Anno 9 numero 66. Febbraio 2009. € 4,00
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
STEVE MC CURRY / MAGNUM PHOTOS
Fotoreportage > La fine del petrolio
Dossier > Non basta superare la recessione. Serve una trasformazione radicale
Una crisi di sistema Finanza > Le banche etiche crescono. Questa è un’occasione da non perdere Economia solidale > Mappa delle società di mutuo soccorso in Italia Internazionale > Maria Pace Ottieri racconta l’India del Barefoot College Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.
| editoriale |
La sfida
per uscire dal guado di Roberto Romano
S
L’AUTORE Roberto Romano
Economista e ricercatore. Lavora nel dipartimento contrattazione della Cgil Lombardia con incarichi di studio e ricerca. Tra il 1999 e il 2003 è stato ricercatore economico dell’Ufficio Studi Cgil Lombardia. Si occupa di tematiche di politica industriale, contrattazione, bilancio pubblico. Fa parte della redazione della rivista on line Economia e Politica. www.economiaepolitica.it
IAMO IN RECESSIONE ECONOMICA O ALLE PORTE DI UNA GRANDE DEPRESSIONE? Le previsioni dei principali istituti
di ricerca sono sempre più negative: nessun Paese industrializzato avrà valori positivi. Eppure qualcosa si muove. Gli Stati hanno assunto nuovi impegni finanziari per far fronte alla crisi, con misure e impatti su sistemi economici e manifatturieri molto diversi. La scelta di “politica industriale” europea sembra chiara. Pur nell’autonomia degli Stati, le misure per affrontare la crisi (200 miliardi di euro) devono agire sull’innovazione tecnologica per far fronte alla sfida energetica ed ambientale. Obiettivo: ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2020, con la possibilità di raggiungere il 30% dopo la conferenza di Copenaghen del marzo 2010. Le green tecnology e la conseguente domanda delle imprese, cioè gli investimenti per raggiungere gli obiettivi indicati dall’Ue, sono l’orizzonte di tutti i Paesi europei. La sfida si gioca su nuovi paradigmi tecnologici e accumulativi. Se “l’elettronica” ha segnato tutti gli anni ‘90 e 2000, con una crescita del peso dell’alta tecnologia dal 15% al 35% del commercio internazionale, la sfida ambientale ed energetica consegnerà una nuova divisione internazionale del lavoro e dei modelli accumulativi. Ma non bastano gli investimenti per “intercettare” questo nuovo paradigma. Occorre anche un background adeguato, un pregresso di conoscenza e saper fare, capace di sviluppare le nuove tecnologie. Se un Paese non ha queste competenze può solo incorporare le innovazioni realizzate negli altri Stati e, per questa via, marcare una divisione del lavoro particolarmente esposta al costo del lavoro. Se consideriamo il livello della “scommessa” europea, ma anche degli Usa, la decisione di ridurre le risorse pubbliche destinate all’università presa dal ministro Gelmini appare, non solo distante dal modello europeo, ma neanche paragonabile ai Paesi “emergenti”. Questa scelta è ancor più incomprensibile se osserviamo la composizione della spesa in ricerca e sviluppo (gerd): solo in Italia la spesa pubblica in ricerca è più alta di quella privata, mentre in tutti i Paesi a capitalismo maturo gli investimenti in ricerca privati sono mediamente i due terzi. Non significa che le imprese italiane non vogliono investire, piuttosto che la nostra specializzazione produttiva non “domanda” innovazione e quindi lavoro buono. Non dobbiamo sorprenderci. La produzione di beni capitali in Italia registra una piccola crescita nel decennio 1998-2008 (+0,9%), mentre nei Paesi di area euro osserviamo dei valori molto alti: +10,3% in Gran Bretagna, +37,9% in Germania, +51,3% in Svezia e +15,9% in Spagna. Anche nei beni intermedi e in quelli di consumo si osserva la stessa dinamica: l’Europa cresce, l’Italia no. In qualche modo la sfida ambientale ed energetica potrebbe trasformarsi in un boomerang per l’Italia, collocandoci ai margini dei Paesi europei industrializzati e, soprattutto, del nuovo mercato delle competenze tecniche nel campo energetico e ambientale. In Italia non sono mancate le risorse finanziarie per gli investimenti, ma con l’esito a tutti noto della bassa crescita. Occorre un maggiore intervento pubblico. Non uno qualsiasi, del tipo riduzione del prelievo fiscale o delle tasse per far crescere la domanda. Se la sfida “del mercato” è l’ambiente e l’energia, per l’Italia occorre una grande riforma di struttura e di orizzonte: aumentare la spesa nella conoscenza e formazione universitaria e dei centri pubblici di ricerca. Se l’orizzonte italiano diventa quello europeo occorre togliere dalla precarietà tutti i giovani. È un problema la perdita di molti posti di lavoro, ma sarebbe ancora più drammatico non crearne di nuovi perché si rinuncia alla sfida industriale europea che ha scelto l’ambiente e l’energia.
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| sommario |
febbraio 2009 mensile
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anno 9 numero 66 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore
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STEVE MC CURRY / MAGNUM PHOTOS
valori Il giacimento petrolifero di Al Ahmadi, in Kuwait. Il 21 febbraio 1991 le truppe di Saddam Hussein in fuga diedero alle fiamme 730 pozzi nelle zone di Al Ahmadi, Al Burgan, Al Sabrylah e Al Wafra. Ci vollero 8 mesi per spegnerle. Una catastrofe ambientale di dimensioni enormi.
Kuwait, 1991
globalvision
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fotoreportage. La fine del petrolio
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dossier. Crisi di trasformazione Il diritto di cambiare Stefano Lucarelli: «Un’accumulazione senza termine» Energia: il filo d’Arianna per uscire dalla recessione Riprendere la produzione alla Hitman, missione possibile Petrolio: nuova crisi, vecchie abitudini Operazione Altra Mobilità: una lunga trasformazione Auto elettrica, ma sostenibile Maurizio Ferrera: «In Italia danni sociali maggiori»
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finanzaislamica
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Per la finanza responsabile la crisi è un’occasione da non perdere Banca Etica, una crescita lunga 10 anni. Il suo tesoro: i soci Le lacrime amare dei “derivati etici” Istituti di credito: bilanci con trucco grazie ai nuovi IAS
economiasolidale Gli “intangibili”: i tesori nella società della conoscenza Tullio De Mauro: «Investire nel sapere, anche fuori dalle scuole» Dalle idee all’azione. Cosa c’è dietro Zoes Società di mutuo soccorso: ancora oggi in Italia
internazionale
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La guerra infinita del Congo La sindrome cinese che spaventa il mondo India, a piedi scalzi verso l’autosufficienza A Doha lo scontro sui futuri assetti del Pianeta
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lavanderia
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| globalvision |
Fuori dalla crisi
Agire sulle cause, non sui sintomi di Alberto Berrini
UN ANNO E MEZZO CIRCA DALL’INIZIO “UFFICIALE” della crisi subprime (9 agosto 2007, quando BNP Paribas decise di sospendere i rimborsi di tre propri fondi di investimento), mentre i numeri dell’economia reale peggiorano velocemente, il versante finanziario della “tempesta perfetta” è tutt’altro che risolto. E pesante rimane l’eredità dell’anno appena concluso. Per quanto riguarda il sistema monetario internazionale il 2008 è stato infatti l’anno della crisi di liquidità. Detto in altro modo, il sistema si è inceppato per “mancanza di denaro circolante”. La prima causa è stata la crisi del mercato immobiliare (o meglio dell’inevitabile scoppio della bolla che lo riguardava) che era alla base e che ha fatto crollare il castello di carta delle cartolarizzazioni (a partire da quelle costruite sui mutui subprime) e dei suoi “derivati finanziari”, emblema di ciò che chiamiamo innovazione finanziaria. Liquidità non è solo flusso di contanti ma soprattutto “fiducia” relativa alla capacità di servire da mezzo di pagamento di uno strumento finanziario. In un sistema a forte leva finanziaria dove ci si indebita per investire (mettendo a garanzia titoli finanziari), dire che un sistema è liquido significa che molti strumenti finanziari possono fungere da contanti, sono cioè spendibili senza perdite per il loro valore nominale. La crisi subprime è stata la fine di tutto questo. Una moltiplicazione costante di mezzi liquidi (nel senso sopra descritto), per lo più di natura Le banche centrali hanno speculativa, si è velocemente trasformata in una inondato il sistema demoltiplicazione violenta degli stessi, un altro modo di liquidità per sopperire per dire “crisi finanziaria”. alla mancanza di capitali. La comune risposta delle Banche centrali a questa Ma ciò potrà generare inflazione situazione, pur nella diversa “aggressività” della loro azione, e nuove bolle speculative ha puntato a curare il sintomo più che a rimuoverne la causa. In sostanza si è inondato il sistema di liquidità per sopperire alla sua drammatica mancanza. Il caso estremo è stato rappresentato dalla Fed (la Banca centrale americana) che ha azzerato i tassi di interesse. È come aver concretizzato la famosa immagine di Milton Friedman che, per spiegare il concetto di “creazione di moneta” da parte dalla Banca centrale, immagina un elicottero che lancia banconote su tutto il territorio nazionale Usa. È ciò che è stato definito, la “monetizzazione della crisi”. Sono interventi, per ammissione della stessa Fed, “non convenzionali”. Interventi giustificati dalla drammaticità della situazione ma che portano in sé alti rischi come quello di una pesante inflazione futura o l’introduzione dei germi per nuove bolle. Ma soprattutto è il riconoscimento che il sistema per sopravvivere deve in qualche modo abbandonare, o per lo meno sospendere, le regole che esso stesso si è dato. Ciò è un chiaro indicatore di fragilità di un tale sistema, che va dunque cambiato. È ora di agire sulle cause e non più sui sintomi della crisi di un modello che ha peraltro dimostrato la sua insostenibilità. Basterà questa crisi a convincere della necessità di una profonda riforma del capitalismo finanziario?
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ACLI
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STEVE MC CURRY / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage |
> La fine del petrolio foto di Steve McCurry / Chien-Chi Chang / Jean Gaumy / Magnum Photos
Che il petrolio, prima o poi, finisca è una certezza. Il problema è se noi saremo preparati a questa evenienza. Ci sono Paesi, pochi, come la Svezia, che hanno stabilito una data per la fine della loro dipendenza dall’oro nero. Gli altri, Italia compresa, sembrano più impegnati a contare quanti barili si possono ancora estrarre, che a trovare soluzioni alternative
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rima o poi il petrolio finirà. È il monito che riecheggia fin dai tempi dell’austerità, quando l’Italia, alternativamente, andava a due velocità. E non importava se ci si trovasse sulla locomotiva del nord o sul carretto del sud. La fame di petrolio era endemica e l’imperativo categorico era: «ridurre i consumi di greggio». Correva l’anno 1974 e c’era la crisi petrolifera. Ufficialmente veniva attribuita all’embargo dei Paesi Opec contro l’occidente e a fattori politici, invece secondo alcuni analisti derivava dalla necessità di rallentare lo sfruttamento dei pozzi sauditi che producevano a un ritmo insostenibile. Una crescita passata da 4 miliardi di barili estratti nel 1930 ai 25 miliardi nel 2000. L’economia globale ha sempre guardato alla prospettiva della fine dell’«oro nero» con due sentimenti diversi e contrastanti: preoccupazione e disinteresse. Qualche nazione lungimirante, come ad esempio la Svezia, ha già dichiarato la data precisa dell’abbandono dell’economia basata sul petrolio. La scienza, da parte sua, aveva già negli anni Cinquanta elaborato una teoria e un modello che lasciavano pochi dubbi sulle prospettive dei pozzi petroliferi e la loro capacità di soddisfare nel tempo la domanda pressante di petrolio. “Il picco di Hubbert”, che prende il nome dal geofisico americano Marion King Hubbert, spiega in modo chiaro l'evoluzione temporale della produzione di una qualsiasi fonte fossile fisicamente limitata. Una volta raggiunto il picco, come accade su qualsiasi vetta, è prevista una discesa, un inesorabile declino. Quando si parla di petrolio, significa un grande ultimo getto nero, un sussulto prima della morte per prosciugamento, che arriva repentina. Il professor Hubbert, scomparso nel 1989, non ha fatto in tempo a vedere la fine del petrolio, ma alcuni superpozzi, dalla penisola dello Yucatan al Mare del Nord, quelli da cui proviene una buona parte del petrolio mondiale, stanno già vivendo da qualche anno il momento descritto dallo scienziato. Ma quanto petrolio estraibile è rimasto nei pozzi? Secondo gli esperti, la cifra totale oscilla tra i 1600 e i 2000 miliardi di barili. Fino ad oggi ne sono stati estratti e bruciati circa 1000 miliardi, ne rimangono da estrarre tra i 600 e i 1000 miliardi di barili (fonte Aspo Italia). Le stime più ottimistiche parlavano di 3000 miliardi di barili estraibili. Una stima inesatta per il semplice motivo che non tutto il petrolio presente nel sottosuolo è estraibile a causa dei costi improponibili. E fino a quanto durerà? Se ogni anno si estraggono circa 25 miliardi di barili, avremo di fronte 24 anni di autonomia, sempre che la stima dei 600 miliardi di barili ancora estraibili sia esatta. E se il petrolio estratto diminuirà, aumenteranno i prezzi di tutte le materie derivate. ANNO 9 N.66
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GLI AUTORI Steve McCurry è nato a Philadelphia nel 1950. Trasferito in in India come free lance, la sua carriera spicca il volo quando attraversa il confine del Pakistan ed entra in una regione ribelle dell’Afghanistan appena prima dell’invasione sovietica. Al suo ritorno porta con se decine di rullini fotografici, cuciti all’interno dei vestiti, con le prime immagini del conflitto mostrate al mondo. Da allora si dedica alle foto nelle zone di guerra, anche civile: ex-Yugoslavia, Beirut, Cambogia, Filippine, guerra del Golfo. Chien-Chi Chang è americano, ma è nato a Taiwan nel 1961. Alienazione e relazioni umane sono i temi preferiti delle sue foto. Un reportage realizzato in una casa di cura per malattie mentali a Taiwan finisce alla Biennale di Venezia. Jean Gaumy è nato nel sud della Francia nel 1948. Nel 1973 entra nell’agenzia fotografica Gamma, poi alla Magnum. I sui primi servizi fotografici dipingono la situazione del servizio sanitario in Francia e di quello carcerario. Viaggia molto, in Europa, Africa, Centro-America e in Medioriente. Tra il 1986 e il 1994 realizza diversi servizi in Iran sulle donne durante la guerra tra Iran e Iraq. Un altro tema centrale sono il mare e le navi. Recente un documentario realizzato in un sottomarino durante una missione segreta nell’Oceano artico.
Soldati kuwaitiani a guardia di un giacimento petrolifero nei pressi di Kuwait City.
Kuwait, 1991
> La fine del petrolio
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CHIEN-CHI CHANG / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage |
> La fine del petrolio
Soldati taiwanesi impegnati a ripulire dal petrolio un’area nei pressi del Kenting National Park nella regione del Pingtung in Taiwan. Un disastro ambientale causato da una nave petrolifera greca, la M.V. Amorgos, che il 14 gennaio del 2001 si arenò contro delle scogliere sommerse. L’equipaggio fu tratto in savlo, ma l’Agenzia taiwanese per la protezione dell’ambiente stimò che finirono in mare almeno 1.150 tonnellate di petrolio.
Taiwan, 2001 | 10 | valori |
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STEVE MC CURRY / MAGNUM PHOTOS
| fotoreportage |
A destra, pompieri della Red Adair Company al lavoro per spegnere un incendio scoppiato in un giacimento petrolifero in Kuwait. Sopra, dall’alto in basso, giacimenti in fiamme ad Al Ahmadi (in Kuwait), un uccello morente in una pozza di petrolio e altri incendi nei giacimenti di petrolio sulla costa dell’Arabia Saudita.
Kuwait, 1991
> La fine del petrolio
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JEAN GAUMY / MAGNUM PHOTOS
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> La fine del Petrolio
Nelle foto sopra, la costa della città di Le Pouliguen, nella regione della Loira, in Francia, nel gennaio del 2000. Migliaia di volontari al lavoro per pulire la marea nera che aveva invaso le spiaggie affacciate sull’Oceano atlantico. Tra il 12 e il 13 dicembre 1999 una nave petrolifera maltese era naufragata. A destra, il rimorchiatore “Abeille Flandre” cerca di portare al largo la nave arenata, poco dopo l’incidente.
Francia, 1999/2000 | 14 | valori |
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dossier
JEAN GAUMY / MAGNUM PHOTOS
a cura di Paola Baiocchi, Matteo Cavallito, Andrea Danese, Mauro Meggiolaro e Elisabetta Tramonto
Il diritto di cambiare >18 Accumulazione senza termine >20 Energia per uscire dalla recessione >22 Petrolio: nuovi problemi, vecchie abitudini >24 Operazione Altra Mobilità: una lunga trasformazione >24 L’impatto sociale della crisi in Italia >26
Regione del Finistère, in Bretagna. 22 marzo. Sei giorni prima la nave cisterna Amoco era naufragata al largo della costa bretone. 220 mila tonnellate di petrolio si rovesciarono in mare. Le coste da Brest alla baia di SaintBrieuc (più di 360 chilometri) e 200 mila ettari di superficie del mare furono contaminati.
Francia, 1978
Che fare?
Con la scusa della recessione La ricerca delle soluzioni alla frenata del sistema produttivo mondiale può portare a grandi miglioramenti. Ma solo ridiscutendo a fondo il regime di accumulazione che l’ha provocata
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| dossier | quale crisi |
STATI UNITI 10
RECESSIONE SI verifica quando tutto il sistema delle attività economiche si ridimensiona al ribasso. Con meno liquidità a disposizione, i consumatori spendono di meno, la produzione si adegua alla contrazione della domanda, calando, e le attività finanziarie si riducono. Quando il valore delle attività economiche di un mercato nazionale (il prodotto interno lordo) cala per due trimestri consecutivi si parla, per definizione, di “recessione tecnica”.
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di Paola Baiocchi
trilioni di dollari, cioè 8.490.392.000.000, ottomilaquattrocentonovanta miliardi di dollari (più spiccioli). È la cifra senza precedenti (vedi GRAFICO sotto) destinata dagli Stati Uniti, e in parte già utilizzata, per mettere un tappo alla crisi, ma che non risolverà i problemi dei 2,6 milioni di nuovi disoccupati che si sono creati nel 2008. È come cercare di asciugare il mare con la carta assorbente, perché il piano di salvataggio fa raddoppiare il già enorme debito pubblico degli Usa (10.524 miliardi di dollari ad ottobre). Il Council on Foreign Relations di New York ha affermato che il 2009 “sarà ricordato come l’anno in cui il sistema finanziario è crollato”. Ma quella che stiamo vivendo non è solo una crisi finanziaria, travolge l’economia reale e la stessa struttura sociale. È una crisi di trasformazione. Si chiude un’era e, se sapremo sfruttare questo momento, se ne aprirà un’altra. Con un nuovo modello economico.
“
Le grandi società non sanno che la linea di demarcazione tra fame e furore è sottile come un capello. E il denaro che potrebbe andare in salari va in gas, in esplosivi, in fucili, in spie, in polizie e in liste nere. Sulle strade la gente formicola in cerca di pane e lavoro, e in seno ad essa serpreggia il furore
”
John Steinbeck, Furore (1939)
La madre di tutte le bolle «Tutte le economie avanzate - ha scritto Nouriel Roubini, docente di economia presso la New York University – che rappresentano il 55% del Pil globale, erano entrate in recessione anche prima del pesante shock finanziario iniziato alla fine dell’estate 2008. Di conseguenza ci troviamo oggi di fronte a una recessione, a una crisi finanziaria severa e a una profonda crisi bancaria nelle economie avanzate», che ha contagiato anche i Paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli che di fronte all’espansione del credito si sono indebitati a breve e in valute estere. «Ma anche quelli con le migliori performance - continua Roubini - come Brasile, Russia, India e Cina, sono adesso a rischio di un
STAGNAZIONE E DEPRESSIONE Una stagnazione si verifica quando l’economia nel suo complesso manifesta una crescita nulla o vicina allo zero per un lungo periodo. Si può verificare anche in un sistema economico che è stato soggetto a una forte espansione per lungo tempo, come dimostra la stagnazione giapponese degli anni 90. Quando una stagnazione si accompagna all’aumento della disoccupazione, della deflazione e del pessimismo si parla di “depressione economica”. INFLAZIONE E DEFLAZIONE L’inflazione è l’aumento generalizzato dei prezzi all’interno di un mercato, contemporaneamente alla riduzione del valore della moneta corrente (visto che per acquistare lo stesso bene è necessaria una maggiore quantità di danaro). La deflazione invece identifica una riduzione generale dei prezzi ed è motivata da una forte riduzione della domanda.
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Jim Bianco dell’istituto di ricerca economica “Bianco Research” ha elencato i più consistenti stanziamenti 1933-1937 d’emergenza del governo americano nell’ultimo secolo. Neanche la loro somma raggiunge i circa 8 mila NEW DEAL miliardi di dollari dell’attuale piano di salvataggio dalla crisi finanziaria che gli Stati Uniti sborseranno. Costo stimato Altre informazioni su: www.ritholtz.com/blog
SPECULAZIONE È l’attività condotta con l’obiettivo di massimizzare il profitto in base a ipotesi soggettive sull’andamento di mercato. L’acquisto di titoli azionari, ad esempio, può essere determinato dalla convinzione che l’impresa che li ha emessi genererà degli utili redistribuendo i dividendi, ma anche dalla convinzione che l’aumento (magari immotivato) della domanda delle azioni stesse spingerà il valore delle medesime al rialzo. In quel caso è corretto parlare di investimento speculativo. Matteo Cavallito
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11,900 9,739
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MONDO 10 8 6
5,087
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4 2 2006
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4,796
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UNIONE EUROPEA 10 6 4
3,331
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AFRICA 10 8 6
6,102
6,305
5,939
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5,970
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5,714
4 2 2006
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2012
MEDIO ORIENTE 10 8 6
5,720
5,926
6,393
5,912
5,893
5,429
5,410
4 2 2006
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2009
54 454
111 36,4 153 698 237 256
551 597
416 851
1950-1956 GUERRA IN COREA
1969 1986-95 1959-1975 SBARCO CRISI AG. GUERRA SULLA CREDITO IN VIETNAM LUNA E RISP.
2003 GUERRA IN IRAQ
1958-2008 FONDI PER LA NASA
1941-1945 SECONDA GUERRRA MONDIALE 1947-1951 PIANO MARSHALL Aiuti all’Europa dopo la seconda Guerra mondiale)
2010
2,721
CINA 10
7.308
STANZIAMENTI IN MILIARDI DI DOLLARI VALORI AGGIUSTATI DALL’INFLAZIONE
3,144
2,042 0,055 2009
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STAGFLAZIONE Parola composta dai termini “stagnazione” e “inflazione”, che indica il fenomeno, apparentemente paradossale, dell’aumento dei prezzi in una fase di stagnazione. A rendere possibile una stagflazione è la prevalenza dei fattori monetari su quelli di mercato (la contrazione della domanda di beni e servizi). Quando la richiesta di una valuta sul mercato dei cambi crolla, il suo valore scende generando inevitabilmente un aumento dei prezzi anche se la ridotta domanda dei consumatori spingerebbe verso la loro riduzione.
UN SALVATAGGIO MAI VISTO
32 500
1,572 2008
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8,5
[VARIAZIONE IN % ]
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TOTALE STANZIAMENTI IN MILIARDI DI DOLLARI
ANNO 9 N.66
2012
8.490
FONTE: BIANCO RESEARCH
ll diritto di cambiare
IL FMI PREVEDE TEMPI LUNGHI PRIMA CHE IL PIL CRESCA
GLOSSARIO
FONTE: FONDO MONETARIO INTERNATIONALE, WORLD ECONOMIC OUTLOOK DATABASE, OTTOBRE 2008
| dossier | quale crisi |
2008 CRISI FINANZIARIA
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FEBBRAIO 2009
| valori | 19 |
«PRESENZA DI UN LEADER FORTE, un’ideologia che metteva l’accento sulla nazione, sul popolo e sulla terra, il controllo statale dell’economia e del sociale, e, infine, la qualità e la quantità della propaganda governativa». Così scriveva John A. Garraty in un articolo del 1973, negli anni in cui gli storici cominciavano a comparare, senza stabilire equazioni, i tre New Deal che si svilupparono dopo la prima guerra mondiale e soprattutto dopo la grande crisi del ‘29, negli Stati Uniti di Roosevelt, nella Germania hitleriana e nell’Italia di Mussolini. Continua questa analisi “3 New Deal” di Wolfgang Schivelbush, appena
TASSO DI DISOCCUPAZIONE [ IN PERCENTUALE ] pubblicato da Tropea, un libro che non è solo uno studio comparato sui programmi e le strategie politiche delle tre nazioni, ma anche uno strumento di analisi dell’uso dei media agli albori della società di massa. Le “chiacchiere al caminetto” di Roosevelt, le trasmissioni radio con cui il carismatico presidente riusciva a stabilire un contatto “intimo” e persuasivo con i cittadini americani, trovavano la strada spianata dalle “soap opera” largamente ascoltate grazie alla diffusione della radio negli Usa, che nel 1932 possedevano circa 16 dei venti milioni di apparecchi esistenti al mondo. “Chiacchierate” suggestive al di là dei contenuti che
atterraggio brusco». Per correre ai ripari imponenti piani fiscali sono stati annunciati: quello giapponese vale il 4,5% del Pil nazionale, mentre quello cinese prevede l’utilizzo di una somma pari al 14% del Pil tra il 2009 e il 2010. Non saranno provvedimenti indolore, soprattutto per i Paesi emergenti, che risultano da uno studio dell’Istituto Sace, quelli più a rischio «perché l’utilizzo di bilanci pubblici contro la recessione può aiutare la ripresa, ma avrà come inevitabile conseguenza un forte incremento del debito pubblico». Che lieviterà ulteriormente quando il costo del denaro riprenderà a crescere. Tutto questo è stato messo in moto dalla crisi dei subprime? «No, si è solo manifestato ora» dice Gianfranco Pala, docente di Economia politica all’Università di Roma: «Dagli indici produttivi (inutilizzazione degli impianti, perdita di posti di lavoro, diminuzione del potere d’acquisto, saturazione del mercato mondiale, ecc.) degli Usa, quale epicentro del terremoto economico, si poteva vedere l’insorgere della crisi reale da eccesso di sovrapproduzione fin dalla metà degli anni 60, senza essere “maghi”. L’attuale crisi è la mancanza inevitabile di investimenti quando il mercato è saturo, cioè l’impossibilità di convertire l’eccesso di plusvalore prodotto in nuovo capitale. Ed è infatti il mercato dei capitali ad esibire la propria saturazione, non quello dei consumi. In questo contesto – conclude Pala – la crisi è partita non solo dai mutui senza garanzie, ma dalla costruzione fittizia di bilanci non veritieri delle industrie».
esprimevano: un esperto di retorica dell’epoca concludeva che «se Herbert Hoover avesse pronunciato le stesse parole ci sarebbe stato un altro crollo in borsa e con esso un crollo di fiducia nella gente». Senza minimizzare le differenze tra i tre regimi, Schivelbush riporta l’interpretazione oggi unanimemente condivisa dagli storici e cioè che «gli Stati Uniti sarebbero del tutto usciti dalla Depressione soltanto con l’ingresso nel conflitto mondiale […]. Tutti e tre i sistemi ideologici avevano bisogno del riarmo e della guerra per riportare in piena salute le economie nazionali». I forti richiami alla coesione interna
della nazione, l’individuazione dell’Afghanistan come fronte di guerra, l’intervento pubblico nei confronti delle imprese in crisi, l’annuncio di grandi opere, sono elementi lanciati dal nuovo carismatico presidente Obama, che delineano un New Deal al tempo degli ologrammi, non molto diverso da quello accanto al caminetto. Pa.Bai. Wolfgang Schivelbusch 3 New Deal. Parallelismi tra gli Stati Uniti di Roosevelt, l’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler. 1933 - 1939 Tropea 2008
La crisi, il clima e la messa in piega Le risposte che arrivano dal governo italiano sono tanto dispendiose quanto inefficaci (vedi INTERVISTA ad Alberto Berrini, pag 26). La via della Green Economy, la riconversione della produzione industriale per l’utilizzo delle energie rinnovabili, è stata scelta non solo dall’Europa e dagli Stati Uniti (vedi ARTICOLO di A. Danese pag 22), ma anche dalla Cina, che è al quinto posto tra i Paesi che stanno investendo sulle rinnovabili. Miliardi destinati anche ad incentivare la produzione di auto ibride e pannelli fotovoltaici per il mercato interno, che servono a compensare la crisi delle esportazioni che ha danneggiato anche aziende leader come la Suntech. Eppure al momento del rinnovo degli accordi sul clima, l’Italia ha capitanato un fronte di neghittosi uguale a quello che «pretese di vedere, in Iraq, funghi atomici inesistenti e armi di distruzione di massa introvabili», ha scritto Barbara Spinelli in un suo articolo su La Stampa, sottolineando come questi capi di Stato considerino la battaglia climatica un prodotto di lusso e la guerra una necessità. Per chiarire il suo pensiero Berlusconi ha dichiarato: «È assurdo par-
crisi è partita non solo dai “La mutui senza garanzie, ma dalla costruzione fittizia di bilanci non veritieri delle industrie ”
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Area Euro a 15 Europa a 27 Italia Usa Giappone
14,5 14,7 21,7 10,7 nd
GIOVANI (15-24 ANNI) SET-08 OTT-08
15,7 15,8 20,6 13,2 nd
IN RETE NEL DETTAGLIO IL PIANO DI SALVATAGGIO USA: www.ritholtz.com/blog/2008/12 /calculating-the-total-bailout-costs
16,1 16,1 nd 13,7 nd
NOV-08
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16,4 16,4 nd 13,8 nd
6,5 6,3 5,1 4,7 3,8
UOMINI (25-74) SET-08 OTT-08
7,1 6,7 5,4 6,7 4,1
7,2 6,9 nd 7,1 3,9
NOV-08
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7,4 7 nd 7,2 4
8,2 7,5 8,2 4,6 3,7
DONNE (25-74) SET-08 OTT-08
8,2 7,4 8,4 5,5 3,9
U di Paola Baiocchi
Come si uscirà, quindi, da questa crisi? Se ne uscirà comunque senza rimettere veramente in discussione questo regime di accumulazione. Si cercheranno forme di regolazione ispirate alla flessibilità. Mi paio-
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no significativi i ragionamenti con cui Robert Shiller conclude il suo recente libro (The Subprime Solution. How Today’s Global Financial Crisis Happened and What to do about it): «Immaginiamo che la nostra società sia dotata di un’infrastruttura dell’informazione consolidata che raggiunga tutti i suoi membri; mercati derivati, sia per gli immobili occupati dai proprietari sia per quelli a destinazione commerciale; prodotti al dettaglio ben sviluppati, come i mutui ipotecari continous-workout, le assicura-
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MAG-08
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Area Euro a 15
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11.436
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Europa a 27
16.332
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16.936
17.192
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lare di clima quando c’è la crisi: è come se uno con la polmonite pensi a farsi la messa in piega».
Welfare o Warfare? Gli ingenti investimenti che gli Usa stanno attuando per cercare di risollevare il mercato interno, riguardano anche il settore bellico. «Tre giorni dopo l’approvazione del piano di salvataggio di Paulson ad ottobre (700 miliardi di dollari) il Congresso degli Stati Uniti ha approvato a schiacciante maggioranza bipartisan, per l’anno fiscale 2009 (iniziato il 1° ottobre 2008), una spesa militare di 612 miliardi di dollari» ha scritto Manlio Dinucci sul Manifesto, che conclude: «Oltre al budget del Pentagono (aumentato del 74% dal 2001), e i 70 miliardi per le guerre in Iraq e Afghanistan, bisogna aggiungere 10 miliardi per le armi nucleari (iscritti nel bilancio del dipartimento dell’energia) e almeno 50 per il programma nazionale di intelligence, più altre voci che portano la spesa militare annua degli Stati Uniti ben oltre quella del piano di salvataggio». Gli Stati Uniti, insomma, non rinunciano al warfare per uscire dalla crisi. Come già hanno fatto per lasciarsi dietro le spalle la Depressione degli anni 30 (vedi BOX “Il New Deal al tempo degli ologrammi”).
Legal standard o questione morale? Stefano Lucarelli, ricercatore del dipartimento Hyman P. Minsky os-
serva: «Temo che da questa recessione si uscirà col tempo rilanciando i processi di finanziarizzazione che trainano questo capitalismo. È molto probabile che questi processi si appoggeranno sui titoli energetici ma anche sui processi di privatizzazione delle public utilities (compresa l’acqua) che acuiranno la recessione. Non vedo infatti una volontà politica capace di rimettere in discussione questo regime di accumulazione, né tanto meno TASSO DI DISOCC. [ NOV 2008 ] questo modo di produzione». Diventa quindi sempre più urgente il tePAESE % ma su chi deve assumere le decisioni per usciAustria 3,8 re dalla crisi e dal sistema che periodicamente Cipro 3,9 le scatena. La soluzione di rivolgersi a struDanimarca 4,1 menti di controllo sempre più lontani e semSlovenia 4,3 pre più istituzionalizzati non sta dando risulRep. Ceca 4,5 tati, ed è evidente dopo il fallimento dei Lussemburgo 4,6 negoziati Onu di Doha. Serve un soggetto poBulgaria 5,1 litico rappresentativo dei lavoratori che ponMalta 5,8 ga una vera questione morale e non una legal Romania 5,8 standard “tremontiana”. Un intellettuale colUK [09/2008] 5,9 lettivo che trasformi la recessione in un’occaFinlandia 6,4 sione di cambiamento e non in una ristruttuPolonia 6,5 razione industriale che cambi qualche mezzo Italia 6,7 di locomozione per far ripartire i consumi.
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Per Stefano Lucarelli si uscirà dalla recessione senza ridiscutere il regime di accumulazione finance-led che l’ha provocata. Così la crisi graverà di più sui Paesi che hanno politiche industriali meno autonome. Come l’Italia. quella che sta travolgendo l’intero sistema economico mondiale. Uscirne non sarà facile, soprattutto per l’Italia. Lo sostiene Stefano Lucarelli, ricercatore del Dipartimento Hyman P. Minsky dell’Università di Bergamo.
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DISOCCUPATI [ DATI IN MILIONI ]
Accumulazione senza termine NA CRISI PESANTE
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zioni del valore patrimoniale delle case e dei mezzi di sussistenza che agevolino la gestione del rischio da parte degli individui; opzioni di applicazione automatica che portino naturalmente a utilizzare i dispositivi della gestione del rischio in modo intelligente. Una causa fondamentale di instabilità economica, le fluttuazioni dell’investimento immobiliare, sarebbe razionalizzata. Dato l’attuale clima di irritazione nei confronti dei mercati finanziari, difficilmente un candidato politico verrebbe eletto sulla
base della promessa di espandere e sviluppare i mercati finanziari. Ma è esattamente ciò che occorre fare oggi per risolvere la crisi dei mutui subprime e prevenire il ripetersi di analoghe crisi economiche in futuro», Mi pare che il gruppo di economisti che lavorerà con il Presidente Obama condivida in fin dei conti le opinioni di Shiller. Quali sono i Paesi destinati ad andare incontro ai peggiori livelli di recessione?
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FONTE: EUROSTAT
IL NEW DEAL AL TEMPO DEGLI OLOGRAMMI
FONTE: EUROSTAT
| dossier | quale crisi |
FONTE: EUROSTAT
| dossier | quale crisi |
Belgio 7 Lituania 7 Svezia 7 Germania 7,1 Europa a 27 7,2 Grecia 7,5 Area Euro a 15 7,8 Portogallo 7,8 Irlanda 7,9 Francia 7,9 Estonia 8,3 Ungheria 8,3 Lettonia 9 Slovacchia 9,1 Spagna 13,4
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| dossier | quale crisi |
Stefano Lucarelli, ricercatore del Dipartimento Hyman P. Minsky: «Mi piacerebbe dire che la recessione sarà pagata da chi ha avuto maggiori responsabilità nel determinarla ma non sarà così».
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Non so quali Paesi pagheranno di più la recessione che stiamo vivendo; mi piacerebbe rispondere che sarà pagata da chi ha avuto maggiori responsabilità nel determinarla. Non sarà così. L’Italia occupa un posto scomodo nell’economia mondiale. È un Paese che ha rinunciato ad una politica industriale seria e che anzi è eterodiretto rispetto alla propria politica industriale. Una ridiscussione delle regole su cui è stata costruita l’Unione Europea mi pare urgente. Tra le conseguenze della recessione c’è la perdita di milioni di posti di lavoro in tutto il mondo con la creazione di uno straordinario “esercito industriale di riserva”. Che occupazione verrà offerta a questi lavoratori disoccupati? O in che modi si provvederà al loro mantenimento?
Mi limito al caso italiano: mi pare che in Italia vi siano delle chiare spinte per introdurre dei sussidi di disoccupazione rivolte ai precari. Questo è un elemento positivo. Tuttavia i rappresentanti dei lavoratori si trovano impreparati di fronte a questo delicato processo politico. La loro storia recente è una storia di compromessi indecenti sul welfare. L’atteggiamento che i sindacati hanno tenuto nei confronti dei movimenti che hanno richiesto una carta dei diritti per i precari è stato in questi anni ispirata al minimalismo. Quindi vivono in modo del tutto passivo il dibattito sul nuovo welfare state. Il punto principale è che – nelle intenzioni dei colleghi più ascoltati da questo Governo (come Francesco Gavazzi e Alberto Alesina) – i sussidi ai precari verrebbero finanziati attraverso una riduzione degli ammortizzatori sociali rivolti ai lavoratori a tempo indeterminato. Questo è un male.
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RIPRENDERE LA PRODUZIONE ALLA HITMAN? MISSIONE POSSIBILE «LE CONCORRENTI DELLA CERRUTI sono ormai le sue lavoratrici». Giuseppe Augurusa, segretario generale Filtea-CGIL di Milano, riassume con una battuta fulminante la lunga e complicata vertenza della Hitman di Corsico. La storica fabbrica di confezioni, nata nel 1957 per produrre i capi prêt-à-porter del marchio Cerruti, rinasce ora dopo un clamoroso fallimento. Clamoroso perché non dovuto a mancanza di commesse, ma alla finanza creativa: nel 2001 il gruppo finanziario Fin.Part, al cui interno ci sono importanti marchi manifatturieri, acquista il 51 per cento dell’azienda. Il gruppo conta così più di 2200 dipendenti, un sistema industriale formato da una decina
di stabilimenti e una struttura commerciale molto complessa. Ma comincia quasi subito il classico “spezzatino” per fare cassa con la cessione dei marchi Maska, Frette e Pepper. Nel 2004 il mancato rimborso del bond di 211 milioni di euro, emesso senza troppe garanzie per gli investitori, manda l’impresa in default tecnico. Nel 2005 Fin.Part fallisce e l’ex amministratore delegato Facchini è denunciato per insider trading. Il fondo d’investimento statunitense Matlen Patterson compra per 95 milioni di euro il marchio Cerruti. Ma è una scatola vuota, perché non viene acquisita la parte produttiva con il prezioso patrimonio di competenze detenuto
dai lavoratori e la Hitman fallisce nel 2006. «Nonostante la mancanza di strumenti legislativi che obblighino chi abbandona le produzioni a rinunciare ai siti e a farsi carico degli ammortizzatori sociali» come ha sottolineato Bruno Casati, assessore al lavoro della Provincia di Milano, la scintilla questa volta è scoccata. Per scrivere un finale diverso c’è voluto l’intervento della Provincia, la determinazione delle 130 lavoratrici (operaie e impiegati) rimasti, del sindacato, del Comune di Corsico e del suo sindaco Sergio Graffeo. Dopo aver scartato improbabili acquirenti, è stato individuato in ATS Group un imprenditore credibile
che ha sottoscritto l’accordo con il sindacato e con il curatore fallimentare. A ottobre dello scorso anno è stato riaperto lo storico outlet e sono avvenuti i primi rientri dalla cassa integrazione. Nessun ricorso alla mobilità per il prossimo triennio, avvio immediato dei corsi di formazione e un’ulteriore riconversione industriale nella riconversione industriale. Perché la nuova Hitman richiede all'amministrazione comunale la conversione d'uso, probabilmente a terziario e residenziale. del vecchio insediamento in zona semicentrale e trasferirà la produzione e lo store per la vendita diretta nell’area Pa.Bai. dell’ex cartiera Burgo.
Energia: il filo d’Arianna per uscire dalla recessione Benefici economici e ricadute occupazionali nascerebbero da un processo di trasformazione dell’intero settore energetico. Con i monopolisti del petrolio pronti a dar battaglia per impedire la svolta.
R
poche settimane dal monito – per motivi in parte diversi – del direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia: «dobbiamo avviare una rivoluzione globale dell’energia, migliorando l’efficienza e incrementando l’utilizzo delle fonti a basse emissioni», aveva detto Nobuo Tanaka presentando il World Energy Outlook per il 2008.
Effetti sull’economia reale della svolta energetica Ma quali potrebbero essere gli effetti, nel medio periodo, di una svolta energetica che punti sulle fonti rinnovabili? A parte gli evidenti benefici economici legati all’indipendenza dai combustibili fossili, il cui prezzo è destinato ad aumentare, le ricadute occupazionali sarebbero enormi. Il piano di Obama raccoglie questo potenziale: creare cinque milioni di posti di lavoro investendo 150 miliardi di dollari in 10 anni. «Mentre le maggiori industrie statunitensi annunciano quasi ogni giorno ingenti perdite di posti
GLOBAL GREEN NEW DEAL: 20,4 MILIONI DI POSTI DI LAVORO NELL’ECONOMIA VERDE ENTRO IL 2030 IMPIEGHI NELLE ENERGIE RINNOVABILI IMPIEGHI NELLE ENERGIE RINNOVABILI NEL 2006 NEL 2030 GEOTERMIA 25.000
300.000 EOLICO
2.100.000 EOLICO
SOLARE FOTOVOLTAICO 170.000
BIOMASSE MODERNE 1.174.000
BIOCARBURANTI 12.000.000 SOLARE TERMICO 624.000
IDROELETTRICO 39.000
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SOLARE FOTOVOLTAICO 6.300.000
Ridurre l’effetto dei cambiamenti climatici è possibile dal punto di vista delle tecnologie esistenti ed economicamente sostenibile. Oltre ad attenuare le conseguenze dei disastri ambientali possono essere creati molti posti di lavoro. Le previsioni che pubblichiamo sono tratte dal Rapporto UNEP (Programma ambientale delle Nazioni Unite) “Green Jobs: Towards Decent Work in a Soustainible, Low-Carbon World”, Settembre 2008. L’intero rapporto sul sito: www.unep.org/labour_environment /features/greenjobs-report.asp
VICTOR SOARES / ABR
IVOLUZIONARE IL SISTEMA ENERGETICO MONDIALE per arginare la crisi economica e combattere i mutamenti climatici. Investendo nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica. A chiederlo, e a crederci, non sono più ormai solo di Andrea Danese sparuti gruppi di ambientalisti o qualche teorico della decrescita economica. L’impegno della Svezia ad abbandonare l’economia del petrolio entro il 2020 non appare più così visionario: ad auspicare l’avvio di una nuova era del settore dell’energia, all’insegna del kilowattora verde, sono sempre più politici, capi di Stato, economisti, amministratori delegati di aziende globali. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, durante il summit sul clima dello scorso dicembre, ha ben sintetizzato questo pensiero, chiedendo al mondo di approvare un “new deal verde” per uscire dalle due crisi gemelle che stiamo attraversando, quella climatica e quella economica. Un messaggio forte, arrivato a
Lester Brown: «Ogni miliardo di dollari investito nell’eolico produrrebbe circa quattro volte l’occupazione che si avrebbe investendo nella costruzione di centrali a carbone».
settore “Ildelle energie rinnovabili
sta crescendo del 30% all’anno
”
di lavoro», spiega Lester Brown, celebre ambientalista salire. Lo scenario che si profila è un sistema di produLIBRI ed economista americano, fondatore del Worldwatch zione energetica distribuita, in parte basato su piccoli imInstitute e presidente dell’Earth Policy Institute, «l’ocpianti (fotovoltaico, mini eolico e biomasse) e in parte su cupazione nell’industria delle energie rinnovabili sta impianti di grandi dimensioni (eolico off shore e solare già aumentando. E il settore sta crescendo del 30% altermico). Lester Brown non ha dubbi: «Il nuovo modell’anno». Sulle ricadute occupazionali, le stime dello energetico si fonderà sull’elettricità prodotta dalle fonl’Earth Policy Institute parlano chiaro: ogni miliardo di ti rinnovabili – spiega –. L’energia elettrica servirà per ilLester R. Brown dollari investito nella produzione di energia eolica proluminare e riscaldare le nostre case. Con la diffusione Piano B 3.0 durrebbe 3.350 nuovi posti di lavoro, circa quattro voldelle auto elettriche e del trasporto su rotaia, anche l’inMobilitarsi per salvare la civiltà te l’occupazione che si avrebbe investendo nella cotero sistema dei trasporti funzionerà con l’elettricità» struzione di centrali a carbone. Più contenute sono le Un ruolo centrale sarà rivestito dall’energia eolica, Edizioni Ambiente, 2008 stime relative al fotovoltaico (1.480 posti di lavoro), già competitiva rispetto alle fonti tradizionali. Altre tecmentre una maggiore convenienza si avrebbe nel camnologie, come il fotovoltaico, sono ancora troppo copo dell’efficienza energetica degli edifici (7 volte i posti di lavoro stose, anche se per il futuro, a fronte di forti investimenti, ci si aspetguadagnati investendo in una centrale tradizionale). A questi nuta un drastico abbassamento dei prezzi. «La competizione meri andrebbero aggiunti quelli dell’indotto creato attorno alle tecnologica fra Stati Uniti, Europa e Cina, primo produttore di celle nuove comunità energetiche (ad esempio i servizi che nascerebbefotovoltaiche», spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del ro nei pressi dei grandi impianti eolici). Senza contare che i grandi Kyoto Club, «fa presagire che si arriverà alla metà del prossimo deinvestimenti pubblici nell’energia verde avrebbero un effetto leva, cennio alla cosiddetta grid parity, con il costo del fotovoltaico che di stimolo per gli investimenti dei capitali privati. sarà inferiore a quello della bolletta elettrica». Restano gli interrogaDa questo punto di vista – benefici economici e ricadute occutivi sulle alternative ancora allo studio, come la nuova generazione pazionali – la crisi diventa un’occasione senza precedenti per innedei biocombustibili (quelli ottenuti dalle alghe o dalla lavorazione scare il processo di trasformazione dell’intero sistema energetico. di materiale lignocellulosico anziché gli attuali prodotti derivati da Che sarebbe ancora più auspicabile per l’Italia, vista la dipendenza olii e cereali), o l’applicazione delle nanotecnologie al fotovoltaico energetica del nostro Paese dalle importazioni (87% del fabbisogno). per aumentarne il rendimento. Tutto dipenderà da quanti capitali verranno investiti in questi settori della ricerca scientifica. Ma aspettiamoci che la svolta non sia indolore, perché i monopolisti del peProduzione energetica diffusa trolio, quelli che una volta venivano chiamati le “sette sorelle”, soal posto dei monopoli no pronti a dar battaglia per mantenere la centralità delle fonti Indipendenza energetica, lotta ai cambiamenti climatici, effetti sulfossili. O quantomeno a prolungarne la centralità il più possibile e l’economia reale. La strada verso una nuova economia dell’energia con ogni mezzo a disposizione. sembra essere segnata, soprattutto se il prezzo del petrolio tornerà a
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75
85,53
59,30
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40,99
25 GEN
FEB
MAR
APR
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GIU
LUG
45,72 [12/12] Record annuale MIN 35,60 AGO SET OTT NOV DIC
IL PREZZO DEL BARILE NEGLI ULTIMI 10 ANNI Valore nominale medio
[ DATI IN DOLLARI USA* ]
Valore ponderato inflazionale [tasso al 12/06/2008]
62,11
64,20
54,99
50
58,30
42,80 50,04
40 32,34
34,16
30 20
66,40
27,92
27,22
37,66
21,30 15,70
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23,00
22,81
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10
16,56 11,91 1998 1999 2000
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IL PREZZO DELLA BENZINA IN ITALIA: 2000-2009 PREZZO PETROLIO PER BARILE IN DOLLARI [ NOMINALE MEDIO ] 150
PREZZO BENZINA PER LITRO IN EURO [ NOMINALE ULTIMA RILEVAZIONE ] 1,5
Record annuale MAX benzina [12/7] media mensile 1,522 € Record annuale MAX petrolio [12/7] 147,27 $ 1,358
100
1,228 1,080
0,990
0,989
1,083
27,39
23,00
22,81
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1,117
1,0
1,219 1,102
50,04
50
2000
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37,66
58,30
5,0
64,20 32,94
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0
RISORSE MONDIALI STIMATE
[ IN MILIARDI DI BARILI ]
GREGGIO
Mondo Canada Venezuela Russia Stati Uniti Alaska California Utah
SABBIE BITUMINOSE
6.000 2.500 1.500 1.000 100–180 44 47 19–32
Stati Uniti Brasile Russia Congo Australia Canada Europa Cina
620 300 40 40 15 15 15 10
Petrolio: nuova recessione, vecchie abitudini
Le sabbie bituminose (oil shales) sono sedimenti ricchi di bitume. L’estrazione di petrolio dal bitume non è stata presa in considerazione per molti anni dati i suoi elevati costi. Il recente aumento del petrolio ha reso praticabile il processo estrattivo. Dal 2002 l’OGJ (Oil and Gas Journal) considera le oil shales parte delle riserve petrolifere mondiali.
FONTE: HERITAGE FOUNDATION
[ DATI IN DOLLARI USA* ]
FONTI: INFLATION DATA WWW.INFLATIONDATA.COM LA STAFFETTA QUOTIDIANA WWW.STAFFETTAONLINE.COM
IL PREZZO DEL BARILE NEL 2008
* Prezzi calcolati sulla media mondiale eccetto quelli relativi ai record min e max 147,27 Record annuale MAX [12/7] 131,41 126,06 125 125,11 111,03 111,83 95,15 99,32 100 98,82
FONTE: INFLATION DATA WWW.INFLATIONDATA.COM
| dossier | quale crisi | US ENERGY INFORMATION ADMIN. WWW.EIA.DOE.GOV OIL-PRICE.NET WWW.OIL-PRICE.NET
| dossier | quale crisi |
LIBRI
Chi ha scommesso sul barile a 300 dollari per ora ha perso. Ma la recessione colpisce il mercato e il prezzo del greggio è ormai fuori controllo. Le acquisizioni delle grandi corporation nel 2009 aumenteranno. I SONO VOLUTI DIVERSI MESI ma alla fine anche il mercato del petrolio ha dovuto arrendersi alla recessione. lI 9 dicembre scorso la U.S. Energy Information Administration (EIA) ha reso note le prime previdi Matteo Cavallito sioni al ribasso dal 1983 a oggi spiegando come, dopo un quarto di secolo di espansione, la domanda mondiale di greggio sarebbe scesa ad un ritLIBRI mo di 450 mila barili al giorno (più 40 mila barili per i Paesi emergenti, meno 860 mila per gli industrializzati). Con la contrazione della produzione industriale e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, il momento di un ripensamento generale della politica energetica sembrava essere arrivato. Ma gli eventi in atto negli ultimi mesi hanno diGuido Tabellini mostrato una realtà inequivocabile: il mercato del petrolio L’Italia in gabbia. continua a rappresentare un nodo centrale nella geopoliIl volto politico della crisi economica tica mondiale e i problemi ad esso legati non sono stati Università Bocconi nemmeno parzialmente risolti. editore, 2008 Il 12 luglio di quest’anno il barile quotato al Nymex ha
C
raggiunto il picco massimo di 147,25 dollari, e gli analisti non si sono scomposti. Appena dieci giorni prima, un gruppo di investitori aveva acquistato 1.402 opzioni su titoli futures per la prima volta a quota 300 dollari: un evidente segnale di speculazione, certo, ma anche un attestato di fiducia verso la crescita infinita. Eppure, proprio nel momento più critico, un lieve aumento della disponibilità del greggio sembrò sufficiente a invertire la tendenza e così, a distanza di venti settimane il barile sarebbe letteralmente crollato varcando al ribasso la soglia dei 40 dollari e minacciando le prospettive di crescita delle economie petrolifere. È stato in quel momento che l’Opec ha iniziato a fare i conti con la propria comprensibile crisi di nervi. L’organizzazione si è trovata a vivere una guerra intestina con i falchi del taglio produttivo (Iran, Venezuela con il sostegno della Russia) da una parte e le colombe del Golfo (sostenute da Usa ed Europa) dall’altra. E quando l’Arabia Saudita ha messo d’accordo tutti con la proposta del taglio
da -2,2 milioni di barili quotidiani con l’obiettivo di spingere il prezzo unitario verso quota 75 dollari, l’idea del compromesso “conservatore” si è prepotentemente rafforzata. Nonostante la recessione, infatti, il mercato petrolifero si appresta oggi a confermare i medesimi elementi deleteri a cominciare dalle sue presunte alternative. La storica dichiarazione di sostegno alle “altre fonti” di energia pronunciata nell’occasione da Rihad dà un’ulteriore spinta ai massicci investimenti occidentali nel campo dei biofuels in barba ai noti effetti collaterali. Al tempo stesso, l’oro nero si prepara a raddoppiare presto di valore evidenziando ancora una volta uno dei principali problemi irrisolti: quello della determinazione del prezzo. Anche se «i costi di estrazione sono reali e determinabili - spiega Ugo Bardi, docente di chimica all’Università di Firenze e Presidente della sezione italiana dell’ASPO (Associazione per lo studio del picco del petrolio e del gas) - il valore di mercato del barile può oscillare tra i 30 e i 150
dollari». Nonostante l’esistenza di un valore “giusto”, insomma, ‹‹può anche darsi che oggi non si riesca più a determinare il prezzo reale del greggio››. Un problema gravissimo, tanto più che i costi di estrazione continuano ad aumentare. Secondo la Middle East Economic Survey, il 5% del greggio (4 milioni di barili al giorno) ha un costo unitario di produzione pari a 70 dollari. Il che, ricorda Bardi, «significa che, allo stato attuale del prezzo, una buona parte del mercato viene tagliata fuori». I problemi, insomma, sembrano manifestarsi su scala globale ma c’è qualcuno che ancora riesce a sorridere. È il caso delle major della raffinazione che, per tutto il 2009, dovrebbero continuare a fare profitti godendo tra l’altro della propria solidità finanziaria. Secondo l’agenzia di rating Fitch, la capacità di raffinazione del mercato europeo (circa 1,2 milioni di barili al giorno) non diminuirà mentre le attività di acquisizione delle grandi corporation del settore cresceranno in tutto il mondo.
Operazione Altra Mobilità: una lunga trasformazione sociale Il settore automobilistico è in crisi nera, ma puo’ essere l’occasione per pensare a un nuovo tipo di mobilità: sostenibile, condivisa, decentrata. ORD -21%, GENERAL MOTORS -23%, CHRYSLER -30%. Le vendite 2008 delle grandi case automobilistiche americane sembrano un bollettino di guerra. Non si vedevano numeri così deludenti dalla fine degli anni Cinquanta. Non va meglio in di Mauro Meggiolaro Giappone, dove Toyota, il miracolo industriale degli ultimi vent’anni, ha annunciato, ai primi di gennaio, che fermerà la produzione per undici giorni. Nel 2009, per la prima volta nella sua storia, la casa giapponese potrebbe chiudere il bilancio in rosso, a causa soprattutto del crollo delle vendite negli USA (-37% a dicembre). Anche l’Europa è una valle di lacrime, con un calo di vendite su-
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periore al 25%. In dicembre Fiat ha messo in cassa integrazione 48 mila lavoratori: un fermo globale, senza precedenti, che riguarda auto, camion, trattori, componentistica. L’«industria delle industrie», «la macchina che ha cambiato il mondo», che ha rivoluzionato il processo di produzione moderno, è entrata in una crisi profonda, di cui non si vede la fine. «La crisi ha evidenziato in modo improvviso e totale un problema, che riguarda tutti i
è obsoleta... “L’automobile Ogni tentativo di salvare l’industria puntando su soluzioni più innovative è destinato a fallire ”
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principali settori industriali: l’eccesso di capacità produttiva, a causa di una competizione spietata tra i principali produttori per conquistare nuovi mercati», spiega Francesco Garibaldo, ricercatore indipendente, già direttore di IPL (Fondazione Istituto per il Lavoro) e dirigente FIOM (sindacato metalmeccanici della CGIL). «Una gara distruttiva, che ha fatto prevalere gli investimenti finanziari, sia per sostenere l’eccesso di produzione, sia per facilitare l’acquisto dell’auto da parte delle famiglie, con l’esplosione del credito al consumo e del leasing». C’è una via d’uscita? Secondo Guido Viale, ricercatore e autore del libro “Vita e morte dell’automobile”, per l’auto non ci sarebbero speranze. «L’automobile è obsoleta come prodotto, non riesce più a sopravvivere nelle forme in cui si è sviluppata nel secolo scorso, per-
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Barry Ritholtz Bailout Nation: How Easy Money Corrupted Wall Street and Shook the World Economy Mc Graw-Hill Book Company
Charles R. Morris The Trillion Dollar Meltdown: Easy Money, High Rollers, and the Great Credit Crash PublicAffairs, New York
ELETTRICA E SOSTENIBILE SI FA PRESTO A DIRE “AUTO ELETTRICA”, ma se l’industria non utilizza quanto maturato finora nel campo delle conoscenze dell’inquinamento e delle emissioni, il progresso sarà pari a zero. Dietro allo sviluppo dell’auto elettrica ci sono almeno tre problemi aperti, le cui soluzioni sono da valutare: smaltimento delle batterie esauste, utilizzo delle risorse naturali e origine dell’elettricità di rifornimento. Se le fonti che producono elettricità non sono rinnovabili, ma sono per esempio centrali a carbone, il problema delle emissioni è solo spostato a monte. Lo dice Greenpeace Germania, che ha trovato più bassa la produzione di CO2 di un’auto a gasolio di recente costruzione, che quella di una elettrica, ma ricaricata da una centrale a carbone. Se invece il paragone è fatto con energia generata dall’atomo, ancora peggio: l’auto elettrica contribuirebbe a produrre scorie nucleari. La ricerca sulle batterie non è ancora conclusa, ma sta puntando all’utilizzo del litio, il cui prezzo è balzato dai 350 dollari a tonnellata del 2003 agli oltre 3.000 di oggi. Questa risorsa naturale è in concentrazioni tali da permetterne lo sfruttamento economico solo in pochi luoghi: circa il 70% delle riserve mondiali si trova nel triangolo andino dei laghi salati tra Argentina, Cile e Bolivia. Il resto in Tibet, Australia, Russia e Usa. Basterà a soddisfare la richiesta mondiale? O si scatenerà una corsa alla materia prima che potrebbe portarci – letteralmente – a inseguire pianeti ricchi di litio? Insomma bisogna avere le soluzioni prima di avviare le nuove produzioni, per non ritrovarci con la stessa eredità di inquinamento, carcasse, spreco di materie prime e guerre che abbiamo già conosciuto per il petrolio. Pa.Bai.
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Maurizio Ferrera, docente di Politiche sociali e del lavoro della facoltà di Scienze politiche, Università di Milano.
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“A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto”. Che cosa intende professore? A favore delle categorie forti si sta attivando un ventaglio abbastanza robusto di tutele, a cominciare dalle varie forme di cassa integrazione e mobilità per i lavoratori delle grande imprese. Per le categorie più deboli, invece, come i circa quattro milioni di precari, non esiste una rete minima di sicurezza. A loro sarà tolto anche quel poco che hanno: un contratto a tempo determinato, una collaborazione a progetto.
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Ma perché in Italia si innesca questo meccanismo di amplificazione delle conseguenze negative in ambito sociale? La colpa è del modo in cui è strutturato il mercato del lavoro in Italia e del nostro sistema di welfare. Il mercato del lavoro è sempre più basato sul ricorso a lavoratori precari, che sono i primi a perdere il lavoro in situazioni di crisi. Licenziarli è facile, basta aspettare la scadenza del contratto e non rinnovarlo. Non è neanche un vero licenziamento. Per quanto riguarda invece il welfare? In Italia mancano strumenti universali di tutela del reddito in caso di disoccupazione e, più in generale, di insufficienza di reddito. C’è la cassa integrazione, peccato che per erogarla serva un decreto del ministero del Lavoro, dopo una negoziazione tra sindacati e datore di lavoro. È un processo politico, non un diritto soggettivo. In altri Paesi invece il collegamento è diretto: perdi il la-
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INDIA
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Michel Aglietta La crise, Pourquoi on en est arrivé là? Comment s’en sortir Michalon, 2008
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SOCIAL WATCH 2008: LA RECESSIONE TRAVOLGE I DIRITTI UMANI
Effetto Matteo: a chi ha già poco, gli sarà tolto. Parafrasando la parabola dei talenti, Maurizio Ferrera punta il dito sulle necessarie integrazioni al nostro welfare. MATTEO”: a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quel poco che ha». Il nome deriva dalla parabola dei talenti del Vangelo secondo Matteo. Per Maurizio Ferrera, dodi Elisabetta Tramonto cente di Politiche sociali e del lavoro alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Milano, sarà questo l’impatto della crisi economica sul mercato del lavoro e sulla distribuzione dei redditi in Italia.
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L’impatto sociale della crisi in Italia N ITALIA SI STA VERIFICANDO UNA SORTA DI “EFFETTO
tasso di crescita annuale medio 1960–2002 2002–2030 [previsioni]
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USA
quale si può ricavare molto, da reinvestire in termini di servizi: avere dei servizi efficienti porta nelle tasche dei meno abbienti molto di più dei 40 euro al mese della social card. Anche l’estensione del taglio dell’Ici ai più ricchi che taglierà i trasferimenti ai Comuni si tradurrà in meno servizi sociali. Quindi no al taglio delle tasse indiscriminato che riduce il welfare, ma sì alla tassazione sulle rendite finanziarie. Serve una forte operazione fiducia; quindi investimenti pubblici sì, ma che rendano nell’immediato, come i pannelli fotovoltaici su tutte le case. Non la centrale nucleare o le grandi opere che se porteranno reddito lo faranno solo tra molti anni». Pa.Bai.
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SOCIAL CARD, ELIMINAZIONE DELL’ICI per i più abbienti, aiuti alle banche, meno vincoli per i lavori pubblici, tutto passa in nome dell’emergenza anticrisi. Ma sono provvedimenti efficaci? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Berrini, consulente economico della Fiba-Cils e firma conosciuta per i lettori di Valori. «Non vanno nella direzione giusta. In presenza di una crisi di domanda dovuta alla sovrapproduzione, come questa, ai consumatori si chiede di spendere. A quegli stessi consumatori che però in fabbrica sono dei lavoratori e vengono visti come un costo da ridurre. Evidentemente per consentire di spendere si devono rilanciare i salari, così come le pensioni. Poi non si sta facendo nulla contro l’evasione fiscale, dalla
AUTO IN EUROPA: NUOVE IMMATRICOLAZIONI 2007/2008*
tale della produzione, sia per la garanzia dei livelli occupazionali, che dovrebbe interessare anche l’indotto, le migliaia di subfornitori. Solo in Europa l’auto e il suo indotto danno lavoro a 12 milioni di persone. Se si riducessero della metà in due anni, la società europea conoscerebbe uno shock da tempi di guerra». Lo Stato dovrebbe conservare quindi un ruolo cruciale, sia nei tentativi di rilancio del settore, sia negli eventuali progetti per il superamento del «modello auto-centrico di mobilità. «Passaggi da una forma di mobilità all’altra richiedono una trasformazione sociale complessiva che può basarsi solo su una regolazione degli Stati, delle regioni, dei comuni», spiega Garibaldo. «Bisogna ripensare la pianificazione territoriale e urbanistica. È un processo che puo’ durare alcuni decenni, durante i quali si può mettere in moto il processo di riposizionamento dell’industria dell’auto, sostenendo la filiera dell’elettrico, basata sulle nuove batterie agli ioni di litio». Molte case ci stanno già pensando. La domanda per gli alimentatori elettrici ad emissioni zero è pronta ad esplodere.
MESSICO
IMMATRICOLAZIONI AUTO NEL 2008
OPERAZIONE FIDUCIA AGENDO SU SALARI E PENSIONI
Basteranno i soldi dei cittadini a risvegliare i giganti dell’auto? In pochi sono pronti a scommetterci, ma secondo alcuni l’intervento pubblico è più che mai necessario, anche se con i dovuti correttivi. «Servono criteri più stringenti nell’assegnazione degli aiuti» continua Francesco Garibaldo, «sia per quanto riguarda la sostenibilità ambien-
USA
A metà dicembre Sarkozy è stato il primo leader europeo a correre in aiuto dei produttori di automobili, offrendo 779 milioni di euro in garanzia a Renault e Peugeot Citroën, per l’accensione di nuovi prestiti. Ma i
Ripensare la mobilità
FONTE: ACEA
Al capezzale delle quattro ruote
sformato la sua costola finanziaria GMAC Financial Services -specializzata nella concessione e cartolarizzazione di crediti per l’acquisto di auto- in una vera e propria banca, in modo da poterla candidare a ricevere le iniezioni di liquidità statale destinate agli istituti bancari. Del resto General Motors sembra essere sull’orlo del baratro, più di ogni altra casa automobilistica: è schiacciata dai debiti per far fronte alle prestazioni pensionistiche e sanitarie integrative dei dipendenti e, in pratica, è insolvente: a fine settembre il totale del passivo (170 miliardi di dollari) era superiore del 50% al valore di libro degli asset (110 miliardi).
veri maestri del sussidio pubblico sono ancora una volta gli Stati Uniti. A metà dicembre, dopo settimane di bagarre in Congresso, sono comparsi 17,4 miliardi di dollari di aiuti, che Bush ha tirato fuori dal cilindro senza fondo del “pacchetto di salvataggio” per il settore finanziario. Poco prima della fine dell’anno General Motors (GM), che controlla la Opel, si è fatta prestare dal governo USA una prima tranche da 4 miliardi di dollari. Il 2 gennaio è la volta di Chrysler, che si assicura un prestito di emergenza, sempre di 4 miliardi. Secondo fonti governative GM sarebbe pronta ad aggiudicarsi altre due tranches di crediti, tra gennaio e febbraio, per un totale di 9,4 miliardi di euro. In cambio si impegna ad «accelerare il risanamento aziendale». E se Ford, almeno per ora, ha rinunciato all’aiuto statale, lanciando invece, con risorse proprie, 14 miliardi di investimenti in «tecnologie a basso impatto ambientale e ad alta efficienza energetica», General Motors ha perso ogni pudore. Per raschiare fino in fondo il barile degli aiuti pubblici, alla fine di dicembre, con la benedizione della Fed (banca centrale USA), ha traFONTE: ELABORAZIONE VALORI
ché incontra sempre maggiori limiti ambientali, di spazio e di risorse», ha dichiarato Viale. «Ogni tentativo di salvare l’industria puntando su motori più efficienti o soluzioni tecniche innovative è destinato al fallimento. L’unica via d’uscita è la riconversione verso sistemi di mobilità sostenibile, basati sul trasporto di massa e di linea, su forme di condivisione dei trasporti, oppure verso le energie rinnovabili o gli investimenti nell’efficienza energetica». Secondo Viale l’automobile è morta, quindi ogni sforzo per mantenerla in vita sarebbe «uno spreco di risorse», un patetico tentativo di fermare la storia. Peccato che i governi di mezzo mondo si stiano muovendo in senso esattamente contrario. A partire dalla Francia.
voro, quindi hai diritto a una remunerazione (in Gran Bretagna il 70% dello stipendio per sei mesi, in Francia per un anno). All’estero esistono strumenti di intervento per sopperire all’insufficienza di reddito? Quasi dappertutto, l’Italia è un’anomalia in negativo. Negli Stati Uniti esistono due programmi che forniscono strumenti economici a famiglie in difficoltà: uno di aiuto temporaneo che garantisce un reddito minimo a famiglie bisognose; l’altro che distribuisce buoni pasto a chi scende sotto una soglia minima di reddito. Circa sui 700 dollari al mese per una famiglia di 4 persone, per comprare generi di prima necessità. Gli interventi una tantum che il governo italiano ha attivato, come la social card o il bonus fiscale, non risolvono il problema. Serve una profonda razionalizzazione dei settori dell’assistenza e della tutela della disoccupazione, con interventi universali, per tutti.
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“CRISI GLOBALE. LA RISPOSTA: RIPARTIRE DAI DIRITTI”. È questo il titolo del rapporto 2008 del Social Watch (Rights is the answer nella versione inglese), la coalizione, nata nel 1995, formata da ONG e organizzazioni di tutto il mondo, che monitora costantemente lo stato di realizzazione degli impegni assunti dai governi sul fronte della riduzione della povertà e delle disuguaglianze, del rispetto dei diritti umani, di adeguati piani di welfare. Il rapporto 2008 constata come la storia dimostri che nei periodi di recessione i diritti umani sono il primo elemento ad essere penalizzato. Roberto Bissio, coordinatore del rapporto fa un passo in più: «La violazione dei diritti umani è una diretta conseguenza dello stesso sistema economico che ha generato la crisi. I Paesi poveri ancora una volta sono vittima degli errori dei ricchi». La coalizione italiana del Social Watch è formata da: Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Manitese, Acli, Arci, Sbilanciamoci, WWf, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Ucodep e Lunaria. APPUNTAMENTO Milano, 25 febbraio, ore 10,30 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore Conferenza sull’impatto sociale della crisi Sarà presentato il rapporto Social Watch 2008 È stato invitato il Direttore Generale della direzione generale Sviluppo della Commissione Europea Stefano Manservisi. Parteciperanno, fra gli altri, Jana Silverman del Segretariato Internazionale del Social Watch e il professor Andrea Santini dell’Università Cattolica. www.socialwatch.org/en
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Michel Aglietta Giorgio Lunghini Sul capitalismo contemporaneo Bollati Boringhieri, 2001
Robert Shiller The Subprime Solution. How Today’s Global Financial Crisis Happened and What to do about it Princeton University Press, 2008
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La murabahah
La banca compra per il cliente di Federica Miglietta*
murabahah identifica una vendita basata su un concetto cost plus, ovvero l’acquisto di un bene e la sua successiva rivendita dopo aver applicato una commissione. Le banche islamiche utilizzano questa modalità per finanziare l’acquisto di un bene di interesse del cliente. Il contratto prevede un doppio passaggio: dapprima il soggetto-finanziatore acquista un bene di interesse del cliente per poi rivenderlo, comunicando all’acquirente-cliente il prezzo pagato per il bene ed il ricarico che viene applicato. Tale ricarico, detto comunemente “mark up”, lecito secondo i canoni islamici, può essere calcolato con una percentuale o con un ammontare fisso. Il bene oggetto della compravendita deve essere determinato, in esistenza e già in possesso del proprietario. Il possessore può anche non avere fisicamente il bene, ma deve già avere assunto i diritti ed i doveri relativi al bene stesso, incluso il rischio della sua distruzione. Questo contratto viene utilizzato frequentemente nelle operazioni di commercio interno ed estero e, inoltre, è lecito utilizzarlo per la fornitura di beni strumentali e macchinari. La vendita condizionata al verificarsi di un evento contingente futuro non è permessa. Gli istituti bancari possono utilizzare il murabahah solo come modalità di finanziamento per l’acquisto di un bene reale e non per finanziare il fabbisogno di capitale circolante di un’impresa o per saldare dei debiti già contratti, poiché il murabahah è un contratto di vendita e non di finanziamento. Una problematica rilevante, in questo caso, risiede Le banche islamiche comprano nella necessità, per il finanziatore (la banca) un bene di interesse per il cliente di avere effettivo possesso del bene, prima e glielo vendono applicando di poterlo vendere al cliente (il finanziato). una commissione e comunicandogli La transazione, fatte queste premesse, il prezzo e il ricarico. Una vendita, si svolge come segue. Il cliente e l’istituzione non uno strumento di finanziamento bancaria firmano un contratto contestuale nel quale la banca si impegna a vendere al cliente il bene in oggetto ed il cliente si impegna ad acquistare quello stesso bene ad un prezzo predeterminato. Se la banca non può, per qualsiasi ragione, acquistare il bene direttamente, il cliente diventa agente della banca e lo acquista dal fornitore, prendendolo in custodia per conto della banca. Il cliente informa la banca dell’avvenuto acquisto e contestualmente, offre il prezzo pattuito alla banca (acquisto più un margine di profitto per la banca). A questo punto, la banca accetta l’offerta del cliente, trasferendogli i diritti di proprietà ed ogni rischio insito nella possibile distruzione del bene. Il contratto di vendita assume validità solo con l’accettazione da parte della banca. Il prezzo pattuito può essere pagato dal finanziato anche su base differita, purché i termini di pagamento siano chiari. Normalmente * Docente di finanza il pagamento avviene a sei o nove mesi. La banca, per assicurare il suo credito, può richiedere allo IEMIF, Istituto una garanzia su un bene reale. È necessario aggiungere che, perché il contratto sia valido, il fornitore di Economia dei Mercati e degli Intermediari del bene deve essere una terza parte. L’acquisto del bene dal cliente stesso, sulla base di un accordo Finanziari, dell’Università di buy back, non è consentito. Bocconi di Milano.
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PROVINCIA MI
IL CONTRATTO DI
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Per la finanza “buona” la crisi è un’occasione da non perdere >32 Banca Etica compie 10 anni. Il suo tesoro: i soci >34 Con i derivati non basta l’etichetta verde >36
finanzaetica DANIMARCA, RAPPORTI DI RSI DALLE PRIME 1.100 IMPRESE
PER LA NORVEGIA VALUTAZIONE ETICA DEGLI INVESTIMENTI IN ISRAELE
MUNICH RE LOTTA CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI
170 IMPRESE FANNO AFFARI CON IL GOVERNO BIRMANO
L’UNIONE EUROPEA LANCIA IL FONDO PER L’ENERGIA PULITA
MICROCREDITO: NEL 2008 LA MIGLIORE È INDONESIANA
Dal 2010 le 1.100 maggiori società danesi (anche investitori istituzionali) saranno tenute a inserire un rapporto dettagliato sulle loro attività di responsabilità sociale d’impresa (RSI). Lo ha stabilito a grande maggioranza il Parlamento di Copenhagen sottolineando come gli stessi revisori dei conti saranno chiamati a verificare le informazioni fornite. Sarà l’esecutivo danese, infine, a dettare le principali linee guida dell’operazione al fine di agevolare l’applicazione della legge. «Sono davvero lieta che il Parlamento abbia sostenuto così fortemente questa legge – ha commentato la premier danese Lene Espersen -. Ci sono molte compagnie danesi che operano bene nell’ambito della corporate social responsibility ma queste, spesso, non rendono noti i loro sforzi. Spero che questa legge rafforzi la consapevolezza che la Danimarca è in grado di dare vita a una crescita economica responsabile». Parole di apprezzamento anche dal presidente del consiglio delle Nazioni Unite per i Principi degli Investimenti Responsabili Donald MacDonald. «Nel contesto dell’attuale crisi finanziaria – ha dichiarato il funzionario Onu – è quanto mai urgente promuovere una maggiore trasparenza soprattutto nell’ambito dell’ambiente e delle prestazioni in termini di governance e responsabilità sociale. Per gli investitori la responsabilità d’impresa e la gestione dei rischi extra finanziari risultano essenziali».
Aveva iniziato a investire in imprese israeliane nel 2008. Ora, con l’invasione di Gaza, ci sta ripensando. Agli inizi di gennaio il fondo sovrano del governo norvegese, 267 miliardi di euro di patrimonio, ha incaricato il proprio Comitato Etico di «verificare gli investimenti in imprese attive nell’area del conflitto». «Non vogliamo correre il rischio di avere in portafoglio imprese coinvolte in violazioni dei diritti umani», ha dichiarato il ministro delle finanze Kristin Halvorsen. «L’appoggio all’occupazione di un territorio, in violazione delle norme internazionali, potrebbe essere considerato contrario al codice etico del fondo, che esclude le imprese che si rendono complici di torture, assassini, privazioni della libertà e lavoro forzato». Alla fine del 2008 il fondo norvegese investiva nelle azioni di una ventina di società israeliane, tra cui Israel Chemicals, Bank Hapoalim, Check Point Software Technologies e Partner Communications, oltre a detenere obbligazioni dello Stato israeliano, di Teva Pharmaceuticals Industries e di Israel Electric Corporation. Il Comitato Etico starebbe valutando anche il coinvolgimento di «imprese non israeliane che offrono servizi o prodotti considerati strategici per il conflitto». E presto potrebbe essere pubblicata una prima lista di titoli per i quali si consiglia l’esclusione.
Distruzione di case, negozi, industrie, campi coltivati. Per non parlare dei morti e dei feriti. Per le compagnie assicurative i cambiamenti climatici possono costare molto caro. E quello appena finito è stato un anno nero per le catastrofi naturali, con il terremoto nella provincia cinese di Sichuan e un gran numero di cicloni tropicali. Se n’è accorta la tedesca Munich RE, una delle più grandi compagnie di riassicurazione al mondo, che, nel suo rapporto annuale riferito al 2008, presenta dati allarmanti: 220 mila morti e danni che ammontano complessivamente a 200 miliardi di dollari. «Il 2008 è stato uno degli anni che ci sono costati di più in termini di risarcimenti. Lo possiamo collocare al terzo posto dopo il 2005, l’anno dell’uragano Kathrina a New Orleans, e il 1995, quando ci fu il terremoto a Kobe, in Giappone», spiega una nota della compagnia. L’aumento delle catastrofi naturali, secondo gli esperti, è da ricondurre ai cambiamenti climatici. Per questo Muniche Re ha lanciato una campagna di lobbying per indurre i governi a dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2050.
Fanno affari con il governo birmano (Myanmar), retto da una «brutale dittatura militare». Per questo “The Burma Campaign UK”, chiede di boicottarle. Sono 170 imprese, tra cui le francesi Total, Alcatel e Geopetrol, l’americana Chevron e le tedesche Siemens e TUI. «Questa lista di imprese è la prova lampante che le attuali sanzioni contro il governo del Myanmar non stanno funzionando», ha dichiarato Johnny Chatterton, responsabile della campagna. «Il numero delle imprese che investono nel petrolio, nel gas e nelle dighe del Paese è in continua crescita. Molti sostengono di aiutare il popolo birmano con la loro presenza. In realtà sta accadendo proprio l’opposto: più gli investimenti aumentano, più la situazione dei diritti umani si deteriora». In effetti nel 2008 il numero dei prigionieri politici, che sono ormai oltre 2.100, è raddoppiato, mentre l’esercito continua con le sue offensive contro le minoranze etniche. La “Burma Campaign UK” chiede sanzioni più mirate, soprattutto in campo finanziario, per colpire chi investe nel Paese o offre coperture assicurative. Da quando esiste la “lista nera” della Burma Campaign oltre 100 imprese si sono ritirate dal Myanmar, tra cui Price Waterhouse Coopers, Rolls Royce, DHL, Swiss Re e Willis.
Si chiama GEEREF (Fondo globale per l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile) il progetto lanciato alla fine del 2008 dalla Commissione Europea con l’obiettivo di contrastare il cambiamento climatiche e i problemi delle fonti energetiche fossili. Istituito con l’intenzione di “fornire energia pulita ai Paesi in via di sviluppo e ai Paesi ad economia in transizione”, il fondo debutterà con il finanziamento di “progetti su piccola scala in materia di energie rinnovabili nell’Africa meridionale e subsahariana e in Asia”. Costo della prima operazione: 22 milioni di euro. L’annuncio è stato dato dal commissario europeo per l’ambiente Stavros Dimas in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici svoltasi a Poznań, in Polonia. «Il GEEREF sta creando una piattaforma finanziaria a sostegno della lotta globale sui fronti dei cambiamenti climatici e della povertà», ha dichiarato Dimas. Il GEEREF, precisano dalla Commissione, investirà nei fondi infrastrutturali per l’energia rinnovabile e sostenibile e in tutti quegli strumenti d’investimento adatti alle condizioni e alle esigenze regionali. «Insieme ad altri partner – sottolinea ancora una nota dell’UE –, realizzerà anche coinvestimenti in determinati progetti, privilegiando soprattutto gli investimenti inferiori a 10 milioni di euro, che sono per lo più ignorati dagli investitori privati e dalle istituzioni finanziarie internazionali». La Commissione europea, la Germania e la Norvegia si sono impegnate a conferire al GEEREF un totale di circa 110 milioni di euro nel periodo 2007-2011 e ulteriori apporti di capitale dovrebbero affluire a breve da fonti pubbliche e private.
L’indonesiana MBK Ventura è stata nominate migliore istituzione microfinanziaria del mondo dalla società Microfinance Information Exchange (MIX) nel suo rapporto annuale. La relazione, che produce ogni anno una classifica delle top 100 tra le istituzioni dei Paesi in via di sviluppo, ha scandagliato nell’occasione le attività di 652 società valutandone le performance in termini di efficienza, estensione e trasparenza (ma anche di gestione del rischio e facilitazioni alla clientela). A premiare la MBK il suo impegno per l’espansione delle possibilità di accesso ai prestiti per le micro imprese della regione e per la riduzione dei costi di transazione. Autentica protagonista del ranking resta però l’India. La nazione asiatica è infatti la sola a piazzare almeno dieci istituzioni nei primi cento posti della classifica (sette nei primi 50). Tra queste SKS Microfinance Pvt. Ltd, seconda in classifica e caratterizzata da una clientela di oltre 1,6 milioni di persone, Cashpor Micro Credit, Sarvodaya Nano Finance Ltd, Evangelical Social Action Forum (ESAF), Spandana Sphoorty Financial Ltd, Aadarsha Welfare Society e Centre for Rural Reconstruction through Social Action. Ottime prestazioni nazionali sono venute anche da Cambogia, Bosnia, Colombia, Ecuador e Marocco con almeno cinque istituzioni in classifica.
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Per i banchieri etici europei la crisi è un’occasione da non perdere
INAISE, IL THINK TANK INTERNAZIONALE DELLA FINANZA ECO-SOLIDALE INAISE (Associazione Internazionale degli Investitori nell’Economia Sociale) è un network globale di istituzioni finanziarie unite da una missione comune: promuovere gli investimenti nella tutela dell’ambiente, nel sociale, in progetti culturali e nella cooperazione internazionale allo sviluppo. CREATA NEL 1989, INAISE (www.inaise.org) è cresciuta rapidamente e oggi ha 48 soci che hanno raggiunto nel 2007 un giro d’affari complessivo di 7,7 miliardi di dollari, con 600 mila clienti e finanziamenti a più di 20 mila imprese sociali. ATTRAVERSO INAISE, che ha un ruolo esclusivamente culturale, le istituzioni finanziarie etiche di tutto il mondo hanno unito le loro forze per scambiarsi idee, consigli e esperienze. BANCA ETICA ADERISCE AD INAISE ATTRAVERSO FEBEA (Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative). Il “summit dei banchieri etici” è stato il primo incontro dell’Inaise banking group, un sottogruppo dell’organizzazione, che comprende solo le banche etiche vere e proprie (tra i soci ci sono anche istituzioni di microfinanza e altri soggetti).
Utili in crescita, liquidità abbondante, clienti fiduciosi. Le banche etiche europee non soffrono la crisi, anzi assistono a un boom di FRANCOFORTE È UNA MATTINA COME TANTE. Nei grattacieli del centro finanziario si accendono le luci e inizia la sfilata dei gessati, dei tailleur e delle cravatte a righe verso gli uffici di “Mainhattan”, la piccola Manhattan sulle ridi Mauro Meggiolaro ve del Main (Meno). A pochi isolati di distanza ci sono i grattacieli di Deutsche, Dresdner, Commerzbank, della Banca centrale europea (Bce). Il cuore pulsante dell’euro. Sono gli ultimi giorni di novembre, alla Bce si prepara l’atteso taglio dei tassi, Deutsche Bank sta digerendo una trimestrale da incubo, con un utile netto in calo del 75%, mentre il governo tedesco è appena intervenuto con 50 miliardi di euro per salvare Hypo Real Estate, una banca specializzata nei mutui. La crisi finanziaria si respira in ogni angolo, nei titoli grandi delle edicole che annunciano l’ultimo Stellenabbau (taglio di posti di lavoro), come nelle vetrine delle banche, che promettono tassi da sogno, a caratteri cubitali, per raccattare liquidità. In una mattina come questa, al secondo piano di una palazzina di fronte alla stazione centrale, è stata convocata una riunione inedita: il primo meeting dei banchieri etici europei. L’ha organizzata Inaise, l’associazione internazionale degli investitori nell’economia sociale, con sede a Bruxelles (vedi BOX ), per fare il punto sulla crisi finanziaria vista con gli occhi delle banche etiche, quelle che in-
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vestono esclusivamente in progetti sociali e ambientali, nelle energie rinnovabili, nell’agricoltura biologica. Partecipano rappresentanti della banca tedesca GLS Bank, dell’olandese Triodos, della svizzera BCL, di Banca Etica e poi gli svedesi di Ekobanken, i norvegesi di Cultura, i danesi di Merkur, gli inglesi di Ecology Building Society. Poche cravatte, clima informale e una valanga di dati. Tutti sorprendentemente con segno positivo. Crescita record dei conti correnti e dei libretti di risparmio, liquidità in avanzo, clienti che si precipitano a comprare obbligazioni bancarie. Sembra di essere su un altro pianeta.
Al riparo dalla crisi «La crisi ci fa bene», esordisce Lars Hektoen, direttore generale di Cultura Bank, con sede a Oslo. «Arrivano nuovi clienti a un ritmo mai visto prima, i giornali e le televisioni ci intervistano: i risultati del 2008 saranno i migliori della nostra storia». Hektoen ha fotocopiato i dati provvisori del bilancio e li distribuisce a tutti i partecipanti. Sono cifre piccole rispetto ai numeri dei colossi bancari, ma la crescita è impressionante: +40% nei primi nove mesi dell’anno. Markus Jermann, della BCL (Banca Comunitaria Libera) di Basilea, è un po’ più cauto: «siamo sommersi dalle telefonate, siamo diventati una specie di numero verde per le emergenze», spiega. «Ci chiamano soprattutto persone che non hanno il conto da noi, per
delusione: «Noi piccoli stiamo pagando un prezzo troppo alto. Cosa abbiamo in comune con la Roskilde? Perché dobbiamo utilizzare i nostri utili, che provengono da attività pulite, sostenibili, per salvare chi si è messo a giocare d’azzardo con i risparmi?». Del resto Merkur, come molte altre banche etiche, non fa quasi mai ricorso ai prestiti delle altre banche, agli scambi nel settore interbancario. «Non abbiamo bisogno dell’interbancario», continua Pehrson. «Dai nostri clienti raccogliamo tutta la liquidità che ci serve. Per fortuna ora le cose stanno ripartendo dopo il piano di salvataggio statale, ma abbiamo avuto paura. A un certo punto la nostra attività si è letteralmente fermata».
Le “armi” segrete
Ma come fanno le banche etiche ad attraversare indenni la crisi finanziaria più dura degli ultimi ottant’anni? Gli ingredienti del successo li svela Andreas Neukirch, direttore generale della tedesca GLS Bank. «Prima di tutto siamo trasparenti – spiega Neukirch – da sempre rendiamo pubblici tutti i nostri finanziamenti, dal primo all’ultimo. Sono investimenti nell’economia reale, a favore di fattorie biologiche, parchi eolici, Banche etiche e non. Nelle foto 1,3,5,7 comunità terapeutiBanca Etica, Merkur Bank, Ecology Building Society, Ekobanken. Nelle altre la Bce, che, scuole steineriaDresdner Bank, Commerzbank ne. Tutti progetti ad clienti. E si propongono come modello per tutto il sistema finanziario. alto valore aggiunto sociale e ambientale. E poi, nei nostri bilanci, non abbiamo mai avuto “titoli esotici”, e i sapere cosa sta succedendo nei mercati. Siamo diventati una specie nostri clienti lo sanno». In poche parole l’attività bancaria delle oridi pronto soccorso dei risparmiatori. In Svizzera, con il crollo della gini, quando il credito era il motore dell’economia e le banche non banca UBS, è come se fosse caduto il muro di Berlino. Però non acsi erano ancora trasformate in "piazziste" di titoli esotici o consulencettiamo nuovi clienti opportunisti, che non condividono i nostri ti per operazioni di alta ingegneria finanziaria. ideali. Siamo una banca vecchio stile, di ispirazione steineriana e Ritornare alle origini, alla semplicità del “fare banca”. È proprio vogliamo rimanere fedeli alle nostre origini». Grazie all’intervento questo il messaggio che riassume, alla fine del “summit”, la visiodel governo, che, in seguito alla crisi, ha diviso gli istituti bancari ne dei banchieri etici. Con la speranza che il segnale venga colto in tre classi di rischio, la BCL è considerata ora una banca a “basso anche dalle banche tradizionali e da chi deve pensare a creare nuorischio”. «Per noi è un grosso vantaggio», continua Jermann. «D’ove regole. «Questa crisi è un’opportunità unica che abbiamo per ra in poi i controlli saranno più leggeri e avremo spese di revisione cambiare la finanza in maniera strutturale», spiega Fabio Salviato, più basse». Ma, tra tanti segnali positivi, non mancano le preoccupresidente di Banca popolare Etica. «Forti dei risultati dobbiamo pazioni. Le esprime Lars Pehrson, fondatore e direttore generale far sentire la nostra voce, soprattutto se le autorità della banca danese Merkur. «I nostri conti sono in CHI HA PARTECIPATO finanziarie decideranno di scrivere nuove regole. ordine», spiega Pehrson, «ma la Banca Centrale ci Che dovranno essere più severe, con limiti precisi ha chiesto di pagare un pegno pesantissimo per il Le istituzioni finanziarie che alla speculazione, ai fondi hedge, al commercio di piano di salvataggio del sistema bancario. In Danihanno partecipato al “Summit”: strumenti derivati over the counter (OTC) e una remarca la garanzia dei depositi è illimitata. Se crolla www.bancaetica.com www.gls.de golamentazione molto più rigida dei paradisi fiscauna banca, la banca centrale fa la colletta tra gli istiwww.gemeinschaftsbank.ch li». Banca Etica, che con 530 milioni di euro di ractuti di credito, in proporzione alla loro dimensione. www.merkurbank.dk colta, è la terza banca etica europea, ha visto Il fallimento di Roskilde Bank, che ha speculato con www.ekobanken.se www.triodos.com crescere i depositi dei clienti del 10% da inizio ani mutui, ci è costato un contributo straordinario di www.ecology.co.uk no, un dato in controtendenza rispetto alla media un milione di euro in due anni: la metà dei nostri www.cultura.no del settore bancario italiano. profitti». Lars Pehrson non nasconde la rabbia e la
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Banca Etica: 10 anni di crescita Il suo tesoro i soci
CTM-BANCA ETICA: FIRMATO IL NUOVO ACCORDO PER IL CREDITO ALLE BOTTEGHE DEL COMMERCIO EQUO SPESSO NON SONO TANTO LE DIFFERENZE tra i prodotti e i servizi offerti ad essere importanti quanto i valori che celano: l’anno scorso, il 7 giugno, l’assemblea dei soci di Ctm Altromercato (che riunisce 350 botteghe del commercio equo e solidale in Italia e 3 all’estero) affondò, con il 69% di voti contrari, il patto siglato dal consiglio di amministrazione con Banca Prossima (il braccio di Intesa Sanpaolo dedicato al mondo non profit) per garantire prestiti a tassi agevolati alle varie cooperative. I pregi dell’accordo dal punto di vista finanziario erano indubbi, ma l’appartenenza dell’istituto bancario al gruppo Intesa Sanpaolo, uno dei più esposti nel commercio delle armi, lo rendevano evidentemente indigeribile. Dalle polemiche e dai contrasti di quella vicenda nasce ora un nuovo accordo. Con Banca Etica, questa volta. Per garantire, accanto ai vantaggi economici, i valori cardine del commercio equo e solidale. «Siamo felici del nuovo accordo – commenta
Rispetto di principi etici nelle scelte di investimento, trasparenza, sostegno a soggetti non bancabili. Ma non solo. Tra gli elementi che rendono Banca Etica diversa, c’è anche la partecipazione e il coinvolgimento della base sociale.
Soci
Correntisti
35.000 30.000 25.000 20.000 19.991
22.245
15.000 10.000 7.439 10.285
24.436
25.923
30.018 27.367 28.431
15.334 16.713
Raccolta di risparmi 600 500
19.150 300 200 198,6
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Impieghi (finanziamenti erogati) 550 480 450 419 370 370 321 322 270 209
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Circa 200 persone sedute ad ascoltare, mani alzate per chiedere la parola, commenti a favore e mozioni contrarie. È l’incontro annuale tra i dipendenti e i soci di Banca Etica, avvenuto lo scorso novembre a Montegrotto, a pochi chilometri dalla sede dell’istituto, a Padova. Un’iniziativa uni-
SEMPRE PIÙ RACCOLTA E IMPIEGHI [ IN MLN DI EURO ]
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Dal valutatore al cantastorie
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FONTE: BANCA ETICA
AUMENTO COSTANTE DI SOCI E CLIENTI
FONTE: BANCA ETICA
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festeggiare per essere stati più bravi degli altri – dichiara Fabio Salviato, presidente di Banca Etica – non è quello che ci preme. Ci interessa di più constatare che i principi, in cui abbiamo creduto e che ci hanno spinti 10 anni fa a creare un istituto di credito diverso, si sono rivelati validi». Quali sono, quindi, gli ingredienti segreti della ricetta di Banca Etica? I nostri lettori li conoscono bene, Valori ne parla spesso: la scelta di non investire in settori e imprese contrari a principi etici, in obbligazioni di Stati che violano i diritti umani, in aziende che producono armi e che non rispettano l’ambiente. La volontà di finanziare progetti validi, ma a cui le altre banche non concederebbero prestiti perché privi di garanzie reali. La massima trasparenza (sul sito internet si possono verificare tutti gli investimenti della banca). Ma c’è un elemento che non abbiamo sottolineato abbastanza e che costituisce il cuore della banca: i suoi soci. Un esercito buono di oltre 30 mila persone.
FONTE: BANCA ETICA
OGLIO CHIUDERE IL MIO CONTO CORRENTE e aprirne uno da voi». «Come si fa a diventare socio?». «Se investo in prodotti finanziari etici guadagno?». Sono alcune delle domande che i dipendenti della Banca Popolare Etica si sentono di Elisabetta Tramonto rivolgere negli ultimi mesi da una vera e propria ondata di nuovi clienti. Basta entrare in una delle 12 filiali per vedere la fila di persone che ogni giorno attendono di diventare clienti o soci. E basta guardare i dati della banca alla fine del 2008. A novembre è stato aperto il 73% di conti correnti in più rispetto alla media mensile dell’anno; la raccolta di capitali è cresciuta del 300% e gli impieghi del 40% (vedi GRAFICI ). Cifre sorprendenti in un momento in cui la fiducia verso le banche è ai minimi storici. Insieme a tutte le conseguenze negative (drammatiche) Una crescita senza fine. Dalla nascita che la crisi finanziaria sta provocando (e che Valori ha amdella Banca Popolare piamente descritto, anche nel servizio di copertina di queEtica, nel 1999, ad oggi, soci sto numero), sembra essercene una di segno opposto. L’ae correntisti ver sollevato il coperchio dalla pentola della finanza dell’istituto i credito continuano creativa e spregiudicata, fatta di prodotti tossici e pericoload aumentare. si anche per il piccolo risparmiatore, sembra aver aperto gli Come la raccolta di risparmi, occhi a quanti finora li avevano tenuti chiusi. E realtà cogli impieghi me Banca Etica in Italia e gli altri istituti che, in tutta Euroe il capitale sociale. Oggi vengono pa, seguono i principi della finanza etica, stanno emergenfinanziati circa do. «In questo momento tragico non vogliamo certo 2500 progetti.
Chiara Bonati, presidente di Ctm Altromercato – e siamo lieti di averlo stretto con Banca Etica, perché va incontro alle esigenze e alle sensibilità dei nostri soci». Sono tre gli aspetti più rilevanti del nuovo patto: «Non solo finanzieremo direttamente le botteghe di Ctm a tassi agevolati - spiega Alberto Fantuzzo, direttore commerciale di Banca Etica – ma, grazie alla collaborazione del consorzio Mcc Servire (sviluppato da Ctm in collaborazione con Cgm Finance, ndr) potremo erogare ulteriori fidi senza garanzia». Il consorzio avrà infatti una duplice funzione: potrà ricevere domande di finanziamento e istruire le pratiche - «permettendoci di offrire condizioni ancor più vantaggiose» commenta Fantuzzo - e fungerà da garante, in modo tale da evitare che amministratori e volontari delle botteghe siano costretti ad esporsi personalmente per ottenere il credito necessario. L’accordo prevede inoltre una campagna di sottoscrizione
ca. Quali altre banche organizzano un simile evento? I soci di Banca Etica oggi sono circa 30 mila, in realtà molti di più perché 4 mila sono persone giuridiche (associazioni, enti non profit, cooperative, enti pubblici, tra cui 9 Regioni, 40 Province e 300 Comuni). Ma l’elemento che più colpisce non è tanto la cifra – benché notevole – quanto la loro organizzazione e la partecipazione attiva nella vita della banca e nel mondo della finanza etica. Naturalmente non tutti i 30 mila soci sono coinvolti a tal punto. Un’indagine condotta di recente ha rivelato che la parte attiva corrisponde a circa il 20% della base sociale. I soci sono organizzati in 60 circoscrizioni in tutta Italia: gruppi locali, di solito provinciali, che si incontrano periodicamente, discutono, organizzano eventi per diffondere la cultura della finanza etica. «Ci vediamo un paio di volte al mese, per momenti di divulgazione di queste tematiche o per partecipare ad eventi organizzati da associazioni dell’economia solidale socie o vicine alla banca. Ma ci chiamano anche scuole, parrocchie organizzazioni scout per spiegare ai ragazzi i principi della finanza etica», spiega Massimo Marinacci, coordinatore dei soci del Lazio. Ogni circoscrizione ha un coordinatore, che si occupa di organizzare le iniziative, informare i soci, tenere i rapporti con la banca. E in ogni circoscrizione ci sono delle figure molto particolari, impossibili da trovare in qualsiasi altra banca, a cui sono affidati compiti di una certa responsabilità: il cantastorie e il valutatore socio-ambientale. Raccontare Banca Etica e, più in generale, la finanza etica. In occasioni pubbliche, dibattiti o nelle scuole. Questo è il compito del cantastorie. Chi avrebbe detto che con un nome così si parli di finanza? Il valutatore socio-ambientale, invece, viene chiamato ogni volta che la banca riceve una richiesta di finanziamento. Il socio che ricopre questo incarico si occupa di effettuare una prima valutazione dell’impatto sociale e ambientale del progetto e del profilo di chi lo ha presentato. Sono volontari, che in molti casi svolgono lavori che non c’entrano niente con la finanza. Ma seguono dei corsi
di certificati di deposito rivolti ai correntisti di Banca Etica e ai clienti delle botteghe e finalizzati al mondo del commercio equo: «Vogliamo così creare – spiega Fantuzzo – un circolo virtuoso che colleghi risparmio e finanziamenti. Tanto maggiore sarà la raccolta che riusciremo a fare, tanto migliori saranno le condizioni del credito che potremo offrire alle botteghe». Nella stessa direzione va l’ultimo punto saliente dell’accordo: la creazione di una serie di prodotti a marchio comune rivolti ai clienti dei due soggetti. «Crediamo possa essere un’iniziativa interessante e utile per orientare i consumi – conclude Fantuzzo –. Per far capire ai tanti cittadini responsabili che la finanza etica e il commercio equo sono due facce della stessa medaglia che possono e devono essere coniugate». Emanuele Isonio
di formazione molto rigorosi, con aggiornamenti periodici. Questa è stata una scelta precisa da parte di Banca Etica: professionalizzare i volontari e coinvolgerli nelle attività anche operative della banca. «L’organizzazione dei soci è stata uno dei nostri primi pensieri – racconta Salviato –. Senza di essa la banca non avrebbe un’anima». Ma il presidente di Banca Etica guarda oltre: «Negli ultimi anni l’organizzazione e la partecipazione dei soci si sono evolute. Credo che potremmo essere pronti per compiere un passo in più: avviare anche una dimensione politica della banca». Un partito di Banca Etica? «No, sarebbe azzardato – risponde Salviato – ma un movimento della finanza etica sì».
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10 CANDELINE PER BANCA ETICA: PER FESTEGGIARE SI PARLA DI AMBIENTE E LEGALITÀ NON È FACILE DECIDERE COME FESTEGGIARE un compleanno importante. Capita di trovarsi nell’impasse “chiamo solo gli amici o faccio una festa allargata?” Anche per Banca Etica, con l’avvicinarsi del decimo anniversario, l’8 marzo, dall’apertura del primo sportello a Padova è stato difficile decidere modalità e obiettivo della celebrazione. Grazie all’attivismo dei soci sul territorio, il 2009 in tutta Italia sarà costellato di eventi legati al ricordo, all’analisi del cammino fatto, alla diffusione della cultura di una finanza etica, sostenibile e giusta. Da Nord a Sud i Git (Gruppi di iniziativa territoriale) stanno organizzando momenti di aggregazione e di conoscenza. A livello nazionale saranno due i momenti cruciali per testimoniare la crescita istituzionale , e culturale di Banca Etica, tra marzo e aprile (le date saranno disponibili sul sito www.bancaetica.it) e due i temi su cui si focalizzeranno questi momenti: legalità e ambiente, identificati come filoni principali dell’azione della banca. Roma e Milano sono le località per i due convegni, che si svolgeranno tra marzo e aprile e durante i quali sarà fatto il punto sul contributo che Banca Etica ha dato e può dare allo sviluppo sostenibile dell’economia nel rispetto di regole, convivenza pacifica, equità e dignità umana. E di come un’economia sana, fondata sulla produzione di beni utili e per tutti, a costi minimi per l’ambiente umano e sociale, sia raggiungibile, necessaria, ineludibile. A confrontarsi sulla questione ambientale ci sarà Jeremy Rifkin, il guru della green economy. Mentre per discutere di legalità e di come riportare quella perduta nell’economia e nella finanza ci sarà Francesco Greco, procuratore aggiunto di Milano, noto per le sue indagini sugli scandali finanziari. Due persone non direttamente legate ai settori con cui la banca interloquisce, ma che, proprio per questo, potranno portare un contributo fondamentale, di arricchimento e di prospettiva per continuare a testa alta e con un bagaglio sempre più significativo il percorso di un uso responsabile del denaro. Si inizia da Padova, la città che ha dato i natali alla banca, che festeggia portando all’Auditorium S. Gaetano, il 7 marzo, l’Orchestra di Piazza Vittorio, un gruppo multietnico di musicisti, che usa la musica per mostrare che è possibile un mondo variegato, le cui differenze lo rendono Paola Ferrara vivace e interessante, non pericoloso. Per un concerto di comunità.
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BANCHE D’INVESTIMENTO IN TRIBUNALE PER COLPA DEI CDO
L’etichetta “etico” con i derivati non funziona. ”Sono prodotti troppo complessi e difficili da rendere davvero responsabili”, sostiene Davide Dal Maso, dell’agenzia di rating sociale e ambientale Vigeo. LITTLE ITALY AUSTRALIANA. Il sobborgo di Leichhardt, una comunità a cinque chilometri da Sidney composta da ventimila anime, tutti (o quasi) figli e nipoti di immigrati italiani, rischia di dover tagliare le spese per il welfare locale, le piccole infrastrutture di quartiere, l’assistenza agli anziani, per colpa di un derivato impazzito che sta mettendo in subbuglio le casse locali. di Cristian Benna Michelle De Rosa, contabile della tesoreria, non è uno squalo di borsa. È un tecnico che cura gli investimenti del Comune. E quando, nel 2005, Grange Securities, rispettata società finanziaria, numero uno SITI in Australia per certificati e derivati, le ha presentato un nuovo prodotto finanziario di “copertura”, sicuro e ad alto rendimento, che insieme prometteva la tutela dell’ambiente e dei diritti umani, non ha esiwww.sosfinanziario.it tato. E, in accordo con la giunta, ha sottoscritto due milioni di dollari (circa il 5% del patrimonio delwww.avanzi.org l’ente) di un Collateralized debt obligation, in arte Cdo (vedi BOX ). Un’obbligazione strutturata, come ce ne sono migliaia al monLA FABBRICA DEGLI INDICI ETICI do, per l’esattezza 2.000 miliardi di dollari di valore pre-credit crunch, secondo le stime di Celent, ma in questa caso improntata su alE.CAPITAL PARTNERS È UNA SOCIETÀ di consulenza di investimento ti standard etici e confezionata da E.Capital Partners, la fabbrica di e di corporate finance. È una fabbrica di indici etici, creati secondo indici responsabili, da quest’estate controllata al 100% dalla Mittel i parametri Esg (Environment, social, governance), benchmark presieduta da Giovanni Bazoli. confezionati su misura secondo le richieste di clienti: banche d’affari ed Sgr. Oltre agli indici di mercato sostenibili, E.Capital collabora L’Ethical Entity Note (green), confezionato in Italia e venduto con i principali istituti di credito e società di gestione del risparmio per una cifra di 50 milioni di dollari, funziona come gli altri Cdo; nella realizzazione di prodotti di investimento ad hoc che spaziano si tratta di titoli di debito, a reddito fisso, emessi in seguito a un’oda prodotti equity a Cdo con filtro etico, fino ai fondi di fondi hedge perazione di cartolarizzazione e tutelati da un portafoglio di obblisostenibili. Fondata nel 1997 da un gruppo di ricercatori ed esperti del settore (Michele Calcattera, Paolo Sardi, Guerino Guarnieri), gazioni, prestiti e altri strumenti. Prodotti complicati, poco traspadal maggio 2008 è entrata a far parte del gruppo Mittel, presieduta renti, secondo gli osservatori, apprezzati però dagli investitori (per da Giovanni Bazoli e che vede come primo azionista la Carlo Tassara la promessa di alti rendimenti e per il trasferimento “fuori libro” di di Romain Zaleski. bilancio dei rischi) e molto amati dalle banche d’affari per le pinwww.e-cpartners.com gui commissioni applicate ad ogni emissione di Cdo.
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IANGE LACRIME AMARE LA
RAMINIUS FALCON
La citta di Sidney, in Australia. A pochi chilometri il sobborgo di Leichardt è finito nei guai per colpa di un Cdo “etico”.
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I CONTENZIOSI LEGATI AI BOND che hanno come collaterale prestiti (Cdo) probabilmente si moltiplicheranno nel 2009 e anche nel 2010, andando a impattare sui risultati delle banche d’investimento. È la previsione di Sanford C. Bernstein contenuta in un report inviato ai clienti, in cui si sottolinea che i default di questi titoli sono destinati a crescere. L’analista Brad Hintz scrive che «i Cdo hanno perso oltre il 50% del valore», con la conseguenza che «i contenziosi nei confronti degli sponsor e dei sottoscrittori da parte di investitori insoddisfatti stanno crescendo rapidamente». Nella nota, Hintz evidenzia l’impatto potenziale sugli utili delle banche d’investimento dei costi legali per via dei contenziosi. I tre maggiori sponsor delle emissioni di Cdo, ovvero Merrill Lynch, Citigroup e Ubs hanno il maggior numero di bond in default: Merrill ne ha 42, Ubs 38 e Citigroup 33. Sanford C. Bernstein stima che, dopo l’acquisizione di Merrill, Bank of America abbia un rischio potenziale di contenziosi su Cdo per un importo compreso fra 2,59 e 5,31 miliardi di dollari.
DAL 1987 AD OGGI COME UN’EPIDEMIA NATI SOTTO UNA CATTIVA STELLA. Il primo Cdo della storia è stato emesso nel 1987 dalla banca d’affari Drexel Burham Lamber, astro del firmamento di Wall Street oscurato tre anni più tardi da una drammatica bancarotta. Un crack con pesanti risvolti penali per Micheal Milken, il manager spericolato che guidava la divisione junk bond market, il mercato delle obbligazioni spazzatura. Dopo una dozzina d’anni dietro le sbarre, per una lunga sfilza di reati finanziari, Milken, uomo libero con un patrimonio personale di 2,1 miliardi di dollari, ha lasciato perdere gli investititi troppo arditi e si è convertito alla filantropia con la sua Mike Milken Foundation. I Cdo invece sono proliferati ovunque. Nel 2004 l’industria di questi prodotti strutturati ne sfornava appena 157 miliardi di dollari, 272 miliardi nel 2005 , 552 miliardi nel 2006, 503 miliardi. Secondo l’indagine Celent invece ce ne sarebbero in circolazione 2 mila miliardi. La forbice delle stime è piuttosto ampia, ma è chiara nel dire che nessuno sa con esattezza quanti Cdo siano stato prodotti e venduti.
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I DERIVATI NEL MONDO: UN’INVASIONE
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Le lacrime amare dei “derivati etici”
EMISSIONE MONDIALE DI CDO
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Strumenti buoni usati male Secondo Davide Dal Maso, di Vigeo Italia, una delle principali agenzie internazionali di rating sociale ed ambientale: «il contratto derivato può rivelarsi uno strumento utile, se ben utilizzato». Il problema è che si «è esagerato su tutti i fronti». E spiega: «Stiamo parlando di prodotti estremamente complessi, difficili da rendere veramente responsabili». Il portafoglio dell’Ethical Green ha una doppia garanzia, appunto fornita da E.Capital Partners, perché lo screening di selezione passa al setaccio le buone aziende, escludendo quelle con pessima governance, scarsa attenzione all’ambiente e ai diritti umani. Il salvagente etico, su cui ha scommesso pure la città di Sidney, non sembra però essere servito agli italo-australiani, che già nel 2007 vedevano scendere precipitosamente le quotazioni del loro Cdo. Tanto più che nel frattempo Grange Securities ha pure chiuso i battenti, per essere incorporata da Lehman Brothers. Il resto della storia è noto. E solo nei primi quattro mesi del 2008, la super bolla dei derivati, la cui miccia è stata accesa dalla crisi dei mutui subprime, ha provocato il downgrade, l’abbassamento di rating, di più di 4.500 Cdo in circolazione. Insomma roba che scotta, a svalutazione repentina. Incluso l’Ethical Cdo, sceso di rating da AA a BB+ dimezzando il suo valore, perché i bond di un’azienda a cui è legato ha avviato le procedure di fallimento. Se nella piccola Leichhardt la crisi globale dei mercati è piombata come un uragano inaspettato, non si ride neppure a Melville, cittadina di 100 mila abitanti a sud di Perth (nel paese dei canguri c’è l’abitudine a pubblicare online tutti gli investimenti pubblici). Qui i governatori locali assistono impotenti al precipitare in picchiata (meno 41%, il ribasso più consistente del suo universo di investimento) del ricco paniere di Cdo, che rappresenta circa il 35% della liquidità delle casse locali. Anche qui, in mezzo a tanti prodotti “sintetici”, c’è lo zampino dei “derivati dell’etica”, ancora una volta certificata dagli advisor milanesi di E.Capital Partners, con l’Ethical Green Limited, emesso dalla banca d’affari Jp Morgan. Su circa un milione di dollari di investimenti “etici”, la metà è già evaporata.
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FONTE: BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI
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Per le banche “bilanci col trucco” grazie ai nuovi IAS
POST E PRE DEROGA IAS 39: ESEMPI DI BILANCI COMPARATI TRIMESTRALE 2008 [ DATI IN MILIONI DI EURO ] SOCIETÀ
BILANCIO RICLASSIFICATO
BILANCIO FAIR VALUE
Unicredit
+551
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Intesa Sanpaolo
+663
-141
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Deutsche Bank
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Popolare di Sondrio
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Carige
HSBC Holdings*
* valori espressi in milioni di dollari
Utili da sogno al posto di pesanti perdite. Nessuna magia. Solo cosmesi contabile, con cui le banche hanno ritoccato i bilanci, grazie all’applicazione disinvolta delle nuove regole IAS. Alla faccia della trasparenza.
A
FINE OTTOBRE IL SOLE 24 ORE annunciava la presenza di “ti-
se deciso di cambiare le regole, fornendo alle banche uno strumento a dir poco discutibile. Il 13 ottobre 2008, infatti, lo IASB ha approvato una modifica alla norma 39 dei principi contabili internazionali consentendo alle società di derogare, quando lo si ritiene opportuno, al principio del mark to market nella classificazione delle attività illiquide. Risultato: il valore degli strumenti finanziari in portafoglio non viene più calcolato in base all’effettivo prezzo di mercato (fair value) ma viene al contrario fissato in modo del tutto opinabile sulla base del costo storico e di quello ammortizzato. Così, ad esempio, un titolo obbligazionario può essere “valorizzato” in base al suo rendimento nominale alla scadenza anche quando, nelle intenzioni della società, era prevista una sua cessione sul mercato. Per i critici più convinti un autentico “assurdo contabile”.
toli tossici” per 381 miliardi di euro nei bilanci dei 20 più grandi gruppi bancari europei. Al di là della cifra, lo stesso articolo segnalava che alcune di queste bandi Matteo Cavallito e Andrea Baranes che, tra cui giganti del calibro di Deutsche Bank o Crédit Suisse, “avrebbero avuto i giorni contati”. E probabilmente era vero se l’International Accounting Standard Board (IASB), l’ente che emana i principi contabili applicati in Europa, non aves-
GLOSSARIO FAIR VALUE È il criterio di misurazione del valore degli assets (le attività scritte nel bilancio di un’azienda) in base al loro prezzo di mercato. Il calcolo avviene secondo il principio del “mark to market” (letteralmente “valutare in base al mercato”) come previsto generalmente dalle norme finanziarie internazionali. IAS Sigla degli International Accounting Standards, ovvero “principi contabili internazionali”. Sono emanati da un board internazionale denominato IASC (International Accounting Standards Committee). Già parte dell’organizzazione mondiale dei professionisti contabili (IFAC), lo IASC è diventato una fondazione privata di diritto statunitense nel 2001.
Il gioco delle tre carte
IL RICORSO ALLA DEROGA IN EUROPA
[ ANALISI DEL CESR – 7 GENNAIO 2009 ]
NESSUNA RICLASSIFICAZIONE
Società campione Tra le appartenenti al FTSE 100
52% 64%
1 CATEGORIA
2 CATEGORIE
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3 CATEGORIE 4 CATEGORIE
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Obiettivo della ricerca del Cesr era verificare quante banche europee avessero approfittato della deroga dello IAS 39 e in che misura. Quattro le categorie di voci di bilancio che era consentito riclassificare. Naturalmente più categorie riclassificate suggeriscono una maggiore difficoltà a “far quadrare i conti”. Dalla ricerca emerge, quindi, come circa metà delle banche considerate siano ricorse ad almeno una riclassificazione.
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FONTE: COMMITTEE OF EUROPEAN SECURITIES REGULATORS
VALORE NOMINALE Nel nostro caso il prezzo d’acquisto del titolo obbligazionario maggiorato del suo rendimento alla scadenza. Quando il detentore ha intenzione di rimettere il titolo sul mercato prima del tempo, il suo valore nominale può essere incompatibile con i principi del fair value.
Cerchiamo di capire la portata di tale emendamento. Un investitore compra un’obbligazione dell’impresa X al suo valore nominale di 100. Dopo un certo periodo, l’impresa X va in crisi, e il valore del titolo sui mercati crolla a 50. È evidente che l’investitore avrà ora in mano unicamente un capitale di 50, visto che sono i soldi che incasserebbe se vendesse il titolo stesso sul mercato. L’IASB ha invece concesso alle banche di continuare a mettere a bilancio il prezzo di costo, in questo caso 100. Questo significa permettere alle banche di presentare al mercato dei bilanci apparentemente solidi, mentre la realtà può essere molto diversa. I numeri lo dimostrano. Ecco i risultati che alcuni istituti di credito italiani hanno potuto vantare, applicando la nuova norma: 551 milioni di euro utile netto per Unicredit al posto del previsto rosso da 90 milioni, 673 milioni di euro di profitto netto contro una perdita da 141 per Intesa Sanpaolo, 52
milioni di utile contro 9 per Carige. Un risultato inevitabile in un mercato come quello italiano dove il totale degli assets riclassificati ha raggiunto i 36 miliardi di euro ma anche un insieme di esiti inattesi. Tra i maggiori beneficiari della deroga allo IAS 39 nel mercato europeo è emersa Deutsche Bank che, riconteggiando circa 25 miliardi di assets, ha registrato un utile trimestrale da 414 milioni di euro contro il previsto rosso da 431 milioni. L’operazione ha generato una notevole disparità nel mercato tedesco visto che, contemporaneamente, altri istituti del Paese si sono trovati ad affrontare una situazione difficile nella compilazione dei loro bilanci. Il nodo, come ha sottolineato il Financial Times, riguarda i titoli di credito iscritti a bilancio con un
FONTI: SOLDI ONLINE, TRADINGMERCATI.COM, BORSA&FINANZA, MONEY24 – IL SOLE 24 ORE
| finanzaetica | giochi di prestigio | CHI HA COLTO LA PALLA AL BALZO QUANTE SOCIETÀ hanno fatto ricorso alla modifica della regola 39 riclassificando parte dei propri assets? Il Committee of European Securities Regulators (CESR), l’organo di coordinamento europeo dei controllori dei singoli mercati nazionali (per l’Italia la Consob), ha analizzato un campione di cento società finanziarie distribuito in ventuno Paesi dell’Unione. Ventidue di queste appartengono all’indice FTSE Eurotop 100, l’indice azionario delle cento società più capitalizzate quotate alla Borsa di Londra (LSE). Una sintesi dei risultati nella pagina precedente. La relazione completa è scaricabile all’indirizzo www.cesr.eu/popup2. php?id=5445
valore corrispondente al rendimento in scadenza. Banche e assicurazioni devono dimostrare di aver scelto di conservare i titoli per il loro intero ciclo di vita prima di luglio. Un’operazione piuttosto complicata e capace al tempo stesso di generare conflitti con la clientela.
Pezzi di carta senza valore Cambiare le carte in tavola nei principi che servono a misurare lo stato di salute delle banche sembra assurdo, soprattutto in un momento come questo. Eppure la motivazione di questa “novità” sta proprio nella crisi. I famosi e disgraziatamente diffusi titoli tossici «di fatto non hanno oggi più mercato – spiega Matteo Ghisellini, gestore small business di Intesa Sanpaolo e membro dell’Ufficio Ricerca di Fiba Cisl - e quindi l’applicazione del principio del fair value ai bilanci 2008 costringerebbe le società finanziarie, le banche e le società di assicurazione quotate in Borsa a procedere a drastiche rettifiche del loro valore con conseguenti enormi minusvalenze e conti pesantemente in rosso che aumenterebbero le difficoltà dei mercati». Tuttavia le perplessità restano visto che, ricorda ancora Ghisellini, «in un periodo di forte crisi dei mercati finanziari, di grosse bolle speculative, di enormi penalizzazioni sui portafogli dei piccoli risparmiatori, la rapidità senza precedenti che ha contraddistinto l’iter di modifica allo IAS 39 può portare a pensare che la manovra serva in realtà ad “abbellire” i bilanci e le proiezioni dell’andamento di periodo del sistema finanziario e dei suoi principali protagonisti».
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APPUNTAMENTI FEBBRAIO>APRILE pubblico e di quello privato. www.datamatixgroup.com/conferences /conference.asp?id=451 2 – 4 febbraio LONDRA (GRAN BRETAGNA) THE UK ANTI-CORRUPTION SUMMIT Dibattito tra esperti del settore per la seconda edizione del summit londinese in programma presso l’Hilton Tower Bridge. www.ethicalcorp.com/ukethics/
3 – 4 febbraio NEW YORK (USA) ETHICAL SUPPLY CHAIN SUMMIT USA Appuntamento a New York City per il seguito ideale del convegno annuale “European Ethical Supply Chain Summit”, la due giorni di conferenze già ospitata a Parigi (2006), Amsterdam (2007) e Berlino (2008). www.supplychainusa.com
10 – 11 febbraio ANAHEIM, CA (USA) GREEN MANUFACTURING: BUSINESS STRATEGIES FOR SUSTAINABILITY Incontro con esperti del settore, studi di casi e confronti per l’analisi delle pratiche di sostenibilità ambientale. www.greenmfgexpo.com
17 – 18 febbraio LONDRA (GRAN BRETAGNA) 3RD ANNUAL CLIMATE CHANGE UK SUMMIT Come gestire l’impatto ambientale, creare nuovi prodotti e comunicare efficacemente il proprio messaggio agli azionisti. Se ne discute al Regents Park Marriott di Londra per la terza edizione del convegno. www.ethicalcorp.com/climate/
22 – 26 febbraio DUBAI (EMIRATI ARABI UNITI) 7TH GCC GOVERNMENT AND BUSINESS CUSTOMER CARE CONFERENCE Già conosciuto come GCC Government Organizations Customer Care Excellence Conference, l’evento, giunto alla settima edizione, metterà a confronto le diverse esperienze degli operatori del settore | 40 | valori |
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23 febbraio SAN FRANCISCO, CA (USA) SRI SUMMIT Grande conferenza dell’investimento responsabile cui partecipano fondazioni, manager e gestori di fondi pensione della categoria SRI. Si calcola che l’ammontare globale degli investimenti “etici” superi oggi i 2,7 trilioni di dollari. www.srisummit.com
24 – 26 febbraio HONG KONG (CINA) ANTI-MONOPOLY AND COMPETITION LAW ASIA FORUM Uno sguardo sul problema della tutela della concorrenza e un approfondimento della nuova legislazione cinese in materie. Organizza Beacon Events. www.competitionlawasia.com
2 marzo GINEVRA (SVIZZERA) SOMMET EUROPÉEN SUR LES INVESTISSMENTS GLOBAUX EN MICRO FINANCE Convegno dedicato ai temi più stringenti del microcredito. Si stima che il valore totale degli assets gestiti nelle operazioni di microfinanza sfiori i 33 miliardi di dollari. Nonostante la crisi, nell’ultimo anno il settore è cresciuto del 25%. www.european-microfinance.org /events.php?piId=8863
3 – 7 marzo BANGALORE (INDIA) GREEN ENERGY SUMMIT 2009 Appuntamento in India per uno dei maggiori eventi mondiali sul tema dell’energia “verde”. Si incontrano esponenti dei settori delle rinnovabili oltre agli operatori del settore biofuels. www.greenenergysummit.com 4 marzo BLACKPOOL (GRAN BRETAGNA) RISQUE ET RÉCOMPENSE 6ÈME CONFÉRENCE ANNUELLE DE PROWESS 2006
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PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT
Si discute del ruolo delle donne nell’innovazione e nello sviluppo sociale. Tra le oratrici la scrittrice Germaine Greer, Ann Marie Almeida dell’Association of Women’s Business Centres e Hilary Devey fondatrice di Pall-Ex. www.prowess.org.uk 7 marzo PADOVA BUON COMPLEANNO BANCA ETICA Il 2009 sarà un anno di festeggiamenti in tutta Italia per i 10 anni di Banca Etica. Si comincia con una serata musicale, all’Auditorium San Gaetano, a Padova. Si esibirà in concerto la multietnica Orchestra di piazza Vittorio, formata da musicisti di diverse nazionalità. Due gli altri eventi principali, che si svolgeranno a Roma e a Milano, tra marzo e aprile. www.bancaetica.it
10 – 11 marzo DAR ES SALAAM (TANZANIA) AFRICA’S CHANGES AND CHALLENGES: HIGH-LEVEL CONFERENCE Mega evento realizzato dal Fondo Monetario Internazionale sul tema del futuro del continente. Rappresentanti della società civile, politici e operatori economici si confrontano per due giorni nella capitale. Tra gli oratori il presidente della Tanzania Kikwete e il direttore del FMI Strauss-Kahn. www.imf.org/external/np/exr/seminars /index.htm
19 marzo VIENNA (AUSTRIA) DEUXIÈME FORUM ANNUEL DE MICROFINANCE: MISE EN PRATIQUE D’OUTILS NOVATEURS & NOUVEAUX HORIZONS Incontro sulla micro finanza organizzato da Uniglobal Research www.european-microfinance.org/ evenements.php
26 – 27 marzo NEW YORK CITY (USA) 7TH ANNUAL ETHICAL SOURCING FORUM (ESF) NORTH AMERICA
Al centro dell’incontro il tema della de-verticalizzazione produttiva compatibile con i principi di sostenibilità e responsabilità sociale. Sponsorizza la Intertek Sustainability Solutions. www.intertek.com
1 – 2 aprile NEW YORK CITY (USA) WALL STREET GREEN TRADING SUMMIT VIII L’ottava edizione della conferenza sarà dedicate alle opportunità di business in campo ambientale per il 2009. Quello appena iniziato potrebbe essere un anno chiave nella storia della politica ambientale americana con nuovi investimenti e una possibile adesione al protocollo di Kyoto. Gli operatori del settore derivati fiutano enormi prospettive di guadagno nel segmento dei crediti di emissione. www.wsgts.com
7 – 8 aprile WASHINGTON DC (USA) CARBON TRADEEX AMERICA 2009 Uno dei maggiori eventi del settore del carbon market. Alla sua prima edizione, realizzata a San Francisco nel marzo 2008, hanno preso parte 1.400 delegati e 80 espositori. www.carbontradeexamerica.com
17 – 19 aprile NEW YORK (USA) GO GREEN EXPO NEW YORK Esposizione di tutto (ma proprio tutto) quello che può essere definito “eco friendly”. Dai pannelli solari ai prodotti della coltivazione biologica passando per le auto ibride. Completano l’evento 10 seminari e un eco-film festival. www.gogreenexpo.com
21 – 22 aprile LONDRA (GRAN BRETAGNA) GREEN SUPPLY CHAIN SUMMIT Seconda edizione dell’evento dedicato al tema della de-verticalizzazione industriale eco-compatibile. Partecipano major come Ikea, Danone ed Airbus. www.ethicalcorp.com/greensupplychain
CISL
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I nuovi tesori: capitale umano e culturale >44 Dalle idee all’azione. Cosa c’è dietro Zoes >49 Società di mutuo soccorso: il “welfare parallelo” >50
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economiasolidale ALLE SCUOLE ROMANE I VECCHI PC DELLA BASF
POCHE GOCCE DI COLLA PER IMPORRE IL PIZZO: UNA CAMPAGNA SPIEGA COME DIFENDERSI
LA FRANCIA VUOLE IL PRIMATO DELL’EOLICO
TURISMO ANTIMAFIA CON I VIAGGI DI GOEL
PIÙ QUALITÀ, MINOR COSTO: AIAB LANCIA A ROMA I FARMERS’ MARKET DEL BIOLOGICO
I VINI BIOLOGICI DIMEZZANO L’IMPRONTA ECOLOGICA
«Recuperato, ripristinato, riutilizzato». È lo slogan dell’iniziativa che ha visto coinvolte la Basf, il CIES (Centro Informazione ed Educazione allo Sviluppo) e Binario Etico, una cooperativa romana nata con l’obiettivo di promuovere il software libero e il riciclo dei vecchi pc. L’idea nasce a seguito dell’acquisizione del gruppo Basf, leader della chimica, da parte dell’inglese Engelhard nel giugno 2006. Per uniformare pc e programmi, la nuova proprietà ha deciso di sostituire tutti i computer della sede romana. Qui è intervenuto il CIES: perché non destinare i “vecchi” pc alle scuole della Capitale? E così è stato. I macchinari dismessi, arricchiti anche da vari software liberi da copyright, sono stati donati a quattro istituti superiori del V municipio (Tiburtina) di Roma e del comune di Guidonia, a tre scuole medie, a una elementare e a un centro territoriale per gli immigrati. Non solo: agli insegnanti dei vari istituti scolastici è stato garantito un corso di formazione. «Tutti quei pc da sostituire sono un patrimonio da non disperdere perché può essere utile alla comunità», ha spiegato Filippo Di Quattro, direttore della divisione Catalizzatori del gruppo Basf Italia. «Non ci siamo limitati a fornire l’hardware, ma abbiamo anche sostenuto l’impegno del CIES nella formazione finanziando i corsi e i materiali didattici necessari al pieno sfruttamento dei nostri ex-PC».
Usare colla a presa rapida come intimidazione contro chi si rifiuta di pagare il pizzo. A chi non vive nelle regioni violentate dall’oppressione mafiosa, può sembrare uno scherzo. È invece una delle tecniche più in voga per convincere gli imprenditori a sottostare a ricatti e intimidazioni. Una strategia ancor più vigliacca perché con un semplice espediente impedisce ai negozi, letteralmente, di alzare le proprie saracinesche: gli estorsori versano infatti poche gocce di colla nei lucchetti usati per chiudere le porte del negozio. Poche gocce che però creano seri danni: oltre all’intimidazione in sé, costringono l’imprenditore a chiamare un fabbro, a sostituire costosi catenacci e a perdere ore di lavoro. Un imprenditore ingegnoso, ha deciso però di opporsi al cosiddetto “attak del racket”, da lui subito in varie occasioni e ha escogitato una contromisura che permette di riaprire le saracinesche in pochi minuti, salvando anche i lucchetti. Basta un cannello con piezoelettrico, un po’ di calore e la colla si scioglie. A quel punto, è sufficiente lubrificare chiavi e ingranaggi. La sua “invenzione” è stata alla base di una campagna informativa delle associazioni Addio Pizzo e Libero Futuro, che chiedono però ai negozianti di denunciare l’intimidazione alle forze dell’ordine prima di pulire i catenacci. «Un po’ di colla – spiegano i promotori della campagna – è sufficiente agli estorsori per riscuotere montagne di euro da centinaia di commercianti. Denunciare il racket è doveroso e importante: serve a dichiarare a tutti che non si vuole pagare, mette al riparo da altri avvicinamenti, fa scattare indagini che possono colpire i mafiosi». Per le denunce e per avere assistenza, si può contattare il numero 333.9787396.
È il Paese leader del nucleare, ma la Francia punta a ottenere anche il primato nelle energie rinnovabili. Primo passo in tal senso è l’entrata in funzione, a Salles-Curan, nel dipartimento dell’Aveyron, del più importante parco eolico francese: un insieme di 29 pale da 3 megawatt ciascuna. Gli 87 MW prodotti «forniranno l’elettricità corrispondente al consumo di 100 mila abitanti, ossia il 40% della popolazione della regione», afferma Electricitè de France Energies Nouvelles, filiale per le energie rinnovabili di Edf. Attualmente la Francia produce 2.500 MW di energia eolica, che il governo vuole portare a 17 mila nel 2015. Rimane però dietro alla Germania e alla Spagna, che, già oggi, superano rispettivamente i 22 mila e i 15 mila MW prodotti. Una curiosità. Il piano per l’eolico ha un oppositore d’eccezione: l’ex presidente della Repubblica Valery Giscard d’Estaing (foto). «La più grande impostura ecologica del nostro tempo», l’ha definita, puntando il dito contro il (supposto) impatto sul paesaggio e sul (presunto) basso rapporto costiricavi e accusando la “lobby dell’eolico” di far pressione per diffondere questo mezzo di produzione dell’energia. Ma in molti sospettano che a spingere l’ex presidente sia la ben più realistica e potente lobby del nucleare più che nobili preoccupazioni paesaggistiche. A pensar male si fa peccato ma…
Una vacanza è un’occasione per venire in contatto con la storia, la cultura, le bellezze naturali di un luogo. È anche divertimento, relax e buona cucina. Ma può rappresentare pure uno strumento di sostegno per la costruzione di una società e un’economia diversa e più giusta. Con questo spirito, sono nati “I viaggi del Goel” e il tour operator “Turismo Responsabile”, su iniziativa del consorzio sociale Goel, che nella Locride, da anni è in prima linea contro le intimidazioni della ‘ndrangheta e delle massonerie deviate. Destinatari dei pacchetti sono gruppi, scuole, associazioni e famiglie interessate a scoprire non solo il grande patrimonio storico e naturale della regione ma anche le tante iniziative di sviluppo portate avanti dai giovani che ogni giorno si oppongono alle mafie. Il nuovo tour operator collaborerà anche con altri territori e realtà di cambiamento, da nord a sud, accomunate dall’idea di fare del turismo un’occasione di crescita e maturazione sociale e integrerà le proprie offerte anche con proposte di turismo sociale ed ambientale. Durante i viaggi, i turisti saranno ospitati nelle strutture alberghiere (hotel, camere e case per ferie) interamente gestite dalle stesse cooperative sociali aderenti al consorzio. I pacchetti, le strutture, la proposta complessiva, sono già disponibili al sito http://turismo.responsabile.coop o contattando l’800.913540.
A partire da febbraio, ogni prima domenica del mese, Aiab, associazione per l’agricoltura biologica, organizzerà a Roma, alla Città dell’Altra Economia, i “farmers’ market bio”. Quello dei “mercati del contadino” è un settore che ha ampi margini di crescita: permette infatti di comprare i prodotti agricoli direttamente dai produttori, riducendo così la filiera, azzerando le speculazioni degli intermediari e sterilizzando i costi di trasporto. Oltre a questi vantaggi, i farmers’ market di Aiab permetteranno anche di scoprire il mondo del biologico e di acquistare prodotti di alta qualità a costi assai contenuti. La decisione di avviare stabilmente i mercati del contadino bio a Roma è stata favorita da una legge regionale del Lazio, approvata a fine 2008, che introduce forti agevolazioni per la nascita di questi spazi: i mercati degli agricoltori laziali avranno un logo uniforme, campagne di comunicazione, uno spazio all’interno del portale web della Regione e, soprattutto, contributi economici per la loro istituzione. A creare i farmers’ market’ potranno essere direttamente gli stessi imprenditori agricoli, singoli o associati, oppure i comuni. Un’opportunità colta già da trentasei piccoli comuni, che hanno chiesto di poter aderire a quella che si preannuncia come una vera e propria rete di produzione e vendita. «La legge regionale sui farmers’ market - commenta Andrea Ferrante, presidente di Aiab - rappresenta un grande passo avanti verso la filiera corta agroalimentare di qualità. Di grande importanza è anche il fatto che nella formazione della graduatoria per i finanziamenti regionali, si attribuisce un maggior punteggio ai progetti di mercati agricoli biologici, all’adozione di tecniche di riduzione degli imballaggi e all’utilizzo di materiali riciclati o riciclabili».
Il vino realizzato con metodi biologici fa bene alla salute di chi lo beve e aiuta l’ambiente, perché inquina la metà di quello prodotto con i metodi classici. Lo rivela uno studio dell’università di Siena pubblicato sulla rivista Agriculture, Ecosystems and Environment. L’analisi è stata condotta su due aziende produttrici di Sangiovese in Toscana, una biologica e l’altra standard. Il vino biologico, prodotto da vitigni coltivati con fertilizzanti naturali, ha un impatto ambientale dimezzato. L’impronta ecologica per produrre il Sangiovese biologico è risultata di 7,17 metri quadri contro un’impronta doppia, (13,99 metri quadri) per quello classico. L’impronta ecologica è una misura che permette di conoscere l’incidenza di una certa attività produttiva umana sull’ambiente circostante. Ma se dal vino si estende il ragionamento a tutta l’agricoltura biologica, il risultato non cambia: un campo coltivato ad agricoltura biologica trattiene infatti fino a sei volte la quantità di carbonio per ettaro all’anno in più rispetto ai campi convenzionali. Dal punto di vista del bilancio energetico, un campo “bio” fa risparmiare il 48,7% del consumo. Discorso analogo per le emissioni di CO2 equivalente.
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| economiasolidale | Il complesso dell’Insula Dominicana: la biblioteca Casanatense.
Gli “intangibili” i tesori nella società della conoscenza
Roma, 2008
“Costruire capitale sociale
parare la fontana sotto casa», diceva Gaetano Salvemini, uno dei massimi politici italiani del Novecento, fondatore di Giustizia e Libertà, professore ad Harvard. Una di Emanuele Isonio riflessione frutto solo di intelligenza politica e lungimiranza che tuttavia lasciava trasparire la presenza di qualcosa di impalpabile, di incorporeo ma con ricadute concretissime sulla qualità della vita collettiva e a livello economico. “Beni immateriali” (“intangibles”) li chiamano oggi, a oltre mezzo secolo di distanza, sociologi ed economisti. Prodotti da tre “valori”, tra loro distinti ma fortemente interconnessi: capitale sociale, capitale culturale, capitale umano. E non sono pochi gli analisti che ormai avvertono: nelle società moderne la maggiore o minore presenza di questi tre fattori farà la differenza tra sviluppo e declino di un Paese.
Tre concetti, un filo conduttore I primi due concetti – capitale sociale e culturale – nascono a partire dagli anni ‘80 in ambito sociologico. Il terzo è stato invece sviluppato dagli economisti dopo gli anni ‘50. «Il capitale sociale – spiega Pierpaolo Donati, ordinario di Sociologia all’università di Bologna, da molti considerato il maggiore esperto italiano del settore – riunisce quella serie di relazioni sociali (familiari, associative, reti informali) basate su fiducia, cooperazione e reciprocità. Molti lo vedono come un patrimonio da utilizzare in ambito economico e politico, ma al di là di questi aspetti, esso contiene una valenza sociale. È un “tesoro nascosto” collettivo che cementa la società e ne garantisce la coesione. Ma è una risorsa scarsa, che non si rigenera automaticamente: dove non c’è, aumentano frammentazione e anomia, l’economia ristagna e le istituzioni pubbliche declinano». Al contrario, dove si rie| 44 | valori |
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scono a creare e a salvaguardare relazioni fondate sulla collaborazione reciproca, si rafforzano l’integrazione e, di seguito, la democrazia politica e lo sviluppo economico. «Iniziative come le fondazioni di comunità, l’economia di comunione, la banca etica, i bilanci di missioni, i comitati civici o i progetti d’imprenditorialità cooperativa sono tutte concretizzazioni del capitale sociale», prosegue Donati. Connesso e, anzi, secondo alcuni necessario per lo sviluppo di un sano capitale sociale è il capitale culturale (“prerequisito” lo definisce Tullio De Mauro, nell’ INTERVISTA a pag. 46), inteso come l’insieme di competenze e conoscenze acquisite a scuola e nelle reti sociali in cui si sviluppa la vita di ciascun cittadino. «Un livello culturale inadeguato – commenta Donati – rischia di sottrarre al capitale sociale la sua dimensione positiva per lo sviluppo civico. Anche la mafia, ad esempio, ha un sistema di relazioni basate su fiducia e cooperazione reciproche, ma è un sistema chiuso che di certo non persegue l’interesse collettivo». A chiudere il triangolo, il capitale umano che calcola le conseguenze economiche prodotte dagli investimenti in istruzione e formazione. Ed è proprio la parola “educazione” quella su cui punta l’attenzione Giorgio Vittadini, ordinario di Statistica alla Bicocca di Milano. «L’educazione è il filo conduttore dei tre concetti». Vari modelli econometrici hanno verificato le ricadute negative derivanti da scarso capitale umano, a sua volta connesso con livelli inadeguati di capitale sociale e culturale. Ne è convinto anche Tito Boeri, docente alla Bocconi e promotore del sito LaVoce.info: «Un Paese con più capitale umano ha spesso anche più capitale sociale, cioè una rete informale di relazioni fra persone in grado di valorizzare e perseguire il bene comune. Quando c’è più capitale sociale c’è meno bisogno dello Stato e dunque, se il capitale umano genera più capitale sociale, è vero anche l’opposto: più capitale sociale permette di migliorare la
quantità e la qualità dell’istruzione». E Giorgio Vittadini aggiunge: «I due terzi dello sviluppo di un’attività economica dipendono dalle abilità dei lavoratori. Il capitale umano, sotto il profilo produttivo, è ancora più importante del capitale fisso. È un motore di sviluppo e il moltiplicatore di produttività e produzione. Tuttavia, non è direttamente riconducibile a un aumento della capacità lavorativa. È impegno per uno sviluppo equilibrato, economico e sociale. È contributo gratuito all’edificazione del bene comune».
Diffidenza, sfiducia e poca cultura Vista l’importanza di questi tre fattori, vien da chiedersi quale sia la situazione nel nostro Paese: «Dire quanto capitale sociale ci sia in Italia è difficile – spiega Donati – soprattutto se vogliamo fare un con-
Pierpaolo Donati. ANDREA CARANTI
«B
EATO QUEL PAESE I CUI CITTADINI SI RIUNISCONO per ri-
MASSIMO SIRAGUSA / CONTRASTO
Non saranno più petrolio, macchine e materie prime a fare la ricchezza di un Paese, ma capitale umano, sociale e culturale: parola di premio Nobel. Ecco perchè l’Italia deve rimboccarsi le maniche e recuperare il tempo perduto. All’insegna di tre parole d’ordine: fiducia, reciprocità, cooperazione.
significa creare un clima di fiducia tra le persone, dare credito al prossimo, stimolare i legami di reciprocità, tutelare il tessuto sociale
A sinistra, Tito Boeri. Qui sopra, Alfonso Molina e Giorgio Vittadini.
”
fronto con gli altri Paesi. Ma si possono fissare dei punti certi: a livello europeo, la situazione migliore è nell’area scandinava e in alcuni lander tedeschi (come la Baviera). Quella peggiore è nel Regno Unito, per le forti iniezioni di cultura individualistica che hanno frammentato il tessuto sociale (le iniziative di welfare community sviluppate da qualche anno puntano proprio a rigenerare il capitale sociale)». In Italia, diversamente da quanto si può pensare, c’è più capitale sociale al nord-est che al sud: «Il calore umano o le relazioni familiari – prosegue Donati - non contano nulla se non sono usati per creare reti associative finalizzate all’interesse collettivo. Nelle regioni nordorientali questo è successo e ha garantito un florido sviluppo economico. Ma da anni ormai anche lì il capitale sociale viene eroso senza essere rigenerato: si stanno diffondendo diffidenza, paura, sfiducia reciproca, incapacità a cooperare. E questo condurrà alla crisi il modello economico e politico di quell’area». Non va meglio sul fronte del capitale culturale: l’Italia, nel confronto internazionale con i partner Ue, risulta indietro su quasi tutti gli indicatori. Qualche esempio, tratto da uno studio di Tullio De Mauro e Adolfo Morrone, pubblicato dalla Fondazione Mondo Digitale (e scaricabile dal sito di Valori), che ha classificato la popolazione in cinque gruppi in base alla capacità di fruizione delle attività culturali: il 53% degli italiani (oltre 17 milioni) ha livelli di partecipazione alla vita culturale bassi o medio-bassi (vedi GRAFICO 1 ). La quota di adulti (15-64 anni) che hanno letto almeno un libro nel 2007 (compresi i testi scolastici o professionali) è del 63% a fronte di una media Ue del 71% (penultimi in Europa). Così come – rivela l’OCSE – siamo terz’ultimi su 24 Stati per la spesa in cultura e intrattenimento (vedi GRAFICO 2 ). Non solo: uno scarso livello culturale incide nega|
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HOUSEHOLD EXPENDITURE GOVERNMENT EXPENDITURE
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LIBRI
7 6 5
SPETTACOLI DAL VIVO E PATRIMONIO MUSEALE E PAESAGGISTICO
UNO
Cinema 19,6 Teatro 2,4 Spettacoli sportivi 7,4 Musei 1,1 Mostre, esposizioni d’arte 1,2 Siti archeologici 0,5 Monumenti storici 3,4 Centri storici, città d’arte 2,8 Località paesaggisticamente rilevanti 3,9 Zoo, acquari, orti botanici 1,3 Riserve naturali 1,6
DUE
LIVELLO DI ATTIVISMO TRE QUATTRO CINQUE
TOTALE
44,1 9,5 22,3 10,0 9,3 5,6 21,4 21,1 23,5 9,1 8,1
68,2 23,9 36,1 35,3 34,0 19,4 57,1 57,6 55,9 22,1 23,1
54,6 19,2 28,9 26,2 25,5 15,3 40,4 40,3 40,5 16,4 17,9
85,3 46,4 50,1 68,0 65,2 41,4 86,7 86,3 84,4 34,9 43,6
94,4 67,1 58,8 90,2 90,8 64,1 96,8 96,3 94,7 51,5 65,9
ISLANDA
REGNO UNITO
NUOVA ZELANDA
AUSTRIA
REP. CECA
SPAGNA
FINLANDIA
DANIMARCA
GRAFICO 1 LIVELLO DI PARTECIPAZIONE [ CALCOLATO SU PERSONE DI 18-65 ANNI ] 1.200 1.000 800 600 400 200 0 –2,50
0,00
2,50
Gary S. Becker Il capitale umano Laterza, 2008
FONTE: DE MAURO – MORRONE, LIVELLI DI PARTECIPAZIONE ALLA VITA DELLA CULTURA IN ITALIA, FONDAZIONE MONDO DIGITALE 2008
TABELLA 1 FRUIZIONE DI SPETTACOLI DAL VIVO, DEL PATRIMONIO STORICO, MUSEALE E PAESAGGISTICO E LIVELLO DI PARTECIPAZIONE [ DATI 2006, PER PERSONE DI 18-65 ANNI ]
USA
FRANCIA
SVEZIA
GIAPPONE
REP. SLOVACCA
NORVEGIA
PAESI BASSI
BELGIO
UNGHERIA
0
GERMANIA
1
PORTOGALLO
2
POLONIA
3
LUSSEMBURGO
4
FONTE: DE MAURO – MORRONE, LIVELLI DI PARTECIPAZIONE ALLA VITA DELLA CULTURA IN ITALIA, FONDAZIONE MONDO DIGITALE 2008
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9
ITALIA
Il quadro non è confortante. Ma gli analisti indicano possibili vie di uscita per recuperare il gap. Una cosa è certa: dall’attuale situazione non si esce con rimedi piccoli e momentanei. «L’Italia i talenti ce li ha, ma fatica a raggiungere l’obiettivo di una conoscenza inclusiva. Le regole del gioco interne bloccano le loro potenzialità e ciò va a danno di tutti», denuncia Alfonso Molina, professore di Strategie delle tecnologie a Edimburgo e direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale. «Serve un cambiamento olistico se il Paese vuole entrare nel top delle realtà migliori. Bisogna far capire l’importanza di questi settori, coinvolgere tutte le forze sociali, politiche, economiche, imprenditoriali. Vanno mobilitati i giovani, liberata la loro creatività. Un paese che nega le opportunità alle nuove generazioni nega il proprio futuro ed è destinato a perdere le sfide a lungo termine. L’attuale crisi economica può paradossalmente essere positiva: si può vederla come un ostacolo e adottare soluzioni-tampone che non servono a nulla oppure decidere di sfruttarla per lasciarsi finalmente alle spalle i ritardi e costruire una vera società democratica della conoscenza». Per ricostruire e consolidare invece il capitale sociale, bisogna operare su due fronti: abbandonare la strada dell’individualismo e favorire le scelte utili a (ri)costruire i legami di cooperazione e fidu-
GRAFICO 2
SPESA PER TEMPO LIBERO E CULTURA [ PERCENTUALE DEL PIL, 2005 ]
COREA
Le ricette: più istruzione, meno individualismo
cia. «Tutte le politiche sociali che puntano sull’individuo e non sui suoi legami collettivi ostacolano il capitale sociale – spiega Pierpaolo Donati – Anche le attuali politiche familiari sono sbagliate. Il bonus per le famiglie, la social card sono provvedimenti in favore di singole persone, non delle unità familiari. È invece necessario concentrare gli sforzi per ricostruire un clima di fiducia tra le persone, far capire l’importanza di dare credito al prossimo, sviluppare una cultura che inciti i legami di reciprocità e salvaguardi il tessuto sociale». La cosa interessante è che tali scelte non riguardano solo governi e istituzioni pubbliche. Anche il tessuto imprenditoriale e produttivo ha un ruolo fondamentale: «a livello internazionale, le aziende che si rendono conto dell’importanza del capitale sociale si rivelano vincenti. Se le politiche aziendali favoriscono fiducia e cooperazione reciproca, aumenta la soddisfazione del personale, il clima interno migliora e anche i parametri economici ne risentono positivamente: diminuisce il turn over, l’assenteismo, la mancanza di motivazione e al contrario crescono competitività e produttività». Proposte e indicazioni che vanno nella direzione di quanto più volte detto da Gary Becker, premio Nobel per l’Economia nel 1982: «Io penso che il capitale umano, le informazioni, la conoscenza, le stesse abitudini delle persone, siano decisivi. Di più: i Paesi che non investono sulle persone crolleranno. Il XXI secolo – ha profetizzato nel suo intervento al festival dell’Economia di Trento del 2007 – segnerà la rivoluzione del capitale umano e la conoscenza è già e sarà ancor più il fondamento di ogni aspetto della vita umana».
IRLANDA
tivamente anche sulla capacità e la propensione a fruire del nostro patrimonio artistico e naturale (vedi TABELLA 1 ).
FONTE: OCSE, 2006
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Pierpaolo Donati, Luigi Tronca Il capitale sociale degli Italiani Franco Angeli, 2008
5,00
Giorgio Vittadini Capitale umano la ricchezza dell’Europa Guerini e Associati, 2004
L’Italia? Come la Sierra Leone Conviene investire sul sapere Tullio De Mauro: «Il sistema scolastico ha innalzato il livello d’istruzione. Ma l’extra-scuola è rimasto immutato. Investiamo su biblioteche, teatri, formazione permanente». esistono sacche di dealfabetizzati, cioè di adulti che hanno raggiunto a scuola alti livelli ma in età adulta sono risospinti indietro dalle condizioni di vita. Ma sono appunto sacche del 10, del 20, magari di Emanuele Isonio del 40%. Non dell’80% come in Italia». L’analisi è di Tullio De Mauro, linguista di fama mondiale, ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo Amato. «Soltanto in un paese in via di sviluppo come la Sierra Leone troviamo percentuali simili di analfabeti e dealfabetizzati».
«I
N TUTTI I PAESI AD ALTO LIVELLO DI CONSUMI E DI REDDITO
Tempo fa lei ha detto: «Solo il 20% degli italiani ha le competenze adeguate per muoversi in
“
Appena il 20% degli italiani ha le competenze adeguate per muoversi in una società complessa. Ed è una cifra perfino ottimistica. Sono percentuali simili a quelle del Terzo mondo
”
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una società complessa». Rischiamo un nuovo analfabetismo? Purtroppo sì. Il 20% è una cifra perfino ottimistica. E l’analfabetismo nelle competenze di base, linguistiche e di calcolo, ci espone all’analfabetismo tecnologico. Immagino che l’analfabetismo incida negativamente anche sul livello del capitale culturale italiano... Ovviamente. Il capitale culturale indica infatti le competenze acquisite a scuola e fuori che rendono possibile fruire delle pratiche culturali. Ed è anche un prerequisito per l’incremento del capitale sociale. Quali sono i dati salienti della sua ricerca in proposito? Con Adolfo Morrone, giovane statistico dell’Ocse, abbiamo raggruppato la popolazione in cinque fasce distinte per livelli di partecipazione ad attività culturali. Le due fasce con più estesa capacità di partecipazione assommano insieme solo il 16,2% della popolazione. Le
due fasce con livelli minimi o quasi assenti di partecipazione comprendono il 53,1%. Di chi è la responsabilità dell’attuale situazione? Il nostro sistema scolastico è inadeguato? C’è chi definisce la scuola “fabbrica degli ignoranti”. A me pare sbagliato. Negli anni Cinquanta il 59,2 della popolazione adulta italiana era privo di ogni titolo di studio e ai censimenti si dichiarava spontaneamente analfabeta. La scuola ha preso in carico i figli e i nipoti degli analfabeti e li ha portati tutti alla licenza elementare negli anni Settanta-Ottanta, alla licenza media negli anni Novanta e il 75% anche al diploma secondario superiore col finire del Millennio. È stato l’extrascuola a restare immoto, fermo agli anni Cinquanta: non sono aumentate le copie di quotidiani vendute, più o meno una ogni 10 abitanti (le medie europee sono di una copia ogni 1,5/2 abitanti); e ancora oggi come allora abbiamo il 75% dei Comuni senza biblioteche. Dove la società e i parlamenti e governi hanno investito, come si è fatto dagli anni Ottanta per le elementari, formando gli insegnanti e ripensando contenu-
Tullio De Mauro, Adolfo Morrone Livelli di partecipazione alla vita della cultura in Italia Fondazione Mondo Digitale, 2008 Gratis su www.mondodigitale.org
Tullio De Mauro, linguista di fama mondaile ed ex ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo Amato.
IN RETE Fondazione Mondo Digitale www.mondodigitale.org Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico www.oecd.org
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Ivo Colozzi, Riccardo Prandini I leader del terzo settore Percordi biografici, culture e stili di leadership Franco Angeli, 2008
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IL SETTORE NON PROFIT PRODUCE CAPITALE SOCIALE? MISURIAMOLO CON IL “VAS” IN UN PAESE COME L’ITALIA in cui i livelli di capitale sociale non sono certo esaltanti, lo sviluppo del Terzo settore potrebbe essere un importante passo verso la soluzione del problema. A prima vista, questo è innegabile: esso comprende infatti soggetti che per loro natura dovrebbero stimolare lo sviluppo di reti basati su fiducia, cooperazione e reciprocità e quindi contrastare la disintegrazione sociale, l’emarginazione e la povertà. Proprio ciò che serve per incrementare il capitale sociale. Eppure, non tutto è oro ciò che luccica sotto il nome di Terzo settore: «Certe cooperative sociali – denuncia il sociologo Pierpaolo Donati – sono meri soggetti di mercato. Non creano cooperazione né senso civico». E Giorgio Vittadini, ordinario di Statistica alla Bicocca di Milano, aggiunge: «In Italia manca un sistema serio di valutazione della qualità dei soggetti che operano nel non profit, che è invece essenziale affinché cresca il capitale umano e sociale. Ci sono invece aree opache nel rapporto tra enti pubblici e Terzo settore che ne impediscono lo sviluppo». In un simile contesto, risulta essenziale individuare il criterio migliore per valutare la qualità dei servizi erogati: c’è chi propende per una valutazione da parte di soggetti pubblici e indipendenti, chi invece un “autocontrollo” o una verifica peer to peer. Al dipartimento di Sociologia dell’università di Bologna hanno lanciato un’idea: perché non valutare la qualità delle attività delle organizzazioni non profit attraverso il Valore aggiunto sociale? «Un termine che indica la capacità dei soggetti del Terzo settore di produrre beni relazionali e di generare capitale sociale – spiega Andrea Bassi, membro del gruppo di ricerca coordinato dal professor Ivo Colozzi –. Può quindi permettere di calcolare quanto tali obiettivi vengono raggiunti da un singolo soggetto rispetto ad altri operanti nello stesso settore d’intervento o da parte dei soggetti non profit rispetto alle imprese di mercato». La ricerca, che avrà durata biennale, dovrà prima individuare gli elementi che determinano il valore aggiunto sociale di un’attività e gli indicatori che possono permettere di calcolarlo. In una fase successiva, attraverso studi di caso territoriali e indagini empiriche si dovrà verificare se, effettivamente, il Valore aggiunto sociale è adatto a misurare Em.Is. la qualità delle performance dei vari tipi di organizzazioni del Terzo settore.
CAPITALE SOCIALE, QUESTIONE DI LEADERSHIP? CHI SONO I LEADER DEL TERZO SETTORE? La capacità delle organizzazioni non profit di produrre capitale sociale dipende anche dallo “stile” di leadership, cioè dal modo in cui i responsabili intendono il loro ruolo e gestiscono le relazioni con gli altri membri dell’organizzazione? Domande che trovano risposta nell’indagine condotta dalla squadra guidata da Ivo Colozzi e Riccardo Prandini, docenti di sociologia all’Università di Bologna (I leader del Terzo settore, Franco Angeli 2008). Una risposta complessa e articolata. «La maggior parte degli intervistati (230 “leader” di organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale) è consapevole dell’importanza di creare legami sociali di sostegno reciproco o di amicizia – dichiara Ivo Colozzi - Ma la capacità di produrre questo capitale sociale associativo non è così diffusa». E in più: «dalla ricerca emerge un’immagine del Terzo settore estremamente differenziata rispetto alla capacità di creare capitale sociale, tanto da mettere in dubbio la stessa opportunità di utilizzare un termine sintetico come Terzo settore per indicare una realtà che forse non è più omogenea. Forse non esiste più un solo Terzo settore, bensì un vero e proprio pluriverso di organizzazioni che tendono verso configurazioni organizzative, culturali e funzionali molto diverse, se non reciprocamente quasi incompatibili, o comunque in forte tensione reciproca». www.aiccon.it
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ti e didattica, i risultati sono stati e restano eccellenti: nei confronti internazionali i ragazzini italiani figurano tra i top ten e in certi anni tra i top five, e ciò che più conta migliorano di anno in anno i loro punteggi nella media internazionale. Alle superiori, dove l’investimento è mancato e da quarant’anni si trascina senza esiti la discussione sul come riorganizzarle, si è fermi ad architetture, contenuti e metodi del primo Novecento e i risultati sono pessimi. Ma anche per le superiori è sbagliato chiamare i professori sul banco degli imputati: è come accusare i tranvieri per la congestione del traffico urbano. Non si vedono luci in fondo al tunnel? Qualche luce c’è. Ho parlato prima delle cinque fasce di popolazione. Tra i due estremi si colloca una vasta fascia intermedia – quasi un adulto su tre – con competenze di insieme non esaltanti, ma animata da evidenti spinte alla lettura e all’uso intelligente delle tecnologie. Potrebbero essere rapidamente e facilmente trascinati verso livelli più alti. Chi deve e può porre rimedio all’attuale situazione? Lo dice l’articolo 3 della nostra Costituzione: tocca alla “Repubblica”, cioè all’intero apparato pubblico centrale e periferico, rimuovere gli ostacoli che tagliano fuori tanti di noi dalla partecipazione attiva alla vita collettiva. Ma anche le famiglie potrebbero non poco: solo il 21% ha almeno cento libri in casa, il numero minimo perché i figli si abituino alla lettura, che è riconosciuta essere il principale “predittore” e fattore di successo scolastico. Non sarebbe male fare arrivare questa notizia al 79% di famiglie senza libri. Come si può intervenire? Rafforzando l’offerta culturale (teatri, biblioteche, iniziative per l’alfabetizzazione digitale). E poi, investiamo nei programmi di formazione permanente per gli adulti e rendiamo obbligatori i fondi per i centri di lettura. E torno a proporre che Benigni o Pippo Baudo o Alba Parietti compaiano in televisione leggendo un libro. C’è chi dice: “La crisi economica attuale è un ostacolo a simili investimenti”. Come risponde a questa posizione? Non è vero che litterae non dant panem. È vero il contrario: costano poco e rendono molto almeno alla collettività. Parola di economisti. Come hanno più volte ricordato Tito Boeri e Luigi Spaventa, il sistema produttivo italiano soffre di una stagnazione che dura dai primi anni Novanta ed è riconducibile alla scarsa qualità culturale delle risorse umane. Ogni soldo speso per innalzare i livelli culturali frutterà in termini di prodotto interno, oltre che di coesione sociale e miglior qualità della vita. E ricordo che Barack Obama e il suo futuro segretario all’Istruzione, Arne Duncan, in piena crisi recessiva, annunziano un rinnovato impegno finanziario per potenziare il sistema scolastico statunitense.
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Dalle idee all’azione Cosa c’è dietro Zoes
Come si sviluppa la “zona equosostenibile” della Fondazione
Culturale Responsabilità Etica. Da piattaforma “di” qualcuno a strumento “per” tutti. OM’È CHE LE BUONE IDEE SI SVILUPPANO
e diventano buoni progetti? Spesso pensiamo che la parte fondamentale siano le risorse economiche: trova i denari e paga ciò che ti serve per le tue idee. Nel mondo dell’economia solidale e responsabidi Ugo Biggeri le questo è solo in parte vero. AddiPresidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica rittura può succedere che la presenza di soldi stimoli idee che però non danno frutti: molti ne hanno avuto esperienza con le risorse di bandi o del Fondo Sociale Europeo. Nelle esperienze che abbiamo visto con Banca Etica, la scarsità di risorse economiche ha favorito una progettazione più attenta, la costruzioni di reti, scambi, relazioni che hanno consentito di realizzare progetti ambiziosi con risorse relativamente scarse. In tal modo si realizza un uso più efficiente delle risorse economiche, una sostenibilità di lungo periodo e, cosa forse più importante, una progettualità in cui il ”potere” e la responsabilità si dividono tra molti soggetti.
C
GRADO DI EQUOSOSTENIBILITÀ FOGLIA, RAMO, ALBERO O BOSCO. Gli abitanti di Zoes sono classificati in base al loro grado di equosostenibilità. Una volta iscritti al social network bisogna infatti “profilarsi” e rispondere a un questionario sulla propria responsabilità sociale ed ambientale. Viene così assegnato un grado di equosostenibilità (il più basso è “foglia”, il più alto è “bosco”) che, nel tempo, può essere migliorato, dimostrando progressi nella propria vita quotidiana in termini di responsabilità sociale e ambientale. IN ITALIA SCOPPIA LA VOGLIA DI SOCIAL NETWORK I GIOVANI ITALIANI IMPAZZISCONO PER INTERNET e, ancor più, per i social network. I numeri lo dimostrano. Secondo una ricerca dell’European Interactive Advertising Association (EIAA) i ragazzi italiani guidano la classifica europea degli “heavy user” della rete con 13,6 ore di surfing alla settimana. Ma quello che emerge dalle statistiche è soprattutto l’esplosione di una social network-mania. Cercare di stare dietro alle cifre degli iscritti a Facebook è impossibile, cambiano ogni giorno. Oggi (a metà gennaio) siamo a circa 5 milioni in Italia, 150 milioni nel mondo, con tassi di crescita a tre cifre (intorno al 900% annuo per il nostro Paese). Nascono gruppi di ogni genere (da quello che raccoglie chi odia il formaggio ai fan di Britney Spears), ma le tematiche sociali, di solidarietà, di cause umanitarie sono tra le più diffuse.
Nel passare dal sogno al progetto, siamo chiamati a darci una serie di scadenze, di vincoli, di compromessi che bisogna sapere gestire, sfruttare, aggirare o subire. Spesso il sogno non diventa progetto; a volte, proprio per le difficoltà, il progetto migliora e ravviva il sogno. Anche Zoes sta nascendo così. L’idea iniziale era quella di realizzare una Terra Futura on line. Questa idea si è intrecciata con quella delle pagine “arcobaleno di valori”, la rete di soggetti finanziati da Banca Etica. La riflessione sulla staticità di un simile approccio, sul rischio di una visione commerciale, sul costo, ha iniziato a far pensare a qualcosa di diverso. Guardando da più lontano ci si è resi conto che era un’idea di interesse di molti, ma di difficile realizzazione, anzi di potenziale occasione di competizione. Ecco allora che l’idea si è evoluta da piattaforma “di” qualcuno ad uno strumento “per” favorire lo sviluppo dell’economia solidale, per portarla tra la gente, i giovani. È un passaggio fondamentale, significa costruiamo qualcosa in cui l’impronta dei promotori è limitata, ha una funzione di garanzia, ed affidiamo l’uso e il funzionamento della piattaforma alla partecipazione dei cittadini, delle associazioni, delle reti. Internet è oggi più usato dai giovani rispetto alla TV (dati dell’European interactive advertising association) e tra i giovanissimi italiani ben il 40% si collega ad internet settimanalmente ed oltre il 70% usa il pc (Istat 2008). Dunque ha senso portare l’economia solidale sul web, non solo per chi già si impegna, ma per i nuovi e futuri volontari 2.0. Ecco allora che nasce il progetto Zoes e quindi la ricerca di partner progettuali in grado di dargli efficacia ed autorevolezza. Ecco lo studio di come le potenzialità del web 2.0 possano essere messe al servizio anche di altre fiere (Fa’ la Cosa Giusta), delle riviste di settore, delle reti di economia solidale, dei GAS, dei cittadini consumAttori. I soldi si sono dovuti cercare (e si cercano), ma ci siamo accorti che tante volte potenziali costi potevano essere notevolmente ridotti credendo nella rete e nella partecipazione degli utenti. Con un po’ di ritardo rispetto al previsto ci stiamo arrivando. Averlo fatto con questo spirito è stata una bella cosa.
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| economiasolidale | protezioni sociali |
| economiasolidale |
Società di mutuo soccorso: il “welfare parallelo”
Nate oltre 150 anni fa tra gli operai si sono trasformate nel tempo, riuscendo a individuare i punti deboli dello Stato sociale: dall’assistenza sanitaria, alla previdenza integrativa, in Europa offrono servizi a 169 milioni di persone. ALLA METÀ DELL’800 AD OGGI praticamente ogni forma di organizzazione - sociale, industriale, politica - è cambiata radicalmente. Sopravvivere alla seconda rivoluzione industriale, a due guerre mondiali, all’informatizzazione della società o al passaggio dalla dittatura alla democrazia è stato quasi per tutti impossibile. Eppure, da 150 anni, c’è chi ci è riuscito. Le società di mutuo soccorso sono un esempio di organizzazioni codi Andrea Barolini sì longeve da essere arrivate fino ai giorni nostri. E con rinnovato vigore. Motivo? Semplice: di esse c’era, c’è e ci sarà ancora bisogno. Finché il welfare state non sarà così efficiente da renderle superflue. Nella pagina a fianco, la mappa del mutuo soccorso italiano. Il principio della mutualità, infatti, si basa da sempre sulla costruzione di una sorta di “stato sociale paNella foto in basso, il Salone rallelo”. Per molti anni le società di mutuo soccorso sono state, di fatto, l’unica forma di protezione sociale, della Casa dei Ferrovieri della Mutua Cesare Pozzo. di assicurazione sanitaria e di approccio alla cultura per milioni di persone in Europa. In modo sempre autonomo rispetto alle istituzioni e del tutto svincolato dalPERCENTUALE DI PERSONE RAGGIUNTE DA SERVIZI MUTUALISTICI IN EUROPA le logiche di mercato. Esse sono, infatti, società di persone, non di capitali. Coi denominatori comuni della volontarietà e della mancanza di scopo di lucro. L’unica 80% condizione per diventare soci è il pagamento di una quota annuale, necessaria per far fronte alle spese della so60% cietà, che varia in funzione delle prestazioni offerte (da pochi euro a qualche centinaia, nel caso ad esempio, del40% l’erogazioni di importanti prestazioni sanitarie).
80%
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SVIZZERA
BELGIO
PAESI BASSI
GERMANIA
LUSSEMBURGO
REPUBBLICA CECA
IRLANDA
FRANCIA
REP. SLOVACCA
SLOVENIA 160
169 120
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AFRICA 13
25
MEDIO ORIENTE
ASIA
0
EUROPA
SERVIZI MEDICO-SANITARI
|
69 40
AMERICA LATINA
80 41% SERVIZI PER DISABILI
0
POPOLAZIONE COPERTA NEL MONDO DAI SERVIZI MUTUALISTICI (MILIONI)
59% BENEFICI IN CASO DI MORTE
20% 28%
55% SERVIZI PER TOSSICODIPENDENTI
40%
FONDI PENSIONE INTEGRATIVI
60%
83%
Duemila in Italia FONTE: WWW.AIM-MUTUAL.ORG
LE PRINCIPALI ATTIVITA DELLE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO EUROPEE
FONTE: WWW.AIM-MUTUAL.ORG
DANIMARCA
UNGHERIA
PORTOGALLO
REGNO UNITO
GRECIA
0
ITALIA
20%
SPAGNA
FONTE: WWW.AIM-MUTUAL.ORG
D
5
In Italia, la maggior parte delle società di mutuo soccorso fanno riferimento alla Fimiv (Federazione italiana della mutualità integrativa volontaria, www.fimiv.it, che a sua volta aderisce a Legacoop): oltre 150 enti – su un totale nazionale di circa duemila – che offrono i propri servizi a circa mezzo milione di persone. Ciascuna società ha in media mille iscritti, ma le più grandi ne contano decine di migliaia. La più antica è la Società Generale di Pinerolo, nata nel 1848 a seguito dell’apertura alle forme associative introdotta con lo Statuto Albertino. Le attività principali sono quelle legate alla sanità: «Le prestazioni fornite comprendono ogni genere di spesa medica: ricoveri, interventi, accertamenti diagnostici, visite
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DAI FUOCHISTI A TUTTI I CITTADINI: 132 ANNI AL SERVIZIO DELLA SALUTE QUANDO IL I MAGGIO ERA ANCORA UN GIORNO COME GLI ALTRI, dodici anni prima che divenisse la festa simbolo di tutti i lavoratori del mondo, nasceva a Milano la Società di mutuo soccorso tra macchinisti e fuochisti delle Ferrovie dell’Alta Italia. La prima a superare l’ambito cittadino, l’unica ad essere ancora in vita. 132 anni di storia nei quali non ha mai mutato la propria missione: tutelare la salute di chi, all’epoca, non era aiutato dal benché minimo embrione di Stato sociale e, oggi, non può permettersi i costi proibitivi della sanità privata e non è garantito dalle limitate risorse pubbliche. Nel tempo però la mutua Cesare Pozzo (che ha preso il nome da uno dei suoi primi presidenti, foto, un macchinista perseguitato per il suo ruolo, ritenuto sovversivo e morto sotto le ruote di una locomotiva) ha allargato il suo tessuto sociale, aprendosi prima a tutti i ferrovieri, poi ai lavoratori dei trasporti e dal 1995 a tutti i cittadini. Oggi conta oltre cento sedi in tutta Italia (foto sotto, una vecchia Casa dei ferrovieri di Milano) e 300 mila soci ai quali può offrire molti servizi sanitari (suddivisi tra prestazioni base e aggiuntive) a costi molto competitivi, alleggerendo le spese sanitarie di una famiglia. Il segreto sta nel non avere scopo di lucro e nella sua struttura amministrativa ridotta all’osso, in cui la maggior parte dell’organizzazione è delegata al lavoro volontario dei propri soci. «La nostra offerta – spiega il presidente Giovanni Sica – è basata su una tradizione storica di solidarietà e aiuto reciproco. Cose che non si possono trovare in chi offre polizze sanitarie integrative a scopi commerciali». Em.Is.
I Paesi più virtuosi sono Svizzera, Belgio, Olanda e Germania. L’Italia è ancora il fanalino di coda DAL 1886 AD OGGI: REGOLE, OBBLIGHI E AGEVOLAZIONI PER IL MUTUO SOCCORSO QUALI SONO LE LEGGI DEDICATE ALLE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO? Quali i requisiti per queste società? E quali agevolazioni hanno? Un piccolo vademecum per chiarirsi le idee. NORME DI RIFERIMENTO: La prima legge che regola il mondo del mutuo soccorso è datata 1886 (il regio decreto 3818) ed è tuttora in vigore. A un secolo esatto di distanza, il decreto presidenziale 917/1986 ha riconosciuto tali società come enti istitutivi e gestionali di fondi negoziali (una delle forme pensionistiche complementari). Nel 1999, poi, il decreto legislativo 229 le ha inserite tra i soggetti abilitati a fornire servizi sanitari integrativi di quelli erogati dal servizio pubblico. Il 31 marzo scorso, infine, il ministro della Salute, con un decreto ministeriale, ha imposto che esse comunichino annualmente all’anagrafe dei fondi sanitari il proprio bilancio e l’elenco delle prestazioni garantite. A integrazione della legislazione nazionale, alcune regioni (Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna, Veneto) hanno promulgato leggi specifiche per la tutela e la promozione del mutuo soccorso. REQUISITI PER ESSERE UNA S.M.S.: È obbligatorio iscriversi presso il Tribunale civile e dotarsi di uno statuto, redatto con atto notarile, che indichi la sede sociale, gli scopi, le condizioni d’accesso e di espulsione dei soci, nonché i loro doveri e diritti, e le norme per l’utilizzo e la conservazione del patrimonio sociale. OBBLIGHI: per ottenere la personalità giuridica, una società di mutuo soccorso deve «assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, impotenza al lavoro o vecchiaia oppure venire in aiuto alle famiglie dei soci defunti». Potranno inoltre favorire l’educazione dei propri soci e aiutarli ad acquistare «gli attrezzi del loro mestiere» (RD. 3818). AGEVOLAZIONI: la legge del 1986 prevede la detraibilità dalle imposte al 19% dei contributi associativi versati alle società di mutuo soccorso dalle persone fisiche (fino a un massimo di € 1.291,14) mentre Em.Is. permette alle aziende la deducibilità dal reddito dei contributi associativi versati.
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specialistiche, assistenza domiciliare, oculistica e odontoiatrica», spiega Placido Putzolu, presidente della Fimiv. Le società, inoltre, si occupano di aiutare con sussidi socioeconomici chi è costretto a lunghi periodi di assenza dal lavoro per malattia o infortuni, e sostengono le famiglie dei soci in caso di inabilità permanente al lavoro. Non solo: le società di mutuo soccorso possono svolgere attività educative, culturali e ricreative: molte di esse organizzano corsi didattici, eventi musicali, turistici e sportivi, gestiscono e mantengono biblioteche, musei, teatri, cinema e luoghi di lavoro. Altre sono perfino in grado di erogare anche borse di studio. «E in futuro gli ambiti di intervento potrebbero espandersi notevolmente – spiega Davide Biolghini, esperto di economia delle relazioni –. Questo genere di esperienze potrà sfruttare le difficoltà che sta già provocando la crisi globale, e diventare un vero e proprio punto di riferimento, sostenibile, per numerosi bisogni delle popolazioni».
APPUNTAMENTI FEBBRAIO>MARZO
Ogni prima domenica del mese ROMA FARMERS’ MARKET BIO A partire da febbraio, ogni prima domenica del mese, Aiab, associazione per l’agricoltura biologica, organizzerà a Roma, alla Città dell’Altra Economia, nel popolare quartiere di Testaccio, i “farmers’ market bio”. Un modo per scoprire il mondo del biologico e per acquistare prodotti di alta qualità a costi assai contenuti. www.aiab.it
Il 50% è nato prima del 1940 Un lavoro, spesso per nulla pubblicizzato, destinato dunque a crescere, ma che ha già assunto dimensioni imponenti. In Europa, calcola l’Association Internationale de la Mutualité (www.aim-mutual.org), attraverso questo genere di società vengono offerti servizi mutualistici a 169 milioni di cittadini (e inoltre a 69 milioni in Asia, 25 in Africa e 13 in America Latina). Complessivamente, le società europee superano i 100 milioni di affiliati. Secondo la stessa associazione, tuttavia, l’Italia resta il fanalino di coda del Vecchio Continente per quanto riguarda la percentuale di popolazione coperta, subito dietro Grecia, Spagna e Gran Bretagna. I Paesi più virtuosi, da questo punto di vista, sono invece Svizzera, Belgio, Olanda e Germania. Altro dato interessante è quello che riguarda la longevità degli enti: il 27% è stato fondato tra il 1981 e il 2002, il 23% tra il 1941 e il 1980 e ben il 50% tra il 1880 e il 1940. Moltissime società di mutuo soccorso, infatti, nacquero già all’epoca della Prima Internazionale (1864). Le prime esperienze erano strettamente legate all’ambito operaio, e crebbero di pari passo con il processo di industrializzazione, facendo segnare un vero e proprio boom nel ventennio 1860-1880. Un successo tale da meritare una normativa ad hoc che ne disciplinasse obiettivi, principi e organizzazione: la legge 3818 del 1886, ancora in vigore. Oggi sono riconosciute come enti che gestiscono fondi pensione negoziali (cioè limitati ai lavoratori dipendenti di un settore) o fondi sanitari integrativi (aperti a tutti i cittadini). Ma sebbene l’assistenza sanitaria (intesa nell’accezione più ampia del termine) sia di gran lunga l’attività principale delle società di mutuo soccorso europee (l’83% offre questo genere di servizi), spiccano anche i servizi legati ai casi di decesso dei soci (59%), alla dipendenza da droghe (55%), ai disabili (41%), alla previdenza integrativa (28%).
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23 gennaio – 1 febbraio VERONA VIVI LA CASA Salone nazionale del biologico e dell’ecosostenibile allestito presso la Fiera di Verona. Durante i 6 giorni espositivi è prevista anche la vendita diretta dei prodotti. www.vivilacasaweb.it 5 febbraio MILANO (FIERA) BUILD&GROW Evento incentrato sull’innovazione nell’architettura e sulla sostenibilità dell’edilizia organizzato da Made expo. www.madeexpo.it
5 – 6 febbraio ROMA CONFERENZA DELL’INDUSTRIA SOLARE ITALIA 2009 la CIS-IT si propone di diventare il più importante convegno annuale per gli operatori di mercato dell’energia solare, che vi incontreranno rappresentanti del mondo della politica, della finanza e dei media. www.solarpraxis.de 13 – 14 febbraio BERGAMO FEDERALISMO E TERRITORIO RIPARTIAMO DAI MUNICIPI Dopo Piacenza, Grottammare, Bari, Milano e Roma, l’Assemblea degli Enti locali promossa dalla Rete del Nuovo Municipio arriva quest’anno a Bergamo (al Palazzo Frizzoni). Si incontrano Enti Locali, cittadini, studiosi, soggetti e organizzazioni impegnati nella promozione e nella diffusione delle pratiche partecipative. www.nuovomunicipio.org
metà febbraio – fine marzo ITALIA TRENO VERDE Il Treno Verde di Legambiente e Ferrovie dello Stato è una campagna di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico ed acustico nelle nostre città. Il convoglio sosterà qualche giorno nelle principali stazioni del Paese, al suo interno mostre interattive e accoglienza dei volontari. Un percorso verso scelte e consumi consapevoli. www.legambiente.eu/campagne /trenoVerde/intro.php 16 – 23 febbraio ITALIA SETTIMANA AMICA DEL CLIMA Una settimana di mobilitazione nazionale per celebrare l’entrata in vigore del protocollo di Kyoto. Meno consumi, più energia pulita per salvare il Pianeta: banchetti, manifestazioni, blitz, convegni, tutto per promuovere azioni quotidiane, buone pratiche che ognuno di noi può seguire per contribuire a un risparmio energetico globale necessario per evitare pesanti ricadute ambientali. www.legambiente.eu
25 – 27 febbraio WELS (AUSTRIA) WORLD SUSTAINABLE ENERGY DAYS 2009 Tre giorni di conferenze ed incontri con esperti internazionali del settore delle energie rinnovabili. In programma cinque convegni nel corso dei quali si farà il punto sullo sviluppo delle nuove tecnologie. All’edizione del 2008 hanno partecipato 950 persone, proveniente di 61 Paesi. www.wsed.at
26 febbraio – 1 marzo REGGIO EMILIA ECO CASA & IMPRESA Mostra specializzata sui temi della sostenibilità economica ed ambientale nell’edilizia: risparmio energetico, qualità abitativa, certificazione energetica ed architettura sostenibile. www.ecocasa.re.it 27 febbraio – 2 marzo ROMA LA FIERA DEI PARCHI È l’appuntamento annuale di settore organizzato da Federparchi, Legambiente, Compagnia dei Parchi e Fiera Roma. Park Life si propone come esposizione
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
internazionale delle aree protette in cui promuovere esperienze di conservazione e valorizzazione della natura, di sviluppo territoriale e turistico. www.parklife.it
1 marzo CROTONE MANIFESTAZIONE NAZIONALE Si sposta da Locri a Crotone, quest’anno, la manifestazione nazionale organizzata dal Consorzio Goel, da anni in prima linea contro la ‘ndrangheta e tutte le mafie. Attesi nel capoluogo calabrese migliaia di persone e centinaia di enti provenienti da tutta Italia. www.consorziosociale.coop
13 – 14 – 15 marzo MILANO FA’ LA COSA GIUSTA FIERA DEL CONSUMO CRITICO E DEGLI STILI DI VITA SOSTENIBILI Fiera Milano City. L’edizione 2008, forte di 40.000 visitatori e più di 400 espositori, si è definitivamente imposta a livello nazionale come evento capace di catalizzare l’attenzione del grande pubblico, delle istituzioni, delle imprese e della stampa italiana. http://falacosagiusta.org marzo (tutto il mese) ITALIA DISIMBALLIAMOCI Presidi in tutta Italia agli ingressi di supermercati e ipermercati per sensibilizzare i cittadini e le catene di distribuzione sull’uso eccessivo degli imballaggi che avvolgono i prodotti in vendita. www.legambiente.eu/campagne/intro /disimballiamoci.php
20 marzo ITALIA NONTISCORDARDIME OPERAZIONE SCUOLE PULITE Giornata di volontariato dedicata alle scuole, nata con lo scopo di rendere più vivibili gli edifici scolastici. L’iniziativa coinvolgerà bambini, ragazzi, giovani, |
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insegnanti e genitori che si dedicheranno a piccoli interventi mirati a migliorare le condizioni dell’edificio scolastico o del suo cortile. www.legambiente.eu
21 marzo NAPOLI XIV GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL’IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME DELLE MAFIE Come ogni anno dal 1996 si celebra col primo giorno di primavera la Giornata Nazionale della Memoria in ricordo delle vittime delle mafie. Quest’anno l’associazione Libera ha scelto come territorio protagonista la Campania: il 19 marzo a Casal di Principe si ricorderà l’anniversario della morte di don Peppe Diana. Il 20 al Duomo di Napoli si incontreranno i familiari delle vittime delle mafie. Il 21 a Napoli si marcerà in corteo per le vie del centro città. www.libera.it
22 marzo MONDO GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’ACQUA L’acqua è fonte indispensabile e insostituibile di vita, diritto inalienabile per tutti. Ma troppo spesso è trattata come merce da vendere e da comprare, soggetta alle leggi del mercato. Nel Sud del mondo oltre un miliardo e seicento mila persone non ha accesso all’acqua potabile. Nei Paesi ricchi si utilizza acqua pura anche per tirare lo sciacquone! Il 22 marzo Legambiente sarà nelle piazze italiane per informare e raccontare le contraddizioni globali e locali nella gestione della risorsa acqua. www.portatoridacqua.it
28 marzo MONDO EARTH HOUR 2009 È la grande iniziativa del WWF che farà spegnere, simbolicamente, le luci delle città di tutto il mondo. Dal Colosseo e il Quirinale a Roma al Golden Gate Bridge a San Francisco. Obiettivo, qust’anno, è raggiungere un miliardo di adesioni. www.earthhour.org |
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La guerra infinita del Congo >56 India: a piedii scalzi verso l’autosufficienza >59 A Doha lo scontro sui futuri assetti del Pianeta >62
internazionale CLUSTER BOMB: SI CONCLUDE L’OSLO PROCESS
ONU: PRIMA DICHIARAZIONE CONTRO LE DISCRIMINAZIONI SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE
2008: MENO GIORNALISTI UCCISI MA PIÙ CENSURA
I SEMI SUDAMERICANI FANNO RICCA LA MONSANTO
GAZA: USATE DA ISRAELE ARMI NON CONVENZIONALI COME DIME E FOSFORO BIANCO
MISSILI IRAN: SOSPETTI SU NOVE BANCHE EUROPEE
Oltre 120 Paesi hanno detto sì alla messa al bando delle cluster bombs, le famigerate munizioni a grappolo responsabili di un numero incalcolabile di morti e menomazioni nelle zone di guerra. A dicembre la firma del trattato, che impone il divieto di utilizzo, produzione, commercializzazione, acquisto e stoccaggio degli ordigni, conclude definitivamente il percorso di costituzione dell’accordo noto come Oslo Process. La Norvegia era stata il primo Paese a dare il via alla campagna. «Dopo tutto questo il mondo non sarà più lo stesso» ha affermato in occasione della cerimonia conclusiva il premier norvegese Jens Stoltenberg. «Oggi possiamo confermare che le bombe a grappolo sono bandite per sempre e che noi, un’alleanza di nazioni, organizzazioni internazionali ed esponenti della società civile, abbiamo fatto fare un passo in avanti al mondo». Tra i firmatari dell’intesa si segnala la presenza dei governi europei e di tutti i 42 Paesi africani che, in occasione della conferenza tenutasi qualche mese fa in Uganda, avevano assunto una posizione unitaria ricordando come l’Africa fosse stata per lungo tempo «una discarica per armi pericolose, comprese le bombe a grappolo, che hanno causato la perdita di migliaia di vite umane». Alcuni Paesi chiave dello scacchiere internazionale come Stati Uniti, India, Israele, Cina, Brasile, Pakistan e Russia continuano a rifiutarsi di firmare il documento.
Con una decisione storica l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha realizzato a fine dicembre la prima dichiarazione di condanna delle violazioni dei diritti basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Secondo i calcoli dell’ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender and Intersex Association) e di altre organizzazioni, ha ricordato Amnesty International, «oltre sei decine di Paesi sono ancora dotati di leggi contro il sesso consensuale tra adulti dello stesso sesso. La maggioranza di queste leggi è retaggio degli ordinamenti coloniali. Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite affermò, in una storica decisione del 1994, che tali leggi violano i diritti e che le norme sui diritti umani proibiscono le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale». A firmare il documento sono stati tutti i Paesi dell’Unione Europea e molte nazioni limitrofe (Islanda, Norvegia, Svizzera, Albania, Liechtenstein, Andorra, San Marino, Armenia, Georgia e l’intera ex Jugoslavia), undici nazioni americane, cinque africane (Capo Verde, Gabon, Guinea Bissau, Repubblica Centrafricana, Sao Tomé e Principe), solo tre asiatiche (Mauritius, Nepal, Timor Leste), Australia, Nuova Zelanda e Israele. Tra le assenze “eccellenti” Stati Uniti e Russia. 57 Stati hanno firmato un testo alternativo promosso dall’Organizzazione della Conferenza Islamica sostenendo che “i diritti umani universali non includono i tentativi di concentrarsi sui diritti di certe persone”. Il Vaticano si era inizialmente opposto alla dichiarazione ma ha successivamente chiesto all’Onu di promuovere “l’abrogazione delle sanzioni penali per il comportamento omosessuale”.
60 giornalisti uccisi nel 2008 contro gli 87 dell’anno precedente. Lo rivela il rapporto annuale di Reporters sans frontières (Rsf), organizzazione per la promozione della libertà di stampa, con sede a Parigi. Secondo il rapporto, l’Iraq resta il Paese più pericoloso con 15 morti negli ultimi 12 mesi. Il calo delle uccisioni (nel 2007 erano stati 47 i giornalisti uccisi nel Paese mediorientale) ha contribuito in modo decisivo alla riduzione del bilancio globale. Non mancano altri segnali positivi: 673 arresti contro gli 887 del 2007, 29 sequestri rispetto ai 67 dell’anno precedente. Ma non bisogna essere troppo ottimisti, perché, ricorda Rsf, la censura e le intimidazioni sembrerebbero essersi intensificate soprattutto nei confronti dei cosiddetti “ciberdissidenti”, colpiti dai regimi autoritari grazie anche all’insufficiente opposizione dei principali provider del mondo (vedi Valori n. 65, pag. 56). «I numeri degli indicatori possono anche essere inferiori rispetto a quelli dello scorso anno ma questo non deve mascherare il fatto che l’intimidazione e la censura si siano diffuse maggiormente interessando anche l’Occidente e che i governi più autoritari del mondo abbiano assunto una linea ancora più dura – ha affermato RsF in una nota ufficiale –. In molti casi i giornalisti vengono scoraggiati, si rivolgono a settori meno pericolosi o vanno in esilio.
Ma quale crisi! Per la Monsanto, gigante mondiale sempre più attivo nel settore Ogm, l’ultimo trimestre 2008 (ovvero il primo quarto dell’anno fiscale 2009) è stato un periodo da incorniciare, con profitti in forte crescita. Lo ha riferito a inizio gennaio il Wall Street Journal citando i dati resi noti dalla stessa corporation. Nel corso dell’ultimo trimestre la compagnia ha riportato profitti netti per 556 milioni di dollari, circa il 117% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (256 milioni). Le vendite, precisano dalla multinazionale Usa, hanno generato ricavi per 2,6 miliardi di dollari con un incremento del 29% rispetto al 2008. A trascinare verso l’alto i risultati sono state soprattutto le vendite in America Latina dove un numero crescente di operatori del settore agroindustriale si rivolge a Monsanto per l’acquisto di semi geneticamente modificati (ovvero sterili e “protetti da copyright” come YieldGard Corn Borer in Brasile, YieldGard Corn Borere Roundup Ready Corn 2 in Argentina). «Questo boom – segnalano da Slow Food, l’associazione che dal 2004 promuove Terra Madre a Torino – è dovuto in massima parte agli affari della Monsanto in America Latina, come la forte domanda dell’erbicida Roundup e la vendita di semi di soia in Brasile. Ma non solo, a tirare è anche il mais, con un incremento delle vendite del 34% (161 milioni di dollari), soprattutto in Argentina».
La vice-presidente del parlamento europeo, Luisa Morgantini, che guidava una delegazione di otto deputati europei e un senatore italiano, che è riuscita ad entrare per poche ore nella Striscia di Gaza a bordo di un veicolo dell’Unrwa, ha riferito di numerose testimonianze che parlano dell’utilizzo di armi non convenzionali sui palestinesi da parte dell’esercito di Israele. L’agenzia Misna pubblica le dichiarazioni della genetista e docente universitaria Paola Manduca: «Le ferite che vediamo oggi a Gaza sono identiche a quelle in Libano quando Israele utilizzò armi Dime (Dense inerte metal explosive) e fosforo bianco. I Dime – riporta la Manduca – sono un prodotto dell’industria americana di cui si conosce l’esistenza dal 2004 ma che teoricamente non dovrebbero essere in commercio se ci si attiene alle dichiarazioni ufficiali; in realtà il loro impiego nel 2006 da parte degli israeliani in Libano è stato accertato». La rappresentante del New weapons committee di Genova, un gruppo di accademici, ricercatori e studiosi di tutto il mondo che studia gli effetti degli ultimi ritrovati dell’industria bellica sugli individui e sulle popolazioni, spiega che i Dime contengono nanoparticelle di materiale pesante che a seconda della foggia del contenitore vengono diffuse in maniera omogenea o secondo alcune particolari forme; i tanti casi di amputazione sono probabilmente dovuti a Dime che rilasciano le particelle plasmandole come una lama che trancia di netto qualunque cosa trovi all’interno del suo raggio di azione; ecco perché tante persone, bambini e donne, vengono ritrovati con braccia e gambe amputate, ma senza nessun frammento nel resto del corpo. I Dime possono essere paragonati a delle accette giganti lanciate a folle velocità. Amnesty International ha scritto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per chiedere «che si individuino le responsabilità per i crimini commessi nel corso del conflitto a Gaza e che si dispieghino osservatori sui diritti umani».
Gli inquirenti americani sospettano che nove istituti europei siano stati utilizzati come canali di finanziamento dei progetti nucleari e missilistici iraniani bypassando così il divieto di accesso al sistema bancario americano che Washington impone alla Repubblica Islamica. Lo ha riferito a gennaio il Financial Times in un articolo a firma Joanna Chung. Secondo gli investigatori, un’e-mail intercettata proverebbe l’esistenza di un ordine d’acquisto di 30 mila tonnellate di tungsteno, un metallo pesante utilizzato per la costruzione di missili ad ampia gittata. Nella mail non si fa riferimento all’utilizzo del materiale ma il procuratore distrettuale di Manhattan Robert Morgenthau, che conduce l’inchiesta, ha dichiarato di ritenere quella dei missili l’ipotesi più probabile. Nel contesto delle transazioni, sostengono dagli Usa, le nove banche europee avrebbero aiutato Teheran ad accedere al sistema bancario americano nascondendo le sua identità di cliente. È un fatto tecnicamente possibile come insegna l’esperienza della britannica Lloyds che ha pagato una multa da 350 milioni di dollari alle autorità statunitensi, dopo aver ammesso di aver aiutato alcuni clienti iraniani e sudanesi ad accedere al sistema creditizio americano. Lloyds, hanno precisato gli inquirenti, è comunque estranea all’affaire del tungsteno. Tra le altre banche tuttora cooperanti con le autorità Usa ci sono anche Barclays e Credit Suisse.
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RAFFAELE MASTO
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Sono centinaia di migliaia i profughi in fuga dai villaggi caduti sotto il controllo delle milizie di Laurent Nkunda, ex generale dell’esercito della Repubblica Democratica del Congo.
Foto: Raffaele Masto
LE FAZIONI CHE COMBATTONO
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La guerra infinita del Congo
L’ESERCITO REGOLARE (FARDC) della Repubblica Democratica del Congo che risponde al presidente Joseph Kabila. LA MILIZIA LOCALE filogovernativa Mai-Mai dei Patrioti Resistenti Congolesi (Pareco). SOLDATI AMMUTINATI del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) guidati da Laurent Nkunda. MILIZIANI HUTU delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (FDLR) presenti in Congo dal 1994.
Non sono più le rivendicazioni etniche la giustificazione dei nuovi attacchi alle popolazioni del Kivu: questa volta l’ex generale Nkunda promette di rovesciare il presidente Kabila che vuole svendere le risorse del Paese alla Cina. di Laurent Nkunda e quelle dei soldati dell’esercito governativo, si capisce come stanno le cose. Le prime sono pulite, su misura, con i colori ancora vividi. Le seconde stropicciate, cadenti, scolorite dagli innumerevoli lavaggi. E anche sugli armamenti si vede la differenza: i soldati hanno vecchi kalashnikov con i caricatori tenuti insieme da vistosi giri di scotch marrone. Gli AK 47 dei miliziani sono invece fiammanti di fabbrica e fanno pendant con gli anfibi lucidi e ben curati che molti di Raffaele Masto militari governativi non hanno nemmeno. A colpo d’occhio si capisce perché Laurent Nkunda con un pugno di miliziani – si dice non ne abbia più di cinquemila – possa tenere in ostaggio un’intera regione come il Kivu, la più ricca di tutto il grande Congo. E si capisce anche la guerra che da agosto sta investendo le regioni orientali di uno dei Paesi più grandi, più importanti e più forniti di materie prime di tutto il continente africano. Laurent Nkunda e i suoi guerriglieri in poche settimane hanno UNA MANO TESA DALL’ITALIA preso il controllo di tutti i punti strategici del nord Kivu fino a circondare e assediare Goma, la capitale regionale, intorno alla quale MENTRE NELLA RICCHISSIMA E MARTORIATA REGIONE ORIENTALE DEL KIVU, nella Repubblica Democratica del Congo, la guerra conosce l’ennesima escalation, erano affluiti centinaia di migliaia di profughi fuggiti dai villaggi che, i coordinatori dei Gruppi d’Iniziativa Territoriale (GIT) di Banca Etica di Verona, uno dopo l’altro, sono caduti sotto il suo controllo. In molti casi è badi Vicenza, Bassano e Venezia lanciano un appello di solidarietà per raccogliere fondi in favore dell’associazione Malaki Ma Kongo. «Il denaro raccolto andrà a costituire stato che si spargesse la voce che i miliziani stavano arrivando perché un fondo di garanzia per un progetto di microfinanza l’esercito, ancora prima di avvistarli, si dissolvesse. I soldati si disfaper l’imprenditoria femminile congolese (Progetto d’urgenza in favore delle donne in Congo) cevano della loro vecchia mimetica dopo avere saccheggiato la po– spiegano i promotori del progetto -. Contiamo di raccogliere nel giro di un mese polazione che avrebbero dovuto difendere e si dileguavano nella founa cifra significativa, se ognuno di voi offre il suo piccolo o grande contributo». Nata resta. Del resto perché rischiare di morire per difendere l’integrità di “come continuazione e sviluppo del festival Malaki Ma Kongo, inaugurato a Brazzaville nel 1991, che promuove le radici della cultura dell’Africa nera in generale e del centro una nazione dalla cui capitale, Kinshasa, lontana migliaia di chiloAfrica in particolare”, l’associazione culturale Malaki opera sia sul fronte culturale metri, da mesi non arrivano i soldi per pagare il loro stipendio? sia su quello dello sviluppo responsabile. È presente in Italia (Reggio Emilia e Vicenza), in Francia (Berck sur Mer), in Africa (Congo Brazzaville, RDC, Benin, Ghana e Burkina Faso) Così i più motivati miliziani di Laurent Nkunda hanno potuto e in America (Haiti, Rep. Dominicana, Guadalupa, Venezuela, Martinica, Guyana, Cuba). spadroneggiare e dare al loro capo un potere contrattuale del tutto www.malakimakongo.net - www.chiamafrica.it spropositato, tenuto conto anche del fatto che i caschi blu della Mo-
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E SI CONFRONTANO LE MIMETICHE DEI MILIZIANI
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nuc, la più grande e costosa missione internazionale della storia delle Nazioni Unite, hanno scandalosamente evitato di contrapporsi ai guerriglieri di Nkunda, complice il mandato equivoco con il quale questa Forza di Pace è stata schierata sul territorio.
Perché Nkunda?
volta dal Ruanda del nuovo regime di Paul Kagame. In realtà questo conflitto etnico è diventato un valido pretesto negli ultimi anni per giustificare l’interventismo ruandese oltre frontiera la cui gestione è stata messa nelle mani di Laurent Nkunda, che lo sta utilizzando da maestro, diventando l’uomo dal quale non si può prescindere per lo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo di tale ambita regione. Ma chi sono i suoi nemici? Anche in questo caso la risposta è semplice: il governo congolese di Joseph Kabila che ha firmato contratti miliardari con le aziende cinesi le quali dovrebbero costruire strade, dighe, ponti e infrastrutture – di cui il Paese ha un disperato bisogno – in cambio dei diritti di sfruttamento e prospezione dei territori orientali, gli stessi che oggi sono sotto il controllo di Nkunda e di quello stuolo di faccendieri, mercenari, affaristi locali che fanno il suo gioco. In questo modo diventa chiara l’essenza della guerra che è il risultato dellamancanza di intesa sulla spartizione delle ricchezze congolesi. E si spiega anche perché alle Nazioni Unite non si riesca a votare una risoluzione che dia un mandato più preciso e vincolante alla missione internazionale.
La risposta è semplice. In realtà Nkunda è l’uomo del confinante e aggressivo Ruanda del presidente Paul Kagame e quest’ultimo è il capo di un Paese, piccolo ma cruciale nella regione, che assicura alle multinazionali europee e nord-americane l’afflusso di oro, cassiterite, coltan, uranio e legname pregiato da quel forziere geologico che è il Congo orientale. Ecco, dunque, da dove arrivano i soldi per gli anfibi lucidi, le mimetiche nuove, le armi fiammanti e gli stipendi dei milizani di Laurent Nkunda. Ed ecco da dove arriva il potere che quest’uomo – che ha saputo usare da maestro i profughi come una variabile politica – può esercitare nella regione. Sulla carta lui, di etnia Tutsi, si batte per difendere i cosiddetti Banyamulenge, cioè i profughi della sua etnia, fuggiti negli anni dai pogrom Hutu in Ruanda, la cui sicurezza è minacciata dagli Intheramwe, cioè le formazioni di profughi di etnia Hutu fuggiti a loro
Aumentano le tensioni e le incertezze
In poche settimane i guerriglieri hanno preso il controllo di tutti i punti strategici del Nord Kivu
In questo quadro c’è anche il pericolo di un’escalation nella guerra. Poche settimane fa per la prima volta Nkunda in un’intervista non ha motivato la sua guerra con lo scontro etnico e la sicurezza per i suoi Banyamulenge, ma ha detto chiaramente che le sue milizie si battono per contrastare la vendita del Congo, da parte del presidente |
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Tunisia Marocco Libia
Egitto
FONTE: LE MONDE DIPLOMATIQUE
Algeria Sahara Occidentale Mauritania Mali Niger Gambia Guinea-Bissau Burkina Faso Guinea Costa Benin Nigeria d’Avorio Ghana Sierra Leone Togo Liberia Camerun
GLI SFRUTTAMENTI MINERARI IN AFRICA
Repubblica Centrafricana
Etiopia
Somalia
Uganda Congo Gabon
PRINCIPALI GIACIMENTI ORO DIAMANTI FERRO RAME, COBALTO MANGANESE URANIO
Kenya
Repubblica Democratica del Congo
Tanzania
Angola Mozambico
Zambia
RAME L’85% del rame africano è stato estratto nel 2006 da: Repubblica Democratica del Congo, 135 Kt (17,4%); Zambia, 505 Kt (65,2%); Namibia, 15 Kt (2%)
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Zimbabwe
Namibia
Madagascar
Botswana
PLATINO Il 77% della produzione mondiale proviene dal Sudafrica: 5,5 milioni di once
Sudafrica
DIAMANTI Produzione 2006 del Botswana: 31,5 milioni di carati | 58 | valori |
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A piedi scalzi verso l’autosufficienza
LA SINDROME CINESE CHE SPAVENTA IL MONDO DALL’AVVIO DELLA PRESENZA CINESE NELL’EX ZAIRE sono passati anni ma sull’identità delle imprese a capitale asiatico regna sempre il mistero. Né Kinshasa né Pechino hanno voglia di fare pubblicità al sottobosco societario che circonda la colossale joint-venture che ha legato in una sola spirale i destini dei due Paesi e di cui lo Stato congolese, rappresentato dalla compagnia mineraria Gecamines, detiene appena il 20%. Azionista di maggioranza (68%) è un consorzio di corporation dagli occhi a mandorla: China Railways, Sinohydro e China Metalurgical Group. Cinese è anche Exim Bank, il braccio finanziario dell’operazione cui spetta l’onere della garanzia sui prestiti.
Infrastrutture in cambio di concessioni minerarie A favorire l’espansione di Pechino ci sono almeno due fattori. Il primo è la revisione dei contratti “facili” siglati tra il 1998 e il 2003, l’epoca in cui il Paese era del tutto fuori controllo. Il presidente Kabila sta risolvendo la questione nel modo più semplice: annullando i contratti e concedendo automaticamente la concessione di turno alla Gecamines, per la gioia dei cinesi. Secondo fattore di spinta è la depressione del mercato. Soggette tanto alla speculazione petrolifera quanto a quella delle materie prime, le multinazionali minerarie sono oggi in mostruosa difficoltà. Un caso emblematico è quello della canadese Katanga Mining che ha visto il valore delle sue azioni passare dai 18 dollari del luglio 2007 ai 28 centesimi di fine 2008. In soccorso dell’animale morente si è lanciata la Gecamines che, con il sostegno dei capitali cinesi, ha riacquisito le concessioni di 12 e 15 anni sui siti di Dikuluwe e Mashamba. Tra i segmenti maggiormente in difficoltà (e quindi più appetibili con il mercato in ribasso) c’è quello del rame. A maggio Pechino ha raggiunto un accordo per un maxi prestito/investimento da 9 miliardi di dollari. In cambio del capitale immesso per la costruzione di nuove infrastrutture i cinesi hanno ottenuto un imprecisato numero di concessioni per l’estrazione di 10 milioni di tonnellate del metallo rosso.
Il Barefoot College indiano, un’università creata dai poveri per i poveri, da trent’anni addestra centinaia di uomini e donne a diventare ingegneri, architetti, insegnanti e medici a piedi nudi. Un modello di cooperazione Sud-Sud riuscito ed esportabile da cui c’è tutto da imparare. INDIA DELLE GRANDI CITTÀ, L’INDIA SCINTILLANTE DEL BOOM ECONOMICO si è enormemente arricchita a spese di Bharat, l’India delle campagne. Il tasso di povertà è sceso ma in nessun caso si è avvicinato al risultato che avrebbe potuto raggiungere, basta guardare al numero di bambini malnutriti e al perdurante scandalo del quarto della popolazione tuttora analfabeta, la metà delle dondi Maria Pace Ottieri* ne nel Paese. Settecento milioni di indiani che vivono nelle campagne continuano ad essere esclusi dai benefici della crescita economica, oppressi dalla fame, dalla poValorizzare vertà, dall’analfabetismo, dalle malattie, dall’isolamento. Né sono serviti gli enormi investimenti per le capacità lo sviluppo delle campagne da parte del governo di Delhi e i fiumi di dollari dei donatori internaesistenti. zionali, che dall’indipendenza in poi hanno prodotto un’ininterrotta serie di fallimenti. Il colare da È la formula del Barefoot. Nord a Sud di idee, metodi, approcci, costose attrezzature e personale non funziona.
L’
L’avanzamento cinese dà ovviamente fastidio a molti: dagli ex colonizzatori belgi (la cui presenza nel mercato dei diamanti si sta ridimensionando a favore del gigante asiatico) ai vicini ruandesi che nel Kivu rubano tonnellate di coltan. La tempistica della nuova escalation di violenza nella regione orientale è risultata sospetta a molti osservatori tra cui il giornalista americano William Engdahl che, in un articolo pubblicato a dicembre, ha riferito di una strana richiesta avanzata dal signore della guerra Laurent Nkunda, l’uomo di fiducia del regime di Kigali, al presidente Kabila durante un incontro a Goma: annullare l’accordo da 9 miliardi con la Cina. Secondo Engdahl le preoccupazioni del Ruanda sarebbero condivise dagli Stati Uniti, anch’essi vittime della revisione dei contratti minerari (a farne le spese la Freeport-Mc Roran) e lo sviluppo della presenza militare americana nel continente (basti pensare alla missione Africom) sarebbe tuttora realizzato con l’obiettivo di contrastare gli interessi di Pechino che, dal canto suo, non pare disdegnare una strategia speculare. Alla fine del 2008 il governo cinese ha approvato l’invio nel Corno d’Africa di tre navi da guerra con l’obiettivo di difendere le rotte commerciali dagli attacchi dei pirati somali. Per la marina cinese è la prima missione all’estero degli ultimi 500 anni. Matteo Cavallito
La leva dell’istruzione Quando Bunker Roy, il fondatore del Barefoot College, nel 1972 lasciò Delhi per vivere nel villaggio di Tilonia, nel cuore del deserto del Rajesthan, con un gruppo di giovani laureati venuti come lui dalla città, si propose di fornire alcuni servizi di base per gli abitanti delle campagne. Presto però si rese conto che per risolvere i problemi dei locali i professionisti, gli esperti non servivano, anzi erano d’ostacolo. Nessuno di loro era in grado di vivere a lungo alle dure condizioni dell’India rurale e le soluzioni che proponevano calavano dall’alto senza tener conto delle reali esigenze delle popolazioni locali. Dovevano essere gli stessi contadini a produrre il miglioramento delle proprie vite e a trovare le soluzioni per rispondere ai bisogni primari, l’acqua da bere, la salute, l’istruzione, l’impiego, l’energia elettrica. Le capacità esistevano, ma non venivano valorizzate semplicemente perché gli esperti locali erano poveri ed emarginati. Bunker Roy si convinse che per cambiare mentalità non servivano soldi, perché dare fiducia ai poveri e lasciare |
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I NUMERI
Settimo paese al mondo per superficie
Secondo paese più popoloso al mondo dopo la Cina
1,14 mld di persone, con tasso di incremento demografico pari all’1,6%
50%
della popolazione ha meno di 25 anni
Ma non tutti stanno a guardare BAREFOOT COLLEGE
Kabila, alla Cina e ha aggiunto – anche in questo caso per la prima volta – che la guerra potrebbe arrivare nella lontana Kinshasa per rovesciare il presidente traditore degli interessi del Paese. Si tratterebbe, in tal caso, di una sorta di ri-edizione della guerra che Laurent Kabila, il padre di Joseph, l’attuale presidente congolese, portò nel 1994 a Mobutu Sese Seko, l’allora padre-padrone del Congo, che a quei tempi si chiamava ancora Zaire. Anche in quel caso Laurent Kabila era un Tutsi, sostenuto dai regimi dell’Uganda e del Ruanda, dove Paul Kagame aveva appena vinto la guerra civile e prometteva di fare gli interessi delle multinazionali del mondo anglofono. A quei tempi il nemico di questi progetti era soprattutto la Francia che aveva un rapporto privilegiato con Mobutu. Oggi a contrastare quegli interessi c’è il gigante cinese e a difenderli un fantoccio come Laurent Nkunda, un uomo per tutte le stagioni, ex insegnante e predicatore evangelico, poi generale nelle file dell’esercito congolese, poi signore della guerra e oggi generale ribelle e leader carismatico di un pugno di guerriglieri tirati a lucido. Oggi la guerra delle regioni orientali del Congo è sospesa su questi interessi, ma non è difficile prevedere che, prima o poi, si arriverà ad un accordo sullo sfruttamento delle risorse congolesi. Quando quel momento arriverà Laurent Nkunda non servirà più a nessuno e lo si potrà consegnare al Tribunale Internazionale dell’Aja. Anche con il beneplacito dei suoi attuali protettori. La storia va così.
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40%
della popolazione ha meno di 18 anni
70%
della popolazione vive nelle zone rurali
42%
vive sotto la soglia di povertà, ovvero con meno di 2 $ al giorno (dati Banca Mondiale, 2005)
1/3
dei poveri del pianeta è in India, nonostante l’economia sia tra quelle a più rapida crescita nel mondo (tasso di crescita medio degli ultimi 5 anni: 8,8%)
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il 10%
della popolazione possiede il 33% della ricchezza
150 mila persone rappresentano la classe media del Paese, con possibile estensione a 500 mila nei prossimi 10 anni
32 su 1000
nati vivi: è il tasso di mortalità infantile
66 anni
è l’spettativa di vita alla nascita per gli uomini
72 anni
è l’aspettativa di vita alla nascita per le donne
che realizzassero i loro progetti non richiedeva denaro. Nessuno poteva evolvere un’altra persona, le persone si dovevano evolvere da sole. Fu così che nacque il Barefoot College, l’Università a piedi scalzi, creata dai poveri per i poveri, che da trent’anni a questa parte addestra centinaia di uomini e donne a diventare ingegneri, architetti, insegnanti e medici a piedi scalzi. Le persone imparano con il proprio ritmo, lavorando. Non c’è fretta di completare i progetti, i punti cruciali sono l’addestramento e la motivazione delle persone, di tutti, senza alcuna discriminazione di casta o di religione. L’idea di poter provvedere a un servizio vitale nella propria comunità, sostituire un dottore o un ingegnere laureati, è un’idea del tutto rivoluzionaria per questi contadini disoccupati e che nessuno assumerebbe fuori dal villaggio. A Tilonia, uomini e donne di tutte le età, che non sono mai stati a scuola hanno imparato a costruire case, cisterne per raccogliere l’acqua piovana, scuole, ad installare pompe manuali e pannelli solari e a lavorare sui computers.
Saperi tradizionali e moderne tecnologie sostenibili Il Barefoot College è infatti anche un modello di autosufficienza energetica e idrica, funziona senza sprecare un watt d’energia né una goccia d’acqua potabile ed è il solo villaggio indiano completamente alimentato ad energia solare. La formula è quella di conciliare le tecniche di sopravvivenza tradizionali, quali per esempio la
raccolta dell’acqua piovana che era caduta in disuso, con le applicazioni della moderna tecnologia. Quando nacquero le prime scuole di notte, per i bambini che di giorno pascolano gli animali e non possono frequentare le scuole diurne, i tetti degli edifici furono costruiti in modo da raccogliere l’acqua piovana senza sprecarne una goccia, dentro cisterne che potevano contenere dai 20 mila ai 50 mila litri. In un solo anno, in 107 scuole, furono raccolti nove milioni di litri d’acqua al costo di una rupia al litro, con un grande risparmio di benzina e diminuzione dell’inquinamento e dello sfruttamento delle fonti d’acqua sotterranee. Il controllo dell’acqua era tornato nelle mani dei contadini.
Una formula che può essere replicata? Anche per l’energia, è stata adottata una ricetta basata sull’approccio dal basso e con una formazione che ha l’obiettivo di diffondere la padronanza di tecnologie molto economiche ma anche molto evolute come appunto l’impianto di pannelli solari che tutti possono imparare e insegnare. Il Barefoot College di Tilonia è l’unico villaggio indiano completamente alimentato ad energia solare. Gli insegnanti, gli ingegneri, i medici a piedi scalzi hanno conquistato piena fiducia in se stessi e un grado di rispetto da parte delle loro comunità che nessun professionista venuto dalla città può sperare di ottenere. Se è stato possibile far funzionare l’università a piedi
Le contraddizioni del gigante indiano
scalzi nelle durissime condizioni della regione di Tilonia, la formula può esser sperimentata in qualunque villaggio, a cominciare dall’India dove esistono altri venti Barefoot College in tredici Stati. I candidati al corso nei vari paesi devono appartenere alla fascia dei più vulnerabili, essere analfabeti o semiletterati e disposti a spostarsi a Tilonia per sei mesi. Le donne sono le migliori candidate perché offrono maggiori garanzie di tornare a casa per mettere a frutto le loro nuove competenze. Da dieci anni a questa parte Bunker Roy si dedica al reclutamento di contadine che non erano mai uscite prima dai loro villaggi, negli stati più poveri del
nord dell’India: il Sikkim, l’Assam, Jammu e Kashmir, in Afghanistan. Ma anche in Africa, in Sierra Leone, Senegal, Etiopia, Camerun, Mali e in Sud America, in Bolivia. Al ritorno, dopo sei mesi di addestramento, si sono tutte dimostrate in grado di montare un impianto di illuminazione solare nei loro villaggi. È un esempio, ancora raro, di come la cooperazione Sud-Sud possa funzionare senza l’aiuto dei paesi occidentali, indicando una strada di autosostenibilità da cui c’è tutto da imparare.
«L
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35%
è il tasso di analfabetismo medio: 24% uomini e 46% donne
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516 mln
* Scrittrice e giornalista milanese, autrice di Quando sei nato non puoi più nasconderti, da cui Marco Tullio Giordana ha tratto un film premiato col Nastro d’Argento 2005 alla produzione.
I LIBRI
la forza lavoro indiana (la seconda al mondo): 60% nel settore agricolo; 28% nei servizi e 12% nell’industria. Ogni anno 14 milioni di indiani si aggiungono al mercato del lavoro
80%
della popolazione è di religione induista
14%
Maria Pace Ottieri Raggiungere l’ultimo uomo Einaudi, 2008
musulmani
2,4% cristiani
2% sikh
Maria Pace Ottieri Ricchi tra i poveri. Asia, Medio Oriente, Africa: dal mondo degli altri tredici storie di grandi fortune Longanesi, 2006
Venti Barefoot College sono già operativi in tredici Stati dell’India. Ognuno realizza un modello di autosufficienza energetica e idrica.
Manodopera ad elevato valore aggiunto e a basso costo, un terzo dei poveri del mondo e una crescita rapidissima. dia ha visto un forte sviluppo del settore dei servizi. Grazie ai suoi O SVILUPPO INDIANO avviene secondo una traiettoria oricervelli, di lingua inglese, di elevatissima preparazione scientifica e ginale, diversa da quella cinese e da ogni altro miracoprofessionale, spesso istruiti negli usa e in Gran Bretagna, il Paese è lo fin qui conosciuto. È un Paese che in una generaziodiventato meta di outsorcing per moltissime società multinazionali ne tenta il balzo dal sottosviluppo del settore tecnologico e Bangalore è la Silicon Valley indiana. Gli alla società postindustriale, speridi Licia Casamassima investimenti nel settore dell’educazione hanno creato alcune tra le menta scorciatoie sbalorditive». Copiù prestigiose scuole di formazione del mondo come l’Indian Insì scrive Federico Rampini in “L’impero di Cindia”. Fino al 1991 il sistitute of Science di Bangalore. Oggi l’India “sforna” un numero stema economico indiano seguiva un approccio di tipo socialista, consistente di ingegneri, medici e informatici, presenti con forte presenza statale nei settori strategici dell’ecoin tutte le principali società di tutto il globo. nomia e stringenti controlli sul commercio estero e sugli investimenti diretti dall’estero. Dal 1991 il Paese si è aperto alle riforme, con l’allora ministro delle finanze ManSoftware e finanza, ricerca, mohan Singh, che oggi è premier del Paese nel governo biotecnologie, medicina del Partito del Congresso di Sonia Gandhi. L’India ha scelto un modello di sviluppo ben lontano da Dal 1991 la crescita dell’economia indiana non si è quello tipico per i Paesi emergenti, basato sulla specializpraticamente mai arrestata, superando anche momenti zazione nei segmenti a basso valore aggiunto e ad elevata di crisi come quella asiatica del 1997. Negli ultimi cinintensità di lavoro. Di manodopera in India ce ne è tanta que anni la trasformazione dell’economia ha accelerato e a basso costo, ma è anche altamente specializzata e ad il passo. Se la Cina è ormai la “fabbrica” del mondo, l’Inelevatissimo valore aggiunto. E tuttavia i punti deboli del Sonia Gandhi.
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BAREFOOT COLLEGE
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Paese ci sono eccome. Le infrastrutture sono ancora molto carenti e, data la su vastità e le enormi differenze regionali ancora presenti, la quantità di investimenti di cui avrebbe necessità sono di gran lunga superiori alle capacità di finanziamento. A differenza della Cina lo stato indiano non dispone di denaro in abbondanza, anzi il governo è costantemente in deficit e il debito pubblico è elevato, nonostante i tentativi di contenimento di entrambe le variabili negli ultimi anni. Questo perché, a fronte delle enormi esigenze di spesa per le infrastrutture, la lotta alla povertà e il sistema sanitario, la base imponibile per la tassazione è molto bassa. Solo il 4% della popolazione in età da lavoro è sottoposta a tassazione, proprio perché soltanto il 10% della forza lavoro è occupata regolarmente. Il resto è economia sommersa. Il Paese delle contraddizioni insomma. Dove a imprese di altissimo livello tecnologico ormai conosciute in tutto il mondo quali Infosys, Satyam, Tata, si contrappone il fatto che un terzo dei poveri del Pianeta si trova qui. Le riforme di cui il Paese necessita sono tantissime, il classico approccio liberista allo sviluppo suggerisce provvedimenti che vadano nella direzione di una maggior apertura ai capitali esteri, dalla priva-
tizzazione delle grandi industrie pubbliche, all’apertura alla partecipazione straniera delle banche statali, alla riforma del mercato del lavoro e alla liberalizzazione di taluni settori in particolare quello del carbone e dello zucchero, come evidenzia nelle sue analisi l’Economist Intelligence Unit, unità di ricerca del giornale britannico The Economist.
La più grande democrazia del mondo La strada è difficile se si considera che l’India è la più grande democrazia del mondo e che a differenza della Cina ogni riforma deve essere sottoposta in parlamento al veto di una pluralità di interessi, di negoziati e compromessi. L’alternanza dei governi, fondamentale per la democrazia, rende tuttavia più lento il progresso della strada riformista. A maggio del 2009 il Paese andrà alle elezioni e le sfide che il governo entrante dovrà affrontare sono notevoli: la crescita dell’economia rallenta sotto il peso della crisi internazionale; consumi e investimenti trovano difficilmente i finanziamenti necessari, date le difficoltà a reperire credito a livello internazionale e interno. La lotta alla povertà è una priorità, mentre premono i fondamentalismi di natura indù e islamica.
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A Doha lo scontro sui futuri assetti del Pianeta
L’AGENDA DELLA CONFERENZA DI DOHA IL VERTICE DI DOHA È STATO CONVOCATO per verificare lo stato di attuazione del Monterrey Consensus, ovvero il documento approvato al termine della prima conferenza internazionale sulla Finanza per lo Sviluppo, che si svolse a Monterrey (Messico) nel marzo del 2002. Il documento contiene delle proposte operative per lo sviluppo dei Paesi del Sud, suddivise in sei aree tematiche: mobilitazione delle risorse domestiche; mobilitazione delle risorse internazionali (investimenti diretti esteri e altri flussi finanziari); commercio internazionale; cooperazione finanziaria e tecnica; debito estero; questioni sistemiche: migliorare la coerenza e la consistenza dei sistemi monetari, finanziari e commerciali per sostenere lo sviluppo.
ONU O G20? LA SCELTA DEI PAESI DEL NORD E DELLE ISTITUZIONI FINANZIARIE INTERNAZIONALI
Nessun passo in avanti per i più poveri alla Conferenza sulla finanza per lo sviluppo che si è tenuta a Doha nel Qatar i primi di dicembre. Mentre va in scena lo scontro sulla governance globale, la comunità internazionale non sembra in grado di trovare risposte alla crisi. A CONFERENZA DELL’ONU SULLA FINANZA per lo Sviluppo si annunciava come un momento di enorme importanza per i Paesi del Sud del mondo e per quelli più poveri in particolare. Una conferenza che doveva verificare l’impegno della comunità internazionale di Andrea Baranes sui diversi capitoli legati alle risorse finanziarie e ai meccanismi che possono favorire lo sviluppo delle aree più povere del Pianeta (vedi BOX ). Su quasi tutte le questioni all’ordine del giorno, la conferenza è stata un’occasione mancata. Nel testo finale manca qualunque misura concreta per fare fronte all’attuale crisi finanziaria e ai suoi impatti sullo sviluppo. Per molti versi, il testo finale di Doha sembra scritto 10 o 15 anni prima e in diversi punti è addirittura più debole di quello concordato nel 2002 a Monterrey, durante la prima L’avveniristico Conferenza sulla Finanza per lo Sviluppo. skyline di Doha,
L
ANDREA BARANES
capitale del Qatar. In alto la sala dove si è svolta la Conferenza Onu sulla Finanza per lo Sviluppo.
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Le questioni in gioco Il testo finale di Monterrey per lo meno chiedeva di considerare “misure che possano mitigare l’impatto dell’eccessiva volatilità dei flussi di capitale a breve termine” o l’importanza di “rafforzare le regole prudenziali e la supervisione su tutte le istituzioni finanziarie, incluse quelle che utilizzano un forte effetto leva”. Delle affermazioni scomparse dal nuovo testo, proprio nel momento in cui tutti gli analisti concordano sulla necessità di applicare queste e altre misure. ANNO 9 N.66
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Ancora i giganteschi flussi di capitali illeciti che ogni anno si spostano dal Sud verso il Nord del mondo e i paradisi fiscali sono uno dei maggiori ostacoli, se non il maggiore, sulla via dello sviluppo dei Paesi più poveri. Le stime più attendibili parlano di un flusso di capitali illeciti compreso tra i 500 e gli 800 miliardi di dollari ogni anno, una cifra che oscura i 100 miliardi di dollari della cooperazione internazionale da Nord a Sud. Su questo fronte il testo di Doha si limita a segnalare che “è importante promuovere delle buone pratiche fiscali ed evitare quelle inappropriate”. Un linguaggio di una debolezza e di una vaghezza che sfociano nel ridicolo, soprattutto in relazione alla gravità della situazione attuale.
La governance internazionale La debolezza del testo riflette il fatto che la maggior parte dei negoziati si sono concentrati non sui contenuti specifici, ma sulla necessaria riforma della governance internazionale e dell’architettura finanziaria e, in particolare, del ruolo delle Nazioni Unite in tale processo. Da un lato l’uscente amministrazione Bush ha provato in ogni modo a togliere dal testo di Doha qualunque riferimento alla crisi finanziaria e, più in generale, a spostare l’intero dibattito al di fuori dell’Onu, cercando così di legittimare il processo avviato alla fine dello scorso anno con l’incontro del G20. Un processo che assegna un ruolo centrale al Fondo Monetario Internazionale (Fmi), da molti considerato come uno dei maggiori responsabili dell’attuale crisi. L’assenza a Doha dei vertici di Fmi e Banca mondiale e di quasi tutti i capi di Stato dei Paesi del G20 (vedi BOX ) è apparsa un chiaro segnale politico. Dall’altra parte la gran-
de maggioranza dei Paesi del Sud cercava di riaffermare il ruolo centrale dell’Onu come unica istituzione che può garantire un approccio multilaterale, democratico e partecipato in cui discutere tali questioni. È in questo quadro che è necessario leggere la debolezza del testo finale di Doha, emerso come un compromesso al ribasso, dopo giorni di frenetiche trattative e negoziati.
LO SCORSO 15 NOVEMBRE, tutti i capi di Stato o di governo del G20 (i 20 Paesi con le più grandi economie del Pianeta) sono accorsi a Washington, per discutere della riforma del sistema finanziario internazionale. Alla fine dello stesso mese, tra questi stessi capi di Stato e di governo, il solo presidente francese Sarkozy ha partecipato al vertice Onu sulla Finanza per lo Sviluppo. Un dato letto da molti osservatori come un chiaro segnale delle priorità politiche delle nazioni più ricche. Anche i massimi vertici del Fmi e della Banca Mondiale hanno disdetto negli ultimissimi giorni la propria partecipazione al vertice di Doha. Secondo un’agenzia di stampa, il presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick all’ultimo momento avrebbe giustificato la sua assenza con la sovrapposizione di date tra la Conferenza e il giorno del Ringraziamento, tradizionale festività statunitense. Una scusa che è suonata come una vera e propria sfida al sistema Onu: le date del vertice di Doha erano note da mesi. Aveva forse dimenticato la data del giorno del Ringraziamento?
I prossimi appuntamenti Nel testo finale, un po’ a sorpresa, è comunque sopravvissuto un articolo che segnala che: “Le Nazioni Unite terranno una conferenza al più alto livello sulla crisi finanziaria ed economica globale e i suoi impatti sullo sviluppo. La conferenza sarà organizzata dal Presidente dell’Assemblea Generale e le modalità verranno definite al più tardi entro marzo 2009”. Una formula che lascia aperto uno spiraglio sul ruolo dell’Onu nei prossimi mesi. Rimane il fatto che, nel concreto delle riforme da attuare, la palla passa al G20 e all’appuntamento fissato a Londra ai primi di aprile. Le reti e le organizzazioni della società civile internazionale stanno valutando come mobilitarsi in occasione di questo vertice, nel quale il nuovo “club dei ricchi” dovrebbe decidere regole che la maggioranza delle nazioni del mondo dovrebbe accettare a scatola chiusa e pagare pesanti conseguenze per una crisi in cui non hanno avuto alcuna responsabilità.
La posizione italiana In questo panorama spicca, in negativo, la posizione dell’Italia. Nel suo intervento in plenaria a Doha, in meno di cinque minuti di discorso il sottosegretario Vin-
cenzo Scotti ha citato per ben sei volte il prossimo G8 a presidenza italiana, sostenendo che l’Italia intende inserire nell’agenda di quel G8 “l’Africa, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e la lotta contro la povertà”. Una dichiarazione per lo meno curiosa, considerato che la conferenza Onu di Doha aveva quegli scopi. Di fronte allo scontro in atto sui futuri assetti del Pianeta, il nostro Paese, se vuole continuare a giocare un ruolo rilevante nel panorama internazionale, è chiamato a scegliere: da una parte una minoranza di governi che pretende di decidere per l’insieme dell’umanità, dall’altra il processo all’interno delle Nazioni Unite, sicuramente più faticoso, ma garante di democrazia e di multilateralità. Tra queste due visioni, puntare su un G8 che esclude tanto la maggioranza dei Paesi più poveri quanto i nuovi giganti economici quali Cina o India, appare ad oggi una scelta tanto miope quanto anacronistica.
Nel concreto delle riforme da attuare la Conferenza di Doha rimanda le decisioni all’appuntamento del G20, fissato il prossimo aprile a Londra.
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Acquisizioni APPUNTAMENTI FEBBRAIO>MAGGIO CHARLES DARWIN CELEBRATIONS Nel corso del 2009 ricorrono il 150mo anniversario della pubblicazione dell’Origine della specie (24 novembre 1859) e il 200mo anniversario della nascita di Charles Darwin (12 febbraio 1809). Per conoscere tutto il calendario delle mostre e degli eventi scientifici collegati, visitare il sito http://darwin-online.org.uk/2009.html 5 – 7 febbraio BARCELLONA (SPAGNA) THE INFLUENCERS 5 Quinta edizione del festival sugli “Influenzatori” dedicato ai progetti che tendono a falsare la comunicazione di massa. Visionario spazio aperto ad hackers, impostori e “anarchitetti”. Quando l’arte è anticipatrice. http://theinfluencers.org/es 12 – 13 Febbraio FRASCATI (ITALIA) SEMINARIO INTERNAZIONALE SULLA CITTADINANZA D’IMPRESA Presso il Grand Hotel Villa Tuscolana si terrà la VII edizione del seminario internazionale organizzato da Cittadinanzattiva e il Gruppo di Frascati per la Responsabilità sociale d’impresa, in collaborazione con Fondaca, Fondazione per la cittadinanza attiva. Per ciascuna sessione è prevista la partecipazione di rappresentanti del mondo accademico, del settore imprenditoriale italiano ed estero, e i portavoce di associazioni civiche ed organizzazioni non www.fondaca.org 13 – 16 febbraio VIENNA (AUSTRIA) IMED Meeting internazionale sulle malattie emergenti e la loro sorveglianza. http://imed.isid.org 14 febbraio MILANO LA FORZA DELLE IDEE Convegno organizzato dal Centro Internazionale Dom Helder Camara in collaborazione con la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano, in occasione del centenario della nascita di Monsignor Helder Camara, pastore della Chiesa latinoamericana, profeta e sociologo dei poveri. www.heldercamara.it 8 marzo FESTA DELLA DONNA Giornata internazionale della Donna: diventata una festa (commerciale) in | 64 | valori |
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molte parti del mondo occidentale, originariamente era una giornata di lotta soprattutto nell’ambito delle organizzazioni femministe. La prima giornata internazionale della Donna fu celebrata il 28 febbraio 1909 negli Stati Uniti. 15 marzo EL SALVADOR ELEZIONI PRESIDENZIALI 15 marzo VIENNA (AUSTRIA) RIUNIONE ORDINARIA OPEC Incontro tra i membri della Conferenza delle nazioni che aderiscono all’Opec, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. www.opec.org 23 – 25 marzo RIO DE JANEIRO (BRASILE) STOP TB PARTNERS’ FORUM Il Forum è la riunione di consultazione dei rappresentanti dei Paesi e delle Istituzioni impegnati nella lotta alla tubercolosi. Saranno presenti circa 1000 delegati, tra i quali il segretario generale delle Nazioni Unite. Saranno presenti gli ambasciatori dei paesi donatori, le organizzazioni multilaterali, le organizzazioni intergovernative e non governative, le comunità colpite, le fondazioni, le imprese, nonché i rappresentanti della ricerca e delle comunità accademiche. Il 24 marzo è la Giornata mondiale della tubercolosi. www.stoptb.org 25 – 28 marzo ASPEN (COLORADO) ASPEN ENVIRONMENT FORUM Forum organizzato dall’Aspen Institute sulle tematiche dell’energia, dei cambiamenti climatici e dell’ambiente, dal titolo Powering the Planet: Energy for the Long Run. Tra gli sponsor Shell e GM. www.aspenenvironment.org 30 Marzo – 1° aprile FIRENZE (ITALIA) ESA WORKSHOP ON AEROSPACE EMC Workshop organizzato dall’Agenzia Europea dello Spazio. www.congrex.nl/09c03/ 1 – 4 aprile FIRENZE (ITALIA) WPA INTERNATIONAL CONGRESS Congresso medico internazionale di aggiornamento sui trattamenti psichiatrici. www.wpa2009florence.org 5 – 7 aprile RIHAD (ARABIA SAUDITA) NANO CONFERENCE 2009
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PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
Applicazioni delle nanotecnologie nel trattamento delle acque, nell’ambiente, per l’energia, nell’elettronica e optoelettronica, verranno trattati nella conferenza per le industrie delle nanotecnologie organizzata dalla King Saud University . Nanoksa1@ksu.edu.sa 8 aprile INDONESIA ELEZIONI PARLAMENTARI 22 – 24 Aprile TOKYO (GIAPPONE) MEETING ANNUALE DELLA TRILATERAL COMMISSION Assemblea plenaria della Commissione nata nel 1972 per iniziativa di David Rockefeller. La denominazione “Trilaterale” fu decisa nel 1973, in riferimento alle tre aree economiche rappresentate: Europa, Nord America e Giappone. La Commissione include ora più Paesi e ha aperto anche alla Cina: raggruppa circa 400 membri, di cui 163 europei, 121 americani e 96 asiatici, selezionati tra i vertici dell’economia, degli ambienti accademici, della cultura, della ricerca, dei media e della politica. www.trilaterale.it 25 aprile GIORNATA MONDIALE DELLA MALARIA Terza causa di morte in tutto il mondo, miete fino a due milioni di vittime l’anno e contagia dai 300 ai 500 milioni di persone, soprattutto nelle nazioni in via di sviluppo e nell’Africa subsahariana. Morti evitabili con adeguati investimenti perché la malaria è quasi completamente prevenibile. Le uniche malattie infettive che provocano più decessi sono la tubercolosi e l’AIDS. www.molecularlab.it 25 – 26 aprile WASHINGTON (USA) SPRING MEETING Incontro di primavera del Gruppo della Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale. Con il mondo in piena crisi economica, ecco i terreni di negoziato che saranno affrontati: la riforma della governance globale e il potere che si dovrà in parte devolvere a favore delle economie emergenti; le politiche economiche e finanziarie internazionali che un “nuovo consenso” potrebbe promuovere in maniera non conflittuale. www.imf.org 27 – 30 aprile SAN DIEGO (CALIFORNIA) BIOCYCLE 2009 Promossa dalla California Energy Commission, la Conferenza internazionale
Biocycle è arrivata ormai alla cinquantesima edizione. Si riuniranno a San Diego ricercatori di tutto il mondo per confrontare le più avanzate ricerche sulla gestione dei rifiuti solidi urbani, sul compostaggio e i biogas. www.biocycle50.com 2 – 5 maggio NORFOLK (VIRGINIA) INCONTRO ANNUALE AAS L’American Astronomical Society, riunisce ricercatori di astronomia, astrofisica, e astrodinamica per approfondire e stimolare discussioni e negoziati su tutti gli aspetti della scienze spaziali. Il 2009 è l’anno internazionale dell’Astronomia. dda.harvard.edu/meetings/2009/ 13 – 15 maggio CIPRO SUSTAINABLE DEVELOPMENT 2009 Quarta conferenza internazionale sullo sviluppo sostenibile e la pianificazione, organizzata dall’inglese Wessex Institute of Technology e dalla greca Università della Tessaglia. La conferenza richiama progettisti, ambientalisti, avvocati, ingegneri, architetti, ambientalisti, economisti, responsabili delle politiche governative, ricercatori e docenti universitari impegnati nel campo della sostenibilità. www.wessex.ac.uk/09-conferences /sustainable-development-2009.html 18 – 21 maggio ATLANTA (USA) BIO INTERNATIONAL CONVENTION Convention che richiama le maggiori industrie farmaceutiche nel campo della biotecnologia e delle scienze della vita. http://convention.bio.org/ 23 maggio GERMANIA ELEZIONI PRESIDENZIALI 27 maggio COPENAGHEN (DANIMARCA) CAMBIAMENTI CLIMATICI E AGRICOLTURA Il Consiglio danese per l’agricoltura riunirà i rappresentanti del settore agricolo provenienti da tutto il mondo in una conferenza mondiale sul rapporto tra agricoltura e clima, organizzata in collaborazione con l’Ifap (Federazione internazionale dei produttori agricoli). Obiettivo dell’incontro è arrivare all’elaborazione di una serie di raccomandazioni che verranno successivamente sottoposte ai capi di Stato e di governo in occasione del Vertice mondiale (Cop15) sul clima, previsto per il dicembre 2009 nella capitale danese.
Alambicchi polacchi e banche italiane di Paolo Fusi
NOVEMBRE LA BANCA ITALIANA UNICREDIT HA PUBBLICATO UN RAPPORTO su uno dei due maggiori gruppi petroliferi polacchi, la Grupa Lotos, sostenendo che le azioni di quella società valessero zero e che quindi l’apertura di una procedura di fallimento per Lotos fosse questione di ore. Il botto sulla Borsa di Varsavia è stato indescrivibile. Nei giorni successivi la Lotos ha denunciato Unicredit, che rischia fino a 300 mila euro di punizione, qualora si dovesse dimostrare che il rapporto mentiva sapendo di mentire. Cos’è accaduto? La Grupa Lotos è una delle poche grandi aziende polacche che non rientra nelle privatizzazioni decise dal capo del governo Donald Tusk per ottenere l’entrata della Polonia nell’area euro. Ciò nonostante da anni nella Ue si vocifera di una possibile fusione tra Lotos e il suo concorrente, la PKN. Lotos ritiene che la fusione più probabile potrebbe essere con l’azienda dell’elettricità (molto più grande della Lotos), la PGNiG. La Lotos (un ventesimo dell’Eni) sostiene in realtà di valere 10 miliardi di euro, specie per il suo possibile ruolo nel Baltico dopo il completamento dell’oleodotto del Golfo di Botnia. Possibile. A Varsavia Unicredit controlla la Pekao Bank, una delle privatizzazioni volute da Tusk. Niente di male. La Pekao Bank, come tutte le banche dell’Est europeo, è stata colpita duramente dalla crisi. E Unicredit è in assoluto la banca italiana che soffre di più per la stessa crisi. Mentre Intesa Sanpaolo, fortissima in Russia e legata a Eni e Gazprom, sembra patire solo in parte minima la congiuntura. Sia Intesa Sanpaolo che Unicredit erano, e parzialmente sono, interessate a giocare un ruolo prominente nelle privatizzazioni polacche. E tutte e due sono interessate ad una possibile vendita o svendita di Lotos. In più Unicredit deve salvare Pekao Bank come anche In Polonia alcune forze la casa madre. Nei giorni della caduta libera delle azioni di Lotos qualcuno finanziarie e industriali ha venduto e, quindi, qualcuno ha comprato. Il valore delle azioni scambiate potrebbero avere va molto al di là dei 300 mila euro di punizione che rischia Unicredit. l’interesse a far sparire Non si sa chi abbia comprato, ma si sa che questo qualcuno ha interesse a salire Grupa Lotos. Un sogno? ancora in Lotos e forse persino a prendere una partecipazione in Pekao Bank. Siamo sicuri che abbiano agito in buona fede e che tutto si sia svolto seguendo le regole, che del resto sono poche, deboli, non trasparenti, quasi mai applicate e del tutto contraddittorie (ma di questo non ha colpa Unicredit). Ma proviamo a sognare, non facciamo delle ipotesi, solo un delirio onirico. Sogniamo che in Polonia sia possibile che alcune forze finanziarie e industriali abbiano l’interesse a far sparire Grupa Lotos e che si avvalgano tra l’altro di amicizie e simpatie anche all’interno di Lotos e del governo di Varsavia. Nel sogno un’autorevole fonte interna di Lotos, d’accordo con un impiegato di banca, fa arrivare a un istituto di credito dati distorti sulla situazione finanziaria e industriale di Lotos. Il caos che ne consegue “costringe” il governo polacco a sostenere di nascosto Lotos con una pesante iniezione finanziaria e a sostenere la banca che ha comprato in segreto per un cliente, che forse c’è e forse non c’è, ma che nel sogno minaccia di comprarsi Lotos e farne un cimitero. Nel sogno il governo polacco discute di questa cosa con il governo russo, ovvero Gazprom. Si prendono decisioni. Si usa il rifinanziamento di Lotos per investire nel marasma industriale e finanziario russo (e nel petrolio del Kazakhstan) dove Intesa Sanpaolo ed Eni sono in grande sofferenza da anni. Si battono le mani perché Unicredit Ucraina – una consociata della Pekao Bank – è al centro dei nuovi contratti imposti da Gazprom all’Ucraina e verrà quindi usata in futuro per nascondere gli investimenti di una certa parte politica ed affaristica moscovita in Russia e fuori. Per fortuna è solo un sogno.
A
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ANNO 9 N.66
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FEBBRAIO 2009
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economiaefinanza
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narrativa
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a cura di Michele Mancino [ mancino@valori.it ]
altrevoci EMOZIONI DEI CLIENTI E IDEE DEI DIPENDENTI: NUOVO MATERIALE PER LE IMPRESE
LA FIAT: MODELLO DI AIUTI DI STATO
URGENZA DI CAMBIARE, QUATTRO METODI
A CHE COSA E A CHI SERVE UNA FINANZIARIA
VOLTARE PAGINA CON L’AIUTO DEI LUPI
IL MONDO DEI BIMBI IN MEZZO ALL’ORRORE
Il bio-capitalismo, che si caratterizza per il suo crescente intreccio con la vita degli esseri umani, è la forma più avanzata di evoluzione del modello economico capitalistico. Si produce infatti valore economico non soltanto usando il corpo come strumento materiale di lavoro, ma agendo sulle componenti biologiche, mentali, relazionali e affettive degli individui. E se le imprese si impossessano sempre più delle idee dei loro dipendenti, sfruttando il loro cervello e quindi godendo del loro tempo ben oltre l’orario di lavoro, è soprattutto operando nella sfera del consumo che esse sono in grado di intervenire massicciamente sulle emozioni e sugli affetti, sui corpi e sulle menti degli individui e lo fanno utilizzando strumenti di comunicazione molto potenti come la marca e il cinema. In questo modo l’ambito della comunicazione viene progressivamente assorbito da quello della produzione economica, creando una situazione di crisi per il funzionamento del sistema democratico. Vanni Codeluppi è un sociologo e insegna all’università di Modena e Reggio Emilia. Traduzioni dei suoi saggi sono uscite in Francia, Spagna, Inghilterra e Giappone.
Le grandi aziende e i governi da sempre hanno rapporti diretti tra loro con conseguenze dirette sulle decisioni che vengono prese. Partendo dalla letteratura sui gruppi di pressione, l’analisi utilizza un ampio e inedito repertorio di dati sulle politiche di intervento pubblico a favore del “campione nazionale” Fiat. È così delineato il quadro del sostegno governativo all’azienda torinese negli ultimi venticinque anni. I legami privilegiati tra la Fiat e lo Stato hanno subito una profonda trasformazione con l’accresciuta integrazione dell’economia italiana nel sistema regolativo europeo. Se prima questi cambiamenti influivano negativamente sulle capacità di mercato della Fiat, in seguito hanno stimolato positivamente la revisione della strategia competitiva del gruppo, favorendone l’uscita dalla crisi più grave della sua storia e il suo rilancio internazionale.
Cambiare, soprattutto in economia, è stato sempre difficile. Lo è ancor di più nell’era della globalizzazione e delle nuove tecnologie, che incidono profondamente sulle organizzazioni. La parola d’ordine durante il cambiamento è «urgenza». Ma come si fa comunicarla correttamente e con le giuste motivazioni? Kotter suggerisce quattro percorsi che fanno leva sul coinvolgimento e il superamento dell’autoreferenzialità, sulla coerenza tra l’urgenza di fatto e quella pronunciata quotidianamente, sulla capacità di cogliere le opportunità della crisi, sul confronto con chi esprime negatività, che tende ad annullare ogni nuova idea. Le tattiche elaborate da questo professore della Harward University non vengono messe in discussione dal ruolo gerarchico. Il risultato è un doppio invito, istintivo e intellettuale, al cambiamento.
Hélène Grimaud è un talento «provenzale» (nasce ad AixEn- Provence) straordinario, capace di primeggiare nella musica classica (è una virtuosa del pianoforte) e nell’etologia. Le due discipline tra loro non c’entrano nulla, ma lei, la Grimaud, le ha coltivate con la stessa passione e con ottimi risultati. Da piccola è un bambina prodigio dallo spirito anarchico. Da grande fugge da quel mondo che è diventato troppo opprimente. Rompe con Parigi e si trasferisce negli Stati Uniti. Affronta una vita nuova, fatta di incertezze e paure, che vengono spazzate via da un insolito e rigenerante incontro: i lupi. A partire dal 1991 la Grimaud li alleva nel bel mezzo di una foresta del Connecticut. Oggi è un’artista riconosciuta a livello mondiale, lavora per molte organizzazioni scientifiche e si batte per la reintroduzione del lupo nel suo habitat naturale.
Questa storia è ambientata nel 1942. Bruno è un bambino di nove anni e suo padre è il comandante di un campo di sterminio. Attraverso i suoi occhi e le sue gambe il lettore si troverà a contatto con un mondo di terrore e di insensatezza eppure ancora capace di generare sentimenti di amicizia in chi non ha ancora perso la purezza. Bruno, infatti, diventa amico di Shmuel, un bambino polacco prigioniero del campo. Un’amicizia separata da una rete e da una condizione esistenziale drammatica. Oltre la recinzione c’è una costruzione in mattoni rossi sormontata da un altissimo camino. Bruno non conosce il destino dell’amico. I loro appuntamenti segreti, i giochi e le discussioni sono un mondo a parte. Un rapporto intenso, una storia straordinaria con un finale mozzafiato. «La vita è bella» ha fatto scuola.
VIAGGIO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO SAPORI ANTICHI CON IL CANTO DEL GALLO
LUCA GERMANO GOVERNO E GRANDI IMPRESE
JOHN P. KOTTER È ORA DI CAMBIARE
Le tasse sono il pallino di ogni governo. Prima delle elezioni si tagliano, si riducono, si eliminano. Poi arriva la Finanziaria e iniziano le pressioni delle varie lobby per cercare di infilare emendamenti compiacenti. Favori, sotto forma di finanziamenti a pioggia, che disperdono la spesa pubblica in mille rivoli, minano la credibilità di ogni manovra e rimandano all’infinito il risanamento delle casse dello Stato. La Finanziaria diventa, dunque, uno strumento per conservare il consenso degli elettori e conquistarne di nuovi. Si dimentica invece l’interesse generale, pubblico, quello di tutti, che farebbe bene al Paese e ai suoi conti disastrati. Un meccanismo clientelare che affonda le sue radici in una politica levantina. E così invece di razionalizzare e ottimizzare, si preferisce moltiplicare la spesa. La promessa fatta ad ogni elettore o gruppo di interesse diventa un debito per tutti gli altri.
HÉLÈNE GRIMAUD VARIAZIONI SELVAGGE
JOHN BOYNE IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE
ENZO BIANCHI IL PANE DI IERI
Il mulino, 2009
Sperling e kupfer, 2009
VANNI CODELUPPI BIO-CAPITALISMO
Bollati Boringhieri, 2008
Bollati Boringhieri, 2006 STEFANO LEPRI LA FINANZIARIA SIAMO NOI
MISTERO E DELITTI IN MESSICO CON BOLANO
Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità monastica di Bose, in provincia di Biella, racconta una serie di storie che affiorano alla memoria. Sessantacinque anni di saggezza e di vita al servizio della fede, dell’amicizia, del vivere insieme e dell’ospitalità. C’è un’etica della terra che parte dal piccolo borgo di Castel Boglione (in piemontese Castervé) nel Monferrato. Settecento anime, i bagni nella Bormida, le colline coltivate a vite, i buoi che trainano l’aratro per dissodare la terra. Una vita dura, scandita, come solo può esserla quella di un contadino, dai comandamenti monferrini appresi dal padre: fare il proprio dovere a costo di crepare, non esagerare, non ostentare, non prendersela e attenuare il dolore, “non mescolare le cose”, come regola minima di ordine contro l’impurità. Su questi principi ruota l’intera vita di Enzo Bianchi. Una morale popolare e laica che affonda le radici nella società contadina, forte e autenticamente umana. Un’esistenza scandita dal senso del sacro, ma anche dal canto del gallo, dai venditori ambulanti e dai rintocchi delle campane.
Einaudi, 2008
Bur, 2009
ROBERTO BOLANO 2666
Chiarelettere, 2008
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ANNO 9 N.66
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FEBBRAIO 2009
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Adelphi ha pubblicato le due parti finali di «2666». E così per gli amanti di Roberto Bolano l’avventura si è compiuta. Questo scrittore cileno, scomparso prematuramente, con la sua “metaletteratura” è riuscito a coinvolgere moltissimi lettori. Sulle tracce di un misterioso e semisconosciuto scrittore prussiano, Benno Von Arcimboldi, le strade di quattro critici letterari di diverse nazionalità si incrociano in una città del nord del Messico, Santa Teresa. Un luogo che assomiglia molto alla Ciudad Juarez, dove realmente avvengono misteriosi omicidi di giovani donne, rapite dopo il lavoro e abbandonate prive di vita in luoghi isolati. Un fenomeno su cui ha indagato il giornalista Sergio Gonzàlez Rodriguez che guiderà il lettore anche nella ricostruzione dei delitti che a Santa Teresa si susseguono a un ritmo inquietante. Letteratura e vita si incrociano nella bella cifra stilistica di Bolano.
Adelphi, 2008
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ANNO 9 N.66
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fotografia
SGUARDI MOBILI SULLE METROPOLI GENOVA RENDE OMAGGIO A FABER, POETA E AMICO FRAGILE
«The mobile city», progetto di fotografia italo-canadese, è giunto al suo capitolo finale. Le 30 migliori fotografie digitali scattate con il cellulare vengono presentate al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. Gli adolescenti che hanno partecipato al concorso dovevano documentare la propria vita e le metropoli (Milano e Toronto) dove abitano attraverso brevi sequenze di immagini digitali e testi. L’allestimento multimediale trasforma la sala espositiva del museo in un’unica installazione in cui le immagini dei ragazzi, a volte ingenue, a volte sorprendenti, mescolano le tematiche e le sensazioni più diverse: amicizia, integrazione, periferie, poesia, paura, divertimento, libertà. Il catalogo è pubblicato dal Museo di Fotografia Contemporanea.
A dieci anni dalla sua morte, Genova rende omaggio alla figura e all’opera del cantautore Fabrizio De André con una grande mostra. Il percorso, allestito nel Sottoporticato del Palazzo Ducale, si sviluppa su cinque diversi livelli: sala degli schermi, sala della musica, sala del cinema, sala dei tarocchi, sala della vita. Una ricchissima documentazione è completata dalle immagini dei fotografi che hanno seguito da vicino la vita dell’artista: Mimmo Dabbrescia, Cesare Monti, Luca Gregnoli, Reinhold Kohl, Guido Harari, Francesco Leoni. Un itinerario che racconta la vita, la musica, le esperienze, le passioni che hanno reso questo poeta/musicista unico e universale, interprete e in alcuni casi anticipatore dei mutamenti, delle pulsioni e delle trasformazioni della contemporaneità. Attraverso un allestimento virtuale, multimediale e interattivo, progettato e allestito da Studio Azzurro, uno dei più importanti gruppi internazionali di videoarte, non viene proposta al pubblico una mera esposizione documentaria di oggetti ”simbolo”, di cimeli visivi e musicali, ma un’esperienza emozionale, attraverso la quale ognuno potrà mettersi in relazione con la vita, le opere, la musica e le parole di Fabrizio De André.
FINO AL 28 MARZO 2009 MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA MILANO
www.museofotografia contemporanea.com
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multimedia
QUESTA È LA STORIA DI BARACK OBAMA
UN OSCAR ALLA MUSICA D’AUTORE, LOW BUDGET
È stata la svolta degli Stati Uniti e del mondo intero. L’elezione di Barack Obama, primo presidente americano di colore, è stata per tutti un momento storico. Una campagna elettorale indimenticabile, tutta giocata in casa democratica: da una parte lui, Obama, dall’altra lei, Hillary Clinton, moglie dell’ex presidente Bill e prima donna ad avere serie chance di poter entrare alla Casa Bianca. Il destino ha voluto che l’impegno politico di Obama iniziasse nel 1992, con una campagna elettorale condotta in favore del presidente Clinton. Una vita spesa in difesa dei diritti civili, prima in uno studio legale di Chicago e dopo sui banchi del senato federale, dove ha proposto ben 152 disegni di legge su temi come il diritto allo studio e alla salute, la trasparenza dei fondi federali e il disarmo. Un ruolo importante lo ricopre la famiglia e la moglie Michelle. Per molti la vera artefice del successo di Obama.
Quando al cinema c’è un’idea buona il pubblico in genere la premia. Il film «Once», costato quattro soldi, ha confermato questa tendenza: ottimo successo di pubblico e di critica, con tanto di Oscar per la miglior canzone originale. La trama: un’immigrata dell’est ha scelto Dublino per cominciare una nuova vita. È un’eccellente pianista ma deve fare la colf per mantenere la figlia. Incontra un cantante di strada che, per sfamarsi, ripara aspirapolvere nel negozio di suo padre. Entrambi hanno un sogno nel cassetto: lei avere un pianoforte tutto suo, lui incidere un disco con le canzoni dedicate a una donna speciale che lo ha lasciato per trasferirsi a Londra. L’aspetto straordinario di questo film, oltre alla strepitosa colonna sonora, è il fatto che l’attore principale, Glen Hansard, nella vita fa il cantautore. Stesso discorso per il ruolo femminile, affidato alla cantante Marketa Irglova, voce dell’ultimo album solista di Hansard.
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AFRICA, FLAMBOYA ALBERO DELLA VITA
ITALIA PAESE DI BADATE E BADANTI
LIBRI IN RETE GRATIS AIUTANO A VENDERE
La flamboya è un albero tropicale non molto alto ma con fiori dai colori violenti, accesi, bellissimi. Viviane Sassen ha preso questi colori, l’esplosione di carnosità tattile propria della flamboya, per racchiudere in un titolo e in un libro le sue immagini africane. La Sassen è una fotografa olandese esperta soprattutto di moda che nel suo lavoro ha sempre cercato di curare la ricerca personale. Flamboya è il suo primo libro. Racconta di viaggi in Africa, di un esotismo struggente ed esaltante, con un’attenzione curiosa, intelligente e puntuale, alle forme, ai colori con cui la realtà si sistema di fronte allo sguardo del fotografo. Al misterioso rapporto che sempre lega le persone ai luoghi della loro vita. La mostra omonima verrà presentata nel 2009 alla Maison Europénne de la Photographie di Parigi e a Forma - Centro Internazionale di Fotografia di Milano.
Vengono soprattutto dall’Europa dell’Est e dal Sudamerica e rappresentano la nuova prospettiva per una popolazione, quella italiana, troppo vecchia per badare a se stessa. Sono le badanti, una figura ibrida. Una via di mezzo tra la colf e l’infermiera. Il loro negativo, la loro ombra, sono le badate. Jane Evelyn Atwood firma 64 immagini in bicromia, esplorando con profondità l’universo di assistenti e assistiti. In questo reportage – che rientra in un programma pluriennale promosso dalla Provincia autonoma di Bolzano, che vuole testimoniare aspetti della realtà locale attraverso interpretazioni di grandi fotografi – Jane Atwood ha puntato il suo sguardo su un fenomeno che caratterizza il cambiamento della società italiana. Un rapporto necessitato da entrambe le parti, ma con motivazioni diverse, riproposto da una lettura lontana dai luoghi comuni. Le immagini stimolano una nuova consapevolezza e una riflessione sui cambiamenti che la società si ritrova ad affrontare.
Lui è uno scrittore di successo che ha venduto milioni di libri. Il suo best seller, quello che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo, è “L’alchimista”. Paulo Coelho ha sempre fatto libri veri, di carta. Un giorno però navigando in internet si è accorto che il suo testo più famoso era stato tradotto in russo e diffuso illegalmente. A quel punto, non avendo nulla da perdere, ha deciso di farlo scaricare gratuitamente dal suo sito, con una traduzione diversa da quella pirata. Il risultato è stato strabiliante: l’anno dopo “L’Alchimista” ha venduto in Russia più di 100 mila copie. Coelho racconta questa storia sul suo blog e ne trae alcune conseguenze: la disponibilità gratuita dei libri in rete non ne condiziona le vendite nelle librerie, anzi nel suo caso l’ha stimolata. «A fare la differenza - scrive l’autore - è stata la disponibilità gratuita del libro su Internet».
VIVIANE SASSEN FLAMBOJA
Contrasto, 2009 FINO AL 3 MAGGIO 2009 PALAZZO DUCALE GENOVA
www.palazzoducale.genova.it
paulocoelhoblog.com
IMPARARE SUL WEB: LEZIONI, DOMANDE, CORSI DI RECUPERO, LINGUE STRANIERE Corsi di recupero sul web iniziano a diffondersi in tutto il mondo. Negli Stati Uniti le istituzioni accademiche hanno da tempo promosso progetti di condivisione on line dei contenuti didattici, come nel caso della comunità Merlot, fondata dall’università di California. In Italia ci sono vari progetti attivi. Il più conosciuto è Myprof che utilizza sistemi voip e di instant messaging. Una squadra di insegnanti risponde alle domande degli studenti. L’attivazione costa 29,9 euro e ha una validità di 12 mesi. Per chi vuole imparare una nuova lingua c’è invece Livemocha che insegna a scrivere e a pronunciare correttamente. Ciascuno poi mette a disposizione degli altri le proprie competenze linguistiche. Completamente gratuito, ha raggiunto il milione di utenti e ottenuto un finanziamento da un fondo di venture capital. Le università, da sempre le più attive nell’e-learning, hanno sviluppato social network con cui comunicare. Studenti e docenti dell’università di Firenze si incontrano grazie a Ltever, piattaforma, sviluppata con software open source. Complessivamente sul web sono disponibili gratuitamente 8 mila corsi universitari.
www.my-prof.it AA.VV. BARACK OBAMA. HIS STORY
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JOHN CARNEY ONCE
Self distribuzione, 2008
Feltrinelli, 2008 JANE EVELYN ATWOOD BADATE
Silvana Editoriale, 2008 | 68 | valori |
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terrafutura
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PORTARE LA LUCE ANCHE AL BUIO ACQUA DEL RUBINETTO PIÙ BUONA E SOLIDALE
Come far arrivare la luce solare negli angoli bui di una casa? O come illuminare un parcheggio sotterraneo, un tunnel o uno stabilimento riducendo i consumi elettrici? Installando dei camini solari: “tuboni” rivestiti di un film ultrariflettente che convogliano la luce diurna - captata da cupolette di metacrilato trasparente - e la portano a dei diffusori illuminanti. Delle plafoniere, che però non hanno bisogno della corrente elettrica: la luce solare può essere convogliata anche con percorsi tortuosi e angoli di 90 gradi e fino a oltre 20 metri di distanza. E il risparmio energetico? «In un capannone di 25 mila metri quadrati ad Altopascio (Fi) abbiamo installato il sistema SolarSpot (un brevetto italiano) – spiega Giuseppe Ciccone, responsabile tecnico di SolarTrading – abbattento i consumi energetici del 74%». E per ottenere la luce fornita da un metro quadrato di finestra, basta una cupola grande lo 0,11%. La luce convogliata non contiene raggi infrarossi o ultravioletti, quindi elimina il surriscaldamento causato dalle fonti tradizionali e riduce i costi di condizionamento.
L’Italia è uno dei Paesi dove si acquista più acqua minerale in bottiglia. AQsystem sta cercando di modificare questo dato. È una piccola impresa, che ha appena festeggiato il decimo anno di attività e che ha sviluppato una serie di tecnologie per migliorare il gusto dell’acqua del rubinetto (controllata, sicura ed economica): filtri “dissaporatori” da installare sotto i lavelli, strumenti per il risparmio idrico, gasatori per i fan delle “bollicine”. Prodotti destinati ai consumatori responsabili e venduti sia direttamente, sia attraverso le botteghe del commercio equo, sia con accordi con i Gas, i gruppi di acquisto solidale (che usufruiscono di prezzi agevolati). A tutto ciò si aggiunge dal 2005 un sistema di distribuzione di eco-detersivi concentrati alla spina, per ridurre l’impatto degli imballaggi utilizzati. Le idee commerciali permettono poi di finanziare il progetto “rubinetti solidali”, sviluppato con la Ong CISV, grazie al quale sono stati finora costruiti dieci pozzi in tre villaggi in Burkina Faso. Come dire: coniugare buone pratiche di consumo, cooperazione e un’esperienza commerciale non è affatto impossibile.
www.aqsystem.it
COMUNI PER STILI DI VITA PIÙ SOSTENIBILI
THIN FILM: DALLA FIERA DI ROMA A UN’AZIENDA
SUPPORTI MOBILI PER I FEDELI ISLAMICI
Esattamente un secolo fa, nel suo libro Hind Swaraj, Gandhi lanciò una critica (attualissima) alla civiltà occidentale. «Se trecento milioni di indiani consumassero come gli inglesi, il mondo sarebbe devastato come da un esercito di cavallette», scriveva. Dopo cento anni, quei temi toccano la sensibilità di molti ed è quindi possibile mettere in pratica degli interventi concreti. Come l’Ecoistituto del Piemonte “Pasquale Cavaliere”, nato nel ‘98 all’interno del centro studi Sereno Regis, che sta cercando di elaborare un modello di sviluppo che permetta la transizione verso stili di vita più sostenibili. «Per dare sostanza a questo obiettivo spiega Nanni Salio, presidente del Centro studi - abbiamo sviluppato una collaborazione con una rete di piccoli Comuni in varie regioni per formare il loro personale amministrativo e per individuare gli strumenti più idonei a governare il territorio in modo sostenibile su più fronti. Il trattamento dei rifiuti, le politiche energetiche, la mobilità». Entro primavera il progetto diverrà operativo in una decina di Comuni dell’area torinese e in altri cinque dell’Iglesiente, nella Sardegna sudoccidentale.
È entrato in azione a dicembre, sui tetti dei padiglioni espositivi della Fiera di Roma, il più grande impianto Thin Film (transistor a pellicola sottile di silicio amorfo), al mondo. Produrrà 2,8 milioni di chilowattora ogni anno: il consumo elettrico annuo di mille famiglie. Il progetto è stato realizzato da Green Utility, una joint venture tra Secit Spa (Società ecologica italiana), che dal 1972 opera nel campo della protezione ambientale, e Solon Ag, società tedesca leader del fotovoltaico. Un investimento di 12 milioni di euro per un impianto flessibile e di peso contenutissimo. «Entro un mese - rivela Silvio Gentile, amministratore delegato di Green Utility - potremmo replicare il progetto anche per una grossa industria italiana», dall’identità top secret. Si sa solo che è «un marchio storico del nostro Paese, con produzione industriale tutta italiana, entrato in una multinazionale europea». Altro vantaggio: oltre a essere pulita, l’energia prodotta ha il prezzo più basso sul mercato che rimane sostanzialmente fisso perché la produzione è indipendente dal petrolio e dagli altri combustibili fossili.
Quali servizi di telefonia mobile offrire la alla popolazione di fede islamica? Considerando i cinque momenti quotidiani di preghiera, sono nate più soluzioni, in ambito software e hardware. Alcune applicazioni, anche freeware, permettono a cellulari forniti di gps di trovare costantemente un corretto orientamento per la preghiera. Altre soluzioni, offerte soprattutto da un operatore indonesiano, sono più complesse e prevedono il posizionamento per la preghiera rituale, sistemi di allerta per gli orari della preghiera stessa e, in alcuni casi, invio di letture del Corano, supporti musicali e approfondimenti. Lo scorso dicembre due compagnie telefoniche hanno invece offerto schede gratuite per i fedeli diretti verso i luoghi santi dell’Islam. Il sito www.hajinformation.com forniva in inglese e in francese informazioni sul tipo di visti necessari per il pellegrinaggio in Arabia Saudita, gli esami medici suggeriti, indicazioni sui percorsi e i riferimenti lungo il cammino in cui poter accedere a internet e telefonate gratuite per mantenere il contatto con la famiglia. In occasione del Pellegrinaggio sono stati inviati circa un milione e mezzo di sms.
www.greenutility.it www.solartrading.it | 70 | valori |
www.serenoregis.org ANNO 9 N.66
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FEBBRAIO 2009
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AMICO MUSULMANO IN RETE UN AVATAR PER FEDELI ISLAMICI Muxlim Pal (amico musulmano) è una realtà virtuale che si sviluppa secondo i precetti dell’Islam. Non un sito religioso, nelle parole del ventitreenne fondatore Mohammed Al Fatatry, ma «un sito che concentra la sua attenzione sullo stile di vita. È dedicato a chiunque sia anche minimamente interessato alla cultura e allo stile di vita musulmani». Nato a Dubai ed emigrato in Finlandia, Al Fatatry ha investito le sue energie su un settore in particolare sviluppo, quello dei servizi di comunicazione sulla rete per la comunità di religione islamica. Muxlim Pal, oltre ad essere un gioco di ruolo e di identità, è un catalizzatore di comunicazioni delle comunità islamiche, soprattutto quelle residenti fuori dai Paesi di origine, in Stati di altra tradizione religiosa. L’attenzione del gioco è incentrata sulla divulgazione dello stile di vita dei credenti più che della religione musulmana, anche con finalità educative verso i giovani. L’utente accede a ventisei possibili categorie, di cui una dedicata alla dottrina, e crea un avatar (pal, traduzione di “amico”) che, al pari di quanto accade nel mondo di Second Life, si muove nello spazio venendo a contatto con diverse realtà, incontrando altri “pal” con cui scambiare opinioni. Abbastanza rigoroso e affidato alle segnalazioni degli utenti il controllo sui precetti etici e di questa particolare net-etiquette. Tra le attività possibili, accanto a quelle tipiche di ogni realtà virtuale, vi è l’opportunità della preghiera rituale che si svolge cinque volte al giorno.
future
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L’INCIDENTE DI VIRILIO IN MOSTRA A PARIGI
LA CINA SCOPRE IL SOLARE, IN GRANDE
Se siete a Parigi fino al 30 marzo non perdete l’occasione di un incontro con la visione di Paul Virilio. In un’era in cui la comunicazione si avvia ad essere interamente digitalizzata, l’urbanistaartista-filosofo Paul Virilio si concede il lusso di ostentare alla Fondazione Cartier di Parigi la sua più recente teoria: quella dell’incidente tecnologico. Come James Hillmann, che, malgrado questo, è tra i pensatori viventi maggiormente conosciuti a livello internazionale, Virilio rifiuta l’utilizzo della tecnologia a supporto della sua ricerca intellettuale. Niente fax, telefono, email per una scelta estetica e concettuale che affonda le sue radici nella critica alla società dell’immagine (interessante la sua valutazione, nel 1991, della Guerra del Golfo come “guerra non di eserciti ma di immagini” che, non a caso, aveva stimolato un visionario come Herzog). La critica alla società “positiva” della immagine si traduce in una mostra sul tema dell’incidente, di una «scrittura del disastro» tecnologico prossimo venturo. La tesi di fondo, semplificata, è che “l’incidente” sia ormai globale nella società ipertecnologica, suggestione che affascina numerosi autori.
Il 2009 segnerà i primi passo per l’avvio in grande stile del mercato del solare in Cina. Principale produttore mondiale di apparecchi di riscaldamento ad energia solare e terzo maggiore fabbricante di cellule fotovoltaiche secondo la Commissione nazionale dello sviluppo e delle riforme, la Cina ha varato il progetto di due grandi centrali solari per le province occidentali dello Yunnan e di Qinghai dove è prevista una centrale da un gigawatt di potenza. L’investimento è stato di circa 150 milioni di euro e, una volta terminata, la centrale sarà tra le più importanti al mondo. Secondo la società per l’energia rinnovabile cinese il potenziale da fruttare nei prossimi anni è elevatissimo, e potrebbe portare ad un beneficio di produzione energetica pari alla combustione di circa 1.700 miliardi di tonnellate di carbone. Oltre i due terzi del territorio cinese offrirebbero, secondo questo studio, un potenziale di irraggiamento solare di 2.200 ore all’anno, superiore a quello di altre regioni europee e del Giappone che sono poste alla stessa latitudine.
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VALORI SOLAR ENERGY INDEX
Le elezioni negli Stati Uniti La situazione della scuola italiana Cosa succede a Bologna Intervista e poesie di Zanzotto Gianni Mura e il Tour de France
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t u t t i l’indice
dei fascicoli degli autori e degli illustratori dal n.
1 al n. 100
w w w . l o s t r a n i e r o . n e t Redazione via degli Scialoia 3 00196 Roma - tel. 0636002516 www.lostraniero.net lo.straniero@contrasto.it
ATTIVITÀ
PAESE
Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways
Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari
Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania
CORSO DELL’AZIONE 14.01.2009
RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 14.01.2009
0,84 € 17,50 € 2,70 $ 133,38 $ 3,89 $ 31,15 € 93,50 CHF 25,18 € 95,00 £ 20,27 € 64,00 NOK 12,30 € 31,70 € 12,30 € 2,19 € 13,21 € 11,52 € 30,76 $ 10,16 $ 2,50 €
-80,19% -40,74% -20,60% 11,43% -21,42% -58,65% -40,39% -17,42% -33,47% -43,82% -29,78% -35,87% -29,15% -24,95% -27,96% -33,68% -52,98% -8,63% -49,70% -10,71%
-32,43% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.
Profondo rosso per il solare di Mauro Meggiolaro
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I AVEVAMO AVVERTITI. I titoli del solare sono molto volatili. Quando i mercati vanno bene pos-
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Valori Solar Energy Index
sono fare molto meglio, ma quando inizia la bufera, con molta probabilità le loro quotazioni scendono più in basso della media. È quello che è successo anche al nostro indice virtuaEurostoxx 50 -10,85% le “Valori Solar Energy”. Negli ultimi tre mesi ha perso il 32%, contro il -10,85% dell’Eurostoxx 50, che misura l’andamento delle maggiori imprese europee. Qual è il motivo della debacle solare? Secondo gli anaRendimenti dal 15.10.2008 al 14.01.2009 listi, i titoli del fotovoltaico avrebbero guadagnato troppo nel 2007 con rendimenti spesso superiori al 100%. Quando la crisi finanziaria ha cominciato a First Solar www.firstsolar.com Sede Phoenix, USA farsi sentire in tutta la sua gravità, all’inizio del Borsa Nasdaq, New York 2008, molti grandi investitori hanno venduto, per Rendimento dal 15.11.2008 al 14.11.2009 +11,43% portare a casa il ricco bottino. E non hanno più riAttività Costituita nel 1999, First Solar ha iniziato a lanciare i suoi primi prodotti nel 2002. È il maggiore comprato. Con la crisi economica molti investiproduttore mondiale di moduli per pannelli fotovoltaici a film sottile. Dal 17 novembre del 2006 menti nel solare sono poi stati tagliati e nei mercaè quotata al Nasdaq. ti si è creato un eccesso di offerta di pannelli. Le Ricavi [Milioni di dollari] Utile [Milioni di dollari] Numero dipendenti 2006 imprese sono state costrette a rispondere con un 2007 503,976 1.462 abbassamento dei prezzi di vendita, che ha portato i ricavi molto al di sotto delle previsioni. Per chi si salverà dalla crisi si prepara però un futuro roseo. 723 Secondo uno studio della banca svizzera Sarasin, 158,354 134,974 dal 2010 il mercato del solare ripartirà di nuovo al3,974 la grande, con tassi di crescita del 35% all’anno. UN’IMPRESA AL MESE
In questo numero:
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Per i ritardatari... la promozione continua! Per San Valentino o San Faustino
La terza Rivoluzione
regala(ti) valori
L’economia verde
Potrai scegliere tra 4 possibilità
1
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mi abbono, lo regalo a metà prezzo a un amico e posso scegliere 2 libri in omaggio (uno per me e uno per l’amico) €60,00
di Massimiliano Pontillo
EL 2009 TUTTE LE MAGGIORI POTENZE DEL MONDO dovrebbero farsi un bel regalo: lanciare un Global Green Deal, un patto verde globale, un programma ferreo per avviare la transizione verso una nuova economia mondiale che sia allo stesso tempo amica e a prova di clima. Tracciare un nuovo percorso di sviluppo industriale che dia luogo a pochissime emissioni di gas serra e sia resistente agli effetti del cambiamento climatico. Un mix di politiche governative e meccanismi di mercato per promuovere un rapido dispiegamento di tecnologie e pratiche ecologiche almeno nei campi di maggiore importanza: energia, trasporti, costruzioni e agricoltura. Adottando una revisione a largo raggio dei programmi fiscali e dei sussidi. Verrebbe spostato così il supporto dei contribuenti dalle azioni che aggravano il cambiamento del clima, come il proliferare di progetti a petrolio e carbone o l’eccessivo finanziamento di autostrade, verso i loro corrispettivi “sostenibili”. Il Global Green Deal si ripagherebbe da solo, generando nuovi posti di lavoro, innovazione, economia solida con poca finanza, nuovi gettiti fiscali, riducendo al contempo le spese energetiche e aprendo nuovi mercati. Aiuterebbe a togliere da situazioni economicamente disastrose milioni di persone e contribuirebbe a invertire l’aumento di emissioni di gas serra. Le prime due Rivoluzioni industriali alimentate a gas, petrolio, uranio e carbone hanno messo in piedi un castello di carte, con poca innovazione e uno spirito imprenditoriale inadeguato; portandoci, in questo periodo, ad affrontare tre crisi: finanziaria, energetica e climatica, che nulla hanno a vedere con la Depressione degli anni Trenta. Il momento è critico ma decisivo. Non dovremmo più permettere l’immissione nel sistema economico di capitali Serve un «Global Green Deal». del governo e denaro dei contribuenti che continuino ad alimentare I leader del mondo intero sono uno sviluppo sbagliato, che ha visto negli ultimi vent’anni una crescita chiamati oggi a innescare una enorme dell’indebitamento personale e familiare: si è speso più spirale virtuosa e sostenibile, di quanto guadagnato, solo per entrare nel processo di globalizzazione. agendo insieme ai capitali I leader politici e industriali dovranno essere all’altezza privati e alla società civile della situazione, utile ad innescare una Terza Rivoluzione, questa sì sostenibile. L’Unione Europea sulla questione ambientale è più avanti degli Stati Uniti, che per lo meno hanno avuto il coraggio, per nostra fortuna, di eleggere Barack Obama alle ultime recenti elezioni. È vero che gli States hanno guidato nel 1960 il movimento ambientalista; ma dagli anni dell’amministrazione di Reagan fino a Bush, l’ambiente è stato percepito come una questione marginale, secondaria. L’Europa, invece, con tutte le lentezze del caso, ha puntato sulla qualità della vita che significa prima di tutto il bene comune, la salvaguardia della collettività prima dell’opportunità per il singolo. Certo la strada da fare è ancora tanta e pure in salita, ma è stata la Ue per esempio a patrocinare il Trattato di Kyoto, a guidare la battaglia contro gli Ogm e a chiedere una normativa per monitorare le sostanze chimiche. Siamo tutti un po’ spaventati, frustrati, arrabbiati e delusi: i risparmi svaniti, il lavoro a rischio o perduto, una prospettiva di grave depressione. È necessario, oltre che vivamente auspicabile, un ritorno ai valori, la creazione di un circolo emulativo virtuoso in cui l’Unione Europea e gli Stati Uniti fungano da traino per le nuove super potenze dando un esempio credibile, lungimirante, da perseguire. Finanziando prima e soprattutto le energie rinnovabili. Sarebbe fondamentale iniziare questo cambiamento procedendo però dal basso verso l’alto e riunendo intorno al tavolo tre soggetti: i governi con i capitali pubblici, la comunità delle imprese con i capitali privati, la società civile con il capitale sociale. “Yes, we can”.
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IL GIOCO Divertente, colorato e totalmente naturale, per sfogare la creatività, non solo dei bambini. E non produce rifiuti. Si chiama HappyMais®, è il gioco ecologico, realizzato con un derivato del mais. Basta bagnarne un pezzetto per attaccarlo a un altro e costruire quello che si vuole. I LIBRI TRA CUI SCEGLIERE Jean-Louis Laville L’economia solidale [Bollati Boringhieri, 1998] Christian Marazzi Il posto dei calzini. La svolta linguistica dell’economia e i suoi effetti sulla politica [Bollati Boringhieri, 1999] Vanni Codeluppi Il potere del consumo. Viaggio nei processi di mercificazione della società [Bollati Boringhieri, 2003] Elvio Dal Bosco La leggenda della globalizzazione. L’evoluzione dell’economia internazionale negli anni novanta del Novecento [Bollati Boringhieri, 2004] Guido Viale Vita e morte dell’automobile [Bollati Boringhieri 2007]
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