Anno 8 numero 63. Ottobre 2008. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
RAYMOND DEPARDON / MAGNUM PHOTOS
Fotoreportage > Mission Datar
Dossier > Fermare chi affama il mondo con finanza e monopoli è possibile
Terra protagonista Beni confiscati > La sfida alle proprietà di Cosa Nostra nella capitale e dintorni Finanza > Unicredit scivola sui sexy shop che perdono e imbarazzano Economia solidale > La finanza etica lancia la sfida della rete in Europa Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
| editoriale |
La terra
reagisce di Andrea Di Stefano
A ETICA SGR
DESSO CHE I PIROMANI SONO SCAPPATI sarà difficile respingere l’ennesimo assalto: dopo La caduta degli Dei, le banche d’affari che hanno dettato il bello e il cattivo tempo della finanza mondiale, senza le regole indispensabili già da più di un anno, il rischio delle schegge impazzite è all’ordine del giorno. La Sec, la Consob statunitense, dopo l’annuncio del piano di intervento pubblico da almeno 700 miliardi di dollari (ma probabilmente saranno più di 1000) per il quale dovrà essere votata dal Congresso degli Stati Uniti una deroga al tetto del debito pubblico, ha disposto il divieto delle vendite a breve su oltre 700 titoli. Ha assestato un colpo durissimo agli hedge funds, creature geneticamente ideate, allevate e diffuse dalle cinque Big Five di Wall Street (Bear Stearns, Merril Lynch, Lehman Brothers, Goldman Sachs e Morgan Stanley) immediatamente seguita dalle autorità di vigilanza dell’Australia, Olanda e Taiwan. Il rischio di provvedimenti tampone, senza un sistema organico di regolazione internazionale, che producono danni maggiori del previsto è immediato: non è un caso che il giorno del divieto (peraltro temporaneo) dello short selling, i contratti future sul petrolio abbiano registrato un’impennata di 16 dollari riportandosi a 122 dollari al barile. Un’altalena assolutamente inaccettabile. La stessa che colpisce da più di anno le materie prime agricole. Certo anche qui c’è un mandante, l’amministrazione Bush e il suo piano per l’etanolo e i biocarburanti, diversi esecutori (fondi pensione, hedge funds, le ex banche d’affari) e alcuni registi (i grandi trader di materie prime di cui vi proponiamo un identikit nel dossier). Ma qualcosa si può fare: sospendere le contrattazioni di contratti e opzioni sulle materie prime per un paio di mesi e mettere a punto quell’Agenzia Internazionale di Regolazione dei mercati finanziari che dovrebbe poi avere il compito di proporre strumenti fiscali, normativi e informativi che possano contenere gli effetti della speculazione e delle scorribande finanziarie. L’Italia tra pochi mesi avrà la responsabilità del G8 che non potrà non affrontare la crisi finanziaria più devastante della storia e potrebbe presentarsi con una proposta organica e coordinata in sede europea per adottare un sistema di regolazione e controllo dei mercati: Financial Service Authority internazionale, Tobin Tax su derivati e opzioni su valute e materie prime, obbligo di informazione sulle posizioni in derivati e opzioni, incremento dei depositi di garanzia, informativa disaggregata per paese per i gruppi multinazionali, repressione nei confronti dell’utilizzo dei paradisi fiscali. Nel caso italiano, nello specifico, è il momento di chiedere la sospensione dell’avvio del mercato dei derivati sull’energia: sarebbe irresponsabile permettere l’attivazione di una piattaforma in un momento di totale confusione, estrema volatilità e con gran parte degli operatori che hanno ideato il sistema falliti o costretti a cambiare nel giro di poche ore il loro status da banche d’affari a istituti commerciali.
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valori ottobre 2008 mensile
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| sommario |
Rhône Department.
Villefranche-sur-Saône, 2004
bandabassotti fotoreportage. Mission Datar dossier. Giù le mani dall’agrobusiness Cibo di carta, fame vera Tre multinazionali minacciano l’agricoltura mondiale Coltivare mais per biocarburanti: Ogm all’attacco Le mani sul raccolto: le schede sei big dell’agribusiness Andrea Segré: “Speculazioni ed eccesso di domanda: un mix micidiale” Scale mobili: il grano scende, la pasta sale Commercio equo, la formula magica contro l’inflazione?
finanzaetica Non ci sono salvadanai magici dietro le banche centrali Unicredit scivola sul porno. E fa un pessimo affare Tra le banche etiche mondiali scoppia la voglia di rete Terra, lavoro, capitale: una banca senza interessi Sisifo e Palm: due imprese di valore (sociale) Petrolio conflitti e interessi italiani nella zona del Caucaso
finanzaislamica economiasolidale
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Cosa nostra romana Dai fori imperiali a Latina, nelle case della mafia Energia top secret, Bruxelles nicchia L’azzardo di massa e i suoi effetti collaterali
lavanderia internazionale
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Elezioni Usa: al tavolo delle presidenziali il piatto forte è l’economia Carlo Secchi: “L’America è pronta a rialzarsi, con qualsiasi presidente” Nel Wto un conflitto tra vecchi e nuovi giganti Il destino del nuovo Paraguay
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| bandabassotti |
Mediobanca
Con Marina Berlusconi all’attacco del Corriere di Andrea Di Stefano
CUCCIA, IL “SACERDOTE” DI MEDIOBANCA, liquidava con appellativi non lusinghieri Silvio Berlusconi. Dal 28 ottobre una Berlusconi – Marina (nella foto), la figlia del premier – siederà nel consiglio dello stesso istituto. L’evento non sarà solo simbolico, ma sancisce definitivamente la presa del potere da parte di Cesare Geronzi. La lunga marcia sul salotto buono sta quindi per concludersi: nove mesi fa la Fininvest era entrata nel patto di sindacato completando l’occupazione iniziata con Ennio Doris e proseguita con il fidato collaboratore di Silvio Berlusconi, il produttore franco tunisino Tarak Ben Ammar. Ce n’è quanto basta per perseguire gli obiettivi del Berlusconi imprenditore: dalla presa del Corriere della Sera agli eterni progetti, da Mediaset-Telecom a Generali-Mediolanum. Più in generale, dal Berlusconi che, ancora prima delle elezioni, vedeva nelle banche – Geronzi escluso – un potere estraneo, se non addirittura avverso e collaterale invece all’avversario Prodi, si arriva all’ingresso di Marina nel “salotto buono” per eccellenza. La traversata del deserto creditizio pare conclusa, il mondo bancario e quello del premier ormai alleati. Specie se si aggiunge a quello che si muove nel mondo Mediobanca la vicinanza, o almeno la coincidenza di propositi, tra il governo e Corrado Passera, l’ad di Intesa-Sanpaolo, pronto a proporre la sua banca come istituto al servizio del paese come nel pur sfortunato caso Alitalia. Nella nuova rete di potere e relazioni che Geronzi sta tessendo per mettere al centro del sistema politico-economico Mediobanca – e sè stesso – gioca Con Marina Berlusconi si chiude un ruolo anche Marco Tronchetti Provera. Un anno fa l’assedio a Mediobanca era piegato dallo scontro con il governo Prodi, inseguito del Cavaliere e dei suoi sodali. dalle voci su disastri giudiziari in arrivo per gli illeciti Ora può puntare al Corriere attribuiti agli «spioni» della società telefonica. Oggi della Sera. E Geronzi si appresta a salire al comando delle Generali che la Procura di Milano ha chiarito che Tronchetti non è indagato e che la Telecom è stata venduta, il nuovo vicepresidente si profila anche affidabile alleato dell’asse Geronzi-Berlusconi. Il «lodo» raggiunto su Mediobanca come scritto da Adriano Bonafede su Affari e Finanza consente a Geronzi di puntare dritto, subito, alla vicepresidenza della controllata più preziosa, le Generali. E, giocando d’anticipo, di puntare subito dopo alla poltrona di Antoine Bernheim, l’ottuagenario presidente del Leone Alato, magari anche prima della scadenza del suo mandato prevista nell’aprile 2010. Con buona pace di Davide Serra, dei fondi attivisti e di tutti quelli che chiedono a Generali un rinnovamento profondo della sua “nomenklatura” e della sua strategia, senza la quale la compagnia (pur avendo registrato nell’ultimo semestre un utile percentualmente migliore di quello di Allianz, Axa o Swiss Re) resta un potenziale bersaglio per un inevitabile takeover dall’estero. Se questo è lo scenario bellico che ci aspetta, le ragioni di Geronzi sono intuibili. Come banchiere, con una sentenza di condanna in primo grado che presto potrebbe passare in giudicato, avrebbe il destino segnato per ragioni di “onorabilità”. Come assicuratore, invece, potrebbe cavarsela ancora una volta senza troppi danni. Lasciando nel contempo che gli uomini del Cavaliere possano finalmente mettere le mani sul Corriere della Sera, magari utilizzando figure ormai portate nell’empireo culturale come il presidente della Triennale, Davide Rampello.
E
NRICO
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> Mission Datar foto di Raymond Depardon / Magnum Photos
L’
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evoluzione della società è sempre segnata da un superamento e la sua capacità di rielaborare la cultura di un periodo è fondamentale per realizzarlo. Insomma, occorre ricordare dove, quando e cosa si era, per sapere dove si andrà. La direzione impressa dalla politica, che amministra i grandi processi sociali, deve dunque poter contare su una memoria di partenza, senza la quale è difficile gestire le dinamiche del cambiamento. I francesi sono sempre stati coraggiosi nel superare se stessi e l’istituzionalizzazione di questo “coraggio” ha dato vita a progetti che rappresentano un modello di riferimento soprattutto in ambito culturale e sociale. Uno di questi è la “Mission photographique de la Datar” (Délegation à l’aménagement du territoire et à l’action régionale), con cui nel 1984 lo Stato Francese ha deciso di dar vita a una delle campagne fotografiche più imponenti e importanti a livello europeo. Nel progetto vengono coinvolti i migliori fotografi europei, tra cui: Gabriele Basilico, Robert Doisneau, Francois Hers, Raymond Depardon, Gilbert Fasteneakens, Josef Koudelka, Lewis Baltz, Sophie Riestelhuber, Susanne Lafont, Christian Milovanoff, Holger Trultsch, Jean-Louis Garnell, Tom Drahos. Depardon lavora proprio nei luoghi che meglio conosce, a Villefranche-sur-Saône, dove, 30 anni prima, aveva iniziato a fotografare. Scopo della missione è indagare e testimoniare le trasformazioni del territorio nel tempo, cogliendone le dinamiche evolutive intrinseche. La Datar è infatti un’istituzione pubblica francese che si occupa di pianificazione e indaga i problemi connessi allo sviluppo del territorio, delle risorse locali, dell’industria, dell’agricoltura, dei flussi migratori, delle iniziative culturali, fornendo a chi deve amministrare gli strumenti per un miglior coordinamento ed equilibrio. Leggere in modo consapevole il territorio nell’era post-industriale significa ridare una rappresentazione culturale coerente e omogenea al paesaggio, operazione che richiede una lettura “aperta” e non solo per immagini. Per approfondire i problemi e organizzare la missione fotografica, sotto la guida di Bernard Latarjet e Francois Hers, si riuniscono periodicamente pianificatori, architetti, geografi, artisti, storici dell’arte. Vengono messe in campo moltissime questioni, principalmente quelle connesse alle modificazioni del territorio, alla sua perdita di coerenza, alla sua frammentazione e ibridazione. Ma vengono messe in discussione anche le vecchie categorie della geografia e in generale i metodi di rappresentazione, come in urbanistica, non più adeguati a indagare la realtà. Nelle riunioni periodiche si riflette sulla perdita dei simboli collettivi, o meglio sulla iperproduzione di simboli che in numero eccessivo non riescono più a rispondere ai bisogni essenziali della società. ANNO 8 N.63
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RAYMOND DEPARDON / MAGNUM PHOTOS
Per gestire i cambiamenti che attraversano un territorio, occorre conoscerne le dinamiche intrinseche. Negli anni Ottanta lo Stato francese dà vita alla più grande missione fotografica del Novecento, coinvolgendo i migliori fotografi europei. Il loro compito è leggere, interpretare e ridare coerenza simbolica al paesaggio nell’era post-industriale.
Fattoria Le Garet.
L’AUTORE Raymond Depardon, nato in Francia nel 1942, ha iniziato a fotografare all’età di 12 anni nella fattoria di famiglia di Le Garet. Nel 1958, dopo aver fatto “l’apprendista” da un fotografo-ottico a Villefranche-sur-Saône, parte per Parigi. Nel 1960 diventa reporter dell’agenzia
Dalmazzo e nel 1966 è il cofondatore dell’agenzia Gamma con collaborazioni in tutto il mondo. Dal 1974 al 1977, come fotografo e film-maker, documenta il sequestro dell’etnologo francese, François Claustre, nel nord del Ciad. Accanto alla carriera da fotografo, affianca anche quella di documentarista: nel 1974 realizza Une partie de
campagne, nel 1982 ha affrontato il tema della psichiatria con San Clemente. Nel 1978 entra a far parte di Magnum, nel 1979 pubblica “Notes” e nel 1981 “Correspondance New Yorkaise”. Nel 1984 partecipa al progetto Datar sulla campagna francese. Nel 1991 riceve il Grand Prix National de la Photographie.
Villefranche-sur-Saône, 1984
Nel 2000 La Maison Européenne de la Photographie di Parigi organizza una mostra sul suo lavoro. Il suo film su dodici grandi città è stato proiettato a Parigi, Tokyo e Berlino, tra il 2004 e il 2007. Nella sua vita di fotografo/regista ha curato diciotto lungometraggi e pubblicato quarantasette libri. |
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> Mission Datar
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RAYMOND DEPARDON / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage |
Fattoria Le Garet.
Villefranche-sur-Sa么ne, 1984
> Mission Datar
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JONAS BENDIKSEN / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage | Regione Rh么ne-Alpes: campi coltivati.
Villefranche-sur-Sa么ne, 1984
> Mission Datar
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RAYMOND DEPARDON / MAGNUM PHOTOS
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Fattoria Le Garet.
Villefranche-sur-Sa么ne, 1984
> Mission Datar
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dossier
RAYMOND DEPARDON / MAGNUM PHOTOS
a cura di Paola Baiocchi, Matteo Cavallito, Emanuele Isonio e Elisabetta Tramonto
Cibo di carta, fame vera >18 Tre multinazionali minacciano l’agricoltura >20 Coltivare mais per biocarburanti: Ogm all’attacco >22 Speculazione - eccesso di domanda: mix micidiale >24 Commercio equo: la formula magica contro l’inflazione? >26
Rhône Department.
Villefranche-sur-Saône, 1984
Agrobusiness
La terra ha bisogno di riposare I prezzi alle stelle hanno impoverito contadini e consumatori e ingrassato i colossi mondiali del settore. Che puntano sempre di più sugli Ogm | 16 | valori |
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Cibo di carta fame vera
DIVIDERSI LA TORTA, TUTTO IN MANO A POCHI
GLOSSARIO BIOCARBURANTE Combustibile utilizzabile come propellente che viene prodotto dalle biomasse. Oltre che per l’origine si distingue dal carburante fossile per l’impatto ambientale nullo in termini di emissioni atmosferiche. COMMODITY Materia prima o semilavorato dotato di caratteristiche standard e per questo producibile, stoccabile e commercializzabile pressoché ovunque e comodamente (da cui il termine inglese “commodity”).
ompro grano e vendo mais. Vendo riso e compro caffè. È come un grande Monopoli la borsa di Chicago delle materie prime (il Chicago Board of Trade, principale listino di scambio delle commodities). La posta in gioco, però, non sono le case del Vicolo stretto o gli alberghi del Vicolo corto, bensì il portafogli di molte famiglie, non solo italiane, svuotato per acquistare alimenti pagati a peso d’oro, e la sopravvivenza di intere popolazioni, che muoiono di fame perché non possono acquistare cibo così costoso. I prezzi delle materie prime agricole – grano, riso, mais, soia – stanno aumentando da anni, ma gradatamente (vedi GRAFICI ). Negli ultimi dodici mesi, invece, è come se fossero impazzite: su, su, su (di molto) e poi giù (di meno), come sulle montagne russe.
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La speculazione ha talmente amplificato i movimenti dei prezzi delle materie prime, che questi non riflettono più l’andamento reale del mercato. In cinque anni aumenti fino al 180% | 18 | valori |
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QUOTA DI MERCATO POSSEDUTA
Frumento, mais e soia
85-90%
Caffè
85-90%
Zucchero
60-65%
Banane
80%
Cacao
80%
Tè
85%
FUTURE Tipo di contratto differito che interessa un sottoinsieme di derivati. Un contratto future specifica data, tempi e modalità di consegna di un sottostante al raggiungimento di un determinato livello di prezzo da parte di quest’ultimo. Nei periodi speculativi i contratti futures vengono tipicamente rivenduti prima della loro scadenza.
Cotone
80%
Cereali
82%
MERCATO OVER THE COUNTER Qualsiasi mercato di titoli la cui negoziazione avvenga al di fuori dei circuiti ufficiali delle borse. L’incontro tra domanda e offerta determina automaticamente una transazione non sottoposta ai vincoli tipici di una Borsa valori. In questo genere di mercato la speculazione non può essere rilevata né sanzionata.
Trasporto di granaglie
60%
DERIVATO Nella finanza qualsiasi titolo il cui valore dipenda da quello di un altro titolo o bene di riferimento definito “sottostante”. Può essere un contratto differito, un’opzione d’acquisto o un’assicurazione.
di Matteo Cavallito e Elisabetta Tramonto
MATERIE PRIME
Ma come viene stabilito il prezzo dei prodotti agricoli? Esistono due mondi, paralleli e strettamente collegati. Quello dove si comprano e vendono frutta, verdura, cereali. E quello dove si comprano e vendono (oggi) contratti per avere (tra qualche mese) frutta, verdura e cereali. Sono i famosi futures. È in questo secondo mondo che vengono fissati i prezzi, in base a quanti comprano e a quanti vendono. «Il mercato dei futures è nato perché produttori, allevatori e agricoltori avevano bisogno di sapere in anticipo quanto avrebbero venduto o prenotare prima quello che avrebbero usato poi (ad esempio il grano per la farina per fare la pasta)», spiega Maurizio Mazziero, direttore di Club commodity, una società e un sito internet (www.clubcommodity.com) specializzato nel mercato delle materie prime (trading, consulenza, formazione).
da di cibo da Paesi come Cina e India, le cui economie stanno crescendo a ritmi record. È colpa del petrolio troppo caro che influisce sui costi dei pesticidi. È colpa dei cambiamenti climatici, che rovinano i raccolti e provocano improvvisi cali dell’offerta e, quindi, aumenti dei prezzi. È colpa dei biocarburanti che sottraggono campi da coltivare a mais e frumento». Tutto vero, ma non basta a spiegare quello che sta succedendo. Se, infatti, al Monopoli delle commodities alimentari iniziano a giocare in molti – attirati da un mercato che promette profitti in un momento in cui pochi settori possono garantirne – con grossi capitali, che comprano e vendono tanto e spesso, la legge della domanda e dell’offerta non funziona più bene, è alterata, drogata da una speculazione che è aumentata vertiginosamente su questi mercati.
Mercato drogato
Speculazione, prove schiaccianti
«A determinare i forti rialzi e poi ribassi degli ultimi mesi è la legge della domanda e dell’offerta – continua Mazziero – La colpa di questa volatilità (i rapidi su e giù dei prezzi n.d.r.) è dell’aumento della doman-
La Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad) ha denunciato che «la speculazione ha talmente amplificato i movimenti dei prezzi che questi non rispecchiano più i fon-
IN MANO A:
Cargill Continental Louis Dreyfus Bunge & Born André, Toepfer Rothfos, ACLI (dall’83 acquisita da Cargill) J.Aron, Volkart Socomex ED&F Man Sucden, Phibro Tate & Lyle ED&F Man United Brands Castle&Cook Del Monte Gill&Duffus Berisford Sucden Unilever Associated British Foods Lyons-Tetley Cargill Volkart Mcfadden/Valmac Dunavant Tokyo Menka Kaisha Sumitomo Bunge & Born, Allenberg Cargill ADM Zen Noh Cargill Cenex Harvest satets ADM e General Mills
I dati sono tratti da Transnationale.org: un sito internet indipendente che contiene informazioni su oltre 11 mila aziende. Bilanci sociali, rating etici, valutazioni di impatto ambientale, dati finanziari. Tutti gli elementi che permettono di effettuare scelte consapevoli su quello che compriamo. Alcune consultazioni sono gratuite, la maggior parte a pagamento. Il prezzo da pagare per un’informazione indipendente.
damentali del mercato», cioè i prezzi di grano e riso non hanno più niente a che fare con la produzione effettiva. In un rapporto reso pubblico a metà agosto, la banca francese Credit Agricole, ha sottolineato che la diffusione di contratti futures sulle materie prime ha conosciuto una crescita senza precedenti. La posizione di mercato dei derivati scambiati sulla piazza di Chicago ammonta a un quarto dell’intera produzione mondiale di mais e soia e all’8% di quella del frumento. Secondo il Comitato per la Sicurezza Nazionale e gli Affari Governativi degli Stati Uniti, nell’ultimo quinquennio gli investimenti nei fondi legati alle commodities (petrolio incluso, s’intende) sono aumentati di venti volte passando dai 13 miliardi di dollari del 2003 ai 260 del 2008. Contemporaneamente il prezzo medio delle 25 principali materie prime (tra cui cacao, caffè, mais, soia e frumento) è aumentato del 183%. «Ci sono tutti i segnali di una bolla – spiegava il magnate George Soros in una recente audizione al Congresso Usa –. Banche e fondi pensioni si sono buttati sulle materie prime per ridurre le ingenti
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1.000 800 1/9/2008
600
719,4 400
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[ QUOTAZIONI IN DOLLARI AL 16 SETTEMBRE 2008 ]
1.500 1.300 1.100
1/9/2008
1159,0 900
500
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700
FONTE: CME GROUP
PREZZO DELLA SOIA
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Le responsabilità dei biocarburanti nel rialzo dei prezzi del comparto alimentare sono ormai cosa nota. Il colpo di grazia agli scettici e ai negazionisti lo ha dato in estate la Banca Mondiale che, in un rapporto, originariamente confidenziale (vedi Valori n. 62, settembre
[ QUOTAZIONI IN DOLLARI AL 16 SETTEMBRE 2008 ]
2006
Più biocarburanti, meno scorte
PREZZO DEL GRANO
2005
Le enormi multinazionali che controllano il mercato ortofrutticolo, i grandi fondi di investimento, gli hedge fund, le banche d’affari, ma anche i piccoli speculatori. Tutti si sono buttati sul mercato delle commodities alla ricerca del massimo guadagno. Che non ha tardato ad arrivare, soprattutto per colossi come Cargill o Archer Daniels Midland, che giocano su tutti e due i fronti. Comprano e vendono la merce, ma anche i futures da cui dipendono i prezzi della merce. Un doppio gioco che gli permette di non cadere mai, qualsiasi cosa succeda. I risultati di bilancio lo dimostrano. In dieci anni il giro d’affari delle commodities agricole è cresciuto del 1400%. Tra le cinque multinazionali che controllano oltre l’80% del mercato dei cereali, nel 2007 Cargill ha visto aumentare i propri utili del 36%, Archer Daniels Midland del 67%, ConAgra del 30%, Bunge del 49%, Dreyfuss del 19%.
Sul tavolo del Congresso americano continuano ad arrivare proposte di legge per porre un freno alla speculazione. Finora però una legge non esiste. A metà settembre la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) ha annunciato un giro di vite contro i manipolatori del mercato aumentando i controlli sulle banche di Wall Street e obbligando queste ultime rendere pubbliche le loro posizioni. Nel mirino della CFTC ci sono soprattutto i derivati swap che sono tradizionalmente scambiati in mercati scarsamente regolati in cui è possibile raggiungere lecitamente posizioni speculative a causa di buchi legislativi (come il famigerato Enron Loophole) che ancora attendono di essere colmati. L'escalation dei controlli non sembra però soddisfare tutti. Bart Chilton, uno dei membri più critici della CFTC, ha pubblicamente sottostimato il potenziale della nuova strategia della Commissione sottolineando come le azioni di controllo della suddetta siano incapaci di incidere su quei mercati che si collocano al di fuori delle Borse (over the counter). Il raggiungimento di posizioni speculative in questi ultimi, è bene ricordarlo, risulta abitualmente invisibile ai regolatori a causa dell'impossibilità di un pieno monitoraggio.
2004
Chi guadagna e chi no
Un freno alla speculazione
2004
perdite sofferte per la crisi dei subprime». E per Warren Buffett, il secondo uomo più ricco del mondo, «intorno alle commodities si sta creando una bolla speculativa peggiore di quella dei dotcom (i titoli tecnologici, ndr)». Sulla stessa linea si pongono anche gli eurodeputati. Il Parlamento europeo il 22 maggio ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione “sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari”: «La crisi alimentare attuale è conseguenza di un aumento della speculazione sulle materie agricole», si legge nel documento.
FONTE: CME GROUP
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2008), ha ammesso che il 75% dell’aumento complessivo del valore delle materie prime nel settore agroalimentare è stato provocato dallo sviluppo dei biofuels. La spinta verso l’alto dei prezzi si determina essenzialmente in due modi. In primo luogo l’aumento dell’attenzione verso i carburanti “verdi” produce un trasferimento di una parte delle colture dalla produzione alimentare a quella energetica (ad oggi il 20% dello zucchero del mondo è destinato alla fabbricazione di etanolo), riducendo l’offerta dei prodotti alimentari (fattore di mercato). In secondo luogo, le aspettative di crescita del prezzo delle commodities generano una spirale “inflazionistica” sui contratti differiti (l’universo derivati) che, nella maggior parte dei casi, finiscono per perdere la loro funzione di opzioni d’acquisto, per trasformarsi in veicolo di rendita (fattore speculativo). In questo contesto le economie più sviluppate sperimentano una crescita del proprio export, mentre i Paesi produttori delle aree in via di sviluppo corrono al riparo innalzando barriere alle esportazioni allo scopo di tenere sotto controllo i prezzi del mercato interno. Risultato: le scorte si riducono e i prezzi salgono ancora. Tenere sotto controllo i fattori di mercato è teoricamente più semplice. I provvedimenti legislativi che garantiscono sostenibilità alle colture destinate al settore energetico potrebbero risultare efficaci al pari dei trattati internazionali che impongano un abbassamento di quelle barriere che risultano eccessivamente distorsive per l’offerta. A creare i maggiori problemi è invece il monitoraggio del fattore speculativo, la vera tragedia degli odierni crampi allo stomaco del mondo.
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Così tre multinazionali minacciano l’agricoltura mondiale
LIBRI
Produrre carburanti vegetali dagli “scarti” del raccolto. Per Archer Daniels, Deere e Monsanto è la nuova sfida della ricerca. Per il settore agricolo è l’ennesima minaccia. UANDO UN COLOSSO DEL SETTORE come Monsanto decide di
Q
muoversi si può essere certi che l’affare fiutato dal management non è cosa di poco conto. Ma se insieme alla multinazionale USA scendono in campo contemporaneamente due giganti di Matteo Cavallito come Archer Daniels e John Deere allora gli analisti possono correggere al rialzo le previsioni di crescita del settore e gli scettici sono chiamati implicitamente ad alzare il livello di attenzione soprattutto se il segmento in questione è quello agricolo e l’obiettivo dello sforzo è un nuovo programma energetico. Produrre biocarburanti sostenibili a partire dagli scarti dei raccolti. La “bella pensata” delle tre corporation (attive rispettivamente nel biotech, nell’agroalimentare e nell’industria delle macchine agricole) è stata resa nota a fine agosto dal quotidiano statunitense Chicago Tribune che, facendo leva sul proprio senso critico, ha comunque sottolineato l’esistenza di alcuni effetti collaterali. Già, perché se a prima vista la soluzione pro-
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posta dalla “triade” potrebbe apparire perfettamente eco-sostenibile, i dubbi (per non dire le certezze) sugli effetti perversi di quest’ultima sono in realtà ben noti. Parlare di “scarti” del raccolto, in primo luogo, è di per sé una scelta errata o, per meglio dire, volutamente fuorviante. Il cosiddetto “corn stover” (foraggio) di cui le corporation promettono il recupero non rappresenta infatti un “rifiuto” della produzione costituendo al contrario un elemento fondamentale nel ciclo produttivo e vitale del terreno, sul quale viene volutamente abbandonato con l’obiettivo di contrastarne l’erosione e di rivitalizzarne la fertilità. Uno scopo tutt’altro che marginale. La sostenibilità dei biofuels derivanti dallo stover, sostengono Monsanto e soci, starebbe nella sua capacità di non influenzare il mercato delle commodities alimentari dipendendo da un materiale non commestibile. Il problema, tuttavia, resta più complesso. Già sei anni fa l’ingegnere chimico Jim Hettenhaus, collabora-
tore tra le altre della stessa Monsanto, faceva notare in un’intervista rilasciata al magazine ufficiale dell’Institute for Local Self-Reliance di Minneapolis come la percentuale massima di “scarto” rimovibile senza causare un rischio-erosione fosse, nella migliore delle ipotesi, pari al 70%. Può sembrare sufficiente per spegnere l’avidità dei produttori ma siamo certi, verrebbe da chiedersi, che di fronte a un mercato che tende al rialzo la soglia di sicurezza non sarebbe mai varcata? La tutela dell’integrità del terreno, inoltre, non rapBIOCARBURANTI O AGRICARBURANTI? LA DISTINZIONE TRA I DUE TERMINI viene dal Sud del mondo ed è un contributo a non farsi ingannare da termini usati come “armi di distrazione di massa”: i biocarburanti sono quelli che utilizzano materiali biologici di scarto per produrre carburante come legno, sterco, bagassa (un residuo della lavorazione della canna da zucchero); mentre agricarburanti sono quelli ottenuti da apposite coltivazioni su larga scala.
presenta l’unico problema associato alla rimozione dello stover. Privato dei sottoprodotti del raccolto, il terreno perde in fertilità obbligando i contadini a far ricorso ai fertilizzanti. Tale scelta obbligata potrà forse garantire interessanti extra-profitti alla Monsanto ma rischia di strozzare i piccoli proprietari e le nazioni più povere che, già nel passato recente, avevano lamentato le gravi conseguenze del boom del prezzo dei fertilizzanti dopo l’avvio della corsa all’etanolo da parte di USA e Brasile. Le paure mai sopite, insomma, riemergono prepotentemente e così, agli oppositori della “rivoluzione verde” non resta che attaccarsi alle poche buone notizie. Ad agosto i ricercatori della University of Massachusetts si sono detti in grado di creare combustibile pulito dalla cellulosa degli alberi già estirpati (questa sì un prodotto di scarto). Un mese più tardi l’Unione Europea ha dimezzato l’obiettivo d’incidenza dei biofuels sul carburante continentale per il 2020.
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Joseph E. Stiglitz Andrew Charlton Commercio equo per tutti Garzanti € 24,00
Max Havelaar L’avventura del commercio equo e solidale Feltrinelli € 13.50
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IL MONOPOLIO DELLA FINE DEL MONDO
LE MANI SUL RACCOLTO
FATTURATO: 120 miliardi di dollari SITO: www.cargill.com Una parola per descrivere le speculazioni sulle materie prime agricole: Cargill. 120 miliardi di dollari di fatturato, 158 mila impiegati, 1100 sedi in 60 Stati. La multinazionale Usa, che insieme ad ADM e Bunge controlla il 90% del mercato mondiale dei cereali, negli ultimi quattro mesi del 2007 ha aumentato i propri guadagni dell’86% (da 553 milioni a 1,03 miliardi di dollari). Nel 1937 l’azienda fu sospesa dal gruppo di direzione del commercio di Chicago per il mais, nel 1963 con la farina e nel ‘73 con la soia. E nel 2004 ha sborsato 24 milioni di dollari per una causa collettiva di altre imprese del settore alimentare che contestavano gli accordi presi a livello mondiale per assicurarle una posizione di monopolio sul segmento dei dolciumi a base di grano.
FATTURATO: 43 miliardi di dollari SITO: www.bunge.com Fondata nel 1818, ha toccato lo scorso anno i 43 miliardi di dollari di fatturato (erano 26 nel 2006). Controlla il 25% del mercato mondiale dei cereali e, grazie all’attuale crisi alimentare, ha incrementato i profitti del 77%. Ma, dopo varie denunce di distributori di prodotti agricoli, lo scorso 10 luglio, i tecnici della Commissione europea hanno avviato dei controlli contro Bunge e Cargill, perquisendo a sorpresa vari uffici in Europa per verificare eventuali violazioni della concorrenza. Bunge, con Cargill e ADM è poi accusata da Greenpeace di avallare la distruzione della foresta amazzonica. Lì Bunge ha costruito illegalmente un intero porto per esportare la soia e ha stretto accordi con i latifondisti che si impossessano, spesso illegalmente, di aree di foresta pubblica e di terre indigene.
FATTURATO: 44 miliardi di dollari SITO: www.admworld.com «Non esiste un solo chicco di qualsiasi granaglia venduto sul libero mercato. Nemmeno uno solo. Potete trovare il libero mercato solo nei discorsi dei politici», diceva negli anni 80 il presidente Dwayne Andreas. Nel primo trimestre 2008 ADM ha incrementato i guadagni del 42% e di 16 volte i profitti d’esercizio per il commercio dei cereali. Produce 1,1 miliardi di galloni di etanolo all’anno, un terzo del mercato Usa. Nel luglio 2005, l’International Labor Rights Fund portò ADM davanti alla Corte federale di Los Angeles per aver deportato un gruppo di bambini dal Mali alla Costa d’Avorio e averli costretti a lavorare, dalle 12 alle 14 ore al giorno, senza paga e sotto tortura. La campagna per i diritti umani 2008 le ha assegnato il punteggio più basso fra le compagnie alimentari.
FATTURATO: 37 miliardi di dollari SITO: www.kraft.com È la seconda più grande azienda alimentare dell’America settentrionale e la terza più grande al mondo dopo Pepsi e Nestlé. Acquistata nel 1988 da Philip Morris per 12,9 miliardi di dollari e fusa con la sua sussidiaria alimentare, General Foods, ha fatto segnare nel 2007 utili per 2,59 miliardi di dollari mentre per il 2008 si prevede che il fatturato sfondi quota 40 miliardi. La rivista Earth Island Journal ha rivelato che la Kraft è nella lista delle imprese compromesse con lo sfruttamento del lavoro minorile esistente nelle piantagioni di cacao in Africa occidentale.
FATTURATO: 45 miliardi di dollari SITO: www.bayer.com Il gruppo tedesco è per lo più noto per la benemerita aspirina. Ma, oltre all’ambito farmaceutico, dietro al famoso marchio crociato esiste un gruppo ben più ramificato, con interessi rilevanti anche nel settore agricolo, degli agro farmaci e degli Ogm (recentemente l’African Centre for Biosafety ha denunciato la raffica di richieste di permessi della Bayer per eseguire esperimenti in pieno campo su otto varietà di cotone Ogm in Sudafrica). Il suo ramo Bayer CropScience fattura ormai 5,8 miliardi di euro (+2,2 nel 2007). In particolare il segmento degli agro-farmaci ha fatturato 4,7 miliardi di euro (+6,3%), per l’aumento di valore delle commodities agricole, della produzione da destinare ai biocombustibili e delle vendite in America Latina.
NELL’ISOLA NORVEGESE DI SPITSBERGEN, ultima fermata prima del Polo Nord nell’arcipelago delle Svalbard, sta prendendo forma un progetto che fa perdere il sonno agli ufologi e inquieta anche molte altre coscienze. Un bunker a prova di attacco nucleare, scavato nella roccia e inaccessibile come un castello medievale, promette di conservare i semi di tutte le varietà di piante del mondo. Nel progetto “Svalbard Global Seed Vault” (anche chiamato Banca dell’Apocalisse) sta investendo un gruppetto di soliti noti: la fondazione Rockefeller, la Monsanto, la fondazione Syngenta, la Pioneer Hi-Bred che studia OGM per la multinazionale chimica DuPont, il governo norvegese e la Fondazione Bill e Melinda Gates, che contribuisce con trenta milioni di dollari l’anno. La costruzione, dicono le agenzie, è quasi completata, ma il gruppo che finanzia il progetto fa pensare che la raccolta non sia per fini filantropici: Aldo Gonzales, dell’Unione delle Organizzazioni della Serra Juarez in Messico, che da anni si oppone all’invasione degli Ogm nelle coltivazioni di mais messicane, non ha dubbi che lo scopo sia monopolizzare le biodiversità. Aiuta ad essere sospettosi anche una notizia che ha preceduto di un mese la pubblicazione degli articoli sul caveau norvegese: a gennaio di quest’anno la metà circa degli ottantamila semi di piante in via d’estinzione provenienti da tutto il mondo e conservati nell’Istituto del Germoplasma di Bari, sono andati perduti per un aumento di temperatura. Le indagini della magistratura sono in corso.
FATTURATO: 4,6 miliardi di euro SITO: www.tateandlyle.com L’inglese Tate & Lyle è tra le maggiori multinazionali dello zucchero ma a cavallo tra gli Anni 70 e 80 ha diversificato le sue produzioni verso altre materie prime. Oggi la Tate – che per il 7% è posseduta dalla ADM e realizza profitti per 217 milioni di sterline – produce ogni anno 4 milioni di tonnellate di cereali e raffina oltre 2 milioni di tonnellate di zucchero che poi esporta in 35 Paesi. Ma è anche leader mondiale di un succedaneo dello zucchero realizzato dalla soia (lo Splenda), che, nel 2005 le è costata una denuncia dell’associazione “Cittadini per la salute” alla Food & Drug administration: chiedevano di revocare l’autorizzazione dello Splenda e di indagare su suoi presunti effetti collaterali (dolori intestinali e problemi di digestione).
Coltivare il mais per farne carburanti: gli Ogm all’attacco
Pa. Bai.
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[ BUSHES / ACRI ]
160
hanno formato potenti partenership: ADM con Monsanto; Chevron, Volkswagen e BP con DuPont e Toyota».
Il fallimento della rivoluzione verde 140 120
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151,1 100
RENDIMENTO MEDIO CEREALI NEGLI USA, SECONDO SYNGENTA 250
2007 CARATTERI INDICATORI ALLEVAMENTO ASSISTITO TRATTAMENTO DEL SEME 2000
1990
0
IBRIDI A INCROCIO SINGOLO 1960
IBRIDI A DOPPIO INCROCIO
100
1980
150
50
RIVOLUZIONE VERDE FASE 2 Introduzione degli Ogm
RIVOLUZIONE VERDE FASE 1 Miglioramento della resa per l’introduzione di ibridi
200
[ BUSHES / ACRI ]
FONTE: RIELABORAZIONE SYNGENTA SU DATI USDA
2002
1997
1992
1987
60
1982
80
1940
Si usa “l’emergenza” per eliminare il principio di precauzione verso coltivazioni geneticamente modificate
Anche il World developement report 2008 scommette sugli Ogm; il rapporto che ogni anno la Banca Mondiale redige su temi economici, per la prima volta dopo 25 anni è dedicato all’agricoltura come motore di sviluppo. Il capitolo “Catturare i benefici degli organismi geneticamente modificati per i poveri” invita soprattutto l’Africa ad aprirsi alle coltivazioni ingegnerizzate. Allenati da anni di fregature che arrivano dall’Occidente, i Paesi africani hanno letto nel documento della Banca Mondiale la ricerca di nuovi territori da sfruttare commercialmente nel Sud, per gli interessi del Nord. Riuniti nella conferenza del Mali sui cambiamenti climatici, 25 Paesi africani hanno precisato che gli agricarburanti rappresenterebbero l’occasione per espandere gli Ogm nel continente africano, dove per ora non sono commercializzati, e porterebbero più problemi che benefici: come dimostrano i precedenti della distruzione della foresta Amazzonica per far posto alla soia o la crescita del prezzo del grano in tutto il mondo a causa “dell’effetto agricarburanti”. «Il comparto del biotech sta registrando profitti altissimi – ha detto Eric Holt Gimenez dell’Institute for Food and Development Policy – soprattutto perché, in aperta sfida ad ogni legge antitrust, giganti del petrolio, del grano, dell’auto e dell’ingegneria genetica
RENDIMENTO MEDIO CEREALI NEGLI USA, SECONDO L’USDA
1977
C
Ogm alla ricerca di nuovi mercati nel Sud del mondo
1920
OGM (organismi geneticamente modificati) per riproporsi sulla scena mondiale come l’unica via di uscita dalla crisi alimentare. Il momento è propizio per la discussa tecnologia genetica: in nodi Paola Baiocchi me “dell’emergenza” c’è già chi si dichiara disposto ad abbattere il principio di precauzione, proprio uno dei maggiori freni alla diffusione degli Ogm, e riparte la loro disperata ricerca di consensi per conquistare mercati e inventare scoop per far salire le loro quotazioni in borsa. «È bastata la notizia che la Cina aveva deciso di aumentare gli investimenti per lo sviluppo delle biotecnologie – spiega Marcello Buiatti, professore di genetica all’Università di Firenze – per far impennare i titoli delle società quotate, anche se lo stesso Nasdaq ha riportato alla cautela, perché i cinesi cercano l’autonomia dai giganti dell’agritech e anche il consenso dei cittadini. Che al momento sugli Ogm in Cina è larghissimo, perché piantano cotone modificato, che non si mangia». OLGONO LA PALLA AL BALZO GLI
FONTE: USDA
I giganti dell’agritech e quelli del petrolio hanno stretto potenti partenership. Gli agricarburanti prodotti da sementi Ogm moltiplicano l’effetto speculativo.
Petrolio e agricoltura vanno a braccetto da quando i Rockefeller della Exxon nel 1944 hanno lanciato la “rivoluzione verde”, l’industrializzazione dell’agricoltura con sementi brevettate, da tirar su con fertilizzanti e pesticidi derivati dal petrolio (vedi BOX ). Sia il petrolio che i prodotti agricoli sono stati i protagonisti delle maggiori crescite speculative dell’ultimo anno e certo non sfugge la quadratura del cerchio rappresentata dagli agricarburanti ottenuti da Ogm. La rivoluzione verde non ha eliminato la fame nel mondo, anzi si è dimostrata un formidabile generatore di dipendenza economica, proprio come i suoi pronipoti geneticamente modificati: «Gli Ogm non danno produzioni unitarie superiori alle tradizionali – riprende Buiatti – come si vede nei grafici qui a fianco: il diagramma dell’USDA (il dipartimento dell’agricoltura americano) evidenzia una crescita continua della resa dei cereali per acro, sia prima che dopo il ‘96 quando sono stati introdotti gli Ogm, dovuta al miglioramento delle tecniche di lavorazione e alla selezione tradizionale. È interessante notare – conclude il genetista – che Syngenta sul suo sito pubblica lo stesso grafico ma contraffatto, perché a partire dal 1996 segna un’impennata delle rese unitarie».
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34%
[ I PRIMI 20 AUMENTI DEL 2008 VAR. % ULTIMI 12 MESI - IN ORDINE DECRESCENTE PER CONTRIBUTO ALL’INFLAZIONE DEL 1° SEMESTRE 2008 ]
33%
30%
31%
5%
6%
7%
5%
6%
5%
6%
5% 5%
4% 4%
4% 4%
3%
3%
5%
2%
ORTAGGI
6%
AFFITTI (CANONE MENSILE)
7%
12% SIGARETTE
6%
GAS PER RISCALDAMENTO
LATTE UHT
9%
13%
PASTO IN PIZZERIA
10%
11%
PASTO AL RISTORANTE
13%
SOSTITUZIONE PARAURTI
12% BENZINA VERDE
PANE
FEDE IN ORO
GASOLIO
0
13% 13% GASOLIO PER AUTO
5%
PASTA DI GRANO DURO
10%
FRUTTA
19% 19% 15%
VITELLO PRIMO TAGLIO
22% ACQUA POTABILE
22%
ENERGIA ELETTRICA
23%
DOMESTICA A ORE
20%
SOSTITUZIONE PORTIERA AUTO
25%
3%
4%
5%
I MARGINI DEL COMMERCIO ITALIANO MEDIA 2003-2005
ITALIA
MEDIA DE, IT, FR, ES, UK
Ricarico commerciale (in % sul prezzo d’acquisto dei prodotti destinati alla vendita) Ingrosso di materie prime agricole (51.2) 41,8% 16,7% Ingrosso di alimentari e bevande (51.3) 32,3% 22,6% Gdo alimentare (52.11) 28,0% 25,1% Dettaglio alimentari specializzati (52.2) 49,9% 40,1% Risultato lordo di gestione (in % sul fatturato) Ingrosso di materie prime agricole (51.2) 4,8% 3,5% Ingrosso di alimentari e bevande (51.3) 3,2% 3,6% Gdo alimentare (52.11) 1,7% 3,8% Dettaglio alimentari specializzati (52.2) 18,0% 11,8%
DIFF. %
25,2% 9,7% 2,9% 9,8% 1,3% -0,4% -2,2% 6,2%
Speculazioni ed eccesso di domanda, un mix micidiale sui prezzi A guadagnare sono le multinazionali del settore delle materie prime . Il commercio equo e solidale, rappresenta una possibile via d’uscita. (Elogio dello -spr+eco) indica la necessità di una “società sufficiente”, basata sulla riscoperta del dono e della reciprocità. Da docente, (è ordinario di Politica agraria internazionale e comparata all’università di Bologna e preside della facoltà di di Emanuele Isonio Agraria), Andrea Segrè punta il dito contro il modello di sviluppo occidentale e le ondate speculative, «veri responsabili degli sbalzi repentini dei prezzi delle materie prime agroalimentari».
I
Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria dell’università di Bologna.
L SUO LIBRO
L’aumento dei prezzi registrati negli ultimi mesi è quindi frutto degli speculatori? Non solo. Le cause sono molteplici. Detto questo, non c’è dubbio che le commodities agricole sono oggi un “bene rifugio”. L’esplosione della bolla immobiliare e la crisi dei subprime hanno spinto gli investitori, per recuperare le perdite, verso un settore – quello agricolo – che al momento ha margini di profitto maggiori. E in tali dinamiche, chi ci guadagna? Gli investitori, appunto. E le multinazionali del settore. Ma la cosa paradossale è che quando aumentano i prezzi alimentari, ce la prendiamo con fornai e agricoltori, che sono gli anelli deboli della filiera e non con chi vede i propri profitti andare alle stelle.
LINK UTILI Marchio di certificazione del commercio equo Consorzio CTM Altromercato Cooperativa Commercio Alternativo Federazione internazionale per il commercio equo Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare
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www.transfair.it www.altromercato.it www.commercioalternativo.it www.ifat.org www.ismea.it
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Lei parlava però di cause molteplici nell’aumento dei prezzi. Quali sono le altre? Premesso che è difficile stimare il peso di ciascun fattore, non c’è dubbio che sui prezzi dei prodotti alimentari incida molto l’eccesso di domanda esercitata da quei Paesi emergenti (India, Cina su tutti) che hanno iniziato ad adottare il nostro modello di sviluppo e di consumo. Un’ulteriore prova della sua insostenibilità. Poi ci sono le questioni dei biocarburanti, del peggioramento progressivo delle condizioni climatiche e la crisi degli accordi commerciali internazionali. Rimpiange il Wto? Il Wto non è equo, non è solidale, ha dei limiti enormi. Ma il suo fallimento è un disastro: produrrà la diffusione di accordi bilaterali, che penalizzeranno i Paesi più deboli più di quanto facesse il Wto. Aumenteranno le discriminazioni a danno dei Paesi in via di sviluppo e anche la stabilità dei prezzi delle materie prime ne sarà danneggiata. Ha indicato tutte cause internazionali. Esistono anche motivazioni “nazionali”? Le filiere sono troppo lunghe. Ci sono dei passaggi ineludibili ma vanno razionalizzati e resi più efficienti. Ciò non vuol dire che sia sempre possibile il rapporto diretto tra produttori e consumatori, come avviene ad esempio nei gruppi d’acquisto solidale. Quelle sono forme di acquisto che è giusto incentivare ma adatte alla nicchia dei consumatori più attenti, consapevoli e motivati. Una previsione per il futuro: crede che le speculazioni sul mercato agroalimentare continueranno? Non è detto. Il mercato, soprattutto quello speculativo, si
orienta dove i margini di guadagno sono più forti. Di certo però il trend di crescita dei prezzi difficilmente si arresterà. Le altre cause sono infatti strutturali e non scompariranno da un giorno all’altro. Le soluzioni quindi quali potranno essere? A livello mondiale servono strumenti di governance condivisi per gestire meglio le scorte e le politiche agrarie e alimentari. Lo stesso vale a livello comunitario: la PAC (politica agricola comune, ndr) aveva se non altro il merito di riconoscere la particolarità dei mercati agricoli. A livello locale, invece, si possono ottenere risultati importanti lavorando sulle filiere in un’ottica di accorciamento e di organizzazione. Crede che il commercio equo solidale possa essere una risposta alla volatilità dei prezzi? Sì, perché le sue regole garantiscono una maggiore stabilità dei prezzi. Tenendo però presente che i metodi di questo tipo di commercio non si possono estendere a tutti i prodotti. Secondo le centrali d’importazione di prodotti equosolidali, come Altromercato e Transfair, le relazioni stabili con i produttori, la negoziazione di un “prezzo giusto”, l’introduzione di meccanismi di prefinanziamento dei raccolti e i prezzi trasparenti lungo tutta la filiera sarebbero fattori di stabilizzazione che riducono gli sbalzi di prezzo. Concorda? Parola per parola. Non potevo dirlo meglio. In questo modo i guadagni sono legati ai costi di produzione e i meccanismi speculativi sono molto più difficili da attuare.
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LIBRI
Andrea Segrè Elogio dello –spr+eco Formule per una società sufficiente Edizioni EMI € 12,00
FONTE: COOP
I PREZZI CHE CRESCONO DI PIÙ
| dossier | agrobusiness | FONTE: REF PER COOP
| dossier | agrobusiness |
SCALE MOBILI: IL GRANO SCENDE, LA PASTA SALE PANE E PASTA A PESO D’ORO. Sarà anche colpa, in parte, dei rincari del grano, ma certamente non può essere l’unica causa. «Dall’inizio dell’anno le quotazioni del grano sono calate del 40%, ma i prezzi di pane (+30%) e pasta (+35%) restano ai massimi», rileva Coldiretti. Perché se i prezzi delle materie prime hanno invertito rotta, i prodotti che usano quelle materie prime non fanno altrettanto? «In Italia le filiere agroalimentari sono troppo lunghe: dal produttore al consumatore ci sono almeno cinque passaggi (produttoreintermediario-grossista-mercato-dettaglio-consumatore), se non di più – spiega la Confederazione italiana agricoltori (Cia) –. Questo fattore, insieme a infrastrutture e logistica scadenti, che rendono i trasporti difficili e costosi, fanno lievitare il prezzo dei prodotti agricoli». «Parliamo di aumenti dal campo alla tavola del 369% per la pasta, addirittura del 1.325% per il pane», rileva la Coldiretti. «Per i prodotti agricoli la fase produttiva incide per meno del 20% – dichiara la Cia – un litro di latte costa 34 centesimi alla stalla, 1,40 al supermercato. Stesso discorso per la pasta, che passa da 1,50 a 3,50 euro, e per il pane, da 1,30 a 3,30 euro». «Nel passaggio dai produttori ai consumatori esistono degli atteggiamenti speculativi che sfociano nel vero e proprio reato di aggiotaggio – denuncia Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti -. Il prezzo del grano incide appena per il 10% sul valore finale del pane. Lo dimostra il fatto che mentre il prezzo del grano è fissato a livello internazionale dal Chicago Board of Trade ed è sempre lo stesso nelle diverse città, il prezzo del pane raddoppia da Napoli a Milano». L’Italia spicca, in negativo, rispetto agli altri Paesi europei, registrando i maggiori rincari del pane: +12,1% contro il +7% della Francia, il +9% della Germania e il +11,2% della Spagna. E tra una città e l’altra lungo la penisola il comportamento dei prezzi è completamente diverso: a luglio l’aumento annuo più alto è stato rilevato a Napoli (+29,5%), il più basso a Firenze (+1,6%). Le famiglie italiane si stanno comportando di conseguenza, ridisegnando i loro acquisti. Coldiretti rileva che i consumi di pane sono scesi del 2,5% nel 2008. Una ricerca realizzata dal Ref e Ancc-Coop prevede che complessivamente nel 2008 i rincari degli alimentari costeranno alle famiglie italiane 8 miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno. A.V.
livello nazionale, dobbiamo “Arazionalizzare le filiere ed evitare i passaggi inutili.
I Gas sono utili ma possono coinvolgere solo i consumatori più consapevoli
”
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VECCHIO E NUOVO LISTINO A CONFRONTO
[ IL LISTINO COMPLETO SUL SITO DELLA COOPERATIVA ]
DESCRIZIONE
Caffè Tatawelo fuerte [arabica-robusta, per moka] Caffè Nuevo Mundo [arabica 100% moka] Caffè Buendia Huehuetenango [arabica 100% tostato a legna, moka] Orzo [tostato e macinato per moka] Demerara [zucchero di canna grezzo 500g] Tè Nero English Breakfast [India, 20 bustine] Cacao amaro Quinoa soffiata [Bolivia, 100g FLO] Antilla [cioccolato fondente extra 70%] Ciocador [fondente extra 100g] Miscela di curry Riso basmati Punjab [bianco bio 500g] Guarapo [zucchero di canna 1kg]
VECCHIO LISTINO
NUOVO LISTINO
VAR. %
2,90 3,40 2,95 1,60 1,40 1,90 1,60 1,50 1,55 1,90 1,50 2,50 3,60
2,95 3,40 3,10 1,60 1,45 2,00 1,70 1,50 1,60 1,90 1,40 2,80 3,60
1,69% 0,00% 4,84% 0,00% 3,45% 5,00% 5,88% 0,00% 3,13% 0,00% –7,14% 10,71% 0,00%
RISTORAZIONE, LA NUOVA FRONTIERA DEL MONDO EQUO C’È UN SETTORE, NEL MONDO del commercio equo e solidale, che è ancora poco “battuto” e dai margini di crescita tutt’altro che marginali. È quello della ristorazione. Fino a poco tempo fa, infatti, anche i più attenti all’eticità dei propri acquisti, non potevano scegliere il circuito equo per organizzare rinfreschi, catering aziendali o banchetti per il proprio matrimonio. Da qualche anno però sono nate in giro per l’Italia alcune cooperative che offrono tale servizio. Undici di loro dal 2007 si sono riunite in un coordinamento - il RiSol (www.risol.it) – e sottoscritto una carta d’intenti, impegnandosi a utilizzare prodotti del circuito solidale, dell’agricoltura biologica e a collaborare con i Gas locali per scegliere i produttori che rispettino determinati standard di eticità. «Il RiSol – spiega il coordinatore Marcello Ceccarelli, che è anche presidente della cooperativa Harissa, la più grande nel mondo della ristorazione solidale con 400 mila euro di fatturato – vuole mettere in rete tali realtà. In questo modo possiamo
NON CHIAMATELO SETTORE DI NICCHIA: 2,3 MILIARDI IL GIRO D’AFFARI MONDIALE aiutare chi vuole entrare in questo settore, scambiarci esperienze, far conoscere meglio le nostre attività e, uniti, riusciamo a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Abbiamo persino potuto ampliare la gamma di ricette che offriamo». L’unione fa la forza, insomma. Essere piccoli e non in rete comporta infatti non pochi problemi: «Da quando abbiamo creato il coordinamento possiamo parlare insieme con le centrali di distribuzione per chiedere di realizzare delle confezioni adatte a un consumo “industriale”. Non siamo così costretti a comprare cous-cous, riso, zucchero o biscotti in confezioni da 500 grammi o un chilo, riduciamo i costi e anche gli imballaggi a tutto vantaggio dell’ambiente. Possiamo inoltre cercare un fornitore unico di piatti, bicchieri e posate in MaterBi (la plastica derivata dal mais, ndr). E saremo presto in grado di garantire la ristorazione in grandi eventi, cosa impossibile da realizzare da soli». Em. Is.
CHI PENSA CHE IL COMMERCIO EQUOSOLIDALE sia ancora un settore di nicchia si aggiorni. I dati parlano ormai di una realtà ben consolidata e in continua espansione. E dimostrano che i suoi principi funzionano anche su larga scala: nel 2007 il giro d’affari dei prodotti certificati Fairtrade (il marchio di certificazione dei prodotti equi e solidali) ha toccato i 2,3 miliardi di euro (+47% rispetto al 2006) e in alcuni Stati (come Irlanda, Norvegia e Svezia) è più che raddoppiato (vedi TABELLA ). In Gran Bretagna, i caffè del circuito equo rappresentano il 25% del mercato. Di questo sistema hanno beneficiato 632 gruppi di produttori, oltre un milione e mezzo di lavoratori svantaggiati in 58 Paesi in via di sviluppo. In Italia la crescita a valore è stata del 13% (superando i 100 milioni di euro) mentre quella dei volumi del 38%. I risultati migliori li hanno fatti segnare i prodotti composti (biscotti e snack) che sono più che triplicati. Il tè è cresciuto del 36%, il caffè e il cacao del 23. Nella crescita, è stata fondamentale la scelta di vendere i prodotti anche nella grande distribuzione. «In questo modo abbiamo potuto raggiungere una platea più ampia e generalizzata – commenta Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia – che, anche grazie all’aumento dei prezzi dei prodotti tradizionali, ha imparato a conoscerci. Paradossalmente la bolla speculativa nel settore alimentare è stato per noi un involontario alleato e ci ha resi più competitivi». Em. Is.
Commercio equo la “formula magica”contro l’inflazione? I prodotti equosolidali arginano l’impennata dei prezzi delle materie prime. Puntando sul prezzo “giusto e trasparente” guadagnano fette di mercato e aiutano le popolazioni locali. ARE ESISTA UNA “FORMULA MAGICA”, nel mondo del commercio, che tutela i prezzi dall’inflazione e allontana i rischi di speculazione. Garantisce i diritti dei produttori e al tempo stesso assicura ai consumatori la qualità di di Emanuele Isonio ciò che comprano. Non siamo nel castello di Camelot o di Harry Potter o nel regno di Narnia. È la vita reale. Certo, la formula mal si adatta al commercio tradizionale, schiavo di domanda, offerta e leggi del mercato. Ma nel settore dei prodotti equosolidali sembra funzionare benissimo, anche in un periodo in cui i prezzi vanno sulle montagne russe. «I nostri listini sono fermi da tre anni – spiega Claudio Bertoni, di-
P
rettore commerciale di Commercio Alternativo – Ora li aggiorneremo ma il rincaro medio, soprattutto per i prodotti alimentari, sarà inferiore al 4%» (vedi TABELLA ).
Win win solution
«Precisiamolo subito: il costo delle materie prime aumenta anche nel commercio equo – gli fa eco Pierluigi Traversa, direttore comunicazione di Altromercato –. Ci sono però dei fattori di stabilizzazione che riducono la volatilità dei prezzi e quindi il peso finale sui consumatori». Fattori che possono essere riuniti sotto una dicitura, che nasconde anche una precisa filosofia: Win win solution, una strategia basata sull’accordo tra i vari attori in gioco, piuttosto che sul conflitto. Il sistema di costruzione del prezzo di un prodotto equo18 – 26 OTTOBRE solidale è diverso dal mercato tradizionale TORNA “IO FACCIO LA SPESA GIUSTA” ed è riassunto in tre principi: relazioni stabili con i produttori, prefinanziamento SUPERMERCATI, LIBRERIE, RISTORANTI, PIAZZE: oltre 3000 punti vendita delle produzioni e prezzo giusto e traspaospiteranno promozioni e assaggi di prodotti equosolidali dal 18 al 26 ottobre, rente. «Per i produttori del Sud del mondo per la quinta edizione di “Io faccio la spesa giusta”, settimana nazionale conta più poter contare su un prezzo certo del commercio equo e solidale. All’iniziativa, promossa da Fairtrade Italia, perché permette di pianificare programmi aderiscono varie catene di distribuzione (Coop, Auchan, Lidl, Carrefour, i negozi a medio termine – osserva Paolo Pastore, biologici B’io e NaturaSì) oltre alle Botteghe del Mondo. Durante la settimana, spazio anche direttore di Fairtrade -. In più, nel circuito a cultura e intrattenimento: appuntamenti culturali nelle filiali di Banca Etica mentre molte librerie del commercio equo spesso si prefinanziaFeltrinelli ospiteranno “Fairtrade reading: scrittori del Sud – Lettori del Nord”, un itinerario di letture no i raccolti e si avviano progetti tecnici dal mondo che toccherà dieci città italiane e al quale parteciperanno Franca Rame, Amanda che migliorano qualità e quantità del proSandrelli e Patrizio Roversi. Inoltre, il 17 e 18 ottobre, ristoranti e agriturismi biologici del circuito dotto. Ciò crea i presupposti per relazioni Biocard proporranno “Io faccio la cena giusta” un menù all’insegna dei prodotti equosolidali. durature che alla fine incidono positivaL’elenco completo delle iniziative è disponibile su www.fairtradeitalia.it. mente sui prezzi». Un esempio: nel mercato tradizionale, il prezzo degli ananas
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IL COMMERCIO EQUO NEL MONDO STATO
GIRO DI AFFARI GIRO DI AFFARI 2006 [IN MLN €] 2007 [IN MLN €]
Australia/N.Zelanda 6,7 10,8 Austria 41,7 52,7 Belgio 27,9 35,0 Canada 53,8 79,6 Danimarca 23,1 39,5 Finlandia 22,4 34,6 Francia 166,2 210,1 Germania 110,1 141,7 Irlanda 11,6 23,3 Italia 34,6 39,0 Giappone 4,1 6,2 Lussemburgo 2,7 3,2 Olanda 41,0 47,5 Norvegia 8,6 18,0 Regno Unito 409,6 704,4 Svezia 16,0 42,5 Svizzera 142,3 158,2 Stati Uniti 498,9 730,9 Spagna 0,002 3,9 TOTALE 1621,3 2381,1
VAR, %
59% 27% 25% 48% 71% 54% 27% 29% 101% 13% 50% 16% 16% 109% 72% 166% 11% 46% 15210% 47%
oscilla tra picchi minimi (90 cent/kg) e massimi (2,8 €/kg) mentre nell’equosolidale il prezzo è fisso a 1,80. Un gap che nel medio periodo si assottiglia. Non è un caso che il mercato del solidale stia diventando più competitivo, conquisti fette di mercato (vedi BOX e TABELLA ) e continui a crescere anche in un momento di crisi dei consumi. «Le grandi oscillazioni – aggiunge poi Indira Franco, product manager di Fairtrade per riso e prodotti confezionati – sono scongiurate anche dal fatto che nell’equosolidale i piani d’importazione sono annuali e quindi il prezzo cambia una volta l’anno. Nel commercio tradizionale invece si acquistano i prodotti a partite e attraverso intermediari. Ciò asseconda (o causa direttamente) gli sbalzi di prezzo, in particolare quelli causati da bolle speculative». Pone invece l’accento sul “fattore-trasparenza” Pierluigi Traversa: «Con il produttore si contratta un prezzo giusto, che tenga conto dei reali costi di produzione e preveda margini per progetti sociali nella comunità locale. Se un produttore chiede di aumentare il prezzo concordato, deve dimostrare che la richiesta si fonda su dati oggettivi e non su ragioni speculative. Altrimenti si pone fuori del nostro tipo di relazioni». Ma, a quanto pare, i produttori, una volta capiti i vantaggi, difficilmente si allontanano, «anche perché – commenta Bertoni – dei guadagni legati agli aumenti dei prezzi agricoli, loro vedono ben poco».
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STOP WORLD POVERTY: QUATTORDICI PROGETTI NEL SUD DEL MONDO FRUTTA, SCARPE, CAFFÈ, SCIARPE, OLI, MIELE, PESCE. Direttamente da cooperative locali del sud del mondo nelle Coop di tutta Italia, grazie anche al supporto finanziario di Banca Etica. È il cuore del progetto “Stop world poverty” che vede coinvolte anche alcune Ong e Fairtrade. Verranno avviati 14 progetti di sviluppo delle attività economiche locali,
della durata di 18-36 mesi, basate sul modello cooperativo. Coop faciliterà l’accesso dei loro prodotti nel mercato italiano. Banca Etica anticiperà i contributi ai progetti, le Ong forniranno consulenza tecnica e commerciale alle comunità locali. Fairtrade Italia controllerà infine il rispetto degli standard imposti dal commercio equo e solidale.
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LIBRI
Michael Pollan Il dilemma dell’onnivoro Adelphi, 2008 Se il problema principale per un onnivoro negli anni ’80 era: «Cosa mangio?» e la risposta di Marvin Harris nel suo “Buono da mangiare” era stata «tutto quello che non ci fa ribrezzo», l’attuale dilemma è diventato: «Come sfuggo al petrolio che c’è in quello che mangio?». Michael Pollan, professore che insegna alla scuola di giornalismo di Berkeley risponde a questa domanda nel suo libro Il dilemma dell’onnivoro, partendo da lontano: ricostruendo come l’agricoltura Usa è stata trasformata in un’industria, grazie all’azione della lobby chimico-petrolifera. A partire dalla presidenza Nixon, i sussidi per i raccolti scarsi sono stati sostituiti da un minimo garantito pagato per ogni quintale di mais immesso sul mercato, spingendo gli agricoltori alla sovrapproduzione. L’incentivo è stato ridotto ogni anno, obbligando il coltivatore a produrre sempre di più, solo mais e ricorrendo sempre più massicciamente a pesticidi e fertilizzanti. Tutti derivati del petrolio, di cui questa agricoltura chimica - esportata dagli Usa nel resto del mondo non può fare a meno, come un alcolizzato della bottiglia. Ora indotta anche a una nuova dipendenza: quella da Ogm, i costosissimi semi geneticamente modificati che si riproducono solo in laboratorio. Pa. Bai.
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Non ci sono salvadanai magici dietro le banche centrali >30 Unicredit scivola sul porno. E fa un pessimo affare >32 Tra le banche etiche mondiali scoppia la voglia di rete >34
finanzaetica FONDI SOVRANI INVESTONO IN ENERGIA PULITA
INVESTITORI RESPONSABILI CONTRO IL NUOVO PETROLIO DALLE SABBIE BITUMINOSE
RICOMINCIO DA ME PER CAMBIARE STILE DI VITA
IN ITALIA CRESCE IL PRIVATE EQUITY
CAMBIO DI ROTTA: USA VERSO REGOLE CONTABILI INTERNAZIONALI
SVIZZERA: SU SEGRETO ED EVASIONE NON CAMBIAMO
Il fondo sovrano della Norvegia potrebbe orientare alcuni dei suoi assets verso investimenti specifici nel campo delle energie pulite. Lo ha riferito a fine estate il governo di Oslo al termine di tre mesi di consultazioni. La vicenda evidenzia ancora una volta la crescente attenzione espressa dalle autorità norvegesi in materia di investimento responsabile. Come ha sottolineato il ministro delle finanze Henriette Westhrin, in passato il fondo pensione statale del regno (il cui valore supera oggi i 250 miliardi di euro) aveva già scelto di giudicare la questione dei danni ambientali come un elemento sufficiente per escludere alcune società dal suo paniere di investimenti. «Vi sono delle promesse importanti che dobbiamo mantenere se vogliamo andare in questa direzione garantendo un ritorno finanziario per le future generazioni» ha dichiarato la Westhrin in una nota ripresa dal portale IPE.com. Particolarmente attiva nel presente, la Norvegia è stata uno dei precursori delle pratiche di investimento etico. Fino al 2004 il fondo pensione locale faceva confluire parte dei suoi assets verso un “fondo per l’ambiente” appositamente realizzato. Da quattro anni a questa parte l’introduzione delle linee guida per un investimento etico da applicarsi a tutti gli assets e a tutte le operazioni hanno soppiantato questa necessità.
L’estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose e dalle rocce fossili si diffonde sempre di più, ma le organizzazioni degli investitori responsabili riescono a tenersi al passo con i tempi sviluppando iniziative di sensibilizzazione e di contrasto. È quanto si evince dagli ultimi sviluppi di una delle vicende più criptiche e sconosciute del complesso universo del settore energetico. Le attività estrattive condotte sulle rocce e le sabbie rappresentano secondo i movimenti ecologisti una concreta minaccia all’ambiente dal momento che tendono produrre emissioni di CO2 decisamente superiori a quelle che comunemente si accompagnano all’estrazione tradizionale nel sottosuolo. Nel mese di agosto il WWF ha firmato una nota congiunta insieme ai membri dello UK Social Investment Forum (UKSIF) dando il via a un’attività di lobbying pensata per indurre i governi a vietare questo tipo di estrazione. Lo UKSIF ha annunciato l’avvio di una campagna specifica a partire da settembre. La distribuzione delle riserve di rocce fossili e sabbie bituminose, notano gli osservatori, sarebbe in grado di ridisegnare la geopolitica mondiale del settore petrolifero. Nella classifica per nazioni della disponibilità di riserve, infatti, dietro all’immancabile Arabia Saudita si piazzerebbe il Canada, vera e propria terra promessa di questa nuova corsa all’oro nero. Secondo il quotidiano Calgary Herald alcune compagnie del settore come ExxonMobil, Royal Dutch Shell PLC e Marathon Oil Corporation avrebbero già messo gli occhi sui giacimenti europei. L’estrazione “non convenzionale” era considerata in passato troppo costosa e sostanzialmente non competitiva. La crescita del prezzo del petrolio e del gas naturale renderebbe ora praticabile questo genere di attività.
L’Assessorato alla Partecipazione democratica, Nuovi stili di vita e Consumo critico del Comune di Firenze (con Legambiente Toscana, AIAB Toscana, Il Villaggio dei Popoli, ManiTese Firenze e Cesvot), promuovono “Ricomincio da me! Percorsi per il cambiamento degli stili di vita”. Un progetto rivolto a 600 famiglie e singoli cittadini di Firenze per promuovere la diffusione di comportamenti orientati alla sobrietà e al risparmio delle risorse. Il progetto si avvale del supporto di Banca Etica, Carsharing Firenze, ICEA, Mercafir, Seves, Silfi, Unicoop Firenze e del sostegno di Ataf, Linea, Centrale del latte Mukki, Toscana Energia, Publiacqua, Quadrifoglio. Le famiglie saranno accompagnate in un percorso alla scoperta di nuovi stili di vita, riduzione degli sprechi e di un uso più equo, rispettoso e responsabile delle risorse del pianeta. Previsti incontri sulle tematiche del progetto: risparmio energetico e dell’acqua, mobilità, rifiuti, alimentazione, consumo critico, turismo responsabile e finanza etica. Il percorso durerà sei mesi. Per maggiori informazioni: www.ricominciodame.com.
Il private equity piace agli investitori italani. Nonostante la crisi e nonostante i rischi. La raccolta del 2008, infatti, ha superato nel primo semestre i 2 miliardi di euro (erano 1,9 miliardi nel gennaio-giugno 2007). La stima - riporta l’agenzia Ansa - è stata fornita dall’Aifi (l’Associazione italiana del prIvate equity e del venture capital), che a Venezia organizza il proprio sesto meeting internazionale. Dopo aver archiviato un 2007 con livelli record di investimento (4,2 miliardi di euro complessivamente impiegati nell’anno, 2,6 mld i disinvestimenti, e raccolta di nuovi fondi per 3 miliardi), il mercato italiano nel capitale di rischio prosegue la propria corsa, anche grazie ad alcune importanti operazioni realizzate nel periodo. Tra gennaio e giugno, a livello di numero di investimenti, è stata raggiunta la soglia delle 150 operazioni (come nel primo semestre 2007). Sempre nei primi sei mesi del 2008, rileva l’Aifi, una decina di fondi ha effettuato con successo l’attività di raccolta di nuovi capitali. «Il mercato italiano del private equity e del venture capital - sottolinea il presidente di Aifi, Giampio Bracchi - da anni suscita grande interesse in ambito internazionale. Non è un caso che circa il 50% delle risorse affluite verso i fondi chiusi italiani provenga dall’estero».
Per una crisi senza precedenti ci vogliono rimedi senza precedenti. È la conclusione implicita raggiunta dalla Sec, la Securities and Exchange Commission, degli Stati Uniti che, con un voto unanime, ha approvato uno dei più significativi cambi di rotta nella storia della regolamentazione finanziaria americana. A partire dal 2016 tutte le imprese statunitensi dovranno adottare standard contabili internazionali allo scopo di agevolare gli investitori nella comparazione delle suddette uniformando le regole di compilazione del bilancio (e i relativi metodi di contabilità “creativa”). Quello che condurrà all’adeguamento definitivo sarà un processo graduale che dovrebbe prendere il via a partire dal 15 dicembre 2009 quando le 110 principali imprese USA dovranno redigere i propri bilanci secondo la nuova regolamentazione. Se la decisione definitiva sarà confermata nel 2011, dopo la prima sperimentazione, le restanti imprese saranno chiamate ad uniformarsi in via definitiva tra il 2014 e il 2016. L’approvazione finale di un sistema unico non dovrebbe tuttavia cancellare ogni problema. Tra l’organismo internazionale responsabile della codifica degli standard (l’International Accounting Standards Board - IASB) e i regolatori nazionali o regionali possono infatti verificarsi dei contrasti destinati a risolversi a favore di questi ultimi a fronte del diritto di “ultima parola” conservato dai suddetti. Al pari della UE, che in passato ha già avallato scelte contabili non compatibili con le linee guida della IASB, anche la SEC conserverebbe il diritto di approvare decisioni difformi da parte delle società statunitensi.
«Sul futuro del segreto bancario nel nostro Paese decide il popolo sovrano e non le nomenklature di Bruxelles, i senatori di Washington o i burocrati dell'Ocse a Parigi». L'Associazione svizzera dei banchieri torna all'attacco. O, meglio, in difesa: ribadendo che non vuole "interferenze" esterne sulle decisione che riguardano il proprio sistema finanziario. Lo riporta l'agenzia Agi, che cita le parole del presidente dell'associazione, Pierre Mirabaud, che, aprendo la consueta conferenza stampa annuale, ha dichiarato: «A nessuno verrebbe in mente di togliere i limiti di velocità per gli automobilisti tedeschi sulle autostrade svizzere, solo perché la Germania non lo prevede. Per gli svizzeri il segreto bancario va mantenuto: il nostro è uno Stato di diritto e non deroghiamo al principio della parità di trattamento di svizzeri e stranieri». Pertanto - ha sottolineato Mirabaud la tutela della sfera privata finanziaria è «giusta e importante e rappresenta un'opportunità invece che un rischio». Il banchiere, poi, si schiera contro una criminalizzazione (a suo dire) eccessiva dell'evasione fiscale. In Europa, ha dichiarato, «sembrano esserci Stati in cui, nella gerarchia dei delinquenti, una persona accusata di presunta frode fiscale ha meno diritti rispetto a un potenziale terrorista o trafficante di droga».
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Non ci sono salvadanai magici dietro le banche centrali
diti inesigibili. Fed, Bce e Banca d’Inghilterra sono, infatti, notevolmente esposte avendo concesso centinaia di miliardi di dollari di crediti a breve termine a banche commerciali e di investimento. Annunci simili non hanno viceversa riguardato la Banca centrale americana impegnata a fianco del Governo Usa al salvataggio di Fannie Mae e Freddie Mac. Solo un anno fa (settembre 2007) la Fed aveva il 91% dei propri asset investiti in titoli del Tesoro. Oggi tale percentuale di titoli di Stato è scesa al 53%.
maggiore di una tale strategia di risanamento grazie a sistemi fiscali sempre meno progressivi. Ma non solo. Il peso sulle finanze pubbliche di operazioni di salvataggio di tale portata (440 miliardi di dollari solo per il caso di Fannie Mae e Freddie Mac) finiscono per incidere pesantemente sulla possibilità di mantenere nel tempo “decenti” livelli di welfare.
La crisi è ormai la normalità Non stiamo affrontando una situazione di panico finanziario da gestire nel breve termine. Negli Stati Uniti, secondo un recente rapporto, sono 143 le banche in odore di fallimento con un patrimonio netto a rischio di 78 miliardi di dollari. (Il Fondo interbancario di garanzia dell’intero sistema finanziario USA ammonta a 25 miliardi di dollari!) Con il fallimento di Fannie Mae e Freddie Mac la crisi finanziaria 2007 cambia ufficialmente nome. Non è più la crisi dei “subprime” ma ormai riguarda anche i debitori più forti: la crisi è ormai sui “prime”. Il sistema finanziario sta dunque vivendo una profonda crisi strutturale che ne richiede una profonda riorganizzazione e il naturale ridimensionamento. A ciò si sta opponendo ferocemente la comunità finanziaria internazionale, sostenuta, consapevolmente o meno, da chi cerca di rimandare l’inevitabile cambiamento con iniezioni di liquidità e salvataggi continui. Ma le cure sbagliate non fanno che peggiorare lo stato di salute del paziente. Stiamo ancora aspettando che la Fed ed il Governo USA ne prendano atto…
La cattiva moneta fa salire i prezzi
Bce e Banca d’Inghilterra riducono i crediti a banche e istituti finanziari. La Fed tutto il contrario. Si lancia nel salvataggio di Fannie Mae e Freddie Mac. La crisi ormai è routine e pesa sulle tasche della gente.
Ma il dato fondamentale non riguarda lo stato di salute dei bilanci delle Banche centrali ma l’inflazione dovuta all’eccesso di liquidità nel sistema economico che tali operazioni di rifinanziamento comportano. Per far fronte alle “perdite creditizie” l’immissione di “cattiva moneta” finisce per produrre quella “tassa inflazionistica” che poi sono i ceti più deboli a pagare. Il recente andamento dei prezzi dei beni alimentari ed energetici ne sono un’evidente riprova.
di Alberto Berrini
I salvataggi pesano sui cittadini
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Fotoreporta ge > Centri commercial i zione Dossier > La occupa catena di monta dito e ggio del consu alità red mo non garan o d’attu tisce le prome tornan sse azione Dossier > Si apre una nuova era per l’economia all’insegna ocalizz del della sostenibilità la re Internazion ssima er > Olt ale > La diffic Dossi ca Pro con mano Finan ile Ban cacci ca za erà toc Economia> L’azionariato attivoa al tesoro rubato dai si chiam cco, si ienza solidale > alza la voce. dittatori ven Paolo oltre il chi La giornata con E cerca San la alleati anche di azione globa esa rocredito doppia ne I.P. in Italia di IntIl le del Forum - Contie Guinea Poste Italiane Trento > Contro la rapina delle risorse serve la comunità internazionale sfida > micsolidale rad S.p.A. - Spedizione Sociale La a 1, DCB > ras in abbonamen comm Forum Nairobi > Molti progetti validi nonostante la conf 1, to postale ondu era eco a etica 46) art.
Il crack de ro ll’iper l futu ro de Terra a impatto zero Lavo
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Dossier > La prima mapp a di indicatori alternativi per le buone economie
Aboliamo il Pil
Internazion ale > Africa Finanza > I : i diamanti conti n
/ A3 / CONTRASTO ALBERTO CRISTOFARI
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ANNO 8 N.63
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Mervyn King, il governatore della banca centrale britannica, la Boe (Bank of England).
La Bce e la Banca d’Inghilterra hanno annunciato una stretta nei crediti a banche e istituti finanziari e, più precisamente, delle restrizioni sui criteri in base ai quali accettano strumenti finanziari in cambio di liquidità. Infatti è immettendo denaro che, nel breve termine, si contrastano le crisi finanziarie, che sono essenzialmente “mancanza di liquidità”. Le restrizioni riguardano ovviamente i titoli più rischiosi, cioè quegli strumenti che in qualche modo, più o meno genericamente, identifichiamo con “il portafoglio obbligazionario subprime”. In effetti, dallo scoppio della crisi, la generosità del sistema di rifinanziamento ha indotto molti istituti finanziari, soprattutto quelli dei Paesi alle prese con lo scoppio di una bolla immobiliare (come per esempio la Spagna), a prendere denaro a prestito dalle banche centrali, offrendo in cambio titoli senza mercato. Per le banche centrali si tratta di “staccare la spina” per non appesantire oltre misura i propri bilanci da cre-
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Bce e Boe chiudono i rubinetti
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centrale quello di garantire crediti a lungo termine al sistema come se fosse un salvadanaio magico
N / MAGNUM ZACHMAN
è “Non il mestiere di una banca
Un altro modo per non far pagare la crisi a chi l’ha prodotta sono i salvataggi diretti da parte dello Stato (vedi il caso Fannie Mae e Freddie Mac) ossia fare in modo che siano i contribuenti a fornire la necessaria ricapitalizzazione degli istituti finanziari in crisi. Ma ancora una volta saranno i ceti più deboli a sostenere il peso
PATRICK
«N
ON È IL MESTIERE DI UNA BANCA CENTRALE quello di garantire crediti a lungo termine al sistema come se fosse un salvadanaio magico». Chi parla è Mervyn King, Governatore della Banca d’Inghilterra (unico tra i suoi colleghi a porre al centro della sua politica la lotta al “moral hazard”) e il tema è l’atteggiamento che le Banche centrali devono tenere per affrontare la pesante crisi finanziaria in atto. Ne avevamo parlato nel numero precedente di Valori distinguendo tra piromani (che seguono la scuola della Federal Reserve, la Banca centrale americana) e pompieri (della scuola della Bri, la Banca dei regolamenti internazionali, come la Banca centrale europea). Ma è utile ritornare sull’argomento poiché in quest’ultimo mese è accaduto in proposito un fatto importante che conferma le tesi sostenute in quell’articolo.
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ia Nobel all’econom
ad Microcredito > Muhamm
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ano nella finanza zioni criminali s’intrecci e pronte a nuove battaglie legali e organizza le azioniste american Dossier > Imprese Finanza > Le suore naturale e economicamente sostenibi bitare in modo
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STRUTTURA SOCIETARIA DI BEATE UHSE EIGENE ANYEILE BEATE UHSE AG 0,4%
ROTENMUND HOLDING AG 7,4%
FREE FLOAT 52,5%
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BAYERISCHE HYPO UND VEREINSBANK AG 9,8%
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Il re del porno imbarazza Unicredit. Oltre all’etica l’economia. Bilanci in rosso e titolo in picchiata Sopra, il negozio Beate Uhse di Monaco.
Le azioni del rampollo Creato nei primi anni cinquanta dalla pilota acrobatica di origini prussiane Beate Uhse-Rotermund (morta nel 2001 all’età di 82 anni), fino alla fine dell’anno scorso il Pornokonzern ha avuto come maggiore azionista Ulrich Rotermund, il figlio minore di Beate, attraverso la società Rotermund Holding AG, con sede a Vaduz, nel Liechtenstein. Ulrich, che possedeva quasi il 30% delle azioni, nel 2007 incarica HypoVereinsbank di cercare un nuovo investitore strategico per rilanciare il marchio. Ma nessuno si fa avanti. Nel marzo del 2008 viene lanciato un aumento di capitale, in seguito al quale il maggior azionista diventa, con il 29,9% delle
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La parabola dell’hard Ma è veramente così? Non proprio, visto che Beate Uhse, in realtà, sta attraversando un periodo nero. Chiuso il bilancio 2007 con oltre 13 milioni di euro di perdite, i ricavi nel primo semestre del 2008 sono in caduta libera e il titolo in borsa vale poco più di 1 euro, il 70% in meno rispetto a un anno fa. «È dal 2006 che le cose non vanno bene», spiega Lothar Gries, dell’associazione tedesca per la difesa degli azionisti SdK. «La società ha dato il via a un programma di ristrutturazione per rilanciare la vendita via internet, chiudere una serie di punti vendita e rinnovare la gamma di articoli. Ma i risultati tardano ad arrivare. Dal 1999, quando Beate Uhse si è quotata, il titolo ha continuato
[ DA FINE 2003 AL 16.09.2008 ]
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a perdere. Solo nel 2003 ha chiuso in positivo». I sexy shop non vanno più, i film si scaricano on line, gli accessori erotici si comprano in rete. Tempi duri per l’hard vecchio stile. Perché allora Profumo si è messo in testa di investire? Forse ha in mente un rilancio strategico del colosso a luci rosse? A chiederselo sono in molti. Nei blog comincia a circolare una lettera inviata alla direzione di Unicredit da un tale Franco Serafini di Bologna, “medico e padre di famiglia”, che minaccia di chiudere il suo conto e sogna “una banca di cui non ci si debba vergognare troppo”. Si muove anche don Virginio Colmegna, presidente della fondazione milanese Casa della Carità e membro del Comitato Etico di Pioneer, la società di investimenti del gruppo Unicredit. A rispondere, stavolta, è lo stesso amministratore delegato. «Profumo mi ha contattato subito dopo la richiesta di chiarimenti - spiega a Valori don Colmegna -. Mi ha assicurato che non c’è un investimento strategico in Beate Uhse. È un’operazione transitoria, dovuta alla cessione di una garanzia a HVB». La versione è poi confermata, con dovizia di particolari, dall’ufficio stampa di HypoVereinsbank. Ma vediamo di ricostruire i fatti.
ANDAMENTO IN BORSA DEL TITOLO BEATE UHSE
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“In banca è l’ora delle luci rosse”. I titoli si rincorrono sulle agenzie di stampa e sui blog. È il 23 di luglio e il giorno prima, sul quotidiano di Monaco Süddeutsche Zeidi Marco Atella tung è apparsa una notizia singolare: e Paola Baiocchi la banca bavarese HypoVereinsbank (HVB), Gruppo Unicredit, ha acquisito il 9,84% del Pornokonzern Beate Uhse: più di ottanta società controllate, quasi 300 punti vendita in tutta Europa, 30 mila articoli, dai dvd all’intimo, dai giornali ai sex toys e poi canali erotici e produzioni cinematografiche. “Uno dei 50 marchi più conosciuti in Germania”, si legge sul sito istituzionale, con un modello di business basato sul “sex sells”: il sesso vende, sempre e comunque, nonostante le crisi, i crolli delle borse, i subprime. “Profumo ha fiutato l’affare”, riporta TgCom, il notiziario online del Gruppo Mediaset. “Visto l’andamento poco entusiasmante dei mercati finanziari, l’amministratore delegato ha pensato di diversificare gli investimenti puntando sull’hard, uno dei pochi settori che non conosce crisi”.
“U
NICREDIT SI BUTTA SUI SEXY SHOP”,
FONTE: WWW.BEATE-UHSE.AG
A luglio il gruppo bancario acquisisce il 10% di Beate Uhse, colosso tedesco dei porno shop. L’operazione è solo temporanea, assicurano i vertici. Ma gli investitori responsabili chiedono più coerenza.
FONTE: YAHOO.IT
Unicredit scivola sul porno E fa un pessimo affare
L’IMPERO BEATE UHSE FORMA SOCIETARIA ANNO DI FONDAZIONE SEDE DIPENDENTI PORNO-SHOP FATTURATO PERDITA SITO WEB
SOCIETÀ PER AZIONI (QUOTATA DAL 1999) 1951 FLENSBURG, GERMANIA 1.414 284 (DI CUI 125 IN FRANCHISING) 268 MILIONI DI EURO –13,2 MILIONI DI EURO WWW.BEATEUHSE.AG
quote, l’olandese Consipio Holding del controverso “re del porno” Gerard Cok, più volte indagato per riciclaggio di denaro e frode finanziaria. Quattro mesi dopo l’aumento di capitale, Reuben Rotermund, figlio di Ulrich, cede la sua partecipazione in Beate Uhse (9,84%), detenuta attraverso la Rotermund Holding, a HypoVereinsbank, mentre la Holding continua a tenere il 7,4% del Pornokonzern. La famiglia Beate Uhse-Rothermund esce progressivamente di scena. Al suo posto entra HVB-Unicredit. Ma perché? «La partecipazione azionaria in Beate Uhse era stata data in garanzia a HVB in cambio di un finanziamento a un cliente», spiegano all’ufficio stampa di HypoVereinsbank. «Il cliente non è stato in grado di rimborsare il finanziamento e HVB è entrata in possesso delle azioni nella fase di recupero del credito». Anche se le norme tedesche «non consentono né di confermare né di smentire» l’identità del debitore, sembra chiaro che si tratti di un membro della famiglia Rotermund.
L’amore e la guerra Alla sede di Monaco ci tengono comunque a sottolineare che «il credito era preesistente all’acquisizione di HVB da parte di Unicredit, che ha ereditato una posizione di difficile soluzione e comunque non conforme alle proprie policies». La banca ha assicurato che si libererà presto delle azioni di Beate Uhse, intanto però la patata bollente è nelle mani di Profumo. E non è la sola. «A Unicredit verrebbe da dire: meglio fare l’amore che la guerra. Il fatto è che Unicredit fa l’uno e l’altra», dichiara Padre Franco Moretti, caporedattore di Nigrizia, una delle tre riviste che promuovono la campagna di pressione sulle “banche armate” (www.banchearmate.it). «Anche se l’amministratore delegato Alessandro Profumo ha dichiarato nel 2001 che Unicredit sarebbe uscito progressivamente dal settore, il gruppo rimane di gran lunga in testa nelle operazioni di appoggio all’import-export di armi. La campagna ha chiesto ripetutamente a Unicredit di presentare un policy ufficiale sul commercio di armamenti. Siamo ancora in attesa di una risposta».
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Tra le banche etiche mondiali, scoppia la voglia di rete
UNIRE LE FORZE, UNA NECESSITÀ NE È CONVINTO DA SEMPRE. Probabilmente già da quando, ormai dieci anni fa, ha fondato la Banca Popolare Etica (il prossimo 8 marzo festeggerà il suo decimo compleanno). Fabio Salviato, presidente della banca, guarda oltre i confini italiani e pensa a reti internazionali di finanza etica. Perché questa voglia di mettersi in rete? Fabio Salviato, presidente della Banca Popolare Etica.
Valori inaugura un appuntamento dedicato alla finanza etica nel mondo. Uno spazio di approfondimento
Perché è l’unico modo per rispondere alle nuove esigenze dei nostri interlocutori, dei nostri clienti, delle associazioni che hanno dato vita alle istituzioni di finanza etica. Sono loro che si stanno evolvendo, ingrandendo, internazionalizzando. La cooperazione, il mondo del biologico, il commercio equo e solidale stanno attraversando una fase di aggregazione, anche a livello mondiale Noi dobbiamo fare altrettanto. E poi ci sono i criteri di Basilea 2…
Sì, con Basilea 2 e, poi, con i criteri IAS, costituire
una rete sociale e solidale di istituzioni finanziarie diventa una necessità. Sono criteri basati sulla capitalizzazione dei beneficiari, che per le realtà a cui ci rivolgiamo solitamente è bassissima, anche se magari hanno in campo progetti vasti e interessanti. Se sono troppo piccoli non hanno speranza di ottenere prestiti consistenti. La loro specificità non viene riconosciuta. Nel Sud del mondo, poi, l’applicazione di Basilea 2 è impossibile e paralizzante. Una piccola banca etica messicana si è rivolta a noi per chiederci una collaborazione. Perché, avendo 2 milioni di patrimonio, se si indebita, le viene applicato un tasso dell’8%. Se avesse un capitale di 3 milioni, invece, il tasso sarebbe del 2%. Quali vantaggi porta aggregarsi con altre realtà di finanza etica?
Sono aumentati i volumi dei finanziamenti richiesti. Per un impianto eolico, ad esempio, non basta più
una sola banca, non delle dimensioni delle realtà che operano nella finanza etica. Dalla cooperazione sociale, al biologico, alla casa, al commercio equo solidale. Servono capitali significativi: 20-40 milioni di euro. In base alle normative bancarie, possiamo accordare singoli finanziamenti fino al 25% del nostro patrimonio, quindi, nei nostro caso (33 milioni di patrimonio di sorveglianza), circa 8 milioni di euro. Creando delle reti tra operatori della finanza etica è possibile avere la leva finanziaria per rispondere alle richieste che ci arrivano dalla nostra base sociale. Questo, però, non significa cambiare il nostro orizzonte di riferimento: il sostegno alle piccole realtà dell'economia sociale sul territorio e il microcredito. Credo che queste alleanze con altre realtà nel mondo della finanza etica ci possano anche rafforzare la capacità di erogare E.T. finanziamenti su piccola scala.
e di dibattito per fare il punto su una realtà dinamica e in espansione. E per scoprire che cosa succede fuori dall’Italia.
F
INANZA ETICA. Più facile a dirsi che a farsi. Anzi, in realtà, già
sul termine da usare è difficile mettersi d’accordo. C’è chi parla di finanza “etica”, chi “sociale” chi “solidale”. Il contenuto di base è per tutti lo stesso: considerare il denaro - quindi il risparmio, il credito, gli invedi Elisabetta Tramonto stimenti, la gestione delle risorse – in modo diverso dalla finanza classica: non solo come strumento per generare il massimo profitto, ma anche per favorire lo sviluppo sociale, dei singoli e delle comunità locali, del Nord e del Sud del mondo, valutando l’impatto sull’ambiente. Da un’organizzazione all’altra, da un Paese all’altro, cambia il modo di declinare questo concetto base. Negli ultimi anni banche e società finanziarie etiche sono sorte in tutto il mondo, tanto nella metà “ricca”, quanto in quella “povera”. È una realtà articolata, viva e in grande espanL’assemblea di Febea a Selinunte. sione. Per questo Valori, che ha nella finanza etica uno dei
suoi pilastri, ha deciso che un solo articolo non sarebbe stato sufficiente per raccontarla nella sua una dimensione internazionale. Da questo numero prende, quindi, il via un appuntamento fisso, che ogni mese affronterà un aspetto diverso, più concreto che teorico, del “fare” finanza etica, come valida e, noi crediamo, ormai obbligata, alternativa alla finanza tradizionale, speculativa, incurante dell’ambiente e delle persone, che sta dimostrando tutta la sua insostenibilità. “Visiteremo” ogni volta realtà diverse, nel Nord e nel Sud del mondo, e ci faremo raccontare dai protagonisti il loro modo di intendere la finanza etica, le loro esperienze, i problemi e i traguardi raggiunti. Daremo spazio anche a voi lettori, che potrete interagire, obiettare, stimolare la discussione, raccontarci iniziative di finanza etica che ancora non abbiamo descritto. Basterà scrivere al nostro indirizzo e-mail: redazione@valori.it.
UN’ ASSEMBLEA AI PROFUMI DI SICILIA
Una rete mondiale
QUEST’ANNO, PER LA SUA ASSEMBLEA GENERALE, Febea, la Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (www.febea.org), ha scelto la Sicilia. Lo scorso giugno la delegazione di banchieri etici (25 soci da 13 Paesi europei) è atterrata all’aeroporto di Palermo, per poi salire su macchine e pulmini fino all’agriturismo “I Locandieri”, sperduto nella campagna di Selinunte. Perché una località così amena per un’assemblea generale? Non è stata certamente una scelta casuale. Banca Etica ha voluto appositamente questa sede per mostrare ai dirigenti delle altre banche etiche europee che risultati può dare un semplice finanziamento in una realtà difficile da un punto di vista imprenditoriale, economico e sociale. Oltre a conoscere la cooperativa sociale proprietaria dell’agriturismo, ristrutturato grazie a un prestito di Banca Etica, gli ospiti europei hanno potuto visitare alcuni dei terreni confiscati alla mafia e affidati a cooperative sociali, come Placido Rizzotto: il vecchio casale del boss mafioso Brusca, diventato oggi un’azienda agricola e vitivinicola, con tanto di ristorante e camere. Accompagnatori doc i ragazzi della cooperativa Ali (www.alicooperativa.com), socia e cliente di Banca Etica, che di turismo responsabile, rigorosamente in Sicilia, ed educazione alla legalità hanno fatto la loro professione.
160 tra banche, finanziarie, organizzazioni di microcredito di 42 Paesi nei cinque continenti che danno vita a una rete mondiale della finanza sociale e solidale. È accaduto, lo scorso giugno a Montréal, in Québec, durante il primo Summit mondiale della finanza etica, organizzato da INAISE, International Association of Investors in the Social Economy (vedi BOX ), ospitato dalla padrona di casa, la Caisse d’économie solidaire Desjardins (www.desjardins.com). Dalla danese Merkur all’organizzazione di microfinanza Buro in Bangladesh, dalla giapponese Citizen Bank all’associazione etiopica MAIN (Microfinance African Institutions Network) per la promozione di microimprese in Afri-
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ca. Realtà diverse che vogliono mantenere la loro autonomia e un forte legame con il territorio, ma che, per poter sopravvivere, crescere, finanziare progetti più grandi, per confrontarsi con esperienze diverse e scoprire nuovi strumenti finanziari, hanno bisogno di collaborare con altre organizzazioni che condividano gli stessi principi. Un’iniziativa simile nel mondo della finanza “classica” non esiste e, probabilmente, sarebbe impensabile. La tendenza, in atto da anni, è di avere poche grandi banche, che man mano cannibalizzano quelle più piccole, dentro e fuori i confini nazionali. «Il fatto che un gruppo così numeroso di banche e organizzazioni di finanza etica da tutto il mondo dialoghino è una novità molto interessante - ha commentato Fabio Salviato, presidente di Banca Etica, che ha partecipato al summit a Montréal – e la presenza di soggetti del Sud del mondo, dall’Asia, dall’Africa, dal Centro e Sudamerica, ha portato una ventata di freschezza».
A scuola di social banking «Per le banche etiche è fondamentale lavorare insieme e fare lobby per esercitare pressione sui governi, per richiedere modifiche legislative. Non basta una singola banca per generare cambiamenti globali. Servono reti tra enti di finanza etica». Sono parole di Laura Frizzi, direttrice della filiale di Banca etica a Torino. La scorsa estate è tornata sui banchi di scuola, a Bochum, in Germania, dove a luglio si è svolta l’Internationale Summer School 2008 (organizzato dall’Institute for Social Banking, in collaborazione con l’Università di Plymouth e l’istituto svizzero Initiative for Practice-based Research e sostenuto anche dalle banche eti-
che europee: Banca Etica, Triodos, ABS, GLS (www.socialbanking.org). Una settimana per discutere, in inglese, di finanza etica e di come usare il denaro per migliorare la salute del Pianeta e la vita delle persone. Non era un incontro al vertice, ma un momento di confronto alla base, tra chi lavora nelle banche etiche, chi vorrebbe iniziare a farlo, chi è semplicemente interessato a questo mondo. Un’ottantina di persone da 14 Paesi, con docenti universitari e dirigenti delle diverse banche etiche europee per condividere esperienze in alcuni casi molto diverse. «Questa diversità era l’aspetto più interessante – racconta Andrea Tracanzan, dell’ufficio comunicazione di Banca Etica, studente del corso – Nei gruppi di lavoro sono emersi diversi modi di affrontare alcuni aspetti della finanza etica. Ad esempio la partecipazione. Banca Etica ha una struttura altamente partecipativa, i soci sono chiamati in causa per ogni decisione. Nel Nord Europa invece le banche etiche non coinvolgono così tanto la base sociale, pensando che possa rallentare i processi decisionali. Sono emersi diversi punti di vista anche sulla possibilità di lavorare con banche tradizionali: le associazioni del Sud del mondo si fanno meno problemi di Banca Etica, pur di avere accesso a capitali che permettano loro di concedere finanziamenti, non guardano chi fornisce quei capitali». «O il rapporto con i clienti – continua Chiara Frizzi – Da noi le richieste di finanziamento iniziano con un lungo colloquio con i richiedenti. Parlare con i clienti è fondamentale. In Germania e in Nord Europa invece questi momenti sono ridotti al minimo se non eliminati del tutto, sostituiti in alcuni casi con dei call center».
INAISE www.inaise.org Costituita nel 1989, con la sede legale in Belgio, oggi Inaise (International Association of Investors in the Social Economy) ha 48 membri, di cui 35 provenienti dall’Europa. Dall’Italia Coopfond, Soliles e CFI Compagnia Finanziaria Industriale. I membri sono società finanziarie, ma dall’assemblea del giugno 2006 possono diventare associati, realtà non finanziarie che si occupano di economia sociale e solidale. Il bilancio totale dei soci raggiunge i 7,7 miliardi di dollari, 600 mila clienti e 20 mila imprese finanziate.
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Terra, lavoro capitale: una banca senza interessi
Una banca che rifiuta gli interessi, non investe nel mercato finanziario e non fa profitti. È la Jak Bank, in Svezia lo fa da oltre dieci anni, con 35.000 clienti-soci e una raccolta di quasi 100 milioni. E c’è chi tenta di ricrearla in Italia.
Contraddizioni e compromessi Ma qui emergono alcune criticità, che possono mettere in crisi il sistema: infatti per prestiti più consistenti di microcrediti, occorre mettere a disposizione e garantire una certa liquidità nel tempo per accedere al prestito, mettendo a rischio il proprio capitale se il tasso d’inflazione non è basso e rinunciando alla rendita che ad esempio potrebbero dare i titoli di Stato. Inoltre, nel caso in cui più soci non pagassero il debito o volessero ritirare il proprio risparmio, la banca potrebbe non essere più in grado di rimborsare i suoi membri. Altro aspetto contraddittorio è che ad oggi la Jak bank non ha un’operatività diretta per prelievi e versamenti, né servizi di bancomat, carte di credito, assegni. I soci e la banca stessa si appoggiano a conti in banche tradizionali, e dato che ha solamente due sedi in Svezia, funziona principalmente per via telefonica e via internet. «La cosa più eretica che hanno questi svedesi», dice Simonetti a Valori, «è che si passano il denaro tra di loro: considerano la banca come qualcosa che deve dare un servizio pubblico. Il credito è un bene comune come l’acqua, permettendo ad esempio di acquistarsi la casa». Qual è la differenza rispetto alle nostre Mag (Mutue Auto Gestione) italiane? «Ci sono principi simili», risponde Simonetti, «ma le Mag hanno tuttora interessi abbastanza elevati, mentre con questo sistema si riesce a tenere basso il tasso sul prestito e quello di rischio». Web cam su piazza H. Johans a Skövde, in Svezia, dove ha sede la Jak Bank.
L’interesse più alto è... quello più basso 2008. RAI3: REPORT. «Allora, la buona notizia di oggi viene dalla Svezia, ed è rivoluzionaria, forse fin troppo, un gruppo di 35.000 persone immagina una società libera dal concetto di interesse». Milena Gabdi Jason Nardi banelli introduce il servizio sulla Jak Bank del giornalista televisivo Giorgio Simonetti. «Il ragionamento che hanno fatto è questo: se mettiamo dei soldi in banca - parliamo di persone con redditi medio bassi, cioè la maggior parte di noi - gli interessi che percepisco servono sì e no a pagare le spese. Però se chiedo un prestito, mi spennano. Allora perché non mettere il nostro denaro insieme e farlo circolare?».
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concrete e spiegano come funziona, insistendo sul ruolo sociale e di sostegno dell’economia locale che la banca Jak dimostra, spesso con microcrediti e prestiti che si sviluppano «in due generazioni, non solo per un paio di anni per poi sparire». Jak sta per Jord Arbete Kapital, in svedese Terra Lavoro Capitale. “Per Terra si intendono le risorse della natura, per Lavoro la risorsa data dal lavoro umano, per Capitale le infrastrutture create dall’uomo che permettono di potenziarne l’efficienza”, si legge sul sito della banca. Sono i 3 principi chiave dell’economia reale. Un’economia che per la Jak deve essere libera dal concetto di interesse e perciò non al servizio della speculazione.
L’interesse in Italia La banca etica svedese Il reportage (visibile sul sito di Report) parte da Skövde, cittadina a 350 km da Stoccolma, dove ha sede la Jak bank. Parla Frank Magnus, direttore della banca etica svedese: «L’interesse trasferisce il denaro dalla parte sbagliata, perché chi ha già molti soldi può accumulare più denaro mentre chi ne ha poco ne avrà sempre meno, perché se vuole comprarsi la casa o qualunque altra cosa dovrà chiedere un prestito e pagare interessi». Simonetti intervista anche alcuni soci della banca (quelli attivi come promotori sono , organizzati in 28 circoscrizioni locali ), che raccontano le loro esperienze PER APPROFONDIRE JAK Bank Svedese Cooperativa tedesca - Besser ohne Zins Associazione Culturale JAK Bank Italia Report
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www.jak.se www.ozb-stg.de www.jakbankitalia.it www.report.rai.it
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A seguire il programma della Gabbanelli c’erano migliaia di persone, tra cui Mario Danisi, agronomo e programmatore fiorentino, che subito dopo la trasmissione si è messo a cercare notizie su Internet. «Quasi per gioco», racconta Danisi, «ho iniziato un percorso per condividere questo sentimento di interesse con altri: ho inserito sul mio sito alcuni link, il giorno dopo vi ho costruito 2-3 pagine dedicate ad un approfondimento ed al tempo stesso a “spargere” la parola e cercare nuove adesioni a quello che ho definito “Progetto Jak Bank in Italy”». E le adesioni sono arrivate, tanto che a metà settembre a Firenze è stata costituita ufficialmente l’Associazione Jak Bank Italia con lo scopo di “mettere in atto tutte le operazioni necessarie per la fondazione anche in Italia di una Banca Etico Solidale sul modello della Jak Bank svedese”.
Dal tasso alla tassa di prestito Per alcuni versi, la Jak bank assomiglia al sistema delle banche islamiche: non carica o paga interessi sui suoi prestiti o risparmi per-
ché li considera usura (si vedano le rubriche “Finanza islamica” su Valori a partire dal numero di maggio 2008). Ma, nel caso svedese, non si tratta di prescrizioni coraniche. È una visione anti speculativa, dove il vantaggio principale non è l’accumulo di capitale, ma una sorta di “solidarietà finanziaria”. Tutte le attività della banca avvengono fuori dal mercato finanziario dal momento che i suoi prestiti sono finanziati quasi esclusivamente dai risparmi dei soci (più una riserva investita in titoli di Stato). “I costi amministrativi e di sviluppo sono pagati dalla quota associativa e dalla tassa sul prestito, che è pari ad un Indice Sintetico di Costo (tasso annuo effettivo di interesse che comprende tutte le spese accessorie) mediamente del 2,5% fisso”, spiega Wikipedia, che definisce la Jak una “banca etica cooperativa realmente posseduta dai suoi soci”.
Come funziona Alla base dei prestiti c’è il sistema dei punti di risparmio, che vengono guadagnati per tutto il tempo che si risparmia e consumati nei periodi in cui si accede al prestito. Ciò che rende sostenibile il meccanismo è che i punti di risparmio guadagnati devono bilanciare i punti di risparmio spesi. Se all’accensione del mutuo i punti di risparmio consumati sono superiori a quelli accumulati, occorre contemporaneamente continuare a risparmiare durante il periodo di restituzione del prestito, in modo da riguadagnare punti di risparmio. In pratica, il prestito è vincolato al risparmio, che può avvenire prima, ma anche dopo (“post-risparmio”). «Il punto di risparmio», spiega Simonetti, «serve a calcolare quanto si risparmia nel tempo, potendo prendere in prestito quello di cui si ha bisogno - con un bilanciamento sostenibile e un solido sistema matematico».
Giorgio Simonetti pensa che questa potrebbe essere una buona occasione per stimolare Banca Etica, di cui è socio da tempo, ad andare in una certa direzione. «Mi disturba che Banca Etica abbia fatto milioni di euro di utili lo scorso anno: potrebbe utilizzarli per applicare un tasso più basso a chi richiede un mutuo e stimolare a un risparmio intelligente come quello della Jak». In ottobre, Banca Etica farà un seminario con Oskar Kijllberg della Jak Bank. «Se Banca Etica», incalza Simonetti, «offrisse la possibilità di aprire un conto che funziona con il sistema di punti di risparmio, un conto che non dà interessi ma matura punti di risparmio - sapendo che quei soldi vanno nei prestiti concessi con il sistema Jak -, e al tempo stesso ti dà un altro conto con i servizi che la Jak non ha, permettendoti di fare tutto all’interno della stessa banca, avrebbe trovato la quadratura del cerchio». Giorgio Simonetti sta curando l’edizione di un libro sulla banca Jak, che dovrebbe uscire a gennaio 2009 (www.giorgiosimonetti.net).
Una lunga storia senza interessi La Jak Bank è stata fondata da Ake Mobrandt nel 1965, sviluppando un modello di “risparmio bilanciato” ispirato a quello che sorse in Danimarca negli anni ‘30, durante la Grande Depresione, da parte dell’associazione cooperativa Jord Arbejde Kapital. Nel 1934 la Jak danese aveva elaborato un sistema di risparmio e prestito senza interesse e un sistema locale di commercio e scambio di beni, ma presto furono costretti a chiudere entrambi dal governo. Trenta anni dopo venne fondata in Svezia la Jord Arbete Kapital - Riksförening för Ekonomisk Frigörelse (Associazione Nazionale per l’Emancipazione Economica) e solo dopo altri trenta anni, alla fine del 1997, venne riconosciuta ufficialmente e ottenne la licenza bancaria dall’Autorità di Vigilanza Finanziaria Svedese.
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Sisifo e Palm: le prime due imprese di valore (sociale)
ANCHE BANCA PROSSIMA TIENE GLI OCCHI APERTI sulla certificazione sociale. «Non abbiamo progetti specifici - spiega Marco Morganti, amministratore delegato dell’istituto di credito dedicato alle imprese non profit, nato come costola di Intesa Sanpaolo -, ma la certificazione oggi è una realtà, non si può più prescinderne. E noi vi prestiamo grande attenzione. Non come un bollino blu da attribuire ai più bravi, ma come elemento per assegnare rating e, quindi, per poter accedere a un finanziamento». Ma Morganti ha qualche dubbio: «Per certi versi, la questione della certificazione è più adatta alle grandi banche. Intesa Sanpaolo, ad esempio, potrebbe riconoscere il merito di un’impresa che ottiene la certificazione sociale facendole sconti sui tassi di interesse. Per Banca Prossima è più difficile. Premiare significa attribuire un rating migliore, ma il processo di rating che adottiamo è lungo, dura due anni, ed è cristallizzato. Introdurre un nuovo elemento creerebbe uno squilibrio». Quali, dunque, le intenzioni di Banca Prossima nei confronti della certificazione sociale? «Innanzitutto vogliamo monitorare il mercato per vedere che cosa succede – risponde Morganti –. E vorremmo affrontare la questione dei costi. In molti casi ottenere una certificazione richiede un notevole sforzo economico per le imprese. Se si riuscisse a creare una macchina che certifica la sostenibilità delle imprese e dei servizi che erogano potremmo finanziarne la struttura». Quindi Banca Prossima è pronta a investire in uno strumento per misurare e, quindi, incentivare l’impegno delle imprese a costruire una responsabilità sociale. Una buona notizia.
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PAROLA AL TERZO SETTORE
SEMPRE PIÙ SUD 40 %
2001–>5.515 COOPERATIVE 2003–>6.159 COOPERATIVE 2005–>7.363 COOPERATIVE 31,5%
29,8%
Le Giornate di Bertinoro per l’economia civile VIII edizione Qualità e Valore nel Terzo Settore 10 e 11 ottobre 2008 Bertinoro (Forlì) www.legiornatedibertinoro.it
26,6%
20
26,9% 20,7%
10
0
20,9%
19,9%
20,1% 18,0%
19,4%
32,4%
VALORE % SUL TOTALE IMPORTO PRODUZIONE MEDIO (MIGLIAIA DI EURO) (MIGLIAIA DI EURO)
2.253.012 1.736.399 1.417.003 974.860 6.381.275
35,3 27,2 22,2 15,3 100
1.138,5 1.184,4 990,2 392 866,7
diffondere tra imprese e consumatori una cultura della responsabilità sociale e per proporre alle aziende un modello di Rsi che abbia anche un valore competitivo». Possono certificare le proprie attività imprese ed enti pubblici, di qualsiasi settore tranne quelli ritenuti “socialmente irresponsabili” come la pornografia, il traffico di armi o il gioco d’azzardo.
Il cammino verso la certificazione
[ LA RIPARTIZIONE TERRITORIALE DELLE COOPERATIVE SOCIALI ]
30
951,1 559,6 681,4 2.395,8 866,7
C’è ancora una forte dipendenza dai fondi pubblici. Soprattutto nel Sud Italia e tra le cooperative più grandi
33,8%
FONTE: ISTAT
BANCA PROSSIMA PENSA A FINANZIARE LA MACCHINA PER LA CERTIFICAZIONE SOCIALE
64,7 21,2 3,4 10,7 100
* LE COOPERATIVE SOCIALI (LEGGE N.381 DEL 1991) POSSONO ESSERE DI QUATTRO TIPI: DI “TIPO A”: OFFRONOESERVIZI SOCIO-SANITARI ED EDUCATIVI; DI “TIPO B”: DEDICATO ALL’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE PERSONE SVANTAGGIATE; DI “TIPO MISTO” (A+B): SVOLGONO ENTRAMBE LE ATTIVITÀ; IL “CONSORZIO SOCIALE”: UN ORGANISMO COSTITUITO PER ALMENO IL 70% DA COOPERATIVE SOCIALI.
I POSTI DI LAVORO Il totale delle risorse umane, censito dall’Istat al 31 dicembre 2005, era di 278 mila persone, rispetto alle 221 mila di due anni prima. E la stima più recente, riferita alla fine del 2007, parla di almeno 300 mila occupati.
SUD E ISOLE
Lo standard è frutto di un lungo lavoro, eseguito da par-
4.132.604 1.353.616 214.638 680.417 6.381.275
... .
IL SUD VOLA Alla fine del 2005 risultavano 7.363 cooperative sociali. La maggior parte continua ad essere concentrata nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, ma, in termini percentuali, è il Sud a crescere più velocemente. Nel 2003 ospitava il 32,4% delle cooperative italiane, nel 2005 il 33,8 (vedi GRAFICO sotto). L’età media delle cooperative sociali è bassa: il 54,8% è nato dopo il 1996 (il 31,5% tra il 1996 e il 2000, il 23,3% dal 2001 in poi).
CENTRO
Lavoro di squadra
te di un gruppo di note associazioni non profit, attive nella promozione della responsabilità sociale d’impresa (Action Aid, Amnesty International Italia, Arci, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Mani Tese, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Ucodep), che nel gennaio 2006 hanno dato vita all’associazione Valore sociale. Mesi di incontri, confronti, discussioni per decidere i requisiti e il processo necessari per conquistare il marchio Valore sociale. Requisiti che vanno dal rispetto dei diritti umani alla sicurezza, dalla protezione dei consumatori e dell’ambiente alla trasparenza, dalla finanza etica all’inclusione sociale, dalla lotta al lavoro minorile e alla corruzione a un’attenta selezione dei fornitori. «Vagliamo uno spettro di requisiti più ampio degli altri strumenti già disponibili sul mercato e a un prezzo inferiore - precisano dall’associazione - per
NORD - EST
di Alessia Vinci
RIPARTIZIONE TERRITORIALE
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e isole Totale
[ PER TIPO E PER AREA ]
VALORE % SUL TOTALE IMPORTO PRODUZIONE MEDIO (MIGLIAIA DI EURO) (MIGLIAIA DI EURO)
Tipo A Tipo B Oggetto misto A + B Consorzi Totale
I FINANZIAMENTI PUBBLICI Dall’analisi dell’Istat risulta ancora forte la dipendenza delle cooperative sociali dal finanziamento pubblico: il 65,9% nel 2005 registrava entrate di origine prevalentemente pubblica. Il ricorso al finanziamento pubblico è più accentuato nel Mezzogiorno (77% del totale delle cooperative sociali nel Sud), meno nelle regioni settentrionali (56,3% per il Nord-Est 61,3%% per il Nord-Ovest) e centrali (62,8%). E più cresce la dimensione della cooperativa, in termini di risorse umane, più aumenta la tendenza ad operare in convenzione: 57,9% nelle cooperative con non più di cinque dipendenti, 75% nelle realtà con oltre 50 persone.
NORD - OVEST
“L
che tutti ve lo leggano in faccia”. Recita così lo slogan della campagna pubblicitaria di Valore Sociale, lo standard, presentato un anno fa dall’omonima associazione, che certifica la responsabilità sociale d’impresa (Rsi) delle aziende. Da circa un mese il marchio esiste a tutti gli effetti: è stato assegnato alle prime due imprese che hanno concluso l’iter di certificazione. La prima è stata Sisifo Italia (www.sisifoitalia.it), un’agenzia di comunicazione che promuove un modello di pubblicità responsabile e lavora per le principali riviste del mondo non profit (anche per Valori), seguita da Palm (www.palm.it), produttore di pallet a basso impatto ambientale.
TIPOLOGIE*
4,82 MILIARDI DI EURO NEL 2003, 6,38 miliardi nel 2005 e alla fine del 2007 potrebbe aver raggiunto gli 8 miliardi il valore della produzione delle cooperative sociali in Italia. Le cifre fino al 2005 sono quelle misurate dall’Istat, che lo scorso agosto ha pubblicato il rapporto “Le cooperative sociali in Italia” (scaricabile dal sito www.istat.it), l’analisi più completa degli ultimi anni sulla galassia della cooperazione sociale nel nostro Paese, aggiornata al 31 dicembre 2005. Le “previsioni” per l’anno scorso sono invece di Aiccon, l’Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Nonprofit (www.aiccon.it), che per il 10 e l’11 ottobre organizza le Giornate di Bertinoro (vedi BOX ). Tema di quest’anno è proprio: “Qualità e valore nel terzo settore”, per discutere del ruolo che occupano i soggetti del terzo settore nell’ambito del nostro sistema socio-economico, e in generale, nello scenario economico globale.
Dopo una lunga elaborazione da parte di un gruppo di associazioni non profit, l’anno scorso è nato Valore sociale, lo standard per certificare la responsabilità sociale d’impresa. “Più rigido e meno costoso degli altri”. A VOSTRA AZIENDA È SOCIALMENTE RESPONSABILE? Fate in modo
LA PRODUZIONE NELLE COOPERATIVE
DUE CONTI IN TASCA ALLE COOPERATIVE SOCIALI: LA FOTOGRAFIA DELL’ISTAT
Ad occuparsi di tutte le fasi di verifica dei requisiti è Icea (www.icea.info), l’Istituto per la certificazione etica e ambientale di Bologna, partner unico di Valore sociale. Per ogni parametro assegna un voto (insufficiente, sufficiente o buono) e dopo un anno effettua un controllo per rilevare cambiamenti e interviene in caso di segnalazioni di violazione dei requisiti. «Tutto è iniziato con un’intervista telefonica che mi ha rivolto il responsabile incaricato da Icea - racconta Giuseppe Lanzi, fondatore e presidente di Sisifo Italia -. Poi ci hanno chiesto di compilare una mole incredibile di questionari e di consegnare diversi documenti, tra cui in particolare l’elenco dei fornitori. Sono quindi venuti in azienda e si sono chiusi in una stanza con il personale, senza di me. Nei mesi successivi hanno effettuato tutti i controlli, indicandoci anche quali aspetti dovevamo modificare». Lo standard Valore sociale vale tre anni, al termine dei quali può essere rinnovato. «In questo modo spingiamo i nostri interlocutori a intraprendere un percorso di miglioramento continuo che viene quantificato e da noi certificato» spiegano i responsabili.
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FONTE: AICCON SU DATI ISTAT
| finanzaetica | Rsi certificata |
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Petrolio, conflitti e interessi italiani nella zona del Caucaso
Un tratto del Btc in Turchia.
Problemi tecnici per l’estrazione e danni ambientali. Il contestato oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc) è un progetto antieconomico. Eni e Sace non ci pensano e investono milioni di dollari. N’AGENZIA REUTERS DELLO SCORSO 9 AGOSTO segnalava che
U
aerei russi avrebbero provato, senza successo, a bombardare la sezione georgiana dell’oleodotto Baku – Tbilisi – Ceyhan (Btc), causando oltre 50 crateri nelle sue immediate vidi Andrea Baranes cinanze. Inaugurato due anni fa, con i suoi 1.760 km di tubi attraverso Azerbaigian, Georgia e Turchia, il Btc è il più lungo oleodotto al mondo. L’opera è stata realizzata dal consorzio Btc, registrato nelle Isole Cayman e guidato dalla Bp (British Petroleum) con la partecipazione di diverse altre compagnie petrolifere, tra le quali la francese Total, la statunitense Unocal (oggi fusa nella Chevron) e l’italiana Eni.
Eni, la Sace e un progetto antieconomico Il Btc è stato sostenuto dalla Banca Mondiale, dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e da un consorzio di 15 banche internazionali, tra le quali Banca Intesa e San Paolo Imi, al tempo non ancora accorpate in un unico gruppo bancario, e intervenute con 60 milioni di dollari l’una. Banca Intesa ha successivamente ceduto le proprie quote sul mercato internazionale. Anche l’Agenzia di Credito all’Esportazione italiana, la Sace, è intervenuta direttamente nel progetto, a quanto pare proprio per assicurare gli investimenti delle due banche italiane. Secondo le denunce di diverse Ong che seguono da anni il controverso progetto, il Btc, anche a causa dell’oramai prossimo esaurimento delle riserve petrolifere in Azerbaigian, non avrebbe una convenienza economica, a meno di non riuscire a convogliare verso l’energivora Europa anche le enormi riserve dell’altra sponda del Mar Caspio. In particolare quelle provenienti dal Kazakistan. In quel Paese l’Eni è una delle multinazionali che ha firmato l’accordo per lo sfruttamento del petrolio del Nord del Caspio ed è | 40 | valori |
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operatore del più grande giacimento scoperto negli ultimi decenni, quello di Kashagan.
Problemi tecnici e danni ambientali… Un giacimento offshore caratterizzato da enormi difficoltà tecniche per l’estrazione del greggio, e da una massiccia presenza di zolfo, che stanno causando ritardi, aumenti dei costi e conseguenti malumori del governo kazako. In questo senso, le rivendicazioni e le critiche di natura ambientale che lo stesso esecutivo ha avanzato nei mesi scorsi sembrano funzionali alla ricerca di migliori condizioni economiche, in un vero e proprio braccio di ferro con le compagnie petrolifere, e con l’Eni in particolare. L’accordo per lo sfruttamento di Kashagan è stato rivisto ad inizio 2008 e dovrebbe essere formalizzato entro la fine di ottobre, proprio per dare maggiore peso alla compagnia statale kazaka, a discapito delle quote dell’impresa italiana. Per fare arrivare in Europa il petrolio kazako senza dover passare dalla Russia, ed evitando l’Iran, il Btc appare come una scelta obbligata, e in ogni caso come quella nettamente migliore per le imprese petrolifere occidentali. Nelle scorse settimane, degli esponenti del governo kazako avrebbero dichiarato che stanno riconsiderando se fare passare il petrolio dal Btc, visti i conflitti regionali, o se non sia il caso di pomparlo attraverso la Russia. Una situazione economica e geopolitica estremamente complessa per l’Eni, nel suo doppio ruolo di operatore a Kashagan e di azionista del consorzio che ha realizzato l’oleodotto. Una situazione che si è ulteriormente complicata a seguito del conflitto in Georgia, ma che era prevedibile già da tempo.
…in una zona a rischio guerra Sono moltissimi i conflitti etnici e sociali che da anni colpiscono l’intera regione del Btc. Già in fase di progettazione, il governo di Tbi-
guite, compreso l’attacco alle petroliere che utilizzano il terminale dell’oleodotto a Ceyhan nel Mediterraneo. Non ultima, la Russia ha sempre considerato il Btc come una minaccia ai propri interessi nella regione, e come un progetto voluto da USA e potenze europee per tagliarla fuori dalle rotte del petrolio nelle ex repubbliche sovietiche. Un articolo del Financial Times del 12 agosto sosteneva che “la Russia ha dimostrato la propria volontà di utilizzare la forza nei territori ex-sovietici che escono dal seminato, quindi ci si può scordare di nuovi oleodotti indipendenti dall’Asia centrale. La presa del Cremlino sui rifornimenti da Est all’Europa non è ancora stata completata”. Prima dell’inaugurazione, il Btc era stato definito “l’oleodotto della pace”. Le Ong che denunciavano i rischi di conflitti erano delle Cassandre che travisavano la realtà. Dopo meno di due anni dalla sua inaugurazione, molti nodi stanno venendo al pettine, e sono nodi che causano morte, violazioni dei più elementari diritti umani e sofferenze indicibili per le popolazioni civili.
La Sace ci aveva pensato bene? In questa situazione, viene da domandarsi se la Sace, coinvolta per decine di milioni di dollari, abbia considerato le possibili ricadute sociali e sui diritti umani quando ha accordato il proprio sostegno al progetto. Viene da COS’È LA SACE domandarsi se le denunce e gli avvertimenti che provenivano dalle organizzazioni e le reti della società civile di LE AGENZIE DI CREDITO ALL’ESPORTAZIONE (ACE) sono enti solitamente pubblici o sotto controllo tutto il mondo siano stati drammaticamente sottovalupubblico, nati per sostenere e assicurare gli investimenti all’estero delle imprese del proprio Paese. Quando un’impresa investe all’estero deve considerare i diversi rischi politici, commerciali, tati, o non siano piuttosto stati ignorati per cinismo e e, più in generale, il rischio che la controparte non paghi. Visto che, per la singola impresa, è spesso motivi di real-politik. difficile potere reclamare il pagamento, è possibile stipulare una sorta di contratto di assicurazione Nel primo caso, sorgono forti dubbi sugli strumenti e con la propria Ace. In caso di indennizzo accordato, quest’ultima interviene rimborsando l’impresa e subentrandole quale creditrice. Se la procedura appare in se legittima e persino necessaria le procedure utilizzati dalla Sace per valutare i rischi amper potere investire in aree rischiose del Pianeta, troppe volte le Ace sono intervenute sostenendo bientali, sociali e sui diritti umani prima di accordare un progetti con forti impatti sociali, ambientali e sui diritti umani nei Paesi del Sud del mondo. Queste sostegno ad un progetto tanto delicato. Nel secondo caagenzie hanno anche delle responsabilità rilevanti riguardo il debito estero di molti Paesi poveri. Più in generale, l’intervento delle Ace è spesso servito per sostenere gli interessi strategici so, considerata la situazione in cui versa oggi la regione e geopolitici delle potenze occidentali nelle aree “calde” del Pianeta. In diversi casi le Ace sono del Caucaso, si pongono una serie di inquietanti dostate accusate di assicurare operazioni legate al’export di armi, a fenomeni di corruzione, a progetti mande. Da una parte la Russia, tramite la Georgia, semche hanno rafforzato regimi dittatoriali e non democratici. In Italia la principale agenzia di credito all’esportazione è la Sace. Con la finanziaria del 2003 è diventata una SpA, ma l’azionista unico bra volere indicare anche alle altre repubbliche ex-sovieè a tutt’oggi il governo italiano e in particolare il ministero dell’Economia e delle Finanze. tiche chi comanda nella regione. Dall’altra, negli scorsi giorni si sono moltiplicate le prese di posizione dei governi occidentali che chiamavano in causa l’inviolabilità del territolisi chiese di modificare il tracciato originario per evitare la regione di rio georgiano e la Carta dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per conAkhalkhalaki, nel Sud del Paese, dove non poteva garantire la sicudannare il comportamento di Mosca. rezza dell’oleodotto. Ma non è solo la Georgia a destare preoccupaSecondo diversi analisti, il conflitto non riguarda tanto l’Ossezia zioni. L’oleodotto passa a poche decine di chilometri dalla martoriata del Sud, quanto il controllo delle linee di trasporto del petrolio tra Asia Cecenia. L’Azerbaigian è da anni sull’orlo di una nuova guerra con Centrale ed Europa. Una partita per il controllo delle risorse petrolifel’Armenia, a causa della questione mai risolta del Nagorno-Karabach, re che si gioca sulla pelle delle popolazioni della regione caucasica. In alla base del conflitto tra i due Paesi dell’inizio degli anni ‘90. Ancora questo quadro, spicca la posizione del governo italiano. La Sace è al a marzo del 2008 dei colpi di mortaio sono esplosi lungo il confine. 100% controllata dal ministero del Tesoro e delle Finanze. Il governo Il Btc attraversa tutto il Kurdistan turco. Il 5 agosto, due giorni priitaliano controlla anche più del 30% dell’Eni, tramite lo stesso minima dello scoppio della guerra in Georgia, un’esplosione ha dannegstero e la Cassa Depositi e Prestiti. A costo di peccare a nostra volta di giato l’oleodotto vicino al villaggio di Yurtbashi, nell’Est della Turchia. cinismo e di una visione distorta della real-politik, siamo sicuri che siaL’incendio ha provocato fiammate alte 50 metri, ed è stato domato sono le motivazioni umanitarie a guidare la politica estera dell’Italia nel lo l’11 di agosto. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha risostenere con tanta determinazione il governo della Georgia? vendicato questo attentato, segnalando che altre azioni sarebbero se-
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Il mudarabah APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE 3 ottobre GINEVRA (SVIZZERA) OBSERVATOIRE DE LA FINANCE 7TH INTERNATIONAL MEETING ON ETHICS, FINANCE & RESPONSIBILITY Analisi e studi di casi per comprendere a fondo i molti punti di incontro tra finanza ed etica. Al centro dell’interesse il ruolo della formazione orientata verso gli operatori. www.obsfin.ch 6 – 7 ottobre LUSSEMBURGO 5TH ANNUAL SEMINAR ON LEGAL ASPECTS OF MONEY Il seminario, giunto alla sua quinta edizione, verterà su “The EU single market in financial services: regulating EU financial markets in times of turmoil” www.eipa.eu
6 – 8 ottobre L’AIA (OLANDA) THE SECOND ANNUAL EUROPEAN ANTI-CORRUPTION SUMMIT Corruzione e reati finanziari rappresentano una minaccia costante. Le imprese possono vedersi costrette ad andare incontro a danni economici e morali di enorme portata. Obiettivo della conferenza l’analisi delle pratiche di prevenzione, delle strategie e degli studi di caso. www.ethicalcorp.com/ethicseurope 6 – 8 ottobre ILOILO CITY (FILIPPINE) FINANCIAL ANALYSIS FOR MICROFINANCE INSTITUTIONS Corso organizzato dalla Social Enterprise Development Partnerships, Inc. www.microfinancegateway.com
13 – 14 ottobre PRAGA (REP. CECA) CENTRAL AND EASTERN EUROPE CORPORATE RESPONSIBILITY SUMMIT La due giorni di conferenze affronterà i temi della responsabilità aziendale nella regione. I partecipanti avranno modo di confrontarsi criticamente con gli esponenti delle corporations presenti nell’area come Shell, Nestle, Microsoft, RWE Stoen, Danone, System Capital Management, Czech Coal, DHL Express, Telekomunikacja Polska, Intesa Sanpaolo VÚB Bank, Siemens, BP e SAB Miller per citarne solo alcune. www.csreurope.org | 42 | valori |
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18 – 26 ottobre IO FACCIO LA SPESA GIUSTA Settimana del commercio equo promossa da Fairtrade in collaborazione con Banca Etica e Feltrinelli. Le filiali e i banchieri ambulanti di Banca Etica ospiteranno e offriranno prodotti del commercio equo certificati fairtrade e saranno teatro per piccoli concerti, momenti di animazione e di riflessione sui temi della finanza etica e del commercio equo e solidale. www.bancaetica.com 20 – 23 ottobre LONDRA (UK) ALTERNATIVE INVESTMENT SUMMIT 2008 Incontro dedicato ai mercati emergenti e alla Russia in particolare. Partecipa la European Bank for Reconstruction and Development, istituzione creata nel 1991 con l’obiettivo di assistere lo sviluppo dei Paesi del defunto Patto di Varsavia. www.ebrd.com www.terrapinn.com/2008/AISR 29 – 30 ottobre LONDRA (UK) C5’S GLOBAL SUMMIT ON MICROFINANCE INVESTMENTS Aumenta l’attenzione attorno ai prodotti di microcredito. Si stima che questo genere di assets cresca ad un ritmo del 25% annuo registrando un giro d’affari di circa 33 miliardi di dollari. www.C5-Online.com
2 – 4 novembre DUBAI (EAU) 2ND ANNUAL MIDDLE EAST CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY Secondo vertice annuale dell’area mediorientale sul tema della responsabilità sociale d’impresa. Organizzano International Humanitarian City of Dubai (IHC), United Nations Office for Projects Services (UNOPS) e CSR Middle East. www.csrwire.com 12 – 14 novembre LUSSEMBURGO EUROPEAN MICROFINANCE WEEK “Frontier Issues in Microfinance opportunities and challenges for European actors” è il titolo dell’edizione di quest’anno che si svolgerà nell’arco di tre giorni nel Granducato. Al centro dell’interesse i workshop dedicati alla collaborazione tra le istituzioni e i mercati del Terzo Mondo. www.microfinance-platform.eu
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PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT
13 – 14 novembre LONDRA (UK) 2008 CONFERENCE ON RESPONSIBLE CREDIT L’iniziativa, organizzata dalla European Coalition for Responsible Credit, mette a confronto l’esperienza di diversi regolatori del Vecchio Continente. www.european-microfinance.org 13 – 14 novembre WASHINGTON D.C. (USA) NINTH JACQUES POLAK ANNUAL IMF RESEARCH CONFERENCE In uno dei momenti più critici che la finanza mondiale ricordi, il Fondo Monetario Internazionale organizza una conferenza di aggiornamento. Economisti interni ed esterni all’organismo condividono le loro opinioni e i risultati delle loro ultime ricerche. www.imf.org 19 – 21 novembre ASHRIDGE (UK) INTEGRATING CORPORATE RESPONSIBILITY «La crescente integrazione della responsabilità d’impresa all’interno delle compagnie sta cambiando l’insieme delle capacità richieste ai manager» spiegano dall’Ashridge Centre for Business and Society. È a partire da questa nuova certezza che l’ente stesso si è impegnato nell’organizzazione di un corso specifico. Tra i partecipanti degli anni passati si segnalano esponenti di Novo Nordisk, T-Mobile, ABN Amro Bank, Sainsburys, Pfizer, Reykjavik Energy e First Choice Holidays. www.ashridge.org.uk/icr 20 novembre BARCELLONA (SPAGNA) IPE AWARDS 2008 Gli IPE European Pension Fund Awards vengono assegnati agli operatori nel campo dei fondi pensione. Sedi dell’evento il Fira Palace Hotel e il Museu Nacional D’Art de Catalunia. www.ipe.com/awards 23 – 25 novembre BAHARAIN WORLD ISLAMIC BANKING CONFERENCE – XV EDIZIONE Oltre 1.000 i partecipanti attesi tra esperti del settore e manager nella convention annuale dedicata al mondo della finanza islamica. Un’occasione per fare il punto sui trend del mercato e su un segmento finanziario in rapida ascesa. www.megaevents.net/wibc/home.html
25 – 26 novembre AMSTERDAM (OLANDA) ENVIRONMENTAL BUSINESS STRATEGIES SUMMIT 2008 Esperti di politiche sostenibili e di responsabilità d’impresa si confrontano sui temi caldi dell’energia. www.ethicalcorp.com/ebs 25 – 26 novembre LONDRA (UK) 2ND CSR REPORTING AND COMMUNICATION SUMMIT 2008 Evento dedicato alla responsabilità d’impresa e alla trasparenza. Partecipano esponenti di alcune delle più grandi multinazionali del Pianeta. www.ethicalcorp.com/reporting 26 – 27 novembre LONDRA (UK) WATER AND BUSINESS SUMMIT 2008 Gli esperti si confrontano sul delicato tema dell’acqua. Hanno ragione gli analisti di JP Morgan a predire una crisi idrica entro il 2025 per le economie di Cina, Usa ed Europa Occidentale? Organizza il World Business Council For Sustainable Development. www.ethicalcorp.com/water 3 – 4 dicembre MILANO (ITALIA) EUROPEAN FORUM OF ISLAMIC FINANCE Al centro del dibattito l’integrazione della finanza islamica nel sistema economico europeo. Organizza Financial Events International. www.financial-events.ch 12 dicembre PARIGI (FRANCIA) INSTITUTIONAL INVESTORS AND SRI: HOW TO INTEGRATE ESG FACTORS IN YOUR INVESTMENT CHOICES Si discute di investimento responsabile, corporate governance e misurazione dell’impatto ambientale e sociale delle scelte strategiche alla base degli investimenti. Organizza Novethic. www.novethic.fr 17 dicembre IN VIDEOCONFERENZA CLIMATE CHANGE: OPTIONS AND OPPORTUNITIES Organizzato da Restructuring Today, l’evento affronterà il tema del cambio climatico e del suo impatto politico, economico, tecnologico e regolamentare sulle industrie del settore energetico. Partecipano l’Ad di Exelon John Rowe, e gli esponenti di Resources for the Future Phil Sharp e Raymond Kopp. www.csrwire.com/event/904.html
Per finanziare nuovi progetti di Federica Miglietta*
ONTINUIAMO A PARLARE DI CONTRATTI. Nell’ultima rubrica (su Valori di settembre) ci siamo occupati del contratto
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di musharakah. In questo numero trattiamo, invece, un altro importante contratto, chiamato mudarabah, nel quale un partner (o un gruppo di capitalisti) fornisce capitale ad un socio che lo investe in una società commerciale. Il mandante, chiamato rabb-ul-mal, si limita a conferire il capitale mentre il socio, che viene chiamato mudarib, gestisce interamente gli affari, pur non investendo nulla in termini di capitale. A seconda del tipo di contratto stipulato, il mudarib ha piena libertà di azione o, al contrario, è vincolato alle indicazioni del mandante; si distingue, a secondo dei due casi, una mudarabah a mandato illimitato o a mandato limitato. Colui che conferisce il capitale sopporta interamente il rischio finanziario e i beni acquistati dal mudarib sono di sua proprietà. Il mandatario-manager ha diritto ad un compenso solo se la conduzione degli affari genera dei profitti; in caso contrario il mudarib non riceverà nulla. Non ha diritto nemmeno a un salario o ad alcuna commissione. Ma, allo stesso tempo, non è passibile per le perdite, a meno che non abbia agito in modo fraudolento o con negligenza. Nel caso di insuccesso dell’affare, operando in questo modo, si rispetta il principio di proporzionalità, che è essenziale in termini di società: il capitalista subisce la perdita finanziaria effettiva, mentre l’attività svolta dal mudarib non viene remunerata in alcun modo. In questo caso, perché il contratto sia valido secondo la Shari’ah, le regole con le quali si determina la distribuzione degli utili ottenuti devono essere precisate a priori e il contratto è di tipo fiduciario. Si tratta di un contratto Questo contratto associativo, misto di capitale e lavoro, associativo: un misto permette di far fruttare i capitali attraverso operazioni commerciali di capitale e lavoro. di procurare un finanziamento agli agenti che possono Per finanziare un investimento enon disporre di propri mezzi finanziari sufficienti per svolgere o fare credito alle imprese un’operazione di commercio o di investimento profittevole. Il contratto di mudarabah può essere utilizzato sia come credito alle imprese che come contratto allo scopo di investimento. Nel primo caso, la banca (nel ruolo di rabb-ul-mal) finanzia il progetto con l’investimento necessario e affida l’intera gestione al mudarib, l’imprenditore o commerciante finanziato. Nel caso dell’investimento invece, lo strumento si presta bene all’investimento nella forma, per esempio, del fondo comune. Una pluralità di soggetti affidano alla banca o ad una società apposita dei fondi da gestire per ottenere una redditività consentita secondo il Corano (halal). E lo stesso gestore investe il capitale sui mercati finanziari. In questo caso la banca opera da mudarib mentre gli investitori da rabb-ul-mal poiché conferiscono i capitali da investire in beni mobili o immobili a secondo del mandato di gestione conferito. Il mudarib può agire contemporaneamente da banca depositaria e da gestore. Il mudarabah può essere usato anche in combinazione con il contratto di musharakah. Un caso classico * Docente di finanza in cui questi contratti possono essere usati è il project financing. Se un soggetto vuole finanziare l’intera allo IEMIF, Istituto di Economia dei Mercati operazione, si può usare il mudarabah, se invece l’investimento è effettuato in comune si può utilizzare e degli Intermediari la forma del musharakah. Attraverso questi due contratti partecipativi, dunque, le banche islamiche Finanziari, dell’università condividono i rischi e i potenziali utili con gli imprenditori. Bocconi di Milano.
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Cosa Nostra romana >46 Energia top secret, Bruxelles nicchia >50 L’azzardo di massa e i suoi “effetti collaterali” >52
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economiasolidale BUONE PRATICHE A CINQUE STELLE? ROBA DA ASINE
DAL CONCIME BIOLOGICO LIBERTÀ E SVILUPPO PER SESSANTA FAMIGLIE IN EL SALVADOR
“PUBBLICITÀ PROGRESSO” UN CONCORSO PER PREMIARLE
UN “SACCO” PER CONOSCERE IL CONSUMO SOSTENIBILE
LA PRIMA CASA “SOLARE” COMPIE 50 ANNI NEL 2030, FOTOVOLTAICO PER 4 MILIARDI DI PERSONE
BIOLOGICO, SLITTA DI 18 MESI IL LOGO UE
«Essere un “Comune a cinque stelle” vuol dire migliorare la qualità della vita e la consapevolezza dei cittadini», commenta la rappresentante del Comune di Monte San Pietro (Bo) vincitore del premio “Comune a cinque stelle” (per la sezione Rifiuti) assegnato il 7 settembre a Capannori (Lu) dall’Associazione dei Comuni virtuosi, per aver attivato una raccolta differenziata porta a porta, sull’80% del territorio, senza costi aggiuntivi. Gli altri Comuni premiati sono stati: Cassinetta di Lugagnano (Mi) nella sezione Gestione del territorio; per l’Impronta ecologica la vittoria è andata a Correggio (Re). Per la Mobilità sostenibile è stato premiato Morbegno; per Nuovi stili di vita la vittoria è andata ex-equo a San Miniato (Pi) e Gorgonzola (Mi). Menzione speciale per il Piano energetico di Padova, mentre il vincitore assoluto è stato Ponte nelle Alpi (Bl). L’iniziativa è alla seconda edizione e punta a valorizzare quelle amministrazioni che realizzano pratiche sostenibili, lontane dai riflettori dei mass media. Con qualche eccezione, come nel caso di Castelbuono (Pa), che per la raccolta differenziata si è dotato di cinque asine. Con enormi risparmi di soldi e tempo: un’asina si compra con 1.500 euro, vive 20/25 anni e costa circa 2 mila euro l’anno. Un furgone ne costa 30 mila, dura 8 anni e richiede 8 mila euro l’anno. L’idea ha attirato nel paese la BBC. www.comunivirtuosi.org
«Dal letame può nascere un fiore», diceva De Andrè. E aveva ragione: una fabbrica di concime organico realizzata nella zona di Chalatenango, in El Salvador, ha permesso a 60 famiglie di tornare a coltivare la propria terra. Nella fabbrica lavorano tre famiglie mentre le altre 57 traggono beneficio dall’utilizzo del concime organico nella coltivazione dei campi. L’intervento è stato realizzato grazie alla cooperazione della Ong italiana Soleterre. L’iniziativa è nata con l’obiettivo di promuovere attività di autosviluppo economico e sociale condotte direttamente dalla comunità locale, attraverso interventi in grado di produrre ricadute significative in termini di sicurezza alimentare e lotta alla povertà. In El Salvador la produzione del fertilizzante biologico si è rivelata estremamente utile per ovviare al problema della scarsa produttività del terreno dovuta all’erosione e all’utilizzo massiccio di concimi chimici, causa oltretutto di danni alla salute della popolazione locale. I contadini avevano quindi espresso il desiderio di poter tornare ad una coltivazione naturale: Soleterre, con la Caritas di Chalatenango e il contributo del Comune di Milano, ha organizzato la formazione di personale locale. Le associazioni hanno inoltre assistito i contadini nell’acquisto dei primi semi e utensili con cui coltivare la terra, grazie a un fondo di microcredito di 5 mila euro. Le famiglie si sono impegnate nella restituzione completa del credito che verrà poi rimesso a disposizione della popolazione locale per nuovi progetti. La campagna ha già permesso alle 60 famiglie beneficiarie di mantenere autonomamente la fabbrica e di soddisfare le necessità alimentari di ogni loro componente, senza il bisogno di dipendere più da realtà ed organizzazioni esterne.
Chi non si è arreso alla logica per cui uno spot può essere solo un veicolo commerciale troverà interessante il concorso di NoLogo Spot Festival. Il progetto nasce da un’idea dell’associazione culturale Cinetika di Torino: stimolare la produzione di opere audiovisive in cui la creatività degli sceneggiatori, la sensibilità dei registi e l’originalità della comunicazione siano al servizio di temi socialmente rilevanti e si fondano in una “pubblicità” non commerciale che diffonda messaggi di particolare interesse per la società. Il concorso è rivolto a giovani tra i 18 e i 35 anni, che, per partecipare, dovranno realizzare opere della durata massima di 60 secondi. I lavori saranno selezionati da una giuria composta da direttori artistici, sceneggiatori, comunicatori, sociologi ed esperti del linguaggio audiovisivo e sociale. Il vincitore sarà premiato con mille euro e i video migliori saranno poi mostrati al pubblico durante la prima edizione del Festival prevista per metà febbraio 2009 a Torino. Il programma della kermesse prevede, oltre alla rassegna dei video in concorso, una speciale sezione per le opere “fuori concorso” e una retrospettiva dedicata alle produzioni europee più interessanti della “pubblicità progresso”. Le opere dovranno essere inviate all’associazione Cinetika entro il 15 gennaio 09. Il bando di concorso è consultabile sul sito www.nologospotfestival.org.
Dal 14 al 16 ottobre a Firenze, presso il Polo delle Scienze Sociali di Novoli, si svolgerà la seconda edizione de L’altro sacco, versione italiana dell’iniziativa belga L’autre pack. Si tratta di una “risposta”: quella degli studenti universitari allo Student welcome pack, un sacco distribuito in ambiente universitario colmo di prodotti di multinazionali famose, che incentiva la tendenza allo spreco e la diffusione del più sfrenato consumismo. L’altro sacco, invece, sarà distribuito ad una manifestazione realizzata dall’associazione Manitese Firenze onlus: una proposta concreta sia di consumo consapevole che di riflessione su stili di vita e buone pratiche, per ricordare agli studenti le implicazioni dei loro consumi, mostrando che una scelta alternativa è possibile. Quest’anno sarà affrontato il tema del cotone, oggetto di forti speculazioni da parte dei grandi interessi della finanza del Nord del Mondo nonché causa di povertà e violazione dei diritti umani. Nei tre giorni di manifestazione, sarà venduto agli studenti il “sacco” alternativo, con prodotti e materiale informativo. Saranno realizzati inoltre seminari teorici, laboratori pratici, cineforum e altre iniziative per approfondire il tema e far emergere proposte e strumenti concreti per cambiare l’attuale stato delle cose.
Ha compiuto cinquant’anni la prima casa rotante, pensata per seguire il sole e prenderne il calore. Un gioiello di meccanica di 130 metri quadri, che gira grazie a un motore elettrico e anche d’inverno, se c’è un po’ di sole, non necessita di riscaldamento. Fu costruito – ironia della sorte – da un commerciante di carbone, il belga François Massau, che lo realizzò vicino a Wayre per permettere alla moglie malata di godersi il tepore solare a tutte le ore del giorno. La cosa paradossale è che il suo lavoro all’epoca non fu apprezzato (riuscì a vendere solo una delle tre case che costruì) e morì in povertà nel 2002. Una (piccola) consolazione postuma gli giunge dal quinto rapporto “Solar generation” di Greenpeace e della Epia (European photovoltaic industry association): entro il 2030 – si legge nel documento – il solare fotovoltaico fornirà energia elettrica a due terzi della popolazione mondiale, oltre 4 miliardi di persone. Saranno installati 1.800 GW di pannelli solari nel mondo, capaci di generare 2.600 miliardi di chilowattora pari al 14% circa del fabbisogno mondiale di elettricità. Oltre il doppio di quanto fornito oggi dal nucleare, e senza i pericolosi effetti collaterali relativi alla gestione delle scorie. «Un tale sviluppo è parte della rivoluzione energetica necessaria per affrontare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni globali di gas serra del 50% nel 2050» afferma Francesco Tedesco, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace. Secondo i dati di Solar Generation, produrre energia fotovoltaica diventerà economicamente competitivo rispetto alle fonti fossili tradizionali già dal 2015 nei paesi dell’Europa meridionale, e dal 2020 nell’intero continente. La rivoluzione solare permetterà di tagliare 1.600 milioni di tonnellate di CO2 nel 2030, pari alle emissioni attuali di Italia e Germania, e creare milioni di nuovi posti di lavoro.
Per colpa di un logo che potrebbe creare confusione, ci vorranno diciotto mesi in più per avere l’etichetta europea dei prodotti biologici: slitterà infatti al primo luglio 2010 l’entrata in vigore del logo europeo obbligatorio dei prodotti biologici nell’Unione europea, che doveva invece essere introdotto il primo gennaio prossimo. L’europarlamento, riunito in sessione plenaria a Bruxelles, lo ha deciso a larghissima maggioranza, accogliendo così la proposta avanzata dalla Commissione. Il posticipo si è reso necessario – secondo l’esecutivo comunitario – per attendere la creazione di un nuovo logo che fosse facilmente identificabile da parte dei consumatori europei. Il simbolo attuale infatti poteva essere facilmente confuso con quello già in uso per i prodotti di qualità, come le denominazioni d’origine o le indicazioni geografiche protette (Dop e Igp). Per evitare equivoci, Bruxelles ha recentemente lanciato un concorso pubblico per disegnare il nuovo logo europeo che dovrà essere necessariamente inserito sulle etichette di tutte le produzioni biologiche.
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Cosa Nostra romana
L’ECOMAFIA CIOCIARA IL LAZIO È TRA LE REGIONI PIÙ COLPITE dalla criminalità ambientale. Con 1.808 notizie di reato e 1.396 persone denunciate, è al quinto posto nella classifica dell’illegalità. In particolare al terzo posto per gli illeciti che riguardano il ciclo del cemento (696 infrazioni e 863 persone denunciate). Non va meglio per gli illeciti legati al ciclo dei rifiuti: il Lazio è nono in Italia (209 infrazioni, il 4,7% del totale nazionale, e 202 persone denunciate). Il dato più preoccupante riguarda proprio
il coinvolgimento nello smaltimento illecito dei rifiuti, al quale è fortemente interessata la criminalità organizzata. La provincia di Frosinone, in particolare, registra la presenza di molte attività industriali con problemi nello smaltimento illegale dei rifiuti. Nella zona agiscono numerosi camorristi casertani che, attraverso prestanome locali, gestiscono illegalmente attività industriali, dedicandosi in particolare allo smaltimento dei rifiuti tossici e speciali, i più pericolosi per l’ambiente.
Ecco le fotografie di alcuni delle centinaia di beni confiscati alla mafia nel Lazio. Si va da Ardea a Frascati, da Anzio a Castel Gandolfo. Si tratta di ville, terreni, appartamenti, locali, box e capannoni industriali che fino a pochi anni fa erano in mano alla criminalità organizzata.
Il Lazio, regione apparentemente lontana dalle “capitali” della mafia è il luogo dove vengono prese decisioni che interessano molto ai boss, che a Roma hanno le loro basi strategiche. E intanto la camorra invade le province di Latina e Frosinone. UANDO SI PARLA DI “BENI CONFISCATI ALLA MAFIA”, subito vengono in mente le “capitali” italiane della criminalità organizzata, e con esse il nostro profondo Sud: i resort affacciati sulla Valle dei Templi, le ville con vista sullo Stretto di Messidi Andrea Barolini na o la collina del disonore di Pizzo Sella a Palermo. Sbagliato. Mafia, camorra e ‘ndrangheta sono ormai (e sempre più) vere e proprie multinazionali del crimine. E, come tutte le multinazionali, hanno “sedi” in tutto il mondo. Dagli Stati Uniti alla Russia, dall’America Latina al Nord Europa, le loro basi logistiche costituiscono una vera e propria rete globale, capillare. Non esiste più un “territorio” della mafia, ma, piuttosto, un “mondo parallelo”, fatto di economia (florida), di politica (tanta) e di risorse e infrastrutture (tantissime). Non sembrerà così strano, quindi, parlare di beni confiscati alla mafia nel Lazio. Roma, capitale politica ed economica, è strategicamente fondamentale per i business delle cosche. Latina e Frosinone sono sempre più in mano alla camorra. L’area di Viterbo ed i Castelli romani sono luoghi di riciclaggio e di rifugio per i latitanti. Il Lazio è la sesta regione italiana per numero di beni confiscati, appena dietro alle regioni simbolo della malavita organizzata (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia) e alla Lombardia.
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La geografia della mafia laziale Fino a qualche anno fa l’infiltrazione mafiosa nel Lazio riguardava soprattutto Roma e i territori a sud della capitale. Negli ultimi anni, invece, si sta consolidando anche nel resto della regione. Secondo la relazione della Direzione nazionale antimafia sulla presenza della criminalità organizzata nel Lazio “le organizzazioni criminali locali e i gruppi di origine meridionale hanno raggiunto forme di elevatissima capacità criminale”. Per ovvie ragioni geografiche, la predominanza è quella camorrista, “che – si legge nel documento – dimostrando caratteristiche di alta imprenditorialità” è dedita soprattutto a riciclaggio, truffe, estorsioni, usura, ricettazione, e gioco d’azzardo, in particolare nel territorio del litorale romano. Le località di mare sono un obiettivo anche per la mafia siciliana, interessata soprattutto alla gestione dei lotti di spiaggia libera del litorale di Ostia. Nel frattempo i mafiosi si occupano di lavorare a livello politico per tentare di aggiudicarsi gli appalti pubblici per le grandi opere nazionali e, soprattutto a Roma e nel reatino, garantiscono rifugi sicuri ai latitanti. A testimoniare la forte presenza non solo camorrista ma anche della criminalità siciliana, un’ordinanza di custodia cautelare emessa nel novembre del 2006 dal Gip di Caltanissetta nei confronti di
71 persone collegate alla famiglia gelese dei Rinzivillo, presente ed operativa nel Lazio attraverso soggetti legati agli stessi Rinzivillo e alla famiglia Cannizzaro, quest´ultima a sua volta agli ordini del clan catanese che fu retto dal boss Nitto Santapaola. Si tratta di soggetti attivi nella capitale fin dagli anni 70. La disgregazione della Banda della Magliana ha poi spianato definitivamente la strada ai gruppi meridionali di stampo mafioso, che hanno in breve sviluppato reti e basi logistiche, penetrando così nel tessuto economico e politico della regione. Basti pensare all’indagine che ha riguardato un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio che ha coinvolto anche un gruppo di funzionari della Banca di Roma, che concedevano ingenti finanziamenti praticamente privi di garanzie, le cui somme venivano poi dirottate a favore di società intestate a prestanome. Allo stesso modo, emblematico è il caso del Comune di Nettuno, un centinaio di chilometri a sud di Roma: un territorio da tempo in mano alla famiglia calabrese dei Gallace. La loro presenza era così radicata anche nel tessuto sociale e politico, che portò, nel novembre del 2005, al commissariamento del Comune. Più a nord, invece, nella zona di Montalto di Castro è stata recentemente sgominata un’associazione a delinquere controllata dalla famiglia del camorrista Ignazio Salone. L’area in cui operava è con-
siderata ormai ad alto rischio di infiltrazione delle mafie, che hanno messo gli occhi su importanti opere pubbliche imminenti: in particolare la ristrutturazione del porto di Civitavecchia e la riconversione della centrale termoelettrica dell’Enel.
Latina e Frosinone, il regno dei “trasferisti” Ma sono le aree più meridionali della regione quelle a più alta densità mafiosa. Nelle province di Frosinone e Latina, in particolare, domina il fenomeno dei “trasferisti”: criminali (prevalentemente casertani) che effettuano vere e proprie incursioni sul territorio per controllare le attività illecite, in perfetto stile mafioso. Emblematico, in questo senso, l’episodio intimidatorio ai danni della Cooperativa sociale “Il Gabbiano”, che lavora su un fondo agricolo confiscato al clan dei Casalesi a Cisterna di Latina: nel settembre del 2006 un incendio ha distrutto tre dei sei ettari coltivati. Significativo è stato anche l´arresto avvenuto nell’aprile del 2007, a Cassino, del latitante Nicola Del Villano ricercato per associazione mafiosa ed estorsione, ritenuto il principale collaboratore del boss camorrista Michele Zagaria. Particolarmente radicata (anche se quasi del tutto “invisibile”) è |
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anche la presenza della ‘ndrangheta, concentrata prevalentemente nella città di Roma, dedita soprattutto al riciclaggio. Si tratta di gruppi che mantengono stretti vincoli familiari tra di loro e che si muovono sul territorio con estrema cautela, mantenendo continui contatti con i territori di origine. Circoscritta territorialmente, ma attivissima, è anche la mafia cinese. Nel 2005 fu scoperto un intenso traffico di merce contraffatta proveniente dall’estremo Oriente. L’organizzazione era così elevata da riuscire a riprodurre perfettamente i sigilli ufficiali del governo cinese. I proventi del commercio illegale venivano utilizzati soprattutto per acquistare immobili pregiati nel centro di Roma (nonché capannoni a uso industriale e commerciale): solo nel marzo del 2007 sono stati sequestrati beni mobili e immobili per venti milioni di euro.
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I NUMERI DELLA CRIMINALITÀ LAZIALE
BENI IMMOBILI CONFISCATI NELLA REGIONE LAZIO PROVINCIA
NEL 2006 IL LAZIO ERA LA TERZA REGIONE D’ITALIA per numero di persone segnalate per reati connessi al traffico di stupefacenti. Ben 3.224 casi, secondo la Direzione nazionale antimafia. Stesso risultato per il numero di minorenni coinvolti: 111. Sempre nel 2006, sono stati sequestrati nel territorio della regione oltre 750 chili di cocaina, 4 tonnellate di hashish e più di 58 mila pastiglie sintetiche (quasi il 44% del totale sequestrato a livello nazionale). Per quanto riguarda la città di Roma, invece, nello stesso periodo sono stati commessi solo 26 omicidi, cifra di molto inferiore alla media delle capitali europee.
COMUNE ANCORA IN GESTIONE ALL’AGENZIA DEL DEMANIO
ARCE FERENTINO FIUGGI GUARCINO FROSINONE MONTE SAN GIOVANNI CAMPANO PONTECORVO SANT’ELIA FIUMERAPIDO TORRE CAJETANI TOTALE PROVINCIA APRILIA CISTERNA DI LATINA FORMIA LATINA GAETA PONTINIA SAN FELICE CIRCEO TOTALE PROVINCIA ALBANO LAZIALE ANZIO ARDEA CAPENA CASTEL GANDOLFO CERVETERI CIAMPINO FIANO ROMANO FIUMICINO FRASCATI GROTTAFERRATA ROMA LADISPOLI LANUVIO MARINO MENTANA MONTECOMPATRI MONTEROTONDO POMEZIA ROMA VALMONTONE VELLETRI TOTALE PROVINCIA NEPI VITERBO VITERBO TOTALE PROVINCIA TOTALE REGIONE LAZIO
BENI IMMOBILI DESTINATI DESTINATI MA ANCORA DA ASSEGNARE
2 1 6 5 5
3 1 1
1 18
2
4
2 7 1 1
4 2 2 1
1 2 2 2 1 12 1 42 5 78 2 2 4 100
5 1 2 3 17 8 4 35 1 2 1 2 1 1 1 9 4 6 1 1
7
2 140 2
3 16
174
22
214
TOTALE
2 1 9 5 5 1 1 1 25 1 2 3 21 8 4 39 2 5 10 1 1 1 2 1 2 3 9 4 2 8 1 2 12 3 189 2 8 268 2 2 4 336
I PRINCIPALI CLAN CRIMINALI STABILMENTE PRESENTI SUL TERRITORIO VITERBO Clan Sarno ‘Ndrina Mollica
FONDI ‘Ndrina Tripodo Clan Casalesi
ROMA Famiglia Nicoletti
AREA SUD - FROSINONE Clan Venose Clan Esposito-Muzzoni Clan Casamonica-Di Silvio
CIVITAVECCHIA Clan Gallo-Cavalieri Clan Rinzivillo OSTIA Ex Banda della Magliana Clan Fasciani Clan Cuntrera-Caruana Clan Triassi Clan Senese
APRILIA ‘Ndrina Alvaro, ‘Ndrina Nirta-Strangio NETTUNO - ANZIO ‘Ndrina Gallace, Clan Anastasio LATINA Clan Ciarelli, Clan DI Silvio, Clan Baldascini Clan Veneruso
MINTURNO Clan Casalesi FORMIA Clan Bardellino
CALABRIA, LO SCANDALO DEI BENI CONFISCATI IN MANO AI MAFIOSI POCHE SETTIMANE FA, IN CALABRIA, gli uomini del ROS dei carabinieri hanno passato al vaglio 803 beni confiscati negli ultimi anni alla ‘ndrangheta. Ne è scaturito un dossier di oltre 300 pagine, firmato dal colonnello Valerio Giardina e da tempo sui tavoli della procura antimafia. Gli investigatori partirono due anni fa, con l’arresto del boss Pasquale Condello, detto “il Supremo”. La sua abitazione, confiscata con sentenza definitiva e consegnata nel novembre del 2001 al Comune di Reggio Calabria, risultava ancora abitata dai suoi familiari. Da lì, l’indagine si è allargata a macchia d’olio. E si è conclusa con la denuncia di 370 persone tra sindaci, assessori e dirigenti comunali. È emerso, infatti, che i ritardi nell’assegnazione e nell’utilizzo dei beni sono un fenomeno diffuso in tutta l’area della provincia di Reggio. “Dai primi accertamenti - si legge nell’informativa dei Carabinieri - è emerso che parte degli immobili sono stati assegnati ad enti o associazioni con notevole ritardo. Alcuni non sono stati mai assegnati ad alcun ente, con iter avviati e mai conclusi. Altri ancora sono risultati in uso o nella disponibilità dei soggetti nei cui confronti si è proceduto alla confisca, o dei loro familiari”. E fioccano anche i nomi illustri: a finire nel registro degli indagati anche il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti, l’ex sindaco di Felluca Giuseppe Mammoliti, il primo cittadino di Gioia Tauro Giorgio Del Torrione e quello di Africo Giuseppe Maviglia. A.B.
Dai Fori Imperiali a Latina, nelle case della mafia Dal 1987 ad oggi sono centinaia i beni confiscati alle mafie nella regione. La maggior parte è a Roma ed era nelle mani di boss della camorra e di ex della Banda della Magliana. Dal 2001, però, i sequestri vanno sempre più a rilento. A LEGGE ROGNONI-LA TORRE, che disciplina le procedure di sequestro, confisca e assegnazione dei beni sottratti alla mafia, ha dato i suoi frutti anche nel Lazio. La prima confisca risale al 1987: era un appartamento a Roma di proprietà di un trafficante di droga. All’epoca i sedi Andrea Barolini questri non erano frequenti: occorre aspettare tre anni perché vengano eseguite altre otto confische tra appartamenti, locali e box a Roma (di un trafficante di droga) e a Formia (di un affiliato alla camorra casertana). Ancora tre anni di attesa e, stavolta, ad essere colpito è uno dei clan storici della camorra: la famiglia Giuliano del Rione Forcella di Napoli (quelli del celebre brindisi con Maradona, immortalato negli anni 80 nel capoluogo campano), a cui fu confiscato, a Sant’Elia Fiumerapido (Frosinone), un capannone industriale, poi destinato al Comune. Fino al 2001 la quantità di immobili confiscati alla mafia è cresciuta continuamente, fino ad arrivare alla cifra record di 92 in un solo anno. Dopo quel momento, però, c’è sta-
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ta un’inversione di tendenza e negli ultimi anni i beni confiscati alle mafie si contano sulle dita delle mani. Il Lazio resta comunque la sesta regione italiana per numeri di beni avocati allo Stato: 334 fino ad oggi, secondo quanto riporta l’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio (vedi TABELLA ).
Illeggittimi proprietari La maggior parte dei beni confiscati era intestata a Enrico Nicoletti, passato alla storia giudiziaria del nostro Paese come il “cassiere” della Banda della Magliana. Nel gennaio del 2001 gli furono sottratti solo a Roma ben 65 immobili tra appartamenti, ville, terreni, fabbricati, impianti sportivi e locali vari. Di questi, negli anni, 52 sono stati trasferiti al Comune, quattro allo Stato, mentre in nove casi non è stata ancora scelta una destinazione. Ad un altro esponente della Banda della Magliana, Salvatore Nicitra, nato a Palma di Montechiaro (Agrigento), nel settembre del ‘99
furono invece confiscati undici immobili. I rimanenti 62 beni immobili confiscati a Roma appartenevano a membri o a persone in affari con la Banda della Magliana. Tutti tranne Francesco Rea, boss di Giuliano (Napoli), secondo gli inquirenti riciclatore per conto della camorra, al quale sono stati confiscati, nel gennaio 1998, dieci proprietà tra appartamenti, cantine e box. Altro intestatario di spicco di beni confiscati nel Lazio è Matilde Ciarlante, imprenditrice collusa con la camorra, sospettata di aver avuto rapporti con il boss Raffaele Cutolo e poi con la famiglia di Carmine Alfieri e Pasquale Galasso. In tutto, nel 2002, le sono stati confiscati 36 immobili, in gran parte abitazioni. Di questi, sette non hanno ancora ricevuto un decreto di destinazione. Quindi va ricordato Aldo De Benedittis, il “re” del gioco d’azzardo romano, gestore di numerose bische clandestine. A lui, nel gennaio del 2000, sono stati confiscati 14 immobili a Roma e molti altri nella zona dei Castelli Romani (una della
aree preferite dai capimafia) e lungo il litorale romano. In provincia di Latina, invece, “la maggior parte dei 39 beni confiscati - prosegue il rapporto - è riconducibile ad esponenti della camorra casertana e napoletana. Nel sud pontino, ormai terra di camorra a tutti gli effetti, spiccano le 21 proprietà del boss di Afragola, Vincenzo Magliulo, costituite per la maggior parte da terreni agricoli ed edificabili e da qualche appartamento confiscatogli a Gaeta nel giugno 1997”. Di queste ben dodici sono ancora da destinare. Allo stesso modo, a Formia sono state sequestrate ai boss della camorra tre abitazioni, mentre a Cisterna di Latina sono stati posti i sigilli ad un fabbricato con terreno agricolo di proprietà di un affiliato al clan dei Casalesi. Quattro, infine, i beni confiscati in provincia di Viterbo, tutti ancora da destinare: due appartamenti nel Comune capoluogo sottratti nel 2002 ancora una volta a Matilde Ciarlanti, e due terreni nel comune di Nepi, confiscati a un soggetto legato alla camorra nel febbraio del 1998.
Molti dei beni che Valori ha fotografato erano di proprietà della Banda della Magliana. Quando questa è stata sgominata, i loro affari sono stati presi in mano direttamente dalle organizzazioni criminali del Sud d’Italia. In particolare, non solo per ragioni geografiche, in alcune province laziali è fortissima la presenza della camorra.
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FONTE: OSSERVATORIO TECNICO SCIENTIFICO PER LA SICUREZZA E LA LEGALITÀ DELLA REGIONE LAZIO
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Tutti i sotterfugi della crisi dei rifiuti in Campania: chi ci ha guadagnato, sperperando e truffando miliardi di euro pubblici. Paolo Rabitti è un ingegnere che, con le sue consulenze legali, ha aiutato le procure di mezza Italia in processi sullo smaltimento dei rifiuti e sull’inquinamento ambientale (dal petrolchimico di Marghera al processo Enel di Porto Tolle, fino a quello sulla diossina Ddt nel Lago Maggiore e, da ultimo, a quello sui rifiuti in Campania). Nel suo nuovo libro spiega in maniera dettagliata tutti i meccanismi che in Campania hanno bloccato per 14 anni ogni soluzione sul nascere, dando vita a una crisi che ha distrutto l’immagine della regione in tutto il mondo.
IMPIANTI PREVISTI [NEL PIANO DI ANIDA]
4
ABRUZZO
4
3
3
3
TRENTINO
0
5
SARDEGNA
3
7
CALABRIA
7
VAL D’AOSTA
2
8 6
MOLISE
FRIULI VENEZIA GIULIA
2
9
BASILICATA
9
UMBRIA
9
MARCHE
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anni fa). E l’Italia, lo ricordiamo, ha già 51 termodistruttori di rifiuti. Mentre per l’Unione europea riduzione, riciclo, compostaggio e altre forme di trattamento come quello bio-meccanico, la digestione anaerobica e la co-combustione sostituviva, vengono prima degli inceneritori, Anida propone di investire 10 miliardi di euro pubblici in dodici anni per costruire 50 forni: 7 miliardi da qui al 2015 per i primi 35 inceneritori e altri 3 miliardi entro il 2020 per i restanti 15. E per la raccolta differenziata e il compostaggio? Poche briciole. Da oggi al 2015 Anida propone investimenti pubblici per 200 milioni di euro all’anno (contro 1 miliardo di euro all’anno per costruire inceneritori). Entro il 2020, investimenti pubblici per 100 milioni all’anno, contro i 600 milioni per i forni. In pratica si dovrebbe investire 5/6 volte di
Paolo Rabitti Ecoballe Aliberti Editore, 2008
UNA LETTERA INVIATA NEL 1998 da Giuseppe Zadra, presidente dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, all’allora commissario della Regione Campania, Antonio Rastrelli. A raccontare questa vicenda è l’ingegner Paolo Rabitti, mantovano, consulente della Procura di Napoli nel processo che mette sotto accusa i vertici politici della Campania ed Impregilo, nel suo ultimo libro: Ecoballe. Ingegnere, nel suo libro parla di una lettera che dimostrerebbe che l’Abi si sarebbe intromessa a piedi pari in una gara d’appalto europea, chiedendo di fatto di bloccare la raccolta differenziata.
La gara d’appalto era del 1998, per lo smaltimento dei rifiuti della Campania. A gara in corso arriva al presidente della Regione una lettera dell’Abi, la quale dice che le famose “ecoballe”, invece di essere smaltite subito come da contratto, dovevano essere tenute per essere smaltite più avanti. E che, se i cittadini napoletani non avessero conferito i rifiuti pattuiti, avrebbero dovuto pagare. Questo cosa significa in concreto?
Significa che avrebbero dovuto pagare due volte. Per smaltire i rifiuti e per non smaltirli e questo evidentemente è un freno fortissimo per la messa a punto della raccolta differenziata. Quindi l’Abi chiedeva di fatto di disincentivare la raccolta differenziata?
Chiedeva che ci fossero dei limiti per i Comuni, che dovevano conferire i rifiuti pattuiti. Se andavano di sotto della quantità stabilita dovevano pagare. Quindi ai Comuni non conveniva smaltire i rifiuti con la raccolta differenziata. Meglio smaltire i rifiuti una volta sola... Dietro c’è sempre il business, con gli incentivi statali “cip6” che spingono all’incenerimento…
Certo. Se mi danno un sacco di soldi per bruciare i rifiuti, è evidente che non mi conviene andare verso la raccolta differenziata. E chi vince la gara d’appalto per incenerire rifiuti, ha convenienza a tenerseli, come hanno fatto con le “ecoballe”, in attesa di poterli bruciare prima o poi con gli incentivi che sono pagati dalla gente sulla bolletta dell’Enel. M.I.
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LIGURIA
ORNA ALLA CARICA LA LOBBY DEGLI INCENERITORI, che propone di raddoppiare il numero di forni in Italia. Lo fa con un vero e proprio piano industriale per realizzare ben 50 nuovi impianti entro il 2020. A presentare il PNT (Piano Nazionale Termovalorizzatori) è stadi Matteo Incerti ta Anida (Associazione nazionale imprese del settore di Confindustria), a Roma nel luglio scorso. Poco importa se, come è stato indicato anche su “Il Sole 24 Ore online” (quotidiano di Confindustria) del 17 giugno scorso, “per la nuova Direttiva UE il riciclo è meglio degli inceneritori”. Per Anida l’Italia nei prossimi anni dovrebbe arrivare a bruciare il 40% dei rifiuti. La Germania (dati resi noti anche sul sito di Enel) quest’anno ne brucia il 22% (il 36% sedici
LE “ECOBALLE” RACCONTATE AI NAPOLETANI
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VENETO
La lobby italiana degli inceneritori vuole raddoppiare i termovalorizzatori. Costo: 10 miliardi di euro. Pubblici.
DOVE SARANNO I NUOVI INCENERITORI?
PIEMONTE
Rifiuti, Italia al forno
LIBRI
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LOMBARDIA
Le proteste non sono mancate. Il provvedimento è stato contestato da associazioni ambientaliste, da Beppe Grillo sul suo blog e dall’eurodeputato ed ex astronauta Umberto Guidoni (Sinistra Europea) che ha presentato
EMILIA ROMAGNA
Da caso a caso
TOSCANA
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pedite anche tutte le forme di accesso e divulgazione delle notizie e dei dati, che saranno riservati ai pochi addetti ai lavori e ai servizi segreti. Riporta, infatti, il testo: "le amministrazioni non sono tenute agli obblighi di comunicazione verso le aziende sanitarie locali e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco a cui hanno, comunque, facoltà di rivolgersi per ausilio o consultazione". Sottoposti a segreto di Stato sono “le informazioni, le notizie, i documenti, gli atti, le attività, i luoghi e le cose attinenti alle materie di riferimento”. Insomma: pene severe per sindaci, amministratori e, naturalmente, giornalisti che rilevano una centrale oggetto di Segreto di Stato.
PUGLIA
OP SECRET. Dal primo maggio scorso siti per il deposito delle scorie nucleari, nuovi impianti civili per produzione di energia, centrali nucleari, rigassificatori, inceneritori potranno essere coperti da segreto di Stato. Lo prevede il decreto legge numero 90 di Matteo Incerti (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 16 aprile 2008), targato governo Prodi. “Nei IL PORTA A PORTA PIACE A BERLUSCONI luoghi coperti dal segreto di Stato le funzioni di controllo ordinariamente svolte PORTA A PORTA E DIFFERENZIATA ALL’80%? dalle aziende sanitarie locali e dal Corpo «Se fosse così potrebbe esserci meno bisogno di termovalorizzatori». Così Silvio Berlusconi, nazionale dei vigili del fuoco – si legge nel ha commentato il resoconto del sindaco testo del decreto – sono svolte da autonodi Massalubrense (Napoli), che è riuscito a portare mi uffici di controllo, collocati a livello in un solo anno, grazie al metodo porta a porta, la raccolta differenziata del suo piccolo comune centrale dalle amministrazioni interessate dal 25 all’82%. Il commento è stato riportato solo che li costituiscono con proprio provvedidall’agenzia Asca e dal Mattino di Napoli. Un mento”. In pratica, ogni forma di controlBerlusconi che ammette l’efficacia della raccolta differenziata, evidentemente, non fa notizia. lo “civile” è estromessa dai siti in questione, blindatissimi per legge dello Stato. Im-
CAMPANIA
Fa ancora discutere un decreto del governo Prodi che pose il segreto di Stato su impianti nucleari, inceneritori, centrali energetiche. L’eurodeputato Guidoni interroga la Commissione Ue. Che risponde: “Valuteremo caso per caso”.
SICILIA
Energia top secret, Bruxelles nicchia
un’interrogazione alla Commissione europea, facendo leva sulla direttiva 2003/4/CE che prevede l’accesso del pubblico all’informazione ambientale. Il 29 agosto è arrivata la risposta del commissario europeo all’ambiente, il greco Stavros Dimas. L’Ue ha solo parzialmente accolto le critiche di Guidoni, promuovendo in linea generale il decreto di Prodi. “Questo decreto ha una portata generale, in quanto definisce in modo astratto gli elementi che potrebbero essere oggetto di segreto, elencati in un allegato non esaustivo – scrive la Commissione – Tuttavia, affinché un elemento possa essere concretamente coperto dal segreto di Stato è necessario procedere ad una valutazione dei singoli casi e tenere conto del pericolo effettivo e concreto per lo Stato che deriverebbe dalla conoscenza di questo segreto da parte di soggetti non autorizzati”. La Commissione aggiunge che “se vengono meno le condizioni che giustificano questa qualifica, il segreto può essere tolto prima dei termini previsti dalla legge n. 124 del 2007”. “Il decreto non è, in quanto tale, in contrasto con la direttiva 2003/4/CE”, scrive Dimas, il quale, tuttavia, verificherà che “nelle domande specifiche di accesso ad informazioni ambientali, la direttiva sia applicata correttamente qualora si tratti di segreti di Stato”. In pratica si dovrà vagliare di caso in caso. Secondo l’articolo 4 della direttiva 4 del 2003, ricorda la Commissione, il segreto di Stato può essere giustificato per “motivi di sicurezza pubblica”. Ed è qui che Guidoni infila il dito nella piaga. «La Commissione ha detto che andrà valutato caso per caso – commenta per Valori l’eurodeputato –, quello che si teme è che la norma invece in Italia venga applicata su larga scala per inceneritori e semplici impianti energetici per nulla strategici per facilitarne la costruzione anche quando non sussistono motivi di sicurezza pubblica. In questo caso si potrà ricorrere alla Commissione», conclude Guidoni.
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più sugli inceneritori che su tutto il resto, prioritario per l’UE. Nonostante oramai migliaia di esperienze dimostrino come, con la riduzione dei rifiuti e la raccolta differenziata porta a porta (con tariffa puntuale per cittadini ed imprese), si possano raggiungere in po-
co tempo percentuali dal 65% all’85% di materiali avviati al riciclo; nonostante una legge nazionale chieda almeno il 65% di raccolta differenziata entro il 2012 e nonostante le più avanzate politiche attuate negli Stati Uniti puntino all’obiettivo “Rifiuti Zero”, Anida prevede di estendere la raccolta differenziata solo quel tanto che basta per realizzare nuovi inceneritori. L’Emilia Romagna oggi ricicla il 36% (dati 2007). Per Anida per il 2015 dovrebbe salire solo fino al 40%. Il Veneto, una delle regioni che brucia meno in Italia, è già al 50% di differenziata. Per l’associazione di Confindustria dovrebbe arrivare solo al 60%. La Lombardia dal 43% attuale, nei prossimi sette anni dovrebbe toccare solo il 50%. Tutte le regioni del centro-sud non dovrebbero superare il 35%. Obiettivi piuttosto sottotono.
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Gli italiani hanno versato lo scorso anno 42,2 miliardi nelle casse delle società che gestiscono un numero sempre crescente di giochi. Dietro un’occupazione che sembra uno svago innocente si costruisce dipendenza, usura e malavita PER L’ERARIO NON È UN GIOCO 18,8
[DATI 2007 IN MILIARDI DI EURO]
DOMENICA 12 ottobre, a partire dalle 9, nella sala consiliare del Comune di Campoformido (Udine) si terrà la terza edizione del convegno “La terapia di gruppo nella dipendenza da gioco d’azzardo”. Il convegno è organizzato da A.GIT.A. (Associazione degli ex giocatori d’azzardo e delle loro famiglie). Tel. 0432-72.86.39 agita@sosazzardo.it
RACCOLTA DEL GIOCO ENTRATE ERARIALI
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1,52
Il tavolo della roulette al Casinò dell’Opera. 700 mila i giocatori patologici in Italia e la cifra è in aumento.
L’azzardo di massa e i suoi “effetti collaterali” del film di Scorsese Casinò e più in là un poster che dice “Da quanto tempo gratti e non vinci?”. Per il resto niente, nell’arredamento di quello che una volta era un fienile sulle colline senesi, di Paola Baiocchi fa pensare al gioco d’azzardo. Lungo le pareti cuscinoni e musica. Eppure è in corso una delle ultime giornate del ciclo di terapia intensiva per giocatori patologici tenuto da Orthos. Sono circa 30 milioni gli italiani scommettitori, che nello scorso anno hanno “legalmente azzardato” 42,2 miliardi di euro, il 2% del Pil italiano. Risultati che rappresentano solo una parte della “posta”, dato che per ogni gioco legale esiste il corrispettivo illegale, che gode dell’effetto traino della parte visibile. Quest’anno poi gli incassi dell’azzardo sono destinati a schizzare ancor di più verso
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CCANTO AL TELEVISORE C’È UN DVD
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l’alto, perché da agosto il videopoker è diventato legale e prevede di incassare nel 2009 più di 500 milioni di euro.
Abitudine, abuso, dipendenza Dietro queste cifre da capogiro, di cui beneficia anche l’erario (vedi TABELLA ) ci sono parecchie zone d’ombra. La prima è un fenomeno altrettanto in crescita: circa 700 mila malati di gioco d’azzardo patologico (Gap o gambling) tra i quali gli adolescenti, come rileva l’Eurispes nel suo Rapporto Italia 2007, su dati forniti da uno studio della Siipac (Società italiana di intervento sulle patologie compulsive). Lo studio afferma che il 5,1% degli studenti è giocatore patologico e il 9,7% è a rischio dipendenza. Dati ben al di sopra della media italiana di giocatori patologici (tra l’1 e il 3% del totale), che giustifica la preoccupazione degli addetti, soprattutto dopo la legalizzazione del videopoker, proprio il gioco che crea più dipendenza.
MASSIMO SIRAGUSA / CONTRASTO
Vienna, 1996
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BINGO
SUPERENALOTTO
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GIOCHI A BASE SPORTIVA E IPPICA
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LOTTO
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LOTTERIE
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APPARECCHI DA INTRATTENIMENTO (SLOT)
6,17 5
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FAMIGLIE E GAMBLERS
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laterali” e non prevede nemmeno che una parte degli immensi profitti privati vengano reinvestiti in attività di prevenzione. In Svizzera il 5% dei ricavati del gioco vengono reinvestiti in attività di sensibilizzazione, prevenzione e riabilitazione.
LIBRI
Fuori dal servizio sanitario nazionale
Silvana Mazzocchi Mi gioco la vita Baldini Castoldi Dalai Editore, 2008
«Mentre già dal 1977 il Gap veniva inserito nella classificazione internazionale delle malattie, in Italia ancora non rientra nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) del Servizio sanitario nazionale» ricorda Riccardo Zerbetto, psichiatra, psicoterapeuta e direttore scientifico del Progetto di Orthos, che continua: «Diventa difficile per chi è già pieno di debiti da gioco potersi pagare delle cure». Con un quadro normativo insufficiente le risposte del Ssn per il momento sono a macchia di leopardo, su base volontaria e sperimentale. «La Regione Toscana ha inserito il gambling nel Piano sanitario approvato a luglio» spiega Arcangelo Alfano, responsabile ufficio dipendenze della Regione e aggiunge «Abbiamo avviato la formazione degli operatori nelle strutture territoriali e aperto un “tavolo” di coordinamento con il privato sociale e il volontariato. Mentre i cicli di terapia intensiva presso Orthos sono gratuiti per chi risiede in Toscana».
L’azzardo secondo il codice penale è quello in cui “ricorre il fine di lucro e in cui la perdita o la vincita sono interamente o quasi aleatorie”. E quindi, anche se sembra incredibile ai più, in questa definizione rientrano tutte le lotterie, il Superenalotto, il Bingo, il Totip e le scommesse su eventi sportivi, nonché il poker e i Gratta e vinci, venduti anche alla cassa del supermercato, proprio nella zona degli acquisti compulsivi. «Il problema è che il gioco in forma patologica è visto come un “vizio”– dice Rolando De Luca, psicoterapeuta responsabile del Centro di terapia di Campoformido (Ud) – non come una dipendenza frutto anche di una percezione sociale tollerante nei confronti dell’azzardo». Percezione favorita da leggi ad hoc e mancanza di legislazione – altrettanto ad hoc – che mostrano il conflitto di interesse dello Stato, che nel 2007 ha incassato da biscazziere 7,2 miliardi di euro, ma è renitente a prendersi cura degli “effetti col-
Dio non gioca a dadi Anche i SerT, i Servizi per le tossicodipendenze, cominciano a fornire servizi: 200 dei circa 500 SerT italiani hanno organizzato risposte differenti, ma i casi patologici sono in aumento grazie alla capillarità e alla pervasività dell’offerta del gioco d’azzardo: anche sulla home page di autorevoli quotidiani l’occhio non può fare a meno di cadere sulla pubblicità del Burraco on line, proprio sopra la striscia pubblicitaria del sito dove confrontare i mutui. Chi gioca sono soprattutto uomini tra i 20 e i 60 anni, anche se le statistiche dicono che le donne bruciano più rapidamente le tap|
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| economiasolidale | pe da abuso a patologia; azzardano i disoccupati che sperano nell’occasione che li faccia svoltare, e i redditi medi. E le giocate aumentano nei periodi di crisi economica. Inoltre chi ha già una dipendenza, alcol, droghe o tabacco, fa presto ad aggiungerci anche quella al gioco. Tra i gambler, per esempio, la percentuale di fumatori è l’esatto contrario della media nazionale: il 33,1 per cento della popolazione generale fuma, mentre nei giocatori patologici il 76,2 per cento è un fumatore incallito. Lo studio, invece, è una sicura difesa dalla patologia: i laureati sono il 26 per cento della popolazione generale e solo il 3,4% nei giocatori in trattamento. Insomma visto che - come ha detto Einstein - Dio non gioca a dadi, l’azzardo è una tassa in più per le fasce già deboli.
| economiasolidale | trova nel “pacchetto” le slot. A quel punto, anche se le tiene spente, ha una trattenuta automatica. Succede allora che la maggioranza degli esercenti tiene in funzione le slot.
Con il gioco anche la malavita si legalizza
L’andamento del mercato delle lotterie e delle scommesse è in crescita costante: in 11 anni si è passati da 6,5 miliardi di euro del 1994 a 28,2 miliardi di euro nel 2005. Fino a pochi anni fa si spartivano il mercato principalmente tre società: Lottomatica, per il lotto, Sisal per il Superenalotto e Snai per le scommesse ippiche. A partire dalla legge Bersani-Visco del 2005 il mercato italiano si è aperto alle società internazionali, come la greca Intralot, l’austriaca Merkur, l’inglese William Hill, l’anglo-svedese Unibet. L’ultima arrivata è Microgame, Pusher in pieno giorno primo server provider di giochi a distanza da internet o da cellulare, Alice Berti, dell’Osservatorio di epidemiologia sociale dell’Agenzia che con base a Benevento e la partecipazione del fondo inglese di priregionale di sanità della Toscana (Ars) è preoccupata per la presa suvate equity Cambria, ha già conquistato il 40 per cento del mercato. gli adolescenti dei remote gambling: «Con la possibilità di scommetDietro l’enorme flusso di denaro che l’azzardo di massa muove, tere dal cellulare o con il computer senza muoversi da casa (o dal postanno gli altri lati oscuri: l’usura per chi ha debiti di gioco e il consto di lavoro) si possono perdere delle fortune e non esistono filtri trollo anche delle forme legali del gioco da parte della malavita, per che blocchino l’accesso ai minori. Il rischio per i giovani è maggiole straordinarie possibilità di lavaggio di capitali che offrono. re, perché quanto prima si manifesta una dipendenza, tanto più può Ma questo è un capitolo che rimandiamo ad compromettere il suo percorso di vita. Le slot infine INFO un’altra volta, proprio come il racconto dello sban– conclude Alice Berti - sono dei pusher in pieno camento delle crete senesi per realizzare un campo giorno che possono trovarsi in tutti i bar o i circoli www.bollettinodipendenze.it da golf a cui abbiamo assistito dalla terrazza della coche i giovani frequentano». www.comunitaorthos.it/chi.html munità Orthos, a un passo dall’aeroporto di AmpuAnche perché i concessionari le impongono nei www.aams.it gnano di cui improvvisamente si sente la necessità contratti: se un esercente richiede la concessione, aswww.giocatorianonimi.org di allargare le piste. Viaggio aereo e giocata sul green: sieme al terminale per le giocate e con cui fare le riwww.siipac.it l’ultima frontiera del gioco per i ricchi, ora che i cacariche telefoniche o i pagamenti di alcuni servizi www.sosazzardo.it sinò si sono proletarizzati. come gli scuolabus comunali o i biglietti del treno –
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APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE 10 – 11 ottobre BERTINORO (FORLÌ) LE GIORNATE DI BERTINORO PER L’ECONOMIA CIVILE “Qualità e valore nel Terzo settore”, è questo il titolo della VIII edizione dell’evento nazionale organizzato da Aiccon (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Nonprofit). Un’occasione di confronto tra economisti ed esponenti del mondo accademico per tracciare nuove proposte sull’evoluzione di un settore, il non profit, che sta diventando sempre più protagonista anche nel panorama economico mondiale. www.legiornatedibertinoro.it
16 – 19 ottobre GUBBIO ALTROCIOCCOLATO Manifestazione che, senza perdere le caratteristiche della festa e del divertimento, rappresenta l’occasione per veicolare e promuovere un diverso modello di produzione e di consumo, basato su relazioni eque e solidali, sul rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali. www.altrocioccolato.org 23 – 27 ottobre TORINO TERRA MADRE Riunisce per quattro giorni comunità del cibo, cuochi, docenti e giovani provenienti da tutto il mondo impegnati a lavorare per promuovere una produzione alimentare locale, sostenibile e rispettosa dei metodi ereditati e consolidati nel tempo. www.terramadre.info
23 – 24 ottobre ROMA KLIMAHOUSE ROMA La manifestazione dedicata alla bioedilizia, nata a Bolzano, si sposta per la prima volta a Roma. “Klimahouse” ha consolidato il proprio ruolo di rassegna leader in Italia grazie ai quasi 37 mila visitatori, soprattutto operatori del settore, giunti nei padiglioni di Fiera Bolzano per conoscere le novità del settore presentate da 375 aziende. www.fierabolzano.it/klimahouseroma2008
31 ottobre – 2 novembre TRENTO FÀ LA COSA GIUSTA, TRENTO Organizzata da Trentino Arcobaleno e la Confesercenti provinciale, la mostra mercato porterà anche quest’anno nelle strutture di Trento Fiere in Via Briamasco oltre 160 fra agricoltori biologici, botteghe del commercio equo, associazioni, cooperative sociali, e aziende che propongono prodotti e servizi rispettosi dell’ambiente. Ingresso: adulti € 2,5, gratuito per i minori. Trento Fiere, a Briamasco www.falacosagiusta.org
31 ottobre – 2 novembre MILANO – FORUM DI ASSAGO ECOFUTURA Quali stili di vita adottare per un futuro sostenibile? Nella prima edizione di Ecofutura numerosi espositori di diversi settori merceologici ci aiuteranno a trovare le risposte. I settori rappresentati andranno dall’Abitare sano al Mangiare sano, dal Benessere ai Sistemi di trasporto a basso impatto, fino al Turismo ecologico e il Relax. www.expo-ecofutura.it
5 – 8 novembre RIMINI FIERA KEY ENERGY Fiera internazionale per l’energia e la mobilità sostenibile, il clima e le risorse per un nuovo sviluppo. Affronta per il secondo anno i temi più caldi di uno scenario energetico in rapida evoluzione affiancandosi ad ECOMONDO, fiera leader per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Key Energy intende porre il tema della sostenibilità energetica al centro del dibattito sullo sviluppo industriale del nostro sistema economico e sociale, in linea con il Protocollo di Kyoto e con gli impegni al 2020. www.keyenergy.eu
5 – 8 novembre RIMINI FIERA ECOMONDO In mostra la più ampia gamma di opportunità tecnologiche, sistemi e attrezzature, servizi per risolvere i complessi e specifici problemi
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
ambientali. Un appuntamento straordinario per confrontarsi sulle novità e sulle potenzialità di questo settore in continua espansione con la più alta aspettativa di investimenti e profitto nel prossimo decennio. www.ecomondo.com
6 – 8 novembre ROMA H2ROMA – ENERGY & MOBILITY SHOW Tema dell’edizione 2008, “Energia e mobilità ad una svolta” www.h2roma.org
12 – 15 novembre FIRENZE (FORTEZZA DA BASSO) DIRE E FARE Dire&Fare ha compiuto 10 anni consolidandosi come la rassegna con il maggior numero di enti locali rispetto alle altre manifestazioni di settore. Nei suoi anni di attività ha documentato oltre duemila progetti diventando un punto di riferimento nazionale sui temi dell’innovazione nella Pubblica amministrazione. Si è affermata come uno spazio aperto dove enti pubblici, aziende, associazioni, organizzazioni sindacali, imprenditoriali e del terzo settore, scuole e università, possono conoscersi e confrontarsi, esporre progetti, scambiare informazioni. www.dire-fare.eu 13 – 16 novembre ROMA ECOENERGIE Salone dedicato a prodotti, accessori e attrezzature per la produzione di energia pulita ed ecologica. In mosta pannelli solari; stufe, termocamini e caldaie a biomasse; sistemi geotermici; sistemi a cogenerazione. www.senaf.it
14 – 16 novembre BOLZANO BIOLIFE 08 Fiera interamente dedicata all’agricoltura e ai prodotti biologici, che mira a diffondere la cultura della vita e dello sviluppo sostenibile supportando quanti si impegnano per tale obiettivo. Giunta alla quinta edizione. www.fierabolzano.it/biolife2008 21 – 23 novembre GAGLIANICO (BI) ECOLIFE Fiera interattiva per un futuro sostenibile. |
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Abbina l’aspetto espositivo e commerciale ad una vetrina di soluzioni concrete: idee innovative per un mondo ecosostenibile. www.laltromondo.it
25 – 28 novembre MILANO FIERA HI TECH EXPO 2008 Manifestazione specializzata dedicata alle tecnologie più avanzate: fotovoltaico, tecnologie del vuoto e del coating, fotonica, optoelettronica, nanotecnolgie, idrogeno e celle a combustibile, immagazzinamento dell’elettricità, superconduttività, ecc. In un’unica data, sei fiere complementari e specializzate proporranno quanto di meglio offre oggi l’industria internazionale e nazionale in fatto di impianti, macchinari, tecnologie, attrezzature e servizi in settori che rappresentano una grande opportunità di sviluppo per l’immediato futuro della ricerca applicata e dell’industria. www.hitechexpo.eu
25 – 29 novembre VITERBO FORUM INTERNAZIONALE DELL’INFORMAZIONE PER LA SALVAGUARDIA DELLA NATURA Il Forum, organizzato ogni anno da Greenaccord, costituisce un momento di riflessione, formazione e incontro per i giornalisti della stampa italiana ed internazionale che, pur nelle diverse specificità, siano interessati ai temi ecologici ed ambientali. Nel corso dell’evento, i giornalisti e i massimi esperti dei vari settori dell’ecologia potranno incontrarsi e discutere, confrontando le proprie opinioni. www.greenaccord.org
29 novembre – 8 dicembre MILANO FIERA CASA ENERGIA EXPO 2008 Giunta alla sua terza edizione, riunisce in un unico spazio fieristico tutti gli operatori che si occupano di sistemi di produzione energetica da fonti rinnovabili per la casa, di risparmio energetico, bioedilizia, sicurezza e domotica, per consentire l’incontro e il confrontro tra diversi specialisti, prodotti e soluzioni tecniche e per promuovere un nuovo modello abitativo che coniuga comfort, benessere, sicurezza e sostenibilità ambientale. www.casaenergia.com |
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Il Dr. Meroni
L’angoscia lèttone sulla giustizia italiana di Paolo Fusi
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CISL
UALCHE TEMPO FA SCRISSI DI UN TRAFFICO D’ARMI INTERNAZIONALE svolto in triangolazione tra la Bulgaria (che forniva
le armi), la Liberia (che le comprava, in barba all’embargo internazionale) e lo studio legale di un avvocato siciliano naturalizzato svizzero, tale Rodolfo (Rudolf) Meroni. Raccontai di quel traffico perché i carabinieri italiani, dodici anni fa, riuscirono a documentarne l’intero sviluppo, contratto per contratto, bucalettera per bucalettera. Mi pareva buffo. Naturalmente Meroni venne arrestato in Francia su mandato della procura di Torre Annunziata e, gabbatu lu santu, rimesso in libertà per decorrenza dei termini. L’inchiesta è affogata nella troppa abbondanza di prove (accade anche questo da noi) e dagli interessi di qualche società a cui non piacque che si ficcasse il naso in certe faccende. Da italiano al massimo faccio un sospirone. I lèttoni, invece, sono sconvolti: ho incontrato tre giornalisti giovanissimi e preparati al fulmicotone, con tanto di studi di specializzazione alle spalle, alcuni di quelli che fanno un viaggio alle Antille ed a Cipro non a prendere il sole, ma a fotocopiare atti del registro di commercio. Da tempo scrivono sul Dr. Meroni, come lo chiamano a Riga. «Perché mai?», chiedo sorpreso: l’avvocaticchio zurighese, dopo i suoi impicci con l’inchiesta “cheque to cheque” perse addirittura il suo studio legale e si trovò quasi sul lastrico, dato che intorno a lui tutti i clienti coinvolti facevano fagotto prendendo le distanze da uno che si era fatto fregare tutte le carte da un camionista visionario con l’hobby del contrabbando internazionale (il testimone chiave dell’inchiesta). I lettoni non sanno se ridere o piangere. Il Dr. Meroni, Due giornalisti lèttoni si sono in Lettonia, è diventato il più grande trader di gas e petrolio interessati al caso di Rodolfo del Paese: controlla banche, ditte internazionali di commercio Meroni, trafficante d’armi libero del legno (la più grande risorsa naturale lèttone), hotels per decorrenza dei termini. Stupendosi della nostra giustizia di lusso, navi, aerei. I nostri colleghi si sono potuti permettere di scrivere che il procuratore capo di Riga fosse sul libro paga del Dr. Meroni ed hanno illustrato una serie di operazioni illegali compiute dalla coppia di modo da permettere allo stesso Meroni di conquistare la maggioranza delle azioni di società concorrenti attraverso l’apertura di finte inchieste, basate su finte prove, esplose con la confisca delle azioni e la cessione delle stesse in custodia legale allo stesso Meroni. I tre non sanno più che fare, finché non scoprono l’articolo di Valori e, attraverso questo, il lavoro di ricerca operato in quegli anni da grandi giornalisti come Michele Gambino. Loro, impressionati, scrivono. E poi chiedono quanti secoli di galera si sia beccato Meroni per quella roba. Stentano a acredere che l’ometto se la sia cavata senza un graffio. Hanno le prove su cui Valori si è basato: fotocopie dei documenti di acquisto e vendita delle armi, prove del riciclaggio. Con quei documenti, dicono, in una Repubblica delle Banane come la Lettonia finirebbe in galera persino il Presidente. Che dico: persino il grande glorioso Dr. Meroni! Così ora loro credono che Meroni sia un agente del Vaticano o della Cia. Così giovani e già vittime della paranoia cospirativa. Questo perché non hanno ancora scoperto che il Presidente del Consiglio italiano, quello che grida di orrore alla vista dei giocatori di dama e scopone dei circoli culturali di Livorno perché sono anarcoinsurrezionalisti (tradotto in italiano corrente: comunisti che mangiano i bambini), da anni è parte integrante delle strategie economiche degli amici di Putin. Che da noi lo si sa, ma lo si tace per pudore e vergogna. L’Italia, vista dalla Lettonia, fa già abbastanza orrore così.
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Elezioni Usa: il piatto forte è l’economia >60 Nel Wto un conflitto tra vecchi e nuovi giganti >64 Il destino del nuovo Paraguay >67
internazionale LA COREA DEL NORD BLOCCA L’ABBANDONO DEL NUCLEARE
SUL TERRITORIO GEORGIANO EMERGENZA CLUSTER BOMB INESPLOSE
CPI: LE FARC SI RAMIFICANO FUORI DALLA COLOMBIA
AMERICA LATINA: DIRITTO ALL’ABORTO ANCORA NEGATO
A 19 ANNI DAL DISASTRO VALDEZ LA EXXON PAGA 1/5 DEL RISARCIMENTO
USA: OFFENSIVA DELLA NRA CONTRO I DEMOCRATICI
L’illusione di un disarmo nucleare nordcoreano non è durata nemmeno lo spazio di un’estate. A meno di due mesi di distanza dall’avvio delle operazioni di smantellamento dell’impianto di Yongbyon il governo nordcoreano ha annunciato di aver bloccato il suo piano di disarmo sospendendo ogni decisione sul proseguimento del programma nucleare in attesa che gli Stati Uniti “rispettino i patti”. Ad irritare Pyongyang c’è infatti la decisione di Washington di non cancellare il nome della Repubblica Popolare di Corea dalla lista nera dell’ormai celebre “asse del male” di cui fanno parte i finanziatori (o presunti tali) del terrorismo. Gli Usa hanno lasciato intendere di essere pronti a riconsiderare la posizione di Pyongyang una volta che le sue autorità abbiano completato lo smantellamento degli impianti nucleari. Di fronte all’ennesima riapertura della crisi la palla passa nuovamente ai negoziatori. Oltre a Stati Uniti e Corea del Nord affronteranno la questione i rappresentanti di Cina, Russia, Corea del Sud e Giappone. «Siamo preoccupati per l’arresto delle attività di denuclearizzazione – ha spiegato all’agenzia Reuters Kazuo Kodama, portavoce del ministro degli esteri nipponico Masahiko Komura – . Il governo continuerà a fare pressione affinché attraverso la cooperazione con le altre parti del dialogo a Sei venga smantellato quanto prima il reattore di Yongbyon».
«Le autorità russe e georgiane devono prendere misure urgenti per proteggere la popolazione civile dei villaggi della Georgia dagli ordigni inesplosi lasciati dagli attacchi russi». È l’appello lanciato dall’ong Human Rights Watch (HRW) in relazione all’ultima emergenza umanitaria che caratterizza l’ex repubblica sovietica. All’inizio di agosto l’esercito russo ha invaso la regione georgiana a maggioranza russa dell’Ossezia “a protezione” delle spinte indipendentiste e filo-moscovite locali e in risposta ad un primo intervento militare di Tbilisi. L’operazione, cui ha fatto seguito il riconoscimento della sovranità delle regioni autonome dell’Abkhazia e dell’Ossezia stessa da parte del Cremlino ha lasciato sul territorio un numero imprecisato di morti (migliaia secondo Mosca e Tbilisi, impegnate ad accusarsi a vicenda di genocidio, decine secondo HRW) ma anche un quantitativo indefinito di ordigni a grappolo (cluster bombs) inesplosi. La Russia ha negato l’utilizzo di bombe a frammentazione ma HRW ha potuto documentare la presenza delle suddette in territorio georgiano. Tra le aree più colpite i territori di Shindisi e Pkhvenisi, bombardati e successivamente occupati dai militari russi. Nel maggio 2008, 107 Paesi hanno firmato un documento d’intesa per la messa al bando delle cluster bombs. Alla ratifica definitiva prevista per il prossimo 3 dicembre a Oslo, in Norvegia, non prenderà parte alcun rappresentante di Mosca o di Tbilisi. Parimenti contrari alla firma del documento i governi di Stati Uniti, India, Israele, Cina, Brasile e Pakistan.
L’organizzazione guerrigliera delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejercito del Pueblo (FARC-EP) si starebbe espandendo sempre di più oltre i confini nazionali ramificando la sua rete logistica attraverso la costituzione di nuove basi in altri Paesi. Lo ha dichiarato il giudice argentino e membro della Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja Luís Moreno Ocampo secondo il quale la CPI starebbe indagando tanto sulla presenza dei guerriglieri all’estero quanto sull’eventuale avvio di indagini sulla questione da parte degli organi di giustizia nazionali competenti. Sempre secondo il funzionario argentino i Paesi interessati sarebbero Ecuador, Venezuela, Nicaragua, Messico, Olanda, Svizzera e Danimarca. In quest’ultimo Paese sarebbe già stato individuato un gruppo finanziatore dei guerriglieri. Nate negli anni ’60 e ampiamente finanziate attraverso il narcotraffico, le Farc sono la guerriglia più longeva dell’America Latina. Nel 2007 il presidente colombiano Uribe ha lanciato una campagna che prevedeva un’amnistia per i guerriglieri pentiti e un intensificarsi delle attività di repressione compiute dall’esercito nelle aree controllate dalle Farc anche oltreconfine (provocando l’ira giustificata dell’Ecuador). Tra i risultati più significativi ottenuti la liberazione dell’ex candidata presidenziale Ingrid Betancourt.
La depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza nelle prime dodici settimane è compatibile con la Costituzione e deve pertanto considerarsi legittima. Lo ha stabilito la Suprema Corte de Justicia de la Nación (SCJN) di Città del Messico pronunciandosi così a favore dei promotori della legge che, a partire dallo scorso anno, garantisce il diritto all’aborto nel distretto della capitale. Un duro colpo per la Chiesa cattolica che su questo argomento mantiene una posizione di totale intransigenza. Il Subcontinente resta di fatto un territorio off limits per l’interruzione di gravidanza che, al di fuori della capitale messicana, è consentita attualmente soltanto a Cuba. Nella maggior parte dei Paesi dell’area è permesso solo l’aborto terapeutico e, in casi limitati, qualora la gravidanza sia stata originata da uno stupro. In Cile, Nicaragua ed El Salvador l’aborto non è permesso in alcun caso. Il Cile ha introdotto il divieto totale nel 1989 quando la transizione alla democrazia non era ancora completata. Il Nicaragua ha approvata la linea intransigente nel 2006 grazie a un accordo elettorale tra il Frente Sandinista (FSLN) dell’attuale presidente Daniel Ortega e la Chiesa locale. Il rifiuto dell’aborto terapeutico produce vittime ogni anno soprattutto tra le frange più povere della popolazione nicaraguense.
A 19 anni di distanza dal disastro ecologico prodotto dalla sua petroliera Valdez in Alaska, il colosso petrolifero Exxon Mobil ha accettato di pagare i tre quarti della somma stabilita dalla Corte Suprema dello Stato come risarcimento danni per i 33 mila pescatori e abitanti del luogo che avevano intrapreso una battaglia legale contro la multinazionale. Secondo l’Anchorage Daily News, la Exxon sarebbe così pronta a offrire 383 dei 507 milioni richiesti dalla Corte che, di per sé, rappresentavano appena 1/5 del risarcimento stabilito in passato (2,5 miliardi di dollari). L’incidente, avvenuto il 24 marzo 1989 a seguito dell’impatto tra la nave e un iceberg, provocò la dispersione nelle acque dello stretto di Prince Williams in Alaska di 38 milioni di litri di greggio, dando così origine al più grande disastro ecologico nella storia dell’industria petrolifera. Le operazioni di pulizia dei 1.900 chilometri di costa contaminati costrinsero le compagnie assicuratrici a sborsare un paio di miliardi di dollari. Ironicamente alla Valdez fu rinnovato il permesso di navigazione in tutto il mondo con l’esclusione dell’area dell’incidente. I guai di Exxon, intanto, non sembrano finiti. Alla fine di agosto il giudice Louis Oberdorfer ha respinto la richiesta di archiviazione della causa collettiva intentata nel 2001 contro Exxon Mobil da 11 villaggi indonesiani che accusavano i soldati del sevizio di sicurezza della società di aver ucciso, torturato, stuprato e rapito alcuni dei loro abitanti a Sumatra.
«Quella di Obama e Biden è la campagna presidenziale più anti-gun della storia recente», parola della National Rifle Association, la più potente lobby delle armi degli Stati Uniti che, in quest’ultima occasione, ha deciso di schierarsi con i repubblicani come mai prima d’ora. Sebbene alcuni dei suoi membri più in vista (tra i quali in passato l’ormai defunto attore Charlton Heston) siano noti simpatizzanti del Partito Repubblicano, la Nra si è distinta per finanziamenti bipartisan nel corso delle campagne elettorali Usa allo scopo di garantirsi la difesa del celebre 2° emendamento della Costituzione (sancito nuovamente da una sentenza della Corte Suprema a luglio) che garantisce ai cittadini il diritto di possedere armi da fuoco. Intanto la Nra ha versato nelle casse dei Repubblicani circa 40 milioni di dollari. Nel mirino (è il caso di dirlo…) degli attivisti della lobby c’è soprattutto il candidato alla vicepresidenza dei democratici John Biden, storico sostenitore delle leggi per il controllo delle armi che si è già guadagnato la fiducia della Brady Campaign, organizzazione contro la proliferazione delle armi. Secondo la Brady Campaign sarebbero 80 gli americani morti ogni giorno per le ferite da arma da fuoco. Tra le proposte già presentate da Biden in Senato c’è la messa al bando della vendita di fucili d’assalto e di tutte le armi di comune uso militare ai privati.
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Al tavolo delle presidenziali il piatto forte è l’economia
Barak Obama e, a fianco, John McCain.
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la presidenza, servirà a poco. Perché negli ultimi trent’anni la destra americana ha conquistato tutti i centri di potere del Paese, le quattro “M”: money, media, market e management. Lo sostiene Susan George nel suo ultimo libro, uscito a settembre.
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Sete di risposte. Concrete Ma le proposte economiche di Obama e McCain non sembrano soddisfare gli americani. Da un sondaggio del New York Times/Cbs News è emerso che la maggior parte degli elettori è convinta che nessuno dei due candidati presti sufficiente attenzione ai loro problemi. Evidentemente le ricette presentate non sono parse credibili per risolvere i problemi di una nazione dove tre milioni di persone ri-
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schiano di vedersi pignorare la casa, dove i prezzi dei generi alimentari e del carburante hanno raggiunto livelli insostenibili e dove il sistema sanitario, da un lato, rischia di mandare in bancarotta il Paese e, dall’altro, continua a non garantire a tutti un’assistenza efficiente. In effetti i due candidati, ma anche i loro vice, non hanno alle spalle una preparazione economica. Lo stesso McCain ha ammesso di non essersi mai troppo interessato alle questioni economiche. Sarah Palin ha commesso la sua prima gaffe rispondendo a una domanda sui colossi del credito Fannie Mae e Freddie Mac, dopo l’intervento di salvataggio del Tesoro Usa. «Erano diventate troppo grandi e troppo costose per le tasche dei cittadini», ha detto. Peccato che non fossero società pubbliche, bensì private, e che, al contrario, è l’intervento dello Stato per risanarle che peserà sui contribuenti. Obama, dal canto suo, ha messo sul tavolo ricette economiche che spaziano da quelle populiste e protezioniste, che spaventano perfino i liberal chic del New York Times e del Washington Post, a quelle liberiste che piacciono all’Economist. È contemporaneamente il senatore più di sinistra del Congresso, come lo ha definito il National Journal, ma anche l’unico democratico capace di attrarre consensi dal centro e dalla destra. Un ruolo maggiore dello Stato, tasse più eque (aumentandole alle fasce di reddito più alte e riducendole ai più poveri), un pizzico di protezionismo nei traffici internazionali (al Senato ha votato contro i trattati commerciali internazionali), l’aumento dei salari minimi e sanità obbligatoria per tutti. Sono gli ingredienti chiave per Obama. Meno tasse per i ricchi, stop alla dipendenza dai carburanti
UNITED STATES CONGRESS
ER VINCERE QUESTE ELEZIONI bisogna affrontare i kitchen table issues, i problemi di cui le famiglie parlano a tavola». Parola di Karl Rove, il noto stratega di George W. Bush, che gli ha fatto conquistare la poltrona di presidente degli Stati Uniti per ben due volte. «Ecodi Elisabetta Tramonto nomia e salute, tasse e posti di lavoro, emergenza casa e salari. Le difficoltà quotidiane dell’americano LIBRI medio», ha detto Rove. I due candidati alla Casa Bianca ne sono consapevoli, almeno in teoria. Nel rush finale che porta al 4 novembre, parole come “economia”, “tasse”, “lavoro”, “affari” e “casa”, si addensano nei discorsi elettorali, da una parte e dall’altra. Come gli attacchi che si scambiano i candidati, sempre più concentrati sui temi Susan George economici. Con Barack Obama che accusa McCain di non Traduzione: rendersi conto della gravità della situazione economica del Roberta Scafi Paese (e non ha tutti i torti, considerando che ad agosto il L’America in pugno. Come la destra candidato repubblicano ha dichiarato che “l’economia si è impadronita dopotutto è in buone condizioni”) e di non aver avanzadi istituzioni, cultura, economia to «alcuna idea su come superare la crisi economica, aiuFeltrinelli editore, tare famiglie e i ceti medi». E McCain che accusa Obama 2008 di riportare, insieme allo statalismo, collusione fra lobby, Anche se i democratici sprechi, garantismo sul posto di lavoro. dovessero conquistare
TRANSPLANTED MOUNTAINEER
Il 4 novembre gli Stati Uniti sceglieranno il loro nuovo presidente. Ancora impantanati nella crisi economica scatenata dai mutui subprime, ma non solo, gli elettori aspettano risposte ai problemi economici. Risposte che tardano ad arrivare.
fossili (nonostante abbia annunciato ulteriori trivellazioni), rigore fiscale, incentivi alle imprese, quelle di McCain.
Le tasse al centro, chi taglia e chi no La politica fiscale è il principale terreno di confronto tra i due candidati alla presidenza, con McCain che promette di tagliare le tasse e Obama che vuole ridisegnare il sistema di imposte per riequilibrare i redditi. Lo slogan del senatore dell’Illinois è: tassare i ricchi per aiutare i poveri. «Diminuirò le imposte per il 95% delle famiglie americane», ripete in ogni discorso. Ma chi sono i ricchi? Chi guadagna più di 250 mila dollari. Peccato che, facendo due calcoli, un reddito di 250 mila dollari lordi oggi negli Usa non appartiene a un ricco, ma a un nucleo famigliare che, al netto delle tasse, con aliquote complessive (statali, locali e federali) vicine al 46%, a mala pena riesce a rientrare nella classe media. Per queste famiglie un aumento delle imposte potrebbe fare la differenza tra farcela e non farcela ad arrivare a fine mese. Su questo aspetto si concentrano le critiche al piano Obama, anche se alcuni studi di economisti americani dimostrerebbero che il suo intervento porterebbe maggiori vantaggi ai più poveri rispetto alle proposte di McCain, che invece promette tagli per tutti. Il gruppo di ricerca statunitense “Tax Policy Center” ha con-
frontato vantaggi e svantaggi per le diverse fasce di reddito, applicando le proposte dei due candidati. Risultato: chi guadagna fino a 118 mila dollari l’anno (l’80% della popolazione) con i tagli di Obama, avrebbe minori tasse per 900 dollari all’anno, con l’intervento di McCain per circa 200 dollari. Il senatore repubblicano non ha presentato un piano dettagliato, ma in linea generale vuole lasciare le aliquote invariate e introdurre sgravi fiscali soprattutto per le fasce ad alto reddito.
Sanità agli antipodi. E i soldi? Due visioni opposte sul sistema sanitario nazionale. Per McCain deve essere privato e facoltativo, «scalzare i sindacati e favorire la concorrenza, per dare ad ogni americano la possibilità di scegliere e di poter sostenere una propria assicurazione». Per Obama, invece, deve essere obbligatorio e per tutti, con premi assicurativi più bassi e senza discriminazioni da parte delle compagnie assicurative per i malati più gravi e, quindi, più costosi. Sono 45 milioni (il 15% della popolazione) gli americani che oggi non hanno una copertura sanitaria. Ma gli Stati Uniti possono permettersi di offrirne una a tutti? Secondo uno studio condotto da un team di ricercatori della George Mason University, pubblicato sulla rivista Health Affairs, servirebbero 120 miliardi di dollari. Dove |
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George Lakoff Non pensare all’elefante! Fusi Orari, 2008 La destra riesce a comunicare i suoi valori e a imporre il suo linguaggio, la sinistra no. Lo sostiene, nel suo ultimo libro, George Lakoff , noto linguista americano, che insegna scienze cognitive all’Università di Berkeley, in California. Un’analisi del ruolo chiave del linguaggio nella competizione tra i partiti, ma anche un manuale che spiega alla sinistra come far capire i propri valori all’elettore. E convincerlo.
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trovarli? Nei suoi discorsi, Barack Obama non lo ha svelato. Né lui né il suo avversario sono entrati nei dettagli di una proposta che per ora rimane uno slogan politico.
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Questione energia Larry Bartels Unequal Democracy: The Political Economy of the New Gilded Age Cloth, 2008 Democratici o repubblicani? Chi è meglio per la ripresa economica Usa? I democratici, lo dicono le statistiche. Nel suo ultimo libro Larry Bartels, docente di economia all’università di Princeton, riporta i dati sulla crescita degli Stati Uniti tra il 1948 e il 2007. Risultato: la crescita media pro capite con i repubblicani è stata dell’1,64%, con i democratici del 2,78%. Alan Blinder, ex vice governatore della Federal Reserve, si spinge oltre: la differenza di 1,14 punti si tradurrebbe in otto anni in un aumento del reddito pro capite del 9,33%. Per Blinder, quindi, è meglio l’aumento delle tasse previsto da Obama. L’economia crescerà più rapidamente di quanto possa farlo con McCain.
FONTE: THE NEW YORK TIMES
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I VINCITORI IN MAIUSCOLO DEMOCRATICI REPUBBLICANI
1984 Walter Mondale 56 RONALD REAGAN 73
Con i costi dei carburanti alle stelle (anche 1988 negli Usa, non solo da noi), la politica enerMichael Dukakis 55 getica acquista un ruolo fondamentale per GEORGE BUSH 64 entrambi i candidati. McCain per ridurre la 1992 dipendenza dall’estero, propone nuove triBILL CLINTON 46 George Bush 68 vellazioni offshore (oggi al bando), nuove centrali nucleari e più incentivi alla produ1996 BILL CLINTON 50 zione: quattro miliardi ai colossi di greggio e Bob Dole 73 gas. Obama invece parla di innovazione tec2000 nologica e fonti energetiche rinnovabili, Al Gore 55 con un investimento di 150 miliardi in dieGEORGE W. BUSH 54 ci anni e creando 5 milioni di posti di lavo2004 ro. Ma gli americani sembrano preferire le John Kerry 60 proposte di McCain. Un sondaggio del Wall GEORGE W. BUSH 58 Street Journal ha rivelato che il 63% degli elet2008 tori sarebbe favorevole alle trivellazioni offBarack Obama 47 shore. Per questo Obama sta ritoccando la 72 John McCain sua politica energetica: ha dichiarato che trivellazioni in aree protette potrebbero serviIN RETE re, pur ribadendo che non rappresentano una soluzione. E aveva già affermato di essewww.politico.com www.americaoggi.info re disposto a considerare anche il rilancio di www.huffingtonpost.com centrali nucleari. È stata anche annunciata la nascita (non ancora sicura) di una squadra di dieci senatori di entrambi i partiti, la cosiddetta “Gang of 10”, per la ricerca di greggio e gas naturale in alcune aree vietate (nel Golfo del Messico e lungo la costa Atlantica) e per la raccolta di 84 miliardi di dollari, da investire in risparmio energetico e fonti alternative.
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A COLPI DI STAFF, TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE UNA FOLLA CHE ACCLAMA «Obama, Obama, Obama!», mani che applaudono, flash. In rapida successione il volto del candidato democratico, Britney Spears, Paris Hilton. E una voce in sottofondo che dice: «È la più grande celebrità del mondo, ma è pronto a governare?». Da mesi questo video circola su internet, uno dei molti attacchi che i repubblicani hanno sferrato all’avversario democratico, colpendo il suo punto debole: la mancanza di esperienza. La risposta più concreta di Obama alle accuse è stata la sua squadra: ogni membro dello staff del candidato democratico è stato scelto con cura per dimostrare affidabilità, esperienza e competenza. Molti osservatori politici americani hanno sottolineato che se Obama si è presentato come l’uomo del cambiamento, i suoi consiglieri, tanto di politica estera quanto di economia, non hanno nessun alone rivoluzionario. Sono quasi tutti esperti e analisti pragmatici, pronti a modificare il loro approccio se non trovasse riscontro nella realtà. Con quest’obiettivo Barack Obama ha scelto come suo vice Joe Biden, 65 anni, da 36 senatore del Delaware. Una grande esperienza in politica estera, necessaria per compensare le lacune del candidato alla presidenza. Ma sono già comparsi i primi scheletri nell’armadio, come l’accusa di un presunto conflitto di interesse.
Secondo il New York Times, il figlio minore del senatore, Hunter, lobbista e avvocato, avrebbe percepito in passato uno stipendio annuo di 100 mila dollari dalla Mbna, una delle principali società che emettono carte di credito e che fa capo alla Bank of America. Lo stesso Biden si è schierato più volte in difesa delle società che emettono carte di credito e ha contribuito al varo di leggi sul fallimento, per impedire ai singoli cittadini di dichiararsi in bancarotta (negli Usa è consentito) troppo facilmente. Leggi che, quindi, favoriscono le banche. “I consiglieri economici di Obama - ha scritto New Republic - sociologicamente appartengono alla stessa gang di outsider democratici che Clinton ha portato con sé alla Casa Bianca nel 1992, ma intellettualmente non possono essere più diversi. Clinton amava circondarsi di pensatori e filosofi, Obama preferisce ascoltare professori, analisti ed esperti meno ideologizzati. I clintoniani erano liberal che rigettavano esplicitamente le politiche progressiste degli anni Settanta e Ottanta, gli “obamiani” hanno un retroterra più accademico, meno da centro studi di Washington e, come si sa, il pensiero economico nelle università americane tende a destra”. Principale consigliere economico di Obama è Austan Goolsbee, 38 anni, professore da quando ne aveva 25 all’Università di Chicago,
patria di Milton Friedman e dei sostenitori del libero mercato. Il Financial Times lo ha definito “guru del futuro”, è un convinto sostenitore della globalizzazione e del libero commercio. Per Goolsbee la ricetta per ridurre le diseguaglianze di reddito non è il taglio delle tasse, come sostengono i conservatori, ma più investimenti nell’istruzione. Capo consigliere economico, invece, è Jason Furman: una formazione politica più tradizionale (ha lavorato sia alla campagna di Clinton che a quella di Kerry), ma anche per lui una laurea in economia, ad Harward. Stessa provenienza universitaria per altri due membri della squadra economica di Obama: Jeffrey Liebman, professore ad Harvard ed ex consigliere di Bill Clinton riguardo le politiche occupazionali per i beneficiari di assistenza sociale pubblica, e David Cutler, anch’egli economista di Harvard ed ex clintoniano, specializzato in politiche sanitarie. Nutrita e perfettamente organizzata la squadra di esperti di politica estera. 250 persone, divise in gruppi da 20 in base all’ambito di competenza: Medio Oriente, America latina, Africa, Asia del sud, Asia orientale, Russia ed Europa, difesa, reduci delle guerre, antiterrorismo, democrazia, sviluppo economico e istituzioni multilaterali. I pilastri della squadra-esteri sono: Anthony Lake, ex-consigliere per la Sicurezza nazionale di Bill
Clinton, progressista e interventista democratico, fortemente criticato per non essere riuscito a fermare il genocidio in Ruanda e per aver risposto lentamente alla crisi kosovara; Susan Rice, afroamericana, lavorava al Consiglio di sicurezza nazionale di Clinton, e, la numero uno, Samantha Power, 38 anni, la suggeritrice di Obama sulle questioni di politica estera dal 2005; giornalista, professoressa alla Kennedy School di Harvard e vincitrice del Pulitzer per il suo libro contro i genocidi. Si è sempre dichiarata convinta che l’America debba intervenire anche militarmente per prevenire massacri etnico-religiosi e violazioni di diritti umani, ma sempre nel rispetto del diritto e delle istituzioni internazionali. Gli altri elementi di spicco per gli esteri sono Gregory Craig, noto avvocato che ha guidato la difesa di Bill Clinton ai tempi dell’impeachment; Richard Danzig, un altro avvocato, esperto di questioni militari ed ex segretario della marina militare con Clinton; Scott Gration, generale in pensione, esperto di questioni africane, reduce dell’Iraq, dove è stato comandante della task Force West; Daniel Shapiro, esperto di questioni mediorientali noto come falco contro la Siria ed Hezbollah; Denis McDonough e Ben Rhodes, i due trentenni prodigio che consigliano Obama e scrivono i suoi discorsi di politica estera. E.T.
L’America pronta a rialzarsi con qualsiasi presidente Politica ed economia negli Usa. È la prima ad influenzare la seconda? O viceversa? Ne parliamo con Carlo Secchi, ex rettore dell’Università Bocconi. PRIMI SEGNALI DI RIPRESA CI SONO GIÀ.
Inizia a intravedersi l’uscita dal tunnel». Parla degli Stati Uniti e della crisi economica in corso da mesi il professor Carlo Secchi, ordinario di Politica economica alla Bocconi ed ex di Elisabetta Tramonto rettore della stessa università milanese (ha pubblicato, insieme a Enrico Sassoon, il libro Alleanze alla prova: Europa e Stati Uniti tra cooperazione e conflitto, Egea, 2006). Ha uno sguardo ottimistico che va al di là delle elezioni del
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che pensare alla ripresa “Più economica, Obama o McCain, dovrebbero intervenire sul sociale, dove sono i problemi ” | 62 | valori |
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4 novembre e al di là del candidato o del partito che vincerà. Quanto conta l’economia nelle decisioni di voto degli americani? L’economia, con i suoi risvolti sulla vita di tutti i giorni, ha sempre un peso importante per il cittadino medio, ma in questo caso negli Stati Uniti è fondamentale. Da un lato gli elettori cercano di capire come si muoveranno i due candidati sulle questioni economiche. Dall’altro è la situazione economica pre-elezioni che potrà orientare gli indecisi. Quale situazione economica potrebbe avvantaggiare l’uno e l’altro candidato? McCain rappresenta una sorta di continuità, è considerato meno rischioso. Obama, invece, anche se non ha un chiaro programma
economico alternativo, è percepito come l’alternativa. Se la situazione dovesse deteriorarsi, sarà proprio Obama a beneficiarne. Mentre dovrebbe preoccuparsi di un eventuale ripresa pre-elettorale.
Ne beneficerà anche l’Europa? Certo, come sempre. L’America è una realtà talmente importante che non può non influenzare l’economia mondiale. Il fatto che ritrovi stabilità è nel nostro interesse. Ma ci sono altri fattori altrettanto importanti. Dobbiamo guardare l’India e la Cina, economie che si dirigono verso una fase di rallentamento.
Ma l’economia americana è pronta a rialzarsi? Si sottovaluta la capacità di reazione del sistema americano, molto più flessibile e reattivo del nostro. In situazioni di crisi, i tempi di risposta degli Stati Uniti sono più rapidi che in Europa. A un anno dall’esplosione del bubbone subprime, si possono cogliere i primi segnali di ripresa. Ad esempio nelle Borse che alternano giornate di calo ad altre in netto rialzo. Ma si naviga a vista. È difficile dire che cosa succederà nel breve termine, nei prossimi mesi. È necessario che la ripresa diventi stabile e duratura. Carlo Secchi.
Che cosa dovrebbe fare il futuro presidente americano per aiutare la ripresa economica? L’economia americana ha in sé gli anticorpi per guarire. Più che ad aiutare la ripresa economica Obama o McCain dovrebbero pensare a intervenire sul fronte sociale, che è il vero problema oggi: la politica abitativa, il welfare, l’assistenza sanitaria, i sistemi pensionistici. Non funzionano e devono essere rivisti.
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Nel Wto un conflitto tra vecchi e nuovi giganti
HA-JOON CHANG, LA GLOBALIZZAZIONE VISTA DA ORIENTE SE L’EUROPA, GLI STATI UNITI e le tigri asiatiche hanno conquistato il ruolo di potenze economiche non devono ringraziare il libero mercato quanto, piuttosto, la loro politica protezionista. È il concetto chiave di “Cattivi samaritani. Il mito del libero mercato e l’economia mondiale” (Università Bocconi editore, 2008), l’ultima fatica dell’economista coreano trapiantato a Cambridge Ha-Joon Chang. Nei cattivi del titolo vengono ovviamente identificati gli Occidentali che, grazie al controllo esercitato sulla “scellerata trinità” World Bank-Wto-Fmi, da sempre impongono ai Paesi in via di sviluppo politiche di liberalizzazione incompatibili con lo stadio economico in cui questi ultimi si trovano. E allora l’illusione finisce e alle speranze di sviluppo si sostituisce il rallentamento della crescita e un’esplosione dell’instabilità sociale.
TTACCHI, RISPOSTE, MEDIAZIONI e persino dispetti dal tono farsesco. Al vertice del Wto consumatosi a fine luglio a Ginevra è successo tutto e il contrario di tutto. E, come spesso capita in questi casi, non si è concluso praticamente nulla. di Matteo Cavallito Il numero uno dell’organizzazione, Pascal Lamy, sta ancora raccogliendo i cocci del dibattito chiedendosi se il Doha Round abbia ancora un futuro, mentre gli osservatori internazionali iniziano a domandarsi se ad avere ancora un senso sia la stessa organizzazione Mondiale del Commercio. Il tema di più stringente attualità a ben vedere è proprio questo e la domanda da 307 miliardi di dollari (la cifra che gli Usa destineranno al settore agricolo nel prossimo quinquennio) è se un goPascal Lamy, direttore generale verno mondiale della globalizzazione degli scambi sia andel Wto. cora possibile alle condizioni attuali. È un vero e proprio rompicapo soprattutto alla luce delle congiunture attuali e degli appuntamenti del futuro (molto) prossimo.
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JOSÉ CRUZ / ABR
New Delhi vs Washington, mentre la Russia rimanda Sussidi americani contro protezionismi indiani. Il contrasto decisivo materializzatosi sul terreno agricolo è stato lo stesso che aveva caratterizzato il tormentato verti-
Il deficit di regolamentazione del commercio globale apre la strada a una proliferazione di accordi bilaterali. Già ora si contano 211 accordi a due | 64 | valori |
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ce della FAO di giugno. Gli Usa hanno tagliato del 70% la massima quota teorica dei sussidi “distorsivi”, un provvedimento che - ha sottolineato il Comitato per la Riforma della Banca Mondiale - permetterà agli Stati Uniti di destinare fino a 14,5 miliardi ad una spesa che ‹‹negli ultimi anni è scesa sotto i 10 miliardi di dollari e si stima continui a calare in maniera diametralmente opposta alla spesa in sussidi considerati in sede Wto nella scatola verde››. L’India ha giudicato l’operazione del tutto insignificante, riaffermando il suo diritto di innalzare barriere commerciali altissime per proteggere le centinaia di milioni di contadini che vivono di agricoltura di sussistenza. E così il vertice è imploso su sé stesso. In questo quadro desolante, la scelta della Russia, che in risposta ai dissidi caucasici con gli Stati Uniti ha deciso di rimandare a tempo indeterminato il suo ingresso nell’organizzazione, ha costituito l’ennesima beffa per il povero Lamy e i suoi sempre più bistrattati adepti. Tutto da rifare, dunque, e tutto rimandato a tempi migliori. Il momento, infatti, non sembra per niente favorevole soprattutto alla luce di un appuntamento capace come pochi altri di cambiare i destini dell’economia e della diplomazia mondiale: le elezioni presidenziali americane. Per l’economia statunitense sono tempi pessimi e il settore agricolo non fa eccezioni. Solo che il settore dei farmers finisce per giocare un ruolo decisivo sull’esito elettorale a causa della sua concentrazione “geopolitica”. Nel 2004 il candidato democratico John Kerry mobilitò tutta l’intellighenzia progressista d’America
RICCARDO VENTURI / CONTRASTO
Dopo il fallimento del vertice di Ginevra le potenzialità del Wto sembrano ai minimi storici. Colpa di una congiuntura elettorale ma anche di uno scenario globale in cui si fronteggiano nuovi competitori.
Via commerciale del centro. Pubblicità di un cellulare Nokia su un edificio.
chiamando a sé scrittori, intellettuali e cantautori in nome del “Vote for Change”.
Pechino, 2004
Il Midwest al centro del mondo Ma il raffinato bostoniano, come noto, si dimenticò proprio dell’oscillante Midwest, dove a Thunder Road di Bruce Springsteen si continua a preferire Country Roads di John Denver e dove, soprattutto, i repubblicani hanno dimostrato di saper inviare il proprio messaggio al cuore e al portafogli non troppo gonfio dei farmers. Barack Obama non ha nessuna intenzione di ripetere l’errore del suo predecessore e le circostanze, una volta tanto, potrebbero favorirlo. Il 22 maggio di quest’anno, le camere di Washington hanno battuto il veto del presidente George Bush approvando in seconda istanza il Farm Bill 2008. Il provvedimento, che prevede un cospicuo finanziamento al settore agricolo (con una particolare attenzio-
ne per i biocombustibili) e un taglio ai sussidi sostanzialmente trascurabile (– 40 milioni di dollari secondo il New York Times), non ha trovato solo l’opposizione dell’India ma anche quella di una significativa corrente del Partito Repubblicano capeggiata, udite udite, dal candidato presidenziale John McCain che si è appellato al “rigore di bilancio”. Una mossa azzardata secondo il senatore repubblicano dell’Iowa Charles Grassley che, in una dichiarazione ripresa dall’Associated Press, ha paventato il rischio sconfitta nel suo Stato nonché in altri due collegi chiave come Minnesota e Wisconsin. Anche Obama, in passato, aveva espresso la propria contrarietà ai sussidi ma questa posizione potrebbe ora essere accantonata per cavalcare il malcontento. «Per gli elettori delle aree rurali i sussidi devono aumentare – spiega Reilly Capps, giornalista del Daily Planet di Telluride, Colorado, uno degli Stati maggiormente “in bilico” –. Gli agricoltori sostengono di non poter vivere senza sussidi. Ovviamente questo rende difficile la competizione dei contadini indiani che rischiano di essere tagliati fuori dagli americani. Ma agli attivisti del Comitato Nazionale Democratico non importa. Sono impegnati a conquistare voti da queste parti». Secondo Capps, Obama avrebbe ottime chance di conquistare Colorado e New Mexico, due Stati che nel 2004 aveva|
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Jean Ziegler La privatizzazione del mondo. Padroni, predatori e mercenari del mercato globale Marco Tropea Editore 2005 Dal sociologo svizzero, attuale relatore speciale sul diritto all’alimentazione per le Nazioni Unite, una chiave di lettura alternativa del ruolo degli Stati Uniti e degli organismi internazionali di controllo dei mercati.
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no scelto George Bush. A conti fatti al candidato democratico potrebbe bastare la conquista di un altro swinging state per portarsi a casa la vittoria finale. Resta da capire se le ambizioni di Obama si tradurranno in un ripensamento della logica stessa del Farm Bill. I piccoli produttori contestano il carattere di un provvedimento che sembra pensato quasi esclusivamente per le corporations e che finisce per penalizzare proprio loro, i soggetti già di per sé meno tutelati. Rispetto al 2002, il budget destinato al Rural Microenterprise Assistance Program, ad esempio, è stato ridotto da 40 a 25 milioni di dollari. ‹‹Sfortunatamente, invece di interessarsi alle migliori politiche per gli agricoltori, consumatori e ambiente, questo Farm Bill si è trasformato in una battaglia sul bilancio – ha spiegato Dennis Olson, analista dell’Institute for Agriculture and Trade Policy di Minneapolis –. Le cosiddette riforme sulle materie prime non contrastano l’aumento della concentrazione, della speculazione e della manipolazione. Il Congresso ha smantellato le riserve strategiche di grano, gli acri di terreno da tenere a riposo e gli altri meccanismi di gestione del mercato con il Farm Bill del 1996. Da quel momento le compagnie del settore alimentare hanno beneficiato di enormi profitti. I guadagni della Cargill, ad esempio, sono aumentati quasi del 1000% dal 1997/98 al 2006/07››.
Il futuro del Wto In attesa di sapere il nome del nuovo inquilino della Casa Bianca, il Wto sembra aver già raggiunto il suo punto di non ritorno. Quando gli Usa si presentavano come
Il destino del nuovo Paraguay
unica superpotenza economica, il loro controllo politico dell’organizzazione poteva considerarsi iniquo ma funzionale. Ma oggi, di fronte all’ascesa industriale di India e Cina e all’escalation finanziaria dei fondi sovrani “petroliferi”, la governance del commercio mondiale risulta decisamente più complicata. Per offrire un vero ed auspicabile multilateralismo, tuttavia, sarebbe necessario che i Paesi emergenti si facessero portatori degli interessi delle aree sottosviluppate e di quelle nazioni che vedono le proprie prospettive di crescita schiacciate dalle diseconomie di scala e dall’impossibilità di una concorrenza reale. Ma disgraziatamente, ha osservato l’ambasciatore uruguayano Guillermo Valle, quella che ha opposto Usa e India a Ginevra «non era una guerra tra ricchi e poveri» bensì un conflitto tra vecchi e nuovi giganti. In questo quadro il deficit di regolamentazione del commercio globale apre la strada a una proliferazione di accordi bilaterali capaci di trasformare il mercato mondiale in un groviglio inestricabile di privilegi, dipendenze politiche e diseguaglianze economiche. Già ora, ha sottolineato il Sole 24 Ore, si contano 211 “accordi a due” (ma prossimamente potrebberoi superare quota 300) che disciplinano quasi metà del commercio mondiale. Di recente il portavoce del Comitato Nazionale dell’Agricoltura brasiliano Matheus Zanella avrebbe individuato tra gli obiettivi primari del suo Paese il raggiungimento di rapide intese con gli Usa (con i quali è già stato ottenuto un primo accordo), l’Unione Europea, il Messico e l’India. La centralità del Mercosur è ormai un pallido ricordo.
Dal 15 agosto Fernando Lugo è ufficialmente presidente. In un Paese con crescita annua del Pil superiore al 6% e un cittadino su tre al di sotto della soglia di povertà, l’ex vescovo ha promesso sviluppo e lotta alle diseguaglianze.
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anni i suoi superiori che, promuovendolo lo hanno fatto diventare generale. Ma lo hanno capito, soprattutto, i cittadini paraguayani che, nei giorni più convulsi del mandato del neo presidente Fernando Lugo, sanno di dover ringraziare più di ogni altra cosa la fedeltà alla Costituzione del vecchio soldato. A ben vedere, infatti, il vero eroe di queste lunghe giornate di Asunción è proprio lui, un esponente di quell’apparato di potere che per 35 anni (1954-1989) ha di Matteo Cavallito appoggiato la dittatura di Alfredo Stroessner e che oggi, forse ha deciso di cambiare rotta. Che l’esercito potesse aver mutato orientamento lo avevano immaginato in molti ma l’ex golpista Lino Oviedo (che nel 1996 tentò di rovesciare il presidente Juan Carlos Wasmosy) e l’ex capo di Stato Nicanor Duarte Frutos, evidentemente, non c’erano arrivati tanto che nel mese di agosto non si erano fatti alcuno scrupolo nell’invitare l’anziano militare e attuale responsabile dei rapporti tra esercito e società civile nella villa del primo per chiedergli cosa pensassero le forze armate dell’attuale crisi parlamentare. ‹‹È una questione politica›› avrebbe risposto seccamente Díaz prima di correre ad avvertire dell’accaduto il presidente Lugo. E così quello che poteva essere l’atto preparatorio di un golpe si è trasformato nell’ultima farsa degli impresentabili esponenti di quel Paraguay stantio e conservatore che il nuovo capo di Stato vorrebbe spazzare via.
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Alberto Berrini
Giovanni Terzuolo
Enrica e Bruno Volpi
LE CRISI FINANZIARIE
ORIGINI E CARATTERISTICHE DELLA
UN’ALTERNATIVA POSSIBILE
Arturo Paoli Fraternità di Spello
E il “Derivatus paradoxus”
COSTITUZIONE ITALIANA
Le comunità di famiglie
OSATE VIVERE PER AMORE
Giovanni Scalera
Sui passi di Charles de Foucauld
ON C’È DUBBIO CHE MÁXIMO DÍAZ CÁCERES sia un militare dotato di elevato senso del dovere. Lo hanno compreso nel corso degli
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¡Adiós colorados! La crisi politico-istituzionale che eccita le speranze dell’establishment del Partido Colorado, il dinosauro conservatore che per 64 anni è stato alla guida del Paese, è il risultato di un cambio storico: vescovo vicino alla teologia della liberazione ora dispensato da Benedetto XVI, il 57enne Fernando Lugo si era candidato alle presidenziali del 20 aprile scorso con l’obiettivo di ridistribuire la concentratissima ricchezza del Paese e di bonificare uno degli apparati statali più corrotti dell’America Latina. Dopo una campagna elettorale aspra come non mai, 40 paraguayani su 100 gli hanno accordato fiducia, mentre la spaccatura che da tempo caratterizzava i conservatori ha prodotto appena il 31,8% dei consensi per Blanca Ovelar (Asociación Nacional Republicana – Partido Colorado) e il 22,8% per Lino Oviedo (Unión Nacional de Ciudadanos Éticos). Il sistema elettorale a turno unico ha consegnato la poltrona presidenziale a Lugo facendogli però mancare la maggioranza assoluta nelle due Camere del Parlamento. Così, alla vigilia del giuramento presidenziale, il vincitore si è visto costretto a stringere un “pat|
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to di governabilità” con l’Unace di Oviedo agganciandolo alla coalizione oficialista di cui fanno parte anche il movimento indigeno Tekojojá, il Partido Democrático Popular e il partito País Solidario. Se in occasione delle prossime elezioni la destra riuscisse ad esprimere un candidato unico, per l’Alianza Patriótica por el Cambio che ha sostenuto Lugo potrebbero non esserci speranze.
Le sfide di Lugo Povero, corrotto, iniquo e immobilista. Il Paraguay odierno è anche questo. I sei decenni di governo dei colorados hanno conservato e acuito i drammi di una nazione che sperimenta una crescita annua del Pil superiore al 6% ma che mantiene un cittadino su tre al di sotto della soglia di povertà. Un paradosso che qui fonda le sue radici nei disastri della politica energetica e negli sprechi del sistema agrario. Il 5% della popolazione paraguayana, ha spiegato Lugo in un’intervista rilasciata prima della campagna elettorale, è proprietario del 90% della terra, il 40% della quale resta incolta. La disoccupazione giovanile (che pesa particolarmente in un Paese con un’età media di poco inferiore ai 21 anni) tocca il 20% mentre il salario mensile minimo è fermo a 100 dollari. Per rilanciare il settore servirebbero nuovi capitali e il segmento dell’energia potrebbe assumere un ruolo realmente strategico. Il Paraguay ospita due enormi centrali idroelettriche alimentate dalla forze del fiume Paraná ma è privo dell’esclusiva su entrambi gli impianti. Quello di Itaipú, il più grande del pianeta, è in comproprietà con il Brasile mentre quello di Yacyretá è posseduto per metà dall’Argentina. Cinque anni fa il Paese ha prodotto 51,29 miliardi di kWh esportandone 44,17. Il surplus energetico potrebbe finanziare l’intera economia ma, finora, ha garantito entrate minime. Gli accordi di fornitura con i vicini risalgono al 1973 e le tariffe risultano, di fatto, equivalenti a un decimo del prezzo di mercato. Lugo vorrebbe aumentarle
ospita
di sette volte tanto e questa, al momento, sembra la sfida più complicata. Più agevole da conseguire è invece l’obiettivo della riduzione dei costi del petrolio, di cui il presidente venezuelano Hugo Chávez ha promesso l’erogazione a prezzi politici. Gli Stati Uniti, che nel 2005 sono stati accusati di aver installato centinaia di soldati (che godono di immunità diplomatica) presso la base militare paraguayana di Mariscal Estigarribia, hanno affermato attraverso la loro ambasciatrice ad Asunción ,Liliana Ayalde, che Lugo è ‹‹libero di avvicinarsi a chi vuole›› ma questa posizione potrebbe essere rivista. All’inizio di settembre il governo boliviano ha espulso l’ambasciatore USA accusando Washington di sostenere i leader autonomisti ormai in guerra con La Paz. Il giorno seguente, Chávez ha fatto eseguire un provvedimento analogo. Lugo è stato invitato a colloquio da Bush per il 21 ottobre prossimo, ma a metà settembre non aveva ancora comunicato la sua risposta.
APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE 6 – 10 ottobre VIETNAM 4TH MEETING OF THE CONFERENCE OF THE PARTIES TO THE ASEAN AGREEMENT ON TRANSBOUNDARY HAZE POLLUTION Ambiente e gestione delle calamità sono l’ordine del giorno del meeting dell’ASEAN (Associazione dei Paesi del Sudest asiatico). www.aseansec.org
La leyenda negra del suo passato La sfida al passato insomma, è enorme ma le possibilità di dare una svolta ci sono. Molto dipenderà dal successo dei negoziati con i vicini, dalle relazioni con Caracas e dagli umori di Washington. Ma a giocare un ruolo decisivo sarà il grado di autonomia del governo di Asunción e la sua capacità di riformare le istituzioni dall’interno per costruire la democrazia in un Paese che, ha scritto Benjamín Fernández Bogado, il giornalista di Última Hora ‹‹Necessita di leader che temano la legge, che ad essa si sottomettano e che con questo atteggiamento proteggano il senso dello Stato di diritto all’interno della società››. È forse in nome di questo principio che, ad una settimana dal suo giuramento, Fernando Lugo aveva rivoltato da cima a fondo le forze armate nominando 33 nuovi alti comandanti. Appena una settimana più tardi, le rivelazioni di un generale gli avrebbero dato clamorosamente ragione.
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Anno 8 numero 63. Ottobre 2008. € 3,50
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10 ottobre WHO – WORLD HEALTH ORGANIZATION WORLD MENTAL HEALTH DAY Si discute di malattie, investimenti, cure e prevenzione. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per le politiche sanitarie, tra il 2002 e il 2004 circa 154 milioni di persone in tutto il mondo soffrivano di depressione. www.who.int
13 ottobre WASHINGTON, DC MEETING ANNUALE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE E DELLA BANCA MONDIALE Incontro annuale tra gli organismi dirigenti dei due enti. www.worldbank.org www.imf.org
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Fotoreportage > Mission Datar
7 – 10 ottobre SINGAPORE CONFERENZE SULL’ENERGIA Tre incontri sui temi caldi del mercato energetico: energia solare, etanolo e biocombuustibili, carbon market. www.terrapinn.com/2008
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Terra protagonista Beni confiscati > La sfida alle proprietà di Cosa Nostra nella capitale e dintorni Finanza > Unicredit scivola sui sexy shop che perdono e imbarazzano Economia solidale > La finanza etica lancia la sfida della rete in Europa Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
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13 – 17 ottobre ADDIS-ABEBA, ETIOPIA CONFERENZA DEI MINISTRI AFRICANI PER LA GESTIONE DELLE RISORSE MINERARIE DELL’UNIONE AFRICANA Si riuniscono per la prima volta. Il tema: Gli imperativi per la costruzione di un avvenire durevole per l’industria estrattiva in Africa. (Nella foto, da sinistra: Mull Sebujja Katende, il neoeletto ambasciatore della Repubblica dell’Uganda incontra Jean Ping,
presidente del Gabon e della Commissione dell’Unione Africana) www.africa-union.org
14 ottobre CANADA ELEZIONI FEDERALI CANADESI I canadesi sono chiamati alle quarantesime elezioni generali per scegliere i membri del Canadian House of Commons, dopo lo scioglimento da parte del Governatore Generale, il 7 settembre scorso, del precedente Parlamento. www.parl.gc.ca 15 ottobre GEORGIA MISSIONE EUROPEA (UNOMIG) Prorogato fino al 15 ottobre il mandato della missione di osservazione dell’Unione Europea (UNOMIG) in Georgia 15 ottobre GINEVRA (SVIZZERA) CONFERENZA INTERNAZIONALE A Ginevra inizieranno i dibattiti internazionali che riguarderanno il futuro delle due repubbliche secessioniste Abkhazia e Ossezia del sud.
15 ottobre AZERBAIJAN ELEZIONI PRESIDENZIALI L’attuale presidente Ilham Aliyev è stato designato dal New Azerbaijan Party per un secondo mandato. Musavat Azerbaigian e il Democratic Party hanno annunciato il boicottaggio delle elezioni. 16 Ottobre GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE (FAO) Il tema dell’edizione 2008, promossa dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, è la sicurezza alimentare mondiale di fronte alle sfide imposte dai cambiamenti climatici e degli agricarburanti. www.fao.org
16 ottobre NAZIONI UNITE ELEZIONI NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
Elezione di cinque dei dieci membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza. I cinque posti disponibili sono uno per l’Africa (detenuto dal Sudafrica), uno per l’Asia (detenuto dall’Indonesia), due per l’Europa Occidentale e altri Paesi (detenuti da Belgio e Italia), uno per l’America Latina e i Carabi (detenuto da Panama).
DALLA DANIMARCA I 57 mila abitanti dell’isola polare voteranno per ridefinire le relazioni con la Danimarca. Nel 1979 all’isola venne concesso l’autogoverno e ora le attese dei residenti, in gran parte Inuìt, sono per la completa indipendenza, anche se i danesi per ora la escludono. Oggetto del contendere è il petrolio estratto dal Mare del Nord. In proposito il primo ministro danese Rasmussen ha dichiarato che in ogni caso il petrolio estratto dovrà essere diviso al 50% tra Groenlandia e Danimarca.
17 – 18 e 24 – 25 ottobre REPUBBLICA CECA ELEZIONE DEI MEMBRI DEL SENATO
25 – 26 novembre THAILANDIA 11TH ASEAN CENTRE FOR ENERGY (ACE) Riunione del Consiglio direttivo e riunione speciale di alti funzionari per l’energia. www.aseansec.org
30 ottobre ZAMBIA ELEZIONI DEL PRESIDENTE E DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE 4 novembre STATI UNITI ELECTION DAY La campagna elettorale più globalizzata del mondo arriva finalmente a conclusione. Nello stesso giorno verranno eletti anche i membri della Camera dei rappresentanti, del Senato e i rappresentanti di diverse amministrazioni locali. La concomitanza con le elezioni presidenziali incrementerà l’affluenza ai seggi. www.barackobama.com www.johnmccain.com
3 – 5 dicembre IL CAIRO (EGITTO) TAVOLA ROTONDA DELL’AFRICA OIL AND GAS FUND Partecipa l’Afrec, con finanzieri e partner commerciali. Dopo uno stallo di circa sei anni l’Afrec, la Commissione africana per l’energia dell’Unione Africana (UA) è operativa. Si pone come obiettivi di elaborare delle politiche strategiche per lo sviluppo energetico del continente africano, tramite progetti finanziati dai membri dell’Ua. www.africa-union.org
17 – 19 novembre BAMAKO, MALI GLOBAL MINISTERIAL FORUM ON RESEARCH FOR HEALTH 1000 responsabili politici e ricercatori parteciperanno al Forum per la ricerca sulla salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Scopo del Global Ministerial Forum è sollecitare i governi alla realizzazione di politiche per la ricerca sulla salute e rafforzare la collaborazione internazionale per la ricerca sanitaria a livello mondiale. www.bamko2008.org
7 dicembre BOLIVIA REFERENDUM COSTITUZIONALE La data in cui i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sulla nuova Carta elaborata dalla Costituente è incerta dopo la sentenza della Corte Suprema che ha stabilito che il referendum non può essere indetto dal presidente.
25 novembre GROENLANDIA REFERENDUM PER L’AUTONOMIA
17 dicembre ORANO, ALGERIA OPEC CONFERENCE Il quindicesimo meeting dell’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. www.opec.org
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altrevoci NONOSTANTE LA LEGGE CRESCE L’EXPORT DELLE ARMI ITALIANE
IL WELFARE PRIVATIZZATO E LA DERIVA LIBERISTA
L’EUROPA HA CINQUE SFIDE NEL FUTURO
SALAMELLE E KEBAB L’IMMIGRATO È CAMBIATO
COME CAMBIA LA VITA IN 24 ORE
NAPOLI UN CUORE NERO PULSANTE
Se volete capire come funziona il mercato delle armi in Italia questo è un libro da cui non si puo’ prescindere. Asciutto ed efficace, il lavoro dei due autori ricostruisce il successo di un settore del made in Italy che non conosce flessioni, nonostante le proteste e le campagne di sensibilizzazione. Le buone intenzioni non mancano, manca semmai la volontà di fare rispettare le leggi per ridurre la mancanza di trasparenza che caratterizza questo mercato. L’Italia come spesso accade ha una normativa molto avanzata (la legge 185 del 1990), ma questo non ha impedito che solo nel 2006 l’export di armi sfondasse il tetto dei 2 miliardi di euro, facendo segnare un più 61 per cento rispetto all’anno precedente. Il libro affronta i casi più eclatanti del mercato, traccia un profilo dettagliato delle imprese coinvolte e racconta la storia dell’industria bellica italiana. Il tutto corredato da un ricco apparato di note, da una corposa bibliografia e da una dettagliata sitografia. Un lavoro certosino non scevro da rischi, come ricorda nella prefazione Sandro Calvani, citando i casi dei giornalisti Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Daniel Pearl. «Questo libro è ugualmente fastidioso. Armi d’Italia non si lascia leggere a cuor leggero. Mette a disagio chiunque lo legga, sia un esperto o semplicemente un cittadino con un po’ di curiosità».
Welfare state è ormai diventata un’espressione sconveniente. Da qualche tempo impera una sorta di tirannia degli stereotipi del neoliberismo, impostasi sia sul piano teorico che su quello empirico. Va di moda predicare la destatalizzazione, il trionfo di un ordinamento privatistico su scala globale, l’integrazione pre-politica e pre-statale della società mondiale affidata all’automatico coordinamento del mercato, l’isolamento e la spoliticizzazione dei cittadini, che renderebbero superflua la creazione della cittadinanza e dell’identità civica. Nonostante i ripetuti fenomeni di crisi che attraversano l’economia e la società, il neoliberismo non si mostra per niente in disarmo; l’ultima tendenza sta nella sua aggressiva riproposizione «populista», volta a criticare gli eccessi del «mercatismo», e a rilanciare strategie di autodifesa protezionistica.
La storia dell’integrazione europea e le sfide che attendono la Ue. Tre sono state le tappe principali del processo di unificazione: l'unione doganale, nata con la firma del Trattato di Roma, la formazione del mercato unico e l'introduzione del mercato comune nel 1993. Non poteva mancare l’iter che ha portato all'adozione dell'euro e del Patto di stabilità e crescita. Cinque sono le sfide su cui si giocherà nei prossimi anni il futuro dell'Unione: una politica fiscale comune, una politica agricola comune capace di favorire lo sviluppo, una riforma del mercato del lavoro, la promozione della società della conoscenza e infine una politica di crescita e sviluppo in grado di tutelare l'ambiente e rispettosa di una corretta politica energetica.
Quanto è cambiata l’immigrazione negli ultimi dieci anni in una provincia lombarda come Varese? È questa la domanda a cui hanno cercato di rispondere gli autori di “Salamelle & kebab”. Negli ultimi dieci anni questa realtà è mutata radicalmente. Non a caso il libro nasce all’interno di un’istituzione, la scuola, che oggi si trova più di altre ad affrontare il processo di inclusione degli immigrati nella società italiana. Il testo infatti contiene interviste a uomini e donne straniere che frequentano o hanno frequentato il Centro territoriale permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta (Cpt). «Il vero problema - spiega Enzo Laforgia - è che non conosciamo davvero il fenomeno. Non sappiamo nulla degli stranieri che sono qui. Dobbiamo imparare a conoscere la società in cui viviamo e siamo già in ritardo»
Nel momento in cui le elezioni presidenziali negli Usa entrano nel vivo, viene pubblicato questo romanzo che richiama il clima carico di incertezza e di speranza che attraversa l’America e soprattutto le singole esistenze degli uomini. Boston è paralizzata dalla neve, l’ex sindaco della città mentre esce dalla convention democratica parla con i due figli adottivi del loro futuro politico. Una donna di colore con la sua bambina incrocia la loro strada. Una distrazione cambierà sette vite per sempre. Una tragedia classica che si concentra nell’arco di 24 ore, dove vite apparentemente separate ritrovano per caso i loro legami profondi. Un romanzo che affronta i temi esistenziali e universali, come la religione, il senso della politica, il bisogno di una giustizia degna di questo nome, partendo dal microcosmo della famiglia.
“La città perfetta” ruota intorno a tre esistenze malate. Sanguetta, 16 anni, vive di spaccio nei Quartieri Spagnoli. In carcere gli chiedono di diventare informatore dei servizi segreti, offerta che non puo’ rifiutare. C’è uno sbirro, “l’Americano”, lavora alla polizia politica. Oltre alle donne e la musica, ama la cocaina, soprattutto da quando gli hanno ammazzato l’amico collega Gomez. Vive per la vendetta. Chimicone è appena diventato maggiorenne e ha occupato il liceo. Fonderà la cellula eversiva, «Barricata silenziosa», che si prepara alla lotta armata. Sullo sfondo la Napoli della fine degli anni Ottanta, quella dominata dal clan dei Sarracino, ma anche dalla politica corrotta, della guerra per le strade, dalla disinformazione creata su misura e dai notabili ipocriti, capaci di aprire gli occhi solo davanti al pericolo di perdere i propri privilegi.
LAURA PENNACCHI LA MORALITÀ DEL WELFARE
Il Mulino, 2008
ENZO R. LAFORGIA GIOVANNA FERLONI SALAMELLE & KEBAB
ANN PATCHETT CORRI
RICCARDO BAGNATO BENEDETTA VERRINI ARMI D’ITALIA
Fazi Editore, 2008
Donzelli, 2008
ANDREA MANTOVANI LUIGI MARATTIN ECONOMIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
Arterigere, 2008
Ponte alle Grazie, 2008
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IL ROMANZO POLIZIESCO NASCE IN SVEZIA LE RAGAZZE CHE BALLANO NON FANNO PIÙ PAURA Vania Mancini è una gagè (una non rom) che vive da sedici anni con gli zingari. Insieme all’Arci solidarietà Lazio coordina il progetto di scolarizzazione dei minori rom. La Mancini ha costituito un gruppo di ballo (Chejà celen che in lingua romanì significa «ragazze che ballano») che è diventato un vero e proprio laboratorio dei diritti all’interno delle scuole. «Nascono e vivono in Italia da generazioni, sono italiani, ma non hanno i documenti – racconta l’autrice – . In pratica si ritrovano ad essere prigionieri nei loro stessi campi». «Abbiamo incontrato tante difficoltà – continua la Mancini -. I bambini non sono razzisti, ma se alle spalle hanno famiglie che ragionano a stereotipi, integrare i bambini rom diventa difficile. All’inizio infatti la frequenza scolastica era saltuaria, ma con il tempo siamo riusciti a migliorarla e oggi ci sono ragazzi che stanno prendendo il diploma». Molti lo ignorano, ma la cultura italiana, e non solo quella, è piena di storia rom. Charlie Chaplin era rom e tutte le grandi famiglie circensi sono di origine zingara. VANIA MANCINI CHEJÀ CELEN RAGAZZE CHE BALLANO
Sensibili alle foglie, 2007 ANGELO PETRELLA LA CITTÀ PERFETTA
Garzanti, 2008
A consigliare la Sellerio di ripubblicare i loro libri è stato nientemeno che Andrea Camilleri «di persona personalmente». Il padre di Montalbano, infatti, considera Maj Sjowall e Per Wahloo «...tra i padri fondatori del romanzo poliziesco contemporaneo... quello dove l’indagine poliziesca è solo un aspetto di un’indagine più ampia che investe tutta intera la società». In “Omicidio al Savoy”, Viktor Palmgren viene ucciso, durante un brindisi nel lussuoso ristorante di un grande albergo, da un individuo che riesce a restare irriconoscibile, nonostante la spettacolarità del delitto. La vittima era, in vita, un magnate, proprietario di svariate aziende e speculatore finanziario. Su di lui giravano voci poco edificanti, di prosperi affari con governi carogna che non potevano piacere ai giovani contestatori. La pista principale sembra essere quella del delitto politico. Ma il commissario della polizia criminale di Stoccolma Martin Beck scopre un’altra traccia. Maj Sjowall e Per Wahloo OMICIDIO AL SAVOY
Sellerio, 2008
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MERCI: CINQUE MOSTRE PER CAPIRE IL MONDO VISTO DALLE DUE RUOTE È PIÙ BELLO
Un ciclo di mostre dedicate alle merci e a tutto quello che ci gira intorno: uomini, notizie, prodotti e oggetti per inventarle, produrle, muoverle, venderle e comprarle. È questa la proposta di Polifemo Fotografia da settembre fino a dicembre 2008 a Milano alla Fabbrica del Vapore (via Procaccini 4). Cinque i lavori scelti: Ambra Zeni sulle abitudini alimentari degli italiani; il viaggio di Roberto Raisoni e Patrick J. Acheson a spasso tra i paesaggi italiani accompagnati da un carrello della spesa; la globalizzazione delle merci vista da Naomi Kohashi; i templi moderni del consumo, ovvero i centri commerciali, raccontati da Giovanna Vitale; la spersonalizzazione e la trasformazione di soggetti in oggetti della produzione, secondo Bérangère Haëgy . Cinque mostre che analizzano abitudini e inquietudini sul modo di vedere e usare le merci. Fino al 22 dicembre
Carlo Meazza ama la bicicletta, la usa per lavoro e per diletto. E ogni volta che si trova in giro per il mondo a fare fotografie e incontra qualcuno in bicicletta lo immortala. Il risultato è un libro che racconta un viaggio, in sella ai cavalli d’acciaio, dall'India all'Olanda, passando per Gaza e Varese. Per Meazza non importa il dove ma, piuttosto, il come si viaggia. Biciclette da donna, da corsa, assemblate e trasformate a seconda della bisogna. Biciclette per amare, per lavorare, per vivere e anche per morire. «Una volta in India - racconta il fotografo ho visto due bici che sul portapacchi posteriore di traverso trasportavano casse da morto. Altre su cui trasportavano maiali vivi». Così la scrittrice Marta Morazzoni che insieme a Oreste Pivetta ne ha curato i testi: «Noi ciclisti, un popolo minore ma diffuso in tutto il mondo, in una trasversalità culturale fatta di non so quante lingue, quante storie e mentalità, facce, fisionomie diverse, che siano di lavoro o di gioco, di viaggio o di vita quotidiana, leggere come il flirt di due ragazzi, domestiche perché sono dei nostri paesi o lontane, in altri continenti, siamo qui documentati nella sequenza fotografica senza confini che Carlo Meazza ha dedicato alla bicicletta».
Polifemo Fotografia Fabbrica del vapore Milano
Carlo Meazza IN BICICLETTA NEL MONDO
PERCEPIRE O VEDERE? WHAT YOU SEE
FACCE DI TANGO PASSIONE STRUGGENTE
IL FUTURO È DI COLORO CHE SANNO SOGNARE
“What You see” è un’installazione composta da 107 fotografie anonime amatoriali selezionate da Luciano Rigolini tra migliaia di immagini trovate nei mercatini delle pulci e nei negozi dei rigattieri. L’artista le rilegge e le monta come se fosse un film, ridando loro nuova vita in un contesto attualizzato. Tra le foto che compongono questa serie ci sono scene di vita quotidiana, pezzi di oggetti, tetti di case, ponti, interni di automobili, particolari di animali, strutture in costruzione, donne che si sporgono da una balaustra, camini che fumano. «What you see è un percorso narrativo sulla grammatica del vedere» e in questo senso è la prosecuzione di una ricerca che Rigolini aveva già avviato in opere precedenti nelle quali, scettico verso l’oggettività della fotografia, aveva proposto di spostare lo sguardo dalle cose alla loro percezione.
Il tango è passione, teatralizzazione ritmica del sentimento struggente. Questa semantica dell’anima si è materializzata in una mostra fotografica, dedicata appunto al ballo argentino per eccellenza. Sono volti di danzatori che raccontano lo struggimento emotivo. Così li descrive l’autore Alberto Moretti: «nelle loro epiche facce, abita tutta la vita impetuosa, delicata e struggente del tango vivo e nuovo. Per composizione di musica e corpo di tango ho visto, spiato, (a volte pre-visto) superbe passioni, fughe di vita, certezze di sé, aspirazioni di altro, dissimulazioni e aspetti nascosti schiacciati nel fondo, teneri amori velati, grafie spirituali incerte e sublimi. Facce da Tango è stato dare vita visiva alla travolgente natura emotiva del tango argentino, fatto di musica e corpo, di corpi e facce diverse. Lontano da atmosfere desuete, la cui forte memoria ha inventato il presente».
Una frase di Franklin Delano Roosevelt campeggia in bella evidenza: «Il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni». Una frase molto americana che sintetizza bene la mission di questo blog. Appena sopra un saluto ai navigatori: «benvenuti nel futuro». Lo hanno chiamato Futurix per non lasciar dubbi sul contenuto. Un blog che va oltre il presente, perché il presente non li convince. Il futuro invece sì, permette di sognare e quindi di garantire lo sviluppo, la continuità. Futurix , come spiegano gli stessi autori, informerà gli spiriti curiosi perché la curiosità è il primo segno dell'intelligenza. Darà un anticipo di futuro a tutti gli appassionati, selezionando il meglio dei possibili scenari in evoluzione: nuove tecnologie, internet, design, nuovi concept, architetture dei prossimi anni, con un occhio anche al meglio dell'attualità high-tech.
Fino al 16 novembre ALLA FONDAZIONE SVIZZERA PER LA FOTOGRAFIA DI WINTERTHUR
www.futurix.it Fino al 13 ottobre
INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE PER TUTTI I LAVORATORI ATIPICI COMPRESI “Indipertutti” sta per Indennità di disoccupazione per tutti, un ammortizzatore sociale che viene erogato a chi si trova senza lavoro. Il problema è che questo “paracadute” non è riconosciuto a tutti i lavoratori, o meglio a certe tipologie contrattuali sì e ad altre no. Ad esempio, i collaboratori coordinati a progetto (i famigerati co.co.pro che in alcuni settori hanno preso il posto dei co.co.co) non hanno alcun diritto a indennità al termine del loro impegno progettuale. Però uno si consola perché dietro al proprio lavoro c’era un progetto. In teoria, perché in Italia questo tipo di contratti, senza garanzia di sostegno nei periodi di non lavoro, viene applicato a lavori che hanno ben poco di intellettuale, sempre più spesso invece ad attività di routine nella gestione aziendale o amministrativa statale. Le persone dunque che hanno questo tipo di contratto non hanno la possibilità di vivere serenamente il passaggio da un lavoro all’altro perché angosciate dalla disoccupazione e dalla mancanza di un minimo di reddito nel periodo di inattività. Gli autori del sito si chiedono se sia corretto parlare di flessibilità come strumento di crescita per l’economia se poi si lascia nell’incertezza il lavoratore. Una serie di link, tra cui proposte, suggerimenti al legislatore e un forum completano il quadro della situazione.
multimedia
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L’ARTE SALVA GLI ULTIMI DELLA TERRA
GOMORRA IN DVD CON SORPRESA
Questo documentario, che ha vinto l’Oscar nel 2005, ci racconta la storia dei figli delle prostitute del distretto a luci rosse di Calcutta. Cercando di sfuggire ad un futuro già segnato, i bambini intraprendono un viaggio di trasformazione con la fotografa Zana Briski, che impartendo lezioni all’uso della macchina fotografica gli insegna ad apprezzare la bellezza e la dignità della loro espressività, rendendo la fotografia un mezzo di emancipazione. Nonostante appartengano all’ambiente più sordido e senza speranza che ci sia al mondo, rivelano un incredibile talento. Le fotografie scattate dai bambini riflettono qualcosa che va ben oltre la semplice osservazione, dimostrando come l’arte sia un’immensa forza liberatrice. Questa storia intensa ed emozionante ritrae il coraggio di chi ha la volontà di cambiare la propria vita.
A partire da ottobre il film “Gomorra” del regista Matteo Garrone, tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano, pubblicato nel 2006, sarà disponibile anche in dvd. Conterrà un extra riguardante il backstage e le lavorazioni del film. Si vedrà il dietro le quinte della scena dell’uccisione di Ciro e Marco, i giovani aspiranti boss che danno fastidio ai clan. Una storia nella storia che ha quasi del paradossale: Garrone viene contestato sul set dall’attore che, dopo essere stato scelto per il ruolo del boss incaricato dell’esecuzione, viene messo in disparte. Insomma, non ci sta a essere “fatto fuori”. L’attore difende la sua parte, mostrando di essere un esperto conoscitore della pistola che ha in mano. E alla fine, riconquistato il ruolo, si riprende a girare la sequenza dell’assassinio dei due ragazzi. Gomorra ha rappresentato prima un caso letterario e poi un caso di attualità, visto che il giovane Saviano è tuttora costretto a vivere sotto scorta per le minacce della camorra.
RZANA BRISKI E ROSS KAUFFMAN BORN INTO BROTHELS
Fandango doc, 2008
CIRCOLO ARCI ZOO UDINE
indipertutti.altervista.org/index.html
Edizioni C.M., 2008
MATTEO GARRONE GOMORRA
01 Distribution, 2008
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RICOMINCIO DA ME E CON IL MIO STILE DI VITA PIÙ IL BAGAGLIO AEREO È LEGGERO MENO CO2 FINISCE NELL’ARIA
Si chiama “Ricomincio da me” ed è un progetto varato a Firenze per accompagnare le famiglie alla scoperta di nuovi stili di vita, all’insegna della riduzione degli sprechi e ad un uso più equo e responsabile delle risorse del pianeta. Il progetto si sviluppa in 10 incontri, da ottobre a marzo, ai quali parteciperanno le 600 famiglie che hanno deciso di mettersi in gioco. I partecipanti, tutti volontari, saranno organizzati in gruppi di quartiere (non più di 20 nuclei familiari a gruppo) e potranno partecipare agli incontri programmati per lo scambio e la condivisione di buone pratiche sulle 8 tematiche del progetto (risparmio energetico e dell'acqua, mobilità, rifiuti, alimentazione, consumo critico, turismo responsabile e finanza etica); partecipare ai laboratori pratici e agli incontri tematici di approfondimento organizzati a livello cittadino; monitorare i propri consumi domestici attraverso apposite schede. Per tutta la durata del progetto i gruppi saranno coordinati da dieci tutor, formati ad hoc.
L’Unep, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, in occasione della giornata mondiale per l’ambiente ha pubblicato il libro “Kick the C02 Habit”. La guida, di circa 200 pagine, contiene consigli semplici e immediati che richiedono poco sforzo e qualche piccolo sacrificio per ridurre le emissioni di anidride carbonica (Co2). Rivolto agli abitanti di Europa, Australia e America del Nord (i continenti che contribuiscono maggiormente al surriscaldamento globale) chiama in causa ognuno di noi. Ecco alcuni suggerimenti: ricorrere ad un orologio a molla, piuttosto che ad una sveglia elettrica, consentirebbe di risparmiare circa 48 gr. di Co2 al giorno; evitare l’utilizzo di spazzolini elettrici ridurrebbe le emissioni di Co2 di circa 48 gr. al giorno; asciugare il bucato al sole, piuttosto che utilizzare l’asciugabiancheria, porterebbe ad un risparmio di 2,3 kg di Co2 per ogni carico; riscaldare i panini in un tostapane, invece che in un forno per 15 minuti, farebbe risparmiare quasi 170 gr. di Co2; se tutti i passeggeri aerei viaggiassero con bagagli più leggeri di 20 kg e comprassero nei duty free all’arrivo, piuttosto che alla partenza, la riduzione delle emissioni di Co2 ammonterebbe a circa 2 tonnellate all’anno.
CASA SOLARE UN ESEMPIO DI RISPARMIO DA SEGUIRE
MENSA ETICA E ATTENTA ALL’AMBIENTE
911 IN VERSIONE WEB 2.0
Un Comune ha il dovere di stimolare i propri cittadini e tutti gli attori che operano sul suo territorio sui temi legati al risparmio energetico. A Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno, hanno pensato alla “Casa Solare”, ovvero la casa ideale a basso consumo. Un edificio di 130 mq, con un ingresso, una cucina abitabile, un soggiorno, due camere e servizi, che verrà utilizzato dal Comune come punto di informazione e riferimento per le attività di divulgazione e sostegno delle buone pratiche costruttive, di risparmio di energia e di materie prime, di utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili per professionisti, aziende e cittadini. Questi ultimi vedendola si renderanno conto che realizzarla costa quanto una casa di tipo tradizionale, ma con il vantaggio di avere un forte risparmio sui consumi e un conseguente beneficio sull’ambiente. Inoltre, per realizzarla il Comune ha pensato bene di non utilizzare soldi pubblici bensì di affidarsi a contratti di sponsorizzazione.
Circa 6 mila bambini delle scuole del Comune di La Spezia mangeranno in mensa prodotti tipici, biologici e del commercio equo e solidale. Un pasto di qualità e al tempo stesso un progetto di educazione alimentare, che aiuti a ridurre l’obesità, in crescita tra i bambini. Una dietista avrà il compito di pensare alle diete speciali, oltre 250, rese necessarie da emergenze mediche, appartenenze culturali e religiose. Tra le scelte etiche quella di utilizzare prodotti del commercio equo e solidale come banane, tavolette di cioccolato e biscotti. Guerra agli sprechi attraverso la distribuzione delle derrate integre e non consumate alle associazioni di volontariato e gli avanzi, per l’alimentazione animale. Un occhio anche all’impatto ambientale e ai consumi energetici con l’impiego di automezzi Euro 4 per il trasporto dei pasti, il riuso-recupero dei materiali da imballo, la raccolta differenziata dei rifiuti, l’utilizzo di stoviglie usa e getta in materiale organico, l’impiego di lampade e detergenti Ecolabel, di riduttori di flusso e dosatori di prodotto.
La tendenza generale a rivolgersi al mondo “user generated content” contagia le forze dell’ordine. L’esperimento avviato a New York City permette ai cittadini di inviare contenuti multimediali sia al 911 (segnalazioni criminalità) sia al 311 (servizi municipalità). Il servizio per ora è più che altro utile sotto il profilo del marketing cittadino. Armati di cellulari o fotocamere, i cittadini testimoni dovranno infatti per il momento passare ancora tramite il centralino che segnalerà dove inviare le immagini o come essere ricontattati. L’upgrade prossimo prevede una maggiore ed effettiva interattività delle segnalazioni. Il Real Time Crime Center, noto in tutto il mondo grazie alla filmografia come “911”, riceve circa 26 milioni di chiamate l’anno. L’implementazione del servizio si è rivelata non particolarmente onerosa e i risultati potrebbero essere imprevedibili, considerata l’azione di cittadini democratici e net-attivisti che in tutto il mondo hanno documentato negli ultimi anni e denunciato con la forza di immagini rubate per la strada soprusi anche da parte delle stesse forze dell’ordine.
www.unep.org www.comune.rosignano.livorno.it
www.intoscana.it
www.comune.laspezia.it | 74 | valori |
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SALOTTI INTERATTIVI E FUTURI VICINI Il nome in codice è “EgoTv”. Il concetto è riflettere la propria vita negli schermi dei device e del televisore di casa, elemento che malgrado ogni trasformazione sociale, urbanistica e architettonica sembra restare centrale nell’abitazione. Sperimentazioni sono in corso a vari livelli mentre i primi modelli consumer si affacciano timidamente sul mercato. Ecco così televisori collegati alla Rete e al computer di casa che consentono di chattare, modificare fotografie. Mostrarle e condividerle. Dopo la web Tv, le esperienze di Babelgum e Joost e l’esperimento tra Rete e satellite di Current Tv, ecco la tv customizzata, che consente a chi vi abita di relazionarsi all’oggetto in modalità attiva e non passiva, fornendo i contenuti destinati alla visione. Molto resta da fare perché il tema è centrale. Dopo aver prodotto nell’era della digitalizzazione una mole impressionante di dati, come condividerli e utilizzarli in modalità attiva? I motori di ricerca hanno contribuito a rendere utilizzabili questi dati ma non avevano il compito di raggrupparli. I Social Bookmarks (come Delicious) hanno aperto la strada alla catalogazione dei contenuti rendendo quindi fruibile, aggiornabile e personalizzabile la consultazione della Rete e la fruizione in modalità condivisa “Social Network”. Tra i prossimi passi, domotica e interazione effettiva con gli elementi della casa.
future
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DEVICE MOBILI IPER REALI
METTER SU CASA A COLPI DI PALETTE
Più che un telefono, nelle comunità di sviluppatori l’iPhone lanciato da Apple è considerato un banco di prova. Le applicazioni hanno una unica parola chiave: convergenza. Nasce così il legame tra la “AR” (Augmented Reality) e la nostra vita quotidiana. Si identifica come AR quella “iperrealtà” di cui hanno lungamente trattato nel decennio scorso autori come Jean Baudrillard che, esempio semplificante ma suggestivo, vedeva negli Stati Uniti la rappresentazione della “iperrealtà”. Schermi che rimandano immagini, quindi simulacro. Elementi di vita che si adattano alla fruizione dello schermo e non riproducono quindi “realtà” ma “producono iperrealtà”. Ecco quindi il legame con il telefono di Apple o, meglio, con le innovative applicazioni sfornate dalle migliori menti internazionali che si occupano di interazione tra uomo e macchina. Sekai Camera ne è un esempio. L’applicativo, al momento non presente sul mercato, offre la possibilità di “taggare” (creare tag, parole di riferimento reperibili via Rete) e condividere le immagini della propria quotidianità. Ne deriverà una mappa interattiva e condivisa di informazioni create dagli utenti.
Vincitrice del Premio Gau: Di per l’Architettura Sostenibile, la Palettenhaus di Gregor Pils e Andreas Claus Schnetzer vuole rispondere al tema dell’emergenza abitativa in situazioni di crisi. Il pallet, struttura in legno grezzo usata come base di sostegno per il trasporto di materiali, è presente in tutto il mondo in formati standardizzati e offre caratteristiche di modularità particolarmente utili. Palettenhause è una casa a basso costo e a bassa incidenza ecologica. Sfrutta l’acqua piovana, raccolta in una cisterna sul tetto, per i servizi igienici interni e grazie ai materiali isolanti in lana di vetro che vengono posti nell’intercapedine consente un basso consumo energetico per raffreddamento e riscaldamento. Secondo il progetto, presentato alla Biennale di Architettura di Venezia con una installazione, per la costruzione di una casetta di circa 60 metri quadri sono necessari 800 pallet per un costo complessivo di 4.000 euro. Tra le prime ipotesi un impiego a vasto raggio nell’edificazione di strutture a norma nelle baraccopoli e l’impiego in situazioni di emergenza come alloggio o presidio di pronto soccorso.
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indiceetico
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VALORI NEW ENERGY INDEX
siamo arrivati a
100! E in questo numero 100:
NOME TITOLO
ATTIVITÀ
BORSA
Abengoa Ballard Power First Solar Canadian Hydro Conergy Solar Millennium Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Biogas Nord Phoenix Solar Q-Cells RePower Solarworld Solon Schmack Biogas Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems
Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Pannelli solari Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Pannelli solari Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche
Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Phoenix, USA Calgary, Canada Amburgo, Germania Erlangen, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Bielefeld, Germania Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Schwandorf, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca
CORSO DELL’AZIONE 15.09.2008
RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 15.09.2008
15,83 € 4,04 CAD 146,56 € 4,49 CAD 8,33 € 22,15 € 5,86 $ 26,30 € 486,00 DKK 6,51 $ 4,25 € 42,63 € 54,18 € 203,51 € 29,86 € 35,90 € 9,95 € 6,05 € 38,61 $ 568,00 DKK
-30,23% -41,39% -18,26% -21,93% -78,13% -78,09% -31,55% 52,20% 8,38% -60,09% -90,69% 190,00% 67,74% 266,03% -31,09% 21,41% -71,66% -19,55% 4,90% 261,97%
+25,05% € = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi. Fonte dei dati: Bloomberg.com. Sono presi in considerazione i prezzi di chiusura con reinvestimento dei dividendi. Nota: Le imprese presenti nella lista Valori New Energy Index, non sono state valutate applicando i criteri di responsabilità socio-ambientale utilizzati da Etica Sgr nello screening etico dei propri fondi. La rubrica indice etico ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.
La situazione messicana ... e quella italiana
Vittoria in frenata Eolico stellare
Le città e i parchi
di Mauro Meggiolaro
I documentari al festival di Venezia In ricordo di Mahmud Darwish Santarcangelo e i festival estivi
Redazione via degli Scialoia 3 00196 Roma - tel. 0636002516 www.lostraniero.net lo.straniero@contrasto.it
I
ni fa, perde quasi venti punti nell’ultimo mese, ma chiude a +25% e riesce a battere con ampio margine il MIB (-29,24%), il Dow Jones (-6,52%) e l’Amex Oil Index (5,5%), che misura l’andamento dei big del petrolio. Abbiamo simulato l’investimento di 20 mila euro in venti titoli di imprese che producono pannelli solari, pale eoliche, biogas, energia idroelettrica. Dopo due anni abbiamo in tasca quasi 3 mila euro in più. Sul podio dei renRePower Sede dimenti le imprese dell’eolico. Medaglia d’oro alBorsa la tedesca RePower (+266,03%), seguita dalla daRendimento 29.09.06 – 15.09.08 nese Vestas (+261,97%). Bene anche i titoli del Attività solare, con le tedesche Phoenix Solar (+190%) e Q-Cells (+67,74%) a tirare la volata. Mentre non decollano ancora, almeno in borsa, le società del biogas, dell’idrogeno e quelle che stanno speriRicavi [Milioni di $] mentando la produzione di energia dal moto on680,2 doso. Dal prossimo mese le metteremo in panchina, assieme alle imprese dell’eolico, per creare 458,83 un indice nuovo, tutto solare. Appuntamento a novembre, allora, con il Valori Solar Energy Index. Portiamo un po’ di luce nel buio dei mercati. UN’IMPRESA AL MESE
La “rinascita” del cinema
L GIOCO È FINITO. L’indice Valori New Energy, che ci siamo inventati due an-
Valori New Energy Index [in Euro] Amex Oil Index [in $] 5,55% –29,24% Mib [in Euro] –6,52% Dow Jones [in $]
25,05%
Rendimenti dal 30.09.2006 al 15.09.2008
www.repower.de Amburgo FSE – Francoforte sul Meno +266,03% Fondata nel 2001 e quotata in borsa dall’anno successivo, RePower è una società tedesca specializzata nello sviluppo, produzione e installazione di turbine eoliche ad alta capacità (da 1,5 a 5 Megawatt). Ha circa 1.000 dipendenti, di cui 1/5 sono ingegneri. Utile [Milioni di $]
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Numero dipendenti 738
1.005
2006 2007
21,12 7,05
in collaborazione con www.eticasgr.it |
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Le alghe
Anno 8 numero 63. Ottobre 2008. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
Dieci numeri annui di Valori
+
Fotoreportage > Mission Datar
Undici numeri annui di Nigrizia
RAYMOND DEPARDON / MAGNUM PHOTOS
Energia rinnovabile per la Terra
Dossier > Fermare chi affama il mondo con finanza e monopoli è possibile
Terra protagonista
di Massimiliano Pontillo
Beni confiscati > La sfida alle proprietà di Cosa Nostra nella capitale e dintorni Finanza > Unicredit scivola sui sexy shop che perdono e imbarazzano Economia solidale > La finanza etica lancia la sfida della rete in Europa
a
47 euro
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
S
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Anno 8 numero 63. Ottobre 2008. € 3,50
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I - N U M E RO 7 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T
settembre 2008
Dieci numeri annui di Valori
+
Fotoreportage > Mission Datar
Dieci numeri annui di Italia Caritas Dossier > Fermare chi affama il mondo con finanza e monopoli è possibile
Terra protagonista Beni confiscati > La sfida alle proprietà di Cosa Nostra nella capitale e dintorni Finanza > Unicredit scivola sui sexy shop che perdono e imbarazzano Economia solidale > La finanza etica lancia la sfida della rete in Europa
a
40 euro
POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA
il cui prezzo instabile sta stravolgendo l’equilibrio dell’economia mondiale. Crescono anche in terreni poveri senza danneggiare la produzione agricola: sono migliori dunque del mais e degli altri cereali usati fino ad oggi per il biodiesel, che rischiano di affamare il Pianeta per “cibare” le sue industrie. Sono le alghe marine. Non producono rifiuti, anzi puliscono l’aria e l’acqua e quindi sono più sicure del nucleare, le cui scorie radioattive continuano a costituire un problema irrisolto. Sono decenni che tutto il mondo scommette e investe sul biodiesel, il carburante ottenuto da fonti vegetali. Aziende, privati, intere nazioni come il Brasile hanno riconvertito i propri terreni agricoli per coltivare granturco, canna da zucchero, mais, soia e colza. Con eccellenti risultati economici, ma devastanti conseguenze sul piano agricolo e sociale. Dal caro-prezzi che ha coinvolto il costo di beni di prima necessità come farina, pane, pasta e zucchero, all’impoverimento di terreni adibiti a monocoltura. Un recente studio delle Nazioni Unite ha rilevato come il biofuel competa con la sopravvivenza della Terra. In Italia i primi esperimenti sono stati effettuati dall’Enea sulle alghe comunemente utilizzate per l’acquacultura. Le microalghe hanno una resa in termini energetici quattro volte superiore alla canna da zucchero, dieci Sono economiche e pulite. volte superiore all’olio di palma e addirittura Possono crescere su terreni quarantacinque volte superiore all’olio di colza, poveri e hanno una resa che già in molti usano per la propria auto. energetica 45 volte superiore Per il fabbisogno nazionale di oli combustibili, a quella dell’olio di colza. Da loro con le classiche produzioni di biodiesel, sarebbe si può ottenere perfino l’idrogeno necessaria un’estensione agricola pari a due volte e mezzo l’Italia. Le alghe dovrebbero essere in grado di produrre la stessa quantità di energia occupando solo frazioni di terreni attualmente incolti. I privati più lungimiranti hanno già iniziato a investire nei primi stabilimenti. Dagli Stati Uniti alla Cina, da Israele alle Hawaii. Anche in Italia, dove le prime centrali, ancora in fase di realizzazione, produrranno, non solo biodiesel, ma grandi quantità del preziosissimo idrogeno: l’eco carburante per eccellenza. Con la fermentazione batterica di un metro cubo di residui vegetali si producono da due a cinque metri cubi di idrogeno al giorno, potendo arrivare anche a venti. Considerando che è necessario meno di un metro cubo di idrogeno per produrre un kilowatt, il rapporto è estremamente conveniente. Anche le compagnie aeree stanno puntando sulle alghe per ottenere carburante a basso costo: l’Algal Biomass Organization, di cui fa parte tra gli altri la Boeing Corporation, si propone di sviluppare e commercializzare il biofuel prodotto dalle alghe come soluzione per ridurre i costi e l’inquinamento da Co2. Insomma, pare possano diventare i biocarburanti perfetti del prossimo futuro. Non solo sushi!
RAYMOND DEPARDON / MAGNUM PHOTOS
ONO ECONOMICHE E QUINDI MOLTO PIÙ CONVENIENTI DEL PETROLIO,
Italia Caritas
CAUCASO TRA GUERRA E AIUTI. E C’È UN’AFRICA CHE VUOLE RINASCERE
LA FATICOSA VIA DELLA PACE CARITAS ITALIANA MONSIGNOR MERISI PRESIDENTE, PRIMA INTERVISTA WELFARE “SOCIAL CARD” E DINTORNI, LA STRATEGIA DOV’È? INDIA SVILUPPO TRA LUCI E OMBRE NEGLI ARCIPELAGHI DI PARADISO
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
Leggo doppio Leggo solidale Valori a casa vostra, insieme a Nigrizia, l’unico mensile dell’Africa e del mondo nero, oppure insieme a IC, il mensile della Caritas Italiana, per capire meglio la società e il mondo che ci ruotano attorno, nel segno della solidarietà. Alleanza di pagine e idee, a un prezzo conveniente.
Bollettino postale
c/c n° 28027324
Intestato a:
Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano
Causale:
Abbonamento “Valori + Nigrizia” oppure “Valori + Italia Caritas”
Bonifico bancario
c/c n° EU IBAN: IT29 Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica
Intestato a:
Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano
Causale:
“Valori + Nigrizia” + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato oppure “Valori + Italia Caritas” + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato
Attenzione:
Per l’attivazione immediata dell’abbonamento si prega di inviare copia del bonifico al fax 02 67491691 oppure file pdf all’indirizzo segreteria@valori.it