In domo petri de maximo, 2008

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IN DOMO PETRI DE MAXIMO Mostra di incunaboli romani 1465-1477

LIBRERIA PHILOBIBLON


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Ad Arturo, il primo a mostrarmi un volume impresso da Sweynheym e Pannartz


31. Rabelais, Franรงois

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Š 2008 Libreria Philobiblon, Roma


IN DOMO PETRI DE MAXIMO Mostra di incunaboli romani 1465-1477

LIBRERIA PHILOBIBLON


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«Gente theotonica: rome expediere sodales. In domo Petri de Maximo». In questa forma Conradus Sweynheym e Arnoldus Pannartz vollero firmare il primo volume licenziato dai propri torchi romani, in quelle stanze al piano terreno, buie e chiuse da inferriate, tuttora esistenti alla Posta Vecchia. È quanto resta delle rovine del palazzo, detto “del Portico”, distrutto durante il Sacco di Roma del 1527, già di proprietà della nobile famiglia Massimo. Ci piace pensare che proprio i Principi abbiano imposto all’architetto Baldassarre Peruzzi di conservare, sul retro di quello che diverrà nel 1536 il Palazzo Massimo alle Colonne, quegli ambienti che udirono i vagiti dell’arte tipografica romana. E non può che farci piacere che proprio in Domo Maximo gli amici Francesca e Filippo Rotundo abbiano la fortuna di iniziare un nuovo capitolo della loro splendida avventura nel mondo del libro antico.Animati da un’entusiasta cultura storica, filologica e bibliografica, e da una profonda passione per i libri che meglio non potrebbe mettere in pratica il sottotitolo del Philobiblon di Riccardo da Bury, cui una decina di anni fa Filippo volle – non senza un’autoironica vena onomatopeica – intitolare la prima delle proprie librerie. All’inizio degli anni Sessanta i due tipografi tedeschi, già allievi di Schoeffer, il socio di Gutenberg, lasciavano Magonza in cerca di fortuna, portando con sé null’altro che un tesoro di inestimabile valore: la conoscenza della tecnica della stampa a caratteri mobili.A Sweynheym e Pannartz si deve la prima stamperia stabile in Italia; infatti, essendo ben consapevoli che mai potremo acquistarne anche un solo foglio, non vogliamo neppure considerare l’esistenza del frammento Parson. Il primo tentativo certo di stampa in Italia, cosiddetto dal nome del collezionista che lo acquistò nel 1928 dall’antiquario Rosenthal, fu impresso nel 1463 in volgare con inflessioni emiliane dal tedesco Ulrich Pursmith con il cappellano Paolo Moerich di Bondeno. Nello stesso anno i due prototipografi tedeschi iniziarono la loro avventura italiana, giungendo presso il Monastero di Santa Scolastica di Subiaco, dalla cui ricca biblioteca potevano attingere preziosi manoscritti per fare libri con le forme. Nel 1465 vi stamparono 4 libri tra cui il primo datato, il celebre Lattanzio (si veda scheda n. 1 del presente catalogo), spostandosi dopo due anni a Roma, in una casa dei fratelli Piero e Francesco Massimo, nelle immediate vicinanze di Campo de’ Fiori. Il trasferimento era motivato dalla possibilità di reperire con maggior facilità codici da utilizzare per la stampa, nonché dalle opportunità che il mercato poteva offrire e dai contatti con potenziali curatori dei testi, da rinvenire nell’estesa comunità di umanisti. La loro attività romana è testimoniata da un’ampia documentazione: la tiratura media delle singole edizioni era tra i 275 ed i 300 esemplari, mentre il totale delle edizioni impresse fino al 1473 a Palazzo Massimo assomma a 50 edizioni, ripartite tra opere di autori classici e testi della tradizione cristiana, in gran parte volumi in folio dall’elegante carattere romano. Si apprende che una copia del Lattanzio venne pagata 4 ducati il 5 ottobre 1470; mentre da una lista redatta con i prezzi di vendita da Hartmann Schedel nel 1470, si evince che il medesimo Lattanzio era valutato 3 ducati (potrebbe però trattarsi della prima edizione del 1468; si veda scheda n. 2). La pubblicazione di un libro costituiva all’epoca un’operazione economica e commerciale assai delicata: si trattava di valutare il mercato, considerando le edizioni eventualmente già in circolazione, sti-

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mando il numero di acquirenti, stabilendo la tiratura, preventivando il costo per copia, assicurandosi la materia prima, soprattutto la carta, organizzando il lavoro nell’officina, avvalendosi di collaborazioni esterne per la revisione del manoscritto e per la correzione delle bozze, promuovendo la diffusione dei volumi. Il prezzo di un volume a stampa era, alla fine degli anni sessanta del Quattrocento, di 4/5 inferiore a quello dello stesso libro manoscritto, quasi uguale, quindi, al costo delle sole pergamene su cui il codice era copiato. Roma non era una città universitaria e il suo Studium Urbis esercitava di fatto un’attrazione a livello non più che regionale e costituiva, quindi, un mercato assai limitato per i testi stampati. Già nel marzo del 1472 Conrad ed Arnold si rivolgevano a Sisto IV per chiedere aiuto, dichiarando di avere la bottega carica di una mole immensa di libri e di essere al tempo stesso sprovvisti dei mezzi per vivere. La supplica elencava 28 titoli con una tiratura media di 644 esemplari per i libri di argomento religioso e di 351 per quelli di argomento profano, ad eccezione delle 1.100 copie delle Epistolae di San Gerolamo (si veda scheda n. 7) e della Postilla super totam Bibliam di Nicolò da Lyra. In soli otto anni, i due artigiani tedeschi avrebbero licenziato dai loro torchi oltre dodicimila libri; è però possibile che il primo libro stampato a Roma non sia uscito da Palazzo Massimo, bensì dai torchi di Sixtus Riessinger di Stasburgo (si veda scheda n. 18): è molto probabile che la stampa delle Epistolae il San Gerolamo sia relata ad una società tipografica costituita prima del 16 ottobre 1466 e che fosse già in avanzata fase di realizzazione quando uscì nell’autunno 1467 il Cicero di Sweynheym e Pannartz. Privo di note tipografiche, il libro fu stampato a Roma opera et impensa di Gaspare Lelli da Teramo come risulta dalla testimonianza del vescovo di Trento Giovanni Hinderbach (esemplare di Chantilly) e da ulteriori considerazioni di carattere filologico che indicano l’edizione come princeps, precedente dunque all’edizione di Sweynheym e Pannartz del 1468. Il secondo volume, che riporta il misterioso ed affascinante colophon Veritas vincit / IA. RV, contempla il più antico esempio noto di registro dei quaderni «Sequitur ordo quinternorum secundi voluminis epistolarum beati Hieronymi» con gli incipit dei 44 quaderni successivi, composti a mezza colonna, con notevole effetto grafico. Nel 1467 anche Ulrich Han inizia la sua attività, dopo un passato di copista; Udalricus Gallus, come si firmava seppur anch’egli tedesco, collaborò con il Riessinger licenziando i due primi, starordinari, libri stampati in volgare: la Vita et miraculi de San francesco et de Sancta clara, che comprende i Fioretti di Francesco (si veda scheda n. 12), ed il volgarizzamento di Federigo da Venezia dell’Apocalisse (si veda scheda n. 13), con le glosse di Nicolò da Lira, entrambi tra il 1467 ed il 1468. In questa prima fase della stampa a Roma c’è una grande saldatura tra intellettuali e stampatori testimoniata dal fatto che, nella ristampa dei classici, eminenti figure di intellettuali lavorano come emendatores per gli stampatori. Più tardi Han collaborò finalmente con un italiano, Simone Cardella. Ma il primo italiano a stampare per proprio conto, sotto la guida di Giannantonio Campano vescovo di Teramo, fu il messinese Giovanni Filippo De Lignamine: nato intorno al 1428 da nobile famiglia, lasciò la Sicilia («Reliqui patriam, coniugem, liberos, parentes, amicos», afferma nella dedica a Sisto IV dell’Historia ecclesiastica) per poter esercitare la nuova arte a Roma, «in via papae prope S. Marcum», licenziando il 3 agosto 1470 un Quintiliano, ma probabilmente prima, senza data, i Sermones di Leone I curati da Giovanni Andrea Vescovo di Aleria, che costituirebbe il primo libro impresso da un italiano (si veda scheda n. 19). Nella stessa dedica dell’Eusebio dichiarerà di aver stampato fino al 1476 «supra decem milia diversorum quidam actorum volumina». Non crediamo che la Libreria Philobiblon arriverà mai a possedere un tale numero di incunaboli, ma rivolgiamo il nostro augurio per un futuro ricco di scoperte bibliografiche, da vivere al massimo. Arturo e Umberto Pregliasco

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GLI

ESORDI DELL’ARTE TIPOGRAFICA A

ROMA *

* L’ordine delle edizioni e degli stampatori segue quello proposto dal British Museum Catalogue, con la sola eccezione dell’attività solitaria di Arnold Pannartz, che è stata qui accorpata a quella svolta in collaborazione con Konrad Sweynheym.

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KONRAD SWEYNHEYM

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ARNOLD PANNARTZ

313 Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus (245 ca.-323 ca.). [Opera]. Subiaco, [Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz], 29 ottobre 1465. In-folio (mm 332x228). Segnatura: [a-e10, f12, g-n10, o12, p-r10, **2, *10]. 185 di 186 carte non numerate, manca una delle due carte bianche finali.Testo su una colonna di 36 linee. Caratteri 120 SG e 120 Gk. Iniziali dipinte in inchiostro rosso, titoli delle varie sezioni manoscritti in scrittura corsiva in inchiostro rosso; rubricato in rosso. Legatura tedesca del XVIII secolo in marocchino rosso, copiosamente ornata da ferri dorati al dorso; tagli dorati, sguardie in carta marmorizzata e in carta coeva (con filigrana simile a Piccard Ochsenkopft XIII, 805, datata 1464-65 ca., prodotta nell’Italia del Nord e utilizzata prevalentemente in Germania). Splendido esemplare, in ottimo stato di conservazione.Alcune postille di mano coeva nel testo; annotazioni bibliografiche manoscritte del XVIII secolo al foglio di guardia anteriore. Copia della biblioteca di Beriah Botfield.

Prima edizione del primo libro datato mai stampato in Italia e una delle sole quattro edizioni impresse dagli allievi di Gutenberg, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, nella loro prima stamperia, allestita nel monastero benedettino di Santa Scolastica a Subiaco, che è anche la prima sede europea fuori dalla Germania a disporre di una tipografia dotata di strumenti interamente realizzati in loco ed è dunque considerata il luogo di nascita della stampa italiana. Chiamati presumibilmente dal cardinale tedesco Nicolò Cusano o dal cardinal Bessarione, i due prototipografi tedeschi, che erano chierici, rispettivamente, delle diocesi di Magonza e di Colonia, tra il 1464 e il 1465 lasciarono la Germania per recarsi in Italia, sostando a Subiaco per poi giungere a Roma. L’editio princeps delle opere di Lattanzio è uno dei libri più celebri della storia della tipografia italiana. Dopo il Donatus pro puerulis, di cui non ci è giunta alcuna copia, e il De oratore di Cicerone, privo di note tipografiche, ma impresso certamente prima del 1 ottobre 1465, è il terzo incunabolo uscito dai torchi sublacensi dei due chierici tedeschi. L’importanza di questa edizione risiede anche nel fatto che si tratta «della seconda stampa italiana con caratteri greci. L’uso dei caratteri greci si era fatto necessario poiché Lattanzio nel De divinis institutionibus aveva riportato in lingua originale alcune citazioni, come quelle dell’Asclepius o Lógos téleios; i tipi greci però devono essere stati forniti, o fabbricati, solo durante la composizione, poiché le prime carte mostrano ancora bianchi gli spazi corrispondenti, mentre in seguito il testo greco si alterna regolarmente a quello latino» (S. Gentile - C. Gilly, Marsilio Ficino e il ritorno di Ermete Trismegisto, Firenze 2001, pp. 160-61). Della presente edizione vennero tirati 275 esemplari, dei quali oggi ne sono noti solo 40. La nostra copia presenta la variante con la correzione dell’ultima parola del rigo 32 della c. a1: ‘p[re]ceptis’ al posto di ‘pcep’, mentre i due fogli dell’errata, che vennero impressi in un secondo momento, si trovano in molti esemplari collocati indifferentemente all’inizio – come ad esempio accade nella copia qui descritta – o alla fine del volume.

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1. Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus

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First edition of the first dated book printed in Italy, and one of the only four books printed by Sweynheym and Pannartz at their first press at Subiaco. Konrad Sweynheym and Arnold Pannartz, clerics from the dioceses of Mainz and Cologne respectively, established a press in about 1464 at the Benedictine monastery of St. Scholastica at Subiaco, which has long been considered the birthplace of printing in Italy. The Subiaco Lactantius contains the first Greek fount. It was apparently cast in the course of printing the edition, for it does not appear in the earliest printed quires, where the Greek passages are left blank.The present copy is remarkable because it contains the 2-leaf quire of errors in the text of Lactantius by Antonius Raudensis, which is often missing. From the Library of Beriah Botfield. HC *9806; BMC IV, 2; Goff L, 1; IGI 5619; Proctor 3288; R. Proctor, The Printing of Greek in the fifteenth Century, Oxford 1966, pp. 24 e ss.; B. Frank, Subiaco, ein Reformkonvent des sp채ten Mittelalters, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, vol. 52, T체bingen 1972, pp. 526-656; G. P. Carosi, Da Magonza a Subiaco: introduzione della stampa in Italia, Subiaco 1994.

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323 Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus (245 ca.-323 ca.). [Opera]. Roma, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 1468. In-folio (mm 319x222). Segnatura: [*12, a-l10, m8, n-q10, r12, s-v10, x8]. 218 di 220 carte non numerate, mancano la prima e l’ultima bianche.Testo su una colonna di 38 linee. Carattere 115R. Alla c. [a]1r iniziale miniata ‘M’ circondata da una splendida bordura miniata a quattro montanti compresa tra due larghi filetti dorati, con fondo verde, cremisi e blu, e ornata da bianchi girari.Al centro del lato inferiore uno stemma con tre bande diagonali in verde su scudo d’oro, entro tondo dorato e serto di alloro. Nel testo 9 grandi iniziali (cc. a1, c7, e9, h5, k10, n3, p10, s1, t8) su 7 righe miniate in oro su fondo verde, cremisi e blu e decorate da bianchi girari, con estensioni lungo i margini. Numerosi capilettera dipinti, alternativamente, in rosso e blu nel testo. All’inizio di ogni capitolo, di fianco all’iniziale miniata, titolo manoscritto in inchiostro rosso in scrittura maiuscola, seguito dall’indicazione dell’argomento, sempre in rosso, in scrittura corsiva umanistica. Legatura in pergamena della fine del XVI secolo, con titolo manoscritto al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione, lievi macchie d’inchiostro ad alcune carte del quaderno ‘b’; lievi fioriture lungo il margine esterno di alcune carte. Annotazioni di mano settecentesca al contropiatto e al foglio di guardia anteriori.

Seconda edizione di tre opere di Lattanzio e prima del De Phoenice carmen, considerata uno dei più pregevoli monumenti dell’arte tipografica in Italia, dal momento che racchiude anche numerosi primati. Non solo si tratta del secondo, o terzo, libro impresso a Roma da Sweynheym e Pannartz, ma anche del primo volume a contenere lunghi brani di testo in caratteri greci, a riportare dei versi di Ovidio, a contenere un testo volgare, a citare dei versi della Divina Commedia di Dante, che verrà stampata solamente quattro anni dopo, nel 1472, a Foligno. L’officina romana dei due prototipografi tedeschi – allestita nel palazzo dei principi Pietro e Francesco Massimo – produsse circa 50 edizioni, generalmente tirate in un numero di 275 esemplari, sempre in-folio e stampate con un nuovo carattere romano, diverso da quello gotico usato per le impressioni di Subiaco. Sweynheym e Pannartz lavorarono insieme fino al 1473. Dopo questa data Pannartz continuò a lavorare da solo, mentre Sweynheym, che probabilmente era disegnatore ed intagliatore di caratteri, lavorò ai legni della Cosmographia di Tolomeo stampata a Roma nel 1478 da Arnold Buckinck. L’edizione contiene il De divinis institutionibus, il De ira Dei, il De opificio Dei, il De Phoenice carmen, l’Errata di Antonius Raudensis, il Carmen fratrem Antonium increpans di Adam Genuensis, il Carmen de Pascha di Venantius Fortunatus e il De Phoenice, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. Ed è in calce a quest’ultima opera che si trovano due terzine dantesche riguardanti appunto la fenice: «Possi [sic] per li gram saui se confessa | Chella la phenice muore e poi renasce, | Che al cinq(ue) centeno ano se appressa. | Herbe ne biado in sua uita non pasce. | Ma sol de incenso lacrime et amomo | E nardo e mirra sun le ultime phasce» (Inferno, XXIV, vv. 106-111). È inoltre interessante rilevare che questi versi sono stati evidentemente considerati, all’interno della tradizione, come una traduzione parziale falsamente attribuita a Dante, del carme di Lattanzio o di quello di Ovidio, e che il miniatore ha per errore apposto come iniziale una ‘P’ in rosso invece della ‘C’. La versione è lievemente diversa da quella definitiva, per imperizia dell’editore, o per errore del codice da cui il passaggio fu copiato. Gli unici estratti della Commedia stampati nel Quattrocento che il De Batines (I, pp. 207-209) riporti sono in Fiorità d’Italia di Guido Del Carmine (Bologna, 1480) e ne L’Aquila volante di Leonardo Aretino (Napoli, 1492). L’edizione di Subiaco del 1465 non comprendeva nessuno dei tre carmi sulla Fenice, e contene-

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2. Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus

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va solo pochi, e cortissimi, passaggi in greco, poiché evidentemente i tipografi non possedevano che un set di caratteri greci, che permetteva quindi di stampare poche parole per forma. Per questa seconda edizione fu approntato un nuovo carattere, più completo, che permise la composizione di passaggi più estesi. Second edition of Lactantius’s works – the first appeared at Subiaco in 1465 (see n. 1) and first edition of the De Phoenice Carmen and second, or third, book printed in Rome by Sweynheym and Pannartz.This is also the first book to contain extensive parts printed in Greek type and the first example to contain tercets taken from Dante’s Divine Comedy, and Ovidius’s verses. Handsomely decorated by a great number of illuminated initials. HC* 9807; BMC 26-28.

IV, 4; Goff

L, 2; IGI 5620; Proctor 3291; R. Proctor, The Printing of Greek in the fifteenth Century, pp.

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333 Augustinus, Aurelius santo (354-430). De civitate Dei. Roma, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 1468. In-folio (mm 400x280). Segnatura: [*-**8; a-m10; n12; o-z10; 710, cum8, rum8]. 273 di 274 carte non numerate. Sono presenti le carte bianche [1] e [16] e [273], manca l’ultima carta bianca.Testo su una colonna di 46 linee. Carattere 3:115R. Alla carta [a]1r splendida cornice miniata e decorata da bianchi girari e due grandi iniziali miniate; nel margine inferiore le armi blu e argento della famiglia Fieschi, con una croce e i simboli cardinalizi entro serto di alloro, ai lati la scritta: ‘NIC. CAR. DE FLISCO’; 21 grandi iniziali miniate nel testo; iniziali segnate in inchiostro rosso nel testo e in giallo nella Tabula. Legatura inglese del XIX secolo in pergamena, piatti decorati da una duplice cornice di filetti dorati; dorso riccamente decorato in oro con titolo in oro su tassello in marocchino nocciola. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Provenienza: cardinale Nicola Fieschi, Biblioteca della cattedrale di Olomuz (nota manoscritta alla carta *1r); Ellis & White; Rosenbach; John Fleming.

Seconda edizione del De civitate Dei di Sant’Agostino. La princeps era stata stampata dagli stessi Sweynheym e Pannartz a Subiaco il 12 giugno del 1467, poco prima del loro trasferimento a Roma dove si recarono su invito di Giovanni Andrea de’ Bussi, vescovo di Aleria, che curerà ben 19 delle edizioni che usciranno dai torchi dei due celebri tipografi. Il nostro esemplare è appartenuto a Nicola Fieschi, della potente famiglia ligure che diede alla Chiesa due pontefici, Innocenzo IV e Adriano V. Nato a Genova intorno al 1456 e nominato vescovo di Tolone da Sisto IV, fu, nel 1503, insignito della porpora cardinalizia da Alessandro VI con il titolo di S. Lucia in Settisolio. Ebbe importanti incarichi e prese parte a diverse commissioni cardinalizie tra cui quella incaricata di risolvere lo scisma conciliare di Pisa e Milano e quella per la crociata del novembre del 1517. Da sempre politicamente vicino alle posizioni della corona di Francia, anche se si adoperò per garantire agli Anziani di Genova l’appoggio papale al loro progetto di sottrarsi alla signoria francese, quando l’8 maggio 1521 Leone X (Giovanni de’ Medici) stipulò l’alleanza fra Papato e Impero contro Turchi, Francesi e Veneziani, assunse coerentemente una posizione fortemente antimedicea. Nel conclave che porterà all’elezione di Adriano VI, Nicola Fieschi, arcivescovo di Ravenna, fu pertanto il candidato principale della fazione contraria alla politica dei Medici risultando in testa al primo, al sesto, al settimo e al nono scrutinio.Anche nel conclave del 1523 risultò fra i papabili. Decano del S. Collegio, morì a Roma il 14 giugno del 1524 e fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria del Popolo. Second edition – the first having been printed by the same typographers in Subiaco in 1467 – of St. Augustine’s De civitate Dei, printed by Sweynheym and Pannartz in their Roman workshop settled in the palace of the Massimo princes with a kind of Roman type quite different from the Gothic one used for Subiaco’s editions. The copy of the cardinal Nicola Fieschi, with his illuminated armorial coat on the first leaf. HC* 2047; GW 2875; BMC

IV, 5; Goff

A, 1231; IGI 967; Pellechet, 1546; IDL 487.

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3. Augustinus, Aurelius

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343 Apuleius Madaurensis, Lucius (125-180). Opera. Roma, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 28 febbraio 1469. In-folio (mm 316x213). Segnatura: [*6, a-n10, o-p12, q10, r8]. 177 di 178 carte non numerate, è presente la carta bianca [160], mentre manca l’ultima carta bianca. Testo su una colonna di 38 linee, caratteri 115R, 115Gk. Alla prima carta iniziale ‘B’ miniata in rosso, verde, blu e oro con una bordura che si estende lungo il margine interno e lungo quello superiore ornata da bianchi girari; nel margine inferiore le armi del cardinal Bessarione (uno scudo con fondo blu e due braccia che sorreggono una croce rossa – che simboleggiano l’unione tra la chiesa romana e quella greca -, il tutto sormontato dal cappello cardinalizio rosso) miniate in verde, blu, rosso entro un serto d’alloro. All’inizio di ogni dedica e di ogni sezione del testo capilettera miniati da un artista romano in blu, verde, rosso e oro con decorazioni a bianchi girari; iniziali su due e sette righe alternativamente rosse con filigrane blu e blu con filigrane rosse; segni di paragrafo e altre iniziali in rosso. Legatura ottocentesca di Charles Lewis in marocchino verde decorato in oro con le armi dorate di Beriah Botfield al centro dei piatti; decorazioni in oro al dorso, custodia in marocchino. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi macchie alle prime e alle ultime carte. Copia del Cardinal Bessarione; timbro abraso al margine esterno della prima carta; collezione di Beriah Botfield.

Straordinaria copia, appartenuta al cardinal Giovanni Bessarione, della prima edizione completa delle opere di Apuleio tradotte in latino da Pietro Balbo, splendido esempio che incarna perfettamente gli scopi del programma umanistico dell’epoca. Nel testo sono presenti sporadiche sottolineature e segni marginali, che ricorrono soprattutto nelle sezioni neo-platoniche, e che portrebbero appartenere alla mano stessa del grande umanista. L’editio princeps delle opere di Apuleio fu curata dal lombardo Giovanni Andrea Bussi, vescovo d’Aleria – segretario, dal 1458 al 1464, del cardinale Niccolò da Cusa – che nella sua dedica a Paolo II elogia il cardinale niceno e il suo apporto nella riscoperta dei testi filosofici greci. «Con questa iniziativa editoriale Bussi, fresco della lettura dell’In calumniatorem Platonis di Bessarione – che uscirà infatti di lì a poco dalla stessa stamperia nella versione latina in una tiratura di 300 esemplari – propone al pubblico romano un corpus del Platonismo latino comprendente non solo Apuleio, col suo romanzo “iniziatico” e le sue operette filosofiche, ma anche l’Asclepius di Ermete Trismegisto e l’Epitome di Albino nella traduzione di quel Pietro Balbi che per Cusano aveva curato versioni da Proclo. Il testo, oltre che un documento degli interessi filosofici di Bussi, è un’altra testimonianza dell’amicizia e della fratellanza spirituale posta sotto il segno dell’interesse per Platone che aveva unito Bessarione e il defunto Cardinale tedesco» (Bessarione e l’Umanesimo. Catalogo della mostra, p. 496). Bessarion’s copy of the first edition of Apuleius, with his arms illuminated on first leaf. One of the earliest uses of Greek type. His illuminated coat-of-arms on the first leaf of this book symbolizes the union of the two churches, a program to which his life was devoted.The Golden Ass, with its history of the hero’s physical transformation into a donkey, and his odyssey of spiritual development leading to revelation, redemption and rebirth into human form under the guidance of the one true god, Isis, dove-tailed into Bessarion’s program beautifully, as do all the other neo-platonical and hermetic texts included in this corpus. From the library of Beriah Botfield. HC* 13114; GW 2301; BMC IV, 6; Goff A, 934; IGI 769; Pellechet 923; H. P. Kraus, The Greek Book, cat. 1997, n. 1 (stessa copia); Bessarione e l’Umanesimo. Catalogo della mostra, a cura di G. Fiaccadori, Napoli 1994; J. H. Gaisser, The Fortunes of Apuleius and the Golden Ass. A Study in Transmission and Reception, Princeton 2008, pp. 140-60; L. Labowsky, Bessarion’s Library and the Biblioteca Marciana, Roma 1979, pp. 481-82.

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4. Apuleius Madaurensis, Lucius

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353 Gellius, Aulus (123-165 ca.). Noctes Atticae. Roma, [Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz], 11 aprile 1469. In-folio (mm 323x210). Segnatura: [*6, a-e10, f12, g-r10, s8, t10, v6]. 201 di 202 carte non numerate (le cc. 1, 187 e 202 bianche), manca la prima carta bianca.Testo su una colonna di 38 linee. Caratteri 115R e 115Gk. Legatura di Charles Lewis in marocchino verde decorato in oro, tagli dorati, sguardie in carta marmorizzata; custodia moderna in tela con titolo in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, dorso usurato, alcuni piccoli fori di tarlo restaurati. Copia di Beriah Botfield.

Prima edizione delle Noctes Atticae di Aulo Gellio, impressa da Sweynheym e Pannartz in 275 esemplari, grazie anche all’aiuto finanziario concesso da papa Paolo II, al quale è dedicata, come si evince dall’epistola di Giovanni Andrea de’ Bussi contenuta nell’edizione dell’ultimo volume del Nicolaus de Lyra (1471-72). L’opera, scritta nell’ultima metà del II secolo e suddivisa in brevi capitoli, tratta di un gran numero di argomenti, dalla filosofia alla storia, dalla legge alla letteratura, alla grammatica, poiché era stata originariamente concepita dall’autore come testo di svago e istruzione per i propri figli. È interessante inoltre osservare che alcune opere greche e latine dell’antichità sono attestate unicamente grazie alle citazioni contenute nelle Noctes Atticae. Il testo è dunque copiosamente inframmezzato da passi in greco tra i quali va ricordato un brano del Gorgia di Platone che occupa un’intera carta (c. 109). Il verso della penultima e il recto dell’ultima carta contengono inoltre un’interessante lista dei titoli e del formato delle edizioni stampate da Sweynheym e Pannartz con la quale i due tipografi pubblicizzavano i volumi ancora disponibili per l’acquisto presso la loro stamperia. First edition of the Noctes Atticae, printed by Sweynheym and Pannartz in Rome and edited by Giovanni Andrea de’ Bussi, bishop of Aleria.This work, divided into short chapters on a variety of subjects, enjoyed great success in Antiquity and throughout the Middle Ages. Some Latin and Greek works of Antiquity are known only from this work through Gellius’s extensive quotations. Consequently the text is heavily peppered with Greek: one lengthy passage of Plato’s Gorgias takes up a complete leaf (l. 109), printed entirely in Greek and continued on the next page. From the Library of Beriah Botfield. HC* 7517; GW 10593; BMC

IV, 6; Goff

G, 118; IGI 4186.

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5. Gellius, Aulus

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363 Bessarion, Johannes (1408 ca.-1472). Adversus Platonis calumniatorem. Roma, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, [prima del 28 agosto 1469]. In-folio (mm 331x230). Segnatura: [a8, b6, c-h10, i-n10, o-r10, s12, t-v10, x12, y10, z8, 78]. 234 carte non numerate, di cui la prima e le ultime due bianche.Testo su una colonna di 38 linee. Caratteri 2:115R e 3:116Gk. Alla prima carta di testo splendida bordura miniata in oro, rosso, blu e verde e ornata da bianchi girari. Al centro della parte superiore della bordura le armi del cardinal Bessarione; al centro della parte inferiore della cornice le armi, parzialmente abrase, probabilmente identificabili con quelle della famiglia Foscari o con quelle di Federico da Montefeltro, dal momento che sappiamo che nella sua biblioteca erano presenti due copie di questa edizione. Sullo stemma originario ne è stato dipinto un altro in inchiostro marrone da uno dei possessori più tardi: Ioannes Jacobus Turresinus, autore anche delle note di possesso che si trovano lungo il margine superiore e lungo quello inferiore di questa carta e all’inizio della sezione contenente l’indice e che sono datate 1547. Sei capilettera miniati in oro e decorati da bianchi girari, probabilmente di scuola romana, nel testo. Iniziali dipinte in inchiostro rosso nel testo. Per l’usanza di Bessarione di far miniare le copie di dedica delle sue opere con le proprie armi e con quelle del destinatario del volume si veda J. Monfasani, Bessarion latinus, in «Rinascimento», 21 (1981), pp. 169-170, n. 5 e, dello stesso autore, The first Roman Printers and the Idioms of humanism, in «Harvard Library Bulletin» (Winter 1988), vol. XXX-VI, n. 1, p. 9 e ss. e pp. 45-47. È inoltre interessante ricordare la copia della Biblioteca Marciana di Venezia, dedicata a papa Paolo II, la copia della Biblioteca Vaticana, dedicata al cardinale Giuliano Cesarini, la copia della Biblioteca di Stato di Berlino, dedicata al doge Francesco Foscari. Legatura ottocentesca in pelle di Russia, piatti inquadrati da una cornice a ferri floreali contenente due cornici a filetti dorati, con ferri floreali agli angoli e un ferro centrale impresso a secco. Dorso a cinque scomparti, con decorazioni a ferri dorati e titolo in oro. Nella parte inferiore del dorso cartouche con la segnatura di una biblioteca. Sul taglio piede la scritta in inchiostro marrone: ‘Bessario Card.’. Esemplare in buono stato di conservazione, antichi restauri al margine bianco della c. 42. Note manoscritte e alcune correzioni di mano coeva nel testo.

Prima edizione dell’Adversus Calumniatorem Platonis, stampato in 300 copie, e unica edizione incunabola della principale opera filosofica del Bessarione. Redatta dapprima in greco e in tre libri intorno al 1459, in opposizione alla Comparatio philosophorum Aristotelis et Platonis scritta dal Trapezunzio, l’opera venne tradotta in latino e accresciuta di un nuovo libro inserito tra il secondo e il terzo e venne completata con l’aggiunta della Correctio interpretationis librorum Platonis de Legibus a Trapezuntio compositae e col De natura et arte adversus eundem Trapezuntium. Secondo Monfasani «la versione definitiva del In Calumniatorem sarebbe stata compiuta verso il 1467-68; tuttavia Bessarione per motivi di indole stilistica ne avrebbe deciso la revisione, affidata a Niccolò Perotti, che l’avrebbe condotta a termine verso la fine del 1468 o agli inizi del 1469» (Bessarione e l’Umanesimo, a cura di G. Fiaccadori, Napoli 1994, p. 497). Il termine ante quem del 28 agosto 1469 è suffragato da una lettera così datata di Giorgio da Trebisonda in cui il volume a stampa viene citato; mentre il termine post quem rimane la famosa prefazione di Giovanni Andrea Bussi all’Apuleio, stampato il 28 febbraio 1469, dove il vescovo d’Aleria fa esplicito riferimento all’imminente stampa dell’opera di Bessarione. Con la pubblicazione di questo libro l’arte della stampa si pone per la prima volta al servizio di un preciso programma ideologico; grazie al successo e alla diffusione di quest’opera il Bessarione fu in grado di riaffermare il suo prestigio messo in dubbio dopo l’attacco violento e la controversia di anni avuta con Giorgio di Trebisonda, sostenitore delle teorie aristoteliche. Straordinario esemplare di dedica fatto miniare dal cardinal Bessarione per un destinatario di difficile identificazione dal momento che le armi che si trovavano alla prima carta di testo risultano parzialmente abrase. È tuttavia possibile supporre che il volume fosse stato preparato per essere donato a Pietro Foscari, che il 26 giugno 1468 si trovava a Roma e che assistette al trasferimento della biblioteca di Bessarione all’ambasciatore veneziano Paolo Morosini (si veda M. L. King, Venetian Humanism, pp. 373-74). Si potrebbe inoltre sup-

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6. Bessarion, Johannes

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porre che invece il destinatario potesse essere anche Federico da Montefeltro, dal momento che nel catalogo della sua biblioteca figuravano due esemplari della presente edizione – oggi dispersi (si veda Simonetta-Alexander, Federico da Montefeltro and his Library, p. 74). Extraordinary dedication copy – to be given by cardinal Bessarion probaly to a member of the Foscari family or to Federico da Montefeltro – of Bessarion’s own main philosophical work printed in Rome by the monks Konrad Sweynheym and Arnold Pannartz in 1469, as announced in the foreword of the Apuleius, printed earlier in the same year.The Adversus Calumiatorem Platonis is a defense of Platonic theories in opposition to the Comparatio philosophorum Aristotelis et Platonis written by Trapezunzio in 1458 and represents the first attempt to use the art of printing in order to support a specific ideological program HC* 3004; GW 4183; BMC IV, 7; Goff B, 518; IGI 1621; L. S. Olschki, Monumenta Typographica, Cat. LVII (1904), n. 41; M. D. Feld, Sweynheym and Pannartz, Cardinal Bessarion, Neoplatonism […], in «Harvard Library Bulletin», vol. XXX, n. 3 (July 1982), pp. 282-335; Id., A Theory of the Early Italian Printing Form. Part I: Variants of Humanism, ibid., vol. XXXIII, n. 4 (Fall 1985), pp. 341-77; Id., Part II: The political economy of patronage, Ibid., vol. XXXIV, n. 3 (Summer 1986), pp. 294-332.

373 Hieronymus, santo (347 ca.-420). Epistolae [Volumen II]. Roma, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, [prima del 30 agosto] 1470. In-folio (mm 400x290). Segnatura: [a8, b-d10, e-f12, g-k10, l-m8, n-t10, v8, x-z10]. 337 carte non numerate (le cc. 9 e 337 bianche).Testo su 46 linee. Caratteri 115R e 115Gk. Legatura coeva in cuoio su assi di legno, decorazioni a secco sui piatti, tracce di fermagli metallici. Esemplare, ad ampi margini, stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione; alcune lievi gore, qualche abrasione alla pelle della legatura; restauri alle cerniere e al dorso. Numerose postille di mano strettamente coeva lungo i margini. Ex-libris del barone Horace Landau e timbro di Garnier-Valletti.

Raro incunabolo, tra i primi impressi in Italia, di straordinario pregio tipografico contenente l’edizione della seconda parte delle Epistolae di San Girolamo curata da Giovanni Andrea de’ Bussi e da lui dedicata a papa Paolo II. L’editio princeps di quest’opera aveva visto la luce sempre a Roma nel 1467 per opera di Sixtus Riessinger (si veda scheda n. 18). Le Lettere di San Girolamo godettero di notevole fortuna presso gli umanisti tanto che se ne contano ventun ristampe nel corso del XV secolo. Il barone Horace Landau (1824-1903) fu rappresentante dei banchieri Rotschild a Costantinopoli, a Torino, dove ebbe molti rapporti con Cavour, ed a Firenze, dove acquistò la villa ‘Alla Pietra’, che arricchì di numerose collezioni e di una cospicua biblioteca di manoscritti ed incunabuli, aumentata in seguito dall’erede, signora J. Finaly. Un catalogo parziale della sua biblioteca fu redatto in due volumi da A. Roediger. Very rare incunable edition, among the first to be printed in Italy, containing the second part of St. Jerome’s Epistolae edited by the bishop of Aleria, and dedicated by him to the pope Paul II.The first edition of this work was printed in Rome in 1467 (see n. 18) and St. Jerome’s text enjoyed a great success during the Middle Ages and through the 15th century. The copy of the baron Horace Landau. HC* 8552; BMC

IV, 10; Goff

H, 164; IGI 4736; Proctor 3312.

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7. Hieronymus, santo

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383 Leo I, papa (dal 440 al 461). Sermones et Epistolae. Roma, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 1470. In-folio (mm 315x220). Segnatura: [a-l10, m-o8]. 133 di 134 carte non numerate, manca la prima bianca. Testo su una colonna di 39 linee. Carattere 115R. Alla c. [a]4r una bordura a tre montanti miniata a motivi floreali in azzurro, rosa con inserti in oro e grafismi a penna che comprende una grande iniziale ‘L’, miniata nello stesso stile. Iniziali dipinte alternativamente in rosso e blu nel testo. Legatura moderna in pelle nocciola decorata a secco; al centro del piatto anteriore lo stemma del cardinal Corsini impresso a secco; titolo impresso a secco al dorso, tagli gialli. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore e bruniture alle prime e alle ultime carte; iniziali in blu un po’ sbiadite. Qualche nota manoscritta di mano coeva lungo i margini; alla prima carta timbro della ‘Bibliotheca Corsiniana nuova’.

Seconda edizione dei Sermones et Epistolae – la princeps era stata impressa sempre a Roma pochi mesi prima da Filippo de Lignamine (si veda scheda n. 19) – e uno dei più bei libri impressi a Roma dai prototipografi Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz. Il testo è curato da Giovanni Andrea de’ Bussi e dedicato, nell’epistola prefatoria, a papa Paolo II. L’opera di papa Leone Magno offre uno spaccato della storia imperiale ed ecclesiastica del V secolo, da cui emergono i fatti principali che hanno caratterizzato la vita politica e religiosa del tempo. Gli interventi leoniani, sempre motivati da situazioni concrete e contingenti, richiamano le coordinate strutturali, filosofiche e culturali decisive per il progresso del pensiero umano e per l’approfondimento della dottrina teologica della patristica cristiana. Second edition of Leo I’s Sermones et Epistolae – printed for the first time earlier that year by Filippo de Lignamine (see n. 19) – and considered one of the most beautiful books printed in Rome by Sweynheym and Pannartz. Handsome copy, from the Library of the cardinal Corsini, with his coat-of-arms on the binding. HC* 10011; BMC

IV, 11; Goff

L, 129; IGI 5722.

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8. Leo I, papa

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393 [Biblia latina]. [Volumen I]. Roma, Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, [non prima del 15 marzo] 1471. In-folio (mm 403x285). Segnatura: [aa-bb8, a-e10, f8, g-k10, l12, m-p10, q-r8, s-y10, z8,A-C10, D12]. 262 di 282 carte non numerate: mancano le 4 carte bianche (cc. 1, 16, 17, 282) e le prime 16 carte di testo, contenenti la lettera prefatoria di Giovanni Andrea de’ Bussi a papa Paolo II, la tabula e la lettera di Aristea Ad Philocratem de LXX interpretibus.Testo su una colonna di 46 linee. Carattere 115R. Alla carta [18]r grande iniziale ‘A’ dipinta in inchiostro rosso. Legatura del XVIII secolo in pergamena rigida, con titolo e note tipografiche in oro su due tasselli in marocchino rosso al dorso; tassello in carta con l’antica segnatura sempre al dorso. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione, alcune gore lungo il margine superiore e quello esterno di tutto il volume. Proveniente dalla biblioteca dei principi Massimo di Roma.

Prima rarissima edizione del primo dei due volumi che compongono la monumentale Biblia latina stampata da Sweynheym e Pannartz, che è la prima assoluta impressa fuori dalla Germania e la prima impressa a Roma. È interessante anche osservare che a Roma la Bibbia non verrà ristampata prima della cosiddetta edizione Sistina, impressa più di cent’anni dopo. Anche questa edizione venne curata da Giovanni Andrea de’ Bussi e da lui dedicata a papa Paolo II nella lettera prefatoria datata 15 marzo 1471. Le prime 15 carte, mancanti nel presente esemplare, contengono oltre alla suddetta epistola prefatoria del Bussi, quella dell’umanista Matteo Palmieri seguita dalla sua traduzione della lettera dello pseudo-Aristea, che narra la vicenda della traduzione della Bibbia dei Settanta. La nostra copia inizia con la prefazione di San Girolamo ai libri di Salomone e contiene i testi che vanno dalla Genesi al libro dei Salmi. First exceedengly rare edition of the first of the two volumes of the first Latin Bible printed out of Germany, which is also the first printed in Italy. It is interesting to note that the Bible will not be reprinted in Rome until the end of the 16th century. Our copy – lacking the first 16 leaves with the dedicatory epistle by the editor Giovanni Andrea de’ Bussi, the preface by the humanist Matteo Palmieri of Pisa and the text of his Latin translation of Aristeas’s letter concerning the Septuagint – begins with St. Jerome’s preface to the books of Solomon and contains the books going from the Genesis to the Psalms. From the Library of the Massimo princes. HC* 3051; GW 4210; BMC

IV, 12; Goff

B, 535; IGI 1636; Proctor 3316

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9. Biblia latina

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3 10 3 Caracciolo de Licio, Roberto (1425-1495). Sermones quadragesimales de poenitentia. Roma: Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 17 novembre 1472. In-folio (mm 324 x 229). Segnatura: [a10-1, b-i10, k12, l10, m-s8, t-v10, x12, y-z10, A10, B8, C-E10, F12, G-H10, I12, K10, L-M8, N10-1]. 346 di 348 carte non numerate, mancano la prima e l’ultima bianche.Testo su una colonna di 38 linee. Carattere 115R. Alla c. [a]4r grande iniziale ‘M’ miniata in stile romano, con corpo della lettera a foglia d’oro su fondo cremisi, verde e blu, e ornata da bianchi girari, con estensione della decorazione lungo il margine interno. Nel testo iniziali dipinte, alternativamente, in rosso e blu. Legatura ottocentesca in marocchino nocciola decorata, ai piatti, da una cornice dorata; dorso a quattro nervi con decorazioni in oro e ferri dorati a forma di leone rampante coronato (simbolo della famiglia Massimo) e titolo e note tipografiche dorati; al piede etichetta di carta con l’antica segnatura; tagli spruzzati di rosso, sguardie in carta a pettine. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; piccolo restauro lungo i margini inferiori bianchi delle prime due carte, contenenti l’indice.Alcune lievi gore e fioriture alle prime carte.Alcune note manoscritte coeve in inchiostro marrone lungo i margini. Al margine superiore della prima carta nota di possesso manoscritta: ‘Collegium Sanctii Stephani’. Provenienza: Biblioteca del principe Camillo Vittorio Massimo di Roma; Hans P. Kraus.

Seconda edizione di questa raccolta di sedici sermoni di cui esistono, oltre alla presente, altre quattro edizioni stampate nello stesso anno: una stampata a Venezia, Vindelino da Spira, due impresse da Renner (anche se sembra che si tratti di due stati della medesima stampa) e una che comparve sempre a Venezia per opera di Bartolomeo Cremonese. Dal momento che si trattava dell’opera di un autore ancora in vita, essa ebbe un successo tale da diventare l’equivalente di un vero e proprio best-seller. Se ne conoscono più di cinquanta edizioni impresse entro la fine del XV secolo. Caracciolo fu uno dei predicatori italiani più influenti della seconda metà del Quattrocento e meritò il soprannome di ‘novello Paolo’ o ‘principe dei predicatori’, dal momento che fu in grado di suscitare l’emozione delle folle di fedeli causando il disappunto dell’ordine francescano al quale apparteneva. Second edition of this collection of sermons by Caracciolus, one of the most celebrated preachers in Italy during the last half of the 15th century. Called the ‘new Paul’, and the ‘prince of preachers’, he was able to arouse his listeners to sometimes unseemly levels of emotion, and partly for that reason, he was a controversial figure among the Franciscans of his time. He was one of the first authors in history to see his printed writings become best-sellers.There were five printings in 1472 of the present collection of sermons; the first was issued four months earlier by Vindelinus de Spira in Venice. From the Library of the Roman prince Camillo Vittorio Massimo. HC* 4425; GW 6065; BMC

XII, 1; Goff

C, 166; IGI 2473.

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10. Caracciolo de Licio, Roberto

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3 11 3 Thomas, Aquinas, santo (1221-1274). Quaestiones disputatae de veritate. Roma,Arnold Pannartz, 20 gennaio 1476. In-folio (mm 334x230). Segnatura: [*4, a-f10.8, g8, h10, i-q10.8, r-s8, t-v10, x-z8.10,A-N8.10, O-P8]. 344 carte non numerate.Testo su due colonne di 42 linee. Carattere 106(108)R. Legatura ottocentesca in marocchino biondo con ricca decorazione dorata ai piatti e al dorso, tagli originali con titolo manoscritto. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Numerose postille di mano coeva nel testo. Copia appartenuta ai Principi Massimo, con i pezzi araldici (leone coronato) impressi in oro sui piatti e sul dorso della legatura.

Prezioso incunabolo, il penultimo impresso dal primo tipografo italiano ‘in domo Petri de Maximo’, in una zona intermedia tra Piazza Navona e Campo de’ Fiori, là dove più tardi fu costruito Palazzo Massimo alle Colonne. Il sodalizio dei due celebri prototipografi tedeschi Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz cessò nel 1473 per la morte del primo, mentre il secondo proseguì la sua attività (impressit Rome ingeniosus vir Arnoldus Pannartz natione germanus in domo clari civis Petri de Max[imo]) fino al 1476, realizzando – secondo le linee editoriali della precedente collaborazione – ancora edizioni di notevole impegno culturale e di pregevole qualità tipografica. La raccolta di Quaestiones, qui in seconda edizione che segue la princeps di Colonia dell’anno precedente, comprende il De Veritate, testo fondamentale della patristica cristiana, in cui San Tommaso affronta i problemi ontologici connaturati all’idea di verità e verosimiglianza. Precious Roman incunable, the penultimate printed by the first Italian prototypographer Arnold Pannartz whom after Sweynheym’s death carried on the press activity, producing books of cultural relevance and valuable typographical quality.Well-preseved copy from the Princes Massimo Library, located in the palace where the two German printers begun their activity in Rome after their first press in Subiaco. HC* 1420; BMC

IV, 62; Goff T, 180; IGI

9561; Pellechet 1019.

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11.Thomas, Aquinas

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ULRICH HAN

ET ALII

3 12 3 Bonaventura da Bagnoregio, santo (1221-1274). [Legenda maior S. Francisci. (Incipit:) Incomenza la vita et miraculi de San francesco et de Sancta clara…]. [Roma, stampatore dell’Apocalisse (Ulrich Han?), 1467-1468]. In-4° (mm 195x140). Segnatura: [quaderni di 8 carte ciascuno, le prime 4 carte segnate, rispettivamente: a-d, e-h, i-m, n-q e r-u, le ultime 4 carte di ogni quaderno prive di segnatura, i quaderni che seguono recano invece la segnatura tradizionale: a-f8, g6]; 94 carte non numerate. Carattere romano.Alla prima carta l’incipit su 8 linee stampato in rosso. Iniziali manoscritte in rosso nel testo. Legatura settecentesca in mezza pelle con carta decorata a pettine ai piatti, tagli spruzzati di rosso, custodia in marocchino. Esemplare in buono stato di conservazione, restauro a porzione del margine bianco inferiore e di quello esterno con ricostruzione parziale del testo alla prima carta (stessa integrazione alle carte 1-72); antichi restauri ai margini esterni bianchi delle carte 72-94. Ricostruzione parziale delle carte e4 recto e verso; le carte e6, e7, f1 in facsimile. Ex-libris nobiliare al foglio di guardia anteriore; alcune note manoscritte coeve nel testo.

Rarissima edizione del primo, o secondo, libro stampato in italiano e del primo libro a contenere le segnature dei quaderni. Secondo T.E. Marston la Legenda maior potrebbe essere stata stampata prima del noto volgarizzamento di Federico da Venezia dell’Apocalisse (Goff J, 225), anch’essa impressa probabilmente da Ulrich Han durante gli anni ’60 del secolo XV. «A general comparison of the type with the Apocalisse, the Cicero De oratore (signed and dated by Han, printed at Rome, finished 5 December 1468), and the Aurelius Victor De viris illustribus (Goff A-1383) – the first book signed by Sixtus Reissinger, printed about 1470 – reveals that the Bonaventura, the Apocalisse, and the Cicero are closely related […]. Closely examination reveals that they all came from the same matrices […].The probable sequence of books from the press of Ulrich Han would seem to be: first, the Meditationes of Turrecremata, with the date 31 December 1467 (an apparent commercial success, this was reprinted by Han in 1473 and again in 1478); second, the Bonaventura; third the Apocalisse; fourth the Cicero (dated 5 December 1468)» (Marston, pp. 18284). «The First Book Printed in Italian?» (T.E. Marston). One of the two first books in vernacular printed in Rome probably by Ulrich Han. First edition of the Legenda maior which includes the famous Saint Francis Fioretti. Only three copies known in public libraries (one of wich in Usa, Beinecke Library) of this rare edition, never appereared in the market in the last 150 years. H 7332; R 525; GW 10296; Goff Suppl. B, 889a; IGI 4053, 4054; T. E. Marston, The First Book Printed in Italian?, in «The Yale University Library Gazette», vol. 45, n. 4 (April 1971), pp. 180-84.

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12. Bonaventura da Bagnoregio, santo

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3 13 3 Johannes Evangelista (sec. I d. C.). Apocalisse [con le glosse di Nicolò da Lira, volgarizzamento di maestro Federico da Venezia]. [Roma, Ulrich Han e Sixtus Riessinger, 1467-1468]. In-folio (mm 286x190). Segnatura: [a-o10; p8; q-r10; s8]. 175 carte non numerate di 176, manca l’ultima bianca.Testo su una colonna di 37 linee con segnature e richiami. Carattere 89R.Alla prima carta l’incipit su due linee stampato in rosso. Cinque diversi tipi di filigrane:“tre colline sormontate da una croce” (Briquet, 11709, Pisa 1466);“le forbici” (Briquet, 3685; Firenze 1450-60, Napoli 1467, Lucca 1465, Roma 1472); “cappello di cardinale” (Briquet, 3387; Firenze 1465; Siena 1465-69, Firenze 1469-75); “le bilance” (manca al Briquet); “croce greca in un cerchio” (Briquet, 5575; Roma 1456 e 1463-65; Napoli 1457-68; Fabriano 1465; Napoli 1458 e 1464). Alla c. 1r, grande iniziale ‘Q’ su 12 linee con corpo della lettera in inchiostro rosso, decorata all’interno e lungo i bordi da grafismni a penna marroni; segni di paragrafo in rosso, alcuni dei quali ornati da estensioni floreali; alcune parti del testo evidenziate in giallo. Legatura del primo ’900 in mezza pergamena con angoli. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini, le carte 10, 169 e 175 provenienti da un altro esemplare. Provenienza: al margine inferiore della prima carta iscrizione di mano della fine del XV secolo:“Quisto libro e dello loco de sancta nicola de Sulmona”; altre due note manoscritte del secolo XVII:“Ad usum simplicem Fratris Josephi a Canistro”, e “Pertinet ad Conventum S. Francisci prope Balsoranum”; dalla biblioteca del Conte Giacomo Manzoni (Cat. di vendita, II, Città di Castello, 1893, n. 3799); acquistato da Leo S. Olschki (Monumenta typographica, Cat. LIII 1903) e da questi venduto al collezionista inglese George Dunn di Woolley Hall (Cat. di vendita, Parte II, London, Sotheby’s, 2-6 febbraio 1914, no 742); dopo apparve all’asta del 12-13 Aprile 1915 dell’Anderson Galleries, New York (lotto 258), dove fu acquistato dal Reverendo William A. Quayle, vescovo metodista di St. Louis (Missouri), e da lui acquistato da Giuseppe Martini.

Prima edizione separata dell’Apocalisse, la prima in lingua italiana, posteriore solo a quella in latino e a quella in tedesco. Si tratta inoltre di una delle primissime produzioni tipografiche di Roma e probabilmente del primo o del secondo libro stampato in italiano prima o dopo la Legenda maior (si veda scheda n. 12). Di quest’opera non si conoscono altre edizioni incunabole; la seconda è apparentemente quella illustrata del 1515-16, stampata a Venezia da Alessandro Paganino. Da un manoscritto della Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze apprendiamo che questa traduzione fu fatta da un certo “Maistro Federigo da Venexia del ordine de i frati predicatori nell’anno 1394” (si veda J. Quetif, Scriptores ordinis praedicatorum, Parigi 1719-21, vol. I, p. 706). Tuttavia il testo della prima edizione ha perduto le forme del dialetto veneto per assumere invece quelle del vernacolo romano; il che è probabilmente dovuto all’essere stato pubblicato da un manoscritto con patina linguistica dell’Italia centrale. Nonostante vada esclusa l’ipotesi che il libro fosse stato impresso a Napoli per evidenti incongruenze nella misura dei caratteri e per una tipologia diversa di maiuscole e minuscole rispetto a quelli utilizzati in area partenopea, si può tuttavia ipotizzare che questa edizione vide la luce a Roma quando Han e Riessinger erano ancora in società, e che quest’ultimo, al momento del suo trasferimento a Napoli, portò con sé una parte delle copie rimaste invendute, delle quali alcune sono giunte sino a noi con una fuorviante provenienza napoletana. First exceedengly rare parted edition of the Apocalypse, one of the first two books printed in Italian; no other incunable editions are known of this work infact the second was printed in Venice in 1515-16 by Alessandro Paganino. Giacomo Manzoni – Leo S. Olschki – Giuseppe Martini copy. Hain 9383 = 9384; C 3715; R I, 157; BMC IV, 143; Goff J, 225; Fava-Bresciano, La stampa a Napoli nel sec. XV, Leipzig 1911-1913, n. 205; Catalogue des livres composant la Bibliotheque de feu m. Le comte Jacques Manzoni. Première partie, Città di Castello 1892, n. 3799 (quest’esemplare); L.S. Olschki, Monumenta Typographica, Cat. 53, Firenze 1903, n. 355 (quest’esemplare).

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13. Johannes Evangelista

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3 14 3 Turrecremata, Johannes de (1388-1468). Expositio super toto psalterio. Roma, Ulrich Han, 4 ottobre 1470. In-folio (mm 278x182). Segnatura: [a-c10, d12, e-m10, n12, o10, p12, q-t10, v8]. 204 carte non numerate.Testo su una colonna di 33 linee. Caratteri 150G e 113R. Alla c. [1]r grande iniziale miniata ‘B’ su 8 linee, con corpo della lettera a foglia d’oro su fondo verde e azzurro. Alla c. [3]r iniziale miniata ‘B’ su 8 linee, con corpo della lettera a foglia d’oro su fondo azzurro, rosso e verde ornato da bianchi girari con estensione lungo il margine sinistro e lungo quello superiore. Le iniziali di ogni salmo dipinte in rosso. Rubricato in rosso. Splendida legatura romana, strettamente coeva, in cuoio su assi di legno. I piatti sono decorati da una larga bordura a secco e recano 5 delle otto borchie metalliche originali; sono presenti anche i fermagli metallici originali. Dorso a 4 nervi decorato a secco, sguardie in pergamena. Custodia moderna in mezzo marocchino nocciola con titolo in oro al dorso. Splendido esemplare, ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; qualche lieve gora e qualche fioritura nel testo; alcune perdite di pelle al dorso. Ex-libris al contropiatto anteriore. Al verso del foglio di guardia anteriore nota di possesso manoscritta di mano cinquecentesca.

Prima rarissima edizione di quest’opera e primo libro a stampa con il registro delle carte propriamente nominato. «Quando Sweynheym e Pannartz giunsero a Roma nell’estate del 1467, forse vi si era già stabilito un altro tipografo tedesco, Ulrico Han da Ingolstadt, chiamato anche latinamente Gallus, il quale l’ultimo giorno dello stesso anno esordiva con uno dei libri più rari che si conoscano, cioè con le Meditationes de vita Christi del cardinale Turrecremata, suo protettore, che è pure la prima opera illustrata impressa in Italia. Il grande carattere gotico usato per le Meditationes non si trova più in altra opera dello stesso tipografo, il quale si servì poi quasi sempre di caratteri tondi e minuti, come si vede nel De Oratore (1468) e nelle Tusculanae (1469) di Cicerone, che diede fuori subito dopo la prima sua stampa. […] Prima che si generalizzasse negli incunaboli l’uso delle segnature, dei richiami e della numerazione delle carte, i tipografi, i legatori e i possessori di un libro per verificarne l’integrità non avevano che due mezzi: o ricorrere alla tavola delle rubriche oppure al registro, che solevano trovarsi alla fine dei volumi, circostanza questa che ne spiegava la frequente mancanza. Ma come il primo mezzo, ossia la tavola delle rubriche, fu quasi sempre occasionale, indiretto e quindi insufficiente allo scopo, così rimase a poco a poco solo il registro ad aiutare tale controllo. Nelle edizioni del Quattrocento infatti il registro era costituito da una specie di prospetto, confinato in fondo al volume, nell’ultima carta o pagina, dove si trovavano ripetute le prime parole di ciascuna carta della prima metà di ogni quaderno, essendo naturale che riconosciuta l’esistenza e la regolare collocazione della prima metà dei quaderni, anche la seconda metà doveva trovarsi perfettamente a posto. L’utilità del registro non venne meno anche quando entrarono in uso le segnature e i richiami, perché essendo i quaderni degli incunaboli composti talvolta di un numero vario di fogli e di carte, ne seguiva che l’eventuale mancanza dei fogli di mezzo di un quaderno poteva essere rilevata in maniera esatta unicamente con le indicazioni del registro stesso. Soltanto con l’impiego della numerazione delle carte e delle pagine il registro nella forma usata negli incunaboli non fu più necessario. Il registro venne in uso prima in Italia e più precisamente a Roma. Il più antico esempio che ci sia noto è quello delle Epistolae Hieronymi, libro senza note tipografiche, ma attribuito a Sisto Riessinger e all’anno 1469. Qui però non appare ancora completamente sviluppato e non reca il nome che gli fu proprio. Infatti sotto il titolo Inchoationes quinternorum si dà alla fine dell’opera un elenco della parola iniziale di ognuno dei quinterni, dei quali i due volumi dell’opera stessa sono composti. La forma ordinaria del registro s’incontra dapprima nella Expositio psalterii di

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14.Turrecremata, Johannes de

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Ulrico Han, uscita in Roma il 4 ottobre 1470. Ma esso non è accompagnato da alcuna spiegazione, che di solito si trova per norma del legatore o del lettore in principio o a chiusa del prospetto, come si può vedere nella prima edizione del Tesoro di Brunetto Latini, stampata da Gherardo de Lisa a Treviso nel 1474» (D. Fava, Manuale degli incunaboli, Milano 1953, pp. 123-24). Juan de Torquemada, cardinale e teologo domenicano originario di Valladolid, prese parte ai concili di Costanza, Basilea e Firenze. Per desiderio di Pio II curò l’istruzione dei tre esponenti dell’eresia manichea inviati dal re di Boemia a Roma. Presso la Chiesa della Minerva fondò la pia Associazione dell’Annunziata per dotare le ragazze povere e ivi fu sepolto. Very rare first edition of this work and first book with a complete normal register, the last leaf giving the key words of each leaf in the first half of every signature, printed by the second press established at Rome.The printer Ulrich Han was a native of Ingolstadt in Bavaria and began printing in Rome in 1467, the Turrecremata is probably his fourth dated book. An outstanding copy, in its original Roman binding with two beautiful illuminated initials. HC* 15695; BMC

IV, 21; Goff T, 517; IGI

9866; Proctor 3341.

3 15 3 Paulus de Sancta Maria (1350 ca.-1435). Scrutinium scripturarum. Roma, Ulrich Han, [prima dell’aprile 1471]. In-4° (mm 281x205). Segnatura: [a-z10, A-E10, F8]. 288 carte non numerate.Testo su una colonna di 34 linee. Caratteri 150G e 113R. Al recto della prima carta capolettera miniato ‘S’ su 7 linee, con corpo della lettera in oro su fondo blu, verde e cremisi, ornato da bianchi girari, con estensione lungo il margine interno.Al centro del margine inferiore della stessa carta un’elegante bordura miniata con uno stemma abraso entro serto di alloro circondata da grafismi a penna e bottoni d’oro. Legatura coeva in vitello bruno su assi di cipresso, con decorazioni a secco ai piatti e al dorso, due fermagli metallici lungo il taglio esterno. Custodia moderna in tela con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare ad ampi margini, stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione; antichi restauri al margine bianco superiore della prima carta; lievi gore e fioriture in tutto il volume; legatura restaurata, la cerniera del piatto posteriore usurata.Al contropiatto anteriore: ex-libris di Hans Furstenberg e etichetta in carta recante la dicitura ‘Exposé au Musée d’Art de Genève Mai 1966’.

Prima edizione italiana e seconda assoluta – la princeps era stata stampata a Strasburgo nel 1470 –, dell’opera di Paulus de Sancta Maria, nota anche con il titolo di Dialogus Pauli et Sauli contra

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15. Paulus de Sancta Maria

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Judaeos. La prima parte è un dialogo tra un ebreo ed un cristiano, mentre la seconda è una conversazione sui dogmi cristiani tra un maestro e il suo pupillo. Recenti studi, condotti sull’esemplare conservato alla Biblioteca Casanatense di Roma, hanno permesso di spostare la datazione dell’edizione dal giugno all’aprile del 1471 (A. Modigliani, Tipografi a Roma prima della stampa, Roma 1989, p. 50, n. 109). Importante testo di carattere dottrinale, fonte per la successiva letteratura antisemita spagnola. First Italian edition and second absolute one – the first being printed in Strassburg in 1470 – of this work. Paulus de Sancta Maria, born into a wealthy Jewish family of Burgos, converted to Christianity and rose to become Archbishop of Burgos and Lord Chancellor under King Henry of Castile.The Scrutinium scripturarum, also called the Dialogus Pauli et Sauli contra Judaeos, takes the form of a dialogue between the Jewish Saul and the Christian Paul; the second part sets out Christian dogma as a dialogue between a Master and his pupil. His early mastery of the Talmud and rabbinic texts lent his anti-Jewish writings authority, and the Scrutinium scripturarum was used as a source for later Spanish writers hostile to the Jews. HC* 10764; BMC

IV, 21; Goff

P, 202; IGI 7325; Pellechet Ms 9086 (8927); Proctor 3346.

3 16 3 Gregorius IX, papa (1170-1241). Decretales, cum glossa. Roma, Ulrich Han e Simone Cardella, 20 settembre 1474. In-folio (mm 420x285). Segnatura: a-b10, c12, d10, e12, f-h10, i8, k6, l10, m8, n-o10, p-q6, r8, s-t10, u8, x-y10, z6; A-B10, C-D8, E10, F-G8, H10, I6, K-L10, M6, N4, O8, P6, Q-S10,T-U8, X10,Y8, Z10; aa-cc10, dd6, ee12, ff4, gg10, kk6.Testo su due colonne di 68 linee circondato dal commento. Carattere gotico e carattere romano. 475 di 478 carte non numerate; mancano la carta a1 bianca e le carte x2 e D8, mentre è presente la carta S1 bianca. Alla prima carta due iniziali grandi e tre più piccole dipinte in rosso e blu con fregi filigranati. Numerose iniziali dipinte in rosso o in blu nel testo. Legatura seicentesca in pergamena con, ai piatti, un grande fregio dorato centrale e quattro ferri dorati agli angoli. Esemplare ad ampi margini, stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione; qualche ingiallitura e qualche foro di tarlo senza danno al testo alle prime 20 e alle ultime 9 carte, dorso rifatto. Alcune postille di mano coeva in inchiostro marrone nel testo; numerazione manoscritta all’angolo superiore esterno di ciascuna carta.

Rarissimo incunabulo romano e terza edizione di questa raccolta di leggi papali che il grande pontefice Gregorio IX (Ugolino dei conti di Segni, originario di Anagni) aveva pensato di far redigere fin dai primi anni del suo pontificato, quale «rinvigorimento dell’autorità pontificia e del suo influsso», tanto più necessario dopo la promulgazione delle Costituzioni di Melfi da parte di Federico II di Sicilia (cfr. Encicl. Catt. VI, 1136). Very rare Roman incunable edition, the third, of this collection of Papal Laws conceived by Gregorius IX in order to restore the papal authority against the growing power of the king Frederick II of Sicily. Beautiful copy, decorated throughout by initials painted in red and blue. GW 11452; IGI 4452; BAV G, 164.

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16. Gregorius

IX, papa

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3 17 3 [Athanasius, santo (293-373)]. Enarrationes in Epistolas S. Pauli. Roma, Ulrich Han, 23 gennaio 1477. In-folio (mm 315x220). Segnatura: [a-g10, h-i8, k6, l-m10, o-p10, q-r8, s-t10, v8, x10, y6, A-C10, D6, E-H10, I6]. 278 carte non numerate.Testo su una colonna di 44 linee. Carattere 103R. Legatura in pergamena verde del XVII secolo con titolo in oro su tassello in marocchino rosso al dorso; astuccio moderno in tela con titolo in oro al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; alcune fioriture, cerniere usurate, dorso con qualche abrasione. Nota di possesso manoscritta cinquecentesca di Lorenzo Contarini.

Prima edizione di quest’opera in un esemplare proveniente dalla biblioteca nobiliare del patrizio veneziano Lorenzo Contarini. La traduzione in latino di questo commento alle epistole di San Paolo erroneamente attribuita ad Atanasio, apologista e padre della chiesa originario di Alessandria d’Egitto, è in realtà opera dell’erudito romano Cristoforo Persona (1416-1486 ca.) che fu prefetto della Biblioteca Vaticana. Le Enarrationes sono opera di Teofilatto (1055-1107), scrittore bizantino ed esegeta del Nuovo Testamento che fu consigliere dell’imperatore Costantino e filologo apprezzato dai Comneni. I suoi commenti in greco analizzano il vangelo di San Paolo e saranno presi come punto di riferimento dal cristianesimo orientale. First edition of this commentary to the letters of St. Paul translated into Latin by the Roman scholar Cristoforo Persona. From the Library of the Venetian nobleman Lorenzo Contarini. HC 1902; BMC

IV, 25; Goff T, 156; IGI

9509.

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17. Athanasius, santo

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SIXTUS RIESSINGER

3 18 3 Hieronymus, santo (347 ca.-420). Beati Hieronymi Epistolas. [Volumen Sixtus Riessinger e Ulrich Han, 1466-1467].

II].

[Roma,

In-folio (mm 300x212). Segnatura: [A12; a-z10; *8, **10, **10, A-R10, S12]. 446 di 452 carte non numerate, mancano le 6 carte bianche (cc. 1, 9-12 e 452).Testo su due colonne di 50 linee. Carattere 81R1. Le prime due iniziali del c. 1 dipinte in blu e rosso con fregi calligrafici; all’inizio del testo (c. 7) grande iniziale ‘P’ miniata in oro su 14 linee, ornata da bianchi girari su fondo rosso, blu e verde; centinaia di capilettera, su 2 o 4 linee, dipinti alternatamente in rosso e blu, con fregi filigranati in violetto o marrone chiaro. Bella legatura cinquecentesca in pergamena floscia con titolo calligrafico al dorso; tagli cesellati con grandi scritte ‘S. Angeli’ e ‘Nole’ in inchiostro marrrone sui due tagli orizzontali. Esemplare stampato su carta forte, ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; alcune fioriture su alcune carte; qualche piccolo foro di tarlo e qualche lieve alone alle carte del primo quaderno. Alcune postille di mano cinquecentesca nel testo. L’annotazione sui tagli orizzontali del volume denota con sicurezza la sua provenienza dal Convento di Sant’Angelo in Palco di Nola, edificato nel 1430 ca. da Raimondo Orsini.

Editio princeps delle Epistolae di San Girolamo e primo libro stampato a Roma, che precede il De Oratore di Cicerone impresso nella stessa città da Sweynheym e Pannartz nell’autunno del 1467, dopo il loro trasferimento da Subiaco.Alla c. [7]v figura il più antico esempio noto di registro dei quaderni (Sequitur ordo quinternorum secundi voluminis epistolarum beati Hieronymi) seguono gli incipit dei 44 quaderni successivi, composti su 44 linee a mezza colonna, con notevole effetto grafico. «Il registro venne in uso prima in Italia e più precisamente a Roma. Il più antico esempio che ci sia noto è quello delle Epistolae Hieronymi […]. Qui però non appare ancora completamente sviluppato e non reca il nome che gli fu proprio» (Fava, Manuale degli Incunabuli, p. 169). «È possibile che il primo libro stampato a Roma, allo stato delle nostre attuali conoscenze, sia il san Girolamo, Epistolae […]. Privo di note tipografiche, il libro fu stampato a Roma opera et impensa di Gaspare Lelli da Teramo come risulta dalla chiara testimonianza del vescovo di Trento Giovanni Hinderbach (testimonianza dell’esemplare di Chantilly) in base alla quale esso si deve datare almeno al 1468; questo termine ante quem, in base a ulteriori considerazioni di carattere filologico che indicano l’edizione come princeps, può essere anticipato all’anno precedente in virtù dell’osservazione che il secondo volume della successiva edizione di Sweynheym e Pannartz uscì con la data del 13. XII. 1468. […] Esso sarà non ante quem il 30. X. 1466, data di morte di Teodoro Lelli, in memoria del quale Gaspare Lelli intraprese la cura della stampa. È dunque molto probabile che la stampa, se non completata, fosse già in avanzata fase di realizzazione quando uscì nell’auunno 1467 il primo libro di S. & P. […] e che essa sia in connessione con la società tipografica costituita avanti il 16. X. 1466» (P. Scapecchi, Abbozzo […] Han e di Riessinger tra il 1466 e il 1470, in Roma nel Rinascimento, 1997, p. 318) First edition of this work, first edition of a work by St. Jerome to be printed, and first book ever printed in Rome. «Since the two known and dated books of 1467 both appeared not before November of that year (when S. & P., freshly arrived from Subiaco, settled into the palace of the Massimo), the Jerome stands as very good chance of being the first book printed in Rome» (Rhodes). HC* 8550; GW 2330; BMC IV, 27; Goff H, 163; IGI 4734.; D. E. Rhodes, In the Library, 6th, v. 5, 1983; p. 69; J. L. Sharpe, Impressum apud Ruessinger, in B. Gilbert ed., A leaf from the Letters of St. Jerome, Los Angeles and London 1981, p. 23.

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18. Hieronymus, santo

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FILIPPO

DE

LIGNAMINE

3 19 3 Leo I, papa (dal 440 al 461). Sermones et Epistolae. [Roma, Filippo de Lignamine, prima del 21 settembre 1470]. In-folio (mm 313x205). Segnatura: [*4, a-h10, i8, k-o10, p8, q10]. 159 di 160 carte non numerate, manca l’ultima bianca, è presente la prima anch’essa bianca. Testo su 35 linee. Carattere 125R. Nel testo, rispettivamente alle cc. [g]3r, [m]7r, [n]5v, tre grandi capilettera miniati in blu, rosa, verde, giallo e bianco su fondo a foglia d’oro arricchiti da decorazioni a motivi floreali nel corpo della lettera e lungo i margini, con grafismi a penna e bottoni d’oro; iniziali dipinte alternativamente in rosso e in blu nel testo. Legatura in pergamena moderna, titolo manoscritto al dorso e sul taglio piede. Esemplare in buono stato di conservazione; un restauro al margine esterno della prima carta tocca lievemente il testo; lievi gore e fioriture. Qualche nota manoscritta di mano coeva sui margini.

Prima edizione di quest’opera, probabilmente il primo libro uscito dai torchi del primo tipografo italiano, considerato una delle glorie dell’arte della stampa incunabola. Il de Lignamine introdusse, nel Leone Magno «a set of small capitals in the same style as the original capitals, the face being of the same height as the ordinary lower case, but the body ranging with the rest of the type.These capitals are kept separate from the rest and used massed for headings only in the Leo» (BMC IV, 28). La scoperta da parte di Piero Scapecchi dell’esemplare marucelliano della presente edizione, utilizzato dai tipografi Sweynheym e Pannartz come base per la loro ristampa dei Sermones del 21 settembre 1470, stabilisce il termine ante quem del Leo I del de Lignamine. Considerando inoltre che il volume conservato nella biblioteca Marucelliana svela anche che i due tipografi tedeschi avevano effettuato una “secunda recognitio”, è ragionevole supporre che il primo libro uscito dai torchi del tipografo messinese sia questo e non il Quintiliano, convenzionalmente datato 3 agosto 1470 (si veda P. Scapecchi, An example of Printer’s Copy Used in Rome, «The Library», 6th ser., 12 (1990), pp. 50-52). First edition of this work and first book produced by the first Italian printer, Filippo de Lignamine, that was used as a role model by Sweynheym and Pannartz for their edition of the Sermones et Epistolae. One of the glories of Italian incunable printing. HC* 10010; BMC

IV, 29; Goff

L, 131; IGI 5723; Marucelliana 4, 5.

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19. Leo I, papa

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GEORG LAUER

3 20 3 Johannes Chrysostomos (344 ca.-407). Homeliae super Ioannem. [Roma, Georg Lauer per il monastero di Sant’Eusebio], 29 ottobre 1470. In-folio (mm 330x235). Segnatura: [a-f10, g-h8, i-m10, n8, o-q10, r-s8, t-z10, A-D10, E12, F8]. 279 di 280 carte non numerate, manca la prima di due carte bianche.Testo su una colonna di 33 linee. Caratteri 128R e 128 Gk. Legatura ottocentesca in marocchino rosso decorata, ai piatti da una ricca cornice a ferri floreali dorati con fregi a forma di urna ai quattro angoli; titolo in oro al dorso, dentelles interne, sguardie in carta marmorizzata e in pergamena, tagli rossi. Custodia moderna in tela con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, un piccolo foro di tarlo lungo il margine esterno bianco di alcune carte; qualche gora e qualche fioritura alle ultime due carte. Al contropiatto anteriore ex-libris incisi: ‘Bateman of Middleton Hall by Youlgrave in the Country of Derby’ e ‘Reverendissimi domini Joannis episcopi Portsomthensis primi’.Al recto del foglio di guardia anteriore e al recto di quello posteriore timbro ‘Bibl. Maj. Collegii Stonyhurst’. Al recto del terzo foglio di guardia anteriore alcune note manoscritte di mano cinquecentesca e, al verso, alcune note bibliografiche ottocentesche

Prima edizione delle Omelie sul Vangelo di Giovanni – edite e tradotte in latino da Francesco Accolto da Arezzo – di Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli e dottore della Chiesa, la cui leggendaria eloquenza è anche all’origine dell’epiteto con il quale viene ormai comunemente designato ‘Crisostomo’ (dal gr. χρυσòστοµοζ = bocca d’oro). Si tratta inoltre, con tutta probabilità, del primo libro impresso da Georg Lauer (il volume non reca infatti il nome dello stampatore ma solo la data) presso il monastero romano di Sant’Eusebio. L’attribuzione della presente stampa a Georg Lauer, originario di Würzburg, si deve al fatto che il 5 settembre del 1470 il cardinal Caraffa aveva scambiato la Chiesa di San Pietro e Marcellino con quella di Sant’Eusebio ed è dunque presumibile che a capo della stamperia di quest’ultimo monastero fosse stato messo proprio il Lauer, che era stato chiamato a Roma qualche tempo prima dal Caraffa stesso. First edition of John Chrysostomos’s Sermons on the Gospel of John.This is also the first book from the early Roman press by Georg Lauer, a pupil of Sweynheym and Pannartz, first Italian printers. Lauer’s early productions were printed anonymously. They are assumed to have been printed at the Monastery of St. Eusebius in Rome. HC* 5036; BMC

IV, 36; Goff

J, 286; IGI 5201.

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20. Johannes Chrysostomos

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3 21 3 Curtius Rufus, Quintus (fl. sec. Lauer, [1471].

I

d.C.). Historiae Alexandri Magni. [Roma], Georg

In-4° (mm 272x196). Segnatura: [a-k10, l-p8, q10]. 150 carte non numerate di cui l’ultima bianca. Testo su una colonna di 32 linee. Carattere 111R. Splendida legatura coeva italiana, probabilmente romana, in cuoio marrone su assi di legno, riccamente decorata a secco ai piatti. Al centro del piatto anteriore un profilo in bronzo di Alessandro Magno, aggiunto probabilmente nel XVIII secolo; due fermagli metallici lungo il taglio verticale; dorso a tre nervi decorato da filetti a secco; titolo scritto in inchiostro marrone sul taglio esterno. Custodia moderna in tela con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; timbro asportato al margine bianco inferiore della prima carta, alcuni fori di tarlo sui piatti della legatura, cerniere usurate. Ex-libris di Cornelius J. Hauck al contropiatto anteriore.

Prima o seconda edizione assoluta di questo classico della storiografia latina – curata dall’umanista Pomponio Leto (1428-1498) – di cui venne pubblicata un’altra edizione nello stesso anno a Venezia da Vindelino da Spira, per la quale vennero utilizzate fonti manoscritte differenti dalla presente. La stampa romana di Lauer è tuttavia probabilmente posteriore a quella veneziana, dal momento che si conoscono due esemplari che recano note manoscritte nelle quali viene annotata la data di acquisto del volume che in entrambi i casi risale al 1472. L’opera di Curzio Rufo narra la vita e le imprese di Alessandro Magno fino alla morte, nel 323, ed era originariamente divisa in dieci libri di cui però ne sono giunti fino a noi soltanto otto. First, or second, edition of Curtius Rufus’s main work, edited by Pomponius Laetus, a member of the Roman Academy and preserved in its original Roman binding.The edition printed at Venice by Vindelinus de Spira in about 1471 possibly predates this one, although the Lauer edition was no doubt also printed in 1471. They were edited and set from different manuscript exemplars.The first dated use of Lauer’s type 2 is May 1471, but the earliest fixed date which can be assigned to the Curtius Rufus is January 1472, the date of an inscription in a copy sold by Quaritch. The copy at the Bibliothèque Nationale also bears a purchase inscription dated 1472. From the Library of Cornelius J. Hauck. HC* 5879; GW 7872; BMC

IV, 37; Goff

C, 999; IGI 3287.

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21. Curtius Rufus, Quintus

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JOHANN SCHURENER

3 22 3 Svetonius, Caius Tranquillus (sec. I-II d. C.). De grammaticis et rethoribus. [Roma, Johann Schurener de Bopardia, tra il 7 maggio 1473 e il 1 marzo 1474]. In-8° (mm 194x140). Segnatura: [a-b8]. 15 di 16 carte non numerate, manca l’ultima carta bianca.Testo su una colonna di 26 linee. Carattere 101R1. Rubricato in inchiostro rosso.Al margine superiore della prima carta titolo manoscritto in inchiostro rosso, parzialmente rifilato. Legatura moderna in pergamena con titolo impresso al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Antica nota di possesso manoscritta al margine inferiore della prima carta; ex-libris inciso al contropiatto anteriore: ‘Dominicis De Advocatis comitis Odelli equitis benensis’. Timbro ‘Missionis Domus Congr. Monregal’ al recto della prima carta.

Probabile editio princeps, di estrema rarità, di questi opuscoli che forniscono notizie bio-bibliografiche su antichi grammatici e retori. Precede un’epistola di Iohannes Aloisius Tuscanus, ‘Advocatus Consistorialis’, curatore dell’edizione, al cardinale di Novara Giovanni Arcimboldo (1430-1488), ‘tituli Sanctorum Nerei et Achillei’. L’edizione è datata tra il 7 maggio del 1473 – giorno in cui Giovanni Arcimboldo fu creato cardinale titolare dei SS. Nereo e Achilleo da papa Sisto IV (soltanto dopo il 15 gennaio 1477 assunse la titolarità di S. Prassede) – e il 1 di marzo del 1474, giorno di acquisto dell’opera, come risulta da una nota manoscritta posta in fine all’esemplare della Biblioteca Vaticana. La stampa potrebbe dunque essere anteriore a quella fatta a Padova da Bartholomeo de Vardezoccho e Martinus de Septem Arboribus datata dalle bibliografie 1473 ca. o 1476 ca. Very rare edition, probably the first, of this two Svetonius’s pamphlets containing biographical and bibliographical informations about the ancient grammarians and rethoricians.The texts are preceeded by an epistle by the editor Iohannes Aloisius Tuscanus. HC* 15131; BMC

IV, 59; Goff

S, 813; IGI 9225; Proctor 3515.

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22. Svetonius, Caius Tranquillus

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3 23 3 Turrecremata, Johannes de (1388-1468). Questiones evangeliorum de tempore et de sanctis. Roma, Johann Schurener de Bopardia, 30 aprile 1477. In-4° (mm 268x178). Segnatura: [a-o10, p8, q-z10, r12]. 238 di 240 carte non numerate, mancano la prima e l’ultima entrambe bianche. Testo su una colonna di 39 linee. Carattere 101R2. Alla prima carta iniziale miniata ‘S’ con corpo della lettera a foglia d’oro su fondo blu, verde e cremisi ornato da bianchi girari e un’estensione nello stesso stile lungo il margine interno con bottoni d’oro circondati da grafismi a penna. Alla carta 146 recto iniziale miniata ‘A’ decorata da bianchi girari con estensione della decorazione lungo il margine interno; nello spazio bianco che precede l’inizio del testo un disegno a tempera, probabilmente posteriore, raffigurante la croce di Cristo sul Golgota alla quale sono appoggiate una scala e una lancia. Iniziali dipinte alternativamente in rosso e in blu nel testo. Legatura ottocentesca in marocchino nocciola; titolo in oro al dorso, sguardie in carta marmorizzata. Custodia moderna con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, molte carte uniformemente ossidate, lievi gore e alcune fioriture. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso: ‘Reverendissimi domini joannis episcopi portsmonthensis’; numerose postille manoscritte di mano coeva appartenenti a varie mani lungo i margini nel testo.

Prima edizione di quest’opera e una delle ultime due edizioni prodotte dalla stamperia romana di Johann Schurener – originario di Boppard presso Magonza – la cui attività rientra in un arco di tempo che va dal 1474 al 1477. Le opere del cardinale Juan de Torquemada – zio del noto inquisitore Tomás de Torquemada –, godettero, per tutto il Quattrocento, di un successo considerevole, essendo l’autore una della figure di spicco della politica ecclesiastica della metà del XV secolo. Torquemada partecipò infatti, come rappresentante dell’ordine domenicano e del re di Castiglia, al Concilio di Basilea dove sostenne la posizione di papa Eugenio IV. Eletto cardinale nel 1439 svolse la sua attività prevalentemente al servizio della curia romana. La sua attività letteraria è caratterizzata soprattutto da trattati polemici, sermoni e esegesi biblica di cui le Quaestiones evangeliorum sono un tipico esempio. Very rare first edition of the Quaestiones evangeliorum by the Spanish cardinal Juan de Torquemada and one of the last editions printed by the Roman firm headed by Johann Schurener from Boppard, near Mainz, whose activity can be dated between 1474 and 1477. The Stonyhurst College copy, decorated by two large white vine initials and by a watercolour drawing depicting the Cross on the Golgot. HC* 5891; BMC

IV, 58; Goff T, 544.

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23.Turrecremata, Johannes de

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APUD SANCTUM MARCUM [VITUS PUECHER]

3 24 3 Gregorius I Magnus, papa (540 ca.-604). Moralia sive expositio in Job. Roma, [Vitus Puecher] nel palazzo di San Marco, 5 settembre 1475. Un’opera in due volumi in-folio (mm 420x290). Segnatura: [*12, **8, a-b10, c8, d10, e-f8, g-h10, i8, k10, l8; m8, n-o10, p8, qr10, s8, t-z10, 78; A10, B8, C10, D-G10, H8, I10, K-M10, N8]. 364 di 366 carte non numerate, mancano la prima carta , probabilmente bianca, e l’ultima carta bianca.Testo su due colonne di 56/58 linee. Caratteri 98R e 103G. Illustrato alla c. [21]r da una grande iniziale miniata ‘B’ su fondo a foglia d’oro con il ritratto di San Gregorio e da una cornice a piena pagina miniata a motivi floreali in blu, verde, giallo, rosso e rosa; lungo il margine inferiore uno stemma nobiliare in nero entro cornice disegnata a penna e ornata da grafismi.Alla c. [25]r un altro ritratto dell’autore con in mano un libro, entro capolettera miniato in rosa e blu. Nel testo 35 grandi capilettera di cui 3 miniati in oro, rosa, verde, cremisi, giallo e rosso e 32 in rosso e blu. Numerose piccole iniziali dipinte, alternativamente in rosso o blu, alcune delle quali filigranate in colore contrastante rispetto al corpo della lettera. Rubricato in giallo. Legatura uniforme del XVII secolo in pelle marmorizzata decorata da un grande fregio dorato al centro dei piatti; titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione alcune gore, soprattutto alle ultime carte del primo volume, un alone alle cc. 79-80 del primo volume; alcune fioriture. Numerose postille, notabilia e maniculae di mano coeva in inchiostro rosso o marrone lungo i margini di entrambi i volumi.

Prima rara edizione impressa in Italia dei Moralia in Job di San Gregorio Magno e seconda assoluta, la princeps era stata infatti stampata a Norimberga nel 1471. La produzione di questa monumentale opera, stampata in soli 300 esemplari e per la quale vennero utilizzati una carta e un torchio speciali, impegnò tre tipografi per più di tre mesi e diede come risultato uno dei più pregevoli ed eleganti volumi impressi nel XV secolo. Della presente edizione si conoscono inoltre due stati: il primo con la prima carta bianca e il secondo in cui, sulla stessa carta, è presente la prefazione del vescovo di Brescia, in cui vengono narrate come segue le vicissitudini legate all’impressione del volume: «Hec commentaria quia magni admodum erant voluminis non facile haberi etiam a cupiendibus poterant. Placuit autem a clementissimo deo his nostris temporibus novam artem docere homines: ut per impressionem caracterum facillima esset scriptio librorum adeo ut a tribus hominibus solum tres menses laborantibus per impressionem formata sint horum moralium trecenta volumina». Questa edizione è inoltre la seconda che uscì dai torchi della tipografia allestita nel palazzo San Marco a Roma, attiva negli anni 1475-1478, e nella quale operò un gruppo non ben identificato di stampatori a capo dei quali c’era, molto probabilmente, il tedesco Vitus Puecher. Il commento di San Gregorio al libro di Giobbe, opera fondamentale della filosofia medievale, è stato uno dei testi più letti e influenti della morale cristiana che godette di un vasto successo, attestato da ben dodici edizioni incunabole. First edition printed in Italy of St. Gregory the Great and second absolute one, the princeps having been printed in Nuremberg in 1471.This book, printed in only 300 copies, is the second one produced

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24. Gregorius I Magnus, papa

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by a group of printers ‘apud S. Marcum’ in Rome, who seems to have been headed by Vitus Puecher and used types closely akin to some of those used by Riessinger. Handsomly decorated by a great number of illuminated initials, two of which with the portrait of the author inside. HC* 7929; BMC

IV, 64; Goff

G, 428.

3 25 3 Livius, Titus (59 a.C.-17 d.C.). Historiae Romanae decades. Le Deche prima, terza e quarta [tradotte da Giovanni Boccaccio]. Roma, [Vitus Puecher] nel palazzo di San Marco, 30 maggio - 20 luglio 1476. Un’opera in tre volumi in-folio (mm 372x260). I: Segnatura: [*8, a-c10, d6, e10, f8, g-i10, k8, l-o10, p-q8, r10, s8]. 174 carte non numerate, di cui la prima e l’ultima bianche. II: Segnatura: [*12, A-E10, F12, G6, H14, I-M10, N8, O6, P12, Q10, R6]. 176 carte non numerate, di cui la prima e l’ultima bianche. III: Segnatura: [*10, aa-cc10, dd8, ee-ff10, gg-hh8, ii-oo10, pp8]. 152 carte non numerate. Adorno di 3 pagine riccamente miniate a mano al recto dell’incipit del testo di ciascun volume, con iniziale a foglia d’oro, listello a bianchi girari sui toni del rosso, verde e blu, bottoni dorati e, nel bas-de-page, una corona d’alloro per l’inserimento di armi mai realizzate. Centinaia di iniziali filigranate in rosso e blu completano l’apparato decorativo dei volumi, strettamente coevo e raffinato. Magnifiche legature omogenee coeve in pelle su assi di legno, decori geometrici impressi a secco sui piatti, fermagli metallici di chiusura conservati ai piatti posteriori (4 per ciascuno dei primi due volumi, 3 per l’ultimo); dorso a nervi con titolo manoscritto su tasselli in pergamena. Provenienza: Jacopo Serzelli (XVI secolo), nota di possesso manoscritta al recto della prima carta di ciascun volume; Conte Bardi-Serzelli (XIX secolo), ex-libris ai contropiatti. L’ultimo rappresentante della famiglia toscana Sarzelli, Jacopo Leone, morì nel 1803 lasciando la biblioteca in eredità ai Bardi.

Prima edizione della traduzione italiana delle Deche – prima, terza e quarta – di Tito Livio, completa dell’epistola dedicatoria di Luca di Giovanni Bonaccorsi a Giovanni Bernardo di Nicolò Cambini, non presente in tutti gli esemplari. Quarto incunabolo uscito dai torchi della stamperia di palazzo San Marco diretta da Vitus Puecher. Nella prefazione il dedicatario afferma: «ho facto nuouamente emendare et imprimere la prima Deca […] traducta gia piu tempo in materno sermone da persona doctissima». Di grande importanza per la storia della letteratura italiana poiché la traduzione della terza e quarta Deca si deve a Giovanni Boccaccio; la prima Decade è

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25. Livius,Titus

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25. Livius,Titus

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invece la anonima traduzione in italiano di una versione manoscritta francese, come si desume da una nota sul codice canoniciano 146 della Bodleian Library di Oxford. L’attribuzione al Boccaccio del volgarizzamento è stata avanzata in base a concordanze stilistiche e tematiche con l’opera del grande letterato, che infatti ampliò con proprie riflessioni il testo liviano. Sembra che il Boccaccio lavorasse alla traduzione sulla base di un manoscritto del Petrarca, che a partire dal 1330 cominciò un lavoro filologico sulle edizioni liviane raccogliendo diverse lezioni manoscritte in un unico codice che continuò a postillare sino alla morte. L’opera Ab urbe condita libri, composta a partire dall’anno 27 o 26 a.C., rimane la più vasta di tutta la letteratura latina; ad essa Tito Livio si applicò per tutta la vita, narrando la storia di Roma in 142 libri, di cui solo 35 sono giunti fino a noi e cioè i libri I-X e XXI-XLIV. Ma l’editore preferì limitarsi a pubblicare solo le Decadi complete, cioè i libri I-X, XXI-XXX e XXXI-XL. First edition of the Italian translation of Titus Livius’s Roman History and the fourth book printed by the firm established in the palace of San Marco in Rome.This edition is of great importance for the history of Italian literature because the translation of the third and the fourth Decade is due to Giovanni Boccaccio, while the translation of the first Decade is by an anonymous author and it is based on a French version. Amazing copy, preserved in its original binding and decorated by many illuminated initials. From the Library of the Serzelli family. BMC IV, 65; Goff L, 251; IGI 5782; BNF L, 190; Bacchi della Lega p. 134; Zambrini, Opere volgari, 997; Mostra di Boccaccio, Certaldo 1975, n. 9; Casella, Nuovi appunti attorno al Boccaccio traduttore di Livio, in «Italia Medioevale e Umanistica», IV (1961), pp.77-129.

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WOLF HAN

3 26 3 Turrecremata, Johannes de (1388-1468). Expositio super toto psalterio. Roma, Wolf Han, 21 febbraio 1476. In-4º (mm 264x19). Segnatura: [a-c10, d12, e-m10, n12, o10, p12, q-t10, v8]. 204 carte non numerate.Testo su una colonna di 33 linee. Caratteri 150G e 103R.Al recto della prima carta grande iniziale ‘B’ miniata in verde, blu, rosa e nero su fondo a foglia d’oro, grafismi a penna e decorazioni floreali miniate in blu, verde, rosa, rosso e bottoni d’oro lungo il margine interno. Alla carta [3]r grande iniziale ‘B’ miniata con corpo della lettera in blu e grafismi a penna rossi nel corpo della lettera e lungo il margine interno; piccole iniziali rosse e blu filigranate alternativamente in violetto e in rosso nel testo. Legatura in pelle marrone del XVIII secolo, titolo in oro al dorso, tagli rossi; custodia in tela con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione; qualche piccolo foro di tarlo sui margini bianchi di alcune carte.

Unica edizione sottoscritta e datata da Lupus Gallus (Wolf Han), fratello minore e collaboratore del primo tipografo che stampò a Roma, Ulrich Han. Il maggiore dei Gallus è inoltre celebre per aver dato ai torchi tra il 1468 e il 1469 i primi libri in volgare italiano, l’Apocalisse (si veda scheda n. 13) nella traduzione di Federico da Venezia e la Legenda Maior (si veda scheda n. 12) di San Bonaventura. La presente edizione di questo fondamentale testo dell’oratoria sacra quattrocentesca, la sesta assoluta, riprende quasi pagina per pagina, la princeps impressa a Roma da Ulrich Han nel 1470 (si veda scheda n. 14). Juan de Torquemada, zio del noto inquisitore spagnolo, originario di Valladolid, fu uno dei personaggi politici più importanti del XV secolo. Entrato tra i Domenicani, si affermò come il più insigne teologo del suo tempo e come difensore del principio dell’autorità pontificia. Papa Eugenio IV lo nominò cardinale nel 1439 e lo inviò come ambasciatore a Carlo VII di Francia per persuaderlo a concludere la pace con gli Inglesi. Papa Callisto III lo promosse alla sede suburbicaria di Palestrina, e Pio ii a quella di Sabina. The only edition undersigned by Wolf Han (Lupus Gallus), the younger brother of Ulrich Han, probably the first printer in Rome and the first to publish books in Italian vernacular.Well-preserved copy decorated with an opening large initial ‘B’ illuminated in green, blue, pink and black on gold leaf with inner extensions. HC* 15700; BMC

IV, 74; Goff T, 521; IGI

9869.

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25.Turrecremata, Johannes de

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INDICI Le cifre indicate si riferiscono alla numerazione progressiva delle schede nel catalogo The numbers indicated refer to the progressive numeration of the items inside the catalogue

INDICE DEGLI AUTORI E DELLE OPERE ANONIME

INDICE DEGLI STAMPATORI

Apuleius Madaurensis, Lucius 4 Athanasius, santo 17 Augustinus, Aurelius 3 6 Bessarion, Johannes Biblia latina 9 Bonaventura da Bagnoregio 12 Caracciolo de Licio, Roberto 10 Curtius Rufus, Quintus 21 Gellius, Aulus 5 24 Gregorius I Magnus, papa 16 Gregorius IX, papa Hieronymus, santo 7, 18 Johannes Chrysostomos 20 Johannes Evangelista 13 Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus 1, 2 8, 19 Leo I, papa Livius,Titus 25 Paulus de Sancta Maria 15 Svetonius, Caius Tranquillus 22 Thomas, Aquinas 11 Turrecremata, Johannes de 14, 23, 26

Apud sanctum Marcum si veda Puecher,Vitus Cardella, Simone 16 Han, Ulrich 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 Han,Wolf 26 In S. Eusebii monasterio si veda Lauer, Georg Lauer, Georg 20, 21 Lignamine, Filippo de 19 Pannartz, Arnold 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 Puecher,Vitus 24, 25 Riessinger, Sixtus 13, 18 Schurener, Johann 22, 23 si veda Han, Ulrich Stampatore dell’Apocalisse Sweynheym, Konrad si veda Pannartz, Arnold

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Questo volume è stato impresso dall’officina d’arte grafica Lucini in Milano novembre 2008

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