Mensile Valori n.83 2010

Page 1

valori

Anno 10 numero 83. Ottobre 2010. € 4,00

MAURIZIO CAMAGNA

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Cascina Cuccagna

Dossier > Milioni di tonnellate di cibo buttato e un modello agricolo autodistruttivo

Il grande spreco

Finanza > Contro le grandi lobby Bruxelles chiama a raccolta la società civile Economia solidale > 2020: rinnovabili possibili solo con il risparmio energetico Internazionale > Obama: appuntamento difficile con le elezioni di midterm Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


| editoriale |

Cibo sprecato

Il baco è il sistema di Roberto Burdese

C’

È UNA GRANDE (E SCOMODISSIMA) VERITÀ,

L’AUTORE Roberto Burdese

Dal 2006 è presidente di Slow Food Italia, nel quale è entrato nel 1991 come obiettore di coscienza. Per l’associazione creata da Carlo Petrini ha seguito i progetti più importanti, come il Salone del gusto, la ristrutturazione dell’Agenzia di Pollenzo e la creazione dell’Università di Scienze gastronomiche.

quando si parla di cibo sprecato nell’opulento mondo occidentale: il problema vero è che non siamo in presenza di un difetto del sistema, che come tale si può analizzare e, almeno in parte, correggere: lo spreco è parte del sistema, è ciò che gli permette di funzionare a quella velocità e con quel tipo di guadagni. Il moderno sistema di produzione e distribuzione del cibo, basato su logiche e metodi di tipo industriale e orientato principalmente al mercato, è un sistema lineare, ovvero un sistema che non riutilizza gli scarti della produzione e rinuncia a molte produzioni complementari e accessorie, sia perché non ha interesse a portarle avanti, sia perché spesso, per via delle stesse modalità di produzione, alcuni scarti non possono essere valorizzati o non sono più utilizzabili (si pensi al letame degli allevamenti intensivi, ridotto ormai a scoria contaminante). Ma tutta questa velocità ha un prezzo in termini di spreco: di energia, di risorse, di prodotto stesso. L’agricoltura ecologica con i suoi sistemi ideali di distribuzione (la vendita diretta e di prossimità) è invece un sistema integrato. Ovvero tende a riusare scarti e sottoprodotti per altre fasi della produzione o per avviare nuove produzioni: in questo modo incide meno sulle risorse planetarie e abbassa i costi di produzione, oltre a quelli ambientali. Certamente ha ritmi meno intensi e consente guadagni ragionevoli, ma mai straordinari e rapidi. I due tipi di agricoltura e di distribuzione fanno riferimento a due opposti tipi di consumatore. Il primo ha bisogno (di nuovo non è un difetto del sistema, ma una condizione per il suo buon funzionamento) di un consumatore distratto, poco consapevole, poco impegnato e certamente non un buongustaio: che non sappia distinguere i prodotti di qualità da quelli addirittura dannosi per la salute, sua o del Pianeta, che non si ponga troppe domande e che preferisca, come un automa, il prodotto a prezzo più basso, senza rendersi conto che produrre cibo a “buon mercato” ha costi altissimi (in termini sociali, ambientali, di qualità e di futuro), che non paghiamo all’atto dell’acquisto, ma che stiamo già pagando nei fatti. Il secondo ha bisogno di un consumatore che si senta parte del processo di produzione e che scelga di supportarlo e indirizzarlo; un consumatore che cerchi di vivere in coerenza con le proprie convinzioni e che sappia apprezzare il piacere del buon cibo, anche perché consapevole della relazione con la sua salute, quella dei suoi cari, quella dell’ambiente. Un consumatore, cosa non secondaria, che sa ancora cucinare, tanto da non doversi accontentare dei cibi di quarta gamma o delle preparazioni industriali. E che può acquistare prodotti apparentemente minori (come i tagli considerati meno nobili delle carni), perché a casa sarà in grado di ricavarne piatti eccellenti. Ecco perché informare ed educare il consumatore è l’unico modo di provare a correggere il sistema dell’agroindustria: su questo fronte l’associazione Slow Food è costantemente impegnata, con le attività e i progetti delle sue 300 “condotte” (coordinamenti locali, ndr) in tutta Italia. E con grandi momenti collettivi. A partire dal Salone del gusto e da Terra madre, (21-25 ottobre a Torino), dove si discuterà del futuro del cibo ma si imparerà anche, dai produttori e dai cuochi, ciò che ognuno di noi può fare tutti i giorni.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 3 |


| sommario |

valori ottobre 2010 mensile

www.valori.it

anno 10 numero 83 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Ava consiglio di amministrazione

Paolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva, Sergio Slavazza direzione generale

Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

Mariateresa Ruggiero (ruggiero.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore

Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

cuorebio e il cibo sano prendi una buona abitudine, per te e per la terra. Scegliere un negozio Cuorebio, significa essere certi di acquistare cibi biologici e biodinamici, selezionati e certificati. Ma vuol dire anche avere a cuore la salute della terra ed il rispetto delle risorse naturali. Una scelta sicura e positiva, che puoi fare negli oltre 250 negozi Cuorebio in tutta Italia.

vieni a trovarci!

www.cuorebio.it

Lo staff del progetto Cuccagna nel cantiere in cui ritorna a vivere una cascina nel centro di milano. Nella foto Sergio Bonriposi, Marta Campostano, Paolo Malara, Paola Tierri, Emanuela Plebani e Lucio Oldani.

MAURIZIO CAMAGNA

editore

Milano, 2010

globalvision

7

fotoreportage. Cascina Cuccagna

8

dossier. Il grande spreco

16 18 20 21 24 25 26

Dal campo al piatto. In fumo il cibo per un’intera nazione Andrea Segré: “Cambiamo incentivi e modelli di consumo” Terra madre 2010: ridare valore al cibo Agricoltura italiana: modello autodistruttivo Incentivi europei. Pac: produrre, sempre produrre Buone pratiche: l’Italia che non sperpera

finanzaetica

progetto grafico e impaginazione

Capitolo finanza: Bruxelles alla ricerca dei contro-lobbisti nella società civile Tra speranze e dubbi, la nuova vita di ShoreBank Cliff Rosenthal: “Affossata dai suoi fondatori, Obama poteva fare di più” Oltre: il lato buono del venture capital

fotografie

sportresponsabile

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi Francesco Camagna, Simona Corvaia (info@mokadesign.org)

Maurizio Camagna, Francesco Carcano, Stefano G. Pavesi (Contrasto), Pete Souza (White House)

28 30 33 34 35 I - IV

islamfinanzasocietà

40

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)

economiasolidale

abbonamento annuale ˜ 10 numeri

Elettricità nel 2020: fonti rinnovabili, ma meno consumi Coprovision. Pubblico o privato? Meglio co-prodotto L’economia del benessere. Giovannini: Sempre più vicini al dopo Pil Nuovi spazi di lavoro. Creativi, sociali, nomadi: coworkers

42 44 46 47 50

stampa

Euro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 45,00 ˜ enti pubblici, aziende Euro 60,00 ˜ sostenitore abbonamento biennale ˜ 20 numeri Euro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 85,00 ˜ enti pubblici, aziende come abbonarsi

I carta

di credito sul sito www.valori.it sezione come abbonarsi Causale: abbonamento/Rinnovo Valori I bonifico bancario c/c n°108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin Z Iban: IT29Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato I bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

internazionale Usa: elezioni di mid term. Il difficile lavoro del presidente Tempo di scioperi: la Cina non è immune. E la produzione si sposta in Africa Campo Arci in Palestina: vivere a vent’anni nei territori occupati Inverno greco: un Paese congelato. Ma Atene è sotto attacco

54 56 59 62 63

bancor

67

altrevoci

68

indiceverde

73

benvenuto

74

LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI COMUNICAZIONE E AMMINISTRAZIONE

PUBBLICITÀ, DISTRIBUZIONE, PROMOZIONE E SVILUPPO

Società Cooperativa Editoriale Etica

Felici Editore Srl

Via Copernico 1, 20125 Milano tel. 02.67199099 fax 02.67491691 e-mail redazione@valori.it ˜ amministrazione@valori.it info@valori.it ˜abbonamenti@valori.it

via Carducci 60, 56010, La Fontina - S. Giuliano Terme (Pi) tel. 050.878159 cell. 348.9113273 fax 050.8755897 e-mail marketing@felicieditore.it www.felicieditore.it


| globalvision |

Dopo la crisi

valori

Anno 10 numero 83. Ottobre 2010. € 4,00

“Exit strategy” senza bussola

MAURIZIO CAMAGNA

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Cascina Cuccagna

di Alberto Berrini

E

Dossier > Milioni di tonnellate di cibo buttato e un modello agricolo autodistruttivo

Il grande spreco

Finanza > Contro le grandi lobby Bruxelles chiama a raccolta la società civile Economia solidale > 2020: rinnovabili possibili solo con il risparmio energetico Internazionale > Obama: appuntamento difficile con le elezioni di midterm Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

Angela Merkel la propone all’Unione europea, Nicolas Sarkozy la chiede all’Onu, Silvio Berlusconi la definisce “ridicola”. È la tassa sulle transazioni finanziarie. In un mini-libro Valori spiega cos’è. In omaggio per chi si abbona al mensile. Si può anche acquistare solo il mini-libro sul sito www.felicieditore.it

Lo leggi nelle librerie Feltrinelli, nelle sedi di Banca Etica o se ti abboni: www.valori.it Per attivare l’abbonamento basta andare sul sito www.valori.it, scaricare il modulo che trovate on line, compilarlo e rispedirlo via e-mail a abbonamenti@valori.it, allegando la copia dell’avvenuto pagamento (a meno che si usi la carta di credito). Oppure compilare il modulo qui sotto e inviarlo via fax alla Società Cooperativa Editoriale Etica [02 67491691], sempre allegando la copia dell’avvenuto pagamento. nuovo abbonato

rinnovo

privato

ente/azienda

* obbligatorio

cognome e nome *

denominazione ente/azienda

indirizzo *

telefono *

e–mail *

cellulare

età

attività

titolo di studio

regalo l’abbonamento a [ cognome e nome ] indirizzo

e-mail/telefono

autorizzo il trattamento dei dati personali ai sensi del D. lgs. 196/2003, per l’abbonamento e per la gestione della promozione (l’informativa completa è disponibile sul sito www.valori.it) luogo e data ho già provveduto al pagamento tramite

firma leggibile carta di credito

modello RID

modulo freccia

bonifico bancario

bollettino postale

COME EFFETTUARE IL VERSAMENTO online con carta di credito, modulo freccia o modello RID ˜ info su www.valori.it con bonifico bancario sul C/C EU IBAN: IT29 Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica, intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica,via Copernico 1, 20125 Milano con bollettino postale sul C/C 28027324 intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Copernico 1, 20125 Milano Nella causale inserire nome e cognome, indirizzo ed e-mail del destinatario, specificando “Abbonamento annuale” ABBONAMENTO ANNUALE 10 NUMERI + INSERTI: scuole, enti non profit, privati 35,00 euro ˜ enti pubblici, aziende 45,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euro ABBONAMENTO BIENNALE 20 NUMERI + INSERTI: scuole, enti non profit, privati 65,00 euro ˜ enti pubblici, aziende 85,00 euro Per ulteriori informazioni, telefona dalle ore 9.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.00 al numero 02.67199099, scrivi a info@valori.it o entra nel sito www.valori.it

XIT STRATEGY è la “strategia di uscita” dalle politiche economiche straordinarie – tassi bassi e spese pubbliche –

lanciate per superare la crisi finanziaria e la recessione. Il “nodo” è il tempo: arrivare troppo presto potrebbe frenare la ripresa, troppo tardi potrebbe creare problemi di debito pubblico e/o inflazione. Il dibattito più recente sulla exit strategy risente della particolare fase congiunturale che in questo momento (fine estate 2010) sta caratterizzando l’economia mondiale. Questo è un periodo di transizione nel quale lo stimolo impresso alle economie dalla spesa pubblica e dalle Banche centrali gradualmente scompare. Ma la domanda privata (consumi e investimenti) resta debole e la “presunta ripresa” perde forza. Del resto era ampiamente previsto un rallentamento della crescita nel secondo semestre del 2010. Diverso è prevedere se tale rallentamento si trasformerà in una ricaduta nella recessione. In ogni caso risulta sempre più difficile per la politica economica conciliare le esigenze di crescita e risanamento dei sistemi economici. Fino al G20 di Pittsburg (settembre 2009) prevaleva la paura della recessione: “Oggi ci impegniamo a prorogare le misure forti che abbiamo adottato per reagire alla crisi fino a quando la ripresa non sarà saldamente avviata. Agiremo in modo da garantire che con la crescita riparta anche l’occupazione. Eviteremo qualunque ritiro prematuro delle misure di stimolo”, si legge nella dichiarazione finale. Sulla base dei segnali positivi della crescita economica mondiale tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, ma soprattutto a causa delle turbolenze sui mercati valutari e delle obbligazioni governative generate “dal caso Grecia”, nella primavera/inizio estate 2010 si è fatta più forte la spinta al risanamento. In molti aspettano che La dichiarazione che ha fatto seguito al G20 di Toronto (giugno 2010) l’economia si “rimetta è assai più prudente e, diversamente dalla precedente di Pittsburg, l’attenzione in moto”. Senza rendersi si è posta anche sulla situazione dei conti pubblici. “Esiste il rischio contro che invece il suo che un loro risanamento, sincronizzato in molte delle principali economie, motore neoliberista è definitivamente morto possa avere un impatto negativo sulla ripresa. Ma esiste altresì il rischio che non applicare misure di risanamento mini la fiducia e ostacoli la ripresa”. La realtà purtroppo è che “l’ottimismo ufficiale” sulla crisi, di moda fino a pochi mesi fa, risulta sconfitto dai fatti. “Il che significa che i responsabili mondiali della politica economica hanno sbagliato diagnosi, sottovalutato la gravità della situazione e adottato terapie senza effetto: tutti si muovono al buio e non sanno che pesci pigliare”. (Mario Deaglio, “La crisi continua e cambierà tutto”, La Stampa 9 giugno 2010). Il problema è che le cifre, che sono regolarmente pubblicate, vengono interpretate come se fossero definitive. Dunque, se c’è un segnale di ripresa, si annuncia la fine della crisi, mentre se si rende noto un dato negativo siamo alla catastrofe. Questo atteggiamento deriva dal fatto che si continua a considerare la crisi del 2007 come se fosse stata una normale crisi congiunturale. Da qui interventi “congiunturali” che, nonostante la loro straordinarietà, per caratteristiche e dimensioni, non mettono in campo nuovi paradigmi in grado di riconoscere le contraddizioni di un modello di sistema economico entrato irrimediabilmente in crisi. Come dimostra il dibattito sulla exit strategy si attua una specie di “politica economica dell’emergenza” in attesa che si rimetta in moto la macchina dell’economia. Ma non sarà così perché il suo motore, di marca neoliberista, si è rotto. Scriveva Keynes nel 1930: “Abbiamo la batteria che non funziona. Come faremo, quindi a ripartire?”. Serve, come detto, un nuovo paradigma. Al contrario tira aria di restaurazione.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 7 |


MAURIZIO CAMAGNA

| fotoreportage |

> Cascina Cuccagna foto di Maurizio Camagna

Cascina Cuccagna era un rudere nel cuore di Milano. Un consorzio di associazioni ha ottenuto la concessione d’uso ventennale dal Comune del capoluogo lombardo garantendo in proprio un intervento conservativo da 3,5 milioni di euro che prevede l’apertura di spazi sostenibili per la socialità. Ora serve l’aiuto di tutti per completare l’opera e condividerne i frutti.

M

Iscritta al Catasto di Milano nel 1725 a trent’anni dall’avvio dei primi lavori, la Cascina era stata dichiarata inagibile nel 1998. Si sviluppa su 4.000 metri quadri complessivi. A destra, Elisa Baioni, Azienda Agricola Baioni Davide.

Milano, 2010

| 8 | valori |

anca ancora circa un milione di euro per completare i lavori, ma negli occhi dei promotori del progetto cascina Cuccagna, più che la preoccupazione, sembra vincere l’entusiasmo del fare quotidiano. Partono i lavori di allestimento del giardino, bisogna affinare il progetto dell’orto didattico, tenere sempre coinvolti in modo propositivo i produttori e il quartiere, pensare al punto vendita a filiera corta. Ci sono i lavori dell’ostello che stanno per finire, l’allestimento della trattoria e delle 66 stanze della cascina da ultimare con un complesso intervento conservativo e ci sarebbe quel progetto per creare un auditorium con tetto in copertura fotovoltaica che richiede uno sponsor intelligente. Insomma, tanto lavoro per realizzare un progetto unico in Italia: riportare all’uso collettivo una cascina datata 1695 che albergava, divelta e abbandonata, nel centro della capitale economica, Milano. Siamo a Porta Romana, fermata della metrò Lodi, a pochi passi dal centro storico della città. A Milano e nelle sue immediate periferie vi sono cinquanta cascine di proprietà comunale, perlopiù in degrado e solo in rari casi utilizzate ancora da contadini. Un patrimonio importante di luoghi di socialità e scambio sul quale si è ora accentuata l’attenzione in vista dell’Expo Universale del 2015 che avrà come tema portante: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ma la storia della cascina Cuccagna e del suo interessante progetto di recupero parte da più lontano, dalla fine degli anni Ottanta della Milano di Craxi e Tognoli quando alcuni abitanti del quartiere iniziano a riunirsi per pensare a un utilizzo collettivo di questo bene, che il Comune di Milano aveva ricevuto in donazione nel 1984 e che si avviava a un lento e costante degrado. Negli anni Novanta viene costituita la cooperativa Cuccagna che solleva a livello pubblico la questione delle cascine abbandonate e, dopo molte proposte e mobilitazioni, ottiene dal Comune di Milano l’emissione di un bando per il recupero della cascina. Nasce il Consorzio Cantiere Cuccagna, promosso da sette soggetti operanti nel sociale, che presenta un progetto di recupero conservativo e offre al Comune un investimento in proprio di 3,5 milioni di euro in cambio di una concessione d’uso ventennale e del pagamento di un affitto annuale. Si presentano due candidati, il Consorzio e un soggetto privato interessato a sfruttare l’area con finalità commerciali. Vince il progetto del Consorzio, partono progetti e attività e la cascina potrebbe aprire le sue porte all’inizio del 2011. Ma i lavori ancora da fare sono tanti e i finanziamenti, al momento, quasi esauriti. Il Consorzio bussa a varie porte, pubbliche e private e propone ai cittadini un investimento responsabile di 250 euro per diventare “contadini urbani”. Buone pratiche, azioni concrete quotidiane. A volte il futuro si costruisce anche così.

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

L’AUTORE Maurizio Camagna, nato a Varese nel 1963, vive e lavora a Milano. Da sempre appassionato per le cose che si possono smontare, di solito riesce anche a rimontarle. Stonato come una campana, ma appassionato di musica ha virato le sue ambizioni sul mestiere di fonico, registrando fra il 1985 e il 1996 dischi anche degni di nota, come “Le Nuvole” di Fabrizio de André. Dopo una parentesi come amministratore di una società di servizi internet e sentendo il bisogno di tornare a maneggiare bottoni invece che bilanci, dal 2002 inizia a fotografare. Prima per diletto e poi per mestiere, specializzandosi nel ritratto, ma non trascurando still life, architettura e foto industriali. Collabora attualmente, fra gli altri, con Wired, Max, Rolling Stone e SportWeek. Il suo portfolio è online: www.camagna.it


MAURIZIO CAMAGNA

| fotoreportage |

A sinistra, Gabriele Papetti e Elia Manera, dell’azienda agricola San Francesco. In questa pagina, i lavori di ristrutturazione della cascina. Nella pagina seguente i prodotti del mercato a filiera corta che si tiene ogni martedì in Cascina Cuccagna dalle 15.30 e i ritratti dei produttori. Da sinistra: Luca Corsini (azienda agricola Poada); Giuseppe Luppi (azienda Claudio Mapelli); Francesca Fortino (Il profumo del vino); Giovanni Pizzi; Alessandra Lupo; Salvatore Costantino (azienda agricola Due Camini di Patrizia Triale); Lorenzo Terzano (Floricoltura Fenix); Davide Gallina (avicola L’oca di San Albino).

Milano, 2010

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 11 |


MAURIZIO CAMAGNA

| 12 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 13 |


MAURIZIO CAMAGNA

| fotoreportage |

I lavori hanno consentito il mantenimento estetico delle strutture interne ed esterne della Cascina inserendo tuttavia elementi di adeguamento funzionale ed eliminando le pesanti tracce di degrado che si erano cumulate negli anni, fino alla dichiarazione dello stato di inagibilità. L’intervento è definito tecnicamente “restauro conservativo” ed è stato coordinato da Marco Dezzi Bardeschi, ordinario di restauro architettonico al Politecnico di Milano. A destra, Stefano Andreazza, produttore di miele ed espositore del mercato a filiera corta di Cascina Cuccagna.

Milano, 2010

| 14 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|


Dal campo al piatto. In fumo il cibo per un’intera nazione >18 Andrea Segré: “Cambiamo incentivi e consumi” >20 Terra Madre 2010: ridare valore al cibo >21 I costi dello sperpero. Miliardi nell’immondizia >22 Agricoltura all’italiana: modello autodistruttivo >24 Incentivi europei. Pac: produrre, sempre produrre >25 Buone pratiche: l’Italia che non spreca >26

dossier a cura di Emanuele Isonio, Federico Simonelli e Marina Tamagnini

MAURIZIO CAMAGNA

La Cascina Cuccagna, a Milano. Tutti i martedì si tiene un mercatino di vendita diretta da produttori agricoli della zona.

Milano, 2010

cibo Il grande spreco

Venti milioni di tonnellate di alimenti buttati ogni anno in Italia: dai campi ai supermercati. Gli aiuti europei e il modello agricolo incentivano la produzione e schiacciano i piccoli agricoltori

| 16 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 17 |


| dossier | il grande spreco |

| dossier | il grande spreco |

di Emanuele Isonio

O

gni anno in Italia “perdiamo” 20 milioni di tonnellate di cibo lungo la catena agroalimentare. Uno spreco sufficiente a sfamare 44 milioni e mezzo

di individui, a pranzo e cena, tutta la Spagna, tre italiani su quattro. E non si deve pensare ai torsoli della mela o al grasso della bistecca. Questa cifra considera solo i “beni alimentari che, lungo il percorso dal campo alla tavola, non sono più destinati al consumo alimentare, per meri motivi commerciali, pur essendo ancora perfettamente edibili, ma sono trattati come rifiuto”. Non entrano, invece, nel conteggio i cibi comprati, ma non utilizzati dalle famiglie. «I dati sugli sprechi sono allarmanti», ha spiegato il presidente della commissione Agricoltura dell’Europarlamento,

QUANTITA DI PRODOTTO RITIRATO E SUA DESTINAZIONE IN ITALIA (TONNELLATE E %) QUANTITÀ (TONNELATE)

2008/09

Distribuzione gratuita

3.215,80

Non alimentare

-

Alimentazione animale Distillazione

3.262,10

Distribuzione gratuita Non alimentare Alimentazione animale

4,43 4,49

Distillazione

36,43

Compostaggio e biodegradazione 39.719,40

Compostaggio e biodegradazione

54,66

Totale ritiri

Totale ritiri

| 18 | valori |

26.470,50

PERCENTUALE SUL TOTALE DEI RITIRI (%) 2008/09

72.667,90

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

100

|

FONTE: NOSTRA ELABORAZIONE DATI DG AGRI

Il 28 ottobre a Bruxelles: la conferenza “Trasformare lo spreco alimentare in risorsa”. 2 miliardi di euro di cibo buttato solo negli ipermercati italiani

Paolo De Castro. E non sono una peculiarità solo italiana. «Dal 1974 - continua De Castro - a livello mondiale gli sprechi sono aumentati del 50%. In Gran Bretagna si gettano ogni anno 6,7 milioni di tonnellate di cibo ancora perfettamente consumabile. In Svezia il 25% del cibo acquistato. Negli Usa il 40%. Ecco perché, con tutti i gruppi politici presenti in Parlamento, abbiamo deciso di presentare un’interrogazione orale con risoluzione. Vogliamo impegnare l’Ue ad adottare le misure necessarie a ridurre il fenomeno dello spreco alimentare». Il momento clou è atteso per il 29 ottobre a Bruxelles. Le aule dell’Europarlamento ospiteranno la conferenza “Transforming Food Waste into a Resource” (Trasformare lo spreco alimentare in risorsa): sarà il culmine della campagna “Un anno contro lo spreco”, patrocinata dall’istituzione europea e ideata da Last Minute Market, spinoff dell’Università di Bologna e dalla facoltà di Agraria dello stesso ateneo, guidata da Andrea Segrè (vedi INTERVISTA a pag. 20). Sarà presentato ufficialmente il “Libro nero contro gli sprechi”, la più approfondita ricerca in materia mai realizzata finora. Rivela dati che fanno luce su una realtà sconcertante, dal punto di vista alimentare, economico e ambientale. Valori li presenta in anteprima.

DIMEZZARE ENTRO IL 2025 la quantità di sprechi lungo tutta la filiera alimentare in Italia e a livello globale come elemento cardine delle politiche agricole nei Paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo. Obiettivo da raggiungere attraverso il coinvolgimento di tutti gli stakeholders from farm to fork: in pratica agricoltori, sistema distributivo e di commercializzazione. Sarà la proposta più importante contenuta nel documento che sarà presentato al termine della conferenza di Bruxelles del 28 ottobre: una sorta di dichiarazione congiunta da parte delle istituzioni presenti, per inserire il tema-spreco nell’Agenda di priorità della Commissione europea. L’appuntamento riunirà membri del Parlamento, accademici, esperti di spreco alimentare e rappresentanti della società civile, per discutere di dati, strategie e buone pratiche attuabili contro un problema che coinvolge tutti gli Stati comunitari. Tra i presenti: Paul Connett, ideatore della Zero Waste Strategy; Jan Lundqvist dello SIWI di Stoccolma e molte organizzazioni provenienti da Gran Bretagna, Danimarca e Francia. Il progetto “Un anno contro lo spreco 2010” è nato con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica europea sulle cause e sugli impatti economici, sociali ed ambientali dello spreco, sul modo per ridurlo e sulla promozione di una cultura orientata ai principi di sostenibilità.

Un colabrodo: dal campo al piatto... Il “Libro nero” rivela che gli sprechi coinvolgono tutte le fasi della filiera del cibo. Nei nostri campi rimane tanta frutta e verdura quanta ne mangiamo (per ogni pomodoro mangiato ne rimane in campo uno, idem per mele, pere e arance). Le cooperative di primo grado ritirano tanti ortaggi quanti se ne dovrebbero consumare in città come Bologna o Firenze. E con gli sprechi della distribuzione al dettaglio (supermercati e negozi) si metterebbe a tavola, ogni giorno, a colazione, pranzo e cena, tutta Genova. Ma perché tante falle lungo la filiera? Di tutti i settori coinvolti, il maggiore responsabile sembra essere quello agricolo: nei campi, infatti, rimangono, non raccolti, oltre 17 milioni di tonnellate di frutta, verdura e cereali, l’87% del cibo disperso prima di arrivare al consumatore finale. Diverse le cause: estetiche (prodotti brutti da vedere perché, ad esempio, colpiti da grandine), commerciali (prodotti fuori pezzatura, troppo piccoli o troppo grandi) e di mercato (se al contadino è liquidato un prezzo inferiore al costo della raccolta, a lui conviene lasciar marcire la frutta nei campi). La lunga marcia dello sperpero coinvolge anche le organizzazioni di produttori, utili senz’altro a fronteggiare le crisi del settore. Peccato che, per evitare il crollo dei prezzi, ritirino parte della produzione dal mercato: quasi 73 mila tonnellate di prodotti agricoli ritirate l’anno scorso. Che fine hanno fatto lo si vede nella TABELLA : solo il 4,43% è stato recuperato, destinandolo a scuole, istituti di pena o a “promozioni” per incentivare il consumo di frutta e verdura. Un altro 4% è usato per sfamare gli animali. Ma il grosso è diventato distillato per produrre alcol etilico (36%) o, peggio, rifiuto (54%). Un assurdo spreco di cibo. Al quale si associa un altrettanto in-

...passando per i supermercati

Tappa successiva: l’industria alimentare. Responsabile del 10% del cibo “perso per strada”. «L’eterogeneità di tale industria – si legge nel Libro Nero – fa sì che anche il grado di efficienza sia differente da comparto a comparto. Si va da quello delle lavorazioni delle carni alle bevande, a quelli di frutta e verdura, al lattiero caseario». Difficile quindi fare un ragionamento valido per tutti. La filiera dello spreco finisce con centri agroalimentari, ipermercati, supermarket e negozi: tra i loro scaffali si perdono ogni anno 109 mila tonnellate di cibo commestibile. Anche qui, il mercato è evidentemente più forte della logica. Quando la frutta è brutta da vedere, o i barattoli sono ammaccati, o alle confezioni sono stati strappati via i “punti-omaggio”, o gli yogurt si avvicinano alla scadenza, vengono tolti tagli scaffali. L’assenza di un sistema che ne preveda (o incentivi) il recupero e il consumo completa lo scempio. Che tra l’altro ha un effetto negativo sui prezzi: i costi degli sprechi sono, infatti ,ricaricati sul prezzo dei beni venduti. Per l’azienda non cambia granché. Per il consumatore (e per il tasso d’inflazione) sicuramente sì. MAURIZIO CAMAGNA

La filiera dello spreco In fumo il cibo per un’intera nazione

concepibile dispendio di denaro pubblico: per evitare il “crollo” dei prezzi nel 2009 sono stati spesi oltre 3 miliardi di euro per ridurre la quantità di prodotto sul mercato. La situazione sfiora il ridicolo se si considera che, prima, si finanziano gli agricoltori per rimanere in campagna e per produrre. E poi, però, si erogano fondi che portano parte di quelle produzioni ad essere distrutte. La fiera dei paradossi.

L’OBIETTIVO DI BRUXELLES: SPERPERI DIMEZZATI ENTRO IL 2025

Un dramma per l’ambiente Tra l’altro, anche al di là del costo economico degli sprechi (vedi BOX ), questa enorme montagna di beni non consumati ha un impatto ambientale enorme. Che tutti paghiamo, ogni giorno: «L’emergenza – spiega De Castro – è nutrizionale ma anche ecologica, se si considera che ogni tonnellata di rifiuti alimentari genera 4,2 tonnellate di CO2». In un anno se ne generano quindi oltre 80 milioni. Tanto per capire: senza gli sprechi alimentari, la CO2 emessa in Italia calerebbe, di colpo, del 15%. Se invece consideriamo il consumo di acqua usata per l’agricoltura, lo spreco ammonta a 5,3 miliardi di metri cubi. Per fare un confronto: con la stessa quantità d’acqua in Kenya si disseterebbero tutti gli abitanti per 270 anni (la cifra non è buttata lì: nel Paese africano la disponibilità idrica è di 19,6 milioni annui). Basta per pensare che forse è il caso di cambiare strada?

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 19 |


| dossier | il grande spreco |

| dossier | il grande spreco |

Ridare valore al cibo

Terra madre 2010: a Torino dal 21 al 25 ottobre.

E

«Cambiamo incentivi e modi di consumo»

«Servono consumatori più attenti e consapevoli», spiega Andrea Segrè, preside di Agraria all’Università di Bologna. «E vendite last minute nei supermercati».

«I

L PROBLEMA DEGLI SPRECHI NON SI RISOLVE se non accettiamo una verità scomoda: siamo tutti colpevoli. Tutti corresponsabili di un sistema insostenibile, sotto ogni punto di vista. Economico, ambientale, sociale». Andrea Segrè, ordinario di Politica agraria indi Emanuele Isonio ternazionale e preside della facoltà di Agraria Sopra, alcuni momenti all’Università di Bologna, è uno dei massimi esperti sul dell’ultima edizione tema dello spreco. Talmente appassionato dell’argodi Terra Madre a Torino, nel 2008 mento, da essersi inventato il progetto Last Minute (la manifestaizone Market (vedi ARTICOLO a pag 26), una delle idee più avansi tiene ogni due anni, la prossima dal 21 al 25 zate per ridurre gli sprechi nella filiera alimentare. Ma ottobre). Qui sotto, quando gli si chiede da dove cominciare per risolvere il Andrea Segrè, preside della facoltà di Agraria problema, risponde: «Dalle famiglie».

dell’Università di Bologna e creatore del progetto Last Minute Market.

Professor Segrè, perché iniziare dai nuclei familiari quando le aziende della filiera buttano 20 milioni di tonnellate di cibo l’anno? Perché è la parte più controllabile. Su di essa ricadono i costi economici dello spreco. E finisce per subire di più anche i costi ambientali. I consumatori vanno perciò resi più attenti e consapevoli. Spera in un “effetto-traino”? Se il consumatore cambia i modi di consumo, la produ-

risolvere il problema “Per degli sprechi alimentari bisogna iniziare dalle famiglie: su di esse ricadono i costi economici ” | 20 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

zione deve necessariamente adeguarsi. Io ho coniato il termine “società sufficiente”. Nella nozione di sufficienza c’è sempre l’abbastanza e mai il troppo. Il consumatore sufficiente è quello che riesce a fare di più con meno. Sembra una proposta pauperista. È esattamente il contrario. Non propongo scelte privative. Dico solo che dobbiamo consumare in modo diverso. E quindi produrre in modo diverso. Puntando sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Parliamo del resto della filiera. La quantità di cibo lasciato a marcire nei campi è imbarazzante. L’aspetto paradossale della situazione è che, escludendo gli ultimi due-tre anni di crisi, si continua a registrare un aumento degli sprechi e, al tempo stesso, una crescita del numero di “consumatori senza potere d’acquisto”, potenziali fruitori del cibo che va sprecato. La situazione dei campi è figlia degli incentivi comunitari (dell’Ue, ndr) che sostengono il reddito dei contadini “pompando” un’offerta a cui non corrisponde una domanda adeguata. E quindi si creano logiche perverse, perché, per evitare che i costi dei prodotti crollino, si ordina la distruzione delle eccedenze alimentari. Di fatto si sovvenziona la distruzione del cibo. Che rimedi propone in tal senso? Spostare il sostegno dalla produzione ai produttori. Gli incentivi vanno bene, ma devono essere mirati a premiare

chi valorizza il territorio e la qualità delle coltivazioni. Altro indiziato speciale degli sprechi è la distribuzione organizzata: supermercati e negozi di alimentari. Per l’industria, lo spreco significa inefficienza. E l’inefficienza è il fallimento del mercato. In base alla mia esperienza, le aziende sono contente se qualcuno le aiuta a capire dove sbagliano. In uno dei primi ipermercati con cui abbiamo avviato le iniziative per il recupero dei beni invenduti, a Bologna, nel 2003 si recuperavano 170 tonnellate di prodotti. L’anno scorso, la quantità era di 72 tonnellate. Hanno capito dove sbagliavano e hanno potuto aumentare l’efficienza. Come si migliora l’efficienza? Faccio due proposte: perché non inserire nei prodotti, come già avviene in Paesi più evoluti del nostro, etichette con due scadenze? Una indicherebbe il termine ultimo di vendita. Una quello di consumo. E poi, perché non fare vendite last minute, ad esempio vendendo a metà prezzo i cibi più prossimi alla scadenza? Il problema è che i supermercati preferiscono vendere la metà dei prodotti a prezzo intero piuttosto che più prodotti a metà prezzo. Sarebbero utili dei disincentivi, quindi? Sarebbe molto corretto adottare strumenti per sanzionare i comportamenti dannosi.

SE L’ESPLOSIONE DEGLI SPRECHI ALIMENTARI fosse dovuta anche al fatto che il cibo ci costa troppo poco? E se fosse per questo che lo sperperiamo, acquistando prodotti inutili che finiscono per marcire in dispensa o in qualche scaffale in di Em. Is. fondo al frigo? L’idea, tra il serio e il provocatorio, è stata lanciata da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Preoccupato che il passaggio “dalla società della fame” a quella dello “spreco” abbia portato a uno snaturamento del valore assegnato al cibo, diventato un prodotto consumistiSotto, Carlo Petrini, co come gli altri. La soluzione, secondo Petrini, passa per fondatore di Slow «la costruzione di un sistema del cibo in cui il suo valore Food, che dal 2004, ogni due anni, pesi davvero, per far sì che aumenti la qualità media senorganizza Terra za far impennare i prezzi, con la consapevolezza che, se si Madre e il Salone del Gusto. spende un po’ di più per quantità minori, non solo si risparmia, ma si evita di alimentare un sistema terribile». Le condizioni necessarie per costruire un nuovo sistema-cibo sono due: un diverso concetto di “superfluo” e la riscoperta di tradizioni gastronomiche locali. «Il superfluo - spiega Petrini - non è il prodotto d’eccellenza che ci concediamo una tantum. Il superfluo è il “3” del 3x2. È il discount dal quale usciamo con carrelli strabordanti di prodotti che saranno dimenticati in frigo. Superfluo è il fast ON LINE food che ci propone hamburger a un euro, facendo ricadewww.terramadre.org re i costi ecologici e sociali sulla collettività». Ecco perché serve un’inversione di rotta: «Compriamo il necessario e calcoliamo subito come lo utilizzeremo. Riscopriamo la saLIBRI pienza delle nostre nonne che avevano soluzioni intelligenti e saporite: l’uso del pane raffermo (una delle prime voci di spreco), le tante paste ripiene fatte con ciò che avanza nel frigo, le preparazioni come ragù e minestroni che permettono conservazioni anche per l’intera settimana. Chi era in cucina ha saputo creare capolavori con poAndrea Segrè co, a dimostrazione che la grande cucina è quella che sa Massimo Cirri utilizzare tutto senza sprecare». Dialogo sullo La riscoperta delle potenzialità culinarie delle comu– Spr + Eco nità locali, insieme alla salvaguardia delle conoscenze traCorvino Meda Editore dizionali, della biodiversità e dell’uso razionale delle risorse naturali ed energetiche, sarà il tema-chiave nella quarta edizione dell’incontro mondiale di Terra Madre, in programma a Torino dal 21 al 25 ottobre. Una rete globale di 1.650 “comunità del cibo”, composta da migliaia di persone impegnate nel mondo a rafforzare le modalità di Andrea Segrè produzione locale, tradizionale, sostenibile. Nella conLezioni di ecostile vinzione che assenza di sprechi e sovranità alimentare siaBruno Mondadori no due facce della stessa medaglia.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 21 |


| dossier | il grande spreco |

| dossier | il grande spreco |

Connesso con gli sprechi, c’è un paradosso: più aumentano e più ne beneficia il Pil... Non cresce solo con gli sprechi, ma anche con le spese per il trasporto e per lo smaltimento. Un’ulteriore dimostrazione che è un indicatore falso e inutile. Gli sprechi sono funzionali a chi sostiene che contro le carestie l’unica risposta viene dagli Ogm? Non sono i produttori di Ogm a causare gli sprechi, ma se ne avvantaggiano. Di certo, gli Ogm non sono la ricetta contro la fame nel mondo. Primo: gli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo dovrebbero acquistare ogni anno costose sementi dalle multinazionali. Secondo: a fronte di un incremento della superficie coltivata a Ogm, la fame nel mondo non è diminuita. Terzo: nel mondo si spreca tanto cibo che, se recuperato, potrebbe sfamare tutta la popolazione sottonutrita. Se la mettiamo su scala planetaria, prima di pensare agli Ogm dobbiamo risolvere altri problemucci: accesso al cibo e lotta agli sprechi sono due di questi.

.

MILIARDI NELL’IMMONDIZIA

TERRA O RINNOVABILI

SPRECO, QUANTO CI COSTI Il valore economico totale degli sprechi nella filiera agroalimentare è l’asso nella manica che i ricercatori dell’Università di Bologna terranno top secret fino all’ultimo. Lo sveleranno il 29 ottobre alla conferenza di Bruxelles. Qualche dato, però, seppur parziale, si può desumere. Ed è efficace per confermare l’esigenza di rivedere il sistema di produzione e commercio degli alimenti. Dei 3 miliardi di soldi pubblici spesi per distruggere le produzioni in eccesso e sostenere i prezzi abbiamo già parlato nell’articolo d’apertura. Un altro dato interessante riguarda gli ipermercati: in media, gli sprechi incidono per l’1% del loro fatturato. In percentuale potrebbe sembrare pochissimo. In valore assoluto, però, sono 2-3 milioni di euro all’anno. Se pensiamo che in Italia esistono almeno 600 ipermercati, la cifra sfiora i 2 miliardi. Prendiamo poi le mense. Un’indagine della Fipe (Federazione pubblici esercizi) ha calcolato che gli sprechi di cibo si aggirano sui 130 milioni di euro. Il picco: nei refettori scolastici, dove lo sperpero raggiunge il 40%. Al conteggio si potrebbe poi aggiungere il danno alle tasche delle famiglie (che però sono escluse dal calcolo degli autori del “Libro Nero”): ogni nucleo – rivela l’associazione di consumatori, Adoc – butta nel cassonetto 515 euro. Circa il 9% della spesa fatta. Moltiplicando per i 22 milioni di famiglie: 11 miliardi di euro finiti nel secchio. «Il motivo principale per cui si spreca è l’eccesso di acquisti fatti in occasione di offerte speciali – spiega Carlo Pileri, presidente di Adoc – o per scadenza dei prodotti. I metodi di vendita dei supermercati spingono a comprare più del necessario, magari perché attirati da un 3x2». Aspetto interessante: gli sprechi aumentano enormemente durante le feste: Natale (50 euro sprecati in media), Capodanno (21 euro), Pasqua (38), compleanni (14). Unica nota “positiva”: la crisi ha incentivato maggiore efficienza. Tanto che gli sprechi sono scesi rispetto ai 561 euro del 2008. Ma senza interventi strutturali, passata la recessione, c’è il serio rischio che tutto torni com’era.

SE IL FOTOVOLTAICO “OSCURA” LE COLTURE

“LADRI” DI TERRA. LA FINANZA METTE LE MANI SULL’AFRICA

VALE LA PENA DI INSTALLARE un parco fotovoltaico su un terreno agricolo? In altre parole: è giusto generare energia, per quanto pulita, colpendo però in modo diretto la produzione agricola, rischiando di creare seri danni al territorio e minandone in alcuni casi anche il colpo d’occhio paesaggistico? Una risposta ragionevole, secondo numerosi osservatori, è che è molto meglio sfruttare gli enormi spazi presenti sui tetti di case, condomini, capannoni industriali e commerciali, che, se fossero riempiti di pannelli, sarebbero più che sufficienti a generare l’energia elettrica necessaria. Ma la risposta del mondo della finanza non è la stessa. Una premessa: l’energia elettrica prodotta grazie al sole è e rimane un elemento fondamentale per lo sviluppo futuro dell’energia in tutto il mondo. E per questo è indispensabile che il suo sfruttamento continui a essere incentivato. Ma, spesso, complici proprio tali incentivi, ai proprietari dei terreni conviene costruire un impianto fotovoltaico, con l’obiettivo di rivendere l’energia all’ente elettrico, piuttosto che coltivarlo. O affittarlo ad aziende che hanno lo stesso obiettivo di business. Un affare che è stato colto anche da alcuni fondi d’investimento, che si sono lanciati alla ricerca di aree “libere”. Fonti vicine al mondo dei coltivatori spiegano che, sebbene esso dipenda fortemente dalla distanza dei terreni all’allaccio alla rete elettrica, «mediamente affittare un campo di due ettari, sufficiente per produrre 1 MWh di energia elettrica, garantisce una rendita annua di 15-18 mila euro. Si tratta di prezzi che non possono che far gola ai contadini». (Nel prossimo numero di Valori la questione verrà trattata approfonditamente)

CONTROLLANDO BEN 5 MILIONI DI ETTARI DI TERRENO, le compagnie straniere del settore biofuels presenti in Africa stanno producendo danni umani e ambientali devastanti. A denunciarlo è la Ong internazionale Friends of the Earth (FoE). Nel corso degli ultimi anni - rivela il rapporto pubblicato poche settimane fa - alcune multinazionali (tra cui le italiane Agroils, Aviam ed Eni) hanno acquisito terra africana con l’obiettivo di convertirne le coltivazioni: dai prodotti alimentari ai biocarburanti. Privati dell’apporto alimentare di un’area coltivabile grande quanto la Danimarca, milioni di africani sono così chiamati ad affrontare un futuro ancora più incerto fatto di carestie, impennate speculative dei prezzi e diminuzione delle risorse disponibili. Sullo stesso tema è arrivato anche il rapporto della Banca mondiale, che analizza rischi e opportunità collegati a quello che è stato definito come il fenomeno del land grabbing: l’acquisizione rapida da parte di investitori privati senza scrupoli di milioni di ettari di terra coltivabile nel Sud del mondo, spesso con fini speculativi, aggravando le condizioni di vita e di sussistenza dei più poveri nelle campagne. L’Ong Campagna per la riforma della Banca mondiale ha manifestato perplessità sul rapporto: “Tramite il suo sportello, che presta al settore privato e incoraggia investimenti esteri in numerosi comparti (l’International finance corporation – Ifc), la Banca mondiale è tra le istituzioni più coinvolte nella corsa all’accaparramento dei terreni”, si legge in un comunicato di Crbm. “Di recente è stata criticata dalla società civile per aver sostenuto finanziariamente dubbi investitori, tra cui fondi di private equity, nell’acquisto di terra nel Sud del mondo, contribuendo a generare conflitti con le comunità locali”.

MAURIZIO CAMAGNA

Agricoltura all’italiana modello autodistruttivo

Del prezzo finale i contadini ricevono solo il 17%. La maggior parte del guadagno va alla grande distribuzione.

T

mucche che pascolano davanti a Montecitorio, pastori che sfilano dietro agli striscioni sotto lo sguardo sbigottito dei turisti a Porto Rotondo. L’estate appena trascorsa ha portadi Federico Simonelli to nelle case degli italiani le immagini del disagio di chi cerca di produrre e vivere in campagna, ma si trova schiacciato in un meccanismo che tende a favorire i grandi produttori e le catene distributive e che, tramite una politica di prezzi bassissimi, scarsa programmazione e speculazione, tende ad alimentare gli sprechi e a penalizzare i piccoli e i medio piccoli. E con loro, spesso, anche le produzioni di qualità. Un paradosso se consideriamo che le aziende agricole italiane sono in media di 7,6 ettari e l’84% circa non ne occupa più di 10 (dati Istat). Il sistema degli incentivi elargiti dall’Ue, seppur inRATTORI CHE INVADONO LE CITTÀ,

VENDEMMIA VERDE: 45 MILIONI DI EURO PER LASCIARE L’UVA PER TERRA FINO A 2.600 EURO AD ETTARO per distruggere i grappoli non ancora maturi. È il paradosso della cosiddetta “vendemmia verde”, introdotta dall’Organizzazione comune del mercato vitivinicolo (Ocm) europea del 2008 e recepita in Italia nel 2009. I viticoltori, in pratica, vengono finanziati dall’Unione europea per evitare extra-produzioni e un conseguente calo dei prezzi. 30 i milioni stanziati dal ministero per le Politiche agricole per il 2010, poi saliti a 45 milioni. E c’è già chi parla di flop: dalla Sicilia sono arrivate oltre 3.000 richieste, ma nelle altre regioni italiane non si sono superate le poche decine.

| 22 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

dispensabile secondo molti, non semplifica le cose e, soprattutto, favorisce i più grandi. «In Italia il 19% degli agricoltori percepisce l’88% del valore del cosiddetto pagamento unico aziendale (l’incentivo proveniente dalla Politica agricola comune dopo la riforma del 2003, ndr)», spiega Alessandro Corsi, docente di Economia e politica agraria all’Università di Torino. La ratio è sollecitare i contadini a restare nelle campagne, che altrimenti si spopolerebbero. Negli ultimi anni il sistema di aiuti, legato un tempo alla produzione, fonte di distorsioni e di eccedenze, è stato cambiato e quelli che erano sussidi sono stati trasformati in diritto a ricevere un sussidio. Buone intenzioni, ma la distorsione non è stata corretta del tutto. Perché, spiega Corsi: «Resta il peso del passato. Questo pagamento è stato concesso, infatti, sulla base di quello che gli agricoltori ricevevano in un periodo di riferimento precedente (2000-2002, ndr). Ed è emerso che la politica di sostegno all’agricoltura premiava i grandi produttori, che ancora oggi continuano a fare la parte del leone».

Pochi euro per chi coltiva Non tutti i problemi arrivano dall’Europa. Quello che suscita le maggiori lamentele da parte degli agricoltori

600%. Tutto a scapito del consumatore e del produttore. Un esempio ancora più eclatante, contenuto in uno studio di Coldiretti del 2005, è quello dell’ortofrutta trasformata. Il prezzo al dettaglio di un barattolo di passata di pomodoro è composto per l’8,6% dal costo del pomodoro, il 91,4% sono i costi di filiera. Nell’ultimo decennio più di 500 mila imprese, anche sotto il peso di costi insostenibili, sono state costrette a chiudere.

Lasciare i frutti per terra

riguarda i prezzi: quelli pagati dalla distribuzione o dai trasformatori sono tenuti bassissimi. E i contadini, che non hanno la forza né il coordinamento per contrattare, si trovano costretti ad accettare condizioni da fame. Secondo Coldiretti il 60% del valore medio finale dei prodotti agricoli finisce alla grande distribuzione, il 23% all’industria, mentre solo il 17% resta al produttore. I rincari dall’origine al dettaglio, sempre secondo l’associazione, si aggirano mediamente intorno al

Qualche caso limite dello scarso potere degli agricoltori lo racconta Fernando Di Chio, agronomo che lavora principalmente nel Tavoliere delle Puglie. «Significativo quello dei pomodori spiega - quest’anno molti agricoltori li stanno lasciando nei campi perché non hanno convenienza a raccoglierli. La filiera li paga 40 centesimi al quintale, mentre all’agricoltore produrli costa 70 centesimi. Questo è possibile anche a causa di un raggiro: l’industriale dice di non avere abbastanza camion per il trasporto, il prodotto resta a deperire e poi viene acquistato sottocosto, perché è già stato raccolto ed è sempre meglio perdere 30 centesimi che perderne settanta. In più siamo in vista della riforma dell’Ocm (Organizzazione comune di mercato) ortofrutta, per cui i contributi futuri saranno calcolati sulla base della produzione di questi due anni e in molti

|

ANNO 10 N.83

|

Nella foto a sinistra, le zucche del mercatino della Cascina Cuccagna, a Milano. Ogni anno 7,6 milioni di tonnellate di frutta e verdura restano a marcire nei campi.

LIBRI

Tristan Stuart Sprechi Bruno Mondadori

Carlo Petrini Terra Madre Giunti Slow Food editore

OTTOBRE 2010

| valori | 23 |


| dossier | il grande spreco |

sono costretti a vendere sottocosto per avere le fatture». «In questo senso dai dati Istat emerge un aspetto fondamentale - spiega Luca Falasconi, del dipartimento di Economia agraria dell’Università di Bologna - ovvero che nei campi italiani ogni anno rimane una percentuale di produzione agricola del 3,5-4%. Un valore piuttosto basso e che potrebbe sembrare fisiologico. Se poi però andiamo a vedere il valore assoluto e stringiamo questo focus solo sulle produzioni ortofrutticole fresche, scopriamo che nei campi rimane una quantità di produzione che è quasi pari a quella che gli italiani consumano». Stiamo parlando di 8,4 milioni di tonnellate fra ortofrutta fresca e surgelata consumata dalle famiglie, nel 2009, contro 7,6 milioni di tonnellate rimaste a marcire in campo. Ci si potrebbe sfamare un’altra nazione.

.

MAURIZIO CAMAGNA

| dossier | il grande spreco |

PIÙ DI QUALCHE DUBBIO SULLA BONTÀ DEI SOLDI SPESI SONO 1.200 I SOGGETTI che ogni anno ricevono aiuti diretti superiori a 1 milione di euro nell’ambito della Politica agricola comunitaria (Pac), che nel 2010 costerà in tutto 60 miliardi. Vi sono cooperative e produttori agricoli, ma anche multinazionali agricolo/alimentari che incassano decine e decine di milioni di euro all’anno. Un elenco pubblicato sul sito www.farmsubsidy.org riepiloga il dettaglio dei contributi di sostegno all’agricoltura che tutti gli Stati membri dell’Ue devono rendere pubblici per trasparenza. Tra i curiosi beneficiari il giornale on line di public affairs europei Euobserver cita addirittura un’associazione di fisarmonicisti svedesi (59.585 euro), un club di biliardo danese (44.884 euro) e l’aeroporto olandese Schipol (98.864 euro). Naturalmente la Pac include anche finanziamenti per lo sviluppo di progetti agricoli, ma questa moltitudine variegata di beneficiari lascia come minimo perplessi e fa temere che il piccolo produttore che sviluppa processi agricoli sostenibili, preservando la salubrità del territorio, sia un po’ sacrificato da una simile politica agricola. Per comprendere le dimensioni del fenomeno si deve avere in mente che nel 2010 l’Unione Europea spenderà complessivamente 142 miliardi di euro, di cui il 42% (60 miliardi) per la Pac, un altro 45% (64 miliardi) per la “crescita sostenibile” (competitività e coesione) e il 7% (10 miliardi) alle politiche di relazioni esterne, di sicurezza, cittadinanza europea, di giustizia. Infine il 6% (8 miliardi) è il costo della “eurocrazia”, cioè di tutte le strutture comunitarie. Sono numeri di enorme rilevanza, anche se 142 miliardi rappresentano una minima proporzione rispetto al Pil dei 27 stati membri dell’Unione: l’1,20%.

“ESPULSO” DALLA FILIERA TRADIZIONALE, perché stritolato dai prezzi troppo bassi, quindi risorto grazie ai Gruppi di acquisto solidale. È in breve la storia di Roberto Li Calzi, agricoltore siciliano del siracusano, pioniere dell’agricoltura biologica e tra i fondatori del consorzio “Le Galline Felici”. Da 9 anni la sua azienda agricola e le consociate - che producono agrumi, frutta, ortaggi, miele - lavorano unicamente per i Gas di tutta Italia. «Con un vantaggio - racconta - in termini di qualità e prezzo sia per i produttori che per i consumatori». Parliamo di prezzi, come si formano quelli dei suoi prodotti?

Produrre sempre produrre La regina degli sprechi

La Pac finanzia ancora chi produce di più. Che cosa succederà dopo il 2013? Forte la pressione dei colossi agricolo-alimentari che si aggiudicano la maggior parte degli incentivi.

L

incentivi vengono assegnati sulla base di quello che gli agricoltori rigarantire la produzione di cibo sufficiente per un’Europa cevevano tra il 2000 e il 2002). Ma, purtroppo, i provvedimenti presi che usciva da un decennio di carestie dovute alla guerra. non hanno consentito la crescita di aziende agricole che avessero la forConcedeva sussidi alla produzione za di arrivare dalla produzione al mercato, dovendo subire invece l’asu vasta scala, anche per l’acquisto zione di intermediari che le hanno relegate ai margini della competidi Marina Tamagnini delle eccedenze di produzione. Per zione. È quindi fallito il progetto di rendere il mondo agricolo più decenni il risultato è stato: un livello di prezzi garantito per i prodot- efficiente e capace di stare sul mercato, con una limitata rete di proteti alimentari (quasi sempre superiori a quelli di mercato) e una scarsa zione pubblica solo in caso di eventi di natura straordinaria. attenzione al problema della sovrapFOOD BANKS DALL’ARIZONA A TRE CONTINENTI produzione. Si ricorderanno le montaIl futuro della Pac gne di burro e i laghi di latte prodotti Con l’entrata in vigore del Trattato di QUELLO DELLE “FOOD BANKS” in giro per il mondo è un fenomeno negli anni ‘70/’80 che venivano smalLisbona (nel dicembre 2009) sono tre abbastanza recente. Nulla di strano in questo: perché relativamente titi nei Paesi del terzo mondo. In quel gli attori che giocano un ruolo sul futurecente è anche la tendenza a sprecare enormi quantità di alimenti. La prima Banca del Cibo nasce a fine anni 60 in Arizona, a Phoenix, con periodo i grandi farmers usavano dire: ro della Pac: il Consiglio dei capi di Stail nome di St. Mary’s Food Bank. Ideatore: John Van Hengel, che comincia «Produciamo più possiamo, tanto per to e di governo, la Commissione euroa distribuire ai bisognosi il cibo altrimenti sprecato da negozi e ristoranti. quello che non vendiamo sui mercati pea e l’Europarlamento. Il commissario Dalla sua idea, sono nate, negli anni, oltre 200 banche solo negli Usa. Dall’altra parte dell’Atlantico l’idea è sbarcata qualche anno più c’è sempre la Commissione europea!». europeo all’Agricoltura, il rumeno Datardi. Il primo banco alimentare europeo è nato a Parigi nel 1984. Nel 1992 e, successivamente, nel cian Ciolos si è già messo al lavoro sul Poco dopo un secondo ha aperto i battenti a Bruxelles. Da quel momento iniziative analoghe sono spuntate a macchia di leopardo. 2003 la Pac venne ristrutturata, tentanpost 2013 (quando scadrà il budget setOggi se ne contano 232, distribuite in 17 Stati e riunite nella do di avviare i produttori agricoli verso tennale 2007-2013 che scandisce la poFederation Europeenne des Banques Alimentaires. Grazie a loro, le regole del libero mercato. Furono, litica agricola e dovrà essere stabilito ogni anno si recuperano 329 mila tonnellate di alimenti. A beneficiarne 26 mila associazioni e, tramite loro, 4,7 milioni quindi, tagliati progressivamente i soquello per il periodo 2014-2020). di persone. Ma il fenomeno si sta diffondendo anche oltre i confini stegni artificiali ai prezzi e gli accordi Tra aprile e luglio 2010 si è svolta sul tradizionali dell’Occidente. In Sud America le Bancos de Alimentos mondiali di libero scambio, presidiati tema una consultazione pubblica che sono presenti da vari anni in Argentina, Brasile, Messico e Paraguay. dal Wto, imposero un distacco tra aiuti ha ricevuto più di cinquemila risposte St. Mary’s Food Banks Alliance: www.firstfoodbank.org Federation europeenne des Banques Alimentaires: www.eurofoodbank.org e volumi produttivi. Vennero pertanto da parte di associazioni agricole, centri Banco de alimentos argentino: www.bancodealimentos.org.ar fissati pagamenti unici annuali per studi, lobby, cittadini. I tedeschi hanno Asociaciòn mexicana de bancos de alimentos: www.amba.org.mx azienda, indipendenti dalla produziorisposto in 1.440, i polacchi in 1.053 e i Banco de alimentos Brasile: www.bancodealimentos.org.br ne, ma basati sui redditi storici (cioè gli francesi in 788; le risposte italiane sono A POLITICA AGRICOLA COMUNE (Pac) nasce circa 50 anni fa per

| 24 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

VITA DURA PER I CONTADINI L’ALTERNATIVA DEI GAS

state solo 94. Eppure il nostro Paese contribuisce al 12% della produzione agricola totale dell’Ue a 27, contro il 19% e il 13% di Francia e Germania. Si è svolto anche un workshop a conclusione del quale il commissario Ciolos ha dichiarato: «Voglio una Pac forte, efficace ed equilibrata». L’opposto dell’elefantiaca politica comunitaria europea. Adesso si attende per novembre un documento della Commissione che dovrebbe indicare la proposta per la nuova Pac e dare l’avvio alle negoziazioni di natura più politica che coinvolgeranno anche il Consiglio e l’Europarlamento. Quando si chiede nei corridoi della Direzione Generale Agricoltura alle persone che lavorano sul dossier cosa ci dobbiamo aspettare da questa nuova politica agricola la risposta è: tanti piccoli cambiamenti che porteranno ad un sostanziale miglioramento. Ossia tutto e niente.

Chi vince e chi perde Non è facile fare previsioni. Per quanto riguarda i mezzi finanziari messi a disposizione sarà difficile aumentarli, ma sarà pressoché impossibile diminuirli, per la pressione delle aziende agricole che, nella stragrande maggioranza, non nuotano nell’oro. Anche l’ultimo sondaggio comunitario sull’importanza dell’agricoltura europea e sull’opportunità di aiutare l’ambiente agricolo a svilupparsi ha avuto risultati positivi quasi plebiscitari. Sarebbe auspicabile che venissero riviste le regole che consentono alle multinazionali agricolo/alimentari di accaparrarsi una notevole torta di aiuti (cosa che l’equilibrista Barroso e i suoi ossequiosi commissari staranno attenti a non fare) e che la trasparenza nella rendicontazione dei fondi erogati fosse veramente tale. Viste le cifre in gioco i taxpayer europei dovrebbero avere il diritto di dormire sonni tranquilli circa i 60 miliardi di euro che annualmente la Pac travasa nelle tasche del cosiddetto mondo agricolo.

.

L’anno scorso le mie arance sono arrivate ai Gas a 1,2 euro al chilo. Di questa cifra a noi rimangono 35-37 centesimi per le tutte le spese prima della raccolta. Il resto va in trasporti, amministrazione, manodopera. Questo margine ci permette di retribuire correttamente il personale e il trasporto, che dall’anno scorso effettuiamo con una ditta confiscata alla mafia. Anche sui trasporti c’è un grande sfruttamento: il camionista medio che trasporta prodotti agricoli guida 18-20 ore al giorno. Noi abbiamo concordato dei piani di carico di 8 ore, cerchiamo di effettuare spedizioni nelle vicinanze e concentriamo le consegne in modo da risparmiare tempo. A vantaggio di tutti. E invece nella filiera normale come funziona?

35-37 centesimi sono già una cifra bassa, ma l’agricoltore medio ne percepisce 7-10. Quindi o esce dal mercato - e di gente che è costretta a lasciare qui in Sicilia se ne vede tanta, è pieno di agrumeti in abbandono - oppure sfrutta la manodopera a basso costo. Quando i prezzi all’origine sono bassissimi, l’unica possibilità è quella di stritolare tutti gli anelli della catena. Il camionista, l’operaio immigrato che raccoglie e che deve lavorare 14 ore per guadagnare 20 euro. Come giudica il sistema europeo degli aiuti all’agricoltura?

Da una ventina di anni ho rinunciato a chiedere qualunque contributo, perché per un piccolo agricoltore è più la perdita di tempo che l’incentivo percepito. In Sicilia è frequente vedere raccolti che vengono lasciati a marcire nei campi perché non è economicamente conveniente raccoglierli?

Con le arance è un fenomeno diffusissimo. Facendo un giro da queste parti verso marzo si trovano tantissimi agrumeti con sotto un tappeto rosso di arance cadute e non raccolte. Ma succede anche con gli ortaggi. Mi è capitato di imbattermi in una coltivazione di lattuga da un milione di pezzi, di cui 5-10 mila erano stati raccolti e poi, visto il prezzo di mercato troppo basso, il resto è stato mangiato dalle pecore. È un fenomeno purtroppo frequente, voluto dalla speculazione e da filiere lunghissime, per cui magari da quella lattuga potresti guadagnare qualcosa solo facendola raccogliere a lavoratori immigrati, che invece che 70 euro al giorno ne costano 20.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 25 |


| dossier | il grande spreco |

MAURIZIO CAMAGNA

| dossier | il grande spreco |

L’ITALIA CHE NON SPRECA PROGETTO BUON FINE www.e-coop.it

BANCO ALIMENTARE www.bancoalimentare.it

RISTORANTI “SPRECO ZERO” www.alceneromielizia.it

SITICIBO www.siticibo.it

LAST FOOD lastfood.pbworks.com

2,5 TONNELLATE DI MERCE donata pari a 14 milioni di euro l’anno scorso, nell’ambito di questo progetto avviato nel 2005 da Coop. 380 punti vendita e 1.300 associazioni accreditate. Buon Fine destina alla donazione la merce invenduta per piccoli difetti, come l’ammaccatura delle confezioni. Non solo alimentari freschi, ma anche scatolame, abbigliamento e giocattoli. Il corretto svolgimento dell’iniziativa e l’idoneità dei destinatari è controllata dai soci attivi Coop. Analoghe le caratteristiche del progetto Brutti ma buoni di Coop Adriatica.

IL PROGETTO DI DON LUIGI GIUSSANI è datato 1989. Porta in Italia la decennale esperienza delle Food Bank mondiali (vedi BOX ). Sul territorio oggi è strutturata in una rete di 19 organizzazioni e dalla Fondazione Banco Alimentare onlus che ne coordina le attività. Nel 2009, sono state raccolte 78 mila tonnellate di alimenti (il 67% provenienti dall’Agenzia governativa per le erogazioni in agricoltura, il 14% dall’industria e altrettanto dalle collette alimentari). La raccolta è cresciuta del 32% rispetto al 2008.

IL GRUPPO DI AGRICOLTORI BIOLOGICI e produttori equosolidali ha aperto i primi due “Alce Nero Cibo Cucina Caffè Bio” (uno a Cesena e l’altro a Bologna), un mix tra negozio, bar e ristorante per colazioni, brunch, aperitivi e pranzi. Peculiarità dei punti vendita: la certificazione Spreco Zero, nuovissimo marchio di Last Minute Market che garantisce l’adesione ai principi del recupero e di un uso intelligente e condiviso delle risorse.

NATO A MILANO NEL DICEMBRE 2003, è un servizio della fondazione Banco alimentare finalizzato al recupero di prodotti alimentari freschi e cucinati dai canali della ristorazione collettiva (hotel, mense aziendali e scolastiche, esercizi al dettaglio). Siticibo oggi è attivo a Milano, Como, Modena, Firenze e Roma. Il servizio è effettuato ogni giorno, da volontari che, attraverso una rete di furgoni attrezzati, trasferiscono le eccedenze alimentari dove ce n’è bisogno più urgentemente: mense per poveri, case famiglia, comunità.

UN RAPPORTO NUOVO e più attento rispetto al cibo e agli sprechi passa anche da una corretta informazione. Last Food è un laboratorio permanente di produzione radiofonica sui temi della sovranità alimentare, dell’agricoltura biologica e del diritto al cibo sano e giusto. Lo scopo di questo progetto, coordinato da Acra (Associazione di cooperazione rurale in Africa e America Latina) è di realizzare trasmissioni radio per informare i cittadini europei su tutto quanto ruota intorno al grande tema dell’alimentazione: dal fast food alla fame nel mondo.

Il circolo virtuoso dell’ultimo minuto

Last Minute Market mette in contatto negozi che sprecano con enti non profit che sfamano i bisognosi. Un risparmio e una speranza di vita.

A

battere i costi alimentari e destinare alla costruzione di un campo da basket i soldi risparmiati. Alcuni bambini hanno potuto avere l’apparecchio per i denti, altri andare in piscina. Il cuore dell’iniziativa pensata all’interno dell’Università di Bologna è questo: fare in modo che tutti guadagnino qualcosa. Apparentemente sembra la scoperta dell’acqua calda. Tanto semplice da sembrare banale: recuperare ciò che è ancora utile e donarlo a chi ne può avere bisogno. Un circolo virtuoso in cui tutti vincono: chi dona, perché ha dei vantaggi fiscali e risparmia NON SPRECARE! IL COSTA RICA TI ATTENDE sui costi di smaltimento; chi riceve (per ovvi motivi); l’ambiente, perché vengono eviFRA LE INIZIATIVE del progetto “Un anno contro lo spreco”, il 30 ottobre saranno premiati a Bologna i vincitori tate tonnellate di rifiuti. E anche la collettidel Premio “Non sprecare”. Da metà settembre, la giuria - coordinata dal giornalista Antonio Galdo e composta, vità, perché si costruisce un nuovo modo di tra gli altri, da Enrico Giovannini (presidente dell’Istat), Andrea Segrè (preside di Agraria all’università di Bologna), Vincenzo Paglia (fondatore della Comunità di Sant’Egidio) - ha compiuto un capillare monitoraggio sulle iniziative pensare al cibo: più rispettoso, meno consuantispreco più utili e originali. Obiettivo: premiare le persone e le realtà che hanno realizzato iniziative utili a ridurre mistico, più sobrio.

NGELA È UNA MAMMA. Non nel senso “tecnico” del termine. Ma è comunque la figura più vicina a un genitore per le decine di bambini ospiti della comunità che gestisce e che le vengono affidati dal Tribunale minorile di Bologna. di Emanuele Isonio Per una realtà come la sua, far quadrare i conti è un problema e il cibo è una voce di spesa ingente. In un anno di adesione al progetto Last Minute Market è riuscita ad ab-

gli sprechi alimentari. Tre le categorie: Personaggi, Imprese, Istituzioni ed associazioni. Tra i premi, un viaggio in Costa Rica offerto da Alce Nero & Mielizia alla scoperta delle attività della cooperativa biologica Appta. «Abbiamo pensato – spiega Antonio Galdo – fosse importante riconoscere e valorizzare le buone pratiche orientate a capovolgere un paradigma del tempo contemporaneo, causa di insopportabili ingiustizie. Chi non spreca ha una possibilità in più di cogliere l’occasione di pensare a un’umanità meno avvilente, per le contraddizioni che alimentiamo con il nostro stile di vita».

| 26 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

Un miliardo di possibile risparmio L’idea alla base di Last Minute Market nasce nel 1998 e dal 2003 diventa una realtà im-

prenditoriale (tecnicamente si parla di “spin off accademico”) che opera su tutto il territorio nazionale, con oltre 40 progetti di recupero di beni invenduti o non commercializzabili. Il segreto non è gestire direttamente i beni, ma facilitare il contatto tra mercati all’ingrosso, imprese commerciali, enti no profit, amministrazioni locali, Asl di uno stesso territorio. Last Minute Market si occupa degli aspetti organizzativi, logistici e fiscali. I margini di recupero dei beni alimentari di un simile modello sono sconfinati. Una stima sui dati degli sprechi 2009 (vedi TABELLA ) indica in 244 mila tonnellate il cibo recuperabile se tutti i punti vendita aderissero al progetto: oltre 580 milioni di pasti all’anno, un risparmio che sfiora il miliardo di euro. I risultati finora raggiunti confermano tali stime: da un ipermercato vengono salvate fino a 170 tonnellate di alimenti ogni anno, per un controvalore di 650 mila euro. Da un mercato ortofrutticolo 60 tonnellate di frutta e verdura fresca (138 mila euro di controvalore). E poi ci sono i prodotti già cucinati: da otto mense scolastiche si sono recuperati 15 mila pasti all’anno e da una caserma oltre 12 tonnellate di cibi cotti. Altre tre da mense ospedaliere e cinque dai self service.

Cibo, non solo per lo stomaco: anche libri e farmaci Ma, si sa, “l’appetito vien mangiando”. Il modello è stato quindi allargato ai prodotti lasciati nei campi quando il costo di raccolta supera quello di mercato, aprendo i terreni ad associazioni di beneficienza e privati bisognosi. Si è poi applicato il principio dell’ultimo minuto a libri e farmaci. Sono così nate Last Minute Book, che coinvolge case editrici, scuole e università, salvando i libri dal macero e destinandoli a biblioteche pubbliche e associazioni italiane all’estero. In cinque anni ne sono stati salvati 80 mila. E Last Minute Pharmacy, che recupera invece i medicinali, ritirati dagli scaffali delle farmacie da un mese a sei mesi prima della scadenza. Un punto dell’iniziativa non va sottovalutata: la caratteristica dei prodotti alimentari (freschi e spesso rapidamente deperibili) potrebbe rappresentare un limite. I ricercatori dell’università di Bologna l’hanno trasformato in risorsa, mettendo in contatto realtà di uno stesso territorio e rinsaldando il senso di comunità e di collaborazione tra concittadini. “Capitale sociale” lo chiama qualcuno. Forse è solo lungimiranza.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 27 |


| inbreve |

| inbreve |

Capitolo finanza: Bruxelles alla ricerca dei contro-lobbisti >30 Usa: tra speranze e dubbi, la nuova vita di ShoreBank >33 L’italiano Oltre: il lato buono del venture capital >35

finanzaetica WORLD BANK INVESTE NEI CARBURANTI FOSSILI

BANCA ETICA, PROSEGUE LA CAMPAGNA DI CAPITALIZZAZIONE: RAGGIUNTI I 30 MILIONI

IN AUSTRALIA L’ACADEMY PER L’INVESTIMENTO RESPONSABILE

AIFIN: AL VIA IL PREMIO 2010 “BANCA E TERRITORIO”

EUROPA: I RICCHI TRAINANO GLI INVESTIMENTI RESPONSABILI

UE, GIRO DI VITE SU DERIVATI E SHORT SELLING

Nonostante i proclami a sostegno delle politiche ambientaliste e alla riduzione delle emissioni inquinanti, la Banca mondiale (World Bank – Wb) ha sborsato una somma record per sostenere i propri investimenti nel carbone. Lo ha riferito a settembre il quotidiano britannico The Guardian citando i dati resi noti dallo stesso organismo. Nell’anno fiscale conclusosi a giugno 2010, la Banca ha ammesso di aver speso 3,4 miliardi di dollari per finanziare la costruzione di impianti a carbone ma la cifra, che compensa il 25% dell’intera spesa energetica dell’ente, potrebbe essere sottostimata. Secondo il Bank Information Centre, un’organizzazione americana che da 20 anni monitora le attività della Wb, l’ammontare totale della spesa si aggirerebbe sui 4,4 miliardi. Oltre a questi andrebbe comunque conteggiato un ulteriore miliardo di dollari investito dalla Banca nelle operazioni di ricerca ed estrazione di gas naturale e petrolio. Commenti di disapprovazione, ovviamente, sono giunti dalle associazioni ambientaliste che hanno denunciato la pericolosa “accelerazione” compiuta dall’organismo. Si stima che negli ultimi cinque anni il valore degli investimenti condotti dalla Banca nel comparto del carbone sia aumentato di 40 volte.

30 milioni di euro. È questo il traguardo raggiunto da Banca Popolare Etica nell’ambito della sua campagna di capitalizzazione condotta presso nuovi e vecchi soci. «Aver raggiunto 30 milioni di capitale sociale, con una crescita che ha avuto un particolare slancio in una fase di crisi economica e finanziaria, è per noi una tappa importante, ma certo non è un traguardo – dice Ugo Biggeri, neo presidente dell’istituto –. Se possiamo dire di aver vinto la sfida di dimostrare che una banca etica è possibile, ora dobbiamo impegnarci per incrementare ancora i finanziamenti ai progetti di imprese sociali, responsabili e sostenibili. Per far questo, anche in vista delle nuove normative di Basilea III, continueremo con determinazione la nostra campagna per la capitalizzazione, in particolare continuando a coinvolgere quelle istituzioni – associazioni, enti religiosi, cooperative e istituzioni finanziarie quali le banche di credito cooperativo e le banche popolari – che sono più sensibili a un progetto di finanza che sa coniugare i valori dell’ efficienza economica con quelli della responsabilità sociale». Con il raggiungimento di quota 30 milioni il capitale sociale di Banca Etica è cresciuto del 15% da inizio anno: un risultato ottenuto grazie al successo della campagna “Arriva a quota 1.000” lanciata per stimolare i 34.440 soci (di cui 5.142 persone giuridiche) a raggiungere i 1.000 euro di capitale sottoscritto. «Il rendimento “sociale” delle azioni di Banca Etica è elevatissimo – ha aggiunto Biggeri –: ogni 3 mila euro conferiti dai soci, la banca può erogare circa 35 mila euro di finanziamenti, che, ad esempio, nel caso dei finanziamenti alle cooperative sociali contribuiscono a creare o mantenere almeno un posto di lavoro».

L’Australia ha lanciato il suo primo codice di standard globali per la formazione degli operatori degli investimenti responsabili. Lo riferisce il portale Responsible Investor. Il codice, realizzato attraverso una serie di linee guida ispirate agli United Nations Principles for Responsible Investment (Unpri) entrerà a far parte del sistema di certificazione on line utilizzato dalla locale Accademia per gli investimenti responsabili. Lanciata ufficialmente il 15 settembre scorso a Sidney in occasione della settima edizione della conferenza della Responsible Investment Association Australasia (Riaa), l’Accademia conta sul finanziamento del governo di Camberra che, nel febbraio 2009, aveva approvato un sostegno economico da 2,5 milioni di dollari australiani (circa 1,25 milioni di euro). Guidata da Neb Jovicic, ex analista ed esperto di gestione del portafoglio titoli presso la statunitense Citizens Funds, l’Academy promuoverà, tra le altre cose, un corso on line con l’obiettivo di divulgare i principi fondamentali della sostenibilità e i metodi di integrazione dei principi di responsabilità sociale ed ambientale nelle politiche delle società e dei fondi pensione. Per informazioni: www.riacademy.org.

Giunge alla quarta edizione il premio “Banca e Territorio”, riconoscimento annuale che si propone di dare notorietà alle iniziative attivate dalle banche territoriali - in ambito sociale, economico e culturale - finalizzate a valorizzare l'identità del territorio e sostenerne lo sviluppo. L’iniziativa, promossa da Aifin, Associazione Italiana Financial Innovation, conta di ripetere l’esperienza dell’edizione passata che ha visto la partecipazione di 26 istituti per un totale di 63 progetti. Le premiazioni si distribuiranno in sei diverse categorie: bilancio sociale ed iniziative a sostegno di sviluppo locale, arte e cultura, attività di carattere sociale, educazione e formazione, tutela e protezione dell’ambiente. A queste si aggiungerà poi il Premio speciale Banca Territoriale dell’anno che andrà all’istituto che otterrà il miglior piazzamento in considerazione dei soli progetti finalisti di tutte le categorie. La cerimonia di premiazione si svolgerà nell’ambito del convegno annuale Aifin dal titolo “Banche territoriali: strategie, innovazioni e responsabilità sociale d’impresa”, in programma il prossimo 24 novembre 2010 a Milano. Per iscriversi al premio e al convegno: www.aifin.org, segreteria@aifin.org.

Anche nei giorni più bui della grande crisi il settore degli investimenti responsabili in Europa ha continuato a crescere evidenziando un’onda lunga di espansione destinata, probabilmente, a confermarsi tale anche in futuro. A rivelarlo una ricerca resa pubblica in questi giorni dallo European Social Investment Forum (Eurosif), un’organizzazione creata nel 2001 e ormai punto di riferimento per gli investitori del comparto “sostenibile” del Vecchio Continente. Oggetto della ricerca, condotta insieme a Bank Sarasin e Highland Good Steward Management, sono stati gli investimenti individuali e familiari delle fasce più ricche della popolazione, ovvero quei 2,9 milioni di individui titolari di un patrimonio complessivo pari a 6,6 trilioni di euro (6.600 miliardi). Nonostante la crisi abbia colpito anche loro – provocando tra il 2007 e il 2009 una riduzione delle ricchezze pari all’11% – i loro investimenti cosiddetti “responsabili” (Social responsible investments – Sri) sono aumentati fino a quota 729 miliardi di euro, circa il 35% in più rispetto al 2008. La tendenza dovrebbe trovare conferma anche negli anni a venire se è vero, come sostiene Eurosif, che il valore totale del mercato Sri dovrebbe raggiungere nel 2013 i 1.200 miliardi di euro, ovvero il 15% del portafoglio complessivo degli investimenti. A motivare le scelte degli investitori, rileva la ricerca, sarebbe stata una precisa strategia. In un periodo di forte volatilità e di enorme incertezza, gli investimenti responsabili sarebbero risultati particolarmente opportuni per garantire stabilità. Secondo il 94% dei gestori e il 75% degli individui intervistati, il grande crunch creditizio con tutte le sue note conseguenze avrebbe avuto addirittura un impatto positivo sul settore Sri.

«Nessun mercato finanziario resterà in un territorio da Far West». Con queste parole, pronunciate lo scorso 15 settembre nel secondo anniversario del fallimento di Lehman Brothers, il commissario europeo per il Mercato interno Michel Barnier ha ufficialmente lanciato le nuove proposte con le quali l’Unione Europea dovrebbe avviare, in futuro, la regolamentazione dei suoi mercati finanziari. Pensate con l’obiettivo di fondo di tracciare gli scambi dei prodotti finanziari e di rafforzare il ruolo degli organismi di controllo, le proposte interessano in modo particolare il mercato dei derivati esterno alle Borse (Over the counter – Otc) e le cosiddette vendite allo scoperto (short selling). Nel primo caso si ipotizza l’istituzione di controparti centrali chiamate a compensare gli scambi e a comunicarne i dettagli alla nuova Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. Nel secondo, si parla di obbligo di registrazione delle operazioni con particolare riguardo per quelle realizzate attraverso i credit default swaps, i famigerati derivati assicurativi divenuti da tempo strumenti di speculazione al ribasso soprattutto sui debiti sovrani. Le proposte dovranno ora superare il vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio Affari economici e finanziari.

| 28 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 29 |


| finanzaetica | riforma della finanza |

| finanzaetica | sì, invece, per la finanza. Forse anche per la complessità della materia, non esiste ancora una vera e propria “Greenpeace” specializzata in hedge funds, prodotti derivati e investment banking. “Né i sindacati di lavoratori dipendenti, né altri soggetti hanno sviluppato una competenza in grado di rivaleggiare con quella delle banche”, prosegue la lettera, che per questo chiede la creazione di una o più Ong ad hoc. «Al di là dei suoi contenuti, l’appello denuncia una situazione davvero incredibile - osserva Andrea Baranes, della Campagna per la riforma della Banca Mondiale -. Decine di parlamentari chiedono che venga costituita una rete in grado di esercitare un’azione di contro-lobby su di loro. Se questa è la situazione al Parlamento europeo, possiamo solo immaginare cosa avvenga nei corridoi della Commissione, che rappresenta il governo dell’Unione Europea, l’organismo che prende le decisioni esecutive».

Dall’altra parte dell’oceano

Bruxelles alla ricerca dei contro lobbisti

«V di Andrea Barolini

I PREGHIAMO CORTESEMENTE DI VENIRCI A ROMPERE UN PO’ LE SCATOLE ANCHE VOI».

Potrebbe essere riassunto in questo modo - parafrasando, evidentemente - il senso dell’appello che da qualche mese un nutrito gruppo di parlamentari europei ha rivolto ai cittadini dei Paesi membri dell’Unione. In modo più politicamente corretto, la lettera aperta lanciata dal deputato francese Pascal Canfin (vedi INTERVISTA ). spiega che in questi anni di crisi, la prospettiva di una profonda riforma dell’industria finanziaria ha portato a un’enorme intensificazione delle attività di lobbying. Banche, broker, fondi d’investimento e compagnie d’assicurazione hanno inviato decine e decine di emissari a Bruxelles, con l’obiettivo di convincere eurodeputati e commissari a non approvare giri di vite troppo duri. Una notizia che non stupisce, visti gli interessi in gioco.

Un nutrito gruppo di parlamentari (europei e nazionali) ha lanciato un appello alla società civile. Obiettivo: bilanciare le pressioni dei colossi della finanza. Proprio come accade già per ambiente e diritti umani. LA CAMPAGNA ON LINE L’APPELLO È STATO lanciato lo scorso giugno attraverso il sito internet www.finance-watch.org. Per ora è stato sottoscritto da circa 150 firmatari, tra cui due soli italiani: Leonardo Domenici e Sergio Cofferati, entrambi aderenti al gruppo Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici.

| 30 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

Il problema è lo stesso che, nei mesi precedenti all’approvazione della riforma finanziaria, ha dovuto affrontare il governo degli Stati Uniti. Basti pensare che un colosso bancario come JPMorgan Chase ha speso 1,5 milioni di dollari nel solo primo trimestre di quest’anno (in netta crescita rispetto allo stesso periodo del 2009). Allo stesso modo Citigroup, Credit Suisse e Goldman Sachs hanno sborsato oltre 1 milione a testa. Lo scorso anno, inoltre, le otto principali compagnie finanziarie del Paese hanno “investito” qualcosa come 30 milioni di dollari nel tentativo di influenzare i legislatori attraverso un esercito di 2.600 lobbisti. Rendendo così il settore bancario secondo solo a quello sanitario, negli Stati Uniti, quanto a capitali investiti in questo senso.

.

«Per una Greenpeace della finanza globale»

L’eurodeputato francese Pascal Canfin è l’ideatore dell’appello: «Abbiamo bisogno di mobilitazione».

di A.B.

P

Pressioni a senso unico Il problema è, però, che le pressioni arrivano a senso unico. Se, infatti, si legge nell’appello, “non c’è nulla di strano se queste imprese fanno sentire il loro punto di vista e discutono regolarmente con i legislatori, l’asimmetria tra la forza di questa azione di lobbying e l’assenza di un’azione simile, ma di segno opposto, ci sembra un pericolo per la democrazia». Da anni sindacati, associazioni, Ong e altri rappresentanti della società civile hanno sviluppato esperienza, competenza e capacità per far valere le proprie ragioni in una vasta serie di campi: basti pensare all’ambiente o ai diritti umani, con soggetti ormai stabilmente accreditati come interlocutori autorevoli presso i centri decisionali. Non è co-

Nella foto in alto in questa pagina, Pascal Canfin, giovane eurodeputato francese di Europe Écologie, che ha lanciato l’appello alla società civile.

ASCAL CANFIN, TRENTASEIENNE EURODEPUTATO francese di Europe Écologie e vicepresidente della Commissione speciale sulla crisi finanziaria, economica e sociale del Parlamento europeo, ha lanciato nei mesi scorsi l’appello per controbilanciare l’attività di lobbying dei colossi della finanza globale.

C’è davvero bisogno di un lobbismo “virtuoso”? Sono stato eletto da un anno al Parlamento europeo e faccio parte della Commissione incaricata di regolamentare i mercati finanziari e le banche. Ho potuto constatare ogni giorno quanto sia forte lo squilibrio tra, da un lato, la forza dell’attività di lobbying degli istituti di credito e, dall’altro, l’assenza di un “contraltare” organizzato in seno alla società civile. Riuscite a im-

impossibile parlare di finanza “ Èsolo con le banche. Sarebbe come privare il dibattito sui diritti umani di Amnesty International ”

maginare il dibattito sui diritti dell’uomo senza Amnesty International? O quello sull’ambiente senza Greenpeace o il Wwf? È per questo che è bene che esista un soggetto analogo anche in materia finanziaria. Parliamo di un vero e proprio problema di democrazia: ecco perché puntiamo alla creazione di una sorta di “Greenpeace della finanza”. Le banche, dunque, premono: quali richieste vi sono giunte, in particolare? Non possiamo parlare esattamente di pressioni. Piuttosto di una capacità d’influenza ampiamente superiore rispetto a tutte le altre controparti. Le banche possiedono i mezzi finanziari necessari per seguire l’intero dibattito sulla questione delle regole e la capacità di incidere su ogni riga di ogni testo. Un giorno, come tutti i deputati europei francesi della Commissione Economia del parlamento, sono stato contattato da un gruppo di avvocati di una grande banca del nostro Paese. Il loro obiettivo era convincerci a non votare un testo che |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 31 |


| finanzaetica |

| banche alternative | finanzaetica | avrebbe diminuito le remunerazioni dei dirigenti degli istituti di credito. Nessuno dei deputati ha ceduto e ciò grazie soprattutto alla pressione mediatica che nel frattempo era sorta sul tema degli stipendi d’oro dei top manager: è la dimostrazione di quanto sia utile l’apporto di una società “mobilitata”. Quindi, senza una voce “dal basso”, c’è il rischio che non siate abbastanza liberi nel riscrivere le regole della finanza? I deputati sono liberi di ascoltare le banche così come di non farlo. Ma non godono della stessa libertà nei confronti delle “contro-argomentazioni” che potrebbero arrivare dalla società civile. Non faccio mistero del fatto che il risultato è uno squilibrio nell’azione politica, che rischia di essere troppo vicina agli interessi del-

le banche e non abbastanza ferma nel controllo. Oppure di cadere facilmente nelle argomentazioni estreme di chi critica tutte le forme della finanza. Il vostro appello è stato lanciato da qualche mese ormai: quali risposte avete ricevuto? Abbiamo avviato l’iniziativa a giugno ed è già stata firmata da circa 150 parlamentari, europei e nazionali. Entro la fine del mese incontreremo sindacati e Ong per definire con loro le modalità attraverso le quali poter dar voce al “contro-potere” nei confronti della finanza. Siamo convinti che il nostro appello abbia raggiunto molte persone in tutta Europa e ora abbiamo qualche mese a disposizione per costruire qualcosa che sia efficace: come deputati europei daremo il nostro contributo, anche se non potremo essere noi a lanciarla direttamente.

Per l’eurodeputato democratico Leonardo Domenici in Italia la politica dimostra poca sensibilità su questi temi.

L di A.B.

Decine di parlamentari chiedono alla società civile di controbilanciare la lobby della finanza: significa che, ad oggi, c’è il rischio di non comprendere le esigenze della gente comune su questo tema? Il problema è anche a monte ed è da lì che siamo partiti: non so infatti quanto l’opinione pubblica sia davvero a conoscenza dei problemi della finanza, del perché di ciò che è accaduto negli ultimi anni. Noi parlamentari sappiamo che occorre rendere trasparenti e controllabili i mercati finanziari. In una parola, sappiamo di doverli democratizzare. Ma, per farlo, serve anche un movimento, concreto e consapevole, che sia emanazione della società civile. Che sappia, nonostante la complessità della materia, puntare il dito contro quei banchieri dediti ad attività ai limiti della legalità, tra conflitti di interesse e speculazioni. Senza tuttavia scadere in una criminalizzazione populista dell’intero sistema.

Leonardo Domenici, eurodeputato del Partito democratico, ha sottoscritto l’appello. | 32 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

Nella sede di ShoreBank ci si prepara a riaprire i battenti.

.

«Dalle parole ai fatti, insieme alla gente» EONARDO DOMENICI, EUROPARLAMENTARE DEL PD nel gruppo Alleanza progressista di socialisti e democratici, è membro della Commissione per i problemi economici e monetari ed è uno degli unici due italiani ad aver sottoscritto l’appello per una lobby “dal basso” della finanza.

Tra speranze e dubbi la nuova vita di ShoreBank

Nell’elenco dei firmatari figurano solamente due italiani, lei e Sergio Cofferati: come giudica una così scarsa risposta da parte del nostro Paese? Non posso che giudicarla male. Trovo che sia un indicatore del grado di sensibilità che c’è attualmente nei confronti di questa materia. Soprattutto in Italia, dove negli ultimi mesi si è ripetuto come un mantra il fatto che il nostro sistema bancario ha retto all’urto della crisi meglio degli altri. Non che ciò non sia in buona parte vero, ma se ci si limita a sbandierarlo, senza utilizzare gli elementi positivi della nostra esperienza per fare proposte che vadano nella direzione corretta, si tratta di un esercizio inutile. Rimane il fatto che anche dal suo partito non è che siano fioccate le adesioni. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti, e vale anche per il Partito democratico: sono mesi che mi sgolo con Bersani affinché appoggi la campagna per la tassa sulle transazioni finanziarie. Senza risultati? Pierluigi a luglio ha parlato in modo chiaro (in un intervento al Fondo monetario internazionale ha parlato di una tassa a livello internazionale, ndr). Ma è una malattia tutta italiana: si rimane sempre all’annuncio e non si passa mai alla “fase due”. Anche da Profumo (ex a.d. di Unicredit, ndr) o Passera (a.d. di Intesa SanPaolo, ndr) ho sentito dire cose ragionevoli: poi però manca la consequenzialità.

.

nel mio partito “ Anche si deve superare la fase degli annunci e appoggiare iniziative concrete ”

Fallita sotto i colpi dei famigerati mutui, la storica “banca dei poveri” di Chicago riparte con il sostegno della finanza tradizionale. Cambiamenti in vista?

P

ER 37 ANNI È STATA UN PUNTO DI RIFERIMENTO per generazioni di “non bancabili”, ma, una volta colpita dall’epidemia della grande crisi, si è scoperta “too small not to fail” (troppo piccola per non fallire). Ora ha chiuso i battenti, ma si prepara di Matteo Cavallito a ricominciare la sua attività con un nuovo nome e sotto nuovi padroni (una cordata di colossi finanziari), costringendo clienti e osservatori a fare i conti con un misto di entusiasmo e dubbi circa la continuità del progetto. È stata questa, in estrema sintesi, la parabola estiva di ShoreBank, istituto di base a Chicago e membro della Global alliance for banking on values (Gabv), che dal 1973 serve una clientela di soggetti a basso reddito. Soggetti esclusi dai circuiti tradizionali, per i quali spesso il credito concesso ha significato la realizzazione di un sogno chiamato “casa di proprietà”. Ma anche di un incubo diffuso chiamato mutuo.

Caduta e rinascita Microcredito, sostenibilità ambientale, solidarietà. Il modello ShoreBank aveva conquistato molti tra operatori del settore e uomini politici (si dice che Bill Clinton avesse seriamente pensato di replicare il modello quando, negli anni 80, era governatore dell’Arkansas), ma la rispettabilità e la fama non hanno potuto nulla contro le cifre impietose del bilancio. Vittima di mutui insolventi, l’istituto aveva accumulato quasi 120 milioni di dollari di perdite nell’ultimo anno e mezzo divenendo, ad agosto, il 118° membro dell’elenco degli istituti Usa falliti nel corso dell’anno, il 15° nello Stato dell’Illinois. Ma tra la chiusura e la rinascita il passo è stato breve, anzi istantaneo. Grazie anche al sostegno della Federal deposit insurance

corporation (Fidc – l’ente governativo di garanzia sui depositi), che si è accollata uno sforzo da 367,7 milioni di dollari, ShoreBank è tornata a nuova vita sotto la denominazione di Urban partnership. La nuova creatura, nata dall’acquisizione degli assets da parte di una mega cordata di investitori di primo piano - tra cui American Express, Bank of America, Citigroup, Ford Foundation, JPMorgan, Morgan Stanley e Goldman Sachs - promette di proseguire la missione nel segno della finanza solidale. Sarà davvero così?

Futuro incerto «ShoreBank non aveva paura di versare denaro alle comunità dove era più necessario. Le altre banche faranno lo stesso? Non so, non mi sembra possibile», hanno dichiarato Ingrid e Pierre Lane, due clienti dell’istituto, all’emittente radiofonica WBez. I dubbi dei due coniugi, che nel 2008 hanno potuto acquistare una casa grazie al prestito agevolato, rischiano di essere condivisi da molti. E, in attesa che il futuro chiarisca le idee, resta il sospetto che al maxi intervento della finanza tradizionale potesse contrapporsi una soluzione diversa. «Shore era la seconda banca per dimensioni economiche della Gabv», commenta Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica. «Il fatto che sia andata in crisi senza che i suoi partner ideali nel mondo siano stati coinvolti in un operazione di salvataggio è un chiaro indicatore di come ci sia ancora molto da fare per essere veramente in rete tra la finanza etica mondiale. Credo che sempre più abbiamo bisogno di lavorare su spinte apparentemente contrastanti: il radicamento territoriale e partecipativo da una parte e la capacità di fare alleanze e capitalizzarci in modo consistente dall’altra».

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 33 |


| finanzaetica |

| economie virtuose | finanzaetica |

I NUMERI DI SHORE BANK SHOREBANK CORPORATION è stata fondata nel 1973 su iniziativa di quattro investitori - Ron Grzywinski, Milton Davis, James Fletcher e Mary Houghton - dando il via alle sue attività nell’area sud di Chicago. La banca ha successivamente aperto altre filiali nelle città di Cleveland e Detroit. Al momento della sua chiusura, l’istituto risultava controllato da un gruppo di 70 azionisti tra cui individui, enti filantropici, organizzazioni religiose e società finanziarie. Nel 2009 l’istituto gestiva oltre 2,5 miliardi di dollari in assets. I depositi si attestavano a quota 1,76 miliardi a fronte di 1,4 miliardi in prestiti concessi. I ricavi erano stati pari a 162 milioni di dollari.

Affossata dai suoi fondatori Obama poteva fare di più

L’opinione di Cliff Rosenthal, presidente della banca Cdcu.

P

SHOREBANK È FALLITA? Poteva essere fatto qualche sforzo per salvarla? Ne parla Cliff Rosenthal, presidente e direttore generale della National Federation of Community Development Credit Unions (Federazione Nazionale delle Banche Cooperative per lo Svilupdi Mauro Meggiolaro po delle Comunità locali negli Stati Uniti): un’associazione non profit, che fa parte di Inaise (Associazione internazionale degli investitori nell’economia sociale) e rappresenta più di 230 banche di credito cooperativo negli Usa, con oltre 10 miliardi di euro di dollari di assets totali e 1,5 milioni di clienti, appartenenti alle classi di reddito più basRosenthal presiede se. Negli Stati Uniti ne esistono più di 7.500, divise in varie anche la Federazione categorie, per un totale di 90 milioni di membri e 900 minazionale delle banche cooperative liardi di dollari di assets. Le Community Development Crenegli Stati Uniti. dit Unions (Cdcu), di cui Cliff Rosenthal è presidente, sono specializzate nell’offerta di servizi a persone povere e svantaggiate, in genere appartenenti a minoranze etniche. Offrono crediti per bisogni personali, educazione, microfinanziamenti, acquisto o affitto di abitazioni e, in alcuni casi, per l’avvio di nuove attività commerciali. ERCHÉ LA

Dottor Rosenthal, perché la ShoreBank è fallita? Le cause sono molte. La prima è la crisi finanziaria, che ha colpito duramente le zone in cui la ShoreBank è operativa: Chicago, Detroit, Cleveland. Città con una grande concentrazione di poveri: molti hanno interrotto il pagamento delle rate dei finanziamenti alla ShoreBank. Una crisi improvvisa dovuta alla congiuntura

presidente degli Usa sta “Ilcomunque aiutando il movimento. Ma ShoreBank è stata anche al centro di un problema politico ” | 34 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

finanziaria? Non solo, la ShoreBank ha cominciato a scricchiolare già da prima. Il management ha sottovalutato molti rischi e non ha agito con urgenza. Molti sono del parere che abbia giocato un ruolo chiave la cosiddetta “sindrome dei fondatori”. I manager della banca sono rimasti gli stessi per oltre 40 anni, non c’è stato un vero ricambio. La ShoreBank poteva essere salvata? L’unica speranza era la Community development capital initiative (Cdci), promossa dall’amministrazione Obama per dare ossigeno alle banche locali. Ma è stato chiaro fin da subito che le sofferenze erano troppo alte per essere compensate da aiuti statali. La banca è riuscita a raccogliere in poco tempo 150 milioni di dollari di capitale da alcune grandi banche, ma non è bastato: le perdite erano superiodi ai 300 milioni. L’amministrazione Obama poteva fare di più? Alcuni pensano che la banca non sia stata salvata anche per motivi politici. La ShoreBank aveva sede nel sud di Chicago, la regione da cui proviene Obama e molti dei suoi più stretti collaboratori. Quando è stato chiaro che la banca era in difficoltà, alcuni politici del partito conservatore hanno chiesto di investigare sul modo in cui si stava cercando di salvarla. Molti hanno detto che le banche che hanno aderito all’aumento di capitale sono state in realtà costrette dall’amministrazione Obama. Il governo ha smentito vigorosamente, ma in seguito, forse proprio per la sensibilità politica della ShoreBank, ha fatto probabilmente meno di quanto avrebbe potuto. Che futuro hanno le banche di sviluppo locale negli Usa senza il faro della ShoreBank? La ShoreBank era una bandiera. Molti hanno subito puntato il dito sul nostro modo di fare banca, dicendo che, se è fallita la ShoreBank, significa che il modello bancario cooperativo a favore delle comunità povere non funziona negli Stati Uniti. La realtà è diversa e deve essere analizzata caso per caso. Ad oggi il nostro movimento non ha subito contraccolpi dalle notizie sulla ShoreBank: nessuno si è precipitato a chiudere conti o a ritirare depositi. Le banche di sviluppo cresceranno, perché il bisogno di servizi per persone svantaggiate non è mai stato così alto. Potrete contare sul sostegno di un governo “amico”? Obama sta aiutando il nostro movimento in modo decisivo, come non era mai successo in precedenza. Ha aumentato i fondi a favore delle nostre istituzioni e ha sviluppato iniziative di sostegno “collaterali”, che ci stanno aiutando non poco: per esempio concedendo finanziamenti agevolati per dar credito a imprese che producono cibi “sani”, come le cooperative agricole, i mercati a chilometro zero e i supermercati biologici nelle aree povere.

.

Il lato buono del venture capital

Esiste un modo diverso di investire i propri capitali. La “terza via” di Oltre Venture, che prima di cercare profitti guarda alle ricadute sulla collettività e le fasce deboli.

I

NVESTONO IN PROGETTI INNOVATIVI, CHE PROMETTONO un alto “rendimento sociale”. Ufficialmente svolgono attività di venture capital, ma, di fatto, ne ribaltano i principi. Se gli operatori tradizionali puntano a massimizzare i ritorni economici, loro guardi Roberto Cuda dano anzitutto alle ricadute sulla collettività e sulle fasce deboli. Senza per questo distruggere valore. Oltre Venture ha sede a Milano e lavora dal 2006, con all’attivo 11 progetti finanziati per un totale di 5,3 milioni di euro investiti e 7,2 milioni di capitale complessivo, ereditando l’attività della Fondazione Oltre (nata nel 2002). I beneficiari sono enti, cooperative e imprese che operano nei settori più diversi, dal microcredito all’abitare sostenibile, dalla sanità ai servizi alla Pubblica amministrazione. L’utenza presenta forme di disagio non estremo, ma profondo, e bisogni primari come la casa, la salute e il lavoro o carenze relazionali. Il meccanismo è semplice: la società raccoglie fondi direttamente dai soci e li reinveste, entrando nel capitale della società finanziata.

Prestiti pazienti e responsabili

Giampio Bracchi, presidente dell’Aifi, l’Associazione italiana del private equity e venture capital. In alto a destra, Luciano Balbo, presidente di Oltre Venture.

Il beneficiario non riceve solo soldi, ma supporto manageriale e competenze nella definizione degli obiettivi e delle strategie, in un vero e proprio rapporto di partnership. I soci attualmente sono 17, non senza nomi altisonanti come Fondazione Crt e De Agostini Spa, che accettano il motto di Oltre: “capitali pazienti e responsabili”. L’orizzonte temporale è, infatti, intorno ai 10 anni, allo scadere dei quali vengono vendute le quote e restituiti i capitali agli investitori.

Ma qual è, per così dire, il rendimento atteso? «Non parlerei nemmeno di rendimento», risponde Luciano Balbo, presidente di Oltre Venture. «L’obiettivo è restituire il capitale conferito con un interesse pari all’inflazione, ma saremmo già soddisfatti se riuscissimo a preservare la maggior parte dell’investimento. Non dobbiamo nasconderci che i rischi esistono e occorre lavorare perché l’attività finanziata si rafforzi nel tempo, diminuendo i rischi stessi. La scommessa è garantire la valenza sociale senza perdere soldi, percorrendo una via alternativa sia alla filantropia, che al mercato». Tecnicamente i capitali confluiscono in una società in accomandita per azioni il cui socio accomandatario (ossia colui che amministra e risponde legalmente e illimitatamente) è Oltre Gestioni Srl, controllata dal presidente e fondatore, Luciano Balbo, mentre gli altri conferiscono i propri investimenti in qualità di soci accomandanti (che rispondono limitatamente al capitale conferito). Le decisioni dunque vengono prese dal Consiglio di amministrazione di Oltre Gestioni e la supervisione della società è affidata a un Comitato consultivo nominato dagli accomandanti.

Pionieri in Italia e in Europa Balbo ha lavorato per quasi 20 anni nel settore del private equity in posizioni di vertice, fino alla decisione, otto anni fa, di cambiare rotta creando la Fondazione Oltre. «Volevo spendere le competenze acquisite per un’attività di cui beneficiasse la società, in linea con quanto stava già nascendo in Europa», spiega Balbo. |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 35 |


| finanzaetica |

.

Investimenti rischiosi all’italiana

Gli attori italiani del settore sono sedici, per 100 milioni di investimenti annui. E hanno retto alla crisi.

P

OCHI MA DETERMINATI. SONO I VENTURE CAPITALIST italiani, 16 in tutto, con oltre un miliardo di euro di capitali disponibili e circa 100 milioni di investimenti all’anno. Nel 2009 hanno effettuato 20 operazioni, più che raddoppiate rispetto di Roberto Cuda al 2004. Nulla a che vedere con le 400 registrate nei Paesi a più lunga tradizione, come Inghilterra o Germania, ma anche in tempo di crisi il piccolo comparto italiano ha tenuto, di fronte a un private equity in caduta libera. La loro mission è guadagnare o meglio triplicare o quadruplicare il capitale impiegato. Per farlo comprano quote di aziende appena nate, ma promettenti, entrando nella gestione con il preciso compito di farle crescere. Poi, al momento giusto rivendono la partecipazione e il relativo valore aggiunto, capitalizzando la differenza. Ma il rischio è alto e, su due investimenti che vanno a buon fine, almeno altrettanti registrano sonore perdite. «Soprattutto in Italia - spiega Giam-

pio Bracchi, presidente dell’Aifi, l’Associazione italiana del private equity e venture capital - dove le imprese innovative vengono poco apprezzate e, quando un imprenditore ha una buona idea, si trova spesso costretto a venderla all’estero». Per questo bisogna puntare in alto e massimizzare i ritorni, anche se nell’ultimo decennio il rendimento medio ha oscillato tra il 2 e il 4%. Per lo più si tratta di fondi che fanno capo a normali società di gestione (Sgr) e talvolta assumono la forma di società di investimento, ma le funzioni sono le stesse: raccogliere fondi presso investitori e reimpiegarli in progetti redditizi. Gli investitori sono in gran parte istituzionali, visto il livello di rischio: fondazioni bancarie, Camere di commercio, Regioni e perfino il Fondo europeo di investimenti, ma non mancano assicurazioni, fondi pensione e famiglie facoltose (la soglia minima di ingresso è molto alta, variabile in funzione del fondo). Queste ultime sono calate drasticamente negli ultimi dieci, scottate dallo scoppio della bolla tecnologica nel 2000.

Credito Fotovoltaico Se vuoi scegliere l’energia pulita possiamo darti una mano.

Un finanziamento per importi fino a 150.000 Euro per i privati e fino a 2 milioni di Euro per le aziende a tasso interessante e con spese ridotte che ti consente di restituire l’importo a rate periodiche, anche in 15 anni. Migliori la qualità dell’ambiente dove vivi, approfittando delle fonti rinnovabili e beneficiando delle agevolazioni fiscali previste dalla legge.

BANCA DI LEGNANO radici antiche, moderne visioni

Gruppo Bipiemme Prendere visione delle condizioni economiche mediante i Fogli Informativi disponibili presso ogni Filiale (D. Lgs. 385/93). Il presente messaggio pubblicitario ha finalità esclusivamente promozionali

DISTRIBUZIONE DEI TARGET PER ANNO DI INVESTIMENTO [2004-2009]

CONCENTRAZIONE DEGLI OPERATORI NEL 2009 100 %

25 20

75

15 10 5 0

2004

2005

2006

2007

2008

2009

«La quota viene rivenduta mediamente dopo cinque anni, ma i tempi potrebbero anche allungarsi, fino ad un massimo di 12 anni», precisa Bracchi. «In alcuni casi l’azienda viene quotata in Borsa. Il fondo entra nel capitale con una partecipazione di maggioranza o di minoranza, senza contrarre debito, ma in entrambi i casi richiede la gestione congiunta dell’impresa. Infatti non sempre l’imprenditore, per quanto geniale a innovativo, agisce secondo una logica di mercato. In questo caso l’apporto manageriale del fondo diventa prezioso, benché non senza conflitti. Talvolta la quota viene suddivisa tra più fondi, per ridurre i rischi».

Si punta su high tech, farmaci e media Nel 2009 oltre il 50% degli investimenti è confluito in società ad alto contenuto tecnologico: informatica (25%), industria farmaceutica e biofarmaceutica (15%) e media (15%). Seguono i comparti delle tecnologie verdi, dei beni di consumo e delle nanotec-

50

25

0

5

NUM. OPERATORI

10

15

nologie, ognuna con il 10% del totale. Le società target, che in media presentano ricavi intorno ai 4 milioni di euro e una forza lavoro di 16 unità, hanno ricevuto capitali per circa 1,4 milioni, pari al 38% dell’azionariato. Il 40% delle operazioni è avvenuto in Lombardia, mentre un altro 40% è suddiviso equamente tra Piemonte, Liguria, Toscana e Sicilia. Ma quanto guadagna (e quanto rischia) il gestore di un fondo? «Se l’affare va in porto i guadagni posso essere molto alti - risponde Bracchi - al punto da arricchirsi in poco tempo. La retribuzione è costituita da una percentuale fissa del 2% sulla raccolta e da una parte variabile legata al rendimento. In altre parole, quando viene chiuso il fondo, il gestore tiene il 20% della plusvalenza, una volta garantito un interesse minimo al sottoscrittore, a copertura di un tasso di rendimento del denaro senza rischio. In caso di perdita dovrà accontentarsi della percentuale fissa che, detratte le spese, assicura al gestore un normale reddito». Il rischio, insomma, è tutto dell’investitore.

.

I PROGETTI FINANZIATI PERMICRO S.P.A. È una società specializzata nell’erogazione di microcrediti a immigrati, centri di aggregazione, parrocchie, associazioni o enti territoriali che vogliano promuovere piccole attività imprenditoriali o formative. Costituita nel giugno 2007 a Torino, la società ha beneficiato di un finanziamento di 500 mila euro da Oltre Venture e presenta un azionariato costituito da: Fondazione Paideia (22%), Ubi Banca (22%), Fondazione Sviluppo e Crescita-Crt (22%), Oltre Venture (22%), Investitori privati (12%). Il presidente, Corrado Ferretti, vanta una lunga esperienza nel credito al consumo e l’amministratore delegato, Andrea Limone, ha all’attivo diversi progetti di microcredito per conto di Banca Etica, Mag 2 e Fondazione Paideia. Attualmente sono in corso iniziative di microcredito a L’Aquila e in collaborazione con alcuni enti locali.

IL CENTRO MEDICO SANTAGOSTINO Aperto nel marzo 2009 nella centralissima Piazza Sant’Agostino di Milano, il centro fornisce servizi di medicina specialistica di base soprattutto nelle aree dove il servizio sanitario nazionale è maggiormente assente: odontoiatria, servizi psicologici, servizi paramedici. L’obiettivo è lanciare un modello integrato con prestazioni mediche specialistiche di qualità a tariffe calmierate, insieme a una gamma di servizi socio-relazionali. Le visite mediche specialistiche costano 60 euro e i servizi odontoiatrici hanno prezzi inferiori fino al 30-40% rispetto al mercato privato, mentre le sedute di psicologia, psicoterapia, logopedia e fisioterapia si attestano sui 35 euro. Il Centro, infatti, intende stringere rapporti di collaborazione e promozione reciproca con enti e associazioni del territorio, a favore della propria utenza. Oltre Venture ha supportato l’iniziativa con un investimento di 1 milione e 700 mila euro, acquisendo l’80% del capitale sociale (il restante 20% è nelle mani di investitori privati).

IVREA 24 ABITARE SOSTENIBILE Promossa da Fondazione Crt e Oltre Venture, si tratta di un’iniziativa di housing sociale con l’obiettivo di convertire l’ex casa-albergo per i dipendenti delle Poste di via Ivrea a Torino, in un edificio di residenza sociale temporanea. Il complesso offrirà anche servizi sanitari e di promozione sociale. Si tratta di 183 unità residenziali per un totale di 470 posti letto, rivolte a persone in situazione di disagio abitativo temporaneo, come mamme sole con bambini, immigrati, studenti e lavoratori fuori sede. Nelle unità immobiliari verrà realizzato un impianto solare fotovoltaico e un impianto solare termico, che produrrà acqua calda sanitaria destinata ad integrare oltre il 60% del fabbisogno. A sostenere l’iniziativa in qualità di soci sono Oltre Venture - con 1,2 milioni di euro su un investimento complessivo di 13,5 milioni - Fondazione Sviluppo e Crescita-Crt e D.O.C. s.c.s., cooperativa sociale torinese attiva nella gestione di strutture alberghiere ed extra alberghiere.

|

ANNO 10 N.83

FRATERNITÀ SISTEMI Cooperativa specializzata in servizi tributari e urbanistici per la Pubblica amministrazione. Fraternità Sistemi gestisce in concessione la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei tributi per circa 80 Comuni, localizzati nelle province di Brescia, Bergamo e Milano. Recentemente ha avviato un aumento di capitale da 2,6 a 11,9 milioni di euro, per sviluppare l’attività e mantenere i requisiti minimi richiesti per legge per l’iscrizione all’Albo. Oltre Venture ha investito 300 mila euro, entrando nella compagine societaria con il 2,5% del capitale. Altri soci sono Cfi (Cooperazione finanza impresa) al 42%, Fraternità Sistemi 29,5%, Cgm Finance 8,8% e altri soci minori. Tra gli obiettivi dell’intervento, oltre all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, anche il perseguimento di una maggiore equità fiscale e il recupero dell’evasione fiscale (in particolare dell’Ici), riducendo l’aliquota per i cittadini.

|

OTTOBRE 2010

| valori | 37 |

FONTE: VEM, RAPPORTO ITALIA 2009

ges (Uk), Noaber Foundation (Olanda) e Bon Venture (Germania). L’interesse per il settore del resto è ben più vasto e tocca i 135 membri dell’European Ventur Philantropy Association, di cui è parte la stessa Fondazione Oltre, che comprende anche molte società tradizionali di venture capital e private equity.

FONTE: VEM, RAPPORTO ITALIA 2009

Se in Italia si tratta di un’esperienza del tutto pionieristica, nel Vecchio Continente non sono molto più avanti: le analoghe iniziative non superano la decina. Il movimento tuttavia si sta lentamente ampliando e tocca soprattutto Inghilterra, Olanda, Germania e Svezia, dove si trovano anche le società più grosse: Brid-

| finanzaetica |


| sportresponsabile |

APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE

7 ottobre NEW YORK CITY (USA) ICCR’S ANNUAL SPECIAL EVENT Giunge alla sua 24sima edizione l’evento annuale aperto al pubblico dell’Interfaith Centre on Corporate Responsibility (ICCR). Attivo dal 1971 nello sviluppo dei temi della responsabilità d’impresa con la sua opera di azionariato attivo, l’ICCR raccoglie centinaia di investitori istituzionali di ispirazione religiosa. www.iccr.org 8 - 9 ottobre IZMIR (TURCHIA) SOCIAL CAPITAL AND SUSTAINABLE DEVELOPMENT La quarta edizione dell’International Conference on Social Sciences, organizzata dalla Social Sciences Research Society (SoSReS), sarà dedicata al tema del ruolo delle relazioni informali nella realizzazione delle pratiche di sostenibilità e nella gestione del capitale sociale. www.icssconference.net

12 ottobre AMSTERDAM (OLANDA) EUROSIF ANNUAL ADVISORY COUNCIL MEETING Evento annuale organizzato da Eurosif (European Social Investment Forum), l’associazione creata nel 2001 allo scopo di riunire organizzazioni analoghe attive nei temi della finanza sostenibile e presenti nel Continente. www.eurosif.org 12 - 15 ottobre COLOMBO (SRI LANKA) ASIA MICROFINANCE FORUM 2010 Conferenza sul settore della micro finanza asiatica organizzata da Banking With the Poor Network (BWTP) e Foundation for Development Cooperation (FDC). www.asiamicrofinanceforum.org 14 ottobre MILANO VII FORUM BANCHE LOCALI Incontro sul tema delle banche locali e delle loro strategie organizzato da Business International. “I continui richiami da parte delle autorità di vigilanza, rivolti anche ai piccoli Istituti di Credito, per innovare il modello di offerta, i prodotti, le strategie sul territorio saranno alcuni dei temi | 38 | valori |

ANNO 10 N.83

|

al centro del dibattito dell’edizione di quest’anno - spiegano i promotori -, che come sempre vedrà protagonisti gli Executive delle Banche Locali più competitive sul territorio Italiano, che si confronteranno sui temi di principale interesse per il settore” www.businessinternational.it

19 - 20 ottobre LONDRA (UK) RESPONSIBLE CREDIT UK CONVENTION 2010 Che cosa abbiamo imparato a due anni dalla crisi? Che cosa dobbiamo fare adesso? Sono i temi al centro dell’incontro londinese focalizzato sulle prospettive di riforma del mercato del credito a seguito della prevista nascita della Consumer Protection and Markets Agency britannica www.origin8creative.co.uk

21 ottobre TORONTO (CANADA) 8TH CBSR SUMMIT ON CSR Incontro sul tema della responsabilità sociale d’impresa organizzato dal Canadian Business for Social Responsibility presso il Le Meridien King Edward Hotel di Toronto. www.cbsr.ca/summit 22 ottobre ROMA ABI - FORUM INTERNAZIONALIZZAZIONE 2010 Forum organizzato dall’Associazione Bancaria Italiana (Abi) in collaborazione con Confindustria, Ice, Sace, Simest Invitalia, Unione delle Banche Arabe (UAB) e il Dubai International Financial Centre (DIFC) www.abieventi.it/eventi/626/foruminternazionalizzazione-2010/ 15 - 16 novembre NEW DELHI (INDIA) MICROFINANCE INDIA SUMMIT 2010 Conferenza annuale sul tema del settore della microfinanza Indiana. L’incontro avviene in un momento particolarmente caldo per il settore dopo la storica offerta pubblica iniziale che ha lanciato il colosso SKS nel mercato finanziario internazionale scatenando un dibattito sul futuro e sui rischi dell’evoluzione del microcredito. www.microfinanceindia.org

OTTOBRE 2010

|

STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO

| finanzaetica |

A CURA DI MATTEO CAVALLITO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

18 - 21 novembre SAN ANTONIO (USA) SRI IN THE ROCKIES 2010 Prodotto dal First Affirmative Financial Network in collaborazione con il Social Investment Forum, l’evento metterà a confronto le diverse esperienze degli operatori del settore evidenziando nuove opportunità d’investimento sostenibile. www.sriintherockies.com 20 - 21 novembre BRUXELLES (BELGIO) ETATS GÉNÉRAUX DE LA FINANCE RESPONSABLE ET SOLIDAIRE Incontro sul tema della finanza etica e solidale organizzato da Financité. www.financite.be/rfa /etats-generaux,fr,174.html

24 novembre MILANO PREMIO BANCA E TERRITORIO 2010 Quarta edizione per il premio “Banca e Territorio”, riconoscimento annuale per le banche territoriali che si distinguono in ambito sociale, economico e culturale. Organizza Aifin, Associazione Italiana Financial Innovation. www.aifin.org 24 - 26 novembre ROMA CREDITO AL CREDITO Prima Convention sul credito alle persone e alle imprese dell’Associazione bancaria italiana (Abi). “Credito al Credito”, spiegano gli organizzatori, rappresenta “l’unica occasione di incontro in cui operatori, istituzioni e segmenti di clientela si confrontano su stato e prospettive dei diversi mercati: dal credito al consumo ai mutui, dal finanziamento alle infrastrutture al microcredito, dal credito agrario allo start-up di impresa, dal sostegno alle Pmi a quello per le organizzazioni non profit”. Al centro del dibattito si segnala l’analisi dell’impatto delle recenti evoluzioni normative sui mercati dei mutui e del credito ai consumatori. www.abieventi.it

25 - 26 novembre LONDRA (UK) THE 4TH CR REPORTING & COMMUNICATIONS SUMMIT Come cambiano le strategie di comunicazione nelle attività

di promozione della responsabilità sociale d’impresa? Se ne discute a Londra nella due giorni di convegno organizzata da Ethical Corporation. www.ethicalcorp.com/reporting

1 dicembre FORLÌ FUNDRAISING PER IL NONPROFIT E GLI ENTI PUBBLICI Scadono i termini per la presentazione della domanda di partecipazione al master organizzato presso la Facoltà di Economia di Forlì. Il costo totale di iscrizione è di 2950 euro. I corsi si svolgeranno dal gennaio 2011 al gennaio 2012. www.unibo.it/Portale/Offerta+formativa /Master/default.htm

2 - 3 dicembre HONG KONG (CINA) MICROFINANCE INVESTMENT SUMMIT Esperti del settore mettono a confronto le proprie esperienze nel settore microcreditizio in Asia in queste due giornate di conferenza ad Hong Kong. www.microfinancesummits.com

3 dicembre PARIGI (FRANCIA) ESG STRATEGIES FOR RESPONSIBLE INVESTORS Incontro annuale organizzato da Novethic presso il Georges V Eurosites Convention Centre di Parigi. Alla scorsa edizione hanno preso parte più di 200 uditori e una trentina di relatori provenienti da Francia, Belgio, Regno Unito, Danimarca e Svezia. www.novethic.com/novethic /annual_event 23 dicembre BOLOGNA SVILUPPO SOSTENIBILE E GESTIONE DEI SISTEMI AMBIENTALI Scadenza dei termini per la presentazione della domanda di partecipazione al master organizzato dall’Università di Bologna. I corsi si svolgeranno dal febbraio 2011 al marzo 2012. Costo totale: 3.000 euro. www.unibo.it/Portale/Offerta+formativa /Master/default.htm

In campo la responsabilità Contro la violenza, le truffe, la scomparsa dei valori veri, un’associazione che promuove lo sport responsabile: dalla lealtà durante una partita alla trasparenza delle associazioni sportive.

13 Sopra, La Negrelli calcio, associazione sportiva della periferia di Milano. Sotto, Tommy Simpson al Tour de France del 1967 che gli fu fatale. A fianco, alcune vittime della calca allo stadio Heysel di Bruxelles nel 1985.

LUGLIO 1967. TOUR DE FRANCE, SALITA DEL MONT VENTOUX. Il cuore del ciclista inglese Tommy Simpson si ferma. Vittima di un micidiale cocktail di anfetamine e alcol e del caldo opprimente: è una delle prime vittime del doping in uno sport che, nei decenni successivi, sarà letteralmente martoriato dal fenomeno. 29 maggio 1985. Stadio Heysel di Bruxelles. Prima della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool, muoiono 39 tifosi. Schiacciati dalla calca, sotto i colpi degli hooligans inglesi ebbri di alcol, mentre poco dopo in campo i giocatori giocano ed esultano come se nulla fosse: da allora un durissimo giro di vite sugli ultras inglesi ha portato relativa calma negli stadi britannici, mentre in molte altre parti d’Europa continuano invece a susseguirsi episodi di violenze. 5 agosto 2010. A Roma i sostituti procuratori Sergio Colaiocco e Delia Cardia firmano la citazione a giudizio per 33 persone che, sotto l’egida della Protezione civile, avrebbero realizzato abusivamente 15 impianti privati per i Mondiali di nuoto del 2009. Questi episodi, a loro modo tutti tragici, sono diversissimi, ma hanno un denominatore comune: l’uccisione dello sport inteso come competizione leale e onesta, come arricchimento reciproco e, perché no, come volano di uno sviluppo responsabile. Per citare le Nazioni Unite, di uno strumento che “può abbattere le barriere che dividono le società, prevenire i conflitti e contribuire alla costruzione di un futuro di pace, sia simbolicamente a livello globale, sia molto nel concreto all’interno delle singole comunità”. È proprio per difendere un’idea sana di competizione sportiva che, un anno fa, è nata l’associazione senza fini di lucro Sport4Society (vedi BOX ). Tra le diverse attività svolte in questo anno e mezzo, l’associazione ha redatto anche delle linee guida (vedi pagina seguente) volontarie per lo sport responsabile, per dare indicazioni, semplici ma efficaci, alle organizzazioni che vogliono impegnarsi nella promo-

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | I |


| sportresponsabile |

| sportresponsabile |

LINEE GUIDA PER LO SPORT RESPONSABILE

SPORT4SOCIETY A PASSO DI CORSA UN MODO DIVERSO DI INTENDERE LO SPORT, che ne faccia emergere i valori positivi. È questo lo spirito alla base di Sport4Society, un’associazione che considera l’attività sportiva non come fine, ma come mezzo per promuovere lo sviluppo sostenibile e lo sport responsabile. E allora gli obiettivi non sono più quelli che portano all’agonismo esasperato e a una visione autoreferenziale del mondo, ma la volontà di creare un movimento di atleti e società rispettoso dell’ambiente e motore di solidarietà nei confronti delle persone svantaggiate. Ha sede a Montebelluna (Tv) ed è presieduta da Umberto Musumeci, a lungo

attivo in Amnesty International, Action Aid e Valore Sociale. Vice Presidente è Luca Corsolini, un nome noto nel mondo dello sport e del giornalismo sportivo. Fra i soci fondatori anche Pier Luigi Marzorati, in passato grande campione della pallacanestro e oggi presidente del Coni Lombardia. Sport4Society è nata da poco, nel 2009, ma ha già sviluppato un ampio ventaglio di azioni: premi ed eventi dedicati alle federazioni e agli sportivi “responsabili”; la definizione di regole condivise per educare al rispetto dei regolamenti (ma anche della legalità, più in generale) atleti, media e pubblico; la valorizzazione delle

zione dello sport responsabile. “Non pretendono di essere complete ed esaustive - precisa l’associazione - queste linee guida possono essere un punto di partenza, utili soprattutto a quelle piccole e medie organizzazioni sportive che compongono il panorama nazionale e che vorranno provare a fare i primi passi verso una gestione sportiva più responsabile”. I germi che stanno inquinando lo sport prendono le sembianze dell’alta finanza, ormai ampiamente integrata nei capitali delle grandi multinazionali sportive: nei top team degli sport di squadra, nel circus della Formula 1 o del motomondiale. Ma anche dell’insostenibilità ambientale degli impianti sportivi, la cui costruzione spesso viene

manifestazioni e degli impianti eco-compatibili; la promozione di incontri e gemellaggi tra società e organizzazioni sportive italiane e di Paesi in via di sviluppo, oltre al sostegno per le associazioni che promuovono il recupero sociale tramite lo sport. Sport4Society ha anche condotto una ricerca sulle buone pratiche esistenti nel mondo dello sport italiano. I risultati di questa ricerca sono disponibili sul sito dell’associazione (un’anticipazione nelle schede in basso alla pagina, divise in otto temi: ecologia, etica, disabilità, formazione, responsabilità sociale d’impresa, infanzia, pace e diritti umani, ricerca).

vista come la panacea di tutti i mali (finanziari) soprattutto delle società di calcio: di qui il via a progetti tesi più al “prima possibile” che alla ponderata valutazione degli impatti ambientali, sociali e alle ricadute sulle comunità locali. Il tutto a scapito anche dell’esempio che campioni e “marchi” dovrebbero costituire per i più giovani: dall’ipocrisia di una simulazione per guadagnare un calcio di rigore, ai “buu” razzisti dagli spalti, fino alle peggiori speculazioni in stile Luciano Moggi (solo per restare, da bravi italiani, nel mondo del calcio). Col risultato che la competizione esasperata, il risultato “ad ogni costo” e con ogni mezzo rischiano di diventare il leit motiv anche dei campetti di periferia.

.

1. INDIVIDUAZIONE O RIDEFINIZIONE DELLA MISSION SOCIETARIA Esplicitare e mettere a disposizione di tutti i soggetti coinvolti nelle attività (personale tecnico, genitori, atleti, tifosi) gli scopi (e le scelte “etiche”) per cui si sceglie di fondare o gestire un’organizzazione sportiva significa prima di tutto definire chiaramente l’identità comune in cui tutti i soggetti coinvolti si debbano riconoscere. 2. TUTELA DELL’AMBIENTE E RISPETTO DELLE COMUNITÀ La tutela dell’ambiente è oggi un punto chiave nella gestione di qualsiasi attività, sport compreso. Secondo Green & Gold, “lo sport è sostenibile quando incontra le esigenze della comunità sportiva di oggi, contribuendo nello stesso tempo all’aumento delle opportunità future per il mondo dello sport e conservando l’ambiente naturale dal quale dipende”. 3. TUTELA E PROMOZIONE DELLA SALUTE In una società in cui il numero di patologie connesse con una vita sedentaria è in forte aumento, lo sport acquista in questo senso un nuovo ed importantissimo ruolo per la collettività promuovendo la salute ed il benessere fisico dei praticanti. 4. GIOVANI È importante accompagnare l’allenamento fisico e atletico nel settore giovanile con una maggiore attenzione per la crescita umana dei giovani atleti, conciliando gli impegni sportivi con quelli scolastici, favorendo la trasmissione di valori propri dello sport come la correttezza, l’onestà e il rispetto dell’altro che spesso il mondo dello sport (ma anche il senso comune) ha dimenticato.

5. FAVORIRE L’INTEGRAZIONE Lo sport, ci ricorda ancora la Carta Olimpica, è un diritto di tutti; ogni discriminazione rispetto la nazionalità, la razza, la religione, l’orientamento politico, l’orientamento sessuale o qualsiasi altra forma di esclusione, è contraria allo Spirito Olimpico e incompatibile con una pratica responsabile dello sport.

PREMIO IL BELLO DELLO SPORT

offrire, promettere, concedere o sollecitare doni o indebiti vantaggi per ottenere o conservare una posizione favorevole o un altro indebito vantaggio. 10.RAPPORTI DI LAVORO Perché un’organizzazione sportiva possa svolgere tutte le sue attività, può aver bisogno di una serie di collaboratori. Questi possono essere sia dipendenti, con regolare contratto, sia volontari che mettono a disposizione gratuitamente il proprio tempo e le proprie competenze. I rapporti di collaborazione si devono basare su principi di civile convivenza e di rispetto reciproco. Per i lavoratori dipendenti, la società si impegna a garantire orari di lavoro e retribuzioni giuste, che permettano uno standard di vita adeguato.

6. PRATICA SPORTIVA ALL’INSEGNA DEL FAIR PLAY In una società che sovraespone il successo e il risultato agonistico è sempre più forte il rischio che lo sport perda parte importante del suo bagaglio di valori. Valori come il rispetto dell’avversario, la non violenza, l’onestà devono ritornare prepotentemente a riappropriarsi del mondo dello sport.

11.GESTIONE ECONOMICO FINANZIARIA L’organizzazione sportiva si impegna in una gestione economico finanziaria responsabile che tenga conto dell’impatto sociale della stessa. Considera elementi fondamentali la trasparenza e la promozione di uno sviluppo sostenibile. Promuove rapporti di tipo economico-finanziario con quelle realtà che condividono le scelte etiche della società siano essi sponsor, fornitori di materiale tecnico o qualsiasi altro soggetto.

7. DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE Occorre garantire la partecipazione attiva di tutti quei soggetti che sono coinvolti direttamente o indirettamente nella vita societaria (tecnici, atleti, dirigenti, genitori, sponsor, ecc.), in modo che queste persone si sentano corresponsabili delle scelte effettuate. 8. PROMOZIONE DEL TIFO LEALE Obiettivo dell’organizzazione sportiva deve essere quello di farsi promotrice di un tifo leale che a sua volta promuova i valori positivi dello sport. 9. LOTTA ALLA CORRUZIONE L’organizzazione sportiva, nel quadro della legislazione regionale, nazionale, comunitaria e internazionale e dei regolamenti applicabili, non deve, direttamente o indirettamente,

UN PREMIO PER GLI SPORTIVI che hanno saputo interpretare e divulgare un concetto positivo e responsabile di sport. A lanciarlo è stata Sport4Society, in due occasioni: a Firenze, lo scorso maggio, durante un convegno a Terra Futura dal titolo “Sport e società: sfide, tendenze, buone pratiche”, e a Montecatini, a giugno, al termine di un incontro su: “Come sport e non profit fanno goal insieme”, in occasione della prima edizione del Festival della Cultura Sportiva. Ad essere premiati sono stati: la pluricampionessa paralimpica Francesca Porcellato (foto a sinistra) e Andrea Zorzi (foto a destra), ex pallavolista pluricampione mondiale e medaglia d’argento olimpica, per il suo impegno con Giochi di Pace, una maratonapellegrinaggio in Terra Santa giunta alla sua settima edizione.

12.MASS MEDIA E INFORMAZIONE L’organizzazione sportiva collabora attivamente con i mass media promuovendo un’informazione trasparente e completa che dia visibilità anche agli aspetti della vita societaria che non riguardano la prestazione sportiva (settore giovanile, attività in favore della comunità, tutela dell’ambiente, ecc.).

LE BUONE PRATICHE NELLO SPORT (raccolte su www.sport4society.org) ECOLOGIA Lo sport ha un impatto sull’ambiente - nell’uso del terreno e dell’acqua, nel consumo di energia, nella produzione di CO2 e di rifiuti - che può essere maggiore o minore a seconda del comportamento che si tiene. Documenti come il Manuale sport e ambiente, il Codice verde del Coni, l’Agenda 21 del Movimento Olimpico o il Codice europeo per lo sviluppo sostenibile stabiliscono in tal senso una serie di linee guida. Queste, purtroppo non sono vincolanti, ma alcune realtà sportive cercano di metterle in pratica. Ad esempio l’associazione Ecosport per uno “sport al naturale”, che propone eventi sportivi rispettosi dell’ambiente, stage di formazione, percorsi e campus nei parchi e aree protette e riunisce come partner associazioni sportive e federazioni. www.ecosport.it www.sportchallengers.com

| II | valori |

ANNO 10 N.83

|

ETICA Non c’è etica nello sport senza un codice etico cui riferirsi e di questi Sport4Society ne ha individuati numerosissimi. Non sono tutti uguali, però. Esistono infatti quelli che costituiscono parte integrante del cosiddetto “Modello di organizzazione, gestione e controllo”, previsto dal decreto legislativo 231 del 2001 (così è, ad esempio, per le squadre di calcio come la Juventus e l’Internazionale) e invece quelli ispirati al “Codice europeo di etica sportiva”. Così è spesso per le società di minori dimensioni: spicca in particolare l’esempio della Virtus Roma Basket che, legando il codice al contratto di assunzione, impegna di fatto i suoi giocatori, allenatori e medici a rispettarne i dettami e chiede che vi si attengano anche sponsor, fornitori e tifosi. Il problema principale di tali documenti resta tuttavia una mancanza di uniformità nei contenuti: può trattarsi infatti di una serie di regole antidoping (come quella dell’Uci, Unione ciclistica internazionale) come di richiami alle precise e concrete regole presenti nel “Codice europeo di etica sportiva”. Ma manca una prassi unica di riferimento. www.coni.it - www.uci.ch

OTTOBRE 2010

|

DISABILITÀ Il tema della disabilità è un potente strumento di green washing per le imprese. Ma anche veicolo efficace per la promozione dell’inclusione sociale. Si sono sviluppate numerose iniziative di respiro internazionale come quelle coordinate da Peace dream foundation, Terre des hommes, Peace and sport international organisation o manifestazioni come Altrimondiali o la Homeless World Cup. Tanto che le stesse Ong umanitarie stanno scoprendo l’utilità di appoggiarsi allo sport come mezzo d’azione anche in prospettiva locale. Lo dimostra la sponsorizzazione della sezione italiana di Amnesty international rispetto al Club Rugby Union Tirreno. L’attività sportiva riesce a fare molto per l’inclusione sociale delle persone disabili. Il movimento paralimpico ha guadagnato sempre maggiore visibilità negli ultimi anni e in Italia proliferano di società sportive impegnate su discipline praticate da individui con handicap mentali o fisici. www.pfmpeace.org - www.peace-sport.org www.altrimondiali.it - www.paralympic.org www.homelessworldcup.org - www.uisp.it www.unionrugbyclubtirreno.net www.specialolympics.it

FORMAZIONE In Italia qualcosa si muove anche in tema di formazione per una visione dello sport responsabile. Sport4Society si propone di dare visibilità a questi momenti e crearne di nuovi. Tra i progetti più significativi c’è quello della Fondazione Giorgio Zanotto, che propone corsi di Formazione e certificazione etica nello sport e di Standard di etica nello sport. Un’idea di certificazione nata nel 2006, patrocinata dalla Gazzetta dello Sport e testata su alcune piccole società da parte dell’Isecert (Istituto di certificazione etica nello sport) con sede a Parma. A tale progetto si affiancano altre iniziative come quella della Fondazione Marco Pantani Onlus di Milano attraverso la nascita di un Liceo dello Sport, educazione etico-morale allo sport; quella del Learning@SocialSport, progetto della Fondazione Italiana Accenture, in collaborazione con VerdeSport (gruppo Benetton), Coni e il Politecnico di Milano; o ancora un corso universitario di Diritti umani e sport nel diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Padova. www.fondazionezanotto.it www.learningatsocialsport.it www.scipol.unipd.it

RESPONSABILITÀ SOCIALE E D’IMPRESA Uno dei principali termini di valutazione delle politiche legate alla responsabilità sociale d’impresa delle società sportive è la redazione di un bilancio annuale. Sono numerose le realtà che rendono pubblici i propri sforzi. L’Ac Monza, ad esempio, ha pubblicato per il periodo 2007-2008 un rapporto che, dopo un dettagliato report circa l’identità e le finalità dell’associazione e l’individuazione e il coinvolgimento degli stakeholders, fornisce un’esauriente descrizione dei propri aspetti ed indicatori economici, sociali e ambientali. In altri casi - ad esempio in quello dell’associazione sportiva Polriva, in provincia di Mantova -, il bilancio del 2009 risulta esaustivo circa obiettivi, finalità e relative attività svolte durante l’anno (con particolare attenzione al benessere sociale prodotto). Mancano tuttavia un report economico e una valutazione circa gli aspetti ambientali. www.acmonzabrianza.it www.polriva.it

PACE E DIRITTI UMANI In occasione degli ultimi campionati mondiali di calcio, il Centro Studi del Coni ha redatto un documento che riassume le tappe più significative della storia dell’apartheid in Sudafrica attraverso le vicende sportive, perché “La lotta contro l’apartheid nello sport sudafricano è stata l’amplificatore mondiale della lotta contro la discriminazione”. Misure come il divieto di composizione di squadre miste, di qualsiasi contatto e competizione tra atleti bianchi e atleti neri portarono infatti, anche per pressioni dell’Onu, all’espulsione del Comitato Olimpico Sudafricano dal Cio. Fu, di fatto, un embargo sportivo da parte delle Nazioni Unite: la riammissione avverrà con la fine dell’apartheid solamente nel 1991. L’ente per la promozione sportiva Aics, invece, promuove il progetto “Baghdad Marathon” che ha avviato un percorso ambizioso a livello internazionale: atleti e società sportive si impegnano per condividere le motivazioni di un evento che intende lanciare un messaggio di pace e di cooperazione fra i popoli. www.aics.info

INFANZIA Vale la pena di ripetere il proverbio (che per qualunque pediatra più che un proverbio è un obbligo) “mens sana in corpore sano”. Lo sa bene l’associazione Sos Villaggi dei bambini, che nell’ambito di numerose attività a sostegno di piccoli orfani o bisognosi, sostenuta da 9 federazioni sportive punta anche sul grande aiuto che può fornire l’attività sportiva. Altra iniziativa degna di nota è “1Goal”, promossa nell’ambito della Campagna Globale per l’Educazione, con la quale si è lanciato un appello ai leader del mondo per garantire un'educazione a 72 milioni di bambini entro il 2015. www.sositalia.it www.join1goal.org

|

RICERCA L’associazione Sciare per la Vita Onlus ha organizzato una serie di eventi benefici finalizzati alla raccolta di fondi a favore di progetti che si occupano della ricerca e della cura di malattie leucemiche, principalmente infantili. www.sciareperlavita.it

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | III |


| sportresponsabile |

Lo sport è una scuola di vita Si parte dai ragazzi Come neopresidente del Coni-Lombardia Pierluigi Marzorati ha in cantiere molti progetti per la diffusione dello sport responsabile: dall’educazione al tifo al rispetto degli arbitri. Anche i genitori hanno molto da imparare.

S

E RIESCI AD INCONTRARE IL SUCCESSO E LA SCONFITTA e trattare questi due impostori allo stesso modo (…) allora sarai un uomo (…)”. Pierluigi Marzorati, campione di basket della Pallacanestro Cantù dal 1969 al 1991, cita una poesia di Rudyard Kipling per descrivere uno dei principali insegnamenti che dovrebbe trasmettere lo sport. Oggi, purtroppo, i messaggi che arrivano sono ben diversi. Pierluigi Marzorati è presidente del Coni-Lombardia (da luglio) e fa parte di Sport4Society (vedi pag. precedente).

Quali valori dovrebbe trasmettere lo sport? Oggi assistiamo a un degrado generale, nello sport e nella società. Il primo è solo lo specchio della seconda. In Italia ci sono 8 milioni di tesserati ad associazioni sportive di vario genere. Se lo moltiplichiamo per 3, i componenti medi di una famiglia, risultano 24 milioni di persone coinvolte, metà della popolazione italiana. I valori che si sperimentano su un campo sportivo si riflettono nella vita di tutti i giorni, nel lavoro, nella politica. E viceversa. Lo sport, invece, è una scuola di vita, impari a interagire con i compagni, a gestire la vittoria e la sconfitta. Il problema per uno sportivo non dovrebbe essere diventare o meno un campione, ma dare il meglio di sé. L’obiettivo è sempre vincere, ma con correttezza, onestà e rispetto. Bisogna battere l’avversario, ma solo sul campo di gioco. Fuori è un altro mondo. Vale per gli sportivi, per gli allenatori e per i genitori. La parte “malata” dello sport arriverà al calcio di serie A, ma non alle squadre amatoriali… È l’esatto contrario, questo è il problema. Che ci sia qualcosa di poco pulito nella serie A può anche essere prevedibile, perché è un business. Il dramma è proprio nel calcetto dell’oratorio, dove ti aspetteresti di vedere

sport ti insegna il gioco “Lo di squadra e valori come altruismo, lealtà e gioia per

i risultati ottenuti con impegno

| IV | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

spirito di squadra, sportività, solidarietà. Invece trovi genitori che litigano con l’allenatore perché non ha fatto giocare il figlio o tra di loro perché un ragazzo non ha segnato e ha fatto perdere la squadra o incitano i figli a vincere a tutti i costi.

La borsa non è un

O C O I G

Cosa si può fare per cambiare la situazione? Rimboccarsi le maniche e cercare nel mondo dello sport persone che ci credono ancora. Io lo sto facendo, sono in giro con la lanterna per trovarle. Bisogna parlare, parlare, parlare. Formare dirigenti e allenatori. E investire sui ragazzi, educarli fin da piccoli ed educare chi ha la responsabilità di formare i ragazzi. Ci sono anche famiglie e allenatori seri che credono nello sport vero. Bisogna arrivare a loro e far leva per diffondere questo messaggio. Che cos’ha significato per lei il basket? È stato una grande scuola di vita. Lo sport è fatica, ma ti insegna molto: altruismo, lealtà, gioia per i risultati ottenuti con impegno. Io ho passato 27 anni a far “ballare” la palla. Correvo veloce, ma alla fine ho imparato a far correre velocemente i miei compagni, a coordinare e mettermi in gioco per il gruppo, a far risaltare anche i talenti degli altri. Lo applico anche oggi nella vita e nel lavoro, quando devo coordinare delle persone. Una squadra, se ben coordinata, è un moltiplicatore di forze. È da poco presidente del Coni-Lombardia. Farà qualcosa per cambiare lo spirito nello sport? Sono appena arrivato e non so ancora precisamente che cosa devo fare, ma il mio obiettivo principale è intercettare ragazzi e ragazze sotto i 14 anni. Per far capire che dietro lo sport c’è una grande possibilità di crescita. È importante educare al tifo, insegnare a rispettare gli arbitri e gli allenatori, non criticarli se sbagliano, partire invece dai propri errori. Nel mio primo mese qui, ho già messo in piedi 20 progetti. Uno a cui tengo molto riguarda l’educazione al tifo, mi è stato proposto dalla Gazzetta dello sport.

.

Fondi etici: l’investimento responsabile ETICA SGR: VALORI IN CUI CREDERE, FINO IN FONDO. Etica Sgr è una società di gestione del risparmio che promuove esclusivamente investimenti finanziari in titoli di imprese e di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali. L’investimento responsabile non comporta rinunce in termini di rendimento. È un investimento “paziente”, non ha carattere speculativo e quindi ben si coniuga con la filosofia di guadagno nel medio-lungo termine comune a tutti gli altri fondi di investimento. Parliamo di etica, contiamo i risultati. I fondi Valori Responsabili si possono sottoscrivere presso tutte le filiali e i promotori di Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banca di Legnano, Simgest/Coop, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Casse Rurali Trentine, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca della Campania, Eurobanca del Trentino, Banca Popolare di Marostica, Eticredito, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca di Piacenza, Online Sim e presso alcune Banche di Credito Cooperativo. Per maggiori informazioni clicca su www.eticasgr.it o chiama lo 02.67071422. Etica Sgr è una società del Gruppo Banca Popolare Etica. Prima dell’adesione leggere il prospetto informativo. I prospetti informativi sono disponibili presso i collocatori e sul sito www.eticasgr.it

*LIPPER FUND AWARDS 2010

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto Rendimenti a tre anni (2007-2009)

*LIPPER FUND AWARDS 2009

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto Rendimenti a tre anni (2006-2008)

MILANO FINANZA

GLOBAL AWARDS

2009

Valori Responsabili Obbligazionario Misto - Rendimento a un anno (2008)


| islamfinanzasocietà |

Iran e Somalia

Economia dietro la religione di Federica Miglietta*

A

I LETTORI CHE DA TEMPO SEGUONO QUESTA RUBRICA non sfuggirà la nuova veste (e il nuovo titolo). Non tratterà

più solo di finanza, ma anche di altre tematiche legate all’Islam (e sarà bimestrale). La ragione è presto detta: la finanza non è infinita (per fortuna) e il mondo islamico è così ricco e complesso che limitarsi a parlare di soldi, investimenti e regole, anche per chi lo fa ogni giorno per lavoro, è riduttivo. Da questo mese scriveremo, quindi, di Islam: dalla sua economia alla sua società, tenendo sempre a mente che il mondo islamico è composito, multiforme, colorato per arte e cultura e che quello che i media ci sottopongono è solo un piccolo pezzo di un puzzle molto articolato ed antico. Avrei volentieri iniziato con un argomento light, magari un fatto di costume. Invece, purtroppo, il mondo assiste, in queste settimane ad avvenimenti che tracciano dell’Islam un profilo avvilente e fuorviante. Mi riferisco alla lapidazione, pratica tanto antica quanto orrenda, e alla non meno tragica avanzata delle milizie di Al-Shabab, che hanno messo in ginocchio la già fragile economia somala. Vedo, nelle vicende citate, due pervicaci fili conduttori: la violenza e il tentativo di attribuire a Dio e alla religione ciò che è esclusivamente politico ed economico, dunque, squisitamente umano. Partiamo dalla Somalia: i miliziani che avanzano, sterminando villaggi e seminando morte, mirano al controllo degli aiuti umanitari che il Paese riceve e ai flussi di denaro che le potenze occidentali riversano (non legalmente) sui politici locali, per cercare di fermare il processo di avanzamento della Cina. Pechino, infatti, mira al controllo dei pozzi petroliferi somali sui quali gli occidentali Il Corano è un libro hanno abbondantemente investito. I miliziani di Al-Shabab, appartenenti di misericordia e non a un clan islamico ed esclusi dall’attuale governo, cercano di riprendere prevede la lapidazione. Se guardiamo appena sotto la superficie, vediamo subito Dio e l’Islam con questa ilchepotere. l’argomento del contendere è solo economico e la religione è in secondo pratica orrenda hanno piano (anche perché sgozzare e torturare non ha nulla di religioso). poco a che fare Se ci spostiamo in Iran e guardiamo dietro la cortina fumogena del regime, la sostanza non cambia. Insieme alla sventurata Sakineh, altri ventiquattro esseri umani, uomini e donne, saranno lapidati nei prossimi mesi. Le accuse? Adulterio per le donne, cospirazione per gli uomini che si oppongono al regime e anche “sodomia”, per un ragazzo omosessuale. Che cosa hanno in comune queste persone? Sono deboli, indifese e dunque vittime “facili” di un regime che solo con la violenza riesce a imporre se stesso, vittime di un regime sedicente “islamico”. A mente lucida, sgombriamo il campo da due bugie: a) il Corano è un libro di misericordia e non prevede la lapidazione, b) l’Iran è un regime sciita e abbiamo avuto modo di ripetere che, per gli sciiti, esistono delle possibilità di interpretazione delle leggi e, dunque, gli imam hanno la possibilità di “modellare” la legge coranica. Dunque la lapidazione è una scelta, non una legge religiosa, non una necessità. Lascino dunque da parte Dio, dolente davanti a tanta miseria umana, perché l’Islam con questa pratica orrenda ha poco a che fare. Permettetemi, poi, una piccola provocazione: chi lapida * Ricercatrice di Economia queste donne e questi uomini non sono i soldati del regime, ma le famiglie, uomini, donne e bambini, che degli intermediari vanno nella pubblica piazza a lanciare pietre e pensano di compiere la volontà di Dio. Gli hanno insegnato finanziari presso la facoltà di Economia e credono, come nei circhi romani con i gladiatori dati in pasto ai leoni, che queste pratiche siano giuste all’Università di Bari e condivisibili. Abbattere il dittatore, quindi, non metterà fine a queste pratiche, finché i credenti islamici e presso l’Università Bocconi di Milano non prenderanno veramente contatto con le radici più profonde, più belle, più nobili della loro storia.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 41 |


| inbreve |

| inbreve |

Elettricità nel 2020: fonti rinnovabili, ma meno consumi >44 L’economia del benessere. Sempre più vicini al dopo Pil >47 Nuovi spazi di lavoro. Creativi, sociali, nomadi: coworkers >50

economiasolidale BIOLOGICO, NASCE IL TAVOLO PER IL CLIMA

LA CRISI MORDE, GLI ITALIANI RISPARMIANO ANCHE SUL CIBO

A CREMONA IL FORUM DEGLI ACQUISTI VERDI

LOTTA SENZA TREGUA AI SACCHETTI DI PLASTICA

PREMIO COMUNI A 5 STELLE: VA A CORCHIANO (VT) LA PALMA PER LE POLITICHE PIU VIRTUOSE

UNA CAMPAGNA PER DIRE NO AL CEMENTO SELVAGGIO

L’agricoltura è responsabile del 12% del totale dei gas serra causati dall’uomo. Ma anche del 47% del totale delle emissioni di metano che derivano principalmente dagli allevamenti (73%) e dalla gestione dei fertilizzanti organici (26%), e di circa il 58% delle emissioni europee di N2O, il pericoloso protossido di azoto. Ridurre le emissioni, ma anche valutare – dati alla mano – gli effetti che queste produrranno sulle attuali coltivazioni e sull’allevamento sono tra i principali obiettivi del primo Tavolo Italiano “Agricoltura Biologica per il Clima”, promosso dal Comitato Clima di Icea (Istituto certificazione etica e ambientale). L’iniziativa italiana – alla quale aderiscono tra gli altri Federbio, Coop Italia e Cnr – coinvolge associazioni di settore e singole aziende, istituti di ricerca, imprese di distribuzione e istituzioni. Tutti soggetti preoccupati delle conseguenze che i cambiamenti climatici hanno sulle attività agricole e interessati a diffondere l’idea di un’agricoltura più sostenibile, capace di contribuire a ridurre l’impatto umano sull’ambiente. Qualche proposta: ridurre le emissioni di CO2 grazie a tecniche di coltivazione a ridotto impatto ambientale, ma anche sottraendo la CO2 atmosferica mediante la fotosintesi e fissandola, attraverso l’interramento della biomassa nel suolo sottoforma di sostanza organica (SO).

Presentato il mese scorso, l’ultimo rapporto Coop su “Consumi & Distribuzione” lascia poche possibilità all’immaginazione e ancor meno a chi non vuol ammettere l’evidenza: la crisi economica non ha affatto abbandonato l’Italia e, anzi, morde il risparmio più che altrove in Europa. A dirlo sono le cifre, fotografando gli stenti di molte famiglie: una spesa imprevista di 1.000 euro metterebbe infatti in difficoltà i due terzi dei cittadini, mentre ben il 21% di essi (a fronte di una media Ue che non supera il 12%) rivela di avere oggi più difficoltà a sostenere spese necessarie come la cura dei propri bambini. Un quadro allarmante che non accenna a migliorare e conferma come a pagare di più siano i ceti medi e le famiglie del Sud. Non solo. Disuguaglianze e criticità si mostrano ancora meglio esaminando alcune voci particolari: se è vero che i nuclei familiari che possiedono Internet sono quelli che spendono in media 1.200 euro al mese in più degli altri, è confermato d’altra parte la tendenza di molte famiglie a risparmiare sulla quantità di prodotti di base acquistati (pasta e olio, innanzitutto). Viceversa l’elettronica di consumo vede una crescita. Coop sottolinea inoltre il rischio di una risalita dell’inflazione, propone la sua ricetta per la ripresa e quantifica le risorse di cui gli italiani necessiterebbero: «C’è bisogno di una strategia che punti al rilancio economico e metta soldi in tasca alle famiglie. Da un lato un esteso programma di liberalizzazioni che permetta all’Italia di assumere una fisionomia europea genererebbe – secondo le nostre stime – una maggiore capacità di spesa in termini di nucleo familiare di circa 3000 euro all’anno, 250 euro al mese. Dall’altro occorre riequilibrare le distanze sociali presenti nel Paese (ricchi vs. poveri, nord vs. sud, uomini vs. donne, giovani vs. anziani). Una società più equa cresce di più».

Sono oltre dieci anni che la Commissione europea cerca di persuadere gli Stati a inserire i criteri ambientali quando procedono all’acquisto di beni e servizi. Se pensiamo che le spese della Pubblica amministrazione contribuiscono per il 17% del Pil, è facile capire quanto sia rilevante il settore degli “Acquisti verdi” per orientare le attività delle industrie nostrane. Per sensibilizzare istituzioni e pubblico sull’importanza degli acquisti ecologici, il 7 e 8 ottobre Cremona ospita per il quarto anno, il Forum internazionale CompraVerdeBuyGreen, la più autorevole e innovativa mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, servizi di Green Procurement pubblico e privato. L’evento – promosso da Provincia di Cremona, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Regione Lombardia, Ecosistemi e Adescoop – propone un ricco programma culturale e una mostra sulle esperienze più innovative. Numerose le iniziative speciali: il “Premio CompraVerde-Miglior bando verde e migliore politica di GPP realizzata”, il “Premio MensaVerde-Miglior servizio di mensa a basso impatto ambientale” e il progetto “Green Contact” una borsa che agevola l’incontro tra domanda e offerta di prodotti e servizi sostenibili. Informazioni e dettagli su www.forumcompraverde.it.

Due nuove iniziative, un solo obiettivo: continuare a ridurre l’utilizzo dei dannosissimi sacchetti di plastica. Con la fine dell’estate sono partite “Sfida all’ultima Sporta” e “Mettila in rete”, all’interno della campagna “Porta la Sporta” promossa da Wwf, Italia Nostra, Adiconsum e Fai. Destinatari delle due iniziative, enti locali, aziende, associazioni e altre istituzioni che possono promuovere stili di vita e di consumo sostenibili. “Sfida all’ultima sporta” è una gara di riduzione degli shopper alla quale l’intera popolazione partecipa, per vincere il montepremi destinato ad una scuola del Comune vincente. L’idea è stata mutuata dal Colorado che l’anno scorso ha lanciato una gara analoga, per vedere quale città consumasse meno sacchetti. La cittadina più virtuosa ha vinto una fornitura di pannelli solari per la scuola locale. La sfida, ha permesso un risparmio complessivo di oltre 5 milioni di sacchetti, con risultati che si sono mantenuti nel tempo. “Mettila in rete” si pone invece l’obiettivo di ridurre gli imballaggi usati per frutta e verdura. Contro i sacchetti monouso in plastica, la campagna propone un rimedio all’antica: un retino in cotone riutilizzabile e lavabile che aiuta a evitare sprechi di materiale. Per conoscere i dettagli operativi sulle due iniziative si può consultare il sito www.portalasporta.it.

Due volti aleggiavano a Bisignano (CS), durante la cerimonia per i Premi Comuni a 5 Stelle, voluta dall’Associazione Comuni Virtuosi: quello di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica che ha difeso il Cilento da speculazioni e malaffare. E quello di Vincenzo Cenname, sindaco di Camigliano, rimosso dal ministro dell’Interno Maroni perché ha raggiunto risultati eccellenti nella gestione dei rifiuti ma in proprio, anziché ricorrere ai Consorzi provinciali, inefficienti e clientelari. Vincitore assoluto dell’edizione 2010, il comune viterbese di Corchiano. Decine le frecce al suo arco: una raccolta differenziata all’85% (che fa risparmiare 13 mila euro al mese rispetto al 2008), il compostaggio domestico e comunale, l’inaugurazione di una fonte pubblica di acqua microfiltrata, declorata, refrigerata, naturale o frizzante, la raccolta dell’olio alimentare per trasformarlo in biodiesel, un mercatino del riuso, le norme di bioedilizia nel nuovo regolamento comunale. Alle spalle di Corchiano, i premi per le specifiche categorie. Pontedera (Pisa) ha vinto quello per la “gestione del territorio”, grazie al recupero di un’area industriale nel centro cittadino. Gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici pubblici sono valsi il premio “Impronta ecologica” a Oriolo Romano (VT) e Ripatransore (AP). Bolzano Vicentino ha vinto nella categoria “Rifiuti” per i risultati nella raccolta porta a porta. Pergine Valsugana ha vinto il premio “Mobilità” per i numerosi progetti di mobilità dolce. Il comune romano di Ladispoli è stato invece premiato, nei “Nuovi stili di vita”, per le sue azioni concrete di diffusione dell’acqua pubblica. La giuria ha infine voluto conferire una menzione speciale a un altro comune: Pontebba (UD), nella categoria "Impronta ecologica", per la scelta di acquistare uno “specchio solare” ideato dall’università di Udine, destinato alla produzione di acqua calda sanitaria. Una soluzione che farà risparmiare oltre 4.500 euro di bolletta energetica alle casse comunali.

Nevicava il 24 gennaio 2009 a Cassinetta di Lugagnano, piccolo Paese a 30 chilometri da Milano. Quel giorno, trecento tra urbanisti, ambientalisti, responsabili di associazioni, amministratori e contadini si sono incontrati, per dire no alla cementificazione selvaggia. Da quella riunione, è iniziata una serie di incontri in tutta Italia, per unire chi si oppone all’idea che il Belpaese continui ad essere fagocitato dal cemento. Il 18 e 19 settembre scorso, la Campagna Stop al Consumo di Territorio ha tenuto la propria assemblea nazionale, a Sarzana (SP). «Dal 1950 ad oggi, un’area grande quanto tutto il nord Italia è stata seppellita sotto il cemento», denuncia il manifesto dell’iniziativa. «Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di capannoni vuoti e case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza e non reca più benefici, né all’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini». Dall’assemblea nazionale è stata lanciata una moratoria generale delle lottizzazioni, in attesa che ogni Comune faccia una precisa mappatura di case sfitte e capannoni. Obiettivo: arrivare finalmente a costruire su aree già urbanizzate ma abbandonate, per salvaguardare il patrimonio naturale italiano. Info: www.stopalconsumoditerritorio.it.

| 42 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 43 |


| economiasolidale | energia |

| economiasolidale |

2020: fonti rinnovabili Ma meno consumi

INCENTIVI FINANZIARI ALL’ENERGIA PULITA: LE ALTERNATIVE AL CONTO INTERESSE GLI INCENTIVI EROGATI dalle Regioni italiane, destinati al sostegno dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, ammontano allo stato attuale a circa 500 milioni di euro, provenienti sia da Fondi Por-Fesr, sia da fondi propri. Si tratta quasi esclusivamente di contributi in conto capitale una tantum, che oscillano dal 30% al 50% dei lavori eseguiti e che prevedono procedure di assegnazione tramite bandi in genere complessi, lunghi da gestire sia nella fase di valutazione, ma soprattutto nella fase di erogazione dei contributi. Ma esistono sistemi di incentivazione per gli interventi di riqualificazione energetica e per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, ben più efficienti dei contributi pubblici in conto capitale. La Provincia di Milano ha creato delle partnership pubblico-privato con gli istituti di credito per erogare prestiti senza

Se si ridurranno i consumi del 20%, come chiede l’Ue, l’incidenza delle rinnovabili potrà raggiungere il 35% | 44 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

rinnovabili di 98.880 GWh, il 26% del consumo lordo. Ma, con una strategia mirata, che coniughi la riduzione dei consumi finali elettrici con l’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, in dieci anni si potrebbero raggiungere risultati superiori: riducendo i consumi finali del 20%, come ci chiede l’Ue, l’incidenza delle fonti rinnovabili potrà arrivare al 35%.

Primo comandamento: consumare meno Uno studio condotto dal Gruppo “eErg” del Politecnico di Milano ha stimato che il potenziale di risparmio energetico al 2020 (solo con misure economicamente convenienti, cioè che costino meno che produrre energia elettrica: 6 centesimi per kWh) è di 82.000 GWh (7 centrali nucleari da 1.600 MW), il 20% dei consumi attuali. Per realizzare questi interventi di risparmio energetico si spenderebbero, secondo lo studio, 5 miliardi di euro, ottenendo benefici economici per 65 miliardi, al netto degli investimenti, e la creazione di 63 mila posti di lavoro stabili. Considerando le previsioni del ministero dello Sviluppo economico per il 2020 sul fabbisogno di energia elettrica richiesta in rete e sottraendo il possibile risparmio energetico calcolato dal Politecnico, la domanda di elettricità tra dieci anni scende a 330 mila GWh.

Secondo: produrre energia pulita Riducendo la domanda, naturalmente salirebbe il contributo percentuale delle rinnovabili, che comunque potrebbe essere superiore a quello calcolato dal ministero. La produzione netta di energia elettrica da fonti rinno-

FONTE: ELAB. SU DATI EERG - POLI-MI

P

ENSARE DI RISOLVERE I PROBLEMI della produzione di elettricità investendo solo in fonti rinnovabili è un’utopia. È necessario, innanzitutto, ridurre i consumi, puntando sul potenziamento dell’efficienza di Sergio Zabot e Carlo Monguzzi energetica. Secondo, bisogna passare da una generazione elettrica concentrata in grandi impianti a piccoli impianti distribuiti sul territorio, con reti “magliate” e “intelligenti”, per consentire lo sviluppo della mini e micro cogenerazione. Ogni anno, in Italia, si realizzano 2 mila MW di piccoli impianti di cogenerazione che spesso non riescono a “entrare in rete” per le “strozzature” del sistema di distribuzione attuale. Infine, ma solo alla fine, arrivano le fonti rinnovabili. Il loro potenziale è enorme, anche se alcune, come sole e vento, sono aleatorie, ancora “fuori mercato” e devono essere sovvenzionate. Alla fine di giugno il ministero dello Sviluppo economico ha redatto e inviato a Bruxelles il Piano d’azioINFO ne nazionale sulle rinnovabili (Pan): il documento su cui L’ARTICOLO in queste nel prossimo decennio si incardinerà la politica italiana pagine è un’anticipazione di sviluppo delle rinnovabili e di promozione dell’effidi un ampio lavoro cienza energetica. Per il 2020 prevede, considerando l’efdi Sergio Zabot e Carlo Monguzzi, fetto della crisi economica, un consumo finale elettrico che si può scaricare lordo (comprese le perdite dovute alla trasmissione di integralmente al link: www.tazioborges.it elettricità) di 380 mila GWh (supponendo ulteriori mi/Documenti sure di efficienza pari a 24 mila GWh di minori consu/Documenti_Main.html mi) e una produzione lorda di energia elettrica da fonti

FONTE: PAN PER LE ENERGIE RINNOVABILI (DIR. 2009/28/CE) - GIUGNO 2010

Le fonti rinnovabili sono importanti, ma da sole non possono essere la soluzione. Prima di tutto bisogna puntare sul risparmio energetico e su una generazione distribuita dell’energia sul territorio.

interessi ai cittadini che vogliano investire in risparmio energetico e fonti rinnovabili. Gli interessi sulle somme prestate sono ripartiti 50-50 tra la Provincia e le banche che hanno aderito all’iniziativa. I cittadini possono così accedere all’intero importo necessario per effettuare gli interventi restituendo solo il capitale prestato. In due anni, con una spesa di 1,35 milioni di euro, la Provincia di Milano ha mobilitato 16 milioni di investimenti a favore delle piccole imprese. Anche la Regione Piemonte ha istituito un simile sistema di incentivazione in conto interesse contribuendo per il 50% degli interessi sui prestiti bancari per le imprese e per il 60% per i privati. Con uno stanziamento di circa 6 milioni di euro, il Piemonte conta di mobilitare almeno 60 milioni di investimenti. In Francia poi, questo tipo di incentivazione

FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI AL 2020 FONTI

IDROELETTRICA < 1 MW 1 MW-10 MW > 10 MW GEOTERMICA SOLARE A FOTOVOLTAICO A CONCENTRAZIONE EOLICO ON SHORE OFF SHORE BIOCOMBUSTIBILI SOLIDA BIOGAS BIOLIQUIDI TOTALE

POTENZA INSTALLATA (MW)

PRODUZIONE LORDA (GWH)

% SU CONSUMO LORDO (380.000 GWH)E

17.800 650 3.250 13.900 920 8.600 8.000 600 12.680 12.000 680 3.820 1.640 1.200 980 43.820

42.000 2.554 11.434 28.012 6.750 11.350 9.650 1.700 20.000 18.000 2.000 18.780 7.900 6.020 4.860 98.880

11,1 0,7 3,0 7,4 1,8 3,0 2,5 0,4 5,3 4,7 0,5 4,9 2,1 1,6 1,3 26,0

POTENZIALE DI RISPARMIO OTTENIBILI AL 2020 (GWH) ILLUMINAZIONE

RESIDENZIALE COMMERCIALE TERZIARIO PUBBLICO INDUSTRIALE TOTALE

3.200 15.100 3.400 11.300 33.000

MOTORI ELETTRICI

ELETTRODOMESTICI

ALTRO

TOTALE

1.000 5.000 X 11.000 17.000

15.000 X X X 15.000

3.000 7.000 2.000 5.000 17.000

22.200 27.100 5.400 27.300 82.000

vabili nel 2020 si potrebbe attestare sui 116 mila GWh con un incremento di quasi il 70% rispetto al 2009 e con un’incidenza del 35% sul totale dell’energia elettrica immessa in rete tra dieci anni (vedi TABELLA a pag. 46). In accordo con gli studi effettuati dalla European

è stato adottato su scala nazionale. Nell’ambito della cosiddetta “Grenelle de l’environnement” è stato lanciato un sistema di “Eco-prestiti a tasso zero”, in partnership con la Federazione bancaria francese, per finanziare interventi di riqualificazione energetica sugli edifici residenziali tra il 2009 e il 2012 e indurre 20 miliardi di euro di investimenti in efficienza energetica. Una seconda iniziativa, per la riqualificazione di “logements sociaux” (alloggi sociali) ha visto lo stanziamento di una prima somma di 1,2 miliardi di euro a favore della “Caisse des Dépôts”, per coprire il costo degli interessi a tasso fisso dell’1,9% per la durata di 10 anni, per la riqualificazione energetica di 100 mila alloggi tra il 2009 e il 2010. L’obiettivo è di riqualificare, con tranche successive, 800 mila alloggi sociali al 2020.

Small Hydro Association (Esha) per l’Italia, si può prevedere una capacità aggiuntiva realizzabile di mini e micro idroelettrico nel 2020 pari a 2.500 MW con una producibilità netta in più rispetto ad oggi di 4.750 GWh. L’eolico è già una tecnologia matura e concorrenziale. Prefiguriamo pertanto, sostanzialmente in linea con il Piano nazionale, una capacità massima realizzabile nel 2020 di 13 mila MW di cui mille MW off shore, ma con un maggiore utilizzo, che potrebbe portare la produzione netta totale intorno ai 26 mila GWh. Un recente accordo tra Enel e Regione Toscana prevede di superare i 1.000 MW di energia geotermica al 2020, con una produzione annua di 7.500 GWh. Il potenziale del fotovoltaico è molto elevato. Sebbene il Governo non intenda incentivare più di 8 mila MW di potenza, al 2015 la tecnologia dovrebbe aver raggiunto la grid parity (la “parità di rete”: quando il costo della tecnologia fotovoltaica si abbassa al punto che l’energia prodotta ha lo stesso costo dell'energia immessa in rete), per cui riteniamo che una quota di 12 mila GWh, comprensivi di solare a concentrazione, sia assolutamente prevedibile e potrebbe anche essere superata. Biomasse, biogas e biocombustibili hanno grandi potenziali, poco sfruttati. Gli allevamenti che disperdono i reflui sono ancora la maggioranza e le coltivazioni dedicate alla produzione di biocombustibili sono limitate. Raggiungere una capacità installata di 7 mila MW, quattro volte l’attuale, è fattibile e la produzione di elettricità, comprensiva dell’incenerito negli impianti di smaltimento rifiuti, potrebbe situarsi sui 28.500 GWh. Escludendo l’incenerito non rinnovabile, la produzione di energia dovrebbe raggiungere 23.500 GWh. |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 45 |


| economiasolidale |

| misurare il benessere | economiasolidale |

Dalla teoria alla pratica Ma per raggiungere al 2020 116 mila GWh di produzione elettrica da fonti rinnovabili serve una politica energetica organica: eliminare inefficienze burocratiche e autorizzative; potenziare la rete elettrica per superare le congestioni strutturali e realizzare “reti intelligenti”, magliate e non gerarchiche, per ottimizzare la produzione e immettere in rete fonti rinnovabili non programmabili; costruire un quadro organico di regole di riferimento che superi l’attuale proliferazione di provvedimenti scollegati, incoerenti o in completa contraddizione con gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili; realizzare piccoli e medi bacini idroelettrici dotati di sistemi di pompaggio per consentire l’accumulo di quantità apprezzabili di energia; riutilizzare a fini energetici le biomasse disponibili, ma classificate come rifiuti.

.

SCENARIO “MONGUZZI & ZABOT” AL 2020 POTENZA NETTA (MW)

%

PRODUZIONE NETTA (GWH)

%

PRODUCIBILITÀ MARGINE (GWH) %

HYDRO DA APPORTI NATURALI

23.000

22

45.000

14

57.500

EOLICO

13.000

12

26.000

8

28.600

9

GEOTERMICO

1.000

1

7.500

2

8.000

6

FOTOVOLTAICO

12.000

11

14.000

4

15.600

10

7.000

7

28.500

9

33.600

15

50.000

47

192.000

60

325.000

41

7.000

2

106.000

100

320.000

100

468.300

32

BIOMASSE, RSU, BIOCOMBUSTIBILI TERMOELETTRICO HYDRO DA POMPAGGI TOTALI POMPAGGI (IN SOTTOSCRIZIONE) IMPORT

Enrico Giovannini, presidente dell’Istat. Fino al luglio 2009 era responsabile statistico dell’Ocse, all’interno del quale nel 2007 ha lanciato il progetto per la creazione di nuovi indicatori del progresso: Global project on measuring the progress of societies.

10.000 20.000

RICHIESTA SULLA RETE

22

6

330.000

PERDITE SULLA RETE

18.000

AI CONSUMI FINALI

312.000

PRODUZIONE DA RINNOVABILI “PURE”

116.000

5 35

Pubblico o privato? Meglio coprodotto La co-provision può costituire il futuro. Perché responsabilizza, aumenta la conoscenza e la partecipazione.

C

OME SAREBBERO IL NOSTRO QUARTIERE, la nostra città o la nostra regione se i cittadini partecipassero direttamente alla produzione dei servizi e dei beni tradizionalmente forniti dalle istituzioni pubbliche? Si tratterebbe certamente di un di Andrea Barolini cambiamento diametrale della filosofia che è alla base degli attuali rapporti tra pubblico e privato. E di una soluzione a quella che il filosofo tedesco Jürgen Habermas concepì come il declino della “sfera pubblica”, intesa proprio come partecipazione degli individui alle grandi scelte collettive. La produzione, o meglio l’auto-produzione, di energia elettrica attraverso i pannelli fotovoltaici, installati sui tetti di case o condomini, costituisce un chiaro esempio di come le amministrazioni pubbliche e i soggetti privati possano cooperare virtuosamente. Un’analisi, curata dal dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’università di Trieste e dall’associazione Eco&Eco di Bologna (“Dall’auto-produzione alla co-provision di energia”), indaga le applicazioni pratiche di tale modello, capace di favorire lo sfruttamento delle energie pulite, accorciare le catene di produzione e di consumo, responsabilizzare i cittadini e condividere conoscenze e know how. Soprattutto grazie al sistema dello “scambio sul posto”: «Il meccanismo garantisce una vera coproduzione, ma è applicato quasi esclusivamente al fotovoltaico», spiega Giorgio Osti, professore di Sociologia dell’ambiente e del territorio a Trieste, che ha coordinato la ricerca. «Nel caso dell’eolico, ad esempio, si è punta-

to quasi unicamente su grandi impianti che immettono tutta l’energia nella rete: in questi casi non c’è vera co-provision». Proprio per studiare le differenze tra le varie fonti rinnovabili, il rapporto ha inizialmente analizzato due casi urbani di sfruttamento dell’energia solare: il Villaggio fotovoltaico di Alessandria e i quartieri Violino e Sanpolino di Brescia. Per le biomasse, invece, sono stati scelti due esempi differenti per dimensioni e contesti istituzionali e territoriali: quello di Dobbiaco, in Alto Adige, che rappresenta un caso di cogenerazione grazie ad una centrale a biomasse che produce energia termica destinata al teleriscaldamento e alla produzione di energia elettrica immessa nella rete nazionale, e quello di Campo Ligure, nell’Appennino ligure, dove viene prodotto esclusivamente calore per il riscaldamento di alcuni edifici pubblici e privati. Per comprendere la co-provision da fonte eolica sono stati individuati inoltre tre casi studio in Puglia. Infine, sono stati scelti due esempi “eccentrici”: uno di cogenerazione industriale, effettuato da un’impresa appartenente a un comparto fortemente energivoro quale il ceramico; e, in secondo luogo, la sostituzione delle caldaie tradizionali con quelle a condensazione in più di 60 edifici pubblici operata dal comune di Modena. È presente, inoltre, un’analisi della situazione a livello europeo, soprattutto per quanto concerne le politiche degli incentivi pubblici alla costruzione di impianti, fondamentale per incrementare la co-provision: «Spicca il caso virtuoso della Germania - osserva Francesco Silvestri di Eco&Eco -, mentre la Spagna sembra muoversi con un po’ di confusione. L’Italia è invece più indietro: probabilmente paghiamo anche la, relativamente recente, liberalizzazione del mercato elettrico. Ma spazio per l’espansione futura del modello ce n’è moltissimo: perfino la nuclearizzata Francia si sta muovendo in questo senso».

Uno studio dell’Università di Trieste e dell’associazione Eco&Eco fotografa le condizioni attuali della coproduzione nel nostro Paese | 46 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

.

Sempre più vicini al dopo Pil

“T

HE RISE AND FALL OF THE GDP”, titolava il New York Times il 10 maggio 2010 (L’ascesa e la caduta del Pil). “The gross domestic problem” (Il problema interno lordo) è il titolo di Open Democracy (www.opendemocracy.net). di Elisabetta Tramonto Negli ultimi mesi sui giornali di tutto il mondo, dal Wall Street Journal all’Herald Tribune, da Le Monde a Liberation, si sono susseguiti articoli su articoli che affrontavano il tema del superamento del Pil e della ricerca di nuovi indicatori del benessere. «Sul piano mediatico il tema è diventato visibile come non mai ed è stato affrontato in modo più serio rispetto al passato», sottolinea Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, che da anni segue da vicino il dibattito sui nuovi indicatori per misurare il progresso. Fino al luglio 2009 era responsabile statistico dell’Ocse, all’interno del quale nel 2007 ha lanciato il GloLa rocca di Bertinoro. bal project on measuring the progress of societies.

Il titolo di quest’anno delle Giornate di Bertinoro (8-9 ottobre) è: “Verso l’economia del benessere”. Un tema sempre più presente sui giornali internazionali e nel dibattito politico.

Sembra essersi acceso un grande interesse attorno alla revisione del Pil … È vero: oltre che sul piano mediatico, il tema è cresciuto sul piano politico. Al G20 di Pittsburgh si è fatto riferimento agli indicatori di benessere. Nella strategia “Europa 2020” non si parla esplicitamente di indicatori del benessere, ma è stato inserito il tema dell’inclusione sociale. In Italia c’è stata l’audizione di Fitoussi in Senato, i dibattiti organizzati da Aspen-Istat-Ocse e dalla fondazione Farefuturo di Gianfranco Fini. Aspenia ha dedicato un numero intero al tema della misurazione della felicità e del benessere e sono stati pubblicati due libri (vedi nella pagina seguente). In Germania il cancelliere Angela Merkel, in uno dei suoi interventi quotidiani in podcast, ha dichiarato l’intenzione di realizzare un progetto simile alla “Commissione Stiglitz” (il gruppo di lavoro, creato all’inizio del 2008 dal presidente francese Sarkozy per studiare delle alternative al Pil, formato da 25 economisti - tra cui Stiglitz, Sen e Fitoussi, vari premi Nobel e lo stesso Enrico Giovannini, ndr). |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 47 |


| economiasolidale | LIBRI

Donato Speroni I numeri della felicità. Dal Pil alla misura del benessere Cooper, 2010

Stefano Bartolini Manifesto per la felicità. Come passare dalla società del ben-avere a quella del ben-essere Donzelli editore, 2010 A destra, la sala a volta nella rocca durante l’edizione 2009 delle Giornate di Bertinoro.

L’Ocse, grazie al suo contributo, dal 2004 sta lavorando alla creazione di nuovi indicatori. A che punto è arrivata? Il progetto dell’Ocse sulla misurazione del progresso, che avevo contribuito a lanciare, è in fase di attuazione in vari Paesi e nella riunione ministeriale dello scorso maggio è stato indicato come uno dei temi principali per il futuro. Se ne parlerà di nuovo al IV Forum mondiale su “Statistica, conoscenza e politica” nel 2012 in India. L’Ocse sta anche lavorando a un manuale sulla misura della vulnerabilità e del benessere soggettivo e ha annunciato l’intenzione di ricostituire una sorta di Commissione Stiglitz, sotto la sua egida. E nel 2011 pubblicherà un sommario di statistiche sul benessere. Novità interessanti arrivano anche dall’Undp dell’Onu, che ha costituito un nuovo comitato scientifico, di cui faccio parte, a sostegno dello human development report. Quest’anno, in occasione del ventennale del lancio dell’indice sullo sviluppo umano, si è fatto il punto della situazione da un punto di vista metodologico e verrà proposto un framework simile a quello della commissione Stiglitz e dell’Ocse per estendere l’attuale Indice sullo sviluppo umano. Infine l’Eurostat ha creato un comitato ad alto livello con 4 diverse task force per la misurazione del progresso, del benessere e dello sviluppo sostenibile. Un pri-

progetto sulla misurazione del “Ilbenessere è prioritario per l’Istat. Creeremo una commissione scientifica per gli aspetti tecnici ”

| economiasolidale | APPUNTAMENTO A BERTINORO: IL 7 E 8 OTTOBRE “VERSO L’ECONOMIA DEL BENESSERE” è il tema della decima edizione delle Giornate di Bertinoro (in provincia di Forlì). Da dieci anni un’occasione d’incontro e di dialogo tra i maggiori rappresentanti del Terzo settore e della società civile, promossa da Aiccon (Associazione italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit). In arrivo ospiti dal mondo del Terzo settore, dell’università, delle istituzioni e delle imprese: Stefano Zamagni, Enrico Giovannini, Chiara Saraceno, Ermete Realacci, Carlo Borzaga, Francesco Vella, Giorgio Gobbi, Carlo Borgomeo, Felice Scalvini, Leonardo Becchetti, Mauro Gori, Giacomo Libardi, Davide Dal Maso, Don Luigi Ciotti, Marco Revelli, Marina Gerini, Andrea Olivero e Luca Jahier. www.legiornatedibertinoro.it

mo gruppo, di cui sono presidente, si occupa degli aspetti di carattere strategico e politico. Poi ci sono i gruppi dedicati alle statistiche sociali, all’incorporazione nella contabilità nazionale della distribuzione del reddito e alla misura della sostenibilità. E l’Istat, come si sta muovendo nel campo degli indicatori alternativi al Pil? Il progetto sulla misurazione del benessere è uno dei 10 obiettivi prioritari fissati dall’Istat. Stiamo per concludere una rassegna ragionata, sulla base dello schema dell’Ocse, di cosa abbiamo e cosa manca in tema di indicatori del benessere. Anche di quello che è stato realizzato fuori dall’Istat. Appena conclusa proporremo la costituzione di commissione scientifica in Italia per lavorare sul piano tecnico, anche allo scopo di disegnare una nuova banca dati sul benessere.

Jean-Paul Fitoussi (che riceverà anche il Premio Cervia Ambiente il prossimo 16 ottobre) ha presentato un nuovo indice di misurazione del benessere (Bcfn Index) e molti altri vengono proposti. Come scegliere quello giusto? Esistono tanti lavori singoli, ma di per sé non portano molto lontano. È il momento di sederci a unico tavolo, serve una discussione metodologica seria e l’avvio di un dibattito politico sull’argomento meno episodico. Un tema sottolineato dalla Commissione Stiglitz, dall’Ocse e dal Cnel è quello della condivisione: il nuovo set di indicatori del benessere deve esser frutto di un lavoro condiviso tra soggetti diversi dalla politica alla società civile. Verrà rispettato questo proposito? Purtroppo su un tema del genere è più facile dividersi che condividere. In alcuni interventi mediatici il tema è stato usato per mostrare un’Italia come “paradiso” o come “inferno” a seconda di quanto faceva più comodo. Ognuno ha tirato la questione dalla sua parte. È esattamente l’opposto del senso di questa iniziativa. Sono confidente che il Cnel riesca a riportare l’elemento della condivisione nel dibattito. Un risvolto interessante che si sta già realizzando è l’interesse di molti enti locali per questo tema: comincio a ricevere inviti da parte di Province, Comuni e Regioni che vogliono adottare un approccio “dal basso” per disegnare gli indicatori del benessere, esattamente come suggerito dall’Ocse.

.

La felicità? Dipende anche dal vicino Una ricerca dell’Università Tor Vergata di Roma: la soddisfazione è legata al confronto con gli altri.

L’

Tradotto in termini banali, una nostra condizione, ad esempio il ERBA DEL VICINO È SEMPRE PIÙ VERDE. Un proverbio che potrebbe nascondere una verità. Non tanto nell’invi- reddito, è valutata diversamente in funzione di quella dei nostri “vidia per chi se la passa meglio di noi, quanto nel con- cini”. È interessante notare, però, che il risultato non è sempre fronto che ciascuno tende a fare col suo scontato. Esistono infatti delle eccezioni: in ambienti a mobilità di Andrea Barolini prossimo. La soddisfazione di vita degli verticale elevata, il miglioramento del benessere dei nostri pari può individui non dipende soltanto da carat- incrementare e non diminuire la nostra soddisfazione. Per lo stesteristiche ed eventi personali, ma, in misura cruciale dai confronti so principio secondo il quale un automobilista imbottigliato nel con gli altri esseri umani. A sostenerlo è la ricerca “Rapporto tra fe- traffico è contento se la fila accanto a lui comincia a muoversi, perlicità e indicatori del Benessere”, presentata l’8 ottobre alle Giorna- ché immagina che presto anche la sua presto si muoverà. Allo steste di Bertinoro e basata sui dati raccolti da Eurobarometro tra 500 so modo, ma in versione “negativa”, l’infelicità derivante dalla dimila cittadini europei dal 1970 ad oggi. Secondo lo studio - curato soccupazione è maggiore nei Paesi dove la disoccupazione è più da Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’università elevata, perché viene percepita come una condizione difficilmente modificabile. Un meccanismo che spiega il fenomeno Tor Vergata di Roma - le vicende della vita ci mettono IN RETE delle migrazioni. I flussi migratori dipendono, non sodi fronte a paragoni con i nostri simili e la nostra sodlo, dalla differenza di reddito tra Paese di destinazione disfazione dipende in modo fondamentale dalla frestateoftheusa.org e Paese di origine. Il desiderio di migrare scatta se il difquenza e dall’intensità con cui ci compariamo agli altri stiglitz-sen-fitoussi.fr ferenziale di reddito diventa fattore di infelicità. e dalle caratteristiche di coloro con cui ci paragoniamo.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 49 |


| economiasolidale | lavorare |

| economiasolidale |

Creativi, sociali, nomadi: coworkers

Nei prossimi anni diventerà un termine d’uso comune, come co-housing o car-sharing. Si tratta di condividere uno spazio di lavoro, ma anche far incontrare idee, progetti e valori di base: come la sostenibilità sociale e ambientale.

U di Jason Nardi

N CANCELLO. UN CARTELLO. UN CORTILE detto “sala giardino”. Un ampio open space. Scrivanie di cartone. Arredamento moderno, di design, pratico, con materiali di recupero. Un soppalco in vetro e acciaio. Una sala riunioni modulare. Una parete di sughero e foto di giovani imprenditori creativi con le loro idee. Una zona per chiacchiere e incontri. Una stanza sotto terra per le riunioni operative. È The Hub: 520 metri quadri nel cuore di Milano. Inaugurato il 18 aprile scorso, il nuovo coworking milanese conta già oltre 150 utenti-clienti. Alberto Masetti Zannini è uno dei fondatori dell’hub di Milano. Un passato in una Ong a fare cooperazione internazionale, è stato fulminato sulla via di Londra cinque anni fa, quando è capitato nel primo dei 25 hub esistenti, quello di Islington. Da allora ha deciso di cambiare mestiere perché la cooperazione allo sviluppo la vede come un retaggio del passato.

Slow profit «Lavoriamo sulle best & next practices», spiega. Alberto Masetti Zannini. Vive tra Londra e Milano, facendo l’host internazionale, ovvero facendo germinare nuovi hub in altri Paesi. Nel giro di un anno e mezzo ha trovato i fondi e, soprattutto, il fondo per aprire la nuova struttura milanese. L’investimento iniziale è arrivato da alcuni privati e non ci sono stati contributi pubbli-

A Milano dal 18 aprile è attivo “The Hub”, uno spazio per l’innovazione che punta a coniugare sostenibilità, creatività e imprenditorialità | 50 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

ci di alcun tipo. Una quarantina i membri fondatori, alcuni dei quali sono tra i clienti più affezionati. La forma societaria è quella di una srl, affiancata da un’associazione culturale. «Abbiamo un modo diverso di interpretare il fare impresa e l’investimento sociale: (s)low profit (un gioco di parole tra low, cioè basso, e slow, cioè lento, ndr)», ovvero un’imprenditorialità che bilancia innovazione, sostenibilità e ritorno “lento”. Il focus sulla creatività, la co-progettazione e la collaborazione, l’investimento privato, la green e new economy e il marketing sociale sono marcati, e l’etica hacker (la condivisione, lo scambio, il copyleft, ecc.) è parte integrante della visione del coworker. «Uno degli obiettivi finali è che si formino percorsi/presidi/filiere su tematiche chiave come il turismo, l’alimentazione, la produzione industriale, l’energia rinnovabile», dice Alberto. Tutto questo attraverso l’interazione tra gli hubbers, con le possibilità che hanno di co-lavorare. L’hub organizza periodicamente eventi di ispirazione e formazione al tempo stesso, chiamati business clinics. Si va dal gruppo di 8-10 persone con un approfondimento settimanale, agli incontri uno a uno, un’ora gratuita con possibile consulenza successiva a prezzo di favore. Un modo per fare sistema, promuovere i propri servizi, creare opportunità. Tra gli inspiration events ci sono pranzi con esperti e creativi, presentazioni di libri e mostre, lezioni informali, meetup e barcamp. I filoni principali dei business clinic sono quattro: pianificazione finanziaria, consulenze legali, comunicazione visiva, fundraising (ricerca fondi) e comunicazione non profit.

cioè combinazioni predeterminate. L’host ha il compito di organizzare, metaforicamente, una cena sociale: al buon cibo deve unire ospiti interessanti e combinaGLI ESEMPI DI COWORKING NEL MONDO sono molti e ogni giorno ne nascono re tra loro le persone che potranno un nuovi e diversi. Possono essere indipendenti oppure far parte di reti internazionali, giorno “sposarsi” su un progetto comunel qual caso condividono sia lo stile, sia i servizi. I Coworking sono oltre 100 in Europa ne, nato magari da conversazioni casuali e altrettanti negli Usa, 5 in Cina, 9 in Sudamerica, 6 in Australia e in molti altri Paesi e inaspettate nello spazio cucina dell’hub. (elenchi e mappe si trovano facilmente su internet). In Italia, oltre a The Hub, È quella che Alberto definisce “serendic’è la rete CoWo, nata nel 2009 dall’agenzia pubblicitaria Monkey Business, e presente pità organizzata”. in 15 città. L’approccio è un po’ diverso, essendo gran parte di questi spazi uffici Sono molti gli esempi, tutti illustrati esistenti che offrono alcune postazioni libere in affitto a chi ne fa richiesta. nel ritratto collettivo all’ingresso dell’hub, Una delle caratteristiche più utili per i lavoratori nomadi è la possibilità di utilizzare dove su una parete in sughero sono atun coworking visa, che abilita i membri attivi di uno spazio coworking di utilizzarne taccati i profili di ognuno dei membri, un altro quando viaggiano. Gratuitamente e per un massimo di tre giorni. con fotografia, idee, obiettivi, progetto Tra i più interessanti coworking europei c’è La Cantine, a Parigi. Situato nel Passage principale. I settori in cui operano vanno des Panoramas (151 rue Montmartre, tra la Bourse e i Grands Boulevards), è gestito da “energie rinnovabili” a “design sostenidall’associazione Silicon Sentier e finanziato principalmente dal Comune di Parigi, bile”, “bioarchitettura”, “mobilità alterdai fondi europei per combattere il digital-divide e da Orange-telecom. A metà nativa”, “ricerca scientifica”, “media & tra un cafè e un centro sociale “chic”, La Cantine è un lieu collaboratif pour acteurs comunicazione sociale”, “diritti umani”, numeriques (un luogo collaborativo per attori digitali). Qui si incontrano hacker, “sviluppo internazionale” . professionisti dei media, start-up tecnologiche e sociali e ricercatori universitari. C’è Green Bean, impresa di comunicazione per la sostenibilità (la cui fondatrice ha lavorato per anni alla Illy); The Good Ones, specializzati in social media per accompaNon per tutti All’hub di Milano bisogna avere idee originali per diven- gnare le aziende a raccontarsi in maniera veritiera utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione; Prestiamoci, tare membri a tutti gli effetti: per entrare c’è uno screening nuova iniziativa di prestito uno a uno fondata da un ex da parte degli hosts - gli organizzatori dell’hub – che intervistano i richiedenti per valutare se possono “mischiarsi” bancario italiano della City di Londra. «Nei prossimi tre bene con gli altri attraverso matching, proprio come un’a- anni vogliamo far partire più di 100 progetti d’innovagenzia matrimoniale. Solo che in questo caso, è un ma- zione e imprenditoria sociale», spiega Alberto. trimonio di idee, creatività, imprenditorialità, sensibilità sociale e ambientale. Pausa creativa C’è un limite massimo di membri, perché il mix & A differenza di altre forme tradizionali di compresenza (comatch e la disponibilità di spazi sia funzionale e funzio- me studi associati, business center o semplici open space afnante. Da marzo a luglio i membri effettivi erano 170. Il fittati), nei co-working si può stare un’ora, una settimana, tetto, che è anche il traguardo auspicato entro metà un anno. E, oltre a condividere le spese, si possono colle2011, sarà di 320 hubbers. gare professionalità e competenze. Nell’hub milanese le I livelli di partecipazione sono differenti: da 17 euro per pause sono altrettanto importanti del lavoro vero e pro5 ore al mese, fino a 325 per l’utilizzo illimitato, a seconda prio. Alcune delle idee migliori sono nate durante converdei servizi richiesti e del tempo di “occupazione” degli spa- sazioni a pranzo o una pausa caffè. Certo, questa forma di zi. Questo include tutti i costi di connettività, servizi sulla lavoro riguarda una cerchia ristretta di lavoratori per lo più piattaforma on line, elettricità, riscaldamento, pulizie, uso autonomi e veramente atipici. Ma può essere una modadi strumenti di lavoro (stampante, fotocopiatrice, fax) e lità diffusa del lavoro nei prossimi anni? E si potranno della cucina comune. Sale riunioni e spazi espositivi sono creare nuove forme di società che alla modalità “nomade” tra i servizi aggiuntivi, mentre per avere una postazione fis- e internettiana e all’attenzione alla sostenibilità sociale, agsa e uno spazio per riporre i propri archivi il costo è intor- giungano la garanzia dei diritti fondamentali dei lavoratono ai 500 euro per due persone (nell’hub ri e delle loro esigenze di vita? Qualcuno IN RETE di Milano queste postazioni sono tre). è già sulla buona strada: al “Cubes and Crayons” di Mountainview, California, www.the-hub.net un gruppo di donne lavoratrici ha creato Serendipità organizzata (milan.the-hub.net) www.coworkingproject.com uno spazio coworking e un nido, trovando Chi frequenta l’hub vuole fare innovaziocoworking.pbwiki.com una soluzione ottimale per gestire il prone sociale, non soltanto condividere una www.lacantine.org prio tempo e offrire il servizio ad altre donscrivania. Anche gli incontri uno a uno www.cubesandcrayons.com ne nella stessa situazione. sono percorsi formativi con matching,

DOVE TROVARE IL CO-LAVORO IN TUTTO IL MONDO

.

|

ANNO 10 N.83

|

GLOSSARIO HUB E HUBBERS Letteralmente in inglese “fulcro”, “elemento centrale”. Qui, per metafora, è uno spazio che rappresenta un concentratore di persone e idee, oltre che un nodo di smistamento e comunicazione. Gli hubbers sono coloro i quali, persone, imprese, associazioni, “abitano” l’hub. COPYLEFT Il termine è costruito come gioco di parole da copyright e concepisce le opere d’ingegno (testi, programmi informatici, immagini...) condivisibili e modificabili dai fruitori, purché rispettino determinate licenze rilasciate dall’autore. HOST Letteralmente è l’ospite, qui è anche chi promuove incontri, scambi tra hubbers e la realizzazione di una rete di hub a supporto. BARCAMP Termine derivato dalla cultura informatica, rappresenta una sorta di rete di cosiddette “non-conferenze”, cioè momenti di discussione aperti su argomenti proposti dagli stessi partecipanti i quali hanno tutti lo stesso titolo per poter intervenire. I dibattiti posso realizzarsi anche in forma virtuale. MEETUP Generalmente si tratta di un portale web con funzioni di social network dove si può dialogare, condividere contenuti, organizzare eventi... MATCHING Letteralmente “abbinare, far combaciare” è ormai nel gergo lavorativo di molti ambiti professionali. Di fatto vuol dire far incontrare più elementi che siano in grado di produrre qualcosa di nuovo dalla loro interconnessione.

OTTOBRE 2010

| valori | 51 |


| economiasolidale |

APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE ottobre - novembre ITALIA SALVALARTE Tutela e valorizzazione sono le parole d’ordine della campagna dedicata all’immenso patrimonio di arte e cultura del nostro Paese. In dieci anni di lavoro appassionato, Legambiente ha denunciato casi di degrado, promosso campagne di sensibilizzazione, restaurato e restituito alla collettività opere d’arte minore destinate all’abbandono. www.legambiente.eu 1 - 17 ottobre BERGAMO BERGAMOSCIENZA Festival di divulgazione scientifica che dal 2003, grazie all’intuito e alla volontà di un gruppo di amici, Soci dell’Associazione Sinapsi, coinvolge la città proponendo un programma fitto di eventi gratuiti. Lo scopo è portare la scienza "in piazza” e renderla fruibile a tutti, sopratttuto ai giovani e alle scuole. www.bergamoscienza.it 7 - 8 ottobre CREMONA COMPRAVERDE-BUYGREEN Mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi di green procurement pubblico e privato. L’evento è promosso da Provincia di Cremona, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Regione Lombardia, Ecosistemi e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale.

15 giorni che prevedono incontri, cene, degustazioni, promozioni e sconti nelle principali insegne della distribuzione italiana (Auchan, B’io, Bennet, Botteghe del Mondo, Carrefour, Coop, Crai, Despar, In’s, Lidl, NaturaSì, Nordiconad, Sicilconad), tutto all’insegna del commercio equo e solidale. www.fairtradeitalia.it

27 ottobre VALLADOLID (SPAGNA) EXPOBIOENERGIA 2010 5ª edizione della fiera internazionale specializzata in bioenergia, uno degli eventi più importanti a livello internazionale. www.expobioenergia.com 27 - 30 ottobre BOLOGNA SAIE 2010 Salone internazionale delle costruzioni che offre alle aziende espositrici la possibilità di incontrare i 170.000 operatori del settore che ogni anno raggiungono la fiera per discutere e confrontarsi su soluzioni, progetti, tecnologie per le costruzioni. www.saie.bolognafiere.it 2 novembre GLASGOW (GB) RENEWABLE UK 2010 Il principale evento sulle energie rinnovabili del Regno Unito. Tre giorni di conferenze che affronteranno tematiche riguardanti l’energia eolica e marina. www.renewable-uk.com

8 - 9 ottobre BERTINORO (ITALIA) LE GIORNATE DI BERTINORO PER L’ECONOMIA CIVILE Decima edizione del laboratorio di studio e confronto promosso da Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit) che riunisce annualmente nella Rocca di Bertinoro i maggiori rappresentanti del mondo del Terzo settore, dell’Università, delle istituzioni e delle imprese. www.aiccon.it

3 - 6 novembre RIMINI KEY ENERGY 2010 Fiera Internazionale per l’energia e la mobilità Sostenibile, il clima e le risorse per un nuovo sviluppo: è la sede in cui tecnici e rappresentanti di enti locali hanno l’opportunità di approfondire, presentare e conoscere l’evoluzione delle tecnologie e normative in tal senso. www.keyenergy.eu

16 - 31 ottobre ITALIA IO FACCIO LA SPESA GIUSTA Iniziativa promossa da Fairtrade Italia in collaborazione con Librerie Feltrinelli, Banca Etica, Arci, Legambiente e Focsiv:

8 - 14 novembre ITALIA SETTIMANA DI EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE 2010 È la mobilità il tema scelto per la quinta edizione della Settimana. La manifestazione, sotto l’egida ed il coordinamento della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, vuole in primo luogo promuovere nuovi modi di interpretare e vivere gli spazi collettivi che riescano a soddisfare le esigenze

| 52 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

A CURA DI ANDREA BAROLINI | PER SEGNALAZIONI SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

di mobilità delle società contemporanee senza compromettere la qualità della vita, la salute e le risorse vitali per l’umanità. www.unescodess.it 11 - 14 novembre BERNA (SVIZZERA) SCHWEIZER HAUSBAU UND ENERGIE MESSE 2010 Fiera nel campo delle energie rinnovabili: nuove costruzioni e ristrutturazioni, costruzioni in legno, materiali per l’isolamento e per le costruzioni efficienti. www.hausbaumesse.ch

16 - 19 novembre RIMINI ECOMONDO La più importante fiera sulle tecnologie verdi e nuovi stili di vita, luogo di incontro privilegiato tra l’industria dell’ambiente e della sostenibilità e gli stake holders istituzionali, associazioni di categoria, Pubblica Amministrazione, Ong. www.ecomondo.com

16 novembre MILANO PROGETTARE, LAVORARE, PENSARE IL FUTURO DELLA TERRA Un convegno internazionale nell’ambito del Progetto Gjusti (green jobs, università, scuole, territorio, imprese). Vedrà la partecipazione di Vandana Shiva e Christophe Bouvier, direttore Unep per l’Europa. Oltre a istituzioni quali la Fondazione Cariplo, le provincie di Milano e Pavia e la Regione Lombardia, di Etica sgr per la finanza e di numerosi esperti e docenti universitari. www.progettogjusti.it

17 - 19 novembre MILANO HTE Kermesse dedicata al mondo delle tecnologie innovative, presso Fiera Milano Rho. I numeri dell’edizione 2009 hanno confermato il successo dell’originale formula della manifestazione: 5.000 metri quadrati di superficie espositiva, 120 espositori e oltre 23.000 visitatori in tre giorni. www.hitechexpo.eu 18 novembre BOLOGNA S.O.S. AGRICOLTURA L’agricoltura oggi è in crisi. Negli ultimi dieci anni sono state chiuse oltre 198.000 stalle. Da attività primaria dell’uomo, è oggi uno dei settori più

sofferenti e trascurati dal sistema politico. Se ne discute all’Università del capoluogo emiliano con numerosi esperti del settore, docenti, rappresentanti delle istituzioni e del mondo delle associazioni. www.fondoambiente.it/eventi /sos-agricoltura.asp 18-21 novembre CASTIGLION FIBOCCHI (AREZZO) XIX CONVEGNO INTERNAZIONALE DI AGRICOLTURA BIODINAMICA Un convegno in un’azienda agricola, la fattoria La Vialla, per partire dalla terra, dall’esperienza che agricoltori, esperti, imprenditori hanno maturato nel lavoro quotidiano, per parlare di biodinamica e di organismo agricolo. Si discuterà di economia e di finanza a sostegno degli agricoltori, di strategie di mercato e di consumatori, delle difficoltà che incontra chi oggi vuole intraprendere l’attività di agricoltore. www.biodinamica.org

20 - 28 novembre EUROPA SETTIMANA EUROPEA PER LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI Seconda edizione dell’evento-chiave per promuovere azioni sostenibili volte alla prevenzione dei rifiuti e a porre in evidenza l’impatto dei nostri consumi sull’ambiente e sui cambiamento climatici. www.ewwr.eu 21 novembre ITALIA FESTA DELL’ALBERO Un’iniziativa per festeggiare gli alberi piantandone di nuovi. Protagonisti dell’operazione giovani e giovanissimi studenti coordinati dai circoli di Legambiente: il cortile di una scuola, l’argine di un fiume, una zona degradata e abbandonata sotto casa. www.legambiente.eu dicembre ITALIA PREMIO ALL’INNOVAZIONE AMICA DELL’AMBIENTE Un riconoscimento nazionale rivolto all’innovazione di impresa in campo ambientale, attribuito a innovazioni di prodotto, di processo, di servizi, di sistema, tecnologiche e gestionali, realizzate o in stato di realizzazione avanzata, che abbiano contribuito a significativi miglioramenti orientati alla sostenibilità ambientale. www.legambiente.eu


| inbreve |

| internazionale | inbreve |

Stati Uniti: il difficile lavoro del presidente >56 Tempo di scioperi: la Cina non è immune >59 Vivere a 20 anni nei territori occupati in Palestina >62

internazionale “NEUTRALITÀ” DEL WEB: DAL CILE UNA LEGGE

ENEL CON ENDESA AL CENTRO DELLA CAMPAGNA “PATAGONIA SENZA DIGHE”

UCCISO UN NOTO ESPONENTE DI HAMAS IN CISGIORDANIA

CINA: PRIME CONDANNE PER TRAFFICO DI ORGANI

NELLA LOTTA ALLA FAME PRIMO CALO IN 15 ANNI: MIGLIORANO ASIA DEL SUD E AFRICA SUBSAHARIANA

ITALIA: QUINTO ESPORTATORE DI ARMI CONVENZIONALI

Promossa da un gruppo di cittadini, organizzati nella community Neutralidad, è stata approvata in Cile la legge per “la neutralità del web”. Felipe Morandé, il ministro dei Trasporti e delle Telecomunicazioni ha così commentato il varo della legge, approvata dopo tre anni di discussione parlamentare: «Si tratta di un passo importante verso una maggiore trasparenza nel mercato della banda larga, che stimola la competizione nell’offerta di servizi di elevata qualità, elemento centrale della nostra politica per le telecomunicazioni». Il ministro ha evidenziato anche che questa normativa «fa del Cile un’avanguardia a livello mondiale». La riforma prevede, che i provider non potranno più bloccare, interferire, discriminare, occultare o restringere i contenuti, le applicazioni o i servizi legali utilizzati dagli utenti sulle loro reti in modo arbitrario. La nuova legge offre la possibilità di richiedere, a spese dell’utente, i controlli da parte dei genitori sulla navigazione online dei figli. Accolta positivamente da larga parte dei cittadini, la legge ha sollevato qualche dubbio da parte degli esperti di diritto circa la sua reale portata. Come riporta il sito http://it.globalvoicesonline.org, la legge non avrebbe aggiunto significative modifiche al vincolo di “non discriminazione” già presente nella legislazione cilena in materia.

La compagnia italiana Enel, per il 31% di proprietà statale, tramite la sua controllata Endesa è intenzionata a costruire cinque impianti idroelettrici nell’incontaminata regione cilena dell’Aysén. Le cinque dighe dovrebbero imbrigliare il corso del Baker e del Pascua, due fiumi che partono dalle Ande e si gettano nell’Oceano Pacifico. Il Baker è ritenuto una delle meraviglie del territorio della Patagonia. Metà delle sue acque proviene dal secondo più grande lago del Sud America, il General Carrera, mentre il resto deriva dallo scioglimento degli immensi ghiacciai andini. Le dighe determineranno la formazione di ampi bacini artificiali che avranno rovinose conseguenze sulle risorse agricole dai quali dipendono le popolazioni locali, oltre a destabilizzare i delicatissimi ecosistemi della regione. Il progetto al momento non ha ancora ricevuto tutti i via libera dal governo, che si è mostrato prudente dopo la presa di posizione della Chiesa cilena. Monsignor Luis Infanti De La Mora, vescovo dell’Aysén, durante il suo intervento all’assemblea degli azionisti di Enel, ha infatti dichiarato: «L’Enel restituisca i diritti di sfruttamento dell’acqua acquisiti da Endesa durante la dittatura di Pinochet che ha privatizzato i fiumi. Quello che Enel vuole fare è legale ma eticamente è una situazione insostenibile». Per contrastare il progetto delle dighe, il 21 settembre scorso, è stata lanciata la campagna italiana “Patagonia senza dighe”, promossa da: Associazione Aktivamente, Asal, A Sud, Campagna per la riforma della Banca mondiale, Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, Cevi, Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, Ass. No. Di, Servizio Civile Internazionale, che hanno raccolto l’appello rivoltogli dalle 70 organizzazioni cilene che compongono la coalizione internazionale del Consiglio per la Difesa della Patagonia.

L’agenzia cattolica Misna ha dato notizia il 17 settembre scorso dell’uccisione a Tulkarem, città nel Nord Ovest dei Territori palestinesi cisgiordanici, di Iyad As’ad Shelbaya, un noto esponente di Hamas. Tel Aviv lo considerava uno dei più alti rappresentanti in Cisgiordania del movimento. L’agenzia Misna riporta due versioni del fatto: secondo l’agenzia stampa palestinese Maan alcuni soldati israeliani avrebbero fatto irruzione nell’abitazione di Shelbaya e avrebbero esploso contro di lui alcuni colpi di arma da fuoco, mentre era ancora nel suo letto. Secondo un portavoce dell’esercito di Tel Aviv, Shelbaya sarebbe invece stato ucciso nel corso di un’operazione nel villaggio di Nur Shams, perché i militari avrebbero aperto il fuoco contro un sospetto in fuga. L’uccisione di Shelbaya, proprio il giorno dopo la conclusione della seconda tornata di incontri dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, fortemente voluti dall’amministrazione Obama, è stata seguita dall’arresto di almeno nove aderenti di Hamas, ora detenuti nelle carceri israeliane. I negoziati israelo-palestinesi avviati all’inizio di settembre, e dai quali Hamas è stata esclusa, prevedono il raggiungimento di un “accordo quadro” entro 12 mesi. L’atteggiamento verso i risultati che potrebbero essere raggiunti dai negoziati è scettico sia da parte israeliana che da parte palestinese.

Secondo l’agenzia Asianews la domanda di organi per trapianti in Cina supera il milione e mezzo, mentre sono solo 10 mila gli organi donati. Il commercio di organi è stato ufficialmente vietato in Cina nel 2007 ed è diventato uno degli obiettivi delle autorità cinesi. Lo scorso anno la Croce rossa e il ministero della sanità cinesi hanno annunciato il lancio di un sistema per regolare la donazione di organi. Il piano dovrebbe frenare il traffico illegale di organi e spingere molte più persone a fare le donazioni. L’iniziativa pilota è stata attuata inizialmente in 10 province. Ora sono arrivate le prime condanne anche dal distretto di Haidian, a Pechino, che ha recentemente condannato sette persone con pene dai due ai sette anni e otto mesi. Oltre al carcere sono stati condannati anche a multe tra i 50 mila e i 200 mila yuan (da 5.600 a 23 mila euro). Il traffico di organi sfrutta la povertà dei “venditori” e fa arricchire i trafficanti: secondo Asianews il costo per un rene da trapiantare fino a due anni fa era 62 mila dollari, e per un cuore era 140 mila dollari. Il sistema legislativo introdotto stabilisce inoltre che l’espianto di organi da condannati a morte avvenga solo in presenza di autorizzazione del condannato o dei parenti. E lo stesso tipo di autorizzazioni sia richiesto per chi decede in un incidente.

Sarà presentato nel corso di ottobre da Link2007, la rete che raccoglie nove Ong della cooperazione internazionale, il rapporto Indice globale della fame 2010 (Ghi-2010, Global hunger index 2010). Se il fenomeno è ben lontano dall’essere debellato, tuttavia il rapporto di quest’anno offre almeno una buona notizia: il Ghi complessivo di tutti i Paesi oggetto di analisi (composto dalla somma dell’indice di ciascun Paese formato a sua volta dalla somma di tre dati: percentuale di persone affamate, bimbi sottopeso entro i 5 anni, mortalità infantile entro i 5 anni) è calato dal 19,8 (1990) al 15,1 (2010). Il numero di individui che non hanno accesso ad una quantità sufficiente di calorie per una vita attiva scende così dalla cifra simbolica di 1 miliardo a circa 925 Milioni (stima Fao): è il primo calo da 15 anni! Merito sia della riduzione limitata del Ghi in Africa subsahariana (da 25,3 a 21,7) che della migliore performance in Asia del Sud (l’altra regione in cui si concentra il maggior numero di persone malnutrite), con una riduzione da 30,7 a 22,9. Dando uno sguardo alla situazione nei singoli Paesi, risulta che tra i dieci Paesi peggiori in classifica ben nove sono africani (l’eccezione è Haiti), mentre si conferma la pessima valutazione della Repubblica Democratica del Congo, che guida il gruppo di quelli con il più alto Ghi, seguita da Burundi, Eritrea, Ciad, Etiopia e Sierra Leone. E se da un lato Link2007 ci tiene a stigmatizzare l’impossibilità di acquisire dati statistici per Paesi come l’Afghanistan, l’Iraq e la Somalia, tuttavia il rapporto, giunto alla quinta edizione, riafferma il proprio valore come strumento per approfondire ogni anno un particolare aspetto del fenomeno: dallo sviluppo rurale al ruolo della donna nelle politiche di contrasto alla fame fino all’incidenza delle questioni di genere e, nel Ghi-2010, al tema della malnutrizione infantile. www.link2007.org

Il rapporto “Conventional arms tarnsfers to developing nations 2002-2009” afferma che per il 2009 l’Italia si è attestata tra i cinque maggiori fornitori internazionali di armamenti convenzionali e che le sue esportazioni sono state dirette principalmente ai Paesi in via di sviluppo. Il rapporto, redatto annualmente dal Centro studi della biblioteca del Congresso (Congressional research service, Crs), è stato consegnato a metà settembre al Parlamento Usa. Contiene “dati ufficiali e non secretati” sul commercio internazionale di armamenti convenzionali, dedicando una specifica attenzione proprio ai trasferimenti ai Paesi in via di sviluppo. I contratti rilasciati nel 2009 dal nostro Paese ammontano a 2,7 miliardi di dollari, in flessione rispetto alla cifra record di quasi 3,8 miliardi di dollari del 2008. Ciononostante sono risultati che rappresentano la seconda miglior performance negli ultimi otto anni esaminati dal rapporto statunitense e, soprattutto, confermano un trend di crescita rispetto ai 494 milioni di dollari del 2002. L’Italia, riporta il sito unimondo.org, tra i principali esportatori mondiali di armamenti è davanti a Israele (2,1 miliardi di dollari), Cina (1,7 miliardi) e allo stesso Regno Unito (1,5 miliardi) portando l’Italia a rilevare una quota del 4,7% del commercio internazionale di sistemi militari.

| 54 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 55 |


| internazionale | PETE SOUZA

| internazionale | Usa |

DODD-FRANK ACT LA RIFORMA DEL SISTEMA FINANZIARIO USA LA RIFORMA DEL SISTEMA FINANZIARIO voluta dalla presidenza Obama porta il nome dei due congressisti, Barney Frank e Chris Dodd, che l’hanno presentata alla Camera e al Senato nello scorso dicembre. È diventata legge con la firma che il presidente ha apposto, il 21 luglio scorso, alle 2.319 pagine del testo, ma deve essere completata dai decreti attuativi. Un iter che dovrebbe durare 18 mesi e che potrebbe consegnare un impianto molto diverso dall’originario o anche non arrivare mai a termine se la maggioranza di uno o dei due rami del Congresso passasse ai repubblicani. Il Dodd-Frank Act è il più vasto insieme di interventi sulla regolamentazione finanziaria degli Stati Uniti attuato dopo la Grande depressione e, per alcuni analisti, rappresenta un “cambiamento di paradigma”. Introduce una serie di nuove agenzie di controllo come il Financial stability

Il difficile lavoro del presidente Accusato dagli oppositori di essere un socialista. Strattonato dai suoi sostenitori per aver mediato troppo sulla riforma sanitaria, Obama si presenta al rinnovo del Congresso in netto svantaggio rispetto ai repubblicani.

I

di Paola Baiocchi

INVESTIMENTI DI VENTURE CAPITAL IN TECNOLOGIA VERDE IN CALIFORNIA ALTRI SETTORI

50 mld $

TECNOLOGIA VERDE mln $ 1.200

1.114

45

1.000

40 35

800

30 600

25 20

400

15

225

10

137

5 0

3 2000

2001

| 56 | valori |

2 NOVEMBRE, A DUE ANNI DALL’ELEZIONE DI BARACK OBAMA, negli Stati Uniti si terranno migliaia di consultazioni elettorali. La verifica più attesa è quella per il rinnovo del Parlamento, perché rappresenta un sondaggio sul gradimento delle politiche intraprese. Alle elezioni di medio termine (midterm elections) verranno rinnovati tutti i 435 membri della Camera dei Rappresentanti e 36 dei 100 componenti del Senato. I sondaggi danno il partito democratico in netto svantaggio rispetto ai repubblicani, che accusano di incapacità la presidenza Obama, soffiando sul fuoco delle difficoltà economiche del Paese e sulla crescita esponenziale della disoccupazione. La campagna elettorale si sta svolgendo con recrudescenze secessioniste, come quelle del Texas (Stato produttore di petrolio) dove sono andate distrutte in un incendio, forse doloso, diecimila macchine per il voto elettronico. Non mancano gli “schizzi di fango” della leader del movimento Tea party, Sarah Palin, che in un fotomontaggio si fa lustrare le scarpe da un uomo di colore con la faccia di Obama. Senza dimenticare l’arruolamento di Chuck Norris, che invita i cittadini a iscriversi alle liste dei vo-

L PROSSIMO

25

5

2002

2003

ANNO 10 N.83

0 2004 |

20 2005

200

102 0 2006

OTTOBRE 2010

|

2007

2008

oversight council (Consiglio di vigilanza sulla stabilità finanziaria), che avrà un budget praticamente illimitato e sarà presieduto dal segretario del Tesoro. Verrà creato anche il Bureau of Consumer Financial Protection, un ufficio interno alla Federal Reserve (Fed) che avrà il compito di vigilare, a tutela dei consumatori, che i prodotti finanziari si accordino con le leggi federali. Il Dodd-Frank Act accorpa ed elimina organismi esistenti e conferisce maggiori poteri di controllo alla Fed. L’Atto amplia la portata delle società finanziarie, bancarie, assicurative o di gestione di titoli, che possono essere liquidate direttamente dal governo federale. Uno dei punti cruciali della riforma è rappresentato dalla Regola Volcker, che ripristina parzialmente il Glass-Steagall Act del 1933, che stabiliva una netta distinzione tra banche commerciali e di investimento ed era stata rimossa

nel 1999 dalla presidenza Clinton, determinando il fallimento di numerosi istituti bancari dopo lo scoppio della bolla immobiliare. La Regola Volcker vieta alle banche o alle istituzioni finanziarie che controllano una banca di possedere o di investire in hedge fund o private equity. Inoltre gli vieta di negoziare in proprio fondi dei clienti, senza una specifica autorizzazione. La Regola ha spinto alcune delle società “troppo grandi per fallire” e diventate ancora più grandi dopo il fallimento delle rivali, a puntare decisamente verso la delocalizzazione in Asia. È il caso di Morgan Stanley che è entrata nel mercato cinese già nel 2007, cedendo un suo 10% al governo di Pechino. E di Goldman Sachs, che ha filiali a Pechino, Shangai e Hong Kong e ha appena partecipato all’Ipo (Offerta pubblica iniziale) di Agricoltural Bank of China che ha raggiunto la cifra record di 22,1 miliardi di dollari. Pa. Bai.

na tra le accuse interne di voler ammanettare il mercato con la riforma finanziaria e la delusione dei suoi elettori, vessati dalla crisi? «La fase è molto incerta e molte scommesse sono ancora aperte», spiega Francesco Garibaldo, sociologo industriale. «La prima scommessa aperta è quella della Chrysler: nei confronti dell’azienda sono stati presi dei provvedimenti sensati e inevitabili per non incorrere nel fallimento o nella causa penale, ma pagando un caro prezzo sociale sui salari, che da 28 dollari l’ora sono scesi a 14. E, se si vuole puntare su auto non di basso livello, questa forte pressione sui salari non ha senso. La presidenza Obama - continua Garibaldo - sta indicando due obiettivi importanti: acquisire la leadership nelle batterie elettriche, recuperando il terreno perduto nei confronti dell’Asia, e puntare sul risparmio energetico. Sta seguendo uno schema che antanti per conto della Nri - l’influente lobby dei costruttori di armi. cora non sappiamo se sarà in grado di garantire la continuità ai La posta in gioco è alta perché altre leggi dell’agenda obamiana tre settori industriali che dovrebbero vivere grazie al mercato devono essere approvate e il 112mo Congresso degli Stati Uniti, che interno e a una quota di export». Osservatori anche non particolarnascerà ai primi di novembre, rischia di esI VENTURE CAPITAL mente favorevoli ad Obama, come Risere bloccato senza una vera maggioranza. NELLA GREEN ECONOMY chard Posner, giudice federale ed econoINVESTIMENTI IN CALIFORNIA [ 2000-2008 ] PER SETTORE mista dell’Università di Chicago, hanno Il rilancio del mercato RISPARMIO giudicato positivamente l’intervento nel interno ENERGETICO GESTIONE settore automobilistico. Un intero capiDopo la riforma del sistema finanziario 1% DELL’ENERGIA tolo del suo ultimo libro The Crisis of Ca(vedi BOX ) e l’approvazione della riforma 18% pitalist democracy è dedicato alla ristrutsanitaria, dovrà terminare il suo iter la GEOTERMICO 2% turazione dell’industria, dimostrando, a Kerry-Lieberman, la legge sulle politiche COGENERAZIONE partire da un punto di vista molto conenergetiche che contiene misure per ab2% EOLICO servatore, che le critiche alla presidenza battere le emissioni, e il Congresso dovrà 9% Obama non sono fondate. E che i pro soerogare i finanziamenti alle opere pubbliSOLARE no più significativi dei contro. Mentre, soche da 55 miliardi di dollari in sei anni che 68% stiene Posner, l’attenzione deve essere sulle Obama sta richiedendo per rilanciare le inconseguenze: sulla crescita del debito pubblico frastrutture e il mercato interno. e le tentazioni di gonfiare la valuta. Come valutare la politica economica obamiaLa campagna per le elezioni di medio termine si combatte senza esclusione di colpi, anche sotto la cintura. Nel fotomontaggio Sarah Palin, leader del Tea Party, si fa pulire le scarpe da un lustrascarpe con il viso di Obama. Il movimento nazionalista Tea Party potrebbe essere l’ago della bilancia tra democratici e repubblicani.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 57 |


| internazionale |

| globalizzazione | internazionale |

Riorientare la produzione è complesso: indicativi gli investimenti di venture capital in California

LIBRI

Richard A. Posner The Crisis of Capitalist democracy Harvard University Press, 2010

Li Delin Goldman Sachs Conspiracy È il successo editoriale del momento in Cina: uscito a giugno e scritto in cinese da Li Delin, giornalista finanziario, ha già venduto più di 100 mila copie. Sotto accusa la Goldman Sachs, per aver speculato sulla crisi, dopo aver contribuito a causarla. A quando la traduzione in italiano?

| 58 | valori |

passi sono stati fatti. Per valutare la coerenza di questo presidente è ancora un po’ presto». Oltre alle difficoltà della crisi economica, contribuiscono alla perdita di consenso di Obama anche azioni di lobbyng palesi, come quelle dell’industria petrolifera, e altre meno evidenti da parte di industrie chimiche come la Solvay. «È difficile fare il presidente degli Stati Uniti – conclude Marco Frey – ma la perdita di consenso non vuol dire che non stia continuando a perseguire gli obiettivi iniziali».

.

CRESCITA DELL’INDUSTRIA FINANZIARIA USA IN RAPPORTO AL PIL: ANNI 1860-2007 IL PRIMO GRANDE AUMENTO del settore finanziario è di circa l’1,5% del Pil tra il 1880 e il 1900, in corrispondenza del finanziamento per le ferrovie e per l’industria pesante. Il secondo è tra il 1918 e il 1933 e corrisponde al finanziamento della rivoluzione elettrica, dei farmaceutici e dell’industria automobilistica. General Electric viene quotata in Borsa nel 1913, General Motors nel 1920, Procter & Gamble nel 1932, la scoperta dell’insulina e della penicillina sono del 1920 e del 1930. La quota di finanza e assicurazioni rispetto al Pil continua a diminuire tra il 1930 e il 1940 fino a rappresentare il 2,5% del Pil nel 1947. Risale stabilmente fino al 4% alla fine del 1970, ha un picco tra il 1980 e il 2001 in corrispondenza della rivoluzione dell’Information Technology. Dal 2002 corre con la bolla immobiliare fino a rappresentare l’8,3% del Pil nel 2006: oltre 1.200 miliardi di dollari l’anno. 8%

6

4

2

0 1860

1880

1900

1920

1940

1960

1980

2000

TUTTO IL MONDO HA SEGUITO CON IL FIATO SOSPESO la firma che il presidente Obama ha apposto alla riforma sanitaria statunitense il 23 marzo scorso, dedicando la legge alla madre “morta per un cancro e litigando con le assicurazioni”. Molte meno persone hanno notato, invece, il disegno di legge di 2.309 pagine approvato alla Camera dei deputati il 21 marzo e al Senato il 25 marzo. Alla sezione 2.521 (!) del testo chiamato H.R. The Reconciliation Act of 2010, si legge la proposta di un “Registro nazionale dei dispositivi medici”, cioè una banca dati elettronica per monitorare la sicurezza dei dispositivi medici come i pacemaker. Il registro, però, sta creando una certa agitazione sia tra le società produttrici di questi materiali sanitari sia tra i cittadini, perché parla di dispositivi di “classe II” installati “in o su” un paziente. Una guida del 2004 della Food and Drug Administration (Fda), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, spiega che i dispositivi di classe II sono RFID, cioè gli identificatori a radiofrequenza ben conosciuti da chi utilizza il telepass o ha un animale domestico con il chip di riconoscimento sotto pelle. La stessa guida indica gli standard richiesti per gli RFID da utilizzare nei sistemi di “identificazione dei pazienti e nella raccolta di “informazioni sulla salute”. L’allarme è quindi che si voglia usare la riforma sanitaria, con la scusa della razionalizzazione dei dati e del controllo di qualità, per lanciare una campagna in grande stile e dotare ogni statunitense di chip, magari sottocutaneo, che raccolga la cartella sanitaria di ognuno. Ma i piccoli RFID possono contenere informazioni sull’intera vita Pa. Bai. dei cittadini e rendere rapidamente possibile una società a controllo “capillare”.

|

OTTOBRE 2010

|

Tempo di scioperi La Cina non è immune Nelle fabbriche cinesi che producono per l’Occidente gli operai incrociano le braccia: chiedono la riduzione dell’orario e migliori condizioni salariali e di sicurezza sul lavoro. Le conquiste arrivano e le proteste si estendono.

U

SOTTO LA PELLE DELLA RIFORMA SANITARIA USA

ANNO 10 N.83

Dopo le proteste operaie in Cina, anche in Bangladesh, Vietnam e Thailandia le maestranze rivendicano miglioramenti.

FONTE: THOMAS PHILIPPON, OTTOBRE 2008

Dieci milioni di tetti solari Intanto a luglio è stata approvata la legge “10 milioni di tetti fotovoltaici e 10 milioni di galloni di acqua calda solare”, che prevede di triplicare la produzione di energia solare nei prossimi dieci anni. Si tratta di incentivi economici e sgravi fiscali sul modello di quelli applicati in California e nel New Jersey che permetteranno la produzione fotovoltaica diffusa, abbattendo il costo medio degli impianti a 7.875 dollari. Contemporaneamente sono state votate misure per l’elettrificazione della rete ferroviaria. È un altro pezzo dell’agenda obamiana che si sta realizzando, oppure si tratta di una misura secondaria? «È un’operazione piuttosto significativa, di cui in altri contesti si è vista l’efficacia, perché chiama in causa scelte di consumo diffuse», ci ha risposto Marco Frey, docente di Economia dell’energia e dell’ambiente presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. «È un tassello del disegno – continua Frey – partito con lo stanziamento di 117 miliardi di dollari per la green economy. Sicuramente Obama sta andando avanti, anche se con elementi contraddittori, come l’atteggiamento verso il nucleare. C’è da dire che in alcuni Paesi, come la Corea del Sud, più dell’80% degli stimoli post crisi sono andati alla green economy; nel caso degli Stati Uniti si tratta di meno del 15% del totale. Riorientare la produzione industriale è complesso, ma sono indicativi in questo senso gli investimenti di venture capital in California, già sensibile alla tecnologia verde, o la trasformazione green della Silicon Valley. Alcuni

Il disegno di legge H.R. 4872 firmato è stato pubblicato dai giornali italiani come “il testo della riforma sanitaria”, ma è un atto diverso dalla riforma.

NA NUOVA INFLUENZA HA COLPITO LA CINA: LO SCIOPERO degli operai. Il dragone pensava di esserne immune, visto che lo ha dichiarato illegale. Ma ha scoperto che il virus non risparmia nessuno. L’infezione è partita dalla giapponese Honda: in maggio, di Sara Milanese nell’impianto di Foshan, nella regione meridionale di Guangdong, quasi duemila dipendenti hanno incrociato le braccia, chiedendo migliori condizioni di lavoro e stipendi più alti. Preoccupata del blocco della produzione e sorpresa dalla forza della protesta, l’azienda ha ceduto, accordando un aumento di oltre il 20% dei salari. Forte di questa vittoria, presto il virus ha contagiato altri due impianti della Honda e non si è fermato: sono cominciati gli scioperi nella Mitsumi Electric di Tianjin; nella Atsumitec Auto Parts; negli impianti della Toyota, delle giapponesi Sharp Electronics e Nikon e della coreana Xingyuche. Hanno scioperato i lavoratori della Pingmian Textile e quelli della Yihua Equipment Engineering; quelli della Denso Corporation, e della catena Kentucky Fried Chicken. La città di Pechino non è stata risparmiata: dal 16 al 18 agosto circa 300 operai della Lotte China Food Company, un’azienda taiwanese che produce bevande e dolci, hanno incrociato le braccia. Alla fine hanno ottenuto l’aumento di stipendio che aspettavano da 7 anni. Sotto accusa non solo il basso stipendio (sempre attorno ai 100

CARCERATI CINESI OPERAI IN ANGOLA PIU CHE UN ACCORDO, QUELLO SIGLATO DA PECHINO e Luanda è un baratto: petrolio in cambio di infrastrutture. L’Angola galleggia letteralmente su un mare di greggio, tanto che nel 2009, complice l’attività sabotatrice del Mend nel golfo del Niger, Luanda ha strappato alla Nigeria il primato africano di esportazione di petrolio. Una risorsa che per la Cina, sempre a caccia di materie prime è più che una tentazione: è una necessità. Gli affari tra i due Paesi sono iniziati subito dopo la proclamazione ufficiale della pace in Angola, nel 2002. In pochi anni i cantieri cinesi hanno invaso il Paese africano: strade, ospedali, scuole, ponti, stadi. Pechino sta ricostruendo l’Angola. Luanda, la capitale, è un cantiere aperto: stanno sorgendo hotel di lusso, centri commerciali e grattacieli. Poco importa se il manto stradale è da rifare dopo ogni stagione delle piogge e se negli ambulatori l’intonaco si sgretola alla prima umidità: al presidente angolano Dos Santos e alla ricca élite politica e imprenditoriale che lo circonda questo non interessa. Così come non interessa il fatto che la Cina importi da casa tutto ciò che serve a costruire le infrastrutture, dai materiali agli operai. Una manodopera molto economica: arriva direttamente dalle carceri di Pechino. È composta da ladri, omicidi, rapinatori, ma anche da avvocati, docenti, studenti: detenuti politici. Costretti spesso a lavorare anche di notte, in alloggi precari all’interno di cantieri blindati, con un rimborso minimo. Ma con un profitto massimo per Pechino. Per Luanda invece è un'occasione persa anche in termini di occupazione: in Angola i disoccupati sono oltre il 65% della popolazione. La strategia cinese di sfruttare la manodopera carceraria non è una novità: è stata sperimentata anche in Zambia. Dal 2007 sono almeno 20 mila i galeotti impegnati nella ricostruzione di Lusaka. A fine pena torneranno in libertà, ma con un nuovo passaporto: zambiano.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 59 |


| internazionale |

| internazionale |

euro al mese), ma anche le condizioni di lavoro: turni massacranti di 10-12 ore al giorno, sanzioni per ogni minima infrazione, garanzie volatili o inesistenti. L’ultima epidemia si è scatenata alla notizia di una serie di suicidi tra i lavoratori della Foxconn, azienda taiwanese che produce per Apple, Siemens, Nokia, Sony, Hewlett-Packard, Dell e altri e che, solo in Cina, conta più di 800 mila lavoratori. Tra gennaio e luglio dodici dipendenti si sono uccisi. Nell’azienda è in vigore 24 ore su 24 un rigido regolamento. All’interno della struttura gli operai, oltre a lavorare, mangiano e dormono. Durante il lavoro non possono parlare e non devono contraddire i superiori, pena sanzioni. Le morti hanno avuto un rilievo mediatico senza precedenti e hanno indotto l’azienda a correre ai ripari, a partire da un aumento dei salari per tutti.

Scioperi contagiosi Il contagio delle proteste si è diffuso per ora solo tra le imprese straniere, risparmiando quelle cinesi, dove il sindacato dei lavoratori, fe-

dele alleato del Partito Popolare, mantiene un ferreo controllo della situazione e riesce a contenere le proteste. 12 suicidi e qualche migliaia di operai non sono ancora numeri sufficienti per far paura al dragone. Ma, se per il momento sembra arginato, l’effetto domino è solo rimandato: il virus degli scioperi è latente, pronto a risvegliarsi alla prima occasione. E Pechino sa che presto le rivendicazioni dei lavoratori saranno incontenibili. “È finito il tempo delle noccioline come paga degli operai”, ha scritto il quotidiano South China Morning Post, commentando gli scioperi. Le imprese straniere si stanno già guardando intorno, per capire dove spostare la produzione. E, preoccupata di poter perdere competitività, anche Pechino sta pensando a dove delocalizzare le sue aziende. Ma le proteste dei lavoratori stanno già contagiando anche quei Paesi asiatici dove la manodopera è più economica di quella cinese: Bangladesh, Thailandia, Filippine, Vietnam. Le imprese cinesi avrebbero quindi le valigie pronte per l’Africa, dove già si sentono a casa.

.

Destinazione Africa

BRACCIA INCROCIATE IN ZAMBIA MINIERA DI CHAMBISHI, CITTA DI KITWE, ZAMBIA, cuore della provincia della Copperbelt (la cintura del rame), un’area in cui le aziende cinesi, grazie ad un accordo con Lusaka, godono di speciali esenzioni fiscali. Nell’aprile del 2005 un’esplosione nella fabbrica di dinamite Bgrimm, di proprietà della società cinese Nonferrous Metal Company (Nmc), causa la morte di 52 operai, tutti zambiani. L’azienda non rispettava le garanzie minime di sicurezza del lavoro: gli operai, reclutati alla giornata, non venivano istruiti sul trattamento dei materiali infiammabili e dei detonatori, immagazzinati nelle stesse stanze. L’inchiesta sull’incidente non si è mai conclusa, l’Nmc ha accordato ai familiari delle vittime un risarcimento minimo. E promesso condizioni di lavoro migliori: mai più 50 operai in stanze la cui capienza massima è 15 persone. Ma le promesse non vengono mantenute: nel luglio 2006 scatta una prima violenta protesta dei minatori, perché l’azienda non rispetta gli aumenti salariali concordati; la polizia spara allora sui dimostranti. Nel 2007 il presidente Hu Jintao, in visita in Zambia, è costretto ad annullare la prevista tappa alla miniera, per evitare proteste di massa. Nel marzo 2008 scoppiano di nuovo le proteste dei minatori: in 500 prendono a sassate la fonderia di rame e il gruppo dirigente cinese, che si rifugia negli uffici. Oltre a migliori condizioni di lavoro e a garanzie in caso di infortunio, gli operai chiedono anche un aumento di salario: vengono pagati 80 dollari al mese, ne chiedono almeno quattro volte tanto. Le proteste si diffondono in tutta la regione per settimane, prima di passare il testimone alle trattative sindacali, che non sono mai riuscite ad ottenere grandi cambiamenti. In alcune miniere la situazione descritta dagli operai è anche peggiore: nell'ultima ondata di scioperi nella miniera di Collum Coal Mine, sempre nella regione del Copperbelt, i vertici aziendali sono stati accusati di far lavorare in nero ragazzini di appena 12 anni.

Sostenuti dal progetto GoAbroad gli industriali cinesi cominciano a spostare le produzioni nel continente africano.

L’

di Sara Milanese

INTERESSE CINESE PER L’AFRICA non è mai stato nascosto: Pechino ha iniziato la sua conquista del continente nero da oltre un decennio, spinta dalla necessità di materie prime e di un nuovo mercato per i suoi prodotti. Il mondo sembra accorgersene solo nel 2006, quando il presi-

dente Hu Jintao invita alla sua corte tutti i capi di stato africani, per dare una svolta agli affari: annuncia il raddoppio degli aiuti, si impegna nella lotta alla malaria, offre miliardi di dollari in prestiti e in crediti, crea un fondo per incoraggiare le compagnie cinesi ad investire in

7-8 ottobre 2010 fiera di cremona

quarta edizione | ingresso libero mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi di Green Procurement pubblico e privato CompraVerde-BuyGreen è promosso da Provincia di Cremona, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Regione Lombardia, Ecosistemi e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale in collaborazione con numerose realtà di rilievo nazionale e internazionale.

RELAZIONI ISTITUZIONALI E PROGRAMMA CULTURALE Ecosistemi srl tel. +39 06 68301407 email rel.istituzionali@forumcompraverde.it

ORGANIZZAZIONE EVENTO

Adescoop-Agenzia dell’ Economia Sociale s.c. tel. +39 049 8726599 email segreteria@forumcompraverde.it

www.forumcompraverde.it

Africa, cancella i debiti ai Paesi più poveri. E porta da 190 a 454 le merci africane che possono entrare in Cina senza pagare imposte. Una lista di merce varia: saponi, manufatti di plastica, di rame e di pelle, cotone, magliette, penne a sfera, ombrelli, biciclette. Tutti prodotti industriali. Per le aziende africane è un affare, che tenta anche le industrie cinesi: molte sembrano interessate a spostare la produzione in Africa proprio per sfruttare questo vantaggio fiscale. Sostenuti dal progetto “GoAbroad”, lanciato dal governo cinese, e invitati al seguito del presidente Hu Jintao nei suoi viaggi africani, alcuni industriali stanno già tentando l’impresa, ma per ora si contano sulle dita di una mano: plastica in Nigeria, tessuti alle isole Mauritius (che hanno accesso tax-free nel mercato Usa). Ma ogni piccolo passo è una sfida: materiali e macchinari devono essere importati; la manodopera, per quanto estremamente economica, non è formata; la riparazione e l’assistenza per eventuali guasti prevedono tempi lunghi e significano spesso un periodo di pausa nell’attività. Una delle principali difficoltà è assicurare alla produzione una costante e adeguata fornitura di energia elettrica.

Da Dakar a Pechino... Lo sa bene Riping Ouyang, imprenditore cinese che da 20 anni lavora in Africa. In Senegal dal 2007, la sua Datong lavora il sesamo comprandolo dai contadini senegalesi, burkinabè e maliani. In Cina è stato definito “il re del sesamo”, ma la sua attività è partita grazie al programma di sostegno all’agricoltura, avviato da Dakar do-

Nel 2006 Hu Jintao cancella i debiti ai Paesi più poveri e porta a 454 le merci africane che possono entrare in Cina po le violente dimostrazioni popolari nel 2008, in seguito alla crisi dei prezzi degli alimentari, e continua a mantenersi con i contributi governativi senegalesi. Non un grammo di sesamo cino-senegalese resta però in Africa: è tutto destinato alle esportazioni, in primo luogo alla Cina, che ne consuma più del doppio di quanto ne produce, poi all’America latina e infine all’Europa. Eppure l’obiettivo del governo di Dakar era quello di arrivare a garantire al Paese un’autonomia alimentare, considerato che per nutrire i suoi cittadini è costretto ad importare qualsiasi cosa. La Datong preferisce sottolineare che produce ed esporta dal Senegal, garantendo profitto a 200 mila persone, coinvolte direttamente o indirettamente nella produzione.

L’industrializzazione africana deve fare i conti con le carenze infrastrutturali del Continente, in primo luogo la fornitura di energia elettrica.

...e (soprattutto) ritorno Al momento, però, l’Africa per Pechino è soprattutto meta di esportazione: da oggetti di plastica a componenti di elettronica, dai tessuti alle scarpe, dagli utensili ai telefoni cellulari, gli economici prodotti cinesi hanno invaso i mercati africani, mettendo in crisi la già fragile industria locale. Le zone industriali dei porti africani più importanti non sono composte da imprese, ma da magazzini, dove le merci che arrivano via mare nei container vengono ammassate, in attesa di essere distribuite in tutto il Paese. Magari via treno, grazie alle linee ferroviarie che la Cina sta finanziando e costruendo in Nigeria, Tanzania, Zambia, Botswana. O anche su strada: dall’Etiopia al Mozambico, dal Rwanda all’Angola, Pechino sta ricostruendo il manto stradale in quasi tutta l’Africa subsahariana.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 61 |


| internazionale | resistenze quotidiane |

| effetto crisi || internazionale |

Vivere a vent’anni nei territori occupati

Inverno greco Un Paese congelato

Nella foto in alto la tomba di Yasser Arafat, leader di Fatah, a Ramallah. In basso giovani volontari del campo di lavoro di Beit Saohur.

B

SAOHUR (BETHLEM) CAMPO DI OPGAI, WEST BANK (24 Agosto 2010, h 22:00) «Jalla Jalla ta’ha ma’ana!», Mohamad e Moayad mi dicono: «Muoviti vieni con noi, svelta!». Sento sopraggiungere una musica altissima mentre corriamo verso di Erica Fraceti il centro del cortile del campo organizzato da Opgai (Occupied palestine and syrian golan heights advocacy initiative). In un batter d’occhio mi ritrovo a muovere i passi della dabkha, con 400 ragazzi e ragazze provenienti da tutta la West Bank e i volontari italiani dell’Arci. Mohamad e Moayad sono giovani della terza generazione nata nel Campo di Al Jalazoune, a Nord di Ramallah, dove in 1 chilometro quadrato vivono 180 mila persone. Come me, che arrivo dalla Lombardia, hanno 20 anni. Li incontro la sera dell’arrivo in Palestina, dove sono rimasta fino al 3 agosto, per un campo di lavoro e conoscenza organizzato dall’Arci. È attraverso i loro racconti e la visita dei territori occupati che scopro come si vive in Palestina.

al settlement di Mod’In molte famiglie palestinesi sono state cacciate dalle loro case con la forza. Alcuni l’hanno lasciata dopo averla demolita: “Se volete viverci, non lo farete tra le nostre mura”. All’interno del campo la vita è stretta: le case si affastellano le une sulle altre per sfruttare lo spazio in verticale. Le vie sono strette, ma quello è un bene - dicono - in questo modo possono scappare quando arrivano i militari, che, con la scusa di cercare uomini che rubano nel settlement, occupano il campo per notti intere. In quelle notti i giovani palestinesi infilano ovunque, nelle fessure delle case, bigliettini che riportano i loro desideri e il campo al mattino è pieno di carte colorate: «È anche così che combattiamo la nostra resistenza quotidiana», mi dicono. Spesso nel campo si vivono momenti di grossa solitudine e così arriva la droga, venduta a bassissimo costo dagli israeliani e dagli americani che spegne la vitalità di tanti loro amici.

La vita nel campo è “stretta”

Si contano 150 martiri nel campo, non kamikaze, ma civili uccisi senza motivo dai soldati e un centinaio di ragazzi tuttora è in carcere senza che le famiglie sappiano il perché e per quanto tempo durerà la detenzione. Sono stupita dalla tranquillità con cui mi parlano, dell’orgoglio che li fa sentire parte di una battaglia che è per prima cosa garantire i diritti fondamentali senza mai stancarsi, per sentirsi liberi giorno dopo giorno, sicuri che alla fine ce la faranno. Mi chiedo per la prima volta: “Ma io sono davvero libera?”. La dabkha ricomincia forte e nel ballo si sprigiona la voglia di libertà. Ecco le false occupazioni che scompaiono, il muro crolla, i soldati spariscono - come dice Mohamad - perché siamo liberi dentro. Le vere occupazioni sono quelle interiori e: «Finché saremo liberi dentro non avremo mai paura e non smetteremo mai di muoverci».

EIT

Mi raccontano del campo di Al Jalazoune, attorno al quale è stato edificato uno dei più grandi settlement (colonia) israeliani della West Bank. Si chiama Mod’In e ha centomila abitanti circa. Mi raccontano che si sentono soffocare dal sovraffollamento del campo e perché la colonia è stata costruita così a ridosso delle loro case che in certi punti le tocca. Il campo è presidiato notte e giorno da soldati che impediscono gli spostamenti, dentro o fuori. Per lasciare spazio

Quando i militari occupano il campo profughi, la notte i giovani palestinesi infilano bigliettini colorati ovunque | 62 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

Le vere occupazioni sono quelle interiori

.

FRANCESCO CARCANO

Il reportage di una giovane che ha partecipato al campo estivo di lavoro e conoscenza organizzato dall’Arci in Palestina tra luglio e agosto.

T

HOMAS HA TRENTACINQUE ANNI, una moglie e due figli. Da quando ne aveva quattordici lavora, come operaio specializzato, nei cantieri navali di Skaramangà, i più grandi del Paese, sulla costa occidentale dell’Attica. Da sedici mesi non riceve lo stipendio. Un da Atene Margherita Dean po’ per la crisi finanziaria internazionale e greca, un po’ per la complicatissima storia del cantiere, ceduto dallo Stato alla ThyssenKrupp AG nel 2002. In un bailamme di patti e contratti, di cessioni e vendite, per le quali lo Stato assume sempre la parte del perdente, Thomas è cresciuto nel cantiere. Poco dopo la nascita della seconda figlia, con altri 159 operai, rimane invischiato in Una calda gionata strategie industriali che lo gettano nella produzione di di agosto ad Atene. vagoni ferroviari, quelli che la ThyssenKrupp AG non Nella capitale greca durante l’estate vuole e cede a una società fantasma. Da allora Thomas e ha chiuso un negozio gli altri 159 operai non ricevono lo stipendio. dopo l’altro. Trecentomila piccole «Tutte le mattine mi alzo e vado a lavorare», racconimprese sono ta. «Non possiamo più timbrare il cartellino perché hana rischio fallimento.

A novembre ci saranno le elezioni amministrative. Thanasis Panagopoulos, giornalista greco: «I due partiti che dal 1974 si alternano al potere continuano a raccogliere l’80% dei consensi, pur essendo gli artefici della catastrofe che stiamo vivendo».

no smontato la macchinetta: così abbiamo preso dei registri e firmiamo all’entrata e all’uscita. Poi devo tornare a casa, ma quale casa? Mia moglie è disoccupata e la piccola ha appena due anni. La casa non l’abbiamo, eravamo in affitto, ma i soldi sono finiti e siamo costretti a stare dai miei genitori e suoceri, a rotazione; io dormo per terra e mia moglie sul divano, la piccola nella sua culla affianco. Tre volte all’anno, a Pasqua, Natale ed Agosto, la Cassa di disoccupazione mi elargisce 500 euro, questo è tutto quello che ho, oltre ai debiti».

L’apatia di Atene Mi guardo intorno: sono nel centro di Atene, ma la città da mesi è quasi quieta, quasi silenziosa, questa non è la capitale che conoscevo caotica e rumorosa. Possibile che il venerdì pomeriggio, in questa metà di settembre, quando un anno fa i ritmi erano scanditi dalle matricole in cerca di appartamenti in affitto, vetrine, caffè e quant’altro faceva di Atene il simbolo dell’effimero sogno europeo greco, le auto siano così poche? Conto i negozi che hanno chiuso nel solo centro durante i mesi estivi: le saracinesche abbassate travestono la dolcezza del tramonto in una deprimente domenica invernale, ma non è inverno, non è domenica e un negozio sopravissuto strilla dalla vetrina un abbattimento di prezzi, una svendita senza precedenti, una liquidazione. |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 63 |


| internazionale |

| internazionale |

«Siamo diventati un popolo di tristi personaggi abulici», dichiara Thanasis Panagopoulos, giornalista greco. «Ci siamo lasciati governare dalle stesse famiglie per più di trent’anni e abbiamo sempre votato per punire i governi uscenti, per odio, antipatia, clientelismo, mai per convinzione, visione, idee. Se è così, il Pasok al Governo dovrebbe ricevere un chiaro messaggio di dissenso alle amministrative di novembre; dopo tutto il meccanismo salva-Grecia ha portato un nuovo Medioevo. Se così non sarà, vorrà dire che altro non ci meritiamo che essere, come siamo, il gabinetto del palazzo europeo». Thanasis è duro, implacabile: «I greci sono colpevoli, hanno permesso che per due decenni almeno, quel poco di Stato sociale che c’era venisse sistematicamente ferito dalla corruzione e dall’evasione fiscale. I due partiti che dal 1974 si sono alternati al potere continuano a raccogliere l’80% dei consensi, pur essendo gli artefici della catastrofe che stiamo vivendo. Io trovo questo molto deludente».

Una decisione politica «La verità è che il ricorso al Fondo monetario internazionale è stata una decisione politica, ben celata dietro ad una menzogna», accusa Leonidas Vatikiotis, economista e giornalista greco. «Ghiorgos Papandreou ci ha detto che

i miliardi del prestito erano necessari alla sopravvivenza del Paese. La verità è che abbiamo festeggiato le “nozze di sangue” fra gli interessi delle banche europee, detentrici del 60% del debito greco, e quelli dell’élite economica greca, affamata di lavoratori a buon mercato. È mancata la volontà di incidere con misure fiscali serie su ingenti fondi di ricchezza, come quelli della Chiesa, degli armatori e delle banche (sostenute dal Governo a più riprese con almeno 53 miliardi e tassate con aliquota del 7%)». Difficile guardare al futuro quando il più grande ospedale del Paese ha finito garze e punti di sutura e non ha i fondi per comperarne degli altri. Quest’anno le classi delle scuole saranno accorpate, maestri e professori sono corsi in più di undicimila a chiedere il pensionamento, mentre le nuove assunzioni sono pochissime. «In Grecia lo stato sociale non è mai esistito veramente», continua Leonidas Vatikiotis. «Se non si paga la mazzetta al medico si muore, se non si fanno lezioni private di recupero, non si va all’università. La corruzione ha letteralmente prosciugato l’economia privata e pubblica: si prenda il caso delle Olimpadi, nessuno sa quanto siano costate veramente. È per questo motivo che ritengo che sia necessario fare chiarezza sul debito greco. Quanto dobbiamo, a chi e da quando?».

Una vista del Partenone di Atene. Nei primi sei mesi dell’anno in Grecia gli arrivi di turisti sono calati dell’8% rispetto all’anno precedente, del 14,7% gli introiti.

tra in gioco l’attacco alla Grecia: un Paese piccolo, con un debito alto, ma non più alto di altri Paesi (non più della Gran Bretagna per esempio). Le agenzie di rating (le tre principali, Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch, sono, guarda caso, statunitensi), per prima Fitch, hanno preso di mira la Grecia, declassandone il debito pubblico e dando il via a una reazione a catena che ha spinto le banche a vendere i titoli di Stato greci e spostare la liquidità su altri titoli, per esempio proprio quelli Usa. Problema risolto.

.

FRANCESCO CARCANO

Attacco ad Atene

La teoria di Fabio Sdogati: un modo per spostare liquidità altrove, per esempio sui titoli Usa.

G

UARDANDO I NUMERI, ARRIVA LA CONFERMA di una Grecia per niente in forma. Sono stati da poco pubblicati gli indici economici del secondo trimestre 2010: il Pil è sceso del 3,7%, rispetto al secondo trimestre del 2009, la di Elisabetta Tramonto spesa pubblica si è ridotta dell’8,4%, quella privata del 4,2%; sono calate tanto le importazioni (del 13,5%), quanto le esportazioni (del 5%). Gli investimenti sono calati del 18,6%. Il turismo è diminuito del 10,2%; la disoccupazione ha raggiunto il 12%, mentre il 17% dei negozi del centro di Atene ha chiuso. L’inflazione di agosto era del 5,5%. Con questa radiografia la Grecia sta affrontando i pesanti tagli alla spesa pubblica che il governo è stato costretto a imporre per rispettare le promesse fatte all’Europa: 30 miliardi di euro in tre anni (tagli alle pensioni e agli stipendi dei dipendenti pubblici, aumenti dell’Iva, tasse più alte per carburanti, alcolici, sigarette e beni di lusso). Ue, Bce e Fmi hanno stanziato 110 miliardi di euro per salvare il debito pubblico greco (e altri 750 miliardi per intervenire in caso di bisogno di finanziamento dei debiti in scadenza di altri Paesi europei in difficoltà), ma solo a condizione che Atene si impegnasse a ridurre il de-

bito pubblico. È quanto sta accadendo. A caro prezzo per la popolazione. Era l’unica cosa da fare? Lo abbiamo chiesto a Fabio Sdogati, professore ordinario di Economia Internazionale al Politecnico di Milano e al MIP, la School of Management del Politecnico.

gna, il Portogallo o qualunque altro Paese dell’area euro che fosse stato sotto attacco. Invece ad essere attaccata è stata la Grecia. Ma avrebbero dovuto essere colpiti gli Stati Uniti, che hanno un debito pubblico immenso, a livello federale, di singoli Stati, di Comuni e di privati.

L’Europa è intervenuta in aiuto della Grecia. È stato giusto? Sebbene in economia le parole “giusto” e “sbagliato” non siano le più appropriate, possiamo dire che l’Europa non poteva fare a meno di intervenire in soccorso della Grecia, anzi, è arrivata troppo tardi. All’origine di tutto c’è il sogno di un’Europa unita, in funzione del quale si è rinunciato alle monete nazionali (che non sono solo soldi, ma rappresentano anche l’identità di un popolo). La Grecia è stata, forse fin dal suo ingresso, l’anello debole dell’area euro, ma non è molto diversa da altri Paesi e non bisogna dimenticare che il suo ingresso nell’Ue ha fatto comodo, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo. Lo stesso vale oggi per l’Estonia, di cui si prevede il prossimo ingresso nell’area, nonostante sia il Paese che sta affrontando la recessione più violenta di tutta la zona. Tutti puntano il dito contro Atene perché per entrare in Europa ha “falsificato i conti”. È vero, ma altri hanno usato metodi contabili non esattamente ortodossi, facendo “quadrare” conti che non erano certo a posto. Trichet, presidente della Bce, ha fatto bene a voler intervenire in soccorso della Grecia, perché era l’unico modo per salvare il sogno dell’Europa. Sarebbe stato lo stesso con l’Irlanda, l’Italia, la Spa-

Lei parla di un attacco. Che cosa intende? La situazione è complessa e bisogna fare un passo indietro. Con lo scoppio della crisi finanziaria nel 2007 le Banche centrali, europea e statunitense, hanno iniziato a immettere grandi quantità di liquidità nel sistema. Ma non è accaduto quanto ci si aspettava: l’economia non è ripartita, le imprese non hanno ripreso a produrre, né le banche a concedere prestiti. Ed è iniziata la “grande recessione”, con un 2009 orribile: Pil in caduta, disoccupazione in aumento, produzione in calo. I governi hanno iniziato ad applicare politiche fiscali espansive, dalla Cina (con una spesa da 586 miliardi nel novembre 2008) agli Usa (787 miliardi di dollari a febbraio 2009). Tutte politiche di spesa in disavanzo, che hanno fatto lievitare il deficit pubblico. Chi lo finanzia? Finora il debito statunitense era finanziato in notevole proporzione dalla Cina, ma questo modello si è bloccato. Si è verificato un paradosso: i governi hanno debiti altissimi, con rendimenti vicini allo zero. Sorge un problema di liquidità. E qui en-

Grecia non è molto diversa “La dagli altri Paesi dell’area euro. Sotto attacco avrebbero dovuto finire

gli Usa, che hanno un debito enorme

| 64 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

Ma la Grecia fa parte dell’Europa e questo “attacco” ha coinvolto l’euro, scatenando la reazione delle istituzioni europee, che hanno imposto pesanti tagli al governo di Atene… Non poteva accadere diversamente. La Grecia è probabilmente sempre stata l’anello debole: un reddito pro capite basso, una struttura economica debole, senza una fase di industrializzazione rilevante alle spalle. Il vero problema che oggi deve affrontare è l’assenza di un sistema efficiente di raccolta delle imposte. Il governo greco ha mobilitato ingenti risorse per censire le ricche proprietà, mai denunciate, attorno ad Atene. Il governo sta facendo un lavoro straordinario (e necessario) dal lato delle spese, ma il problema resta dal lato delle entrate. È difficile far pagare le tasse senza un sistema di imposte efficiente. Il governo ci sta provando: prima d’ora non avevo mai ricevuto tanti scontrini da parte dei commercianti di Atene. Anche se, come effetto collaterale, sta aumentando l’inflazione. Perché per dare lo scontrino, il barista ha aumentato il prezzo del caffè. La disoccupazione scende e i prezzi salgono. Come potrà uscire da questa situazione? Ci vorranno anni, con un governo più efficiente e un sistema di imposizione moderno. Il Paese ne uscirà ammodernato. Oggi la Grecia ha una sola risorsa: il turismo. È questo l’elemento da sviluppare. Per aiutare questo Paese a riprendersi dovrebbe esserci uno sforzo di politica economica per inserirla nel processo produttivo internazionale, che ormai è fatto di frammentazione e globalizzazione dei processi produttivi. Il governo ci sta provando con la ricerca e sviluppo. Ormai avviare un settore industriale e manifatturiero sarebbe impossibile. Invece ci sono ottimi ricercatori greci in tutto il mondo. Questi sono i settori su cui Atene dovrebbe puntare: il turismo, la ricerca e la cultura. (www.scenarieconomici.com)

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 65 |


| internazionale |

| bancor |

APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE

3 ottobre BRASILE ELEZIONI PARLAMENTARI E PRESIDENZIALI 131 milioni di brasiliani si recano alle urne per scegliere il nuovo presidente: Luiz Inácio Lula da Silva non può, infatti, essere eletto per la terza volta consecutiva. Assieme alle presidenziali si svolgeranno anche le votazioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato. Il 31 ottobre il secondo turno elettorale. I sondaggi mostrano una crescita di interesse per la candidata Dilma Rousseff del Pt, (Partito dei lavoratori) lo stesso partito di Lula. Il presidente uscente ha assicurato tutto il suo appoggio alla campagna della Rousseff. Favorito per ora nei sondaggi José Serra (Psdb), leader del Partito della social democrazia brasiliana e attuale governatore dello Stato di San Paolo. 3 ottobre BOSNIA ERZEGOVINA ELEZIONI PARLAMENTARI E PRESIDENZIALI

6 - 10 ottobre FRANCOFORTE (GERMANIA) FRANKFURTER BUCHMESSE Ospite d’onore della 62ma Fiera del libro di Francoforte è l’Argentina, nello stesso anno in cui si festeggia il duecentesimo anniversario dalla proclamazione dell’indipendenza del Paese latino americano dalla Spagna. All’edizione 2010 saranno presenti oltre 6.900 case editrici di 110 Paesi. www.buchmesse.de/en/fbf 8 ottobre STOCCOLMA (SVEZIA) PREMIO NOBEL PER LA PACE La Fondazione Nobel annuncia il conferimento del premio Nobel per la Pace www.nobelprize.org

9 - 11 ottobre WASHINGTON DC (STATI UNITI) MEETING ANNUALE DEL FMI E WB Annuale incontro dei vertici del Fondo monetario internazionale e Banca mondiale. www.imf.org/external/am/index.htm | 66 | valori |

ANNO 10 N.83

|

12 ottobre MONDO GIORNATA GLOBALE DI AZIONE PER LA GIUSTIZIA CLIMATICA I movimenti sociali e le reti internazionali, tra cui Climate Justice Now!, nel corso del Forum sociale europeo di luglio a Istanbul hanno lanciato un appello a tutti i soggetti sociali, i comitati, le reti, le organizzazioni di base ed i singoli cittadini per ricominciare a mobilitarsi di fronte ad una crisi economica, sociale ed ecologica senza precedenti. 15 ottobre MISSIONI UNITED NATIONS Il mandato del comitato di esperti che osservano la riuscita dell’embargo sul traffico di armi nel Darfur (Sudan) scade e nello stesso giorno scade anche il mandato di stabilizzazione Un ad Haiti. 15 - 17 ottobre BUCAREST (ROMANIA) RIUNIONE EUROPEA 2010 DELLA TRILATERAL COMMISSION (TC) Riunione regionale della Trilateral Commission, il club dei potenti fondato nel 1973 da David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan Bank con alcuni membri del gruppo Bilderberg e del Council on Foreign Relations, tra i quali Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski. Carlo Secchi docente di economia e già rettore dell’Università Bocconi, presidente della rappresentanza italiana formata da 18 membri, ha spiegato che «I Balcani sono una regione importante sul piano strategico, territorio di confine con Paesi non membri della Commissione e vicini alla Turchia, meta sempre più appetibile per gli investitori occidentali». A Bucarest la Tc si occuperà anche di agricoltura. www.trilaterale.it

16 ottobre GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE Contemporaneamente alle manifestazioni per la Giornata mondiale dell’alimentazione, indette dalla Fao, (l’agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione) la Via Campesina organizza una Giornata mondiale di mobilitazione contro la multinazionale Monsanto, gli Ogm e i padroni dei brevetti. Via Campesina è il movimento internazionale che raggruppa le organizzazioni contadine e di lavoratori agricoli di svariate parti del mondo, che si pongono tra gli obiettivi la sovranità alimentare dei popoli. www.viacampesina.org

OTTOBRE 2010

|

A CURA DI PAOLA BAIOCCHI | PER SEGNALAZIONI SCRIVERE A BAIOCCHI@VALORI.IT

24 ottobre IRAQ CENSIMENTO COMPLETO Rinviato di un anno e molto contestato nelle sue modalità che discriminerebbero su base etnica, si svolgerà durante il mese di ottobre il primo censimento completo dell’Iraq dopo 23 anni. Si stabilirà qual è il numero degli iracheni all’estero e quanto siano stati costretti a muoversi al suo interno, durante i sette anni di guerra.

24 ottobre REPUBBLICA DEL NIGER REFERENDUM COSTITUZIONALE Dopo il colpo di Stato dei militari del febbraio 2010, che ha spodestato Mamadou Tandja e ha insediato un Consiglio supremo per la restaurazione della democrazia, il Niger si reca alle urne per votare il referendum costituzionale che precede le elezioni parlamentari e presidenziali del 26 dicembre 2010. 28 - 31 ottobre PALESTINA WORLD EDUCATIONAL FORUM Si svolge per la prima volta in Palestina il Forum mondiale dell’educazione. Promosso dal Coordinamento delle Ong palestinesi, dal sindacato degli insegnanti e dalle Università, il Forum è un tentativo della società civile palestinese di uscire dall’isolamento in cui è costretta a vivere dall’occupazione. Il Forum sociale mondiale ha dato il suo sostegno all’iniziativa, così come la Rete europea dell’educazione di cui fanno parte tutti i sindacati europei del settore. L’evento non potrà essere centralizzato per le limitazioni alla libertà di movimento che si vivono nei territori occupati. Si svolgerà allora in cinque città: Gaza, Gerusalemme, Ramallah, Haifa e in un campo profughi di Beirut. www.wef-palestine.org 2 novembre STATI UNITI ELEZIONI DI MIDTERM Ogni due anni la Camera viene completamente rinnovata, così come un terzo dei seggi del Senato. Le votazioni che si svolgono esattamente dopo due anni dall’insediamento del presidente, indicano il gradimento che la presidenza

conserva. I repubblicani puntano a raccogliere considerevoli successi.

8 - 12 novembre VIENTIANE (REPUBBLICA DEMOCRATICA POPOLARE DEL LAOS) PRIMA RIUNIONE DEGLI STATI MEMBRO DELLA CONVENZIONE SULLE MUNIZIONI A GRAPPOLO Dopo l’entrata in vigore il 1°agosto come legge internazionale della Convenzione (non ratificata dall’Italia), si svolge la prima assemblea degli Stati firmatari, a Vientiane capitale della Repubblica democratica popolare del Laos, un Paese che ha subito ingenti bombardamenti con bombe a grappolo statunitensi. Obiettivo della riunione è quello di mobilitare il maggior sostegno possibile al Trattato, per raggiungere la sua universalizzazione. www.clusterconvention.org

11 - 12 novembre SEUL (COREA DEL SUD) G-20 Il quinto incontro dei capi di governo dei G-20 si svolgerà per la prima volta in una nazione non appartenente al gruppo G-8 delle economie più industrializzate. Il tema del vertice sarà il mondo post crisi. www.g20.org 28 novembre HAITI ELEZIONI PARLAMENTARI E PRESIDENZIALI Le elezioni presidenziali, che si sarebbero dovute tenere nel febbraio, sono slittate a causa del sisma del 13 gennaio. L’attuale presidente, René Préval, molto contestato per la gestione del dopo terremoto, non potrà candidarsi, perché la Costituzione impedisce che possa correre per un terzo mandato quinquennale. 29 novembre – 10 dicembre CANCUN (MESSICO) 16° SUMMIT SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI (COP 16) 16ma edizione dell’incontro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Dopo l’insoddisfazione per i risultati di Copenaghen, i movimenti per la giustizia climatica attendono ora un segno di svolta sostanziale.

L’ossimoro di Marchionne

Il pericolo trading sui diritti dal cuore della finanza londinese Luca Martino

N

ON ME NE VOGLIA SERGIO MARCHIONNE se prendo spunto dal suo attesissimo intervento al Meeting di Rimini

2010 per affrontare il discorso sulle dinamiche economiche e sociali della globalizzazione. Per grandi che siano le imprese per le quali lavora o ha lavorato, non è certo il referente unico del capitalismo mondiale o il responsabile ultimo delle iniquità del mercato globale. La sua, anzi, è una figura sui generis tra gli odierni capitani d’impresa: alle indiscutibili doti da uomo d’industria, tutti gli riconoscono anche una solida preparazione e un’intelligenza emotiva fuori dal comune, frutto anche di alcune tragiche esperienze familiari e delle difficoltà vissute da giovane migrante. L’attuale amministratore delegato di Fiat-Chrysler impersonifica, in un certo senso, molti aspetti del sistema socio-economico dominante: per questo aspettavo di sentire il suo parere informato rispetto alle domande che tutti noi ci poniamo sul senso e il non-senso della globalizzazione e sullo sviluppo ineguale del benessere. E sono questi i temi che difatti Marchionne ha introdotto all’inizio del suo intervento, proponendosi di affrontarli «senza la presunzione di avere la verità in tasca, ma con onestà intellettuale». Dopo pochi minuti, però, è tornato a fare quello che sa fare meglio e ha ridotto la sua testimonianza a una sorta di road-show aziendale nel quale ha ripercorso le tappe della sua vita personale e della sua carriera, ha esaltato la storia recente di una delle società per la quale lavora, per poi perdersi nella cronaca locale del caso Melfi, dimenticando la natura globale del suo ruolo. Marchionne alla fine qualcosa ha detto sulle dinamiche socioeconomiche del mondo che ci è dato di vivere: «Rifiutare il cambiamento Sarebbe questo significa rifiutare il futuro; non risolveremo niente se rimaniamo agli anni il modello di un futuro Sessanta, alla lotta tra capitale e lavoro». E nel riproporre la solita ricetta “meno diverso e l’orizzonte del e maggior flessibilità”, ha fatto proiettare sullo sfondo alcune immagini cambiamento che molti, costi particolarmente concilianti: una lente a contatto di color azzurro, una sala inspiegabilmente per riunioni sotto un cielo sereno, un’impronta sulla sabbia. C’era anche un manager Marchionne, rifiutano? che, vestito di tutto punto, guardava l’orizzonte in piedi, davanti a una siepe, e che sembrava l’uomo che Rousseau, nel suo “Discorso sull’origine e le fondamenta delle diseguaglianze tra gli uomini”, indicava come il fondatore della società civile e, al tempo stesso, delle ingiustizie e delle disgrazie dell’umanità quando per primo esclamò: “Ceci est à moi” (questo è mio). Proseguendo nel suo discorso Marchionne ha scelto di non spendere più neanche una parola sulla crisi del capitalismo; sulle responsabilità e le implicazioni della recente crisi finanziaria; sulle dinamiche sociali di questa globalizzazione, che continua a lasciar morire di stenti ogni giorno milioni di persone nel Sud del mondo e vuol condannare alla precarietà gran parte della popolazione nell’Occidente, dove i capitani d’industria come Marchionne guadagnano in un’ora quello che gli altri, quasi tutti, guadagnano in un mese. Sarebbe questo allora il modello di un futuro diverso e l’orizzonte di quel cambiamento che molti, inspiegabilmente secondo Marchionne, si ostinano a rifiutare? Quella che lui chiama ostilità è l’inquietudine di chi teme che, in un’epoca in cui si negozia su tutto, nel calderone della mercanzia finisca anche quello “stato di diritto” che le democrazie occidentali, almeno sulla carta, difendono da secoli e che anzi dovrebbero impegnarsi a esportare. Presentare un sistema sociale auspicando che sia più “giusto” di quello di oggi, anche se accresce chiaramente il divario tra vincitori e vinti, non appare un pregevole esercizio di onestà intellettuale, un concetto arduo per tutti, politici ed economisti, ma tutt’al più un ossimoro per gli uomini o i risanatori d’impresa come Marchionne. todebate@gmail.com

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 67 |


|

economiaefinanza

|

|

altrevoci a cura di Michele Mancino

narrativa

SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A MANCINO@VALORI.IT

L’INDUSTRIA DELL’INFELICITÀ È RICCA DI FARMACI

ECONOMIA ED EMOZIONI NELLE SCELTE QUOTIDIANE

L’ASCESA DELL’ASIA È UN MIRACOLO

IN DIFESA DI IPPOCRATE CONTRO LE LOBBY

DONNE E ISLAM UNA STORIA SENZA DIRITTI

ANDREOTTI E LE GAFFE SU GIORGIO AMBROSOLI

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) la depressione si candida a diventare il primo problema sanitario, sopravanzando anche le malattie cardiovascolari. Il fenomeno appare dunque dilagante, epidemico. Che cosa è successo? Una tale dirompenza non si spiega con le interpretazioni tradizionali, da quella sociologica, che accusa i modi di vita attuali di generare sempre più infelicità e sofferenza, a quella organica, che chiama in causa la predisposizione genetica, a quella clinica, che si focalizza sulla cattiva strutturazione intrapsichica del soggetto. Quale ruolo hanno invece gli psicofarmaci? Secondo Philippe Pignarre, per comprendere davvero i motivi di questa epidemia senza agente infettivo occorre partire dai metodi di cura, più che dalle cause. Nella sua funzione di direttore della comunicazione di un’industria farmaceutica, acquisita da un gigante del settore, per molti anni ha potuto osservare da vicino i dispositivi finalizzati a creare il mercato della depressione, a cui sono destinati enormi investimenti. Primo fra tutti, il protocollo che governa i test sui farmaci, esempio perfetto di circolarità tra diagnosi e terapia: definiamo “depressione” quella vasta area di disagio psichico che guarisce grazie agli antidepressivi. Area suscettibile, di per sé, di estendere permanentemente i propri confini.

Scommettere, investire, entrare in competizione, negoziare, vendere e comprare sono tutte attività economiche quotidiane, entrate nell’ordinarietà delle persone. L’economia e la matematica applicata non spiegano però che cosa ci sia dietro la decisione di una persona di correre dei rischi, rispetto a chi sceglie di non correrli. Oppure perché le abitudini rimangono tali anche quando nel tempo si sono rivelate dannose. A questi e ad altri quesiti, riguardanti il comportamento di chi prende decisioni nell’economia, cerca di rispondere il libro di Sacha Gironde, docente di Comportamenti economici. La neuroeconomia è una scienza ancora agli inizi che attinge dalle conoscenze della neurologia e a quelle dell’economia. Il suo scopo è aiutare a comprendere come le emozioni influenzino le nostre scelte e quali attività neurali siano coinvolte nelle decisioni economiche. Insomma, cerca di capire come il cervello fa i nostri interessi.

In poco più di una generazione l’Asia è emersa da secoli di immobilismo economico per diventare il continente emergente nell’economia mondiale. Una trasformazione così spettacolare da poter essere definita “miracolo”. L’autore va oltre l’analisi industriale, per addentrarsi nei percorsi delle persone simbolo del miracolo: politici, imprenditori, dittatori, democratici, generali, tecnocrati, economisti e ingegneri. Sono i protagonisti della lotta per la conquista del benessere. Alcuni da tempo catturano l’immaginazione mondiale, come per esempio il riformatore cinese Deng Xiaoping o il fondatore della Sony, Akio Morita. Tutti uniti da un obiettivo comune: guidare il proprio Paese sulla via della prosperità. Questo libro offre lo spaccato di un intero continente e delle dinamiche che l’hanno condotto alla prosperità. E, arrivando fino al presente, ci offre un quadro delle ripercussioni sull’economia globale, delle possibilità che l’Asia può riservare all’Occidente e nuovi stimolanti esempi da seguire.

Basta leggere l’indice per essere incuriositi da questo libro di Domenico Mastrangelo, professione ematologo, oncologo e omeopata. Sentir parlare di “medicina che fa male, che non guarisce, che uccide” o, peggio, di “mafie mediche”, fa subito capire che dei temi in esso contenuti non si parla molto spesso nei media tradizionali. Il grande merito dell’autore, impegnato a lungo negli Usa e ora all’università di Siena, sta nel modo, semplice e diretto, scelto per trasmettere un messaggio cruciale per la nostra salute: oggi la medicina è troppo spesso un business, un “braccio armato a difesa degli interessi economici dell’industria” e non un servizio per il bene delle persone. È il “tradimento di Ippocrate” che dà il nome al libro e che impone ai pazienti, almeno a quelli più attenti e consapevoli, di impegnarsi in prima persona, per evitare imbrogli e false illusioni. Non tanto un atto d’accusa contro la classe medica quanto un atto d’amore nei confronti della vera medicina.

L’autore per scrivere questo romanzo parte da un crudo fatto di cronaca, l’omicidio di Hina Saleem, la giovane pachistana uccisa nel 2006 dal padre in provincia di Brescia perché voleva vivere “all’occidentale”. Il libro di Grugni indaga sulla condizione femminile e sulla laicità dello Stato meglio di un saggio, in un modo efficace sia sul piano del contenuto che della forma. La storia, ambientata nella provincia toscana, racconta la vicenda di Amina, una ragazza marocchina uccisa dal padre perché non era una buona musulmana. È stata ritrovata avvolta in un lenzuolo con il volto rivolto alla Mecca. La stessa sorte rischia la sorella, condannata a morte e per questo ricondotta a Marrakech in Marocco. Quelli sono i giorni in cui le cronache dei giornali sono occupate dalla morte di Michael Jackson. Un italiano viene a conoscenza della situazione e per lui sarà inevitabile tentare di salvarla.

Alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal senatore a vita Giulio Andreotti alla trasmissione “La Storia siamo noi” sulla figura di Giorgio Ambrosoli, definito come uno che «Se l’andava cercando», Valori ripropone un libro scritto molti anni fa dal giornalista Corrado Stajano: “Un eroe borghese”. In quelle mirabili pagine si ripercorrono le vicende dell’avvocato Ambrosoli, dalla nomina a liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona fino al suo assassinio, avvenuto l’11 luglio del 1979 per mano di un sicario mafioso. Ambrosoli, a differenza di molti politici di allora e di oggi, era un uomo che aveva il senso dello Stato, rispettava le regole, credeva nelle istituzioni e soprattutto non voleva che i danni provocati da un banchiere criminale, qual era Sindona, ricadessero sulla collettività e sui risparmiatori.

SACHA GIRONDE LA NEUROECONOMIA

MICHAEL SCHUMAN IL MIRACOLO

DOMENICO MASTRANGELO IL TRADIMENTO DI IPPOCRATE

STEFANO APPOGGI SE NON FOSSE

Il Mulino, 2010

Tropea, 2010

2010, Salus Infirmorum

Fortepiano, 2010

PHILIPPE PIGNARRE L’INDUSTRIA DELLA DEPRESSIONE

Bollati Boringhieri, 2010

|

CORRADO STAJANO UN EROE BORGHESE

Einaudi, 2005 PAOLO GRUGNI ITALIAN SHARIA

Perdisa, 2010

L’AMORE IN “GIALLO” PER SUPERARE LA MALATTIA PERCHÉ POSSIAMO (MA NON DOBBIAMO) ESSERE CRISTIANI NEL TERZO MILLENNIO «Come posso rendere ragione oggi della mia irrinunciabile fede in Gesù di Nazareth ai miei figli che da piccoli non ho battezzato e che ora sono persone adulte e consapevoli? E come rispondere al matematico Odifreddi che ritiene il cristianesimo una religione per cretini? Può avere un senso pronunciare oggi, all’inizio del terzo millennio, parole come Dio padre, creazione, peccato, colpa, redenzione, giudizio finale, Trinità, Spirito Santo? A che serve pregare? E chi pregare? ». Gilberto Squizzato si interroga sulla fede messa in crisi dalla postmodernità. Chiedersi se c’è ancora spazio per l’utopia “vivente” rappresentata da Cristo è una domanda che ha un senso profondo anche per chi afferma il primato della laicità della nostra esistenza. Questo libro è un viaggio alla ricerca del nucleo più antico ed autentico del Vangelo del falegname di Nazareth sul quale i secoli e i millenni hanno accumulato gli equivoci, i fraintendimenti, le ambiguità, di parole oggi per noi mute o incomprensibili, quelle dei dogmi e delle dottrine formulati che furono in epoche ormai remote, dentro schemi di pensiero (quelli della filosofia ellenistica) lontani da noi anni luce. Parole che dobbiamo tradurre in un linguaggio comprensibile, significativo, vitale per l’uomo del nostro tempo. GILBERTO SQUIZZATO IL MIRACOLO SUPERFLUO

Ci sono libri che faticano a trovare una collocazione “di genere”. Sono romanzi di formazione? Intimisti? D’amore? Gialli? Non si può dire, una loro collocazione troverebbe sicuramente giudizi del tutto contrastanti. Questo romanzo di Stefano Appoggi, alla sua seconda prova letteraria, rientra a pieno titolo in questa querelle: riesce, infatti, a essere contemporaneamente un romanzo di formazione - ancorché il protagonista non sia un ragazzino, ma un professore convalescente a seguito di un tumore - un romanzo d’amore - platonico - e un giallo, di quelli la cui soluzione si legge nell’ultima pagina. Veloce nello svolgimento e piacevole nella lettura, “Se non fosse” è un libro che fa riflettere e sorprende il lettore: le numerose digressioni filosofiche tendono a creare l’humus su cui il personaggio principale - in cui non è difficile identificarsi, almeno per qualche carattere - diventa voce critica e sferzante, che obbliga all’approfondimento. Ma subito dopo, con una svolta di grande sapienza narrativa, il libro prende una piega inaspettata, creando un plot e sostenendosi come un vero e proprio giallo.

Gabrielli editori, 2010

| 68 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 69 |


|

terrafutura

|

|

A PESARO BENESSERE ALL’OLIO D’OLIVA

DAL PALLET SOSTENIBILE AL GREEN MARKET

Micro-laboratorio, maxisostenibilità. Perché la cosmetica è il regno delle multinazionali, ma non tutti sono “buoni” a farla. L’alternativa nasce allora dall’autoproduzione di creme e oli per il corpo, shampoo e bagnoschiuma realizzati solo con ingredienti naturali e biologici (burro di cacao, olio di germe di grano, burro di karitè , olio di cocco, spezie profumate, cera d’api vergine) che nel 2006 hanno avviato Lucia e Luigi con La Saponaria, piccola realtà commerciale nata dall’esperienza del gruppo di acquisto solidale di Pesaro. Pochi mezzi, ma idee chiare e un sito web ben strutturato per fare acquisti e saperne di più. L’olio extra vergine d’oliva è l’ingrediente base dei loro cosmetici, ma anche una scelta di responsabilità, visto che si tratta di un prodotto locale e che tale impiego permette di limitare quello di olio di palma, causa di deforestazioni. Ma non è tutto. La Saponaria propone anche corsi per diffondere le pratiche di autoproduzione , ridistribuisce le materie prime a chi fosse interessato, fa produzioni personalizzate per conto terzi e, quando capita, sostituisce alla moneta forme di scambio “in natura”.

Tutto comincia dal green pallet, cioè dall’idea - nata da un’impresa di Viadana (MN), la Palm spa - di produrre, riparare e riciclare i bancali in legno per il trasporto merci in modo che possano definirsi eco-compatibili. Il progetto green pallet è realizzato con legno italiano proveniente da una filiera sostenibile certificata, ricavato da boschi di pioppo ricostituiti progressivamente in nome della biodiversità e assemblato con chiodi a basso contenuto di piombo in un’azienda che usa un parco veicoli a ridotte emissioni. Un’idea che si è sviluppata, nel 2004, in un “network informale” di imprese amiche dell’ambiente. La Palm, oggi, dal green pallet ha derivato anche una linea di eco-arredo da giardino e di allestimenti fieristici a basso impatto ambientale, ed è diventata membro di Ecofriends. Quest’ultima, che nel frattempo si è aperta ad altre filiere sostenibili, punta a mostrare alle aziende che esiste un mercato dell’eco-compatibile che rende conveniente investire per rispettare l’ambiente e, nello stesso tempo, sottopone tali imprese al giudizio di sostenibilità dei consumatori. www.ecofriends.it www.greenpallet.it

www.lasaponaria.it | 70 | valori |

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

|

IN SICILIA I PANNOLINI DIVENTANO ECOLOGICI

FUNERALI SOSTENIBILI COME ULTIMA FRONTIERA

UN OROLOGIO CHE VIVE PER 10.000 ANNI

C’era una volta a Milano un’officina che riparava e vendeva biciclette, ma non solo, promuoveva la cultura delle due ruote a pedali e faceva inserimenti lavorativi con borse-lavoro, accogliendo ragazzi in carico ai servizi sociali della città. C’era una volta e c’è ancora, la Ciclofficina Barona, e continua a fare ciò di cui abbiamo detto sopra, Ma, visto che l’esperienza ha funzionato e la sua parte commerciale è cresciuta, accanto ad essa è nata anche l’associazione Miraggio, sviluppata nel 2005 per non perdere di vista gli obbiettivi sociali e culturali delle origini. Miraggio segue progetti che favoriscono la mobilità ciclistica e lo fa in molti modi: allestisce “ciclofficine volanti” sul territorio e laboratori temporanei durante eventi nelle aree periferiche, giornate in cui a disposizione di tutti ci sono attrezzi e competenze per la riparazione e messa su strada dei velocipedi; collabora con case-famiglia e altre comunità di ragazzi in affido al Comune di Milano o con le scuole dei comuni dell’hinterland proponendo percorsi formativi di mobilità consapevole che prevedono stage di conoscenza, manutenzione e anche costruzione di biciclette oppure gite in giornata, per familiarizzare con le pedalate di gruppo, e infine vere vacanze di 2 settimane con tenda e bicicletta per l’Italia. Ma, siccome l’associazione si chiama Miraggio, cosa che con l’immagine ha ben a che fare, la bici diventa spesso anche oggetto e pretesto per girare e montare video e cortometraggi, insegnandone ai ragazzi le tecniche di base.

Appena nato e già motore dell’imprenditoria sostenibile. È il caso di un bimbo nato a Messina nel 2009: dalla volontà e curiosità di suo padre, deciso a utilizzare pannolini ecologici, è nata infatti Ecofra, azienda che si propone di diffondere prodotti e soluzioni ecocompatibili e a basso impatto ambientale sull’isola. Un percorso personale, quindi, cominciato dalla conoscenza dei biopannolini Wip e passato attraverso una rete di contatti con il mondo dei gruppi d’acquisto solidali consolidatosi nell’Agrigentino intorno allo Sbarco Gas. Ma anche insieme alle “farmacie amiche dell’ambiente”, che ha portato Ecofra a creare un canale di sostenibilità che fa distribuzione di prodotti ecologici per la casa e per l’igiene del bambino e della donna, nonché stoviglie e materiali per catering in plastica biodegradabile Mater-Bi. Una scelta imprenditoriale e commerciale, naturalmente, ma anche un orientamento etico preciso, manifestato sia dalla sezione education presente sul sito web, che dalla pagina dedicata alle certificazioni ambientali ed ecologiche necessarie.

In dieci anni negli Stati Uniti le cremazioni sono aumentate di dieci punti percentuali, passando dal 25 al 35%. In Gran Bretagna invece il rogo funebre viene scelto per il 75% dei decessi. Pudore e riservatezza sul tema non hanno favorito riflessioni, ma secondo recenti studi pubblicati dal New Scientist esiste un problema di sostenibilità di questa pratica: ogni cremazione genera circa 150 chili di anidride carbonica. Sono così state sviluppate nuove procedure come la criomazione che prevede il raffreddamento della salma con azoto liquido a 195 gradi sotto zero, pratica che ne determina la polverizzazione. Il procedimento consente un dimezzamento della produzione di CO2 nell’intero processo. In Italia la pratica non è molto diffusa e viene applicata al 10% dei decessi, con una maggiore diffusione al Nord. Nelle fiere di settore, come il Tan Expo di Bologna, tuttavia, il tema della sostenibilità del funerale e della cremazione si è posto all’ordine del giorno, con eventi speciali e dibattiti.

www.ciclobarona.net/associazione.html

www.ecofra.it

Attesa in Italia per un giro di incontri di Steward Brandt previsto a novembre. Tra i promotori della Long now foundation (Fondazione del lungo presente), Brandt è autore di libri e creatore di alcuni importanti progetti come The Whole Earth, un catalogo omnicomprensivo pubblicato a partire del 1968 in cui sarebbe stato possibile trovare ogni informazione e prodotto utile all’umanità e sviluppato partendo dall’idea che gli esseri umani avrebbero sviluppato una cultura nuova e sostenibile. La pubblicazione è stata definita da Steve Jobs (numero uno della Apple) come la vera antesignana del concetto del web. Dalla metà degli anni Novanta Brandt ha partecipato attivamente con Brian Eno allo sviluppo della Long Now Foundation, divenuta celebre per il progetto di costruire un orologio alimentato da fonti rinnovabili in grado di segnare il tempo per i prossimi 10 mila anni. La Fondazione organizza anche seminari su temi come la preservazione delle risorse naturali, l’aumento dell’aspettativa di vita, la possibilità della caduta di asteroidi sulla Terra, lo studio delle forme di intelligenza extraterrestri e la natura del tempo.

COME CAMBIA LA MOBILITÀ SE LA BICICLETTA (NON) È UN MIRAGGIO

future |

INSEGNARE IL RISPARMIO ENERGETICO CON DISNEY HTML 5 PUBBLICITÀ E DIRITTO ALLA PRIVACY Per ora è una denuncia al Tribunale di Los Angeles ma i promotori sperano si trasformi in una class action che porti sul banco degli accusati l’agenzia di pubblicità Ringleader Digital. Al centro della diatriba alcune funzionalità insite nel nuovo standard per il web Html5, considerato il futuro della Rete. Sostanzialmente, bypassando i codici sulla privacy, sarebbe stato possibile sfruttare le capacità di storage locale insite in Html5 per “mappare” le abitudini di alcuni internauti. Per le società di pubblicità e per i colossi che gestiscono i motori di ricerca avere sempre più esaustive informazioni sulle web degli utenti significa poter raggiungere un sempre più vasto potenziale mercato, in tutte le sue nicchie e segmentazioni. La causa sostiene che in questo caso il tracking degli utenti avrebbe permesso potenzialmente la creazione di un database dei siti visitati e delle abitudini in Rete, anche indipendentemente da eventuali disabilitazioni dei cookies (il sistema che segnala al server cosa vogliamo consultare in Rete e che permette quindi l’invio della pagina voluta).

|

ANNO 10 N.83

|

Il Dipartimento dell’Energia statunitense si affida alla Walt Disney per insegnare ai più piccoli il risparmio energetico. Il progetto è stato pensato con l’Advertising Council, l’associazione non profit nata negli anni Quaranta e che ha ispirato l’italiana “Pubblicità Progresso”. Ai personaggi Disney sono stati affidati i messaggi più semplici, come le indicazioni per non sprecare energia o chiudere bene i rubinetti dell’acqua. Al web è stato affidato il compito di illustrare ulteriormente questi messaggi arricchendoli di informazioni e schede descrittive, per esempio sulle energie rinnovabili. Il target di riferimento sono i bambini in età scolare cui si vuole insegnare come realizzare un effettivo risparmio energetico partendo dall’ambiente domestico e come il consumo di energia impatti direttamente sullo stato di salute del mondo. In questa direzione si muove anche il progetto Energy Star, uno strumento pensato nel 2008 per misurare il livello di sostenibilità degli ambienti domestici, cui si viene infatti instradati dal sito della nuova iniziativa educativa.

OTTOBRE 2010

| valori | 71 |


|

indiceverde |

VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

PAESE

Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways

Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari

Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania

CORSO DELL’AZIONE 24.09.2010

RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 24.09.2010

0,61 € 30,50 € $ 0,61 $143,23 $7,68 47,99 € CHF 30,00 28,05 € £51,75 4,90 € kr 19,62 18,31 € 77,00 € 19,88 € 1,63 € 8,77 € 3,12 € $13,43 $9,35 4,57 €

-85,61% 3,28% -82,42% 17,27% 52,05% -36,29% 109,44% -8,00% -62,40% -86,42% -74,74% -4,54% 72,11% 21,29% -46,38% -55,97% -87,27% -60,90% -54,63% 63,21%

-20,35% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Il solare verso la sconfitta in Borsa a cura di Mauro Meggiolaro

M

UN’IMPRESA AL MESE

ANCA SOLO UN MESE. Poi la gara tra solare e resto del mondo sarà finita. Due anni fa abbiamo lanciato – 20,35% Valori Solar Energy Index l’indice Valori Solar per gioco, per vedere come sarebbero andate in borsa le società che producono pannelli solari e Eurostoxx 50 + 6,24 confrontarle con la media del mercato. Finora il confronto l’ha vinto di gran lunga il mercato. L’indice solare di Valori chiude settemRendimento dal 15.10.08 al 24.09.2010 bre con un –20,35% complessivo contro il +6,24% del Dow Jones Eurostoxx 50. PV Crystalox www.pvcrystalox.com I motivi di questa sconfitta sono principalSede Abingdon - GB mente due: la crisi finanziaria, che ha chiuso i Borsa LSE - Londra rubinetti del credito e dei sussidi pubblici per le Rendimento dal 15.10.08 al 24.09.2010 –62,40% rinnovabili, e la concorrenza sempre più spieAttività Fondata nel 1982, PV Crystalox è una piccola impresa inglese del solare che esporta oltre il 75% della sua produzione (celle fotovoltaiche) in Asia. Nel 1996 è stata la prima società a sviluppare tata tra le società del solare, che ha portato a la tecnologia “policristallina”, che è poi diventata uno standard del settore. una riduzione dei margini di guadagno. Se fino Ricavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2008 a qualche anno fa si temeva che scoppiasse “la 333 274,1 103,194 2009 bolla del solare” (vedi Valori luglio/agosto 237,3 257 2005), ora possiamo dire che la bolla si è sgonfiata ancora prima che la speculazione riuscisse a gonfiarla. È una magra consolazione, lo 29,559 sappiamo. Ma di questi tempi è quello che passa il convento.

.

|

ANNO 10 N.83

|

OTTOBRE 2010

| valori | 73 |


| benvenuto |

Passaggio del testimone

Un nuovo direttore editoriale

C

Valori, la recente mia nomina a presidente di Banca Etica mi ha portato alla decisione di lasciare l’incarico di direttore editoriale della rivista Valori. È questa pertanto l’ultima volta che mi rivolgo a voi in questa veste. Sono contento del lavoro fatto, di quello che ho imparato, delle persone e delle storie incontrate. Passare il testimone è anche un’occasione importante per segnalare la rilevanza, in realtà come questa rivista, di dare spazio ad altre persone, ad altre idee, condizioni necessarie per poter evolvere e intraprendere strade nuove, senza dimenticare la storia e la missione di Valori, in poche parole garantire il cambiamento nel rispetto di quanti hanno contribuito a rendere questa rivista uno strumento importante di informazione con un suo stile e una sua forte credibilità. Di questo devo ringraziare i compagni di viaggio in questa avventura, quindi la Cooperativa Editoriale Etica con i suoi importanti soci (Arci, Circom. Soc. Coop, Cnca, Cooperativa Sermis, Ecor, Editrice Monti, Fabi, Federazione Trentina delle Cooperative, Fiba Cisl Brianza, Fiba Cisl Nazionale, Mag 2, Publistampa Arti Grafiche, Transfair Italia, Vergara) e tutti i giornalisti della redazione oltre che voi “valorosi” lettori. Insieme, è stato deciso di passare il testimone a Mariateresa Ruggiero, attuale Direttrice della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, proprietaria della testata, a lei passo la “parola”. Ugo Biggeri

ARI LETTRICI E LETTORI DI

.

B

UON GIORNO A TUTTI E TUTTE,

| 74 | valori |

***

mi sento onorata nell’assumere questo ruolo ed emozionata nell’intraprendere una nuova avventura. Poche parole per presentarmi. Lavoro per Banca Etica ancor prima che essa nascesse e nella banca ho ricoperto vari incarichi, da segreteria del Cda a responsabile dell’ufficio soci fino ad essere distaccata nella Fondazione Responsabilità Etica in qualità di Direttore ormai da tre anni. Con Ugo spesso ci confrontiamo su come potrebbe crescere la rivista, su come potrebbe dare un migliore contributo alla comprensione di un mondo sempre più complesso. E con lui abbiamo condiviso l’esigenza di far sì che essa continui a stimolare domande in primis tra i giornalisti e l’editore, ma anche e soprattutto tra i lettori. Ma il fare le domande “giuste” non è che l'inizio della ricerca e del lavoro. Il valore di questo percorso sta nel trasformare la semplice lettura degli articoli in occasioni di coinvolgimento dei lettori nella ricerca. È nel “valore” della capacità di interrogare e interrogarsi, della continua tensione a cercare risposte e nell’apertura, dello scambio che sento risieda la ricchezza di questo giornale e io spero di potermi fattivamente mettere al suo servizio e continuare Mariateresa Ruggiero nella strada intrapresa.

.

R

Sospensione rata Mutui: sospensione dei rimborsi delle rate dei mutui alle famiglie in difficoltà. Credito per i nuovi nati: prestito personale con condizioni agevolate alle famiglie con nuovi nati nel triennio 2009/2011. Credito per studenti “Diamogli credito”: prestito personale a condizioni agevolate per studenti universitari italiani e stranieri,

di età compresa tra i 18 e i 35 anni. Prestito della speranza: prestito personale a condizioni agevolate per famiglie bisognose che abbiano perso ogni fonte di reddito. Anticipazione sociale dell’indennità di Cassa Integrazione: agevolazione a favore dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti di aziende sul territorio nazionale.

Essere attenti al sociale significa ascoltare, conoscere e sostenere tutte le famiglie e le persone interessate dalla difficile congiuntura economica. Ai nostri clienti e a chi vuole diventarlo è dedicato il nostro lavoro quotidiano. Per maggiori informazioni

AGENZIE DI BANCA POPOLARE DI MILANO www.bpm.it

***

UGO BIGGERI, per il prezioso contributo che ci ha dato, per l’esperienza condivisa, per la sua disponibilità al confronto. E diamo un caloroso benvenuto a Mariateresa Ruggiero, che conosciamo e apprezziamo da tempo, con cui siamo felici di continuare l’avventura di realizzare questa rivista che amiamo tanto e che cercheremo di migliorare sempre. la redazione di Valori INGRAZIAMO DI CUORE

ANNO 10 N.83

.

|

OTTOBRE 2010

|

Prendere visione delle condizioni economiche mediante i Fogli Informativi disponibili presso ogni agenzia BPM (D.Lgs. 385/93). Il presente messaggio ha finalità esclusivamente promozionali. L’erogazione del finanziamento è subordinata alla normale istruttoria da parte dell’agenzia.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.