglie vinte o i focolai di diritti civili è tra i più attivi. progresso che ci sono in America e in giro per il mondo. E soprat-
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A TENDA DELL’ECONOMIA SOLIDALE È BOLLENTE – il sole la surriscalda e sembra di essere nel deserto.
Che l’economia solidale sia diventata un tema centrale nelle battaglie dei movimenti e della società civile americana si capisce anche dal numero di iniziative e seminari organizzati su questi temi: oltre cento nei giorni del USSF, tanti affollati all’inverosimile, un pubblico certamente “già sensibile”, ma molto diverso per estrazione sociale ed età.
Una centrale di trasformazione Conosco una imprenditrice di successo che è felice del suo lavoro. Sulla porta del suo studio ha un cartello che dice “Buongiorno, bellissima impresa (business)!”. «L’impresa non deve essere per forza cattiva: l’impresa può davvero essere bella. È un’idea che ci sfida, soprattutto per quelli di noi che credono che le aziende non hanno “cuore”. Ma non dev’essere così. Nella storia degli Stati Uniti e in tutto il mondo ci sono sempre state imprese che hanno a cuore la loro comunità. È in questi tempi che si sono moltiplicate le imprese incuranti, brutali, terribili, ciniche, che stanno facendo enormi danni al nostro paese e al pianeta». A parlare con grande trasporto è Julie Matthai, alta, sorridente, maglietta multicolore, vari monili sulle braccia che gesticola apertamente – ha fatto parte del movimento hippy e femminista del ‘68. Ma usa un linguaggio moderno, non ideologico, preciso, accessibile, dati alla mano sull’economia statunitense e sugli effetti dell’economia globale sulle comunità. Insegna economia al Wellesley college (in Massachussets) – economia femminista e storia dell’econo-
mia statunitense – e fa parte di Transformation Central, un progetto dell’Ecological Democracy Institute of North America (EDINA) e di Guramylay, un’associazione che cerca di definire un “nuovo paradigma di trasformazione creativa dell’economia e della società”. È una delle tante organizzazioni che negli USA lavorano per una “economia verde” e per la “giustizia economica” – termini ricorrenti nel linguaggio dei movimenti statunitensi. Ed è quella che ad Atlanta ha cercato di mettere insieme l’incredibile galassia di organizzazioni di comunità e di “grassroot” (movimenti cittadini), cooperative, reti di economia solidale, gruppi di educazione popolare e centri di ricerca “alternativi” per creare e rafforzare i collegamenti tra le miriadi di iniziative e pratiche che esistono nel paese.
L’anti-centro commerciale «Il più grande ostacolo al cambiamento sociale negli Stati Uniti – dice Matthai – è la nostra incapacità di immaginare. Molti americani hanno esperienze concrete della natura disfunzionale e violenta dell’economia dominante, ma non credono che sia possibile cambiare le cose. Le grandi corporazioni hanno monopolizzato gli spazi di mercato e dello shopping, hanno costruito grandi centri commerciali dove va la stragrande maggioranza della popolazione. I miei studenti passano una parte importante della loro vita sociale dentro un centro commerciale. I grandi distributori hanno capito che la gente si sente sola e per questo crea un ambiente che possa apparire accogliente come una comunità, ma in realtà tutti sono là a com|
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LE ALTRE ECONOMIE POSSIBILI (E GIÀ PRATICATE)
ECONOMIE DEL BARATTO. Scambiare servizi con amici o vicini di casa, scambiare qualcosa di utile con qualcun altro: dai favori, alle piante o semi, fino alle banche del tempo.
ECONOMIE CONTROLLATE DAI LAVORATORI. I lavoratori decidono i termini e le condizioni del proprio lavoro: auto impiego, aziende agricole a conduzione familiare, aziende di proprietà dei lavoratori e cooperative.
ECONOMIE COLLETTIVE. Nella forma più semplice, si tratta di condividere e mettere in comune le nostre risorse: portare cibo a una cena comune, carpooling, prestiti, cooperative di consumatori; nella loro forma più “radicale”, le economie collettive sono basate sulla proprietà in comune e/o il controllo delle risorse: comunità collettive, centri di salute comunitari, terreni in comproprietà, ecc.
ECONOMIE “PIRATA”. Varie attività che possono essere definite “rubare” da coloro che detengono il potere, ma che sono chiamate “riappropriazione di diritto” da coloro che sono stati derubati del potere (alla Robin Hood): dagli squatter (occupazione di edifici abbandonati) agli utenti di Peer-to-peer su internet.
ECONOMIE DEL RIUSO. Ovvero vivere dell’abbondanza dello spreco altrui – “i rifiuti di una persona sono il tesoro di un’altra”: salvare oggetti dai rottamai, utilizzare parti di vecchie auto, chiedere le eccedenze e gli scarti a negozi e supermercati, fino alle pratiche freegan (recupero dai rifiuti) e di scambio alla pari di oggetti usati.
ECONOMIE DEL MERCATO DI SUSSISTENZA. Migliaia di imprese molto piccole sopravvivono (e qualche volta hanno molto successo) con un piccolo o addirittura nessun obbligo di crescita e di accumulo di ricchezza. Queste sono attività basate sulla sussistenza, create e gestite con il proposito di dare una vita sana ai proprietari - spesso sono gli stessi lavoratori - e di fornire un servizio di base a una comunità più ampia (a volte in una forma indiretta di creazione di uno spazio di incontro pubblico per la stessa comunità).
ECONOMIE DEL DONO. Regalare alcune delle nostre risorse ad altre persone
prare oggetti senza la consapevolezza degli effetti sui lavoratori e sull’ambiente – e portano a casa tonnellate di rifiuti». «Quello di cui abbiamo bisogno – conclude Matthai – è un antimall, un anti-centro commerciale. I mercatini locali stanno sbocciando negli spazi pubblici del nostro paese, ma abbiamo bisogno di renderli luoghi socialmente responsabili. Sono spazi dove dobbiamo trovare una convergenza di valori e dove le organizzazioni non profit hanno un ruolo educativo fondamentale. Dobbiamo influenzare i nostri governi e parlamenti, perché facciano leggi che incentivino il commercio responsabile e rendano illegali le pratiche di sfruttamento del lavoro e di degrado ambientale delle grandi aziende multinazionali. Sta succedendo in molti paesi e noi abbiamo molta strada da fare, ma possiamo emularli».
Uscire dalla dipendenza La saletta è gremita e gli interventi dei presenti si alternano incessantemente. Si alza un ragazzo sulla trentina, che si fa chiamare “Ask nicely” e racconta come è cambiata la sua vita da quando è “uscito” dalla dipendenza consumista. «Negli ultimi 5-10 anni ho visto crescere il movimento di consumo critico, ma rimane sempre all’interno della cultura di consumo, che per me è problematica. Esistono molte alternative su scala locale, che hanno a che fare con il vivere con meno, condividere risorse, acquistare in comune, ecc. Io vivo dell’economia dei rifiuti. Ho vissuto con meno di 7.000 dollari negli ultimi 14 anni. Questa è la mia economia non-monetaria (“un-money”). Ho studiato le altre economie: l’economia del dono, dello baratto, del riuso e dei rifiuti, dello scambio alla pari e dell’ospitalità. L’ho fatto separando quelli che sono i nostri bisogni dai nostri desideri. E questo mi rende molto più libero».
Freegan Un altro ragazzo, Bruce, 24 anni, rilancia. «L’anno scorso ho vissuto con poco più di 500 dollari, qui negli USA. Principalmente attraverso il “dumpster diving” (letteralmente, tuffarsi nei bidoni della spazzatura), ospitalità gratuita, scambio di oggetti, riutilizzo...». «In pratica si tratta di cercare qualsiasi cosa – dalla frutta e ver| 44 | valori |
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dura ad altri beni utili – nella spazzatura di negozi, supermercati, ristoranti, uffici... Nonostante i pregiudizi della nostra società sulla spazzatura, il cibo e gli oggetti recuperati sono quasi sempre sani, utilizzabili, puliti e in uno stato quasi perfetto – sintomo che la cultura del consumo ci incoraggia continuamente a rimpiazzare cose semi-nuove con cose nuovissime e che la distribuzione pianifica alti volumi di scarti ed eccedenze come parte del loro modello economico. I supermercati spesso buttano verdura che è matura al punto giusto per essere mangiata, ma non abbastanza per essere venduta – o viceversa». «Ci sono centinaia di persone che vivono in questo modo – continua Bruce – e non sono tutti squatter, punk o marginali. A New York, dove vivo, c’è un’intera comunità di “freegan”, che cerca di vivere riducendo i consumi al minimo indispensabile. C’è la mamma ebrea dall’Upper East Side (Manhattan) o il nonno di una famiglia perfettamente integrata “middle class” di Brooklyne. Si fanno regolarmente meetup (incontri dove si scambiano le cose e si discute), trash tours (tour di locali adatti al “dumpster diving”) e festival freegan con barbeque (naturalmente di cibi esclusivamente raccolti dagli scarti). C’è anche uno chef freegan, che ha un videoblog con le sue ricette (Freegan Kitchen). Io dico: condividi la tua roba, dàlla via, falla circolare. Farai spazio nella tua casa e nella tua vita!». La parola Freegan è composta da “free” e “vegan”, in quanto la gran parte di queste persone è vegetariana. I Freegan riconoscono che “nell’economia industriale e di produzione di massa guidata dal profitto, gli abusi sugli uomini, sugli animali e sulla terra sono presenti a tutti i livelli di produzione e in praticamente tutti i prodotti in commercio”. Il sito di riferimento è www.freegan.info.
Comunità intenzionali Non occorre avventurarsi nei bidoni della spazzatura per praticare l’economia solidale. Gli esempi citati durante quel seminario sono stati molteplici, molti dei quali praticati dai presenti. Ci sono le “Intentional communities” (il sito di riferimento è www.ic.org), termine che include gli ecovillaggi, il cohousing, le comuni, cooperative di studenti e di edilizia urbana e in generale comunità “alternative”. Ma anche le banche del tempo e le monete locali (come
Sono numerose le esperienze di singoli che vivono consumando l’essenziale evitando i consumi
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o ad altre comunità: fare volontariato nel servizio ambulanze o nelle cucine popolari, dare un passaggio a chi fa l’autostop, invitare i vicini a cena, portare cibo o vestiti ai centri di raccolta e ridistribuzione e in genere qualsiasi forma di servizio civile volontario.
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ECONOMIE DOMESTICHE. Soddisfare i bisogni primari attraverso le proprie capacità e il lavoro domestico e della terra: allevare i figli, risolvere conflitti relazionali, insegnare le abilità fondamentali (come parlare!), cucinare, pulire la casa, aggiustare l’auto, coltivare l’orto, gestire le finanze domestiche, ecc. Lavori spesso invisibili o svalutati.
Alcuni momenti delle manifestazioni che si sono svolte nella città di Atlanta.
gli Ithaca dollars, nello stato di New York). E naturalmente il riferimento è quasi sempre un sito internet, dove trovare le comunità e i consigli, e dove scambiarsi liberamente – senza l’intermediazione del danaro – oggetti nuovi e usati. Il più famoso è Freecycle.org, ma ce ne sono tanti altri. Per i libri, un sito e una pratica ormai conosciuto a livello mondiale è bookcrossing.com, dove i lettori si scambiano i libri o li lasciano in giro tracciandoli per il prossimo lettore. E sono centinaia di migliaia. Non solo – anche a livello istituzionale si stanno muovendo nella direzione del recupero e riutilizzo: la Environmental Protection Agency (il ministero dell’ambiente USA) promuove un database con un elenco di aziende che raccolgono materiali usati per essere scambiati e riutilizzati a livello industriale: www.epa.gov/jtr/comm/exchnat.htm.
Cooperative d’acquisto e fattorie di famiglia Se i Gruppi di Acquisto Solidale in Italia stanno crescendo come funghi negli ultimi 5 anni, negli USA la pratica ha una storia trentennale. E stanno vivendo una nuova primavera. Chiamati “Food coops” o “Community supported agricolture – CSA”, sono solitamente localizzate nelle aree suburbane o rurali, con forme di “abbonamento” tra gruppi di famiglie e di contadini. «Le famiglie sostengono le fattorie locali – racconta una signora sulla cinquantina – pagando una quota annuale durante l’inverno in cambio della condi-
visione del raccolto stagionale. Quando comincia il raccolto, gli incaricati delle famiglie ritirano settimanalmente i cartoni di cibo fresco. Molte fattorie hanno una lettera di accompagnamento che informa sulle loro attività, descrive i prodotti, suggerisce ricette. In Wisconsin, per esempio, la tipica stagione CSA va da Maggio a Ottobre. Le tipologie di accordo sono le più diverse, a volte con fondi comuni per le famiglie che hanno un “budget ristretto”». Anche qui, sono molti i siti internet da cui informarsi: www.macsac.org, REAP - Research, Education, Action and Policy on Food Group www.reapfoodgroup.org, www.familyfarmdefenders.org Una giovane ragazza che afferma di essere una pubblicitaria si mette a disposizione per trovare modi di “popolarizzare” gli esempi e le esperienze discusse. Molti sono però scettici che la pubblicità possa essere un veicolo positivo per la sua stessa natura spesso subliminale.
Balle! Pur se meno numerosi, tra i delegati all’USSF, negli hotel a 5 stelle che hanno ospitato molti dei seminari (con un contrasto visivo impressionante), c’erano anche rappresentanti delle organizzazioni di imprenditori responsabili. Poco dopo l’11 settembre, si è costituita la BALLE – “Business Alliance for Local Living economies” (www.livingeconomies.org), che da allora non ha smesso di crescere e conta oggi oltre 15.000 imprenditori “responsabili” tra USA e Canada. Balle è nata dall’iniziativa di una imprenditrice “illuminata”, Judy Wicks, che aprì un ristorante a Philadelphia facendone un modello di “sostenibilità e responsabilità sociale”. Oggi la rete locale della città ha oltre 300 membri che praticano o si approvvigionano dall’agricoltura sostenibile, l’energia rinnovabile, la bioedilizia, la produzione a rifiuti-zero, i media indipendenti e la raccolta di capitale comunitario. David Korten, membro di Balle e autore di “The post-corporate world”, interviene dicendo che la sfida maggiore per le imprese è un passaggio culturale, «dall’economia del suicidio globale al quella delle economie vive, il che significa che parte del tuo profitto come imprenditore è quello di vivere in una comunità sana e un ambiente sano, ben oltre i termini finanziari. Dobbiamo sviluppare modi sia per canalizzare investimenti nelle piccole imprese locali, trasferendo capitali in maniera da distribuire al meglio le possibilità fi|
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nanziarie. E in tutto questo processo, dobbiamo fare in modo che si mantengono saldi i principii e che aziende “responsabili” di successo, come Ben&Jerry, non perdano per strada ciò che le ha rese tali».
Market Activism L’ambiente rimane senz’altro uno dei temi più sentiti dai cittadini americani, a cominciare dall’onnipresente dibattito sul riscaldamento globale. Eppure anche storiche organizzazioni ambientaliste come RAN (“Rainforest Action Network” – www.ran.org), che il Wall Street Journal definisce “i più intelligenti agitatori ambientali in giro” si è trovata costretta a utilizzare campagne che hanno come obiettivo l’economia globale e le grandi multinazionali e finanziarie come Home Depot, Citigroup, Boise Cascade e Goldman Sachs (per citarne alcune su cui hanno avuto un certo successo). RAN (e la loro organizzazione giovanile RYSE) è particolarmente forte nel promuovere l’attivismo e le azioni di pressione cittadina, come l’Oil Addicts Anonymous (Petrolio-dipendenti anonimi) e Adopt-a-Dealer (Adotta un venditore di automobili, per convincerlo a non vendere auto inquinanti) o la campagna “Climate campus challenge”, che ha già fatto adottare a oltre 500 università statunitensi sistemi di energia rinnovabile.
Differenziare si può. Anche nei grandi centri urbani
Reality Tours, viaggi di turismo responsabile “per comprendere in prima persona le questioni globali e le soluzioni locali”. I Reality Tours coprono oggi oltre 30 paesi in America Latina, Africa, Asia e Medio Oriente. I partecipanti conoscono così la lotta delle donne in Afghanistan, l’impatto dell’estrazione del petrolio nelle comunità indigene dell’Ecuador, le iniziative di commercio equo in Tanzania, ecc. Per i cittadini americani c’è anche la possibilità di viaggiare come “ambasciatori cittadini” in paesi come la Siria, l’Iran, la Libia e Cuba, «per superare gli stereotipi e la disinformazione che portano ad accettare la guerra». Global Exchange, insieme a Coop America (una tra le più grandi associazioni di consumatori e investitori responsabili),promuove i Green Festivals (www.greenfestivals.org), fiere dell’economia sostenibile – simili a Terra Futura in Italia – in città come San Francisco, Chicago, Philadelphia, Washington D.C.
Il caso scuola di Reggio Emilia dove un incredibile campagna politica trasversale si è opposta con tutte le argomentazioni ad un progetto che ha ricevuto il plauso di Bruxelles. Il porta a porta sperimentato ha portato la quota di rifiuti selezionati sino ad oltre il 70%.
Community Trade Organisation
La novità è che finalmente l’esigenza di interconnettersi e di avere una visione comune di economia solidale è matura. E si comincia a parlare di reti di “Community Trade Organizations” (Organizzazioni comunitarie di comm7ercio), alternative esplicite alla Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO/OMC) che potrebbero costituire reUno degli spettacoli lazioni dirette tra comunità che praticano l’econoScambio globale che ha animato il Social Forum. mia solidale negli USA e nel mondo. Una delle iniTra le grandi organizzazioni statunitensi presenti ziative in questa direzione è il Data commons project di geo.coop al USSF c’è anche Global Exchange (www.globalexchange.org), (Grassroot Economic Organizing), che vuole creare una base dati che dal 1988 promuove la “giustizia sociale, economica e ambiencomune delle esperienze conosciute. tale nel mondo”. Una delle particolarità è quella di organizzare
CONSORZIO PRIULA nel Trevigiano e della città di Novara c’è un altro capoluogo che punta a raggiungere rapidamente il 70% di raccolta differenziata tramite il porta a porta. È Reggio Emilia. La sfida è di quelle importanti. Statistiche di Matteo Incerti alla mano ad oggi in Italia non c’è nessun centro abitato di queste dimensione che raggiunga tali percentuali di residui raccolti in modo differenziato e avviati realmente al riciclo. Novara, infatti, conta poco più di 100.000 abitanti. Reggio Emilia invece ne ha Raccolta 160.000, dei quali oltre l’8% sono cittadini extracomudifferenziata nitari, una delle comunità più grandi in Italia. di lattine.
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Fondata nel 1871
OPO LE ESPERIENZE DEL
Punto di partenza Attualmente nel capoluogo reggiano con un sistema di isole ecologiche e cassonetti stradali, oltre a giri dedicati porta a porta su carta e vetrolattine per le utenze commerciali del centro storico e “giri verdi” per gli sfalci domiciliari, si raggiunge il 48% di raccolta differenziata. Il miglior risultato in tutta l’Emilia Romagna. Con la raccolta domiciliare si punta a fare il grande salto. Un salto che potrebbe portare a cancellare la costruzione di un nuovo inceneritore puntando su sistemi alternativi, come il compostaggio di qualità e il trattamento meccanico biologico, già indicato in alcune delibere come soluzione da parte delle Giunte dei Comuni di Reggio Emilia, Correggio, San Martino in Rio, Castellarano. Proprio il possibile cambio di scenari sulle politiche di smaltimento grazie all’attivazione della raccolta domiciliare nel capoluogo come in altri centri del reggiano ha creato non poche divisioni politiche in questi ultimi anni. Da una parte i sostenitori della combustione: parte dei Ds, con l’appoggio di politici Udc e anche, seppur in maniera più “velata” attuata contrastando il porta a porta, di Forza Italia ed Alleanza Nazionale. Dall’altra chi ha messo in dubbio la scelta inceneritorista a tutti i costi provando a puntare sulle alternative. L’altra metà dei Ds, Margherita, Verdi, Prc, le liste civiche Gente di Reggio e Laboratorio e la Lega. Tra le associazioni di categoria ed imprenditoriali Cisl e Coldiretti schierate decisamente per il porta a porta e contro un nuovo inceneritore. Per il “no” alla raccolta domiciliare la CNA e Confartigianato.
Il quartiere Con questo quadro politico di partenza oltre un anno fa, il 26 aprile 2006, è partita la sperimentazione della raccolta domiciliare nella VIIa Circoscrizione. Un quartiere di 13000 abitanti, comprensivo di zone periferiche di campagna con le frazioni di Massenzatico, Gavassa, Pratofontana ed urba|
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GOETHE NELLA NAPOLI DEL ‘700 CHE FA COMPOSTAGGIO QUANDO NAPOLI , SOTTO I BORBONI era un esempio di gestione corretta dei rifiuti con il compostaggio di tutto il materiale organico. Firmato Johann Wolfang Goethe. A partire dal 1786 e fino al 1788, il grande poeta tedesco Johann Wolfgang Goethe, intraprese un viaggio nella penisola italiana, attraversandola tutta, da Trento a Palermo. Le città dove si fermò più a lungo furono Roma e Napoli. Nella sua ricerca non solo i grandi monumenti del passato e le opere degli artisti italiani del Rinascimento, ma gli usi e costumi delle popolazioni, così diversi da quelli dei popoli del Nord. Così molte pagine riscoperte dal professor Federico Valerio, direttore del dipartimento di chimica ambientale dell’Istituto Tumori di Genova, sono dedicate al popolino napoletano, alla sua gaiezza, alla sua gioia di vivere, alla sua arte di arrangiarsi. «Un brano, in particolare è di singolare attualità e merita di essere citato alla lettera e che ci fa vedere come la Napoli di allora che contava mezzo milione di abitanti apparve come una delle città più pulite più di Venezia, Roma e Palermo» spiega il professor Valerio. Ve lo riproponiamo:
Napoli, 28 Maggio 1787 Un numero rilevantissimo di persone, in parte uomini di mezza età, in parte ancora ragazzi, quasi tutti straccioni, sono occupati a trasportare sugli asini la spazzatura fuori dalla città. La campagna che circonda Napoli è tutta un immenso orto: è un piacere osservare l’incredibile quantità di verdura che vien portata in città tutti giorni di mercato e come l’industria umana riporta poi alla campagna i rimasugli e i rifiuti della cucina, per accelerare lo sviluppo della vegetazione. Dato il gran consumo di legumi, i torsoli e le foglie di cavolfiori, dei broccoli, dei carciofi, dei cavoli dell’insalata, dell’aglio costituiscono una parte notevole della spazzatura della città; e ognuno cerca di raccoglierne quanto più può... Servi, ragazzi, i padroni stessi vanno e vengono dalla città durante la giornata quanto più possono, e quella è veramente per loro una preziosa miniera... Mi è stato assicurato che talvolta due di questi individui fanno società, comprano un asino, prendono a fitto da un proprietario più benestante un pezzo di terra, e così, lavorando assiduamente, dato questo clima felice, in cui la vegetazione non si arresta mai, riescono a dare alla loro industria uno sviluppo non indifferente.
ne con il quartiere di Santa Croce, cuore delle storiche Officine Meccaniche Reggiane. Un quartiere che è anche una “cittadella” multiculturale con il 15% di residenti migranti, con punte vicine al 50% in alcune zone dove si registrano tra l’altro anche problemi nel processo integrativo.
Il progetto pilota Il progetto pilota, fortemente voluto dall’assessore all’ambiente Pinuccia Montanari (Verdi) ed affidato nella sua progettazione ad Idecom, tramite il lavoro di Andrea Miorandi, ha puntato su un modello di raccolta domiciliare a sei frazioni (carta-cartoni, vetro-lattine, plastica, umido, secco, giro verde). Nel quartiere sono anche presenti due grandi isole ecologiche. A monitorare i risultati un Tavolo Tecnico promosso dall’assessore all’ambiente con la presenza dell’ente gestore Enìa Spa, rappresentanti delle categorie economiche-cooperative (Legacoop e Coldiretti), sanitarie (Arpa e Ausl), associazioni ambientaliste e la collaborazione anche di esperti del settore come l’economista e sociologo Guido Viale ed il professor Federico Valerio, responsabile del dipartimento di Chimica Ambientale del Istituto Tumori di Genova.
I risultati Un anno di sperimentazione ha portato ai seguenti risultati. Una media di differenziato nella raccolta domiciliare del 61% al quale aggiungere il contributo delle due “isole ecologiche”, con una percentuale globale che quindi si aggira intorno al 70% di raccolta differenziata. In totale come spiega l’ingener Nino Simonazzi di Enìa «questa | 48 | valori |
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sperimentazione ha fatto fare un balzo del 3% alla raccolta differenziata dell’intero Comune di Reggio Emilai». In totale un +12% solo sulle utenze domestiche-commerciali interessate nel quartiere, escludendo le isole ecologiche. Un dato che ha fatto dire alla presidente della 7° circoscrizione Roberta Pavarini riferendosi ai futuri obiettivi europei in materia di raccolta differenziata: «Grazie ai cittadini il nostro quartiere è già in Europa». Disco verde è arrivato anche sul fronte della qualità del rifiuto differenziato raccolto. «La qualità del rifiuto organico - spiega Andrea Miorandi di Idecom - è risultata anche superiore ai livelli d’eccellenza del Consorzio Priula». Qualche problema invece sulla qualità della plastica nelle utenze dei grandi condomini (specialmente quelli interessati da problemi sociali ) ed industriali. Tra le quantità raccolte c’è stato un vero e proprio boom della plastica. Dove dai 5 chilogrammi procapite si è passati a quasi 35, raddoppiando le previsioni del progetto, tanto che in corso di sperimentazione si sono dovuto raddoppiare i passaggi per il ritiro di questo materiale. Altri cambiamenti in “corso d’opera” sono stati effettuati in alcune zone a forte disagio sociale e prevedendo il lavaggio dei cassonetti dell’organico per le utenze condominiali. Modifiche che hanno fatto lievitare i costi della sperimentazione da 700.000 euro ad oltre 1 milione. «Ma i costi della sperimentazione - ha spiegato l’economista Guido Viale nella relazione finale - non sono indicativi per l’estensione, in quanto si è ragionato su un territorio troppo piccolo, non è stato possibile effettuare i travasi di materiali come richiesto e sono stati effettuati diversi servizi
IL COMUNE E LA PROVINCIA DI REGGIO hanno aderito al progetto europeo di riduzione rifiuti “-100 kg” che punta a ridurre la percentuale di “scarti” prodotti pro capite di almeno un quintale. Presto con la collaborazione di diverse catene di grande distribuzione partira il progetto “Spesa Verde” con la possibilità di scegliere prodotti a basso impatto ecologico sia in termini di rifiuti che di produzione. Diversi progetti nel comune capoluogo sono già partiti anticipando questa iniziativa. Dall’autorizzazione alla distruzione del latte fresco alla spina no Ogm (dai 4 ai 6 chili di rifiuti evitati in un anno usando bottiglie di vetro oltre ad un prezzo al litro inferiore di 40 centesimi ndr), iniziata nelle aziende agricole delle frazioni di Roncadella e Sesso ed arrivata anche in centro storico con l’apertura di un punto nelle vicinanze della storica Piazza Fontanesi. Ad agosto poi il Comune di Reggio insieme all’Associazione Famiglie Numerose e la ditta Ecobimbi ha fatto partire da agosto la sperimentazione di pannolini di cotone lavabili multiuso. Ogni bambino in tre anni produce almeno 1 tonnellata di rifiuti non riciclabili con i pannolini oltre al materiale sprecato per produrli (600mila tonnellate di pasta di legno all’anno solo in Italia ndr). Usando i pannolini “multiuso” oltre a risparmiare fino a 1000 euro (nei primi tre anni di vita 250-300 euro di spesa con i riutilizzabili contro i 1500-2000 degli “usa e getta”) si evitano di produrre rifiuti e sprecare materie prime. «Abbiamo deciso di fare la sperimentazione - spiega Luigi Picchi dell’associazione Famiglie Numerose di Reggio - partendo da una realtà “estrema” come la nostra perchè se funziona con noi può funzionare facilmente in ogni nucleo famigliare». I pannolini ecologici saranno a disposizione nei punti vendita Conad e Coop di Reggio. Se tutto andrà bene, si potrebbe arrivare anche M.I. ad un sistema d’incentivi come quelli già esistenti in alcuni comuni del Veneto.
ROMA & LA RACCOLTA DOMICILIARE, È SUBITO SUCCESSO LA RACCOLTA DIFFERENZIATA PORTA A PORTA inizia a “sfondare” anche nella capitale. Dopo l’avvio del progetto a marzo nel quartiere romano di Colli Aniene il sistema domiciliare da giugno è partito anche a “Decima”. Ottimi i risultati prodotti a Colli Aniene con una percentuale di materiale inviata al riciclaggio del 63%. Un dato questo raggiunto in sole tre settimane per un totale di circa 35,8 tonnellate. Nello specifico sono stare avviate al riuso 11 tonnellate di carta, 10 di multimateriale (plastica, vetro e metallo) e 16 di scarti alimentari che saranno trasformati in compost di qualità. «Ringraziamo a nome di AMA- affermano il Presidente Giovanni Hermanin e l’Amministratore Delegato Biagio Eramo - i nostri operatori e i cittadini di Colli Aniene, che hanno risposto così positivamente all’impegnativo cambio di abitudini che gli è stato proposto». Prossimamente il servizio sarà esteso anche in zona Massimina coinvolgendo complessivamente nei tre quartieri 30.000 cittadini. Il sistema “porta a porta” a Decima invece interessa circa 1700 famiglie e 91 utenze non domestiche, per oltre 4.500 abitanti. L’Amministrazione comunale, inoltre, ha deciso di premiare i cittadini e le utenze non domestiche di Decima che saranno interessati dal nuovo sistema, applicando una riduzione del 20% sulla parte variabile della Tariffa Rifiuti 2007. La riduzione verrà applicata sull’importo relativo al secondo semestre 2007. Pertanto, nel conto di novembre dei cittadini si riscontrerà nella sezione «Dettaglio della fattura, la voce “sconto porta a porta 20%». L’estensione della raccolta domiciliare nella capitale raccoglie il plauso di tutte le associazioni ambientaliste, da Greenpace al Wwf, passando per Fare Verde, Legambiente ed Italia Nostra. Il sindaco di Roma Walter Veltroni ha anche richiesto al ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio M.I. finanziamenti speciali per estendere il metodo domiciliare nella capitale.
L’assessore Pinuccia Montanari e, sotto, Roberta Pavarini, presidente della 7°circoscrizione del comune di Reggio Emilia.
che inizialmente non erano previsti». Sul fronte dei costi, che gli oppositori del porta a porta hanno agitato continuamente come “spettro”, l’estensione di questo servizio farà comunque registare un incremento. «Costerà di più ma è l’unico modo per raggiungere il 65% minimo entro il 2012 previsto dalle normative europee di riferimento», ha spiegato l’amministratore delegato di Enia, Ivan Strozzi, che da quando si è insediato a settembre al posto di Uris Cantarelli, si è da subito dichiarato «un sostenitore del porta a porta» arrivando anche a spiegare «che il tipo d’impianto di smaltimento si deciderà in base alle quantità di rifiuti che rimarranno. Se ci saranno le quantità si farà un inceneritore, se non ci saranno si farà altro». Come dire. Più Reggio riciclerà meno saranno le probabilità di costruire un nuovo forno da 150.000 tonnellate sostitutivo di quello vecchio di Cavazzoli, inaugurato nel 1968 (che nel 2005 ha bruciato 20.000 tonnellate) la cui chiusura è programmata nel giro di qualche anno. Non indifferente tra l’altro il costo del nuovo impianto. Per un nuovo inceneritore si parla di 140 milioni di euro. In un anno di sperimentazione nel preparare il progetto «amministrazione ed i gestori hanno incontrato 3000 cittadini»,
spiega l’assessore all’ambiente Pinuccia Montanari. «La comunicazione però se escludiamo questi contatti diretti - continua - è stata il nostro punto debole e nell’ottica dell’estensione andrà migliorata con progetti d’inclusione di vari strati della società come soggetti attivi nel promuovere la raccolta». «Grazie al porta a porta - spiega Roberta Pavarini - tremila cittadini si sono rivolti allo sportello rifiuti della circoscrizione, una grande occasione di dialogo con i cittadini quindi, con la distribuzione dei nuovi calendari la gente ci ringrazia per questo progetto».
La battaglia «Il progetto di Reggio - commenta il reggiano Walter Ganapini, presidente di Greenpeace Italia - è importante perché è la testa di ponte del sistema di raccolta domiciliare nei grandi centri dell’Emilia Romagna e va dato atto all’assessore Pinuccia Montanari di aver avuto grande coraggio e coerenza». In una regione dominata dal sistema a cassonetti stradali fortemente connessi con le politiche di smaltimento tramite inceneritori è stato come “bestemmiare in Chiesa”. In tutta la Regione ci sono 9 forni, con una percentuale di combustione superiore a quella dell’Austria e lanciata oltre i livelli della Germania con prospettive, nei piani industriali della vicina Hera di superare abbondantemente i dati tedeschi, in barba alle indagini sullo stato dell’aria che ci dicono che la Pianura Padana è una delle zone più inquinate del pianeta. Il porta a porta in un comune capoluogo come Reggio Emilia è quindi una piccola rivoluzione che certamente crea qualche ‘grattacapo’ a chi aveva deciso di puntare tutto sulla costruzione di nuovi inceneritori in Regione. «Questa situazione politica - spiega Lorenzo Bagnacani, leader del coordinamento dei comitati ambientalisti - ha certamente creato una situazione di forte pressione politica contro il porta a porta di Reggio Emilia con la creazione di campagne denigratorie costruite ad arte, quasi una “waste spy story” all’emiliana…». Già perché mentre rappresentanti di Trento (partito anch’esso con l’estensione del porta a porta qualche mese fa ndr) ed anche di Comuni della Cornovaglia venivano a visionare il sistema domiciliare sperimentato nella VIIa Circoscrizione di Reggio, ampi settori della politica locale, con alcuni media al seguito sparavano ad “alzo zero” sul nuovo metodo di raccolta. Una situazione che durante una delle infinite commissione consiliari sul porta a porta ha fatto commentare al consigliere Marco Fantini (IdV). «Nessun altro argomento non è mai stato approfondito quanto il porta a porta, c’è qualcosa di strano in tutto questo evidentemente dà fastidio oramai qui stiamo dividendo l’atomo…basta estendiamolo subito!». «In un anno ne ho sentite di tutti i colori, come dicono a Bologna mi sembrava di sognare…», commenta ancora Walter Ganapini uno che di porta a porta se ne intende avendolo lanciato a Milano nei primi anni ‘90. Riportiamo qualche esempio dell’armamentario del comitato del “no” e dei politici contrari. “Il porta a porta non si può fa|
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SI RICICLA ANCHE NEI CENTRI SOCIALI INSIEME AL PORTA A PORTA, l’assessore all’ambiente del Comune di Reggio ha varato anche un altro progetto per effettuare la raccolta differenziata in tutti i centri sociali, ricreativi e sportivi della città ed in futuro anche nei parchi e nelle parrocchie. Con speciali “totem” si raccoglieranno plastica, carta, vetro-lattine che poi verranno inserite nei bidoni (ritirati secondo calendario) dai gestori dei locali. Un altro progetto denominato “Spesa Verde” punterà invece alla riduzione dei rifiuti. «Inoltre ho scritto a Trenitalia - spiega la Montanari - affinché anche in Stazione come già avviene a Bologna si effettui la raccolta differenziata».
re nei centri urbani” (San Franscisco e capitali come Bruxelles e Parigi evidentemente sono piccoli borghi rurali... ndr) , “viola la proprietà privata”, “è contro le leggi sanitarie”, “è contro la privacy”, “impedisce agli anziani di muoversi portando il pattume ai cassonetti stradali” (sic!), “Reggio diventerà come Napoli”, “ci saranno aumenti del 400%”, “inquina di più perché girano più camion” (e se li facessimo andare a metano o elettrici come a San Francisco? ndr), “è un sistema di controllo da Ovra fascista o Kgb”, per concludere con “differenziare oltre il 50% non conviene” che è la cara vecchia tesi degli inceneritoristi
“doc” della scuola del professor Eugenio De Fraja Frangipane e del Politecnico di Milano. Emblematico anche quanto accaduto il 22 maggio scorso, quando controllando le “proprietà” di un comunicato inviato dal responsabile della segreteria cittadina dei Ds, Roberto Salsi, che giustifica politicamente i compagni di partito che raccolgono firme contro la raccolta porta a porta, si scopre che questo è stato scritto da un dipendente di Enìa, la municipalizzata il cui a.d. Strozzi è nettamente a favore del sistema domiciliare... Titolo del comunicato? Neanche a farlo apposta è: “Nessun imbarazzo dei Ds”.
munale. Circa 40.000 persone faranno il porta a porta cosiddetto “integrale”, altre 80.000 di piccoli e medi condomini avranno i bidoncini di carta, umido e secco in casa ed eco-punti domiciliari per plastica e vetro/lattine. 30.000 persone che risiedono in grandi condomini dovranno conferire i rifiuti differenziati in “oasi ecologiche dedicate” cioè spazi recintati dove si potrà accedere solo con chiave o badge elettronico. Il centro storico (10.000 abitanti) avrà un suo modello “misto” anche se la partita è ancora aperta e come spiega Ganapini «non si capisce perché non si possa fare visto che tutti i centri storici delle principali città europee lo fanno già, fondamentale è poi evitare quella jattura che sono le isole interrate non funzionano. Io le sperimentai a Bologna…». Dopo aver convinto tutti in Giunta ed aver avuto l’ok nelle commissioni consigliari, il progetto ora passerà alle fasi operative. L’estensione potrebbe partire con le fasce urbane periferiche già da questo autunno-inverno. Referendum permettendo. Già, perché i nemici giurati della raccolta domiciliare, con i consiglieri di An, Forza Italia, Udc insieme al consigliere Ds Gianni Prati, con slogan alquanto “ingannevoli” come “sì alla dif-
L’estensione Passato sotto il “fuoco” dei campi di battaglia di continue polemiche politiche per il porta a porta “made in Reggio” è arrivato il momento dell’estensione a tutta la città. Il Tavolo Tecnico con il contributo di Enìa, Idecom e tutte le sue componenti ha predisposto un progetto d’estensione flessibile a seconda delle tipologie abitative. Il piano ha l’obiettivo di centrare il 65% entro il 2012 con obiettivo tendenziale al 70% come richiesto dall’amministrazione co-
ferenziata, no al porta a porta” sono riusciti a raccogliere 4.800 firme per indire una consultazione contro il sistema domiciliare. Questo nonostante ben 52 eurodeputati di ben cinque gruppi politici e 16 Stati membri dell’UE abbiano tessuto le lodi del futuro modello reggiano che si vuole basare su porta a porta, compostaggio e trattamento meccanico biologico. Nel giorno del raggiungimento del quorum del referendum contro il sistema che maggiormente contribuisce alla raccolta differenziata, quasi magicamente nella piazza principale di Reggio a farsi fotografare con il capogruppo di An Marco Eboli ed i leader del comitato contro il porta a porta, anche l’ex amministratore delegato di Enìa Uris Cantarelli. La Giunta di Reggio varato il nuovo progetto è comunque intenzionata ad andare avanti e contro il quesito si annunciano ricorsi al Tar, basandosi anche su pareri ed opinioni che ritengono il quesito “inammissibile, vago e superato dal nuovo progetto”. Giudizi espressi dal professor Franco Giampietro presidente dell’associazione nazionale dei Giuristi Ambientali e dall’avvocato reggiano Celestina Tinelli, membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura.
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Beppe Grillo partecipa a numerose battaglie civili. Qui è in occasione della manifestazione nazionale dei comitati No Tav.
L’uragano di nome Beppe
Torino, 2005
Spettacoli, articoli, assemblee e manifestazioni pubbliche hanno pesato sull’informazione dei cittadini.
L
larme Grillo’. In una riunione dei capigruppo convocata il 6 marzo 2006, il diessino Franco Corradini (in seguito diventato assessore alla sicurezza ndr) chiede ufficialmente il rinvio ad altra data. Verbale alla mano afferma Corradini: «Si ritiene la data del 12 troppo ravvicinata ad una campagna elettorale che si annuncia stressante ed obbligherebbe a preparare in pochi giorni un consiglio pure stressante».
Il comico genovese ha seguito passo passo la battaglia a sostegno del porta a porta e delle alternative all’incenerimento
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In effetti gli “stressati” non si sbagliano di molto nelle previsioni. Il 10 aprile Grillo dal palasport cittadino (al suo spettacolo aveva invitato la presidente della Provincia Sonia Masini che declina l’invito e l’allora amministratore delegato di Enìa Uris Cantarelli) annuncia davanti a quattromila persone. «Mercoledì pomeriggio ci sarò anche io con voi in consiglio comunale , ci vediamo tutti lì, l’inceneritore lo blocchiamo tutti insieme!». I quattro piani della Sala del Tricolore che ospita il consiglio comunale sono invasi da centinaia di cittadini. Applausi a scena aperta quando Grillo ed il ricercatore Stefano Montanari, chiamato a relazionare in tema di nanopolveri entrano. È una “bolgia”. La mozione popolare dei comitati viene bocciata, ma la maggioranza di centrosinistra messa “sotto pressione” si impegna con un documento a valutare oltre all’estensione del porta a porta altre alternative all’incenerimento come il trattamento meccanico biologico. Per giorni arrivano ai giornali locali lettere sul tema.
LORIS SAVINO / CONTRASTO
A “BATTAGLIA” PER UNA CORRETTA GESTIONE del ciclo dei rifiuti a Reggio Emilia, tramite alternative virtuose all’incenerimento ha trovato un punto di riferimento costante in Beppe Grillo. Da più di un anno il comico genovese ha fatto della Città del Tricolore quella che lui ha definito in didi M.I. verse interviste la “capitale italiana alla lotta agli inceneritori” o per usare una terminologia ancora più colorita “la Val di Susa della gestione rifiuti”. Chiamato a dar manforte dal locale coordinamento dei Comitati Salute e Ambiente, guidato da Lorenzo Bagnacani, un 33enne dirigente di banca, Grillo ha fatto prepotentemente irruzione sulla scena della politica locale reggiana il 1 marzo 2006. “Breviario di Don Camillo” in mano (il libro che raccoglie il meglio di Giovannino Guareschi “pensiero” ndr) Grillo ha invaso la Sala Giunta del Municipio insieme ad alcune centinaia di cittadini, portando altrettante firme relative ad una mozione d’iniziativa popolare sul tema delle emissioni di nanopolveri da parte degli inceneritori. A riceverlo in quella occasione furono i capigruppo di maggioranza al completo (meno quello dei DS Franco Corradini ndr che mancò all’appello) insieme al sindaco Graziano Delrio e l’assessore all’ambiente Pinuccia Montanari. Dopo la “visita”, statuto comunale alla mano dalla consegna della mozione popolare alla convocazione in Consiglio non devono passare più di quaranta giorni e parte della politica reggiana (quella a favore dell’opzione della costruzione di un nuovo inceneritore che comprende parte dei DS locali) inizia ad intuire che la data proposta per il 12 aprile 2006 dal presidente del consiglio comunale Nando Rinaldi, segue di soli due giorni lo spettacolo “Incantesimi” programmato da Grillo in città per il 10 aprile. È di nuovo ‘al-
Intanto il 26 aprile 2006 parte la sperimentazione della raccolta domiciliare nella settima circoscrizione. Ad inizio giugno Grillo fa il “tris”. Con il locale Meet Up organizza gratuitamente in un agriturismo alle porte di Reggio, un concerto-spettacolo di beneficenza per raccogliere fondi per il microscopio per le ricerche sulle nanoparticelle. Con lui partecipano Biagio Antonacci, Gino Paoli ed il comico bolognese Vito. Pubblicamente Grillo plaude ai cittadini della 7° Circoscrizione che stanno sperimentando la raccolta differenziata porta a porta. «Siete fantastici, io sono per il porta a porta, ma non la trasmissione tv…», dice con una battuta delle sue. Nel caldo mese di luglio, intanto sorge un comitato contro il porta a porta (presieduto da marito e moglie e che in un anno non ha mai svolto una riunione pubblica ma è stato ricevuto dal segretario del partito di maggioranza relativa in città). Questo gruppo trova alleati tra parte dei Ds in “asse” con Alleanza Nazionale, Forza Italia e UdC.
A dicembre il gruppo locale degli Amici di Beppe Grillo, invita Francesco Galanzino (Confindustria Alessandria e vice presidente del Consorzio Italiano Compostatori) a parlare di alternative all’incenerimento cioè «porta a porta, compostaggio e trattamento meccanico biologico». A Natale, il 22 dicembre tocca invece sempre a Beppe Grillo fare gli auguri alla sua maniera ai reggiani ed ai politici locali dalle colonne del Resto del Carlino. Sotto attacco i costi della Tav e le opere di Calatrava, il caso Bipop e nuovamente elogi a favore del porta a porta e per le alternative all’incenerimento. A marzo di quest’anno nel corso delle due serate del suo nuovo spettacolo “RESET” prepara il nuovo “blitz” popolare insieme ai comitati. I fans di Grillo allo spettacolo mostrano un video denuncia (visibile su http://meetv.altervista.org/?cat=23 ) “sulle campagne politiche contro il porta a porta” mentre il comico genovese invita a parlare della raccolta domiciliare davanti a migliaia di reggiani l’assessore all’ambiente Pinuccia Montanari (Verdi) e la presidente della 7a Circoscrizione Roberta Pavarini (DS). Per il porta a porta arrivano migliaia di consensi. Quasi 6000 firme in due giorni che poi diventeranno oltre 9000 a maggio. Il giorno seguente all’ultimo spettacolo, il 7 marzo è sempre il Beppe nazionale, bidoni domiciliari blu della carta pieni di cartoline caricati su una sgangherata bicicletta da donna a portare i plichi di firme presso la sede della Provincia… «Questo è un anticipo, se vi azzardate a fare un inceneritore ne arrivano decine di migliaia e vi sommergono, sta a voi decidere…» dice alla consegna il comico. Tutto finito? Ai dipendenti dei cittadini reggiani l’ardua sentenza… Ma se questi “sgarreranno” il Beppe nazionale ha già promesso un suo ritorno...
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Holding Dos Santos >54 Reportale. L’inferno angolano >56 Migrazioni e sviluppo: un tema che viene da lontano >58 Meeting di Loreto. Nuove strategie con attori i migranti >62
internazionale IL BOIA IN IRAN PER FAR TACERE I GIORNALISTI
LA DIGA DI BUJAGALI RISOLVERÀ I PROBLEMI DEGLI UGANDESI MA NON QUELLI DELL’AMBIENTE
SEI MESI IN PIÙ PER I CASCHI BLU DELL’ONU IN SOMALIA
MISSILI SULLA GEORGIA LA RUSSIA SMENTISCE
IN SEICENTO NUDI IN ALTA QUOTA PER SALVARE I GHIACCIAI DEL MONDO
11 SETTEMBRE: RAPPORTO ACCUSA LA CIA DI NEGLIGENZA
Si moltiplicano gli appelli per salvare Adnan Hosseinpour e Hiwa Boutimar, due giornalisti curdi condannati a morte dal governo di Teheran. Hanno fatto sentire la loro voce i Verdi, gli attivisti di “Information, Safety and Freedom”, l’associazione italiana di giornalisti Articolo 21 e del Comitato per la salvezza di Hosseinpour e Boutimar. L’avvocato iraniano che difende i due giornalisti è infatti convinto che solo una mobilitazione internazionale potrà salvali. La notifica ufficiale della sentenza non è ancora arrivata, ma dal momento che verrà notificata ci sono 20 giorni per fare ricorso alla Corte suprema. La sentenza capitale è stata emessa dalla Corte rivoluzionaria di Marivan, nel nord-ovest dell’Iran, per reati penali: Boutimar avrebbe ammesso di avere fornito munizioni al Pejak, un gruppo indipendentista curdo iraniano affiliato Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) in Turchia. Hosseinpour invece, avrebbe confessato di avere aiutato a fuggire all’estero due iraniani di etnia araba. Le esecuzioni capitali in Iran sono state almeno 150 dall’inizio dell’anno, tutte tramite impiccagione.
I lavori della diga e della centrale idroelettrica di Bujagali, costruite sulle omonime cascate in Uganda, sono iniziati. I lavori dovrebbero finire nel 2011. Per i 30 milioni di ugandesi significa un salto di qualità importante, considerato che nel Paese solo il 5% della popolazione può accendere la luce in casa. Nelle zone rurali, dove vivono 30 milioni di abitanti, circa l’85% della popolazione, solo l’1% delle case ha accesso all’elettricità. La diga costerà 770 milioni di dollari. Banca mondiale e Banca africana per lo sviluppo sono tra i maggiori investitori, assieme alla European Investment Bank. È il maggiore investimento privato mai avvenuto in Africa orientale, e il più grande progetto di energia indipendente in quella sub-sahariana. Il progetto dovrebbe mettere fine alle continue sospensioni di energia che fanno perdere all’Uganda almeno l’1% annuo del Pil, causando il rialzo continuo del prezzo della corrente elettrica. La diga avrà una capacità di 250 megawatt e permetterà, dunque, di duplicare l’energia elettrica nel paese. Il progetto è fortemente contestato dagli ambientalisti. La diga, infatti, sarà costruita sul Nilo, a pochi chilometri dal lago Vittoria, il più esteso in Africa, che in questi anni ha toccato livelli minimi storici. Questa sarebbe la terza diga in avallo del bacino, e causerà gravi conseguenze sulle risorse idriche del lago.
Alla fine il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità la proroga di sei mesi della missione guidata dall’Unione africana in Somalia. La risoluzione sollecita gli Stati membri a fornire i mezzi finanziari, il personale, le attrezzature e i servizi per lo schieramento completo della missione di pace e chiede che il segretario generale si consulti con la Commissione dell’Unione africana per facilitare la missione. Gli Stati membri, i cui aerei militari o le cui navi si trovino nei pressi della Somalia, dovranno vigilare sugli atti di pirateria a danno dei trasporti dei sussidi umanitari. La missione è stata istituita nel febraio scorso per favorire il dialogo e la riconciliazione nel Paese, la libera circolazione, la sicurezza e la protezione di quelli che sono coinvolti nel processo di pace, oltre a fornire protezione alle istituzioni federali di transizione e la sicurezza per le infrastrutture chiave. Una recente denuncia di Human Rights Watch però afferma che la popolazione civile ha sofferto e continua a soffrire violazioni dei diritti umani e che le diverse parti in causa continuano a violare le leggi di guerra.
Per il missile caduto in Georgia attribuito all’aviazione russa, il governo di Tblisi chiede l’intervento delle Nazioni Unite. Si chiede una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza dell’Onu e la formazione di un gruppo di esperti internazionali. Le autorità di Tblisi si augurano, inoltre, che vengano inviate delle tracce radar degli altri Paesi e auspica una collaborazione dell’Unione Europea. Secondo Mosca si tratta di un tentativo di boicottare i negoziati sulla Repubblica separatista dell’Ossezia del sud, slittati a settembre. L’ultima ipotesi è che il missile sia stato non lanciato, ma lasciato cadere da un bombardiere russo Sukhoi-24, quando il pilota si è trovato sotto il fuoco amico, quello dei separatisti osseti. Quindi avrebbe deciso di liberarsi del missile che aveva a bordo. Questo, secondo i russi, spiegherebbe perché il missile non sia esploso. Il missile è già stato identificato dal ministero della Difesa georgiano: si tratta di un tattico antiradar Raduga Kh-58 di fabbricazione russa, lungo 4,8 metri, con un diametro di 380 centimetri e un peso di 640 chili, di cui 140 chili di tritolo. Il missile era in dotazione alle forze armate sovietiche dal 1989.
Si sono dati appuntamento nudi a oltre 2000 metri di altitudine ai piedi di un ghiacciaio lungo 23 chilometri, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui guasti del clima, dell’effetto serra e del surriscaldamento del pianeta. L’appello lanciato da Greenpeace ha portato sul ghiacciaio Aletsch, in Svizzera, circa 600 persone che si sono fatte fotografare completamente nude con una temperatura di meno 10 gradi. Alla macchina fotografica c’era il fotografo statunitense Spencer Tunik. Arrivati in quota, dopo ore di cammino, i modelli ambientalisti si sono spogliati delle attrezzature e si sono messi in posa. Il fotografo se ne stava aggrappato ad una scala aiutato da cinque collaboratori per studiare le varie inquadrature. Tunik ha diviso gli attivisti in due gruppi ritraendoli sia sdraiati che in piedi. Secondo l’associazione ambientalista, negli ultimi 150 anni i ghiacciai hanno perso circa un terzo della loro lunghezza e metà del loro volume. Le previsioni di Greenpeace sono catastrofiche: se la temperatura non diminuirà i ghiacciai scompariranno entro il 2080. Tunik non è la prima volta che si cimenta in queste imprese fotografiche. Nel maggio scorso ritrasse 18 mila persone nude nella piazza principale di Città del Messico. Altre performance famose a Newcastle e alla Central Station di New York.
Un rapporto sul comportamento della Cia in relazione all’11 settembre, compilato nel 2005 dal capo degli ispettori, è stato reso pubblico per volere del direttore dell’agenzia Michael Hayden che ha chiesto di dare seguito a una legge recentemente approvata dal Congresso. Secondo il rapporto, l’ex capo della Cia, George Tenet, non avrebbe mantenuto fede al documento del 1998 in cui prometteva di combattere al Qaeda e, prima degli attacchi dell’11 settembre, l’agenzia ha utilizzato per altri scopi soldi che in teoria avrebbero dovuto essere spesi in attività anti terrorismo. Il rapporto sostiene che i vertici della Cia non avrebbero adempiuto alle proprie responsabilità in maniera soddisfacente e descrive errori sistematici riscontrati in una lista di soggetti sospettati di terrorismo che avrebbero dovuto essere sorvegliati nel momento in cui tentavano di entrare negli Stati Uniti.
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Holding Dos Santos La prima grande inchiesta sugli affari della famiglia del dittatore angolano e i tanti sostenitori, a partire dall’italiana Eni. L 12 APRILE 2003 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Carlo Azeglio Ciampi ha consegnato la Medaglia al Valore da Cavaliere ad Antonio Mosquito Mbakassy. La motivazione ufficiale: “per il suo grande contributo allo sviluppo della repubblica di Angola” quale importatore di auto Audi e Volkswagen. Perché mai lo Stato italiano debba dargli una medaglia per una cosa del genere è un mistero. O forse no, se si guarda con attenzione chi sia Mosquito e cosa faccia davvero. Antonio Mosquito vive a Luanda, la capitale dell’Angola, nel sudovest africano. Una nazione tra le cinque più ricche del pianeta per i suoi giacimenti petroliferi, di diamanti, di minerali strategici, per l’abbondanza del pesce nel suo tratto di Oceano Atlantico e per la fertilità dei suoi campi. Eppure l’Angola è uno dei dieci paesi più poveri al mondo, tra cui la mortalità infantile è più alta, la violenza più efferata, il dilagare delle malattie più sconvolgente. 200 morti di fame al giorno, 11 milioni di persone in fuga dalle regioni torturate dalle guerre tribali. Fino al 1975 l’Angola era una colonia portoghese. Già ai tempi del dittatore di Lisbona, Salazar, il Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), finanziato da Mosca e guidato dal primo presidente angolano Antonio Agostinho Neto, lottava per l’indipendenza. Nel 1975 questa diventa una realtà. Ma invece di essere la fine della schiavitù, quell’anno diventa l’inizio di un incubo. Il regime dell’apartheid sudafricano e gli Stati Uniti voglioni evitare ad ogni costo che una delle regioni più ricche del pianeta finisca nell’orbita sovietica – quindi creano, finanziano ed armano un esercito Michael Ledeen. avversario al MPLA, l’Unità Nazionale per l’Indipendenza Totale delA sinsitra, l’Angola (UNITA), guidato dal signore della guerra John Savimbi. Dos Santos stringe la mano a Bush. La guerra civile è finita solo nel 2002, anche se a partire dal 1986
I di Claudia Apel
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aveva preso una svolta clamorosa. Michael Ledeen, uno degli ideomassimi dirigenti delle due case automobilistiche, e che in Germalogi neocon che aveva già lavorato per Nixon e Bush senior – quelnia da oltre un anno ha creato uno scandalo clamoroso) la Acapir lo stesso Michael Ledeen che, residente da decenni in Italia, è stato Lda. Luanda, di proprietà di Welwitschea Dos Santos, figlia del Prechiamato in causa più volte nelle vicende delle trame nere e della P2 sidente. In quella riunione il papà di Tchize (così viene chiamata – quello stesso Michael Ledeen, che da Roma controllava i pagaamichevolmente la ragazzina) rappresenta l’Anip, che sarebbe l’IRI menti delle operazioni in nero della CIA nel traffico d’armi in Meangolana. L’Anip obbliga i contrabbandieri tedeschi a regalare dio Oriente – quel Michael Ledeen diventa il rappresentante ufficiale 14,4% delle azioni alla società della figlia del Presidente, 16,6% a del MPLA negli Stati Uniti, capovolgendo in poche settimane la poMosquito (che gestisce l’importazione legale delle auto tedesche), ed litica americana sull’Angola, aprendo le porte per uno sfruttamento i conti bancari per favore da aprire al Banco Africano de Investidelle risorse di quel paese, coordinato insieme da russi ed americamentos di Luanda, di cui papà Eduardo e figlia Tchize sono influenti ni, che non conosce eguali al mondo. azionisti. Fatto l’accordo in novembre, la firma del contratto avvieL’amico di Michael Ledeen a Luanda si chiama José Eduardo Dos ne il 2 febbraio 2005 – anche in quella occasione alla presenza della Santos – l’uomo che nel 1979, a soli 37 anni, subentra all’eroe deltrimurti angolana, perché fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. l’indipendenza Agostinho Neto alla presidenza del MPLA e della ReQuando lo scandalo esplode in Germania, Antonio Mosquito fa pubblica di Angola. Prima di essere eletto Presidente aveva guidato sparire i soldi e le azioni (tutte tutte) nei suoi conti fil’organizzazione giovanile del MPLA, aveva studiato con successo induciari in Spagna e Portogallo – amministrati dalgegneria petrolchimica in Russia, poi era stato Ministro degli Esteri. la PIC Consultants Ltd. di Londra, che gestisce Da Presidente si preoccupa soprattutto di costruire un impero fianche – per pura coincidenza – la struttura illenanziario per garantire se stesso e la sua numerosa fagale offshore di Sindika Dokolo e sua moglie IsaANGOLA miglia. E volge lo sguardo agli Stati Uniti, dove si bel. Un’altra coincidenza? Sindika, figlio di uno mette alla caccia di contatti. Nei corridoi di Wadei grandi banchieri di Mobutu ed oggi uno dei più Repubblica shington impara il mestiere: per ognuno che vuole ricchi bancarottieri e mercanti d’arte del mondo, è il Superficie: 1.246.700 km2 ottenere una licenza per pompare petrolio, raccogenero di José Eduardo Dos Santos, dato che Isabel è Popolazione: 12.263.596 gliere diamanti, scavare bauxite o per la pesca, Dos un’altra delle sue figlie. La ragazza, dopo alcune Composizione: Santos richiede una sola condizione – che l’investichiacchierate relazioni col re dei diamanti russo israe43,7% 0-14 anni 15-64 anni 53,5% tore crei una holding in terra angolana, di cui tra il liano Lev Leviev (che ha raccolto a piene mani parte65 e oltre 2,8% 14% ed il 21% vengano regalati alla famiglia Dos cipazioni e licenze per di diamanti in Angola) e con Mortalità infantile: Santos, e che metta i soldi della holding in una delun faccendiere arabo, ora avrebbe messo la testa a po184,44 morti/1.000 nati le banche controllate dalla famiglia del Presidente o sto e, trasferitasi di fatto a Lisbona, fa il banchiere, doAspettativa di vita: 37,63 anni dai suoi fidi collaboratori. po che papà l’ha convinta ad autorizzare la fusione Pil: +15% (stima ‘06 su ‘05) Tra il 1986 ed il 1996 il patrimonio della famiglia tra la sua banchetta personale, il Banco Internacional Pil procapite: 4.400 dollari Dos Santos aumenta fino a costituire il 35% del prode Credito di Lisbona, con la Banca Espirito Santo – Pop. sotto la soglia di povertà: 70% (stima 2003) dotto interno lordo del Paese. Chi non è d’accordo, una delle più grandi banche portoghesi e, colmo dei naturalmente, se ha fortuna finisce in prigione. Alle colmi, la banca della dittatura portoghese che più di elezioni John Savimbi dell’UNITA riceve troppi voti? Dos Santos chiatutte era coinvolta nello sfruttamento violento del colonialismo in ma Ledeen, da Roma parte un esperto dell’Ambasciata americana per Angola. In cambio della fusione Isabel ha ottenuto un 20% della conLuanda, Savimbi decide misteriosamente di ritirare la candidatura. sociata del gruppo Espirito Santo in Angola ed un impero offshore Unico neo in questo piano perfetto: la stramaledetta opinione pubche, secondo le indagini della procura di Lisbona, si occupa princiblica, che comincia a chiamare quel simpaticone di Dos Santos con palmente del trading dei diamanti di contrabbando. l’appellativo di dittatore e ad accostarlo ai mostri che hanno popolaMa non solo. Isabel è azionista di Endiama (la joint venture diato l’Africa degli ultimi 50 anni: Mobutu, Abacha, Idi Amin Dada. mantifera tra il governo angolano ed il colosso russo Alrosa) e di SoIl 23 marzo del 1996 José Eduardo Dos Santos crea una fondanangol – la società petrolifera angolana, per la quale un carissimo zione benefica, la Fondazione Eduardo Dos Santos (FESA), con sedi amico di famiglia (tale Antonio Mosquito Mbakassy) ha brigato per a Luanda, a Rio de Janeiro, a Montreal ed a Lisbona. FESA paga squaun supercontratto tra detta società e l’ENI per lo sfruttamento del dre di calcio di ragazzini, cibo, macchine per l’agricoltura, vestiti, petrolio angolano. Quale sia la percentuale lasciata sul campo dalmedicine – ed in cambio concede licenze per lo sfruttamento dei gial’Eni per la famiglia Dos Santos non è dato saperlo. cimenti petroliferi e dei campi diamantiferi ai suoi soci: De Beers, BP, Del resto le due compagnie si conoscevano già bene. Tra i soci delTotalFinaElf. Le merci importate da FESA non devono sottostare a la famiglia Dos Santos c’è un certo Americo Amorim, mezzo angolanessuno controllo doganale. E negli uffici della FESA si svolgono le no mezzo portoghese, che commercia con qualunque merce disporiunioni più disparate. Ad esempio quella del 24 novembre 2004. nibile ed è entrato, dopo lo scoppio dello scandalo Oil For Food, nelViene fondata la Ancar Automoveis de Angola Lda. Luanda. I soci l’azionariato della GALP, società petrolifera tra la compagnia naziosono Antonio Mosquito Mbakassy (quello premiato da Ciampi), Annale portoghese dell’energia Petrogas e l’ENI. La GALP, tramite la sua car Worldwide Investments Holding (una società di due prestanoomonima consociata del Liechtenstein, è tra le società cui viene rimme tedeschi che con il loro nome coprono il contrabbando dell’uproverato (nulla di più, ci mancherebbe) di aver fatto scambi comsato della Audi e della Volkswagen – un contrabbando gestito dai merciali con l’Iraq di Saddam Hussein aggirando l’embargo. L’ENI FONTE: CIA FACTBOOK
La baia di Luanda vista dalla baraccopoli di Boa Vista.
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| internazionale | non ci trova niente di male, il governo portoghese invece sì, così chede che i lusitani lascino la presa da questa società dall’immagine un po’ offuscata. E l’ENI pensa bene di appoggiare l’entrata nell’azionariato di Amorim e di una sua socia, tale Isabel Dos Santos. Sempre lei. Finora in questa cara famigliola l’unica a non avere un ruolo pareva fosse la mamma, Maria Luisa Abrantes detta Milucha… non crediate che Eduardo sia un maschilista! Milucha (divorziata dal presidente ma ancora in ottimi contatti con lui) vive a Falls Church, in Virginia, da dove dirige la fondazione Friends of the Children of Angola (FOCOA), chiamata in vita da lei e dall’ex marito nel 1998. Anche FOCOA invia aiuti in Angola in barba alle regole doganali, specialmente macchinari (che si sa che i bambini di tutto il mondo adorano il Mec-
| internazionale | cano). E che fa allora la moglie attuale, la povera Ana Paula? Ma anche lei ha una fondazione benefica, perbacco. Si chiama Lwini Foundation ed è piena di politici di tutti i paesi – come ad esempio i francesi, che alla fine degli anni ‘90, attraverso il loro faccendiere Pierre J. Falcone, uomo dell’ex ministro Charles Pasqua, hanno contribuito non poco alla gestione del territorio angolano, seminando l’intero territorio coltivabile di mine antiuomo e costringendo i contadini a scappare nei campi di concentramento delle organizzazioni umanitarie. Tanta brava gente, questi Dos Santos, ed i loro amici Mbakassy. Per questo il popolo italiano, nell’autorevole persona del suo Presidente della Repubblica, ci tiene tanto a premiarli. E Paolo Scaroni a spremerli.
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L’inferno angolano Milioni di , profughi della guerra permanente, assediano le città a cominciare dalla capitale Luanda.
UN PAESE RICCO DEPREDATO DA SEMPRE L’ANGOLA, GRANDE QUATTRO VOLTE L’ITALIA, è uno dei paesi più ricchi del pianeta. Se non ci fosse la guerra e se la ricchezza fosse distribuita equamente i suoi soli dodici milioni di abitanti sarebbero una delle popolazioni più appagate del mondo. Oltre a diamanti e petrolio il sottosuolo è ricco di materie prime, strategiche e non, e il territorio è uno dei più fertili del mondo. L’Angola è indipendente dal 1975. La guerra civile scoppiò subito dopo che i colonizzatori portoghesi se ne andarono. Negli anni ottanta, nel pieno della guerra fredda sul suo territorio intervennero contrapposte le truppe del sudafrica dell’apartheid e, da oltre mare, alcuni contingenti di soldati cubani. Nel confronto tra Est e Ovest, l’Angola faceva gola a tutti, sia agli Stati Uniti che all’Unione Sovietica. Alla fine della guerra
fredda, negli anni novanta, si andò vicini alla pace: nel 1992, con la mediazione dell’Onu, vennero indette elezioni nelle quali il governo ottenne il 60 per cento dei consensi e i ribelli dell’Unita il quaranta. Il leader dei guerriglieri, Jonas Savimbi non riconobbe il risultato e la guerra civile riprese. Furono gli anni in cui il conflitto arrivò a coinvolgere anche la capitale. Poi una forte contro offensiva del governo ricacciò l’Unita nelle zone rurali e in quelle dell’est dove i guerriglieri finirono per controllare per anni una buona parte della produzione di diamanti. Il conflitto terminò nel 2004 quando il leader dei ribelli, Jonas Savimbi, venne ucciso dall’esercito e la sua formazione finì per accettare di entrare nel gioco politico del paese che però, ancora oggi, è completamente nelle mani del presidente Dos Santos e del suo entourage.
deslocados
D
quiete sospinte dalle onde si rivelano essere sgangherati gusci di legno o addirittura relitti mezzo affondati. L’unica isola felice di questa città, oltre al minuscolo centro illuminato, è la Ilha, una lingua di terra che si allunga proprio davanti al lungomare formando una calma laguna che rompe i cavalloni dell’Atlantico e dà a Luanda l’aspetto di una città mediterranea. Qui, sulla Ilha, ci sono i locali per i bianchi e l’esigua èlite locale: discoteche con la musica occidentale dove si può bere caipirinha e cuba libre e ristoranti dai nomi esotici dove servono pesce e vino portoghese o sudafricano. Per il resto Luanda è un mostro, una specie di bubbone cresciuto a dismi-
sura su un corpo minato da una malattia che si chiama guerra civile, un conflitto che ha segnato la vita dell’Angola dall’indipendenza, ottenuta nel 1975 dopo oltre un secolo di colonizzazione portoghese, fino al 2004 quando è stato finalmente raggiunto un accordo di pace. A scontrarsi senza esclusione di colpi furono il governo, egemonizzato dall’Mpla, Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola, storica formazione nata dalla lotta per l’indipendenza, e i guerriglieri dell’Unita. Il risultato di questo confitto è stato che le città, unici luoghi sicuri del paese perché controllati dall’esercito, si sono gonfiate di profughi, i cosiddetti deslocados, fuggiti dalle campagne dove erano esposti alle continue scorribande dei guerriglieri e dell’esercito. Così Luanda vide crescere a dismisura la propria popolazione e le conseguenze si vedono ancora oggi che la guerra non c’è più. Il piccolo centro che conserva una parvenza di città organizzata è assediato da sterminate baraccopoli senza luce elettrica, senza fogne, veri e propri gironi dell’inferno dove la densità abitativa è allucinante. Le baracche, poco più che capanne fatte di fango, lamiere arrugginite e legni marci, sono costruite dappertutto, anche sugli enormi cumuli di terra e spazzatura che, nel corso degli anni, sono diventate colline malferme che spesso, quando piove, smottano seppellendo decine di persone.
Le città dei rifiuti Quello delle baraccopoli è un popolo di disperati: non hanno nulla e vivono nella promiscuità più assoluta con tutte le conseguenze del degrado che l’ammassamento in queste città di rifiuti comporta. La fine della guerra per loro non ha cambiato nulla o quasi. La stragrande maggioranza dei baraccati non ha alcuna speranza di vivere all’interno del circuito dell’economia ufficiale che per il loro esiguo potere d’acquisto (secondo la banca mondiale meno di un dollaro al giorno) è praticamente
irraggiungibile. A salvarli dalla fame c’è la fantasia e l’economia di sussistenza il cui simbolo a Luanda è il mercato di Roque Santeiro, il più grande di tutta l’Africa, frequentato ogni giorno, secondo stime attendibili, da oltre un milione di persone. La guerra civile è stata un grande business per la classe al potere. Ha consentito al presidente Eduardo Dos Santos e al suo entourage di usufruire a man bassa delle enormi ricchezze del paese: petrolio e diamanti in primo luogo. Oggi la stessa classe politica sta trasformando in un business anche la pace. Tra i paesi dell’Africa Australe è tra quelli che maggiormente hanno aperto agli investimenti di Pechino. Così oggi i cinesi occupano tutti i principali settori economici da quelli legati allo sfruttamento dei diamanti e del petrolio a quelli meno appariscenti come la costruzione di infrastrutture sino al commercio. Le conseguenze di quasi trent’anni di guerra civile e dell’iniqua distribuzione della ricchezza si vedono non solo a Luanda, ma anche nelle altre principali città: Benguela, Huambo, Kuito e ancora di più nelle zone rurali. Altra storia è quella delle zone diamantifere, cioè le regioni dell’estremità orientale del paese. Qui la popolazione è ancora sfruttata quasi a livello schiavistico e dell’enorme ricchezza che le pietre preziose porteranno al paese ai lavoratori locali non rimane quasi nulla con la conseguenza che lo sfruttamento dei diamanti impedisce anche la pratica dell’agricoltura che almeno potrebbe portare qualche sollievo.
I cinesi occupano tutti i principali settori economici
PAOLO PELLEGRIN / MAGNUM PHOTOS
ALLA ILHA, DI NOTTE, LA CITTÀ HA IL SUO FASCINO, si potrebbe pensare ad una quieta città portuale che riposa in vista di una nuova giornata di lavoro. Ma quando arriva la luce del giorno l’incantesimo svanisce e Luanda, la capitale dell’Angola, si rivela per quello di Raffaele Masto che è: una città in rovina, invasa dalla spazzatura prodotta dai suoi oltre quattro-cinque-sei milioni di abitanti, impossibile saperlo perchè non si può far conto su un censimento recente e del resto migliaia di neonati non vengono registrati. Sulla spiaggia del lungomare, un tempo la vetrina della città, le imbarcazioni che di notte ondeggiavano
La baraccopoli di Boa Vista vista dall’alto.
Angola, 2006
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Migrazioni e sviluppo Un tema che viene da lontano Messo in discussione ormai da decenni, il modello di sviluppo Occidentale per i paesi dei migranti resiste a livello ideologico quasi come un mito al quale affidarsi di fronte all’assenza di politiche che partano dall’assunto che il primo obiettivo è il rispetto della persona e dei suoi diritti fondamentali. E MIGRAZIONI MODERNE E LO SVILUPPO sono temi strettamente collegati alla modernità globalizzato. Le migrazioni del grande esodo (secolo XIX ed inizio XX) sono state il frutto della rivoluzione industriale, mentre quelle odierdi Padre Beniamino Rossi ne sono causate dal “nuovo Presidente dell’Agenzia scalabriniana disordine mondiale”, che ha per la cooperazione allo sviluppo consolidato ed ampliato gli squilibri tra il Nord e Sud del Mondo e tra i ricchi, sempre più casta ristretta, ed i poveri, sempre più deboli e numerosi. Oggi le migrazioni risentono, dunque, della fase di decolonizzazione, che ha caratterizzato i primi decenni dopo la seconda guerra mondiale, ma anche del consolidarsi a livello globale delle multinazionali, che stanno da decenni producendo uno sfruttamento ed un depauperamento sistematico di intere aree del pianeta. Sono il prodotto delle “vite di scarto” del sistema della globalizzazione: oltre duecento milioni di persone si stanno spostando in tutte le latitudini ed in tutte le longitudini, cosicché la mobilità umana è diventata un vero e proprio fenomeno planetario. Se molti devono lasciare la loro terra per motivi politici, a causa di dittature, di regimi totalitari, di massacri e pulizie etniche (movimenti valutati intono ai cinquanta milioni), è proprio il “disordine mondiale” e la mancanza di sviluppo in intere aree del pianeta a produrre tali spostamenti di individui e di popolazioni.
Quale sviluppo? L’ottica, che è alla base del modello economico formalmente definito di mercato ma in realtà asservito ai monopoli delle multinazionali, non è certo lo “sviluppo”, quanto piuttosto il “profitto” massimo ed immediato. | 58 | valori |
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Clandestini aspettano di essere trasferiti nel centro di permanenza temporanea.
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Tuttavia, nel consesso politico internazionale e negli organismi internazionali, quali la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale, da anni si sta tentando di rallentare lo scollamento tra il Nord e Sud del Mondo, di tamponare situazioni di emergenza sanitaria ed alimentare, di intervenire in situazioni di catastrofi naturali, di fornire aiuti economici e finanziari per rilanciare le economie, le infrastrutture e le riforme in quelli che sono stati chiamati per anni “Paesi in via di sviluppo”. La visione neoliberista che domina molti di questi organismi internazionali ed il potere stabilmente nelle mani dei Paesi occidentali, hanno determinato indirizzi di sviluppo secondo il modello del Nord, che molto spesso non si riesce e che non può essere applicato ad altri Paesi del pianeta. D’altronde, gli stessi aiuti erogati dai singoli Stati sono stati visti e concretizzati spesso più in funzione della propria economia (neo colonialismo) che per lo sviluppo di questi Paesi, come denunciava a suo tempo Papa Paolo VI nella sua enciclica Po-
pulorum progressio. In effetti, nella visione neo liberista e neo colonialista, lo sviluppo era pensato, sul lungo periodo, come creazione e consolidamento di nuovi mercati per l’economia egemone Occidentale, che, essendo più forte, avrebbe, così, potuto esercitare in forme nuove il suo dominio economico e politico. La coscienza che “lo sviluppo è il nuovo nome della pace” si è andata maturando contemporaneamente alla crescita delle multinazionali, ed ha determinato la nascita e la crescita di tutta una serie di organizzazioni civili non governative (ONG) che si sono impegnate con generosità e coraggio nell’aiuto a progetti di sviluppo spesso molto concreti, capillari e puntuali. Tuttavia, questi interventi sono risultati frammentari e poco incisivi, incapaci di creare un sistema di sviluppo autoctono. Anche i grandi progetti di sviluppo promossi dagli enti internazionali, dagli Stati, e dalle grandi ONG, che hanno usufruito di grandi finanziamenti pubblici e privati al riguardo, hanno spesso prodotto
vere e proprie “cattedrali nel deserto”, non riuscendo a coniugare i bisogni del territorio con lo sviluppo sostenibile e duraturo, quando non sono andati a supportare gli interventi delle multinazionali e non hanno autofinanziato le stesse grandi ONG. I movimenti no-global hanno insistito sulla necessità di promuovere uno sviluppo duraturo e sostenibile, mettendo in crisi l’esportazione dei modelli di sviluppo Occidentali. Dopo decenni di queste politiche solo pochi Paesi sono classificati come “emergenti”, mentre cresce il divario con i Paesi più poveri. La contestazione allo sviluppo Occidentale, che sta consumando l’80% delle risorse del pianeta, si sta saldando con la coscienza della catastrofe ambientale. Oltre alla crisi del modello perseguito da vari decenni, sta emergendo la coscienza, anche se in modo ancora timido e caotico, che non si può avere sviluppo per i Paesi poveri se non si riesce a “de-sviluppare” l’Occidente. |
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sare ai discorsi demagogici che vengono fatti su questo argomento ancora oggi nei media, in alcuni schieramenti politici e nelle campagne elettorali, nelle quali si concentrano gli stereotipi più impensati come dogmi politici e vengono cavalcate le peggiori paure. Esso viene anche utilizzato, nei contratti bilaterali o multilaterali tra Paesi di immigrazione e Paesi di emigrazione, come merce di scambio, magari in funzione dei rimpatri di immigrati clandestini o nella contrattazione delle quote flussi: concessione di maggiori investimenti per lo sviluppo con la contropartita di un maggiore controllo all’emigrazione o riammissione dei propri migranti clandestini o una maggiore quota nei decreti flussi, che ormai quasi tutte le nazioni europee hanno adottato.
o dell’integrazione, senza capire che si vengono man mano costruendo nuove società, che risultano composite e plurali. Nell’opinione pubblica dei Paesi di partenza spesso si è alimentato il mito che l’emigrazione rallenti la pressione demografica e che possa costituire una chance per chi resta, senza valutare l’impoverimento demografico, umano e culturale che l’emigrazione ha causato in intere regioni. L’emigrato sembrava interessare il proprio Paese di partenza principalmente per le rimesse. Anche oggi, per alcune economie nazionali, le rimesse dei propri emigrati costituiscono una parte importante e sostanziale del PIL. Anche in questo campo, come nel traffico dell’emigrazione, le rimesse costituiscono un forte interesse per gruppi criminali, ma anche per gruppi legali, come gli istituti di credito e gli Stati nazionali che impongono tutta una serie di barzelli su tali proventi. Ma, come è spesso capitato anche in altri contesti migratori, le rimesse sono spesso destinate a mantenere economie e situazioni di sopravvivenza, quando non surriscaldano in modo irreale i consumi. Comunque, molto spesso esse si esauriscono in una soluzione di tipo individuale o familiare ed incidono in modo molto basso sullo sviluppo del territorio, in quanto non riescono a creare o ad entrare nei meccanismi economici e sociali dello sviluppo del territorio stesso. Le rimesse degli emigrati in se stesse non costituiscono un fattore automatico di sviluppo, se non intervengono altri fattori ed altri attori. Il progetto migratorio iniziale per molti emigrati è quello dell’accumulo di denaro e di esperienze per poi fare ritorno al Paese d’origine e reinserirsi in esso. Molto spesso, nel corso dell’avventura migratoria, il progetto di vita cambia e l’immigrato decide o è costretto a rimanere nel Paese di immigrazione. Molte volte il rientro è impedito da cambiamenti sociali e politici del suo Paese, dal mancato sviluppo economico e quindi dall’impossibilità di realizzare un reinserimento sociale e lavorativo. In caso di rientro, se permangono situazioni di sottosviluppo nel territorio di partenza difficilmente il migrante può mettere a profitto sia il denaro che le conoscenze tecniche e professionali acquisite nella sua esperienza migratoria. Anzi, rischia l’adattamento e l’appiattimento in situazioni di sopravvivenza, senza potere dare un vero e proprio contributo allo sviluppo. Il rientro dell’emigrato in se stesso non costituisce un fattore automatico di sviluppo, se non sono intervenuti e non intervengono altri fattori ed altri attori.
Altri miti e stereotipi
Nuove strategie
In tutta la storia dell’emigrazione, a partire dal XIX secolo si è avuto spesso uno sguardo riduttivo dell’apporto degli emigrati allo sviluppo sia nel Paesi di arrivo che del loro territorio di origine. L’opinione pubblica dei Paesi di arrivo fa molta fatica ad accettare la presenza degli immigrati come strutturale e come una “risorsa” non solo economica, ma anche demografica, sociale, culturale e politica. Visti come un’accozzaglia di bisognosi, non si valuta l’impatto che essi, con il passare degli anni e con il loro inserimento nel tessuto della società, avranno nella costruzione della società stessa. Si continua a pensare al mito dell’assimilazione
Il dibattito attuale su migrazioni e sviluppo nasce, quindi, sulle macerie del mito dello sviluppo Occidentale esportabile, ma anche come soluzione alle migrazioni. Le istanze istituzionali internazionali sono oggi molto più attente a promuovere tipi e progetti di sviluppo che siano adatti e mirati alle situazione locale e, soprattutto, che partano dalle reali esigenze del territorio e sappiano far nascere e crescere nel territorio stesso le risorse umane, sociali e politiche che possano gestire la continuazione dei progetti e dello sviluppo. Le ONG stanno diventando sempre più attente ai bisogni ed alle possibilità reali del territo-
Imbarco su un aereo che li trasporterà in un altro centro di permanenza temporanea.
FRANCESCO COCCO / CONTRASTO
Lampedusa, 2003
La crescita come panacea Negli anni ‘70, all’epoca della crisi energetica e dell’aumento del costo delle materie prime, come conseguenza della decolonizzazione, l’economia occidentale aveva decretato la chiusura delle frontiere. Dietro questa scelta politica, non c’era solo la recessione economica dell’Occidente e, quindi, la necessità di limitare se non bloccare il flusso di mano d’opera straniera. C’era la scelta di investire i capitali, come d’altronde stavano già facendo le multinazionali, nei Paesi dove c’erano le materie prime e dove i costi erano decisamente minimi. Si cavalca, in questo periodo, sia dai politici che dagli economisti, il mito che lo sviluppo dei Paesi di emigrazione avrebbe automaticamente inaridito i flussi migratori. Studi approfonditi dimostrano che questo può essere reale e realizzabile sul lungo periodo, qualora si verifichi un cambiamento strutturale economico e sociale in tali Paesi, ma non è certo una soluzione immediata e automatica. Anzi, normalmente, nel corto periodo, lo sviluppo di un’area e di un Paese produce un surriscaldamento alla mobilità sia interna che internazionale. Siamo, infatti, di fronte a fenomeni molto complessi, nei quali entrano in gioco fattori che possono portare ad esiti positivi o negativi per quanto riguarda la mobilità umana. Tuttavia, questo mito è entrato nell’immaginario collettivo dagli anni ‘70 in poi e perdura ancora ai nostri giorni: basti pen| 60 | valori |
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rio, con progetti meno faraonici e più mirati. La cultura no-global sta facendo nascere la coscienza di un maggiore controllo dell’azione di sfruttamento delle multinazionali e la necessità dopo anni di spogliazione e sfruttamento sistematico, che anch’esse paghino il loro conto per lo sviluppo reale dei Paesi dove si sono installate. La cultura ambientalista sta prendendo piede anche nei Paesi emergenti e nei Paesi sottosviluppati, così da impedire o almeno rallentare il degrado ambientale. Come substrato culturale di fondo c’è la presa di coscienza dei Diritti di ogni persona umana, come fondamento di ogni politica di sviluppo: sia nei Paesi occidentali già sviluppati, che devono fare un taglio sui loro consumi, sia nei Paesi ancora in via di sviluppo, che possono puntare proprio su di essi per rivendicare, magari con qualche comprensibile esasperazione, la dignità ed il diritto allo sviluppo. È partendo da queste acquisizioni culturali, sotto molti aspetti “nuove”, che si deve imparare a coniugare i due termini di migrazione e sviluppo, che di per se stesso non sono automaticamente correlati. L’apporto dei migranti ai Paesi di immigrazione non è solo quello delle loro braccia giovani e forti, per le quali questi Paesi non hanno speso nulla e che sono inseribili a basso costo nel mercato del lavoro o in nicchie di esso. Sono persone che possono arricchire le nostre società occidentali in declino demografico, aprono le nostre culture Occidentali, spesso autoreferenziali, alla “mondialità”, rendendoci coscienti dell’appartenenza al villaggio
dei migranti non è solo quello “L’apporto delle loro braccia giovani e forti. Sono persone che possono arricchire le nostre società aprendole alla mondialità ” globale del nostro pianeta e portandoci al multiculturalismo e all’interculturalismo. Tuttavia, il loro apporto allo sviluppo dei Paesi di arrivo non è automatico se non interviene un riconoscimento dei loro diritti di persone, di lavoratori e di famiglie, come pure dei loro diritti culturali, che permetta di esprimere totalmente la loro dignità e potenzialità di persone. Nel futuro dei progetti di sviluppo dei Paesi di immigrazione, oltre i grandi piani strutturali, che sono di competenza degli Stati e dei grandi organismi internazionali, non deve passare in secondo piano la possibilità di contare anche sui migranti, sia nella loro permanenza nei paesi di immigrazione, sia nel caso del loro rientro. Oggi viene spesso citato lo slogan: “una migliore gestione delle migrazioni per maggior sviluppo”. Questo significa che i migranti presenti nei Paesi di immigrazione, aiutati e facilitati nel loro inserimento nelle nostre società, diventano, a loro volta, una vera e propria provocazione: il loro effettivo inserimento nella nostra società diventa sensibilizzazione sulle situazioni dei Paesi di provenienza di questi “con-cittadini”, fino a suscitare un coinvolgimento delle nostre società a largo raggio e su diversi livelli proprio nei confronti dei loro Paesi di provenienza: dalle comunità locali che vengono informate, sensibilizzate e coinvolte, alle realtà associative e le organizzazioni della società civile, nelle
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quali i migranti devono essere sempre più coinvolti, che diventano coscienti ed operanti in una dimensione globale di mondialità, alle istituzioni locali e territoriali, che individuano azioni di intervento concreto, proprio partendo dalla sensibilizzazione operata dai cittadini locali e con-cittadini migranti, attraverso progetti legati al territorio di partenza dei migranti e con le realtà che si stanno sviluppando in esso, alle istituzioni nazionali, che potrebbero avere un ruolo di coordinamento e di supporto ulteriore ai progetti pensati e realizzati insieme ai migranti, non ultimo con fondi e con istituti di microcredito per sostenere progetti di miIN RETE granti rientrati, www.ascs.it alle istituzioni internazionali, che aiutino con ulte-
riori apporti, soprattutto progetti di formazione e di ristrutturazione territoriale ad ampio respiro. La tutela dei diritti fa dei migranti persone la cui dignità ha un riconoscimento a livello locale, nazionale ed internazionale. La dignità della persona umana ed i suoi diritti sono la prima ricchezza ed il primo sviluppo, senza il quale non si può costruire nessun tipo di crescita. Da qui scaturiscono conseguenze importanti non solo nella gestione dei flussi migratori, che verrebbero protetti fin dall’inizio, ma anche per quanto concerne gli sfruttamenti e le depauperazioni attualmente ritenute “normali” nell’ordine economico mondiale, ma che sono il primo ostacolo allo sviluppo stesso. Solo dalla tutela dei diritti può procedere uno sviluppo, a costruire il quale possono dare il loro apporto i migranti.
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tutela “La dei diritti fa dei migranti
persone la cui dignità ha un riconoscimento a livello locale, nazionale e internazionale. È questo diritto è la prima ricchezza per lo sviluppo
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Nuove strategie nelle quali i migranti siano attori Alla decima edizione del Meeting di Loreto, saranno a confronto le grandi agenzie internazionali e gli studiosi dei paesi L FENOMENO MIGRATORIO nella nostra epoca è diventato “planetario”: non esiste Paese al mondo che non ne sia direttamente implicato; secondo le stime ONU, le donne e gli uomini in movimento sul nostro pianeta di Giuseppe Lanzi superano ormai i 200 milioni. Oltre alle persone che devono spostarsi a causa di guerre, genocidi, regimi dittatoriali e disumani (rifugiati e profughi), abbiamo una grande massa di diseredati (“le vite di scarto”, come le chiama Zygmunt Bauman) che si sposta per la sopravvivenza. Da quando si è venuto instaurando il sistema economico globalizzato, quello che molti definiscono il “nuovo disordine mondiale”, ha accentuato il divario tra Nord e Sud del mondo ed, in modo più generale, l’abisso tra i ricchi (sempre più ricchi e pochi) ed i poveri (sempre più poveri e moltissimi). Diventa quanto mai urgente ripensare tutto il tema dello sviluppo. A partire dal mondo Occidentale, che consuma l’80% delle riIl decimo Meeting sorse del pianeta e deve, quindi, operare una vera conInternazionale Migrazioni si terrà versione verso il de-sviluppo. Ma l’urgenza di un ripendal 28 settembre samento strategico riguarda anche quelli che vengono al 3 ottobre a Loreto. ancora chiamati i “Paesi in via di sviluppo” per i quali non è pensabile ed auspicabile esportare il modello Occidentale di crescita. Siamo di fronte ad una scelta necessaria per la sopravvivenza del nostro pianeta e per reimpostare la pace tra i popoli. In questo nuovo scenario è da collocare anche la riflessione su “migrazioni e sviluppo”. Ma sono da superare i miti legati all’esportazione dei modelli Occidentali, che nascondevano l’espropriazione, lo sfruttamento ed il depauperamento, secondo una visione neo liberale e neo colonialista, del-
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la quale sono interpreti soprattutto le multinazionali. Oggi, si tende a puntare sulla ricerca di uno sviluppo sostenibile, che risponda da una parte ai bisogni locali e che possa essere gestito dalle forze sociali, politiche e dalle risorse umane promosse sul territorio stesso. Sono anche da separare alcuni miti, che erano di moda negli scorsi decenni, nel momento della spartizione del mondo da parte delle multinazionali e della ristrutturazione economica ed industriale globale, che tendevano a installare nei Paesi meno sviluppati gli impianti di produzione, che coniugavano lo sviluppo con l’esaurimento dei flussi migratori. Come sono da superare le strumentalizzazioni dei flussi sia da parte della criminalità che sfrutta il traffico dei migranti, sia una visione solamente economicista dei flussi migratori. Il rispetto dei diritti umani diventa la base della convivenza internazionale ed il modo di trasformare i migranti in protagonisti dello sviluppo dei Paesi di immigrazione, qualora essi vengano inseriti in modo paritario nelle società di accoglienza e ne diventino protagonisti attivi. Questo processo, che implica una maturazione di una cultura della solidarietà a livello mondiale (“la globalizzazione della solidarietà”) può anche trasformare i migranti come stimolatori delle società di accoglienza a diventare corresponsabili dello sviluppo dei Paesi di provenienza dei migranti e, nello stesso tempo, può incanalare e strutturare sia le rimesse che il rientro dei migranti come fattore positivo di sviluppo. Sono questi i temi che verranno dibattuti nel corso del decimo Meeting Internazionale sulle Migrazioni (MIM), che verrà celebrato dal 28 settembre al 3 ottobre 2007 a Loreto.
maggiormente coinvolti. Il MIM, giunto appunto alla sua decima edizione, intende dare il suo contributo al dibattito in atto in questi mesi sulle tematiche “migrazioni e sviluppo”, che si è articolato in una serie di incontri istituzionali ad alto livello, promossi dall’ONU, dalla Banca Mondiale, dall’Unione Europea. Il Meeting si apre ufficialmente nel pomeriggio di venerdì 28 settembre, nella sala consigliare del Comune di Loreto, con la presenza delle autorità regionali, provinciali e locali. Nel weekend 29 – 30 settembre, saranno presenti al Meeting alcuni volontari internazionali, chiamati a confrontarsi con le linee politiche rinnovate delle agenzie internazionali dello sviluppo, ma anche con le tematiche critiche relative appunto a tutta la problematica dello sviluppo, quale si sta evolvendo nel dibattito odierno. Saranno contributi che si basano sulle loro esperienze, fatte di tante speranze ed ideali, ma anche di delusioni, di sudore e di impegno nel territorio. Nei giorni 1-2-3 ottobre, la presenza a Loreto di un gruppo nutrito di studiosi provenienti da tutte le parti del mondo, dal Nord America e dall’America latina, dall’Africa, dall’Asia, nonché dall’Europa e dall’Italia in particolare, sarà un’occasione unica per affrontare le tematiche, per mettere in discussione miti antichi e nuovi, per superare stereotipi, per individuare piste nuove o da rinnovare, per individuare prassi che permettano di coniugare le migrazioni con lo sviluppo.
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LA PRIMA GIORNATA (lunedì 1 ottobre) sara dedicata ad una disanima sulle politiche e sui percorsi migratori, con l’intervento di studiosi dei Paesi di emigrazione e dei Paesi di immigrazione, al fine di deli-
neare il quadro dei flussi migratori, ma anche delle politiche che attualmente li governano. Si cercherà di superare il vecchio schema “Nord - Sud” e di individuare piuttosto le politiche dei Paesi di emigrazione e dei Paesi di immigrazione in un quadro più generale del nostro mondo globalizzato.
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Immigrati clandestini Algerini soccorsi da una motovedetta della Guardia Costiera.
Lampedusa, 2003
NELLA SECONDA GIORNATA (martedì 2 ottobre) sarà approfondito il rapporto tra migrazioni e sviluppo: da parte delle istituzioni internazionali (Banca Mondiale, ACNUR, OCSE, Unione europea, Ministero Affari esteri) e da parte dei destinatari, attraverso la voce di studiosi che provengono dalle aree che dovrebbero essere l’oggetto degli interventi e dei progetti di sviluppo legati alle migrazioni.
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LA TERZA GIORNATA (mercoledì 3 ottobre) sarà dedicata alle prassi, che mettono in sinergia le migrazioni e lo sviluppo. Una panoramica legata in particolare all’Italia, Francia e Spagna, mostrerà la molteplicità di riflessioni, intuizioni e iniziative su questo versante, come pure i punti critici ed i cambiamenti di rotta da operare. Non solo una passerella di iniziative, quanto piuttosto il tentativo di portare ulteriori elementi al dibattito ed orientamenti operativi.
Ci auguriamo che la “tempesta di cervelli” che il Meeting cercherà di scatenare, e tutta la mole di informazioni, riflessioni e proposte, possano contribuire non solo a chiarire dal punto teorico il dibattito su “migrazioni e sviluppo” ma sappia suscitare “speranze”, che si traducano in operatività e diano un importante contributo, anche se piccolo e modesto, allo sviluppo.
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Fiori recisi
I costi insostenibili di Massimiliano Pontillo
ORSE POCHI DI NOI SANNO CHE LE ROSE FRESCHE “DI GIORNATA” comprate dal fioraio per la nostra amata provengono probabilmente dal Kenya, colte 48 ore prima nel continente nero e poi conservate in celle frigorifere. Lo stato africano, infatti, è il terzo produttore mondiale di fiori, dopo Olanda e Colombia. La floricoltura è la terza industria nazionale dopo turismo e té: 2.000 ettari di serre (le prime risalgono alla metà degli anni ‘80), ottantamila tonnellate di fiori. Un volume d’affari di 250 milioni di euro in mano a meno di cento aziende. La produzione viene quasi del tutto esportata: il 65% finisce in Olanda. A Naivasha, circa 150 chilometri da Nairobi, la capitale, è concentrato il 70% della produzione nazionale di fiori. Sono rose. Il perimetro del lago, specie sul versante Sud, è completamente occupato dalle piantagioni, e non ci sono quasi accessi liberi all’acqua. Sono almeno 40 mila i lavoratori impiegati direttamente nella produzione di rose, per la maggior parte donne; più l’indotto. Le condizioni di lavoro nelle serre sono sempre state ai limiti della sopportazione: caldo, contatto diretto coi pesticidi, salari miseri, molestie sessuali, nessuna tutela sindacale. Ora le cose sembrano lentamente migliorare, ma il lavoro è duro e un’operaia assunta col primo livello guadagna meno di 50 euro al mese. Due raccolti quotidiani, al mattino presto e nel pomeriggio. Non esistono sabati e domeniche. Le rose vengono selezionate, divise per tipo e dimensione, e poi inviate il giorno stesso - via camion refrigerati - verso l’aeroporto di Nairobi. Qui ditte specializzate le controllano e le preparano per la spedizione aerea. Ogni giorno partono fino a sette voli: un 747 può portare 15.000 cartoni, ossia 6 milioni di rose in un colpo solo; di solito la sera quando le temperature sono più basse. Oltre la metà dei fiori esportati Metà del prezzo finale rimane dal Kenya passa per le aste olandesi. Qui i compratori fissano il prezzo al rivenditore, un altro 25-30% grazie a “orologi” digitali proiettati su grandi schermi. Le aste olandesi finisce a intermediari, grossisti sono quattro, ma le due maggiori, Vba e Flora Holland, controllano e trasportatori. A chi lavora meno di un centesimo di euro. il 98% del mercato e l’andamento dei prezzi internazionali. Questi intermediari sono attori chiave della filiera dei fiori africani: curano il marketing, procurano i clienti, provvedono alla consegna. Il complesso della Vba occupa un’area grande come 250 campi da calcio. Ogni giorno, settemila produttori, olandesi e non, portano qui i loro steli, che saranno comprati da 1400 acquirenti. Fuori, un’ininterrotta processione di camion refrigerati. Dentro, l’impressionante colpo d’occhio: 19 milioni di fiori e 2 milioni di piante commerciati quotidianamente! Dal raccolto a Naivasha al consumatore finale italiano, passando per le aste olandesi e il nostro mercato di Sanremo, ci vogliono meno di quattro giorni. Ma non sempre va così: quando i produttori keniani contrattano direttamente con i clienti finali, grossisti o anche catene di supermercati, i fiori sono a disposizione del consumatore europeo anche entro 48 ore dal raccolto africano. I produttori garantiscono alle rose una dozzina di giorni di vita a partire dal raccolto: comprendono il viaggio, i passaggi commerciali, l’esposizione alla vendita e qualche giorno, finalmente, in una casa. Metà del prezzo finale rimane al rivenditore, un altro 25%-30% va in commissioni e margini per aste, intermediari e grossisti. A questi vanno sommati i profitti. Dei costi di produzione, la metà è da attribuire al trasporto aereo, poi ci sono fertilizzanti, pesticidi, tasse. Il lavoro è il costo minore: per ogni rosa a chi l’ha cresciuta e raccolta va meno di mezzo centesimo di euro. Secondo l’Ismea, tra gennaio e novembre 2006 gli italiani hanno speso poco più di un miliardo di euro in fiori. Metà sono stati acquistati nei negozi, un quinto nei chioschi, il resto tra vivai, mercati e supermercati. In valore, importiamo di più di quanto esportiamo: i nostri principali fornitori sono gli olandesi, i migliori clienti i tedeschi.
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PEACE REPORTER
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Goldsmith o Goldfinger? di Andrea Montella
Se uno lascia la moglie e sposa l’amante, non fa altro “ che creare un nuovo posto di lavoro ”
A sinistra Zac Goldsmith e la cognata Alice Rothschild. Sopra James nel filmato di presentazione del suo partito.
sir James Michael Goldsmith (1933-1997)
La copertina EDWARD, del raider James e dei loro dell’Ecologist eredi - Clio, Zac, Jamima e Benjamin - per ottenere quel mix tra finanza e ambientalismo reazionafondata dal fratello Edward Theodore. rio che gli consente di praticare un modello di “bella vita” molto apprezzato dai media. James Michael Goldsmith, il finanziere anglo-francese è il costruttore della loro comune fortuna: definito nel suo ambiente “l’Attila della finanza” e considerato da Margaret Thatcher “uno dei personaggi più grandi della sua generazione”, nasce a Parigi nel 1933. Il padre Francis (Frank) fu parlamentare unionista, ufficiale di cavalleria del Suffolk e dopo la prima guerra mondiale direttore della catena di alberghi Savoy Hotel, in Francia. Suo fratello Edward Theodore (Teddy) nato nel 1928 è il fondatore di una delle maggiori riviste ambientaliste: The Ecologist. James studia ad Eton ma con scarsi risultati e abbandona il collegio nel ‘49; continuerà gli studi con un istitutore e presterà il servizio militare in artiglieria. Stabilitosi nel ‘53 a Parigi acquisisce una piccola azienda e conoNel ‘64 James acquista 51 negozi, che diverranno il gruppo Casce l’ereditiera boliviana Maria Isabel Patino (1933-1954), figlia del venham Foods. In quel periodo compie incursioni finanziarie e acmagnate dello stagno Antenor Patino. L’unione fu contrastata da quisizioni di capitali attraverso la Cavenham, Banque Occidental e Patino che aveva espresso apprezzamenti sull’origine ebraica del giola finanziaria francese Général Occidentale creata nel ‘68. vane: «Niente di personale Mr. Goldsmith, ma nella nostra famiglia Nel ‘71 acquisisce la Bovril Company sbarazzandosi dei suoi canon si sposano ebrei» al che Goldsmith avrebbe ribattuto: «Vero ma seifici e delle carni sudamericane. nella mia famiglia solitamente non sposiamo pellerossa». Nel ‘72 compra per 86 milioni di sterline la Allied Suppliers, la Maria Isabel morì cinque mesi dopo il matrimonio nel paesino quarta catena alimentare del Regno Unito, proprietaria di marchi di Gretna Green, una Las Vegas scozzese dove coppie avversate dai come Lipton Tea. In questo modo entra in Slater Walker Securities parenti o dalla legge possono sposarsi. di cui diventa presidente nel ‘75 e come contropartita ai suoi preNel ‘57 James vende i laboratori Goldsmith Cassene in Francia ziosi “consigli” chiede ai cugini banchieri la direzione della Banca per 120 mila sterline; nel ‘59 torna in Gran Bretagna e compra 28 Rothschild di Francia. farmacie da Charles Clore. Nel ‘61 compra una catena di negozi che Nel ‘73 acquista negli Usa i 531 supermercati Grand Union Comrilancia con il nome Mothercare in società con il banchiere irachepany, per 62 milioni di sterline. no Selim Zilkha, a cui in seguito venderà la sua quota. Goldsmith comprende l’importanza dei media e cerca di fare Nel ‘62 modificando la confezione, commercializza un dimapropri nel ‘76/’77 i giornali The Observer e Daily Express ma senza sucgrante americano: vince la controversia legale e può venderlo sul cesso. Nel ‘78 acquisisce la quota di maggioranza del settimanale mercato francese col nome Milical. francese L’Express da Jean-Jacques Servan-Schreiber. Nel 1979 lancia Sposa nel ‘63 la sua segretaria Ginette Lery, che nel ‘59 gli ha daNow! che gli costerà 6 milioni di sterline e chiuderà dopo 19 mesi. to un figlio. Nel contempo ha una relazione con lady Sarah CrichGoldsmith nel ‘76 inizia una guerra, che si protrae per diversi anton-Stuart, seguita da un’altra liaison con lady Annabel Vane-Temni, con il giornale Private Eye che metteva in luce i suoi metodi sprepest-Stewart, figlia del marchese di Londonderry. Dopo il divorzio giudicati e poco ortodossi. Nella vicenda, Goldsmith, fa valere non da Ginette continuano a convivere a Parigi; sposa Annabel nel ‘78 la verità oggettiva dei fatti, ma la forza del denaro. Comunque, per vivendo con lei a Londra ma costruisce una terza famiglia a New non avere noie dai meccanismi di controllo britannici sposta i suoi York con Laure Boulay de la Meurthe, da cui avrà due figli. interessi a Parigi.
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NA FAMIGLIA CHE HA MESSO A FRUTTO LE INCLINAZIONI DELL’IDEOLOGO
James, parafrasando Trotsky, nell’86 pubblica “Per la rivoluzione permanente”con cui dà la linea alla borghesia
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La copertina di “Eurotopia” e, qui a fianco, James Goldsmith con Margaret Thatcher.
Nel ‘78 compra negli Usa per 133 milioni di sterline i supermercati Colonial Stores, 369 negozi, di cui utilizza il movimento di cassa per acquistare nel ‘79 la J. Weingarten Inc. aggiungendo al suo impero altri 100 supermercati nel Texas. Nei primi anni ‘80 ottiene il controllo del gruppo Diamond International per 246 milioni di sterline, rivenduto due anni più tardi per 700 milioni di sterline. Acquisisce la Crown Zellerbach che gli porta altri 400 milioni di sterline. Dopo si butta sulla Goodyear Tire e Rubber, che ha interessi nel settore petrolifero, aerospaziale, nei pneumatici e gli frutta altri 90 milioni netti di sterline. Inoltre compra e vende miniere d’argento e oro. James, parafrasando Trotsky, nell’86 pubblica Per la rivoluzione permanente con cui dà la linea alla borghesia. “Prevede” la crisi del 1987 e liquida molte partecipazioni azionarie guadagnando 2,8 miliardi di sterline. Un paio d’anni più tardi insieme a Jacob Rothschild e Kerry Packer tenta, senza riuscirvi, di acquistare la British American Tobacco. Nel contempo fa nascere la European Foundation e L’Europe des Nations, due think thank di destra specializzati nella lotta all’unità europea e alla globalizzazione, che sono i propulsori dei movimenti leghisti e di alcuni settori no global, grazie anche al lavoro svolto dal fratello Edward, molto noto in Italia e coccolato ecumenicamente da destra e sinistra. Con il dissolvimento dei Paesi dell’Est nel 1989 il Club 1001, uno dei think tank più esclusivi, affidò ai Goldsmith e ad Alfred H. Heineken uno studio di fattibilità per un progetto di dissolvimento degli Stati nazionali europei e quindi dell’Europa. Heineken e i due fratelli progettarono la balcanizzazione del continente con la collaborazione dello storico e agente del SIS britannico Cyril Northcote Parkinson e lo pubblicarono in forma riservata con il titolo Eurotopia. Quello studio del 1992 suddivideva l’Europa
in 75 macroregioni secondo criteri demografici ed etnici: l’Italia doveva essere divisa in 8 staterelli. Due anni dopo nel novembre 1994 appare il progetto della Lega che prevede la divisione del nostro Paese in 9 stati. Sempre nel ’94 James fa nascere un partito dal nome L’Autre Europe ed entra nel Parlamento europeo per combattere i processi di unificazione europea. Grazie al contributo del fratello Edward e ai media “amici” in questo periodo si diffondono in Europa paradigmi che tendono a confondere le collocazioni socio-politiche delle classi. Così terminologie come moltitudini, biopolitica, glocale, decrescita, si diffondono nei movimenti. Intellettuali di destra e “sinistra” come Alain De Benoist, Serge Latouche, Toni Negri, Aldo Bonomi e Marco Tarchi si trovano accomunati da un pensiero e da un agire comune. A questo lavoro partecipa anche Zac il nuovo direttore di The Ecologist, prima legato all’United Kingdom Indipendendence Party, versione britannica della Lega, poi al gruppo anarchico Reclaim the Street e oggi responsabile delle politiche ecologiste per il Partito dei Conservatori. Clio invece ha sposato Carlo Puri Negri (AD di Pirelli RE) e Mark Shand, fratello di Camilla, moglie di Carlo d’Inghilterra. I Goldsmith grazie ai matrimoni e alle loro conversioni religiose hanno relazioni ovunque: il nonno Frank era ebreo osservante, il padre James viene educato alla religione cattolica. Sua moglie Annabel si converte dal protestantesimo all’Islam e la loro figlia Jamima (grande amica di Diana) passa dall’anglicanesimo all’Islam e sposa Imran Kahn, ex star del cricket pakistano e leader di un movimento islamico. Clio invece ha sposato Mark Shand, fratello di Camilla moglie di Carlo d’Inghilterra. Forse per questa famiglia conta solo quello che diceva il vecchio James: «Essere un Goldsmith».
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economiaefinanza
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altrevoci LA CORSA DELLA LOMBARDIA FORMIGONIANA È FINITA
GLI IMPERI DEL PROFITTO SOTTO ACCUSA
IL CONSUMO ETICO È GIOVANE E DONNA
IL CAPITALE SOCIALE È IL VERO TESORO
UOMINI, DOVE CREDETE DI ANDARE?
LA VECCHIAIA RACCONTATA SENZA IPOCRISIA
Com’è oggi la Lombardia? È ancora la capitale economica e morale? La sua immagine è quella che ci rimanda il presidente Roberto Formigoni, oppure è solo un bluff? Una ricerca, commissionata dal movimento politico Unaltralombardia, ha analizzato il sistema Lombardia, da cui è nato questo libro curato da Enzo dell’Olio, con l’introduzione del consigliere regionale di Rc Mario Agostinelli, la postfazione del politologo Giorgio Galli e il contributo di numerosi esperti tra cui: Andrea Fumagalli, Andrea Di Stefano, Lorenzo Frigerio e Giorgio Ferraresi. Un titolo volutamente pomposo, 10 capitoli densi di analisi, di cui uno dedicato interamente alla Compagnia delle opere, 233 pagine e 2 appendici. Un lavoro che scandaglia tutte le attività del Pirellone: economia, finanza, lavoro, federalismo, sanità, casa, ambiente, infrastrutture, privatizzazioni, fondo sociale europeo. A cui si aggiunge un capitolo dedicato alle ombre di Formigoni, a cominciare dalla vicenda “Oil for food” (petrolio in cambio di cibo), programma varato dall’Onu nel 1995 che consentiva una deroga controllata all’embargo imposto all’Iraq dopo la prima guerra del golfo. Si scoprì un giro di fondi neri e un’inchiesta condotta dalla commissione d’inchiesta dell’Onu diede vita a un rapporto in cui comparivano i nomi di molti politici e opinion makers mondiali, tra cui anche quello del governatore della Lombardia.
Daniel Litvin conosce le multinazionali dal di dentro e sa anche quello che non funziona e che non viene raccontato alla gente. Nel libro presenta alcuni casi emblematici e i guasti provocati negli stati del Sud del Mondo che le ospitano, come il caso del lavoro minorile della Nike e il conflitto interetnico in Nigeria. Casi del passato e casi del presente che hanno un denominatore comune: le interferenze e le conseguenze pesanti sulle popolazioni. L’interesse delle multinazionali, così pervasivo, non tiene conto dei contesti sociali, politici e economici in cui opera. L’autore, che si è formato alla London School of Economics e alla Oxford University, chiarisce con grande capacità i termini del problema e dà anche indicazioni per un rapporto più costruttivo e umanizzante tra imprese mondiali e società locali.
In questo volume sono presentati e analizzati i risultati della prima ricerca in Italia che si propone di verificare, attraverso un campione statisticamente rappresentativo, l’incidenza sulla popolazione nazionale delle pratiche del cosiddetto “consumo responsabile”. Cresce la voglia di consumo di prodotti biologici, equi e solidali, forme di boicottaggio e buycottaggio, partecipazione a campagne di mobilitazione sociale. Una tendenza che potrebbe essere sia la reazione al senso di incertezza seguito all’11 settembre, sia l’inizio di un cambiamento profondo nei legami presenti nella società. È impossibile trovare una risposta definitiva, per ora si può solo osservare un fenomeno in divenire che ha come protagonisti soprattutto le donne e i giovani.
Uomini non più giovani che però non hanno imparato molto dall’esperienza. Professionisti che trascorrono giornate opache, tristi, schifose e inutili. Portano slip che tirano al cavallo e calzini che stringono al polpaccio. Non hanno il tempismo della gioventù e quando giocano a tennis o sono in anticipo sulla pallina o in ritardo. Sempre fuori tempo, inconcludenti, incapaci di portare a compimento un’opera. Sempre con qualche sogno nel cassetto, innamorati ma in cerca di nuove emozioni. «...e sono innamorati da dieci anni di una donna che non hanno amato mai», canterebbe De Gregori, come se la scelta definitiva nel lavoro e nei sentimenti sia sempre lì per arrivare. Pecoraro non fa sconti, ma convince il lettore che la speranza sarà sempre l’ultima cosa a morire, soprattutto negli uomini.
Ironico, capace di riflettere su una condizione umana, la vecchiaia, senza buonismo e falso rispetto. Un viaggio di ricordi proiettati nel presente a cui partecipano Lucas, Maria e Marcos. Un vecchio malato, con qualche sprazzo di lucidità, la sorella e un giovane amico che suona la chitarra e vive con loro. Quest’ultimo è l’elemento di collegamento con la modernità. Lucas guarda tutto con invidia, non maligna, piuttosto come una visione deformata del desiderio. Gli anni danno una diversa percezione delle cose e allora lui fa esercizi con la vita. Anche le creazioni di Maria hanno a che fare con il tempo, ma in lei c’è ancora una proiezione di speranza. Ognuno a suo modo si occupa degli altri due. Capitoli brevi, a volte brevissimi, dove i tre piani si intrecciano con grande armonia. Un romanzo che scivola come una goccia di mercurio su un tavolo: veloce, perfetta ed elegante.
DANIEL LITVIN IMPERI DEL PROFITTO
A CURA DI LAURA BOVONE, EMANUELA MORA LA SPESA RESPONSABILE IL CONSUMO BIOLOGICO E SOLIDALE
Quella di Cartocci è una ricerca sulla diffusione del capitale sociale in Italia, che rappresenta una sorta di rilevatore del grado di coesione sociale di un paese e della profondità dei legami orizzontali che uniscono le persone. Insomma, il metro per misurare il senso civico nazionale. Tra gli elementi che determinano il capitale sociale c’è l’informazione, e quindi la diffusione stampa quotidiana, la partecipazione eletttorale, la presenza dell’associazionismo e dei donatori di sangue, massima espressione del dare disinteressato. La distribuzione del capitale sociale taglia l’Italia in due: da una parte il centronord, dove si toccano le punte massime, e dall’altra il sud, dove è quasi assente. Il Mezzogiorno paga la sua marginalità rispetto a un concetto di nazione che esiste solo sulla carta.
A CURA DI ENZO DELL’OLIO LA CORSA È FINITA
Garzanti, 2007
Donzelli, 2007
ROBERTO CARTOCCI MAPPE DEL TESORO. ANALISI DEL CAPITALE SOCIALE IN ITALIA
il Mulino, 2007
FRANCESCO PECORARO DOVE CREDI DI ANDARE
Mondadori, 2007
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VOCI DI DONNE DAL MEDIO ORIENTE LA FINE DI UN AMORE È FATICA QUOTIDIANA
È la nuova voce della letteratura medio-orientale, dedicata alla condizione della donna nei paesi di religione musulmana. Nel suo ultimo romanzo Fadia Faqir racconta la vicenda di Salma, una donna rimasta incinta prima del matrimonio. Una “colpa” che le costa una condanna a morte, decretata dalle autorità di Hima, il suo villaggio natale. Lascia la figlia ad alcuni conoscenti e fugge in Inghilterra. Si ricostruisce una vita in un mondo nuovo, dove la donna vive una libertà impensabile in Medio Oriente. Eppure ha nostalgia di quel doloroso passato, soprattutto del pianto della sua piccola. Ormai è una donna inglese, sposata con un inglese, ma quel pianto non smette di martellare i suoi pensieri. Allora decide di ritornare nel suo vecchio villaggio per affrontare il passato. Un viaggio che le cambierà la vita.
UNAI ELORRIAGA UN TRAM A S.P.
«La fine dell’amore c’entra col fondo delle tazze bianche, che piano piano diventano scure e macchiate». Tredici racconti, tredici storie per raccontare l’amore. Una scrittura originale che trova nella quotidianità e nei suoi simboli una risposta alla domanda che da sempre ci si pone: quando parliamo d’amore di cosa stiamo parlando? È possibile dire qualcosa di nuovo su questo argomento? Ilaria Bernardini ci ha provato e ci è riuscita. Un libro che attraversa i sentimenti con la stessa determinazione che ha l’innamorato nel corteggiare l’oggetto del desiderio e il cinismo di chi decide di lasciare la partita. Si può amare qualcuno anche se ha i capelli sporchi o se è un nuotatore drogato d’acqua. L’amore ha molte facce, comprese quella del desiderio di un figlio e l’estrema follia del serial killer. I segni della fine sono quasi sempre evidenti sugli oggetti che hanno segnato la condivisione, ma nella memoria delle persone tutto rimane intatto come in un catalogo patinato. Quella che si chiamava tana diventa un bunker, ciò che era esclusivo diventa solitudine, ciò che sembrava bello, perché scelto dell’altro, diventa imposto. L’estremo tentativo di salvare noi diventa la negazione di me. FADIA FAQIR UN TÈ ALLA SALVIA PER SALMA ILARIA BERNARDINI Guanda, 2007 LA FINE DELL’AMORE
Gran Via, 2007
Isbn edizioni, 2007
Unaltralombradia, 2007
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L’AFRICA VISTA DA ALBERTO MORAVIA TRA ACQUA E CIELO SI PERPETUA IL FASCINO DELLA CAMARGUE
Nel 1979 Alberto Moravia e il fotografo Lorenzo Capellini, talento della fotografia e amico dello scrittore, partirono per l’Africa. Quel viaggio viene ora raccontato in una mostra al Museo di storia contemporanea di Milano, in via Sant’Andrea. L’iniziativa rientra tra quelle promosse dal Comune per celebrare il centenario della nascita dello scrittore. In quel viaggio Capellini tenne fede al suo talento, dovendo interpretare sia lo sguardo del famoso scrittore e sia la bellezza di una natura prorompente. «Fu un viaggio bellissimo. Mi stupiva la curiosità di Moravia, un uomo impaziente di vedere sempre cose nuove. Un compagno di viaggio instancabile, di un’intelligenza folgorante».
Per Franco Aresi è stato il coronamento di un sogno, che unisce due passioni: quella per la fotografia e quella per la Camargue, regione del sud della Francia, dove la tradizione artistica e culturale provenzale si sposa con una bellezza naturalistica di grande fascino. In origine il libro doveva essere intolato “Camargue oasi di pace”, ma per ammissione dello stesso autore, seppure il titolo richiamasse la sensazione che provava ogni volta che si soffermava ad osservare gli animali, soprattutto volatili, il titolo richiamava uno slogan da agenzia di viaggio. E così è stato scelto “Tra acqua e cielo”, più efficace e rispondente al suo lavoro. Le fotografie in bianco e nero riportano agli occhi del lettore molte bellezze naturalistiche, ritratte in vari momenti della giornata: garzette, fenicotteri rosa, nitticore, poiane, nibbi, gufi, cicogne. E gli immancabili cavalli bianchi e i tori, veri simboli della regione. la Camargue di Aresi è fedele a un paesaggio, dove l’uomo non compare nemmeno nell’ombra riflessa dell’acqua. Un lavoro impreziosito dalla traduzione in francese delle didascalie curate dall’autore.
LORENZO CAPELLINI LA MIA AFRICA CON ALBERTO MORAVIA
Fino al 30 settembre Museo di storia contemporanea Milano
MOSTRA VIRTUALE PER HILDE LOTZ BAUER
DIRITTO D’AUTORE SENZA ESCLUSIVA
È un lavoro che risale a circa dieci anni fa, ma non si può definire datato, visto che ha come oggetto i reperti archeologici del Cairo. Un lavoro vivo perché in poche città come quella egiziana il presente e il passato convivono con tanta naturalezza e forza vitale. Il veneziano Luca Campigotto riesce a ricostruire un’atmosfera del passato attendendo con pazienza l’attimo meno affollato, a cui associa una notevole qualità delle immagini. Cinquattotto scatti realizzati tra il 1995 e 1996 dove le piramidi di Giza, le moschee, i suk, il dedalo del bazar di Khan El Khalili, il cuore della Cairo Islamica, la città dei morti, le monumentali tombe dei Mamelucchi fanno rivivere la cultura mediterranea in una dimensione meno globalizzata. L’introduzione del volume è a cura del critico d’arte Achille Bonito Oliva.
A otto anni dalla sua morte, un sito sarà interamente dedicato all’opera di Hilde Lotz Bauer. L’iniziativa è del Kunsthistorische Institute di Firenze, dove la stessa fotografa tedesca lavorò. Fu lei ad arrivare nel 1936 a Scanno (Abruzzo) molto prima di altri (Henry Cartier Bresson, Mario Giacomelli, Giuseppe Bruno e Gianni Berengo Giardin). Lei aveva individuato, in quel pezzo d’Italia remota, una dimensione arcadica, un’integrità e un’innocenza preculturale, molto cara a tanti poeti e intellettuali appartenenti a generazioni successive, primo fra tutti Pier Paolo Pasolini. L’archivio custodito a Firenze è composto da circa settemila immagini, che riguardano la permanenza in centro Italia della Bauer tra il 1935 e il 1943. Un corposo archivio di negativi, comprese le foto di Scanno, sono invece custodite a Heidelberg (archivio Franz Schlechter)
Diritti d’autore e pirateria telematica. Due temi in contrasto da sempre nell’era digitale. Una soluzione l’ha trovata “Creative Commons”. Si tratta di un sistema di gestione e tutela del diritto d’autore alternativo a quello tradizionale. Il concetto su cui si basa è il seguente: Some rights reserved”, vale a dire “Solo alcuni diritti sono riservati”. Si garantisce, quindi, all’autore la paternità intellettuale dell’opera e si lascia un margine di libertà molto più ampio sugli aspetti pratici. Quindi tutte le opere sono messe a disposizione del pubblico gratuitamente, garantendo la diffusione su larga scala. Il pubblico può ampliarle, modificarle e utilizzarle in maniera legale e libera, ma a patto di citare sempre l’autore, che potrà decidere fino a che punto la sua opera è manipolabile. La comunità Creative Commons è attiva da 5 anni.
LUCA CAMPIGOTTO LE PIETRE DEL CAIRO
Peliti e Associati, 2007
WWW.CREATIVECOMMONS.ORG
“CLOSING TIME” LA STORIA DI LITTLE ITALY SALVATA DALL’OBLIO Veronica Diaferia ha 25 anni e da circa quattro vive e lavora a New York , nel quartiere di Brooklyn. Una mattina, leggendo un articolo sul New York Magazine dal titolo “Il tramonto di Little Italy”, viene a sapere che “Ernesto Rossi & Co”, lo storico negozio all’angolo di Mulberry Street nel quartiere degli italiani, sta per chiudere. Decide di andare da Ernie Rossi, il titolare, per chiedergli di girare un documentario sull’ultimo mese di vita del negozio. «Io devo cercare di vendere fino all’ultimo» le risponde un po’ scocciato il negoziante. Dopo qualche resistenza, mister Rossi accetta. «Quel negozio – racconta la regista – è stato un crocevia fondamentale per la diffusione dell’italianità negli Usa. I titolari importavano le matrici delle registrazioni delle canzoni napoletane e stampavano i dischi con l’etichetta Phonothype che poi giravano in tutti gli Stati Uniti». Il documentario dura trenta minuti ed è una produzione indipendente. Ha vinto l’Atlanta Film Festival, il Big Apple Film Festival di New York come migliore documentario ed è stato selezionato per il Festival di Pesaro. Un noto sito americano www.folkstreams.net ha deciso di inserirlo tra i suoi download. WWW.FOLKSTREAMS.NET
Francesco Nastro Editore, 2007
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IL FASCINO DELLE PIETRE IMMORTALI DEL CAIRO
WWW.KHI.FI.IT/IT/INDEX.HTML FRANCO ARESI TRA ACQUA E CIELO
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IL VOLTO NASCOSTO E SILENZIOSO DEL CALCIO
L’ITALIA RACCONTATA DA ERMANNO OLMI
Madrid, 23 aprile 2005, Real Madrid contro Villareal. Questo strano e affascinante film (il dvd costa euro 16, 90) segue, per l’intero corso della partita, un solo personaggio: Zinedine Zidane. Ci sono ogni tanto delle inquadrature allargate, soltanto per dare un’idea del campo, ma per il resto l’obiettivo resta lì, su quell’uomo solo e serio che corre assai poco, ma sembra tenere sotto controllo lo spazio, sembra essere lì per sorvegliare che il gioco proceda come lui sa, per assentire al piccolo destino del risultato. Osservando Zidane, minuto dopo minuto, si comincia a pensare che proprio guardato così il calcio, non nelle vane blaterate dei commentatori, non nei moralisti sportivi, ma nel trotto leggero di un campione, nel suo sguardo così serio da diventare cupo, guardato così il calcio abbia da insegnare qualcosa.
Ermanno Olmi ha detto che in futuro si sarebbe dedicato solo ai documentari. Chi conosce il cinema di Olmi sa però che i suoi film sono già di un realismo esasperato e girati con stile documentaristico. Inoltre il regista, in questi 50 anni, non ha mai smesso di dirigere, scrivere e inventare documentari. La Feltrinelli ha deciso di pubblicarli per la prima volta. Sono due dvd e un libro (euro 19,90) che raccontano il BelPaese e i suoi cambiamenti, i cui titoli sono stati scelti dal regista: La diga sul ghiacciaio (1953); Dialogo tra un venditore d’almanacchi e un passeggero (1954); Pattuglia di Passo San Giacomo (1954); Il pensionato (1955);Manon finestra due (1955); Michelino I B (1956); Grigio (1958); Tre fili a Milano (1958); Il tempo si è fermato (1959); La cotta (1967); Nino il fioraio (1967); Milano (1983); Il Denaro (1999).
DOUGLAS GORDON PHILIPPE PARRENO ZIDANE, UN RITRATTO DEL XXI SECOLO
ERMANNO OLMI DOCUMENTARI E CORTOMETRAGGI 1953-1999
Feltrinelli, 2007
Feltrinelli, 2007
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TROPPI PESTICIDI NELLE ACQUE LA FISICA DELLE CITTÀ MIGLIORA LA NOSTRA SPESA TRA I BANCHI DEL SUPERMERCATO
Sono ben 119 i diversi tipi di pesticidi presenti nelle acque italiane, sia superficiali che sotterranee. Lo rivelano i dati contenuti nel Rapporto sul piano nazionale di monitoraggio, coordinato dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e i servizi tecnici (Apat). I controlli hanno riguardato oltre 3.500 punti di monitoraggio e più di 10.000 campioni, per un totale di quasi 283.000 analisi. Si tratta di sostanze utilizzate per proteggere le produzioni agricole dall’attacco di organismi nocivi e quindi pericolose. Gli esperti dell’Apat ne hanno riscontrato i residui in 485 punti di monitoraggio delle acque superficiali, pari al 47 per cento del campione, e nel 27,9 per cento dei casi con concentrazioni superiori al limite stabilito. Nelle acque sotterranee invece sono risultati contaminati 630 punti di monitoraggio (24,8 per cento del campione), nel 7,7 per cento dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità.
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Gli ingorghi sono stressanti, fanno perdere tempo, ma a volte è impossibile evitarli, nonostante le partenze intelligenti. Un’università italiana, il dipartimento di fisica delle città dell’università di Bologna, tra i suoi progetti sviluppa simulatori per la mobilità delle persone e dei veicoli. Mobilis è uno di questi. Tiene conto degli effetti reciproci, di pedoni e macchine, ma anche motociclette e biciclette, sulla mobilità. Campus, invece, è un simulatore pedonale, già applicato proprio nell’area dell’università di Bologna, alla stazione di Rimini e prossimamente a Venezia, in occasione del Carnevale. Le complesse funzioni di calcolo probabilistico sono state messe a punto dal gruppo formato da: Armando Bazzani, Massimiliano Capriotti, Bruno Giorgini, Graziano Servizi, Giorgio Turchetti e Giuseppina Melchiorre. I punti di forza di Mobilis sono due: Il primo è la capacità di descrivere il comportamento individuale di ogni singolo elemento della mobilità, anziché affidarsi a una media statistica; il secondo è la possibilità di prevedere il comportamento degli individui, tenendo conto di numerosi parametri di gradimento, come l’accessibilità, la sicurezza e il piacere estetico del percorso.
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PER I GIOVANI EUROPEI IL CIBO SANO È NOIOSO
ANDARE IN BICI CON IL TELEPASS
UNO SPOT DEDICATO ALLA VERA BELLEZZA
Una ricerca, finanziata dall’Unione Europea, sulle abitudini alimentari e sugli stili di vita dei giovani di età compresa fra 13 e 16 anni in cinque paesi europei, ha svelato alcune costanti su quantità, qualità e motivi delle scelte alimentari. Tre pasti al giorno, inframmezzati da spuntini costituiscono la norma in tutti i paesi, con l’eccezione della Spagna, dove gli adolescenti consumano 3-5 pasti al giorno più gli spuntini. Il gusto è il fattore più importante nella scelta degli alimenti. Determinante anche l’influenza dei genitori, in particolare per la prima colazione e il pasto serale; importanti anche la salute e la praticità. I giovani partecipanti sanno di non mangiare sempre bene o come dovrebbero. Ma il loro problema è che associano il cibo sano alla noia: non ha un buon sapore, non li sazia quando hanno fame, richiede troppo impegno ed è costoso.
È stato varato il progetto “Cronoscalata mondiali 2008” sulle salite più importanti della provincia di Varese, sede dei prossimi Mondiali di ciclismo. Il progetto consentirà ai ciclisti della domenica di cronometrare esattamente il tempo di percorrenza delle salite attraverso un sistema che ricorda molto quello del telepass in autostrada. Il ciclista acquista un kit composto da un chip personalizzato, schede tecniche e cartografie di tutti i percorsi. Una volta che la bicicletta è sul tracciato, delle colonnine alimentate con panelli fotovoltaici, al passaggio del ciclista, riconoscono il chip proprio come avviene in autostrada con il telepass. All’ultima colonnina, alla fine della salita, viene rilevato il tempo finale. I dati vengono poi inviati da un trasponder a un sistema di controllo locale e a uno centrale. Il ciclista per conoscere i propri tempi di percorrenza non dovrà fare altro che collegarsi a www.winningtime.com.
Vincitore del Cyber Lion 2007 per il marketing virale di Cannes, lo spot Evolution di Dove si inserisce nel filone della Campagna per l’Autostima. La campagna è stata voluta da Dove, brand del settore cosmetico, per incentivare l’autostima sopratutto nelle adolescenti che si trovano a competere con canoni estetici spesso inarrivabili diffusi dai grandi media. Secondo gli studi propedeutici al progetto, più del 50% delle donne afferma di essere a disagio con il loro corpo mentre la quantità di grasso presente nel corpo delle modelle o delle attrici proposte dai media è almeno del 10% inferiore a quello di una donna sana secondo la British Medical Association. Lo spot di Dove offre il “dietro le quinte” della realizzazione di un’immagine per un manifesto pubblicitario mostrando come in realtà l’eterea bellezza del viso riprodotto sia frutto di un attento lavoro di maquillage e di un uso minuzioso di programmi di fotoritocco. Lo spot virale, destinato ad una programmazione parallela sulla Rete, è nato dall’osservazione delle ore di trucco necessarie ad una modella professionista per realizzare una immagine di cosmesi apparentemente fresca e naturale.
WIDGET, PDF-ZINE E EBOOK PER L’EVOLUZIONE DELLA CARTA STAMPATA Times Reader è un progetto in costante evoluzione del New York Times per fornire un’edizione ad hoc del quotidiano in formato adattato per il web e per i lettori multimediali, pda o videofonini oltre ai futuribili device come iLiad, sorta di piccolo computer delle dimensioni di un libro utilizzato per leggere contenuti (quotidiani, magazine, libri di qualsiasi contenuto) diffusi in formato elettronico. Presto per annunciare la fine della carta stampata al di fuori del contesto delle città più avanzate sotto il profilo della diffusione di una Rete gratuita e diffusa in modalità wi-fi. La ricerca di una modalità di diffusione dei contenuti che prescinda dai costi di stampa e distribuzione è avviata da qualche anno ed ha portato allo sviluppo di più soluzioni, dagli ebook (libri elettronici ormai piuttosto diffusi anche presso editori tradizionali) ai pdf-zine, i magazine diffusi in Rete in formato pdf (leggibile con apposito software di lettura gratuito). In attesa che si compia la profezia dell’editore del New York TImes (“entro cinque anni non avremo più l’edizione su carta del quotidiano”) un ulteriore stimolo alla diffusione di contenuti informativi mediatici viene dallo sviluppo dei widget o gadget, programmi di piccole dimensioni che interagiscono con l’utente creando una sponda verso la comunicazione web per rapidi aggiornamenti sulle news consultabili con tutti i device collegabili alla Rete. Considerato il taglio dei proibitivi costi di stampa, il potenziale comunicativo che si sta sviluppando è elevato anche sotto il profilo della comunicazione orientata verso il terzo settore.
future
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CUCINA ECOLOGICA E ETICA CON PIANTINA
AFRICA, IL FUTURO NON PROSSIMO DELLA RETE
Eco e bio è trendy e i giovani designer sanno che può essere uno strumento per lanciare la propria brand. Le ultime novità segnalate dai trendsetter sono il mouse “Sole mio” alimentato ad energia fotovoltaica progettato nei paesi bassi, il cui funzionamento dopo una piena ricarica solare è di circa un’ora e mezzo, ed un progetto per portare nelle banchine della metropolitana la luce solare trasmettendola via fibra ottica. Più sorprendente la proposta di una “cucina etica”, intesa non sotto il profilo dell’eticità della filiera di produzione e del rispetto delle tradizioni culinarie ma riferita alla cucina come oggetto di produzione casalinga dei cibi. “Ethical Kitchen” è una proposta della giovane designer Alexandra Sten Jorgensen e la sua particolarità è quella di essere progettata partendo da materiali e componenti riciclati. La cucina integra un sistema di riciclo delle acque. A testimoniare l’eticità della vostra nuova cucina e dei vostri comportamenti quotidiani sarà la piantina rampicante abbinata la cui vitalità è collegata al corretto riutilizzo degli scarti di cucina compostati che la devono alimentare.
Mentre la Corea pensa a dotare ogni casa di un assistente domestico robotico puntando sulla copertura pressochè totale della Rete ad alta velocità da qui al 2015, la mappa della connettività mondiale dimostra come ancora la diffusione della Rete sia appannaggio dei paesi maggiormente sviluppati sotto il profilo industriale. Il Digital Divide, che in Europa riguarda le regioni montuose o i piccoli borghi e paesini, in Africa è invece la quotidianità di oltre il 90% del territorio. Il problema non è solo commerciale ma investe in pieno le potenzialità sociali della Rete, dall’e-learning alla definizione di migliori standard di sicurezza sanitaria in regioni difficilmente accessibili. Lo studio del New York Times disegna un'Africa che deve l'unica sua connessione all'infrastruttura globale ad una dorsale che percorre le sue coste occidentali, per poi discostarsi dal continente nella zona Sud orientale. I progetti della comunità internazionale per aumentare la diffusione della Rete verso l’interno del Continente si scontrano con le politiche interne di difesa dei singoli Stati mentre il ricorso alla lenta e costosa connettività satellitare rende accessibili solo a pochi i servizi.
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Da mille a 1.999 Meno di 999
Polonia
Media europea
D U D U
Slovenia
Irlanda
Finlandia
Regno Unito
Italia
Austria
Svezia
Danimarca
Francia
Norvegia
Germania
Svizzera
40
Oltre 3mila Da 2mila a 2.999
Portogallo
D U D U
Spagna
Spesa sanitaria pro capite in dollari. In chiaro le donne, in scuro gli uomini 60
FONTE: EUROCARE
PROMOSSI E BOCCIATI [Tasso di sopravvivenza a 5 anni daIl’insorgere della malattia. In %]
numeri 20
123
BERTINORO
La sanità inglese al collasso dopo i tagli
ropa occidentale. «Il sistema sanitario probabilmente non funANCET BOCCIA SENZA APPELLO LA SANITÀ UK. Un team di ziona a dovere», secondo i ricercatori Eurocare. La causa è da ricercatori coordinato da Franco Berrino dell'Istituricercare innanzitutto nelle diagnosi tardive, secondo lo stuto nazionale dei tumori, analizzando i dati relativi dio, e in seconda battuta nella qualità delle cure. In Gran Brea 2,7 milioni di malati in 23 Paesi, ha messo in evidenza che tagna mancano sia radiologi e chirurghi specializzati, sottoliil tasso di sopravvivenza dei malati di cancro sta aumentando nea Richard Sullivan di Cancer research UK, che le macchine ovunque, ma con grandi divergenze tra Paesi. Norvegia, Fine le apparecchiature necessarie. landia e Svezia stanno registrando il maggiore successo e rieI tagli all’Nhs, e in particolare la chiusura dei centri di pronscono a curare oltre sei malati su dieci. Se tutti i Paesi europei to soccorso in molti ospedali, stanno costando migliaia di viriuscissero ad avere lo stesso tasso di sopravvivenza, la mortate umane, secondo un altro studio lità crollerebbe del 12%, rileva lo I CAMICI BIANCHI NEL MONDO pubblicato sull’Emergency Medistudio, pari a 150mila vite salvate IL CALO DEGLI ABILITATI LAUREATI IN MEDICINA PER 1OO MILA ABITANTI cine Journal. Il tasso di mortalità ogni cinque anni. Paese 1990 2005 Paese 1990 2005 tra le persone che hanno bisogno La ricerca rileva che in Europa, Italia 18,4 11,0 Spagna 13,4 9,5 di cure urgenti sale dell’1% per in generale, il tasso di sopravviFrancia 9,4 5,9 Stati Uniti 6,9 6,3 ogni dieci chilometri che devono venza dei malati è strettamente Germania 12,1 8,5 Svizzera 12,2 8,4 percorrere in ambulanza. correlato alla spesa sanitaria naMEDICI PER MILLE ABITANTI (2005) Chi ne ha di più Chi ne ha di meno Lo studio contraddice il Gozionale ed è quindi più alto nei Grecia 4,9 Turchia 1,5 verno, che quando aveva ridotto Paesi con budget più generosi. La Belgio 4,0 Corea 1,6 il numero dei pronto soccorso geGran Bretagna però è un'eccezioItalia 3,8 Messico 1,6 nerici a favore di centri più granne negativa: il National Health Spagna 3,8 Giappone 2,0 Svizzera 3,8 Polonia 2,1 di e specializzati aveva citato riService (Nhs) spende più del triplo Olanda 3,7 Nuova Zelanda 2,2 cerche secondo le quali il tempo di Paesi come Polonia o Slovenia, Norvegia 3,7 Canada 2,2 trascorso in ambulanza non ma ottiene risultati molto simili e Francia 3,4 Stati Uniti 2,4 avrebbe alcun impatto sul tasso di nettamente inferiori a quelli di Germania 3,4 Regno Unito 2,4 sopravvivenza . Francia, Italia e altri Paesi dell’EuFONTE: OCSE, HEALTH DATA 2007
L
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Un terzo degli indiani vive con 40 cent al giorno del PIL che cresce dell’8% ogni anno, più di 1/3 della popolazione vive con il corrispettivo di circa 40 cent. Sono questi i dati elaborati dal ministero indiano della piccola industria per il periodo 2004-2005. Secon-
do lo studio, il 77% della popolazione indiana vive con 12 euro al mese, mentre il 6% della forza lavoro appartiene a settori privi di garanzie. L’agricoltura è il comparto in cui l’84% dei lavoratori spende più di quello che guadagna. E proprio nelle campagne indiane
Vendita di farmaci nel 2006. In percentuale
continuano i suicidi di agricoltori che non riescono a rimborsare i crediti ricevuti per acquistare le sementi. Sul banco degli accusati la multinazionale Monsanto e altri colossi dello stesso settore che non avrebbero informato gli agricoltori sull’ibridità dei prodotti.
29,9
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FONTE: IL SOLE 24 ORE
Cina +10,4 India +8,9 Indonesia +5,2 Malesia +5,9 Filippine +5,5 Singapore +7,1 Corea del Sud +5,3 Taiwan +4,6 Tailandia +4,9 Argentina +7,9 Brasile +1,2 Cile +4,5 Colombia +6,0 Messico +4,7 Perù +9,2 Venezuela +9,2 Egitto +5,9 Israele +6,2 Sud Africa +3,6 Turchia +7,5 Repubblica Ceca +6,2 Ungheria +3,8 Polonia +5,5 Russia +7,4
III II II II II III II II II II II II II II II I II II II II II II II
Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Agosto Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre
PRODUZIONE INDUSTRIALE
+14,7 +11,4 +6,2 +3,6 -7,0 +7,6 +16,3 +2,1 +5,0 +6,6 +1,3 -2,6 +12,5 +5,0 +9,9 +12,7 +4,0 +8,1 +1,9 +4,0 +5,8 +11,8 +11,7 +4,1
Ott. Sett. Ago. Sett. Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Ago. Sett. Ago. Ago. 2005 Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett.
PREZZI AL CONSUMO
+1,4 +2,1 +6,3 +3,3 +5,4 +0,4 +2,1 -1,2 +2,8 +10,4 +3,3 +2,1 +4,2 +4,3 +1,9 +8,7 +9,6 +1,3 +5,3 +10,0 +2,7 +6,3 +1,2 +9,2
Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott.
BILANCIA COMMERCIALE
+177,5 Dicembre -48,8 Novemb. +38,5 Novemb. +28,6 Novemb. -4,1 Agosto +33,7 Settem. +16,7 Dicembre +21,3 Dicembre +1,3 Novemb. +12,0 Novemb. +46,1 Dicembre +22,1 Dicembre +0,3 Ottobre -5,9 Novemb. +8,0 Settem. +36,8 III Trimestre -11,1 II Trimestre -7,9 Dicembre -9,6 Novemb. -53,2 Novemb. +2,0 Novemb. - 2,8 Novemb. -4,1 Novemb. +140,8 Novemb.
11,8 12,6
7,1
TASSI INTERESSE
3,10 7,98 6,20 5,37 6,13 3,06 4,97 2,08 4,97 10,19 13,19 5,16 6,71 7,05 4,45 10,00 9,67 4,60 9,35 19,60 2,57 8,05 5,18 11,00
8,6
17,1
LE NAZIONI EMERGENTI PIL
9,3
TEST IN AUMENTO Sperimentazioni dei farmaci nei Paesi emergenti (in % sul totale mondiale) 14,2
PAESE
47,7
2002 2003 2004 2005 2006
Giappone
Nord America (Usa, Canada)
4,5 Europa Africa, Asia (escluso Giappone) e Australia
America Latina
Totale 484,15 miliardi di euro
LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI PAESE
Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro
IL BOOM DEI FARMACI INDIANI
PIL MIN/MAX 2006
MIN/MAX 2007
2,3/3,7 1,8/2,4 1,7/2,5 1,7/2,6 2,7/3,4 2,5/3,3 1,5/2,2 1,5/2,2 1,0/1,5 1,9/3,5 1,6/3,1 2,8/3,5 3,0/4,1 1,7/2,8 2,8/3,9 1,8/2,4
2,7/3,9 1,2/2,2 1,6/2,2 1,9/2,8 2,6/3,1 2,0/3,1 1,6/2,4 0,2/2,1 0,6/1,7 1,4/3,8 1,4/2,4 2,4/3,1 2,5/3,1 0,9/2,5 2,4/3,5 1,3/2,4 FONTE: IL SOLE 24 ORE
MICO,
MERCATO MONDIALE
FONTE: BOSTON UNIVERSITY
N
ELL’INDIA DEL BOOM ECONONO-
FONTE: IMS
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INFLAZIONE MEDIA 2006
MEDIA 2007
3,2 2,3 2,4 2,4 3,2 2,7 2,0 1,7 1,3 3,0 2,2 3,3 3,6 2,8 3,4 2,2
3,3 2,0 2,0 2,5 2,9 2,3 2,0 1,3 1,1 2,4 2,1 2,8 2,9 2,0 2,7 1,8
2006
2,9 2,0 2,2 1,9 2,1 1,9 1,7 1,6 2,1 0,3 1,5 3,3 1,4 1,1 2,9 2,1
2007
BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2006 2007
2,7 1,8 1,9 1,9 2,2 1,9 1,6 2,3 1,9 0,6 1,5 2,8 1,9 1,2 2,3 2,1
-5,4 +0,2 +2,2 -2,3 2,0 2,9 -1,3 3,9 -1,5 3,7 5,2 -6,9 6,7 13,1 -6,8 -0,1
-4,0 +0,2 2,3 -2,3 1,4 2,7 -1,1 3,9 -1,4 3,5 5,1 -7,0 6,3 12,4 -6,8 --------
I CASI DEL 2007
34
172
60
22%
30%
40%
I VISITATORI Le società straniere in India
MIN $ Gli investimenti esteri
MILA $ Lo stipendio di un ricercatore
I GENERICI Made in India
LA RICERCA IN INDIA tra 15 anni
L’EXPORT
BRISTOL-MYERS SQUIBB Thailandia
MERCK Brasile
NOVARTIS India
Nel comparto farmaceutico indiano operano oltre 34 compagnie straniere. Tra queste sono presenti 15delle prime 20 società al mondo.
Sono i capitali stranieri affluiti nel comparto farmaceutico indiano nel biennio 2005-2006.
Il salario annuale di un ricercatore indiano è molto basso rispetto ai 250-300 mila dollari necessari negli Usa.
Un quinto dei farmaci generici oggi in commercio viene reatizzato negli stabilimenti del Subcontinente.
In futuro si stima che quasi un terzo della ricerca clinica farmaceutica mondiale verrà condotta in India, che oggi ospita circa l’1,5% del totale.
L’India oggi esporta quasi Ia metà della sua produzione nazionale di farmaci.
A gennaio il Governo autorizza la versione generica di due farmaci Bristol-Myers Squibb per l’Aids ancora coperti da brevetto. La società minaccia di ridurre gli investimenti.
A maggio il presidente LuIa sospende Ia licenza al ritrovato anti-Aids della Merck perché troppo costoso: il Brasile importerà dalI’India l’equivalente generico del medicinale.
Il 6 di agosto Novartis perde Ia causa Glivec: per Ia Corte indiana di Chennai le modifiche al farmaco antitumorale della multinazionale svizzera non sono sufficienti per poter coprire il ritrovato con un nuovo brevetto.
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VALORI NEW ENERGY INDEX NOME TITOLO
ATTIVITÀ
BORSA
Abengoa Ballard Power Biopetrol Canadian Hydro Conergy EOP Biodiesel Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Pacific Ethanol Phönix SonnenStrom Q-Cells RePower Solarworld Solon Südzucker Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems
Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Biocarburanti Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Biocarburanti Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Zucchero/biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche
Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Zug, Svizzera Calgary, Canada Amburgo, Germania Pritzwalk, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Fresno, CA-USA Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Mannheim, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca
CORSO DELL’AZIONE 31.07.2007
RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 31.07.2007
35,24 € 5,06 CAD 7,34 € 6,09 CAD 59,54 € 7,14 € 7,36 $ 29,96 € 648,00 DKK 14,75 $ 12,57 $ 21,62 € 64,70 € 133,76 € 35,58 € 44,85 € 14,03 € 9,25 € 40,33 $ 368,00 DKK
55,31% -22,68% -11,57% 11,54% 56,31% -32,39% -10,26% 73,38% 44,79% -5,61% -16,92% 47,07% 100,31% 140,58% 64,23% 51,67% -27,98% 23,01% 44,88% 134,97%
+36,03% € = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi
Liberi di non inquinare di Mauro Meggiolaro
O
RA NON ABBIAMO PIÙ SCUSE. Dal 1° luglio scorso è scattata la completa aper-
16,65%
UN’IMPRESA AL MESE
tura del mercato elettrico. Tutte le famiglie italiane potranno scegliere li- Amex Oil Index [in Euro] beramente il loro fornitore di energia. Per chi vuole sbattere fuori dalla 36,03% porta di casa il petrolio, il carbone o il nucleare, le alternative non mancano: ci si può ri- Valori New Energy Index [in Euro] volgere, per esempio, a “La 220” (www.la220.it) o a LifeGate Energy (www.lifegatenergy.it). Rendimenti dal 30.09.2006 al 31.07.2007 Sono operatori che comprano l’energia prodotta dal sole, dall’acqua o dal vento e la immettono nella rete, a disposizione di chi ha scelto di non inCanadian Hydro www.canhydro.com Sede Calgary - Canada quinare. Canadian Hydro, la società che vi presenBorsa TSE – Toronto tiamo questo mese, vende esclusivamente energia Rendimento 30.09.06 – 31.07.07 11,54% pulita alle municipalizzate canadesi. Proviene dalAttività Fondata da un ingegnere e un geologo nel 1989, Canadian Hydro Developers (CHD) la forza del Blue River, in British Columbia, dal è una società canadese che gestisce 12 centrali idroelettriche, 4 parchi eolici e una centrale vento freddo dell’Alberta, dagli scarti della lavoraa biomassa. È il maggiore produttore di energia da fonti rinnovabili in Canada. CHD vende gran parte dell’energia che produce alle municipalizzate delle diverse province del Paese. zione del legname. Fa funzionare le lampadine e Ricavi [Milioni di €] Utile [Milioni di €] Numero dipendenti gli elettrodomestici e produce profitti: 5,82 milio2005 ni di euro nel 2006 e un rendimento dell’11,54% 2006 69 31,54 5,82 56 in borsa, in meno di un anno. È anche grazie a Canadian Hydro che l’indice azionario verde di Valo18,91 ri continua a battere i grandi del petrolio (indice Amex Oil). A dieci mesi dall’inizio del nostro gio0,54 co i punti di distacco sono quasi 20.
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in collaborazione con www.eticasgr.it | 78 | valori |
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NUOVA ECOLOGIA
| numeridivalori |
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PREZZO TRASPARENTE: DAL PRODUTTORE AL CONSUMATORE
VALORI NUTRIZIONALI MEDI
TÈ NERO BIO EARL GREY 25 FILTRI - CTM ALTROMERCATO
SU 100G DI PARTE EDIB. (AL NETTO SCARTI)
prezzo Fob al produttore
parte edibile acqua
0,80€
34,5% prezzo “free on board” nolo mare
costi accessori
0,06€
1,0%
2,5% dazio, trasporto terra, altre spese prefinanziamento, assicurazione
margine Ctm altromercato
0,68€
29,3% copertura costi struttura e lavoro
margine medio dettagliante
0,78€
33,7% copertura costi struttura e lavoro
prezzo al pubblico (IVA esclusa)
2,32€
100%
IVA
0,23€
10%
prezzo di vendita al pubblico
2,55€
NUTRIENTI ENERGETICI
0,9% 0,6%
100% 9,3g
proteine carboidrati lipidi valore energetico
19,6g 3,0g 2,0g 108kcal
NUTRIENTI NON ENERGETICI
potassio fosforo sodio calcio ferro
2160mg 630mg 45mg 30mg 15,2mg
FONTE: TABELLE DI COMPOSIZIONE DEGLI ALIMENTI, AGGIORN. 2000 ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA PER GLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE
paniere
FONTE: CTM ALTROMERCATO, 2006
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QUANTO COSTA LA SPESA [IN GRASSETTO IL PREZZO AL KG] BOTTEGA DEL MONDO
di foglie apicali e germogli deter11 LUGLIO SCORSO il Tribunale di ALTRI COMPONENTI DEL TÈ mina una scala di valori, identiprimo grado delle Comunità SOSTANZA CARATTERISTICHE ficata da sigle internazionali (veeuropee ha vietato l’uso del paalcaloidi stimolanti del sistema nervoso di tab), fondamentale nelle aste raquat, la sostanza teina, teofillina, centrale, sono le prime delle principali borse in cui si deprincipale del Gradi Anna Capaccioli teobromina a solubilizzarsi nell’infusione finisce il prezzo del tè; storicamoxone, uno dei tannini dalle proprietà antisettiche ed astringenti, neutralizzano la teina mente le quotazioni passano per tre diserbanti più diffusi al nell’infusione prolungata la borsa del tè di Londra, ma sta mondo, prodotto dalla multiteorubigine responsabili del colore del tè, aumentando l’importanza di nazionale svizzera Syngenta. Il si solubilizzano in un una fase successiva Paesi esportatori come India, prodotto, venduto da circa teoflavine responsabili dell’aroma e del gusto, Bangladesh, Sri Lanka, Kenia, mezzo secolo, è utilizzato in si solubilizzano in una fase successiva Singapore, Indonesia. più di 120 Paesi su oltre 50 vaLIBRI teanina aminoacido caratteristico del tè, A seconda della lavorazione rietà di colture, tra cui il tè. rilassa senza provocare sonnolenza, si distingue: tè bianco, solo apProibito in Svizzera dall’89 e in è usato anche come integratore passito; tè verde, essiccato al capiù di dieci Paesi europei, pricatechine ruolo protettivo contro patologie solo nel tè verde cardiovascolari e neoplastiche lore ma non fermentato; tè ooma che la Comunità europea long, fermentato in percentuale lo autorizzasse di nuovo nel variabile; tè nero, fermentato completamente. I tè pro2003, l’erbicida ritenuto pericoloso per l’ambiente e fumati (scented) sono miscelati a petali di fiori, mentre per la salute umana e animale è oggetto della campai tè aromatizzati contengono aromi dal gusto più aggna internazionale “Fermate il paraquat” promossa da gressivo. L’Earl Grey è una miscela molto richiesta in ocmolte ong. La sentenza sottolinea l’importanza di Davide Pellegrino cidente, a base di tè verde od oolong o nero, aromatizconsumare tè di produzione biologica. Il piacere del tè zata con olio essenziale di bergamotto. La pianta del tè, arbusto sempreverde della famiGiunti, 2006 Sono tre le modalità principali di preparazione del tè: glia delle camelie, ha una vita produttiva che inizia a bollito, sbattuto, infuso. La seconda sopravvive solo in 3-5 anni dalla semina e termina dopo 30-40. È coltiGiappone nella Cerimonia del tè, in cui foglie vata nei cinque continenti a latitudini ed altipestate ridotte in polvere finissima vengotudini diverse, dando origine a numerono sbattute con acqua calda mesissime varietà commerciali di tè che diante un frustino di bambù. differiscono per gusto e qualità in Nella zona di Lucca, famosa per la rapporto a clima, suolo, periodo e coltivazione delle camelie, si svolmodalità di raccolta, metodi di lage annualmente una manifestavorazione, miscelazione, imbalTè: storia, miti e scienza. zione dedicata al tè e ospitata a laggio e conservazione. Sant'Andrea di Compito nell'uLa raccolta dei tè più pregiati Urra-Apogeo, 2006 nica piantagione italiana. viene fatta a mano e il contenuto
L’
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MARCHIO1
SOLIDALE2
El Ceibo bio Altromercato 13,00 €/kg
Perugina
Solidal
8,00 €/kg
Esselunga bio e Ctm Altromercato 14,70 €/kg
10,00 €/kg
8,66 €/kg
Twinings Earl Grey 38,50 €/kg
Tè nero Esselunga bio e Ctm Altromercato 44,70 €/kg
Altromercato tè nero Earl Grey 61,60 €/kg
Twinings English breakfast 37,60 €/kg
Tè Solidal
Twinings Lemon scented 38,00 €/kg
Tè nero al limone Solidal 32,00 €/kg
MARCHIO
BIO E CTM ALTROMERCATO
CACAO AMARO IN POLVERE
El Ceibo bio Altromercato 12,00 €/kg
Perugina
Altromercato tè nero Earl Grey 61,00 €/kg
36,57 €/kg
Altromercato basmati 5,50 €/kg
Scotti basmati 3,24 €/kg
Altromercato basmati 5,50 €/kg
Altromercato thai integrale 3,45 €
Suzi Wan basmati 4,36 €/kg
Altromercato thai aromatico bio 3,85 €
SUCCO D’ARANCIA 100%
Altromercato 2,00 €/l
Santal non zuccherato 1,50 €
Altromercato
ZUCCHERO DI CANNA
Altromercato Dulcita bio 3,70 €/kg
Demerara Sugarville Toschi Mauritius 2,84 €/kg
CREMA SPALMABILE AL CACAO
Altromercato Cajta con anacardi e nocciole 6,25 €/kg
Ferrero Nutella bicchiere 200g 7,45 €/kg vaso 750g 4,52 €/kg
Altromercato
Esselunga
2,85 €/kg
1,69 €/kg
CIOCCOLATO FONDENTE TAVOLETTA 100G
Commercioalternativo Antilla cacao 70% 15,50 €/kg
Perugina Nero cacao 70% 12,00 €/kg
Altromercato bio Mascao cacao 73% 15,50 €/kg
Fondentenero Novi Solidal extra amaro extra amaro cacao 72% bio cacao 70% 9,20 €/kg 9,80 €/kg
CIOCCOLATO AL LATTE TAVOLETTA 100G
Altromercato Companera cacao 32% 11,00 €/kg
Lindt Lindor al latte 13,20 €/kg
Altromercato bio Mascao cacao 32% 15,50 €/kg
Novi cacao 30% 8,50 €/kg
Solidal bio cacao 39% 9,80 €/kg
CIOCCOLATINI ASSORTITI
Altromercato al latte ripieni 16,50 €/kg
Perugina Fantasia Grifo 13,12 €/kg
Altromercato al latte ripieni 16,50 €/kg
Perugina al latte e fondenti 11,60 €/kg
Solidal ripieni assortiti 11,00 €/kg
Altromercato miscela pregiata arabica 100% 11,00 €/kg
Lavazza qualità oro arabica 100% 11,16 €/kg
Solidal arabica 100% bio 9,60 €/kg
RISO
Prodotto che ha segnato le fortune coloniali soprattutto di Olanda ed Inghilterra, il tè ha registrato nel 2006 un incremento del 41% nelle vendite dei prodotti equosolidali, secondo gli ultimi dati Fairtrade Labelling Organizations.
COOP
SOLIDALE
SOLIDALE
TÈ IN FILTRI
Il signore delle camelie
ESSELUNGA3
PRODOTTO
BANANE
Skipper Zuegg senza zucchero 1,33 €
Solidal senza zuccheri aggiunti 1,15 €
Altromercato Dulcita bio 3,70 €/kg
Demerara 2,88 €/kg
Solidal biologico 2,80 €/kg
Altromercato Cajta con anacardi e nocciole
Ferrero Nutella
Solidal con nocciole
6,25 €/kg
4,92 €/kg
5,00 €/kg
Chiquita
Solidal biologico 2,70 €/kg
2,00 €/l Esselunga bio e Ctm Altromercato 3,38 €/kg
Solidal thai profumato 2,80 €/kg
Esselunga bio e Ctm Altromercato 2,85 €/kg
2,00 €/kg
Lindt cioccolatini assortiti 24,32 €/kg CAFFÈ MACINATO PER MOKA 250G
Altromercato bio caffè 13,00 €/kg
Compagnia Arabica Colombia Medellin arabica 100% 12,72 €/kg
Esselunga bio e Ctm Altromercato arabica 100% 12,60 €/kg
Altromercato bio caffè 13,00 €/kg [1] MEDIA DI PREZZI DI VENDITA APPLICATI IN PUNTI DI VENDITA IPERCOOP E COOP DIVERSI, IN PERIODI COMPRESI TRA FINE 2006 E APRILE 2007 [2] PREZZI MEDI NAZIONALI [3] PREZZI RILEVATI NEL PUNTO DI VENDITA, NON SONO STATE FORNITE MEDIE NAZIONALI
SIGLE INTERNAZIONALI DI QUALITÀ [ OGNI LETTERA DÀ INFORMAZIONI SU TIPO DI FOGLIA E PEZZATURA; OGNI TIPO DI TÈ È CARATTERIZZATO DA UNA COMBINAZIONE DI LETTERE] P (pekoe) F (flowery) T (tippy) G (golden)
si riferisce alla gemma terminale ricoperta di lanugine chiara indica raccolta precoce effettuata quando il tè era ancora in bocciolo, sinonimo di qualità indica la parte della pianta più ricca di germogli o “punte” indica che al tè sono state aggiunte le punte dorate, l'ultimissima estremità dei germogli giallo-dorati che fanno il tè ancora più delicato e aromatico O (orange) indicazione di qualità, introdotta probabilmente dai mercanti olandesi in onore della omonima casata reale, con il senso di “tè reale” B (broken) foglia sminuzzata F (fannings) polveri contenenti frammenti di foglia di 1,5 mm, per le bustine D (dusts) polveri contenenti frammenti di foglia inferiori a 1 mm, per le bustine |
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CRONOLOGIA ESSENZIALE 2737 a.C. Secondo la tradizione cinese l’imperatore Chen Nung scopre la pianta del tè VII sec. d.C. Il tè arriva in Giappone VIII sec. Il poeta ed eremita cinese Lu Yu, ricordato come il “dio del tè”, scrive il primo trattato sul tè, che stabilisce precetti per la corretta coltivazione, lavorazione e degustazione VII-IX sec. Il tè diventa la bevanda nazionale cinese XVII sec. Il tè giunge in Europa 1717 Thomas Twining inaugura il Golden Lion, specializzato nella vendita di tè e caffè 1709-1834 La Compagnia delle Indie Orientali ha il monopolio della preziosa merce in Europa 1773 Boston Tea Party: il carico di tè di navi inglesi viene gettato in mare in risposta alla pesante tassazione imposta dall’Inghilterra, con questo gesto ha inizio la Guerra d’indipendenza americana 1827 Lo scienziato francese Henry Oudry isola la teina dalle foglie di tè 1834 Fondata la Borsa del tè di Londra, riferimento per il mercato internazionale 1904 All’esposizione di St. Louis l’inglese Richard Blechynden serve per la prima volta del tè freddo 1908 Il commerciante Thomas Sullivan inventa la bustina 1933 Fondata l’International Tea Committee (ITC), con la funzione di regolamentare l’applicazione dell’International Tea Agreement e di raccogliere ed elaborare dati sulla produzione, sul commercio e sul consumo di tè anni ’70 Nasce in Italia il tè freddo pronto da bere come prodotto industriale con il lancio dei bicchierini di Estathè Ferrero anni ’80 Primi tè deteinati
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| macroscopio |
Anno 7 numero 52. Settembre 2007. € 3,50
Mensile di economia sociale,
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ANNO 7 N.52
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SETTEMBRE 2007
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Mensile di economia sociale,
finanza etica e sostenibilità
MENSILE DE L L A CA R I TA S I TA L I A N A - ORGANISMO
> Bagnoli Fotoreportage PA S T O R A L E D E L L A C E
I - ANNO XL - N U M E RO 7 W W W. CA R I TA
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353/2003 (conv.
4 n° 46) art. 1, comma in L. 27/02/200
Italia Caritas
dismesse quadrri di aree milioni di metri re aperto su cento Dossier > Cantie
sa La scommes
g Dos Santosuare il dibattito imari della Holdin per contin onisti e compr tante domande negli Stati Uniti Angola > Protag Dopo l’assemblea e Social Forum Banca Etica >solidale > Il primo grand I.P. Economia 1, DCB Trento - Contiene Poste Italiane S.p.A.
to postale - D.L. - Spedizione in abbonamen
353/2003 (conv.
4 n° 46) art. 1, comma in L. 27/02/200
/ CONTRASTO ROBERTO CACCURI
N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA
sa La scommes
D
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valori
finanza etica e sostenibilità
POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/200 4
dismesse quadrri di aree milioni di metri re aperto su cento Dossier > Cantie
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Mensile di economia sociale,
settembre 2007
g Dos Santosuare il dibattito imari della Holdin per contin onisti e compr tante domande negli Stati Uniti Angola > Protag Dopo l’assemblea e Social Forum Banca Etica >solidale > Il primo grand I.P. Economia 1, DCB Trento - Contiene
URANTE UNA RECENTE GIORNATA DI LAVORO sugli scenari energetici per il futuro, tenutasi a Venezia presso la Fondazione Cini, l’ammistratore delegato di Edison, Umberto Quadrino, aprendo i lavori ed intervenendo nel dibattito, ha magnificato le rosee prospettive del ricorso al nucleare e la economicità di detta opzione. All’immancabile quesito sugli aspetti economici e tecnici della gestione delle scorie di processo, se l’è cavata con la battuta “O è un problema così piccolo che non conta occuparsene, o è così grosso che è inutile occuparsene!” . Con tali parole certamente Quadrino riconfermava la propria affidabilità rispetto al suo azionista di riferimento, l’EDF, ma si esponeva alla più autorevole delle smentite, venuta con la conclusione dei lavori da parte di Carlo Rubbia. Il Nobel ha riconfermato come, di fronte a noi, si pongano gli scenari seguenti, analizzando le diverse fonti primarie di energia come se, ciascuna a sé stante, dovessero soddisfare i fabbisogni mondiali presi come costanti al valore annuo odierno (e quindi non considerando le crescenti domande cinese ed indiana): idrocarburi liquidi e gassosi: disponibilità per circa 50 anni carbone: disponibilità per almeno 200 anni (ma poi, ha osservato Rubbia, ne occorrerebbero almeno 2000 per assorbire il contributo in emissioni climalteranti Carlo Rubbia ha risposto con dati di anidride carbonica) chiari alla lobby filonucleare: sali uraniferi: disponibilità per 40/50 anni al massimo. anche senza considerando Oltre a ciò, Rubbia ha confermato come il nucleare i progetti cinesi e indiani rappresenti l’opzione più costosa per investimento i sali uraniferi sono disponibili ed esercizio, caratteristica che diventa ulteriormente per 40/50 anni al massimo. insostenibile alla luce degli irrisolti problemi legati al “decommissioning” degli impianti ed alla gestione delle scorie. Al riguardo, non è mancata la citazione, da parte di Rubbia, dei noti problemi, del tutto inattesi, circa il controllo dei rifiuti radioattivi presso lo storico sito statunitense di stoccaggio delle Yucca Mountains. La domanda che pongo riguarda i motivi che portano un manager come Quadrino ad esporsi alla reprimenda da parte del Nobel Rubbia, non da parte di un verde qualsiasi. Oltre alla nota protervia degli interessi legati al controllo del ciclo delle fonti fossili, probabilmente la ragione per cui Bush ed altri politici premono per sussidiare con denaro pubblico la realizzazione di nuove centrali nucleari è legata alla illusione che il rilancio del nucleare bellico (cui è strumentale, ancillare, il civile, dalle cui barre esauste si recupera il Plutonio per la bomba) possa fungere da volano di crescita di una economia globale che pare non trovare più in sé i semi di nuovo sviluppo di mercati e consumi. Tale illusione, oscenamente mascherata da “soluzione ai problemi in capo al Protocollo di Kyoto”, deve essere svelata e contrastata, prima che il Club dei detentori di bomba atomica raggiunga un numero di membri tale da portare a quasi certezza lo scenario del definitivo “inverno nucleare” del nostro povero pianeta.
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di Walter Ganapini
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La domanda è bellica
valori
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Nucleare
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MISURE
POVERTÀ, CI SESETTORIALI NON BASTANO PIÙ RVE UN PIANO SVILUPPO VIAGG IO NEI “MEZZOGIO RNI”, LA SFIDA INDIA TERRA MATR È FARE SISTEMA IGNA, AI CONTADINI GUATEMALA IL RESTA POPOLO DELLA SELVA, SANTA RITA IL SUICIDIO RESISTE ANCORA
Dieci numeri annui di Valori
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Leggo doppio Leggo solidale Novità 2007 per i lettori. Valori a casa vostra, insieme a Nigrizia, l’unico mensile dell’Africa e del mondo nero, oppure con IC, il mensile della Caritas Italiana, o con .eco, il mensile dell’educazione sostenibile. Per capire meglio la società e il mondo che ci ruotano attorno, nel segno della solidarietà. Alleanza di pagine e idee, a un prezzo conveniente.
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