"Movi ad alto desio", 2006

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RACCOLTA DI VOLUMI SUL GIOCO DEL CALCIO

«Movi ad alto desio»

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1. Scaino, Antonio



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RACCOLTA DI VOLUMI SUL GIOCO DEL CALCIO

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«Movi ad alto desio»

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[…] Attendi attendi, Magnanimo campion (s’alla veloce Piena degli anni il tuo valor contrasti La spoglia di tuo nome), attendi e il core Movi ad alto desio.Te l’echeggiante Arena e il circo, e te fremendo appella Ai fatti illustri il popolar favore; Te rigoglioso dell’età novella Oggi la patria cara Gli antichi esempi a rinnovar prepara. G. Leopardi, A un vincitore nel pallone

© 2006 Libreria Philobiblon, Roma


«Calcio – secondo la Crusca – è il nome d’un giuoco proprio e antico della città di Firenze, a guisa di battaglia ordinato, con una palla a vento, rassomigliantesi alla sferomachia, passato da’ Greci a’ Latini, e da’ Latini a noi. Gioco proprio ed antico di Firenze dunque, di cui bisogna ricercare il principio nel tempo più remoto, anzi, come dice la Crusca ed asseriscono gli Accademici fiorentini che ne hanno parlato nel cinque e nel secento, risalire addirittura ai Greci e specialmente ai Romani» (Lensi-Fumagalli, p. 45). Il calcio fiorentino, detto anche “calcio in livrea”, è un gioco che affonda le sue radici nei tempi remoti. Secondo un’antica tradizione “il gioco del calcio” è nato infatti sulle rive dell’Arno e, soltanto dopo secoli, è trasmigrato su quelle del Tamigi dove, mutato il nome in Foot-Ball, affinate le regole, ha conseguito quella fama, oggi, universalmente riconosciuta.“Il calcio fiorentino” non fu altro che uno dei tanti modi di giocare con quel corpo sferico di varie grandezze, che sappiamo essere stato usato in tutte le parti del mondo. Dai Greci, che chiamavano il gioco “Sferomachia”, il ludo, passò ai Romani che, con il nome di “Harpastum” (strappare a forza) lo giocavano sui terreni sabbiosi applicando precise regole alle quali le due squadre, di uguale numero di giocatori, dovevano attenersi. 9


La competizione aveva carattere virile ed aspro: zuffe, lotte serrate e continui corpo a corpo per il possesso della palla tempravano lo spirito e sviluppavano il fisico dei cittadini e soprattutto dei legionari che abitualmente lo praticavano. L’Arpasto, radicato nel costume di vita dei romani, fu sicuramente introdotto anche nella colonia Florentia, dove divenne, più tardi, il gioco tipico della città. Il Calcio veniva praticato a Firenze quotidianamente da tutta la gioventù direttamente per le vie e le piazze, ma con il passare del tempo si caratterizzò nella dualità che vide lo svolgersi di partite “organizzate”, particolarmente sontuose, giocate da nobili cittadini, che indossavano sfarzose “livree”, nelle piazze più significative della città. I giocatori del Calcio in Livrea (calcianti) erano “gentiluomini” di età compresa tra i 18 e i 45 anni, ben prestanti e di buona fama fra i quali vanno annoverati addirittura alcuni futuri Pontefici (Giulio de’ Medici, Papa Clemente VII; Alessandro de’ Medici, Papa Leone XI; Maffeo Barberini, Papa Urbano VIII). Il Calcio veniva giocato, oltre che nel periodo del Carnevale, anche nelle più svariate ricorrenze o in concomitanza di avvenimenti particolari. La più memorabile partita di Calcio in Livrea, alla quale si ispira l’attuale rievocazione si svolse il 17 febbraio 1530. Il Calcio in Livrea continuò ad esser praticato senza interruzioni fino al Settecento quando le partite, almeno quelle “organizzate”, caddero in disuso. L’ultima gara ufficiale si svolse nel gennaio del

1739 in Piazza Santa Croce: dopo questa il secolare gioco si spense del tutto, almeno come pubblica manifestazione di spettacolo organizzato. A cavallo fra il XIX ed il XX secolo si giocarono due partite: furono però delle rievocazioni che non ebbero seguito. Si doveva arrivare al maggio 1930, quarto centenario dell’assedio di Firenze e della morte di Francesco Ferrucci, perché la storica manifestazione riprendesse con rinnovato vigore. Il Calcio in livrea si giocava in molte piazze di Firenze ed ovunque si presentassero dei vasti spazi che servissero allo scopo. In particolari circostanze il campo di gioco fu singolarissimo ed inconsueto perché, come riportano le cronache del tempo, si giocò anche sull’Arno ghiacciato. Normalmente però si giocava nelle grandi piazze come quella di Santo Spirito, di Santa Maria Novella, di Santa Croce, ed anche sul “Prato”, nell’ampio spazio presso la Porta omonima. Spesso le partite, giocate anche in spazi più ristretti fra squadre ridotte nel numero di componenti, turbavano la tranquillità dei cittadini, tanto da dover costringere i Signori di Otto a collocare in prossimità di tali luoghi i loro bandi in pietra che vietavano espressamente tale gioco. Piazza Santa Croce era il luogo più prestigioso dove appunto si svolgevano le partite di grande importanza, tra le quali numerose sono quelle passate alla storia – tutte giocate in particolari circostanze – e ricordate per lo sfarzo esibito, per le cause che avevano determinato il gioco e per la condizione sociale dei personaggi che a quelle cause avevano dato l’avvio. Fra tutte le partite, la più celebre,

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quella passata agli onori delle cronache e quella più conosciuta da tutti, per il critico momento storico, è quella che si tenne il 17 Febbraio 1530 (alla quale si richiama il torneo che tutti gli anni si svolge a Firenze in coincidenza dei festeggiamenti del Santo Patrono), durante l’assedio di Firenze che doveva portare alla perdita della libertà repubblicana. La si volle giocare un po’ per non interrompere l’usanza del gioco nel periodo di carnevale, un po’ come sfida al nemico assediante. Per questa seconda ragione, anzi, fu scelta piazza Santa Croce essendo più vicina alle truppe imperiali attestate sulle colline di fronte. Gli squilli di tromba di un gruppo di musici seduti sul tetto della Chiesa, lanciati a scherno dei nemici, che li potevano vedere e sentire, accompagnavano le varie accanite fasi del gioco. La scelta dei calcianti era meticolosa: le formazioni si facevano direttamente in piazza per le partite comuni, mentre per quelle importanti avvenivano nei palazzi dei principali gentiluomini della città. Molte furono le personalità, fiorentine e non, che amarono cimentarsi di persona nel Calcio in Livrea, tra queste si ricordano: Piero de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico; Lorenzo de’ Medici, duca d’Urbino; Alessandro de’ Medici, duca di Firenze; Cosimo I, granduca di Toscana; Francesco, granduca di Toscana;Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova; Cosimo II, granduca di Toscana; Lorenzo e Francesco de’ Medici, figli del granduca Ferdinando I; Enrico, principe di Condé; Giovan Carlo e Mattia de’ Medici, figli del Granduca Cosimo II. 12

Notizie tratte da: L.Artusi-S.Gabbrielli, Calcio storico fiorentino ieri e oggi, Firenze 1988; A.Lensi, Il gioco del calcio fiorentino. Introduzione di L. Ferretti. Bibliografia di G.Fumagalli, Firenze 1931.

«Diffinizione del calcio. Che cosa sia il Calcio e la sostanza sua, diffiniremo così: il Calcio è un gioco pubblico di due schiere di giovani a piede e senz’arme, che gareggiano piacevolmente di far passare di posta oltre allo opposto termine, un mediocre pallone a vento a fin d’onore. Il campo dove egli si ha a fare, vuole essere una piazza principale d’una città a fine che le nobili donne e i popoli possino meglio stare a vederlo, della qual piazza s’ha da far uno steccato lungo braccia 172, largo braccia 86, alto braccia due» (Giovanni Bardi, Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino, Firenze 1580).

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313 Scaino, Antonio (1524-1612). Trattato del giuoco della palla […] diviso in tre parti. Ferrara, Gabriel Giolito de’ Ferrari, et fratelli, 1555. In-8° (mm 150x100). 16 carte non numerate, 339 pagine mal numerate 315, due carte non numerate, la seconda bianca. Marca tipografica dei Giolito al frontespizio (Z535), variante della stessa marca ripetuta alla carta V7 verso (U89). Sei legni stampati su doppia pagina raffiguranti l’equipaggiamento necessario e le piante dei campi da gioco inseriti nelle segnature K ed L e contrassegnati da un asterisco, il testo stampato al verso delle carte prosegue il testo delle segnature regolari. Fregi, grottesche e capilettera animati ed ornati silografici. L’iniziale alla carta *2r racchiude le armi della famiglia Orsini, alla carta S8r capolettera decorato da una raffigurazione del gioco del tennis. Legatura settecentesca in pergamena rigida, titolo in oro al dorso, tagli azzurri; conservato in una custodia moderna in mezzo marocchino nero. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture e bruniture. Ex libris ‘Donald & Mary Hide’.

Prima edizione assoluta del primo trattato sul gioco del tennis e sulle varie tipologie di giochi che si svolgono utilizzando una palla. “L’opera è diretta dall’autore ad Alfonso d’Este Principe di Ferrara, con lettera del 18 Agosto 1555, nella quale fa sapere averla scritta essendo scolaro a Ferrara sotto la disciplina del filosofo Maggio, ed averne avuta occasione da un puntiglio occorso sul giuoco al principe medesimo. È libro nella sua particolarità, importante, trattando appieno del modo e delle regole di tutti i giuochi fatti con palla, o pallone, e potrebbe esssere studiato con profitto anche per la parte della lingua” (Bongi I, p. 474). 15


Nonostante la preminenza accordata al gioco del tennis va ricordato che il Trattato è da considerarsi con tutta probabilità anche il più antico testo che tratti del Calcio Fiorentino, la descrizione e trattazione del quale sono contenute nel capitolo LXXII della seconda delle tre parti nelle quali è suddivisa l’opera.“Questo giuoco del calcio […] è nondimeno giuoco molto vago, e che arreca principalmente a’ spettatori gran piacere, in questo più che in alcun altro rappresentandosi quasi una imagine di vera battaglia, nella quale spessissime volte, quinci, e quindi, vanno i giuocatori con grandissima ruina sozzopra rivolti, e sendo giuoco, nel quale più, ch’in tutti gli altri della Palla si scorge il valor de’ buoni corridori, e di quelli ch’alla lotta sono destri, e possenti” (Scaino, Trattato, p. 286). Adams S, 547; Mortimer, Italian, 465; Bongi I, p. 474; Garnett, p. 288; Henderson, p. 176; Artusi-Gabbrielli, pp. 24-38.

1. Scaino, Antonio

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Dell’Ottonaio, Giovanni Battista (1482-1527). Canzoni, o vero mascherate carnascialesche, di m. Gio. Battista Dell’Ottonaio, araldo gia della illustriss. signoria di Fiorenza. Firenze, Lorenzo Torrentino, 1560.

Raccolta di 5 opere di vario formato legate in un unico volume proveniente dalla celebre collezione di Donald & Mary Hyde (ex libris all’interno del piatto anteriore). Legatura settecentesca in cartone, dorso ricoperto in pergamena recante l’iscrizione manoscritta in inchiostro marrone “Giuoco del calcio”.

In-8° (mm 161x92). 103 pagine numerate. Marca tipografica del Torrentino al frontespizio e all’ultima pagina raffigurante lo stemma mediceo. Legatura in marocchino citron decorata da ferri dorati e firmata Trautz-Bauzonnet. Esemplare in buono stato di conservazione, restauri ai margini delle carte F1, F8 e G3. Copia Giannalisa Feltrinelli.

Prima edizione stampata separatamente di questa raccolta di poemetti che erano già stati stampati, fatta eccezione per due di essi, l’anno precedente. “Di questi Canti, prima inseriti e poi strappati dai Canti carnascialeschi, ediz. 1559, in-8°, fu la presente ristampa procurata da Paolo dell’Ottonaio, fratello dell’autore, che la dedicò a Jacopo Salviati con lettera del 20 Febbraro 1559. Ai Canti da prima impressi, altri due ne furono aggiunti dello stesso Ottonaio, ed accresciuti di qualche stanza” (Gamba). Stando al Moreni “fu questo scrittore molto franco nei versi toscani, onde i suoi Canti, o Canzone Carnascialesche hanno molta leggiadria, così fosse dell’onestà, che non sarebbero proscritte”. Tra i canti dell’Ottonaio si ricordano qui il Canto del calcio e il Canto della palla col trespolo.

Bardi, Giovanni (1534-1612). Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino. Firenze, Giunti, 1580. In-4° (mm 187x132); 36 pagine numerate, una tavola ripiegata fuori testo (mm 187x238). Al frontespizio marca tipografica dei Giunti (V366) raffigurante lo stemma Medici-Cappello con il motto “Amat victoria curam” in cornice figurata; a p. 3 capolettera silografico animato. La tavola ripiegata reca un’incisione su rame nella quale si ritrae una partita di calcio fiorentino in piazza S. Croce. Esemplare in discreto stato di conservazione, uniforme brunitura alle prime e alle ultime carte; antica riparazione alla giuntura della tavola.

Prima edizione assoluta del Discorso sopra il giuoco del Calcio Fiorentino del gentiluomo, letterato e musicologo fiorentino Giovanni Bardi, che era stato prima membro della Accademia degli Alterati e, successivamente, di quella della Crusca. “Il discorso del Bardi è […] il solo scritto che tratti ex professo del giuoco del Calcio, ma non a torto fu osservato che lo scrittore si preoccupò piuttosto di fare una bella orazione accademica che di spiegare e insegnare il giuoco” (Lensi-Fumagalli, p. 5). Camerini, 95; Lensi-Fumagalli, n° 4; Olschki n° 2566.

Adams O, 419; Gamba 693; Moreni, pp. 326-327 (“rara edizione”). 18

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3. Bardi 1580

3. Bardi 1580


Bardi, Giovanni (1534-1612). Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino. Firenze, all’Insegna della Stella, 1673. In-4° (mm 200x148); 4 carte non numerate, 32 pagine numerate 5-36, due tavole ripiegate fuori testo (mm 197x289 e mm 192x286). Frontespizio in rosso e nero con lo stemma mediceo stampato su rame; iniziali e fregi silografici nel testo; due tavole ripiegate incise su rame raffiguranti, rispettivamente, lo schema della disposizione dei giocatori sul campo e la ’famosa partita’ già apposta alla princeps. Esemplare in buono stato di conservazione, bruniture diffuse in tutto il volume; macchie dovute alla colla lungo la piegatura delle due tavole.

Seconda ristampa dell’opera del Bardi sul Calcio fiorentino (la prima ristampa risale al 1615), curata da Orazio Capponi, Provveditore del Calcio pro tempore e contenente per la prima volta i Capitoli del calcio fiorentino, che vennero successivamente ristampati più volte e che “più che regole per ben giocare, sono le norme dettate dai direttori per il buon ordine del giuoco” (Lensi-Fumagalli, p. 5). Lensi-Fumagalli, n° 24 (“edizione rara citata dalla Crusca.”).

3. Bardi 1673

Memorie del calcio fiorentino tratte da diverse scritture e dedicate all’altezze serenissime di Ferdinando Principe di Toscana e Violante Beatrice di Baviera. Firenze,Stamperia di S.A.S.alla Condotta,[1688]. In-4° (mm 238x175); 6 carte non numerate, 118 pagine numerate, due tavole ripiegate fuori testo (mm 238x305 e mm 238x310). Al frontespi-

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3. Memorie del calcio fiorentino

3. Memorie del calcio fiorentino


zio incisione di Francesco Nacci raffigurante lo stemma Medici-Baviera; le due tavole incise in rame raffigurano rispettivamente: una “Veduta della piazza di S.ta Croce della città di Firenze nel atto di principiare il gioco del calcio” (che è opera di Alessandro Cecchini) e la “Pianta et ordinanza delle due squadre come stanno in atto di principiare il gioco”. Capilettera silografici animati ed ornati nel testo. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture.

Seconda edizione ampliata di questa raccolta, che comprende opere già pubblicate in precedenza, curata da Pietro Bini, successore del marchese Capponi nell’incarico di Provveditore del Calcio e dedicata a Ferdinando principe di Toscana e Violante Beatrice di Baviera. Il volume raccoglie opere di diversi autori, tra i quali alcuni anonimi ed antichi, sul calcio, andando a costituire una sorta di compendio di questo gioco. Oltre al Discorso del Bardi (qui alla quarta edizione), ai Capitoli ripresi dall’edizione del 1673 vi si trovano poemetti e versi del Ferrari, del Boccalini, un’ode sul calcio in versi greci di Giorgio Coressio di Scio e una in versi toscani dell’abate Salvini, la Calliope dell’Adimari, le memorie di vari calci giocati in livrea a Firenze per la venuta di don Vincenzo Gonzaga, a Lione nel 1575, sull’Arno ghiacciato nel 1490, per le nozze di Ferdinando di Toscana e Violante Beatrice di Baviera nel febbraio del 1688, nel giorno di «Berlingaccio». “Questa quarta edizione del 1688, assai più copiosa di ogni altra ha il corredo di alcuni scritti in diverse lingue […]” (Gamba, 99). Lensi-Fumagalli, n° 26; Gamba, 99; Piantanida, 127; Cicognara, 1570.

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3. Memorie del calcio fiorentino


Instruzione del modo del giuocare il calcio ai giovani nobili fiorentini. Firenze, Stamperia Granducale, 1739. In-4° (mm 208x152); 8 pagine numerate. Fregio silografico al frontespizio, capilettera animati ed ornati. Esemplare in buono stato di conservazione, leggere fioriture.

Rara placchetta settecentesca, anonima, nella quale vengono spiegate le regole pratiche del gioco del Calcio fiorentino che “toccò il sommo del suo favore nel Seicento, poi nel secolo successivo decadde, e prima che questo secolo finisse scomparve affatto; era nato sotto la Repubblica come esercizio virile della balda gioventù fiorentina, aveva fiorito sotto i Medici come spettacolo sfarzoso, i Lorena lo trovarono agonizzante; di guisa che gli scritti più tardi sono soltanto indici di studio e di rievocazione del vecchio costume fiorentino” (Lensi-Fumagalli, p. 3). Capitoli del calcio fiorentino. [s.n.t.]. In-4° (mm 208x145); due carte non numerate (foglio volante contenete i Capitoli del Bardi). Iniziale silografica ornata.

3. Istruzioni del modo del giuocare il calcio

Estratto dei Capitoli del calcio fiorentino, pubblicati per la prima volta nel 1673.

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343 Canzone per li sig. calcianti bianchi. Firenze, Cristofano Marescotti, 1610. Un foglio sciolto (mm 249x314) impresso sul recto e sul verso. Al recto testo della Canzone per li sig. calcianti bianchi racchiuso entro cornice silografica, capolettera silografico ornato. Al verso bando di Francesco Guidalotti – impresso dal Marescotti a Firenze – datato 18 settembre 1607 contenente la Prohibitione del giuoco di carte della primiera detto bolea e pari e dispari; stemma silografico capolettera silografico ornato. Legatura novecentesca in mezza pelle verde, titolo in oro al dorso. Ex libris di Pietro Ginori-Conti e timbro a secco di Giannalisa Feltrinelli.

Canzone anonima per i calcianti che rappresentavano il quartiere di Santo Spirito ed erano caratterizzati dalla livrea bianca. “Livrea: nel calcio «costume», «divisa», «abbigliamento» caratteristico dei giocatori, con i colori e le imprese della squadra di appartenenza” (ArtusiGabbrielli, p. 44). La canzone si inserisce nel solco della tradizione celebrativa del gioco iniziata con i Canti dell’Ottonaio, che vide illustri rappresentanti in poeti quali il Grazzini, il Rinuccini e il Chiabrera e che trovò i suoi echi più tardi negli scritti di Giacomo Leopardi (A un vincitore nel pallone) e di Edmondo de Amicis (Gli azzurri e i rossi). 3. Capitoli del calcio fiorentino

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353 Franco, Giacomo (1556-1620). [Giuoco del Calzo che si fa nel Brissaglio a S.to Alvise la Quaresima al quale non giuocano se non li Gentil huomini]. [Venezia, Giacomo Franco forma in Frezzaria all’insegna del Sole, 1610?]. Una carta recante un’acquaforte originale (mm 288x188) edita da Giacomo Franco, appartenente alla raccolta “Habiti d’huomeni et donne venetiane con la processione della ser.ma signoria et altri particolari cioe trionfi feste et cerimonie publiche della nobilissima citta di Venetia” Stampata dopo il 1591, anno in cui Franco ottenne dal Senato della Repubblica il privilegio di stampa. In ottimo stato di conservazione. Montata su cartoncino avorio.

4. Canzone per li sig. calcianti bianchi

Edizione originale di questa incisione su rame. “L’importanza di Giacomo Franco nella storia dell’incisione e della stampa in Venezia negli ultimi decenni del sec. XVI e nei primi del sec. XVII è fuori discussione; alcune cose da lui firmate sono indubbiamente di notevole potenza e bellezza anche se riecheggiano la maniera di Giovanni Battista oppure quella di altri celebri disegnatori contemporanei […]. Il Franco fu senza dubbio editore, calcografo (e cioè incisore su rame di disegni altrui o restauratore di rami altrui) ed incisore di disegni propri […]. Si valsero del suo bulino a Venezia i tipografi editori (in ordine di tempo): Zenaro, Francesco ziletti, Domenico Nicolini da Sabbio, Francesco Franceschi, Bernardo Giunta, Ventura Galvano, Andrea Muschio,

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Giacomo Cornetti, eredi di Simone Galigniani, G.A. Rampanzetto, ed a Genova Girolamo Bartoli. Come editore si dedicò soprattutto a raccogliere ed a pubblicare tavole di ritratti di fogge e costumi, di folklore, di antichità, di architettura, di modelli calligrafici, di vedute geografiche. […] Il Franco calcografo si dedicò inoltre ad incidere rami per commissione, a rinvigorire acqueforti paterne o di altri d’argomento svariato, a trasmetterci in stampe sciolte le linee di opere famose nell’epoca sua; incise in rame quadri di Michelangelo, del Veronese, di Tiziano, di Palma il Giovine, lavorando di bulino su disegni altrui oppure su propri” (Pasero, pp. 332-336). C. Pasero, Giacomo Franco editore, incisore e calcografo nei secoli XVI e XVII, “La Bibliofilia” 37 (1935), pp. 332-352 (in particolare p. 350 n. XXVIII); M. Bury, The Print in Italy 1550-1620, London 2001.

363 Quadrio, Francesco Saverio (1695-1756). Lettera intorno alla sferistica, o sia giuoco alla palla degli antichi […]. Milano, Antonio Agnelli, [imprimatur: 6 ottobre 1751].

5. Franco, Giacomo

In-8° (mm 232x142); 95 pagine numerate. Cartonato d’attesa coevo. Esemplare con barbe stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione; lieve gora alle prime carte, qualche fioritura ed alcune macchie sulla legatura.

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Prima rara edizione di questa curiosa operetta, dedicata dall’autore al marchese Alessandro Trivulzio, nella quale viene delineata una breve ma documentata storia del calcio, e dei giochi con la palla, nell’antichità greca e latina. Francesco Saverio Quadrio, gesuita, predicatore e professore a Padova è noto soprattutto per la sua opera Della storia e ragione di ogni poesia. Biblioteca Sportiva Nazionale, p. 29; C.O.N.I. 1996, n. 89; Gamba 2408.

6. Quadrio, Francesco Saverio

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Questo volume è stato impresso dall’officina d’arte grafica Lucini in Milano marzo 2006


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