Anno 8 numero 59. Maggio 2008. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
DAVIDE MONTELEONE / CONTRASTO
inserto centrale > Gruppi di acquisto solidale supplemento > Energie rinnovabili
Fotoreportage > Chernobyl
Dossier > Il nucleare non vale la candela: costi eccessivi e rischi enormi
Voragine atomica Internazionale > Iraq, la guerra da tre “trilioni” di dollari secondo Stiglitz Finanza > Intesa Sanpaolo alla prova del modello di fusione federale Economia solidale > Il biodinamico vince la sfida internazionale Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
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L’anti-economia
del nucleare di Giuseppe Onufrio Greenpeace
L ECOR L’AUTORE Giuseppe Onufrio, 50 anni, fisico di formazione, ha lavorato come ricercatore per diversi enti italiani e stranieri sui temi della valutazione ambientale dei cicli tecnologici e sulle politiche energetiche per la riduzione dei gas a effetto serra. È stato componente del CdA dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e direttore dell’Istituto sviluppo sostenibile Italia. Dal 2006 è direttore delle campagne di Greenpeace in Italia.
A RIPRESA DEL DIBATTITO SUL NUCLEARE, che avviene nel corso di una crisi energetica con caratteristiche strutturali,
non avviene grazie a un qualche sviluppo della tecnologia. Infatti, la “IV Generazione”, che dovrebbe risolvere tutti i nodi del nucleare - sicurezza intrinseca, superare i limiti della risorsa Uranio, ridurre il problema delle scorie e eliminare quello della proliferazione - sono ben lungi dall’essere stati raggiunti. Perché allora si torna a parlare di nucleare, se questa fonte che copre circa il 6% dei consumi mondiali di energia primaria non può risolvere alcuna crisi energetica? Esistono sostanzialmente due ragioni che hanno fatto risuscitare un dibattito in alcuni Paesi – non al momento in Germania: le “larghe intese” non prevedono il nucleare – una internazionale e una specificatamente europea. Dopo un trentennale blocco di investimenti privati in nuovi impianti, blocco legato alla liberalizzazione del mercato, sono stati approvati dal congresso Usa forti sussidi pubblici per evitare un crollo verticale del settore. Questi hanno generato un’attesa di un certo numero di nuovi ordinativi all’industria nucleare, ma l’obiettivo è sostituire almeno in parte gli impianti che andranno chiusi per limiti d’età. Lo stesso dibattito è in corso in Gran Bretagna. In questi Paesi, com’è noto, a bloccare lo sviluppo dell’industria nucleare non è stato alcun referendum, ma il mercato. Costi di investimento troppo elevati e rischi finanziari eccessivi: per circa trent’anni gli interventi negli Usa sono stati limitati a operazioni di ripotenziamento e ammodernamento degli impianti esistenti. Una seconda dimensione è strettamente europea e, in particolare, riguarda la Francia e l’Europa orientale. L’industria nucleare francese è alla ricerca di nuovi ordinativi avendo una sovracapacità nazionale. Per i Paesi dell’ex blocco sovietico il problema è la ricerca di capitali, ma la tecnologia su cui si punta è in gran parte ancora quella degli anni 70 e 80. Un recente rapporto stilato dall’agenzia di rating Moody’s getta una luce molto pessimista sulle attese della ripresa degli ordinativi negli Usa, dove si sta facendo il tentativo più importante per riesumare il nucleare. Se a seguito dell’introduzione degli incentivi sono state avviate una trentina di domande per nuovi reattori, il rapporto di Mood’s valuta che, nonostante questi forti incentivi, alla fine solo una o, forse, due centrali potranno essere effettivamente costruite negli Usa entro il 2015. Le ragioni sono diverse, una fondamentale riguarda i costi effettivi. A fronte di una stima ufficiale di 3-4 mila dollari per chilowatt per i nuovi impianti, Moody’s ritiene che, scontando le incertezze e i rischi associati alla costruzione, il “tentativo di stima” è di 5-6 mila dollari per chilowatt, circa il doppio. Come del resto insegna l’esperienza storica dell’industria nucleare: costi doppi o tripli rispetto alle previsioni. E costi dell’elettricità superiori a quelli delle altre fonti convenzionali. Eppure esiste una strada alternativa. Greenpeace ha presentato uno scenario internazionale basato sullo sviluppo dell’efficienza e delle fonti rinnovabili, “Energy [R]evolution” e una analisi degli investimenti necessari per finanziarlo: già nel breve-medio periodo producono significativi risparmi. Senza un forte aumento dell’efficienza in tutti i settori, le fonti rinnovabili non riescono a coprire il fabbisogno. Per l’Italia, l’analisi del potenziale tecnico-economico sviluppata per Greenpeace dal Politecnico di Milano è molto chiara: oltre il 20% dell’elettricità può essere “prodotta” a costi competitivi dall’efficienza negli usi finali. Ma, per far questo, non bastano i “certificati bianchi” di risparmio. Occorre una riforma del mercato energetico che dia all’efficienza il ruolo di una vera fonte energetica.
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I rapporti di Greenpeace citati si possono scaricare da: www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/energia2050.pdf www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/future-investment.pdf www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/efficienza2020.pdf |
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maggio 2008 mensile
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anno 8 numero 59 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore
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DAVIDE MONTELEONE / CONTRASTO
valori Interno di una casa in una delle zone chiuse in seguito al disastro di Chernobyl.
Chernobyl, 2006
bandabassotti
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fotoreportage. Chernobyl
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dossier. Business radioattivo Rinascimento nucleare? No, grazie Atomiche da giardino La mappa del nucleare nel mondo Investire, un’opportunità Nel calcolo dei costi, non sono valutate le ricadute esterne
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lavanderia
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economiasolidale
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Rifiuti zero, la nuova frontiera del riciclo Biodinamico è natura, qualità, ricerca e formazione Piccoli Gas crescono La ricetta per i distretti di economia solidale Zoes.it, la community del solidale e sostenibile
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finanzaetica Imparare a risparmiare. La microfinanza al servizio del welfare Dalla Danimarca la nuova sfida del “social banking” Eni ed Enel. Tutto pronto per le assemblee Centoventi accordi per Intesa-Sanpaolo. Vince il modello federale Perché internet ha rivoluzionato le fusioni Islam e finanza, la religione è la legge
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agorà
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internazionale Iraq: la guerra da tre “trilioni” di dollari WebObama, con la rete si pesca un tesoro
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indiceetico
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| bandabassotti |
Crisi del credito
Moneta di carta (straccia) di Andrea Di Stefano
L SALVATAGGIO PUBBLICO DELLE BANCHE D’AFFARI è già costato agli istituti centrali quasi mille miliardi e sta mettendo in discussione la solidità della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti. Un’impietosa analisi, apparsa sul Wall Street Journal, denuncia che dallo scorso luglio la qualità del credito è peggiorata in modo drammatico e rapido: ad oggi la Fed può disporre di 487 miliardi di dollari di fondi parcheggiati in bond del Tesoro mentre nel luglio del 2007 ammontavano a 791 miliardi. Per coprire le perdite legate ai subprime e salvare istituzioni finanziarie come Bear Stern, la Fed ha immesso quasi 400 miliardi di dollari di liquidità arrivando ad accollarsi molti titoli spazzatura. In altre parole oggi la solidità della banca centrale statunitense è nettamente peggiorata e messa in discussione dal salvataggio pubblico a cui è stata costretta dalla gravità della crisi. Un’azione analoga è stata messa in campo dalla Banca di Inghilterra. La Bank of England ha annunciato un piano per permettere alle banche commerciali di scambiare i propri titoli, con mutui come sottostante (Mortgage backed securities, Mbs), con bond governativi. Lo scambio durerà un anno e potrà essere rinnovato fino a tre anni. La prima operazione sarà pari a 50 miliardi di sterline, 63 miliardi di euro, 100 miliardi di dollari. Le misure approntate nel piano, ha spiegato la BoE, erano necessarie per prevenire un più ampio impatto sull’economia. I rischi di svalutazioni legati alle cartolarizzazioni scambiate, ha precisato l’istituto centrale, restano comunque in capo alle banche, mentre potranno accedere al piano Tremano le banche, gli istituti soltanto gli asset esistenti alla fine del 2007. Altri dettagli centrali intervengono del programma, resi noti dalla BoE, confermano il livello molto per salvarle, ma restano grave della qualità del credito: gli asset scambiati dovranno impantanati. Un terremoto di valore maggiore a quello dei bond governativi a catena che sta travolgendo essere ottenuti in contropartita, tutti i partecipanti dovranno pagare l’intero mondo del credito commissioni legate al Libor trimestrale e non potranno usare gli asset scambiati per finanziare nuovi impieghi. «Lo speciale programma di liquidità della BoE – ha annunciato il governatore Mervyn King (nella foto) – punta a migliorare la situazione di liquidità del sistema bancario e a incrementare la fiducia nei mercati finanziari». La situazione complessiva del mondo del credito anglosassone è pessima anche secondo il Comptroller of the Currency, il controllore della moneta, l’organismo incaricato di monitorare oltre il 70% degli asset del sistema. Secondo John Dugan, un terzo delle piccole banche hanno emesso carta commerciale per un ammontare pari al 300% del loro patrimonio contro un 30% fermo al 100% e una media del sistema nazionale che quando scoppiò la crisi delle casse di risparmio era pari al 175%. Ma se la situazione non è ancora drammatica, lo si deve solo al fatto che nella black list della Fed, alla fine dello scorso anno, c’erano 76 istituzioni finanziarie mentre nel 1987 erano 2.165. «Le banche sono capitalizzate meglio del passato – ha sottolineato il Comptroller – ma l’elemento di rischio è rappresentato dal fatto che le perdite sono profonde e durature e incidono su un sistema maggiormente concentrato». Secondo il regolatore il numero inferiore di istituti di credito nella black list non è in sé un segno di minor rischio, perché il sistema negli ultimi anni è stato teatro di una vera e propria febbre da fusioni.
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> Chernobyl foto di Davide Monteleone / Contrasto
A ventidue anni di distanza dal disastro della centrale di Chernobyl, alcuni politici auspicano un ritorno all’energia nucleare per contrastare il caro-petrolio. Il nucleare sicuro, però, non esiste. Così un folto gruppo di docenti universitari, ricercatori e un premio Nobel hanno indicato il sole come fonte alternativa per una politica energetica pulita e sicura.
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egli ultimi anni in Italia, complice il prezzo del petrolio alle stelle, il tema del nucleare è tornato al centro del dibattito sull’energia. Molti politici hanno affermato la necessità di costruire centrali nucleari per risolvere il problema dell’approvigionamento energetico. Le argomentazioni, che spesso fanno leva sull’economicità della scelta, ignorano bellamente il parere di famosi premi Nobel, come il fisico Carlo Rubbia, che smentiscono non solo il risparmio tanto vantato, ma aggiungono un argomento di responsabilità che riguarda tutti: la pesante eredità in termini di scorie radioattive che viene lasciata alle future generazioni. I rifiuti radioattivi, infatti, nonostante vengano inceneriti, triturati, pressati, vetrificati e stoccati in fusti impermeabili, a loro volta chiusi in sarcofagi di acciaio inossidabile, rimangono attivi per millenni. E inabissarli o nasconderli in cavità sotterranee non ci mette al riparo da pericolose contaminazioni. Ci sono terremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio che potrebbero rendere pericolosi i siti che accolgono quelle scorie. Le tracce di cesio, plutonio e altri radioisotopi ritrovate nella fauna e nella flora dei mari usati di solito come cimiteri per i rifiuti nucleari, dimostrano che le fughe di materiale radioattivo dai fusti calati nei fondali marini sono una realtà. «Bombe ritardate», le definisce il fisico Carlo Rubbia. Il disastro di Chernobiy, avvenuto il 26 aprile del 1986, quando esplose il reattore nucleare numero quattro, fa sentire ancora oggi i suoi pesanti effetti su persone, animali e ambiente. Anche l’argomento sicurezza viene liquidato con troppa faciloneria, ma un calcolo delle probabilità dice che c’è la possibilità di un incidente nucleare ogni cento anni, possibilità che aumenta all’aumentare del numero delle centrali. Sempre Rubbia, in una recente intervista, parla di nucleare innovativo, perché quello sicuro non esiste. Si tratterebbe di utilizzare torio, anziché uranio, che inizia a scarseggiare. Il torio alimenta un reattore non critico, cioè che non provoca reazioni a catena e non produce plutonio, rompendo così quel legame pericoloso che c’è tra nucleare civile e militare. Ma è il sole la fonte di energia del futuro su cui puntano oltre seicento studiosi italiani, tra docenti e ricercatori universitari, gli stessi che hanno firmato un appello indirizzato ai candidati alle ultime elezioni politiche in cui chiedono che venga escluso un ritorno al nucleare o al carbone. Nell’appello si invita il governo a sviluppare l’uso delle fonti di energia rinnovabile, in particolare quella solare nelle varie forme in cui può essere convertita. «Il sole - scrivono gli studiosi - è una stazione di servizio inesauribile che in un anno invia sulla Terra una quantità di energia pari a diecimila volte il consumo mondiale». La versione integrale dell’appello è consultabile e sottoscrivibile sul sito www.energiaperilfuturo.it.
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L’AUTORE Davide Monteleone, nato nel 1974, inizia a lavorare come fotoreporter nel 1998. Nel corso degli anni il suo lavoro è stato pubblicato numerose volte dalle più prestigiose testate nazionali ed internazionali diversificando i propri interessi su molteplici argomenti. In particolare si è occupato di cronaca, conflitti e di aspetti sociali ma anche di reportage su paesi e persone lontani. Nel 2002 si trasferisce a Mosca. Da questa esperienza nasce il progetto che segna la sua crescita professionale e il suo modo di fotografare. Nel 2005 comincia a collaborare con L’Accademia di Francia a Roma per cui svolge attività di documentazione della Villa Medici. Non dimentica l’attualità internazionale e nel 2007 vince il World Press Photo con le immagini di Beirut. Nel novembre del 2007 pubblica il volume “Dusha-Anima Russa” che raccoglie i 5 anni di lavoro svolti nelle repubbliche dell’ex unione sovietica. È membro dello staff di Contrasto dal 2001. Interno di una scuola in una delle zone chiuse in seguito al disastro. Nella popolazione che all’epoca della sciagura aveva un’età tra 0 e 18 anni sono stati registrati quattromila casi di tumore della tiroide, direttamente imputabili all’esposizione allo iodio 131.
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A destra, l’interno di una casa in una delle zone chiuse in seguito al disastro. Sopra e sotto, il paesaggio circostante. La contaminazione provocata dall’incidente nucleare non interessò solo le aree prossime alla centrale, ma si diffuse irregolarmente, secondo le condizioni atmosferiche, interessando soprattutto aree di Bielorussia, Ucraina e Russia.
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Nei pressi delle zone chiuse, gli abitanti hanno continuato a vivere di quello che offre la terra. Sopra, un’anziana signora nella sua casa. Nella pagina a fianco, una contadina posa nel campo.
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A sinistra, il pavimento di una casa in una delle zone chiuse in seguito al disastro. Sopra e sotto, l’interno di una “casa del popolo” abbandonata nella stessa zona. Dalla notte del 27 aprile fino al settembre del 1986, furono evacuati dalla zona di esclusione un totale di 116 mila abitanti. Negli anni successivi, altre 220 mila persone vennero trasferite altrove.
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a cura di Paola Baiocchi, Angelo Baracca, Andrea Danese, Emanuele Isonio, Sergio Zabot
Rinascimento nucleare? No grazie >18 Atomiche da giardino >20 Investire è un’opportunità >24 Nei costi non sono valutate le ricadute esterne >26
dossier
Segnale di pericolo di radioattività in una delle zone chiuse in seguito al disastro.
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A volte ritornano
Il business della radioattività Spinta dalla crescita dei prezzi del petrolio e dall’emergenza climatica, riparte la corsa all’atomo Tutte le connessioni industriali di una tecnologia che permette “anche” di generare elettricità | 16 | valori |
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di Paola Baiocchi e Andrea Danese
cologica, economica, inesauribile e sicura. L’energia prodotta dal nucleare torna sulla ribalta internazionale come la fonte energetica perfetta e già pronta da utilizzare. Magari perfettibile, ma comunque buona come “soluzione ponte” da adottare in attesa del nucleare di quarta generazione. Come propone Edison, che ha presentato un piano da 20/40 miliardi, che prevede cinque/dieci centrali in Italia, finanziate - secondo Umberto Quadrino, amministratore delegato del Gruppo energetico - da «un consorzio in cui trovino posto tutti gli operatori». Formula che di solito presuppone la presenza di pubblico e privato, anche se Quadrino dichiara di non cercare incentivi statali. L’agenzia di rating Moody’s però non è d’accordo sulle previsioni e stima più corretto un costo di 30/70 miliardi. Non sono in pochi a sostenere che le principali ombre, che da sempre
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A più di sessanta anni dall’inizio della sperimentazione sull’atomo, non sono stati risolti i problemi più inquietanti di questa tecnologia, così implicata con il comparto militare e devastante per l’uomo e l’ambiente. Eppure se ne torna a parlare come soluzione al cambiamento climatico | 18 | valori |
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accompagnano questa fonte energetica, non sono state ancora dissipate. Lo spiega bene Leonardo Maugeri, direttore Strategie e Sviluppo di Eni, nel suo libro più recente, Con tutta l’energia possibile. Maugeri, intervistato da Valori, ritiene che negli ultimi cinquant’anni la ricerca sull’energia dall’atomo abbia goduto della maggior parte dei finanziamenti pubblici nei Paesi industrializzati, lasciando alle altre fonti energetiche, le rinnovabili e le fossili, poche briciole (solo il 10%). Ciò nonostante nel mondo il 19% della produzione elettrica deriva dalle rinnovabili e il 16% dal nucleare.
Uno sforzo economico immenso che ha dato pochi risultati Anche la ricerca sulla fusione nucleare a caldo, definita promettente negli anni ‘50 per il civile (dopo aver prodotte le bombe termonucleari), è ben lontana dal portare a casa risultati, nonostante sia stata ininterrottamente finanziata. Per Iter, il megareattore frutto di una cooperazione lanciata nel 1987 tra Europa, Giappone, Usa, Russia, Corea del Sud, India e Cina, è cominciato da poco lo scavo a Caradache, nel Sud della Francia. Il progetto definitivo della macchina che dovrà dimostrare la fat-
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TUNNEL
Yucca Mountain
QUELLO DELLE SCORIE È IL VERO “COLLO DI BOTTIGLIA”, ma anche la gallina dalle uova d’oro, dell’intero ciclo del combustibile nucleare. Certo, esistono scorie e scorie. A bassa attività (guanti, filtri liquidi, indumenti usati nelle installazioni nucleari), a media attività (scarti di lavorazione, rottami metallici, liquami) e i rifiuti altamente radioattivi (un reattore medio ne produce ogni anno circa 30 tonnellate). Le prime due restano pericolose per circa 300 anni, le ultime, che pur essendo solo il 3% del totale rappresentano il 95% della radioattività, manterranno la loro carica mortale per 250/300 mila anni. E le quantità prodotte inducono più di un timore. Stando ai dati Aiea (l’agenzia mondiale per l’energia atomica) nel mondo ci sono oltre 250 mila tonnellate di scorie altamente radioattive, prodotte da 440 reattori presenti in 31 Stati, in attesa di essere sistemate nei siti di stoccaggio (primi in classifica, gli Usa con oltre 40 mila, seguiti da Francia e Giappone, con 8 e 7 mila). La cifra, secondo l’Aiea, salirà a 400 mila tonnellate entro il 2015 e raggiungerà il milione entro il 2050. Numeri enormi, come enormi sono i costi per la conservazione: secondo stime della metà degli anni 90, solo per incapsularle e porle in sicurezza si spenderanno negli Usa 110 miliardi di dollari. L’Italia invece (grazie al referendum del 1987) non ha grandi quantità di scorie. In un’audizione parlamentare, l’ex presidente della Sogin, generale Carlo Jean, ha dichiarato che nel nostro Paese giacciono 50mila metri cubi di rifiuti di I e II categoria e circa 8mila altamente radioattivi. Ciò che accomuna tutti i Paesi con rifiuti nucleari è il dilemma dello stoccaggio. Due sono le tipologie di depositi: quelli ingegneristici (celle in cemento armato, realizzate in superficie o a livello immediatamente sub-superficiale) e i depositi geologici. Solo questi ultimi, costruiti in profonde cavità, sono idonei per le scorie più radioattive. E al mondo sono pochissimi. Gli Usa hanno ad esempio deciso, a febbraio 2002, dopo ricerche iniziate nel 1955, di concentrare tutte le scorie in un unico deposito, che sarà costruito in Nevada sotto lo Yucca Mountain (150 km da Las Vegas). Nei suoi tunnel saranno conservate, in oltre 11mila contenitori, 70mila tonnellate di scorie. Un’opera faraonica e costosissima (7 miliardi di dollari spesi solo per progetto e analisi geologica, altri 58 miliardi serviranno per la costruzione). Ma su questa collocazione sono sorti problemi che potrebbero preludere a un ripensamento. Em.Is.
tibilità del fenomeno non è ancora pronto. I costi? Faraonici e destinati a lievitare: nel 2003 sono stati previsti 10 miliardi di euro per 30 anni. Nel 2006, solo per la costruzione della centrale, si prevedevano 5 miliardi e 10 anni di lavori. Se tutto andrà bene tra cinquant’anni sarà finita la sperimentazione e poi, forse, potrà partire la filiera commerciale. «La prova che il nucleare non sia conveniente arriva dal mercato – ci dice Giuseppe Onufrio, portavoce di Greenpeace – negli Stati Uniti, dove le centrali sono private, l’ultimo reattore è stato costruito nell’84. Con la liberalizzazione dell’energia il nucleare non è economicamente sostenibile, tanto che gli Usa nel 2005, hanno dovuto far
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CONTENITORE DI STOCCAGGIO
RAMPA VERSO I TUNNEL
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Il progetto del deposito sotto il monte Yucca, in Nevada, che dovrebbe contenere tutte le scorie nucleari prodotte negli Usa
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Rinascimento nucleare? No grazie
LE SCORIE: TRECENTOMILA ANNI DI PROBLEMI
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partire un poderoso piano di incentivi, blandamente accolto dagli industriali e dalle banche. Le analisi del dipartimento per l’Energia ipotizzano costi finali triplicati rispetto ai preventivi – prosegue Giuseppe Onufrio - ed è un dato strutturale di tutta l’industria nucleare, che quando si presenta al tavolo della politica “bara”. Sul fatto poi che con il nucleare si possano contenere le emissioni di Co2 basta fare i conti: se raddoppiassimo il numero dei 439 reattori esistenti, avremmo una riduzione da qui al 2030 di meno del 5%. Ma dovremmo inaugurare un reattore ogni due settimane. Il che – conclude Onufrio – è impossibile» E poi si passerebbe dall’inquinamento, alla contaminazione.
La corsa al rinnovo delle centrali nucleari Ma allora perché soffia questo nuovo vento nucleare? «Perché è un settore strategico che viene mantenuto in vita da iniezioni di danaro pubblico» secondo Greenpeace. Effettivamente chi più di tutti sta spingendo il mercato da meritarsi il nome di “piazzista dell’atomo” è il presidente francese Sarkozy. Il colosso francese Areva (vedi BOX pag 22), che sta vendendo reattori a tutto il mondo, dall’Inghilterra agli Emirati Arabi Uniti, è per l’87% pubblico e la sua connessione con il nucleare militare è talmente stretta che la trattativa sulle centrali sta andando di pari passo con il rientro della Francia nella Nato. I costi di investimento del nucleare sono molto più alti rispetto a quelli necessari per costruire una centrale solare, a carbone o a gas (vedi TABELLA pagina 25). «Bisogna riconoscere che i nuovi reattori hanno un ciclo di vita di circa sessant’anni, il doppio rispetto a quelli costruiti in passato, e questo fa sì che i costi del chilowattora, cioè dell’energia prodotta, si siano notevolmente abbassati – spiega il top manager di Eni, Maugeri – ma l’investimento iniziale pesa ancora molto. I costi effettivi di realizzazione degli impianti, poi, si sono sempre rivelati molto più alti rispetto a quelli preventivati». Nella costruzione di una centrale nucleare le variabili in gioco sono tante, dalle fasi di progettazione ai procedimenti autorizzativi, diventati nel tempo sempre più restrittivi. Tutti fattori che rendono
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molto incerta la prospettiva di recuperare l’investimento iniziale. Ne è un esempio la centrale in costruzione in Finlandia a Olkiluoto che ha visto più che raddoppiare in pochi anni il budget iniziale e i tempi di consegna, riproponendo il dilemma se il nucleare, a costi reali, sia effettivamente competitivo. C’è poi il problema dello smantellamento di una centrale, il cosiddetto decomissioning, per ripristinare le condizioni ambientali preesistenti alla costruzione. Anche i costi di queste operazioni, pari a quelli di costruzione, in passato sono stati puntualmente sottostimati, come ha ammesso anche l’Autorità inglese per il decommissioning (Nda) prevedendo oltre 100 anni per completare il lavoro. «È verosimile credere che laddove oggi ci sono molte centrali da chiudere, costruite negli anni ‘60 e ‘70 – continua Maugeri – i costi non previsti debbano ricadere sulla collettività, attraverso una maggiorazione delle bollette elettriche o un aumento delle tasse» (vedi ARTICOLO a pag. 26).
Sicuri che sia sicuro?
talisti. I media non sono gli unici restii a parlare dei rischi del nucleare. Angelo Baracca, ricorda che: «Nel 1959 c’è stato un accordo gravissimo tra l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per cui nessun rapporto sugli effetti sanitari del nucleare può uscire senza l’avvallo dell’Iaea». La questione della sicurezza è fra le motivazioni che hanno recentemente spinto in Italia un migliaio di docenti universitari e ricercatori a firmare un appello contro il nucleare, destinato alla classe politica del nostro Paese. «Il nucleare sicuro oggi non esiste - spiega Vincenzo Balzani, docente di chimica all’Università di Bologna e promotore del documento - Anzi, più reattori si costruiscono, più aumenta il rischio di incidenti. Un po’ come aumenta il numero degli incidenti stradali al crescere delle automobili in circolazione». Anche il Nobel per la fisica Carlo Rubbia, intervistato da La Repubblica ha ammesso che la sicurezza nel nucleare non esiste, ma che il solare, infinitamente più economico e sicuro è meno perseguito «perché non è soggetto ai monopoli».
I più accesi sostenitori del nucleare oggi ritengono che i progressi più significativi degli ultimi decenni siano stati compiuti sul fronte della Scorie per le prossime generazioni sicurezza. I reattori attualmente in costruzione, appartenenti alla 3a Tra i grandi problemi irrisolti, rimane quello dello smaltimento delgenerazione, presentano differenze di progettazione e costruzione rile scorie, soprattutto ad alta radioattività (vedi BOX a pag. 19). La sospetto a quelli nati negli anni ‘60, come il rettore di Chernobyl. luzione è di stoccarle in siti geologici, rimandando il problema alle Angelo Baracca, professore di Fisica all’università di Firenze e augenerazioni che verranno e alla ricerca futura. Ma ancora nessun tore del libro A volte ritornano: il nucleare, ci spiega: «Questi reattori, Paese è riuscito a realizzare un deposito di questo tipo. «Negli Stati non avendo risolto i problemi precedenti possono solo Uniti si è individuato un sito a Yucca Mountain, nel Nepeggiorare la situazione. Gli impianti di 4a generazione, vada – spiega ancora Leonardo Maugeri - Ma il dibattito LIBRI che vengono presentati come la svolta dal punto di viè aperto sulla possibilità o meno di poter stoccare in quel sta della sicurezza, vedranno la luce dopo il 2030 o forsito tutte le scorie prodotte nel Paese. E dopo aver già se più realisticamente dopo il 2040. Parlare ora di “rinaspeso miliardi di dollari, i tempi di realizzazione contiscimento nucleare”, mi sembra sia vendere la pelle nuano a slittare». dell’orso prima di averlo preso». Anche una potenza nucleare come la Francia ha afGli incidenti nei reattori, comunque, (l’ultimo nella frontato il problema delle scorie solo nel 1991, impieLeonardo MAugeri centrale catalana di Asco, di proprietà di Endesa, congando 15 anni per individuare la zona di Bure nella HauCon tutta l’energia possibile trollata al 66% da Enel, a sua volta al 30% dello Stato te Marne, come adatta al seppellimento in profondità. italiano), ha riportato per un attimo alla ribalta dei meI carotaggi per selezionare il luogo preciso sono in Sperling & Kupfer, 2008 dia il problema, ma solo dopo le denunce degli ambiencorso. Il deposito dovrebbe poi essere pronto nel 2025.
Trentaquattro anni dopo l’inizio della discussione e sempre che qualcosa non si metta per traverso. E noi che non abbiamo nemmeno individuato un sito di stoccaggio? Mandiamo a riprocessare le nostre scorie, in Francia e in Inghilterra; ma quando fra qualche mese torneranno indietro dovremo trovare un luogo, provvisorio, dove conservarle. Guardate a vista da corpi scelti delle Forze Armate.
Il rischio della proliferazione nucleare Le ragioni delle grandi difficoltà di accettazione del nucleare da parte dell’opinione pubblica non riguardano solo le scorie e la sicurezza. Non bisogna dimenticare la pesante parentela che c’è fra il nucleare civile e il nucleare militare (vedi ARTICOLO in basso). «Le tecnologie utilizzate per far funzionare i reattori si prestano a un utilizzo duale, civile e militare», spiega Massimo Zucchetti, docente di impianti nucleari al politecnico di Torino e membro del Comitato scienziate e scienziati contro la guerra. «Tutti i paesi del mondo, o quasi – continua Zucchetti – hanno firmato il trattato di non proliferazione. Ma questo non è affatto sufficiente a scongiurare il rischio». A testimoniare questo rischio, è proprio il test su un ordigno nucleare effettuato nella Corea del Nord: in quel caso è stato utilizzato del plutonio prodotto in un reattore civile per costruire una bomba. Secondo il Lawrence Livermore National Laboratory dell’università della California, che conduce ricerche per il dipartimento dell’Energia: «l’analisi di vari cicli e l’opinione di esperti di progettazione di testate porta alla conclusione che non vi è nessun ciclo nucleare a prova di proliferazione». Ma non solo: ogni anno dalle centrali in funzione spariscono svariati chili di plutonio. Nel 2003 i tecnici dell’impianto giapponese di Rokkasho hanno denunciato dopo 15 anni la scomparsa di 200 chili di plutonio, il 3% di tutto il plutonio separato nella centrale in 25 anni di funzionamento. Anche le migliori tecniche di controllo disponibili sono soggette ad incertezze ed errori di qualche percento. Particolari trascurabili? Si tratta di tonnellate di scorie di plutonio che prendono strade sconosciute, che potrebbero essere anche quelle del terrorismo. E per fare una bomba ne bastano pochi chili.
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Spesso la ricerca civile sull’atomo è una “foglia di fico” per strumenti di guerra. La fusione fredda sarebbe servita per piccole armi, forse utilizzate da Israele in Libano.
D
ri accumulati dalle grandi potenze (più di 70 mila testate) costituirono uno dei perni di quell’equilibrio detto del Terrore: gli armamenti nucleari avevano un ruolo di deterrenza, cioè di Angelo Baracca scoraggiare un attacco dell’avversaDocente presso il dipartimento di Fisica, università di Firenze rio, che avrebbe subito una rappresaglia devastante (Mutual Assured Destruction, MAD, che in inglese significa appunto pazzo!). Il crollo dell’Urss aprì grandi speranze che si potesse finalmente avviare un disarmo nucleare totale. Queste
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speranze sembrarono confermate dai trattati firmati nel mezzo decennio seguente (Start-2, bando dei test nucleari, estensione indefinita del Tnp), ma successivamente non solo il processo di eliminazione delle armi nucleari si arrestò (oggi siamo attorno a 27 mila testate, numero ancora folle), ma soprattutto si è assistito ad una netta inversione del loro ruolo e delle dottrine per il loro uso: nel mondo bi-polare della guerra permanente il ruolo di deterrenza è passato in secondo piano, rispetto alle prerogative uniche di armi potenzialmente risolutive di un conflitto. Tanto che le dottrine più recenti ne
ipotizzano l’uso preventivo: che potrebbe avvenire, ad esempio, in un attacco all’Iran per distruggere i suoi impianti nucleari. In relazione a questo nuovo ruolo, le armi nucleari attuali presentano però alcuni inconvenienti gravi: la loro potenza esplosiva, che difficilmente può essere ridotta sotto certi limiti a causa della massa critica di materiale fissile necessaria; e la fortissima ricaduta radioattiva. Già in passato si era passati dalla tendenza ad aumentare la potenza esplosiva delle testate (soprattutto con le bombe termonucleari) per incrementarne
[ $/Lb ]
100
113,00 [APRILE 2007]
90 80
50,25 [AGOSTO 2006]
70
29,00 [MAGGIO 2005]
60
Atomiche da giardino URANTE LA GUERRA FREDDA gli spropositati arsenali nuclea-
LE QUOTAZIONI DELL’URANIO AUMENTATE DEL 1300% IN 4 ANNI
21,10 [GENNAIO 2005]
50
11,05 [LUGLIO 2003]
40 30
FONTE: QUOTAZIONI PUBBLICATE NEI MESI INDICATI DA UX CONSULTING E TRADE TECH
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10,15 [GENNAIO 2003]
20 10
2003
2004
2005
2006
2007
UNA MINIERA DI GUAI PER CHI ESTRAE LA MATERIA PRIMA AVETE PRESENTE IL PESCE CON TRE OCCHI che sguazza nel lago contaminato dalla centrale nucleare dei Simpson? Sostituite all’animale esseri umani in carne e ossa, ai tre occhi una mano con sette dita, ai cartoni animati la vita reale e avrete il quadro delle conseguenze dell’estrazione dell’uranio. Una pratica sempre più redditizia (il suo prezzo – vedi GRAFICO sopra – è aumentato del 1300% in quattro anni passando da 10 a 135 dollari a libbra) ma letteralmente devastante per chi lo deve estrarre o vive vicino a una miniera. «L’estrazione dell’uranio comporta gravi conseguenze sanitarie per i lavoratori ed enormi pericoli ambientali – spiega Roberto Della Seta, ex presidente di Legambiente – I principali danni alla salute sono causati dal radon, un gas radioattivo, prodotto dal decadimento dell’uranio, ma soprattutto dalla radioattività del minerale che è in grado di contaminare l’ambiente anche a chilometri di distanza». Ne sanno qualcosa i Navajos negli Usa e gli abitanti di Jadugoda in India. Negli anni 50 fra i minatori statunitensi erano molti gli indiani d’America, nelle cui riserve si trovavano i giacimenti: in vent’anni (dal 1970 al 1990) il loro tasso di mortalità per cancro è raddoppiato e l’età media di una popolazione tra le più longeve si è ridotta a 43 anni. Tanto che nel 1990 il governo federale ha approvato una legge per risarcire i danni ai minatori o ai loro eredi, talmente complicata che pochi potranno accedervi. Alle pendici dell’Himalaya, gli abitanti di Jadugoda vivono una situazione tragicamente analoga. Tutta colpa dell’enorme miniera, profonda ormai 905 metri, che dal 1967 garantisce al Paese un posto nell’Olimpo nucleare: bimbi con sette dita o senza mani, crani mostruosamente grandi o minuscoli, donne sterili o che partoriscono feti morti (e per questo sono ripudiate dai mariti), percentuali abnormi di leucemie, patologie alle vie respiratorie. Uno scenario sanitario impressionante, trasformato in uno sconvolgente video (Buddha piange a Jadugoda), premiato al Global Environment Film Festival di Tokyo del 2000. Em.Is.
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GENERAZIONI NUCLEARI LA 1a GENERAZIONE di reattori consisteva sostanzialmente nei prototipi costruiti a cavallo degli anni ‘40 e ‘50 con lo scopo di dimostrare la fattibilità di un impianto nucleare per la produzione di energia elettrica, tra cui i famosi Fermi 1, il Magnox inglese e i sovietici VVER e RBMK (il reattore di Chernobyl).
IL CLUB GLOBALE DEGLI AMICI DELL’ATOMO
439 i reattori attualmente in funzione con 370GW di potenza installata; 34 quelli in costruzione, 93 quelli già pianificati e ben 222 quelli di cui è stata proposta la realizzazione. Una corsa per entrare nel “club del nucleare” che garantisce profitti per centinaia di anni a chi copre l’intero ciclo di produzione. CANADA 16% 18 2
2a GENERAZIONE: è rappresentata dai reattori commerciali attualmente più diffusi tra cui i primi reattori canadesi a uranio naturale (CANDU) i Boiling Water Reactor (BWR) della General Electric e i Pressurized Water Reactor (PWR) della Westinghouse, sviluppati inizialmente per i sommergibili nucleari. 3a GENERAZIONE: reattori la cui progettazione è cominciata dopo Cernobyl. Alcuni prototipi sono già attivi in Giappone (1996), Corea del Sud, India. Consistono in modifiche evolutive dei reattori di 2a generazione, con strutture semplificate per ridurre i costi di capitale, i tempi di costruzione e la probabilità di incidenti gravi. Come combustibile nucleare utilizzano l’ossido di uranio arricchito al 4-6% oppure le miscele di ossidi di uranio e plutonio (combustibile MOX). 4a GENERAZIONE: sono un vasto gruppo di progetti teorici per nuovi modelli di reattore nucleare a fissione, attualmente allo studio. Si pensa che questi prototipi potranno essere disponibili per impieghi commerciali dopo il 2030/2040.
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4
SVEZIA
GERMANIA
2
USA
32% 17 0 OLANDA
0
3,5% 1 SVIZZERA
0
0
0
37% 5 BELGIO
0
0
1
54% 7 0 REGNO UNITO
0
0
18% 19 0 FRANCIA
0
0
78% 59 1 SPAGNA
0
1
0
0
48% 10 0
0
0
PAESI CON REATTORI NUCLEARI (PIANIFICATI O IN POSSESSO) PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA PAESI CON REATTORI CHE NON POSSIEDONO L’ARMA NUCLEARE MA SONO IN GRADO DI PRODURLA PAESI SENZA REATTORI CHE NON POSSIEDONO L’ARMA NUCLEARE MA SONO IN GRADO DI PRODURLA PAESI CON REATTORI CHE POSSIEDONO L’ARMA NUCLEARE PAESI CON REATTORI CHE POSSIEDONO L’ARMA NUCLEARE MA HANNO FIRMATO IL TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE [TNP] PAESI CHE HANNO VOLONTARIAMENTE E PUBBLICAMENTE RINUNCIATO ALL’ARSENALE NUCLEARE REATTORI IN FUNZIONE IN COSTRUZIONE PIANIFICATI PROPOSTI PERCENTUALE DI ENERGIA PRODOTTA CON IL NUCLEARE KAZAKISTAN RUSSIA
0
SLOVACCHIA 57%
5
2
0 0 LITUANIA
69%
1
0
0 2 FINLANDIA
28%
4
1
0
0%
1
0
0
0
1
16% 31 7
FONTE: ELABORAZIONE PROPRIA SU DATI WNA, UIC, IAEA
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8 20
4
2 COREA DEL NORD
19% 104 0
20%
7 25
8
0
1 0%
PAKISTAN ALGERIA
ITALIA
3
2,7%
2
1
2
2
5
TOTALE MONDO CARBONE
NUCLEARE PETROLIO
16% 15%
4,9%
2
0
0
20%
19%
2
40%
1 0 0 1 REPUBBLICA CECA 31%
6 0 0 UNGHERIA 38%
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2
2,6% 17 6 10 9
2
0
2
0
3,3%
2
0
1
0
0%
0
0
0
0
1
0%
0%
0 0 0 1 BIELORUSSIA
0
1
3
1
0
0
4
2
0
0
2
0
AUSTRALIA
1
4
ARGENTINA 1
0
ARMENIA
0
0
2
0
42%
1
0
0 1 UCRAINA
48% 15 0
2 20 TURCHIA
ISRAELE
2
0%
2
IRAN
0%
6,9%
0 0 2 TAILANDIA
INDONESIA
2
0%
BRASILE
0
BANGLADESH
EGITTO
AREVA [ FRANCIA ]
0% INDIA
9,0%
Occupa il vertice di tutte le fasi del comparto nucleare: estrazione dell’uranio (ne detiene il 20/25% del mercato mondiale) chimica del combustibile (vedi TABELLA ), riprocessamento (70/75%) e gestione dei rifiuti. Entro il 2011, punta a raggiungere un terzo del mercato mondiale e 5 miliardi di profitti dal settore trasmissione e distribuzione dell’energia. Ma anche a conseguire importanti risultati nell’eolico (che al momento è l’1% del suo business). Areva ha siglato accordi con la Cina, per costruire nuove centrali e con l’Inghilterra per rinnovarne ventidue. Sta costruendo impianti in Normandia e Finlandia, e successivamente in Marocco, Libia e Abu Dhabi, dove opererà con Total-Suez. L’87% del suo capitale è pubblico, il 2% dei dipendenti.
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2
ROMANIA
La British Nuclear Fuels plc è stata creata nel ‘71 dal governo inglese per gestire 2 impianti nucleari; tuttora interamente pubblica, opera in 18 siti in tutto il Paese. Quattro i settori chiave: progettazione e realizzazione di impianti, decontaminazione e bonifica, produzione di energia elettrica e trattamento delle scorie. La sua espansione è proseguita all’estero con l’acquisizione nel ‘99 della statunitense Westinghouse (rivenduta nel 2005 alla giapponese Toshiba). L’anno dopo ha rilevato le attività nucleari della ABB per 300 milioni di sterline. Possiede il 33% della Urenco, partecipata anche da E.On e dallo Stato danese, società specializzata nell’arricchimento dell’uranio.
0 0 CINA
1,9% 11 5 30 86 VIETNAM
4 0 0 BULGARIA 44%
I GIGANTI DELL’INDUSTRIA: DALLE MINIERE ALLE SCORIE
BRITISH NUCLEAR FUELS PLC [ REGNO UNITO ]
2
GAS 439 34 93 222
2
6
SLOVENIA
RINNOVABILI
1
39% 20 3 5 0 GIAPPONE 30% 55 2 11 1 CINA [TAIWAN]
10%
40%
MESSICO
0 0 1 0 COREA DEL SUD
0%
1 CILE
GENERAL ELECTRIC [ USA ] Fondata nel 1982, la multinazionale statunitense General Electric company è, per Forbes, la seconda compagnia al mondo per vendite, profitti e valore di mercato (nel 2006 ha fatturato 163 miliardi di dollari con un utile netto di 21 miliardi). Nel nucleare, la Ge fornisce reattori di nuova generazione (ne ha forniti 90 in tutto il mondo), offrendo al tempo stesso i servizi di assistenza tecnica. Attraverso un accordo con l’australiana Silex System ha poi avviato un piano di espansione nell’attività di arricchimento dell’uranio. A maggio 2007 General Electric ha sottoscritto un accordo con la Hitachi per la costruzione di nuovi impianti in Usa, Canada e Giappone.
0
4,4%
4
0
2
0 1 SUD AFRICA 0
0%
1 24
ROSATOM [ RUSSIA ] La Federal Atomic Energy Agency (nota anche come Rosatom) è forse la sola compagnia, insieme alla francese Areva, ad essere presente in tutta la “filiera” dell’energia nucleare: controlla più del 20% del mercato mondiale dell’uranio, di una quota simile nelle attività di arricchimento e del 15% della fase di riprocessamento. Istituita nel marzo 2004 dal presidente russo Putin, la FAAE sostituisce il vecchio ministero dell’Energia atomica. È coinvolta nelle fasi di ricerca e produzione in 151 siti in tutta la Federazione e, secondo alcune stime, controllerebbe più del 98% del materiale nucleare in Russia. Organizzata in sedici dipartimenti, l’agenzia è alle dirette dipendenze del primo ministro.
5
0
0
0
3
TOSHIBA / WESTINGHOUSE [ GIAPPONE ] Entrata nel settore nucleare nel 1966, Toshiba ha promosso lo sviluppo dei reattori ad acqua bollente (BWR): tra i successi, la realizzazione del primo reattore commerciale giapponese, l’installazione del primo impianto da 1,1 milioni di kilowatt e il progetto per la costruzione della centrale Kashiwazaki Kariwa 6. L’acquisizione (valutata 5,4 miliardi di dollari) della Westinghouse ha assicurato a Toshiba una presenza globale (98 centrali e 34 siti in 14 paesi) ai vertici nell’installazione di impianti nucleari, insieme a GE e Areva. Il 6 marzo scorso è nata la Toshiba America Nuclear Energy Corp, pronta per cogliere l’annunciata costruzione negli Usa di 30 nuovi impianti nei prossimi anni.
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evitino il problema della massa critica necessaria per la reazione a catena. Una prospettiva potrebbe derivare dall’innescare le reazioni nucleari di fusione senza l’esplosione di una testata a fissione per raggiungere la temperatura necessaria. Nel militare le applicazioni Da questo punto di vista bisogna avanzare seri dubbi più avanzate Angelo Baracca (anche se gli esperti in materia li rigetterebbero sdegnoDa tempo si parla di armi nucleari di 4a generazione, A volte ritornano: samente) sulla natura pacifica delle ricerche sulla fusione ma le notizie che circolano in proposito sono molto liil nucleare. nucleare controllata che per mezzo secolo ci è stata promitate. È legittimo pensare però che la ricerca di armi La proliferazione nucleare ieri, oggi spettata come la soluzione al problema energetico. Ma vinucleari non tradizionali proceda nei laboratori militae soprattutto domani sto che ancora oggi realisticamente questo non avverri delle grandi potenze, i quali impiegano migliaia di Jaca Book, 2005 rebbe prima di un altro mezzo secolo, per quale ragione scienziati e tecnici che si dedicano solo a perfezionare si continua a finanziarla lautamente? Vale la pestrumenti di morte (vedi BOX sui finanziamenti PRODUZIONE MONDIALE URANIO 2006 na citare il commento di R. Gillette (“Science”, del Pentagono a pag.64), in particolare quelli [ In tonnellate ] 1975) quando venne introdotta una nuova tecninucleari. D’altra parte sarebbe sorprendente se PAESE 2006 VARIAZ. % ca per la fusione inerziale: «Se [Usa e l’Urss, ndr] non fosse così, vista la tendenza che si è scate2005-2006 arriveranno eventualmente ad un accordo su una nata dopo la fine della Guerra Fredda alla ricerCanada 9.862 -15 messa al bando totale globale [dei test nucleari, ca sfrenata di armi nuove di tutti i tipi, ed alla loAustralia 7.593 -20 ndr], una tecnologia importante e in rapida evoro presumibile sperimentazione (si pensi a Kazakistan 5.279 +21 Niger 3.434 +11 luzione può, in modi rilevanti, aiutare entrambe Falluja e alla guerra di Israele al Libano del Namibia 3.077 -2 le parti ad aggirarlo». La nuova tecnologia è la fu2006). Occorre tenere presente, a questo propoRussia** 3.400 -1 sione mediante laser, una tecnica per generare sito, che i mezzi e gli sforzi profusi dai governi Uzbekistan 2.270 -1 esplosioni nucleari in miniatura. Acclamata da rinella ricerca militare sono talmente ingenti che Usa 1.692 +63 cercatori e stampa (sicuramente in buona fede) i militari sono con tutta probabilità a conoscenUcraina 800 0 come una scorciatoia verso la produzione dell’eza di processi ed applicazioni tecnologiche che Cina 750 0 nergia elettrica a basso costo, sfugge in generale non sono ancora passate né nella ricerca accaSudafrica 534 -20 che questo programma del governo Usa da 68 midemica, né nelle applicazioni industriali. Repubblica Ceca 359 -12 lioni di dollari ha come obiettivo pratico immeDato l’assoluta segretezza con cui eventuali India** 230 0 diato trovare una tecnica di laboratorio per simuricerche in questo campo vengono condotte, Brasile 190 +73 lare esplosioni di testate nucleari. non rimane che avanzare supposizioni su come Germania* 50 -35 Il maggior generale Edward B. Giller, capo realizzare armi nucleari di tipo completamente Pakistan** 45 0 della sicurezza nazionale nell’Amministrazione nuovo: il problema di fondo da risolvere sembra *da decommissioning **stime per la Ricerca e lo Sviluppo dell’Energia, ha detconsistere nel realizzare processi nucleari che LIBRI
FONTE: WORLD NUCLEAR ASSOCIATION, MAGGIO 2007
l’effetto devastante, ad una tendenza alla miniaturizzazione per farne un uso mirato, con l’adozione e il perfezionamento dei missili balistici.
to recentemente: «La gente va dicendo che questo è un programma energetico, ma […] in realtà questo è, ed è sempre stato, un programma militare». I super-laser hanno aperto enormi possibilità e gli Usa e la Francia hanno realizzato enormi strutture con più di 200 laser per creare le condizioni della fusione; anche ricerche con potenzialità non direttamente militari, come il progetto Iter, non riusciranno per certo a realizzare la fusione controllata per usi commerciali, ma contribuiranno a fare avanzare le conoscenze fisiche e tecniche su questi complessi processi.
Dove è finita la fusione a freddo? Vale la pena di citare un’altra strada, che la maggioranza della comunità scientifica disconosce. Nel 1989 Fleishman e Pons annunciarono la realizzazione della fusione fredda, un processo che realizza la fusione di nuclei di deuterio a temperature ordinarie. La sua esistenza e realizzazione sono state confermate dal 2005 da ricercatori dell’Infn e della Casaccia, anche se le loro ricerche non sono poi state finanziate, e forse non a caso. Essi sostengono, tra l’altro, che i militari conoscono da molto tempo questo processo, la cui esistenza i fisici negano, e lo hanno utilizzato. La fusione fredda, secondo questi autori, avrebbe già consentito la realizzazione di piccole armi nuove, e viene avanzato il sospetto che le abbia sperimentate Israele nelle guerra al Libano. Si potrebbe osservare che, se così fosse, le nuove armi non hanno evitato la sconfitta militare! Ma la realizzazione di nuove armi e l’imbarbarimento della guerra costituiscono comunque fenomeni estremamente allarmanti per tutta l’umanità.
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STIME COSTI DELL’ELETTRICITÀ DA NUOVI IMPIANTI AL 2015 Carbone Gas cicli combustibili Eolico Nucleare
CAPITALE
O&M*
COMBUSTIBILE
TRASMISSIONE
TOTALE
32,64 12,16 49,94 45,96
4,89 1,44 9,74 8,1
14,82 37,97 0 6,86
3,72 3,67 8,37 2,4
56,07 55,24 68,05 63,32
*Costi di funzionamento e manutenzione
Sono inclusi anche i costi di trasmissione in rete
QUANTITATIVI STIMATI DI RESIDUI RADIOATTIVI Italia* Francia Gran Bretagna Stati Uniti Russia Germania Giappone India** Pakistan Sud Corea Totale mondiale
[ Millesimi di $ 2005 kWh ]
[ In tonnellate, dove non diversamente indicato ]
PLUTONIO [PU]
HEU
NETTUNIO 237 [NP237]
AMERICIO [AM]
6,5 236 ~ 100 500 270 95 ~ 150 14 840 kg 44 1.830
100-200 kg 33 23 700 ~ 1.100 1,4- 2,7 2 5-10 kg 17 kg 2 kg 1900
96 kg 10 1 16,3 3,5 4,9 5 142 kg 8 kg 1,5 54
355 kg 13 3,8 27 5,3 7,7 9 290 kg 19 kg 1,8 87
* Almeno in parte questi materiali sono custoditi in depositi all’estero, dove è stato eseguito il ritrattamento del combustibile ** È probabile che siano state riportate stime prudenziali e che i quantitativi possano essere maggiori
FONTE: US DOE (DIPARTIMENTO AMERICANO DELL’ENERGIA), 2007
| dossier | nucleare |
FONTE: RIELABORAZIONE PROF. ANGELO BARACCA DA GLOBAL STOCKS OF NUCLEAR EXSPLOSIVE MATERIALS, REVISTED SEPTEMBER 7, 2005
| dossier | nucleare |
LINK UTILI www.archivionucleare.com www.stormsmith.nl www.greenpeace.it The true cost of nuclear energy www.opendemocracy.net/arts-photography/ nuclear_cost_3481.jsp Armi nucleari di 4° generazione www.rainews24.rai.it/ran24/inchieste/01022 007_hiroshima.asp Bulletin of the Atomic Scientists www.thebulletin.org
The Future of Nuclear Power web.mit.edu/nuclearpower Future Ponduit cost estimates for new nuclear www.futurepundit.com/archives/002731.html Cost of nuclear underestimated news.bbc.co.uk/go/em/fr/-/1/hi/sci/ tech/4631737.stm World Nuclear Association www.world-nuclear.org www.uic.com.au www.iaea.org
Investire nel nucleare è un’opportunità Lo afferma Marco Ricotti, vicedirettore del dipartimento Energia del Politecnico di Milano, chiamato da A2A ed Edison a stilare uno studio di fattibilità sul ritorno dell’Italia al nucleare. Dimenticando il referendum del 1987. NO DEI MAGGIORI OSTACOLI al ritorno dell’energia nuclea-
U
re in Italia è certamente la sindrome Nimby (Not in my back yard, “non nel mio cortile”). E infatti mentre alcuni sondaggi indicano che la maggior parte degli italiani oggi ha dimenticato di Andrea Danese Chernobyl e si dichiara favorevole ad un ritorno al nucleare, le percentuali cambiano se si parla di centrali a casa propria. Eppure c’è chi si sta già muovendo. Marco Ricotti, vicedirettore del dipartimento Energia del Politecnico di Milano, è stato chiamato da A2A ed Edison a stilare uno studio di fattibilità sul ritorno dell’Italia al nucleare. Professor Ricotti, perché oggi dovremmo dire sì al nucleare? Tornare a investire nel nucleare è un’opportunità. L’energia elettrica
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prodotta per via nucleare è certamente competitiva dal punto di vista economico, non emette gas serra, quindi rispetta il protocollo di Kyoto, garantisce ad un paese un importante sviluppo tecnologico e industriale. Credo però che sia giusto investire in tutte le fonti: nelle rinnovabili, nelle fossili con sequestro della CO2, nel nuovo nucleare. Lei parla di benefici ambientali. Ma con le scorie radioattive come la mettiamo? Dal punto di vista tecnico, occorre guardare correttamente alla dimensione del problema. Proprio parlando di rifiuti ad alta attività (quelli più pericolosi, per intenderci, che decadono in migliaia di anni), bisogna considerarne la quantità. Per darle un’idea: un francese, che consuma energia elettrica praticamente solo da fonte nucleare, produce ogni anno 3000 kg di rifiuti di ogni tipo, che
comprendono 100 kg di rifiuti tossici (chimici, metalli pesanti non degradabili, etc.). Questi rifiuti comprendono 1 kg di rifiuti nucleari, di cui solo 0.05 kg sono i rifiuti radioattivi pericolosi a lunga vita. In definitiva, un francese nell’intera sua vita, 70 anni almeno, produce una quantità di rifiuti nucleari veramente pericolosi che starebbe in una sfera di vetro sul palmo di una mano. Ma se consideriamo la popolazione intera, la quantità non è così irrisoria. Non mi risulta che ci siano paesi che hanno realizzato siti geologici di stoccaggio per i rifiuti più pericolosi. In realtà si sta ancora discutendo se sia opportuno stoccare queste scorie in siti geologici profondi e definitivi, o se sia strategicamente più conveniente tenerle provviso-
riamente in un sito superficiale, dove per superficiale si intende comunque qualche decina di metri sottoterra. E questo perché le scorie potrebbero essere trattate nei reattori futuri, quelli di 4a generazione (in funzione non prima del 2030, ndr). Questi reattori permetteranno di bruciare i rifiuti radioattivi per renderli meno pericolosi.
Marco Ricotti.
Lei sostiene che il nucleare sia economico. Secondo i dati del Mit di Boston, però, i costi del chilowattora prodotto con carbone e gas sono inferiori. La stima del Mit dovrebbe essere aggiornata perché è stata fatta nel 2003, quando il costo dei combustibili fossili era molto più basso. L’Iea (International Energy Agency) nel 2005 ha stimato che oggi il nucleare è competitivo con le altre fonti. E l’Iea è un’istituzione certamente più vicina
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Però è un fatto che i costi del reattore in costruzione in Finlandia sono quasi raddoppiati in pochi anni. Questo è vero. Bisognerà vedere, conti alla mano, se il chilowattora prodotto dai finlandesi sarà fuori mercato. I finlandesi si sono comunque cautelati perché hanno acquistato l’impianto a un prezzo congelato. Il rischio è tutto sulle spalle di Areva, la società costruttrice francese. L’uranio oggi viene spesso presentato come una fonte ine-
Recentemente il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia ha parlato di nucleare innovativo citando il torio. Di cosa si tratta? Il torio è un elemento molto abbondante in natura che può essere trasformato in combustibile nucleare in una particolare tipologia di reattore. Oltre ad essere molto economico, l’uso del torio comporterebbe una drastica riduzione delle scorie. È una strategia nota da tempo, che potrebbe svilupparsi in futuro se alcuni aspetti tecnologici venissero risolti o migliorati.
IL GRANDE PIANO SOLARE AMERICANO: ENTRO IL 2050 PRODURRE IL 69% CON IL SOLARE, INVESTENDO MENO DI UN ANNO DI BILANCIO DEL PENTAGONO KEN ZWEIBEL, JAMES MASON e Vasilis Fthenakis hanno elaborato un complesso piano che permetterebbe al solare, già entro il 2050, di fornire il 69% dell’elettricità degli Usa e il 35% della sua energia totale, compreso i trasporti (vedi TAB in basso). E sviluppando anche l’eolico, le biomasse, il geotermico, entro il 2100 il 100% dell’energia degli Stati Uniti potrebbe arrivare da fonti rinnovabili. Ampie zone del territorio
statunitense dovrebbero essere coperte da pannelli fotovoltaici e pannelli per il solare termico; inoltre si dovrebbe realizzare un’infrastruttura a corrente continua per distribuire in tutta la nazione l’energia elettrica. L’energia prodotta dovrebbe essere stoccata mediante aria compressa, pompata in caverne sotterranee o miniere abbandonate. L’aria compressa verrebbe rilasciata a richiesta per azionare una turbina che genera
ELEMENTO CRITICO
2007
2050
PROGRESSI NECESSARI
Fotovoltaico
Area destinata Efficienza di conversione modulo a film sottile Costo di installazione Prezzo dell’elettricità Capacità totale
26 kmq
80 mila kmq
10% 4$/W 0,16$/kWh 0,5GW
14% 1,20$/W 0,05$/kWh 2940GW
Politiche per lo sviluppo di grandi aree pubbliche Materiali più trasparenti per migliorare la trasmissione della luce; strati drogati più densi per aumentare la tensione; moduli più ampi per ridurre l’area inattiva Progressi nell’efficienza del modulo; progressi per la produzione su larga scala Dipende dal costo d’installazione Piano nazionale per l’energia basato sull’energia solare
Energia immagazzinata come aria compressa (con elettricità fotovoltaica)
Volume Costo d’installazione Prezzo dell’elettricità Capacità totale
0 5,80$/W 0,20$/kWh 0,1GW
15 miliardi di mc 3,90$/W 0,09$/kWh 558 GW
Sviluppo del sito in accordo con l’industria del gas naturale Economia di scala; diminuzione dei prezzi dell’elettricità fotovoltaica Dipende dall’abbassamento del costo d’installazione Piano nazionale per l’energia
Energia solare a concentrazione
Area destinata Efficienza di conversione Costo di installazione Prezzo dell’elettricità Capacità totale
26 kmq 13% 5,30$/W 0,18$/kWh 0,5GW
40 mila kmq 17% 3,70$/W 0,09$/kWh 558 GW
Politiche per lo sviluppo di grandi aree pubbliche Fluidi che trasferiscono il calore in modo più efficiente Sistemi di stoccaggio termico a serbatoio singolo; economie di scala Dipende dall’abbassamento del costo d’installazione Piano nazionale per l’energia
Corrente continua
Lunghezza
800 km
da 160 a 800 mila km
Nuova rete ad alta tensione dal sud ovest al resto del Paese
Nel calcolo dei costi non sono valutate le ricadute esterne di un kWh prodotto con diverse fonti è necessario ricorrere al Life Cycle Assessment (Valutazione del Ciclo di Vita), che altro non è che un metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed di Sergio Zabot ambientali e degli impatti potenziali asIngegnere, direttore Settore energia Provincia di Milano sociati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al fine vita. Ora, il ciclo di un impianto nucleare varia tra i cento e i centocinquant’anni. Ciò significa che un impianto concepito ora entrerà in esercizio, diciamo, tra vent’anni; poi funzionerà per sessanta; quindi inizierà lo smantellamento con tutte le attività conseguenti per almeno altri venti, per poi confinare definitivamente i residui e bonificare il sito.
P
ER VALUTARE CORRETTAMENTE IL COSTO
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Nel frattempo ad ogni cambio di combustibile (diciamo una volta all’anno) quello esausto, che poi esausto non è, deve essere raffreddato in piscina per dieci anni, poi ritrattato e infine messo a dimora definitiva, sempre che tra vent’anni sia stato identificato e approntato un sito definitivo geologicamente stabile (almeno per quanto riguarda l’Italia). Tutto questo vuol dire che, per sapere ora quanto costa un kWh prodotto con l’energia nucleare, bisognerebbe sapere quanto costerà raffreddare, ritrattare, condizionare, confinare definitivamente il combustibile esausto anno per anno, da qui a ottant’anni, e quanto costerà, sempre tra ottant’anni e per i successivi venti, lo smantellamento e il confinamento di tutti i residui delle centrali ovvero il decommissioning, inclusa la bonifica del luogo in cui sorge l’impianto. Solo così si può ragio-
i combustibili che consumano, si abbatterebbero le emissioni di CO2. Eliminando le importazioni petrolifere e allentando la tensione sul Medioriente. Una tecnologia per il fotovoltaico che permette una produzione più indipendente dal ciclo diurno del sole, è il solare termico a concentrazione (Csp), che l’Italia sta sperimentando con il progetto Archimede, nella centrale già funzionante di Priolo (Sr).
TECNOLOGIA
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Il ciclo di un impianto nucleare varia tra 100 e 150 anni: la comunità internazionale non ha ancora messo a punto un
elettricità. Anche se questo tipo di immagazzinamento sembra futuribile, è già in funzione da diversi anni in Germania.L’impegno finanziario sarebbe ingente, 400 miliardi di dollari in 40 anni, ma sicuramente molto inferiore a quanto il Pentagono stanzia per il suo bilancio in un solo anno. E poi sostituendo 300 grandi centrali a carbone e 300 impianti ancora più grandi di gas naturale e tutti
FONTE: DA "LE SCIENZE", EDIZIONE ITALIANA DI "SCIENTIFIC AMERICAN", DI MARZO 2008
sauribile. Di fatto non è così: secondo alcune stime nel giro di qualche decennio potrebbe scarseggiare. La disponibilità dell’uranio è superiore a quella del petrolio e inferiore a quella del SONO STATE CONSEGNATE il 27 marzo alla Camera dei deputati le 67 mila firme raccolte carbone. Esistono giacimenti di uranio il in 66 province per portare alla discussione in Parlamento una proposta di legge di iniziativa cui sfruttamento oggi non è conveniente da popolare che dichiari l’Italia zona libera da armi nucleari. un punto di vista economico, ma che poA muovere la campagna 53 associazioni, reti e media italiani, spinte dalla conferma che trebbe esserlo in futuro. Lo stesso avviene l’Italia, nonostante l’adesione al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), ospita circa per le altre fonti: accade per il petrolio, ed è 90 testate nucleari statunitensi nelle basi Nato di Aviano e di Ghedi. il caso ad esempio delle sabbie bituminose La proposta di legge introduce non solo il divieto di stoccaggio sul suolo nazionale ma anche canadesi. O per il gas naturale, con gli idraquello di transito. I 90 comitati locali di cittadini e pacifisti si sono attivati contro questa presenza ti di metano. È però un problema di costi di considerata pericolosa per i rischi legati a incidenti e inquinamento ambientale, ma anche perché estrazione: se il combustibile valesse di più rendono la zona oggetto di ritorsione in caso di effettivo attacco, anche da parte di terroristi. sul mercato, potremmo permetterci di Il comitato “Via le bombe” di Pordenone, per tentare di far rimuovere gli ordigni che da più di spendere di più per sfruttare giacimenti e riquarant’anni stazionano ad Aviano, ha intentato una causa civile contro il governo degli Stati Uniti. serve che oggi non sono economiche. Per quanto riguarda il nucleare, se si svilupperanno in futuro i reattori a neutroni veloci, si potrà addirittura proai petrolieri che non alle industrie nucleari. E poi: se fosse veramente durre più combustibile nucleare di quel che si brucia. antieconomico, molti paesi tornerebbero a investire nel nucleare?
LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE PER “UN FUTURO SENZA ATOMICHE”
sistema di valutazione economica che comprenda anche il sociale. nevolmente pensare di accantonare le risorse che saranno necessarie tra ottant’anni e non lasciare quindi “debiti ingombranti” ai nostri nipoti. Oltre a questo, occorre poter stimare le cosiddette esternalità ambientali (definite come costi non sostenuti direttamente dai soggetti responsabili dei danni ambientali). Rappresentano pertanto costi a carico della collettività e non dei soggetti economici che svolgono l’attività che li ha provocati. L’esempio tipico è l’inquinamento dell’aria, che danneggia l’intera collettività e i cui costi sono sostenuti solo in minima parte dagli inquinatori. Una scelta economica ottimale, oltre a considerare i costi e i ricavi di una data impresa, dovrebbe consentire di internalizzare i costi sociali (esternalità) non altrimenti considerati. La possibilità di far rientrare nel normale calcolo di
ogni attività economica anche i costi ambientali si scontra con la difficoltà di quantificare e monetizzare le esternalità. A partire dagli anni ‘80 sono stati avviati studi per superare tali difficoltà e permettere così agli operatori economici e ai decisori politici, di includere le esternalità nelle scelte politico-economiche. Nel 1991 la Commissione Europea insieme al DoE statunitense (Department of Energy) ha avviato un programma di ricerca denominato ExternE che si è affermato come studio di riferimento per le esternalità legate all’inquinamento atmosferico dovuto a combustione per produzione di energia e trasporti. ExternE tuttavia analizza e valuta gli effetti dell’uso dei combustibili fossili e non risulta che nessun studio sia ancora stato avviato per l’equivalente valutazione del ciclo dell’energia nucleare.
LIBRI
Giancarlo Sturloni Le mele di Chernobyl sono buone Sironi Editore, 2006
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Uranio
I kazaki non mi fanno dormire di Paolo Fusi
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IFOAM
A CRISI FINANZIARIA CHE SI È ABBATTUTA SUI MERCATI OCCIDENTALI ha velocizzato ancora di più una tendenza in atto
da tempo. Oramai il denaro fresco viene solo dall’energia (quindi dalla criminalità organizzata russa e brasiliana, sia essa al potere o meno), dai traffici illegali (quindi dalla criminalità organizzata russa, brasiliana, cinese, italiana e via discorrendo) e dal mercato delle materie prime (quindi da chi controlla criminalmente l’Africa). Fino a pochi mesi fa prendevo in giro gli olandesi e gli svizzeri per le loro perdite di posizioni nel mercato internazionale del riciclaggio. Mentre gli svizzeri continuano ad andare di male in peggio (tant’è che chiamano uno che guida la Fiat per guidare l’UBS, che sembra una barzelletta, ma è una storia vera), gli olandesi, grazie ai russi, stanno riprendendo quota. Dato che: a) Putin si è deciso a scatenare il putiferio a Cipro con le leggi fiscali; b) in Israele qualche giudice coraggioso vuole fermare Arkady Gaydamak dalla sua corsa (che sembrava inarrestabile) da trafficante d’armi russo a ministro della difesa israeliano; c) gli americani hanno arrestato Victor Bout e lo tengono dentro davvero, ne consegue che ora la geografia del mondo del riciclaggio vada ridisegnata alla svelta – o, per meglio dire, “loro” l’hanno già ridisegnata con calma, siamo noi ignoranti a dover correre dietro cercando di capire cosa stia accadendo di volta in volta. Il primo segnale di ripresa dei fiduciari olandesi l’abbiamo visto all’inizio di quest’anno, quando analizzammo quella fiduciaria piccina, il gruppo Tmf, che aveva partecipato alle baruffe di Bipop, Fineco e San Paolo e, a tempo perso, organizzava truffe con riciclaggio sull’assegnazione di pagine web impossibili. Ora si è associata al gruppo Effective Energy di Amsterdam. Bum. ??? La geografia del mondo Sguardi perplessi. Di cosa diavolo sto parlando? Di un gruppo del riciclaggio è stata ridisegnata. semisegreto, con sedi sparse tra Cipro, l’Olanda e le Isole L’Olanda, grazie a Putin, Vergini, che ha comprato il 75% delle miniere d’uranio del torna sulla cresta dell’onda. Kazakistan, che finora estraevano il 18% del minerale esistente Ma c’è ancora molto da scoprire. sul Pianeta. A partire dal 2010, la società quadruplicherà Anche in casa nostra la sua produzione annua. Il che significa che il Kazakistan, da solo, produrrebbe quasi la metà dell’uranio mondiale. La transazione è avvenuta quasi in segreto, non ne parla nessuno. Dopo alcune settimane di ricerca abbiamo scoperto che tra gli oligarchi coinvolti ci sono Vasilyi Anisimov ed Alisher Usmanov, vale a dire due dei pezzi più grossi della nomenklatura finanziaria ed industriale russa. Il terzo socio è Andrey Skoch, un parlamentare della Duma molto, ma molto, vicino a Vladimir Putin. E gli amministratori? Ma sono loro, gli olandesini della Bipop e di Ricucci, il gruppo TMF. Perché fare un’operazione del genere in modo quasi nascosto? Che ne pensa il dittatore Nazarbajev (nella foto), che in Kazakistan comanda da solo? Perché ha permesso ai russi di mangiare nell’angolo più ricco del Paese, dato che l’uranio dovrebbe rendere molto di più del petrolio (zozzo e difficilmente utilizzabile) di Kashagan? Perché Nazarbajev combatte per ottenere la fusione tra i due più grossi gruppi minerari kazaki, ENRC e Kazatomprom (per controllarli meglio e riscuotere percentuali dai suoi compagni di merende)? Che succede? I kazaki si svendono ai russi pur non avendone bisogno, né economicamente, né politicamente? Il Kazakistan non mi fa dormire. Intanto l’Italia va in malora? Non è vero, aspettate. Dopo l’Olanda, Cipro e la Grecia, la corsa al West arriverà anche da noi, passando da Rimini e percorrendo le vaste praterie lasciate libere da un’economia e una politica che, rispetto ai poveri pellirossa di allora, ha solo una differenza: non ha né onore, né orgoglio, né morale. Né, tanto meno, un’idea sul da farsi.
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Rifiuti zero, la nuova frontiera del riciclo >32 Biodinamico è: natura, qualità, ricerca e formazione >34 Speciale (staccabile) sui Gruppi di acquisto solidale >37
economiasolidale VAL D’AOSTA AL VIA I LAVORI PER IL RIFUGIO ECOLOGICO
DALLE TERRE DEI MAFIOSI UN AGRITURISMO, UN’AZIENDA VINICOLA E 15 MILA BOTTIGLIE
FAME E AMBIENTE DUE CONVEGNI CON SEPULVEDA, YUNUS E STIGLITZ
ANCHE A ROMA ARRIVANO I DETERSIVI ALLA SPINA
CROLLANO LE VENDITE DI FRUTTA E VERDURA, CRESCONO I CONSUMI DI ALIMENTI BIOLOGICI
CONTRO IL CAROVITA PANE A UN EURO
Sarà il simbolo della sperimentazione architettonica al servizio dell’ecosostenibilità in ambiente alpino. Si tratta di “Casa Capriata”, un rifugio che sorgerà nel comprensorio sciistico di Weissmatten, a Gressoney-SaintJean, a quota 2020 metri. Articolato su tre piani, 200 metri quadri di superficie il rifugio sarà realizzato in legno su tre piani. Disporrà di una dozzina di posti letto e, a piano terra, un ristorante con 35 coperti. Il costo della realizzazione si aggira attorno ai 400 mila euro. «Si tratta di uno dei più importanti esempi di edificio passivo (caratterizzato da perdite di calore vicine allo zero, ndr) in Europa – anticipa Guido Calligari, direttore scientifico del progetto redatto dal Politecnico di Torino – con un livello di dispersione pari a zero e un particolare sistema di recupero delle acque reflue». L’avvio del cantiere di Casa Capriata, che trasforma in realtà un progetto del 1954 dell’architetto torinese Carlo Mollino (un vero manifesto dell’avanguardia architettonica) avverrà in concomitanza con il congresso mondiale di Architettura, ospitato nel capoluogo piemontese dal 29 giugno al 3 luglio prossimo.
Era la masseria di Totò Riina a Corleone, a due passi dalla riserva di Gorgo del Drago, una delle aree protette più importanti e suggestive dell’Italia meridionale. Un luogo di morte e di ingiustizia durante i summit mafiosi. D’ora in poi ospiterà “l’Agriturismo della Legalità”. Un complesso di circa 300 metri quadri suddiviso in due casolari: le stanze che ospitavano i vertici di Cosa Nostra sono oggi diventate camere e saloni pronti ad accogliere i futuri ospiti (la struttura sarà inaugurata la prossima estate): 16 posti letto e un ristorante con 90 coperti, incastonati in un panorama mozzafiato, con tanto di laghetto e cascata. Nelle piazzole, al posto delle potenti auto degli “uomini d’onore” sono stati realizzati campi da calcetto, tennis e giochi per i più piccoli. «I beni confiscati al “capo dei capi” sono stati assegnati alla cooperativa sociale Pio La Torre – Libera Terra» spiega Lucio Guarino, direttore del consorzio Sviluppo e Legalità, al quale aderiscono otto comuni della provincia di Palermo. «Determinante è stato il finanziamento del ministero dell’Interno, reso possibile dal Progetto sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno». Durante la presentazione dell’agriturismo è stata anche annunciata una nuova etichetta della linea “Centopassi”, realizzata dalla cooperativa “Placido Rizzotto”. Un bianco Catarratto, prodotto in quantità limitata (15 mila bottiglie) realizzato con uve provenienti dai vigneti di San Giuseppe Jato confiscati al clan dei Genovese. A San Cipirello, su altri terreni della stessa famiglia, sorgerà invece una cantina frutto di un investimento di un milione di euro, sempre erogato dal Viminale.
Che legame c’è tra i cambiamenti climatici e la povertà nel Terzo mondo? Come si può frenare lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali? Si possono introdurre modelli economici ecologicamente e socialmente sostenibili? Cosa devono fare i media per trattare correttamente i temi ambientali, anziché limitarsi al catastrofismo? Sono alcune delle questioni oggetto dei due forum organizzati (a giugno e novembre) da GreenAccord, l’associazione cristiana che ogni anno riunisce gli operatori dell’informazione per sensibilizzarli sulle tematiche sociali ed ambientali. Il primo – “Il grido dei poveri e la salvaguardia del Creato”, a Pistoia dal 20 al 22 giugno – coinvolgerà oltre cento giornalisti ed esponenti del mondo scientifico e culturale. Sono previsti gli interventi del fondatore della comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi e del vescovo di Manaus (Brasile) Luiz Soares Vieira. Il secondo convegno, “Quale sviluppo per il sud del mondo?”, si terrà invece dal 25 al 28 novembre a Monte Porzio Catone, a pochi chilometri da Roma. Dieci gli interventi in programma. E i relatori sono tutti di fama internazionale: tra gli altri, lo scrittore Luis Sepulveda, Walden Bello, vincitore dell’Alternative Nobel Prize, Mohammed Yunus, ideatore del microcredito e l’economista premio Nobel, Joseph Stiglitz.
Non più solo bevande come birra e latte. Anche la Capitale apre le porte ai “detersivi alla spina”. All’ipermercato di via Tiburtina è stato infatti inaugurato il primo distributore in tutta la regione Lazio in grado di erogare ai consumatori detersivo per piatti, per bucato a mano e in lavatrice, e ammorbidente. Il progetto è stato promosso e finanziato dall'assessorato regionale all'Ambiente insieme all’ente di ricerca Ecologos e Sviluppo Lazio e con la collaborazione di produttori e catene di distribuzione. «È il primo distributore alla spina di detersivi biodegradabili - sottolinea l’assessore regionale all’Ambiente, Filiberto Zaratti ed è in grado non solo di ridurre gli involucri e lo smaltimento, utilizzando meno energia, meno acqua e meno risorse ambientali, ma anche di assicurare un risparmio del 30% ai cittadini». In realtà, l’introduzione dei “detersivi alla spina” (ormai diffusissima in Germania, Austria e nord Europa) non è una novità assoluta per il nostro Paese. Impianti dello stesso tipo sono già operativi in molte altre città italiane (per conoscere i punti vendita, è possibile consultare il sito http://millebolle.iport.it). Peccato che, finora, questo metodo di distribuzione abbia riguardato quasi solo le regioni del centro e del nord-est.
Le spese alimentari crollano, i consumi di frutta e verdura si contraggono, ma il settore dei prodotti biologici sembra immune da questa dinamica. Una controtendenza talmente marcata da far parlare di vero boom. Da parte delle famiglie, specialmente quelle con bambini piccoli, c’è la ricerca della qualità e del mangiare sano. I dati Ismea/AcNielsen, presentati dalla confederazione degli agricoltori (Cia), mostrano nel settore dei “biologici” un aumento del 9,7% nei primi nove mesi del 2007 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Aumento che schizza al 36% se si considerano solo salumi e carni e addirittura al 43% nel caso dei prodotti dell’infanzia. La ricerca evidenzia però differenze molto marcate a livello geografico. A trainare l’espansione del settore sono soprattutto le regioni settentrionali (+18% al Nord-Ovest e 15% al Nord Est) mentre il resto d’Italia fa segnare una contrazione delle vendite (-8,5% al Centro e – 4,3% al Sud). «Questi dati sono la riprova – commentano dalla Cia – che i prodotti “bio” fanno breccia tra gli italiani. Al tempo stesso aumentano gli agricoltori che scelgono coltivazioni e allevamenti naturali: hanno ormai superato le 51 mila unità con un incremento del 2,4%». Buoni i risultati anche nel settore dei prodotti equosolidali certificati FairTrade. La crescita tra il 2006 e il 2007 si è attestata sul 12% pari a circa 38 milioni di euro. Sopra la media le performance di thé (+36%), caffè e cacao (+23%). Risultati ottenuti grazie all’inserimento dei prodotti certificati FairTrade nei punti vendita Auchan, Dico e Lidl nell’ultimo trimestre dello scorso anno. «Siamo consapevoli che, rispetto al trend degli altri paesi europei l’Italia presenta una crescita più contenuta - afferma Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia - La situazione economica del nostro Paese, fanalino di coda dell’Unione Europea per la crescita economica, si ripercuote anche nel nostro settore».
Un chilo di pane (quello comune) a un euro, per sei mesi a partire dal 2 maggio. Non sarà la panacea del carovita, ma di fronte all’aumento dei prezzi dei generi alimentari, le istituzioni (insieme alle associazioni di categoria) cercano possibili rimedi. L’iniziativa parte da un’idea del Centro di ricerca “Don Milani”, che da tempo chiede di vendere i generi di prima necessità a prezzi calmierati. A recepirla, per prime, la provincia di Milano (che ha siglato l’accordo con Conad e Coop Lombardia) e la regione EmiliaRomagna (che ha coinvolto anche Coop Nordest, Estense e l’associazione nazionale cooperative dei dettaglianti). «Siamo solo all’inizio di un percorso virtuoso. Ma l’accordo – spiega Filippo Penati, presidente della provincia di Milano – dimostra che è possibile un’azione concreta per contenere i prezzi». «L’utilità sociale dell’iniziativa è evidente, in particolare in favore di chi fatica a fare la spesa», aggiunge l’assessore emiliano al Commercio, Guido Pasi. In effetti, i dati rilevati sembrano suffragare tali opinioni. A Bologna, ad esempio, su un campione di 28 esercizi, un chilo di pane costava in media 3,45 euro (con un’oscillazione tra 1,39 e 4,80). Anche se c’è chi ricorda che, negli ipermercati della Coop Adriatica, il pane a un euro si vende già da due anni.
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Rifiuti zero, la nuova frontiera del riciclo
Niente più discariche, nè inceneritori, nè alcuna forma di smaltimento. Perchè non ci sarà nulla da smaltire. Trasformare a monte la gestione dei materiali per arrivare non avere più scarti. “Rifiuti zero”, “riciclo totale”...solo utopie o dobbiamo provarci? AGGIUNGERE L’OBIETTIVO “RIFIUTI ZERO” NON È PIÙ UTOPIA. Sempre più città e regioni nel mondo stanno applicando questa strategia, tesa a riconvertire totalmente le politiche sulla gestione dei materiali post consumo, fino a prospettare, neldi Matteo Incerti l’arco di qualche decennio, il superamento di ogni tipo di smaltimento: sia in discarica che negli inceneritori. Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Australia sono le realtà dove “Zero Waste” sta prendendo sempre più piede.
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Dreaming California In California la contea di San Francisco, oltre 800 mila abitanti grazie alla raccolta porta a porta, con il sistema a tre bidoni (secco, organico, multimateriale), ricicla già oggi il 69% dei suoi scarti e punta al 75% entro il 2010 . L’obiettivo “rifiuti zero” è fissato per il 2020. “Immaginate un mondo dove niente va in discarica o negli inceneritori. Noi pensiamo sia un obiettivo raggiungibile e stiamo facendo tutto il possibile affinché avvenga”, si legge nero su bianco nella pagina internet del dipartimento Ambiente della città e della contea di San Francisco. Ma questa città non è certamente sola. Sul sito web dello Stato è lo stesso governatore Arnold Schwarzenegger a lanciare la sfida del riciclo totale. A fianco dei “pionieri” di San Francisco, nel Golden State ci sono altre grandi città come Fresno, 470 mila abitanti e San Josè capitale del distretto industriale e tecnologico della Silicon Valley che conta quasi 900 mila abitanti. San Josè differenzia oggi il 66% dei suoi materiali post consumo e si è posta l’obiettivo di riciclare, compostare e riutilizzare il 100% di rifiuti entro il 2022. Oakland, 411 mila abitanti oggi è al 50% di differenziata e punta a “rifiuti zero” entro il 2020, con una risoluzione votata nel 2006. Altre realtà della California hanno intrapreso lo stesso cammino: Palo Alto, San Diego, Del Norte, Berkeley e decine di altre città e contee grandi e piccole Ma non c’è solo la California. Seattle nello Stato di Washington ha approvato già qualche anno fa una risoluzione in tal senso dopo aver bocciato negli anni Ottanta | 32 | valori |
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un piano per la costruzione di un grandissimo inceneritore. Oggi ricicla il 44% dei suoi rifiuti ed il 16 luglio 2007 ha votato una legge per adottare una politica “rifiuti zero”. Come primo passo si dovrà aumentare la raccolta differenziata al 70%. Puntano a riciclare il 100% dei loro rifiuti Carroborro nel North Carolina, la città e contea di Boulder in Colorado, il distetto del Vermount Centrale che comprende 22 comunità, la Contea di Logan in Ohio e quella di Summit in Colorado. Il 5 dicembre 2006 la comunità di MatanuskaSusitina è stata la prima ad adottare questa strategia nello stato dell’Alaska. In Texas, Austin con altre città del suo distretto si è posta di raggiungere il riciclo totale entro il 2040.
Il Canada non “brucia” Il Canada si è spinto ancora più in là. Toronto, 2,5 milioni di abitanti, è una metropoli “Zero Waste” e si è posta l’obiettivo intermedio di mandare a riciclo e compostaggio il 70% dei suoi scarti entro il 2010. Edmonton, 938 mila abitanti, nel 2001 riciclava e compostava circa il 70% dei suoi rifiuti e ne inviava in discarica solo il 30%. Solo pochi anni prima erano l’86%. Nello Stato dell’Ontario nel 1991 è stata messa al bando la costruzione di nuovi forni. Altre città “Zero Waste” sono Halifax (Nuova Scotia), i distretti regionali di Nelson, Kootenay Boundary, Central Kootenay, Cowichan Valley, Sunshin Coast, la cittadina di Smithers tutti nella British Columbia. In Sud America è stata invece Buenos Aires la prima città ad adottare una strategia di riciclo totale.
Oceania riciclona Dall’America all’Oceania. Puntano al “riciclo totale” Canberra, oltre 300 mila abitanti ed il Governo degli Stati della Western e South Australia di Victoria e le città di Eurodalla e Willoughby. Ma il paradiso dei “ricicloni” è la Nuova Zelanda dove è proprio lo stesso Stato ad aver adottato questa politica dal 1991. Da allora il 67% delle città della Nuova Zelanda ha adottato strategie che tendono al riciclo totale nell’arco dei prossimi quindici vent’anni.
I pionieri italiani E in Europa? Grazie ad internet e agli incessanti tour del professor Paul Connet questa strategia si sta pian piano diffondendo anche nel Vecchio Continente. In Inghilterra hanno aderito le cittadine di Bath e Doncaster e lo stesso ha fatto nel Galles la Contea di Blaenau Gwent. La prima cittadina italiana a dire sì a “rifiuti zero” è stata Capannori (Lucca), oltre 44 mila abitanti, che
ricicla oltre l’80% dei materiali nei quartieri dove ha iniziato ad estendere la raccolta porta a porta. Nel febbraio di quest’anno altre due città hanno seguito l’esempio toscano: Carbonia ed Aviano (Udine) che, per contrastare la costruzione di un inceneritore proprio sul suo territorio, ora tenterà di estendere l’obiettivo “rifiuti zero” a tutti i Comuni circostanti. San Francisco. La città ha fissato l’obiettivo “rifiuti zero” per il 2020.
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BANCHE & INCENERITORI: BRUCIARE RENDE SOLO SE PAGA IL CITTADINO INCENERITORI? SÌ, GRAZIE… ma solo con gli incentivi pubblici pagati dai cittadini. Aiuti che, è giusto ricordarlo, sono illegali per l’Unione Europea. Nel 2004 e 2005 il Servizio Ricerca di MCC Spa, appartenente al Gruppo bancario Capitalia (che nella propria attività intratteneva rapporti creditizi con AcegasAps Spa, Enertad Spa, Hera Spa e, anche attraverso MCC, con ASM Brescia oggi A2A Spa) diede alle stampe un rapporto “Light My Fire - Il mercato dei rifiuti in Italia”, dove in più paragrafi veniva chiaramente spiegato ai futuri investitori come gli incentivi pubblici forniti all’incenerimento di rifiuti non biodegradabili fosse di fondamentale importanza per la costruzione di questi impianti. Nel rapporto, a pagina 9, si legge chiaramente. “Lo sviluppo del waste to energy resta comunque strettamente dipendente dalla presenza di forme d’incentivazione – quali in particolare l’applicazione della tariffa incentivata Cip6/92 per gli impianti accreditati e il riconoscimento di certificati verdi – che rappresentano le variabili cruciali per l’equilibrio economico finanziario della maggior parte delle iniziative”. E ancora “La rilevanza degli incentivi per la profittabilità dei termovalorizzatori è testimoniata dalla tendenza, manifestata da diversi operatori del settore, a procedere al revamping dell’impianto dopo la scadenza dell’incentivo, al fine di continuare a percepire questa ulteriore componente di ricavo”. Tre anni più tardi Capitalia si trasforma in Unicredit, ma il risultato
non cambia. Il 29 febbraio un’analisi su Actelios, una società del gruppo, rileva che la sua capacità produttiva dovrebbe triplicare nei prossimi anni, grazie anche alla costruzione di tre inceneritori in Sicilia. Questo, insieme alla protezione offerta dalle tariffe incentivate CIP6, che “regala agli investitori una buona combinazione tra difensivismo e potenziale crescita”. Gli analisti di Unicredit, nonostante i contributi Cip6 siano stati aboliti per i futuri impianti dalla finanziaria 2007, ritengono che “l’approvazione governativa per il loro sviluppo non tarderà ad arrivare, tenendo conto che la recente crisi dei rifiuti campani ha già spinto le autorità a concedere gli incentivi Cip6 ad un impianto simile a quelli di Actelios, che ancora deve essere costruito ad Acerra”. Inoltre “le decisioni finali sui progetti non saranno più prese da Pecoraro Scanio, ministro uscente, che fin dall’inizio si è mostrato contrario alla costruzione dei termovalorizzatori” (www.soldionline.it). L’ultimo appello per i contributi pubblici a favore di diciassette inceneritori da costruire al Sud arriva da Confindustria. Sul Sole 24 Ore del 23 marzo (“Inceneritori senza risorse, allarme delle imprese per gli incentivi cip6”), così parlava Paride De Masi, coordinatore del Gruppo Rinnovabili di Confindustria: “Senza questi contributi le banche sospenderanno i pagamenti del project financing”. Matteo Incerti
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Biodinamico è natura, qualità ricerca e formazione La Fattoria Di Vaira: un’azienda agricola, ma anche uno dei più importanti centri di sperimentazione del metodo biodinamico. “Volevamo sperimentare e informare”, dichiara Fabio Brescacin, presidente di Ecor e capo della fattoria. “I giovani devono avvicinarsi a queste realtà fin dall’inizio della loro formazione”.
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COSA SERVE PRODURRE PRODOTTI BIOLOGICI di alta qualità, in-
vestire nella formazione e nella ricerca sull’agricoltura biodinamica se poi i cittadini non conoscono le realtà virtuose che punteggiano il nostro Paese? Per questo motivo, la fattoria Di Vaira, un’aziendi Emanuele Isonio da agricola sorta a Petacciato, in Molise, a due chilometri dal mare, ha deciso di aprire le sue porte al LIBRI pubblico il 18 maggio per presentare sé stessa e i suoi metodi di produzione. Dallo scorso anno ospita infatti uno dei più importanti centri nazionali di sperimentazione sul metodo biodinamico. Ma i legami storici della fattoria con il territorio partono da molto più lontano. L’azienda, che porta il nome di un’antica famiglia Istituto di ricerca per l’Agricultura molisana (erede del cavalier Francesco Di Vaira), fino al Biologica (FiBL) 2006 fu gestita dal vescovo di Termoli. Poi, la svolta: la Guida all’Agricoltura proprietà decise di affidare la gestione ad un’altra sobiodinamica cietà che riprendesse la “mission” educativa nel settore Ass. per l’agricoltura biodinamica, 2008 agricolo per la quale era stata creata nel 1952. Nell’ini€ 10,00 ziativa si buttarono un gruppo di appassionati. Di quel-
BIOLOGICO E BIODINAMICO: COME FUNZIONANO? L’AGRICOLTURA BIOLOGICA considera l’intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo (tutelandola con fertilizzanti organici), promuove la biodiversità dell’ambiente (usando ad esempio le rotazioni colturali) ed esclude l’utilizzo di prodotti chimici e Ogm. Compostaggio, fasi della Luna e calendario delle semine sono invece le parole d’ordine dell’AGRICOLTURA BIODINAMICA, un metodo che comprende sistemi sostenibili per produrre cibo, che rispettino l’equilibrio del sistema naturale. Nasce sulla base degli insegnamenti del filosofo austriaco Rudolf Steiner.
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li con il volto che si illumina quando parlano di come riescono a produrre latte, formaggi, ortaggi in modo del tutto naturale. Tra loro, Ecor (il più grande distributore italiano di alimenti biologici), Banca Etica, i negozi NaturaSì e molti negozianti della zona. I trenta soci prendono in affitto 530 ettari di terreno e rilevano dalla diocesi macchinari, animali e magazzini: un investimento di oltre un milione di euro. «Volevamo avviare la conversione delle colture al metodo biodinamico, senza tralasciare la necessità di sperimentare, per massimizzare la produttività e per porci come fonte d’informazione al servizio di chi segue questo metodo di agricoltura in Italia e in Europa», confida Fabio Brescacin, presidente di Ecor e a capo della Fattoria Di Vaira. Da qui la decisione di collaborare con scuole e università: «Alcuni istituti e facoltà di Agraria hanno già inviato stagisti e per il futuro vogliamo creare una sinergia ancora più solida. È essenziale che i giovani si avvicinino a queste realtà fin dall’inizio della loro formazione». I primi risultati non si sono fatti attendere: nella “campagna invernale” dai terreni della fattoria – in cui lavorano già più di trenta dipendenti – sono stati ricavati 7 mila quintali di alimenti già realizzati secondo i criteri biodinamici (cavolfiori, verze, finocchi e cicoria), 20 quintali di latte e 10 mila quintali d’uva (entro tre anni sarà convertita al biodinamico anche tutta la vigna). Oltre a tutto ciò, i soci hanno annunciato l’inLINK UTILI tenzione di creare un www.rudolfsteiner.it/biodinamica vero e proprio marchio www.ecor.it “Di Vaira” e una certifiwww.labuonaterra.it cazione di qualità (la www.biodinamica.fi.it UnoQ), che distinguerà www.sekem.com le filiere eccellenti.
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Benvenuti a Sekem, il sogno divenuto realtà Nel mezzo del deserto un’azienda agricola biodinamica, che ha suscitato ammirazione in tutto il mondo. OME REAGIRESTE SE QUALCUNO VI DICESSE di vo-
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ler andare nel bel mezzo di un deserto (sassoso, senza strade, difficilmente collegabile alla rete idrica) per trasformarlo in un’oasi da di Emanuele Isonio coltivare con il metodo biodinamico? Con “un pozzo, gli alberi, il verde delle piante e il profumo dei fiori, gli animali, le case e gli uomini al lavoro”? Nulla di strano se lo giudicaste folle e visionario. Questa è la storia del sogno di un visionario. Ibrahim Abuleish. Egiziano, settant’anni, gesti pacati, un sorriso caldo e rassicurante, occhi neri, vivi e profondi. Talmente visionario da averlo trasformato in realtà, quel sogno. Talmente convinto di poter raggiungere l’obiettivo, da aver costruito dal nulla un’azienda che oggi non è solo un simbolo mondiale nel settore dell’agricoltura di qualità ma un esempio (forse unico) della possibilità di costruire profitti ma anche soli-
darietà, di perseguire il progresso economico ma anche lo sviluppo sociale e culturale. Indipendentemente da quanto siano sfavorevoli le condizioni di partenza. Benvenuti a Sekem, “la vitalità data dal Sole”. Settanta ettari di paradiso a settanta chilometri dal caos infernale del Cairo. Nel 1956, Ibrahim Abuleish, appena diciannovenne, lasciò l’Egitto per studiare chimica a Graz, in Austria. Al padre, prima di andarsene, scrisse una lettera che spiegava il suo sogno: «Quando tornerò, se Allah vorrà, costruirò fabbriche. Laboratori per donne e ragazze, dove faranno abiti, tappeti e tutto ciò di cui la gente ha bisogno. I mezzi di comunicazione e di trasporto sono importanti, perciò farò in modo che la strada sia asfaltata, e pianterò alberi sui suoi bordi. Costruirò negozi, un grande mercato e un grande teatro. Un ospedale pieno di specialisti e un piccolo quartiere per i dottori. E avrò bisogno di insegnanti perché voglio costruire scuole per i bambini, dall’asilo fino alle superiori. So|
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Sopra, una veduta dalla fattoria Di Vaira, a Petacciato in Molise. A sinistra, l’egiziano Ibrahim Abuleish, fondatore di Sekem.
LIBRI
Ibrahim Abuleish Sekem Editrice Antroposofica, 2007 € 21,00
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LE CINQUE GIORNATE DI MODENA: UN CONGRESSO MONDIALE SULL’AGRICOLTURA BIOLOGICA CI SARANNO IL PRESIDENTE COLOMBIANO EVO MORALES, Vandana Shiva, vincitrice del Premio nobel alternativo per la pace, Wolfgang Sachs, direttore scientifico del “Wuppertal Institut per clima, ambiente ed energia”, l’antropologo ed economista Serge Latouche, tra i massimi sostenitori della decrescita conviviale e del localismo. E ancora, 750 relazioni giunte da tutto il mondo, un comitato scientifico di 100 ricercatori internazionali e cento sessioni di lavoro. Nomi e numeri del sedicesimo congresso mondiale Ifoam dell’agricoltura biologica, che sarà ospitato a Modena dal 16 al 20 giugno. Un’occasione per presentare le più recenti novità sul fronte della ricerca scientifica, condividere le esperienze pratiche a sostegno delle diversità e diffondere sistemi di produzione ecologicamente ed economicamente sostenibili. Numerosi i temi oggetto dei dibattiti: dalla sicurezza alimentare al ruolo delle donne nell’agricoltura biologica, dalla cooperazione internazionale al diritto al cibo, dalla difesa delle biodiversità all’educazione alla salute (Il programma completo all’indirizzo www.modenabio2008.org). Em.Is.
H.H. Koepf, M. Haccius, W. Schaumann Agricoltura biodinamica Editrice Antroposofica, 2006, € 32,00
Ehrenfried Pfeiffer, Erica Riese Manuale di orticoltura biodinamica Libreria Ed. Fiorentina, 2007, € 11,00
Daniela Corvino Che cos’è l’agricoltura biologica Carocci editore, 2007 € 10,00
SPECIALE
no sicuro che molti uomini sarebbero felici di aiutarmi a realizzare questa mia idea, per rendere questo villaggio un centro illuminante in Egitto». Ventuno anni dopo, Ibrahim tornò nel proprio Paese, e si buttò anima e corpo nella sua utopia. Che è oggi una realtà sbalorditiva: il gruppo Sekem ha un fatturato di 20 milioni di euro, riunisce 400 aziende agricole e coinvolge più di 2000 persone nella produzione di cereali, erbe, lino e cotone (che viene coltivato senza ritrovati chimici, con un procedimento brevettato da Sekem e diffusosi in tutto l’Egitto). I medicinali a base di erbe officinali sono distribuiti in 2500 farmacie e i tessuti sono scelti da famose case di moda europee per i propri capi d’abbigliamento.
Piccoli Gas crescono Una filiera davvero corta. Produttori e consumatori insieme. Per la loro festa, che si tiene ogni anno il 2 giugno, nel 2007 i Gas delle Marche hanno scelto un’azienda agricola da cui si riforniscono.
Non manca proprio nulla di quanto Abuleish aveva profetizzato nella sua lettera. A dimostrazione che l’economia può essere al servizio della cultura e della società: parte dei profitti sono stati investiti per creare scuole con 300 studenti (in cui maschi e femmine studiano insieme), un centro medico per 15 mila persone, corsi di alfabetizzazione per adulti e l’accademia per le arti e le scienze (che – come promesso - può disporre anche del teatro). Risultati talmente imponenti da far conquistare al “modello Sekem” rispetto e ammirazione a livello internazionale. E al suo fondatore il Right Livelihood Award (il Premio Nobel Alternativo). Niente male per il frutto della follia di un visionario…
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Fotoreporta ge > Centri commercial i zione Dossier > La occupa catena di monta dito e ggio del consu alità red mo non garan o d’attu tisce le prome tornan sse azione Dossier > Si apre una nuova era per l’economia all’insegna ocalizz del della sostenibilità la re Internazion er > Olt ssima ale > La diffic Dossi ca Pro con mano Finan ile Ban cacci ca za erà toc Economia> L’azionariato attivoa al tesoro rubato dai si chiam cco, si ienza solidale > alza la voce. dittatori ven Paolo oltre il chi La giornata con E cerca San la alleati anche ito di azione globa ne I.P. doppia in Italia di Intesa rocred le del Forum - Contie Guinea Poste Italiane Trento > Contro la rapina delle risorse serve la comunità internazionale sfidaras > Il micsolidale rad S.p.A. - Spedizione Sociale La a 1, DCB > in abbonamen comm Forum Nairobi > Molti progetti validi nonostante la conf 1, to postale Hondu era eco a etica 46) art.
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Dossier > La prima mapp a di indicatori alternativi per le buone economie
Aboliamo il Pil
Internazion ale > Africa Finanza > I : i diamanti conti n
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l’ha vinto per la pace.
Solo un primo passo
ia Nobel all’econom
ano nella finanza zioni criminali s’intrecci e pronte a nuove battaglie legali e organizza le azioniste american Dossier > Imprese Finanza > Le suore naturale e economicamente sostenibi bitare in modo
di Emanuele Isonio e Elisabetta Tramonto
Non è tanto e non è solo una questione di dimensioni o di quantità. Negli ultimi dieci anni i Gruppi di acquisto solidale si sono evoluti in termini di organizzazione, di mezzi, ma anche di motivazioni. Più complessità però può anche comportare più problemi.
N PRINCIPIO ERANO POCHI GRUPPI,
formati da 5-10 famiglie, unite dal desiderio di mangiare prodotti di migliore qualità, rispettare l’ambiente e la dignità dei lavoratori, pagare un prezzo giusto e trasparente (e più basso di quello che si trova al supermercato per prodotti analoghi), ma anche affermare le proprie idee, votare per un’economia e un modo di vivere diversi. Ogni volta che acquistiamo un prodotto, infatti, senza rendercene conto, esprimiamo una preferenza, un voto. I Gas votano per produttori che rispettano i lavoratori, l’ambiente e che applicano un prezzo giusto. Votano per prodotti coltivati in modo naturale, locali, che non han-
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GAS: CONSIGLI PER (I GRUPPI DI) ACQUISTI complessivo). È giusto parlare di costi, perché è uno degli aspetti decisivi, ma bisogna considerare costi diretti e indiretti, individuali e sociali, immediati e dilazionati nel tempo.
FAR PARTE DI UN GAS non significa soltanto risparmiare con acquisti collettivi, ma, soprattutto, condividere con un gruppo di persone dei principi (di giustizia, equità, solidarietà) e mettere in pratica un consumo critico. Non occorre essere “duri e puri”, ma solo voler riflettere sui propri acquisti e consumi ed essere motivati. Le motivazioni? Bisogni personali (salute, gusti, tradizioni, ritmi di vita, rete di relazioni...) e attenzione alla sostenibilità ambientale, alle condizioni di lavoro e alla solidarietà verso piccoli produttori (per lo più locali). Dall’esterno può sembrare che implichi un “sacrificio”. Certamente porta a cambiare abitudini e stile di vita, ma chi vi partecipa sa che i vantaggi sono molto superiori all’impegno. Bisogna avere il coraggio di rivalutare i propri bisogni, perché siamo bombardati costantemente da una pubblicità che non tiene conto delle nostre reali esigenze. Spesso la necessità di acquistare in un supermercato è dovuta a una mancanza di organizzazione dei consumi. Con gli acquisti collettivi e una buona programmazione si possono soddisfare quasi tutte le proprie necessità e ridurre i tempi della spesa (oltre al costo
LE REGOLE BASE PER CREARE O PER PARTECIPARE A UN GAS ■ Meglio partire da un gruppo di persone che si conoscono e che condividono i principi fondamentali ■ È utile partecipare per un po’ di tempo a un Gas esistente o farsi “accompagnare” da un “tutore” (si può farne richiesta sul sito www.retegas.org) ■ Trovare un luogo dove incontrarsi comodo per tutti i “gasisti”, dove poter organizzare eventualmente un piccolo “magazzino” (alcuni Gas si appoggiano a botteghe del commercio equo o circoli di associazioni) ■ Suddividere bene i compiti tra i membri del Gas “referenti” dei produttori (fondamentali un buon sistema per raccogliere gli ordini, l’organizzazione e logistica) ■ Raggiunta una certa dimensione (che può variare molto, dalle 15 alle 30 famiglie,
no percorso migliaia di chilometri su un camion, inquinando l’aria che respiriamo. In una decina d’anni i Gruppi di acquisto solidale si sono moltiplicati: 394 quelli iscritti alla Rete Gas nazionale (www.retegas.org), il 450% in più del 2002 (vedi GRAFICO 1 ). «In realtà sono molti di più. Probabilmente il doppio», dichiara Sergio Venezia, coordinatore del Des.Bri, il distretto di economia solidale della Brianza. «Se il ritmo di crescita rimane questo - profetizza Lorenzo Valera, autore di un libro sui gruppi d’acquisto - in una decina d’anni un milione di italiani acquisteranno prodotti dai Gas».
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ma ci sono Gas anche molto più grandi) è bene “gemmare” e costituire un nuovo gruppo Contaminare altri (amici, parenti, ecc.) e utilizzare la rete: in alcune aree sono nate le “Res” (Reti di economia solidale) per creare legami tra i vari gruppi e, più in generale, diffondere i consumi critici, il commercio equo, la finanza etica e le energie rinnovabili.
I CRITERI NELLA SCELTA DEI FORNITORI DEI GAS 1. PICCOLI Per non concentrare il potere economico nelle mani delle grosse aziende 2. LOCALI Per poterne osservare il comportamento e non far viaggiare le merci da un capo all’altro del Pianeta 3. RISPETTOSI DELL’UOMO Dalle condizioni di lavoro a quelle di vita di chi produce quello che consumiamo 4. RISPETTOSI DELL’AMBIENTE Che limitino il consumo di risorse, l’inquinamento e i rifiuti Jason Nardi
pure impegnativa in termini di tempo. Diversa è la situazione dei gruppi più grandi, ce ne sono da 150-200 famiglie, o anche di più. Una dimensione che comporta vantaggi, ma anche notevoli problemi organizzativi. «Un Gas grande riesce ad ottenere maggiori agevolazioni dai produttori, non tanto in termini economici, quanto di trattamento – spiega Mario Bruscella, del Gas di Rimini – Per un ordine ridotto un produttore non si incarica certo della consegna e bisogna andare a prendere i prodotti nell’azienda agricola. Per i Gas più grandi, invece, sono i produttori ad occuparsi del trasporto. In compenso, però, con così tante famiglie è complicato gestire gli ordini, le spedizioni, lo stoccaggio dei prodotti freschi. Servono volontari che scarichino i camion, perché dati i La misura ideale volumi riempiamo interi camion. Bisogna trovare punti ritiro doOggi continuano ad esistere gruppi di dimensioni ridotte, anzi sove circa una volta alla settimana raccoglieno la maggior parte e molti vogliono restaTERRA FUTURA [DOMENICA 25 MAGGIO A FIRENZE] re i prodotti, aspettando che i membri del re piccoli: se superano la trentina di famigruppo vengano a ritirare la loro parte». glie, si dividono e danno luogo a nuovi L’ASSOCIAZIONE CONSUMATTORI terrà un corso Gas. Di solito si incontrano a casa di uno rapido su: “Come si costituisce un Gas”. Sono invitati a partecipare singoli e famiglie desiderosi dei membri, una volta alla settimana o Rimini o Svizzera? di realizzare un’economia di prossimità, di relazione, ogni quindici giorni, si dividono la spesa e Il Gas di Rimini, circa 120 famiglie, ha trodi fiducia e di mutuo soccorso. Durante il laboratorioraccolgono gli ordini. Ognuno è referente vato la soluzione ai problemi organizzativi simulazione è previsto l’incontro con alcuni produttori che espongono a Terra Futura e una conclusione per una categoria di prodotti, deve tenere i nel web, grazie a un sito internet, un assieme a Euclides Mance, tra i principali promotori rapporti con il produttore e ritirare la mersoftware di gestione e un insieme di ingrainternazionali delle reti di economia solidale. ce per tutti. Una gestione artigianale, sepnaggi da orologio svizzero. «Siamo divisi in | 38 | valori |
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sottogruppi da circa dieci persone, ciascuno dei quali ha un referente che si occupa degli ordini, rigorosamente on line», spiega Brucella. Sul sito www.economa-solidale.org i produttori inseriscono i loro listini e i gasisti caricano gli ordini, selezionando i prodotti da ogni produttore, di solito 7 o 8. Ma il Gas di Rimini prevede anche dei gruppi qualità, logistica, accoglienza, ognuno formato da 5 o 6 persone, che si occupano di un’attività specifica. Una ripartizione dei compiti fondamentale per il funzionamento di gruppi così grandi.
Mettersi in rete «Più un Gas è grande, più si rischia di perdere la dimensione relazionale, un valore chiave dei gruppi di acquisto solidale», dichiara Giuseppe Vergani, coordinatore della Retina, un gruppo di 17 Gas della Brianza, che, per mantenere il piacere di ritrovarsi in piccoli gruppi, ma sfruttare i vantaggi di ordini consistenti, ha creato una rete, dove però ogni Gas è autonomo e indipendente. Una scelta effettuata anche da altri gruppi. «I problemi però non mancano, soprattutto di tipo organizzativo. I Gas della Retina sono sparsi in un territorio vasto: 500 famiglie su tutta la provincia di Monza. La logistica diventa davvero complicata», spiega Vergani. «La dimensione ideale per un Gas dipende dal tipo di acquisto. Per alcuni è meglio che resti piccolo, per altri, come le arance, che arrivano dalla Sicilia, è meglio che la dimensione del gruppo e, quindi, degli ordini sia maggiore», spiega Andrea Saroldi, coordinatore della Rete Gas nazionale. «Far arrivare 50 chili di arance per un singolo Gas avrebbe costi di spedizione altissimi – racconta Vergani –. Per ridurre le spese e l’impatto ambientale del trasporto su camion, concentriamo il più possibile gli ordini, due o tre all’anno, circa 70 quintali alla volta». Ma volumi del genere creano altri problemi: lo stoccaggio – difficile trovare punti di raccolta così grandi - e l’impatto sul budget familiare. «Per un ordine di olio, che facciamo arrivare una vola l’anno dalla Locride, per sostenere le cooperative locali di lotta alla criminalità organizzata - conclude Vergani - paghiamo 12 mila euro, per l’intera rete».
SUD ITALIA IMMUNE ALLA VOGLIA DI GAS SE NON È POSSIBILE INDICARE quanti Gas ci siano in Italia, è evidente invece che la loro distribuzione è tutt’altro che uniforme. Da una ricerca, coordinata da Silvia Sivini per il dipartimento di Sociologia dell’università della Calabria, è emerso che il 64% dei gruppi si trova al Nord (prima la Lombardia, seguita da Piemonte e Veneto), il 30% al Centro e solo il 6% al Sud e Isole. “Il consumo critico si è sviluppato in particolare in aree in cui lo sviluppo capitalistico e industriale e le contraddizioni del sistema economico appaiono più evidenti”, si legge nella ricerca. “La struttura sociale ed economica del Sud ha consentito per più tempo, di avere accesso facilmente a cibo considerato di qualità, perchè fatto dal contadino. Al Sud sembra esistere un rapporto più diretto con la terra”.
UNA MANO DALLE ISTITUZIONI «IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI DI SUPPORTO ai Gas è positivo, soprattutto a livello logistico - dichiara Andrea Saroldi, presidente della Rete Gas - E finora non ne ha snaturato gli obiettivi, anche etici». Alcuni esempi: a Roma lo sportello “Filiera corta”, attivato dal Campidoglio, ha favorito l’acquisto diretto di prodotti agricoli. La Città dell’Altra economia, sempre a Roma, ha dato ai Gas un luogo fisso per riunioni, formazione e incontri. La “Piattaforma bio”, 1500 metri quadri inaugurati nel 2007 dalla Regione Lazio nei nuovi mercati generali, in tre mesi ha permesso la vendita di 38 mila quintali di prodotti biologici, con un fatturato di 4 milioni di euro. A Venezia Comune e Provincia, con il “Tavolo permanente dell’Altra economia” vogliono promuovere una rete di economia solidale in città.
possono anche incidere sulle caratteristiche dei prodotti. A Padova, per esempio, sono riusciti a recuperare l’allevamento della tacchinella dei Colli Euganei, la cui carne possiede valori nutrizionali altissimi. Quelli di Fidenza e Lodi si sono uniti per incentivare la produzione di una varietà tradizionale di grano.
Influenzare la produzione Essere più grandi, però, permette ai Gas di influenzare la produLa nuova frontiera dei Gas: i servizi zione, in termini quantitativi e qualitativi. Gli agricoltori, che venDopo alimenti, detersivi e vestiti (ancora rari), i gruppi di acquidono i loro prodotti solo o soprattutto ai gruppi di acquisto solisto iniziano a orientarsi verso i servizi. «Per settori con un livello dale, ricevono gli ordini al momento della semina, per coltivare la di complessità maggiore come telecomunicazioni, energia e seviquantità giusta, senza sprechi. Il Gas Trentino Arcobaleno tra febzi in generale, è necessario che i Gas si uniscano ad altri attori: braio e marzo raccoglie le prenotazioni di pomodori biologici, fiscommercio equo e solidale, cooperative sociali, istituti di finanza sando un prezzo (nel 2007, 50 centesimi al chilo). L’anno scorso etica, aziende di agricoltura biologica – sostiene Saroldi - È da que350 famiglie si sono assicurate quasi 17 sta idea che sono nate le reti di economia GRAFICO 1 GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE tonnellate di pomodori, che, una volta masolidale (Res) e i distretti di economia solituri, sono stati consegnati ai rispettivi Gas. dale (Des), esperimenti per mettere in re400 «La collaborazione tra produttori e Gas è lazione i protagonisti dei diversi settore 300 fondamentale», spiega Annalisa Gallucci, dell’economia solidale, localizzati in uno responsabile gruppi d’acquisto di Aiab (asstesso territorio». Il Des.Bri, distretto soli200 sociazione per l’agricoltura biologica), che, dale della Brianza, ha lanciato “Cambia 100 insieme a Greenpeace, ha lanciato la camBanda” (www.cambiabanda.it), un proget0 pagna “Godo”: Gruppi organizzati di doto di telefonia con Livecom, il primo ope1994 1996 1998 2000 2002 2004 2007 manda e offerta (vedi SCHEDA ). Ma i gasisti ratore telefonico italiano non profit. È una |
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cooperativa sociale di Padova, dove lavorano anche adolescenti e giovani con problemi di disagio sociale e psichiatrico, che offre a privati e aziende servizi di telefonia in banda larga, sfruttando la linea Adsl, per ridurre i prezzi. Des.Bri sta portando avanti anche il progetto Co-energia, in un primo momento per acquistare energia verde, per poi arrivare a creare una rete di micro-cogenerazione: famiglie che non solo comprino ma anche producano energia
pulita, fotovoltaico, biomassa e minieolico. Una trentina di gruppi in tutta Italia ha costituito l’Associazione dei Gas per l’acquisto di energia. «Stiamo lavorando per stimolare i territori verso acquisti collettivi di energia pulita – racconta Mauro Serventi, fondatore nel 1994 del primo Gas italiano a Fidenza – Alla compagnia elettrica chiediamo la certificazione di ogni chilowatt prodotto e un prezzo trasparente».
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GAS, RES E DES IN ITALIA DES DISTRETTI DI ECONOMIA SOLIDALE E RES RETI DI ECONOMIA SOLIDALE
GAS GRUPPO DI ACQUISTO SOLIDALE
COMO L’Isola che c’è Organizza la fiera dell’economia solidale il 20 e 21 settembre a Villa Guardia (Co) www.isolachece.info
PREZZI GIUSTI DA CHE COSA DIPENDE IL PREZZO DI UN CHILO DI PANE? Dal costo del grano; dalle spese per tutte le fasi di trasformazione dal chicco di grano alla pagnotta; dallo stipendio del contadino, di chi macina la farina, del fornaio, di chi consegna alle panetterie? All’interno dei Gas i prezzi si calcolano così, trascurando volutamente ogni legge di mercato. Il Des della Brianza, ad esempio, ha avviato la produzione di pane biologico, il progetto “Spiga e Madia”, che riproduce, accorciandola, tutta la filiera della panificazione: dal frumento alla molitura, alla cottura, nel raggio di pochi chilometri. E il prezzo? «Ci siamo riuniti attorno a un tavolo, noi consumatori, gli agricoltori, i proprietari del mulino, il fornaio, e abbiamo deciso insieme un prezzo equo perché tutti potessero ricevere un compenso per il loro lavoro – spiega Giuseppe De Santis del Des.Bri – Abbiamo sommato i costi di produzione, quelli di promozione del progetto e uno stipendio dignitoso per chi contribuisce alla produzione». Risultato? Il pane è venduto ai membri dei Gas della Brianza a 2,70 euro al chilo,
contro gli oltre 4 euro di un pane biologico al supermercato o in panetteria, e dai 2,50 ai 3,50 euro di un pane non bio. Perché questa differenza? «Sul mercato vale la legge della domanda e dell’offerta – spiega Giuseppe Vergani, della Retina della Brianza e del dipartimento di statistica dell’università milanese Iulm –. Il prezzo finale non è necessariamente giusto, anzi. Perché potrebbe incorporare lo sfruttamento dei lavoratori o un impatto ambientale negativo. Il contadino prende circa 16 centesimi per un chilo di grano e il pane fatto con questo frumento costa anche più di 3 euro, una differenza ingiustificabile». Roberto Licalzi è un produttore di arance siciliano. Oggi vende solo ai Gas, una trentina in Italia e riesce a vivere bene. Una decina di anni fa ha dovuto abbandonare i campi perché ricevendo 6 centesimi per ogni chilo di agrumi (per poi vederle al supermercato a 1-2 euro), non riusciva neanche a coprire le spese. Oggi ha creato un consorzio di agricoltori e produttori siciliani. Sul sito www.legallinefelici.it i membri dei Gas possono effettuare gli ordini. E.T.
MILANO DesMi: distretto di economia solidale di Milano
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TORINO DesTo, il distretto di economia solidale di Torino
La quantità di Gas indicati è certamente sottostimata, perché sono solo quelli iscritti alla Rete Gas Nazionale, www.retegas.org. I gruppi effettivi in Italia potrebbero essere anche il doppio. Ma effettuare un censimento completo risulta difficile.
BRIANZA Des.Bri: “Verso un distretto di economia solidale in Brianza” laretina@brianzaest.it, desbri@lamondolfiera.it
di ogni Des (Distretti di Economia Solidale), una trentina in tutto in Italia (vedi MAPPA ). Ma ci sono elementi comuni: l’origine, grazie a un gruppo promotore costituito in primo luogo da Gas di Davide Biolghini* e Botteghe del Commercio Equo; la redazione di una “Carta dei principi”; un censimento delle realtà solidali presenti sul territorio (le Pagine Arcobaleno); l’organizzazione di feste o fiere di economia solidale per creare nuove relazioni e per far conoscere questa realtà; la ricostruzione di filiere corte. In alcuni casi la promozione di progetti EcoSol è favorita da enti pubblici (vedi BOX a pag. 39), che possono mettere a disposizione spazi fisici per l’incontro e gli scambi diretti tra produttori e consumatori “responsabili”. In altri, a supporto del progetto dei Des, si può costituire un’associazione. Ma, nella maggior parte di questi primi percorsi, sembra prevalere la tendenza a partire da progetti di tipo culturale, che possano incidere su-
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TRENTO Trentino Arcobaleno www.trentinoarcobaleno.it
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VENEZIA “Venezia per l’AltraEcomomia”, inaugurata a maggio la rete di economia solidale
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IMPERIA Distretto di economia solidale di Imperia gaggino.s@confcooperative.it
BOLOGNA Mercato diverso www.mercatodiverso.it
ANCONA Rees Marche: rete di economia etica e solidale delle Marche www.resmarche.it
ROMA La Città dell’Altra Economia www.altraeconomiaroma.org
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PESCARA-CHIETI Emporio Primo Vere www.emporioprimovere.it
LES NAPOLI Ancora in fase sperimentale, il Laboratorio di Economia Solidale di Napoli ha realizzato le pagine arcobaleno della provincia, con una mappatura delle realtà locali di economia solidale. checcaturato@hotmail.com
Per costruire un sistema diverso bisogna promuovere relazioni basate sulla mutualità, la reciprocità, il dono. IVERSI SONO I PERCORSI CHE HANNO PORTATO ALLA NASCITA
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PISA Res Pisa www.respisa.org
La ricetta per i distretti di economia solidale
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gli stili di vita dei cittadini-consumatori coinvolti e che possano essere gestiti prevalentemente da volontari.
Dal volontariato al mutualismo In Italia, almeno finora, il consumo “responsabile” ha interessato settori socialmente ed economicamente intermedi, in cui gli stessi soggetti imprenditoriali aderenti alle Res (reti di economia solidali) locali hanno relazioni prevalenti con il mercato capitalista e sono fortemente dipendenti dalle sue regole. Per realizzare un’economia solidale non basta l’impegno all’acquisto “responsabile” da parte dei Gas. Anche la domanda e l’offerta di beni e servizi devono diventare sostenibili, domandandosi se e come il loro prezzo “trasparente” possa soddisfare in modo equo i diversi soggetti che partecipano alla filiera. Stabilire in che modo questi progetti trasformino l’economia e il futuro del proprio territorio. Non basta redigere un documento, né limitarsi ad alcuni correttivi del sistema economico attuale. È im-
PALERMO Controilpizzocambiaiconsumi www.addiopizzo.org
RETI LOCALI DI GRUPPI D’ACQUISTO SOLIDALE 1 ROMA Rete dei Gas del Lazio 2 PESARO Rete Gas Marche 3 RIMINI Rete dei Gas della provincia di Rimini 4 MOLINA DI MALO (VICENZA) Rete Gas Vicentini
LOCRIDE [REGGIO CALABRIA] Consorzio Goel www.consorziosociale.coop
5 TORINO GasTorino 6 IVREA (TORINO) Associazione Ecoredia www.ecoredia.it 7 LECCO Rete di Acquisto Solidale “La Stadera” - Bevera di Castello Brianza 8 MONZA la Retina - Comuni della Brianza 9 MILANO InterGas milanese www.gasmilano.org 0 MILANO Al Naturale - Rete di Gas Umanisti, Biodinamici, Equosolidali www.alnaturale.it
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portante costruire spazi dove studiosi e animatori delle reti locali posano riflettere sulle esperienze in corso. Da un incontro nel Des Brianza tra le reti locali lombarde, sono emersi pareri diversi sullo stato attuale dei distretti dopo i primi progetti di filiera corta: dal non ritenerli ancora capaci di gestire progetti federatori, al vederli come già in grado di influenzare le policies territoriali. Tendenza comune è tuttavia quella di considerare il proprio distretto legato ad un impegno di tipo volontaristico.
In bilancio anche il dono Per costruire un’economia diversa non basta accorciare la filiera, bisogna anche promuovere relazioni mutualistiche, di reciprocità (sul modello delle banche del
tempo) e di dono (do senza aspettarmi nulla in cambio), ricostruire relazioni di comunità e di scambi non solo monetari. Nel nostro Paese esiste un’esperienza storica di imprese mutualistiche, migliaia di cooperative sociali e non, che però non sempre hanno mantenuto nel tempo queste caratteristiche. Come nelle prime Società Operaie di Mutuo Soccorso, i protagonisti del Des dovrebbero contribuire solidalmente a un fondo comune, a cui i membri della rete che ne abbiano bisogno possano attingere.
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* Esperto di “teoria delle reti” sociali e virtuali. Ha seguito la costruzione delle principali reti di economia solidale in Italia. È partner di ricerca di Equal “Nuovi stili di vita”, primo progetto europeo sullo sviluppo dei distretti di economia solidale.
PRODUTTORI E CONSUMATORI INSIEME
ALLE ACLI UNA CASA PER I GAS
PERCHÉ FARE TANTE ORDINAZIONI DIVERSE a ciascun agricoltore quando se ne può fare una sola? È la domanda alla base del progetto Godo (Gruppi organizzati di domanda e offerta), avviato da Aiab e Greenpeace. L’obiettivo è creare piccoli consorzi tra produttori biologici, con cui i Gas possano gestire gli ordini in modo più semplice. In questo modo il paniere di prodotti acquistabili si allargherebbe, i costi e l’impatto ambientale della distribuzione si ridurrebbero e i produttori sarebbero equamente remunerati. È stato lanciato il “cassettone bio”: una cassa di frutta e verdura biologica di stagione che può essere ordinata direttamente ai produttori o attraverso numerose cooperative. La consegna? A domicilio o nei punti di raccolta. A Roma sono più di 2000 le famiglie che li acquistano. www.aiab.it Em.Is.
IL LEGAME CON IL TERRITORIO e l’interesse per le persone, i diritti, l’eguaglianza accomunano le due realtà: le Acli, Associazioni cristiane lavoratori italiani (una rete di 8 mila strutture territoriali), e i Gruppi di acquisto solidale. Per questo motivo in tutta Italia, in modo spontaneo, su iniziativa locale e senza alcun coordinamento centrale, molti circoli Acli stanno aprendo le porte ai Gas, diventandone promotori e fornendo loro supporti logistici. “L’idea dell’acquisto in comune tra un gruppo di consumatori è alla base degli spacci Acli, diffusi negli anni 70, oggi praticamente scomparsi”, racconta Paolo Ricotti, coordinatore Acli della provincia di Milano. “Ora vogliamo recuperare quel modo solidale, etico, aggregativo di approcciarsi al consumo, con un’attenzione alla qualità e al risparmio”. www.acli.it E.T. La festa dell’anno scorso dei Gas marchigiani alla “Contrada del Raglio”, azienda agrituristica a Potenza Picena (Macerata). www.resmarche.it www.gasrecanati.org
Zoes.it, la community dell’economia solidale e sostenibile
Dopo un percorso partecipativo di oltre un anno, che ha coinvolto molti soggetti del mondo dell’economia solidale e del terzo settore, in tavoli di confronto per raccogliere esperienze e bisogni, è nato il primo social network equosostenibile. le, che permetta di connettere quelle esistenti e di crearne di nuove. ImMMAGINA UN LUOGO DOVE SI POSSONO INCONTRARE PRODUTTORI remagina di poter trovare sulla mappa della tua città tutte le realtà del sponsabili e consumatori consapevoli, dove scambiare idee, commercio equo o i gruppi di acquisto o le associazioni che si occupacompetenze e buone pratiche, dove trovare riferimenti su tutto no di un tema specifico. Immagina una grande piazza e “mercato” perquello che si muove nell’ambito dell’economia di Jason Nardi solidale. Immagina una comunità locale e nazio- manente, che è aperta tutto l’anno e sia collegata a manifestazioni importanti come Terra Futura e Fa’ la cosa giusta. Stai immaginando Zoes. nale al tempo stesso, che metta in contatto e dia spazio a tutte le iniziative di sostenibilità ambientale e sociale che crescono e si moltiplicano in ItaZona equosostenibile lia, dai Gas alle comunità energetiche, dai “decreZoes.it è infatti una community virtuale che I GAS ESISTONO, ANCHE PER LA LEGGE scenti” ai “cambieresti”, dalle cooperative e tutti i mette in relazione persone, gruppi, imprese, asproduttori impegnati in un percorso di responsasociazioni, enti che condividono i principi e le PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, una legge, bilità sociale ai gruppi territoriali di Banca Etica e pratiche dell’equosostenibilità. È un sistema di la Finanziaria 2008, contiene una norma di tutti gli altri soggetti di finanza etica, dai bioare-commerce che privilegia l’acquisto solidale e che riconosce i Gas e scioglie ogni dubbio sulla questione fiscale: i gruppi di acquisto chitetti ai comuni ed enti locali virtuosi, dai “km collettivo nel rispetto dell’ambiente, del prezzo solidale non devono pagare l’Iva, perché zero” ai “rifiuti zero”... Immagina un mezzo per trasparente e della responsabilità sociale. È una non svolgono attività commerciale. promuovere le reti territoriali di economia solidamappa da usare per orientarsi nel mondo delle
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reti, delle iniziative, delle azioni e delle possibilità dell’economia solidale e della sostenibilità. È un atlante dove trovare riferimenti alle buone pratiche e al consumo critico in Italia e non solo. È anche informazione, partecipazione, interazione, costruzione collettiva, diffusione della conoscenza, condivisione di risorse... In breve, Zoes è una piattaforma di servizio e informazione sull’economia solidale e la sostenibilità.
Mettere in rete l’economia solidale e sostenibile Negli ultimi 10 anni, sulla scia dei movimenti e delle campagne “per un altro mondo possibile” che si sono ritrovate nel Forum sociale mondiale (e in particolare nel Forum sociale europeo a Firenze), in Italia si sono moltiplicate le iniziative e le comunità di pratica per una vita sostenibile. È anche grazie a queste che si sono sviluppate manifestazioni e fiere come Terra Futura, Fa’ la cosa giusta o reti co-
I GAS PER CAMBIARE “STILE DI VITA” ORIENTARE FAMIGLIE E GIOVANI verso pratiche di consumo sostenibile. È lo scopo del progetto “NuoviStilidivita” attuato in tre Comuni dell’Adda (Inzago, Trezzo, Truccazzano). Gli strumenti per raggiungerlo? Promuovere l’aggregazione in Gruppi di acquisto solidali; stimolare relazioni dirette tra produttori (in particolare gli agricoltori) di beni e servizi “compatibili” con l’ambiente e consumatori “responsabili”; aumentare il peso degli Acquisti verdi negli enti pubblici. Verrà costruito un paniere di prodotti e servizi dell’economia locale, qualificando la domanda, cioè degli stili di consumo dei cittadini e delle Amministrazioni, applicando i principi e le pratiche di sostenibilità ambientale (sociale ed economica). I promotori: l’Associazione dei Comuni dell’Adda e il Forum Cooperazione e Tecnologia.
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me Lilliput; o sono nate Città dell’Altreconomia come quella di Roma e altre iniziative locali o nazionali di partecipazione attiva. La ricchezza e la diversità di queste realtà sono impressionanti, come anche la capacità creativa che le anima. I tempi sono maturi per ricreare sulla Rete una piattaforma di convergenza delle realtà dell’economia solidale e della sostenibilità: gruppi di acquisto solidale (GAS), distretti dell’economia solidale (DES) e rete dell’economia solidale (RES), produttori del biologico, mercati contadini e consumatori critici, operatori del turismo responsabile, del commercio equo, del risparmio energetico e della produzione di energia alternativa, della mobilità ecologica, della ristorazione biologica, fino ai servizi e prodotti di econoLIBRI mia e finanza etica. E ancora: i settori dell’abbigliamento e dell’arredamento ecologico, della bioarchitettura, dell’informatica “libera e aperta”, dell’informazione ed editoria indipendente, dell’igiene e delle medicine alternative, della cooperazione e del cooperativismo, delle banche del tempo, della valorizzazione delle competenze culturali e multiculturali...
Uno spazio aperto per lo scambio reale Zoes è dunque una piazza e un mercato virtuale. Non solo informazione, ma un punto di riferimento dove si incontrano produttori, imprenditori, distributori, fornitori di servizi, operatori, professionisti, amministratori, consumatori e cittadini sensibili. È piattaforma aperta (e naturalmente basata sul software libero) di commercio elettronico di prodotti e servizi “equo-sostenibili”, luogo di scambio sotto varie forme innovative e sperimentali, incrocio tra domanda e offerta di progetti e imprenditorialità innovativa con l’idea in prospettiva di attivare un “borsino delle opportunità finanziarie” per incontrare potenziali finanziatori o investitori “etici” nel settore. E dove poter fare acquisti collettivi per risparmiare sul trasporto e sull’ambiente. Il sistema è completamente georeferenziato, per cui è possibile individuare sulla mappa tutti i soggetti segnalati. Si avvale inoltre di un potente motore di ricerca semantico. Zoes.it ha infine una forte impronta di “social networking” e web 2.0, promuovendo le reti tra individui e tra comunità di pratica. Ma le idee non si fermano qui. Sulla scorta di esperienze come quella dell’economia solidale brasiliana e delle varie monete locali, è allo studio un sistema di moneta virtuale come modalità alternativa e solidale di economia tra organizzazioni ed imprese aderenti. Co-
me anche una “banca delle risorse”: dalle competenze di persone e organizzazioni, a luoghi e servizi da poter scambiare e condividere. Zoes sarà un laboratorio dove approfondire, testare e mettere in pratica opportunità come questa, grazie anche all’esperienza delle realtà che la promuovono.
Segnalato da...
Uno dei nodi maggiori che Zoes.it ha dovuto affrontare è come “accogliere” soggetti economici che desiderano entrare a far parte della “community” e offrire i propri prodotti e servizi attraverso il “buonmercato” sul sito. L’intenzione non è quella di certificare i membri del sito (per questo esistono già enti certificatori e altri organismi preposti), ma offrire una selezione di organizzazioni che sono riconosciute nella rete di relazioni e di filiera come eque e sostenibili. È stato quindi definito un sistema di accreditamento che dia modo al visitatore di avere il maggior numero di informazioni possibili sul ruolo sociale, culturale ed economico delle organizzazioni presenti - attraverso quattro diversi livelli: Andrea Saroldi 1. segnalazione da parte di altri membri e di reti di orGruppi di Acquisto ganizzazioni Solidali 2. autocertificazione e presentazione, secondo un queEdizioni EMI, 2001 stionario con criteri di trasparenza, sostenibilità, relazione e impatto sul proprio territorio 3. screening redazionale, attraverso informazioni pubblicamente disponibili 4. commenti degli utenti del sito (in particolare di chi ha utilizzato servizi e prodotti) Lorenzo Valera GAS. Gruppi di acquisto solidali Terre di Mezzo, 2005
Davide Biolghini Il popèolo dell’economia solidale Edizioni EMI, 2007
LINK UTILI Sito della Rete nazionale dei Gas
www.retegas.org
Sito della Rete di economia solidale
www.retecosol.org
Sito dell’Associazione agricoltura biologica Sito di gestione dei Gas
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APPUNTAMENTI MAGGIO>GIUGNO
Francesco Gesualdi Sobrietà Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti Feltrinelli, 2005
I promotori Zoes.it nasce con l’idea di fornire servizi e informazioni a tutte le comunità di pratica, i produttori e i consumatori sensibili per ampliare il numero di persone e organizzazioni che si fanno a loro volta promotori della sostenibilità e della responsabilità sociale sul proprio territorio. Non a caso tra i principali promotori c’è la Fondazione culturale responsabilità etica (del sistema Banca Etica): un’organizzazione autorevole a garanzia che informazioni, prodotti e servizi provengano realmente da soggetti di economia solidale. Co-promotore è la Fondazione Sistema Toscana, a garanzia ulteriore sul lato tecnico e progettuale, grazie all’esperienza di www.intoscana.it, il portale ufficiale del “sistema” Toscana. L’idea delle fondazioni si concretizza in un forte impegno per fornire uno strumento a disposizione di tutti che favorisca la crescita della comunità ecosostenibile. ll progetto sarà presentato a fine maggio durante Terra Futura 2008 e nei prossimi mesi le alleanze che già si stanno costruendo inizieranno a promuoverlo. Sono in corso, infatti, accordi con alcune delle maggiori organizzazioni nonprofit nazionali dei vari settori, perché diventino partner e diffondano zoes.it all’interno INFO delle loro reti e dei loro soci, condividendone lo spirito e una partecipa@zoes.it progettazione comune.
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8-12 maggio TORINO XXI FIERA INTERNAZIONALE DEL LIBRO Tema dell’edizione di quest’anno è: Ci salverà la bellezza? Torino Lingotto Fiere www.fieralibro.it
9-11 maggio PADOVA XIII EDIZIONE CIVITAS – LA PIAZZA DELLA SOLIDARIETÀ, DELL’ECONOMIA SOCIALE E CIVILE Tema di quest’anno: “Un mosaico da costruire. La persona, la città, il pianeta” www.civitasonline.it
10 maggio GIORNATA MONDIALE DEL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE Il tema di quest’anno è “Fair trade + Ecology”, ovvero la relazione tra commercio equo e ambiente. www.wftday.org 11 maggio 2008 ZELATA DI BEREGUARDO (PAVIA) GIORNATA DEL CONSUMATORE Banchetti di prodotti biodinamici, giochi per adulti e bambini e una conferenza sull’agricoltura biodinamica con Fabio Brescacin, presidente Ecor. Organizzata dall’associazione per l’agricoltura biodinamica e da Ecor. www.rudolfsteiner.it/biodinamica
13-16 maggio OASI DI CAVORETTO (TORINO) IL LAVORO DI STRADA CON I GIOVANI Corso di formazione per operatori sociali Università di Strada – Gruppo Abele www.gruppoabele.org
15-17 maggio VERONA SOLAREXPO 2008 & GREENBUILDING Mostra e Convegno internazionale su efficienza energetica e architettura sostenibile Fiera di Verona www.solarexpo.com
15-17 maggio VENEZIA II CONGRESSO FEDERALE AIAB Due convegni: “I Mercati del bio: filiera corta e sviluppo locale” e “La biodiversità coltivata” Venice International University www.aiab.it 16 maggio COMO LEGALITÀ E SUD: L’ ESPERIENZA DELLA LOCRIDE Dalla relazione con il Consorzio GOEL, impegnato nella Locride per promuovere l’integrazione sociale e la lotta alla precarietà con cui la ‘ndrangheta mantiene il controllo di quei territori, nasce l’idea di un corso di conoscenza e un viaggio in Calabria. Associazione L'Isola che c'è Coordinamento Comasco per la Pace. www.lisolachece.org
16-17 maggio EUROPEAN SOLAR DAYS Ambiente Italia, Legambiente, Kyoto Club, Assolterm, Assosolare, Solarexpo e Gifi lanciano I Giorni del Sole www.eusd.it 16-18 maggio CAMALDOLI (AREZZO) VOLONTARI PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO Corso di formazione organizzato da Coopi – Cooperazione internazionale, CIES – centro informazione ed educazione allo sviluppo, CNV di Lucca e Africa Insieme di Pisa. www.coopi.org 17 maggio BARI FESTIVAL TEATRALE PALCHI DI MONDO Puccettina e la bottega delle sette leghe Favola equa e solidale per bambini da 10 anni in sù. Tappa in puglia per il tour teatrale nato per comunicare i principi del Commercio Equo. www.palchidimondo.ilcannocchiale.it www.unsolomondo.org 17-18 maggio AVEZZANO (L’AQUILA) SULLE ORME DELLA NATURA Prima edizione del Villaggio Bioecologico organizzato dall’associazione Vita Sana. www.sulleormedellanatura.it
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
17-18 maggio MISANO (RICCIONE) I GAS NELLE COSTRUZIONE DELLE ALTERNATIVE VIII convegno nazionale dei Gruppi d’acquisto solidale www.retegas.org
18 maggio PETACCIATO (CAMPOBASSO) PORTE APERTE ALLA FATTORIA DI VAIRA Ecor, Naturasì e Banca Etica presentano l’azienda agricola che pratica e sperimenta il metodo biodinamico di agricoltura. Tel. 0438/720410, www.ecor.it 21-23 maggio FERRARA H2O Mostra Internazionale delle tecnologie per il trattamento dell’acqua. www.accadueo.com
23-25 maggio FIRENZE TERRA FUTURA Quinta edizione della mostra-convegno internazionale sulle buone pratiche di sostenibilità, promossa da Banca Etica, Fondazione Responsabilità Etica e Adescoop in partnership con Acli, Arci, Caritas, Cisl, Fiera delle Utopie concrete e Legambiente www.terrafutura.it
23-25 maggio FIRENZE RUÒTATI ZEV (ZERO EMISSION VEHICLES) XI Festival delle ruote ecologiche. Mostra, Gran Premio e convegno internazionale: dai pattini all'autobus elettrico. Mostra: Parco delle Cascine, viale Abramo Lincoln. Convegno: Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria www.ruotati.com 24-30 maggio SETTIMANA DELLE AREE PROTETTE In occasione della III Giornata europea dei Parchi (24 maggio), Legambiente dedica una settimana alla promozione della aree protette nel nostro Paese. www.legambiente.eu e www.europarc.org |
25-28 maggio BARI LA PIAZZA DELL’EDILIZIA SOSTENIBILE Eesposizione di prodotti di bioedilizia e per il risparmio energetico Fiera EdilLevante www.ecodialogando.com 29 maggio - 2 giugno TRENTO FESTIVAL DELL’ECONOMIA Tema della III edizione sarà “Mercato e democrazia”. Tra gli oltre 300 relatori, Anthony Giddens, Romano Prodi, Nouriel Roubini. www.festivaleconomia.it 3 giugno ROMA PRESENTAZIONE GUIDA BLU 2008 L’appuntamento con la nota classifica di Legambiente sulla qualità delle località costiere. www.legambiente.eu 3 - 5 giugno MILANO POWER-GEN EUROPE Fiera europea sulla produzione di energia www.powergeneurope.com 5 giugno GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE Il 2008 è l’Anno Internazionale del Pianeta. L’Italia celebrerà la giornata con numerose iniziative. unep.org/wed/2008 6 giugno VENEZIA LE BASI DELL’AZIONE SOCIALE: FIDUCIA, NORME E RELAZIONI DI RETE Origine, significato e rilevanza del capitale sociale Facoltà di Economia - università Ca’ Foscari www.unive.it/economia 7 giugno MOBILITAZIONE NAZIONALE PER IL CLIMA Lo slogan di quest’anno è “Fermiamo la febbre del pianeta, facciamolo noi, facciamolo adesso”. www.legambiente.eu 16-20 giugno MODENA MODENABIO2008 XVI congresso mondiale dell’agricoltura biologica organizzato da Ifoam. Tra gli ospiti Vandana Shiva, Evo Morales, Serge Latouche, Carlo Petrini e Wolfgang Sachs. www.modenabio2008.org
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Imparare a risparmiare. La microfinanza per il welfare >48 Eni ed Enel. Tutto pronto per le assemblee >51 Centoventi accordi per Intesa-Sanpaolo >52
finanzaetica NIGERIA I GOVERNI FINANZIANO IL MICROCREDITO
CLUSTER BOMB: NUOVA ZELANDA E IRLANDA FANNO MARCIA INDIETRO
ADDIO PETROCHINA, DALL’UE UNA SCELTA ETICA
17 MILA CONTRO DEUTSCHE TELEKOM
BAE SYSTEMS: LE INDAGINI POSSONO RIPARTIRE
AL VIA L’INDICE AZIONARIO “TERROR-FREE”
Il governo di Lagos ha annunciato una norma sul finanziamento del microcredito in Nigeria. Ne ha dato notizia il quotidiano locale Vanguard. Parlando in occasione dell’inaugurazione della Berachah Micro-Finance Bank Limited, uno dei numerosi istituti di credito nigeriani specializzati nella microfinanza, il governatore di Lagos, Babatunde Fashola, ha annunciato di aver inviato all’Assemblea Nazionale una proposta di legge per l’introduzione di una norma che imponga ai governi locali di destinare almeno l’1% del proprio budget alle operazioni di microfinanza. Le associazioni di microcredito hanno conosciuto una grande espansione in Nigeria (secondo gli ultimi dati della Banca Centrale nigeriana sarebbero addirittura 716), grazie anche alla politica di sostegno implementata dal governo negli ultimi anni. A parlare per la prima volta di una norma che imponesse il finanziamento statale al microcredito era stato il presidente della repubblica Olusegun Obasanjo sul finire del 2005. Come ha ricordato il sottosegretario allo sviluppo rurale Hon Paul Kalejaiye, l’accesso alle risorse microfinanziarie continua ad essere uno dei principali problemi per i Paesi poveri mentre la diffusione delle associazioni di microcredito non risulterebbe efficace soltanto nella lotta alla povertà, ma anche nell’abbattimento della diffusa corruzione.
Il Super Fund, il fondo pensione governativo riservato ai dipendenti pubblici della Nuova Zelanda, cederà la propria partecipazione azionaria nelle società impegnate nella produzione delle micidiali bombe a grappolo, le tristemente celebri cluster bombs. Per quanto di scarso peso finanziario (secondo l’ultimo rilevamento, a giugno 2007 l’ammontare degli investimenti del Super Fund in società del settore era pari a 13 milioni di euro, ovvero lo 0,2% del capitale del fondo), il provvedimento esprime un forte segnale circa l’impegno del governo di Auckland nella campagna internazionale per la messa al bando degli ordigni a frammentazione. «Accolgo con piacere questo importante annuncio da parte del Board of Guardians (l’organismo che supervisiona le attività del fondo, ndr) – ha dichiarato il ministro neozelandese per il Disarmo e il Controllo delle Armi Phil Goff –. Sebbene indipendente per legge, il Board aderisce a una politica di investimento responsabile ed è conscio del forte sostegno della Nuova Zelanda alla messa al bando delle cluster munitions». Unitamente a Austria, Irlanda, Messico, Perù e Norvegia (che a gennaio ha disinvestito in tre società), la Nuova Zelanda aderisce al cosiddetto Oslo Process, un’iniziativa che ha preso il via lo scorso anno con l’obiettivo di rendere illegali gli ordigni a grappolo. Nel corso di una riunione programmata a Dublino nel mese di maggio, i sei Paesi dovrebbero redigere la stesura definitiva del documento per la messa al bando delle bombe. In lieve anticipo sull’omologo neozelandese, anche il National Pension Reserve Fund (NPRF) irlandese ha annunciato di voler abbandonare le proprie partecipazioni in sei società del settore delle cluster bombs: Raytheon, General Dynamics, Lockheed Martin, Alliant Techsystems, L-3 Communications e Thales. Il valore azionario dell’operazione è di 27 milioni di euro, quello del NPRF di 21,3 miliardi.
Il Parlamento Europeo ha ritirato la propria partecipazione dalla compagnia petrolifera PetroChina a causa del solido legame tra il governo di Pechino, che attraverso la China National Petroleum Corporation ne controlla l’88%, e il regime sudanese. L’UE ha così accolto la richiesta presentata da un gruppo di europarlamentari guidati dalla gallese Glenys Kinnock e dall’Ong britannica Aegis Trust di boicottare l’impresa cinese che, attraverso le royalties versate a Khartoum, finanzia di fatto il conflitto nel Darfur. La partecipazione dell’UE faceva parte del portafoglio del fondo pensione europeo (MEP). “Le azioni superano le parole – ha commentato il direttore di Aegis Trust James Smith –. La Aegis si augura che altri parlamenti e governi europei seguano le orme dell’UE e mandino al Sudan un messaggio finanziario: le atrocità di massa devono cessare adesso. PetroChina ha disatteso gli impegni continuando a finanziare il regime sudanese mentre quest’ultimo attaccava i suoi stessi cittadini. Ad uno ad uno, gli investitori dotati di coscienza hanno abbandonato PetroChina”. Tra i fondi pensione che si sono disimpegnati dalla compagnia cinese il PGGM, secondo fondo olandese, e gli statunitensi Fidelity Investments e Hathaway di proprietà dell’uomo più ricco del pianeta, il miliardario americano Warren Buffet.
Ha preso il via ad aprile il maxiprocesso che vede oltre 800 avvocati impegnati nella tutela degli interessi di circa 17 mila azionisti in causa contro la Deutsche Telekom. La compagnia è accusata di aver gonfiato le cifre delle prospettive di ricavo in occasione dell’immissione sul mercato della sua terza tranche di azioni nel 2000. All’epoca un singolo titolo di DT venne quotato a 66,50 euro, un valore sei volte superiore a quello odierno. Alla DT si rimprovera di aver nascosto la propria intenzione di sborsare 35 miliardi di dollari per l’acquisizione della società statunitense Voicestream. La richiesta complessiva di risarcimento danni ammonta a 80 milioni di dollari. Come ha sottolineato il quotidiano britannico Guardian, tuttavia, il caso, che rappresenta in Germania il primo esempio di class action dopo la riforma legislativa (in linea con le proposte avanzate dalla commissaria UE alla Concorrenza Neelie Kroes), rischia di trascinarsi per anni di fronte all’incredibile mole di documenti, udienze e personale impiegato. Difficile inoltre che DT possa abbreviare i tempi scegliendo la strada del patteggiamento (opzione cui aveva fatto recentemente ricorso in un caso simile negli Stati Uniti) dal momento che, per stessa ammissione degli avvocati dei querelanti, le prospettive di una vittoria degli azionisti non sembrano essere molte.
Per le Ong britanniche Campaign Against Arms Trade (CAAT) e The Corner House è arrivata la vittoria tanto attesa. Venendo incontro alle loro richieste, l’Alta Corte di Londra ha dichiarato illegittima la decisione di interrompere le indagini a carico di BAE Systems, il principale fornitore militare europeo. BAE era sotto inchiesta per il presunto utilizzo di 114 milioni di dollari, provenienti da fondi neri, allo scopo di corrompere alcuni funzionari del governo dell’Arabia Saudita, ma nel dicembre 2006 il Serious Fraud Office (SFO) britannico aveva deciso di sospendere le indagini a carico della compagnia. Il caso era stato avviato in relazioni agli accordi ventennali sottoscritti nel 1985 tra BAE Systems e il governo di Ryad e conosciuti come “Al Yamamah”. L’intesa, dal valore di 33 miliardi di euro, prevedeva la vendita di aerei e navi da guerra. Nel corso delle indagini il SFO si trovò ad un passo dall’ottenere l’accesso ai dati dei conti svizzeri coinvolti nell’operazione quando l’ambasciatore saudita a Washington Bandar bin Sultan (oggi presidente del Consiglio nazionale di sicurezza) minacciò di ritirare il suo Paese dall’affare se l’inchiesta non fosse stata interrotta. Pare che l’allora premier Tony Blair avesse espresso la propria convinzione circa l’opportunità di chiudere le indagini allo scopo di garantire la buona riuscita dell’affare. Secondo i giudici dell’Alta Corte, la decisione accondiscendente del SFO rappresentò “un tentativo riuscito da parte di un governo straniero di pervertire il corso della giustizia nel Regno Unito”.
Investire senza finanziare il terrorismo internazionale. A tal fine è nato il CSAG Terror-Free, l’ultimo indice azionario realizzato dalla FTSE (controllata dal Financial Times e dalla London Stock Exchange, la borsa britannica) e dal Conflict Securities Advisory Group (CSAG), un centro di ricerca con sede a Washington. Escluse dall’indice le imprese che fanno affari in Iran, Siria, Sudan e Corea del Nord, i quattro membri del cosiddetto “asse del male”. Una nota della FTSE spiega che la messa al bando delle società che agiscono in questi Paesi (con l’eccezione delle imprese che operano esclusivamente in campo umanitario) è in linea con la politica di monitoraggio finanziario già adottata da organizzazioni pubbliche e private e da 19 stati americani tra cui New York, New Jersey, Massachusetts, California, Texas, Pennsylvania, Maryland, Missouri e Louisiana. “FTSE e CSAG hanno accolto la domanda degli investitori americani per una possibilità di investimento “terror-free” introducendo a tale scopo questo nuovo indice” hanno commentato il presidente di FTSE Americas Jerry Moskowitz e il Ceo di CSAG Roger Robinson in una nota congiunta. Le compagnie escluse dall’indice sono state informate della decisione e sollecitate a fornire eventuali chiarimenti. I loro nomi non sono stati resi noti.
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Imparare a risparmiare La microfinanza al servizio del welfare La Provincia di Torino sperimenta un nuovo strumento di microfinanza e di welfare, molto usato negli Stati Uniti per la lotta alla povertà: l’assets building. Chi riesce a risparmiare è premiato. La filiale locale di Banca Etica ha studiato i casi Oltreoceano ed è partner nella realizzazione del progetto nel capoluogo piemontese. ER OGNI EURO CHE METTO DA PARTE, ne ricevo un altro. Non
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è una delle tante offerte che si trovano al supermercato e che spingono ad acquistare sempre di più. Anzi, al contrario, è uno stimolo a risparmiare. Si chiama assets building, un di Elisabetta Tramonto termine anglosassone, come anglosassoni sono le origini di questo strumento di microfinanza e di welfare. È applicato nei contesti di vulnerabilità sociale. Non, quindi, di povertà estrema. Situazioni, oggi sempre più comuni, di incertezza economica e sociale, dovuta all’instabilità lavorativa, alla difficoltà di acquistare una casa, al caro vita. Il temine assets building si può tradurre come “costruzione di un patrimonio”. Si basa sul concetto che il benessere non dipenda tanto dal reddito, quanto dal patrimonio. Non dallo stipendio a fine mese, ma da quanto si riesce a mettere da parte, per progettare il proprio futuro. Fondamentale, quindi, il risparmio. Su questo si basa l’assets building: educare al risparmio. Il concetto di base è lo stesso che guida il microcredito: non basta risolvere un’emergenza, bisogna pensare al lungo termine. I fondi stanziati dall’ente pubblico vengono assegnati alle famiglie in difficoltà, ma che percepiscono un reddito, purché dimostrino di impegnarsi a risparmiare. Uno strumento di aiuto individuale che però porta benefici all’intera so-
cietà. La spesa sostenuta dallo Stato o dall’ente pubblico è un investimento, economico e sociale, sul futuro. Economico, perché il risparmio di una famiglia, moltiplicato grazie ai fondi pubblici, si trasforma in crescita economica per tutta la società, aumentando le possibilità di acquistare beni e servizi. Un investimento sociale perché educare al risparmio significa educare alla progettualità, responsabilizzare, guardare al futuro. Lo sottolinea uno studio condotto dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel 2003, intitolato “L’assets building e l’uscita dalla povertà: un nuovo dibattito sulla politica di welfare”. A trarne beneficio è anche lo Stato. Negli Usa, leader dei programmi di assets building, l’Ong Corporation for Enterprise Development (CFED) ha stimato che per ogni dollaro investito in programmi di risparmio assistito e integrato, dovrebbero ritornarne cinque nelle casse pubbliche: maggiori vendite, case, nuove attività, una migliore performance scolastica a livello nazionale.
A Torino con la Provincia e Banca Etica La Provincia di Torino, insieme alla filiale locale di Banca Etica, ha avviato la prima sperimentazione in Italia di asset building. Rientra nel Programma triennale di politiche pubbliche di contrasto alla vulne-
rabilità sociale e alla povertà (2005-2008), “Fragili Orizzonti” (Provincia di Torino, Servizio Solidarietà Sociale, responsabile: Cristina Cappelli, cristina.cappelli@provincia.torino.it). Un programma integrato che prevede un intervento in cinque ambiti: il sostegno al risparmio e al credito (assets building e microcredito), il consumo responsabile, le politiche abitative, per la salute e per il lavoro. I dati dell’Osservatorio del Nord Ovest hanno rilevato, nella provincia di Torino, una situazione di fragilità economica che riduce il tenore di vita delle famiglie, senza arrivare a un’effettiva povertà. Il 25% delle famiglie non riesce a risparmiare, il 20% non possiede capitali significativi. In un contesto simile, l’assets building risulta lo strumento ideale. La Provincia ha stanziato 120 mila euro, pensando a 80 beneficiari, suddivisi in quattro zone, con un contributo massimo di 1.500 euro a testa (nel caso in cui riesca a risparmiarne altri 1.500). I beneficiari individuati si dividono in due categorie: i giovani, studenti e non, tra i 17 e i 25 anni e le donne, con un figlio a carico o senza patente. Obiettivi: per i giovani il proseguimento degli studi e l’avvio al mondo del lavoro, per le donne il miglioramento della gestione del bilancio familiare e la possibilità di ottenere la patente per agevolare la ricerca di un impiego. Il programma prevede un percorso di formazione e di educazione al risparmio, organizzato da Banca Etica. Entrerà nel vivo nei prossimi mesi. È ancora presto quindi per poterne valutare i risultati. Meglio guardare Oltreoceano, negli Stati Uniti e in Canada, dove l’assets building è uno strumento già collaudato. La Provincia di Torino ha affidato a Banca Etica il compito di elaborare un modello di assets building adatto alla realtà torinese. Nadia Lambiase ha condotto lo studio, verificando sul campo i progetti già avviati: negli Stati Uniti, con la Ong Corporation for Enterprise Development (CFED, www.cfed.org), e in Canada, con la società di studi sociali Social Research and Demonstration Corporation (www.srdc.org). Ci concentreremo in particolare sul caso americano, perché maggiori sono i dati a disposizione.
La lezione da Oltreoceano Mettere nero su bianco la ricetta dell’asset building non è semplice. Troppi i fattori, anche esterni, che influenzano il risultato finale. Troppe le differenze tra le diverse società dove viene applicato e le modalità, ma si possono trarre alcune conclusioni. Per quanto riguarda i programmi di risparmio è emerso che maggiore è l’obiettivo che ci si prefigge, minore è la tentazione di prelevare in banca e spen-
dere i soldi messi da parte. Ma anche che più sono frequenti e regolari i depositi, anche di piccole somme, in banca, maggiore è il risparmio. Come se tenere i soldi in banca, sia un deterrente alla spesa. La maggior parte dei partecipanti ai programmi di asset building ha risparmiato riducendo i consumi e cambiando i propri comportamenti di spesa: comprando quantità inferiori di cibo, mangiando meno fuori casa, spendendo meno per il tempo libero. Risparmiare però è risultato più difficile del previsto. Nella sperimentazione americana della CFED solo il 60% dei partecipanti ha messo da parte la somma prefissata. Il risparmio medio mensile era di 25 dollari, contro i 43 stabiliti. La formazione finanziaria di base ha avuto effetti molto positivi sulla capacità di risparmiare. I migliori risparmiatori (non si tratta però di risultati statistici significativi) sono risultate le donne, intorno ai 40 anni, con un livello di istruzione alto (laurea). Un risultato interessante: la correlazione tra reddito e risparmio. Guadagnare di più non porta a risparmiare di più, anzi. L’asset building si è rivelato uno strumento efficace per combattere l’usura.
Segreti per il successo dell’asset building
Dalla ricerca di Banca Etica si possono trarre alcune conclusioni, seppure con una certa semplificazione. Risultano fondamentali la diffusione della cultura del risparmio, l’attenzione alla formazione, il carattere locale dei progetti e dei finanziamenti, che permettono di interpretare e rispondere meglio ai bisogni del territorio. Negli Usa l’assets building è nato dal basso, non da un’iniziativa pubblica, bensì grazie a piccoli programmi da parte di gruppi non profit locali. Questo sembra essere un elemento determinante per l’esito dei programmi. Fondamentale il ruolo degli organizzatori che devono lavorare su due livelli: locale, grazie al rapporto di fiducia con la popolazione degli enti radicati sul territorio. E nazionale, per il coordinamento dei programmi. Centrale anche il ruolo dei finanziatori, banche o fondazioni. Difficile trovare istituti di credito disposti a impiegare i propri fondi in progetti di assets building. Non esistono L’ASSET BUILDING MADE IN USA infatti ancora dati che dimostrino la convenienza, per i finanziatori” di questi progetti. È necessario vaCIRCA 540 i programmi di asset lutare le componenti di investimento sociale, e non building attivi, sponsorizzati da enti locali o fondazioni tanto finanziario, dell’assets building. Deve essere viOltre 50 mila i partecipanti, sto come uno strumento di lungo periodo, basato sul49 Stati coinvolti, 367 miliardi di dollari erogati dal governo la costruzione graduale di un patrimonio. Deve riufederale nel 2005. Ogni scire a modificare la mentalità e il comportamento programma dura dai 3 ai 5 anni. dei soggetti coinvolti.
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Dalla Danimarca la nuova sfida del Social Banking A Rønde si prepara la Summer School 2008 dell’ISB. Al centro del dibattito le nuove sfide di una finanza etica sempre meno “di nicchia”. Serve un coordinamento internazionale e un equilibrio tra interessi economici, sociali ed ecologici. RODOTTI FINANZIARI, RESPONSABILITÀ, ECOLOGIA.
Sono alcuni dei temi che animeranno l’International Summer School 2008, in programma dal 27 luglio al primo agosto a Rønde, in Danimarca. Quello organizzato dall’Institute for Social Banking (ISB) di di Matteo Cavallito Bochum è un importante appuntamento europeo per la formazione di studenti e operatori fi-
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nanziari di fronte a un mercato mondiale sempre più turbolento e a un’esigenza formativa chiamata necessariamente ad allargare i propri confini geografici. Lo sviluppo di un crescente coordinamento internazionale è uno degli aspetti di maggiore attualità. «Paragonate alle principali istituzioni finanziarie, le organizzazioni orientate alla finanza etica sono spesso piccole e
di scarsa portata, anche se esperte nelle rispettive nicchie. Il loro coordinamento diventa quindi una strategia appropriata e promettente», spiega Sven Remer, organizzatore della Summer School 2008. Esempi di network sono oggi riscontrabili quasi esclusivamente a livello locale o regionale (Febea, Fédération européenne de Finances et Banques Ethiques et Alternatives,
www.febea.org, conta oggi 24 membri nel Vecchio Continente), ma l’esempio di coordinamento intercontinentale fornito dall’Inaise (25 nazioni e 4 continenti coinvolti, www.inaise.org) fa ben sperare per il futuro. In attesa di un avvenire diverso, non resta che fare i conti con un presente fatto di crisi e bolle speculative, che hanno segnato ciclicamente il fallimento di quei principi |
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L’ISB E LA SUMMER SCHOOL 2008 [27 LUGLIO - 1 AGOSTO] “PROFIT FOR PEOPLE AND PLANET”. Un titolo significativo per la seconda edizione della Summer School, organizzata a Rønde, in Danimarca, dall’Institute for Social Banking (a cui aderisce la Fondazione Culturale Responsabilità Etica), in collaborazione con la Merkur Bank di Copenhagen. L’istituto è stato fondato nel 2006 da dieci società europee del settore finanziario (banche e providers) a orientamento “sociale”. Tra i temi approfonditi nei seminari, i cambiamenti climatici, le nuove competenze e i prodotti finanziari. In occasione della mostra-convegno Terra Futura (Firenze, 23-25 maggio), l’ISB presenterà una vetrina di progetti, reti, eventi, politiche e normative inerenti alle tematiche dello sviluppo sostenibile (ambientale, economico e sociale) a livello internazionale. www.social-banking.org www.terrafutura.it
di trasparenza e autocontrollo che il mondo finanziario avrebbe dovuto fare propri da tempo. Quale potrà essere dunque il contributo del social banking? «La risposta va cercata nei principi basilari», sostiene Remer. Tracolli ormai leggendari come il Dotcom e i subprime «evidenziano un elemento comune: l’avidità di investitori e risparmiatori che puntano a un rapido profitto. Il social banking ha obiettivi e valori diversi. In questo contesto la sfida decisiva consiste nel trovare modelli di business in grado di raggiungere il giusto equilibrio tra i profitti economici, sociali ed ecologici».
Verso una finanza sociale Sono diversi, in questo senso, i programmi di finanza so-
ciale in gioco (microcredito, investimenti responsabili ecc.) tutti caratterizzati da un’utilità variabile a seconda del contesto. Di certo, tuttavia, gli ultimi sviluppi del mondo finanziario sembrano aver evidenziato un fenomeno nuovo e potenzialmente rivoluzionario: lo “sdoganamento” dei fondi etici. A lungo relegati nei portafogli delle banche “specializzate”, i fondi sostenibili hanno saputo guadagnare terreno in un contesto sempre più imprevedibile, come dimostra, tra gli altri, l’esempio fornito dal mercato britannico. Secondo i risultati di una ricerca condotta dall’istituto inglese Co-operative Bank, nell’ultimo trimestre del 2007 l’ammontare di capitale gestito dai fondi etici sarebbe aumentato del 18% rispetto all’anno precedente, sfiorando quota sei miliardi di sterline. Nel solo Regno Unito il valore attuale dei prodotti finanziari etici sarebbe pari a 13,3 miliardi (+15% rispetto all’anno passato). Tra le conseguenze di questa espansione ci sarebbe il nuovo interesse delle banche d’affari per gli investimenti etici, un fenomeno capace di trasformare il social banking in una risorsa quasi “universale” ora che, ricorda Remer: «anche i maggiori operatori iniziano a capire che “socialmente responsabile” non significa non profit». Inevitabile a questo punto che il tema della formazione torni ad essere centrale nel superamento dei “dogmi” tecnico-quantitativi attraverso un nuovo orientamento qualitativo capace di far comprendere il valore aggiunto della finanza etica. «Finché non comprenderanno i problemi della grande finanza e i benefici del social banking e della finanza etica – conclude Remer – investitori e consumatori saranno riluttanti ad accettare ricavi inferiori e costi maggiori».
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Eni ed Enel Tutto pronto per le assemblee
Gli investimenti nel nucleare in Slovacchia e le dighe nei paradisi naturali cileni, per Enel. I danni ambientali, sociali e finanziari che Eni rischia di provocare all’estero. La Fondazione Culturale Responsabilità Etica è pronta a presentarsi alle assemblee delle due compagnie. Da azionista critico. Nessun polverone. Solo argomenti concreti e provati. denti parlano di 11 miliardi. «C’è il serio pericolo che i fondi accantoL 10 GIUGNO L’ASSEMBLEA DI ENI, l’11 quella di Enel. I due appuntanati non bastino a coprire le spese per la centrale e che in futuro dovrà menti sono segnati sull’agenda della Fondazione Culturale Reintervenire lo Stato – scrive Greenpeace in una nota - Quando trucchi sponsabilità Etica, pronta a esercitare i suoi diritti di azionista, o come questo vengono svelati il nucleare si dimostra per quello che è meglio, di azionista critico, denundavvero: una fonte energetica costosa e inaffidabile». ciando le politiche delle due compadi Elisabetta Tramonto «L’Enel sta portando avanti una politica energetica che comporta gnie che danneggiano l’ambiente, enormi rischi ambientali, sociali, reputazionali e finanziari - comviolano i diritti umani e nuociono anche agli interessi, economici, dementa Andrea Baranes, di CRBM – La compagnia continua a investigli azionisti. La Fondazione non sparerà nel mucchio, criticando in gere in combustibili fossili e quando non lo fa, trova false soluzioni, conerale le aziende. Per cercare di ottenere risultati concreti, anche se nel me il nucleare nell’est Europa e le dighe in Sudamerica». Questo è il lungo termine, arriverà alle assemblee con pochi punti, ben argomensecondo punto che la Fondazione porterà in assemblea: la costruziotati e documentati, su cui puntare. I due “consulenti tecnici”, Greenne da parte di un consorzio di cui fa parte Endesa, controllata di Enel, peace per Enel e CRBM (Campagna per la Riforma della Banca Mondi cinque impianti idroelettrici nella remota regione diale) per Eni, hanno studiato bilanci, strategie, INFO di Aysen, nella Patagonia cilena. Quattro miliardi di impatti ambientali e sociali delle due aziende. Risultadollari per produrre 2.300 megawatt di energia, da trato: due punti per ogni azienda (i minuti a disposizione Aggiornamenti della campagna ogni mese su Valori e sui siti: sportare a 1.500 chilometri di distanza, verso Santiasono solo 15, meglio essere sintetici ed efficaci). www.valori.it go del Cile e il suo distretto industriale per la produMentre in Italia si discute di un possibile ritorno al www.osservatoriofinanza.it zione di rame. Il danno ambientale, secondo gli nucleare (tema del dossier di questo numero di ValoSabato 24 maggio, a Firenze, esperti sarà enorme, ai fiumi Baker e Pascua, alle riri), all’estero Enel ci ha già messo le mani, partecipanall’interno di Terra Futura sorse agricole da cui dipendono le popolazioni locali, do ai lavori della centrale nucleare di Mochovce, in Sloconvegno sull’azionariato critico. Per info www.terrafutura.it ai delicatissimi ecosistemi della regione. vacchia, della Slovenske Elektrarne, di cui controlla il 66%. Reattori di epoca sovietica pre-Chernobyl, che stanno sollevando forti preoccupazioni, soprattutto in Germania, per Le due facce dell’Eni la questione sicurezza. Greenpeace, con altre associazioni ambientaliSponsorizza campagne per il risparmio energetico come “M’illumino ste e Ong slovacche, ha denunciato il governo di Bratislava per non di meno”, organizzata da Caterpillar di RadioDue. Lancia “Eni trenta aver avviato la procedura di valutazione di impatto ambientale, riper cento”, che suggerisce metodi per ridurre i consumi energetici. Prochiesta dalla legislazione Ue. E Greenpeace ha anche presentato ricormette investimenti nelle rinnovabili. «Sembrerebbe voglia tutelare so alla Commissione europea, sostenendo che «le scelte del governo l’ambiente – sostiene Baranes – Ma all’estero, Eni non è così “pulita”. slovacco si configurano come aiuti di stato illegali». L’esecutivo di BraNegli impianti in Nigeria il gas naturale derivante dall’estrazione del tislava avrebbe garantito particolari condizioni a Enel sulle somme da petrolio, è bruciato a cielo aperto. Si chiama "gas flaring", illegale nel accantonare per lo smantellamento futuro delle centrali e la gestione Paese dal 1978. In assemblea parleremo anche dei rischi ambientali, sodelle scorie, per convincere la Slovenske Elektrarne a partecipare a un ciali e finanziari dei giacimenti petroliferi in Kazakistan. Quello di Kaprogetto altrimenti irrealizzabile. Secondo le stime ufficiali lo sconto shagan, sul mar Caspio, raggiungibile con tecniche costose, è ricco di concesso a Enel varrebbe circa 1 miliardo di euro, altri studi indipenpetrolio scadente, che contiene oltre 40 sostanze tossiche».
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Centoventi accordi per Intesa-Sanpaolo Vince il modello federale
I NUMERI PRIMA DELLA FUSIONE AL 31.12.2006 INTESA Dipendenti: 40.656 in Italia (16.009 all’estero) Sportelli: 3.168 in Italia (804 all’estero) Totale attivo: 291,8 miliardi di euro Crediti verso clientela: 190,83 miliardi di euro Raccolta clientela: 202,76 miliardi di euro Utile: 2,56 miliardi di euro
SANPAOLO Dipendenti: 40.865 in Italia (9.206 all’estero) Sportelli: 3.286 in Italia (396 all’estero) Totale attivo: 288,551 miliardi di euro Crediti verso clientela: 157,8 miliardi di euro Raccolta clientela: 132,89miliardi di euro Utile: 3,59 miliardi di euro
Capitalizzazione Tipo di fusione
Circa 75 miliardi di euro (inizio 2007) Fusione per incorporazione di Sanpaolo IMI in Intesa sulla base di un rapporto di concambio di 3,115 azioni ordinarie di Intesa per ogni azione ordinaria di Sanpaolo. Sinergie lorde stimate 1,3 miliardi di euro dal 2009. Esuberi 6.500 PUNTI DI FORZA E PUNTI DI DEBOLEZZA DELLA FUSIONE
Lanciata nell’estate del 2006, la fusione convince gli analisti e i sindacati. Ma c’è chi teme per le pressioni crescenti sulla rete. Intanto 8.500 persone chiedono di lasciare. Duemila in più di quelle previste dagli accordi con la Banca. TILE IN FORTE CRESCITA, obiettivi confermati, titolo che torna a salire. I conti 2007 di Intesa-Sanpaolo, presentati a marzo, godono di ottima salute. Merito delle plusvalenze, dovute alla cessione di Cariparma e FriulAdria a Crédit Agricole, e di un’esposizione minima, addi Mauro Meggiolaro dirittura negativa, ai mutui subprime (73 milioni contro 122 milioni di copertura). «Le attività del gruppo sono in larga parte finanziate dalla raccolta diretta», ha dichiarato Corrado Passera, a.d. del secondo Gruppo bancario italiano. «Non abbiamo bisogno di appoggiarci a mercati esterni: quasi l’80% dei ricavi proviene dalla banca retail: ricavi prevedibili, su cui si può contare». Il confronto con Unicredit è inevitabile. La banca di Profumo non ha confermato i target 2008 ed è invischiata in un “affaire derivati” che potrebbe avere conseguenze dolorose sul management, ma soprattutto si è portata in casa il “carrozzone” Capitalia, con forti ristrutturazioni in vista e l’integrazione di due culture bancarie molto diverse.
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Non è una colonizzazione «In Italia Intesa-Sanpaolo è il gruppo meglio posizionato nella fase di integrazione post fusione», spiega Pier Passerone, banking analyst di Intermonte SIM, «banalmente
perché hanno cominciato prima e perché le due banche sono economicamente sane e hanno una governance trasparente, dov’è visibile chi guida la fusione (Intesa) e chi soccombe (Sanpaolo). Questo tipo di struttura rende più rapide le scelte». A differenza di Unicredit-Capitalia, nessuno parla di “colonizzazione”. «Per la prima volta nella sua storia Sanpaolo, che in passato ha sempre acquisito altre banche, è oggetto di un’acquisizione», spiega Andrea Zoanni del sindacato Fiba-Cisl. «Ma non si tratta di una colonizzazione. Le due culture si stanno integrando spontaneamente. Naturalmente Intesa guida il processo e la maggior parte dei manager in posizioni chiave vengono dalla banca milanese, ma alcune importanti decisioni sono state prese rispettando la cultura di Sanpaolo». Anche il modello di integrazione è stato ispirato dalla “Banca dei territori”, già sperimentata da anni a Torino. Un sistema federale che lascia ampia autonomia alle banche periferiche. Non a caso la Divisione Banca dei Territori, che è stata creata all’interno del nuovo Gruppo, è rimasta saldamente in mano a Pietro Modiano, direttore generale del Gruppo ed ex d.g. di Sanpaolo IMI. «Modiano controlla in pratica l’80% delle attività della Banca», spiega Angela Rosso, del sindacato FABIINTESA ed ex San-
siderato più adatto alla struttura federale della “Banca dei territori”. «L’integrazione dei sistemi informatici è iniziata il 20 aprile e dovrà finire entro luglio. Inizialmente si doveva chiudere per la fine dell’anno ma l’azienda ha voluto anticipare i tempi», aggiunge Angela Rosso. Sul back office si prevedono pressioni fortissime.
Pressioni per mantenere i target
OBIETTIVI DELLA FUSIONE
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FONTE: BILANCI DELLE IMPRESE
| finanzaetica | fusioni bancarie / 2 | Intesa - Sanpaolo |
PUNTI DI FORZA Forte presenza in Italia e nel retail Staff preparato all’integrazione post fusione Fusione tra due gruppi economicamente sani Governance trasparente
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PUNTI DI DEBOLEZZA Forte dipendenza dal mercato italiano Pressioni crescenti sulla vendita e sul back office Obiettivi raggiunti con tagli dei costi e cessione di attività più che con aumento dei ricavi Scarsa trasparenza nella distribuzione degli incentivi
paolo. « È la rete degli sportelli, concentrati in Italia e diffusi in tutte le regioni del Paese, la vera ancora di salvezza in un periodo come questo».
Uniti per un grande avversario Ogni territorio farà capo alla sede centrale, ma avrà un suo marchio. In Veneto, Cariparo e le Filiali INTESA daranno vita alla Banca del Veneto. Analoghi raggruppamenti sono stati creati nelle altre aree. «È un processo di integrazione nel quale hanno avuto un ruolo fondamentale i lavoratori e il sindacato», continua Angela Rosso. «Nel 2007 abbiamo raggiunto 120 accordi per l’armonizzazione dei contratti tra le varie banche su tutti i fronti: dalla costituzione di un nuovo protocollo di relazioni industriali alle garanzie sui processi di mobilità, dalla formazione ai sistemi incentivanti, fino alla responsabilità sociale dell’impresa. Abbiamo ottenuto buoni accordi perché non ci siamo divisi. Ormai ci sentiamo rappresentanti di un unico Gruppo. Chiudersi nel fortino torinese avrebbe significato perdere terreno a favore di un avversario molto forte, a scapito dei lavoratori». Anche la scelta della piattaforma informatica comune è stata rapida: si è optato per il sistema IT di Sanpaolo, con-
Ma a soffrire saranno anche le filiali. In una fase in cui la clientela retail si sta spostando in massa dal risparmio gestito ai conti di liquidità, ai BOT e ai CCT, con minori introiti da commissioni, si prevedono pesanti ripercussioni sulla rete di vendita, anche perché Passera, almeno per ora, ha deciso di non rivedere al ribasso gli obiettivi del piano industriale. «La pressione crescerà dappertutto, anche nelle ex filiali Sanpaolo, storicamente più orientate alle esigenze del cliente che alla vendita di prodotti», spiega Andrea Zoanni. «In ogni caso nell’attuale fase di mercato i target di profitto saranno raggiunti più con il taglio dei costi e con la cessione di attività che con l’aumento dei ricavi dalla rete. Basti pensare ai 6.500 esuberi che diventeranno effettivi nei prossimi mesi». La scadenza per l’adesione volontaria al fondo esuberi era stata fissata al 30 giugno 2009, ma la banca è stata costretta ad anticiparla al marzo di quest’anno. «A marzo le adesioni erano già 8.500, due mila in più di quelle previste nell’accordo con Intesa», spiega Angela Rossi. «L’uscita è incentivata ed è normale che ci siano molti colleghi che chiedono di andarsene. Le due mila uscite ulteriori dovranno però essere integrate da nuove assunzioni, altrimenti la pressione sulla rete diventerà insostenibile». In mezzo a tante preoccupazioni per lo stress da prodotti nel settore retail, per i bancari Intesa-Sanpaolo si intravedono anche segnali positivi. «Nel 2007 si è cercato di riequilibrare il sistema, rendendolo meno dipendente dal collocamento dei prodotti e più orientato al profilo dei clienti», continua Angela Rosso. «In più sono stati finalmente abbandonati gli incentivi individuali per passare agli incentivi di modulo, destinati a gruppi di persone. È stato poi creato un Osservatorio sulla Responsabilità Sociale di Impresa a cui potranno essere segnalate tutte le controversie relative alla pressione commerciale e alla vendita di prodotti poco trasparenti. Per il sindacato sono vittorie significative. Da non sottovalutare».
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Perché Internet ha rivoluzionato le fusioni I protocolli aperti, il contesto economico, la trasparenza della governance, oltre che l’esperienza maturata in processi di fusione precedenti. Sono questi i segreti del successo dell’integrazione tra istituti di credito. Lo sostiene il professor Andrea Cesare Resti. OMUNQUE VADANO LE FUSIONI, alcuni fattori incideranno fortemente sulla riduzione dei costi, prima di tutto fattori tecnologici. Le banche sono produttori di informazioni: sul sistema di pagamenti, sul merito creditizio delle impredi Mauro Meggiolaro
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se... Oggi più che mai e in modo sempre più rapido grazie ai progressi tecnologici e ai protocolli aperti di internet». Andrea Cesare Resti, Direttore dell’Osservatorio FinMonitor sulle fusioni bancarie e docente di economia finanziaria all’università Bocconi di Milano, attribuisce il merito a internet nel facilitare l’integrazione tra banche diverse.
Perché internet influisce sull’efficienza delle fusioni? Negli ultimi dieci anni i protocolli aperti hanno fornito alle banche la possibilità di bypassare i “sistemi legacy” che gli istituti più grossi si erano creati internamente in modo “artigianale”. Se prima integrare due diversi sistemi informatici era un’impresa titanica, oggi è più agile.
Per esempio? Poniamo il caso che la banca A decida di fondersi con la banca B. Entrambe hanno un sistema operativo che si sono create internamente negli anni. Per le grandi banche come Unicredit o Intesa era prassi costruire sistemi operativi in casa, spesso con tecnologie rudimentali, che, |
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negli anni, non venivano piĂš aggiornate, se non con toppe sulle falle che si creavano. Alla fine ogni grossa banca finiva per creare dei moloch informatici, con una serie di rattoppi successivi. Quando due banche decidevano di sposarsi bisognava sposare prima di tutto i due moloch. E si aprivano problemi insormontabili. I protocolli aperti consentono invece di parlare velocemente la stessa lingua, eludendo lâ&#x20AC;&#x2122;integrazione dei sistemi interni. Il moloch non si tocca, sopravvive per le procedure di base, ma le integrazioni si fanno tutte con internet.
Quanto conterĂ lâ&#x20AC;&#x2122;esperienza dello staff nel post fusione? Sono avvantaggiate le banche che hanno giĂ al loro interno il know how per guidare lâ&#x20AC;&#x2122;integrazione, perchĂŠ sono giĂ passate attraverso fusioni e acquisizioni e hanno sviluppato tecniche che replicheranno. Sta parlando di Unicredit e Intesa? Esattamente. Quando Unicredit ha â&#x20AC;&#x153;reingegnerizzatoâ&#x20AC;? il processo di erogazione del credito nelle banche acquisite in est Europa, non ha fatto altro che esportare le conoscenze che aveva sviluppato acquisendo piccole banche regionali italiane. Un altro esempio è Banca Intesa, con i suoi â&#x20AC;&#x153;cantieriâ&#x20AC;?. Ai tempi del Banco Ambrosiano, al momento di una acquisizione o di una fusione ci si metteva tutti attorno a un tavolo. Si riunivano i manager delle due banche, fissavano obiettivi e tempi e, una alla volta, si cucivano insieme le diverse anime dei due soggetti che sarebbero diventati uno solo. Alla fine si creava un vestito di arlecchino, che era però il risultato di un dialogo aperto. La prassi dei â&#x20AC;&#x153;cantieriâ&#x20AC;? è stata usata da Intesa e SanPaolo.
Riduzione dei costi o aumento dei ricavi? Cosâ&#x20AC;&#x2122;è veramente strategico in una fusione? La possibilitĂ di sinergie è molto legata ai ricavi, quindi al contesto macroeconomico. Negli anni le banche si sono evolute. I ricavi da commissioni, da provvigioni, il risparmio gestito, cioè i fondi comuni di investimento, hanno compensato lâ&#x20AC;&#x2122;erosione del margine di interesse (la differenza tra tassi attivi e passivi, tra tassi sugli affidamenti e sui depositi, n.d.r.). Ma il risparmio gestito periodicamente si gela perchĂŠ le borse scendono, entrano meno commissioni e, se le borse si raffreddano, cala anche la propensione a indebitarsi, le Che ruolo gioca la governance nel processo di fusione? banche stipulano meno contratti di credito. E tutti i target Andrea Cesare Resti. Un ruolo fondamentale. Meccanismi piĂš limpidi (come relativi ai ricavi devono essere riscritti. quelli delle S.p.A.) sono piĂš efficienti, sempre che vengano usati. Lo vediamo nella fusione Intesa-Sanpaolo, che sta filando liscio. Anche Unicredit e Capitalia hanno meccanismi di governance Vuole dire che i piani industriali non sono attendibili? limpidi, ma è piĂš facile che la limpidezza venga inquinata da rivendiIn realtĂ sono scritti sullâ&#x20AC;&#x2122;acqua, dipendono dalla situazione macroecocazioni di natura politica, comâ&#x20AC;&#x2122;è successo con la questione â&#x20AC;&#x153;Banco di nomica. Lo vedremo nel 2008. Lâ&#x20AC;&#x2122;ambiente macroeconomico ha coSiciliaâ&#x20AC;?. Nelle banche popolari come BPU e Banca Lombarda manca inminciato a deteriorarsi giĂ alla fine del 2007. Questâ&#x20AC;&#x2122;anno potrebbero vece un sistema di governance semplice sul piano delle regole. Quinraffreddarsi tutti i fattori di crescita dellâ&#x20AC;&#x2122;economia. Di poco, ma condi, anche se le regole vengono usate bene, le banche cooperative pargiuntamente. E i target posti dalle banche nei ricavi post fusione non tono in svantaggio. La loro fusione è meno fluida. avranno piĂš senso. Sembreranno irrealizzabili.
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Islam e finanza la religione è legge
Ă&#x2C6; inevitabile ormai che il mondo finanziario occidentale si incontri con quello islamico. Regole, cultura, basi completamente diverse. Per capirle è necessario conoscere la religione musulmana. Inizia con questo numero di Valori un appuntamento mensile dedicato a spiegare e ad approfondire la finanza islamica. LLE RELAZIONI DI TIPO MIGRATORIO E CULTURALE, esistenti da sempre tra lâ&#x20AC;&#x2122;Europa, lâ&#x20AC;&#x2122;Africa e il vicino Medio Oriente, vanno affiancandosi, negli ultimi decenni, rapporti finanziari ed economici sempre piĂš intensi. Le crisi petrolifere, lâ&#x20AC;&#x2122;aumento del gregdi Federica Miglietta gio e la discesa in campo dei â&#x20AC;&#x153;fondi Docente di finanza allo IEMIF, Istituto di Economia sovraniâ&#x20AC;? arabi, hanno portato allâ&#x20AC;&#x2122;attendei Mercati e degli Intermediari Finanziari, dellâ&#x20AC;&#x2122;universitĂ Bocconi di Milano zione del pubblico la cosiddetta Finanza Islamica. Le banche e, piĂš in generale, le istituzioni finanziarie, hanno avuto lâ&#x20AC;&#x2122;opportunitĂ e la necessitĂ di entrare in relazione con lâ&#x20AC;&#x2122;economia islamica, un sistema economico modellato secondo le prescrizioni del Corano, il libro sacro dellâ&#x20AC;&#x2122;Islam.
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La religione alla base di tutto Il nome del profeta Mohammed. Dato che la rappresentazione di figure sacre è proibita dal Corano, lâ&#x20AC;&#x2122;arte islamica ha sviluppato la scrittura come elemento decorativo.
Lâ&#x20AC;&#x2122;Islam (parola araba che significa sottomissione, abbandono a Dio), è una religione monoteista, nata nel VII secolo d.C. dopo la predicazione di Mohammed, considerato dai musulmani ultimo e piĂš importante profeta, inviato da Dio agli uomini per riportarli sulla retta via. Mohammed nasce nel 570 dellâ&#x20AC;&#x2122;era cristiana, diretto discendente di Ismaele, figlio primogenito di Abramo. Dallâ&#x20AC;&#x2122;altro figlio di Abramo, Isacco, sarebbero nati, in diretta discendenza sia Mosè (fondatore dellâ&#x20AC;&#x2122;Ebraismo) che GesĂš (dal quale nasce il Cristianesimo). Le tre grandi religioni monoteistiche hanno dunque una comune origine in Abramo. Per questa ragione sia Mosè che GesĂš sono considerati, anche nella religione islamica, degli importanti profeti. La religione islamica si basa sul principio fonda-
mentale dellâ&#x20AC;&#x2122;esistenza di un unico Dio, che ha creato e che controlla il mondo e sullâ&#x20AC;&#x2122;adesione totale al volere che ha espresso attraverso il suo profeta. Tutta la vita ha una dimensione spirituale e nessun aspetto della vita stessa può essere scisso dalla religione e dallâ&#x20AC;&#x2122;etica rivelata. Lâ&#x20AC;&#x2122;Islam non è dunque solo una religione, bensĂŹ uno stile di vita, una visione del mondo completa. Lâ&#x20AC;&#x2122;Islam si differenzia dalle altre due grandi religioni monoteistiche poichĂŠ esiste una relazione immediata, che si trasforma in coincidenza assoluta, tra Stato e Chiesa. Lo Stato è una rappresentazione della religione cosĂŹ come la religione costituisce lâ&#x20AC;&#x2122;essenza dello Stato. I seguaci della religione islamica sono, nel mondo, oltre un miliardo, circa il 20% della popolazione mondiale. Sebbene si tenda ad identificare i seguaci della religione musulmana con gli â&#x20AC;&#x153;arabiâ&#x20AC;?, meno del 15% dei fedeli islamici lo sono. Il mondo arabo comprende gli Stati in cui si parla lâ&#x20AC;&#x2122;arabo come idioma ufficiale e che appartengono alla â&#x20AC;&#x153;Lega Arabaâ&#x20AC;?. Questi Paesi non vanno confusi con lâ&#x20AC;&#x2122;insieme dei mondo musulmano, sia perchĂŠ alcuni Stati e territori arabi comprendono significative minoranze cristiane, sia perchĂŠ ci sono paesi islamici (solo per citarne alcuni: lâ&#x20AC;&#x2122;Iran, il Pakistan, lâ&#x20AC;&#x2122;Afghanistan, la Malesia) che non sono arabi.
I testi sacri sono la legge Tutti i fedeli musulmani guardano al Corano, testo canonico principe dellâ&#x20AC;&#x2122;Islam, parola di Dio dettata al profeta Mohammed tramite lâ&#x20AC;&#x2122;arcangelo Gabriele. Il libro sacro si esprime, con giudizi e prescrizioni di tipo |
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Iscrizione calligrafica all’interno della moschea di Wazir Khan, costruita nel XVII secolo a Lahore, in Pakistan.
| finanzaetica | generale, su moltissimi aspetti della vita di ogni giorno (per esempio sui rapporti di famiglia, i contratti, la proprietà). In alcune parti specifiche, invece, come quelle che regolamentano le offese criminali, il matrimonio e le successioni, il libro sacro detta in modo preciso le regole. Al Corano, i giuristi associano, come fonte paritaria di diritto, la Sunnah, ovvero la raccolta dei detti del Profeta, delle sue azioni e delle risposte date ai discepoli. Il Corano e la Sunnah rappresentano le fonti primarie del diritto islamico e danno origine alla Shari’ah (la Legge), una serie di regole, anche pratiche, che permettono all’uomo di sottostare concretamente ai desideri di Dio. Laddove il Corano o la Sunnah non fossero pienamente chiari per affrontare le questioni di ogni giorno, i giuristi ricorrono all’inferenza giuridica, l’ijtihad, ovvero l’interpretazione, ottenuta secondo canoni stringenti, dei testi sacri.
Sciiti e Sunniti Esistendo una dimensione interpretativa dei testi sacri, si sono create, all’interno dell’Islam, una serie di scuole che fanno uso di criteri di interpretazione differenti. Prima di occuparci delle varie scuole, distinguiamo i due principali gruppi esistenti nell’Islam, gli Sciiti e i Sunniti: avendo idee divergenti su chi dovesse succedere al Profeta, le due fazioni si sono divise poco dopo la sua morte e si sono concentrate in Paesi differenti. La culla dello Sciismo è stato l’Iraq, ma anche l’Iran ed il
Bahrain sono Paesi a maggioranza Sciita. Alte percentuali di sciiti si trovano in Libano, nello Yemen e in Kuwait. Forti minoranze sono presenti anche in Arabia Saudita e Siria, mentre negli altri Paesi arabi gli sciiti sono fortemente minoritari. I sunniti rappresentano la maggior parte (circa il 90%) dei musulmani: il termine “sunnismo” trae la sua origina dalla Sunnah, ovvero la “consuetudine”. Paesi a maggioranza sunnita sono quelli appartenenti al Gulf Cooperation Council (GCC), la Malesia, il Pakistan, il Sudan. Tra sunnismo e sciismo si sono create, nel corso del tempo, alcune differenze, ma le tendenze di fondo della religione rimangono le stesse. Nello Sciismo esiste una gerarchia formale del clero e dei giuristi, mentre non accade niente di simile nel Sunnismo. All’interno della scuola sunnita, quindi, si sono distinte alcune differenti correnti di pensiero che utilizzano metodi interpretativi differenti. Citiamo, tra le più importanti, la scuola Hanafi, la scuola Maliki, la scuola Shafi’i, la scuola Hanbali, che predominano in Paesi differenti. Esistono poi, al fianco dei singoli giuristi, alcuni forum dove gli studiosi della legge islamica si confrontano per cercare consenso sugli argomenti più dibattuti. Tra i più importanti, l’Institute of Islamic Research, l’Università Al-Azhar del Cairo, la Fiqh Academy of the Organization of the Islamic Conference. In queste sedi vengono discusse, oltre a questioni squisitamente dottrinali, anche problemi economici, strutture contrattuali e testi giuridici.
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APPUNTAMENTI MAGGIO>GIUGNO
8-10 maggio CASTROCARO (FORLÌ) FESTIVAL DEL FUND RAISING Promosso dall’Università di Bologna, ha l’obiettivo di promuovere la cultura del fund raising etico e di creare il più grande network italiano degli operatori del non-profit. Grand Hotel Terme di Castrocaro www.festivaldelfundraising.it
10 maggio TORINO LA VALUTAZIONE SOCIO AMBIENTALE IN BANCA ETICA Incontro organizzato dalla circoscrizione dei soci di Banca Etica di Torino – Asti in collaborazione con i GIT piemontesi. Presso il Centro Studi Sereno Regis, via Garibaldi, 13, ore 10.00 – 17.00 www.bancaetica.org/torino-asti 13 maggio BAGNO A RIPOLI (FI) PRESENTAZIONE DEL LIBRO: “CHIARA E L’USO RESPONSABILE DEL DENARO” di Maurizio Spedaletti Organizzato dal Coordinamento dei socidi Banca Etica di Firenze Alle ore 17,00, presso la biblioteca comunale www.bancaetica.org/firenze
13-14 maggio LONDRA “THE RESPONSIBLE BUSINESS SUMMIT” La più grande conferenza sulla responsabilità sociale d’impresa in Europa. Organizzata dalla rivista specializzata Ethical Corporation www.ethicalcorp.com 16 maggio FIRENZE LA MONETA DI GIUDA Spettacolo teatrale sulla finanza etica, a cura dell’Associazione Studio 900, con la consulenza di Etica Sgr. Ore 20,30 presso il teatro Alfieri www.bancaetica.com
17 maggio FIRENZE ASSEMBLEA DEI SOCI DI BANCA POPOLARE ETICA Approvazione del bilancio ed elezione del nuovo Comitato Etico Presso l’Auditorium del Palazzo Congressi di Firenze Fiera www.bancaetica.com
18-24 maggio 2008 LONDRA NEIW – SETTIMANA NAZIONALE DELL’INVESTIMENTO ETICO Organizzata dal Forum per la FInanza Sostenibile Britannico www.neiw.org
18-19 maggio KIEV BUSINESS FORUM E MEETING ANNUALE DI EBRD (BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO) www.ebrd.com 23 maggio FIRENZE PERCHÈ LA FINANZA GLOBALE HA FALLITO? LE POSSIBILI RISPOSTE DELLA FINANZA ETICA E DELLA SOCIETÀ CIVILE Convegno organizzato dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica in occasione di Terra Futura, presso la Fortezza da basso. www.terrafutura.it 26 maggio SEMINARIO SULLA FINANZA RURALE Intervengono rappresentanti di Ifad e Fao
26-30 maggio PADOVA SETTIMANA DI ALTA SPECIALIZZAZIONE IN FINANZA PER LO SVILUPPO Promosso da Etimos , Fondazione Choros e Master in finanza per lo sviluppo dell’Università di Parma. Centro Congressi Villa Ottoboni www.etimos.it
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
26 maggio - Prospettive del Commercio Equo 27 maggio - Finanza rurale come strumento per lo sviluppo delle aree più povere 28 maggio - Immigrati, rimesse e microfinanza come opportunità di crescita per le economie dei Paesi d’origine 29 maggio - l’impatto sociale come fattore determinante per la valutazione dei programmi di microfinanza 30 maggio - Convegno Internazionale Finanza per la Cooperazione Internazionale: specificità e complementarità del settore pubblico e privato
29-30 maggio BANGKOK (THAILANDIA) CONFERENZA “TRIPLE BOTTOM LINE INVESTING” La principale conferenza sulla responsabilità sociale d’impresa, quest’anno focalizzata sul tema dei cambiamenti climatici. www.tbli.org 5-6 giugno QUEBEC “POUR UN RESEAU MONDIAL DE LA FINANCE SOLIDAIRE”, SUMMIT INTERNAZIONALE DELLA FINANZA ETICA E SOLIDALE 2008 Organizzato da INAISE (Associazione Internazionale degli Investitori nell’Economia Sociale) e dalla Caisse d’Economie Solidarie Desjardins. Un appuntamento tra i protagonisti della finanza etica mondiale. www.inaise.org
10 giugno ROMA ASSEMBLEA ENI La Fondazione Culturale Responsabilità Etica parteciperà all’assemblea come azionista critico (a pag. 51). 15 minuti per il suo intervento. Piazzale Enrico Mattei, 1 www.eni.it
11 giugno ROMA ASSEMBLEA ENEL La Fondazione Culturale Responsabilità Etica parteciperà all’assemblea |
come azionista critico (a pag. 51). 15 minuti per il suo intervento. Viale Regina Margherita, 137 www.enel.
11-12 giugno PARIGI (FRANCIA) FAIRE 2008 Forum annuale sugli investimenti responsabili in Europa organizzato dal French Social Investment Forum www.frenchsif.org
12 giugno LUSSEMBURGO CONFERENZA DI ECONOMIA E FINANZA 2008 ORGANIZZATA DALLA BEI, BANCA EUROPEA DEGLI INVESTIMENTI “Infrastrutture, Crescita e Coesione”, le teorie economiche che supportano l’attività della BEI. www.bei.org 23-24 giugno MONTEGROTTO (PD) INCONTRO TRA BANCA ETICA, FIARE E LA NEF PER IL PROGETTO BANCA ETICA INTERNAZIONALE www.bancaetica.com
26-27 giugno BILBAO TRASFORMANDO LA SOCIEDAD DESDE LA ECONOMIA SOLIDARIA Convegno su finanza etica e commercio equo. Partecipa Banca Etica. www.economiasolidaria.org
26-27 giugno FRANCOFORTE V CONFERENZA DEL FORUM INTERNAZIONALE DI RICERCA SULLA POLITICA MONETARIA Promosso dalla Banca centrale europea, si occuperà di tutti gli aspetti – sia teorici che pratici – relativi alla macroeconomia nella politica monetaria internazionale. Sede della BCE www.ecb.int
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RIVISTA MENSILE RIVISTA MENSILE DIRETTA DA GOFFREDO FOFI DIRETTA DA GOFFREDO FOFI
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anno XII numero 95 maggio 2008 € 7,90
95 2008
anno XII numero 95 maggio 2008 € 7,90
Il Messico e le sue contraddizioni (Poniatowska, Pipitone, Pipitone jr, Braucci, Mossetti) L’Ungheria e la sua cultura (Fried, Dragoman, Zilahy, Battiston) Una nuova generazione di scrittori italiani Il Messico e le sue contraddizioni (Bajani, Cognetti, Parrella, Ricci, Virgilio, (Poniatowska, Pipitone,Lagioia, Pipitone jr, Braucci, Mossetti) con Pascale e Pavolini) L’Ungheria e la sua cultura (Fried, Dragoman, Zilahy, Battiston) Incontri con Michele Mari e Brian Selznick Poesie di Buzzi, Borio,italiani Felipe Una nuova generazione di scrittori (Bajani, Cognetti, Lagioia, Parrella, Ricci, Virgilio, La filosofia sociale di Colin Ward con Pascale e Pavolini)
ARTE
Incontri con Michele Mari e Brian Selznick Poesie di Buzzi, Borio, Felipe
CULTURA
La filosofia sociale di Colin Ward
Il Tibet e le Olimpiadi
Terza Repubblica
Italia e Romania Il Tibet e le Olimpiadi
Come si decapita l’opposizione sociale
Prospettive della finanza solidale Italia e Romania La musica e della la retefinanza solidale Prospettive
SCIENZA ARTE SOCIETÀ CULTURA SCIENZA SOCIETÀ
In situazione politica, La Messico: musica e La la rete La guerra dei narcos, Il “feminicidio” In Messico: La situazione politica, a Ciudad Juárez La guerra dei narcos, Il “feminicidio” In Ungheria: Le ombre del passato a Ciudad Juárez la sfida del futuro, La nuova In Ungheria: Le ombre del passato generazione, Una prigione aperta la sfida del futuro, La nuova Gli scrittori trentenni generazione, Una prigione aperta Intervista Brian Selznick Gli scrittoria trentenni
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in libreria il n. 95 www.lostraniero.net
Redazione: via degli Scialoia 3 00196 Roma tel. 06/36002516 Redazione: fax via degli Scialoia 3 R edaz io ne : 00196 v ia 06/32828240 de gRoma l i S ci al oia 3 lo.straniero@contrasto.it 0 01906/36002516 6 Roma tel. tfax el . 06/32828240 06/36002516 flo.straniero@contrasto.it a x 06/32828240 lo. st r a n ie r o @c on tr a st o. it
di Salvatore d’Albergo
A LETTURA DELL’ESITO ELETTORALE – dai connotati politici evidenti, perché “semplificati” dalla manipolazione maggioritaria imposta dal Pdl e dal Pd – reclama un chiarimento sui connotati “sociali” di uno squilibrio che – a 62 anni dalla nascita della Repubblica fondata sul lavoro – ci riporta ad un tipo di contraddizione acuta. La stessa del secolo XIX, quando non c’era il suffragio universale maschile e femminile, dominavano il censo, l’élite sociale e la politica della nobiltà e della borghesia. E il capitalismo incipiente era incontrastato per l’assenza dei partiti di massa e tra essi del partito comunista. Le dinamiche innescate, specialmente in Italia, dalla democrazia sociale sorretta dai Principi innovatori dell’antifascismo ideologico e militante, hanno potuto dispiegarsi non in modo meccanico, ma attraverso le aspre lotte sociali e politiche acuite dai tentativi delle forze conservatrici di deviare la democrazia dai suoi binari costituzionali, mediante la manipolazione delle leggi elettorali che, a differenza delle revisioni costituzionali, possono essere emanate con la semplice maggioranza. Perciò, fallito il tentativo di cambiare la forma di governo parlamentare a immagine del sistema britannico, con l’obliata “legge truffa” di tipo “maggioritario” e “antiproporzionalistica” del 1953, e bloccato con il voto referendario del 2006, l’obiettivo di stravolgere forma di Stato e forma di governo con la “revisione costituzionale” del 2005, l’insistito disegno di pervenire alla cosiddetta “seconda Repubblica”, ispirata dalla loggia massonica P2, è stato costruito con le leggi elettorali “maggioritarie”, ispirate nel 1993 dal “centro-sinistra” dell’Ulivo usando il principio “uninominale” e nel 2005 dal “centro-destra” berlusconiano, usando “il premio di maggioranza” manipolativo del metodo proporzionale, a immagine della mussoliniana Occorre che partito legge del 1923. Per capire come nel 2008 sia potuto avvenire quello che e sindacato rilancino nel 1953, occorre tener presente che negli ultimi vent’anni è andata la cultura volta a contenere fallì smarrendosi, nelle angustie di un “difensivismo” passivo, quell’attiva e sconfiggere l’ideologia contrapposizione strategica al neo-capitalismo che caratterizzò le lotte del neo-liberismo, dei comunisti negli anni ‘70 e’80. Sicché l’incostituzionalità della legge seduttore degli “esclusi” elettorale del 2005 – che l’incombente referendum del 2009 mira ad accentuare –, cancellando i partiti al di sotto della soglia dell’4 e 8% (Camera e Senato), ha consacrato la decapitazione anzitutto ideologica riassunta nel simbolo della “sinistra arcobaleno”. I rischi gravissimi di un ritorno a un “parlamentarismo” di tipo ottocentesco – quando “destra” e “sinistra” si trovavano sulla stessa traiettoria antisociale della legittimazione esclusiva della classe dominante – sono oggi contrassegnati dalla sopravvivenza in Parlamento di un Pd cosiddetto “riformista”, che nel 2008 – tramite il “patto con l’impresa” di Veltroni, che si ricongiunge con la predicazione del 1989 di Occhetto circa il valore “dell’impresa come istituzione” – si presenta come “pseudosinistra” che segna lo spartiacque tra opposizione “sociale” e opposizione “politica”. Cancellato quel criterio distintivo tra sistemi “liberali” e sistemi “democratici” che solo nella lotta di classe contro le diseguaglianze garantisce coerenza alla lotta per il “governo” di istituzioni poste al servizio della “sovranità popolare”. Per uscirne di nuovo, non basta postulare l’esigenza “organizzativistica” di unità dei comunisti, bensì quella di riqualificazione teorica culturale e strategica di un partito di massa unificante in una comune matrice ideologica antiliberista delle sempre più articolate problematiche di una società profondamente trasformata. Consapevoli che per un’opposizione sociale, inconfondibile con il movimentismo “leghista”, occorre che partito e sindacato rilancino la cultura volta a contenere e sconfiggere l’ideologia del neo-liberismo, seduttore degli “esclusi” se abbandonati al loro destino perché privati delle “certezze” sui fondamenti della lotta.
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Iraq, la guerra da tre trilioni di dollari >62 Stratosferici investimenti del Pentagono per le armi >64 WebObama: con la rete si pesca un tesoro >65
internazionale IN COLOMBIA SCOPERTE NUOVE RISERVE PETROLIFERE
“EL CAMPO NO SE TOCA” BRACCIO DI FERRO TRA IL SETTORE AGRICOLO E LA CASA ROSADA
MERCATO DELLE ARMI: CALATI GLI ARMAMENTI CONVENZIONALI
AL DI SOTTO DELL’INFLAZIONE L’ACCORDO NIKE IN VIETNAM SINDACATI
L’INDIA PUNTA AI DIAMANTI AFRICANI ESCLUDENDO GLI INTERMEDIARI OCCIDENTALI
LA CINA INVESTE NELLE PRINCIPALI BANCHE AFRICANE
La Colombia siederebbe su riserve petrolifere così vaste da fare invidia a Paesi come Messico e Algeria. Lo afferma uno studio condotto dalla compagnia statunitense Halliburton. Secondo il documento, i cui dettagli sono stati resi noti recentemente dal Financial Times, il Paese sudamericano possiederebbe riserve pari a venti miliardi di barili di petrolio nonché, una scorta di 1.400 miliardi di metri cubi di gas naturale. L’oro nero sarebbe concentrato nell’area di Llanos Basin, presso il confine venezuelano; le compagnie petrolifere ExxonMobil, Chevron Texaco, Royal Dutch Shell e Lukoil (Russia) sono già state invitate per un sopralluogo, al termine del quale avrebbero manifestato interesse. Le previsioni sul settore petrolifero colombiano lo davano avviato all’esaurimento tra il 2007 e il 2010. È la prima volta che l’esplorazione e il calcolo delle riserve disponibili offrono un responso così ottimistico. Se la previsione si rivelasse corretta le multinazionali straniere potrebbero trarne enormi vantaggi, anche geopolitici vista la loro collocazione al confine con il Venezuela. Non è la prima volta che il nome della Halliburton viene associato alla Colombia. Alla fine del 2004 un portale promosso dal Center for Corporate Policy ha accusato la Halliburton di aver reclutato nella nazione sudamericana guardie armate sospettate di abusi ed esperte nella sorveglianza ai pozzi di petrolio, per svolgere il medesimo impiego in Iraq.
Non accenna ad attenuarsi lo scontro che da settimane contrappone i produttori del settore agricolo al governo argentino. Tutto ha preso il via l’11 marzo scorso quando il ministro dell’economia e della produzione Martín Lousteau, il segretario all’agricoltura Javier de Urquiza e la presidente della Repubblica Cristina Fernández Kirchner hanno annunciato un aumento fino a quota 45% della tassazione sull’export della soia e dei semi di girasole. Obiettivo delle nuove imposte per la Casa Rosada sarebbe la redistribuzione degli utili derivanti dall’aumento del prezzo dei cereali nel mercato mondiale. La reazione dei produttori non si è fatta attendere: manifestazioni, scontri e blocchi stradali si sono evidenziati in tutto il Paese. “La presidenta” ha reagito stigmatizzando e proteste definite “padronali” dai sostenitori del provvedimento che evidenziano come il saldo netto dei produttori resti favorevole rispetto agli anni passati. A condurre la protesta non sono però solo i grandi produttori, ma anche i piccoli proprietari per i quali la nuova tassazione potrebbe rivelarsi estremamente dannosa. Di fronte alla loro protesta il governo ha optato per un passo indietro: il 31 marzo Cristina Kirchner ha annunciato un pacchetto di sei provvedimenti pensati per tutelare gli interessi dei piccoli produttori (che costituiscono circa l’80% del totale e producono il 20% della soia nazionale). Tra questi il reintegro dell’imposta pagata, l’apertura di una linea di credito quinquennale privilegiata con la Banca centrale e l’istituzionedi un Sottosegretariato allo sviluppo ruralee all’agricoltura familiare.
Nel corso dell’ultimo anno i trasferimenti di armamenti convenzionali nel mondo sono calati dell’8%. Lo sostiene un rapporto appena pubblicato dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). Il calo dei trasferimenti evidenzia un’inversione di tendenza dopo sei anni caratterizzati da un costante aumento degli scambi, ma non sembra ancora in grado di indurre gli osservatori a un pieno ottimismo. «È troppo presto per dire se stiamo assistendo o meno all’inizio di un nuovo trend caratterizzato da un declino dei trasferimenti» ha dichiarato il ricercatore del SIPRI Mark Bromley, in una nota diffusa dall’istituto svedese. Ecco alcuni dati interessanti: nel corso del 2007 ci sono stati significativi ordini di sistemi bellici soprattutto in Medio Oriente, Asia Meridionale e Sudest Asiatico; al tempo stesso il volume dei trasferimenti dalla Russia alla Cina è letteralmente crollato segnando un calo del 62%, confermando la tendenza alla riduzione dell’export che caratterizza il Paese da un quadriennio a questa parte. Nonostante questo ridimensionamento la Russia resta il secondo fornitore di armi al mondo, dopo gli Stati Uniti, mentre la Germania si piazza al terzo posto precedendo Francia e Gran Bretagna. Questi cinque produttori rappresentano da soli l’80% dell’output globale.
Si è formalmente concluso lo sciopero che per due giorni aveva bloccato l’impianto produttivo della Nike a Ching Luh, in Vietnam. Secondo quanto riferito all’inizio di aprile dall’International Herald Tribune, almeno 17.000 dei 21.000 lavoratori si sarebbero detti pronti ad accettare l’accordo raggiunto tra la multinazionale americana delle scarpe e i sindacati che prevede un aumento salariale mensile pari a 100.000 dong (6 dollari). Il giorno successivo all’intesa l’impianto è rimasto precauzionalmente chiuso per timore di disordini. La vicenda ha riportato d’attualità il problema dell’erosione del potere d’acquisto dei lavoratori vietnamiti a seguito della forte spinta inflazionistica che da un anno affligge il Paese. Secondo i dati governativi ripresi dal quotidiano Usa, l’aumento medio dei prezzi nell’ultimo anno sarebbe del 19% mentre gli incrementi salariali lordi imposti alle compagnie straniere dal governo di Hanoi sarebbero stati pari al 13%. L’impianto di Ching Luh, collocato nella provincia meridionale di Long An presso il delta del Mekong, è uno dei 10 complessi industriali controllati dalla multinazionale nel Paese e, secondo quanto riportato dal quotidiano Usa, compenserebbe il 12% delle 75 milioni di paia di scarpe prodotte ogni anno in Vietnam dalla compagnia di Beaverton, Oregon. La Nike prevede di raggiungere quota 23 miliardi di dollari di ricavi entro il 2011.
Il ministero del commercio indiano intende sviluppare un piano di acquisto di diamanti grezzi direttamente dai produttori africani. Obiettivo del progetto la riduzione dei costi resa possibile dall’esclusione degli intermediari occidentali dalla catena commerciale. La notizia, diffusa all’inizio di aprile dalla stampa indiana, apre nuovi scenari nei piani di espansione economica del gigante asiatico. Secondo il quotidiano di New Dehli Business Line, il ministro del commercio Jairam Ramesh avrebbe discusso i dettaglidel piano in occasione della sua recente visita in Angola (dove avrebbe incontrato il CEO della compagnia mineraria statale Endiama) e Namibia. Ramesh si sarebbe detto intenzionato a proseguire i colloqui nei prossimi mesi recandosi in Botswana, il principale produttore mondiale di diamanti, e in Sudafrica. Lo sviluppo di un sistema di vendita diretta dai produttori sarebbe solo il preludio a un processo di crescente integrazione economica e commerciale che prevederebbe l’ingresso dell’azienda pubblica angolana in una joint-venture con il colosso indiano dell’automotive Tata Motor Company, attualmente sulla cresta dell’onda. Nonostante l’emergenza dei cosiddetti “blood diamonds” (le pietre utilizzate per finanziare i conflitti armati in Africa) si sia fortemente ridimensionata nel corso degli ultimi anni, quello dei diamanti resta un settore nel mirino delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Sotto accusa la politica degli espropri alle popolazioni indigene (come i boscimani del Botswana) e le disastrose condizioni di lavoro che caratterizzano le miniere africane.
La Cina punta agli investimenti nelle principali banche africane. È quanto emerso alla fine di marzo secondo le analisi diffuse dalla stampa cinese e sudafricana. Secondo il quotidiano China Daily “una delle principali banche statali del Paese, starebbe conducendo una trattativa per l’acquisizione di una quota della seconda banca del Sudafrica: la FNB”. La maggiore indiziata sarebbe la China Development Bank (CDB). Se l’operazione andasse in porto, la Cina potrebbe vantare l’ennesimo successo nell’espansione della sua presenza nel mercato finanziario africano. A marzo, la Industrial & Commercial Bank of China ha acquisito il 20% di Standard Bank, il principale istituto di credito del Sud Africa, con un esborso di circa 5,5 miliardi di dollari. Qualche tempo prima la China Development Bank era sbarcata in Nigeria, acquisendo 3,4 miliardi di dollari di partecipazione nella United Bank of Africa. L’espansione africana degli investitori pubblici cinesi si accompagna a un rafforzamento dei legami commerciali con il principale partner del continente: il Sudafrica. Il ministro del commercio e dell’industria di Johannesburg Rob Davies aveva ribadito l’intenzione del suo Paese di incrementare gli investimenti nel Paese asiatico con un occhio di riguardo per i settori della distillazione, degli alberghi e dell’energia.
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La guerra da tre trilioni di dollari
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CHI GUADAGNA CON LA GUERRA IN IRAQ? NELLE PAROLE DEGLI AUTORI: “I contractor per la difesa sono stati (assieme alle compagnie petrolifere) i soli veri vincitori in questa guerra”. Sono oltre 100.000 i contractor privati impiegati nell’attuale conflitto iracheno, oltre dieci volte di più di quanti ne erano stati utilizzati nel corso della prima guerra del Golfo, nel 1991. Le imprese del settore hanno guadagnato cifre enormi con la guerra in Iraq, spesso con appalti poco trasparenti o con accuse, se non di corruzione, quanto meno di pesanti conflitti di interessi. La Hallyburton, già presieduta dall’ex presidente Usa Dick Cheney, avrebbe versato oltre un milione di dollari in contributi elettorali ai repubblicani, tra il 1998 e il 2003. La stessa Hallyburton avrebbe ricevuto oltre 19 miliardi di dollari di commesse, assegnate senza bando pubblico. Dall’inizio della guerra, le azioni della Hallyburton hanno guadagnato in borsa il 229%, distanziando persino i risultati delle principali compagnie che producono armi e materiale per la difesa, quali la General Dynamics (+ 134%), la Raytheon (+ 117%), la Lockheed Martin (+ 105%) e la Northorp Grumman (+78%). A.B.
BOX 2
COSA FARE CON TREMILA MILIARDI DI DOLLARI? SECONDO GLI AUTORI DI “LA GUERRA DA TRE TRILIONI DI DOLLARI”, con la stessa cifra gli Usa avrebbero potuto: finanziare il Social Security (programma pubblico di assistenza) per i prossimi 50 anni; costruire 24 milioni di case popolari pagare per tre anni 15 milioni di insegnanti pubblici fornire per tre anni l’assicurazione sanitaria a 530 milioni di bambini pagare la retta universitaria per i 4 anni in Università pubbliche a oltre 120 milioni di studenti rispettare gli impegni internazionali degli Usa di versare lo 0,7% del proprio Pil per l’aiuto allo sviluppo e la cooperazione internazionale per il prossimo mezzo secolo lanciare un “Piano Marshall” per il Medioriente, o per l’insieme dei Paesi definiti “in via di sviluppo”
.. .. .. . Negli Usa ha portato il rallentamento dell’economia e l’indebitamento pubblico alle stelle. In Medioriente ha generato instabilità. Nel nuovo libro di Stiglitz, un’analisi dei veri costi dell’intervento statunitense
A.B.
Un soldato americano ucciso durante la battaglia per Baghdad.
Iraq, 2003 REMILA MILIARDI DI DOLLARI. A tanto ammonterebbe il costo complessivo per gli Usa della guerra in Iraq, secondo quanto riportato nel nuovo libro del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e della professodi Andrea Baranes ressa Linda J. Bilmes.Partendo dalle cifre fornite dallo stesso Dipartimento della Difesa e da altre fonti ufficiali, la ricerca valuta i costi della guerra, ma soprattutto denuncia le falsità, le mancanze e le ambiguità dell’amministrazione Bush. In molti casi gli autori segnalano come, per avere accesso ad alcuni documenti, sia stato necessario richiederli utilizzando il “Freedom of Information Act” (la legge Usa che consente ai cittadini di ottenere informazioni su dati riguardanti l’amministrazione pubblica).
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Perdita di vite e scomparsa di diritti Nell’introduzione viene sottolineato come i costi maggiori siano ovviamente quelli, incalcolabili, legati alle vite umane, alla distruzione di | 62 | valori |
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un Paese, alle violazioni dei diritti umani. La ricerca evita però volutamente qualsiasi giudizio di merito, e si concentra sui soli dati economici. Gli autori specificano che le loro valutazioni sono state fatte in base ad un’ipotesi prudente e conservativa, che prevede ad esempio un rapido ritiro della maggioranza delle truppe dall’Iraq nel prossimo futuro. La già gigantesca cifra di tremila miliardi di dollari rappresenta quindi probabilmente una stima per difetto del costo finale della guerra. Considerando poi i costi per gli altri Paesi che hanno preso parte al conflitto, la cifra potrebbe raddoppiare. La prima voce di costo è quella più immediatamente valutabile: lo stipendio dei militari impegnati nel conflitto, con relativi bonus di missione, gli armamenti e le munizioni impiegate, la manutenzione dei mezzi, il vitto, la benzina e altri. Anche riguardo a questi costi “diretti” della guerra, le stime riportate nella ricerca si discostano molto da quelle fornite dall’amministrazione, e in particolare dalle prime dichiarazioni ufficiali fatte dal governo Usa al momento dell’inizio del conflit-
to. Secondo gli autori, i costi diretti della guerra in Iraq hanno già superato quelli della guerra in Vietnam, durata 12 anni. Il problema non riguarda solo la gigantesca discrepanza tra le cifre ufficiali e quelle rilevate. La ricerca accusa l’opacità e l’ambiguità con cui l’amministrazione Bush ha continuato a chiedere nuovi fondi per finanziare la guerra in Iraq. Il finanziamento di tutte le spese connesse al conflitto è stato richiesto con procedura di “emergenza”. Secondo gli autori, chiedere periodicamente nuovi fondi e stanziamenti, sempre e solo con questa procedura significa «rendere una farsa il processo [di valutazione] del budget». Addurre l’emergenza permette infatti all’esecutivo di forzare le procedure democratiche statunitensi e di evitare molti dei controlli solitamente a disposizione del Congresso.
I costi della privatizzazione del conflitto e il problema dei reduci I costi della guerra non sono unicamente quelli più immediata-
mente visibili legati alle spese dirette dell’esercito. In Iraq si assiste a un sempre più massiccio utilizzo dei contractor privati (vedi BOX 1 ). Secondo gli autori si tratta di una parziale privatizzazione della guerra. Un contractor privato guadagna in media 445.000 dollari all’anno, a fronte di uno stipendio per un sergente dell’esercito compreso tra i 51.000 e i 69.000 dollari. Al di là dell’enorme maggior costo per gli Usa, in queste condizioni molti veterani dell’esercito, e in particolare i soldati con maggiore esperienza, appena possibile escono dall’esercito per farsi assumere da compagnie private. Le conseguenze per l’amministrazione Usa non sono quindi solo economiche, ma anche in termini di esperienza e professionalità del proprio esercito. I contractor privati sono inoltre più difficilmente inquadrabili e meno soggetti alla disciplina e agli ordini, aumentando la possibilità di gravi violazioni delle leggi internazionali e dei diritti umani. Tra i costi “nascosti”, gli autori della ricerca insistono su quelli legati al sostegno ai veterani una volta tornati in patria. Vengono fornite cifre dettagliate sul numero di ex-soldati feriti, menomati o con gravi problemi psichici che hanno dovuto accedere a cure particolari dopo la prima guerra del Golfo. Costi enormi, che dovranno essere sostenuti an|
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che dopo il nuovo conflitto in Iraq, e ai quali si sommano le mancate entrate di migliaia di giovani, spesso non più in grado di lavorare. Ancora, la ricerca prende in considerazione altri costi post bellici. In primo luogo quelli per riportare truppe e apparecchiature negli Usa dall’Iraq, quindi quelli necessari a rimettere l’esercito nello stesso grado di efficienza di prima della guerra e per ricostituire la Guardia Nazionale, i cui effettivi sono stati largamente impegnati per il conflitto iracheno, distogliendoli dalle loro mansioni negli Usa. A questi costi vanno poi aggiunti quelli dell’indebitamento dell’amministrazione statunitense per finanziare la stessa guerra. Come segnalato nel titolo, il computo finale – utilizzando stime prudenziali – porta all’incredibile totale di tremila miliardi di dollari. Anche se gli autori si attengono a valutazioni oggettive, traspare in tutto il libro la loro profonda contrarietà a questo conflitto, riassumibile nell’osservazione che a distanza di quasi cinque anni dalla conclusione “ufficiale” della guerra, in Iraq la popolazione vive molto peggio di prima del conflitto. Un libro che è una denuncia accurata quanto impietosa dell’assurdità della guerra in Iraq e ancor George W.Bush di più del comportamento dell’amministrazione mentre parla ai “Veterans Bush, anche limitando il punto di vista ai soli costi of Foreign Wars”. meramente economici. La ricerca fornisce alcuni esempi di cosa si sarebbe potuto fare con la stessa cifra spesa per fare la guerra (vedi BOX 2 ), e mostra chiaramente il peso che questo conflitto ha avuto e avrà sulle famiglie statunitensi. Il libro si chiude con alcune proposte e suggerimenti, pensati se non altro per una via di uscita che non peggiori ulteriormente una situazione già disastrosa. Alcuni consigli di natura economica, che suonano però soprattutto come un appello per un drastico cambio di rotta e come una speranza in vista delle elezioni che si terranno negli Usa entro la fine dell’anno.
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STRATOSFERICI INVESTIMENTI DEL PENTAGONO PER LE ARMI 1600 MILIARDI DI DOLLARI NEL SOLO 2007. Il doppio rispetto ai 790 miliardi di dollari previsti nell’anno fiscale 2000. A tanto ammonta il piano di investimenti per lo sviluppo e l’acquisizione di armi del Pentagono nel penultimo anno di presidenza Bush. Una crescita inarrestabile che preoccupa anche gli analisti Usa. Lo stesso Gao (Government Accountability Office – ufficio di controllo governativo) in un recente rapporto del Marzo 2008 sottolinea come, oltre a partire da un livello altissimo, i programmi di acquisizione previsti nel 2007 siano cresciuti subito del 25% rispetto alle stime di partenza. In pratica al mare di denaro, messo a disposizione del Dipartimento della Difesa, che si aggiunge al budget ordinario del Pentagono (per il 2007 stimato in circa 450 miliardi di dollari) non ha fatto seguito nemmeno uno sviluppo adeguato degli stessi progetti che “hanno spesso fallito nel fornire le capacità promesse”. Oltre il 60% di questi programmi ha fin da subito sperimentato cambi di impostazione e soprattutto incremento di costi. Dimostrando come i progetti di partenza, sbandierati sempre come necessari militarmente e solidi dal punto di vista industriale e finanziario, siano invece delle vere e proprie cattedrali nel deserto utili principalmente a far crescere i bilanci del comparto militare-industriale. Francesco Vignarca Rete Italiana Disarmo - Altreconomia
L’ITALIA: CONTRACTOR ALL’AMATRICIANA E APPALTI A STRUTTURE MILITARI PRIVATE
WebObama, con la rete si pesca un tesoro Hillary Clinton raccoglie grosse somme dai grandi finanziatori. Barack Obama punta invece ai 50 dollari dell’americano medio. A furia di click, la raccolta fondi on line si sta dimostrando un’arma micidiale. Obama si è guadagnato il titolo di candidato alle preIGITANDO SU YOU TUBE IL NOME “BARACK OBAMA”, compaiosidenziali americane più presente sul web. Gli ultimi dati no 87 mila video che lo vedono come protagonista. Aldi Nielsen Online sul traffico dei siti politici negli Usa (fimeno questa era la cifra a metà aprile. Ma potrebbero già ne dicembre 2007), vedevano quello di Obama svettare essere molti di più. Ogni giorno ne vencon oltre 844 mila visitatori unici e guardare da lontano gono caricati in media 300. Da chiundi Elisabetta Tramonto gli altri candidati. Il primo dopo di lui, que, come vuole la il repubblicano Mike Huckabee, era a filosofia del web 2.0. Il senatore delINFO oltre 200 mila visitatori di differenza e l’Illinois ha invaso il web: MySpace, Sul sito www.fundraising.it si trovano la sua avversaria per il seggio demoFacebook, Flickr, LinkedIn, Eventful, gratis le informazioni sulla raccolta fondi, in particolare con il web 2.0. cratico, Hillary Clinton, si faceva suTwitter, ma anche blog di sostenitori perare anche dal pressoché sconoitaliani, come www.italianbloggers4 Presso la sede di Forlì dell’università di Bologna è nato il Master sciuto Ron Paul, piazzandosi al quarobama2008.blogspot.com. Il video “Fundraising per il non profit” to posto con 510 mila visitatori unici. del rapper Black Eyed Peas “Yes We (www.master-fundraising.it). Numeri che possono trasformarsi in Can” ha scalato le classifiche grazie a Dall’8 al 10 maggio a Castrocaro (Forlì) si terrà il Festival del Fund Raising milioni di dollari. La rete, infatti, non You Tube e al passaparola. (www.festivaldelfundraising.it). serve solo a catturare voti, consensi, popolarità. Per Obama è una miniera d’oro nella raccolta fondi. IL NON PROFIT
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SALTA IN SELLA AL WEB
Una rete preziosa NELL’ENORME CRESCITA MONDIALE del comparto dei servizi militari privati (raddoppiato negli ultimi 5 anni) gli operatori tricolore del settore sono pochi e soprattutto occupano posizioni marginali sia dal punto di vista operativo che del flusso di affari generato. Non a caso una delle società più visibili (la Ronin Security Group capitanata dall’ex-carabiniere Paolo Belligi) è stata fondata in Svizzera, anche se a pochi metri dal confine italiano, proprio per sfruttare sul mercato internazionale la reputazione migliore fornita dalla bandiera rossocrociata, come espressamente confermato dai responsabili della Ronin. A contribuire a questa “bassa” considerazione dei servizi militari forniti da professionisti ed ex-militari italiani, un punto vivacemente contestato da chi vorrebbe farsi largo nel mercato come la StartSicurezza di Carlo Biffani, ha contribuito la tragica parabola dei quattro contractor italiani rapiti in Iraq nel 2004. Vicenda che ha visto come epilogo la morte di Fabrizio Quattrocchi ed il difficile salvataggio dei suoi tre compagni. Anche se, quindi, dal punto di vista del contributo in prima persona
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siamo lontani dai livelli degli Usa o dell’Inghilterra, le Forze Armate italiane ricorrono ai servizi delle strutture militari private. Il governo uscente, infatti, nel decreto sulle missioni militari all’estero del marzo 2007, ha stanziato 3.498.000 euro per la protezione dell’Unità di Sostegno alla Ricostruzione durante le fasi di ritiro dall’Iraq. La spesa complessiva prevista è oltre 10 volte l'impegno stanziato per il funzionamento della Usr. La Rete Italiana per il Disarmo ha espresso preoccupazione e chiesto chiarezza per questa decisione, che tende forse solo a mascherare una presenza militare tramite un appalto ad un'azienda privata, la Aegis Defence Systems, una delle aziende leader del settore sul campo iracheno ma anche una delle più chiacchierate e problematiche. Già da alcuni anni la britannica Aegis fa da punto di riferimento per almeno 50 compagnie di sicurezza presenti in Iraq. Il che le conferisce la possibilità effettiva di avere al proprio comando un vero e proprio esercito suddiviso in compartimenti aziendali. Fr.Vi.
ANCHE IL TERZO SETTORE SI È ACCORTO DELLE POTENZIALITÀ DELLA RETE. Soprattutto negli Stati Uniti, ma sempre più anche in Italia la raccolta fondi si sta trasferendo dalle piazze, dai biglietti di auguri venduti a Natale, dalle maratone di beneficenza, a siti e blog. La Croce Rossa Americana ha un sito ufficiale in due versioni diverse, inglese (www.redcross.org) e spagnola (www.cruzrojaamericana.org), con una sezione shop e tre blog; Flickr per le foto; Youtube per i video; Facebook per raccogliere donazioni. L’anno scorso la tradizionale maratona di raccolta fondi dell’American Cancer Society si è svolta su Second Life. Risultato: 40.000 dollari nelle casse dell’associazione. Yahoo! (http://it.promotions.yahoo.com/charity) e Google (www.google.com/grants/details.html) offrono gratuitamente i propri spazi alle organizzazioni non profit per raccogliere fondi. Sempre più diffusi i blog, come quello di Terres des Hommes Italia (www.tdhitaly.org/blog) o di Occhi per l’Africa (www.occhiperlafrica.org). O iniziative particolari che giocano con internet come la campagna “un milione di litri” (www.unmilionedilitri.it), per la raccolta fondi di Acra. Sulla homepage un’immagine composta da quadratini (pixel) che si colorano per ogni donazione da 25 euro e che corrispondono a 100 litri d’acqua inviati a un paese povero. Sul sito dell’associazione “Sos Italia – villaggi dei bambini” si possono mandare video per convincere ad adottare un bimbo a distanza (www.volare.adozionidistanza.it/video.ph). Molti gli esempi oltreoceano di associazioni non profit su Myspace, rari per ora quelli italiani: www.myspace.com/campagneperglianimali.
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Dopo un primo record di 36 milioni di dollari raccolti on line nel mese di gennaio, Barack Obama ne ha segnato un secondo: 55 milioni di dollari di fundraising a febbraio. 193 milioni in tutto, di cui oltre la metà versati sul web da piccoli donatori, dai 25 ai 200 dollari a testa. Un esercito di internauti che hanno voluto contribuire a finanziare la campagna elettorale di Obama. Sul suo sito ufficiale www.barackobama.com compaiono ovunque inviti a donare. Ci si può registrare per una “donazione ricorrente mensile”. Ma il candidato democratico usa anche i canali del web 2.0 come Myspace, Facebook e un’iANNO 8 N.59
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INFO Sul sito www.opensecrets.org gli aggiornamenti sulla raccolta fondi on line di ogni candidato.
dea nuova: il “volontariato finanziario”. Registrandosi sul suo sito, è possibile diventare fundraiser proObama, trasformando il proprio social network (blog, myspace, ecc.) in uno degli ingranaggi del meccanismo di raccolta fondi. Niente a che vedere con la campagna, più “tradizionale” della Clinton, che non è riuscita a sfruttare le potenzialità di internet. Sulla sua home page nessuno stimolo per il social fund raising (promuove, invece, il volontariato per l'organizzazione di “eventi” finalizzati alle donazioni).
Il fascino on line di Obama In rete sono nati i gruppi più strani di sostenitori del se-
natore, come “Dog Lovers for Obama,” “Snowboarders for Obama in 2008”, o “Massage Therapists and Bodyworkers for Obama”. Una web community che si manifesta però in carne ed ossa per affollare gli stadi durante i discorsi di Obama (a Seattle erano oltre 20 mila, contro i 5 mila della Clinton). Il senatore li ha conquistati rendendoli protagonisti del suo sito. Su www.barackobama.com, infatti, informazioni e video istituzionali si mischiano a quelli amatoriali realizzati dai suoi ammiratori. Le loro storie guadagnano la home page insieme alle loro foto, che ritraggono Obama in maniche di camicia.
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Le potenzialità della rete utilizzate dai “grillini”
APPUNTAMENTI MAGGIO>LUGLIO
6-8 maggio MONTEVIDEO (URUGUAY) RIUNIONE DELLA COMMISSIONE DEL COMMERCIO DEL MERCOSUR (MERCADO COMÚN DEL SUR) Creata nel 1991 da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, l’area di libero scambio che dal 1995 ha abolito i dazi interni istituendo una tariffa doganale comune verso l’esterno, taglia il simbolico traguardo delle 100 riunioni della sua commissione commerciale. Dal 2006 il Venezuela è entrato a far parte dell’organizzazione cui Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù sono al momento membri associati. www.mercosur.int
Gli amici di Beppe Grillo comunicano nella rete. Sul web nascono le campagne che riempiono le piazze. N ITALIA A MOBILITARE LA POPOLAZIONE DEL WEB ci pensa Beppe Gril-
I
lo. Sul suo blog (www.beppegrillo.it) oltre due milioni di differenti visitatori al mese. Lo gestiscono, insieme al comico genovese, giovani laureati della Casaleggio Associati di Milano. Gli “amici di Beppe di Matteo Incerti Grillo” si sono auto-organizzati in rete tramite la piattaforma internet statunitense Meet Up. Il primo gruppo è nato nel 2005 a Milano. Oggi al mondo sono 493, in 357 città di 23 diversi Stati per un totale di 69.285 aderenti. Un piccolo “esercito” che si muove, si organizza, dibatte e, soprattutto, raccoglie e si scambia informazioni e idee via internet. Un “esercito” che ha dato prova delle potenzialità organizzative e politiche della rete, con i V Day dell’8 settembre 2007 e del 25 aprile scorso. Sono state raccolte via internet oltre 200 mila pre-adesioni e lanciati sulla rete Youtube centinaia di video fai da te. L’8 settembre si sono materializzate, in 225 città italiane e trenta straniere, oltre 350 mila persone, che hanno firmato la proposta di legge d’iniziativa popolare per il “Parlamento Pulito”. Per il V Day 2 del 25 aprile, dedicato alla “libera informazione”, sono stati 467 i banchetti organizzati in tutta Italia e, in un solo giorno, sono state raccolte oltre 430 mila firme per ognuno dei tre referendum proposti (per abolire i finanziamenti pubblici all’editoria, l’ordine dei giornalisti e la legge Gasparri).
Chi sono i “grillini” L’istituto di ricerca Swg ha dedicato a questo movimento un’indagine – “La Rete Partecipata: attivismo mediatico e politico nell’Italia del 2008, studio etnografico sui Meet Up degli Amici di Grillo” – dalla quale è emerso che: “il grosso degli attivisti dei Meet Up ha tra i 30 e i 45 anni. Il 30% circa sono donne. Ci sono, soprattutto, piccoli imprenditori e liberi professionisti, impiegati e dirigenti di aziende | 66 | valori |
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pubbliche o private, alcuni operai. Una significativa maggioranza ha votato nel passato a sinistra, ma pochissimi hanno una vera esperienza in un partito. L’eterogeneità del movimento racconta come internet raggiunga spezzoni vasti e diversi della cittadinanza” si legge nella ricerca, che sottolinea come “la densità di informazioni che conoscono e che dimostrano di aver letto o studiato, è mediamente molto alta”. Quello dei Meet Up di Grillo è “il primo movimento sociale di massa post-moderno in Italia”.
L’organizzazione tutta su internet Un movimento che si organizza anche in maniera autonoma da Grillo. Riprendono le tematiche del blog (ambiente, energie rinnovabili, trasparenza, legalità, mobilità…) e le traducono in azioni concrete sul piano locale: manifestazioni, petizioni e convegni. Tramite il blog è stato raccolto mezzo milione di firme elettroniche per abolire i costi di ricarica dei telefonini. Iniziativa partita dal giovane Andrea D’Ambra del Meet Up di Ischia. 68 mila le firme arrivate on line in un mese per abolire i finanziamenti Cip6 pro inceneritori. Grazie a Grillo, in collaborazione con la Onlus Carlo Bortolani di Reggio Emilia, con spettacoli, conferenze, appelli on line, in un anno sono stati raccolti 378 mila euro per acquistare un microscopio per le ricerche sui danni causati dalle nanopolveri. Il Meet Up di Napoli, con oltre tre mila aderenti, è riuscito a bloccare la privatizzazione dell’acqua. A febbraio il gruppo partenopeo ha organizzato il “Giorno del Rifiuto” per promuovere riduzione, riciclo, riuso dei rifiuti e per far emergere le alternative a inceneritori e mega-discariche. «In 28 giorni con 300 volontari e una spesa di soli sette mila euro, raccolti anche on line – racconta Roberto Fico, uno degli organizzatori –, abbiamo dato vita ad un evento che ha richiamato oltre 30 mila persone in piazza ed è stato trasmesso dalla Cnn e dalla Bbc».
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11 maggio SERBIA ELEZIONI PARLAMENTARI Sfida aperta tra il Partito Democratico (Sandzacka demokratska partija) del neo-eletto presidente Boris Tadic di ispirazione europeista, e il fronte nazionalista del Partito Radicale (Srpska radikalna stranka) del conservatore Vojislav Seselj.
14-17 maggio YAOUNDE (CAMERUN) UNIONE AFRICANA INTERNATIONAL ECONOMIC FORUM FOR AFRICA Il Ministero dell’Industria camerunense ospita i soci dell’Unione Africana e i principali partner internazionali (tra cui ONU, Unione Europea e African Development Bank). Al centro dell’incontro i problemi relativi allo sviluppo dell’industria e alla promozione degli investimenti stranieri. www.africa-union.org 16 maggio REPUBBLICA DOMINICANA ELEZIONI PRESIDENZIALI 17 maggio KUWAIT ELEZIONI PARLAMENTARI
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
DIPARTIMENTO DI STATO USA
Barak Obama durante un comizio per le primarie nel suo quartier generale di Second Life. Oltre a quelli dal vivo, il senatore democratico ne ha tenuti molti in rete.
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21 maggio GEORGIA ELEZIONI LEGISLATIVE A cinque mesi dalle presidenziali che hanno riconfermato l’europeista Mikheil Saakashvili nel ruolo di capo di Stato si torna al voto in Georgia per il rinnovo del Parlamento. Mosca osserva con particolare attenzione nella speranza che l’esito del voto possa indebolire il sostegno allo scomodo successore filo statunitense di Shevardnadze. (Foto: Saakashvili e George Bush) 31 maggio - 1 giugno AREQUIPA (PERÙ) APEC (ASIA-PACIFIC ECONOMIC COOPERATION) Meeting dei ministri del commercio Nata nel 1989 con lo scopo di promuovere lo sviluppo e il benessere dei Paesi dell’Asia e del Pacifico, l’APEC conta tra le sue fila 21 membri. Le decisioni prese al suo interno sono indicative ma non vincolanti. www.apec.org 1-4 giugno 2008 HOUSTON (USA) WINDPOWER 2008 CONFERENCE & EXHIBITION www.windpowerexpo.org 2 giugno MANILA (FILIPPINE) ASIA DEVELOPMENT BANK Forum Asiatico sull’Energia Pulita (ACEF) 2008: “Investing in Solutions that Address Climate Change and Energy Security” www.adb.org 2-6 giugno 2008 VALENCIA (SPAGNA) 16TH EUROPEAN BIOMASS CONFERENCE & EXHIBITION www.conference-biomass.com 3-5 giugno ROMA (ITALIA) FAO (FOOD AND AGRICULTURAL ORGANIZATION) “High-Level Conference on World Food Security and the Challenges of Climate Change and Bioenergy”
Allo studio l’impatto dei cambiamenti climatici sulla disponibilità mondiale dei generi alimentari. www.fao.org 8 giugno MONGOLIA ELEZIONI LEGISLATIVE
9-11 giugno CAPE TOWN (SUDAFRICA) WORLD BANK ABCDE CONFERENCE Nata da un’idea della Banca Mondiale, la serie delle “ABCDE Conferences on Development” è da sempre legata nei contenuti ai temi in discussione nel G8, nell’Unione Europea e negli altri maggiori eventi globali. L’edizione 2008 è organizzata in collaborazione con il Ministero delle Finanze del Sudafrica. 10 giugno BUENOS AIRES (ARGENTINA) MERCOSUR Riunione del Grupo Ad Hoc Sobre Biocombustibles (GAHB) del Mercosur (Mercado Común del Sur). Quello dei biocarburanti resta un tema “caldo” all’interno dell’area sudamericana di libero scambio. Il Brasile guida idealmente il fronte del Sì con il sostegno degli Usa, il Venezuela è schierato su posizioni opposte. Lo sviluppo del bio-fuel (e la speculazione sui derivati finanziari) ha prodotto un forte aumento dei prezzi di alcune materie prime (soia in primis) favorendo i grandi produttori come l’Argentina. www.mercosur.int 11-13 giugno 2008 BLED (SLOVENIA) HIDROENERGIA 2008 Conferenza internazionale biennale dedicata al settore del piccolo idroelettrico. Tra gli organizzatori: ESHA (European Small Hydropower Association) www.aper.it 12 giugno REPUBBLICA D’IRLANDA REFERENDUM SUL TRATTATO DI LISBONA Nato sulle ceneri della costituzione europea, bocciata nel 2005 nelle consultazioni referendarie di Francia e Olanda, il cosiddetto Trattato di Lisbona mira a integrare alcuni documenti di intesa per affiancarsi al Trattato sul funzionamento dell’Unione, alla Carta dei diritti fondamentali e al vecchio Trattato Euratom. Il Trattato di Lisbona dovrebbe essere ratificato dai Paesi membri entro il 2009, anno delle elezioni |
per il rinnovo del parlamento di Bruxelles. (Foto: il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente della Commissione UE José Manuel Barroso a Berlino per i 50 anni dell’Ue) 12-14 giugno 2008 MONACO (GERMANIA) INTERSOLAR 2008 International Trade Fair and Conference for Solar Technology www.intersolar.de
19-21 giugno 2008 PARIGI (FRANCIA) SALON DES ENERGIES RENOUVELABLES 6° Edizione www.energie-ren.com 23-25 giugno SINGAPORE ASEAN - 8TH MEETING OF THE ASEAN WORKING GROUP ON WATER RESOURCE MANAGEMENT (AWGWRM) L’Association of South-East Asian Nations, o ASEAN, è un’organizzazione che promuove l’integrazione economica e politica delle nazioni del Sud-est asiatico. È stata fondata nel 1967. www.aseansec.org 28 giugno ISLANDA ELEZIONI PRESIDENZIALI 11-13 luglio TINMOUTH (VERMONT, USA) SOLAR FEST 2008 RENEWEBLE ENERGY FESTIVAL Operativa dal 1995, Solar Fest è un’organizzazione non profit attiva nella sensibilizzazione ai temi della conservazione delle risorse naturali del pianeta e nella promozione delle energie rinnovabili. L’edizione 2008 affiancherà all’intrattenimento almeno 50 workshop sui temi dell’energia. www.solarfest.org 21-25 luglio PATRASSO (GRECIA) ECAI: EUROPEAN CONFERENCE ON ARTIFICIAL INTELLIGENCE 18° appuntamento biennale nella sua storia, ECAI 2008 è organizzato dallo European Coordinating Committee on Artificial Intelligence dell’Università di Patrasso e dall’Hellenic Artificial Intelligence Society. 27 luglio CAMBOGIA ELEZIONI PARLAMENTARI
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Hope & Company
Il volto cinico del capitalismo di Andrea Montella
H
A sinistra, il mercato degli schiavi, in un dipinto di Gustave Boulanger. Sopra, Archibald Hope in un dipinto del 1720, esposto nella sede di Rotterdam della Banca, e Isaac Newton, una delle vittime della speculazione della South Sea Company. A destra, Henry Hope, nipote del fondatore Archibald.
OPE & CO. È IL NOME DI UN’ANTICA BANCA OLANDESE, forse la prima banca d’affari al mondo, che
ha calcato il palcoscenico della finanza mondiale per due secoli e mezzo. Benché i fondatori, gli Hope, fossero mercanti scozzesi, la banca aprì la sede e le sue attività principali in Olanda, in particolare ad Amsterdam e, solo dalla fine del XVIII secolo, ebbe uffici anche a Londra. Sei degli otto figli del capostipite Archibald Hope (1664-1743) - Archibald Jr., Isaac, Zachary, Henry, Thomas ed Adrian - erano, come il genitore, commercianti. Le loro attività primarie si concentravano nei settori dei trasporti, dell’immagazzinamento, dell’assicurazione e del credito, prevalentemente ad Amsterdam e Rotterdam. Nel 1720 restarono coinvolti nel disastro finanziario causato dalla vicenda della britannica South Sea Company, che condurrà all’emanazione del Bubble Act. La South Sea Company aveva acquisito integralmente, in forza di un atto legislativo, l’intero debito pubblico inglese, che ammontava a dieci milioni di sterline. La South Sea Company, sulla scorta dei successi militari contro la Francia, aveva fatto crescere il valore delle azioni a ritmi vertiginosi, sino al tracollo definitivo: un contraccolpo violento come quello causato oggi dalla bolla dei subprime, che all’epoca ebbe anche vittime illustri, come lo scienziato rosaChiesa anglicana. Per i quaccheri il rapporto con croce Isaac Newton. Dio veniva ricondotto alla luce interiore, cioè all'eLa nazionalizzazione della South Sea Company, sperienza intima e diretta della redenzione, e la precon il Bubble Act, portò molti investitori sul lastrisenza di Dio si rivelava al singolo attraverso il treco, gli amministratori della società nella prigione mito delle labbra (da qui l'appellativo ironico di della Torre di Londra, ma salvò il sistema finanziaquakers, tremanti). rio pubblico inglese. Molti banchieri in Olanda a Il commercio degli schiavi era meno vantaggiocausa della loro bramosia e della scarsa lungimiranso e veniva compensato stipando all’inverosimile le za fallirono e parecchi altri lasciarono il Paese. navi di persone e dalla minor cura con cui venivaLa sede storica della Banca Hope & Co. ad Amsterdam Ma gli Hope non si persero d’animo e trovarono trattati, tanto che il 16% tra bambini, donne e in Keizersgracht 444-446. no ben presto una nuova strada per rimpinguare i uomini moriva a bordo. loro forzieri: organizzando, sotto la direzione di Archibald Jr., Isaac La ricchezza degli Hope fu incrementata in modo determinante e Zachary, spedizioni di quaccheri da Rotterdam. Per differenziare dalle speculazioni e dai traffici durante la Guerra dei Sette Anni l’attività intrapresero anche il commercio degli schiavi ad Amster(1756-1763) tra Inghilterra e Francia. dam, sotto la direzione di Thomas e Adrian. Nel 1762 i nipoti Jan (John) e Henry Hope entrarono nella soGli anni d’oro delle spedizioni di quaccheri verso la Pennsylvacietà e il nome venne cambiato in Hope & Co. Nello stesso perionia furono il 1738, il 1744, il 1753 e il 1765. Questi trasporti erano do l’inglese John Williams e Pierre Cesar Labouchere diventarono pagati dalla città di Rotterdam e della chiesa Battista locale, poiché soci della di ditta. i quaccheri non avevano risorse economiche adeguate. Nello stesso anno gli Hope allargarono le loro attività ad AmNegli anni migliori gli Hope ricevettero sessanta fiorini olandesi sterdam in Keizersgracht 444-446. Zachary (1747-1821), figlio di Ara quacchero e in quelli peggiori undici. I quaccheri, appartenenti alchibald, divenne membro del Parlamento olandese ed entrò nel la Società degli amici e seguaci del predicatore George Fox, dovetteconsiglio d’amministrazione della West Indian Company (WIC), e ro rifugiarsi in Olanda e in America a causa delle persecuzioni della divenne il proprietario dell’ ex palazzo del “Lange Voorhout” all’Aia,
Per loro tutto era una merce: uomini, religiosi, oppio, zenzero, tessuti, oro, argento, guerre e quindi potevano essere freddamente calcolati secondo i disumani parametri capitalistici. Gli Hope furono tra i migliori interpreti di questa immonda morale
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che oggi ospita un museo e un’attrazione virtuale dedicata ai lavori dell’artista grafico Maurits C. Escher . Il matrimonio di Pierre Cesar Labouchere con Dorothy, la terza figlia di Francis Baring, fu il tentativo di fondere i Baring e gli Hope. Labouchere giocò un importante ruolo di negoziazione con la Francia, gestendo la maggior parte dei finanziamenti francesi per l’Olanda.
Amsterdam e gli Hope: una storia in comune L’archivio Hope è un’importante risorsa per capire la storia di Amsterdam e dell’Olanda come centro del commercio mondiale nel XVIII secolo. Nel 1977 la raccolta è stata donata all’archivio della città di Amsterdam ed è ora consultabile dal pubblico. L’archivio della Hope & Co. è stato unito con l’archivio della Dutch East India Company perché nel 1752 uno dei fratelli Hope, Thomas, (1704-1779), divenne un membro del “Gentlemen XVII”, nome dato ai diciassette direttori al vertice della Dutch East India Company e quattro anni dopo egli divenne il capo del consiglio d’amministrazione della società. Nel 1766 Thomas divenne il portavoce di William V degli Orange, il capo formale della compagnia. Quattro anni dopo, nel 1770, Thomas si ritirò e passò le responsabilità al figlio John (1737-1784), che rimase nella Dutch East India Company e nella Hope & Co. fino alla morte. Adrian era un membro del Parlamento olandese e del Consiglio della città di Amsterdam. Diversamente dalle banche di oggi, che preferiscono gestire i politici da dietro le quinte, i soci della Hope & Co. mescolavano affari privati e della banca con quelli pubblici. Molte lettere dell’archivio sono molto utili per comprendere in modo crudo gli avvenimenti dell’epoca e il ruolo della borghesia e del nascente capitalismo.
Le lettere prima del 1720 sono indirizzate a Thomas e Adrian Hope. Una sezione particolarmente ricca dell’archivio è rappresentata dalle corrispondenze del periodo che va dal 1795 al 1815, quando Henry Hope era stato costretto a lasciare l’Olanda, per mettere a punto gli uffici di Londra. Le regolari e meticolose corrispondenze tra Amsterdam e Londra forniscono ulteriori ed importanti contributi per comprendere come avvenivano le negoziazioni dei commerci di quel periodo storico. Il funzionamento giornaliero della Hope & Co. era nelle mani del nipote americano Henry Hope (1736-1811), che fece commerci con differenti paesi, compreso Svezia, Polonia, Russia, Portogallo, Spagna, Francia e Stati Uniti. Nel 1804 la Hope & Co. emise azioni per finanziare l’acquisto della Louisiana, grazie alla negoziazione di Henry Hope e Francis Baring. Thomas Hope (1769-1831) - figlio di John - ereditò la preziosa collezione di opere d’arte che suo zio Henry aveva accumulato e che, non avendo eredi, diretti lasciò al nipote. Successivamente la collezione d’arte fu ereditata da Adrian van der Hoop che nel 1814 divenne socio della Hope & Company. Alla morte di Adrian la collezione valeva la considerevole somma di cinque milioni di fiorini olandesi ed è stata ceduta alla città di Amsterdam, che ha creato un museo per ospitarla. La collezione comprende più di 250 capolavori del XVIII e XIX secolo, tra cui dei Rembrandt e dei Vermeer. Nel XIX secolo la Hope e Co. si è specializzata in investimenti nelle ferrovie, immettendo capitali soprattutto negli Stati Uniti e in Russia. Nel XX secolo ha spostato i suoi affari dai trasporti alla finanza. Nel 1962 la Hope e Co. si è fusa prima con Mees & Zoonen, poi nel 1975 con Pierson. Successivamente è stata incorporata dalla ABN Amro (la banca che ha inglobato anche Banca Antonveneta nel 2006) ed è ora parte di RbS-Fortis-Santander.
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economiaefinanza
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altrevoci L’AMBIENTALISMO SI DECLINA CON UN LINGUAGGIO DA DIZIONARIO
CAR SHARING L’ANTIDOTO AL MAL D’AUTO
PIO LA TORRE IL POLITICO CHE SFIDÒ LA MAFIA
L’IDEA DEL CAPITALE NEL RICCO OCCIDENTE
LA PORTINAIA CHE SAPEVA GUARDARE IL MONDO
LA STORIA DIVENTA ROMANZO UN PO’ NOIR
Dalla “A” come “agricoltura biologica” alla “W” come “Wwf”, passando per Bhopal, Katrina, Severo, Global warming ed erosione della biodiversità. Trecento autori e settanta voci tematiche che abbracciano oltre due millenni di storia delle idee, da Pitagora ai no-global. Eventi e concetti legati da un filo comune: il riferimento al rapporto tra uomo e natura come chiave della conoscenza scientifica del mondo e di comprensione filosofica del senso e dei limiti dell’avventura umana. Un condensato di storia del pensiero ecologico racchiuso nel “Dizionario” curato da Roberto Della Seta (ex presidente di Legambiente e ora responsabile Ambiente del Pd) e da Daniele Guastini, docente di Filosofia alla Sapienza di Roma, nel quale gli autori provano a sciogliere qualche contraddizione e dubbio ricostruendo l’album di famiglia dell’ecologia come riflessione di confine tra scienza, filosofia e politica. Completano l’opera due saggi, in cui Della Seta e Guastini propongono punti di vista originali e per nulla simili fra loro, sulle radici e sull’odierno valore del “pensare ecologico”.
L’Automobile è fonte del malessere urbano, divoratrice del nostro tempo negli spostamenti e negli ingorghi, inquinatrice, rumorosa, costosa e dispendiosa per i privati e per il pubblico, responsabile della scomparsa di vie, piazze e strade pedonali, persino di marciapiedi. Con il trasporto flessibile (servizi a domanda e car-sharing) tutto ciò può essere evitato. Informatica e telecomunicazioni consentono già oggi di garantire spostamenti porta-a-porta, senza traffico e ricerca del parcheggio, a costi economici, sociali e ambientali molto inferiori a quelli che si pagano con un’auto a testa. Si tratta di un modello organizzativo replicabile in moltri altri servizi pubblici, per il quale oltre alle tecnologie occorre costruire un know-how di gestione che potrà costituire un fattore di competitività decisivo per un’economia come la nostra, altrimenti condannata al declino.
Politica, soldi e mafia. Ecco la santissima trinità che Pio La Torre cercò di profanare, parlando allo stesso tempo il linguaggio della povera gente. La lotta alla mafia era la sua ossessione, il suo chiodo fisso che, nel corso degli anni, lo porterà a sviluppare tesi, ma soprattutto a creare strumenti di contrasto per i magistrati e le forze dell’ordine. La figura di Pio La Torre non rappresenta solo un fatto di cronaca, è qualcosa di più. Investe la società italiana, travolge la politica nazionale ed entra di prepotenza nella storia del nostro Paese. A distanza di venticinque anni, cosa c’è dietro la sua morte e perché mai nessuno, questa vita, l’ha voluta raccontare? A tentare l’esperimento, sono lo scrittore Claudio Camarca e Giuseppe Bascetto, giornalista free-lance, che da più di quindici anni si occupa di mafia e criminalità economico-finanziaria.
Il capitalismo è un concetto che non si lascia afferrare, che disorienta nella sua continua mutazione. La tesi di questo libro è che si possa pensare il capitale come un mezzo oppure come un fine. Nel primo caso esso acquista una valenza sociale, nel secondo risulta svuotato di ogni istanza di giustizia. Boldizzoni ripercorre la storia di una dicotomia che ha lacerato l’Occidente dal Rinascimento ai nostri giorni, istituendo una relazione sistematica tra la dimensione intellettuale e le trasformazioni materiali e culturali di scenario. La centralità dell’Europa rispetto a questo dibattito viene bruscamente meno con lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Un’analisi disincantata del primato culturale degli Usa nei successivi decenni apre uno scorcio imprevedibile sulla crisi del pensiero economico contemporaneo.
Quale sia la formula per cui “L’eleganza del riccio” ha avuto un successo strepitoso, prima in Francia e poi nel resto d’Eurpa, è cosa difficile da spiegare. Certamente gli hanno giovato una ironia colta, un humus letterario e filosofico discreto, una buona dose di sentimenti. La storia è ambientata a Parigi in un elegante palazzo abitato da famiglie dell’alta borghesia. Ci vivono ministri, burocrati, maîtres à penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola, assiste allo scorrere di questa vita la portinaia Renée, che appare in tutto e per tutto conforme all’idea stessa della portinaia: grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. Niente di strano, dunque. Tranne il fatto che, all’insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta, che adora l’arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Insomma, dal punto di vista intellettuale è in grado di farsi beffe dei suoi ricchi e boriosi padroni.
Massaua, 1896. Nel catino rovente di una città sensuale e cosmopolita tutti i destini si intrecciano. Mentre un detective non autorizzato è ossessionato dalla ricerca di un assassino di bambini, uomini, donne e soldati precipitano, senza saperlo, verso il proprio destino. Verso la piú colossale disfatta che il colonialismo europeo abbia subito. La battaglia di Adua. Un grande romanzo di guerra e d’amore. E di delitti. Una pagina oscura della nostra storia che diventa leggenda. Una vicenda epica rinasce dall’ombra del passato e irrompe in una luce cupa e visionaria, splendida e dannata. Tutte le voci, i dialetti e le lingue, sono il tessuto di un romanzo corale dove inferno e salvezza abitano insieme. Gli amori, i tradimenti, i deliri e le perversioni piú folli si intrecciano all’innocenza piú pura, l’arroganza dei potenti vive accanto alla comunità degli umili, la magia e il quotidiano si fondono.
ROBERTO DALLA SETA DANIELE GUASTINI DIZIONARIO DEL PENSIERO ECOLOGICO
Editrice Carocci, 2008
GUIDO VIALE VITA E MORTE DELL’AUTOMOBILE
CLAUDIO CAMARCA GIUSEPPE BASCETTO PIO LA TORRE, UNA STORIA ITALIANA
Aliberti, 2008
FRANCESCO BOLDIZZONI L’IDEA DEL CAPITALE IN OCCIDENTE
Marsilio, 2008
MURIEL BARBERY L’ELEGANZA DEL RICCIO
Edizioni e/o, 2007
narrativa
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LA FAVOLA CATTIVA DI UN PAESE DI ROMAGNA INCONTRI STRAORDINARI SECONDO LA LOGICA VAGABONDA DI PINO CACUCCI Pino Cacucci racconta storie di eroi e ribelli, lotte e ingiustizie, attingendo dal suo vagabondare per il mondo. E questo libro non fa eccezione. C’è un evidente amore per i disperati, per i “combattenti”, per le idee, per i paesaggi e qualche volta per la sua città, Bologna. E c’è la rabbia per i guasti della società civile e politica, per i paradossi della realtà sociale, per le ferite non chiuse della Storia. È un volume scandito in sette parti. Vagabondaggi: i viaggi dell’autore in paesi lontani e i vagabondaggi in Italia. Bastiancontrario: gli scritti polemici sulla politica italiana ed estera. Leggere per r-esistere: materiali diversi sui suoi scrittori preferiti – tra cui una lettera inedita di Primo Levi a Sante Notarnicola – e recensioni. La memoria non m’inganna: ricordi di persone, personaggi ed eventi degli ultimi vent’anni. Per esempio, ho conosciuto: gli incontri più memorabili, tra cui uno molto particolare con Federico Fellini. Gazzettiere bolognese: articoli satirici su Bologna. Varie ed eventuali: raccolta di scritti “inclassificabili”, dal cinema alla musica, fino a un primo e inedito racconto. PINO CACUCCI UN PO’ PER AMORE E UN PO’ PER RABBIA
Feltrinelli, 2008 CARLO LUCARELLI L’OTTAVA VIBRAZIONE
“Un tranquillo paese di romagna” è una favola cattiva, con l’ironia e un qualche cosa in più che gli deriva dall’essere un mistery romagnolo. La famiglia di Primo Casadei, detto Terzo, un ex spiantato diventato scrittore di successo senza aver smaltito la scorza anarcoide, torna nel paesino di origine sulle colline romagnole. Qui vivono ancora vecchi contadini dalle facce di cuoio, coriacei repubblicani dai nomi significativi e dai soprannomi ancor più dichiarativi, anticlericali sanguigni e preti combattivi. Luoghi abbastanza eccentrici da ben assorbire la bizzarria degli affetti di Primo della sua famiglia. Ma appena giungono in paese iniziano terribili omicidi di bambini; assassinii abbastanza diversi uno dall’altro, da respingere l’idea del maniaco o del killer seriale. In paese ci sono stati altri arrivi, oltre ai Casadei: un nuovo prete, un pittore sempre in giro per i sentieri, un giovane maestro tanto colto e devoto. CARLO FLAMIGMI UN TRANQUILLO PAESE DI ROMAGNA
Einaudi, 2008
Bollati Boringhieri, 2007
Sellerio, 2008
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NUDI 3D NELLE FOTO DI BETTINA RHEIMS MPAMAKI VATO SPACCATORI DI PIETRE DEL MADASCAR
Bettina Rheims fin dagli Anni Settanta è attratta da soggetti particolari. Inizia così a fotografare per strada dove conosce alcune spogliarelliste. Da questo incontro nasce una serie di fotografie di nudi che verrà pubblicata con grande successo di pubblico nel 1980 su “Egoïste”. Seguiranno sue personali al Centre Georges Pompidou e alla Galerie Texbraun di Parigi. Collabora con le riviste “Elle” e “Paris Match”, realizzando fotografie di moda e campagne pubblicitarie. Nel 1995 realizza la fotografia ufficiale di Jacques Chirac, dal quale ha ricevuto nel 2002 la Legione d’Onore per l’insieme del suo lavoro. Questa serie di Bettina Rheims segna la realizzazione di un desiderio: stabilire un rapporto con la scultura nella sua creazione fotografica, traducendo l’idea che si possa immaginare la parte posteriore della figura umana anche vedendola solamente di fronte, come se le modelle fossero visibili in 3D.
Gli “Mpamaki vato”, spaccatori di pietre in lingua malgascia, vivono ai piedi di una montagna dalla quale ogni giorno scavano roccia che poi nel villaggio trasformano in ghiaia con rudimentali attrezzi o a mani nude. Un lavoro durissimo svolto da uomini, donne e bambini. Una comunità che vive tra la polvere e il fango, soffre di malattie, mancanza di cibo ed acqua potabile. La mostra comprende una trentina di fotografie e immagini video realizzate nel gennaio 2008 dal giornalista e fotografo Alfredo Macchi nell’isola di Nosy Be, a nord del Madagascar. L’intento è quello di spingere lo sguardo “oltre”: oltre lo scenario da cartolina, le spiagge coralline e il mare turchese, per documentare una realtà quotidiana di povertà, emarginazione e drammatiche condizioni di vita. La mostra “Mpamaky vato - Gli spaccatori di pietre del Madagascar” è parte del progetto “Una sorgente per la vita!” promosso dalle associazioni umanitarie Kairos Onlus e Birimbao, che intendono migliorare le condizioni di vita e di lavoro degli abitanti del villaggio attraverso interventi mirati e concreti sul territorio, dalle infrastrutture all’assistenza medica e sanitaria, soprattutto per i più piccoli.
Fino all’8 giugno
L’ITALIA CHE NON FA NOTIZIA È PIÙ VERA
LA SICILIA E IL MONDO SECONDO TORNATORE
MUSICA GRATIS SENZA GUAI
C’è un’Italia che non appare troppo, non arriva sulle prime pagine, non occupa la cronaca. Un’Italia che se non fa notizia (almeno non sempre) è comunque attuale e forte e ha bisogno di una sua voce partecipe e chiara. Le immagini di Francesco Cocco, Lorenzo Cicconi Massi, Daniele Dainelli e Massimo Siragusa, accompagnano i racconti di Antonio Pascale e, in una serie di reportage dall’Italia profonda, ci raccontano quattro diversi momenti del nostro paese, quattro stagioni diverse della nostra vita. L’estate delle grandi fabbriche del Nordest deserte per le vacanze, come per un’improvvisa dismissione; l’autunno delle piazze e dei tanti paesi dell’Italia di provincia; l’inverno delle nuove comunità etniche e religiose; la primavera del mediterraneo e la nuova ricerca di una radice di vita come un’identità da rigenerare.
Giuseppe Tornatore aveva solo dieci anni quando iniziò a scattare fotografie alla sua Sicilia seguendo le orme dei grandi maestri conterranei. Una parte di quelle foto, 120 scatti, sono raccolti oggi in una mostra (“Indiscrezioni, Giuseppe Tornatore, fotografie”) al museo nazionale Alinari della fotografia a Firenze. Si tratta di situazioni e volti della quotidianità, spesso anonimi, dove prevalgono le comparse piuttosto che i personaggi famosi. Uomini, donne che non posano, ma naturalmente disposti verso la vita. Visi di vecchi con la coppola in testa e con la coperta sulle spalle che si ritrovano in una piazza. Situazioni, facce, esistenze che ci rimandano una parte di storia della Sicilia e di molti altri luoghi del mondo, dalla Cina alla Russia, passando per Portella della Ginestra, che il regista di “Nuovo cinema Paradiso” ha saputo ritrarre con sapiente capacità.
Si chiama Downlovers e la versione Beta è stata lanciata alla fine dell’estate scorsa e potrebbe realizzare il sogno di molti navigatori, ovvero scaricare musica gratis dalla rete legalmente. Il sistema è simile a quello di emule, ma senza peer to peer. In catalogo, ma è solo un elenco temporaneo, ci sono più di 30 mila brani e una trentina di etichette discografiche che hanno reso disponibili il loro catalogo. Poco tempo fa avevamo parlato dell’iniziativa dei Radiohead che lasciavano all’ascoltatore la scelta di determinare il prezzo da pagare. Un segno importante di un clima che sta cambiando. Chi paga allora? Quando parte il download appare una finestra pubblicitaria che fa partire un filmato di trenta secondi. Naturalmente i proventi serviranno a pagare le etichette discografiche e il costo del servizio.
Antonio Pascale
Fino al 15 giugno
SOLO IN ITALIA
Mnaf Firenze
www.downlovers.com
TELEVISIONE FAI DA TE UNA REALTÀ GRAZIE A MOGULUS Si chiama Mogulus ed è una piattaforma multitask che consente a chiunque, in qualsiasi parte del mondo si trovi, di dare vita a una propria tv. Nulla di dilettantesco. Si tratta di un’iniziativa seria, messa in piedi da un team di giovani informatici indiani, oggi corteggiati dai grandi broadcaster che vogliono acquistare a suon di milioni di dollari la nuova frontiera della tv via internet. Il segreto di questo successo è costituito dall’immediatezza della piattaforma e dalla semplicità dei comandi per creare un canale tv. Per mettere in onda il vostro palinsesto è necessario un computer, un browser e una webcam. A tutto il resto pensa Mogulus. Grazie alla piattaforma è possibile mixare in diretta servizi caricati precedentemente, il tutto con grafica degna di questo nome e che nulla ha da invidiare ai canali tv tradizionali. La Apple, per lanciare un suo prodotto, ha scelto Mogulus, così come migliaia di persone in tutto il mondo l’hanno scelto per fare la propria televisione. In Italia fino ad oggi con Mogulus ne sono state create poco più di 2000: il 40 % dei canali sono dedicati al calcio e il restante si divide tra tv religiose, con recita di rosario in diretta, e tv culinarie con anziane signore che dispensano consigli dalle loro cucine.
Contrasto, 2008
Chiostro di San Domenico Reggio Emilia
Fino al 25 maggio
multimedia
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SOLOMON LA VOCE DEL RHYTHM AND BLUES
QUELLA FOTO CHE RESE IMMORTALE IL JAZZ
Oggi siede su una specie di trono a causa della mole troppo ingombrante. Ma Solomon Burke è stato, ed è ancora, uno di quei musicisti, forse l’ultimo, che è riuscito a rivitalizzare il rhythm and blues, interpretando un repertorio che fece grandi i musicisti degli anni Sessanta. La grazia della voce di Burke contrasta con la sua mole, come testimonia questo video registrato durante un recital a Basilea, in Svizzera, nel 2003. Ci sono i pezzi classici, quelli che fanno pensare all’immortalità dell’anima, come “Georgia”, “Proud Mary”, “Stand by me”, “Dock of the bay”, “A change is gonna come”, “Lucille”, “Tutti frutti”, “Long tall Sally”. Il tempo passa per tutti, ma non per la voce di Burke che anzi sembra migliorare con il tempo. Un dvd che riconcilia con la musica e con un personaggio unico nel panorama musicale.
Lo scatto appartiene al fotografo americano Art Kane. A lui è venuta l’idea di raggruppare in una foto tutti i musicisti che avevano fatto la storia del jazz americano nei primi cinquant’anni del Novecento. Era l’estate del 1958 e il meglio delle sette note si ritrovò nella 152 strada nel quartiere di Harlem a New York. Nel doppio dvd che ha in copertina la foto di Kane i protagonisti raccontano quella strana mattina. Storie divertenti e strane come quella di Dizzy Gillespie che fa la boccaccia a Roy Eldridge, che gli sta accanto nella foto. E ancora, le testimonianze di Thelonius Monk, Lester Young e Charles Mingus. Unico bianco presente Gerry Mulligan. Il meglio dell’età d’oro del jazz in uno scatto che diventa racconto animato e multimediale, accompagnato da volti imbiancati e invecchiati. Il documentario è in inglese e non ha i sottotitoli in italiano
SOLOMON BURKE THE KING LIVE AT AVO SESSION BASEL
JEAN BACH A GREAT DAY IN HARLEM
Edel, 2008 www.mogulus.com
Entertainment, 2008
Galleria M.I.C.R.O Roma
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terrafutura
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INGEGNERIA SENZA FRONTIERE RADDOPPIA
SOFTWARE LIBERO UN IMPEGNO POLITICO
RAINBOW I COLORI DELLE RINNOVABILI
UN FILTRO PER CONTENUTI UTILI
Nonviolent Peaceforce (Np) nasce nel dicembre 2002 a Surajkund in India. Qui centinaia di delegati provenienti da tutti i continenti si sono riuniti in una conferenza internazionale che ha portato alla fondazione ufficiale dell’ong e al lancio del primo progetto in Sri-Lanka. Np opera in zone dove vi sono o vi sono stati conflitti armati e dove è importante operare con una presenza protettiva disarmata, favorendo il dialogo, la riconciliazione e sostenendo ogni iniziativa locale che possa creare una filiera di pace. Oggi Np è impegnata in quattro Paesi con progetti sul campo contro la violenza, che vengono avviati con gradualità, in pieno accordo con le autorità governative, in coordinamento con gruppi e leader locali e dopo due o tre anni di studi di fattibilità. Il primo progetto è cominciato nel 2003 in Sri Lanka. Attualmente sono stati avviati progetti anche nelle Filippine e in Guatemala. Altri stanno nascendo in Colombia e in Uganda. «Il lavoro per la pace di Np - scrive Bernardo Venturi, del Centro studi difesa Civile può essere anche un buon esempio e modello a sostegno del dibattito per costituire in Italia e in Europa dei veri corpi civili di pace».
Le elezioni si sono appena concluse, ma nella campagna elettorale si è sentito parlare pochissimo delle problematiche relative al software libero e della difesa delle libertà digitali. Ci ha pensato l’associazione per il Software libero ad animare il dibattito, chiedendo ai cittadini elettori di far sentire la loro voce tramite una petizione on-line, per mostrare a chi governerà il Paese che il tema del software libero è molto importante. In un secondo momento, è stato chiesto ai candidati di sottoscrivere un documento con il quale, in forza della propria libertà di mandato, si impegnavano a sostenere, promuovere e votare leggi e politiche che favorissero la diffusione del software libero. La petizione on line è stata firmata da 2139 persone, mentre ben 101 candidati, perlopiù appartenenti all’area di centrosinistra, hanno firmato e preso l’impegno. On line è possibile trovare nomi, cognomi e partito di appartenenza.
www.nonviolentpeaceforce.it
www.elezioni.softwarelibero.it
«Quest’anno saremo a Terra Futura non con uno stand, ma con un workshop sul nostro nuovo progetto. Si tratta di Rainbow il cui scopo è diffondere la cultura delle rinnovabili sfruttando il potenziale offerto dalle tecnologie del web 2.0». Federico Brucciani, responsabile di ProRinnovabili, associazione di promozione sociale la cui missione è far crescere la cultura sulle energie rinnovabili, è entusiasta. In effetti si tratta di una svolta notevole, perché l’obiettivo finale del progetto «è realizzare dei servizi web basati su blog, wiki, social networks, che consentano alle persone di diventare attori consapevoli del processo di cambiamento, promuovendo la loro attiva partecipazione nelle politiche ambientali, e favorendo la collaborazione tra istituzioni, aziende e utenti». La versione che sarà presentata a Terra Futura è la 1.0, ma Brucciani assicura che con le versioni 2.0 e 3.0, che saranno implementate nel 2009 e nel 2010, saranno ampliati i servizi. Una sfida che Prorinnovabili sente di poter vincere.
The Filter, il più recente capitolo della ricerca di nuove soluzioni per la Rete condotta dall’artista Peter Gabriel, rappresenta un tentativo di ottimizzare l’offerta di contenuti che la Rete offre. Secondo Gabriel il problema degli utenti della Rete non è rappresentato dalla scarsità di contenuti accessibili ma dal loro eccesso indifferenziato. Mentre il motore di ricerca si limita a scandagliare la Rete per presentare tutti o gran parte dei contenuti, aprendo un ampio dibattito sulla sua funzione etica di esclusione o implementazione degli stessi, The Filter agisce proprio come un filtro che seleziona tra contenuti, banner e citazioni. Il metodo viene presentato come «fusione di parametri di suggerimento e algoritmi innovativi basati sui principi della probabilità bayesiana», teoria secondo cui «le probabilità sono interpretate come livelli di fiducia nel verificarsi di un dato evento». Tra le caratteristiche del progetto il presupposto che ogni persona abbia un gusto che si modifica nel corso della vita anche grazie all’esperienza della navigazione in Rete.
UN CORPO DI PACE CIVILE È UN BUON SEGNO PER L’EUROPA E IL MONDO
«Abbiamo quasi raddoppiato le tesi che partecipano al bando di concorso». Marco Gardenti, responsabile dell’ Isf (Ingegneria senza frontiere) di Firenze, è raggiante. Sono infatti 38 le tesi che quest’anno partecipano alla seconda edizione del Premio Tatarillo, dedicato alla ricerca delle tecnologie appropriate per lo sviluppo sostenibile nei Paesi del Sud del Mondo. Una crescita che rivela sia la bontà dell’iniziativa, sia l’importanza di trovare spazi dove i giovani laureati possano esprimersi. Il concorso è esteso a livello nazionale e la partecipazione è aperta a studenti di tutte le facoltà, in modo da favorire un approccio multidisciplinare e valorizzare il maggior numero possibile di punti di vista. Il 13 maggio ci sarà la premiazione a Firenze con una novità: i premi in danaro sono diventati tre, anziché due. «È chiaro - conclude Gardenti - che la crescita dei partecipanti al bando ha attirato nuove risorse e l’attenzione delle istituzioni». Al primo classificato andranno 1500 euro, 1000 euro al secondo e al terzo. www.isf.lilik.it
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www.prorinnovabili.it
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PIRAMIDI DEL FUTURO, URNE ECOLOGICHE E FORESTE PER L’ADDIO Un referendum deciderà la possibile realizzazione della grande piramide di Dessau. Il progetto è stato presentato da una commissione di architetti presieduta da Rem Koolhaas nel corso di una serata-evento all’Hubbel Theater di Berlino e prevede la costruzione della più grande architettura funebre del mondo contemporaneo. La piramide di Dessau avrà un’altezza iniziale di circa 150 metri, leggermente superiore alla piramide di Cheope, e conterrà le urne cinerarie di alcuni milioni di defunti. Il progetto prevede che la Piramide divenga elemento di attrazione e polo di rilancio dell’economia del piccolo centro di Streetz alle porte di Dessau. Sono previsti alberghi, ristoranti, negozi, fiorai, uffici per le imprese di pompe funebri, luoghi di culto per le diverse religioni e persino un piccolo aeroporto. Le ceneri saranno poste in un “blocco” che costituirà un tassello della costruzione e sarà rintracciabile dai parenti anche via Rete all’interno della grande costruzione. L’evoluzione del settore funerario, visibile in Italia tramite una vera e propria fiera del settore che si tiene ogni anno in Emilia, coinvolge sempre più la visione di architetti ed artisti. Se la Piramide rappresenta la maggiore volontà di grandezza nel culto della morte, il gruppo di designer svedesi Lots propone un approccio minimalista ed ecocompatibile proponendo una urna cineraria in cartone che si dissolve nell’acqua senza lasciare tracce, riportando alla natura le ceneri del defunto. L’impresa Fried Wald propone invece in Germania l’inumazione in una foresta.
future
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BRACCIALI TASER SUGLI AEREI
NAVIGATORI SATELLITARI PER PEDONI INTERATTIVI BADANTI
La società Lamperd Less Lethal ha presentato un bracciale elettronico pensato per il controllo antiterrorismo dei passeggeri dei voli interni ed internazionali. Il dispositivo, chiamato EMD Safety Bracelet, è fornito di una tecnologia in grado di disturbare le normali comunicazioni elettro-muscolari in grado di alterare per alcuni minuti il sistema nervoso del soggetto che lo indossa. Con una aggressiva campagna stampa che illustra le potenzialità di sicurezza del bracciale e le presunte numerose falle del sistema di controllo negli aeroporti statunitensi, Emd viene presentato come la soluzione ottimale per il controllo insieme alle pistole Taser, di cui riprende spirito e funzioni e di cui rappresenta una sorta di variante da polso. Le pistole Taser , che sono in aumento, agiscono sul sistema nervoso centrale bloccando temporaneamente il sistema di distribuzione dei comandi e paralizzando il corpo. Ha fatto scalpore il loro utilizzo, durante un comizio nella campagna presidenziale Usa, per bloccare un ragazzo che protestava per la mancata completezza della risposta ricevuta da un candidato.
La semplificazione introdotta dalla tecnologia invade le strade al servizio dei moderni flaneur. Nei device elettronici di fascia consumer sono ormai presenti nativamente navigatori e connettività wi-fi per una maggiore e più integrata navigazione urbana in cui resta centrale il controverso tema della tracciabilità. In attesa del lancio di Android, software di gestione open source per telefoni cellulari basato sul sistema operativo Linux e sviluppata dall’Open Handset Alliance. Sul mercato non sono ancora presenti applicazioni per Android il lancio di un concorso internazionale per nuovi progetti ha dato forte impulso alla progettazione. Enkin, uno dei progetti presentati, si basa su un navigatore satellitare interattivo in grado di coniugare la vista da satellite e dalla strada, unendo Gps e fotocamera. Puntando la fotocamera su un edificio selezionato nella mappa lo schermo visualizzerà informazioni come la distanza dall’edificio selezionato oppure, in caso di esercizio commerciale, i dati su orario di apertura e descrizione dell’attività.
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indiceetico
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VALORI NEW ENERGY INDEX
mostra-convegno internazionale
terrafutura buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile
firenze - fortezza da basso
23-25 maggio 2008
5ª edizione ingresso libero appuntamenti culturali aree espositive - laboratori animazioni e spettacoli
produrre
www.terrafutura.it
coltivare
Orari di apertura Venerdì ore 9.00-20.00 Sabato ore 9.00- 22.30 eventi e spettacoli nell’area esterna fino alle ore 1.00 Domenica ore 10.00-20.00
BORSA
Abengoa Ballard Power First Solar Canadian Hydro Conergy Solar Millennium Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Biogas Nord Phoenix Solar Q-Cells RePower Solarworld Solon Schmack Biogas Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems
Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Pannelli solari Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Pannelli solari Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche
Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Phoenix, USA Calgary, Canada Amburgo, Germania Erlangen, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Bielefeld, Germania Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Schwandorf, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca
CORSO DELL’AZIONE 16.04.2008
RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 16.04.2008
20,63 € 4,26 CAD 186,37 € 6,42 CAD 13,24 € 30,04 € $8,05 31,20 € 366,50 DKK $10,70 6,19 € 39,80 € 70,00 € 192,50 € 35,03 € 50,59 € 16,71 € 7,06 € 47,39 $ 521,00 DKK
-9,08% -41,19% 3,95% 6,22% -65,24% -70,28% -16,02% 80,56% -18,37% -41,42% -86,44% 170,75% 116,72% 246,22% -19,16% 71,09% -52,41% -6,12% 14,98% 231,62%
+36,82% € = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi I titoli di First Solar, Solar Millennium, Biogas Nord e Schmack Biogas sono entrati nell’Indice il 31.10.2007. Il loro rendimento risente dei rendimenti negativi dei titoli che hanno sostituito (Biopetrol, EOP Biodiesel, Pacific Ethanol, Suedzucker)
Pale eoliche: in testa gli spagnoli di Mauro Meggiolaro
agire
governare
Terra Futura 2008 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus per conto del sistema Banca Etica (Banca Etica, Consorzio Etimos, Etica SGR, Rivista “Valori”) e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente. In collaborazione con Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA, Ufficio del Parlamento europeo per l’Italia, Rappresentanza in Italia della Commissione europea, AGICES-Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale, AIAB-Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, Alleanza per il Clima, Associazione internazionale “Cultura & Progetto Sostenibili”, Centro SIeCI-Mani Tese, CNCA-Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Coordinamento Agende 21 locali italiane, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, CTM altromercato, Fairtrade TransFair Italia, FederBio-Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica, FIBA-CISL, FISAC CGIL Toscana, Istituto Italiano della Donazione, ICEA-Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, Kyoto Club, Metadistretto Veneto della Bioedilizia, Rete di Lilliput, Rete NuovoMunicipio, WWF, Wuppertal Institut. Con il patrocinio di Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Pubblica Istruzione, AIEL-Associazione Italiana Energia dal Legno, ANAB-Associazione Nazionale Architettura Bioecologica, ANCI-Associazione Nazionale Comuni Italiani, APER-Associazione Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili, CIA-Confederazione italiana agricoltori, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, Forum Permanente del Terzo Settore, GIFI-Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane, Lega delle Autonomie Locali, Touring Club Italiano, UNCEM-Unione Nazionale Comuni Comunità Enti montani, UNDP-United Nations Development Programme, UNEP-United Nations Environment Programme, UPI-Unione delle Province d’Italia, Segretariato Sociale RAI. L’evento gode dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. Media partner: Valori, Arcoiris Tv, Asca, Carta, Ecoradio, IPS-Inter Press Service, La Nuova Ecologia, Redattore Sociale, Unimondo, Vita-non profit magazine.
Terra Futura è un evento a “zero emissioni CO2” grazie a Relazioni istituzionali e Programmazione culturale Fondazione Culturale Responsabilità Etica Piazza dei Ciompi, 11 - 50122 Firenze Tel. +39 049/8771121 - Fax +39 049/8771199 fondazione@bancaetica.org
ATTIVITÀ
Organizzazione evento ADESCOOP-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. Via Boscovich, 12 - 35136 Padova Tel. +39 049/8726599 - Fax +39 049/8726568 info@terrafutura.it
ENERGIA VERDE È IN RECUPERO. In un mese l’indice Valori New Energy sale di ven-
L’
8,03%
ti punti portandosi a +36,82% da inizio gioco (settembre 2006). RimbalzaAmex Oil Index [in Euro] no verso l’alto i titoli del solare, mentre l’eolico continua a non deludere. 36,82% Agli inizi di Aprile, la società di consulenza americana Emerging Energy Research, ha pubbliValori New Energy Index [in Euro] cato una classifica dei 20 maggiori gestori di parchi eolici nel mondo. In testa c’è la spaRendimenti dal 30.09.2006 al 16.04.2008 gnola Iberdrola con 6,9 Gigawatt installati, seguita dall’americana FPL Energy. Al terzo posto Acciona (Spagna), a pari merito con l’utility porAbengoa www.abengoa.es Sede Siviglia, Spagna toghese Energias do Portugal. Se la Germania Borsa Madrid Stock Exchange continua ad essere il maggiore mercato europeo Rendimento 29.09.06 16.04.08 -9,08% per l’eolico, le imprese spagnole sono imbattibili Attività Società multinazionale spagnola attiva in 5 settori principali: energia solare, nello sviluppo e nella gestione delle centrali. Inbiocarburanti, servizi ambientali, IT, costruzioni. Grazie a un accordo con la compagnia tanto il business del vento attira sempre di più i APS, sta costruendo la più grande centrale solare del mondo nel deserto dell’Arizona (USA). La centrale avrà una capacità di 280 Megawatt e sarà alimentata da pannelli colossi dell’energia, come la tedesca E. on (settisolari a concentrazione in grado di generare energia per oltre 70.000 abitazioni. mo posto) o Endesa (ottavo), mentre sono in forRicavi [Milioni di €] Utile [Milioni di €] Numero dipendenti 2006 te ascesa le società cinesi come Long Yuan (6° po2007 120,4 sto) e DaTang (15°), che saranno presto seguite da 100,3 17.245 HuaDian Power e GuoHua. Nomi sconosciuti, di 13.608 cui presto sentiremo parlare di nuovo. Il governo di Pechino ha in programma uno sviluppo senza 3.214 2.677 precedenti della capacità eolica del Paese. UN’IMPRESA AL MESE
abitare
NOME TITOLO
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in collaborazione con www.eticasgr.it |
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| globalvision |
Finanza alla deriva
Una scommessa storicamente matura di Giuseppe Gallo segretario generale Fiba-Cisl
A CRISI, INIZIATA CON L’INSOLVENZA DEI MUTUATARI “SUBPRIME”, della quale il saggio di Alberto Berrini offre un modello interpretativo rigoroso, è l’ottava crisi finanziaria tendenzialmente sistemica e globale negli ultimi vent’anni, certamente la più grave. I suoi sviluppi sono ancora gravidi di incognite. Gli esiti quanto mai incerti. L’intervento determinante dei Fondi sovrani dei Paesi emergenti nei processi di ricapitalizzazione dei gruppi bancari in crisi (con quote di partecipazione che, nelle principali operazioni, sfiorano il 10% del capitale) mette in scena il clamoroso fallimento del “Washington Consensus”, giustamente criticato da Joseph Stiglitz (nella foto), e delle sue pretese di imporre al mondo il fondamentalismo liberista. Segnala l’imponente trasferimento di ricchezza e di potere economico sia verso Paesi produttori di petrolio, sia verso Singapore e Cina. Il meeting annuale di Davos, tenuto a fine gennaio, al quale hanno partecipato tutti i chief executive dei principali gruppi bancari colpiti dalla crisi finanziaria, ha manifestato una preoccupante afasia in materia di diagnosi e di terapie. Rimozione tanto clamorosa quanto comprensibile, poiché un’analisi corretta della crisi dimostrerebbe l’impostura teorica e la devastazione economica del fondamentalismo di mercato, insieme all’umiliante pochezza morale e manageriale delle sue voraci vestali. La crisi chiama in causa aree complesse di riflessione e di intervento politico che, in questa sede, possono soltanto essere sommariamente citate: 1. la riforma dei mercati finanziari ovvero: 1.1 regolazione e trasparenza rigorosa degli strumenti di innovazione finanziaria (titoli derivati, strutturati, sintetici collaterali swap ecc.), 1.2 Vigilanza sovranazionale sull’attività bancaria e finanziaria complessiva coordinata Urge una riforma con le Autorità di Vigilanza nazionali, 1.3 estensione dei soggetti vigilati del capitalismo finanziario (hedge fund, siv, conduit, fondi di private equity, Fondi sovrani ecc.); per uscire da una logica 2. la riforma del sistema monetario mondiale, ormai in balia di profondi predatoria e scegliere la strada della responsabilità squilibri finanziari e del conseguente andamento erratico dei cambi tra le valute (il rapporto tra dollaro ed euro è un sintomo eloquente); sociale ed ambientale 3. la riforma del ruolo e dei compiti del Fondo monetario internazionale (governo dei flussi finanziari internazionali e prevenzione delle crisi); 4. le politiche fiscali di sostegno alle imprese socialmente ed ambientalmente responsabili, certificate in quanto tali da Autorità indipendenti riconosciute; 5. la borsa valori dedicata alla quotazione delle imprese socialmente ed ambientalmente responsabili; 6. la riforma antioligarchica della governance d’impresa, nella direzione della governance multistakeholder e della democrazia economica; 7. il ruolo delle banche etiche, della finanza etica e del commercio equo e solidale. Queste linee di pensiero e di azione possono rappresentare il primo abbozzo di un programma di riforma del capitalismo finanziario necessario per risolvere l’ambivalenza strategica a favore della responsabilità sociale, nel quadro di un modello di sviluppo alternativo. La lezione della crisi finanziaria, per chiunque non sia accecato dal pregiudizio ideologico, è univoca: la responsabilità sociale ed ambientale d’impresa richiede, come sua condizione e complemento necessari, la riforma del capitalismo finanziario. È la priorità assoluta dell’agenda politica, per uscire dalla perversione della finanza erratica e predatoria e dagli effetti di distruzione economica e di regressione sociale che essa determina. È storicamente possibile. È eticamente e politicamente necessaria. Un contributo tratto dal libro di Alberto Berrini: Le crisi finanziarie e il derivatus paradoxus, pubblicato a maggio per l’Editrice Monti
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