Anno 8 numero 61. Luglio/Agosto 2008. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
Supplemento > Energie sostenibili
DENNIS STOCK / MAGNUM PHOTOS
Fotoreportage > Architetture futuristiche
Dossier > Confronto con la sobrietà: comuni le critiche, non le proposte
Decrescita? Internazionale > Valori nel Congo della schiavitù al servizio delle miniere Finanza >Con il mercato dei derivati l’energia italiana rischia grosso Economia solidale > Ctm boccia Banca Prossima. E scatena il dibattito Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
| editoriale |
Sobrietà, più diritti
meno consumi di Andrea Di Stefano
L DIBATTITO DEI PROSSIMI ANNI,
con il petrolio prossimo ai 200 dollari al barile e l’insostenibilità reale di stile di vita dissipativi, sarà sempre più polarizzato dalla fine del dogma della crescita. Non è un caso perché proprio in Italia fu fondato nel 1968 il Club di Roma, su iniziativa di Aurelio Peccei e Alexander King, che produsse nel 1972 il Rapporto sui limiti dello sviluppo. L’anno successivo fu quello del famoso shock petrolifero e il nostro Paese entrò in una fase che venne battezzata dell’austerità. Da allora nulla è però cambiato. Anzi, la corsa ai consumi è proseguita ad un ritmo sempre più accelerato e gli squilibri internazionali si sono accresciuti. L’accumulazione delle ricchezze si è sempre più polarizzata: oggi come denunciato dal quotidiano della city londinese Financial Times le 1500 persone più ricche detengono un patrimonio pari a quello dell’1,5 miliardo più povero. Una sperequazione fatta soprattutto di concentrazione dei mezzi finanziari, evasione e elusione fiscale, progressivo trasferimento di reddito dalla parte meno abbiente a quella più ricca. Non possiamo non fare i conti con questa realtà anche se riteniamo, legittimamente, che molto dipenda dalle nostre scelte, dagli stili di vita di ogni giorno. Parlare di decrescita è molto istruttivo: ci permette di analizzare in modo profondo quando l’ideologia dello sviluppo, della produzione e consumo di merci, della mercificazione stessa della nostra esistenza sia entrata profondamente nelle nostre abitudini e convinzioni. Da qui bisogna ripartire, dai nostri stili di vita improntati alla sobrietà, al risparmio, alla riduzione dei consumi. Ma senza dimenticare i diritti, il ruolo delle scelte pubbliche. Alla Superideologia “meno stato più mercato” dovremmo contrapporre “più diritti, meno consumi” cercando di combattere una facile deriva che ci ha trasformato tutti in consumatori piuttosto che cittadini, in titolari di una disponibilità economica che ci permette di acquistare merci che sono in realtà anche dei beni collettivi. Da questo punto di vista alcune affermazioni dei teorici della decrescita lasciano molte perplessità: «gli indicatori di ricchezza e povertà non sono più adeguati semplicemente perché si è prodotto un cambiamento delle mentalità e modificarli mantenendo intatto il contesto economico e sociale significa mettere vino buoni in vecchie botti. La decolonizzazione dell’immaginario passa per un processo di reintroduzione dell’economia all’interno della sfera sociale – scrive Latouche ne La scommessa della decrescita – rovesciando così i termini della questione. Se invece ci si continua a concentrare sulla ricchezza economica, come avviene all’interno della società mercantile, la povertà viene considerata un problema e un’ingiustizia contro la quale lottare. Ma questa battaglia è necessariamente votata al fallimento poiché l’obiettivo si allontana sempre di più». Forse è opportuno continuare questa battaglia contro la povertà, anche attraverso la redistribuzione della ricchezza mediante la leva fiscale: altrimenti c’è il rischio di potersi accontentare di un card per i poveri che restituendo un po’ di dignità elimina dall’immaginario collettivo il fastidio dell’indegnità materiale.
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anno 8 numero 61 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore
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luglio/agosto 2008 mensile
California. Più di trent’anni fa, in questo stato, alcuni studiosi hanno dato vita a una scuola alternativa di architettura, nota come “Sci-Arc”, ovvero il Southern California Institute of Architecture. Così è stato superato il dualismo tra moderno e postmoderno.
Usa, 1997
bandabassotti
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fotoreportage. Architetture futuristiche
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dossier. Decrescita
16 18 20 22 24 25 26
Critiche comuni, ma proposte divergenti Vivere sobriamente, il segno di un progetto Pallante: «Contro il progresso, superideologia politica» No al Suv-capitalismo, che ruolo ha Marx? La mappa dell’Italia in decrescita Montanari: «Più case e più cemento, un male per tutti»
direttore responsabile
Andrea Di Stefano (distefano@valori.it)
CISL
finanzaetica Ctm boccia Banca Prossima. E scatena il dibattito Assemblee di Eni ed Enel: piccoli azionisti alla carica Idex alle porte, energia alla deriva? Alla fiera della speculazione, la festa non è ancora finita Ubi Banca: la fusione piace al sindacato, meno ai mercati
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Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it)
finanzaislamica
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fotografie
economiasolidale
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I Gas rischiano di dimenticare la “esse” Turismo sostenibile: accoglienza, solidarietà e profitti Congresso Ifoam: biologico a 360 gradi Ue: infrazioni senza sanzioni
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lavanderia
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internazionale Nel Congo della schiavitù al servizio delle miniere E dopo la Fao, il nulla Social Forum: prossima fermata Malmö, Svezia
58 60 63 65
agorà
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altrevoci
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indiceetico
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bruttiecattivi
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| bandabassotti |
Derivati
Un Titanic con a bordo 53 Pil Usa di Andrea Di Stefano
È STATA LA CRISI DEI SUBPRIME. Violentissima e costosa (secondo le ultime stime 1300 miliardi di dollari). Sul mercato dei credit default swap circola la paura di una possibile difficoltà che potrebbe mettere in crisi un sistema che annovera un nozionale (cioè un valore complessivo) di 62 trilioni di dollari, al punto che la Fed ha ricostruito una clearing house con i tredici principali operatori statunitensi che controllano il 90% di questo mercato. Eppure il mondo dei derivati non si ferma, anche grazie alla totale inazione delle autorità di controllo. L’ultimo rapporto trimestrale della Banca dei Regolamenti Internazionali fotografa una situazione a dir poco esplosiva: il primo trimestre del 2008 ha registrato una crescita record assoluta in termini di volumi con prodotti presenti sui mercati per un valore di 692 trilioni di dollari, in crescita del 30% rispetto all’ultimo trimestre del 2007 quando il nozionale si era fissato a 539 trilioni. Molta parte di questa crescita è imputabile a derivati di copertura a breve sull’andamento dei tassi. Complessivamente tra i prodotti legati alle materie prime sono cresciuti su base annua del 52%. Ma non basta. C’è poi il segmento Over the counter, cioè quello non regolamentato, dove i dati si fermano all’ultimo trimestre dello scorso anno con una crescita del 15% per un nozionale di 596 trilioni di dollari che segue il boom del primo semestre del 2007 quando era stato registrato un +24%. Il mercato dei Cds sui mercati OTC è cresciuto del 178% nella seconda parte del 2007. Ogni giorno a livello globale girano sul mercato dei cambi 3.200 miliardi di dollari: come dire che ogni giorno sui mercati valutari si scambia un quarto di tutto Nonostante una crisi quello che gli Stati Uniti producono in un anno. Questo che ha bruciato 1300 miliardi incremento di transazioni valutarie è stato molto forte: nell’arco di dollari, il mercato di tre anni il loro ammontare è cresciuto del 71% a tassi valutari dei derivati non si ferma. correnti e del 65% a tassi di cambio costanti. Formidabile Tra dicembre e marzo anche l’incremento del turnover giornaliero medio complessivo è cresciuto del 30% dei contratti derivati over the counter, che ha raggiunto i 2.100 miliardi di dollari; anche in questo caso, l’ammontare supera del 71% quello rilevato nel 2004 quando risultava pari a 1.290 miliardi di dollari. Questa crescita, rimarca la Bri, corrisponde a un tasso composto d’incremento annuo del 20 per cento. L’aumento è stato particolarmente forte nel comparto dei derivati in cambi, dove la media degli scambi giornalieri in swaps tra valute e opzioni in valuta estera è aumentata del 111% portandosi a 300 miliardi di dollari. Circa due terzi degli scambi complessivi in derivati sono infatti avvenuti solo in due Stati, nei quali, per contro, si svolge solo la metà del mercato tradizionale in valute: si tratta del Regno Unito, che con il suo 42,5% delle vendite mondiali è la location più importante per i contratti derivati, seguito dagli Stati Uniti, che detengono il 23,8% del mercato globale. Al di fuori di questi due mercati la maggior parte delle transazioni in derivati si è svolta in Europa e in particolare in Francia (7,2%), Germania (3,7%) Irlanda (3,4%) e Svizzera (2,9%). Fuori dall’Europa, sono andati forte con l’attività in derivati il Giappone (3,5%) e Singapore (2,7%). L’Italia ha una quota di mercato dei derivati molto piccola (1,3%) e come spiega dettagliatamente il comunicato diffuso ieri dall’Uic, questo tipo di attività si è ridotto negli ultimi tre anni, a fronte di un’espansione dell’operatività in valute.
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DENNIS STOCK / MAGNUM PHOTOS
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> Architetture futuristiche foto di Dennis Stock / Magnum Photos
Da Mosca a Shangai, passando per Milano e Dubai. L’architettura con la sua capacità visionaria non solo ridisegna i profili delle grandi metropoli, ma stabilisce un nuovo ordine estetico nel mondo e rivoluziona il modo di comunicare lo spazio. La sfida è stata lanciata e le torri rotanti di David Fisher ne sono un esempio.
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er dirla alla Biondillo, scrittore/architetto, autore di “Metropoli per principianti” (Guanda), alla fine il ragazzo della via Gluck non l’ha avuta vinta. E forse è meglio così, perché «quando non si capisce qualcosa si diventa nostalgici, si vagheggia un passato bucolico». Di fronte alle nuove sfide lanciate dall’architettura ci si rifugia nei ricordi, perché lo sforzo di immaginazione che richiedono i nuovi progetti nelle metropoli di tutto mondo, Milano compresa, non sempre è sostenibile dai comuni mortali. L’architettura è scienza che diventa arte quando decide di superare se stessa, soprattutto se costretta a ripartire dalle macerie. Se oggi si osserva Manhattan e la sua skyline si può avere o un senso di vuoto oppure una nuova intuizione. Come è accaduto all’architetto David Fisher che, ammirando la Grande Mela dall’appartamento di un amico, ha trovato la soluzione per sfruttare al massimo lo spazio. Non più grattacieli dritti e impertinenti, flessibili al gioco del vento e rigidi allo sguardo di chi li ammira, bensì edifici che ruotano, come le Rotating Tower, cangianti nella forma. Ogni piano delle torri di Fisher, infatti, ruota in modo indipendente dall’altro. E così l’edificio assume forme sempre diverse. Opere che ridisegnano la loro dimensione spaziale, assecondando l’esigenza degli uomini che le abitano. La particolarità di questi grattacieli sta anche nel processo di produzione. Sono infatti costruiti in fabbrica con un notevole risparmio sui tempi per “metterli in piedi”. Sono inoltre autosufficienti dal punto di vista energetico. Le turbine eoliche sistemate tra i piani e i pannelli solari garantiscono al grattacielo energia sufficiente per i propri consumi, ma anche ai fabbricati vicini. Così il sole “rubato” ai più piccoli viene in parte restituito. Per il momento le torri rotanti di Fisher sorgeranno a Mosca e Dubai. Quella russa, commissionata dalla Mirax, sarà alta 400 metri per 70 piani. Il grattacielo “entrerà in fabbrica” alla fine dell’anno e sarà completato nel 2010. Quello di Dubai, invece, è leggermente più grande: sarà alto 420 metri. Gli appartamenti avranno una superficie minima di 124 metri quadrati fino ad una massima di 1200. Possono ospitare anche piscine, giardini e avranno ascensori per le automobili in modo da poterle parcheggiare, sospese nel cielo, fuori dal proprio appartamento. La rotazione dei piani potrà avvenire con un comando vocale e nel giro di un paio d’ore. Gli oggetti che cambiano secondo le condizioni di contesto sembrano pensanti o ci illudono di esserlo. La tecnologia, unita alla potenza visionaria dell’uomo, genera un nuovo ordine estetico nel mondo. Le torri rotanti di Fisher sono intelligenti per la capacità che hanno di facilitare la vita degli uomini o di complicarla. È solo questione di punti di vista che possono cambiare pronunciando una semplice parola. ANNO 8 N.61
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L’AUTORE Dennis Stock è nato nel 1928 a New York. A 17 anni si è arruolato nella Marina Militare. Nel 1947 è diventato apprendista fotografo presso la rivista “Life”. È entrato a far parte dell’agenzia Magnum nel 1951. Stock è riuscito a rappresentare lo spirito americano attraverso i ritratti delle star di Hollywood, in particolare James Dean. Dal 1957 al 1960, per il suo libro “Jazz Street”, ha realizzato indimenticabili ritratti di musicisti, tra cui Louis Armstrong, Billie Holiday e Duke Ellington. Nel 1968 ha creato “Visual Objectives”, società di produzione cinematografica. Alla fine del 1960 ha immortalato la comunità hippie californiana. Poi per tutti gli anni Settanta e Ottanta ha lavorato sul colore, sottolineando la bellezza della natura. Nel 1990 è tornato nuovamente alla sua origine “urbana”, esplorando e documentando l’architettura moderna delle grandi città. Stock , quasi ogni anno, a partire dal 1950, ha pubblicato un libro o una mostra. Ha insegnato in numerosi workshop ed esposto i suoi lavori in Francia, Germania, Italia, Stati Uniti e Giappone. Ha lavorato come scrittore, regista e produttore per la televisione e il cinema e le sue fotografie sono state acquisite dalle principali collezioni museali. È stato presidente della divisione film della Magnum dal 1969 al 1970.
Toronto. In Canada bisogna difendersi dalle temperature troppo rigide e quindi si sono inventati il Path (percorso), ovvero ventisette chilometri di tracciato pedonale sotterraneo, che collega i principali palazzi del centro, alla metro e alla stazione centrale. Si accede da un grattacielo, con uffici, banche, ristoranti e negozi, fino a scendere sottoterra.
Canada, 1997
> Architetture futuristiche
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DENNIS STOCK / MAGNUM PHOTOS
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| fotoreportage |
A sinistra, Francoforte. Sopra, la DĂŠfense a Parigi e, a destra, New York. Grattacieli, uffici, economia e residenze. Un tempo edifici simbolo dello sviluppo tecnologico e della supremazia economica occidentale. Oggi in competizione con le nuove metropoli orientali, soprattutto cinesi, dove ogni giorno si aprono cantieri per opere avveneristiche.
Germania / Francia / Usa, 1997
> Architetture futuristiche
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| fotoreportage | DENNIS STOCK / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage |
A destra, Tokyo. Sopra, Yokohama. Shinjuku (Tokyo) è oggi la capitale giapponese dei grattacieli. La stazione ferroviaria Shinjuku-eki, con i suoi 3 milioni di passeggeri al giorno, è la più affollata al mondo. Invece, l’archittetura avveneristica del quartiere Minato Mirai 21, ha reso Yokohama famosa in occidente. La città può, infatti, vantare la Landmark Tower, 296 metri, ovvero il più alto edificio del Giappone, e la Torre marittima, il faro più imponente al mondo.
Giappone, 1997
> Architetture futuristiche
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| fotoreportage |
A sinistra, Hong Kong. Sopra, Tokyo e, a destra, la Geode nel parco della Villette di Parigi. In tutto il mondo solamente 10 edifici hanno superato i 400 metri di altezza, mentre solo 6 superano attualmente i 100 piani.
Hong Kong, 1996 / Giappone / Francia, 1997
> Architetture futuristiche
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dossier
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a cura di Paola Baiocchi, Andrea Di Stefano, Andrea Montella e Elisabetta Tramonto
Critiche comuni, ma le proposte sono divergenti >18 Vivere sobriamente, il sogno di un progetto >20 Contro il progresso, Superideologia politica >22 Contro il Suv capitalismo che ruolo ha Marx >24 La mappa dell’Italia in decrescita >25
Lione, stazione ferroviaria del Tgv. L’alta velocità è uno degli emblemi del modello di società dello sviluppo, l’espressione moderna dell’esaltazione futurista del ruolo della macchina e del progresso tecnologico.
Francia, 1997
Stili di vita
Decrescita e sobrietà a confronto Contro lo sviluppo infinito che distrugge Pianeta e essere umani quali azioni per il futuro? Si può combattere l’ideologia delle merci e del consumo senza dimenticare i diritti
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| dossier | decrescita e sobrietà |
| dossier | decrescita e sobrietà |
Critica comune ai paradigmi ma le proposte sono divergenti
LA “DICHIARAZIONE” DELLA DECRESCITA* COS’È? Un passaggio volontario verso una società equa, partecipata ed ecologicamente sostenibile. Da non confondere con un’involontaria contrazione economica. OBIETTIVO Raggiungere una “giusta misura” nell’economia mondiale: riducendo l’impronta ecologica; migliorando la qualità di vita delle popolazioni dei Paesi più poveri, senza imporre dall’esterno politiche di sviluppo; ridistribuendo in modo equo la ricchezza e il benessere all’interno dei singoli Stati e tra un Paese e l’altro.
.. . di Andrea Di Stefano
bbattere il mito del progresso, della crescita come parametro e obiettivo prioritario e assoluto, al quale immolare la vita stessa degli esseri umani oltreché ovviamente le risorse del Pianeta. Riscrivere i paradigmi sviluppisti, prima ancora che sul piano materiale, sul fronte molto più delicato, ma nello stesso tempo cruciale, culturale. Riattribuire valore ai rapporti interpersonali, alla logica dello scambio non mercantile. Ridurre i consumi, proponendo un modello di economia conservativa in contrapposizione al sistema dominante basato sulla dissipazione delle risorse . È almeno dalla fine degli anni Sessanta che economisti, sociologi, filosofi e più recentemente anche storici s’interrogano sui limiti dello sviluppo. Ma da una decina d’anni si è affermato un movimento, soprattutto in Francia e Italia, che propone la decrescita.
A
La “decrescita” si innesta su un filone di critica, anche radicale, nei confronti del modello economico capitalistico che trae le sue origini nell’analisi di Marx e delle tante e variegate correnti di pensiero, favorevoli e contrarie, alle tesi dell’economista tedesco. Nella sua elaborazione i teorici della decrescita sono però arrivati a mettere in discussione molti cardini del riformismo europeo, a cominciare dallo Stato sociale.
Analisi largamente condivisa
Con la critica all’idolatria del Pil rischia di essere travolto il tema dei diritti collettivi in forza di un comunitarismo locale, contro le città e lo stato sociale. Un dibattito che vale la pena di fare | 18 | valori |
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L’analisi dei teorici della decrescita può essere largamente condivisa dalla maggior parte delle persone, indipendentemente da valutazioni di natura prettamente politica. Ma i sostenitori della vera e propria contrazione del Pil possono diventare gli interpreti di una linea di conservatorismo sociale alzando un vero e proprio muro con i detrattori della decrescita non accettano di prendere neppure in considerazione il cambio di paradigma proposto da chi non considera il progresso come unico faro dell’umanità. Viene quindi spontaneo immaginare un confronto a distanza tra l’impostazione di Serge Latouche e quella della sobrietà di Francuccio Gesualdi. Non perché nelle parole di Francuccio non ci sia
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PERCHÉ Perché la crescita economica, misurata dall’aumento del Pil, porta a un incremento della produzione, dei consumi e degli investimenti, quindi a un uso sempre maggiore di materiali, energia e terra. Perché, nonostante i progressi tecnologici, la crescita ha portato a un aumento dell’estrazione di risorse naturali Perché la crescita economica non ha portato a un calo sostanziale della povertà, bensì a un aumento della disuguaglianza tra Paesi Perché la produzione e il consumo non possono crescere all’infinito. C’è un limite, superato il quale si provocano danno irreparabili per l’ambiente e per le generazioni future. Perché ci sono sempre più prove che la crescita della produzione e dei consumi è socialmente insostenibile e antieconomica: i costi superano i benefici. Perché i Paesi più ricchi stanno sottraendo risorse ambientali ai Paesi poveri, che si ritrovano a pagare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Perché se non invertiamo rotta e non ritroviamo una “giusta misura”, si innescherà un incontrollabile declino economico, con un impatto sociale gravissimo, soprattutto per i più poveri.
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Rielaborazione a cura di Valori della “Dichiarazione sulla Decrescita”, redatta durante la “Conferenza internazionale sulla decrescita economica per la sostenibilità ecologica e l’equità sociale”, che si è tenuta a Parigi il 18 e 19 aprile, a cui hanno partecipato 140 economisti e ricercatori da 30 Paesi del Nord e del Sud del mondo. http://events.it-sudparis.eu/degrowthconference/
una critica feroce nei confronti della società dei consumi, ma forse perché Gesualdi accompagna alla sobrietà un termine che nella decrescita è poco presente: quello dei diritti. Quasi tutti gli esponenti internazionali e nazionali della decrescita demoliscono i principi basilari dello Stato sociale attribuendogli un ruolo di comprimario del sistema produttivo e sociale basato sulla produzione di merci. «In tutte le società tradizionali in cui l’economia non è finalizzata alla crescita del prodotto interno lordo e che,
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I PROTAGONISTI SERGE LATOUCHE
NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN
MAURO BONAIUTI
È il teorico di riferimento del “Movimento internazionale della decrescita”. Nato a Vannes, in Bretagna, nel 1940. È economista e sociologo, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Paris XI-Jean Monnet e direttore del Groupe de Recherche en Anthropologie, Epistemiologie et Economie de la Pauvreté. Negli anni settanta ha vissuto in Africa occidentale, dove si è evoluto dalle posizioni marxiste tradizionali a una critica radicale delle ideologie del “progresso” e dello “sviluppo”, anche nella loro versione di sinistra.
Nato in Romania nel 1906, morto nel 1964. Ha studiato a Bucarest e a Parigi. Emigrato negli Stati Uniti dove era professore di economia. È considerato il fondatore di quella che chiamò la “bioeconomia”. Ha gettato le fondamenta della teoria della decrescita. In The Entropy Law and the Economic Process (1971), applica il concetto di entropia all’economia e alle sue relazioni con l’ambiente. In sintesi: non si può crescere all’infinito, perché produrre significa consumare risorse e generare rifiuti. Tutto questo si ripercuote sull’ambiente e sulla vita dell’uomo.
Quarantaquattro anni, docente di Impresa e sistema competitivo alla Facoltà di economia all’Università di Modena. È uno dei referenti principali in Italia del Movimento della decrescita. Da oltre dieci anni si occupa di tematiche trans-disciplinari tra economia ed ecologia. È stato tra i promotori del MAUSS (Movimento anti utilitarista nelle scienze sociali) e della RES (Rete di Economia Solidale) in Italia. È tra i curatori del sito: www.decrescita.it
pertanto, in termini di reddito monetario sono povere la maggior parte dei servizi alla persona sono sempre stati forniti all’interno delle famiglie mediante scambi non mercantili, basati sul dono e sulla reciprocità – scrive Maurizio Pallante nel suo La decrescita felice – i vecchi restavano in casa fino alla morte, ma ciò non vuol dire che non venissero assistiti dai figli. A questo proposito il concetto di assistenza è totalmente fuorviante perché indica un rapporto unidirezionale tra un soggetto che assiste, che dà, e un soggetto assistito, che riceve. Un rapporto così squilibrato può esistere solo in una logica mercantile: in cambio di denaro». E il volontariato? Il Terzo settore? Tutte le realtà non profit che in questi ultimi anni, seppur con luci ed ombre, hanno contribuito in modo determinante a costruire quella welfare society che può garantire diritti altrimenti messi in discussione dalle logiche mercatiste? Se si accetta il principio che l’accrescimento del gettito fiscale può avvenire solo con due possibilità «l’aumento delle aliquote sui redditi e la crescita del prodotto interno lordo» (Pallante, La decrescita felice, pag. 95) si finisce per demolire il criterio di equità e redistribuzione che è stato pesantemente incrinato dall’affermarsi dell’ideologia del mercato.
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| dossier | decrescita e sobrietà |
| dossier | decrescita e sobrietà |
Anche il capitolo riguardante i paesi poveri non può essere affrontato solo sostenendo l’autoproduzione, che è comunque un modello basilare per qualsiasi progetto eco solidale. Secondo i teorici della decrescita il commercio equo e solidale altro non è che
una rappresentazione del modello di sviluppo basato sulla crescita del Pil e dell’acquisto di merci. Anche lo sviluppo di modelli energetici basati sulle risorse rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico sono criticati perchè per produrre pannelli solari e pale è
indispensabile ricorrere all’utilizzo di materiali derivanti dal petrolio che contribuiscono alla crescita del Pil. Insomma, secondo i teorici della decrescita non c’è alcuna possibilità di uscire dal circolo vizioso di un Superideologia del mercato e della produzione
di merci. Tutto è affidato ai singoli, alle scelte che si fanno ogni giorno, all’opzione dell’autoproduzione e del saper fare materiale in contrapposizione con il progresso e la tecnologia utilizzata esclusivamente per incrementare la produttività del sistema.
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LIBRI
LE PAROLE CHIAVE DELLA SOBRIETA’* IL TEMPO “Un aspetto che non consideriamo mai è il tempo (…) quello che passiamo al lavoro per guadagnare i soldi necessari per i nostri acquisti. Prendiamo per esempio l’automobile. Se guadagni mille euro al mese, devi lavorare dieci mesi di fila per comprarti un’automobile di medie dimensioni. E sei solo all’inizio. Per viaggiarci hai bisogno dell’assicurazione, del bollo, della benzina. Secondo un rapporto
dell’Aci pubblicato nel gennaio 2004, mediamente avere un’auto costa 4.414 euro all’anno. Se hai un’auto di piccola cilindrata e percorri solo 5 mila chilometri all’anno 3.311 euro. Ossia 500 ore di lavoro. Se aggiungi il tempo passato nel traffico, quello che ti serve per cercare un parcheggio e la manutenzione, la tua macchina assorbe ogni anno un migliaio di ore della tua vita. Fai lo stesso calcolo per tutti gli altri beni e ti accorgerai di vivere per consumare.
LE 5 R NELLA VITA QUOTIDIANA: RIDURRE “Mangiamo troppo e buttiamo via troppi avanzi. Ogni anno in Italia buttiamo nella spazzatura il 15% della carne e il 10% del pane e della pasta messi in tavola. Nel complesso fa un milione e mezzo di tonnellate di cibo buttato”. RIUTILIZZARE, RIPARARE, RICICLARE “La sobrietà è una scelta di rispetto. Consumare
con rispetto significa trattare bene gli oggetti affinché possano durare a lungo. La società dei consumi ci ha abituati a buttare via le cose quando sono utilizzabili, solo perché non sono più di moda o non più all’avanguardia tecnologica”. RALLENTARE “La sobrietà è uno stile di vita, personale e collettivo, più parsimonioso, più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali”.
* brani estratti dal libro: CONSUMI COLLETTIVI Franco Gesualdi “La sobrietà è un modo di organizzare la società Centro nuovo modello affinché sia garantita a tutti la possibilità di sviluppo di soddisfare i bisogni fondamentali con il minor Sobrietà: dallo spreco di pochi dispendio di risorse e produzione di rifiuti. ai diritti per tutti Rivedere quindi i consumi collettivi, eliminare Feltrinelli, 2005 gli armamenti, sprecare meno energia per l’illuminazione delle città, accontentarci di treni meno veloci e meno lussuosi, costruire meno strade”.
Vivere sobriamente il segno di un progetto È FINALMENTE UN PO’ DI SOLE
dopo tanti giorni di pioggia, quando ci incontriamo con Franco Gesualdi a Vecchiano. Ci sediamo all’esterno della grande casa di campagna dove ha sede il Centro Nuovo Modello di Sviluppo e durante l’intervista il sole condi Paola Baiocchi tinua ad apparire e sparire tra le nuvole. Di fronte a noi si stendono campi coltivati che arrivano fino all’Aurelia, proprio dove vorrebbero insediarsi il più grande centro commerciale della provincia pisana e l’Ikea. Ma questa è un’altra storia, che per ora i cittadini sono riusciti a bloccare. Sulla storia del Centro e di Franco Gesualdi invece è appena uscito un libro-intervista di Lorenzo Guadagnucci (vedi BOX ). Da questa cascina sono partite elaborazioni che hanno cambiato il modo di pensare e di agire di tanti: l’idea di consumo critico, le campagne di sensibilizzazione dei consumatori per ottenere il rico-
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La decrescita è soltanto una critica alla crescita di questa società. La sobrietà è un progetto per cambiare l’economia privata e soprattutto pubblica
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noscimento dei diritti dei lavoratori nelle imprese delocalizzare, come Nike, Del Monte, Chicco-Artsana, sono state appoggiate o interamente ideate qui, nel grande archivio-biblioteca che prima era una stalla. «All’origine di tutto - spiega Franco - c’è un progetto. Non ci siamo trovati qui per caso. Prima di venire a Vecchiano avevamo scritto insieme il progetto che volevamo mettere in pratica: unirci per essere più incisivi e realizzare un luogo dove poter mescolare la dimensione sociale e politica, ma anche quella individuale, come stili di vita, assieme all’accoglienza. Una militanza che già portavamo avanti nelle nostre case, ma in maniera meno efficace. Ci voleva un luogo che ci desse una certa libertà d’azione, dove avere la nostra piccola struttura organizzativa con l’intento di suscitare una nuova sensibilità. Abbiamo costituito un’associazione apposta per acquistare questa vecchia casa di contadini, un rudere abbandonato da dieci anni che abbiamo ricostruito noi. All’inizio eravamo sei, sette gruppi famigliari, ora siamo tre famiglie». La sobrietà è il vostro stile di vita e il titolo di un libro che hai scritto: cosa c’è di diverso tra sobrietà e decrescita? La mia risposta è che la decrescita è soltanto una critica
FRANCESCO GESUALDI
LA CRESCITA FA BENE, SE C’È EQUITÀ
Nella campagna di Vecchiano c’è il Centro nuovo modello di sviluppo, dove la sobrietà è diventata stile di vita. Ma anche iniziativa politica.
IL CRITERIO DI GIUDIZIO È PRATICAMENTE LO STESSO: l’etica. Il punto di arrivo diametralmente opposto. Se i movimenti che propongono la decrescita economica e la sobrietà nella vita individuale e collettiva, usano motivazioni etiche, ambientali e sociali per criticare la crescita senza limiti, Benjamin Friedman, professore di economia ad Harvard, sostiene proprio il contrario: “lo sviluppo economico rende una società più aperta, tollerante e democratica”. Nel suo libro “Il valore etico della crescita” porta argomentazioni storiche ed economiche (ripercorrendo la storia di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania) per dimostrare come a momenti di crescita economica sono sempre corrisposti periodi di apertura sociale, mentre le ricadute nell’intolleranza hanno sempre seguito anni di contrazione. Ma c’è un “trucco”: Friedman parla di una crescita economica in cui la ricchezza è distribuita in modo diffuso e dichiara esplicitamente che lo Stato non solo può, ma deve fare di tutto per promuovere questo tipo di crescita e un’equa distribuzione della Benjamin Friedman ricchezza. Per Friedman si innescano Il valore etico della crescita Sviluppo economico circoli virtuosi o viziosi, dove benessere e progresso civile e apertura, o contrazione e chiusura, Università Bocconi editore, si alimentano reciprocamente. 2006
alla crescita di questa società. Mentre la sobrietà è un progetto, è andare oltre: io critico questa società sprecona e la sostituisco con la sobrietà, che non è soltanto un cambiamento individuale dello stile di vita, ma è un cambiamento profondo del modo di organizzare l’economia in ambito privato e soprattutto in ambito pubblico. Di fronte alla scarsità delle risorse nella mia logica la priorità
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Intervista a Francesco Gesualdi di Lorenzo Guadagnucci Dalla parte sbagliata del mondo Da Barbiana al consumo critico: storia ed opinioni di un militante I libri di Altreconomia, 2008
dovranno essere i diritti, che, per definizione, appartengono al pubblico. In una società sobria il pubblico, che va declinato in un senso più esteso di Stato, deve avere un grande spazio. La differenza per me è questa: qui c’è un progetto che si sta tentando di costruire, là c’è una critica che si ferma soltanto a fare alcune proposte di tipo personale, che sono totalmente insufficienti.
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Nato nel 1949 a Foggia. Da allievo di Don Milani ad attivista per i diritti umani e dei lavoratori, convinto che se si vuole si può cambiare, cosciente che il sapere senza l’azione non serve a niente. Ha trascorso due anni in Bangladesh per un servizio di volontariato. È uno degli animatori del “Centro nuovo modello di sviluppo” di Vecchiano (vedi articolo sotto). È tra i promotori della Rete di Lilliput.
Alcune immagini dei locali del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano, nei pressi di Pisa, fondato da Francuccio Gesualdi.
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La grande biblioteca che è anche il cuore del Centro di Vecchiano dove vivono alcune famiglie.
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l’esportazione, che toglie l’autonomia ai piccoli produtChe cosa fare dopo aver preso coscienza che le tori e li urbanizza trasformandoli in potenziali affamati, risorse non sono infinite? non è una risposta per sfamare il mondo. Mentre se vuoi Sicuramente smettere di trasformare i prodotti alimendare da mangiare a tutti, oggi, devi salvaguardare il pictari in carburante; poi tutti insieme a livello mondiale colo contadino. Quindi tornare alla produdovremmo cominciare a dare meno spazio INFO zione, ai mercati locali, alla grande autonoa tutto questo consumo di carne. E poi bisoCentro nuovo modello mia locale. È la modalità migliore per gna mettere la museruola agli speculatori. di sviluppo salvaguardare le persone e l’ambiente. Per Sono tre iniziative che dovrebbero essere aswww.cnms.it parlare seriamente di sobrietà poi dobbiamo sunte, accanto al ripensamento del modo di www.altreconomia.it affrontare i temi di sistema: dobbiamo cogestire l’agricoltura a livello mondiale. Que/libri minciare a ripensare il concetto di benessesta agricoltura sempre più orientata verso
re, che ora è tutto centrato sul possesso di beni, magari correggendolo con l’idea di benvivere, che implica anche la dimensione sociale e ambientale. Se vogliamo fare in modo che la gente stia bene, in una società che deve fare i conti con risorse scarse, inevitabilmente si dovrà tentare di ridurre il più possibile lo spazio del denaro. Ma come riusciamo a garantire i diritti indipendentemente da come sta andando l’economia? La soluzione non può essere altro che un coinvolgimento diretto della gente nella gestione dei servizi, in modo che sia motivata, che senta che sta lavorando per sé e per gli altri.
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IL DECALOGO DELLA DECRESCITA FELICE* 1. ACCORCIARE LE DISTANZE TRA PRODUZIONE E CONSUMO Chiedersi sempre: quanta strada ha fatto ciò che sto consumando? Acquistare direttamente dal produttore. 2. RISCOPRIRE IL CICLO DELLE STAGIONI E IL RAPPORTO CON LA TERRA Ritrovare il gusto di aspettare la stagione giusta per assaporare i frutti della terra
nel momento in cui sono più saporiti e nutrienti. 3. RIDEFINIRE IL PROPRIO RAPPORTO CON I BENI E CON LE MERCI Eliminare il più possibile le merci (prodotte per essere vendute) e autoprodurre: yogurt, pane, liquori, conserve, vestiti. 4. RICOSTRUIRE LE INTERAZIONI SOCIALI ATTRAVERSO LA LOGICA DEL DONO
Creare momenti comunitari di scambio di beni autoprodotti, facendo attenzione a non cadere nella logica del baratto, precursore del commercio. 5. FARE COMUNITÀ Consolidare le relazioni umane non mediate dal denaro. 6. ALLUNGARE LA VITA ALLE COSE, RIFIUTANDO
LA LOGICA DELL’ “ULTIMO MODELLO” Adottare uno stile di vita che poggi sulle quattro R: riduzione, riuso, recupero, riciclaggio. 7. RIPENSARE L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA Adottare tecnologie che riducono il consumo di risorse naturali. 8. PESARE IL MENO POSSIBILE SULL’AMBIENTE Fare le stesse cose con meno ed evitare quello
che non è necessario per il proprio benessere e quello degli altri. Sostituire, se possibile, l’auto con mezzi pubblici o meno inquinanti, car sharing o car pooling. Attuare prassi di risparmio energetico.
10. DIFFONDERE I PRINCIPI DEL MOVIMENTO PER LA DECRESCITA FELICE IN AMBITO POLITICO Anche senza partecipare direttamente alla vita di partiti politici, trovare le strade per far giungere le idee del MDF a chi ha governa il territorio in cui si vive.
9. RIDEFINIRE IL PROPRIO RAPPORTO CON IL LAVORO Ripensare il lavoro come mezzo per soddisfare parte dei propri bisogni e non come fine della propria esistenza.
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Tratto dal sito www.decrescitafelice.it: gli “obiettivi possibili” suggeriti a chi voglia costituire un circolo locale del “Movimento per la decrescita felice”
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Contro il progresso Superideologia politica
MAURIZIO PALLANTE
Con la solita verve polemica Maurizio Pallante risponde ad alcune domande e critiche rivolte alla decrescita che non esita a definire «una teoria di carattere economico che tracima, subito, in una di carattere filosofico». a decrescita parte da una teoria di carattere economico ma tracima, subito, in una di carattere filosofico. Si contrappone alla Superideologia che ha contraddistinto le teorie politiche del ‘900»: Maurizio Pallante è molto franco in questo collodi Alessia Vinci quio che segue il dibattito, molto partecipato, di cui è stato protagnista al convegno organizzato a Terra Futura Liberiamoci dal Pil promosso dalla coalizione italiana del Social Watch, Mani Tese e Fondazione Culturale Responsabilità Etica.
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per sostenere la decrescita “Se bisogna essere conservatori, allora lo sono sicuramente.
Ma credo che invece sia indispensabile essere più progressisti dei progressisti
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Fermiamoci un attimo sul capitolo economico. Critica radicale ma senza mettere in discussione i modi di produzione? La decrescita non vuole mettere l’accento sul modo di produzione, sulla suddivisione del reddito prodotta dalla ricchezza che è uno dei temi cardine dell’azione socialista e comunista. Se si accetta la crescita della produzione delle merci la teoria più appropriata e coerente è sicuramente quella liberista, perché se la dinamica del mercato consente di investire in innovazioni di processo e di prodotto una quota di reddito tanto maggiore quanto minore è la quota di reddito che viene prelevata con la tassazione per sostenere la spesa pubblica in servizi sociali la politica economica liberista favorisce l’innovazione, il cambiamento e la modernizzazione più di quella di ispirazione socialista. La decrescita, quindi, è conservatrice? Se per doversi avviare sulla strada della decrescita bisogna
essere conservatori io rispondo di sì. La crescita e il progresso esercitano un vero e proprio terrorismo psicologico nei confronti di chi non li accetta supinamente. Per criticare l’ideologia progressista che fa del cambiamento un valore in sè, contrariamente a quanto dicono i progressisti, bisogna non essere conservatori e andare a vedere, accettando solo i cambiamenti che comportano un miglioramento degli uomini con gli ambienti. Quello che voglio dire è che per la decrescita bisogna essere più progressisti dei progressisti, ma anche conservatori nel senso di dare valore a quello che è stato ed è valido. Per esempio il saper fare, il dono, l’autosufficienza materiale che sono tutti considerati “vecchi”. C’è anche una critica feroce dello Stato sociale. Non è rischiosa? Il nodo è sempre lo stesso: se parliamo di servizi garantiti dallo Stato attraverso la tassazione del reddito non
usciamo dal paradigma della crescita continua, dell’incremento della produttività, del benessere prodotto dalla produzione e acquisto di merci. Gli asili nido non sono fatti per il bene del bambino, che tutti gli studi dicono che dovrebbe stare con la madre, e neppure per il bene dei genitori ma sono funzionali al fatto che bisogna lavorare e produrre per poi acquistare. Se i vecchi non venissero ricoverati negli ospizi, i giovani dovrebbero sottrarre tempo alla produzione di merci. Dovrebbero cioè dedicarsi ad un’attività che non comporta transazioni di denaro e non incrementa il Pil. Ma c’è di più: nelle famiglie allargate di una volta i vecchi mettevano a disposizione il loro sapere per i più piccoli, riducendo ulteriormente la transazione di moneta per asili nido, babysitter e così via. I bambini starebbero meglio, le mamme pure, ma noi avremmo una contrazione del Pil e della crescita. Un atto d’amore diventa un fattore recessivo. Così lo Stato sociale sostituisce un dono».
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Nato a Roma nel 1947. Ha svolto lavori di consulenza per il Ministero dell'Ambiente riguardo l'efficienza energetica. È stato tra i fondatori, con Mario Palazzetti e Tullio Regge del Comitato per l’uso razionale dell’energia (CURE) nel 1988. Svolge attività di ricerca e di pubblicazione saggistica nel campo del risparmio energetico e delle tecnologie ambientali. Ha fondato il “Movimento per la decrescita felice”.
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UNA VIA D’USCITA: LA CONOSCENZA
IL BAGNO DELL’ECOLOGISTA TREMONTI
LA MAPPA DELL’ITALIA IN DECRESCITA
«L’UNICO VERO VINCOLO ALLA CRESCITA ECONOMICA sono le leggi di natura, l’ambiente, le risorse limitate e non rinnovabili». Su questo concetto di base Andrea Fumagalli, professore di Teoria dell’impresa, all’università di Pavia, è in linea con le idee della decrescita. Ma probabilmente è l’unico punto di contatto. Secondo Fumagalli, infatti, oggi l’economia mondiale ha preso una direzione che in gran parte fa decadere le critiche alla crescita del movimento fondato da economisti come Georgescu-Roegen e Latouche. La teoria della decrescita infatti si basa sul concetto di entropia applicato all’economia: all’aumentare della produzione, si consumano quantità crescenti di materia ed energia. Cioè si distrugge più di quanto la natura possa creare. Un esempio: per bruciare un pezzo di carbone bastano cinque minuti, per crearlo ci sono voluti cinque mila anni. Questo è vero per le merci materiali, ma non per quelle immateriali: la conoscenza innanzitutto. «Negli anni 70 si è passati da tecnologie meccaniche materiali finalizzate alla produzione di beni materiali, quantitativi, tangibili fisicamente (automobili, lavatrici, televisori) all’utilizzo di tecnologie tendenzialmente immateriali: linguaggio, comunicazione, relazioni», spiega Fumagalli. «Il cuore della tecnologia informatica è digitale, cioè la produzione di linguaggi artificiali. Il valore non è tanto nel bene, quanto nella tecnologia immateriale del bene venduto. Questo processo va a modificare la struttura delle preferenze e del consumo: oggi non si comprano le scarpe perché se ne ha bisogno, ma perché si acquisisce un simbolo che permette di avere relazioni sociali. È il passaggio da un capitalismo mercantile materiale ad un capitalismo cognitivo e immateriale». In questo contesto, come si inserisce il concetto di decrescita? Secondo il professor Fumagalli la creazione di ricchezza attraverso risorse immateriali potrebbe essere la soluzione alla distruzione di risorse naturali. «La conoscenza non è un bene scarso, anzi più si diffonde Carlo Vercellone più cresce. È un bene comune, continuamente Capitalismo rinnovabile a costi tendenzialmente pari cognitivo a zero. Se non esistessero i diritti di proprietà Manifestolibri, intellettuali, brevetti e copyright». 2006
“LA MAGIA DELLE GLOBALIZZAZIONE”, spinta dall’ideologia mercatista e dalla tecno-finanza, si sta inceppando in una crisi finanziaria “non congiunturale ma strutturale”. Giulio Tremonti, con un linguaggio “biopolitico” da centro sociale, nel suo libro La paura e la speranza traccia nuovi scenari politici a partire dalla crisi generata dai subprime, uno dei conti - secondo il ministro - che la globalizzazione ci sta presentando assieme all’emergenza climatica. Abbiamo paura perché c’è il “fantasma della povertà che sta bussando alla nostra porta”, mentre la speranza l’abbiamo già venduta: “abbiamo i telefonini, ma non più i bambini”. Il libro non è contro il liberalismo - spiega Tremonti - ma contro il mercatismo, che ne è una versione degenerata. Tremonti pone una serie di domande: “Perché abbiamo scambiato gli interessi con i valori? L’avere con l’essere?”. Ma dopo il bagno d’umiltà torna il pensatore del condono tombale. “Il lato oscuro della globalizzazione” è la Cina, che prepara piani “tattici” e non “strategici” non “piani commerciali” ma “piani imperiali”. Una Cina da cui l’Europa può difendersi ritrovando le sue radici giudaico-cristiane, emettendo eurobond, estendendo agli Usa un trattato commerciale per costruire “un nuovo grande spazio atlantico”. Un manifesto politico che prevede lo smantellamento organico della nostro ordinamento costituzionale firmato dal presidente dell’Aspen Institute, uno dei massimi organi di interferenza nelle politiche dei governi per conto delle élite finanziarie del mondo. P.B.
TREZZO SULL’ADDA (MI) Sifri srl Sistemi ed impianti da fonti rinnovabili integrate, sistemi a 360° www.sifri.it
Contro il Suv-capitalismo che ruolo ha Marx? Il materialismo storico offre una lettura attuale delle tematiche sociali connesse ai grandi problemi ambientali. L POSTFORDISMO, LA SOCIETÀ POSTINDUSTRIALE, la morte della classe operaia e la resurrezione della “moltitudine” dei lavoratori post-industriali non-produttori, sono i paradigmi con cui figure come André Gorz, Toni Negri e molti altri hanno di Alessia Vinci provato a raffigurare il “nuovo sistema” di accumulazione capitalistico, dove il lavoro concreto è reso virtuale dalle nuove tecnologie informatiche, che avrebbero ridotto la quantità, la qualità, il valore del lavoro-vivo rispetto al potere produttivo incorporato nelle nuove macchine.
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Ma il fordismo resiste nei Paesi in via di sviluppo Questo affresco sulla scomparsa del lavoro produttore di valore, non corrisponde alla realtà: esaminando la “globalizzazione” scientificamente si riconosce un capitalismo transnazionale, fordista e taylorista che utilizza tutti gli strumenti produttivi, organizzativi, finanziari, politici e militari per affrontare le nuove contraddizioni del sistema di produzione e di sovrapproduzione; dai vecchi Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, alla risistemazione geografica
MILANO Nodo della Decrescita di Milano
BERGAMO Spazio decrescita Bergamo SUISIO (BG) Termoidraulica FDR srl Installazione impianti tecnologici ed energie rinnovabili www.termoidraulicafdr.it
BRUNICO (BZ) Suntek srl Impianti solari termici per la produzione di ACS ed integrazione al riscaldamento Solvis - Pompe di calore geotermiche www.suntek.it
BASSANO DEL GRAPPA (VI) Sisifo Italia servizi al non profit, all’impresa, alla pubblica amministrazione www.sisifoitalia.it PORDENONE Officina della Decrescita
TORINO Associazione per la Decrescita (vedi scheda a pagina ???) Corso Farini 32/5 – Torino Le associazioni che hanno aderito sono indicate in verde nella mappa
VENEZIA Bilanci di Giustizia Una campagna lanciata nel 1993 da “Beati i Costruttori di Pace”. I 53 gruppi locali comprendono oltre 500 famiglie che vogliono modificare i propri consumi e l'utilizzo dei propri risparmi. Lo strumento per “auto-misurare” il proprio impegno è il bilancio familiare, che ogni mese gli aderenti alla Campagna inviano alla segreteria nazionale. Un primo obiettivo è il contenimento dei consumi. Nel 2006 il consumo mensile individuale medio era di 872 euro, contro i 1.068 della media nazionale secondo l'Istat www.bilancidigiustizia.it
TANETO DI GATTICO (RE) Fuori Orario www.arcifuori.it LOPPIANO INCISA IN VAL D’ARNO (FI) Economia di Comunione (EdC) È un progetto che coinvolge imprese dei cinque continenti, creato da Chiara Lubich, la fondatrice del movimento dei Focolari. Il polo produttivo italiano, Polo Lionello, è nato nell’aprile 2001, nei pressi di Loppiano, (Incisa in Val d’Arno, FI), dove sorge la cittadella internazionale del Movimento dei Focolari. EdC spa è formata da oltre 3.000 soci. Gli imprenditori che aderiscono mettono in comunione i profitti della loro azienda: un terzo, per aiutare le persone in difficoltà, creando nuovi posti di lavoro; un terzo per diffondere la “cultura del dare” e dell’amore; un terzo, vengono reinvestiti nella stessa azienda www.edc-online.org
ROMA Dynaproc srl Prodotti software, soluzioni internet, consulenza, integrazione di sistemi e formazione professionale www.dynaproc.com ATP management&technology srl Servizi nell’ambito della consulenza aziendale: organizzazione, sicurezza, qualità www.atpmanagement.it ROMA Laboratorio Permanente della Decrescita Libero Ateneo della Decrescita
MODENA Nodo della Decrescita di Modena BOLOGNA DePILazione LIVORNO Gruppo di studio sulla Decrescita di Livorno PESCARA Decrescita felice e libertà coscienze www.fafaitalia.net
VECCHIANO (PI) Centro Nuovo Modello di Sviluppo (vedi articolo pag 20) via della Barra, 32 Vecchiano (Pisa) www.cnms.it
CIAMPINO (RM) Eutimia srl Energy management, soluzioni integrate, fonti rinnovabili www.eutimia.it
RIMINI Movimento per la Decrescita Felice (vedi scheda a pagina 22) Nasce il 12 gennaio 2007 e il 15 dicembre a Rimini si costituisce ufficialmente come Associazione. Chiunque può organizzare circoli Territoriali. Sul sito le istruzioni www.decrescitafelice.it Nella mappa in arancione
NAPOLI Nodo Decrescita Napoli (comitato promotore)
MARINO (RM) Servizi Professionali Innovativi srl Attività di consulenza per valorizzare realtà produttive e infrastrutture in un’ottica territoriale, accorciando la filiera produttiva www.servizipi.it Soluzioni Professionali srl Produzione software gestionale Propone soluzioni avanzate per la gestione di piccole e medie imprese www.soluzioniprofessionali.it
Famiglie, associazioni, circoli, aziende che hanno scelto, in modi diversi e con un diverso grado di avvicinamento, il percorso della decrescita o della sobrietà.
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della forza lavoro. Di fronte a questo vecchio capitalismo e alle sue crisi cicliche analizzate dal marxismo, la teoria della decrescita si propone come una terza via, con le sue molteplici sfumature da Edward Goldsmith, a Alain de Benoist, a Serge Latouche, a Paolo Cacciari, Maurizio Pallante. Questi intellettuali propongono un modello che assicura la convivenza di comunità associate, dedite alla mutualità e alla cooperazione, contesti locali di nicchia che praticano l’autoproduzione e il “conservatorismo” come lo chiama lo stesso Pallante.
LIBRI
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L’ecologismo è di destra o di sinistra?
L’ecologismo dovrebbe rivolgersi ai valori della destra e mantenere le idee della sinistra, superando delle collocazioni. Goldsmith, teorico del glocale (pensare globale e agire locale) e De Benoist inventano le caLuca Mercalli tegorie politiche del bioregionalismo e del e Chiara Sasso comunitarismo, attraverso le quali attuare Le mucche non mangiano cemento forme di governo etnico-federali, con SMS - Società l’obiettivo di costituire comunità interdiMeteorologica pendenti, autosufficienti, autonome e susSubalpina, 2004 sidiarie. Categorie ben viste dalla destra estrema e dalla Lega, ma anche accolte nei movimenti e nei centri sociali, grazie ai contributi dalla “sinistra sociale” di Gorz, Serge Latouche e Marco Lo sviluppo ha dei limiti? Revelli, che insistono sulle comunità associate e le reI precursori della decrescita, nel 1972 ne “I limiti dello lazioni conviviali. sviluppo”, rapporto del MIT finanziato da Volkswagen Gorz, collaboratore di Sartre in “Temps modernes”, per il Club di Roma e nel 1992 ne “Oltre i limiti dello svipropugna un ecologismo umanitario, come correttore luppo”, valutano prima il rischio sociale connesso all’ininterno al sistema, credendo che si possano promuoterazione di cinque fattori: aumento della popolazione, vere aree di lavoro comunitario e cooperativo, al di produzione alimentare, industrializzazione, esaurimenfuori delle leggi dell’accumulazione capitalistica, basato delle risorse naturali e inquinamento. Tentano poi la te sul volontariato e lo scambio di beni e servizi non descrizione di uno sviluppo sostenibile prospettando commerciabili. Sarebbe la “società del bene comune” programmi di crescita controllata, di efficienza energetiche supera il mondo asservito alla tecnica e approda ca, di riciclo dei rifiuti, di risoluzione non violenta dei verso l’equità, la sostenibilità e la decrescita. Teorie conflitti e di sviluppo delle comunità dal basso. condivise anche da Marco Revelli e Paolo Cacciari. LaDi questo pensiero sono eredi alcuni teorici della detouche in più, ne “La scommessa della crescita, che prendono spunto da queste IN RETE decrescita”, accusa direttamente Marx analisi per tentare una spallata alla critica di accomunarsi all’ideale liberale di radicale del sistema capitalistico mossa www.benecomune.net www.unmondopossibile.net soddisfare il benessere sociale attraverdal marxismo, che individua l’inscindiwww.depiliamoci.it so l’utilizzo della capacità produttiva bilità tra la struttura economica e le sue www.apres-developpement.org della tecnica. ricadute sociali e ambientali.
Serge Latouche La scommessa della decrescita Feltrinelli 2007
Serge Latouche Come sopravvivere allo sviluppo: dalla decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una società alternativa Bollati Boringhieri, 2005
Mauro Bonaiuti (a cura di) Obiettivo decrescita EMI – Editrice Missionaria Italiana, 2004
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PENSARE GLOBALE E AGIRE LEGHISTA LA POLITICA DEL PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE non è solo uno slogan della decrescita, ma è anche la prassi della Lega. Perché tutta una serie di radici culturali sono comuni, mutuate dalla destra europea più reazionaria: da Carl Schmitt, il padre del “decisionismo”, ai fratelli Jünger i teorici delle “moltitudini”, passando per Heidegger, a cui attingono sia uomini di destra che di “sinistra” come Gianfranco Miglio, i Cacciari, ma anche Danilo Zolo, Giacomo Marramao e Pietro Barcellona. Fino a giungere ai “pensatori” più conosciuti all’interno dei Centri sociali come Toni Negri, Edward Goldsmith editore di Ecologist e Serge Latouche che hanno svolto il lavoro paradigmatico di far perdere alle classi subalterne la percezione della loro natura sociale. Il voto ha confermato che il leghismo è il collante di un blocco sociale, che trascina anche spezzoni di quella classe operaia, data per estinta dalla cultura post-marxista. Si rende necessario mettere a fuoco la natura sociale e politica della Lega, e risalire alle sue cause organiche. Senza attardarsi su aspetti “esteriori” e “simbolici” del “leghismo”, che hanno fatto perdere di vista i connotati della crisi che l’ha partorita. Tra gli anni 80 e 90, dopo la morte di Berlinguer, l’abbandono progressivo di una concezione classista dei rapporti tra società civile e società politica ha provocato una crisi crescente della democrazia di massa e del sistema democratico. Da cui ha potuto trarre spunto l’iniziativa leghista in tutto il Nord e Nord-Est, per ragioni connesse al rapporto tra sistema produttivo, democrazia e territorio. Ma anche per l’abbandono della “qualità” del lavoro
che faceva il Pci sul territorio con la programmazione democratica “globale”, in cui la piccola e media impresa erano inserite come alleate del movimento operaio e delle forze democratiche. I ceti “medi”, che sono stati sospinti ad una “reazione” cavalcata da destra, che ha favorito la nascita di un movimento reazionario di massa che esalta i “diritti dell’individuo” contro lo Stato e il “privato” contro il “pubblico”. Nel momento stesso in cui il “leghismo” viene percepito come movimento antisistema e poi come partito di massa e di integrazione sociale, occupa lo spazio lasciato dai vertici di Cgil e Pci, quando accettano la strategia delle “riforme istituzionali”. Strategia aperta, oltre che dalla destra Dc e dal Psi di Craxi e Amato, da forze extraparlamentari ed eversive come la loggia massonica P2, che trova pronto il “leghismo”. Oggi è più chiaro che il fenomeno leghista è figlio di una cultura “modernista” d’impresa degli anni 80, aziendalista, efficientista e campanilista, che permea tutto il Nord e che la “sinistra” soprattutto lombarda ed emiliana, ha legittimato. Tanto che fu Guido Fanti (presidente della Regione Emilia dal ‘71 al ‘75) a parlare per primo di “padania” non come parte dello Stato ma come soggetto, nel convegno “La repubblica della regioni”, ponendosi come un capo “di destra” di un “nuovo regionalismo”, sull’asse Emilia-Veneto. Poi cancellando il Sud e l’Italia, vennero i convegni “Milano e l’Europa” della destra milanese del Pci (i “miglioristi” che editavano “Il moderno” con i finanziamenti di Berlusconi). Angelo Ruggeri
Maurizio Pallante Discorso sulla decrescita. Manifesto per una felice sobrietà Luca Sassella Editore, 2007
Maurizio Pallante La decrescita felice La qualità della vita non dipende dal PIL Editori Riuniti, Roma, 2005
Aniello De Padova e Roberto Lorusso DePILiamoci Liberarsi del PIL superfluo e vivere felici Editori Riuniti, 2007
Più case e più cemento: un male per tutti Invece di costruire nuove case un grande piano per la ristrutturazione degli edifici esistenti, riducendo drasticamente i consumi energetici e puntando sulle risorse rinnovabili. EMENTO IN CRISI?
Non può che fare bene alla società». A sostenerlo è Marco Montanari, docente all’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, di Milano e osservatodi Matteo Incerti re elettorale per la Commissione Europea e l’Osce. Come esempio, porta il caso di Reggio Emilia sua città natale, che, «negli ultimi cinque anni, ha avuto una crescita dei volumi edificatori cinque volte superiore a Bologna. La popolazione è cresciuta in maniera vertiginosa, arrivando a 170.000 abitanti in pochissimi anni, clandestini inclusi che la Caritas di Reggio stima prudenzialmente in circa 6.000 unità. C’è stato avviato quello che chiamo “il sacco di Reggio”, cioè la cementificazione selvaggia del territorio
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Perché questa cementificazione selvaggia? Perché l’amministrazione locale voleva far cassa costruendo a più non posso. La cementificazione del territorio è un’attività ad alta intensità di capitale, ci vogliono grandi investimenti e relativamente poca manodopera e dequalificata. Mentre ad esempio la ristrutturazione di vecchie abitazioni che sprecano energia in un’ottica di risparmio energetico è una attività che coinvolge moltissimi professionisti qualificati. Quali sono state le conseguenze per Reggio Emilia? La cementificazione, qui come altrove, è affamata di manodopera dequalificata a anche di lavoro in nero, sfruttamento, caporalato, riciclaggio di denaro sporco della criminalità. La cementificazione ha portato all’esplosione del fenomeno dell’immigrazione. Dai da-
ti del Comune a maggio di quest’anno i residenti extracomunitari in città erano il 13,92% otto anni fa il 5,41%. Questo ha portato ad avere più inquinamento, traffico, criminalità, degrado sociale, meno benessere per tutti , crescita della xenofobia e la crisi gravissima dei servizi sociali che sono strutturati per una città benestante di 130.000 abitanti. Sembra parlare in modo critico del fenomeno immigratorio… Gli immigrati sono le prime vittime del fenomeno di inseguire il falso “mito” del PIL. L’immigrazione di massa è causata proprio da coloro che propongono a livello politico ed economico questo modello di pseudocrescita illimitata e che sono poi i primi ad urlare “stop agli stranieri”.
E che cosa si può fare? La ricetta è la decrescita. Significa più posti di lavoro qualificati con l’applicazione di nuove tecnologie per il risparmio energetico, le fonti rinnovabili, il recupero di edifici esistenti senza sprecare ulteriore territorio. Descrecita significa meno traffico, meno inquinamento, meno sprechi, meno rifiuti, meno consumi energetici e quindi maggiori risorse di cui disporre, più benessere e qualità della vita e stop allo sfruttamento dei Paesi più poveri. In molti sostengono che sia una teoria anti-industriale Al contrario. Prendiamo l’edilizia, non si propone la morte del settore. Ma che cambi pelle e che dalla quantità passi alla qualità investendo su risparmio, efficienza, recupero, restauro, fonti pulite.
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Stop a Banca Prossima, Ctm fa marcia indietro >30 Assemblee di Eni ed Enel, piccoli azionisti alla carica >32 Idex alle porte, energia alla “deriva”? >34
finanzaetica MICROCREDITO: BASILEA STUDIA REGOLE INTERNAZIONALI
CIBO ED ENERGIA: IL SENATO USA STUDIA UNA RIFORMA ANTI-SPECULAZIONE
HEDGE FUND, SAMUEL ISRAEL SVANITO NEL NULLA
BANCHE ARMATE RISERVATEZZA DAL GOVERNO ITALIANO
WORLD BANK, AMBIENTALISTI ALL’ATTACCO DEL CLIMATE INVESTMENT FUND
WALL STREET, LA SCURE DELLA GIUSTIZIA SUGLI SPECULATORI
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria progetta una proposta di regolamentazione del settore del microcredito. Lo ha dichiarato il presidente della Banca Centrale olandese, Nout Wellink, in occasione del seminario “A billion to gain-the next phase” ad Amsterdam. Wellink, che è anche presidente del Comitato di Basilea, ha sottolineato il crescente ruolo svolto dalla microfinanza nello scenario creditizio mondiale e la sua provata capacità di contrastare la povertà sostenendo i progetti di sviluppo individuale degli operatori dei Paesi più disagiati. Con una crescita media dell’utenza del 19% annuo tra il 2001 e il 2006, il microcredito conta oltre 1.100 istituti specializzati che servono quasi 60 milioni di clienti, per un capitale complessivo di 16 miliardi di dollari. Non è ancora chiaro quali saranno le linee guida, anche perché – ha sottolineato Wellink – i contesti sociali e nazionali in cui si è sviluppato il microcredito hanno evidenziato differenze significative. Compito, non facile, di Basilea sarà proprio quello di teorizzare una struttura regolamentare sa applicare su scala mondiale per proteggere gli istituti e i clienti dai rischi di fallimento. L’interesse del Comitato è in linea con le ultime tendenze del mondo bancario. Da qualche tempo, infatti, anche le banche commerciali hanno iniziato a mostrare una crescente attenzione per le attività di social banking in generale.
Il presidente della Commissione senatoriale Usa sulla Sicurezza Nazionale e gli Affari Governativi, Joe Lieberman (nella foto), e la collega, Susan Collins, hanno sottoposto alla Camera alta tre documenti a sostegno della loro proposta di riforma del mercato dei derivati sulle materie prime. A promuovere la proposta di legge l’ormai radicata convinzione che all’origine del boom dei prezzi del settore vi sia la speculazione finanziaria. La speranza dei senatori è quella di una rapida approvazione da parte della Camera nel mese di luglio. ‹‹Il costo del cibo e quello dell’energia stanno creando serie preoccupazioni presso le famiglie americane della classe lavoratrice – ha dichiarato Lieberman, già candidato democratico alla vicepresidenza nel 2000 –. Ogni viaggio dal distributore o al supermercato mette a dura prova i bilanci delle famiglie. Non siamo testimoni, come qualcuno continua a sostenere, della naturale azione delle forze di mercato. Stiamo osservando al contrario l’opera di una speculazione eccessiva, motivo per il quale il nostro governo deve approvare nuove leggi per proteggere la nostra economia e i nostri consumatori››. La proposta di legge Lieberman-Collins prevede il divieto di investimento nel mercato delle commodities per i fondi pensione, la fissazione di un tetto massimo nella quota di mercato gestibile dagli speculatori per ogni singola commodity e, infine, l’abolizione del cosiddetto Enron Loophole, quel provvedimento del 2000 che consente di fatto agli investitori di assumere legalmente posizioni speculative nel mercato dei derivati. Secondo Lieberman dal 2003 al 2008 il giro d’affari dei fondi d’investimento legati alle commodities è passato da 13 a 260 miliardi di dollari. Negli ultimi cinque anni i prezzi del cibo e delle materie prime legate al settore energetico sono aumentati mediamente del 200%.
Al biglietto inneggiante al suicidio non crede nessuno, tantomeno le autorità statunitensi che dalla metà di giugno gli stanno dando la caccia. Samuel Israel, ex gestore del Bayou Management, un hedge fund da due mila miliardi di dollari, è sparito, lasciando gli inquirenti a interrogarsi su che fine abbia fatto lui e le centinaia di milioni di dollari che ancora non sono stati trovati. Il 10 giugno Israel avrebbe dovuto presentarsi in un carcere del Massachussets per iniziare a scontare una condanna a 20 anni per appropriazione indebita e frode. Ma la cella che lo attendeva è rimasta vuota. La polizia ha ritrovato la sua macchina a Bear Mountain (New York) nei pressi del fiume Hudson. Nel veicolo c’era un biglietto: “suicide is painless” (il suicidio è indolore). La sua compagna Debra Ryan, l’ultima ad averlo visto il giorno della scomparsa, è stata fermata con l’accusa di favoreggiamento nella presunta fuga dell’ex re di Wall Street. Israel aveva dato vita al suo hedge fund nel 1994. 11 anni dopo, aveva richiamato l’attenzione della SEC. L’autorità di vigilanza ha scoperto false certificazioni di bilancio, insolvenza e milioni di dollari volatilizzati. Nel corso del procedimento l’ex manager aveva contribuito al ritrovamento di 100 milioni sottratti negli anni. Altri 400 circa mancano all’appello ma è probabile che Israel sappia come rintracciarli.
Il governo italiano ha reso nota l’ultima relazione sull’esportazione di armi, ma le tabelle con le singole operazioni autorizzate dalle banche sono sparite. Lo segnalano le tre riviste promotrici della “Campagna di pressione alle banche armate”: Mosaico di Pace (diretta da Alex Zanotelli), Missione Oggi (da Nicola Colasuonno) e Nigrizia (da Franco Moretti). Chiedono al governo di consegnare i dati al parlamento. ‹‹È richiesto dalla legge 185 del 1990 che regola la materia, necessario, non solo per comprendere il valore monetario e la controparte estera delle singole operazioni autorizzate dalle banche, ma anche per verificare la corrispondenza delle autorizzazioni rilasciate dal dipartimento del Tesoro con quelle emesse dal ministero degli Esteri››, ha commentato Giorgio Beretta, coordinatore nazionale della Campagna. La responsabilità della mancanza di dati resta per ora un mistero. La relazione, ha sottolineato Raffaello Zordan di Nigrizia, è stata redatta dal governo Prodi ma è stata consegnata al senato il 6 maggio, ovvero dopo l’insediamento del nuovo governo. Il documento in pdf del testo cartaceo pubblicato sul sito internet del Senato (documento 67 – LXVII) riporta in prima pagina la dicitura “Presentata dal Presidente del Consiglio dei ministri (Silvio Berlusconi)”.
Sono 121 le organizzazioni che hanno firmato un appello contro il “Clean Tecnology” e lo “Strategic Climate”, i due Climate Investment Funds promossi di recente dalla Banca Mondiale. I fondi, dal valore compreso tra i 7 e 12 miliardi di dollari, dovrebbero essere utilizzati per fronteggiare i cambiamenti climatici del Pianeta. La Banca Mondiale, si apprende dal comunicato reso pubblico dai firmatari, viene giudicata del tutto inidonea a una simile iniziativa essendo massicciamente coinvolta nel finanziamento delle industrie operanti nel campo dei combustibili fossili. Secondo l’associazione americana Friends of the Earth (FoE), la gestione dei fondi spetterebbe di diritto alle Nazioni Unite che sui cambiamenti climatici hanno elaborato in passato una convenzione quadro. «Non esiste una definizione di “clean” (pulito ndr) nel cosiddetto “Clean Technology Fund” - ha affermato l’esponente del FoE Janneke Bruil - . Il “carbone pulito” ad esempio è una falsa soluzione che non ha niente a che fare con l’energia pulita». L’iniziativa, ricordano i firmatari, risulterebbe «altamente inappropriata, implicando un ulteriore indebitamento per i Paesi poveri chiamati ad adattarsi ai cambiamenti climatici causati dai Paesi industrializzati che forniscono i prestiti». I sostenitori della protesta chiedono alle nazioni più ricche di rigettare il piano finanziario della Banca Mondiale ma le buone notizie, in questo senso, tarderebbero ad arrivare. Secondo l’agenzia di stampa RSI News, i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone avrebbero già espresso sostegno ai due fondi. Gli Usa dovrebbero contribuire con due miliardi di dollari in tre anni anche se dalla commissione Finanze della camera dei rappresentanti sono già state espresse delle perplessità.
Ralph Cioffi, Matthew Tannin e in futuro chissà quanti altri. L’FBI non fa sconti e adesso a tremare è un esercito di speculatori arricchitisi con la bolla subprime. Gli inquirenti americani hanno svolto indagini durate mesi preparandosi a una valanga di incriminazioni per quello che potrebbe essere uno dei più memorabili scandali finanziari di sempre. I numeri resi pubblici dall’FBI parlano chiaro: l’“Operation Malicious Mortgage” coinvolge circa 400 persone sospettate di frode. All’operazione starebbero lavorando attivamente 46 dei 56 uffici federali del Paese. Tutto ha preso il via alla metà di giugno, quando le autorità federali hanno arrestato i manager dei due hedge-fund della banca d’affari Bear Stearns, crollati la scorsa estate e costati agli investitori 1,6 miliardi di dollari. Ralph Cioffi e Matthew Tannin, i due trader indagati, avrebbero fornito agli investitori false informazioni, gonfiando, inoltre, il valore degli assets in loro possesso. ‹‹Mi rivolgo alle persone coinvolte in queste storie: vi troveremo, indagheremo su di voi, vi perseguiremo›› ha dichiarato il direttore dell’FBI Robert Mueller. Negli ultimi tre anni l’indagine del FBI è raddoppiata coinvolgendo circa 1.400 casi. La crisi dei mutui, osservano gli analisti, avrebbe costretto le società di tutto il mondo a produrre svalutazioni per complessivi 387 miliardi di dollari nel corso dell’ultimo anno.
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Stop a Banca Prossima Ctm Altromercato fa marcia indietro
CTM ALTROMERCATO: «UN OTTIMO ACCORDO MA L’ASSEMBLEA È SOVRANA»
BANCA ETICA: «UN MESSAGGIO FORTE PER NOI PIÙ CHE L’ACCORDO, IL NO DELL’ASSEMBLEA»
PAROLA AI VERTICI DI CTM, che prima hanno siglato l’accordo con Banca Prossima, poi lo hanno sottoposto al parere dell’assemblea dei soci. Chiara Bonati, presidente del consorzio (foto sopra), e Carlo Brugnoli (foto sotto), responsabile amministrativo.
BANCA ETICA: è il nome che circolava nell’ombra durante tutti questi mesi di dibattito acceso dentro e fuori da Ctm Altromercato. Perché ricorrere a Banca Prossima? Non bastava l’offerta di Banca Etica e degli altri istituti di credito dello stesso mondo? Rispondono il presidente di Banca Etica, Fabio Salviato (foto sopra), e il direttore generale, Mario Crosta (foto sotto).
Non eravate tenuti a coinvolgere l’assemblea. Perché lo avete fatto?
BONATI Dato l’argomento, non solo tecnico ma anche politico, non potevamo restare indifferenti al malcontento che si era manifestato. Abbiamo ritenuto corretto rimettere la decisione ai soci. L’assemblea è stata solo il momento finale di un lungo processo partecipativo, che abbiamo portato avanti da settembre, con moltissimi incontri territoriali con i singoli soci. Era una reazione prevedibile. Perché dunque firmare un accordo che si preannunciava fonte di contestazioni?
BONATI Era un accordo vantaggioso da un punto di vista economico e non prevedeva garanzie da parte dei soci, ma solo dal consorzio. Spesso gli amministratori si sono trovati a firmare fideiussioni personali per chiedere un prestito per far sopravvivere la bottega. Inoltre la convenzione garantiva le stesse condizioni in tutta Italia, mentre di solito il Sud risulta penalizzato. E comunque avevamo siglato solo un accordo quadro, un contenitore vuoto, che si sarebbe riempito solo quando qualche cooperativa avesse chiesto e le fosse stato concesso un finanziamento. Questo non è accaduto e la convenzione non è mai diventata operativa.
Ctm è uno dei soci fondatori di Banca Etica, sposa i vostri ideali ed è, o dovrebbe essere, per voi uno dei principali interlocutori. Perché questo accordo con Banca Prossima?
CROSTA Le botteghe, come molti altri “mondi di riferimento” di Banca Etica, hanno una particolare necessità di credito e di prodotti finanziari, spesso personalizzati. Noi abbiamo sempre cercato di soddisfarli, ma non è possibile dare risposte a tutti. È normale che si rivolgano anche ad altre banche. Quello con Banca Prossima è stato un modo per rispondere a delle esigenze esclusivamente in termini funzionali, contro il sistema di valori. Alla fine ha vinto il fronte del no tra i soci di Ctm. Ma il fatto stesso che sia stato inizialmente siglato un accordo rileva bisogni insoddisfatti, evidenzia un allontanamento da Banca Etica
SALVIATO Non c’è mai stato un vero e proprio allontanamento, di certo non da un punto di vista politico. Sul fronte operativo, abbiamo trovato qualche difficoltà, ma non abbiamo mai smesso di lavorarci e di cercare modi per soddisfare le necessità dei soci di Ctm.
L’annullamento dell’accordo ha creato un danno a Ctm Altromercato?
È durato pochi mesi, è stato criticato duramente e, di fatto, non è mai diventato operativo. L’accordo tra Ctm Altromercato e Banca Prossima è naufragato, scontrandosi con il voto dei soci. VOLTE, DI RADO, CAPITA CHE UNA DECISIONE presa dall’alto,
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venga ribaltata dal basso. Capita, ancora più raramente, che un accordo, economicamente molto conveniente, venga annullato perché si ritiene che non rispecchi i propri di Elisabetta Tramonto valori etici. E capita che qualcuno, dopo essere stato criticato e, in un certo senso, “tradito”, faccia ammenda e tenda una mano. Questi insoliti elementi si sono intrecciati dietro la relazione, breve ma intensa, tra il consorzio del commercio equo e solidale Ctm Altromercato e Banca Prossima, costola di Intesa-San Paolo dedicata al non profit. Una relazione punteggiata da contestazioni, accesi dibattiti e persino boicottaggi (a Firenze alcuni
gruppi di consumatori del commercio equo hanno sospeso gli acquisti alle Botteghe del Mondo). Una relazione che in realtà ha visto un terzo protagonista, non direttamente coinvolto nella vicenda, ma, per molti versi, tra le sue principali cause e conseguenze: Banca Etica, di cui Ctm è tra i soci fondatori. Se avesse soddisfatto le esigenze finanziarie delle botteghe, Ctm non avrebbe mai pensato di siglare un accordo con una costola di Intesa-San Paolo. È questa l’opinione che circola in gran parte del mondo del commercio equo e solidale. Che sia vero o no, sta di fatto che dopo la firma della convenzione, i vertici di Banca Etica hanno incontrato più volte quelli di Ctm, per cercare nuove proposte per le botteghe, che incontrassero meglio i loro bisogni.
BANCA PROSSIMA: «LE PORTE NON SONO CHIUSE» APPARE PERPLESSO E SORPRESO, ma per niente rassegnato, Marco Morganti, (nella foto) amministratore delegato di Banca Prossima. Difende quello che giudica un ottimo accordo, molto conveniente per le botteghe del commercio equo. Ma l’accordo è stato rifiutato proprio da quelle botteghe che ne avrebbero beneficiato. Che cosa pensa di quanto è accaduto?
Non lo capisco fino in fondo, ma non ne faccio un dramma. Certo che in nessun momento, né nella fase consenso né in quella del dissenso, qualcuno ha mai detto che l’accordo non era conveniente. Ciò da un lato è positivo, perché dimostra la qualità del prodotto che abbiamo offerto, dall’altro rattrista perché lo stop è stato dettato da ragioni ideologiche, di cui avevamo già discusso con il consorzio e che non avevano fermato il CdA, che aveva stipulato l’accordo con noi. Il problema probabilmente non riguarda solo Ctm-Altromercato. Considerando il settore a cui vi rivolgete, non sarà difficile incontrare altre contestazioni nei confronti di Intesa Sanpaolo…
Veramente finora non abbiamo avuto nessun tipo di contestazione per ragioni etiche. Tuttavia voglio fare una prercisazione: Banca Prossima non si propone come una banca
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etica, non è più etica di Intesa Sanpaolo o delle altre banche del sistema. È un istituto di credito specializzato che si rivolge a clienti “etici”. Etico è il mondo italiano del non profit. Quello che ci differenzia dalle altre è il fatto che cerchiamo di essere più bravi a capirne i bisogni e che, da statuto, abbiamo un’impostazione solidaristica e inclusiva, grazie al nostro Fondo per lo sviluppo dell’impresa sociale. Che cosa offrite in più al mondo non profit?
Ci rivolgiamo a tutti i protagonisti di questo settore, anche alle cooperative più piccole o più isolate. Offriamo prodotti convenienti e finanziamenti veloci, come, del resto, era la convenzione messa a punto per Ctm Altromercato. Ma non voglio parlare al passato. Sono convinto che tornerà il momento di riprendere in mano questo accordo. Non abbiamo chiuso la porta. In questi mesi alcune cooperative del commercio equo e solidale si sono avvicinate a Banca Prossima, interessate a trattare con noi, anche singolarmente. Stiamo cercando di trovare delle soluzioni ad hoc, che gestiremo con grande trasparenza.
BRUGNOLI È difficile dirlo. Quello con Banca Prossima era un ottimo accordo, ma l’assemblea è sovrana. E in ogni caso non avrebbe certo risolto tutti i problemi del commercio equo. Non tutti i soci hanno festeggiato la fine dell’accordo con Banca Prossima. Alcuni lo vedevano come un vantaggio per le botteghe con problemi finanziari e per tutto il consorzio, danneggiato, dicono, dai debiti dei soci insolventi…
BRUGNOLI Ctm è tra i principali fornitori delle botteghe, quindi è naturale che i problemi di liquidità dei singoli ricada sul consorzio e, in un certo senso, su tutti gli altri soci. Ma non è questo il caso. I debiti accumulati dalle botteghe verso Ctm non sono così elevati. È una situazione che riusciamo a gestire. Perché non cercare accordi simili con soggetti bancari più affini agli ideali di Ctm Altromercato?
BRUGNOLI Abbiamo convenzioni con Banca Etica, Cgm Finance ed Ethical Banking. Ma non erano sufficienti a soddisfare l’esigenza di credito delle botteghe. Uno degli effetti positivi di questo accordo, seppure annullato, è di aver messo in moto qualcosa. Abbiamo incontrato diverse volte Banca Etica per trovare degli accordi che rispondessero alle nostre esigenze.
Inizio e fine di una relazione Lo scorso settembre il consiglio di amministrazione di Ctm Altromercato ha firmato una convenzione triennale con Banca Prossima, per finanziare le botteghe del commercio equo. Il 7 giugno l’assemblea lo ha bocciato con il 69% di voti contrari. «È l’intero sistema Altromercato a uscirne vittorioso, non solo chi era contrario all’accordo - dichiara Franco Bettin della cooperativa Nazca, socio di Ctm - Ancora una volta Altromercato si è dimostrato un luogo di confronto e di dibattito democratico con i soci, con le Botteghe del Mondo e con l’intero tessuto sociale del movimento».
Perché sì e perché no La notizia dell’accordo con Banca Prossima aveva lasciato a bocca aperta i soci del consorzio, scatenando nove mesi di dure contestazioni. A prescindere dalla convenienza dell’accordo, significava scendere a patti con il “nemico” di sempre: una diretta emanazione di Intesa-Sanpaolo, al primo posto nella lista delle “banche armate” (nonostante abbia più volte dichiarato di essere in procinto di uscirne) e protagonista di quel mondo della finanza classica, contro cui si batte il movimento
Ma è un messaggio forte verso Banca Etica...
CROSTA Ne prendiamo atto. Abbiamo sempre dedicato trattamenti di favore a Ctm e alle singole botteghe: tassi agevolati, nessuna garanzia reale. Da quando Ctm ha un nuovo cda, abbiamo cercato di portare la collaborazione da un piano strettamente commerciale a uno strategico. Stiamo pensando a fare in modo che ci sia qualcuno all’interno di Ctm che si occupi della preistruttoria, a crediti agevolati per i dipendenti, a un banchiere ambulante di Banca Etica dedicato al settore del commercio equo. SALVIATO Sicuramente avremmo potuto fare di più e ora stiamo cercando di recuperare il ritardo accumulato. Negli ultimi mesi abbiamo incontrato più volte i vertici del consorzio, per cercare di capire quali necessità non abbiamo saputo soddisfare. Tra i soci di Ctm aleggia una domanda: se non ci fosse stato l’accordo con Banca Prossima, Banca Etica avrebbe compiuto dei passi avanti verso Ctm?
CROSTA Posso dire con certezza di sì. Avevamo iniziato il processo di revisione degli accordi con Ctm Altromercato già da qualche anno. L’accordo con Banca Prossima per noi è stato ininfluente. Ha molto più peso la decisione dell’assemblea di sospendere l’accordo. Ci fa riflettere, ci responsabilizza e ci stimola a trovare delle risposte immediate.
del commercio equo. I termini dell’accordo però erano decisamente allettanti: sei milioni e mezzo di euro messi a disposizione dall’istituto di credito in tre anni, per finanziare, fino a un massimo di 65 mila euro, le botteghe del commercio equo. Nessuna richiesta di garanzie ai soci, al consorzio solo l’8% sull’affidato. Una situazione più unica che rara. «Era un accordo che avrebbe potuto aiutare molti soci», dichiara Giampiero Girardi, presidente della cooperativa Mandacarù, di Trento, tra i soci di Ctm Altromercato favorevoli alla convenzione con Banca Prossima. «Il consorzio avrebbe assunto un ruolo di mediazione e di garanzia. Mentre gli amministratori delle singole cooperative non avrebbero più dovuto garantire di persona, cosa non da poco. Oggi figurano crediti del consorzio verso i soci per diversi milioni di euro. Significa che una parte delle risorse che le singole cooperative hanno destinato al sostegno del commercio equo finiscono a coprire i buchi lasciati nel bilancio dai soci morosi. Questo non è giusto. Molti soci di Ctm hanno una visione troppo idealistica e lontana dalla realtà e da un’inevitabile necessità di mediazione», conclude Girardi. La maggioranza dei soci di Ctm Altromercato però, evidentemente, non la pensa così. La “relazione” con Banca Prossima è chiusa. Almeno per il momento.
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Assemblee di Eni ed Enel: piccoli azionisti alla carica
La Fondazione Culturale Responsabilità Etica alla prima esperienza di azionariato aritico, per chiedere maggiore sostenibilità ai due colossi dell’energia. Eni si volta dall’altra parte. Enel risponde, almeno a parole. OCHE LE NOVITÀ “ISTITUZIONALI” emerse dalle assemblee di Eni ed Enel del 10 e 11 giugno scorsi. Le rispettive dirigenze hanno annunciato i risultati dell’ultima gestione: per Eni un fatturato di 87 miliardi di euro di Andrea Baranes con ben 18 miliardi di utili, mentre Enel ha generato ricavi per oltre 43 miliardi di euro e un utile netto di 4 miliardi, a dispetto di un indebitamento cresciuto fino a circa 55 miliardi a seguito dell’acquisizione della spagnola Endesa. Le proposte del ministero dell’Economia e delle Finanze di confermare la maggioranza del Cda, le presidenze e gli amministratori delegati di entrambe le imprese sono state approvate ad ampia maggioranza. E difficilmente poteva essere altrimenti, considerando che, in entrambe le aziende il ministero dell’Economia detiene una quota superiore al 20%, alla quale si somma un 10% circa di proprietà della Cassa Depositi e Prestiti. Considerando che nelle due assemblee gli azionisti presenti rappresentavano poco più del 40% del capitale sociale, si capisce come le votazioni siano state un atto poco più che formale. La novità più interessante è stata sicuramente la richiesta dello stesso ministero di ridurre del 20% il piano di Stock Options di Enel, una proposta che il Cda non ha potuto che sottoscrivere.
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Parola ai piccoli azionisti Gli interventi più interessanti sono sicuramente stati quelli dei piccoli azionisti che hanno preso la parola per portare in assemblea posizioni critiche e per porre domande alla dirigenza. Spesso simili i quesiti presentati al| 32 | valori |
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le due assemblee (in particolare riguardo la governance e l’impatto ambientale e delle emissioni di gas serra). Sicuramente diversa la risposta data dalle due imprese, l’attenzione dimostrata verso i piccoli azionisti e la propensione al dialogo.
Eni non risponde La dirigenza Eni ha dato la sensazione di non volere “perdere tempo”. Dopo gli interventi e le domande ha preso la parola il presidente Roberto Poli, mentre l’a.d. Paolo Scaroni rimaneva in silenzio, quando non si alzava, lasciando vuoto il suo posto al tavolo della presidenza. Su molte questioni sollevate non è stata data alcuna risposta, e dopo il breve intervento del presidente non è stato nemmeno concesso il diritto di replica agli azionisti intervenuti, negando così un minimo di dialogo tra la dirigenza e gli azionisti nell’unica occasione annuale di incontro. Peccato, perché molte delle questioni poste avrebbero sicuramente meritato ben altra attenzione. La Fondazione Culturale Responsabilità Etica è intervenuta portando due progetti di Eni all’estero, accusati di avere forti impatti ambientali e sulle popolazioni locali: gli investimenti nel Kazakistan e nel Delta del Niger. Nel primo caso la Fondazione si è concentrata sui rischi e gli impatti ambientali nel giacimento di Kashagan, il più grande scoperto negli ultimi 30 anni e di cui Eni è operatore. Impatti legati all’elevatissima presenza di solfati nel petrolio, ai conseguenti problemi di stoccaggio dello zolfo e al rischio di piogge acide. In Nigeria Eni, come altre multinazionali petrolifere, continua a utilizzare la prati-
ca del gas flaring, bruciando a cielo aperto il gas legato all’estrazione del petrolio, con conseguenze pesantissime per le popolazioni locali e l’ambiente. Non una parola di risposta sulle questioni sollevate dalla Fondazione, mentre nel buon umore generale Scaroni si toglieva la cravatta, segnalando come l’introduzione di un abbigliamento più casual negli uffici Eni permettesse di abbassare l’aria condizionata in estate, con conseguente diminuzione del consumo di elettricità. Non c’è che dire, davvero un grande esempio di responsabilità ambientale, mentre l’Eni continua a praticare il gas flaring, illegale in Nigeria da quasi 30 anni e che l’Alta Corte di Giustizia nel 2006 ha nuovamente dichiarato essere “contro il diritto alla vita, alla salute e alla dignità”.
Da Enel buone maniere Decisamente migliore la gestione dell’assemblea Enel. Presidente e amministratore delegato hanno puntualmente risposto a tutte le domande. In particolare l’ad Fulvio Conti è entrato nel dettaglio di tutte le questioni tecniche poste dagli azionisti, ai quali è poi stata concessa la possibilità di una breve replica, prima della contro-replica della dirigenza e delle votazioni sui diversi punti all’ordine del giorno. La Fondazione Culturale ha segnalato gli impatti di Enel in materia di emissioni di Co2 e sui cambiamenti climatici, contestando all’impresa i forti investimenti nei combustibili fossili e in “false soluzioni”, quali il nucleare e le grandi dighe. Due in particolare i casi portati: il completamento dell’obsoleto impianto nucleare di Mochovce, in Slovacchia (risalente ai tempi del-
l’Unione Sovietica) e un sistema di cinque grandi dighe in uno degli ultimi paradisi naturali della Patagonia cilena.
Nucleare senza repliche Buona la gestione dell’assemblea, non altrettanto i contenuti. Enel ha difeso a spada tratta la propria scelta di investire nel nucleare nei prossimi anni. Una decisione su cui non ha detto parola il rappresentante del governo, malgrado sia ancora valido il risultato del referndum che obbliga l’Italia a non produrre energia nucleare. È stato solo ricordato come il governo si limiti a chiedere che le imprese partecipate creino valore per gli azionisti, senza intervenire nelle questioni gestionali o decisioni strategiche, nè riguardo le tematiche della responsabilità sociale e ambientale. In questo quadro la possibilità di denunciare comportamenti irresponsabili e di chiedere un cambiamento alle due multinazionali dell’energia è delegato alla società civile, alle campagne di pressione, ai piccoli azionisti. Se ci si ferma a considerare il peso che questi hanno, sembrerebbe una lotta contro i mulini a vento. Guardando però ai risultati raggiunti da simili iniziative in altri Paesi e all’interesse suscitato da questa prima esperienza di azionariato critico in Italia, è possibile affermare che dei risultati concreti possono essere raggiunti. È necessario lavorare in un’ottica di medio-lungo periodo e costruire alleanze tra piccoli azionisti per fare sentire la propria voce, utilizzando i diritti di azionista come uno strumento di democrazia economica e come una leva per ottenere una maggiore responsabilità e sostenibilità da parte delle imprese quotate.
Una donna pedala portando caschi di banane nei pressi del villaggio di Umuchen, in Nigeria. Sullo sfondo brucia il gas dell’estrazione del petrolio (gas flaring). Provati i danni per la salute delle persone e per l’ambiente.
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Idex alle porte, energia alla “deriva”?
La Borsa di Londra annuncia il prossimo esordio del mercato italiano dei derivati energetici. Ma i dettagli restano sconosciuti e l’esperienza internazionale non sembra preludere a nulla di buono. PARTIRE DA SETTEMBRE anche l’Italia avrà il suo mercato dei derivati finanziari dell’energia. L’annuncio, fatto il 22 maggio scorso dall’ad del London Stock Exchange, Clara Furse, e riportato da alcune agenzie di stampa, è stato confermato da fondi Matteo Cavallito ti di piazza Affari che, tuttavia, non hanno saputo fornire particolari approfonditi confermando come “la svolta finanziaria” del mercato energetico sia ancora avvolta nel mistero. Di certo si sa che i derivati energetici italiani daranno vita a una piattaforma indipendente, l’IDEX, che non dovrebbe avere nulla a che fare con i parenti più o meno stretti dell’IDEM (il mercato dei derivati tuttora funzionante in cui si scambiano futures e simili su alcuni titoli quotati in Borsa Italiana) o della borsa elettrica (il mercato “fisico” dell’energia). Tale piattaforma coinvolgerà per ora il solo mercato dell’elettricità e sarà sottoposta alla vigilanza congiunta di Consob e Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) come per altro già previsto dal decreto legge entrato in vigore il 1° novembre 2007. L’anteprima, dunque, è tutta qui, ma tanto basta perché si facciano strada i dubbi sull’opportunità di un mercato dimostratosi all’estero facile preda di speculatori.
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Una combinazione micidiale: i derivati... La finanza definisce “derivato” ogni titolo il cui valore sia basato su quello di un qualsiasi altro titolo. Costituiti, tra gli altri, da contratti a termine, opzioni d’acquisto o contratti differiti (futures) i “derivatives” possono agevolmente coprire il rischio di un’operazione (ad esempio perché legati a un indice destinato a salire al calare di un paniere azionario) ma sono anche soggetti a una forte spinta speculativa potendo essere rivenduti a un prezzo superiore generando una plusvalenza capace di incidere, s’intende, anche sul mercato fisico. È il caso delle op| 34 | valori |
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zioni di acquisto che nella maggior parte dei casi non si traducono in un’operazione effettiva potendo essere scaricate (a prezzo maggiorato) su una parte terza sicura, a sua volta, di realizzare un successivo profitto. Se a ciò si aggiunge che la maggior parte delle operazioni avvengono su piattaforme elettroniche al di fuori della borsa (il famoso mercato “over the counter”) e dai suoi controllori, non è difficile comprendere come mai la trasparenza rappresenti ancora la merce più rara del mercato derivato. In un simile contesto è intuitivo concludere come i rischi di speculazioni siano portati ad aumentare quando i beni fisici coinvolti sono caratterizzati da una forte volatilità del prezzo. Una caratteristica tipica, fra gli altri, dei mercati energetici.
...e l’energia La variabilità dei prezzi delle fonti d’energia e la corsa al rialzo è giustificabile almeno per tre ragioni. L’aumento della domanda, favorita dallo sviluppo economico dei grandi mercati emergenti (Cina e India), l’instabilità politica e le difficili relazioni tra i detentori di risorse (Venezuela e Iran per il petrolio, Asia Centrale per il gas etc.) e i compratori (Stati Uniti in primis) e l’interdipendenza tra le risorse che ha permesso all’elettricità prodotta negli USA, ad esempio, di crescere di valore a fronte degli aumenti record del gas naturale utilizzato come propellente nei processi produttivi. Per spiegare la corsa al rialzo degli ultimi anni, tuttavia, i tipici fattori di mercato non bastano più. La denuncia degli effetti devastanti della speculazioni è ormai data per acquisita tanto che i tradizionali attori del mercato mondiale sono stati costretti ad ammetterne l’evidenza. Di recente, il ministro libico dell’energia Shokri Ghanem ha sostenuto che il petrolio potrebbe sfondare quota 200 dollari al barile anche a causa dell’impotenza degli esportatori. Schiacciato dalla forza degli speculatori l’OPEC è stato di fatto esautorato del suo ruolo di banca petrolifera capace di controlla-
ALLA FIERA DELLA SPECULAZIONE LA FESTA NON È ANCORA FINITA C’È LA FIERA DELLA SALSICCIA, dell’agricoltura, dell’artigianato e perfino dei pannelli solari. Da quest’anno, finalmente, è arrivata anche l’esposizione internazionale dei prodotti finanziari derivati. Future, swaps, options, tutti in vetrina in oltre cinquanta stand all’IDX, International Derivatives Expo, nel centro di Londra, dal 9 all’11 giugno. Oltre ottocento i visitatori regolarmente iscritti. Dall’Italia una delegazione intera da Piazza Affari, alla scoperta di nuove opportunità, dopo la fusione con il London Stock Exchange. All’entrata uno stand con i migliori derivati per fare trading sull’elettricità dei Paesi nordici, con tanto di certificati verdi dalla Svezia, più avanti Scott Logic, società di software finanziari, distribuisce assegni fac simile da 100.00 sterline e invita a scommettere virtualmente su cinque titoli della borsa di Londra. «I risultati dopo le 17», mi spiega una standista. «Se vincerà le invieremo una mail e le arriverà a casa un i-pod nano». Dappertutto schermi accesi su Bloomberg e su nuove piattaforme di trading. Lucette verdi quando si compra, rosse quando si vende, curve che si impennano e poi si sgonfiano, cifre che girano attorno ai codici dei titoli. Tra i gadget va forte la pallina di gomma antistress, provvidenziale in questi tempi nervosi. Ma i migliori sono i cinesi di Hong Kong, la borsa di Taiwan, i coreani. Sono loro i veri protagonisti. Ti inseguono con i dolcetti, con i biscotti, le agendine, le chiavette USB, i cavatappi colorati, le caramelle al ginseng. «Perché non investe un po’ anche in Cina? Da Hong Kong le offriamo questa nuova piattaforma», mi dice Jerry Yang, tutto sorridente, mettendomi in mano un pacchetto di carte da poker. No, vi prego,
lasciatemi stare. Voglio vincere il viaggio in elicottero sopra Londra, voglio la macchinina di «Vix Futures». Un modellino di BMW spider rossa, distribuita da uno dei cento broker informatici che si accalcano in sala. Non sarà la Porsche d’ordinanza, ma con i tempi che corrono bisogna sapersi accontentare. C’è fermento nei corridoi. Un’aria frizzante, un’euforia immotivata, visti gli sfaceli provocati dai derivati nelle tasche degli investitori. «Non riesco a ricordare un periodo così difficile e turbolento per i mercati finanziari come questi ultimi dodici mesi», dice Michael Spencer alla cerimonia di apertura. «Ma l’età dell’oro dei derivati, iniziata 25 anni fa, continuerà ancora a lungo». Spencer è amministratore delegato di ICAP, la più grande società di brokeraggio internazionale: 1.000 miliardi di dollari al giorno di transazioni, la metà del PIL italiano. Il pericolo, però, è sempre in agguato. Si chiama Stato, politica, e assume la forma di regolamentazioni, direttive, delibere: i lacci che cercano di imbrigliare gli spiriti animali del mercato. «C’è sempre il rischio di reazioni eccessive da parte dei politici e delle autorità di vigilanza», continua Spencer, «ma i danni creati della normativa americana Sarbanes – Oxley, che ha ingessato i mercati, sono ancora evidenti. Difficilmente saranno approvate norme altrettanto restrittive». Uno stop ai box per la finanza speculativa. Per poi ripartire alla grande. «Diamo tempo ai mercati di sgonfiarsi. Presto il trend si invertirà. Gli investimenti continuano a fluire nei fondi hedge nonostante la crisi. L’innovazione finanziaria e la globalizzazione sono dalla nostra parte». Al workshop sul ruolo dei derivati nella crisi dei mercati, gli esperti
re il prezzo attraverso la gestione dell’offerta. La fuga dal petrolio che ha portato allo sviluppo dei biofuels ha prodotto, se possibile, conseguenze ancora peggiori. Il commercio di derivati legati alle commodities primarie ha prodotto uno shock nel mercato alimentare con ricadute tragiche nei Paesi più poveri. Siamo insomma al delirio dei prezzi, e in un mondo che continua ad aver bisogno di energia l’idea di affidare il mercato alle spirali speculative può aprire scenari da incubo.
Un mondo di nulla Delle potenzialità distruttive dei derivati si sono accorti in molti. Di recente alcuni storici frequentatori del mondo finanziario come l’ex
del settore evitano accuratamente ogni ammissione di colpa. «È facile accusare un prodotto se non lo si conosce», spiega il professor Peter Hahn. «I derivati sono strumenti ottimi per la gestione dei rischi. Alcune banche hanno usato male alcuni tipi di derivati. Ma non si può dire che i prodotti in sé non siano validi». E c’è chi si spinge a dire che «la colpa è dei politici e delle autorità di vigilanza», che non avrebbero saputo adottare norme “progressiste”, ostacolando una crescita corretta dei mercati. Nel lessico dei trader, il crollo di Bear Stearns diventa «un utile stress test», mentre lo scandalo che ha travolto Société Générale è «un esempio di come i mercati puniscano regolarmente i perdenti». In sostanza le mele marce pagano sempre il conto. Sempre che i politici non si mettano di traverso. Ma per tastare il polso agli animal spirits bisogna tornare tra gli stand. È lì che si scoprono nuovi prodotti, tagliati su misura in base alle esigenze degli investitori. Il petrolio continua a salire? Eccovi il derivato sulla plastica, che vi protegge dalle oscillazioni del prezzo. Il Sudoku vi annoia? Cercate di smontare le Binary Options o l’Indice di Correlazione Implicita messi in vetrina dal CBOE (Chicago Board Options Exchange). E se gli squilibri dei mercati hanno azzerato il business dei prodotti strutturati basati sui mutui, le banche e i fondi hedge hanno scoperto un nuovo terreno fertile dove piazzare scommesse: l’inflazione. Eh sì, perché se i prezzi salgono si può sempre scommettere, con un derivato, che salgano di più o di meno di una soglia prevista. Molti hanno già cominciato a farlo, per proteggersi dai rischi. O, più spesso, sperando di cavalcare la prossima ondata di profitti. Mauro Meggiolaro
presidente Consob Guido Rossi e il banchiere americano George Soros hanno lanciato l’allarme. Parlando dei default credit swaps, prodotti finanziari che dovrebbero mettere al riparo il risparmiatore dai rischi di fallimento della società in cui si è investito, il finanziere statunitense ha parlato di un mercato completamente sregolato da 45 trilioni di dollari. Se la cifra vi sembra impressionante considerate come la suddetta costituisca solo una quota minoritaria dell’universo derivatives. Secondo le stime più caute l’ammontare del valore dei derivati nel mondo sarebbe pari a 300 trilioni di dollari, ma c’è anche chi ha parlato di un ammontare doppio. Qualsiasi sia la cifra esatta resta evidente come non esista nessuna altra voce equivalente nell’economia
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mondiale. Il Pil globale è stato misurato in circa 50 mila miliardi mentre, in una recente ricerca, gli economisti di Morgan Stanley Stephen Jen e Charles St-Arnaud hanno stimato in 100 trilioni di dollari il valore della somma azioni/obbligazioni e in 121 trilioni quello delle riserve petrolifere della Terra. La massima parte della ricchezza scambiabile sul pianeta, in altre parole, è costituita da prodotti privi di qualsiasi fisicità o, per meglio dire, di un riscontro reale di valore. Un enorme, sconfinato, ma soprattutto sregolato, mercato del nulla.
Italia: quale controllo? In Italia, intanto, non sono solo i trader ad attendere di saperne di più sulle prospettive del nuovo mercato. ‹‹I servizi pubblici essenziali non possono essere trattati come le altre merci perché hanno una dimensione di grande valenza sociale per la comunità. Con lo sviluppo dei prodotti derivati temiamo che la situazione possa sfuggirci di mano›› spiega Carlo De Masi, segretario della Cisl Flaei, secondo il quale, tuttavia, il derivato resta uno ‹‹strumento di risk management assai utile alle aziende, se monitorato con attenzione dall’Autorità competente per evitare speculazioni››. In un quadro caratterizzato dalla scarsità di informazioni e dai dubbi - ‹‹occorre vedere se i derivati si trasformeranno in una soluzione speculativa oppure se aiuteranno a creare forme di mercato in un sistema regolato›› ha sottolineato il responsabile del dipartimento elettrico della Segreteria Nazionale CGIL – Filcem Giacomo Berni – è inevitabile che il tema della regolamentazione costituisca, almeno per ora, la questione centrale. ‹‹Ci vuole un controllo pubblico, l’Autorità che regola le tariffe non è sufficiente – sottolinea in tal senso De Masi – . È necessario che a vigilare siano anche i rappresentanti delle associazioni, i cittadini. Per questo riteniamo che nell’Autorità debbano entrare anche i rappresentanti delle forze produttive e delle forze so-
ciali››. Riformare l’Autority, dunque, ma anche il sistema delle regole. Un’ipotesi da prendere per lo meno in considerazione soprattutto alla luce dell’esperienza internazionale.
Usa: cambio di rotta È “bastato” che il petrolio toccasse l’ormai rimpianta quota di 70 dollari al barile perché la Commissione d’Inchiesta del Senato USA ammettesse che “il largo influsso dell’investimento speculativo aveva condotto a una situazione in cui per il petrolio si avevano elevati livelli di prezzo nonostante alti livelli di riserve”. Nel giugno 2006, il gruppo di lavoro presieduto da Norm Coleman e Carl Levin accusò apertamente i futures sul greggio puntando il dito contro la piattaforma di scambio dell’Intercontinental Exchange (ICE) e contro tutti quei mercati over the counter che, allo stato della legislazione, non erano tenuti a comunicare alla Commodity Futures Trading Commission i dati sugli scambi, un privilegio che costituiva in pratica un invito a nozze per gli speculatori. Responsabile di questa anomalia un provvedimento legislativo del 2000 contenuto all’interno del Commodity Futures Modernization Act e conosciuto come “Enron Loophole” dal nome della compagnia che più di ogni altra fece pressione per l’introduzione della regola. La Enron è fallita nel 2002 e il suo Ad Jeffrey Skilling si è beccato 24 anni di carcere per bancarotta fraudolenta. Ci sono voluti però altri sei anni perché l’abolizione dell’Enron Loophole fosse approvata dal Congresso e l’epopea non è ancora finita. L’onere della ratifica passa ora al presidente George Bush che, a pochi mesi dalla scadenza del mandato, potrebbe scegliere di scaricare l’ingrato compito sul suo successore. A maggio il candidato repubblicano John McCain si è detto contrario al progetto di riforma del mercato dei derivati e, di conseguenza, all’abolizione del provvedimento.
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Fotoreporta ge > Centri commercial i zione Dossier > La occupa catena di monta dito e ggio del consu alità red mo non garan o d’attu tisce le prome tornan sse azione Dossier > Si apre una nuova era per l’economia all’insegna ocalizz del della sostenibilità la re Internazion ssima er > Olt ale > La diffic Dossi ca Pro con mano Finan ile Ban cacci ca za erà toc Economia> L’azionariato attivoa al tesoro rubato dai si chiam cco, si ienza solidale > alza la voce. dittatori ven Paolo oltre il chi La giornata con E cerca San la alleati anche ito di azione globa ne I.P. doppia in Italia di Intesa rocred le del Forum - Contie Guinea Poste Italiane Trento > Contro la rapina delle risorse serve la comunità internazionale sfidaras > Il micsolidale rad S.p.A. - Spedizione Sociale La a 1, DCB > in abbonamen comm Forum Nairobi > Molti progetti validi nonostante la conf 1, to postale Hondu era eco a etica 46) art.
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Ubi Banca: la fusione piace al sindacato Un po’ meno ai mercati
Il modello popolare, alla base della fusione tra BPU e Banca Lombarda, incontra il favore dei lavoratori. Ma per gli analisti lo spirito cooperativo rischia di essere un freno ai profitti, perché ostacola il raggiungimento degli obiettivi. BI, CHI ERA COSTUI? Forse è la prima domanda che ci si pone quando si sente parlare dell’Unione di Banche Italiane. Nata nel marzo del 2007 dalla fusione tra le Banche Popolari Unite (BPU) di Bergamo e la Banca Lombarda, con sede a Brescia, l’UBI non riempie le padi Mauro Meggiolaro gine dei quotidiani finanziari al pari di Unicredit o Intesa e non suscita particolari clamori. Una fusione sottotraccia, senza superstar da copertina o favolose acquisizioni oltre confine. Eppure il nuovo Gruppo, guidato da Giampiero Auletta Armenise, è il terzo in Italia per capitalizzazione, ha quasi 2.000 sportelli in tutto il paese, ed è riuscito a riunire sotto un unico tetto otto banche con una lunga storia di radicamento a livello locale, tra cui le popolari di Bergamo e Ancona, la Popolare Commercio e Industria, il Banco di Brescia, la Banca di Valle Camonica e la Carime (Casse di Risparmio Meridionali), confluita in UBI e nata a sua volta dalla fusione di tre casse di risparmio del sud. «Siamo di fronte al primo e finora unico caso di fusione in controtendenza», spiega Lando Sileoni, segretario generale aggiunto del sindacato bancario FABI. «Con l’aggregazione si è deciso di adottare il sistema di governo cooperativo di BPU e non il modello “società per azioni” di Banca Lombarda. Di solito succede il contrario. Qui invece siamo di fronte a un grande gruppo bancario popolare a tutti gli effetti». Dove le decisioni vengono prese ascoltando le minoranze, secondo il principio “una testa, un voto”. Peccato che, in alcuni casi, il processo decisioLa pubblicità fatta da Ubi Banca nale rischi di andare per le lunghe. «Nel merger tra BPU e in occasione Banca Lombarda si sono creati degli intoppi, in particoladella fusione.
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re nell’integrazione dei sistemi informatici», spiega Pierluigi Passerone, analista di Intermonte SIM. «UBI ha impiegato sei mesi per stabilire quale piattaforma applicare, per poi decidere che avrebbe utilizzato quella di Banca Lombarda, la banca che è stata acquisita». Una scelta anomala, perché di solito è il “cacciatore” che impone il sistema informatico alla “preda”. Ma nelle banche popolari vigono altre regole. E le minoranze, a volte, possono avere la meglio. Con buona pace dei mercati. «Da un punto di vista prettamente economico, la governance delle popolari può rappresentare un limite, un freno al raggiungimento degli obiettivi», continua Passerone. «Nelle società per azioni, come Unicredit e Intesa, è più chiaro chi governa. E le fusioni sono meno problematiche». Ma è veramente così?
Trasparenza sui numeri Qualità degli obiettivi Per capirlo partiamo dai numeri. Utile netto di 1,4 miliardi di euro al 2010 e sinergie per oltre 760 milioni. Incentivi all’uscita per 900 lavoratori (di cui 700 nelle filiali) e ricorso al fondo esuberi solo su base volontaria. Sul piano industriale triennale c’è tutto, cifra per cifra, grafico dopo grafico. «A differenza di quanto sta succedendo nella fusione Unicredit-Capitalia, in UBI è stato approvato un piano industriale con obiettivi molto chiari, condivisi con le parti sociali», spiega Giulio Romani, segretario nazionale del sindacato FIBA-CISL. «Abbiamo ottenuto che siano stabilizzati 411 dipendenti interinali il cui contratto passerà a tempo indeterminato. La riduzione quantitativa del |
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| finanzaetica | FONTE: BILANCI DELLE IMPRESE
| finanzaetica | I NUMERI PRIMA DELLA FUSIONE AL 31.12.2006 BPU Dipendenti: 13.887 Sportelli: 1.187 Totale attivo: 74,27 miliardi di euro Crediti verso clientela: 52,68 miliardi di euro Raccolta clientela: 55,28 miliardi di euro Utile: 640,8 milioni di euro
BANCA LOMBARDA Dipendenti: 7.491 Sportelli: 796 Totale attivo: 39,75 miliardi di euro Crediti verso clientela: 30,58 miliardi di euro Raccolta clientela: 30,60 miliardi di euro Utile: 308,2 milioni di euro
OBIETTIVI DELLA FUSIONE Capitalizzazione Tipo di fusione
Oltre 14 miliardi di euro Fusione per incorporazione di Banca Lombarda in Banche Popolari Unite. Concambio di 0,83 azioni della Lombarda per ogni azione delle Popolari Unite. Sinergie lorde stimate Utile netto di 1,4 miliardi di euro al 2010 e sinergie per oltre 769 milioni, delle quali il 65% sarĂ ricavato sul fronte dei costi. Esuberi 900 PUNTI DI FORZA E PUNTI DI DEBOLEZZA DELLA FUSIONE
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PUNTI DI FORZA Forte radicamento territoriale, fusione con modello “popolare� Buono il dialogo con i sindacati. Trasparenza negli obiettivi del piano industriale Buono il livello di capitalizzazione
. . .
PUNTI DI DEBOLEZZA Lentezza decisionale per alcune scelte strategiche (piattaforma informatica) DifficoltĂ di aggregazione tra le varie “animeâ€? della banca Poca attenzione alle “banche perifericheâ€? del Gruppo
personale è stata compensata da un miglioramento qualitativo dell’occupazione. Tutte le richieste dei lavoratori sembrano essere state esaudite e anche UBI Sistemi e Servizi, dove si concentrano le attività informatiche, è stata ceduta con la garanzia degli stessi livelli contrattuali, in
“perpetuoâ€?Âť, precisa Lando Sileoni. ÂŤAnche questo è un caso unicoÂť - continua - ÂŤnella cessione della societĂ di servizi di Unicredit, le garanzie si fermano a 10 anniÂť.
I paradossi della finanza Le incognite del futuro Tutti contenti allora? Non proprio. A suonare il campanello d’allarme sono, ancora una volta, i mercati. La fusione sta procedendo secondo le attese, UBI è tra le banche italiane piÚ sicure in termini di capitale. Il Tier1 è stimato vicino al 7% a fine anno, spiega Passerone. Ma sul titolo non siamo positivi. Proprio la buona situazione del capitale potrebbe indurre la banca a puntare su altre realtà popolari, per nuove acquisizioni. Auletta Armenise l’ha dichiarato piÚ volte. C’è un rischio acquisizioni che in un momento come quello attuale di crisi di liquidità e difficoltà a raccogliere capitali freschi, potrebbe pesare negativamente sul titolo. Il buon livello del capitale di UBI è una potenziale fonte di rischio per gli analisti, ma lo è anche il basso tasso di capitalizzazione del Banco Popolare (vedi Valori, n. 60), che potrebbe essere la prossima preda di UBI. Paradossi della finanza. Ma i punti deboli della fusione soft tra Bergamo e Brescia sono anche altri. L’integrazione delle due culture, quella dell’ex BPU e quella dell’ex Banca Lombarda, è ancora lenta, nonostante la dirigenza dichiari il contrario, spiega Lando Sileoni. In piÚ c’è scarsa attenzione per le banche periferiche, come Carime e la Popolare Ancona. Su possibili future acquisizioni, però, siamo positivi. Se portano valore perchÊ dire di no?. Appunto. Provate a spiegarlo agli analisti.
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7-9 luglio 2008 DAVAO (FILIPPINE) MARKETING MICROFINANCE PRODUCTS AND SERVICES Realizzato dall’UniversitĂ di Manila, un corso di tre giorni su “Financial Literacy for Remittance Receiversâ€?. www.sedpi.org
13-16 luglio HONG KONG (CINA) 2008 WORLD CREDIT UNION CONFERENCE Rappresentanti di oltre 50 Paesi. Temi chiave: il ruolo delle cooperative rurali e delle credit union nello sviluppo della Cina, il mobile banking, il ruolo delle donne nelle comunitĂ in via di sviluppo e le tendenze finanziarie e tecnologiche del microcredito. www.woccu.org
16 luglio LONDRA (UK) THE GUARDIAN CLIMATE CHANGE SUMMIT 2008 Organizzato da Guardian Professional, la divisione commerciale della società editoriale Guardian News & Media, il convegno affronterà il tema del ruolo dell’azione collettiva degli azionisti per massimizzare la sostenibilità riducendo al minimo l’impatto ambientale. http://environment.guardian.co.uk /climatesummit
27 luglio – 1 agosto RĂ˜NDE (DANIMARCA) “PROFIT FOR PEOPLE AND PLANETâ€?, SECONDA EDIZIONE DELLA IBS SUMMER SCHOOL Organizzato dall’Institute for Social Banking (IBS) di Bochum (a cui aderisce la Fondazione Culturale ResponsabilitĂ Etica), in collaborazione con la Merkur Bank di Copenhagen, rappresenta il prossimo grande appuntamento europeo per la formazione di studenti e operatori finanziari www.social-banking.org 28-30 luglio BALI (INDONESIA) ASIA-PACIFIC REGIONAL MICROCREDIT SUMMIT 2008
Convegno realizzato da The Microcredit Summit Campaign e Gema PKM Indonesia e dedicato al tema dello stato attuale e del futuro della micro-finanza. Tra i relatori Muhammad Yunus, premio Nobel per la Pace 2006, considerato il padre del microcredito. www.inamicrocreditsummit.org
29-31 luglio LAGOS (NIGERIA) MICROFINANCE WEST AFRICA 2008 Obiettivo del convegno è la creazione di una piattaforma per gli operatori del settore microcreditizio nell’Africa occidentale attraverso una nuova strategia e nuovi progetti. (foto: panoramica di Lagos vista dall’isola di Ikoyi, Benji Robertson – Creative Commons License) www.microfinancegateway.org 7-20 agosto KARACHI, PESHAWAR, LAHORE (PAKISTAN) DELINQUENCY AND PORTFOLIO MANAGEMENT Il corso mira a trasmettere conoscenze e competenze in merito agli strumenti per il controllo dei fattori “delinquenzaâ€? e “corruzioneâ€? da parte di manager e supervisori del credito. www.sasbk.com www.microfinancegateway.org 22 agosto – 5 settembre FRANCOFORTE (GERMANIA) MICROBANKING SUMMER ACADEMY Sponsorizzato dalla Frankfurt School of Finance & Management, il corso è giunto alla nona edizione. www.frankfurt-school.de/summer_academy
26-29 agosto HANOI (VIETNAM) MICROFINANCE IN THE 21ST CENTURY: SECOND ASIA MICROFINANCE FORUM Organizzato da Banking With the Poor Network e Foundation for Development Cooperation, l’evento metterà a confronto almeno 300 operatori del settore del microcredito provenienti da tutto il mondo. www.bwtp.org 3-5 settembre TAPLOW (UK) ONE PLANET LEADERS SUSTAINABILITY PROGRAMME (WWF)
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT
L’incontro è dedicato al programma One Planet Leaders, un’iniziativa volta a sensibilizzare managers e operatori di mercato sui temi della tutela ambientale. www.panda.org 8-20 settembre MOMBASA (KENIA) THE SCHOOL OF APPLIED MICROFINANCE 2008 Corso di due settimane a cadenza annuale sui temi del microcredito www.samtraining.org
15-26 settembre BANGKOK (THAILANDIA) WORLD BANK - ACHIEVING THE MILLENNIUM DEVELOPMENT GOALS: POVERTY REDUCTION, REPRODUCTIVE HEALTH AND HEALTH SECTOR REFORM Il corso organizzato dalla Banca Mondiale affronterĂ soprattutto il tema della promozione e della protezione della salute nella lotta alla povertĂ . http://web.worldbank.org
16-17 settembre BAKU (AZERBAIJAN) 4TH AZERBAIJAN MICROFINANCE CONFERENCE Evento biennale organizzato dall’Azerbaijan Micro-finance Association (AMFA). Titolo dell’edizione 2008: “Microfinance-10 years of Best practice�. www.amfa.az
18-20 settembre BERGAMO (ITALIA) BOULDER-BERGAMO FORUM ON ACCESS TO FINANCIAL SERVICES: EXPANDING THE RURAL FRONTIER Realizzato dal Boulder Institute of Microfinance, ha l’obiettivo di analizzare programmi, strategie e strumenti finanziari da applicare nel settore agricolo dei Paesi in via di sviluppo. www.bouldermft.org/bergamo 20 settembre MASERADA SUL PIAVE (TREVISO) FESTA DEI GIT DI BANCA ETICA Evento dedicato alle circoscrizioni locali della Banca (Git) dell’area Nord Est. www.fieraquattropassi.org www.git-bancaetica.org |
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23-26 settembre NEW YORK (USA) ANNUAL MEETINGS OF THE ICCR MEMBER ORGANIZATIONS Incontro annuale delle organizzazioni associate all’Interfaith Center on Corporate Responsibility. Attivo da 45 anni nello sviluppo dei temi della responsabilità d’impresa con la sua opera di azionariato attivo, l’ICCR raccoglie 275 investitori istituzionali di ispirazione religiosa. www.iccr.org
24-25 settembre MELBOURNE (AUSTRALIA) RIAA INTERNATIONAL RESPONSIBLE INVESTMENT CONFERENCE 2008 L’edizione 2008 della conferenza organizzata dalla RIAA, Responsible Investment Association Australasia, punto di riferimento per gli operatori dell’investimento sostenibile in Oceania www.responsibleinvestment.org 25-26 settembre FRANCOFORTE (GERMANIA) BANCA CENTRALE EUROPEA ELEVENTH ANNUAL INTERNATIONAL BANKING CONFERENCE Gli ultimi sviluppi del mercato finanziario nella crisi del credito. Tra gli sponsor la Federal Reserve Bank of Chicago. www.ecb.eu - www.chicagofed.org
27 settembre VICENZA BANCA ETICA Inaugurazione della nuova filiale di Vicenza www.bancaetica.it
6-8 ottobre L’AIA (OLANDA) THE SECOND ANNUAL EUROPEAN ANTICORRUPTION SUMMIT La corruzione e i reati finanziari rappresentano una minaccia costante. Le imprese possono vedersi costrette ad andare incontro a danni economici e morali enormi. Obiettivo della conferenza l’analisi delle pratiche di prevenzione. www.ethicalcorp.com/ethicseurope
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Corano alla lettera
In azienda la Shari’ah è sotto controllo di Federica Miglietta
A FINANZA ISLAMICA SI BASA SU ALCUNE REGOLE RELIGIOSE IMPRESCINDIBILI, che devono essere rispettate, anche nella redazione dei contratti. Il Corano ne prevede una serie. Possono essere usati e combinati per il commercio, il finanziamento, lo scambio. Perché vi sia conformità, comunque, è necessario che tutte le regole stabilite nel libro sacro siano seguite alla lettera. Una clausola difficile da rispettare, poiché negli ultimi secoli molte prassi del commercio sono cambiate e sui mercati internazionali si sono sviluppate strutture finanziarie molto complesse, che spesso non rientrano tra le strutture classiche permesse dal Corano. La giurisprudenza si è allora interrogata su come risolvere il problema relativo ai contratti che non rientrano tra quelli classici, un problema ancora più complesso nelle società, nelle banche, nelle assicurazioni, per via della complessità delle prassi operative. Per avere la sicurezza di comportarsi secondo conformità, le società si sono dotate di un consiglio sciaraitico o Shari’ah supervisory board che rappresenta una figura peculiare del contesto societario, finanziario ed assicurativo islamico. Per assicurare, infatti che tutti gli aspetti operativi e contrattuali dei prodotti strutturati e venduti siano in linea con la legge coranica, è prevista, all’interno di ogni istituzione islamica, la presenza di dottori della legge coranica che affiancano il vero e proprio consiglio di amministrazione. Lo Shari’ah board, indipendente Per essere sicure di comportarsi dal management della società, è generalmente in modo conforme ai dettami del testo composto da giuristi specializzati sacro, le società si sono dotate in giurisprudenza commerciale e da almeno di un consiglio sciaraitico. Una sorta un membro esperto in finanza; tutti devono di consiglio d’amministrazione religioso che vigila sugli investimenti essere molto competenti in materia religiosa. I componenti dello Shari’ah board hanno la responsabilità di assicurare che i prodotti e le operazioni condotte dalla società siano in linea con i principi coranici e che le aspettative di quanti sono coinvolti nelle operazioni, anche in termini di creazione di valore, siano rispettate all’interno dei criteri di conformità. Essi rivestono un ruolo fondamentale: in primis, assicurano la compliance di ogni singola scelta di investimento alle prescrizioni coraniche. In secondo luogo, svolgono anche un controllo di tipo consuntivo per verificare anche ex post la conformità delle scelte. Il consiglio ha, dunque, diritto di voto (ma anche di veto) su tutte le scelte societarie. Il consiglio sciaraitico rappresenta, quindi, una sorta di consiglio di amministrazione religioso, con compiti di indirizzo e di controllo e deve, in ultimo, svolgere una azione di audit sul portafoglio e sulle scelte societarie, per verificare, anche ex post, la compliance religiosa. Un compito così delicato può essere fonte di conflitto di interesse con il management, che potrebbe avere idee differenti per quello che riguarda la strategia di investimento e finanziamento o avere una visione differente dal Consiglio riguardo, per esempio, qualche investimento specifico.
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I Gas rischiano di dimenticare la “esse” >44 Turismo sostenibile: accoglienza, profitti e solidarietà >48 Congresso Ifoam, biologico a 360 gradi >50
economiasolidale «DOLCI EVASIONI» DAL CARCERE DI SIRACUSA
COMMERCIO EQUO, “STOP ALLA POVERTÀ”: 14 PROGRAMMI COOP NEL SUD DEL MONDO
UN PREMIO PER I PROGETTI DI ENERGIA SOSTENIBILE
XEROX LANCIA LA CARTA CANCELLABILE
EMILIA ROMAGNA VENTI RISTORANTI E AGRITURISMI PER MANGIARE SOLIDALE XXXXXXX
CRESCONO I PUNTI VENDITA ALCENERO & MELIZIA
La diffidenza della gente, la difficoltà a conciliare produzione e procedure di sicurezza, il lungo percorso per acquisire visibilità sul mercato: elementi oggi superati per il laboratorio pasticcero l’Arcolaio, nella Casa Circondariale di Siracusa. Dal 2003 cinque dipendenti, detenuti, formati e coordinati dal capo d’arte, Francesco Morana, preparano leccornie che girano l’Italia. Cominciano alle 7 e fino alle 14 dal lunedì al venerdì impastano, decorano, infornano e poi confezionano pasticcini della linea Dolci Evasioni. Grazie a loro, i pistacchi dell’Etna incontrano lo zucchero del commercio equo e solidale, gli agrumi del siracusano diventano canditi per guarnire pasticcini di mandorla d’Avola e così via. I loro prodotti vengono commercializzati attraverso alcune botteghe del Ces, qualche Gas e, a breve, nelle farmacie, perché diventano gluten free. Il successo del progetto si legge nei sorrisi della guardia che è di turno nel laboratorio: «per me questo progetto è la realizzazione di un sogno», nella. Ma anche nella determinazione di Giovanni Romano, presidente dell’Arcolaio: «Il prossimo passo è una fattoria sociale, dove disabili e detenuti coltivino prodotti bio e accolgano ospiti per una ristorazione solidale». L’Arcolaio è una cooperativa socia di Banca Etica. La banca ha finanziato le sue attività con 85 mila euro.
Dal miele del Guatemala al cous cous palestinese, passando per il caffè del Nicaragua, il curry dello Sri Lanka, il pesce del Senegal, le sciarpe del Nepal e le scarpe dell’Ecuador. Tutti prodotti provenienti dal commercio equo e solidale che, entro i prossimi tre anni, affiancheranno quelli già esistenti nei supermercati Coop, ma con una novità: l’associazione di cooperative di consumatori non si occuperà solo della distribuzione: ne sosterrà la produzione con 14 progetti di sviluppo in 11 Paesi di Africa, Asia e America Latina volti a sostenere programmi di istruzione e sanità rivolti a donne e bambini. La campagna “Stop alla poverta” - avviata in collaborazione con associazioni e Ong italiane, ma anche con la società civile dei Paesi in cui si interviene è nata da una recente indagine tra i soci Coop, il 68% dei quali si è detto favorevole ad avviare progetti concreti di solidarietà con i Paesi poveri. «Tutte le iniziative - ha spiegato Aldo Soldi, presidente di Ancc - sono accomunate da un obiettivo: stimolare le popolazioni locali a costruire iniziative economiche da cui far dipendere nel tempo il loro fabbisogno». I singoli interventi, ha spiegato Roberto Cavallini di Coop, «sono stati scelti da un comitato di valutazione esterno che li ha selezionati tra oltre 60 proposte di ong e associazioni». I prodotti saranno etichettati con il (già esistente) marchio Solidal (oltre 21 milioni di euro di vendite nel 2007, in aumento del 25% rispetto al 2006). «Non saranno solo prodotti solidali - ha assicurato il presidente Coop ma faranno concorrenza per qualità agli altri marchi. Per fare del commercio equo un canale veramente alternativo a quello tradizionale, che il consumatore sceglie non solo perché i suoi prodotti sono eticamente buoni ma perché piacciono di più».
Stimolare un cambiamento esemplare nella produzione e nell’utilizzo dell’energia, all’interno delle comunità urbane. Nasce con questo obiettivo il concorso “Energia sostenibile nelle città”, promosso dal ministero dell’Ambiente e della tutela del mare in collaborazione con l’istituto nazionale di Urbanistica. Destinatari del bando, soggetti pubblici e privati impegnati nell’elaborazione di piani e progetti urbanistici attenti alle problematiche energetiche e alla sostenibilità dello sviluppo. Il concorso, che ha cadenza annuale, è articolato in tre sezioni: metodologia (per gli studi di nuovi approcci capaci di evidenziare le questioni energetiche nei piani regolatori), progetti energeticamente sostenibili (per ricercare nuove soluzioni progettuali a livello edilizio e urbano per migliorare la gestione del capitale energetico cittadino) e Urbanpromo (una mostra elle migliori proposte progettuali che verranno presentate a Venezia dal 12 al 15 novembre prossimo). La domanda di partecipazione e il progetto dovranno pervenire all’Inu entro il 15 settembre. Tra i membri della commissione giudicante, Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente e Federico Oliva, presidente dell’Inu. Tutte le informazioni sul concorso e il bando sono disponibili sul sito dell’istituto nazionale di Urbanistica (www.inu.it).
Costerà il doppio della carta tradizionale, ma visto che si potrà riutilizzare fino a cento volte, il risparmio sarà evidente. E, dal punto di vista ambientale, il passo in avanti potrebbe essere addirittura epocale. Basti considerare che ogni anno si stampano oltre 15 miliardi di pagine, la metà delle quali è letta una volta e poi stracciata. La “rivoluzione” sarà targata Xerox, colosso fra i produttori di stampanti che ha messo a punto la prima “carta cancellabile”. Un semplice foglio bianco, ricoperto da un composto chimico molto simile a quello in uso nelle lenti fotosensibili degli occhiali, che si schiariscono e scuriscono in funzione della luce che le colpisce. Solo che i testi e le immagini stampate sui fogli impiegheranno circa 24 ore a scomparire. Così potranno essere letti e poi il foglio tornerà immacolato. La casa produttrice stima che i volumi di carta stampata dovrebbero ridursi del 30% nei prossimi dieci anni. C’è però un “ma”. Anzi due: per poter usare la carta cancellabile bisognerà acquistare una stampante speciale, che invece dell’inchiostro, emetterà fasci di luce che regiranno con i composti chimici e creeranno lettere, numeri, parole e pensieri. Inoltre, la carta perde il suo “potere” se ci si scrive sopra con penne o matite oppure se la si straccia. Grafomani, pregasi astenersi…
Chi non abita in Emilia Romagna potrebbe rimanere insoddisfatto. Per gli abitanti della regione invece può essere un’occasione per andare a scoprire venti luoghi per mangiare sano. E, soprattutto, solidale. Venti, come i ristoranti gestiti da altrettante cooperative sociali presentati nella “Guida al mangiare solidale”, nata da un progetto dall’associazione Isnet di Bologna con il contributo di Banca Etica. La pubblicazione accompagna il lettore alla scoperta di ristoranti, agriturismi, trattorie e bar diversi dal solito. Filo conduttore è infatti la volontà di rendere visibili le forme di turismo enogastronomico sociale e le realtà che s’impegnano a creare opportunità d’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. C’è l’agriturismo, dove ragazzi con disagio psichico preparano crescentine e carne alla brace. C’è il bar, specializzato in piadine ricavato in un ex manicomio. C’è l’osteria, che serve solo prodotti equosolidali. E c’è anche il ristorante, dove i cappelletti li servono ragazze e ragazzi, che hanno finalmente trovato la loro strada dopo un passato burrascoso. Oltre alle indicazioni per raggiungere la struttura e alle principali caratteristiche dei ristoranti, ogni scheda offre una descrizione del servizio, una breve storia di ciascuna cooperativa sociale e di chi ci lavora. In più, vengono segnalate iniziative ricreative organizzate dalle singole realtà (lettura di poesie, musica dal vivo, spettacoli teatrali, cene a tema). Per il futuro è già in programma una seconda edizione della guida, estesa ad altre realtà italiane. Per offrire un’alternativa alla ristorazione tradizionale e per unire momenti di riflessione con la buona cucina.
Tanta qualità, poco imballo, nessun intermediario, prodotti a “km zero”, valorizzazione della diversità, cultura agroalimentare fatta direttamente dai produttori. I “pilastri” della rete dei punti vendita dei soci di Alce Nero, Mielizia e Libera Terra arrivano anche al sud Italia. Dopo i primi tre in Emilia Romagna e Piemonte, sono stati inaugurati altri cinque punti vendita (presso aziende apistiche e di trasformazione) in Abruzzo, Calabria, Toscana e, di nuovo, in Emilia Romagna: a Tornareccio (Chieti), a ridosso del Parco della Maiella, a Calopezzati (Cosenza) sulla Costa Ionica, a Rocca Bernarda (Crotone), a Cesena e a San Casciano Val di Pesa (Firenze). In ciascun punto vendita i consumatori troveranno il meglio di tutte le produzioni realizzate in quel territorio da quell’agricoltore, e tutti i prodotti del gruppo Alce Nero, Mielizia e Libera Terra: tanti tipi di miele e altri prodotti dell’alveare, riso, paste, olio, conserve, biscotti, cioccolate nonché la gamma Libera Terra, frutti delle cooperative che in Sicilia, Puglia e Calabria hanno restituito alla legalità e allo sviluppo sostenibile le terre confiscate alla criminalità organizzata. «L’avvio di questa rete di punti vendita diretti – spiega il presidente del gruppo Alce Nero & Mielizia, Lucio Cavazzoni - è utile a tutti: agli agricoltori ma anche ai consumatori e all’ambiente, perchè offre prodotti che valorizzano la biodiversità».
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Gas, il rischio del boom è di dimenticare la “esse” solidale
si perdono “Dove legami diretti coi produttori
e si sviluppano forme di intermediazione, i Gas si trasformano in semplici gruppi d’acquisto e si snatura il senso della scommessa gasista
”
Nella foto grande, le colline intorno all’azienda agricola di Sadurano (provincia?). Sopra, una rappresentazione del progetto Tatawelo in Chiapas, sostenuto dal Gasp di Pisa.
DUE FILOSOFIE A CONFRONTO GRUPPI D’ACQUISTO
GRUPPI D’ACQUISTO SOLIDALI
Obiettivi
Nascono per risparmiare denaro
Nascono per fare acquisti critici e consapevoli e per incentivare nuovi stili di vita basati su rapporti mutualistici
Elementi di solidarietà
Assenti o marginali
Sono presenti e vengono scelti autonomamente da ciascun gruppo (forme di mutualità, fondi di solidarietà, sostegno a iniziative etiche o cooperative sociali)
Il prezzo giusto
Il prezzo giusto è quello più basso
Il prezzo giusto è quello che garantisce un’equa remunerazione dei produttori
Provenienza dei prodotti
Non è un interesse primario. Possono essere utilizzati anche prodotti realizzati a grandi distanza
Si scelgono espressamente prodotti “a Km 0” o del circuito equo-solidale
Rapporto consumatore-produttore
È solamente utilitaristico e spesso indiretto, vista la presenza di intermediari
È diretto e costruito per avere un maggiore scambio reciproco
Rapporti tra membri del gruppo
Solo funzionali all’acquisto
Scambio e reciprocità
Ruolo del consumatore
Passivo: si limita a ordinare i prodotti di cui ha bisogno e a ritirarli
Attivo: i ruoli e i compiti sono distribuiti a rotazione tra tutti i membri del gruppo
Sono nati 14 anni fa e dal 2005 sono più che raddoppiati. Conivolgono ormai oltre 25 mila famiglie. Ma oggi i Gruppi d’acquisto solidali rischiano di perdere la loro filosofia? Sì, se perdono di vista l’interesse collettivo. 1994 come forma di acquisto diversa rispetto al commercio tradizionale. Con il desiderio di uscire dalle normali logiche di mercato. Con la speranza di unire consumo e solidarietà. Con lo scopo di costruidi Emanuele Isonio re un nuovo stile di vita e nuove relazioni tra consumatori e produttori. Ma a distanza di 14 anni, i Gruppi d’acquisto solidali hanno mantenuto fede alle promesse? Hanno consolidato le proprie peculiarità? O la loro espansione (dal 2005 sono più che raddoppiati passando da 146 a 374, con 25mila famiglie coinvolte) ha prodotto uno snaturamento degli obiettivi? In poche parole: la “S” dell’acronimo “GAS” è ancora valida? La questione è complessa. Ma si può partire da due punti fermi: è assai arduo riunire in un’unica analisi una realtà così composita come quella dei Gas e non c’è un solo modo per intendere il concetto di azione solidale.
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ONO NATI NEL
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La “solidarietà gasista” Quando si pensa alla solidarietà, si è portati a ridurla alla beneficenza: un rapporto di aiuto “unidirezionale” in cui c’è chi fa del bene e chi lo riceve. «Ma l’aggettivo “solidale” racchiude in sé molti significati – osserva Andrea Saroldi, coordinatore della Rete Gas nazionale -. Può quindi essere inteso nel senso di un aiuto reciproco, per affrontare i problemi con forme di collaborazione e mutualità. Questo è il significato della “S” dei Gas. Che si concretizza in un’equa ripartizione dei compiti all’interno del gruppo, con i produttori (definendo un prezzo “giusto” per i prodotti) ma anche verso l’ambiente (con l’agricoltura biologica e i prodotti a “km zero”) e verso le altre popolazioni (attraverso il circuito del commercio equo)». «Un modo – precisa Giuseppe Vergani, uno dei responsabili della Retina brianzola – per marcare la distanza dall’economia di mercato formale e monetaria, segnando la tensione ad un progetto che propone di democratizzare l’economia locale e valorizzare gli scambi informali». Questa la
base di partenza per inquadrare la “solidarietà gasista”. Che però apre un problema: i gruppi che si distanziano (in tutto o in parte) dal modello ideale (vedi TABELLA ), possono ancora definirsi solidali? «Ogni gruppo è autonomo e non c’è un organo centrale che fissa la linea da seguire. Sono quindi possibili differenze tra le varie realtà. Per ora mi sembra che il modello stia “tenendo” ma - confessa Saroldi l’espansione del fenomeno apre la strada a possibili “cedimenti”».
tualità, si snatura il senso della scommessa». «L’impostazione sbagliata di molti giornali, che li presentano come se il loro scopo principale fosse il risparmio, incuriosisce chi in realtà non intende sposare il progetto - spiega invece Saroldi - E c’è il rischio che il gruppo diventi uno strumento per difendere le esigenze del consumatore contro il produttore. Ovvero, l’opposto del concetto dei Gas, per i quali l’interesse collettivo è un pilastro fondamentale».
L’espansione dei Gas. Un rischio?
..o un’opportunità in più?
Le pressioni generate dal caro-vita e l’attenzione dei media hanno fatto aumentare gli iscritti. Un incremento che cela rischi di snaturare la filosofia gasista. «Esistono Gas che si sono trasformati in semplici gruppi d’acquisto - denuncia Franco Schenkel, tra i fondatori nel 2001 di VenezianoGas - Quando si perdono i legami diretti coi produttori e si sviluppano forme di intermediazione per gestire il gruppo, non si può più parlare di Gas. Se si sfibrano i rapporti di mu-
A voler essere ottimisti, però, c’è anche la possibilità che l’espansione, anziché essere un limite, apra la strada a “fronti solidali” altrimenti impensabili. Un modo per diffondere i valori dei primi “adepti”. Di iniziative “solidali” interessanti ce ne sono parecchie in giro per l’Italia (vedi i BOX a pagina 46): alcuni gruppi scelgono di collaborare con i produttori sociali che lavorano le terre confiscate alla criminalità organizzata (come Libera Terra in Si|
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cilia o il consorzio Goel nella Locride). Altri decidono di creare dei “fondi di solidarietà” con una percentuale dei soldi spesi per sostenere cooperative di ragazzi disabili o di detenuti. C’è chi stringe accordi con i produttori per avviare coltivazioni biologiche e chi sposa progetti nei Paesi in via di sviluppo (il “Gasp!” di Pisa sostiene il progetto Tatawelo prefinanziando le coltivazioni di caffè delle comunità del Chiapas). È essenziale però un’azione ben coordinata per coinvolgere i neofiti. In tal senso, il ruolo dei vecchi soci è essenziale. «Noi di VenezianoGas abbiamo organizzato un servizio di “tutoraggio” per i nuovi iscritti - spiega Schenkel - per farli entrare nella mentalità del gruppo». «Dobbiamo essere bravi a diffondere il “credo-gasista” ai nuovi arrivati che spesso - concorda Paolo Ricci, degli InGASati di Forlì - non Veterinari omeopati hanno un senso di solidarietà innato. Dobe gasisti a Sadurano. A destra GASiste biamo lottare contro la perdita d’interesse in uno stand allestito alla collaborazione reciproca». per la promozione.
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LE “EQUO-FELPE”, QUANDO L’UNIONE FA LA FORZA
UN ORTO IN CARCERE E UN “TESORETTO” PER LA SOLIDARIETÀ
DAGLI ACQUISTI, UN AIUTO PER PROGETTI DI INCLUSIONE SOCIALE
ASSEMBLEA NAZIONALE DEI GAS www.faircoop.it/equofelpe E se invece di un limite, l’espansione del fenomenoGas fosse un modo per ampliare le azioni solidali? Davanti al progetto “equo-felpe” il dubbio viene. Perché non si sarebbe mai potuto concretizzare se i Gas non fossero proliferati e avessero creato sinergie. L’idea è del Gas Birulò di Genova: creare una filiera del tessile per poter vestire abiti liberi da sfruttamento (lavorativo e ambientale). Il progetto viene sposato dall’assemblea nazionale dei Gas, in collaborazione con Fair. Si inizia con le felpe, realizzate dai produttori indiani del Rajlakshmi Cotton Project (seimila acri e mille famiglie di contadini che utilizzano metodi biodinamici per coltivare il cotone). Ma per rendere economicamente sostenibile l’ordine, se ne dovevano acquistare 500. Il coinvolgimento di tutti i Gas ha però reso vincente l’iniziativa, che ha già raggiunto il quarto ordine collettivo. E grazie a Libero Mondo sarà possibile acquistarle in molte botteghe in tutta Italia. I prezzi: 39 euro quelle girocollo, 43 quelle con il cappuccio.
VENEZIANO GAS www.venezianogas.it Una convenzione con la coop sociale “Rio Terà dei Pensieri” del carcere femminile della Giudecca, un accordo con quella parmense Il Piolo, che produce parmigiano reggiano, coinvolgendo ex tossicodipendenti, figli di immigrati con problemi di inserimento o destinati a pene alternative e un fondo di solidarietà realizzato grazie all’accordo con un panettiere bio (Il “Forno a Legna” di Piazza Vecchia di Mira). Sono le tre “esperienze” sostenute dai soci del Veneziano Gas. Per realizzare il fondo, i gasisti aggiungono il 10% al prezzo dei prodotti acquistati e il panificio un altro 5%. «Abbiamo così realizzato – spiega Franco Schenkel, uno dei fondatori – 4-5 mila euro da destinare alla cooperativa del carcere cittadino per acquistare materiali per il loro “Orto delle Meraviglie”, coltivato dalle detenute». Il VeGAS acquista le eccedenze della produzione invenduta nel banco del giovedì fuori dell’ingresso del carcere. «Ciò anche grazie ad un’amministrazione carceraria particolarmente illuminata».
GLI INGASATI – FORLÌ www.ingasati.net “Accettiamo di spendere un po’ di più per avere prodotti di qualità superiore e per aiutare al tempo stesso un progetto meritevole”. È la filosofia che ha spinto le ottanta famiglie socie degli InGASati di Forlì al “sodalizio” con la onlus “Sei Sadurano” (www.sadurano.it). Un gruppo di sei cooperative sociali (fondato e coordinato dal 1982 da don Dario Ciani) impegnate nella coltivazione di frutteti e ulivi, nell’allevamento di animali, nella produzione di formaggi, carni, olio biologico, vino Sangiovese e in attività didattiche rivolte alle scuole della zona. Nelle cooperative vengono coinvolti disabili ed ex detenuti per avviare percorsi di (re)inclusione sociale. Un luogo in cui ospedale, carcere, devianze, droga e marginalità si trasformano in cultura, prevenzione, salute, benessere e giustizia sociale. In più, la ciliegina sulla torta: ogni settimana, a rotazione, i gasisti del gruppo consegnano i prodotti agli altri membri con una macchina elettrica, concessa dal Wwf locale. E anche l’ambiente ringrazia…
Il futuro dei Gas dipende da come si sviluppano Sergio Venezia (DesBri): «Il modello migliore sarebbe quello che inserisce i gruppi nei Distretti di economia solidale. Nel molti organismi che usano il termine “Gas” ma hanno poco a che fare con la filosofia originaria», denuncia Sergio Venezia, fra i promotori del DESbri, il distretto di economia solidale della Brianza.
URTROPPO STANNO NASCENDO
«P
di Emanuele Isonio
Quindi è inevitabile: espandersi significa snaturare l’esperienza-Gas? Il rischio esiste. Ed è connesso al tipo di sviluppo che abbiamo in mente. Da tempo immagino tre metafore per delineare gli scenari per l’evoluzione del consumo critico e consapevole: lievito, condimento e macchia d’olio. Metafore culinarie. Partiamo dal lievito…
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Il lievito è ciò che fa aumentare l’impasto. Nel mondo dell’economia solidale, molte realtà puntano sulla quantità. A una sorta di “grande Gas” per raggiungere più persone. Ma per farlo accettano le regole del mercato tradizionale, utilizzando gli stessi canali della grande distribuzione. Così facendo si rifà la Coop. Un Gas con 600 famiglie non può non perdere il valore della relazione. E si riduce a mero gruppo d’acquisto. Il condimento invece… È ciò che esalta le proprietà di una pietanza senza snaturarla. In questo caso, i Gas mantengono le proprie peculiarità, rimangono autonomi ma si inseriscono in
frattempo, occorre trovare nuove forme di controllo per evitare usi impropri della denominazione. “confederazioni” (agevolate dai distretti di economia solidale) per avviare progetti comuni quando, uniti, gli obiettivi si raggiungono meglio e più rapidamente. Infine, la macchia d’olio. Che cade non prevista e si allarga lentamente. Delinea esperienze che si diffondono solo con il passaparola, caratterizzate da valori forti e controcorrente: sobrietà, decrescita e sostenibilità. I Gas (o reti di Gas) ad alto livello di partecipazione e di consapevolezza non necessitano di sistemi di distribuzione o sedi fisiche di aggregazione. Così si tutela il senso d’appartenenza ma la diffusione è inevitabilmente lenta.
E il suo cuore per quale modello batte? Per il modello “a macchia d’olio” e rifugge da quello del “lievito”. Ma la testa mi dice che il modello intermedio, che inserisce i Gas nello schema dei distretti di economia solidale, è quello migliore per il medio periodo. A proposito dei Gas, come si possono contrastare gli usi “impropri” del termine? Nella rete nazionale non esistono forme di controllo. Chiunque si può iscrivere. Se non vogliamo registrare la denominazione, quantomeno sarebbe utile imporre, al momento dell’iscrizione, l’impegno formale a rispettare il “documento base” del 1999.
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Turismo sostenibile accoglienza profitti e solidarietà Si può fare Lo dimostra la storia dell’Ospitale delle Rifiorenze: uno stabile ristrutturato per il Giubileo è stato trasformato da un gruppo di ragazzi in un ostello e in un centro per il mondo non profit. I guadagni vengono poi destinati all’emergenza-freddo.
O
GNI TANTO UNA BUONA NOTIZIA: turismo, profitti, solida-
rietà e responsabilità etica possono coesistere. La notizia arriva da Firenze: nel 2000 l’amministrazione cittadina ristrutturò uno stabile - il Complesso del Carmine, poco lontano di Emanuele Isonio dallo storico ponte Vecchio - per trasformarlo in centro di alloggio con 80 posti letto, per i pellegrini del Giubileo. Ma, nonostante un investimento affatto irrisorio (2 miliardi e 647 milioni di vecchie lire), dall’inizio del 2001 la struttura era utilizzata solo cinque mesi l’anno per l’accoglienza invernale di chi è senza fissa dimora. All’inizio del 2005 si fanno avanti 9 ragazzi, quasi tutti trenten-
ni, che, in collaborazione con Manitese Firenze creano un’associazione - l’“Ospitale delle Rifiorenze” - e chiedono lo stabile in concessione all’assessore fiorentino alle politiche sociali, Lucia De Siervo. La richiesta viene accolta. Ma con una clausola: dovrà dividere la struttura con la Caritas. Loro la utilizzano da aprile a novembre. La Caritas subentra invece nei mesi più rigidi per farne un centro d’accoglienza per i senza tetto. In poco tempo, con un investimento di 30 mila euro ottenuti grazie al bando Cesvot (Centro Servizi volontariato Toscana), riaprono al pubblico e realizzano un centro di riferimento per Ong, mondo noprofit e associazioni italiane ed estere (www.firenzeospitale.it). Un luogo per dormire e per organizzare seminari e workshop. Un ostello estivo “equo e solidale”: 80 po-
sti letto divisi in 20 “unità” da quattro persone: biblioteca, internet point, noleggio bici e colazioni e pranzi “bio”. «La nostra principale attività – spiega Caterina Bonaiuti, una dei soci - è di dare accoglienza, con l’obiettivo primario di promuovere una nuova forma di turismo, responsabile e sostenibile, in antitesi al turismo di massa mordi e fuggi a cui Firenze si è da tempo abituata». Vengono quindi organizzati una serie di “itinerari sociali” per favorire una scoperta della città «lenta e consapevole, fuori dai percorsi tradizionali». Si può scegliere tra la visita delle botteghe artigiane e delle fattorie biologiche o la scoperta della città multietnica. Esplorazioni ai progetti-piloti della Toscana eco-efficiente o gite alle esperienze di volontariato e di economia sociale. Non solo: accanto alla struttura ricettiva, organizzano eventi teatrali, musicali, corsi di yoga e di respirazione per rendere l’Ospitale uno spazio aperto anche ai fiorentini. Per partecipare alle iniziative, basta pagare la quota associativa di 4 euro (una tantum, per ottenere un’iscrizione vitalizia). Sembra poco, ma il risultato è sorprendente. 5500 persone hanno finora alloggiato nelle camere dell’Ospitale (già mille da aprile scorso). Inoltre, in appena sette mesi, da aprile a novembre 2007, al netto delle spese di gestione e degli stipendi dei ragazzi che ci lavorano, l’Ospitale produce circa 10mila euro di guadagni. Devoluti al Comune di Firenze sottoforma di servizi di pulizia della struttura quando si trasforma in luogo d’accoglienza anti-freddo. «Abbiamo intrapreso questa sfida con un obiettivo: dimostrare racconta Luca Biggeri, 27 anni, presidente dell’associazione e portiere alla reception - che l’economia dei servizi può essere responsabile, può produrre profitti, rispettando pure i diritti di chi ci lavora». Scommessa vinta, a quanto pare. Per il futuro, un solo auspicio: «Ci piacerebbe poter disporre di una concessione più lunga (magari di tre-cinque anni) che ci permetta di accedere ai fondi comunitari o di chiedere finanziamenti al circuito del credito».
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«Una scommessa vinta per i ragazzi, i turisti e per Firenze» Lucia De Siervo, assessore alle Politiche dell’accoglienza del capoluogo toscano: l’iniziativa permette di scoprire la storia di impegno civile della città. posso dire che la scommessa è stata vinta». È il commento, che non nasconde un certo orgoglio, dell’assessore fiorentino alle Politiche dell’accoglienza e del Terzo settore, Lucia De Siervo. di Emanuele Isonio
«A
L TERZO ANNO DI APERTURA DELL’OSPITALE,
Una scommessa vinta per chi? Per tutti. Vince l’amministrazione comunale perché è riuscita ad utilizzare per tutto l’anno una struttura faticosamente restaurata per il Giubileo. Vincono i ragazzi perché hanno saputo coniare un’iniziativa unica nel suo genere che non è solo un’ostello ma un motore per promuovere il turismo solidale. Vincono i fiorentini perché, a costo zero, hanno un servizio per l’accoglienza invernale e servizi per scoprire un volto meno noto della città. Gli “itinerari della Firenze solidale” dimostrano, al di là | 48 | valori |
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delle bellezze artistiche, la storia di impegno civile del nostro territorio. Che ne pensa quindi dell’auspicio dei ragazzi di poter avere una concessione più lunga e non solo di sette mesi l’anno? Voglio chiarire un punto: non ho alcun tipo di preclusione a che i ragazzi dell’Ospitale assumano in futuro la gestione anche dell’accoglienza invernale. In passato era più scettica? Gestire il centro invernale significa avere a che fare con ottanta persone marginali. Non è un compito leggero. E nella fase di rodaggio della nuova iniziativa, sarebbe stato una fatica insormontabile. Ora che l’Ospitale è stato avviato alla grande, sarei ben felice…
Lucia De Rienzo, Dov’è l’intoppo, allora? assessore al Terzo settore Nessun intoppo. I ragazzi dovranno parlare e del Comune di Firenze. mettersi d’accordo con la Asp “Fuligno” (l’azienda comunale di servizi alla persona, ndr) che finora ha delegato la gestione delle “attività invernali” alla Caritas.
Tra l’altro, l’accordo con l’associazione “Ospitale delle Rifiorenze” prevede che i guadagni siano destinati al Comune? Il Comune ha potuto risparmiare i soldi della ditta di pulizie durante i mesi dell’accoglienza “anti-freddo” perché i ragazzi si occupano di questo servizio tutto l’anno, come pagamento dell’affitto della struttura. Sull’utilizzo degli eventuali ulteriori utili, individueremo insieme a quali progetti destinare le risorse. Nella nostra città o nei Paesi in via di sviluppo.
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TERRA FUTURA RILANCIA LE ALLEANZE PER UN FUTURO EQUO E SOSTENIBILE «ENTRIAMO IN UN MOMENTO STORICO in cui per rispetto dei diritti umani non si intende solo quello dei diritti politici e del rifiuto della tortura, ma anche il diritto alla casa, al cibo, alla sicurezza… e ancora all’ospitalità, all’essere accolto in modo dignitoso». Wolfgang Sachs (Wuppertal Institut, Germania), presidente del Comitato consultivo di Terra Futura, al termine della quinta edizione che si è svolta a Firenze dal 23 al 25 maggio, mette in guardia su come siamo tutti indirettamente co-responsabili delle conseguenze sociali e ambientali del sistema economico dominante: «Ognuno di noi è causa, senza volerlo, di violazione dei diritti umani, di danni contro vittime anonime e che non conosciamo. Il nostro sistema di produzione e consumo avrà sempre di più un impatto enorme sui diritti». Per contrastare questa tendenza occorrono alleanze forti e coraggiose. Alleanze che coinvolgano cittadini, movimenti, sindacati, imprenditori, ricercatori, realtà del commercio equo e della finanza etica, istituzioni sia del nord che del sud del mondo. Alleanze trasversali per scoprire nuovi modalità di azione tra imprese e cittadini, tra mondo della ricerca e istituzioni politiche che favoriscano l’innovazione sociale e produttiva. «Siamo sulla strada giusta: i temi ambientali e sociali interessano sempre di più alla gente e non sono più visti come separati tra loro», afferma Ugo Biggeri, presidente della Fondazione culturale di Banca Etica, principale promotore di Terra Futura. «Costruire alleanze per una terra futura significa anche rispetto di differenti percorsi purché sinceri: abbiamo estremo bisogno sia delle sperimentazioni più coraggiose, sia di piccoli cambiamenti nel sistema che vogliamo modificare. Terra Futura ha dimostrato che questi diversi mondi si possono incontrare e possono insieme far nascere una nuova economia responsabile», conclude Biggeri. Gli fa eco Karl-Ludwig Schibel, coordinatore della Fiera delle Utopie Concrete: “Nei prossimi mesi si tratterà di rendere queste alleanze operative, di allargare attivamente il terreno della “comunità” Terra Futura, per costruire innanzitutto un’Italia sostenibile. Dobbiamo resistere all’imbarbarimento nei rapporti umani e con la natura”. Tra i temi importanti emersi a Terra Futura c’è l’esigenza di una svolta etica e di regole chiare nella finanza: “È ormai irrimandabile una riforma dei meccanismi che regolano i mercati finanziari e il rapporto della finanza con lo sviluppo, con il mondo produttivo, con la compatibilità ambientale, con la vita degli uomini”, sostiene Giuseppe Gallo, segretario nazionale Fiba Cisl. Ma anche una riforma dei modi con cui si “misura” lo sviluppo e il benessere, a partire dal PIL – come è emerso dal convegno del Social Watch. Terra Futura è stata un’occasione per scoprire nuovi sistemi di certificazione delle imprese promossi dalla società civile come Valore Sociale, per immaginare una piattaforma web per interconnettere l’economia solidale e chi vi partecipa (www.zoes.it), per capire nei seminari, nelle animazioni, presso gli espositori, ma anche nei momenti di svago, che l’economia responsabile di cui abbiamo bisogno sta crescendo dal basso sotto i nostri occhi e grazi e ai nostri sogni. I numeri dell’appuntamento confermano la crescita e vitalità in Italia di chi vuole un futuro più equo e sostenibile per tutti: 94.000 visitatori, 550 espositori, 220 eventi culturali e 850 relatori, 160 momenti fra animazioni e laboratori di buone prassi. Jason Nardi
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Congresso Ifoam Biologico a 360 gradi
Dalla frutta al vino, dal tessile alla cosmesi. A Modena si sono dati appuntamento tutti i mondi del biologico, per il sedicesimo congresso internazionale dell’Ifoam. Parole d’ordine: salute, ecologia, equità sociale e cura. Sono gli obiettivi dell’agricoltura biologica. Un mercato in continua espansione, che cresce anche da un punto di vista economico. BOLIAMO L’AGRICOLTURA INDUSTRIALE!», ha esordito con questa esclamazione Vandana Shiva, scienziata, attivista e ambientalista indiana, durante la cerimonia di apertura del sedicesimo Congresso Ifoam, la Federazione indi Elisabetta Tramonto ternazionale che riunisce i movimenti per l’agricoltura biologica di 108 Paesi. Oltre 1.700 congressisti per il più grande evento internazionale dedicato al biologico, che dal 16 al 20 giugno ha fatto di Modena la capitale mondiale dell’agricoltura bio. Ospiti illustri, coltivatori, produttori, cooperative. Un evento che ha luogo ogni tre anni, in un Paese, anzi, in un continente diverso (le edizioni passate si sono tenute a Basilea e ad Adelaide, in Australia. Candidati per il 2011 sono la Corea del Sud e Taiwan). «Siamo contro una visione meccanicistica dell’agricoltura, che da sempre ha favorito i fertilizzanti chimici e ha individuato la tecnologia industriale come inevitabile – ha dichiarato Vandana Shiva -. In tutti questi anni ci hanno venduto illusioni come fossero realtà, facendoci anche credere che in questo modo si potesse intervenire per ridurre la fame nel mondo: niente di più falso. La monocoltura, ormai è chiaro, non ha funzionato. Al contrario la biodiversità è oggi l’unica soluzione per portarci nuovamente ad avere un rapporto corretto con il mercato, l’unica scelta che possiamo fare se vogliamo continuare ad avere un futuro. Il sistema politico è basato sul fascismo del cibo. Deve trionfare invece la democrazia del cibo che cresce dalla terra verso l’alto».
A
Vino bio senza regole, in Europa Cibo biologico, ma sempre più anche vino. Oltre 80 mila gli ettari di superficie agricola dedicata alla viticoltura biologica in Europa (38 mila in Italia). Il Belpaese guida con 34 mila ettari la classifica europea dei paesi produttori. Seguono la Francia (19 mila ettari), la Spagna (16 mila ettari), la Germania (2.800 ettari) e l’Austria (2.500 ettari). Peccato che non esistano norme europee che ne certifichino i metodi di produzione. «Il vino è l’unico prodotto agroalimentare | 50 | valori |
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che non possiede una definizione europea nell’ambito del biologico – spiega Cristina Micheloni, del Comitato scientifico Aiab -. Fin dal 1991 si può produrre olio d’oliva extravergine, birra, succhi di frutta, persino vino di frutta secondo il regolamento CE 2092/91. Si può parlare di vino prodotto con uva biologica, ma non di vero e proprio vino bio. Serve un sistema di certificazione condiviso». Per far fronte alla mancanza di una regolamentazione comunitaria, i principali produttori europei di vino biologico sono impegnati dal 2006 nel progetto di ricerca Orwine, cofinanziato dalla Ue e coordinato dall’Aiab. Per il 2009 consentirà di definire, con solide basi scientifiche e attraverso la discussione tra produttori e consumatori, i contenuti del futuro regolamento europeo sulla vinificazione biologica. La mancanza di una specifica normativa ha creato problemi di competitività per i nostri vini biologici. «Perchè non ci ha permesso di utilizzare il logo europeo mentre i vini di altri paesi extraUe potevano riportare in etichetta il riferimento al metodo», conclude Cristina Micheloni.
Dai vestiti ai cosmetici Gli alimenti biologici continuano ad essere il cuore di questo settore, ma, scorrendo i titoli delle conferenze di ModenaBio 2008, emerge un mondo in evoluzione che si sta sempre più espandendo verso settori, dalle altissime potenzialità, come il tessile bio o la cosmesi naturale, e verso obiettivi di natura sociale e cooperativa come la conquista di diritti per le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo e la parità delle donne. «Non abbiamo ancora capito che cosa comporti la scelta dell’abbigliamento che indossiamo», ha dichiarato Vandana Shiva alla platea del ModenaBio2008, citando alcuni casi chiave del potere distruttivo della produzione tessile di tipo industriale, come quello di Bophal, dove una fuga di insetticidi per il cotone ha provocato la morte di più di tre mila indiani. «Produrre tessile biologico è sostenibile anche dal punto di vista economico», testimonia Musa Muwanga del movimento nazionale per l’agricoltura biologica in
A sinistra, la scienziata e attivista indiana Vandana Shiva alla conferenza di apertura di ModenaBio 2008. Sopra, la Casa circondariale Sant’Anna a Modena, e uno dei convegni della sede distaccata di Vignola.
Uganda. Qui, dopo l’abbandono di una produzione di cotone non più redditizia, gli agricoltori stanno riscoprendo il biologico che costa di meno e rende di più. Un mercato ancora di nicchia, ma per cui il boom è sempre più vicino, tanto che il settore punta al raddoppio nel giro di un anno. «Le imprese del tessile hanno iniziato a pensare al biologico nel 2000. Nel 2007 il mercato mondiale ha raggiunto un volume d’affari di 2,7 miliardi di dollari», spiega Paolo Foglia, responsabile del settore Ricerca e Sviluppo di Icea. Ma il settore non-alimentare più sviluppato del mondo bio è quello
della cosmesi, con un mercato che si aggira intorno ai 7 miliardi di dollari. Anche per questo settore, purtroppo, la regolamentazione rimane piuttosto confusa. Sono tanti i prodotti sul mercato che si definiscono “biologici” o “naturali”, sfruttando la mancanza di leggi in materia. Su questo si sono mossi i promotori della conferenza: Icea, Istituto per la certificazione etica e ambientale, e Ccpb, Società co-operativa per il controllo dei prodotti biologici. Obiettivo: stabilire standard e procedure per i cosmetici naturali, garantendo sia i consumatori che i produttori.
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Per la giustizia sociale «Nei Paesi in via di sviluppo non c’è giustizia sociale senza biologico», dichiara Jacqueline Haessig Alleje, impegnata da anni a diffondere le pratiche bio fra i contadini delle Filippine e rappresentante di Ifoam a ModenaBio2008. «Per chi abita nelle aree rurali del mondo – spiega la Alleje –, ridotte alla fame dall’industria agricola e costrette ad abbandonare le campagne per le città, passare al biologico significa riacquistare i propri diritti. In Sud America la noce dell’Amazzonia, primo prodotto equo ad arrivare sugli scaffali della grande distribuzione organizzata, è diventata il simbolo della difesa della foresta e dei suoi abitanti. In Palestina, a Jenin, l’agricoltura biologica ha dato lavoro a 200 disoccupati e da vivere a intere famiglie, oltre a diventare terreno di dialogo fra israeliani e palestinesi. «Ora possiamo e dobbiamo pensare su grande scala – sottolinea Alice Tepper Marlin, presidente di Sai (Social accountability international), ente che definisce gli standard per rispettare i diritti umani sul lavoro.- Oggi i consumatori sono disposti a spendere di più per prodotti “giusti”, sono consapevoli che si può costruire un mondo miBIO IN CIFRE gliore anche con i propri acquisti».
Una finestra tra le sbarre E se nei Paesi in via di sviluppo l’agricoltura biologica è un modo per garantire i diritti dei lavoratori, nella parte “ricca” del mondo si rivela uno strumento utilissimo per l’inserimento sociale e lavorativo di persone con disabilità mentale, ex-tossicodipendenti e oggi anche detenuti. Proprio Modena è all’avanguardia in questo campo. La Casa circondariale locale è infatti uno dei quattro istituti penitenziari italiani (su un totale di 200), ad ospitare al suo interno
un’azienda agricola biologica. Dal 2000, l’istituto modenese ha avviato due progetti per il recupero e il reinserimento sociale dei detenuti: uno incentrato sull’apicoltura; l’altro, “Agricola 2000”, sull’agricoltura biologica. «Abbiamo voluto offrire ai detenuti, in gran parte stranieri, la possibilità di apprendere tecniche colturali a basso impatto ambientale da applicare quando torneranno nei loro Paesi d’origine», spiega il direttore della Casa circondariale, Paolo Madonna. Sotto la guida di agronomi esterni, i detenuti, una quindicina, inquadrati come braccianti agricoli e regolarmente retribuiti, lavorano all’azienda agricola interna, che occupa una superficie complessiva di 4 ettari. A partire dal 2006 la produzione di vegetali e ortaggi (2,5 tonnellate annue) è certificata bio, mentre la frutta (due tonnellate) è ancora in regime di conversione.
Biologico in rosa
Per molte donne, soprattutto nel Sud del mondo, biologico è sinonimo di una vita migliore per sé e per lo proprie famiglie, è un mezzo per l’emancipazione economica e sociale e la tutela della salute. A testimoniarlo a ModenaBio donne provenienti da tutto il mondo: dall’Uganda, doIN ITALIA ve grazie a un progetto sulla noce di karitè bio, «le Giro d’affari:2,2 miliardi di euro donne non sono più bocche da sfamare ma persone 1,1 milioni di ettari coltivati IN EUROPA che portano un reddito a casa», spiega Edith KuGiro d’affari: 15 miliardi di euro nihira dell’associazione Agro Eco, all’India, dove 6,8 milioni di ettari coltivati «grazie all’agricoltura biologica le donne hanno coNEL MONDO Giro d’affari: 26 miliardi di euro minciato ad avere un certo controllo sul reddito, i 31 milioni di ettari coltivati raccolti e il bestiame», dice la ricercatrice Subrah(Fonte: ministero delle Politiche manyeswari Bodapti. A ModenaBio è stato siglato un agricole) www.modenabio2008.org accordo al femminile in difesa dell’agricoltura biologica e della salvaguardia della biodiversità.
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Infrazioni senza sanzioni Le procedure d’infrazione sono lo strumento che l’Europa utilizza per far rispettare il diritto comunitario ai Paesi membri. In caso di recidività, dovrebbero scattare pesanti sanzioni. Dovrebbero. Perché i tempi sono lunghi ed è praticamente impossibile arrivare a far pagare le multe. Ecco lavorano la Commissione e la Corte di Giustizia.
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«S
E L’ITALIA NON SI CONFORMERÀ ALLE RICHIESTE DELL’EUROPA, scatterà la procedura d’infrazione». Chi legge abi-
tualmente i giornali o ascolta i notiziari alla radio o in televisione avrà sentito pronunciare questa frase innumerevoli volte. Soprattutto in Paesi, come il nostro, che spesso sono stati messi sotto accusa dalle istituzioni comunitarie. Ultimo caso, in ordine di tempo, quello lanciato nei giorni scorsi, in di Andrea Barolini esclusiva, da Valori online (www.valori.it) e ripreso da tutti i media nazionali. Si tratta delle riserve (ancora non ufficiali) manifestate dai tecnici della Commissione europea in merito al “decreto-rifiuti” approvato dal governo Berlusconi. Ma la questione delle procedure d’infrazione non riguarda solo l’Italia (nei nostri confronti sono attualmente aperti ben 185 fascicoli). Il problema della conformità del diritto «interno» rispetto a quello comunitario ha toccato e tocca, in misura diversa, tutti i Paesi membri dell’Unione. Ma le procedure d’infrazione, avviate di volta in volta dalla Commissione, servono davvero Come funzionano ad evitare che parlamenti e governi europei approvino L’organismo dell’Ue che ha il compito di vigilare sulnorme e leggi in contrasto con le regole comuni? E, sol’applicazione del diritto comunitario da parte degli prattutto, qualora uno Stato non si conformi alla legge Stati membri è la Commissione europea, che assume comunitaria, la procedura europea è abbastanza veloce il ruolo di “custode dei trattati” (che, nel loro insieme, da giungere in tempo ad una condanna e, quindi, al pacostituiscono il complesso delle norme comunitarie). gamento di una multa? In altre parole: la procedura Per farlo, tramite i suoi uffici tecnici, essa si tiene cod’infrazione costituisce o no un vero deterrente? stantemente informata sulle normative vigenti nei |
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Paesi membri. L’obiettivo, infatti, non è solo quello di sanzionare l’adozione di leggi non conformi alle “regole” sancite dai trattati: la Commissione punta prima di tutto a prevenirne l’introduzione. Può accadere, infatti, che il mancato rispetto da parte di uno Stato del principio di conformità al diritto comunitario non dipenda da una scelta. Si può trattare, ad esempio, di semplici (sebbene non per questo meno gravi) negligenze amministrative o di lacune tecniche (ad esempio per quanto riguarda la stesura dei testi). Quando la Commissione constata che un Paese membro non ha applicato (o lo ha fatto in modo sbagliato) il diritto comunitario, esprime un “parere motivato”: una sorta di relazione sul comportamento dello Stato. Alla quale ci si aspetta una risposta ufficiale (entro due mesi) da parte di quest’ultimo. Se la risposta non arriva (o non è soddisfacente) la Commissione può “diffidare” il Paese. E porre un termine entro il quale è obbligato a conformarsi alle norme comuni. Scaduto questo ulteriore termine (che è discrezionale), la Commissione può ricorrere alla Corte di Giustizia (si tratta della conclusione del cosiddetto «precontenzioso», secondo quanto previsto dall’articolo 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea).
E le multe? I commissari specificano anche l’importo della sanzione che ritengono dovrebbe essere inflitta allo Stato membro. A questo punto, però, in media sono passati oltre 20 mesi. Un tempo nel corso del quale il Paese oggetto della procedura d’infrazione ha mantenuto in vigore (impunemente) le norme in conflitto con le leggi europee. La questione, quindi, viene rimessa nelle mani dei giudici della Corte (che operano in forza dell’articolo 228 del Trattato CE). I tempi della giustizia europea non sono – fortunatamente – quelli delle procure italiane. Ma ciò non significa che le questioni si risolvano sempre in breve. Si procede secondo i gradi di giudizio canonici della Corte. E la durata media di un procedimento impugnato presso l’istituzione che rappresenta la giustizia europea è di circa 18 mesi, che, sommati ai 20 precedenti, fanno oltre tre anni. E parliamo di medie: in alcuni casi i tempi si allungano di molto. Nel corso di questo lungo procedimento, lo Stato membro può decidere in qualunque momento di conformarsi al diritto comunitario. Evitando, quindi, le multe. La procedura d’infrazione, quindi, si traduce in una multa solo nel caso in
I NUMERI DEI PROCEDIMENTI IL VOLUME COMPLESSIVO DEI PROCEDIMENTI di infrazione avviati dalla Commissione – si legge nella relazione annuale del 2007 – è diminuito leggermente, passando da 2653 nel 2005 a 2518 nel 2006. Precisamente, al 31 dicembre 2006, erano in corso 1642 procedimenti sui 2518 registrati. Anche il numero di denunce è lievemente diminuito, passando da 1154 nel 2005
a 1049. Esse rappresentano il 41,7% del totale delle infrazioni individuate nel 2006. La Commissione, infatti, può procedere per una denuncia specifica, oppure attraverso indagini avviate “motu proprio”. Il numero di procedimenti di infrazione avviati dalla Commissione in quest’ultimo modo è aumentato da 433 nel 2005 a 565 nel 2006 nell’Europa composta da 25 Stati membri. Da notare il dato
politivo della diminuzione dei procedimenti per mancata comunicazione del “recepimento” delle direttiva comunitarie (che, infatti, devono essere adottate dai Paesi membri con un apposita legge): è diminuito da 1079 nel 2005 a 904 nel 2006. Va detto, però, che ciò è dovuto in parte alla riduzione del numero di direttive con termine di recepimento. Non è solo merito, dunque degli Stati membri.
DAL 1985 IN ATTESA DI UNA DECISIONE DEFINITIVA PER QUANTO RIGUARDA I PROCEDIMENTI D’INFRAZIONE attuati nei confronti dell’Italia, l’ultimo aperto dalla Commissione - in ordine di tempo – è il 2008/2132. Oggetto della controversia i trasporti nel nostro Paese, ed in particolare la mancata comunicazione del Rapporto biennale sulla realizzazione degli obiettivi nazionali.
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Si tratta, in questo caso, di una violazione del diritto comunitario: per questo la Commissione ha proceduto alla “messa in mora” secondo quanto previsto dall’art. 226 del trattato CE. Stupisce, invece, il dato della procedura più vecchia. Si tratta di un fascicolo aperto addirittura nel 1985 (il 1985/0404) per una questione legata
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al tema «Fiscalità e dogane»: la mancata riscossione di dazi doganali relativi ad importazioni di materiale ad uso militare. La norma non rispettata in questo caso è il regolamento (77/2891). Ecco perché, di fatto, gli Stati membri possono “contare” sull’arenarsi delle procedure anche per periodi molto lunghi.
cui un Paese perseveri a lungo nel suo comportamento. E sempre che non ci siano intoppi negli uffici di Bruxelles e Lussemburgo. Certo, rimane il fatto che un’azione contro un Paese membro ne sottolinea le inadempienze. Ma se davvero giungere alle sanzioni è così difficile, perché i governi dei Paesi europei dovrebbero preoccuparsi più di tanto?
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LE INFRAZIONI ATTUALI LE PROCEDURE ATTUALMENTE APERTE nei confronti dell’Italia sono complessivamente 185. Di queste, 151 riguardano violazioni del diritto comunitario, mentre 34 sono state avviate per mancato recepimento di direttive. Eccole suddivise per settore:
I TEMPI
LE SANZIONI
TRA IL 1999 E IL 2005, il tempo medio impiegato dalla Commissione europea per trattare i casi di infrazione, calcolato a partire dalla registrazione dei casi, fino all’invio della lettera alla Corte di giustizia (secondo quanto previsto dall’articolo 226 del trattato CE), è stato di 20,5 mesi rispetto ai 24 mesi del solo periodo 1999-2002. Allo stesso modo, il tempo medio impiegato per trattare i casi basati su una denuncia e quelli individuati dalla stessa Commissione è stato di 28 mesi rispetto ai 35 del periodo 1999-2002. Per quanto riguarda le infrazioni determinate dal mancato recepimento delle direttive europee, il tempo trascorso è stato in media di 14,5 mesi rispetto ai 15 mesi per il periodo 1999-2002.
ESISTONO DUE TIPI DI SANZIONI che l’Unione europea ha diritto di infliggere a un Paese membro, al termine dell’iter amministrativo-giudiziatio. Quelle “forfettarie”, che quindi si risolvono in un “una-tantum” e quelle cosiddette “di mora”. L’entità delle multe viene, ovviamente, commisurata alla gravità delle inadempienze degli Stati. Tuttavia è fissato, per ciascun Paese, un tetto minimo al di sotto del quale la multa non può scendere. Nel caso dell’Italia esso è di 9 milioni e 920 mila euro (nel caso della sanzione forfettaria), mentre la penalità di mora può oscillare tra 22 mila e 700 mila euro per ogni giorno di ritardo nell’attuazione della sentenza della Corte di Giustizia.
Affari economici e finanziari 6 Affari esteri 3 Affari interni 4 Agricoltura 4 Ambiente 50 Appalti 20 Comunicazioni 4 Concorrenza e aiuti di stato 2 Energia 5 Fiscalità e dogane 22 Giustizia 1 Istruzione, università e ricerca 1 Lavoro e affari sociali 12 Libera circolazione dei capitali 1 Libera circolazione delle merci 11 Libera circolazione delle persone 2 Libera prestazione dei servizi e professioni 10 Pesca 4 Salute 15 Trasporti 7 Tutela dei consumatori 1 Totale 185
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Si riaprano le tombe APPUNTAMENTI LUGLIO>OTTOBRE 5-6 luglio NON SCHERZATE COL FUOCO Campagna nazionale del dipartimento Protezione civile e di Legambiente per arginare la piaga degli incendi boschivi. Iniziative e appuntamenti per imparare ad essere protagonisti nella lotta agli incendi. www.protezionecivile.it
7-10 luglio MILANO IMPIANTI PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI URBANI Come ottimizzare il rendimento economico e produttivo di un impianto di trattamento rifiuti? Quali sono i nuovi strumenti finanziari offerti dal mercato? Queste le domande che saranno affrontate nel convegno realizzato dall’istituto internazionale di Ricerca IIR. Il 7 luglio, workshop pre-conferenza “Operare nel settore dei rifiuti dalla A alla Z”. Il 10 luglio incontro post-conferenza “Regole e procedure per le discariche”. Ata Hotel Executive www.iir-italy.it
9-11 luglio ROMA SVILUPPO DI UN PROGETTO EOLICO E MINIEOLICO: TECNOLOGIA, NORMATIVA ED ECONOMICITÀ Corso di formazione organizzato da Ises Italia in collaborazione con Anev. Istituto di Analisi dei Sistemi ed Informatica IASI CNR -Viale Manzoni, 30 www.isesitalia.it
24-27 luglio MONTE SANT’ANGELO (FG) FESTAMBIENTESUD 2008 Quarta edizione della festa nazionale di Legambiente per il sud Italia nel Parco nazionale del Gargano Spettacoli e dibattiti, artigianato e prodotti della terra, sagre e degustazioni. Una kermesse delle esperienze positive di un sud che guarda all’Europa ed al Mediterraneo. www.festambientesud.it | 56 | valori |
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29 luglio - 3 agosto VICO DEL GARGANO (FG) TEATRO CIVILE FESTIVAL Nel centro storico, quattordici spettacoli per raccontare le storie del sud e riflettere sul ruolo del teatro nella società italiana di oggi. Il programma completo su www.festambientesud.it 31 luglio BORSE DI STUDIO PIA PARADOSSI Giunge alla IV edizione il Bando “Pia Paradossi”, la borsa di studio che promuove la ricerca di una cultura dell’anti-spreco e dell’economia solidale. L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica onlus, Manitese Firenze onlus, Riciclaggio e Solidarietà scarl di Firenze. Il fondo mette a disposizione un assegno di 6 mila euro in sostegno alla ricerca, a tirocini, a stages, da svolgere all’interno della regione Toscana. Le domande devono pervenire in forma cartacea ed elettronica alla Fondazione Culturale Responsabilità Etica entroil 31 luglio a: Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Piazza dei Ciompi, 11 – 50122 Firenze fondazione@bancaetica.org La commissione risponderà entro il 15 settembre 2008.
8 Agosto VOLTERRA (PI) CENE GALEOTTE Atmosfera suggestiva, candele, vini doc e sommelier per la terza cena organizzata dai detenuti del carcere pisano nel cortile sotto le mura del Maschio di Volterra. Lo chef che dirigerà i detenuti sarà Benedetta Vitali del Ristorante Zibibbo (Firenze). Il ricavato sarà devoluto ad Arci - Libano. Per informazioni e prenotazioni: Agenzie Toscana Turismo - 055 2342777
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PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
Fino al 17 Agosto GOLETTA VERDE 2008 Riparte la campagna estiva di Legambiente di informazione e sensibilizzazione sullo stato di salute del nostro mare. Dal 1986 ad oggi, ogni estate, il battello ambientalista compie il periplo delle coste italiane, prelevando e analizzando circa 500 campioni d’acqua. www.legambiente.eu
11 - 14 settembre BOLOGNA SANA 2008 XIX salone internazionale del naturale Nell’edizione di quest’anno, tre le aree tematiche: la sostenibile qualità del buon cibo, del buon abitare, del benessere. www.sana.it
26 - 28 settembre PORRETTA TERME (BO) ECO APPENNINO II Fiera delle tecnologie per il risparmio energetico e delle fonti rinnovabili per la montagna. Dopo il successo dello scorso anno, oltre 20 mila visitatori, l’edizione 2008 sarà dedicata alle nuove tecnologie per usare le biomasse della montagna, ai percorsi per realizzare a livello locale gli obiettivi di Kyoto, alla nascita di società di servizi energetici, ai criteri per accedere ai finanziamenti europei. Patrocinata da Legambiente e dal Kyoto club. www.ecoappennino.it
1 al 4 ottobre ROMA ZEROEMISSION ROME 2008 Salone internazionale delle fonti rinnovabili per il Mediterraneo L’edizione 2008 è l’insieme di otto eventi specializzati dedicati a energia eolica, fotovoltaica, emission trading, solare termodinamico, agroenergie, biocarburanti, cambiamenti climatici e al nuovo mercato dell’energia. Accanto all’area espositiva, saranno organizzate decine di conferenze, workshop e incontri. Per la prima volta sarà presente un Paese Partner dell’Area del Mediterraneo: la Tunisia. www.zeroemissionrome.eu
3 - 5 ottobre MONZA HABITAT CLIMA IN&OUT Terza mostra-convegno sull’efficienza energetica, la qualità ambientale e il benessere abitativo. Palacandy - viale Stucchi www.habitatclima.it 8 - 10 ottobre RAVENNA RAVENNA 2008 Rifiuti, acqua, energia, sviluppo locale & Valorizzazione economica. Tre giorni di incontri informativoformativi dedicati alle tematiche tecnico-economiche della gestione di rifiuti, acqua ed energia. www.labelab.it
8 - 10 ottobre BOLZANO KLIMAENERGY Fiera specializzata delle energie rinnovabili per usi commerciali Gli effetti negativi delle variazioni climatiche sono sempre più visibili. La produzione d’energia da fonti rinnovabili, oltre al risparmio energetico, sarà la sfida del futuro, soprattutto per chi ha un alto fabbisogno energetico, come industria e artigianato. KlimaEnergy cerca di fornire soluzioni idonee alle richieste energetiche provenienti da questi settori www.fierabolzano.it/klimaenergy2008
Risorgano i servizi deviati di Paolo Fusi
CONTE ENRICO MARIA PASQUINI, ambasciatore di San Marino, ufficiale dei servizi segreti e finanziere romano, di cui avevamo cantato le gesta filoferrotranviarie nella scorsa “lavanderia” sull’Alta Velocità, ha risposto da par suo alle frasi di sconcerto da noi pubblicate. Dopo che la Svizzera ha sbattuto la porta in faccia alla sua Banca virtuale nelle isole Vanuatu (la UIB) lui si è comprato nientemeno che la Banca del Titano, una delle banche più antiche della Repubblica di San Marino, e l’ha rinominata S.M. International Bank. Tié. L’operazione, dal punto di vista finanziario, non fa una grinza. L’ha pagata 1 euro, al netto dei debiti della banca stessa. Per non far pagare tutta la cifra alla sua fiduciaria sanmarinese (la SMI San Marino Investments), l’ha divisa con un socio di minoranza, la Amphora Fiduciaria di Roma, che Pasquini controlla all’85%. Perché mai? Direte voi. Non lo sappiamo, ma sappiamo che l’Amphora è la società del gruppo Pasquini il cui presidente del consiglio d’amministrazione è Lionello Ferrante, ex sindaco effettivo del Gruppo Finagria-Italgrani, il colosso della farina napoletana di Francesco Vittorio Ambrosio, crollato in una bancarotta fraudolenta miliardaria qualche anno fa e trascinato in inchieste sul traffico d’armi. Ma perché mai la Banca del Titano è stata regalata a Pasquini? Nel 2006 i suoi dirigenti scoprirono che nelle casse c’era un buco di circa 40 milioni di euro. La procura di San Marino chiese immediatamente ragguagli, dato che, in modo del tutto indipendente, la procura di Forlì aveva aperto un’inchiesta con il sospetto di importazione illegale di valuta, contrabbando e riciclaggio contro alcuni esponenti della stessa banca. Il governo sanmarinese, di cui alcuni esponenti Il conte Enrico Maria Pasquini erano nel cda della banca, proibì l’inchiesta e promulgò una sembra essere il link mancante tassa che obbligava ogni singolo cittadino sanmarinese a pagare nell’affare che coinvolse 500 euro per ridurre il deficit della Banca del Titano. Da allora Scaramella, Guzzanti e Pio le informazioni sulla Banca sono segreto di Stato. Il procuratore Pompa. Un’intreccio fatto di Forlì, Fabio Di Vizio, indaga (tra l’altro) sul fatto che dalla di bancarotte e atti giudiziari Banca del Titano sono passati 100 milioni di dollari intestati alla Finbroker SA San Marino. Uh! La Finbroker, ve la ricordate? La società dell’ex ministro della Giustizia sanmarinese ed ufficiale di collegamento dei servizi di Broccoletti e Finocchi, il mitico Alvaro Selva, e dei suoi soci Loris Bassini ed Aldo Anghessa? Ma come no… si tratta di una delle due società millantate dall’altrettanto mitico Conte Igor Marini e dal massone Antonio Volpe, grande amico di Anghessa, come la cassaforte per le tangenti di Telekom Serbia. Nell’inchiesta del procuratore Di Vizio ci sono anche delle carte che collegano la Banca del Titano ad operazioni sconcertanti di Gianpiero Fiorani e di un’altra società fiduciaria sanmarinese, la Fincompany. È la società usata da Bassini, Selva e Anghessa per tentare la scalata al colosso del gas ucraino Neftigas, che portò alla creazione della Iugas, una società di Gallarate che fu il canto del cigno di Anghessa prima di lasciare l’Italia per il Senegal. Non so se piangere lacrime di commozione o di nostalgia. Pasquini, che si spaccia per membro della famiglia Agnelli, sembra essere il link mancante tra Scaramella, Guzzanti, Pio Pompa e il passato remoto dei servizi deviati. Ora che sappiamo tutto ciò, e che sappiamo che la Repubblica di San Marino, qualora lui non ce la facesse, tasserebbe tutti i cittadini per aiutarlo, diamogliela ‘sta benedetta licenza per l’Alta Velocità. Diamogliela, che questa è l’Italia che lavora e sa farsi valere all’estero, come ormai il governo Berlusconi ci ha indicato, a colpi di leggi e decreti. E salveremo il Paese e la sua traballante economia.
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Congo: Valori nelle zone delle miniere interdette >60 Crisi alimentare: il “fallimento cosmico” della Fao >63 Forum sociale europeo: prossima fermata Malmö, Svezia >65
internazionale SUDAMERICA: LA COMUNITÀ WAYÚU SFIDA IL GASDOTTO
ZIMBABWE MUGABE BLOCCA ANCHE LE ATTIVITÀ DELLE ONG
ANTITRUST: INTEL SEMPRE PIÙ NEI GUAI
EXXON: LA SVOLTA “VERDE” DEI ROCKEFELLER
IL GOVERNO CINESE NON MANTIENE LA PROMESSA “OLIMPICA” SULLA LIBERTÀ DI STAMPA
LAVORARE STANCA? NON SECONDO L’UE
La comunità indigena Wayúu (mezzo milioni di individui tra la Colombia nordorientale e il Venezuela nordoccidentale) continua la sua protesta contro il gasdotto Trans Caribe che, estendendosi per 225 chilometri, collega la città di Maracaibo, in Venezuela, con il centro colombiano di Punta Ballenas. Secondo quanto riferito dal sito Corpwatch, i Wayúu lamentano l’impatto ambientale della struttura che avrebbe prodotto una drastica diminuzione delle fonti d’acqua, della vegetazione, e della fauna. Inaugurato nel 2007 dai presidenti Álvaro Uribe (Colombia), Hugo Chávez (Venezuela) e Rafael Correa (Ecuador), il gasdotto, la cui realizzazione ha saputo mettere d’accordo l’InterAmerican Development Bank (IDB), la Chevron Texaco, l’impresa statale colombiana Ecopetrol e la venezuelana PDVSA, rappresenta il primo passo verso un più ampio progetto d’integrazione energetica che dovrebbe unire attraverso un’unica struttura distributiva l’America Centrale e Meridionale dal Nicaragua al Cile. La comunità indigena, che chiede l’avvio di un programma di riforestazione, sostiene di non avere avuto la possibilità di attuare un dialogo utile con la PDVSA che, dal canto suo, si difende sottolineando i benefici economici del gasdotto e dichiarandosi pronta a confermare l’offerta di beni materiali fatta ai Wayúu in cambio del loro appoggio al progetto.
Nel disperato tentativo di rafforzare un controllo politico che (si spera) pare sul punto di sfuggirgli di mano, il dittatore dello Zimbabwe Robert Mugabe ha imposto lo stop alle attività delle organizzazioni umanitarie operanti nel Paese. Secondo il presidente, al potere di fatto dal 1980, le Ong starebbero collaborando con i movimenti di opposizione che da marzo protestano aspramente chiedendo la fine della dittatura. L’Unione Europea ha chiesto a Mugabe di ritornare sulla sua decisione ma non ha ricevuto alcuna risposta da parte del presidente che, nonostante le restrizioni imposte da Bruxelles, si è recato come se niente fosse a Roma in occasione del vertice della FAO. La situazione politica dell’ex Rhodesia resta estremamente precaria. Alle elezioni del 29 marzo il leader del Movimento per il Cambiamento Democratico (MCD), la principale forza di opposizione, Morgan Tsvangirai si era guadagnato il diritto di sfidare Mugabe nel ballottaggio per le presidenziali del 27 giugno ma ha successivamente rinunciato dopo che il suo partito è stato oggetto di pesanti intimidazioni. Alla fine di giugno il numero due del MCD Tendai Biti è stato arrestato con l’accusa di sovversione e brogli elettorali; nelle settimane precedenti lo stesso Tsvangirai è stato più volte fermato dalle autorità per essere successivamente rilasciato. Quella dello Zimbabwe continua ad essere una delle economie più deboli del mondo. Gli espropri delle terre in mano alla minoranza bianca non hanno costituito il preludio a un programma di redistribuzione delle risorse. Il controllo dell’industria agroalimentare è passata all’élite militare registrando un impressionante calo della produttività. A maggio il tasso di inflazione ha superato il 100.000% (no, non è un errore di stampa…).
Dopo la Corea del Sud gli Stati Uniti e a settembre, forse, l’Unione Europea. Per la multinazionale californiana, primo produttore mondiale di microprocessori, sono tempi duri: a giugno, la commissione di controllo sulla concorrenza di Seul ha condannato Intel al pagamento di una multa da 25 milioni di dollari per abuso di posizione dominante. Secondo quanto trapelato, la Korea Fair Trade Commission avrebbe accolto la denuncia presentata dalla rivale di mercato Amd - Advanced Micro Devices secondo la quale Intel avrebbe dato vita a un cartello con il distributore Media-Saturn-Holding. La decisione potrebbe costituire un precedente molto pericoloso per la compagnia dato che le accuse parlano di un comportamento diffuso in molte altre parti del mondo. Secondo il Financial Times – Deutschland, Intel e Media-SaturnHolding si sarebbero accordate per escludere dai negozi della catena i processori Amd. L’Ue deciderà entro settembre se aprire o meno un procedimento contro i californiani cherischierebbero una maxi multa da 4 miliardi. In attesa di conoscere la decisione dell’Europa, la Intel si prepara ad affrontare il processo avviato contro di lei dalla Federal Trade Commission degli Stati Uniti. Commentando il procedimento, che dovrebbe partire nel febbraio 2010, l’azienda statunitense ha respinto le accuse dichiarandosi pronta a collaborare con gli inquirenti.
Il numero uno di Exxon Mobile Rex Tillerson resta al suo posto e il cambio di rotta sulle politiche ambientali non ci sarà, ma intanto la corrente di pensiero Rockefeller si conferma in crescita di consensi presso una quota rilevante degli azionisti. È quanto emerso dall’ultima assemblea del gigante dell’energia USA del 28 maggio scorso. Nell’occasione Neva Rockefeller, azionista della compagnia e nipote di John D. Rockefeller, aveva presentato un pacchetto di mozioni tese a spingere l’impresa verso una politica “maggiormente eco-sostenibile”. Tra le idee messe al vaglio degli azionisti il taglio delle emissioni di gas serra (31% di sì) e l’aumento dei fondi da destinare alla ricerca sulle fonti di energia rinnovabili (27%). A raccogliere i maggiori consensi è stata però la proposta di sdoppiamento (e incompatibilità) delle cariche di presidente e Ceo della compagnia: il 39,5% degli azionisti ha votato per l’abbandono di una delle due cariche da parte dell’attuale titolare Rex Tillerson. Nonostante il rinnovo della fiducia da parte del 60% della compagnia, Tillerson sarà ora chiamato a ripensare al suo complicato rapporto con l’ala “riformista”. ITillerson, intanto, si sarebbe detto pronto ad ascoltare anche le ragioni del fronte critico.
Altro che aperture al mondo, alla viglia dell’avvio dei giochi olimpici di Pechino la Cina continua ad essere un Paese dominato dalla censura e dalle restrizioni ai media. Lo sostiene un rapporto di CPJ (Committee to Protect Journalists), una Ong impegnata nella difesa della libertà di stampa nel mondo. «Nonostante le promesse di garantire ai media “la più completa libertà”, la Cina continua a imporre severe restrizioni alla stampa locale e straniera» spiegano da CPJ sottolineando come «26 giornalisti cinesi siano imprigionati, una vasta censura sia in atto e gli attacchi e le intimidazioni ai giornalisti continuino a svolgersi nell’impunità››. Quando nel 2001 Pechino si guadagnò il diritto di ospitare i Giochi del 2008, il Comitato Olimpico Internazionale ricevette adeguate rassicurazioni circa la tutela della libertà d’azioni dei giornalisti. La promessa, evidenziano ancora da CPJ, non è stata mantenuta anche perché molti restano i temi sensibili che le autorità cinesi non vogliono consegnare al dibattito dell’opinione pubblica. Oltre alla “caldissima” questione tibetana, restano tabù i temi delle minoranze religiose (i cattolici, i musulmani dello Xinjiang), ma anche quelli relativi ai costi socio-ambientali dello sviluppo economico e alle restrizioni imposte ai rifugiati nordcoreani. Nell’ultima classifica della libertà di stampa nel mondo pubblicata dalla Ong francese Reporters Sans Frontières la Cina occupa il 163esimo posto. Peggio di lei solo Birmania, Cuba, Iran, Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea.
Lavorare 60 o addirittura 65 ore alla settimana? A breve potrebbe essere possibile farlo legalmente. Lo hanno stabilito i ministri del Lavoro dell’Unione Europea riuniti in Lussemburgo per una riunione ad hoc. L’accordo raggiunto, che dovrà essere approvato in via definitiva dal Parlamento di Bruxelles, prevede una deroga alla regola comunitaria che fissa a 48 il limite delle ore lavorative settimanali. Stando al nuovo documento, un lavoratore potrà “scegliere” di essere operativo per 60 ore alla settimana (fino a 65 per i cosiddetti contratti di lavoro “a chiamata” che prevedono anche tempo inattivo). La scelta di allungare i limiti dell’orario di lavoro potrebbe rappresentare uno dei risvolti del compromesso tra imprese e policy maker sul tema della flessibilità. Oltre a rendere “più elastico l’orario”, infatti, il nuovo testo garantisce (sulla carta) parità di trattamento per i lavoratori temporanei e quelli a tempo indeterminato in relazione a retribuzione, congedo e maternità. ‹‹Abbiamo creato maggiore sicurezza e migliori condizioni per i lavoratori temporanei e non, mantenendo al tempo stesso la flessibilità di cui l’industria ha bisogno›› ha commentato il Commissario Europeo all’Occupazione Vladimír Špidla. Si stima che nella Ue i lavoratori temporanei siano almeno 8 milioni. Il loro numero è, per ammissione della stessa Ue, in costante crescita.
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Materie prime e schiavitù nel“forziere” africano
E TRA QUALCHE SECOLO UNO STUDIOSO dovesse scrivere la storia dei nostri tempi non potrebbe fare a meno di riferire ai suoi contemporanei che… la schiavitù fu abolita per legge in tutto il mondo nel 1890 ma di fatto questa odiosa pratica contidi Raffaele Masto nuò, in forma solo leggermente attenuata, per diversi secoli ancora. Questa frase non è una forzatura di qualche integerrimo militante per i diritti umani, non è nemmeno una previsione fantapolitica né tantomeno lo spunto per un buon romanzo. La schiavitù oggi esiste e non è un fenomeno marginale nel quadro dell’economia globale è addirittura l’aspetto fondante del nostro sistema politico-
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RAFFAELE MASTO
Dalle miniere del Sud Kivu provengono tutte le materie prime strategiche per il sistema economico attuale, compreso il coltan. Ma qui i diritti dei lavoratori non esistono e al saccheggio parteciperebbe anche la missione Onu. economico.La conferma appare evidente se si visita, come ha fatto Valori inviando il sottoscritto, la regione congolese del Sud Kivu, un’area remota del Congo, uno dei Paesi più importanti e ricchi di materie prime, strategiche e non, di tutto il continente africano. Nelle regioni orientali del Congo c’è tutto e in grande quantità: oro, diamanti, cobalto, legname pregiato, coltan, cassiterite, wolframite, uranio. Tutte materie prime presenti nella nostra vita quotidiana il cui commercio è regolamentato da leggi e accordi internazionali che contribuiscono alla formazione dei prezzi sui mercati mondiali, che tutelano le multinazionali (e i Paesi di riferimento) che ne detengono il controllo, le aziende che
assicurano la lavorazione e infine i consumatori. Ma in tutta la filiera di queste materie l’unico luogo in cui leggi, accordi e convenzioni internazionali non hanno alcun valore sono proprio i luoghi di estrazione. Nel Sud Kivu la schiavitù è normale e coinvolge milioni di persone come daremo più ampia testimonianza nel prossimo numero. Sono immagini “rubate” perché questi luoghi sono interdetti ai giornalisti che, se si salvano da qualche spiacevole incidente, rischiano di essere accusati di spionaggio con conseguenze pesantissime. A non volere occhi indiscreti in questi luoghi sono le autorità politiche locali, ovviamente, ma anche i rappresentanti delle grandi corporation che sfruttano quelle
I giornalisti non sono graditi nelle miniere, dove la manodopera è soprattutto infantile.
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materie prime lasciando mano liberà alla brutalità dei raffazzonati eserciti locali e delle numerose formazioni guerrigliere che controllano il territorio. Valori ha visitato Kamituga, città di quasi un milione di abitanti completamente isolata dal resto del mondo. L’unica strada che vi arriva è una pista che fende la foresta impraticabile anche ai più moderni e potenti fuoristrada. Da questa regione è arrivato l’uranio per le bombe di Hiroshima e Nagasaki e oggi si estrae oro e coltan. L’estrazione è l’unico lavoro consentito alla popolazione, anche alle donne. Ma soprattutto ai bambini perché la corporatura minuta consente loro di penetrare nei precari tunnel scavati nelle montagne, provvisti solo di una torcia elettrica legata al capo. L’estrazione avviene senza nessuna tecnologia. La forza di milioni di braccia sostituisce ruspe, scavatrici e setacciatici e il salario e appena sufficiente per consentire a questi minatori preistorici di lavorare il giorno successivo. Sì, perché qui il prezioso Oro, il ricercatissimo Coltan, il compromettente uranio non valgono nulla, non si mangiano. Il valore di queste materie prime cresce vertiginosamente man mano che queste si allontanano dai luoghi di estrazione. E il fatto che a Kamituga non arrivi nessuna strada non deve trarre in inganno, non è un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini. Oro, Coltan, Cassiterite vengono trasportati a spalla fino all’aeroporto più vicino o fino al luogo dove può arrivare un fuoristrada. Molte testimonianze poi parlano di un coinvolgimento della Monuc, la più grande missione Onu attualmente in corso nel mondo dispiegata nel Kivu e nel vicino Ituri, i cui elicotteri spesso arrivano inspiegabilmente a Kamituga. Una presenza, quella dei caschi blu dell’Onu, giustificata dal fatto che questa regione è l’epicentro africano dal quale si irradiano le più devastanti guerre del continente. Comprensibile perché per lo sfruttamento del forziere africano nei mercati internazionali oggi non c’è un accordo. L’arrivo della Cina e la mancanza di un’intesa tra le multinazionali europee e quelle nord americane impediscono la pacificazione della regione, ma non lo sfruttamento delle sue ricchezze.
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Il grande furto elettrico Un altro progetto di diga sul fiume Congo prevede almeno tre linee di trasmissione elettrica: fino al Sud Africa, verso la Nigeria e verso il Mediterraneo. Ma i precedenti fanno pensare che non porterà benessere alle popolazioni locali. TRE GOLE IN CINA è senza dubbio l’impianto idroelettrico più famoso del pianeta. Un mostro di ferro e cemento che si erge maestoso sul fiume Yangzte, il terzo corso d’acqua più lungo al mondo. Per costruire uno dei simboli della di Luca Manes, Crbm* straripante potenza economica cinese sono stati sommersi molti centri urbani, ricollocando centinaia di migliaia di persone, forse addirittura due milioni. Eppure quest’opera mastodontica rischia di essere offuscata da un
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A DIGA DELLE
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immenso sbarramento che dovrebbe sorgere in Africa, nella Repubblica Democratica del Congo. Si conosce già il suo nome, Grand Inga, e si sono fatti un po’ di calcoli sui costi previsti. O almeno se n’è iniziato a parlare a fine aprile a Londra, durante un meeting che ha visto la presenza di rappresentanti di sette governi africani, di importanti banche d’affari e delle principali compagnie edilizie del mondo. La cifra adombrata è da brividi: 80 miliardi di dollari. Per i fautori del progetto saranno soldi ben spesi, che consentiranno di raddoppiare la riserva di energia a disposizione nel continente africano. Si prevede che
Grand Inga avrà una potenza di 40mila MW, grazie ad un’altezza dello sbarramento di circa 150 metri e all’impiego di più di 50 turbine. Sempre per fare un paragone con la diga delle Tre Gole, l’energia idroelettrica messa a disposizione dalla nuova big dam africana dovrebbe essere il doppio di quella fornita dall’impianto cinese.
Energia anche per Italia e Turchia Il progetto, che vedrebbe la luce nei pressi delle cascate del fiume Congo, prevede la realizzazione di almeno tre linee di trasmissione dell’e-
lettricità a lunga distanza: una di 3.500 chilometri fino al Sud Africa, un’altra verso la Nigeria. La terza, di 5.600 chilometri, dovrebbe attraversare tutta l’Africa per arrivare in Egitto e nei Paesi dell’Europa meridionale. Tutti gli addetti ai lavori, infatti, sono concordi nell’affermare che l’unica possibilità per rendere economicamente sostenibile Grand Inga è quella di costruire una linea di trasmissione che arrivi al Mediterraneo, per vendere energia elettrica all’Italia e alla Turchia. Ma non tutti concordano con il grande entusiasmo di banchieri, imprenditori ed istituzioni locali ed internazionali. Tante Ong del |
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Il “fallimento cosmico” della Fao Nelle foto in alto la diga Inga I. Nell’immagine satellitare sono evidenziate in nero Inga I, Inga II e i bacini che hanno creato; in rosso sono segnati i tracciati delle dighe Inga III e Grand Inga, mentre il blu indica il gigantesco bacino che si formerebbe.
Nord e del Sud del mondo hanno da tempo attaccato senza mezzi termini Grand Inga.
Già tre dighe sul fiume africano “Oltre al forte rischio corruzione, visti i capitali in ballo, il progetto non andrà a beneficiare la popolazione locale, quasi tutta non allacciata all’inadeguata rete nazionale” ha dichiarato Terry Hathaway della Ong americana International Rivers durante un’intervista rilasciata al quotidiano britannico The Guardian. Non sono solo le Ong a essere scettiche. Secondo diversi esperti, il costo, i rischi e le perdite per trasportare l’elettricità a tali distanze, e in particolare attraverso 2.000 km di deserto, sono di gran lunga superiori ai profitti economici che si potrebbero ottenere. Questo senza considerare gli enormi problemi di manutenzione delle linee elettriche nei diversi Paesi e i rischi e problemi ambientali di tale operazione. Il solo completamento della linea elettrica verso il Sud Africa ha un costo stimato di 4 miliardi di dollari, più di quanto sarebbe necessario per realizzare una capacità produttiva equivalente in loco. E poi ci sono i precedenti, che certo non depongono a favore del nuovo mega-sbarramento. Sul fiume Congo, infatti, ci sono già due grandi dighe e una terza è attualmente in fase di costruzione.
Mobutu: grandi opere, grandi debiti Basta dare un’occhiata a qualche cifra per capire perché c’è da guardare al passato con più di una preoccupazione. Il finanziamento delle due mega dighe Inga I e Inga II è responsabile di circa il 33% dell’enorme stock di debito pubblico che sta oberando da anni la Repubblica Democratica del Congo. Costate rispettivamente 163 e 480 milioni di dollari ed entrate in funzione fra il 1972 e il 1982, le due opere sono una scomoda testimonianza degli anni di dittatura del| 62 | valori |
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l’allora presidente Joseph Désiré Mobutu, coinvolto in prima persona negli scandali di corruzione e collusione che hanno ben presto macchiato l’immagine delle due dighe. Inga I e Inga II, progetti in cui è sono state coinvolte anche diverse imprese italiane e la Banca mondiale, hanno avuto un impatto devastante sulle popolazioni locali e sull’ambiente del Congo. Nonostante questo, la popolazione della RDC si è dovuta accollare il debito generato dai due progetti, pur non avendone mai beneficiato. Entrambe le dighe, infatti, oggi funzionano a meno del 30% della potenza, e l’energia prodotta viene esportata interamente nello Zambia con una rete di elettrificazione di 2.000 km, mentre oltre il 90% della popolazione della RDC vive senza avere accesso a fonti di energia elettrica. Tra pochi anni dovrebbe essere completata la costruzione anche di Inga III, una diga da 4.350 MW dal costo complessivo stimato in 3.6 miliardi di dollari, inclusi 3000 km di linea di trasmissione elettrica verso gli altri Paesi del Western Power Corridor (Sud Africa, Angola, Namibia, Botswana).
Un “banchetto” per le banche Ma i banchieri di Washington della World Bank, da qualche anno tornati alla grande nel business delle grandi infrastrutture nel Sud del mondo, si sono già detti pronti a considerare l’ipotesi di finanziare sia Inga III che Grand Inga – per la verità quest’ultima sembra solleticare anche l’interesse della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e della cooperazione italiana. La popolazione congolese, fiaccata da anni da decenni di guerra civile ancora non del tutto finita e da una povertà endemica, avrebbe bisogno di ben altri investimenti per raggiungere gli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite e iniziare così un percorso virtuoso di sviluppo e crescita. Ma il business delle grandi dighe per l’ennesima volta sembra debba avere la meglio. Purtroppo.
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*Campagna per la riforma della Banca Mondiale
Il vertice di Roma si è concluso senza risultati. I problemi veri (e le loro cause) sono stati volutamente ignorati.
Mentre sull’agricoltura organica si è fatto un passo indietro… ROMA dal 3 al 5 giugno ‹‹è stato un fallimento›› ha spiegato Jean Ziegler, ex relatore dell’Onu per il diritto all’alimentazione, e guardando a quel documento talmente vago da non lasciare spazio ad alcun provvedimento condi Matteo Cavallito creto, verrebbe proprio da dargli ragione. Eppure, e qui sta il lato tragicomico della vicenda, le risibili quattro pagine scarse della dichiarazione conclusiva hanno rischiato di non essere nemmeno approvate. Non è bastato lasciare a margine i problemi del cambio climatico, scaricare sui singoli Stati le valutazioni sull’impatto dei biofuels o degli ogm né tantomeno ignorare il tema della speculazione finanziaria sulle commodities. L’iter della ratifica (con note a margine di Argentina, Cuba e Venezuela) ha dimostrato ancora una volta che il settore agricolo resta un terreno di scontro, ma anche un ambiente capace di assumere ruoli diversi: settore imprescindibile nel modello di crescita dei Paesi in via di sviluppo, segmento “residuale” nelle economie dei Paesi industrializzati. Una distinzione che si riflette nei diversi significati delle politiche di controllo: strategia macroeconomica indispensabile per gli uni, intervento mirato nella logica della conservazione per gli altri. E’ proprio in nome di questa logica, ad esempio, che il protezionismo commerciale continua a caratterizzare L’Agenzia dell’Onu per lo sviluppo il settore agricolo nei Paesi più sviluppati. Se ne è accordella nutrizione ta anche la Banca Mondiale che ancora nel 2005 sottoè nata nel 1945. I paesi membri lineava nel suo rapporto “Global Agricultural Trade and sono 191 oltre Developing Countries” come ‹‹sebbene il protezionismo all’Unione Europea.
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L VERTICE FAO SVOLTOSI A
nel settore manifatturiero si fosse ridotto su scala globale, la maggioranza dei Paesi industrializzati e una buona parte di nazioni povere continuassero a proteggere l’agricoltura ad alti livelli”. La Banca Mondiale lanciava quindi l’allarme sulle conseguenze delle pratiche “distorsive” del mercato (sussidi agli agricoltori, restrizioni all’export etc.) a cominciare dalla riduzione della disponibilità di prodotti proseguendo con le difficoltà d’accesso al mercato per i Paesi più poveri (anche nel segmento dei “lavorati”). Una difficoltà che si traduce in bassa offerta, crescita ridotta o nulla del settore e insoddisfazione della domanda interna. Sono aspetti perfettamente noti così come è assodato il paradosso del libero mercato che vede proprio nelle aree più sviluppate la minore inclinazione a quella politica di apertura così propagandata in sede WTO e FMI. Tra il 2000 e il 2002 i Paesi OECD avevano speso qualcosa come 230 miliardi di dollari in sussidi per il settore agricolo mentre nelle aree depresse del mondo gran parte delle tariffe e delle restrizioni erano state eliminate nel decennio precedente.
Paure argentine Sarà per l’evidenza dei fatti che la Fao, in definitiva, ha avuto il coraggio di fare la voce grossa solo sul tema del protezionismo invitando i sottoscrittori a liberalizzare il commercio delle materie prime e dei prodotti lavorati. Disgraziatamente, però, l’organismo Onu non ha saputo rimarcare alcune differenze sostanziali e le conseguenze non si sono fatte attendere. L’Argentina ha con|
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Prossima fermata: Malmö, Svezia
Nel vertice di Roma la Fao non ha assunto una posizione critica sugli Ogm e ha fatto un passo indietro sull’agricoltura organica.
testato l’uso nel documento dell’aggettivo “restrictive” sostenendo che il suddetto avrebbe connotato negativamente le politiche di controllo dell’export implementate da Buenos Aires. Nel tentativo di frenare la spinta inflazionistica (+9% secondo il governo, addirittura +20% secondo gli analisti “dissidenti”), il presidente Cristina Fernández ha imposto nuove tasse sulle esportazioni scatenando la violenta reazione dei produttori. La Fao probabilmente non approva ma i timori dell’Argentina restano vivi almeno quanto i ricordi della “fame” del 2002, con una percentuale di popolazione denutrita superiore al 3% e un incremento della mortalità infantile nelle regioni più povere di Tucumán, El Chaco e Jujuy. Un assurdo per un Paese dotato di una capacità produttiva in grado di soddisfare ben più dei suoi 40 milioni di abitanti, ma anche una dimostrazione definitiva di come il vero problema non sia la disponibilità delle risorse quanto la possibilità di accedervi.
Agricoltura organica? Mai sentita Non c’è solo l’apertura dei mercati ad agitare i critici di un vertice mai decollato. A sorprendere è infatti il passo indietro della Fao sull’agricoltura organica. ‹‹Si fanno apparire come necessari l’uso dello zucchero per i biocarburanti e gli Ogm» attacca Lucio Cavazzoni, presidente di Alce Nero & Mielizia, un’impresa di agricoltori biologici, apicoltori e produttori Fair-Trade, che definisce il vertice di Roma un “fallimento cosmico”. La Fao non ha preso alcuna posizione critica sugli organismi geneticamente modificati e, soprattutto, sulla gestione oligopolistica di un mercato che tiene i suoi consumatori, i contadini del terzo mondo, schiavi di semi sterili e royalties firmate Abengoa (Monsanto) o Syngenta. Come se non | 64 | valori |
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bastasse l’organismo non ha voluto ribadire quella posizione affermata appena un anno fa. ‹‹Gli elementi di maggior forza dell’agricoltura organica sono la sua indipendenza dai combustibili fossili ed il suo fare affidamento su mezzi di produzione disponibili localmente – scrivevano gli analisti Fao nel rapporto “Agricoltura organica e sicurezza alimentare” del 2007 – . Intervenendo con processi naturali incrementa l’efficacia dei costi e la resistenza degli ecosistemi agricoli nei confronti di condizioni climatiche difficili. (…) L’agricoltura organica inoltre rompe il circolo vizioso dell’indebitamento a cui sono costretti i piccoli agricoltori per acquistare i mezzi di produzione agricoli››. Sull’organico (31 milioni di ettari per un fatturato mondiale di oltre 40 miliardi di dollari secondo la Fao) occorrerà comunque lavorare ancora. Resta aperto ad esempio il problema dei costi di certificazione – ‹‹quasi il 10% del valore di un prodotto, una tassa imposta dal mondo ricco›› sottolinea Cavazzoni – spesso insostenibili per il Terzo Mondo, ma è pur vero che, alle attuali condizioni di mercato, quella “organica” resta l’unica via economicamente sostenibile per i Paesi in via di sviluppo. Sarebbe bastato citare qualche stralcio del rapporto 2007 ma il direttore Jacques Diouf e i suoi collaboratori hanno scelto di limitarsi a chiedere “maggiori investimenti per l’agricoltura” rendendo pubblici i contributi di “generosità” annunciati durante il vertice. Dai 5 miliardi degli USA scendendo fino ai 7,5 milioni della Nuova Zelanda si arriva a un totale di 18,36 miliardi. In assenza di indicazioni potrà anche sembrare inutile ma in fondo è un inizio. Meno di cinque mesi fa, a causa del rincaro del prezzo dei cereali, il World Food Program delle Nazioni Unite aveva annunciato il possibile taglio delle razioni nei programmi alimentari.
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A settembre più di 20mila esponenti di movimenti sociali, organizzazioni della società civile, sindacati e attivisti si incontrano. Per condividere esperienze, idee e campagne per costruire un’Europa più sostenibile, democratica e giusta
P di Jason Nardi
ARTITO DA FIRENZE NEL 2002, il Forum sociale europeo (Fse) ha percorso in questi anni molta strada, con un processo a volte accidentato. Da Firenze a Parigi, poi a Londra, poi pausa di un anno, quindi Atene, altra pausa e a settembre 2008, dal 17 al 21, è la volta di Malmö, in Svezia. Cinque giorni di seminari, dibattiti, manifestazioni, eventi culturali e artistici e spazio per “il pensiero strategico e la costruzione di alleanze”. Sembra una coincidenza singolare il fatto che due eventi usciti da una matrice comune come il Forum sociale europeo e Terra futura - ma poi totalmente indipendenti nel loro percorso e sviluppo - quest’anno abbiano posto al centro del dibattito il tema delle alleanze. In realtà entrambi gli eventi sono nati con l’idea di favorire la costruzione di strategie comuni e di mobilitazioni “per un altro mondo migliore” e la conclusione è che bisogna concentrarsi proprio su come far funzionare le alleanze, senza perdersi per strada.
Riconnettere i movimenti contro la frammentazione COME PARTECIPARE IL FORUM SOCIALE EUROPEO si terrà dal 17 al 21 Settembre 2008 a Malmö in Svezia, che è collegata a Copenhagen da un ponte e da una ferrovia. Il viaggio in treno è di circa mezz’ora. Per l’aereo conviene andare a Copenhagen. Sul sito Fse si trovano indicazioni per alberghi in città che possono essere prenotati via Internet. È prevista anche l’accoglienza in ostello e in campeggio. REGISTRAZIONI INDIVIDUALI: 40 euro. 20 euro per giovani sotto i 22 anni, disoccupati, pensionati e partecipanti dall’Est europeo. ORGANIZZAZIONI: dai 50 ai 250 euro a seconda della grandezza e della capacità finanziaria. Le registrazioni si possono effettuare direttamente sul sito: www.esf2008.org
Il Forum sociale europeo è oggi il principale “spazio” di confronto per i movimenti sociali, le organizzazioni della società civile, i network e gli attivisti, su “un’altra Europa possibile”, più sostenibile, democratica e giusta. Migliaia di attivisti si ritrovano per condividere esperienze, idee, campagne e formulare proposte per costruire le alleanze che creino la massa critica necessaria per delle azioni efficaci di cambiamento della società. Tra i partecipanti vi sono sindacati, reti di migranti, organizzazioni ambientaliste, femministe, movimenti per la giustizia globale, network pacifisti, dei diritti umani, associazioni di ricercatori e di giovani attivisti, e molti altri. In particolare, quest’anno, le organizzazioni dell’Est europeo saranno presenti con delegazioni numerose e saranno pienamente protagonisti del programma e del dibattito. «Sia dal punto di vista del programma che da quello del pluralismo delle organizzazioni coinvolte, questo Forum Sociale Europeo pare segnare un momento interessante e significativo di ripresa del processo», afferma Raffaella Bolini, dell’Arci, che ha seguito da vicino la preparazione del Fse. «Il lavoro di accorpamento dei seminari - prosegue |
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IL PROGRAMMA DEL FSE IN BREVE
APPUNTAMENTI LUGLIO>SETTEMBRE “leggere” responsabili di almeno mezzo milione di decessi ogni anno. http://disarmament.un.org
MERCOLEDÌ 17 SETTEMBRE ALLE ORE 18.00 il Forum sociale europeo si aprirà con un evento politico culturale.
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
del Paese.
GIOVEDÌ 18 E VENERDÌ 19 si terranno seminari e assemblee autorganizzate, divise in tre fasce orarie dalle 9.30 alle 21.00. SABATO 20, alla mattina ci saranno ancora seminari e assemblee tematiche. Nel pomeriggio ci sarà una manifestazione. DOMENICA 21 si terranno gli ultimi seminari, l’assemblea dei movimenti sociali e un evento di chiusura. Durante tutti i giorni del Forum si svilupperà un ricco programma culturale, con musica, performance artistiche e cinema. Bolini cerca di superare la solita iper-frammentazione del programma, di favorire la discussione fra le diverse reti e organizzazioni presenti. Molti sono quest’anno i seminari legati alla riflessione politica e culturale, oltre che quelli utili a rafforzare reti e campagne». Saranno affrontate molte questioni: dal trattato europeo ai diritti dei lavoratori, dai servizi pubblici al cambiamento climatico, dalla resistenza alla guerra e al razzismo, all’immigrazione e alla solidarietà globale.
Il Comitato Organizzativo Nordico «Il Comitato organizzativo nordico (Noc) vi dà il benvenuto a Malmö, Sud della Svezia, con i suoi movimenti popolari tradizionali, una relativa giustizia di genere e un forte welfare statale – tutti sotto attacco del neoliberismo e della globalizzazione guidata dalle multinazionali». Si presenta così il Noc, il comitato responsabile per l’organizzazione e la logistica del Fse. Costituito nell’ottobre 2007, ne fanno parte 130 organizzazioni – da sindacati nazionali al movimento esperanto, dalle principali organizzazioni ambientaliste e dei diritti di cittadinanza ai movimenti “pirati” che sono emersi nei paesi scandinavi negli ultimi anni. Nel consiglio direttivo sono presenti 15 rappresentanti – svedesi, norvegesi, danesi e finlandesi – e 11 gruppi di lavoro. Sara Andersson è la coordinatrice responsabile per il programma, l’informazione e la stampa. Fa parte di Attac Svezia e ha organizzato in passato due “forum sociali” locali nella sua città, Goteborg. «I problemi più grandi da affrontare - rivela senza nascondere la preoccupazione - sono come trovare 600 interpreti necessari per tutti i seminari, come accomodare tutti (ci aspettiamo più di 20.000 partecipanti e Malmö è una piccola città – anche se ha molti paesi vicini) e come chiudere il programma in tempo...» La scelta di Malmö è dovuta a questioni pratiche e politiche: «Dopo gli scontri al vertice europeo di Goteborg del 2001 - dice Sara - non ci avrebbero mai permesso di fare il Forum lì. E Stoccolma è una città troppo cara. Abbiamo voluto quindi scegliere una città più piccola e meno costosa, ma con un buon sistema di accoglienza, anche per poter coinvolgere più pienamente la cittadinanza. Durante l’estate stiamo girando in tutta la Svezia con un “tour” di rappresentanti del Fse in tutti i principali Festival per invitare la gente a partecipare». | 66 | valori |
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A Kiev l’assemblea preparatoria All’inizio di giugno, l’assemblea preparatoria europea si è svolta in Ucraina. «Aver fatto quest’assemblea a Kiev è stato importante, anche se molto difficile», afferma Sara. «Siamo stati ospitati da due sindacati locali che fino a poco tempo fa non si parlavano. In compenso, c’era un’ampia delegazione di attivisti russi e molti ucraini – il che ci fa ben sperare per la partecipazione di Europei dell’Est», conclude. A Kiev è cominciato il processo di “agglutinamento” delle oltre 800 proposte di seminari presentate da organizzazioni, movimenti e reti da tutta Europa. Alla fine del processo di “fusione” ne dovranno risultare 200, in modo da favorire la convergenza e le alleanze strategiche sui temi e le campagne che si confronteranno a Malmö.
Nove assi per cambiare l’Europa I temi di discussione sono organizzati intorno a nove assi tematici: si parte dall’inclusione sociale (welfare, servizi pubblici e beni comuni), poi una terra sostenibile (sovranità alimentare, giustizia ambientale e climatica), passando per un’Europa democratica e non securitaria (apertura, uguaglianza, libertà, diritti delle minoranze), per i diritti di eguaglianza (contro tutte le discriminazioni, contro il patriarcato), per un’Europa costruttrice di pace (contro le guerre, il militarismo e le occupazioni). E ancora, dalle politiche per un lavoro dignitoso per tutti (contro la precarietà e lo sfruttamento), alle economie alternative (giustizia, economia e sociale), dalla democratizzazione dei saperi (cultura, educazione, informazione e media) a un’Europa dell’inclusione (contro ogni forma di razzismo e per l’accoglienza di rifugiati e migranti). Tutte questioni di attualità e di grande respiro, per le quali si muovono molte organizzazioni, troppo spesso in maniera frammentaria e scollegata. Se il vento nordico riuscirà a rivitalizzare i collegamenti e le mobilitazioni comuni tra i vari movimenti, il Fse avrà ridato energia a una società civile ancora troppo scoordinata e debole come quella europea di fronte ai grandi processi di trasformazione imposte dall’Ue. E a preparare il processo di costruzione del 6° Forum Sociale Europeo, che nel 2010 approderà ad Istanbul, in Turchia.
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7-9 luglio HOKKAIDO (GIAPPONE) G8 SUMMIT Crisi alimentare, ambiente ed energia al centro della riunione dei rappresentanti degli 8 Paesi più industrializzati (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Canada, Giappone, Russia e USA) www.g8summit.go.jp/eng 11-13 luglio TINMOUTH (VERMONT, USA) SOLAR FEST 2008 RENEWEBLE ENERGY FESTIVAL Attiva dal 1995, Solar Fest è un’organizzazione no profit per la sensibilizzazione ai temi della conservazione delle risorse naturali e la promozione delle energie rinnovabili. L’edizione 2008 affiancherà intrattenimento e almeno 50 workshop sui temi dell’energia. www.solarfest.org 21-25 luglio PATRASSO (GRECIA) ECAI: EUROPEAN CONFERENCE ON ARTIFICIAL INTELLIGENCE 18° appuntamento biennale della sua storia, ECAI 2008 è organizzato dallo European Coordinating Committee on Artificial Intelligence dell’Università di Patrasso e dall’Hellenic Artificial Intelligence Society 27 luglio CAMBOGIA ELEZIONI PARLAMENTARI A quattro anni esatti di distanza si vota per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale. Grande favorito il Partito Popolare Cambogiano (Kanakpak Pracheachon Kâmpuchéa) che nel 2003 aveva conquistato la maggioranza assoluta della Camera bassa con 73 seggi su 123. I 61 membri del Senato sono nominati dal re Norodom Sihamoni su indicazione dei partiti.
28 luglio – 12 settembre GINEVRA (SVIZZERA) ONU - UNODA, CONFERENZA SUL DISARMO, PARTE TERZA Istituito nel 1979, lo United Nation Office for Disarmament Affairs (UNODA) si occupa del tema del controllo delle armi. Secondo la sua ultima denuncia, nel mondo circolano attualmente 87 milioni di armi
30 luglio – 1 agosto TOKYO (GIAPPONE) RENEWABLE ENERGY 2008 TOKYO FAIR E PVJAPAN 2008 Appuntamento nella capitale nipponica per la Fiera promossa dal Japan Council for Renewable Energy. Alla manifestazione si affianca il PV Japan 2008, l’esposizione dedicata all’energia solare organizzata dalla Japan Photovoltaic Energy Association (JPEA) e dalla Semiconductor Equipment and Materials International (SEMI). www.renewableenergy.jp http://pvjapan.org
3-8 agosto CITTÀ DEL MESSICO (MESSICO) UNICEF - CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL’AIDS L’agenzia ONU per l’infanzia ha recentemente sottolineato i progressi nella lotta alla trasmissione da madre a figlio del virus, un problema risolto oggi nel 31% dei casi (contro l’11% del 2005). Si stima che nel 2007 i bambini sieropositivi nel mondo fossero oltre 2 milioni. www.unicef.org 7-8 agosto BANGKOK (THAILANDIA) ASEAN 26esimo incontro dei ministri dell’energia dell’Association of South-East Asian Nations www.aseansec.org
10 agosto BOLIVIA REFERENDUM SUL MANDATO PRESIDENZIALE Dopo i successi degli autonomisti nelle consultazioni dei dipartimenti di Santa Cruz, Beni e Pando, il presidente Evo Morales ha indetto un referendum confermativo sul suo mandato. Morales e il tribunale elettorale boliviano hanno giudicato illegale il voto delle tre province unitamente a quello del dipartimento di Tarija (22 giugno). Le regioni autonomiste sono le più ricche di gas naturale, principale risorsa del Paese.
11 agosto – 12 settembre NEW YORK (USA) ONU - COMMISSION ON THE LIMITS OF THE CONTINENTAL SHELF, 22ESIMA SESSIONE Si riunisce la commissione ONU chiamata a implementare la Convenzione sul Diritto Marittimo. Al centro dell’interesse, negli ultimi anni, le contese di sovranità sull’Antartide. Entrato in vigore nel 1961, il Trattato Antartico ha sospeso per 30 anni ogni discussione relativa alla sovranità. A 17 anni dalla ripresa delle discussioni, l’Onu ha fissato al maggio 2009 il termine ultimo per presentare rivendicazioni in attesa che la commissione ad hoc inizi a valutare le richieste valutando una modifica del trattato. www.un.org/Depts/los/clcs_new /clcs_home.htm 21-23 agosto NEW DEHLI (INDIA) RENEWABLE ENERGY INDIA 2008 EXPO Una vetrina per l’industria locale delle rinnovabili, capace di richiamare l’interesse degli operatori stranieri alla ricerca di contratti nel mercato indiano. www.renewableenergyindiaexpo.com 22 - 28 agosto GINEVRA (SVIZZERA) ONU Incontro degli esperti della Convenzione sulla Proibizione dello Sviluppo, della Produzione e dello Stoccaggio delle Armi Tossiche e Batteriologiche. www.opbw.org 25-28 agosto DENVER (COLORADO, USA) CONVENTION DEL PARTITO DEMOCRATICO È il giorno del trionfo per Barack Obama. Il senatore dell’Illinois è rimasto l’unico candidato presidenziale del partito democratico dopo il ritiro della sfidante Hillary Clinton, chiamatasi fuori dalla corsa una volta accertata l’impossibilità matematica della rimonta. www.democrats.org 25-29 agosto ROMA (ITALIA) FAO - 20TH SESSION OF THE TECHNICAL CONSULTATION AMONG REGIONAL PLANT PROTECTION ORGANIZATIONS Conferenza Internazionale www.fao.org |
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26-29 agosto LIBREVILLE (GABON) WHO - WORLD HEALTH ORGANIZATION (ORGANIZZAZIONE MONDIALE PER LA SANITÀ) 1° Conferenza Interministeriale su Salute e Ambiente in Africa L’evento, dedicato all’individuazione delle priorità in materia nel continente africano, vedrà anche la partecipazione di agenzie, media, Ong ed esponenti della società civile. www.who.int
1-4 settembre MINNEAPOLIS (MINNESOTA, USA) CONVENTION DEL PARTITO REPUBBLICANO Investitura ufficiale per John McCain. Il 72enne senatore dell’Arizona ha conquistato la maggioranza assoluta dei delegati con netto anticipo sbaragliando la concorrenza dei rivali. Le elezioni presidenziali sono in programma il 4 novembre. www.gopconvention.com 1-5 settembre VALENCIA (SPAGNA) EUROPEAN PHOTOVOLTAIC SOLAR ENERGY CONFERENCE AND EXHIBITION Giunto alla 23esima edizione, l’evento è occasione di discussione tra gli operatori in merito ai più recenti sviluppi tecnologici in materia. www.photovoltaic-conference.com 7 settembre HONG KONG ELEZIONI PARLAMENTARI Quarto appuntamento per la regione “ad amministrazione speciale”. L’assemblea legislativa si compone di 60 seggi. 9-10 settembre WILMINGTON (DELAWARE, USA) AWEA OFFSHORE WIND PROJECT WORKSHOP Ultime novità dal settore dell’energia eolica, un segmento in espansione anche negli Stati Uniti. Al centro dell’attenzione i nuovi progetti di regolamentazione e l’esempio dell’Europa. www.awea.org 15-18 settembre RWANDA ELEZIONI PARLAMENTARI
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Movimento operaio
Rilanciare l’autonomia culturale di classe di Salvatore d’Albergo
PARLAMENTO DELLA COSIDDETTA SINISTRA RADICALE, è la sua chiusura in un’affannosa diatriba tra micro-correnti che si rimpallano le responsabilità di un così prolungato “tatticismo”. Quando quello che urge è l’approfondimento delle carenze “culturali” all’origine di una “prassi” politico-sociale divenuta sempre più subalterna ai poteri dominanti: incline all’apologia della “globalizzazione” e scissa da una “filosofia” critica delle nuove forme della contraddizione che continua ad attraversare il capitalismo. Dovrebbe almeno ora essere chiaro come, liquidato il Pci, con il pretesto della sopravvenuta crisi del “socialismo reale”, i suoi epigoni si siano adagiati (nella logica del bipolarismo e dell’alternanza al governo) in un “collateralismo”, ormai arreso alla presunta fatalità del superamento della prospettiva della “rivoluzione democratica”, cui si sono ispirate le lotte degli anni 1945-1978: con ciò recidendo le radici di una autonomia fortificata dall’intreccio tra ideologia dell’antifascismo, antagonismo di classe in nome dei principi della Repubblica fondata sul lavoro e lotta per la democratizzazione della società e delle istituzioni, nel segno di una Costituzione “democratico-sociale” alternativa al “costituzionalismo liberaldemocratico”. Ma non basta prendere atto che è fallita l’opzione di passare da una vocazione “antisistema” ad una logica “di sistema”, perché va soprattutto Più che della sinistra radicale, riconosciuto che la ripulsa del metodo emarginata in Parlamento del materialismo storico ha comportato e divisa in micro-correnti, si sente quella rinunzia all’autonomia culturale la mancanza di una lotta culturale. che è la causa prima del potenziarsi di una lotta Anziché sorprendersi dei successi di classe “unilaterale”, a favore di un potere del “leghismo”, occorre ripristinare d’impresa di cui ci si è limitati a conclamare l'organizzazione di massa le drammatiche conseguenze nel segno del cosiddetto “precariato”. Trascurando, però, dietro agli slogan sul “post-moderno”, “post-industriale”, “post-marxismo”, di perseverare nel più sistematico attacco alla continuità del dominio internazionale / nazionale di un capitalismo sempre preda di crisi cicliche. Infatti per uscire da un’impasse rivelatasi così catastrofica più a livello sociale che politico, il ritorno alla teoria “critica” appare indispensabile, sia per respingere la superficialità con cui si è additata al movimento operaio e ai suoi naturali alleati l’ineluttabilità di appiattirsi sulla “società che è cambiata”, sia per riprendere l’elaborazione di una strategia politica e sindacale volta a cogliere gli attuali nessi tra sociale, economico e politico, nelle prospettive di un “internazionalismo” più concentrato di quello che andava maturando nei decenni precedenti.
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UELLO CHE COLPISCE DOPO L’EMARGINAZIONE DAL
La lotta culturale tra le grandi narrazioni Lungi quindi dall’ascoltare le sirene di quanti (e fra essi anche intellettuali che in tempi non lontani ostentavano un marxismo più o meno ortodosso) ci invitano a rompere con idee di un passato da dimenticare, cancellando anche dalla sola memoria “il ‘900” così intriso di lotte di classe tanto significative specialmente in Italia, è urgente nella quotidianità e unità delle lotte riprendere l’uso | 68 | valori |
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del materialismo storico. Perché solo attraverso una “concezione del mondo” – nella lotta culturale tra quelle che oggi sono chiamate le “grandi narrazioni” – è recuperabile quel nesso, unitario e articolato al tempo stesso tra tutti i valori che segnano natura, ruolo e destino delle classi, idoneo a contrastare con la “filosofia della prassi” l’ideologia delle forze che, per puntellare un capitalismo rinnovantesi anche tramite le sue crisi, rivendicano stabilità di governo per garantire stabilità dell’economia, cioè del loro potere.
Stati nazionali e globalizzazione Benché l’offensiva ideologica del capitalismo (lanciata già all’inizio degli anni 70, in nome della “riduzione della complessità della democrazia”) si sia dilatata ovattando il suo tradizionale “liberismo” dietro al fantasma della “fine dello Stato”, della “fine del lavoro” e addirittura di “fine della storia”, è ben singolare che la reazione antidemocratica con forme di vario terrorismo sia stata concentrata spasmodicamente per cancellare la cosiddetta “anomalia” del caso italiano. Dato che sia il ruolo dello “Stato” sia il ruolo del “lavoro”, benché modificatisi via via, sono coessenziali a qualificare le interdipendenze sociali, economiche e politiche che il capitalismo, per sua vocazione storica “globale” (lo ha subito rilevato il “Manifesto” di Marx-Engels del 1848!) vede cadenzate nei singoli territori, irriducibili però ad un agglomerato indistinto, dominato dalle forme del capitale finanziario. Ed è infatti proprio nel “territorio” e nelle sue articolazioni, che il movimento operaio italiano ha condotto le lotte contro le grandi imprese nel cuore degli anni ‘70, su cui quasi l’intero fronte degli intellettuali pone una coltre di silenzio, in contestuale complicità con le politiche di rovesciamento dei processi di democratizzazione avviati con la strategia delle “riforme”: imperniata sulla rete delle assemblee elettive dando alla “legge” un connotato coerente con la “centralità” del Parlamento e sulla funzione normativa a sua volta assegnata alla contrattazione sindacale, in un processo di convergenza tra partiti di massa e sindacato di classe indirizzato alla socializzazione del potere, già ben consci delle interconnessioni internazionale/nazionale del potere capitalistico e nel contempo politico-statuale. Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale sono ben risalenti nel tempo e il processo di europeizzazione a sua volta risale ai primi anni ’50, sicché solo con una falsificante ideologia si può tentare di avallare – gli ex marxisti con il revisionismo ideologico e gli idealisti e i pragmatici con il rovesciamento dei rapporti struttura-sovrastruttura – la politica di cosiddetta “liberalizzazione”, mirante a reimporre il dominio oligopolistico sia nell’industria che nei servizi pubblici: in nome del primato del mercato sulla democrazia, dell’efficienza sull’efficacia, del privato sul pubblico, dell’economico sul sociale, dell’amministrazione sulla politica, degli esecutivi sulle assemblee, della governabilità sulla rappresentatività, della concertazione sul conflitto.
Non ci sono diritti se non c’è potere sociale Anziché sorprendersi dei successi del “leghismo”, occorre ripristinare l’organizzazione di massa, come strumento di reale e non effimera “partecipazione” dal territorio sui territori, per garantire la creazione e il consolidamento di quei “diritti” - mai enfatizzati come in questa fase, che ne vede invocata la sola “dignità” residuale -: diritti che non vivono e rimangono “cartacei”, se non sostenuti da un “potere sociale” che li fondi, nell’aspro conflitto con chi li disconosce e comprime. Potere sociale e democratico che contrasti la scissione tra diritti “civili” e diritti “sociali” volta a privilegiare astrattamente i primi sui secondi, poiché l’esigenza di trasformare la società deriva dalle conferme che i “diritti di libertà” sono illusori se non fondati sull’eguaglianza e quindi sull’emancipazione. Grave è infatti il rischio che la proclamazione di questioni “non negoziabili” – con riferimento alle “persone” dei due sessi in tutte le varie implicazioni – rimangono prive del reale esito, se non collegate contestualmente al peso che anche indirettamente rivelano i rapporti sociali di produzione, rinviando e drammatizzando l’impostazione e la soluzione delle “questioni identitarie” di cittadini, lavoratori, migranti, immigrati: tutti bombardati dalle ideologie che le comunicazioni di massa veicolano, in quanto a loro volta in mano a pochi monopolisti sottratti ai più complessivi controlli sociali e politici necessari a contenere il dominio dei centri di potere che condizionano la qualità della vita e la qualità del lavoro.
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economiaefinanza
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altrevoci MOLTO PIÙ DI UN PRESTITO, FIDUCIA E CREATIVITÀ
DEMOCRAZIA E FINANZA LA NUOVA SFIDA
DECRESCITA SOCIALE LA VISIONE DI LATOUCHE
UN MANUALE DA USARE ALLA FINE DEL PETROLIO
IL CONTAGIO UNA BORGATA SENZA SALVEZZA
TORNA CAPPELLI E IL GRANDE ROMANZO
Il volto di un clown, un palloncino, gli occhi di un bambino e la barba di un nonno. Immagini e parole si intrecciano in questo libro, per dipingere un mondo, quello del non profit, della cooperazione, della lotta al disagio sociale. Parole e immagini a tinte vivaci, forti, creative. Un romanzo e, contemporaneamente, un reportage. Il diario di un viaggio lungo tutta la penisola, da Nord a Sud, attraverso 14 storie, diverse ma simili. Una “scuola della fantasia” dove i bambini si immergono in un mondo magico, fatto di favole e colori, teatro e realtà. Un ex complesso militare, con tanto di residuato bellico, che si è trasformato in un laboratorio sociale, di formazione e per il tempo libero. Una casa famiglia in un casolare tra le colline toscane. Un’antica scuola di musica nel popolare quartiere romano di Testaccio. E altre ancora... Storie vere e verificabili, con tanto di nomi, cognomi e indirizzi. Progetti diversi con un elemento in comune: dopo aver bussato inutilmente alla porta di diversi istituti di credito, hanno ricevuto fiducia e un finanziamento da Banca Etica. La determinazione di chi crede con tutto sé stesso nei propri obiettivi. E la fiducia di chi vede il credito come uno strumento per fare, creare, aiutare. L’introduzione è affidata a Don Virginio Colmegna, che ha interpretato così il libro: «È un inno al rinnovamento, al lasciarsi reinventare dalla vita che te lo chiede».
I mass media hanno dato ampio spazio alla recente crisi finanziaria mondiale. Il testo descrive i meccanismi che preludono alle crisi finanziarie, spiegando in modo semplice termini come: liquidità, cartolarizzazione, bond, ecc. L’Autore discute del ruolo dei mercati finanziari e del loro operare con strumenti sempre più sofisticati e fuori controllo. La tesi sostenuta è che le crisi finanziarie sono ormai la forma principale di instabilità dell’economia mondiale e parte integrante, e non accidentale, del suo modello di sviluppo. A partire dagli anni ‘80 vi è uno squilibrio tra finanza ed economia reale che attende ancora una risposta. “Democratizzare” la finanza per riformare il capitalismo è la sfida fondamentale che ci attende.
Per Serge Latouche, professore di scienze economiche all’Università di Paris-Sud e specialista dei rapporti economici e culturali NordSud e dell’epistemologia delle scienze sociali, quando si parla di decrescita non si intende una crescita negativa, che di per sè sarebbe già un ossimoro. La parola adatta sarebbe invece “acrescita” che sottolinea anche il distacco da uno dei dogmi dell’economia, del progresso e dello sviluppo. Se è ormai riconosciuto che il perseguimento indefinito della crescita è incompatibile con un pianeta finito, le conseguenze (produrre meno e consumare meno) sono invece ben lungi dall’essere accettate. Il futuro non è roseo ma siamo ancora in tempo per invertire la rotta e adottare un sistema basato sulla “società di decrescita”.
Il prezzo del petrolio è alle stelle e noi dipendiamo troppo dall’oro nero. Come liberarci da questa dipendenza? La soluzione arriva da Albert K. Bates, fondatore dell’Ecovillage Network of the Americas e del Global Ecovillage Network. L’autore analizza i vari aspetti del nostro quotidiano proponendo al lettore dodici passi per liberarci gradualmente dalla mentalità petrolio-dipendente e costruire una società più sobria ed ecosostenibile. Il libro contiene riflessioni, ma anche suggerimenti e proposte concrete per modificare lo stile di vita in vista dell’inevitabile transizione all’era del postpetrolio, evitando toni catastrofistici e apocalittici. Oltre 150 ricette per l’autoproduzione di alimenti, la preparazione di conserve e la realizzazione di piatti vegetariani con ingredienti poveri, piante spontanee e riutilizzo degli avanzi.
Un romanzo sulla periferia di Roma, dall’intenso sapore pasoliniano. I nuovi ragazzi di vita, le borgate che si trasformano perdendo la loro identità, senza possibilità di salvezza. Una casa popolare, tre piani di cemento a vista e, all’imbocco della scala A, la scritta “l’invidia è la forza dei cornuti”. Dentro abitano Chiara e suo marito Marcello, ex culturista dalla sessualità incerta, Francesca, la paraplegica combattiva militante di sinistra, Bruno, ultrà romanista in affidamento diurno. E poi Gianfranco, lo spacciatore che prova a entrare nel giro grosso, Eugenio detto “er Trottola”, che lavora in un’officina e si scopre innamorato della prostituta con cui convive. In questo paesaggio fatto di pezzi di campagna, villaggi e lembi di metropoli, le loro storie s’intrecciano, unendosi a quelle di personaggi che la borgata l’hanno scelta, per ribellione, per fascinazione.
“Parenti lontani” è stato definito (e a ragione) «Il grande romanzo italiano». Pubblicato nel 2000 e subito dimenticato è stato ripescato (per fortuna!) da Marsilio. Nel libro si racconta la storia di Carlino di Lontrone, giovane orfano di entrambi i genitori, che viene allevato dalla nonna paterna Ilde, matriarca piuttosto decisa che gli ha pronosticato un radioso futuro a capo della ditta di famiglia. Carlino va alla scoperta del mondo, dalle notti on the road nella lontana provincia lucana, alla New York degli anni Ottanta (immortalata nella copertina del bravo Luca Pignatelli), dove s’imbatterà in tycoon arroganti, maghi guru e gangster, artiste d’avanguardia e miliardarie bizzose, barboni e snob squattrinati e in una ragazza che sembra una favolosa nullità e che è invece destinata a diventare un’icona del nostro tempo: Madonna.
ALBERTO BERRINI LE CRISI FINANZIARIE E IL DERIVATUS PARADOXUS
Editrice Monti, 2008
SERGE LATOUCHE BREVE TRATTATO SULLA DECRESCITA SERENA
Bollati Boringhieri, 2008 LUCIA VALCEPINA E FABRIZIO PADOVANI FARFALLE D’INVERNO
ALBERT K. BATES MANUALE DI SOPRAVVIVENZA ALLA FINE DEL PETROLIO
WALTER SITI IL CONTAGIO
Cooperativa Editoriale Etica, 2008
Aam Terra Nuova, 2008
Mondadori, 2008
GAETANO CAPPELLI PARENTI LONTANI
Marsilio, 2008
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ARCHITETTO AMERICANO VISIONARIO E INNAMORATO LA LIBERTÀ È UN PASSERO BLU CHE VOLA IN BRASILE
All’inizio lui è solo un promettente ma sconosciuto architetto a cui una giovane coppia affida il progetto della propria casa. Un incarico che pare come tanti altri. Sulla costa nordorientale del Brasile, donna Menina domina uomini e terre dalla sua villa Nessuno poteva immaginare rigogliosa. Né l’arcivescovo, né il governatore, che il progetto di quella casa tanto meno le figlie sottomesse osano opporsi sarebbe stata la scintilla al suo volere. Soltanto Marina, nipote adorata, di un adulterio e di un amore non cammina per casa in punta di piedi, scandaloso. Perché entrambi nel timore perenne della nonna centenaria. avevano una famiglia e dei Lei ha conosciuto altri mondi, si è scontrata figli, e il divorzio, nella società con paure più crude. Con João, Marina aveva americana dell’epoca, era esplorato i giardini abbandonati della città impensabile. E nessuno poteva vecchia, il porto con le navi cariche di sacchi immaginare che, un giorno, di cotone, il quartiere dei bordelli. Aveva quella casa sarebbe finita pescato i granchi a Jaçanã, nel silenzio salato nei manuali di architettura. della notte. Si era sentita scorrere il sangue Sette anni di ricerche nelle vene come un vino tiepido. Adesso João storiche, diari, lettere è in carcere per aver gridato che i poveri pagano e documenti per un romanzo per tutti, per aver scritto sui muri che il passero che è al tempo stesso è un uccello blu. l’avvincente ritratto di un’anima Marina, tenera e ostinata, lancia appelli, femminile e del suo tormento, va a trovarlo ogni sabato con un vassoio e un affresco vivissimo di biscotti fatti in casa. Le dicono che João di un’intera epoca storica. non potrà mai corrispondere il suo amore, che non potrà mai amare una donna. Le dicono che il bellissimo forestiero giunto da poco alla villa è stato l’amante di João. Marina accusa il colpo fin sotto l’ombelico, come se le avessero spaccato le viscere. Ma il suo amore non muta, non muore.
NANCY HORAN MIO AMATO FRANK
Einaudi, 2007
HELONEIDA STUDART LA LIBERTÀ È UN PASSERO BLU
Marcos y Marcos, 2008
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IL GIAPPONE RACCONTATO DA UN EUROPEO KOUDELKA CONSEGNÒ ALLA STORIA LA PRIMAVERA DI PRAGA
In “Diario Giapponese. Immagini di oggi tra ieri e domani”, Andrea Quattrini racconta in 32 fotografie l’esperienza artistica vissuta in Giappone. Un racconto per immagini, fatto con gli occhi di un europeo, in bianco e nero. Istantanee tratte dal quotidiano vissuto tra Kyoto, Tokyo e la sua provincia. Fotografie scattate sulle metropolitane, nei treni e nelle scuole di campagna, nelle strade caotiche e nel silenzio dei templi. Sacralità e nevrosi, dolcezze e solitudini. L’armonia del vecchio e le fughe del nuovo. Al centro l’uomo e le sue paure, le speranze, le sconfitte e le vittorie di tutti i giorni. Tra passato e futuro, contraddizioni del tempo presente. Un passato lontanissimo che resiste e un futuro ancor più distante: il Giappone di ieri e di domani.
Una prima assoluta, un’occasione per ammirare le fotografie dell’invasione di Praga (tra cui tante inedite) realizzate dal grande fotografo Josef Koudelka nel 1968, durante l’invasione di Praga da parte delle forze del patto di Varsavia. Un anno dopo l’invasione queste immagini passano la frontiera di nascosto e arrivano negli Usa, dove Elliott Erwitt, presidente della Magnum, le utilizza per un cortometraggio per la Cbs. Senza citare il nome dell’autore, la Magnum distribuisce il servizio alle maggiori riviste internazionali mentre Koudelka, ormai divenuto apolide, trova asilo politico in Inghilterra, inizia a viaggiare in Europa inseguendo i suoi soggetti preferiti e finalmente, nel 1971, entra a far parte della Magnum. Sono passati dunque qurant’anni dalla Primavera di Praga e questa mostra catapulta l’osservatore in quei momenti drammatici: l’arrivo dei carri armati, la sorpresa sui volti della gente che si trasforma in rabbia, la disperazione di chi cerca di fermare l’invasore con la sola forza del proprio corpo. Foto che documentano con grande capacità una stagione durissima e consegnano definitivamente quei fatti alla storia.
Fino al 31 luglio Sala Santa Rita Roma
BASAGLIA L’UOMO CHE CHIUSE I MANICOMI
SCOPRI E FOTOGRAFA IL PARCO INVISIBILE
DAI UNA OCCHIATA ALLE FOTO SU MAC
Franco Basaglia è entrato a pieno titolo nella storia del Novecento italiano. Fu lo studioso che liberò “dalla schiavitù” dei manicomi migliaia di persone. Se trent’anni fa ai matti è stata riconosciuta la piena dignità di persone, lo si deve a lui e alla legge che porta il suo nome. La legge 180 ha ridato libertà a vite segretate e sorvegliare perché “pericolose per sé e per gli altri”. Basaglia è stato il grande ispiratore di quella stagione di impegno civile, costringendo tutti a prender atto che il malato mentale non è un rifiuto della società, ma una persona che nella sua debolezza conserva la piena dignità di essere umano. La sua riforma si è via via definita a Trieste all’interno dell’ospedale psichiatrico di San Giovanni a partire dal 1971 e approvata nel 1978 dopo anni di polemiche e battaglie.
Il Parco Nazionale Gran Paradiso si è fatto promotore di un concorso fotografico il cui tema è “Il Parco invisibile”. Ovvero tutti quei luoghi sconosciuti o poco frequentati, gli spazi, le persone, le costruzioni e gli stili di vita all’interno dell’area protetta che sono per lopiù ignoti alla maggioranza dei suoi fruitori. Il concorso è aperto a tutti gli appassionati di fotografia, ed è rivolto a due categorie: residenti e non residenti all’interno del Parco. Gli autori dovranno inviare non più di 3 opere, a colori o in bianco e nero. È lasciata la più ampia libertà d’interpretazione limitatamente al tema indicato; condizione necessaria per l’ammissione al concorso è che le immagini siano scattate all’interno dei confini del Parco Nazionale Gran Paradiso. Informazioni e regolamento sul sito www.pngp.it Fino al 30 settembre
Solo un’occhiatina alle immagini. “Justlooking” è il nuovo software free per la visualizzazione delle immagini in Mac OS X. È stato progettato per essere usato al posto di “Anteprima” sia per la navigazione che per la visualizzazione della maggior parte di formati di file di immagine esistenti. Il programma non si concentra concentra su elenchi di file, bensì su file e cartelle. Una volta caricato un file, si può facilmente navigare attraverso tutti gli altri file all’interno della stessa cartella. JustLooking anziché interpretare le informazioni dei meta-dati, visualizza le immagini nella loro risoluzione originaria ed è in grado di mostrare correttamente anche le gif animate. L’intero programma può essere facilmente utilizzato attraverso semplici combinazioni di tasti. Nella nuova versione sono stati sanati alcuni bachi considerati critici.
Parco Nazionale Gran Paradiso
www.macupdate.com
Claudio Ernè
Fino al 7 settembre
BASAGLIA A TRIESTE. CRONACA DEL CAMBIAMENTO
Centro internazionale di fotografia Milano
Nuovi Equilibri, 2008
ATUNN TUTTO CIÒ DI CUI HAI BISOGNO LO TROVI IN INTERNET Atunn è l’acronimo di “All That U Need Now” (Tutto ciò di cui hai bisogno ora). Nasce dall’idea di poter fare tutto on line, senza installare nulla. Creato da due fratelli bolognesi, è il primo sistema Internet che organizza e seleziona le migliori applicazioni online e risorse. Facile da usare e con un design elegante, permette di attivare le categorie grazie ad una dockbar in stile mac posta in fondo alla pagina: ricerca, mail, musica, cinema, notizie e quotidiani, reti sociali, giochi, istant messaging, strumenti per le lingue, documenti e applicazioni. Per la ricerca basta inserire le parole chiave e premere Invio. Verranno mostrati i risultati ottenuti con i migliori motori di ricerca disponibili sul web. Innovativa è la sezione “musica” dove è possibile ascoltare brani 24 ore su 24 ore. Il lettore musicale fornisce anche informazioni per autore, titolo della canzone e dell’album. Il metamotore di ricerca include lo streaming online per film; una web radio innovativa che si appoggia a last.fm con la possibilità di scegliere la musica per generi, umore, tempo, stagione, eventi e via dicendo; una etichetta indipendente solo Creative Commons e tutte le migliori applicazioni web 2.0 a portata di di click. Atun in spagnolo e portoghese vuol dire tonno, animale emblematico cui gli autori si affidano per orientarsi nella rete.
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CON BENIGNI L’INFERNO DIVENTA DELIZIA
AYURVEDA UN VIAGGIO LUNGO MILLENNI
Roberto Benigni legge i Canti I, II e III dell’Inferno di Dante (tre cd euro 44,90). Questo giullare (serissimo) emoziona e diverte attraverso un’immaginaria lettera scritta al grande poeta Dante Alighieri. Un viaggio unico capace di spaziare dalla pura comicità alla Divina Commedia, passando dall’attualità alla poesia. Un lavoro che gli è valso l’Oscar tv 2008. Dall’entrata dell’Inferno, nel canto I, con i famosi versi “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, Benigni spazia al Canto II e al III nel quale Virgilio esorta Dante a oltrepassare la porta dell’inferno. Colpiscono la passione e la commozione di Benigni quando racconta la tragedia dei due innamorati, Paolo e Francesca, travolti da un amore profondo e travolgente. La bellezza del verso sta nell’orecchio di chi ascolta e non nella penna di chi scrive.
Ayurveda (euro 14,90) è un viaggio attraverso India, Europa e Stati Uniti, alla scoperta di un mondo e di persone che nell’era della globalizzazione riesce a vivere con naturalezza, secondo la filosofia ayurvedica. Il regista Pan Nalin avvicina medici e guaritori che posseggono e tramandano il sapere scientifico degli antichi testi sacri di conoscenza indiani: i Veda. In questa visione corpo, mente e spirito rappresentano non solo un tutto inscindibile, ma anche tre componenti che hanno la medesima importanza nelle pratiche di guarigione, di prevenzione e di vita. Ayurveda è infatti il termine sanscrito che indica la Scienza (Veda) della Vita (Ayus) e rappresenta nella mitologia indiana una verità rivelata che gli antichi saggi hanno ricevuto per intuizione diretta da Brama il creatore: Ayurveda ci guida nell’incontro di chi, millenni più tardi, tramanda, pratica e trae giovamento dalla scienza della vita e dall’arte della guarigione.
ROBERTO BENIGNI TUTTO DANTE VOL. I
Cecchi Gori, 2008
PAN NALIN AYURVEDA
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Feltrinelli, 2008
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ARCHITETTI SOSTENIBILI PREMIATI A FIRENZE TERRA FUTURA: UN MODELLO DA CUI ATTINGONO ANCHE GLI USA
Premiati a Terra Futura i vincitori della terza edizione del concorso “Architettura e Sostenibilità”, per le migliori tesi di laurea e di dottorato di ricerca sui temi dell’architettura sostenibile, dell’innovazione tecnologica e della progettazione partecipata. Tra i 70 progetti presentati, hanno ottenuto il primo premio Nicola Fitti (laureato in architettura a Pescara) con la tesi di laurea “Nuovi paesaggi infrastrutturali” e Valeria Saiu (laureata in Ingegneria a Cagliari) con la tesi di dottorato di ricerca “Periferie sostenibili tra oriente e occidente. Trasformazioni contemporanee e nuove idee di città”. Tra le tesi di laurea menzionate: “Progetto della missione cattolica di Santa Germana e Marsassoum, Senegal” di Pier Cesare Vittadello e Gianni Ulgelmo; “Il disagio abitativo degli immigrati – progetto di autocostruzione a Mestre (Venezia)” di Andrea Andrich; “Progetto per una scuola di architettura” di Luca Frassanito.
La quinta edizione di Terra Futura ha fatto registrare ancora una crescita. Sono aumentati i visitatori, circa 94.000, gli espositori, 550, le realtà rappresentate, oltre 5.000. In aumento anche le attività: 220 appuntamenti culturali a cui hanno partecipato 850 relatori, 160 momenti fra animazioni e laboratori di buone prassi. Ottima la presenza degli studenti a “Terra Futura per la scuola”, circa 4000, e quasi 2000 i docenti. Un contributo alla crescita dell’iniziativa (promossa da Fondazione culturale Responsabilità Etica, Regione Toscana e Adescoop) è stato dato dai partner (Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente). Terra Futura è un progetto innovativo, tanto da diventare un evento a cui guardano con interesse altri Paesi, anche d’oltreoceano: come testimonia la partecipazione di un rappresentante del Green Festival (manifestazione americana su giustizia sociale, sostenibilità economica ed ecologia) e di delegazioni provenienti da Repubblica Dominicana, Brasile, Messico, Catalogna. La sesta edizione di Terra Futura si terrà dal 29 al 31 maggio 2009.
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FAIRTRADE MARCHIO EQUO, BIO E AMBIENTALE
FINANZA ETICA E RIFORMA DEL SISTEMA
TRAFFICO A LOS ANGELES SUL CELL
Il mercato equo e sostenibile è stato protagonista a Terra Futura 2008. Il fair trade italiano totalizza all’anno 115 milioni di euro di valore al pubblico (l’80% nel settore alimentare), distribuendo i suoi prodotti per metà attraverso le botteghe del mondo e per l’altra metà tramite i supermercati. Nella tre giorni alla Fortezza è stata sottolineata la necessità di coniugare certificazione sociale alle esigenze ambientali. Questo è il nocciolo duro anche della strategia di Fairtrade Transfair Italia, il marchio di garanzia dei prodotti equo e solidali nel nostro Paese. L’altro aspetto è la certificazione biologica. Fairtrade Italia ha sempre incentivato, con una retribuzione più alta, i prodotti biologici, che rappresentano il 65% delle merci che certifica. Il marchio Fairtrade registra una crescita globale del 47% , puo’ contare su un milione e mezzo tra produttori e lavoratori, sparsi in 58 Paesi in via di sviluppo che beneficiano del circuito; le vendite globali parlano di 2,3 miliardi di euro.
La crisi della finanza e la necessità di una riforma del sistema sono stati i temi centrali del convegno “Perché la finanza globale ha fallito?”, organizzato da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus, CRBM-Campagna per la Riforma della Banca Mondiale e Counter Bilance. Una denuncia dell’attuale situazione e la dimostrazione che la finanza etica può essere una risposta efficace verso la sostenibilità dell’economia, mobilitando il mercato e offrendo nuovi spazi per l’occupazione. Dalla Fortezza da Basso di Firenze ha preso, dunque, il via, annunciato dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, il percorso di condivisione di una proposta di riforma di legge per rivedere i meccanismi che regolano i mercati finanziari e il loro rapporto con lo sviluppo, la produzione, la compatibilità ambientale e sociale. Tra gli obiettivi della proposta: la tracciabilità a monte del denaro, agevolazioni fiscali, standard di trasparenza per gli investimenti socialmente responsabili, disincentivazione dei paradisi fiscali e bonifica della finanza.
Il problema del traffico nella megalopoli Los Angeles è molto sentito. Ogni giorno migliaia di cittadini e visitatori restano bloccati anche per tempi considerevoli sulle principali arterie della città. Il network televisivo NBC ha pensato così di offrire un servizio di monitoraggio del traffico in tempo reale dai diversi punti nevraglici della città. Fin qui, nulla di particolare, Traffic Cam è tuttavia pensato come un progetto crossmediale e non televisivo, consultabile via telefonino. L’utente si collega ad una rete di quasi trecento telecamere posizionate in città che inviano via streaming il segnale indicante lo stato del traffico. Prima di accedere ad una direzione si può quindi valutare in modo empirico se si rischia di restare imbottigliati nel traffico per un periodo più o meno accettabile. Traffic Cam è nato da una partnership tra il network NBC e il Dipartimento dei Trasporti locale ed è formalmente gratuito per l’utente finale anche se, in una logica sempre più diffusa nella Rete, chi vorrà fruire di questi contenuti dovrà accettare lo spot pubblicitario inviato dall’emittente.
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LA MUCCA PAZZA AGITA LA RETE Il mix tra mucca pazza e democrazia della Rete ha prodotto nella ipertecnologica Corea un fiume di proteste che allarma il governo. Per la prima volta sono stati minacciati provvedimenti per “razionalizzare” l’utilizzo della Rete che in Corea raggiunge il 94% dei cittadini. Il pretesto è stata una proposta governativa per reintrodurre l’importazione di carne bovina dagli Stati Uniti a seguito della cessazione dell’allarme sul fenomeno della “mucca pazza”. Veicolata sulla Rete la protesta dei cittadini che si dicono ancora timorosi per la propria salute è sfociata in manifestazioni di piazza. Il presidente coreano Lee MyoungBak, fautore dell’enorme sviluppo tecnologico coreano, si è detto sorpreso dalla irrazionalità della protesta che sarebbe stata fomentata tramite notizie tendenziose e spam per “attentare alla razionalità e alla fiducia dei cittadini”. I netizen, esponenti di rilievo della società civile coreana, di fronte a queste dichiarazioni si sono scatenati, intravedendo un tentativo di controllo della Rete e della sua libertà. Secondo Gaia Bottà di punto.informatico «i netizen coreani sono attenti osservatori della scena politica e mediatica e sono stati determinanti nelle nomine delle autorità politiche, sviluppando un solido sistema informativo basato sulla testimonianza diretta dei cittadini. In Corea i media tradizionali si trovano in difficoltà a tenere il passo di fronte all’attivismo della blogosfera e dei cyberattivisti».
future
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PASSAPORTI RFID PER UMANI ED EQUINI
ARCHITETTI DELLA LUCE E DISCUTIBILI ARCHI-STAR
In Germania alla polemica sulla tutela dei dati del passaporto Rfid è prontamente seguita l’offerta sul mercato hitech di prodotti a tutela della sicurezza. Le bustine porta passaporto dovrebbero contribuire alla tutela dei dati che potrebbero essere captati artatamente. Intanto in tutta Europa arriva il passaporto con il chip ma per i cavalli. L’ufficio che si occupa di Sicurezza Alimentare ha infatti disposto che tutti gli animali dovranno essere taggati e dotati di un documento di riconoscimento a onde radio. Il progetto è stato strutturato per poter «affrontare, contenere e debellare l’eventuale insorgere di malattie pericolose». Il regolamento verrà applicato a tutti i cavalli presenti sul territorio comunitario. Il codice assegnato ad ogni equino verrà registrato in una apposita banca dati, in cui verranno iscritte tutte le modifiche di nome, proprietario, allevamento e che permetterà la tracciabilità anche nel caso di modiche al nominativo. I cavalli destinati alla macellazione dovranno essere accompagnati dal passaporto in modo da rintracciare le carni all’interno della filiera alimentare.
Berlino, città di frontiere e avanguardie, presenta le architetture della luce in una mostra chiamata “Berlin a light” fino al primo febbraio 2009 al Markisches Museum. Per festeggiare il centenario del Museo lo sguardo è rivolto al futuro con una esposizione dedicata a un tema rilevante nelle future architetture: il ruolo della luce in architettura. Alla mostra interverranno anche rinomati artisti internazionali che presenteranno installazioni luminose all’interno del museo, come Christina Kubisch che sarà ospitata all’entrata. L’esposizione è centrata sul tema della luce artificiale e su come il suo avvento abbia reso possibile un’evoluzione architettonica e culturale della città ed una crescente ridefinizione dell’urbanistica basata non sulla ricostruzione ma sulla reinvenzione ottica e mediatica delle strutture. Una prospettiva di particolare interesse nel momento in cui, anche in Italia, si apre grazie a Franco La Cecla il dibattito sul ruolo degli “archi star”, architetti internazionali ormai divenuti presenze costanti nella progettazione a volte a scapito delle specificità della cultura locale e del genius loci.
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ililn. libreria n. 97 97 è è in in libreria 2008
anno XII numero 97 luglio 2008 € 7,90
RIVISTA MENSILE DIRETTA DA GOFFREDO FOFI
97
Roma e Napoli, dopo il crollo della sinistra: immigrati, zingari, discariche, periferie, truffe, complicità Donolo: Populismo e democrazia / Manconi: Razzismo all’italiana Borella: Miseria dell’urbanistica / Rossi: Don Milani in Umbria Ndiogou Fall: Africa e crisi alimentare René Girard: Speranza e apocalisse /Fernand Deligny: Seme di canaglia Nicola Chiaromonte: Il tempo della malafede
Razzismo all’italiana In Italia dai cpt ai cie: le carceri parallele La crisi alimentare vista dall’Africa
ARTE
Roma: la città di Alemanno,
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indiceetico
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VALORI NEW ENERGY INDEX NOME TITOLO
ATTIVITÀ
BORSA
Abengoa Ballard Power First Solar Canadian Hydro Conergy Solar Millennium Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Biogas Nord Phoenix Solar Q-Cells RePower Solarworld Solon Schmack Biogas Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems
Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Pannelli solari Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Pannelli solari Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche
Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Phoenix, USA Calgary, Canada Amburgo, Germania Erlangen, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Bielefeld, Germania Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Schwandorf, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca
CORSO DELL’AZIONE 20.06.2008
RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 20.06.2008
21,14 € 3,90 CAD 171,38 € 5,25 CAD 14,83 € 29,79 € 7,62 $ 33,65 € 465,00 DKK 9,81 $ 5,09 € 47,38 € 69,68 € 220,90 € 30,85 € 58,50 € 9,81 € 8,26 € 41,31 $ 681,00 DKK
-6,83% -44,50% -4,41% -10,46% -61,07% -70,53% -19,54% 94,73% 3,65% -45,64% -88,85% 222,31% 115,73% 297,30% -28,80% 97,84% -72,06% 9,84% 1,45% 333,76%
+48,10%
CULTURA
€ = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi
SOCIETÀ
Napoli: la rivolta a Chiaiano, assalto al campo rom, storia di un camorrista Le novità da Cannes Nicola Chiaromonte: SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1, comma 1, DCB ROMA
il tempo della malafede Redazione: via Redazione: degli Scialoia R edRedazione: az io ne : vvia iavia d edegli gdegli li S cScialoia iScialoia al oia 3 33 00196 Roma 00196 Roma 00196 Roma 1tel. 9d6e06/36002516 R edaz io ne : 0 v0iatel. gR loi m Scai al oia 3 06/36002516 tel. 06/36002516 t0 e0lfax /06/32828240 1.fax 90 6606/32828240 R3o6m0a02516 06/32828240 aexllo.straniero@contrasto.it 0 0 tffax .lo.straniero@contrasto.it 066//332680208225416 lflo.straniero@contrasto.it oa.xs0 tr6a/n3ie2r8o2@ 8c2o4n0tra sto. it lo. st r a n ie r o @c on tr a st o. it
w ww ww w .. ll o o ss tt rr a an n ii e e rr o o .. n ne e tt
I titoli di First Solar, Solar Millennium, Biogas Nord e Schmack Biogas sono entrati nell’Indice il 31.10.2007. Il loro rendimento risente dei rendimenti negativi dei titoli che hanno sostituito (Biopetrol, EOP Biodiesel, Pacific Ethanol, Suedzucker)
La bolla del solare non scoppierà di Mauro Meggiolaro I PROVANO OGNI ANNO.
Puntualmente, quando i titoli del solare comin10,78% ciano a surriscaldarsi, una schiera di analisti ben informati inizia a parAmex Oil Index [in Euro] lare di “colli di bottiglia”, “correzioni imminenti” e addirittura di “ri48,10% schio bolla”. Poi, puntualmente, non succede granché. Le quotazioni scendono per Valori New Energy Index [in Euro] qualche mese, ma alla fine tornano a risalire. Nessun crollo, nessuna crisi paragonaRendimenti dal 30.09.2006 al 20.06.2008 bile all’ultima grande bolla del 2000. «Allora si scommetteva su titoli dell’hi-tech, su nomi di imprese che, spesso, dietro non avevano nulla», spieFirst Solar www.firstsolar.com Sede Phoenix, Usa gano gli esperti del settore. Dietro al solare, inveBorsa Nasdaq, New York ce, ci sono industrie, catene di montaggio, c’è Rendimento 29.09.06 – 20.06.08 –4,41% (First Solar è entrata nell’indice al posto di Biopetrol, di cui sconta l’economia reale. È difficile che tutto si dissolva in i rendimenti negativi) pochi mesi. E c’è chi si spinge a dire che, in realtà, Attività Costituita nel 1999, First Solar ha iniziato a lanciare i suoi primi prodotti nel 2002. gli allarmismi di questi giorni siano stati creati ad È il maggiore produttore mondiale di moduli per pannelli fotovoltaici a film sottile. Dal 17 novembre del 2006 è quotata al Nasdaq. Chi ha investito in First Solar arte dalle grandi lobby del petrolio e del nucleare, al momento della quotazione oggi ha in tasca il 984,14% in più. preoccupate per l’ascesa di una fonte di energia Ricavi [Milioni di $] Utile [Milioni di $] Numero dipendenti 2006 sempre più concorrenziale. Intanto in Germania 503,976 1.462 158,354 2007 sono stati annunciati tagli del 7% ai sussidi pubblici per l’energia del sole, a partire dal 2009. I ti723 toli, per ora, hanno tenuto. Il calo dei contributi – 134,974 si dice – sarà più che compensato da un aumento 3,974 dell’efficienza. I mercati sono pronti a crederci.
C
UN’IMPRESA AL MESE
SCIENZA
l’eredità veltroniana
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in collaborazione con www.eticasgr.it |
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La galassia Pesenti
Che cosa si nasconde nel cemento italiano
Anno 8 numero 61. Luglio/Agosto 2008. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
Supplemento > Energie sostenibili
Dieci numeri annui di Valori
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Fotoreportage > Architetture futuristiche
Undici numeri annui di Nigrizia
DENNIS STOCK / MAGNUM PHOTOS
| bruttiecattivi |
Dossier > Confronto sobrietà decrescita: comuni le critiche non le proposte
Decrescita?
di Elisabetta Tramonto
Internazionale > Valori nel Congo della schiavitù al servizio delle miniere Finanza >Con il mercato dei derivati l’energia italiana rischia grosso Economia solidale > Ctm boccia Banca Prossima. E scatena il dibattito
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47 euro
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
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Anno 8 numero 61. Luglio/Agosto 2008. € 3,50
Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
Supplemento > Energie sostenibili
M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I - N U M E RO 6 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T
luglio / agosto 2008
Dieci numeri annui di Valori
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Fotoreportage > Architetture futuristiche
Dieci numeri annui di Italia Caritas Dossier > Confronto sobrietà decrescita: comuni le critiche non le proposte
Decrescita? Internazionale > Valori nel Congo della schiavitù al servizio delle miniere Finanza >Con il mercato dei derivati l’energia italiana rischia grosso Economia solidale > Ctm boccia Banca Prossima. E scatena il dibattito
a
40 euro
POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA
valori DENNIS STOCK / MAGNUM PHOTOS
Un’immagine dell’Italia ormai superata. O forse no. Del resto perché dovrebbe? Stando a quanto si legge ogni giorno sui giornali, c’è ben poco da indignarsi se uno straniero ha ancora in mente gli stessi stereotipi. Prendiamo, per esempio, una grande società italiana, solida, nel listino della Borsa di Milano, che fa ottimi affari con l’estero: Italcementi. Immaginiamo che voglia quotarsi a Wall Street (cosa non lontana dalla verità, secondo molti). Le autorità americane le spalancherebbero le porte? Qualche dubbio è legittimo. A metà giugno l’amministratore delegato di Italcementi, Carlo Pesenti (un nome molto, molto noto nel panorama, economico e non solo, Italiano. Basta ricordare il caso del Banco Ambrosiano, Licio Gelli, la P2 e i rapporti d’affari tra il banchiere Roberto Calvi e Carlo Pesanti, nonno dell’omonimo di cui scriviamo in questo articolo) è stato indagato dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, per concorso in riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, aggravati dall’avere avvantaggiato la mafia. Ma nel registro degli indagati è stata iscritta anche l’Italcementi spa, per “responsabilità amministrative”, in relazione all’accusa di “concorrenza con minaccia o violenza, aggravata dall’avere agevolato la mafia”. I difensori di Pesenti parlano di “un atto dovuto”. Sarà. Peccato che questa sia solo la ciliegina sulla torta. L’amministratore delegato del gruppo cementiero è coinvolto nell’inchiesta sulla Calcestruzzi spa, del gruppo Italcementi, sequestrata nei mesi scorsi Indagato l’amministratore perché accusata di infiltrazioni mafiose e di aver fornito delegato di Italcementi, alle imprese cemento di qualità inferiore a quello previsto Carlo Pesenti. Tra le accuse nei capitolati d’appalto. compaiono parole come: Secondo gli inquirenti la Calcestruzzi avrebbe proceduto, mafia, riciclaggio, denaro non solo nella provincia di Caltanissetta e in Sicilia, e beni di provenienza illecita ma su tutto il territorio nazionale, alla creazione di fondi neri, “da destinare - sostengono i pm - quantomeno in Sicilia, alla mafia”. L’azienda avrebbe fornito inoltre calcestruzzo di qualità inferiore a quello richiesto dalle imprese che eseguivano appalti pubblici. Un cemento di serie B, che potrebbe mettere in pericolo la struttura e la durabilità delle opere realizzate negli anni, tanto che il gip di Caltanissetta nei mesi scorsi aveva già ordinato il sequestro di diverse opere. E gli inquirenti temono che questo sistema possa essere stato esportato negli impianti del resto d’Italia che riforniscono i più grossi cantieri di opere pubbliche, fra i quali quelli di alcuni tratti della Tav, della nuova metropolitana e del maximuseo d’arte contemporanea di Roma, del nuovo palazzo della Provincia di Milano, del nuovo ponte sul Po di San Rocco al Porto (Lodi), e dei cantirei della chiesa di San Paolo Apostolo a Pescara, tanto per citare quelli più recenti. Un’inchiesta che pesa sull’immagine del gruppo Italcementi. Uno dei fiori all’occhiello della galassia della famiglia Pesenti (Carlo è tra i consiglieri di Unicredit, nel cda di Mediobanca, nel cda e nel Comitato Esecutivo di RCS Media Group) è Bravosolution, leader nelle piattaforme do e-procurement, cioè nelle aste on line per gli appalti di opere pubbliche. Un’azienda che avrebbe tutte le carte in regola per essere quotata a Wall Street. Ma sarà possibile? La Sec americana chiuderà un occhio? Difficile, molto difficile.
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IZZA, MAFIA E MANDOLINO.
Italia Caritas
SICUREZZA E MIGRAZIONI, I LIMITI DELLE NUOVE NORME
PACCHETTO. E IL PROGETTO? RUMENI D’ITALIA ORMAI SONO UN MILIONE: RISORSE, NON “MOSTRI” RICERCA SUI CONFLITTI L’AMBIENTE VA ALLA GUERRA CUBA RIVOLUZIONE AL BIVIO, LA CHIESA ASPETTA LE APERTURE
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