Anno 9 numero 67. Marzo 2009. € 4,00
valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
EDUARDO CASTALDO
Fotoreportage > Gaza
Dossier > Reti di economia solidale. Imprese sociali, cooperazione e auto-aiuto
La ricetta anti-crisi Finanza > Goodbye George! Il buco lasciato dall’amministrazione Bush Economia solidale > Il ritorno dei Cip6: 2 miliardi del sole bruciati nei camini Internazionale > Gaza, chi guadagna con l’economia della guerra Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R. e I.P.
| editoriale |
Federico Caffè Lezioni di politica economica A cura di Nicola Acocella «Universale Bollati Boringhieri 566», pp. 442, € 25,00
Hyman Philip Minsky Keynes e l’instabilità del capitalismo
Economie dal basso
E la crisi?
Nuova introduzione di Riccardo Bellofiore «Universale Bollati Boringhieri 581», pp. xvi-233, € 18,00
di Giorgio Osti
Ezra Pound ABC dell’economia Introduzione di Giorgio Lunghini «Universale Bollati Boringhieri 580», pp. 165, € 13,00
I
Alberto Berrini Come si esce dalla crisi finanziaria «Temi 184», pp. 176, € 12,00
Guido Carli Intervista sul capitalismo italiano A cura di Eugenio Scalfari Prefazioni di Marcello de Cecco e Paolo Savona «Temi 177», pp. 121, € 12,00
Alfredo Salsano Il dono nel mondo dell’utile Introduzione di Giulio Sapelli «Temi 180», pp. 131, € 13,00
Giulio Sapelli La crisi economica mondiale Dieci considerazioni Postfazione di Giuseppe De Lucia Lumeno «Temi 183», pp. 64, € 7,00
Joel Bakan Impresa e morale Introduzione di Riccardo Chiaberge «Sguardi 1», pp. 49, € 8,00
L’AUTORE Giorgio Osti
Bollati Boringhieri Editore corso Vittorio Emanuele II, 86 - 10121 Torino telefono 011 5591711 fax 011 543024 www.bollatiboringhieri.it e-mail: info@bollatiboringhieri.it
Guido Carli dalla formazione a servitore dello Stato A cura di Piero Barucci «Scritti e discorsi di Guido Carli», pp. lvii-367 vol. i, ril., € 45,00
Guido Carli governatore 1960-1975) della Banca d’Italia (1 A cura di Pierluigi Ciocca «Scritti e discorsi di Guido Carli», pp. xli-266 vol. iii, ril., € 45,00
Guido Carli presidente di Confindustria (1976-1980) A cura di Paolo Savona «Scritti e discorsi di Guido Carli», pp. xcviii-253 vol. iv, ril., € 45,00
Docente di Sociologia dell’ambiente e del territorio all’Università di Trieste. Si occupa di problemi ambientali, di questioni legate allo sviluppo rurale e, recentemente, di migrazioni (tiene un corso di sociologia delle migrazioni). Ha scritto: Sociologia dell’ambiente con Luigi Pellizzoni (Il Mulino, 2008); Nuovi asceti. Consumatori, imprese e istituzioni di fronte alla crisi ambientale (Il Mulino 2006); Il coinvolgimento dei cittadini nella gestione dei rifiuti (FrancoAngeli, 2002). È coordinatore dei soci di Banca Etica della provincia di Rovigo. Il suo sito internet: www.lscmt.univ.trieste.it/osti
NEVITABILE PARTIRE DALL’ATTUALE CRISI ECONOMICA. Rispetto a questa è doveroso distinguere, per quanto possibile, le cause (eminentemente finanziarie), le manifestazioni (ciò che vediamo e leggiamo nei mass media) e le conseguenze, di cui sappiamo poco. Comunque, si parla di maggiore disoccupazione, alta mortalità delle imprese e contrazione dei consumi. A questo livello bisogna capire chi paga di più lo scotto, perché la stratificazione dell’economia è molto forte. Qualcuno di sicuro con la crisi ci guadagna. Anche se le conseguenze non sono chiare, le misure dei governi sono già partite. In primo luogo, si è voluto mitigare la crisi finanziaria, aiutando le banche in bilico e rassicurando i risparmiatori. Si parla poi di aiuti ai consumi (sgravi fiscali per l’acquisto di certi prodotti) e di incremento degli ammortizzatori sociali per i lavoratori che perderanno il lavoro. Aiuti diretti alle imprese industriali sembrano meno abbordabili per gli alti costi per le casse pubbliche. Non manca chi insiste sul mantenere un profilo molto selettivo: aiuti solo alle imprese che innovano o che attuano misure ecocompatibili. Tutte queste iniziative lasciano inalterate due questioni: l’organizzazione gerarchica del lavoro e la libertà di produrre e consumare quanto e cosa piace. Si potrà dire che non è il caso di mettersi a giocare al piccolo rivoluzionario e pensare di intaccare processi ormai assodati. Tuttavia, le ricette più avanzate, anche sul versante delle Obamanomics, puntano su un keynesismo ecologico; dice Susan George: «Riconvertiamo tutta l’economia, come fecero gli americani durante la guerra, ma in senso verde». Temo che il potenziamento dell’industria verde, se non intacca il tabù della moltiplicazione delle merci, possa fare ben poco. Il problema consiste nel produrre meno in assoluto e produrre merci che abbiano un valore d’uso. Non porre mano a questo problema, significa solo razionalizzare l’esistente: far girare l’economia di mercato con qualche risparmio di energia e materia per unità di prodotto. A fronte di risposte parziali, si guarda con interesse alle economie dal basso. Esse non sono esperienze nuovissime: ricordo le (ex) imprese municipali, i distretti industriali, il part-time agricolo e il bricolage domestico. Un’esperienza molto interessante sono state le cooperative di lavoro e di consumo, prima, e quelle sociali, dopo. Molte di queste sono diventate grandi imprese con un radicamento territoriale relativo. Si guarda ora con maggiore speranza alle reti di economia solidale, laddove piccole imprese, consumatori consapevoli e organismi non profit, solitamente appoggiati da qualche municipalità illuminata, creano circuiti virtuosi di beni e servizi. L’obiettivo di queste esperienze è triplice: risparmiare soldi, far circolare beni ecocompatibili, promuovere rapporti di lavoro equi e solidali. Il dubbio che le circonda riguarda la scala territoriale: in America (sempre Susan George) si registra scetticismo sull’abbinamento piccolo e bello. I problemi sono tali da richiedere grandi organizzazioni che lavorano su grandi numeri. Forse qualche prodotto alimentare potrà mantenere un circuito locale, ma per il resto servono collegamenti lunghi e aree di azione vaste. Se questo è vero, c’è poco da aspettare o dibattere: nelle economie dal basso bisogna selezionare e incoraggiare quelli che pensano in grande e sanno organizzare il lavoro altrui. Ad essi bisogna dare compiti precisi, a noi resta il dovere della vigilanza e la passione per il cambiamento.
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valori marzo 2009 mensile
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Un villaggio di contadini a est di Gaza City, in una zona vicina a Sderot, completamente raso al suolo. Le case sono state minate e fatte esplodere una ad una. Tra gli abitanti chi ha potuto ha cercato ospitalità da amici e parenti, gli altri si sono accampati sulle macerie delle loro case.
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EDUARDO CASTALDO
anno 9 numero 67 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005
Gaza, 2009
globalvision
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fotoreportage. Gaza
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consiglio di amministrazione
Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it), Sergio Slavazza
dossier. Ricetta anti-crisi: l’economia solidale
direzione generale
Un’alternativa esiste: in rete, dal basso A Venezia l’Altraeconomia ha fatto Plip Il progetto Co-Energia cerca un nuovo partner Argentina: molto più di una maglietta L’Italia che scompare Imprese sociali, ancora poche adesioni
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finanzaislamica
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finanzaetica
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Goodbye George! Ti siamo tutti debitori Altman: «Ancora tre anni di purgatorio, ma chi rischia può guadagnare» Paulson, l’uomo da 36 trilioni di dollari La crisi, un prezzo per tutti. Un salvagente per alcuni
economiasolidale Il ritorno dei CIP6, due miliardi del sole bruciati nei camini Da Crotone all’Emilia appalti che scottano Case efficienti: una miniera di energia L’auto elettrica non è più un sogno Da Locri a Crotone, in viaggio verso la legalità
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internazionale A Gaza vincono le lobby della guerra Shir Hever: «Chi guadagna con l’economia del conflitto» Nicaragua. I cocktail mortali di Chichigalpa Belem. Il nuovo paradigma degli (indigeni) altermondialisti Davos, modellare il mondo in settimana bianca
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Rischio e rendimento
No Roe, no party! di Alberto Berrini
L’
PUBB CISL
ESPLODERE DELLA RECESSIONE NON AIUTA CERTO IL SISTEMA BANCARIO INTERNAZIONALE a riprendersi dalle perdite
provocate dalla crisi finanziaria. Piuttosto, come ricorda persino Il Sole 24 Ore (24 gennaio 2009), “il settore, considerato la massima espressione del capitalismo occidentale, di quel capitalismo che a partire dagli anni Ottanta ha fatto della finanza il fulcro dell’economia mondiale, si ritrova adesso nazionalizzato di fatto, come negli Usa, o di diritto, come sta avvenendo in Gran Bretagna, con i liberisti di un tempo che invocano ora l’aiuto dello Stato e gli ultra liberisti che lo accettano di buon grado per non veder svanire anche quella reliquia di sistema bancario che le Borse si affannano ad azzerare”. E la tempesta è tutt’altro che finita. Secondo le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale (del 28 gennaio) le perdite delle banche ammonterebbero a 2.200 miliardi di dollari (solo a ottobre si parlava di 1.400 miliardi). Ma la verità è che i conti di questa crisi ancora in divenire non riesce a farli nessuno. Sappiamo solo che la “distruzione di valore”, per usare un’espressione cara agli operatori dei mercati finanziari, non potrà essere assorbita dal sistema nel breve termine. La discussione non riguarda solo le cifre in gioco, ma anche la tipologia degli interventi da mettere in atto. Se la solidità delle banche è un problema di patrimonializzazione si tratta di sostenere il capitale delle banche, magari acquistando azioni privilegiate (per non intervenire nella “governance”) delle stesse. Se invece si tratta di un problema di illiquidità e valore in calo La crisi finora è costata 2.200 degli asset, serve una “ripulitura dei bilanci” attraverso l’acquisto miliardi di dollari alle banche. dei cosiddetti “titoli tossici” da parte del Tesoro di ciascuna Ma, al di là delle cifre, urge nazione magari da “raccogliere” o, detto meglio, “scaricare”, capire quali interventi in una bad bank in attesa di tempi migliori. adottare. E servono regole Purtroppo a questo punto l’ipotesi più probabile è che servano di mercato e di governance entrambi questi interventi. A questa incredibile quanto drammatica situazione si è giunti celebrando il “mito del Roe” (Return on equity), il rendimento del patrimonio netto, cioè quell’indicatore che misura la redditività dei capitali messi a disposizione dall’azionista. L’idea è che tutta l’attività di impresa debba tradursi in “valore per gli azionisti” (shareholder value) per cui c’è una rincorsa ad un Roe sempre più elevato che i mercati finanziari impongono ai manager, anche attraverso lauti incentivi (stock option). Insomma, “No Roe, no party!”. Ma un rendimento molto elevato presuppone un modello di business molto rischioso, che per le banche ha voluto dire anche un uso distorto del proprio capitale. In breve quello che è successo è che il capitale è cresciuto meno del credito, dunque abbiamo assistito ad una bolla speculativa del credito: Roe elevati, frutto di una enorme leva finanziaria. Con una unità di patrimonio si investiva per 30 e anche 50 (come nel caso di Deuchet Bank). È evidente che in questo modo quando tutto va bene i risultati sono straordinari: nel caso contrario c’è però il disastro. Servono dunque nuove regole, non solo per i mercati finanziari, ma anche per la “governance di impresa” (soprattutto se del settore del credito), a partire dagli incentivi economici di coloro che ne sono alla guida. Per non sentirci dire ancora una volta, fra qualche anno, “questa volta è diverso!”
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> Gaza foto di Eduardo Castaldo
«L
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a storia di Israele insegna che per arrivare a un processo di pace occorrono due condizioni, che si devono incontrare: i tempi maturi e la presenza di leader politici capaci di gestire questo processo, come accadde con Begin e Sadat. Per quanto riguarda i tempi, direi che sono maturi, perché i politici hanno esaurito tutte le loro possibilità, perché avanza il fondamentalismo islamico che minaccia le élite conservatrici e soprattutto per la presenza dell’Iran, che rappresenta una minaccia per il mondo arabo più di quanto lo sia Israele. Purtroppo i leader non ci sono. Il governo israeliano è debole, Abu Mazen è una brava persona, ma non è Arafat, che era capace di tenere insieme tutte le anime del popolo palestinese. Mancando la leadership dei due Paesi, occorre imporla dall’alto. E allora un ruolo importante potrebbe giocarlo l’Unione Europea. Se in questo momento arriva una proposta di pace al telefono, in Israele il telefono è spento». Così parlava Shlomo Ben Ami, ex ministro degli Esteri del governo Barak, il 31 maggio del 2007, in visita in Italia. Due anni dopo quel telefono è rimasto spento, sopraffatto dal rumore delle bombe israeliane sulla Striscia di Gaza. I tempi, purtroppo, erano maturi per la guerra. Quella israelo-palestinese non è solo una questione di proprietà della terra, ma anche di identità, di storia millenaria, di moralità e di etica: «history, memory, morality, ethos». E se oggi si vuole trovare una risposta a questo conflitto, nell’impossibilità di districare il garbuglio di recriminazioni reciproche, serve cominciare da quel necessario bisogno di identità negata. Più di qualcuno, e non solo tra le colombe israeliane, sostiene la necessità di riconoscere la legittimità politica di Hamas in Palestina, perché la sua decisione di partecipare alle elezioni fa parte di un percorso politico che può significare un primo passo verso la pace. Hamas invece è stato spinto ai margini fino all’equiparazione con il terrorismo, dimenticando che se nel mondo arabo c’è una società democratica e una classe politica sofisticata è proprio quella palestinese. Sulla skyline di Gaza, oltre al fumo delle bombe israeliane, si vede l’accoppiata Kadima – Likud che governerà Israele. Una coalizione che potrebbe pendere molto più a destra se Netanyahu troverà l’accordo con i partiti nazionalisti, terza forza della Knesset con 15 seggi. Questa non è una buona notizia perché la loro esasperazione non facilita il processo di pace affidato alla buona volontà dell’egiziano Mubarak. «Per me sionismo significa ottenere una maggiore qualità della vita per tutti, una società migliore per te e per gli altri, una scuola migliore, un lavoro dignitoso. Ci deve essere pace nel tuo vicino se vuoi che ci sia pace a casa tua». Così concluse il suo discorso Shlomo Ben Ami. ANNO 9 N.67
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EDUARDO CASTALDO
Per raggiungere la pace tra Israele e Palestina servono tempi maturi e politici capaci di gestire il processo. Al momento non sembrano sussistere nessuna delle due condizioni. Quella israelopalestinese non è solo una questione di proprietà della terra, ma di storia millenaria, moralità ed etica. Bisogna cominciare a riconoscere le identità negate. Anche quella di Hamas.
L’AUTORE Eduardo Castaldo è nato nel 1977 a Napoli. Nel 2003 ha ottenuto la laurea in Lingue e Letterature Straniere. Nel 2004 ha frequentato un corso professionalizzante per “Direttore della Fotografia operatore di macchina da presa”. Nel 2005 ha lavorato come assistente alla fotografia in diversi cortometraggi e spot pubblicitari (BBC, MareNostrum ltd., Fandango, C&B ltd). Le sue fotografie sono
giunte all’attenzione di FNAC Italia e nel maggio 2006 ha iniziato un tour espositivo del suo lavoro “Napoli: appunti per un’autobiografia” nelle Gallerie FNAC italiane. Nel luglio 2006 ha iniziato a lavorare al suo primo progetto di Reportage: “La terra dei Rifiuti”. Dal settembre 2006 collabora con diverse testate italiane e straniere: Le Monde (Francia), Der Spiegel (Germania) Das Glabdaet (Norvegia), Galatea (Svizzera), Vice Magazine (Usa).
Una strada di Gaza City alla fine di gennaio. L’edificio bruciato in primo piano è un pronto soccorso della Luna Rossa. In città gli attacchi sono stati mirati, al confine invece le aree abitate sono state rase al suolo.
Per la compagnia TeatroKarawan di Caserta, lavora al Disegno Luci come fotografo di scena. Dai primi di dicembre si trovava a Ramallah. Fino alla fine dei bombardamenti su Gaza, ha fotografato la guerra dai territori israeliani. Il 27 gennaio ha potuto varcare il confine, tra i pochi fotografi presenti, e per 10 giorni ha immortalato la distruzione rimasta. Le sue foto sono state pubblicate da Internazionale, L’Espresso, Newsweek.
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Sopra, madre e figlio superstiti della strage di Zeitun, il quartiere di Gaza dove il 4 gennaio fu bombardata un’abitazione dove si erano riuniti un centinaio di membri del clan dei Samouni. 30 sono morti. Sullo sfondo i resti di una moschea. A sinistra dall’alto, un parco giochi di una scuola e i segni del cingolato che lo ha distrutto; il cratere lasciato da una bomba nei pressi di Rafah; un villaggio raso al suolo verso il confine est della Striscia.
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Il 10 gennaio in Israele si sono tenute le elezioni della Knesset (il Parlamento israeliano). Ha vinto Kadima, il partito di centro-destra guidato da Tzipi Livni, ma per un soffio. Ha conquistato 29 seggi contro i 28 della Likud di Benjamin Netanyahu. 14 seggi per il partito di estrema destra Israel Beitenu di Avogdor Lieberman. Nella foto a sinistra, la collina di Sderot affacciata su Gaza. Un religioso ebreo prega ad ogni scoppio di bomba. Da qui assistevano alla guerra i giornalisti di tutto il mondo, senza poter varcare il confine, ma anche gli israeliani. Sopra, dall’alto, un manifesto di Lieberman durante una festa la sera del voto; una manifestazione a Tel Aviv contro la guerra a Gaza e, sotto, una a favore.
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Sopra, un palazzo distrutto nella periferia nord di Gaza City. Molte case sono state minate e fatte esplodere, non bombardate dall’alto. A sinistra dall’alto, la distribuzione degli aiuti umanitari da parte dell’Onu alla popolazione palestinese; un bambino gioca con una bomba al fosforo che, se mossa, riprende a fumare anche dopo tre settimane dalla fine dei bombardamenti; un negozio distrutto a Gaza.
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dossier
GIANCARLO FORTUNATO
a cura di Paola Baiocchi, Emanuele Isonio, Marco M. Sigiani, Antonio Velardi, Alessia Vinci e Flaviano Zandonai
Un’alternativa esiste: in rete, dal basso >18 A Venezia l’altraeconomia ha fatto Plip >20 Il progetto Co-Energia cerca un nuovo partner >21 Argentina: molto più di una maglietta >22 L’Italia che scompare >24 La Milano agricola e il suo Des >25 Imprese sociali: ancora poche adesioni >26
La Raccolta del Cotone nella Pampa del Indio - Gran Chaco.
Argentina, 2008
Oltre il profitto
L’unica economia: quella sostenibile Mille progetti dal basso riportano l’attenzione sui territori: gruppi d’acquisto contro il carovita “buone pratiche” contro lo spopolamento dei piccoli centri. Ma anche autogestione di fabbriche
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| dossier | reti solidali |
Un’altra economia esiste in rete dal basso
RES, DES E RETI DI GAS IN ITALIA DES DISTRETTI DI ECONOMIA SOLIDALE E RES RETI DI ECONOMIA SOLIDALE * Hanno partecipato al primo incontro nazionale dei DES a Roma nel marzo 2006 1 o hanno inviato la propria scheda in quella occasione (tra parentesi è indicato il progetto che le caratterizza)
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TORINO DesTo des.to@libero.it
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Dai Gruppi di acquisto solidale ai Distretti e alle Reti, dal consumo alla produzione e alla distribuzione. La parola d’ordine è rete, per creare un modo diverso di fare economia. La strada è ancora lunga, ma il cammino è già iniziato IL PROSSIMO CORSO: VALORE, PREZZO, MERCATO È IN PROGRAMMAZIONE TRA MAGGIO E GIUGNO un nuovo modulo del corso di formazione per animatori di reti locali. Sarà prettamente economico e organizzato dalla Cooperativa S.C.Re.T. (Supporto e Connessione reti Territoriali) nata dall’esperienza del progetto Equal NSV, con lo scopo di dare continuità al percorso di sostegno e facilitazione all’interno delle comunità locali, per lo sviluppo di distretti economici su base locale. Per conoscere la data e le modalità: segreteria@scret.it
un fenomeno dai contenuti significativi, che potrebbe aggiungere valore alle comunità, soprattutto a fronte di un certo scollamento della politica dai territori e dalle persone. Alla Rete nazionale dell’Economia solidale aderiscono 22 realtà: sono Des o Res distribuiti non ancora uniformemente in tutta Italia (vedi MAPPA ) ma in crescita continua dal 2002, quando si è formato il Gruppo di lavoro Res, durante il seminario sulle “Strategie di rete per l’economia solidale” promosso dalla Rete Lilliput. Davide Biolghini, fisico cibernetico impegnato nella costruzione della Rete nazionale, ha vissuto le fasi di questa aggregazione fin dalle prime esperienze di commercio equo e di finanza etica degli anni 80: «Altre iniziative complementari nascono negli anni 90 come le Banche del Tempo, i Sistemi di scambio locale, i Bilanci di giustizia, il Turismo responsabile e i Gruppi di acquisto solidali (Gas), tutte iniziative legate al consumo critico e agli stili di vita alternativi».
Piccoli Gas crescono I Gruppi di acquisto sono l’aspetto dell’economia solidale che sta
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PORDENONE Res Friuli Venezia Giulia (Il progetto di DES Rurale di Pordenone)
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VERONA Des Verona www.selese.org
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un mondo variegato che cerca risposte a partire dal basso: è il grande popolo dell’altra economia che mette insieme solidarietà, difesa dell’ambiente e qualità della vita costruita sulle relazioni. È un arcipelago di realtà che si organizza in Distretti o in Reti di economia solidale (Des o Res) con l’obiettivo di attivare circuiti virtuosi di beni ecocompatibili, prodotti in modo equo e solidale. Possono rappresentare una vera alternativa produttiva e una risposta significativa alla crisi economica? Forse è ancora presto per dirlo perché sono in fase di strutturazione e «i soggetti imprenditoriali aderenti alle Res hanno relazioni prevalenti con il mercato capitalista e sono fortemente dipendenti dalle sue regole – spiega Davide Biolghini – e non ancora capaci di gestire progetti federatori». Ma certamente rappresentano
TRENTO Trentino Arcobaleno (Fiera Fa la Cosa Giusta)* www.trentinoarcobaleno.it
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La quantità di Gas indicati è certamente sottostimata, perché sono solo quelli iscritti alla ReteGas, www.retegas.org. I gruppi effettivi in Italia potrebbero essere molti di più. Ma effettuare un censimento completo risulta difficile
MILANO Des Rurale Parco Agricolo Sud Milano saskia.wahlberg@consultami.com info@laforestina.it CREMONA Des Cremona www.retelilliput.org/cremona
COMO Des Como (Fiera L’Isola che c’è)* www.lisolachece.org VARESE Des Varese* www.des.varese.it
di Paola Baiocchi
GAS GRUPPO DI ACQUISTO SOLIDALE
BRIANZA Des Brianza* desbri@lamondolfiera.it
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IMPERIA Des Imperia www.destati.org
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PISA Res Pisa* www.respisa.org AREZZO Des Arezzo www.des-arezzo.it
ROMA Tavolo dell’Altra Economia Roma (Città dell’AltraEconomia)* www.altraeconomiaroma.org
MODENA Tavolo dell’Altra Economia Modena (Fiera Città equa)*
BOLOGNA Res Bologna (Fiera Mercato Diverso)* www.mercatodiverso.it
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PARMA/FIDENZA Des Parma/Fidenza (Fiera Kuminda)
VENEZIA Tavolo dell’Altra Economia Venezia (Città dell’altraEconomia) www.aeresvenezia.it
PADOVA Tavolo per il Des Padova Promosso in particolare da Biorekk
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ANCONA Rees Marche (Rete regionale con progetti di Des provinciali) web.resmarche.it
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5 RETI LOCALI GRUPPI D’ACQUISTO SOLIDALE
IGLESIAS Centro Sperimentazione Autosviluppo (Domus Amigas) www.domusamigas.it
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PESCARA-CHIETI Res Abruzzo-Pescara* Emporio Primo Vere www.emporioprimovere.it
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NAPOLI Les - Laboratorio di economia solidale Ha realizzato le Pagine Arcobaleno e diversi eventi pubblici. A maggio organizza la Fiera-mercato delle buone pratiche dell’economia solidale PALERMO Comitato Addio Pizzo (Contro il pizzo cambia i consumi)* www.addiopizzo.org
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ROMA Rete dei Gas del Lazio
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PESARO Rete Gas Marche
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TORINO GasTorino
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CASALE MONFERRATO (ALESSANDRIA) GasMonferrato
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IVREA (TORINO) Associazione Ecoredia www.ecoredia.it
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MOLINA DI MALO (VICENZA) Rete Gas Vicentini
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LECCO Rete di Acquisto Solidale “La Stadera” - Bevera di Castello Brianza
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MONZA la Retina - Comuni della Brianza
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MILANO InterGas milanese www.gasmilano.org
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MILANO Al Naturale - Rete di Gas Umanisti, Biodinamici, Equosolidali www.alnaturale.it
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BRESCIA InterGas - verso il Des di Brescia intergas.bs@bresciaonline.it
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REGGIO EMILIA InterGas per creare un Des a Reggio Emilia
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BARI Circolo Arci “Eco, bio, equo” promosso da Aiab-Icea e dal Consorzio Puglia Natura (18 Gas)
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NOVARA “Pagine Arcobaleno di Novara e provincia”, realizzate da 7 Gas. Una mappa dei produttori che seguono l’economia solidale www.paginearcobalenonovara.it
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LOCRIDE [REGGIO CALABRIA] Consorzio sociale Goel (Comunità libere)* www.consorziosociale.coop
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1] IL SEMINARIO “PERCORSI DI ECONOMIA SOLIDALE – CRITICITÀ E POTENZIALITÀ DELLE ESPERIENZE IN ATTO”, SI È TENUTO A ROMA L'11 MARZO 2006, OSPITATO ALL'INTERNO DELLA ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA RETE LILLIPUT
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crescendo più rapidamente: erano 394 nella mappa su Valori di molti delusi dalla politica o dal sindacato, che ricercano altre vie di maggio 2008; ora sono registrati 507 Gruppi e 10 reti. Sono i Gas le costruzione del sociale, a volte in continuità, a volte come reazione prime “cellule” attorno al quale si sviluppano i Des. «I percorsi sono alle esperienze precedenti. Per dare risposte consonanti a queste esidiversi – spiega Davide Bioghini – ma con degli elementi comuni: genze, il Tavolo nazionale Res ha deciso di realizzare un corso per un gruppo promotore, costituito per lo più da Gas e Botteghe del animatori di “Reti di economia solidale locali” che è stato un succommercio equo, stila una Carta dei principi. Gli altri passaggi sono cessone. Spiega Giuseppe De Santis, presidente della cooperativa un censimento delle realtà solidali presenti sul territorio, attraverso Scret che l’ha organizzato: «Le adesioni al corso sono state una setla redazione delle Pagine arcobaleno, la costruzione delle filiere cortantina circa, tra il primo modulo che si è tenuto nel Parco Sud di te e poi l’organizzazione di feste o fiere di economia solidale per creaMilano e il secondo, che si è svolto a Pisa, tanto che abbiamo dovure nuove relazioni e per farsi conoscere». to anche dire dei no. Evidentemente colmiamo un vuoto». In alcuni casi è un’amministrazione pubblica che riunisce i sogAda Rossi ricercatrice di economia agraria all’Università di Pisa getti dell’economia solidale con suoi progetti già ha seguito il corso e ha trovato «molto interessanti LINK avviati. È il caso della Città dell’Altra economia di le parti sulla creazione del consenso, la gestione non Roma o la più recente esperienza di Venezia (vedi violenta e creativa del conflitto, la gestione dei ruoli www.cittadellaltraeconomia.org ARTICOLO in basso). «L’amministrazione veneziana e del potere. Tutti aspetti fondamentali nei processi Roma città dell’altra economia www.retecosol.org aveva già avviato il progetto “Cambieresti?” rivoldi creazione di economie solidali, intese come ecowww.retegas.org to alle famiglie – dice Eliana Caramelli, dell’Assesnomie delle relazioni». sorato comunale all’Ambiente –. Per promuovere il Per Giuseppe Vergani, consigliere del Comitato Des nell’ottobre 2006 ha stanziato 150 mila euro, ha attivato al suo verso il Des Brianza un punto a cui il corso non ha dato risposta riinterno un Gruppo interdirezionale di progetto e ha raccolto atguarda il tipo di struttura in cui i Des possono evolvere: «Personaltraverso un Avviso pubblico i soggetti per formare il Tavolo permente non escludo che possa anche essere la cooperativa». manente per l’Altraeconomia». Abbiamo chiesto a Bioghini se il punto di arrivo dei Des potrebbe essere l’Impresa sociale: «Possiamo farci riferimento, poiché ai “nostri” Distretti possono aderire anche imprese “profit” purché coeMille scintille d’energia che renti con i criteri della Carta Res nazionale, ma con i limiti del mancercano un cammino comune cato recepimento da parte delle varie Organizzazioni del terzo settoAttorno a un Tavolo promotore del Des si aggrega il mondo del Terre delle norme attuative (pubblicate in fretta e furia dal governo Prodi zo settore, delle cooperative sociali, dell’associazionismo, dello scouprima della sua crisi senza consultare i soggetti interessati)». tismo cattolico, i produttori locali, la finanza etica. E arrivano anche
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IL PROGETTO CO-ENERGIA È ALLA RICERCA DI UN NUOVO PARTNER UNO DEI PROGETTI PORTATI AVANTI DAI DES, su cui si sono create molte aspettative e anche un numero considerevole di adesioni, ha dovuto subire una battuta d’arresto. Il progetto Co-Energia “per consumare e produrre insieme energia da fonti rinnovabili” è stato proposto nel 2007 da cinque soggetti: Des Brianza, l’Associazione Solare Collettivo di Mondovì, il Tavolo per il Des di Padova, l’Associazione Gas-Energia che raccoglie i Gas di tutta Italia dove non si è formato un Des, e il Des di Como, L’isola che c’è. «Dopo molte ricerche e valutazioni avevamo individuato La 220 SpA come società che sembrava indicata a diventare partner gestore dell’energia per il progetto» ci spiega Sergio Venezia del Des Brianza. «Alla fine del 2008 abbiamo dovuto interrompere ogni rapporto con questa società perché non ha offerto chiarimenti alle osservazioni e alle proposte avanzate dal Gruppo di lavoro incaricato di concludere l’accordo. Un altro elemento della decisione è stata la sua improvvisa incorporazione nella società GreenNetwork, iniziativa che non offre nessuna garanzia di quella trasparenza, di quel rispetto dei valori etici e di innovazione nei rapporti tariffari e commerciali, che restano il principale riferimento dei soggetti promotori». Potenzialmente oggi il progetto Co-Energia interessa circa 3000 famiglie, ma una volta andato in porto l’accordo riceverà sicuramente altre adesioni provenienti dal mondo dell’economia solidale. Il Gruppo di lavoro è incaricato di valutare nuove soluzioni e prevede di portare comunicazioni o risultati Pa.Bai. entro il Convegno nazionale dei Gas di giugno. www.solarecollettivo.it/documenti/COENERGIA.PDF
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APPUNTAMENTI 22 – 25 aprile SCHIFFLANGE / (LUSSEMBURGO) IV FORUM INTERNAZIONALE: LA GLOBALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETÀ Organizzato da INEES (European Institute for Solidarity based Economy) www.lux09.lu
LA SECONDA VITA DEGLI OGGETTI HAI UNA CAFFETTIERA elettrica in buono stato, che proprio non ti serve ma che ti sembra assurdo trasformare in un rifiuto? Ciò che non viene utilizzato, ma ancora è funzionante, al Palaplip di Mestre (via San Donà 195/c) trova “un’altra possibilità”. Basta porre gli oggetti in un cassonetto speciale, trasparente e con ante apribili, dove tutti possono lasciare e raccogliere gli oggetti. È l’iniziativa “Rifiuto con affetto”di Publink in collaborazione con il Comune di Venezia, Veritas, lo Sportello Stilinfo, AEres e Manitese, attiva dalla fine del 2008. L’interno del Palaplip, ex centrale del latte di Mestre, ora sede della Città dell’Altraeconomia.
LIBRI
Albert-László Barabási Link. La scienza delle reti Einaudi, 2004
A Venezia l’altraeconomia ha fatto Plip È nata la Res veneziana: con un Patto di sussidiarietà che le conferisce la funzione pubblica e quote associative in danaro e tempo. E una sede nell’ex centrale del latte di Mestre. di Pa. Bai.
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Il mercato sul piazzale della Città dell’Altraeconomia di Venezia. Sopra, una mongolfiera nel giorno dell’inaugurazione.
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e una miriade di incontri per mettere insieme una cinquantina di realtà tra cooperative sociali di tipo B, botteghe equosolidali, associazioni, imprese, Gas, più la Provincia e ben tre assessorati del Comune di Venezia: quello dell’Ambiente, delle Politiche sociali e quello delle Attività produttive. Poi, nonostante il progetto sia nato in una città costruita sull’acqua, i risultati che si sono ottenuti sono ben solidi: il 26 maggio dell’anno scorso è stato inaugurato il “presidio” dell’altraeconomia. Una cittadella che ha sede in un spazio di 600 mq coperti, più un grande piazzale, in quella che una volta era la centrale del latte di Mestre, che tutti conoscevano come Plip e ora si chiama Palaplip. Come ci si è arrivati? Con molta partecipazione e anche investimenti da parte del Comune, convinto che «i soggetti dell’economia sociale e solidale presenti sul territorio veneziano avessero un valore non solo dal punto di vista produttivo e dello sviluppo socio-economico, ma anche per la promozione e la tutela del territorio» ci racconta Eliana Caramelli che ha fatto parte del gruppo di lavoro, come rappresentante dell’assessorato all’Ambiente. Insomma il Comune ha tenuto per mano il progetto come si tiene un bimbo piccolo, avviando un percorso ori-
I SONO VOLUTI CIRCA DUE ANNI
ginale ma allo stesso tempo nel solco di tante altre Res: individuazione dei soggetti tramite un Avviso pubblico, costituzione di un Tavolo permanente per l’Altraeconomia, preparazione di una Carta dei principi derivata dalla Carta nazionale dei Res, fino ad arrivare a novembre del 2008 alla costituzione di un soggetto giuridico come AEres, “VENEZIA PER L’ALTRAECONOMIA” PASSO DOPO PASSO PER RICOSTRUIRE TUTTA LA STORIA e i passaggi che hanno portato alla nascita della città dell’altraeconomia di Venezia, è possibile consultare il sito: www.comune.venezia.it/altraeconomia altraeconomia@comune.venezia.it – tel. 041 2748627 PER INFORMAZIONI SU AERES www.aeresvenezia.it – email aeresvenezia@gmail.com
un’associazione di associazioni, che a questo punto andrà con le sue gambe, ma della quale il Comune riconoscerà la funzione pubblica. «Non sarà la classica partnership che vede i Comuni firmare una convenzione – spiega Eliana Caramelli – ma uno strumento amministrativo nuovo, previsto dalla Costituzione, ma utilizzato pochissimo. Sarà un Patto di sussidiarietà sottoscritto dalle parti, in cui il Comune manterrà una condivisione di intenti». Anche le quote sociali con cui associarsi ad AEres sono piuttosto innovative perché costituite in parte da danaro e in parte da tempo. All’interno del Palaplip, intanto, le attività sono cominciate: tutti i martedì si tiene il mercato in cui i produttori della zona portano verdure, ortaggi, salumi, carne, miele, vino, olio. È stato inaugurato un distributore del latte crudo, attivato un gruppo di acquisto di pannelli fotovoltaici, convegni e corsi di software libero, in nome dell’elaborazione di nuove forme di socialità e di scambi non mercantili.
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Mark Buchanan L’atomo sociale. Il comportamento umano e le leggi della fisica Mondadori, 2008
Davide Biolghini Il popolo dell’economia solidale EMI, 2007
Maurizio Ambrosini Scelte solidali. L’impegno per gli altri in tempi di soggettivismo Il Mulino, 2005
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MONDRAGON: DALLA MENTE DI UN PARROCO UNA REALTÀ (SOLIDALE) DA 27 MILIARDI DI EURO ATTENZIONE A CONFONDERE chi ha un’idea lungimirante con chi è semplicemente visionario: nel 1956, un sacerdote basco, don Josè Maria Arizmediarrieta diede vita a un’esperienza unica nel suo genere. A Mondragon, nei Paesi Baschi, in un territorio impoverito dalla crisi della locale industria mineraria, cercò (e trovò) il modo per dare un futuro e un lavoro ai giovani, evitandogli l’emigrazione. «Un lavoro basato su quattro pilastri», spiega Gabriele Darpetti, da trent’anni studioso del movimento cooperativo e autore del libro “L’esperienza cooperativa di Mondragon” pubblicato da Conte
Camillo Edizioni. «Fondò una scuola professionale per insegnare il mestiere ai ragazzi, che fu poi affiancata da altri istituti umanistici e da un polo universitario. Aprì un istituto previdenziale per erogare pensioni, assistenza medica, sussidi malattia e di disoccupazione; un centro di ricerca (l’Ikerlan) per realizzare brevetti che fecero sviluppare nel distretto una fiorente industria di elettrodomestici (poi ampliatasi al settore alimentare) e una banca (la Caja Laboral), finanziata da una quota di ogni cooperativa e concepita per garantire crediti e liquidità alle varie realtà del gruppo». Oggi, da quella idea (apparentemente) visionaria, è nata una delle
esperienze mondiali più interessanti nel settore dell’economia sociale: un distretto (l’unico in Spagna) composto da oltre duecento imprese sociali, che danno lavoro a 85 mila persone con un fatturato di oltre 27 miliardi di euro. Risultati ottenuti però senza abbandonare una filosofia basata su cooperazione, partecipazione, responsabilità sociale e innovazione. Fedele alla vocazione del sacerdote, convinto che un’impresa non possa avere il mero lucro personale come unico obiettivo ma debba anche soddisfare motivazioni etiche. Em.Is.
GUIDA AL CONSUMO CRITICO: QUINTA EDIZIONE CHI CONOSCE LA GUIDA AL CONSUMO CRITICO del Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano andrà a vedere se le imprese hanno fatto qualche passo avanti nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori o hanno adottato pratiche meno inquinanti. Chi invece non l’ha mai letta ci troverà tutto quello che le etichette di solito
non dicono: quanto pesa un prodotto sulle risorse del pianeta, quanto ci impoverisce rendendoci schiavi di meccanismi inutili e dispendiosi e quanto renda schiavi i lavoratori nei Paesi produttori. Centro nuovo modello di sviluppo Guida al consumo critico Emi - Editrice Missionaria Italiana, 2008.
Buenos Aires: a destra, l’idraulica dell’Elefante Bianco, da cartonera a operaia specializzata; sotto, una lavoratrice della Cooperative tessile di La Plata.
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BOOKERANG: IL WEB NEL MONDO DELLE PERSONE IN CARNE ED OSSA BOOKERANG È IL NOME DEL SOCIAL NETWORK che si rivolge a lettori, librai ed editori e nasce con l’obiettivo ambizioso - ma attuale - di promuovere la lettura e l’acquisto in libreria. Sebbene appena nato il progetto ha destato subito l’interesse dei maggiori media italiani, dal Corriere della Sera a L’Espresso, da Radio 3 al TG1 Cultura. E anche l’interesse (commerciale) delle maggiori catene di librerie italiane, da Feltrinelli a Mondadori, che hanno chiesto di intraprendere collaborazioni con i rispettivi canali di e-commerce. Cos’è BooKerang? Per i lettori si tratta di uno strumento utile per diffondere lo scambio di idee ed emozioni che derivano dalla lettura, tramite recensioni, commenti, gruppi di discussione. Per i librai è un utile strumento per adeguarsi al cambiamento delle abitudini di acquisto: iscrivendosi gratuitamente a booKerang i librai possono essere presenti in rete e accedere a uno strumento in grado di consultare le preferenze di lettura, creare gruppi di discussione personali per comunicare le iniziative del proprio esercizio commerciale. Le liste dei desideri dei lettori sono consultabili esclusivamente nelle librerie iscritte, incentivando in questo modo gli acquisti in libreria. Per gli editori il social network è uno strumento di promozione che permette di ottimizzare le risorse e dà la possibilità anche a piccole e medie case editrici di pubblicizzare i propri prodotti editoriali. Le case editrici possono infatti profilare gli utenti su cui fare promozione sulla base delle caratteristiche dei lettori stessi, intercettando in maniera certa il target di riferimento. BooKerang è nato dall’idea di due giovani architetti, Emanuele Zippilli e Carlo De Mattia, che operando “dal basso” hanno conquistato una nicchia deserta. Uno start-up a un centinaio di metri dalle belle mura che circondano il centro storico di Macerata. Marco Maria Sigiani www.bookerang.it
Argentina, 2008
sette membri del Cda “Isono pagati meno perché il loro è un ruolo di servizio e non di potere ” sono state recuperate dagli operai, che ora programmano un’economia dove le persone sono più importanti dei soldi. Mettendosi in rete e in solidarietà con altri gruppi del movimento.
Molto più di una maglietta a una serie di incontri casuali – a cominciare da quello, nel 2002, tra Harold Picchi, un argentino in fuga dal default, e la cooperativa milanese di commercio equo Chico Mendes – nasce un progetto che sembra delirante: una filiera tessile (quasi) di Alessia Vinci tutta equa e solidale, nell’Argentina della crisi. Ma non è stato un delirio e le magliette che ne sono il frutto sono da un paio d’anni nelle botteghe Altromercato.
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Rendere il lavoro “di moda” Cominciamo da chi cuce le magliette di questa filiera: sono cooperative nate dal movimento dei disoccupati organizzati di Buenos Aires e dintorni, tra cui La Juanita a La Matanza, città di un paio di milioni di abitanti. Raccontano le ragazze del laboratorio di cucito: «Nel 2003, stavamo vendendo abiti di tessuti riciclati al mercato solidale di Palermo Viejo (un quartiere di Buenos Aires, ndr) e abbiamo incontrato Harold, che ci ha parlato del progetto. Il lavoro per il commercio equo ci ha aiutato a rafforzarci, a lavorare sui punti critici e a imparare a produrre magliette adeguate al gusto europeo, molto esigente». L’impegno per la dignità del lavoro e per l’autogestione, il rifiuto di ogni for-
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ma di clientelismo e assistenzialismo e la passione per l’educazione alla libertà sono i capisaldi della cooperativa, che ha sede in una ex scuola e gestisce anche una casa editrice, un asilo, una panetteria popolare (Mesa critica) con annessa scuola, un laboratorio di riciclaggio di computer e formazione informatica, un circuito di microcredito, corsi di alfabetizzazione per adulti.
Gli operai acquistano l’impresa La Textiles Piguè dove si producono i tessuti per le magliette è nella Pampa, 600 chilometri più a Sud: è una delle 220 imprese recuperate argentine, portate al fallimento da imprenditori irresponsabili, poi occupate e rimesse in produzione dai lavoratori costituiti in cooperativa, che hanno resistito a una denuncia per usurpazione, a un violento sgombero, al tentativo di acquisto da parte di un fondo finanziario americano, fino a ottenere una sentenza di esproprio temporaneo. L’organizzazione del lavoro, gli investimenti, i salari (quello di base, 800 pesos, è uguale per tutti) vengono decisi dall’assemblea dei 130 soci lavoratori, che eleggono anche il Cda, «i cui sette membri sono pagati meno», spiega il presidente, Francisco Martinez,
«perché il loro è un ruolo di servizio, non di potere». Si lavora in gruppi, ognuno con un responsabile. Ma l’impresa produce al 30% delle potenzialità, perché l’accesso al credito è un grosso problema. In via di superamento, però: la Textiles è la prima fabbrica recuperata argentina che ha firmato un accordo con la ministra della Produzione per acquistare l’impresa in 10 anni, a un tasso del 9% annuo, con un’inflazione al 22, grazie a un fondo di fideiussione costituito da Credicoop (una banca cooperativa argentina), da altre banche etiche europee e dallo stesso ministero della produzione. Potrebbe essere un’esperienza pilota che apre la strada a una legge di espropriazione definitiva e a un fondo agevolato per imprese recuperate.
L’equosolidale cresce anche in Argentina Risaliamo verso Nord per 1.800 km e arriviamo in Chaco, una delle province più povere. Sono gli indigeni Toba della Union Campesina a produrre il cotone biologico (e di ottima qualità) per le magliette, tra mille difficoltà. Le sementi vengono fornite dal governo
provinciale, ma non sempre sono di buona qualità. E mancano macchinari, attrezzi, mezzi di trasporto. Molti non hanno nemmeno ancora ottenuto il titolo di proprietà dei terreni su cui vivono. La loro grande paura è quella di perdere la terra, cedendo all’offensiva dei latifondisti che producono soia, e ridursi a braccianti. «Il commercio equo ha evitato peggioramenti, ma non ha ancora prodotto miglioramenti evidenti», spiega Luis Skupien, agronomo e responsabile del progetto in Chaco. «In più, la richiesta sta diminuendo. Ma il problema di base è l’equa distribuzione e la proprietà della terra e degli strumenti di produzione». Il nuovo anno si è aperto tuttavia con alcuni segnali positivi: gli agronomi che seguono il progetto hanno formato una cooperativa aperta alla partecipazione dei coltivatori locali, sia indigeni che criollos, rimediando così all’assenza di un ente commerciale che finora aveva impedito sia di sottoscrivere un vero e proprio contratto sia di assicurare prefinanziamenti, e gli ordini stanno aumentando, anche grazie alla crescita dei consumi equosolidali sul mercato argentino. GIANCARLO FORTUNATO
Abbandonate dai padroni, le fabbriche argentine
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L’anno scorso la popolazione mondiale residente nelle città ha superato quella che vive nelle campagne
In controtendenza è nato il Des rurale Parco Sud Milano, in difesa della conservazione del suo territorio agricolo
LE BUONE PRATICHE PER CONTRASTARE LE FRAGILITÀ DEI TERRITORI
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1] SERVIZI COMMERCIALI DES (Distretti di Economia Solidale) www.retecosol.org GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) www.retegas.org Azienda Agricola Baronchelli (Cascina Ca’ dell’Acqua-Borgo S. Giovanni-LO): spesa a chilometri zero www.aziendaagricolabaronchelli.com
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2] SERVIZI SOCIO-SANITARI La Bottega del Possibile (Torre Pellice-TO): promozione della cultura della domiciliarità per la tutela della persona anziana, del malato o del diversamente abile www.bottegadelpossibile.it/chi_siamo.html Comprensorio Bassa Valsugana e Tesino (TN): servizi di assistenza domiciliare per gli anziani, tra cui la spesa a domicilio (sociale.c3tn.it/pag/Content.aspx?vl=1)
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e “televisione di strada” (www.senzabarriere.org/telestreet.html) Comune di Rapino (CH): assistenza domiciliare integrata, teleassistenza e telecompagnia per gli anziani, social/ biblio-bus (servizio di trasporto comunale per anziani e diversamente abili, nonché servizio di biblioteca a domicilio) www.rapino.net/index.php?option =com_content&task=blogcategory&id =20&Itemid=147 Comunità Montana Valle del Giovenco (AQ): telesoccorso, telecontrollo e assistenza domiciliare integrata per gli anziani www.vallegiovenco.it/node/69
3] COMUNICAZIONI/SUPERAMENTO DIGITAL DIVIDE Regione Toscana: progetto “Banda larga nelle aree rurali della Toscana” www.e.toscana.it/ecms/cms /organizzazione/bandaLarga.html
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Laboratorio di Telematica per il Territorio S.r.l. (LTT) (Parma): società pubblica per la creazione di una rete telematica territoriale multicanale e lo sviluppo tecnologico della Provincia di Parma www.ltt.it WiFi-Company (Alba-CN): impresa per la diffusione della telematica nelle aree remote www.wifi-company.com GALVERLA (Gruppo di Azione LocaleVersante Laziale del Parco Nazionale dell’Abruzzo, Alvito-FR): Progetto WBGAL (Wireless Broadband GAL - banda larga senza fili per il territorio del GAL) www.galverla.eu/progetti/wb_gal.htm
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4] NUOVI ABITANTI Case a 1 euro (Carrega Ligure-AL): vendita di case a 1 euro per ripopolare il borgo www.comunecarregaligure.eu /case1euro.asp
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Fraternità il Pozzo di Giacobbe (Vò Vecchio-PD): “fattoria sociale” (reinserimento sociale attraverso vita in fattoria) www.sinemodo.it/index.html Ecovillaggi: esperienze comunitarie ispirate a un modello di vita sostenibile dal punto di vista ecologico, spirituale, socioculturale ed economico www.mappaecovillaggi.it
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5] ARTE/CULTURA Associazione Teatro di Gioia (Gioia dei Marsi-AQ): esperienza di rivitalizzazione di area fragile attraverso il teatro www.teatrodigioia.it Provvidenti il Borgo della Musica/ Laboratorio Stabile delle Arti (Provvidenti-CB): esperienza di rivitalizzazione di area fragile attraverso la musica www.provvidentiborgodellamusica.com
L’Italia che scompare
IL PARCO SUD IN CIFRE
LA MILANO AGRICOLA E IL SUO DES
L’ALLEVAMENTO DI BOVINI E SUINI è l’attività principale (in termini di reddito prodotto) con 305 allevamenti ed un’area utilizzata pari al 30% dei territori agricoli del Parco.
L’ANNO SCORSO LA POPOLAZIONE MONDIALE RESIDENTE NELLE CITTÀ ha superato quella che vive nelle campagne. In controtendenza e in difesa della conservazione del territorio agricolo che circonda Milano, il 13 dicembre alla Cascina Forestina di Cisliano, azienda agricola e struttura ricettiva del Parco Sud, è stato presentato al pubblico il Des rurale del Parco. Quasi tre quarti dell’anello attorno a Milano fa parte del Parco agricolo, di cui la Provincia è Ente gestore: 47 mila ettari di territorio, di cui 35 mila agricoli che rappresentano circa un terzo di tutta la superficie della Provincia e comprendono 61 Comuni. Nonostante le mire espansionistiche della città continuino a voler mangiare pezzi di terra per costruire tangenziali e inceneritori nell’area del Parco, qui lavorano 910 aziende agricole che nel tempo hanno saputo costruire numerosi rapporti con i Gruppi di acquisto. In particolare con quello di Baggio, che è uno dei soggetti promotori del Des. Niccolò Reverdini di Cascina Forestina, agricoltore che ha trasmesso la sua passione per la filologia nella coltivazione e nelle iniziative culturali che organizza, ci racconta: «All’interno del Parco esistono già iniziative consortili e cooperativistiche di produzione e servizi, che possono far parte del Des. Queste iniziative, come anche quella del marchio proposta dal Parco, sono importanti per riportare i giovani, figli di agricoltori, al lavoro delle campagne. E infatti se ne vedono sempre di più nelle riunioni organizzative». Nel Parco sono rappresentati tutti i tipi di produzione: dal biologico, al tradizionale, all’agricoltura integrata fino alla permacultura praticata dalla Cascina Santa Brera, Pa.Bai che ospita anche una Scuola di pratiche sostenibili.
LA COLTURA PIÙ DIFFUSA e caratteristica dell’area è quella dei cereali (43% del territorio agricolo) a cui seguono: riso (22%) prato (16%) Sono presenti con percentuali minori il girasole, la soia, le orticole, le marcite, le floricole, i vivai, i pioppeti e le aree boscate. ALMENO 14 CASCINE sono organizzate per ricevere scuole o gruppi di visita e 6 sono strutture agrituristiche 18 I PUNTI PARCO dove si svolgono attività di informazione e di promozione delle attività del Parco http://parcosud.provincia.milano.it IL MARCHIO non è sulla qualità del prodotto, ma una certificazione della provenienza delle produzioni che tiene conto di fattori come l’utilizzo delle energie rinnovabili e l’attuazione della filiera corta Il Parco Sud di Milano: 47 mila ettari di territorio distribuiti tra 61 Comuni dell’hinterland milanese, 910 aziende agricole e ora il Des rurale.
le finestre chiuse, le “aree fragili”, definite così dal sociologo Giorgio Osti. strade deserte, nell’aria solo il fruscio delle foglie, qualche Da quattro anni, con il suo supporto, la Fondazione cane che abbaia in lontananza. Un anziano seduto sull’uCulturale Responsabilità Etica (www.bancaetica.it) orscio di casa scruta il passaggio di qualche rara ganizza a Rovigo un convegno per sensibilizzare l’opiautomobile. Intorno il nulla. Capita sempre nione pubblica su questo tema e dare voce a quelle di Antonio Velardi più spesso in Italia di vedere scene del genere. esperienze concrete che stanno riuscendo a rivitalizzaPotremmo essere a Carpeneto (Alessandria), Zignago (La re comunità e territori periferici. L’obiettivo è indiviAPPUNTAMENTI Spezia), Scandriglia (Rieti), Cannole (Lecce) o Cianciana duare modalità di sviluppo che siano sostenibili da un 14 marzo (Agrigento), solo per citare alcuni luoghi sempre meno punto di vista economico, sociale e ambientale: creare ROVIGO abitati, che rischiano di diventare paesi fantasma. dunque “economie leggere” per “aree fragili”. ABITARE Sono aree rurali (o almeno lo IN PERIFERIA: I CLUSTERS DEL DISAGIO AL 2016 erano un tempo), spesso in montaLa mappa delle aree SERVIZI, SOCIALITÀ E TEMPI DI VITA gna, ma anche in collina o in piafragili NELLE AREE FRAGILI nura. Condividono il disagio: deTra il 2000 e il 2008 il Cresme (CenOrganizzato dalla mografico, culturale, economico e tro di ricerche economiche, sociali, di Provincia di Rovigo, dalla Circoscrizione sociale. In comune hanno la bassa mercato per l’edilizia e il territorio dei soci polesani densità abitativa (in media meno di www.cresme.it) ha realizzato per Ledella Banca 150 abitanti per km2), un’elevata gambiente e Confcommercio quattro Popolare Etica, dalla Fondazione rapporti, analizzando i dati relativi al percentuale di popolazione anziaCulturale disagio insediativo. Ne emergono na, livelli di istruzione e redditi Responsabilità Etica una panoramica e un’evoluzione delpro-capite inferiori alla media naONLUS e da Banca Popolare Etica. la vita in Italia, dei problemi legati zionale, la lontananza dai centri www.lscmt.univ. 1.650 ghost town ai diversi territori, delle zone che si economici capaci di generare occu1.118 comuni di “frontiera” trieste.it /osti/ 945 comuni di “residenza decentrata” stanno svuotando e di quelle che si pazione, difficoltà a fornire anche i Abitareinperiferia.htm 388 comuni del “buon ritiro” stanno affollando (scaricabili sul sito più elementari servizi di base. Sono FONTE: RAPPORTO SULL’ITALIA DEL “DISAGIO INSEDIATIVO”: 1996/2016 ECCELLENZE E GHOST TOWN NELL’ITALIA DEI PICCOLI COMUNI – CONFCOMMERCIO LEGAMBIENTE
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www.piccolagrandeitalia.it alla voce documenti e ricerche). Problemi che stanno peggiorando rapidamente: nel 1996 i comuni in una situazione di disagio insediativo erano 2.830, 3.556 nel 2006 e per il 2016 la ricerca prevede saranno 4.395, il 54,3% dei municipi italiani.
Negozi e assistenza Per disagio abitativo si intendono le più comuni difficoltà quotidiane: l’assenza di negozi e servizi, l’impossibilità di spostarsi senza un’auto, la carenza di assistenza per anziani, disabili, portatori di handicap. Nei piccoli comuni disagiati si concentra il 9% del totale nazionale di anziani over 65, un valore superiore di oltre il 20% alla media italiana. Le risposte in alcuni casi ci sono state: molte le iniziative da parte di enti pubblici e associazioni per fornire i più essenziali servizi a domicilio. Nel comprensorio trentino della Bassa Valsugana e del Tesino, ad esempio, il comune ha attivato diverse attività di assistenza domiciliare: la spesa, il servizio lavanderia e quello pasti, l’aiuto domiciliare e il sostegno alla persona, nonché il telesoccorso e il telecontrollo nei casi di difficoltà. Il comune di Rapino (CH), invece, per garantire la possibilità di spostarsi, ha introdotto il Social-bus, che funziona anche come Biblio-bus (ovvero una sorta di biblioteca a domicilio). Nei piccoli comuni a disagio mancano anche i negozi:
PICCOLI E SGUARNITI ANALFABETI 1.325 comuni (16,4%) non hanno la scuola materna 1.264 comuni (32%) hanno una sola sezione di scuola materna 1.424 comuni (17,6%) non hanno una scuola elementare o ne hanno solo una Il 35,3% dei comuni italiani non hanno una scuola media A PANE E ACQUA 62 comuni italiani (0,8%) senza esercizi commerciali 87 comuni italiani (1,0%) con un solo esercizio commerciale MALATI Nel 44,7% dei comuni italiani con meno di 10.000 abitanti senza una unità locale di Sanità e altri servizi
FONTE: RAPPORTO SULL’ITALIA DEL “DISAGIO INSEDIATIVO”: 1996/2016 ECCELLENZE E GHOST TOWN NELL’ITALIA DEI PICCOLI COMUNI – CONFCOMMERCIO LEGAMBIENTE
Aree fragili: sono i centri che si spopolano, dove restano gli anziani e ci sono pochi servizi. Un fenomeno in crescita. N GRAPPOLO DI CASE SEMIABBANDONATE,
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si contano 90.000 unità locali al commercio, il 5,2% del totale nazionale. Fondamentali quindi le iniziative per mettere in contatto diretto consumatori e produttori locali, come i Gas, Gruppi di acquisto solidale o iniziative da parte dei produttori. Come l’Azienda Agricola Baronchelli di Borgo San Giovanni (LO), che organizza punti vendita itineranti permettendo la cosiddetta spesa a chilometri zero.
Lavorare e muoversi Anche il lavoro diventa un problema per chi vive in queste zone. La lontananza da poli di sviluppo costringe a lunghi spostamenti o ad accettare impieghi precari; si pensi che nei piccoli comuni a disagio è occupato solo il 3,6% degli abitanti. Sono nate così diverse iniziative per creare nuovi posti di lavoro in loco, legate soprattutto alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali attraverso l’agricoltura biologica, l’artigianato e il turismo responsabile. Tipico lo spopolamento di queste aree. Ma esistono esperienze in senso contrario, che tendono a ripopolare gli antichi borghi. Le più interessanti hanno una forte connotazione artistica. Un esempio è il Borgo della Musica: il comune molisano di Provvidenti (CB) è diventato un laboratorio stabile che permette ad artisti e musicisti (emergenti, noti e medio/noti) di sperimentare e creare, nella calma e nel “silenzio” della campagna.
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LA LEGGE SULL’IMPRESA SOCIALE: IL DECRETO 155/2006 IN SINTESI SOGGETTI COINVOLTI (ART. 1) Possono diventare impresa sociale le organizzazioni private senza scopo di lucro, che esercitino un’attività economica per produrre beni o servizi di utilità sociali (associazioni, fondazioni, comitati, società di persone e capitali, cooperative, consorzi). Per la prima volta viene riconosciuta giuridicamente l’esistenza di imprese con finalità diverse dal profitto.
SETTORI DI ATTIVITÀ (ART. 2) Assistenza sociale e sanitaria; educazione e formazione; tutela dell’ambiente; valorizzazione del patrimonio culturale ed erogazione di servizi culturali; turismo sociale; formazione universitaria e post universitaria. Più in generale, può essere impresa sociale qualsiasi organizzazione che eserciti attività d’impresa per inserire lavoratori svantaggiati e disabili, se rappresentano almeno il 30% del personale.
VANTAGGI (ARTT. 6 E 14) Nelle organizzazioni che esercitano un'impresa sociale il cui patrimonio è superiore a ventimila euro, dal momento della iscrizione nella apposita sezione del registro delle imprese, delle obbligazioni assunte risponde soltanto l'organizzazione con il suo patrimonio. Si possono inoltre utilizzare prestazioni di volontariato, ammesse nei limiti del 50% dei lavoratori.
CHE FINE HA FATTO L’IMPRESA SOCIALE?
REQUISITI L’impresa sociale dovrà avere una struttura democratica; ottenere oltre il 70% dei ricavi dalla sua attività principale, destinare gli utili allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio, e non distribuirli; redigere il bilancio sociale; coinvolgere lavoratori e destinatari delle attività nella gestione.
Imprese sociali: ancora poche le adesioni Il decreto che le ha istituite è del 2006 ma su 15 mila soggetti che possono utilizzarla, meno di venti hanno aderito. mila, secondo stime attendibili, le organizzazioni non profit poRA STATA PRESENTATA COME LA NORMA CHE MANCAVA IN ITALIA per tenzialmente interessate alla legge (7.300 cooperative sociali e 2.000 aprire la strada alle imprese che producono beni di utilità fondazioni) ma le imprese registrate ai sensi della nuova legge sono sociale. Voleva fare da “contenitore giuridico” a un inedimeno di 20. E non aiuta la situazione delle Camere di to modello imprenditoriale, commercio, che devono far registrare questi soggetti imdi Emanuele Isonio che ne chiarisse e tutelasse le prenditoriali. Dal ministero per lo Sviluppo economico peculiarità rispetto alle im– denuncia Unioncamere - manca un decreto per incluprese classiche ma anche alle altre iniziative di non profit. dere la nuova sezione nei moduli per iscrivere queste Ma dal 24 gennaio 2008 – giorno dell’emanazione realtà. E, in assenza di questo modulo, solo 6 Camere dei decreti attuativi del decreto legislativo 155/2006 – le sulle 105 esistenti hanno aperto un’area per le imprese questioni aperte rimangono molte. Lo scetticismo degli sociali nel registro delle imprese. operatori rispetto alle nuove norme, pure. E in molti si Di certo il livello di conoscenza della normativa è domandano se la legge sull’impresa sociale sia un espeGabriella Bon, a.d. del scandalosamente basso. Lo rivela la seconda indagine rimento fallito o abbia solo bisogno di tempo per essere Consorzio 3 Venezie. A destra, un contadino sulle imprese sociali realizzata dall’osservatorio Isnet metabolizzata e per spiegare tutta la propria efficacia. guaraní in Argentina. (vedi TABELLA ): «Oltre il 60% degli intervistati dichiara di conoscere poco o nulla della nuova disciplina – rivela Non c’è appeal senza incentivi Laura Bongiovanni, presidente di Isnet – Abbiamo rilevato interesUna cosa è certa: a un anno di distanza da quel 24 gennaio, i numeri se, curiosità ma l’assenza di campagne informative è stata fatale. di quanti hanno utilizzato la nuova normativa sono sconfortanti: 15 Inoltre da una verifica informale effettuata qualche mese fa, abbiamo riscontrato che molte Camere di Commercio non si sono ancora adeguate e chi volesse creare un’impresa sociale non ha di fatto la possibilità di avviare la pratica d’iscrizione». Ma la causa principale del fallimento (almeno temporaneo) della norma è probabilmente un altro e si può sintetizzare in quattro parole: assenza di vantaggi diretti. Un’opinione condivisa da CONOSCENZA E VALUTAZIONE DELLA NORMATIVA SULLE IMPRESE SOCIALI decine di operatori del settore. Esemplare in tal senso l’analisi di Luca Sorrentino, dirigente del consorzio Gesco, che riunisce 33 2008 2007 cooperative sociali impegnate nell’inserimento lavorativo di sogÈ positiva e rappresenta un’opportunità 18,5% 15,5% getti svantaggiati: «La legge non ha appeal né per i soggetti profit Non la condivido 8,0% 14,5% Non la conosco abbastanza 47,8% 49,3% né per quelli non profit. Noi non abbiamo interesse a trasformarNon la conosco per niente 14,3% 14,3% ci in impresa sociale. E credo che nessun’altra coop sociale ce l’abNon so, dipende dagli sviluppi 4,3% n.r. bia. Nel decreto legislativo del 2006 non ci sono strumenti di soNon introduce cambiamenti per le coop sociali 5,0% n.r. stegno né altri vantaggi». Facile intuire cosa s’intenda per La condivido solo in parte 2,0% n.r. “vantaggi”: «Appalti riservati alle imprese sociali, deroghe alla Altro 0,3% 6,5% legge sugli appalti per chi fa inserimento di soggetti deboli, sgra-
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FONTE: OSSERV. SULL’IMPRESA SOCIALE - II ED. LUG.’08
Solo 6 Camere di commercio su 105 hanno aperto un’area per le imprese sociali nel Registro delle imprese. Mancano i moduli
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vi contributivi». Corsie preferenziali per ottenere soldi pubblici e incentivi per risparmiare, dunque.
Mosche bianche o avanguardia? Una posizione assai diffusa ma criticata da chi ha invece scelto di diventare impresa sociale. «Se ci limitiamo a considerare il punto di vista pratico è vero: la nuova legge non prevede alcuna agevolazione economico-finanziaria che aiuti i bilanci», commenta Gabriella Bon, amministratore delegato dell’impresa sociale 3 Venezie, un consorzio che riunisce oltre 500 cooperative sociali. «Però permette a partner con nature giuridiche molto diverse (associazioni, banche, fondazioni, cooperative) di riunirsi e lavorare insieme. E chiarisce una volta per tutte i nostri obiettivi: fare impresa, creare posti di lavoro, fare fatturato e al tempo stesso garantire servizi di utilità sociale. Tutto ciò ci assicura una posizione più chiara sul mercato». E a chi propone che la legge preveda corsie “protette” per gli appalti, dice: «Chi pensa che la norma debba essere una via per ottenere appalti, distrugge le finalità con cui è nata». Ma chi sceglie di realizzare un’impresa sociale deve anche destreggiarsi tra difficoltà e ostacoli. Come Alberto Leoni, presidente di Comunità solidali: «Alla Camera di Commercio di Milano non sapevano come muoversi. E gli uffici tecnici di Banca Intesa-San Paolo non conoscevano nulla della legge. Però sono contento di aver creato un’impresa sociale e lo rifarei. Ha garantito una governance più trasparente e ha dato la possibilità ad imprese profit di collaborare con soggetti non profit». Sottolinea invece i vantaggi di fare “massa critica” Felice Scalvini, presidente della CECOP (Confederazione europea delle cooperative sociali e di lavoro): «I vantaggi di essere riconosciuti come settore economico specifico sono maggiori di meri incentivi fiscali. Purtroppo c’è molta titubanza, scetticismo, paura del nuovo e una grave carenza di visione strategica. Per questo dico: viviamo questa legge come un’opportunità. Emergiamo. Mostriamo il nostro peso, così da poter avere la forza per ottenere sostegni specifici al nostro settore». E per il futuro, una previsione: «Sono sicuro che questo processo sia inevitabile. Con la giusta consapevolezza si realizzerà però molto più velocemente».
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“MORÌ PER ASSENZA D’INCENTIVI”. È dunque questo l’epitaffio da apporre sulla pietra tombale della legge sull’impresa sociale, approvata più di tre anni fa? È vero che gli ultimi decreti attuativi sono recenti, ma le organizzazioni che hanno assunto questa nuova etichetta giuridica sono molto poche, almeno così sembra perché non esiste un elenco ufficiale. La carenza di informazioni non limita però un dibattito molto intenso sulle cause di quello che si profila come un “flop”, non solo di una legge ma in generale di un modello di impresa che avrebbe invece potuto affermarsi come nuova istituzione sociale ed economica, non marginalizzata in nicchie (i servizi sociali ad esempio) strette e affollate. L’imputato principale di questo fallimento annunciato è l’assenza di incentivi. Ma di quali incentivi si parla? Molti esperti del settore si riferiscono a misure fiscali e tributarie e in effetti su questo fronte nella legge non c’è nulla. Sarebbe quindi importante armonizzare gli incentivi delle diverse forme giuridiche (ad esempio estendendo i benefici delle Onlus a tutte le imprese sociali) per evitare “discriminazioni” interne a un settore in formazione. Se la scelta di creare una nuova iniziativa o di trasformare in impresa sociale un’organizzazione esistente è legata esclusivamente alla disponibilità o meno di incentivi di questo tipo, allora il rischio del fallimento è concreto perché si basa su una visione limitata delle opportunità offerte dalla norma. Eppure dar vita a imprese sociali in nuovi settori di attività non può essere considerato un incentivo? E poter optare per schemi diversi, giuridici e organizzativi, ad esempio imprese sociali in forma di società di capitali, come propone il premio Nobel Yunus? E la costruzione di forme di coinvolgimento con stakeholder rilevanti come lavoratori e utenti? E l’adozione di uno strumento come il bilancio sociale? Forse se si guarda la legge da questo punto di vista si può innescare l’effetto-leva tanto atteso. A patto che ognuno faccia la sua parte. A iniziare dalle molte organizzazioni del terzo settore che possono approfittare della legge per dare visibilità e valore alla loro dimensione imprenditoriale. Un discorso a sé merita poi la cooperazione sociale. È utile ricordare che nel 1991, anno di approvazione della legge 381, erano operative ben 2 mila imprese che si autodefinivano cooperative sociali, pur senza alcun incentivo. Anche dal governo nazionale ci si aspetta un segnale forte che finora è mancato. Anzi, la scelta del ministero del Welfare di non citare l’impresa sociale nel suo recente libro verde “La vita buona nella società attiva” rivela una schizofrenia tra aperture a forme di auto-organizzazione della società civile e generici richiami a “volontariato” e “associazionismo”, segno di una cultura irrigidita lungo l’asse Stato-mercato. Ma in un Paese sempre più federale anche le regioni dovrebbero intervenire, soprattutto quelle che indicano la sussidiarietà come faro della loro azione politica. Il mondo della ricerca dovrebbe infine recitare meglio la sua parte. Finora ha riflettuto sul tema in chiave puramente astratta, proponendo soprattutto “simulazioni” teoriche della nuova impresa sociale. Sarebbe invece utile “scovare” buone prassi, per avviare processi virtuosi. Lo spazio di azione è tutt’altro che esaurito. Potrebbe essere l’inizio di una campagna promozionale con un obiettivo ambizioso: 20 mila imprese sociali da qui a cinque anni, di cui metà come esito di trasformazioni di organizzazioni Flaviano Zandonai esistenti e metà di nuova costituzione. docente di Management del servizio sociale, Università di Bologna
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Ijarah
Il leasing islamico di Federica Miglietta*
PADOVA CENTRO STORICO
2-5 APRILE
N
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Civitas diventa Festival nel cuore di Padova www.festivaldellacittadinanza.it
NEL CUORE DELLE PERSONE NEL CUORE DI PADOVA Mostre, incontri, spettacoli, grandi eventi e laboratori sul futuro possibile
ELLA FINANZA ISLAMICA SI UTILIZZA GENERALMENTE IL TERMINE Ijarah per connotare un contratto nel quale beni
e proprietà, mobili o immobili, vengono trasferiti in usufrutto ad un soggetto, in cambio di un canone. Da un punto di vista occidentale può essere assimilato al contratto di leasing. Il locatore assume il nome di mu’jir mentre il locatario viene chiamato musta’jir. Il canone pagato dal locatario si chiama ujrah. Nel caso del leasing islamico, le regole sono molto simili a quelle relative alla vendita, anche se, diversamente dalla vendita, solo l’usufrutto viene trasferito al conduttore, mentre i diritti di proprietà inerenti il bene permangono in capo al proprietario. E, poiché l’usufrutto viene trasferito al conduttore, questi deve sopportare i costi correnti relativi all’uso della proprietà (per esempio, deve pagare l’elettricità e le ordinarie spese di mantenimento), mentre i costi riferibili alla proprietà sono a carico del proprietario. Il conduttore può utilizzare il bene locato solo per gli scopi stabiliti nel contratto iniziale, a meno che non sia espressamente autorizzato dal proprietario a disporre differentemente del bene. Come nel caso del Murabahah, da noi trattato in precedenza (su Valori di febbraio 2009, ndr), il contratto nasce originariamente senza una connotazione bancaria ma è divenuto nel tempo una modalità di finanziamento alternativa al mutuo a lungo termine. La procedura di leasing, però, è più semplice rispetto alla Murabahah. In questo caso, infatti, il conduttore agisce come agente della banca nell’acquisto del bene e il contratto precedentemente stipulato decorre dal momento della consegna, senza che vi siano offerte e accettazioni. Le prescrizioni relative all’ijarah vietano La banca è proprietaria del bene, di implementare questo strumento per beni che per usarlo si paga un canone non abbiano un valore d’uso. Allo stesso modo, i beni e alla fine, si può riscattarlo. che deperiscono con l’uso (denaro, cibo, carburante, Alcune banche inglesi usano questo munizioni), non possono essere locati. contratto per concedere prestiti Il canone di leasing deve essere predeterminato alla clientela di religione musulmana contestualmente alla stipulazione del contratto e può essere anche di tipo variabile. Si può, per esempio, decidere che, a partire dal secondo anno, il canone si incrementi sistematicamente di una certa percentuale sino alla scadenza del contratto. Un contratto siffatto è valido a patto, però, che le condizioni siano predeterminate sin dall’inizio. In base alla possibilità o meno di riscattare il bene alla fine del contratto, si può distinguere tra ijarah e ijarah wa iqtina. Il primo caso è assimilabile per certi aspetti al contratto di leasing operativo, nel quale il locatore ha solo l’uso del bene; nel caso di ijarah wa iqtina, invece, il locatore, oltre a poter utilizzare il bene, ha anche la facoltà di assumerne la proprietà alla fine del contratto. I contratti di leasing islamico sono diventati molto importanti anche nei contesti occidentali. Per esempio, alcune banche inglesi hanno introdotto questo strumento per concedere finanziamenti * Docente di finanza immobiliari alla clientela di religione islamica. Nell’uso a fini immobiliari permane un problema allo IEMIF, Istituto non di poco conto per la banca concedente il credito. La proprietà dell’immobile rimane in capo alla banca di Economia dei Mercati e degli Intermediari e viene trasferito a termine (o man mano, come in alcuni casi di contratto strutturato in modo più Finanziari, dell’università complesso); in questo caso, dunque, la banca mantiene in bilancio una notevole quantità di immobili. Bocconi di Milano
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Goodbye George! Ti siamo tutti debitori >32 Altman: “Tre anni di purgatorio, ma chi rischia guadagna” >34 La crisi, un prezzo per tutti. Un salvagente per alcuni >37
finanzaetica BANCHE SALVE GRAZIE AI PROFITTI DELLA DROGA
FAMIGLIE STROZZATE DAL CREDITO AL CONSUMO UN OSSERVATORIO PER MONITORARE IL PROBLEMA
UNICREDIT SI PREPARA A LANCIARE UNA BANCA ETICA
L’IRLANDA SALVA LE BANCHE MA TAGLIA I SALARI
UN MILIONE DI DOLLARI A TESTA DI BONUS A 700 MANAGER MERRILL LYNCH
DAVOS RILANCIA LA FINANZA VERDE
«Abbiamo le prove che, nel 2008, una parte dei prestiti interbancari sono stati finanziati da denaro sporco, generato dal traffico di droga». La dichiarazione shock arriva da Antonio Maria Costa, direttore generale dell’UNODC, l’ufficio delle Nazioni Unite che aiuta i governi a combattere il crimine e il traffico di stupefacenti. «Possiamo dire che alcune banche si sono proprio salvate grazie alla droga», continua Costa. «In alcuni periodi i soldi che provengono dal traffico di droga e da altre attività illecite sono l’unica fonte di liquidità disponibile. Nella seconda metà del 2008, quando i tradizionali canali di finanziamento si sono seccati, molti istituti bancari non hanno saputo resistere alla tentazione». Costa non ha voluto precisare i nomi delle banche coinvolte, né i Paesi in cui si sarebbero verificate le iniezioni di denaro criminale, ma ha confermato le stime delle Nazioni Unite sul giro d’affari internazionale derivato dal solo traffico di droga, che ammonterebbe a 320 miliardi di dollari. (Fonte: Profil/Herald Tribune International).
È aumentata negli ultimi anni l’abitudine delle famiglie di ricorrere al credito per sostenere spese anche quotidiane: un televisore nuovo, l’automobile, il divano per il salotto. Le famiglie italiane, per questo, oggi sono sempre più indebitate, a fronte di un sistema economico-finanziario mondiale in forte crisi e che non dà garanzie per il futuro. Come sapranno le famiglie far fronte agli impegni presi con i propri creditori? Le banche quali azioni stanno adottando per venire incontro ai propri clienti? Chi sta lavorando sui tassi di interesse e monitorando i suoi eventuali rialzi? Per focalizzare l’attenzione sul tema del costo del credito e sull’impatto che esercita sulle condizioni economiche delle famiglie Caritas Italiana e Fondazione Culturale Responsabilità Etica, con il Centro culturale Francesco Luigi Ferrari, hanno istituito l’Osservatorio sul Costo del Credito. Tra gli obiettivi dei promotori vi è quello di aumentare a livello popolare la cultura economica/finanziaria/sociale e offrire uno spazio informativo ai propri operatori alle realtà collegate. Al tempo stesso si vuole monitorare un campo estremamente critico della vita delle persone, valorizzando le esperienze che attualmente risultano sottorappresentate a livello culturale e poco conosciute. Una volta collaudato l’Osservatorio, si vogliono progettare e sperimentare percorsi locali di animazione del territorio e sostenere lo sviluppo di microcontesti comunitari. Attraverso l’Osservatorio sul Costo del Credito sarà possibile incrociare statistiche e dati diffusi già da diverse istituzioni e analizzarli tenendo conto anche delle esperienze degli Osservatori sulle Povertà presenti in tutto il paese. Sarà quindi possibile - anche con il contributo di diversi soggetti - avanzare scenari futuri sui principali fenomeni connessi al costo del credito e sul suo impatto sulla condizione economiche delle famiglie.
«Stiamo conducendo una ricerca sulle possibili evoluzioni del mondo bancario in relazione al mercato non profit, possiamo farle alcune domande?». Si presentava così l’agenzia di sondaggi che, alla fine di dicembre del 2008, ha intervistato una cinquantina di opinion leader italiani, selezionati perché “capaci di avere una visione completa delle tendenze in atto, in questo periodo di grande fermento rispetto al non profit”. Dietro all’operazione ci sarebbe il Gruppo Unicredit, pronto a uscire sul mercato con una nuova banca: «una via di mezzo tra Banca Etica e Banca Prossima, un punto di riferimento per i clienti che vogliono un esplicito orientamento delle attività bancarie alla responsabilità sociale», spiegano all’agenzia. Il nuovo punto finanziario potrebbe integrare l’offerta di investimenti SRI del Gruppo con conti e finanziamenti dedicati al sociale e alle energie rinnovabili, rivolti alle imprese, ma anche ai clienti retail.
Il governo irlandese ha annunciato ieri l’iniezione di 7 miliardi di euro nelle due principali banche del Paese: Allied Irish Bank (AIB) e Bank of Ireland (BofI), in cambio di un’opzione per il controllo del 25% del capitale. Dopo aver nazionalizzato Anglo Irish Bank a metà gennaio, il ministero delle Finanze ha precisato in una nota che «lo Stato non ha intenzione di prendere il controllo di ulteriori banche». Come condizione per l’aiuto finanziario, equamente suddiviso tra AIB e BofI, il ministro per le Finanze Brian Lenihan ha chiesto che le due banche si impegnino a ridurre di almeno un terzo la remunerazione dei dirigenti, e del 25% quella degli amministratori non esecutivi, oltre a tagliare tutti i bonus e gli aumenti di salario fino alla fine del 2009. Le due banche irlandesi hanno inoltre accettato una moratoria sui pignoramenti immobiliari per i proprietari più in difficoltà con il pagamento dei mutui. In particolare non si potranno avviare procedure legali sui mutui prima casa con meno di dodici mesi di rate in arretrato.
Circa 700 top executive di Merrill Lynch hanno incassato bonus per più di un milione di dollari a testa per il 2008. Lo ha reso noto ieri Andrew Cuomo, procuratore generale di New York. «È un grave esempio di irresponsabilità sociale, che pone serie domande sulla possibilità di salvataggio del sistema bancario americano», ha dichiarato Cuomo. «I bonus per il 2008 sono stati distribuiti privilegiando un numero molto ristretto di persone: i quattro manager al top della società hanno portato a casa complessivamente 121 milioni di dollari». Merrill, che in settembre era stata acquisita da Bank of America, ha pagato i bonus a fine dicembre, con un mese di anticipo rispetto alla scadenza fissata, mentre le perdite operative della banca stavano salendo al livello record di 41,2 miliardi di dollari. Il fatto che Merrill abbia pagato miliardi in bonus mentre Ken Lewis, direttore esecutivo di Bank of America, chiedeva 20 miliardi di dollari al governo americano per completare l’acquisizione della banca di investimenti, ha generato sospetti sul fatto che gli aiuti pubblici siano stati in realtà utilizzati per pagare i super-stipendi dei manager di Wall Street. Andrew Cuomo ha citato in giudizio John Thain, ex direttore generale di Merrill, e Steele Alphin, responsabile per le remunerazioni, chiamando entrambi a testimoniare.
Si chiama “Financial Services Sector Supplement” (FSSS): un nuovo set di criteri sociali e ambientali da applicare ai rendiconti delle società finanziarie. È stato presentato il 28 gennaio a Davos, nel corso del World Economic Forum dall’UNEP FI, il “Programma ambientale di iniziativa finanziaria” delle Nazioni Unite. Nella guida FSSS, destinata agli operatori del settore finanziario, l’UNEP presenta oltre 100 indicatori per rendere più trasparenti e sostenibili i bilanci dei fondi comuni, delle banche e delle assicurazioni. «È uno strumento che vogliamo offrire al mondo della finanza. Il nostro scopo è indicare una strada che porti gli operatori del settore a recuperare la fiducia dei clienti», ha dichiarato Achim Steiner, direttore esecutivo di UNEP FI. Le società finanziarie che decideranno di aderire all’iniziativa dell’UNEP dovranno pubblicare dati sugli impatti sociali e ambientali dei loro prodotti, la percentuale di asset soggetta a screening etico, le politiche di voto in assemblea o la presenza di clausole sul rispetto dei diritti umani nei contratti con i paesi in via di sviluppo. In Italia hanno aderito al programma UNEP FI solo tre gruppi bancari: Montepaschi, Unicredit e Intesa Sanpaolo. www.unepfi.org
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Goodbye George! Ti siamo tutti debitori
IL CONTO DEL GOVERNO BUSH
438 MLD $
ENTRATE TOTALI DEFICIT 2,5
IRAQ E AFGHANISTAN
SURPLUS 283 MLD $ DIFESA
2,0
INTERESSI NETTI SUL DEBITO 1,5
USCITE TOTALI
ALTRE VOCI DI SPESA 0,5
’01
’02
’03
’04
’05
’06
’07
’08
FONTE: HARPERS - GENNAIO 2009
1,0
FONTE: HARPERS - GENNAIO 2009
HARRY S. TRUMAN 1945-1953
0 1950
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1960
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LYNDON B. JOHNSON 1963-1969
1970 |
GEORGE H.W. BUSH 1989-1993
GERALD R. FORD 1974-1977 JIMMY CARTER 1977-1981
7,6 MLN
WILLIAM J. CLINTON 1993-2001
GEORGE W. BUSH 2001-2009
RONALD REAGAN 1981-1989
1980
FAMIGLIE SOTTO LA SOGLIA DI POVERTÀ
PERSONE SENZA UN’ASSICURAZIONE SANITARIA
REDDITO MEDIO DI UNA FAMIGLIA
COSTI PER UN’ASSICURAZIONE
6.772
1,5 mld $
40%
JOHN F. KENNEDY 1961-1963
+19%
45,7 MLN
6,4 MLN
980 MLD
PROFITTI DELLE IMPRESE
FONTE: HARPERS - GENNAIO 2009
3,0 MIGLIAIA DI MLD $
50%
10%
+19%
Un buco da oltre 10 mila miliardi di dollari. È qui che Stiglitz sembra andare al cuore del problema. La stima compensa il salvataggio di FanLa crescita del debito pubblico nie Mae e Freddie Mac (1.600 miliardi di espoLIBRI sizione), i previsti interventi per la sopravvivenza del sistema finanziario (mezzo trilione), i costi esorbitanti del programma assistenziale “Medicare” (800 miliardi nel prossimo decen0,75 mld $ Il deficit previsto per il 2009 nio grazie all’impossibilità di rinegoziare i costi dei farmaci con le major del settore) nonché George A. Akerlof i programmi per la difesa (200 miliardi) e l’asRobert J. Shiller sistenza ai veterani di Iraq e Afghanistan (100 Animal spirits: how miliardi). Ma la componente più devastante human psychology drives the economy, dell’eredità Bush resta il debito: quasi 5 trilioni 1,6 mld $ and why it matters Il costo del salvataggio di dollari cui si aggiungono 750 miliardi di defor global capitalism di Fannie Mae & Freddi Mac ficit previsto per il 2009. Alla fine dell’era ClinPrinceton University Press, 2009 ton gli Usa potevano vantare un surplus di 283 miliardi; 18 mesi dopo il saldo attivo risultava completamente azzerato. Bush, in altre parole, aveva ripreso quella tra0,5 mld $ Gli altri costi del salvataggio dizione inaugurata da Reagan nel 1980 dopo trent’anni di contrazione delle banche debitoria. La riduzione delle entrate, le spese militari, l’emissione crescente di titoli del Tesoro e l’aumento delle richieste di prestiti all’estero hanno portato il deficit pubblico americano a superare quota 70% rispetto al Pil: più o meno la stessa situazione di inizio anni ‘50. Interessi futuri per il nuovo debito
RICHARD M. NIXON 1969-1974
12.680
4,9 mld $
SANITÀ
È una combinazione micidiale quella scatenata dall’amministrazione dal 2000 in avanti. Dal taglio delle tasse all’inevitabile riduzione della spesa sociale, passando per due guerre non ancora concluse, fino ad arrivare alla peggiore crisi economica dalla Grande Depressione ad oggi. Il tutto, s’intende, seguendo la vecchia logica del conservatorismo: lasciate che i ricchi si arricchiscano ancor di più a beneficio del sistema nel suo complesso. Peccato però che nel medio periodo il sistema non sia stato minimamente in grado di ridistribuire ricchezza. E così, mentre le 15 mila famiglie più ricche del Paese hanno visto i loro ricavi annuali raddoppiare e i profitti delle corporation sono cresciuti del 68%, il reddito dell’americano medio si è ridotto dell’1%.
DWIGHT D. EISENHOWER 1953-1961
+87% 50.233
Un conto salato
60%
20%
DOPO BUSH - 1% 50.557
otto anni i profitti delle corporation “In sono cresciuti del 68%, i ricavi delle 15 mila famiglie più ricche raddoppiati e i redditi medi degli americani ridotti dell’1% ”
CHE COSA HA PROVOCATO IL DEFICIT USA
Ricchi più ricchi, poveri più poveri
30%
1.642 MLD
38,4 MLN
“N
70%
+68%
IL BUCO LASCIATO DALL’EX PRESIDENTE USA NELLE CASSE DELLO STATO
EGLI OTTO ANNI DELL’AMMINISTRAZIONE guidata da George W. Bush quasi tutte le voci dell’economia americana sono peggiorate”. Una sentenza pesante quella che il premio Nobel Joseph Stiglitz dedica ai due mandati dell’ormai ex presidente statunitense dalle colonne del mensile Harper Magazine (www.harpers.org). E di Matteo Cavallito non sono parole al vento. A supporto delle sue affermazioni Stiglitz porta le cifre: il costo totale delle scellerate politiche delJoseph Stiglitz, riceve il Nobel per l’economia l’amministrazione Bush per il sistema economico americano è stanel 2001. to di 10,35 trilioni di dollari, più di tre volte il prezzo che lo stesso economista aveva attribuito mesi fa alla campagna irachena.
80%
PRIMA DI BUSH
10,35 mld $
Tagli fiscali, guerre, salvataggi finanziari e soprattutto indebitamento. Gli otto anni di presidenza Bush hanno lasciato un conto da oltre diecimila miliardi di dollari. Parola di Joseph Stiglitz.
IL RAPPORTO DEBITO/PIL DEI PRESIDENTI USA
MEGLIO PRIMA O DOPO BUSH?
1990
2000
Debitori verso chi
Ogni cittadino americano, ha sottolineato Stiglitz, deve ora circa 9 mila dollari a un club di nazioni straniere che hanno finanziato l’economia statunitense attraverso i prestiti. Tra questi Gran Bretagna, Cina e Giappone ma anche insospettabili come Venezuela, Iraq (!) e Gabon, 0,5 mld $ Il piano di assistenza sanitaria 112° classificato nella graduatoria mondiale del Pil nazionale. Un’altra brutta tegola per una nazione chiamata ad invertire una tendenza al 0,1 mld $ Le immunità ai veterani peggioramento dagli elevati costi sociali: dal 2000 a oggi il numero delle persone prive di assicurazione medica è passato da 38,4 a 45,7 mi0,2 mld $ La ricostruzione della difesa lioni, quello delle famiglie povere da 6,4 a 7,6 milioni.
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Ancora tre anni di purgatorio Ma chi rischia ora guadagna
New York, che hanno un orizzonte temporale di investimento molto lungo, stanno aumentando i loro investimenti in DDF. Perché possono permettersi di aspettare che le società vicine al default, con opportune ristrutturazioni, tornino a creare valore.
GLOSSARIO DISTRESSED DEBT FUNDS Fondi che investono nelle cosiddette distressed securities, ovvero in titoli di società in grave crisi (a volte sull’orlo della bancarotta) con l’obiettivo di assumere un controllo e dare il via a una ristrutturazione che possa generare una plusvalenza. Ribattezzati “fondi avvoltoio” per la loro propensione a concentrarsi su assets “moribondi”, i distressed debt funds svolgono un’azione di smaltimento dei titoli tossici e per questo possono risultare in determinati momenti pienamente funzionali al mercato. PRICE EARNING È il rapporto tra il prezzo di mercato di un’azione (nella piazza in cui si scambia il maggior volume delle stesse) e l’utile atteso, ovvero l’ultimo dividendo per singola azione distribuito dalla società. Il price earning indica così se il titolo è sopravvalutato o sottovalutato.
«Quest’anno i fallimenti delle imprese aumenteranno del 10-12%. È il momento giusto per investire in società in crisi, perché il rischio è minimo con buone possibilità di guadagnare». Parola di Edward Altman, New York University. e i prezzi delle azioni potranno subire ulteriori correzioni, ma tutti sono ormai d’accordo sul fatto che i mercati finanziari hanno bisogno di regole più chiare. Intanto chi è disposto a rischiare può ottenere profitti elevati puntando di Mauro Meggiolaro sulle imprese sull’orlo del default. Lo ha spiegato, in un’intervista esclusiva a Valori, Edward Altman, professore di finanza alla Stern School of Business della New York University: uno dei maggiori esperti internazionali di bancarotte aziendali, debiti in sofferenza e rischio di credito.
L
Edward Altman, professore di finanza alla Stern School of Business della New York University.
A CRISI SARÀ LUNGA
Siamo nel mezzo di una grave crisi finanziaria. Cosa ci possiamo aspettare nei prossimi mesi? È vero che altri prodotti strutturati potrebbero presto saltare? Prima di tutto dobbiamo avere ben chiaro in mente che la crisi finanziaria sta cominciando ad avere pesanti conseguenze sull’economia reale. È inutile che ci nascondiamo dietro alle parole: siamo entrati in una fase di grave recessione, che sarà lunga e dura, più lunga di tutte quelle che abbiamo vissuto dopo la crisi del ‘29. Serviranno almeno 2-3 anni prima che si possa rialzare la testa. I consumatori dovranno affrontare difficoltà sempre maggiori, di conseguenza crollerà il mercato del credito al consumo e delle carte di credito e tutti i prodotti strutturati collegati. I fallimenti delle
di tutto dobbiamo avere “Prima ben chiaro in mente che la crisi finanziaria sta cominciando ad avere pesanti conseguenze sull’economia reale
”
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imprese cresceranno del 10-12% già nel 2009, contro il 2-3% attuale, mentre le banche soffriranno ulteriormente: dopo la crisi finanziaria dovranno sopportare il peso della recessione economica. Nelle crisi non tutti perdono. C’è anche chi ci guadagna. Chi sta portando a casa profitti in questo periodo? Cito il caso di un fondo hedge di cui sono consulente. È uno degli investitori che più sta guadagnando in questa crisi. La società si chiama Paulson & Co e il fondo di cui parlo ha avuto un rendimento del 500% nel 2007, speculando al ribasso sulle ABS (asset backed securities). Il maggior pregio di questo fondo è quello di aver capito prima degli altri che i fondamentali economici del mercato subprime non avevano senso. John Paulson e il suo team avevano previsto il crollo, non certo delle dimensioni che poi ha avuto, ma l’intuizione era giusta. E ora sta pagando in termini di profitti molto superiori alla media. In ogni caso, e questo vale per tutti i manager di fondi speculativi, penso che si debba pensare prima di tutto a preservare il capitale. Si può certamente rischiare, ma bisogna rispettare dei limiti. Calpers e altri fondi pensione stanno comprando fondi chiusi che investono in titoli di società in crisi (distressed debt funds). Non è una mossa troppo rischiosa per chi deve garantire la pensione dei cittadini? L’investimento in distressed debt funds (DDF) è sicuramente più rischioso rispetto all’acquisto di titoli di Stato, ma non dimentichiamoci che anche i titoli a reddito fisso possono essere molto volatili nei periodi di
CREDIT DEFAULT SWAPS È un derivato creditizio che viene acquistato per assicurarsi contro il rischio di default di un debitore. L’acquirente paga un interesse all’emittente in cambio della copertura piena del rischio. OVER THE COUNTER Qualsiasi spazio di mercato esterno alle borse vere e proprie. In un mercato Over the Counter (letteralmente “dietro il bancone”) i titoli possono essere scambiati liberamente sulla base del semplice incontro tra la domanda e l’offerta. Questo genere di mercati, ovviamente, non può essere soggetto ai controlli tipici che caratterizzano una borsa valori. MARK TO MARKET La determinazione del valore di un assets in base al suo prezzo plausibile di mercato (fair value). Si contrappone al criterio del valore nominale (il rendimento di un’obbligazione alla sua scadenza, ad esempio). MERCATO LIQUIDO Un mercato caratterizzato da un elevato numero di investitori in grado di spostare ingenti quantità di titoli. Si tratta di un mercato caratterizzato da elevati volumi di scambio.
crisi. Attualmente mettere una parte del capitale in fondi che comprano obbligazioni o azioni di società che rischiano il fallimento è una strategia molto meno rischiosa di altre, perché i prezzi di questi titoli sono già scesi molto. La consiglierei ad ogni fondo pensione che non abbia in previsione riscatti elevati nel breve periodo. Perché, in ogni caso, se investi in un distressed debt fund, devi sapere che le cose possono andare peggio prima di cominciare a migliorare, non devi avere la necessità di liquidare gli investitori in tempi brevi: puoi ragionare solo in un’ottica di lungo periodo. Ecco perché Calpers, ma anche il fondo pensione dello Stato di
Timothy Geithner è il uovo segretario del Tesoro nominato da Obama.
I CDS (credit default swaps) e i derivati OTC (over the counter) sono spesso indicati come i maggiori responsabili della crisi. Quale sarà il destino di questi prodotti? Alcuni parlano addirittura di abolirli, ma sarebbe un grave errore. Il problema non sono i prodotti in sé, ma il fatto che gli investitori non li hanno capiti. Non ne hanno capito i rischi, né i potenziali benefici, anche perché non sono state date informazioni chiare: la legge non le prevedeva. Ora abbiamo bisogno di maggiore trasparenza, di nuove regole, i CDS e i derivati OTC dovranno essere regolamentati come tutti gli altri titoli, con un mercato, una stanza di compensazione e un’informativa più chiara ai potenziali acquirenti. Penso che su questo ormai tutti siano d’accordo. Con una nuova regolamentazione ci sarà spazio anche per uno sviluppo più sostenibile di questi prodotti. Che ne pensa del mark to market e dei tentativi che si stanno facendo per modificare in corsa le regole contabili IAS (International Accounting Standards)? Quando il mercato è liquido il “mark to market” è il miglior sistema contabile. Ma quando si congelano gli scambi e la volatilità aumenta, si possono creare dei seri problemi, come si è visto con il crollo delle banche. In ottobre lo Ias Board ha emendato il principio IAS 39, e ora, in alcuni casi particolari, si può agire in deroga al principio del fair value. Alcune banche e assicurazioni ne hanno approfittato subito e sono uscite delle trimestrali con dati molto più rosei del previsto. Il comportamento delle banche è sicuramente legittimo, ma solo se non serve a coprire asset “tossici”, usando basi di costo artificiali con operazioni maquillage finanziario. In questo caso si farebbe un pessimo servizio agli investitori, offrendo una percezione distorta della performance delle imprese. Chi mente, però, prima o poi viene scoperto. Molti dicono che, nonostante i continui crolli, il price earning dei mercati non abbia ancora toccato il fondo. Qual è la sua opinione? Penso che sia vero. Se, come è prevedibile, avremo un lungo periodo di recessione, i prezzi dei titoli sono lontani dall’aver toccato il fondo. I P/E medi dei mercati molto probabilmente scenderanno ancora. Alcuni settori, come quello finanziario, probabilmente hanno già raggiunto i valori minimi, è improbabile che scendano. Ma per gli industriali possiamo aspettarci ulteriori correzioni al ribasso. |
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| banche diverse | finanzaetica | Che cosa ne pensa di Timothy Geithner, il nuovo segretario del tesoro nominato da Obama? Ho molta fiducia in Geithner. Da presidente della Federal Reserve di New York si è attivato per cercare di regolamentare il mercato dei derivati. Alla fine nessuno è ancora riuscito a renderlo più trasparente, ma almeno Timothy Geithner ci ha seriamente provato. È un uomo di grande esperienza, è il responsabile della più
importante Federal Reserve regionale degli Stati Uniti e questo gli dà molta credibilità. E poi sarà affiancato da Lawrence Summers, che è stato segretario del tesoro di Clinton. Summers ha l’esperienza internazionale che manca a Geithner. Al tesoro si sta mettendo insieme un nuovo team, molto solido, che probabilmente porterà dei significativi miglioramenti al modo in cui il governo affronterà la crisi.
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La crisi, un prezzo per tutti un salvagente per alcuni
L’uomo da 36 trilioni di dollari Nel mezzo della crisi John Paulson si lancia sui “distressed debt funds”, i fondi avvoltoio che investono in società in crisi. Ma il mercato sembra andare controcorrente. Occorre ripiegare su titoli più sicuri.
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miliardi sulle disgrazie (spesso meritate) altrui. Mentre la bolla immobiliare si espandeva, John scommetteva “contro” forte di un’intuizione rivelatasi fondamentale: a crollare sotto i colpi dell’inevitabile crisi sarebbero state anche le grandi banche. E così 22 milioni di dollari investiti in credit default swaps di Lehman Brothers si trasformavano in 1 miliardo quando l’istituto, di cui Paulson non possedeva una sola azione, dichiarava bancarotta. I fondi del “mago”, intanto, registravano rendimenti compresi tra il 353% e il 590%.
Pensare bene dove investire
La variabile Paulson sembra essere decisiva per capire come si evolverà il settore dei distressed debt nel 2009. Sebbene gli hedge si mostrino più cauti, infatti, la fama di infallibilità del finanziere (aveva anche intuito in anticipo il destino della bolla dot-com) potrebbe I fondi avvoltoio indurre all’imitazione molti investitori visto che le opportunità, teoI distressed debt funds, come noto, prendono di mira i titoli di soricamente, non mancano di certo. «Occorre investire laddove ci società in crisi (o sull’orlo del baratro) con l’obiettivo di ottenere granno concrete possibilità di ristrutturazione - spiega Maurizio Esentadi plusvalenze a seguito delle ristrutturazioni. Nel corso del 2008 i to1, Founding Partner & CEO di Brain &Co. osservatorio italiano protagonisti di questo mercato sono stati i fondi speculativi che, in un ambiente devastato, si sono guadagnati tanto l’epiteto di “avdell’economia globale e dei mercati finanziari - . Mi riferisco ad esemvoltoi” quanto la gratitudine di chi apprezzava quest’opera di smalpio a quelle società che si sono allargate eccessivamente con le actimento dei “rifiuti tossici”. Ora che la crisi si è estesa all’economia quisizioni multisettoriali, sia nel settore finanziario (in investment reale, tuttavia, i rischi sono aumentati e gli hedge funds, ha rivelato banking, insurance) che in quello industriale, utilizzando in maniea gennaio un’indagine della società legale Dykema, stara inopportuna la leva finanziaria favorita dalla bolla dei rebbero ridimensionando le loro attività sulle distressed mercati del credito. Decisiva resta la valutazione delle securities in favore di titoli più sicuri. Il mercato e Paulprospettive del settore in cui l’azienda opera. Gli investison, in altri termini, sembrano andare in direzioni opmenti in titoli di società con sede nei Paesi di diritto anposte. E non è una novità. glosassone sono da privilegiare, in considerazione di proLa vicenda biografica di Paulson dimostra almeno un cedure concorsuali più snelle.». paio di assunti: il primo è che nel breve periodo il merNel corso degli ultimi mesi, ha riferito il Daily Telecato si sbaglia spesso (bolle speculative), il secondo è che graph, fondi distressed come Oaktree, Towerbrook, Ini prodotti finanziari complessi e le pratiche di speculatermediate Capital e Alchemy hanno rastrellato titoli e zione possono permettere ai più accorti di guadagnare capitali in attesa di buone occasioni. Persino il fondo John Paulson. d’investimento dell’università di Yale, reduce da un 25% di rendimento tra luglio e ottobre 2008, si starebbe lanciando sulle distressed securities. I rischi non sembrano spaventare i gestori.
Negli ultimi mesi fondi avvoltoio come Oaktree, Towerbrook, Intermediate Capital e Alchemy hanno rastrellato titoli in attesa di buone occasioni | 36 | valori |
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1. L’intervista completa sarà pubblicata a marzo su www.valori.it
Abbattute dalla crisi finanziaria, le banche torneranno sempre più all’attività bancaria classica: raccogliere e prestare denaro. Per chi non ha mai smesso di farlo, però, oggi non sono rose e fiori. cogliere denaro e i guadagni derivavano dalla differenza tra gli interessi incassati per i prestiti concessi e quelli pagati per i depositi. «Per le banche etiche, come per gli istituti di credito più piccoli o le casse di credito cooperativo, è ancora così – continua Gatti –: i margini di interesse rappresentano l’80-90% dei ricavi». La maggior parte delle banche (non etiche), invece, sono diventate supermercati della finanza, che guadagnano in gran parte dalle commissioni per le attività sui fondi, di consulenza, di movimentazione di complessi prodotti finanziari. Nel 2007 Banca Etica vantava 18,7 milioni di euro di margine di intermediazione, cioè i ricavi netti (vedi glossario), di cui 15 di margine di interesse (l’80%). Unicredit, invece, 26,3 miliardi di margine di Tornare a fare le banche intermediazione e 13,9 di margine di interesse (solo il «Dopo il crollo di Lehman abbiamo aperto migliaia di 52,8%). Intesa Sanpaolo 17,4 miliardi di margine di innuovi conti. Soprattutto persone anziane, in fuga da altermediazione e 11 di margine di interesse (63,2%). «Per tre banche», ha dichiarato Thomas Jorberg, direttore le banche commerciali il 35-40% dei ricavi proviene da generale di GLS. In parte la crescita controcorrente a cui commissioni e negoziazione titoli – spiega il professor le banche etiche stanno assistendo negli ultimi mesi è Gatti –. Questo oggi le sta penalizzando», con gli inve“merito” dello shock provocato nei clienti dalla scostimenti finanziari, soprattutto perta, da un lato, dei grigi retroLE BANCHE GUADAGNANO DALLE COMMISSIONI in prodotti complessi, che hanscena del mondo della finanza no tirato il freno a mano. E mole, dall’altro, di un’alternativa RICAVI TOTALI DA COMMISSIONI, IN MILIARDI DI $ ti gruppi stanno tornando alpiù trasparente e “pulita”. Ma 1 Citigroup 6,88 l’attività bancaria classica: lo ha non solo. «Le banche etiche so2 Goldman Sachs 6,66 annunciato un anno fa l’a.d. di no meno esposte alla crisi per3 Morgan Stanley 6,36 4 JPMorgan Chase 6,23 Unicredit Alessandro Profumo; ché focalizzate sull’attività ban5 Merrill Lynch 5,55 Ubs taglierà duemila posti di lacaria tradizionale», spiega 6 UBS 5,54 voro nell’investment banking; Stefano Gatti, professore di Eco7 Credit Suisse 4,58 Citigroup, per tutelare il settore nomia degli intermediari finan8 Deutsche Bank 4,41 bancario tradizionale, lo ha seziari all’Università Bocconi di 9 Lehman Brothers 3,75 parato dalla più rischiosa diviMilano. “Fare la banca” in ori10 Bank of America 2,91 sione finanza. Già nel 1995 (14 gine significava prestare e rac-
NA CRESCITA DEI DEPOSITI DEL 26,1%, degli impieghi del 26,6%. Clienti aumentati da 55.000 a 62.000. Sono i risultati del 2008 della banca etica tedesca GLS-Bank. Una voce fuori dal coro tra gli annunci tragici che di Elisabetta Tramonto fioccano dal mondo bancario, ma in linea con le altre banche etiche. Mentre HSBC, Deutsche Bank e UBS vedevano crollare la loro capitalizzazione GLOSSARIO (vedi grafico), quella di GLS-Bank nel 2008 aumentava del 20%, a 54,5 milioni di euro, per Banca Etica del 10% MARGINE DI INTERESSE a 22 milioni. Perché questa differenza? Che cosa rende La differennza le banche etiche immuni alla crisi? Ed è così vero che tra interessi attivi non stanno subendo danni? (che la banca
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incassa sui prestiti concessi) e interessi passivi (che la banca paga ai clienti per i depositi sui conti correnti). COMMISSIONI Sono applicate dalla banca sulle operazioni sui conti correnti ma, soprattutto, per la gestione dei titoli e dei prodotti finanziari. MARGINE DI INTERMEDIAZIONE Misura i ricavi netti di una banca e la somma tra il margine di interesse, le commissioni, i dividendi, i proventi della gestione titoli
FONTE: BLOOMBERG WWW.BLOOMBERG.COM
IÀ LO SCORSO MESE DI DICEMBRE il magnate Usa John Paulson aveva voluto chiarire agli investitori quale fosse il suo buon proposito 2009: un massiccio investimento nel settore dei distressed debt funds (vedi GLOSSARIO ). Pronti, via. La di Matteo Cavallito strada era segnata. E, forte di 36 mila miliardi di dollari in assets gestiti, l’uomo dei miracoli non ha certo perso tempo. Il 31 dicembre scorso la Reuters lanciava la prima indiscrezione segnalando l’interesse di Paulson per la disgraziatissima IndyMac, mentre, a metà gennaio, veniva resa nota la prima partnership asiatica: un fondo di portata imprecisata realizzato in collaborazione con la major di Hong Kong Sun Hung Kai.
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| finanzaetica | anni fa!) una ricerca della Columbia Business School (sul sito www.osservatoriofinanza.it), paventava i rischi di un ricorso sfrenato a prodotti finanziari complessi e prevedeva il ritorno all’attività bancaria classica.
NON SOLO TASSI LE BANCHE ETICHE SI INGEGNANO GLI INTERESSI SUI PRESTITI NON BASTANO, anche alle banche etiche servono ricavi da commissioni su fondi e altri prodotti finanziari. Senza dimenticare etica e trasparenza. Alcune, come l’olandese Triodos Bank e la tedesca GLS-Bank, sono state favorite dalle normative finanziarie nazionali. Nel 1986, dopo Chernobyl, Triodos ha lanciato il suo primo progetto di investimento in centrali eoliche e nel 1995 i ricavi da provvigione hanno cominciato a crescere. Il merito è del “groenregeling”, il programma di agevolazioni fiscali del governo olandese per facilitare il collocamento di fondi che investono nel biologico e nelle energie rinnovabili. Negli anni Triodos si è specializzata nella creazione di fondi chiusi dedicati al solare e all’eolico (500 mila euro la sottoscrizione minima) e ha aumentato la sua offerta di fondi aperti, che comprano azioni di imprese quotate in Borsa con un elevato profilo di responsabilità sociale. Anche in Germania l’intervento del legislatore è stato decisivo. La Erneuerbare Energie Gesetz (Legge sulle ennergie rinnovabili), introdotta nel 2000, ha reso possibile la costruzione di centrali eoliche e solari tramite la creazione di fondi chiusi, fiscalmente agevolati, in cui si può entrare con 10.000 euro. Oggi la GLS-Bank ha più di dodici piccoli fondi chiusi che investono in altrettanti progetti legati alle energie rinnovabili. In Italia non è stata da meno Banca Etica, che però non ha avuto nessun tipo di “aiutino” dal legislatore. Nel dicembre del 2000 ha creato Etica Sgr, una società di gestione del risparmio che promuove fondi di investimento etici. Le provvigioni dei fondi Valori Responsabili di Etica permettono alla banca di diversificare le entrate, anche se, almeno per ora, non incidono in modo rilevante sul totale dei ricavi.
CURA DIMAGRANTE PER LE BANCHE EUROPEE In meno di due anni la capitalizzazione dei maggiori istituti bancari europei è crollata 1 MARZO 2007
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200,5 MLD $
180 MILIARDI DI $ 160 140
123,9 MLD $
120
96,3 MLD $
FONTE: FINANCIAL TIMES
100
67,8 MLD $ DEUTSCHE BANK PARTECIPAZIONE STATALE
86,0 MLD $ 13,1 MLD $
UBS
PARTECIPAZIONE STATALE
PARTECIPAZIONE STATALE SVIZZERA
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0
32,8 MLD $
HSBC
BNP PARIBAS
28,2 MLD $
PARTECIPAZIONE STATALE FRANCIA
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5,3 mld
TASSI IN PICCHIATA L’andamento negli ultimi 10 anni dell’Euribor a 3 mesi, l’indice di riferimento più usato (insieme all’Euribor a 6 mesi) per calcolare i tassi di interesse dei mutui a tasso variabile 5,0
FONTE: HTTP://IT.EURIBOR-RATES.EU/
4,5 4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5
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Gioie e dolori della finanza etica Oggi si sta verificando una situazione paradossale: anche se in misura e in modi diversi, la crisi ha colpito tanto chi ha contribuito a generarla, quanto le banche etiche, che si sono sempre tenute alla larga dalla finanza predatrice e che non hanno mai abbandonato il “mestiere di banca”. Dopo il taglio del costo del denaro da parte della Bce lo scorso dicembre, l’Euribor, indice di riferimento per i tassi di interesse di molti prestiti, è precipitato (vedi grafico) e, con lui, gli interessi sui prestiti. Essendo basati per l’8090% su questa voce, i ricavi delle banche etiche stanno subendo una forte contrazione. «Per il 2009 prevediamo un calo – conferma Gabriele Giuglietti, vicedirettore di Banca Etica – nonostante negli ultimi mesi clienti, soci, raccolta, impieghi e capitale stiano crescendo di molto: a gennaio abbiamo approvato 7 milioni di euro di nuovi impieghi, contro i 3,5 dello stesso mese un anno fa». E non è tutto. Perché i buchi nei bilanci delle banche non sono tutti uguali. Quelli, enormi (2.200 miliardi di dollari le perdite per le banche calcolate a gennaio dal Fmi), provocati da operazioni finanziarie azzardate e da prodotti tossici, possono essere ripianati con gli aiuti dei Governi. Quelli, di molto inferiori, causati dal calo dei tassi di interesse nelle casse delle banche etiche, invece no. «Per assurdo se avessimo qualche obbligazione spazzatura andrebbe tutto meglio». Il presidente di Banca Etica Fabio Salviato lancia questa provocazione e continua: «Oltre agli aiuti di Stato, che paghiamo tutti, ma di cui beneficiano solo le banche che hanno alimentato la finanza speculativa, ci sono i regolamenti IAS che permettono a quegli stessi istituti di “lavare” i bilanci dai titoli tossici, iscrivendoli a un valore pre crisi (vedi Valori di febbraio 2009, ndr). Senza questa possibilità le prime venti banche al mondo fallirebbero, perché dovrebbero scrivere a bilancio i prodotti spazzatura al loro valore reale, cioè zero». Che fare dunque? «Prima di tutto riscrivere le regole della finanza internazionale», risponde Salviato. Nell’immediato, però, le banche etiche si trovano a dover prendere delle decisioni per affrontare la situazione. Ognuna si sta comportando in modo diverso: c’è chi sta alzando le commissioni, chi i tassi di interesse sui prestiti, chi ha fissato un tasso soglia, sotto il quale non scendere. «Noi abbiamo ritoccato verso l’alto lo spread sui tassi di interesse sui finanziamenti, ma non sui vecchi mutui, di 0,75-1 punti percentuali e abbiamo ripristinato alcune commissioni relative ai servizi telematici – spiega Gabriele Giuglietti –. Ma, con l’Euribor sceso dal 5% al 2% o 1,5%, gli interessi a carico dei clienti sono comunque molto più bassi di sei mesi fa. E noi continuiamo ad erogare prestiti, anzi sempre di più. Le altre banche invece stanno chiudendo i rubinetti».
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6 marzo – 1 aprile PADOVA-MILANO-ROMA (ITALIA) BUON COMPLEANNO BANCA ETICA! LE CELEBRAZIONI PER FESTEGGIARE I 10 ANNI L’8 marzo Banca Etica festeggia i suoi primi 10 anni di vita, «insieme ai 30.000 soci e ai tantissimi risparmiatori che la scelgono ogni giorno – spiegano dalla banca – per aprire un conto corrente o fare un investimento che, grande o piccolo che sia, diventa volano di un’economia sociale e solidale». www.bancaetica.it > PADOVA VENERDÌ 6 MARZO ore 19.00 FINANZA: SOSTANTIVO FEMMINILE SINGOLARE - LE DONNE AL SERVIZIO DEL BENE COMUNE Una tavola rotonda a cui interverranno alcune protagoniste del mondo dell’economia solidale, della ricerca, della cultura. Sede centrale di Banca Etica in Via Tommaseo 7.
SABATO 7 MARZO ore 21.00 CONCERTO DELL’ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO La più famosa orchestra mutietnica in Italia. Centro Sportivo Plebiscito, Via Geremia 2/2; ingresso gratuito fino a esaurimento posti, per prenotazioni bancanote@bancaetica.com DOMENICA 8 MARZO ore 10.00 - 14.00 SOCI IN PIAZZA… Stand e banchetti delle realtà socie di Banca Etica in Piazza Capitaniato. ore 16.30 BUON COMPLEANNO BANCA ETICA! Festa pubblica presso la sede centrale di Banca Etica. Saluti del Presidente Fabio Salviato, del Direttore Generale Mario. Crosta e delle autorità cittadine Animazione brevi interventi “narrativi” e rinfresco equosolidale. > MILANO SABATO 28 MARZO FINANZA E LEGALITÀ: UN BINOMIO POSSIBILE? Auditorium Gaber del Grattacielo Pirelli, Piazza Duca d’Aosta 3, Milano. Intervengono: Francesco Greco, procuratore aggiunto di Milano, esperto di frodi finanziarie;
Mario Crosta, direttore generale di Banca Popolare Etica. Relazione introduttiva del presidente di Banca Popolare Etica Fabio Salviato. Trasformare la crisi economica in un’opportunità per rilanciare rispetto delle regole, fiducia e trasparenza. > ROMA MERCOLEDI’ 1 APRILE ore 17,30 - 20 RILANCIARE L’ECONOMIA SALVANDO L’AMBIENTE Presso l’Aula Magna della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma (p.le Aldo Moro, XX). Massimo Giannini, vicedirettore del quotidiano La Repubblica intervista Jeremy Rifkin, consulente istituzionale sulla green economy e presidente della Foundation on Economic Trends (FOET) e della Greenhouse Crisis Foundation. Conclusioni: Leonardo Becchetti, presidente del Comitato Etico di Banca Etica. Intervengono: Roberto Pasca, presidente dell’area didattica di scienza della cooperazione e dello sviluppo della facoltà di scienze politiche; Fabio Salviato, presidente di Banca Popolare Etica. Mentre la crisi economica innescata da una finanza distorta e speculativa sta colpendo tutto il mondo, in molti sono già a lavoro per trasformare la recessione in un’opportunità di cambiamento reale nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Si può davvero rilanciare l’economia partendo dalle nuove energie pulite?
10 - 11 marzo DAR ES SALAAM (TANZANIA) AFRICA’S CHANGES AND CHALLENGES: HIGH-LEVEL CONFERENCE Evento realizzato dal Fondo Monetario Internazionale sul tema del futuro del continente. Rappresentanti della società civile, politici e operatori economici si confrontano per due giorni nella capitale. Tra gli oratori il presidente della Tanzania Kikwete e il direttore del FMI Strauss-Kahn. www.imf.org/external/np/exr/seminars /index.htm 12 marzo MONZA (MI) CONGRESSO CISL BRIANZA All’interno del congresso si terrà una tavola rotonda sulla finanza etica. Interverranno Riccardo Milano, Fabio Silva e l’economista della Cisl (e editorialista di Valori) Alberto Berrini. Sarà anche l’occasione per celebrare a livello locale il decimo aniversario di Banca Etica.
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT
finanza etica. Organizzano Banca Etica, Ecor e NaturaSì. www.bancaetica.it 13 - 15 marzo MILANO FA’ LA COSA GIUSTA Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili organizzata da Terre di mezzo. Presso la FieraMilanocity (fermata della metropolitana Lotto, linea rossa) sarà possibile trovare 500 stand di prodotti e economia solidale, una cinquantina di convegni, incontri e approfondimenti. Partecipano: Valori, Etica sgr, Fondazione Culturale Responsabilità Etica e banca popolare Etica. www.falacosagiusta.org 19 marzo VIENNA (AUSTRIA) DEUXIÈME FORUM ANNUEL DE MICROFINANCE: MISE EN PRATIQUE D’OUTILS NOVATEURS & NOUVEAUX HORIZONS Incontro sulla micro finanza organizzato da Uniglobal Research. www.european-microfinance.org /evenements.php
26 - 27 marzo NEW YORK CITY (USA) 7TH ANNUAL ETHICAL SOURCING FORUM (ESF) NORTH AMERICA Al centro dell’incontro il tema della de-verticalizzazione produttiva compatibile con i principi di sostenibilità e responsabilità sociale. Sponsorizza la Intertek Sustainability Solutions. www.intertek.com
1-2 aprile NEW YORK CITY (USA) WALL STREET GREEN TRADING SUMMIT VIII L’ottava edizione della conferenza sarà dedicate alle opportunità di business in campo ambientale per il 2009. Quello appena iniziato potrebbe essere un anno chiave nella storia della politica ambientale americana con nuovi investimenti e una possibile adesione al protocollo di Kyoto. Gli operatori del settore derivati fiutano enormi prospettive di guadagno nel segmento dei crediti di emissione… www.wsgts.com 5 aprile IN TUTTA ITALIA COLTIVIAMO UNA RICCHEZZA DIVERSA Una giornata di sensibilizzazione alla |
7 - 8 aprile WASHINGTON DC (USA) CARBON TRADEEX AMERICA 2009 Uno dei maggiori eventi del settore del carbon market. Alla sua prima edizione, realizzata a San Francisco nel marzo 2008, hanno preso parte 1.400 delegati e 80 espositori. www.carbontradeexamerica.com
17 - 19 aprile NEW YORK CITY (USA) GO GREEN EXPO NEW YORK Esposizione di tutto (ma proprio tutto) quello che può essere definito “eco friendly”. Dai pannelli solari ai prodotti della coltivazione biologica passando per le auto ibride. Completano l’evento 10 seminari e un eco-film festival. www.gogreenexpo.com 21 - 22 aprile LONDRA (UK) GREEN SUPPLY CHAIN SUMMIT Seconda edizione dell’evento dedicato al tema della de-verticalizzazione industriale eco-compatibile. Partecipano major come Ikea, Danone ed Airbus. www.ethicalcorp.com/greensupplychain
6 - 14 maggio UNIONE EUROPEA 1ST EUROPEAN SME WEEK Iniziativa europea dedicate alla promozione dell’imprenditoria a livello nazionale e locale. Organizza la Commissione Europea. http://ec.europa.eu/enterprise/policies /entrepreneurship/sme-week/index_en.htm 14 - 15 maggio WASHINGTON DC (USA) GLOBAL ANTI-CORRUPTION SUMMIT 2° edizione della conferenza dopo quella svoltasi lo scorso anno a Chicago. 130 alti dirigenti d’azienda discutono in merito ai temi caldi dell’agenda mondiale anti-corruzione. www.ethicalcorp.com/globalethics
27 -28 maggio BRUXELLES (BELGIO) THE FUTURE OF ANTI-CORRUPTION LAW & ENFORCEMENT IN EUROPE Le tendenze future e le nuove iniziative di legge tra i temi principali al centro della due giorni di dibattito. www.ethicalcorp.com/eulegal
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Il ritorno dei CIP6, bruciati 2 miliardi del solare >42 Case efficienti: una miniera di energia >45 Da Locri a Corleone, in viaggio verso la legalità >49
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economiasolidale NASCE ECOR-NATURASÌ, COLOSSO DEL BIO ITALIANO
SVILUPPO SOSTENIBILE: FOCSIV LANCIA LA CAMPAGNA “CREA UN CLIMA DI GIUSTIZIA”
WEEK END MULTICULTURALI NEL CENTRO STORICO DI ROMA
DALLA MAFIA AI LAVORATORI, ERICINA TORNA LIBERA
RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA: LA PROVINCIA DI MILANO LANCIA IL MUTUO ECOLOGICO
21 MARZO: L’ITALIA ONESTA SI INCONTRA A NAPOLI
Novità rilevante per il (sempre più florido) settore del biologico: si sono infatti fuse Ecor, la principale azienda di distribuzione all’ingrosso di prodotti biologici in Italia (96,5 milioni di fatturato nel 2008, +15% rispetto all’anno precedente) e NaturaSì, la più importante catena di bio-supermercati (66 punti vendita nel nostro Paese e 2 in Spagna con un fatturato di 78 milioni di euro, in crescita del 20%). La fusione ha così portato alla nascita di un gruppo che copre l’intero processo distributivo e serve capillarmente un migliaio di punti vendita specializzati in tutte le regioni d’Italia. In tal senso, va inquadrata anche la scelta di investire sulla Fattoria Di Vaira, un’azienda agricola molisana che, nei suoi 500 ettari, produce ortaggi, uva, olio, latticini con il metodo biodinamico e si propone come centro di formazione e di divulgazione sul tale metodo di agricoltura. Il consiglio di amministrazione del nuovo gruppo – che prende il nome di Ecor NaturaSì Spa – sarà presieduto da Felice Lasalvia Di Clemente (già presidente di NaturaSì). Amministratore delegato sarà invece Silvio Fabio Brescacin (finora presidente di Ecor).
Forse non basterà una firma per diffondere giustizia e combattere le disuguaglianze, ma lo sforzo a cui siamo chiamati è talmente minimo che tanto vale provare… Da qualche settimana, l’associazione Focsiv – Volontari nel mondo e venti organizzazioni cattoliche hanno lanciato la campagna “Crea un clima di giustizia”. Obiettivo: far pressione sul governo italiano affinché lavori perché i negoziati che si terranno all’Onu per l’accordo globale sul clima post-2012 coinvolgano attivamente gli Stati del Sud del mondo. Inoltre, nell’appello – che si può sottoscrivere sul sito www.climadigiustizia.it o attraverso i 500 mila fogli firme distribuiti nei prossimi mesi in tutta Italia – si chiede di riconoscere alle popolazioni povere il diritto a uno sviluppo sostenibile, di sostenere i loro Stati per avviare le strategie di adattamento al cambiamento climatico e di ridurre del 30-40% le emissioni di gas serra entro il 2020 rispetto ai valori del 1990. «Di fronte alla certezza scientificamente provata che i cambiamenti climatici sono causati in larga percentuale dall’uomo, con questa campagna vogliamo impegnarci, ancora una volta, a promuovere una cultura della sovranità alimentare e non della sussistenza, come invece purtroppo è stato fatto dalle istituzioni internazionali», ha spiegato Umberto Dal Maso, presidente di Focsiv. La mobilitazione si articolerà durante tutto l’anno. Infine a dicembre le richieste della Focsiv saranno presentate a Copenaghen in occasione della 15° Conferenza Onu, appuntamento di grande rilievo per contrastare i cambiamenti climatici e per adeguarsi a quelli ormai inevitabili.
Un fine settimana tra i vicoli della capitale, per scoprire gli intrecci tra l’antica cultura capitolina e le mille culture della nuova Roma. Lo sportello di turismo responsabile TAM-Tutto un Altro Mondo e l’agenzia di viaggi di turismo responsabile “Viaggi e Miraggi” propongono “Roma borgatara e solidale”, un week end di turismo responsabile in un centro storico nascosto. Non solo il Colosseo e i Fori Imperiali, ma anche Monti, l’Esquilino e Testaccio. Quartieri in cui si intrecciano storia antica e contemporanea, in cui lingue e culture si incontrano e condividono il medesimo spazio abitativo dando origine a identità nuove e uniche. Non una ma tante Roma, come piccoli borghi uniti nel medesimo spazio urbano. I prossimi appuntamenti: 6-7-8 marzo; 17-18-19 aprile; 8-9-10 maggio; 6-7-8 giugno; 3-4-5 luglio. Per informazioni: 06-57288700 (TAM-Tutto un altro Mondo); 3397528663 (Viola); turismoresponsabile @cittadellaltraeconomia.org
Gestita per anni dalla mafia trapanese, nel 2000 viene confiscata e oggi torna ai siciliani. Una storia a lieto fine quella dell’azienda siciliana Calcestruzzi Ericina. Dal 2000, quando è stata inserita nella lunga serie di beni confiscati alla mafia, era gestita in amministrazione giudiziaria. Ma gli affari non andavano affatto bene. «Il calcestruzzo dello Stato non si acquista». Così dicevano al telefono i boss mentre gli amministratori giudiziari cercavano di capire perché quell’azienda, così florida nelle mani del capomafia di Trapani Vincenzo Virga, improvvisamente non riceveva più alcuna commessa. Il boicottaggio di Cosa nostra, con tutto il suo corredo di complicità politiche e istituzionali messe a nudo dalle inchieste della magistratura, aveva un obiettivo: riconsegnare alla mafia la Calcestruzzi Ericina. Ma il piano è fallito. I quindici ex dipendenti dell’impianto hanno fondato una cooperativa la “Calcestruzzi Ericina Libera” per rilevare l’attività. Dallo Stato sono arrivati due milioni di euro per trasformare la vecchia fabbrica in un moderno impianto di riciclaggio di inerti e di produzione di calcestruzzi tecnologicamente all’avanguardia.
Si chiama Mutuo a-ProfittØ l’iniziativa della Provincia di Milano e di sette banche di credito cooperativo che hanno siglato una convenzione per erogare prestiti a tasso zero fino a 50 mila euro per finanziare interventi di risparmio energetico nell’edilizia residenziale. Grazie allo strumento del contributo in conto interessi, i cittadini si vedranno rimborsare (da Provincia e dalla banca erogatrice del mutuo, in ugual misura) tutti gli interessi bancari sui prestiti erogati. La durata massima del finanziamento è di 7 anni, con rata fissa e un importo finanziabile da 2.500 euro fino a un massimo di 50 mila euro. Molteplici le tipologie di lavori ammessi che devono – ovviamente – essere finalizzati alla riqualificazione energetica e al risparmio nei consumi energetici: isolamento delle pareti, sostituzione dei sistemi di generazione del calore, realizzazione di impianti solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria o per il riscaldamento degli ambienti, installazione di impianti fotovoltaici di potenza non superiore a 20 kW collegati alla rete elettrica. Potranno utilizzare il mutuo a-profittØ i proprietari di case e appartamenti costruiti nei Comuni di competenza degli istituti di credito che hanno siglato l’accordo: Bcc Barlassina. Bcc Carugate, Credicoop Cernusco sul Naviglio, Bcc Indago, Bcc Lesmo, Bcc Sesto S. Giovanni e Bcc Treviglio. Un duplice vantaggio per i cittadini perché questa iniziativa è cumulabile con le agevolazioni fiscali introdotte dalla Finanziaria 2007 e confermate (seppure con alcune restrizioni) anche per il 2009. Le informazioni dettagliate sulle modalità per accedere ai finanziamenti potranno essere richieste negli spazi “infoenergia” presenti in vari Comuni della provincia di Milano oppure consultando il sito www.infoenergia.eu.
Chi vuole mostrare la propria opposizione alle mafie si segni la data di sabato 21 marzo: quel giorno, simbolicamente il primo della primavera, l’associazione Libera organizza come ogni anno la Giornata della Memoria e dell’Impegno. «Slogan di quest’anno – rivelano gli organizzatori – sarà “L’etica LIBERA la bellezza”, per ricordare che solo un forte impegno personale e collettivo, radicato su solide basi etiche, può liberare il nostro Paese dall’ipoteca di violenti, mafiosi, corruttori, per dare spazio alla democrazia, alla solidarietà, e alla bellezza della vita». Quest’anno, l’appuntamento, giunto alla quattordicesima edizione, sarà a Napoli. E l’evento principale (il corteo per le vie del centro città e i seminari per approfondire problemi e proposte) sarà anticipato da due altre iniziative: il 19 marzo, a Casal di Principe verrà celebrato l’anniversario della morte di don Peppe Diana. Il giorno dopo, nel Duomo di Napoli verrà organizzato un incontro fra i familiari delle vittime. Per agevolare l’arrivo in città, Libera e la Consulta milanese degli Studenti, con il patrocinio della Provincia di Milano, organizzeranno un treno speciale (50 euro, andata e ritorno), che partirà nella serata di venerdì 20 marzo da Milano Porta Garibaldi. Tutte le informazioni e il calendario completo delle iniziative sono disponibili su www.libera.it.
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Il ritorno dei CIP6, 2 miliardi del sole bruciati nei camini
Il Governo vara contributi a pioggia per inceneritori spacciandoli ancora per fonti rinnovabili. Ma Antonio Catricalà, presidente dell’Antitrust, dice basta: «Un sistema costoso che ha sottratto risorse alle produzioni verdi».
A di Matteo Incerti
L’inceneritore di Bolzano. Accanto ne sarà costruito uno nuovo (i lavori sono già iniziati). Costerà 98,5 milioni di euro.
VOLTE RITORNANO, ANCHE I CIP6. Il 22 dicembre scorso è stato approvato il decreto legge su “l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania”. E due miliardi di euro, provenienti dalle bollette della luce dei cittadini, sono piovuti come contributi sugli inceneritori. Convertito in legge (210 del 30 dicembre 2008), il decreto ha reintrodotto contributi sia sotto forma di “Cip6” che di “certificati verdi” per diversi nuovi inceneritori e altri già esistenti e ha varato il “Piano Nazionale Inceneritori”. Il provvedimento, partendo dall’emergenza rifiuti in Campania, in realtà ha di nuovo esteso i contributi - che dovrebbero finanziare l’energia solare, eolica e idrica - all’incenerimento di rifiuti non biodegradabili (non considerato dalla normativa UE 2001/77 una fonte di energia rinnovabile e quindi finanziabile). Non solo a Napoli e dintorni - a quello aveva già pensato in uno dei suoi ultimi atti il governo Prodi - ma anche in altre regioni italiane, con il pretesto dell’emergenza. L’articolo 9 della legge, inoltre, parla esplicitamente di “incentivi per la realizzazione degli inceneritori” e conferma i cosiddetti “Cip6” all’incenerimento della parte non biodegradabile dei rifiuti e alle “fonti assimilate”.
Il no dell’Antitrust Il 5 febbraio è arrivato lo stop del presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà. In un’audizione alla Commissione Attività produttive della Camera si è detto contrario «a qualunque altra proroga di uno strumento che, in nome della promozione della concorrenza elettrica è stato progressivamente dirottato su produzione elettriche tutt’altro che pulite», con un doppio risultato negativo: poche risorse alle energie effettivamente rinnovabili e perfino un risultato «distorsivo della concorrenza» nella produzione di elettricità tradizionale. «Il Cip6 è stato un sistema costoso – continua Catricalà – che anche nel 2007 (a cui si riferisce il saldo ufficiale più recente, ndr) ha assorbito oltre 5 miliardi dedicandone solo 1,4 alle produzioni verdi».
Da Torino alla Sicilia Gli incentivi vengono concessi a tutti gli impianti in costruzione o entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2008. In pratica, rientra nell’affare anche quello
RICORSI IN EUROPA E RICHIESTE DI RIMBORSO CONTRO I CONTRIBUTI AI FORNI
DA OBAMA ALLA SILYCON VALLEY IL FUTURO È NEL RICICLO TOTALE
DOPPIA GUERRA LEGALE CONTRO GLI INCENTIVI PUBBLICI AGLI INCENERITORI. La battaglia è partita a gennaio con due iniziative distinte ma parallele che puntano da una parte sull’Europa e dall’altra sulla giustizia ordinaria italiana. Il movimento che fa capo alle Liste Civiche Cinque Stelle, promosso da Beppe Grillo, ha iniziato una campagna di denuncia agli organi della Commissione Europea nei confronti della legge 210 approvata a dicembre. Partita contemporaneamente da Reggio Emilia, Palermo e Treviso, prevede l’invio di denuncie alla Commissione Europea anche tramite internet. Ad oggi ha raccolto quasi duemila adesioni ed è stato creato un gruppo di coordinamento su Facebook denominato “Stop Cip6”. Nella denuncia si afferma che la legge “viola le normative europee 2001/77 relative alle incentivazioni delle fonti di energia rinnovabili, alle norme del Trattato relative al divieto di aiuti di Stato, nonché al rispetto della gerarchia d’intervento della direttiva rifiuti, recentemente approvata dal Parlamento Europeo”. Nella denuncia si spiega che “questi incentivi all’incenerimento alterano il mercato in quanto favoriscono l’industria dell’incenerimento rispetto a chi produce energie rinnovabili e lavora nel settore del riciclo, compostaggio, digestione anaerobica, trattamento bio-meccanico. Tutte pratiche prioritarie per le politiche europee sui rifiuti rispetto alla combustione”. In tal senso si sta anche muovendo l’eurodeputato Monica Frassoni dei Verdi [foto] che ha scritto al Commissario sull’Energia ed ha fissato un incontro con quello alla Concorrenza. La Commissione europea il 20 novembre 2003, in risposta ad un’interrogazione della Frassoni, ribadì con l’allora Commissario Loyola De Palacio, in tema di energie rinnovabili e della loro incentivazione, prevista dalla direttiva 2001/77, che “la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile”. Quindi non incentivabile in quanto aiuto di Stato. In seguito la Commissione Europea avviò l’iter per le infrazioni di legge comunitaria, poi bloccate solo dai provvedimenti del governo Prodi e dell’allora ministro Pecoraro nel dicembre 2006. Provvedimenti poi “smantellati” dallo stesso Prodi nel febbraio 2007 con i primi incentivi agli inceneritori campani. Sul piano dei ricorsi nazionali intanto l’associazione Diritto al Futuro Onlus ha iniziato una vertenza legale al GSE (il gestore elettrico nazionale) “per il recupero degli incentivi versati dai contribuenti tramite il Cip6 dal 2004 al 2007”. A coordinare la campagna Rossano Ercolini, leader del movimento Rifiuti Zero in Italia (info: Associazione m.i. Diritto al Futuro: 338 2866215, ufficiostampa@dirittoalfuturo.it).
MENTRE IN ITALIA LE FORZE POLITICHE e le lobby industriali incentivano e puntano nuovamente sull’incenerimento di rifiuti, negli Stati Uniti il vento spira dalla parte opposta, verso un mondo a Rifiuti Zero: il riciclo totale di materiali da attuare entro i prossimi quindici-vent’anni. Delle politiche “Zero Waste” se ne parla ufficialmente sul blog del neopresidente degli Stati Uniti Barack Obama. Durante la campagna presidenziale, organizzata dal suo blog tramite diversi gruppi che lavoravano su tematiche specifiche, uno di questi denominato “Reduce Reuse Recycle” (http://my.barackobama.com/page/group/ReduceReuseRecycle) propone attivamente Rifiuti Zero. Si legge infatti dal blog di Obama. “È necessario riciclare il più possibile, includendo l’acquisto di prodotti realizzati con materiali riciclati. Io ritengo che come nazione dobbiamo fissare degli standard federali che richiedano a tutti gli Stati di riciclare plastica, alluminio, carta eccetera lavorando sempre di più verso l’obiettivo Rifiuti Zero”. È la California lo stato più avanzato in tal senso, mentre gli Stati della east coast sono ambientalmente più arretrati. Secondo i dati diffusi a fine novembre lo Stato governato dal repubblicano Arndold Schwartzenegger, che si prefigge l’obiettivo Rifiuti Zero (http://www.zerowaste.ca.gov/), ha raggiunto il 58% di materiale riciclato e riutilizzato (http://www.ciwmb.ca.gov/PressRoom/2008/December/56.htm) con punte del 70% in molte metropoli tra le quali San Francisco. La California, uno Stato di ben 35 milioni di abitanti, nel settore del riciclo ha generato 85.000 posti di lavoro e un giro d’affari di 10 miliardi di dollari. Ancora più significativa è l’adesione a tali strategie di San Josè, capitale della Silycon Valley. Nel piano “Zero Waste” adottato, si prevede di creare 25.000 posti di lavoro con il riciclo, di superare inceneritori e discariche entro il 2030 e per quanto riguarda la produzione di energia i primi obiettivi sono il risparmio tramite l’efficienza e la digestione m.i. anaerobica degli scarti organici.
DISCARICHE E INCENERITORI: DANNI ECONOMICI E SOCIALI I “COSTI ESTERNI” DI INCENERITORI E DISCARICHE sono stati oggetto di uno studio dettagliato di tre studiosi della Ecole Des Mines di Parigi, Joseph Spadaio, Ari Rabl e Assad Zoughaib (Environmental impacts and costs of solid waste: a comparison of landfill and incineration). I costi esterni sono le ricadute in termini di danni ambientali, sociali e economici delle attività industriali che ricadono sui territori, che normalmente vengono “ignorati”. Gli studiosi hanno calcolato che per quanto riguarda l’incenerimento i danni economici causati per i costi sanitari legati all’incenerimento variano da 4 a 21 euro a tonnellata. La variabilità del costo è legata alla possibilità del “recupero energetico” che comunque causa sempre un danno. Per quanto riguarda le discariche i danni sono calcolati da 10 a 13 euro a tonnellata smaltita; le variabili sono legate alle emissioni di gas serra, che possono essere catturati solo fino al 70%. Gli studiosi di Parigi hanno considerato significativamente dannosi anche i danni derivanti da odori, impatto visivo e inquinamento acustico. In particolare i cosiddetti “amenity cost” i danni cioè legati al posizionamento di una discarica o un inceneritore in un determinato territorio, possono aggirarsi mediamente intorno ad 1 euro per tonnellata smaltita. A tutti questi vanno aggiunti i cosiddetti “social cost” che indicano come la discarica abbia costi inferiori all’incenerimento. Inoltre non va mai dimenticato che l’incenerimento non elimina le discariche: una quota del 25-30% di quello che viene bruciato diventa ceneri tossiche da smaltire in discariche speciali.. m.i.
del Gerbido, in provincia di Torino. Ma la gran parte degli incentivi andrà a quelli che si vogliono costruire in Sicilia, bloccati in precedenza da atti della magistratura. In totale i quattro megainceneritori del “regno” di Raffaele Lombardo godranno nei prossimi anni di 1,6 miliardi di euro di contributi, che avrebbero dovuto invece potenziare l’energia solare. La legge italiana prevede che entro il 2012 si debba raggiungere in ogni Comune il 65% di raccolta differenziata, in Sicilia vale il contrario. Il piano regionale, vista la taglia dei quattro mega inceneritori, prevede che venga inviato a combustione il 65% dei rifiuti. Confermati anche per la quota del 51% gli incentivi sotto forma di “Certificati Verdi” a tutte le forme di incenerimento. |
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DA CROTONE ALL’EMILIA APPALTI CHE SCOTTANO A BOLOGNA, REGGIO EMILIA, FORLÌ: appalti che “scottano”. Dal 2002 ad oggi una serie di appalti pubblici per ampliamenti di discariche e costruzioni di case popolari, sottopassi e biblioteche sono stati vinti (regolarmente) da ditte coinvolte nello scandalo sui rifiuti tossici “Black Mountains” a Crotone o che si sono viste sospendere il certificato antimafia.
L’attuale inceneritore, in funzione da 15 anni, brucia circa 90 mila tonnellate di rifiuti. Quello nuovo ne smaltirà 130 mila, da tutta la provincia di Bolzano.
Rifiuti al forno Approvato anche un “Piano Nazionale Inceneritori” (l’Italia ha già 50 impianti funzionanti), che ricalca la proposta presentata a luglio 2008 dalla lobby italiana del settore - Anida-Confindustria -, denominata Piano Nazionale Termovalorizzatori. Si proponeva di costruire 50 nuovi forni nei prossimi anni con investimenti di denaro pubblico per 10 miliardi di euro, 5-6 volte di più di quanto si prevede d’investire in raccolta differenziata e impianti di compostaggio, riciclo-recupero e trattamento bio-meccanico di materiali (vedi Valori n.8 ottobre 2008 “Rifiuti, Italia al forno”). Ma non è finita qui. Mentre l’Ue discute della direttiva Biowaste su riciclo, riutilizzo e recupero della parte organica dei rifiuti, sia ai fini energetici che della fertilizzazione dei terreni, all’articolo 9-quater si prevede la possibilità di immettere in fognatura rifiuti organici “provenienti dagli scarti dell’alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili”.
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I fondi per gli inceneritori provengono dalle bollette degli utenti. E avrebbero dovuto finanziare nuovi impianti ad energia solare | 44 | valori |
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DALL’AFFARE BLACK MOUNTAINS… Il primo appalto, da 1,9 milioni di euro, riguarda l’ampliamento della discarica di Poiatica (Carpineti, Reggio Emila), che fu vinto nel 2002 dalla ditta Ciampà Paolo srl di Crotone insieme a Leto Costruzioni srl, entrambe coinvolte nell’affare “Blacks Mountains” sui rifiuti tossici. Uno scandalo venuto alla luce con un’inchiesta partita nel 1999, che ha visto emergere particolari agghiaccianti: scuole, parcheggi, strade, case e opere pubbliche, in 18 siti del territorio di Crotone, costruite con materiale di scarto industriale, rifiuti tossici e sostanze cancerogene. La ditta Ciampà Paolo srl di Giovanni Ciampà si aggiudicò quindi regolarmente, come capogruppo, il 4 novembre 2002, la gara d’appalto lanciata da Agac Reggio Emilia Spa (oggi Enìa Spa dopo l’unione con le municipalizzate di Parma e Piacenza). Dagli uffici della ditta Ciampà a Crotone confermano che «i lavori iniziarono nel 2002 e si conclusero circa due anni dopo». Le indagini su Black Mountains però iniziarono nel 1999, tre anni prima che la ditta vincesse la gara per l’appalto nel reggiano. Lo ricorda un’interpellanza sullo scandalo “Black Mountains” presentata dalla deputata Angela Napoli nel 2003. “Sono stati forniti dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Crotone notizie inerenti reati contro l’ambiente, che coprono un arco di tempo che va dal 1998 al 2002”, scriveva la Commissione bicamerale sui rifiuti il 15 luglio 2003. “Una prima indagine, tuttora in corso, si riferisce all’irregolare utilizzo di un materiale denominato conglomerato idraulico catalizzato, prodotto dalla società Pertusola Sud di Crotone, che avrebbe consentito alle ditte Croton Scavi Costruzioni Generali SpA e Ciampà Paolo srl l’approvvigionamento del predetto materiale da utilizzare come sottofondo per opere pubbliche”. E ancora: “Dai dati acquisiti risultano smaltiti in cantieri di proprietà Ciampà Paolo srl altri 83 mila tonnellate. Smaltimento che ha comportato rilevanti utili e notevoli danni alle ditte concorrenti”. …AL RISCHIO MAFIA Il 20 aprile 2005 la ditta Cmp Costruzioni Spa del gruppo Ciampà si vide negare la certificazione antimafia da parte della Prefettura di Crotone. In un’altra interrogazione l’onorevole Napoli ricorda come il caso fu già denunciato nel 2003 dalla Commissione rifiuti e chiede “quanti e quali Enti, nonostante la negazione della certificazione antimafia, hanno continuato ad affidare incarichi a qualche ditta del gruppo Ciampà”. La cronaca risale allora ancora in Emilia Romagna, più precisamente in provincia di Bologna e a Forlì. Qui troviamo diverse opere pubbliche realizzate in questi ultimi anni sia dal gruppo Ciampà che da Leto Costruzioni srl (esclusivamente sotto indagine in “Black Mountains” ndr). Si tratta del sottopasso ferroviario di Casalecchio realizzato dalla Cmp Costruzioni Spa e Leto Costruzioni nel 2004, della Biblioteca Casa della Conoscenza (sempre di Casalecchio) costruita dalle stesse aziende ed inaugurata a novembre 2004, dell’appalto da 1,8 milioni di euro regolarmente affidato il 26 ottobre 2006 da Acer (azienda casa Emilia Romagna) alla Cmp Costruzioni Spa per la costruzione di 32 alloggi e 16 autorimesse a Budrio e lavori per l’Ampliamento di laboratori esistenti e aggiunta di due piani nuovi del CINECA. Il 26 marzo 2007 la Cmp del Gruppo Ciampà vince poi un altro appalto di Acer. Quello da 3,7 milioni di euro per realizzare 40 alloggi a Forlì. Matteo Incerti
Case efficienti: una miniera di energia
Un serio impegno sul fronte del risparmio energetico consentirebbe di ridurre i consumi degli italiani del 50%. L’uso di elettrodomestici, lampadine e computer a basso consumo diminuirebbe di 35 TWh la domanda delle utenze domestiche. CONSUMI ELETTRICI DELLE FAMIGLIE ITALIANE potrebbero essere ridotti della metà se tutti gli apparecchi obsoleti fossero sostituiti con altri più efficienti. Si passerebbe così da 67 TWh (terawattora, un milione di chilowattora) all’anno a 32 TWh, ottenendo un risparmio di Andrea Danese pari al 10% del consumo totale di energia elettrica in Italia. La stima arriva da una recente campagna di monitoraggio effettuata da Eerg, il Gruppo di ricerca sull’efficienza negli usi finali dell’energia del Politecnico di Milano, che ha misurato i consumi di lavatrici, frigoriferi, pc, lampadine e altri dispositivi elettrici in un centinaio di abitazioni italiane. Ben vengano, allora, gli incentivi economici destinati alla rottamazione dei vecchi apparecchi, o le normative europee che impongono standard energetici sempre più restrittivi alle aziende produttrici.
I
co e per diminuire le emissioni di gas climalteranti. Così, nella terminologia degli addetti ai lavori, accanto a megawatt si è fatta spazio la parola “negawatt”, termine coniato dal guru ambientalista Usa Amory Lovins per indicare l’energia risparmiata. Il settore dell’edilizia, da questo punto di vista, racchiude un potenziale enorme, visto che nei Paesi occidentali gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico totale (sommando i consumi elettrici e quelli per il riscaldamento). Anche una sola lampadina a basso consumo installata in ogni abitazione dell’Ue permetterebbe di ottenere considerevoli risultati.
Una rivoluzione tecnologica…
Dall’isolamento termico delle pareti ai frigoriferi di ultima generazione, dalle finestre con i doppi vetri alle nuove caldaie a condensazione. Senza contare l’integrazione con le fonti energetiche rinnovabili, la tecnologia oggi disponibile ci fornisce mille modi per abbattere i consuAddio vecchie lampadine mi negli usi finali dell’energia. Per quanto riguarda il riscaldamento, a A partire dal 2012 non troveremo più, sugli scaffali dei supermercati, volte si tratta di interventi difficili da attuare e che richiedono notevole vecchie lampadine a incandescenza. Per illuminare le nostre case poli investimenti, a fronte di risparmi in bolletta che non garantiscono tremo utilizzare solo lampade a risparmio energetico o a led. Il Big Bang tempi di ammortamento sufficientemente brevi. Può essere il caso, ad dell’illuminazione per 500 milioni di cittadini europei è stato deciso lo esempio, del rivestimento “a cappotto” di un intero edificio – uno strascorso 9 dicembre dal consiglio dei ministri dell’Ue. Una rivoluzione to di materiale isolante applicato alle pareti esterne – per minimizzare che, secondo le stime, consentirà di risparmiare tanta energia quanta le dispersioni termiche durante i mesi più freddi e abbatne producono 10 centrali elettriche da 500 Mw evitando tere i consumi della climatizzazione estiva. Ma spesso gli di emettere in atmosfera 15 milioni di tonnellate di CO2. IN RETE interventi di miglioramento dell’efficienza sono semplici Con un beneficio economico netto, per i consumatori euGruppo di ricerca e immediati e si ripagano in pochi anni. ropei, stimato in circa 50 euro all’anno. Si tratta solo delsull’efficienza negli usi finali dell’energia «Si possono ottenere risparmi dell’ordine del 20-30% l’ultimo provvedimento sul fronte dell’efficienza energetidel Politecnico sul riscaldamento con semplici accorgimenti. Specialmenca deciso nell’ambito della strategia europea di riduzione di Milano www.eerg.it te laddove l’isolamento termico è pressoché inesistente i dei consumi. E non sarà l’unico, visto che nelle intenzioRocky Mountain tempi di ritorno degli investimenti non superano i 5 anni si vuole arrivare a incrementare il risparmio di energia Institute, fondato ni», spiega Maurizio Fauri, docente di Sistemi elettrici per del 20% entro il 2020. da Amory Lovins www.rmi.it l’energia all’Università di Trento, che, con il suo gruppo, Puntare sull’efficienza è diventata la strada maestra per ha effettuato analisi energetiche su un centinaio di edifici affrontare il problema dell’approvvigionamento energeti|
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pubblici e privati. Naturalmente l’innovazione tecnologica gioca un ruolo fondamentale nella riqualificazione energetica delle abitazioni. Oggi è possibile non solo sostituire una caldaia obsoleta con una più efficiente, ma esistono sistemi in grado di stravolgere il funzionamento su cui si basa un vecchio impianto. «È possibile modificare la distribuzione del calore all’interno di un condominio basato all’origine su un impianto centralizzato – spiega ancora Fauri – attraverso un sistema che contabilizza il calore che entra in ciascun appartamento. In questo modo ognuno paga l’energia che consuma ed è stimolato a risparmiare». Ma è sufficiente l’uso di tecnologia efficiente per ottenere quei risparmi che la crisi energetica ci impone? Oppure bisognerebbe modificare anche il nostro comportamento?
…ma anche negli stili di vita Gli esperti di risparmio energetico si dividono in due scuole di pensiero. C’è chi considera l’innovazione tecnologica la sola risposta al problema degli sprechi, e chi sostiene invece che si debba avviare una
rivoluzione culturale per modificare anche i nostri stili di vita. Da questo punto di vista valgono tutte quelle norme di comportamento che a costo zero garantiscono notevoli risparmi, come spegnere le luci quando non servono, effettuare cicli di lavatrice a basse temperature, spegnere gli stand-by dei dispositivi elettrici. Ma c’è dell’altro: «si stanno affermando nuovi modelli di consumo e di abitudini che possono rivelarsi insostenibili», afferma Gianluca Ruggieri, esperto di efficienza energetica e ricercatore all’Università dell’Insubria. «Prendiamo ad esempio il caso dei frigoriferi – spiega Ruggieri -: una decina di anni fa la classe energetica D era la più diffusa, mentre oggi la media è di classe A. Però i consumi non si sono ridotti in proporzione. E questo perché c’è la tendenza ad acquistare frigoriferi più grandi, quindi più energivori. Peggio ancora, si è diffusa l’abitudine di tenere in casa anche un secondo apparecchio, magari un congelatore. In definitiva queste nuove abitudini hanno annullato i miglioramenti tecnologici”. Lo stesso discorso vale per i grandi televisori al plasma o Lcd che hanno invaso il mercato.
L’auto elettrica non è più un sogno
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CASAKYOTO: PREMIO INNOVAZIONE AMICA DELL’AMBIENTE
Entro il 2015 potrebbero essere 130 mila i veicoli elettrici in circolazione in tutto il mondo, ma già entro tre anni il mercato automobilisti potrebbe essere invaso. La Toyota lancerà nel 2010 la sua prima elettrica “plug-in” Entro due o tre anni il mercato mondiale dell’auto potrebbe essere invaso da una nuova generazione di veicoli, ibridi o totalmente elettrici. Non passa settimana in cui le case automobilistiche di tutto il di Andrea Danese mondo - americane, giapponesi e perfino cinesi - non annuncino di aver messo in cantiere progetti per sviluppare e produrre modelli di questo tipo. Lo si è visto all’ultimo salone di Detroit, dove quasi tutte le case presenti si sono mostrate pronte a raccogliere questa sfida. Secondo una stima di Frost & Sullivan, società di consulenza per lo sviluppo economico di impresa, entro il 2015 saranno 130.000 i veicoli elettrici plug-in in circolazione in tutto il mondo. A prendere il sopravvento saranno le auto elettriche ibride plug-in, che, a differenza delle loro progenitrici (come la Toyota Prius, oggi l’auto ibrida più diffusa al mondo), sono in grado di funzionare quasi sempre in modalità elettrica, si ricaricano con la spina di corrente (da qui il nome plug-in) e usa-
È
SOLO QUESTIONE DI TEMPO.
PER COSTRUIRE UN’ECONOMIA VERDE
DIECI MOSSE PER RIQUALIFICARE, IN TERMINI DI EFFICIENZA ENERGETICA, L’EDILIZIA NAZIONALE ESISTENTE. Un ampio catalogo destinato a tecnici e progettisti che permette di trasformare un edificio altamente energivoro in una casa a basso consumo. Le dieci mosse Casakyoto sono state ideate da Tep Srl, una società di servizi che offre competenze specifiche di fisica tecnica applicata all’edilizia. Si va dalla diagnosi energetica dell’edificio all’isolamento di tetto e pareti, dalla ventilazione controllata allo sfruttamento della domotica per ottimizzare gli impianti esistenti nell’edificio. La caratteristica principale del catalogo è che propone soluzioni tecnologiche già presenti sul mercato e applicabili, seppur in modo diverso, su scala nazionale su qualsiasi edificio esistente. Motivo per cui Legambiente ha deciso di premiare il progetto nell’ultima edizione del Premio all’Innovazione Amica dell’Ambiente. Le 10 mosse Casakyoto, consultabili sul sito www.casakyoto.it, sono state applicate a un edificio di Gavirate (VA) [nella foto], inaugurato il 16 febbraio 2009. Il prototipo, una villetta di due piani del 1928, prima dell’intervento consumava 218 chilowattora per m2 all’anno per il riscaldamento. Dopo la ristrutturazione il consumo si è ridotto a 11 chilowattora per m2 all’anno. «Capire in che modo si può intervenire per aumentare l’efficienza di un edificio è il primo passo, dato che non tutti gli edifici sono uguali», spiega Alessandro Panzeri, ingegnere di Tep Srl. «È chiaro che la diagnosi energetica è fondamentale anche per valutare il rapporto costi/benefici. Inizia ad essere conveniente una ristrutturazione che ha tempi di ammortamento al di sotto dei 10 ann». Casakyoto è una strategia, oltre che un progetto, ideata per sensibilizzare i privati e formare i professionisti. Il prototipo di Gavirate fungerà da modello e sarà visitabile e sede di corsi di formazione. www.casakyoto.eu
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FAVORIRE IL CONTATTO TRA LE IMPRESE che offrono prodotti e servizi a basso impatto ambientale e le pubbliche amministrazioni. Nasce con questo obiettivo il Green Management Institute (GMI), frutto di un progetto cofinanziato dalla Unione Europea nell’ambito del Programma Life Ambiente. Ne fanno parte una quindicina di aziende che rappresentano eccellenze nei rispettivi settori di riferimento: dalle fonti rinnovabili alle bioplastiche riciclabili al 100%, dai veicoli elettrici ai servizi di riduzione dei rifiuti. In sostanza GMI vuole essere punto di incontro fra soggetti convinti che la competitività fondata sulla leva ambientale sia l’unica strada perseguibile per la nostra economia e il nostro futuro. Fra le sue attività ci sono: il supporto alle imprese e agli enti locali attraverso la produzione di analisi e rapporti sulle implicazioni delle innovazioni ambientali, la promozione delle aziende partner, la definizione di piani di comunicazione ambientale strategica, l’identificazione di idee e progetti ad alto potenziale ambientale. Per la provincia di Milano, ad esempio, GMI ha promosso accordi di programma con la grande distribuzione per la riduzione dei rifiuti (progetto “Il sacchetto che ama la natura”), mentre per Rimini Fiera ha effettuato un’analisi sulle opportunità economiche delle tecnologie ambientali italiane nel Golfo Persico. www.greenmanagement.org
no il propulsore alimentato a benzina solo per tornare a casa quando le batterie rimangono a secco. La tecnologia c’è già, occorre solo perfezionarla. E la crisi che ha colpito l’industria mondiale dell’automobile, invece di ritardare il cambiamento, lo sta stimolando. Non fosse altro per il fatto che gli aiuti di Stato per le industrie in difficoltà saranno subordinati alla messa in cantiere di modelli ecologici. Il primo a scendere in campo sarà Toyota con un’auto plug-in già entro il 2010. Ma anche altri giganti dell’auto come Ford, General Motors e Chrysler hanno promesso che i loro modelli entreranno in produzione entro il 2011. A spingere la trasformazione dell’industria automobilistica saranno le nuove batterie agli ioni di litio, che garantiscono maggiori prestazioni e soprattutto una notevole autonomia. L’alto prezzo di questi accumulatori, però, rende ancora i veicoli elettrici meno economici di quelli tradizionali. La sfida sarà dunque di ridurre i costi di produzione.
Un ritorno al passato In realtà l’auto elettrica parte da lontano: la prima vettura a superare il muro dei 100 km l’ora è stata elettrica. Era il 1899 e a Parigi il belga Camille Jenatzy con la Jamais Contente (Mai contenta) superava il limite. E nel 1912 circolavano negli Usa 20 mila auto e 10 mila camion e bus a zero emissioni. L’era della mobilità elettrica tramontò una ventina di anni dopo con il successo del petrolio e dei motori a benzina o gasolio. Escono ora dai cassetti dei progettisti tutti i modelli che per anni sono rimasti a dormire perché il “mercato non era maturo”, la tecnologia insufficiente. O forse per|
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MICRO-VETT DA 20 ANNI AUTO ELETTRICHE IN QUALCHE MODO HA PRECORSO I TEMPI. Micro-vett ha iniziato a produrre veicoli commerciali elettrici più di vent’anni fa a Imola, dopo la crisi petrolifera dei primi anni Ottanta, e oggi è leader in Italia e tra le più importanti aziende in Europa. Può vantare di essere stata il motore di decine di progetti di mobilità urbana sviluppatisi in altrettante città italiane e straniere, con oltre 5.000 veicoli venduti dall’inizio dell’attività. Fra questi spicca il piano di mobilità ecologica di Reggio Emilia in cui l’amministrazione pubblica, nel 2003, ha adottato 371 veicoli elettrici in sostituzione di quelli tradizionali per favorire il miglioramento della qualità dell’aria. Il progetto ha valso alla città il “Global E-Visionary Award”, il più importante riconoscimento assegnato a livello mondiale dalla WEVA (World Electric Vehicle Association) alle città che si sono contraddistinte per il loro impegno nell’uso e nella diffusione di veicoli elettrici in ambito urbano. Micro-vett ha iniziato realizzando piccoli veicoli commerciali per la città destinati principalmente ad aziende ed enti pubblici. Poi, nel 1991, si è spostata sull’elettrificazione di veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti, mentre in futuro potrebbe puntare anche sulle piccole city-car destinate ai privati. “Collaboriamo principalmente con case automobilistiche italiane. Quindi Fiat, Iveco e Piaggio – spiega Massimiliano Di Gioia, vicepresidente dell’azienda –. Elettrifichiamo i loro modelli e li commercializziamo attraverso la nostra e la loro rete di distribuzione”. I veicoli, ibridi o totalmente elettrici, sono tutti di tipo plug-in, cioè le batterie vengono ricaricate attaccandole alla presa elettrica. Il prezzo è circa il doppio rispetto agli equivalenti a benzina o diesel, mentre l’autonomia può arrivare anche a 160 km. “L’avvento delle batterie al litio ha rappresentato una svolta non solo per l’incremento di prestazioni e autonomia – spiega ancora Di Gioia –. La loro durata nel tempo permette ai veicoli elettrici di iniziare a essere competitivi con gli equivalenti a scoppio se si considera l’intero ciclo di vita, compreso di carburante e manutenzione”. www.micro-vett.it
ché non si volevano sfidare gli imperi dei petrolieri. Forse questa ipotesi è la più vera, come racconta Chi ha ucciso l’auto elettrica, film di Chris Paine che ha finalmente trovato - a due anni dalla sua uscita - un distributore anche in Italia, dopo essere diventato un cult da guardare online, sottotitolato in italiano da un gruppo di volontari. Il film ricostruisce la storia dell’auto elettrica Ev1 prodotta in un migliaio di esemplari dalla GM nel 1996, per rispettare un decreto adottato dalla California alla fine degli anni ‘80, che imponeva almeno il 2% delle macchine in circolazione ad emissione zero. Per produrle la GM incassò 1 miliardo di dollari dall’amministrazione Clinton e dopo tre anni le ritirò tutte dal mercato e le distrusse, nonostante andassero bene e si fosse addirittura formato un movimento di consumatori che chiedeva “GM: let patriots drive the Ev1”. Il mercato cioè chiedeva alla General Motors di poter continuare a guiUna Detroit Electric: dare auto elettriche fabbricate il veicolo è stato prodotto dalla Anderson negli Usa Alla stessa GM che Electric Cars & Co ora ottiene nuovi aiuti pubblidal 1907 al 1939. Con una carica faceva ci, per puntare all’auto elettrica 100 miglia e sfiorava e confessa in un’inserzione i 40 km all’ora. Per festeggiarne pubblicitaria apparsa su Autoil centenario con dei modelli che ne ricordano motive News di aver tradito i le linee, è nata una consumatori: «Abbiamo projoint-venture tra Zap dotto vetture di scarsa qualità, e China’s Youngman Automotive Group. vi chiediamo scusa».
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L’agriturismo “Portella della Ginestra” sorge su un casale confiscato al boss Giovanni Brusca.
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In viaggio verso la legalità Il turismo responsabile attecchisce nel nostro Mezzogiorno. A Locri come a Corleone si può andare alla scoperta delle meraviglie naturali e storiche dell’Italia. E, contemporaneamente, lottare contro la mafia. UOGHI COME CORLEONE, CAPACI, SAN NICOLA O LOCRI, evocano immediatamente l’immagine di terre di frontiera, calpestate – in tutti i sensi – dal sistema mafioso. Territori al di fuori del controllo dello Stato, la cui “cultura” è quella familista e omertosa, prima ancodi Andrea Barolini ra che quella – millenaria – che affonda le proprie radici nella Magna Grecia. La cui economia è quella assistenzialista e clientelare, prima ancora che quella fatta di nuovi modelli di sviluppo, di imprese sociali e di mutualismo cooperativo. Ma la Locride, l’entroterra o il litorale palermitano - e con loro infiniti altri luoghi che punteggiano di cultura e meraviglie naturali il nostro Mezzogiorno - sono tra le regioni più belle d’Europa. Per questo è necessario dare a tutti la possibilità di conoscere, davvero, il nostro Sud. Da qui, dall’intuizione che combattere la mafia non significa solo lottare per la legalità attraverso la via giudiziaria, ma fornire alla società, ai cittadini, un’alternativa concreta di sviluppo, di lavoro, di promozione del territorio, è nato “I Viaggi del Goel”, il tour operator “Turismo Responsabile” del Consorzio Goel, da anni impegnato in prima li-
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La mafia non si combatte solo con la via giudiziaria, ma anche con l’educazione alla legalità, il lavoro, la creazione di alternative
nea nella lotta alla ‘ndrangheta, che ha lanciato recentemente la propria offerta su tutto il territorio nazionale. Attraverso questo nuovo strumento, il Consorzio intende dar vita a molto più che una semplice agenzia di viaggi: ciò che si vuole proporre è un modo nuovo di pensare le vacanze di ciascuno di noi. Unendo la voglia di divertirsi e rilassarsi a quella di dare il proprio, piccolo ma fondamentale, contributo alla rinascita di una terra. Con i Viaggi del Goel, infatti, è possibile godere di una vacanza ricca di storia, cultura, relax, buona cucina, ma anche di educazione alla legalità. I viaggiatori sono ospitati presso strutture alberghiere interamente gestite dalle stesse cooperative sociali del Consorzio: hotel, case vacanza o camere in autogestione. Luoghi in cui alla ‘ndrangheta è vietato l’accesso. Goel, inoltre, promuove il turismo responsabile scolastico, con una serie di pacchetti pensati appositamente per le gite degli studenti delle scuole superiori. Per far conoscere ai ragazzi non solo la cultura e le molteplici testimonianze storiche della Calabria, ma anche l’esperienza di un popolo, di giovani come loro che lottano contro le ingiustizie, l’emarginazione sociale, le prevaricazioni. Un’offerta che verrà anche integrata con proposte di turismo sociale ed ecologico-ambientale. In sei giorni, ad esempio, è possibile visitare comunità agricole, monasteri, santuari, cooperative sociali, città come Roccella Jonica, Gerace o l’antico borgo bizantino di Stilo. Alle iniziative dell’agenzia, poi, si affiancano quelle dello stesso Consorzio. Da quasi un anno è attiva una cabina di regia che racchiu|
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de numerosi soggetti (sindacati, associazioni, cooperative) che condividono il progetto. Tra questi anche Fiba-Cisl: «Il nostro sindacato sta tentando di interloquire con diversi soggetti sul territorio, approfittando anche dell’impegno della Federazione nazionale, per promuovere la cooperazione, la finanza etica, il microcredito e la legalità».
Le Ali solidali della Sicilia
Associazioni di stampo virtuoso
A CROTONE CONTRO LA ‘NDRANGHETA
Spostandoci nell’entroterra si possono visitare luoghi, ancor più di Palermo, simbolo della criminalità organizzata mafiosa. Anche a Corleone, Monreale o San Giuseppe Jato, però, è possibile vivere vacanze responsabili, godendo delle bellezze del territorio e alimentando gli agriturismi, le cooperative, i produttori locali o gli esercenti che aderiscono a Libera o Addio Pizzo. La cooperativa Placido Rizzotto, ad esempio, gestisce un agriturismo a Portella della Ginestra, nella Piana degli Albanesi, in un casale confiscato al boss Giovanni Brusca. Vicino alla struttura, che può ospitare nove persone, c’è un maneggio, intitolato al piccolo Di Matteo – il figlio del boss sciolto nell’acido per un regolamento di conti – che in primavera ed estate viene utilizzato per le attività all’aperto, soprattutto con le scolaresche. «Diamo lavoro a due persone a tempo indeterminato e a due braccianti. Senza considerare tutti i lavoratori occasionali. Non solo: nonostante tutti i nostri collaboratori siano regolari, gli stipendi netti che ricevono sono in media più alti di chi presta servizio in nero», spiega Valentina Fiore, direttore della società Libera Terra Mediterranea, che racchiude numerose associazioni, compresa la coop Placido Rizzotto. E un’altra struttura sta per entrare in funzione: l’agriturismo Terre di Corleone, alle porte dell’omonimo comune, su un terreno che fu di Salvatore Riina. È la dimostrazione che la legalità funziona. Di più: conviene. Ed è proprio di questo che c’è bisogno: di un’alternativa concreta.
STESSA DATA (1 MARZO) ma una nuova sede quest’anno per la manifestazione contro la ‘ndrangheta e le massonerie deviate, che l’anno scorso ha portato in piazza a Locri centinaia di enti e migliaia di persone da tutta Italia. Ad organizzarla è stata l’“Alleanza con la Locride e la Calabria, contro la ‘ndrangheta e le massonerie deviate, per la democrazia e il bene comune”, promossa dal Consorzio Goel (www.consorziosociale.coop), Calabria Welfare (Consorzio regionale della Cooperazione sociale) e Comunità Libere (www.comunitalibere.org), che oggi raccoglie 2.822 persone e 681 enti in tutta Italia. Nuovo anche lo slogan della manifestazione: l’anno scorso era “dal sogno una grande alleanza”, quest’anno: “Dall’alleanza al progetto”. «Bisogna creare un movimento più vasto, che coinvolga tutto il Paese, perché il problema non riguarda solo la Calabria – sottolinea Vincenzo Linarello, anima del Consorzio Goel – e bisogna passare dalle parole ai fatti, dalla denuncia alle proposte, con degli obiettivi chiari da raggiungere».
Il turismo responsabile è arrivato, da tempo, anche in Sicilia. La cooperativa A.L.I. - Ambiente Legalità Intercultura, nasce proprio nell’ottica di far conoscere l’isola e insieme garantire uno sviluppo sostenibile del territorio. Dal mese di maggio del 2008 A.L.I. è un’agenzia di viaggi e un tour operator: organizza itinerari turistici a Palermo e provincia e nel resto della Sicilia. Il tutto lavorando unicamente con associazioni e cooperative che lavorano da anni nella regione, gestendo beni confiscati alla mafia, riqualificando il territorio, lottando contro il pizzo o fornendo servizi per le categorie più disagiate. Testimoni di quella (grande) fetta di Sicilia che non si è mai arresa al potere mafioso. Da circa un anno, la cooperativa ha anche collaborato al progetto “Al Bab: una nuova porta alla città”, ideato per riqualificare l’area Tribunali-Castellammare, in pieno centro storico a Palermo. Da piazza XIII Vittime, dal mese di dicembre, partono una serie di itinerari (con guide autorizzate) alla scoperta delle bellezze nascoste della città. La cui storia si intreccia con i luoghi simbolo della riqualificazione urbana e della progettazione sociale: veri e propri “cantieri della legalità”.
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IL TURISMO RESPONSABILE DELLE ASSOCIAZIONI
CORLEONE (PA) AGRITURISMO TERRE DI CORLEONE Inaugurato lo scorso novembre (in attività dalla prossima primavera) si trova in contrada Drago, un luoghi di particolare rilievo paesaggistico, naturalistico e storico. Sorge in due fabbricati rurali confiscati al boss Salvatore Riina. Comprende un ristorante, 12 posti letto, un parco giochi per bambini, un campo polifunzionale e uno di bocce. Attrezzato anche per i portatori di handicap. È gestito dalla cooperativa Pio La Torre Libera Terra. www.liberaterra.it
LOCRI (RC) I VIAGGI DEL GOEL È il tour operator “Turismo Responsabile” che vuole accompagnare alla scoperta della Calabria tra divertimento e legalità. Organizza viaggi per piccoli gruppi e scuole, con proposte di turismo sociale e ecologico. turismo.responsabile.coop
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MONREALE (PA) AGRITURISMO PORTELLA DELLA GINESTRA Sorge in un’antica masseria in parte confiscata al boss Bernardo Brusca, a pochi chilometri da Palermo, in un’oasi immersa nello splendido scenario della valle dello Jato. Tra le mura dell’antica masseria è possibile assaporare i cibi della tradizione siciliana, i prodotti agroalimetari frutto del lavoro sulle terre confiscate alla mafia e non solo. Ideale per le escursioni, offre anche il Centro Ippico “Giuseppe Di Matteo”, anch’esso realizzato su terre confiscate alla mafia. www.liberaterra.it
PALERMO COOPERATIVA A.L.I. È un’agenzia di viaggi e un tour operator che organizza viaggi di turismo responsabile in Sicilia e all’estero, attività di formazione rivolte alle scolaresche, analisi e ricerca sul territorio volte al recupero e alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. Produce inoltre guide, carte, opuscoli e materiale didattico e informativo e organizza congressi, conferenze, spettacoli, concerti e mostre. www.alicooperativa.com
MARSALA (TP) LA LOCANDA DI SELINUNTE È gestita da I Locandieri, una cooperativa sociale che opera per la promozione e l’integrazione sociale. Nasce nel 2005 nell’ambito del progetto Equal “Albergo in via dei matti numero 0”, di cui Banca Etica è stata partner. Stiuata a 4 km dal Parco archeologico di Selinunte offre un ampio giardino, 26 biciclette, sala convegni, ristorante. www.lalocandadiselinunte.it
APPUNTAMENTI MARZO>MAGGIO 1 Marzo CROTONE MANIFESTAZIONE NAZIONALE Si sposta da Locri a Crotone, quest’anno, la manifestazione nazionale organizzata dal Consorzio Goel, da anni in prima linea contro la ‘ndrangheta e tutte le mafie. Attesi nel capoluogo calabrese migliaia di persone e centinaia di enti provenienti da tutta Italia. www.consorziosociale.coop 27 Febbraio - 2 Marzo ROMA LA FIERA DEI PARCHI È l’appuntamento annuale di settore organizzato da Federparchi, Legambiente, Compagnia dei Parchi e Fiera Roma. Park Life si propone come esposizione internazionale delle aree protette in cui promuovere le molteplici esperienze di conservazione e valorizzazione della natura, di sviluppo territoriale e turistico. www.parklife.it
13 - 14 - 15 Marzo MILANO FA’ LA COSA GIUSTA FIERA DEL CONSUMO CRITICO E DEGLI STILI DI VITA SOSTENIBILI Fiera Milano City. L’edizione 2008, forte di 40.000 visitatori e più di 400 espositori, si è definitivamente imposta a livello nazionale come evento capace di catalizzare l’attenzione del grande pubblico, delle istituzioni, delle imprese e della stampa italiana. http://falacosagiusta.org
16 - 19 Marzo MARSIGLIA (FRANCIA) EUROPEAN WIND ENERGY CONFERENCE AND EXHIBITION (EWEC) Incontro tra professionisti del settore dell’energia eolica e tecnici esperti provenienti da tutta Europa, che attrae migliaia di partecipanti ogni anno. www.ewec2009.info
Marzo ITALIA DISIMBALLIAMOCI Presidi in tutta Italia agli ingressi di supermercati e ipermercati per sensibilizzare i cittadini e le catene
di distribuzione sull’uso eccessivo degli imballaggi che avvolgono i prodotti in vendita. Spesso sono inutili, finiscono dalla busta della spesa direttamente in quella della spazzatura con un impatto ambientale notevole. www.legambiente.eu/campagne/intro /disimballiamoci.php
20 Marzo ITALIA NONTISCORDARDIME OPERAZIONE SCUOLE PULITE Giornata di volontariato dedicata alle scuole, nata con lo scopo di rendere più vivibili gli edifici scolastici. L’iniziativa coinvolgerà bambini, ragazzi, giovani, insegnanti e genitori che si dedicheranno a piccoli interventi mirati a migliorare le condizioni dell’edificio scolastico o del suo cortile. www.legambiente.eu 21 Marzo NAPOLI XIV GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL’IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME DELLE MAFIE Come ogni anno dal 1996 si celebra col primo giorno di primavera la Giornata Nazionale della Memoria in ricordo delle vittime delle mafie. Quest’anno l’associazione Libera ha scelto come territorio protagonista la Campania: il 19 marzo a Casal di Principe si ricorderà l’anniversario della morte di don Peppe Diana. Il 20 al Duomo di Napoli si incontreranno i familiari delle vittime delle mafie. Il 21 a Napoli si marcerà in corteo per le vie del centro città (nel pomeriggio si svolgerà un ciclo di seminari). www.libera.it
22 Marzo MONDO GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’ACQUA L’acqua è fonte indispensabile e insostituibile di vita, diritto inalienabile per tutta la popolazione mondiale. Ma troppo spesso è trattata come merce da vendere e da comprare, da imbottigliare e da conquistare, soggetta alle leggi del mercato e del rendimento. Nel Sud del mondo oltre un miliardo e seicento mila persone non dispone di acqua potabile. Legambiente sarà nelle piazze italiane per informare e raccontare le contraddizioni globali e locali nella gestione della risorsa acqua. www.portatoridacqua.it
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
Un occasione da non perdere per scoprire il paradiso che abbiamo dietro l’angolo! www.piccolagrandeitalia.it 26 - 28 Marzo NAPOLI ENERGYMED 2009 Mostra - Convegno sulle Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica nel Mediterraneo. Giunta alla terza edizione. www.energymed.it
28 Marzo MONDO EARTH HOUR 2009 È la grande iniziativa globale del WWF che farà spegnere, simbolicamente, le luci delle città di tutto il mondo. Dal Colosseo e il Quirinale a Roma al Golden Gate Bridge a San Francisco. Obiettivo, qust’anno, è raggiungere un miliardo di adesioni, coinvolgendo mille metropoli del Pianeta. Un messaggio di speranza e di azione. www.earthhour.org 2 - 4 Aprile BRESCIA METALRICICLO 2009 Salone internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei metalli ferrosi e non ferrosi, la qualità dell’ambiente e l’efficienza energetica. www.metalriciclo.com
17 - 20 Aprile GENOVA SLOW FISH Il Mediterraneo, con i suoi pesci, le sue storie e anche le sue problematiche è il protagonista della manifestazione, in programma nel nuovo padiglione B della Fiera di Genova, progettato da Jean Nouvel e affacciato direttamente sul mare. associazione.slowfood.it
19 Aprile ITALIA VOLER BENE ALL’ITALIA 2009 Sono tantissimi i comuni che in Italia contano meno di 5.000 abitanti. Per far conoscere e valorizzare questa Italia, lontana dalle rotte dell’economia imprenditoriale, Legambiente promuove la festa nazionale della PiccolaGrandeItalia. Tantissimi appuntamenti lungo la penisola per scoprire i tesori d’arte, cultura e tradizioni che questi luoghi custodiscono. |
20 - 25 Aprile BARI/MONOPOLI PREMIO BIOL Torna la manifestazione-concorso che da quattordici anni pone a confronto in Puglia i migliori oli bio-extravergini dei vari continenti. Il programma è ricco di eventi culturali, gastronomici e tecnici, che affiancano il concorso internazionale. Il tutto, con l’obiettivo di valorizzare le differenze - e i diversi patrimoni culturali connessi - che caratterizzano il variegato mondo dell’olio extravergine d’oliva biologico. www.premiobiol.it
Fine Aprile ITALIA 100 STRADE PER GIOCARE Lasciate a casa la macchina e fate una bella passeggiata in città, troverete vie e piazze per un giorno libere dal traffico: riscoprirete il gusto di camminare senza respirare smog e di giocare senza il timore delle automobili. Questo e tanto altro nell’iniziativa proposta da Legambiente per tutti coloro, grandi e piccini, che cercano una città nella quale si possa respirare a pieni polmoni. www.legambiente.eu
4-7 Maggio CHICAGO (USA) WINDPOWER 2009 La più grande conferenza mondiale sull’energia eolica, con 13 mila partecipanti e oltre 700 espositori che faranno il punto sull’avanzamento delle tecnologie del settore. Presso il McCormick Place Convention Center. www.windpowerexpo.org
14-18 Maggio TORINO FIERA DEL LIBRO Dopo i Confini (2007) e la Bellezza (2008), leitmotiv dell’edizione 2009 sarà l’Io, e il suo rapporto con gli altri. Un tema da interpretare secondo i punti di vista della letteratura, della psicanalisi, delle scienze, del mito, della politica... www.fieralibro.it
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A Gaza vincono le lobby della guerra >54 I cocktail mortali del Nicaragua >58 Forum di Belem: le novità arrivano dagli indigeni >61
internazionale ESCALATION DELLA TENSIONE TRA LE DUE COREE
SCONTRI IN MADAGASCAR TRA SOSTENITORI DEL PRESIDENTE E DEL SINDACO DI ANTANANARIVO
ZIMBABWE, ULTIMA EMERGENZA: IL COLERA
EL SALVADOR: FLMN VERSO LA VITTORIA PRESIDENZIALE?
USA: OBAMA PROMETTE L’ASSISTENZA SANITARIA UNIVERSALE PER 3,5 MILIONI DI BAMBINI
L’AMAZZONIA PERDE 1 MILIONE DI ETTARI L’ANNO
Escalation della tensione tra le due Coree con inevitabile apprensione degli Stati Uniti e l’intera area circostante. Dopo aver recuperato dai recenti problemi di salute che avevano fatto “temere” per il peggio, il presidente della Repubblica Popolare Democratica di Corea, Kim Jong Il, ha autorizzato la diffusione di un comunicato con il quale si accusa Seul di voler riprendere la guerra interrotta con l’armistizio del 1953 (un accordo di pace ufficiale non è mai stato firmato) minacciando di cestinare gli accordi politici e militari raggiunti con Seul e decidendo, come se non bastasse, di non riconoscere più la frontiera marittima tra i due Paesi. L’ennesima esplosione della crisi, avviata sul finire di gennaio, rischia di dare vita a lunghissimi negoziati atti a ricucire lo strappo e capaci, al tempo stesso, di migliorare la posizione negoziale di Pyongyang nell’annosa questione del programma nucleare. Di fronte al reiterato tiramolla del Nord, Seul aveva scelto recentemente di passare all’attacco minacciando l’interruzione degli aiuti umanitari. Una mossa che potrebbe aver spaventato le autorità oltre il 38° parallelo: in estate, il quotidiano statunitense Wall Street Journal aveva avanzato l’ipotesi che Pyongyang stesse fronteggiando una carestia non meno grave di quella che colpì il Paese sul finire del XX secolo provocando dai 2,5 ai 3 milioni di morti tra il 1995 e il 1998. Ad oggi Cina e Corea del Sud sono i maggiori erogatori di aiuti alimentari al Nord.
Dalla fine di dicembre in Madagascar si susseguono scontri tra i sostenitori del presidente Marc Ravalomanana e quelli del sindaco della città di Antananarivo, Andry Rajoelina (foto) dimissionato a forza dal governo centrale. Secondo un bilancio fornito dalla polizia, sarebbero almeno 86 i morti causati da disordini e saccheggi, in corso in numerosi centri abitati del Paese. Mentre per le radio locali il numero delle vittime sarebbe già oltre le 120 persone. La crisi ha origini complesse: il sindaco Rajoelina è riuscito a catalizzare la rabbia latente della popolazione. I motivi derivano dalla frustrazione economica e sociale: la maggioranza dei malgasci non ha visto migliorare le proprie condizioni economiche, mentre assiste allo sfruttamento delle risorse nazionali da parte di interessi stranieri. Il Presidente Ravalomanana è un ricco imprenditore che possiede, tra l’altro, reti televisive e radiofoniche, aziende alimentari e una diffusa rete di supermercati. Il motivo che ha scatenato la protesta è stata la chiusura della televisione “Vita”, di proprietà del sindaco di Antananarivo. Il Madagascar avevo avuto nello scorso ottobre un posto nelle cronache internazionali dopo l’annuncio di un accordo con la sudcoreana Daewoo per lo sfruttamento di 1,3 milioni di ettari di terreno del Madagascar (la metà delle terre coltivabili della grande isola, più o meno la metà dell’intero Belgio) in cambio della creazione di posti di lavoro. Si svolgerà in Madagascar, per la prima volta nella storia dell’organizzazione, il prossimo vertice dell’Unione Africana, previsto nel luglio 2009.
Dopo l’iperinflazione, la crisi alimentare e la mai sopita dittatura, lo Zimbabwe affronta oggi un’ultima terrificante emergenza: un’epidemia di colera che ha già prodotto 3.300 morti. Lo ha riferito l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) esprimendo preoccupazione tanto per la disastrosa carenza di infrastrutture e generi di prima necessità all’interno del Paese quanto per la riluttanza delle nazioni colpite nel prendere coscienza del problema. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nel 2007 siano morte di colera circa 120 mila persone e milioni di individui sono stati contagiati – spiega una nota dell’OMS –. Queste stime sono in contrasto con le cifre ufficiali fornite dai singoli Paesi all’Organizzazione”. Nel 2007 le nazioni colpite dalle epidemie hanno confermato appena 178 mila contagi e 4.031 decessi. Nel caso dello Zimbabwe, l’epidemia di colera peggiora una situazione già gravissima: dopo mesi di braccio di ferro, il leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai e il dittatore Robert Mugabe hanno raggiunto un accordo su un governo di unità nazionale. L’isolamento internazionale e l’inflazione fuori controllo (per acquistare un biglietto verde Americano servono 250 trilioni di dollari rhodesiani) si accompagnano a una devastante carenza di generi alimentari. Il 31 gennaio scorso il Sudafrica ha chiesto a Europa e Stati Uniti di revocare le sanzioni contro il regime di Harare.
Dopo aver acquisito la maggioranza relativa dei seggi parlamentari, l’ex movimento guerrigliero di resistenza di El Salvador Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FLMN) è il grande favorito per la vittoria nelle presidenziali del 15 marzo. La conquista di 35 seggi parlamentari e 95 amministrazioni comunali fa lievitare le speranze del candidato del Frente Mauricio Funes. Secondo gli ultimi sondaggi, quest’ultimo conserverebbe un vantaggio di 17 punti percentuali sul suo principale avversario, il candidato della destra Rodrigo Ávila. Se il successo di Funes sarà confermato il Paese vivrà di certo un momento storico. Dal 1992, anno della pacificazione nazionale, ad oggi l’Alianza Republicana Nacionalista (Arena), il principale partito della destra ha mantenuto il controllo della presidenza. La probabile vittoria del Frente rischia di aprire la strada ad una paralisi istituzionale. Pur avendo perso la maggioranza relativa l’Arena può contare sul sostegno dei partiti minori. In caso di elezione Funes si troverebbe a fare i conti con l’opposizione della maggioranza del parlamento salvadoregno. Molte perplessità caratterizzano anche il futuro dei rapporti con gli Stati Uniti. Washington, che ha difeso il regime locale nel corso della guerra civile tra il 1980 e il 1992 (80 mila morti circa), teme che il successo del FSLM possa determinare l’ingresso della piccola repubblica centroamericana nell’orbita del Venezuela.
Con una maggioranza schiacciante (290 voti favorevoli a 135), il Congresso Usa ha approvato l’espansione dei fondi per il programma sanitario nazionale innalzando il budget di quest’ultimo a 32,8 miliardi di dollari. Per effetto del provvedimento, 3 milioni e 500 mila bambini privi fino a oggi di assicurazione avranno la garanzia dell’assistenza medica gratuita. Il via libera del Congresso e la scontata approvazione del presidente Obama, che ha fortemente difeso il provvedimento, segnano un cambio di rotta decisivo nella politica assistenziale americana registrando un risultato ancor più significativo proprio perché ottenuto in un momento di crisi economica senza precedenti. «È venuto il momento di garantire la previdenza sanitaria a oltre 8 milioni di americani che corrono il rischio di perderla e computerizzare i dati sanitari di tutti gli americani entro cinque anni» aveva affermato in quegli stessi giorni il neo presidente dalle colonne del Washington Post. In passato i deputati avevano discusso per due volte una legge analoga ma il presidente Bush aveva fatto valere in entrambi i casi il proprio diritto di veto. L’espansione del programma sanitario, resa possibile da un consistente aumento delle imposte sul tabacco scaricate sui consumatori finali, ha trovato il sostegno di 40 deputati repubblicani che si sono espressi in dissenso rispetto alla linea del proprio partito. Storicamente scettico di fronte alle riforme in senso “pubblico” del sistema sanitario, il partito repubblicano lamentava gli eccessivi costi del provvedimento sostenendo la possibilità di raggiungere un risultato analogo con una spesa inferiore.
“Tra il 2000 e il 2007 circa 154.312 chilometri quadrati di foresta amazzonica sono andati perduti: un’area pari alla superficie della Grecia. La causa principale di questa distruzione è l’allevamento bovino che dai primi anni Settanta si sta espandendo in maniera esponenziale”. È questo l’inquietante incipit del rapporto “Amazzonia arrosto” presentato da Greenpeace alla fine di gennaio e destinato a riportare un po’ di attenzione ad un tema vecchissimo eppure da troppo tempo dimenticato. Circa l’80% del disboscamento è motivato dalla conversione del terreno al pascolo. “Dal 1996 al 2006 – ha spiegato Greenpeace in una nota pubblicata sul proprio sito – ben 10 milioni di ettari (un’area pari a un terzo dell’Italia) sono stati tagliati a causa dell’allevamento bovino. Oggi il Brasile, che possiede la mandria commerciale più grande del mondo, è il principale esportatore di carne e pelle bovina. Inoltre, il governo brasiliano entro il 2018 intende raddoppiare la propria capacità di esportare questi prodotti”. Il problema rischia di aggravarsi notevolmente di fronte all’emergenza legata alle emissioni di CO2. “Si stima – precisa ancora Greenpeace – che l’Amazzonia conservi tra 80 e 120 miliardi di tonnellate di carbonio. Se queste riserve di carbonio venissero distrutte, si emetterebbe in atmosfera una quantità di gas serra (GHG) pari a 50 volte quelle prodotte dagli Stati Uniti in un anno”.
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I NUMERI DELL’OPERAZIONE PIOMBO FUSO
DURATA 27 dicembre 2008 18 gennaio 2009
A Gaza vincono le lobby della guerra ha dichiarato lo scorso 24 gennaio Mohamed Mahdy Akef, Presidente dei Fratelli Musulmani, uno dei più forti movimenti politici panislamici. «L’operazione “piombo fuso” ha inflitto pesantissime perdite ad Hamas», ha ribattuto il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak appena due giorni dopo. La situazione nella striscia di Gaza è da sempre confusa. Ma chi ha ragione stavolta? Un diplomatico europeo, che da anni vive nella regione, l’ha messa in questi di Claudia Apel e Mauro Meggiolaro termini: «dopo la fine dell’ennesimo conflitto siamo da capo, la comunità internazionale dovrà pagare ancora». In effetti, immediatamente dopo l’operazione “Cast Lead”, sono state confermate le priQui sopra, un tunnel a Rafah che porta in Egitto. Ce ne sono me iniezioni di denaro liquido. Le Nazioni Unite hanno già deciso di inviare 613 milioni di dollari per «aiutacentinaia, i palestinesi dicono re un milione e mezzo di civili a Gaza». Saranno spesi in alimentari, acqua e medicinali. Che passeranno dai 1.400, da quelli scavati a mano a quelli piastrellati, usati porti, dalle strade, dagli aeroporti israeliani, pagando tasse, commissioni, permessi. «Un toccasana per le casse per trasportare qualsiasi cosa di Israele», spiega Shir Hever, economista all’Alternative Information Centre di Gerusalemme (vedi INTERVISTA ). «È dalle sigarette ai frigoriferi. una vera e propria “economia degli aiuti”, che si aggiunge all’indotto dell’occupazione israeliana in Palestina». Gaza, 2009
«H
AMAS HA OTTENUTO UNA VITTORIA STRAORDINARIA»,
Gestione degli aiuti, servizi di security, armi, finanziamenti ai Comuni israeliani nei territori occupati. L’indotto della guerra e dell’occupazione vale 18 miliardi di dollari IL VERO AIUTO: COSTRUIRE UN LAVORO COOPI È PRESENTE NEI TERRITORI OCCUPATI PALESTINESI dal febbraio 2002, con numerosi progetti per aiutare la popolazione palestinese, in particolare per creare posti di lavoro e per assicurare un reddito alle famiglie più povere. Ad oggi sono 14.520 le persone che hanno lavorato con la Ong. Per chi volesse effettuare donazioni può visitare il sito internet www.coopi.org
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MORTI 13 israeliani 1.300 arabi (200 erano donne e 410 avevano meno di 16 anni) FERITI 780 soldati e civili israeliani 5.200 arabi COSTI DELLA GUERRA IN TOTALE (STIMA) 1,9 miliardi di dollari CASE DISTRUTTE 5.000 FABBRICHE DISTRUTTE 1.500 SFOLLATI 50.000 CAMION DI AIUTI UMANITARI CHE SONO ENTRATI NELLA STRISCIA DI GAZA DA ISRAELE 1.202 AIUTI UMANITARI IN TONNELLATE 29.000
La rete della beneficenza islamica Mentre Gaza sarà ristrutturata con i soldi della comunità internazionale, il periodo di pace servirà anche per ricostruire i tunnel che collegano la striscia all’Egitto. Tunnel che da sempre riforniscono Hamas di nuove armi. Secondo i dati pubblicati dal Shin Bet, il servizio interno di intelligence israeliano, solo negli ultimi sei mesi sarebbero arrivate ai palestinesi 80 tonnellate di materiale militare. Anche se si volesse mettere in dubbio l’attendibilità della fonte, non si potrebbe eludere la domanda principale: «chi versa ad Hamas i soldi per procurarsi le armi?». Il maggiore sospettato, come sempre, è il governo iraniano. Secondo le stime dei servizi segreti canadesi, l’Iran verserebbe nelle casse di Hamas
Il simbolo di Hamas (Harakat Al-Muqawama Al-Islamia, Movimento di Resistenza Islamica). In alto, quel che resta dell’ospedale, di una moschea, e del parlamento di Gaza; a destra, alcuni ragazzi salutano davanti alle macerie delle loro case. Le foto ci sono state gentilmente fornite da Coopi e sono state scattate da Federica D’amato, giovane cooperante della Ong in Palestina.
FEDERICA D'AMATO/COOPI
| internazionale | FONTE: TEMI.REPUBBLICA.IT/LIMES/LA-GUERRA-DI-GAZA
EDUARDO CASTALDO
| internazionale | palestina |
almeno tre milioni di dollari all’anno. In realtà, buona parte dei finanziamenti sarebbe raccolta in tutto il mondo da una rete capillare di fondazioni, associazioni, charities, per poi essere convogliata su conti correnti presso i maggiori gruppi finanziari internazionali. Un’indagine della Fondazione americana NEFA (Nine Eleven Finding Answers) sull’Ummah Welfare Trust (UWT), una delle maggiori associazioni di beneficenza musulmane con sede a Londra, ha rivelato l’esistenza di legami molto stretti tra UWT e organizzazioni vicine ad Hamas, come Interpal, Al-Salah Islamic Association o l’Union of Good (UG). Il 16 dicembre del 2008 Barclays Bank ha deciso di chiudere tutti i conti del trust musulmano, «in seguito a una revisione degli indici di esposizione al rischio della banca». Pochi giorni dopo, centinaia di musulmani sono scesi in piazza per protestare davanti alle sedi di Barclays in Gran Bretagna, minacciando di ritirare tutti i risparmi dalla banca “anti-islam”. A guidare le manifestazioni c’erano, ancora una volta, le insegne dell’Union of Good, quella che NEFA definisce una “rete globale per finanziare Hamas”.
Il fantasma dei fratelli musulmani Nata nel 2000, Union of Good è una coalizione che raggruppa oltre cinquanta fondazioni e associazioni musulmane. Bandita da Israele nel 2002 e identificata come “gruppo terroristico” negli Stati Uniti, UG è guidata da Youssef Qaradawi, uno dei leader internazionali della Fratellanza Musulmana, il più vecchio e ramificato movimento sunnita transnazionale, di cui Hamas è la “filiale palestinese”, «l’espressione ideologica e dottrinale più lucida del pensiero militare nel mondo islamico», come l’ha recentemente definito il politologo Giorgio Galli (vedi BOX ). Per decenni la Fratellanza è stata finanziata con i proventi del petrolio dei sauditi, grazie ai quali è riuscita a diventare la comunità islamica più organizzata al mondo, con il controllo di migliaia di moschee e attività commerciali di ogni tipo: dall’immobiliare, al settore bancario, all’import-export di materie prime. La chiusura dei conti da parte di Barclays non sembra però essere legata direttamente a Union of Good, ma sarebbe in realtà collegata ai «continui trasferimenti di denaro a Interpal»,
accusato dal Tesoro degli Stati Uniti di essere «il coordinatore della raccolta fondi internazionale per conto di Hamas». Nonostante Interpal sia costantemente sotto indagine da parte della UK Charity Commission (Commissione per la vigilanza delle associazioni di beneficenza britanniche), le prove del legame con Hamas, che sono state trovate nel 1996 e nel 2003, non hanno mai portato ad alcun tipo di sanzione, perché sono state considerate «troppo deboli» o addirittura «inconsistenti».
La potenza delle lobby A parte la difficoltà di definire Hamas e di bloccare le sue capillari fonti di finanziamento, uno sguardo ai governi che finanziano le parti in conflitto, può aiutare ad avere un’idea più chiara degli interessi in gioco. Secondo uno studio dell’American Center for democracy, l’Autorità Palestinese avrebbe ricevuto dai 7 ai 10 miliardi di dollari dal 1993 ad oggi. I fondi sarebbero arrivati dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti, dalle Nazioni Unite, dall’Arabia Saudita e da altri Paesi della Lega Araba, che, da sola, ha già promesso ad Hamas un miliardo di dollari per ricostruire la striscia di Gaza. La posizione più imbarazzante è però quella degli Stati Uniti, che non hanno mai fatto segreto di finanziare anche Israele e le sue lobby, prima fra tutte AIPAC (American Israel Public Affairs Committee), considerato il più potente ed influente gruppo di pressione a Washington. Non deve sorprendere che la prima nomina di Barack Obama, per ricoprire la posizione di “capo dello staff”, sia caduta proprio su Rahm Emanuel, sionista e membro di spicco di AIPAC. La morale di questa storia è semplice e in larga parte nota: i sauditi e gli americani si aspettano che i soldi lavorino a loro vantaggio in diverse direzioni, e sono quindi pronti a sostenere tutte le parti in gioco nel grande risiko del medio-oriente.
I fondi continuano a scorrere Non è un caso che i ripetuti tentativi di tagliare i fondi ad Hamas non abbiano mai portato, finora, ad alcun risultato apprezzabile. L’UNRWA, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, continua a raccogliere soldi per Gaza sul suo sito internet, con pagamenti che passano dai conti della |
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| internazionale | ziare la leadership militare-terroristica, mantenendo il popolo palestinese nell’oppressione». Lo stesso Israele, nel giugno del 2007, ha donato 51 milioni di dollari all’Autorità Palestinese. Trasportati in contanti con dei camion, avevano lo scopo dichiarato di «pagare gli stipendi di 35 mila dipendenti dell’autorità palesti-
nese e rafforzare il potere politico contro Hamas». Peccato che tra i dipendenti pubblici destinatari dei pagamenti ci fossero anche Ismail Haniya, primo ministro di Hamas, e Mahmoud Zahar, ministro degli esteri di Hamas, che non ha mai nascosto il suo orgoglio per i «numerosi attacchi terroristici inflitti ad Israele». Indipendentemente dal punto di
vista in cui ci si pone, l’intersezione dei canali di finanziamento della guerra in medio-oriente e il groviglio di interessi che ne consegue, lascia una serie di domande aperte. E, alla fine, sembra che una vera volontà di superare il conflitto, come forma di consolidamento del potere e degli interessi economici, non esista ancora da nessuna parte.
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Royal Bank of Scotland, ma anche dalla Arab Bank di Gaza e dalla HSBC di Amman. Sono fondi raccolti per gli aiuti umanitari, che si aggiungono al budget annuale dell’agenzia, di 400 milioni di dollari. In realtà, sostiene Rachel Ehrenfeld, direttrice dell’American Center for democracy, «questo continuo flusso di denaro ha contribuito a finan-
Ecco chi guadagna con l’economia del conflitto Ne abbiamo parlato con Shir Hever, economista israeliano dell’Alternative Information Center, organizzazione israelo-palestinese di informazione, ricerca e analisi politica. ATTACCO A GAZA PESA SULL’ECONOMIA DI ISRAELE, che però sta
«L’
approfittando in modo rilevante degli aiuti che vengono inviati ai territori occupati palestinesi». È quanto dichiara Shir Hever, economista israeliano dell’Alternative Information Center. di Mauro Meggiolaro È vero quindi che la guerra sta portando notevoli vantaggi economici a Israele? La striscia di Gaza è la regione al mondo più dipendente dall’assistenza della comunità internazionale. Tutti gli aiuti devono passare dai porti e dagli aeroporti di Israele, tutte le spedizioni sono tassate dal governo israeliano, e i fondi che vengono donati ai palestinesi, buona parte in euro, devono essere convertiti in valuta israeliana per poter essere spesi. Con la conversione la Banca Centrale di Israele guadagna commissioni e può incrementare le sue riserve di valuta estera. In realtà, più aiuti arrivano per mantenere i palestinesi nei territori occupati, più commissioni entrano nelle casse di Israele. “Piombo fuso” per ottenere euro in contanti... Sì, diciamo che questo è uno dei tanti motivi del conflitto. Prova ne sia che, quando Hamas ha cominciato a importare dall’Egitto attraverso dei tunnel sotterranei, è stato messo in seria difficoltà il sistema
di controllo israeliano basato sulle dogane, le tasse e i cambi di valuta. Le autorità israeliane hanno cominciato ad avere paura di perdere il controllo sull’economia palestinese. Hanno percepito che le fonti di profitto derivanti dall’economia degli aiuti erano in pericolo. L’attacco di Gaza dovrebbe analizzato anche da questo punto di vista. Quanto dipende l’economia di Israele dalla guerra? Negli anni Israele ha ridotto la percentuale della sua economia dedicata al settore militare (il picco c’è stato negli anni 60 e 70), ma continua a essere uno dei Paesi con il maggiore rapporto tra spese militari e Pil. Attualmente è superiore al 7% (mentre negli Stati Uniti è al 4% e in Italia intorno al 2%, ndr). Questo dato però non include la grande quantità di denaro investita nel settore della security: la sicurezza privata. Oggi in Israele ci sono molte più guardie private che soldati. I checkpoint permanenti nella West Bank e attorno alla striscia di Gaza sono tutti controllati da compagnie private di security. La guerra continua in cui si è impegnato Israele contribuisce al prestigio delle società israeliane di sicurezza, che si vendono all’estero presentandosi come “esperti nella lotta al terrorismo”. Israele può vivere senza guerra? L’economia israeliana non è basata sulla guerra. Certamente ci sono
alcuni gruppi che approfittano della guerra, ma sono la minoranza. La maggioranza degli israeliani paga un prezzo carissimo, anche in termini economici: standard di vita in declino, disintegrazione dei servizi sociali, aumento della povertà, perdite di vite umane, feriti e traumi psicologici cui è sottoposta la popolazione. L’economia di Israele ha bisogno della pace per sopravvivere.
Shir Hever, economista israeliano dell’Alternative Information Center. A sinistra, le macerie di Zeitun. È stato raso al suolo quasi tutto il quartiere.
Gaza, 2009
Chi porta a casa i maggiori profitti? C’è una nuova banca dati della Women’s Coalition for Peace che pubblica un elenco aggiornato delle imprese che guadagnano dall’occupazione dei territori palestinesi. Su www.whoprofits.org le trovate tutte: da chi produce generi alimentari “esportati” nei territori, a chi è coinvolto nella manutenzione del muro, a chi sfrutta le risorse naturali palestinesi o fornisce equipaggiamento militare speciale. L’indotto della guerra e dell’occupazione dei territori vale oltre 18 miliardi di dollari. Chi porta a casa buona parte dei profitti sono comunque le società militari e di security come Elbit, Israeli Aircraft Industries o Magal, che è quotata al Nasdaq.
Grandi gruppi bancari beneficiano della guerra? Israele ha un settore finanziario piuttosto solido, che riduce la sua dipendenza dalle banche internazionali. Ma i grandi gruppi finanziari non mancano. Per esempio la banca franco-belga Dexia fa profitti concedendo prestiti alle municipalità israeliane che si sono insediate illegalmente nella West Bank. In questo modo contribuisce direttamente alla crescita edilizia abusiva e alla confisca dei terreni. Dato che gli insediamenti israeliani sono uno dei maggiori ostacoli alla pace, possiamo dire che Dexia è implicata a tutti gli effetti nel conflitto in Medio-Oriente. In molti Paesi, soprattutto europei, ci sono movimenti che chiedono a Dexia di interrompere la concessione dei crediti ai Comuni israeliani.
DIFESA E CONTROLLO In Israele ci sono circa 150 società nel settore difesa. In tutto producono ricavi per oltre 5 miliardi dollari e danno lavoro a 50 mila persone
I BIG DELLA SICUREZZA PRIVATA IN ISRAELE Il numero degli addetti delle oltre 200 società di security supera quello dei mlitari dell’esercito
ATTIVITÀ: Elbit Systems è una società israeliana che sviluppa e produce sistemi di controllo elettronico per la difesa e veicoli speciali. Una parte del business è incentrata sulla produzione di dispositivi per il controllo di posti di blocco e frontiere. SEDE: Rehovot, Israel DIPENDENTI: 8.000, di cui 1.360 negli Stati Uniti RICAVI: 1,98 miliardi di dollari nel 2007 NOTE: Elbit è quotata al NASDAQ e ha un codice di condotta ambientale.
ATTIVITÀ: fondata nel 1995 Ari Avtaha fornisce servizi di sicurezza, guardie private, Vip security. È controllata da ex militari e membri dei servizi segreti. SEDE: Gerusalemme DIPENDENTI: circa 1000 nel 2007 RICAVI: n.d.
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ATTIVITÀ: Rafael è una società militare dello stato israeliano, fondata nel 1943. Sviluppa e produce missili, veicoli militari, cannoni, anche in cooperazione con Bae Systems, Raytheon e Lockheed Martin. È specializzata in servizi di formazione per gli eserciti e nella simulazione di battaglie terrestri e aeree. SEDE: Haifa, Israel DIPENDENTI: 4.600 RICAVI: 760 milioni di dollari nel 2007
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ATTIVITÀ: fondato nel 1953, IAI è il primo produttore israeliano di aerei militari e civili e sistemi aerospaziali. IAI è controllata dallo stato israeliano. Una parte del business è incentrata sulla produzione di dispositivi per il controllo di posti di blocco e frontiere. SEDE: Ben Gurion International Airport, Israele DIPENDENTI: 16.000 nel 2007 RICAVI: 797 milioni di dollari nel 2007
ATTIVITÀ: fondato nel 1969 come dipartimento di IAI, Magal è la più grande azienda del settore della sicurezza e dei dispostivi di sorveglianza. Di recente Magal è diventata una compagnia a capitale pubblico, anche se la IAI ne è ancora azionista. SEDE: Yahud, Israele, con filiali e controllate in Canada, Germania, Messico, USA, Cina e Gran Bretagna. DIPENDENTI: 303 nel 2007 RICAVI: 72 milioni di dollari nel 2007 NOTE: nel 2007 si è aggiudicata l’appalto per la sorveglianza dell’arsenale militare degli USA.
ATTIVITÀ: K-9 Solutions è una società israeliana interamente dedicata all’addestramento di cani da guardia per la sicurezza di imprese, protezione personale, controllo di posti di blocco e frontiere. SEDE: Moshav Mazor, Israele DIPENDENTI: n.d. RICAVI: n.d.
ATTIVITÀ: Modi’in Ezrachi è una società di sicurezza privata. Le guardie di Modi’in sono impiegate nei checkpoint della zona di Gerusalemme e nelle municipalità israeliane presenti nei territori occupati. Offrono servizi anche all’associazione estremista El’ad e a Caterpillar Israel. SEDE: Tel Aviv, Israele DIPENDENTI: n.d. RICAVI: circa 100 milioni di dollari nel 2007
Anche il mondo arabo ottiene vantaggi economici dalla guerra? Gli Stati Uniti hanno diviso il mondo arabo in due parti: i “fondamentalisti”, come l’Iran e la Siria e i “moderati”, come l’Egitto, la Giordania e l’Arabia Saudita. In realtà questi “blocchi” creati dagli USA non sono molto diversi. Sono solo i leader politici che hanno approcci diversi. La popolazione ha gli stessi bisogni, le stesse aspirazioni. Gli Stati Uniti continuano questo gioco da più di cinquant’anni. E così le élite al potere negli Stati cosiddetti “moderati” ricevono assistenza dagli USA. Non solo armi, ma anche contratti con tariffe privilegiate. Le economie degli stati arabi “moderati” sono drogate dagli aiuti statunitensi. La guerra arricchisce questi Paesi, ma è una ricchezza di breve periodo, perché dipende dalla politica americana. Se questa cambierà, come ci auguriamo, interi sistemi economici dovranno essere ripensati.
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I cocktail mortali di Chichigalpa
LE TERRE PIÙ FERTILI DEL PAESE SONO CONTAMINATE «L’ACQUA AVVELENATA È SCESA PROFONDAMENTE NEL TERRENO provocando una contaminazione a catena». Gustavo Adolfo Ruiz, biologo della Rete anti-pesticidi nicaraguese, descrive la situazione socio sanitaria del Nicaragua e il ruolo delle coltivazioni intensive. L’acqua contaminata può essere portatrice di morte?
Sì, attraverso la diffusione dei veleni agrochimici, elementi tossici letali. Sono veleni che prima di uccidere provocano diverse forme di malattie e infermità. Questo induce la famiglia del malato a doversi far carico di molte spese, anche perché le autorità in questi casi non passano aiuti. L’altro effetto dell’acqua contaminata è la diffusione di malattie intestinali gravissime. In Nicaragua poche famiglie hanno i servizi igienici in casa. I bambini sono i soggetti più a rischio di queste malattie, soprattutto i piccoli denutriti. Nel nostro Paese il più alto tasso di mortalità è rappresentato dai bambini che muoiono per diarree. Si parla di una vittima ogni tre giorni, lo conferma?
Questo è il dato che riguarda chi si è ammalato per il Nemagon, un
pesticida letale che si usava nelle piantagioni di banane fino a dieci anni fa. Ne vediamo in questi giorni i tragici risultati. A queste sofferenze dobbiamo sommare le vittime per insufficienza renale cronica che stanno aumentando perché crescono le aree coltivate a canna da zucchero per produrre alcool e biocarburanti. In Nicaragua immense aree sono monocolture e questo comporta la proliferazione di insetti combattuti con l’uso massiccio di pesticidi. I cocktail di veleni sono sempre più potenti, perché gli insetti sviluppano sempre nuove forme di resistenza. Le multinazionali produttrici dei pesticidi devastanti sono molte. Tra queste Monsanto, Dole e Chiquita. Le responsabilità di tanta morte, i produttori la devono condividere con le aziende che introducono nel paese i pesticidi e li vendono a contadini che non sono in grado di leggere le istruzioni in inglese. Ora le terre più fertili del Paese, come Leòn e Chinandega sono completamente contaminate. Erano zone caratterizzate da terreni ricchi e con grande capacità di infiltrazione. Così l’acqua contaminata è scesa profondamente nel terreno provocando una contaminazione a catena. C.Art.
CARLOS ESPINOZA
CARLOS ESPINOZA
RYAN BALLANTYNE
FRANCISCO GURDIAN
Due regioni del Nicaragua sono gravemente inquinate dai residui dei pesticidi utilizzati nelle piantagioni di canna da zucchero che servono per produrre il Rum Flor de Caña prodotto da una società del Gruppo Pellas. Che nega ogni sua responsabilità.
Il vulcano San Cristóbal, che domina i campi della regione di Leòn, e l’Ingenio Azucarero San Antonio; qui a sinistra, il municipio di Chichigalpa.
INGENIO AZUCARERO SAN ANTONIO APPARE COME UNA DISTESA
L’
INNOCUA. Il verde delle piantagioni di canna da zucche-
ro sembra rigoglioso e sano. Il veleno di cui è impregnato il terreno non è percettibile all’occhio umano. Per trovare i danni mortali dell’uso di Cristina Artoni per anni di cocktail di pesticidi bisogna andare ad incontrare la popolazione di Chichigalpa, una cittadina nella regione di Leòn, a 90 km da Managua. Su poco più di 30 mila abitanti, i malati sono 8 mila. È un’intera comunità falciata da Insufficienza renale cronica (IRC). Negli ultimi anni sono morte 3001 persone, tutti ex lavoratori delle piantagioni dove si coltiva la canna da zucchero per la produzione del Flor de Caña, uno dei rum più conosciuti a mondo. L’impresa responsabile di tanta devastazione è di proprietà della Nicaragua Sugar Estate Ltd, che è parte del Gruppo Pellas.
Un’onorificenza italiana al posto di una condanna Originaria di Genova, la famiglia Pellas Chomorro, è arrivata in Nicaragua alla fine del 1800. In cento anni è diventata un colosso economico e una delle famiglie più potenti del Paese. Lo scorso ottobre, come riconoscimento per l’impegno nello sviluppo | 58 | valori |
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del Nicaragua, Alberto Boniver, ambasciatore d’Italia ha insignito “il Signor Carlos Pellas Chomorro con l’onorificenza dell’Ordine della stella della solidarietà italiana, nel suo massimo grado di Grande Ufficiale” e gli ha attribuito il ruolo di Console onorario della città nicaraguense di Granada. Un riconoscimento che arriva malgrado pochi giorni prima il Tribunale Permamente dei popoli (Tpp), all’interno del terzo forum sociale delle Americhe in Guatemala avesse condannato eticamente e moralmente il gruppo Pellas di essere responsabile della malattia e della morte di migliaia di persone Il Tpp ha richiesto inoltre: «Una definizione di condizioni di responsabilità universale, tali come sanzioni giuridiche efficaci, diffusione pubblica della condanna, confisca degli strumenti del delitto prodotto, multe, riparazione del danno causato e la dissoluzione dell’impresa». Da alcuni anni gli abitanti di Chichigalpa hanno creato l’associazione dei malati di insufficienza renale, la Anairc, per denunciare il dramma di cui sono vittime, anche perché la contaminazione sta colpendo le nuove generazioni. «Abbiamo tra i malati bambini, bambine, donne, giovani, uomini, anziani – elenca Carmen Rios, presidente dell’associazione – sono morti ragazzi di 19 anni. Ragazzine di 15. Ci sono più di ottomila malati. Ogni giorno arrivano
informazioni di nuovi contaminati. Il signor Pellas dice che non vuole sentire parlare di indennizzo. Ma noi siamo qui per ricordargli quali sono le sue responsabilità in questa catena di morti».
Il volontariato e la cooperazione a fianco degli ammalati La comunità ha chiesto più volte, senza avere risposte, un incontro con i responsabili del Gruppo Pellas. La società in questi anni ha sempre negato ogni responsabilità ed ha anzi accusato gli ex lavoratori di essersi ammalati per aver fatto uso di alcol e droga. Quando il cocktail di pesticidi ha cominciato a seminare morte tra i lavoratori dell’Ingenio San Antonio, la società, ha deciso di espellere gli ammalati dal ciclo produttivo. Per loro non
Da alcuni anni gli abitanti hanno creato l’associazione dei malati di Insufficienza renale cronica, la Anairc, anche perché la contaminazione sta colpendo le nuove generazioni
c’è pensione né assicurazione sanitaria. Il difficile nella lotta dell’Anairc, supportata dall’associazione Italia-Nicaragua e dall’associazione Cospe (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), è dimostrare che la malattia è provocata dai pesticidi utilizzati nelle piantagioni. Ci sono delle prove, ma che finora non vengono considerate schiaccianti. Tra le prove indicative di una tragedia annunciata vi sono alcuni dati del Ministero della Salute che risalgono agli anni 2002- 2003. L’Irc già in quel periodo stava diventando una delle principali cause di morte nel Paese, con un tasso del 4%. La percentuale, secondo l’inchiesta, aumentava nei dipartimenti di Leòn e Chinandega all’11,8% e al 12,5%, ossia tre volte la media nazionale. Ora l’acqua nelle due regioni, una volta considerate le più floride del Paese, resta contaminata e infetta tutto: le falde, i terreni, il cibo. Fino a rendere velenoso anche il latte materno. Secondo uno studio realizzato nel 2006 dall’università autonoma di Nicaragua (Unan) il 95% dei 26 pozzi che riforniscono il territorio a Nord-est del Paese sono contaminati da feci, diserbanti, pesticidi e batteri. In particolare la falda acquifera della piana fra Leon e Chinandega, registra un’alta concentrazione di residui agro-chimici tra cui DDT, DDE, Toxafeno ed Endrin.
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TRA CRESCITA, RISTRUTTURAZIONE E POVERTÀ ENDEMICA
IL PAESE IN CIFRE
ALL’ALBA DEL XXI SECOLO IL NICARAGUA ha aderito all’iniziativa Heavily Indebted Poor Countries (HIPC), il programma del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale dedicato alla ristrutturazione del debito nei Paesi caratterizzati dai bilanci più disastrati. Sotto la presidenza di Enrique Bolaños (2002-07) i dati macroeconomici contabili sono migliorati sensibilmente (il rapporto debito/Pil è passato dal 200% al 55%, l’inflazione si è mantenuta bassa e il livello delle riserve è aumentato), ma la diffusione della povertà è rimasta invariata. Dopo 17 anni di opposizione il leader del Frente Sandinista (FSLN) Daniel Ortega ha assunto la carica presidenziale il 10 gennaio 2007. L’avvicinamento di Ortega ad alcuni dei settori più reazionari della Chiesa cattolica locale (culminato con l’appoggio alla legge per l’abolizione dell’aborto terapeutico) hanno indotto il partito gemello Movimiento Renovador Sandinista a ritirare il sostegno al candidato del Frente. M.Cav.
REPUBBLICA DEL NICARAGUA OCEANO HONDURAS Popolazione: 5.785.000 ATLANTICO G U AT E M A L A Capitale: Managua Forma di Stato: Repubblica presidenziale E L S A LVA D O R Pil procapite*: $ 3.000 NICARAGUA Tasso di crescita reale* 2008: 2% Rapporto debito Pil*: 53,6% Tasso d’inflazione*: 20,6% Tasso di povertà: 48 % (dato 2005) C O S TA R I C A MANAGUA Disoccupazione: 3,9% Sottoccupazione*: 46,5% CHICHIGALPA PA N A M A Alfabetizzazione**: 67,5% OCEANO PACIFICO Mortalità infantile: 25,91 per mille Tasso di crescita della popolazione: 1,8% Speranza di vita: 71 anni
Ben vivere. Il nuovo paradigma degli (indigeni) altermondialisti
* stime 2008.
** percentuale della popolazione con più di 15 anni di età in grado di leggere e scrivere
FONTE: CIA – WORLD FACTBOOK 2008
MESSICO
Il disonore del console Carlos Pellas Chamorro ha 52 anni, 4 miliardi di dollari di assets e 15 mila dipendenti.
Rappresentanti dei popoli indigeni per la prima volta sono stati sono stati inclusi come soggetto politico
L’Italia lo ha nominato console onorario ma su di lui grava un sospetto terrificante: quello di aver causato più di tremila morti.
tra le reti, i movimenti e le campagne che partecipano al Forum Sociale Mondiale, nato in contrapposizione a quello di Davos.
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San Antonio, e Compañía Licorera de Nicaragua S.A) alle attività della BAC International Bank, un istituto leader nell’America Centrale controllato per il 49,99% dalla statunitense General Electric. I pochi dati finanziari noti del gruppo sono contenuti in un articolo pubblicato nel 2005 dalla rivista costaricana Summa e divenuto a modo suo storico. Quell’intervista preconfezionata i cui toni adulatori sono intuibili fin dal titolo “Il genio degli affari” resta l’unico colloquio rilasciato da Pellas negli ultimi 10 anni. Dai profitti del gruppo hanno preso il via le iniziative benefiche che tanto hanno giovato all’immagine pubblica dei Pellas nonché quegli investimenti nei biocarburanti che interesserebbero 35mila ettari di terreno in Honduras e che, ha denunciato il parlamentare locale Marvin Ponce, rischiano di bruciare 140 mila tonnellate di cereali all’anno. Il Governo di Tegucigalpa non ha minimamente considerato la questione e ha espresso un chiaro sostegno all’investimento. Nell’irresistibile ascesa dei Pellas si colloca ora un solo ostacolo che potrebbe però essere brillantemente superato. Le voci sulle responsabilità dei residui agrochimici hanno indotto la Banca Mondiale a sospendere un prestito destinato al gruppo in attesa della conclusione di un’inchiesta, ma la situazione potrebbe avere risvolti sorprendenti. «Fidarsi dei tecnici del Banco Mundial per fare indagini che potrebbero condannare Pellas mi sembra assurdo – commenta la nostra fonte -. Al contrario questa potrebbe essere la scappatoia finale che Pellas cerca. Fino ad ora la relazione lavoro/Insufficienza renale cronica non è stata dimostrata con dati scientifici ma non è nemmeno stato provato che tale relazione non esiste».
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OTTO UNA PIOGGIA TORRENZIALE si è chiuso il 9° Forum So-
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ciale Mondiale, così com’era iniziato una settimana prima nel centro di Belem do Parà, con una marcia vivacissima di 100 mila persone in uno dei frequenti diluvi della stagione delle piogge in di Jason Nardi Amazzonia. Ma per i partecipanti è stata ugualmente una festa: l’Assemblea delle assemblee si è riunita lo stesso all’aperto e sono uscite le proposte di mobilitazione del “movimento dei movimenti” altermondialisti per i prossimi due anni. È la prima volta che tra le reti e le campagne che si danno appuntamento al Forum sono stati inclusi, ufficialmente e come soggetto politico, anche rappresentanti dei popoli indigeni. Sono arrivati in oltre tre mila dal Canada all’Argentina, con la loro visione cosmogonica, le rivendicazioni sulle terre ancestrali, la difesa della Natura, della Foresta, dei Fiumi, della Vita.
JASON NARDI
PELLAS «HANNO SEMPRE DETTO di non avere niente a che fare con questo problema, ma crediamo che non sia proprio così come dicono». Così parlava Wilfredo Rostrán, il sindaco sandinista di Chichigalpa, in un’intervista concessa nel giugno 2007 all’associaziodi Matteo Cavallito ne Italia-Nicaragua. Il riferimento correva alle responsabilità dei pesticidi nella micidiale moria degli ex dipendenti di Carlos Pellas Chamorro, il principale imprenditore del Paese. Per il Tribunale Permanente dei Popoli, oltre 3 mila morti per Insufficienza renale cronica (IRC) tra i soli ex lavoratori dell’Ingenio San Antonio sfidavano qualsiasi legge statistica. I familiari degli scomparsi si sono indignati per la scelta dell’Italia di nominare Pellas nuovo console onorario di Grenada e hanno chiesto invano l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Rostrán, nel frattempo, ha cambiato idea. E così quando il 15 gennaio scorso la municipalidad ha deciso di premiare Carlos Pellas per l’impegno sociale (sic!) del suo gruppo a consegnare il riconoscimento è stato proprio il sindaco di Chichigalpa. Cose che capitano se sei un imprenditore di successo. «Pellas è il classico imprenditore intoccabile, uno che figura molto poco a livello di stampa e attività mondane, che non si esprime praticamente mai sulla politica, che finanzia tutti i partiti e che ha le mani un po’ in tutti i settori dell’economia, dall’agroindustria, all’energia, dalle banche alle auto», spiega dal NicaraLa cerimonia di nomina gua una fonte locale vicina alla questione. Il Grupo Peldi Carlos Pellas las raccoglie più di 50 imprese per un valore totale di 4 Chamorro Grande miliardi di dollari. I 15 mila lavoratori si distribuiscoUfficiale dell’Ordine della Stella della no tra le più diverse attività, dall’agroindustria (NicaSolidarietà Italiana, ragua Sugar Estates Limited, proprietaria dell’Ingenio il 31 luglio scorso.
Le molteplici facce della crisi Al centro dei dibattiti del Forum (oltre 2.200 nel programma) c’era la crisi, o meglio le molteplici crisi che si stanno manifestando in tutto il Pianeta. Conferenze e seminari hanno affrontato i diversi aspetti della crisi finanziaria ed economica, di quella climatica ed energetica, di quella alimentare, migratoria e di governance democratica internazionale. Gli appelli e le dichiarazioni uscite dagli incontri delle reti sono stati numerosi (disponibili sul sito: www.fsm2009amazonia.org.br), con una fitta agenda di appuntamenti internazionali. Tra questi, meriIl 9° FSM si è svolto a Belem in Amazzonia.
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DAVOS, MODELLARE IL MONDO DURANTE LA SETTIMANA BIANCA ANCHE QUEST’ANNO I POTENTI DEL MONDO si sono dati appuntamento a Davos dal 28 gennaio al primo febbraio per il World Economic Forum (WEF). Gli alberghi della cittadina svizzera hanno segnato il tutto esaurito, a testimonianza del fatto che, malgrado la crisi, quello che è considerato l’evento più importante per le lobby del business è più vivo che mai. Oltre 2.500 partecipanti da quasi 100 nazioni, tra i quali 1.400 presidenti e amministratori delle più grandi imprese del mondo, 40 tra capi di Stato e di governo, rappresentanti di istituzioni internazionali, più un seguito di sportivi, giornalisti, creativi e religiosi, che si sono incontrati per “modellare il mondo dopo la crisi”, come recitava il titolo dell’edizione 2009 (Shaping the Post-Crisis World). Non c’è che dire, un progetto decisamente ambizioso. Anche alla luce del fatto che alcune delle imprese in prima fila a Davos sono tra le principali responsabili della crisi stessa. Imprenditori e lobbisti hanno discusso con i politici su quali misure adottare per uscire dalla crisi, rilanciare il commercio internazionale, riformare l’architettura finanziaria internazionale. A Davos Tremonti, il nostro ministro dell’Economia, ha annunciato la necessità di una nuova riforma delle pensioni, mettendo nel piatto la sua proposta assieme alle altre proposte e ai numerosi proclami partiti anche quest’anno dal World Economic Forum, un luogo che non ha alcun mandato istituzionale, nessuna legittimità democratica e nessuna trasparenza. Cosa che non gli ha impedito di diventare progressivamente un momento di enorme importanza nell’influenzare e plasmare gli indirizzi culturali e le scelte in materia di economia, finanza e politica internazionale. Quest’anno però qualcosa è cambiato. Come ha scritto il Financial Times «L’unico tema che ha unito i partecipanti è stata la mancanza di fiducia». Secondo il quotidiano inglese, le discussioni erano centrate su come convivere con la crisi, non sul come venirne fuori. L’impressione è che ognuno abbia cercato di tirare acqua al proprio mulino, spingendo per proposte che gli avrebbero premesso di limitare i danni. Insomma una sorta di crisi dentro la crisi. Andrea Baranes
IL WORD ECONOMIC FORUM SOTTO GLI OCCHI DEL PUBBLICO DA ANNI ALCUNE REALTÀ DELLA SOCIETÀ CIVILE cercano di fare emergere la vera faccia di chi, sin dal 1971, prima edizione del World Economic Forum, si dà appuntamento per “modellare il mondo” a proprio uso e consumo. Tra le iniziative realizzate c’è una sorta di monitoraggio pubblico delle sue attività, il “Public Eye on Davos”, dove è anche possibile votare “la peggiore impresa dell’anno”. Il premio del 2009, appena assegnato, è andato a una compagnia mineraria, la Newmont Mining Corporation per le sua attività in Ghana. Attività che, secondo le accuse, avrà impatti devastanti sulle popolazioni locali, causando lo spostamento forzato e la perdita della terra per migliaia di persone che hanno la sfortuna di vivere su un terreno ricco d’oro. Il Gruppo rifiuta di rimborsare i danneggiati, ma in compenso avrebbe versato, subito prima di un’udienza pubblica nel luglio del 2008, forti somme di denaro a influenti capi villaggio per presunte “spese amministrative”. Tra gli altri candidati al premio, che hanno perso per un soffio, c’erano l’Ubs per le responsabilità nell’attuale crisi, la BNP Paribas, per un finanziamento a una centrale nucleare da costruirsi in zona sismica, la Nestlè, che avrebbe infiltrato un investigatore privato nell’associazione Attac svizzera per spiarne le mosse. www.publiceye.ch
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ta particolare attenzione l’“Appello dei Popoli Indigeni al FSM di Belem di fronte alla crisi di civilizzazione”. Siglato da un centinaio di organizzazioni indigene, questo appello chiede di rompere con le proposte che vogliono rafforzare il ruolo dello Stato e che si basano su piani di rilancio economico. Invece, si punta sulla lotta contro il consumismo, la “privatizzazione” della vita e per la difesa della Madre Terra e dei diritti collettivi, il “ben vivere” e la decolonizzazione come risposta alla crisi di civilizzazione. L’appello definisce quest’ultima come congiuntura delle crisi economica, ambientale e di legittimità democratica. Le riposte che propone sono il concetto di “ben vivere” (che si oppone a quello di sviluppo, basato sull’aumento della ricchezza materiale e sul consumo di risorse) e la difesa dei beni collettivi sotto la responsabilità di uno Stato decentralizzato e multinazionale dove ogni comunità stabilisce delle relazioni allo stesso livello con le altre. I popoli indigeni delle Ande hanno giocato un ruolo centrale nella stesura di questo appello. A differenza di quelli amazzonici e centroamericani, gli andini hanno due lingue in comune – il quechua e l’aymara – il che facilita gli scambi tra i sei PaeDai 2.200 dibattiti del Forum si della Cordigliera. In Boliè uscito un calendario fitto di manifestazioni che si svolgeranno via, Ecuador e Perù, la popodurante tutto l’anno in corso. lazione indigena è la maggioranza, valica i confini statali imposti dai colonizzatori spagnoli e forma un’identità plurale che ritrova le origini nell’America precolombiana, ma si esprime anche nei quadri del movimento sindacalista e di quello contadino che hanno portato Evo Morales al potere.
Non decrescita ma lotta al consumismo Le alternative proposte per superare la crisi sono diverse da quelle neo-keynesiane emerse da alcuni movimenti sociali e partiti di sinistra. L’appello evita altrettanto il dibattito sulla decrescita: non si tratta di ridurre in maniera generale e per certi versi astratta i nostro consumi, ma di lottare contro il consumismo, condividendo una qualità della vita più alta, non un volume di consumi maggiore. Un cambiamento di paradigma, quello del Ben Vivere - condiviso da molti, ma ancora da approfondire e articolare in una prospettiva universale basata sulla difesa dei beni comuni (altro pilastro condiviso dai partecipanti del Forum), che includono oltre alle risorse naturali e i beni materiali anche le conoscenze e i saperi tradizionali. L’appello degli indigeni propone infine un’agenda di mobilitazione. Dal 27 al 31 Maggio 2009, a Puno in Perù, ci sarà il 4° summit continentale dei popoli e delle nazioni indigene (www.minkandina.org) sotto lo slogan “per degli Stati plurinazionali e per il ben vivere”; il 12 ottobre, anniversario dell’arrivo degli spagnoli in America, l’appello propone una giornata mondiale d’azione e, infine, all’inizio del 2010 è previsto un Forum mondiale tematico sulla “crisi di civilizzazione”.
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APPUNTAMENTI MARZO>MAGGIO 8 Marzo GIORNATA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DELLE DONNE Dal Forum di Belem arriva il richiamo a togliere alla giornata il carattere di festa commerciale e riportare al centro del dibattito il tema dei diritti. Un appuntamento a cui non mancare.
15 Marzo EL SALVADOR ELEZIONI PRESIDENZIALI
12-22 Marzo ISTANBUL (TURCHIA) FORUM ALTERNATIVO MONDIALE DELL’ACQUA In alternativa al Forum mondiale dell’acqua organizzato ogni tre anni dal Consiglio mondiale dell’acqua e dai governi dei Paesi ospiti (www.worldwaterforum5.org) che si terrà dal 16 al 22 marzo a Istanbul. Il Consiglio mondiale dell’acqua è un think tank privato legato alla Banca Mondiale, alle multinazionali dell’acqua e alle politiche dei governi più potenti del mondo. Al Forum Alternativo aderiscono le reti nazionali e internazionali che difendono l’acqua come bene comune, contro la sua privatizzazione. versoistanbul09@acquabenecomune.org www.peopleswaterforum.org
23 - 25 marzo RIO DE JANEIRO (BRASILE) STOP TB PARTNERS’ FORUM Il Forum è la riunione di consultazione dei rappresentanti dei Paesi e delle Istituzioni impegnati nella lotta alla tubercolosi. Saranno presenti circa 1000 delegati, tra i quali il segretario generale delle Nazioni Unite. Saranno presenti gli ambasciatori dei paesi donatori, le organizzazioni multilaterali, le organizzazioni intergovernative e non governative, le comunità colpite, le fondazioni, le imprese, nonché i rappresentanti della ricerca e delle comunità accademiche. Il 24 marzo è la Giornata mondiale della tubercolosi. www.stoptb.org
25 - 28 Marzo ASPEN (COLORADO) ASPEN ENVIRONMENT FORUM Forum organizzato dall’Aspen Institute sulle tematiche dell’energia dei cambiamenti climatici e dell’ambiente, dal titolo
Powering the Planet: Energy for the Long Run. Tra gli sponsor Shell e GM. www.aspenenvironment.org 28 marzo - 2 aprile LONDRA (INGHILTERRA) SETTIMANA DI MOBILITAZIONE IN OCCASIONE DEL G20 Settimana di mobilitazione votata dall’Assemblea delle assemblee nel corso del Forum Sociale Mondiale di Belem che culminerà nella mobilitazione contro la guerra e la crisi che si celebrerà il 30 marzo, in concomitanza con il lancio del boicottaggio degli investimenti e dei prodotti israeliani in solidarietà con il popolo palestinese, previsto sempre per il 30 marzo. www.g82009.altervista.org
30 Marzo - 1° Aprile FIRENZE (ITALIA) ESA WORKSHOP ON AEROSPACE EMC Workshop organizzato dall’Agenzia Europea dello Spazio. www.congrex.nl/09c03 4 aprile 60MO ANNIVERSARIO DELLA NATO Giornata di mobilitazione in occasione dell’anniversario della Nato promossa dal World Social Forum 2009 per chiederne il superamento e la chiusura delle basi militari “alleate”.
8 aprile INDONESIA ELEZIONI PARLAMENTARI
22 - 24 Aprile TOKYO (GIAPPONE) MEETING ANNUALE DELLA TRILATERAL COMMISSION Assemblea plenaria della Commissione nata nel 1972 per iniziativa di David Rockefeller. La denominazione “Trilaterale” fu decisa nel 1973, in riferimento alle tre aree economiche rappresentate: Europa, Nord America e Giappone. La Commissione include ora più Paesi e ha aperto anche alla Cina: raggruppa circa 400 membri, di cui 163 europei, 121 americani e 96 asiatici, selezionati tra i vertici dell’economia, degli ambienti accademici, della cultura, della ricerca, dei media e della politica. www.trilaterale.it
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT
25 aprile GIORNATA MONDIALE DELLA MALARIA Terza causa di morte in tutto il mondo, miete fino a due milioni di vittime l’anno e contagia dai 300 ai 500 milioni di persone, soprattutto nelle nazioni in via di sviluppo e nell’Africa subsahariana. Le uniche malattie infettive che provocano più decessi sono la tubercolosi e l’AIDS. Morti evitabili con adeguati investimenti perché la malaria è quasi completamente prevenibile. www.molecularlab.it 25 - 26 Aprile WASHINGTON (USA) SPRING MEETING Incontro di primavera del Gruppo della Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale. Con il mondo in piena crisi economica i terreni di negoziato che saranno affrontati saranno: la riforma della governance globale e il potere che si dovrà in parte devolvere a favore delle economie emergenti; le politiche economiche e finanziarie internazionali che un “nuovo consenso” potrebbe promuovere in maniera non conflittuale. www.imf.org 27 - 30 Aprile SAN DIEGO (CALIFORNIA) BIOCYCLE 2009 Promossa dalla California Energy Commission la Conferenza internazionale è arrivata ormai alla cinquantesima edizione. Si riuniranno a San Diego ricercatori di tutto il mondo per confrontare le più avanzate ricerche di gestione dei rifiuti solidi urbani, su compostaggio e biogas. www.biocycle50.com
1°Maggio GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI 2 - 5 Maggio NORFOLK (VIRGINIA) L’INCONTRO ANNUALE DELL’AAS L’American Astronomical Society, riunisce ricercatori di astronomia, astrofisica, e astrodinamica per approfondire e stimolare discussioni e negoziati su tutti gli aspetti della scienze spaziali. Il 2009 è anno internazionale dell’Astronomia. dda.harvard.edu/meetings/2009
10 - 15 maggio MONTRÉAL (CANADA) 5° CONGRESSO MONDIALE SULL’EDUCAZIONE AMBIENTALE (WEEC) Vivere insieme, sulla Terra è il tema della quinta edizione del Congresso WEEC. |
L’obiettivo dei WEEC, coordinati dalla International WEEC Association, è favorire il confronto tra tutti quanti sono impegnati nell’educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile. Parteciperanno quindi professori, ricercatori, studenti, ma anche animatori, interpreti, artisti, giornalisti e molti altri attori dell’educazione ambientale. www.5weec.org
13 - 15 maggio MONTRÉAL (CANADA) 4° CONFERENZA INTERNAZIONALE RCE L’RCE (Regional Centre of Expertise On Education for Sustainable Development) è una rete che riunisce 55 Università in tutto il mondo e organizzazioni di livello regionale e locale che promuovono l’educazione allo sviluppo sostenibile. La RCE canadese ospiterà la 4° edizione della Conferenza internazionale che avrà luogo nella Biosphere (http://biosphere.ec.gc.ca), la grande costruzione simbolo dell’Expo 67. Il primo giorno di questo evento si sovrapporrà all’ultimo del 5° Congresso mondiale sull’Educazione Ambientale, creando sinergia e valore aggiunto. www.nce.gc.ca
18 – 21 Maggio ATLANTA (USA) BIO INTERNATIONAL CONVENTION Convention che richiama le maggiori industrie farmaceutiche nel campo della biotecnologia e delle scienze della vita. http://convention.bio.org/ 23 Maggio GERMANIA ELEZIONI PRESIDENZIALI 27 maggio COPENAGHEN (DANIMARCA) CAMBIAMENTI CLIMATICI E AGRICOLTURA Il Consiglio danese per l’agricoltura riunirà rappresentanti del settore agricolo provenienti da tutto il mondo in una conferenza mondiale sul rapporto tra agricoltura e clima, organizzata in collaborazione con l’Ifap (Federazione internazionale dei produttori agricoli). Obiettivo dell’incontro è arrivare all’elaborazione di una serie di raccomandazioni che verranno successivamente sottoposte ai capi di Stato e di governo in occasione del Vertice mondiale sul clima previsto per dicembre 2009 (Cop15) a Copenaghen.
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Tom Benetollo
VERSO UN PARCO EUROPEO DELLA PACE AMBIENTE E PACE. Due argomenti diversi ma strettamente collegati. Prima di tutto nel loro destino: l’essere stati violati, inquinati, deturpati dall’uomo. Perché non creare un luogo dove promuovere la tutela di entrambi? Un parco naturale che sia contemporaneamente un polmone verde e un luogo per coltivare la cultura della pace. È questo l’obiettivo alla base della proposta da parte di Arci, Banca Etica e Legambiente per intitolare il nascente “Parco europeo del Basso Isonzo”, che sta per essere inaugurato nei pressi di Padova, “Parco europeo della pace”, un progetto a cui cinque anni fa aveva partecipato anche Tom Benetollo. «I modelli di riferimento sono quelli del parco urbano di Francoforte, del Bosco Urbano di Mestre, della Casa de Campo de Madrid – spiega Marina Bastianello dell’Arci – aree vaste che non sono solo un polmone per la città, ma anche sedi di attività economiche compatibili, spazi per la didattica ambientale, come le “fattorie in città”, le aree culturali e sportive attrezzate e gli orti, sempre più richiesti data la crisi. L’idea dei parchi per la pace non deve essere vista come strettamente legata al mondo dell’ambientalismo. Tra i suoi principali sostenitori e promotori annovera personaggi come Nelson Mandela e Rigoberta Menchù». Le dimensioni locale e globale si incontrano: «creare un polmone verde accanto a una città è un’iniziativa che non va solo a beneficio della comunità locale, è un debito, ambientale, che saldiamo con il Pianeta intero – continua Marina Bastianello – La promozione della pace è il passo successivo di un medesimo percorso. Intorno a noi c’è un mondo politico, sociale, ambientale che subisce uno scossone dietro l’altro. La buona gestione della natura è strettamente connessa alla lotta alla povertà, alla sicurezza alimentare, alla ricomposizione dei conflitti per l’uso delle risorse tra comunità, tra diversi strati sociali».
Lo sguardo di un pacifista di Elisabetta Tramonto
TOM, da anni non parliamo, ma ho spesso l’istinto di raccontarti quello che vivo e che succede intorno a noi. Come quando arrivavi a Padova, di solito per una visita a tua madre, e coglievamo l’occasione per una chiacchierata – anche in dialetto veneto – sulle cose che ci stavano, e stanno, a cuore. Banca Etica era per te la realizzazione di un sogno e vivere la concretezza di un ufficio, di piani di sviluppo, di una crescita che, fino a che ci sei stato, era moderata ma promettente, ti faceva guardare al futuro con più speranza. La stessa speranza che hai portato in Palestina, in Iraq, nei campi di pace, ma anche nella tua Arci, chiedendo a ognuno, e prima a te stesso, l’impegno per una vita generosa di diritti, pace e benessere per tutti. Oggi ti racconto di questo impegno e dei frutti che ha portato. Anche se non posso evitare di raccontarti quello che non è ancora successo e che, anzi, sembra procrastinarsi sempre più. E cioè una presa di coscienza da parte del Terzo settore della forza che esso rappresenta e del necessario utilizzo di questa forza per combattere – in maniera non violenta e non ideologica – un sistema socio-economico che sta partorendo quei mostri che noi vedevamo già in gestazione più di dieci anni fa’. È stato proprio per combatterli che ci siamo uniti, che abbiamo pensato ad una banca etica, ad un forum del terzo settore, ad un movimento per la pace e per i diritti universali. E questo sforzo comune ha prodotto una consapevolezza nei cittadini più attenti e responsabili della possibilità di cambiare le cose”. Inizia così la lettera che il presidente di Banca Etica, Fabio Salviato, ha scritto a Tom Benetollo, leader pacifista e storico presidente dell’Arci nazionale, cinque anni dopo la sua improvvisa scomparsa. Sarà pubblicata interamente nel libro, in uscita in questi giorni, che l’Arci Nazionale e del Veneto hanno pubblicato in sua memoria: Tom Benetollo. Un sognatore di futuro. “Il libro parte da un’idea semplice - scrive nella prefazione del libro l’autrice Marina Bastianello -: verificare, a partire dagli scritti e attraverso la testimonianza delle persone che l’hanno conosciuto o con le quali Tom ha condiviso progetti e iniziative, che cosa resta di un pensiero, ma soprattutto di un impegno sociale e politico intenso. E che cosa di questo pensiero è ancora utile promuovere e approfondire insieme”. Scomparso a soli 53 anni nel 2004, Tom Benetollo ha dedicato la sua vita alla solidarietà internazionale, al pacifismo, alla promozione dell’associazionismo. È stato tra i promotori della Banca Popolare Etica e del Forum permanente del Terzo Settore; uno degli animatori del nuovo movimento pacifista sorto all'inizio degli anni ‘80 in tutta Europa contro l'installazione dei missili pershing e cruise; in prima fila contro tutte le guerre e tra gli animatori delle iniziative intese a favorire il processo di pace, soprattutto tra Israele e Palestina. Un impegno, quello di Tom Benetollo per la pace in Palestina, che Fabio Salviato ricorda nella sua lettera: “…la Palestina, che anche grazie a te, alla tua ricerca continua e appassionata di vie d’uscita e soluzioni, è diventato un campo d’azione di Banca Etica. Sai che oggi, dopo mesi di contatti e visite – che hanno già reso possibile un primo finanziamento a favore di Reef (la finanziaria della Ong Parc - Palestinian
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Tom in Russia nel 1985, con Arafat (Perugia 1990), vicino a un ritratto di Tito a Sarajevo nel 1986 e in Saharawi con un comandante locale (2002).
APPUNTAMENTO PADOVA Giovedì 26 marzo ore 16,30 Sala Paladin Comune di Padova Presentazione del libro Tom Benetollo. Un sognatore di futuro nelle giornate di festeggiamenti per i 10 anni di Banca Etica di cui Tom Benetollo è stato un convinto sostenitore. Saranno presenti Marina Bastianello, Fabio Salviato (Banca Etica), Paolo Beni (Arci), Flavio Lotti (Tavolo della Pace), Franco Passuello (Acli).
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MARIO BOCCIA
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Tom è stato un sognatore di futuro che, con passione civile e disponibilità al dialogo, ha sempre saputo parlare alle persone: “uomini e donne portatori, ognuno, di unicità irripetibili” Agricultural Rural Developement) per il sostegno di alcune cooperative di donne nella produzione di prodotti alimentari non deperibili – siamo un operatore conosciuto e apprezzato dalla società civile organizzata di quelle terre? Presto sarà erogato anche il secondo finanziamento in favore di Acad (Arab Center for Agricultural Development). Mi sarebbe piaciuto farti assaggiare quei cibi prodotti da donne palestinesi e commercializzati in Italia con il marchio Faitrade. Hanno il sapore di un ideale – quello della finanza etica e responsabile – che diventa realtà proprio li dove è più difficile immaginarlo. Il denaro di risparmiatori attenti e consapevoli che dall'Europa va a finanziare la fatica di donne che a Gerico, Tulkarem, Qalqilya, nonostante la guerra e la violenza quotidiana lavorano per mantenere le proprie famiglie. Anche laggiù, dove è più difficile immaginare cosa sia utile e giusto fare, la leva della finanza etica sta innescando dinamiche di sviluppo, di crescita economica sana e sostenibile…” “Viviamo una fase storica complessa e difficile dove quello che è rimasto sul campo delle ideologie non serve a capire o leggere quello che succede – continua Marina Bastianello – Inoltre la velocità vorticosa dei fenomeni fa sì che, se non ci si muove in fretta, una posizione di sinistra rischia di trovarsi ad essere di destra e viceversa. (…) In questo quadro il pensiero di un leader pacifista, come Tom Benetollo, conserva una preveggenza che su tanti temi cattura e affascina, anzi mantiene inalterata una sua profonda attualità. Di questo vorremmo parlare, anzi di questo vorremmo sentir parlare in questa epoca di silenzi assordanti, mentre il mondo, su cui tradizionalmente abbiamo poggiato i piedi, frana lasciando intravedere a volte baratri profondi a volte squarci di futuro su cui puntare lo sguardo”.
Nella foto grande, Tom Benetollo sul palco al termine della “marcia per la pace in Jugoslavia” da Ancona a Falconara il 20 marzo del 1993 e, qui sopra, alla manifestazione contro la guerra a Roma, in occasione dell’arrivo in Italia di Bush, il 4 giugno del 2004, l’ultima a cui ha partecipato. Sotto, la vignetta disegnata da Sergio Staino dopo la sua scomparsa.
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a cura di Michele Mancino [ mancino@valori.it ]
altrevoci MENO TASSE E PENSIONI PIÙ ALTE LOTTANDO CONTRO GLI EVASORI
LA MAFIA FA AFFARI NEL PROFONDO NORD
IL PUBBLICO IMPIEGO VISTO DAI PENSIONATI
IMPRESE ITALIANE: I PADRONI DI DOMANI
DECESSI E GUERRA FREDDA IN ISLANDA
LA VITA DI LUCIA AI TEMPI DI NAPOLEONE
Una buona notizia: in Italia i soldi non sono finiti a causa della crisi. La brutta notizia, però, è che bisogna cercare dove gli evasori li mettono. E questo non è un compito facile, soprattutto in un Paese dove culturalmente chi paga le tasse è considerato meno “furbo” di chi le evade. Roberto Ippolito, giornalista e responsabile delle Relazioni esterne della Luiss (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli di Roma), nel suo libro “Evasori” ha provato a seguire la grande manovra Finanziaria che ogni anno gli evasori fiscali intascano. Almeno 100 miliardi di euro spariscono in migliaia di rivoli che portano a paradisi fiscali e conti privati di grandi, grandissimi e piccoli evasori. Un bilancio imponente come quello di una nazione, che vive però alle spalle del Paese a cui non contribuisce. Sette punti percentuali del nostro Pil che vengono sottratti alla ricchezza generale, intaccando la qualità dell’istruzione, l’efficienza della giustizia, della sanità e dei servizi sociali. Se tutti contribuissero potremmo pagare il 9% di tasse in meno e aumentare le pensioni del 45%. Anche la tassazione fa parte di quel patto di solidarietà sancito dalla nostra Costituzione.
«I Rinzivillo e gli Emanuello lassù, a Varese, non si fanno nemmeno la guerra. C’hanno dentro anche i calabresi e i napoletani… Qui c’è tanto di quel danaro che possiamo viverci tutti». Chi sostiene che nel profondo e ricco Nord la mafia non esista, dovrebbe leggere “Polo nord” di Fabio Abati e Igor Greganti. L’editore (Selene Edizioni) ha tirato mille copie. Poche per il mercato, abbastanza per ricevere un paio di telefonate intimidatorie. Il grande e ricco nord è il luogo ideale dove riciclare e reinvestire i soldi che arrivano dal traffico di cocaina. Quel fiume di danaro sfocia nelle imprese edili, nei ristoranti, nei centri commerciali, nei night club, nell’usura, negli investimenti finanziari, nel business dei rifiuti. «Al Nord la mafia non trova strutture che le si oppongono – dicono i due autori – c’è un sistema che l’asseconda e quel sistema è fatto di colletti bianchi».
Dal mondo del pubblico impiego arrivano frammenti di vita e di lavoro. In questo libro è raccolta una serie di interviste fatte a donne e uomini, ora pensionati, che un tempo erano dipendenti della pubblica amministrazione: un vigile urbano, un’infermiera, un docente universitario e un’impiegata che hanno lavorato per 35 anni e più al servizio della collettività. Tutti gli interventi hanno una caratteristica comune: la voglia non di liberarsi del lavoro ma di tutti quegli orpelli, orari e gerarchie che imbrigliano l’attività lavorativa. Un lavoro che negli anni ha saputo realizzare relazioni sociali e arricchito motivazioni culturali. “Se un lavoro ti piace ti rimane addosso tutta la vita”. Il titolo è tratto da una frase di Cesare Segre, 80 anni, di origine ebraica, che visse in prima persona la discriminazione delle leggi razziali del 1938.
ROBERTO IPPOLITO EVASORI. CHI. COME. QUANTO. L’INCHIESTA SULL'EVASIONE FISCALE
FABIO ABATI IGOR GRAGANTI POLO NORD
Uno scheletro spunta dalle acque del lago Kleifarvatn, vicino a Reykjavik, nel punto in cui il bacino si sta prosciugando per cause non chiarite, e la sabbia rivela i suoi segreti. A trovarlo è una giovane idrologa addetta ai rilevamenti: la polizia, al telefono, inizialmente pensa a uno scherzo. Si tratta dei resti di un uomo, databili all’inizio degli anni Sessanta. Lo scheletro è legato a uno strano apparecchio di fabbricazione sovietica, simile a una ricetrasmittente. Nel cranio ha un foro. Le indagini sono condotte dall’agente Sveinsson, solitario e spigoloso, che per ragioni personali è ossessionato dalle persone scomparse, soprattutto se dimenticate dai media e dalla gente. Pochi indizi, tracce confuse e un quadro d’insieme complicato. Potrebbe essere un decesso riconducibile all’ambiente spionistico durante la Guerra Fredda. L’Islanda infatti ospitava una grande base Nato...
Lucia Memo è figlia di un grande ambasciatore della Serenissima. È una ragazza bella, dolce, con uno spirito energico. Viene data in moglie ad Alvise Mocenigo, rampollo di una storica famiglia veneziana. Il matrimonio è nato sotto una cattiva stella: Alvise è lontano dalla vita famigliare e tradisce Lucia. La donna non è fortunata nemmeno come madre: tre aborti spontanei e la morte del piccolo Alvisetto a soli due anni ne segnano l’esistenza. Ma la passione della dolce Lucia trova una persona, si tratta dell’ufficiale austriaco Maximilian Plunkett che darà alla donna un figlio. Purtroppo l’uomo non conoscerà mai la creatura perché morirà in battaglia, subito dopo il concepimento. Alvise lo riconoscerà lo stesso e lo chiamerà Alvisetto come il figlioletto morto prematuramente. Sullo sfondo il ciclone napoleonico e la storia che Lucia attraversa con grande coraggio.
Bompiani, 2008
Selene Edizioni, 2008
A CURA DI ANTONIO VERONA E ERICA ARDENTI ERAVAMO PERICOLOSI A OTTO ANNI
Quello della successione imprenditoriale è uno dei problemi più sentiti nelle imprese, e per un sistema produttivo ritagliato su base famigliare, com’è quello italiano, diventa fattore strategico. Gli esempi sono molti, a partire dalla famiglia Elkann che ha preso il testimone dalla famiglia Agnelli fino a Emma Marcegaglia, attuale presidente di Confindustria, passando dai rampolli di Silvio Berlusconi, Marina e Piersilvio, e dalla famiglia Moratti. La domanda che si pone l’autore è la seguente: chi sono i padroni di domani? E come gestiranno l’economia italiana? L’autore non è indulgente con nessuno dei personaggi presi in considerazione, la valutazione è sui fatti e i risultati. Qualcuno è riuscito a fare meglio del padre, dando anima e corpo al business di famiglia, qualcun altro non è riuscito a dare continuità e infine c’è chi è entrato in guerra con il genitore padrone.
Cgil Lombardia, 2008
FILIPPO ASTONE GLI AFFARI DI FAMIGLIA
ARNALDUR INDRIDASON UN CORPO NEL LAGO
ANDREA DI ROBILANT LUCIA NEL TEMPO DI NAPOLEONE
LA STORIA D’AMERICA PASSA DAI KEANE AGNES BROWNE DIVENTA NONNA TRA I PUB DI DUBLINO
Tre decenni di storia privata di una famiglia americana distillati in una struggente epica domestica che, sottotraccia, racconta l’America tutta. Una storia che commuove, incentrata sul tema della perdita e del dolore. Quando Mary conosce John Keane, la Seconda Guerra Mondiale è appena finita. In un giorno di vento sferzante, foriero di grandi cambiamenti, comincia cosí la storia della famiglia Keane. Negli anni a seguire, arriveranno uno dopo l’altro i quattro figli. Bambini destinati a crescere nei decenni piú tumultuosi della storia americana e a vivere in prima persona le piú aspre contraddizioni dell’epoca. Sotto lo sguardo preoccupato di genitori incapaci di comprendere un mondo cambiato tanto profondamente, i giovani Keane incroceranno sulla loro strada eventi epocali quali la rivoluzione sessuale e la guerra del Vietnam. Due si lasceranno sospingere dall’inesorabile scorrere della Storia, gli altri finiranno per esserne travolti.
I Browne da ventisette anni celebrano tutti i loro festeggiamenti nel pub di Foley, nel centro di Dublino. Anche per il battesimo di Aaron, il figlio di Mark, che ha deciso di venire al mondo, Agnes e i suoi pargoli si sono dati appuntamento al pub. Mr Foley ha fatto la sua parte: tramezzini di salsicce e quadratini di formaggio infilzati da stuzzicadenti. Tutti hanno il vestito della festa. Agnes si è messa a cantare “The Wonder of You” e gli amici del quartiere del Jarro si stanno divertendo come matti. Agnes, il bicchiere in mano, passa in rassegna la sala. I suoi piccoli orfani sono diventati adulti, tranne il povero Frankie, il figlio derelitto e sfortunato. La festa fila liscia fino a quando a Pierre non viene in mente di sollevare il calice e di dire davanti agli ospiti del pub di Foley e alla gente del Jarro: «Alla bellissima Agnes Browne… Benvenuta, nonna!» Quando Mark l’ha chiamata così per la prima volta, subito dopo il parto di Betty, Agnes ha sentito le spalle curvarsi e la spina dorsale piegarsi. Un nuovo capitolo della vita di uno dei personaggi più irresistibili della narrativa irlandese. BRENDAN O’CARROL AGNES BROWNE, NONNA
Neri Pozza, 2009
Corbaccio, 2009
Guanda, 2009
Longanesi, 2009
ROBERTO BOLANO 2666
Adelphi, 2008 | 66 | valori |
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COOPI: MURI DIVERSI NEI TERRITORI OCCUPATI DAGLI OSPIZI ALLA VITA DEI CONTADINI: L’ARTE DEL BIANCO E NERO DI GIACOMELLI
C’è il muro che divide Israele dai territori palestinesi. Ma esistono anche i muri che gli operatori di Coopi, assieme alla popolazione locale, ricostruiscono ogni giorno, nel tentativo di tornare alla normalità. “Walls” è il titolo della mostra che raccoglie gli scatti del fotografo Andrea Rossetti durante il suo recente viaggio a West Bank: uno squarcio sulla vita quotidiana dei palestinesi e sulle attività dell’organizzazione non governativa. Coopi è presente nei Territori occupati palestinesi dal febbraio del 2002 dove ha avviato progetti per creare lavoro e assicurare un reddito alle famiglie più povere. Si tratta di impieghi semplici, a cui possono accedere anche persone senza una formazione specifica, come ad esempio la costruzione di muretti di contenimento di strade e orti, marciapiedi ma anche la parziale ricostruzione delle scuole.
Un lungo viaggio nelle fotografie di Mario Giacomelli (1925-2000). La sua arte, così capace di esprimere un’intima e profonda poesia, ritrova vigore in questo libro che non è una semplice carrellata di belle immagini. Una sezione riporta le diverse “serie fotografiche”, così come le aveva concepite e volute Giacomelli, mentre in una terza sezione otto diversi saggi di importanti autori internazionali affrontano i tanti affascinanti aspetti della poetica del fotografo. Il libro contiene i contributi di Christian Caujolle, Alistair Crawford, Goffredo Fofi, Simone Giacomelli, Alessandra Mauro, Paolo Morello, Ferdinando Scianna. Giacomelli, nato a Senigallia nel 1925, inizia a lavorare a 13 anni in una tipografia. Nel 1952 compra una macchina fotografica e scatta la sua prima immagine, “L’approdo”. Da allora, fotografo non professionista per scelta, si dedica alla creazione delle sue intense serie fotografiche: la vita d’ospizio, i paesaggi, il mondo contadino, solo per citarne alcune. Nel 1953 entra a far parte del gruppo fotografico Misa e nel 1956 della Bussola. Dal 1955 comincia a ottenere riconoscimenti e a esporre in Italia e all’estero. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.
DAL 19 MARZO 2009 STUDIO NERINO, MILANO
www.studionerino.com
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LO SGUARDO DEL SECOLO CHE FU DI BRESSON
L’UOMO MEDIO INDIANO? È CAMBIATO
INTERNET AIUTA LA MUSICA LIBERA
In questo libro c’è tutto quello che riguarda Henri CartierBresson: la storia della sua vita, gli incontri fondamentali, i grandi reportage. E poi le fotografie. Quelle realizzate dal grande maestro teorico del “tiro fotografico”, quelle private e che lo ritraggono in giro per il mondo con i suoi compagni e sodali di Magnum Photos. E ancora, documenti, testimonianze, aneddoti, curiosità, informazioni. Questo è un prezioso volume “cucito” con passione e amore da Clément Chéroux, storico della fotografia, per far conoscere a un vasto pubblico chi fosse Henri Cartier-Bresson al di là del mito e delle leggende nate intorno a lui. E dalle pagine di questo libro, in cui le immagini si alternano a brevi testi, emerge forte il ritratto di un grande uomo, di una personalità sempre controcorrente e un passo avanti al proprio tempo. Di un uomo che, a ragione, è stato chiamato “lo sguardo del secolo”.
Bharat Sikka ha scelto di rappresentare il cambiamento in atto in India in questo ultimo decennio da un’angolazione inconsueta, fuori dai cliché tradizionali con i quali l’India viene rappresentata: il ritratto di quella classe sociale indiana che, nel bene e nel male, sta determinando il profondo cambiamento del Paese. “Indian Men” consiste, infatti, in una serie di ritratti a colori di uomini, persone di famiglia o amici dell’artista, per lo più di mezza età, appartenenti alla classe medio-alta, scattati negli ultimi cinque anni. Quando ha iniziato a lavorare a questo progetto, Sikka viveva ancora a New York. La percezione degli uomini indiani era stereotipata, appartenente ad una idea esotica del suo Paese: quella dei maharaja, dei sadhu, degli incantatori di serpenti. Ma quando è tornato in India, si è reso conto che quell’immagine non corrispondeva alla realtà e così ha immortalato gli indiani di oggi.
Si chiama Derek Sivers ed è uno dei più amati paladini della musica indipendente. Eppure la sua storia inizia in una major, la Warner Chappell, anche se quasi subito decide di ritornare alla musica attiva. Per qualche anno gira l’America al seguito di un circo, dove dirige l’orchestra di scena. Dieci anni fa Sivers fonda CD Baby, un negozio online simile ad Amazon, ma riservato ai musicisti indipendenti come lui. Il suo portale ha un immediato successo, soprattutto per la sua trasparenza e il senso etico delle proposte. Le vendite vanno benone e gli artisti sono soddisfatti, tanto che alcuni di loro raggiungono le vette della classifica. Sivers vende il suo portale per diversi milioni di dollari e oggi lancia progetti etici per musicisti indipendenti dal suo nuovo sito Sivers.org dove è possibile vedere e prendere parte alle varie iniziative.
CLÉMENT CHÉROUX HENRI CARTIER-BRESSON
Contrasto, 2009
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LA BELLA TV ESISTE: FATE ZAPPING SU BABELGUM, A PORTATA DI CLICK Esiste uno zapping intelligente? La risposta è sì. La depressione per quegli italiani che rifuggono la tv urlata e scosciata può essere vinta grazie alla web tv. Tra i progetti migliori c'è Babelgum, tv online ideata e gestita da un team italiano nata per aiutare i videomaker indipendenti a diffondere i propri lavori in tutto il mondo. A prima vista può sembrare simile a Youtube, ma in realtà è molto diversa. I contenuti di Babelgum non sono condivisi indiscriminatamente, ma sono realizzati da videomaker professionisti e selezionati dai responsabili del palinsesto. I filmati di Babelgum sono visionabili a tutto schermo e in alta qualità. Per farlo basta scaricare e installare un player dedicato. Babelgum contiene nove canali, con una ricca programmazione in lingua inglese: film, musica, natura, sport, comedy, viaggi, lifestyle, storia e scienza. Il portale si sostiene grazie alla pubblicità e quindi per l’utente è gratuito. Babelgum ogni anno indice un concorso per scoprire nuovi videomaker. I vincitori, oltre a un posto sul portale, riceveranno 27 mila dollari l’uno. Tra i giurati c’è anche Spike Lee.
www.babelgum.com
multimedia
I DISCORSI CHE HANNO FATTO LA STORIA
MATEMATICA E UNIVERSO IN DIECI MOSSE
Nella prossima edizione ci sarà probabilmente anche quello di Barack Obama. Per ora ce ne sono undici. Sono i discorsi dei grandi della storia contemporanea. La “Dichiarazione di guerra” (7 dicembre 1941) di Franklin Delano Roosevelt, i “Due discorsi di guerra” (1941) di Winston Churchill, “Ich bin ein Berliner” (24 giugno 1963) di John Fitzgerald Kennedy. E ancora, le parole di Malcolm X pronunciate nel 1964, le dimissioni presidenziali del 1974 di Richard Nixon e l’accettazione della nomination repubblicana da parte di Ronald Reagan. E ancora le parole di Bill Clinton (gennaio 1993) nel giorno del suo insediamento, quelle di Nelson Mandela al Congresso degli Stati Uniti nel 1998 e di Condoleeza Rice alla convention del Partito Repubblicano (2000). Non mancano neppure il discorso alle Nazioni Unite (2001) di Rudolph Giuliani e l’elogio a Reagan pronunciato nel 2004 da Margaret Thatcher.
“Menti matematiche” è un progetto nato in occasione del Festival della matematica di Roma. Dieci dvd per altrettante lezioni magistrali. Incontri con i protagonisti dei numeri e della cultura mondiale per parlare della matematica applicata non solo ad ogni campo della conoscenza ma anche alla vita e al mondo. I protagonisti sono nomi di primissimo piano nel campo della matematica e della cultura mondiale: Umberto Eco e Piergiorgio Odifreddi, i premi Nobel per l’economia John Nash, Robert Aumann, Amartya Sen e quello per la fisica Frank Wilczek. E ancora, Thomas Banchoff, che ha dedicato la sua vita allo studio della quarta dimensione; il fisico e matematico Freeman Dyson, a cui è stato assegnato il premio Templeton; il matematico giocoliere Allen Knutson; Hans Magnus Enzensberger, scrittore e autore di best seller come “Il mago dei numeri”; e Hendrik Lenstra, insignito con il premio Spinoza.
www.sivers.org
MARIO GIACOMELLI LA FIGURA NERA ASPETTA IL BIANCO
FINO AL 31 MARZO 2009 "Z2O GALLERIA” ROMA
AA.VV. I GRANDI DISCORSI DELLA STORIA
AA.VV. MENTI MATEMATICHE
Contrasto, 2009
www.z2ogalleria.it
Cinehollywood, 2009
Le Scienze, 2009
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RESIDENZE ANFIBIE CONTRO LE PIOGGE IN TOSCANA ARRIVANO LE BAT BOX PER LE VACANZE DEI PIPISTRELLI
I cambiamenti climatici costringono gli inglesi a difendersi dalle piogge. E così è stato lanciato un bando di concorso internazionale dal titolo “Flood house of the future”, che richiedeva la progettazione di una residenza unifamiliare con giardino. Su 85 partecipanti, sono stati selezionati quattro progetti. Il primo, realizzato da uno studio di Newcastle, prevede una residenza anfibia che si ispirava agli scafi navali; il secondo, di un progettista di Edimburgo, una base rialzata a tenuta stagna in cemento armato; il terzo classificato, uno studio di Londra, immagina che l’acqua penetri nel perimetro delle abitazioni con la possibilità di ripristinare i luoghi abitativi nei locali superiori. La quarta proposta, di uno studio malese, ipotizza un’integrazione di bacini e canali all’interno del perimetro delle abitazioni per imbrigliare l’acqua in eccesso.
Sono utilissimi: ogni notte mangiano fino a 2000 insetti a testa collaborando alla lotta biologica contro zanzare e insetti dannosi per le colture, ma a differenza degli insetticidi sono innocui per l’ambiente e gli umani. Sono i pipistrelli, mammiferi con una fama che non rende loro merito e che faticano a trovare rifugi a causa dell’urbanizzazione delle campagne e dell’inquinamento. Per loro è partito un progetto innovativo (unico in Europa) che sta avendo molto successo e riconoscimenti scientifici. L’idea, partita dalla sezione di zoologia “La Specola” del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze (Msn) che l’ha proposta all’Unicoop di Firenze, è di far collocare a dei privati una serie di casette (“bat box”) per favorire l’insediamento estivo degli esemplari. Sono stati contattati anche alcuni Comuni e nel 2007 ne sono state prodotte 200 unità, messe in vendita negli iper e supermercati della Coop, soprattutto in Toscana. L’iniziativa è piaciuta: l’anno successivo sono state prodotte 3 mila bat box e quest’anno anche Coop Adriatica venderà le casette nella propria rete. E per chi non abita nella zona di distribuzione di queste due Coop è possibile ordinarle per posta elettronica.
www.worldarchitecturenews.com
DALLA SPAGNA LE ECO-CASE IN BAMBÙ
IL CIBO BIOLOGICO SFONDA IN ITALIA
SEMAFORI A LED OGGI E DOMANI
Case costruite con il bambù per ridurre il consumo di energia, di acqua e di materiali come legno, mattoni e metallo. Il biocomposto progettato da Gallo Mejia, ricercatore e architetto presso l’Università dei Paesi Baschi a San Sebastian, in Spagna, si basa sulla capacità di assorbimento della CO2 da parte del bambù. Dopo anni di ricerche nel campo dell’architettura sostenibile e della bioarchitettura, lo studioso ha sviluppato una tecnologia innovativa che combina lo sviluppo sostenibile con quello sociale ed economico dei Paesi tropicali. Il tutto basato su piccole reti di aziende. Il progetto si Mejia prevede infatti il coinvolgimento della popolazione locale attraverso la creazione di una vera e propria filiera. Si parte dall’accesso al finanziamento tramite microcredito (che consente l’acquisto dei terreni), alla coltivazione del bambù e all’avvio delle attività imprenditoriali. La fase finale è costituita dalla costruzione vera e propria delle case.
Secondo il risultato di un’indagine di ColdirettiSwg, nel 2008 almeno 8 milioni di persone hanno consumato cibi biologici, con un aumento percentuale del 23%. E 7 italiani su 10 confermano di inserire questo tipo di prodotti nel carrello almeno occasionalmente. Nel biologico italiano sono coinvolte circa cinquantamila imprese, per un milione di ettari coltivati, rispettivamente un terzo delle imprese ed un quarto della superficie dell’Unione Europea dedicata a tale settore. A sostenere la crescita dei prodotti biologici è stata la ricerca di sicurezza alimentare, aumentata dopo il ripetersi di scandali, ma anche il nascere di stili vita più ecosostenibili e meno soggetti agli umori del mercato. In cima alla piramide ci sono gli ortofrutticoli freschi e trasformati (+18,4%), i prodotti per l’infanzia (+17,6) ed i lattiero-caseari (+5,7%). In aumento gli acquisti effettuali dal produttore (+18%), grazie ad un’ampia offerta: 1.645 aziende agricole, 208 mercatini, 1.114 negozi e 110 siti specializzati per l’acquisto online.
Il futuro del semaforo è nei led e la corsa alla progettazione dei nuovi impianti è iniziata. Brillano per lungimiranza alcuni piccoli comuni, a volte di poche centinaia di abitanti, che hanno già introdotto la sperimentazione, sostituendo i vecchi impianti. Per esempio il Comune di Torraca, in provincia di Salerno, un migliaio di abitanti e un sistema di illuminazione pubblica completamente a led. Ora sono attese le sperimentazioni nelle grandi città. Il Comune di Roma è stato impegnato in questo senso da un parere positivo della commissione Ambiente e Mobilità e Torino si muove in questo senso. Il risparmio energetico può variare tra il 70% e il 90% e la durata media della lampada a led è di venti volte superiore a quella tradizione ad incandescenza. I led utilizzati per la costruzione della lampada semaforica hanno una vita media stimata di circa 100 mila ore contro le 5 mila di una lampada ad incandescenza. Secondo le stime di Fare Verde, che sostiene il progetto, le emissioni di CO2 per il solo comune di Roma verrebbero ridotte di 900 tonnellate.
www.msn.unifi.it/CMpro-v-p-466.html www.altran-foundation.org
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IL ROBOT CHE SALVERÀ I SOLDATI FERITI NEI CONFLITTI DI DOMANI Il progetto della Carnegie Mellon University mira a sviluppare un prodotto utile in zone di conflitto in cui il paziente ferito non sia facilmente raggiungibile. Nella generale assurdità delle guerre, almeno in questo caso si tratta di salvare la vita a poveri ragazzi spediti al fronte. Il serpente robotico viene controllato tramite rete wireless ed ha come primo compito quello di avvicinarsi strisciando al ferito, rilevarne lo stato vitale, e segnalare la presenza di respiro e battito cardiaco. Nelle future release si conta di arrivare a sviluppare la capacità di rilevare emorragie interne tramite sensori ad ultrasuoni. Lo sviluppo di tecnologie per il supporto ad azioni di guerra in territori fortemente ostili anche sotto il profilo della conformazione idrogeologica ha ricevuto un forte impulso in seguito alla prima guerra in Iraq e la sperimentazione, soprattutto da parte dei laboratori collegati all’esercito statunitense, non si è da allora fermata. A costo di sfornare vere e proprie aberrazioni: già nel 2006 i giornali israeliani riferivano delle sperimentazioni in corso per sviluppare “calabroni robot”, robot dalla forma e dalla movenza di insetti in grado di infiltrarsi tra la folla o in un campo di battaglia monitorando gli spostamenti e potendo addirittura colpire con armi miniaturizzate. Non segue, per mere ragioni di spazio, l’elenco dei progetti benefici per l’umanità intera che si sarebbero potuti realizzare risparmiando il denaro stanziato per “marines calabroni”.
future
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TUBA TOUR, NEL METRÒ PER VIVERE LA CITTÀ
RIDURRE I CONSUMI ENERGETICI VIA WEB
Riappropriarsi della città e dei suoi snodi e mezzi di collegamento per condividere il viaggio e l’esperienza. Critical City è stato tra gli aderenti ad un semplice progetto, lanciato dall’associazione Il Mosto e rimbalzato a catena in Rete, che ha visto coinvolte alcune centinaia di persone a Milano. L’appuntamento che circolava online dava appuntamento in alcune stazioni della metropolitana cittadina per condividere il viaggio metropolitano. Il risultato sembra incoraggiante. Dopo il flashmob sulla battaglia di palle di neve e il critical gardening, il Tuba Tour è stata, secondo i partecipanti, una positiva esperienza di condivisione collettiva dello spazio pubblico. Su YouTube alcuni video raccontano la strana serata che ha animato il percorso metropolitano. Criticalcity.org nasce come “progetto di riqualificazione ludica e partecipata” in un contesto in profonda trasformazione come quello milanese. Tra i principali obiettivi c’è quello di raccontare la città nascosta, attraverso “missioni” curate dagli utenti.
Controllare i consumi energetici di famiglie e imprese. Per le grande aziende dell’innovazione è un parola d’ordine e si succedono i progetti per la gestione e il controllo dei sistemi di comunicazione e alimentazione. Google ha avviato la fase test di Powermeter, servizio per il controllo dei consumi energetici che opera attraverso smart meter (contatori intelligenti) e il software Powermeter che registra i consumi della famiglia per creare routine per risparmiare. Si prevede una sperimentazione con cento milioni di applicativi installati, per ora solo negli Usa. Cisco System ha presentato EnergyWyse, tecnologia pensata per le aziende in grado di controllare, in base ad entrate e uscite dagli uffici e alle abitudini del singolo dipendente, il consumo energetico, per esempio staccando dalla connessione tutti i device in uso alla persona quando si allontana dalla stanza e mettendo progressivamente in pausa tutti i sistemi connessi (stampanti, illuminazione uffici, ecc) in relazione alle uscite fisiche dei dipendenti dal luogo di lavoro, con ripristino appena il badge segnala nuovi ingressi.
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indiceverde
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VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO
ATTIVITÀ
PAESE
Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways
Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari
Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania
CORSO DELL’AZIONE 14.02.2009
RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 14.02.2009
0,78 € 16,14 € 1,62 $ 145,76 $ 4,95 $ 30,55 € 92,85 CHF 30,52 € 96,50 £ 17,05 € 71,80 kr 13,61 € 30,25 € 9,90 € 2,12 € 15,45 € 10,97 € 34,77 $ 9,62 $ 2,18 €
-81,60% -45,34% -51,12% 24,94% 2,59% -59,45% -41,65% 0,10% -31,68% -52,74% -14,47% -29,04% -32,39% -39,60% -30,26% -22,44% -55,22% 5,97% -51,13% -22,14%
-31,33% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.
Il sole in lento recupero di Mauro Meggiolaro
A
NCORA ROSSO. Buona parte dei titoli del nostro indice solare han-
Valori Solar Energy Index
–31,33%
UN’IMPRESA AL MESE
no chiuso anche febbraio con il segno meno. Si vedono però i primi segnali di recupero. Negli ultimi trenta giorni, sei impreEurostoxx 50 –13,59% se sono salite in borsa di oltre il 15%. Tra queste Renewable Energy Corporation, la società norvegese che vi presentiamo in questo numero. Per la prima Rendimenti dal 15.10.2008 al 14.02.2009 volta dall’inizio del gioco, l’indice DJ Eurostoxx, con cui ci confrontiamo, ha perso terreno rispetto al Valori Solar Energy Index. Abbiamo guaRenewable Energy Corporation www.recgroup.com Sede Sandvika – Norvegia dagnato quattro punti, ma siamo ancora a diBorsa OSX – Oslo ciotto lunghezze di distanza. Intanto Rendimento 15.11.2008 – 14.02.2009 –14,47% cominciano ad uscire i dati di bilancio dell’ultiAttività Renewable Energy Corporation è un’impresa norvegese del settore solare. Fondata nel 2000, è leader mo trimestre 2008. Solarworld, storica impresa mondiale nella produzione di componenti di silicio e di wafer per pannelli fotovoltaici. Dal 2006 è quotata tedesca del solare, ha chiuso con utili in crescita alla borsa di Oslo. Nel 2007 sono stati aperti i primi stabilimenti fuori dal territorio norvegese a Singapore. del 33% e ha annunciato un gennaio record, noRicavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2006 nostante il clima abbia remato contro. Tempera2007 772,32 1.795 ture più fredde del previsto e continue precipitazioni hanno ostacolato il montaggio dei pannelli 1.385 503,95 in tutta Europa. Ma «l’industria è solida, e la domanda in crescita», assicura l’amministratore de155 legato di Solarworld Frank Asbeck. E la partita 53,26 delle rinnovabili è ancora tutta da giocare.
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ANNO 9 N.67
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MARZO 2009
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Tanzania
Anno 9 numero 67. Marzo 2009. € 4,00
valori
L’enigma indiano, così tanto italiano
Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
Fotoreportage > Gaza
di Paolo Fusi
N TANZANIA NEGLI ULTIMI DIECI ANNI, UN SISTEMA MAFIOSO legato al potente uomo d’affari Andy Chande, all’ex presidente della Bank of Tanzania Daudi Balali, a sua moglia Anna Muganda e a due uomini d’affari indiani trapiantati a Dar-es-Salaam, Jeetu Patel e Vimal Mehta, ha messo in ginocchio la nazione. Questa squadra di gangster in smoking ha trafugato oltre 40 miliardi di euro, scomparsi in una rete di società onshore (non offshore) di mezzo mondo. Il sistema glielo abbiamo mostrato noi europei. Una fabbrica d’armi inglese, con forti legami di azionariato con una fabbrica d’armi italiana, fornisce da anni sistemi di difesa alla Tanzania paragonabili allo scudo stellare USA, che Dar-es-Salaam usa contro le zanzare. Per convincere i tanzaniani a comprare, quella fabbrica ha unto alcuni personaggi, compresi alcuni dei politici più importanti del Paese. La cosa è saltata fuori, ci sono inchieste e processi in corso, vedremo come andrà a finire. Ma non è finita la serie di ruberie di questa combriccola che ha creato oltre 30 società commerciali che continuano a ricevere fondi dal Governo per gestire supermercati senza prodotti sugli scaffali, TV senza programmi, banche senza sportelli, giornali che appoggiano ciascuno un partitino diverso e persino un partito nazionalista (guidato da cittadini indiani). Per noi abituati a rincorrere i soldi fuggenti dei cattivoni nostrani in slalom tra miriadi di scatole cinesi registrate in paradisi fiscali, lo schema orizzontale messo in piedi dagli indiani di Tanzania è impensabile. Ogni famiglia che accede al diritto di essere corrotta apre una società a Dar-es-Salaam, non nascondendo proprio nulla. E sulle mazzette paga anche le tasse, per poi far vedere a tutti che i soldi vengono versati su alcune banche che raccolgono i fondi dell’erario, come la Delphis Bank delle Ogni famiglia che accede Mauritius o meglio ancora la Bank M, una banca misteriosissima al diritto di essere corrotta Isole che dichiara bancarotta mensilmente e da dieci anni viene rimessa apre una società a Dar-esSalaam, non nascondendo in piedi dalla Bank of Tanzania. Il compito della Polizia che indaga su truffe e corruttele è quindi difficile, perché deve investigare oltre un nulla. E sulle mazzette centinaio di famiglie che sono divenute le più agiate del Paese in miseria. paga anche le tasse Tra queste famiglie ci sono gli amici del Capo di Tutti i Capi, Andy Chande che, da giovane indigente immigrato indiano, faceva l’animatore per i turisti. Ha messo a posto tutti gli amici d’allora: chi lo accompagnava al pianoforte, chi lo aiutò a prendere il primo prestito in banca senza garanzie, chi lo aiutò a mettere a posto le organizzazioni mafiose tribali che chiedono il pizzo, chi iniziò a fare TV privata in Tanzania con lui. Poi ha cominciato a sistemare le famiglie dei suoi avversari politici, dandogli incarichi editoriali o coprendo le loro magagne giudiziarie. Il risultato è che nessuna inchiesta è riuscita finora a fermare il malaffare e le famiglie indiane che hanno il vero potere in Tanzania spadroneggiano con arroganza. I tanzaniani ritengono che gli indiani abbiano fatto del bene al paese, perché investono sul calcio locale. La Bank M, intanto, sta diventando un problema internazionale. Comincia a fare il bello ed il cattivo tempo nel traffico internazionale di armi, droga, schiavi e chi più ne ha più ne metta. Attenzione: la banca non fa nulla di tutto ciò, si tratta di gente per bene. Ma i suoi clienti non lo sono, e la banca subisce con rassegnazione il fatto che clienti tanto cattivi si fidino solo di quell’istituto. Ora anche in Tanzania, già piegata da questo disastro e con milioni di persone senza lavoro e alla fame, questo gruppo di gangster ha fatto fallire due miniere d’oro. Spariti i fondi ed anche l’oro raccolto. Ma gli indiani promettono ora che sosterranno l’economia che soffre (a loro parere) per la crisi globale della finanza. Creeranno alcuni posti di lavoro nel settore alimentare e riapriranno le miniere con i soldi del Fondo Monetario Internazionale e dello Stato e daranno tanti posti di lavoro.
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EDUARDO CASTALDO
I
Dossier > Reti di economia solidale. Imprese sociali, cooperazione e auto-aiuto
La ricetta anti-crisi Finanza > Goodbye George! Il buco lasciato dall’amministrazione Bush Economia solidale > Il ritorno dei Cip6: 2 miliardi del sole bruciati nei camini Internazionale > Gaza, chi guadagna con l’economia della guerra Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R. e I.P.
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