Mensile Valori n. 89 2011

Page 1

Anno 11 numero 89. Maggio 2011. € 4,00

valori DOROTHEA SCHMID / LAIF

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità C l’inocntinua h Ingr iesta edie mad in nti a rie sch Italy il pe io: s a pa ce g. 50

Dossier > L’Italia ha un ritardo di innovazione decennale. Serve una politica industriale

La bella economia Finanza > Nulla di nuovo allo sportello: alti rischi dietro promesse di guadagni facili Economia solidale > Dal “Villaggio della solidarietà” il diritto alla fuga per salvarsi Internazionale > L’Islanda ha staccato la spina alle banche ed è risalita dagli inferi Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


| editoriale |

®

M Mater-Bi ater-Bi: puro puro impegno impegno ambientale ambientale

Cercasi palestre

di creatività Mater-Bi Mater-Bi® is a trademark of Novamont SpA

di Vincenzo Barone

si sono occupate di risolvere i problemi separatamente producendo sostanze sempre più efficienti per gli scopi che man mano venivano proposti, senza valutare approfonditamente l’impatto ambientale dei prodotti e la sostenibilità nel medio e lungo periodo dei processi produttivi. Oggi sono possibili e praticabili scenari ‘virtuosi’ in cui, ad esempio, vengano usate come materie prime fonti rinnovabili al posto del petrolio, o gli scarti di un processo produttivo divengano i prodotti di partenza di un altro, in un quadro complessivo più integrato, sostenibile e razionale. Spetta però alla politica il compito di creare le condizioni che consentano a questa nuova visione di affermarsi, sia perché essa sottende una significativa riconversione industriale, sia perché è necessaria un’interazione maggiore tra industrie e ricerca avanzata che deve essere opportunamente guidata e motivata. Anche se esistono alcuni esempi di questo tipo nel campo delle plastiche biodegradabili, dei prodotti per la bioedilizia o della concia ecologica delle pelli, essi tuttavia sono generalmente molto localizzati e di piccole dimensioni. In termini di innovazione, di competitività, ma anche di sostenibilità e compatibilità ambientale dei processi, le piccole e medie imprese (Pmi) potrebbero ricavare un enorme beneficio dall’accesso ad una ricerca di alto livello; tuttavia, per motivi strutturali ed economici, una ricerca di questa portata non può essere realizzata all’interno della Pmi. In altre parole, una gestione meno episodica dell’interazione con le strutture pubbliche di ricerca è strategica per garantire una focalizzazione L’AUTORE sull’innovazione industriale, ma al tempo stesso per consentire la pianificazione di obiettivi a medio e lungo periodo, difficilmente accessibili con gli strumenti tradizionali. Vincenzo Barone È logico che questo tipo di interazioni si basi sull’individuazione di specifici ambiti strategici, Nato ad Ancona l’8 novembre 1952, identificati sia in base al loro radicamento nello specifico contesto territoriale, sia per le prospettive è professore ordinario di sviluppo e per le potenzialità applicative. Se utilizzata senza correttivi, questa prassi comporta però di Chimica fisica il rischio di causare un impoverimento di un panorama che è ricco e vario sia sul piano della ricerca, sia dal novembre 1994. delle realtà produttive. Se la grande maggioranza degli sforzi organizzativi e finanziari oggi si concentra Dal 1°gennaio 2009 su pochissime aree (medicina e fisica delle alte energie soprattutto), questi settori importantissimi, è stato chiamato che meritano investimenti ingenti, non sono, però, omnicomprensivi e non possono da soli trainare a ricoprire tutti gli sviluppi scientifici e industriali necessari al Paese. la nuova cattedra In senso anche più radicale, è cruciale salvaguardare uno spazio ragionevole per la ricerca di Chimica teorica e computazionale presso “curiosity-driven”, mantenendo in funzione delle vere e proprie palestre di creatività che rappresentano la Scuola normale una scommessa sul futuro: ricerche non immediatamente finalizzate sono state spesso foriere superiore di Pisa. di imprevedibili sviluppi, con concrete e significative ricadute non solo scientifiche, ma anche È presidente della applicative. Questo discorso porterebbe molto lontano e non può certo essere affrontato in poche Società chimica italiana righe, ma, al contempo, non può essere sempre trascurato a favore di problematiche emergenziali per il triennio 2011e di brevissimo periodo. Gli addetti ai lavori debbono, a mio avviso, rivendicare il proprio ruolo 2013. È autore di oltre decisionale assieme alle altre componenti, argomentando in maniera appropriata la validità 500 pubblicazioni su riviste internazionali dei propri punti di vista e documentando in modo oggettivo le molte eccellenze ancora presenti in Italia in questo campo, nonostante gli scarsi finanziamenti, il disinteresse della classe politica e la pessima con un totale di oltre considerazione che l’opinione pubblica ha, in modo troppo generico e disinformato, della ricerca 20 mila citazioni e un h-index di 61. nazionale e dei ricercatori operanti in Italia.

N

EL PASSATO LE SCIENZE APPLICATE

Campagna coordinata da: NOV NOVAMONT VAMONT A sarà presente a TERRAFUTURA Fortezza For tezza da Basso Firenze 20 - 22 maggio 2011

COMUNICAZIONE COMUNICAZIONE S T R AT E T I C A STRATETICA

numero verde 800 93 33 94

Mater-Bi®: dalla terra alla terra In poche settimane di compostaggio un sacchetto in Mater Mater-Bi r--Bi® si tr trasforma asforma in concime per la terr terra. a. Scegliere gliere Mater-Bi Materr-Bi - ®, in particolare per i produttori biologici, è un atto di coerenza e impegno ambientale ambientale..

Icea e Novamont insieme per l’ambiente

E

AL

ISTITUTO

EcoComunicazine.it

I

CA

R LA

Prodotto in gr grandi andi quantità e personalizzato per il settore biologico biologico, o, SA SACCHETICO CCHETICO® darà la possibilità ai produttori agricoli e agli oper operatori atori dei negozi specializzati, sacchetti che CERT di distribuire sensibilizzano la clientela, I FI veicolano una campagna di grande grande valore valore sociale e riducono l’inquinamento l’inquinamento..

ZIONE

ET

Maggiori informazioni su: www.sacchetico.it www w..sacchetico.it

PE

Icea e Nov Novamont amont propongono ai produttori biologici, a costi promozionali, il SA SACCHETICO CCHETICO®: sacchetto in Mater-Bi Materr--Bi® biodegr biodegradabile adabile e compostabile compostabile..

CA

Icea, l’Istituto per la certificazione etica e ambientale ambientale,, insieme a Novamont, Novamont, produttore della prima bioplastica italiana, hanno perfezionato un aaccordo ccordo p per er d diffondere iffondere i p prodotti rodotti iin nM Mater-Bi ater-Bi® tra tra i produttori biologici.

Cominciamo dai sacchetti sacchetti

E AMBIEN

T

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 3 |


| sommario |

valori maggio 2011 mensile

Una piscina nel mezzo della ex fabbrica Zollverein in una miniera di carbone. Uno dei molti esempi di riconversioni nell’area della Ruhr, nella North RhineWestphalia, in Germania. Nel 2010 la città di Essen, insieme a tutta l’area metropolitana della Ruhr, è stata nominata capitale europea della cultura (insieme a Pécs, in Ungheria, e Istanbul, in Turchia). È la prima volta che un’intera regione ottiene questo titolo.

editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Ava consiglio di amministrazione

Paolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva, Sergio Slavazza direzione generale

Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci

La borsa non è un

O C O I G

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

Mariateresa Ruggiero (ruggiero.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile caporedattore

Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna, Simona Corvaia (info@mokadesign.org) fotografie

stampa

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento) abbonamento annuale ˜ 10 numeri Euro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 45,00 ˜ enti pubblici, aziende Euro 60,00 ˜ sostenitore abbonamento biennale ˜ 20 numeri Euro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 85,00 ˜ enti pubblici, aziende come abbonarsi

I carta

ETICA SGR: VALORI IN CUI CREDERE, FINO IN FONDO. Etica Sgr è una società di gestione del risparmio che promuove esclusivamente investimenti finanziari in titoli di imprese e di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali. L’investimento responsabile non comporta rinunce in termini di rendimento. È un investimento “paziente”, non ha carattere speculativo e quindi ben si coniuga con la filosofia di guadagno nel medio-lungo termine comune a tutti gli altri fondi di investimento. Parliamo di etica, contiamo i risultati. I fondi Valori Responsabili si possono sottoscrivere presso tutte le filiali e i promotori di Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banca di Legnano, Simgest/Coop, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Casse Rurali Trentine, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca della Campania, Eurobanca del Trentino, Banca Popolare di Marostica, Eticredito, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca di Piacenza, Online Sim e presso alcune Banche di Credito Cooperativo. Per maggiori informazioni clicca su www.eticasgr.it o chiama lo 02.67071422. Etica Sgr è una società del Gruppo Banca Popolare Etica. Prima dell’adesione leggere il prospetto informativo. I prospetti informativi sono disponibili presso i collocatori e sul sito www.eticasgr.it

*LIPPER FUND AWARDS 2010

di credito sul sito www.valori.it sezione come abbonarsi Causale: abbonamento/Rinnovo Valori I bonifico bancario c/c n°108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin Z Iban: IT29Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato I bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto Rendimenti a tre anni (2006-2008)

MILANO FINANZA

GLOBAL AWARDS

2009

Valori Responsabili Obbligazionario Misto - Rendimento a un anno (2008)

7

fotonotizie

8

dossier La bella economia I due piani inclinati della trasformazione o del declino Ripartire dai territori per trasferire valore aggiunto alle produzioni Cremaschi: Riconversione industriale e sociale contro il trionfo del mercato Storie (di successo e non) di imprese che hanno provato a cambiare La rinascita degli scheletri dell’industria che fu

14 16 18 19 20 24

benessere

27

finanzaetica Allo sportello nulla è cambiato. Guadagni facili e rischi altissimi La convenienza economica del nucleare è tutta propaganda Enel avanti sull’atomo. Alcuni azionisti dicono di no Eni senza una donna e con troppi politici Via libera da Bankitalia. La “nuova” Zopa ai blocchi di partenza

economiasolidale 42 47 49 50

ipotesidicomplotto

55

internazionale La primavera di Reykjavík Tchenguiz-Zunino. Tutto il mondo è quartierino Irlanda. Il cielo (grigio) sopra Dublino Grameen: Yunus non si arrende. Ma Unicredit lo ha già scaricato

56 60 61 62

islamfinanzasocietà + lavanderia

65

altrevoci

66

outlook

73

action!

74

Società Cooperativa Editoriale Etica Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

28 34 38 39 40

“Villaggio della solidarietà”. Il diritto alla fuga per salvarsi la vita San Francesco: un nido contro le mafie Score. Rinnovabili e criminalità. Parola d’ordine: prevenire Made in Italy a rischio/4. Quante spine lungo la via del pesce

LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI, PROMOZIONE COMUNICAZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ

Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto Rendimenti a tre anni (2007-2009)

*LIPPER FUND AWARDS 2009

globalvision

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it)

Roberto Caccuri, Davide Monteleone, Shobha (Contrasto), Christoph Bangert, Dorothea Schmid (Laif), Afolabi Sotunde (Reuters), Clkokamekun, Bernard McManus, Maria Vittoria Trovato, Bill Ward

Fondi etici: l’investimento responsabile

DOROTHEA SCHMID / LAIF

www.valori.it

anno 11 numero 89 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

Via Copernico 1, 20125 Milano tel. 02.67199099 fax 02.67491691 e-mail redazione@valori.it ˜ amministrazione@valori.it info@valori.it ˜abbonamenti@valori.it


| globalvision |

Crisi e globalizzazione

valori

Un mondo piatto dove volano i cigni neri

per vedere

quello che altri non vedono di Alberto Berrini

da quando i teorici o meglio “i profeti” della globalizzazione ci avevano spiegato che ormai il mondo era diventato “piatto” (Thomas Friedman, The world is flat, 2005). Un Pianeta in cui, soprattutto grazie alla tecnologia, le distanze si erano annullate e il mondo non era che un grande campo da gioco in grado di offrire opportunità straordinarie per le imprese (incremento degli utili) e per i consumatori (acquisto di “infinite” merci a costi contenuti). Ma un mondo piatto, dove cioè capitali e merci, ma anche uomini, si muovono liberamente al suo interno è soggetto, o meglio è molto vulnerabile, ad ogni sorta di crisi (politico-sociale, economica e naturale) che da locale diventa inevitabilmente globale. E i profeti della globalizzazione non si erano preoccupati della possibilità o meglio della nostra capacità di gestire tali rischi.

N

Anno 11 numero 89. Maggio 2011. € 4,00

DOROTHEA SCHMID / LAIF

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità C l’inocntinua h Ingre iesta mad die in nti a rie sch Italy il pe io: s a pa ce

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

UGO PANELLA

valori

Anno 10 numero 76. Febbraio 2010. € 4,00

Fotoreportage > Centro penale Quezaltepeque

g.50

Dossier > Costruire insicurezza: violenza in tv, città-ghetto, troppo uso del carcere

Holding della paura Finanza > Vitol, Trafigura, Glencore: i nomi sconosciuti dei nuovi padroni del petrolio Economia solidale > Cos’è l’altra economia? Il Tavolo Res mette i puntini sulle “i” Internazionale > America latina: la Cina allunga le mani. E gli Usa retrocedono

ON SONO PASSATI MOLTI ANNI

La crisi finanziaria scoppiata nel 2007 e il terremoto giapponese costituiscono due esempi evidenti di tali rischi e di come sia i mercati che le società siano stati incapaci di prevederli ed inefficaci a gestirli. E non a caso è facile ritrovare parecchie analogie tra i due avvenimenti di crisi appena citati. A cominciare dalla velocità di propagazione, ai costi delle conseguenze di tali eventi, ma anche all’incapacità dei regolatori di prevedere e prevenire tali crisi. Ma soprattutto - ed è questa l’analogia fondamentale - è emersa la difficoltà di valutare il rischio nei sistemi complessi. “Gli esperti in campo nucleare e finanziario ci avevano assicurato che le nuove tecnologie avevano pressoché eliminato il rischio di una catastrofe. Ma gli avvenimenti li hanno smentiti categoricamente” (Joseph Stiglitz, “Da Fukushima a Wall Street”, La Repubblica, 11 aprile 2011).

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

Dossier > L’Italia ha un ritardo di innovazione decennale. Serve una politica industriale

La bella economia Finanza > Nulla di nuovo allo sportello: alti rischi dietro promesse di guadagni facili Economia solidale > Dal “Villaggio della solidarietà” il diritto alla fuga per salvarsi Internazionale > L’Islanda ha staccato la spina alle banche ed è risalita dagli inferi Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

Valori lo leggi solo nelle librerie Feltrinelli o nelle sedi di Banca Etica o abbonandosi. Basta scaricare l’apposito modulo dal sito di Valori, compilarlo e rispedirlo via e-mail a abbonamenti@valori.it o via fax alla Società Cooperativa Editoriale Etica (02 67491691), allegando la copia dell’avvenuto pagamento (a meno che si usi la carta di credito).

www.valori.it

Eventi isolati, ma dirompenti In particolare “sia i modelli di rischio finanziario che quelli di rischio nucleare sembrano non aver preso correttamente in considerazione le correla-

le era in grado di resistere sia a un blackout che a un terremoto o uno tsunami. Ma in entrambi i casi le probabilità di realizzazione degli eventi negativi erano correlate e, quando gli eventi si sono materializzati simultaneamente, hanno causato una catastrofe” (G. Zachmann, “Crolli e propagazioni”, www.ilsole24.com, 4 aprile 2011). Detto in breve, in un mondo piatto, ossia caratterizzato da infinite relazioni, e quindi complesso, la possibilità del verificarsi di eventi con probabilità bassa, ma di grande impatto, aumenta considerevolmente. È ciò che è stato chiamato “il cigno nero”, un evento isolato e inaspettato ma che ha un impatto enorme. Per definizione tali eventi non sono prevedibili. Ma è altrettanto evidente che l’aumento della frequenza del loro accadere negli ultimi decenni non può essere casuale. Forse in un mondo meno piatto, ossia più regolato, i cigni neri avrebbero più difficoltà a spiccare il volo!

zioni tra rischi differenti. Mentre le istituzioni finanziarie cercavano di ridurre i rischi combinando mutui di bassa qualità, il sistema di raffreddamento della centra-

La crisi finanziaria e il terremoto in Giappone ci insegnano che in un sistema globalizzato le ripercussioni arrivano ovunque

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 7 |


| fotonotizie |

AFOLABI SOTUNDE / REUTERS / CONTRASTO

Petrolio La Banca Mondiale predica bene e finanzia male

| 8 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

|

La World Bank continua a sostenere i progetti per l’estrazione di combustibili fossili, infischiandosene dei suoi stessi standard ambientali. E accrescendo la povertà e l’inquinamento nei Paesi nei quali arrivano i finanziamenti per la realizzazione di tali opere. A rivelarlo è la ricerca World Bank, climate change and energy financing: something old. Something new?, promossa dalla Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm) e da altre sei Ong internazionali. Tramite l’analisi di sette case studies, le associazioni puntano il dito sulle incongruenze dell’istituto di Washington, rimasto a loro avviso troppo legato agli interessi dei Paesi occidentali. È stata d’altra parte la stessa Banca Mondiale, nel 2003, a commissionare il rapporto Extractive Industries Review, che sottolineava l’impatto negativo legato all’eccessiva dipendenza da carbone, gas e petrolio. Eppure, di fatto, non ha mai recepito le sue stesse raccomandazioni, continuando a finanziare, direttamente o indirettamente, l’estrazione dei combustibili. Proprio mentre la Banca Mondiale mette a punto la sua nuova strategia energetica per il periodo 2011-2014, la voce critica della Crbm può servire ad alimentare il dibattito pubblico: che è necessario e prezioso, dal momento che la posta in gioco è molto alta. L’istituto, infatti, punta alla leadership nella gestione delle risorse messe a disposizione per il Green Climate Fund delle Nazioni Unite, che fornirà fondi per le compensazioni e le misure di adattamento legate ai cambiamenti climatici. «La revisione in corso della politica energetica della Banca - ha spiegato Antonio Tricarico, coordinatore della Crbm è la cartina di tornasole per comprendere se e quanto questa controversa istituzione globale possa essere autenticamente riformata a vantaggio della sostenibilità e dei poveri. Si tratta di scegliere se continuare nel business as usual o cambiare rotta».

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 9 |


| fotonotizie |

CHRISTOPH BANGERT / LAIF / CONTRASTO

Giappone I “risarcimenti” di Tepco: 8 mila euro a famiglia evacuata

| 10 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

|

ANNO 11 N.89

La Tokyo Electric Power (Tepco) - società che si occupa della gestione della centrale nucleare di Fukushima (così come di numerosi altri impianti giapponesi) - ha annunciato che verserà un primo risarcimento. A beneficiarne saranno i cittadini che si sono visti costretti ad abbandonare le proprie case a causa delle emissioni radioattive che hanno contaminato l’area in seguito al terremoto e allo tsunami dello scorso 11 marzo. La Tepco ha stanziato una prima somma pari ad un milione di yen (8.300 euro) per ciascuna famiglia costretta a lasciare la propria abitazione. Immediatamente si è levato un coro di critiche, non solo da parte degli ambientalisti. Molti osservatori hanno giudicato, infatti, irrisoria la somma (che, tra l’altro, scende a 750 mila yen, 6.200 euro circa, per le persone che vivevano da sole nella regione che circonda la centrale). Va sottolineato che i pagamenti della Tepco costituiscono (o almeno dovrebbero costituire) una sorta di “acconto”, dal momento che il governo ha già dichiarato di voler risarcire tutte le persone che risiedono nella zona evacuata, che si estende per un raggio di 20 chilometri attorno alla centrale nucleare. Chi invece abita nel tratto compreso tra i 20 e i 30 chilometri è stato autorizzato a restare (anche se le autorità hanno sconsigliato di uscire di casa): anche per loro è previsto un indennizzo. Complessivamente sono circa 48 mila le famiglie interessate, secondo quanto riportato dai media giapponesi. In totale, perciò, la Tepco dovrà versare 50 miliardi di yen, pari a 420 milioni di euro. «Risponderemo alla richiesta di indennizzi di quanti sono stati direttamente colpiti dalla crisi, anche in funzione dei loro bisogni futuri», ha dichiarato il presidente della compagnia, Masataka Shimizu, in una conferenza stampa presso il quartier generale di Tokyo. Il dirigente ha aggiunto che la Tepco «continuerà a collaborare con governo e autorità locali al fine di portare la situazione sotto controllo. Attualmente siamo nella situazione più critica e difficile nella storia della nostra azienda: ora dobbiamo aiutare le persone costrette ad abbandonare l’area e offrire garanzie sulla fornitura di elettricità». |

MAGGIO 2011

| valori | 11 |


| fotonotizie |

DAVIDE MONTELEONE / CONTRASTO

Libia Human Rights Watch: «Cluster bombs sugli insorti»

| 12 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

|

ANNO 11 N.89

La guerra in Libia (a proposito: c’è qualcuno che ancora preferisce chiamarla con qualche altro termine politicamente corretto?) si condisce di giorno in giorno di particolari agghiaccianti. Come sempre in caso di conflitti armati. Nelle scorse settimane il regime libico di Muammar Gheddafi è stato accusato di aver utilizzato le famigerate cluster bombs (bombe a grappolo, ovvero ordigni vietati dalle convenzioni internazionali, che si frammentano prima di colpire l’obiettivo in centinaia di “piccole” bombe) nelle zone residenziali in cui combatte contro i ribelli. A muovere la pesante accusa nei confronti del governo di Tripoli è stata l’organizzazione Human Rights Watch (Hrw). E la notizia è stata confermata dagli stessi rivoltosi. «È odioso che la Libia utilizzi questo tipo di bombe - ha commentato Steve Goose, direttore della sezione armi di Hrw, in un comunicato soprattutto in zone residenziali queste armi mettono a rischio la popolazione civile, sia durante gli attacchi sia in seguito, perchè vengono disperse numerose cariche inesplose». «Assolutamente falso. Moralmente e legalmente: non possiamo fare questo contro i nostri civili», ha replicato alla stampa il portavoce del governo, Mussa Ibrahim, aggiungendo che «se utilizzassimo queste bombe, le prove resterebbero per giorni, settimane. Sappiamo che la comunità internazionale verrà presto nel nostro Paese. Anche per questo, non potremmo permettercelo». L’associazione, invece, conferma l’accusa, citando alcuni operatori che sono stati testimoni dell’esplosione di almeno tre ordigni a frammentazione nella notte tra il 15 ed il 16 aprile nel distretto di El Shawahda. Fonti ufficiali del principale ospedale di Misurata, l’Hikma, hanno riferito all’agenzia France-Presse di aver ricevuto nel corso della stessa notte 5 cadaveri e 31 feriti.

|

MAGGIO 2011

| valori | 13 |


a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Corrado Fontana e Roberto Romano

dossier

I due piani inclinati della trasformazione o del declino >16 Dai territori valore aggiunto alle produzioni >18 Il sociale contro il trionfo del mercato >19 Bames: da good news a incubo per i lavoratori >20 Ferraria Solis: riconversione (quasi) riuscita >21 La seconda vita delle bietole >23 La rinascita degli scheletri dell’industria che fu >24

Immagini della riconversione della ex Manifattura Tabacchi a Napoli. Un’area di circa 170 mila metri quadrati trasformata in un nuovo quartiere urbano con attività commerciali, residenze e ampi spazi pubblici per l’aggregazione sociale.

Riconvertire

Industria lavoro &società La compatibilità con l’ambiente e il rispetto dei diritti sociali sono due facce dello stesso problema: come trasformare la produzione in senso realmente sostenibile | 14 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 15 |


| dossier | la bella economia |

| dossier | la bella economia |

I due piani inclinati della trasformazione o del declino

IL MODELLO TEDESCO DEI FRAUNHOFER INSTITUTE LA RICERCA SULLA SCIENZA applicata in Germania si chiama Fraunhofer Institute: 60 istituti, ognuno specializzato su un tema, dalla biologia molecolare alla meccanica dei materiali, con un budget annuale globale di 1,85 miliardi di euro e 18 mila occupati. L’Istituto è nato nel dopoguerra, ma il Fraunhofer model è del 1973 e prevede che il 70% del reddito dei centri di ricerca derivi da commesse e il 30% sia costituito, per sostenere la ricerca preparatoria, da contributi pubblici federali e statali. Dal 1977 la responsabilità politica del Fraunhofer è condivisa tra i ministeri della Difesa e della Ricerca. Uno dei brevetti più conosciuti del Fraunhofer Institute è l’algoritmo di compressione MP3, che ha generato 100 milioni di euro di fatturato da licenze nel 2005. Ad oggi sono più di 150 le società nate dagli Istituti Fraunhofer. L’organizzazione ha sette centri negli Stati Uniti (Fraunhofer Usa), tre in Asia Pa.Bai. e ha annunciato la prossima apertura di una sede in Sud America. www.fit.fraunhofer.de.

di Paola Baiocchi

L

a reazione che hanno gli addetti ai lavori - economisti, ricercatori, sindacalisti - quando si parla di riconversione indu-

striale in Italia, è quella di mettersi le mani nei capelli. Non perché manchi la ricerca di alto livello o la richiesta di produzioni “sostenibili”, ma perché il “sistema Italia” somma ritardi nell’innovazione ormai decennali e quindi si chiude in così pochi casi il circuito virtuoso che porta dalla ricerca alla produzione da non costituire una norma di indirizzo. Anzi, i punti di Pil non spesi in ricerca rispetto alla media europea - circa 15 miliardi di euro l’anno negli ultimi 10 anni - formano

FONTE: ELABORAZIONE ROBERTO ROMANO SU DATI EUROSTAT

una montagna difficilmente scalabile in tempi brevi, perché si accumulano come divario tecnologico. È questa l’opinione di Sergo Ferrari, ex vice direttore generale dell’Enea, l’Agenzia nazionale di ricerca e innovazione tecnologica nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie: «Dal 1983 cresciamo meno rispetto all’Eu-

ropa. Con l’euro poi, non possiamo più ricorrere alle periodiche svalutazioni della lira per rendere più concorrenziali le nostre esportazioni e abbiamo, quindi, accentuato il nostro declino».

Il ruolo della politica Per uscire da tale declino bisogna riconvertire la produzione innovando e, per innovare, tutti gli attori devono fare la loro parte: chi ha la conoscenza, chi può investire e chi può produrre. Mentre il regista, cioè la politica, dovrebbe far incontrare tutti questi mondi e dirigerli, programmando e indirizzando la politica industriale. Ma nella pratica questo importante ruolo non viene svolto e anche qui le critiche che gli addetti ai lavori muovono allo politica sono sconsolate e pressoché unanimi: non si va al di là di strategie di breve termine, dai contenuti contradditori (vedi il brusco annuncio dell’interruzione degli incentivi alle rinnovabili) e disconti-

QUANTO PIL PRODUCONO GLI INVESTIMENTI INDUSTRIALI 1996-2000

2000-2005

2006-2010

PREVISIONI 2011

PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI (MEDIA ANNUA)

Pil UE

2,74

1,68

0,8

Pil Ita

2,02

0,92

-0,3

2,1 1

Ue investimenti fissi lordi

3,96

0,74

-0,3

3,1

Ita investimenti fissi lordi

4,38

0,72

-1,7

2,5

TASSO DI ELASTICITA DEGLI INVESTIMENTI SUL PIL *

Tasso di elasticità degli investimenti sul Pil nell'Unione europea

1,4

0,4

-0,4

1,5

Tasso di elasticità degli investimenti sul Pil in Italia

2,2

0,8

5,1

2,5

*

Il tasso di elasticità degli investimenti rappresenta quanto investimento serve per produrre un punto di Pil; tanto più alto è il valore tanto più basso il tasso di elasticità degli investimenti

| 16 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

nui, con ottiche di scala troppo piccole e troppo poco redditizie. Rispetto ad altri Paesi europei, per esempio, spendiamo di più portando a casa di meno (vedi TABELLA ). Il trasferimento alle Regioni di molti compiti-quadro della ricerca, poi, ne limita l’orizzonte: «Bisogna pensare a nuove forme di network», suggerisce Vincenzo Barone, professore di chimica teorica alla Normale di Pisa e presidente della Società chimica italiana, «perché le grandi multinazionali riescono a fare ricerca a lungo termine, le piccole imprese no. Anche la struttura dei nostri gruppi di lavoro è troppo piccola. Occorre ripensare – continua Barone – il rapporto tra ricerca universitaria e ricerca industriale, per andare oltre il livello regionale. Ma soprattutto servono modelli nuovi: nel Piano nazionale della ricerca c’è tutto, ma non su cosa investire».

Fermate il treno, voglio salire

obiettivi “20/20/20” clima/energia». L’importanza del climate-energy target è confermata dal ruolo inedito della Bei, la Banca europea degli investimenti, che ha deciso di stanziare il 30% dei propri fondi per sostenere la crescita sostenibile e un futuro a bassa emissione di biossido di carbonio. Ma, di fronte a treni come quelli della green economy di “Europa 2020” – in cui si delinea la possibilità di “svincolare la crescita economica dalle emissioni di CO2 e dall’impiego delle risorse”, un obiettivo che Roberto Romano non esita a definire «senza precedenti nella storia del capitalismo» – arranchiamo. Perché, per soddisfare la domanda interna di sostituzione di beni con prodotti “verdi”, ogni euro installato è un euro importato. «Solo chi produce beni e servizi innovativi aumenta la propria quota di commercio internazionale – conclude Romano – perché intercetta la nuova domanda di beni e servizi». Fondamentale quindi il trasferimento della ricerca alla produzione. «Ricerca e piccole/medie imprese si guardano ora negli occhi con meno diffidenza», spiega Renato Bozio, preside della facoltà di Scienze all’università di Padova e presidente di Veneto Nanotech. «Certo le risorse a disposizione non sono molte. Il modello che penso possa dare risultati è quello dei

In quale direzione indirizzare la riconversione? «In Italia servirebbe una politica industriale - spiega Roberto Romano, economista - capace di coniugare offerta e domanda di tecnologia e innovazione, in particolare nei settori delle energie rinnovabili e ambientali, che registrano tassi di crescita doppi rispetto ai settori manifatturieri ad alta tecnologia. L’orizzonte potrebbe essere quello del progetto EuroLa riconversione più attesa pa 2020, che ha tra gli obiettivi è quella che coniuga difesa principali la spesa in ricerca e dell’ambiente con qualità sviluppo pari al 3% del Pil e gli della vita e potere decisionale

Fraunhofer Institute tedeschi (vedi BOX ). Le strutture devono reggersi facendo ricerca e ricevendo finanziamenti dal pubblico. A NanoFab – continua Bozio – il laboratorio a Marghera per il trasferimento delle nanotecnologie alle imprese, dopo cinque anni siamo arrivati al punto di pareggio».

Qualità della produzione uguale qualità di vita Coniugare green economy, politica industriale e lavoro è una sfida sicuramente inedita, che coinvolge tutte le principali aree economiche mondiali. È talmente inedita che c’è chi si chiede se sia sufficiente tutelare l’ambiente cambiando la produzione o non si debba invece affrontare il tema più generale del miglioramento della qualità della vita delle persone, eliminando le diseguaglianze insite nel sistema produttivo capitalista. Per Sergio Ferrari il momento è maturo: «Oggi è possibile sfamare tutti con molte meno ore di lavoro, senza ridurre il livello di vita. Non abbiamo più nemmeno lo spauracchio demografico perché ci stiamo “plafonando”. E poi il miglior contenimento della popolazione è l’istruzione alle donne. Oltre a criticare il Pil – continua Ferrari – è arrivato il momento di distribuirlo: devo e posso eliminare le diseguaglianze, non solo nel reddito, ma nel recupero del potere decisionale. Vorrei poter dire la mia sul fatto che le centrali nucleari non servono e vorrei anche andare a vedere un museo». Sicuramente è questa la riconversione più attesa.

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 17 |


| dossier | la bella economia |

| dossier | la bella economia |

Ripartire dai territori per trasferire valore aggiunto alle produzioni

COME SI POTREBBE MIGLIORARE lo “stato del mondo” se le spese per la produzione e la ricerca nel settore militare venissero riconvertite al civile? Manlio Dinucci, giornalista esperto del settore militare, ha fatto alcune proiezioni, eccone una parte: «Ogni minuto si spendono nel mondo oltre 3 milioni di dollari in armi, eserciti e guerre; ogni giorno, oltre 4 miliardi di dollari. Questo mentre scarseggiano le risorse economiche per combattere la povertà, la fame, le malattie e l’analfabetismo. Basterebbe risparmiare, ad esempio, quanto si spende in tre giorni a scopo militare (circa 13 miliardi di dollari) per ricavare la cifra annua necessaria a dimezzare il numero di adulti analfabeti, che oggi è di circa un miliardo, e permettere a tutti i bambini di andare a scuola. Basterebbe risparmiare quanto si spende in dieci giorni a scopo militare (circa 44 miliardi di dollari) per ricavare la cifra annua necessaria ad affrontare la crisi Pa.Bai. alimentare mondiale, che ha portato a oltre un miliardo le persone affamate».

I distretti industriali italiani hanno fronteggiato i Paesi concorrenti, ma ora sembra impossibile reggere la sfida con un nuovo modello di produzione. Il pubblico dovrebbe intervenire per affrancare le aree dai settori meno innovativi di Roberto Romano crescita della green economy l’attenzione degli operatori pubblici si dovrebbe focalizzare sulla generazione di queste tecnologie, concorrendone all’industrializzazione, perché il rischio per un Paese che non le produce è di passare dalla dipendenza dalle fonti fossili alla dipendenza tecnologica che ha contorni e implicazioni economico/produttive ancora più dirimenti. In prospettiva occorre realizzare un sistema o un modello che prima o poi deve fare i conti con il mercato, camminando senza il sostegno pubblico. Diversamente saremmo in presenza di un mercato protetto, ad alta intensità tecnologica, ma completamente fuori mercato.

C

ONSIDERANDO L’ATTUALE

Le armi spuntate del settore armigero

to in comparti diversi, ma il core business, l’attività principale, rimane quella dele armi, condizionando le possibilità di entrare in settori emergenti. Può accadere che il pubblico decida di sostenere e finanziare determinati settori in ragione del contenuto tecnologico, spesso si utilizza come giustificazione il moltiplicatore keynesiano, ma occorre molta attenzione: lo stesso moltiplicatore può essere realizzato in settori diversi. Quello sanitario, dell’Ict (Information and communication technology), dei nuovi materiali e delle green technology, sono ambiti in cui la componente tecnologica si avvicina, se non supera, quella militare, con il vantaggio di un’industrializzazione che permette un abbattimento dei costi fissi maggiore rispetto al settore degli armamenti.

Si pensi all’industria armigera, che può proGli strumenti della durre in ragione di un interesse nazionale: i competenza tecnica costi per unità di prodotto di questo comPer le imprese ad alto contenuto tecnologico, parto sono altissimi e fuori mercato, e rendiverse dal militare, la “ri-conversione” è dono impraticabile un processo di riconverun’attività tipica: è la stessa tecnologia, meglio sione all’interno delle stesse imprese per ancora la ricerca e sviluppo, a modificare l’ofmotivi di management “incompetente” riferta e la domanda. Si pensi alle società eletspetto alle logiche di mercato. troniche che utilizzano il silicio che si sono riSostanzialmente la riconversione di queconvertite nella produzione di pannelli solari. ste attività solo in casi molto particolari, quasi unici, può reaI costi dell’industria armigera lizzarsi all’interno della stessa sono fuori mercato e rendono azienda e società. Ci sono le tecimpraticabile la riconversione nologie per affrontare il mercaall’interno delle stesse imprese

| 18 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

LIBRI

4 MILIARDI AL GIORNO. A CHI CONVIENE L’INDUSTRIA MILITARE?

In qualche misura il nuovo paradigma tecnologico - direttamente proporzionale alla conoscenza cumulata nel tempo - fornisce gli strumenti per spostarsi da un settore all’altro. Il problema si pone quando un territorio dipende da un settore maturo a domanda declinante, da un lato, e tecnicamente “indisponibile” alla formazione di adeguate economie di scala per abbassare i costi fissi, dall’altro. I distretti italiani negli anni ’70 hanno permesso di “fronteggiare” le economie di scala dei Paesi concorrenti, ma lo sviluppo del nuovo paradigma tecnologico, cioè la forte crescita nel commercio internazionale dell’alta tecnologia dal 15% al 45%, ha modificato il target stesso della produzione. Se osserviamo la specializzazione dei distretti industriali nazionali (tessile-abbigliamento, calze-abbigliamento, legno-arredo, macchine agricole, meccanica, oreficeria, ecc.) possiamo ben comprendere l’impossibilità - tecnologica e di scala - di affrontare il nuovo modello di produzione. Come si può risolvere il problema delle aree fortemente dipendenti dai settori maturi soggetti a una concorrenza di prezzo? In questo caso le autorità pubbliche dovrebbero concorrere alla riconversione dell’area realizzando società veicolo o start-up che operano in settori e mercati emergenti e, per questa via, affrancare progressivamente l’area da un settore maturo e in declino.

.

Riconversione industriale e sociale contro il trionfo del mercato

persone siano infinite? La conversione industriale è anche una riconversione sociale, la ricostruzione della socialità contro il trionfo del mercato.

Secondo Giorgio Cremaschi due fattori sono irrinunciabili per una trasformazione industriale che interpreti i bisogni delle persone e le necessità dell’ambiente: ricostruire la domanda sociale e il potere democratico di Paola Baiocchi

C

ON GIORGIO CREMASCHI, presi-

dente del Comitato centrale del sindacato dei metalmeccanici Fiom, durante una presentazione del suo libro “Il regime dei padroni” alla Normale di Pisa, abbiamo parlato di quali trasformazioni servirebbero per avviare una seria riconversione in Italia.

Giorgio Cremaschi, del Comitato centrale Fiom Cgil, il sindacato dei metalmeccanici.

Giorgio Cremaschi Il regime dei padroni Da Berlusconi a Marchionne Editori Riuniti, 2010

Paese con una quantità straordinaria di beni culturali degradati e ripristinarli significa anche costruire lavoro. Quindi non può che essere la costruzione di prodotti che siano funzionali alla riduzione dell’impatto sul territorio e sulle vite e portino al soddisfacimento di questi bisogni sociali. Si può prescindere dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori? Io non credo che si possa ragionare su un’idea di compatibilità ambientale - come fanno alcune imprese – e allo stesso tempo al supersfruttamento della persona. Sono due aspetti incompatibili. Il concetto fondamentale dell’ecologia è che il mondo è un insieme finito. Ma allora perché si pensa che le

Come immagina la riconversione produttiva in questo Paese, dove non esiste una politica industriale? Servono due cose: ricostruire la domanda sociale e il ritorno in campo del potere democratico. Per me la riconversione è un gigantesco piano per il lavoro fondato sul soddisfacimento di domande e bisogni sociali come la mobilità collettiva, la casa, i beni comuni, la Continuo a pensare ristrutturazione del territoche l’operazione più coraggiosa rio, la cultura, intendendo su Termini Imerese sia proprio il fatto che siamo un la nazionalizzazione della Fiat

‘‘

’’

Su Termini Imerese cosa pensa? Pare che ci sia un gigantesco intervento pubblico, con diversi programmi, tutti di produzione di auto. Onestamente penso che si stia perdendo l’occasione di coinvolgere la Fiat, che non può solamente metterci i capannoni, l’area e poi andarsene. Si poteva pensare un’operazione più coraggiosa. L’operazione più coraggiosa poteva essere la nazionalizzazione della Fiat? Continuo a pensarlo, perché è pura illusione credere di poter condizionare le scelte che si prendono a Detroit o nei grandi centri decisionali finanziari come Wall Street, senza aver nessun potere in mano. Penso che il pubblico debba tornare in campo, perché il privato ha fallito. Un pubblico inteso come Stato? Deve essere un pubblico democratico. Occorrono nuove forme di partecipazione, ma è chiaro che ci vuole un controllo pubblico. Noi chiediamo che l’acqua resti pubblica nel senso che non vada in mano a chi ci vuole guadagnare sopra. Ma penso che si debba estendere il concetto di bene comune: un progetto di mobilità sostenibile, per esempio, credo lo possa fare solo il pubblico. Tra parentesi le uniche due aziende europee fortemente competitive - se si vuole usare questo termine - sono la Renault e la Volkswagen, che sono ambedue in mano pubblica.

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 19 |


| dossier | la bella economia |

| dossier | la bella economia |

ELECTROLUX/ISI IL DIFFICILE CAMMINO DELLA (RI)CONVERSIONE NEL 2009 NE AVEVAMO PARLATO (Valori 71 – luglio/agosto 2009) facendo il tifo perché la riconversione della Electrolux di Scandicci (Firenze) si concretizzasse positivamente. A due anni di distanza la storia della fabbrica di frigoriferi che doveva cominciare a produrre pannelli fotovoltaici, non è arrivata alla conclusione e i 375 lavoratori ancora non hanno la sicurezza del posto di lavoro. Quando la Electrolux aveva annunciato nel 2008 l’intenzione di lasciare il sito produttivo alla porte di Firenze, i lavoratori avevano avviato una lotta molto determinata, ottenendo dall’azienda svedese una serie di impegni che prevedevano il passaggio a un’altra società, che avrebbe garantito la riconversione. Ma Energia futura, la società scelta da Electrolux, controllata dal fondo anglo-americano di private equity Mercatech, ha assunto tutti i lavoratori - ottenendo così la cessione dei 45 mila metri quadrati coperti su un’area di 90 mila metri quadrati, a una cifra simbolica ma non ha mai avviato la produzione. Tra stipendi saltati, cassa integrazione, annunci del governo di eliminare gli incentivi per le rinnovabili che hanno quasi fatto scappare un altro acquirente, la vicenda della ex-Electrolux, ora Isi (Italia solare industrie) è arrivata al concordato preventivo di fronte al tribunale. Con tutta l’amarezza dei lavoratori e dei sindacati, che avrebbero scelto già all’epoca un’altra azienda giudicata più affidabile. Oppure che - mettendosi in cooperativa - sarebbero stati in grado di condurre in prima persona una reale riconversione. Pa.Bai.

Bames: da good news a incubo per i lavoratori Dopo il trasferimento dell’Ibm di Vimercate cominciano la riduzione dei lavoratori e le operazioni finanziarie a discapito del rilancio delle attività. di Mauro Meggiolaro

N

ELL’APRILE DEL 2009 era finito ad-

dirittura su Report. Non come ennesimo scandalo da “terra dei cachi”, ma come “good news”: un caso più unico che raro di rilancio industriale nel polo hi-tech a Est di Milano. Quella “Silicon Valley all’italiana” che dà lavoro a più di 15 mila persone, ma che da anni è in crisi, minacciata dai Paesi a basso costo di manodopera. “Miracolo in provincia”, questo era il titolo del servizio di Giuliano Marrucci. Si parlava di una nuova partenza per la Bames (ex Celestica) di Vimercate (Monza-Brianza), una società che sviluppa, produce, distribuisce e ripara schede e apparecchiature elettroniche. La nuova direzione dell’azienda voleva sviluppare nuove attività, investendo nel fotovoltaico e nelle telecomunicazioni. Ma poi non se n’è fatto nulla. E in breve tempo il miracolo si è trasformato in un incubo per i lavoratori. La storia, ancora una volta, è semplice e segue uno schema già visto e rivisto in un’Italia di capitalisti senza capitali.

Dopo Ibm il precipizio In principio era l’Ibm, “mamma Ibm” come la chiamano ancora gli operai con nostalgia. Il colosso americano dell’informatica si stabilisce a Vimercate già negli anni Sessanta. Nel 2000 si trasferisce in Irlanda per motivi fiscali e cede le attività produttive italiane a Celestica Inc., una multinazionale canadese che in origine è uno spin-off, una divisione della stessa Ibm. Per gli operai di Vimercate è uno shock. Ma la produzione va avanti, nonostante continui a essere in perdita. tra il 2001 e il 2006, solamente il 2004 chiude in utile, ma solo perché la differenza negativa tra valore e costi di produzione viene più che compensata da “utili su cambi”: pure plusvalenze finanziarie, che con le schede elettroniche non hanno nulla a che fare. Poi, nel 2006, Celestica trasferisce le attività in Repubblica Ceca e Celestica Italia viene ceduta a Bartolini Progetti Spa, controllata dalla famiglia Bartolini di Milano. Investito-

La storia, ancora una volta da “terra dei cachi”, è semplice e segue uno schema visto e rivisto in un’Italia di capitalisti senza capitali | 20 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

ri locali, attivi da anni nella logistica e nei trasporti che cercano di convertirsi all’elettronica. Intanto il numero dei lavoratori diminuisce e inizia la cassa integrazione per 450 operai su un totale di 650. Nel 2000, prima del passaggio da IBM a Celestica, i dipendenti erano quasi 1.400.

Rilancio e tonfo I Bartolini ribattezzano Celestica Italia con il nome Bames (Bartolini After Market Electronic Services) e presentano un piano di rilancio che sulla carta sembra molto promettente. Per ridare ossigeno a Bames, Bartolini vende e riprende in leasing (sell and lease back) gli stabilimenti di Vimercate, spalmando la plusvalenza di circa 70 milioni di euro su dodici esercizi. La liquidità che dovrebbe servire per rilanciare Bames, schiacciata dalle perdite e dai debiti, viene però usata, purtroppo, anche per altri fini: 16 milioni di euro vengono prestati alla holding di famiglia Bartolini Progetti, oltre 10 milioni vengono usati per acquisire partecipazioni in altre società, e 6 milioni prendono semplicemente la via del Lussemburgo, in una scatola societaria, chiamata GPM Investments Sa, controllata dalla Fidcorp Limited, un trust con sede nel paradiso fiscale di Gibilterra. Le operazioni finanziarie hanno il sopravvento sul rilancio delle attività produttive, che continuano a essere in perdita. Per rilanciare la società servirebbe un nuovo progetto industriale e un imprenditore disposto a investire almeno 50 milioni di euro. Un vero miracolo. Al quale i 500 lavoratori oggi in cassa integrazione credono sempre di meno.

.

La Ferrania Solis e il suo amministratore delegato, Ernesto Salamoni.

Ferrania Solis: riconversione (quasi) riuscita Tra i 12 e i 15 milioni di soldi pubblici spesi dalla Regione Liguria per una piattaforma tecnologica mai avviata, ma infrastrutturata. Dalle pellicole 3M ai pannelli solari, mentre restano le incertezze sugli incentivi per il fotovoltaico. di Corrado Fontana della multinazionale americana 3M Italia di Pioltello si fa bella incassando il premio “green building” ai Mipim Awards di Cannes, la ex 3M di Cairo Montenotte (Savona) - oggi suddivisa in Ferrania Technologies e Ferrania Solis - fatica a trovare un rilancio produttivo e punta sul settore del fotovoltaico. Una storia industriale che parte dal 1915, in cui 3M entra nel 1964 con la produzione di pellicole e attraversa periodi di splendore con un numero di lavoratori vicino a 5 mila unità, poi supera il rischio di fallimento nel 2003 attraverso il commissariamento e giunge nel 2005 a diventare Ferrania Technologies, passando da 700 dipendenti a 70 in attività (una metà dei quali oggi a rischio) e 225 in cassa integrazione, ma mantenendo in piedi un residuo comparto legato alla chimica-farmaceutica e un settore commerciale, nonché dando vita a un cosiddetto spin-off, la Ferrania Solis, con 50 lavoratori che oggi assemblano pannelli fotovoltaici pronti da commercializzare (32 mila moduli fotovoltaici prodot-

M

ENTRE LA NUOVA SEDE

ti per circa 7,3 MW al dicembre 2010).

Luci e ombre «Ad oggi, di fatto, il piano d’impresa è stato disatteso», racconta Fulvio Berruti, segretario generale dei chimici Cgil di Savona. «Si sta ancora ragionando sulla costruzione di una piccola centrale a biomasse, frenata da una disputa giuridico-legale per le autorizzazioni col comune di Cairo. I progetti industriali acclamati fino a ieri dal ministro Scajola si sono rivelati un grande bluff, perché c’è un’azienda nel fotovoltaico da 50 persone - che forse diventeranno 70-80 - la cui situazione si è ulteriormente aggravata dopo il recente decreto del Governo che sospende le agevolazioni e rischia di portare in cassa integrazione anche gli attuali lavoratori di Ferrania Solis. Siamo di fronte al fallimento totale di questo ciclo industriale - conclude Berruti con amarezza - sebbene in Ferrania siano arrivati tra i 12 e i 15 milioni di euro di soldi pubblici della Regione per la costruzione di una piattaforma tecnologica mai realizzata. Non solo. L’area è stata parzialmente in-

frastrutturata con altri soldi pubblici per costruire strade e altre opere». È una frenata brusca rispetto all’impegno del Governo per la nascita di un polo d’eccellenza del fotovoltaico. Dai propositi di realizzare la filiera completa di produzione dei pannelli, a partire dal reperimento e dalla lavorazione del silicio per le celle, Ferrania Solis oggi si “limita” ad assemblarli e commercializzare gli impianti. A complicare il rilancio ci sarebbe poi un problema di competenze, dato che solo tre-quattro persone di Ferrania Solis - incluso l’amministratore delegato, Ernesto Salamoni - avrebbero esperienza professionale nel fotovoltaico. E infine ci si è messo il decreto del neo-ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani, che elimina d’un colpo gli incentivi all’installazione dei pannelli. «Il progetto di produrre i pannelli solari a partire dalla lavorazione del silicio non è ancora stato abbandonato», precisa Giacomo Parodi, responsabile commerciale e degli impianti fotovoltaici di Ferrania Solis. «È stato rimandato di 12-18 mesi - conti-

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 21 |


| dossier | la bella economia |

| dossier | la bella economia |

RIUTILIZZARE PRIMA DI COSTRUIRE

nua Parodi - poiché la rapida evoluzione tecnologica consiglia di attendere, per evitare di acquistare impianti che si rivelerebbero già superati al momento di renderli operativi. Le macchine della seconda linea di produzione per l’assemblaggio dei pannelli fotovoltaici sono già state in parte collaudate. Per questa linea è previsto l’inserimento di un adeguato numero di lavoratori (circa 60 persone entro gennaio

2012, ricorda Salamoni, sempre che il decreto Romani cambi e lo permetta, ndr)».

Riconvertiti! Per Salamoni la scelta del fotovoltaico è stata dettata «dall’individuazione di un mercato tecnologico avanzato in forte espansione. Il sistema Ferrania aveva già un grande skill in termini di metodologie di lavoro e qualità: non a caso manteniamo attenzione su

Eni e Novamont: in Sardegna un polo per la chimica verde Sette impianti e un centro di ricerca nell’area di Porto Torres. di Andrea Barolini di Porto Torres, in Sardegna, potrebbe diventare il fiore all’occhiello della chimica verde italiana, grazie a una collaborazione tra il colosso Eni (tramite la controllata Polimeri Europa) e Novamont, società all’avanguardia nel settore, nota per aver ideato il Mater-Bi (la bioplastica realizzata con polimeri vegetali). Insieme le due aziende daranno vita ad una riconversione che farà dell’ex petrolchimico un ambizio-

I

L POLO INDUSTRIALE

so polo dedicato alla “green economy”. Il complesso copre 1.246 ettari di terreni: di questi, venticinque saranno dedicati al progetto “Chimica verde”, che comprenderà sette impianti da realizzarsi in tre fasi e un centro di ricerca. Il tutto per un investimento complessivo di 770 milioni di euro. Entro pochi anni, in questo modo, a Porto Torres si fabbricheranno oli lubrificanti naturali per motori, additivi biologici per gomme, e bio-

altri tipi di prodotti fotovoltaici come i film sottili». E come è stata gestita la formazione del personale verso nuove competenze? «Prima di tutto abbiamo fatto un lavoro di selezione - quasi tutto il nostro personale proviene dalla ex Ferrania - poi di formazione attraverso dei corsi, organizzati con l’università La Sapienza di Roma, e in parte pagati dalla Provincia di Savona (circa 300 mila euro per 40 operai)».

.

plastiche per buste da spesa, per sacchetti utili alla raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti, o per forniture utili alle imprese agricole (teli per pacciamatura), al catering (piatti, posate, bicchieri, vaschette, sacchetti) e alle industrie che si occupano dell’imballaggio alimentare (vaschette e film trasparenti). La ricerca costituirà un aspetto fondamentale del progetto, con collaborazioni che saranno avviate con le università e le istituzioni della Regione Sardegna su monomeri, lubrificanti e elastomeri biologici. Un’opportunità non solo per i ricercatori, ma anche per gli studenti, dal momento che saranno attivati dottorati e master. Dal punto di vista occupazionale, il polo a regime dovrebbe dare lavoro a 700 persone, ovvero 100 in più rispetto a quelle attuali. Sul fronte ambientale, invece, i benefici arriveranno dalle opere di bonifica della falda, del suolo e dal futuro smantellamento degli impianti esistenti. Il tutto entro i prossimi 10-15 anni.

.

A PRATO UNA VALLEY DEL TESSILE “CENCI IN CINA” È UN FILM SUL TESSILE a Prato che mette in commedia la concorrenza con le produzioni cinesi che si sono sviluppate sul territorio pratese. Una declinazione buffa della crisi - reale - dello storico distretto tessile, che è stata cavalcata politicamente dalla Lega, tanto da conquistare il Comune toscano proprio soffiando sulla xenofobia. Già da qualche anno alcune imprese del distretto tessile pratese hanno cominciato a riconvertire la loro produzione, agganciandosi alla ricerca e puntando sui tessuti di alta qualità certificata, in un circuito realizzato con la collaborazione delle università di Firenze, Siena e Pisa e delle cliniche ospedaliere. La trasformazione è sostenuta dalla Regione Toscana che, dal 2009 al 2010, ha finanziato con 97 milioni di euro 133 progetti e 300 aziende che hanno investito 161 milioni in innovazione. Da questo circuito è nato il Tepso, tessuto antibatterico che allieva la psoriasi, elimina gli attriti e non assorbe creme e unguenti, ma consente alla pelle di respirare. Prodotto dalla Lenzi di Vaiano, ditta fondata nel 1898, il Tepso riduce irritazioni e possibili infezioni. La Lenzi produce una ventina di brevetti, tra questi sei per tessuti tecnici, che trovano applicazioni diverse, dalle suole antiperforamento all’abbigliamento antinfortunistico. Dalla Tecnotessile invece, società privata partecipata dal ministero della Ricerca, arrivano i tessuti antismog (che possono essere costituiti da fibre naturali, artificiali e sintetiche o miste), trattati con il biossido di titanio vengono impiegati all’esterno per la realizzazione di cartellonistica pubblicitaria o negli ambienti interni per tende, rivestimenti di pareti e/o pavimentazioni. Il tessile antismog sfrutta il principio della fotocatalisi tramite l’utilizzo del biossido di titanio. Il biossido svolge una funzione antibatterica, attivandosi a contatto con gli inquinanti dell’aria. Pa. Bai.

| 22 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

CONTENUTA NELLE SUE MURA MEDIOEVALI, Lucca ha la fama di essere una cittadina di oculati risparmiatori, che amano utilizzare e conservare le cose fino a quando è possibile. Questo concetto si è tradotto in pratica politica per mettere a freno la cementificazione. Il Comune sta predisponendo l’elenco completo dei siti dismessi o da dismettere e ha intenzione di tenere conto del recupero di questi edifici nel nuovo Piano strutturale e nel Regolamento urbanistico. In altre parole prima di concedere nuove cubature si deve ristrutturare, secondo certe regole, l’esistente. Nella lista degli immobili da riqualificare c’è anche lo storico manicomio lucchese di Maggiano, un enorme casermone dove ha lavorato Mario Tobino e che custodiva fino a 1.200 psichiatrici alla volta. Bambini compresi. Pa. Bai.

Dallo zucchero all’energia: la seconda vita delle bietole Riguarda 6.000 lavoratori e 15 impianti, che passeranno alle biomasse. di Paola Baiocchi E ORGANIZZAZIONI COMUNI dei mercati in ambito europeo (Ocm) sono degli accordi che intervengono a disciplinare dei settori produttivi e dovrebbero razionalizzarli. L’Ocm zucchero ha suscitato molte critiche, so-

L

prattutto da parte dei produttori italiani, che hanno visto lo smantellamento dell’intero comparto. Ora subisce anche le critiche della Corte dei conti Ue: la riforma doveva disincentivare i produttori meno competitivi, ma lo stesso hanno fatto an-

che le industrie più competitive, portando l’Europa a una crescente dipendenza dalle importazioni ed esponendola agli aumenti dei prezzi al consumo. Ma la dismissione va avanti: ci sono quindici zuccherifici in Italia, di cui quattro ancora in attività. Per loro si è avviato un piano di riconversione come centrali a biomasse di origine agricola e forestale, che coinvolge 6 mila lavoratori. del 2006 A regime gli impianti elettrici da fonti agricole dovrebbero produrre 2,4 TWh (Terawattora) l'anno di energia elettrica e 1 TWh di energia termica. Il processo di conversione è imponente, coinvolge l’intero settore bietolo-saccarifero italiano e quattro gruppi imprenditoriali (EridaniaSadam, Sfir, Italia zuccheri e Coprobi) e il governo, nel confronto con i sindacati, si è impegnato per 86 milioni di euro.

.

I 15 ZUCCHERIFICI CHE CAMBIERANNO ATTIVITÀ GRUPPO ERIDANIA-SADAM Castiglion Fiorentino: lo stabilimento sarà riconvertito per la produzione di elettricità (e.e.) da bio-masse. 150 lavoratori. Fermo: lo stabilimento sarà riconvertito come centrale a bio-masse. Occupa 200 lavoratori. Villasor: stabilimento destinato alla produzione elettrica da bio-masse e bio-diesel. Occupa 120 lavoratori. Russi: stabilimento destinato alla produzione di e.e. da bio-masse e all’attività di confezionamento dello zucchero. Occupa 210 lavoratori. Celano: stabilimento destianto alla filiera agricola, in particolare con produzione di orto-frutta, e centrale a bio-masse. Conta 160 lavoratori. Jesi: centrale a bio-masse, a turbogas e da olio ad estrazione vegetale. Occupa 110 lavoratori.

nel settore dell’orto-frutta e per il confezionamento dello zucchero. Occupa 115 lavoratori.

GRUPPO SFIR Foggia: riconversione in stabilimento per il confezionamento dello zucchero e come area per la logistica industriale. Occupa 130 lavoratori. Forlimpopoli: stabilimento destinato alla produzione di contenitori per l’alimentazione in cellulosa. Occupa 90 lavoratori. San Pietro in Casale: progetto di riconversione nella filiera agricola,

GRUPPO COPROBI Ostellato: stabilimento destinato alla produzione di e.e. da bio-masse. Occupa 120 lavoratori. Pontelagoscuro: il progetto di riconversione è rivolto alla produzione e alla trasformazione di prodotti orto-frutticoli. Occupa 100 lavoratori. www.flai.it

GRUPPO ITALIA ZUCCHERI Bondeno: progetto di riconversione nella filiera agricola, per una centrale a bio-masse. Occupa 100 lavoratori. Casei Gerola: stabilimento destinato alla produzione di bio-etanolo. Occupa 230 lavoratori. Finale Emilia: è stato presentato il progetto di riconversione per la produzione di energia elettrica da bio-masse di estrazione agricola. Occupa 80 lavoratori. Portoviro: progetto di riconversione per la produzione di bio-etanolo. Occupa 140 lavoratori.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 23 |


| dossier | la bella economia |

| dossier | la bella economia |

degli edifici preesistenti, testimonianza importante del tempo che fu. È prevista inoltre la costruzione di un grande impianto fotovoltaico sul tetto di un ex capannone. Ad Amburgo (nuovamente in Germania) si è deciso di rivitalizzare la città partendo dal-

Il parco di via Rubattino, a Milano, realizzato dove erano in funzione gli stabilimenti della Macerati-Innocenti. La zona verde passa sotto il viadotto della tangenziale Ovest.

la ristrutturazione dei pontili sull’Elba e dall’espansione del verde urbano. L’area portuale di Hafen City, da tempo in stato di degrado, è stata riconvertita in edilizia sostenibile. Silos e depositi sono diventati scuole, case, palestre, ristoranti. Il tutto ser-

vito da un impianto di teleriscaldamento. L’isolotto di Wilhelmsburg, al centro dell’Elba, sarà inoltre ristrutturato nei prossimi anni, grazie a 40 progetti che ne garantiranno nuova vita dopo l’inondazione del 1962, che lo rese parzialmente inutilizzabile.

.

LAND: I PROFESSIONISTI DELL’ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO LAND, Landscape Nature Architecture Development, è un gruppo di professionisti a servizio dell’architettura del paesaggio, fondato nel 1990 a Milano da Andreas Kipar e Giovanni Sala. Il team è composto da figure professionali diverse: l’architetto paesaggista, l’agronomo, il naturalista, l’ingegnere ambientale, l’architetto, l’urbanista, il pianificatore e il designer. Il tutto per garantire una visione di ampio respiro. Da questo impegno nascono, tra gli altri, i piani del verde di Ravenna, Reggio Emilia, Cagliari,

della Repubblica di San Marino, Vercelli e Milano; il recupero di aree dismesse a Napoli, Torino, Venezia-Marghera, le collaborazioni alla riqualificazione del bacino industriale della Ruhr, della Brianza lombarda. Uno dei progetti rappresentativi della politica ambientale del Gruppo Land è quella dei “Raggi Verdi per Milano” che promuove un modello di sviluppo urbano connesso a una mobilità lenta, ma integrata al sistema dei trasporti pubblici, ai parchi pubblici e agli spazi aperti in genere.

La nuova vita degli scheletri dell’industria che fu

Guardare al contesto Non solo riempire buchi

Dalla Ruhr a Torino, le opere di riqualificazione delle aree industriali possono portare a risultati sorprendenti. Nel rispetto dell’ambiente e contribuendo a rilanciare l’economia.

Lungimiranza, coraggio, sguardo complessivo, ecco gli ingredienti per ridare vita alle aree industriali, mettendo in simbiosi area di intervento e città.

di Andrea Barolini

G

LI SCHELETRI DELL’INDUSTRIA che

fu, così come le aree circostanti, possono rigenerarsi, ancor più che riqualificarsi. Basta scegliere di investire in modo intelligente: per il paesaggio e per la qualità della vita e per rendere delle intere zone, fino ad oggi abbandonate al loro destino, nuovi volani di sviluppo per l’economia locale. Tre casi, uno in Italia e due in Germania, costituiscono chiari esempi di cosa si possa fare recuperando le ex-aree industriali. Con lungimiranza e un po’ di fantasia.

Il modello renano... Su tutti spicca la storia del Ruhrgebiet - il bacino tedesco della Ruhr, nella Renania settentrionale-Vestfalia - sin dalla fine dell‘800 centro industrale nevralgico con numerosissime acciaierie e miniere di carbone. Oggi i suoi principali centri economici (Duesseldorf e Colonia) si concentrano soprattutto su hitech, finanza, assicurazioni e media. Il che ha provocato l’abbandono di centinaia di strut-

| 24 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

ture, di fatto sottratte ai 5,3 milioni di abitanti della regione. La società pubblica Iba Emscher Park, col sostegno del governo regionale, ha progettato la riqualificazione di un’ampia parte delle aree dismesse: quelle occupate dalle antiche fabbriche siderurgiche Meiderich della Thyssen, ormai sommerse dalla vegetazione. Obiettivo: dar vita al parco di Duisburg-Nord, con un progetto nato nel 1989 e completato nel 1999, che costituisce una pietra miliare nel mondo della riqualificazione, che ha vinto il primo premio alla Biennale del paesaggio di Barcellona del 1999, per la migliore realizzazione europea di “progetto del verde”. Centoventi opere, che hanno coinvolto oltre duecento esperti tra architetti, urbanisti, paesaggisti e artisti, 17 comuni, centinaia di associazioni di cittadini e migliaia di persone. Fulcro del progetto è stato il fiume Emscher, fortemente inquinato dalle industrie, del quale si è avviata la bonifica e che costituisce il naturale percorso dell’intero parco. La vecchia rete ferroviaria è stata mante-

nuta e oggi indica il percorso di numerose passeggiate per i visitatori del parco (in futuro potrebbe essere utilizzata anche per i loro spostamenti). I vecchi depositi sono stati trasformati in “Giardini simbolici”, altre strutture sono state adibite a pareti da arrampicata, un “teatro romano” è stato edificato sfruttando vecchi pezzi di fabbriche e officine, mentre quella che era la pala di un mulino oggi costituisce il monumento simbolo del parco. Il tutto in un’ottica di valorizzazione dell’ambiente: sono 300 i tipi diversi di piante e felci selvatiche che popolano oggi il parco, insieme a 60 specie di uccelli e 13 di rettili e anfibi. Una vera nicchia ecologica.

…e la Torino ecologica A Torino, invece, si è deciso di riqualificare la Spina 3, ex area industriale di 45 ettari, cresciuta intorno al fiume Dora. Con criteri che si concentrano sull’utilizzo di energie rinnovabili, sul rispetto dell’ambiente, sul riciclo e sulla bioarchitettura. Il progetto è in fase di avvio e punterà sulla conservazione

di Andrea Barolini

R

dell’opera e ciò che c’è intorno.

ICONVERTIRE UN TERRITORIO signi-

fica ripensarne il tessuto. E farlo nel suo complesso». Andreas Kipar è un architetto di fama mondiale, fondatore della società Land (Landscape Architecture Nature Development), un gruppo di professionisti a servizio dell’architettura del paesaggio, fondato nel 1990 a Milano insieme a Giovanni Sala.

Ciò allunga i tempi… Certamente, infatti ci vogliono una decina di anni per verificare i benefici di una riqualificazioAndreas Kipar. ne. Occorre lungimiranza. E anche coraggio.

Come si riconverte un territorio? Le opere di riqualificazione devono essere effettuate considerando il contesto che le circonda. Quando, 150 anni fa, si edificarono le aree industriali, intorno ad esse sorsero abitazioni, servizi, intere città. Oggi ristrutturare quelle aree deve essere fatto in quest’ottica.

Lungimiranza, coraggio, sguardo complessivo. Senza generalizzare, sembra però difficile pensando all’Italia. Eppure abbiamo anche noi esempi in questo senso. Pensiamo alla Spina 3 di Torino, ma anche all’ex-area industriale Alfa Romeo a Milano o al progetto dell’ex manifattura Tabacchi a Napoli. O ancora all’ex scalo ferroviario di Cesena. Tutte realtà nelle quali si sta riuscendo a coniugare questi principi.

Non basta, quindi, riutilizzare o ristrutturare un fabbricato? Riempire un buco e fermarsi non ha senso. Serve uno sguardo complessivo, che porti a una simbiosi tra ciò che c’è dentro all’area oggetto

Un quadro roseo: ci sono stati casi in cui la riqualificazione è fallita?

Sono molto pochi. L’importante è garantire il giusto mix tra edilizia pubblica e convenzionale, tra le aree commerciali e quelle dedicate al terziario. In questo modo si va incontro alle esigenze della popolazione. E si ha successo. Ma vale davvero sempre la pena riutilizzare, ristrutturare, riconvertire? Alle volte non è meglio, brutalmente, spianare e ricominciare da capo? Dipende. Esiste una vera archeologia industriale che ha un valore anche solo in sé. Pensiamo ai vecchi gasometri della Ruhr o alle acciaierie degli anni Venti. Certo mantenerli è un investimento di lusso: ci vogliono somme molto alte per lasciarle in piedi. Ecco il nodo: i costi. Certo, l’hangar della Bicocca oggi è un centro di arte contemporanea. Ma parliamo di Milano. Quanti piccoli comuni potrebbero permetterselo? È chiaro che in alcuni casi l’impegno finanziario può risultare sproporzionato. Per questo serviranno i capitali dei fondi. Che spesso, però, sono avvezzi alle speculazioni... Non è detto. Recentemente un gestore mi ha confidato di voler investire per riqualificare un tratto del lungomare adriatico. Un intervento piccolo e mirato, senza stravolgere il paesaggio urbano. C’è chi comincia a pensare che sia meglio un investimento dalla rendita bassa, ma certa, piuttosto che rischiare troppo e, magari, finire per fallire. Da questo punto di vista credo che si cominci a vedere la luce. Credo che si cominci, finalmente, a ragionare.

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 25 |


| benessere |

La ricetta della felicità

I beni più preziosi: ambiente e relazioni di Luigino Bruni

nemmeno tra gli economisti, ha mai pensato che il Prodotto interno lordo fosse sinonimo di felicità, o che ne fosse il misuratore. Non fosse altro perché il Pil nasce soprattutto dal lavoro e solo per pochi il lavoro è sinonimo di felicità. Molti però pensavano - e ancora pensano - che fosse un indicatore di benessere, di vita buona. L’ipotesi di fondo su cui si è costruita la scienza economica moderna consisteva nel pensare che, sebbene il benessere umano fosse più complesso della sola componente economica, quando quest’ultima migliorava, aumentava anche il benessere generale. E tale ipotesi, in un mondo europeo che lottava per soddisfare i bisogni elementari e, in un contesto di scarsità assoluta di merci e di risorse, ha retto per un paio di secoli. È dalla seconda metà del secolo scorso che il discorso ha incominciato a complicarsi. Il primo

N

ESSUNO STUDIOSO SERIO,

felicità delle persone se non transitoriamente, finché dura l’effetto “novità” (è questo uno degli studi più noti del Nobel Daniel Kahneman). Se invece utilizzassimo il maggiore reddito per beni di creatività (arte, cultura, natura) la nostra felicità sarebbe maggiore, ma il sistema di mercato e la pubblicità spingono il consumo di comfort e non incoraggiano la creatività. Il secondo punto emerso dagli studi sulla felicità riguarda i beni relazionali. Il modello di sviluppo che abbiamo messo in piedi in quest’ultimo secolo continua a sottrarre tempo ai rapporti di gratuità per sacrificarlo alla sfera del lavoro e, sempre più, del consumo individualistico di beni privati. Gli studi (compresa una ricerca empirica che ho svolto assieme a Luca Stanca sul rapporto tra televisione e felicità: “Watching alone”, 2008) mostrano che l’ambito che più soffre nelle nostre economie è, insieme all’ambiente, quello delle relazioni sociali di gratuità. Un’ora di tempo sottratta alla vita relazionale e sacrificata al lavoro o al consumo distrugge più felicità di quanta non ne crei: stiamo entrando nell’era in cui i beni scarsi sono diventati ambiente e relazioni di gratuità, ma le nostre democrazie non se ne sono accorte e continuano a distruggere ambiente e a costruire centri commerciali sempre più grandi e anonimi. Dovremmo iniziare a costruire diversamente le città, le scuole, i posti di lavoro, dare più centralità ai beni comuni e cambiare l’ordine di priorità e gli incentivi: sono in gioco, non solo l’economia e la felicità individuale, ma la democrazia, il “Bene comune”, la felicità pubblica.

segnale forte che qualcosa non funzionava è stato l’ambiente: ci siamo resi conto che gli effetti collaterali dello sviluppo economico iniziavano a diventare pesanti. Alcuni economisti iniziarono già negli anni Cinquanta a porre la questione della sostenibilità del modello capitalista, una domanda che nel corso dei decenni successivi si è amplificata e divenuta sempre più urgente. Alla fine degli anni Sessanta accadde qualcosa di nuovo. Alcuni studiosi (Cantril, prima, Easterlin e Scitovsky a partire dai primi anni Settanta) iniziarono a misurare direttamente la felicità soggettiva delle persone, chiedendo alla gente, tramite questionari, di auto-valutare la propria felicità. Partì così un filone di ricerca empirica in diversi Paesi, che portò ad alcuni primi risultati, che fecero parlare di “Paradosso della felicità”: ci si rese conto che all’interno di un singolo Paese non esimare i beni in ben-essere. Le spiegazioni sosteva una correlazione significativa tra no diverse, ma sostanzialmente concordano reddito e felicità soggettiva, poiché non erasu due punti. Il primo riguarda il conflitto no le persone relativamente più ricche che si comfort/creatività: il mercato tende a vendedefinivano le più felici. E, seguendo le stesse re beni di comfort (auto comode, Tv al plapersone nel corso del tempo, risultava che la sma, telefonini), ma - qui sta il punto - ridufelicità risentiva molto poco delle variazioni ce la creatività delle persone. di reddito e ricchezza. Negli ultimi dieci anni abbiamo speso In questi quaranta anni gli studi si sono una grande fetta dell’aumento di reddito nei moltiplicati, arricchiti, sono diventati più sobeni di comfort che, però, non aumentano la fisticati dal punto di vista metodologico, ma, sostanzialmente, quei primi risultati sono stati confermati, La ricerca eccessiva di comfort mostrandoci la grande difficoltà, limita la nostra creatività e o impossibilità, che l’Occidente il troppo tempo passato al lavoro opulento incontra nel trasformina le relazioni con gli altri

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 27 |


finanzaetica

La convenienza economica del nucleare è tutta propaganda >34 Enel avanti sull’atomo in Europa. Alcuni azionisti dicono no >38

| allo sportello |

Le banche si stanno rivolgendo in modo sempre più massiccio alla loro clientela retail, proponendo prodotti derivati dietro la promessa di mirabolanti rendimenti. Molto spesso

Nulla è cambiato

nascondendo i reali pericoli di tali strumenti, addirittura “travestendoli” da comuni polizze vita.

Guadagni facili e rischi altissimi

di Roberto Cuda TITOLI DI STATO ORMAI rendono poco, avrei qualche proposta da farle». Potrebbe cominciare così la telefonata del vostro funzionario di banca, pervaso dal bisogno impellente di farvi guadagnare. Ultimamente è diventata una prassi, forse perché le banche hanno bisogno di soldi. Solo quest’anno dovranno rimborsare più di 100 miliardi di obbligazioni (bond) in scadenza. Poi ci sono la crisi e le difficoltà a farsi finanziare da altre banche. Come se non bastasse, le nuove regole di Basilea III hanno aumentato il fabbisogno di capitale, alimentando la corsa al profitto. Ecco allora gli istituti tornare alla carica per convincere la clientela che sarebbe un peccato lasciarsi sfuggire il loro ultimo bond constant maturity swap callable. Prodotti dai nomi esotici e lievemente oscuri, ma sui quali il promotore è disposto a scommettere guadagni mai visti. Basta fidarsi e mettere una firma, poi si può leggere con calma il prospetto informativo di 300 pagine. E magari - previo un corso accelerato di finanza - scoprire che alla sottoscrizione avete già perso il 6%, che il vostro guadagno è legato a un complicatissimo derivato agganciato alla differenza tra tassi a lungo e a breve termine e che, se state guadagnando “troppo”, la banca è autorizzata a ricomprarsi tutto. Se poi l’andamento dei tassi è ne-

ROBERTO CACCURI / CONTRASTO

«I

| 28 | valori |

Milano, novembre 2002, la sede di Banca Intesa Bci di piazza della Scala. Un cliente è accolto da un’impiegata dell’istituto di credito.

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 29 |


| finanzaetica |

Con contributo a intero carico della Banca a favore di:

C’è sempre più bisogno del tuo aiuto

Sottoscrivi anche tu il “Conto Corrente Solidarietà” e contribuisci a migliorare la vita di chi soffre A S S O C I A Z I O N E I TA L I A N A PER LA RICERCA SUL CANCRO

Società cooperativa per azioni - Fondata nel 1871 Sede sociale e direzione generale: piazza Garibaldi n. 16 - 23100 SONDRIO Tel. 0342 528 111 - Fax 0342 528 204 - info@popso.it

In forte crescita sono anche le famigerate index linked, fino a pochi mesi fa sul banco degli imputati per aver bruciato i risparmi di migliaia di assicurati. Le index sono bond con rendimento legato a particolari indici tramite un derivato, ma “travestiti” da polizze Vita grazie a qualche componente aggiuntiva di tipo assicurativo. Dello status di polizze godono anche le cugine unit linked, legate all’andamento di fondi comuni di investimento. Caduta a picco nel biennio 2008-2009, la raccolta di linked ha visto un’impennata nel 2010 (+58,3%) superando i 15 miliardi di euro. Come nulla fosse accaduto, dopo essere spariti per mesi dal catalogo prodotti delle compagnie. Ora le assicurazioni fanno a gara per emetterne di nuovi, ma la distribuzione è per il 70% in mano alle banche, che ricevono sostanziose provvigioni (fino al 40%). Uno scenario che non depone a favore della trasparenza e che ha ridato vigore all’attività sanzionatoria delle authority (Consob e Banca d’Italia, vedi Valori di settembre 2010), che tuttavia si scontrano con una precisa strategia commerciale delle banche. Una strategia fatta di forti pressioni verso chi siede allo sportello.

COMPOSIZIONE DELLA RACCOLTA DELLE BANCHE EUROPEE

GERMANIA

IRLANDA

FRANCIA

2008

100% ITALIA

DEBITI VERSO LA CLIENTELA

2008

DEBITI RAPPRESENTATI DA TITOLI

POSIZIONE INTERBANCARIA NETTA

PAESI BASSI

SPAGNA

REGNO UNITO

SVIZZERA

80%

60%

40%

2009

2008

2009

2008

2009

2008

2009

2008

2009

2009

2009

0%

2008

20% 2009

Le obbligazioni bancarie, spesso al centro delle attuali campagne, consentono di rastrellare denaro a costi contenuti. Passati i mesi caldi della crisi, le promozioni sono ripartite con forza, insieme a quelle di prodotti più complessi e rischiosi come i derivati (ad esempio i certificates o gli etf). Strumenti difficili da comprendere anche dagli addetti ai lavori, caratterizzati da una serie di “costi occulti”. Ma, accanto alle obbligazioni tradizionali, che offrono un tasso (fisso o variabile) calcolato sul capitale investito, esiste un’ampia gamma di obbligazioni “strutturate”, il cui rendimento dipende da un altro titolo (derivato) a sua volta basato su un sottostante (azioni, fondi, indici di borsa). «I risparmiatori ci chiamano dopo aver acquistato il prodotto, ma alle nostre domande non sanno rispondere», racconta Mauro Novelli, segretario nazionale di Adusbef. E continua:

FONTE: ELABORAZIONI SU DATI DI BILANCIO. DATI RELATIVI AI PRINCIPALI GRUPPI BANCARI CHE COPRONO FRA IL 60 E IL 70% DEL TOTALE ATTIVO NEI SINGOLI PAESI.

Obbligazioni e obbligazioni

nazionale di Adiconsum. «Il prospetto informativo di un’obbligazione strutturata - continua Picciolini - non può che essere opaco. La nuova direttiva Ue in discussione prevede un modello sintetico di scheda A sinistra informativa, che si potrebbe introdurre da Mauro Novelli, a destra Fabio subito. La diffusione di questi prodotti - in Picciolini. gran parte non quotati - sta crescendo a viRispettivamente sta d’occhio. E quel che è peggio è che vensegretari nazionali gono proposti al cliente retail. La Mifid ha di Adusbef fallito, tanto è vero che la stanno cambiane Adiconsum. do. Non è pensabile che lo stesso cliente possa avere profilature diverse a seconda «Questo la dice lunga sulle asimmetrie della banca che le realizza. C’è un margine informative tra banca e cliente, negli ultitroppo ampio di discrezionalità». mi mesi oggetto di campagne sempre più E nei varchi della normativa le banche pressanti. Anche i giudici cominciano a si sono inserite prontamente. Secondo rendersene conto. In teoria la Mifid (diBankitalia dal 2007 al 2009 le obbligaziorettiva europea sull’intermediazione fini private nei portafogli degli italiani sonanziaria, recepita anche in Italia, ndr) obno salite da 313 e 394 miliardi di euro, di bliga a vendere prodotti adeguati al cui ben 384 rappresentati da titoli bancaprofilo di rischio del cliente. Ma non di rari. Di questi - ci dice la Consob - almeno il do sono le banche stesse a compilare i mo10% sono strutturate e l’8% con opzioni duli di valutazione». di rimborso anticipato (giugno 2009). Al contrario i titoli pubblici sono calati da 206 a 189 miliardi. Tra le pieghe delle regole Quanto al prospetto informativo, esso è per lo più una formalità. «Come si fa a legIl dilagare di prodotti gere centinaia di pagine piene di tecnicifinanziari rischiosi smi?», si chiede Fabio Picciolini, segretario Nel periodo pre-crisi (luglio 2006-giugno

2008

La direttiva Mifid non riesce ad arginare il problema. Secondo l’Adusbef «spesso i questionari sono compilati dalle banche»

-20%

2007) circa le metà della raccolta obbligazionaria era in mano a risparmiatori retail, mentre nei due anni successivi siamo saliti all’80%. Una situazione che, per quanto riguarda i prodotti strutturati, non ha eguali in Europa. Il risultato è che le banche italiane continuano ad avere il più alto rapporto obbligazioni/raccolta totale rispetto ai maggiori Paesi europei, grazie

Tutte le condizioni economiche praticate sono indicate nei fogli informativi a disposizione della Clientela presso le filiali della banca.

gativo e ci perdete, inutile lamentarsi. Era tutto scritto, nelle pieghe delle varie formule matematiche.

| finanzaetica |

anche a un regime fiscale favorevole (i bond sono tassati con una ritenuta secca del 12,5%, contro il 27% dei depositi, mentre negli altri Paesi rientrano nel reddito imponibile). Eppure - avverte ancora la Consob in un paper del luglio 2010 - i bond bancari sono poco liquidi (solo il 9% è facilmente smobilizzabile) e meno convenienti dei titoli pubblici.

.

Se lo sportello è sotto pressione di Roberto Cuda

D

In molti casi ai dipendenti degli istituti di credito sono offerti forti incentivi sulle vendite di specifiche tipologie di prodotti finanziari.

Senza porre alcuna attenzione all’adeguatezza di tali strumenti rispetto alle esigenze dei clienti.

pressioni sugli impiegati allo sportello per rispettare il budget assegnato attraverso un articolato sistema di incentivi. Raggiunti i volumi di vendita stabiliti dai vertici scattano i premi di produttività per i singoli addetti. «L’incentivo - spiega Giacinto Palladino, segretario nazionale della Fiba Cisl - è agganciato sia al reddito che alla tipologia del prodotto. Fermo restando che quello emesso dalla banca ha sempre un punteggio maggiore rispetto a quello venduto per conto terzi. Nei casi migliori contano anche altre variabili, come il lavoro di squadra. I responsabili effettuano un monitoraggio giornaliero delle performance e questo innesca una competizione tra lavoratori, sempre più stressati. È

un meccanismo deleterio, che vorremmo eliminare, legando l’incentivo alla qualità del prodotto, ovvero alla sua adeguatezza rispetto alle esigenze del cliente. Ma è un tema sul quale registriamo forti resistenze da parte delle banche».

A TEMPO I SINDACATI DENUNCIANO

Prodotti complessi perché serve liquidità Se, dunque, Consob e Bankitalia raccomandano semplicità e chiarezza nella costruzione del prodotto, il mercato sembra andare da tutt’altra parte. «Il fatto è che gli istituti hanno bisogno di liquidità - continua Palladino - e, visto che i tassi sono bassi, cercano di guadagnare su altri indici per aumentare i margini. Da qui la complessità del prodotto, che spesso si |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 31 |


| finanzaetica |

| finanzaetica |

risolve a favore di chi li proSecondo Giacinto Palladino, pone. Attualmente sono allo del sindacato Fiba, i premi studio nuove tipologie di obdovrebbero essere agganciati bligazioni convertibili in alla qualità dei prodotti venduti azioni, in vista di eventuali rafforzamenti patrimoniali (la normativa fenomeno delle pressioni. Il più avanzato europea esclude le obbligazioni dal calè quello dal Gruppo Ubi, siglato da tutti i colo del patrimonio della banca, ndr). sindacati nel novembre scorso. «Sono staStaremo a vedere come verranno gestiti te create commissioni “sul clima” nelle gli aspetti di trasparenza. In ogni caso la singole banche del gruppo, per monitoconcorrenza estera è sempre più agguerrare il rispetto del protocollo», racconta rita e servirebbe un testo europeo che reAttilio Granelli, responsabile nazionale golamenti il settore». della Fabi per il Gruppo Ubi. «Ogni prodotto deve essere venduto in base alla capacità di rischio del cliente senza l’obbliTentativi di arginare go di segnalare giornalmente le vendite e il problema senza classifiche tra filiali. Purtroppo soIn attesa del rinnovo del contratto naziono già pervenute le prime rimostranze da nale, previsto entro quest’anno, sono staparte di alcuni delegati (come nella Poti avviati accordi aziendali per arginare il

polare di Bergamo) che hanno riunito le rispettive commissioni». Il problema non investe solo l’Italia. Ne sa qualcosa Angelo Di Cristo, responsabile Fabi per il Gruppo Unicredit, dove esiste un accordo dal 2005, poi rinnovato nel 2008. «Il problema si ripresenta periodicamente a macchia di leopardo. Noi interveniamo sui singoli casi, ma serve un impianto normativo che consenta una reale negoziazione, in sede di contratto nazionale. Le banche non possono scaricare sui lavoratori i loro problemi di credibilità. La questione travalica i confini nazionali e per questo stiamo lavorando a una dichiarazione sulle “vendite responsabili” insieme alle delegazioni delle controllate estere, da utilizzare come base di confronto nei diversi Paesi».

.

OBBLIGAZIONI EMESSE DA BANCHE ITALIANE NEL PERIODO LUGLIO 2006 - GIUGNO 2009 EMISSIONI DOMESTICHE DESTINATE AL RETAIL NUMERO DI TITOLI

AMMONTARE OFFERTO (MLD EURO)

EMISSIONI SULL’EUROMERCATO DESTINATE AGLI INV. ISTITUZIONALI AMMONTARE COLLOCATO (MLD EURO)

NUMERO

AMMONTARE COLLOCATO (MLD EURO)

lug. 06 - giu. 07

3.957

133,9

62,6

195

61,4

lug. 07 - giu. 09

8.294

449,1

288,2

447

74,5

lug. 06 - giu. 09

12.251

582,0

350,8

642

135,9

Fonte: Elaborazioni su prospetti informativi, condizioni definitive e segnalazioni di vigilanza per le emissioni domestiche e Dealogic per le emissioni sull’euromercato.

La differenza tra consulenza e vendita

NOMI ESOTICI PER PRODOTTI PERICOLOSI LA CONSOB CLASSIFICA LE OBBLIGAZIONI IN QUATTRO GRANDI GRUPPI: 1. Ordinarie (plain vanilla): sono le più semplici, a tasso fisso e a tasso variabile; 2. Step up e step down: sono titoli con cedole fisse e predeterminate, ma con andamento crescente o decrescente nel tempo; 3. Obbligazioni con opzioni di rimborso anticipato (cosiddette callable): trasversali a tutte le altre tipologie, prevedono la facoltà per la banca emittente di rimborsare l’obbligazione prima della sua scadenza; 4. Obbligazioni strutturate: hanno in pancia derivati su tassi di interesse o altri asset finanziari. Queste ultime a loro volta sono suddivise in tre sotto-categorie: a. Linked, ovvero con cedole agganciate all’andamento di indici, titoli azionari o fondi; b. Stochastic interest, che incorporano opzioni sull’andamento dei tassi d’interesse con meccanismi cap/floor o strutture simili; c. Miste. Complessità, alti costi e incertezza sul rendimento caratterizzano spesso questi strumenti, al pari dei certificates. Infine, possiamo distinguere fra obbligazioni senior, subordinate (che non hanno garanzia preferenziale di rimborso in caso di fallimento dell’emittente) e covered bond (garantite da una parte degli attivi della banca). I CERTIFICATES sono strumenti derivati che riproducono l’andamento di un titolo o un indice sottostante. Si tratta di strumenti complessi, con una struttura dei costi spesso difficile da definire. Ce ne sono di tutti i tipi, con strutture di rendimento molto differenti e spesso legate all’accadimento di particolari eventi. In genere prevedono costi di collocamento fino al 3% e altre commissioni (relative al rischio di mercato nel periodo di collocamento, alla strutturazione del prodotto, ecc). Poi ci sono i cosiddetti “spred denaro/lettera”, che remunerano la banca nel momento in cui il cliente decida di smobilizzare il titolo prima delle scadenza, per il servizio di vendita sul mercato. Nell’insieme tali costi “impliciti” possono raggiungere il 5 o 6% del valore nominale: ciò significa che su 100 euro ne vengono investiti solo 94 o 95. È il caso ad esempio dei “Banca Imi Certificates Seng China Enterprise Protezione”, agganciati al mercato azionario cinese (5% di costi), o dei “Certificati quinquennali Opportunità Generali” di Unicredit, legati a obbligazioni Generali (6% di costi). Ma il valore netto è lo stesso che il mercato riconoscerebbe in caso di vendita anticipata, provocando una perdita sul capitale. Alla scadenza il rendimento dipenderà dall’andamento del sottostante, che può essere positivo o negativo. Anche garantendo al 100% il capitale, se lo scenario è negativo il possessore dovrò comunque calcolare la perdita derivante dalla svalutazione. Ma come valutare la probabilità di scenario positivo o negativo? Difficile rispondere a questa domanda, se non si è analisti esperti. Pochi infatti indicano nel prospetto gli scenari probabilistici (non i prodotti citati).

Nicola Benini, Ad di IFA Consulting e presidente di Assofinance.

In Italia è prevista la figura del consulente indipendente. Ma non si trovano i soldi per costituire l’Albo. sovrintendere all’Albo - spiega Benini - e così ci si affida ogni anno a una norma del decreto Milleproroghe che autorizza temporaneamente l’esercizio della professione, mentre oggi chi volesse fare questo mestiere non avrebbe alcun riconoscimento giuridico. Ma in Italia il mercato è dominato dalla banche e una diffusione della consulenza indipendente lederebbe i loro interessi».

di Roberto Cuda

N

ICOLA BENINI è Ad di Ifa Con-

sulting e vice presidente dell’Assofinance, associazione di consulenti finanziari indipendenti. Non è un promotore, ci tiene a precisare, poiché non ha prodotti da piazzare, ma riceve un compenso orario per il servizio prestato direttamente dal cliente. Una figura È dunque impossibile ricevere conun po’ bistrattata nel nostro Paese, benché sulenza allo sportello? prevista dall’art. 18 del Testo Unico della finanza (Tuf) dal 2005, ma ancora sprovvista di un Albo. «SemÈ evidente che gli istituti bra non si riescano a trovare di credito cercheranno sempre due milioni di euro per far pardi vendere i prodotti che tire l’organismo che dovrebbe per loro sono più redditizi

‘‘

’’

| 32 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

Si, dal momento che la banca non è un soggetto indipendente e promuoverà sempre i prodotti che le garantiscono maggiore redditività. È questa l’origine delle attuali distorsioni. Gli addetti alla vendita non hanno nemmeno la preparazione professionale per offrire consulenza a tutto tondo, ma sono, appunto, dei venditori. Così assistiamo alla promozione di prodotti complessi, come i certificates e le obbligazioni strutturate, che normalmente comportano costi superiori (occulti o palesi) rispetto ad altri strumenti molto più semplici. Perché vengono creati prodotti così complessi e opachi? Anzitutto per aumentare la redditività della banca, senza che il cliente se ne accorga. Non

è facile determinare il valore effettivo di un’obbligazione tradizionale (cosiddetta plain vanilla), figuriamoci di un bond strutturato, che sfugge perfino a chi lo fa. E nella stragrande maggioranza dei casi non serve alle esigenze del cliente. Le norme attuali sono adeguate? La legislazione italiana, contrariamente a quanto si pensa, è una delle più severe. Ma può essere aggirata. Noi ci siamo battuti per introdurre la consulenza indipendente sia in Parlamento che in sede europea. Anche sui prospetti informativi c’è molto da fare in termini di semplicità e trasparenza, come è stato più volte ribadito dalla Consob.

.

IN GIOCO IL RISCHIO REPUTAZIONALE DELLA BANCA

NON SEMPRE LE BANCHE sono orientate al cliente e questo poi ha effetti anche sulle politiche commerciali. A dirlo è Sergio Spaccavento, presidente di AIFIn, associazione dedicata all’innovazione nel comparto finanziario. «In tutti i settori - spiega Spaccavento è fondamentale sviluppare prodotti e servizi in linea con i bisogni e le aspettative della clientela. Le banche da questo punto di vista hanno ancora molto da imparare. Lo dimostrano, ad esempio, gli investimenti in ricerche di mercato, inferiori rispetto agli altri comparti consumer, anche se le cose stanno cambiando. D’altro canto la cultura finanziaria nel nostro Paese è molto bassa e questo impedisce spesso un ruolo attivo del cliente nei processi di sviluppo dell’offerta». Negli ultimi mesi assistiamo a massicce campagne promozionali di prodotti rischiosi anche a clienti con basso profilo di rischio, come dobbiamo valutare questo fenomeno? «Se ciò avviene è perché non si è imparato nulla dagli errori», risponde Spaccavento. «Vendere prodotti inadeguati non è corretto né dal punto di vista normativo né da quello economico, poiché espone la banca a un rischio reputazionale troppo alto. Al tempo stesso il cliente deve imparare a far leva sul proprio “potere” e cambiare banca qualora essa non meriti a pieno la sua fiducia. Il problema non è tanto la complessità del prodotto, nel momento in cui viene proposto alla persona giusta. Il problema risiede semmai nella consulenza, che anche in banca può essere offerta con un buon grado di indipendenza e professionalità. Fare consulenza significa mettere al centro della propria attività il cliente e i suoi interessi». R.C.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 33 |


| finanzaetica | atomo |

| finanzaetica | PER APPROFONDIMENTI

. .. ..

IL PRESENTE LAVORO SI BASA SU DATI TRATTI DALLE SEGUENTI FONTI: Eia-Doe (2010), Annual Energy Outlook, Energy Information Administration U.S. Department of Energy; Iea-Nea (2010) Projected cost of generating electricity 2010 Edition, Oecd; Mit (2009), Update of the Mit 2003 “The future of nuclear power”, Boston 2009; Moody’s (2009), New Nuclear Generation: Rating Pressure Increasing, July 2009; S.Zabot C.Monguzzi, Illusione nucleare, Melampo 2009.

per Enel nel giugno 2008, diventati 4 miressi 2.500 $/kW!). Ma il punto debole ed liardi nell’ottobre dello stesso anno; 4,5 economicamente più esposto sta nel liemiliardi per Edf nella primavera 2009; 5,5 vitare dei costi di costruzione e nei costi miliardi nella stima finlandese del 2010; 6 del capitale investito. Nel 1986 un’analisi miliardi almeno per la tedesca E.On. I aveva dimostrato che, su 75 reattori ametempi di costruzione stanno raddoppianricani, la spesa effettiva era stata il triplo do e il costruttore francese minaccia l’adel previsto. In effetti l’agenzia Moody’s zienda elettrica finlandese di citarla per 2 nel maggio 2008 stimava che servissero miliardi di euro, mentre, a parti inverse, ben 7.500 $/kWh effettivi e Florida Light quest’ultima pretende un risarcimento di and Power ne prevede addirittura 8.000. 2,4 miliardi. Risultato: 3,5 miliardi di euIn una gara in Canada Areva ha presentaro che alla fine graveranno sulle bollette. to un’offerta per 7.375 $/kWh e Candu ne Per un confronto sui costi, ricordiamo ha avanzata una alternativa per 10.800 che una centrale termica a ci$/kWh, compresa una assicuLIBRI clo combinato da 1000 MW (il razione contro i ritardi di reatipo più efficiente in questa tilizzazione. pologia di generazione) costa Quindi i costi di capitale circa 0,8 miliardi di euro e del nucleare sul mercato risulun’analoga potenza di eolico tano almeno doppi rispetto alon shore 1 miliardo (1,4 miliarle stime ufficiali che ci “propidi nel caso off shore, facendo rinano” il Governo e l’Enel. La G. Mattioli ferimento ai costi annunciati spiegazione la dà una nota di M. Scalia da Enel per una nuova centraEdo Ronchi (Fondazione per Nucleare a chi conviene? le in Belgio e per i campi eolilo sviluppo sostenibile, setEd. Ambiente 2010 ci in Sicilia). tembre 2010), che ricorda che rifaranno poi sulle bollette e sulle tasse. le cifre distribuite dagli istituti e dagli enti sostenitori dell’atomo fanno nibili (vedi BOX ). Partiamo da una proieIl peso sulla bolletta riferimento a un interesse presunto del zione al 2020 dei costi del chilowattora da Se, in base ad otto diversi studi di recente 5%, mentre in realtà si ha a che fare in tutdiverse fonti (vedi TABELLA 1). A differenza pubblicazione (Agenzia Nucleare dell’Octo il mondo con valori superiori al 12%. se, Ufficio del Budget del Congresso USA, delle centrali termoelettriche a gas e a carDipartimento dell’Energia Usa, Massachubone meno recenti, gli impianti nucleari, setts Institute of Technology, Commissioper la complessità e per le più estreme L’abitudine di barare ne Europea, Camera dei Lords, Electric condizioni di sicurezza che devono gaIn Europa c’è una spiccata tendenza a baPower Research Institute e Moody’s) e con rantire, sono assai più costosi e, per querare e, di conseguenza, a tradurre in conle avvertenze sopra esposte, rendiamo trasto, nella struttura dei costi la componenflitti legali le previsioni disattese. Così il sparenti i costi dell’elettricità prodotta da te capitale assume un’incidenza notevole costo “stimato” dell’Epr da 1.600 MW di nuove centrali nucleari, ne risulta un costo (oltre il 75%). Anche se i prezzi dell’uranio Areva (lo stesso di quelli opzionati dal Godi almeno 72,8 €/MWh contro 61 €/MWh aumentassero di tre volte, il costo dell’apverno italiano) continua a rimbalzare (-16%) delle centrali a gas e 57.5 €/Mwh prontamento della centrale peserebbe anman mano che avanza la realizzazione: delle centrali a carbone (-21%). cora per il 60%. era di 3,2 miliardi di euro nelle previsioni Quindi una tendenziale approssimaMa quanto costa un reattore? Esclusi a Olkiluoto nel 2005; 3,5 miliardi di euro zione (al ribasso) dei costi di realizzazione, gli oneri finanziari, ad oggi alil peso non riducibile degli interessi sul cameno 3.318 $/kW (si pensi Con il passare del tempo i costi pitale investito, la crescente richiesta di che l’Epr di Olkiluoto, Finlandelle nuove tecnologie calano. interventi di sicurezza, la inevitabile prodia, solo tre anni fa, nel 2008, Accade per l’eolico e per il era stato valutato senza intefotovoltaico. Non per il nucleare crastinazione dei tempi di costruzione CLKOKAMEKUN

La convenienza economica del nucleare è tutta propaganda

Un impianto nucleare in Giappone. Il Paese in tutto possiede 52 centrali nucleari.

Difficile, se non impossibile, calcolare i costi di una centrale nucleare. I governi diffondono stime al ribasso. Si ha interesse a sostenere l’atomo fornisce dati, tesi a dimostrare la sua convenienza in tempi medio-brevi, ben lontani da quelli in cui si completa il ciclo di vita degli impianti e del combustibile. Nessun’altra tecnologia è valutata con altrettanta “non considerazione” dei costi che, seppure in scadenza in tempi imprecisati, andranno comunque saldati dalle future generazioni. Nei fatti la dismissione degli impianti irraggiati e, soprattutto, la chiusura del ciclo del combustibile danno luogo a valutazioni delle risorse da impiegare così aleatorie da impedire di assegnare un valore affidabile al kilowattora prodotto

di Mario Agostinelli*

Q

UANTO COSTA UNA CENTRALE

nucleare? Conviene per il nostro Paese ributtarsi nella mischia dopo oltre venti anni di moratoria? Il Governo, prima ancora del referendum fissato per il 12 e 13 giugno e proprio temendo un confronto in campo aperto, ha deciso di non porsi queste domande e ha tagliato la testa al toro: l’Italia non costruirà altre centrali (almeno per ora). Ma quelle citate restano domande importanti, e non facili, a cui vogliamo provare a dare una risposta. Negli ultimi anni sono apparse diverse stime sui costi del nucleare, fra loro discorI costi di capitale del nucleare danti, perché le variabili da sono almeno doppi delle stime considerare sono molte e diffidel governo e dell’Enel. In tutta cili da valutare. E perché chi Europa c’è la tendenza a barare

| 34 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

da fissione. Già nel caso delle fonti fossili abbiamo caricato sul futuro il costo dell’emissione dei gas serra, ma, per l’intensità energetica più elevata dei processi di radiazione rispetto a quelli di combustione, il lascito del nucleare durerà molto più a lungo, con effetti dannosi ben più difficili da neutralizzare.

Costi oltre il doppio delle promesse Potremmo semplicemente concludere (come nel volume “Nucleare a chi conviene?”, vedi BOX ) che la quantificazione del costo del chilowattora dall’atomo fornito dalle stime governative riguarda solo “il prezzo politico dell’energia”, assicurato dallo Stato, con la rivalsa sulle tasse e le bollette dei cittadini. Ma proviamo a mettere a confronto i dati più recenti dispo-

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 35 |


| finanzaetica |

| finanzaetica |

della centrale incidono sulle differenze di costo finale del kWh e evidenziano l’inaffidabilità di previsioni fornite dall’oste che deve vendere il proprio vino.

Il nucleare non impara

FONTE: ELAB. GREEENPEACE SU DATI EIA-DOE 2008

Secondo la teoria delle “curve di apprendimento”, con il passare del tempo i costi delle nuove tecnologie si abbassano. Ac-

cade per i microchip, per le automobili, per l’industria del vetro, per le centrali a gas, per l’energia eolica e per il fotovoltaico. Esistono tuttavia rari casi di apprendimento “negativo” dove i costi crescono con la produzione cumulata. È il caso dell’industria nucleare, per cui la complessità del sistema cresce con le sue dimensioni. Si osserva, ad esempio, un continuo

STIME DI COSTO DELL’EE PER IMPIANTI NUOVI (€/MWH)

COSTO IN CAPITALE PER COSTRUIRE 1000 MW DI POTENZA NUCLEARE STIMA ENTE ELETTRICO O ISTITUTO FINANZIARIO

COSTO IN CAPITALE (IN €) PER LA COSTRUZIONE DI 1000 MW DI POTENZA NUCLEARE (EPR)

ENEL

cambio di design dei reattori che ha portato a una significativa dilatazione dei tempi di costruzione; si complica la gestione del ciclo completo del combustibile, in cui a tutt’oggi non è fattorizzato in maniera convincente il trattamento delle scorie; emergono diseconomie operative derivanti dal carico variabile della rete; per sofisticati che siano, gli standard di si-

2.5 mld €

EDF

2.8 mld €

E.ON

3.5 mld €

Canada

5 mld €

Moody’s

5.8 mld €

Florida L&P

6.1 mld €

MIT - Boston, 2003 MIT - aggiornamento 2007 MIT - aggiornamento 2009 Commissione Europea 2008 DOE - stima 2010 per imp. al 2020 Moody’s - stima 2009 per imp. al 2020 Citigroup Global Markets - 2010 NEA - Nuclear Energy Agency - 2010 Dichiarazioni ENEL

COSTI ATTUALI (IN $) DI PRODUZIONE DI 1 MWH PER NUOVI IMPIANTI AL 2020

NUCLEARE

CARBONE

CC GAS

48 60 65 50-85 86 116 70 45-76 30

30 26 48 40-50 81 86

41 29 50 50-60 62 93 50 66-70 36

50-61 31

FONTI

CAPITALE

OPERATIVITA

COMBUST.

TRASM.

TOTALE

carbone

70,76

5,19

18,67

3,61

98,23 $/MWh

gas

20,97

1,54

55,33

3,88

81,72 $/MWh

eolico

84,25

9,05

0,00

6,15

99,45 $/MWh

nucleare

78,38

11,42

8,88

3,14

101,82 $/MWh

una cosa è certa: il costo che gli italiani stanno già pagando per il “riprocessamento” del combustibile esausto e per il decommissioning (smantellamento) degli impianti nucleari non più funzionanti. “Riprocessare” il combustibile significa separare dalle scorie le parti riciclabili: l’uranio non ancora utilizzato e soprattutto il plutonio formatosi nel combustibile durante il funzionamento del reattore. Si tratta di un lavoro “sporco” che presenta rischi di proliferazione. Per

T

L’Italia “ricicla” le scorie L’Italia, invece, ha sposato, per il combustibile esausto proveniente dagli impianti fermi, la scelta del riprocessamento, una strada rischiosa e costosa, tant’è che per onorare il contratto con la francese Areva, dal primo gennaio 2007 è stata triplicata la quota della componente A2 (nella bolletta), i cosiddetti “oneri nucleari”, che hanno comportato - come dice l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas - “un aumento dell’ordine di un punto percentuale sulla tariffa domestica”. Salvo imprevisti, la stima degli oneri complessivi del programma di riprocessamento ammonta a 4,3 miliardi di euro,

COMBUSTIBILE

Nuovo riprocessamento Creys Malville Vecchio riprocessamento TOTALE

COSTI COMPLESSIVI

COSTI SOSTENUTI

322 439 432 1193

dall’1/01/2001 10,8 32,5 120,0 163,3

di cui nel 2006 3,3 5,8 9,3 18,4

CENTRALE

COSTI SOSTENUTI*

dall’1 gennaio 2001 30,8 33,0 35,4 24,0 123,2

di cui nel 2006 12,8 11,7 15,2 11,7 51,4

Noi italiani paghiamo già in bolletta lo smantellamento degli impianti fermi e il “riciclo” dele scorie.

RA LE MOLTE INCERTEZZE

STIMA DEI COSTI DELLA CHIUSURA DEL CICLO DEL COMBUSTIBILE IN MILIONI DI €

STIMA DEI COSTI DI DISATTIVAZIONE DELLE CENTRALI NUCLEARI, IN MILIONI DI €

COSTI COMPLESSIVI

* Per questi impianti, tramite il consorzio SICN, sono stati sostenuti ulteriori oneri per 90,1 milioni di euro

comprensivi sia dei costi già sostenuti dal 2001 a moneta corrente, sia di quelli ancora da sostenere a moneta 2006. La stima dei costi per la chiusura del ciclo del combustibile è articolata in tre partite: 1. la sistemazione del combustibile irraggiato delle centrali di Trino, Caorso e Garigliano ancora stoccato in Italia, del quale è previsto l’invio in Francia per il riprocessamento, con ritorno dei prodotti post-ritrattamento al deposito nazionale (in tabella: “nuovo riprocessamento”); 2. la sistemazione della quota parte Sogin del combustibile della Centrale di Creys-Malville, per la quale è prevista la cessione onerosa a EdF, con la conseguente presa in carico da parte di Sogin del relativo plutonio presso gli stabilimenti della Areva e quindi la successiva cessione onerosa di detto plutonio (in tabella: “Creys-Malville”); 3. la sistemazione del combustibile irraggiato che, a fronte di contratti già stipulati, è stato inviato in Inghilterra e i cui prodotti post-trattamento saranno trasferiti direttamente al deposito nazionale (in tabella: “vecchio

* Portavoce del Contratto mondiale per l’energia e il clima

IMPIANTO

Per ogni euro speso oggi uno rimandato a domani evitare questi rischi gli Stati Uniti sino ad oggi hanno scelto di non riprocessare le scorie, considerando il combustibile come un rifiuto a perdere. Molti altri Paesi sono in attesa, cosicché - secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Aiea solo un terzo del combustibile nucleare irraggiato, prodotto sino a oggi in tutto il mondo, è stato riprocessato, mentre tutto il resto è stoccato, in attesa dello smaltimento o della decisione sul suo destino.

.

STIMA DEI COSTI DI DISATTIVAZIONE DEGLI IMPIANTI IN MILIONI DI €

Trisaia Casaccia Saluggia Bosco Marengo

di Mario Agostinelli*

rebbe in 10 anni. E, in ogni caso, il flusso di spese per realizzare una centrale nucleare deve tener conto dei tempi connessi alla varie fasi del ciclo e ciò incide negativamente sul tempo di ritorno del capitale investito e sulla valutazione del rischio economico. www.energiafelice.it

che il costo effettivo del kilowattora solare può variare tra i 14 e i 20 centesimi di euro a seconda dell’insolazione, e continua a scendere con una media del 10% ogni anno. L’eolico è già competitivo con il nucleare. Nel giro di un anno abbiamo la possibilità di installare più capacità di generazione con rinnovabili di quello che il programma nucleare italiano permette-

curezza sono intrinsecamente messi sotto stress, diventano inadeguati e vanno elevati in conseguenza dello storico di incidenti, di crescenti problemi di natura geopolitica e della maggiore casistica di problemi generati dalla crescita stessa del numero di centrali. Se accostiamo le curve di apprendimento di nucleare e fotovoltaico risulta

TOTALE

280 319 396 47 1042

riprocessamento”). Devono poi aggiungersi i costi per le attività tecniche a carattere generale, di supporto, funzionamento sede centrale e imposte. Tutti questi costi sono oggi fatti pagare agli utenti con la bolletta dell’energia elettrica.

Smantellare le centrali

COSTI COMPLESSIVI

COSTI SOSTENUTI

dall’1/01/2001

di cui nel 2006 20,2

Caorso

451

102,0

Garigliano

265

38,0

8,0

Latina

661

56,7

10,2

270

62,5

10,5

1647

259,2

48,9

Trino TOTALE

no 50 anni di “fermo impianto” per poter consentire nei 60 anni successivi l’accesso sicuro degli operatori. Tutti rilievi e conti confermati dall’Ue, che, attraverso il Joint Research Center nel sito di Ispra (Varese), si appresta al decommissioning di Essor - un reattore sperimentale di 42 MW che ha prodotto nella sua attività 3.000 metri cubi di scorie - con un budget ventennale di oltre 1,5 miliardi di euro complessivi. Da ciò si deduce che i costi “nascosti” e “rinviati” del nucleare sono ancora ben lontani dall’essersi manifestati interamente e sono dello stesso ordine di quelli di costruzione. Ma oggi cominciano a venire al pettine. La chiusura degli impianti che compiono 40 anni di attività, a seguito della crisi finanziaria e dei bilanci statali, viene rinviata di qualche anno, come in Germania e Spagna, ma è una necessità ineludibile. Quindi i costi (e i problemi) del decommissioning salgono alla ribalta e quelli “veri” del nucleare inevitabilmente lievitano. Potremmo dire che, per ogni euro pagato in fase di costruzione di un nuovo reattore oggi, occorre ipotecare un analogo pagamento che andrà a scadenza entro la fine del secolo.

criterio stabilito nel 1991, valutava in 13,5 miliardi di euro lo smantellamento del parco nucleare, ma già nel 2003 la Corte dei conti aveva stimato tale costo in una forchetta di 20-39 miliardi di euro, mentre una commissione ad hoc parla oggi di centinaia di miliardi di euro (i Francesi, che pagano oggi il 30% in meno degli Italiani la bolletta elettrica, in realtà stanno staccando un acconto e la richiesta di Edf al governo di un aumento di 20 euro al Mwh per il decommissioning, finisce col pareggiare già adesso il conto). L’Inghilterra ha prodotto la sua prima stima del costo della “uscita “ del Paese dal nucleare in circa 80 miliardi di euro, una cifra gigantesca, oltre il doppio del costo di costruzione ex-novo dell’intero parco nucleare inglese. Per il governo Usa trattare i 25 reattori a minore potenza già fermi costa attorno a 500 milioni di dollari a impianto. Senza contare che lo stesso studio di previsione ritiene che occorrano alme-

La grandissima maggioranza delle centrali nucleari oggi operanti nel mondo sono state ordinate negli anni ’60 e ’70 (quelle ordinate dopo il 1979 sono pochissime) e sono entrate in servizio negli anni ‘70 e ’80. La vita produttiva di una centrale, prima stimata in trent’anni, è stata estesa a quaranta. Entro il 2020, quindi, tutte o quasi le centrali nucleari oggi attive nel mondo compiranno quarant’anni e dovrebbero essere smantellate. Nel caso italiano gli esperti sostengono che i costi di decommissioning (comprensivi anche del confinamento delle scorie) equivalgono a una volta e mezzo il costo di una nuova centrale. Francia, Inghilterra e Stati UniSmantellare un impianto ti fanno valutazioni analoghe. nucleare e confinare le scorie Nel 2005 il ministero dell’Incosta una volta e mezza dustria francese, in base a un rispetto a una nuova centrale

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 37 |


| azionariato attivo / 2 | finanzaetica |

Enel avanti sul nucleare Alcuni azionisti dicono no 29 aprile: assemblea dei soci di Enel. La Fondazione culturale

di Banca Etica è intervenuta. Per chiedere spiegazioni sulla scelta dell’azienda di partecipare alla costruzione di diversi impianti nucleari nell’Europa dell’Est. Ma anche sulle dighe in Patagonia e sul mercato dei crediti di carbonio. di Andrea Baranes Uno dei casi più controversi è quello della centrale nucleare di Cernavoda, in Romania, voluta dall’allora dittatore Ceausescu. Il progetto iniziale prevedeva la realizzazione di due nuovi reattori. Uno dopo l’altro tutti gli investitori esteri si sono sfilati: hanno rinunciato prima i cechi, poi tedeschi, francesi e spagnoli. Unico investitore estero che insiste a credere in un progetto decisamente controverso è la nostra Enel. Un altro caso scottante è quello di Mochovce, in Slovacchia, dove sono in costruzione due reattori che sollevano più di una preoccupazione dal punto di vista della sicurezza, essendo sprovvisti del doppio guscio di contenimento oggi previsto per i nuovi impianti. Enel ha manifestato il proprio interesse anche per l’impianto in costruzione a Kaliningrad, nell’ex enclave russa al confine con la Polonia, anche se per il momento non è ancora parte attiva del progetto. Anche questo solleva grandi perplessità, tra l’altro per il rischio di contaminazione delle falde acquifere sotterranee.

IMnel mondo, alcuni in zone altamente sismiche come il Giappone, ma si tratta di impianti pronti a resistere anche a terremoti di intensità pari a nove gradi sulla scala Richter». Non sarebbe necessario aggiungere commenti a una dichiarazione tanto tragica, se non fosse per un particolare. A farla è stato, meno di due anni fa, l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, durante un colloquio con Il Sole 24 Ore. La stessa Enel che, anche all’indomani del disastro di Fukushima, continuava a sostenere la bontà dell’energia nucleare e a dirsi pronta per la costruzione di quattro reattori di tipo Epr in Italia (cosa non più possibile dopo lo stop al nucleare da parte del governo). I due soli progetti di questo tipo oggi in cantiere in Europa, in Francia e Finlandia, stanno entrambi registrando enormi aumenti dei costi, ritardi e altri problemi.

«C

I SONO CIRCA

500

PIANTI NUCLEARI

L’atomo dell’Est L’Italia ha deciso di bloccare la costruzione di nuove centrali nucleari sul territorio nazionale, ma, in compenso, Enel è molto attiva nell’Est europeo. | 38 | valori |

ANNO 11 N.89

|

Per l’impianto di Cernavoda, in Romania, si sono via via sfilati tutti gli investitori stranieri. Ad insistere è rimasta solo l’Enel MAGGIO 2011

|

CANDIDATI AL CDA DI ENI

La Fondazione in assemblea La Fondazione Culturale di Banca Etica ha rinnovato anche quest’anno la sua partecipazione all’assemblea di Enel per sollevare i propri dubbi su questi e altri investimenti e per chiedere chiarimenti all’impresa. Se il nucleare sarà, ovviamente, al centro dell'attenzione, sono diversi altri i temi critici che coinvolgono l’impresa italiana: il problema delle emissioni di gas serra e degli impatti sul clima è tra questi. Per compensare le proprie emissioni, Enel è tra i maggiori player al mondo nel mercato dei crediti di carbonio, anche di quelli che derivano da un processo altamente controverso quale l’incenerimento dei gas HFC23, che la Commissione europea ha proposto di vietare nel prossimo futuro. Un altro caso, già sollevato negli scorsi anni, riguarda la costruzione di cinque grandi dighe nella Patagonia cilena, un investimento fortemente avversato dalle comunità locali per gli impatti che avrebbe sulla vita di migliaia di persone. La Fondazione, che ha anche aderito al comitato promotore del referendum per fermare il nucleare, continua a lavorare con le organizzazioni e le reti della società civile e con le popolazioni direttamente impattate dai progetti delle nostre multinazionali, nella speranza di contribuire a una loro maggiore sostenibilità. L’obiettivo è anche quello di sensibilizzare i piccoli risparmiatori sul ruolo e le responsabilità degli azionisti nella vita dell’impresa. A giudicare dalla delicatezza delle questioni sollevate, un’attività tanto urgente quanto necessaria per le grandi imprese italiane.

.

LISTA N°1 (GOVERNO)

CARICA

CURRICULUM

Giuseppe Recchi

Presidente

Ingegnere. Amministratore delegato di General Electric Southern Europe, Consigliere di Exor

Paolo Scaroni

Amministratore delegato

Attuale Amministratore delegato di Enel. Consigliere di Assicurazioni Generali, Vice-presidente del London Stock Exchange Group, Consigliere di Veolia Environment

Carlo Cesare Gatto

Consigliere Indipendente

Dottore commercialista. Presidente del Collegio sindadale della RAI, di Natuzzi Spa e di Difesa Servizi Spa. Presidente di Dea Printing Officine Grafiche Novara 2001

Paolo Marchioni

Consigliere Indipendente

Avvocato. Vice-presidente della provincia Verbano-Cusio-Ossola. Presidente di Finpiemonte. Ex sindaco di Baveno (VB). Esponente della Lega Nord

Roberto Petri

Consigliere Indipendente

Laurea in giurisprudenza. Esperienza nel settore bancario. Capo della Segreteria del Ministero della Difesa. Presidente del Circolo Alleanza Nazionale - PDL di Ravenna

Mario Resca

Consigliere Indipendente

Laurea in economia e commercio. Consigliere ENI dal 2002. Consigliere di Mondadori Spa, Direttore Generale per la valorizz. del Patrimonio Culturale (Ministero per i Beni Culturali). Fino al 2007 Presidente e AD di McDonald’s Italia

LISTA N°2 (FONDI)

CARICA

CURRICULUM

Alessandro Profumo

Consigliere Indipendente

Ex amministratore delegato del Gruppo Unicredit

Francesco Taranto

Consigliere Indipendente

Maturità classica. Consigliere di Carifirenze. Lunga esperienza in società di gestione del risparmio.

Alessandro Lorenzi

Consigliere Indipendente

Laurea in scienze politiche. Manager e consigliere di amministrazione di Lavazza. Ex Cfo di Coin e manager esec. di Ferrero

Eni senza una donna e con troppi politici

dal 2002, è un manager di lungo corso. Presidente e Ad di McDonald’s Italia fino al 2007, oggi è direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale presso il ministero dei Beni Culturali (nominato da Sandro Bondi nel 2008) e consigliere di amministrazione di Mondadori.

di Marco Atella

Profumo, i fondi e il caffè Lavazza

A

LL’ENI LA LOTTIZZAZIONE conti-

nua. Il 5 maggio, nel corso dell’assemblea 2011, viene eletto il nuovo Consiglio di Amministrazione secondo precise logiche di spartizione politica. Nessuna novità. Da sempre il Cda di Eni è un serbatoio di poltrone per rappresentanti politici dei diversi schieramenti e i nomi dei consiglieri sono decisi con largo anticipo rispetto all’assemblea, grazie a estenuanti mediazioni dentro e fuori Palazzo Chigi. Due le liste presentate il 5 aprile: una da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) - azionista di maggioranza di Eni con circa il 30% - e una da parte degli investitori istituzionali, un gruppo di società di gestione del risparmio (Sgr) che insieme arrivano all’1% del capitale, il minimo richiesto per poter presentare una lista. Il governo presenta sei candidati, le Sgr tre. In Cda ne entreranno nove: les jeux sont faits. Ma chi sono i prescelti? Scorrendo la lista presentata dal Mef incontriamo Paolo Scaroni, che sarà confermato per la terza volta come amministratore delegato. Fin qui nessuna sorpresa: la riconferma di Scaroni era nell’aria da tempo. Alla presidenza

Nessuna donna nel nuovo Cda di Eni e ancora troppi politici senza alcuna esperienza nel settore energetico. E la Fondazione di Banca Etica si astiene dal voto.

Tra politici locali e fedelissimi di Mr B. ci si consola con la lista presentata da 17 società di gestione, tra cui Anima, Eurizon (Sanpaolo-Intesa), Arca e il manager di fondi pensione olandese Apg. Al primo posto c’è Alessandro Profumo, ex ad di Unicredit, seguito da Francesco Taranto, nel board di Eni dal 2008, dopo una lunga esperienza in società finanziarie italiane, e da Alessandro Lorenzi, un nuovo entrato che di mestiere fa il direttore finanziario di Lavazza, dopo averlo fatto per Coin e Ferrero. Un’iniezione di professionalità che, però, non basta alla Fondazione di Banca Etica. «Ci asterremo dal votare entrambe le liste», ha dichiarato Mariateresa Ruggiero, direttrice della Fondazione, che ha partecipato come azionista critico all’assemblea di Eni per il quarto anno consecutivo. «Prima di tutto perché ci sorprende l’assenza di donne: un’anomalia a livello internazionale. E poi perché riteniamo che alcuni rappresentanti politici nella lista del Governo abbiano un’esperienza limitata o nulla nel settore energetico, finanziario e nella gestione di imprese. Chiederemo a Eni di introdurre criteri per adeguarsi alle “best practices” internazionali».

di Eni sale invece Giuseppe Recchi. Un manager di valore con una lunga esperienza nel colosso americano dell’energia General Electric, di cui è Ad per il Sud Europa. A seguire, tra i candidati del governo, troviamo due new entries: il commercialista Carlo Cesare Gatto, presidente del Collegio Sindacale della Rai e di Difesa Servizi Spa, la nuova società del ministero della Difesa che gestirà i beni e l’immagine delle Forze armate. E poi Roberto Petri, capo della segreteria del ministro della Difesa, La Russa, e presidente di Alleanza Nazionale-Pdl a Ravenna. La lista del Mef si chiude con due conferme, targate politicamente a destra: Paolo Marchioni e Mario Resca. Marchioni, nel Cda Eni dal 2008, è l’ex sindaco leghista di Baveno (5 mila abitanti, in provincia di Verbania) e vice-presidente della provincia Verbania-Cusio-Ossola. Resca, in Eni

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 39 |

FONTE: BEI, RELAZIONE ANNUALE 2009

| finanzaetica | azionariato attivo / 1 |


| finanzaetica | prestiti uno a uno |

Via libera da Bankitalia La “nuova” Zopa ai blocchi di partenza Il sito di social lending, che nel 2009 era stato bloccato dalla Banca d’Italia, ha ricevuto il via libera a operare come istituto di pagamento. Dopo venti mesi di sospensione, l’avventura italiana dei prestiti person to person, democratici e solidali, può riprendere. di Emanuele Isonio ro senza dover passare per le banche. Finanziatori e finanziati si sentivano parte di una stessa comunità e questo favoriva la partecipazione e una forma di scambio più semplice e chiara. In effetti, la partenza faceva ben sperare: in un anno e mezzo erano stati coinvolti oltre 40 mila utenti ed erano stati prestati 7,2 milioni di euro. A luglio 2009 però, la doccia gelata: la Banca d’Italia aveva cancellato Zopa dall’elenco degli intermediari finanziari. Il denaro dei prestatori non finiva immediatamente nelle tasche dei richiedenti, ma transitava su un conto corrente intestato a Zopa (sebbene fosse un “conto beni di terzi”) e lì rimaneva prima di essere distribuito a chi richiedeva un prestito. Una procedura che, secondo la Banca centrale, travalicava

| 40 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

ANNO 5

100 80

40

|

ANNO 3

60

ANNO 6

120 (milioni di £)

ANNO 2

Importata in Italia nel gennaio 2008 dal Regno Unito (dove è attiva dal 2005 e ha recentemente raggiunto il mezzo milione di utenti e i 120 milioni di sterline di prestiti concessi, vedi grafico), era stata salutata da molti come la nuova frontiera dei prestiti: una forma più democratica, trasparente e solidale della finanza perché permetteva alle persone di prestarsi dena-

PRESTITI TRA MEMBRI DI ZOPA UK

ANNO 1

Una finanza più democratica

DATI AGGIORNATI A MARZO 2011

D

ANNO 4

AI SUOI VERTICI GIURANO (o meglio: confidano) che la traversata nel deserto sia davvero finita. Ci sono voluti quasi due anni di lavoro e di attesa, di trattative con Bankitalia e adempimenti burocratici, ma la sospensione delle attività di Zopa, la prima e più nota piattaforma di prestiti person to person in Italia, sembra sul punto di concludersi. “In data odierna Banca d’Italia ci ha comunicato l’autorizzazione ad operare come istituto di pagamento”, si legge, dal 29 marzo scorso, sul sito dell’azienda (www.zopa.it). Le centinaia di commenti festanti, pubblicati poco dopo l’ufficializzazione della notizia fanno ben capire quanto fosse attesa tra gli utenti che hanno creduto nelle potenzialità e nella portata innovatrice dell’iniziativa.

il ruolo di un semplice intermediario, non forniva adeguate garanzie ai clienti e si configurava come una vera raccolta di risparmio. Da lì la sospensione delle attività (in realtà, Zopa ha bloccato i nuovi finanziamenti, ma ha sempre continuato a gestire i prestiti concessi fino a quel momento e ancora non finiti di pagare) e la ricerca di una soluzione per riprendere le attività. La soluzione è stata fornita dalla legge 11/2010 che, dopo tre anni, recepiva una direttiva europea (nota come “Psd”, Payment Services Directive). La nuova legge introduceva in Italia la categoria degli istituti di pagamento. E Zopa ha potuto così avviare le procedure per essere inserita nel nuovo albo. «Non ci sono più ulteriori autorizzazioni da attendere. Il social lending è ora un’attività riconosciuta e regolamentata. Al via libera ufficiale mancano solo alcuni passaggi burocratici previsti dalla nuova normativa - spiega Carlo Vitali, marketing manager di Zopa – come la registrazione del nuovo statuto societario e l’iscrizione formale all’albo degli istituti di pagamento. Saremo tra i primi a farlo». Presumibilmente, tutto dovrebbe essere pronto prima dell’estate. A quel punto i prestatori già registrati saranno fatti migrare sul nuovo regime contrattuale e l’avventura in Italia potrà ripartire. «Abbiamo perso terreno rispetto ad altri Paesi. Ma l’accelerazione che il fenomeno dei prestiti peer to peer ha avuto in Gran Bretagna e Stati Uniti fa ben sperare. Siamo molto fiduciosi che ciò avvenga anche da noi: il seguito e l’affetto degli utenti anche nella fase di sospensione giustificano questa fiducia».

.

cuorebio e il cibo sano prendi una buona abitudine, per te e per la terra. Scegliere un negozio Cuorebio, significa essere certi di acquistare cibi biologici e biodinamici, selezionati e certificati. Ma vuol dire anche avere a cuore la salute della terra ed il rispetto delle risorse naturali. Una scelta sicura e positiva, che puoi fare negli oltre 250 negozi Cuorebio in tutta Italia.

vieni a trovarci!

www.cuorebio.it


| economiasolidale |

economiasolidale

| economiasolidale |

San Francesco, un nido contro le mafie >47 Made in Italy a rischio/4: Quante spine lungo la via del pesce >50

| confini chiusi |

Il diritto alla fuga

per salvarsi la vita

Nel “Villaggio della solidarietà” di Mineo, filo spinato, telecamere e forze armate hanno fatto capire ai rifugiati che non si trattava di una “villeggiatura” ma di una nuova

Il “Villaggio della solidarietà” a Mineo (Catania). Fino a pochi mesi fa era il Residence Aranci, residenza per le famiglie dei marines della base di Sigonella

forma di reclusione senza diritti. Che non favorisce l’integrazione, ma remunera molto bene privati e “cricca”. di Antonio Mazzeo UGGONO. LI VEDI IN FILA indiana tra i campi e gli aranceti. Alcuni persino sulla carreggiata della trafficata superstrada Catania-Gela, in direzione Nord. Una bottiglia d’acqua minerale e uno zainetto con qualche indumento e un pacco di biscotti. È tutto quello che portano con sé, ma vanno avanti con determinazione, dignità, speranza. Chi esercita il diritto alla fuga ha un progetto di vita chiaro. Raggiungere fratelli, cugini, amici, quella rete di solidarietà che sanno bene che in Italia gli sarà negata. Decine, forse centinaia di giovani. Richiedenti asilo di nazionalità curda, somala, eritrea, deportati manu militari dai centri di accoglienza sparsi in mezza Italia. E i tunisini scampati all’inferno di Lampedusa, dichiarati d’autorità “richiedenti asilo” per mascherare i trasferimenti forzati con le unità della Marina militare. Il residence “a quattro stelle” di Mineo (Catania), abitato fino a un paio di mesi fa dai militari Usa di Sigonella, doveva essere la vetrina internazionale dell’accoglienza made in Italy, il progetto-pilota per rendere felici e invisibili i rifugiati e i migranti. Quattrocentoquattro villette indipendenti, uffici, mense, palestre, campi da tennis e football, sale per l’intrattenimento e le funzioni religiose e dodici ettari di spazi verdi. Un paradiso per chi ha conosciuto guerre e carceri nel continente africano, ma l’assedio di poliziotti, carabinieri e militari dell’esercito, le

MARIA VITTORIA TROVATO

F

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 43 |


MARIA VITTORIA TROVATO

Il ritorno economico dell’accordo con il governo è top secret, ma, stando alle cifre che il dipartimento della Difesa Usa versava alla Pizzarotti, nelle casse dell’azienda dovrebbero finire non meno di 5 milioni PIZZAROTTI SPA: GRANDI OPERE MILITARI/NUCLEARI

telecamere e le recinzioni sorte in ventiquattr’ore, hanno lasciato presagire chissà quali nuove forme di detenzione. E allora è meglio andare, lasciarsi dietro il vuoto ambientale, sociale e culturale del “Villaggio della solidarietà” pensato da Berlusconi e Maroni per fare un favore ai proprietari della struttura, la Pizzarotti Spa di Parma (vedi BOX ). Sì, perché alle origini dell’intera operazione di riconversione dell’ex villaggio Usa nel mega-centro di accoglienza per richiedenti asilo c’è la ferma intenzione di continuare a spremere milioni di euro all’anno da una struttura che rischiava di restare per sempre abbandonata.

Il suo nome ufficiale è “Centro di accoglienza per richiedenti asilo”. Chi non riesce a superare l’iter burocratico per ottenere l’asilo politico viene rimpatriato. Per paura di questa eventualità molti fuggono oltre la recinzione di due metri e il filo spinato, per le campagne siciliane.

ti pubblici e cooperative. Il programma di contratto d’affitto che sarebbe scaduto il 31 sviluppo immobiliare prevedeva pure la reamarzo 2011, i manager della società si affanlizzazione di un centro commerciale e di sanarono a individuare nuovi possibili locatale cinematografiche, ma naufragò per lo scarri del villaggio. Dopo aver giocato inutilso interesse degli operatori economici e dei mente la carta del “sociale”, proponendo a politici locali. L’ultima spiaggia fu quella di destra e a manca il suo utilizzo come “luogo proporre l’affitto direttamente alle famiglie di detenzione alternativo al carcere per le dedei militari Usa: 900 euro al mese a villetta tenute madri” o come “centro accoglienza 160 metri quadri di superficie più giardino per immigrati e tossicodipendenti”, si tentò incluso l’uso gratuito degli spazi comuni e il di rifilare la struttura all’università di Catania trasporto in bus verso la base di Sigonella, paper adibirla a Polo di ricerca e cittadella delrecchio distante. lo studente. Alla Regione siciliana e ai Comuni del comprensorio fu presentato un progetto di “nucleo L’emergenza profughi è stata sociale polifunzionale” con case un toccasana per i proprietari in affitto a canone agevolato e dell’ex villaggio Usa: il contratto spazi per le attività sociali di encon Washington era scaduto

Una riconversione provvidenziale Quando alla Pizzarotti fu comunicata l’intenzione di Washington di non rinnovare il | 44 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

Saldi di fine stagione: quasi la metà di quanto il dipartimento della Difesa versava alla Pizzarotti, otto milioni e mezzo di dollari all’anno, più le spese per la gestione dei servizi all’interno del villaggio. Fallito anche questo tentativo ci avrebbero pensato le rivolte per la libertà e il pane in Nord Africa a fornire l’occasione per riaprire i cancelli del residence e consentire al governo di stiparvi oltre duemila tra richiedenti asilo, residenti da tempo in Italia, e immigrati dell’ultima ora.

Sulla pelle degli immigrati La portata finanziaria dell’affaire è top secret, ma è possibile spingersi in una stima di massima. Se venisse applicato il canone concordato con gli americani, per i 10 mesi e 10 giorni coperti dal decreto di “requisizione” firmato il 2 marzo 2011 dal commissario

LA PIZZAROTTI È IMPEGNATA nella realizzazione di grandi opere infrastrutturali in Italia e all’estero. Alcune di esse hanno generato enormi impatti socio-ambientali: il deposito delle scorie radioattive di Caorso, la centrale nucleare di Montalto di Castro, la tratta ferroviaria ad alta velocità Milano-Bologna, due lotti dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. La società ha partecipato con poca fortuna alla gara per la progettazione ed esecuzione del Ponte sullo Stretto di Messina. In Sicilia ha però ottenuto dall’Anas lo status di general contractor per i lavori dell’autostrada Catania-Siracusa, una commessa di 473,6 milioni di euro. La Pizzarotti è inoltre una delle aziende di fiducia delle Forze armate degli Stati Uniti d’America. Solo nell’ultimo decennio ha fatturato 134 milioni di dollari per conto del dipartimento della Difesa. Nel 1979 le era stata affidata la realizzazione a Sigonella del centro destinato alla Rapid Deployment Force, la Forza d’Intervento Rapido Usa. A metà anni ’80 la Pizzarotti partecipò pure alla costruzione di numerose infrastrutture nella base di Comiso. Quindici anni dopo, la società realizzò a Belpasso (Catania) il villaggio “Marinai” per i militari di Sigonella: 42 ettari d’estensione e 526 unità abitative, fratello maggiore del “Villaggio degli Aranci” di Mineo. Successivamente ha eseguito i lavori di ristrutturazione e ampliamento delle banchine della base

navale e per sottomarini atomici di Santo Stefano (arcipelago de La Maddalena) e realizzato una piccola tratta ferroviaria e alcuni depositi all’interno della base di Camp Darby (Livorno). Nell’aeroporto di Aviano (Pordenone) Pizzarotti ha ampliato i locali adibiti a servizi e casermaggio, mentre a Camp Ederle (Vicenza) ha costruito un complesso residenziale per 300 marines e il nuovo polo sanitario Us Army. Non altrettanto bene è andata a Quinto Vicentino, dove, nonostante un accordo con il Comando dell’esercito statunitense per la creazione di un residence con oltre a 200 abitazioni per i militari della 173 Brigata Aviotrasportata (valore stimato 50 milioni di dollari), gli amministratori locali hanno scelto d’imporre il veto al progetto. La società di Parma ha stipulato un contratto con le ferrovie israeliane per la costruzione di un lotto della linea ad alta velocità Tel Aviv–Gerusalemme, relativo a un tunnel che attraversa i villaggi di Beit Surik e Beit Iksa, all’interno dei territori della Cisgiordania occupati illegalmente da Israele nel 1967. Come denunciato da decine di associazioni internazionali attive nella difesa dei diritti umani, il progetto viola le norme della IV Convenzione di Ginevra, che vietano alla potenza occupante l’esproprio di proprietà private per la costruzione di infrastrutture permanenti inaccessibili A.M. alla popolazione locale.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 45 |


| economiasolidale |

San Francesco: un nido contro le mafie

Una foto di gruppo dell’associazione Jus Vitae. Sotto da sinistra, Alessandro De Lisi, responsabile del progetto San Francesco, e Battista Villa, segretario della Filca-Cisl Lombardia.

straordinario per l’emergenza immigrazione, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, il governo dovrebbe dare alla Pizzarotti non meno di 5 milioni e 500 mila euro. La legge parla chiaro: anche nel caso di espropri e requisizioni per pubblica utilità gli indennizzi non possono essere inferiori ai valori di mercato. Ma quello di Mineo non sarà un centro legato all’emergenza di questi mesi e nei disegni di Berlusconi e Maroni dovrà avere vita illimitata. Il dottor Caruso ha ammesso che, nei piani del governo e dei proprietari, c’è l’intenzione di sottoscrivere un contratto d’affitto per non meno di cinque anni. In questo modo verrebbero trasferiti altri 30 milioni di euro dalle casse dello Stato al privato. Pensare che a una quarantina di chilometri in linea d’area sorge l’ex base missilistica Nato di Comiso (Ragusa), la cui titolarità è passata in mano all’ente locale. Ospita alloggi per oltre 7 mila persone, abbandonati all’incuria e ai saccheggi dei vandali. Accoglienza a costo zero, in una realtà che ha sperimentato in passato, con ovvie contraddizioni, il sostegno ai profughi del conflitto nella ex Jugoslavia e nel Kosovo. Ma, come per le grandi opere, è la lobby del cemento a dettare le regole. Sulla pelle degli immigrati e sulle tasche dei contribuenti. ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

A Cermenate, nel comasco, l’antimafia si fa con il riutilizzo dei beni confiscati e la formazione per la cittadinanza. Un lavoro da magistrati e poliziotti, certo, ma a occuparsene sono anche i sindacati e un’associazione siciliana. di Corrado Fontana

CROCE ROSSA ITALIANA: NIENTE BANDO PER FAVORE

L’ALTRO GRANDE BUSINESS di Mineo riguarda la gestione dell’“accoglienza” dei circa 2 mila richiedenti asilo presenti. Le organizzazioni siciliane antirazziste hanno già fatto le prime stime. Agli enti che gestiscono i Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) sparsi sul territorio nazionale, il governo versa un contributo che oscilla dai 40 ai 52 euro al giorno per persona. Conti alla mano a Mineo si spenderanno mensilmente dai 2,4 ai 3 milioni di euro. È la Croce Rossa Italiana l’ente individuato dalle autorità di governo senza l’indizione di un bando ad evidenza pubblica. «Sino al 30 giugno 2011, la Cri impiegherà fondi propri destinati alla gestione delle situazioni di emergenza», ha precisato il prefetto Caruso. Per i restanti sei mesi coperti dal decreto anti-sbarchi ci penserà lo Stato. A fine anno la spesa potrebbe così toccare i 18 milioni di euro. L’accoglienza soft nei comuni di mezza

.

| 46 | valori |

MARIA VITTORIA TROVATO

Altre foto del “Villaggio della solidarietà” di Mineo. La struttura è di proprietà della Pizzarotti Spa di Parma, a cui il Governo paga un affitto stimato in 5,5 milioni di euro.

|

Italia, grazie alle reti solidali di enti e associazioni (il cosiddetto sistema Sprar), pesa invece per non più di 20-22 euro al giorno per rifugiato. Con il vantaggio che le esperienze hanno forti ricadute sull’economia e l’occupazione locale, come ad esempio accade a Riace, paesino della provincia di Reggio Calabria, uno dei modelli d’integrazione cittadinimigranti a livello internazionale. Intanto, il presidente della Provincia di Catania e coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione, invita la Croce Rossa ad affidare alcuni servizi del centro di Mineo alle cooperative locali in buona parte riconducibili al potente consorzio Sol.Co. di Catania. Una piccola “tassa” in cambio del consenso dei politici e degli amministratori del luogo. Il ghetto per rifugiati e deportati nel cuore dell’isola è pronto a trasformarsi in una moderna fabbrica di soldi e di voti. A.M.

CERMENATE (COMO), NEL ganizzato, contro le mafie e per la promozione dei diritti umani”, intitolato a cuore del Nord ubertoso, Giorgio Ambrosoli e sostenuto dai sindacome si diceva una volta, cati Filca, Fiba (Federazione italiana dei sorge una palazzina a due piani, dove lavoratori bancari e assicurativi della Ciabitava un killer e narcotrafficante della sl) e Siulp (Sindacato italiano unitario dei ’ndrangheta calabrese di Platì che parlavoratori di polizia). Ma non solo. cheggiava le sue Ferrari nel seminterrato. Il killer oggi è finito in carcere - dopo aver cercato di danneggiare la costruzione più A scuola di antimafia che poteva prima dell’arresto - e la villa è sociale stata confiscata e assegnata in uso dal «Quando un bene confiscato alla mafia 2010 all’amministrazione comunale, che viene utilizzato con successo e ridato alla ha dato vita al Progetto San Francesco, cittadinanza lo Stato vince due volte», spiepresentato lo scorso 2 aprile. La struttura ga Giuseppe Vitrano, vicepresidente di Jus è gestita dall’associazione palermitana di Vitae. «Se ciò non accade - continua VitraPadre Antonio Garau, la Jus Vitae, che no - la mafia brinda, perché è come se fosvanta un’esperienza più che decennale nel trattamento di La villa di un killer della beni confiscati. Diventerà se’ndrangheta è ora assegnata alla de di un “Centro di alta forJus Vitae di Padre Garau: diverrà mazione contro il crimine orun Centro anti-criminalità

se la prova infamante che lo Stato non è in grado di gestire qualcosa che invece la mafia sapeva far fruttare. Noi non possiamo dare questa soddisfazione ai delinquenti». Nella ex villa del boss troveranno spazio molte iniziative utili a vincere questa sfida. Oltre al centro di alta formazione, ci sarà una biblioteca tematica sulla storia e sui risvolti socio-economici della criminalità organizzata in Italia e una mostra permanente sulla storia moderna delle organizzazioni malavitose che racconti «l’attualizzazione dei sistemi criminali: dalle fusioni tra ’ndrangheta e Al-Qaeda ai rapporti tra la mafia calabrese e i centri di terrorismo internazionale nei Balcani, in Afghanistan e Sudan», spiega Alessandro De Lisi, responsabile del Progetto San Francesco. Il primo piano ospiterà invece un archivio documentale sul processo per l’assassinio di Ambrosoli e il giardino sarà

A

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 47 |


| economiasolidale | dedicato a Epifanio Li Puma, L’alfabetizzazione contro le mafie sindacalista ucciso nel 1948 seguirà l’approccio di “squadra in Sicilia dalla mafia, omicioperativa” ideato da Caponnetto: dio tuttora impunito. niente compartimenti stagni «Possiamo anche arrestare gli imprenditori e sciogliere tutti i conmafia, allargando il concetto di squadra sigli comunali della regione - continua operativa concepito da Caponnetto, CoDe Lisi - ma non potremo vincere se non sta e Chinnici per applicarlo a un sistema radicalizziamo la formazione per gli immoderno di contaminazione». piegati comunali e i capiufficio tecnico, insegnando loro a riconoscere i criminaFundraising antimafia li. Mi piacerebbe che il Centro di alta forI costi di questo lavoro non sono ancomazione fosse considerato una sorta di ra preventivabili, ma il 7 maggio 2011 “nido della legalità”, cominciando una viene lanciata la prima “offerta pubblivera alfabetizzazione sul crimine orgaca azionaria di solidarietà contro la manizzato, sia per educare sul tema i bamfia”, un vero e proprio fundraising a libini in modo semplice e comprensibile, vello nazionale per finanziare sia la sia per istruire gli adulti come se fossero ristrutturazione della villa confiscata bambini. Parlare di “infiltrazioni crimiche il primo anno delle attività del Cennali” in Lombardia dopo 40 anni di pietro di alta formazione. na attività sarebbe una copertura della Il ragionamento alla base è ancora verità: bisogna essere coerenti e discutequello di una presa in carico della questiore di “radicamento ed evolune criminale da parte di tutIN INTERNET zione”. Per questo non si ta la società (sindacato compuò più pensare a una forpreso), come ribadisce il www.filca.cisl.it mazione a compartimenti segretario Filca-Cisl della www.fiba.it in cui i poliziotti studiano Lombardia, Battista Villa: «Il www.siulp.it da poliziotti, i magistrati da sindacato non deve solo porwww.comune magistrati. Va invece immasi i problemi della ripartizio.cermenate.co.it ginato un pool sociale antine della ricchezza, ma anche

| economiasolidale | IL LIBRO

trasparenza nelle procedure di autorizzazione per gli impianti. Aspetti critici che il progetto IL TEMA CENTRALE DELL’OTTAVA EDIZIONE DI TERRA FUTURA,“La cura dei beni comuni”, sarà Score - una sigla che sta per Stop declinato in molti modi, con una serie di dialoghi che vedranno impegnati, fra gli altri, Enrico Giovannini, Crimes on Renewables and Envipresidente dell’Istat; l’economista Luigino Bruni; Giovanni Sartori; Giulietto Chiesa; Vandana Shiva; Javier ronment (fermiamo i crimini nelSanchez, portavoce europeo di via Campesina; Alex Zanotelli; Susan George; Gunter Pauli; Gianfranco le rinnovabili e nell’ambiente) Bologna e ancora Gianni Silvestrini; Boaventura de Souza Santos; Monsignor Luis Infanti de La Mora, vescovo finanziato dalla Commissione cileno impegnato sul fronte del diritto all’acqua per le popolazioni indigene; Silke Helfrich, della Heinrich Böll Foundation. Ma anche i beni comuni immateriali come la lingua e la scrittura saranno di scena con europea e coordinato dalla Fonil progetto “Lingua Futura”, realizzato in collaborazione con il Salone del libro di Torino e con l’associazione dazione Culturale di Banca Eti“Leggere i diritti”, che vedrà la presenza di scrittori come Tahar Ben Jelloun, Amara Lakhous, Igiaba Scego ca, si propone di affrontare in e molti altri. Scrittori immigrati o che scrivono di questo sradicamento. Durante i giorni di Terra Futura modo scientifico, per prevenire si svolgerà il convegno internazionale di Mani Tese, “Siamo quello che mangiamo. Il diritto al cibo, il verificarsi di nuovi casi di corla democrazia, il mercato”, con relatori quali Maryam Rahmanian, vice-presidente della Commissione ruzione e promuovere buone per la sicurezza alimentare della Fao; Gianni Tamino, docente di Biologia generale e di Fondamenti di diritto ambientale all’università di Padova, e molti altri. Un programma intenso e variegato di presentazioni prassi nelle rinnovabili. di novità editoriali animerà lo spazio “media eventi”: Elena Pulcini, con “La cura del mondo. Paura Score prevede la realizzazioe responsabilità nell'era globale” (con Laura Pennacchi e Claudio Martini); Becchetti, Bruni, con Zamagni ne di ricerche, pubblicazioni, con “Microeconomia”; Franco Riva “Come il fuoco. Uomo e denaro”; Paolo Cacciari “La società dei beni seminari e incontri di formacomuni. Una rassegna” e la presentazione del nuovo libro di Wolfgang Sachs, “Futuro sostenibile 2010”. zione per imprenditori, banche e pubbliche amministrazioni, per individuare i punti deboli che portano al verificarsi di abusi e comportamenti illegali e sviluppare nuovi criteri e linee guida orientati alla prevenzione. «Il progetto è partito alla fine del 2010 e si concluderà nel 2012», spiega Mariateresa Ruggiero, direttore della Fondazione Culturale Responsabilità Etica. «I primi risultati saranno presentati il 21 maggio nel corso di Al via il progetto Score: individuare i punti deboli un seminario organizzato a Terra Futura». Tra i partner di Score, oltre alla Fondache rendono possibili le infiltrazioni mafiose nelle energie pulite. zione e a Banca Etica, ci sono il dipartimento Tesaf (Territorio e Sistemi Agro-Forestali) di Alessia Vinci dell’università di Padova ed Fsc (il marchio che certifica legno e carta provenienti da foITO NICASTRI, IL “SIGNORE DEL nalizzate all’indebita percezione di contribureste gestite in maniera corretta e responsavento”, è stato arrestato nel ti pubblici per la costruzione di parchi eolici. bile), che analizzeranno in particolare la finovembre del 2009 nelliera del legname, ma anche l’Arci, Sao l’ambito dell’operazione Eolo. Un anno do- Un binomio da evitare (Saveria Antiochia Omicron), Valore Sociapo la Dia (Direzione investigativa antima- Il caso di Mazara del Vallo non è isolato. le e CdIE (Centro di Iniziativa Europea). fia) di Palermo e Trapani hanno sequestrato Altri episodi di infiltrazione criminale nel «Uno dei nostri obiettivi principali - spiega beni di Nicastri e della sua famiglia per 1,5 settore delle rinnovabili sono stati accertaLuca Musumeci, coordinatore del progetto miliardi di euro: 39 società, conti bancari, ti negli ultimi anni in Puglia, in Calabria e - è quello di creare un network di soggetti incarte prepagate, polizze di assicurazione e in altre regioni italiane. «Tutto ciò che proteressati allo scambio di buone prassi, espe60 terreni sui quali sarebbero dovuti sorge- duce denaro interessa alla mafia», ha dirienze e informazioni. Non vogliamo dere altrettanti parchi eolici nella zona di Ma- chiarato Edoardo Zanchini, responsabile monizzare le rinnovabili, ma contribuire a zara del Vallo (Trapani). energia di Legambiente. «Ma questo non rendere il settore più sicuro ed efficiente». Con Nicastri sono state arrestate altre ot- significa che le rinnovabili nel nostro PaeAgli inizi del 2011 si è aggiunto, come soto persone: membri di cosche mafiose, poli- se siano in mano alle organizzazioni mastenitore e partner del progetto, il sindacatici locali e imprenditori. Tutti coinvolti nel- fiose. I casi che si sono verificati sono ecceto dei lavoratori edili Filca-Cisl, impegnato la “mafia dell’eolico”. Sì, perché dietro zioni. L’eolico, per esempio, è di gran lunga da anni nella prevenzione dell’illegalità e Nicastri, secondo le ricostruzioni degli inqui- il settore economico meno condizionato della corruzione nel settore delle costrurenti, ci sarebbe niente meno che il boss di da fenomeni d’illegalità». zioni. Per maggiori informazioni sul proCosa Nostra, Matteo Messina Denaro, regista Ma il problema esiste e si associa spesso getto www.euscore.eu – www.fcre.it. di un sistema di truffe ai danni dello Stato fi- all’incertezza legislativa o alla mancanza di TERRA FUTURA A FIRENZE DAL 20 AL 22 MAGGIO

Mario Portanova Giampiero Rossi Franco Stefanoni Mafia a Milano - Sessant’anni di affari e delitti Melampo editore, 2011 Il libro non lascia alibi ai sostenitori dell’appartenenza esclusivamente meridionale delle mafie al Nord e mette in fila 60 anni di cronaca e indagini sugli affari e i delitti del crimine organizzato nella città di Milano e nel suo hinterland. I sequestri di persona, la finanza nera di Sindona e Calvi, l’arresto di Liggio, i colletti bianchi del narcotraffico, i quartieri di periferia controllati e militarizzati, i grandi processi degli anni Novanta... fino ad oggi, con le cosche a dettare legge nei cantieri, mentre accumulano enormi patrimoni immobiliari e guidano holding familiari per dare l’assalto all’economia e alla politica.

di come tale ricchezza viene realizzata. Si tratta di infondere in delegati e lavoratori l’idea di come si è passati dalle iniziative singole di caporali a una vera tratta di esseri umani in cui, ad esempio, piazzale Lotto di Milano (luogo simbolo dove si organizzano i traffici del caporalato edile, ndr) diventa come Rosarno, in Calabria. E poi bisogna aggredire le degenerazioni del sistema di appalti pubblici e privati».

.

La corruzione minaccia il prestigio e la credibilità delle istituzioni, inquina e distorce gravemente l’economia, sottrae risorse destinate al bene della comunità, corrode il senso civico e la stessa cultura democratica. Chiediamo al Presidente della Repubblica, quale garante della Costituzione e massimo rappresentante delle istituzioni, di inter venire affinché il governo e il Parlamento attuino quanto prima le direttive comunitarie in materia di lotta alla corruzione e le norme, introdotte con la legge Finanziaria del 2007, per la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti. In questo modo anche l’Italia potrà finalmente fare ricorso a norme chiare, strumenti e sanzioni efficaci per contrastare davvero il diffondersi di questa autentica piaga sociale, economica e morale.

www.terrafutura.info

Rinnovabili e criminalità Parola d’ordine: prevenire

V

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 49 |


| economiasolidale | made in italy a rischio | quarta puntata |

| economiasolidale | PRODUZIONE, IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI DI PRODOTTI ITTICI (2004=100, dati in quantità) ESPORTAZIONI**

120 115 110 105 100 95 90 85

CREDIT ARCHIVIO RARE RICCARTO FORTINA

80

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010*

* STIMA - ** PESCI, MOLLUSCHI, CROSTACEI E ALTRI INVERTEBRATI ACQUATICI E LORO PREPARAZIONI

ACQUACOLTURA

330 290 270 250 230 210 190 170 150

2004

Quante spine lungo la via del pesce Troppi intermediari, punti di sbarco frammentati, imprese troppo piccole e prezzo del gasolio alle stelle. Il settore della pesca italiana soffre. Un paradosso: con 8 mila chilometri di coste importiamo la maggior parte del pesce che mangiamo. gne prodotto fuori dai confini nazionali o i tedeschi i crauti. Le conseguenze di questa situazione sono facilmente intuibili: cooperative di pescatori in affanno, marinai e allevatori che faticano nella ormai celebre “quarta settimana”, un’industria ittica fortemente condizionata dagli eventi internazionali e consumatori che finiscono per mangiare sempre e solo le specie di pesce imposte dalla grande distribuzione (con buona pace di biodiversità e qualità).

di Emanuele Isonio AMBIANO I SETTORI, I PRODOTTI

C

analizzati, i problemi che si incontrano, ma c’è un filo conduttore che non manca mai in tutte le inchieste sulle filiere agroalimentari che Valori sta pubblicando dall’inizio dell’anno: ognuna ha un paradosso che fa a pugni col buonsenso. Quello della filiera del pesce è racchiuso in due cifre: l’Italia ha 8.350 chilometri di coste, ma il tasso di propensione all’import (in parole povere, la quantità di reddito destinata In Italia si contano 800 punti all’acquisto di pesce estero) è di sbarco: una situazione che del 72,7%: un po’ come se i rende difficile fornire i servizi francesi comprassero champaadeguati e fa lievitare i costi | 50 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

All’insegna della frammentazione «La condizione del settore ittico italiano è a dir poco catastrofica», denuncia Ettore Ianì, presidente di Lega Pesca, associazione che riunisce oltre 13 mila cooperative (soprattutto piccoli pescatori). Alla base di questa affermazione, pessimistica e tranchant, una serie di problemi storici e di ritardi infrastrutturali decennali. «I principali problemi si chiamano artigianalità e sottocapitalizzazione», prosegue Ianì. «Il settore è caratterizzato da moltissime microimprese di tipo familiare che non sono in grado di resistere alla concorrenza estera e che spesso non hanno capitali adeguati». L’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimenta-

2005

2006

2007

re) rivela che, nel 2009, su 13.301 pescherecci che compongono la flotta italiana, il 66% era dedito alla piccola pesca. Una condizione che azzera il loro potere contrattuale nei confronti degli altri anelli della filiera (su tutti, grossisti e distributori) e del sistema creditizio. A questo si aggiunge un’altra frammentazione: quella dei punti di sbarco. Lungo le nostre coste se ne contano oltre 800. Un numero spropositato, che rende più difficile fornire gli approdi di adeguati servizi (acqua, elettricità, rifornimento carburante) e influisce sulla vendita di quanto viene pescato ogni giorno, perché le filiere si allungano e la remunerazione dei pescatori si riduce. «Nella filiera del pescato – spiega Francesca Carbonari, ricercatrice dell’Ismea - operano moltissimi soggetti. Pescatori, addetti al confezionamento e al deposito, operatori dei mercati ittici, trasportatori, grossiLINK UTILI www.ismea.it www.legapesca.coop www.slowfish.it www.mediterraneo.coop http://ec.europa.eu/fisheries www.fao.org/fishery

2008

2009

FONTE: ELABORAZIONI ISMEA SU DATI MIPAAF-IREPA

350 310

GIORNI DI PESCA

10 5 0 -5 -10 -15 -20

2004

2005

2006

2007

MADE IN ITALY A RISCHIO/QUARTA PUNTATA

DINAMICA DELLE CATTURE E DEI GIORNI DI PESCA (in migliaia di tonnellate) PESCA NEL MEDITERRANEO

CATTURE 15

IL VIAGGIO DI VALORI nel made in Italy agroalimentare a rischio continua. È la volta del pesce, cibo preferito per le nostre estati al mare. Anche questa filiera è a rischio. Sul prossimo numero, invece, parleremo di pollo.

2008

2009

Nella foto grande: barche di pescatori nel porto calabro di Cetraro. Sotto: uno degli stand dell’edizione 2010 di Slow Fish.

SLOW FISH GENOVA 27-30 MAGGIO Una specie in più: i pescatori. È questo il tema chiave dell’edizione di Slow Fish 2011. Senza dimenticare l’impoverimento del mare, focalizzerà l’attenzione sui suoi custodi. www.slowfish.it

Ricavi: dipende tutto dal gasolio

sti, operatori dello stoccaggio, dettaglianti, ristoratori. I passaggi sono talmente tanti da rendere la commercializzazione notevolmente segmentata e spesso poco trasparente». Una filiera tortuosa che – rivela la Lega Pesca – nel percorso fino ai consumatori fa lievitare il prezzo dei prodotti ittici anche del 300%. Nulla di strano quindi se le stime relative al 2010 hanno previsto una flessione del 6% nella domanda di pesce fresco da parte delle famiglie italiane. Tutto questo, mentre il pesce estero gode di una situazione opposta: «L’offerta – spiega Carbonari - è più concentrata, i grossisti coinvolti sono pochi. Il numero dei passaggi che il prodotto compie prima di raggiungere i consumatori è quindi inferiore». E il prezzo ne risente positivamente, rendendo la concorrenza ancor più pericolosa. «Se concentriamo l’attenzione sul settore dell’industria di trasformazione, vedremo che dipende ormai esclusivamente dall’attività di importazione». Inevitabile, in queste condizioni, il calo di produzione italiana (-12% rispetto al 2004), la chiusura di tante ditte (il numero dei battelli è calato del 10%, gli occupati sono passati da 35 mila a 29 mila) e l’aumento delle importazioni (vedi GRAFICO ).

Sul fronte dei costi, parlando con gli operatori del settore, si scopre un fatto poco noto: i guadagni di chi opera nella pesca dipendono in buona parte dal costo del carburante. Negli anni scorsi, finché il gasolio ha avuto prezzi accettabili, i margini di profitto ci sono stati. Ma ora la situazione è differente e incute più di un timore: «Nonostante non abbia accise, il gasolio – spiega Ianì – incide fino al 60% sui costi di produzione. Oggi che il prezzo ha sfondato i 100 dollari a barile, le nostre attività sono in difficoltà. In una giornata di pesca a strascico si consumano circa duemila litri di gasolio. Nel 2005 ci costava 894 euro. Oggi se ne spendono 1.462». Una situazione resa ancor più esplosiva da un altro fattore: aumentare i giorni di pesca non aiuta i ricavi. In media l’anno scorso ogni battello ha lavorato 141 giorni, contro i 133 del 2009 e i 118 del 2008. «Ma l’aumento dei giorni in mare non ha prodotto un aumento proporzionale della produzione», spiegano dall’Ismea (vedi GRAFICO ). Su questo (apparente) controsenso incide il drammatico sovrasfruttamento dei nostri mari, da anni de|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 51 |

FONTE: ELABORAZIONI ISMEA SU DATI MIPAAF-IREPA

IMPORTAZIONI**

FONTE: ELABORAZIONI ISMEA SU DATI MIPAAF-IREPA, API, ISTAT

PRODUZIONE 125

DINAMICA DELLE CATTURE E DEI GIORNI DI PESCA (variazione % annua)


| economiasolidale |

| economiasolidale |

Un trend positivo iniziato già negli anni ’70. Analisi condivise da Marco Greco, del CoSONO MOLTI I PROBLEMI che affliggono la filiera ittica in Italia e intanto il numero di pesci nel mare mitato scientifico di Aiab: «L’alcontinua a calare. Se non si troverà soluzione a questo dramma, gli altri aspetti sembreranno levamento di pesce e molluschi questioni di lana caprina. I numeri sono davvero agghiaccianti, per quanto poco noti al grande è una delle attività produttive a pubblico: «Su 37 stock ittici, ben 34, pari a oltre il 90%, sono in sofferenza perché sottoposti a eccessivo sfruttamento», rivela Silvio Greco, presidente del comitato scientifico di Slow Fish. maggiore tasso di crescita, deciIn pratica, non si dà ai pesci il tempo necessario a crescere e moltiplicarsi. Un fenomeno che riguarda siva per il raggiungimento delda vicino l’intero bacino del Mediterraneo, ma che accomuna il Mare Nostrum agli oceani: un articolo l’autosufficienza alimentare e pubblicato su Science a fine 2010 ha preconizzato il collasso della pesca commerciale entro il 2048. per lo sviluppo economico delSul fenomeno incide la pesca illegale che attualmente rappresenta il 60% del prodotto immesso le aree costiere e delle regioni sul mercato mondiale e che spesso viene effettuata in ambienti vietati (fasce costiere e aree protette). Ma ha le sue responsabilità anche lo stile di pesca. «La pesca accidentale, nota come più svantaggiate. Può inoltre bycatch è una piaga enorme. Per pescare un certo pesce si coinvolgono specie non previste. sopperire alle grosse difficoltà Un problema che ha interessato cetacei e mammiferi marini, come i delfini. Le catture accessorie occupazionali della pesca e può vanno ridotte usando tecniche innovative e abbandonando la pesca a strascico», spiega Silvio Greco. bilanciare il deficit che il settoLa situazione è delicata. Anche perché la soluzione del problema non può passare attraverso le scelte re sta mostrando». di singoli Stati. «Si può intervenire solo tramite una perdita di sovranità popolare. Deve passare il concetto che le risorse rinnovabili del mare appartengono a tutti. Sono un bene comune e quindi Un vantaggio, in questo devono essere preservate. Ogni Paese deve cedere una porzione di sovranità a un ente terzo. Magari caso, è assicurato dal numero alla Fao, al cui interno opera un Fisheries Committee al quale partecipano quasi tutti gli Stati mondiali». minore di intermediari che intervengono nella filiera: una volta uscito dall’impianto, il pesce è acnunciato da biologi marini e associazioni cessivo sfruttamento del mare e la concorquistato dai grossisti che lo rivendono a ambientaliste (vedi BOX ). renza low cost degli Stati del Sud-Est asiatidettaglianti e ristoratori. «Diversamente co fanno prevedere un futuro roseo per Il futuro è nell’acquacoltura? questo tipo di aziende: «L’analisi di medio dal prodotto pescato - spiega Francesca Carbonari - è assai frequente che le realtà periodo – si legge nell’ultimo Check up ittiUn discorso a parte lo merita l’acquacoltudella Gdo (grande distribuzione organizco di Ismea – mostra maggiori difficoltà per ra: il pesce (e i frutti di mare) d’allevamenzata) abbiano rapporti diretti con le la pesca rispetto all’acquacoltura: i ricavi to rappresentano già oggi il 49% di tutto il aziende di allevamento. Con l’effetto di della prima sono diminuiti mediamente pesce prodotto in Italia (260 mila tonnelaccorciare sensibilmente il percorso del del 4,5%, quelli dell’acquacoltura sono aulate annue). Leader assoluti in questo caso, prodotto». E di far calare i prezzi. mentati del 3,6%». mitili, vongole, trote, spigole e orate. L’ecSOS MEDITERRANEO: IL 90% DELLE SPECIE È SOTTO STRESS

.

Le armi vincenti: rapporti diretti ed educazione ai consumi Anche nel settore ittico iniziano a diffondersi i progetti di vendita ai Gruppi d’acquisto e i bandi verdi per rifornire le mense collettive. Una soluzione contro le storture della filiera del pesce italiano. Ma i consumatori devono cambiare stili di alimentazione. no trasferito sulle coste di Termoli il sistema delle Community Supported Fishery, alleanze tra pescatori e gruppi di consumatori: si concorda periodicamente quantità e prezzo dei prodotti disponibili, eventualmente pagandoli in anticipo, e i produttori consegnano il pesce secondo una cadenza stabilita. La Fishbox di Daniele e Roberto fa da tramite tra le due “anime” della filiera: acquistano dai pescatori direttamente sulle banchine il pesce dell’ultima “ca-

di Emanuele Isonio

A

PARLARE CON LORO SI PERCEPISCE

la passione per il progetto che stanno portando avanti da oltre un anno. Si sente che sono «cresciuti a pane e pesce», ultimi rappresentanti di generazioni di abruzzesi vissuti a contatto con il mare e i suoi abitanti. Ogni giorno, da oltre un anno, Daniele Mugnano e Roberto Lanzone han-

| 52 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

lata” (a tarda sera) e lo distribuiscono entro 12 ore, all’interno di confezioni ermetiche da 2 chili, ai gruppi d’acquisto solidale di Roma, che da tempo cercavano di estendere al pescato la filosofia già sperimentata con verdure, frutta, carne e formaggi. Dalla Capitale si sono poi spinti anche in Emilia Romagna, Toscana fino a Milano per un totale di quasi due tonnellate a settimana. «Solo a Roma serviamo 20-25 Gas, 120 box a ogni

CON I PESCI DIMENTICATI UN RISPARMIO DEL 35% PALAMITA, SUACE, TOMBARELLO, ZERRO. Sono solo alcune delle tante, prelibate specie di pesce che i nostri mari ci donano e che la cucina degli Italiani sembra aver dimenticato. Vittima di una grande distribuzione che punta a vendere prodotti standardizzati. I 20 chili di pesce pro capite che mangiamo ogni anno sono infatti composti sempre più da pochissime specie, molto spesso importate dall’altro capo del mondo. Una scelta tre volte miope: perché così facendo si condannano a morte i tipi di pesce più utilizzati; perché i pescatori buttano via questi pesci che finiscono accidentalmente nelle reti, ma non hanno mercato; perché orientarsi verso queste specie farebbe risparmiare un sacco di soldi. «I pesci dimenticati sono altrettanto gustosi e nutrienti delle spigole e delle orate, ma costano molto meno. Il consumatore può risparmiare fino al 35%», spiega Ettore Ianì di Lega Pesca. «La valorizzazione di queste specie potrebbe finalmente rompere il circolo vizioso che vediamo da troppo tempo: i consumatori non le conoscono, i pescatori le gettano via, i consumatori continuano a non provarle e quindi a non apprezzarle».

carico», racconta Mugnano. Un impulso all’economia locale, ovviamente. Ma anche una garanzia di tutela ambientale: «Abbiamo un protocollo molto rigido. Per lavorare con noi e vendere ai Gas, i pescatori devono usare solo reti a maglia europea (più larghe, ndr), non pescare esemplari sotto misura o specie a rischio. E devono rispettare il fermo biologico di un mese all’anno imposto dalla Ue per far “riposare” i mari e dare tempo alle specie di riprodursi». Il fatto di vendere solo ai gruppi d’acquisto è in questo senso un incentivo a fissare paletti rigorosi: un modo per orientare il mercato verso scelte più sostenibili. «Il nostro sogno è di arrivare ad appaltare barche che lavorino a tempo pieno solo con i “gasisti”. Potremmo incidere ancor più sulle regole del mercato».

Gas e bandi verdi Ma il rapporto tra Gas e pesce, per quanto più difficile di altri prodotti, non si esaurisce tra Termoli e Roma. Anzi. Di buone iniziative, piccole e grandi, se ne trovano parecchie: a Pavia, ad esempio, le 120 famiglie del Gas locale hanno avviato un rapporto con la Blue Valley di Caposile nella laguna veneta, per l’acquisto di pesce di valle biologico. «Per abbattere i costi di spedizione, abbiamo allargato gli ordini ai Gas vicini e l’idea si è sparsa a macchia d’olio fino a Milano», spiega Cristina Coglitore del Gas di Pavia. «Abbiamo contribuito a mantenere un settore tradizionale e posti di lavoro, abbiamo tutelato un territorio e incentivato un tipo di pesca sostenibile. Per contro, possiamo contare su pesce di qualità». A Milano, è attivo anche il progetto “Pesce d’Apri-

Sopra: il lanzardo. Sotto, da sinistra: alcuni esemplari di pesce boga, tombarello e musdea. In basso: la composizione delle cassette destinate alla vendita.

Non solo “pesci bistecca”

le”, ideato da Intergas, rete che riunisce numerosi gruppi della città. In questo caso il pesce arriva direttamente dal Parco naturale della Maremma tra Porto Santo Stefano e Talamone. Un sistema che ha dimostrato le molte potenzialità del rapporto diretto. «Quella della filiera corta – commenta Marco Greco, del Comitato scientifico di Aiab (Associazione agricoltura biologica) – è una strada molto efficace, soprattutto per le produzioni locali e per il sostegno che riceve il territorio. Ma per coinvolgere le aziende di maggiori dimensioni serve un salto di qualità». Ad esempio, inserendo l’acquisto di pesce nei “bandi verdi”, i Green Public Procurement. In Friuli, hanno fatto da apripista con dei bandi per fornire prodotti ittici alla ristorazione collettiva (mense di uffici pubblici, scuole e ospedali). «Questo tipo di bandi può far fare il salto di qualità alla filiera corta. E, come l’intervento dei Gas, sono essenziali per condizionare il mercato, imponendo criteri di sostenibilità. Sono un potente strumento di trasformazione», spiega Marco Greco.

Ma per ottenere davvero un cambio di paradigma, tutti gli addetti ai lavori concordano su un punto: è indispensabile cambiare stili di consumo e tornare a consumare i “pesci dimenticati” (vedi BOX ). «Il mercato oggi spinge solo pesci bistecca come tonno e pesce spada. Sulle tavole italiane troviamo 5-6 specie. Anche le famiglie più attente non superano le dieci specie. Mentre nei nostri mari potremmo contarne oltre trecento. Così facendo, influiamo sugli ecosistemi, mandando in sofferenza le specie che utilizziamo». Senza contare la perdita delle tradizioni culinarie. «I consumatori hanno sempre meno voglia di perdere tempo – commenta il presidente di Lega Pesca, Ettore Ianì – e preferiscono quindi il pesce sfilettato, che tra l’altro è il più soggetto a rischi di truffe come nel caso del pangasio venduto al posto del merluzzo. Dobbiamo invece recuperare il gusto di provare le decine di varietà che i nostri mari offrono. E che, tra l’altro, costano molto meno perché hanno minore mercato».

.

Nei nostri mari vivono oltre trecento tipi di pesce. Ma sulle tavole ne finiscono al massimo una decina. E va sempre più di moda comprare filetti già pronti |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 53 |


| ipotesidicomplotto |

La Banda dei bond

Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità ONLUS

mostra-convegno internazionale

terrafutura

Scoperto un traffico di 1.200 miliardi di dollari

buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile

abitare

di Luigi Grimaldi

firenze - fortezza da basso

20/22 maggio 2011

produrre

VIII edizione ingresso libero • appuntamenti culturali • aree espositive • laboratori • animazioni e spettacoli

coltivare

agire

governare

Sezioni espositive 2011:

Abitare Naturale Azioni Globali&Welfare Bio Cibo&Cose Comunicare la Sostenibilità Eco-Idea-Mobility EquoCommercio

Itinerari Educativi per la Sostenibilità

NuovEnergie Reti del buon governo Salute+Benessere Terra dei Piccoli Turismo Eco&Responsabile TutelAmbiente Relazioni istituzionali e Programmazione culturale Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus tel. +39 049 7399726 - email fondazione@bancaetica.org

Organizzazione evento Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. tel. +39 049 8726599 - email info@terrafutura.it

www.terrafutura.it Partner

PROCURA DI ROMA scova 565 miliardi di dollari di titoli “dichiarati” contraffatti. Ma l’operazione complessivamente scoperta dai giudici dovrebbe aver raggiunto la mostruosa cifra di oltre mille miliardi di dollari, la metà dei quali non si sa dove sia finita, o nei forzieri di quali banche sia stata depositata. I contatti con il mondo bancario da parte della “Banda dei bond” sono stati decisamente estesi: da Santander, a Barclays, all’Arab Bank, a JPMorgan. Contatti ci sarebbero stati persino con la Banca Mondiale e con la banca centrale rumena. Potenzialmente una bomba ad orologeria finanziaria. Il bello, si fa per dire, è che l’inchiesta nasce quasi per caso da un’indagine per aggiottaggio nel quadro di una presunta scalata alla società proprietaria della Roma Calcio. Tra gli indagati

U

N’INDAGINE DELLA

di quell’inchiesta, da cui sarebbe emerso l’abnorme traffico di titoli, c’è Alvaro Robelo Gonzales, 64 anni, una lunga e brillante carriera politica, ex ambasciatore in Italia, in Jugoslavia, in Romania, in Grecia e presso la Fao. Ex governatore del Fondo internazionale di sviluppo agricolo, è rappresentante permanente presso le Nazioni unite (Programma alimentare mondiale), presidente della compagnia di navigazione Bioelonic (il cui titolare è Gabriele Pillitteri, fratello dell’ex sindaco di Milano) e del Banco europeo del Centro America (Beca). A metà degli anni 90, quando si era candidato alla presidenza del Nicaragua (con la consulenza di Cicci Cardella, l’ex guru della comunità Saman e di Bettino Craxi, oggi ambasciatore del Nicaragua in Medioriente), lo chiamavano il Berlusconi dell’America Latina per aver fondato il movimento “Arriba Nicaragua” (Forza Nicaragua).

Tra politica e finanza Ma la cosa strabiliante è che, secondo Robelo, la coalizione cui partecipa “Arriba Nicaragua” sarebbe stata finanziata

ney Money (l’indagine tolta, e poi “soppressa” al Pm David Monti, ad Aosta) il costruttore romano Gianfranco Saraca, deputato di Forza Italia.

Da Pontida agli States Di cosa si occupava l’inchiesta di David Monti? Di interventi di condizionamento della politica istituzionale italiana. Al centro del “complotto” Enzo De Chiara, consigliere del Partito repubblicano Usa per gli Affari internazionali e Gianmario Ferramonti, legatissimo alla Lega Nord ai tempi di Gianfranco Miglio e della Pontidafin, la finanziaria posseduta al cento per cento dal Carroccio. L’indagine, ieri come oggi, puntava su una tentata truffa finanziaria, allora da 20 mila miliardi, che sarebbe stata ideata da Ferramonti. Un genere di attività che sempre appare come un esercizio strumentale di finanza parallela a fini politici.

da un comune amico di Berlusconi: Gheddafi. Di più. Della Beca, la banca di Robelo, era presidente fino allo scandalo Pho-

Un’inchiesta partita da una presunta scalata alla Roma Calcio avrebbe portato alla luce un enorme giro di titoli falsi

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 55 |


internazionale

Irlanda. Il cielo (grigio) sopra Dublino >61 Grameen: Yunus non si arrende. Ma Unicredit lo ha già scaricato >62

| islanda |

SHOBA / CONTRASTO

Reykjavík, giugno 2000. La “Laguna blu”, la più famosa piscina termale d’Islanda (e del mondo).

La primavera di

Reykjavík Alla fine del 2008 l’Islanda staccò la spina alle sue banche. Una scelta obbligata, preludio alla rinascita attuale. La ripresa è stata merito soprattutto della svalutazione della moneta e che ha rilanciato l’export. Dublino e Atene non potrebbero prendere esempio. Con l’euro non sarebbe stato possibile. | 56 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

di Matteo Cavallito BLESSI ÍSLAND». DIO benedica l’Islanda. Il 6 ottobre 2008, chiudendo il suo sofferto discorso alla nazione, il primo ministro di Reykjavík, Geir Hilmar Haarde, non trovò nessuno di meglio a cui affidare sé stesso e i suoi 311 mila concittadini. Una svolta verso il soprannaturale che, in un certo senso, appariva perfino logica visto UÐ

rantire una sopravvivenza che, in assenza di liquidità esterna, non sarebbe più stata possibile. La nazione, in altri termini, era tecnicamente fallita.

che, di fronte a un simile dissesto finanziario, soltanto un miracolo avrebbe potuto salvare l’ex isola prodigio, divenuta vittima della crisi globale. Ma il miracolo ovviamente non avvenne. Un paio di settimane più tardi il Fondo monetario internazionale approvò l’erogazione di un primo prestito da 2,1 miliardi di dollari, il primo concesso a un Paese occidentale da 32 anni a quella parte, per ga-

Declino e ascesa Per gli islandesi fu come piombare in un incubo. Appena un anno prima il loro Pil pro capite si era attestato a quota 40.400 dollari, meglio di Svizzera, Svezia e altri |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 57 |


| internazionale |

BERNARD MCMANUS

| internazionale |

ISLANDA IN CIFRE Capitale: Reykjavík Popolazione: 311.058 Indipendenza: 1944, dalla Danimarca Pil pro capite: 36,700 $ Tasso di crescita 2010: -3,4% Tasso di crescita dal 12/2010: 0,1%* Tasso di crescita 2010-2015: 3,42%** Tasso d’inflazione: 1,9%* Disoccupazione: 8,5%* Spese per istruzione pubblica/Pil: 7,5% Spese militari/Pil: 0%

BILL WARD

FONTI: CIA, WORLD FACTBOOK 2011, WWW.CIA.GOV

A sinistra, un paesaggio lunare tipico islandese. Sopra, il plastico dell’isola al Rá ðhú s Reykjaví kur (Reykjavík Town Hall).

213 Paesi. Moltiplicato per ciascuno di loza di fallimento. L’inverno, insomma, si ro faceva oltre 12 miliardi. Un numero preannunciava gelido e di una lunghezenorme per un’economia così piccola. za indefinita. Ora però, spiegava loro il premier, quella I tassi di interesse si collocavano al cifra valeva poco, pochissimo. Meno di 18%, un problema non da poco per una un decimo del valore delle esposizioni nazione che aveva emesso bond sovrani dell’intero sistema bancario nazionale. per 3,6 miliardi di dollari. L’inflazione, Le tre major creditizie del Paese, Landprogrammata al 2,5%, aveva raggiunto il sbanki, Glitnir e Kaupthing, fallirono da 14%, mentre il Pil, avvertiva disperatalì a poco. Icesave, la “filiale” on line brimente la banca centrale, rischiava di contannica di Landsbanki, fu dichiarata intrarsi dell’8,3% entro la fine dell’anno. solvente l’8 ottobre, aprendo la strada a Nella prima settimana di ottobre la valuta una grana internazionale che dura ancolocale aveva perso il 10% sull’euro e addira adesso (vedi BOX ). Glitnir, che un anno rittura il 20% sul dollaro. Alla fine del mese la corona si sarebbe svalutata del 58% dopo sarebbe stata scorporata con la cessui mercati internazionali. sione ai privati della sua filiale norvegese Uno scenario da incubo che oggi, tute rinominata Íslandsbanki, crollò sotto la tavia, sembra un lontano ricordo. Mentre pressione di 210 emissioni obbligazionaGrecia e Irlanda agonizzano (e Portogallo rie da 23,4 miliardi. Prima che il mese si e Spagna non si sentono troppo bene), chiudesse, infine, Kaupthing non trovò i Reykjavík se la ride. L’inflazione è crollata, 4,8 milioni di dollari necessari per pagare la rata dei bond ai creditori giapponesi. Pochi giorni doNel 2008 i tassi di interesse po, l’istituto si rivolse a una erano al 18% e l’inflazione al corte distrettuale di New York 14%. Oggi è crollata e l’export presentando la propria istansegna aumenti annui del 20% | 58 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

l’export segna un aumento su base annuale pari al 20% e il mercato azionario registra un controvalore superiore del 50% rispetto ai minimi storici di inizio crisi. La disoccupazione resta alta, è vero, ma la tendenza, è ormai chiara. A gennaio, il costo di protezione dei crediti vantati con l’isola (calcolato sui derivati credit default swaps a protezione delle obbligazioni statali a cinque anni) risultava pari, secondo la rilevazione della società londinese Cma Datavision, a 265 punti base contro i 619 e rotti dell’Irlanda e gli oltre mille della Grecia. Tradotto (e considerando altre variabili) il rischio default del Paese si attestava al 19,2% contro il 41,2% dell’Irlanda e il 58,8% della Grecia. Un attestato di fiducia che nei mesi seguenti ha fatto letteralmente crollare il volume dei Cds sull’Islanda tanto da indurre Cma a eliminare il Paese dalla rilevazione di aprile. Escludendo, di fatto, l’ipotesi della bancarotta nazionale.

Una lezione per l’Europa? «In Islanda abbiamo permesso alle ban-

* TRADING ECONOMICS, WWW.TRADINGECONOMICS.COM **PREVISIONE FMI, FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE, CITATO IN TRADING ECONOMICS

blino né Atene potranno mai perseguire autonomamente. Non stupisce dunque, come ha riferito un sondaggio pubblicato a metà marzo dal quotidiano economico Viðskiptablaðið, che l’ipotesi di adesione dell’isola all’Unione Europea, il grande leitmotiv di inizio crisi, trovi oggi il consenso di meno di un islandese su tre. Un dato che dovrà far riflettere molti, specialmente all’interno di quella classe politica tradizionale che sconta oggi un’importante crisi di consenso. Quasi un anno fa, il popolare comico locale Jón Gnarr è stato eletto sindaco della capitale dopo aver promesso asciugamani gratis in tutte le piscine e diritto di asilo (nello zoo municipale) agli orsi polari che raggiungono il Paese sugli iceberg alla deriva. Lo scorso novembre - molto più seriamente 25 cittadini sono stati scelti da una rosa di oltre cinquecento candidati per prendere parte a una nuova assemblea costituzionale. 25 sconosciuti privi di affiliazione politica e democraticamente eletti, in altre parole, si trovano ora coinvolti nella revisione della legge fondamentale del Paese. Sembra assurdo, ma conoscendo gli islandesi non si tratta certo di un miracolo. Nemmeno questa volta.

ICESAVE BATTAGLIA SENZA FINE 3,9 MILIARDI CON GLI INTERESSI, circa 12 mila euro per ogni singolo islandese. A tanto ammontano i risarcimenti chiesti da l’Aja e Londra per coprire le perdite dei clienti olandesi e britannici di Icesave, filiale on line dell’istituto Landsbanki, fallito nell’ottobre del 2008. Un rimborso che deve ancora partire, in attesa di un accordo che continua a latitare. Alla fine del 2009, il parlamento di Reykjavík aveva approvato l’ipotesi di un rimborso a 14 anni ma un successivo referendum avrebbe bloccato l’intesa con il 93% di voti contrari. Un anno più tardi la storia ha concesso una replica. Il premier Jóhanna Sigurðardóttir ha ottenuto l’approvazione di un nuovo piano a condizioni migliori (periodo di pagamento 2016-2046, tassi di interesse fissi al 3,3% per il Regno Unito e al 3% per l’Olanda) ma il presidente Olafur Grimsson ha imposto nuovamente la consultazione. Nello scorso mese di aprile il 60% degli islandesi ha ribadito la propria contrarietà. Olanda e Gran Bretagna minacciano ora di portare l’isola in tribunale.

seph Stiglitz. Un pensieche di fallire, non le abbiamo caricate di ro che sta facendo prosedenaro per farle sopravvivere», ha dichialiti presso regolatori e rato a Bloomberg il presidente islandese Olafur Grimsson. «Come potevamo chieanalisti di tutto il Contidere agli agricoltori, ai pescatori, gli insenente, ma che si scontra, gnanti, ai medici, alla gente comune inè bene ricordarlo, con un somma, di caricarsi sulle spalle la ostacolo pressoché inresponsabilità di quegli istituti privati che sormontabile: quello erano falliti?». La risposta è scontata e, nudell’euro. Dietro alla rimeri alla mano, non ci sarebbero state copresa di Reykjavík, ovmunque alternative. Il punto, però, è che viamente, c’è in primo la scelta dello Stato di assumere sì il conluogo la svalutazione della moneta naziotrollo della banche, ma di evitare un imnale con le inevitabili ricadute positive sulle esportazioni. Una strategia che né Dupossibile accanimento terapeutico si è rivelata vincente. «L’Islanda ha fatto la cosa giusta caricando il Joseph Stiglitz: «L’Islanda ha peso delle perdite sui creditori fatto la cosa giusta, caricando e non sui contribuenti», ha afil peso delle perdite sui creditori fermato il premio Nobel Joe non sui contribuenti»

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 59 |


| internazionale | islanda - italia |

irlanda | internazionale |

Tchenguiz-Zunino Tutto il mondo è quartierino

I due fratelli iraniani hanno contributo al fallimento della banca islandese Kaupthing, ricevendo prestiti miliardari nonostante le loro imprese stessero fallendo. Molte le analogie con la storia di Zunino-Risanamento e le banche italiane. Ma da noi nessun istituto è fallito. di Andrea Barolini ANCHE, AFFARISTI SENZA scrupoli, scalate tentate e furbetti del quartierino. L’Italia non è poi così lontana dall’Islanda. Nelle settimane scorse dall’isola nordica e dall’Inghilterra è rimbalzata la vicenda di Vincent e Robert Tchenguiz. Una cinquantina d’anni ciascuno, originari di Teheran. Perfetti sconosciuti diventati in pochi anni il simbolo del boom immobiliare britannico e finiti in manette il 9 marzo scorso. Una parabola conclusa con una gigantesca operazione di polizia: per andarli a prendere Scotland Yard ha mobilitato 135 agenti. Motivo? I due fratelli iraniani avrebbe avuto un ruolo nel fallimento della banca islandese Kaupthing, crollata nel 2008 sotto il peso delle perdi-

B

te causate dalla crisi finanziaria globale. Ma perché proprio loro, che nel crack hanno perso un miliardo di dollari, sono finiti nel mirino degli inquirenti? Perché nel mondo della finanza la linea che separa vittime e carnefici spesso è talmente sottile da scomparire.

Un copione che si ripete

Il cielo (grigio) sopra Dublino

sfiorato appena. Anzi, nel frattempo Zunino la sua mini-scalata (su Mediobanca) è riuscito a completarla. Ma è l’apice della parabola: il bilancio 2007 della Zunino Investimenti Italia, la holding non quotata che possedeva la Risanamento, ne era il risultato, operativo e simbolico: lo stato patrimoniale parlava di 3,5 miliardi di debiti a fronte di 96 milioni di capitale e riserve. Il crollo era imminente. E dove aveva trovato Zunino quei soldi? Ma dalle banche ovviamente: 600 milioni da Intesa Sanpaolo, 300 da Banco Popolare, 266 da Unicredit. E così via. La differenza tra noi e l’Islanda risiede probabilmente nel solo fatto che, dietro Kaupthing, di Zunino/Tchenguiz ce ne erano troppi. E che le spalle finanziarie dell’istituto nordico non erano sufficientemente solide da reggere l’urto di simili rischi. Cosa che invece sono riuscite a fare le banche italiane: solo per questo il crack di Risanamento non ha trascinato con sé il sistema finanziario del nostro Paese. Ma anche da noi, emerge un quadro fatto di patti più o meno segreti, intrecci economico-istituzionali, leve finanziarie alle stelle e crediti concessi più per ragioni politiche che per scelte strategiche. La vicenda Antonveneta, che ha colpito il cuore del sistema con l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, ne è stato un altro esempio lampante.

I due fratelli avevano ricevuto, nel corso degli anni precedenti al default della banca islandese, una quantità spropositata di crediti dalla stessa Kaupthing. Quasi due miliardi di euro solo nel 2007, nonostante le loro imprese stessero fallendo. Un copione che da noi, mutatis mutandis, è andato in scena con attori diversi ma con la stessa pièce. Prendiamo il caso dell’immobiliarista Luigi Zunino, patron di Risanamento, considerato “il più furbo tra i furbetti”. Tra investimenti a Sankt Moritz, Parigi ed ex-area Falck di Sesto San Giovanni, l’ascesa del finanziere è sembrata, alla metà del decennio scorso, inarrestabile. Le inchieste per le scalate su Antonveneta, Banca Nazionale del Lavoro e Rizzoli-Corriere della Investimenti Italia, la holding Sera - che hanno travolto il reche possedeva Risanamento, sto del “quartierino” (Ricucci, aveva 3,5 miliardi di debiti Coppola, Statuto) - lo hanno e 96 milioni di capitale e riserve

.

L’Irlanda è in crisi. L’esperienza islandese non può essere replicata. Ma può ispirare nuove soluzioni. di Matteo Cavallito 2008, MENTRE DA Reykjavík giungevano notizie sempre meno rassicuranti, gli osservatori più lungimiranti coniarono una battuta che sarebbe passata alla storia. «Che differenza c’è tra Islanda e Irlanda?», chiedeva l’analista di turno. «Una lettera e sei mesi», rispondeva il suo interlocutore. Che la grande crisi fosse solo questione di tempo, all’epoca, lo avevano già intuito più o meno tutti. E poco importava che il governo si affannasse a smentire.

A

LLA FINE DEL

Si salvi chi può Le cifre sono state ipotizzate per un paio di anni, fino alla sentenza (forse) definitiva pronunciata ad aprile 2011 dagli stress test. A conti fatti il programma di sopravvivenza del sistema bancario irlandese costerà 70 miliardi di euro: 24 saranno generosamente prestati dal duo Unione europea-Fmi, 46 saranno messi in campo dal governo, ovvero dai contribuenti. Michael Cembalest, chief investment officer presso JP Morgan, ha calcolato che, nel corso dei prossimi anni, il salvataggio degli istituti (Allied Irish, Bank of Ireland, Irish Life & Permanent ed Ebs) costerà a ogni famiglia irlandese qualcosa come 54.800 euro. Un sacrificio obbligato. E non solo nell’inte-

Sopra, il porto della capitale irlandese.

IRLANDA IN CIFRE

Capitale: Dublino irlandese dei salvataggi resse di Dublino. SeconPopolazione: 4,67 milioni pubblici alla soluzione do le stime del Wall Street Indipendenza: 1921, dal Regno Unito islandese del fallimento Journal, le banche euroPil pro capite: 36,700 $ controllato. Con la rilepee sarebbero esposte Tasso di crescita 2010: - 1,6% vante eccezione dell’eucomplessivamente sull’iTasso di crescita dal 12/2010: ro (l’Irlanda non ha una sola per 650 miliardi di - 0,7%* moneta propria da svadollari, due terzi dei quaTasso di crescita 2010-2015: 2,52%** lutare), il paragone Duli per “merito” dei soli Tasso d’inflazione: 2,2%* blino-Reykjavík solletiistituti di Germania e ReDisoccupazione: 14,6%* ca già la fantasia di gno Unito. Nel corso del Spese per istruzione pubblica/Pil: qualcuno. Si spieghe2009 il prodotto interno 4,9% Spese militari/Pil: 0,9% rebbe così, forse, la sorsi è contratto del 7,6%, prendente uscita del una riduzione più che FONTI: CIA, WORLD FACTBOOK 2011, WWW.CIA.GOV *TRADING ECONOMICS, WWW.TRADINGECONOMICS.COM FMI, FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE, CITAministro dell’agricoltudoppia rispetto all’anno **PREVISIONE TO IN TRADING ECONOMICS ra Simon Coveney che, precedente. Nel 2010 il a fine marzo, ha ipotizzato di fatto un hairdato è rimasto in territorio negativo e la tencut sulle obbligazioni bancarie. In pratica si denza sembra confermarsi tuttora con evitratterebbe di tagliare i premi per gli invedenti ricadute sull’occupazione: ad oggi stitori scaricando implicitamente su questi quasi 15 irlandesi su 100 sono senza lavoro. ultimi parte del peso del debito a beneficio, I mercati, in compenso, non esprimono fiva da sé, dei contribuenti. Gira e rigira si ducia come evidenzia il dato sui derivati a tratta di default tecnico, con l’ammissione protezione dal fallimento. Al momento, nel di impossibilità di onorare il debito ai patti mondo, soltanto Grecia e Venezuela hanno prestabiliti. Una scelta che potrebbe però una probabilità di default nazionale supeindurre gli investitori a rivalersi sul resto del riore a Dublino. Continente, imponendo tassi più alti sui prestiti e facendo così pagare il gap sulle obDefault tecnico? bligazioni irlandesi, in primis, agli istituti Di fronte a un simile contesto, non sorportoghesi e spagnoli. Aggravando ancor di prende che, da qualche tempo, diversi anapiù la persistente crisi di eurolandia. listi abbiano iniziato a paragonare la terapia

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 61 |


| internazionale | microcredito |

| internazionale |

Grameen: Yunus non si arrende Ma Unicredit lo ha già scaricato

DA OSLO A DHAKA, L’ODISSEA GRAMEEN TUTTO AVEVA AVUTO INIZIO la sera del 30 novembre 2010 quando la televisione pubblica norvegese trasmise “Fanget i Mikrogjeld” (intrappolato nel microdebito), il documentario nel quale il giornalista danese Tom Heinemann lanciava pesanti accuse alla Grameen e al suo fondatore in merito alla gestione irregolare di alcuni finanziamenti ricevuti da donatori pubblici e privati e successivamente trasferiti dalla casa madre ad alcune società controllate. Nel dettaglio, circa 50 milioni di corone norvegesi, oggi quasi 6,5 milioni di euro, dirottati all’affiliata Grameen Kalyan “per finanziare in parte i progetti di Grameen Telecom/GrameenPhone”, un’azienda for profit di famiglia. È stato l’inizio della bufera. Il governo del Bangladesh ha accusato Yunus di evasione del fisco mentre il giornale locale Weekly Blitz ha puntato il dito contro la presunta applicazione di tassi da usura sui microprestiti praticati dalla banca. Alla fine di aprile la commissione d’inchiesta governativa ha assolto la Grameen da tutte le accuse.

Sconfitto nei tribunali, il banchiere dei poveri cerca il sostegno dei leader stranieri. In Italia, intanto, il progetto Grameen sembra definitivamente abbandonato. di Matteo Cavallito

L’

ULTIMA PAROLA AVREBBE DOVU-

sto di lavoro lo scorso 2 marzo quando il governo del suo Paese (detentore del 25% delle quote di Grameen) ha nominato presidente della banca il fidato Muzammel Huq. La motivazione ufficiale è legata al limite di età (60 anni) oltre il quale, a rigore di legge, non sarebbe più possibile ricoprire il ruolo. Ma la spiegazione non convince. I sostenitori di Yunus avanzano l’ipotesi della motivazione politica (l’avversione del premier Sheik Hasina per il banchiere è nota da tempo), evidenziando l’ambizione del governo di mettere definitivamente le mani su quello che appare - aggiungeremmo noi - come un vero e proprio tesoro nazionale con i suoi 8,35 milioni di clienti/soci e gli oltre 1,4 miliardi di dollari di depositi totali. I detrattori del Nobel, al contrario, sottolineano il peso degli scandali che hanno coinvolto la banca (vedi BOX ). Di certo - e su questo proprio non sembrano esserci dubbi - appare quanto meno sorpren-

TO pronunciarla la Corte Su-

prema di Dhaka, chiamata, nell’occasione, a dirimere una delle questioni più spinose della recente storia politica del Bangladesh. Ma la sentenza dello scorso 5 aprile, che ha confermato l’allontanamento di Muhammad Yunus dal vertice della Grameen Bank, potrebbe essere solo il preludio a nuovi sviluppi, anche alla luce della recente assoluzione sul complicato caso Grameen-Norvegia (vedi BOX ). Il 2 maggio, il tribunale supremo del Paese esaminerà una petizione presentata dallo stesso premio Nobel per la Pace contro la decisione della corte stessa (quando leggerete questo articolo è possibile che sia già arrivata la sentenza, ndr). Può sembrare una contraddizione, ma il fatto stesso che il tribunale abbia anche solo accettato di esaminare il ricorso apre implicitamente nuove prospettive. Regalando al “banchiere dei poveri” qualche (forse esigua) speranza sul futuro della sua leadership.

Dal Bangladesh… Muhammad Yunus ha ufficialmente perso il proprio po| 62 | valori |

ANNO 11 N.89

|

Gli Usa intervengono in difesa di Yunus. Intanto Unicredit blocca lo sbarco in Italia di Grameen. Una questione gestionale MAGGIO 2011

|

dente che il superamento del limite di età abbia iniziato a costituire un problema serio soltanto dopo molti anni (Yunus ne ha 70), imponendo proprio in questi mesi il tempestivo intervento del governo. Altrettanto certo è che l’operazione dell’esecutivo e il conseguente strascico di ricorsi in tribunale, che hanno confermato per ora la rimozione di Yunus, hanno cessato da tempo di costituire una semplice questione nazionale.

…alle pressioni internazionali Già, perché con suo manifesto disappunto - «è un’interferenza inaccettabile», ha dichiarato il segretario dell’Awami League, il principale partito del governo bengalese, Mahbub-ul-Alam Hanif - l’esecutivo di Dhaka si trova ora a dover fare i conti con la pressione dell’Occidente. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha espresso apertamente il proprio sostegno al Nobel; il movimento “Friends of Grameen”, presieduto nel suo comitato onorario dall’ex capo di Stato della Repubblica d’Irlanda Mary Robinson, denuncia “la campagna politica di destabilizzazione basata su rumors, menzogne e manipola-

zioni legali”, che avrebbe investito la banca, e persino gli Stati Uniti si sono esposti senza troppe remore a difesa dell’inventore del microcredito. Robert Blake, assistente del segretario di Stato per gli affari in Asia centrale e meridionale, ha invocato senza mezzi termini una soluzione di compromesso anche per evitare un possibile «peggioramento delle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Bangladesh». «Blake ha affermato che la scelta di Yunus di combattere in tribunale è sbagliata», spiega Salah Uddin Shoaib Choudhury, direttore del tabloid bengalese WeeklyBlitz e grande accusatore della Grameen (vedi Valori di marzo 2011). «Gli americani sanno che Yunus

non ha possibilità di vincere sul piano legale, ma può influenzare il suo governo grazie alla pressione politica statunitense».

Unicredit si ritira Sul piano internazionale, intanto, l’affaire Yunus potrebbe aver già prodotto alcune conseguenze per il futuro delle attività estere della banca. Grameen Italia, il progetto pensato dall’istituto in collaborazione con Unicredit, pare essere quasi definitivamente saltato. «Adesso, presso Unicredit, sembra esserci proprio la volontà di abbandonare l’iniziativa», spiega a Valori una fonte anonima vicina alla questione. Una scel-

Nella foto, Muhammad Yunus. Nel 2006 ha vinto il premio Nobel per la pace per il suo progetto di microcredito con la Grameen Bank.

ta, riferisce la stessa fonte, dettata dagli eventi degli ultimi mesi. Dopo aver messo in piedi con una certa lentezza (su cui pesano i tempi della burocrazia bengalese) una fondazione ad hoc responsabile degli studi di fattibilità, Unicredit avrebbe dovuto creare una nuova società, la Grameen Italia Spa, per l’effettivo avvio delle attività di microcredito. Un traguardo mai raggiunto. La banca - specifica la fonte - avrebbe addirittura inviato una lettera in Bangladesh comunicando l’intenzione di sospendere il tutto in attesa che la situazione si stabilizzi con chiarezza. Tutto, in pratica, ruoterebbe attorno al destino dello stesso Yunus con il quale Unicredit avrebbe già firmato degli accordi in passato. Il cambio al vertice della Grameen, se confermato, e l’imporsi del controllo governativo, porrebbero quindi significativi problemi a livello organizzativo e gestionale. Ostacoli che Piazza Cordusio, a questo punto, non avrebbe più intenzione di affrontare.

.


| islamfinanzasocietà |

| lavanderia |

DOPO IL SUCCESSO DI

CAPIRE LA FINANZA E LA FINANZA ETICA

Appalti

La caduta dei tiranni

Banchiere di Zurigo (di nuovo) alla sbarra

Un’opportunità da non perdere di Federica Miglietta*

IN ARRIVO I NUOVI CORSI DI VALORI

ECONOMIE VERDI ED ETICHE

˜˜ GIORNALISMO INVESTIGATIVO ECONOMICO E FINANZIARIO

SONO APERTE LE ISCRIZIONI RELATORI D’ECCEZIONE OFFERTA FORMATIVA COMPLETA POSSIBILITÀ DI APPROFONDIMENTO E SCAMBIO DIRETTO CON I DOCENTI LEZIONI IN AULA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE ACCESSO ON LINE SEMINARI RESIDENZIALI PER TUTTI I CORSISTI E PER I CORSISTI DI GIORNALISMO INVESTIGATIVO CI SONO OPPORTUNITÀ DI STAGE

TUTTE LE INFORMAZIONI E LE MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE SU

www.corsivalori.it

A CHE SUCCEDE AI DITTATORI AFRICANI? Gheddafi asserragliato

di Mauro Meggiolaro

M

nel bunker con i fedelissimi mentre l’Europa discute se armare gli insorti (Ma sarà veramente il caso? Regalare le armi aiuta la democrazia o le imprese che le producono?), Mubarak dato per morente in seguito agli attacchi cardiaci, il dittatore ivoriano in canottiera bianca piangente arrestato dagli oppositori. In Yemen è salita di nuovo la tensione, ovunque focolai di protesta. Il segretario di Stato Clinton afferma sicura che i tiranni non sono più al sicuro, che l’Africa è pronta per la democrazia. Ma di quale democrazia parliamo? Della libertà di espressione? Di stampa? Di manifestare? Di sparare con le armi fornite dalla Nato? Davvero in tutti questi avvenimenti non riesco a trovare un filo conduttore: mi sembra che la democrazia sia solo un vago concetto e che la posta in gioco sia di altro livello. Ma andiamo per punti. I dittatori che sino a ieri erano tutti, senza distinzione, interlocutori dell’Occidente, sono stati, dopo decenni, scalzati dal potere. Rimangono le accuse di corruzione, di sterminio, di aver impoverito i loro Paesi a proprio uso e consumo. Gli Stati europei e gli Usa non si trovano d’accordo sulla exit strategy; Francia e Italia si scontrano su chi debba guidare la missione. La sensazione comune è che lo scontro non sia militare, ma politico, perché chi guida la missione avrà una parola in più sulla spartizione del petrolio del dopo Gheddafi e potrà dire la sua sulla politica euro-mediterranea dei Paesi del Maghreb. Ma, se davvero il dopo Gheddafi fosse democratico e i militari in Tunisia fossero migliori di Ben Ali, perché centinaia di migliaia di persone disperate stanno scappando? Perché diciamo che gli insorti sono degni di ricevere un aiuto e non sappiamo né chi sono né conosciamo il loro progetto politico? Non staremo armando una frangia locale dei Fratelli Musulmani? Non dovrebbe forse l’Europa, con un unico interlocutore, affrontare la crisi politico istituzionale del Maghreb in modo più responsabile, chiedendo precise assicurazioni sul futuro del Paese e delle persone ai rivoltosi? L’occasione è senza precedenti per creare Paesi nuovi, più aperti, più egalitari, meno corrotti e con meno sperequazioni reddituali. Ma l’occasione è ghiotta anche per i piccoli nuovi dittatori di domani, per coloro che nel caos provano a instaurare emirati e nuovi emiri. L’Europa ha il dovere di stare in guardia: le armi dopo, prima i progetti.

UANDO IL GIOCO SI FA DURO la Svizzera è sempre pronta a scendere in campo. Soprattutto se qualcuno si sogna di toccare capisaldi nazionali come il segreto bancario o i suoi sacerdoti: i funamboleschi private bankers. Gente come Bradley Birkenfeld di Ubs, che nel 2008 fu scoperto a esportare negli Usa, per conto di un cliente americano, partite di diamanti nascoste nei tubetti del dentifricio. O come Oskar Holenweger. Alla fine del 2003, quando è ancora a capo della Tempus Privatbank di Zurigo, viene arrestato con l’accusa di aver riciclato contanti per conto di narcotrafficanti sudamericani. Ad accusarlo è José Manuel Ramos, un trafficante colombiano. Poi i sospetti non sono confermati e Holenweger torna in libertà. Nel frattempo però si scatena il finimondo e, nel 2006, il procuratore generale Valentin Roschacher, che aveva utilizzato Ramos come agente infiltrato per incastrare Holenweger, si dimette su pressione dell’allora ministro della Giustizia, Christoph Blocher, leader del partito di destra Udc e - a quanto riporta la stampa svizzera - vecchio amico di Holenweger. Blocher nega tutto e grida al complotto. Ma, nel dicembre del 2007, il caso pesa sulla sua mancata rielezione nel governo svizzero. Intanto la saga del banchiere zurighese, che oggi ha 67 anni, continua. Il mese scorso è tornato davanti ai giudici, stavolta a Bellinzona. Il pm lo accusa di “falsità in documenti, riciclaggio aggravato e corruzione di pubblici ufficiali stranieri”, per aver contribuito, tramite società off shore, alla costituzione di fondi neri del gruppo industriale francese Alstom, destinati al pagamento di tangenti in Brasile, Venezuela e Indonesia, al fine di ottenere appalti pubblici per la costruzione di metropolitane. Il banchiere dagli occhi di ghiaccio rischia di passare il resto della vita dietro le sbarre.

Q

.

* Ricercatrice di Economia degli intermediari finanziari presso la facoltà di Economia all’Università di Bari e presso l’Università Bocconi di Milano

Cosa accadrà nei prossimi anni ai Paesi che hanno visto crollare i loro regimi? L’Occidente per ora ha preferito fornire armi anziché risposte

.

|

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 65 |


altrevoci

|

GLENCORE, IPO AL VIA: IL RE DEL PETROLIO APPRODA IN BORSA

GAS FLARING, 150 MILIARDI DI METRI CUBI BRUCIATI OGNI ANNO: L’AMBIENTE NON RINGRAZIA Che cosa sono 150 miliardi di metri cubi di gas naturale? Un enorme spreco e un danno ambientale che sarebbe stato meglio evitare. Perché questa mole di gas naturale, il 5% della produzione mondiale, viene bruciata ogni anno nel mondo, nelle operazioni di estrazione del petrolio. Si chiama gas flaring: il gas proviene dai giacimenti petroliferi e fuoriesce insieme al petrolio, ma, non essendo conveniente recuperarlo, viene bruciato a cielo aperto. Con un impatto devastante sull’ambiente. I dati sono contenuti nello studio Flare Gas Reduction: Recent Global Trends and Policy Considerations, di General Electric. Il gas “disperso” senza produrre calore o elettricità corrisponde al 30% del fabbisogno annuo dell’Ue e al 23% di quello degli Usa. E provoca l’emissione nell’atmosfera di 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, quanto 77 milioni di auto. Secondo il rapporto di GE esistono tecnologie per rimediare a questo spreco: catturando il gas e riutilizzandolo per produrre energia oppure re-iniettandolo nel sottosuolo per incrementare l’estrazione di petrolio.

G20, ACCORDO RAGGIUNTO SULLE TOO BIG TO IGNORE

ETIMOS A TORINO PER DECLINARE LA FINANZA

Dalle too big to fail ai too big to ignore. Ovvero dalle banche che, per le loro dimensioni, sono “di importanza sistemica”, agli Stati che, per lo stesso motivo, devono essere controllati attentamente. I Paesi del G20 riuniti a Washington ad aprile hanno siglato un accordo sugli indicatori necessari per individuare gli squilibri presenti nell’economia globale tra le varie nazioni. Non è ancora stata stilata una lista di Stati da tenere “sotto controllo”, ma si sa che gli indicatori riguarderanno il rapporto tra debito e deficit pubblici, tra debito e risparmio privato e gli squilibri esterni che comprendono la bilancia commerciale, i flussi di investimento, tendendo in considerazione anche i tassi di cambio, oltre che le politiche fiscali e monetarie.

Compartimos (in spagnolo “condividiamo”) è il nome del tradizionale incontro annuale tra i soci del consorzio Etimos. Nato nel 1989, con base a Padova e altre tre sedi in Sri Lanka, Senegal e Argentina, è fra i fondatori di Banca Etica e si occupa di microfinanza in tutto il mondo. Quest’anno ha organizzato un convegno: tre giorni, dall’11 al 13 maggio a Torino, per declinare il concetto di finanza sostenibile, associandola ai concetti di legalità, ambiente e cooperazione. Gli ospiti di “Compartimos” discuteranno, quindi, di finanza come strumento per la cultura della legalità; della dimensione green degli investimenti e di finanza cooperativa. Si prevede la partecipazione di più di duecento organizzazioni provenienti da oltre quaranta Paesi.

www.etimos.it | 66 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

È un’attesa spasmodica quella che circonda lo storico ingresso in Borsa di Glencore, il principale trader di materie prime (petrolio in testa) del mondo, i cui titoli inizieranno a essere scambiati pubblicamente a partire dal 24 maggio. Secondo quanto trapelato, l’offerta pubblica iniziale (Ipo) dovrebbe coinvolgere dal 15 al 20% del capitale azionario per un controvalore compreso tra i 9 e gli 11 miliardi di dollari. Un maxi collocamento iniziale che farà la fortuna degli attuali azionisti e dei dirigenti che beneficeranno di opzioni milionarie. A coordinare l’Ipo (intascando gli enormi profitti delle commissioni) saranno i tre colossi bancari Citigroup, Credit Suisse e Morgan Stanley, che agiranno in collaborazione con i colleghi Bank of America-Merrill Lynch, Bnp Paribas, Barclays Capital, Société Générale, Liberum Capital e Ubs. Tra gli assenti spicca Goldman Sachs, già concorrente di settore della stessa Glencore. Fondata nel 1974 dallo statunitense Marc Rich (accusato nel suo Paese di evasione fiscale e violazione dell’embargo con l’Iran e successivamente graziato nel 2001), l’azienda sarà ora costretta ad agire come public company, rendendo note le informazioni sulle sue attività e i suoi conti coperte fino a oggi dal segreto.

SHALE GAS: NO DELLA FRANCIA, DALL’ITALIA SÌ “CON FAVORE” Il governo francese ha stoppato i progetti di estrazione del cosiddetto shale gas, la risorsa naturale ricavata dalla frantumazione delle rocce sedimentarie su cui aleggiano enormi dubbi relativi all’impatto ambientale. Lo ha annunciato il premier, Francois Fillon, imponendo una moratoria sulle concessioni di estrazione in attesa di conoscere i risultati di un’indagine realizzata da una commissione ad hoc. Il provvedimento di sospensione dei permessi interessa anche grandi gruppi locali tra i quali Total e Gdf Suez. Un recente studio della Cornell University ha puntato il dito contro le emissioni di metano generate proprio dal processo di estrazione del gas, giudicandone l’impatto ancor più dannoso di quello abitualmente prodotto dal carbone. La svolta del governo francese non sembra, però, ispirare l’esecutivo italiano. Ad aprile, nel corso di un convegno organizzato presso l’ambasciata polacca di Roma, il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, ha promosso a pieni voti le ipotesi di estrazione. «Lo shale gas potrebbe aprire nuove strade per l’approvvigionamento energetico in un momento particolarmente delicato a livello globale», ha affermato nell’occasione, aggiungendo: «L’Italia accoglie con favore l’avvio di approfondimenti a riguardo».

TASSA SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIE: LA CHIEDONO 1000 ECONOMISTI “È tempo di applicare una tassazione sulle transazioni finanziarie. La crisi economica creata dalla finanza speculativa ha mostrato in modo evidente i pericoli connessi a una finanza senza regole e il patto tra il settore finanziario e la società reale è stato rotto. È ora di riannodare questo patto e di chiedere al settore finanziario che in questi anni si è arricchito a dismisura di dare qualche cosa indietro alla società”. Parole chiare e decise, contenute in una lettera firmata da mille economisti - provenienti da 53 Paesi che si sono rivolti al G20 e a Bill Gates, da anni impegnato per proporre ai grandi della Terra opzioni innovative per sostenere lo sviluppo. A poche settimane dal via libera ottenuto dal Parlamento europeo per introdurre la tassa anche solo a livello continentale, questo è senza dubbio un altro gesto importante a favore della mobilitazione internazionale per la “Robin Hood Tax” (rappresentata in Italia dalla Campagna 005). Tassando lo 0,05% di ogni transazione si otterrebbero 665 miliardi di dollari all’anno su base globale (o 250-300 miliardi in Europa): sufficienti per finanziare politiche di lotta alla povertà, contenimento dei debiti sovrani e lotta al cambiamento climatico.

Il rapporto annuale della Presidenza del Consiglio italiana sulle esportazioni di armamenti sembrerebbe segnalare un netto calo delle commesse militari. Nel 2010, infatti, le autorizzazioni all’esportazione sono state pari a 2,9 miliardi di euro: il 41% in meno rispetto ai 4,9 miliardi raggiunti nel 2009. Ma, conteggiando anche le consegne relative a ordini già autorizzati negli anni precedenti, emerge che il comparto militare nostrano, in realtà, continua a lavorare a pieno regime. Anzi, le consegne effettive di armi hanno toccato un record che non si raggiungeva da vent’anni: quasi 2,8 miliardi di euro, il 24,9% in più del 2009. E i principali acquirenti delle armi made in Italy non sono certo i nostri “partner” in politica internazionale: la domanda proveniente dai Paesi occidentali è stata nettamente frenata dalla crisi economica. In testa alla graduatoria, così, figurano gli Emirati Arabi Uniti, con spese pari a 477 milioni di euro; seguiti dall’Arabia Saudita (432 milioni) e dall’Algeria (343 milioni). Le armi italiane sono state protagoniste silenziose anche dei recenti e sanguinosi scontri in Nordafrica: le aziende belliche di casa nostra, nel 2010, hanno ricevuto 100,6 milioni di euro dal regime di Gheddafi, 45 dall’Egitto e 59 dal Marocco.

Dopo una serie di annunci e smentite nel tentativo di tenere a freno gli allarmismi, la Tepco e il governo giapponese hanno sciolto ogni riserva, classificando al livello 7 l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima. Al pari di quello di Chernobyl, che finora era il più grave della storia. «Una dichiarazione di resa», secondo Sergio Ulgiati, professore di Chimica all’università Parthenope di Napoli e membro del Comitato scientifico di Wwf Italia, che parla di «situazione fuori controllo», in quanto «non c’è modo di arrestare né la fusione né la contaminazione, anche per chi è lontano dall’area». Non possiamo pensare, in sintesi, che le migliaia di chilometri che ci separano dal Giappone siano in grado di fare da barriera. «Il rilascio dei radionuclidi di media e lunga durata nell’atmosfera e nell’acqua - continua il professor Ulgiati - comporta una grave compromissione della catena alimentare». Che coinvolgerà di sicuro le vicine Cina e Corea, ma di fatto è senza confini, visto che i beni alimentari vengono costantemente commerciati a livello globale. Senza contare la nube radioattiva che, secondo le stime, entro il 2050 porterà a circa 4 mila decessi per tumore nel solo Giappone. E che, seppure a livelli decisamente minori, si è già diffusa in tutto il mondo, Europa compresa.

www.zerozerocinque.it ANNO 11 N.89

|

2010 DA RECORD PER L’EXPORT DI ARMI MADE IN ITALY

I DANNI DI FUKUSHIMA LUNGO TUTTA LA CATENA ALIMENTARE

|

news

|

MAGGIO 2011

| valori | 67 |


|

terrafutura

|

A CURA DI VALENTINA NERI | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A NERI@VALORI.IT

|

LA TOSCANA RISPONDE AL BISOGNO DI VOLONTARIATO Nel 1997 undici enti di volontariato fondavano il Cesvot, Centro Servizi Volontariato Toscana. Quattordici anni dopo questo gruppo di associazioni, che nel frattempo sono diventate 28, continua a svolgere un ruolo di riferimento per le oltre tremila realtà del Terzo Settore della Regione. Un ruolo che si declina nelle forme più varie: «consulenze su materie fiscali, amministrative e civilistiche, attività d’informazione, ecc.», spiega la responsabile dell’ufficio stampa Cristiana Guccinelli. Alcuni servizi sono stabili, altri sono legati a bandi emessi a cadenza periodica, ma tutti sono gratuiti e aperti a chiunque ne abbia bisogno. Un coordinamento così capillare, presente con le proprie delegazioni in tutte le undici province toscane, è una sorta di cartina al tornasole per il mondo del volontariato: a dimostrarlo, il recente studio “Identità e bisogni del volontariato in Toscana”, presentato il 12 aprile a Firenze, che ha coinvolto oltre 800 associazioni e in cui si propone uno sguardo comprensivo su un settore in costante evoluzione. Come ogni anno, Cesvot è presente alla fiera Terra Futura, che si tiene a Firenze dal 20 al 22 maggio.

www.cesvot.it

INTEGRAZIONE E AMBIENTE: ALLA BARONA SPAZIO AI DOCUMENTARI

MILANO MENO GRIGIA: ARRIVA UN NUOVO MERCATO AGRICOLO La città di Milano non è solo teatro di speculazioni edilizie e sede ideale per uffici, finanziarie e strutture industriali. Nell’ultimo periodo si è, infatti, moltiplicata la presenza di mercati contadini di quartiere: iniziative volte a valorizzare le risorse agricole, sostenendo le aziende locali che offrono prodotti a Km zero, complice una rinnovata sensibilità da parte dei consumatori, che apprezzano i prodotti a filiera corta e la possibilità di entrare genuinamente in relazione con il proprio territorio. Dopo Slowfood, Coldiretti e il Consorzio Cantiere Cuccagna, ora è l’impresa sociale La Cordata a proporre il proprio mercatino agricolo all’interno del complesso di Zumbini Sei, spazio innovativo per il modello di housing sociale che concretizza all’interno del Villaggio Barona. E così, a partire dal 13 aprile, tutti i mercoledì dalle 15 alle 20, diversi produttori agricoli garantiscono un’offerta ampia e variegata, dai formaggi al pollame, dalle piante alle torte al vino; il tutto dopo aver sottoscritto un patto di solidarietà con cui si impegnano a mantenere i prezzi a un livello moderato.

I GAS QUEST’ANNO SBARCANO A L’AQUILA A due anni dal terremoto in Abruzzo è forte l’esigenza di fare qualcosa di concreto per risollevare il territorio aquilano, recuperando l’attenzione di un’opinione pubblica che se n’è allontanata troppo presto. Con questo intento è nata la Rete di Economia Solidale Abruzzese, aperta a tutte le associazioni del territorio che seguono principi di eticità, legalità e rispetto per l’ambiente. Un soggetto che da subito si è posto una sfida ambiziosa: organizzare proprio a L’Aquila l’edizione 2011 dello SbarcoGas, il terzo convegno nazionale dei Gruppi di acquisto solidale e dei Distretti di economia solidale (Des). Saranno coinvolte anche le reti nazionali dei Comuni Virtuosi e delle Città di Transizione. Fervono già i preparativi per la manifestazione, che si terrà dal 24 al 26 giugno. «Cerchiamo il più possibile di far sì che questo grande evento possa portare benefici per la comunità», spiega Alessia De Lure dell’Associazione Il Sicomoro. «Per l’alloggio degli ospiti, ad esempio, privilegiamo le piccole strutture familiari e gli agriturismi che producono cibi biologici». Oltre al convegno vero e proprio, il programma prevede un mercato agricolo, momenti di animazione, una tavola rotonda sulle buone prassi di nuova economia, laboratori per adulti e ragazzi. E un tendone di controinformazione in cui verranno proiettati filmati e foto che documentano l’attuale situazione della ricostruzione a L’Aquila. www.sbarcogaslaquila.it

Segnalata da

| 68 | valori |

.it

ANNO 11 N.89

www.lacordata.it

|

MAGGIO 2011

|

|

Dal 1 al 5 giugno il quartiere Barona di Milano si trasforma in un cinema a cielo aperto. L’occasione è la seconda edizione del The Village Doc Festival, organizzato da LibLab (l’associazione Libero Laboratorio), che offre una panoramica di genere sul documentario, in tema di sostenibilità, integrazione e modelli di sviluppo rispettosi della persona e dell’ambiente. Al di là della rassegna vera e propria, che vedrà la presenza di opere di respiro internazionale, il festival mira anche a diventare un vero e proprio laboratorio culturale in grado di coinvolgere attivamente la cittadinanza. Organizzando workshop di vari livelli, ad esempio, o con il progetto Walls and borders, che porta le proiezioni all’interno dei cortili dei condomini popolari, in cui realtà sociali eterogenee coesistono senza conoscersi davvero. O ancora con il premio Baldoc - dedicato a Enzo Baldoni - conferito da una giuria molto particolare: i giovani del quartiere. Un ciclo di formazione ad hoc sarà infine dedicato anche ai detenuti del carcere di Bollate, che assegneranno il premio speciale per il “miglior documentario d’evasione”.

www.thevillagedocfestival.com www.liberolaboratorio.eu

A CURA DI FRANCESCO CARCANO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

DA UN VIOLINO A UNA CASA STAMPARE IN 3D MAXI OGGETTI DEAD DROPS: IL MURO DIVENTA BACHECA L’idea originaria è di Aram Bartholl, artista berlinese, che ha presto trovato emuli in tutto il mondo grazie al tam tam della Rete. Obiettivo dell’azione artistica: trasformare luoghi di passaggio urbani, ponti, panchine e giardini, atri di palazzi o pensiline d’attesa, in luoghi di scambio digitale. Il mezzo prescelto, per la sua diffusione e per semplicità d’uso, è stata la chiavetta Usb, entrata ormai a far parte del corredo tecnologico indispensabile di ognuno. Posizionata in punti strategici della città, la chiavetta attende chi voglia collegarsi con il proprio portatile per prendere o dare i contenuti più vari: file musicali, libri, proclami, proposte. Si crea così una rete di oggetti disposti in vari luoghi delle città, in grado di offrire proposte e stimoli, liberamente condivisibili. Perché non usare internet? Risponde l’ideatore che lo scopo del progetto è «uscire dagli spazi virtuali di internet per riappropriarsi delle nostre città» e occorre quindi un gesto “fisico” come la ricerca di un oggetto e il suo utilizzo.

Le stampe tridimensionali di oggetti dalle misure maxi animano in questi mesi sogni e progetti dalle Americhe all’Asia. Dopo la riproduzione di uno Stradivari che ha conquistato le copertine internazionali, c’è chi pensa più in grande e al Mit di Boston si è avviata la sperimentazione con metalli, calcestruzzi, legno o pietra. Obiettivo: sperimentare la “stampa” di una vera abitazione. Neri Oxman è una ricercatrice del Mit Media Lab e sta concentrando il suo lavoro sulle problematicità e potenzialità tipiche dei singoli materiali, per esempio il legno. Molteplici gli aspetti da considerare, dalla resistenza alla porosità, per arrivare a modellare e replicare in modo seriale edifici attraverso la tecnologia di stampa tridimensionale. Dopo l’esposizione “Unacasatuttadunpezzo” di Marco Ferreri alla Triennale di Milano (una casa in pietra intagliata grazie alla tecnologia di stampa 3D) la sperimentazione prosegue e si apre ai concetti di sostenibilità. Il lavoro dei ricercatori del Mit dovrebbe, infatti, consentire una maggiore interazione dei materiali con diminuzione della quota di cemento da utilizzare a favore di materiali riutilizzabili.

|

future

|

WIRED: NUOVE FORME DI ABITARE PER I 150 ANNI

COLTIVARE STRADE E BALCONI IN CITTÀ Prinzessinnengärten è un progetto pilota avviato nel 2009 a Berlino nel quartiere di Kreuzberg. L’obiettivo di Nomadisch Grün, collettivo che ha promosso la sperimentazione, era quello di ridare vita ad un angolo di quartiere utilizzato ormai da anni come discarica di mobili abbandonati. Il quartiere di Kreuzberg a Berlino, noto per la sua multiculturalità e la storica presenza della comunità turca e curda, è molto vitale e il progetto di Nomadisch Grün si è via via arrichito di nuove sperimentazioni sul tema della condivisione di spazi verdi improvvisati in città. Su questa stessa linea si muovono numerosi progetti in contesti urbani, da Milano a Parigi a New York. Secondo le Nazioni Unite più della metà della popolazione mondiale nel 2050 vivrà in aree urbane e la necessità di creare micro aree verdi accumunerà più esperienze a livello internazionale perché anche le città possono essere riserve di verde e terreno di sperimentazione di pratiche agricole come accade a New York con Green Thumb di New York, rete di centinaia di orti collettivi.

|

ANNO 11 N.89

|

Curata dal direttore di Wired, Riccardo Luna, e aperta fino al prossimo 20 novembre, la mostra torinese “Stazione Futuro” merita decisamente una visita. I progetti presentati raccontano un Paese che sa scommettere sulla ricerca, malgrado la difficoltà di reperire finanziamenti pubblici, e che opera ai massimi livelli con realtà internazionali portando energie, creatività e stimoli. L’esposizione rappresenta una “summa” della ricerca italiana contemporanea. Tra i temi trattati, di particolare interesse quello dell’abitare, con installazioni che spaziano da progetti ormai noti (e solo in attesa di visibilità anche in Italia) come la casa ecosostenibile di Mario Cucinella a tipologie di progetti avanzati facilmente esportabili sul mercato internazionale come la “Sustainable Connected House”, sviluppata grazie a una partnership tra Fondazione Kessler di Trento e il Mit di Boston. Le parole chiave sono ricerca, innovazione, sostenibilità e interconnessione, con la Rete utilizzata al fine di contenere i consumi e sfruttare tutte le potenzialità della struttura in maniera consapevole.

MAGGIO 2011

| valori | 69 |


|

RITORNARE A VIVERE DOPO AUSCHWITZ Dopo Auschwitz è possibile essere felici, amare, sognare? Non è una domanda retorica, perché dopo Auschwitz tutto è cambiato. Persino il concetto di Dio, come ha scritto il filosofo Hans Jonas. Chi è sopravvissuto alla Shoah spesso si chiede perché. Per molti è una domanda ossessionante che si trasforma in senso di colpa e da cui è difficile liberarsi anche se si vive da più di mezzo secolo a New York. Un incidente d’auto in un’afosa domenica d’estate può diventare, dunque, il momento per scardinare le resistenze della memoria, mettendo in conflitto l’affetto dei vivi con le ombre del passato, vissute in un mondo che è stato annientato. Ma il risveglio dal coma in un letto d’ospedale non basta per ritornare a vivere nel presente, le voci dei morti prevalgono perché prevale il dovere di testimoniare ciò che è stato.

ELIE WIESEL IL GIORNO

Guanda, 2011

|

A CURA DI MICHELE MANCINO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

PAUL HARDING SCRITTORE GRAZIE ALLA RETE Il suo romanzo da esordiente era stato rifiutato dai maggiori editori americani. Poi un giorno, quel libro, pubblicato da una piccola casa editrice indipendente, ha vinto il premio Pulitzer per la letteratura. A decretare il successo di Paul Harding, sconosciuto scrittore del New England, è stato il passaparola sul web dei lettori. Insomma, il miglior test per chi vuole consegnare le parole ai posteri. La storia racconta di George Washington Crosby, un uomo che si prepara a concludere la sua vita steso su un letto al centro del soggiorno di casa. È circondato dai familiari e accompagnato dal tintinnio dei suoi orologi a cui per anni si è dedicato come meticoloso restauratore. Gli orologi segnano il tempo e il tempo di George è scandito dai ricordi: l’infanzia, il padre Howard, un uomo silenzioso che manteneva stentatamente quattro figli e una moglie insoddisfatta girovagando con il suo carro pieno di mercanzie. Un padre ritrovato nel passaggio dal mondo sensibile alla verità.

narrativa

|

NEL 1977 L’ITALIA SMARRÌ LA VERITÀ

UNA GRANDE ESISTENZA IN UN PICCOLO MONDO Elena Varvello racconta la vita osservando l’esistenza di una comunità piccolo borghese in un angolo di mondo. A Croci si svolge la sua vita: gli amori, i tradimenti, i figli, l’amicizia con Clara, una donna che crede fortemente nel potere della preghiera e nella consolazione della fede. È in questo luogo del mondo che i loro destini si compiranno, fra piccoli drammi e grandi tragedie, scomparse e ritorni, ricordi e speranze. E pensare che all’inizio Matilde aveva percepito quel luogo arido e triste come un cimitero, con il tempo ha dato le coordinate alla sua vita. È una donna forte e ironica, in grado di guardare in faccia ciò che la vita le ha riservato. Matilde non è solo pensiero, anzi, i sensi sono la luce che illumina un cammino lungo mezzo secolo anche negli ultimi giorni della sua esistenza. ELENA VARVELLO LA LUCE PERFETTA DEL GIORNO

Fandango, 2011

PAUL HARDING L’ULTIMO INVERNO

Neri Pozza, 2011

Correva l’anno 1977. Le bombe della strategia della tensione continuano a esplodere tra la gente. Si moltiplicano attentati. Gli scontri di piazza tra le forze dell’ordine e le forze extraparlamentari, sempre più distanti dai partiti politici, sono la normalità. Nel marzo del 1977 Francesco Cossiga, ministro dell’Interno, manderà in piazza a Bologna i mezzi blindati dell’esercito. Su questo sfondo sociale tragico, si muovono le vite dei protagonisti del romanzo di Grugni. Sono creature di sangue caldo e nervi che riportano il lettore in un clima lontano, ma necessario per capire il presente. Alessandro Bellezza, medico della provincia bolognese, con la carriera e la famiglia distrutte, trova sotto la neve una donna apparentemente morta. Francesca Mirri è sfuggita a un tentato omicidio ed è un’infiltrata della polizia tra le fila di Ordine Nuovo alla ricerca di un assassino che forse si nasconde nell’organizzazione di estrema destra. Con loro c’è il maresciallo Bertoli. Tutti si scontreranno con una realtà dove il doppio gioco è la normalità e dove i servizi segreti deviati svolgeranno un ruolo fondamentale nello smarrimento della verità.

PAOLO GRUGNI L’ODORE ACIDO DI QUEI GIORNI

Laurana Editore, 2011 |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 71 |


| outlook |

Giappone

La congiuntura mondiale del dopo-tsunami di Fabio Sdogati* L TERREMOTO, LO TSUNAMI, i danni ai reattori nucleari. Un disastro umano immenso, al qua-

I

in quanto debitore, allora il premio per il rischio sul debito salirebbe, il peso della spesa per interessi potrebbe diventare veramente grande e dovrebbe essere sopportato per molti anni a venire, con effetti negativi sulla crescita del Paese. Mentre appare al momento poco probabile che le agenzie di rating passino rapidamente all’attacco del governo giapponese come hanno fatto per Grecia, Irlanda e Portogallo, non foss’altro per l’effetto negativo che deriverebbe alla loro immagine dall’aver attaccato il governo di un Paese in ginocchio. Ma l’eventualità non è da escludersi. 4. Gli effetti sui prezzi. L’economia giapponese è grande, e grande è il danno che essa ha subito. Le catene mondiali di approvvigionamento e distribuzione hanno subito danni reversibili, ma non trascurabili; il passaggio del Paese da un uso esteso della fonte nucleare al petrolio comporta un aumento della domanda di quest’ultimo che, anche trascurando la crisi libica, porta necessariamente a un aumento del prezzo e delle speculazioni. In aggiunta Cina e Germania hanno bloccato i piani di espansione nucleare e, nei prossimi due-tre anni, la loro domanda di petrolio aumenterà, anche se nel più lungo periodo quote crescenti di energia verranno ricavate da fonti rinnovabili. Insomma, esistono tutte le condizioni per prevedere che i prezzi dei fossili energetici subiranno tensioni forti, e che ciò non tarderà a scaricarsi sui prezzi.

le ovviamente non ha senso attribuire un “costo”. Ma è anche un disastro economico, fatto di distruzione di capacità produttiva, di capitale fisico, umano, intellettuale. Nell’epoca della globalizzazione dei processi produttivi e della loro integrazione tra i Paesi più lontani, le difficoltà giapponesi si trasmettono necessariamente a tutta l’economia mondiale. Se è ancora del tutto impossibile stimare l’impatto di questa crisi, si può tuttavia tentare di identificare i canali attraverso i quali i suoi effetti si faranno sentire sull’economia mondiale. 1. Il costo della ricostruzione. Stime preliminari parlavano di 140 miliardi di euro, poi di 170, poi di oltre 200. Ma si tratta di impressioni più che di stime, tanto è vero che l’Ocse, nel suo rapporto ad interim del 5 aprile scorso sulle prospettive di crescita delle economie ad alto reddito pro capite, rinuncia esplicitamente a fornire stime. 2. Gli stimoli derivanti dalla ricostruzione. Quale che sia lo sforzo richiesto per la ricostruzione, esso sarà esteso a imprese di tutto il mondo che producano beni capitali da destinare alla ricostituzione della capacità produttiva. Si può prevedere che molte imprese tedesche verranno chiamate a contribuire al processo, mentre scarso o nullo sarà l’apporto di imprese produttrici di beni di consumo, specialmente se non di tipo durevole. 3. Il finanziamento della ricostruzione. Nei giorni immediatamente successivi al disastro la Banca Centrale del Giappone immise forti quantità di liquidità nel sistema, allo scopo di neutralizzare la tendenza all’aumento dei tassi di interesse che sempre aumento del livello dei tassi di interesse a lisi verifica in questi casi, aumento che avrebbe messo in difficoltà le attività pro- vello mondiale (esattamente come avvenne, in particolare in Europa, in occasione della riuduttive facendo salire il costo del credito. nificazione della Germania e della ricostruzioEra la cosa giusta da fare. Ma una cosa è ne della ex Germania orientale). Ma sarà un un intervento monetario a sostegno della liaumento contenuto, poiché la situazione atquidità, altro è il finanziamento di un piano tuale è caratterizzata da una forte abbondandi ricostruzione gigantesco. Il piano di ricoza di liquidità e da una parallela scarsità di dostruzione sarà probabilmente finanziato da manda per investimenti. Ma se l’ulteriore una combinazione di indebitamento del goindebitamento dovesse influenzare negativaverno sul mercato mondiale e di politiche mente la credibilità del governo giapponese monetarie espansive. Il governo giapponese è uno dei più indebitati al mondo, tanto in valore assoluto del Il terremoto dell’11 marzo debito, che in proporzione al Pil. potrebbe provocare un aumento Ulteriori indebitamenti pordella domanda di petrolio, teranno necessariamente a un spingendone il prezzo al rialzo

.

* Professore ordinario di Economia internazionale al Politecnico di Milano e al Mip (la School of Management del Politecnico) |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

| valori | 73 |


| action! |

L’AZIONE IN VETRINA NOVARTIS NOVARTIS

Il rendimento in borsa di Novartis negli ultimi dodici mesi, confrontato con l’indice MSCI World

MSCI WORLD

58.00

56.00

54.00

52.00

FONTE: NOVARTIS

50.00

THOS HA DETTO NO. Le remunerazioni degli amministratori di Novartis sono troppo alte e troppo sbilanciate sulla parte variabile (87% del totale), quella che dipende dai risultati annuali dell’impresa. «Una remunerazione variabile troppo elevata può incoraggiare comportamenti non compatibili con gli interessi degli investitori nel lungo periodo», ha commentato la Fondazione Ethos in un comunicato stampa. Il piano di remunerazione di Novartis, sottoposto quest’anno per la prima volta al voto consultivo degli azionisti, è passato lo stesso. Il presidente Daniel Vasella si è portato a casa 6 milioni di euro e l’assemblea si è chiusa tra gli applausi dei soci presenti in sala. Rispetto all’anno scorso, però, la claque è stata meno calorosa. Il 39% degli azionisti ha infatti votato contro i mega-bonus, seguendo le indicazioni di Ethos. «È un segnale forte per il consiglio di amministrazione», ha dichiarato la Fondazione svizzera. «Il sistema di remunerazione deve essere rivisto al più presto perché non è in linea con le aspettative di una parte rilevante degli investitori». Il prossimo round della battaglia sulle paghe è fissato per l’assemblea 2012. E chissà che questa volta Ethos non riesca a farcela.

E

.

| 74 | valori |

ANNO 11 N.89

|

MAGGIO 2011

|

UN’IMPRESA AL MESE

a cura di Mauro Meggiolaro

L’AZIONISTA DEL MESE

Dimmi quanto paghi e ti dirò chi sei Fondazione Ethos

www.ethosfund.ch

Sede Ginevra - Svizzera Tipo di società La Fondazione Ethos rappresenta i diritti di voto di 113 casse pensione svizzere nelle assemblee degli azionisti di oltre 100 imprese in Svizzera e in altri paesi. Asset gestiti ca. 77 miliardi di euro L’azione su Novartis Dal 2008 Ethos si batte per far sottoporre al voto degli azionisti i piani di remunerazione dei manager delle società svizzere (mozioni “say on pay”). Alcune imprese, come la farmaceutica Novartis, hanno accettato questa procedura. Il 22 febbraio 2011 Ethos ha votato contro il sistema di remunerazione di Novartis, ritenuto troppo sbilanciato sulla parte variabile, che costituisce l'87% della remunerazione totale. Con Ethos (e contro Novartis) ha votato il 39% degli azionisti. Altre iniziative Grazie all’impegno di Ethos oggi ben 42 società svizzere sottomettono i propri piani di remunerazione al voto consultivo degli azionisti. L’azione di Ethos continuerà per tutto il 2011.

Novartis

www.novartis.com

Sede Basilea - Svizzera Borsa SIX Swiss Exchange Rendimento negli ultimi 12 mesi -11,11% Attività Novartis è una delle più grandi aziende farmaceutiche del mondo. È nata nel 1996 come fusione tra le compagnie svizzere Ciba-Geigy e Sandoz. Azionisti Azionariato diffuso. Azionisti principali: Novartis Foundation for Employee Participation (4,3%), Emasan AG (Fondazione Sandoz, 3,3%). Perché interessa agli azionisti responsabili? Nel 2007 Novartis è stata fortemente attaccata da una serie di Ong per aver fatto causa al governo indiano che aveva permesso la produzione e distribuzione di farmaci generici dai costi contenuti. Nel 2010 la società ha patteggiato il pagamento di 422,5 milioni di dollari alle autorità giudiziarie Usa che avevano accusato la compagnia di aver corrotto medici e informatori del farmaco. Numeri Ricavi (Miliardi di dollari) Utile (Miliardi di dollari) Numero dipendenti

2009

2010

44,27 8,45 circa 120.000

50,62 9,97

I valori, quando si fondano sulla fiducia e sulla credibilità di chi li possiede e li coltiva, si possono riassumere in una parola, in un segno, in un colore. Dire è comunicazione d’intenti e di progettualità, trasmissione di idee, di conoscenza, d’esperienza. Fare è la sintesi dell’attività, energia verso nuove imprese, capacità di ascolto e di offrire risposte. Ai nostri clienti e a quelli che lo diventeranno è dedicato il nostro lavoro quotidiano: un lavoro dove il dire e il fare sono tutt’uno e sintesi di una filosofia dell’operare.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.