Mensile Valori n.70 2009

Page 1

Anno 9 numero 70. Giugno 2009. € 4,00

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Supplemento > Ricerca energia

SIMONE CASETTA

Fotoreportage > La banca dei cereali

Dossier > Il denaro è una misura, non una merce da scambiare e accumulare

Monete al potere Finanza > Inchiesta di Valori sui fondi armati: al primo posto Unicredit Economia solidale > Business usato: dai cassonetti ai mercati in Africa Internazionale > Dietro ogni dittatore c’è una grande banca Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.


| editoriale |

in libreria

in libreria nel mese di giugno

Marc Augé

Peter Ho Davies

Luigi Zoja

Il bello della bicicletta

La ragazza gallese

Contro Ismene Considerazioni sulla violenza

«incipit 41», pp. 80, € 8,00

«Temi 185», pp. 150, € 12,00

Andrea Cavalletti

«Varianti», pp. 344, € 17,00

Martin Pollack

«incipit 40», pp. 157, € 9,00

Assassino del padre Il caso del fotografo Philipp Halsmann

Pedro Mairal «Varianti», pp. 128, € 12,00

Antonio Ambrosetti

«Varianti», pp. 244, € 22,00

Il fascino della matematica

«incipit 37», pp. 149, € 10,00

Hans Tuzzi

«Saggi. Scienze», pp. 112 con 50 ill. nel testo, € 16,00

Massimo Recalcati

«Varianti», pp. 312, € 14,00

Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh

Adrian Desmond e James Moore

Mondo privato e altre storie La morte segue i magi

«incipit 38», pp. 147 con 8 ill. f.t. a colori, € 10,00

Jean-Luc Nancy

Sull’amore Introduzione di Matteo Bonazzi «Sguardi 5», pp. 59, € 8,00

Le cellule invisibili Il mistero delle staminali del cervello

«Universale Bollati Boringhieri 578», pp. xx-927 con 47 ill. f.t., € 27,00

Bruno Di Marino

Ezra Pound

Fotografia e cinema

L’ABC dell’economia

«Nuova Cultura 207», pp. 200 con 17 ill. f.t. a colori € 18,00

Pose in movimento

«Universale Bollati Boringhieri 580», pp. 165, € 13,00

Jean Fallot

Il diverso come icona del male

Hyman P. Minsky

Postfazione di Barbara Chitussi

«Sguardi 6», pp. 53, € 8,00

Keynes e l’instabilità del capitalismo

«Nuova Cultura - Introduzioni 212», pp. 165, € 18,00

Alberto Berrini

«Universale Bollati Boringhieri 581», pp. xlviii-233 € 18,00

Come si esce dalla crisi «Temi 184», pp. 113, € 10,00

Luce Irigaray

Condividere il mondo

Giacomo Marramao

Passaggio a Occidente

Alice Miller

Riprendersi la vita

«Nuova Cultura - Introduzioni 220», pp. 280, € 20,00

«Saggi. Psicologia», pp. 224, € 21,00

«Temi 187», pp. 130, € 14,00

Il pensiero dell’Egitto antico

Filosofia e globalizzazione Nuova edizione accresciuta

I traumi infantili e l’origine del male

Luigi Moccia

Il diritto in Cina Tra ritualismo e modernizzazione

Fabrizio Bartaletti

Serge Latouche

Breve trattato sulla decrescita serena «Temi 176», pp. 135, € 9,00

Le aree metropolitane in Italia e nel mondo Il quadro teorico e i riflessi territoriali «Nuova Cultura - Introduzioni 211», pp. 204 con 35 cartine e 14 tabelle nel testo, € 19,00

Serge Latouche

Come sopravvivere allo sviluppo Dalla decolonizzazione dell’immaginario economico alla costruzione di una società alternativa

L’autunno delle libertà Lettere ad Ada in morte di Piero Gobetti A cura di Bartolo Gariglio

«Temi 152», pp. 105, € 10,00

«Nuova Cultura - Introduzioni 213», pp. xxxviii-302 € 15,00

Franco Lolli

«Nuova Cultura 216», pp. 272, € 25,00

Relitti riletti A cura di Marcello Barbanera Metamorfosi delle rovine e identità culturale «Nuova Cultura 195», pp. 510 con 220 ill. nel testo a colori, ril., € 50,00

Slavoj Zˇizˇek

Come leggere Lacan Guida all’immaginario postmoderno «Nuova Cultura - Introduzioni 217», pp. 128, € 15,00

Traffici criminali

La depressione

Marc-Alain Ouaknin

«Temi 186», pp. 135, € 12,00

Invito al Talmud

Camorra, mafie e reti internazionali dell’illegalità A cura di Gabriella Gribaudi

«Nuova Cultura - Introduzioni 209», pp. 128, € 15,00

«Nuova Cultura 201», pp. 619, € 20,00

La crisi economica mondiale

Ian Stewart

Irwin D. Yalom

Dieci considerazioni Postfazione di Giuseppe De Lucia Lumeno

Dio gioca a dadi?

«Temi 183», pp. 64, € 7,00

«Nuova Cultura 193», pp. 512, € 30,00

Giulio Sapelli

La nuova matematica del caos

Bollati Boringhieri editore

Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo «Manuali di Psicologia Psichiatria Psicoterapia» pp. 664, € 64,00

corso Vittorio Emanuele II, 86 - 10121 Torino telefono 011 5591711 fax 011 543024 www.bollatiboringhieri.it e-mail: info@bollatiboringhieri.it

È

Luca Bonfanti

«Saggi. Scienze», pp. 280 con 25 ill. nel testo e 4 ill. f.t. a colori, € 20,00

Introduzione di Riccardo Bellofiore

di Ugo Biggeri

Un viaggio attraverso i teoremi

Vita di Charles Darwin

Introduzione di Giorgio Lunghini

Marco Aime e Emanuele Severino

Un bene comune

Salvatierra

Classe

Marta Dassù

La moneta

L’AUTORE Ugo Biggeri

Laureato in fisica, dal 1982 ha operato nel volontariato con l’associazione Mani Tese di cui è stato presidente fino al 2000. È stato presidente dell’associazione Finanza Etica, revisore della cooperativa verso la Banca Etica di cui è socio fondatore, e, dal 1998, consigliere d’amministrazione della Banca Popolare Etica. Dall’aprile 2003 è presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica.

PIÙ “VERO” IL VALORE DI UN PRODOTTO DERIVATO CON SOTTOSTANTE IL GRANO o una moneta locale che ti consente di comprare il pane sotto casa? E, ancora, i buoni pasto che posso usare per uno spuntino sono così lontani da un buono sconto usato per risparmiare qualcosa in cambio della scelta di esercenti locali? I Linden Dollar creati da Second life, cosa sono? Esiste oggi la convertibilità dell’enorme massa di denaro che circola? Una convertibilità in qualcosa che si possa anche nascondere sotto il materasso? No...? Come Valori torniamo ad occuparci di moneta. Questo strumento al tempo stesso così semplice da poter essere usato da tutti e così difficile da capire fino in fondo. Uno strumento così potente da essere divenuto un fine, l’emblema della ricerca del potere, del successo, la misura stessa della realizzazione umana. Gli esperimenti con la moneta sono interessanti, soprattutto perché ci fanno scoprire che oggi tutte le monete si basano sulla fiducia e non su una loro reale convertibilità in altri beni, come argento o oro. È un’evoluzione tutto sommato recente. Nell’antichità il denaro era costituito da leghe di metalli preziosi, poi è arrivata la carta moneta, il cui controvalore era garantito dalle riserve (il mitico Fort Knox!). Oggi stiamo assistendo alla nascita di monete virtuali, figlie di internet e dei suoi circuiti più evoluti. Quando accettiamo una moneta affermiamo la nostra fiducia nel fatto che qualcun altro accetterà le stesse monete come pagamento di beni e servizi: è una fiducia che si basa sul fatto che funziona così per miliardi di persone nel mondo. È un meccanismo così importante e delicato che gli Stati si sono quasi sempre garantiti il diritto esclusivo di battere moneta: è un potere forte, istituzionale per definizione, ma è anche l’amministrazione di un bene collettivo (la moneta appunto) che deve essere tenuto al riparo da potenziali truffatori. Ma le cose in realtà divengono sempre più complesse. Quando fu proposta la Tobin Tax l’obbiettivo era quello di ridurre le speculazione sui cambi valutari tra diverse monete di corso legale, in modo da riportare gli investimenti nell’economia reale. Negli ultimi venti anni si è assistito invece ad una crescita impressionante della massa monetaria virtuale in tutti i campi con strumenti finanziari sempre più complessi e incomprensibili. Questo fatto ha decisamente falsato il vissuto esperienziale di ognuno di noi in quanto il valore di tali investimenti “virtuali” ha superato di diverse volte il Prodotto interno lordo mondiale, ossia ciò che quotidianamente compriamo e vendiamo. Con la crisi finanziaria è saltato proprio il meccanismo della fiducia che è alla base del valore stesso delle monete. È successo nel mondo virtualfinanziario, ma inevitabilmente si sta ripercuotendo sull’economia reale. Ragionare quindi attorno alla moneta ed alle possibili sperimentazioni con le valute complementari o altre forme di scambio può essere ragionevole per vari motivi. Per scoprire qualcosa di nuovo, per capire di più dell’economia, per vedere se e come possono aiutarci nei momenti di crisi, per sognare insieme una moneta responsabile, che, come in una fiaba, sappia tener memoria dei suoi percorsi, possa far bene all’ambiente, sappia stare più vicina alla gente. Insomma perché la moneta possa esercitare al meglio il ruolo datole dall’essere un bene comune.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 3 |


www.burgodistribuzione.com

| sommario |

valori giugno 2009 mensile

www.valori.it

anno 9 numero 70 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

Beboto, nella regione di Doba. Lo stoccaggio del grano nella Banca dei Cereali. Gli agricoltori della zona si sono uniti per riprodurre il modello europeo delle cooperative agricole.

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Ava consiglio di amministrazione

7

fotoreportage. La banca dei cereali

8

dossier. Potere alla moneta Dopo il dollaro. Prove tecniche di successione Politica monetaria: quando la crisi azzera i tassi Complementari, locali, sociali. Le valute anti-crisi Alessandrini: «Si rischia di fare un regalo alla criminalità» Fantacci: «Riscrivere anche le regole della moneta» Arcipelago Scec: oltre la dimensione locale Sucre: l’alba di un nuovo sistema monetario

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

Ugo Biggeri (biggeri.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi, Elisabetta Tramonto

finanzaetica

stampa

Unicredit, Intesa e Ubi Banca: le regine dei fondi armati Azionariato critico/1: Enel, chiare fresche e dolci acque del Delaware Azionariato critico/2: Eni chiede partecipazione. E noi partecipiamo L’Onu, Stiglitz e la società civile. Scocca l’ora del G192 Fiba-Cisl: dopo il congresso nazionale, verso una nuova economia

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)

economiasolidale

progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@gmail.com) fotografie

Simone Casetta (www.simonecasetta.it), Simon Conway (Landmine Action), Paul Jeffrey (Action by Churches Together), Raffaele Masto

abbonamento annuale ˜ 10 numeri

Euro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 45,00 ˜ enti pubblici, aziende Euro 60,00 ˜ sostenitore abbonamento biennale ˜ 20 numeri Euro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 85,00 ˜ enti pubblici, aziende come abbonarsi I carta

Qualunque stampa ti aspetti, avrai le carte in regola!

globalvision

direzione generale collegio dei sindaci

Naturali o patinate, per stampa laser o ink jet, di piccolo o grande formato: in ufficio come in cassa, qualunque esigenza di stampa ti riservi il futuro, nella nostra gamma di prodotti troverai sempree la migliore soluzione.

Tchad, 2004

Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it), Sergio Slavazza Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it)

Il futuro ha le carte in regola.

SIMONE CASETTA

editore

di credito sul sito www.valori.it sezione come abbonarsi Causale: abbonamento/Rinnovo Valori I bonifico bancario c/c n°108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin Z Iban: IT29Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato I bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

Carta Respecta di Burgo Distribuzione, con fibre riciclate e fibre certificate FSC. Il Forest Stewardship Council (FSC) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali. Publistampa Arti grafiche è certificata FSC Chain of Custody CQ-COC-000016.

Business usato: dai cassonetti ai mercati in Africa Charity shop, una seconda vita (sostenibile) per gli oggetti Cosmetici e tessuti: nuove frontiere del biologico Napoli Teatro Festival: la sfida multiculturale va in scena SoleXP: l’anteprima del mondo che verrà

internazionale

16 18 20 22 22 24 26 26 28 30 34 36 38 40 42 44 46 48 50 51

Dietro ogni dittatore una grande banca (o più di una) Il raffreddore conta più di 178 milioni di bambini affamati Benin, il microcredito della “Savana” Ogm, Gates Foundation e Monsanto guardano all’Africa

54 56 58 60 62

lavanderia

64

altrevoci

66

indiceverde

73

utopieconcrete

74

LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI COMUNICAZIONE E AMMINISTRAZIONE

CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITÀ

Società Cooperativa Editoriale Etica

Sisifo italia srl

Via Copernico 1, 20125 Milano tel. 02.67199099 fax 02.67491691 e-mail redazione@valori.it ˜ amministrazione@valori.it info@valori.it ˜abbonamenti@valori.it

Via Don Soldà 8, 36061 Bassano del Grappa tel. 0424.505218 fax 0424.508136 e-mail adv@sisifo.eu www.sisifo.eu


| globalvision |

Prospettive

Quella crisi che non c’è di Alberto Berrini

A

PUBB CISL

DAR RETTA AI MASS MEDIA (si veda in proposito l’articolo di Daveri, La crisi sulla stampa – in www.lavoce.info

del 29.04.2009) il peggio è alla nostre spalle, la crisi è ormai alla fine, e la ripresa se non imminente non si farà attendere più di tanto. Evidentemente “l’ossessione del Pil” vale solo quando si perseguono “indispensabili” obiettivi di crescita, mentre i numeri odierni della crisi non contano o semplicemente fotografano una realtà che riguarda il recente passato o forse l’immediato presente ma non certo il domani. Ma i dati dicono tutt’altro. Nella zona euro la crescita del 2009 sarà negativa di circa il 4%, mentre solo a metà gennaio le stime indicavano un -1,9%. La disoccupazione corre verso punte ineguagliate dal 1945: raggiungerà nel 2010 l’11,5% della popolazione attiva, il che implica una perdita di posti di lavoro in due anni di 8,5 milioni di unità. Una crisi sociale da tenere ben nascosta ma che assume la configurazione del dramma nelle aree del pianeta meno sviluppate. Con il Pil mondiale nel 2009 a -2,7% oltre 200 milioni di persone precipiteranno nella povertà. “Una catastrofe umana”, secondo l’espressione usata dalla Banca Mondiale, che denuncia come il numero di individui “cronicamente affamati” potrebbe salire quest’anno a oltre un miliardo. In un mondo che si riscopre “keynesiano” i Paesi in via di sviluppo non hanno le risorse per adottare anch’essi le politiche di sostegno all’economia adottate dai Paesi ricchi. Inoltre tali politiche, sussidiando per ovvi e più che giustificati motivi i settori La recessione globale porterà economici in difficoltà dei Paesi industrializzati, finiscono a una “catastrofe umanitaria”. inevitabilmente per indebolire ulteriormente le economie E a pagare le conseguenze dei Paesi meno sviluppati. Le buone notizie di questi giorni peggiori saranno i Paesi meno dicono solamente che c’è un rallentamento nella caduta sviluppati. Mentre spaventa dell’economia e non che la ripresa sia certa né tanto meno la bolla della finanza pubblica che sarà imminente e vigorosa. Un discorso a parte meriterebbe il robusto rimbalzo delle Borse in particolare dei titoli delle banche. È opinione diffusa che i bilanci positivi (o meno negativi di quanto ci si aspettasse) di queste ultime sono la conseguenza di criteri contabili più compiacenti. I problemi del comparto finanziario sono tutt’altro che risolti e dunque il contributo che questo settore potrà dare alla crescita sarà decisamente condizionato dai problemi che ancora esistono al suo interno. Vi è infine da considerare la “bolla della finanza pubblica” creata per uscire da quella del credito. Il risanamento del sistema finanziario è finito nella voce “spesa” dei bilanci statali il cui livello medio di debito è salito oltre ogni livello di sicurezza. Un problema in primo luogo economico (o più tasse e quindi meno ripresa, o più titoli di Stato con rischio inflazione) ma di diretto impatto sulla sostenibilità dei sistemi di welfare. Dunque anche in questo caso la crisi farà sentire tutto il suo peso soprattutto sulle classi più deboli. Ma di crisi, come si diceva all’inizio, non si può parlare per non influenzare negativamente le aspettative degli operatori economici. O forse per evitare di parlare, o meglio di attuare, quelle riforme, a partire da quella dei mercati finanziari, che il fallimento del liberismo ha reso necessarie. La realtà è che la crisi è in atto, che i rimedi cominciano a sortire i primi effetti ma le risposte lungimiranti aspettano ancora di trovare spazio nelle agende dei governi. Speriamo non si debba aspettare la prossima crisi che a quel punto potrebbe essere più vicina di quanto si possa pensare.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 7 |


| fotoreportage |

> La banca dei cereali foto di Simone Casetta

“O

| 8 | valori |

gnuno ha il diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione”. Così recita l’articolo 25 (comma 1) della Dichiarazione universale dei diritti umani. Un diritto che non può essere nè violato nè ignorato. Eppure il 17% della popolazione mondiale va a dormire ogni sera a stomaco vuoto. Troppi, se si pensa che tra gli obiettivi del millennio, fissati nel 2000, c’era anche quello di dimezzare la quantità di persone che soffrono la fame. Obiettivo fallito. Eppure al mondo c’è cibo sufficiente affinché ciascuno possa assumere il doppio delle calorie giornaliere necessarie, ma se milioni di persone non hanno nulla da mangiare vuol dire che qualcuno non mantiene i suoi impegni. Non è detto, però, che la spinta al cambiamento debba venire per forza dall’alto. Ciascuno può fare la sua parte, come hanno fatto gli abitanti e il Comune di Tavarnelle Val Di Pesa (Firenze), che hanno dato vita al progetto della banca dei cereali. Si tratta di un’iniziativa il cui scopo è organizzare in cooperative agricole i contadini del Tchad meridionale (Africa), nella regione di Doba, e realizzare depositi di cereali nei vari villaggi. «Questo progetto - spiegano i responsabili evita agli agricoltori di dover vendere l’intero raccolto sottocosto ai commercianti della capitale, meccanismo che li portava sempre in deficit alimentare per una parte dell’anno, costringendoli a ricomprare al mercato i cereali per mangiare, ma ad un prezzo quadruplicato rispetto a quanto veniva loro pagato». Ora, grazie alle cooperative agricole, i contadini del Tchad non hanno più carestie alimentari indotte dal mercato. Inoltre si è innescato un meccanismo sociale virtuoso che introduce i concetti di risparmio e lavoro cooperativo in una società tribale e fortemente frammentata. Alle famiglie che aderiscono al progetto (fino ad ora 500) viene chiesta una quota azionaria rappresentata da un sacco di cereali che va a costituire il fondo comune della cooperativa. I contributi che arrivano dall’Italia serviranno ad anticipare una somma di denaro alle famiglie che depositeranno il raccolto nei magazzini della banca. La situazione è però complicata dal fatto che le grandi compagnie petrolifere hanno trovato i giacimenti quando ormai nessuno ci credeva più, spuntando condizioni favorevoli per lo sfruttamento dei pozzi. E così la pianura è invasa dalle stazioni di pompaggio che obbligano i contadini a spostare le loro coltivazioni, mentre il greggio viene dirottato verso i porti dell’Oceano Atlantico per essere trasportato nel Nord del mondo. Ma quando ritorna nel Tchad costa quanto in Europa. ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

L’AUTORE Simone Casetta nasce a Milano nel1961. A vent’anni, dopo essere stato assistente di Luciano Ferri e Gianni Greguoli, inizia a lavorare come indipendente. Le tematiche prevalenti che hanno guidato la sua indagine fotografica sono la distribuzione delle risorse alimentari nel mondo e tutto quello che riguarda l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Ha collaborato con le maggiori testate italiane e straniere: da L’Espresso a Der Spiegel, da Gente Viaggi a Sportweek, da Internazionale a Domus solo per citarne alcuni. All’estero è rappresentato dall’agenzia Anzenberger di Vienna. Dal 2006 è docente di fotografia all’Università di Urbino. Nel 2004 ha ricevuto la menzione d’onore al concorso internazionale Fuji; nel 2002 ha vinto il primo premio al concorso internazionale “I colori del Mediterraneo”- Zerinthia - ospedale S. Andrea. Ha al suo attivo molte pubblicazioni: “West” (Reher, Germania, 2009), “Reve de sucre” (Hachette France 1990); “Damare” (Montagud Spagna 2008). Numerose le mostre personali e collettive. Ha svolto incarichi per la Fao (Food and agricolture organization), Oregon Scientific, Omnitel, La Rinascente. Attualmente affianca la produzione di lavori commissionati a progetti di mostre anche a carattere multimediale, caratterizzate dal desiderio di offrire un servizio culturale e sociale.

SIMONE CASETTA

Il progetto, partito da un paese della Toscana, consente ai contadini del Tchad (Africa) di non essere sfruttati dai commercianti e soprattutto di poter far fronte ai mesi di carestia. Le famiglie si costituiscono in cooperative e nei villaggi vengono creati magazzini dove ciascuno conferisce un sacco di cereali. Ma su tutto questo incombe il petrolio.

Regione di Doba, i bambini seguono le lezioni all’aria aperta nella campagna intorno a Bodo. Nella regione contadini hanno adottato il modello europeo di cooperative agricole, in questo modo ottengono la sicurezza alimentare.

Tchad, 2004

> La banca dei cereali

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 9 |


SIMONE CASETTA

| fotoreportage |

Sopra, una fattoria che coltiva e lavora il cotone del Tchad. Nella pagina a fianco: una moglie raccoglie dei fiori di sorbo da cucinare. A sinistra, dall’alto in basso: agricoltori raccolgono la legna da ardere in cucina; contadini di età matura piantano semi di piselli; donne raccolgono l’acqua, un bene originario e di tutti.

Tchad, 2004

> La banca dei cereali

| 10 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 11 |


SIMONE CASETTA

Gli agricoltori dispongono il loro raccolto per la vendita al mercato settimanale di Bodot.

Tchad, 2004

| 12 | valori |

> La banca dei cereali

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 13 |


Sopra, Bodo, i grossisti acquistano tutti i raccolti di cereali a prezzo molto basso: il carico di un camion nel grande mercato settimanale di Bodo. A fianco: una giovane ragazza vende la birra di sorgo al piccolo mercato giornaliero di Bodo. A destra, dall’alto in basso, un agricoltore che trasporta i cereali con il suo carretto a mano per la vendita al mercato settimanale; Beboto, un giovane ragazzo mostra il tradizionale stoccaggio per le arachidi (nella parte posteriore della foto tradizionale stoccaggio per il sorgo); donne agricoltori durante una riunione della “Banca dei Cereali� del progetto.

SIMONE CASETTA

| fotoreportage |

Tchad, 2004

> La banca dei cereali

| 14 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 15 |


dossier

Dopo il dollaro. Prove tecniche di successione >18 Politica monetaria: quando la crisi azzera i tassi >20 Complementari, locali, sociali. Le valute anti-crisi >22 Alessandrini: “Si rischia un regalo alla criminalità” >22 Fantacci: “Riscrivere le regole della moneta” >24 Arcipelago Scec: oltre la dimensione locale >26 Sucre, l’Alba di un nuovo sistema monetario >26 SIMONE CASETTA

a cura di Paola Baiocchi, Alberto Berrini, Matteo Cavallito, Emanuele Isonio, Elisabetta Tramonto

Balida, riserve di riso raccolte tra i partecipanti alla Banca dei cereali, per costituire una cassa di garanzia per le cure sanitarie.

Repubblica del Ciad, 2004

Moneta e monete

Un mezzo, non un fine

La Fed ne immette in abbondanza per contrastare la crisi. Molte comunità locali ne creano di proprie. La moneta ha molte funzioni, purtroppo è stata spesso considerata come scopo finale

| 16 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 17 |


| dossier | moneta |

| dossier | moneta |

Dopo il dollaro Prove tecniche di successione

hi si aspettava che al G20 di aprile, a Londra, si sarebbe celebrato il funerale del

C

dollaro, sarà rimasto deluso. Però la grande orchestra allargata dei Paesi più in-

dustrializzati del mondo, ha cominciato a suonare i primi accordi di una musica diversa. Il “la” era arrivato a marzo dal primo ministro cinese, Wen Jiabao, che aveva dichiarato pubblicamente di essere preoccupato per la stabilità degli investimenti cinesi (1,2 trilioni di dollari) in buoni del Tesoro Usa e in titoli obbligazionari garantiti da mutui ipotecari. Preoccupazione comprensibile quando si possiedono investimenti con cifre a diciotto zeri e li si vedono giornalmente diminuire, perché legati alle sorti del dollaro e alla svalutata economia statunitense.

Il biglietto verde come valuta di riferimento mondiale è in affanno. La Cina ha avanzato le prime proposte di uscita dal Dollar standard. Ma perché non cercare di intraprendere un percorso più democratico? ANNO 9 N.70

GLI OPPOSTI ESTREMISMI E LE EVOLUZIONI DEL SIGNORAGGIO

MONETA: è il circolante in un distinto periodo storico, emesso da un’autorità riconosciuta. Risale all’età del ferro l’introduzione della moneta, nella Lidia (Asia Minore) tra il VII e il VI secolo a.C. La sua produzione è sempre stata prerogativa di un’autorità che ne garantiva la circolazione (corso legale), il contenuto metallico (leghe più o meno preziose), il peso e il cambio rispetto a qualunque tipo di merce o prestazione (potere liberatorio) e, infine, il rapporto con monete precedenti o straniere, secondo un valore attribuito (valore nominale). La moneta può esercitare tutte le sue funzioni solo in presenza di un accordo tacito o esplicito.

IL SIGNORAGGIO BANCARIO È L’INSIEME DEI REDDITI provenienti dall’emissione di moneta da parte di una banca centrale. Ma è anche un argomento di dibattito in moltissimi circuiti alternativi, politicamente lontanissimi: da Forza Nuova ai Gruppi di acquisto solidali (vedi Valori, febbraio 2008). Sui siti del signoraggio i toni sono da battaglia finale: “quando avrete saputo la verità non potrete più tornare indietro”. La verità declamata è il grande furto operato dalle banche centrali attraverso una tassa nascosta sul denaro che stampano. La questione non è esattamente così perché gli utili del signoraggio ritornano al Tesoro. Ma agitare falsi obiettivi - soprattutto in tempo di crisi serve a distrarre rispetto a iniziative utili che possono essere intraprese. Giulietto Chiesa, giornalista ed europarlamentare a questo proposito, recentemente ha risposto: «II signoraggio bancario è un tassello del mosaico, non il mosaico intero. E quindi non è (solo) da lì che si può e si deve partire». Il signoraggio però continua a far parlare di sé e divide anche i suoi stessi sostenitori, che ormai si fanno la guerra da un sito all’altro. Da un lato Sandro Pascucci, ideatore del Primit (Programma per la RIforma Monetaria Italiana), dall’altro Giovanni Sandi di signoraggio.it, candidato alle europee con Fiamma TricoloreDestra sociale, che si oppone al Primit definendolo antidemocratico. Ma recentemente sono intervenuti sulla questione anche Eugenio Benetazzo, analista finanziario “tele-predicatore” che ipotizza anche uno scontro monetario tra Amero (vedi BOX ), sucre ed euro. Lo storico impegno di Giacinto Auriti, scomparso nel 2006, continua per mezzo della figlia Michela Auriti, promotrice attiva di Arcipelago Scec (vedi ARTICOLO ). Sul tema del signoraggio si stanno diffondendo su internet anche web movie come “El Concursante” del regista spagnolo Rodrigo Cortés, che apporta una dura critica al sistema finanziario. Il signoraggio è ancora sconosciuto a molti, ma è davvero l’unica Fabrizio Bettarini grande truffa colossale?

DENARO: è il circolante accettato del mercato, in un distinto periodo storico. I gettoni telefonici, i miniassegni degli anni 70, le caramelle date come resto al bar, le Hours di Ithaca (N.Y) sono un esempio di denaro. Nell’antichità, prima della nascita della moneta in senso stretto, il denaro era costituito da oggetti o merci: semi di cacao, conchiglie, barrette di ferro, spiedi, sale (da cui il salario).

di Paola Baiocchi

| 18 | valori |

GLOSSARIO

|

GIUGNO 2009

|

Il governatore della Banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, si era poi spinto più in là presentando la proposta di utilizzare i Diritti speciali di prelievo (Dsp, vedi BOX ) del Fondo monetario internazionale (Fmi) come valuta di riserva universale, in sostituzione del dollaro. La proposta è stata accolta favorevolmente dal direttore del Fmi, Dominque Strauss-Kahn. E anche da molti economisti che hanno valutato quest’idea come un passo verso la soluzione degli squilibri bilaterali tra Cina e Stati Uniti e come un punto di partenza per una riforma del Fmi che lo veda diventare una vera banca transnazionale, in grado anche di battere moneta. Contrario, invece, alla proposta della Cina il consigliere di Obama, Paul Volcker, ex presidente della Federal Reserve che ha risposto accusando di insincerità i cinesi che avrebbero comprato per anni dollari per contrastare la rivalutazione della loro moneta al fine di favorire le esportazioni. Una mezza verità Volcker l’ha detta, ma è sembrato di risentire la famosa frase di John Connally, segretario al Tesoro con Nixon: «Il dollaro è la nostra valuta, ma è il vostro problema».

CARTAMONETA: in uso come mezzo di pagamento fin dal 105 d.C. in Cina al posto delle monete metalliche. In Europa si diffonderanno nei secoli successivi degli strumenti di pagamento cartaceo, come la lettera di cambio emessa da mercanti o da banchieri, o la fede di credito emessa dai banchi napoletani. A partire dalla scoperta dell’America e al travolgente aumento dei traffici che si spostano dal Mediterraneo verso il Nord Europa, la cartamoneta comincia a diffondersi. GOLD STANDARD O SISTEMA AUREO: sistema monetario nel quale la base monetaria è data da una quantità fissata d’oro. Nel 1821 l’Inghilterra ripristina la convertibilità in metallo della propria moneta, scegliendo come unico standard l’oro e riuscendo a imporlo, grazie alla sua egemonia economica, a tutti i Paesi della sua area di influenza. Le singole monete inserite nel gold standard erano convertibili in oro e godevano di un cambio fisso. Il sistema si interruppe nel 1914 allo scoppio della guerra mondiale, quando le monete nazionali vennero dichiarate inconvertibili. Ripristinato nel 1925, venne abbandonato nel 1931. Il sistema aureo venne di nuovo adottato con gli accordi di Bretton Woods del 1944. BRETTON WOODS: la conferenza che si tenne nel luglio del 1944 negli Stati Uniti, mentre la seconda guerra mondiale si stava concludendo. 730 delegati di 44 nazioni stabilirono il sistema di regole per le relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo. Fu il primo esempio di un ordine monetario completamente concordato, pensato per governare i rapporti monetari tra Stati nazionali indipendenti. Ogni Paese doveva stabilire un cambio fisso della propria moneta con il dollaro eletto valuta principale, consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute; il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali fu assegnato al Fondo Monetario Internazionale. DOLLAR STANDARD: 15 Agosto 1971, dichiarazione di non convertibilità del dollaro Usa in oro, in violazione di Bretton Woods. Con la fine della convertibilità del dollaro il sistema a cambio aureo diventa un sistema Pa.Bai. basato sul dollaro, denominato Dollar Standard.

Apparente realismo In buona sostanza la proposta cinese è di ridurre l’importanza del dollaro nel “paniere” che fa da base di calcolo per il valore dei Dsp, introducendo progressivamente la propria valuta, il renminbi. E anche di trasformare i Dsp in una valuta universale di riferimento. Sarebbe una strategia per contrastare la debolezza del dollaro e aumentare il peso della Cina nel governo mondiale delle valute. «Può sembrare una proposta realista - spiega Leandro Conte, docente di Storia economica all’Università di Siena -, ma la modifica delle quote del paniere Dsp non è l’unica via possibile per cambiare gli equilibri finanziari esistenti, né quella migliore. Bisogna capire che i Dsp sono lo strumento di riserva internazionale più duttile di cui disponiamo, ma anche che potremmo valorizzare una loro griglia sottostante. All’interno dei Dsp c’è una moneta egemone, legata al Paese che la propone, in una forma di cooperazione limitata con le altre. Cooperazione limitata perché si condivide il diritto di intervenire, però in base a quote prefissate. Molto più democratico sarebbe definire all’interno dei Dsp una condizione

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 19 |


| dossier | moneta |

| dossier | moneta |

consortile simile a quella realizzata con l’euro e rinunciare a una condivisione di quote per stabilire una parità di scelte».

Renminbi Standard? Considerando che la Cina sarà, presumibilmente, l’unica economia che nel prossimo periodo sosterrà una crescita significativa rispetto alle economie occidentali, la pressione tra dollaro e renminbi si risolverà a vantaggio di quest’ultimo e porterà a una ridefinizione delle quote nel paniere dei Dsp. Ma invece di passare da un Dollar Standard a un Renminbi Standard sarebbe molto più interessante tentare una nuova strada. «Quella dei consorzi tra istituzioni nazionali – aggiunge il professor Conte – che diano vita ad un’istituzione internazionale di coordinamento, che si faccia carico della produzione e del controllo di uno strumento monetario reale, usato alle persone, ponendo un principio di autonomia sia rispetto al potere finanziario delle banche, sia al potere finanziario dei governi. L’introduzione di una moneta reale è, inoltre – conclude Conte – l’unico modo per vincolare la credibilità dell’ente monetario all’obiettivo di stabilità dei prezzi, tutelando cioè in ultimo noi tutti dalla enorme liquidità che è stata immessa dalle Banche centrali nel sistema economico a seguito dalla crisi del 2007. Che potrebbe rapidamente trasformarsi in un’onda inflativa portatrice di un grande fronte di sperequazione».

.

Monete da tutto il mondo. Da sinistra: euro, tolar sloveni, corone islandesi, dollari di Hong Kong, dalasi del Gambia, pesos cubani e fiorini di Aruba.

CHI BATTE MONETA? A CHI SPETTA IL DIRITTO DI BATTER MONETA? Nell’Unione europea è la Banca centrale ad avere la competenza esclusiva sull’emissione della moneta all’interno dei paesi aderenti, anche se questa può essere materialmente eseguita dalle singole Banche centrali, mentre è lo Stato che conia le monete. La Banca centrale di ciascun paese dell’Ue, anche non di area euro, forma insieme alla Banca centrale europea (Bce) il Sistema europeo di banche centrali (Sebc). Ogni Banca centrale dell’Unione monetaria europea è responsabile per la stampa di uno o due tagli. Alla Bce spetta il compito di emettere l’8% della moneta emessa dal Sebc. Tale quota viene iscritta nello stato patrimoniale alla voce “banconote in circolazione” del passivo. La moneta nazionale (cartacea e metallica) circolante costituisce la passività della Banca centrale. La Bce è responsabile dell’attuazione della politica monetaria, conformemente agli orientamenti ed alle decisioni del Consiglio dei governatori e, nell’ambito di tale quadro, impartisce alle Banche centrali nazionali le istruzioni. La Bce opera in maniera indipendente dalla politica. Negli Stati Uniti è la Federal Reserve, una corporation formata da 12 Banche centrali private e da 25 filiali negli Stati Uniti, che ha ottenuto dal Congresso il diritto di stampare moneta senza alcun onere per la Fed, anzi caricando interessi sulla moneta. La Fed crea denaro senza alcuna copertura materiale. Nella storia americana molti deputati e presidenti si sono opposti a questa situazione di fatto. Il tentativo più recente è del Presidente John F. Kennedy che, il 4 giugno 1963, firmò l’ordine che restituiva al governo Usa il potere di battere moneta senza passare attraverso la Fed, decretando l’argento come riserva della moneta e l’oro come riserva della Banca centrale. L’ordine non è mai stato annullato, ma l’emissione di moneta resta affidata alla Fed. Il repubblicano Ron Paul ha lanciato, lo scorso anno, la campagna “End the Fed” che ha raccolto decine di migliaia di adesioni, per chiedere al Congresso l’abolizione della Fed, ritenendola la vera responsabile della crisi, “perché – sostiene la campagna – detiene un monopolio privato in materia di valore del denaro pubblico americano ed è una frode perpetrata ai danni del popolo americano”. Pa. Bai.

DIRITTI SPECIALI DI PRELIEVO (DSP): UNITÀ DI CONTO NON SOLO DEL FMI OGNI PAESE MEMBRO del Fondo monetario internazionale (Fmi) ha la facoltà di effettuare prelievi (Diritti ordinari di prelievo) su somme in valuta depositate a titolo di quota di partecipazione. I Diritti speciali di prelievo (Dsp) sono uno strumento finanziario del Fmi introdotto nel 1973 per sostituire il sistema precedente in vigore dall 1966, basato su versamenti al Fondo da parte di ogni Paese di quote per il 25% in oro e per il restante nella moneta nazionale. I Diritti speciali rappresentano l’unità di conto del Fmi, il cui valore è ricavato sommando il valore in dollari, sulla base dei cambi di mercato, di un paniere di valute nazionali. Il valore dei Diritti speciali viene aggiornato quotidianamente

(per conoscere la valutazione odierna www.imf.org/external/np/fin/data/rms_sdrv.aspx). Questo basket al momento è formato da dollaro statunitense (44%), euro (34%), sterlina britannica (11%) e yen giapponese (11%). Sia le percentuali che la sua composizione non sono sempre stati uguali: nel 1999 il marco e il franco sono stati sostituiti dall’euro. Al G20 di Londra, all’inizio di aprile, i Paesi aderenti al Fmi hanno deciso di aumentare le risorse del Fmi da destinare ai Paesi in difficoltà e l’aumento delle assegnazioni dei Diritti speciali di cui possono beneficiare gli aderenti. Questa iniziativa è stata vista come la premessa per la trasformazione del Fmi in una vera banca

LE MONETE CHE COMPONGONO IL PANIERE DEI DSP [ PRIMA DELL’EURO ]

1986 - 1990 1991 - 1995 1996 - 1998

sovranazionale che potrà emettere i Dsp, che potrebbero quindi assumere la valenza di valuta universale. I Dsp sono già usati come unità di conto anche al di fuori del Fmi: ad esempio nel diritto aeronautico servono per stabilire i massimali in caso di morte o di lesioni personali dei passeggeri durante un trasporto aereo. Alcuni Paesi valutano la loro moneta in Dsp e i Diritti speciali vengono utilizzati anche dalla Unione postale universale, l’ente responsabile del coordinamento del sistema postale internazionale e negli accordi tra compagnie telefoniche per il roaming internazionale. Pa. Bai.

[ DOPO L’EURO ]

DOLLARO USA

MARCO TEDESCO

FRANCO FRANCESE

STERLINA INGLESE

YEN GIAPPONESE

42% 40% 39%

19% 21% 21%

12% 11% 11%

12% 11% 11%

15% 17% 18%

1999 - 2000 2001 - 2005 2006 - 2010

DOLLARO USA

EURO

STERLINA INGLESE

YEN GIAPPONESE

39% 45% 44%

32% 29% 34%

11% 11% 11%

18% 15% 11%

Politica monetaria: quando la crisi azzera i tassi Per evitare una nuova Depressione – ha detto il governatore della Fed – sono pronto a riempire gli elicotteri di dollari e a lanciarli sulle città. Ma forse ancora non hanno trovato i quartieri giusti.

L’

ECCEZIONALITÀ DELLA CRISI ECONOMICA attuale ha imposto al-

le banche centrali una gestione della politica monetaria non tradizionale. Soprattutto la Fed, la Banca centrale del Paese o meglio, del sistema finanziario che è stato l’epidi Alberto Berrini centro della crisi, ha dovuto ricorrere a politiche di espansione monetaria non convenzionali. Più cauto, da questo punto di vista, è stato l’atteggiamento della Banca centrale europea. E non poteva essere diversamente. A differenza della Fed, la Bce non ha alle spalle un’autorità fiscale, cioè lo Stato, che è il reale prestatore in grado di ripianare le eventuali perdite derivanti dagli interventi delle autorità monetarie. Normalmente la politica monetaria agisce a sostegno

| 20 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

dell’economia. Si tratta di “far bere il cavallo” (secondo la nota espressione di Keynes) facendo scendere il prezzo dell’acqua. Fuor di metafora i bassi tassi di interesse favoriscono le decisioni di spesa e di investimento. Ma una volta che tale prezzo si è praticamente azzerato (come è avvenuto negli Stati Uniti con la decisione della Fed del 16 dicembre scorso) la Banca centrale deve cercare nuovi strumenti per svolgere la sua funzione. Una funzione che non ha riguardato tanto il sostegno all’economia reale (in quanto nella fase più acuta della crisi le aspettative negative annullano l’efficacia di stimolo dei bassi tassi di interesse) ma a quel punto soprattutto il salvataggio di quella “finanziaria”, in preda

in quei mesi ad una crisi che rischiava di far implodere i mercati del credito. Una politica monetaria di tale natura è denominata quantitative easing (politica di espansione quantitativa) o anche credit easing (politica di espansione del credito) – nella sua versione più aggressiva perché più mirata su singoli comparti – che ha l’obiettivo di “sbloccare” i meccanismi del credito “salvando” i soggetti (cioè gli intermediari finanziari) preposti a quel compito. La Fed ha applicato tale politica monetaria agendo in tre ambiti: sostenendo tramite prestiti le istituzioni finanziarie in difficoltà;

.

. .

fornendo liquidità direttamente ai mercati monetari e del credito; acquistando titoli a lungo termine. Si può in definitiva concludere che mentre in tempi normali la politica monetaria è controllo dei tassi di interesse con l’obiettivo di perseguire una crescita senza inflazione, in tempi di crisi è lo strumento con cui la Banca Centrale svolge il ruolo di prestatore di ultima istanza. Su questo punto il governatore della Fed, Ben Bernanke, è stato chiaro: “Per evitare una nuova Grande Depressione sono pronto a riempire di dollari gli elicotteri e a lanciarli sulle città”. Speriamo almeno scelga i quartieri giusti.

.

|

ANNO 9 N.70

|

John Maynard Keynes, nel 1942 l’economista britannico aveva proposto una moneta sovranazionale, il Bancor.

GIUGNO 2009

| valori | 21 |


| dossier | moneta |

| dossier | moneta |

Complementari, locali, sociali Le valute anti-crisi

Banconote complementari Da sinistra, Ithaca (New York), Chiemaguer (Baviera), Berkshare (Massachussetts) e Plenty (North Carolina).

Proliferano in tutto il mondo i sistemi monetari alternativi adottati in ambiti circoscritti. Possono essere una misura antirecessione, che aumenta il denaro da spendere. si economiche – dal crollo di Wall Street del 1929 al default argentiUNO STRUMENTO SCONOSCIUTO ALLE GRANDI PLATEE, un mecno del 2001- troviamo paesi, contee, città e regioni che sono ricorsi canismo che lascia scettici molti economisti ma, nonoa tale metodo: nel 1931, ad esempio, il sindaco di Woergl (Tirolo austante tutto, c’è un settore che ha tratto nuova linfa dalstriaco) stampò dei buoni da spendere nei negozi del comune. Se l’attuale fase di crisi economica: quello non venivano spesi entro un mese, perdevano di valore. In tal modelle monete complementari. di Emanuele Isonio do il “denaro” circolava anziché essere risparmiato. E attraverso quel Spiegare cosa sono è abbastanza circolo virtuoso i clienti acquistavano nei negozi, i commercianti agevole: sono strumenti di scambio, che si affiancano alle valute ufpotevano pagare nuovi lavoratori che a loro volta avevano denaro ficiali senza sostituirle e possono essere utilizzati per acquistare beni da spendere. Risultato: Woergl risentì della recessione meno del ree servizi, di solito in luoghi territorialmente o socialmente circosto dell’Austria. Il segreto – secondo i promotori di questo strumenscritti. Non hanno ovviamente corso legale (perché non sono emesto – sta proprio nella circolazione limitata delle valute alternative: se dallo Stato) ma per farle proliferare basta che si crei un circuito di creando una “moneta” spendibile solo entro determinati confini, si persone che le accetta come forme di pagamento e vi ripone fiducia. stimolano gli scambi all’interno di quel mondo e, quindi, la cresci«Tutte le monete, anche quelle ufficiali, si basano sulla fiducia», spieta economica di quella zona. ga Paolo Palazzi, docente di Economia dello Sviluppo all’università La Sapienza di Roma. «Euro e dollari non sono altro che pezzi di carta che noi accettiamo come pagamento di beni e servizi perché sia- Centinaia di esperimenti mo certi che potremo utilizzarli a nostra volta per acquistare ciò che Non deve quindi stupire che, anche oggi, centinaia di esperimenti di ci occorre». Ma quando in aree depresse o in fasi di crisi, il denaro valute complementari siano fioccati un po’ ovunque: in Sudamerica, (quello ufficiale) da spendere si riduce e la fiducia nel sistema diminegli Stati Uniti e in molti Stati europei. «Da quando la crisi è peggionuisce («la crisi del credito non è altro che una rata - dice Paul Glover, ideatore di Ithaca Hours, il SITI INTERNET UTILI grande crisi di fiducia del sistema bancario nei sistema di moneta alternativa adottato ad Ithaca, confronti degli aspiranti debitori», spiega Palazzi), nello Stato di New York -, il mio telefono squilla in www.valueforpeople.co.uk le popolazioni locali hanno due scelte: o si arrencontinuazione: molte comunità vogliono organizwww.appropriate-economics.org dono a vedere ridotto il proprio tenore di vita o zare l’emissione di nuova moneta, per aiutare il www.monetacomplementare.it studiano modi per stimolare gli scambi all’interno commercio locale e sopravvivere alla crisi». «Si stiwww.olccjp.net www.community-exchange.org della propria comunità. ma che ci siano almeno 2.500 valute complemenwww.complementarycurrency.org Non sono possibilità solo accademiche. tari in giro per il mondo», rivela Bernard Lietaer, /ccDatabase Tutt’altro. In occasione delle più drammatiche crieconomista della Banca Mondiale e cofondatore

È

dell’euro. Difficile però effettuare una stima precisa, perché molte hanno una diffusione molto limitata e nessuna traccia su internet. E perché molti sono esperimenti che iniziano e finsicono nell’arco di pochi anni, o mesi (sui siti www.community-exchange.org e www.complementarycurrency.org/ccDatabase è possibile vedere una carrellata delle monete complementari nel mondo. Non è però specificato quali siano ancora in corso e quali no). L’Ithaca Hours è uno dei sistemi più longevi: nacque nel 1991 per tutelare i produttori locali contro la catena di ipermercati Wal Mart nella grande distribuzione. Le banconote (del controvalore di 10 dollari) sono accettare nel raggio di 50 miglia e una locale banca di credito cooperativo (la Alternative Credit Union) offre conti correnti in Hours a tasso zero. Un sistema mutuato recentemente da molte altre esperienze made in Usa: i BerkShares di Berkshire in Massachussetts, i Plenty di Pittsboro (North Carolina), gli Equal Dollar di Philadelphia o i Cheers di Detroit e così via, lungo una lista infinita di nomi. Ma anche nel Vecchio continente, gli esempi non mancano. La ricerca dei capifila ci porta in Italia, con gli Arcipelago Scec (vedi BOX ); in Gran Bretagna, a Totnes i cui pound, oltre che come sostegno all’economia locale, sono nati con motivazioni ecologiche: ridurre le “food miles”, la distanza percorsa dagli alimenti, così da contenere inquinamento e consumi energetici. Oppure in Baviera dove i “Chiemgauer” sono spendibili in oltre 600 attività commerciali e hanno una particolarità “solidale”: al momento del cambio in euro, il 3% del loro valore viene destinato ad associazioni non profit indicate dai consumatori. Un’inziziativa che ha fatto proseliti: l’associazione conta 2400 membri (erano 1650 a fine 2006) e i Chiemgauer in circolazione sono passati dai 70 mila del 2006 ai 180 mila del 2007 ai 368 mila attuali.

LA ZECCA VIRTUALE SI STANNO MOLTIPLICANDO GLI AMBITI VIRTUALI dove vengono emesse valute. La Mind Bank (sede centrale in Virginia) ha ricevuto l’autorizzazione dalla Banca centrale svedese a scambiare la corona con il Ped, il Project Entropia Dollar, usato nell’Universo Entropia, “il primo universo virtuale con una vera economia cash”. I Linden Dollar, la valuta di Second Life, sono ora utilizzati anche su altri network sociali e in altri siti fantasy. Facebook, per non essere da meno, ha appena annunciato l’intenzione di far circolare una sua moneta. Da notare che le monete sono virtuali, ma i profitti sono reali: la Tencent, ditta cinese fondata nel 1998 e quotata alla Borsa di Hong Kong dal 2004, distribuisce beni e servizi virtuali a valore aggiunto. Vanta già un fatturato che supera il miliardo di dollari. Pa. Bai.

Con qualche “ma” Ma non sono pochi gli esperti che avanzano timori sui rischi connessi ai sistemi monetari complementari. Gli economisti d’impostazione classica temono che l’iniezione di denaro, se fatta su larga scala, porti a un aumento dell’inflazione. C’è chi adombra rischi di protezionismo e di esclusione per chi non appartiene al circuito. In un Paese come l’Italia, poi, in cui la criminalità organizzata è diffusa capillarmente c’è da considerare anche il fattore legalità: le monete complementari possono essere un aiuto (involontario) alle attività di riciclaggio e di contraffazione? «La perplessità ce la stiamo ponendo anche noi», ammette Vincenzo Linarello, presidente del consorzio Goel, che sta collaborando con Arcipelago Scec. «I sistemi mafiosi sono così radicati nei nostri territori (la Locride, ndr) che qualsiasi azione non marginale va incontro a questo rischio. Difficilissimo poter distinguere gli esercizi commerciali “onesti” da quelli sotto il controllo mafioso. Nemmeno i certificati antimafia sono una garanzia valida. Ma è utile fare la radiografia di tutti i soggetti con cui veniamo in contatto? O è più utile creare un circuito economico alternativo, che dimostri che esistono vie di sviluppo più vantaggiose di quelle proposte dalla criminalità? Da noi non è la ricchezza a mancare, né i prodotti, né le competenze. Manca la capacità di monetizzare questa ricchezza. Le monete complementari possono essere l’uovo di Colombo che rende possibili questi scambi».

.

Si rischia di fare un regalo alla criminalità Scarsa trasparenza, contraffazione, inflazione, protezionismo e un favore alle organizzazioni malavitosi. Sono i rischi dietro le monete complementari secondo l’economista Piero Alessandrini. UESTO DISCORSO DELLE MONETE COMPLEMENTARI non è una “cavolata” ma rischia di essere una fregatura». Anche a costo di sfiorare la banalizzazione eccessiva, il merito delle semplificazioni sta proprio nel racchiudere in poche parole il succo di un ragionamento. Quella confidi Emanuele Isonio dataci da Piero Alessandrini, ordinario di Politica

«Q | 22 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

monetaria all’Università di Ancona, al termine della nostra intervista, non sarà politically correct ma riassume in modo efficace il suo punto di vista sulla questione.

tanto che ci farò fare una tesi a un mio laureando. Ma non lo considero un grande stimolo per lo sviluppo. Tutto sommato, credo che il gioco non valga la candela.

Quindi lei è contrario a questo strumento? Non mi fraintenda. È un argomento molto stimolante

Ci vede più rischi che vantaggi? Esattamente: i rischi sono proporzionali all’ampiezza del

circuito in cui circola la moneta. Se l’ambito è circoscritto, in termini territoriali o di beni scambiati, lo strumento può funzionare, ma i vantaggi non possono essere così sostanziali come dicono i promotori. Se l’ambito si allarga, aumentano i rischi. E a quel punto mi chiedo: perché sostituire una moneta ufficiale con un’altra moneta?

|

ANNO 9 N.70

|

Piero Alessandrini, ordinario di Politica monetaria ad Ancona.

GIUGNO 2009

| valori | 23 |


| dossier | moneta |

| dossier | moneta |

Quali rischi la preoccupano? Le monete complementari funzionano solo perché tra gli aderenti c’è una reciproca fiducia. Se il bacino si allarga, la fiducia diminuisce. Il sistema diventa meno trasparente, aumenta il pericolo di contraffazione delle “banconote” (che sono sicuramente meno sofisticate dell’euro) e l’inflazione. Tutti problemi che, con una moneta ufficiale, sono tenuti sotto controllo dalle Banche centrali. E poi c’è anche il pericolo di chiusura verso l’esterno e di protezionismo. Detto ciò, senza dubbio questo strumento ha un valore simbolico perché valorizza l’identità territoriale di una comunità e favorisce la diffusione di beni di prima necessità provenienti dal territorio stesso. Ma, in questo modo, rischiamo di tornare all’era feudale, quando tutto era prodotto all’interno del villaggio.

Monete complementari. Sopra, da sinistra, due banconote dei trueques (Argentina), totnes pound (Inghilterra), palmas (Brasile). Nell’altra pagina, due prime versioni degli scec, Calgary Dollars (canada) e il simbolo del Tauschring, sistema monetario comunitario tedesco.

Bankitalia ha assunto una posizione molto rigida

contro le monete complementari. La Bundesbank ha invece “chiuso un occhio”, tollerando questi esperimenti, sebbene la legge tedesca li vieti. Chi ha ragione? Hanno ragione entrambi. Se vogliamo, la via scelta dalla Banca centrale tedesca è più coraggiosa. La Banca d’Italia è sempre stata più prudente. E a ragione: non dimentichiamo che un quarto del nostro territorio è soffocato da una malavita organizzata e capillare. In un simile contesto i rischi di contraffazione e infiltrazione aumentano. Con le monete complementari si può fare un “favore” alle cosche? Sicuramente. Il crimine cerca di controllare le economie locali e di far sparire ciò che è controllabile. Le monete alternative sono meno sicure di quelle ufficiali, sono di fatto off-shore perché non controllate dalle istituzioni ufficiali.

.

NON BASTA LA MONETA «LE MONETE COMPLEMENTARI SONO FONDAMENTALI nei momenti di crisi. Non solo per rivitalizzare un’economia locale, ma anche perché sono uno strumento di democrazia. Per questo preferisco chiamarle “monete sociali”». Heloisa Primavera è una dei principali esperti e sostenitori delle monete complementari, tra gli organizzatori della rete del Trueque in Argentina. Quindi le monete complementari non hanno solo finalità economiche?

Assolutamente no. L’emissione di moneta è anche il segreto del cambio di modello: se un gruppo delega l’emissione di moneta, delega la propria sovranità, consegna il potere che la moneta conferisce. Con le monete complementari invece si riappropria di quel potere.

È sufficiente quindi avere una propria moneta per migliorare la vita di una comunità?

No, non basta la moneta. Deve essere integrata in un sistema di economia solidale. Il prossimo passo del microcredito per esempio deve essere adottare la moneta complementare. Sarebbe auspicabile una diffusione mondiale delle monete complementari?

Le monete complementari sono uno strumento applicabile ovunque, ma creare una rete di monete complementari non avrebbe senso. Si riprodurrebbe il sistema monetario ufficiale e si perderebbero i benefici economici e sociali di una moneta alternativa. E.T.

Per uscire dalla crisi e riscrivere anche le regole della moneta La crisi nasce dall’aver pensato la moneta come una merce anzichè come una regola e una misura per lo scambio dei beni e per l’acquisizione della ricchezza. Secondol’opinione diLuca Fantacci, ricercatore della Bocconi. come quella attuale, le monete complementari possono essere molto utili». È positivo il giudizio su questo strumento di Luca Fantacci, ricercatore all’Università Boccodi Elisabetta Tramonto ni di Milano e autore del libro La moneta. Storia di un’istituzione mancata. Anzi, secondo il ricercatore, le valute complementari possono anche stimolare a riscrivere le regole della finanza e della politica monetaria internazionale.

«D

I FRONTE A UNA CRISI DI LIQUIDITÀ

monete locali possono “Le fornire un duplice contenuto: rendere disponibile il denaro dove è venuto a mancare e possono facilitarne la circolazione

| 24 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

Come possono le monete complementari aiutare ad uscire dalla crisi? Negli anni dell’espansione il denaro sovrabbondante rincorreva le opportunità di investimento più strampalate, le carte di credito venivano offerte al banco del droghiere come le caramelle e gli economisti teorizzavano una finanza talmente “democratica” da prestare anche a chi non se lo merita. Poi, d’un tratto, il denaro è venuto a mancare altrettanto indiscriminatamente: ora non si fa più credito neanche alle imprese sane o ai lavoratori solventi. E questo, a dispetto delle massicce “iniezioni di liquidità” da parte dei governi e delle banche centrali. Il denaro emesso, anziché essere speso o prestato, è trattenuto dalle banche o dalle famiglie, scoraggiate dalle prospettive economiche negative. In questo contesto le monete locali possono fornire un duplice contributo: possono rendere disponibile il denaro proprio là dove è venuto a mancare e possono facilitare la circolazione del denaro. Gli esperimenti che già esistono sono efficaci? Il difetto di molte monete locali, così come sono state concepite e implementate, è che vedono un polo solo del problema. Se ci sono

delle persone che non hanno soldi per arrivare alla fine del mese, si pretende di dar loro una moneta locale gratuitamente, senza preoccuparsi di dove potrà essere spesa. Se ci sono delle persone che non lavorano, si pretende di remunerarle in moneta locale, senza preoccuparsi del fatto che vi sia un’effettiva domanda per il loro lavoro. È vero che non costa niente emettere un pezzo di carta con un numero. Ma, così come viene dal nulla, bisogna che la moneta torni al nulla, lasciando spazio alla produzione e alla circolazione dei beni. Se le monete locali non rispondono a questi principi, rischiano di incorporare tutti i difetti della moneta ufficiale – e per di più al di fuori di ogni legalità. Perché una moneta sia davvero tale, occorre che circoli, mettendo in comunicazione produttori e consumatori. E perché questo accada, devono verificarsi due condizioni. Primo, l’ambito di circolazione deve essere sufficientemente ampio e vario da includere soggetti che possano avere un interesse vitale a scambiare gli uni con gli altri i frutti del proprio lavoro. Secondo, la moneta deve essere costruita in maniera tale da circolare continuamente, senza stagnare o essere accumulata, per esempio sottoponendo la moneta a un costo di detenzione, cosicché chi non la spende se la vede diminuire.

Ma concentrarsi su questo strumento particolare non rischia di “distrarre” da problemi più rilevanti del sistema finanziario mondiale? Al contrario, credo che le monete complementari possano contribuire a portare l’attenzione su una questione che è stata gravemente sottovalutata nell’affrontare la crisi: la necessità di riformare il sistema monetario. Molto è stato detto a proposito dell’opportunità di definire nuove regole per la finanza, di rafforzare la supervisione a livello nazionale e internazionale. Ma quasi nulla è stato detto a proposito di quella regola fondamentale della vita economica che dovrebbe essere la moneta. Eppure, la crisi nasce proprio dal fatto di avere pensato e istituito la moneta come una merce da scambiare e da accumulare, anziché come una regola e una misura per lo scambio dei beni e per l’acquisizione della ricchezza reale. La progettazione e la realizzazione di circuiti di monete complementari possono essere un’occasione per porre al centro della riflessione economica e politica la riforma delle istituzioni monetarie. Purché la rivendicazione dell’autonomia monetaria sia sempre accompagnata da una chiara consapevolezza delle responsabilità che comporta.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 25 |


| dossier | moneta |

| dossier | moneta |

Arcipelago Scec, oltre la dimensione locale

LA COSPIRAZIONE DELL’AMERO

Sembra piacere a imprese e clienti perché garantisce un sistema di sconti tra associati. Con l’ambizione di creare roccaforti contro la Grande distribuzione.

L

E MONETE COMPLEMENTARI sono nate come strumento eco-

nomico da applicare in ambiti circoscritti. Ma c’è chi ha voluto andare oltre, per dimostrare che questo modello può funzionare meglio se si costruisce una rete, che superi la fase di Emanuele Isonio meramente localistica. È il caso, tutto italiano, dello Scec (Solidarietà ChE Cammina). Nato un paio d’anni fa dall’unione di alcuni esperimenti locali (l’Ecoroma nella Capitale, Il Cro a Crotone, il Tau a Lucca e lo Scec di Napoli), in poco tempo si è moltiplicato in maniera esponenziale e oggi coinvolge 11 regioni (la dodicesima, il Piemonte, si unirà a breve). Merito, secondo gli organizzatori, dell’estrema semplicità di utilizzo. «A li-

vello legale si configura come una riduzione volontaria di prezzo a chi aderisce al circuito», spiega Pierluigi Paoletti, presidente nazionale di Arcipelago Scec. In pratica chiunque può aderire (gratuitamente) attraverso il sito www.scecservice.org. Riceverà così 100 Scec da usare negli esercizi convenzionati. Quando comprerà qualcosa, potrà pagare con gli Scec una parte del prezzo del prodotto (tra il 10 e il 30% del costo). L’esercente a sua volta potrà usare i buoni per pagare fornitori e produttori, garantendo la circolazione degli Scec. Il sistema sembra piacere a imprese e clienti. Perché in meno di 24 mesi al circuito si sono iscritte 10 mila persone e oltre 2 mila aziende, che fanno circolare 700 mila Scec (pari a 700 mila euro). Per agevolare la crescita del sistema, sono in rampa di lancio anche

il “conto Scec” e un sistema di e-commerce che garantiranno una circolazione più veloce. «Abbiamo l’ambizione di creare un circuito alternativo che dimostri la possibilità di fare economia in modo diverso. Che permetta di costruire roccaforti nel territorio contro la grande distribuzione. Che aiuti la diffusione di prodotti locali e àncori la ricchezza al territorio». La diffusione a livello nazionale in questo senso è un vantaggio: «Una rete nazionale permette ai produttori locali di smaltire altrove le eccedenze produttive di un’area e di diffondere le eccellenze e i prodotti di qualità. Inoltre gli esercenti in questo modo dialogano tra loro, si sviluppano aggregazioni aziendali, si sfruttano le economie di scala e si attrae clientela».

.

Sucre, l’Alba di un nuovo sistema monetario

Il logo realizzato per l’Arcipelago Scec nel 2008, in occasione del primo meeting. Sopra, l’Amero.

La prima moneta virtuale transnazionale dell’America Latina sarà attiva negli scambi commerciali dal 2010 tra le nazioni dell’Alternativa bolivariana per le Americhe. Ma potrebbe diventare l’euro del Sud. I CHIAMA SISTEMA ÚNICO de Compensación Regional de Pagos o più semplicemente Sucre e fa già sognare l’America Latina non allineata. Quella di cui Hugo Chávez ha annunciato la nascita lo scorso aprile è, infatti, la prima moneta virtuale transnazionale del Subcontinente. La valuta, che entrerà virtualmente in funzione nel 2010, di Matteo Cavallito e Emanuele Isonio dovrà sostituire il dollaro in tutti quegli scambi commerciali tra le nazioni dell’Alternativa bolivariana per le Americhe – Alba (Bolivia, Cuba, Repubblica Dominicana, Honduras, Nicaragua e Venezuela. Ma potrebbero aderire anche Ecuador e Paraguay) in cui si utilizza tuttora il biglietto verde. Non c’è nulla di cui stupirsi visto che alle monete La stretta di mano complementari capita spesso di proliferare nei momenti tra Fidel Castro di crisi. Fu proprio una crisi, anzi, un fracaso, a dare una e Hugo Chavez, spinta decisiva al fenomeno delle monete sociali in Aralla firma dell’accordo gentina. Dopo il crack finanziario del 2001, la nazione rioper l’Alternativa platense ha conosciuto la circolazione di valute complebolivariana per le Americhe. mentari nei circuiti dei cosiddetti Trueques, imitando i All’Avana (Cuba), cugini brasiliani che da tempo vantavano a Fortaleza l’iil 29 aprile 2005. sola felice dei Palmas. Il principio di questi sistemi è relativamente semplice: la moneta complementare ha valore in un mercato ristretto, la sua circolazione aumenta generando valore e le fluttuazioni del mercato dei cambi, che caratterizzano le valutazioni tradizionali, restano confinate al mondo esterno.

S

| 26 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

Svincolarsi dal dollaro Nel caso del Sucre il meccanismo non sarebbe diverso. Il mercato più grande da cui “svincolarsi” è quello del dollaro. In un mondo in cui gli Usa hanno cessato di essere l’unica superpotenza economica, l’utilizzo del dollaro come valuta di riferimento universale appare anacronistico. Argentina e Brasile hanno iniziato a sostituire la moneta americana nei loro scambi, i cinesi lavorano nella stessa direzione siglando accordi commerciali bilaterali. Il Sucre punta però più in alto, mirando a diventare moneta unica regionale sul modello dell’euro. La normalizzazione dei conti pubblici delle nazioni aderenti, requisito fondamentale per la riuscita dell’operazione, resta al momento un’impresa complicata.

Da Keynes ai giorni nostri L’idea di una moneta sovranazionale era stata lanciata già nel 1942 dall’economista britannico John Maynard Keynes, prima della conferenza di Bretton Woods. Un’idea che oggi ripropongono, in un recente studio (Resurrecting Keynes to Revamp the International Monetary System), due economisti italiani: Pietro

Alessandrini e Michele Fratianni, docenti all’Università politecnica delle Marche. «Il piano di Keynes non venne accettato per l’opposizione degli Stati Uniti, che, come Paese dominante (allora e per i successivi 50 anni), aveva tutto l’interesse a basare le compravendite internazionali sul dollaro, garantendone la convertibilità in oro – spiegano i due docenti –. Ora che il dollaro è oggettivamente debole e non è più convertibile in oro dal 1971, si può riproporre un sistema di clearing con un accordo cooperativo tra la Fed, la Bce e almeno la Banca centrale cinese. I vantaggi in termini di stabilità monetaria internazionale sarebbero immediati e durevoli. Noi abbiamo proposto un accordo trilaterale tra Fed, Bce e Banca centrale cinese per realizzare una moneta-paniere sovranazionale, non sostitutiva ma complementare alle monete nazionali: l’iniziativa di istituire presso l’Fmi una stanza di compensazione multilaterale dei rapporti di credito-debito tra Banche centrali dovrebbe partire da Fed e Bce, con l’obiettivo prioritario di incentivare la Cina, l’attuale maggiore Paese creditore, a entrare nel sistema compensativo multilaterale».

.

|

ANNO 9 N.70

|

L’AMERO è ormai entrato a pieno diritto tra le leggende metropolitane. La teoria racconta dell’unione economica e monetaria tra Canada, Stati Uniti e Messico. L’Amero dovrebbe essere la moneta di scambio di questa area commerciale e, sul modello dell’euro, dovrebbe sostituire il dollaro canadese, il dollaro statunitense e il peso messicano. Sui siti cospirazionisti si legge che «nel 2007 sono stati coniati 800 miliardi di Amero e sono stati inviati in Cina. Secondo il “piano” all’inizio del 2009 il governo federale americano (ma non lo fa la Fed? ndr) continuerà a immettere dollari in circolazione aumentando a dismisura il debito. Il debito Usa sarà così grande da diventare impossibile da pagare e quindi il governo decreterà il default finanziario e la legge marziale. I banchieri mondiali allora si offriranno di convertire il dollaro e altre monete in Amero, ma con un cambio sfavorevole per i cittadini. E così si compirà la più grande truffa della storia». Anche se non ve ne siete accorti il “piano” pare sia già in esecuzione. Pa. Bai.

GIUGNO 2009

| valori | 27 |


| inbreve |

| inbreve |

Unicredit, Intesa e Ubi Banca: le regine dei fondi armati >30 Enel: chiare, fresche e dolci acque del Delaware >34 Eni chiede partecipazione. E noi partecipiamo >36

finanzaetica WORLD BANK: AIUTI SENZA CONTROLLO

LA BOLLA SUBPRIME GONFIATA ANCHE DAI LOBBYSTI FINANZIATI DALLE BANCHE

VENEZUELA: SI AMPIA IL MICROCREDITO PER I RIFUGIATI

ETHOS: SUCCESSO PER LA CAMPAGNA “SAY ON PAY”

CRISI SÌ MA NON PER TUTTI PER BANCA ETICA UN BILANCIO IN CRESCITA

NON SI GIOCA CON IL RISCALDAMENTO GLOBALE

Il programma di aiuto ai Paesi poveri, promosso dalla Banca Mondiale attraverso l’International Development Association, rischia di risultare totalmente inefficace a causa della spaventosa carenza di controllo sulla destinazione e l’utilizzo dei fondi. Lo ha segnalato un rapporto interno dell’organismo autonomo Independent Evaluation Group (IEG) i cui contenuti sono stati ripresi dal Wall Street Journal. Secondo l’IEG, il programma oggetto di indagine, del valore complessivo di 40 miliardi di dollari e destinato a finanziare 78 nazioni, ha meritato l’attribuzione del peggior livello possibile di rating. «I tradizionali sistemi di controllo della Banca non sono stati progettati per contrastare la frode e la corruzione ma per garantire l’efficienza e l’equità al costo più basso possibile» ha dichiarato Ian Hume, uno degli autori del rapporto, in un’intervista al quotidiano finanziario americano. Le 690 pagine della relazione, ha ricordato l’agenzia specializzata RSI News, avevano conosciuto inizialmente una scarsa diffusione per volontà dello stesso organismo. L’interessamento del Wall Street Journal ha contribuito in modo decisivo alla crescita dell’interesse presso l’opinione pubblica e alla richiesta di chiarimenti.

Nel corso dell’ultimo decennio i 25 principali emittenti di titoli subprime hanno speso 370 milioni di dollari in attività di lobbying allo scopo di tenere alla larga qualsiasi provvedimento di regolamentazione del settore. Lo ha rivelato il Financial Times citando uno studio condotto dal Center for Public Integrity (CPI), un’organizzazione non profit attiva nel giornalismo d’inchiesta. La vicenda assume contorni ancora più preoccupanti di fronte alla scoperta dei nomi delle grandi eminenze grigie della situazione. Le 25 società in questione, oggi quasi tutte fallite, appartenevano o erano largamente finanziate dalle maggiori banche del Paese: Citigroup, Goldman Sachs, Wells Fargo, JPMorgan e Bank of America. L’aspetto più inquietante risiede nel fatto che queste ultime sono oggi le principali beneficiarie del pacchetto di fondi statali (dei contribuenti) da 700 miliardi di dollari. Si calcola che nel triennio 2005-2007 le top 25 abbiano emesso da sole circa un trilione (mille miliardi) di dollari di titoli subprime, più o meno il 75% del totale. In cima alla lista dei 25 c’è Countrywide Financial, che ha messo in circolo 97 miliardi di dollari in titoli subprime ed è oggi controllata da Bank of America. Con 11 milioni di dollari di donazioni tra il 1998 e il 2008, Countrywide è stata una delle società più attive nell’attività di lobby e nei contributi elettorali. Non bisogna dimenticare, ha rilevato il Financial Times, che nell’ultimo decennio l’intera industria finanziaria americana ha elargito 2,2 miliardi di dollari ai candidati presidenziali. Tra i principali beneficiari George W. Bush che ha intascato 14 milioni di contributi proprio dagli operatori di Wall Street.

Il governo venezuelano intende ampliare il programma di microcredito destinato a sostenere l’inserimento sociale dei rifugiati colombiani e dei richiedenti asilo nella Repubblica Bolivariana. Lo ha reso noto la stampa locale. La prima fase del progetto ha già interessato 121 famiglie. “Il successo della prima fase dell’operazione ha spiegato il portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, Ron Redmond, in una nota ripresa dal portale Colombia.com è rappresentato dal bassissimo tasso di insolvenza: appena il 3%”. L’istituto di credito statale Banco del Pueblo Soberano ha erogato nella prima fase del piano 250 mila dollari per finanziare 65 progetti di avvio di attività produttive nel Paese. “Il progetto – ha precisato Redmond – promuove l’impiego nelle comunità di accoglienza e rappresenta un grande passo in avanti per proteggere e integrare più di 12 mila richiedenti asilo in attesa che venga riconosciuto il loro status”. Il piano, che rientra nel programma delle nazioni Unite “Frontiere di solidarietà”, dovrebbe ampliarsi ulteriormente verso i territori al confine con il Venezuela, teatro di scontri tra l’esercito di Bogotà e i guerriglieri delle Farc. La Colombia ha accusato in passato Caracas di sostenere la guerriglia. Si stima che negli ultimi dieci anni almeno 200 mila colombiani siano emigrati in Venezuela per sfuggire al conflitto.

Gli azionisti delle compagnie devono poter esprimere un’opinione vincolante sul sistema retributivo dell’intero management. Ethos, l’ente ginevrino specializzato nella gestione di assets “etici”, lo va ripetendo da tempo. E a distanza di mesi dall’avvio della campagna sul tema si vedono finalmente i primi risultati. Quattro delle cinque grandi compagnie svizzere in cui Ethos ha investito come azionista critico hanno infatti accettato di accogliere la risoluzione, nota come “Say on Pay”, che estende agli azionisti il diritto di parola sul tema delle retribuzioni. Al sì di ABB, Credit Suisse Group, Nestlé e UBS ha fatto da contraltare il no di Novartis, per il quale tuttavia - fa notare Ethos - il sostegno alla proposta espresso dal 31% dell’assemblea rappresenta comunque un segnale forte. Alla fine del 2008 il governo svizzero aveva avanzato una proposta di legge che estendesse agli azionisti il controllo sulla remunerazione del Cda, ma Ethos aveva giudicato la proposta insufficiente preannunciando iniziative dirette nelle assemblee e rimarcando più volte come il diritto di votare sulla paga del management costituisse un principio fondamentale raccomandato da tempo dall’OECD e già in vigore in Paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Olanda.

Un utile netto pari a 1,27 milioni di euro, una raccolta di risparmio cresciuta del 16% e un +15% nella concessione di finanziamenti. Nonostante l’utile sia calato rispetto al 2007, Banca Popolare Etica ha chiuso il 2008 con un risultato particolarmente soddisfacente nel quadro di una crisi generalizzata da cui è stata interessata solo marginalmente. «I soci hanno superato la soglia dei 30 mila ed è continuato il forte impegno della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, che sempre più va qualificando il nostro agire in ambito sociale e culturale – ha sottolineato il direttore generale della banca, Mario Crosta -. Ciò che non è allineato con i dati del 2007 è l’andamento economico che si sintetizza nell’utile d’esercizio. I motivi di questo calo vanno ricercati nella consistente e repentina riduzione dei tassi di interesse operata dalle autorità centrali nell'ultima parte del 2008 in risposta alla crisi economicofinanziaria. L'abbassamento dei tassi rappresenta un beneficio per gli operatori economici, ma diventa un fenomeno da governare per chi, come Banca Etica, esercita l’attività bancaria concentrando per la quasi totalità (90%) i propri ricavi sull’intermediazione del risparmio». Fiducia sulle prospettive future è stata espressa anche dal presidente dell’istituto Fabio Salviato che, in una nota, ha sintetizzato così gli obiettivi del prossimo triennio: «Crescita del capitale sociale e considerevole incremento dei finanziamenti erogati ha dichiarato Salviato -. Obiettivi alla nostra portata. Obiettivi che con rinforzato vigore affermeranno che l’interesse più alto è quello di tutti!».

I produttori di giocattoli e accessori per l’infanzia costituiscono il settore merceologico meno impegnato nel contrasto al riscaldamento globale. Lo ha segnalato una ricerca dell’organizzazione non profit Climate Counts. Il curioso e poco invidiabile primato (8 delle 13 compagnie analizzate hanno totalizzato il punteggio minimo nella scala di rating) si inserisce in un quadro sostanzialmente desolante. In una scala di valutazione compresa tra 0 e 100, nessuna delle compagnie esaminate nei 13 settori sotto indagine è riuscita a totalizzare più di quaranta punti. Fondata su iniziativa dell’azienda americana Stonyfield Farm (settore dell’agricoltura bio) in collaborazione con l’Ong Clean Air-Cool Planet, Climate Counts è oggi particolarmente impegnata nella sensibilizzazione dei consumatori. «Climate Counts – spiegano dall’ente – ritiene che il business costituisca la più potente istituzione del Pianeta e che attualmente esso si trovi di fronte a un’opportunità unica per migliorare gli standard di vita nel mondo attraverso le pratiche di sostenibilità. Per realizzare questa opportunità, tuttavia, le imprese devono garantire trasparenza e responsabilità. I consumatori hanno bisogno di essere informati per operare scelte consapevoli nell’acquisto e per aiutare le aziende a fare dei passi in avanti per contrastare il cambiamento climatico».

| 28 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 29 |


| finanzaetica |

Unicredit, Intesa e Ubi Banca Le regine dei fondi armati

PAUL JEFFREY / ACTION BY CHURCHES TOGETHER

ACE BANK: INVESTIRE SOLO IN ARMI MA SOLO PER SCHERZO NEL NOVEMBRE DEL 2006 una nuova banca ha aperto i propri uffici nel centro di Bruxelles. La Ace Bank, che prometteva rendimenti del 6,66% a tutti i suoi clienti, grazie a investimenti in aziende produttrici di armi, in quelle che investono nei Paesi che meno tutelano l’ambiente o i diritti umani o dei lavoratori, nelle industrie più inquinanti o in quelle che sfruttano i paradisi fiscali. Ai curiosi che entrando contestavano la mancanza di eticità di tali politiche, i responsabili della Ace Bank rispondevano candidamente che tutte le grandi banche finanziano queste imprese. Loro si erano unicamente specializzati in queste operazioni e lo dicevano apertamente alla clientela, adottando un comportamento più trasparente e, quindi, più responsabile della maggior parte delle altre banche. Dopo pochi giorni si è scoperto che si trattava di una brillante iniziativa di Netwerk Vlaanderen, una organizzazione belga che da anni promuove campagne di pressione e informazione per chiedere un comportamento più trasparente e sostenibile al sistema bancario. Negli anni questa organizzazione ha pubblicato diversi studi: dall’analisi dei rapporti delle banche con aziende che producono armi controverse quali le mine antiuomo, le cluster o le armi atomiche, a studi degli impatti sull’ambiente e sui cambiamenti climatici dei finanziamenti delle stesse banche. L’ultima ricerca in ordine di tempo riguarda la corruzione, con la denuncia di legami a volte molto stretti tra alcuni grandi istituti di credito e regimi dittatoriali nel Sud del mondo. Unendo lo studio e la ricerca ad azioni efficaci e spettacolari, come la finta apertura della Ace Bank, negli ultimi anni Netwerk Vlaanderen ha contribuito a migliorare il comportamento delle banche, ma anche a informare e sensibilizzare il pubblico e i clienti, in Belgio e in altri Paesi europei. www.netwerkvlaanderen.be/en

Nei fondi comuni di investimento delle banche italiane si nascondono produttori di mine antiuomo, armi nucleari e bombe cluster. In esclusiva su Valori la lista dei fondi più armati d’Italia. ITALIA (secondo i punteggi delle società di rating etico). Alla fine del 2007 ha approvato le nuove linee guida di gruppo per l’operatività nel di Mauro Meggiolaro, settore degli armamenti, “in Pilo Bonaiuti e Matteo Cavallito linea con l’orientamento etico proprio dell’istituto” e in collaborazione con Ong di grande esperienza come Rete Disarmo, Mani Tese e Crbm. Stiamo parlando di Ubi, il quarto gruppo bancario italiano. Ma le migliori linee guida «hanno ben poco valore pratico se non vengono attuate in maniera rigorosa e puntuale», commenta Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo. E non basta applicarle all’import-export di armamenti (regolato dalla legge SITI INTERNET 185/90). Si può finanziare la produzione di armi anche indirettamente, acquistando azioni di imprese che le www.disarmo.org producono, attraverso i fondi comuni venduti alla clienwww.manitese.it tela. Ubi lo fa. E non è la sola. www.crbm.org Valori lo ha scoperto, grazie a una ricerca condotta sui | 30 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

rendiconti annuali delle prime cinque società di gestione del risparmio (sgr) italiane: Eurizon (Gruppo Intesa Sanpaolo), Pioneer (Unicredit), Ubi Pramerica (Ubi Banca), Arca Sgr (controllata da un gruppo di banche popolari) e Montepaschi Asset Management. La ricerca si è concentrata sui titoli delle società che, in base ai dati messi a disposizione dall’agenzia di rating etici Eiris (www.eiris.org) e da una serie di Ong come Landmine Monitor, producono armi “controverse” (vedi SCHEDE ).

Portafogli sotto esame: da Ubi... Basta scorrere la lista dei primi 50 titoli presenti nei portafogli dei fondi Eurizon, Pramerica, Arca, ecc. per trovare dati interessanti. Prendiamo, per esempio, il fondo Ubi Pramerica Portafoglio Aggressivo. A pagina 369 del Rendiconto al 30 dicembre 2008 (scaricabile on line dal sito di Ubi, www.ubibanca.it) scopriamo che il fondo investe un milione di euro in armi “controverse” grazie alle partecipazioni in Lockheed Martin (mi-

ne antiuomo, cluster e armi nucleari), Bae Systems e Boeing (armi nucleari). Chi, invece, ha messo i suoi soldi nel fondo Obbligazioni Globali Alto rendimento, sempre di Ubi, ha contribuito a sostenere, con 1,34 milioni di euro totali, la società americana L-3 Communications che produce anche le famigerate bombe a grappolo (cluster): ordigni lanciati da aerei, elicotteri o dall’artiglieria di terra, che si aprono e rilasciano centinaia di sub-munizioni: bombe più piccole, granate, mine, agenti chimici, che si disperdono in aree molto vaste. Le munizioni dovrebbero esplodere una volta raggiunti gli obiettivi. In realtà molte rimangono inesplose (dal 5% al 30% del totale) creando veri campi minati. In base alla nostra ricerca, Ubi Pramerica investe un totale di 9,7 milioni di euro in società che producono armi controverse, ad alto potenziale distruttivo. Se si includono anche Siemens e Daimler, che producono componenti per bombe cluster e armi nucleari si arriva a 38,73 milioni.

LE IMPRESE CHE PRODUCONO ARMI

CLUSTER Alliant Techsystems BAE Systems General Dynamics Goodrich Corporation IHI L-3 Commun. Holdings Lockheed Martin Meggitt Raytheon Rheinmetall Siemens

NUCLEARE Babcock Intern. Group BAE Systems Boeing Daimler European Aeronautic Defence & Space EADS Finmeccanica General Dynamics Lockheed Martin Northrop Grumman Serco Group

MINE ANTIUOMO Alliant Techsystems General Dynamics Lockheed Martin Raytheon Singapore Technologies Engineering TT electronics

USA UK USA USA GIAPPONE USA USA UK USA GERMANIA GERMANIA

UK UK USA GERMANIA FRANCIA ITALIA USA USA USA UK

USA USA USA USA SINGAPORE UK

Nella foto grande, un gruppo di angolani che hanno subito un’amputazione alla gamba a causa dell’esplosione di mine antiuomo. Qui a fianco, lo schema di funzionamento delle bombe a grappolo: prima di colpire [1], l’ordigno si apre per disperdere le bombe in esso contenute [2].

[1]

[2] FONTE: POLITICALMINEFIELDS.WORDPRESS.COM

È

UNA DELLE BANCHE QUOTATE PIÙ SOCIALMENTE RESPONSABILI IN

FONTI: EIRIS, LANDMINE MONITOR

| finanzaetica | portafogli pericolosi |

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 31 |


| finanzaetica |

| finanzaetica |

Nella pagina a fianco, bombe a grappolo sparpagliate sul terreno.

MINE ANTIUOMO Come le cluster bombs, le mine antiuomo possono giacere per anni su un terreno senza esplodere, provocando danni a guerra conclusa e colpendo la popolazione civile. Tra gli effetti più comuni la mutilazione degli arti, fenomeno particolarmente diffuso in Afghanistan e Cambogia. Il primo significativo sforzo per la messa al bando di questi ordigni risale al cosiddetto Trattato di Ottawa, redatto nel 1994 ed entrato in vigore nel 1999. Secondo i dati dell’ultimo rapporto della Ong Landmine Monitor sono 156 i Paesi che hanno aderito al trattato. Tra le assenze eccellenti quelle di Stati Uniti, Russia, Cina, India e Corea del Nord. Israele, Finlandia, Polonia ed Egitto hanno cessato la produzione pur non aderendo al trattato. Complessivamente sono 51 i Paesi che hanno fabbricato nel corso degli anni questo genere di ordigno, 34 di essi, tra cui l’Italia, hanno fermato la produzione. Cina, Cuba, India, Iran, Myanmar, Nepal, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Singapore, Corea del Sud, Usa e Vietnam sono ancora attivi. Tra le principali aziende produttrici le americane Lockheed Martin e Raytheon e la Singapore Technologies Engineering. www.icbl.org/lm

...a Intesa Sanpaolo Ma Ubi non è sola. A farle compagnia c’è il Gruppo Intesa Sanpaolo, lo stesso che, nel luglio del 2007, ha deciso di sospendere definitivamente “la partecipazione ad operazioni finanziarie che riguardano il commercio e

URANIO IMPOVERITO Si ottiene come scarto dal procedimento di arricchimento dell’uranio. Il materiale risultante è soprattutto 238U che ha una minore attività specifica dell’uranio naturale. Viene utilizzato soprattutto come componente delle munizioni anticarro, dei missili aria-terra e per corazzare i carri armati. Quando un proiettile all’uranio o un carro armato con corazzatura all’uranio prende fuoco, parte dell’uranio impoverito brucia e si frammenta in piccole particelle che contaminano l’aria, il terreno e l’acqua, producendo gravi danni all’organismo (tumori, danni a fegato e reni, malformazione dei feti). Celebre, in tal senso, la drammatica “Sindrome del Golfo” che colpì circa 90 mila reduci americani della prima guerra irachena. L’uranio impoverito è stato utilizzato anche nel corso della guerra in Kosovo. Secondo il portale www.uranioimpoverito.it la Nato avrebbe ammesso di aver sparato nell’occasione circa 31 mila proiettili “speciali” per un totale di circa 10 tonnellate di materiale radioattivo. Secondo la ICBUW, International Coalition to Ban Depleted Uranium, i principali produttori mondiali di munizioni all’uranio impoverito sono le americane Aerojet, Alliant Techsystems e General Dynamics, la francese Nexter e la pakistana Ordnance Factories. Fino al 2006 faceva parte della lista anche la britannica Bae Systems. www.bandepleteduranium.org

la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90”. Anche a Intesa l’investimento in azioni dei produttori di armi deve essere sfuggita. Dal rendiconto annuale di Eurizon (la principale società di gestione del Gruppo) si apprende per esempio che il fon-

I PRINCIPALI PRODUTTORI DAL NUCLEARE ALL’URANIO IMPOVERITO

BEOING È una società aerospaziale statunitense, una delle maggiori al mondo, con 160 mila dipendenti e un fatturato di 60,9 miliardi di dollari nel 2008. È coinvolta nella produzione di armi nucleari, tra cui un missile intercontinentale armabile con testate nucleari e l’ALCM, armato fino agli anni Ottanta con testate nucleari. Ha recentemente testato il Massive Ordnance Penetrator, un tipo di bomba finalizzato alla distruzione delle strutture nucleari sotterranee. Secondo la convenzione di Ginevra tali siti non devono essere oggetto di attacchi a causa dell’alto rischio di contaminazione. Sta lavorando, insieme a Lockheed Martin, alla produzione di un bombardiere nucleare. È stata esclusa dal fondo pubblico olandese PGGM e da quello del governo norvegese.

LOCKHEED MARTIN Statunitense, è la maggiore società del settore difesa al mondo e il primo partner del Pentagono. Ha circa 146 mila dipendenti, quasi tutti negli USA, e vendite per 42,7 miliardi di dollari nel 2008. Produce e commercializza sistemi missilistici nucleari e aerei predisposti all’uso di armi nucleari, si occupa del sistema missilistico nucleare statunitense in una partnership con Boeing, ATK e Northrop Grumman. Produce bombe a grappolo e mine antiuomo, anche con il supporto tecnologico di Texas Instruments, Rockwell, Raytheon e altre società. È uno dei pochi produttori di munizioni all’uranio impoverito. È stata esclusa dai fondi pubblici olandesi ABP e PGGM e da quello del governo norvegese.

BAE SYSTEMS È una società britannica della difesa, con 106 mila dipendenti e vendite per oltre 18,5 miliardi di sterline. Produce e commercializza i missili nucleari francesi ASMPA, assieme a European Aeronautic Defence & Space e Finameccanica. Ha un contratto con l’esercito britannico per l’assistenza tecnica e la costruzione di sottomarini nucleari. È stato uno tra i pochi produttori al mondo di munizioni all’uranio impoverito, ma ha dichiarato di aver cessato la produzione. È stata accusata di aver corrotto i governi di Qatar, Repubblica Ceca, Tanzania, Indonesia, Romania, Sudafrica e Arabia Saudita (1989-2002) per assicurarsi la fornitura di armi agli eserciti. È stata esclusa dal fondo pubblico olandese PGGM e da quello del governo norvegese.

FONTI: WWW.BOEING.COM WWW.DEFENSENEWS.COM/STORY WWW.REACHINGCRITICALWILL.ORG WWW.PGGM.NL WWW.NORGES-BANK.NO/UPLOAD/73979/UTTREKK_ENG.PDF)

FONTI: WWW.LOCKHEEDMARTIN.COM COALITION TO OPPOSE THE ARMS TRADE, COAT.OPENCONCEPT.CA/CPP/EIRIS, WWW.EIRIS.ORG HUMAN RIGHTS WATCH, WWW.HRW.ORG

FONTI: WWW.BAESYSTEM.COM INTERNATIONAL COALITION TO BAN DEPLETED URANIUM, WWW.BANDEPLETEDURANIUM.ORG, NPF, WWW.STOPCLUSTERMUNITIONS.ORG, PGGM, WWW.PGGM.NL

| 32 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

ARMI NUCLEARI Con l’espressione “armi nucleari” si intendono tutte le bombe e le testate missilistiche che basano il loro potenziale sulle reazioni di fusione o di fissione dell’atomo. La proliferazione delle arme atomiche nel corso della Guerra Fredda conobbe una significativa inversione di tendenza nel 1968 con la firma del Trattato di non proliferazione tra Usa e URSS. Gli accordi successivi tra le due superpotenze, noti come Start I e II, hanno contribuito in modo decisivo alla riduzione del numero di ordigni nucleari. Ad oggi sono nove i Paesi detentori di armamenti nucleari: Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele (che non ha mai ammesso ufficialmente il possesso). Sudafrica, Kazakhstan, Ucraina e Bielorussia hanno smantellato i loro arsenali. All’elenco dei detentori potrebbe aggiungersi in futuro anche l’Iran che, nel 2005, ha avviato un programma di arricchimento dell’uranio ufficialmente per scopi civili. L’Onu ha sanzionato la Repubblica Islamica per violazione del Trattato di non proliferazione. Principali corporation del settore: l’americana Lockheed Martin e la britannica Bae Systems. www.unfuturosenzatomiche.org - www.disarmo.org

SIMON CONWAY / LANDMINE ACTION

CLUSTER BOMBS Sono ordigni caricati di sub munizioni: bombe più piccole, granate, mine, agenti chimici, che si disperdono all’impatto con il terreno (da cui “bomba a grappolo”). Questo consente un ampliamento del raggio d’azione dell’arma su un territorio anche molto vasto. Spesso però le munizioni non esplodono e l’area interessata si trasforma in un campo minato, destinato a mietere vittime tra la popolazione civile. Secondo l’associazione Handicap International almeno 100 dei 440 milioni di esemplari sganciati fino ad oggi sarebbero tuttora inesplosi, in 22 Paesi contaminati (in particolare Afghanistan, Bosnia, Tchad, Eritrea, Laos e Vietnam). Nel suo rapporto più recente Amnesty International ha individuato nel mondo 32 Paesi produttori tra i quali l’Italia, mentre Human Rights Watch ha scovato 76 nazioni detentrici. Secondo la Cluster Munition Coalition solo gli Stati Uniti possiedono tra 700 e 800 milioni di bombe a grappolo. Nel dicembre del 2008 novantaquattro Paesi hanno sottoscritto a Oslo, in Norvegia, una dichiarazione per la messa al bando delle cluster munitions. Tra le nazioni che si sono rifiutate di firmare il documento: Stati Uniti, Cina, India, Pakistan, Russia, Brasile, Iran, Israele, Libia e Arabia Saudita. Tra i principali produttori Raytheon, Lockheed Martin, L-3 Communications e Bae Systems. www.handicap-international.org - www.amnesty.org www.hrw.org - www.stopclustermunitions.org

I FONDI ARMATI E LE BANCHE CHE LI POSSIEDONO BANCA

Ma la peggiore della classe tra le società di gestione è Pioneer, del Gruppo Unicredit, che investe oltre 805,82 milioni di euro in imprese coinvolte nella produzione di armi controverse (240,26 milioni se escludiamo Siemens e Daimler e consideriamo solo i produttori di armi in senso stretto). Nei fondi registrati in Lussemburgo si trovano gli investimenti maggiori. European Research alla fine del 2007 (ultimi dati disponibili), investiva ben 39 milioni di euro in Bae Systems, mentre European Small Companies puntava oltre 21 milioni su Rheinmetall, un’impresa tedesca coinvolta nella produzione di cluster bomb. Chi non manca mai nei portafogli dei fondi italiani è però il colosso tricolore delle armi (a partecipazione statale) Finmeccanica. Le prime 5 Sgr italiane ci investono complessivamente 58 milioni di euro. L’orgoglio dell’industria nazionale, esempio magistrale di riconversione al contrario (dal civile al bellico) è accusato di produrre componenti per armi nucleari. Motivo per cui il Fondo sovrano del governo norvegese ha venduto tutto le azioni Finmeccanica nel 2005. E se cominciassero a pensarci anche Unicredit, Intesa e Ubi?

.

INVESTIMENTO (MILIONI DI EURO)

GRUPPO UNICREDIT Pioneer Investment Management Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, BAE Sistems, General Dynamics, Singapore Tecnologies

805,823 20,709

Pioneer Asset Management Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, BAE Sistems, Boeing Siemens, United Technologies, General Dynamics, Rheinmetall Northorp Grunman, L-3 Communications, Raytheon, Texas Instruments

do azionario Eurizon Europa ha investito 8 milioni di euro nel colosso degli armamenti Bae Systems, coinvolta nella produzione di armi nucleari e bombe a grappolo.

La maglia nera a Unicredit

SOCIETÀ DI GESTIONE

GRUPPO INTESA SANPAOLO Eurizon Capital Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, BAE Sistems, Boeing, Siemens, Rheinmetall Fideuram Investimenti Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, Siemens,

785, 114

80,611 61,788

18,823

GRUPPO UBI BANCA UBI Pramerica Sgr (65% Ubi, 35% Pramerica Financial) Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, BAE Sistems, Siemens, L-3 Communications, Lockheed Martin

38,73 38,73

GRUPPO MONTE DEI PASCHI Monte dei Paschi Asset Management Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, Siemens Babcock International Group, Lockheed Martin, Raytheon

35,832 21,047

Bright OAK Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, BAE Sistems, Siemens, Lockheed Martin, European Aeronautic & Defence Boeing, United Technologies, General Dynamics, Northorp Grunman, Raytheon, Textron ARCA Arca Titoli in portafoglio: Finmeccanica, Daimler, Siemens, Lockheed Martin, Babcock International Group, Raytheon

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

14,785

16,384 16,384

| valori | 33 |

FONTE: ELABORAZIONE DI VALORI SU DATI DAI RENDICONTI AZIENDALI AL 31 DICEMBRE 2008 DELLE SOCIETÀ DI GESTIONE DEL RISPARMIO

LE ARMI “CONTROVERSE”


| finanzaetica | azionariato critico / 1 |

| finanzaetica |

Chiare, fresche e dolci acque del Delaware

Risposte vaghe sui paradisi fiscali e affermazioni discutibili sugli obiettivi di Kyoto e sulle dighe in Patagonia. All’assemblea degli azionisti, Enel gioca a nascondino. Ma la Fondazione è attenta. OMA, 29 APRILE 2009. ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI DI ENEL. La Fondazione Culturale Responsabilità Etica partecipa per la seconda volta con un mini-pacchetto da 250 azioni. Poche, ma sufficienti per votare e prendere la parola, davanti al Cda e ad una schiera di giornalisti di Mauro Meggiolaro di tutte le principali testate. Il primo punto all’ordine del giorno riguarda l’approvazione del bilancio. I numeri sono positivi e in crescita rispetto al 2007, ma solo grazie all’acquisto della spagnola Endesa. L’utile di Enel SpA, la capogruppo, è infatti in calo di 1,14 miliardi di euro e, per confermare il dividendo di 0,49 per azione, Enel

R

è costretta ad intaccare le riserve. Dopo la presentazione dei dati da parte del presidente, Piero Gnudi, si apre il dibattito. Ogni azionista ha dieci minuti per fare domande e cinque minuti per eventuali repliche.

Parola alla Fondazione L’intervento della Fondazione si concentra su tre punti: il piano di sviluppo del nucleare, che rischia di pesare ulteriormente sul debito della società, già elevatissimo; i rischi ambientali e di reputazione legati al progetto Hydroaysen, per la costruzione di cinque grandi dighe nella Patagonia

controllate registrate a Wilmington, nel Delaware Usa), attraverso catene di imprese che fanno capo a holding lussemburghesi e olandesi. È lecito domandarsi se per vendere energia sia necessaria questa serie di scatole societarie».

IN CILE L’ACQUA NON È DEI CILENI A dirlo, in occasione di un incontro sull’azionariato critico, è stato Juan Pablo Orrego di Ecosistemas Cile, un’organizzazione ambientalista che si batte per affermare i diritti dei popoli della Patagonia sulle risorse naturali della regione. «Il 96% dei diritti sulle acque “per uso non di consumo” della Patagonia è nelle mani di Enel, che li ha ereditati da Endesa, che li ha ereditati da una decisione presa da ex ufficiali della giunta Pinochet, grazie alla costituzione e alle leggi promosse dalla stessa giunta militare», ha spiegato Orrego. È una situazione paradossale in cui i contadini locali non possono utilizzare l’acqua dei fiumi sotto casa mentre Enel, a 10 mila chilometri di distanza, punta alla costruzione di cinque colossali dighe sui fiumi Baker e Pascua per produrre 2.750 Megawatt di elettricità da trasportare poi nella capitale Santiago con 2.200 chilometri di linea ad alta tensione (la più lunga del mondo). Visto che l’amministratore delegato della compagnia, Fulvio Conti, durante l’assemblea degli azionisti si è appellato al fatto che Enel fa solo ciò che la democrazia in Cile gli consente, sulla base della volontà del popolo, ci chiediamo se cambierà idea sapendo che un sondaggio Ipsos dice che proprio la maggioranza dei cileni (57%) è contro le dighe in Patagonia. Senza contare le oltre tremila osservazioni realizzate da organi competenti dello Stato e le 11 mila interpellanze giunte dalla cittadinanza riguardo lo Studio di impatto ambientale (EIA) presentato dalla HydroAysén. C.F.

Il verbale dell’assemblea degli azionisti Enel, il 29 aprile scorso.

cilena e, soprattutto, la presenza di Enel nei paradisi fiscali. Tutti e tre i punti sono accompagnati da ricerche con l’aiuto di Greenpeace, di Ong locali, dell’Università di Greenwich (Londra) e di esperti fiscali. Sui paradisi fiscali non si usano mezzi termini. «Sorprende trovare nel bilancio consolidato Enel 2008 molte compagnie con una partecipazione di maggioranza, o del 100%, in Delaware, Panama, Lussemburgo o Isole Cayman», spiega la Fondazione. «Sono proprio i paradisi fiscali per i quali il ministro del Tesoro Tremonti, primo azionista di Enel, ha richiesto controlli più severi. Decine le

La risposta di Enel Fulvio Conti risponde sul nucleare, «inevitabile per risolvere il problema del clima»; conferma la volontà di proseguire sulle dighe in Patagonia, addossando la responsabilità del progetto al governo cileno: «non possiamo interferire nelle decisioni di uno Stato sovrano». E infine spiega che Enel produce «il 26% dell’energia da fonti rinnovabili, superando le previsioni del protocollo di Kyoto, che richiede il 20% entro il 2020». In realtà, secondo un’elaborazione di Greenpeace basata su dati del Registro europeo CITL (Commissione Europea), nel 2008 Enel è nuovamente risultata l’impresa italiana che si è maggiormente discostata dalle quote di emissioni di CO2 assegnate, con uno sforamento di 6,8 milioni di tonnellate.

L’aria pulita dei paradisi fiscali Ma ci sono solo cinque minuti per la replica e Conti si è “dimenticato” di rispondere sui paradisi fiscali. La Fondazione sollecita la risposta, che lascia senza parole. «Il Delaware non è un paradiso fiscale, negli Stati Uniti non ci sono regioni a tassazione agevolata. È solo un posto dove è più facile creare imprese. Noi l’abbiamo fatto, come tutti i buoni americani». E continua: «Andate nel Delaware. Io ci sono stato, c’è l’aria pura, i fiumi. È una bellissima area naturale». Una riserva protetta, è vero, dove le società a responsabilità limitata (Llc) non pagano nessuna tassa sugli utili e sui guadagni, dove hanno costruito i loro castelli di carta Parmalat ed Enron, per nascondere le perdite o per accantonare utili da sottrarre al fisco. Che ci fanno in Delaware le società di Enel? Se non ce lo spiegherà la società, lo scopriremo presto. Sulle pagine di Valori.

.

Enel in rosso, meno verde e più nucleare L’azienda italiana si prepara alla ristrutturazione. In vendita il comparto delle rinnovabili. Nuovi investimenti sul nucleare: 31,5 miliardi di euro nei prossimi dieci anni per quattro programmi in Francia, Slovacchia, Romania e Italia.

E

SSERE INDEBITATI NON È UNA VERGOGNA, specialmente in tem-

pi di crisi. Ma se il progetto di ristrutturazione dei conti e delle attività passa per la potatura dei rami più rigogliosi e per l’alimentazione forzata di quelli secdi Matteo Cavallito chi allora le perplessità si fanno largo e agli azionisti è più che consentito alzare la voce. I personaggi della storia sono l’azionariato critico, il nucleare, nel ruolo del ramo secco, il comparto delle rinnovabili, in quello dell’asset da sacrificare, e l’Enel nei panni, manco a dirlo, del protagonista.

Tagli alle rinnovabili I conti di Enel sono decisamente in rosso: l’indebitamento è quintuplicato nel giro di un triennio passando dai 10 miliardi del 2006 ai 50 di | 34 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

quest’anno. Le agenzie di rating hanno messo sotto osservazione l’azienda, invitando implicitamente le banche ad applicare interessi più alti. Occorrerebbe un piano per uscire dal circolo vizioso. Ma i veri guai, sfortunatamente, iniziano proprio qui. «Per mantenere gli attuali livelli di rating, Enel punta a ridurre l’indebitamento netto a 41 miliardi di euro entro il 2013 attraverso la vendita di assets, l’aumento di capitale per 8 miliardi e flussi di cassa disponibili per 4 miliardi – spiegato Steve Thomas, docente di Politica Energetica presso l’Università di Greenwich in un rapporto presentato a Greenpeace Italia e Fondazione Culturale Responsabilità Etica -. Queste misure presentano aspetti problematici. Se la priorità è recuperare risorse finanziarie, gli assets che renderanno di più sotto questo profilo sono quelli più redditizi. Gli assets che Enel intende vendere sono proprio quelli a maggiore redditività, tra cui una quota di

“Enel Green Power”, la divisione specializzata in energie rinnovabili, la cui redditività è tre volte più alta di quella generale del gruppo». Che cosa ci sarà mai di così promettente nel lungo periodo da giustificare un sacrificio così illogico? La risposta è: il nucleare. Un pachiderma energetico dalla tecnologia obsoleta e dai costi proibitivi.

Il costo del nucleare «Il costo dei piani nucleari di Enel prevede ulteriori investimenti per oltre 30 miliardi di euro nei prossimi dieci anni – ha spiegato Thomas -. 31,5 miliardi di euro, sommando i quattro programmi nucleari di Enel (3,3 miliardi per la Francia, 2,8 miliardi per la Slovacchia, 0,4 miliardi per la Romania e 25 miliardi per l’Italia). Date le esperienze passate e la nota tendenza dei costi e dei tempi di costruzione degli impianti nu-

cleari a eccedere quelli previsti, queste previsioni di costo sono probabilmente sottostimate». L’operazione, che coinvolgerà un gruppo di banche nella sottoscrizione del capitale, è stata benedetta dal Governo italiano, azionista al 31%, che coprirà la propria quota di aumento di capitale grazie alla “generosità” dei contribuenti sulle cui spalle graveranno 2,5 miliardi di euro di finanziamento. Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Greenpeace e Crbm (Campagna per la riforma della banca mondiale) avevano già attaccato il programma nucleare dell’azienda italiana. Nel giugno scorso avevano preso di mira il progetto di riattivazione della centrale di Mochovce, Slovacchia, che prevede 1,9 miliardi di euro da destinare al completamento di due reattori di fabbricazione sovietica risalenti agli anni ‘70. La battaglia continua.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 35 |


| finanzaetica | azionariato critico / 2 |

ENVIRONMENTAL RIGHTS ACTION

Eni chiede partecipazione E noi partecipiamo

Quest’anno, durante l’Assemblea degli azionisti, Eni chiede ai soci partecipazione, con un cartone animato. Alle domande della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, però, seguono solo risposte evasive.

R

OMA, 30 APRILE 2009. PER IL SECONDO anno consecutivo

la Fondazione Culturale Responsabilità Etica partecipa all’Assemblea degli azionisti di Eni. Arriviamo memori della scarsa disponibilità dell’anno pasdi Ugo Biggeri* sato, quando, pur in presenza del rinnovo del Consiglio di amministrazione, mi era stata contestata l’attinenza di domande sulla gestione della società. Questa volta l’assemblea inizia con un cartone animato, in cui Eni spiega quanto ami i suoi azionisti e li invita a partecipare alla vita della compagnia. Bene, accogliamo l’invito con piacere. Quest’anno abbiamo più materiale e possiamo essere più incisivi. Le inchieste di Valori, i contatti sviluppati con la Campagna Riforma della Banca mondiale, le relazioni con i movimenti nigeriani e, in particolare, con Environmental Rights Action, ci hanno fornito materiali importanti per continuare il confronto con Eni. Ma è stato utile a darci consapevolezza di essere sulla buona strada, l’interesse al convegno

sull’azionariato attivo, che abbiamo organizzato a Milano il 27 aprile, manifestato dal vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro e dal professor Pippo Ranci della Cattolica di Milano.

Non si parla di ambiente Nonostante l’importanza dei temi ambientali, con i danni provocati da Eni in Nigeria e Kazakistan, abbiamo deciso di non parlarne in assemblea. Due i motivi fondamentali: da una parte, la “scivolosità” delle questioni ambientali per una compagnia petrolifera, per cui a fatti gravi nella sostanza si antepongono aspetti di legalità formale o di scelte strategiche. Dall’altra, per la presenza (subito ricordataci l’anno scorso in assemblea) di Eni nel Dow Jones Sustainability Index, l’indice delle imprese responsabili alla Borsa di New York. Le questioni restano sul campo, ma le porremo all’Indice stesso e al garante del codice etico dell’Eni (entrato in funzione alla fine del 2008).

Brevi ma incisivi

LE DOMANDE RIVOLTE ALL’ENI IN ASSEMBLEA 1. Eni è presente, tramite società controllate, in decine di paradisi fiscali in cui la società però non opera, stando al suo bilancio di sostenibilità. Come si concilia questo con il fatto che il ministro dell’Economia Tremonti (il Tesoro è il maggior azionista di Eni) ha lanciato una crociata contro i paradisi fiscali? 2. Sono previsti a bilancio dei fondi per coprire eventuali condanne di Eni per il caso delle tangenti di Bonny Island dopo che i copartecipanti KBR e Halliburton hanno patteggiato con il tribunale di Houston pagando in tutto 579 milioni di dollari? (Valori di aprile 2009) 3. Le società Agip N.V. Curaçao, Saipem SA Trinidad Tobago, Eni International Limited S.A. Panama, Eni Oil Company Ltd Bahamas, Lasmo Resources Ltd Tortola (Isole Vergini Britanniche), Lasmo Ltd Bermuda e Saipem Capital Limited Cyprus sono parte del Gruppo Eni? E, in tal caso, potete spiegare il motivo per cui non sono riportate nel bilancio consolidato 2007 o, in alternativa, perché non si è tutelato il marchio?

| 36 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

In assemblea decidiamo di usare solo 8 dei 15 minuti concessi per l’intervento, ma di essere efficaci ponendo questioni puntuali e citando le pagine del bilancio: il risultato è arrivato. Il legale di Eni mi chiede di consegnargli il testo dell’intervento e di siglarlo. Poniamo tre domande (vedi box). L’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, salta completamente la terza, sulle società che non appaiono nel bilancio; spiega quali società nei paradisi fiscali hanno fatto richiesta di avere il trattamento fiscale locale, assicurando subito dopo, con palese contraddizione, che comunque queste società in futuro chiuderanno. Infine dedica un bel po’ di tempo a

DIRITTI BRUCIATI CON IL GAS FLARING IN NIGERIA L’ESTRAZIONE DEL PETROLIO NEL DELTA DEL NIGER è associata a gravi violazioni dei diritti umani. 25 milioni di persone da oltre quarant’anni soffrono gli impatti ambientali e sociali di queste attività. Estrazione che in questa regione, definita “il prossimo golfo”, avviene nella più clamorosa violazione degli standard internazionali. A partire dal gas flaring, una pratica per cui i gas del petrolio vengono bruciati in torcia, vietata in Nigeria da una legge del 1979, la cui implementazione è stata ritardata da anni sotto la pressione delle grandi multinazionali straniere che operano nel Paese. Inclusa l’italiana Eni. Secondo l’Ong nigeriana Environmental Rights Action (www.eraction.org), sono almeno tre gli impianti in Nigeria in cui Agip è operatore e dove il gas viene bruciato in torcia: quattro punti vicino a Ebocha e a Mgbede, sei a Kwale Okpai e uno a Oshie o Akala-Olu. Secondo la stessa organizzazione ogni anno vengono bruciati circa 70,8 milioni di metri cubi di gas associati, una quantità enorme, che potrebbe bastare a garantire l’accesso all’energia alla popolazione dell’intera Africa Sub-Sahariana. Oltre al gas flaring, le compagnie petrolifere sono colpevoli di numerosi incidenti dovuti alle attrezzature vecchie e di bassa qualità utilizzate per la costruzione di oleodotti e di pozzi petroliferi. Solo nel periodo 20062007, Environmental Rights Action ha contato 764 incidenti e sversamenti di petrolio nel fragile ambiente del Delta del Niger. Dalle denunce delle comunità locali Agip è in testa alla lista per il mancato intervento in caso di incidenti. L’ultimo episodio è stato lo sversamento nella comunità di Kalaba, nello stato di Bayelsa, ripreso dalla televisione nazionale nigeriana. Agip è stata avvisata il giorno stesso dalle comunità e da Era, ma il petrolio continua a scorre nell’ambiente circostante da circa due mesi. Elena Gerebizza Crbm (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale)

Il gas naturale estratto con il petrolio brucia a cielo aperto (gas flaring) in uno stabilimento Agip a Mgbede (Nigeria). Una pratica vietata nel Paese dal 1979.

scaricare i rappresentanti del gruppo che erano nella società partecipata al 25% che ha erogato le tangenti di Bonny Island. (Possibile che, anche se non si erano accorti delle tangenti, non avessero neanche notato che dai bilanci uscivano milioni di euro?).

Utili (per Eni) perdite di tempo Nella sua replica, Scaroni è favorito dall’avere ricevuto moltissime domande da piccoli azionisti, che quest’anno hanno effettivamente avuto più tempo per parlare e un clima più disteso. Domande sui temi più disparati, anche non attinenti con l’ordine del giorno, ma nessuno viene richiamato (al contrario di noi l’anno scorso). Forse fa comodo tanta “partecipazione”. Della ventina di azionisti intervenuti si ha l’impressione che alcuni siano arrivati perché ritengono di poter dare suggerimenti strategici agli amministratori, altri perché amano così tanto l’azienda da richiedere gite sociali. C’è chi usa il suo tempo per una generale “giaculatoria di lamentazioni”, ma c’è anche chi pone domande serie e chi (una quota significativa dei presenti, non in termini di peso azionario, ma di presenze) si astiene o vota contro. Stupisce infine, ma è anche significativo, che siano uscite agenzie stampa sull’assemblea con toni rassicuranti su tangenti e paradisi fiscali. Prima ancora che Scaroni finisca di parlare in assemblea. Eni ha detto di voler far parlare di più gli azionisti. Noi li prendiamo in parola. Su Valori continueremo a parlare.

.

* Presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 37 |


| finanzaetica | oltre la crisi |

| finanzaetica |

L’Onu, Stiglitz e la società civile Scocca l’ora del G192

Il premio Nobel Joseph Stiglitz guida l’ultima “unità anticrisi” delle Nazioni Unite. Per la prima volta analisti economici istituzionali coinvolgono direttamente la società civile. Per ripensare da cima a fondo la governance globale. ATTUALE CRISI ECONOMICA E FINANZIARIA GLOBALE ha evidenziato un sistema di politiche macroeconomiche incaute che la società civile denunciava da decenni e che erano sintomatiche di un deficit democratico nella governance economica globale». Joseph Stiglitz (premio di Matteo Cavallito Nobel per l’economia nel 2001) non è mai stato un amante degli eufemismi e non stupisce che, nelle sue relazioni periodiche, la Commissione da lui presieduta usi espressioni prive di ambiguità. Non dovrebbe essersi stupito nemmeno il presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite Miguel d’Escoto Brockmann che l’anno scorso gli aveva affidato la presidenza della Commission of Experts on Reforms of the International Monetary and Financial System allo scopo di condurre una riflessione sulle cause della crisi e di proporre soluzioni di breve, medio e lungo periodo. Dall’1 al 3 giugno D’Escoto, Stiglitz e la commissione saranno presenti a New York in occasione della UN Conference on the World Financial and Economic Crisis and its Impact on Development. Ma la vera novità è che saranno in buona compagnia. All’evento sono infatti invitate 95 tra enti, Ong e istituzioni (per l’Italia c’è Banca Etica) coinvolte nel lavoro. Già, perché nello svolgimento dei loro compiti, Stiglitz e i suoi hanno deciso di andare oltre, chiamando in causa proprio coloro che avevano profetizzato il disastro. Invano. La società civile.

«L’

Parola d’ordine: democratizzare «Nel corso degli anni le Nazioni Unite sono state espropriate del loro ruolo. Negli anni Novanta il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale ponevano abi| 38 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

tualmente il veto su questioni centrali come la Tobin Tax o i paradisi fiscali e le dichiarazioni approvate in sede Onu risultavano eccessivamente vaghe». Sabina Siniscalchi, della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, sintetizza così il nodo centrale della questione. Se è vero, parafrasando la Commissione, che il grande crack è figlio di quelle «dottrine economiche che presupponevano la capacità del mercato di autoregolarsi e di generare rapidamente l’efficienza», è anche vero che l’incapacità di un esercito di critici di far valere le proprie ragioni in nome degli interessi dei più svantaggiati presuppone un atavico problema di governance o, per meglio dire, di democrazia. La storia, in fondo, è tutta qui ma pochi, a livello istituzionale, sembrano averla compresa. Quando le principali istituzioni di governo del processo di globalizzazione come la Banca Mondiale, il FMI e il WTO, hanno mosso i primi passi, l’egemonia statunitense al loro interno risultava schiacciante. Questa sproporzione di rappresentanza è entrata puntualmente in crisi di fronte all’emergere di nuove potenze economiche (l’UE come sistema commerciale e monetario, la Cina, l’India, le nazioni del Golfo e le potenze petrolifere in generale), ma le risposte offerte non sono state caratterizzate da logiche autenticamente diverse. Il passaggio dal sistema del G8 a quello del cosiddetto G20 non identifica alcun processo democratico ma solo un allargamento dell’oligarchia. Stiglitz e i suoi ne sono consapevoli e ancora una volta rispondono con una tesi provocatoria. “La risposta globale e inclusiva (alla crisi, ndr) dovrà richiedere la partecipazione dell’intera comunità internazionale, coin-

crisi economica “La e finanziaria globale ha evidenziato

DALLE BANCHE ETICHE EUROPEE 8 REGOLE PER SUPERARE LA CRISI SI ERANO INCONTRATE A FRANCOFORTE LO SCORSO NOVEMBRE (vedi Valori di febbraio 2009). Si sono confrontate di nuovo alla fine di aprile in Lussemburgo. Le banche etiche europee non stanno patendo la crisi (i risultati del primo trimestre 2008 mostrano una crescita dei clienti), ma vogliono dire la loro su come riscrivere le regole della finanza globale, su come “fare le banche” in modo etico sia un antidoto alla crisi. “Dall’esperienza di un modello bancario alternativo – si legge nella relazione conclusiva degli incontri – ecco 8 punti su cui il settore finanziario dovrebbe essere costruito”. 1. I fornitori di servizi finanziari devono focalizzarsi sui bisogni dell’economia reale. Bisogna puntare a una drastica riduzione degli strumenti finanziari e della speculazione. 2. Nella lotta all’inflazione per i beni di consumo, la politica monetaria internazionale deve considerare anche altri assets, come le proprietà immobiliari (protagoniste della bolla negli Usa). Questo tipo di inflazione ha la tendenza di gonfiare i prestiti e rendere l’economia dipendente da infusioni monetarie sotto forma di credito. 3. È necessario e urgente chiudere i paradisi fiscali e i centri finanziari off-shore. 4. Bisogna introdurre criteri di dimensione nel settore finanziario per i soggetti da sottoporre a stretti controlli. In contesti di crisi, istituzioni finanziarie di grandi dimensioni, se attraversate da problemi gravi, possono creare il collasso del sistema (come nel caso dell’Islanda). 5. Anche le agenzie di rating, come le società che ricevono i punteggi da loro, dovrebbero essere oggetto di una supervisione finanziaria. 6. Sono necessarie nuove regole di trasparenza nei servizi finanziari, che considerino gli interessi di lungo termine dei consumatori e dei cittadini, più che degli azionisti. 7. La progettazione dei prodotti finanziari deve essere semplice, nel loro funzionamento e nei termini dei contratti. 8. È fondamentale una vasta campagna di educazione e informazione sui temi chiave della finanza: come e dove viene investito il denaro, gli interessi che influenzano le scelte finanziarie. Hanno partecipato: Banca Etica (Italia), Cultura Bank (Norvegia), Ecological Building Society (Gran Bretagna), Ekobanken (Svezia), Freie Gemeinschaftsbank (Svizzera), GLS Bank (Germania), Triodos Bank (Paesi Bassi, Spagna, Belgio, Gran Bretagna, Germania) e Merkur Bank (Danimarca). www.inaise.org - www.lux09.lu

volgendo non solo un G7, un G8 o un G20 ma i rappresentanti di tutto il pianeta: il G192”.

Una nuova logica per il Sud del mondo Fermare le velleità dei fondi avvoltoio, superare il protezionismo commerciale delle nazioni più ricche, aprire i mercati maturi all’export dei Paesi in via di sviluppo. Secondo la Commissione guidata da Stiglitz il processo di riforma del sistema economico dovrà partire proprio dalla tutela degli interessi dei più svantaggiati. E le questioni aperte non mancano, a cominciare dal mai sopito problema del debito estero. “Nel corso del 2008 – ha osservato la

Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001. Sopra, le Nazioni Unite a New York.

un sistema di politiche economiche incaute che la società civile denunciava da decenni

Joseph Stiglitz

Commissione - l’ammontare di quest’ultimi su scala mondiale è cresciuto fino a quota 3,35 trilioni di dollari, col rischio di generare una nuova catena di default. La cancellazione del debito da parte degli Stati sovrani e del Fmi rappresenterebbe non solo una mossa utile ma anche un’apprezzabile presa di coscienza degli errori passati”. Non bisogna dimenticare che a partire dagli anni Settanta furono proprio il Fondo Internazionale e la Banca Mondiale a spingere le nazioni in via di sviluppo a chiedere prestiti ingestibili, sfruttando il decisionismo di regimi dittatoriali pronti a svendere le risorse nazionali. L’origine illegittima del debito è oggi una questione centrale. Qualcuno, come il governo dell’Ecuador, ha scelto di smettere di pagare. In attesa che altri seguano l’esempio, un passo indietro da parte dei creditori sarebbe auspicabile.

Guardando in casa nostra Se è vero che le riforme dovranno concentrarsi in primis sui mercati più deboli, è anche vero che i grandi cambiamenti dovranno partire dai sistemi economici più avanzati. A cominciare, probabilmente, dal modo stesso di identificare il concetto di sviluppo. «I nostri investimenti nelle imprese sociali e nelle cooperative sono considerati di massimo rischio secondo i parametri di Basilea II a causa della sottocapitalizzazione delle maggioranza delle suddette – spiegano da Banca Etica –. Non esiste nessun sistema internazionale di rating che prenda in considerazione l’alto valore sociale ed ambientale di queste imprese: la creazione di nuovi posti di lavoro, l’impiego di persone svantaggiate, la tutela dell’agricoltura tradizionale e della biodiversità». Proprio dall’inserimento di nuovi parametri potrebbe prendere il via quel processo di riforma delle agenzie di valutazione, auspicato da tempo anche dai sostenitori della finanza tradizionale.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 39 |


| finanzaetica | congresso Fiba-Cisl |

| finanzaetica |

A fianco della società civile Verso una nuova economia

APPUNTAMENTI GIUGNO>AGOSTO

2 giugno MILANO 6TH “EUROPEAN MICROFINANCE NETWORK” ANNUAL CONFERENCE «La conferenza – spiegano i promotori costituirà una importante opportunità per analizzare ed enfatizzare la recente iniziativa dell’Unione Europea per lo sviluppo del microcredito nel supporto della crescita e dell’occupazione in Italia e in Europa». Realizzato in collaborazione con la Fondazione Giordano Dell’Amore presso il Centro Congressi della Fondazione Cariplo in via Romagnosi 8. www.microfinanza-italia.org

Un bilancio del VII Congresso Nazionale del sindacato Fiba-Cisl. Dall’incontro con la società civile al manifesto per la riforma dei mercati finanziari elaborato insieme a Valori. Nel corso del congresso abbiamo avuto modo di ascoltare intervenUEST’ANNO IL CONGRESSO NAZIONALE DELLA FIBA-CISL (ad ti appassionati di esponenti di organizzazioni come Libera e Goel Abano Terme tra il 4 e il 7 maggio) si è focalizzato sul che hanno fatto della legalità e dell’educazione ad essa l’obiettivo tema della riforma dei mercati finanziari. In un model loro impegno. mento critico come quello attuale, l’apNell’incontro tra associazioni e sindacato il tema della legalità puntamento ha potuto riconfermare la di Elena Vannucci* assume un ruolo centrale. La sensibilità nei confronti di questi tecentralità di temi come la responsabimi è partita dal Sud Italia dove si è potuto constatare un’attenlità sociale delle imprese e la scelta di un modello di organizzazione zione e una vicinanza ai problemi del territorio superiore a quelsindacale partecipativo. Come Fiba, dopo la presentazione della prola degli anni precedenti. E i pullman che partono dal nord per le posta di riforma e in attesa di importanti appuntamenti futuri (il marce per la legalità al sud evidenziano quanto la sensibilità ai confronto con l’Abi e con grandi gruppi del settore), ci sentiamo anproblemi di terre difficili come la Sicilia sia ormai matura all’incora più determinati di prima. terno dell’organizzazione. Il bilancio congressuale è positivo. Ci sono state novità importanti a cominciare dallo sforzo fatto dal VALORI E FIBA-CISL PROMUOVONO LA LEGALITÀ sindacato per mettersi ancora una volta in Uno sguardo sul futuro discussione. Fiba ha realizzato una riforma Fiba partecipa a Terra Futura (Firenze, 29-31 organizzativa finalizzata a integrare divermaggio). In un momento come questo la se istanze e a garantire la maggiore partepresenza della Cisl come sindacato unitario cipazione possibile. Abbiamo messo a appare molto significativa. È indispensabile IN OCCASIONE DI TERRA FUTURA (Firenze, 28-31 punto una proposta di bilancio sociale che che si apra ad iniziative che vadano oltre le maggio 2009) per ogni abbonamento (35 euro) ci permetterà di non valutare soltanto normali attività di rivendicazione e contratValori devolverà una parte del ricavato ai progetti “quanto” spendiamo, ma anche “come” tazione. È giunto il momento di affrontare per la promozione della legalità nel Mezzogiorno di Libera (6 euro) e di Goel (2 euro). utilizziamo le risorse. temi sempre più pressanti come quello, già In più in omaggio una confezione di pasta di Libera Ma la novità del Congresso è stata sodiscusso al congresso, delle pari opportunità prattutto l’apertura verso la società civile, e delle persistenti differenze salariali tra donche ci ha permesso di produrre un manifene e uomini. In un sindacato di categoria coIN RETE sto congiunto. Oggi il sindacato non si pome il nostro in cui le donne costituiscono il ne più il solo obiettivo del confronto con le 46% degli iscritti abbiamo lanciato un forte PER ADERIRE AL MANIFESTO, proposto dalla Fiba, per la roforma dei mercati finanziari banche, ma intende guardare oltre. E questa segnale di impegno. Ora è necessario contiwww.riformiamolafinanza.it contaminazione con la società civile, già in nuare ad affrontare politicamente il tema. www.peruneconomiacivileesolidale.it atto da qualche tempo, si è concretizzata. * Segreteria nazionale Fiba-Cisl

Q

.

| 40 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

2 - 5 giugno NEW ORLEANS (USA) ICCR ANNUAL GENERAL MEETING Vertice annuale dell’Interfaith Centre on Corporate Responsibility (ICCR). Attivo da 45 anni nello sviluppo dei temi della responsabilità d’impresa con la sua opera di azionariato attivo, l’ICCR raccoglie 275 investitori istituzionali di ispirazione religiosa. www.iccr.org/calendar.php 4 - 5 giugno LONDRA (UK) IBE MASTERCLASS Due seminari organizzati dall’International Business Ethics Institute (IBEI) e dall’Institute of Business Ethics (IBE). Tra i temi al centro del dibattito lo sviluppo di un codice di condotta globale. www.ibe.org.uk 5 - 7 giugno VARSAVIA (POLONIA) HANDICRAFT TRADE FAIR Fiera organizzata presso l’EXPO trade fair di Varsavia. Al centro dell’evento il tema del fair trade e la promozione d’impresa tra i giovani e le donne. www.zrp.pl 8 - 10 giugno CARTAGENA (COLOMBIA) ICCR ANNUAL GENERAL MEETING Vertice sul microcredito organizzato dal Banco de las Oportunidades. Si prevede la presenza di oltre 1.000 operatori del settore. Tra i relatori il presidente colombiano Álvaro Uribe e Muhammad Yunus. www.bancadelasoportunidades.gov.co 11 - 12 giugno BRUXELLES (BELGIO) GLOBAL CORPORATE RESPONSIBILITY

REPORTING SUMMIT Opportunità, benefici, regolamentazioni, ultime novità. Tutto sul tema della responsabilità d’impresa in questa conferenza nella capitale belga. www.ethicalcorp.com

16 - 17 giugno LONDRA (UK) UK CORPORATE GOVERNANCE SUMMIT Il contesto attuale della corporate governance britannica, i problemi e le proposte di soluzione. Partecipano all’evento Stephen Haddrill, direttore generale dell’Association of British Insurers, Oliver Greenfield capo della divisione Sustainable Business and Markets del WWF e Sue Konzelmann, direttore del London Centre for Corporate Governance and Ethics. www.ethicalcorp.com 12 - 14 giugno PALAMPUR (INDIA) GLOBAL CONVENTION ON CLIMATE SECURITY Dibattito sul tema del cambiamento climatico. Prevista la presenza dell’ex vicepresidente Usa e premio Nobel per la Pace Al Gore. www.wcfcg.net

15 - 17 giugno SAN FRANCISCO (USA) MICROFINANCE 2.0 Incontro sul rapporto tra micro finanza e tecnologia. Tra i temi affrontati la possibilità di raggiungere i più poveri attraverso innovazioni come il mobile banking. Organizza il Silicon Valley Microfinance Network (SVMN). www.svmn.net 16 - 17 giugno LONDRA (UK) VIENNA INSURANCE FORUM Nuove proposte e soluzioni ai problemi incombenti in un incontro con i maggiori leader mondiali della Corporate Governance. www.ethicalcorp.com 17 - 18 giugno CITTÀ DEL MESSICO RURAL MICROFINANCE: STRATEGIES FOR REACHING THE UNDERSERVED Convegno sul microcredito e le sue strategie gestionali. La conferenza è promossa dal World Council of Credit Unions (WOCCU). www.woccu.org

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

22 - 23 giugno MAASTRICHT (OLANDA) SUPPORTING SMES AND ENTERPRISE DEVELOPMENT Seminario destinato a 50 partecipanti gestori delle politiche pubbliche, autorità regionali delle agenzie di sviluppo e operatori delle camere di commercio. Si discute di nuove opportunità di business e accesso ai fondi europei. Organizza l’EIPA - European Institute of Public Administration. www.eipa.eu

22 giugno – 3 luglio TORINO (ITALIA) ILO SUMMER ACADEMY - SUSTAINABLE ENTERPRISE DEVELOPMENT Corso estivo dedicato al tema dell’impresa sostenibile. Organizza l’International Labour Organization (ILO) presso l’International Training Centre di Torino. www.itcilo.org/enterpriseacademy

23 giugno BRESCIA (ITALIA) VIAGGIO INTORNO AL TERZO MILLENNIO Ultimo appuntamento per il ciclo di incontri su problematiche internazionali organizzato “con la cittadinanza” presso la sede ACLI a Brescia. Promotori: Acli, Amnesty international, Banca Popolare Etica, Cgil-Camera del lavoro, Missionari Saveriani, Icei (Istituto cooperazione economica internazionale). www.bancaetica.it 25 - 26 giugno VIENNA (AUSTRIA) VIENNA INSURANCE FORUM Al centro dell’incontro lo studio di nuove strategie per ottenere profitti sostenibili in un contesto di crisi e di incertezza nell’economia globale. www.uniglobalresearch.com 30 giugno NAPOLI (ITALIA) MASTER IN MICROCREDITO PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Si conclude il corso per il Master in Microcredito MAMI, realizzato dall’Università di Napoli Federico II con il contributo del Ministero Affari Esteri-Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo. L’evento è parte del progetto “Microcredito, formazione e donne: motori di sviluppo. L’esperienza della cooperazione italiana raccontata attraverso un progetto in corso”. www.cps-ong.it |

ANNO 9 N.70

3 - 17 luglio FRANCOFORTE (GERMANIA) FRANKFURT SCHOOL MICROBANKING SUMMER ACADEMY Corso estivo dedicato ai temi della microfinanza. www.european-microfinance.org

7 - 10 luglio OUAGADOUGOU (BURKINA FASO) 4TH AFRICAN MICROFINANCE CONFERENCE Al centro dell’incontro il tema del difficile accesso al credito da parte dell’imprenditoria africana. www.apim-burkina.bf 13 - 17 luglio KITZBÜHEL (AUSTRIA) SUMMER UNIVERSITY ENTREPRENEURSHIP EDUCATION A FESTIVAL OF IDEAS Ciclo di lezioni rivolte a 30-40 partecipanti dedicate a: business support, corporate social responsibility, entrepreneurship, innovazione, internazionalizzazione. Organizzano BMUKK Ministerium, PH Tirol Pädagogische Hochschule, Rotary Club Kitzbühel, Wirtschaftspartner in Tirol, IFTE, Bank Austria, Kitzbühler Sparkasse. www.entrepreneurship.at 13 - 17 luglio DENARAU ISLAND (ISOLE FIJI) PACIFIC MICROFINANCE WEEK 2009 Conferenza dedicata alla promozione dei servizi finanziari sostenibili nella regione del Pacifico. Ciclo di incontri tra esperti ed operatori del settore organizzato dal Microfinance Pasifika Network. www.pacificmicrofinanceweek.org 26 - 29 luglio BARCELLONA (SPAGNA) 2009 WORLD CREDIT UNION CONFERENCE Il World Council of Credit Unions (WOCCU) promuove lo sviluppo sostenibile delle agenzie di credito a livello mondiale allo scopo di migliorare l’accesso ai servizi finanziari e di estenderne I benefici a quante più persone possibile. www.woccu.org 15 - 16 agosto MILANO (ITALIA) FINANCIAL LITERACY FOR REMITTANCE SENDERS Arriva in Italia il ciclo di lezioni del corso itinerante organizzato dal Social Enterprise Development Partnerships (SEDPI) in collaborazione con la Manila University. www.sedpi.com |

GIUGNO 2009

| valori | 41 |


| inbreve |

Italia-Congo: il lungo viaggio di una maglietta >44 Cosmetici e tessuti: nuove frontiere del biologico >48 La sfida multiculturale va in scena a Napoli >50

| inbreve |

economiasolidale LO SVILUPPO SOSTENIBILE SPIEGATO AI RAGAZZI

FOTOVOLTAICO 2013: L’ITALIA TAGLIA PER PRIMA IL TRAGUARDO DELLA PARITÀ DI PREZZO

TREVISO: LA RACCOLTA DIFFERENZIATA UNISCE I POPOLI

ALCENERO DIVISIONE VINO: IL BIOLOGICO ENTRA IN VIGNA

I GAS SBARCANO IN SICILIA UN ANFITEATRO E UN VILLAGGIO SOLIDALE PER L’ASSEMBLEA ANNUALE

UN DIARIO DI SCUOLA CHE INSEGNA I VERI VALORI

Gli uomini sono come le farfalle: sembra un vecchio adagio frutto della saggezza cinese. Invece è un esempio molto efficace per capire che, di fronte ai rischi dello sviluppo insostenibile, siamo tutti fragili ed effimeri come le farfalle. Ma, se il nostro potere è minimo presi individualmente, è invece assai maggiore se il problema si affronta come comunità. Ecco perché la Fondazione Fontana onlus, nell’ambito della World Social Agenda, ha quest’anno sviluppato una iniziativa rivolta alla popolazione più giovane. Il progetto (denominato, appunto, “Dove sono andate le farfalle? Visioni di sviluppo sostenibile”) ha realizzato visite guidate alle aziende che hanno fatto una scelta sostenibile, lezioni specialistiche per studenti e insegnanti e incontri con esperti del settore. Ai ragazzi è stato poi proposto di diventare protagonisti della comunicazione sui temi della sostenibilità. Si è ottenuto in questo modo un loro coinvolgimento affettivo e creativo, guidati – dai loro insegnanti e da artisti e professionisti padovani – a usare le loro abilità e la loro inventiva nella scrittura, nella comunicazione, nelle arti visive, nelle produzioni multimediali. Una vera “campagna pubblicitaria” al servizio di uno sviluppo finalmente sano.

Tecnicamente si parla di “grid parity”. Nella sostanza, questo termine indica il momento in cui il prezzo di un chilowatt prodotto da fonte solare pareggerà quello di un chilowatt di elettricità prelevato dalla rete, senza che siano necessari incentivi pubblici per renderlo conveniente agli utenti finali. Un passaggio epocale per il fotovoltaico. La bella notizia è che quel momento è tutt’altro che remoto. La notizia ancora migliore è che il primo Stato che potrebbe raggiungere questo importante traguardo sarà l’Italia. La rosea previsione proviene dai big dell’industria fotovoltaica, riuniti a Verona durante il Solarexpo. I massimi dirigenti di Q-Cells, Suntech, Rec Solar, First Solar e United Solar Ovonic, hanno indicato tra il 2010 e il 2013 l’arco di tempo in cui è realistico attendersi la parità in Italia. Nel peggiore dei casi, ben due anni prima delle stime fatte per la California. Un’analisi che non si discosta molto da quella fatta anche dal nostro Gse (il Gestore dei servizi elettrici) che, seppure più prudente, fissa comunque la parità di prezzo tra 2014 e 2016. L’obiettivo quindi è a portata di mano, ma perché si concretizzi sono necessari altri passaggi chiave: ridurre ulteriormente i costi della tecnologia, migliorare l’efficienza di celle e moduli e soprattutto il settore deve continuare a crescere con tassi tra il 25 e il 30%. Tra i fattori che hanno spinto in avanti i moduli fotovoltaici: l’emergenza climatica, l’insostenibilità dell’attuale modello economico e, non ultimo, lo sprint impresso dal presidente Usa, Barack Obama, alle politiche ambientali. Gli scettici, i detrattori del solare e le lobby petrolifere che spesso hanno giudicato economicamente svantaggiosa questa fonte energetica sono serviti.

E se l’integrazione tra culture passasse per l’immondizia? In fondo la raccolta dei rifiuti è un’incombenza che riguarda tutti. E tutti hanno la responsabilità di farla bene. Per questo, il consorzio Savno, da sette anni gestore dei servizi d’igiene ambientale dei 35 comuni della provincia di Treviso, ha studiato la campagna “Anch’io faccio la differenza!”, rivolta ai cittadini extracomunitari. Il problema dei rifiuti e della loro corretta differenziazione, infatti, diventa più complesso dove la densità abitativa e il numero di etnie sono molto elevati: sono stati calcolati più di 30 mila stranieri domiciliati nei territori di competenza di Savno, 11 mila famiglie residenti e 4500 minori in età scolare. Nella prima fase della campagna sarà distribuito un manuale in 12 lingue che contiene una descrizione dettagliata di tutte le tipologie di rifiuto, con foto, disegni e testi in lingua straniera e la relativa traduzione in italiano. «La raccolta differenziata è una realtà consolidata nel nostro territorio, che ha raggiunto risultati eccellenti», ha affermato il presidente di Savno, Riccardo Szumski. «Abbiamo quindi ritenuto doveroso condividere questa consuetudine anche con chi arriva da altri paesi del mondo. La raccolta differenziata va portata avanti tutti insieme per rendere il nostro stile di vita più compatibile con l’ambiente in cui viviamo e per crescere bene i nostri figli».

Perché un vino buono non deve essere anche biologico? In alcuni Paesi produttori di vino, come Francia e Stati Uniti, l’agricoltura biologica è infatti già entrata in vigna. Per questo, in Italia, il gruppo Alce Nero & Mielizia, uno dei maggiori gruppi del biologico (fatturato del 2008: 28 milioni di euro), ha deciso di iniziare a produrre e commercializzare vino da uve biologiche, creando la “Divisione Vino”. Il gruppo venderà solo vini di alta qualità, con la garanzia in più derivante dalla naturalità dei prodotti. «Le 35 etichette commercializzate da Alce Nero Divisione Vino sono state scelte e saranno proposte prima di tutto per le loro caratteristiche qualitative, non solo per la loro natura biologica, che consideriamo un prerequisito fondamentale per l’ingresso nella nostra selezione. Saranno pur sempre il territorio, i vitigni e le figure dei produttori a caratterizzare il vino e le aziende», afferma Paolo Marchionni, brand manager Alce Nero Divisione Vino. Parte integrante del progetto sono i vini di Libera Terra, provenienti dalla coltivazione di terreni confiscati alle mafie e fin dagli inizi commercializzati da Alce Nero & Mielizia. Del progetto farà parte anche il consorzio di produttori biologici Vintesa, che riunisce realtà di altissimo livello di alcune tra le più rappresentative regioni vitivinicole italiane.

Abituati come siamo a immaginare che convegni, riunioni e assemblee debbano per forza essere organizzati in austeri edifici e anonime sale congressi, l’immagine di un’assemblea che si svolge a ridosso di un bosco, all’interno di un anfiteatro da 1.400 posti cintato da alberi, ha un che di fresco, di nuovo, di ardito. In poche parole di rivoluzionario. Non a caso una simile ambientazione è stata scelta dalla rete dei Gruppi d’acquisto solidali per la loro nona assemblea nazionale: a Petralia Sottana, in provincia di Palermo, dal 26 al 28 giugno. L’idea di portare i Gas di tutta Italia in Sicilia è nata da una proposta dell’associazione Siqillyàh, che da anni lavora nell’isola per dimostrare che “non tutto è mafia e mare e clientele”, dando visibilità alle tante attività di economia solidale. Una scelta che risponde a due motivazioni principali: creare occasioni di incontro, scambio e aiuto reciproco tra i gruppi del nord e del sud e, al tempo stesso, riflettere sul modello di economia alternativa di cui i Gas sono portatori e sul loro ruolo nella costruzione delle reti di economia solidale. «Anche il titolo dell’assemblea, “Gas ed economia solidale: un nuovo modello di futuro” - sottolinea Roberto Li Calzi, fondatore di Siqillyàh e del consorzio Legallinefelici - riassume l’obiettivo di creare in Sicilia e nel resto d’Italia un modello economico alternativo in cui solidarietà e partecipazione siano fattori determinanti». Il convegno permetterà anche di presentare alcuni esempi di Gas che hanno operato positivamente a sostegno dei produttori e del loro territorio. Durante i tre giorni si svolgerà lungo le strade del paese il Villaggio delle relazioni e degli scambi, una vetrina per esporre prodotti, idee e proposte di ogni Gas anche a chi non è ancora coinvolto nei gruppi. Tutte le informazioni sul programma e sull’organizzazione dell’evento sono disponibili al sito www.sbarcogas.org.

Alzi la mano chi non ricorda con piacere e con un pizzico di nostalgia il proprio diario scolastico. Quel libretto più o meno tascabile, che era molto più di una semplice agenda su cui annotare compiti in classe, versioni da tradurre e note da riportare firmate. Era un amico fedele che custodiva spesso conversazioni segrete con noi stessi e i nostri compagni di classe, fatte furtivamente durante le lezioni più noiose ed era spesso un simbolo dei valori in cui crediamo. La casa editrice ElleDiCi ne ha pubblicato uno per il prossimo anno scolastico (“Un botto”, il suo nome), adatto a ragazzi tra i 9 e i 14 anni che abbiano a cuore temi e riflessioni diverse dalla massa: tutela ambientale, riciclo dei rifiuti, sviluppo sostenibile, rispetto degli altri, soluzioni collettive dei problemi individuali. 288 pagine piene di testi accattivanti (opera di Francuccio Gesualdi, allievo di don Milani), giochi, test divertenti e tanti coloratissimi fumetti. All’interno del diario, durante la scansione dei giorni, sono proposti anche mini quiz, aforismi e la storia di alcuni personaggi che con le loro idee, hanno contribuito allo sviluppo della società. Piccole perle di saggezza che aiutano a crescere. Per riuscire magari a capire che «Il mondo è abbastanza ricco per soddisfare i bisogni di tutti, ma non lo è per soddisfare l’avidità di ciascuno» (Gandhi, pagina del 9 settembre).

| 42 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 43 |


| economiasolidale | marchi equosol |

| economiasolidale |

Il lungo viaggio di una maglietta Dai nostri cassonetti fino al Congo

Gli abiti usati hanno una seconda vita. Raccolti dalle Ong, solo in minima parte finiscono effettivamente ai poveri. Per lo più vengono venduti e, in più passaggi, arrivano nei mercati del Sud del mondo. Alterandone l’economia locale. HE FINE FANNO I VESTITI CHE NON USIAMO PIÙ? In Italia, patria del “bel vestire”, non esiste una procedura istituzionalizzata che stabilisca che cosa ne sarà della maglietta una volta che non ci serve (o non ci piace) più: tutto è rimesso alla buona volontà del singolo e ad organizzazioni che si fanno carico della seconda vita degli indumenti dismessi. Una vita che, scampata la discarica, solo in alcuni casi va a finire ai “poveri”, per lo più riparte con un nuovo commercio che porterà a Paesi lontani dal nostro, guarda caso nel Sud del mondo. I proventi delle Ong che gestiscono i cassonetti finanziano davvero progetti in Paesi “poveri”, ma questo meccanismo “inquina” le economie locali, con conseguenze molto dannose.

C di Valentina Erba

FILM

Tutto ha inizio dal cassonetto Raffaele Brunetti Mitumba Italia/Germania 2005 Un film-documentario del regista italiano Raffaele Brunetti che descrive, seguendolo passo per passo, il viaggio di una maglietta, affidata a un cassonetto, dalla Germania alla Tanzania. Premiato come miglior documentario al Globo d’oro 2005 e insignito del Premio Legambiente a Cinemambiente 2006. In lingua swahili, “Mitumba” sta per “abiti usati”. Acquistabile online su www.docvideo.it

| 44 | valori |

«Dove posso buttare gli abiti vecchi? In quale categoria della raccolta differenziata?». A questa domanda l’Amsa, la società municipalizzata che si occupa dello smaltimento dei rifiuti a Milano, risponde candidamente: «Può metterli nei cassonetti della Caritas o di altre organizzazioni che li raccolgono». Attività spontanee e private, che di fatto sostituiscono una gestione pubblica dello smaltimento dei “rifiuti” tessili, totalmente assente (salvo per quantità a livelli industriali, per le quali invece è previsto, a pagamento, l’impiego di un termovalorizzatore). Un bel risparmio per gli enti locali, perché lo smaltimento costa, e anche molto. Statistiche inglesi parlano di risparmi per il 2007 di oltre sei milioni di sterline (6,7 milioni di euro), grazie ad un giro di riuso di 250 mila tonnellate di indumenti, solo tramite i charity shop (vedi ARTICOLO a pag. 46). I cassonetti, di colore diverso a seconda dell’appartenenza, in Italia sono gestiti da organizzazioni che ne-

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

gli anni si sono interessate a questo settore. Una buona parte del recupero di indumenti usati nel nord Italia è seguito dal Consorzio Farsi Prossimo con il progetto “Cambia Stagione” (www.consorziofarsiprossimo.it), promosso dalla Caritas. Nel 2008 il Consorzio ha recuperato oltre 7 mila tonnellate di indumenti. Humana people to people è un’altra grande realtà del settore, con una media di 12-13 mila tonnellate di abiti usati raccolti ogni anno in Italia. Di questi il 30% è destinato direttamente all’Africa, Mozambico principalmente (come donazione, nei casi di emergenza, o venduto a prezzi modici). Nell’immaginario collettivo gli abiti che finiscono nei cassonetti vengono “regalati” ai poveri. In parte è vero, ma solo in piccola parte. La finalità sociale della raccolta attraverso i cassonetti quindi esiste, ma è indiretta. Cioè non deriva tanto dal distribuire ai poveri gli indumenti usati, bensì dal venderli e destinare il ricavato a progetti di carattere sociale, in Italia o nel Sud del mondo. «Il ricavato della vendita del materiale recuperato viene reinvestito in progetti sociali sul territorio - spiega Carmine Guanci, direttore di Vestisolidale (www.vestisolidale.it) -. Dal 1998 abbiamo destinato circa 900 mila euro».

Non solo per i “poveri” «La quantità di indumenti raccolti è enorme - spiega Omar Vergani, del Consorzio Farsi Prossimo -. Una piccola parte è distribuita direttamente dalle parrocchie per il “guardaroba dei poveri” (la cosiddetta distribuzione gratuita ai bisognosi). Tutto il resto viene caricato su vagoni o container e venduto “a peso” a società private, italiane o estere, specializzate nella selezione». «Il nostro mercato non riassorbe che una piccolissima parte, c’è pochissima

domanda di abiti usati», spiega un referente di Humana. L’azienda specializzata alla quale Farsi Prossimo vende il “raccolto” è la Tesmapri Spa di Prato, che dal 1975 collabora con la Caritas in questo settore. Edoardo Amerini, titolare della società, sottolinea come dalla sua azienda passino «circa 150 mila tonnellate all’anno di usato che rivendiamo, a nostra volta, come rifiuto. Per essere considerato altro deve essere igienizzato. Ci sono Paesi che si sono specializzati in questo settore. La Tunisia per esempio si occupa di selezione, igienizzazione, ma anche di riciclaggio. Circa il 50% è destinato all’estero: Tesmapri vende prevalentemente a paesi dell’Est e alla Tunisia». Quella dei cassonetti Caritas è solo una delle vie possibili per gli indumenti usati (ci sono anche la campagna Abito Qui e Humana per fare alcuni esempi), ma tutte sembrano portare allo stesso crocevia: tra Prato e la Campania (Ercolano, storicamente) si decidono le sorti di tonnellate di abiti. «Il mercato del riciclaggio tessile è quasi scomparso da noi, costa troppo», commenta Filippo Mannucci, responsabile della Campagna Abiti Puliti di Mani Tese. Ma se ciò che può essere rivenduto in Italia è il vintage e poco più (Amerini parla dell’1% di vintage), salvo alcune sacche di mercato consolidato come la Campania, dove finisce il resto?

Chi si veste con i nostri scarti Quintali di “balle” di indumenti scartati dal mondo occidentale arrivano nei mercati dei Paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa. I dati ufficiali della Commissione europea del 2007 indicano esportazioni di tessile usato dall’Italia per migliaia di euro: 5.168 per il Ghana, 3.909 per il Congo e ben 23.456 per la Tunisia. Fatta eccezione per quest’ultima, dalla quale importiamo abiti per 290 mila euro (la Tunisia infatti si occupa anche di smistamento, quindi potrebbe rivenderci il nostro stesso usato selezionato), per gli altri Paesi l’import è pari a zero. «L’Africa è inondata dei nostri vestiti usati e gli effetti sulle economie interne sono spesso devastanti», denuncia Deborah Lucchetti della campagna Abiti Puliti. Il rapporto del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (www.cnms.it) del 2006 parlava di 72 mila tonnellate esportate dall’Italia, la metà delle quali in Tunisia, la quale a sua volta commercia in altri Paesi africani. Oxfam e Humana parlano di «necessità di alcuni Paesi di servirsi di indumenti usati» per l’incapacità della produzione locale di soddisfare il fabbisogno. «Ma - prosegue Deborah Lucchetti - l’industria africana è sommersa di abiti usati e la liberalizzazione del mercato tessile ha dato il colpo di grazia». Ed è qui che sta il problema. |

ANNO 9 N.70

|

Sopra, lo storico negozio di oggetti usati di Manitese, a Milano. Esisteva dal 1994 ed è stato chiuso a settembre 2008. Sotto, un cassonetto di “Cambia Stagione”.

GIUGNO 2009

| valori | 45 |


| economiasolidale |

| economiasolidale |

Dalla scadenza dei famosi “accordi multifibre” avvenuta nel gennaio 2005, con la conseguente liberalizzazione del mercato tessile e la diminuzione dei dazi d’importazione (nei Paesi poveri) in virtù della “Poverty Reduction Strategy”, promossa dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale, è peggiorata la situazione in quei Paesi che negli anni Settanta avevano tentato di creare una propria industria tessile (il Ghana è uno di questi). «Il dumping diventa così una pratica volontaria ed internazional-

mente normalizzata - continua Debora Lucchetti - e ora l’arrivo dei prodotti cinesi, che in certi casi sono anche più economici del nostro usato, ha introdotto un’altra insormontabile barriera alla sopravvivenza e allo sviluppo delle industrie tessili nei Paesi del Sud del mondo. «Le politiche neo-liberiste promosse da Wto, Fmi e World Bank rendono impossibile per i Paesi poveri competere con beni d’importazione sfavorendo, invece che favorire, lo sviluppo delle economie locali», conclude Andrea Baranes, della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale.

ABITI PULITI È LA VERSIONE ITALIANA della campagna internazionale Clean Clothes, che nel nostro Paese è rappresentata da tre organizzazioni: Centro Nuovo Modello Di Sviluppo, coordinamento Lombardo Nord-Sud del mondo e ManiTese. Oltre 200 organizzazioni non profit nel mondo unite nella più grande alleanza nel campo del tessile, attiva nella lotta per migliorare le condizioni dei lavoratori, denunciare e frenare lo sfruttamento. Si occupa di monitoraggio, educazione e sensibilizzazione, nonché mobilitazione e lobbying a livello sia politico che aziendale. www.abiltipuliti.org - www.cleanclothes.org

.

I NUMERI DEI CHARITY SHOP [PROFITTI 2007]

OXFAM £ 21 milioni

CANCER RESEARCH £ 16 milioni

BRITISH HEART FOUNDATION £ 14.4 milioni

BRITISH RED CROSS £ 5.1 milioni

Organizzazione internazionale presente in più di 100 Paesi con progetti di sviluppo e cooperazione. Gestisce oltre 700 negozi nel Regno Unito. Il primo fu aperto nel 1947 e lo è ancora.

Organizzazione nazionale di sostegno alla ricerca sul cancro, si occupa anche, tra le numerose attività, di informazione e prevenzione. È presente con oltre 600 negozi nel Regno Unito.

Si occupa di problemi di cuore e circolatori finanziandone la ricerca, l’educazione e il sostegno. Possiede negozi dal 1987 e attualmente ne gestisce 500 con circa 10 mila volontari.

Sezione inglese dell’omonima organizzazione internazionale, operante per mezzo di volontari. Si occupa di situazioni d’emergenza di diversa natura e sostiene programmi di assistenza domiciliare.

FONTE: CHARITY SHOPS SURVEY 2008

I danni del “libero mercato”

IL RIUSO NON DECOLLA? SIAMO SCHIAVI DEI PRECONCETTI DAL 1964 MANITESE LAVORA per uno sviluppo diverso, per certi aspetti opposto rispetto al modello imperante, caratterizzato da stili di vita propensi allo spreco e poco etici. «Nell’ottica dell’ideale decrescita intelligente, va da sè la nascita di negozi che allunghino la vita di beni che non possono definirsi “morti”. Quindi perché considerarli rifiuti inutili?» si domanda Renato Conca (foto), coordinatore di Manitese Onlus di Milano. Quella dei vostri mercatini dell’usato è un’esperienza isolata?

L’USATO TESSILE IN ITALIA

CARITAS ITALIANA WWW.CARITASITALIANA.IT

HUMANA WWW.HUMANITALIA.ORG

È l’organismo pastorale della Cei per la promozione della carità. Da decenni si occupa del recupero degli indumenti usati, anche promuovendo la formazione di cooperative e reinvestendo in proprie strutture d’aiuto sociale di vario genere.

Altra grande del settore, opera in 35 province. Raccoglie abiti usati “innanzi tutto per inviarli nei paesi del Sud del mondo, dove il fabbisogno è elevato” e per finanziare propri progetti di sviluppo, sempre nel Sud del mondo.

Mani Tese ha otto realtà simili in varie zone della penisola, costituite in cooperative sociali di tipo B: 300 volontari, 12 dipendenti di cui 4 appartenenti alle categorie protette, per un fatturato annuo indicativo di 600 mila euro circa, che, spese a parte, è reinvestito in progetti dell’associazione. A Gorgonzola (poco fuori Milano) c’è un nostro capannone di 250 metri quadrati, gestito da un gruppo di volontari pensionati, che si occupa specialmente di mobili e funziona benissimo. A Mantova invece abbiamo sperimentato, con ottimi risultati, una struttra interamente ecosostenibile, specializzata nel recupero di pc, che vengono poi dotati di sistema operativo Linux e rivenduti a meno di cento euro. Una pratica consolidata...

Charity shop, una seconda vita (sostenibile) per gli oggetti Nel nostro Paese si regala qualcosa solo per “sbarazzarsene”: non siamo stati educati al riuso. In Gran Bretagna esistono 7.600 negozi e un giro d’affari da 106 milioni di sterline all’anno. GNI “COSA” NASCE, VIVE E MUORE. Ma nella società contemporanea, votata al credo del consumismo usa-egetta, la speranza di vita degli oggetti è brevissima e fortemente soggetta alla moda. E, mentre la legge italiana si prodiga nella codifica di Valentina Erba del trattamento dei rifiuti, nell’auspicio di un futuro più “riciclone”, altri Paesi hanno da tempo consolidato la fede nella sola pratica che faccia davvero la differenza: il riuso. La crisi internazionale sembra inoltre averne messo in luce tutti i benefici: sociali, ambientali, ma anche economici.

O

In Italia manca la cultura dell’usato... Culturalmente poco radicato, il settore dell’usato in Italia registra, secondo un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano del 2008, un incremento di imprese del 35,4% dal 2004: 3.440 esercizi commerciali distribuiti nei vari settori, dai libri ai mobili agli elettrodomestici. In Lombardia, per esempio, regione leader per numero di punti vendita (460), sono fioriti negli ultimi anni molti negozi, anche in franchising, che rivendono merce ceduta da privati in conto vendita o semplicemente donata perché non più utilizzata, ma ancora in buono stato. Il gesto è quindi legato o alla necessità di sbarazzarsi di uno scarto (che però “è peccato” buttare), oppure alla volontà di far fruttare qualcosa di altrimenti inutile. Un allungamento della vita del bene, che di nobile ha ben poco, fatta eccezione per il | 46 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

prezzo che, in alcuni casi, in virtù di nuovi aulici natali (non più usato, ma modernariato o vintage), è quello di un bene di lusso. È già qualcosa, ma c’è chi insegna che lo scarto può fare molto di più.

...in Inghilterra è un sistema collaudato Il principio è tanto semplice quanto geniale: ho qualcosa che non uso più, la dono ad un charity shop (in italiano negozio di beneficenza), che la rivende ad un prezzo molto basso. Sottratti i costi di gestione, il ricavo è destinato al finanziamento dell’organizzazione non profit cui appartiene il negozio, che, essendo generalmente gestito da volontari e non avendo spese d’acquisto della merce, può vantare dei profitti netti considerevoli e può permettersi di mantenere prezzi irrisori per il pubblico. L’utenza è numerosa e socialmente eterogenea: chi non è spinto ad acquistare per ragioni economiche lo fa per sostenere la causa dell’organizzazione madre, o semplicemente perché scova pezzi introvabili a prezzi stracciati. In Gran Bretagna i charity shop sono la normalità. Si parla di un sistema strutturato e consolidato: oltre 7.600 negozi, per un totale di più di 120 mila volontari coinvolti, che ha mosso nel 2007 106,7 milioni di sterline (secondo il Charity Shop survey 2008). Il tutto è in linea con la direttiva governativa in materia di rifiuti, che espressamente pone il riuso come primo comandamento (Government’s Waste Strategy for England). E il governo dal canto suo ne regolamenta la tassazione in funzione della mancanza di scopo di lucro e

dei benefici economici che la comunità trae dal non dover smaltire quelli che altrimenti sarebbero rifiuti. Esistono reti e associazioni di charity shop a supporto logistico dei negozi e a tutela del donatore: la Charity Commission fornisce online un numero verde da contattare per accertamenti in caso si abbia il dubbio di essere in presenza di un “bogus” (un’organizzazione che si finge di beneficenza ed è invece a scopo di lucro).

I pochi casi italiani Sporadici i casi nostrani che riproducono questo sistema: un esempio confrontabile con un charity shop è ad Abbiategrasso, promosso dalla Caritas locale. «Un esperimento positivo e d’aiuto alla comunità», secondo il direttore, Stefano Paganini. Si chiama Vesti-speranza e nasce dalla tradizione parrocchiale, che costituisce ancora il vertice manageriale. «La nostra utenza è costituita da moltissimi immigrati e anziani - continua Paganini - ma non riusciamo a far breccia nel mondo giovanile». Ci sono poi le esperienze delle imprese sociali, come di Mano in Mano, società cooperativa di produzione e lavoro, che, organizzata su base comunitaria, svolge un interessante servizio di inserimento socio-lavorativo e non solo: le stime parlano di una vendita annuale che corrisponde all’equivalente di 1.600 locali arredati completamente e tonnellate di materiale riutilizzato (350 quintali annui solo di legname!).

.

Beh, non proprio. Moltissime persone donano, ma non altrettante sono anche clienti. Mi spiego, la nostra clientela è prevalentemente costituita da immigrati o persone con redditi bassi, che da noi possono acquistare a prezzi impensabili altrove (sottolineo “acquistare”: non è trascurabile il lato dignità dello scegliere e comprare rispetto al ricevere una donazione). Molti meno sono i clienti motivati da una scelta etica o ambientale: tanti cercano il vintage, non il riusato. Anche se non mancano coloro i quali condividono e partecipano alla nostra mission, si tratta comunque di una minoranza, e non c’è una logica ciclica di “dono e compro”, restiamo diffusamente schiavi di preconcetti per cui l’usato è, come dire, un po’ una vergogna. Poca educazione in questa direzione, forse?

Il riuso nel nostro Paese è concettualmente e normativamente lontanissimo: ci si deve rifare alla legge quadro 152 del 2006 in materia di rifiuti, per cui al massimo si parla di riutilizzo, ma, come si sa, sono due cose ben distinte. Salvo alcune eccezioni, come la Campania, dove è largamente diffuso. In Italia tendiamo a sottovalutare questa pratica. E in questo momento di crisi economica internazionale?

Paradossalmente, la crisi offre spunti di riflessione sui propri stili di vita. Partendo dai bisogni, dalle necessità congiunturali, forse si riconsiderano ottiche precedentemente snobbate o semplicemente non vagliate. Speranze e progetti per il futuro?

Noi non molliamo. Nonostante capitino casi, come a Milano, in cui per cause di diversa natura siamo stati costretti purtroppo a chiudere, non tradiamo il pensiero: abbiamo aperto un negozio su eBay e ci stiamo muovendo per inserire altri elementi nei nostri punti vendita come detersivi alla spina e altri prodotti, sempre nell’ambito della promozione di stili di vita sostenibili. Che è poi il cuore di tutto il discorso.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 47 |


| economiasolidale | bio non food |

Cosmetici e tessuti, nuove frontiere del biologico BUSTE DELLA SPESA: ADDIO PLASTICA, BENVENUTO MAIS

Non solo frutta e verdura. Il mondo del “bio” cresce a vista d’occhio nei settori del tessile e dei prodotti di bellezza. I vantaggi: maggiore tutela della salute e un minore impatto ambientale. Ma c’è il nodo-certificazioni. di Emanuele Isonio

FONTE: : ORGANIC EXCHANGE, 2008

UANDO SI PENSA AI PRODOTTI BIOLOGICI VENGONO SUBITO ALLA MENTE PATATE, CAROTE, MELE E ARANCE.

Q

Ma, accanto al pur florido settore alimentare, si stanno sviluppando, con ritmi di crescita importanti, altre produzioni biologiche. È il cosiddetto “non food”, egemonizzato da due voci: bio-cosmesi e bio-tessile. «Cosmetici e tessuti sono strettamente collegati con l’agricoltura biologica – spiega Paolo Foglia, responsabile Ricerca e Sviluppo di Icea, il più importante organismo certificatore in Italia – perché da lì provengono le materie prime alla loro base. Ma, accanto ad essi, stanno nascendo altri settori legati al biologico in senso più ampio: bioedilizia, bio-wellness, detergenti, legno e mobili». Tra quelli indicati, il mondo dei prodotti di bellezza bio ha senz’altro le prospettive di crescita più promettenti: al momento occupa solo il 2-3% del mercaValentino to dei cosmetici e il giro d’affari nel nostro Paese non Mercati, supera i 50 milioni, ma la crescita annua è impetuosa. presidente «Non è irrealistico immaginare che entro cinque anni di Aboca. arriveremo a detenere il 30% del mercato», osserva Valentino Mercati, presidente di Aboca, leader italiano dei prodotti naturali per la salute. Alla base di queste previsioni rosee, le numerose prove sugli effetti collaterali delle sostanze di sintesi, utilizzate nella cosmesi tradizionale. «I dermatologi sono ormai concordi nel denunciare la pericolosità dei prodotti chimici», proMERCATO PRODOTTI TESSILI E ABBIGLIAMENTO IN FIBRE NATURALI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA segue Mercati. «Se anche una grande azienda come 8.000 L’Oreal ha deciso di entrare nel nostro settore signifi7.000 ca che l’evoluzione è ormai irrefrenabile». Ma ogni 6.800 Valore in Mll $ corsa, per quando tumultuosa, ha i suoi ostacoli. Per 6.000 la biocosmesi, sono l’assenza di leggi e di uno standard 5.000 5.000 di certificazione unico.

Entro cinque anni il settore biologico non alimentare potrebbe arrivare a detenere il 30% del mercato

4.000

3.450 3.000 2.000 1.000 0 2001

In arrivo regole uniche

1.911 1.073 583

245

2005

| 48 | valori |

2006

ANNO 9 N.70

2007

|

GIUGNO 2009

2008

|

2009

2010

In Italia, ad esempio, esistono cinque organismi certificatori, ognuno con propri standard qualitativi. Una situazione che sicuramente non aiuta i consumatori nella scelta. Da settembre però le cose cambieranno:

entrerà in vigore Cosmos (Cosmetics Organic Standard), il nuovo protocollo approvato da tutti i principali certificatori europei che fissa regole rigide per poter definire “biologico” un cosmetico. Tra i requisiti, il livello minimo di materie prime bio che non potrà essere inferiore al 95% degli ingredienti certificabili. «Lo standard comune sarà un passo avanti ma senza una legge, non ci potranno essere sanzioni per chi usa impropriamente i termini “naturale” o “bio”», denuncia Fabrizio Piva, di Ccpb, uno dei più rigorosi tra gli enti certificatori italiani. «La maggiore tutela per i consumatori è la presenza di una delle certificazioni sulla confezione», spiega Mercati di Aboca.

Biotessile ancora in fase d’avvio A differenza della biocosmesi, il settore del tessile biologico è ancora in una fase “pioneristica” (in Italia i primi segni d’interesse si sono manifestati negli ultimi due anni) ma ha un vantaggio: a livello mondiale già esiste un unico standard di certificazione (il GOTS – Global Organic Textile Standard). Certo, per i consumatori è più difficile percepire i vantaggi di un tessuto realizzato con coltivazioni biologiche: «Avere fibre naturali come cotone, lino e lana non trattati chimicamente significa garantire minori impatti ambientali e ridurre i rischi di dermatiti da contatto e di allergie», spiega Paolo Foglia di Icea. «È un messaggio che non tutti i consumatori sono pronti a recepire. Ma il settore cresce comunque (vedi GRAFICO ) perché la differenza di prezzo rispetto al tessile tradizionale non è clamorosa e le grandi aziende vi stanno investendo, perché vedono in questo settore un modo per aumentare la qualità dei loro prodotti».

.

SITI INTERNET www.icea.info www.ccpb.it www.cosmos-standard.org www.global-standard.org www.sisteweb.it

LA SVOLTA ECOLOGICA coinvolge anche le buste per la spesa. Forse non tutti sanno che dal 1 gennaio spariranno i tradizionali sacchetti di plastica che usiamo per i nostri acquisti. Merito della direttiva europea sugli imballaggi approvata nel 2004 (recepita dall’Italia con la Finanziaria 2007) che vieta l’utilizzo del polimero (il polietilene) per realizzarli. Una buona notizia per l’ambiente: solo in Italia produciamo 300 mila tonnellate di buste di plastica, usando 430 mila tonnellate di petrolio ed emettendo 200 mila tonnellate di CO2. Se si considera che ogni sacchetto impiega vent’anni per degradarsi, il calcolo del danno è presto fatto. Al posto della plastica si userà un bio-polimero (il mater-bi) ricavato da mais e da altre materie vegetali, del tutto biodegradabile. Tra l’altro il materiale è un brevetto italiano, della Novamont di Novara. In attesa che la norma sia obbligatoria, alcuni supermercati si stanno adeguando: i punti vendita Coop hanno già sostituito i vecchi sacchetti con i nuovi in mater-bi. E anche il gruppo Auchan recepirà la nuova normativa, con sei mesi di anticipo. Ma c’è un neo (nemmeno tanto piccolo): alla legge anti-polietilene non ha mai fatto seguito il provvedimento per sanzionare i trasgressori. Se il vuoto non sarà sanato, non si potranno fare multe. Em. Is.

A SAN MARINO, LA COSMESI SPOSA AMBIENTE E DIRITTI «L’IMPEGNO PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE è fatto di tante scelte quotidiane, piccole e grandi, che affrontiamo come imprenditori, cittadini, consumatori. Non è più tempo di demandare ad altri. È tempo di agire». Gli slogan spesso lasciano il tempo che trovano. Ma nel caso di FaFraKa segue una scelta: questo laboratorio cosmetico di San Marino, da quando è nato, ha sposato la “causa” della cosmesi biologica, creando una linea di prodotti con una peculiarità: sono studiati per unire alle esigenze imprenditoriali, gli aspetti ambientali e sociali. Le materie prime utilizzate sono quindi solo di origine biologica certificata (da Ecocert France), i produttori (selezionati spesso dopo una conoscenza diretta o in collaborazione con Fairtrade) non devono violare i diritti dei lavoratori, il packaging deve avere un limitato impatto ambientale. Per scongiurare il rischio di prezzi troppo alti, l’azienda ha avviato varie iniziative per la vendita diretta (più è corta la filiera, più il prezzo è basso): accordi con i GAS locali, e-commerce dal loro sito www.fafraka.com e un sistema di personalizzazione rivolto a hotel e SPA per creare prodotti su misura, nella formulazione e nel formato. I risultati sono incoraggianti: il trend è in continua crescita. «Una conferma – spiega l’amministratore Antonio Kauland – che la green revolution, il cambio di sistema produttivo e nuovi stili di vita sono la via giusta per uscire dal tunnel». Em. Is.

IN BRASILE, DAI PRODOTTI DI BELLEZZA BIO AI PROGETTI SOCIALI UN AMBIENTE DALLA BIODIVERSITÀ enorme. Il terzo mercato al mondo del settore bellezza. Il Brasile sembra essere un luogo perfetto per i cosmetici bio. «Le potenzialità ci sono, il mercato non ancora», spiega Vinicius Vasconcelos, marketing manager di Surya (www.suryabodycare.com.au), azienda brasiliana di cosmetici bio. «Abbiamo avviato una “High school” in Amazzonia, dove organizziamo corsi per le popolazioni locali, sulla produzione di linee biologiche e naturali – racconta Vasconcelos -. Per insegnare un mestiere». L’attitudine a unire attività d’impresa e progetti sociali è tutta brasiliana. Il consorzio ABIHPEC, tra produttori di cosmetici e prodotti per l’igiene personale, ha avviato il progetto “Dai una mano al futuro” per insegnare agli abitanti delle periferie a raccogliere i rifiuti per strada. «Insegniamo a selezionare e differenziare imballaggi di vetro, plastica, carta – racconta Joao Carlos Basilio, presidente di ABIHPEC -. Può essere un lavoro redditizio, di certo porta dignità e autostima».

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 49 |


| economiasolidale | teatro napoli |

| So.Le.XP | economiasolidale |

L’anteprima (sostenibile) del mondo che verrà La sfida multiculturale in scena

Sopra, tre disegni di Dario Fo che formano la scenografia dello spettacolo “Apocalisse rimandata”.

Al Napoli Teatro Festival si rinnova la scelta di dare spazio anche a migliaia di artisti stranieri, che sono anche co-produttori degli spettacoli. «A cambiare, ormai, è l’idea stessa di internazionalità», spiegano gli organizzatori. ALLA SECONDA EDIZIONE IL NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA (4 -

E

L’APOCALISSE RIMANDATA

28 giugno), con il suo cartellone dalla forte impronta IN CARTELLONE anche l’attenzione ai temi ambientali, con progetti come Parole multiculturale: 12 lingue parlate, 2500 artisti e 20 nuoper la terra (incentrato su domande a studiosi quali David King e Saskia Sassen) ve creazioni coprodotte in cui artio la performance Homem Refluxo (letteralmente: Uomo rifiuto), del brasiliano Peri sti italiani e stranieri formano comdi Corrado Fontana Pane. C’è poi L’apocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe, adattamento “glocal” dal romanzo ecologista di Dario Fo, che va in scena con la regia pagnie partecipate da teatri e festie l’interpretazione di Giulio Cavalli: «Lo scheletro dello spettacolo resta il libro, val di Germania, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Portogallo, Arcui vengono aggiunti alcuni inserti sull’attualità più locale. Dalla Lodi “capitale” italiana dei tumori all’Expo milanese. La “giullarata” arriva, però, e sta nell’immaginazione gentina, Singapore e Stati Uniti. di una città in cui il petrolio è finito e nei modi in cui si affronta la situazione». Delle anime e dei contenuti racconta il direttore organizzativo e È teatro civile di volta in volta arricchito dal territorio in cui si rappresenta: non a caso artistico Renato Quaglia: «La forte multiculturalità nasce dalla doCavalli chiude il monologo sui rifiuti napoletani e le mozzarelle “dopate”, basandosi sul lavoro d’inchiesta di Emiliano Fittipaldi e Gianluca di Feo dell’Espresso. manda di come può essere oggi un festival internazionale, oggi che il mondo sta cambiando radicalmente, soprattutto per quel che riguarda l’idea di nazionalità e internazionalità. Pur confermando l’acdinariamente innanzitutto gli artisti. Dobbiamo insomma comincezione di ospitalità per spettacoli prodotti da altri Paesi come Giapciare a pensare, al di là della crisi economica che ci obbliga a ragiopone, Libano, America Latina, e attivando coproduzioni di carattere nare diversamente, se i nostri spettacoli saranno applauditi a Berlino finanziario con Vienna, Atene, Avignone, siamo interessati a trovae Madrid, non più solo a Roma e Palermo». re altre modalità di condivisione, costruendo proMa non c’è anche un percorso inverso nel voL’ECOFESTIVAL DI NAPOLI getti teatrali dove la civiltà culturale italiana partestro cartellone? Un contributo degli stranieri che cipi ad altre culture e saperi. Così è per lo spettacosi confrontano con la realtà napoletana tradizioIL NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA lo che co-produciamo col Singapore Arts Festival. nale? «Il dialogo di reciprocità non è a senso unisi attribuisce l’etichetta di “ecofestival”. Nei contratti tra organizzazione Sul contenuto ci siamo venuti incontro proponenco. Napoli è una città teatro, e non solo rispetto e compagnie, services, fornitori do un lavoro su Le città invisibili di Calvino, che riall’iconografia comune… però viene sempre letta si richiede l’utilizzo di pratiche prende e aggiorna il mito di Marco Polo, figura che e raccontata quasi sempre dai napoletani. A noi ecocompatibili (uso di materiali riciclabili, smaltimento differenziato…). per loro resta un riferimento culturale e valoriale. interessavano punti di vista nuovi e alti. Così abUn servizio di bus navetta promuove Scritto da Chay Yew, singaporegno di origine cinebiamo chiesto alla coreografa americana Karole la mobilità sostenibile. Le emissioni di CO2 prodotte dall’evento, se che vive a New York, e con la regia del nostro Armitage, chiamata già “la signora punk della calcolate in 285 tonnellate Giorgio Barberio Corsetti, è quindi nato Le città vidanza”, e alla sua compagnia multietnica, di reada AzzeroCO2, società nata sibili, che ha già debuttato a Singapore a metà maglizzare una nuova creazione sulla figura di Pulcida Legambiente, Kyoto Club e Istituto di ricerche Ambiente Italia, gio, e che ha fatto sì che per circa due mesi oriennella, emblema della crisi permanente. Per farlo verranno compensate tali e italiani in una compagnia mista abbiano dol’abbiamo ospitata qui per due mesi in cui ha codalla piantumazione di 410 alberi nel Parco del Vesuvio. Nel casertano, vuto lavorare insieme alla scrittura del testo e alla nosciuto sociologi, antropologi, attori che le hanpoi, sarà installato anche comprensione della reciproca cultura e sensibilità. no raccontato il loro Pulcinella ma da cui lei ne un impianto fotovoltaico. Una progettualità condivisa che arricchirà straorha tratto uno suo, un Pulcinella altro».

.

| 50 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

Curiosi di conoscere il destino della Terra nei prossimi decenni? Non c’è allora posto migliore del So.Le.XP, vero e proprio “tuffo” nel futuro. Un’isola che non c’è (ma che ci sarà) fatta di energie rinnovabili, bio-agricoltura e legalità. E VOGLIAMO UN FUTURO MIGLIORE NON ABBIAMO SCELTA: dobbiamo costruirlo. Concretamente. Puntando sull’agricoltura sostenibile, sul riuso e sul riciclo dei materiali, sulla mobilità sostenibile, sulle energie rinnovabili, sulla bioedilizia. E sulla legalità. Facendo sì che didi Andrea Barolini ventino, insieme, uno stile di vita e un modello di sviluppo economico. Perché? Semplice: perché ci si guadagna. Conviene ai cittadini, alle aziende, agli enti pubblici, all’ambiente, all’occupazione, alla cultura. E anche al prodotto interno lordo. Per questo nasce So.Le.XP, festival internazionale della sostenibilità e della legalità. Un luogo del futuro nel presente. Un modo per affacciarsi nella società dei prossimi anni. Dal 3 al 5 luglio il Parco delle Madonie (nel comune di Castelbuono, in provincia di Palermo) ospiterà una vera e propria isola che non c'è. Ma che ci sarà. Un mondo possibile (di più: imminente) nel quale per tre giorni si potrà vivere in anteprima.

S

Il comune di Castelbuono, in provincia di Palermo, che dal 3 al 5 luglio ospiterà il So.Le.XP.

Chilometri zero Qualche esempio. Nel corso della manifestazione potranno essere sperimentati modi sani di procurarsi il cibo e di condividerlo: ristoranti, locali e stand offriranno cibi “a chilometri zero” (le materie prime proverranno esclusivamente dalla Sicilia). Non solo: il denaro viaggerà attraverso i canali virtuosi di Banca Etica, si praticherà la raccolta differenziata, le assicurazioni saranno gestite dal Consorzio assicurativo etico e solidale (Caes), i materiali utilizzati per i catering saranno biodegradabili (prodotti da Novamont). L’associazione AzzeroCO2 monitorerà perfino le emissioni nocive per l’ambiente per tutta la durata della manifestazione e per disincentivare l’uso dell’auto sarà a disposizione un servizio di navetta.

Legalità cercasi Il tutto all’insegna della legalità: con l’associazione AddioPizzo è stato redatto un modello di autocertificazione attraverso il quale le organizzazioni coinvolte in So.Le.XP dichiareranno di non sottostare al racket delle estorsioni e di non avere rapporti di nessun tipo con ambienti mafiosi. «Non si tratta solo di dare un segnale in un territorio difficile come quello siciliano: il nostro obiettivo principale è promuovere la cultura delle regole - spiega Giovanni Callea, amministratore del consorzio CoMeSS, che organizza l’evento -. È inutile investire sulle fonti rinnovabili o incentivare l’agricoltura biologica se manca un quadro normativo chiaro e condiviso. La questione rifiuti a Napoli è un esempio chiarissimo in questo senso». Il So.Le.XP, infatti, vuole proporre un modello sociale, ambientale, economico e di lavoro. E a farlo saranno direttamente gli operatori presenti: enti pubblici, privati, fornitori di servizi e nuove tecnologie. I promotori (tra gli altri, Novamont, Ecozema, Enea, Slowfood, Confindustria Palermo, Anab e, come media partner, Valori) puntano infatti a «entrare in un nuovo mercato dalle enormi potenzialità». Parallelamente alle aree espositive, è previsto un articolato sistema di workshop, seminari, incontri ed approfondimenti (per il programma completo consultate il sito www.solexp.it). Nel corso della tre giorni siciliana, ad esempio, sarà possibile conoscere le tecniche di installazione di un pannello solare, scoprire come si calcola il bilancio termico di un edificio o come si accede alla detrazione fiscale del 55% prevista per chi si dota di un impianto fotovoltaico. Ma anche imparare a tenere basso il proprio colesterolo modificando le proprie abitudini alimentari. A condire il tutto ci sarà anche l'estate siciliana: un'occasione da non perdere.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 51 |


| economiasolidale | marchio equosolidale |

| economiasolidale |

Compro equo e me ne vanto

APPUNTAMENTI GIUGNO>AGOSTO ed alternativi; mercato dell’usato e del riuso; concerti, spettacoli, tavole rotonde e aree attrezzate per bambini. www.decrescitafelice.it 5 giugno MONDO GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’AMBIENTE La Giornata Mondiale per l’Ambiente, che si celebra ogni anno il 5 giugno, è uno dei principali strumenti attraverso cui le Nazioni Unite sensibilizzano l’opinione pubblica sulla questione ambientale a livello mondiale e favoriscono l’azione e l’attenzione del mondo politico. www.onuitalia.it/events/gmambiente.php

Meno numerosi, ma mediamente più attivi e critici del resto del mondo Gli acquirenti italiani di prodotti equo solidali, sono entusiasti e trascinatori. Anche la Commissione europea sosterrà il settore A COMMISSIONE EUROPEA ha recentemente adottato una comunicazione che riconosce il valore del commercio equo e solidale e l’importanza delle Ong impegnate in questo settore, nel contribuire fattivamente allo sviluppo sostenibile. Oltre ai ricodi Corrado Fontana noscimenti formali, che fanno sempre piacere ma non bastano, la Commissione si è impegnata a sostenere il commercio equo e solidale e le realtà produttive collegate. Dal 1999 il mercato è aumentato di 70 volte in Europa e vale nella vendita al dettaglio circa 1,5 miliardi di euro. Questo segna un forte coinvolgimento delle multinazionali, che sempre di più propongono referenze di commercio equosolidale o programmi di sostenibilità. Le caratteristiche economiche e organizzative del commercio equo risultano molto diversificate nei vari Paesi e, in particolare, il “modello italiano” rappresenta un’eccezione nel panorama europeo: altrove sono i marchi di certificazione dei prodotti equi e solidali ad aver determinato, negli ultimi anni, le forti crescite di fatturato, per la credibilità che i consumatori gli riconoscono, in Italia è diverso. Da noi sono Centrali d’importazione e Botteghe del mondo (Bdm) a svolgere un ruolo ancora predominante. Sarà anche per questo che il consorzio Ctm Altromercato (la principale centrale di importazione italiana) riesce a crescere all'estero (oltre 4 milioni e 200 mila euro di ricavi: +300 mila sul fatturato 2007) e spicca un +158% per il settore della Ristorazione Solidale.

L

Equosolidale, anche locale La filiera corta e le produzioni a km zero sono in contrasto con le tematiche del mercato equo? Pierluigi Traversa, responsabile marketing di Ctm, si dice tranquillo: «L’equo è una filiera corta: dai produttori ai consumatori gli intermediari sono ridotti. Equo e locale condividono molti obiettivi e si integrano: faccio l’esempio di un ristorante a km zero di Bologna, che serve caffé del commercio equo». Il trend positivo globale è confermato da una recente indagine ef| 52 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

fettuata da GlobeScan sulla popolarità e l’efficacia del marchio di certificazione Fairtrade, etichetta che riunisce la gran parte dei produttori del mercato equo internazionale. L’indagine ha riguardato 14.500 persone in 15 Paesi del mondo (Regno Unito, vari del Centro e Nord Europa tra cui l’Italia, Australia, Nuova Zelanda, Canada e Usa). Ci dice, tra l’altro, che gli acquirenti italiani di prodotti equi sono meno numerosi ma, mediamente, più attivi e critici.

6 giugno ITALIA NO ECOMAFIA TOUR Parte il 6 giugno da Riccione, in occasione del Premio Ilaria Alpi, la nuova campagna itinerante di Legambiente, una possibilità per dibattere sul tema della criminalità ambientale, comprenderne la vera natura, le sue potenzialità distruttive, i rischi concreti per il futuro della comunità. www.legambiente.eu

23 - 25 giugno PADOVA HYDRICA Hydrica è un salone internazionale dedicato a tutti i settori e a tutti i gestori dell’Acqua, nell’ambito del quale verranno affrontate le tematiche relative al risparmio, alla tutela, alla programmazione, alla gestione della risorsa idrica. www.hydrica.org 26 - 28 giugno PETRALIA SOTTANA (PA) IX CONVEGNO NAZIONALE DEI GAS I gruppi d’acquisto solidale sbarcano in Sicilia per il loro convegno annuale. Il tema principale di quest’anno sarà l’identità e il ruolo dei GAS nell’economia solidale, per cercare di coniugare le sempre più numerose richieste di adesione con i valori fondamentali per cui sono nati. www.retegas.org

Che consumatore sei? GlobeScan ha individuato 5 tipologie di consumatori dei prodotti equosolidali Fairtrade: i Mainstream, caratterizzati da un basso attivismo ma alte aspettative (40% in Italia rispetto alla media del 36% nei 15 Paesi indagati); gli Enthusiasts molto attivi (si fanno promotori essi stessi del fair trade) e molto esigenti (sono il 36% contro 18%, il doppio!); i Passive Beneficiaries, ovvero per nulla attivi e disinteressati alle questioni sociali e di comportamento, che sono un 14% di cui il 2% addirittura Disengaged, disinteressati a prescindere dal commercio equo (rispettivamente 24% e 11% nei 15 Paesi rilevati); infine gli Active Skeptics, molto attivi ma con poche pretese (8% contro 11%). Cifre che dicono come il nostro Paese vanti un’elevata percentuale di “entusiasti”, quelli che i ricercatori definiscono “consumatori etici attivi” e su cui invitano a puntare per fare da traino a tutti gli altri.

18 giugno VARESE CASAKYOTO IN 10 MOSSE Il progetto CASAKYOTO è un processo in 10 mosse che consente di intervenire sull’edilizia esistente e di ottenere massimi livelli di risparmio in termici economici e ambientali. Il convegno, organizzato dall’ANIT (Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico), analizza costi e benefici della riqualificazione energetica. www.anit.it

C’è fairtrade e fairtrade Rispetto al rapporto tra intervistati e marchio Fairtrade, a metà del campione è molto familiare, nove su 10 ripongono fiducia in esso e il 64% crede che Fairtrade possieda standard severi. Tre quarti dei consumatori è inoltre convinto che una certificazione indipendente sia il modo migliore per verificare le dichiarazioni di eticità di un prodotto. Questo livello di credibilità e di fiducia pare del resto coerente con le scelte di acquisto che si traducono nell’aumento di vendite dei prodotti Fairtrade: +75% in Svezia, +45% in Inghilterra, +24% in Austria, +20% in Italia.

.

19 - 21 giugno CARREGA LIGURE (ALESSANDRIA) MDF Fest Festa del movimento della Decrescita felice con laboratori pratici (autoproduzione, riciclo creativo); area fiere dove saranno presenti le migliori aziende, associazioni ed enti impegnati nel risparmio energetico, nella tutela dell’ambiente e nella difesa e divulgazione di stili di vita tradizionali

26 - 28 giugno PISTOIA VI FORUM DELL’INFORMAZIONE CATTOLICA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO “Il tempo del Creato e il tempo dell’uomo”. L’iniziativa, promossa dall’associazione ambientalista Greenaccord, vedrà oltre 80 giornalisti confrontarsi sul tema “Il tempo del Creato e il tempo dell’uomo”. Valori sarà mediapartner dell’evento. www.greenaccord.org

29 giugno - 3 luglio AMBURGO (GERMANIA) 17th EUROPEAN BIOMASS CONFERENCE & EXHIBITION Giunta alla diciassettesima edizione, la fiera e conferenza internazionale sulla biomassa prevede la partecipazione di oltre 1.500 delegati provenienti da oltre 70 Paesi del mondo. Tra di essi, industrie, istituzioni e associazioni. Le conferenze si terranno fino al 3 luglio, mentre l’esibizione si chiuderà giovedì 2. www.conference-biomass.com

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

luglio ITALIA COMUNI RICICLONI Legambiente premia quei comuni che dimostrano particolare impegno nell’avviare e incrementare programmi per la raccolta differenziata dei rifiuti. Sono oltre 1000 i comuni in Italia che ogni anno si candidano per partecipare al concorso. www.ecosportello.org

sull’impresa sociale, organizzato dall’Università di Bologna, in collaborazione con Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit) e Iris network (Istituti di ricerca sull’impresa sociale) www.esse.unibo.it

luglio ITALIA GOLETTA DEI LAGHI Non solo mare nei pensieri di Goletta Verde: Goletta dei Laghi è la campagna di monitoraggio sulla qualità delle acque lacustri. Un’occasione importante per parlare di turismo di qualità ed economia sostenibile, per individuare e segnalare aree a rischio per abusivismo selvaggio e scarichi illegali e per incentivare buone pratiche di gestione eco-compatibile di strutture ricettive e territorio. www.legambiente.eu

luglio - agosto ITALIA GOLETTA VERDE È la campagna estiva di Legambiente di informazione e sensibilizzazione sullo stato di salute del nostro mare. Dal 1986 ad oggi, ogni estate, il battello ambientalista compie il periplo delle coste italiane prelevando e analizzando circa 500 campioni d'acqua ed eseguendo su ognuno le analisi previste dalla legge. Oltre a diffondere in tempo reale i risultati delle analisi dei luoghi visitati, Goletta Verde propone in ogni sua tappa incontri, manifestazioni, blitz per evidenziare tutta la complessità dei temi legati al mare: dalle attività di pesca alle attività turistiche, dalla nautica al cabotaggio, dalla cementificazione selvaggia delle coste alla loro erosione. www.legambiente.eu

2 - 3 luglio RHEIN-MAIN-HALLEN (WIESBADEN, GERMANIA) DENEX Conferenza internazionale sui sistemi energetici decentralizzati e sulla bioedilizia. www.denex.info

3 - 5 luglio PARCO DELLE MADONIE SoLeXP ESPERIENZA SOSTENIBILE E LEGALE Agricoltura biologica, riuso e riciclo dei materiali, mobilità sostenibile, energie rinnovabili, bioedilizia sono i temi del primo festival internazionale della sostenibilità e della legalità, organizzato dal CoMeSS (consorzio mediterraneo per lo sviluppo sostenibile). www.solexp.it 6 - 11 luglio BERTINORO (FORLÌ) EUROPEAN SUMMER SCHOOL ON SOCIAL ECONOMY (ESSE) Un seminario estivo residenziale |

7 - 16 agosto PARCO NATURALE DELLA MAREMMA (GR) festAMBIENTE È uno dei maggiori appuntamenti europei dedicati all’ambiente. Una città ecologica dove i cittadini sono protagonisti, dove si affermano valori come la responsabilità verso le generazioni future e la solidarietà come pilastro della vita quotidiana. www.festambiente.it

31 agosto - 4 settembre JYVÄSKYLÄ (FINLANDIA) BIOENERGY 2009 Conferenza ed esibizione internazionale organizzata dalla Commissione europea. Fa parte della manifestazione anche WOOD 2009, fiera dedicata ai prodotti industriali in legno. www.bioenergy2009.finbioenergy.fi

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 53 |


| inbreve |

| internazionale | inbreve |

Banche: il denaro dei dittatori non si rifiuta mai >56 Il raffreddore conta più di 178 milioni di bimbi affamati>58 Benin, il microcredito della “Savana” >60

internazionale LISISTRATA IN KENYA: SCIOPERO DELL’AMORE

TABACCO E MARIJUANA SALVERANNO CINA E CALIFORNIA DALLA CRISI ECONOMICA?

AFPAK: NUOVA GUERRA USA A CUI L’ITALIA ADERISCE

LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI LO DICE LA UE

ISRAELE: TORTURE, DETENZIONI DI PALESTINESI IN ASSENZA DI ACCUSE E UN CARCERE SEGRETO

CAMBIAMENTO CLIMATICO: LA CINA PRONTA ALL’ACCORDO

Dalla Grecia all’Africa. La celebre commedia satirica di Aristofane (411 a. C.) che immagina le donne elleniche, convinte dall’ateniese Lisistrata, proclamare lo sciopero del sesso per porre fine alla guerra del Peloponneso, ha vissuto una nuova ambientazione in Africa. In Kenya, ai primi di maggio, le associazioni delle donne hanno promosso uno sciopero “dell’amore” di una settimana per protestare contro l’impasse politica in cui versa il loro Paese, diviso da due anni dalle dispute tra il presidente Mwai Kibaki e il primo ministro Raila Odinga. Le associazioni hanno anche pagato le prostitute per evitare che qualche “crumira” vanificasse la fermata. Un primo risultato le donne l’hanno ottenuto: il presidente e il primo ministro si sono incontrati dando dimostrazione di grande disponibilità alla trattativa. Le donne hanno presentato ai due leader un documento che spiega quali tipi di impegni si attendano e hanno programmato una serie di altre manifestazioni dimostrative. Nel 2007 le violenze interetniche, scoppiate dopo le elezioni presidenziali a causa della rivalità tra i due leader, hanno provocato 1.500 morti e 300 mila profughi. Allora proprio la rivalità tra Kibaki e Odinga era sfociata nel sangue, sparso dai sostenitori divisi, come ora, dalla politica e dall’appartenenza a diverse etnie.

La Cina rappresenta un terzo di tutti i consumi mondiali di tabacco del mondo. Duemila miliardi di sigarette l’anno vanno in fumo nel “celeste impero”, e costituiscono per lo Stato la quota più importante di entrate fiscali: 60 miliardi di euro l’anno è l’ammontare del loro gettito, nonostante le imposte siano contenute. Ma ora, per far quadrare i conti, fumare diventa anche patriottico. Una circolare diramata dalle autorità della Contea di Gongan, zona di produzione di tabacco e sigarette, obbliga tutti i dipendenti pubblici a fumare. E a raggiungere il tetto di almeno 230 mila pacchetti di sigarette locali nel 2009. Dall’altra parte dell’Oceano, invece, è il governatore della California, Arnold Schwarzenegger (foto), a parlare apertamente di legalizzazione della marijuana, per contenere il pauroso disavanzo della casse dello Stato da lui governato. La soluzione viene suggerita da numerosi media locali perché con circa tre milioni di consumatori, legalizzare “l’erba” in California significherebbe raccogliere tra tasse di produzione, smercio e consumo, circa un miliardo e 300 mila dollari l’anno. Già parecchia strada sul cammino della legalizzazione è stata percorsa nello Stato statunitense che per primo ha deciso di consentirne l’uso terapeutico. Circuiti a favore della marijuana argomentano che il risparmio sarebbe molto superiore perché verrebbero ridotti i costi di applicazione della legge, gli arresti e le spese carcerarie. Felicissime della liberalizzazione sarebbero poi le multinazionali del tabacco, che da anni spingano per un allargamento del mercato del fumo, compresso da abitudini più salutistiche e dal riconoscimento della nocività anche del fumo passivo.

AfPak, Afghanistan più Pakistan. Dal punto di vista della passione per le sigle che si fissino bene nella memoria come un logo pubblicitario, la nuova presidenza statunitense non differisce dalla precedente. E nemmeno nella volontà di guerra al momento sembra ci sia differenza. Ancora di lotta al terrorismo si parla nella nuova strategia statunitense dell’AfPak: «Per sconfiggere la minaccia talebana in Afghanistan - ha dichiarato il presidente Obama bisogna vincere anche in Pakistan». Con la collaborazione delle forze Nato che per questo dovranno aumentare i loro contingenti in Afghanistan: di questi giorni l’annuncio del raddoppio delle truppe estoni (da 150 a quasi 300) e quello di altri 450 soldati inviati da Sidney. Intanto per le popolazioni pachistane e afghane è emergenza umanitaria: 140 le vittime civili del bombardamento Nato dell’inizio di maggio sul villaggio di Granai, nella provincia di Farah di competenza italiana. Almeno un milione di persone stanno scappando dalla valle dello Swat, una verde regione turistica del Nord Pakistan che ricorda la Svizzera. La presenza italiana, che è stata anche causa della morte di una tredicenne afghana in viaggio con la sua famiglia, è stata criticata da una nota ufficiale di Claudio Grassi del Prc: «Ogni morto in più tra i civili, rafforza i taliban. L’Italia deve ritirarsi».

Nell’Unione europea cresce la preoccupazione per il lavoro: solo nel mese di marzo sono svaniti 626 mila posti di lavoro. 4,1 milioni di posti di lavoro in meno in un anno. Si teme che le crescenti tensioni sociali scoppino in modo incontrollato. I più esposti alla crisi sono i lavoratori a fine carriera, per i quali più difficilmente si trova una nuova occupazione e i giovani in cerca di primo impiego. Il 18% di chi ha fra i 18 e i 24 anni è disoccupato: cinque milioni di giovani europei. Dieci azioni concrete per il lavoro sono state preparate per il vertice di maggio a Praga a cui non hanno partecipato i capi di Stato, ma la Commissione, con la presidenza ceca e rappresentanti delle due successive presidenze: Svezia e Spagna. Tra i punti contenuti nella bozza c’è anche la riduzione dell’orario che, se venisse mantenuta la parità di salario, permetterebbe a più persone di lavorare e anche di spendere. Tra gli altri punti contenuti nel documento, la riduzione del cuneo fiscale e dei costi amministrativi per chi svolge un’attività economica e una piena mobilità del lavoro «combinando la flessibilità con il reddito e la sicurezza del posto». Cambiare città e Paese va bene, purché non sia una penalizzazione o un viaggio senza ritorno. L’Unione europea si è dichiarata disponibile a investire sui temi del lavoro.

All’inizio di maggio a Ginevra sono state presentate gravi e numerose accuse di torture ai danni di prigionieri palestinesi da organizzazioni di difesa dei diritti umani, sia israeliane che internazionali, al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (i documenti originali presentati sono consultabili sul sito www2.ohchr.org/english/bodies/cat/cats42.htm). Amnesty International si è detta preoccupata «dell’intensificarsi di misure crudeli, di trattamenti degradanti contro i palestinesi attraverso detenzioni amministrative indefinite e senza accuse, prolungati arresti in stato di totale isolamento, ma anche dai casi di diniego delle cure mediche (…)». L’organizzazione ha ricordato che l’arresto “amministrativo” dovrebbe essere una misura straordinaria. In realtà gli arresti amministrativi sono passati dai 20 casi del 2002 ai 700 del 2008, e sono a tutti gli effetti una detenzione che può essere rinnovata all’infinito, anche in assenza di prove. La sezione israeliana del Comitato pubblico contro la tortura accusa l’Agenzia di sicurezza israeliana (Isa) e gli agenti dei Servizi di sicurezza generali (Gss) di «aver impiegato la tortura negli interrogatori di decine se non centinaia di detenuti palestinesi» e la procura israeliana di aver «sempre archiviato tutte le querele presentate da presunte vittime della tortura». Israele dovrà rispondere anche in merito alla “struttura 1931”, un carcere segreto e una struttura di tortura, denunciata nel 2003 da due organizzazioni: una israeliana e una palestinese. L’Isa starebbe gestendo la struttura in una località segreta e non accessebile al Comitato internazionale della Croce Rossa. Una precedente petizione presentata alla Corte Suprema israeliana era stata archiviata.

La Cina sarebbe pronta ad ammorbidire le sue posizioni sul problema del controllo delle emissioni gassose, per raggiungere un accordo internazionale in vista del vertice sul clima in programma a Copenhagen a dicembre. Lo ha riferito in esclusiva il quotidiano londinese Guardian citando le parole del segretario britannico per il cambiamento climatico Ed Miliband. L’apertura cinese, osserva il quotidiano, potrebbe costituire una svolta decisiva nel difficile negoziato preparatorio per il vertice di Copenhagen. Gli Usa, che non hanno mai aderito al protocollo di Kyoto, e la Cina, che riconosce il trattato ma è autorizzata ad operare in regime di deroga, sono responsabili del 40% delle emissioni del pianeta. Il presidente americano Barack Obama, ha dichiarato di voler riportare i livelli di emissione alle quote del 1990 entro la fine del prossimo decennio. Nonostante l’apertura di Pechino i nodi da risolvere prima del vertice restano molti. Per esempio quello relativo alla condivisione della tecnologia per lo sfruttamento delle energie rinnovabili. I cinesi, che detengono la maggior parte dei brevetti nei settori dell’eolico e del solare, vorrebbero che l’Onu costituisse un fondo ad hoc per pagare i diritti di proprietà. Secondo l’istituto britannico Tyndall Centre for Climate Change Research, la Cina sarà in grado di iniziare a ridurre le proprie emissioni a partire dal 2020.

| 54 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 55 |


| internazionale | cleptocrazie |

Banche: il denaro dei dittatori non si rifiuta mai

I profitti dei Paesi del Terzo mondo finiscono spesso nei conti personali di governanti senza scrupoli. Che comprano ville, auto, beni di lusso o finanziano guerre civili. Con l’aiuto dei più importanti gruppi bancari.

E di Emanuele Isonio

RA UN CLIENTE PARTICOLARE quello che il 28 maggio del 2005 volò a Parigi per spendere 2.375 euro da Dolce & Gabbana e 6.700 euro da Aubercy Bottier, una delle boutique di scarpe più esclusive della Ville lumiére. Lo stesso cliente ritornò da Aubercy per spendere altri 4.250 euro il 14 giugno e 2 mila il 15 luglio. Quell’uomo era Denis Christel Sassou Nguesso, figlio del presidente del Congo e responsabile dell’export di petrolio, risorsa naturale di cui il Paese è ricchissimo. Ma la particolarità della vicenda non sta nella sua morbosa passione per le scarpe di qualità, che lo ha convinto ad affrontare nove ore di aereo da Kinshasa, capitale del Congo, pur di fare quegli acquisti. Non è nemmeno nella storia (l’ennesima) di un governante senza scrupoli che fa la bella vita nonostante il 70% dei suoi concittadini viva con meno di un dollaro al giorno. La notizia più rilevante (e meno nota) sta nel fatto che quelle spese assurde, fatte alla faccia delle sofferenze dei congolesi, sono state rese possibili dalla Bank of East Asia, terza banca di Hong Kong, che ha aiutato il figlio del presidente del Congo a spostare su un proprio conto, nel paradiso fiscale britannico di Anguilla, le entrate petrolifere di proprietà statale. Ma di storie come quelle di Denis Nguesso ce ne sono decine. Tutte raccolte dall’organizzazione non governativa inglese Global Witness in un suo recente rapporto, “Undue Diligence” (Controlli inadatti, ndr). Un viaggio tra Guinea equatoriale, Congo, Gabon, Liberia, Angola, Turkmenistan e gli uffici dei più importanti istituti bancari, soprattutto occidentali. Perché molte banche danno pubblica adesione ai valori dell’etica e della responsabilità sociale ma, nell’ombra, non si scandalizzano nel concludere affari con regimi dittatoriali e corrotti.

Molte banche danno pubblica adesione ai valori dell’etica e della responsabilità sociale, ma concludono affari con regimi corrotti

I gatti e le volpi L’inglese Barclays ha, ad esempio, aiutato un altro “rampollo”, Teodorin Obiang, figlio del dittatore della Guinea Equatoriale (“una delle peggiori cleptocrazie mondiali”, si legge nel rapporto) a distrarre fondi statali derivanti dalle attività petrolifere: l’istituto ha mantenuto aperto il suo conto corrente personale an| 56 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

DIETRO OGNI DITTATORE C’È UNA GRANDE BANCA (O PIÙ DI UNA) CONGO BEA

GUINEA EQUATORIALE BARCLAYS, HSBC, SANTANDER

LIBERIA CITIBANK, FORTIS

TURKMENISTAN DEUTSCHE BANK

ANGOLA BNP PARIBAS,ING,BANK OF CHINA

La terza banca di Hong Kong (la Bank of East Asia) e un paradiso fiscale britannico nei Caraibi (Anguilla) sono gli alleati che hanno permesso a Denis Christel Sassou Nguesso (foto), figlio del presidente del Congo, di accumulare sul suo conto bancario milioni di dollari legati alla vendita del petrolio. Invece di aiutare il progresso del suo Paese (in cui il 10% dei bambini non raggiunge i 5 anni di vita e il 70% dei cittadini vive con meno di un dollaro al giorno), quei soldi sono serviti per comprare scarpe, vestiti e borse di lusso a Parigi.

Una tenuta da 35 milioni di dollari a Malibu e decine di costose auto sportive sono il frutto dei proventi del petrolio “stornati” da Teodorin Obiang (foto), figlio del presidente della Guinea equatoriale, sul proprio conto corrente personale, acceso presso la Barclays. Anche un’altra banca inglese, l’HSBC e la spagnola Banco Santander hanno favorito il furto e il riciclaggio dei profitti petroliferi da parte della famiglia presidenziale. Alle indagini degli investigatori Usa, i due istituti hanno risposto trincerandosi dietro la legge sul segreto bancario in vigore in Lussemburgo e Spagna.

Le due brutali guerre civili che per anni hanno insanguinato Sierra Leone e Liberia (mezzo milione di morti) sono sulla “coscienza” di Citibank e di Fortis, oltre che del signore della guerra, Charles Taylor (foto). La maggiore banca degli Stati Uniti d’America (2007) e l’istituto belga hanno infatti permesso a Taylor di finanziare le due guerre, attraverso il furto dei proventi del commercio di legname. Ora l’ex presidente liberiano è sotto processo al Tribunale de L’Aja per crimini contro l’umanità. Citibank è invece stata salvata dal fallimento grazie all’intervento del governo Usa.

Saparmurat Atayevich Niyazov (foto) è noto alle Ong e alle cancellerie di tutto in mondo per le violazioni dei diritti umani commesse in Turkmenistan e per la sua eccentricità (ha ribattezzato i mesi dell’anno con i nomi dei suoi familiari). Nei 15 anni in cui è stato presidente-dittatore del Turkmenistan e fino alla sua morte, avvenuta nel 2006, ha sottratto alle casse statali oltre 3 miliardi di dollari derivanti dalle vendite del gas naturale, principale ricchezza del Paese. Due di quei miliardi sono conservati in conti della Deutsche Bank a lui riconducibili.

BNP Paribas, ING e Bank of China sono solo tre delle dozzine di istituti europei e cinesi che hanno assicurato nel corso degli anni decine di miliardi di dollari di prestiti in cambio di greggio alla Sonangol, la compagnia petrolifera dell’Angola, nota per la sua gestione “opaca”, che ha impedito di chiarire il reale utilizzo dei proventi della vendita di petrolio. Ma non mancano le prove del loro uso per corruzione e traffico di armi. Nei processi in corso nomi “eccellenti”: Jean Cristophe Mitterand (figlio dell’ex presidente) Charles Pasqua (ex ministro) e Jacques Attali.

che quando erano emerse prove evidenti sui traffici illeciti di Obiang, che, a fronte di uno stipendio mensile di 4 mila dollari come ministro, possiede una tenuta di 35 milioni di dollari a Malibu e una nutrita flotta di auto sportive. D’altro canto, come ha ammesso candidamente lo stesso Obiang davanti a un tribunale sudafricano «nella Guinea equatoriale è normale che grosse fette dei contratti governativi finiscano nelle tasche dei ministri». Il riciclaggio ha coinvolto due altre banche: Hsbc e Banco Santander. Trasferimenti sospetti per milioni di dollari hanno insospettito l’intelligence statunitense, ma le indagini sono finite in un vicolo cieco: i due istituti si sono trincerati dietro le leggi sul segreto bancario di Lussemburgo e Spagna. La Citibank ha invece consentito all’ex presidente liberiano Charles Taylor, ora sotto processo per crimini di guerra, di usare i proventi dell’industria del legname per finanziare due sanguinosi conflitti nel suo Paese e in Sierra Leone. Alla comunità internazionale erano ben note anche le violazioni dei diritti umani perpetrate per quindici anni in Turkmenistan dal presidente Saparmurat Niyazov. Nonostante tutto però il dittatore potè far confluire indisturbato i profitti del gas naturale, preziosa ricchezza dello Stato, su alcuni conti personali accesi presso la Deutsche Bank. Inutile sottolineare che i soldi di quei conti correnti erano tenuti al di fuori del bilancio nazionale.

Come si può intervenire? Vere e proprie rapine ai danni delle popolazioni del Terzo mondo. Rese possibili, secondo Global Witness, dalle blande norme del sistema bancario. Le stesse che hanno determinato il credit crunch. «Se risorse come petrolio, gas e minerali devono servire all’Africa e alle altre regioni povere per uscire dall’indigenza, allora i governi devono assumersi la responsabilità di impedire alle banche di fare ulteriori affari con i dittatori corrotti e con le loro famiglie», osserva Gavin Hayman, direttore Campagne di Global Witness. Dall’organizzazione inglese arrivano quindi quattro proposte di riforma del sistema finanziario: «In primo luogo va rivisto il sistema di due diligence (il processo con il quale si verificano le credenziali di un cliente o di un progetto, ndr)», spiega Hayman. «Le banche devono rifiutare affari quando non si conoscono i beneficiari finali di un progetto o se ci sono rischi di corruzione». Anche gli Stati possono fare molto: «Le norme antiriciclaggio devono assicurare che controlli e verifiche siano reali e rigorosi; i governi devono cancellare le leggi sul segreto bancario e fare in modo che i regolamenti bancari siano trasparenti e accessibili. Ma la richiesta più importante è che ogni Paese crei pubblici registri in cui sia possibile controllare chi sono i veri titolari di fondi e compagnie. Sarebbe un ottimo strumento per aiutare gli istituti di credito a evitare affari sporchi».

A sinistra, nel disegno satirico dal titolo Undue diligence, i tre porcellini “banca” giocano il ruolo delle tre scimmiette: “Non vedo, non sento e non parlo”.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 57 |


| internazionale | crisi dimenticate |

| internazionale |

Il raffreddore? Conta più di 178 milioni di bimbi affamati

LE DIECI CRISI DIMENTICATE

.. . . .. . .. .

Crisi sanitaria nello Zimbabwe Catastrofe umanitaria in Somalia Situazione sanitaria in Myanmar Civili vittime della guerra nel Congo Orientale Malnutrizione infantile Situazione nella regione somala dell’Etiopia Civili uccisi o in fuga nel Pakistan nord-occidentale Violenza e sofferenza in Sudan Civili iracheni bisognosi di assistenza Co-infezione HIV-TBC

(che uccide ogni anno 1,7 milioni di persone e ne fa ammalare altri 9 milioni) meriti dieci volte meno spazio di Carla Bruni? Ritenete che, in dodici mesi, le emergenze sanitarie del Darfur, dove un terzo della popolazione è sfollata e sottoposta a violenze e bombardamenti, siano degne della metà degli articoli di tre mesi di “afa e caldo record nelle città italiane”? Secondo voi, a fame e malnutrizione – flagello per 178 milioni di bambini nel mondo e causa di morte per 5 milioni di loro – è giusto di Emanuele Isonio dedicare meno servizi in tv dei rimedi per combattere l’influenza invernale? Se l’idea vi ripugna e avete risposto “no”, non capite nulla della realtà dell’informazione in Italia. Se avete risposto “sì”, siete pronti per una sfolgorante carriera nel giornalismo nostrano. Il perché è presto spiegato: anche quest’anno, Medici senza Frontiere ha stilato la drammatica classifica delle dieci crisi più gravi del mondo (vedi SCHEDA ) e, in collaborazione con l’OsservatoDIO STRAMALEDICA MCLURG rio di Pavia, ha verificato quanto spazio è stato loro dedicato sui telegiornali delle sei reti Rai e Mediaset, all’ora di pranzo e di cena: su FORSE NON TUTTI SANNO che alle nuove (aspiranti) leve del giornalismo, durante 81.360 notizie vagliate, alle dieci crisi ne sono state dedicate solo gli studi universitari e nelle scuole post-lauream che abilitano all’esercizio della 1.246 (pari all’1,5% del totale). professione, viene ben presto inculcata una regola banale quanto cinica. Ben nota, nell’ambiente, come “legge di McLurg”: «L’importanza degli eventi – viene spiegato – Cifra che sale a 4.901 se si considerano tutte le crisi umanitarie diminuisce in maniera proporzionale alla loro distanza dal nostro Paese belliche, sanitarie, ambientali - in giro per il mondo. Appena il 6% d’appartenenza. A meno che nel fatto sia coinvolto il nostro Stato, qualche nostro (vedi GRAFICO ). E il dato sta pure diminuendo, anno dopo anno: dal connazionale o qualche altra nazione a noi vicina. Quindi, ad esempio, la morte di un europeo equivarrà a quella di ventotto cinesi e un disastro aereo che uccide 10% sul totale delle notizie nel 2006, all’8% del 2007 al 6% del due italiani meriterà più spazio di uno che toglie la vita a cento pachistani». 2008. Nel confronto tra Rai e Mediaset, esce “vincente” il servizio Quando si criticano (giustamente) i nostri media, forse sarebbe il caso di estendere pubblico che ha dedicato ai contesti di crisi l’8% delle notizie, conEm.Is. le critiche fino alle sedi in cui i futuri giornalisti vengono formati. tro il 4% del polo berlusconiano. Ma è comunque poca cosa. Qualche differenza in più emerge, se si guarda al dato dei vari tg (vedi GRAFICO ): si passa dal 13,5% del Tg3 al miserevole 3,5% di Studio SERVIZI DEDICATI A CRISI PER RETE [DATO PER %] CRISI NEI TG Aperto su Italia 1, che però non “buca” mai un servizio su vip, veNUMERO NOTIZIE DEDICATE ALTRE NOTIZIE CRISI A EVENTI/CONTESTI DI CRISI line, letterine, tronisti o reality show. NEI TG MONITORATI

P

3,56%

96,44%

6,72%

93,28%

7,05%

92,95%

13,49%

86,51%

60

90,59%

80

7,52%

92,48%

9,41%

100

FONTE: BASE, 81360 NOTIZIE CATALOGATE

ENSATE CHE LA TUBERCOLOSI

40

6%

ALTRE NOTIZIE

94%

20 0

CRISI

RAI 1

RAI 2

| 58 | valori |

RAI 3

RETE 4

ANNO 9 N.70

CANALE 5 ITALIA UNO

|

GIUGNO 2009

|

Tutte le sfumature dell’oblio Ci sono però diverse gradazioni nell’oblio che avvolge le dieci crisi dimenticate. Alcune, in 365 giorni, non sono state mai affrontate da nessun Tg: secondo il giornalismo televisivo italiano, la co-infezione Hiv/tubercolosi non merita neppure un minuto di attenzione, nonostante la Tbc sia una delle principali cause di morte per le persone

RAFFAELE MASTO

Medici senza Frontiere denuncia: le dieci crisi umanitarie più gravi del 2008 quasi inesistenti per i Tg italiani, molto più interessati a Carla Bruni, caldo record, influenza invernale e Flavio Briatore.

In alto, manodopera infantile nelle miniere di Kamituga in Congo (Valori, luglio 2008) e, sopra, profughi in fuga dai villaggi caduti sotto il controllo delle milizie di Laurent Nkunda (Valori, febbraio 2009). A sinistra, tra le baracche di Waterloo, un sobborgo di Freetown, la capitale della Sierra Leone (Valori, febbraio 2008).

VALORI NON DIMENTICA A ONOR DEL VERO, ci sono dei mezzi di comunicazione in Italia per i quali le aree di crisi segnalate da Medici Senza Frontiere non vanno liquidate in dieci righe. Valori tra novembre 07 e ottobre 08 ha dedicato ampi servizi, nei suoi dossier e nella sezione “internazionale” a molti di quegli scenari: alle crisi in Myanmar e nella regione somala dell’Etiopia (novembre 07); alle violenze in Sudan (aprile 08); al periodo post-bellico in Iraq (maggio); ai civili colpiti dalla guerra in Congo (un servizio a luglio e un reportage con un inviato sul posto a settembre); alla crisi alimentare (ottobre). E ancora (anche se fuori dalla lista di MSF): la maledizione dei diamanti in Sierra Leone; la devastazione ecologica in Costa d’Avorio; i progetti per un futuro migliore in Senegal. E tanto, tanto altro. Non per voglia di auto Em.Is. incensarsi. Ma per dare a Cesare quel che è di Cesare.

tari ma l’85% delle notizie dedicate ad esso ha riguardato solo la croaffette da Hiv/Aids e circa un terzo di loro sia affetto da Tbc in forma naca e le conseguenze del ciclone Nargis del 2 maggio 08, causa di latente. L’Etiopia, dove la popolazione della regione somala per gli 130 mila vittime tra morti e dispersi. scontri tra ribelli e forze governative è esclusa dagli aiuti umanitari, merita invece sei servizi in un anno. Ad altre crisi va “meglio”. Di Iraq o di Pakistan, ad esempio, si parla molto più spesso (rispettivamente Adotta una crisi dimenticata 412 e 185 notizie). Ma visionando meglio i vari servizi, si nota che Per cercare di contrastare il fenomeno delle crisi dimenticate, MSF solo una minima parte descrive la crisi umanitaria della popolazione ha lanciato una campagna rivolta ai mass media. Aderendo, le tecivile o informa sui quattro milioni di sfollati del Paese. Molto più state dovranno impegnarsi a parlare nel corso dell’anno di almeno spesso si è parlato degli attentati che coinvolgono contingenti miliuna delle crisi. «L’azione di testimonianza, attraverso il racconto deltari italiani e occidentali o della scarpa lanciata a George Bush. le sofferenze delle vittime della guerra, delle malattie e delle cataIn Pakistan invece, la maggior parte dei servizi si strofi naturali, è per noi essenziale - spiega Kostas SITI INTERNET è concentrata in un periodo temporale molto riMoschochoritis, direttore generale di MSF Italia stretto, in occasione delle dimissioni del presidente Raccontare significa sollevare un problema altriwww.medicisenzafrontiere.it Musharraf, dell’assassinio di Benazir Bhutto e delle menti sconosciuto, significa richiamare alle proprie www.crisidimenticate.it www.condizionecritica.it elezioni politiche. Lo stesso è avvenuto con il Myanresponsabilità governi e istituzioni». Valori è una www.osservatorio.it mar: è il Paese asiatico con i peggiori indicatori sanidelle testate che ha già aderito all’appello.

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 59 |


| internazionale |

Il microcredito della Savana

I COSTI DELLA DECOLONIZZAZIONE: FINANZIAMENTI CONTRO RIFORME

Si chiama Savana Bank, il progetto di microcredito partito dall’Italia, che muove i suoi primi passi nel Benin e verrà replicato in altri Paesi africani. Servirà per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni rurali.

BENIN, AFRICA OCCIDENTALE. Il grande edificio è in mattoni, con i muri traforati per lasciare passare l’aria e mitigare le temperature durante il giorno. La strada, con qualche curva e sbalzo, è una striscia irregolare color sabdi Claudia Barana bia che fende la savana africana. È qui che inizia il progetto di Amici di Francesco, l’Associazione onlus dedicata al piccolo Francesco Massaro, morto nel 2000 a soli tre anni. Dal 2001, nel corso di otto anni, le strutture e gli interventi dell’associazione si sono moltiplicate.

A

BOMEY,

Uno Stato di fiducia Dal 2008 si aggiunge Savana Bank che prende come moUNA TESTIMONIANZA LA SIGNORA IWIKOTAN BIBIANE del Gruppo di solidarietà Ayemouwa del villaggio di Zankoumadon è una delle tante donne che ha avuto accesso al micro-credito finanziato da Amici di Francesco. «È uno strumento particolarmente vantaggioso per noi. L’accesso alla formazione e il fatto di essere seguiti con regolarità dal vostro referente ci ha permesso di fare la scelta di un’attività proficua; abbiamo appreso con piacere la buona gestione del nostro denaro e del risparmio; abbiamo imparato a superare la povertà e risanare le nostre condizioni di vita. All’inizio ho avuto 30 mila franchi (50 euro), ho comperato sei bacinelle e mezzo di soia. Dopo cinque mesi le ho vendute a 52 mila franchi (poco più di 75 euro). In questo modo sono riuscita a metterne da parte tremila. Con questo lavoro ho potuto cambiare la quantità e la qualità dei pasti quotidiani dei miei quattro bambini col risultato che il loro rendimento scolastico è migliorato. Ho rimborsato tempestivamente il prestito. Trovo il sistema efficace per apprendere ad uscire dalla povertà».

| 60 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

dello la Grameen Bank di Muhammad Yunus. Un sistema che fa perno sull’abbattimento di una società gerarchica che crea uno Stato assistenziale invece di un rapporto di fiducia e continuità tra il funzionario della banca e il cliente, nel quale traslare il know how fra una persona colta e una analfabeta. Uno Stato di fiducia, ma anche di amministrazione. Parte dal Benin, un territorio di pace perché povero di risorse naturali. Il progetto è appena iniziato e dovrà attendere almeno sei anni per andare a regime. Poi, il team, forte dell’esperienza, replicherà il modello in altri Stati dell’Africa, scelti in base alla situazione sociopolitica. Un’idea forte che nasce dall’incontro tra l’associazione Amici di Francesco e Damiàn Ariel Scavo. Imprenditore finanziario, Damiàn incontra l’economista Yunus e inizia a costruire modelli contro la povertà, i disagi e le discriminazioni che l’ambiente sociale attuale genera. Ad ottobre del 2008 Anna Battaglia, presidente dell’associazione, e Damiàn si recano nel Benin per valutare la realtà del territorio ed organizzare i primi passi del nuovo progetto.

IL BENIN, ALLUNGATO tra il fiume Niger a Nord e il Golfo di Guinea a Sud, è una piccola Repubblica dell’Africa occidentale, colonia francese dal 1872 fino al 1960. Ha un’economia poco sviluppata, molto dipendente da un’agricoltura di sussistenza, dalla produzione del cotone e dai commerci locali. La crescita della produzione in termini reali è stata in media del 5% negli ultimi sette anni, contenuta dalla rapida crescita della popolazione. Le stime sull’aumento demografico sono ora compromesse da una dilagante presenza dell’Aids, che porterà a rivedere l’aspettativa di vita, i dati sulla mortalità infantile, i tassi di crescita della popolazione e la distribuzione di età e sesso. Il basso tasso di conflittualità, interno e nella regione, sembra sia da attribuire alla scarsità di materie prime, petrolio o minerali, che finora non hanno portato a dinamiche già viste in altri Paesi africani. Il petrolio è presente in piccoli giacimenti offshore, e contribuisce al miglioramento del reddito nazionale. Il governo del Benin sta cercando di utilizzare in tutte le sue potenzialità il turismo, anche se i servizi sono ancora scarsi, sta puntando sullo sviluppo di nuovi sistemi di trasformazione dei prodotti alimentari e agricoli, e incoraggia le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, cercando di convogliare capitali stranieri. Il Club di Parigi e il G8 hanno annunciato nel luglio 2005 una riduzione del debito, premendo per più rapide riforme strutturali. Nel febbraio 2006 il Benin ha ricevuto 307 milioni di dollari del Millenium Challenge Account, per avviare progetti di riforma

del sistema della proprietà terriera, nel settore della giustizia commerciale e nel sistema finanziario. In uno dei Paesi più poveri dell’Africa le recenti tensioni speculative sui mercati degli alimenti e delle sementi si sono fatte sentire con durezza: il prezzo del mais, prodotto basilare per l’agricoltura e per l’alimentazione di sussistenza, è schizzato alle stelle negli ultimi mesi, mentre il governo ha ammesso di aver ricevuto entrate tributarie più basse delle aspettative. Il gioco dei mercati drogati ha creato una situazione surreale: i fornitori esteri costretti ad aspettare mesi per i pagamenti, mentre i lavoratori erano terrorizzati dalla prospettiva di non ricevere i salari alla fine del mese. Al di là delle dinamiche scatenate dalle tensioni speculative, le elezioni che si sono celebrate tre anni fa hanno contribuito a peggiorare la crisi economica del Paese. Oggi il Benin è governato da Yayi Boni, dopo aver conosciuto una lunga presenza del dittatore Kérékou, che, per non alienarsi l’appoggio delle istituzioni finanziarie internazionali, aveva accelerato le privatizzazioni e i tagli alla spesa pubblica, generando forti proteste popolari. Nel novembre 2007 il governo ha dovuto annullare la privatizzazione della compagnia nazionale del cotone, a causa di riscontrate irregolarità. Gli abitanti, divisi in 60 gruppi etnici, sono per il 70 percento fedeli di religione indigena: si pensa che il Vodum (o Voodoo) abbia avuto origine in Benin per essere poi introdotto in Brasile, nelle isole caraibiche e in parte del Nord America dagli schiavi prelevati da questa zona della Costa degli Schiavi. C. Ba.

FONTE. PEACEREPORTER.NET; CIA – WORLD FACTBOOK 2008

| internazionale | piccoli prestiti |

IL PAESE IN CIFRE BURKINA FASO MALANVILLE

BENIN PARAKOU DJOUGOU

PORTO NOVO

Baia di Benin

REPUBBLICA DEL BENIN Popolazione 8.791.832 abitanti (06/2009*) Crescita demografica annua 2,977% (2009*) Capitale Porto Novo Forma di Stato Repubblica Governo attuale Yayi Boni, presidente eletto dal 19 marzo 2006 Indipendenza dalla Francia nel 1960 PIL 2008* $ 12,84 miliardi PIL pro capite $ 1,5 (2008*) Tasso di crescita reale 4,8% (2008*) Ripartizione PIL Agricoltura 35,7%; Industria 14,3%; Terziario 50% Tasso di inflazione 5,2% (2008*) Pop. Sotto soglia povertà 37,4% (2007) Alfabetizzazione 39,8% (54,8% maschi, 25,5% femmine) Mortalità infantile 2009*: 64,64 morti per 1000 (maschi: 68,07, femmine: 61,04) Speranza di vita 59 anni (maschi: 57,83, femmine: 60,23) Risorse naturali Piccoli giacimenti petroliferi off-shore, calcare, marmo, legno Principali prodotti agricoli Cotone (80% delle esportazioni), pesca, mais, tapioca, patate, fagioli, olio di palma, anacardi, bestiame Industrie Tessile, alimentare, materiali da costruzione, cemento Crescita della produzione industriale 5,5% (2008*) Produzione elettrica 120 milioni di kWh (2006*) Consumi elettrici 595 milioni di kWh (2006*) Export partner Cina 24,7%, India 8,2%, Niger 6,6%, Togo 5,4%, Nigeria 5,3%, Belgio 4,6% (2007)% Import partner Cina 44,5%, Francia 8,2%, USA 6,5%, Thailandia 6,3%, Malesia 4,8% (2007) Tasso HIV/AIDS 1,9% Indice sviluppo umano 0,421 – 161esimo su 177 stati Debito estero $ 1,2 miliardi Spese militari $ 96,5 mil (2,3% del PIL)

La campagna è partita dall’Italia Tornati in Italia, iniziano una campagna di fund raising e raccolgono i soldi per lo start up. In Benin è Mark Deglà, laureato beninese in Economia nonché volontario di Amici di Francesco a gestire i primi clienti. Ad oggi, sono 700 quelli censiti, di cui 115 provengono da un precedente progetto. Raggiunto un certo numero, Savana Bank avrà bisogno di due stagisti che verranno formati e poi si continuerà, seguendo quello che si riuscirà a raggiungere.

.

L’Associazione Amici di Francesco realizza dal 2001 interventi e strutture in Africa. Nella foto in alto a sinistra il Centro di accoglienza per i piccoli orfani (Abomey) e una scuola. In questa pagina: le produzioni dei progetti agricoli al mercato. |

ANNO 9 N.70

NIGERIA

TOGO GHANA

* stime

|

GIUGNO 2009

| valori | 61 |


| internazionale | beneficienza agli ogm |

| internazionale |

Legami stretti tra Gates Foundation e Monsanto

APPUNTAMENTI GIUGNO>AGOSTO

il comunicato della Monsanto sulla collaborazione con la Aatf.

fine maggio - inizio giugno ATENE (GRECIA) BILDERBERG CONFERENCE 2009 Il più misterioso dei think tank internazionali dovrebbe svolgere l’edizione 2009 della sua conferenza ad Atene, ma la data e il luogo della riunione resteranno segrete fino all’ultimo. Il gruppo si riunisce dal 1950, ma ha con il nome Bilderberg dal 1952; i membri permanenti sono circa 130, principalmente capi di Stato, i maggiori rappresentanti della finanza europea e anglo americana e i direttori del Financial Times e del New York Times. Nato in funzione anti-sovietica, il Bilderberg è ora una delle Camere di decisione extra parlamentari più potenti e segrete al mondo.

Monsanto e Basf, finanziati dalla Fondazione Gates spingono sugli

Ogm in Africa. E piazzano un uomo di fiducia al dipartimento dell’Agricoltura degli Usa. GATES FOUNDATION DONA 47 MILIONI DI DOLLARI per uno studio sul mais geneticamente modificato, resistente alla siccità”. Titolava così un articolo pubblicato agli inizi di marzo dal giornale africano, The East African. Una di Corrado Fontana “donazione” finita nelle tasche della partnership pubblico-privato chiamata Wema (Water efficient maize for Africa), portata avanti in Kenya, Tanzania, Sudafrica, Mozambico e Uganda. I partner privati sono Basf e Monsanto, multinazionali degli Ogm, che forniscono gratis le royalties delle sementi di mais ingegnerizzato. Un enorme progetto di sperimentazione per diffondere il mais geneticamente modificato in Africa, sotto l’ombrello della African agricultural technology fundation (Aatf), un’organizzazione lobbistica con base a Nairobi, fondata grazie ai programmi di aiuto internazionale della Banca mondiale e del governo americano. I contadini africani vengono spinti ad utilizzare e sperimentare gli Ogm sul proprio territorio. Secondo l’articolo apparso sul giornale africano questo potrebbe portare alla colonizzazione agricola ed economica da parte delle sementi Ogm. I partner del progetto, in un comunicato pubblicato nel 2008, prevedevano di incrementare i rac-

“L

A

IL DISERBANTE MONSANTO CHE FA CILECCA CENTOMILA ACRI DI TERRA NEGLI USA, coltivati a soia e cotone geneticamente modificati per essere resistenti al glifosato (cosiddetti Roundup ready) sono invasi da piante superinfestanti. La notizia arriva da uno studio dell’Università della Georgia. L’erbicida Monsanto Roundup, infatti, sembra non avere alcun effetto contro l’Amaranthus palmeri, un’infestante. «Fenomeni di resistenza al glifosato si stanno moltiplicando per l’uso massiccio che ne è stato fatto – spiega Luca Colombo della Fondazione diritti genetici –. Uno studio di Science del 2007 spiegava che nel 1996 c’era una sola specie resistente all’erbicida, ma erano già 12 nel 2005. Adesso la Monsanto pensa di proporre un diserbante con il glifosato accoppiato ad altre sostanze tra cui il 2,4-D, già componente dell’Agente Orange, vietato in vari Paesi C.F. perché altamente tossico.

| 62 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

colti del 20-35% nei primi dieci anni di sperimentazione, in un regime di siccità moderata. Non è la prima mossa della fondazione di Bill e Melinda Gates per portare gli Ogm in Africa: su Valori di maggio avevamo descritto il ruolo dell’organizzazione come principale finanziatore dell’Alliance for Green Revolution in Africa (Agra).

Dalla Monsanto alla Casa Bianca Ma i legami tra la Gates Foundation e la Monsanto si intrecciano ancor più profondamente, e toccano il neo-eletto, Barack Obama, che in campagna elettorale sbandierava indipendenza dalle corporation e propositi per mettere in riga i poteri forti. Il filo rosso delle lobby Ogm passa per due importanti manager: Rob Horsch e Rajiv Shah. Il primo, americano, nel 2006 approda alla fondazione della famiglia Gates dopo 25 anni di militanza Monsanto, che ha lasciato da vicepresidente. Il secondo, manager emergente con un master in Scienze economiche della salute e un passato da consulente per Al Gore, l’Oms e il Parlamento britannico, è direttore per lo Sviluppo dell’agricoltura nel Global development program, sempre della fondazione Gates. Entrambi lavorano ai progetti di studio e diffusione del mais Ogm in Africa. Le discutibili connessioni tra fondazione e corporation, sono ormai acclarate e sempre più strette: un ulteriore goal è stato segnato ad aprile, quando Obama ha nominato sottosegretario alla Ricerca, educazione ed economia del dipartimento dell’Agricoltura Usa proprio Rajiv Shah. La Monsanto ha esultato con un comunicato apparso lo stesso giorno della nomina: “Danforth center applauds Obama appointment to Department of Agriculture”. Cioè il Donald Danforth Plant Science Center di Saint Louis, centro studi co-fondato da Monsanto e plurifinanziato dalla Gates Foundation (5,4 milioni di dollari a gennaio 2009) applaude Obama per la nomina al dipartimento di Agricoltura.

.

4 - 7 giugno ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO 27 Paesi dell’Unione europea sono chiamati al voto per rinnovare il Parlamento comunitario fino al 2014. www.europarl.europa.eu/elections2009 7 - 11 giugno PARIGI (FRANCIA) MDS INTERNATIONAL CONGRESS Il 13 ° Congresso Internazionale sulla malattia di Parkinson e i disturbi del movimento si terrà presso il Palais des Congrès di Parigi. L’evento è promosso dalla associazione internazionale di clinici e ricercatori The Movement Disorder Society, per mettere a confronto scienziati e istituzioni pubbliche sull’aumento dei casi di Parkinson nella popolazione anziana. www.movementdisorders.org 10 - 12 giugno CITTÀ DEL CAPO (SUDAFRICA) 19TH WORLD ECONOMIC FORUM ON AFRICA “Conseguenze della crisi economica per l’Africa”, è il tema del Forum che, dal palcoscenico di Davos ,si sposta in Sudafrica, per studiare un percorso per il futuro dell’Africa. www.weforum.org 12 - 27 giugno VARIE SEDI IN ITALIA RIUNIONI PREPARATORIE DEL G8 Il 12 e 13 giugno a Lecce, riunione dei ministri delle Finanze del G8; dal 22 al 24 giugno a Lesmo (Milano) riunione dei ministri della Scienza e Tecnologia; dal 25 al 27 giugno a Trieste riunione dei ministri degli Affari esteri.

17 - 19 giugno VENEZIA (ITALIA) 2009 INTERNATIONAL ENERGY WORKSHOP Sessione di lavori organizzata in collaborazione con l’International Center for Climate Governance un’iniziativa collegata con la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), la Fondazione Giorgio Cini (FGC) - ed il Centro euroMediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC). La conferenza radunerà i esperti in energia ed economia dei cambiamenti climatici provenienti da tutto il mondo. www.cmcc.it 18 - 20 giugno VIENTIANE (LAOS) ASEAN RUBBER CONFERENCE 2009 Il Laos, che sta vivendo un boom della piantagione della gomma, ospiterà la conferenza su questa materia prima di origine vegetale, promossa dall’ASEAN, l’associazione delle nazioni del Sudest asiatico. Verranno valutate le conseguenza della crisi in questo settore e le prospettive di sviluppo per l’area. www.aseanrubberconference.com

21 - 24 giugno BIRMINGHAM (INGHILTERRA) 100TH ROTARY INTERNATIONAL CONVENTION Centesimo congresso internazionale del Rotary International, la grande “fratellanza” mondiale tra dirigenti e professionisti, che vanta 33mila club in tutto il mondo, con circa 1.200.000 iscritti. www.rotaryconvention2009.com

23 - 24 giugno PARIGI (FRANCIA) 10MO FORUM DELL’OECD “Dalla crisi alla ripresa” è il tema del decimo Forum dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo internazionale, a cui parteciperanno imprenditori dirigenti sindacali, personalità della società civile, politici e responsabili di organizzazioni internazionali. www.oecd.org/reponsecrise

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

29 - 30 giugno WARWICK (INGHILTERRA) AFRICAN TRANSANATIONAL AND RETURN MIGRATIONA Il Centre for Research in Ethnic Relation (CRER) dell’Università di Warwick organizza la Conferenza di studio sulle migrazioni africane transnazionali e di ritorno. In particolare è oggetto di studio il rapporto tra migrazioni e sviluppo nei Paesi d’origine attraverso le organizzazioni transnazionali di migranti, le prospettive delle relazione euro-africane e le esperienze latino-americane. www.warwick.ac.uk 1° luglio LA SVEZIA ASSUMERÀ LA PRESIDENZA DELL’UNIONE EUROPEA

5 - 20 luglio ALGERI (ALGERIA) 2° FESTIVAL CULTURALE PANAFRICANO DI ALGERI Expo di design africano, modi di vivere e riletture, fotografia, cinema, danza, teatro e anche fumetti da tutta l’Africa. www.panafalger2009.dz

11 - 16 luglio SHARM EL SHEIK (EGITTO) 15MO VERTICE DEI PAESI NON ALLINEATI Per chi è nato dopo la caduta del Muro di Berlino, il termine Paesi allineati non rievoca niente. Chi invece era già grande ai tempi della Guerra fredda, sicuramente ricorda che nel 1961 si era formato un Movimento dei Paesi non allineati (Non-Aligned Moviment), per iniziativa di Tito, il presidente della Jugoslavia. L’organizzazione internazionale, a cui ora aderiscono più di 100 nazioni aveva, come scopo legare Paesi che non volevano schierarsi né con il blocco sovietico, né con quello statunitense. Attuale segretario generale del Movimento è Raùl Castro. Il disarmo nucleare sarà al centro dei lavori di questo summit. www.namegypt.org |

22 luglio - 2 agosto DURBAN (SUD AFRICA) 30TH DURBAN INTERNATIONAL FILM FESTIVAL Il Festiva presenterà oltre 200 film prodotti in tutto il mondo, ma particolarmente dal Sud Africa e dall’Africa. Le proiezioni si svolgeranno a Durban, con proiezioni itineranti nei suoi distretti dove non esistono sale cinematografiche. Durante i giorni del Festival si svolgeranno seminari di studio intensivi tra filmmakers locali e internazionali. www.deta.up.ac.za 3 - 6 agosto CAPE COAST (GHANA) DISTANCE EDUCATION AND TEACHER EDUCATION IN AFRICA (DETA) Estendere l’educazione e potenziare la sua qualità sono i punti centrali dello sviluppo dell’Africa. Per realizzare l’obiettivo di una formazione di qualità per tutti, le facoltà di formazione africane devono giocare un ruolo di primo piano. Si attendono più di 200 delegazioni. www.deta.up.ac.za

31 agosto – 4 settembre GINEVRA (SVIZZERA) III CONFERENZA MONDIALE SUL CLIMA (CMC-3) Organizzata dalle Nazioni Unite, la Conferenza ha come tema generale “La previsione e l’informazione climatica al servizio dei processi decisionali”. Lo scopo è creare un quadro internazionale che permetta di coordinare le differenti iniziative prese per ridurre i rischi e sviluppare i vantaggi legati alle condizioni climatiche attuali e future includendo i servizi di informazione e di previsioni climatiche nei processi decisionali. www.wmo.int/wcc3

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 63 |


| lavanderia |

Un nuovo medioevo?

La fine di un mondo di Paolo Fusi

DIFFICILE CONCENTRARE IN POCHE RIGHE MESI DI RAGIONAMENTI SULLA CRISI FINANZIARIA. Quando l’economista svizzero

È

Gian Trepp (foto), nel 1993, scriveva che sarebbe arrivata e avrebbe cambiato il Pianeta, la maggior parte della gente gli rise dietro. Ora sono convinti che porti sfortuna. Invece è solo uno dei pochi intellettuali che ha visto lungo, ragionando libero da pregiudizi ideologici – quei pregiudizi che ancora oggi, specie in Italia, vogliono far credere che comunismo, liberismo, ecc. siano visioni contrapposte della realtà, mentre invece sono tutte teorie simili sullo sviluppo del capitalismo. Sicché sono tutte finite, bruciate, roba da libri di storia. Queste teorie si basano sul fatto che esista una politica economica degli Stati nazionali, una dinamica regolata sulla circolazione delle divise e, idea ancor più superata, che il plusvalore sia il perno su cui deve girare l’economia. Fino al 1973 questa regola ha funzionato. Poi Nixon ha deciso che la convertibilità dollaro-oro andava abolita. Tutti gli Stati nazionali hanno contratto debiti nei confronti dei cittadini e li hanno pagati svalutando la moneta: ovvero fregando il principio del plusvalore. Prima le banche e poi tutti gli altri hanno creato una quantità illusoria e incontrollata di denaro elettronico e teorico, grazie ai derivati, che ha scollegato la produzione di beni dalla creazione di plusvalore. Dopodiché la globalizzazione è arrivata al capolinea: l’intero Pianeta è globalizzato, l’aumento della produzione è comunque insensato perché l’offerta è di gran lunga superiore alla domanda, le risorse naturali stanno velocemente terminando, l’inquinamento sta rendendo la Terra invivibile per l’uomo, tanto da condurre alla probabile estinzione della razza in poche decine d’anni. Allo stesso tempo i nuovi sistemi di telecomunicazione hanno cancellato l’opinione pubblica e la capacità dell’essere umano medio di percepire la realtà. Ormai persino il concetto di democrazia è desemantizzato. Siamo consumatori, ma non cittadini. Quando nel 1993 Gli Stati nazionali, non controllando più le monete, lo sfruttamento l’economista Gian Trepp delle risorse e la produzione, non hanno più senso di esistere. profetizzò la crisi, gli risero Si occupano solo di creare quei debiti che danno l’impressione agli dietro. Fu invece uno dei ex-cittadini di poter ancora esistere come consumatori. Pagano miliardi pochi ad aver visto lungo nelle casse di chi ha affondato il capitalismo perché lo riaffondi con perchè libero da pregiudizi più efficacia. Miliardi che vengono presi a cittadini che non sono più cittadini. I pochi che hanno capito cosa sta accadendo o che hanno un fiuto animale per la sopravvivenza si sono già svincolati dal capitalismo. Hanno nascosto i denari fuori dagli Stati nazionali, nel limbo elettronico del sistema bancario globale e hanno deciso di smettere ufficialmente di essere cittadini: non votano, non pagano le tasse, non usano l’assistenza sanitaria e se ne fregano delle pensioni. Negli anni 70 il futurologo Roberto Vacca predisse in un bel libro il Medioevo prossimo venturo, creato dalla fine del capitalismo, dalla non consapevolezza della necessità di alternative e da una crisi congiunta dei rifornimenti di energia e delle telecomunicazioni. Ci avviciniamo sempre più a quelle condizioni. Ma io non credo al ritorno al medioevo. Abbiamo una chance di riformare tutto: energia rinnovabile, economia senza plusvalore e senza sistema finanziario, riduzione drastica della mobilità, smantellamento della logistica globale, frammentazione degli Stati nazionali in unità più piccole che abbiano la “coscienza” di esistere, ritorno alla religione e al militarismo – ma stavolta nell’ambito di una crisi dell’industria intesa come strumento di arricchimento. Un’industria in tempi di mancanza di materie prime. Che deve scegliere se uccidere o sfamare. Poche frasi, dette in fretta. Ma, con la speranza che s’insinui un pensiero, pur vago, tra i pochi che leggono davvero.

.

ALIMENT LIMENTAZIONE TAZIONE BIOE IOEDILIZIA DILIZIA ENERG NERGIA GIA RICICLO O DEI I MATERIALI MA MATERIA A ALI MOBIL OBILITÀ LITÀ giorni di vacanza vac canza za immersi imm nel verde per r progettare rogett il futuro che e vogliamo oglia con concerti ncerti a KM K M 0 0–– musica e suoni s del sud su ud

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

degu degustazioni d ustazioni guidate per scop prire, i conoscere e scoprire, gust tare prodotti tipici e gustare di qualità: q Cannolo di Pian na degli Albanesi, Piana Angu uria di Ramacca, Anguria Gamb bero di Mazara del Gambero Vall lo, Vino Biodinamico Vallo, di Monreale, M Mandorla di Avola, Avol la, Pane nero di Cast telvetrano, Olio di Castelvetrano, Oliv va di Nocellara del Oliva Beli ice, Pasta di Belice, Vall ledolmo... Valledolmo...

laboratori per bambini e merende biologiche he all’interno erno di d un n baby village bab

ore di intratten intrattenimento nimento e attività tti ità sui i te t temi emi i della sostenibil sostenibilità lità e della legalità

3-4-5

lug luglio lio - P Parco arco delle de e M Madonie adonie - Sicilia Siccilia www.solexp.it www .sole lexp x .itt Comune di

Comune di

C Comune di

Comune di Castelverde

S B 10 10 0

COSTRUIRE SOSTE NIBILE

| 64 | valori |

spazio espositivo spazio per le l vie di Castelbuono, Caste elbuono, uno dei centri centr ri più belli ed attivi attiv vi nel n Parco delle e Madon Madonie onie

10 1 0 0 AZIONI

Comune di


|

economiaefinanza

|

|

altrevoci a cura di Michele Mancino

narrativa

|

SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A MANCINO@VALORI.IT

SPECIALE CRISI

PER USCIRE DALLA CRISI: MENO FINANZA, PIÙ WELFARE E SOCIALE

LA VERA SCOMMESSA È LA DECRESCITA

NON ESISTE UN SOLO TIPO DI CAPITALISMO

VIAGGIO NELL’ITALIA CHE VIVE A CREDITO

C’è qualcuno che da tempo sta attendendo la rivincita dell’economia reale. Uno di questi è Ronald Dore. In tempi non sospetti aveva messo in guardia contro il peso crescente che stava assumendo la finanza globale e sui rischi che incombevano sull’economia reale. Il cataclisma sistemico che ci troviamo ad affrontare oggi è, dunque, il risultato dell’accelerazione che negli ultimi decenni ha caratterizzato il processo di finanziarizzazione nel mondo. Che cosa fare per far fronte a questa situazione? Frenare l’effetto domino è quasi impossibile, mentre si può ripensare per il futuro prossimo venturo al ruolo della finanza, rimettendola al servizio dell’economia reale. Al momento non ci sono certezze e il fatto che, nonostante gli strumenti e le conoscenze, certi modelli non abbiano funzionato obbliga tutti quanti a interrogarsi, perlomeno a rivedere certe scelte e riformulare certe regole, evitando la demonizzazione della finanza. Osservando i Paesi travolti dalla crisi, Dore ricava una piccola morale: dove esiste un capitalismo “umano”, attento al welfare e al sociale, non solo l’impatto della crisi è stato meno duro, ma la capacità di reagire sembra più intensa.

Quando tutti parlano di crescita, affermare in piena recessione che il punto di svolta è la decrescita può apparire una provocazione. Così non è, perché Latouche parte dalla consapevolezza dell’incompatibilità di una crescita infinita in un pianeta dalle risorse limitate. Questo libro impone un punto di vista radicale e un cambiamento ineludibile. Bisogna, quindi, ripensare la società inventando un’altra logica sociale. Ma qui si pone la questione più difficile: come costruire una società sostenibile, in particolare nel Sud del mondo? Bisogna quindi esplicitare i diversi momenti per poter raggiungere questo obiettivo: cambiare valori e concetti, mutare le strutture, rilocalizzare l’economia e la vita, rivedere nel profondo i nostri modi di uso dei prodotti, rispondere alla sfida dei paesi del Sud. E reimpostare il nostro modello sulla decrescita.

Ai tempi delle Guerra Fredda si pensava che esistesse un solo tipo di capitalismo e che di fatto tutte le economie capitalistiche fossero l’uno lo specchio dell’altra. Da una parte il consumismo e la proprietà privata, dall’altra il socialismo e la pianificazione. Appena dopo la caduta del Muro di Berlino si è cominciato a mettere in discussione l’idea che ci sia una sola forma di capitalismo. Secondo gli autori, ne esistono di quattro tipi: quello basato sull’imprenditorialità e l’innovazione, quello delle grandi imprese, quello diretto dallo stato e quello oligarchico. Non tutti sono buoni e nessuno è perfetto. Un’analisi utilissima in questa fase di crisi economica e di ripensamento delle regole del mercato. William Baumol è un famoso economista. Robert Litan e Carl Schramm sono gli animatori della Fondazione Kauffman, una delle istituzioni all’avanguardia nella ricerca e nella promozione di iniziative sull’imprenditorialità.

Il debito è una ragnatela in assenza di ragno. È una ragnatela perfetta. Dopo, c’è la caduta. Questo libro si ferma al punto in cui le persone cominciano a cadere. Questo libro è un quartiere di persone indebitate fino al collo. È una raccolta di voci intrecciate l’una all’altra da vincoli economici e narrativi – e in mezzo, c’è il credito al consumo. È l’immersione di uno scrittore nei luoghi in cui la curva del benessere italiano ha iniziato a incrinarsi, dove a ogni finestra e dietro ogni porta vivono debitori e creditori, uomini e donne che prestano e chiedono denaro, recuperano crediti, saldano un conto in rosso e ne aprono subito uno nuovo. Non sanno e non vogliono rinunciare all’illusione del lusso e si offrono in pasto alla complessa divinità del denaro fantasma. Le loro sono storie di tutti i giorni, storie di persone nascoste e insieme comuni – le nostre storie.

RONALD DORE FINANZA PIGLIATUTTO

Il Mulino, 2009

| 66 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

SERGE LATOUCHE LA SCOMMESSA DELLA DECRESCITA

BAUMOL WILLIAM, LITAN ROBERT, SCHRAMM CARL CAPITALISMO BUONO CAPITALISMO CATTIVO

Feltrinelli, 2009

Università Bocconi, 2009

IL CASO ORLANDI IN UN ROMANZO

VITE DI DONNE ALLO SPECCHIO

Un romanzo ispirato a una storia vera che ha scosso e continua a scuotere l’opinione pubblica italiana: la scomparsa di Emanuela Orlandi. Un noir duro, carico di tensione che ci svela il volto di un’Italia e dei suoi mali sociali, della violenza, del sangue e del malaffare che la attraversavano 25 anni fa. Nonostante l’aggancio con la realtà sia molto forte, non bisogna pensare a un romanzo-inchiesta, perché questa rimane un’opera di fantasia ben scritta (e non è nemmeno la prima prova di Barbàra, giornalista palermitano). L’autore, partendo da quella storia e dai suoi recenti sviluppi, scandaglia i temi che hanno contraddistinto il Bel Paese di quegli anni: il controllo delle esistenze e l’esercizio del potere. “Meglio comandare che fottere” diceva qualcuno. Un bel tomo che scorre via veloce, con ritmo, capace di incollare il lettore alle pagine.

Quante volte siamo sorpresi in casa da rumori o voci inaspettate? Quante volte i vicini lasciano tracce sonore delle loro esistenze in quelle degli altri? Se si vive soli, per destino e non per scelta, allora le esistenze rimbalzate dai muri confinanti possono costringere ad occuparsi degli altri. Nel silenzio del suo appartamento, Margherita, forse per distrarsi, comincia a prestare attenzione alle voci e ai rumori del palazzo. Così, a poco a poco, incredula, dubbiosa, ascoltando quello che le arriva attraverso una parete più sottile delle altre, finisce per scoprire l’inquietante e ambigua realtà di Anna, la sua vicina, una donna con due figli, picchiata e maltrattata dal marito. O è solo il frutto della sua immaginazione? Margherita scruta Anna e si riflette in quel segreto imprigionato tra le mura domestiche, come in un gioco di specchi, che la disorienta e la sorprende.

UGO BARBARA IN TERRA CONSACRATA

CLAUDIA PRIANO SMETTILA DI CAMMINARMI ADDOSSO

Piemme, 2009 GIANLUIGI RICUPERATI LA TUA VITA IN 30 COMODE RATE

Guanda, 2009

LE LACRIME OSTINATE DI UNA MADRE EDUCAZIONE DA STRADA: ROMANZO CRIMINALE SIBERIANO

«Si continua a sparire in questo continente…perfino i neonati». Il Sudamerica è terra bella e disperata: le dittature militari, i desaparecidos, gli indios espropriati della loro terra. Ragioni necessarie per regalare lacrime fino allo sfinimento. Ma per una madre che perde una figlia ancora piccola il pianto non consola. Dal dolore profondo, però, puo’ nascere la caparbietà, proprio come è capitato alla protagonista di questa storia. Un’ostinazione che arriva a una verità: nell’ospedale dove era stata ricoverata ci sono troppe morti sospette e trova una testimone che dice di aver sentito i medici parlare chiaramente di un rapimento: il sospetto di un traffico illegale di adozioni e di organi diventa quasi una certezza. E grazie alla sua caparbietà non rinuncerà mai all’idea di riavere sua figlia con sè.

«Quando ero un ragazzino scrissi un racconto metafisico e surrealista e lo inviai a Goffredo Fofi. Dopo qualche giorno mi arrivò un foglio di poche righe in una busta di carta riciclata: “Mi piace come scrivi, peccato che scrivi idiozie. Affacciati alla finestra e raccontami cosa vedi, scendi giù, attraversa, cosa vedi. Poi rispediscimi tutto, e ne riparliamo”. Da allora affacciarsi e attraversare le cose mi sembrò l’unico modo per poter scrivere parole degne di essere lette. Nicolai Lilin non ha fatto altro che affacciarsi, fuori dalla casa in cui è nato, dentro la sua stessa vita e raccontare ciò che ha visto, sentito, il mondo in cui è stato educato». Queste parole sono di uno che se ne intende. Lo scrittore italiano più conosciuto del momento, colui che ha fatto del romanzo di frontiera la propria gloria e condanna. Quel giudizio è di Roberto Saviano. Lilin ha raccontato la vita di un ragazzo siberiano educato da un’intera comunità criminale a diventare un “criminale onesto”. Le avventure di strada, le giornate al fiume, gli scontri tra adolescenti guerrieri. E soprattutto il sapere dei vecchi, che portano l’esistenza tatuata sulla pelle e trasmettono con pazienza e rigore il loro modo di capire il mondo.

MARCELA SERRANO I QUADERNI DEL PIANTO

Feltrinelli, 2009

NICOLAI LILIN EDUCAZIONE SIBERIANA

Einaudi, 2009

Laterza, 2009

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 67 |


|

fotografia

|

|

IMMAGINI PER RACCONTARE GLI SPAZI “TRA” UNA MARYLIN DA SOGNO FIRMATA SAM SHAW

Possono le immagini aiutarci a raccontare lo spazio nascosto che segna i margini, le frontiere, i confini? È la sfida del concorso fotografico “Sguardo sui margini”, promosso dalla Onlus “Sviluppo e promozione”. «Attraverso la fotografia – spiegano i promotori – cerchiamo di raccogliere sguardi che restituiscano le storie dei luoghi, delle città, dei mondi borderline. Racconti di contrasti, contraddizioni e contaminazioni che segnano gli “spazi tra”». I 20 scatti migliori saranno esposti durante il primo Festival delle Letterature e della Società, che si terrà al Villaggio Barona di Milano tra il 5 e il 7 giugno. L’esposizione del concorso proseguirà fino al 30 giugno. Il Festival ospiterà anche tavole rotonde e incontri con giornalisti e scrittori. Tra gli altri, saranno presenti Mario Calabresi, neodirettore de La Stampa, il critico letterario Walter Siti e Andrea Vitali, saggista e medico, fresco vincitore dei premi Hemingway e Boccaccio. Filo conduttore dei dibattiti saranno i margini: della città, con racconti dalle periferie, e dello sport, con la lente del tifo estremo.

Quaranta scatti di Sam Shaw per ripercorrere la vita dell’intramontabile Marylin Monroe, star hollywoodiana, simbolo della sensualità, una delle attrici più imitate nel look e negli atteggiamenti. La fragilità che ha contraddistinto la sua esistenza, culminata in una morte tanto prematura quanto misteriosa, l’indiscusso fascino che emanava dal grande schermo e dalle copertine in carta patinata, hanno reso Norma Jeane Mortenson un’icona della cultura pop. Shaw le conferisce una forte dose di magnetismo. Modella e modula una creatura da sogno, la cui morte tragica lo lascia sconvolto: le fotografie inedite conservate nel suo archivio personale riescono, dopo la scomparsa, a farla resuscitare con rispetto. Shaw dal 1950 al 1960 realizza le copertine di riviste come Life e Look ed è proprio lui a suggerire nel 1954 la famosa sequenza della gonna sollevata dall’aria calda in Lexington Avenue a New York per il film Quando la moglie è in vacanza. FINO AL 14 GIUGNO SPAZIO ESPOSITIVO BIPIELLE LODI

www.bipiellearte.com

AMBIGUITÀ REALE E REALTÀ AMBIGUA

DALL’AFRICA A MILANO UNA TV ETICA

Michele Smargiassi, giornalista e autore di saggi sulla storia della fotografia, introduce il lettore in una divertente e acuta digressione sui temi del vero e del falso nella fotografia nata sulla scia delle accese discussioni intorno al digitale e alla sua estrema manipolabilità. L’autore cerca di dimostrare che la «rivoluzione digitale», almeno in termini di rovesciamento del dogma referenziale della fotografia, della sua assunzione di veridicità, non esiste, perché quel dogma è stato sfidato con successo più volte anche nel secolo e mezzo della fotografia analogica. Con una serie di esempi e tanti gustosi aneddoti, il volume spiega “come” la fotografia abbia saputo mentire nella storia (in modo volontario e involontario), come la catena di decisioni umane e «inconscio-tecnologiche» che produce un’immagine implichi inevitabilmente un’alterazione della realtà percepita. Infine, affronta la domanda cruciale, ovvero perché l’immagine fotografica sia stata costretta (o tentata) a mentire.

La fotografia di fatto vive su un’ambiguità che viene riconfermata anche nell’era digitale: la pretesa oggettività del mezzo che indaga sulla realtà diventa soggettività reale ogni volta che lo sguardo umano si posa sull’oggetto indagato. Non c’è scomposizione, non c’è frammentazione e non c’è alcun mezzo tecnico che può risolvere questo problema di fondo. Ogni volta che l’immagine viene ridotta in tanti piccoli frammenti la realtà non si rivela più nitidamente, ma il dubbio si amplifica. I particolari diventano nuovi tasselli che non riducono l’incertezza, ma la moltiplicano. La qualità degli scatti di Barbara Probst ci aiutano a penetrare questo contenuto intimo e soggettivo. L’ambiguità genera molte ambiguità perché il baco è nel tempo fotografico, ovvero l’istante.

Una web tv dedicata ai temi del sociale e della documentaristica di qualità. Eticatv è un progetto nato dal gruppo redazionale di Come, rivista di strada del Terzo settore distribuita nelle grandi città soprattutto da ragazzi di origine africana. Proprio all’Africa è dedicata gran parte dei temi della prima fase di produzione di Eticatv. All’interno della redazione sono numerosi i progetti aperti. «Il nostro è un classico progetto di imprenditoria sociale che vuole utilizzare nuovi media esplorando le possibilità offerte dalla tecnologia» spiegano nei locali nei pressi della stazione di Porta Genova. La zona è diventata, negli ultimi quindici anni il cuore del variegato mondo trendy del design e della moda milanesi. Eticatv, in un momento in cui essere e dirsi etici è anche di tendenza, nasce però da un percorso diverso, da vent’anni di lavoro sommerso con le Ong e da numerosi viaggi, soprattutto in Africa, per incontrare e documentare alcune realtà. Prodotti per essere distribuiti in HD sulla rete, i reportage di Eticatv sono disponibili on demand, suddivisi in quattro filoni editoriali: case history, social report, corporate social responsability e documentary.

MICHELE SMARGIASSI UN’AUTENTICA BUGIA

FINO AL 30 GIUGNO VILLAGGIO BARONA

Contrasto, 2009

Via Ettore Ponti, Milano www.scriveresuimargini.org | 68 | valori |

FOTOGRAFIA: QUASI VERO O FALSO?

ANNO 9 N.70

FINO AL 24 LUGLIO GALLERIA MONICA DE CARDENAS

Via Francesco Viganò 4, Milano

DIRE “YES” A UNO STILE DI VITA SOSTENIBILE SUL WEB Provare a dire “sì” a proposte innovative per cambiare gli stili di vita all’insegna dell’ecosostenibilità e del risparmio energetico per “creare una vita divertente pensando al futuro del Pianeta”. Yes.life è un web magazine che parla di sostenibilità ambientale con un focus sui temi del risparmio e dell’efficienza energetica. La sigla del sito è un acronimo che indica “Your Enjoyable & Sustainable Life”. Il sito nasce “con lo scopo di dimostrare e diffondere il pensiero che una vita sostenibile è una vita gioiosa ed è possibile senza fare rinunce né sacrifici, grazie all’uso delle nuove tecnologie e delle fonti di energia rinnovabili». Dalle pagine del sito emerge una particolare apertura alle nuove tecnologie come mezzo per crearsi una vita ecosostenibile. Numerosi i campi tematici offerti dalla redazione del sito tra cui rubriche dedicate ad energia, scienza e tecnologia, ecomobilità, turismo sostenibile, economia solidale, riciclo e riuso e una rubrica dedicata alla moda sostenibile. Newsletter e sostegno ad eventi itineranti come ExpoVillage, sul tema della sostenibilità di Expo 2015, completano l’offerta.

www.yeslife.it

multimedia

|

5 MILIONI ONLINE PER LA POLITICA DI MEET-UP

ACQUISTI SOLIDALI TRAMITE LA RETE

Tra i social network non è il più conosciuto, anche se vanta una storia ormai quasi decennale. In Italia la sua diffusione ha beneficiato dell’impatto mediatico di Beppe Grillo i cui fan utilizzano sovente questo strumento. MeetUp è un sito nato per favorire incontri fisici tra più persone. Nato nel 2001, ha avuto un picco di popolarità due anni dopo quando nel corso della campagna per le primarie statunitensi Howard Dean lo utilizzò nella competizione contro gli altri aspiranti alla candidatura. Vanta oggi quasi cinque milioni di iscritti ed è uno strumento semplice e flessibile per lanciare flash mob (appuntamenti estemporanei) e discussioni su politica e stili di vita. In attesa che la diffusione del wi-fi in Italia permetta l’esplosione di Twitter e del microblogging, strumenti come Meet Up consentono di allacciare in modo semplice relazioni personali dirette su tematiche di interesse collettivo. Una rapida visita al sito consente di trovare persone con cui condividere tematiche e riflessioni legate all’attualità e appuntamenti per una partecipazione diretta.

Acquisti eticamente corretti e rispettosi dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori? I Gas, gruppi di acquisto solidali, sono in rete, non solo per fornire prodotti, ma anche per condividere giudizi ed esperienze. In Italia i gruppi sono centinaia e si stanno sempre più specializzando, per esempio su determinate scelte alimentari come l’alimentazione vegana. Il concetto alla base dei Gas è favorire la qualità dei prodotti per il consumatore, senza penalizzare i produttori che, vendendo e consegnando direttamente, non sono soggetti alle scontistiche imposte dalla grande distribuzione. In Italia nascono all’inizio degli anni Novanta legandosi all’operazione “Bilanci di Giustizia” che vuole portare ad una riflessione critica sui consumi familiari e sugli stili di vita. Dalla fine degli anni Novanta la Rete Gas è attiva. Il principio alla base del progetto ed elemento di distinzione rispetto ad altre forme di organizzazione diretta del consumo è quello della solidarietà che “parte dai membri del gruppo e si estende ai piccoli produttori che forniscono i prodotti, al rispetto dell’ambiente, ai popoli del sud del mondo”.

www.meetup.com www.eticatv.net |

GIUGNO 2009

|

www.retegas.org |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 69 |


|

terrafutura

|

|

COOPI MANDA IN CLASSE IL SUD DEL MONDO CENTRO ETIC, IN UMBRIA UN GIOIELLO “RINNOVABILE”

72 milioni. Sono i bambini che nel mondo non vanno a scuola. Ragazzi che non hanno la possibilità di costruire il proprio futuro. Spesso vivono “in strada”, alimentando i fenomeni del lavoro e della prostituzione minorili, in particolare nel Sud del mondo. E soprattutto nelle aree rurali, nelle quali a non sedersi ogni mattina sui banchi è il 33% dei bambini in età scolastica, contro il 18% delle aree metropolitane. Per combattere questo fenomeno COOPI ha lanciato la campagna “Tutti in Classe!”, per mezzo della quale porterà ancora una volta il suo impegno nei Paesi più disagiati del Pianeta. Aiuti concreti, finalizzati alla sostenibilità e alla continuità nel tempo: dalla fornitura di materiale didattico come penne, matite, libri e quaderni ai corsi di formazione per insegnanti e operatori del settore; dalla costruzione alla riabilitazione di edifici scolastici. Il tutto per contribuire a centrare uno degli Obiettivi del Millennio dell’Onu: garantire l’istruzione primaria universale. Non solo: COOPI promuoverà anche attività di sensibilizzazione delle autorità locali e fornirà supporto alle associazioni dei genitori e ai loro comitati di gestione.

Se avete voglia di immergervi in un parco verde, a contatto con la natura e punteggiato dalle più moderne tecnologie per lo sfruttamento delle energie rinnovabili il consiglio è di fare un salto tra Todi ed Amelia, in Umbria, nel comune di Guardea. Ad un’altitudine di 575 metri, in un’area rurale “integra”, lontana da industrie e insediamenti inquinanti, il parco (che si estende su una superficie di circa 10 ettari) è uno tra i primi Eco Centri tecnologicamente avanzati in Italia. Realizzato con impiego di materiali e sistemi rivolti al risparmio energetico e all’utilizzo di energie rinnovabili, il Parco vuole coniugare la realizzazione di un’azienda che produce energia pulita con l’attività turistica, la formazione e la promozione dell’agricoltura biologica e della bioedilizia. Le costruzioni del centro sono infatti costituite da blocchi in Isotex (legno e cemento mineralizzato), dotate di sistemi di recupero delle acque grigie, di collettori solari sui tetti e moduli fotovoltaici. Nella torretta della struttura centrale, inoltre, è stato inserito anche un modulo per la produzione di aria calda diretta. Stufe a biomassa, infine, forniscono l’acqua calda sia nei bagni che per il riscaldamento, mentre la sala convegni ed il corridoio del primo piano sono illuminati da cupole captanti che inviano la luce solare attraverso tubi riflettenti. Un vero e proprio gioiello delle tecnologie pulite, che ospiterà anche corsi di formazione, soggiorni studio e vacanze. Aperto dal 16 maggio.

IL FUTURO SOSTENIBILE PARTE DALLA SCUOLA

ECOLOGIA IN MOSTRA ATTRAVERSO L’ARTE

DIRITTI: IN UK CANCELLARE L’ARCHIVIO DEL DNA

Una rete nazionale di scuole per un futuro sostenibile. È il progetto di collaborazione scientifica tra ENEA e il sistema scolastico, sostenuto dai ministeri di Ambiente e Istruzione, insieme all’IFAD (IFAD – International Fund for Agricultural Development ). Un modo per promuovere uno sviluppo sostenibile nel Nord e nel Sud del mondo. Entro pochi decenni la popolazione del Pianeta passerà da sei a nove miliardi. E la maggior parte vivrà in Paesi poveri. Dobbiamo assicurare le risorse naturali e l’energia all’intera umanità. Non si tratta di un’emergenza che riguarda solo il Terzo Mondo: la questione coinvolge direttamente anche le economie più sviluppate. Per questo ENEA avvierà collaborazioni con le scuole, dalle elementari alle superiori, per creare gruppi multidisciplinari di docenti e studenti che vogliono “Educarsi al futuro”. I ragazzi avranno la possibilità di agire “concretamente”, anche attraverso cooperazioni e partenariati tra scuole italiane e africane (il progetto SUSTAIN) finalizzate a fornire energia fotovoltaica in alcuni villaggi rurali. I lavori realizzati dalle scuole verranno pubblicati sul sito.

Anche l’arte può essere un valido strumento per una riflessione critica sui molteplici aspetti (economici, sociali, filosofici) delle questioni ambientali, sulla crisi della società termoindustriale e sui pericoli dei cambiamenti climatici. Lo dimostra l’esposizione “GREEN PLATFORM. Arte Ecologia Sostenibilità”, visitabile al Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Firenze fino al 19 luglio. Il percorso espositivo, curato da Valentina Gensini e Lorenzo Giusti, metterà a confronto diversi approcci. Da un lato, saranno presentati artisti che indagano e denunciano comportamenti sociali che non rispettano l’ecosistema. Dall’altro, si troveranno lavori realizzati con materiali naturali o riciclati, per stimolare la riduzione degli impatti ambientali. O ancora, si proporranno le opere degli artisti “eco-attivi”, che conducono una battaglia ecologica sfruttando, in vario modo, i linguaggi dell’arte. La mostra - aperta tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 10 alle 20 prevede anche una serie di workshop (affidati ad artisti e operatori di associazioni ambientaliste e Ong).

Il Regno Unito si appresta a cancellare parte dei 5,1 milioni di record contenenti Dna di presunti colpevoli. L’archivio del Dna è un database nazionale che raccoglie il codice genetico di persone che sono state sospettate ma ad oggi, anche a seguito di sentenza di proscioglimento, i dati sembravano destinati a restare archiviati con potenziale rischio per la privacy dell’ex presunto colpevole. Decisiva una sentenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo che intima la cancellazione di dati sensibili verso persone non accusabili di reati. Secondo il Segretario di Stato Jacqui Smith «ci deve essere un bilanciamento tra la necessità di proteggere i cittadini e quella di rispettare i loro diritti. Basandoci su un confronto tra rischi e benefici, la nostra idea ora è che si possano distruggere tutti questi campioni». Soddisfazione delle associazioni per i diritti civili che chiedevano da tempo questa decisione anche a seguito di alcuni errori giudiziari che avevano innescato processi mediatici contro persone risultate poi innocenti.

www.eticitalia.it www.coopi.org | 70 | valori |

www.strozzina.org tel. 055.2645155

VIDEOGAMES E TRASMISSIONI TV: SCENARI VIRTUALI PER GUERRE REALI Secondo il ricercatore Yaniv Levyatan il contrasto al terrorismo e al suo fertile terreno di crescita deve guardare anche ad ambiti ad oggi trascurati come l’analisi dell’informazione indipendente, dei videogiochi e il monitoraggio dello scambio di video in rete. Con un testo teorico pubblicato dalla rivista ufficiale del Collegio di Sicurezza Nazionale dello stato di Israele, Levyatan invita ad analizzare per la prevenzione dei futuri conflitti la comunicazione che passa in vecchi e nuovi media in particolare del settore “nemico”. In particolare, secondo Levyatan, «i nostri eserciti devono sviluppare capacità e abilità in campi fino a ieri non contemplati come militarmente rilevanti, come i videogiochi, i prodotti culturali, i videoclip e le trasmissioni televisive». Non a caso, infatti, numerosi messaggi apologetici del terrorismo dei gruppi militarizzati passano attraverso trasmissioni per bambini e preadolescenti. Levyatan non affronta nel suo testo la fondatezza legale delle azioni di repressione del terrorismo e di guerra israeliane ma si concentra su strumenti e consigli pratici. Oltre all’analisi di videogiochi e programmi di intrattenimento grande attenzione è dedicata ad una sorta di controinformazione verso l’Occidente della “controinformazione del nemico” attraverso raccolte di video e fotografie sul campo di battaglia per rispondere a future contestazioni internazionali e attraverso l’analisi critica dei filmati postati sui principali siti generati dagli utenti riguardanti il conflitto israelo-palestinese.

future

|

PESCI SENSORI PER PULIRE IL TAMIGI

COLTIVARE TERRE IN TEMPO DI CRISI

Pesci wi-fi che operano in squadra per pulire i fiumi. Potrebbero essere una realtà già nel 2010 se il progetto pilota che viene sviluppato per il Tamigi avrà dato risposta positiva ai primi test in corso nei porti inglesi. I pesci-sensori in questo caso verrebbero immessi a gruppi di cinque nelle acque del fiume londinese con il compito di monitorare i livelli di inquinamento tracciando una vera e propria mappa delle sostanza inquinanti. Solo in presenza di sostanze tossiche viene infatti inviata dal sensore una comunicazione automatica alla base che manda degli operatori per le analisi. In presenza di altri inquinanti il pesce sensore invia automaticamente un messaggio, tramite wireless, agli altri sensori componenti della squadra che vengono richiamati per esplorare in dettaglio la zona. L’idea dei ricercatori è di poter arrivare a costruire in tempo reale una mappa tridimensionale delle sostanze inquinanti presenti in acqua. Grazie a queste informazioni, una volta aggregate, sarebbe possibile per gli operatori comprendere la natura dell’inquinamento, la sua ramificazione e predisporre piani di risanamento.

Il primo è stato il governo giapponese che ha sovvenzionato alcune centinaia di disoccupati perché frequentassero stage in fattoria. Ora sono gli Stati Uniti a muoversi su questo tema ma la tendenza sta facendo breccia in Europa. Contro la crisi, tornare a lavorare la terra. Negli ultimi cinque anni le aziende agricole di piccole dimensioni negli Usa sono cresciute del 3%. Si tratta perlopiù di aziende gestite da donne. Provvedimenti sul fronte previdenziale sono allo studio anche in Italia e in altri Paesi europei, da un lato, per permettere l’avvio di imprese virtuose legate soprattutto alla filiera del biologico. Dall’altro, per dare una risposta maggiormente lungimirante alla crisi finanziaria. La tendenza all’agricoltura ha trovato sbocco anche nell’architettura con numerosi progetti legati al concetto di autosussistenza delle piccole comunità che vedono orti cittadini implementati all’interno di architetture basate sul cohousing e che possono alimentare meccanismi di sussidiarietà all’interno di piccole comunità che prevedano anche spazi agricoli nel contesto urbano.

www.educarsialfuturo.it ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 71 |


|

indiceverde

|

VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

PAESE

Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways

Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari

Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania

CORSO DELL’AZIONE 12.05.2009

RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 12.05.2009

0,78 € 30,30 € 2,28 $ 190,65 $ 7,22 $ 33,27 € 168,00 CHF 35,70 € 106,00 £ 19,25 € 60,50 kr 19,04 € 51,76 € 15,99 € 2,22 € 21,73 € 11,99 € 24,79 $ 16,45 $ 2,76 €

-81,60% 2,61% -35,04 % 54,30% 41,29% -55,83% 2,38% 17,09% -14,17% -46,65% -26,67% -0,73% 15,69% -2,44% -26,97% 9,09% -51,06% -28,66% -21,10% -1,43%

-13,06% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Continua il rally del solare di Mauro Meggiolaro e Pilo Bonaiuti RANDE RIMONTA PER I TITOLI DEL SOLARE. L’ultimo mese è stato positiValori Solar Energy Index -13,06% vo per quasi tutti i componenti del nostro Valori Solar Index. First Solar e Sma Solar hanno recuperato più di trenta punti, mentre il Eurostoxx 50 -5,41% big tedesco Solarword, in vetrina questa settimana, è ritornato in positivo dopo sei mesi di passione. «Il solare è uno dei pochi settori del mercato per i quali si può Rendimento dal 15.10.08 al 12.05.2009 sognare una crescita reale e significativa», ha dichiarato al Wall Street Journal Phil Roth, analista di Miller Tabak. «Non c’è quasi niente in giro con poSolarworld www.solarworld.com Sede Bonn, Germania tenzialità del genere. La liquidità “calda” graviterà Borsa Francoforte intorno ai titoli del fotovoltaico nei prossimi meAttività Nata come piccola società commerciale, in pochi anni Solarworld è diventata un’impresa internazionale si». Ma come sa bene chi ha investito nelle comche copre l’intera catena di produzione dei pannelli solari: dal silicio alla cella, dal modulo modoties (materie prime) lo scorso anno, i settori all’assemblaggio finale. È di Solarworld la copertura in celle fotovoltaiche dell’aula Paolo VI in Vaticano. “caldi” possono raffredarsi molto presto al variare Rendimento 15.10.08 - 12.05.09 +9,09% delle condizioni di mercato. Il solare è però agRicavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2007 ganciato a una crescita reale, collegata alla produ2008 zione industriale dei pannelli, che, dopo il ciclo 900,3 negativo del 2008, sembra essere ritornata ai livel1.825 li di sempre. Solo per fare un esempio, l’utile net509,1 1.348 to di First Solar, che ha guidato il rally solare dell’ultimo mese, è più che triplicato nel primo 148,7 130,6 trimestre. Nonostante la crisi.

UN’IMPRESA AL MESE

G

.

|

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

| valori | 73 |


| utopieconcrete |

Ecoluxury

Anno 9 numero 70. Giugno 2009. € 4,00

valori

Quando il lusso è sostenibile

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > La banca dei cereali

di Massimiliano Pontillo

A UNA DECINA D’ANNI A QUESTA PARTE si sta diffondendo un altro modo di viaggiare: l’ecoturismo. Permette di assaporare, insieme alla vacanza, la cultura, il patrimonio naturale e geologico delle località di destinazione. L’ultimo “Rapporto sul mercato dell’ecoturismo in Italia” stima che copra una quota pari al 2% del mercato globale delle vacanze, con potenziali di crescita annua del 20%. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo i principi di sostenibilità su cui si basa questa pratica devono far riferimento sia agli aspetti ambientali, aiutando per esempio a conservare il patrimonio naturale e la biodiversità; sia a quelli socio-culturali, rispettando l’autenticità della comunità ospitante e i suoi valori tradizionali; e infine a quelli economici, assicurando operazioni a lungo termine e offrendo opportunità di guadagno e servizi sociali alle comunità locali. Un adeguato equilibrio, quindi, deve essere stabilito tra queste tre dimensioni per garantire livelli sostenibili a lungo termine. In questo scenario si sta sviluppando l’high cost sostenibile, viaggi di fascia alta che, rispetto al turismo di lusso tradizionale, garantiscono il rispetto dell’ambiente e lo sviluppo delle realtà locali. Questo trend ha un nome vero e proprio: “ecoluxury”, ossia viaggi ecocompatibili, a contatto con la natura e le popolazioni, con sistemazione in lodge e campi tendati a cinque stelle. Ecoluxury è il processo di produzione di tutte quelle Il turismo di èlite è talvolta attività economiche che coniugano l’economia sostenibile più rapido a percepire nuove ai più alti standard qualitativi; dove per alta qualità esigenze. Per questo si vanno nel turismo si intendono quei processi in continua evoluzione sviluppando viaggi di fascia alta che perfezionano il servizio, la struttura, lo stile architettonico che uniscono elevati standard qualitativi con l’ecosostenibilità e la ristorazione, spesso a base di prodotti alimentari provenienti da agricoltura biologica. Ecoluxury, quindi, si contrappone ai prodotti di massa basati su modelli obsoleti e poco sostenibili. Il turismo di èlite, pur responsabile di tanta distruzione, è talvolta più sensibile e rapido a percepire le nuove esigenze, a rinnovarsi, e potrebbe essere il traino di un nuovo modello di vacanza. Nel corso dell’ultimo International Luxury Travel Market di Cannes è stata presentata anche una novità tutta italiana: i “Sassi di Matera”, l’unico albergo al mondo con cinque stelle lusso dove il cliente dorme all’interno del paese considerato patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco. Situato nella zona di Civita, il complesso Sassi di Matera conta diciannove camere, grandi ciascuna 150 metri quadrati, realizzate utilizzando i materiali caratteristici e rispettando le forme originarie delle dimore, e con una panoramica mozzafiato sulla Valle di Gravina e sul parco naturale. Di recente è uscita una guida speciale, in inglese, tascabile, l’unica a livello mondiale che promuove quelle imprese turistiche che intendono combinare economia sostenibile con l’alta qualità: Luxury Camps & Lodges of the World. Un elenco di novantadue strutture, dall’Africa al Buthan, dagli Stati Uniti all’Europa: si passa dalle eleganti tende nel deserto arabo alle haciendas sudamericane, dai rifugi sulle spiagge più incontaminate agli esotici ed accoglienti lodge africani.

.

| 74 | valori |

ANNO 9 N.70

|

GIUGNO 2009

|

SIMONE CASETTA

D

Dossier > Il denaro è una misura, non una merce da scambiare e accumulare

Monete al potere Finanza > Inchiesta di Valori sui fondi armati: al primo posto Unicredit Economia solidale > Business usato: dai cassonetti ai mercati in Africa Internazionale > Dietro ogni dittatore c’è una grande banca Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.

Ti sei ricordato di rinnovare l’abbonamento? Basta un click www.valori.it

Lo leggi se ti abboni, nelle librerie Feltrinelli o nelle sedi di Banca Etica

Per attivare l’abbonamento basta andare sul sito www.valori.it, scaricare il modulo che trovate on line, compilarlo e rispedirlo via e-mail a abbonamenti@valori.it, allegando la copia dell’avvenuto pagamento (a meno che si usi la carta di credito). Oppure compilare il modulo qui sotto e inviarlo via fax alla Società Cooperativa Editoriale Etica [02 67491691], sempre allegando la copia dell’avvenuto pagamento. nuovo abbonato

rinnovo

privato

ente/azienda

* obbligatorio

cognome e nome *

denominazione ente/azienda

indirizzo *

telefono *

e–mail *

cellulare

età

attività

titolo di studio

regalo l’abbonamento a [ cognome e nome ] indirizzo

e-mail/telefono

autorizzo il trattamento dei dati personali ai sensi del D. lgs. 196/2003, per l’abbonamento e per la gestione della promozione (l’informativa completa è disponibile sul sito www.valori.it) luogo e data ho già provveduto al pagamento tramite

firma leggibile carta di credito

modello RID

modulo freccia

bonifico bancario

bollettino postale

COME EFFETTUARE IL VERSAMENTO online con carta di credito, modulo freccia o modello RID ˜ info su www.valori.it con bonifico bancario sul C/C EU IBAN: IT29 Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica, intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1, 20125 Milano con bollettino postale sul C/C 28027324 intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Copernico 1, 20125 Milano Nella causale inserire nome e cognome, indirizzo ed e-mail del destinatario, specificando “Abbonamento annuale” e il riferimento alla promozione ABBONAMENTO ANNUALE 10 NUMERI + INSERTI: scuole, enti non profit, privati 35,00 euro ˜ enti pubblici, aziende 45,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euro ABBONAMENTO BIENNALE 20 NUMERI + INSERTI: scuole, enti non profit, privati 65,00 euro ˜ enti pubblici, aziende 85,00 euro Per ulteriori informazioni, telefona dalle ore 9.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.00 al numero 02.67199099, scrivi a info@valori.it o entra nel sito www.valori.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.