Mensile Valori n. 92 2011

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Anno 11 numero 92. Settembre 2011. € 4,00

valori CHANG W. LEE / REDUX

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

a ottD oblrprimo il coe par d di g i varso te inveiornalori lis s ww tigativmo w.v o alo ri.it

Dossier > 10 anni dall’11 settembre 2001. Da quel giorno la guerra è diventata SpA

Stragi a contratto Finanza > Comprare terre in Africa. La nuova frontiera della speculazione Economia solidale > Gruppi di acquisto: saranno sempre piccoli e puri? Internazionale > La Grecia fallisce e fa saltare i nervi a un’Europa senza guida Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


| editoriale |

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ater-Bi: M Mater-Bi puro impegno impegno puro ambientale ambientale

Missioni di “pace”

Affari di guerra di Luigi Grimaldi Mater-Bi Mater-Bi® is a trademark of Novamont SpA

HI SI RICORDA DI FABRIZIO QUATTROCCHI? Il contractor italiano preso in ostaggio a Bagdad il 13 aprile 2004

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Campagna coordinata da: NOV NOVAMONT VAMONT A sarà presente a TERRAFUTURA Fortezza da Basso Fortezza Firenze 20 - 22 maggio 2011

L’AUTORE COMUNICAZIONE COMUNICAZIONE STRATETICA S T R AT E T I C A

numero verde 800 93 33 94

Mater-Bi®: dalla terra alla terra In poche settimane di compostaggio un sacchetto in Mater Mater-Bi r--Bi® si tr trasforma asforma in concime per la terr terra. a. Scegliere gliere Mater Mater-Bi r-Bi - ®, in particolare per i produttori biologici, è un atto di coerenza e impegno ambientale ambientale..

Icea e Novamont insieme per l’ambiente

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E AMBIEN

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Luigi Grimaldi, 53 anni, è inchiestista freelance e scrittore investigativo dal 1990. Traffico internazionale d’armi, criminalità mafiosa e transnazionale, ruolo dei servizi segreti nei misteri d’Italia sono da sempre al centro della sua attività. Collaboratore di quotidiani e settimanali come Il Gazzettino di Venezia, Liberazione, Avvenimenti, Famiglia Cristiana e la trasmissione di Rai3 Chi l’ha visto?. Tra i titoli delle sue pubblicazioni Traffico d’armi. Il crocevia jugoslavo, con Michele Gambino (Editori Riuniti, 1995) e Da Gladio a Cosa nostra, (Edizioni KappaVu, 1993), 1994 con Luciano Scalettari (Chiarelettere 2010).

e giustiziato il giorno seguente. Era stato rapito insieme a Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio, liberati dopo 58 giorni di prigionia, da miliziani di uno sconosciuto gruppo: le “Falangi Verdi di Maometto”. E chi ricorda il nome del caporalmaggiore David Tobini ucciso lo scorso 25 luglio in un attacco nel Nordovest di Bala Murgab in Afghanistan, la 41esima vittima italiana dall’inizio delle operazioni militari del nostro contingente militare nel Paese? In un mondo in cui i mercenari vengono chiamati pudicamente contractors e le guerre diventano “operazioni di pace” non c’è spazio per l’enfasi della memoria “nazional-patriottica”. Meglio dimenticare e in fretta poiché c'è sempre il rischio che qualcuno sfrutti l’occasione per fare domande scomode. Ad esempio qualcuno potrebbe ricordare Giacomo Spartaco Bertoletti e il suo socio Roberto Gobbi nell’Ibsa, la società genovese che aveva addestrato Quattrocchi alla vigilia della sua partenza per l’Iraq. Ma se Quattrocchi e gli altri erano stati addestrati dall’Ibsa, ad arruolarli era stata la Presidium, società di San Michele di Bari di proprietà di Gianpiero Spinelli. Quei quattro ostaggi sequestrati in Iraq “erano veri e propri fiancheggiatori delle forze della coalizione - scriveva il Gip, Giuseppe De Benedictis, nel provvedimento con cui imponeva il divieto di espatrio, poi revocato, al titolare della Presidium e questo spiega, se non giustifica, l’atteggiamento dei sequestratori nei loro confronti”. “Le indagini finora compiute - aggiungeva il giudice - hanno consentito di accertare (...) che essi erano sul territorio di quel Paese in veste di mercenari o, quantomeno, di “gorilla” a protezione di uomini di affari in quel martoriato Paese”. Ecco la parola: affari. Affari di guerra naturalmente. E naturalmente non sapremo mai i nomi di tanti iracheni o afgani uccisi nelle operazioni “di pace”, forse perché meno legati al mondo degli affari. Petrolio e gas, miniere e marmo, strade e aeroporti, energia e agricoltura. È il ricco e promettente menù del primo accordo-quadro di cooperazione economica firmato lo scorso aprile a Kabul tra governo italiano e governo afgano, da una delegazione commerciale guidata dal ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani. Una folta delegazione composta, tra gli altri, da rappresentanti di Eni, Enel, Enea, Gruppo Trevi (perforazioni petrolifere), Gruppo Maffei (estrazioni minerarie), Iatt (pipeline sotterranee), Fantini (segatrici per marmo), Assomarmo, Margraf e Gaspari Menotti (estrazione del marmo) e AI Engineering (costruzioni). Il ministro durante la visita di tre giorni in Afghanistan ha colto l’occasione per dichiarare: «Facciamo la nostra parte per garantire la sicurezza dei più deboli e per creare le condizioni di una nuova crescita. Ringrazio davvero il presidente Karzai e il suo esecutivo, i nostri ministeri della Difesa e degli Esteri, i soldati italiani che continuano a svolgere un ruolo fondamentale e gli imprenditori che mi auguro possano occupare un ruolo centrale per costruire un nuovo Afghanistan». Il 22 luglio scorso, tre giorni prima dell’uccisione di Tobini durante un’attività congiunta con le forze afghane nella valle del Murghab, due cerimonie - una alla base “alleata” di Camp Arena e l’altra in quella delle truppe afgane Camp Zafar - hanno ufficializzato il passaggio delle responsabilità della sicurezza a Herat tra il contingente italiano e le forze afgane. Nessun rappresentante della Difesa. Per il governo c’era il proconsole per lo Sviluppo economico, Paolo Romani, che alla cerimonia tenutasi a Camp Arena ha confermato come l’Italia «guardi al futuro di questa regione afghana valutandone soprattutto le capacità di partenariato commerciale». Romani nell’occasione ha rivelato il valore degli accordi di aprile: 150 milioni di euro di investimenti italiani e il supporto dell’Italia allo sviluppo di progetti che riguardano soprattutto l’aeroporto civile, destinato a diventare un hub cargo internazionale. Creare le condizioni di “una nuova crescita” ha un prezzo. In Iraq, in Afghanistan e, lo scopriremo presto, in Libia. Missioni di pace e affari di guerra.

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valori settembre 2011 mensile

www.valori.it

anno 11 numero 92 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Ava consiglio di amministrazione

Paolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva, Sergio Slavazza direzione generale

Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

Mariateresa Ruggiero (ruggiero.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile

Una delle immagini simbolo della strage dell’11 settembre 2001. Le torri gemelle erano state da poco colpite dai due aerei dirottati e sarebbero crollate entro poche ore.

CHANG W. LEE / REDUX

editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano

globalvision

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fotonotizie

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dossier Stragi a contratto Le guerre private del nuovo colonialismo 13 contractor da antologia Progressivamente letali Mappa. Un Pianeta di conflitti La Nato versione 3.0 e il terrorista del garage accanto

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bancor

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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore

Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna, Simona Corvaia (info@mokadesign.org) fotografie

Edoardo Delille (Anzenberger), Riccardo Venturi, Xinhua (Contrasto), Dagmar Schwelle (Laif), Peter van Agtmael, Peter Marlow (Magnum Photos), Tyler Hicks, Chang W. Lee, Doug Mills (Redux), Mohamed Nureldin Abdallah (Reuters), Daniele Cavallotti, Pietro Bagnara, Petr Kratochvil stampa

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento) abbonamento annuale ˜ 10 numeri Euro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 45,00 ˜ enti pubblici, aziende Euro 60,00 ˜ sostenitore abbonamento biennale ˜ 20 numeri Euro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 85,00 ˜ enti pubblici, aziende come abbonarsi

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finanzaetica Africa. Gli speculatori all’attacco della terra Commodities. Tutti a pranzo da JpMorgan Davide batte Golia. La Fao cambierà volto? G20 Agricoltura. Un fallimento annunciato

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consumiditerritorio + euronote

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economiasolidale Gas al bivio. Verso un mondo a geometria variabile? 2 proposte da Valori ai Gruppi d’acquisto solidale Finanza etica e Gas. Due poli in avvicinamento Pasta. Una filiera in lotta contro la speculazione I consumatori critici dicono: Adesso pasta! Giornate di Bertinoro 2011. Rivoluzione federale. Ma civile

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outlook

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internazionale Grecia, una tragedia europea Sud Sudan. L’indipendenza si apre con la battaglia del petrolio Un Paese al contempo ricco e poverissimo La storia di Rosita. Agricoltura condivisa. Il riscatto della terra

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altrevoci

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taglieterrore

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action!

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LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI, PROMOZIONE COMUNICAZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ Società Cooperativa Editoriale Etica Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

Via Copernico 1, 20125 Milano tel. 02.67199099 fax 02.67491691 e-mail redazione@valori.it ˜ amministrazione@valori.it info@valori.it ˜abbonamenti@valori.it


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Scenari preoccupanti

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Il pericolo della Grande Contrazione

per vedere

quello che altri non vedono di Alberto Berrini

con i problemi della tenuta dell’euro, ma, soprattutto, con i nuovi dati riguardanti la crescita mondiale. All’orizzonte c’è un rallentamento della ripresa fino al rischio di una nuova recessione (il famoso douple dip, ossia una seconda ricaduta dell’economia dopo quella del biennio 2008-2009). Le previsioni sulla crescita mondiale si riducono al +3,9% dal +4,2% precedentemente stimato, con possibili ulteriori revisioni al ribasso. È bene ricordare che con il termine “recessione globale” il Fondo monetario internazionale identifica uno sviluppo globale al di sotto del 3%. La pericolosa novità degli ultimi dati è che la frenata, seppur con numeri diversi, riguarda anche i Paesi emergenti, il cui peso, è importante ricordarlo, nell’economia globale è del 50% e il cui

È

Anno 11 numero 92. Settembre 2011. € 4,00

ARNO GASTEIGER / LAIF

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità a tinu Conhiesta l’inc dientily Ita Ingre : e in maadrischio e n a il p g. 45 a pa

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Supplemento > Finanza & società SIMONE CASETTA / ANZENBERGER

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CHANG W. LEE / REDUX

Anno 11 numero 91. Luglio / Agosto 2011. € 4,00

Dossier > Cloud computing, l’informazione in Rete rivoluziona l’economia e la cultura

a tinu Conhiesta l’inc dientily Ita Ingre : e in maadrischio llo o il p g. 50 a pa

Dossier > Una società che garantisca la parità di genere porta vantaggi per tutti

La nuvola condivisa

Economia in rosa

Finanza > Da Bob Geldof alla Carlyle. La finanza riscopre il mal d’Africa Economia solidale > Aiuti alle rinnovabili gonfiano le bollette, ma sgonfiano i prezzi Internazionale > Dalla diga delle Tre Gole: grandi opere che distruggono l’ambiente

Finanza > Bollette salate. Se il prezzo del gas dipende solo da Eni. E dal petrolio Economia solidale > Sbarco Gas 2011. A L’Aquila la scossa dell’economia solidale Internazionale > Immigrazione. Tra Grecia e Turchia, l’altra porta per l’Europa

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Valori lo leggi solo nelle librerie Feltrinelli o nelle sedi di Banca Etica o abbonandosi. Basta scaricare l’apposito modulo dal sito di Valori, compilarlo e rispedirlo via e-mail a abbonamenti@valori.it o via fax alla Società Cooperativa Editoriale Etica (02 67491691), allegando la copia dell’avvenuto pagamento (a meno che si usi la carta di credito).

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STATA UN’ESTATE TERRIBILE SUI MERCATI FINANZIARI

contributo alla crescita vale addirittura l’80%. I problemi sono comunque in Occidente con gli Stati Uniti e l’Europa che passano rispettivamente dal +2,6% al +1,8% e dal +2% al +1,7%. Sulla base di questi dati la paura dei mercati finanziari è che “la Grande Recessione” (2008-2009) si trasformi nella “Grande Contrazione” teorizzata da Reinhart e Rogoff. Nel libro forse più importante scritto sulla recente crisi (Questa volta è diverso, Il Saggiatore, 2009) gli economisti americani sostenevano che le crisi provocate da violente turbolenze finanziarie, come quella dei mutui subprime, sono di lunga durata. È il cosiddetto “benchmark di ReinhartRogoff” che ipotizza una durata della crisi, sulla base dell’esperienza storica, più vicina ai dieci che ai due anni.

zante incapacità dell’Europa di elaborare una politica europea anti-crisi. Del resto, come ha sottolineato il sociologo tedesco U. Beck (La Repubblica, 20 agosto 2011), mentre Kohl auspicava una Germania europea, sembra che la Merkel punti proprio ad un’Europa tedesca!

Sperando non passi un cigno nero

Forse il quadro appena delineato è eccessivamente pessimistico. Non sarebbe impossibile citare dati in controtendenza rispetto allo scenario descritto. Ma è certo che al punto in cui siamo non possiamo permetterLa copertina dell’edizione italiana di Questa volta è diverso. ci altri errori né proseguire in quelli già commessi. Gli errori dell’Europa man e Stiglitz, lo stimolo fiscale, al netto dei Del resto all’origine di ogni grande desalvataggi bancari, attuato negli Stati Uniti e degli Stati Uniti pressione è possibile storicamente risconè stato insufficiente. L’ipotesi della “Grande Contrazione” contrare sempre un grave errore di politica “Il caso greco” ha mostrato l’imbarazferma gli errori di politica economica che economica. Senza escludere un “cigno neStati Uniti ed Europa hanno commesso nell’affrontare la criSecondo gli economisti Reinhart ro”, cioè un evento devastante quanto imprevisto e per fortuna altamente improbasi. Come sostengono, e sostenee Rogoff crisi provocate vano in tempi non sospetti, gli da violente turbolenze finanziarie bile, a cui nessuno, in questi momenti potrebbe rimediare. economisti keynesiani Krugpossono durare 10 anni

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Petrolio sversato nel Mare del Nord E le trivellazioni si moltiplicano

RICCARDO VENTURI / CONTRASTO

Nel 2010 la fuoriuscita di 5 milioni di barili dal Pozzo Macondo della piattaforma ocenica Deepwater Horizon della BP, di fronte alle coste della Louisiana (nella foto). Ad agosto 2011 la scoperta, nel giro di pochi giorni, di due falle negli impianti della stazione estrattiva Gannet Alpha, a 180 chilometri dalla costa scozzese di Aberdeen, nel Mare del Nord. Puntuali le rassicurazioni di Shell per una rapida riparazione dell’avaria per bocca di Glen Cayley, direttore tecnico delle attività di esplorazione e produzione del gruppo petrolifero in Europa. Ma se una rondine (o una perdita di greggio in mare) non fa primavera, due magari sì. E il fatto che la seconda perdita sia più importante e sia in un punto poco accessibile a causa della fitta vegetazione sottomarina e della profondità (244 metri), ha stimolato un nervo scoperto dell’opinione pubblica britannica e del primo ministro David Cameron. Tra il 10 e il 16 agosto sono finite in mare almeno 216 tonnellate di petrolio: non paragonabili all’inquinamento BP del 2010 né alle oltre 85 mila tonnellate di petrolio sversate dalla petroliera MV Braer che, il 5 gennaio 1993, si arenò sulle coste scozzesi delle isole Shetland per poi spezzarsi nel mare in tempesta. Ma gli avvistamenti di uccelli ricoperti di greggio già ci sono e Steve Harris, responsabile della comunicazione esterna del ramo europeo di Shell, ha rivelato al quotidiano The Scotsman che occorreranno settimane per riparare la falla. E se Greenpeace chiede una moratoria nella concessione di autorizzazioni all’esplorazione ed estrazione di greggio nei mari scozzesi e WWF mette in dubbio le capacità delle società petrolifere di gestire tali crisi, Goletta Verde di Legambiente ha indagato la situazione della trivellazione marina in Italia: 25 i permessi di ricerca rilasciati al 31 maggio 2011 per trovare idrocarburi sui fondali marini, per quasi 12 mila km quadrati di mare (circa 30 mila km quadrati sommando le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera). [C.F.]

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Usa, Francia e Germania L’economia al centro dell’agenda elettorale

XINHUA / CONTRASTO

Disciplina contabile, pareggio di bilancio e tassa sulle transazioni finanziarie. Sono questi gli ingredienti della ricetta di uscita dalla crisi proposta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Nicolas Sarkozy al termine del vertice bilaterale dello scorso 16 agosto. Un’occasione per i leader delle maggiori economie di Eurolandia per rimarcare il proprio ruolo guida nella politica economica dell’area euro, ma anche per rassicurare il proprio elettorato. Una recente indagine dell’istituto Emnid ha rivelato che il 76% dei tedeschi è contrario all’introduzione degli eurobond, le obbligazioni sovrane a firma Bce che dovrebbero sì garantire liquidità all’area, ma anche scaricare sui taxpayers dei Paesi più forti (Germania e Francia in testa) nuovi debiti. Secondo Der Spiegel non più del 36% dei tedeschi vedrebbe di buon occhio una conferma della Merkel alla guida del Paese alle elezioni del 2013 (nel 2008 la percentuale si attestava a quota 60%). Il tempo a disposizione per il recupero del consenso stringe ancora di più per Nicolas Sarkozy che cerca la riconferma alle Presidenziali del 2012 (ma senza l’ostacolo dell’ex numero uno del Fmi Dominique Strauss-Khan) così come per Barack Obama che dopo l’estenuante trattativa per l’innalzamento del tetto del debito federale ha visto la sua popolarità crollare al 39% e l’anno prossimo dovrà affrontare l’appuntamento con le elezioni presidenziali. Dal 1948 a oggi, notano i commentatori politici, soltanto Harry Truman è riuscito ad essere rieletto partendo da un così basso livello di consenso a un anno dalla fine del proprio mandato. [M.CAV.]

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Giovani in piazza Anche Israele si indigna

EDOARDO DELILLE / ANZENBERGER

Giustizia sociale, redistribuzione delle risorse, superamento della cultura politica degli schieramenti e critica profonda alla classe dirigente. Sono le parole d’ordine del movimento dei giovani indignados (cioè “indignati”) spagnoli che sta trovando grande seguito anche in Israele. Le proteste degli indignados israeliani hanno riempito nei mesi scorsi decine di città, a cominciare da Tel Aviv (nella foto) e Gerusalemme. Migliaia di ragazzi hanno sfilato anche a Beersheva e Afula e diverse iniziative si sono svolte a Eliat, Dimona, Modin, Petah, Tikva, Ramat Hasharon, Netanya, Haifa e Beit Shaan. Attraverso la “protesta delle tende”, montate in luoghi simbolo, gli indignados gridano contro il carovita e le politiche sociali del governo Netanyahu coinvolgendo intellettuali e artisti. Un sondaggio diffuso ai primi di agosto da 10, un canale tv privato, dice che l’88% degli israeliani sostiene il movimento e così, riporta il quotidiano Haaretz, il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha dovuto promettere rapide riforme, che verranno studiate da un comitato di ministri ed esperti guidato dall’economista Manuel Trachtenberg. Il Premier ha peraltro avvertito che non tutte le richieste dei manifestanti potranno essere accolte. [C.F.]

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dossier

PETER VAN AGTMAEL / MAGNUM PHOTOS

a cura di Paola Baiocchi, Matteo Cavallito, Roberto Cuda

Le guerre private del nuovo colonialismo >16 13 contractor da antologia >18 Progressivamente letali >20 Un Pianeta di conflitti >22 La Nato versione 3.0 e il terrorista del garage accanto >24

Iraq: Baghdad, 2010. Contractor statunitensi imbarcano il bagaglio a bordo di un volo diretto in Kuwait.

Stati mercenari

Al soldo di tutte le guerre Con le privatizzazioni nel settore militare gli Stati sono diventati i bancomat delle multinazionali piĂš aggressive. Quelle che arrivano come falchi nelle calamitĂ e si danno da fare per provocarle | 14 | valori |

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Le guerre private del nuovo colonialismo

COME RICONVERTIRE I COSTI DEL MILITARE

SPESA MILITARE MONDIALE IN MILIARDI DI DOLLARI USA RIVALUTATI 2000

1500 1441 1413

1.620 MILIARDI DI DOLLARI - LA SPESA MILITARE MONDIALE

Cifre correnti 1620 1540 1559 1339 1108 1069 1035

1000

1102 983 961 973 962 980 1071 1039

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NEL 2010

1446

4,438 MILIARDI DI DOLLARI - LA SPESA MILITARE MONDIALE AL GIORNO NEL 2010

2,9 GIORNI DI SPESA MILITARE MONDIALE BASTEREBBERO PER IL SODDISFACIMENTO UNIVERSALE DEI BISOGNI SANITARI E NUTRIZIONALI (13 MILIARDI DI DOLLARI)

500

3,3 GIORNI DI SPESA MILITARE MONDIALE

....

N

ei bar di Anversa o alla guida di un taxi di Amsterdam può esserci capitato di incontrare qualche poco rassicurante figuro

tatuato che si è lasciato andare a confidenza sui “bei tempi” di quando era mercenario in Congo o in Sudafrica. Forse ci ha anche fatto sentire come suona, colpita dalle nocche, la placca d’argento che ha sostituito un pezzo di calotta cranica. Questo è il passato. Dopo l’11 settembre 2001, il settore delle guerre in appalto è un comparto industriale con società quotate in Borsa che offrono “servizi” a tutto campo: dalla fornitura di uomini in zone di combattimento alla lavanderia delle Si dice contractor ma si legge esternalizzazioni e dismissioni di settori delicati dello Stato, come la Difesa e l’intelligence. Affidati a privati, che ci sottraggono sovranità

uniformi, dalle operazioni psicologiche alla custodia armata delle centrali nucleari, fino alle missioni più sporche ( SCHEDE pag. 18 e seguenti). Una logistica dei disastri e delle emergenze, che nelle guerre vede la sua applicazione più infame e più lucrosa. «L’ondata di privatizzazioni degli anni

GLI STATI UNITI DICHIARANO GUERRA AL PENTAGONO IL PIÙ STRAORDINARIO DISCORSO MAI PRONUNCIATO da un segretario alla Difesa statunitense, Donald Rumsfeld, non ha avuto molto rilievo sulle cronache. Diceva così: «L’argomento di oggi è un avversario che pone una minaccia, una minaccia grave, alla sicurezza degli Stati Uniti d’America. Questo avversario è uno degli ultimi bastioni al mondo della pianificazione centralizzata. Governa sulla base di piani quinquennali. Da una sola capitale cerca di imporre le sue pretese attraverso più fusi orari, continenti, oceani e oltre. Con brutale coerenza soffoca la libertà di pensiero e reprime le nuove idee. Mette in crisi le difese degli Stati Uniti e mette a rischio le vite di uomini e donne in uniforme. Forse vi sembrerà che questo nemico somigli all’ex Unione Sovietica, ma quel nemico è scomparso: i nostri avversari di oggi sono più sottile e implacabili. [...] L’avversario è più vicino a casa. È la burocrazia del Pentagono. [...] Oggi dichiariamo guerra alla burocrazia». Perché i media hanno dedicato poca attenzione a questa dichiarazione di guerra al Pentagono? Perché il discorso è stato pronunciato il 10 settembre 2001. La traduzione è tratta dal libro Shock economy di Naomi Klein (Rizzoli, 2007)

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’80 ha investito anche il settore militare spiega Francesco Vignarca, autore di Mercenari SpA - con le stesse caratteristiche degli altri comparti, con le acquisizioni e le fusioni tra società e il precariato tra il personale. Piccole compagnie “operative”, che erano spin off della Cia o di ex militari continua Vignarca - sono state acquisite da gruppi di grandi dimensioni e con altre specializzazioni, oppure da gruppi che hanno al loro interno produttrici di software militari o di armamenti». Defence Systems Limited (Dsl), per esempio, comincia a operare nel 1981 fornendo guardie armate per le compagnie petrolifere. Nel 1997 Dsl viene acquisita da Armor Holdings, il leader mondiale dei mezzi corazzati, e diventa Armorgroup che, tra il 2000 e il 2004, acquisisce venti nuove compagnie: tra queste anche la russa Alpha, un’unità delle forze speciali dell’Armata rossa, chiamata appunto “Alpha”. Così comparti e funzioni che fino alla fine della guerra fredda erano di competenza della Difesa degli Stati vengono dismessi ed esternalizzati. Con un’impennata in coincidenza con l’11 settembre (vedi BOX a fianco), avvenimento che ha sdoganato qualsiasi spesa nel settore militare e della sicurezza ( GRAFICO pag. 17), segnando una vera e propria frenesia nel settore: le azioni Wackenut Corporation (ora G4S Secure Solutions) sono cresciute del 26% tra il 10 e il 17 settembre 2001. Mentre quelle di Armor Holdings nel 2002 sono state scambiate con un valore 30 volte superiore a quello previsto.

Spie a noleggio

GARANTIREBBERO ACCESSO ALL’ACQUA POTABILE E AI SERVIZI SOCIALI DI BASE IN TUTTI I PAESI IN VIA DI SVILUPPO (15 MILIARDI DI DOLLARI)

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di Paola Baiocchi

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NOSTRA ELABORAZIONE SU DATI SIPRI, SBILANCIAMOCI, ISTAT, NAZIONI UNITE, MILLENIUM GOALS UNICEF, CAMPAGNA DI INFORMAZIONE CONTRO L’HUB MILITARE A PISA

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27,914 MILIARDI DI EURO LA SPESA MILITARE ITALIANA NEL 2010 1.505 MILIONI DI EURO LA SPESA 2011 PER LE MISSIONI

La spesa militare si riduce dalla caduta del Muro fino al 1991. Risale dopo gli interventi Nato nei Balcani. L’11 di settembre ha sdoganato qualsiasi impegno nei settori Difesa e Sicurezza

Negli Stati Uniti il settore delle compagnie private di sicurezza occupa ormai il triplo delle corMILITARI ITALIANE ALL’ESTERO rispondenti agenzie pubbliche, entrando nei gangli più riservaMILIONI DI EURO - LA SPESA AL GIORNO NEL 2011 ti dello Stato. Il giornalista inPER LE MISSIONI MILITARI ALL’ESTERO vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Chevestigativo statunitense Tim Shorrock ha ney era stato amministratore delegato dal pubblicato nel 2008 Spies for hire: the secret MILIONI DI EURO IL TAGLIO NELLA FINANZIARIA 2011 1995 al 2000. world of intelligence outsourcing (Spie a noAL FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA leggio: il mondo segreto dell’intelligence esternalizzata). E in Italia? MILIONE DI EURO COSTA OGNI MISSILE TOMOHAWK I funzionari statunitensi hanno conferLo svuotamento delle risorse economiche e SPARATO SULLA LIBIA, COME LO STIPENDIO LORDO ANNUO DI OLTRE 30 LAVORATORI mato a Shorrock che il 70% del budget delil trasferimento dei poteri statali ai privati l’intelligence Usa va direttamente a società è più avanzato negli Usa, ma la perdita di private che lavorano sotto contratto con la controllo pubblico nella gestione degli apMILIONI LE PERSONE POVERE IN ITALIA (13,8% DELLA POPOLAZIONE): DI QUESTE 5,143 MILIONI Cia, la Nsa e altre agenzie. Si parla di 45 mipalti nella logistica di emergenza in Italia è SONO IN CONDIZIONE DI POVERTÀ RELATIVA (11%) MENTRE QUELLE IN POVERTÀ ASSOLUTA SONO liardi di dollari su un bilancio totale di 60 quello della Protezione civile modello Ber3,129 MILIONI DI PERSONE (4,6%) miliardi l’anno. tolaso, il cui bilancio rappresenta circa il Le argomentazioni tipiche a favore delle 4,5% del budget della Difesa. GIORNI DI SPESE MILITARI ALL’ESTERO privatizzazioni - maggiore efficienza ed ecoInoltre nel decreto per il rifinanziamenRISOLVEREBBERO IL PROBLEMA nomicità del settore privato - si sono subito to delle missioni militari all’estero dello DELLA POVERTÀ IN ITALIA dimostrate infondate in Iraq, dove i contracscorso luglio si autorizza il ministero della *DOLLARI USA tor sono numericamente il secondo contingente: la HalliburI CONTRACTOR NEI LIBRI, NEI FILM E IN TEATRO ton ha ottenuto l’appalto da 7 miliardi di dollari per lo spegnimento dei pozzi petroliferi, senza gara d’appalto, prima della seconda guerra irachena con la clausola del cost plus, cioè con il Mercenari SpA Corporate La guerra L’altra verità Mercenari SpA pagamento di tutti i costi sostedi Francesco Warriors: The di Charlie Wilson Due ex militari È la piéce teatrale Vignarca Rise of the L’operazione inglesi, del Teatro nuti, più un profitto garantito. Biblioteca Privatized coperta della Cia ingaggiati come Cargo di Genova, Un contratto stipulato in nome universale Military Industry in Afghanistan contractor con la regia Rizzoli, 2004 di P.W. Singer da 1 mld di dollari in Iraq. Di Ken di Laura Sicignano. di un’emergenza (che non si è (2009) l’anno. Film 2008. Loach (2010) www.teatrocargo.it verificata) con la società di cui il

4,1

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commerci e conquistavano intere nazioni. Multinazionali e grandi gruppi economici stanno acquisendo il potere militare degli

Stati e ridisegnano il nuovo ordine mondiale dopo il catastrofico, ma per qualcuno provvidenziale, 11 settembre.

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IL COSTO DELLE GUERRE IN IRAQ E AFGHANISTAN (SPESE MILITARI AGGIUNTIVE) 200

185.6

AFGHANISTAN

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170.4 IRAQ

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MLIARDI DI DOLLARI

169.4

155.0

39.2

150

120.6 105.5 90.4

100

67.7

QUANTO PESANO LE GUERRE NELL’INDEBITAMENTO DEGLI USA

59.5

19.0

106.6

122.0

20.0

14.5

14.7 50

20.8 20.8

53.0

75.9

85.5

101.6

131.2

142.1

95.5

65.1

47.4

FY01/02

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NATIONAL PRIORITIES PROJECT (NPP), HTTP://COSTOFWAR.COM, LUGLIO 2011

Difesa a stipulare convenzioni tra esercito o servizi di vigilanza privata per la protezione di navi private. Un’apertura verso l’utilizzo di compagnie che, al momento, non sono sottoposte a legislazioni nazionali o internazionali: negli Usa e in Sudafrica il loro utilizzo è sottoposto a un regime di licenze e autorizzazioni identico a quello per l’esportazione delle armi. Ma, al di là delle normative mancanti, l’aspetto più importante da cogliere è quello del potere che stanno acquisendo le compagnie private (private military firm) e che Francesco Vignarca in “Mercenari SpA” nota assomiglino sempre di più alle compagnie commerciali coloniali del 1600, che attraverso le attività militari sviluppavano

COMPRENDENDO I COSTI RELATIVI all’assistenza medica degli attuali e futuri reduci, i conflitti in Afghanistan, Iraq e Pakistan costeranno agli americani dai 3,2 ai 4 trilioni (migliaia di miliardi, ndr) di dollari. È questa, in estrema sintesi, la conclusione dell’ultimo rapporto redatto dai ricercatori dell’Eisenhower Research Project della Brown University di Providence, Rhode Island. Una relazione che ha rilanciato quella complicata sfida scientifica rappresentata dal calcolo del costo complessivo sostenuto dagli Stati Uniti nei conflitti dell’ultimo decennio. Il primo a tentare l’impresa era stato tre anni fa Joseph Stiglitz, autore di un saggio dal titolo più che mai evocativo: The three trillion dollar war (La guerra da 3.000 miliardi di dollari). A tanto - spiegò all’epoca il premio Nobel per l’economia - sarebbe ammontato il costo finale del solo conflitto iracheno, nell’ipotesi, s’intende, di un rapido ritiro delle truppe Usa dal Paese. Stiglitz aveva considerato i costi diretti (tra cui lo stipendio dei militari, la manutenzione dei mezzi impiegati, il valore dei contratti privati), ma anche i famosi trade off, le opportunità cui si sarebbe dovuto rinunciare. Con tre trilioni di dollari, spiegò, si sarebbe potuto finanziare per 50 anni il programma pubblico di assistenza, costruire 24 milioni di case popolari, fornire per tre anni l’assicurazione sanitaria a 530 milioni di bambini, pagare per tre anni 15 milioni di insegnanti pubblici e così via. La valutazione della Brown University aggiorna le cifre su tutti i fronti di guerra, ma non tiene conto “del probabile futuro interesse sul debito di guerra”. Un particolare non da poco: per finanziare la spesa di guerra gli Usa hanno pagato fino ad oggi 185 miliardi di dollari di interessi. Da qui al 2020, spiegano i ricercatori, potrebbero sborsarne altri mille. Il calcolo più conservativo in assoluto viene, invece, dal progetto Cost of War, un’iniziativa del National Priorities Project (Npp), un gruppo di analisti attivo da quasi trent’anni a Northampton, nel Massachussets. Considerando i soli costi aggiuntivi (la spesa militare ulteriore imposta dalla guerra, senza contare le variabili assistenza medica e debito) la guerra in Iraq sarebbe costata fino ad oggi quasi 780 miliardi di dollari (dati di fine luglio) contro i circa 438 della campagna afghana. Nel 2008, l’anno di massimo sforzo finanziario, gli Usa avevano speso 185,6 miliardi di dollari, indirizzandone 142,1 all’Iraq e 43,5 all’Afghanistan. Per il 2011 la cifra totale dovrebbe scendere a 169,4 miliardi di cui ben 122 per Kabul e dintorni e 47,4 per le operazioni irachene. M. Cav.

a cura di Matteo Cavallito

13 CONTRACTOR DA ANTOLOGIA

HALLIBURTON Fondazione: 1919 Sede: Houston (Texas), Usa Area di interesse: servizi per l’industria Dipendenti: 60 mila Ricavi 2010: 18 miliardi di dollari Numero di cause concluse in tribunale*: 11 Totale risarcimenti pagati*: 797,5 milioni di dollari Durante l’amministrazione di Bush senior (1988-92), ha scritto la giornalista Naomi Klein (Shock Economy, 2007), l’allora segretario alla difesa Dick Cheney incaricò la divisione ingegneristica della Hulliburton di individuare tutte le funzioni delle truppe Usa che avrebbero potuto essere svolte dai privati. Negli ultimi giorni del mandato presidenziale la compagnia si aggiudicò un maxi appalto con il Pentagono per la fornitura di “supporto logistico” con la clausola del cost plus. In pratica qualsiasi spesa sostenuta per l’esercito sarebbe stata coperta e il profitto garantito. Tre anni più tardi Cheney sarebbe stato nominato direttore della Halliburton, un incarico che avrebbe conservato fino al 2000, anno della sua elezione a vicepresidente degli Stati Uniti sotto George Bush jr (carica poi riconfermata al secondo mandato).

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KELLOGG, BROWN & ROOT (KBR) Fondazione: 1998 Sede: Houston (Texas), Usa Numero di cause concluse in tribunale*: 23 Dipendenti: 35 mila in 45 Paesi Ricavi 2010: 10,099 miliardi di dollari Totale risarcimenti pagati*: 131,9 milioni di dollari Area di interesse: ingegneria e costruzione

XE SERVICES LLC (EX BLACKWATER WORLDWIDE) Fondazione: 1997 Sede: Arlington, Virginia, Usa Area di interesse: servizi di sicurezza Dipendenti: nd Ricavi 2010**: nd Numero di cause concluse in tribunale*: 8 Totale risarcimenti pagati*: $42 milioni

Fondata nel 1998 come sussidiaria della Halliburton a seguito della fusione tra due nomi storici dell’industria Usa: la newyorchese M. W. Kellogg Company e la texana Brown &Root. Qualche anno fa la compagnia è stata coinvolta nello scandalo noto come TSKJ-Nigeria, dal nome del consorzio di cui faceva parte insieme alla francese Technip, la giapponese JGC e l’italiana Snamprogetti (Gruppo Eni). Accusata di aver pagato oltre 180 milioni di dollari di tangenti ai politici locali nigeriani per ottenere una commessa, KBR ha patteggiato con la giustizia Usa una maxi multa da oltre mezzo miliardo di dollari. Dal 2007 è ufficialmente separata da Halliburton.

Fondata nel 1997 dall’ex Navy Seal, Erik Prince, e conosciuta fino al 2009 come Blackwater, è una delle compagnie più attive nel settore della sicurezza in Afghanistan e in Iraq, dove è stata protagonista di alcuni episodi di violenza su civili, per i quali sono ancora in corso procedimenti giudiziari. Nell’agosto 2010 la Blackwater, ormai ribattezzata Xe Services, ha patteggiato un risarcimento di 42 milioni di dollari con il Dipartimento di Stato Usa per 288 violazioni delle leggi nazionali e internazionali sul commercio delle armi. Qualche mese prima la società si era assicurata nuovi contratti con l’amministrazione Obama per quasi 250 milioni di dollari. Alla fine del 2010, la Xe è stata acquisita dal consorzio USTC Holdings, guidato a sua volta da due società di private equity: la Manhattan Partners e la Forté Capital Advisors.

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VINNEL CORP Fondazione: 1930 circa Sede: Fairfax (Virginia), Usa Area di interesse: addestramento Dipendenti: nd Ricavi 2010: nd Numero di cause concluse in tribunale: nd Totale risarcimenti pagati: nd Tra il 1990 e il 2002 - ha denunciato il Center for public integrity, un ente non profit di Washington - la Vinnel è stata il secondo lobbista degli Usa per esborsi complessivi, mettendo a disposizione dei politici qualcosa come 8,5 milioni di dollari. Nello stesso periodo ha ottenuto contratti di appalto per oltre 42 miliardi di dollari. Dal 2000 al 2010 la società ha dovuto accontentarsi di 24 contratti per un controvalore di poco più di 900 milioni di dollari. Controllata dalla Northrop Grumman, il gigante della produzione aerospaziale militare, la Vinnell opera da anni nell’addestramento reclute delle forze militari locali, attività svolta in Iraq (risale al 2003 il primo contratto da 48 milioni di dollari) e in Arabia Saudita, dove la compagnia (www.vinnellarabia.net) segue la riorganizzazione della Guardia nazionale di Ryhad.

BOOZ ALLEN HAMILTON Fondazione: 1914 Sede: McLean (Virginia), Usa Area di interesse: consulenza Dipendenti: oltre 25.000 Ricavi 2010: 5,591 miliardi di dollari Numero di cause concluse in tribunale*: 2 Totale risarcimenti pagati*: 3,7 milioni di dollari Nel 2003 la Booz Allen siglò un contratto da 2 milioni di dollari con il Department of Homeland Security per la gestione di un programma di miglioramento dei servizi di intelligence. Nell’arco di poco più di due anni - rivelò nel 2007 il Washington Post l’ammontare totale delle retribuzioni alla compagnia aumentò di 36,5 volte rispetto al preventivo iniziale, raggiungendo l’incredibile cifra di 73 milioni. Nel 2004, quando la somma dei compensi aveva già raggiunto i 30 milioni, gli avvocati del Dipartimento raccomandarono la sospensione dei pagamenti e l’avvio di una gara d’appalto. La procedura, tuttavia, restò ferma per oltre un anno, consentendo all’azienda di raddoppiare i ricavi già ottenuti.

BECHTEL GROUP INC. Fondazione: 1898 Sede: San Francisco (California), Usa Area di interesse: ingegneria Dipendenti: 49.000 Ricavi 2010: 27,9 miliardi di dollari Numero di cause concluse in tribunale*: 18 Totale risarcimenti pagati*: 387,2 milioni di dollari Nel 1999 la multinazionale avviò la gestione delle risorse idriche nell’area di Cochabamba, in Bolivia, nell’ambito di un consorzio di imprese straniere (tra cui la spagnola Abengoa e l’italiana Edison). All’inizio del 2000, con il prezzo dell’acqua salito alle stelle, la compagnia dovette affrontare la rabbia della popolazione scesa in piazza a manifestare contro i rincari. Dopo la proclamazione dello stato di emergenza da parte dell’allora presidente ed ex dittatore (1971-1978) Hugo Banzer Suárez, un migliaio soldati represse la protesta lasciando sul terreno un morto e un centinaio di feriti. Nonostante tutto nell’aprile dello stesso anno la Bechtel lasciò il Paese intentando successivamente una causa di risarcimento allo Stato boliviano. Qualche anno più tardi le parti raggiunsero un accordo e la compagnia rinunciò a qualsiasi rimborso.

L-3 COMMUNICATIONS Fondazione: 1987 Sede: New York City, Usa Area di interesse: comunicazioni, intelligence, servizi, sorveglianza Dipendenti: 63.000 Ricavi 2010**: 15,7 miliardi di dollari Numero di cause concluse in tribunale*: 7 Totale risarcimenti pagati*: 43,6 milioni di dollari

SAIC - SCIENCE APPLICATIONS INTERNATIONAL CORPORATION Fondazione: 1969 Sede: McLean (Virginia), Usa Area di interesse: ingegneria Hi tech Dipendenti: 41.000 Ricavi 2010: 11,1 miliardi di dollari Numero di cause concluse in tribunale*: 10 Totale risarcimenti pagati*: 8 milioni di dollari

La compagnia ha pubblicato in 12 lingue un documento di 33 pagine relativo al proprio Codice di etica e condotta commerciale, che riporta: “Ci siamo assunti l’impegno di comportarci da buoni cittadini societari e di osservare le leggi dei Paesi e delle comunità in cui operiamo”. E anche: “Agiamo in modo coscienzioso nei riguardi dell’ambiente e promuoviamo una partecipazione positiva e costruttiva”. Nel maggio del 2008, l’ex detenuto iracheno Emad al-Janabi ha denunciato L-3 e i suoi contractor Caci e Titan per le torture subite nel carcere di Abu Ghraib, a Baghdad. Nel 2009 la compagnia è stata condannata in un’altra causa a risarcire con 37 milioni di dollari la Lockheed Martin per appropriazione indebita di informazioni industriali, risultate determinanti per l’assegnazione di un contratto con il governo della Corea del Sud.

Nel 2007 Vanity Fair ha dedicato alla Saic un’ampia inchiesta dal titolo: “Washington’s $8 Billion Shadow” (L’ombra degli 8 miliardi di Washington). All’epoca la compagnia aveva ottenuto dal governo un incredibile numero di singoli contratti “più di qualsiasi altra società privata in America”, per la gestione di progetti di ammodernamento dei sistemi informatici di alcune delle più importanti agenzie federali come la Nsa (National security agency) e la Fbi. Progetti rivelatisi spesso “dei colossali fallimenti” con ampio spreco del denaro dei contribuenti. Il governo statunitense ha più volte denunciato la Saic per truffa e i patteggiamenti non sono mancati. Nonostante questo nel 2010 la Saic è stata il 9° contractor Usa per ammontare dei contratti federali siglati: oltre 6,7 miliardi di dollari.

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INTERNATIONAL STABILITY OPERATIONS ASSOCIATION Fondazione: 2001 Sede: Washington D.C., Usa Dipendenti: nd Area di interesse: associazione di categoria Aziende associate: 50 È l’associazione di categoria che raccoglie 50 società americane, tra cui L-3, Bae Systems e Dyncorp, operanti nel settore dei servizi alla difesa e alle operazioni militari. Nel 2009, quando ancora si chiamava International Peace Organization Association (Ipoa), partecipò al programma noto come Swiss Initiative che portò alla stesura del cosiddetto Documento di Montreux, il codice normativo che dovrebbe disciplinare i comportamenti dei contractor privati nelle operazioni internazionali. Tale iniziativa ha subito critiche per la pretesa del settore di autoregolarsi con un codice di condotta “volontario”, rifiutando implicitamente la propria sottomissione a una regolamentazione esterna emanata a livello internazionale.

ARMOR HOLDINGS Fondazione: 1969 Sede: Jacksonville (Florida), Usa Area di interesse: sistemi di difesa Dipendenti: nd Ricavi 2010: nd Numero di cause concluse in tribunale*: 5 Totale risarcimenti pagati*: 49,3 milioni di dollari Acquisita nel 2007 dal gigante Bae Systems (uno dei tre costruttori insieme a Northrop Grumman e Lockheed Martin del caccia F-35 Joint strike fighter, il costosissimo velivolo di cui l’Italia ha programmato l’acquisto di 130 esemplari), la Armor si è trovata coinvolta in uno scandalo di corruzione per una serie di contratti siglati con le forze di peacekeeping dell’Onu e delle agenzie governative olandesi e nigeriane. Nel settembre 2010 il suo ex vice presidente della divisione contratti internazionali Richard Bistrong si è dichiarato colpevole per aver pagato tangenti e aver esportato illegalmente giubbotti antiproiettile ed elmetti in Iraq nel 2004. Nel luglio di quest’anno Armor ha patteggiato un risarcimento di quasi 16 milioni di dollari. Di questi, più di dieci andranno al Governo, 5,7 finiranno alla Securities and exchange commission (Sec).

DYNCORP INTERNATIONAL INC. Fondazione: 1946 Sede: Falls Church (Virginia), Usa Area di interesse: manutenzione per l’aeronautica, sicurezza Dipendenti: nd Ricavi marzo 2009 (chiusura anno fiscale): 3,1 miliardi*** di dollari Numero di cause concluse in tribunale*: 6 Totale risarcimenti pagati*: 11,8 milioni di dollari Acquisita nel 2005 dal fondo di private equity Veritas Capital, la Dyncorp International è specializzata nel settore aeronautico e nella fornitura di servizi di sicurezza. In quest’ultimo campo è stata impegnata in particolare in Bosnia, Somalia, Afghanistan e Iraq. Nell’aprile di quest’anno la compagnia ha patteggiato un risarcimento da 7,7 milioni in una corte federale di Washington. Dyncorp era accusata di aver volutamente gonfiato le spese di costruzione di alcuni campi in Iraq. “Il duro lavoro di pacificazione dell’Iraq è già sufficientemente problematico senza che ci si mettano di mezzo contractor e subcontractor impegnati a gonfiare i costi di ricostruzione del Paese a danno dei contribuenti” affermò nell’occasione il sostituto procuratore generale Tony West.

ERINYS INTERNATIONAL Fondazione: 1996 Sede: Londra, Regno Unito Area di interesse: servizi di sicurezza Dipendenti: nd Ricavi 2010: nd Numero di cause concluse in tribunale*: nd Totale risarcimenti pagati*: nd Molto attiva in Iraq nella sorveglianza ai pozzi di petrolio (lo stesso compito che le ha affidato il gigante italiano Eni nella Repubblica Democratica del Congo), la compagnia è stata criticata per l’arruolamento, attraverso il suo subcontractor Sasi, di due ex componenti delle forze paramilitari sudafricane dell’apartheid: Francois Strydom e Deon Gouws. Strydom, morto in un incidente a Baghdad il 28 febbraio 2004, aveva fatto parte del Koevoet, una polizia specializzata in torture e omicidi degli oppositori. Gouws, amnistiato nel 1996 dopo l’ammissione di responsabilità per omicidio e attentati terroristici, era stato membro del Vlakplaas, il famigerato squadrone della morte attivo all’epoca in Sudafrica. Nel luglio del 2011, la Erinys International Limited ha ceduto assets e controllate alla Erinys Holdings Limited, una newco creata ad hoc il cui centro direttivo sarà spostato a Cipro.

Progressivamente letali Nuove armi a “effetto scalabile” vengono testate sulle popolazioni nelle zone di guerra, per essere poi utilizzate nelle città in operazioni di “ordine pubblico”. Le documenta puntualmente la redazione investigativa di RaiNews. ficando la pericolosità di tecnologie che usiamo quotidianamente, altre sono misteriose. Il loro uso dovrebbe essere proibito. Eppure non se ne parla molto. Da una parte perché la Storia la scrivono i vincitori. Dall’altra perché sulla ricerca militare la consegna del silenzio è assoluta e accompagnata dalla tecnica del “negare tutto” e disprezzare i vinti, quando i testimoni raccontano o quando i

di Paola Baiocchi vengono sperimentate sulle popolazioni nelle zone di guerra o nelle aree contese e presto potrebbero trovare applicazione nei teatri urbani. Definite a “letalità limitata” oppure a “effetto scalabile” da nocivo a mortale, a volte nascono ampli-

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UOVE CLASSI DI ARMI

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medici in prima linea chiedono aiuto alla ricerca internazionale. E, infine, non se ne parla per la progressiva perdita di rappresentanza dei cittadini nelle istituzioni delle democrazie a capitalismo avanzato, veicolata dai sistemi elettorali maggioritari. Di questi nuovi strumenti di offesa si occupa sistematicamente la redazione investigativa di RaiNews, un gruppetto di giornalisti che la-

NORTHROP GRUMMAN Fondazione: 1994 Sede: Los Angeles (California), Usa Area di interesse: tecnologia aerospaziale e di difesa Dipendenti: 75.000 circa Ricavi 2010: 34,757 miliardi di dollari Numero di cause concluse in tribunale*: 33 Totale risarcimenti pagati*: 845,7 milioni di dollari

*DAL 1995 A OGGI, FONTE: FEDERAL CONTRACTOR MISCONDUCT DATABASE. WWW.CONTRACTORMISCONDUCT.ORG , LUGLIO 2011 **ANNO FISCALE CHIUSO AL 31-3-2011 ***DATI 2010 NON DISPONIBILI

I PRIMI 20 CONTRACTOR DEL GOVERNO FEDERALE USA 2010

Tra i principali operatori mondiali del settore difesa, la Northrop Grumman è al terzo posto nella graduatoria 2010 dei principali contractor del Governo Usa avendo siglato intese per quasi 16,8 miliardi di dollari. Tra i principali lobbisti del settore, la compagnia è stata coinvolta in ben 33 cause legali che spaziano dalla sospetta frode nella comunicazione dei costi ai danni ambientali. Nelle file della compagnia, ha precisato l’organizzazione non governativa CorpWatch, avevano militato in qualità di dipendenti, consulenti o azionisti, alcuni funzionari dell’ex amministrazione Usa come il segretario alla difesa Paul Wolfowitz, il capo di gabinetto del vice presidente Lewis Libby, il Comptroller del Pentagono Dov Zakheim e il direttore della Nasa Sean O’Keefe. Negli anni ’90 ha realizzato il bombardiere B-2 Spirit Stealth, l’aereo invisibile ai radar.

vora senza “tirarsela troppo” e senza grandi mezzi, nel canale satellitare di sola informazione della Rai. Oltre ad essere pluripremiati, per le loro inchieste sono periodicamente oggetto di azioni di censura, alcune anche provenienti dal sistema di controllo della tv pubblica, la presunta P4 di Bisignani, sulla quale sono in corso indagini.

Armi a bassa letalità Sono loro le inchieste sulle nuove armi “a bassa letalità”, come le Dime (Dense Inert Metal Esplosive), ordigni sganciati da aerei senza pilota e teleguidati verso obiettivi precisi. Utilizzate dagli israeliani a Gaza nel 2006 e durante l’operazione Piombo fuso, esplodono in microscopici frammenti di

FONTE: FEDERAL PROCUREMENT DATA SYSTEM, WWW.FPDS.GOV, LUGLIO 2011

| dossier | stragi a contratto |

SOCIETÀ

CONTRATTO IN MILIARDI DI $

LOCKHEED MARTIN

35,8

BOEING

19,4

NORTHROP GRUMMAN

16,7

GENERAL DYNAMICS

15,2

RAYTHEON

15,2

UNITED TECHNOLOGIES

7,7

L-3 COMMUNICATIONS

7,4

OSHKOSH

7,2

SAIC

6.7

BAE SYSTEMS

6,5

LE INCHIESTE DI RAINEWS SULLE NUOVE ARMI

CERBERUS CAPITAL

4,7

MCKESSON

4,6

Gaza. Ferite inspiegabili e nuove armi di Flaviano Masella e Maurizio Torrealta (ottobre 2006) www.rainews24.it/ran24/inchieste/1010 2006_gaza.asp

COMPUTER SCIENCES

4,3

URS CORPORATION

3,9

BECHTEL

3,9

BOOZ ALLEN HAMILTON

3,7

KBR INC.

3,6

HARRIS CORPORATION

3,3

HUMANA

3,2

HEALTH NET

3,2

Mercenari SpA, del Teatro Cargo di Genova, di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci. Le fotografie sono di Pietro Bagnara.

Polveri maledette di Sigfrido Ranucci (dicembre 2009) www.rainews24.rai.it/it/canaletv.php?id=17676 Protesterai con dolore. Il paradosso dell’arma innocua che può cambiare la democrazia di Mario Sanna, Angelo Saso, Maurizio Torrealta (febbraio 2007) http://www.rainews24.it/ran24/inchieste /26022007_armainnocua.asp Quirra è una discarica radioattiva di Flaviano Masella (marzo 2011) http://www.rainews24.rai.it/it/canaletv.php?id=22587

metalli invisibili ai raggi X, che provocano ferite con caratteristiche mai viste e così gravi da richiedere l’amputazione degli arti. Nell’archivio di RaiNews si possono vedere i servizi sull’uso e gli effetti dell’uranio impoverito, anche su chi vive vicino alla “discarica radioattiva di Quirra”, il poligono sardo attorno al quale si verificano da anni linfomi, leucemie e nascite di bambini con gravi malformazioni. Si sono occupati anche dei dispositivi a energia diretta della Raytheon (Active Denial System), che emettono fasci di microonde di intensità graduabile. Montati su camion possono essere utilizzati nelle città per colpire i manifestanti con frequenze che fanno impazzire i recettori del dolore. Con dimensioni più grandi possono distruggere i

congegni elettronici di missili alla distanza di cinquemila metri, come negli studi che anche la società italiana Ansaldo Ricerche, insieme a partner inglesi e olandesi, sta portando avanti per l’Agenzia della difesa europea. Le inchieste di RaiNews rilevano la necessità di tornare ad affrontare democraticamente la questione della Difesa, come risposta in caso di aggressione: non come espressione di “strutture di promozione di sinergie imprenditoriali come quelle della neonata Agenzia della difesa europea”, perché “esiste il rischio concreto che le decisioni su questa nuova generazione di armi vengano prese nei Consigli di amministrazione delle società del settore e non nei Parlamenti dei Paesi interessati”.

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| dossier | stragi a contratto |

Un Pianeta di conflitti

LA MAPPA DELLE ZONE DI GUERRA

Sono almeno 31 i conflitti in corso nel mondo: portati avanti dalle nazioni più industrializzate in nome MEDIO ORIENTE 1. Iraq 140.000 morti dal 2003 (+4.000) 2. Israele-Palestina 7.100 morti dal 2000 (+100) 3. Turchia (Kurdistan) 45.000 morti dal 1984 4. Yemen (Sciliti) 15.000 morti dal 2004 5. Yemen (Tribali) 300 morti dal 2010 6. Yemen (Secessionisti) 200 dal 2009

della lotta globale al “terrorismo”

o di nazionalismi locali. Hanno in comune l’aumento dei civili morti e la presenza dei mercenari. Quali conflitti

ZONE DI CONFLITTO, 39 mila morti tra civili e militari, 251 mila soldati stanziati in operazioni multilaterali. È questo il tragico bilancio di un Pianeta in guerra, benché ufficialmente in tempo di pace. I dati di Peacereporter si riferiscono al 2010 e sono la punta dell’iceberg di un modello di gestione dei conflitti alimentato da un imponente apparato militare e da una fiorente industria. Solo gli Stati Uniti - che continuano ad assorbire metà della spesa militare mondiale - dispongono di 2,3 milioni di soldati effettivi, seguiti dall’Unione Europea con 2,1 milioni. Ma, in linea con la ventata di privatizzazioni cominciate negli anni ’80, anche la guerra ha cambiato volto ed è sempre più appannaggio di società private. Il fenomeno richiama l’antico mestiere dei “mercenari”, oggi chiamati contractor, ingaggiati da imprese specializzate a servizio dello Stato, soprattutto quando si tratta di “lavori sporchi” nei quali è meglio che l’esercito non appaia. Le morti dei mercenari non rientrano nelle statistiche ufficiali, quindi il vantaggio non è solo d’immagine, ma anche economico poiché il governo non è tenuto ad assistere i superstiti o i familiari dei caduti.

Le zone di maggior conflitto sono concentrate in Asia e in Africa e coinvolgono 16 Paesi, in testa il Sudan (300 mila morti in Darfur dal 2003) e l’Afghanistan (61 mila morti dal 2001). Guerre note e meno note, talvolta dimenticate, spesso interne ai singoli Stati, ma che continuano a mietere vittime da oltre 40 anni, come nelle Filippine. La stima dei conflitti che riportiamo è prudenziale, perché molti osservatori sono disposti ad alzare di molto il numero di Paesi coinvolti. In America spiccano i casi della Colombia e del Messico, legati al narcotraffico, mentre in Russia non trova pace la regione del Nord Caucaso. Poi c’è la polveriera mediorientale, dove nella macabra classifica svetta l’Iraq con 140 mila vittime dal 2003, seguita da altre guerre “infinite” o dimenticate: Isreale-Palestina, Kurdistan turco, Yemen. Il 2011 è stato segnato dalle rivolte in Nord Africa e Medio Oriente, territori nei quali la situazione non sembra ancora stabilizzata. Dal 10 febbraio al 10 giugno si sono aggiunte 16.229 vittime a livello globale (riportiamo il dettaglio nella TABELLA ). Conflitti si registrano ancora in Egitto e soprattutto in Libia. Proprio in Libia la presenza di mercenari ha fatto la differenza non solo a sostegno dell’ex leader, ma an-

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Le cifre di fonte istituzionale ignorano i contractor, che sono in crescita esponenziale. In Iraq e Afghanistan, nel 2010, costituivano oltre il 54% delle truppe statunitensi: 207.600 unità contro le 175.000 dei militari in uniforme. La seconda forza militare per presenze, dopo gli Stati Uniti e prima della Gran Bretagna | 22 | valori |

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AMERICA 30. Colombia 300.250 morti dal 1964 31. Messico (Narcos) 32.000 morti dal 2006 (+12.500)

che nell’addestramento dei ribelli. Decisamente calda è infine la crisi siriana e non mancano tensioni un po’ ovunque nella regione, fino alle dittature del Golfo Persico.

Contractor vs militari Se le cifre di fonte istituzionale li ignorano, i contractor sono in crescita esponenziale e, in alcuni casi, hanno superato i membri regolari dell’esercito. Come in Iraq e in Afghanistan, dove nel 2010 costituivano oltre il 54% delle truppe statunitensi sul campo (207.600 unità, contro le 175.000 dei militari in uniforme), secondo quanto si legge nella rivista Service Contractor. In Iraq si trat-

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ASIA 7. Afghanistan 61.000 morti dal 2001 (+10.000) 8. Pakistan (Pashtunistan) 31.000 dal 2004 (+5.000) 9. Pakistan (Balucistan) 1.800 morti dal 2004 (+350) 10. India (Kashmir) 68.000 morti dal 1989 (+400) 11. India (Assam) 52.000 morti dal 1979 (+300) 12. India (Naxaliti) 13.000 morti dal 1980 (+1.200) 13. Birmania (Karen) 30.000 morti dal 1988 14. Thailandia-Cambogia 20 morti dal 2008 15. Thailandia (Pattani) 4.200 morti dal 2004 (+700) 16. Filippine (Npa) 41.000 morti dal 1969 (+350) 17. Filippine (Mindanao) 71.000 morti dal 1984 18. Corea del Nord e del Sud: 200 morti dal 1953 (+50)

AFRICA 19. Somalia 10.500 morti dal 2006 (+3.000) 20. Etiopia (Ogaden) 4.000 morti dal 1994 21. R.D. Congo (Kivu) 6.000 morti dal 2004 22. Uganda 100.000 morti dal 1987 23. Sudan (Darfur) 300.000 morti dal 2003 24. Sudan (Sud) 400 morti dal 2011 25. Rep. Centrafricana 2.000 morti dal 2003 26. Ciad 2.000 morti dal 2005 27. Nigeria (Delta) 15.000 morti dal 1994 28. Algeria 200.000 morti dal 1992

ta della seconda forza militare, per unità impiegate, dopo gli Stati Uniti e prima della Gran Bretagna. Una percentuale simile riguarda i morti in battaglia, pari al 53% nelle due guerre, mentre solo 7 anni prima rappresentavano appena il 4% del totale. Non tenere conto di questi numeri significa comprendere solo una parte della verità. Infatti dal 2001 al 2010 le stime ufficiali registrano 5.531 soldati uccisi e 16.210 feriti tra i membri dell’esercito Usa, ma ad essi bisogna aggiungere oltre 2.000 caduti e 44.152 feriti tra le fila dei contractor. Solo per l’Iraq dal 1994 al 2002 il governo statunitense ha firmato oltre tremila contratti con società militari private, pa-

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VITTIME DAL 10 FEBBRAIO AL 10 GIUGNO 2011 PAESE Afghanistan Pakistan Libia Costa D’Avorio Iraq Sudan Siria Somalia Nigeria Messico Yemen Colombia India

PAESE Etiopia Nord Caucaso Israele-Palestina Thailandia Rep. Centrafricana Algeria Bahrein Filippine Turchia Uganda Birmania Marocco Egitto

MORTI 2.684 2.068 1.469 1.294 1.195 1.193 1.034 1.023 904 890 829 385 372

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MORTI 178 160 142 104 79 49 32 32 28 28 27 17 13

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FONTE: PEACEREPORTER

di Roberto Cuda

EUROPA 29 Russia (Nord Caucaso) 50.000 morti dal 1999 (+1.000)

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| dossier | stragi a contratto |

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ti previste dalla giurisdizione extraterritoriale americana, laddove le corti locali devono avere il permesso delle forze multinazionali per procedere contro un contractor. E in Italia? Il settore vanta pochi casi, ma un aiuto potrebbe venire dal decreto legge

entrato in vigore nel luglio scorso sul rifinanziamento delle missioni militari all’estero, che autorizza le navi mercantili italiane a imbarcare personale delle Forze armate o guardie private, a carico dell’armatore, negli spazi internazionali a rischio pirateria.

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Le Organizzazioni non governative e le Nazioni Unite ingaggiano direttamente compagnie militari private nelle operazioni di peacekeeping. Un ribaltamento di valori pericoloso, con il quale le compagnie si costruiscono un’immagine rispettabile PIETRO BAGNARA

l’incertezza del quadro legislativo e sanzionatorio sono tra le cause degli abusi registrati tra le truppe mercenarie, a partire dalla torture nella carceri irachene di Abu Ghraib. I crimini commessi, infatti, sfuggono alla corte marziale e possono godere delle attenuan-

ri a circa 100 miliardi di dollari all’anno, nella maggior parte dei casi senza gara d’appalto, con costi esorbitanti per i contribuenti in cambio di lavori malamente o mai portati a termine. L’opacità dei contenuti contrattuali e

La Nato versione 3.0 e il terrorista del garage accanto

SECONDO I DATI DELL’ULTIMO rapporto del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), il personale delle “operazioni di pace” è composto per il 91% da militari, per il 6% da polizia e per il 3% da civili. Una sproporzione tra militari e civili che chiarisce di che tipo di operazioni si tratti e spiega un’ulteriore distorsione che si verifica sul campo. In Mercenari SpA, Francesco Vignarca riporta che Organizzazioni non governative e Nazioni Unite, ingaggiano direttamente le compagnie militari private, per le quali aver partecipato ad operazioni di peacekeeping con l’Onu o le Ong diventa un fiore all’occhiello nel proprio curriculum, che contribuisce a stemperare un po’ del loro alone truce. Ma intorbida il ruolo del peacekeeping, rendendo ancora una volta improprio l’uso del termine pace. Le Nazioni Unite, per esempio, hanno utilizzato una compagnia militare privata con competenze di intelligence, per le osservazioni satellitari dei siti iracheni sospettati di ospitare fabbriche di armi non autorizzate. Vista l’integrazione verticale che esiste in queste compagnie, i cui profitti derivano dalla produzione di armamenti fino alla fornitura di servizi militari, affidare a loro l’individuazione di una possibile causa di conflitto sembra quanto meno pericoloso.

Il Nuovo concetto strategico della Nato, approvato a Lisbona lo scorso 20 novembre, ha affermato la necessità di una “pianificazione strategica in materia di contrasto alla minaccia cibernetica”. Da quel momento le notizie dei cyberattacchi a società o istituzioni si sono moltiplicate. di Paola Baiocchi CYBER CALENDARIO ON I 28 PAESI CHE VI ADERISCONO, la Nato costituisce al momento la maggiore centrale di spesa militare al mondo, con 140.354 unità impegnate nel 2010 in missioni di “pace” e 1.000 miliardi di dollari l’anno, equivalenti ai due terzi della spesa militare globale. È il principale committente del “complesso militareindustriale”, che ha un evidente interesse a condizionarne le scelte, direttamente o attraverso i Paesi che vi aderiscono. L’Alleanza atlantica è il residuato di un mondo che non esiste più: nata nel 1949 in funzione antisovietica e anticomunista, avrebbe dovuto dissolversi nel 1991 com’è successo al più giovane Patto di Varsavia e alla stessa Unione Sovietica. Ma, invece di finire in soffitta come anacronistica rappresentanza della guerra fredda e dell’equilibrio del terrore, la Nato ha iniziato il suo progressivo adattamento dalla deterrenza all’aggressione: il 7 novembre 1991 il Consiglio Atlantico riunito a Roma ha varato la prima versione del Nuovo concetto strategico, in cui ha allargato i confini del suo intervento, stabilendo che la sicurezza dell’Alleanza non fosse più circoscritta all’area Nord-atlantica. Nel 1994 la Nato è intervenuta in Bosnia con la sua prima azione di guerra dalla fondazione dell’Alleanza. Nel 1999 era in Kosovo; il vertice Nato con-

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DICEMBRE 2010: Mastercard, Paypal e Visa colpite da Anonymus come ritorsione alle loro azioni contro Wikileaks. 20 APRILE 2011: gli hacker attaccano la rete PlayStation Network della Sony, che contiene i dati personali di 77 milioni di utenti. 21 MAGGIO: attaccato il sito di Lockheed Martin, una delle principali aziende Usa nel settore militare, protetto da un sistema di sicurezza cybernetica coordinato dal Pentagono e da una task forze del ministero della Sicurezza interna, 30 GIUGNO: salta il sistema informatico di Orlando, città punita per l’arresto degli attivisti accusati di nutrire i senzatetto. 4 LUGLIO: Lulz ruba nomi e chiavi di accesso a migliaia di clienti Apple. 5 LUGLIO: violata la pagina web Obama 2012, gli utenti reindirizzati al sito i politici mentono. Nella notte tra il 5 e il 6 luglio: dai database di 18 atenei italiani vengono trafugate password e dati anagrafici degli studenti.

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vocato durante la guerra, a Washington, ha impegnato i Paesi membri a “condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza”. Nel 2003 in Afghanistan ha assunto la leadership dell’Isaf ed è attualmente alla guida dell’attacco alla Libia.

Aggiornamento 3.0 Lo scorso novembre a Lisbona la Nato ha presentato il suo Nuovo concetto strategico (diremmo l’aggiornamento 3.0) preparato da una squadra di 12 esponenti del mondo militare e civile dei settori pubblici e privati. Il gruppo era presieduto da Madeleine Albright, ex segretario di Stato degli Usa, membro del potente gruppo del Council on foreign relations e del Bilderberg, e aveva alla vicepresidenza Jeroen van der Veer, amministratore delegato della Shell fino al 2009 e anch’egli membro del Bilderberg. Le raccomandazioni che hanno stilato sono state accolte nel documento ufficiale e riconfermano la Nato come “un’alleanza nucleare” la cui sicurezza e superiorità è garantita in particolare dalle forze nucleari strategiche degli Stati Uniti, ma impegnata a “creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari” e determinata a fornire all’Unione Europea e alle Nazioni Unite un braccio armato. Assolutamente convinta che non sia il momento di andare in pensione, la Nato si

COMPAGNIE PRIVATE E PEACEKEEPING

La guerra moderna e i suoi nuovi soldati di ventura sono l’argomento di Mercenari SpA, lo spettacolo del Teatro Cargo, ora in tournée.

Stati e della zona euro-atlantica”. Come una profezia che si autoavvera o per convincerci della necessità - per la sicurezza comune - di nuove limitazioni all’uso di internet, dall’inizio dell’anno le notizie dei cyberattacchi a istituzioni o corporation sono quasi giornaliere sulle prime pagine dei giornali. Per il momento chi fa affari sono le società che offrono sicurezza informatica, per la quale le compagnie statunitensi hanno speso lo scorso anno la cifra più alta in assoluto: 30 miliardi di dollari. Ma, se è vero quello che osserva Angelo Aquaro, inviato de La Repubblica in un suo recente articolo - “adesso che il nemico pubblico numero uno è stato ucciso (Bin Laden, Cyberterrorismo ndr) gli Stati Uniti si ritrovano a combattere Un paragrafo specifico della Nato 3.0 è deil nemico del computer accanto” - allora dicato ai cyberattacchi che “aumentati di possiamo prepararci a una serie di cyberprofrequenza e meglio organizzati causano vocazioni senza confini. danni sempre più onerosi alle La lotta al terrorismo, nelamministrazioni, alle società, IN INTERNET la sua accezione post 11 setalle economie (...) e rischiano www.nato.int/ tembre, ha visto come soludi raggiungere un livello che strategiczione l’invasione di Stati da può minacciare la prosperità, concept/index.html parte di coalizioni, non l’indila sicurezza e la stabilità degli è impegnata “in un processo continuo di riforma, modernizzazione e trasformazio ne”, aggiungendo ai suoi temi classici i nuovi “ambienti della sicurezza” (The Security Environment) in cui impegnare la pianificazione delle operazioni militari: la difesa delle vie di comunicazione e di approvvigionamento energetico, i rischi sanitari, i cambiamenti climatici, la rarefazione dell’acqua. Sono un nuovo pericolo che si ripercuoterà sulla pianificazione delle operazioni militari della Nato anche le armi laser, le tecniche di guerra elettronica e le tecnologie che limitano l’accesso allo spazio.

www.sipri.org/databases/milex

viduazione e l’eradicamento dei gruppi terroristici che può essere eseguita con operazioni di polizia e di intelligence. Se lo stesso modello di “lotta” verrà tenuto per combattere il cyberterrorismo, gli scenari di guerra possono aprirsi all’infinito, così come la possibilità di creare ad hoc incidenti diplomatici tra nazioni. Poi, però, sarà molto difficile individuare “la pistola fumante”.

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Fumo negli occhi

Dietro gli strali contro Moody’s e S&P

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

DAL 2011 1° OTTOBRE

CE L’AVETE UN TRENCH? CORSO INTENSIVO DI

GIORNALISMO INVESTIGATIVO ECONOMICO FINANZIARIO CON GIORNALISTI DA:

...E TRE POSTI DI STAGE IN UNA REDAZIONE

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dal cuore della finanza londinese Luca Martino N QUESTA ROVENTE ESTATE DEL 2011, come in molti prevedevamo, i mercati finanziari sono ripiombati a quel burrascoso autunno di tre anni fa, che infranse in poche settimane l’utopia di un capitalismo stabile ed efficiente. Peraltro, a differenza di allora, i nostri governi sono oggi più poveri di qualche trilione di dollari, le banche centrali quasi a corto di strumenti di politica monetaria e i cittadini ancor più colpiti da disoccupazione e inflazione. Prima o poi dovremo dirci la verità sul perché, negli ultimi trent’anni, quasi tutti i Paesi occidentali hanno raddoppiato il proprio debito pubblico senza particolari segni tangibili in termini di progresso o giustizia sociale. O sul perché - e questo di fatto è il vero problema delle nostre economie - il circo globale della finanza sia in grado ormai di muovere masse monetarie

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enormi, che, in antitesi al grande assunto del pensiero economico liberale circa l’efficienza e la simmetria dei mercati, vengono oggi gestite sempre più spesso “al ribasso” in maniera da regolare profitti, nei mercati secondari come nelle dark pool, anche quando gli indici di borsa calano. Ebbene, nel mezzo di questa vicenda disastrosa, la politica continua solo ed esclusivamente a generare altro debito, finendo inevitabilmente con l’acuire i problemi: il fondo salva-Stati ideato dalla Merkel e da Sarkozy, così come gli interventi sporadici e tutt’altro che trasparenti della Bce, rappresentano politiche economiche tanto sbagliate e dannose quanto, per dirne una, l’idea di una moneta unica europea senza una politica economica e fiscale integrata a livello comunitario. Invece di richiamare la finanza a quella che George Orwell chiamava “decenza comune”, promuovendo una Quando, poche settimane fa, l’Italia era vera e sostanziale riforma dei mercati, gli su tutti i giornali del mondo, la commissiounici strali dei politici, principalmente eu- ne Finanze di Montecitorio, su proposta ropei, investono le agenzie di rating, il cui dell’onorevole Bernardo (PdL), sociologo operato è certo criticabile e migliorabile, ma oggettivamente Di fronte alla drammatica crisi quasi irrilevante rispetto a queleconomica e finanziaria lo, ad esempio, di banche d’afla politica riesce solo a generare fari o organismi di vigilanza. altro debito acuendo i problemi |

con esperienza nel marketing, con voto straordinariamente unanime ha impegnato il governo italiano a chiedere l’istituzione di “un’agenzia di rating creditizio pubblica per contrastare l’intollerabile conflitto di interesse e la superficialità di Moody’s e S&P”. Bisogna ricordare che le agenzie di rating, al contrario di quasi tutte le banche d’affari, non forniscono consulenza né tantomeno elargiscono prestiti a nessun governo e che la crisi di questi anni ha investito, oltre che purtroppo l’economia reale, anche il mercato azionario e solo sporadicamente il mercato obbligazionario di alcuni Paesi della zona euro (neanche lo storico donwgrade degli Usa da parte di S&P ha condizionato i rendimenti dei titoli del Tesoro americano). Pensate quindi, rammentando la gestione delle Poste o della Cassa del Mezzogiorno negli anni del boom del debito pubblico italiano, a cosa accadrebbe se, in cambio del via libera per un francese o un tedesco come successore di Draghi alla guida della Bce, toccasse all’Italia, o magari alla Grecia, gestire questa fantomatica agenzia di rating pubblica. E se fallisse un’impresa, o una società statale, con rating “certificato” Ue? Come minimo, si riproporrebbero, moltiplicati per mille, i guasti dell’attuale sistema.

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Commodities, tutti a pranzo da JP Morgan >32 Davide batte Golia. La Fao cambierà volto? >34 G20 Agricoltura. Un fallimento annunciato >36

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Africa Gli speculatori

Etiopia. Addis Abeba. Un giovane pastore porta al pascolo il suo gregge.

all’attacco della terra

Un rapporto dell’Oakland Institute lancia una pesante accusa contro banche e fondi d’investimento: comprano terreni africani per speculare sul prezzo del cibo. Le colture vengono

sostituite con campi di fiori da recidere o convertite a biocarburanti. di Andrea Barolini

PETER MARLOW / MAGNUM PHOTOS

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E VOLETE TROVARE risposta al-

la crescita dei prezzi dei beni alimentari dimenticate azioni, futures e strumenti finanziari derivati. In buona parte la ragione dell’impennata del costo dei cibo a livello globale (l’indice Fao è salito del 37% dall’inizio dell’anno) potrebbe essere stata determinata da qualcosa di molto più “concreto” - e preoccupante - che si è verificato negli ultimi anni. A spiegarlo è il think tank californiano Oakland Institute, che ha lanciato un duro atto d’accusa nei confronti dei “soliti noti”: i grandi finanzieri internazionali. Sarebbe loro, infatti, la colpa della volatilità registrata nei prezzi alimentari negli ultimi mesi. A stupire, però, è il metodo utilizzato: una corsa smodata per aggiudicarsi ampi appezzamenti di terreni in Africa. Gli hedge funds e alcuni fondi pensione avrebbero in tal modo reso instabile la produzione agricola e, di conseguenza, i mercati.

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Solo nel 2009 sono stati acquistati 60 milioni di ettari di terreni. Pari all’estensione di un Paese come la Francia «Le stesse compagnie finanziarie che hanno provocato la recessione globale, drogando la bolla sul real-estate attraverso operazioni ad alto rischio, ora si stanno comportando nello stesso modo con il cibo», ha spiegato Anuradha Mittal, direttore esecutivo dell’istituto americano. I dati, infatti, sembrano lasciare poco spazio alle interpretazioni: solamente nel 2009 - si legge in un rapporto pubblicato lo scorso giugno - 60 milioni di ettari (la stessa estensione di un Paese come la Francia) sono passati sotto il controllo di soggetti stranieri. Un vero e proprio boom: fino al 2008 non si era superata la cifra media di 4 milioni annui. “Si stima prosegue il report - che affari di questo tipo stiano per essere presi in considerazione in almeno 20 Stati africani. Si tratta di business incredibili”.

un hedge fund, che mi ha spiegato di avere raggiunto un accordo con il governo locale. Quest’ultimo avrebbe fornito il 70% dei finanziamenti necessari e accordato un affitto di 98 anni. Il costo? Irrisorio: 2,91 dollari per acro all’anno. Un altro fondo mi ha promesso invece rendimenti tra il 15 e il 20%. Mentre i terreni agricoli negli Stati

SPECULAZIONI, IL RUOLO DELLA BANCA MONDIALE NON SEMPRE GLI SPECULATORI trovano terreno fertile (in tutti i sensi) per i loro business in Africa. Spesso devono attendere modifiche normative e procedurali prima di poter “operare”. A spianare loro la strada, però, ci sono le istituzioni internazionali. Banca mondiale in testa. L’organismo di Washington non lavora, tuttavia, in prima persona. Si avvale di due organismi che fanno parte della sua “galassia”: l’International Finance Corporation (Ifc) e il Foreign Investment Advisory Service (Fias). La prima è un’agenzia della Banca internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, fondata negli anni ’50 al fine di promuovere lo sviluppo delle iniziative industriali private nei Paesi del Terzo mondo. Il secondo è un organismo interno alla stessa World Bank. Secondo l’Oakland Institute hanno entrambi collaborato attivamente alla svendita delle terre africane, a vantaggio di fondi speculativi e banche occidentali. In Sud Sudan, ad esempio, il Fias ha aiutato il governo a modificare le proprie leggi, rivedendo sei normative che disciplinano i business nel Paese. Sono stati così rimossi quelli che secondo il Fias erano svantaggi ingiusti nei confronti degli investitori. Secondo l’Oakland Institute, invece, si è trattato unicamente di manovre atte a velocizzare e agevolare l’acquisizione delle terre da parte degli speculatori.

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Uniti hanno garantito il 6% negli ultimi trent’anni». Nel “business” si sono gettati in molti. Anche alcune compagnie indiane e cinesi. La fetta più grande, però, è andata ai gruppi occidentali controllati da ricchi privati americani o europei. E, soprattutto, ai fondi d’investimento hedge, spesso legati a colossi bancari come JPMorgan o Goldman Sachs. Ma la portata del fenomeno risulterebbe talmente vasta da aver coinvolto, di fatto, perfino alcune grandi università statunitensi, come Harvard, Spelman o Vanderbilt, che, avendo investito ingenti capitali in fondi come l’inglese Emergent, sono diventati proprietari di parte dei terreni.

Comunità locali derubate o raggirate Un comportamento “scandaloso”, secondo l’Oakland Institute. «È ora di uscire da questi fondi e di investire in modi che siano in grado di costruire delle comunità, anziché devastarle», ha aggiunto Anuradha Mittal. Anche perché la maggior

THE AGRICULTURES NETWORK

Grandi affari per tutti Nell’introduzione, firmata da Howard Buffett, presidente dell’omonima associazione umanitaria, si spiega quali siano i metodi utilizzati dai fondi speculativi, che spesso (vedi BOX ) godono incredibilmente dell’appoggio convinto delle istituzioni internazionali. «Solo pochi mesi fa - racconta Buffet - mi è stato personalmente offerto di investire in un affare del genere da

In alto, un coltivatore africano della provincia di Manica, nel Mozambico occidentale (una delle regioni colpite dal fenomeno denunciato dall’Oakland Institute. Fonte: Indymedia). Qui sopra, Anuradha Mittal, fondatrice dell’istituto di ricerca californiano.

parte di tali investimenti sarebbe stata effettuata con metodi del tutto opachi, senza tenere in considerazione le esigenze delle popolazioni locali, dell’ambiente e minando in alcuni casi la stessa stabilità politica dei Paesi. I nuovi proprietari, infatti, spesso rimpiazzano le colture tradizionali con distese di coltivazioni per biocarburanti o di fiori da recidere. Il che ha prodotto una netta riduzione dell’offerta alimentare, con tutto ciò che questo comporta a livello internazionale. Un meccanismo speculativo tanto elementare quanto privo di scrupoli. Ma non è tutto: alcune autorità africane (in Etiopia, Mali, Sierra Leone, Mozambico, Tanzania, e Sudan) avrebbero anche negoziato le vendite in modo del tutto superficiale. “Vengono ingaggiati agenti o coordinatori per identificare le terre oggetto delle speculazioni”, spiega il rapporto. E nei casi in cui la trattativa ha visto protagonisti direttamente i capi delle tribù locali, i fondi avrebbero spesso “pagato” con false proMALI messe di posti di lavoro e di progresso. Mentre SIERRA LEONE quando vengono corrisposti in contanti, i prezzi sono risultati stracciati: affitti da 2 dollari l’anno per ettaro in Sierra Leone e da 6,75 dollari in Etiopia. Mentre in Brasile o in Argentina sono necessari almeno 5 o 6 mila dollari per quote equivalenti di terreno. «Nessuno può credere che questi investitori abbiano a cuore l’Africa. Questi accordi servono solo per far accumulare dollari a leader corrotti e a finanzieri stranieri», ha tuonato Obang Metho, della campagna Solidarity Movement for New Ethiopia, in un’intervista rilasciata alla CNN. Da parte loro gli hedge negano tutto. EmVest Asset Management, ad esempio, ha dichiarato di non aver mai siglato alcun accordo sospetto: «Compriamo terreni solo in modo legale e onesto». Leciti o no, gli affari dunque si fanno. E i prezzi del cibo vanno alle stelle.

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Agli investitori vengono promesse rendite da capogiro. Mentre le terre sono cedute dalle autorità locali (spesso capi tribù) a prezzi stracciati. A volte per una bottiglia di whiskey

LE TRANSAZIONI SEGRETE TRA ZAMBIA ED ETIOPIA IL RAPPORTO DELL’OAKLAND INSTITUTE, intitolato Understanding Land Investment Deals in Africa, si concentra in particolare sui casi di alcune nazioni africane, affermando di aver individuato una rete di affari che sono stati oscurati dalle compagnie e dai governi. Nello Zambia, ad esempio, l’istituto americano dichiara che circa il 94% del territorio è controllato sulla base del diritto consuetudinario. Per questo spesso i colossi occidentali trattano direttamente con i capi locali: «Mi è stato detto che in alcuni casi si è risolta la transazione offrendo una bottiglia di Johnnie Walker (un noto whiskey, ndr)», ha dichiarato la direttrice Anuradha Mittal in un’intervista rilasciata negli Usa. Roba da ricordare i peggiori anni del colonialismo. In Etiopia, invece, sono stati rilevati casi di «speculatori che hanno acquisito terreni agricoli nei quali erano presenti piccole fattorie. Per loro - ha accusato Frederic Mousseau, policy director dell’Oakland Institute si tratta di nulla più che squatters, occupanti abusivi, che sono SUDAN stati rimossi forzatamente ETIOPIA senza neppure un indennizzo. Ciò contribuisce a generare insicurezza nel sistema alimentare TANZANIA mondiale. Parliamo di un problema che costituisce una minaccia ZAMBIA per la sicurezza globale ben più preoccupante rispetto, ad esempio, MOZAMBICO al terrorismo. La maggior parte del mondo povero dipende, infatti, direttamente da queste piccole fattorie che vengono spazzate via dietro false promesse». Proprio in Etiopia il governo si sta proponendo sempre più come parte attiva del business, incentivando l’affitto di vaste porzioni di terreni considerati “inattivi”. L’esecutivo nega che tali affari possano generare fame, e dichiara che in questo modo si stanno attirando centinaia di milioni di dollari di investimenti esteri, nonché creando decine di migliaia di posti di lavoro. Ma, in un Paese che presenta uno dei tassi di malnutrizione più alti del mondo, con 13 milioni di affamati, visto che le terre sono tutte sotto il controllo del governo, e ammesso anche che si tratti di aree coltivabili, perché porle al servizio degli speculatori anziché della popolazione?

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| finanzaetica |

Commodities Tutti a pranzo da JP Morgan

FONTE: FAO, FOOD PRICE INDEX LUGLIO 2011, WWW.FAO.ORG

| finanzaetica | materie prime | LA VOLATILITÀ DEI PREZZI ALIMENTARI SECONDO LA FAO Sugar index Food price index Cereal index

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Senso di fame? Ci pensa JP Morgan

La persistente volatilità dei prezzi delle materie prime (commodities) alimentari costituisce «la principale minaccia per i Paesi in via di sviluppo», ha affermato in estate il Prezzi in ascesa numero uno della Banca mondiale. Fin qui La stima dell’andamento dei prezzi sul nulla di strano. Ma, purtroppo, c’è dell’altro. In un mercato deLa banca americana si farebbe vastato dalla speculazione origicarico di garantire le operazioni. nata dal dilagare dei titoli deriEntrando in un maxi-affare vati (i contratti futures, ovvero le da 4 miliardi di dollari | 32 | valori |

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DOUG MILLS / REDUX

di Matteo Cavallito intese di acquisto differite ad un prezzo prestabilito), le nazioni povere, ha spiegato Zoellick, dovrebbero impegnarsi ad acquistare proprio gli strumenti finanziari di cui sopra con l’obiettivo di proteggersi in anticipo. Insomma, prima si rende il mercato volatile con i derivati, poi si cedono i derivati per proteggere il mercato dalla volatilità. Se non è geniale poco ci manca. L’ipotesi è che, nonostante un’esperienza pressoché nulla in questo genere di acrobazie finanziarie, come ha ricordato il Financial Times, i Paesi in via di sviluppo si assicurino al più presto sul mercato dei derivati in una maxi operazione dal valore teorico di 4 miliardi di dollari. Sponsor delle sottoscrizioni la banca d’affari Usa JP Morgan, una delle principali protagoniste del mercato alimentare “di carta” nonché capofila di una futura cordata di operatori finanziari pronti a gettarsi nel grande business dell’hedging, ovvero della copertura “assicurativa”, nel comparto alimentare. La Banca Mondiale sarebbe pronta a sottoscrivere contratti per 200 milioni. JP Morgan - Zoellick non lo ha detto ma è implicito - intascherà i proventi delle commissioni.

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prattutto, chi ha pensato bene di creare fondi ad hoc di carattere speculativo. È il caso degli Exchange commodity traded funds (Ectf), veicoli di investimento della famiglia degli Etf. Creano un paniere di titoli strutturati, combinando i quali è possibile riprodurre l’andamento di un indice. In questo modo possono attrarre i capitali dei grandi investitori, ma anche quelli dei piccoli operatori dando loro la possibilità di scommettere sul mercato senza fare ricorso direttamente a singoli strumenti derivati come futures o swaps che il comune operatore non è in grado di gestire. Nel mondo, segnala l’ultimo rapporto di BlackRock, gli assets gestiti da questo genere di fondi sfiorano ormai un controvalore di 200 miliardi di dollari, quasi 15 in più rispetto al giugno del 2010. Nel frattempo, spiegano ancora dalla Barilla, il 13,4% della popolazione mondiale soffre di denutrizione e “le prospettive future dell’accesso al cibo non sono rassicuranti”, considerando che “nel 2050 ci saranno 2,2 miliardi di persone in più da sfamare”.

Robert Zoellick, già segretario di Stato nell’amministrazione guidata da George W. Bush, è oggi presidente della Banca Mondiale.

Acquistare derivati futures per proteggersi dalle oscillazioni dei prezzi delle risorse alimentari. E poco importa che a rendere volatile il mercato siano i derivati stessi. Da Robert Zoellick, World Bank, l’ultima ricetta per combattere la fame globale.

ELLA SFERA DELLA MEDICINA alternativa, si sa, l’omeopatia resta una delle pratiche terapeutiche più discusse. La sua logica, come spiega l’evidenza dell’etimologia, si fonda sull’idea che sia possibile curare un male ricorrendo alla somministrazione di una dose ridotta e annacquata delle sue cause. Un principio a dir poco bizzarro. Che, non a caso, a quasi due secoli dalla sua prima formulazione non è ancora riuscito a trovare uno straccio di evidenza scientifica. Ma evidenza e logica, notoriamente, sono concetti che non sempre fanno presa. Anche, o forse soprattutto, nei periodi di crisi. E così, nel pieno di un’onda lunga speculativa che ha ridotto letteralmente alla fame milioni di nuovi poveri, a cadere nell’errore ci ha pensato niente meno che il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, uno che l’omeopatia ha trovato il modo di applicarla addirittura al mercato.

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mercato alimentare è affidata a un indicatore generale costituito dalla media ponderata di 55 commodities e conosciuto come Fao Food Price Index (Ffpi). Nel giugno 2011, il Ffpi era cresciuto dell’1% rispetto al mese precedente e del 39% rispetto al medesimo periodo dell’anno passato. Negli ultimi dodici mesi il valore del Fcpi, il sotto indice dedicato ai soli cereali, aveva registrato un preoccupante +71%. Dal 2000 a oggi, seppure tra alti e bassi, il valore dell’indice generale è aumentato di oltre 2 volte e mezzo (vedi GRAFICO ). La spiegazione offerta dalle istituzioni

internazionali è stata spesso la più intuitiva: cinesi e indiani, ovvero circa un terzo degli abitanti del mondo, diventano sempre più ricchi e possono soddisfare ancor più copiosamente il proprio appetito. Una spinta al rialzo della domanda, certo, ma anche un’occasione imperdibile per gli speculatori che scommettono sul rialzo dei prezzi. È il fenomeno della “finanziarizzazione delle commodities” come lo ha definito l’ultimo rapporto sul tema stilato dagli analisti del gigante italiano Barilla. C’è chi ha puntato direttamente alla terra, chi ha giocato con i futures e, so-

L’esperienza della World Bank Ciascun produttore (ma provate a proporlo a un contadino africano) potrebbe teoricamente fare ricorso ai contratti futures per mettersi al riparo dalla volatilità di mercato. Ma un future, al pari di qualsiasi titolo derivato, non equivale come noto a una polizza assicurativa, dal momento che per sottoscriverlo non è necessario detene|

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re il sottostante (in questo caso la materia prima). Insomma, potete possedere un’azienda agricola in Ucraina o essere gestori di un fondo speculativo registrato alle Cayman: per il mercato non fa nessuna differenza. Per questo il mercato dei derivati ha potuto superare di gran lunga, in termini di controvalore, quello materiale dei generi alimentari. Per questo i capitali gestiti dagli Ect hanno potuto moltiplicarsi trascinando verso l’alto il prezzo dei prodotti agricoli. E poco importa che Zoellick e i suoi fingano di ignorare il tutto e parlino del fallimento della strategia delle scorte (“not the best policy”, ha spiegato), fornendo un assist al mercato finanziario. Tanto più che a questo genere di finzioni sembrano essere abituati da tempo. Nel 2008 la Banca mondiale scoprì l’acqua calda. A favorire il rialzo record dei prezzi del comparto food - affermò un rapporto interno - era stato lo sviluppo dei biocarburanti, responsabile, in sintesi, della sottrazione di materia prima all’uso alimentare nonché della spinta alla speculazione sul prezzo delle commodities. Quella relazione fu deliberatamente tenuta segreta fino a quando il quotidiano britannico Guardian non ne entrò in possesso. Una lezione da non dimenticare, visto che la corsa ai carburanti verdi continua tuttora. I futures sull’etanolo hanno raggiunto il prezzo più alto degli ultimi tre anni mentre negli Usa, per la prima volta in assoluto, il quantitativo di mais utilizzato dal settore energetico ha superato quello destinato al comparto alimentare. La Fao, nel frattempo, ha scelto il suo nuovo segretario generale: il brasiliano Graziano da Silva, già promotore nel suo Paese del programma Fame Zero e chiamato sulla carta a far prevalere gli interessi del Pianeta a quelli strategici dei singoli Paesi. Il Brasile è tuttora il 2° produttore di etanolo nel mondo. Auguri.

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Davide batteGolia La Fao cambierà volto? I Paesi in via di sviluppo battono l’Occidente e fanno eleggere José Graziano da Silva ai vertici dell’Agenzia Onu per l’Alimentazione. Nel suo bagaglio il modello-Brasile di lotta alla fame, imperniato sul programma “Fame Zero”. Basterà per ridare smalto a un’istituzione ormai da tempo in crisi? di Emanuele Isonio cio destro di Lula, e il modo in cui è scaturita, spingono a correre quel rischio. Per a Roma il 26 giupiù di un motivo: perché da Silva è il prigno scorso. Ma non nel mo sudamericano al vertice dell’agenzia palazzo in stile razionalista voluto dal Duper l’Alimentazione delle Nazioni Unite in ce per il ministero delle Colonie africane, 66 anni di storia; perché la sua elezione ha che ospita dal 1951 il quartier generale deli connotati di uno scontro alla Davide la Food and Agricolture Organization contro Golia, in cui il brasiliano, sostenu(Fao). Nell’aula delle sessioni plenarie, doto dai Paesi in via di sviluppo, ha sconfitto ve si stava eleggendo il nuovo direttore geper appena quattro voti (92 a 88) il candinerale, c’era tutt’altro clima. Si respiravano dato dei Paesi ricchi, l’ex ministro degli tensione e stupore. L’elezione del brasiliaEsteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos; no José Graziano da Silva ha chiuso i 17 perché (e forse questo è l’aspetto di maganni del senegalese Jacques Diouf e ha colgiore curiosità), Da Silva nel suo Paese è to molti di sorpresa. Tanto che, da subito, è circolata una domanda: che corso prenderà ora la Fao? A faL’ex braccio destro di Lula è re previsioni, si sa, c’è sempre il il primo sudamericano alla guida rischio di farsi smentire dai fatdell’agenzia Onu. Dal mondo delle ti. Ma, la nomina dell’ex bracOng trapelano segnali di speranza ERA IL SOLE (E LA PRIMA AFA

C’

ESTIVA)

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noto per essere stato artefice dell’ambizioso programma Fame Zero, che ha salvato decine di milioni di brasiliani dalla povertà estrema (vedi BOX ).

Il tema caldo dell’agricoltura A nutrire le maggiori speranze sembrano essere le Ong che, in modo più o meno esplicito, hanno mostrato fin da subito una certa simpatia per il candidato carioca. E sono da tempo preoccupate che il declino dell’organismo delle Nazioni Unite possa indebolire ulteriormente gli interventi per la lotta alla fame. L’ultimo campanello d’allarme in tal senso si era avuto pochi giorni prima dell’elezione di da Silva: «In occasione del G20 sull’Agricoltura - spiega Alberta Guerra, Food policy officer di Action Aid International - è stato presentato il rapporto

FAO FOOD PRICE INDEX

FAME ZERO IN BRASILE

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È UNA STRATEGIA TRASVERSALE quella che ruota attorno al programma noto come Fome Zero, introdotto dall’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e coordinato dal neodirettore Fao. Un bilancio iniziale di mezzo miliardo di dollari, oltre 50 iniziative diverse, un unico obiettivo: abbattere la malnutrizione. Aiuti finanziari alle famiglie più povere, costruzione di cisterne di acqua nelle aree semi-aride del Paese, apertura di ristoranti low cost, educazione alimentare, distribuzione di vitamine e integratori, sostegno alla piccola agricoltura, accesso al microcredito. I risultati, dopo 7 anni, parlano di 46 milioni di brasiliani salvati dalla povertà estrema. Il Programma Onu per lo Sviluppo ha calcolato che l’80% dei benefici sono arrivati alle famiglie più povere. La Banca mondiale ha ammesso che le entrate delle fasce più bisognose sono salite del 25%. E anche l’istruzione ne ha tratto giovamento: il programma prevede infatti che, nelle scuole pubbliche, i bambini ricevano gratuitamente un pasto al giorno (due nelle aree più depresse).

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1,5 MLD PRODUTTORI

IMPRESE ALIMENTARI NESTLÈ, LA PIU GRANDE COMPAGNIA ALIMENTARE, CONTROLLA L’80% DELLA PRODUZIONE DI LATTE IN PERÙ E NEL 2000 ERA LA PRINCIPALE AZIENDA ALIMENTARE IN BRASILE

Agriculture Outlook 2011, prodotto non tanto dalla Fao quanto dall’Ocse, dal Fondo monetario, dalla Banca mondiale e dal Wto. Un segnale che, tra gli addetti ai lavori, molti leggono come un tentativo di ridurre il suo peso sul tema agricoltura». Attorno al quale ruotano interessi economici stellari: a fronte di 7 miliardi di consumatori, rivela un rapporto di Oxfam (vedi GRAFICO ), ci sono 500 aziende che controllano il 70% dell’offerta di cereali, quattro compagnie (Dupont, Monsanto, Syngenta e Limagrain) sovraintendono a oltre la metà della vendita di semi e tre marchi (Cargill, Adm e Bunge) si spartiscono il 90% del commercio di mais, grano e frumento. È plausibile che il neodirettore generale possa invertire la rotta? «La sua è una candidatura complessa», osserva Guerra.

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PRODUZIONE DI CEREALI IN NORD AFRICA

QUATTRO COMPAGNIE (DUPONT, MONSANTO, SYNGENTA E LIMAGRAIN) DOMINANO PIU DEL 50% DELLE VENDITE DI SEMI A LIVELLO GLOBALE

CONSUMATORI

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TRA LE ANALISI PRODOTTE PERIODICAMENTE DALLA FAO c’è anche un indice - il Food Price Index - che misura di mese in mese i prezzi delle materie prime alimentari: un paniere di 55 prodotti, dai cereali al latte, dalla carne agli olii. Il GRAFICO , negli ultimi mesi, evidenzia una ripresa della corsa dei prezzi, come era già accaduto nel 2007, prima dell’inizio della crisi finanziaria. Ma, spulciando tra i rapporti dell’Agenzia Onu, si possono notare altre cose interessanti: come il dossier Crop Prospects and food situation di inizio 2011, dedicato alle previsioni di raccolte cerealicole mondiali. Tra i tanti segni negativi, saltano agli occhi quelli dei Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo. Nel Nord Africa (vedi TABELLA ) la produzione è calata del 10%. Tra i dati peggiori, quelli di Egitto (-15%) e Tunisia (-52%). A conferma del legame già rilevato (Valori n. 87) tra la crisi agricola e le rivolte che hanno rovesciato questi governi.

CHI CONTROLLA IL SISTEMA ALIMENTARE?

COMMERCIANTI I PROFITTI DI WAL-MART HANNO RAGGIUNTO 400 MILIARDI DI DOLLARI NEL 2009, COME IL PIL DI TUTTI I PAESI A BASSO REDDITO

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CIBO: I PREZZI S’INFIAMMANO. E CAUSANO RIVOLTE

500 COMPAGNIE CONTROLLANO IL 70% DELL’OFFERTA

7 MLD

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GROSSISTI ED ESPORTATORI CARGILL, BUNGE E ADM CONTROLLANO QUASI IL 90% DEL COMMERCIO DEI CEREALI

«Che un esponente del Brasile, Paese in forte crescita, guidi la Fao è un segnale forte - continua Guerra - ma il Brasile stesso è una realtà complessa. Gli interessi dei produttori di biocarburanti possono farsi sentire. Certo, da Silva è un grande esperto di agricoltura e malnutrizione. Ed è possibile che, con un Paese forte alle spalle, riesca a salvare la Fao dalla deriva tecnicistica che l’ha attanagliata negli ultimi anni per farle recuperare il proprio ruolo politico».

Le sfide di Graziano Un ruolo politico che le Ong sperano sia usato per incentivare un cambio di rotta nelle politiche agricole: «Da Silva ha tre compiti davanti a sé», commenta Elisa Bacciotti, direttrice Campagne e cittadinanza attiva di Oxfam Italia. «Rimettere al centro degli inter|

ALGERIA

venti gli agricoltori di piccola scala e le donne; fermare l’insostenibilità dell’attuale metodo di produzione agricola mondiale; agire per riformare i mercati alimentari globali e porre un freno alle manovre speculative. Sfide che il G20 ha dimostrato di non saper affrontare». La sfida del neodirettore Fao è di riuscire, attorno a questi tre nodi, a costruire un consenso tra gli Stati. Non tanto per attuare interventi dirigisti che intervengano direttamente sulla piaga-fame. «Piuttosto la Fao con da Silva può avviare un quadro di iniziative che agevolino gli Stati membri ad intraprendere strategie analoghe al Fome Zero brasiliano ma calate nelle realtà locali». Perché su una cosa nessuno discute: non c’è una ricetta preconfezionata che rimetta al centro i piccoli agricoltori. E non esiste un’unica soluzione alla fame nel mondo.

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FONTE: CROP PROSPECTS AND FOOD SITUATION FAO 2011

Un vertice della Food and Agriculture Organization (Fao), nella sede di Roma.


| finanzaetica | FONTE: FAO

| finanzaetica | speculazione alimentare |

Nella pagina accanto, la foto di gruppo dei ministri dell’Agricoltura del G20, all’ultimo summit di Parigi. Qui a fianco, José Graziano da Silva, neo-direttore generale della Fao.

INDICE DEI PREZZI REALI DEI BENI ALIMENTARI Fao

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ANDAMENTO DEI PREZZI SUL MERCATO DI CHICAGO GENNAIO 2010 - GIUGNO 2011 GRANO

G20 Agricoltura Un fallimento annunciato di Andrea Barolini I TRATTAVA DI UNO degli appuntamenti più attesi per la presidenza francese del G20, che si concluderà nel prossimo novembre a Cannes. Ma è stato un mezzo disastro. Il consesso del Venti dedicato all’agricoltura

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non è riuscito a fornire una risposta a una delle questioni che maggiormente preoccupano chi ha a cuore l’economia reale di tutto il mondo: le speculazioni che negli ultimi mesi hanno colpito i beni alimentari sui mercati internazionali.

L’IMPENNATA «DEVASTANTE» DEI BENI ALIMENTARI Da mesi le pressioni sul livello dei prezzi dei beni alimentari hanno spinto al rialzo il costo del cibo in tutto il mondo. Soprattutto nei Paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo. L’indice della Food and Agricolture Organisation (Fao) ha segnato infatti solo nel mese di giugno un rialzo di tre punti percentuali, raggiungendo quota 234 punti. Complessivamente, dall’inizio dell’anno l’aumento è stato del 39%. In termini reali (calcolando come base 100 i prezzi del triennio 2002-2004, il dato raggiunge i 205,3 punti. Vedi GRAFICO ). A fornire una nuova spinta all’inflazione è stata la diminuzione della produzione di zucchero da parte del Brasile, che ha comportato un’improvvisa carenza a livello internazionale. Il risultato è stato un aumento del 14% del prezzo del bene. In Cina, allo stesso modo, l’inflazione ha toccato a giugno il 6,4%, nonostante le politiche monetarie restrittive messe in atto dal governo di Pechino e dalla Banca del Popolo. E tra i prodotti che sono cresciuti maggiormente figurano proprio quelli alimentari, che hanno segnato un +14% (anche in questo caso si tratta del rialzo più marcato degli ultimi tre anni). Un picco record, in particolare, l’ha registrato la carne di maiale, fortemente consumata in Cina, che ha subito un rincaro del 57%. Ma l’inflazione sul cibo è palpabile anche in numerose economie avanzate. Nel Regno Unito, ad esempio, il costo medio per l’acquisto di prodotti alimentari è salito del 4,9% solamente nel mese di maggio, segnando l’aumento più marcato degli ultimi 23 mesi. Una dinamica che secondo il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, potrebbe provocare «effetti devastanti» nei prossimi anni.

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A vincere sono stati gli interessi nazionali La riunione dei ministri dell’Agricoltura, che si è tenuta alla fine di giugno a Parigi, aveva infatti come principale obiettivo quello di concordare una strategia per combattere la volatilità dei prezzi alimentari e aumentare la trasparenza nel settore. Ma già dopo gli incontri preparatori il ministro delle Politiche agricole parigino, Bruno Le Maire, aveva parlato di “profonde divergenze”, lasciando intendere che difficilmente si sarebbe potuto trattare di un incontro “storico”. Una sconfitta anche per il presidente Nicolas Sarkozy, dal momento che era stata proprio la Francia a premere per decisioni importanti. Alla fine il Gotha dell’agricoltura globale è riuscito a trovare un compromesso solamente su cinque punti. Il primo riguarda la “produzione agricola e la produttività” e prevede in particolare maggiori investimenti per la ricerca e lo sviluppo, oltre a non meglio precisati “trasferimenti di tecnologia dal Nord al Sud del mondo”. In secondo luogo, si punterà a “incrementare la trasparenza e le informazioni nei mercati fisici”, grazie a una nuo-

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Il consesso internazionale non è riuscito a fornire risposte al fenomeno più problematico e preoccupante: quello delle speculazioni. L’accordo è al ribasso, nonostante la presidenza francese vi avesse puntato fortemente.

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va raccolta dati che sarà affidata alla Fao. Quest’ultima dovrà, infatti, creare un database globale e monitorarne l’andamento, provvedendo poi (entro il 2012) alla pubblicazione di un primo rapporto. Il terzo punto riguarda invece un “maggiore coordinamento delle politiche internazionali”, al fine di prevenire misure commerciali simili alla moratoria sulle esportazioni che è stata decisa unilateralmente dalla Russia nell’estate del 2010. Il Cremlino, in quell’occasione, aveva di-

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chiarato un embargo totale del suo export di grano, in seguito alla siccità e agli incendi che avevano devastato vaste porzioni del suo territorio. Il che provocò immediatamente una forte volatilità nel mercato (a dimostrazione di quanto i prodotti alimentari siano sensibili agli scossoni). Il quarto impegno assunto dal G20 Agricoltura è legato alla “riduzione degli effetti sulla vulnerabilità”, che si tradurrà nell’introduzione di “riserve d’emergenza” di cibo e in facilitazioni nell’accesso al

credito garantite dalla Banca mondiale. Ma è l’ultimo punto, quello legato alle nuove regole che avrebbero dovuto essere applicate ai mercati finanziari, a deludere fortemente: su tale questione i Venti sono rimasti estremamente vaghi. La responsabilità dei controlli è stata delegata ai ministri delle Finanze e ai governatori delle Banche centrali: ovvero ricalcando esattamente l’attuale sistema di vigilanza. Per questo la stampa internazionale ha parlando senza remore di “fallimento annunciato”.

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FONTE: LE MONDE

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La soia vola

Killeraggio politico

Mucca pazza addio Oppure no?

Il candidato di fango di Paola Baiocchi

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UANDO NEL 1957 VANCE PACKARD SCRISSE I persuasori occulti,

dall’ombelico dell’Europa Roberto Ferrigno

il mondo della pubblicità aveva già capito che le leve migliori da muovere non sono quelle razionali, ma quelle emozionali e che un candidato politico può essere venduto come un sapone da bucato. Gli agenti pubblicitari cominciavano ad avvalersi di psicolinguisti, neurofisiologi, ipnotisti e psicobiologi: “Le tecniche usate per scandagliare l’inconscio vennero per la maggior parte - scriveva Packard - prese a prestito direttamente dalle cliniche psichiatriche”. Le successive scoperte delle neuroscienze sono subito state messe al servizio del marketing, contribuendo a creare strategie di politica mediatica. Manuel Castells nel suo Comunicazione e potere mette nero su bianco parecchi di questi metodi, che hanno avuto un grande sviluppo grazie alla “personalizzazione della politica”. Andiamo a vedere se, per caso, vengono utilizzati anche in Italia. Dato che, dice Castells, le immagini negative hanno un effetto più efficace sul comportamento di voto di quelle positive, il killeraggio politico è l’arma più potente della politica mediatica. Così una componente chiave di ogni campagna politica è la “ricerca sull’opposizione”, fatta da specialisti che negli Stati Uniti hanno già prodotto della letteratura, come Confessions of a Political Hitman*, scritto da Stephen Marks, un consulente dei repubblicani che passava il tempo, secondo le sue parole, a “scavare nel fango” per distruggere le opportunità elettorali degli avversari dei suoi clienti, di solito candidati democratici, ma anche altri repubblicani da sconfiggere alle primarie. L’incarico richiede ai medici del raggiro (spin doctors) di identificare mediante i sondaggi e i consulenti politici i punti deboli degli avversari e poi di cominciare a scavare nella loro vita privata. “Le informazioni raccolte - continua Castells vengono elaborate alla luce di ciò che sarebbe più controproducente secondo i sondaggi e vengono infine trasformate in messaggi ai media, o come spot pubblicitario lesivo o come informazione lasciata trapelare a giornalisti ben collocati, con tanto di prove visive a corredo quando possibile”. Ogni campagna deve anche accumulare informazioni di rappresaglia per rispondere agli attacchi, ma anche da usare come deterrente. Immaginiamo che, nel caso di candidati ugualmente ricattabili, si produca una situazione informativa di stallo. Mentre i consulenti fanno ricerche sull’opposizione, compiono anche la “valutazione di vulnerabilità” sui punti deboli del proprio candidato, per prevenire attacchi a sorpresa. Una volta completate le ricerche, ai signori della black propaganda serve ora l’aiutino dei media ai quali far arrivare una “fuga di notizie”. Ma tutto questo cosa c’entra con l’informazione?

L 2011 È STATO UN ANNO TERRIBILE per la sicurezza alimentare in Europa. Dopo la grave contaminazione da diossine dei mangimi che portò alla chiusura di oltre 4.700 allevamenti tedeschi, con ripercussioni in Olanda e Belgio, in giugno è esploso il caso dell’Escherichia coli (E.coli), con una versione particolarmente tossica del batterio che ha provocato decine di vittime, causando danni permanenti ad almeno 800 persone. L’origine della contaminazione resta sconosciuta, dopo che sul banco degli accusati erano finiti i cetrioli spagnoli e i semi di soia tedeschi. Nel frattempo si procede speditamente verso la fine della proibizione dell’uso di mangimi animali, misura adottata nel 2001 a seguito dell’esplodere del morbo della “mucca pazza”. Il bando delle farine animali negli allevamenti europei ha permesso di diminuire drasticamente, ma non eliminare, i casi di mucca pazza. Per questo motivo, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha espresso cautela sull’ipotesi di un ritorno ai mangimi animali. Eppure la Commissione europea tira dritto per la sua strada, sottoposta a pressioni delle lobbies agro-alimentari che caldeggiano l’abolizione del bando in nome di una presunta carenza di proteine negli attuali mangimi. In realtà è l’aumento dei prezzi della soia sui mercati internazionali a preoccupare. La soia proviene da Brasile, Argentina, Stati Uniti e India e il suo prezzo è balzato nel 2011 del 34% con oltre 24 milioni di tonnellate importate. Finora gli aumenti sono stati pagati dagli allevatori, i cui margini di guadagno si restringono sempre più. Ma, con la crisi che perdura, la prospettiva di eventuali aumenti al consumo terrorizza la Commissione. Il ritorno dei mangimi animali potrebbe quindi contribuire a calmare i prezzi della carne. Ma con quali possibili conseguenze per la salute degli europei?

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* Confessioni di un killer politico: la mia vita segreta di scandali, corruzione, ipocrisia e sporchi attacchi che decidono chi è eletto (e chi no) |

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economiasolidale | Il futuro dei gruppi d’acquisto | Uno dei momenti dell’assemblea nazionale dei Gas-Des il 25 e il 26 giugno a L’Aquila. A parlare (in piedi, sulla destra della foto) Davide Biolghini, del tavolo Res-Italia.

Gas al bivio

Verso un mondo a geometria variabile?

Il mondo gasista deve strutturarsi o no? Il nodo-rappresentanza irrompe all’assemblea annuale de L’Aquila.

di Emanuele Isonio AGLI ACQUISTI di formaggi, frutta e verdura al ruolo di cittadinanza attiva vero e proprio. Questo è il vero nodo: si è pronti per questo passaggio? E, soprattutto, c’è il rischio di uno strappo in cui il movimento dei Gas, fatto di persone

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DANIELE CAVALLOTTI / WWW.DANIELECAVALLOTTI.INFO

Le posizioni sembrano molto distanti, tra chi ritiene inevitabile strutturarsi e chi, al contrario, teme che questo snaturi il Dna del movimento.

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economiasolidale Finanza etica e Gruppi d’acquisto: due poli in avvicinamento| >44 Pasta, una filiera in lotta contro la speculazione >46 Giornate di Bertinoro 2011, rivoluzione federale. Ma civile >50

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I TEMI CHIAVE DISCUSSI A L’AQUILA RAPPORTI CON IL COMMERCIO EQUO La conoscenza del commercio equo da parte dei Gas è limitata e vanno superati i problemi nel rapporto con le Botteghe. I progetti che hanno finora funzionato avevano due elementi in comune: alleanze Gas-Botteghe costruite prima del progetto e una ricaduta locale delle iniziative internazionali. L’assemblea suggerisce quindi di favorire l’incontro continuativo tra Gas e botteghe, partendo da progetti concreti: filiera della lana, vendita di prodotti sfusi, coinvolgimento dei Gas nelle campagne del ComES, organizzazione di incontri conoscitivi.

CONTRIBUTO DEL SUD Un elevato capitale relazionale, ma altrettanto alte difficoltà a strutturarsi in reti: sono le caratteristiche del Sud Italia. Per superare questo paradosso che frena la diffusione dei Gas, l’assemblea suggerisce di costruire progetti per conoscere i produttori del Meridione (magari coinvolgendo anche gli operatori del turismo sostenibile), per costruire “filiere territoriali chiuse” e rapporti di mutualità tra territori. Previsto un incontro organizzativo in Basilicata entro l’autunno.

che vogliono fare solo degli acquisti, non segua un’avanguardia che vuole andare oltre, con l’acquisizione di un ruolo pubblico a pieno titolo?”. Concludevamo così, tre mesi fa, l’articolo che annunciava l’assemblea annuale dei Gas a L’Aquila (Valori n.90, di giugno 2011). Eravamo stati facili profeti. Perché l’incontro 2011 dell’universo gasista sarà probabilmente ricordato come un punto di snodo cruciale per la vita del movimento.

Cosa fare da grandi

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DEFINIZIONI NORMATIVE Tra i gasisti c’è un generale apprezzamento verso la Finanziaria 2008 che ha dato certezza normativa al mondo dei GAS. Al contrario, non è vista di buon occhio la “frenesia legislativa” di varie Regioni, senza una partecipazione attiva o consultazioni con la rete dei gruppi d’acquisto solidali. Tra i gasisti non si sente l’esigenza di ulteriori definizioni normative. Ma a livello di Rete nazionale, si invierà un documento unitario ai presidenti di Regione per proporsi come soggetti di interlocuzione.

NUOVA AGRICOLTURA A L’Aquila, come già a Osnago nel 2010, si è ribadita la volontà di lavorare sulla trasformazione dei sistemi di produzione, per fare dell’agricoltura un elemento di cambiamento del territorio, e sulla creazione di sistemi di garanzia partecipata. Per questo, si proporranno reti regionali composte da Gas, Des e rappresentanti degli agricoltori (Aiab, Ari, Asci etc.) e l’adesione alla rete Semi rurali, per progetti sul tema delle sementi all’interno dei distretti.

LE FILIERE NON FOOD Molti gruppi sentono l’esigenza di acquistare anche beni non alimentari. Ma la conoscenza di diverse filiere è ancora limitata e il tema è molto complesso. D’altro canto, i produttori spesso non conoscono il mondo dei Gas e il portato del concetto di “solidale” (tracciabilità, trasparenza, prezzo equo, valori ambientali e sociali). Si è quindi creato un gruppo di lavoro permanente produttori-consumatori per aumentare la reciproca conoscenza e stabilire criteri condivisi per la valutazione etica delle produzioni.

SPECIALE GAS AL BIVIO

LA PROPOSTA / 1 UN BUNDESRAT DEL MONDO SOLIDALE

LA PROPOSTA / 2 FINANZA A MISURA DI GAS

TRA IL SERIO E IL FACETO, nelle interviste fatte per capire che aria tirava nel mondo Gas, abbiamo lanciato questa idea, che non sembrava dispiacere a nessuno degli intervistati: e se il problema della rappresentanza si risolvesse con un organismo che adattasse all’esperienza gasista quella del Bundesrat tedesco? Il Bundesrat, nel modello costituzionale teutonico, è di fatto una seconda Camera: non eletta a suffragio universale dai cittadini (come avviene per il Bundestag), ma composta dai rappresentanti dei governi dei vari Länder, i quali inviano propri delegati, che però non sono liberi di votare come vogliono, ma ricevono un mandato da parte di chi li ha designati. Il Bundesrat non ha il potere di sindacare le questioni di competenza dei singoli Länder, ma decide su questioni che riguardano tutti i Länder e al suo interno i vari delegati possono portare le esperienze più significative che sono state sviluppate nel territorio d’appartenenza. Applicandolo ai Gas, si potrebbe immaginare che tutti i gruppi di un certo territorio (provincia o regione) inviino un proprio rappresentante all’interno di un Distretto dell’economia solidale. E che, i vari rappresentanti di ciascun Des designino un delegato per un organismo superiore, creato a livello nazionale. In questo modo, i singoli Gas non perderebbero alcuna autonomia. Ma gli obiettivi comuni potrebbero essere meglio tutelati, trasformando il Des in un soggetto che svolge azione “politica” a livello locale. E il “Bundesrat gasista” potrebbe rappresentare il mondo Gas quando si tratta di affrontare temi che valicano il mero ambito territoriale. E potrebbe far pesare di più l’opinione delle centinaia di migliaia di persone che ruotano attorno alla galassia solidale. Un modo per non mortificare la volontà delle avanguardie senza intaccare l’autonomia delle retroguardie. Em. Is.

IL RAPPORTO TRA I GAS (e in misura minore i Des-Distretti di Economia Solidale) e la finanza etica sembra vivere degli stessi ossimori che agitano il mondo della finanza mainstream quando deve affrontare delle proposte e pratiche etiche. Come il banchiere del Vaticano Gotti Tedeschi sostiene che la finanza etica non esiste (ma non precisa meglio se questa non esistenza in vita sia dovuta a un mancato concepimento o all’impossibilità di coniugare la finanza con principi etici), nei Gas serpeggia l’idea che la finanza etica sia più etichetta che sostanza, perché l’unico rapporto che si può avere con il mondo del credito e della finanza è quello di prossimità. Un clima che si è respirato anche nel gruppo di lavoro dell’Assemblea nazionale Gas-Des de L’Aquila laddove molti rappresentanti dei Gruppi di acquisto hanno illustrato soluzioni concrete, messe a punto a livello territoriale, lamentando, anche con elementi oggettivi, una scarsa o nulla capacità del sistema italiano di finanza etica di rispondere alla domanda molto concreta che è emersa ed emerge da questo mondo. Mi sono quindi permesso, come esperto, di lanciare alcune provocazioni in una prospettiva di mediolungo-termine, che vada al di là dell’eventuale individuazione di specifici prodotti di natura bancaria rivolti al circuito Gas-produttori. A mio parere il sistema Gas-Des dovrebbe interrogarsi sull’utilizzo di alcuni strumenti che caratterizzano la finanza mainstream, ma sui quali il mondo della finanza etica, anche a livello internazionale, ha elaborato soluzioni assolutamente interessanti: 1) fondi di investimento che abbiano come finalità il sostegno dei Des; 2) eventuale costituzione e promozione di fondi di private equity; 3) libretti di risparmio per il sostegno dei Gas-Des; 4) una sorta di Tobin tax per la ricerca nel mondo dell’economia solidale. Spero che, anche alla luce del dibattito e delle possibili relazioni con il mondo dell’agricoltura che era riunito in un parallelo gruppo di lavoro, questo confronto di idee possa proseguire e faccia scaturire al più presto un manifesto della finanza etica per il sistema Gas-Des. Andrea Di Stefano

Un movimento ormai troppo grande per pensare solo a zucchine, insalata, latte e caciotte (i gruppi registrati alla rete Gas sfiorano ormai le mille unità, coinvolgendo quindi centinaia di migliaia di famiglie). Troppo giovane per non aver voglia di pensare in grande, ampliando i settori d’intervento. Ma forse troppo eterogeneo per non escludere l’ipotesi di una scissione. O quantomeno, di un “universo a geometria variabile”. Il rischio è sul tavolo e nessuno dei presenti all’Aquila si sente di negarlo. difficile sarà convincere quanti invece hanLa maturità del movimento si vedrà probano paura di perdere la caratteristica di mobilmente nella sua capacità di inventarsi vimento autorganizzato». un modo per tenere insieme avanguardia e E, infatti, tra chi preme per un salto in retroguardie. Tutte le posizioni sono legitavanti dei Gas in direzione di una maggiotime, ovviamente. Bisognerà capire quanto re organizzazione, c’è una certa sfiducia: saranno tra loro compatibili. «Noto che il mondo Gas è ancora un po’ «L’Aquila sarà ricordata - commenta Paacerbo», ammette Giuseppe De Santis del trizio Monticelli, presidente di Mag2 Finandistretto dell’economia solidale della ce, che guidava il gruppo di lavoro sulla fiBrianza. «C’è una refrattarietà di base a pernanza etica - perché da un’affermazione cepirsi come soggetto politico. Personalgenerica sull’importanza dei Gas ci siamo chiesti che cosa vogliamo fare da grandi. Ho percepito da parI Distretti dell’economia solidale te di alcuni una forte esigenza potrebbero essere lo strumento di avviare un percorso di strutideale per rafforzare i Gas, turazione del movimento. Il tutelando la loro libertà di scelta | 42 | valori |

FINANZA ETICA PER I GAS Il grande ostacolo da superare è la resistenza di molti gasisti verso le pratiche di finanza etica e la ritrosia rispetto al tema-denaro. A L’Aquila si è quindi deciso di avviare iniziative per far conoscere meglio il settore e gli operatori di finanza etica si sono impegnati a presentare proposte specifiche, al servizio dei Gas. Sul medio periodo è prevista l’istituzione di tavoli regionali sulla finanza etica. Si cercherà poi di creare strumenti finanziari per sviluppare i Des (Distretti di economia solidale) e per accedere ai fondi Ue.

mente mi sono un po’ stufato di sentire che i Gas non si devono rappresentare e devono rifiutare ogni delega». Il timore, per chi sostiene l’esigenza di un salto in avanti (e sono in molti, tra quelli che lavorano più assiduamente nella rete Gas) è che questo rifiuto della delega riduca il portato innovatore dell’universo Gas. Una galassia attorno alla quale ruotano ormai centinaia di migliaia di persone. Più grande, per capirsi, di vari partitini dell’area “antagonista”: «Vogliamo davvero incidere sul tessuto sociale? Vogliamo far valere, anche nei confronti degli amministratori locali e dei decisori pubblici, la nostra massa critica? Allora dobbiamo affrontare il nodo-rappre-

sentanza. L’agire politico è fatto di deleghe», aggiunge De Santis. D’altro canto, c’è chi, invece, come Mauro Serventi, del Gas di Fidenza (primo Gruppo d’acquisto sorto in Italia), teme che proprio la rappresentanza snaturi «l’esperienza dei gruppi d’acquisto solidali, che sono un soggetto di primo approccio all’economia solidale e tale devono rimanere. Un mondo Gas organizzato come un “partito” che a livello nazionale decidesse cosa è giusto o non è giusto fare, spunterebbe l’arma migliore del movimento, che risiede nella libertà di scelta di ogni singolo gruppo». Poste così le cose, una scissione sem-

brerebbe inevitabile. O quantomeno un “universo a più velocità” («non si può scindere ciò che non è mai stato unito», osserva giustamente Serventi). Ma forse la questione è meno dicotomica di quel che

È SOLO LA PRIMA PUNTATA L’esperienza dei Gruppi di acquisto solidale è giunta a un nodo cruciale. Potremmo essere alla vigilia di una vera svolta. I temi sul tavolo sono molti, l’assemblea nazionale che si è tenuta a L’Aquila lo ha dimostrato. Ci sembrava riduttivo renderne conto in un unico articolo. Così Valori ha deciso di dedicare al mondo dei Gas uno spazio su ogni numero per i prossimi mesi. Per approfondire tutte le articolate questioni in discussione in questo momento. Ogni contributo, confronto, dibattito proveniente dai gasisti è ben accetto e assolutamente gradito (ricordando che in un mensile, abbiamo tempi di pubblicazione un po’ rallentati). Sul prossimo numero parleremo del rapporto tra Gas e agricoltura. Ogni contributo è ben accetto. Scrivete a: redazione@valori.it.

sembra: perché, in fin dei conti, nessuno dei sostenitori dell’ipotesi-rappresentanza vuole creare un organismo che decida per conto dei singoli Gas. Come, nessuno dei sostenitori dell’opzione opposta rifiuta tout court organismi che possano dar forza al credo gasista. In questo senso, investire sui Distretti dell’economia solidale (i famosi Des), potrebbe essere la scelta giusta. O creare un sistema piramidale: per semplificare, si potrebbe chiamare modelloBundesrat (vedi BOX ). Un modo per salvare autonomia decisionale di ogni gruppo, ma creando uno strumento che sia in grado di fare una sana azione di lobby quando necessario.

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DURA LA VITA SENZA FINANZIAMENTI

Finanza etica e Gas Due poli in avvicinamento Diffidenza, scarsa conoscenza, mancanza di strumenti adeguati: si cercano percorsi comuni di crescita. di Emanuele Isonio per i Gruppi d’acquisto solidale, probabilmente un pezzo di storia gastronomica lombarda sarebbe svanito nel nulla. La vicenda del Caseificio biologico Tomasoni è (giustamente) un fiore all’occhiello dei fautori dell’economia alternativa: 200 anni di attività a Gottolengo, pochi chilometri a sud di Brescia. Dal 1815 a fare Grana padano, ricotte e robiole. Un’eccellenza. Che però era a un passo dalla chiusura per l’impennata delle produzioni industriali, spinte dalla crescente domanda di grana a basso costo. Nel 2008 la crisi: il prezzo del latte cresciuto del 25%, un’esposizione bancaria di oltre un milione e mezzo di euro. Serviva un finanziamento di 150 mila euro. Ma le banche tradizionali nicchiavano. La ciambella di salvataggio è arrivata dal tam tam tra gasisti di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Milano che hanno pagato in anticipo il proprio acquisto di grana stagionato 36 mesi. L’impresa, però, è stata possibile perché, accanto ai Gas (che hanno raccolto direttamente 91 mila euro) c’era Mag2 Finance, storico intermediario finanziario milanese, che ha fatto da collettore di altri 30.880 euro e concesso un fido triennale di ulteriori 30 mila. Totale: 140 mila euro in 40 giorni.

S

E NON FOSSE STATO

Due volti dello stesso mondo

è quindi un caso che a L’Aquila uno dei sei gruppi di lavoro sia stato dedicato proprio ai rapporti con la finanza etica: due entità dello stesso universo, che però non collaborano a pieno. E forse non si conoscono abbastanza: il che potrebbe spiegare perché, tra i gasisti, molti criticano i pilastri della finanza etica italiana (le Mag e Banca Etica) per non essere abbastanza al loro fianco. E perché, al contrario, tra gli operatori finanziari etici si sospetta una loro scarsa attenzione sul tema finanza. «Il movimento dei gruppi d’acquisto sta crescendo in maniera importante. È il momento che si affronti seriamente il tema dei metodi di finanziamento, per crescere ancora e incidere di più sul tessuto produttivo e sociale», spiega Patrizio Monticelli, presidente di Mag2 Milano e coordinatore del gruppo di lavoro sulla Finanza etica durante l’assemblea aquilana dei Gas. «Temo però che ci sia ancora una scarsa consapevolezza di quanto gli strumenti finanziari etici siano importanti per la diffusione del consumo critico». «Bisogna superare una certa ritrosia a dialogare con chi eroga credito e scardinare l’idea, sbagliata, che la finanza sia uno strumento neutro», aggiunge invece Paolo Ferraresi, del settore Innovazione di Banca Etica. In effetti, nello stesso documento finale de L’Aquila si parla di “un immaginario negativo nei confronti del tema-denaro”. E, più o meno sottotraccia, si percepiscono tra i gasisti sacche di diffidenza: «Quando si è

Ma non tutte le storie hanno un finale altrettanto lieto. Molti Gas per scarsità di fondi non riescono ad Nell’assemblea de L’Aquila avviare progetti meritevoli. Altri è stato deciso di avviare tavoli ci riescono, ma solo affrontando regionali per far dialogare parecchi ostacoli (vedi BOX ). Non queste due realtà | 44 | valori |

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trattato di cercare finanziatori per il nostro progetto di costruzione di un impianto fotovoltaico, abbiamo deciso di provare a raccogliere l’intera somma con azioni “dal basso”», ammette Massimo Bedoni, del gruppo Energia di Intergas. «Per quanto nessuno abbia mai palesato scetticismo verso il circuito dei finanziamenti etici, è prevalsa l’idea che essere indipendenti da tali meccanismi eviti di ricorrere a risorse economiche che non sono mai trasparenti al 100%». «Almeno il 70% dei miei colleghi fa parte di un Gas», replica Ferraresi. «Apparteniamo allo stesso mondo e ci accomunano gli stessi desideri di cambiamento sociale. Ma ben vengano le critiche a Banca Etica: segno che le si riconosce un ruolo cruciale nel Terzo settore».

Strumenti poco concorrenziali A proposito di critiche. Due sono quelle che i membri dei Gas sollevano con maggiore frequenza: l’assenza di prodotti specifici e le difficoltà operative a lavorare con Banca Etica. Su tutte, le condizioni sfavorevoli rispetto a quelle offerte da altri istituti di credito. «Deve essere un do ut des», osserva Fabio Comazzi, dell’associazione GasBio di Oleggio. «Noi gasisti dobbiamo investire di più sulle Mag e su Banca Etica. Gli istituti dovrebbero però offrire servizi più competitivi, metterci a disposizione conti correnti che funzionano, pensati sia per i Gas sia per i singoli correntisti. Altrimenti, scegliere altri istituti diventa inevitabile». Ma per un percorso di crescita comune servono conoscenza del tema finanza e consapevolezza della sua importanza: «Sono precondizioni essenziali», spiega Monticelli. «Ecco

DA LOMBARDIA E PIEMONTE ARRIVANO DUE ESEMPI di come lo scarso utilizzo degli strumenti finanziari etici renda più complesso il tentativo di dar vita ai progetti dei gruppi d’acquisto. Il primo coinvolge l’Intergas di Milano, una rete di 50 gruppi, che, da tempo ha un’idea in mente: realizzare un impianto fotovoltaico sul tetto della Cascina Santa Brera di San Giuliano Milanese, nel parco agricolo Sud Milano, che fornisce carne, uova e verdure ai gasisti. Realizzarlo significa aiutare i gestori della cascina a rimuovere l’eternit dal tetto del capannone e, al tempo stesso, assicurare una remunerazione dei capitali degli investitori. Costo dell’impresa, diventata operativa a marzo scorso: 113 mila euro. La ricerca di fondi tramite azionariato diffuso ha permesso finora di raccoglierne 60 mila (per partecipare all’investimento, consultare www.gruppoenergia.org): «L’inizio è abbastanza incoraggiante», spiega Massimo Bedoni del gruppo Energia di Intergas. «Il nostro sogno è usare sempre strumenti finanziari dal basso. Ma, certo, se in futuro, dovessimo replicare il progetto, magari acquisendo impianti idroelettrici dismessi da recuperare, i costi più alti imporrebbero il ricorso alla finanza etica». In Piemonte, invece, le 35 famiglie del GasBio di Oleggio hanno lanciato nel 2010 un progetto che semplificasse la vita dei gasisti nella composizione delle cassette con la frutta consegnata dai produttori e aiutasse persone diversamente abili a crearsi un percorso lavorativo. Insieme al Consorzio territoriale di servizi socio-assistenziali Cisas hanno potuto coinvolgere una decina di adulti seguiti da un educatore. Il finanziamento è stato garantito, per il primo anno, da un bando regionale del Piemonte. Ma ora l’anno è scaduto. «È un’esperienza piccola, ma molto importante non solo per le relazioni che genera. Noi gasisti vi destiniamo una parte del fondo costituito da una “tassa” del 3% sui nostri acquisti. Ma i soldi non bastano», spiega Fabio Comazzi di GasBio. «Perché Banca Etica non apre a queste piccole ma significative esperienze, magari con sistemi di microcredito o fondi di solidarietà ai quali attingere almeno per le fasi di start-up dei progetti? Ammetto che però noi gasisti sappiamo poco di quanti soldi la banca abbia a disposizione per simili iniziative. Un percorso condiviso potrebbe accrescere la fiducia reciproca e stimolare la creazione di servizi tagliati su misura per le nostre esigenze».

perché a L’Aquila si è deciso di creare dei tavoli sulla finanza etica in ogni regione, che favoriscano il confronto con il mondo dei Gas». La strategia di avvicinamento prevede poi un’altra mossa: quella di creare strumenti finanziari (come fondi di solidarietà) da mettere a disposizione di progetti da sviluppare a livello di distretti. «Quando un Gas prefinanzia un produttore, magari autotassandosi, può farlo anche da solo. Quando però i progetti si espandono, su scala regionale o nazionale, l’intervento di noi operatori finanziari diventa essenziale», commenta Ferraresi. Magari per dare una mano nella verifica della sostenibilità economica di un’idea e per agevolare la raccolta fondi. E i distretti, per la loro organizzazione e dimensione, ancora una volta, possono essere il livello più adeguato per realizzare progetti più ampi, assicurando, al tempo stesso, una gestione trasparente e partecipata delle risorse. La strada non è semplice. Ma la posta in gioco potrebbe essere un pungolo assai stimolante per tentare la sfida.

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I gasisti? Affezionati alla prossimità L’esperta: «Bisogna investire sui valori in comune».

«L

di doverle fare un’analisi un po’ pessimistica della questione?».

O SA CHE TEMO

Professoressa Signori, a me interessa che l’analisi sia sensata. Comunque, perché il rapporto tra Gas e istituti di finanza etica la rende pessimista? Ha presente il caso Tomasoni? Certo: il caseificio salvato grazie ai gasisti e alla Mag2 di Milano. È un caso esemplare. Oppure no? Assolutamente sì. Dimostra che cosa possono fare queste due entità se si coalizzano. Ci sto facendo una ricerca all’università, che evidenzia come la maggior parte dei gasisti che hanno salvato Tomasoni conoscevano gli strumenti finanziari etici, ma non li acquistavano. Come mai? Secondo me per pigrizia. Mi spiego: fare acquisti in modo critico è intrinseco alla mentalità gasista. Nel caso della finanza, manca quel qualcosa che facilita il passaggio dall’idea all’atto concreto. E la mobilitazione per Tomasoni? Lì c’era quell’elemento fondamentale: la prossimità. I gasisti vogliono un contatto diretto con i produttori. Vogliono contare direttamente in un progetto. In questo senso, rifiutano il concetto di intermediazione in sé. A prescindere dall’eticità dell’intermediario.

Silvana Signori insegna Etica d’impresa all’università di Bergamo. A sinistra, tre momenti dell’iniziativa di GasBio e del Cisas in favore dei disabili.

convincerli ‘‘ Per a usare gli strumenti finanziari etici, i Gas vanno fatti sentire parte attiva del progetto

’’

Quindi adieu al connubio con la finanza etica? No, a patto di sostituire la prossimità fisica, difficile da offrire nel caso della finanza, con quella valoriale: gli operatori finanziari etici devono mostrare ai gasisti gli obiettivi in comune. E rassicurarli sul fronte della trasparenza: ad esempio creando fondi su cui confluiscono i soldi dei Gas e che si usano per i loro progetti. Tracciare la provenienza e i flussi dei soldi, per banche che hanno rinunciato al segreto bancario, è semplice. Silvana Signori è docente di Etica d’impresa all’università di Bergamo. Oltre che per le sue competenze, abbiamo voluto intervistarla perché è membro di un Gas, socia di Banca Etica e consigliere d’amministrazione - indipendente - di Etica Sgr. Almeno nel suo caso, le varie anime di un modo nuovo di concepire economia e finanza riescono a convivere). Em. Is.

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| economiasolidale | CINQUE ANNI DI INDUSTRIA PASTARIA TRICOLORE 2006

2007

2008

2009

2010

3.519 1.321 3.225 1.694 5.014 150 8.300

3.757 1.478 3.228 1.700 5.024 148 7.904

4.714 1.922 3.162 1.636 4.912 148 7.929

4.449 1.720 3.198 1.662 4.961 147 8.197

4.303 1.682 3.247 1.722 5.034 139 8.197

FONTE: ISMEA

1) dato Unipi, 2) dato Istat

GRANO E PASTA: UN DECENNIO SULL’OTTOVOLANTE Confronto tra le variazioni % medie annuali del prezzo all’origine del frumento duro, di quello all’ingrosso della semola e dei prezzi dei prodotti acquistati dalle famiglie italiane GRANELLA DI FRUMENTO DURO ALL’ORIGINE ALL’INGROSSO

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ANDAMENTO DELLA PRODUZIONE, CONSUMO NAZIONALE E ESPORTAZIONI DI PASTE ALIMENTARI

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Produzione totale 3.101

3.083

3.000

Consumo nazionale

Esportazione 3.225 3.191

3.122

3.047

3.228

3.162

3.247

3.198

2.500 2.000 1.500 1.000 500 0

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2006

Partiamo dalle cifre più rassicuranti: il trend storico (vedi GRAFICO ) rivela che negli ultimi 10 anni la produzione si è stabilizzata sempre oltre i 3 milioni di tonnellate ed è in progressivo, lieve, aumento (+5,3% tra 2001 e 2010). Con i consumi casalinghi sostanzialmente stabili, a testimonianza di un mercato ormai saturo (mangiamo 26 chili di pasta a testa ogni anno, più del doppio dei vene-

Fin qui le note liete. Altri aspetti però agitano il futuro di chi lavora nella filiera. Qualche numero (vedi TABELLA ): in 30 anni i pastifici sono passati da 238 a 139 (-42%), gli addetti da 10 mila sono scesi a poco più di 8 mila. Nello stesso arco temporale la capacità produttiva potenziale è salita da 100 mila a 155 mila quintali al giorno. Tradotto: sul mercato rimangono solo i grandi gruppi (oggi i primi 5 marchi detengono il 70% delle vendite), quelli piccoli soffrono e non di rado chiudono. Ma non basta: la capacità produttiva è superiore alla quantità di pasta prodotta e venduta. «Questo aspetto - spiega Riccardo Felicetti, vicepresidente di Aidepi, l’associazione che riunisce le industrie del Dolce e della Pasta - rende il settore mol-

2005

Monopolio tricolore senza rivali

zuelani, secondi in classifica, vedi GRAFICO pagina successiva), l’incremento delle quantità prodotte testimonia un affetto crescente degli stranieri. Talmente in crescita da aver determinato il gran sorpasso: ormai da 6 anni i consumi esteri hanno superato quelli nazionali. «La pasta – spiega Emidio Mansi, responsabile commerciale di Garofalo, plurisecolare marchio campano – è un alimento anticiclico, che unisce enormi qualità nutrizionali a un gusto inconfondibile. Quindi, anche se la crisi porta a un taglio delle spese alimentari, le famiglie non si privano del piatto di spaghetti o di fusilli». Tra l’altro, il

Ma non mancano le spine

to aggressivo ed estremamente esposto alla competizione. Tutto ciò limita le capacità di investimento e lo sviluppo di nuovi prodotti. E i più “piccoli” non riescono a superare l’ambito più strettamente locale». I piccoli produttori, tra l’altro, hanno un altro Everest da scalare: quello della Gdo (Grande distribuzione organizzata),

2004

I

l’ultimo anno, qualche elemento di preoccupazione c’è comunque.

settore non deve angosciarsi, a differenza di altri, nemmeno per la concorrenza estera: un piatto di pasta su quattro nel mondo e tre su quattro in Europa sono made in Italy.

2003

TALIA = PASTA. Insieme a pizza, mafia e mandolino è una delle poche parole che, da sempre, ci sentiamo ripetere quando viaggiamo all’estero: non c’è latitudine in cui non si riconosca quel profondo legame ormai divenuto proverbiale. E, a leggere i dati del settore, quella valutazione sembra ancora fondata. L’amore per la pasta non conosce crisi in Italia e continua a crescere all’estero. Una volta tanto, dopo svariate filiere alimentari che mostravano molte ombre, sembra che il settore goda di una salute invidiabile. Ma, a leggere bene i dati, soprattutto se non ci si concentra solo sul-

1,9 3,5 2,3 -0,5 -2,2 1,4 6,3 29,3 -6,4 -7,5

In 30 anni i pastifici sono diminuiti del 42%, i primi cinque gruppi detengono il 70% delle vendite: i piccoli produttori sono schiacciati dalla gara a chi offre il prezzo più basso

2002

di Emanuele Isonio

15,3 -1,1 1,9 -10,8 -9,4 13,9 54,4 34,8 -38,0 -13,0

2001

Pasta Una filiera in lotta contro la speculazione

22,1 -2,2 -1,8 -11,5 -11,9 19,9 66,1 33,0 -44,1 -9,6

Ciò che, invece, accomuna la filiera della pasta con le altre esaminate dalle precedenti inchieste di Valori è il problema della remunerazione del lavoro: anche per la pasta, non sempre i ricavi coprono i costi di produzione. Un problema comprensibile, in un settore molto competitivo, in cui c’è sempre un concorrente disposto ad abbassare i propri prezzi per fare fatturato. E un problema reso più stringente dalla speculazione internazionale sulle commodities, che fa salire sulle montagne russe i prezzi delle materie prime. I dati Ismea (vedi TABELLA ) lo mostrano chiaramente: «Il prezzo del grano duro è divenuto molto più volatile negli ultimi anni, rendendo difficile per un’azienda la valutazione dei costi e quindi delle strategie di mercato», ammette Emidio Mansi. «Le oscillazioni – commenta invece Felicetti - hanno sempre meno a che fare con motivi reali. Sono frutto solo di scelte finanziarie. Se le materie prime in pochi mesi salgono anche del 170%, ciò sconvolge la vita dei pastifici». Il prezzo della materia prima, nel caso della pasta di grano duro, incide infatti per il 50% del costo totale di produzione. E se la speculazione può mettere in ginocchio gli Stati, figurarsi aziende con poche decine di addetti.

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SETTEMBRE 2011

2010

2001/00 2002/01 2003/02 2004/03 2005/04 2006/05 2007/06 2008/07 2009/08 2010/09

PASTA DI SEMOLA

Materie prime sulle montagne russe

2009

Produzione totale (mln €)1 Esportazioni (mln €)2 Produzione totale (000 t)1 Esportazioni (000 t)2 Grano duro utilizzato (000 t)1 Numero di pastifici1 Numero degli addetti1

2008

PASTA

2007

Nel mondo siamo il leader incontrastato. L’export ha superato il mercato interno. Ma sono decine i pastifici a rischio chiusura per colpa degli speculatori.

che controlla i canali di vendita. «In Italia, 3-4 gruppi monopolizzano la spesa degli italiani», prosegue Felicetti. «Determinano quindi i prezzi dei prodotti e incidono sull’assortimento. Ed è chiaro che solo i grandi pastifici hanno la forza necessaria per parlare da pari a pari con chi la pasta la mette sugli scaffali».

| valori | 47 |

FONTE: AIDEPI

FONTE: ELAB. ISMEA SU DATI UNIPI (AIDEPI DAL 2010)

| economiasolidale | made in italy a rischio | settima puntata |


| economiasolidale |

| economiasolidale |

In kg per persona/anno 25

26

20

Due gruppi d’acquisto e 110 produttori bio uniti per costruire un modello basato sul prezzo giusto. E la filiera corta sbarca anche a Pisa.

15 13 11,7

Per restare sul mercato decine di pastifici hanno scelto la strada dell’eccellenza: produzioni bio, trafile in oro, essiccazione lenta, riscoperta dei grani antichi. Una scelta che a volte offre un vero exploit economico. di Emanuele Isonio RAFILE IN ORO, paste essiccate in due giorni, recupero dei pregiatissimi grani antichi, come il pregiatissimo “Senatore Cappelli” (vedi BOX ), utilizzo di materie prime locali e biologiche, canali di vendita innovativi. La genialità italica è proverbiale. E, fra i piccoli pastifici, si è fatta mezzo di sopravvivenza. Ma, in molti casi, è andata oltre: permettendo di far conoscere, in Italia e nel mondo, “chicche” gastronomiche dalle tradizioni plurisecolari.

T

Mense tedesche, oro italico «Sa come si riconosce un pasta di qualità superiore? Deve tirare bene il sugo. E, mangiandola appena scolata, deve sprigionare il sapore del grano». La passione con

cui Francesca Verrigni ci descrive il suo lavoro, svela l’impegno di una famiglia che fa pasta da oltre cento anni. Tre i punti di forza di questo pastificio abruzzese: essersi specializzato nella pasta biologica, che vende da decenni alle mense scolastiche tedesche; essere l’unico in Italia a usare l’oro per trafilare una linea di suoi prodotti («l’oro è duttile e dona maggiore porosità alla pasta»). E aver scelto di commercializzarli attraverso i maggiori chef italiani. Accanto a a questo tipo di vendita, la Verrigni diffonde la propria pasta, essiccata per due giorni a 45°, attraverso i negozi specializzati e l’e-commerce. Rigorosamente off limits invece i canali della grande distribuzione. E, per assicurare la massima trasparenza, le confezioni Verrigni riportano l’intera filiera: dal campo, alla molitura, alla produzione. «Credo che un con-

IL SENATORE CHE CONTRASTA LA CELIACHIA IL SENATORE CAPPELLI (Raffaele Cappelli, abruzzese) è stato, a inizi del Novecento, il promotore della riforma agraria che ha portato alla distinzione tra grani duri e teneri. Il Senatore Cappelli (il tipo di grano) è un frumento duro, ottenuto nel 1915 a Foggia e definito “razza eletta”, ampiamente usata in Puglia e Basilicata. Finché non è stata scalzata da altre varietà. Più produttive, ma probabilmente meno digeribili: perché, nel frattempo, è stato accertato che, per chi soffre di allergie e di intolleranze al glutine, il grano duro Senatore Cappelli è esente da contaminazioni da mutagenesi indotta con raggi X e Y del cobalto radioattivo, a differenza delle varietà di grano duro Ogm irradiato, oggi assai utilizzato in agricoltura. La modifica genetica dei grani moderni è correlata a una modificazione della loro proteina (la gliadina) alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento. Una caratteristica che accresce il sospetto di un collegamento tra l’uso delle nuove varietà di grano e i 10 mila nuovi casi di celiachia registrati ogni anno in Italia. E, per evitare le conseguenze della celiachia, le famiglie italiane spendono ogni anno 150 milioni di euro.

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sumatore educato possa fare le scelte giuste. Per questo vogliamo dargli tutte le informazioni, senza equivoci». D’altro canto, la stessa associazione dei pastificatori (Aidepi) ricorda che, in un mercato nazionale ormai saturo, solo la specializzazione può aiutare i piccoli produttori: “I prodotti di spiccata valenza salutistica - si legge nel rapporto annuale di giugno scorso - hanno mostrato un forte dinamismo”. L’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) rivela che i consumi di pasta bio sono cresciuti del 35%. Performance invidiabili anche per la pasta integrale e di kamut.

Piccoli tesori da Nord a Sud Oltre a Verrigni, lo Stivale pullula di pastifici d’eccellenza. Come il trentino Felicetti di Predazzo, nuovo socio del gruppo Alce Nero & Mielizia, che da 103 anni utilizza i vari tipi di cereale a seconda della pasta da realizzare. O “La Tosca”, prodotta unicamente con solo grano duro toscano da agricoltura integrata. E il pastificio Fabbri, che fa essiccare la pasta a 35° per 4-5 giorni, per preservarne l’amido, utilissimo nella protezione dell’intestino. Verso Sud, c’è poi la celebre Pasta di Gragnano, prodotta da quasi mezzo millennio e oggi tutelata da un Consorzio che riunisce 14 aziende campane. Uno strepitoso risultato economico, oltre che gastronomico: mezzo milione di euro di fatturato. Quasi 400 mila tonnellate prodotte ogni anno, pari al 4% della produzione nazionale e al 15% della pasta esportata nel mondo.

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di Emanuele Isonio 8,8 8,4 8,3

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Quando l’industria si fa arte

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I consumatori critici dicono: Adesso Pasta!

I CONSUMI DI PASTA NEL MONDO NEL 2010

STATI UNITI

per sterilizzare il rischio della speculazione. L’idea potrebbe aiutare soprattutto i pastifici più piccoli, che potrebbero trarre giovamento anche da un'altra mossa: investire nella ricerca di prodotti di nicchia che incontrino i gusti dei consumatori più attenti alla qualità. La sfida non è semplice. Ciò non di meno, alcuni pastai - come diremo negli altri articoli di questa inchiesta - ci stanno provando. Con risultati tutt’altro che trascurabili.

SVEZIA

agli agricoltori, una remunerazione equa del lavoro - spiega il vicepresidente di Aidepi - e, al tempo stesso, assicuri stabilità dei prezzi ai mugnai e ai pastai. Ma per arrivarci serve un cambio culturale di tutti i soggetti della filiera, abituati più a guardarsi con diffidenza che a collaborare insieme». Una soluzione che ricorda da vicino quella praticata da tempo nel mondo dell’altra economia dai gruppi d’acquisto solidale: fissare insieme il prezzo giusto,

SVIZZERA

In un simile scenario rimanere inattivi è assai poco prudente. Un aiuto potrebbe arrivare dalla costruzione di nuovi rapporti con i produttori italiani di grano duro (il grano nazionale copre il 70% della produzione di pasta. Il restante 30% proviene da Europa, Stati Uniti, Canada e Messico). Un passo ritenuto necessario dagli stessi produttori: «Va costruito un modello contrattuale nuovo che garantisca,

GRECIA

Nuovi rapporti nella filiera

IL PREZZO ECO DELLE PENNE Costo calcolato per un pacco di penne di semola di gr.500

Costo del grano (in qt) € 31,20 Stoccaggio (in qt) € 1,70 Grano per confezione di pasta (kg) 0,9027 Costo del grano per confezione € 0,2979 Trasporto grano al mulino € 0,0116 Macinazione per semola bianca € 0,0140 Trasporto farina in pastificio € 0,0162 Pastificazione € 2,00 Bobina confezionamento € 0,0213 Etichetta codice a barre cartone (incidenza costo) € 0,0004 Etichetta codice a barre su confezione (incidenza costo) € 0,0019 Cartone pasta (incidenza costo) € 0,0257 Nastro imballaggio stampato (incidenza costo) € 0,0010 Trasporto pasta magazzino Coop. (incidenza costo) € 0,0140 Totale costi PRODUZIONE € 0,6040 Margine per costi generali Coop. (33,42%) € 0,3032 Totale COSTI € 0,9072 Utile cooperativa (3%) € 0,0281 Costo industriale a confezione € 0,9352 Contributo Coop a Fondo Solidarietà e Futuro (1%) € 0,0094 Contributo GAS a Fondo Solidarietà e Futuro (1%) € 0,0094 Prezzo solidale netto € 0,9447 IVA (4%) € 0,0378 Prezzo “ECO” Adesso Pasta conferito presso GAS € 0,98

LINK UTILI www.aidepi.it www.ismea.it www.felicetti.it www.pastalatosca.it www.pastificiodeicampi.it www.verrigni.com

OTEVA MANCARE LO ZAMPINO dei Gruppi d’acquisto solidale nella filiera dell’alimento più amato dagli italiani? La domanda è retorica. La risposta, per chi conosce l’inventiva e la testardaggine dei gasisti, è scontata. Della replicabilità di questa iniziativa su vasta scala parecchi dubiteranno. Rimane il fatto che il progetto “Adesso Pasta!” lanciato dal Gaes di Villasanta (Monza e Brianza) e dalla Biorekk di Padova ha pochi punti deboli contro i quali scontrarsi. Tranne la difficoltà di convincere le persone che un sistema in cui tutti vincono è meglio dei tradizionali modelli in cui consumatori e produttori sono considerati come soggetti conflittuali.

P

Il “prezzo-eco” «Il lavoro attorno a questo progetto - racconta Sergio Venezia, del Gaes di Villasanta - è iniziato oltre un anno e mezzo fa. Noi volevamo acquistare pasta di qualità superiore e, al tempo stesso, svincolarci dal giogo della grande distribuzione e dalla logica della domanda e dell’offerta». Da queste premesse nasce il confronto con la Cooperativa La Terra e il Cielo, una delle prime aziende agricole biologiche italiane, con 30 anni di esperienza e un patrimonio di 110 piccoli produttori associati: recuperare l’uso di grani antichi e pregiati come il farro, il senatore Cappelli e il Tannerock (abbandonati dalle grandi produzioni industriali perché a bassa resa) e accordarsi su un “prezzo giusto” (o meglio “prezzo eco”) che coprisse i costi e assicurasse un’adeguata remunerazione al lavoro di tutti gli anelli della filiera. «Abbiamo fin da subito abbandonato la logica cliente-venditore e sposato l’idea di essere produttori», spiega Venezia. È stato così chiamato un esperto di estimo per calcolare il prezzo “Eco” (vedi TABELLA ), è stato fissato un prezzo di acquisto del grano (che rimane fisso per un anno, indipendentemente dalle oscillazioni del |

suo valore sui mercati mondiali) e i gasisti si sono impegnati ad anticipare il 20% del costo della pasta prodotta per partecipare al rischio d’impresa. Per contro hanno potuto accedere a un listino ribassato, che assicura prodotti d’eccellenza a prezzi assolutamente competitivi, non solo rispetto alle paste bio dei grandi gruppi, ma anche alle varie paste convenzionali. E nel prezzo-eco c’è stato anche spazio per la creazione di un fondo di solidarietà (finanziato con un versamento dell’1% delle ordinazioni da parte sia della cooperativa sia dei gasisti). A fine mese, a un anno esatto dall’avvio dell’esperimento, i partecipanti ad Adesso Pasta! sceglieranno a quale progetto destinare i soldi raccolti. «I nostri produttori sono entusiasti di questo progetto perché ne percepiscono i vantaggi», spiega Bruno Sebastianelli, presidente de La Terra e il Cielo. «Siamo convinti che, mettendo da parte le logiche di mercato, possiamo avere guadagni, continuando a produrre alimenti migliori. Certo, la crescita è più lenta, ma è quello che vogliamo fare».

Alleanze pastai-coltivatori Gli accordi sul prezzo giusto stanno rapidamente valicando il mondo dei Gas. Da un anno è partito anche un progetto della Coldiretti toscana per vendere a prezzo stabile il grano dei cerealicoltori pisani a una quindicina di pastifici: per gli agricoltori del Consorzio Agrario pisano la certezza di ricavare 25-30 euro a quintale; per i pastai la sicurezza di un prezzo bloccato. «Il progetto è nato - racconta Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti di Pisa - perché eravamo stanchi di essere ostaggio delle dinamiche tradizionali dei prezzi. I primi risultati sono incoraggianti: in un anno abbiamo venduto mille quintali di pasta e 3 mila quintali di grano, aiutati anche da un prezzo molto conveniente (1,10 euro per ogni chilo di pasta)». E già si pensa alla fase 2: estendere il progetto anche al pane. «Manca solo l’accordo con i panificatori».

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Rivoluzione federale Ma civile

La Rocca di Bertinoro. A sinistra, Stefano Zamagni Sotto, Carlo Borgomeo.

Nuovi spazi che si aprono per l’economia civile e modelli di compartecipazione che cambiano, alterando equilibri decennali: alle Giornate di Bertinoro 2011 il Terzo Settore è sempre più protagonista della società. Ne abbiamo discusso con l’economista Stefano Zamagni. di Corrado Fontana UELLA DEL 2011 è l’undicesima edizione e l’obiettivo è sempre lo stesso: aiutare la comprensione, a livello generale e soprattutto nella classe dirigente, riguardo la necessità di passare da un ordine sociale bipolare, fondato sulla distinzione fra pubblico e privato, a un ordine tripolare in cui ad essi si affianca il civile». Le parole del professor Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per il Terzo Settore e della Commissione Scientifica di Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit), sugge-

«Q

riscono il significato complessivo delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile in programma il 14 e 15 ottobre prossimi. Ma non basta. Perché l’edizione di quest’anno, intitolata “Federalismo fiscale e disuguaglianze territoriali: il ruolo dell’economia civile”, entra più che mai nel vivo di un processo di trasformazione di primissimo piano per lo sviluppo del Paese. «Siamo in una situazione di transizione - continua Zamagni - in cui ci si

terra, energia: ‘‘Acqua, i beni comuni provano che pubblico e privato, da soli, non rispondono alle necessità di un Paese avanzato

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sta rendendo conto che, solo con pubblico e privato, non si arriva a soddisfare le esigenze di varia natura che un Paese avanzato pone. È il caso dei beni comuni: acqua, territorio, energia, aria, che non possono essere gestiti in maniera ottimale né con la forza privatistica né con la formula pubblicistica. Non con la prima perché non sono beni privati: ad essi non si può applicare la legge domandaofferta, né i calcoli di convenienza economica ormai standard. Non con la seconda: i deficit di bilancio aumenterebbero fino ad arrivare all’insostenibilità finanziaria. Lo stesso vale per la scuola». Come impatteranno sul Terzo Settore e sull’economia civile le nuove normative sul federalismo fiscale? Il federalismo fiscale è l’ultimo anello di una catena lunga iniziata con i provvedimenti dell’allora ministro Bassanini. Non è una tegola caduta dal cielo: è il normale completamento di un processo. Il giudizio non può che essere positivo. Detto questo rimane il problema della sua implementazione: ovvero del modello specifico che sarà attuato. È evidente che questi decreti contengono novità di grande positività; altre pongono problemi di applicazione. Tra le novità del primo tipo c’è il cosiddetto fallimento politico. I presidenti di Regione e Provincia, prima della fine del mandato, devono approvare un inventario del lavoro fatto e dei debiti che lasciano alla gestione futura. Tutto ciò almeno 4 mesi prima della fine del mandato. Tale inventario deve essere pubblicato su tutti i media in modo di dare al cittadino la possibilità di sapere quello che l’amministrazione ha realizzato e i debiti che lascia a quella futura. Altra innovazione: l’introduzione dei costi standard: si pone fine alla sconcezza per cui ogni Regione poteva farsi rimborsare i debiti senza alcun ritegno, una totale

de-responsabilizzazione da parte degli amministratori locali. Con i costi standard si dice: l’appendicectomia costa tot, se tu ente locale vai al di fuori dei costi standard, lo devi giustificare. E il ministero ti potrà contestare se le ragioni che addurrai non saranno accettabili. Terza innovazione: l’omogeneizzazione dei sistemi di revisione contabile. Attualmente ogni regione ha un suo sistema di ragioneria, quindi i bilanci non sono confrontabili perché redatti con sistemi diversi. È evidente che con 20 regioni non ci possono essere 20 sistemi diversi. È una piccola rivoluzione copernicana e riconosco che ci voglia un tempo sufficiente per l’adeguamento. Perciò bisogna pensare a vere e proprie scuole di amministrazione per i dipendenti pubblici che insegnino esattamente ad applicare una logica diversa. A questo punto si inserisce il Terzo Settore. Esiste un problema: passare da un vecchio a un nuovo equilibrio. Servono soggetti che aiutino a traghettare: nella situazione italiana il traghettatore ottimale è il Terzo Settore, perché ha il know-how, l’esperienza e la motivazione per il bene comune. Nessun altro soggetto ha questa motivazione.

FEDERALISMO: AL SUD NON FA PAURA STEREOTIPI QUANTITATIVI DA ABBATTERE e coesione sociale come strumenti di sviluppo: su queste basi la rivoluzione federalista potrebbe aiutare lo sviluppo del Sud Italia. Anche di questi temi si discuterà alle Giornate di Bertinoro. Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud, spiega la formula del “capitale civile”. «È quello che manca in molte zone del Sud - argomenta Borgomeo - cioè l’insieme di relazioni positive fra i soggetti che costituiscono la rete comunitaria. Il capitale civile può essere sinonimo di capitale sociale, umano, fa riferimento alla cittadinanza, alla comunità. E per svilupparlo bisogna investire nel sistema di relazioni». Il capitale civile sarebbe chiamato in causa da un’applicazione efficace del federalismo fiscale... Detta così, presume un automatismo che a mio avviso non c'è. Direi invece che il federalismo fiscale, in una declinazione un po’ meno approssimativa di quella che conosciamo (cioè il federalismo che significa davvero premiare l’efficienza dei soggetti istituzionali), diventa un possibile veicolo di promozione del capitale civile. Esso, infatti, si basa su un sistema positivo di relazioni e sull’assunzione delle proprie responsabilità. Nella misura in cui un meccanismo federale sia un meccanismo che premia la responsabilità dei soggetti, combattendo l’assistenzialismo e la cultura dello spreco, questo sicuramente è un’occasione per far affermare il capitale civile. Le regioni del Sud riusciranno a cogliere una simile occasione? C’è un Mezzogiorno con livelli di coesione sociale e rispetto delle regole soddisfacenti e un altro in cui siamo indietro. Mi riferisco soprattutto alle grandi aree metropolitane (Palermo, Napoli, Catania, Reggio Calabria), aree in cui si fa fatica a immaginare nel breve periodo percorsi positivi, che invece sono presenti in altre aree, dove una corretta impostazione del federalismo fiscale potrebbe sostituire un modello in cui il welfare C. F. sociale era di fatto appannaggio esclusivo della Pubblica amministrazione.

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E il Terzo settore è pronto a sfruttare questo spazio che sembra aprirsi? Sì, nel mondo del Terzo settore italiano si racchiude un tesoro di esperienze che non ha pari a livello mondiale. A livello mediatico tutto ciò non emerge. Abbiamo una miniera di competenze ed esperienze che fa invidia al mondo intero. Fino ad ora non sono state utilizzate: anzi, sono state derise. A Brescia c’è una cooperativa sociale che ha trovato un accordo con l’Agenzia delle

entrate per fare un monitoraggio sulla lotta all’evasione fiscale: stanno ottenendo dei risultati che in cinquant’anni non erano mai stati raggiunti. Il tema della cosiddetta sussidiarietà orizzontale è già stato sviluppato a sufficienza? In proposito si deve fare un passo in avanti mirando alla sussidiarietà circolare. Significa che i soggetti del Terzo settore, a seconda della loro competenza specifica,

devono interagire con l’ente pubblico e con la comunità degli affari per la co-progettazione e la cogestione dei servizi. Finora con la sussidiarietà orizzontale ogni soggetto del Terzo settore gestiva la propria area di attività limitatamente a un particolare territorio. Il cittadino che non abita in quell’area rimane escluso. Con il triangolo pubblico-privato-civile ognuno ha una sua funzione: la sussidiarietà circolare significa metterli in circolo in modo che tutti e tre abbiano voce in capitolo.

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«Il federalismo funziona se la società civile vigila» Il costituzionalista Luca Antonini: l’efficacia della riforma federale dipende in gran parte dal controllo degli elettori sui propri amministratori. Senza una partecipazione attiva dei cittadini si rischia di perdere anche la lotta agli sprechi. di Corrado Fontana ENTRE SCRIVIAMO a Parma si consuma uno scontro al calor bianco tra cittadinielettori e il sindaco in carica, accusato di sprechi e corruzione. La piazza popolare presidia il Comune e chiede la “testa” degli amministratori eletti, inscenando un cacerolazo come fossimo in Argentina, facendosi sentire con pentole e coperchi in strada. Un simile controllo da parte dell’elettorato - espresso soprattutto nelle urne sarà necessario per una buona attuazione del federalismo fiscale. Lo sostiene Luca Antonini, docente di Diritto costituzionale all’università di Padova e presidente del-

M

la Commissione tecnica paritaria sul federalismo fiscale, che interverrà alle Giornate di Bertinoro: «I dati (cioè il consuntivo dell’amministrazione locale a fine mandato, ndr) saranno messi sul sito della Provincia, della Regione o del Comune e saranno immediatamente visibili a tutti cittadini, i quali potranno verificare se gli enti locali stanno spendendo più o meno dei costi standard: se spende di più, l’amministrazione locale sarà costretta ad aumentare le tasse. Il controllo è quindi sostanzialmente elettorale. Domani, col federalismo fiscale, se utilizzi male la spesa pubblica, perdi il consenso».

spende di più, ‘‘Se un ente locale sarà costretto ad aumentare le tasse. E questo produrrà una perdita di consenso elettorale Il costituzionalista Luca Antonini è presidente della Commissione tecnica paritaria sul federalismo fiscale.

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Il “prezzo giusto” di un servizio Se la speranza è che la cittadinanza sia messa nelle condizioni di valutare la buona o la cattiva amministrazione dei propri politici, il meccanismo si basa però sulla preliminare definizione dei cosiddetti fabbisogni e costi standard, ovvero quale sia il prezzo giusto, potremmo dire, di un bene, una prestazione, un servizio di cui i cittadini sono destinatari. «Il federalismo fiscale - prosegue il professor Antonini - è un imponente progetto di razionalizzazione sui settori della spesa decentrata dove si riscontravano grosse lacune. La prima riguardava la cosiddetta “spesa storica”, un meccanismo per cui più l’ente locale spendeva e più veniva premiato, nel senso che il governo centrale restituiva un quantitativo di risorse corrispondenti a quelle spese. Il federalismo fiscale introduce una razionalizzazione della spesa che viene standardizzata per province e comuni attraverso studi di settore svolti dalla Sose (Società per gli studi di settore). Alle amministrazioni sono già arrivati i questionari con cui viene rimappata la spesa decentrata, stabilendo degli standard, ovvero dei costi medi efficienti per i servizi e le prestazioni offerti. Una spesa resa più efficiente permette di superare un antico pregiudizio ideologico che fino adesso ha frenato il coinvolgimento del Terzo set-

COOPERATIVE DI UTENTI, INNOVAZIONE COLLAUDATA COOPERATIVE DI UTENTI che gestiscono beni e servizi di pubblica utilità. Anche di questo si parlerà a Bertinoro, all’interno di un quadro in piena trasformazione per la valanga referendaria e la riforma federalista. Il Professor Pier Angelo Mori, docente al dipartimento di Scienze economiche presso l’università di Firenze, da anni studia il fenomeno delle cooperative di utenti che, sparse per l’Italia, mettono in pratica esperienze virtuose: «Stiamo parlando di cooperazione e non di non profit. Stiamo parlando di una forma particolare di cooperazione, nel campo dei servizi pubblici. Una cooperazione dove i soci - i controllori dell’organizzazione - sono gli utenti stessi, non i lavoratori. Stiamo parlando dei servizi di maggiore rilevanza economica, come l’energia, il servizio idrico, i rifiuti, i trasporti e in qualche caso le telecomunicazioni». Ma che dimensioni ha il fenomeno nel nostro Paese? «In Italia - specifica Mori - esistono una quarantina di cooperative elettriche cosiddette tradizionali, cioè che hanno sia la produzione (tramite idroelettrico), sia la distribuzione. Sono quasi tutte sorte prima della nazionalizzazione del ’62 e localizzate nell’arco alpino. Nel campo dell’acqua abbiamo circa una trentina di cooperative che gestiscono acquedotti in Alto Adige, più un paio in Piemonte. E altre entità che non sono formalmente cooperative, ma nella sostanza del tutto simili, e generalmente si chiamano “consorzi dell’acqua”. Naturalmente è un quadro in evoluzione perché, negli ultimi tre-quattro anni, stanno sorgendo nuove forme di cooperative, in relazione alle energie rinnovabili.

tore, cioè l'idea che l'intervento pubblico nelle istituzioni centrali o territoriali sia preferibile a quello degli enti non-profit».

Spazio per il Terzo settore Il programma prevede che l’anno prossimo si

Un quadro messo in movimento anche dall’esito del referendum». Avendo, infatti, i due referendum sull’acqua di giugno da una parte tolto l’obbligo per gli enti pubblici di mettere a gara il servizio laddove è ancora in mano pubblica, e, dall’altra, negato i vincoli sulla remunerazioni del capitale, l’unica forma di privatizzazione concepibile e conveniente sembra essere diventata proprio quella della cooperativa - di utenti (non di lavoratori) - che ha caratteristiche strutturali diverse dalle società lucrative, interessate in primis alla remunerazione del capitale. Resta solo da chiedersi se si possa quantificare un eventuale vantaggio economico prodotto da questo tipo di cooperative di gestione dal basso. Passando dall’acqua all’energia, conclude Mori: «il beneficio tariffario per le cooperative elettriche è assolutamente indubbio. Può arrivare fino al 50%. E c’è anche un altro vantaggio evidentissimo: queste piccole organizzazioni hanno una qualità del servizio infinitamente maggiore a quella dell’Enel. L’intervento per risolvere problemi anche in luoghi molto disagiati si misura nelle ore o nelle mezz’ore». Risultati importanti che devono tener conto della storia e della dimensione delle cooperative elettriche: alcune possono servire 15 mila utenti, ma il bacino di riferimento medio è intorno al migliaio di persone. Di sicuro, secondo il professor Mori, il modello cooperativo potrà avere uno slancio nei prossimi anni in Italia, a partire da due stimoli immediati: quello principale, già citato, costituito dal’esito referendario, e una crescente attenzione dell’Unione europea nei confronti dell’economia sociale. C.F.

avranno le prime due funzioni fondamentali standardizzate (amministrazione generale e polizia locale) e altre due nel 2012, fino a concludere il percorso con i servizi sociali nel 2013. Da allora - sempre che le ipotesti del professor Antonini e dei suoi colleghi funzionino

- nel caso in cui un ente non-profit costi in modo pari o inferiore, garantendo la medesima qualità, il sistema spingerà verso il riconoscimento di questa convenienza, determinando un’apertura a tutto il privato sociale attraverso la rottura del monopolio del pubblico.

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Per un’Europa unita

Colpo di Stato di mezz’agosto

Federalismo fiscale e disuguaglianze territoriali: il ruolo dell’Economia Civile 14-15 ottobre 2011 LUCA ANTONINI, GREGORIO ARENA, ALDO BONOMI, CARLO BORGOMEO, LUIGINO BRUNI, GIOVANNI D’ALESSIO, PIER PAOLO DONATI, GIULIO ECCHIA, GIUSEPPE FRANGI, CLAUDIO GAGLIARDI, ENRICO GIOVANNINI, MARCO GRANELLI, VINCENZO MANNINO, FRANCO MARZOCCHI, PIER ANGELO MORI, ANDREA OLIVERO, LUCA PAOLAZZI*, GIULIANO POLETTI, PIER LUIGI SACCO, CHIARA SARACENO, STEFANO ZAMAGNI, FLAVIANO ZANDONAI.

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* In attesa di conferma

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di Fabio Sdogati*

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A CRISI ATTUALE, ricordiamo, si impose all’attenzione dell’opinione pubblica europea nel-

questo apparente inizio di un processo risponda in alcun modo alle procedure tipiche della formazione dei governi nelle democrazie rappresentative. I colpi di Stato non possono mai essere giustificati, ma capirne le radici è sempre utile. Con l’inizio dell’attacco speculativo contro i titoli del debito pubblico italiano, gli ultimi due mesi hanno visto un deterioramento della situazione finanziaria mai visto prima in quattro anni (e forse in decenni), con il debito italiano che si è visto assegnare dai “mercati” un grado di inaffidabilità veramente elevato. Contemporaneamente sono arrivati i frutti delle politiche dissennate dei governi europei, politiche di riduzione dei deficit pubblici in nome di pareggi di bilancio che a nessuno servono se non alle agenzie di rating. È a cavallo del ferragosto che veniamo informati che il tasso di crescita dell’economia europea sarà più basso di quanto previsto in precedenza,e che ciò vale perfino per la Germania. Stress finanziario e stagnazione economica, dunque. Un quadro dal quale potrebbe sorgere l’embrione di un potere esecutivo europeo. Certo, forse un fatto positivo. Ma che sorga da un colpo di Stato, non è affatto rassicurante.

l’agosto 2007. Prima crisi del credito (privato), poi grande recessione e, dal 22 ottobre 2009, crisi del debito pubblico. Quest’ultima fase iniziò come crisi del debito pubblico greco, ma, com’era facile prevedere e come infatti prevedemmo (vedi Valori 23, ottobre 2010 ndr), l’attacco speculativo non era banalmente contro il governo greco, ma contro l’euro e, quindi, potenzialmente e in una successione non ovvia, contro tutti i governi dei Paesi aderenti all’euro. Quando l’intera area euro viene sottoposta ad attacco speculativo la ragione non può che essere una: la percezione dei cosiddetti “mercati” che la leadership politica dell’area non è tale da poter coordinare un contrattacco di forza sufficiente a salvaguardare la stabilità, economica

e politica, dell’area. E, infatti, l’assenza di una guida politica europea si è fatta sentire pesantemente in questi ultimi due anni di crisi economica e finanziaria: sono state adottate scelte di politica economica parziali, contraddittorie, mai riconducibili ad un quadro unitario che desse il senso che la dimensione e la natura della crisi era stata compresa. Certo, la Banca centrale europea ha fatto spesso e bene la sua parte, ma non poteva bastare. Infatti, mentre l’autorità di politica monetaria - la Bce appunto - faceva la sua parte, chi non poteva fare la sua parte era l’altro pilastro della politica economica cui siamo abituati a rivolgerci nell’ambito degli Stati nazionali: l’autorità di politica fiscale, il governo. Un’autorità di questo tipo non esiste a livello dell’Unione; lo sappiamo oggi e lo sapevamo quando, negli anni Novanta, ci ma di quello che ho chiamato “il colpo di si accinse alla costruzione dell’Unione mo- Stato di mezz’agosto di Merkel e Sarkozy”. netaria, processo che sfociò nell’adozione Ciò cui stiamo assistendo in questi giorni, dell’euro e nella costituzione della Bce. Al- infatti, è esattamente il tentativo di due cacuni sostengono che fu un errore costituire pi di Stato dell’area euro di assumere poteri l’area euro in assenza di un governo euro- di “governo” nell’area; purtroppo, senza che peo: sciocchezze, ovviamente, poiché si trattava di un passo In assenza di una guida politica semplicemente fuori dalla storia dell’Ue, Merkel e Sarkozy in quel momento. hanno tentato di assumere Lo dimostra il prendere forpoteri di governo europei |

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* Professore ordinario di Economia internazionale al Politecnico di Milano e al Mip (la School of Management del Politecnico)

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Sud Sudan. L’indipendenza si apre con la battaglia del petrolio >60 Agricoltura condivisa, il riscatto della terra >62

| crisi | Piazza Monastiraki, in uno dei quartieri più caratteristici della parte vecchia di Atene. Stradine strette piene di artigiani, oggi in piena crisi.

L’accordo raggiunto in estate certifica il fallimento della Grecia. Ma anche i problemi irrisolti dell’Europa e della sua moneta unica. Le miglialia di cittadini greci che da mesi scendono in piazza per protestare contro tagli severissimi si domandano se adottare l’euro sia stato un affare. Per un economia debole probabilmente no.

Grecia, una tragedia

europea di Matteo Cavallito PAPANDREOU prende posto sul palco con insolita sicurezza. Mette le mani sul leggio, osserva la folla dei giornalisti. Alla sua sinistra il numero uno del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, accanto a questo il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso. Il premier ellenico prende la parola. È stanco, visibilmente, ma l’incedere lento non accenna a cedimenti, anche grazie a un inglese pienamente collaudato nei suoi primi 22 anni di vita, trascorsi tra gli Usa e il Canada. «Questo (piano) - dice non è solo una risposta della Grecia o per la Grecia. È una risposta europea per l’Europa». Adesso è chiaro perché non si sia piazzato al centro del palco. Bruxelles, 21 luglio 2011. È quasi sera e la Grecia è ufficialmen| 56 | valori |

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PERDITE POTENZIALI DELLE BANCHE DOPO L’APPROVAZIONE DEL PIANO UE PER LA GRECIA IN MILIONI DI EURO 10.000

XINHUA / CONTRASTO

IN RETE

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SPAGNA

Il salvataggio dell’anno scorso è stato un fallimento. L’austerity ha prodotto recessione

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SPAGNA AUSTRIA OLANDA ITALIA PORTOGALLO REGNO UNITO BELGIO GERMANIA CIPRO FRANCIA GRECIA

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te salva. Anche se, altrettanto ufficialmente, è ormai definitivamente fallita.

Un’economia al collasso Dopo 16 mesi di dramma collettivo, l’Europa ha trovato finalmente la soluzione ai suoi problemi. La repubblica ellenica va verso il default pilotato, anche se il termine è volutamente messo in disparte. Dopo un pomeriggio di discussione, il patto viene messo sul tavolo, aprendo la strada a un nuovo maxi intervento dal valore complessivo di 160 miliardi (vedi BOX ). Vi partecipano tutti, ovviamente, dai Paesi membri dell’Unione i contribuenti della Banca centrale europea - alle banche private. Passando, s’intende, per oltre 11 milioni di cittadini greci chiamati a fare i conti con il peso dei tagli alla spesa pubblica e la speranza di un rilancio che passi attraverso un piano europeo per nuovi investimenti. Più o meno la stessa strategia pensata più di vent’anni fa per i cu| 58 | valori |

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Chreokratia /Debtocracy Un’inchiesta sul debito greco di Katerina Kitidi e Aris Chatzistefanou. Grecia 2011 www.debtocracy.gr per chi parla Greco moderno o su Youtube per la versione sottotitolata in Inglese

FONTE: WALL STREET JOURNAL, 23 LUGLIO 2011

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Sopra, il presidente della Commissione Ue Barroso, quello del Consiglio, Van Rompuy e il primo ministro greco Papandreou al termine del summit d’emergenza a Bruxelles il 21 luglio scorso. A sinistra, una protesta di fronte al Parlamento di Atene il 26 luglio.

pitale, si sentono vittime di un piano europeo mal riuscito. E probabilmente hanno ragione. Anche se solo in parte, visto che le responsabilità non possono essere scaricate soltanto su Bruxelles.

Le colpe di Atene gini poveri dell’Europa orientale. Che oggi, a ben vedere, non sembrano nemmeno più tanto poveri. Per lo meno rispetto ai greci. La situazione è fotografata dalle cifre, impietose come sempre. Nei primi sei mesi del 2011 il bilancio ordinario dell’amministrazione centrale ellenica fa i conti con una voragine da 4,5 miliardi di euro. Le entrate si sono ridotte di 3,26 miliardi di euro registrando così un sostanziale -8,3% rispetto al medesimo periodo dell’anno scorso. Il deficit statale ha raggiunto i 12,74 miliardi contro i 10,37 previsti. Un anno fa il buco nero degli interessi si attestava a 9,99 miliardi. Sono dati esemplari che certificano quello che a Bruxelles si era ormai capito da tempo: il piano di salvataggio greco avviato l’anno scorso non ha funzionato. Anzi, è stato un fallimento totale. Al Paese sono stati chiesti sforzi sovraumani per ridurre la spesa pubblica e così è stato. Solo che l’austerity ha prodotto recessione, spingendo ancora più al ribasso il Prodotto

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interno lordo. I tassi accordati sul prestito di salvataggio sono risultati troppo elevati mentre la sfiducia e la speculazione sui mercati hanno fatto esplodere gli interessi dei bond sovrani. Per rifinanziarsi la Grecia ha emesso obbligazioni con rendimenti a doppia cifra e la forbice debito/Pil si è allargata ancora. Da un quoziente debito/Prodotto interno pari al 142% nel 2010 si è passati per l’anno in corso a una previsione finale del 152%. Insomma, un disastro in piena regola.

La coscienza critica dell’Europa Nell’accordo salva Grecia numero 2, raggiunto con il consenso obbligato dei governi, c’è tutta la coscienza, mal celata, dei limiti e delle perplessità del progetto europeo. Ha senso pensare a una moneta unica in assenza di una vera unità politica? Possibile che la stessa valuta sia in grado di rappresentare contemporaneamente l’economia tedesca o

francese da una parte e quella portoghese o greca dall’altra? Se lo sono chiesti Katerina Kitidi e Aris Chatzistefanou, gli autori di Chreokratia (Debtocracy), risposta ellenica a Deuda, Diario del saqueo e a tutti gli altri epigoni del genere “inchiesta sul debito”. La moneta unica, spiegano, ha rappresentato un pessimo affare per quelle economie particolarmente indebitate che, private di una politica monetaria sovrana, hanno perso l’opportunità di sostenere la crescita con la svalutazione controllata. Nel 1980 il debito greco ammontava a meno di un quarto del Pil. Nel 2005 i due indicatori avevano il medesimo controvalore. Una situazione tipica da crisi latente, messa a riposo fino a qualche anno fa dai bassi tassi di interesse e dai limiti, oggi evidentissimi, del vecchio Patto di Maastricht (che imponeva un tetto agli interessi sul debito, ma non al debito stesso). La Grecia e le migliaia di cittadini che da mesi manifestano in piazza Sintagma, nel cuore della ca-

Alcune notizie poco note da Atene e dintorni. 1) Nel 1996 la Grecia non aveva i numeri per aderire all’eurozona, ma falsificò i conti ricorrendo a complicatissimi strumenti derivati conosciuti come cross currency swaps (vedi Valori n. 77, marzo 2010). Sponsor dell’operazione: la banca Usa Goldman Sachs. 2) Nel corso del 2009, sostiene l’Ong europea Transparency International, i cittadini greci hanno versato almeno 800 milioni di euro, 40 in più rispetto all’anno precedente, sotto forma EVOLUZIONE DEL DEBITO GRECO 1 IN % SUL PIL 201

E 315 STIM152,

160 140 120 100 80 60 7 40 22,55 20

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FONTE: FMI, CITATO IN ECONOMYWATCH, WWW.ECONOMYWATCH.COM, LUGLIO 2011

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2010

4.085

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0

ITALIA

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7.318

2004

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USA

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2000

33.974

REGNO UNITO

109 MILIARDI DI AIUTI DIRETTI a firma Ue/Fmi più altri 50, circa, per operazioni extra e garanzie per un totale di 160 mila milioni di euro. Sono queste le cifre della maxi manovra salva Grecia che consentirà al Paese di sopravvivere pur certificandone la momentanea incapacità di adempiere agli obblighi con i creditori (ovvero il default). Approvata lo scorso 21 luglio, l’operazione prevede un prestito diretto alla Grecia (con una riduzione degli interessi e un prolungamento dei termini del vecchio finanziamento) e l’invito alle banche che hanno una forte esposizione sui titoli di Atene (Francia e Germania in particolare oltre ovviamente alle banche greche, quelle che perderebbero di più – vedi GRAFICI ) a rinunciare a una parte dei crediti oppure ad accettare un prolungamento delle scadenze. Sono i cosiddetti piani di debt swap e rollover che faranno scattare il “default selettivo” sui titoli greci, inducendo Standard & Poor’s, l’unica agenzia di rating che contempli questo genere di classificazione, a declassare a SD le obbligazioni greche (tuttora ferme alla tripla C dell’area junk, spazzatura). Per venire incontro alle banche, il Fondo salva Stati dell’Ue (l’Efsf) si impegnerà a riacquistare (buyback) parte delle obbligazioni greche dagli stessi istituti. Il default selettivo, ha assicurato la International Swaps and Derivatives Association, non farà scattare la liquidazione dei credit default swaps sul debito ateniese. Le banche americane, in altre parole, non saranno costrette a liquidare i derivati a protezione dei titoli in mano ai creditori della Grecia risparmiando, si stima, circa 25 miliardi di dollari.

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GERMANIA

L’INTERVENTO BIS 160 MILIARDI PER CERTIFICARE IL DEFAULT

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FRANCIA

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BANCHE NON EUROPEE

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BANCHE EUROPEE

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TOTALE [ 24 PAESI ]

1980

BOND SOVRANI

FONTE: BIS, BANK OF INTERNATIONAL SETTLEMENTS

ESPOSIZIONE TOTALE

XINHUA / CONTRASTO

L’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE SULLA GRECIA IN MILIONI DI DOLLARI

di tangenti elargite al settore pubblico e a quello privato. Ma la cifra non tiene conto della corruzione condotta ad alti livelli né tantomeno dell’evasione fiscale. 3) A proposito di evasione: nel settembre 2010, nonostante le opposte promesse elettorali, il governo Papandreou ha lanciato l’ennesimo scudo fiscale della storia del Paese. Secondo il Financial Times, nell’ultimo decennio i contribuenti greci avrebbero sottratto illegittimamente allo Stato qualcosa come 35 miliardi. 4) In termini relativi, la Grecia è la prima nazione della Ue nella classifica delle spese militari, pari, nell’ultima rilevazione della Cia, al 4,3% del Pil (contro il 2,6% della Francia e il 2,4 della Gran Bretagna). La lista potrebbe allungarsi, concentrandosi magari sull’eccezionale peso del settore pubblico o sulle curiose storie di corruzione che fecero da sfondo alla stagione pre-olimpica di inizio secolo. Ma, in ogni caso, il punto è chiaro. Prima ancora che con gli errori di Bruxelles e le richieste del Fondo monetario internazionale, i cittadini greci dovranno fare i conti con un sistema statale che manca di sufficiente credibilità. Una carenza che l’Europa è spesso disposta a perdonare. Ma che i mercati non vedono l’ora di poter punire. La trappola del debito, in fondo, è anche questo.

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| internazionale | MOHAMED NURELDIN ABDALLAH / REUTERS

| internazionale | Sud Sudan |

L’indipendenza si apre con la battaglia del petrolio

Sopra, il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, dà il benvenuto al presidente del Sudan, Omar al-Bashir, lo scorso aprile. A sinistra, un gruppo di giovani sventola la bandiera del neonato Sud Sudan alla prima partita di calcio della nazionale contro il Kenya, il 10 luglio.

TYLER HICKS / REDUX

tentrionali. «Il Sudan perderà il 36,5% dei suoi ricavi petroliferi - ha dichiarato alla stampa il ministro delle Finanze di Khartoum, Ali Mahmoud - e per questo abbiamo inviato una lettera alle autorità del Sud per informare loro che senza un accordo non potranno utilizzare alcuna nostra infrastruttura, porti inclusi».

Dal 9 luglio è nato un nuovo Stato: il Sud Sudan si è staccato dalla parte Nord del Paese. Ma la strada della transizione verso l’autonomia è in salita, tra povertà e tensioni con gli ex connazionali per l’oro nero. abitanti) vive in condizioni di miseria; oltre 4 milioni dispongono di soli 73 centesimi di euro al giorno per vivere; 4,7 milioni di persone soffrono la fame; 1,5 milioni dipendono di fatto da aiuti esterni. E anche le risorse sono insufficienti: servirebbero 850 mila tonnellate di cibo per il fabbisogno alimentare, mentre la regione ne produce solo 660 mila.

di Andrea Barolini

AL 9 LUGLIO SCORSO il Sud Sudan è una nazione indipendente e sovrana. Dopo il referendum condotto nello scorso gennaio, il nuovo Stato si è diviso dalla porzione settentrionale e ha avviato quella che si prospetta come una lunga transizione verso l’autonomia. Le prospettive non sono rosee, perché i problemi, in Greggio a Sud, una delle terre più povere del mondo, sono infrastrutture a Nord enormi. La povertà è ancora tra le più alte del Un quadro tragico. Al quale si aggiunge un Pianeta, la disoccupazione alle stelle e le istiproblema che, paradossalmente, con l’indituzioni, che dovranno cercare di far uscire la pendenza del Sud potrebbe togliere alle due popolazione da uno stato che spesso è di menazioni coinvolte una delle poche fonti di ra sopravvivenza, devono ancora essere create. Tre quarti dei giacimenti sono Secondo quanto riportato di nel Sud, le infrastrutture recente dal mensile Nigrizia, l’85% nel Nord. Una collaborazione della popolazione (8,3 milioni di è difficile quanto necessaria

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ricchezza. La maggior parte delle risorse petrolifere del vecchio Sudan unito, infatti, è presente nella porzione meridionale del territorio. Parliamo di circa i tre quarti dei 470 mila barili prodotti quotidianamente nella regione. Mentre la quasi totalità delle infrastrutture (oleodotti, raffinerie, porti) è presente nel Nord. Inevitabile la necessità di una immediata collaborazione tra l’esecutivo di Khartoum, guidato da Omar Hasan Ahmad al-Bashir (al potere dal 1989, quando come colonnello dell’esercito sudanese guidò un cruento colpo di Stato che portò alla destituzione dell’allora primo ministro Sadiq alMahdi), e quello della nuova capitale Juba, al cui vertice è stato posto Salva Kiir Mayardit. Ma i primi rapporti sono stati all’insegna delle tensioni piuttosto che della cooperazione. Il Nord ha minacciato di non concedere l’uso delle proprie infrastrutture qualora il Sud non accetti di rinunciare ad una parte non indifferente dei proventi della vendita del greggio sui mercati internazionali, che probabilmente potrebbero essere corrisposti attraverso gli affitti pagati per l’uso delle raffinerie set-

SCHEDA SUDAN Andamento del Pil +5.1% (2010) +6% (2009) +6.8% (2008) Pil pro-capite 2.300 $ (2010) 2.200 $ (2009) 2.200 $ (2008) Tasso disoccupazione 18,7% (2002) Popolazione sotto la soglia di povertà 40% (2004) Debito pubblico 94,2% del Pil (2010) 105,1% del Pil (2009) Tasso di inflazione 11,8% (2010) 11,2% (2009) Export 9.777 mld $ (2010) 7.56 mld $ (2009) Import 8.483 mld $ (2010) 8.253 mld $ (2009)

Un accordo difficile Ma Mayardit, per ora, cerca di tirare la corda. A luglio scorso il ministro dei Trasporti del territorio meridionale, Anthony Lino Makana, ha annunciato, infatti, l’avvio di una discussione con le compagnie petrolifere presenti sul territorio (in particolare la cinese China National Petroleum Corp, la malese Petroliam Nasional Bhd e l’indiana Oil & Natural Gas Corp.) per costruire un oleodotto che possa collegare il Paese con la città di Kisumu, in Kenya. Si tratterebbe di un durissimo colpo per il Sudan settentrionale. Che ha già avviato le prime misure di ritorsione. Occorrerà vedere quale sarà, a questo punto, la risposta di Khartoum, che nel maggio scorso aveva siglato un accordo per il pagamento di una sorta di affitto in caso di utilizzo dei suoi mezzi per convogliare all’estero il petrolio locale. Pur senza trovare ancora un’intesa sull’ammontare di tali capitali. Non dovrebbero subire conseguenze, invece, le compagnie che si occupano dell’estrazione del greggio: in particolare la cinese China National Petroleum Corp, la malese Petroliam Nasional Bhd e l’indiana Oil & Natural Gas Corp. Chi patisce le conseguenze dell’ennesima crisi nell’area è la popolazione. Che non può permettersi di aspettare i tempi del braccio di ferro tra Nord e Sud.

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UN PAESE AL CONTEMPO RICCO E POVERISSIMO IL NUOVO STATO DEL SUD SUDAN è, in termini industriali e infrastrutturali, uno dei più sottosviluppati del mondo. La povertà, dopo decenni di guerra civile con il Nord, è altissima: la maggior parte della popolazione sopravvive grazie all’agricoltura. Alcuni dati possono dare l’idea delle condizioni in cui versa la neonata nazione africana: esistono solamente 60 chilometri di strade asfaltate in tutto il territorio. La maggior parte dell’elettricità prodotta è garantita da costosi generatori diesel e l’acqua scarseggia pressoché ovunque. Al contempo il governo locale ha fino ad oggi speso ingenti cifre per mantenere un importante esercito, ma anche in questo caso i problemi non sono mancati: i ritardi nei pagamenti dei salari hanno generato numerose insubordinazioni da parte dei soldati. Mentre per la maggior parte dei beni e dei servizi, la regione meridionale del Sudan dipende da ciò che arriva dal Nord. Per questo il governo di Juba dovrà cercare di affrancarsi da Khartoum (in mancanza di relazioni pacifiche e fruttuose, che per ora appaiono un miraggio). Le risorse naturali non mancano ed è su questo che punta il presidente Salva Kiir Mayardit. Circa il 98% dei proventi del nuovo governo sono garantiti dalla vendita di greggio, che fino al 9 luglio scorso sono stati divisi al 50% con l’esecutivo di Khartoum (sulla base di un accordo siglato nel 2005). Ma in Sud Sudan è presente anche una delle più ricche aree agricole africane, nella valle del Nilo Bianco, che offre terreni fertili e risorse idriche più che sufficienti (sfruttate anche per la generazione di energia idroelettrica). La situazione complessiva del Paese è mitigata dal fatto che, ad oggi, lo Stato non deve far fronte a ingenti debiti con l’estero. Anche per questo l’esecutivo ha ipotizzato una crescita economia del 6% nel 2011, in crescita al 7,2% nel 2012. Si dovrà però al contempo contenere le spinte inflazionistiche: i prezzi sono arrivati ad un +8,6% ad aprile, spinti dalla corsa dei beni alimentari e del petrolio. Pochi mesi fa, il Fondo monetario internazionale ha annunciato di aver ricevuto la candidatura del Sud Sudan per entrare a far parte dell’istituto. E, conseguentemente, anche della Banca Mondiale. La richiesta sarà vagliata dal consiglio d’amministrazione, composto da 24 Paesi o gruppi di Paesi, che dovranno pronunciarsi sulle condizioni finanziarie dello Stato. Successivamente il dossier sarà rimesso nelle mani del Consiglio dei Governatori, alle cui votazioni partecipano i rappresentanti di tutte le 187 nazioni che aderiscono al Fondo. Per quanto riguarda le dotazioni finanziarie, da Washington si è fatto sapere che si cercheranno dei donatori per un fondo speciale finalizzato a garantire sostegno al Sud Sudan. Dovrebbe raggiungere 10,6 milioni di dollari, per avviare la gestione finanziaria e tributaria nel Paese.

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| internazionale | Colombia solidale |

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Agricoltura condivisa, il riscatto della terra

SOCIAL MULTIMEDIA

A sinistra e in alto, alcuni momenti di vita nel campo dei desplazados in protesta in Praça Bolivar a Bogotà.

“Sin platas”, senza soldi, ma con le mani forti e capaci di coltivare la terra: Rosita

GLOSSARIO DESPLAZADOS Sono gli sfollati dalle proprie case, perlopiù a causa dell’azione di gruppi paramilitari armati e della forza pubblica.

Poveda pratica un’agricoltura biologica, predica

DESMOVILIZADOS Sono ex guerriglieri che oggi si appoggiano ad un programma statale con l’obiettivo di un loro reintegro sociale.

compartecipazione e rivendica diritti. Intorno a sé una Colombia di disperati fugge dalla guerra civile.

A sinistra, Rosita Poveda: ha 46 anni, a Bogotà ha trasformato un immondezzaio in una fattoria didattica dove si vive in comunità.

di Corrado Fontana

PERO NELLA COSTRUZIONE tualità), dove si pratica un’agricoltura biologica venata di buon senso e tradizioni indidi un modello di svigene. Non solo. Rosita guida un’associazione luppo che unisca deche insegna come coltivare senza pesticidi a mocrazia, equità, giustizia, verità, riparazione studenti universitari di tutto il Sud America. dei torti. Un modello di Paese costituito a favore di tutta la popolazione, diffuso a tutti i livelli». Così mi scrive Rosa “Rosita” Poveda Rosita, raccontaci la tua storia… dall’altra parte dell’oceano, quando le resta un Sono nata a Moniquira, nel dipartimento di poco di energia dopo la giornata di lavoro Boyaca, il 17 ottobre 1965. Figlia di Gustavia contadino e sfruttando una connessione inGuerrero e Honorio Povera, entrambi agriternet in prestito. È una donna minuta, ma coltori di professione: mi hanno insegnato robusta, armata di grandi sorrisi, determinal’agricoltura. Quando avevo sei anni mi hanzione e tante buone prassi da condividere. no portato a Bogotà, dove sono rimasta per Ha le mani grosse e ama il suo Paese, la sua due anni e dove sono poi tornata con il padre gente. Povera di denaro, ma ricca di idee ben dei miei tre figli. Verificando la situazione del radicate rispetto a un modello di società da Paese, le sacche di povertà e miseria in molte realizzare sulla base di parole chiave come parti della città, la mancanza di attenzione da compartecipazione, educazione, sovranità parte dello Stato e l’insufficienza dei proalimentare, comunismo. Un modello che grammi sociali, che si rivolgono solo a un applica ogni giorno, dopo aver trasformato un “imLa Granja Escuela insegna vie mondezzaio” cittadino nella alternative per ottenere prodotti Granja Escuela Mutualitos agricoli di qualità. È uno spazio (fattoria didattica della muaperto per chi vuole contribuire

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gruppo molto ristretto di popolazione, ho preso la decisione di organizzare dei gruppi, per trovare una via d’uscita. Mi sono quindi trasferita con i miei figli e ho comprato un lotto di terreno dove intendevo costruire un modello di città e di Paese più umano, solidale, autogestito, fraterno e democratico. Ma la guerra ci ha seguito, così ho dovuto lasciare la casa che avevo costruito (umile, ma nostra). Il 13 gennaio 2008, poco dopo Natale, si portarono via mio figlio di 21 anni che era il mio braccio destro: è stato un colpo durissimo, la tristezza mi stava uccidendo. Ma la vita continua. Oggi vivo in modo modesto con i miei due figli piccoli nella Granja Escuela Mutualitos, in una piccola casa di legno, con i servizi di base (cibo, riparo e riposo), che divido con molta gente. Abiti su un terreno che ti è stato dato in uso dal proprietario dopo aver ascoltato il tuo progetto. Come lo gestisci? Il terreno è distribuito in tre parti secondo la funzione: abitazione; formazione ed educazione; agricoltura e coltivazioni minori. Sul terreno coltivabile faccio recupero del suolo (decontaminare, fertilizzare, nutrirlo e renderlo adatto alla coltivazione). Produco quinoa, amaranto, mais, yacon, coriandolo, prezzemolo, patate, lattuga, carote, spinaci,

broccoli, pomodori, zucca, erbe e piante medicinali per controllare le piante infestanti. La Granja Escuela Mutualitos insegna vie alternative per ottenere prodotti agricoli di qualità, utilizzando tecniche biologiche come lombrichi, fertilizzanti completamente

L’INCONTRO DI ROSITA CON L’ITALIA è avvenuto nel 2009 grazie alle riprese del documentario Rosita no se desplaza. A produrlo LibLab (www.liblabsrl.it), un centro indipendente di comunicazione, in un’ottica di innovazione sostenibile e multiculturalità, nato a Milano pochi mesi prima. Lo spunto per il film è arrivato dal colombiano emigrato Leonardo Valderrama, desideroso di tornare in patria sulle orme di un viaggio di Enzo Baldoni. Regista della pellicola Alessandro Acito, che ha avviato le riprese nel Paese latinoamericano tra assalti di uomini armati e altre difficoltà. A Bogotà la “semplice” storia di Rosita Poveda si è ampliata fino a trasformarsi in un documentario sulle migliaia di desplazados/sfollati fuggiti dalla guerra in città. La vicenda di Rosita è rimasta come dimostrazione paradigmatica che uno sviluppo davvero sostenibile esige l’impegno quotidiano per la dignità e la giustizia. I numerosi riconoscimenti internazionali al documentario hanno portato opportunità e risorse utili a sviluppare i progetti sociali di Rosita in Colombia e incoraggiato LibLab a ideare e promuovere il primo festival internazionale di documentari di creazione a Milano, The village doc festival (www.thevillagedocfestival.com), che in soli sei mesi ha raccolto 300 film da tutto il mondo, proiettati gratuitamente nelle strade e nei cortili del quartiere Barona, in mezzo a laboratori di pratiche sostenibili e animazioni territoriali. Così Rosita è arrivata in Italia, come membro della giuria del Mondo Nuovo, anche grazie al sostegno di gruppi di cittadinanza attiva come le Donne per cambiare di Saronno.

organici e piante che contribuiscono a controllare i parassiti e le malattie. Lo scopo è migliorare il consumo e la qualità della vita. L’attività che si pratica è intrinsecamente connessa ai temi della sovranità e della sicurezza alimentare. La Granja Escuela Mutuali-

tos è uno spazio aperto, che non pone alcuna restrizione e alcun limite alle persone che sono interessate a contribuire con strategie e conoscenze per migliorare la qualità della vita dei cittadini che appoggiano questo progetto, alla ricerca del benessere comune per


| internazionale | tutti. Le istituzioni locali sono rette tramite norme che impediscono questo processo di autogestione. Il mio modello è totalmente decentralizzato e si basa sull’auto-sostegno. Cosa intendi per sovranità alimentare e auto-produzione? La sovranità alimentare è data dall’acquisire potere sui beni e i mezzi di produzione per decidere cosa coltivare, quando e per chi. Quando non c’è sovranità alimentare siamo solo “dipendenti” del campo e coltiviamo quello che ci dicono di coltivare. L’autoproduzione è la capacità, da parte di famiglie e comunità, di produrre gli alimenti che si consumano, con sementi della propria zona e ottenendo cibi che fanno parte della propria tradizione. In cosa consiste il mercato contadino che avete organizzato? È un’attività che stiamo promuovendo con i produttori urbani e rurali come punto d’incontro per commerciare prodotti trasformati, freschi e le carni di animali allevati con alimenti al 100% naturali. È pensato come una vendita diretta dal produttore al consumatore finale. Il mercado mutual è il luogo dove entra in atto l’assistenza reciproca: per tutto il

Sopra, Rosita nella copertina del documentario. A destra, una protesta dei desplazados.

giorno i contadini vendono e di sera si esercita il baratto o lo scambio con persone che non hanno denaro, ma solo articoli, beni o servizi da scambiare con i prodotti agricoli. I contadini sono della zona, del centro del Paese e agricoltori urbani. Cos’è Accion Social e come sta lavorando per aiutare i desplazados? Accion Social è l’ente statale destinato a forniLINK http://ecoescuelamutualitos.blogspot.com/

UNA GUERRA SENZA INVIATI DA CINQUANT’ANNI IN COLOMBIA si consuma una guerra civile violenta, che vede contrapporsi le Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército del Pueblo o Forze armate rivoluzionarie della Colombia - Esercito del popolo, cioè un’organizzazione guerrigliera comunista clandestina fondata nel 1964) e l’esercito governativo. Ai due principali contendenti armati si sono nel tempo aggiunte scorribande e azioni sanguinose di altri gruppuscoli variegati di sinistra, bande incontrollate e gruppi paramilitari anti Farc come i guerriglieri dell’Auc. La Colombia è oggi spesso sinonimo di narcotraffico, ma non molti sanno che la gran parte della popolazione (in tutto 46 milioni di abitanti) può raccontare esperienze familiari di rapimenti, omicidi, torture o reclutamenti coatti di minori. Bogotà è il centro dove tutto converge o deborda. Praça de Bolivar è completamente occupata da una moltitudine di poveri e sfollati (desplazados) accampata per protesta; una tendopoli ricopre anche il Parco del Tercero Millennio. La maggior parte di questi accampamenti è popolata da chi è stato costretto ad abbandonare la propria casa, nelle campagne, perdendo tutto per sfuggire alla minaccia di morte dei gruppi armati. Migliaia di persone bisognose di tutto e senza più un’identità, una carta di riconoscimento, e perciò senza più diritti, in parte seguiti da un ente governativo chiamato Accion Social, che cerca di offrire servizi minimi di sussistenza, tamponando un situazione esplosiva sul piano sociale. La guerra civile colombiana è, come tutte le guerre, una guerra sporca (consumata anche con omicidi di intellettuali, stupri sistematici, assassini di civili da parte di militari travestiti da guerriglieri e compiuti dietro ricompensa) e confusa: molti dei grandi progetti intrapresi da grandi imprese private e statali nel sud di Bogotá hanno infatti causato gravi problemi sanitari e ambientali e un ulteriore desplazamiento di agricoltori, provocato anche da smottamenti del terreno e cedimenti strutturali che hanno riguardato interi quartieri della Capitale. Un rapporto di giugno 2010 dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ricorda che, oltre agli sfollati interni, la Colombia è il Paese di origine di oltre 380 mila persone che fanno richiesta e/o hanno ottenuto rifugio in diversi Paesi dell’America Latina.

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re assistenza agli sfollati. Quando si tratta di politiche statali, però, c’è un’enorme differenza fra gli obiettivi dichiarati e la realtà. I desplazados arrivano nelle grandi città in cerca di rifugio e di aiuto. Ma gli aiuti sono insufficienti, temporanei e non offrono nessuna garanzia di soddisfare nemmeno i bisogni più basilari: si permette addirittura che alcuni intermediari opportunisti si approfittino della situazione, mentre d’altra parte non viene riconosciuta, ma, anzi, squalificata l’azione delle organizzazioni autonome. Del resto la situazione politica del nostro Paese rientra nel quadro del modello di sviluppo capitalista, oggi chiamato neoliberista, in cui potere e capitale si concentrano nelle mani di minoranze di popolazione ogni volta più potenti e dedite allo sviluppo e all’oppressione. Perciò le politiche governative sono orientate alla privatizzazione dei servizi per favorire i guadagni delle imprese vincolate ai movimenti di capitale transnazionali e a facilitare il controllo di questi beni e mezzi di produzione, giustificandosi con lo scopo di mantenere la fiducia degli investitori. Nella politica educativa si insiste per l’ingresso del capitale privato al posto degli investimenti pubblici e nell’orientamento verso lo sviluppo di competenze e capacità che riguardano in primo luogo lo sviluppo intellettuale nei campi della scienza e della tecnologia; il tutto in un Paese che vede la presenza di un’ampia educazione agricola. La stragrande maggioranza degli aiuti per la popolazione proviene dalla comunità internazionale, condizionata da norPER CONTATTARE ROSITA me che soddisfano soltanto i grandi morosita@liblab.org nopoli.

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altrevoci

Nei primi dieci giorni di agosto, che hanno visto Wall Street bruciare 2.200 miliardi di dollari sul mercato azionario, gli operatori dell’high frequency trading, il sistema di scambio automatizzato che sposta enormi volumi di titoli nello spazio di frazioni di secondo, hanno incassato ogni giorno profitti da decine di milioni di dollari. Lo rivelano i dati resi noti da Bloomberg e dal Wall Street Journal. L’8 agosto scorso, con il Dow Jones Industrial crollato di 635 punti base, i trader ad alta velocità si sarebbero messi in tasca qualcosa come 60 milioni di dollari. Un profitto che, secondo il Wsj, “pur non apparendo particolarmente significativo nel contesto dei mercati globali, si tradurrebbe in un guadagno complessivo annuale pari a circa 15 miliardi”. Più del doppio rispetto al totale dei profitti dell’high speed statunitense nel 2009: circa 7,2 miliardi. Nonostante i rischi di manipolazione dei prezzi connessi allo scambio ad alta velocità siano noti da tempo, questo tipo di scambi non è soggetto oggi ad alcun tipo di regolamentazione.

PETR KRATOCHVIL

BORSE: SPECULATORI VELOCI SFRUTTANO L’URAGANO DI AGOSTO

EUROZONA, LA PROSSIMA A CROLLARE SARÀ CIPRO? Le condizioni economiche di Cipro potrebbero deteriorarsi ulteriormente e potrebbe essere proprio la piccola isola del Mediterraneo la prossima nazione dell’Eurozona a necessitare di un piano di salvataggio internazionale per evitare il tracollo. Il grido d’allarme è giunto dallo stesso governatore della banca centrale, Athanasios Orphanides, che in una lettera inviata al presidente Demetris Christoflas, ha sottolineato che “per evitare il peggio, ovvero per scongiurare la necessità di un aiuto d’emergenza da parte delle autorità internazionali e tutto ciò che ne conseguirebbe, dovranno essere immediatamente introdotte misure draconiane”. La crisi è legata, da un lato, agli stretti legami che lo Stato presenta con la disastrata economia greca. Dall’altro, ad un evento contingente: l’esplosione di un deposito di armi che lo scorso 11 luglio ha provocato tredici morti e danneggiato fortemente la principale centrale elettrica del Paese (che garantiva il 60% dell’approvvigionamento nazionale), costretta a fermarsi e successivamente a fornire energia solo a singhiozzo. Tutto ciò ha convinto l’agenzia Moody’s a declassare il giudizio sull’isola a “Baa1”, ossia due gradini sotto alla precedente valutazione (che era “A2”). Il governo, da parte sua, ha approvato un pacchetto di misure di austerity, affrettandosi a parlare di «economia in salute». Ma la riparazione della centrale costerà 1 miliardo di dollari, ovvero il 5,6% del Pil locale: per il Paese si tratta di una vera e propria sfida. [A.B.]

[M.CAV.]

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USA, 16 TRILIONI DI DOLLARI PER SALVARE LE BANCHE “Una pugnalata” alle spalle dei poveri assoluti e dei nuovi indigenti. Così, sulle colonne de Il Manifesto, l’economista Riccardo Petrella ha commentato le cifre della maxi manovra di salvataggio del sistema che la Federal Reserve statunitense ha attuato tra il dicembre 2007 e il giugno 2010. 16 mila miliardi di dollari sottoforma di prestiti a tasso zero, erogati a banche e imprese in difficoltà di cui ha dato notizia a luglio il Government Accountability Office (Gao) di Washington. Tra i principali beneficiari della cifra (equivalente al Pil annuo dell’intera Ue) ci sono le principali banche di Usa, Giappone ed Europa. Si va dai 2.500 miliardi finiti nelle casse di Citigroup ai 175 ricevuti dalla francese Bnp Paribas. In mezzo una sfilza di contributi che hanno interessato tra gli altri Morgan Stanley (2.040 miliardi), Merrill Lynch (1.949), Bank of America (1.344), Barclays (868 miliardi), Goldman Sachs (814) Royal Bank of Scotland (541), JPMorgan (391) Deutsche Bank (354), Ubs (287), Credit Suisse (262) e persino Lehman Brothers (183). [M.CAV.]

USA, BUFFET AL CONGRESSO: «TASSATEMI!» Che quando si tratta di tirare la cinghia siano spesso i meno abbienti a pagarne le conseguenze è noto. Ma la situazione che ha “confessato” il multi-miliardario americano Warren Buffet è davvero paradossale. In una nazione che ha patito fortemente la crisi finanziaria degli ultimi anni, con la disoccupazione alle stelle e l’economia che stenta a riprendersi, uno come lui, proprietario del fondo d’investimento Berkshire Hathaway, finanziere tra i più ricchi del mondo, ha dovuto sborsare tasse solamente per il 17,4% dei propri introiti. Una percentuale ridicola, che il magnate ha “denunciato” in un appello diretto al Congresso degli Stati Uniti: «Mentre moltissimi americani lottano per arrivare a fine mese - ha ammesso - noi ultra-ricchi continuiamo a beneficiare di esenzioni fiscali eccezionali». Per questo, ha aggiunto, «occorre una tassa straordinaria su tutti i redditi superiori al milione di dollari all’anno, e un ulteriore prelievo su chi percepisce più di 10 milioni». Il miliardario ha aggiunto che l’aliquota media pagata dai suoi venti principali collaboratori è compresa tra il 33 ed il 41%. Il che indica come ad essere agevolati siano proprio gli ultra-ricchi: quelli che più di tutti avrebbero modo di contribuire alle difficoltà del Paese. [A.B.]

news

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DAL PRIVATO AL PUBBLICO: LA “FASE DUE” DEI BILANCISTI

L’EUROPA SI DÀ APPUNTAMENTO A OTRANTO CONTRO LE MAFIE

SOVRANITÀ ALIMENTARE TUTTA DA COSTRUIRE

Potenza della Costituzione italiana: l’articolo 4, in particolare il secondo comma (“Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”) ha spinto le famiglie riunite in Bilanci di Giustizia, l’associazione che da vent’anni propone nuovi stili di vita, a passare dal privato al pubblico. Dopo aver spostato in senso più etico e sobrio i propri consumi privati - alimentari, igienici, energetici e nei trasporti - ora si passa alla fase 2: «La nostra attenzione si va naturalmente spostando sull’impegno sociale», spiega don Gianni Fazzini, coordinatore dell’associazione, che a fine agosto ha tenuto il suo convegno annuale ad Assisi. «Ormai i cambiamenti nei nostri stili di vita sono consolidati. È il momento di fare il grosso salto e riversare tali comportamenti nelle comunità in cui viviamo». Seguendo quanto ordinato dall’articolo 4 della Costituzione, appunto. E, infatti, il loro rapporto annuale (che è diventato un libro - Prove di felicità quotidiana - edito da Terre di Mezzo) non conterrà tanto numeri sui comportamenti etici, quanto esperienze di buone pratiche che permettano di “contaminare” il resto della popolazione. «Uno stimolo - spiega Fazzini - per ritornare alla cittadinanza attiva».

Otranto Legality Experience, per una settimana, mette la città salentina al centro del dibattito sul ruolo della società civile nel contrasto alla criminalità organizzata transnazionale. «Se i capitali circolano a livello globale con pochissimi controlli, le organizzazioni criminali acquisiscono un ampio margine d’azione e l’Europa da parte sua sconta un ritardo legislativo e operativo: sul tema è necessario un appuntamento stabile di respiro internazionale», spiega il curatore culturale Vittorio Agnoletto. L’edizione 2011 della kermesse si focalizza sul tema dell’energia e sulla tratta degli esseri umani. Il primo appuntamento (5-8 settembre) è il summer camp: duecento giovani chiamati a proporre soluzioni innovative alle istituzioni dell’Ue. Dal 9 all’11 settembre è il momento del public forum, aperto a tutti e descritto da Agnoletto come «un tentativo di superare un problema culturale: in Italia la discussione sulla finanza è troppo elitaria». Liberismo e antiliberismo si troveranno faccia a faccia nell’incontro tra Pedro Paez (ex ministro delle Finanze dell’Ecuador e presidente della Commissione latinoamericana per una nuova architettura finanziaria regionale) e Alessandro Profumo, ex a.d. di Unicredit. O ancora, il professor Francesco Strazzari della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e il magistrato Francesco Greco si confrontano sugli strumenti dell’Ue per contrastare le mafie. [V.N.]

“Siamo convinti che un cambiamento al nostro sistema alimentare sia un primo passo verso un cambiamento più ampio nella nostra società”. Si leggono queste parole nella dichiarazione finale di Nyéleni Europa 2011, il primo Forum europeo per la sovranità alimentare, che si è svolto a Krems, in Austria dal 17 al 21 agosto e che si è concluso con la prima “Dichiarazione europea sulla Sovranità Alimentare”, come forma di risposta alla crisi. Oltre 400 delegati provenienti da 34 Paesi europei si sono “impegnati a prendere il sistema alimentare nelle loro mani” attraverso un Piano d’azione in 5 punti: 1) costruire un modello di produzione e consumo del cibo ecologicamente sostenibile e socialmente giusto; 2) decentrare il sistema di distribuzione degli alimenti e accorciare la filiera tra produttori e consumatori; 3) migliorare le condizioni di lavoro e gli aspetti sociali del lavoro; 4) democratizzare il processo decisionale sull’uso dei beni comuni (terra, acqua, aria, saperi tradizionali, sementi e bestiame); 5) assicurarsi che le politiche pubbliche, a tutti i livelli, garantiscano la vitalità delle aree rurali, prezzi equi per i produttori di cibo e alimenti sicuri e Ogm-free per tutti. Il testo della Dichiarazione finale è sul sito: www.nyelenieurope.net.

[EM.IS.]

PESCE RADIOATTIVO NEL VERMONT A DUE PASSI DALLA CENTRALE ATOMICA Scoperta inquietante delle autorità sanitarie dello stato americano del Vermont diffusa ai primi di agosto: dalle analisi è risultato contenente materiale radioattivo un campione di pesce del fiume Connecticut, pescato nelle vicinanze della centrale atomica Vermont Yankee, gestita da Entergy Louisiana. Il fatto potrebbe contribuire a confermare il preventivato arresto dell’impianto, ma gli uffici tecnici statali hanno chiesto e ottenuto più tempo per approfondire i test e determinare con precisione l’origine dello Stronzio-90 ritrovato nel pesce, considerando la pericolosità della contaminazione con una sostanza che può causare leucemia e cancro alle ossa. Il governatore Peter Shumlin, che già in precedenza aveva chiesto la chiusura del reattore da 620 megawatt per marzo 2012, in occasione della scadenza naturale della sua licenza di esercizio, è ormai in piena polemica col gestore, che accusa apertamente di “mettere i profitti dei propri azionisti al di sopra del benessere degli abitanti del Vermont”. Ovviamente di altro avviso resta Entergy, società con base a New Orleans e secondo maggior operatore americano per l’energia nucleare, che vuole invece mantenere la centrale attiva per altri 20 anni e richiede la concessione di una nuova licenza: per questo ha presentato una denuncia alla corte federale, con l’intento di bloccare la chiusura del reattore. [C.F.]

[C.F.]

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narrativa

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UN PADRE E UN FIGLIO UNITI DALL’AFRICA

OGGI COME IERI: GENOVA A DIECI ANNI DAL G8

Somalia, Sierra Leone, Angola, Mali, Mauritania, Ciad. Mentre nel 1981 l’Italia si accinge a ubriacarsi con gli anni d’oro dello yuppismo, Mario fa una scelta non violenta: da obiettore di coscienza si trasferisce in Africa. Gli si spalanca di fronte un nuovo mondo con tutti i suoi colori, i suoi sconfinati spazi, i suoi popoli poveri e fieri, la natura onnipresente. Lì scopre l’amore. E dall’amore nasce Lorenzo. Ma, oltre alle infinite bellezze dell’Africa, Mario è testimone dei drammi, delle violenze di un continente che non è ancora libero di costruire il proprio destino. Decide che è una terra troppo pericolosa per suo figlio. E sceglie quindi di ritornare, affrontando il rischio di sentirsi straniero in patria. Ma a Lorenzo, ai suoi occhi sorridenti, decide di lasciare un ricordo della terra in cui è nato. Spazi, paesaggi, incontri, sofferenze si trasformano in uno strumento di crescita, di confronto con suo figlio. Un’autobiografia raccontata con stile leggero, sobrio, ma senza evitare i momenti difficili incontrati lungo il cammino. Un frammento di esistenza, narrata con tutta la passione di un uomo che, attraverso l’impegno in favore degli altri, ha trovato la ragione della propria vita. [EM.IS]

A dieci anni dal G8 di Genova sono ancora tanti i tasselli da ricomporre. A partire dalle istanze politiche, economiche e sociali che nel 2001 per la prima volta furono portate all’attenzione del grande pubblico e sette anni dopo hanno rivelato la propria forza dirompente in occasione della crisi finanziaria (che sarebbe stata inconcepibile all’infuori di un contesto globalizzato). Per non parlare del tragico contrasto tra la partecipazione senza precedenti espressa dalla società civile e la violenza degli scontri. Teatro di tutto questo: la città, che proprio in un contesto globalizzato assume una dimensione sempre più importante perché diventa lo snodo in cui si incontrano i più variegati flussi di popolazione. Questo libro riparte proprio da Genova e da chi la vive in prima persona: dal sindaco di allora a quello attuale, da scienziati a imprenditori e storici; e non mancano interviste a Sabina Siniscalchi di Banca Etica, Giuliano Ferrara ed Edoardo Sanguineti. Le loro testimonianze sono spunti di riflessione su cosa, di quel luglio 2001, sia ancora vivo e attuale. [V.N.]

MARIO NERI LORENZO, LETTERA A MIO FIGLIO

ALBERTO LEISS LIBERTÀ E CONFLITTI NELLA CITTÀ-MONDO A DIECI ANNI DAL G8 DI GENOVA

Sagep Editori, 2011

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MAIALI TRA I PALAZZI. VITA DA CONTADINI IN UNA CITTA CALIFORNIANA

DIVERSAMENTE AMBIENTALISTA DENTRO E FUORI DA GREENPEACE “Greenpeace e io abbiamo preso strade divergenti. Nella mia evoluzione io sono diventato un ambientalista ragionevole. Greenpeace, invece, man mano che ha adottato programmi ostili alla scienza, all’economia e in ultima analisi all’umanità, è diventata sempre più irragionevole”. Descrive così il suo “allontanamento” dalla celebre organizzazione di tutela dell’ambiente, Patrick Moore, che, dopo aver partecipato alla fondazione dell’associazione nel 1971 e condiviso le sue battaglie per 15 anni (è stato anche presidente di Greenpeace Canada e direttore di Greenpeace International), ne è uscito. Si è accorto che “c’era un altro passo da compiere oltre al puro attivismo ambientale. La vera sfida consisteva nell’inserire nel tessuto economico-sociale della nostra cultura i valori ambientali che avevamo contribuito a creare”. Ma la strada imboccata da Patrick Moore è talmente lontana da Greenpeace da lasciare se non altro perplessi. Una svolta di 180 gradi, che lo porta ad abbracciare e sostenere il nucleare come unica fonte energetica del futuro (“ha dimostrato di essere una fonte del tutto sicura, affidabile ed economicamente vantaggiosa”, si legge nel libro) e a sostenere senza dubbio gli Ogm (“le scienze genetiche, compresa l’ingegneria genetica, miglioreranno la nutrizione, porranno fine alla denutrizione, miglioreranno il rendimento delle colture, ridurranno l’impatto ambientale dell’agricoltura e renderanno più sani la popolazione e l’ambiente”). [E.T.] PATRICK MOORE L’AMBIENTALISTA RAGIONEVOLE CONFESSIONI DI UN FUORIUSCITO DA GREENPEACE

Dalai editore, 2011

Iacobelli editore, 2011 | 68 | valori |

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Vivere in un quartiere malfamato alla periferia di Oakland, in California, e pensare di mettere in piedi una fattoria urbana che, un passo alla volta, permetta di raggiungere l’autosufficienza alimentare. Un’utopia diventata realtà. Novella Carpenter è una giornalista statunitense, cresciuta con due genitori hippy in un ranch nell’Idaho. Dopo gli studi in biologia e inglese e dopo una serie di lavori precari, si trasferisce nei sobborghi di Oakland, in un quartiere chiamato Città Fantasma: un vicinato multietnico e variegato, pallottole che volano, case fatiscenti, cumuli di spazzatura. Ma Novella riesce a realizzare il suo sogno. Da un terreno abbandonato pieno di erbacce e rottami crea un orto in cui crescono rigogliosi ortaggi e frutta e dove alleva oltre alle api, polli e uccelli acquatici, tacchini, conigli e maiali. Un libro che racconta la realizzazione di un sogno, ma anche un rapporto diverso con il cibo, con la terra e con il consumo. Per chi volesse seguire le avventure di Novella Carpenter, basta visitare il suo blog www.novellacarpenter.com.

[E.T.] NOVELLA CARPENTER FARM CITY. L’EDUCAZIONE DI UNA CONTADINA URBANA

Slow Food editore, 2011

CLASS ACTION PER SPIONI IN RETE Un servizio di tracciamento degli utenti sul web sta destando qualche nuova preoccupazione rispetto alla privacy. Lo ha sviluppato la KISSmetrics, una startup creata da una ventina di ricercatori di San Francisco, che ha presentato il servizio come un’evoluzione più completa di servizi come Google Analytics. Il servizio offre dati sul numero di visitatori registrati da un sito, la provenienza web e il dettaglio sui diversi contenuti visitati. A portare KISSmetrics agli onori della cronaca e al centro delle discussioni sul web è stata però la particolare invulnerabilità del servizio, che sembra resistere senza particolari problemi alle più diffuse tecniche di controllo della privacy (blocco dei cookie e utilizzo di software per la navigazione anonima). KISSmetrics vi segue e documenta ciò che state guardando in Rete. Ma, come accaduto per la funzionalità Gps di iPhone, che documentava gli spostamenti fisici dell’utente e li registrava in una sorta di memoria riservata, queste funzionalità non sono apprezzate dall’utente finale, che vede minacciata la sua privacy. La Federal Trade Commission ha quindi annunciato le prime azioni contro le attività di tracciamento degli utenti mentre gruppi di utenti hanno annunciato azioni collettive a tutela della loro privacy.

A CURA DI FRANCESCO CARCANO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

IN ITALIA NUOVE FRONTIERE PER L’INTERAZIONE Portare in Italia per una conferenza Amber Case, per citare un nome fra i tanti, non è da tutti. Ma Frontiers Of Interaction anche quest’anno ha colpito nel segno. Il “meeting point su design, tecnologia e tutto ciò che è interattivo” ha animato per due giorni Firenze portando ricercatori e studiosi internazionali delle forme più evolute di interazione tecnologica. In Rete potete trovare tutti i contenuti e sul blog di uno degli ideatori di Frontiers, Leeander Agrò (www.leeander.com), commenti e dietro le quinte. Dopo Firenze, Roma e altre esperienze, ora Frontiers, conferenza itinerante ma strutturalmente radicata in Italia, cerca casa per il 2012 ed è alla ricerca di una città consapevole di cosa significhi portare intelligenze da tutto il mondo a confrontarsi sul futuro. Tra i temi trattati vi sono interazione, web, sostenibilità, nuove forme di lettura antropologica del presente, cervelli in fuga da trattenere, produzioni sostenibili e ausili tecnologici per lo svantaggio. Ci sarebbe di che farne un fiore all’occhiello, come dimostra il successo internazionale della più blasonata Ted Conference. Se qualche Pubblica Amministrazione si vuole candidare, in stile web 2.0, gli organizzatori si dicono interessati a ricevere nuove proposte.

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future

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IL POSTCINEMA SECONDO ARCAGNI

TUTTI IN FILA PER LA LUNA I catastrofisti dicono che è per l’avvicinarsi della fine dei tempi; i ricercatori che bisogna esplorare sempre nuovi confini. Tuttavia non passa del tutto inosservata e desta qualche curiosità la presentazione di una new.co chiamata “Società del cemento lunare” creata con capitali giapponesi e statunitensi, che vuole produrre direttamente in loco, sulla Luna, materiali adatti a creare i primi insediamenti umani. Anche la Lockheed, storica azienda Usa produttrice di componentistica a uso bellico e per velivoli, sta sperimentando nuove tecnologie per superare il principale ostacolo che rende difficile la vita umana sul satellite: l’assenza di ossigeno. In questa, futuribile ma improvvisamente accelerata, corsa alla Luna si inserisce ora anche un brevetto italiano: il primo mattone costruito con materiale lunare. Frutto del progetto Cosmic e finanziato dall’Asi (Agenzia spaziale italiana), il mattone è stato sviluppato da un chimico dell’università di Cagliari in collaborazione con diversi centri di ricerca.

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Giovane ricercatore all’università di Palermo, attivo conferenziere e giornalista blogger, Simone Arcagni ha sviluppato in questi anni un interessante percorso divulgativo sul tema del “postcinema” e dei nuovi spazi, modi e tempi della produzione e della fruizione di contenuti in movimento. Attraverso una serrata attività di conferenze, articoli, blog e letture in sedi accademiche e contesti sperimentali, il ricercatore sta mappando tutto ciò che accade alle frontiere della produzione cinematografica, che si tratti di utilizzo collettivo dello spazio pubblico o nuove metodologie di offerta del documentario. Nell’era della Rete e dell’offerta multimediale di contenuti, quali sono le nuove forme che il documentario e il cinema possono offrire allo spettatore perché passi da essere fruitore a soggetto attivo di produzione e reintepretazione del documentario? Sul tema si indaga e inizia a produrre contenuti in tutto il Nord Europa, molto meno in Italia, e vi sono le prime risorse informative in Rete come il blog di Arcagni su Nova o interactivedocumentary.com che analizza e segnala i vari progetti.

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DAI TAPPI ALL’ISOLANTE: LA CASA BIO COMINCIA DAL SUGHERO I cambiamenti, a volte, partono da cose piccole come i tappi di sughero. Ne sono convinti i soci di Artimestieri, i primi in Italia a promuovere un centro di raccolta dei tappi, che in seguito vengono lavorati e trasformati in un ottimo isolante termico granulare, molto utile nell’edilizia. «In un periodo di crisi come questo afferma il presidente Enzo Princivalle - bisogna trovare nuovi sbocchi: e il sughero riscuote un grande interesse perché si tratta di un investimento che valorizza l’abitazione e porta a un risparmio energetico tangibile». Ma non è la sola attività di questa cooperativa sociale, fondata a Cuneo più di vent’anni fa: si spazia dalla bioedilizia, al bioarredamento, a un piccolo laboratorio tessile. Il tutto con materie prime rigorosamente locali. Qualsiasi prodotto può essere ordinato via internet e viene consegnato rapidamente in tutt’Italia; e non manca l’idea di trovare dei distributori che vogliano collaborare per costruire una piccola rete di vendita autonoma.

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A CURA DI VALENTINA NERI | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A NERI@VALORI.IT

ADDIO IMBALLAGGI LA ECO-FORMICA DA GENOVA AL WEB Un negozio a Genova che volutamente rimane di piccole dimensioni per facilitare il rapporto diretto con i clienti. Un sito internet che, oltre all’elenco dei prodotti, comprende un archivio di approfondimenti e un blog in cui si dà voce agli utenti. E in cantiere l’idea di aprire altri punti vendita in franchising. Tutto questo è La Formica, un progetto nato nel 2009 per ridurre gli imballaggi (iniziando con la vendita di detersivi e saponi sfusi) e che, passo dopo passo, ha catturato l’interesse dei clienti, richiamati dall’alta qualità dei prodotti locali (ben diversi da quelli standardizzati proposti dalla grande distribuzione) e, non da ultimo, da prezzi decisamente concorrenziali, proprio perché si abbattono le spese di confezionamento. «L’ideale - racconta uno dei fondatori, Filippo Repetto - è quando una persona, attirata inizialmente dalla convenienza, sviluppa un interesse nei confronti delle proposte ecocompatibili. Per questo adottiamo una logica di rete e collaboriamo con altre realtà locali per dare consigli a tutto tondo per uno stile di vita rispettoso dell’ambiente».

www.ecoformica.it www.artimestieri.com Segnalata da Segnalata da

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SO CRITICAL SO FASHION LA SOSTENIBILITÀ SCENDE IN PASSERELLA La moda può essere molto diversa da quella che viene proposta quotidianamente da televisione e riviste. I capi d’abbigliamento possono essere artigianali, prodotti con materie prime locali certificate, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita dei lavoratori. Tutto questo si chiama moda critica e «offre prodotti qualitativamente ineccepibili, di taglio raffinato, di design», spiega Anna Nenna, coordinatrice di So critical so fashion, la manifestazione che, dopo il successo della prima edizione, anche quest’anno dal 23 al 25 settembre torna ad animare la location dei Frigoriferi milanesi. Una serie articolata di eventi, che vanno dalle presentazioni di libri e reportage in anteprima, alle conferenze più “tecniche” (si spiega, fra le altre cose, come produrre tessuti nel rispetto dei principi vegan), ai laboratori per adulti e bambini. E ogni sera non mancano aperitivi (con prodotti a Km zero e birre artigianali) e dj set. Un’offerta trasversale, che «mira ad attirare un pubblico a 360 gradi - continua Anna Nenna che spesso non ha confidenza con questo tema. Il nostro scopo è proprio quello di far capire che la moda può essere sostenibile senza perdere nulla della propria natura: vale a dire senza rinunciare alla qualità e allo stile». www.criticalfashion.it

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MADE IN CARCERE / DEIANA - GAZZANIGA

terrafutura

CREAZIONI INDIVIDUALS / DEIANA - GAZZANIGA

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NGO WORLD VIDEOS MILANO PREMIA I REPORTAGE DAL SUD DEL MONDO A Milano cinema e cooperazione internazionale vanno a braccetto, grazie alla collaborazione fra Coopi - che in quarantacinque anni di storia ha portato avanti oltre settecento progetti umanitari in quaranta Paesi - ed Esterni, a cui si deve il Milano Film Festival. Un incontro inedito dal quale è nato il concorso “NGO World Videos - Reportage dal Sud del mondo”, riservato a cortometraggi prodotti, o promossi, dalle Organizzazioni non governative. I cinque documentari finalisti di questa terza edizione vengono presentati al pubblico venerdì 16 settembre, non prima di un workshop sulla comunicazione sociale in video. Perché il punto è proprio questo: a volte ciò che serve per valorizzare davvero l’operato delle Ong è la possibilità di uscire dalla cerchia degli addetti ai lavori. Ed è a tale scopo che registi di respiro internazionale hanno messo a disposizione la propria professionalità per seguire l’attività delle organizzazioni umanitarie in angoli di mondo troppo spesso dimenticati, offrendo una testimonianza immediata del significato e dell'importanza del loro intervento.

www.coopi.org www.milanofilmfestival.it


| taglieterrore |

Numeri in libertà

Manovra di agosto senza testa nè coda

di Roberto Romano*

13 AGOSTO è pari a oltre 55 miliardi di euro tra il 2012 e il 2014: 3,9 punti di Pil. Una parte si applica anche al 2011, per 2,1 miliardi, mentre per il 2012 e il 2013 sono previsti interventi per 23,9 e 49,8 miliardi. Alla fine del 2014 ci sarà una manovra cumulata pari a 55 miliardi e 405 milioni di euro (l’intervento di agosto ha aggiunto quasi 7 miliardi). In particolare, l’incidenza delle maggiori entrate sul complesso dei tagli cresce progressivamente, dal 56,3% del 2013 al 78,8% del 2014. Secondo il ministro Tremonti, però, l’anticipo della manovra economica dal 2013-14 al 2012-2013 non dovrebbe avere ripercussioni sui consumi delle famiglie, sugli investimenti delle imprese e sulla dinamica dell’import-export. Difficile crederlo, soprattutto se consideriamo

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A MANOVRA CORRETTIVA PREDISPOSTA DAL GOVERNO IL

XINHUA / CONTRASTO

che la riduzione della spesa pubblica comSe complessivamente la voce prime i consumi pubblici di almeno 18 miporterebbe a maggiori entrate liardi di euro nel periodo considerato, che per 2.829 milioni per il 2012, difficilmente possono essere compensati, 2013 e il 2014, è altrettanto vein questo quadro di recessione internazioro che questo contributo è denale, da una equivalente crescita degli inducibile, nemmeno detraibile, vestimenti o dei consumi privati (il Pil è per un ammontare di 2.051 midato dalla somma tra consumi, investilioni nel 2012, 1.172 nel 2013 e menti e spesa pubblica). 2014. Un contributo, insomma, I tagli ai ministeri sono pari a 6 miliarche entra dalla porta ed esce in di per il 2012 e 2,5 miliardi per il 2013. Di gran parte dalla finestra. poco superiori sono i tagli agli enti locali: 6 Altra partita fiscale rilevanmiliardi nel 2012 e 3,2 miliardi nel 2013 tissima è legata alla ex delega fi(2,4 per le regioni a statuto ordinario, 3 per scale su assistenza e fisco. Da regioni a statuto speciale e le province auquesto pacchetto sono attesi tonome, 1,3 per le province e 2,7 per i comaggiori entrate di 4 miliardi muni sopra i 5 mila abitanti). di euro per il 2012 e 12 miliarUn aspetto sottovalutato e molto ideodi per il 2013, per un ammonlogico è legato alle misure di contenimentare complessivo al 2014 di 20 Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. L’intervento del premier in to della previdenza, Tfr pubblico e lavoro. miliardi di euro. Se l’operazioParlamento il 3 agosto per riferire sulla crisi economica. Questi provvedimenti, tutti insieme, danne non riuscisse al governo no risparmi ben oltre il 2014 e sono del scatterebbero i tagli selettivi su diverse formilioni nel 2013 e 1.919 milioni nel 2014. tutto irrilevanti rispetto alla manovra me di detrazione pari al 5% nel 2012 e al Ma è il contributo di solidarietà per i redcomplessiva e rispetto al Pil, di cui rapprediti superiori a 90 e 150 milioni di euro al- 20% nel 2013. Se accadesse, e la cosa non è sentano lo 0,001%. l’anno (5 e 10%) che proprio non convince. improbabile, le maggiori entrate del goverDal lato delle entrate è introno varrebbero quasi l’intera manovra. Indotta la tassazione al 20% della fatti, le detrazioni-deduzioni valgono in Il contributo di solidarietà non rendita finanziaria, al netto dei tutto oltre 160 miliardi di euro (fonte: miconvince: 8,5 miliardi di entrate titoli di Stato, pari a una entrata nistero dell’Economia). previste tra il 2012 e il 2014. di 1.421 milioni nel 2012, 1.534 Ma è deducibile per 4,4 miliardi * della rivista www.economiaepolitica.it

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L’AZIONE IN VETRINA CHEVRON 17 AGO 2011

CVX 97,68

Il rendimento in borsa di Chevron negli ultimi dodici mesi (+26,79%) confrontato con l’indice Dow Jones (in arancione, +9,55%)

^DJI 11.410,21

40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0 -5%

2010

Ott

Nov

Dic

2011

Feb

Mar

Apr

Mag

Giu

Lug

Ago

nel mercato dell’energia è shale gas (gas da scisti). Gas naturale imprigionato in rocce sedimentarie che da pochi anni è possibile estrarre grazie a nuove tecnologie di fracking. Si trova nel sottosuolo di Stati Uniti, Cina, Australia e Canada ed è destinato a sconvolgere la geopolitica energetica nei prossimi anni (a questo tema Valori dedicherà il dossier del numero di ottobre, ndr). Le principali compagnie petrolifere sono già scese in campo per spartirsi i pezzi più prelibati della torta. Eni, nel dicembre del 2010, ha acquistato tre licenze per l’estrazione di shale gas in Polonia, la patria europea del gas da scisti. Peccato che la sua estrazione dalle rocce porose comporti rischi e danni per l’ambiente: inquinamento delle falde acquifere, uso eccessivo di acqua ed effetti sismici nelle fasi di perforazione. Lo scorso maggio la Francia ha proibito l’estrazione di shale gas. Ma gli altri Paesi vanno avanti. E gli azionisti critici americani continuano la loro battaglia. Nel 2011 hanno presentato e fatto votare mozioni alle assemblee di nove imprese petrolifere per chiedere maggiore trasparenza sui rischi ambientali dell’estrazione di shale gas. Ottenendo spesso più del 40% dei voti. Senza valutazioni serie degli impatti ambientali il futuro dello shale gas è tutt’altro che scontato.

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A NUOVA PAROLA MAGICA

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As you Sow Sede

www.asyousow.org

San Francisco - California - Usa

Tipo di società Organizzazione non profit per la tutela dell’ambiente e dei consumatori. Dal 1992 promuove campagne di educazione sulla presenza di sostanze chimiche tossiche nei prodotti di consumo (alimentari, giocattoli, ecc.). Alla formazione dei consumatori si accompagnano, dal 1997 iniziative di azionariato critico nei confronti di imprese che violano i diritti dei consumatori o norme ambientali. Patrimonio gestito As You Sow non gestisce patrimoni L’azione su Chevron As You Sow, in collaborazione con Iccr, ha presentato una mozione all’assemblea 2011 di Chevron per chiedere maggiore trasparenza sugli impatti ambientali delle operazioni di estrazione dello shale gas. La mozione ha ottenuto il 40,5% dei voti. Altre iniziative Sempre nel 2011 As You Sow ha presentato mozioni all’assemblee di McDonald’s (per vietare l’uso dei contenitori di polistirene non riciclabili per il caffè) e di Coca Cola (contro l’uso del Bifenolo A nelle lattine).

UN’IMPRESA AL MESE

a cura di Mauro Meggiolaro

L’AZIONISTA DEL MESE

Azionisti critici contro lo shale gas

Chevron Sede

San Ramon - California - Usa

www.chevron.com Borsa NYSE - New York Stock Exchange

Rendimento negli ultimi 12 mesi +26,79% Attività

Chevron è una delle sei maggiori imprese petrolifere del mondo. Presente in 180 Paesi, è attiva nell’estrazione e commercializzazione di petrolio, gas e nella produzione di energia geotermica.

Azionisti

Azionariato diffuso. I primi due azionisti sono due ETF: Energy SPDR - XLE (14,21%) e SPDR DJIA (6,50%).

Perché interessa agli azionisti responsabili? Oltre ad essere oggetto di iniziative per la trasparenza nell’estrazione di shale gas, Chevron è finita più volte sotto la lente degli azionisti critici per una serie di controversie ambientali. Il 15 febbraio del 2011 la compagnia è stata condannata a pagare 9,5 miliardi di dollari all’Ecuador per aver distrutto e inquinato la foresta amazzonica dal 1972 al 1992. Numeri Ricavi (miliardi di dollari) Utile (miliardi di dollari) Numero dipendenti

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