Mensile Valori n.75 2009

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Anno 9 numero 75. Dicembre 2009 Gennaio 2010. € 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Supplemento > Oltre il Pil

LIVIO SENIGALLIESI

Fotoreportage > Terremoto in Abruzzo

Dossier > A otto mesi dal sisma nessuna prospettiva di ripresa, solo grandi affari

L’Aquila non vola

Finanza > Fondazioni bancarie: una risorsa per il terzo settore durante la crisi Economia solidale > Mafia Spa: la recessione è un toccasana per la malavita Internazionale > Niger colonia nucleare: affari d’oro e regali al presidente Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


| editoriale |

Falsità mediatiche

L’Aquila non riparte di Vezio De Lucia

A NOVAMONT L’AUTORE Vezio De Lucia

(Napoli, 1938). Già direttore generale dell’urbanistica del ministero dei Lavori pubblici; assessore all’urbanistica a Napoli (prima amministrazione Bassolino); consigliere nazionale di Italia Nostra. Progettista del piano territoriale delle province di Pisa e di Lucca, del piano regolatore di Pisa e di altri comuni. Ha scritto, tra l’altro: Se questa è una città, Editori Riuniti, 1989 e 1992, Donzelli 2006; Napoli. Cronache urbanistiche, Baldini e Castoldi, 1998. Premio Cederna 2006 per l’urbanistica della provincia di Roma.

QUASI OTTO MESI DAL TERREMOTO MI PARE CHE L’ARGOMENTO sul quale si dovrebbe maggiormente riflettere sia quello dell’informazione. Gli approfondimenti critici, salvo rare eccezioni, sono pochissimi, prevale l’ottimismo ufficiale, dominano le immagini festose di Silvio Berlusconi che inaugura nuovi alloggi. Anche la stampa e le reti televisive non favorevoli al governo riconoscono in genere che la ricostruzione del capoluogo abruzzese è stata avviata positivamente e la accreditano come un successo del presidente del Consiglio e della Protezione civile. Invece non è così, a L’Aquila la cose vanno molto male e sarà difficile rimediare agli errori commessi. La ricostruzione è stata impostata come problema esclusivamente edilizio, accantonando la dimensione territoriale, senza un progetto di città. Non era mai successo prima. Mi riferisco soprattutto alla decisione, assunta pochi giorni dopo il terremoto, di costruire nuovi insediamenti abitativi permanenti – abusivamente definiti new town – con l’obiettivo di passare immediatamente dalla tenda alla casa, evitando le sistemazioni in alloggi provvisori, come si fece, per esempio, dopo i terremoti del Friuli e dell’Umbria, dove la ricostruzione è stata tempestiva e soddisfacente. I dati riportati nelle pagine seguenti dimostrano che i nuovi alloggi in costruzione non bastano (ospiteranno circa 15 mila abitanti, un terzo degli sfollati che stanno negli alberghi sulla costa, in altre sistemazioni precarie, alcuni ancora in tenda) e costano più del doppio delle tradizionali casette provvisorie. Ma qui interessa soprattutto porre in evidenza che l’operazione new town determina lo stravolgimento dell’assetto tradizionale de L’Aquila. Già prima del terremoto la città contava più di trenta frazioni, ma la costellazione urbana era tenuta insieme dalla forza centripeta di un centro storico di grande qualità estetica e funzionale, che agiva come formidabile contrappeso alla dispersione. Nel centro erano concentrate tutte le funzioni pregiate, le istituzioni, circa 800 attività commerciali, lì risiedevano almeno seimila studenti. Il terremoto, proprio nel centro storico, ha prodotto i danni più gravi, determinando il suo totale svuotamento. E dal 6 aprile non si è fatto nulla per riportalo in vita. La maggioranza degli edifici, anche molti monumenti, sono senza protezione, destinati a un degrado irreparabile. Tutta l’energia organizzativa e finanziaria è stata concentrata nella realizzazione delle micro new town (una ventina), disseminate in ogni direzione. Il modello impresso alla ricostruzione accentua la già netta propensione allo sparpagliamento e a un insensato consumo del suolo. Se prima del terremoto un terzo della popolazione de L’Aquila viveva nelle zone esterne e il resto nelle aree centrali, è inevitabile l’inversione del rapporto e la stragrande maggioranza dei cittadini vivrà in una sterminata periferia, senza forma e senza memoria. La città non sarà più la stessa, sarà irresistibile la spinta all’esodo, e a L’Aquila non si potrà dire, com’è stato in altre circostanze, che il terremoto ha fornito l’occasione per dare slancio a una nuova vitalità culturale, economica e sociale, ma si dirà che ha accelerato fenomeni di declino già manifesti. Che fare per impedire, o almeno smorzare una tendenza così disastrosa? Intanto, subito, si dovrebbe avviare il recupero del centro storico, mettendo a punto un adeguato progetto di restauro – gli esempi non mancano – concentrando su di esso ogni risorsa disponibile.

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| sommario |

www.metalli-lindbeg.com

valori dicembre 2009 / gennaio 2010 mensile www.valori.it

Una casa di legno e paglia dell’Ecovillaggio di Pescomaggiore, uno dei borghi colpiti dal sisma del 6 aprile 2009. Un progetto di autocostruzione partecipata ed ecologica, realizzata dai futuri abitanti delle case, architetti appassionati e volontari da tutta Italia.

anno 9 numero 75 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

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fotoreportage. Terremoto in Abruzzo

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dossier. L’Aquila non vola Ricostruzione ecologica e partecipata. Un’eccezione alla regola Costruzione senza logica, ricostruzione ferma Costi e sprechi del post-terremoto L’Aquila: un tesoro per la mafia La bottega Il Sicomoro: rinascita equa, solidale e bio Dopo il sisma, economia fai da te

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

Ugo Biggeri (biggeri.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore

Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

finanzaetica

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fotografie

Fondazioni bancarie, una risorsa per il non profit. Ma non un bancomat Elisa Bortoluzzi Dubach: «I consigli per lavorare con le fondazioni» Mutui: una famiglia su quattro rischia la bancarotta I giorni più lunghi del social lending Pericolo dark pools: il lato oscuro della finanza

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stampa

finanzaislamica

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economiasolidale Mafia Spa, lo shopping ai saldi dell’economia globale Smarriti sulla via dell’innovazione Energia, le rinnovabili impongono il ripensamento della rete Politica dal basso: è il momento delle proposte concrete

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ricordando

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internazionale Niger, colonia nucleare Balcani, un mosaico di contraddizioni alla ricerca di stabilità Crisi dimenticate/3. Malnutrizione, un flagello che uccide ogni dieci secondi Gerusalemme, in marcia tra gli invisibili

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altrevoci

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indiceverde

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ambiente

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Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@gmail.com) Msf, Paola Pagano, Sara Pettinella, Marta Sarlo (Contrasto), Livio Senigalliesi Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento) abbonamento annuale ˜ 10 numeri

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L’Aquila, 2009

Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it), Sergio Slavazza Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it)

coltiva un domani migliore, ogni giorno.

LIVIO SENIGALLIESI

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Superindice Ocse

Ottimismo fuorviante di Alberto Berrini

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PUBB CISL

ECENTEMENTE (IL 6 NOVEMBRE) IL “SUPERINDICE

OCSE” HA SEGNALATO, o meglio anticipato, un quadro di ripresa per l’insieme dei Paesi avanzati e i Bric (Brasile, Russia, Cina e India). Dunque una svolta positiva per la crescita mondiale. Il dato specifico italiano, particolarmente positivo, ha fatto sì che l’indicatore Ocse abbia avuto ampio risalto nel nostro Paese. Per questo motivo è opportuno fare alcune precisazioni a partire proprio dalla natura dell’indice in questione. I “superindici” sono indici compositi, cioè costituiti da una serie di sotto-indici che vengono “collassati” (l’espressione è ripresa dal “nuovo dizionario” dell’economia de Il Sole 24 Ore) per farne uno solo in grado di valutare, in un’ottica previsiva lo stato dell’economia. Poiché i sistemi economici sono organismi complessi, un indice che guardi solo a una parte dell’economia non riesce a dare questo sguardo di insieme. Proprio per questo la qualità di un superindice è discreta su una vasta area economica (Europa, Ocse) ma diventa meno affidabile, o quanto meno piuttosto instabile, per i singoli Paesi. Inoltre il superindice ha un valore qualitativo e non quantitativo. Il suo scopo è quello di segnalare in anticipo i punti di svolta del ciclo economico, non quello di misurare l’intensità dell’espansione o della recessione. Ecco perché le positive considerazioni sull’economia italiana derivate dal risultato di questo indice rischiano di essere fuorvianti. Ma, soprattutto, l’indicatore Ocse non misura la semplice I superindici hanno espansione di un’economia, ma il rapporto tra l’espansione ed il suo un valore qualitativo, non potenziale di crescita. Dunque una riduzione di questo potenziale, quantitativo. Non misurano a seguito della crisi che stiamo attraversando, fa salire il rapporto, crescita o recessione, di altre condizioni, fornendo una falsa indicazione positiva. ma anticipano le condizioni a parità Un concetto che l’economista Deaglio ben descrive utilizzando future dell’economia una metafora a mio avviso assai chiarificatrice: “Se la cilindrata del “motore Italia” si è ridotta in questi anni, andando alla stessa velocità, il motore si viene a trovare più vicino ai suoi limiti”. (“Un augurio più che una certezza”, La Stampa, 07.11.09). In definitiva dall’andamento di questo indice non si può certo desumere chi è in testa o in coda alla ripresa, né tanto meno chi uscirà più forte o più debole dalla crisi. Un segnale congiunturale positivo (ulteriormente rafforzato dal recente dato positivo del Pil del terzo trimestre 2009) non deve dunque farci dimenticare il deterioramento strutturale dell’economia italiana, già iniziato ben prima dell’attuale crisi. Serve una politica industriale, da affiancare alla ripresa dell’accumulazione privata (quando ci sarà!) che sappia collocare “strategicamente” il Paese e il suo apparato produttivo nel mercato mondiale che verrà dopo la crisi. O la “nuova” occupazione sarà preparata da nuove politiche che ci consentano di “entrare” nei nuovi settori (energia, ambiente, scienza della vita) o non sarà. Conclude Deaglio nell’articolo già citato: “Si pensa erroneamente di essere all’avanguardia nella crescita e si tagliano gli investimenti nella banda larga, ossia in uno dei comparti tecnologici della produzione. (…) È più facile ricordare che quella italiana è – ancora – la sesta economia del mondo, come ha fatto il Presidente del Consiglio (…) e dimenticare che nella classifica dei redditi per abitante siamo ormai al 39° posto, sensibilmente al di sotto dei grandi Paesi dell’Europa occidentale, sopravanzati dalla Spagna”.

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| fotoreportage |

> Terremoto in Abruzzo foto di Livio Senigalliesi

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osa abbiamo visto delle conseguenze del terremoto in Abruzzo? I servizi delle televisioni subito dopo il sisma, con qualche collegamento spettacolare mentre la terra tremava ancora. Poi le riprese fatte dall’elicottero con il commento di Bruno Vespa, che è sicuramente abruzzese, ma altrettanto sicuramente non è cronista. A settembre abbiamo visto l’ottimo “Presa diretta” fatto da Riccardo Jacona per la Rai. Dopo aver celebrato, ancora con Bruno Vespa, la consegna dei primi appartamenti nella periferia de L’Aquila, mentre il centro storico continua a sgretolarsi sotto l’azione degli agenti atmosferici, l’informazione sui grandi media si è fermata. Ma internet, anche questa volta, ha marcato la differenza tra “coprire” l’evento (chissà perché poi i giornalisti usano questo termine per dire che pubblicano una notizia?) e raccontarlo con fonti dirette. Basta cercare su internet e c’è tantissimo, a partire dalle 8,20 del 6 aprile: sono passate poche ore dalla scossa delle 3,32 e già su terremoto.blog - un sito che da anni raccoglie le testimonianze di chi ha sentito ballare la terra sotto i piedi - c’è il primo post, che racconta dolente il bilancio dei danni e delle vittime. Poi c’è il blog di 3 e 32, rete cittadina apartitica e autogestita che cerca di ricostruire un tessuto sociale e dal suo sito (www.3e32.com) rimanda a tanti altri blog, alle altre reti esistenti e alle iniziative che porta avanti nelle Case Matte, spazi recuperati all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio. Qui è stato appena presentato il libro Potere assoluto, la Protezione Civile ai tempi di Bertolaso e qui si tengono le assemblee cittadine. Poi c’è la web radio L’Aquila 1 (che ha anche un blog - http://blog.rl1.it/) che ha ripreso a trasmettere il 16 di aprile dopo aver avuto le apparecchiature completamente distrutte. Per iniziativa di Site.it, il sito animato da Angelo Venti di Libera, subito dopo il sisma è nato Sollevati Abruzzo, giornale organizzato, scritto e stampato nei campi degli sfollati, un ciclostile di presidio perché oltre “all’emergenza terremoto, nei territori colpiti si registra anche una emergenza informativa”. E nella baracca che ne ospita la redazione, nel campo di rugby di Villa Sant’Angelo, ha visto la luce Sfollati News un altro ciclostile, diretto da un ragazzo di 15 anni e interamente curato dai ragazzi di quella che fino a poche settimane fa era la vicina tendopoli. C’è talmente tanto in internet per documentarsi che non riusciremmo a dar conto di ogni cosa, ma invitiamo tutti a guardare per formarsi un’idea su cosa è stato il terremoto, su come viene gestito il post sisma. E per capire se le soluzioni attuate siano le migliori per la gente d’Abruzzo e per noi tutti cittadini di questo Stato. Noi siamo rimasti commossi da un video caricato da Simo su Youtube e dai commenti di chi l’ha guardato: “Per non dimenticare” (www.youtube.com/watch?v=c5Tnx8eHnR8). ANNO 9 N.75

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LIVIO SENIGALLIESI

Bisogna andare su internet per continuare a essere informati sul terremoto. Web radio, siti, blog, giornali e film, raccontano di gente che non l’ha presa come una “villeggiatura”, ma vuole tornare in possesso delle proprie case e della propria vita. Documentando giorno dopo giorno cosa succede.

L’AUTORE Livio Senigalliesi, 53 anni, milanese, inizia la carriera di fotoreporter nei primi anni ’80 dedicandosi ai grandi temi della realtà italiana: le lotte operaie e studentesche, l’immigrazione, l’emarginazione, i problemi del Sud, la lotta alla mafia. Dopo anni di militanza nel collettivo del quotidiano il Manifesto, alla fine degli anni ’80 amplia il raggio delle collaborazioni e rivolge sempre

di più la sua attenzione all’attualità internazionale, pubblicando ampi reportage sulle maggiori testate italiane ed estere. La passione per la fotografia intesa come testimonianza e l’attenzione ai fatti storici degli ultimi decenni l’hanno portato su fronti caldi come il Medio-Oriente e il Kurdistan durante la guerra del Golfo, nella Berlino della divisione e della riunificazione, a Mosca durante i giorni del golpe che sancirono la fine dell’Unione

La consegna di una scuola prefabbricata. Si tratta dei Musp (Moduli ad uso scolastico provvisorio), che accoglieranno circa 6.000 bambini e ragazzi. I Moduli sostituiranno le strutture scolastiche danneggiate e verranno realizzati in 34 aree. In attesa della loro ultimazione, si fa lezione in tensostrutture.

Sovietica, e a Sarajevo, dove ha vissuto tra la gente l’assedio più lungo della Storia. Ha seguito tutte la fasi del conflitto nell’ex Yugoslavia e documentato le atroci conseguenze di guerre e genocidi in Africa e nel Sud-Est asiatico. Da alcuni anni porta avanti un progetto dedicato alle vittime civili dei conflitti e collabora con il photo-desk dell’UNHCR, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, con l’Ufficio della Cooperazione Italiana e con numerose Ong italiane e straniere.

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> Terremoto in Abruzzo

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| fotoreportage |

> Terremoto in Abruzzo

Le foto in queste due pagine sono state scattate lo scorso agosto: L’Aquila è un cumulo di macerie. Oggi dopo otto mesi, la situazione non è molto diversa. Nella foto grande, un vigile del fuoco di fronte al palazzo della prefettura distrutto, divenuta un’immagine simbolo del terremoto. A sinistra, dall’alto: un vigile del fuoco tra le macerie di Onna; i resti di una vecchia casa colonica a Bazzano; la chiesa della tendopoli di Paganica.

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Anche queste immagini raffigurano la situazione a L’Aquila in agosto, nelle tendopoli. A sinistra, nella foto grande, lo spazio per lavare i panni nel campo di San Biagio. Dall’alto: la signora Diva Tennina stira tra le tende di Tempera Cave; la distribuzione del pasto nella tendopoli di Paganica (le mense dei campi sono gestite dai volontari della Protezione civile dell’Umbria); Linda Ciuffini, l’unica capo-campo donna di tutta l’area colpita dal sisma, nella tendopoli di Tempera Cave. Alle sue spalle un orto allestito in mezzo alle tende.

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> Terremoto in Abruzzo

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> Terremoto in Abruzzo

In queste pagine facciamo un salto avanti di tre mesi, all’inizio di novembre. Il momento dello sgombero delle tendopoli (nella foto grande, la signora Pia Pasqua nel campo di Paganica 4, mentre squadre di alpini smontano le tende) e della costruzione di nuove case (le prime due foto a sinistra: il cantiere del progetto C.a.s.e. a Bazzano e una casa prefabbricata nei pressi di Onna). Nel centro storico de L’Aquila, invece, non si muove nulla, sono solo stati puntellati alcuni palazzi (terza foto a sinistra).

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dossier a cura di Paola Baiocchi, Alberto Bazzucchi, Elisabetta Tramonto

Ricostruzione ecologica e partecipata: un’eccezione >18 Costruzione senza logica, ricostruzione ferma >20 Costi e sprechi del post-terremoto >22 Umbria e Abruzzo: due gestioni a confronto >23 Terremoto: un tesoro per la mafia >24 La bottega Il Sicomoro: rinascita equa e solidale >26 Dopo il sisma, economia fai da te >26

Le ultime tende del campo di Paganica. Sullo sfondo operai al lavoro nel cantiere del “Progetto case”. Un’immagine simbolo della promessa/slogan del presidente del Consiglio: «Dalle tende alle case».

Abruzzo, 2009

Post terremoto

Non solo case per ricostruire una città Iniziative spontanee, interventi non coordinati, venti quartieri dormitorio scollegati tra loro A L’Aquila la ricostruzione non riparte. Manca un progetto di città, di economia, di ripresa | 16 | valori |

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| dossier | L’Aquila non vola |

| dossier | L’Aquila non vola | LIVIO SENIGALLIESI

Ricostruzione ecologica e partecipata Un’eccezione alla regola

Nel cantiere del progetto Eva (Ecovillaggio autocostruito). Alessia è pugliese, ma vive a Roma, dove fa l’architetto. È arrivata a Pescomaggiore apposta per aiutare a costruire. Ha scoperto il progetto su internet, ha scritto una mail per offrire il suo aiuto ed è arrivata.

di Elisabetta Tramonto

L’

Aquila è alle spalle, a circa 15 chilometri, di fronte c’è il Parco nazionale del Gran Sasso. Si supera Paganica e si sale. Ai piedi del monte Croce c’è Pesco-

maggiore, un piccolo borgo di montagna, che il terremoto del 6 aprile ha parzialmente distrutto. Arrivando, però, la prima cosa che vedo non sono i segni di una distruzione, ma quelli di una ricostruzione: scheletri di case in legno e paglia (questa l’immagine al-

Progettazione partecipata

l’inizio di novembre). Intorno molti ragazzi indaffarati, appollaiati sui tetti o a terra, che

Quello dell’ecovillaggio di Pescomaggiore è un progetto partecipato: gli abitanti sono stati coinvolti in tutte le fasi, dalla progettazione alla realizzazione. Paolo Robazza ha imparato questo metodo innovativo a Torino nello studio di architettura Avventura urbana (www.avventuraurbana.it). «Per ogni progetto si avviavano incontri e laboratori di progettazione partecipata, in modo che fossero gli abitanti a decidere le caratteristiche dell’abitare». Quando a giugno è arrivato in Abruzzo, con Fabrizio e con il loro studio mobile, un carrello tenda che oggi è la loro casa a Pescomaggiore, aveva proprio l’intenzione di importare un modo diverso di costruire: «Con il Progetto Abruzzo-studiomobile B.A.G. ci proponiamo di collaborare al recupero del patrimonio architettonico di una delle regioni più affascinanti d’Italia», scrivono Paolo e Fabrizio sul sito internet bagstudiomobile. blogspot.com. «Crediamo che l’emergenza non debba essere considerata un pretesto per imporre uno specifico standard costruttivo INFO e sottovalutare le esigenze degli abitanti. PER CHI VOLESSE L’intenzione è quella di interCONTRIBUIRE venire con la popolazione nella economicamente al progetto ecco ricostruzione tramite una proil conto corrente: IBAN gettazione partecipata, ascoltanIT 87 S 05748 15404 do innanzitutto le loro esigenze, 100000008397 per poi accompagnarli verso l’e-

scavano, parlano, martellano. Sono i futuri abitanti di quelle case, insieme a volontari e ELABORAZIONE DELL’ARCHITETTO ANTONIO PERROTTI TRA I COLLABORATORI DEL COMITATUS AQUILANUS

architetti, che stanno costruendo con le loro mani l’ecovillaggio di Pescomaggiore. CRATERE A MACCHIA DI LEOPARDO CROGNALETO In giallo la “strana” forma del “cratere” del terremoto: l’area, disegnata dal decreto n. 3 del 16 aprile, che stabilisce quali comuni hanno diritto agli aiuti economici. Alcuni degli esclusi non trovano argomentazioni geofisico-sismiche oggettive, come alcuni degli inclusi, che escono dall’elissoidale (in rosso) che disegna la propagazione della scossa sismica ISOLA G.S. ELLISSOIDE DEL CRATERE CALASCIO GEO-SISMICO

COLLEPIETRO SECINARO S. BENEDETTO P.

Cratere del sisma del 6.4.09 RAIANO

Un borgo semidistrutto dal terremoto che non aspetta aiuti. Qui la ricostruzione è già partita: abitanti determinati, eco-architetti e volontari | 18 | valori |

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Mi viene incontro Paolo Robazza, uno dei giovani architetti che hanno realizzato il progetto. Non è aquilano, né abruzzese, come il suo socio Fabrizio Savini, architetto anche lui. Paolo è di Padova, Fabrizio di Roma. Sono arrivati a giugno per portare il loro contributo alla ricostruzione. E ci stanno riuscendo, con uno dei progetti più interessanti, positivi e simbolici in Abruzzo. Un caso più unico che raro. Una ricostruzione partita dal basso, dall’esigenza di un gruppo di abitanti di Pescomaggiore, che avevano perso la casa a causa del terremoto, di far rivivere il loro paese, di non abbandonarlo andando a vivere altrove, magari sulla costa o in uno dei nuovi complessi costruiti qua e là attorno a L’Aquila (a circa 10 chilometri c’è uno dei “quartieri” del progetto C.a.s.e, complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili). Hanno deciso di “rimboccarsi le maniche”, come scrivono sul sito internet (eva.pescomaggiore.org), “per continuare ad abitare la nostra terra e il nostro paese, per ricostruirlo da subito”, senza aspettare aiuti pubblici, ordinanze o progetti della Protezione civile. Hanno fondato il “Comitato per la rinascita di Pescomaggiore” e, sui terreni messi a disposizione da tre abitanti del paese, hanno iniziato a costruire le loro case.

dificazione del proprio spazio, fatto non solo di materiale edilizio, ma di tessuto sociale e culturale».

Case economiche ed ecologiche Le prime quattro case (sette in tutto nel progetto attuale) saranno pronte per Natale. Costano un quinto di quelle del progetto C.a.s.e.: 520 euro al metro quadrato, contro 2.500 euro circa. Sono case da 40 o da 56 metri quadrati, antisismiche e antincendio, costruite seguendo i principi della bioedilizia: «Stiamo dimostrando che è possibile fare case economiche, ecologiche e rapide da realizzare usando soprattutto materiale naturale, economico e reperibile sul posto», racconta Filippo Tronca, uno dei futuri abitanti dell’ecovillaggio. «La struttura portante in legno, la tamponatura in balle di paglia, il cemento ridotto al minimo, le stufe a legna per scaldarci, i pannelli solari e fotovoltaici che ci daranno l’energia elettrica e l’acqua calda di cui avremo bisogno, un impianto di fitodepurazione per riusare l’acqua nell’irrigazione degli orti». Sì, perché il progetto non prevede solo la costruzione di case, ma un vero villaggio ecologico (quasi) autosufficiente, con tanto di recupero dei rifiuti, compostaggio di quelli organici, coltivazione dei terreni recuperando colture autoctone come patata, zafferano, ceci e lenticchie. E, una volta che le case del centro storico di Pescomaggiore saranno ricostruite, queste rimarranno destinate ad uso sociale e turistico.

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SISMA ANNUNCIATO ARRIVATA ALLE 3:32 della notte del 6 aprile, la scossa di grado 6,3 di magnitudo di momento sismico (Mw), era stata preceduta da uno sciame sismico cominciato nel dicembre del 2008. Sei giorni prima della scossa del 6 aprile si era riunita la Commissione Grandi Rischi, voluta dal sindaco e dagli enti locali, preoccupati per l’escalation delle scosse nei mesi precedenti, e formata da Protezione civile, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Centro nazionale terremoti, fondazione Eucentre, Ufficio rischio sismico della Protezione civile ed esponenti del mondo scientifico nazionale. Lo scopo della riunione era: “fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili sull’attività sismica delle ultime settimane. L’esito della riunione nella dichiarazione del presidente dell’Ingv, Enzo Boschi: «Escluderei che lo sciame sismico sia preliminare a eventi catastrofici». Il bilancio definitivo è di 308 morti, la maggior parte dei quali (202) a L’Aquila; circa 1.600 i feriti e oltre 65 mila gli sfollati.

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LOCALIZZAZIONE DELLE AREE D’INSEDIAMENTO La localizzazione delle 20 new town (in verde chiaro, numerate) non coincide con quella dei Musp (Moduli ad uso scolastico provvisorio, in verde scuro) PIANO C.A.S.E. E M.U.S.P.

CENTRO STORICO ZONA ROSSA

IL PLESSO SCOLASTICO PREESISTENTE DI ACQUASANTA

GLI EDIFICI INAGIBILI CENSITI IN CLASSE “E” O “F”

LIVIO SENIGALLIESI

| dossier | L’Aquila non vola | FONTE: ELABORAZIONE DEI DATIDELLA PROTEZIONE CIVILE DEL29 GIUGNO 2009 IN AMBIENTE GIS

ELABORAZIONE DELL’ARCHITETTO ANTONIO PERROTTI, TRA I COLLABORATORI DEL COMITATUS AQUILANUS

| dossier | L’Aquila non vola |

LA GRADUATORIA DEI DANNI I DANNI AGLI EDIFICI sono stati classificati in 6 categorie, contraddistinte dalle lettere dalla A alla F: CLASSI GRAVITÀ DEL DANNO

A B

Agibile 298 Temporaneamente inagibile, ma agibile con interventi di pronto intervento 275 Edificio parzialmente agibile 54 Edificio temporaneamente inagibile da rivedere con approfondimenti 13 Edificio inagibile 1.567 Edificio inagibile per rischio esterno (come il rischio di crollo di un edificio adiacente) 288

C D E F

Centro sotrico EDIFICI IN CLASSE “E” O “F” 0 - 50 50 - 150 150 - 300 300 - 700 700 - 1.855

QUANTITÀ DI EDIFICI NEL CENTRO STORICO

RIPARTIZIONE DEGLI EDIFICI PER DANNO NEL CRATERE

Nel centro storico de L’Aquila si concentra la maggior parte degli edifici inagibili: 8.648 in tutto. A destra, il cantiere del progetto C.a.s.e. a Bazzano.

L’Aquila, 2009

Costruzione senza logica Ricostruzione ferma

F 5,0%

E 25,4% D 0,9% NEL CENTRO STORICO

C 2,8%

A 52,7%

B 13,2% F 12,0%

A 11,9%

E 62,8%

B 11,0% C 2,2% D 0,5%

La promessa “dalle tende alle case” si è tradotta in 20 quartieri dormitorio, senza un’idea di città.

A

BBIAMO VOLUTO INIZIARE il nostro racconto su L’Aquila otto mesi dopo il terremoto con una “buona notizia”: l’ecovillaggio di Pescomaggiore. Un progetto avviato rapidamente, una gestione di Elisabetta Tramonto esemplare delle risorse economiche, attenzione all’ambiente e al tessuto sociale, con la partecipazione dei futuri abitanti. Peccato che sia solo un’eccezione. A L’Aquila sta avvenendo esattamente il contrario. La ricostruzione della città non è partita, né leggera (degli edifici meno danneggiati), né pesante (di quelli crollati). Sì è solo pensato a costruire ex novo, con costi altissimi e senza coinvolgere la popolazione, case e casette, di ogni foggia e dimensione, “piazzate” qua e là senza pensare alla città che si stava, di fatto, creando; al tessuto sociale, che si stava spezzando; all’ambiente e ai terreni agricoli che si stavano invadendo. E, tra l’altro, le nuove case non bastano.

Nessuna ricostruzione Un conto è l’emergenza, altro la ricostruzione. Difficile trovare qualcuno a L’Aquila che abbia da ridire sulla gestione dei primi soccorsi. Ma poi (subito dopo) si sarebbe dovuto iniziare a pensare alla ricostruzione. Purtroppo non è accaduto. “Nulla di ciò che è stato programmato sembra essere stato pianificato. Anzi, al metodo della pianificazione, della valutazione e della ponderazione degli

Le case distrutte non vengono ricostruite. Compare ovunque un’edilizia senza controllo ambientale e sociale | 20 | valori |

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interventi, sembra essersi sostituito un procedere per slogan (“dalle tende alle case”). La ricostruzione a L’Aquila sembra essersi ridotta a una questione edilizia, mentre non è affrontata in nessun modo la dimensione urbanistica o territoriale del problema”. È l’analisi , dura, contenuta in uno degli studi più completi e approfonditi sul terremoto a L’Aquila, da un punto di vista urbanistico, economico e socio-culturale: “L’Aquila. Non si uccide così anche una città?”, realizzato da un gruppo di esperti, tra cui l’urbanista Vezio De Lucia; l’ex direttore del Servizio sismico nazionale, Roberto De Marco, e l’architetto Georg Josef Frisch, sotto il nome di Comitatus Aquilanus. «La prima cosa da fare dopo un terremoto è la conta dei danni, per poi passare alla pianificazione della ricostruzione. Si parte dagli edifici meno danneggiati, quelli ristrutturabili più velocemente. Per restituire al più presto le prime case. Contemporaneamente bisogna progettare i recuperi più complessi e lunghi», spiega Giuliano Santelli, responsabile della Protezione civile della Regione Umbria, intervenuto a L’Aquila dal primo giorno dopo il sisma. Il 70% degli edifici danneggiati dal terremoto del 6 aprile ha subito danni che, secondo gli esperti, avrebbero potuto essere recuperati in tre-quattro mesi con esborsi di 30-40 mila euro (categorie A, B e C). Avrebbe significato un ritorno alla normalità per migliaia di aquilani e un enorme risparmio per lo Stato. Invece a otto mesi dal terremoto non si è neanche iniziato a ricostruire le case B e C, se non nei pochi casi di chi ha anticipato i costi di tasca propria. I proprietari di case danneggiate hanno diritto (ordinanza 3790) a ricevere un rimborso per la ricostruzione (in toto per la prima casa, fino a 80 mila euro per la seconda), che però si sta rivelando quasi impossibile da ottenere. È infatti necessario il via libera del Comune, ma le richieste restano

incastrate nel collo di bottiglia burocratico delle società incaricate di vagliarle: Fintecna, Cineas e ReLuis. Per le case inagibili (E e F) è tutta un’altra storia. La maggior parte è nel centro storico (8.648 edifici), che, a parte qualche puntella-

mento, si trova nelle stesse condizioni del giorno dopo il sisma. E non possono essere ricostruite, neanche se si volesse pagare di tasca propria. Perché non è stato ancora realizzato un piano per il recupero del centro storico, né è stata emanata un’apposita ordinanza.

Il puzzle della nuova L’Aquila

FINTECNA, L’IRI DEL XXI SECOLO

La ricostruzione, o meglio, la costruzione della nuova L’Aquila si è concretizzata nel progetto C.a.s.e.: i 20 quartieri dormitorio (non esistono né sono previsti servizi collettivi o negozi), che ospiteranno 17 mila persone (lasciandone fuori almeno 8 mila). “Le aree di intervento sono disseminate su tutto il territorio comunale. Non sembrano seguire nessuna logica urbanistica, se non quella della disponibilità immediata dell’area (…) Scelte in tanta fretta da doverne restituire cinque ai proprietari per inadeguatezza, dopo averle già espropriate”, si legge nel rapporto del Comitatus Aquilanus. «Non si è pensato all’organizzazione dei servizi, ai trasporti, alla mobilità, alla gestione dei rifiuti. Comporteranno costi enormi per il Comune», dichiara Antonio Perrotti, dirigente dello staff tecnico e finanziario della Regione Abruzzo. «Le nuove costruzioni sono effettuate in deroga al piano regolatore e senza valutazione di impatto ambientale». Un’ordinanza comunale consente per tre anni di poter costruire una casa praticamente dappertutto. Antonio Perrotti sottolinea preoccupato: «Rischiamo di avere costruzioni fino sotto il Gran Sasso».

LA STORIA DI FINTECNA PARTE A NOVEMBRE 1993 quando, interamente controllata dal ministero dell’Economia, nasce per gestire il piano di ristrutturazione dei settori costruzioni, ingegneria civile e impiantistica del gruppo Iri. Da quel momento, ha coordinato la liquidazione di Ilva, Iritecna, Finsider, Italsanità. Oggi Fintecna controlla il 100% di Tirrenia, Ligestra, Patrimonio dello Stato. Ha partecipazioni dirette in Fincantieri (98,7%), Quadrante (50%), Alitalia Servizi (49,3%). Una delle sue attività principali è poi quella di vendere e gestire il patrimonio di palazzi, caserme, stabilimenti industriali ed ex manifatture. Per tali operazioni, due anni fa, il presidente Maurizio Prato ha creato Fintecna immobiliare, che ha ben presto stretto alleanze con i “re del mattone” Ligresti, Toti, Pirelli re, Maire. Il decreto Abruzzo 39/09 le assegna il compito di stipulare i contratti tra Stato e privati per ristrutturare le case lesionate dal sisma. Fintecna, inoltre, acquisirà la proprietà delle abitazioni Em.Is. gravate da mutui, per le quali lo Stato subentrerà nel debito.

MUTUI: LE BANCHE CHIEDONO GLI INTERESSI SULLE MACERIE OLTRE AL DANNO, LA BEFFA: essere proprietari di un cumulo di macerie e dover pagare il mutuo e, inoltre, più interessi del dovuto. Il decreto Abruzzo ha previsto la sospensione del pagamento delle rate dei mutui, per chi avesse una casa distrutta nel terremoto, fino al 31 dicembre 2009. E dal primo gennaio 2010? I proprietari di quelle case distrutte, che non sanno ancora se, né quando, saranno ricostruite, dovranno riprendere a pagare le rate del mutuo. E ora scoprono che dovranno anche pagare gli interessi dei mesi di sospensione. Tutti insieme a gennaio, senza costi aggiuntivi, o spalmati sulle rate future del mutuo, ricorrendo a un nuovo finanziamento, con un tasso di interesse del 3%. Insomma un mutuo su un mutuo. Il decreto ha stabilito la sospensione delle rate dei mutui, ma senza indicare se a titolo gratuito o oneroso. Ma, non avendo previsto indennizzi per le banche, molte si stanno rifacendo sui clienti. L’alternativa? La suggerisce sempre il decreto Abruzzo: cedere E.T. il mutuo allo Stato e la proprietà della casa a Fintecna. In pratica perdere tutto.

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| dossier | L’Aquila non vola | LIVIO SENIGALLIESI

| dossier | L’Aquila non vola |

INSEGNARE LA BELLEZZA L’IDEA È DI UN MECENATE BAVARESE, che ha voluto mantenere l’anonimato. Ha incaricato il direttore del Forum für Baukultur di Dresda di creare un centro studi che potesse contribuire alla ricostruzione dei paesi colpiti dal terremoto. Da quell’iniziativa è nato il Musaa (Museo d’architettura e arte), inaugurato il 20 novembre a San Benedetto in Perillis. La scelta del luogo non è casuale: un antico borgo vicino a L’Aquila, sulla storica Statale 17, che ospita la chiesa più antica d’Abruzzo, di matrice longobarda. Ma è anche l’esempio di scelte burocratiche assurde: delle sue 180 case, 103 sono state dichiarate inagibili. Eppure non è rientrato nella lista dei Comuni danneggiati. Il centro offrirà mostre per il pubblico e seminari per studenti e addetti ai lavori. Troveranno posto un archivio documentario sull’architettura dell’Abruzzo, una biblioteca specialistica di arte e architettura e una sala di campionari dei materiali edilizi tipici della tradizione locale, di grande interesse per chi sarà impegnato nella ricostruzione post-sisma. Perché insegnare ai giovani i canoni del bello e l’equilibrio tra uomo e territorio significa far comprendere che in una città bella si vive meglio. E rafforza la speranza di far rifiorire l’Abruzzo a dispetto dei rischi di speculazione. www.musaa.it Em.Is.

Statisticamente in Italia si registra un sisma distruttivo ogni 8 anni, 12 terremoti e mezzo ogni secolo. Se la soluzione delle new town adottata in Abruzzo venisse replicata verrebbero costruite un migliaio di new town al secolo. Meglio prevenire.

IL CONSERVATORIO: PORTE CHIUSE AL DESIGN GIAPPONESE SEMBRAVA TUTTO FATTO E PER IL MEGLIO, per recuperare la perdita di una grande istituzione culturale come il Conservatorio de L’Aquila. E invece il progetto, elaborato in cinque mesi dall’architetto giapponese Shigeru Ban (studio a Tokio, New York e Parigi), e i 500 mila euro messi a disposizione dall’ambasciata nipponica, andranno persi, con grande disappunto del Giappone. La tecnostruttura progettata da Ban poteva ospitare mille persone, l’esperienza dell’architetto in opere simili ne avrebbe garantito l’acustica e avrebbe costituito un’attrazione internazionale di punta per la città. Al suo posto ci sarà un prefabbricato in carpenteria metallica, che ha vinto l’appalto per il forte ribasso sul prezzo di partenza. Sul perché non si sia dato corso al progetto di Ban e sull’acustica del prefabbricato, al momento regna il mistero. Pa.Bai.

Miliardi di euro Costi e sprechi del post-terremoto

L’Aquila, 2009

Secondo alcuni studi la ricostruzione de L’Aquila costerebbe 380 milioni. Finora sono stati spesi 1,2 miliardi, nessuno per recuperare la città distrutta.

F

LIBRI

Il salvadanaio del terremoto Giampaolo Giuliani L’Aquila 2009. La mia verità sul terremoto Castelvecchi Tazebao, 2009

Giuseppe Caporale L’Aquila non è Kabul Castelvecchi Tazebao, 2009

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Non è semplice riepilogare quanti soldi siano stati destinati alla ricostruzione post-terremoto e per quale scopo concreto. Il decreto Abruzzo ha stanziato una cifra tra 4 e 8 miliardi di euro, che dovrebbero arrivare in 23 anni, da oggi al 2032. Di questi, lo scorso settembre, il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ne ha deliberati 3 miliardi e 955 milioni, recuperati dai Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate) per il 2007-2013. Ma ci sono anche 410 milioni dal Fondo infrastrutture; 226 milioni dal Fondo per l’edilizia scolastica e 12 milioni dal Fondo per le politiche per la famiglia; 83 milioni dal Por-Fers (Fondo europeo di sviluppo regionale) 2007-2013, che ha aggiunto un nuovo asse di intervento per il sostegno economico e

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Umbria 1997

Abruzzo 2009

EPICENTRO COLFIORITO DI FOLIGNO 26 settembre: la terra trema in Umbria e continuerà per tutto ottobre.

6 APRILE, ORE 3:32. Il modello operativo sperimentato nei terremoti del Friuli e dell’Umbria viene stravolto con costi più elevati per la collettività e con conseguenze psicologiche non ancora valutabili.

I PRESIDENTI DELLE REGIONI UMBRIA E MARCHE vengono nominati commissari e i sindaci subcommissari.

Giocattoli e aiuti umanitari abbandonati al campo di Paganica, sgomberato alla fine di ottobre.

ONDI STANZIATI e deliberati, capitali spesi, ma non ancora pagati; appalti miliardari e case provvisorie al prezzo di una villa. La questione “soldi” è fondamentale per capire che cosa sta succedendo a L’Aquila dopo il terremoto. Perché attorno al sisma si stanno di Elisabetta Tramonto muovendo miliardi di euro, che fanno gola a molti (anche alla mafia, vedi articolo a pag. 24).

UMBRIA E ABRUZZO: DUE GESTIONI DEL POST-TERREMOTO A CONFRONTO

sociale dell’area colpita dal sisma. E ancora 493,7 milioni di euro provenienti dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea e 75 milioni di euro di donazioni (sms solidali e la raccolta fondi del Corriere della sera e di Porta a porta), gestiti dalla Protezione civile e destinati, come da copione, a moduli abitativi provvisori e al progetto C.a.s.e. Ci sono poi i fondi promessi e mai arrivati, come i 20 milioni di euro per il recupero dei beni architettonici. In apparenza i fondi per la ricostruzione non mancano, ma è davvero così? Come scrive Alberto Bazzucchi, ricercatore del Cresa (Centro regionale di studi e ricerche economico sociali abruzzese), nell’articolo a pag. 26: “Tra interventi comunitari, nazionali e regionali una contabilità spicciola potrebbe far presumere una dimensione finanziaria importante, ma ogni risorsa effettivamente disponibile dovrebbe entrare in un disegno organico che contenga prescrizioni e tempi circa il suo concreto utilizzo”.

Con le mani bucate E quanto si è speso finora? L’Ara (Associazione per la ricostruzione dell’Aquila) parla di 880 milioni di euro per i 184 edifici del progetto C.a.s.e.; 120 milioni per la ge-

stione delle tendopoli, 170 milioni per le strutture ricettive, 50 milioni per gli affitti e l’autonoma sistemazione in case private. Un altro milione e mezzo da spendere per sostenere chi non troverà sistemazione nelle C.a.s.e. sino a dicembre. In tutto un miliardo e 220 milioni di euro. Soldi, secondo Ara, sottratti alla vera ricostruzione. «Sarebbero stati sufficienti per sistemare in tempi ridotti ad un terzo, 48 mila persone, ovvero l’intero fabbisogno, in circa 14 mila moduli abitativi provvisori, i Map (abitazioni in legno o moduli removibili ad alto contenuto tecnologico)». Secondo il Comitatus Aquilanus queste casette provvisorie costano 50 mila euro l’una. Per 48 mila persone, considerando 3 persone a nucleo familiare, risulterebbe un costo di 800 milioni di euro. Una stima ufficiale dei costi della ricostruzione non è stata effettuata, ma il Comitatus Aquilanus, basandosi su un’analisi delle procedure di ricostruzione effettuata nel 2002 dalla Protezione civile, ha stimato un costo di 380 milioni di euro per ricostruire L’Aquila come prima e dove prima. Se questi calcoli fossero esatti verrebbe proprio da pensare che la gestione del terremoto “dalle tende alle case” ha effettivamente impedito la ricostruzione de L’Aquila.

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LA PROTEZIONE CIVILE monta i campi e sistema la popolazione nelle tende, dove rimane da 10 a 30 giorni, in prossimità delle proprie case.

LA PROTEZIONE CIVILE COMMISSARIA gli Enti locali e gestisce tutto: dagli appalti agli espropri dei terreni, con uno schema che esclude la partecipazione dei cittadini.

DALLE TENDE ALLE ROULOTTE e poi nei container, o nei container direttamente. Pur nella scomodità dei moduli abitativi la privacy famigliare è rispettata; le famiglie provvedono da sé a fare la spesa e alla altre esigenze. Questo è di stimolo alla ripresa economica.

“DALLE TENDE ALLE CASE” viene lanciato lo slogan mediatico. Le forniture per i campi, dalla pasta alla carta igienica, arrivano dalla Protezione Civile, ma non sono acquistati in Abruzzo, con danno per l’economia.

VENGONO MAPPATI I DANNI con le microzonazioni, cioè l’individuazione dei rischi, per ogni edificio si procede con demolizioni e puntellamenti, eseguiti dai Vigili del fuoco. Si formano consorzi tra proprietari per lanciare appalti sotto la supervisione dei tecnici della Regione. La ricostruzione viene gestita a blocchi, non ognuno per sé.

GLI SFOLLATI “DEPORTATI” lontano dalle case distrutte, negli alberghi della costa. Resteranno nelle tende 8 mesi assistiti in tutto e senza privacy. Resteranno negli alberghi fino a dopo l’inverno. Non viene istituita una zona franca da tasse nel “cratere sismico” come richiesto dai sindaci.

GLI INTERVENTI DI MINORE ENTITÀ hanno la priorità e riportano i primi sfollati nelle case. Si dà la precedenza al recupero della Basilica di San Francesco ad Assisi, che ha un forte valore simbolico: il filmato del secondo crollo della volta, che ha ucciso 4 esperti durante il sopralluogo, è ancora nei nostri occhi.

GLI INTERVENTI DI MINORE ENTITÀ NON ANCORA INIZIATI. Ferma la ricostruzione del centro storico de L’Aquila, ferma l’economia locale.

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LA MAPPATURA DEI DANNI e le microzonazioni non sono ancora state completate a 8 mesi dal sisma.

AFFIDATE A DITTE ESTERNE le demolizioni e i puntellamenti.

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LIBRI

Samanta Di Persio Prefazione di Beppe Grillo Ju tarramuto Casaleggio Associati, 2009

Vauro e Marco Travaglio Sangue e cemento Editori Riuniti, 2009

Fabrizio Paladini Gli artigli dell’Aquila. Vita, morte e miracoli dal terremoto Vallecchi, 2009

Qui sopra e nella pagina a fianco: Onna, cantieri per la costruzione di case con criteri antisismici. Oggi ci vivono 480 persone, 5.500 sono negli alloggi del progetto C.a.s.e., 12 mila negli alberghi, 8 mila in case private, 1.500 in altre strutture, 220 ancora in tenda (a fine novembre).

Terremoto: un tesoro per la mafia

L’Aquila, 2009

BERTOLASO: L’UOMO DALL’INCARICO MULTIFORME L’IMMANCABILE POLO “BLUE NAVY” è ormai diventato un suo segno distintivo, al pari dello storico orologio sopra il polsino dell’avvocato Agnelli. Un marchio, che rassicura e dà idea di efficienza. Assolutamente voluto, ma certo non per esigenze pratiche (lui impartisce ordini, non lavora sul campo). Il fatto di vederlo poi sempre sulla “scena del dramma” (alluvioni, terremoti, funerali papali, grandi adunate) completa l’opera e ne ha fatto un divo mediatico. Tanto che a parlarne male sembra di far peccato. Eppure, ce ne sono di ombre dietro l’attività di Guido Bertolaso. Non tanto perché nipote del cardinale Camillo Ruini. Quanto, piuttosto, per l’imbarazzante accumulo di cariche, ognuna remunerata separatamente: sottosegretario di Stato (a capo di una struttura, la Protezione Civile, che ogni anno gestisce un paio di miliardi di euro in deroga alle norme sulla contabilità nazionale), commissario straordinario per il post-sisma (con libertà di decisione e di spesa), commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania (un milione di euro e un’accusa di traffico illecito di rifiuti), per il G8 (organizzato a La Maddalena a cifre esorbitanti e poi traslocato a L’Aquila). E ancora: commissario straordinario per l’emergenza Sars, per i vulcani nelle Eolie, le aree marittime di Lampedusa, la bonifica del relitto della Haven, il rischio bionucleare, l’area archeologica di Roma e Ostia antica e il Grande Giubileo. Persino per i mondiali di ciclismo di Varese. A gennaio ha annunciato che lascerà la Protezione Civile per darsi al volontariato. Ma grazie a una decreto voluto da Tremonti (il 118/08) continuerà a percepire il 70% dello stipendio. Em. Is.

GIOCA CHE TI PASSA!!! UNA SOLA PAGINA DEL DECRETO ABRUZZO è dedicata alle iniziative per la “prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata negli interventi per l’emergenza e la ricostruzione”, naturalmente “senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Ma ben tre pagine del decreto 39 sono dedicate ai giochi, soprattutto all’apertura del poker cash game. Finora proibito, il gioco viene reso lecito e viene fissata una quota del 20% di imposta statale calcolata al netto delle vincite. Si aprono cioè le poker room, stanze online dove si puntano soldi veri, con liquidità anche internazionale, dove puoi “sederti” a giocare con mille euro, ma se cambi stanza puoi sederti con altri mille euro e così via. Non si tratta di tornei, ma di partite in cui i soldi cambiano di mano molto rapidamente. Un piatto già ricchissimo quello degli skill game (giochi di abilità) da 160 milioni di euro al mese che, con il poker, passerà i 3 miliardi di euro nel 2010. Lo Stato incasserà la sua percentuale, però nello sfruttamento dei giochi la criminalità vanta una notevole esperienza e numerose indagini giudiziarie in tutta Italia hanno già segnalato che le mafie si sono infiltrate nel mercato legale dei giochi. Insomma, nel nome dell’emergenza Abruzzo e vista la passione degli italiani per i giochi rapidi, per “la botta” che ti risolve la vita in tempo di crisi, l’Italia rischia di diventare il più Pa. Bai. grande casinò galleggiante del Mediterraneo.

LIVIO SENIGALLIESI

LIVIO SENIGALLIESI

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Nelle emergenze è facile che si infiltrino le imprese malavitose. Per questo è stato istituto un pool di quattro magistrati che chiedono la collaborazione dei cittadini.

S

OLO DUE SETTIMANE dopo il sisma il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha annunciato la creazione di un pool di quattro magistrati che lavorerà in stretto contatto con il Viminale per vigilare sui lavori di ricostruziodi Paola Baiocchi ne in Abruzzo. La gestione dei passati terremoti, soprattutto quello dell’Irpinia, ha insegnato che i capitali criminali si fregano le mani in occasione delle catastrofi e che l’unione del “fattore emergenza” con “grandi opere edili” per le mafie vuol dire affari e, nel caso dell’Abruzzo, vuol dire conquista di nuovi territori. «Nel corso delle passate ricostruzioni non c’era nessuna osservazione», spiega Vincenzo Macrì, coordinatore del pool. «Poi sono stati fatti i processi. Qui l’esperienza ha consigliato di istituire subito un organismo che vigili sui lavori e coordini le segnalazioni che arrivano anche dalle altre Procure di Italia». I quattro magistrati scelti sono tutti di grande esperienza: hanno la-

Solo il 10/15% delle somme necessarie alla ricostruzione ha la copertura finanziaria. Il resto? Arriverà dal poker... forse | 24 | valori |

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vorato a Palermo con Caselli dopo gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino, come Olga Capasso, ora applicata a L’Aquila per seguire il primo processo “contenitore” in preparazione. Sono esperti di reati finanziari e gestione dei fondi post-terremoto come Gianfranco Donadio; conoscono molto bene le dinamiche della ‘ndrangheta per aver portato a termine numerose inchieste culminate con la cattura di vertici e gregari delle cosche calabresi, come Alberto Cisterna e Vincenzo Macrì.

Ricostruire: almeno 1,5 miliardi di euro «In Abruzzo prima del sisma – continua Macrì – non era stata registrata una presenza importante delle mafie, a parte un caso di riciclaggio attraverso società immobiliari legate all’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino. Però l’attenzione sulla ricostruzione non dovrà allentarsi, perché sarà lunga e molto costosa. Il decreto 39 per Abruzzo prevede investimenti fino al 2033 e le somme da stanziare saranno almeno 1,5 miliardi di euro. Dopo l’emergenza la gestione dei fondi sarà affidata a molti organismi: Comuni, Regione, Provincia; i flussi saranno più ramificati e i controlli più complicati. I cittadini dovranno stare con gli occhi aperti e continuare a vigilare e a segnalare».

Come hanno già fatto, bloccando l’asportazione e la triturazioIl problema dei problemi: le macerie ne di macerie, necessarie per le indagini sui crolli del centro storiPer Legambiente, che subito dopo il sisma con l’associazione Libera e co. E come continuano a fare scrivendo su blog e su siti. la Provincia de L’Aquila ha costituito l’Osservatorio Ricostruire Pulito, Nella prima relazione che il pool ha presentato alla Commisle macerie sono “il problema dei problemi” come ci spiega Laura Bifsione parlamentare antimafia, il 15 ottobre, risulta che sarebbero fi: «Il post terremoto è stato commissariato dalla Protezione civile, che un’ottantina le ditte subappaltatrici “sospette”. Nel decreto 39 si ha esautorato gli Enti locali: ai Comuni è stata lasciata solo la gestioè data la possibilità di subappaltare i lavori fino al 50%, in derone delle macerie. Compito forse troppo grande per le Amministrazioga alla legge nazionale. «Questo è un fattore di rischio per le inni locali, vista la loro quantità, e anche la loro composizione: nei defiltrazioni malavitose» dice Macrì, e aggiunge: «Altri punti molto triti ci sono contemporaneamente materiali tossici, reperti artistici delicati da seguire sono e saranno la gestione dei rifiuti. Ma soprovenienti dagli edifici del centro storico de L’Aquila, dice Laura Bifprattutto il capitolo macerie: si tratta di milioni di metri cubi da fi - o reperti necessari alle indagini sui crolli. Ora che hanno quasi rismaltire, più quelli delle demolizioni che ancora si devono fare. solto il problema degli alloggi per gli sfollati, alcuni dei Comuni più Saranno costi enormi». Che graveranno sui cittapiccoli stanno cercando di organizzarsi insieme per le PER SAPERNE DI PIÙ dini per 23 anni, e al momento non sappiamo domacerie. Regione e Provincia stanno elaborando un ve saranno scaricati: «Solo il 10/15% al massimo piano, soprattutto per L’Aquila, per la rimozione dei www.site.it delle somme necessarie per la ricostruzione ha la detriti e le demolizioni degli edifici non sanabili. In In particolare: Sollevati Abruzzo copertura finanziaria. Il resto dovrebbe arrivare questa fase si prefigura la possibilità che si chiedano Osservatorio Ricostruire Pulito: per informazioni 347 1860707 dalla lotta all’evasione, dalle entrate dei giochi (vederoghe alla normativa sui rifiuti per snellire le procewww.legambiente.eu di BOX ) o da altre fonti non ancora definite» dice dure e che le attività dei privati vengano intercettate /documenti/2009 Ivan Cicconi, ingegnere e autore di saggi e ricerche da imprese non proprio raccomandabili che offrono i /terremotoinabruzzo.php sul settore delle costruzioni e sugli appalti. loro servizi a buon prezzo”.

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LA BOTTEGA IL SICOMORO, RICOSTRUZIONE EQUA, SOLIDALE E BIO LA RICHIESTA DI AIUTO della bottega Il Sicomoro de L’Aquila è arrivata come un grido tra le macerie ed è stata raccolta. Era situata in pieno centro ed è andata completamente distrutta. Dalla bottega Il Mandorlo di Pescara, prima di tutto, insieme alla Bottega Solidale di Avezzano e all’Abruzzo Social Forum è partita una raccolta fondi per poter ricostruire Il Sicomoro secondo criteri di bioarchitettura, con materiali ecologici e a basso impatto ambientale, alimentata da un impianto fotovoltaico e da uno solare termico. Ma non sarà “solo” un negozio, bensì un punto di aggregazione per tutte le realtà locali che si occupano di economia solidale, finanza etica e consumo responsabile. Serviranno almeno 160 mila euro, ma la spinta è stata così forte che un terzo della cifra è già stato raccolto. E si spera che lo slancio non si fermi. Le iniziative del resto si moltiplicano: grazie all’agenzia di comunicazione LibLab e al contributo di Assobotteghe è già on line

una documentazione video sulla situazione de Il Sicomoro e per Natale sarà in vendita un calendario per sostenerne la rinascita. Intanto, in attesa che nasca una vera e propria città aquilana dell’altra economia, Il Sicomoro dovrebbe riaprire temporaneamente i battenti all’interno di due container della protezione civile collocati in zona Centi Coltella. Annamaria De Luca, responsabile della bottega, ci racconta il presente e il futuro de Il Sicomoro. Com’è la situazione della bottega oggi?

I nostri locali sono in pieno centro storico, nella “zona rossa”, in un palazzo sottoposto alla tutela delle Belle Arti, non sono ancora stati messi in sicurezza dal crollo di due solai sovrastanti. Vorremmo salvare il salvabile, ma non ci è permesso rientrare se non per pochi minuti alla volta, sotto la giurisdizione dei Vigili del fuoco. C’era una grande quantità di merce e avevamo molti progetti in corso, che sono

saltati: ad esempio un progetto che stavamo portando avanti in Etiopia con una Ong locale, così come il corso di consumo critico. Ed è stata sospesa la costituzione dei Gruppi di acquisto solidale (anche se le famiglie aderenti continuano a starci vicine). State ricevendo qualche sostegno pubblico?

Non c’è nulla di ufficiale, né aiuti di enti pubblici: cerchiamo semmai di accedere ai contributi derivanti da leggi specifiche. Ci stiamo predisponendo per una sistemazione provvisoria. Insieme a una ventina di associazioni locali, abbiamo chiesto e ottenuto dal Comune circa tremila metri quadri dove cercheremo di creare un piccolo villaggio, magari anche prima di Natale. In noi è forte l’esigenza di dare un punto di riferimento alla comunità: il rischio della disgregazione, del disorientamento ci preoccupa molto. Co.F.

Dopo il terremoto economia fai da te

Il cuore de L’Aquila è il centro storico. I commercianti si danno da fare, ma, senza un piano di ripresa, è inutile.

C

HE IMPATTO HA AVUTO IL TERREMOTO sull’economia aquilana? A otto mesi dal sisma c’è stata una ripresa? Sono stati attuati interventi a sostegno delle imprese locali? La situazione si può sintetizzare così: prima del terremoto, sul fronte economico, le codi Alberto Bazzucchi* se a L’Aquila non andavano bene e il sisma * Ricercatore del Cresa ha peggiorato tutto. Oggi il centro storico, vero cuore (Centro regionale dell’economia aquilana, è paralizzato. Commercianti di studi e ricerche e professionisti, che qui avevano la loro attività, cereconomico sociali abruzzesi) cano di arrangiarsi come possono, lasciati in balia di se stessi. «Sul fronte economico la partita è ferma, non esiste un vero piano per far ripartire l’economia locaLIBRI le», ha dichiarato a Valori la presidente della Provincia de L’Aquila Stefania Pezzopane. Questo è il problema oggi: manca un piano, una governance dei processi, una regia che stabilisca i criteri di gestione, gli interventi necessari. Tanto il processo di ricostruzione ediRoberto Grillo, Renato Vitturini lizia è affidato a una disciplina e a un monitoraggio riTerrae Motus - ore 3:32 gorosi, e per certi aspetti estenuanti, quanto la ripresa L’Aquila 6 Aprile ‘09 delle attività economiche è stata spontanea e priva del Marte editrice minimo abbozzo organizzativo. Ma non sarà possibi-

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SOLIDALI TUTTO L’ANNO IL CALENDARIO 2010 per sostenere la ricostruzione de Il Sicomoro è in vendita a 10 euro sotto il tendone equosolidale del Mercato di Garabombo di Milano, in diverse botteghe del circuito di Assobotteghe, attraverso i Gas di Milano, tramite il circuito di botteghe e attività collegate direttamente a Il Sicomoro o richiedendolo all’indirizzo e-mail: nuovabottega@liblab.org. L’obiettivo del calendario è duplice: raccontare la storia de Il Sicomoro attraverso le immagini e raccogliere fondi per la nuova bottega.

PER LA RACCOLTA FONDI ASSOCIAZIONE IL SICOMORO Banca Popolare Etica Iban: IT 26 O 05018 12100 000000125716 Causale: Ricostruzione Sicomoro oppure: COOPERATIVA SOCIALE IL MANDORLO Banco Posta Iban: IT 06 D 07601 15400 000017673658 Causale: Ricostruzione Sicomoro IN RETE www.liblab.org www.ilsicomoro.org bottegailsicomoro.blogspot.com www.nuovabottega.org

le affidarsi alla spontaneità del mercato ancora a lungo. Occorre una visione complessiva sul domani, resa difficile anche da una certa opacità sulle risorse effettivamente disponibili. Tra interventi comunitari, nazionali e regionali una contabilità spicciola potrebbe far presumere una dimensione finanziaria importante, ma ogni risorsa effettivamente disponibile dovrebbe entrare in un disegno organico che contenga prescrizioni e tempi circa il suo concreto utilizzo.

lito, enfatizzandone le criticità. Tra gennaio e settembre l’Inps ha erogato un importo di cassa integrazione pari a dodici volte quello di un anno prima. A fine settembre erano 1.300 le aziende in difficoltà a cui è stata concessa la sospensione dei versamenti contributivi, oltre a 2.600 commerciati e artigiani; con 6 milioni di euro si è sostenuto il reddito di oltre 7 mila lavoratori autonomi.

L’impatto del terremoto

Fuori dal centro storico de L’Aquila l’impatto del terremoto è stato limitato. La maggior parte degli impianti industriali nell’area del sisma hanno ripreso l’attività produttiva. Ma il cuore economico della città era proprio il centro storico. Prima del terremoto, la galassia delle attività commerciali produceva un volume d’affari che sfiorava i 450 milioni di euro all’anno, oltre un terzo del reddito dell’intero comune dell’Aquila. Circa la metà veniva originato dal centro storico. Oggi dei circa 800 esercizi commerciali con sede

Prima del 6 aprile lo stato di salute dell’economia nel capoluogo abruzzese non era particolarmente buono. L’edilizia, uno dei settori chiave per L’Aquila, era stagnante. In diversi comparti industriali il monte ore di cassa integrazione si era pericolosamente moltiplicato. Gli esercizi commerciali cercavano di fronteggiare alla meglio una dinamica dei consumi esangue. Solo l’università sembrava risplendere con il superamento delle 27 mila iscrizioni festeggiato all’inizio del 2009. Il sisma di aprile ha infierito su un fisico indebo-

Il fantasma del centro storico

RIPARTIRE DALL’UNIVERSITÀ IN FRIULI IL MOTTO DELLA RICOSTRUZIONE era: “prima le fabbriche, poi le case, poi le chiese”. In Umbria: “prima le chiese”, «Sono le nostre fabbriche», fece notare un vescovo attento al turismo religioso. Le fabbriche de L’Aquila sono l’università, il conservatorio, l’accademia delle belle arti. Si sarebbe dovuto partire da lì per organizzare la ripresa della città. Ma finora non si è fatto quasi niente. L’Università de L’Aquila era al terzo posto in Italia per rapporto tra il numero di studenti e di abitanti: 27 su 60 mila. Secondo le stime del Cresa (Centro regionale di ricerche economiche e sociali abruzzesi) la presenza degli studenti a L’Aquila portava un flusso finanziario compreso tra 220 e 235 milioni di euro all’anno. «Il futuro della città è inscindibile da quello dell’università», aveva scritto il 26 ottobre il rettore dell’ateneo aquilano, Ferdinando Di Orio (nella foto), in una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

nella “zona rossa” pochissimi hanno ripreso le proprie attività, riaprendo in altri spazi fuori dal centro, in container (come tutte le farmacie del centro), in strutture di fortuna lungo la statale o nei centri commerciali. Ma gli spazi non bastano per tutti. Sulle vie del centro storico si affacciavano anche un migliaio tra studi di avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti e una decina di notai. Per loro il terremoto è stato spietato. Al valore monetario delle loro perdite, va aggiunto quello, difficilmente quantificabile, legato alla perdita parziale o totale di archivi, documenti e materiali di lavoro, un patrimonio informativo e di conoscenze che potrà essere ricostruito, forse, solo nel medio-lungo periodo. Poi c’è l’università. L’Ocse ha scritto che il futuro dell’economia aquilana dipende dalle sorti dell’ateneo. Rivitalizzarlo e attirare gli studenti significa rivitalizzare la città. L’esperienza di altri Paesi e di altri disastri naturali lo dimostra: la ripresa dipende dalla capacità di salvaguardare i livelli demografici e di attrarre nuova popolazione.

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La bottega il Sicomoro del commercio equo de L’Aquila, prima e dopo il terremoto.

L’Aquila, 2009 LIBRI

Emiliano Dante, Massimiliano Laurenzi e Valentina Nanni Terremoto zeronove. Diari da un sisma Textus

Paolo Mastri Prefazione di Concita De Gregorio 3.32 L’Aquila gli allarmi inascoltati Orizzonti

Sara Ciambotti Il terremoto di Sara. L’Aquila, 6 aprile, ore 3.32 Rizzoli, 2009

Angelo De Nicola Il nostro terremoto One Group edizioni

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Fondazioni bancarie: una risorsa per il non profit >30 Mutui: una famiglia su quattro rischia la bancarotta >33 Pericolo “dark pools”: il lato oscuro della finanza >36

finanzaetica ABOLIRE I CREDIT DEFAULT SWAPS: PAROLA DI SPECULATORE

SUI PROGETTI IN CONGO ENI NON RISPONDE È GIUNTA L’ORA DEGLI AZIONISTI CRITICI

SCUDO FISCALE: LA SVIZZERA FARÀ I NOMI DEGLI EVASORI?

ETICREDITO ANTICIPA IL PIANO ABI SUI MUTUI

AZIONARIATO ATTIVO: ETICA SGR IN PRESSING SU CISCO SYSTEMS

DERIVATI, 13 PERSONE ALLA SBARRA A MILANO

«La creazione di una clearing house (cassa di compensazione, ndr) significa soltanto il mantenimento dei profitti privati e la socializzazione dei rischi. Tentare di rendere sicuri i credit default swaps (un derivato altamente speculativo ndr) equivale a cercare di creare amianto meno nocivo. Quanti affari veri devono fallire prima che i regolatori si decidano finalmente a metterli al bando?». Se a parlare fosse Joseph Stiglitz non ci sarebbe nulla di cui stupirsi, ma se a esprimersi in questi termini è un noto speculatore allora significa che anche a Wall Street possono emergere coscienze critiche. Dopo aver shortato a dovere i colossi Lehman Brothers (deceduto) e Morgan Stanley (sopravvissuto grazie al denaro dei contribuenti), il numero uno dell’hedge fund Greenlight Capital, David Einhorn, fa marcia indietro, invocando l’abolizione di uno dei principali derivati speculativi. Nati come strumenti assicurativi, ma divenuti presto strumenti di speculazione, i Cds sono stati alla base del successo della Greenlight e delle sue omologhe arricchitesi dopo lo scoppio della bolla immobiliare. Ad oggi i regolatori Usa vorrebbero centralizzarne lo scambio creando una cassa di compensazione con funzioni di garanzia.

«Eni inaugura un nuovo modello di cooperazione in Congo Brazzaville». È il 19 maggio del 2008 e il cane a sei zampe annuncia nuovi progetti che prevedono l’integrazione del «business tradizionale con attività di sostenibilità nel territorio». Sembra la quadratura del cerchio. In realtà il giro di parole nasconde una triste verità: oltre 1.790 chilometri quadrati di sabbie intrise di petrolio che l’Eni vorrebbe sfruttare per aumentare le sue riserve di greggio. Le famigerate “sabbie bituminose”: un olio pesantissimo che può essere utilizzato solo dopo costosi procedimenti, con impatti potenzialmente devastanti sull’ambiente. Per scongiurare una catastrofe ambientale si è attivata quest’anno la fondazione tedesca Heinrich Böll. In collaborazione con Crbm (Campagna per la riforma della Banca Mondiale) e Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha pubblicato la ricerca “Energy Futures? Eni’s investment in tar sands and palm oil in the Congo Basin”, presentata in una conferenza a Milano lo scorso 10 novembre. «Gli accordi tra il governo congolese ed Eni non sono stati resi pubblici», si legge nella ricerca. «Eni non si è confrontata con la popolazione locale e nessuno conosce veramente i dettagli del progetto». Per spiegarli gli organizzatori avevano invitato l’Eni, che aveva accettato, ma all’ultimo momento, a poche ore dalla conferenza, ha dato forfait (per poi inviare tre dipendenti, tra cui il responsabile dell’ufficio stampa, ad assistere alla conferenza). Il silenzio dell’Eni potrebbe però venire presto interrotto dagli azionisti critici, coordinati dalla Fondazione Responsabilità Etica. «Nel 2008 abbiamo comprato una manciata di azioni Eni per conto di Crbm», spiega Ugo Biggeri, presidente della Fondazione. «All’inizio è stato difficile farsi ascoltare, ma quest’anno la società si è dimostrata più aperta al dialogo». L’assemblea del 2010 potrebbe essere la prima occasione per sensibilizzare altri azionisti, interessati a chiedere all’Eni maggiori informazioni sui progetti in Congo.

In un’estrema forma di ritorsione nei confronti dello scudo fiscale approvato dal governo italiano, le autorità svizzere sarebbero pronte a rivelare i dati sui correntisti che hanno trasferito illegalmente i propri fondi nelle banche elvetiche. Lo ha segnalato in queste settimane il quotidiano Milano Finanza citando una fonte “autorevole e degna di fede che, tra l’altro, nella vicenda fa da semplice spettatore”. L’obiettivo della minaccia, sostiene il giornale milanese, sarebbe quello di “premere fortemente sui clienti più potenti affinché a loro volta esercitino tutta la loro influenza sul governo onde far cessare, o quantomeno mitigare, l’emorragia di fondi verso l’Italia”. Con l’approvazione del decreto che dà vita, di fatto, a un vera e propria amnistia fiscale, l’agenzia italiana delle entrate stima di poter far rimpatriare dalla Confederazione Elvetica non meno di 50 miliardi di euro. Le minacce di Berna non si sarebbero fermate qui. Altre fonti hanno ipotizzato la pubblicazione di dossier ed elenchi “in grado di scuotere l’intero governo italiano” unitamente all’applicazione di un piano di ridimensionamento delle banche basato sul licenziamento dei lavoratori del Belpaese.

Eticredito, la banca etica della Provincia di Rimini, ha deciso di sospendere le rate dei mutui sulla prima casa alle famiglie e ai privati in difficoltà. La decisione, con effetto immediato, anticipa il Piano Famiglie approvato di recente dall’Associazione Bancaria Italiana (Abi) per il 2010 dando vita a una moratoria di 18 mesi (contro i 12 del Piano Abi). «Dare sollievo alle numerose famiglie che versano in situazioni di difficoltà – hanno spiegato i promotori –, rappresenta una risposta concreta ai disagi causati dall’attuale crisi e conferma l’attenzione di Eticredito al territorio». L’iniziativa, che segue provvedimenti analoghi approvati negli scorsi mesi da Banca Popolare Etica e dalla Popolare di Vicenza, si colloca in un momento particolarmente delicato. Quasi tutti gli istituti bancari hanno dato il via a programmi di rinegoziazione dei mutui mentre l’Adiconsum ha auspicato l’estensione del piano Abi anche alle finanziarie. Fondata nell’aprile del 2006 e affermatasi come seconda banca etica a livello nazionale, Eticredito ha già avviato programmi di sostegno sociale realizzando progetti di microcredito in collaborazione con la Provincia, i comuni e la Caritas diocesana.

Azionariato critico protagonista assoluto nel corso dell’ultima assemblea degli azionisti della statunitense Cisco Systems, azienda leader a livello globale nell’internet networking, che ha visto impegnati i gestori dei fondi di investimento che detengono quote dell’azienda. Tra questi non è mancata Etica Sgr, la società di gestione del risparmio del gruppo Banca Popolare Etica, che, nell’occasione ha sostenuto la mozione presentata dall’omologa Usa Boston Common Asset Management (Bcam), finalizzata alla prevenzione dell’internet fragmentation, ovvero l’eventualità che le tecnologie messe a punto da Cisco possano essere utilizzate dalle autorità dei Paesi non democratici (come la Cina o le nazioni mediorientali) per limitare l’accesso a internet o rintracciare gli utenti del web. La mozione chiede al Cda di Cisco di produrre entro 6 mesi un rapporto relativo ai passi concreti per la riduzione delle pratiche lesive dei diritti umani e della privacy. Al centro dell’assemblea, ovviamente, anche il tema dei bonus manageriali. «In mancanza di una precisa volontà da parte dell’azienda di spostare le politiche di incentivazione del top management verso obiettivi di medio-lungo periodo e considerando negativo l’aumento del divario tra salari dei vertici e salari dei dipendenti medi dell’azienda», Etica Sgr ha votato contro le modifiche proposte al piano di incentivazione azionaria per i manager. Voto favorevole, al contrario, per le modifiche al piano che incentiva la partecipazione azionaria a condizioni agevolate da parte dei dipendenti. Etica Sgr si è poi espressa contro la rielezione di un membro del Cda che ricopre contemporaneamente la carica di presidente e Ceo e sull’attribuzione di un nuovo mandato alla PriceWaterhouseCoopers, che è revisore di Cisco da oltre vent’anni.

Truffa aggravata ai danni del Comune di Milano nell’ambito della maxi emissione obbligazionaria da 1 miliardo e 685 milioni di euro realizzata da quest’ultimo tra il 2005 e il 2007. Con questo capo d’accusa il pm milanese Alfredo Robledo ha chiesto il rinvio a giudizio di 13 persone e 4 istituti di credito responsabili, secondo gli inquirenti, di irregolarità e omissioni informative. Il provvedimento, precisa Il Sole 24 Ore, riguarda due dirigenti di Deutsche Bank (Tommaso Zibordi e Carlo Arosio), tre di Ubs (Gaetano Bassolino, Matteo Stassano e Alessandro Foti) quattro di JPMorgan (Antonia Creanza, Fulvio Molvetti, Simone Rondelli e Francesco Rossi Ferrini) due di Depfa Bank (Marco Santarcangelo e William Francis Marrone), il direttore generale pro tempore del Comune di Milano, Giorgio Porta e l’esperto esterno Mauro Mauri, componente della Commissione tecnica comunale incaricata di valutare le condizioni finali del prestito per la ristrutturazione del debito del Comune. Una ristrutturazione basata sull’acquisto di titoli derivati e risultata fallimentare. Secondo la Corte dei Conti il debito dei comuni italiani che a fine 2007 avevano sottoscritto contratti derivati superava i 27 miliardi.

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LINK UTILI Acri, Associazione fondazioni e casse di risparmio www.acri.it Centro di documentazione sulle fondazioni www.fondazioni.it European foundation center www.efc.be

140.000.000

120.000.000

179.854.605

EROGAZIONE DI FONDI PER SETTORE 2008

RICERCA 16,1 VOLONTARIATO BENEFICIENZA ARTE 13,3 E CULTURA 29,3 ISTRUZIONE FORMAZIONE 11,5

100.000.000

ALTRI SETTORI 7,2

S

ONO NECESSARIE LE UNE ALLE ALTRE,

ma spesso non si conoscono. Insieme stanno già innovando il Paese ma, non di rado, non parlano la stessa lingua. Danno risposte a problemi molto concreti eppure non comprendono a pieno il potenziale di di Emanuele Isonio collaborazioni ancora più fitte.

Una funzione “anticiclica” Il rapporto che lega le fondazioni bancarie e gli organismi del Terzo settore è complesso e poco indagato. Ma senza dubbio non è marginale:

dei 5,5 miliardi di euro di fondi ricevuti nel 2008 dalle organizzazioni non profit – stimava il Sole 24 Ore – 1,71 miliardi provenivano dalle fondazioni di origine bancaria. Un flusso di fondi enorme che la crisi ha ridotto, ma meno di quanto si possa pensare: le sedici fondazioni più grandi l’anno scorso hanno distribuito fondi per 1,27 miliardi di euro (erano 1,29 l’anno prima). In sostanza, hanno mantenuto invariate le erogazioni, nonostante tra il 2007 e il 2008 i proventi si fossero ridotti del 34% (scendendo da 3 a 2 miliardi). Per l’anno in corso, la diminuzione dei fondi è più marcata, ma alcune fondazioni, come Cariplo, hanno deciso di non modificare le erogazioni (vedi SCHEDE e GRAFICO ).

SANITA 7,2

80.000.000

2007 60.000.000

40.000.000

20.000.000

2004

2005

2006

2007

2008

2009

FONTE: BILANCIO 2009 - FONDAZIONE CARIPLO

Nonostante la crisi, gli organismi erogativi hanno aumentato il proprio peso nei fondi al Terzo settore. Eppure molti richiedenti non ne conoscono a pieno i metodi di lavoro. E si vedono scartare i propri progetti.

ASSISTENZA SOCIALE 8,4 SVILUPPO LOCALE 7,9

RICERCA 16,3 VOLONTARIATO BENEFICIENZA ARTE 13,7 E CULTURA 28,9 ISTRUZIONE FORMAZIONE 10,7

ALTRI SETTORI 7,9 SANITA 6,8

ASSISTENZA SOCIALE 7,9 SVILUPPO LOCALE 7,8

FONTE: DATI ACRI - ANTICIPAZIONI 2009 SULLE PRIME 16 FONDAZIONI DI ORIGINE BANCARIA PER PATRIMONIO

155.852.538

160.000.000

164.538.758

180.000.000

135.382.802

Fondazioni bancarie: una risorsa per il non profit Ma non un bancomat

EROGAZIONI DELLA FONDAZIONE CARIPLO 2004-2009

«Nel 2009 il calo si aggirerà tra il 10 e il 20%», spiega Stefano Zamagni, docente di economia politica all’Università di Bologna. «Ma nonostante tutto, il peso delle fondazioni nel Terzo settore è cresciuto. I fondi del comparto pubblico e del privato “for profit” sono infatti diminuiti molto di più. Inoltre, molte fondazioni hanno continuato a finanziare i progetti strategici per lo sviluppo dei territori in cui operano. Così facendo, hanno di fatto avuto una funzione anticiclica. Una boccata d’ossigeno mentre altri tagliavano le risorse». Della quale hanno beneficiato i settori più disparati: arte, cultura, ricerca, volontariato, istruzione, politiche sociali (vedi TORTE ). E c’è un altro aspetto da considerare: «Le erogazioni delle fondazioni sono spesso moltiplicatori dei finanziamenti. Quando un progetto riceve i loro fondi, è più probabile che attiri anche altre risorse», spiega Zamagni. Un esempio in tal senso viene dalla senese Monte dei Paschi: «Abbiamo inserito una quota di cofinanziamento tra i requisiti per accettare le domande», spiegano i suoi vertici. «Per ogni euro da noi concesso, ne sono stati così “attivati” altri 2,4».

Finanziamenti a pioggia, addio C’è però un paradosso. Nonostante le fondazioni mettano ingenti somme di denaro a disposizione dei richiedenti, questi stentano a comprenderne la peculiarità: «In linea di massima, gli enti non profit tendono a scambiarle per “bancomat”. Salvadanai da cui attingere risorse a pioggia» spiega Gian Paolo Barbetta, economista e direttore dell’Unità strategica di Fondazione Cariplo. «Ma così i conti non tornano, perché non si rispettano le caratteristiche di tali soggetti». In effetti ogni fondazione deve indicare per legge quali sono gli obiettivi strategici che intende perseguire. I contributi saranno quindi concessi solo ai progetti coerenti con gli obiettivi della fondazione, che, è bene ricordarlo, vengono spesso discussi con gli enti non profit del territorio. «Credo – prosegue Barbetta – che il sistema più produttivo sia quello in cui le fondazioni indicano le linee guida e un’ipotesi di policy da seguire. Poi devono rintracciare i soggetti più adatti a dare sostanza a tali ipotesi». Va da sé che i richiedenti sono quindi spinti ad essere più professionali e a presentare progetti credibili.

LA TOP 5 ITALIANA (PIÙ UNA)

FONDAZIONE CARIPLO www.fondazionecariplo.it FONDI EROGATI (2009): 211,6 MILIONI Continuazione storica della Cassa di risparmio delle Province lombarde (nata nel 1823), la Fondazione Cariplo è oggi tra le prime dieci al mondo per patrimonio (oltre 7 miliardi di euro), analizzato secondo criteri sociali e ambientali dalla società di investimento responsabile Etica Sgr, del gruppo Banca Etica. Quattro le aree di attività principali: servizi alla persona (31% dei fondi erogati), arte e cultura (26%), ricerca scientifica (20%), volontariato (14%), ambiente (6,5%). Sono oltre 20 mila i progetti di enti non profit sostenuti dalla fondazione dal 1991. In 18 anni sono stati erogati 1,7 miliardi di euro. Nonostante la crisi nel 2009 le erogazioni sono state mantenute agli stessi livelli del 2008.

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FONDAZIONE MONTE DEI PASCHI DI SIENA www.fondazionemps.it FONDI EROGATI (2009): 161 MILIONI Nasce nel 1995 e da allora ha raddoppiato il suo patrimonio (da 2,7 miliardi di euro ai 5,5 del 2008). L’anno scorso le erogazioni avevano raggiunto quota 233 milioni (165 dei quali per progetti di soggetti terzi), ma nel 2009 la cifra si è attestata sui 161 milioni: sviluppo locale (con particolare attenzione alla provincia di Siena e alla Toscana), ricerca scientifica, formazione, arte e sanità, i settori coinvolti. Per cercare di porre un argine alla crisi economica, a fine gennaio, la fondazione ha approvato un bando straordinario per 17 milioni di euro.

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COMPAGNIA DI SAN PAOLO www.compagnia.torino.it FONDI EROGATI (2009): 140 MILIONI 25 gennaio 1563: affonda le radici nel tardo Rinascimento la Compagnia di San Paolo (mentre Emanuele Filiberto gettava le basi dello Stato piemontese), nata con il duplice scopo di soccorrere la popolazione, gravata dalla fame e di arginare la riforma protestante. Il fulcro territoriale della sua azione sono l’area di Torino e il Piemonte, oltre a Genova e alla Liguria. Nel 2008 la fondazione aveva un patrimonio netto di 5,4 miliardi di euro e ha deliberato erogazioni per 170 milioni (quest’anno scesi a 140), in sei settori: ricerca, politiche sociali, arte, cultura, istruzione, sanità.

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI VERONA VICENZA BELLUNO E ANCONA www.fondazionecrverona.org FONDI EROGATI (2009): 59,7 MILIONI Erogazioni dimezzate nel 2009 rispetto all’anno precedente per la fondazione Cariverona (patrimonio netto 2008 a 4,2 miliardi): 59,7 milioni contro i 155,8. Ma l’anno prossimo i fondi torneranno a salire (130 milioni). L’organismo, che trae origine dalla Civica Cassa di Verona nata nel maggio 1825, opera in prevalenza nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Mantova e Ancona. Lo scorso anno le erogazioni concesse sono state 1132 con un valore medio di 137 mila euro. I settori più finanziati: attività culturali (50 milioni), salute pubblica (41 milioni), educazione e formazione (37 milioni) e volontariato (24 milioni).

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TORINO www.fondazionecrt.it FONDI EROGATI (2009): 100 MILIONI Sono stati 1922 i progetti che hanno beneficiato delle erogazioni della Fondazione CRT nel 2008: il 31% per interventi nel settore arte e beni culturali, 22% per l’istruzione, 16% per la ricerca e 15% volontariato. Oltre la metà delle erogazioni hanno riguardato progetti a Torino e provincia. Nel documento previsionale per l’anno prossimo tuttavia, la fondazione ha fissato le erogazioni a 100 milioni, a causa della riduzione dei proventi finanziari delle sue partecipazioni. La contrazione sarebbe stata più ampia, ma si useranno 22,6 milioni del fondo di stabilizzazione delle erogazioni.

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FONDAZIONE CULTURALE RESPONSABILITA ETICA www.fcre.it FONDI EROGATI (2009): 202.395 Per patrimonio e fondi erogati non è paragonabile alle cinque maggiori fondazioni bancarie qui presentate. Nemmeno per la sua natura: è una fondazione culturale. Ma ha una peculiarità: per statuto, la Fondazione, nata all’interno del sistema di Banca Etica, persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale. Le sue attività riguardano l’uso responsabile del denaro, la promozione della finanza etica, la formazione, la tutela dei diritti umani, la difesa dell’ambiente, la ricerca scientifica in campo economico e sociale. Nel corso del 2009, attraverso bandi, ha attribuito 202.395 euro e il patrimonio netto nel 2008 ha toccato quota 213.353 euro.

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| finanzaetica |

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Professionalità e coerenza Che cosa deve quindi avere un progetto per aumentare le proprie chance di ottenere fondi? Senza dubbio dev’essere coerente con le linee guida delineate dalla fondazione e deve riguardare gli ambiti geografici in cui essa opera: «In questo modo - spiega il professor Zamagni - si mantengono i fondi nel territorio che ha contribuito a generarli e si premia la responsabilità dei cittadini di quell’area».

Ma anche altri aspetti vengono valutati positivamente: «Un’organizzazione - prosegue Zamagni - deve saper fare rete con altri enti non profit, perché ciò scoraggia un approccio individualistico». «Altrettanto rilevante - aggiunge invece Barbetta - è l’impegno a cercare anche altri fondi. La proposta deve inoltre avere una solido quadro logico: delineare gli obiettivi del progetto, indicare le azioni per raggiungerlo e chiarire perché esse dovrebbero essere funzionali all’obiettivo».

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«I consigli per lavorare con le fondazioni»

Mutui: una famiglia su quattro rischia la bancarotta ITALIANI “SOVRAINDEBITATI” LE FAMIGLIE CHE NEL 2010 HANNO UNA RATA DEL MUTUO SUPERIORE AL 30% DEL REDDITO MENSILE

Elisa Bortoluzzi Dubach: la crisi può aiutare ad approfondire un rapporto dalle enormi potenzialità.

«È

VERO CHE TALVOLTA CHI SI RIVOLGE ALLE FONDAZIONI, le scambia

per un bancomat. Ma non possiamo fargliene una colpa. Senza informazioni adeguate, i richiedenti fanno quello che possono», commenta Elisa Bortoluzzi Dubach, docente universitaria in Svizzera, Germania e di Emanuele Isonio Italia e autrice dell’unico manuale operativo finora scritto a livello europeo sull’argomento. LIBRI

Elisa Bortoluzzi Dubach Lavorare con le fondazioni Guida operativa 2009, Franco Angeli € 28,00

Elisa Bortoluzzi Dubach è consulente federale di relazioni pubbliche ed è docente in vari atenei in Svizzera, Germania e Italia.

Dunque, le fondazioni sono importanti per il Terzo settore, che però non le conosce molto... Difficoltà oggettive impediscono agli operatori di percepire le potenzialità del rapporto con le fondazioni: il mercato è poco trasparente, la ricerca di informazioni è impegnativa, il margine d’azione delle fondazioni è legato ai propri scopi statutari (più sono definiti in modo ampio, più lo spazio di manovra cresce). In più i tempi per decidere se erogare un finanziamento possono non essere compatibili con il timing di un progetto. Mancano anche i professionisti a cui rivolgersi? Solo ora le università cominciano a scoprire il tema. Mancano corsi per formare i consulenti. Ma l’attenzione verso le fondazioni erogative in Italia è in rapida crescita e la crisi economica è una potente opportunità per avviare nuovi modi d’interazione tra i due mondi. Le fondazioni pubblicizzano adeguatamente le proprie attività? Generalizzare è pericoloso. Alcune fondazioni, come la Cariplo, pubblicizzano le erogazioni in modo attento. Ma c’è di sicuro un problema di scarsa comunicazione. Molte hanno paura di essere sommerse di richieste di contributi. Il timore è però ingiustificato: l’esperienza dimostra che più sono dettagliate le informazioni rese ai richiedenti, migliore è il flusso delle comunicazioni in entrata.

Per risultare vincente, un progetto deve essere preciso, professionale, trasparente e deve avere evidenti ricadute sul piano sociale

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Come vengono scelti i progetti da finanziare? Ogni fondazione valuta i progetti in funzione degli scopi contenuti nel proprio statuto e nelle linee guida. Alcune esprimono la strategia di erogazione mediante i bandi, che forniscono indicazioni dettagliate su caratteristiche, entità e modi di finanziamento, ambito territoriale, tipologie di richiedenti, tempi di erogazione dei contributi, rendicontazione a consuntivo del progetto finanziato. Come fa un’associazione non profit a individuare la fondazione più adatta per il proprio progetto? Meglio procedere per gradi: deve esaminare molti potenziali finanziatori. Per esclusione, identificherà quello più idoneo. Deve anche valutare a fondo gli scopi della fondazione, le attività da essa sostenute, le cifre erogate e la zona geografica di riferimento. È utile anche uno studio della concorrenza: sapere chi ha sostenuto progetti simili al proprio aiuta a individuare la fondazione ideale. Quali sono i punti di forza di una valida richiesta di contributo? Il progetto deve essere di alto profilo, con evidenti ricadute sul piano sociale. Professionalità e reputazione del richiedente devono essere ineccepibili. La richiesta deve essere trasparente e far capire il potenziale del progetto. Altri parametri: il rispetto dei tempi, un budget attendibile e una rendicontazione efficace. E invece quali errori vanno evitati? Non rispettare le modalità di compilazione delle richieste e la tempistica prevista, eccedere nel numero di comunicazioni, rivolgersi alle stesse fondazioni erogative senza aver chiarito quanto sia opportuna una nuova richiesta di contributo. Rivolgersi alle fondazioni estere ha senso? Soprattutto per un certo tipo di progetti (ad esempio, la ricerca scientifica) è una strada da tenere in seria considerazione. Ormai è una consuetudine consolidata che fondazioni italiane ed europee collaborino tra di loro.

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Parola dell’Osservatorio Regionale Caritas. E Adiconsum lancia l’allarme: il credito al consumo dilaga.

«P

ER UNA FAMIGLIA SU QUATTRO le rate del mutuo pesano per

oltre il 30% del reddito. Per gli affittuari che vorrebbero diventare proprietari la situazione è ancora peggiore: a questi il diritto all’accesso al credito per la casa è di fatto negato». di Matteo Cavallito Secondo Gianpietro Cavazza, presidente del Centro culturale Francesco Luigi Ferrari e curatore dell’ultima relazione dell’Osservatorio Regionale sul Costo del Credito, c’è davvero poco di cui rallegrarsi. Il rapporto tra le famiglie e i mutui starebbe diventando sempre più drammatico e le cifre non riescono proprio a mentire. Quella del 30%, infatti, non è una soglia qualsiasi. È la percentuale massima della capacità di indebitamento familiare che le banche sono disposte a finanziarie con un prestito, un limite critico che, nella realtà, in molti hanno già superato, avviandosi, per definizione, verso il rischio bancarotta. Una situazione molto grave soprattutto nel Nord (in Trentino e in Liguria potrebbe essere a rischio una famiglia su tre), ma le preoccupazioni non mancano anche nell’Italia centrale e in Puglia (vedi tabella 1). A pesare è la prevalenza delle categorie più a rischio (tabella 2) che, a sua volta, si combina con gli elevati prezzi degli immobili e/o la presenza di bassi redditi.

Il Piano Abi? Non basta L’indagine, nata dalla collaborazione tra il Centro Ferrari, Caritas Italiana e Fondazione Culturale Responsabilità Etica, e presentata il 3 dicembre nella sede dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi), fa il suo ingresso sulla scena in un momento particolarmente critico. L’Abi ha approvato a fine ottobre il cosiddetto Piano Famiglia che prevede, a partire dal 2010, la sospensione delle rate dei mutui per le categorie più a rischio: un’operazione che interesserebbe almeno 110 mila famiglie per un valore di rate compreso tra gli 8 e i 10 miliardi. «Chi ha

DIFFUSIONE REGIONALE REGIONE

DIFFUSIONE CATEGORIE DI RISCHIO

INCIDENZA % SCENARIO SCENARIO TENDENZIALE* ALTERNATIVO**

Piemonte-Valle d’Aosta 17,8 Lombardia 25,7 Trentino A.A 30,8 Veneto 29,6 Friuli VG 17,6 Liguria 32,4 Emilia-Romagna 26,3 Toscana 28,8 Umbria-Marche 25,6 Lazio 20,0 Abruzzo-Molise 18,9 Campania 22,4 Puglia 27,3 Basilicata-Calabria 13,0 Sicilia 22,7 Sardegna 13,8 TOTALE 22,6

INCIDENZA % TITOLO DI STUDIO SCENARIO SCENARIO CAPOFAMIGLIA TENDENZIALE* ALTERNATIVO**

18,6 27,3 33,3 30,9 17,6 33,8 28,2 29,8 26,9 21,3 18,9 22,4 28,8 13,0 22,7 13,8 23,7

Licenza elementare Licenza media Diploma Laurea

25,6 28,4 23,9 19,2

25,6 30,0 25,0 20,1

41,3

43,3

19,7

20,2

30,4 24,3

30,4 25,6

19,3

20,6

TIPOLOGIA FAMILIARE

Famiglie unipersonali Famiglie senza figli o con anziani Un genitore con figli a carico Due adulti con 1 figlio Due adulti con 2 e più figli e altre famiglie

CONDIZIONI SOCIPROFESSIONALE CAPOFAMIGLIA

Lavoratore dipendente Lavoratore autonomo Pensionato Altre condizioni TOTALE

* PROIEZIONE COERENTE CON UNO SCENARIO

TENDENZIALE DELL’ECONOMIA ITALIANA: NEL 2009 IL PIL DOVREBBE CONTRARSI DEL 6% ACCOMPAGNATO DA UNA FORTE FLESSIONE DELLA DOMANDA INTERNA. PER L’ANNO 2010 SI PREVEDE UNA LIEVE RIPRESA

22,1 30,0 19,6 35,0 24,1

23,1 32,2 19,6 35,7 25,2

**SI IPOTIZZA UN PEGGIORAMENTO DELLE

CONDIZIONI ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE DOVUTO ALLA CRESCITA DELLA DISOCCUPAZIONE

perso il lavoro non è già più in grado di pagarsi il mutuo, è inutile a quel punto offrirgli condizioni di favore - spiega Gianpietro Cavazza -. Occorre piuttosto un’attività di prevenzione che si concentri sulle categorie a rischio. Le banche concedono finanziamenti puntando solo sulla solvibilità del cliente. Oggi servirebbero soggetti terzi, ovvero realtà strutturate come fondazioni, enti o associazioni, che aiutassero le famiglie e i cittadini a gestire il proprio patrimonio».

Lo spettro del debito A pesare sui debiti non ci sono però solo i mutui. Tra gli spettri più recenti di un’economia in crisi c’è anche il sempre più diffuso credito al consumo, per il quale non si è ancora mai parlato di “Piani Famiglia”. Dall’auto agli elettrodomestici, passando per i viaggi e lo svago, il ricorso alle rate ha conosciuto un’espansione senza precedenti. Il debito familiare medio è passato dai 19.600 euro del 2007 ai 25.400 euro del 2008 e la situazione sta peggiorando ancora. «Le sofferenze debitorie sono aumentate del 20% nel corso dell’ultimo anno», spiega Fabio Picciolini, segretario nazionale di Adiconsum. «Le famiglie continuano a spendere più di quanto guadagnino». Nello spazio di un decennio l’esposizione debitoria degli italiani è quasi raddoppiata (dal 31% al 58% del reddito disponibile) e, sebbene si resti molto al di sotto della media Ue (91%) l’allarme per l’inversione di tendenza appare giustificato e il rischio del ricorso all’usura sempre più concreto.

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| finanzaetica | prestiti senza banche |

| finanzaetica |

I giorni più lunghi del social lending

L’AUMENTO DEI PRESTITI ON LINE NEL MONDO

5.772*

Volumi in milioni di dollari

5.000

4.000

3.078*

Nel mirino di Bankitalia il conto omnibus di Zopa e le attività della finanziaria che controlla Boober, la bergamasca Centax. Ma intanto il settore registra un vero e proprio boom globale

3.000

Il caso Zopa «Stiamo definendo un nuovo assetto azionario e abbiamo concrete speranze di avere una nuova autorizzazione ad operare entro gennaio». A parlare è Maurizio Sella, l’ad di Zopa Italia Spa, l’omologa italiana della pioniera britannica (vedi BOX ). Zopa ha sospeso le sue attività nel luglio scorso quando Banca d’Italia l’ha espulsa dall’albo delle società finanziarie, giudicando il suo sistema illegittimo. Il meccanismo che applicava permetteva di mettere in contatto richiedenti e prestatori alle migliori condizioni possibili: SOCIAL BANKING: A LUGLIO LA TERZA SUMMER SCHOOL C’È TEMPO FINO AL 10 APRILE per registrarsi alla terza edizione dell’International Summer School on Social Banking, in programma dal 18 al 23 luglio 2010 presso l’Hotel Villa Stella a Fiesole (Firenze). Emblematicamente intitolato Banking on values - what values?, il corso, destinato agli studenti e agli operatori di banche, imprese e progetti sociali, si articolerà in una serie di conferenze, dibattiti, laboratori e spazi aperti “per offrire una piattaforma che aiuti a far fronte a questo ampio problema e ispirare i nostri partecipanti a impegnarsi per un sistema bancario più attento e dedito all’uomo e alla natura”. Per informazioni: www.social-banking.org.

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entrambi facevano la loro proposta di prestito. Quando domanda e offerta si incontravano (in termini di quantità di denaro, tempo di restituzione e tassi di interesse) scattava la transazione. Zopa, che si occupava del rating (il giudizio sull’operazione) e partecipava a tutti i prestiti con una quota di 10 euro, guadagnava una percentuale sulla transazione più una piccola quota fissa, richiedendo inoltre una commissione annuale di servizio ai prestatori. Qual era il problema? Il denaro dei prestatori veniva dirottato su un conto cosiddetto omnibus in cui convergeva tutta la liquidità disponibile in attesa degli accordi tra le parti. Una raccolta di deposito giudicata illegittima dalla Banca d’Italia e costata alla società la licenza di operatore finanziario. Per ovviare al problema Zopa ha proposto l’apertura di singoli conti virtuali, intestati agli utenti, creati appoggiandosi all’Istituto di Moneta Elettronica Europeo, le cui operazioni sono state autorizzate da Bankitalia nel 2006. È una buona via d’uscita? Non si sa. Si attende il responso.

Tempi duri per i prestatori Ad attendere tempi migliori ci sono anche gli utenti di Boober, l’altro operatore italiano di prestiti uno-a-uno, anch’esso fermo. Figlio dell’omonima piattaforma olandese, Boober aveva scelto un sistema differente. “Raccoglieva” il denaro solo dopo l’accordo di transazione e lo convogliava su un conto di transito. La società, che operava da sola le valutazioni di rating sulla clientela, guadagnava una commissione, a carico del prestatore (oscillante tra l’1,5% e il 3% e calcolata in base alla classe di rating di quest’ultimo), e una percentuale del 10%

1.555

1.000

647

118 2005

269

2006

2007

2008

2009

2010

* PREVISIONI

1 VIRGIN MONEY [USA]

FONTE: P2P-BANKING.COM, 2009

C’

e chi si sente pronto per ripartire, c’è chi spera di riprendere da dove aveva lasciato e chi invece non vuole dare spiegazioni. C’è fermento, oggi, nel mercato italiano del social lending, il sistema dei prestiti tra persone che “bypassa” le bandi Matteo Cavallito che e tanto piace ai cultori della rete e dell’economia “dal basso”. Ma c’è anche molta cautela. Perché ci si può trovare in situazioni diverse e avere orizzonti e prospettive distinte, ma certo non si può fare a meno di condividere la sensazione che siano settimane decisive. È CHI STA PER DEBUTTARE

In milioni di dollari In neretto i volumi erogati al 29 gennaio 2009 Tra parentesi i volumi semestrali (feb.-lug. 2009)

2.000 FONTE: CELENT, WASHINGTON POST, SETTEMBRE 2009

Le verifiche di Banca d’Italia hanno bloccato le attività di Zopa, Boober e del mercato italiano dei prestiti tra persone. Ma gli operatori sperano in una rapida ripartenza. E intanto nel settore si affaccia Prestiamoci.

LE PRIME 10 SOCIETÀ PER VOLUMI EROGATI

sull’interesse del creditore. Il sistema avrebbe potuto funzionare se non fosse che a finire sotto osservazione sono state le attività della sua proprietaria, la finanziaria bergamasca Centax, da anni specializzatasi nella garanzia degli assegni (che acquista dietro commissione impegnandosi a rimborsare l’eventuale scoperto). Questa operazione è finita nel mirino di Bankitalia, secondo la quale Centax non è autorizzata a rilasciare questo genere di garanzie. La società replica sostenendo di operare esclusivamente nel campo dell’acquisto del credito, un’operazione per la quale ha tutti i permessi del caso. Anche qui si attende una risoluzione, ma, intanto, da via Nazionale hanno imposto lo stop all’acquisizione di nuovi clienti per tutte le attività della compagnia. E così, suo malgrado, anche il social lending è andato incontro alla paralisi. Bloccate sembrano essere anche le attività di Kasbia, l’operatore meno noto dei prestiti peer to peer all’italiana. La società, di proprietà della romana Bellis Spa, fa sapere sul suo sito di aver sospeso le registrazioni di nuovi utenti. Come Valori abbiamo chiesto spiegazioni, ma non ci è stata data risposta.

Un nuovo modello?

390

[40]

2 PROSPER [USA]

178

[ND]

3 KIVA [USA]

57,9

[26,9]

4 ZOPA [UK]

45,6

[28,7]

5 LENDING CLUB [USA]

26,9

[20]

6 MYC4 [DAN]

9,0

[3,6]

7 SMAVA [GER]

8,6

[8,5]

8 MONEY AUCTION [COREA SUD] 7,8

[ND]

9 ZOPA ITALIA [ITA]

5,9

[3,9]

10 BOOBER [OLA]

3,3

[ND]

MA NEL MONDO IL SETTORE È IN CRESCITA ESPONENZIALE QUELLA DI METTERE IN CONTATTO RICHIEDENTI E PRESTATORI, escludendo gli intermediari finanziari, non è un’idea recente, lo è l’origine del social lending moderno. Le piattaforme di scambio online nascono attorno al 2005 sulla spinta dell’operatore britannico Zone of Possible Agreement, presto noto con l’acronimo Zopa. Il fenomeno si è esteso in tutto il mondo coinvolgendo anche prestiti nei Paesi in via di sviluppo sul modello del microcredito. E la crescita del mercato è stata esponenziale. Alla fine del 2006 una società di ricerca di Chicago, la Celent, aveva stimato l’ammontare dei prestiti on line sui principali mercati (Gran Bretagna e Usa) in 282 milioni di dollari, più del doppio di quelli dell’anno precedente. La stessa Celent aveva ipotizzato un’espansione senza freni del fenomeno: dai 636 milioni nel 2007 fino ai 5 miliardi e rotti del 2010. Nel settembre 2009 il Washington Post ha ripreso le stime Celent, correggendole lievemente al rialzo (tabella 1). Ad oggi il mercato continua ad essere dominato dagli operatori Usa (tabella 2), che occupano quattro dei primi cinque posti della classifica mondiale per volumi erogati dalle origini dell’attività ad oggi. Alcuni analisti escludono dal conteggio Virgin Money, che opera fornendo prestiti con capitali propri, e Kiva, che viene considerata in primis un’istituzione di microcredito orientata al Terzo Mondo. M.Cav. |

Ad oggi, se si esclude l’esaurimento delle operazioni avviate prima degli stop, il mercato italiano del social lending non esiste. Una situazione poco incoraggiante, ma destinata, pare, a cambiare in tempi brevi. A luglio Bankitalia ha autorizzato l’iscrizione all’albo delle società finanziarie di Prestiamoci, un progetto creato ex novo (non ha parentele con omologhi esteri) e pronto a partire in tempi rapidi. «Tutti i prestatori che vorranno entrare nel mercato di Prestiamoci avranno un deposito intestato a loro nome in Banca Sella, su cui ci sarà una delega ad operare per operazioni limitate e ben specifiche nei confronti di Agata Spa, la società che gestisce Prestiamoci», spiega Paolo Galvani, uno dei soci fondatori. «I soldi usciranno dai depositi per andare a finanziare dei progetti e rientreranno con gli interessi man mano che i prestiti saranno rimborsati. Eviteremo così di incorrere nell’incidente di percorso capitato a Zopa». Le prospettive di sviluppo non mancano, così come qualche punto interrogativo. Il 40% di Agata Spa, infatti, è controllato dalla stessa Banca Sella: un aspetto non di poco conto, tanto più che Prestiamoci, oltre a guadagnare sulle commissioni, entra in tutte le operazioni con una quota variabile tra l’1% e il 10% sull’ultima rata del finanziamento. Insomma, un social lending un po’ sui generis in cui la banca non ha un ruolo proprio marginale. «Non abbiamo mai pensato che un modello antagonista alle banche fosse la strada giusta. Era più interessante trovare forme di innovazione all’interno del sistema», sottolinea Galvani. «E una notizia positiva, è un modello diverso dal nostro ma siamo sempre nell’orbita del social lending» commenta Carlo Vitali, marketing manager di Zopa Italia. Chissà se anche gli utenti “zopiani” saranno d’accordo.

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| finanzaetica |

Pericolo “dark pools”: il lato oscuro della finanza

MARTA SARLO / CONTRASTO

| finanzaetica | capitali occulti |

La normativa Mifid ha dato il via libera alle Borse alternative. Miliardi di euro trattati “al buio”, senza che nessuno possa risalire ai prezzi intermedi delle contrattazioni, che rischiano di minacciare la stabilità dei mercati.

S

la banca d’investimenti Goldman Sachs. «Ne hanno tratto vantaggio I CHIAMANO TURQUOISE, BAIKAL, RIVERCROSS. Nomi che in particolare i piccoli investitori. Oggi comprare e vendere azioni coevocano mari trasparenti, laghi profondi e puliti, fiusta meno, soprattutto per loro». Tutto bene allora? mi alpini a cui ci si può dissetare. In realtà sono quanto di più oscuro abbiano prodotto i mercati finanziari negli ultimi due di Mauro Meggiolaro Lo scandalo che verrà anni. Tanto che, in gergo, sono inNon proprio. Anche perché le Borse alternative possono facilitare la dicati come dark pools (pozze scure): borse alternative dove si possomanipolazione dei prezzi e la speculazione. Lontano da occhi indino negoziare grandi quantitativi di azioni senza che nessuno riesca screti. Uno dei primi a lanciare l’allarme è stato il finanziere ameria vedere i prezzi intermedi della contrattazione. Si sa solo il prezzo cano Thomas Caldwell. «La proliferazione delle nuove Borse privafinale, quando i giochi sono fatti. te aumenta il rischio che i prezzi siano manipolati», ha dichiarato Le dark pools hanno cominciato a proliferare in Europa dal 2007, Caldwell al Reuters Exchanges and Trading Summit che si è tenuto a dopo l’approvazione della normativa europea sui mercati finanziari New York in maggio. «Le banche che comprano e vendono azioni Mifid che abolisce l’obbligo di concentrazione delle negoziazioni nei nelle dark pools possono avere informazioni privilegiate sui prezzi. mercati regolamentati ed introduce nuovi sistemi di scambio. I coSe non saranno regolamentate, la frammentazione dei mercati e l’insiddetti Alternative Trading Systems o Ats (il nome ufficiale delle dark ternalizzazione degli scambi potranno diventare gli ingredienti di pools), che dovrebbero garantire la best execution, l’esecuzione delle un nuovo grande scandalo finanziario». negoziazioni alle migliori condizioni possibili per i clienti. Uno dei Sì, perché gli Ats oltre a spezzettare il mercato azionario permetprincipi cardine della Mifid. tono alle banche di internalizzare gli scambi, costruendosi Borse su In pratica, se prima ci si rivolgeva a una banca per comprare 20 misura in casa. È quello che è successo, per esempio, con la piatmila azioni di Eni la banca le poteva negoziare solo ai taforma Turquoise, una dark pool creata nel 2007 da IN RETE prezzi stabiliti dalla Borsa italiana. Ora lo può fare anun consorzio di sette banche: Citigroup, Credit Suisse, che passando per una Borsa alternativa, che offre la Deutsche Bank, Goldman Sachs, Merrill Lynch, www.tradeturquoise.com possibilità di spuntare prezzi migliori. «Le dark pools Morgan Stanley e Ubs. Il gotha della finanza monwww.chi-x.com hanno aumentato la concorrenza e l’efficienza delle diale. Attraverso Turquoise passa oggi il 2,5% degli batstrading.com operazioni finanziarie», ha dichiarato recentemente scambi azionari europei, ma a inizio anno erano il 6,2%. Abbastanza per far impensierire il London Stock Exchange, la Borsa di Londra che, proprio in questi giorni, sta trattando per assorbire Turquoise, mentre ritarda il lancio di Baikal, la dark pool interna che aveva progettato assieme a Lehman Brothers.

In una Borsa “Ats”, la Chi-X Europe, in pochi giorni sono stati scambiati titoli pari al 30,56% di Mediobanca e al 20% di Saipem, Enel e Snam | 36 | valori |

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Le stesse banche che hanno lanciato Turquoise sono anche azioniste di minoranza della borsa alternativa Chi-X Europe, controllata da Nomura, la società finanziaria giapponese che ha rilevato parte delle attività di Lehman dopo il crollo. Chi-X, che è la più grande tra le borse alternative, tratta il 9,26% degli scambi sulle imprese del MIB 40 italiano e il 22,65% dell’indice FTSE 100, che comprende le 100 principali imprese quotate alla borsa di Londra. Passando all’analisi dei singoli titoli si scopre che, in alcuni giorni del 2009, sono passati su Chi-X il 30,56% di Mediobanca e oltre il 20% di Saipem, Enel e Snam. Ma non c’è solo l’Europa. Se si leggono le statistiche pubblicate dalla società di ricerca Tabb Group, negli ultimi due anni la quantità di titoli scambiati nelle Borse alternative made in Usa è quadruplicato, raggiungendo il 9,4% del volume complessivo degli Stati Uniti. In particolare gli “high-frequency traders”, software che gestiscono volumi impressionanti di acquisti e vendite di titoli - ad un ritmo mille volte superiore rispetto a quello umano - sono accreditati ormai del 46% degli scambi quotidiani.

La miglior difesa è l’attacco La Sec, autorità di vigilanza americana, ha lanciato il primo segnale d’allarme in giugno. «Le dark pool possono minare la fiducia del pubblico nei mercati azionari», ha dichiarato la presidente Mary Schapiro. «La mancanza di informazioni può favorire la speculazione e alimentare sospetti sull’origine delle fluttuazioni dei mercati». La preoccupazione principale della Sec è che le Borse alternative porti-

no alla creazione di un mercato parallelo, per pochi grandi banche, che si scambiano titoli e informazioni riservate a danno degli altri investitori. Roma, 2008 In ottobre, dopo un esame approfondito del fenomeno dark pool, la SEC ha proposto di rendere più stringente la normativa che le regola, richiedendo a chi negozia titoli nelle Borse alternative di pubblicare i prezzi al resto del mercato se il volume scambiato supera lo 0,25% del totale trattato. Attualmente il limite è fissato al 5%. «Sarebbe una decisione azzardata, contro gli interessi del mercato», si è affrettato a dichiarare il portavoce di Goldman Sachs. «Le dark pool sono semplicemente il risultato del progresso tecnologico applicato agli scambi fuori Borsa, che sono sempre esistiti. Rendono più efficiente lo scambio di grandi blocchi di azioni che altrimenti, se fossero noti a tutti sin dall’inizio, potrebbero essere facilmente attaccati dal mercato in senso speculativo». Intanto anche la Fsa (Financial Services Authority) ha lanciato un’indagine sulle dark pool in Europa per conto del Cesr, il Comitato di coordinamento fra le autorità di vigilanza sui mercati finanziari della Ue. E prima che sia troppo tardi, le Borse tradizionali stanno passando al contrattacco. Il 9 novembre la borsa di Londra ha annunciato ufficialmente che, da dicembre, gli “ordini nascosti” per l’acquisto e la vendita di azioni potranno essere effettuati anche sulla piattaforma del London Stock Exchange, senza dover per forza passare per le dark pool. Da settembre è già possibile in Germania sui terminali di Deutsche Börse. Slot house “Blue King”, giocatori durante un torneo di poker. Si gioca “al buio”, come nelle “dark pools”.

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2

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A garanzia di una corretta ed immediata attivazione dell’abbonamento, ti preghiamo di compilare il presente modulo in tutte le sue parti e di inviarlo quanto prima alla Società Cooperativa Editoriale Etica: via fax (numero 02.67491691) o via mail (abbonamenti@valori.it), unitamente a copia dell’avvenuto pagamento. I CAMPI CONTRASSEGNATI CON UN ASTERISCO SONO OBBLIGATORI

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APPUNTAMENTI DICEMBRE>FEBBRAIO

1 dicembre ROMA (ITALIA) PARADISI FISCALI O PARADISI LEGALI? Incontro presso la sede dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi) realizzato dallo stesso ente in collaborazione Abi Eventi. Il convegno, dal titolo “Paradisi fiscali o paradisi legali? Dalla crisi finanziaria alla crisi degli ordinamenti non collaborativi”, si pone l’obiettivo di «creare un’occasione di raccordo tra la teoria e la realtà operativa affinché una fuga dai paradisi fiscali non si trasformi in una rincorsa ai paradisi legali». www.abi.it 2 - 3 dicembre MILANO (ITALIA) LA MICROFINANZA IN AMERICA LATINA In occasione della 4ª Conferenza Nazionale Italia – America Latina e Caraibi, vengono presentati i risultati dell’indagine realizzata dalla Rete Italia America Latina e dalla Fondazione Giordano Dell’Amore sulle opinioni dei protagonisti del settore della microfinanza nel Subcontinente. All’evento saranno presenti cinque capi di Stato, il presidente della Banca Interamericana di Sviluppo (Bid) e i rappresentanti della Corporación Andina de Fomento (CAF) e del Banco Nacional de Desenvolvimento Economico e Social (Bndes). www.fgda.org 2 - 3 dicembre LILONGWE (MALAWI) LESSONS LEARNT AND LESSONS TO LEARN IN THE FIELD OF MICRO HEALTH INSURANCE IN AFRICA Conferenza conclusiva del progetto “MHI Africa” condotto dal Dipartimento di Studi Cooperativi dell’università di Colonia in collaborazione con l’università del Botswana, l’università del Ghana e la University of Malawi. L’indagine ha affrontato i temi dell’efficienza e della sostenibilità delle unità microassicurative sanitarie nei tre Paesi. www.microhealthinsurance-africa.org

3 dicembre ROMA (ITALIA) OSSERVATORIO REGIONALE SUL COSTO DEL CREDITO Presentazione dell’ultima relazione dell’Osservatorio Regionale sul Costo | 40 | valori |

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PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

del Credito nella sede dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi). L’indagine è nata dalla collaborazione tra il Centro Francesco Luigi Ferrari, Caritas Italiana e Fondazione Culturale Responsabilità Etica.

3 dicembre ROMA “IL MICROCREDITO: UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE SOCIALE E FINANZIARIA” Un evento organizzato da Ritmi, la Rete Italiana di Microfinanza presso la Sala Tevere della Regione Lazio, Via Cristoforo Colombo 212, dalle ore 10.00 alle 16.00. All’incontro parteciperanno istituzioni di microcredito italiane ed internazionali. www.microfinanza-italia.org 8 - 12 dicembre LONDRA (UK) FINANCIAL ANALYSIS OF MICROFINANCE INSTITUTIONS Corso di formazione organizzato a Londra dalla Microfinance Association. www.microfinancegateway.org

15 dicembre PADOVA (ITALIA) BANDO PER FINANZIARE PROGETTI A SOSTEGNO DELL’ECONOMIA SOCIALE Fino al 15 dicembre 2009 è possibile presentare la domanda per accedere ai contributi messi a disposizione dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica con il secondo bando per il finanziamento di progetti tesi a rafforzare una cultura dell’uso responsabile del denaro e di forme economiche che abbiano un impatto sociale ed ambientale positivo sulla comunità. Nell’edizione passata sono stati finanziati 11 progetti per un valore complessivo di oltre 200 mila euro. www.bancaetica.com

20 dicembre ROMA (ITALIA) FINANCIAL LITERACY FOR REMITTANCE SENDERS Corso di formazione itinerante sponsorizzato dall’ateneo dell’università di Manila e dalla Social Enterprise Development Partnerships. www.sedpi.com

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23 dicembre SIENA (ITALIA) ETICA DEGLI AFFARI, DEL CONSUMO E DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE Scade il 23 dicembre il limite per la presentazione della domanda di partecipazione alla sesta edizione del master in “Etica degli affari, del consumo e della responsabilità sociale” presso l’università di Siena – facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo – dipartimento di studi storico-sociali e filosofici in collaborazione con l’Unione Nazionale Consumatori. Il master è rivolto a laureati in tutte le discipline e si propone di creare esperti nell’elaborazione di codici etici e bilanci sociali all’interno delle imprese e degli enti pubblici e privati. www.unisi.it/postlaurea/master.htm

7 - 8 gennaio NEW DEHLI (INDIA) INSTITUTIONAL AND TECHNOLOGICAL ENVIRONMENT FOR MICROFINANCE Conferenza sulla micro finanza organizzata dalla Burgundy School of Business (Groupe ESC Dijon-Bourgogne). L’incontro è rivolto ai ricercatori dell’ambiente accademico dell’industria. www.bsbu.eu/en/faculty_research /call_for_papers.asp

20 - 22 gennaio MILANO (ITALIA) ECONOMICS OF CULTURE, INSTITUTIONS, AND CRIME Evento organizzato e ospitato dalla Fondazioni Enrico Mattei (Eni) in collaborazione con SUS.DIV Network of Excellence “Sustainable Development in a Diverse World”, l’università di Padova (progetto di ricerca “Economic analysis of crime and social interactions”) e il Centre for Economic Policy Research (Cepr). www.cepr.org/meets/emo/Guidelines.htm

22 - 24 gennaio PONDICHERRY (INDIA) INTERNATIONAL CONFERENCE ON MICROFINANCE L’incontro metterà a confronto ricercatori e operatori del settore microcreditizio. Organizza la Pondicherry University. www.pondiuni.edu.in 31 gennaio MILANO (ITALIA) MICROFINANCE GOOD PRACTICES EUROPE AWARD Seconda edizione del premio istituito dalla Fondazione Giordano Dell’Amore e dallo European Microfinance Network. Il concorso è aperto a tutte le istituzioni/organizzazioni che offrono servizi di microfinanza nei Paesi europei. Il termine per presentare la propria candidatura è il 31 gennaio 2010. www.fgda.org

2 - 5 febbraio LAGOS (NIGERIA) PRACTICAL MICROFINANCE FOR PRACTITIONERS Gli operatori delle istituzioni micro finanziarie incontrano le Ong. Organizza la Microfinance Association, una Ong di base nel Regno Unito ma attiva in tutto il mondo. www.microfinanceassociation.org

9 febbraio LUSSEMBURGO ALFI SRI CONFERENCE 2010 Conferenza sul tema degli investimenti socialmente responsabili. Organizza l’Alfi, l’associazione lussemburghese dei fondi d’investimento. www.alfi.lu 14 - 16 febbraio KATHMANDU (NEPAL) MICROFINANCE SUMMIT NEPAL 2010 Seconda edizione della conferenza dedicate al settore microfinanziario nepalese. Si stima che in Nepal il microcredito raggiunga appena il 26% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. microfinancesummitnepal.org

Il libro

Fondi sovrani e finanza islamica di Federica Miglietta*

I

N QUESTA RUBRICA VORREI PRESENTARE AI LETTORI, che mi seguono ormai da qualche mese, il libro Fondi sovrani arabi e finanza islamica, che ho curato insieme ad Antonio Dell’Atti, ordinario di Economia degli intermediari finanziari presso la facoltà di Economia dell’università di Bari. Il libro affronta con dettaglio i temi che abbiamo toccato più volte nella nostra rubrica e si focalizza, in particolare, sui Fondi Sovrani: veicoli di investimento di proprietà statale, creati dai governi per gestire le riserve ufficiali e i surplus monetari derivanti dalla vendita di materie prime, oppure gli ingenti avanzi commerciali derivanti dall’esportazione di beni. I Fondi Sovrani rappresentano un investitore istituzionale la cui importanza si è enormemente accresciuta negli ultimi due anni, in seguito alla crisi finanziaria. In particolare quelli asiatici, provenienti da Singapore e dalla Cina, e quelli del Golfo Arabo sono intervenuti sui mercati finanziari diversificando i propri investimenti su titoli azionari quotati e non quotati, obbligazioni e proprietà immobiliari. La capitalizzazione dei Fondi Sovrani è stimata in circa tremila miliardi di dollari, con proiezioni di forte crescita per i prossimi anni. Gli investimenti, dell’ordine di centinaia di miliardi di euro, effettuati sui mercati occidentali durante la recente crisi finanziaria, hanno acceso l’interesse dei media e dei governi. I Fondi Sovrani hanno aiutato a stabilizzare i mercati con l’immissione di miliardi di dollari di liquidità, ma hanno fatto sorgere timori relativi ad un possibile fine politico dei loro investimenti. a cura di Nel libro analizziamo la nascita dei Fondi Sovrani, le loro strategie di investimento nel corso del tempo Antonio Dell’Atti e discutiamo i timori espressi dal governi e dalle autorità di vigilanza dei mercati. In particolare, trattiamo e Federica Miglietta Fondi sovrani arabi dettagliatamente i Fondi Sovrani dei Paesi del Golfo Persico. Una scelta non casuale: si tratta di un’area geografica e finanza islamica in forte crescita economica e particolarmente rappresentativa dello sviluppo di tali istituzioni, se si considera Egea Editore, 2009 www.egeaonline.it che in essa si collocano i più antichi tra i Fondi Sovrani esistenti e i più rilevanti in termini di risorse gestite. È, infine, un’area a netta prevalenza islamica e questo crea i presupposti La nascita dei Fondi per interrogarsi sui rapporti tra i fondi arabi e la finanza islamica. Sovrani, la loro integrazione Nella seconda parte del volume discutiamo la nascita e lo sviluppo della nella finanza basata finanza islamica, ovvero di una finanza basata sul Corano, sui suoi principi, sui dettami del Corano sulle sue prescrizioni. Nell’ultimo decennio si è spesso parlato di banca e l’imponente crescita e finanza islamica, ma i principi alla base dell’economia islamica rimangono negli anni della crisi sconosciuti alla maggior parte degli operatori economici. Eppure i fedeli musulmani rappresentano una quota significativa della popolazione mondiale, avendo superato il miliardo di unità. In questi capitoli discutiamo la riba, il divieto di interesse imposto ex-ante, che non implica in alcun modo un’economia di gratuità. Vietando l’imposizione di un tasso di interesse slegato dai risultati dell’investimento e affermando che si ha diritto agli utili solo se si condividono i rischi del progetto imprenditoriale, il Profeta Muhammad pone le basi per un’economia basata sui beni reali più che su quelli finanziari e raccomanda l’utilizzo di schemi di partecipazione societaria. * Ricercatrice di Economia Il sistema economico islamico utilizza una serie di contratti base, che definiamo building blocks, che, degli intermediari variamente combinati, permettono di strutturare contratti validi per transazioni più complesse. L’innovazione finanziari presso la facoltà di Economia finanziaria, infatti, per rispondere alle esigenze del commercio e della finanza, crea in continuazione nuove all’Università di Bari strutture, derivanti, però, dalla combinazione dei contratti della giurisprudenza classica. e presso l’Università Bocconi di Milano Info: federica.miglietta@unibocconi.it

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Mafia Spa, lo shopping ai saldi dell’economia globale >44 Emergenza ambientale. Smarriti sulla via dell’innovazione >47 Politica dal basso: è il momento delle proposte concrete >49

economiasolidale DALLE FAMIGLIE SENZA EREDI 105 MILIARDI PER IL NO PROFIT

NATALE SOLIDALE: LE IDEE DEI NEGOZI ECOR E I REGALI “GIUSTI” PER LE AZIENDE

EITEAM, UNA COOP CHE FINISCE IN RETE

IMMIGRATI: UN SITO RENDE LE RIMESSE MENO CARE

PROGRAMMI AMBIZIOSI PER LA UE A COPENHAGEN E INTANTO GLI OBIETTIVI DI KYOTO SONO A UN PASSO

DEUTSCHE BANK: NON INVESTITE SUL CLIMA IN ITALIA

In tempi di vacche magre per le organizzazioni di volontariato, uno studio di questo tipo non può passare inosservato. L’analisi è stata realizzata dall’osservatorio di Fondazione Cariplo: nei prossimi dieci anni, ci potrebbero essere oltre cento miliardi (105, per la precisione) a disposizione di fondazioni erogatrici e istituzioni di beneficienza. Da dove arriverebbero? Dai lasciti di chi muore senza lasciare eredi e che quindi potrebbe decidere di destinarli al no profit. L’analisi si basa su dati di Bankitalia e dell’Istat e prende in considerazione patrimoni di circa 340 mila famiglie: solo coppie senza figli o persone senza parenti in vita (i nuclei con qualche parente non sono considerati affatto). Tra l’altro il loro numero sarà destinato ad aumentare rispetto ad oggi, vista la riduzione della natalità. Le stime intermedie evidenziano un progressivo aumento dei patrimoni potenzialmente “intercettabili”, man mano che si arriverà al 2020: si prevedono 13 miliardi disponibili al 2010, 67,3 miliardi al 2015 e 104,7 miliardi, cinque anni più tardi. Lo studio evidenzia inoltre che circa un quarto di tali somme sarebbero disponibili nell’area di Milano e della Lombardia (le aree di riferimento della maggior parte delle erogazioni della Fondazione Cariplo).

Che a Natale siamo tutti più buoni, lo si dice ogni anno. Ma per dimostrarlo non bastano sorrisi e baci a qualche parente che, nel resto dell’anno, ci sta cordialmente antipatico ed evitiamo come la peste. A dare sostanza a quest’affermazione è soprattutto la nostra propensione verso chi sta peggio di noi. A partire dai regali che scegliamo e dai prodotti per i nostri pranzi delle feste. C’è solo l’imbarazzo della scelta: Ong e associazioni di volontariato offrono proposte per tutti i gusti e tutte le tasche. Noi ve ne segnaliamo un paio. Nei 250 punti vendita B’io e nei 70 NaturaSì e negli altri 500 negozi di alimentazione naturale potrete scegliere tra i prodotti di cosmesi biologica certificata (creme corpo e viso, bagno doccia, profumi), i cofanetti di tisane di montagna, le lampade di sale realizzate in Himalaya, i migliori vini biologici italiani (sia secchi che dolci). Per i più piccoli, troverete i libri della collana Fiabe Colori di Edilibri, nei quali le fiabe classiche sono illustrate dai colori che evocano i sogni dei bambini; i giocattoli ecologici Ecotoys in plastica riciclata, i mattoncini Happy Mais in Mater-Bi per stimolare la creatività; i giochi da usare durante il bagnetto. Per i regali aziendali, invece, segnaliamo un nuovo sito internet – www.regalogiusto.it – ideato da tre aziende del consorzio Ctm Altromercato. Direttamente su internet, le aziende possono trovare decine di proposte per unire giustizia sociale e sostenibilità ambientale ai doni per clienti e collaboratori: confezioni con caffè di alta qualità, tè biologici aromatizzati, infusi tisane, tanti tipi di dolci diversi, marmellate, mieli e raffinate varietà di cioccolato. Tutte rigorosamente provenienti dal circuito del commercio equo solidale o dalle terre confiscate alle cosche mafiose e gestite dall’associazione Libera di don Ciotti.

Affiatata come la squadra di criminali-benefattori protagonista del serial tv di cui richiama il nome, l’Eiteam di cui parliamo è una cooperativa di tipo B (cioè di “produzione e lavoro”) dove 18 dei 25 soci totali (ben più del 30%, minimo di legge) sono persone segnalate dai servizi sociali territoriali per handicap o per varie forme di disagio psico-sociale. Persone che necessitano di un percorso di inserimento socio-lavorativo protetto e che in Eiteam fanno innanzitutto formazione professionale. Più del “chi” è però importante il “cosa”: cioè i servizi di archiviazione documentale, archiviazione ottica, inserimento dati, che la cooperativa offre ai suoi clienti (95% privati, tra cui i 60 mila soci della Mutua Cesare Pozzo di Milano, la Ong Medici senza Frontiere grazie al software di gestione incassi Cariddi, il magazzino e le spedizioni per Banca popolare etica). Eiteam, inoltre, ha il pallino per le tecnologie informatiche e così si è attivata anche in settori oggi “di grido” come l’accessibilità e l’indicizzazione del web. E, per non farsi mancare nulla, è diventato un vero e proprio provider (www.eiteam.it), con servizi di hosting per la rete, e ha realizzato Weblook (Cms per siti Internet) e un software per la gestione del prestito sociale.

Gran parte degli stipendi che gli immigrati in Italia riescono a ottenere viene spedito alle proprie famiglie, nei loro Paesi d’origine per sostenere moglie e figli. Ma si trovano puntualmente a dover pagare percentuali enormi agli operatori finanziari che permettono la spedizione. Per evitare di sprecare inutilmente denaro prezioso, la CeSPI (Centro studi di politica internazionale) ha ideato un sito, www.mandasoldiacasa.it, il primo in Italia, che permette ai migranti di confrontare in modo gratuito costi, condizioni e servizi per l’invio delle rimesse in patria. L’iniziativa, sviluppata coinvolgendo anche il mondo bancario e alcuni operatori di trasferimento monetario, nasce all’interno del progetto “Migranti per lo Sviluppo” di Ucodep, Arci, Acli, Banca Etica, Etimos e WWF Italia. Al momento sono undici i Paesi che hanno dato la disponibilità per la comparazione dei costi ma altri hanno già annunciato la loro prossima adesione. «La nascita del sito è un primo passo, importante, per permettere ai migranti di ridurre i costi», commenta Francesco Petrelli, presidente di Ucodep. «Va però ricordato che facilitare l’invio delle rimesse non può in alcun modo sostituire la finanza per lo sviluppo. Le rimesse devono essere complementari e non sostitutive rispetto agli impegni presi sull’Aiuto pubblico allo sviluppo, che vedono l’Italia molto in ritardo».

Dopo il cedimento obamiano alla Realpolitik e l’accordo con la Cina, il rischio che la conferenza di Copenhagen sia morta prima di iniziare è più che concreto. Dall’Ue arriva però un segnale diverso. I ministri dell’Ambiente dell’Unione hanno infatti deciso che si presenteranno all’incontro con una proposta di tagli delle emissioni di gas serra dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. Ma i provvedimenti non saranno unilaterali: senza l’adesione di altre nazioni industrializzate non saranno infatti operativi. La decisione fa seguito alla presentazione di un rapporto della Commissione europea basato sulle stime dell’Agenzia europea dell’Ambiente che mostra come l’Ue è sulla buona strada per rispettare gli impegni assunti con il Protocollo di Kyoto. Anzi, è concreta la possibilità che vada oltre. Il dato si riferisce ai 15 Stati che già facevano parte dell’Ue all’epoca di Kyoto (1997). I 15 si erano impegnati a tagliare le emissioni dell’8% rispetto al 1990 nel periodo 2008-2012: a oggi, tutti gli Stati membri (tranne l’Austria) sono in linea con gli impegni, al punto che – secondo le stime dell’AEA – la soglia collettiva potrà essere anche sorpassata, raggiungendo una riduzione totale del 13%. «Tali dati – commenta il commissario all’Ambiente, Stavros Dimas – confermano ulteriormente la posizione preminente dell’Ue nel rispetto degli impegni mondiali nella lotta ai cambiamenti climatici. Con il pacchetto su clima ed energia di inizio anno abbiamo già posto in atto le misure principali per ridurre le emissioni di almeno il 20% entro il 2020. Nessun altro al mondo ha fatto altrettanto». Nel dettaglio Francia, Germania, Grecia, Svezia e Regno Unito hanno già ridotto le emissioni nazionali a un livello inferiore ai loro obiettivi. Anche l’Italia sarà in regola con l’obiettivo individuale ma solo a patto di utilizzare tutte le “misure aggiuntive” annunciate dal governo.

«Se state cercando opportunità di investimento collegate ai cambiamenti climatici, non mettete l’Italia in cima alla vostra lista. Non è assolutamente chiaro che tipo di legislazione il suo premier Silvio Berlusconi intenda adottare sul clima». La stroncatura viene dalla Deutsche Bank che ha analizzato le politiche ambientali di 109 Stati. Obiettivo: indicare ai potenziali investitori il livello di rischio. Giudizi negativi (rischio moderato) sono stati assegnati anche a Stati Uniti e Regno Unito (che scontano l’assenza del feed in tariffs, simile al nostro Conto energia), Canada, Russia, India e Regno Unito. Ma l’Italia è l’unica inserita al livello 3, che indica il coefficiente di rischio maggiore. Sul fronte opposto, buone opportunità d’investimento sono garantite da Francia, Germania ma anche Cina e Brasile. Sulla posizione dell’Italia pesano molto le scelte dell’attuale esecutivo che non dà certezze sugli incentivi e sulla legislazione in favore dei settori delle energie rinnovabili e del risparmio energetico: «Il Climate Traker è la prima analisi del genere disponibile al pubblico – spiegano dalla Deutsche Bank – e si basa sugli indirizzi di governo e sulle politiche quadro di sostegno sui temi ambientali, secondo un modello preparato dai ricercatori del Columbia Climate Center. Fornirà un rating di rischio dei vari Paesi per aiutare gli investitori a identificare i migliori rapporti rischi-utili sugli investimenti nel settore clima».

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| economiasolidale | PERCENTUALE SUL TOTALE NAZIONALE [ Tra parentesi il valore assoluto ]

21,9%

[ 13.059.042 ] POPOLAZIONE RESIDENTE IN COMUNI A INFILTRAZIONE MAFIOSA 2007 14,6%

[ 224.223 milioni di euro ] PIL 2007 1

Un momento della manifestazione Contromafie organizzata a Roma dall’associazione Libera.

12,4%

[ 37.458 Kmq ] SUPERFICIE TERRITORIALE 2004

12,4%

[ 93.247.957 migliaia di euro ] DEPOSITI 2007 2 7,8%

1. STIMA CENSIS 2. STIMA DEI DATI RELATIVI AI COMUNI CON MENO DI TRE SPORTELLI BANCARI

7,5%

[ 117.548.667 migliaia di euro ] IMPIEGHI 2007 [ 610 ] COMUNI COINVOLTI

Roberto Saviano e Misha Glenny, autore di McMafia. Sopra, il boss Bardellino.

Mafia Spa, lo shopping ai saldi dell’economia globale

PAOLA PAGANO

I NUMERI DELLE MAFIE

Ciò che scuote l’economia globale è un toccasana per le mafie. Che, con usura, riciclaggio, contraffazione e capitali illimitati, escono dalla crisi più ricche e potenti.

L

ROMANIA liberata dalla dittatura di Ceausescu fu la Albanova Srl. Un’azienda che prendeva il nome da quello che campeggiava sui cartelli di benvenuto, ai tempi del fascismo, alle porte della città che oggi è Casal di Principe. Era controllata da di Andrea Barolini Antonio Bardellino, boss di San Cipriano d’Aversa. Era il 1989: venti anni fa. Roberto Saviano lo ricorda spesso, ultimamente. Perché, allora come oggi, le mafie si mostravano al passo con la storia, con gli eventi. Pronte, dinamiche, decise, capaci di fiutare l’affare prima dei concorrenti. Come qualsiasi multinazionale di successo. Ieri il tracollo dell’Europa dell’Est, oggi quello del sistema finanziario globale: la storia non cambia. La recessione mondiale ha messo in crisi le banche di tutto il mondo, chiuso i rubinetti del credito, fatto precipitare le Borse, portato al A PRIMA IMPRESA CHE MISE PIEDE NELLA

sentire già oggi pulsare “Vorrei l’attività della città futura, in cui non ci sono solo pochi a sacrificarsi e gli altri alla finestra ” Pietro Grasso citando Antonio Gramsci all’apertura di Contromafie, gli Stati generali dell’antimafia organizzati da Libera dal 24 al 27 ottobre a Roma. | 44 | valori |

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fallimento intere fette dell’imprenditoria (ogni mese falliscono ancora oltre 7 mila aziende nei soli Stati Uniti). Tutto ciò ha provocato una recessione globale che tocca ciascuno di noi. Ma non la criminalità organizzata. Anzi.

I Bancomat della mafia Secondo una relazione della Direzione nazionale antimafia - Dna dello scorso giugno (pubblicata dal sito internet del Centro Studi Pio La Torre) a garantire il successo delle mafie, anche in tempi di crisi, c’è la “permanente, enorme, illimitata liquidità finanziaria di cui godono le organizzazioni criminali, in particolare quelle dedite ai traffici di stupefacenti”. Denaro contante, pronto all’uso. Che, in un periodo in cui le banche sono invece in difficoltà, significa capacità di concedere prestiti a famiglie e aziende. Risultato: agli sportelli antiusura dell’associazione antiracket Sos Impresa, le richieste di aiuto sono triplicate. Erano 1.200 nel 2008; quest’anno supereranno le 3 mila. “Spesso al Sud gli usurai si mimetizzano dietro insospettabili finanziarie”, sottolinea la Dna. Un fenomeno che dilaga: tra le vittime il 50% sono commercianti, il 30% altri imprenditori, il 10% professionisti, e un altro 10% pensionati e la-

voratori. Secondo il Rapporto Eurispes 2009 sull’economia della mafia, i commercianti e gli imprenditori che si rivolgono agli usurai sono 180 mila. E, sottolinea Sos Impresa, almeno 50 mila sono indebitati con associazioni mafiose, che applicano interessi mensili superiori al 10%.

A Scampia si spaccia “al ribasso” Ma l’usura non è l’unico business della mafia (sebbene sia uno dei più redditizi). Il traffico di stupefacenti, ad esempio, continua a costituire un flusso di denaro imponente per le organizzazioni criminali. E anche qui la crisi si è “fatta sentire”: «Fino a un paio di anni fa - ha raccontato Saviano al Festival di Ferrara, organizzato dal settimanale Internazionale - gli spacciatori di Scampia, spesso minorenni, lavoravano per 500 euro a settimana, oggi si accontentano di 250». Motivo? La disoccupazione aumenta, la fame di denaro (ma anche, semplicemente, la fame) anche. Così sempre più persone si affiliano ai clan. E gli “stipendi” scendono, è la legge della domanda e dell’offerta. A tutto vantaggio dei boss. Poi c’è la contraffazione: «Secondo le stime della Commissione europea “vale” 400 miliardi di euro all’anno», ha

SECONDO UNA STIMA DI DONATO MASCIANDARO, docente di Economia all’università Bocconi di Milano, che risale a due anni fa (e dunque a prima della crisi), il mercato illegale nel Pianeta era pari a 3.780 miliardi di dollari: il 9% del prodotto interno lordo globale. Secondo il rapporto di Sos Impresa, nel 2008 le mafie italiane hanno sottratto attraverso pizzo ed estorsioni la cifra impressionante di 250 milioni di euro al giorno a commercianti e imprenditori italiani: 10 milioni l’ora, 160 mila euro al minuto. «La “Mafia Spa” - spiega l’associazione che difende gli imprenditori vittime del racket - è una grande holding company, con un fatturato complessivo di circa 130 miliardi di euro e un utile che sfiora i 70 miliardi al netto degli investimenti e degli accantonamenti». Il solo ramo commerciale della criminalità mafiosa, ad esempio, ha ampiamente superato i 92 miliardi di euro: una cifra intorno al 6% del pil nazionale. ELIO VELTRI E ANTONIO LAUDATI, nel libro Mafia Pulita (Longanesi, 2009), tracciano il profilo odierno della criminalità organizzata italiana (e non solo). Gli autori citano una stima del Sole24Ore, che, nel luglio scorso, ha ipotizzato in 420 miliardi di euro il giro degli affari illegali (non solo mafiosi) in Italia. Camorra, ‘ndrangheta, mafia siciliana e sacra corona unita coprono, secondo un rapporto pubblicato nel 2009 dall’Eurispes, oltre 130 miliardi di euro: «Si tratta di un fatturato triplo rispetto a quello della Fiat - sottolinea Veltri -. A livello mondiale, considerando anche le mafie cinesi, giapponesi, sudamericane e russe, il giro d’affari supera i mille miliardi di dollari. Parliamo del bilancio di 150 Paesi membri dell’Onu». La principale fonte di guadagni per la criminalità organizzata italiana resta il traffico di droga (59 miliardi di euro), mentre quello d’armi garantisce 5,8 miliardi, il racket 9 miliardi, l’usura 12,6 miliardi. Il giro d’affari delle ecomafie vale invece 16 miliardi di euro. La ricchezza dei patrimoni della criminalità organizzata, segnala infine l’Eurispes, emerge anche dai sequestri operati dalle forze dell’ordine: 5,2 miliardi di euro (2,9 miliardi alla camorra, 1,4 alla mafia e 231 milioni alla ‘ndrangheta).

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FONTE: ELAB. CENSIS SU DATI ISTAT, BANCA D’ITALIA

IL PESO DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA IN ITALIA


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CONSUMO CRITICO, UNA RISPOSTA ALLA MAFIA

DUEMILACINQUECENTO PERSONE, divise in 17 gruppi di lavoro, con la partecipazione di un centinaio di relatori hanno contribuito a dar vita, dal 23 al 25 ottobre, a Contromafie: gli Stati generali dell’antimafia organizzati da Libera a Roma. Al termine dei lavori, il presidente dell’associazione don Luigi Ciotti ha presentato un “papello della legalità”, in undici punti. Un «Manifesto per un mondo liberato dalle mafie», con il quale si chiede l’approvazione di un testo unico della legislazione Antimafia «per superare le attuali disfunzioni e garantire una più efficace azione di contrasto»; l’istituzione di un’Agenzia nazionale per la gestione dei beni sottratti alle mafie; la lotta ai legami tra mafia e politica attraverso la revisione del reato di voto di scambio e della normativa sui Comuni sciolti per mafia; l’adozione di un codice etico che impedisca la presenza nelle istituzioni di persone condannate o rinviate a giudizio per gravi reati. «Oggi - ha sottolineato don Ciotti - sono avvelenati i pozzi della politica. Bisogna cambiare falda». Nel suo intervento d’apertura, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha ricordato l’apporto fondamentale della magistratura nella lotta al crimine organizzato. Lavoro che non si limita soltanto alla caccia ai boss: «Poco fa una mamma mi ha ringraziato: dopo 14 anni abbiamo ritrovato i resti di suo figlio. Pensare che questo non valga la spesa di denaro pubblico necessaria per finanziare la magistratura significa avere una visione gretta della vita stessa».

PIÙ DI UN ITALIANO SU CINQUE HA A CHE FARE CON LA MAFIA, perché abita in un comune dove sono presenti infiltrazioni della criminalità organizzata. Si tratta di 13 milioni di persone. Un rapporto che sale al 77% nel Centro-Sud del Paese. Lo afferma il Censis, nel suo ultimo rapporto sul Condizionamento delle mafie sull’economia, sulla società e sulle istituzioni del Mezzogiorno. Il peso della criminalità sull’economia è pari, stima l’istituto, a 224 miliardi di euro e può contare su 93 miliardi di depositi e 117 miliardi in impieghi. La domanda è: come combattere tale fenomeno? Servono, certamente, gli sforzi delle amministrazioni locali (quelle “pulite”), della magistratura e delle forze dell’ordine. Ma anche i cittadini possono fare la loro parte, in molti modi. Uno di questi è modificare i propri consumi (e i propri risparmi) in funzione dell’affidabilità delle aziende. Nelle città più piccole, ad esempio, è noto quali siano le imprese ad alto tasso di infiltrazione mafiosa. E il consumo critico può metterle in crisi, come dimostra l’esperienza di Addiopizzo a Palermo. Al tema è stato dedicato un convegno dal 26 al 28 novembre, organizzato dall’Università di Bergamo, con la partecipazione di Valori come media partner: “Legalità è partecipazione - il consumo critico come nuova frontiera della lotta alle mafie”. Tre giorni di dibattito per comprendere le reali potenzialità di questa arma “antimafia”. www.unibg.it/cittadinanzalibera - www.cittadinanzasostenibile.it

ricordato Misha Glenny, giornalista inglese autore del libro McMafia. In tempi di recessione molte famiglie preferiscono comprare una maglietta “taroccata” a 5 euro anziché 20 euro, una borsa “scontata” del 90% o un dvd masterizzato illegalmente a 3 euro. La Cina produce e spedisce; la mafia distribuisce sul territorio. Secondo il generale della Guardia di Finanza Giovanni Mainolfi, la camorra guadagna 10 euro per ogni euro investito nella contraffazione di capi d’abbigliamento (per la droga ne ricava “solo” 6).

LIBRI

Elio Veltri Antonio Laudati Mafia Pulita Longanesi, 2009

Case e imprese, la piovra si estende al Nord Ma le mafie stanno divorando anche i piccoli business, dalle pompe di benzina ai supermercati in franchising, attraverso i prestiti alle aziende in difficoltà. “Sono libere di introdurre liquidità in due aree, che costituiscono il cuore della recessione globale: il mercato immobiliare e quello del credito”, ha spiegato un’inchiesta dell’Associated Press. “A Roma, tra la scalinata di Trinità dei Monti, piazza Navona e Fontana di Trevi le organizzazioni criminali stanno entrando nel mercato immobiliare: hotel, ristoranti e caffé, perfino luoghi presenti nelle guide turistiche”. Vale per gli immobili, così come per le aziende, specialmente quelle quotate in Borsa, il cui valore si è deprezzato fortemente negli ultimi mesi, diventando estremamente appetibile per i finanzieri criminali. «Se i capitali delle mafie sono entrati nelle banche che cosa ci dobbiamo aspettare: una ripresa determinata dai | 46 | valori |

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Misha Glenny McMafia Mondadori, 2008

Piergiorgio Morosini Il Gotha di Cosa nostra. La mafia del dopo Provenzano nello scacchiere internazionale del crimine Rubbettino, 2009

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cartelli criminali?», si domanda Saviano. I redditi in picchiata e la disoccupazione possono provocare anche un aumento dei reati “predatori” (rapine, truffe, spaccio), effettuati da persone non necessariamente legate alla criminalità organizzata, “ma è certo che sono le mafie a tirare le fila anche di tali reati”, prosegue il rapporto della Dna. “Le forze dell’ordine, inoltre, saranno più impegnate nel contrasto della microcriminalità e, fatalmente, lasceranno più spazio di manovra alle organizzazioni mafiose. Come se non bastasse conclude la Direzione nazionale antimafia - a garantire altro denaro c’è perfino l’intervento dello Stato nell’economia. Dagli Usa alla Cina, dall’Europa al Giappone i governi sono dovuti correre ai ripari iniettando miliardi nelle proprie economie. E le mafie si sono già attivate per tentare di intercettare tali capitali”. Per contrastare questa nuova crescita della criminalità organizzata non bastano le istituzioni: serve l’aiuto di tutti. Aprendo gli Stati generali dell’antimafia, organizzati a Roma dall’associazione SITI INTERNET Libera, il procuratore nazionale Pietro Grasso ha Associazione Libera citato Gramsci: «Vorrei www.libera.it Associazione Sos Impresa sentire già oggi pulsare www.sosimpresa.it l’attività della città futuFederazioni delle ass. antiracket nuke.antiracket.it ra, in cui non ci sono soComitato Addiopizzo lo pochi a sacrificarsi e gli www.addiopizzo.org altri alla finestra».

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Emergenza ambientale Smarriti sulla via dell’innovazione

Generare tecnologia e formare sapere sono le chiavi adottate dall’Ue per il suo sviluppo economico:

dalla lotta al climate change alla sicurezza ambientale. Come si pone l’Italia rispetto a questa strategia industriale?

O

di Paola Baiocchi

35%

EXPORT DI ALTA TECNOLOGIA

VERDI E INNOVATIVE

Percentuale sul totale dei beni esportati

28,89

LE SETTE AREE STRATEGICHE ANTICRISI DEL G20

30%

GRAN BRETAGNA GERMANIA FRANCIA ITALIA 26,48

29,79 28,64

27,34 25,10 25,47 25,60

25%

24,42 22,80 21,88

20,74

A BREVE TERMINE 1] Miglioramento dell’efficienza energetica 2] Miglioramento delle infrastrutture in un’ottica low-carbon 3] Supporto ai mercati delle tecnologie pulite

20,07

22,14 20%

19,07 17,84

16,08 15,08 15,15

14,19

14,76

15,36

14,79

15%

13,62

10%

7,51

8,53

8,58

8,21 7,01

7,08

6,94

6,42

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

FONTE: EUROSTAT 2007

CONTROMAFIE, DA ROMA LIBERA RILANCIA LA LOTTA ALLA CRIMINALITÀ

A MEDIO-LUNGO TERMINE 4] Misure per “fidelizzare” investitori e imprenditori privati in settori destinati a divenire pilastri di uno sviluppo ecocompatibile 5] Avvio di progetti pilota 6] Incentivi alla ricerca a livello internazionale 7] Incentivi agli investimenti in tecnologie low-carbon

RMAI È UN MANTRA:

l’Italia non investe sul proprio sviluppo e vive di rendita su alcune eccellenze isolate e su un glorioso passato di creatività e innovazione. Non è certo con uno spirito da “guardoni del calcio” (ognuno bravo a dare consigli all’allenatore della Nazionale) che da parte di economisti, anche di impostazioni differenti, arrivano forti critiche all’attuale governo, imputato di una totale assenza di politiche economiche. Assente o colpevole di intraprendere scelte che ci collocheranno nelle fasce basse del mercato internazionale, dove lo sgomitamento tra economie è più forte perché il valore aggiunto è poco. Non imprimere una svolta sostanziale al nostro sistema produttivo, ora che la crisi mostra gli effetti sull’occupazione, ci condizionerà: «La possibilità e la capacità di realizzare beni capitali e intermedi determinerà non solo l’uscita dalla crisi, ma anche una nuova divisione internazionale del lavoro», dichiara Roberto Romano, economista e ricercatore per la Cgil Lombardia.

Produzione industriale orientata all’ambiente «I beni capitali sono quelli che in prevalenza incorporano grande innovazione tecnologica, i beni intermedi sono quelli introdotti nei prodotti finali, mentre i beni di consumo sono, per esempio, le cravatte», continua Roberto Romano. «La Germania, di fronte alla crisi del tessile degli anni Novanta, ha riconvertito la produzione applicandola ad altri settori. I “cappotti” che vengono messi alle case per aumentarne l’isolamento termico e contenerne i consumi energetici sono un prodotto di quella conversione industriale, così come le tappezzerie ignifughe per le automobili o il Goretex, tessuto traspirante, adatto anche alla coibentazione. Brevetti pregiati che siamo costretti ad acquistare, perché di |

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fronte alla stessa crisi abbiamo reagito estromettendo manodopera per continuare a produrre cravatte». «Se da ora non ci dedicheremo a cambiare la nostra produzione industriale, orientandola verso quello che si sta muovendo per far fronte all’emergenza ambientale perderemo la possibilità di intercettare un mercato che da qui ai prossimi 10 anni varrà almeno il 20% del Pil. E le ricadute sul sociale saranno devastanti» conclude Romano. Per l’economista servirebbero delle start up pubblico-private che applichino nell’industria i risultati della ricerca pubblica.

GLI IMPIANTI RINNOVABILI

Daniela Palma, economista dell’Enea che ha lavorato al Rapporto Energia Ambiente 2008 (Enea, luglio 2009), sottolinea alcuni dei punti deboli del nostro sistema produttivo: «Quando esiste una frontiera di sviluppo tecnologico l’Italia non accresce la sua capacità di produrre tecnologie che controbilancino il sistema: consumiamo tecnologia senza produrla. Il nostro sistema industriale è rimasto fortemente tradizionale, anche ora che si sono ridotti i margini della nostra vecchia economia della piccola impresa e dei distretti. Abbiamo, quindi, un sistema poco capace di rispondere alla reale domanda, che sta convergendo verso la sostenibilità ambientale, di rendere l’Europa un’area sempre più competitiva sotto il profilo dello sviluppo e dell’innovazione». «Questo fa pagare dei costi al Paese – continua Daniela Palma – perché si rimane indietro sotto il profilo competitivo e, se anche pareggiamo la bolletta energetica, producendo energia da fonti rinnovabili, ci indebitiamo per importare tecnologia». Il rapporto dell’Enea, all’interno delle sette aree di intervento indicate dal G20 (vedi BOX ), per far fronte alla doppia crisi, economica e ambientale, suggerisce il miglioramento dell’efficienza energetica come opzione potenzialmente più rilevante, più immediata e dai costi più contenuti. E come far fronte, invece, all’emergenza sociale fotografata dal Factbook Ocse 2008, che ci vede al di sotto della media dei Paesi industrializzati per retribuzioni, quartultimi per investimenti in conoscenza, ma con un monte ore annuo lavorato di 400 ore circa in più (1.800 contro 1.436) rispetto alla Germania? Roberto Romano non ha dubbi: «Riducendo l’orario di lavoro a parità di retribuzione e investendo su ricerca e innovazione».

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Previsioni della potenza eolica installata al 2013 in MW

5

15 10

40

> 2.000 1.000 > 1.999 100 > 999 < 100 TOTALE POTENZA EOLICA 9.600 MW

60 30 140 FONTE: STIME TERNA

Importatori netti di tecnologie

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ENERGIA, LE RINNOVABILI IMPONGONO IL RIPENSAMENTO DELLA RETE

1.200

L’EVOLUZIONE DELLA RETE ELETTRICA SECONDO I DATI resi pubblici da Terna, la società responsabile in Italia della trasmissione dell’energia elettrica, gli impianti di generazione eolica installati al 30 giugno del 2009 sono pari ad una potenza di 4.128 MW. Ma si stima che la crescita sia tale da far raggiungere, entro il 2013, i 9.600 MW, il che significa il raddoppio della potenza eolica installata. Per adeguare la rete elettrica a tale sviluppo, Terna dichiara di avere attualmente cantieri aperti per 1,5 miliardi di euro, mentre gli interventi “in autorizzazione” presso il ministero dello Sviluppo economico sono pari a 1,6 miliardi. L’azienda conta di avviare inoltre lavori sulle interconnessioni con la Francia, la Slovenia e il Montenegro.

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LE ENERGIE RINNOVABILI IN ITALIA rischiano di trovarsi presto come il motore di una Ferrari costretto nella carrozzeria di una 500 d’epoca. Il potenziale bolide potrebbe scontrarsi con una rete elettrica non sufficientemente efficiente per garantire l’erogazione di tutta l’energia prodotta (o buona parte di essa). Se infatti si costruisce un impianto moderno, ma lo si collega attraverso un elettrodotto obsoleto, l’ovvia conseguenza sarà l’utilizzo limitato di quella fonte. Secondo l’“Analisi del costo del mancato adeguamento della rete di trasmissione elettrica nazionale”, pubblicata nel giugno del 2009 dal Ref (Ricerche per l’economia e la finanza), invece, “l’incremento della capacità della rete è in grado di generare benefici per la collettività, i consumatori e gli investitori stessi”. Con effetti sull’aumento della concorrenzialità e sul miglioramento dell’efficienza. Ma c’è da lavorare. Si tratta di un problema che non riguarda solamente l’Italia: la questione è emersa in tutti i Paesi sviluppati, dal momento che gli elettrodotti furono inizialmente pensati per un sistema costituito da poche, grandi centrali, e non dalla “generazione diffusa” verso la quale spingono le rinnovabili. Le reti, inoltre, dovranno riuscire a convogliare molta più energia, in futuro, a fronte 300 di una domanda che crescerà però in misura minore. Secondo l’Ucte - l’Organizzazione responsabile 350 2.400 per le raccomandazioni tecniche e di esercizio 1.300 per i gestori di rete di trasmissione 350 elettrici in Europa - per il decennio 2008-2018 è previsto l’ingresso di nuova capacità per 220 GW (di cui 1.000 80 GW provenienti dall’eolico). L’incremento dei consumi sarà tuttavia pari a 90 GW. Ciò che serve, dunque, è un cambiamento strategico. “Per il quale - prosegue l’Ucte - serve 2,400 un investimento complessivo, nei prossimi 5 anni, pari a 17 miliardi di euro”. “L’Italia, inoltre, dovrà colmare il gap dovuto al fatto che - sottolinea lo studio di Ref – negli ultimi 30 anni, la consistenza della rete primaria italiana è aumentata mediamente dell’1,2% all’anno, mentre in Europa tale valore si attesta intorno al 2,5%”. Nello stesso periodo, l’incremento medio dei consumi per l’Italia è stato pari al 2,9%: “Il tasso di utilizzo della rete è aumentato fino al 50% rispetto al valore medio europeo, con ripercussioni in termini di efficienza e sicurezza ottimali del servizio di trasmissione». Un esempio è costituito dalla linea Sorgente-Rizziconi, che collega Sicilia e Calabria (unico attuale collegamento). Ref ha calcolato il costo del ritardo dell’adeguamento della rete per il 2008, confrontando il guadagno in termini di benessere tra la situazione odierna e quella, ipotetica, che prevede un raddoppio della rete. In quest’ultimo caso si sarebbe ottenuto un beneficio dovuto al miglioramento dell’efficienza produttiva pari a 36 milioni di euro e un effetto redistributivo in termini di trasferimento di surplus dai produttori ai consumatori pari a 219 milioni di euro. Andrea Barolini

Confrontiamoci su proposte concrete

A poco più di tre mesi dalle prossime elezioni regionali e amministrative c’è un grande fermento

politico che vede la nascita di liste civiche, movimenti e nuovi partiti. Quali programmi propongono?

L

E PROSSIME ELEZIONI, amministrative e regionali (28 e 29 mar-

zo 2010) sono precedute da un grande fermento politico, con la nascita di liste civiche, movimenti e partiti. È il momento delle proposte concrete. Valori ha intervistato quattro di Paola Baiocchi, Corrado Fontana rappresentanti con diverse posie Elisabetta Tramonto zioni politiche, esperienze e prospettive: Francuccio Gesualdi, fondatore del Centro Nuovo modello di sviluppo, che a settembre ha lanciato un appello, attraverso le riviste Valori, Carta e Altreconomia, per riscrivere la politica dal basso; Fabio Salviato, presidente di Banca Etica e fondatore del Mes (Movimento etico solidale); Luciano Muhlbauer, Consigliere regionale della Lombardia di Rifondazione comunista, firmatario della Federazione della sinistra, e Antonio Tavani, sindaco di uno dei “Comuni a cinque stelle”, Fara San Martino (Chieti), per la lista civica di centro-destra L’aquilone. Abbiamo chiesto loro tre proposte concrete su tre temi chiave.

In alto, Francuccio Gesualdi, del Centro nuovo modello di sviluppo; sotto, Fabio Salviato, presidente di Banca popolare etica e fondatore del Mes (Movimento etico solidale).

stiti da organizzazioni pubbliche, in collaborazione con le reti sociali e solidali. Proponiamo che gli enti locali definiscano, sentito il parere dei cittadini, quali sono i beni pubblici primari e ne coordinino l’attività; le reti sociali e solidali possano entrare nella partecipazione delle società pubbliche per migliorarne l’efficacia: vengano costituiti comitati di controllo ente/cittadini per orientare il servizio pubblico in particolare nel riciclo. Il cittadino che ricicla di più viene premiato con un’imposizione fiscale inferiore.

MUHLBAUER: In alcun modo può essere imposta la privatizzazione della proprietà e/o della gestione di un bene comune. L’esperienza dell’acqua dimostra che la privatizzazione è sbagliata e anti-economica. La proprietà e la gestione pubblica, anzitutto a livello locale, deve rappresentare la regola. Poi va garantita la trasparenza della gestione pubblica e il controllo da parte dei cittadini.

TAVANI: La politica ha fallito nelle gestioni che ha affrontato da sola. Il connubio pubblico-privato spiana invece la 1. Beni comuni e servizi pubblici, sempre più sotstrada dell’iter autorizzativo veloce al privato che, selezioto la mano privata GESUALDI: Acqua, energia elettrica, gas: non sono beni a ri- nato con rigorosa evidenza pubblica, si applica alla gestione del bene pubblico con criteri di trasparenza, riconolevanza economica, ma beni che soddisfano bisogni fonscendo alle istituzioni il loro ruolo su programmazione, tadamentali, diritti da gestire secondo criteri di solidarietà e riffe e controllo. L’impalcato del Decreto Ronchi regge. Anpreservazione. Il che significa gratuità sui fabbisogni di che sulla sanità vanno ipotizzate forme di gestione mista, base e tariffe crescenti sui consumi eccedenti per scoragla produttività interna ne gioverebbe. giare gli sprechi. La gestione non può essere PROPOSTE/1 affidata a società per profitto (siano esse a capitale pubblico o privato), ma ad enti pubbli2. Lavoro e precariato NEI NUMERI DI VALORI ci senza scopo di lucro finanziati con introiti GESUALDI: Va coltivato il concetto che scopo di febbraio e marzo sottoporremo gli stessi misti, tariffe e fiscalità. del lavoro non è il salario, ma il soddisfacitre temi a esponenti mento dei bisogni. Perciò va considerato andi altri partiti, movimenti che il fai da te, i piccoli scambi di vicinato, il SALVIATO: Acqua, rifiuti, trasporti, energia, sao liste civiche. lavoro comunitario. Tali forme vanno potennità sono beni primari, che devono essere ge|

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ziate tramite adeguate riforme dei programmi scolastici e la sperimentazione di servizi pubblici gestiti col lavoro di tutti anziché con le tasse. Il lavoro precario si può scoraggiare ponendo degli sbarramenti alle assunzioni temporanee e facendo pagare alle aziende oneri sociali più alti.

LE MANI SULL’ACQUA E NON SOLO SI CHIAMAVA DECRETO LEGGE 135/09, ma il 18 novembre scorso è stato convertito in legge, con un contestato voto di fiducia alla Camera. Il cosiddetto Decreto Ronchi ha scatenato reazioni di protesta trasversali perché il suo famigerato articolo 15 (Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica) determina la definitiva liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Ad eccezione della distribuzione dell’energia elettrica, del trasporto ferroviario regionale e delle farmacie comunali (ma compresa l’acqua), a partire dal 2011 la gara diventerà il modo ordinario, qui sta la rivoluzione, per assegnare in gestione ogni servizio pubblico. In pratica succederà che le società affidate in house (totalmente gestite all’interno dell’amministrazione locale) dovranno cessare al 31 dicembre 2010, mentre quelle partecipate potranno mantenere fino a scadenza i contratti stipulati senza gara formale solo nel caso in cui Comuni, Province e Regioni cedano ai privati (“soggetti industriali”) almeno il 40% del capitale. Le società quotate avranno tre anni in più per adeguarsi, a patto che abbiano un massimo del 40% fino al 2013 e del 30% dal 2015 di quote di partecipazione pubblica. È insomma una riduzione della proprietà e del potere decisionale degli Enti locali in settori vitali per il cittadino (servizi idrici, trasporti locali, smaltimento rifiuti, ecc.), ma considerati “a rilevanza economica” e quindi messi sul mercato. Agli amministratori locali resta la sola via di fuga di creare enti pubblici ad hoc per la gestione dei servizi, come sta facendo la Puglia per l’acqua. www.acquabenecomune.org - www.petizionionline.it C. Fontana

SALVIATO: Nella fase di transizione lo Stato deve farsi carico dei lavoratori che perdono il posto, garantendo a tutti un salario minimo e una formazione che permetta il reinserimento. Serve una legge che permetta a qualsiasi cittadino di investire fino a 40 mila euro in una media e piccola impresa o in un impresa non profit, con un vantaggio fiscale del 25%, a condizione che l’investimento resti in azienda per almeno 5 anni. È una legge già in vigore in Francia. Devono essere estese ai precari tutte le garanzie previste per i lavoratori a tempo indeterminato.

MUHLBAUER: Va rimesso al centro il lavoro e il lavoratore, con un nuovo welfare, con il raddoppio del periodo di cassa integrazione e l’estensione degli ammortizzatori sociali ordinari a tutti i lavoratori. Bisogna introdurre un salario sociale per i disoccupati e per i precari al di sotto di un dato reddito; rivedere la legge 30 e le norme che hanno diffuso il precariato, stabilendo come regola il contratto a tempo indeterminato. Serve una lotta vera al lavoro nero, anche attraverso una modifica della legge sull’immigrazione, per regolarizzare i lavoratori immigrati e impedirne la trasformazione d’ufficio in “delinquente”.

cole imprese. Nel settore immobiliare e delle costruzioni serve una mappatura del patrimonio e un piano per il risparmio energetico e la tutela ambientale. Si potrebbero creare almeno 500 mila nuovi posti di lavoro. Un milione di ettari in Italia sono coltivati biologicamente: bisogna attivare una società mista pubblica/privata che acquisti i terreni per consegnarli ai contadini che intendano sviluppare agricoltura biologica, creando 200 mila posti di lavoro.

TAVANI: Serve una nuova legge quadro sul turismo, fattore di Pil fondamentale: si potrebbero defiscalizzare gli investimenti nel settore, soprattutto se frutto di imprenditoria femminile. L’occupazione femminile è un nodo da sciogliere a livello nazionale, soprattutto al Sud. Se poi il futuro è il welfare attuiamo un piano nazionale per convertire al mercato dell’assistenza, anche sanitaria, di livello le strutture ricettive abbandonate: daremmo risposte concrete all’occupazione, specie femminile, grazie a un’offerta di benessere nelle più belle zone interne d’Italia. 3. Quali stimoli per uscire dalla crisi

SALVIATO: Serve un’agenzia nazionale per il microcredito, che effettui in 3 anni almeno 1 milione di microcrediti alle persone fisiche e 200 mila microcrediti per l’avvio di pic| 50 | valori |

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12 novembre - 10 gennaio MILANO (ITALIA) IL BANCO DI GARABOMBO L’ALTRO MERCATO NATALIZIO Tredicesima edizione del mercatino di Natale dell’economia solidale organizzato da Chico Mendes, Altromercato, Radio Popolare e da Librerie in Piazza. Oltre al commercio equo, molte proposte di prodotti biologici, di filiera corta e a chilometri zero, delle cooperative di Libera Terra e dell’economia carceraria. Via Mario Pagano (Metro 1) - Milano www.chicomendes.it

20 novembre 2009 - 27 febbraio 2010 COMO PERCORSO MERCATO BENE COMUNE Percorso di confronto, costituito da 4 incontri, per riallacciare le tante pratiche che sono diffuse sul nostro territorio, con una riflessione che guardi al modello di economia e di società a cui stiamo lavorando. Organizzato da L’isola che c’è, rete comasca di economia solidale. www.lisolachece.org

MUHLBAUER: È fondamentale ridare un ruolo attivo, anche

GESUALDI: Dobbiamo rispondere al disagio sociale prodotto da questa crisi ponendo le basi per una transizione verso un modello più equo e sostenibile. Quattro le iniziative principali: aumentare il gettito fiscale tramite un inasprimento sui redditi alti e sugli acquisti di lusso; fornire reddito di disoccupazione in cambio di lavoro sociale; investire risorse pubbliche in rinnovamento energetico, acquedotti, trasporti ed edilizia pubblica; potenziare le economie locali tramite tasse sui chilometri percorsi dalle merci e introdurre monete locali.

APPUNTAMENTI DICEMBRE>FEBBRAIO

In alto Luciano Muhlbauer, consigliere regionale di Rifondazione in Lombardia, firmatario della Federazione della sinistra. In basso, Antonio Tavani, sindaco di Fara San Martino (Chieti) per la lista civica di centrodestra, L’Aquilone.

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in economia, al pubblico. Con l’intervento diretto nelle crisi aziendali per salvaguardare attività produttive e occupazione; l’introduzione di nuove norme di contrasto alle delocalizzazioni e un’iniziativa sul piano internazionale per uniformare le condizioni di lavoro, salariali e ambientali; investimenti pubblici (diretti, incentivi e disincentivi) per stimolare nuovi settori produttivi e nuova occupazione; aumento del potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni per la ripresa del mercato interno.

30 novembre - 5 dicembre 2009 ITALIA PENDOLARIA Evento attraverso cui Legambiente, insieme ai comitati dei pendolari, chiede un trasporto ferroviario locale più forte e moderno. www.legambiente.eu

TAVANI: Il sistema bancario ha contratto drasticamente l’offerta di risorse finanziarie. Va smantellata la logica del rating e sposato il concetto dell’imprenditore e della sua impresa: urge un grande piano di liquidità che premi investimenti e consolidamenti; senza contributi a fondo perduto e senza aspettare oltre la discussione sulla Banca del Sud: già c’è uno sportello in ognuno degli 8 mila comuni, si chiama Poste Italiane.

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2 - 4 dicembre 2009 BRESSANONE (BZ) 4° ENERGY FORUM Quarta edizione del Forum sull’architettura e l’urbanistica solare. Si confronteranno architetti, ingegneri, scienziati, energy manager e case costruttrici. www.energy-forum.com

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

visite ai produttori, attività d’educazione alimentare e del gusto, incontri. Il programma completo è disponibile su: www.terramadre.org www.slowfood.it

3 - 5 dicembre ANCONA (ITALIA) FROM GDP TO WELL-BEING: ECONOMICS ON THE ROAD TO SUSTAINABILITY Si intitola “Dal Pil al benessere: l’economia sulla strada della sostenibilità” la tre giorni di incontri organizzata dalla facoltà di economia Giorgio Fuà dell’Università Politecnica delle Marche. fromgdptowellbeing.univpm.it

3 dicembre 2009 ROMA AWARD ECOHITECH 2009 Storico premio alle imprese tecnologiche amiche dell’ambiente promosso dal Consorzio Ecoqual’It, giunto alla sua undicesima edizione. www.ecoq.it

5 - 13 dicembre 2009 RHO-PERO (MI) ECOABITARE 09 Salone delle finiture, impianti per la casa, terrazzi,giardini e per l’abitare ecologico. www.ecoabitare.net

10 dicembre TERRA MADRE DAY Il Consiglio Internazionale di Slow Food ha lanciato la prima edizione del Terra Madre Day, che si svolgerà in contemporanea in tutto il mondo. Una giornata di festa per gli aderenti alla rete di Terra Madre e Slow Food. Uno dei più importanti eventi collettivi globali per celebrare il cibo buono, pulito, giusto attraverso pic-nic, cene, film, concerti,

12 dicembre 2009 ITALIA 100 PIAZZE PER IL CLIMA Mobilitazione di piazza in occasione del vertice mondiale sul clima che si terrà a Copenhagen: uniti, tanti, vogliamo dire ancora più forte ai potenti della Terra che non c’è più tempo, che è urgente e necessario ridurre le emissioni di CO2 per salvare il Pianeta dagli effetti devastanti dei mutamenti climatici. www.legambiente.eu

14 dicembre BOLOGNA (ITALIA) MASTER INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FILANTROPIA E L’INNOVAZIONE SOCIALE Scadenza del bando di concorso per il master organizzato dall’Università di Bologna. Il corso è di carattere multidisciplinare e abbraccia studi aziendali ed economici, umanistici, internazionali, politici e sociali. www.unibo.it 14 dicembre BOLOGNA (ITALIA) ECONOMIA DELLA COOPERAZIONE MUEC Scadenza del bando di concorso per il master organizzato dall’Università di Bologna. Obiettivo del master è la formazione di funzionari di imprese e/o strutture territoriali o di servizio del Movimento Cooperativo; di professionisti e/o consulenti per il settore cooperativo; di neo imprenditori cooperativi. www.unibo.it

14 - 18 dicembre ROMA (ITALIA) THE FIFTH WORKSHOP ON INTERNET AND NETWORK ECONOMICS Quinta edizione del workshop interdisciplinare sull’interazione tra internet, la rete e l’economia,organizzato presso l’Università La Sapienza di Roma. www.dis.uniroma1.it/~wine09 |

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19 - 20 dicembre ITALIA MAL’ARIA 2009 Smog e stress da traffico? Inquinamento acustico e città poco pedonalizzate? Tematiche che anche quest’anno saranno al centro di Mal’Aria, la storica campagna antismog che Legambiente organizza in numerosi comuni italiani. www.legambiente.eu

11 gennaio 2010 TOLENTINO (MC) GAS, LA RETE, I PRODUTTORI Alle 21.15 (luogo da confermare) la Rete dell’Economia etica e solidale delle Marche organizza un incontro sulle modalità di gestione del Gas e le strategie di collaborazione con i produttori e la Rete. www.resmarche.it

21 - 24 gennaio 2010 BOLZANO KLIMAHOUSE Fiera internazionale specializzata nell’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia. www.fierabolzano.it/klimahouse2010

11 - 12 febbraio 2010 ROMA CIS-IT 2010 La seconda edizione della Conferenza dell’Industria Solare in Italia, che ha visto lo scorso anno la partecipazione di oltre 450 professionisti del settore, offre anche nel 2010 la piattaforma ideale per aggiornarsi sulle novità di mercato e tecnologiche e per favorire lo scambio di esperienze tra gli operatori in Italia e all’estero. www.solarpraxis.de

25 - 27 febbraio 2010 STOCCARDA (GERMANIA) CEP 10 Congresso e fiera internazionale per le energie rinnovabili e l’abitare ecocompatibile. www.cep-expo.de

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Dieci anni da Seattle

Non dimentichiamo di Ugo Biggeri*

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PUBB ETICA SGR

1999, CHIUDE LA CONFERENZA DEL WTO (l’Organizzazione mondiale del commercio) e finisce la cosiddetta battaglia di Seattle, ma inizia qualcosa di nuovo: un intreccio di reti di attivisti, temi, sinergie, esperienze, idee che continua ad accrescersi negli anni. La politica tutta sembra non essersi accorta che quasi dieci anni fa a Seattle è comparso sulla scena mediatica un movimento nuovo, molto variegato, ma con radici profonde in tutto il mondo. O lo si è ignorato o si è cercato di cavalcarlo, ma non è stato preso veramente sul serio politicamente. Quel movimento, così difficile da definire, è ancora presente tra la gente: produce idee, chiede risposte, mobilita i cittadini in azioni sia quotidiane che di ampio respiro. Paul Hawken nel suo libro Moltitudine inarrestabile (Edizioni Ambiente) lo analizza con numeri di tutto rispetto. Io ero a Seattle (e poi a Cancun e a Hong Kong) e ho visto come dalle grandi posizioni unitarie del movimento si sia tornati alla frammentazione, ma continuando ad operare e ad inventare nuove economie. Che bilancio dare? Questo movimento ha, nella maggioranza dei suoi attivisti, un approccio di libero mercato, con delle regole di responsabilità, ma in cui l’iniziativa imprenditoriale e privata è fondamentale. Ha la disponibilità evidente a innovazioni sul welfare partecipato, nell’imprenditoria ecoefficiente e attenta alle regole di responsabilità sociale, nel cambiamento degli stili di consumo dei cittadini. È evidente (in particolare in Italia) che non si è identificato nelle posizioni della sinistra tradizionale ed è orfano di una rappresentanza politica. Anzi, identifica l’azione politica come estranea alle strutture politiche classiche, con grave inefficacia della sua azione. È dalla “battaglia” Inoltre, credo, che tutti dobbiamo ammettere che su alcuni punti del 1999 che il movimento il movimento ha avuto delle intuizioni su cui è bene riflettere: cresce. E lo fa sulla questione finanziaria della Tobin Tax, le regole di trasparenza base di grandi intuizioni: lae responsabilità dei mercati, il controllo del management. L’importanza dalla Tobin Tax alle regole sulla trasparenza della sovranità alimentare, che non può essere garantita dal solo mercato. L’inutilità delle guerre dell’amministrazione Bush. La questione dei limiti ambientali, in particolare l’esaurimento delle risorse, e cambiamenti climatici. La capacità di proporre un nuovo approccio al mercato anche con regole ostili: commercio equo, finanza etica, agricoltura biologica, marchi di certificazione, nuove modalità di acquisto e di consumo, energie rinnovabili, nuove forme di mutualità. Oggi ci troviamo in una crisi che ancora potrebbe essere gestita in modo salutare per il Pianeta e il futuro dei suoi abitanti, con scelte coraggiose che ripeschino dalle esperienze e dalle idee sopra citate degli spunti per politiche innovative. Disturba molto che chi (in particolare il ministro dell’Economia Tremonti) ha confidato e promosso con forza la “reganomics”, che ci ha portato a questo punto, oggi continui ad essere la voce più forte sulla necessità di un cambio di rotta. Noi non ce lo meritiamo, ma neanche le forze progressiste, che pure hanno ceduto alle sirene della deregulation. Seattle ha segnato veramente qualcosa nel modo di agire dei cittadini nella globalizzazione, se anche oggi quest’anniversario rischia di passare sotto silenzio, la storia non torna indietro: il mondo non è lo stesso di dieci anni fa, i temi delle giustizia ecologica sono ormai in agenda anche se la gran parte del lavoro è da fare. * Presidente della Le sconfitte quotidiane ci pesano, ma sul lungo periodo non si può che concordare con chi scriveva Fondazione Culturale Responsabilità Etica sui muri di Seattle: we are winning. DICEMBRE

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Niger, colonia nucleare >56 Balcani: un mosaico di contraddizioni in cerca di stabilità >58 Crisi dimenticate/3: Malnutrizione infantile >61

internazionale HUMAN RIGHTS WATCH ACCUSA: LA CINA USA LE BLACK JAILS

INCREMENTO DELLE MALFORMAZIONI NEI NEONATI DELLA CITTÀ IRACHENA DI FALLUJA

INGERENZE DI GENENTECH NELLA RIFORMA SANITARIA USA

LA RUSSIA ABOLISCE LA PENA DI MORTE

UN ETTARO DI FORESTA TROPICALE VALE 16 MILA DOLLARI, MA GLI ECONOMISTI NON LO SANNO

TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE GLI USA APRONO

Invisibili agli occhi dei più, spesso nascoste all’interno di alberghi o di altre strutture insospettabili, ufficialmente inesistenti. Sono le cosiddette black jails (letteralmente “prigioni nere”), i centri di detenzione illegali utilizzati dalle autorità cinesi per rinchiudere a tempo indeterminato e senza accuse gli elementi indesiderabili. La denuncia è arrivata in queste settimane da Human Rights Watch (Hrw), una delle organizzazioni globali per la difesa dei diritti umani, in un rapporto dal titolo “An Alleyway in Hell”. Secondo Hrw, queste galere improvvisate sarebbero utilizzate dal 2003 e raccoglierebbero prevalentemente quei cittadini delle aree rurali che si sono esposti denunciando fenomeni di corruzione, provvedimenti illegali o altre irregolarità delle autorità di polizia o dei funzionari locali. La detenzione in “incommunicado” (senza un capo d’accusa, senza una scadenza temporale precisa) consentirebbe alle autorità di insabbiare i ricorsi evitando procedimenti legali ai loro danni. Nonostante le testimonianze dei prigionieri sulle torture subite e le prove raccolte, il governo cinese insiste nel negare l’esistenza delle black jails.

I medici della città irachena di Falluja denunciano un’incidenza quindici volte superiore alla norma di gravi malattie e malformazioni nei neonati. Lo ha segnalato un reportage del quotidiano londinese The Guardian. L’incredibile primato è divenuto fonte di grave preoccupazione per un gruppo di funzionari e medici sia britannici che iracheni. Questi ultimi hanno chiesto ufficialmente alle Nazioni Unite di promuovere una commissione di inchiesta che accerti le cause dell’anomalia e di avviare un programma per la bonifica del territorio infestato da materiali tossici lasciati sul campo da decenni di conflitti. Proprio la presenza di residuati bellici potrebbe essere la causa del picco di malformazioni riscontrate nella zona. Secondo il direttore ospedaliero di Falluja Ayman Qais, l’aumento esponenziale dei casi di deformità sarebbe iniziato nel 2003 in coincidenza con l’avvio delle operazioni militari anglo-americane. Qais ha ipotizzato la presenza di numerosi fattori di rischio come l’inquinamento, le radiazioni, l’esposizione a sostanze chimiche, l’uso di droghe, la malnutrizione e lo stress psicologico ma non ha voluto sbilanciarsi su una singola teoria ipotizzando, al contrario, una combinazione di cause. La città di Falluja, ha ricordato il Guardian, è stata teatro di due aspre battaglie che hanno contrapposto l’esercito Usa alle milizie sunnite ma è stata, soprattutto, bersaglio di un massiccio bombardamento. Nell’occasione, la città fu colpita da ordigni al fosforo bianco, una sostanza altamente tossica. Quello di Falluja non è comunque un caso isolato. Altre città del Paese, come Bassora e Najaf, presentano oggi un incremento anomalo di malformazioni nei neonati. Anche queste aree sono state oggetto di violenti scontri durante l’ultima guerra.

Alcuni discorsi dei parlamentari statunitensi in merito alle riforme del sistema sanitario promosse dall’amministrazione Obama sono stati scritti da autori assoldati dalla Genentech, una delle principali aziende farmaceutiche del Paese. A rivelarlo, dopo un’inchiesta, è stato il New York Times, insospettito dalla notevoli somiglianze di argomentazioni ed espressioni riscontrate nei discorsi di 42 congressisti (20 democratici e 22 repubblicani). «Una delle ragioni per le quali sostengo da tempo l’industria americana delle biotecnologie è che la sua storia di successo e di crescita è stata un motore per la creazione di posti di lavoro in questo Paese» ha affermato il deputato repubblicano del South Carolina Joe Wilson utilizzando le stesse parole del suo collega del Missouri Blaine Luetkemeyer. Tra gli argomenti promossi dalla californiana Genentech la difesa dell’industria nazionale e la promozione della ricerca sui farmaci generici biotech negli Usa. Negli ultimi anni, ha ricordato il quotidiano newyorchese, l’azienda farmaceutica, controllata dal gigante elvetico Roche, ha contribuito finanziariamente alla campagna elettorale di molti membri del Congresso.

Nel territorio della Federazione Russa non potrà più essere applicata la pena morte nemmeno alla scadenza della moratoria decennale, approvata dal governo di Mosca. Lo ha stabilito una sentenza della Corte costituzionale, che era stata chiamata a esprimere un giudizio sulla legittimità della reintroduzione della pena capitale. Secondo quanto spiegato dal presidente della corte Valery Zorkin, la firma della Convenzione Europea sui Diritti Umani, sottoscritta dalla Russia in questi anni, impone necessariamente l’abolizione del patibolo. La decisione, per altro, potrebbe non trovare d’accordo la maggioranza della popolazione. Un recente sondaggio, citato dall’agenzia ucraina Interfax, ha rivelato che il 56% dei russi considera la pena di morte una punizione adeguata per i crimini più gravi nonché un deterrente in grado di abbassare gli elevati livelli di criminalità del Paese. Secondo i suoi sostenitori, inoltre, la pena capitale consentirebbe di sgravare i contribuenti dai costi del mantenimento dei condannati all’ergastolo per i crimini peggiori. A sostenere la fine della moratoria sarebbero soprattutto gli uomini (62% contro il 48% delle donne) e i cittadini con più di 55 anni.

Gli economisti non stanno tenendo conto del valore delle risorse naturali dei loro Paesi mettendo così a rischio il benessere della popolazione e favorendo la perdita della biodiversità. Lo sostiene l’ultimo rapporto del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (Unep) secondo il quale i governi dovrebbero adottare migliori sistemi contabili per misurare il vero valore delle risorse naturali in modo da garantire a queste ultime un peso significativo nei processi decisionali. Lo studio, realizzato dal Ministero dell’Ambiente tedesco e dalla Commissione europea, è stato accolto con favore dal Wwf. «Un solo ettaro di foresta tropicale – segnala l’Ong ambientalista – può fornire servizi fondamentali quali cibo, acqua, materie prime, sostanze farmacologiche, mitigazione climatica, purificazione dell’acqua, turismo, per un valore di oltre 16 mila dollari l’anno. E se si prova poi a fare i conti su quanto può rendere in termini economici il restauro di alcuni ambienti degradati si scopre che, ad esempio, per ogni ettaro di area costiera ripristinata la comunità avrebbe una rendita di circa 73.900 dollari, 14.200 per un ettaro di zone umide, e fino a 129.000 dollari per le barriere coralline». Sempre secondo il Wwf, i maggiori rendimenti da ambienti naturali ripristinati si riscontrerebbero nelle praterie, nelle foreste tropicali, nei boschi, nella macchia e nelle selve di mangrovie. «La degradazione del suolo, dell’aria, dell’acqua e delle risorse biologiche – ha affermato Gordon Shepherd, Direttore delle Politiche Regionali e Globali del Wwf può avere un impatto negativo sulla salute dell’uomo, sulla sicurezza alimentare, sulla varietà di scelta offerta ai consumatori e sulle opportunità commerciali». Un fenomeno che colpisce soprattutto i poveri nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo.

Dagli Usa la prima (timida) apertura nel riconoscimento del Tribunale Penale Internazionale. Dopo otto anni di chiusura assoluta da parte dell’amministrazione Bush, gli Stati Uniti hanno accettato di partecipare per la prima volta a una conferenza dei membri del Tribunale Penale Internazionale. La corte, creata nel 2001 con l’obiettivo di giudicare i crimini contro l’umanità, il reato di genocidio e i crimini di guerra, continua a non essere riconosciuta dagli Usa al pari di altri 87 Paesi (tra cui Cina, Russia, India, Pakistan, mentre Israele ha firmato ma non ratificato il trattato). In un incontro con la stampa avvenuto a metà novembre a Nairobi, in Kenia, l’ambasciatore americano Stephen Rapp ha spiegato che il suo Paese riprenderà a collaborare con la Corte escludendo tuttavia quell’adesione che, tra le altre cose, obbliga le nazioni aderenti a estradare gli imputati davanti ai giudici dell’Aja. Secondo quanto reso noto dal Washington Post, il consigliere legale del Dipartimento di Stato Harold Koh avrebbe promesso di guidare una delegazione di osservatori americani all’assemblea dei Paesi membri nella capitale olandese nonché di partecipare alla successiva conferenza del tribunale prevista per fine maggio a Kampala, in Uganda.

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MISERIA, URANIO E DITTATORI INDIPENDENTE DALLA FRANCIA DALL’AGOSTO DEL 1960, il Paese è stato sottomesso al potere del presidente Hamani Diori fino al 1974, l’anno del golpe del colonnello Seyni Kountché. Il regime militare è sopravvissuto alla morte di quest’ultimo (1987), trascinandosi fino al 1993, quando il suo successore, il generale Ali Saibou, ha concesso le prime elezioni democratiche. Nel 1996 il golpe del colonnello Ibrahim Bare ha fatto nuovamente precipitare il Paese nell’autoritarismo; tre anni più tardi un nuovo colpo di Stato ha ripristinato l’ordinamento democratico. Mamadou Tandja è stato eletto presidente nel dicembre del 1999 ottenendo la conferma per un secondo mandato dal voto popolare del 2004. Il Paese era balzato agli onori delle cronache alla fine del 2002, quando Gran Bretagna e Stati Uniti avevano accusato il dittatore iracheno Saddam Hussein di aver acquistato in Niger uranio destinato alla produzione di armamenti nucleari. L’informazione, passata alla Cia dai servizi segreti italiani, si sarebbe rivelata clamorosamente falsa. Il Niger, che ospita due delle principali miniere del Pianeta, è oggi il sesto produttore mondiale di uranio con oltre tremila tonnellate estratte nel 2008. M. Cav.

IL PAESE IN CIFRE

Il presidente del Niger Mamadou Tandja. A sinistra, Vector (società del Gruppo Ausenco) al lavoro con Ausenco Minerals nella costruzione della miniera di Imouraren.

Apre Imouraren, il secondo giacimento di uranio del mondo. Prima dello scavo è consigliato portare regali al presidente Tandja. Come sanno bene i francesi.

C

NIGER? Schiacciato tra Algeria e Nigeria guadagna a fatica uno spazio tra le colonne dei giornali europei. Eppure è proprio in questo Paese, grande tre volte l’Italia - ma con appena un quinto degli abitanti di Claudia Apel e Mauro Meggiolaro che è partita una vera e propria corsa all’uranio, di cui la repubblica africana è il terzo produttore al mondo. Nel maggio di quest’anno, nella regione desertica di Agadez, è stata avviata la costruzione della miniera di Imouraren, finanziata dal gruppo nucleare francese Areva. «La miniera di uranio più importante dell’Africa e la seconda nel mondo», hanno annunciato i francesi. A gennaio hanno stipulato un accordo con il presidente Tandja, creando una società per lo sfruttamento del nuovo giacimento, di cui Areva detiene il 66,65%, mentre il Niger il 33,35%. «Entro il 2012 permetteremo al Niger di raddoppiare la sua attuale produzione e di figurare tra i principali | 56 | valori |

HI PARLA MAI DEL

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esportatori di uranio per i prossimi 35 anni», si legge nel comunicato di Areva.

Regali al presidente Chi l’avrebbe mai detto? Fino a due anni fa nessuno avrebbe puntato un centesimo sul successo della Francia. Nel giugno del 2007 Gilles de Namur, responsabile della sicurezza di Areva in Niger ed ex colonnello dell’esercito francese, era stato espulso dal Paese senza mezzi termini. «I francesi finanziano i ribelli Tuareg del Nord», avevano spiegato fonti governative. Ed era saltato fuori che il big del nucleare aveva versato oltre 85mila euro, per la sorveglianza di tre aree di concessione, sul conto personale del capitano Mohamed Ajidar, poi passato con i ribelli. È proprio nel 2007 che si riaccendono le speranze degli altri falchi dell’uranio: imprese canadesi, cinesi, russe e indiane sgomitano per ottenere una concessione. E fanno a gara per ingraziarsi il presidente Tandja. «Non si

può lavorare in Niger senza prima avere l’assenso personale di Mamadou Tandja», ha spiegato a Valori un ingegnere minerario americano, che ha chiesto di non essere nominato. «È utile avere un contatto diretto, ma ancora più consigliato fare “regali”». Recentemente una società indiana ha finanziato lo sviluppo agricolo della regione da cui proviene il presidente, mentre i cinesi hanno cominciato a costruire un nuovo ponte sul fiume Niger. «Il ministero delle Miniere è solo una facciata che produce montagne di carte inutili», rincara la dose Ahmed Dangana, portavoce dei ribelli Tuareg intervistato da Valori. «Per avere i permessi bisogna andare dagli “intermediari”, che molto spesso sono parenti o amici del presidente. Si versano tangenti anche per fermare le inchieste su eventuali irregolarità o per aggiustare le valutazioni di impatto sociale e ambientale. Il risultato è che i soldi dell’uranio non vanno ai cittadini ma finiscono nelle tasche di Tandja e dei suoi collaboratori».

Nome: Repubblica del Niger Popolazione: 15,3 milioni Capitale: Niamey Forma di Stato: repubblica Indipendenza: 1960 (dalla Francia) Pil 2008*: 10,04 miliardi di dollari Pil pro capite 2008*: 700 dollari Tasso di crescita reale 2008: 9,5% Rapporto debito Pil: nd Tasso d’inflazione (stime 2007): 0,1% Disoccupazione: nd Alfabetizzazione**: 28,7% Mortalità infantile: 11,6% Incidenza Hiv/Aids: 0,8% Tasso di crescita della popolazione: 3,86%*** Speranza di vita: 52,6 anni * A PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO ** PERCENTUALE DELLA POPOLAZIONE CON PIÙ DI 15 ANNI DI ETÀ IN GRADO DI LEGGERE E SCRIVERE ***2° TASSO PIU ELEVATO DEL MONDO

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FONTI: CIA – WORLD FACTBOOK 2009 ONLINE WWW.CIA.GOV, FMI, ALTRE ELAB.

Niger colonia nucleare

I colonnelli di Areva Ma la riscossa di cinesi e canadesi dura poco. I francesi scalpitano e mettono in moto la macchina diplomatica. Il Niger, loro colonia fino al 1960, è troppo importante per le centrali nucleari d’Oltralpe. Nell’agosto del 2007 il segretario alla Difesa francese Jean-Marie Bockel si incontra con Tandja per ufficializzare la firma di un nuovo contratto tra Areva e lo Stato del Niger. L’accordo prevede l’aumento del prezzo dell’uranio venduto alla Francia da 41 a 60 euro al chilo. Nel frattempo gli scontri nella regione di Agadez tra i Tuareg e l’esercito nazionale continuano a mietere vittime. I ribelli vogliono partecipare ai profitti dell’uranio estratto nelle loro terre. Ma il governo non cede. I ribelli depongono le armi solo nel marzo di quest’anno, grazie all’intervento di Gheddafi, che chiede l’amnistia. La rete di interessi politici ed economici è intricatissima e per gestire al meglio le relazioni Areva punta su un altro ex militare. Al posto di Gilles de Namur arriva in Niger l’ammiraglio Thierry d’Arbonneau, nominato vice-presidente e responsabile per la "protezione degli asset e del personale". Ed è proprio l’ammiraglio d’Arbonneau a far capire, durante una conferenza a Parigi nel novembre del 2008, che le strategie francesi in Niger sono magicamente cambiate. “Lo Stato francese farebbe meglio a dare alle autorità locali tutti gli strumenti per sconfiggere la ribellione Tuareg”, riporta Jean-François Julliard sul settimanale Le Canard enchaîné, che ha seguito la conferenza in esclusiva. “Gli uomini blu che fanno sognare il popolo e fanno battere forti i cuori delle donne sono solo un’illusione”.

Il popolo alla fame Intanto il popolo nigerino, uno dei più poveri al mondo, guarda i balletti politici delle multinazionali con grande scetticismo. Tra il 2005 e il 2006 ha subito una terribile carestia e, dopo il danno, ha dovuto sopportare anche la beffa. Nel 2009 Tandja, che avrebbe dovuto ritirarsi dopo due mandati consecutivi di cinque anni, ha cambiato la legge con un referendum che gli permetterà di restare fino al 2012 e di prolungare i mandati a suo piacimento. Il presidente avrà anche il potere di nominare e mandare a casa i ministri quando gli farà più comodo. Il tutto, ha spiegato lo stesso Tandja, per portare a termine il “grande progetto”, il nome con cui ama chiamare la miniera di Imouraren, ma anche il nuovo contratto da 5 miliardi di dollari con i cinesi per lo sfruttamento del petrolio. La condotta di Tandja non aiuta certo la popolazione. Già nel luglio del 2009 l’Unione europea ha bloccato 11 milioni di dollari di aiuti al Paese a causa di una “governance insoddisfacente”. Anche la Comunità economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (Ecowas) ha minacciato sanzioni. Ma, secondo gli osservatori internazionali, il presidentissimo dell’uranio si salverà. Dispone di truppe ben addestrate alle quali non mancano le armi e, soprattutto, ha il dito sull’interruttore dei reattori nucleari francesi e cinesi. Un uomo così è meglio lasciarlo lavorare.

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| internazionale | balcani |

SARA PETTINELLA

Un mosaico di contraddizioni alla ricerca di stabilità

Nella penisola balcanica dove la terra è minata e si trovano ancora fosse comuni, l’economia di pace non si è sostituita all’economia di guerra. E l’indipendenza del Kosovo è un nuovo elemento di destabilizzazione dell’area.

E

AUSTRIA NTRO IL 2011 IN BOSNIA-ERZEGOVINA gli aiuti internaziona-

SENZA VISTO NON SI PUÒ SCAPPARE ALL’USURA LE FAMIGLIE SONO COSTRETTE a ricorrere alle mense gratuite, dove si registra un aumento dei pasti dell’1% giornaliero, e al microcredito oscuro, un equivalente del prestito alla persona con interessi del 35-55% annui, che finisce per rafforzare il circolo vizioso del debito privato. «Il solo business che funzioni veramente è quello delle banche», afferma il professor Causevic, della facoltà d’Economia di Sarajevo. Dal 2000 al 2008 il mercato bancario in Bosnia-Erzegovina è lievitato da 3,5 a 10,5 miliardi di euro. Soltanto nel 2008 il credito imprenditoriale ha superato quello di sussistenza. Secondo Merima Basic, di City Review, rivista a sfondo economico-commerciale stampata a Sarajevo, il nodo delle garanzie è stato risolto per motivi che non hanno nulla a che vedere con l’ideale comunitario promosso dalla finanza etica: «Non si può scappare. Non danno il visto». Le uniche forme di microcredito d’impianto sociale sono quelle applicate nell’ambito di progetti di cooperazione, come nel caso di Ipsia e altre organizzazioni. È un altro paradosso che certe proposte non siano istituzionalizzate.

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Una fertile terra minata I Balcani sono così, una terra fertile che è difficile coltivare. Fuori dalla metafora, la disoccupazione si aggira attorno al 42% con esclusione di Serbia e Croazia. Questa cifra include i beneficiari del-

Nome: Repubblica Serba Popolazione: 7,3 milioni Capitale: Belgrado Forma di Stato: repubblica Pil 2008*: 80,3 miliardi di dollari Pil pro capite 2008*: 10.800 dollari Tasso di crescita reale 2008: 5,4% Rapporto debito Pil: 37% Tasso d’inflazione (stime 2007): 6,8% Disoccupazione: 18,8% Alfabetizzazione**: 96,4% Mortalità infantile: 0,67% Tasso di crescita popolazione: -0,4% Speranza di vita: 73,9 anni Gruppi etnici: serbi 82,9%, ungheresi 3,9%, rom 1,4%, jugoslavi 1,1%, bosniaci 1,8%, montenegrini 0,9%, altri 8% * A PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO ** PERCENTUALE DELLA POPOLAZIONE CON PIÙ DI 15 ANNI DI ETÀ IN GRADO DI LEGGERE E SCRIVERE

Zagabria, dal ’91 capitale della Croazia. Nella pagina a fianco, Sarajevo capitale della Bosnia-Erzegovina. | 58 | valori |

LA SERBIA IN CIFRE

SARA PETTINELLA

li passeranno dal finanziamento a fondo perduto a linee di credito. A un anno da questa scadenza c’è da chiedersi quale sia la situazione che le forze internazionali lasciano. Il di Stefano Rovatti* modo migliore per inquadrare il contesto sembra la storia di Ivo Babaci, agricoltore di Strpci. Ivo possiede un campo adatto per il biologico, ma non può entrarci a causa delle mine. Il 25 settembre, è venuto a Sarajevo per protestare contro l’applicazione di una legge costituzionale che imponeva

la tassazione di oltre mille prodotti locali, favorendo in maniera discriminante le importazioni dall’estero. I tecnici per lo sminamento sono andati nella sua zona, ma un serbo li ha allontanati. «Significa che ci sono fosse comuni», spiega la Cooperazione Italiana allo Sviluppo. Un passato scomodo che ritorna.

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UNGHERIA

SLOVENIA CROAZIA BOSNIA E HERZEGOVINA

SERBIA

MONTENEGRO

Slobodan Milosevic, ex presidente serbo, morto in carcere nel marzo 2006.

I TA L I A

IL KOSOVO IN CIFRE

ROMANIA

MARE ADRIATICO

KOSOVO BULGARIA MACEDONIA

Miliziani dell’Uck, la sanguinaria organizzazione kosovaro-albanese.

ALBANIA GRECIA

C’ERA UNA VOLTA LA JUGOSLAVIA

IL KOSOVO, UN PROBLEMA INTERNAZIONALE

SLOBODAN MILOSEVIC è divenuto presidente della Repubblica Serba nel 1989, affermandosi come capo di Stato della neonata Repubblica Federale di Jugoslavia (comprendente gli attuali territori di Serbia, Kosovo e Montenegro) nel 1992. Dopo aver dichiarato guerra a Slovenia e Croazia (1991) e aver preso parte al sanguinoso conflitto etnico in Bosnia (1992-95), il governo di Belgrado ha firmato gli accordi di pace di Dayton nel 1995, ponendo fine alle ostilità. Con l’occupazione/liberazione del Kosovo da parte della Nato nel 1999 (vedi BOX Kosovo), la Repubblica ha iniziato il processo di disaggregazione. La nascita del parlamento del Montenegro nel 2003 è stato il preludio all’indipendenza di quest’ultimo, proclamata nel giugno 2006 e riconosciuta pochi giorno dopo da Belgrado. All’evento non ha potuto assistere Milosevic, morto nel marzo dello stesso anno a l’Aja, in Olanda, dove si trovava sotto processo per crimini di guerra. La sua estradizione era stata autorizzata nel 2001 dal nuovo capo di Stato Vojislav Kostunica, eletto pochi mesi prima alla testa di una coalizione di partiti riformisti. M. Cav.

L’USHTRIA ÇLIRIMTARE E KOSOVES, altrimenti noto come Uck o Esercito di Liberazione del Kosovo, si è costituito nel 1990 con l’obiettivo di conquistare con le armi l’indipendenza della regione a maggioranza albanese. Gli scontri con le truppe di Belgrado hanno conosciuto un’escalation di violenza nel 1998, quando le forze serbe hanno intensificato le azioni colpendo la popolazione civile. Nel marzo dell’anno successivo la Nato ha sottoposto la Serbia a tre mesi di bombardamenti imponendo così il ritiro dalla regione. Occupato dai militari dell’Alleanza Atlantica e posto sotto amministrazione Onu (con la risoluzione 1244 del 1999), il Kosovo si è proclamato indipendente il 17 febbraio del 2008. Ad oggi la repubblica kosovara è riconosciuta da 63 Paesi (l’Italia ha riconosciuto il governo di Pristina il 21 febbraio 2008). Il suo ingresso nelle Nazioni Unite è ostacolato dalla Cina ed è apertamente bloccato dalla Russia che, in qualità di membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ha posto il veto sulla questione. M. Cav.

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Nome: Repubblica del Kosovo Popolazione: 1,8 milioni Capitale: Pristina Forma di Stato: repubblica Indipendenza: 2008 (dalla Serbia) Riconoscimento internazionale: sì da 63 Paesi Pil*: 5 miliardi di dollari Pil pro capite*: 2.300 dollari Tasso di crescita reale: 5,1% Rapporto debito Pil: nd Tasso d’inflazione (stime 2007): 5,3% Disoccupazione: 40% Alfabetizzazione**: 91,9% Popolazione sotto la soglia di povertà: 37% Gruppi etnici: albanesi 88%, serbi 7%, altri 5% * A PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO ** PERCENTUALE DELLA POPOLAZIONE CON PIÙ DI 15 ANNI DI ETÀ IN GRADO DI LEGGERE E SCRIVERE

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| crisi dimenticate/3 | internazionale |

le pensioni di guerra, i contributi per i rifugiati - che secondo gli standard croati raggiungono i 500 euro mensili - e le rimesse: 1,8 miliardi di euro all’anno soltanto in Bosnia-Erzegovina. Uno stipendio è di circa 200 euro al mese, così chi vive di sussistenza paradossalmente ha una maggiore capacità d’acquisto. Questi dati non possono essere separati da un’altra considerazione, se possibile, più dolorosa: la pulizia etnica ha spinto interi nuclei a continui riversamenti territoriali, compromettendo la stabilità della forza lavoro e legittimando una sorta di “tribalismo endemico”. La definizione è di Momir Bulatovi, presidente del Parlamento montenegrino negli anni del conflitto. Per sbloccarsi, i governi locali hanno investito parte dei contributi internazionali nel tentativo di creare condizioni d’interesse per le risorse umane qualificate, emigrate; una scommessa che ha portato dal 2003, soprattutto in Macedonia e Bosnia-Erzegovina, una crescita del Pil del 3-6% annuo. In attesa di un miglioramento non è raro che parte del personale sacrifichi lo stipendio e lavori non retribuita per conservare il posto.

SARA PETTINELLA

KOSOVO: NON TUTTE LE ONG NASCONO PER AIUTARE

Belgrado. Grattacieli modernissimi e degrado si mescolano nella ex capitale della Jugoslavia, ora capitale della Serbia.

Coltivare nell’acqua Il recupero industriale è altalenante e si basa sulla lavorazione delle risorse naturali. La grande varietà climatica di cui godono i Balcani permette una coltivazione articolata. L’aumento del Pil ha generato una richiesta maggiore di prodotti, ma il commercio è schiacciato dai Paesi confinanti, come nel caso dell’agricoltura che, pur fornendo circa il 50% dei posti di lavoro, non rientra nelle politiche ministeriali perché i contadini possono non iscriversi all’assicurazione sociale, unico metro di riconoscimento. Tra tutte, c’è anche una realtà controcorrente. La ricchezza idrica ha amplificato l’itticultura, in cui hanno cominciato a investire numerose piccole imprese, ma forse è solo perché, nell’acqua, a differenza del campo di Ivo, non possono nascondersi né scheletri, né mine.

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* Cooperante, appena rientrato dai Balcani, dove ha seguito diversi progetti culturali. | 60 | valori |

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Cinque milioni di bambini muoiono ogni anno

perché nutriti poco e male. Il fenomeno è ben più complesso di quanto si pensi. Il prezzo per contrastarlo? Lo 0,01% di quanto speso per salvare il mondo finanziario. di Emanuele Isonio

DANZARE PER RICOMINCIARE A VIVERE: TANZELARIJA SOPRAVVIVERE NEI BALCANI È DIFFICILE, MA C’E ANCHE CHI INSEGUE ambizioni più complesse, come la rottura dell’isolamento artistico e lo sviluppo del mondo culturale. Tanzelarija è una Ong di Sarajevo che promuove in Bosnia-Erzegovina la danza contemporanea e le arti performative negli aspetti artistici, sociali e terapeutici, incentivando scambi culturali e collaborazioni internazionali, come il progetto Crevena Linija (Linea rossa), sostenuto in Italia da Banca Popolare Etica, il Teatro Fondamenta Nuove e Arteven, che le ha dedicato, per il secondo anno consecutivo, nell’ambito della programmazione Danzedautunno, una rassegna dei lavori sviluppati dalla sinergia di talenti emergenti balcanici e affermati artisti italiani. www.tanzelarija.org

MALNUTRIZIONE: PIÙ DIFFUSA NEL SUD DEL MONDO

Diffusione della malnutrizione nella popolazione al di sotto dei cinque anni Paesi con più del 15% di malnutrizione acuta Paesi con più del 10% di malnutrizione acuta Paesi con più del 4% di malnutrizione acuta

Paesi in cui la malnutrizione infantile al di sotto dei cinque anni è più diffusa India Congo Pakistan Nigeria Etiopia

8,0 1,3 1,2 1,1 0,6

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© GUILLAUME BARET / MSF

Malnutrizione Un flagello N che uccide ogni 10 secondi

in questa pagina e nella successiva: un presidio di Medici Senza Frontiere MSF

NEL QUADRO ESPLOSIVO DEI BALCANI s’innesta la decisione presa il 17 febbraio 2008 dalla maggioranza di lingua albanese del Kosovo che ha proclamato unilateralmente l’indipendenza con una dichiarazione approvata dal Parlamento kosovaro. Il riconoscimento dello stato indipendente è avvenuto con il voto di 55 Paesi membri dell’Onu e la presa di distanza degli Stati islamici che non si sono voluti associare agli Usa. Sul piano economico, il Kosovo è in una situazione fragile. Il debito pubblico accumulato e la diaspora della forza lavoro albanese-musulmana in Macedonia, hanno lasciato il Paese quasi privo di funzioni produttive. Parlare di Kosovo, allo stato attuale, significa parlare di ricostruzione e di Ong. Un ruolo importante nella gestione del conflitto è stato condotto dalle organizzazioni impegnate nei progetti di riconciliazione, nella valutazione dell’obiettività dei media durante la campagna nazionalistica e dell’operato dei funzionari governativi per la coesistenza delle comunità che abitano il Kosovo. La proliferazione di Ong durante la guerra non è un fenomeno esclusivo di quest’area. In Kosovo sono registrate più di 3.800 Ong su circa 2 milioni di abitanti, in aumento verso le cifre del Montenegro dove se ne contano 4.600 su 600 mila abitanti. «Sono poche le Ong che hanno intuito il proprio ruolo nel processo di rafforzamento delle comunità», commenta Roberto Vallussi, di Ipsia (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli). Il gruppo, molto attivo, si è concentrato sullo sviluppo economico e sulla difesa dei diritti delle donne, vittime di discriminazione culturale e traffico della prostituzione. Un altro gruppo, più ampio, interpreta lo status di Ong come un impiego di natura non umanitaria, gestendo, in direzione dei finanziatori, capitali provenienti da contrabbando, armi e droga. «La vita media delle Ong locali è di due anni» analizza Think Tanks, contenitore di analisti indipendenti legato al settore della cooperazione e sviluppo, advocacy e politica sociale. Il rischio di alimentare iniziative inutili lacera il rapporto tra beneficiari e donatori. Mentre le lobby dell’umanitariato continuano a spostare capitali immensi, e capitalizzano vantaggi impropri dal no profit, le Ong locali, che cercano di strutturarsi prima delle exit-strategies internazionali, lavorano con una manciata di fuoristrada usati, uffici nel salotto di casa, assenza di contatti per il fundraising.

EL NOSTRO MONDO OPULENTO E DISTRATTO,

lo scorso settembre due notizie sono passate sotto silenzio, nonostante le fonti fossero tutt’altro che secondarie. La Fao (Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite) denunciava: «Il numero di affamati nel Pianeta ha superato il miliardo di unità, il livello più alto dal 1970 ed è cresciuto in un anno del 9%». Negli stessi giorni, il direttore esecutivo del World food programme dell’Onu, Josette Sheeran, lanciava un disperato appello: «Per sfamare 108 milioni di persone in 74 Paesi abbiamo bisogno di 6,7 miliardi di dollari. Finora dalla comunità internazionale ne sono arrivati 2,6. Se non ne riceveremo urgentemente almeno altri 3 dovremo tagliare molti dei nostri programmi alimentari». Tre miliardi di dollari sembrano senz’altro una somma ingente, ma la Sheeran precisa: «Si tratta di meno dello 0,01% di quanto destinato al salvataggio del mondo finanziario». Un decimo di millesimo dei fondi garantiti a banche e istituti finanziari potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte per centinaia di milioni di esseri umani, per lo più donne e bambini. E aprire finalmente gli occhi sul “fenomeno malnutrizione”, un’emergenza invisibile ma concretissima.

Un dramma complesso Rispetto ad altre “crisi dimenticate” dai media, i nostri tg hanno concesso alla malnutrizione spazi maggiori (110 notizie, contro le 57 sull’emergenza in Zimbabwe o gli zero passaggi tv della coinfezione Hiv-Tbc). Ma quasi tutti i servizi si sono concentrati su eventi ad essa collegati (il solo vertice Fao ne ha avuti 49). Raramente si rende al pub-

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© FRANCOIS COMTE / MSF

blico la complessità del problema. I numeri diffusi dalle istituzioni mondiali raccontano di 178 milioni di bambini malnutriti, quasi tutti in Asia meridionale e Africa (vedi MAPPA ). Ogni anno – calcola l’OMS – la malnutrizione ne uccide non meno di 3,5 milioni: il 40% di tutti i bambini sotto i 5 anni, morti nel mondo. Ad essi, va poi aggiunto il milione e mezzo che muore per conseguenze legate al mancato allattamento al seno. «Bisogna però chiarire – spiega Silvia Mancini, esperta in salute pubblica di Medici Senza Frontiere – che solo una piccola parte dei bambini muore per fame. In quasi tutti i casi, infatti, la malnutrizione colpisce lentamente e silenziosamente, rallentando lo sviluppo fisico e intellettivo del bambino, provocandogli ritardi permanenti ed erodendo le capacità del suo organismo di reagire alle infezioni».

La malnutrizione non è solo scarsità di cibo. Va invece considerata un effetto di numerosi fattori: insufficienza di proteine, zuccheri, micronutrienti, ignoranza alimentare, uso di acqua non potabile, carenza di controlli medici. Effetti da considerare nel loro insieme per prendere le opportune contromisure. «Per le decine di milioni di bimbi malnutriti, i programmi internazionali sono semplicemente un fallimento, perché si basano su aiuti nutrizionali inadeguati», prosegue Silvia Mancini. Gli ingredienti degli aiuti alimentari (farine arricchite di mais o di grano e soia) non soddisfano i requisiti minimi per i bambini più vulnerabili. Fino agli anni ’80 contenevano anche latte, che però è stato eliminato dalle farine perché troppo caro. «Medici Senza Frontiere – spiega ancora Mancini - sta premendo sui governi e sulle agenzie mondiali per far distribuire prodotti ad alto valore nutrizionale. Sono disponibili, contengono i 40 elementi nutritivi essenziali, si conservano facilmente e sono quindi perfetti per i territori a cui sono destinati. Ma finora li riceve solo il 7% dei bambini che ne avrebbero bisogno». L’accesso al cibo, pur fondamentale, non è sufficiente per debellare la malnutrizione. «Oltre il 60% dei bambini non è allattato al seno nei primi sei mesi di vita», denuncia l’Unicef. Le madri, infatti, sono a loro volta malnutrite e quindi impossibilitate ad allattare. «I neonati si vedono così sottrarre la prima fonte di micronutrienti. Nessun alimento può competere con il latte materno, quanto a proprietà nutritive e potere immunizzante». È meno intuitivo, ma ridurre i tassi di malnutrizione infantile va di pari passo con altri interventi: la tutela dei diritti della donna, ad esempio. «Dove tali diritti sono negati, quei tassi sono più elevati», dice l’Unicef. «Se a una ragazza viene proibito l’accesso alla scolarità, i suoi figli avranno in media il doppio delle probabilità di morire prematuramente. Bastano quattro anni di istruzione per invertire la tendenza». Altrettanto importanti sono le forme di pianificazione familiare (l’ideale sarebbe far passare almeno tre anni tra una gravidanza e l’altra).

LA POVERTÀ ALIMENTARE L’incidenza di povertà alimentare nei minori (0-17enni) per regione valori % Italia, 2007 4,0 6,5 4,5

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5,0

3,0 4,4 4,7

4,0 4,1 3,2

3,5 5,2 5,9

13,2

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6,0

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3,0 – 3,5 3,6 – 5,2 5,3 – 6,5 6,6 – 13,2

FONTE: ELAB. SU DATI ISTAT INDAGINE SUI CONSUMI DELLE FAMIGLIE

Serve cibo di qualità. Ma non solo

12,1

LINK UTILI www.crisidimenticate.it www.wfp.org www.unicef.it www.bancoalimentare.org

In marcia tra gli invisibili

ITALIA: LA PARADOSSALE SCARSITÀ NELL’ABBONDANZA IN ITALIA LA MALNUTRIZIONE non è un problema ormai debellato. I dati non sono drammatici come nel Sud del mondo, ma sono altrettanto sconcertanti. Gli addetti ai lavori lo chiamano “paradosso della scarsità dell’abbondanza”: in uno Stato ricco, l’abbondanza dovrebbe permettere di sconfiggere facilmente la scarsità,anche grazie agli investimenti pubblici. Ma non è così. La situazione è ben fotografata in un libro fresco di stampa, La povertà alimentare in Italia (ed. Guerini 9,5 e Associati). Nel continente europeo 78 milioni di persone (tra cui 19 milioni di bambini) 11,6 sono particolarmente esposti al rischio della food insecurity. In Italia, 3 milioni di nostri 11,0 concittadini vivono in condizioni economiche tali da spingere a una riduzione della spesa alimentare oltre la soglia minima (fissata a 222,29 euro al mese per una famiglia di due persone). Sotto tale livello, si trova il 4,4% delle famiglie italiane. Dati medi, ovviamente, perché in tutto il Sud Italia la percentuale è sempre Em. Is. a due cifre (vedi GRAFICO ).

IL VERTICE FAO DELUDE, IL FORUM DELLA SOCIETÀ CIVILE INVOCA LA SOVRANITÀ ALIMENTARE

Perugia-Assisi: i partecipanti alla marcia della pace sono arrivati fino a Gerusalemme, per vedere con i propri occhi i territori occupati. E per chiedere all’Europa di lottare contro il business dell’occupazione.

A

RRIVARE IN ISRAELE E

PALESTINA PER LA PRIMA VOLTA dopo anni di letture (cronaca, saggistica, romanzi d’autore) è uno shock. Ma non, o non solo, per quello che si sarebbe tentati di immaginare. Lo shock più forte è lo svuotamento di senso delle padi Paola Ferrara role. In Medioriente, anzi in Terra Santa, parole come “pace”, “speranza”, “dialogo” - per anni corollario di quel conflitto - sono tabù. E poche ore di ascolto, qualche incontro fuor di diplomazia, occhi e mente disponibili alla verità rendono chiaro il perché: oggi in quei popoli prevale la sfiducia, anzi la disillusione. Quella vera. Quella che sa di sconfitta degli ideali, della giustizia, dei diritti. E di sogno spezzato. Se non fosse irriverente l’accostamento, direi che somiglia allo svuotamento che hanno subito in casa nostra le parole “democrazia”, “etica”, “politica”. In quella terra contesa e adorata, malata di una nuova forma di apartheid, si respira rassegnazione, resilienza, impotenza. Ma, mentre qualcuno - forse la maggioranza - trasforma ancora in odio e desiderio di vendetta i tanti anni di occupazione e di terrore, altri stanno facendo un cammino diverso, antico ma nuovo, dif-

ficile da comprendere ma intrigante per le persone di buona volontà.

La forza del perdono I 400 marciatori di ottobre, quelli di Time for Responsibilities, macinando chilometri tra uliveti e bypass road, in villaggi palestinesi e città israeliane, attraverso check point e luoghi sacri delle tre grandi religioni monoteiste, hanno incontrato questi altri, persone meravigliose, impegnate in un progetto che ben ne declina l’umanità: essi stanno faticosamente costruendo un dono per il futuro della loro terra, dei loro figli, di noi tutti. E ci hanno chiesto aiuto. In cambio offrono la visione di una prospettiva diversa che, libera da pregiudizi, poggi sulla realtà: essere umani di fronte ad altri esseri umani che non hanno più contatto con la possibilità di una vita normale e non guardano all’altro come ad una persona. Stanno, quelle persone, creando i presupposti affinché i due popoli si conoscano e riconoscano, si parlino, incontrino e diano spazio alla reciproca paura, trovando la forza per tradurla in perdono e riconciliazione. Robi dice che i soldati vanno in guerra senza conoscere il nemico, che gli adolescenti israeliani

Sopra, la danza degli ortodossi davanti al muro del pianto a Gerusalemme; il muro a Betlemme; un venditore di pane. Sotto, il muro costruito dagli israeliani a Gerusalemme.

È TANGIBILE LO SCONCERTO TRA LE ONG PER GLI ESITI DEL VERTICE FAO che si è svolto a Roma a metà novembre: nessun impegno vincolante, nessun fondo effettivamente stanziato. «La comunità internazionale per l’ennesima volta non si impegna contro la malnutrizione» denuncia Msf. «I leader mondiali hanno fatto marcia indietro anche rispetto alla promessa di 20 miliardi di dollari per la sicurezza alimentare fatta al G8 a L’Aquila». Il Forum della società civile, tenutosi negli stessi giorni del vertice, ha invece denunciato che in un anno più di 40 milioni di ettari di terra sono stati acquistati dalle multinazionali, in Asia, Africa, Sud America ed Est Europa. «Abbiamo bisogno – spiegano dal Forum – di politiche pubbliche che coinvolgano attivamente chi produce il cibo. Servono misure per la sovranità alimentare dei popoli e che promuovano il loro diritto di controllare le proprie risorse naturali». In primis, la revisione delle regole del Codex Alimentarius Fao, che «stanno schiacciando i produttori su un unico modello agricolo dettato dall’agroindustria».

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non hanno mai frequentato un ragazzo palestinese. Lei, membro di Parents’ Circle è una delle voci più lucide di quella parte di società civile israeliana impegnata nella ricostruzione di un tessuto sociale. La politica ha fallito più volte e non ci sono segnali nuovi: la gente deve costruire propri percorsi di tolleranza perché le ferite più profonde non saranno cancellate dagli accordi: «Nessuna terra può sostituire il sorriso di un figlio». Il figlio di Robi è stato ucciso, con altri 8 commilitoni, da un cecchino palestinese. «Siamo forti finché un giorno bussano alla porta… il poi è una famiglia distrutta». Ma Robi ha scritto ai genitori dell’assassino «so che vostro figlio non ha ucciso David perché era David; se lo avesse conosciuto non lo avrebbe mai fatto». E se può farlo Robi perché non gli altri?

Il business dell’occupazione Ali, anche lui membro di Parents’ Circle è un ex-combattente palestinese che ha scelto di abbandonare le armi e, dopo anni di carcere, suoi e di sua madre, dopo essere stato ferito dai soldati israeliani e aver assistito all’assassinio di suo fratello a un check point «solo perché palestinese», si è convinto che la strada sia quella della cittadinanza attiva e responsabile, della rivendicazione non violenta di libertà per i palestinesi e sicurezza per gli israeliani «perché la non violenza confonde il nemico; è difficile uccidere qualcuno che conosci e che non oppone resistenza». Libertà di circolare nella terra degli avi per lavoro, per diletto, per amore. Un amore forte e tangibile: in ogni villaggio palestinese il poliziotto che smista il traffico o il ragazzo che esce da scuola, ti dicono «Welcome to Palestine», con un sorriso accogliente. Per loro la Palestina esiste già. Anche gli israeliani amano quella terra, ma sono impegnati a conquistare miliUn suq arabo nell’area palestinese tarmente il diritto ad espandersi. E la di Gerusalemme Est. geografia degli insediamenti dei coloni, che invadono le colline intorno ai villaggi della Cisgiordania portando con sé i derivati della politica di difesa e sicurezza, la malvagità con cui vengono distrutte le abitazioni degli arabi e impedite con machiavelliche e infinite procedure le ricostruzioni (“Kafka è vivo e lavora per l’amministrazione pubblica”, recita un manifesto alla parete della casa di Salim e Arabya, distrutta cinque volte dai soldati), gli impedimenti pretestuosi alla circolazione dei palestinesi, complice il muro, «tutto ciò - ci dice Galit, una ragazza israeliana che lavora per Icahd - è diventato un business per molti, troppi. Il business dell’occupazione». Contro questo bisogna lottare ed è questo che «dovete chiedere all’Europa, ai vostri governi. Non condizioni per la pace, che non può essere un’elemosina, ma un’autentica ricostruzione politico-sociale lontana dalle conferenze blasonate e ridondanti». No agli aiuti incondizionati, fermezza nel chiedere il rispetto delle risoluzioni Onu che ristabiliscono i diritti dei palestinesi, confini certi e duraturi, stop alla chiusura di Gaza. La società civile si sta adoperando, ma solo la certezza del diritto e la giustizia possono far incontrare le strade di politica e società. La marcia è iniziata così, al fianco di persone che accettano il nostro aiuto, purché sia nel solco di queste nuove verità.

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LA MARCIA DELLA PACE, LE ORIGINI

APPUNTAMENTI DICEMBRE>FEBBRAIO

QUANDO ALDO CAPITINI, IL GANDHI ITALIANO, fondatore del movimento non violento, promosse la prima marcia della pace nel 1961 era ispirato da quello che poi scrisse nel suo libro Opposizione e liberazione: “Il pacifismo, la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta”. Da allora sono state 16 le edizioni della marcia, dedicate a tragici eventi d’attualità o ad appelli universali per il riconoscimento dei diritti e per la fine di tutte le dittature e le guerre. Nel 1985 si marciò contro il riarmo e per bloccare le spese militari; nel 1992 per liberarci dalla mafia, dalla corruzione e dalla violenza; nel 1993 per fermare la guerra nella ex-Jugoslavia; nel 1999 una marcia straordinaria chiedeva la fine della guerra in Kosovo; nel 2001 l’appello fu per cibo, acqua e lavoro per tutti; nel 2002 un’altra marcia straordinaria chiedeva all’Europa di operarsi per la pace in Medioriente. L’ultima, prima dell’edizione estera di quest’anno, fu quella del 2007, al grido: “Tutti i diritti umani per tutti!”. Oggi è diventata anche un approdo, per quanti si impegnano tutti i giorni in percorsi di integrazione sociale, giustizia, equità, riconciliazione, dal quale ripartire rinfrancati dal numero di compagni di strada che cresce e dal confronto con la volontà di fare meglio e di più. Il 16 maggio 2010 la Marcia per la pace Perugia-Assisi torna nella terra di S. Francesco e di Capitini. Invia subito la tua adesione, le tue idee e proposte a Tavola della pace, Via della Viola, 1, (06122) Perugia, tel. 075/5736890, fax 075/5739337, email: segreteria@perlapace.it. www.perlapace.it P. F.

TIME FOR RESPONSIBILITIES: PERCHÉ A GERUSALEMME A GERUSALEMME COME AMICI DEI PALESTINESI e degli israeliani. Desiderosi di vedere, ascoltare e capire oltre i luoghi comuni, i preconcetti e le incomprensioni cosa sta realmente accadendo. E portare un messaggio di pace, di nonviolenza e di corresponsabilità. Discutere cosa devono fare l’Europa e la comunità internazionale. E cosa possiamo fare noi, le associazioni, gli enti locali, le nostre comunità, le scuole e i media. In Israele e nei territori palestinesi occupati, oltre quattrocento persone hanno dato vita dal 10 al 17 ottobre scorso a una delle più grandi Missioni di Pace mai realizzate dall’Italia. È stata chiamata Time for Responsibilities a sottolineare il bisogno di concreta presa di coscienza e la denuncia delle responsabilità di tutti – cittadini, istituzioni, associazioni, governi – in quel conflitto. Rinunciando alla storica Marcia per la pace PerugiaAssisi (che si sarebbe dovuta svolgere a inizio ottobre). «Non si tratta di pacifismo o di buonismo. Ma di sano realismo», dice Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola per la Pace. «Chiudere subito questo conflitto è un interesse nazionale dell’Italia e dell’Europa».

MISGAV-SACHNIN

8

HAIFA 2

NAZARETH 10

5

BIRZEIT TEL AVIV 4 JAFFA 12

11

JENIN

13 NABLUS

9 RAMALLAH 14

GERUSALEMME 1 SDEROT 7 6 BETLEMME GAZA

3

HEBRON

LA PERUGIA ASSISI A GERUSALEMME Israele-Palestina 10-17 ottobre 2009

QUALCHE SITO DI CHI COMBATTE PER LA PACE www.theparentscircle.org Famiglie colpite da lutti per la riconciliazione e la tolleranza www.icahd.org Comitato israeliano contro la demolizione delle case www.combatantsforpeace.org Ex-combattenti israeliani e palestinesi uniti per la pace www.othervoice.org Per interrompere il ciclo infinito della vendetta www.machsomwatch.org Pacifiste israeliane per denunciare gli abusi ai check points

5 dicembre SCADENZA START-1 Scade il Trattato Start-1 (Strategic Arms Reduction Treaty) per la riduzione delle armi strategiche, sottoscritto nel 1992 a Lisbona dagli Stati Uniti con le quattro repubbliche ex sovietiche Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan. Durante il 2009 si sono svolti incontri tra le parti all’insegna della reciproca soddisfazione. Nonostante ci siano ancora dei problemi da risolvere, secondo Serghei Lavrov, ministro degli Esteri russo, entro il 5 dicembre, giorno in cui scade il Trattato sugli arsenali strategici, i lavori fra Mosca e gli Usa dovrebbero essere terminati.

7 - 18 dicembre COPENHAGEN (DANIMARCA) COP 15 Al via i lavori della Conferenza del’Onu sui cambiamenti climatici. Per dare il buon esempio la Danimarca ha deciso di istituire una borsa di studio “Climate Cop15” che si finanzierà con il danaro risparmiato grazie alla scelta di non fare regali ai partecipanti alla Conferenza. en.cop15.dk 9 dicembre GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA CORRUZIONE Il Consiglio d’Europa ha elaborato diversi strumenti giuridici nel settore della corruzione il cui controllo è stato affidato al Gruppo di stati contro la corruzione, denominato Greco. Il gruppo contribuisce a identificare le lacune nelle politiche nazionali di lotta alla corruzione ed incita gli stati a procedere alle riforme legislative, istituzionali e pratiche necessarie. Rappresenta anche un forum per la condivisione di buone pratiche in materia di prevenzione e rilevamento della corruzione. Al momento, il Greco comprende 46 Paesi membri (45 Stati europei e gli Stati Uniti). www.coe.int 10 dicembre PARIGI (FRANCIA) VIII OECD GLOBAL FORUM Ottavo Forum internazionale indetto dall’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OECD) dal titolo “Oltre la crisi: investimenti internazionali per un’Europa più forte, più verde e più equa”. www.oecd.org

10 dicembre OSLO (NORVEGIA) CONSEGNA DEI PREMI NOBEL Cerimonia di consegna dei Premi Nobel a Stoccolma, in Svezia e ad Oslo, in Norvegia (relativamente alla consegna del Premio Nobel per la pace). Per la prima volta nella storia del premio, sempre molto limitato nell’assegnazione di riconoscimenti alle donne, il Nobel per la medicina è stato assegnato a due scienziate. www.nobelprize.org 12 dicembre GIORNATA INTERNAZIONALE DI AZIONE GLOBALE In occasione della Conferenza di Copenhagen sul clima il Forum sociale mondiale ha indetto una giornata internazionale di mobilitazione sulla giustizia climatica. Per informazioni sulle iniziative nelle città italiane: www.globalclimatecampaign.org

13 dicembre CILE ELEZIONI PRESIDENZIALI E PARLAMENTARI Primo turno delle elezioni in cui verrà designato il successore della presidente Michelle Bachelet, fino al 2013/2014. Il candidato della coalizione di destra Alianza por Chile, Sebastian Piñera (nella foto) è dato per vincente. Piñera in Cile è chiamato “Pinerusconi” per la somiglianza della sua carriere con quella di Berlusconi: imprenditore e politico, in 20 anni ha triplicato la sua fortuna personale, raggiungendo il tetto dei 1.600 miliardi. Possiede una casa editrice, un canale televisivo, una finanziaria, una catena di supermercati e una compagnia aerea. Come il nostro primo ministro anche Piñera colleziona processi e indagini a suo carico. 15 - 18 dicembre STRASBURGO (FRANCIA) 50ª SESSIONE PLENARIA ECRI Si riunisce l’organismo della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza. 16 - 19 dicembre KOCHI (INDIA) INTERNATIONAL CONFERENCE ON HIGH PERFORMANCE COMPUTING (HIPC) Dopo le edizioni di Bangalore e di Goa, la 16ma Conferenza si svolge in a Kochi ed ospiterà esperti di calcolo ad alte restazioni di tutto il mondo. www.hipc.org 17 - 18 dicembre GINEVRA (SVIZZERA) CONSIGLIO GENERALE DEL WTO

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

Il Consiglio Generale è l’organismo decisionale più alto dell’Organizzazione mondiale per il commercio. Si riuniscono ambasciatori e diplomatici provenienti da tutti i governi degli Stati membri. L’attuale presidente del Consiglio è il cileno Mario Matus. www.wto.org 22 dicembre LUANDA (ANGOLA) 115th EXTRAORDINARY MEETING OF THE OPEC CONFERENTE L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, fondata nel 1964, comprende oggi 13 Paesi produttori che si sono associati formando un cartello economico.

27 dicembre CROAZIA ELEZIONI PRESIDENZIALI Primo turno delle elezioni presidenziali della piccola repubblica che fino al 1991 ha fatto parte della Jugoslavia. La Croazia è entrata a far parte della Nato il 4 aprile scorso passando a venti anni dalla caduta del Muro, da Paese non allineato al Patto di Varsavia al Patto Atlantico.

27 dicembre UZBEKISTAN ELEZIONI PRESIDENZIALI Primo turno delle elezioni presidenziali nella repubblica che fino al 1991 ha fatto parte dell’Urss. La ex repubblica sovietica, collocata sul percorso della “via della seta” che passava per Samarcanda (attualmente terza città per dimensioni), è da sempre un crocevia di culture, ma l’attuale governo ha impresso una svolta nazionalistica-tribalistica. 1° gennaio G8 L’Italia lascia la presidenza del G8 al Canada, incarico che il grande Paese nordamericano ricoprirà per un anno. Il vertice G8 del 2010 si svolgerà in estate a Muskoka, nello Stato dell’Ontario; sarà la trentaseiesima riunione del vertice dei Paesi più industrializzati e la quinta che si terrà in Canada. 21 - 23 gennaio SALISBURGO (AUSTRIA) 8th INTERNATIONAL ELECTRONICS RECYCLING CONGRESS Tutto quello che si muove nell’ambito del riciclo e del trattamento dei prodotti esausti e degli scarti della produzione industriale. www.icm.ch |

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25 gennaio - 2 febbraio ADDIS ABEBA (ETIOPIA) INFORMATION AND COMMUNICATION TECHNOLOGIES IN AFRICA Sfide e prospettive per lo sviluppo dell’Information Technologies in Africa, sarà il tema del Summit indetto dall’Unione africana (UA), l’organizzazione sopranazionale intergovernativa tra le nazioni africane. Nella foto l’attuale presidente dell’Unione Africana, Muammar Gheddafi. www.africa-union.org

27 - 31 gennaio DAVOS (SVIZZERA) WORLD ECONOMIC FORUM Il quarantesimo Meeting annuale organizzato dai potenti della Terra ha come titolo “Ripensare, riprogettare e ricostruire”. Saranno presentate le relazioni elaborate da oltre mille esperti attivi nella rete delle Global Agenda Councils, perché, come riporta il sito del Wef “migliorare lo stato del mondo richiede di catalizzare una cooperazione globale […] che ha bisogno della collaborazione, come una vera comunità, delle imprese, dei governi, dei media, della scienza, della religione, delle arti e della società civile”. Nella foto il Cancelliere tedesco Angela Merkel. www.weforum.org

31 gennaio GUINEA ELEZIONI PRESIDENZIALI Il secondo turno delle elezioni presidenziali della Repubblica di Guinea si svolgerà il 14 febbraio, e le elezioni parlamentari il 26 marzo. Ma l’incertezza su queste elezioni è grande, data l’instabilità politica del Paese. Indipendente dalla Francia dal 1958, dopo la morte del presidente Lansana Conté l’esercito ha attuato un colpo di Stato militare il 23 dicembre 2008. La Giunta militare è sempre più isolata dopo il massacro avvenuto a settembre di 157 civili durante una manifestazione.

28 febbraio TOGO ELEZIONI PRESIDENZIALI

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economiaefinanza

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altrevoci a cura di Michele Mancino

narrativa

SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A MANCINO@VALORI.IT

L’ITALIA IL PAESE PIÙ EGOISTA CON I GIOVANI

DOPO LA CRISI UNA NUOVA GOVERNANCE

TUTTE LE VERITÀ SULL’INTRIGO RADIOATTIVO

COME BERE VINO BUONO E SPENDERE POCO

VIAGGIO AL TERMINE DEL PURGATORIO

CASALINGO PER SCELTA NON PER AMORE

Su ogni giovane italiano oggi gravano 80 mila euro di debito pubblico e 250 mila euro di debito pensionistico. Basterebbe questo dato per capire che lo Stato italiano per i suoi giovani ha fatto poco. Le famiglie italiane, invece, si caratterizzano per il forte sostegno che danno ai figli e per la loro permanenza “forzata” tra le mura domestiche. Questa condizione eccezionale fa sì che gli italiani siano, fra tutti i Paesi sviluppati, il popolo che più sta agendo contro i giovani. Sono le generazioni dei figli che ridistribuiscono le risorse a vantaggio dei genitori. In poco più di dieci anni, infatti, il debito pubblico è raddoppiato perché sono state promesse pensioni generose, nonostante il calo della fertilità e l’allungamento della vita. Queste risorse anziché essere utilizzate per il futuro (costruire infrastrutture, modernizzare il Paese, migliorare la qualità dell’istruzione o dei servizi) sono servite per tamponare le urgenze del presente e le richieste clientelari (pagare pensioni di invalidità, creare posti pubblici spesso inutili e inefficienti, concedere baby pensioni e pensioni di anzianità, cedere alle pressioni di rappresentanze di interessi specifici e di breve respiro). La soluzione potrebbe dipendere dal coraggio dei quarantenni di oggi. Per questa generazione è arrivato il momento di imboccare la strada delle riforme nel mondo del lavoro, delle professioni, dei servizi e del welfare.

Il tema della governance è al centro dell’attenzione del mondo politico, economico e sindacale. È il segnale di un cambiamento nel modo di intendere la società, in tutte le sue articolazioni e modalità di organizzazione, soprattutto dopo la crisi dell’economia globale. La transizione che il mondo oggi sta attraversando non può essere più compresa con le vecchie categorie. I contributi (tra gli altri, Giuseppe Allegri, Michael Blecher, Giuseppe Bronzini, Roberto Ciccarelli, Donatella Della Porta, Janet M. Dine, Günther Frankenberg) raccolti in questo saggio indagano i limiti e le prospettive di questa condizione. Ne scaturisce un’analisi del ruolo che i movimenti sociali ricoprono, a livello nazionale, europeo e globale nella trasformazione di un sistema interdipendente e nella rivendicazione del“comune” inteso come ricchezza, giustizia e diritto a una vita diversa.

È una brutta storia quella raccontata in questo libro. Una storia di rifiuti pericolosi gestiti da organizzazioni criminali e servizi segreti deviati. Nel 2004 un pentito della ‘ndrangheta consegna all’antimafia un dossier, dove racconta di traffici legati allo smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi. Lo scenario che si apre agli inquirenti è preoccupante. L’intreccio tra malavita, affari e servizi deviati riporta alla memoria le morti della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi, e a quella sospetta del capitano di corvetta Natale De Grazia. Nessuno crede fino in fondo a questi racconti (tranne le associazioni ambientaliste). Gli indizi aumentano quando sulla costa di Amantea arriva una delle presunte navi a perdere, l’ex Jolly Rosso. Si aprono inchieste che vengono però archiviate. Fino a quando la Procura di Paola non scopre la carcassa di un vecchio mercantile, nel punto indicato dal pentito, secondo il quale fu fatto saltare in aria con tutto il carico: 120 fusti radioattivi.

Con l’ottava edizione della Guida al Vino Quotidiano, Slow Food vi propone un viaggio attraverso terroir meno celebrati, in compagnia di vitigni autoctoni e vini dal fortissimo timbro territoriale. Le cantine segnalate, di cui si raccontano sia la storia sia il loro stile di produzione, sono 1.700 e per ciascuna sono indicati fino a tre vini con un rapporto molto favorevole tra la qualità e il prezzo. Tra queste 4 mila etichette, 300 si sono aggiudicate il massimo riconoscimento, mentre i restanti vini sono segnalati con una o due stelle a seconda del punteggio raggiunto nelle degustazioni effettuate “alla cieca”. Elemento fondamentale della guida è che tutte le etichette segnalate, importanti e di qualità, costano meno di 10 euro: un segnale forte per fornire esempi concreti di consumo consapevole senza dover affrontare spese folli.

«Dante per scrivere la “Divina Commedia” ha visitato in vita il purgatorio». I presenti alla conferenza al Teatro Principale di Burgos (la città di padre George del “Nome della Rosa”) ascoltano sbigottiti l’affermazione di don Herrera, penitenziere della cattedrale gotica. L’uomo è convinto che il Purgatorio sia un vero e proprio libro di viaggio e che sia possibile condurre una spedizione in quel luogo dell’aldilà. È il 1936, solo pochi anni separano l’Europa dal disastro del Secondo conflitto Mondiale, mentre la Guerra Civile Spagnola è già scoppiata. Quell’annuncio suscita entusiasmo e critiche, la buona società di Burgos si prepara all’impresa, come se si trattasse di uno degli avventurosi viaggi di Giulio Verne. Allo stesso tempo, Dávila, generale in congedo, si affanna a organizzare un’avventura ben diversa: il golpe militare che dovrà far cadere la Repubblica. Questo romanzo è la prima parte di una trilogia che ripercorre il cammino dantesco della Divina Commedia e lo fonde con gli eventi che hanno segnato la recente storia spagnola.

Ci sono guerre mai dichiarate, senza eroi, monumenti, caduti e medaglie. Come quella combattuta da Matti Virtanen, che da anni si dedica al ménage quotidiano fatto di lavaggi, ferri da stiro e cucina. Insomma, un angelo del focolare. Una sentinella della famiglia, della moglie in carriera e della figlia. È così convinto di questo ruolo che manifesta le classiche frustrazioni della casalinga. Tutto fila liscio, fino a quando Matti mentre guarda la finale di hockey in tv perde la pazienza e tira uno schiaffo ad Helena che lo incalza con richieste assurde. Di colpo tutto è perduto. Solo e abbandonato si rende conto che solo la casa può salvare quelli come lui. Solo diventando proprietario di una vera casa con giardino e alberi di melo, una di quelle villette di via della Trincea destinate ai reduci della Grande guerra potrà riprendersi la famiglia, l’adorata bambina, l’amore. In Finlandia è diventato un libro culto, un affare per gli agenti immobiliari, al punto che dopo la sua pubblicazione il prezzo delle case in via della Trincea è più che raddoppiato.

IL SISMA E L’ORGOGLIO: CUORE, TRADIZIONI, RICORDI, LUNGO LE FERITE DELLA STATALE 17

ÓSCAR ESQUIVIAS INQUIETUDINE IN PARADISO

KARI HOTAKAINEN VIA DELLA TRINCEA

BARBARA SUMMA STATALE 17

STEFANO APPOGGI DIAVOLO D’UN UOMO. I BUTELLI DI BAIGNO

Keller, 2009

Iperborea, 2009

Exorma, 2009

Pendragon, 2009

TITO BOERI, VINCENZO GALASSO CONTRO I GIOVANI. COME L’ITALIA STA TRADENDO LE NUOVE GENERAZIONI

Mondadori, 2009

MICHAEL BLECHER, GIUSEPPE BRONZINI, ROBERTO CICCARELLI, JENNIFER HENDRY, CHRISTIAN JOERGES GOVERNANCE, SOCIETA CIVILE E MOVIMENTI SOCIALI

Ediesse, 2009 | 66 | valori |

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MASSIMO CLAUSI, ROBERTO GRANDINETTI LE NAVI DEI VELENI

Rubettino, 2009

GANCARLO GARIGLIO E FABIO GIAVEDONI GUIDA AL VINO QUOTIDIANO I MIGLIORI VINI D’ITALIA A MENO DI 10 EURO IN CANTINA

COME CI SOMIGLIA L’UOMO DEL SETTECENTO

Quando il tonfo della terra sembra aver spento qualsiasi suono, c’è sempre una voce, per quanto esile e lontana, che cerca di riemergere. È un bisogno, è la vita che non si arrende, è la voglia di raccontare, di non lasciar scivolare via una storia comune sulla quale poggiarsi per ritrovare la spinta verso il futuro. Barbara Summa è abruzzese. È tornata a esserlo ancor di più dopo il sisma del 6 aprile. Lei, che dalla vita è stata portata a vivere in Olanda, non ci ha pensato un attimo: ha “mollato” marito e due bambini: l’Abruzzo natìo chiamava. Doveva rivedere ciò che restava della sua casa, certo, ma soprattutto aveva voglia di elaborare insieme ai suoi “compaesani” quello che era successo. A volte si sente la necessità di compiere dei percorsi e, se vuoi farlo in quella parte di aquilano colpito dal terremoto, non c’è nulla di meglio che lasciarsi condurre lungo la Statale 17, l’arteria che porta dal capoluogo alla piana di Navelli. In questa piana di terra e sassi, la Summa porta il lettore. Con naturalezza e semplicità. La sua è una storia minima. Familiare, matriarcale, che si intreccia con il sisma, ma lo sovrasta. Non c’è morale, non si arriva a destinazione. È un pezzo di storia messo a disposizione di chi voglia percorrere insieme all’autrice un po’ di strada. Per vedere quello che resta dell’Abruzzo. Per capire che quello che non c’è più, si può conservare indelebile nel cuore.

Slow Food editore, 2009

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ANNO 9 N.75

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Che siamo di fronte a un romanzo storico lo si capisce dalle prime righe: “Quel dolce e caldo raggio di sole che da Barceda scende fino a Cinghione...” offre una precisa assonanza con il romanzo storico più famoso della letteratura italiana: I promessi sposi. E le citazioni manzoniane non finiscono qui, ma lasciamo al lettore il piacere, il gusto di scoprirle da solo. Questo libro è la storia di un uomo e delle sue gesta, ambientate nell’appennino emiliano a metà del XVIII secolo; anni duri in terre dure, popolate da briganti e signorotti; anni in cui le persone erano preoccupate solo dalla sopravvivenza. Una storia solo apparentemente lontana da noi; perché in realtà i personaggi, e in particolar modo il protagonista, rappresentano l’eterno dilemma tra bene e male, tra il desiderio di una redenzione e il fascino della violenza. E il libro ha il grande pregio di tenere incollati i lettori, fino all’ultima pagina, per scoprire quale sarà il destino di questo “diavolo d’un uomo”.

DICEMBRE 2009 / GENNAIO 2010

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fotografia

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LA RAGAZZA AFGHANA CHE GUARDÒ IL MONDO LE NOSTRE RADICI NELLE AVVENTURE DI CONDOTTIERI E PELLEGRINI

Il fotografo americano Steve McCurry è uno dei grandi maestri della fotografia del nostro secolo, premiato per due volte con il World Press Photo Awards. È suo il celeberrimo reportage con il ritratto alla ragazza divenuta icona del conflitto afghano sulle pagine del National Geographic. Una mostra al Palazzo della Ragione di Milano, sede del Comune dedicata alla fotografia, ne ripercorrerà i trent’anni più intensi della carriera. Una selezione di 240 scatti che tratteggiano l’identità di Paesi come l’Afghanistan, l’India, il Tibet, la Birmania: ragazze afgane, monaci, bambini tibetani ritrovano una loro nuova dimensione vitale sospesa nel tempo. Un lavoro intenso che trasmette al visitatore tutta la sua bellezza drammatica. Il percorso espositivo è articolato in sei sezioni tematiche: l’Altro, il Silenzio, la Guerra, la Gioia, l’Infanzia, e la Bellezza. Ad arricchire il percorso un’ulteriore sezione dedicata ai "cortometraggi" dove sequenze ininterrotte di fotografie compongono narrazioni di vita.

Siamo fatti per gettare ponti, costruire strade, scoprire nuovi mondi e nuovi modi di leggere le vicende umane. Siamo nati per confrontare culture e stili di vita, esplorare valli sconosciute, assaggiare cibi a noi ignoti e sperimentare molte diverse dissenterie. Capita, certo, di lasciarsi sopraffare dalla paura dell’ignoto e allora erigiamo muri, scaviamo fossati e riempiamo gli argini di filo spinato. Ma alla lunga la nostra vera natura viene fuori. Il nostro intimo, irredimibile bisogno di scoprire ed esplorare. Bastano piccole azioni per ricordarcelo. Sfogliare “Lungo le antiche strade dell’Asia”, ad esempio. Le foto di cui è costellato (e i testi che le corredano) ci fanno ripercorrere il nostro passato, remoto e prossimo. Ci riempiono gli occhi di paesaggi mozzafiato, il naso di aria impregnata di spezie e incenso, ci prendono cuore e mente e li fanno sognare con nomi leggendari: Palmira e Petra, Babilonia e Isfahan, Alessandretta e Gaugamela, Samarcanda e il Karakorum. A ricordarci le grandi imprese di Dario, Artaserse e Alessandro Magno, il pellegrinaggio dei Crociati medievali o dei missionari gesuiti, le avventure di Marco Polo e dei suoi fratelli, dei mercanti diretti in Cina, gli itinerari evangelici di Paolo l’Apostolo. Un viaggio che appassionerà chiunque ha nelle vene la passione della scoperta. Del nostro mondo, delle proprie radici.

FINO AL 31 GENNAIO 2010 STEVE MCCURRY SUD-EST

ANNO 9 N.75

LA RUSSIA DEL ’900 VISTA DA TARKOVSKI

DEBITO DI OSSIGENO NELLE SALE A DICEMBRE

Il muro di Berlino mentre viene costruito, fortificato e infine abbattuto. Vita e morte di un simbolo del Novecento, espressione dell’ordine mondiale post bellico. In mezzo, da una parte e dall’altra, una città, Berlino, spossata dalla guerra. Le celebrazioni del ventennale della caduta del muro, appena concluse, hanno ricordato la gioia e la festa che ci furono allora. Che cosa rimane oggi di quel simbolo? La vita quotidiana gli gira intorno e lo attraversa come se fosse un monumento involontario di un passato che non si può cancellare. A testimoniare tutto questo sono stati chiamati i grandi autori di reportage e di fotogiornalismo del nostro tempo, che hanno riportato Berlino al centro della contemporaneità, ricostruita con fatica partendo proprio da quella spaccatura, ancora oggi visibile, appunto, come un qualsiasi monumento.

Una mostra fotografica dedicata all’infanzia del regista russo Andrej Tarkovski, dove si racconta la genesi del film autobiografico del regista russo, "Lo specchio", attraverso una scelta accurata di 60 fotografie restaurate e ristampate. Molte immagini del film sono state create usando le vecchie fotografie della famiglia risalenti alla prima metà del secolo scorso. Una ricomposizione dei frammenti di memoria delle persone care, dei luoghi, della storia del proprio Paese racchiusi in una preziosissima raccolta fotografica, trasmessa dai genitori al regista come una vera e propria eredità storica e spirituale della famiglia. Si tratta di più di cinquecento fotografie e negativi su vetro degli anni 30 scattate in gran parte da Lev Gornung, fotografo e amico del poeta Arsenij Tarkovskij, padre del regista. Una testimonianza unica dell’infanzia del cineasta e della storia russa del primo ’900.

Un documentario sulla vita quotidiana in Italia durante la crisi economica, vista attraverso gli occhi di persone che si trovano ad affrontare disagi e problemi nuovi. Daniele, 44 anni, ingegnere alla Motorola vede il proprio stile di vita e le certezze modificarsi di fronte al licenziamento. Fulvia, orgogliosa ragazza madre, deve confrontarsi con nuovi problemi e difficoltà per mantenere la sua indipendenza di fronte alle difficoltà del lavoro precario. Coprodotto dalla Caritas e beneficiario di un progetto di aiuto alla filmografia indipendente della Provincia di Milano, “Debito di ossigeno” esce nelle sale di Milano, Torino e della Sardegna il 17 dicembre con la firma di Giovanni Calamari. La fase di stesura del progetto è iniziata nel 2007, quindi è partita la ricerca dei fondi. Le riprese sono durate due mesi. Racconta il regista: «abbiamo lavorato con una troupe ridotta al minimo immergendoci nella realtà da filmare fino a diventare il più possibile “invisibili” per poter documentare la quotidianità dei protagonisti».

PRIMA E DOPO IL MURO

Contrasto, 2009

FINO AL 12 DICEMBRE CASA DELLA MEMORIA E DELLA STORIA, ROMA

THE HUB UN NETWORK DI GRANDI SPERANZE Apre anche a Milano The Hub, “network globale di spazi riservati a chi vuole cambiare il mondo”. La sede italiana si aggiunge a quelle di Londra, Amsterdam, San Francisco, Johannesburg, Stoccolma e San Paolo. Il servizio offre non solo la condivisione di spazi destinati allo sviluppo di attività in fase di start-up ma anche eventi per favorire incontri tra domanda e offerta, scambi tra giovani professionisti, iniziative speciali per favorire la circolazione di idee e la presentazione di nuovi scenari da cui possono scaturire condivisioni di progetti di sviluppo. Non a caso una delle prime iniziative è stata un evento di meeting & trading chiamato “faccia per faccia” rivolto all’incontro tra il settore profit e quello noprofit. La filosofia è semplice, unirsi per far nascere nuove idee e progetti e dare il meglio dalle specifiche competenze e individualità ma con la leggerezza giusta e puntando anche sulla casualità o, come dicono a The Hub, agli incontri e le parole “tra la cucina e la fotocopiatrice”.

hubmilan.wordpress.com

www.debitodiossigeno.it

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FILIERA CORTA, ACQUISTARE VICINO A CASA

REALTÀ AUMENTATA GRAZIE AL MIT

Il tema della filiera corta sta diffondendosi in ambiti anche non specialistici, prova ne sono le richieste alle mense scolastiche da parte dei genitori di avere prodotti dal basso impatto ambientale e dai positivi risvolti sulle economie locali. In Italia il sito “filiera corta bio” offe visibilità a quelle esperienze che accorciano la distanza tra produzione e consumo ed è vetrina di una interessante sperimentazione che coinvolge ad oggi undici regioni italiane. Sul versante internazionale si segnala il sito Local Dirt, espressione di una organizzazione con sede nel Michigan che ha come obiettivo il sostegno delle economie locali. I grafici che illustrano l’operato dell’associazione sono emblematici del concetto di filiera corta perché mostrano, accompagnati da una legenda di dieci voci, il flusso di economie che accompagna la scelta di acquistare localmente. Il problema è avere indirizzi e facilità di reperimento dei fornitori e il sito offre quindi un database di prodotti locali riservati sia al consumo familiare sia alla grande distribuzione.

Il Mit di Boston, nell’ambiente geek, è un punto di riferimento imprescindibile. Ogni software, ideazione e progetto targato Massachusets Institute of Technology gode del privilegio di un immediato interesse mondiale e di benevolente accoglienza per i rigidi controlli cui viene sottoposto. SixthSense, interfaccia gestuale sviluppata al Mit, porta l’esperienza del controllo tattile delle immagini a portata di tutti. Presentata durante una “Ted conference”, altro baluardo degli ultratecnologici, l’interfaccia ripete l’esperienza del film Minority Report di controllo tattile di realtà virtuali e si basa su un dispositivo da indossare intorno al collo capace di generare automaticamente, tramite una videocamera, un’interfaccia utente di tipo gestuale che viene videoproiettata tramite un dispositivo integrato su qualsiasi superficie. L’utente può così interagire con l’ambiente circostante muovendo immagini virtuali videoproiettate tramite i sensori collocati sulle estremità delle dita.

www.culturaroma.it

web.mit.edu www.filieracortabio.it www.localdirt.com

ALDO MARIO TAZZI LUNGO LE ANTICHE STRADE DELL’ASIA

Milano, Palazzo della Ragione www.stevemcurrymilano.it | 68 | valori |

A BERLINO IL MURO È UN MONUMENTO

multimedia

Exòrma, 2009 |

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BITEB, SECOND LIFE TECNOLOGICA E SOLIDALE L’INTEGRAZIONE A PALERMO È L’ARTE DEL “NO COLORS”

Se le regole del capitalismo spingono al consumo, quelle di un intelligente impiego di risorse economiche e ambientali pensano al “riuso”. A questo si ispira l’associazione di volontariato BITeB (Banco informatico tecnologico e biomedico) di Milano che – nella sua divisione informatica – raccoglie pc dismessi, ma funzionanti, compie su di essi test, li ricondiziona in laboratorio e li dona a organizzazioni non profit bisognose; oppure – nella divisione biomedica – aiuta strutture sanitarie e assistenziali dei Paesi in via di sviluppo recuperando per loro beni e tecnologie dagli ospedali o dalle aziende del settore biomedico occidentali. Strumenti funzionanti ma superati per noi diventano preziosi altrove. Nei primi 10 mesi del 2009 BITeB ha ricondizionato 1.900 pc, donandone 1.700 (oltre a 250 stampanti) a oltre 250 organizzazioni non profit (Unicef, Aifo, Fondazione dopdinoi, Avsi, Abio, Aism, Informatici senza frontiere, Coopi). Ora la priorità è avere nuove donazioni di pc con processore Pentium 4 o superiore e poi qualsiasi monitor (almeno da 17 pollici), tastiere e mouse. Per restituire loro una second life.

Si scrive No colors ma si legge integrazione multiculturale a Palermo. È questa la sintesi di un bel progetto che funziona nel capoluogo siciliano grazie agli sforzi dell’omonima cooperativa del consorzio Comunità nuova, a sua volta presente nella rete regionale siciliana di imprese sociali riunite dal più ampio Consorzio Sol.Co di Catania. La realtà sul campo, che fa la differenza nel tessuto sociale, è quella di un centro aggregativo per ragazzi fino ai 18 anni, molti dei quali immigrati di seconda generazione (soprattutto ghanesi, eritrei, mauriziani, somali, capoverdiani e cingalesi), che stanno semplicemente insieme partecipando a laboratori artistici. Proprio le vie della creatività, invece di quella più praticata dello studio comune doposcuola, costituisce la base del successo di questo centro dove un centinaio di ragazzi si danno alle arti figurative, alla musica, al ballo e al teatro, attraverso l’impegno di un valutatore, insegnanti-artisti, educatori e la significativa presenza di una mediatrice culturale capoverdiana. L’integrazione multiculturale parte da lontano, insomma, e da piccoli: per questo No Colors sta celebrando di questi tempi, dopo due anni di attività, un’ultima grande vittoria, l’ingresso di alcuni bimbi appartenenti alla comunità cinese palermitana. Perché per conoscersi non è mai troppo presto.

SOLO UNA T-SHIRT PER USCIRE DAL CARCERE

UN SOFTWARE GRATUITO PER RISPARMIARE ENERGIA

ECCO COME PENSANO I NATIVI DIGITALI

Mille tavolette di cioccolata da 100 grammi e 20 chili di biscotti di mandorla al giorno. Un saporitissimo biglietto da visita per il Laboratorio dolciario artigianale Don Giuseppe Puglisi di Modica (Ragusa). Nel nome del prete ucciso dalla mafia (nel 1993) per il suo impegno sociale nel quartiere palermitano di Brancaccio, sono nati un’associazione di volontariato che gestisce una casa d’accoglienza per ragazze madri, donne in temporanea difficoltà e interi nuclei familiari e l’omonimo laboratorio dolciario (strutturatosi con un suo punto vendita), presieduto da una cooperativa sociale. Segnalate dei servizi sociali dei comuni della Sicilia sudorientale, le ospiti della casa sono inserite a fini formativi e con borse lavoro nel laboratorio (2 assunte negli ultimi 2 anni). Mica poco di questi tempi. Il laboratorio dolciario vende in Italia e all’estero quintali di cioccolata modicana tipica attraverso il commercio equo e solidale, di cui utilizza le materie prime, e alcune collaborazioni (Autogrill, Coop), in attesa di un accordo con l’Associazione Libera.

Le parole di Fabrizio De Andrè, che condivideva con gli “ultimi” angosce e speranze, stampate su magliette che dagli “ultimi” vengono ideate: avviene da circa 1 anno grazie ai detenuti del carcere genovese di Marassi e al progetto equo-sociale O’ Press!. A metterci i testi è il cantautore – o meglio la Fondazione De Andrè e la Casa editrice Universal che hanno donato i diritti su 32 canzoni di Faber –, a metterci le t-shirt è la Bottega Solidale (magliette fair trade cucite da artigiani bengalesi), ma il lavoro ce lo mettono ogni giorno 6 detenuti dell’Area alta sicurezza (sez. V) della Casa Circondariale di Marassi, dopo aver seguito un corso di grafica in carcere e uno di grafica e serigrafia organizzato dalla bottega per imparare la stampa manuale a mezzo di telaio. Un progetto sociale, quindi, ma anche un vero e proprio mestiere, visto che i detenuti vengono compensati per il lavoro svolto – a differenza di quanto solitamente accade in altri carceri – con una retribuzione concordata di 1,25 euro a maglietta (ne producono fino a 100 al giorno). Pur tra qualche difficoltà iniziale i numeri sono da grande griffe, con più di 6 mila t-shirt vendute nei primi 6 mesi del 2009.

Volete calcolare quanta energia consumate e come ridurre gli sprechi? Un software gratuito ve lo permette: si chiama Echoes. Quantifica i consumi energetici e simula più interventi di riqualificazione sugli impianti di produzione dell’energia elettrica, termica e frigorifera. In modo da individuare la soluzione miglior in termini benefici economici e ambientali. L’iniziativa, unica finora nel suo genere, è stata messa a punto dall’associazione Paea (Progetti alternativi per l’energia e l’ambiente), grazie a un contributo finanziario di 20 mila euro concessole dalla Fondazione culturale Responsabilità Etica, all’interno del suo primo bando per i progetti a sostegno dell’economia civile. «Echoes è un progetto che incarna la tipologia di idee che intendiamo sostenere», spiega Mariateresa Ruggiero, direttrice della Fondazione. «È è innovativo, accessibile a tutti, gratuito, capace di stimolare nei cittadini la consapevolezza delle conseguenze delle loro scelte di consumo».

Una ricerca su come pensano, si muovono, su cosa sognano i “nativi digitali” altrimenti detti “infonauti”. Sotto analisi la fascia tra i 15 e i 24 anni in Italia per una indagine promossa da Demos e Coop sul tema dell’utilizzo dei mezzi di comunicazione. Di grande interesse i risultati: il 74% si informa tramite la Rete, il 90% utilizza la televisione, ma solo il 18% ritiene che si possa considerare affidabile, a differenza della Rete ed in particolare dei frequentatissimi siti “user generated content” come Twitter o You Tube. Dopo l’annosa diatriba tra la radio “mezzo caldo” e la televisione “mezzo freddo” sembra sia definitivamente venuta l’ora di confrontarsi con la Rete come mezzo bipolare di informazione e condivisione. Malgrado il digital divide e le problematiche sull’accesso alla banda larga, la parola passa ora anche in Italia agli editori, vista l’appetibilità e vastità del target di cui dovranno conquistarsi una fiducia non scontata.

www.solcoct.coop www.laboratoriodonpuglisi.it

www.biteb.org | 70 | valori |

DOLCISSIMA ACCOGLIENZA FIRMATA DON PUGLISI

future

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IL FUTURO DEL CINEMA CAMMINA SULLA RETE IL BARATTO COME NUOVA FRONTIERA DELL’ECONOMIA L’arte dello swap dilaga sui media e usa la Rete come spazio libero di diffusione. L’economia del baratto diviene glamour, contagia anche il mondo dell’alta moda (due inaugurazioni e un tram itinerante durante l’ultima kermesse milanese) ad indicare la sua definitiva uscita dal recinto delle pratiche di nicchia. Comunità ecosostenibili ed ecovillaggi anche in Italia cercano nuovi aderenti per sperimentazioni di vita senza l’utilizzo del denaro. Per i cacciatori di tendenze è ricerca aperta degli Swap Party, dove scambiare liberamente oggetti e, in futuro, idee e progetti mentre sulla Rete nascono progetti come il “bed and breakfast anticrisi” che raduna migliaia di fan in Facebook decisi a trascorrere qualche giorno senza spese in località di vacanza in cambio di piccole riparazioni degli alloggi in vista dell’estate o lezioni di musica e artigianato. Sempre sul web Zero Relativo si propone come “la prima community di scambio, riuso e baratto on line”.

Il futuro del cinema passerà dalla Rete? Difficile capire quali tra le soluzioni proposte siano a tutti gli effetti legali ma sono senz’altro segnali di sperimentazione sulle modalità di condivisione. Questo vale sia per le nuove sperimentazioni, native in digitale, sia per la conservazione e trasmissione di produzione interessanti, ma difficili da reperire anche in considerazione della scarsità di luoghi pubblici attenti all’offerta di prodotti multimediali. Per esempio il lungometraggio Il Pianeta verde può essere fruito o attraverso un calvario di piccoli filmati su You Tube oppure attraverso un download tramite Live Player, un software gratuito che simula una tv con “più di 170 canali e centinaia di stazioni radio” e si presenta come “il meglio dell’attualità sul tuo computer”. Provato, sembra funzionare. Qualità video bassa, ma l’obiettivo non è fare concorrenza alle sale cinematografiche, quanto offrire un servizio gratuito e condiviso in remoto.

www.paea.it

www.bottegasolidale.it ANNO 9 N.75

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VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

PAESE

CORSO DELL’AZIONE 17.11.2009

RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 17.11.2009

Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways

Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari

Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania

0,77 € 37,42 € 1,50 $ 123,99 $ 4,77 $ 53,02 € 238,50 CHF 34,85 € 64,40 £ 11,00 € 34,45 KR 24,56 € 78,56 € 27,08 € 2,61 € 14,91 € 7,90 € 19,47 $ 15,30 $ 2,78 €

-81,84% 26,72% -57,26% 0,35% -6,65% -29,62% 45,34% 14,30% -47,85% -69,51% -58,24% 28,05% 75,59% 65,22% -14,14% -25,15% -67,76% -43,97% -26,62% -0,71%

-15,48% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Pausa di riflessione per il solare –15,48%

di Carlo e Mauro Meggiolaro

Valori Solar Energy Index

Rendimento dal 15.10.08 al 17.11.09

Eurostoxx 50

+12,76%

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indice. Che continua a soffrire rispetto alla media dei mercati. Nonostante ci siano i primi segnali di ripresa. In arrivo dalla Cina. menti rilevanti per l'indice solare di Valori. Continua la serie positiva della tedesca Centrotherm Photovoltaics, che punta a produrre entro fine anno il primo modulo fotovoltaico CIGS a film sottile Renewable Energy Corporation ASA www.recgroup.com Sede Sandvika, Norvegia per la produzione di massa. Un modello che Borsa OBX - Oslo non usa il silicio (ma una lega di rame, indio e Attività Società norvegese fondata nel 1996 e oggi suddivisa in tre settori: REC Silicon (produzione gallio) e abbatte i costi senza ridurre l’efficienza. di materiali in silicone per l’applicazione dei pannelli fotovoltaici), REC Solar (produzione celle Sempre in crescita anche Solar Millennium, leae moduli solari) e REC Wafer (produzione wafer multicristallini). REC Group si concentra fortemente der tedesco del solare termico, in forte espansiosull’innovazione tecnologica, con più di 100 brevetti ottenuti o in fase di registrazione. Nel 2008 ne in Spagna, dove il Ministro dell’Industria ha ha investito 1,5 miliardi di euro nella prima fase di realizzazione dello stabilimento integrato di produzione di wafer, celle e moduli più grande al mondo scegliendo come sede Singapore. appena dato il via libera ai progetti per le centrali solari Andasol 3 e Ibersol, che saranno comRendimento 15.10.08 – 17.11.09 -58,24% pletate entro il 2012. «Con le centrali Andasol Ricavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2007 nel sud della Spagna siamo stati i primi a svi2008 luppare campi di concentratori parabolici linea979,59 2.350 794,37 ri in Europa», ha dichiarato Christian Beltle, Amministratore Delegato della Solar Millen1.750 nium. Non a caso Centrotherm (+26,72% da ini159,46 366,47 zio gioco) e Solar Millennium (+65,22%) sono anche tra le imprese più dinamiche nel nostro UN’IMPRESA AL MESE

L SOLE È FERMO. Nell’ultimo mese non si sono registrati cambia-

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ANNO 9 N.75

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DICEMBRE 2009 / GENNAIO 2010

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Dissesto idrogeologico

Italia a rischio di Walter Ganapini*

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N CAMPANIA 212 COMUNI SU 551 PRESENTANO UN RISCHIO DA DISSESTO IDROGEOLOGICO con effetti noti come “colata

di fango”, potenzialmente simili a quelli registrati a Giampilieri (Messina). Se al “rischio frana” si associa quello di “esondazione” i Comuni di cui prendersi cura divengono 464. Stime prudenziali indicano in almeno 3 miliardi di euro il fabbisogno di risorse per mitigare tali rischi, ricorrendo alle migliori pratiche disponibili. A fronte di tale dato la Regione in questi anni ha potuto impiegare non oltre 700 milioni di euro, dovendo gestire emergenze quali la frana di Montaguto, la più imponente nel nostro Paese, con i suoi 12 milioni di metri cubi di argilla che incombono sulle connessioni stradali e ferroviarie con la Puglia o il tendenziale dissolvimento dello straordinario Arco di Palinuro, sulla costa del Cilento. La questione, comunque, va ben oltre la Campania. Non si può dimenticare, ad esempio, il rapporto con cui, nel 2000, l’allora efficiente Autorità di Bacino del Po, dopo gli eventi valtellinesi e le esondazioni alessandrine, calcolava in 14 mila miliardi di vecchie lire (circa 7 miliardi di euro) l’impegno di risorse necessario per eliminare fenomeni noti di dissesto che, in area padana, potessero generare perdita di vite umane (stima che coincide con quella relativa ai costi per l’eventuale realizzazione del ponte sullo Stretto). Si ripropone così come centrale per lo sviluppo sostenibile (l’unico possibile, ancor più in piena crisi ambientale e finanziaria e, comunque, nell’epoca della green economy) del nostro straordinario Paese, l’esigenza di una politica strutturale e, almeno a medio termine, di manutenzione del territorio. Manutenzione non significa l’opera indefessa di squadre di manovali muniti di vanghe e picconi. Oggi manutenzione significa conoscenza e controllo degli effetti dell’antropizzazione; progettazione Il Paese ha bisogno e gestione di azioni di rinaturazione ed ingegneria naturalistica dai versanti di politiche strutturali montuosi alle coste; monitoraggio remoto e in campo dell’evoluzione di manutenzione dei fenomeni; biotecnologie ambientali; tecnologie avanzate di bonifica delle del territorio. Mentre naturali contaminate; verifica d’efficacia e correzione in progress degli lo Stato stanzia solo 200 matrici interventi e, perciò, innovazione di hardware e software e occupazione qualificata. milioni di euro all’anno Preoccupa che, mentre una tale sfida è stata ben colta dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, il nostro bilancio dello Stato per il 2009 preveda per il contrasto al dissesto, ancora sulla carta ad anno praticamente concluso, non più di 200 milioni di euro per tutte le Regioni: alla Campania, quand’anche venissero erogati, non toccherebbero più di 8 milioni. È allora importante che si negozi con Bruxelles la possibilità di estendere alla manutenzione territoriale il campo di utilizzo degli ultimi fondi strutturali cui l’Italia possa accedere, per il 2007-2013. Tali risorse possono infatti servire solo alla realizzazione di opere e manufatti e non al finanziamento di spese di gestione, come vengono generalmente intese quelle per la fornitura di servizi, categoria nella quale, ad una prima lettura, rientrerebbe la manutenzione di reti e sistemi. Nel resto d’Europa ciò è ispirato a principi condivisibili, poiché là la manutenzione è pratica corrente e quindi se ne programma già in fase progettuale la copertura dei costi. Da noi non accade, con nodi di cattiva politica insediativa e d’uso del territorio che vengono dolorosamente al pettine, più che mai in epoca di cambiamento climatico globale. La negoziazione con Bruxelles può liberare risorse per lenire le maggiori criticità in atto, ma è indubbio che la prospettiva debba finalizzarsi ad una programmazione specifica a medio termine (decennale?) a scala nazionale, rivedendo complessivamente le priorità di spesa ed eventualmente attivando strumenti finanziari ad hoc, a partire dalle disponibilità in essere presso istituzioni finanziarie private e pubbliche, * Assessore all’Ambiente della Regione Campania in primis la Cassa depositi e prestiti.

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