Mille anni di bibliofilia, 2008

Page 1

PHILOBIBLON Mille anni di bibliofilia dal

X

al

LIBRERIA PHILOBIBLON

XX

secolo


A




31. Rabelais, François

Libreria Philobiblon Piazza S. Simpliciano, 7 - 20121 Milano Tel. +39 02 89076643 - Fax +39 02 89076644 Via S.M. dell’Anima, 54 - 00186 Roma Tel. +39 06 68806671 - Fax +39 06 45436040 E-mail: info@philobiblon.org Philobiblon UK Ltd. Correspondence address: 21 Bedford Square - London WC1B3HH E-mail: info@philobiblon.co.uk www.philobiblon.org


PHILOBIBLON


Š 2008 Libreria Philobiblon, Roma


PHILOBIBLON Mille anni di bibliofilia dal

X

al

LIBRERIA PHILOBIBLON

XX

secolo


313 Amazing relatively little-studied Byzantine manuscript over a thousand years old, with six paintings of the highest quality representing the evangelist symbols and the Tetramorphs, winged beings with the heads of all four evangelist symbols, a combination known in only one other manuscript (Vatopedi cod. 937).There is no manuscript older than 10th century in private hands or ever likely to come on the market again.

Εuα αγγελια (Vangeli in greco)]. Manoscritto miniato su pergamena e carta. [Ε [Cappadocia, Palestina o Italia, prima metà sec. X, con aggiunte posteriori]. Manoscritto miniato su pergamena e carta di mm 155x110. Fascicolazione: [I-XIV8, XV8+2, XVI-XXI8, XXII8+1, XXIII-XXVI8, XXVII10, XXVIII6+1, XXIX-XXXIII8, XXXIV8+2, XXXV-XLII8, XLIII4]; 346 fogli non numerati, mancano una carta dopo la c. 30 e singole carte con miniature dopo le cc. 112, 170 e 171 e due carte con miniature dopo la c. 168; per il resto completo. I fogli 1-16 e 25-346 in pergamena, i fogli 17-24 in carta.Testo su 18-19 linee (giustificazione: mm 95x55). Rigatura a secco a doppia linea; segnatura numerica dei fascicoli. Redatto in inchiostro marrone da due mani differenti coeve, in scrittura minuscola bulletée. Capitali in rosso; rubriche e marginalia, inclusi i numeri del canone di Eusebio e varianti in rosso di mano successiva (secc. XIV-XV). Nel testo intestazioni lungo i margini superiori in inchiostro rosso. Decorato da 4 testatine e 4 finalini, coevi alla copiatura del codice, in blu, rosso e giallo. 6 miniature a piena pagina su foglia d’oro brunito con cortina protettiva in seta. La legatura che racchiude oggi il manoscritto è formata dall’indorsatura alla greca e dai piatti in legno originali, ricoperti, probabilmente nel sec. XIX, di velluto verde e, al piatto superiore, da una placca in argento dorato a imitazione delle legature bizantine in uso all’inizio del sec. XVI (cfr. National Library of Greece, cod. 2642, riprodotto in Marava-Chatzinikolau e Toufexi-Paschou, II, 1985, pp. 263-66, n. 73); scatola in marocchino nocciola con impresso in oro ‘manuscript of the Gospels presented by Samuel Verplanck Hoffmann’. Codice in buono stato di conservazione, alcuni fogli di pergamena, specialmente quelli finali, ingialliti; alcune abrasioni alle miniature. Provenienza: confezionato probabilmente in un centro minore all’inizio del sec. X - verosimilmente in Cappadocia, Palestina o in Italia - con miniature aggiunte all’inizio del sec. XIV in un atélier di Costantinopoli. Decorato per uso privato e forse donato a un monastero come sembrerebbe testimoniare l’iscrizione al margine superiore della c. 113r, traducibile come: ‘dono di Kondylios’. Acquistato da Giuseppe Martini nel 1911 da Samuel Verplanck e donato da quest’ultimo alla General Theological Seminary Library di New York (acc. n. 55332); acquistato da H.P. Kraus all’asta di suddetta biblioteca il 1 ottobre 1980 (Christie’s New York, lotto 138) e presentato nel catalogo n. 172, Illuminations, del 1985 (n. 1); J.R. Ritman.

Straordinario manoscritto della prima metà del secolo X, che tramanda il testo completo dei Vangeli in greco e che occupa un posto di rilievo nella tradizione del Nuovo Testamento. Il codice si apre (cc. 1r-25r) con le tavole del canone e con la Kephalia di Matteo, redatte in parte su supporto membranaceo e in parte su supporto cartaceo, e aggiunte nel secolo XIV o XV. I Vangeli iniziano alla c. 26r, con Matteo, seguito dalla Kephalia di Marco e dal suo vangelo (c. 111v), dalla Kephalia e dal vangelo di Luca (c. 168v) e dalla Kephalia e dal testo di Giovanni (c. 272v). Il testo è stato esemplato da due differenti copisti di epoca coeva, la mano A ha redatto la maggior parte del codice, fatta eccezione per la carta 33 recto e verso e per la carta 34r; alla mano B sono invece ascrivibili le rubriche tra le cc. 59v-110v, 144v-151v e 236r-269r, la c. 310r e la parte finale del manoscritto. La sottoscrizione del copista alla c. 346r è redatta sotto forma di preghiera rivolta a San Giovanni, la cui traduzione è: “Giovanni, vergine e teologo, evangelista e amico del Signore, proteggi chi scrive nell’ora del giudizio”. L’apparato iconografico del codice testimonia due fasi distinte. La decorazione risalente al seco-

6


lo X consiste nelle testatine e nei finalini ornati che decorano i Vangeli, caratterizzati dall’uso del rosso, del giallo e del blu tipici di zone periferiche quali la Cappadocia, l’Italia e Cipro. Le splendide miniature a piena pagina all’inizio di ogni vangelo, furono invece aggiunte all’inizio del secolo XIV e probabilmente raffiguravano il ritratto di ogni evangelista, il simbolo di ciascuno di essi e la loro tetramorfosi, su doppia pagina. Dell’originario apparato iconografico il codice conserva due tetramorfosi e quattro simboli. Lo stile delle miniature è molto simile a quello del lussuoso codice di Giovanni Cantacuzenos (BnF ms. col. gr. 1242), esemplato tra il 1371 e il 1375 e al codice Athos Vatopedi, 937, di poco successivo. Le lumeggiature del volto e del simbolo di San Matteo, i drappeggi ricchi di pieghe evidenziate da tratti verticali di chiaroscuro sono tipici della pittura bizantina trecentesca, che inizia convenzionalmente con gli affreschi di Kariye Diami a Costantinopoli. È interessante notare che la rappresentazione dei simboli degli evangelisti erano meno comune in Oriente rispetto all’Occidente e che il loro abbinamento con gli evangelisti era variabile. Nel nostro codice l’associazione tra simbolo ed evangelista segue l’ordine indicato da San Girolamo, diffusissimo durante il periodo bizantino. E. C. Edmunds e W. H. P. Hatch, The Gospels Manuscripts of the General Theological Seminary, in «Harvard Theological Studies», IV (1918), pp. 7-33; H. J.Vogels, Codicum Novi Testamenti specimina, 1929, tav. 12; S. de Ricci e W. J.Wilson, Census of medieval and renaissance Manuscripts in the United States and Canada, 1935, II, pp. 1284-85, n. 3; K.W. Clark, A descriptive Catalogue of greek and New testament Manuscripts in America, 1937, pp. 80-81, tav. 14; G.Vikan ed., Illuminated Greek Manuscripts from American Collections, exhibition catalogue, Princeton 1973, pp. 192-93, n. 55; R. S. Nelson, Text and Image in a Byzantine Gospel Book in Istanbul, unpublished dissertation, New York University 1978, pp. 127, 290; G. Galavaris, The Illustration of the Prefaces in Byzantine Gospels, 1979, tav. 81; R. Nelson, The iconography of Preface and Miniature in the Byzantine Gospel Book, 1980, p. 49, n. 88 e tav. 112; K. Aland, Kurzgefasste Liste der grieschichen Handschriften des Neuen Testaments, 19942, n. 2324; K.Weitzmann, Die byzantinische Buchmalerei des 9. und 10. Jahrunderts, Addenda und Appendix, 1996, p. 96; J. K. Elliott, A Bibliography of Greek New Testament Manuscripts, 20002, p. 219.

323 Amazing Byzantine manuscript of the Gospels, written around 1000 AD, and probably one of the first pocket-sized Biblical manuscripts in the calligraphic handwriting known as Perlschrift.The codex has been later (around 1320) beautifully illuminated by two full-page portraits of Evangelist Mark and Evangelist John, by initials and decorated headpieces in a style very close to the one known as the ‘second Palaeologan style’, that emerged ca. 1310.

[_________ (Vangeli in greco)]. Manoscritto miniato su pergamena. [Bisanzio, ca. 1000]. Manoscritto su pergamena di mm 115x90. Fascicolazione: 10 (10), 8x8 (74), 2 (76), 8 (84), 7 [8-1] (91), 2x8 (107), 6+2 (110-111) (115), 2 (117), 8x8 (181), 6 (187), 1 (188), 5x8 (228); 228 fogli non numerati, manca il foglio 90bis con il testo di Marco 6,49; il testo si interrompe alla c. 228v (Giovanni 17, 22: ην δεδωκας […]). Scrittura greca bizantina (koiné) su un’unica colonna di 22 righe (giustificazione: mm 82x62 ca.), in inchiostro marrone e ascrivibile alle mani di due differenti copisti; la mano A copia il testo dei Vangeli, mentre la mano B copia il testo supplementare alle cc. 1-10, 75-76, 116-117 e 188 e aggiunge l’apparato ai margini del testo dei Vangeli. Lo stile dei due scribi è una Perlschrift regolare; tuttavia la mano B usa anche, per le rubriche e per i titoli, un’onciale alessandrina.

7


Le cornici ornamentali e le tavole del canone alle cc. 3r-8v sono state eseguite nello stesso inchiostro rosso usato dal copista B. Rigatura a secco sistema 1; tipo 12C1 (si veda J.-H. Sautel, Répertoire de réglures dans les manuscrits grecs sur parchemin, in «Bibliologia» 13, pp. 31 e 44). Le carte copiate dalla mano B sono state aggiunte ai fascicoli originari come si evince dal fatto che, mentre la fascicolazione generale dei mss. bizantini era normalmente caratterizzata da quaternioni in cui si faceva corrispondere l’inizio di ogni Vangelo all’inizio di un nuovo quaderno, nel presente codice si trova un ternione alla fine del Vangelo di Marco (cc. 108-115 con l’aggiunta di un inconsueto bifolio) e uno alla fine del Vangelo di Luca (cc. 182-187); a questo proposito si veda J. Irigoin, Les cahiers des manuscrits grecs, in Recherches de codicologie comparée: La composition du codex au Moyen Âge en Orient et en Occidentt, Ph. Hoffmann ed., Paris 1994, pp. 1-19. I quaderni sono segnati principalmente dalla mano A all’interno dei margini inferiori del primo e dell’ultimo foglio di ogni fascicolo. Le segnature iniziali sono andate perdute, la prima ad essere conservata è una γ (i.e.‘3’) lungo il margine inferiore sinistro della c. 26r. Segnature supplementari vengono aggiunte dalla mano B, lungo i margini inferiori dei fogli aggiunti alla fine dei quaderni (cc. 75v-116v). I numeri di sezione (scritti nello stesso inchiostro marrone del testo principale) che recano il numero corrispondente nella tavola del canone sono annotati in rosso lungo i margini esterni. I numeri dei capitoli, che corrispondono a quelli elencati nella tavola dei contenuti sono riportati lungo il margine superiore e – sporadicamente – su quello inferiore. I capitoli non iniziano su un nuovo rigo, ma vengono evidenziati mediante un capolettera. Il titolo di ciascun Vangelo è occasionalmente ripetuto in rosso, come intestazione, lungo i margini superiori; l’inizio e la fine delle letture liturgiche (pericopi) dei sabati e delle domeniche e i giorni delle feste più importanti sono segnalati in rosso con le parole αρχ(η) (inizio) e/o τελ(ος) (fine) lungo i margini laterali o all’interno del corpo del testo. La copiatura del testo delle tavole e del canone e l’esecuzione dei disegni delle cornici ornamentali e dei capilettera, è databile intorno all’anno 1000 a.C. Le miniature a piena pagina, la colorazione dei fregi e dei capilettera all’inizio di ogni Vangelo sono invece databili al 1320 ca. Alla c. 76v miniatura a piena pagina (mm 107x82) raffigurante l’evangelista Marco seduto su uno scranno nell’atto di scrivere l’incipit del testo «Αρχι (sic) του», e sullo sfondo architettonico la scritta «ο α(γιος) Μαρκος». Alla c. 188v miniatura a piena pagina (mm 98x75) raffigurante Giovanni nell’atto di dettare il vangelo al suo discepolo Prochorus, nel libro che tiene in mano quest’ultimo le parole iniziali del testo: «Εν αρχη»; in alto al centro la scritta «αγιος Ηοανις (sic)» (sull’iconografia di questa miniatura si veda N. P. Sˇevˇs enko, The Cave of the Apocalypse, in Hiera Mone- Hagiou Ioannou tou Theologou: 900 chronia historike-s martyrias, 1088-1988, Athens, 1989, pp. 169-80; H. Buchthal, A Byzantine Miniature of the Fourth Evangelist and Its Relatives, in «Dumbarton Oaks Papers» 15 (1961), pp. 127-39). Alla c. 1r cornice ornamentale in inchiostro magenta, recante traccia dell’antica doratura; alle cc. 3r-8v cornici in inchiostro rosso ornate che racchiudono il canone; alla c. 11r cornice a forma di ‘Π’ e grande iniziale ‘B’, originariamente tracciate in inchiostro rosso e successivamente miniate in oro, rosso, blu, verde e bianco. Lo stesso procedimento di apposizione in epoca più tarda di un colorazione ai fregi iniziali e ai capilettera alle cc. 77r, 118r, 189r. Legatura novecentesca in stile bizantino in pelle decorata a secco su assi di legno, sguardie in pergamena moderna. Codice in buono stato di conservazione, alcune rubriche parzialmente asportate da rifilatura, le cc. 110-111 erroneamente invertite.Alcune note di mano ottocentesca ai contropiatti e alla c. 228; timbro circolare al contropiatto anteriore ‘Exportation / Douane centrale / Paris’.

Splendido codice bizantino non censito, contenente la Prefazione ai Vangeli, la Lettera di Eusebio a Carpiano, le dieci tavole del Canone e il testo dei quattro Vangeli. I due copisti che lavorarono alla stesura di questo manoscritto operarono, con tutta probabilità, in rapida successione, poiché usano tipi di inchiostro molto simili e uno stile scrittorio, detto Perlschrift e in uso dal 950 ca. al 1100 ca., già maturo e standardizzato che permette – considerando anche le iniziali e le cornici ornamentali tracciate in inchiostro rosso – di ipotizzzare una datazione assai alta, intorno all’anno 1000. A Bisanzio infatti la scrittura minuscola sostituì la più antica maiuscola nel corso del secolo IX, permettendo così di economizzare tempo di copiatura e spazio del supporto scrittorio. Nelle prime fasi dell’evoluzione questo tipo di scripta è caratterizzato da un andamento irregolare e inelegante, che ben presto si svilupperà in una scrittura calligrafica stabile, che verrà usata soprattutto per la produzione di manoscritti biblici di piccolo formato, di cui il nostro sembra essere uno degli esempi più antichi.

8


Le due preziose miniature vennero aggiunte in epoca successiva sulle pagine lasciate bianche dal copista B e sono caratterizzate da uno stile affine, sebbene semplificato e meno elegante, a quello che viene comunemente chiamato “il secondo stile paleologo”, che si sviluppò a partire dal 1310 (si veda O. Demus, The Style of the Kariye Djami and Its Place in the Development of Palaeologan Art, in The Karije Djami, P. Underwood, 4 voll., Princeton 1966-75, IV, pp. 107-60). Il ritratto di San Marco è molto vicino a quello tràdito da un evangeliario conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano (Cod. F 61 sup.) e datato 1322. Di conseguenza è possibile datare le miniature, la coloritura delle cornici ornate e dei capilettera, intorno al 1320. A giudicare dal piccolo formato e dalla scrittura densa e minuta si può supporre che il presente manoscritto fosse stato prodotto per essere destinato ad un uso privato, in cui l’apparato liturgico posto ai margini permetteva inoltre al proprietario di seguire le fasi della liturgia settimanale. Non censito in K.Aland, Kurzgefasste Liste der griechischen Handschriften des Neuen Testaments, Berlin 19942; H. von Soden, Die Schriften des Neuen Testaments in ihrer ältesten erreichbaren Textgestalt hergestellt auf Grund ihrer Textgeschichte, 2 voll., Göttingen 1911–13; C. R. Gregory, Textkritik des Neuen Testaments, 3 voll., Leipzig, 1900–1909; A. Grafton & M. Williams, Christianity and the Transformation of the Book: Origen, Eusebius, and the Library of Caesarea, Cambridge MA 2006, pp. 195-98; B. M. Metzger & B. D. Ehrman, The Text of the New Testament: Its Transmission, Corruption, and Restoration, Oxford 20054; K.ALAND & B.ALAND, The Text of the New Testament:An Introduction to the Critical Editions and to the Theory and Practice of Modern Textual Criticism, Leiden 19892; A. L. Farstad & Z. C. Hodges, The Greek New Testament according to the Majority Text, Nashville 1985; C. R. Gregory, The Canon of the New Testament, New York 1907.

333 Exceedingly rare Byzantine manuscript on vellum, considered one of the smallest that the Eastern production ever manufactured; written in an excellent calligraphic Greek quality, this diminutive codex is also rubricated, a not easy to find peculiarity in similar cases.

Ψαλτηριον, Salmi [Ψ secolo XII].

CV-CXXXVI].

Manoscritto su pergamena. [Bisanzio, prima metà del

Codice membranaceo di piccolissimo formato (mm 77x58). 22 linee, specchio scrittorio di mm 51x38. 36 fogli con moderna numerazione a matita in numeri arabi nell’angolo superiore destro, i fascicoli sono legati erroneamente. Minuscola greca calligrafica. Rubriche e capilettera in rosso. Legatura cinquecentesca in piena pelle con decorazioni in oro ai piatti. Codice in ottimo stato di conservazione, le decorazioni in oro ai piatti della legatura parzialmente abrase. c. [1]: la parte conclusiva del Salmo 128 (dal v.2 sino alla fine), il Salmo 129, la rubrica e il v.1 del Salmo 130; c. [2]: i vv.124b-140 del Salmo 118 (da inserire tra le carte [30] e [31]); cc. [3r]-[7v]: la parte conclusiva del Salmo 130 (dal v.2 sino alla fine), i Salmi 131, 132, 133, 134, 135 e i vv.1-10 del Salmo 136; cc. [8r]-[36v]: la parte conclusiva del Salmo 105 (dal v. 38 sino alla fine), i Salmi 106, 107, 108, 109, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 117, 118 (mancando i vv.124b-140, come indicato sopra), 119, 120, 121, 122, 123, 124, 125 e la rubrica del Salmo 126.

9


Raro manoscritto bizantino, da annoverarsi tra i più piccoli conosciuti al mondo di quest’epoca. Il codice, di eccellente qualità tanto testuale quanto calligrafica, va collocato entro una precisa tipologia codicologica bizantina. «While no abrupt barrier divides such minuscule manuscripts from average ones, they do form a class unto themselves. Far too small to serve a public or ceremonial function, these books resemble in scale the little Western pocket Books of Hours, and there can be little doubt but that they, too, were objects of private use. One looks to them, accordingly, for patterns in Byzantine private patronage and worship, to see if they yield insights applicable to speculations on the function of larger books. The pre-eminently private character of these little volumes is corroborated by their characteristic subject matter.They are overwhelmingly Biblical in content. […] The Gospel, Praxapostolos and especially the Psalter were recommended books of private prayer and contemplation throughout Byzantine history. […] Ex libris refer almost exclusively to priests and monks: the role of lay people and particularly of women is not illuminated here as it is in Western devotional Psalters and Books of Hours. […] The great majority of the diminutive manuscripts were created without figural illumination, and many are without painted decoration of any kind. They are generally of excellent calligraphic quality, however […]. A small number of modest volumes does appear, especially in the thirteenth and fourteenth centuries when cursive editions begin to emerge. […] Turning to the chronology of the diminutive manuscripts, one is struck by the priority of the Psalters. There are tiny Psalters from every phase of Byzantine minuscule manuscript production. The New Testament manuscripts are late-comers by comparison. They emerge only in the eleventh century. […] If the New Testament tradition takes shape only more slowly than that of the Psalter, assuming its characteristic form only with the emergence of the Tetraevangelion into prominence in the late eleventh century, the two traditions enter into full-fledged luxury production at exactly the same time. This happens abruptly, and occurs, once again, precisely in the later eleventh century» (A. WEYL CARR, Diminutive Byzantine Manuscripts, «Codices manuscripti», VI (1980), pp. 133-135). In appendice al saggio citato, la Weyl Carr offre un agevole Catalogue di manoscritti bizantini di piccolo formato (secc. IX-XV): tra i codici lì descritti il nostro figurerebbe tra i più piccoli.Tra i Salteri lì recensiti, i più materialmente affini al nostro parrebbero: il codice Harley 5533 della British Library, datato XII secolo («8,5x6 cm») e il codice milanese Trivulzio 340, datato XII secolo (Catalogus Librorum Manuscriptorum Bibliothecæ Harleianæ, London, n.d., III, p. 275).

343 The Armagnac Breviary, written on vellum and illuminated for Jean de Roussay (d. ca. 1417), chamberlain to duc Louis d’Orléans, brother of king Charles VI of France. In two volumes of 693 leaves and illuminated with approximately 2800 initials and decorated by 47 large miniatures ascribed to four of the greatest masters of the golden age of French illumination: the Virgil Master, the Luçon Master, the master of the Breviary of Jean sans Peur and the Master of the Coronation of the Virgin.

[Breviario di Armagnac (in latino)]. Manoscritto miniato su pergamena. [Parigi, ca. 1400, non dopo il 1407].

10


Manoscritto miniato su pergamena in due volumi di mm 205x136. Fascicolazione: vol. I [I-XXIII8, XXIV1, XXV6, XXVIXXIX8, XXX7, XXXI-XLIII8, XLV2]; vol. II [I-XXX8, XXXI7, XXXII-XLIV8, XLV6]. 336 fogli; 357 fogli. COMPLETO.Tracce di numerazione antica in numeri romani e di numerazione più tarda in numeri arabi; richiami orizzontali, di cui alcuni in cartigli decorati da grottesche (cc. 230v, 128v, 176v, 351v). Scrittura gotica libraria in inchiostro marrone su due colonne (giustificazione: mm 135x81), rigatura in inchiostro; rubriche in rosso, capitali contrassegnate in inchiostro giallo; segni di paragrafo e decorazioni in interlinea. 2.800 grandi iniziali (su 3 o 4 linee) miniate in rosso, blu, arancione e bianco su fondo a foglia d’oro. Numerose bordure miniate e decorate da foglie d’edera con estensioni che si collegano ai capilettera, ornate in molti casi da fiori, grottesche, uccelli, farfalle e draghi. 47 grandi miniature, di cui 37 racchiudono inziali istoriate (quattro su 6 linee, 23 su 7 linee e dieci su 8 linee) e 10 che occupano l’intera larghezza della colonna (di cui due su 7 linee, 3 su 8 linee e cinque su 9 linee) dipinte a più colori e con decorazioni a foglia d’oro. Legature moderne in pelle rossa su assi di legno decorate in stile medievale con borchie d’argento e con lo stemma degli Armagnac ai piatti anteriori. Codice in ottimo stato di conservazione.

Definito da Samaran come «une oeuvre vraiment princière» il Breviario di Armagnac è da considerarsi uno dei prodotti più alti e raffinati della miniatura francese del secolo XV. «La décoration de ce volume est très belle. Les bordures de feuilles de lierre ne le cèdent en rien à celles d’autres manuscrits exécutés à la même époque; quant aux miniatures, toutes petites, elles sont d’une exécution très délicate» (C. Samaran, «De quelques manuscrits ayant appartenus à Jean d’Armagnac évèque de Castres, frère du duc de Nemours», in Bibliothèque de l’École des Chartes, t. 66 (1905), p. 252). Il breviario è scritto in latino e contiene il testo della liturgia giornaliera medievale secondo l’uso della corte papale. All’inizio del testo, alla c. 1r, si trova l’iscrizione secundum usum vel consuetudinem romane curie. Il destinatario del codice è raffigurato due volte nelle miniature (con una veste rossa dalle maniche larghe inginocchiato davanti a San Giovanni e con sua moglie ai piedi di San Saturnino). Si tratta sicuramente di personaggi illustri, appartenenti alla nobiltà francese del secolo XV. È interessante notare che nella prima delle due miniature il nobiluomo è ai piedi di San Giovanni, il che indicherebbe che il santo potrebbe essere stato anche il suo protettore personale e farebbe ipotizzare che il suo nome fosse proprio Giovanni (Jean). La scoperta dell’identità del mecenate che commissionò il breviario è stata fatta nel 1987 da Christopher de Hamel che, con l’ausilio di una lampada alla luce di Wood, ha decifrato una sottoscrizione abrasa appartenente alla mano dello scriba che copiò il manoscritto nella quale si legge: Istud breviarium pertinet nobilissimo domino J. de roucucoyo camibellario illustrissimi principi domini nostri regis francie et domini aurelieanensis fratris sui (Questo breviario appartiene al nobiluomo monsignore Giovanni di Roussaie ciambellano del nostro illustrissimo principe re di Francia et di monsignore d’Orleans suo fratello). Si tratta di Jean de Roussay, ciambellano prima del re di Francia Carlo VI e poi, dal 1391, di suo fratello Luigi, duca di Orléans, che commissionò l’opera ai miniatori della corte reale alla quale era legato o che la ricevette in dono dai sovrani stessi, come ricompensa per i suoi servigi. Probabilmente durante i disordini della guerra civile tra gli Armagnac e i Borgognoni, Jean de Roussay, che sosteneva la causa dei secondi, fu obbligato ad abbandonare il breviario nella cappella di Luigi d’Orléans nell’agosto del 1412, quando gli Armagnac ripresero Parigi. Il manoscritto sarebbe poi passato alla famiglia Armagnac che ereditò il palazzo di Orléans. Un esame approfondito ha inoltre permesso di identificare le mani dei maestri miniatori che collaborarono alla realizzazione dell’apparato iconografico del breviario. Si possono infatti distinguere quattro stili principali nelle miniature, riconducibili a quelli di quattro grandi artisti attivi all’inizio del secolo XV alla corte reale: il Maestro del Virgilio, il Maestro di Luçon, il Maestro dell’Incoronazione della Vergine e il Maestro del Breviario di Jean sans Peur. Il Maestro del Virgilio

11


prende il suo nome dal manoscritto fiorentino di Virgilio della Biblioteca Laurenziana (cod. Med. Pal. 69), completato a Parigi nel luglio del 1403. Il duca di Berry era proprietario di almeno 6 manoscritti miniati da questo artista, l’attività del quale è ben documentata tra il 1393 e il 1415. Il suo stile è caratterizzato da colori cupi e da figure dai lunghi nasi, dalle teste ovali e dagli occhi socchiusi. Il miniatore principale del breviario è, molto probabilmente, il Maestro di Luçon, conosciuto anche come il Maestro di Étienne Loypeau, vescovo di Luçon. Le sue figure presentano teste piccole e i corpi atteggiati nelle pose eleganti tipiche dello stile gotico, gli sfondi sono delicatamente decorati in oro e i colori sono molto brillanti e raffinati. Alcune miniature sono inoltre molto vicine a quelle del Maestro del Breviario di Jean sans Peur (BL Add. 35311 e Harley 2897), che lavorò anche alle celebriTrès Riches Heures del duca di Berry. Il quarto artista è il Maestro dell’Incoronazione della Vergine (medaglione del 1400 ca.; Berlin, Staatliche-Museen Preussischer Kulturbesitz, Inv. 1648). C. de Hamel, The Armagnac Breviary, Milano 2006.

353 A Renaissance illuminated Virgil’s manuscript probably made in Rome for the Colonna Family. This codex contains the three major Virgilian works (Aeneid, Bucholics and Georgics) introduced by Ovid’s Tetrasthica.The text of the Eneid is resolved with the five hexameters that were supposed to identify Virgil as the author.

Vergilius Maro, Publius (70-19 a.C.). [Aeneis. Bucolicon. Georgicon]. Manoscritto miniato su pergamena, [Roma?, sec. XV]. Codice membranaceo di mm 241x170. 251 fogli non numerati. COMPLETO. Scrittura corsiva umanistica in inchiostro marrone, ascrivibile ad una sola mano, su una colonna di 26 linee (giustificazione: mm 159x100). Rigatura a secco, rimandi verticali alla fine di ogni fascicolo. Alla c1r bel capolettera miniato su 6 righe, con corpo della lettera a foglia d’oro su fondo blu rosso e verde decorato da bianchi girarî, con estensioni lungo il margine interno, grafismi a penna e bottoni d’oro; al centro del margine inferiore della stessa carta stemma circolare con banda vertcale (famiglia Colonna?) in oro e verde decorato da grafismi a penna e bottoni in oro. Alla c 192r iniziale miniata ‘T’ con corpo della lettera a foglia d’oro su fondo blu, rosso e verde decorato a bianchi girarî; numerosi piccoli capilettera miniati in oro, rosso verde e blu nel testo. Legatura settecentesca in vitello agli acidi, dorso a cinque nervi decorato da ferri dorati, titolo in oro su tassello in marocchino, sguardie in carta marmorizzata. Manoscritto in ottimo stato di conservazione, falli nei margini bianchi della pergamena reintegrati contemporaneamente alla stesura del codice, legatura leggermente usurata. c. 1r, incipit: Arma virumque cano troye qui primus ab oris […]. c. 191r, explicit: Sic vos non vobis nidificatis aves. Finis. c. 192r, incipit: Tityre tu patule recubans sub tegmine fagi […]. c. 208r, explicit: Ite domum sature venit hesperus ite capelle. c. 208v, incipit: Quid faciat letas segetes quo sydere servet […]. c. 251r, explicit: Tityre te patule cecini sub tegmine fagi. Laus Deo. Finis.

12


Bel manoscritto umanistico di fattura assai pregevole - contenente i dodici libri dell’Eneide, i dieci carmi delle Bucoliche e i quattro libri delle Georgiche - che testimonia la fortuna di cui il poeta latino godette nel Quattro e nel Cinquecento. Lo stile della decorazione e lo stemma alla prima carta, che sebben stilizzato ricorda quello dei Colonna, permette di ipotizzare la realizzazione del codice in un ateliér romano. Il corpus dei testi virgiliani si trova tramandato insieme agli Argumenta Aeneidis e ai Tetrasthica in cunctis libris Vergilii, dei quali mancano solo la praefatio all’Eneide e alla prima bucolica e l’argumentum della prima georgica. La presenza di questi testi è attestata fin dal codice Vaticano di Virgilio (BAV cod. 3867). Il testo dell’Eneide si conclude con i cinque esametri che, stando agli antichi biografi,Virgilio avrebbe scritto per rivendicare la paternità dei propri versi, di cui il poeta Batillo aveva cercato di appropriarsi.

363 A 15th century illuminated manuscript in vernacular of Boccaccio’s Famous Women, written on vellum in brown cursive humanistic bookhand, in contemporary binding.

Boccaccio, Giovanni (1313-1375). [Libro delle clare donne]. Manoscritto miniato su pergamena, [Italia, sec. XV]. Manoscritto membranaceo di mm 216x142.Tre fogli non numerati contenenti l’indice in inchiostro rosso, 160 fogli numerati al centro del margine superiore in inchiostro rosso. COMPLETO. Scrittura corsiva umanistica in inchiostro marrone scuro, ascrivibile ad un’unica mano, su una colonna di 26 linee (giustificazione: mm 130x77). Rigatura a secco. Al primo foglio di testo splendida bordura miniata su tre lati e decorata da bianchi girarî e bottoni d’oro su fondo blu, verde e rosa; lungo il margine inferiore della cornice due putti alati sorregono uno stemma, le cui armi sono state però abrase; la bordura è collegata ad un grande capolettera ‘N’ a foglia d’oro su otto righe. 104 capilettera in blu nel testo, in corrispondenza dell’inizio dei capitoli; rubriche in inchiostro rosso. Legatura coeva, probabilmente napoletana, in vitello nocciola su assi di legno, decorata a secco da motivi geometrici; dorso a quattro grandi nervi decorato a secco; tracce di fermagli e di borchie metalliche ai piatti. Codice in ottimo stato di conservazione, qualche lieve macchia e traccia d’usura alle prime e alle ultime carte; legatura usurata, con perdite ai piatti e al dorso, anticamente restaurato; perdita di pergamena al contropiatto anteriore. Note di possesso manoscritte coeve al foglio di guardia anteriore. c. 4r, rubrica: Incomincia el libro delle clare donne compilato pel clarissimo poeta M. Giovanni Boccaccio cittadino fiorentino. Prohemio. Incipit: Ne passati di tra le nobili et egregie donne ritrovandomi alquanto separato dal tracurato vulgo et quasi dogni altra mia cura disciolto in excelsa laude del femineo sexo et certo ancora per alcuno piacere degli amici piu che per grande dellare scrissi uno piccolo libretto […]. c. 160v, explicit: […] et se in lloro e alcuno spirito con piatosa carita quelle cose che meno che debitamente sono scripte accresciendo & diminuendo corregghino et emendino Accioche cosi corretta questa operetta piu tosto in bene dalcuno sia che lacerata & morsa da denti delli invidiosi et essendo di nulla utilita perischa. Colophon: Finiscie el libro delle clare donne compilato pel clarissimo poeta M. Giovanni Boccaccio cittadino Fiorentino.

13


Prezioso manoscritto quattrocentesco in legatura coeva di questo volgarizzamento di una delle più note opere latine del Boccaccio, il De claris mulieribus, composto a Certaldo nell’estate del 1361, e ispirato dalla lettura dei poemi omerici tradotti da Leonzio Pilato. Il compendio – dedicato alla sorella di Niccolò Acciaiuoli, Andreola - si compone di 104 capitoli dedicati alle donne valorose e virtuose che «si resero famose: o per l’audacia, o per la forza del carattere e dell’ingegno, o per dono di natura, o per favore o avversità di fortuna, o anche solo per aver offerto l’occasione a straordinarie imprese. Lo scrittore non vuole adoperare il termine claritas in una sua accezione strettamente positiva, riferito cioè solo alla virtù (ut semper in virtutem videatur exire), ma anzi nel senso più lato e comprensivo: in modo da suscitare, con racconti diffusi e piacevoli, interesse e diletto, specialmente nelle donne, spesso ignoranti di storie. Il fine morale (sacra utilitas) potrà essere raggiunto inserendo nella narrazione amabili inviti alla virtù e sferzanti frecciate contro il vizio; ma di proposito lo scrittore eviterà di mescolare alle donne pagane quelle della storia sacra, perché egli non cerca modelli di perfetta virtù, già consacrati dalle opere di illustri scrittori, bensì esempi di donne che solo per un certo dono o istinto di natura si resero famose» (G. Boccaccio, De mulieribus claris, a cura di V. Zaccaria, Milano 1967, pp. 5-6). Il volgarizzamento di quest’opera si inscrive nel quadro delle testimonianze della fortuna delle opere latine del Boccaccio in Italia e in Europa. «Il Boccaccio erudito fu veicolo presso la cultura europea della nuova sensibilità protoumanistica che s’era affermata nella cerchia degli amici del Petrarca: ma è anche indubbio che il De casibus e il De mulieribus furono sentiti molto rapidamente, oltr’Alpe, come repertori narrativi. […] Al di qua delle Alpi è solo il De mulieribus che subisce questo trattamento prima della fine del Trecento. Esso è volgarizzato quasi contemporaneamente da Donato Albanzani e dal monaco agostiniano Antonio da S. Elpidio. Questi volgarizzamenti rimasero manoscritti e non si inserirono nella tradizione a stampa» (C. Scarpati, Note sulla fortuna editoriale del Boccaccio, in Boccaccio in Europe. Proceedings of the Boccaccio Conference. Louvain, December 1975, curato da Dr. G.Tournoy, Leuven 1977, p. 211).

373 Marvellous Aragonese illuminated manuscript on vellum, written in cursive humanistic bookhand by Pietro Ursuleo and illuminated by Matteo Felice. Produced in Naples it was intended for a member of the Aragonese court and it contains one of the most famous works of Cicerone, the Tusculanae disputationes.

Cicero, Marcus Tullius (106–43 a.C.). [Tusculanae disputationes]. Manoscritto miniato su pergamena, [Napoli, 1450-1460 ca.]. Manoscritto membranaceo di mm 324x230. 94 fogli non numerati, gli ultimi due bianchi. COMPLETO. Scrittura corsiva umanistica di un’unica mano su una colonna di 30 linee (giustificazione: mm 200x128). Richiami lungo il margine inferiore interno; notabilia della stesso scriba lungo il margine esterno. Rigatura in inchiostro grigio.Titoli, rubriche ed iniziali degli interlocutori in rosa. Alla c. 1r testo inquadrato da una splendida bordura con bianchi girarî su fondo blu, verde e rosso e ornata da putti, pavoni e conigli, e iniziale ‘C’ in oro su 7 linee, lungo il margine inferiore scudo lascia-

14


1. Vangeli in greco

1


2. Vangeli in greco

2


4. Breviario di Armagnac

3


7. Cicero, Marcus Tullius

4


9. Johannes Evangelista

5


11. Apuleius Madaurensis, Lucius

6


12. Bessarion, Johannes

7


15.Vegetius Renatus, Publius

8


to bianco. Dieci grandi capilettera in oro su fondo a bianchi girarî nel testo. Legatura novecentesca di Katharine Adams in marocchino blu, con titolo in oro sul piatto anteriore e sul dorso. Codice in ottimo stato di conservazione, alcune macchie e segni d’usura alle cc. 1, 29 e 87-91.All’ultima carta nota di possesso manoscritta seicentesca “Petri de Rubeis Med. Doctoris”. Ex-libris ‘W.A. Foyle’ e ‘John Hornby’, al contropiatto anteriore. Charles Harry St. John Hornby fissò al foglio di guardia un frammento manoscritto, proveniente da un codice di Cicerone datato 1453 e sottoscritto dallo scriba fiorentino Giovanni del Ciriago, acquistato da Sir Sydney Cockerell che, dal momento che il manoscritto era già assai danneggiato, ne distribuì le carte ai suoi amici. Il codice venne acquistato nel 1946 da Major J.R. Abbey come testimonia la nota di possesso al foglio di guardia finale, che lo vendette l’anno seguente. c.1r, rubrica: Marci Tullii Ciceronis quaestionum tusculanarum liber primus incipit feliciter praefatio: Cum defensionum laboribus senatoriisque muneribus aut omnino aut magna ex parte essem aliquando liberatus retuli me brute te hortante maxime ad ea studia quae retenta animo remissa temporibus longo intervallo intermissa revocavi. Libro I c. 2v, incipit: Praefatio explicit. Narrationis exordium incipit feliciter lege A.Malum mihi videtur esse mors […]. c. 23r, explicit: Cras autem et quot dies erimus in tusculano agamus haec et ea potissimum quae Levationem habent aegritudinum cupiditatum cum omni philosophia est fructus uberrimus. Libro II c. 23r, rubrica: Marci Tullii Ciceronis quaestionum tusculanarum liber secundus incipit feliciter praefatio. Incipit: Neoptolemus quidem apud Ennium philosophari sibi aut necesse esse: Sed paucis Nam omnino haud placere. c. 36r, explicit: Alta prorsus et illud quidem ante meridiem hoc eodem temporem sic faciemus tuisque optimis studiis obsequamur. Libro III c. 23r, rubrica: Marci Tullii Ciceronis quaestionum tusculanarum liber tertius incipit feliciter praefatio. Incipit: Quidnam causae esse Brute putem cur cum constemus ex animo et corpore corporis curandi tuendique causa quaesita sit ars […]. c. 53r, explicit: Caetera quotienscumque voletis et hoc loco et aliis parata vobis erunt. Libro IV c. 53r, rubrica: Marci Tullii Ciceronis Quaestionum Tusculanarum Liber Quartus incipit feliciter Praefatio. Incipit: Cum multis locis nostrorum hominum ingenia virtutesque Brute soleo mirari […]. c. 69r, explicit: si boni et beati volumus esse omnia adiumenta et auxilia petamus bene beateque vivendi. Libro V c. 69r, rubrica: Marci Tullii Ciceronis Quaestionum Tusculanarum Liber Quintus incipit feliciter praefatio. Incipit: Quintus hic dies Brute finem faciet tusculanarum disputationum quo die est a nobis ea de re quam tu ex omnibus maxime probas disputatum. c. 91r, explicit: Nostris quidem acerbissimis doloribus variisque et undique circunfusis molestiis alia nulla potuit inveniri levatio.

Splendido manoscritto contenente una delle maggiori opere filosofiche di Cicerone, le Tusculanae disputationes, scritte sotto forma di dialogo tra l’autore ed un anonimo interlocutore e divise in cinque libri nei quali vengono trattati i temi della morte, del dolore, della tristezza, dei turbamenti dell’animo e delle virtù come garanzia della felicità. Il codice è stato confezionato a Napoli, probabilmente per qualche membro della corte aragonese, poiché sia lo scriba che il miniatore, identificati dal professor Albinia de la Mare rispettivamente in Pietro Ursuleo da Capua e Matteo Felice, lavorarono per illustri esponenti di questa corte. Il primo lavoro documentato prodotto dalla collaborazione tra Pietro Ursuleo da Capua e Matteo Felice è il Boezio (Vat. Pal. lat. 1740) eseguito nel 1467 per Agnolo Manetti (cfr. T. De Marinis, La Biblioteca napoletana dei re d’Aragona, I, pp. 157-58, tav. 34). Il codice ciceroniano qui

15


descritto è probabilmente uno dei primi lavori del noto miniatore alla corte aragonese di Napoli, presso la quale lavorò fino al 1493. Il repertorio di elementi decorativi (putti, pavoni e conigli) qui utilizzato ricorre anche nei tre volumi delle opere di Seneca (Vienna, ÖNB, cod. 69; Modena, Bibl. Estense, ms. H.5.1; Parigi, BnF, ms. lat. 17842), prodotti anch’essi per la corte napoletana. Nel Seneca come in questo Cicerone, l’opera di Matteo Felice completa il lavoro di Pietro Ursuleo, che svolse la sua attività di scriba principalmente alla corte reale a partire dal 1448, fino al suo trasferimento a Roma alla fine degli anni ’60 del Quattrocento, dove venne eletto vescovo di Satriano e nel 1483, anno della sua morte, arcivescovo di Santa Severina. Sebbene in maniera assai riluttante, come testimoniano i suoi colophon, continuò anche a Roma la sua attività di copista, lavorando per papa Sisto IV (cfr. A. Derolez, Codicologie des manuscrits en écriture humanistique sur parchemin, in «Bibliologia» (1984), n. 358).

383 «The First Book Printed in Italian?» (T.E. Marston). One of the two first books in vernacular printed in Rome probably by Ulrich Han. First edition of the Legenda maior which includes the famous Saint Francis, Fioretti. Only three copies known in public libraries (one of wich in Usa, Beinecke Library) of this rare edition, never appereared in the market in the last 150 years.

Bonaventura da Bagnoregio, santo (1221-1274). [Legenda maior S. Francisci. (Incipit:) Incomenza la vita et miraculi de San francesco et de Sancta clara]. [Roma, stampatore dell’Apocalisse (Ulrich Han?), 1467-1468]. In-4° (mm 195x140). Segnatura: [quaderni di 8 carte ciascuno, le prime 4 carte segnate, rispettivamente: a-d, e-h, i-m, n-q e r-u, le ultime 4 carte di ogni quaderno prive di segnatura, i quaderni che seguono recano invece la segnatura tradizionale: a-f8, g6]. 94 carte non numerate. Carattere romano.Alla prima carta l’incipit su 8 linee stampato in rosso. Iniziali manoscritte in rosso nel testo. Legatura settecentesca in mezza pelle con carta decorata a pettine ai piatti, tagli spruzzati di rosso, custodia in marocchino. Esemplare in buono stato di conservazione, restauro a porzione del margine bianco inferiore e di quello esterno con ricostruzione parziale del testo alla prima carta (stessa integrazione alle carte 1-72); antichi restauri ai margini esterni bianchi delle carte 72-94. Ricostruzione parziale delle carte e4 recto e verso; le carte e6, e7, f1 in facsimile. Ex-libris nobiliare al foglio di guardia anteriore; alcune note manoscritte coeve nel testo.

Rarissima edizione del primo, o secondo, libro stampato in italiano e del primo libro a contenere le segnature dei quaderni. Secondo Marston la Legenda maior potrebbe essere stata stampata prima del noto volgarizzamento di Federico da Venezia dell’Apocalisse (Goff J, 225), anch’essa impressa probabilmente da Ulrich Han durante gli anni ’60 del secolo XV. «A general comparison of the type with the Apocalisse, the Cicero De oratore (signed and dated by Han, printed at Rome, finished 5 December 1468), and the Aurelius Victor De viris illustribus (Goff A-1383) – the first book signed by Sixtus Reissinger, printed about 1470 – reveals that the Bonaventura, the Apocalisse, and the Cicero are closely related […]. Closely examination reveals that they all came from the same matrices […].The probable sequence of books from the press of Ulrich Han would seem to be: first, the Meditationes of Turrecremata, with the date 31 December 1467

16


(an apparent commercial success, this was reprinted by Han in 1473 and again in 1478); second, the Bonaventura; third the Apocalisse; fourth the Cicero (dated 5 December 1468)» (Marston, pp. 182-84). H 7332; R 525; GW 10296; IGI 4053, 4054; Goff Suppl. B, 889a; T. E. Marston, The First Book Printed in Italian?, in «The Yale University Library Gazette», vol. 45, n. 4 (April 1971), pp. 180-84.

393 First separated edition of the Apocalypse, one of the first two books printed in Italian (see n. 8); no other incunable editions are known of this work infact the second was printed in Venice in 151516 by Alessandro Paganino. Giacomo Manzoni - Leo S. Olschki - Giuseppe Martini copy.

Johannes Evangelista (sec. I d. C.). Apocalisse [con le glosse di Nicolò da Lira, volgarizzamento di maestro Federico da Venezia]. [Roma, Ulrich Han e Sixtus Riessinger, 1467-1468]. In-folio (mm 286x190). Segnatura: [a-o10; p8; q-r10; s8]. 175 carte non numerate di 176, manca l’ultima bianca.Testo su 37 linee con segnature e richiami. Carattere romano 89R. Alla prima carta l’incipit su due linee stampato in rosso. Cinque diversi tipi di filigrane: ‘tre colline sormontate da una croce’ (Briquet, 11709, Pisa 1466); ‘le forbici’ (Briquet, 3685; Firenze 1450-60, Napoli 1467, Lucca 1465, Roma 1472); ‘cappello di cardinale’ (Briquet, 3387; Firenze 1465; Siena 1465-69, Firenze 1469-75);‘le bilance’ (manca al Briquet);‘croce greca in un cerchio’ (Briquet, 5575; Roma 1456 e 1463-65; Napoli 1457-68; Fabriano 1465; Napoli 1458 e 1464). Alla c. 1r, grande iniziale ‘Q’ su 12 linee con corpo della lettera in inchiostro rosso, decorata all’interno e lungo i bordi da grafismi a penna marroni; segni di paragrafo in rosso, alcuni dei quali ornati da estensioni floreali; alcune parti del testo evidenziate in giallo. Legatura cinquecentesca in pelle su assicelle di legno con bordure a secco e ovale con monogramma ‘IHS’ (remboîtage), si conserva l’originale legatura ottocentesca in mezza pergamena e cartone. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini, le carte 10, 169 e 175 provenienti da un altro esemplare. Provenienza: al margine inferiore della prima carta iscrizione di mano della fine del XV secolo:“Quisto libro e dello loco de sancta nicola de Sulmona”; altre due note manoscritte del secolo XVII:“Ad usum simplicem Fratris Josephi a Canistro”, e “Pertinet ad Conventum S. Francisci prope Balsoranum”; dalla biblioteca del Conte Giacomo Manzoni (Cat. di vendita, II, Città di Castello, 1893, n. 3799); acquistato da Leo S. Olschki (Monumenta typographica, Cat. LIII 1903) e da questi venduto al collezionista inglese George Dunn di Woolley Hall (Cat. di vendita, Parte II, London, Sotheby’s, 2-6 febbraio 1914, no 742); dopo apparve all’asta del 12-13 Aprile 1915 dell’Anderson Galleries, New York (lotto 258), dove fu acquistato dal Reverendo William A. Quayle, vescovo metodista di St. Louis (Missouri), e da lui acquistato da Giuseppe Martini.

Prima edizione separata dell’Apocalisse, la prima in lingua italiana, posteriore solo a quella in latino e a quella in tedesco. Si tratta inoltre di una delle primissime produzioni tipografiche di Roma e probabilmente del primo o del secondo libro stampato in italiano prima o dopo la Legenda maior (vedi scheda n. 8 del presente catalogo). Di quest’opera non si conoscono altre edizioni incunabole; la seconda è apparentemente quella illustrata del 1515-16, stampata a Venezia da Alessandro Paganino. Da un manoscritto della Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze apprendiamo che

17


questa traduzione fu fatta da un certo “Maistro Federigo da Venexia del ordine de i frati predicatori nell’anno 1394” (si veda J. Quetif, Scriptores ordinis praedicatorum, Parigi 1719-21, vol. I, p. 706). Tuttavia il testo della prima edizione ha perduto le forme del dialetto veneto per assumere invece quelle del vernacolo romano; il che è probabilmente dovuto all’essere stato pubblicato da un manoscritto con patina linguistica dell’Italia centrale. Nonostante vada esclusa l’ipotesi che il libro fosse stato impresso a Napoli per evidenti incongruenze nella misura dei caratteri e per una tipologia diversa di maiuscole e minuscole rispetto a quelli utilizzati in area partenopea, si può tuttavia ipotizzare che questa edizione vide la luce a Roma quando Han e Riessinger erano ancora in società, e che quest’ultimo, al momento del suo trasferimento a Napoli, portò con sé una parte delle copie rimaste invendute, delle quali alcune sono giunte sino a noi con una fuorviante provenienza napoletana. Hain 9383 = 9384; Copinger 3715; Reichling I, 157; BMC IV, 143; Goff J, 225; Fava-Bresciano, La stampa a Napoli nel sec. XV, n. 205; Catalogue des livres composant la Bibliotheque de feu m. Le comte Jacques Manzoni. Premiere partie, Città di Castello 1892, n. 3799 (quest’esemplare); L.S. Olschki, Monumenta Typographica, Cat. 53, Firenze 1903, n. 355 (quest’esemplare).

3 10 3 Wonderful illuminated copy, from the Doheny collection, of the second edition of St. Augustine’s The City of God. One of the earliest books printed in Rome by the first printers in Italy, Conrad Sweynheym and Arnold Pannartz.

Augustinus, Aurelius santo (354-430). De civitate Dei. Roma, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 1468. In-folio (mm 390x267). Segnatura: [1-28; 3-1410; 1512; 16-2610; 27-288]; 273 di 274 carte non numerate (manca l’ultima carta bianca, ma presenti le bianche 1, 16 e 273).Testo su 46 linee, carattere 115R. Alla prima carta di testo due grandi iniziali miniate incluse in una bella cornice a quattro montanti, bordata d’oro e a fondo policromo, con bianchi girarî e miniata in verde, blu, rosso e oro. Nel montante inferiore due uccelli ai lati di un medaglione centrale lasciato privo delle armi del destinatario. Altre 21 grandi iniziali nel testo similmente miniate con estensioni. Capilettera a due linee alternativamente in rosso e blu, rubriche ugualmente in rosso e blu, titoli dei capitoli manoscritti in inchiostro rosso, lettere guida manoscritte. Legatura francese seicentesca in vitello, fregi e titolo in oro al dorso, tagli rossi; scatola in mezzo marocchino marrone. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Note manoscritte coeve alla prima carta e al verso dell’ultima l’annotazione ‘lix’. Ex-libris di Roderick Terry e di Estelle Doheny.

Seconda edizione del De civitate Dei di Sant’Agostino. La prima edizione era stata stampata dagli stessi tipografi Sweynheym e Pannartz – gli allievi di Gutenberg che introdussero l’arte della stampa in Italia – a Subiaco il 12 giugno del 1467, poco prima del loro trasferimento a Roma dove si recarono su invito di Giovanni Andrea de’ Bussi, segretario del cardinal Bessarione. La loro officina romana, allestita nel palazzo dei principi Massimo, produsse circa 50 edizioni, generalmente tirate in un numero di 250 copie, sempre in-folio e stampate con un nuovo carattere

18


romano diverso da quello gotico usato per le impressioni di Subiaco. Sweynheym and Pannartz lavorarono insieme fino al 1473. Dopo questa data Pannartz continuò a lavorare da solo, mentre Sweynheym, che probabilmente era disegnatore ed intagliatore di caratteri, lavorò ai legni della Cosmographia di Tolomeo stampata a Roma nel 1478 da Arnold Buckinck. HC 2047; GW 2875; BMC

IV, 5; IGI

967; Goff A, 1231; Pellechet, 1546; IDL 487.

3 11 3 Bessarion’s copy of the first edition of Apuleius, with his arms illuminated on first leaf. One of the earliest uses of Greek type. His illuminated coat-of-arms on the first leaf of this book symbolizes the union of the two churches, a program to which his life was devoted.The Golden Ass, with its history of the hero’s physical transformation into a donkey, and his odyssey of spiritual development leading to revelation, redemption and rebirth into human form under the guidance of the one true god, Isis, dove-tailed into Bessarion’s program beautifully, as do all the other neo-platonical and hermetic texts included in this corpus.

Apuleius Madaurensis, Lucius (125-180). Opera. Roma, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 28 febbraio 1469. In-folio (mm 316x213). Segnatura: [*6, a-n10, o-p12, q10, r8]. 177 di 178 carte, manca l’ultima carta bianca. Testo su 38 linee, caratteri 115R, 115Gk.Alla prima carta iniziale miniata ‘B’ in rosso, verde, blu e oro con una bordura che si estende lungo il margine interno e lungo quello superiore ornata da bianchi girarî; nel margine inferiore le armi del cardinal Bessarione (uno scudo con fondo blu e due braccia che sorreggono una croce rossa - che simboleggiano l’unione tra la chiesa romana e quella greca -, il tutto sormontato dal cappello cardinalizio rosso) miniate in verde, blu, rosso entro un serto d’alloro. All’inizio di ogni dedica e di ogni sezione del testo capilettera miniati da un artista romano in blu, verde, rosso e oro con decorazioni a bianchi girarî; iniziali su due e sette righe alternativamente rosse con filigrane blu e con filigrane rosse; segni di paragrafo e altre iniziali in rosso. Legatura ottocentesca di Charles Lewis in marocchino verde decorato in oro con le armi dorate di Beriah Botfield al centro dei piatti; decorazioni in oro al dorso, custodia in marocchino. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi macchie alle prime e alle ultime carte. Copia del Cardinal Bessarione; timbro abraso al margine esterno della prima carta; collezione di Beriah Botfield.

Straordinaria copia, appartenuta al cardinal Giovanni Bessarione, della prima edizione completa delle opere di Apuleio tradotte in latino da Pietro Balbo, splendido esempio che incarna perfettamente gli scopi del programma umanistico dell’epoca. Nel testo sono presenti sporadiche sottolineature e segni marginali, che ricorrono soprattutto nelle sezioni neo-platoniche, e che potrebbero appartenere alla mano stessa del grande umanista. L’editio princeps delle opere di Apuleio fu curata dal lombardo Giovanni Andrea Bussi, vescovo d’Aleria - segretario, dal 1458 al 1464, del cardinale Niccolò da Cusa - che nella sua dedica a Paolo II elogia il cardinale niceno e il suo apporto nella riscoperta dei testi filosofici greci. «Con questa iniziativa editoriale Bussi, fresco della lettura dell’In calumniatorem Platonis di Bessarione - che uscirà infatti di lì a poco dalla stessa stamperia nella versione latina in una tiratura di 300 esemplari - propone al pubblico roma-

19


no un corpus del Platonismo latino comprendente non solo Apuleio, col suo romanzo “iniziatico” e le sue operette filosofiche, ma anche l’Asclepius di Ermete Trismegisto e l’Epitome di Albino nella traduzione di quel Pietro Balbi che per Cusano aveva curato versioni da Proclo. Il testo, oltre che un documento degli interessi filosofici di Bussi, è un’altra testimonianza dell’amicizia e della fratellanza spirituale posta sotto il segno dell’interesse per Platone che aveva unito Bessarione e il defunto Cardinale tedesco» (Bessarione e l’Umanesimo. Catalogo della mostra, a cura di G. Fiaccadori, Napoli 1994, p. 496). HC 13114; GW 2301; BMC IV, 6; Goff A, 934; IGI 769; Pellechet 923; L. Labowsky, Bessarion’s Library and the Biblioteca Marciana, 1979, pp. 481-82.

3 12 3 First edition of Bessarion’s major work and the only incunable one, in a beautiful contemporary North-European binding. This work, written by the Costantinopolitan Cardinal in response to George of Trebizond’s Comparatio philosophorum Aristotelis et Platonis, represents the first attempt to use the art of printing in order to support a specific ideological program.Wonderful unsofisticated copy printed on thick paper with six large illuminated white-vine initials filled with blue, green and mauve.

Bessarion, Johannes (1408 ca.-1472). Adversus Platonis calumniatorem. Roma, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, [prima del 28 agosto 1469]. In-folio (mm 332x230). Collazione: [18, 26, 3-1710, 1812, 19-2010, 2112, 2210, 23-248]. 234 carte non numerate, di cui la prima e le ultime due bianche.Testo su 38 linee. Carattere 2:115R e 3:116Gk. Sei grandi iniziali miniate in rosso, verde e rosa e decorate da bianchi girari: la prima iniziale con una bordura che si estende lungo il margine interno decorata da grafismi a penna terminanti con foglie colorate e bottoni d’oro. Legatura coeva, forse austriaca, in pelle di scrofa su assi di legno decorata a secco da una cornice a cinque filetti concentrici ornata, all’interno, da ferri fitomorfi, uccelli e il monogramma ‘IHS’ entro una cornice a forma di sole; tracce di fermagli, sguardie in pergamena. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi gore lungo il margine superiore di alcune carte; legatura rinforzata.

Prima edizione dell’Adversus Calumniatorem Platonis, stampato in 300 copie, e unica edizione incunabola della principale opera filosofica del Bessarione. Redatta dapprima in greco e in tre libri intorno al 1459, in opposizione alla Comparatio philosophorum Aristotelis et Platonis scritta dal Trapezunzio, l’opera venne tradotta in latino e accresciuta di un nuovo libro inserito tra il secondo e il terzo e venne completata con l’aggiunta della Correctio interpretationis librorum Platonis de Legibus a Trapezuntio compositae (V libro) e col De natura et arte adversus eundem Trapezuntium (VI libro). Secondo Monfasani «la versione definitiva del In Calumniatorem sarebbe stata compiuta verso il 1467-68; tuttavia Bessarione per motivi di indole stilistica ne avrebbe deciso la revisione, affidata a Niccolò Perotti, che l’avrebbe condotta a termine verso la fine del 1468 o gli inizi del 1469» (Bessarione e l’Umanesimo. Catalogo della mostra, a cura di G. Fiaccadori, Napoli 1994, p. 497). Il termine ante quem del 28 agosto 1469 è suffragato da una lettera così datata di Giorgio

20


da Trebisonda in cui il volume a stampa viene citato; mentre il termine post quem rimane la famosa prefazione di Giovanni Andrea Bussi all’Apuleio, stampato il 28 febbraio 1469, dove il vescovo d’Aleria fa esplicito riferimento all’imminente stampa dell’opera di Bessarione. Con la pubblicazione di questo libro l’arte della stampa si pone per la prima volta al servizio di un preciso programma ideologico; grazie al successo e alla diffusione di quest’opera il Bessarione fu in grado di riaffermare il suo prestigio messo in dubbio dopo l’attacco violento e la controversia di anni avuta con Giorgio di Trebisonda, sostenitore delle teorie aristoteliche. HC 3004*; GW 4183; BMC IV, 7; Goff B, 518; IGI 1621; Olschki, Monumenta Typographica, Cat. LVII (1904), n. 41; M. D. Feld, Sweynheym and Pannartz, Cardinal Bessarion, Neoplatonism […], in «Harvard Library Bulletin», vol. XXX, n. 3 (July 1982), pp. 282-335; Id., A Theory of the Early Italian Printing Form. Part I: Variants of Humanism, ibidem, vol. XXXIII, n. 4 (Fall 1985), pp. 341-77; Id., Part II: The political economy of patronage. Ibidem, vol. XXXIV, n. 3 (Summer 1986), pp. 294-332.

3 13 3 First edition of this work and first book produced by the first Italian printer, Filippo de Lignamine, that was used as a role model by Sweynheym and Pannartz for their edition of the Sermones et Epistolae. One of the glories of Italian incunable printing. Leo I, papa (dal 440 al 461). Sermones et Epistolae. [Roma, Filippo de Lignamine, prima del 21 settembre 1470]. In-folio (mm 313x205). Segnatura: [*4, a-h10, i8, k-o10, p8, q10]. 159 carte non numerate di 160, di cui la prima bianca, manca l’ultima carta bianca.Testo su 35 linee. Carattere 125R. Nel testo, rispettivamente alle cc. g3r, m7r, n5v, tre grandi capilettera miniati in blu, rosa, verde, giallo e bianco su fondo a foglia d’oro arricchiti da decorazioni a motivi floreali nel corpo della lettera e lungo i margini, con grafismi a penna e bottoni d’oro; iniziali dipinte alternativamente in rosso e in blu nel testo. Legatura in pergamena moderna, titolo manoscritto al dorso e sul taglio piede. Esemplare in buono stato di conservazione; un restauro al margine esterno della prima carta tocca lievemente il testo; lievi gore e fioriture. Qualche nota manoscritta di mano coeva sui margini.

Prima edizione di quest’opera, probabilmente il primo libro uscito dai torchi del primo tipografo italiano, considerato una delle glorie dell’arte della stampa incunabola. Il de Lignamine introdusse, nel Leone Magno «a set of small capitals in the same style as the original capitals, the face being of the same height as the ordinary lower case, but the body ranging with the rest of the type.These capitals are kept separate from the rest and used massed for headings only in the Leo» (BMC IV, 28). La scoperta da parte di Piero Scapecchi dell’esemplare marucelliano della presente edizione, utilizzato dai tipografi Sweynheym e Pannartz come base per la loro stampa dei Sermones del 21 settembre 1470, stabilisce il termine ante quem del Leo I del de Lignamine. Considerando inoltre che il volume conservato nella biblioteca Marucelliana svela anche che i due tipografi tedeschi avevano effettuato una “secunda recognitio”, è ragionevole supporre che il primo libro uscito dai torchi del tipografo messinese sia questo e non il Quintiliano, convenzionalmente datato 3 agosto 1470 (si veda P. Scapecchi, An example of Printer’s Copy Used in Rome, «The Library», 6th ser., 12 (1990), pp. 50-52). HC* 10010; BMC

IV, 29; Goff

L, 131; IGI 5723; Marucelliana 4, 5. 21


3 14 3 Perfectly preserved copy of this second edition curated by Giovanni Andrea Bussi and dedicated to pope Paul II, printed by first Italian typographers Sweynheym and Pannartz and considered one of the most beautiful books published in Rome.

Leo I, papa (dal 440 al 461). Sermones et Epistolae. Roma, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, 1470. In-folio (mm 315x220). Segnatura: [a-l10, m-o8]. 133 di 134 carte non numerate, manca la prima bianca. Testo su 39 linee. Carattere 115R. Iniziali dipinte alternativamente in rosso e blu nel testo. Legatura moderna in pelle nocciola decorata a secco; al centro del piatto anteriore lo stemma del cardinal Corsini impresso a secco; titolo al dorso, tagli gialli. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore e bruniture alle prime e alle ultime carte; iniziali in blu un po’ sbiadite. Qualche nota manoscritta di mano coeva lungo i margini; alla prima carta timbro della ‘Bibliotheca Corsiniana nuova’.

Seconda edizione dei Sermones et Epistolae e uno dei più bei libri impressi a Roma dai prototipografi Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz. Il testo è curato da Giovanni Andrea Bussi, vescovo di Aleria e dedicato, nell’epistola prefatoria, a papa Paolo II. L’opera di papa Leone Magno offre uno spaccato della storia imperiale ed ecclesiastica del V secolo, da cui emergono i fatti principali che hanno caratterizzato la vita politica e religiosa del tempo. Gli interventi leoniani, sempre motivati da situazioni concrete e contingenti, richiamano le coordinate strutturali, filosofiche e culturali decisive per il progresso del pensiero umano e per l’approfondimento della dottrina teologica della patristica cristiana. HC* 10011; BMC

IV, 11; Goff

L, 129; IGI 5722.

3 15 3 An unknown witness of Vegetius Mulomedicina, written by Ippolito de Luna who was the scribe of Ferrante d’Aragona, king of Naples and for who he prepared a luxury copy of the same text. An unsofisticated manuscript bounds by Masone di Maio and illuminated with the gilt armorial coat of the Ferrillo family linked to the Aragonese court. The most influencial veterinary classic text written by Vegetius, the author of De re militari.

Vegetius Renatus, Publius (fl. 383-450). [Mulomedicina. De curibus boum epithoma]. Manoscritto miniato su carta, [Napoli, ca. 1470-1493]. Manoscritto su carta di mm 285x190. 114 carte numerate, manca la carta 58. Scrittura corsiva umanistica. Al margine inferiore della prima carta le armi miniate della famiglia Ferrillo di Napoli. Legatura napoletana coeva decorata da ferri dorati; al piatto anteriore il nome dell’autore impresso in oro, eseguita probabilmente dall’atélier di Masone di Maio, di

22


cui possono essere identificati due ferri già precedentemente utilizzati e a lui attribuiti. Le lettere usate per comporre il nome di Vegezio al piatto anteriore sono infatti molto simili a quelle utilizzate per la legatura del Santa Brigida, Parigi BnF, ms. lat. 3325 (si veda T. De Marinis, La Biblioteca napoletana dei re d’Aragona, suppl. II, tav. 20). Manoscritto in buono stato di conservazione, alcune mancanze al dorso della legatura e agli angoli dei piatti. Provenienza: Ippolito de Luna, copista del re di Napoli Ferrante d’Aragona (1458-1494); famiglia Ferrillo, forse Matteo Ferrillo (m. 1499), conte di Muro Lucano, cavaliere e feudatario di re Ferrante; Mingoval, scudiero del re, inizio secolo XVI, nota manoscritta alla prima carta di testo: “Lo echuyer maior se chiama mingoval”; indice manoscritto redatto da una mano cinquecentesca alla fine del volume. c. 1r, rubrica: Incipit liber primus quibus signis […]. Incipit: Continuo enim animal quod valitudo tentaverit moestius ingreditur […]. c. 114v, colophon: Hoc Vegetii Libellos Hippolytus Lunensis mendosissimo exemplari qua potuit diligentia transcripsit.

Raro codice non censito all’interno della tradizione testuale della Mulomedicina, che tramanda i testi della Mulomedicina e del De boum (quest’ultimo comprende i Digesta artis mulomedicinalis e il De curis boum epitoma). Il trattato di ippiatria redatto da Vegezio nel V secolo è considerato uno dei testi più importanti della medicina veterinaria classica. L’opera venne ampiamente compendiata e diffusa nel secolo XV inserendosi nella tradizione spagnola soprattutto grazie a Lo libre de Menescalia (1443-1450) di Manuel Díaz de Calatayud, maggiordomo del re Alfonso V il Magnanimo. Il presente codice venne probabilmente commissionato da Ferrante d’Aragona, re di Napoli, al suo copista, l’erudito Ippolito de Luna al servizio della corte partenopea dal 1472. De Marinis censisce venti codici scritti dal Luna o esemplati con la sua partecipazione, quasi tutti conservati nelle maggiori biblioteche mondiali. Lo stesso Ippolito inoltre eseguì anche una copia di lusso su pergamena della Mulomedicina, che potrebbe essere stata quella destinata al re (cfr. De Marinis, La Biblioteca napoletana dei re d’Aragona, II, p. 92), mentre la presente, più modesta e su carta, potrebbe essere stata quella destinata al cavaliere del re, Matteo Ferillo. Stando allo stemma codicum tracciato da Vincenzo Ortoleva il codice copiato e annotato da Ippolito de Luna potrebbe essere una dei primi esemplati in epoca moderna e con criteri testuali di stampo umanistico, di importanza dunque fondamentale per capire sia i metodi di lavoro dei copisti reali sia l’evoluzione e la ricezione del testo di Vegezio. Il codice tramanda varianti di importanza considerevole, che testimoniano uno stato della tradizione anteriore all’edizione definitiva poiché ai margini si trovano postille e lezioni, che correggono alcune corruttele in esso presenti, come testimoniato dalla sottoscrizione del copista al colophon. Le varianti, redatte dalla stessa mano che copia il manoscritto in inchiostro rosso lungo i margini, sono spesso prudentemente accompagnate da un “opinor” o da un “credo”, col quale vengono introdotte le lezioni differenti di alcune parole considerate corrotte o vengono avanzate nuove ipotesi di lettura o, ancora, proposti parallelismi con altri autori. V. Ortoleva, La tradizione manoscritta della “Mulomedicina” di Publio Vegezio Renato, Acireale 1996;V. Ortoleva, Postille alla tradizione manoscritta della “Mulomedicina” di Publio Vegezio Renato, in «Sileno» 24 (1998), pp. 181-205; per una bibliografía completa della Mulomedicina si veda inoltre quella curata da V. Ortoleva all’indirizzo: www.webalice.it/ortoleva. Per la legatura si veda T. de Marinis, La legatura artistica in Italia, I, tav. XXXVII, n. 224; per Masone di Maio si rimanda invece a A. Hobson, Humanists and Bookbinders, Cambridge 1989, pp. 110-111 (con la riproduzione di una legatura simile alla nostra) e pp. 258-59 con un census delle legature attribuite a questo artigiano.

23


3 16 3 Precious illuminated manuscript on vellum in cursive humanistic bookhand containing Juvenal’s main work. On first page an opening capital ‘S’ in gold with beautiful illuminated extensive panel border decorated with white vines on green, blue and pink, from 3 to 4-lines 15 initials illuminated throughout the text.The codex shows marginal notes, written with philological criterion, by a 16th century reader. Iuvenalis, Decimus Iunius (55-135 ca.). [Satirae]. Manoscritto su pergamena, [Napoli o Firenze?, 1470-1480]. Manoscritto miniato su pergamena di mm 207x130. 81 carte. COMPLETO. Richiami alla fine di ogni quaderno. Scrittura corsiva umanistica su una colonna di 24 linee.Al recto della prima carta grande iniziale ‘S’ con corpo della lettera in oro e decorazioni a bianchi girarî su fondo verde, blu e rosa che si estendono lungo il margine interno e quello superiore con estensioni a penna e bottoni d’oro; lungo il margine inferiore una analoga bordura che contiene, al centro, uno scudo le cui armi sono state abrase; nel testo 11 iniziali miniate su tre linee (alle cc. 4v, 8r, 14v, 18r, 40v, 46v, 57r, 61v, 69v, 76v, 80r) e 4 iniziali miniate in oro su 4 linee (cc. 21v, 35v, 49v, 64r). Esemplare in buono stato di conservazione. Legatura moderna in marocchino blu. Postille di mano coeva nel testo. c. 1r, incipit: Iunii Iuvenalis Satyrarum liber primus incipit feliciter Semper ego auditor […]. c. 81r, explicit: Ut leti faleris omnes & torquibus omnes finis Omnis laus in fine canitur Deo gratias.

Prezioso ed elegante manoscritto umanistico contenente il testo completo delle Satire di Giovenale, uno dei testi più commentati, copiati e pubblicati di tutta la letteratura latina. Il nostro codice contiene postille e correzioni condotte secondo criteri filologici, da una mano dell’inizio del secolo XVI. Le miniature sono state eseguite in uno stile molto vicino a quello dei maestri fiorentini della metà del secolo XV e di quelli napoletani del periodo catalano. Per le somiglianze con le decorazioni di area fiorentina si rimanda al manoscritto Philips 8533 contenente l’opera di Frontino, venduto a Londra nel 1969 (Bibliotheca Philippica, Catalogue of Manuscripts on papyrus, vellum and paper of the 13th century B.C. to the 18th century A.D., London 1969), mentre per la scuola napoletana si veda il Pontano ms. Abbey 4220 descritto da De Marinis (Biblioteca napoletana, IV, tavv. 305A, 305B).

3 17 3 A very scarce third edition of Cicero’s Orationes, the only book subscribed by Adam de Ambergau for which he used a new set of types no more utilized. From the Pandolfo Ricasoli’s Library.

Cicero, Marcus Tullius (100-43 a.C.). Orationes. Venezia, Adam de Ambergau, 1472. In-folio (mm 314x211). Segnatura: [a12, b-f10, g-m10, n-v10, x-z10, A-C10, D-E8, F-G10]. 298 carte non numerate, la prima e l’ultima bianche. Carattere 116R. Legatura settecentesca in pelle marrone, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono

24


stato di conservazione; una gora al margine superiore delle prime carte, qualche fioritura, dorso rifatto. Alla prima carta timbro di Pandolfo Ricasoli; nota di possesso al foglio di guardia anteriore della famiglia Coleridge, datata gennaio 1838.

Terza rara edizione delle Orationes ciceroniane, impresse per la prima volta a Roma nel 1471. Unico libro sottoscritto dallo stampatore Adam de Ambergau in maniera esplicita e per il quale questo tipografo utilizzò, per la prima ed ultima volta, un nuovo set di caratteri. Il presente incunabolo proviene dalla biblioteca di Pandolfo Ricasoli (1581-1675) religioso processato per condotta immorale ed eresia dal tribunale dell’Inquisizione di Firenze nel 1641 e messo in carcere, dove morì nel 1657. La sua biblioteca, della quale ci sono pervenuti quaranta volumi oggi conservati nelle biblioteche toscane, passò dopo la sua morte al convento delle Carmelitane Scalze di San Paolino a Firenze, che aveva denunciato la condotta immorale del canonico Ricasoli. Non si conoscono altri incunaboli facenti parte di questa biblioteca (si veda M. C. Flori, Eresia e scandalo nel ’600: la biblioteca di Pandolfo Ricasoli, in «Rinascimento» 44 (2004), pp. 379-408). HC* 5123; GW 6766; BMC V, 189; Goff C, 543; IGI 2925.

3 18 3 Syston Park’s copy of the First editions of two humanistic commentaries to Juvenal, the first one by Calderini, dedicated to Giuliano de’ Medici, printed with the text of Satyrae; the second by Merula it was offered to Federico da Montefeltro.

Iuvenalis, Decimus Iunius (55-135 ca.). Satyrae.Venezia, Jacopo de Rubeis, 24 aprile 1475. (Legato con:) Merula, Giorgio (ca. 1430-1494). Enarrationes Saturarum Juvenalis. Treviso, Bartolomeo Confalonieri, 1478. Due opere in un volume in-folio (mm 268x188). I. Segnatura: [a-b10, c-i8, k-l10]. 95 di 96 carte non numerate, manca la carta bianca iniziale. Testo su 41 linee circondato dal commento. Caratteri 113 (110)R per la prefazione, il testo e la Defensio; caratteri 80R per il commento e 110Gk e 80Gk per le parole greche del commento e della Defensio. II. Segnatura:A4, a-h8, I8, k-o8, p6. 121 di 122 carte non numerate (di cui la prima bianca), manca l’ultima bianca. Legatura inglese del secolo XIX in marocchino verde firmata da Storr; raffinata decorazione in oro ai piatti e al dorso, con titolo in oro, dentelles interne, tagli dorati; custodia in tela beige, con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, le prime carte, accuratamente lavate nel secolo XIX, recano alcune tracce di ossidazione; una macchia sulle carte dell’ultimo quaderno. Ex-libris di Syston Park al contropiatto anteriore e di John Hayford Thorold a quello posteriore; esemplare proveniente dalla Wardington library.

Prima edizione delle Satire di Giovenale accompagnate dal commento del celebre umanista veronese Domizio Calderini, già pubblicate ‘in minima forma’ a Roma e Venezia tra il 1469 e il 1470. Il commento e la curatela del Calderini (1446-1478), che si conclude con una critica a Niccolò Perotti e al suo lavoro su Marziale e Giovenale, furono dedicati a Giuliano de’ Medici, come testi-

25


monia il manoscritto di presentazione di mano di Bartolomeo di San Vito, oggi conservato alla biblioteca Laurenziana (ms. plut. 53,2). Dal 1486 fino a tutto il XVI secolo il contributo filologico dell’umanista veronese verrà stampato congiuntamente a quello del Valla. Il volume comprende anche l’edizione originale dell’accurato commento, privo del testo delle Satire, del filologo ed umanista piemontese Giorgio Merula, dedicato al Duca d’Urbino Federico da Montefeltro. Le due opere non solo sono un esempio del lavoro degli umanisti sui testi classici, ma testimoniano anche l’attualità e la fortuna di Giovenale nel Quattrocento. I: HC*

9688; BMC V, 214; Goff J, 642; IGI 5575. II: HC* 11091; BMC

VI, 893; Goff

M, 502; IGI 6378.

3 19 3 First French edition of Valerius Maximus printed by the first native Parisian press,“at the sign of the Green Bellows”(Sub Signo Follis Viridis), active from 1474 through 1484, of which 51 editions, the majority being Latin classics and humanistic texts, are known, all now very rare.

Valerius Maximus, Gaius (I sec. d.C.). [Facta et dicta memorabilia]. Titius Probus, Caius (sec.V ?). [De praenomine epitome. De dignitatibus, magistratibus et officiis Romanorum compendium]. Paris, [Au Soufflet Vert (Louis Symonel et Socii)], 1475. In-folio (287x203 mm). Segnatura: [a-g10, h8, i-z10; A-B10, C8, D8]. 264 carte non numerate. Testo su una colonna su 24 linee, per il testo, su 32 linee per gli indici; carattere 107Gk. Iniziali lombarde dipinte in rosso e blu nel testo (il blu un po’ sbiadito); rubricazione dei paragrafi in rosso, maiuscole segnate in inchiostro giallo. Segnature e rinvii manoscritti ai margini superiori delle carte dell’intero volume. Legatura del secolo XVIII in marocchino rosso, piatti decorati da una cornice dorata a tre filetti, titolo e decorazioni in oro al dorso, dentelles interne, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche piccolo foro di tarlo alle prime 35 e alle ultime 20 carte. Qualche nota manoscritta di mano coeva nel testo; due ex-libris al contropiatto anteriore. Provenienza: J. Gilchrist Clark, Speddock (nota manoscritta dell’inizio del secolo XIX al primo foglio di guardia); esemplare Ned J. Nakles (catalogo dell’asta Christies New York, 17 aprile 2000, lotto 162).

Prima edizione francese dell’opera di Valerio Massimo, la più celebre raccolta classica di aneddoti e massime. La presente edizione, la sesta o la settima delle 30 incunabole conosciute, si basa su quella impressa da Schoeffer nel 1471, a cui viene aggiunta la tabula dei nomi propri, l’autore della quale si identifica nel colophon della stessa come originario di Bourges, “Bituris genitus”. Claudin lo ha identificato nello stampatore Louis Symonel, che esplicita il suo nome accompagnandolo con il toponimo “archiepiscopatu Bituricensis” nel colophon del Vocabolarius juris utriusque del 1476 (Copinger 6355). Alla prima tipografia originaria di Parigi, “Au Soufflet Vert”, attiva dal 1474 al 1484, sono state finora attribuite 51 edizioni, la maggior parte delle quali prive di sottoscrizione. La tipografia si stabilì in rue Saint-Jacques, nella stessa via di quella di Caesaris e Stol, e modellò i propri caratteri ispirandosi a quelli dei suoi vicini. I nomi dei collaboratori e degli operai della tipografia – Louis Symonel, Richard Blandin, Guillaume Tardif, Gaspar, Russangis, Jean Symon e

26


altri – compaiono nei colophon e nelle prefazioni di alcune edizioni, ma i loro ruoli e le loro identità restano sconosciuti. La stamperia era specializzata principalmente nell’edizione dei classici latini e delle opere umanistiche; tutte le edizioni del “Soufflet Vert” sono assai rare. HC 15778; BMC VIII, 17; Goff V, 28; CIBN V, 19; A. Claudin, Histoire de l’imprimerie en France au Paris 1915, I, 160-61.

XVe

et au

XVIe

siècle.

3 20 3 Third Latin edition, in original binding, of this hagiographic text attributed to Eusebius from Cremona containing San Girolamo’s biography and the miracles to him nominated.

Hieronymus, santo (ca. 342-420). Vita et transitus [i.e. Eusebio da Cremona, Epistola de morte Hieronymi; Aurelius Augustinus, S. Epistola de magnificentiis Hieronymi; Cyrillus, De miraculis Hieronymi]. [Padova, stampatore del Hieronymus, ‘Vita et transitus’, 1475-80]. In-4° (mm 205x145). Segnatura: a-m8, n10. 106 carte non numerate.Testo su 24 linee. Legatura originale in stile monastico in pelle su assi di legno; tracce di fermagli. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini; macchie su alcune carte.

Terza rarissima edizione latina – la princeps era stata stampata a Venezia nel 1471 - contenente il resoconto della vita di San Girolamo attribuito a Eusebio da Cremona, la descrizione dei 19 miracoli attribuiti a questo santo e alcune testimonianze dei commenti e delle impressioni che egli suscitò nei suoi contemporanei. Dell’enigmatico stampatore padovano non si conoscono altre testimonianze. H 6720*; Goff H, 240; GW 9448; IGI 3728.

3 21 3 An attractive and unusual Psalter, in small narrow format, bound in 16th century olive morocco profusely gilt tooled to an elaborate design with leaves and volutes. A large historiated initial on page 8 (mm 38 by 40), in fine leafy design in colours and tracery on raised burnished gold ground enclosing a half-length figure of King David playing the psaltery.

[Psalterium (Salterio in latino)]. Manoscritto miniato su pergamena. [Firenze, ca. 14751500].

27


Manoscritto su pergamena di mm 137x78. Fascicolazione: [i4, ii-iii10, iv8 (di 10 mancano i-ii), v10, vi9 (di 10 manca viii), vii-viii10, ix8, x-xi10, xii8, xiii10, xiv8, xv9 (di 10 manca ix), xvi10, xvii8, xviii-xx10, xxi10+1]. 193 carte non numerate (mancano due carte dopo la pagina 47 e altre due dopo le pagine 101 e 264). Scrittura gotica libraria in inchiostro marrone su una colonna di 20 linee (giustificazione: mm 109x47), rimandi verticali alla fine di ogni quaderno. Rubriche in inchiostro rosso, iniziali dei Salmi su due linee in rosso e blu con estensioni laterali in violetto o rosso. Alla pagina 8 grande iniziale istoriata (mm 38x40) in oro, rosso, blu e verde con estensioni lungo il margine interno della pagina. La miniatura raffigura re David intento a recitare i Salmi. Legatura cinquecentesca in marocchino oliva riccamente decorata in oro ai piatti e al dorso, tagli in oro zecchino. Manoscritto in buono stato di conservazione, alcune carte prive del margine inferiore, senza perdita di testo.

Bel salterio manoscritto in un inusuale piccolo formato. Il codice doveva originariamente contenere semplicemente i Salmi 1-150, senza divisione liturgica in cantiche, e doveva probabilmente essere stato esemplato per uso personale. In epoca successiva furono aggiunte all’inizio del volume alcune preghiere e, alla fine, una litania. La litania è sicuramente fiorentina poichè vi vengono citati gli arcivescovi Zenobio e Antonino che, morto nel 1459, fu canonizzato nel 1523 – terminus post quem per la datazione dell’ultima parte del manoscritto, in quanto l’autore del Confessionale è ricordato come santo. La bella iniziale miniata, di ottima qualità, è sicuramente opera di una bottega fiorentina, forse di Gherardo del Fora (ca. 1444-1497) che lavorò per molti grandi committenti, incluso Mattia Corvino (si veda A. Garzelli, Miniatura fiorentina del Rinascimento 1440-1525, 1985, figg. 924 e 1077).

3 22 3 Precious Roman incunable, the penultimate printed by the first Italian prototypographer Arnold Pannartz whom after Sweynheym’s death carried on the press activity, producing books of cultural relevance and valuable typographical quality. Well-preseved copy from the Princes Massimo Library, located in the palace where the two german printers begun their activity in Rome after their first press in Subiaco.

Thomas, Aquinas, santo (1221-1274). Quaestiones disputatae de veritate. Roma,Arnold Pannartz, 20 gennaio 1476. In-folio (mm 334x230). Segnatura: [*4, a-f10.8, g8, h10, i-q10.8, r-s8, t-v10, x-z8.10,A-N8.10, O-P8]. 344 carte non numerate.Testo su due colonne di 42 linee. Carattere 106(108)R. Legatura ottocentesca in marocchino biondo con ricca decorazione dorata ai piatti e al dorso, tagli originali con titolo manoscritto. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Numerose postille di mano coeva nel testo. Copia appartenuta ai Principi Massimo, con i pezzi araldici (leone coronato) impressi in oro sui piatti e sul dorso della legatura.

Prezioso incunabolo, il penultimo impresso dal primo tipografo italiano ‘in domo Petri de Maximo’, in una zona intermedia tra Piazza Navona e Campo de’ Fiori, là dove più tardi fu costruito Palazzo Massimo alle Colonne. Il sodalizio dei due celebri prototipografi tedeschi Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz cessò nel 1473 per la morte del primo, mentre il secondo proseguì la sua attività (impressit Rome ingeniosus vir Arnoldud Pannartz natione germanus in domo

28


clari civis Petri de Max[imo]) fino al 1476, realizzando – secondo le linee editoriali della precedente collaborazione – ancora edizioni di notevole impegno culturale e di pregevole qualità tipografica. La raccolta di Questiones, qui in seconda edizione, che segue la princeps di Colonia dell’anno precedente, comprende il De Veritate, testo fondamentale della patristica cristiana, in cui San Tommaso affronta i problemi ontologici connaturati all’idea di verità e verosimiglianza. HC 1420; BMC

IV, 62; Goff T, 180; IGI

9561; Pellechet 1019.

3 23 3 The only edition undersigned by Wolf Han (Lupus Gallus), the younger brother of Ulrich Han, probably the first printer in Rome and the first to publish books in Italian vernacular.Well-preserved copy decorated with an opening large initial ‘B’ in green, blue, pink and black on gold leaf with inner extensions.

Torquemada, Juan de (1388-1468). Expositio super toto psalterio. Roma,Wolf Han, 21 febbraio 1476. In-4º (mm 264x19). Segnatura: [a-c10, d12, e-m10, n12, o10, p12, q-t10, v8]. 204 carte non numerate. Caratteri 150G (titoli, capilettera, inizio dei versi) e 103R (testo). Al recto della prima carta grande iniziale ‘B’ miniata in verde, blu, rosa e nero su fondo a foglia d’oro, grafismi a penna e decorazioni floreali miniate in blu, verde, rosa, rosso e bottoni d’oro lungo il margine interno.Alla carta 3r grande iniziale ‘B’ miniata con corpo della lettera in blu e grafismi a penna rossi nel corpo della lettera e lungo il margine interno; piccole iniziali rosse e blu filigranate alternativamente in violetto e in rosso nel testo. Legatura in pelle marrone del XVIII secolo, titolo in oro al dorso, tagli rossi; custodia in tela beige. Esemplare in ottimo stato di conservazione, stampato su carta forte; qualche piccolo foro di tarlo sui margini bianchi di alcune carte.

Unica edizione sottoscritta e datata da Lupus Gallus (Wolf Han), fratello minore e collaboratore del primo tipografo a stampare a Roma, Ulrich Han. Il maggiore dei Gallus è inoltre celebre per aver dato ai torchi tra il 1468 e il 1469 i primi libri in volgare italiano, l’Apocalisse (vedi scheda n. 9 del presente catalogo) nella traduzione di Federico da Venezia e la Legenda Maior (vedi scheda n. 8 del presente catalogo) di San Bonaventura. La presente edizione del fondamentale testo dell’oratoria sacra quattrocentesca, la sesta assoluta, riprende quasi pagina per pagina la princeps impressa a Roma da Ulrich Han nel 1470. Juan de Torquemada, zio del noto inquisitore spagnolo, originario di Valladolid, fu uno dei personaggi politici più importanti del XV secolo. Entrato tra i Domenicani, si affermò come il più insigne teologo del suo tempo e come difensore del principio dell’autorità pontificia. Papa Eugenio IV lo nominò cardinale nel 1439 e lo inviò come ambasciatore a Carlo VII di Francia per persuaderlo a concludere la pace con gli Inglesi. Papa Callisto III lo promosse alla sede suburbicaria di Palestrina, e Pio II a quella di Sabina. Nel 1460 istituì a Roma, presso la chiesa conventuale di S. Maria sopra Minerva, l’arciconfraternita della SS. Annunziata, al fine di provvedere di dote le fanciulle povere. HC* 15700; BMC

IV, 74; Goff T, 521; IGI

9869.

29


3 24 3 Beautiful copy of the Kalendarium, with all movable parts and hinged decorative brass pointer hand. The first book in printing history in which a title-page with typographical notes appears and probably the first book printed in Italy by Ratdolt and his partners.A landmark in the history of astronomy.

Regiomontanus, Johannes (1436-1476). Kalendarium. Venezia, Bernhard Maler, Peter Löslein e Erahrd Ratdolt, 1476. In-4° (mm 270x203). Segnatura: [a8, b10, c14]. 32 carte non numerate. Caratteri 109R per il testo e 50G per alcune parole o lettere delle tavole.Testo su 30 linee. Frontespizio stampato in rosso e nero racchiuso entro elegante bordura silografica ornata. Iniziali gotiche e lombarde in rosso e nero. Quattro grandi diagrammi silografici a piena pagina: l’Instrumentum horarum inequalium e l’Instrumentum veri motus lunae, quest’ultimo completo delle due parti mobili legate insieme da un filo di canapa; il Quadrans horologii horizontalis, il Quadratum Horarium generale - stampati su due fogli incollati insieme alla fine del volume - con una lancetta in ottone che permette di utilizzare la tavola come una sorta di orologio solare costruito per i viaggiatori. Nel testo 60 diagrammi raffiguranti le varie fasi delle eclissi lunari e solari (alcune ripetute), molte colorate a mano in giallo. Legatura settecentesca in carta marmorizzata entro camicia di mezzo marocchino verde con titolo in oro al dorso e astuccio. Esemplare in ottimo stato di conservazione, le carte incollate tra loro con normale brunitura uniforme.

Primo libro nella storia della stampa in cui compaia un frontespizio. È probabile che l’edizione in latino sia stata stampata per prima, poiché presentava meno difficoltà per i tre tipografi stranieri, e che ad essa spetti la priorità assoluta nell’ordine cronologico della produzione italiana del Ratdolt e dei suoi socii Bernhard Pictor detto ‘il pittore’, anche lui originario di Asburgo, e Peter Löslein, originario di Norimberga, in qualità di ‘correttore’. Nello stesso 1476 l’opera dell’astronomo tedesco venne tradotta e impressa in italiano. La geniale ed elegantissima progettazione tipografica dell’edizione - con un vero e proprio frontespizio entro raffinata bordura vegetale e l’indicazione del luogo di stampa («veneta impressum fuit»), anno e nomi dei tipografi - fa sì che sia rimasta un unicum in tutta la storia del libro. Johann Müller (detto Regiomontanus dal nome latinizzato della sua città di origine) fu un celebre astronomo che ha il merito di aver semplificato l’apparato matematico-asronomico; per volontà di Sisto IV collaborò alla riforma del calendario giuliano. Durante il suo viaggio verso Roma si fermò a Venezia dove collaborò con Ratdolt alla pubblicazione delle sue effemeridi, una serie di tabelle che contengono dati precisi riguardo alla posizione, nel corso di un particolare intervallo di tempo, dei corpi celesti. HC 13776; BMC V, 243; Goff R, 93; IGI 5310; Klebs 836, 2; Sander 6400; Essling 247.

30


24. Regiomontanus, Johannes

9


22.Thomas, Aquinas

10


29. Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus

11


32. Barberiis, Philippus de

12


34. Higden, Ranulph

13


39. Bossus, Matthaeus

14


43. Limoges, Pierre de

15


44. Spirito, Lorenzo

16


3 25 3 Very rare first Florentine edition of this ascetic treatise translated in vernacular by Cavalca, the one with the most reliable text, the closest to the original.

Cavalca, Domenico (1270-1342). Pungi Lingua. Firenze, Nicolaus Laurentius Alamanus, [1476-1477]. In-4º (mm 215x16). Segnatura: a10, b-p8, q4. 118 carte non numerate di cui l’ultima bianca. Carattere 113R.Testo su 31 linee. Iniziali dipinte in blu; rubricato in blu. Legatura italiana del secolo XVI in pelle marrone su assi di legno (remboîtage); eleganti decorazioni a secco ai piatti; dorso a tre nervi, tracce di bindelle; custodia in tela beige con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, restauri ai margini bianchi di alcune carte, macchie alle prime carte, la carta q1 proviene probabilmente da un altro esemplare. Nota di possesso manoscritta di mano cinquecentesca al foglio di guardia anteriore.

Prima rara edizione fiorentina e terza assoluta, che segue la princeps stampata a Roma da Filippo de Lignamine nel 1472 e la seconda milanese uscita dai torchi di CristoforoValdarfer nel 1475, di cui il Gamba riporta che «Monsignor Bottari l’ha posta in cima a ogni altra, assicurando che servì di base e fondamento alla sua ristampa. […] lasciatole il pregio di stampa bellissima e di libro rarissimo» (Gamba 308). Uno dei primi libri stampati dal tipografo tedesco Nicolò Laurenzi, noto per aver dato ai torchi, proprio in quegli anni, il Monte Santo di Dio, il primo libro italiano ornato da incisioni in rame. Il volgarizzamento di questo trattato ascetico tradotto in italiano dal predicatore domenicano Domenico Cavalca che, a partire dal 1320 svolse una notevole attività religiosa e letteraria tesa alla diffusione della ideologia cattolica, fu poi più volte ristampato negli anni Novanta del Quattrocento. Il Cavalca fu autore di fortunatissimi volgarizzamenti di trattati ascetici (Specchio della croce, Mondizia del cuore) in cui inserì circa 50 componimenti poetici, sonetti, laude e sirventesi. Celebri soprattutto le sue Vite dei Santi Padri che traducono le pie leggende tradizionali in una prosa agile e intensa, ricca di aneddoti e senza ricercatezze retoriche. HC 4771; GW 6409; BMC

VI, 626; Goff

C, 338; IGI 2633.

3 26 3 First edition of the Divine Comedy with a commentary, the fifth absolute one, printed by the first Venetian printer.The Gothic type used for this imprint remembers the manuscript tradition and witnesses a precise will to consider a vernacular work at the same level of the great Latin classical texts.

Alighieri, Dante (1265-1321). [La Commedia di Dante Alighieri col supposto commento di Benvenuto da Imola]. [Venezia],Vindelino da Spira, 1477.

31


In-folio (mm 324x219). Segnatura (di un esemplare completo): a- 8, e- 8, a-i10, K10, l-m8, n-s10, t-v8, x-y10, aa-gg10, hh-ii8, KKOO10, PP12. 357 di 376 carte non numerate, mancano i primi due quaderni con la Vita di Dante di Boccaccio, la bianca a1, la carta a2 con la tabula e l’ultima bianca (PP12). Il testo della Divina Commedia è completo.Testo su 2 colonne di 49 linee, carattere 90G. Legatura ottocentesca in mezza pelle nocciola con angoli, piatti ricoperti da carta marmorizzata, titoli e fregi impressi a secco al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, su carta forte e ad ampi margini. Lunga nota bibliografica di mano cinquecentesca al recto dell’ultima carta di testo, firmata ‘V.B.’ (forse del fiorentino Vincenzo Bonanni, autore di un commento all’Inferno).

Prima edizione commentata della Commedia e quinta assoluta, «curata nella esecuzione tipografica […]. Il commento, falsamente attribuito a Benvenuto da Imola, è anonimo ma è opera di Iacopo della Lana, mentre il Benvenuto da Imola scrisse, come è noto, le sue chiose in latino nel 1376, e queste, che credevansi tradotte da incerto in volgare, sono affatto diverse dalle chiose latine del Rambaldi prodotte dal Muratori in Antiquitates italicae medii aevi» (Mambelli, Annali delle edizioni dantesche, p. 14). La presente edizione, di qualche anno posteriore a quella, sempre vindeliniana, del Petrarca, denota il preciso intento dello stampatore nel voler considerare i grandi autori volgari alla stregua dei classici latini di tradizione consolidata. Il testo del poema dantesco viene infatti proposto corredato dal commento di Benvenuto da Imola, paternità, questa, da ascriversi in realtà al meno noto Jacopo della Lana. Il testo dantesco viene corredato inoltre dal Credo, dai capitoli di Busone da Gubbio, da un sonetto, che la tradizione attribuiva erroneamente al Boccaccio, e da un altro sonetto, che funge da colophon, attribuibile all’editore Cristoforo Berardi da Pesaro. Si tratta quindi della prima edizione del poema dantesco che possa vantare fini storici e didattici al contempo, il carattere gotico utilizzato da Vindelino testimonia inoltre una precisa volontà di rimando alla tradizione manoscritta e alla tradizione a stampa dei testi di natura religiosa. Potrebbe esser curioso notare che, sebbene si debba aspettare l’edizione del Giolito del 1555 perché all’opera venga associato l’appellativo di ‘divina’, nel dozzinale sonetto finale l’aggettivo venga attribuito al poeta, si parla infatti dell’«inclito e divo Dante». HC 5942; GW 7964; BMC V, 248; IGI 358; Goff D, 27; De Batines I, pp. 23-29; Mambelli 7; Gamba 382.

3 27 3 «To my mind there are few printed books of any age which can be compared with the Appian of 1477, with its splendid black ink, its vellum-like paper, and the finished excellence of its typography» (Redgrave). First edition of the Historia Romana, one of the most famous Roman historic recollections, and one of the first attempts to replace the illuminated borders by using woodcut decorated ones.

Appianus Alexandrinus (ca. 100–ca. 170). Historia romana. De bellis civilibus.Venezia, Bernhard Maler, Erhard Ratdolt e Peter Löslein, 1477. Due parti in un volume in-4º (mm 239x184). I. Segnatura: a-i10, k-n8, o10. 131 di 132 carte non numerate, manca l’ultima bianca. II. Segnatura: a-c10, d12, e-x10. 211 di 212 carte non numerate, manca la prima bianca. Alla prima carta del

32


primo libro splendida bordura silografica e grande inziale decorata da motivi fitomorfi su fondo nero; alla prima carta del secondo libro bordura silografica su due lati e grande iniziale, entrambe decorate e su fondo nero; iniziali silografiche su fondo nero nel testo. Legatura ottocentesca di Hedberg in pelle nocciola decorata a secco; titolo in oro al dorso, sguardie in carta marmorizzata. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche macchia marginale e lievi fioriture; margini molto rifilati; restauro a porzione del margine inferiore bianco delle prime due carte del secondo libro. Ex libris ‘Axel Ax: Son Johnsons Bibliotek’ al contropiatto anteriore; note ottocentesche di collazione a lapis e a penna al verso del foglio di guardia anteriore.

Prima edizione assoluta di quest’opera, considerata uno dei monumenti tipografici della stampa in Italia. «Les deux superbes bordures ornées d’arabesques blanches sur fond noir, sont demeurées comme un modèle de décoration typographique. L’Appianus est un des exemples les plus typiques de l’influence de la tradition de l’enluminure sur les livres imprimés, mais il est aussi la tentative la mieux réussie pour remplacer la miniature par l’ornamentation typographique» (Sander, 482). La presente edizione venne approntata dall’umanista lombardo Pier Candido Decembrio sulla base dei manoscritti vaticani; il testo greco originale verrà pubblicato solo nel 1551. L’Historia romana è considerata l’opera più importante dello storico romano Appiano, originario di Alessandria d’Egitto, ed è divisa in 24 libri - che costituiscono più una silloge di scritti monografici che un’opera unitaria - in cui l’autore espone la storia di Roma dalle origini alla morte dell’imperatore Traiano. HC* 1307; GW 2290; BMC V, 244; Goff A, 926; Sander 482; Essling 221; Redgrave, Erhard Ratdolt and his work at Venice, London 1894.

3 28 3 Very rare second edition of the oldest geographical description of the Earth. A large copy, preserves in its margins interesting contemporary annotations and a coheval pen drawing T-O map with the North curiously oriented to the South: no other known map listed in bibliographies shows such a peculiarity.

Mela, Pomponius (metà sec. I d.C.). Cosmographia, sive de situ orbis. [Venezia, Stampatore del Pomponio Mela, 15 novembre 1477?]. In-4° (mm 222x145). Segnatura: a-g8, h6. 62 carte non numerate (completo della prima e delle ultime due carte bianche, mancanti a molti esemplari). Caratteri 106R e 106Gk (una parola in a3).Testo su 22 linee. Legatura cinquecentesca in pergamena floscia. Esemplare in ottimo stato di conservazione, a grandi margini (le due copie della British Library misurano in altezza rispettivamente mm 184 e 195); lieve alone e un forellino di tarlo alla prima carta bianca. Nota di possesso alla prima carta, eleganti chiose di mano coeva ai margini che segnalano i paesi descritti nel testo; al margine inferiore della c. 2 un disegno coevo a penna che riproduce un mappamondo di tipo ‘T-O’ e che, sebbene si ispiri alla silografia dell’Isidoro di Siviglia del 1472, è curiosamente orientato con il nord in basso e l’Antartide in alto; nessuna raffigurazione con tale orientamento è riportata da Shirley, Mapping of the World, né da alcuna altra bibliografia sull’argomento.

33


Rarissima seconda edizione del trattato di Pomponio Mela, classico testo cosmografico latino che costituisce la più antica descrizione geografica della Terra, nonché la prima data alle stampe. La rarità della prima edizione (Milano, 1471) è comparabile a questa: 11 esemplari in Italia per entrambe e solo quattro (contro i cinque del 1471) negli Stati Uniti. L’anonimo tipografo, che da questa edizione trae il suo nome, pubblicò nello stesso anno due varianti: una datata «Venetiis, XV novembris M. CCCC. LXXVII» ed una priva di note tipografiche, come la presente. Di questo raffinato stampatore si conoscono solo altre tre edizioni: il De proprietate Sermonum di Nonio Marcello del 1478, il De verborum significatione di Sesto Pompeo Festo (senza data), e il De lingua latina di Varrone curato da Pomponio Leto, anch’esso non datato. L’opera di Pomponio Mela può considerarsi la più antica trattazione geografica a noi giunta, anche se si tratta già di un compendio, risultato della raccolta e della selezione di notizie presenti in altri autori. Come ricordato dal BMC l’ultima linea di testo, al verso della c. d7, è stampata a mano. Goff M, 448; BMC V, 261; Klebs 675-2; IGI 6341.

3 29 3 A beautiful well-preserved copy of a rare Venetian Lactantius edition. Decorated by an opening historiated miniature showing the author with a book in his hand. From the George Abrams collection.

Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus (ca. 245-ca. 323). [Opera]. Venezia, Johannes de Colonia e Johannes Manthen, 27 agosto 1478. In-folio (mm 298x196). Segnatura: a12, b-m10, n8, o-r10, s-x8, y10, z8, 3-48. 228 carte non numerate di cui la prima bianca. Caratteri 109R2 e 110G. Alla carta b1r splendida iniziale miniata ‘M’ con corpo a foglia d’oro, decorata da motivi floreali in rosa, blu, verde, giallo e contenente un ritratto dell’autore coronato d’alloro entro medaglione circolare; al margine inferiore, racchiuse in serto d’alloro, armi non identificate composte da una croce in oro su tre promontori in campo verde con decorazioni floreali ai lati; nel testo dieci belle iniziali con corpo della lettera in oro, miniate in verde, blu, rosa con decorazioni floreali a pennello in bianco sul fondo; gli altri capilettera in blu o in rosso, segni di paragrafo in rosso. Legatura cinquecentesca in pergamena rigida, dorso a tre grandi nervi con titolo e antica segnatura scritti a mano. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune carte con barbe; qualche foro di tarlo alle prime e alle ultime carte. Antica segnatura manoscritta biffata alla prima carta. Ex-libris di George Abrams e della Biblioteca Philosophico-Ermetica al contropiatto anteriore.

Rara edizione veneziana dell’opera del grande apologista cristiano che è una ristampa di quella impressa, sempre a Venezia, da Vindelino da Spira nel 1472. Alcuni esemplari dell’edizione di Vindelino contenevano un quaderno aggiuntivo – mancante nella maggior parte dei casi – recante l’Epitome divinarum institutionum di Lattanzio. Anche Johannes de Colonia e Johannes Manthen stamparono questo quaderno separatamente, dal momento che esso non viene segnalato nel registro, e che si trova, nel nostro esemplare, legato tra la carta 7 e la carta 8 del fascicolo ‘z’. Come tutte le impressioni antiche l’Epitome reca solo i capitoli dal 56 in poi dal momento che la parte

34


iniziale dell’opera (capitoli 1-55) non verrà scoperta e pubblicata fino al 1712. Il poema di Lattanzio Phoenix è seguito da estratti riguardanti la fenice tratti dalle Metamorfosi di Ovidio, dal De resurrectione di Venanzio Fortunato e dall’Inferno di Dante (XXIV, vv. 106-111, qui alla c. 218r). HC* 9814; BMC V, 233; Goff L, 9; IGI 5625.

3 30 3 Nice copy, printed in thick paper, of the second edition of the ‘Small Decameron’.The Ameto is to be considered as the first modern instance of the pastoral romance as a literary genre.

Boccaccio, Giovanni (1313-1375). Ameto overe Comoedia de Nymphe fiorentine [con due sonetti di Girolamo Bononio]. Treviso, Michele Manzolo, 1479. In-4° (mm 210x144). Segnatura: a-i8, k-l6. 82 di 84 carte numerate (mancano la prima e l’ultima bianche). Carattere romano, testo su un’unica colonna di 32-34 linee. Legatura moderna in vitello decorato a secco; titolo in oro su tassello in marocchino rosso al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, restauri ai margini inferiori bianchi delle prime 8 carte; qualche lieve fioritura.

Seconda edizione, impressa da Michele Manzolo, non meno rara della prima, stampata a Roma l’anno precedente. La presente copia reca la variante, descritta nel Gesamt Katalog, con l’incipit che recita: «overe Comoedia de Nymphe» (terza e quarta linea) e, alla quinta riga del colophon: «anno de». Alla fine del volume (c. 83 recto e verso) si trovano inoltre due sonetti del poeta trevigiano Girolamo Bononio, il primo in lode del tipografo, che viene celebrato per aver contribuito a diffondere e stampare quest’opera del Boccaccio considerata «rara, ignota […] et quasi persa», il secondo che tesse l’elogio della potenza di Amore e la grandezza degli autori che lo eleggono a materia delle loro opere, quali Petrarca e Boccaccio. Dal punto di vista tipografico è curioso notare come il secondo sonetto (c. 83v) sia inscritto tra quattro lettere (P, T, R, S), per le quali non è stata ancora trovata una valida spiegazione. L’Ameto, titolo dato all’opera dai suoi primi editori e che qui si affianca a quello originale attribuito dal Boccaccio – Comedia delle ninfe fiorentine – con la sua combinazione di allegoria e romanzo pastorale, la sua struttura di prosimetrum – che si ispira alla Vita Nuova – prefigura il Decameron (il Sansovino lo chiamava «il piccolo Decameron») e, al contempo, è ancora vicino alla parte del Filocolo dedicata alla corte d’Amore di Fiammetta. «Ma, se la vera Vita Nuova è un’autobiografia simbolica sopraggiunta attorno a rime almeno in gran parte preesistenti, questa del Boccaccio sottostà, per l’insieme della cornice e per i ternarî, a tutta una placcatura allegorica, che pretende significare la trasfigurazione operata dall’amore entro un essere selvaggio: sublimazione il cui carattere all’ingrosso neoplatonico doveva rendere il libro particolarmente gradito ai lettori rinascimentali» (G. Contini, Letteratura italiana delle origini, Firenze 20033, p. 715). HC 3287; GW 4429; BMC VI, 888; Goff B, 707; IGI 1764; Bacchi della Lega, p. 98; Cat. Bernard Quaritch, Italian books XV-XVIII secoli, (1992), n. 4 (stessa copia).

35


3 31 3 The lost “Codice Dolci”, used for the first critical edition (1933) by the owner Giulio Dolci. Recently studied and attributed to the Pistoiese poet Tommaso Baldinotti, scribe also of the other two coheval Libro dei Sonetti manuscripts known, and with all evidence the real editor of this poetical ‘tenzone’ between Matteo Pulci and Luigi Franco.

Pulci, Luigi (1432-1484) – Franco, Matteo (1447-1494). [Libro dei Sonetti]. [Firenze, ca. 1480]. Manoscritto cartaceo di mm 203x137. Fascicolazione: [I-III8, IV7]. 31 carte non numerate, di cui le ultime tre bianche. COMPLETO.Testo su unica colonna (giustificazione: mm 145x80), di 29 linee; richiami alla fine di ogni fascicolo posti in basso trasversalmente, parzialmente rifilati; rigatura a secco. Elegantemente vergato da unica mano in grafia umanistica corsiva; carta con filigrana del tipo ‘a cappello’, identificabile con Briquet, n. 3373 (Firenze, tra 1474 e il 1483). La prima carta reca un’iniziale miniata ‘S’ su 3 linee, con corpo della lettera a foglia d’oro, cui si avviluppano tralci a bianchi girarî, su fondo blu, rosa e verde, sbalzato con puntini bianchi. Il testo è inoltre scandito da iniziali calligrafiche in inchiostro bruno di modulo lievemente maggiore del testo, poste all’inizio di ogni quartina. I primi sette sonetti prevedono, inoltre, un titolo rubricato dallo stesso scriba; l’inserimento di tali rubriche era concepito per tutti i sonetti, in quanto tra l’uno e l’altro compaiono alcune righe bianche, ma non venne mai realizzato. Per tutte le altre composizioni un’altra mano ha introdotto brevi titoli in inchiostro nero. Legatura d’inizio Cinquecento in pergamena floscia, dorso a capitelli passanti; in astuccio moderno in marocchino verde. La conservazione del codice, molto marginoso, è ottima, se si eccettua la mancanza al margine bianco inferiore della prima carta e uno strappo senza perdita di testo alla c. 3. c1r, incipit: Salve se se’ quel poeta Luigi […]. c. 28v, explicit: […] e tutta notte attesi a far cumete. Il manoscritto in esame, contiene 83 Sonetti così suddivisi: - 17 di Luigi Pulci a Matteo Franco (II; IV; X; XV; XVI; XVII; XVIII; XIX; XX; XXI; XXII; XXIII; XXIV; XXV; XXVI; LV; LVI). - 1 del Pulci a Giuliano de’ Medici e a Luigi Stufa, nobile ambasciatore al servizio di Lorenzo de’ Medici (LXXV). - 43 di Matteo Franco a Luigi Pulci (I, III, V, VI, VII, VIII, IX, XI, XII, XIII, XIV, XXVII, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI, XXXII, XXXIII, XXXIV, XXXV, XXXXVI, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL, XLI, XLII, XLIII, XLIV, XLV, XLVI, XLVII, XLVIII, XLIX, L, LI, LII, LIII, LIV, LVII, LVIII, LIX, LXXVI). - 2 generici di Matteo Franco (LXXVIII, LXXXI). - 8 di Matteo Franco a Lorenzo de’ Medici (LX, LXII, LXIII, LXIV, LXVI, LXXIV, LXXXII, LXXXIII). - 2 di Matteo Franco a Giuliano de’ Medici (LXV, LXVII). - 1 di Matteo Franco: A uno che lo secava che gl’insegnassi archimia un merciaio (LXXVII). - 1 di Matteo Franco a Madonna Clarice, Clarice Orsini, moglie di Lorenzo il Magnifico (LXI). - 1 di Matteo Franco a ser Niccolò Michelozzi, cancelliere di Lorenzo de’ Medici e gonfaloniere nel 1497 (LXVIII). - 1 di Matteo Franco a Marsilio Ficino (LXIX). - 1 di Matteo Franco Agli ufficiali della posta (LXX). - 1 di Matteo Franco a Iacopo di Messer Poggio, figlio dell’umanista Poggio Bracciolini (LXXI). - 1 di Matteo Franco all’arcivescovo di Firenze, il Cardinale Pietro Riario, nipote di Sisto IV (LXXII). - 2 di Matteo Franco ad un suo amico/compare (LXXIII, LXXIX).

Tra gli esigui testimoni manoscritti superstiti dei Sonetti di Luigi Pulci e di Matteo Franco il presente è senz’altro uno dei primi ed è sicuramente anteriore a qualsiasi edizione a stampa. Gli altri testimoni manoscritti dell’opera pulciana attualmente noti, tutti su supporto cartaceo, sono: - Trivulziano 965 della Biblioteca Trivulziana di Milano (T); inizio del XVI secolo. - Vaticano Barberiniano latino 3912 (B); fine del XV o inizio del XVI secolo. Come nel caso del

36


manoscritto in esame, è qui presente un apparato illustrativo che incornicia la scrittura nell’angolo superiore sinistro, con uno stemma nella parte inferiore della carta, identificato con quello della famiglia Carnesecchi. - Parmense 1336 della Biblioteca Palatina di Parma (P); fine del XV o inizio del XVI secolo. Il sistema illustrativo del codice reca uno stemma nel bas de page della c.1r, recentemente identificato con quello della famiglia pistoiese dei Baldinotti. - Palatino 217 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Np); secolo XVIII. Si tratta di un testimone tardo, che è stato preso come antigrafo di riferimento per l’edizione lucchese del 1759, che ha fissato il canone settecentesco dell’opera del Pulci. Il codice è strettamente legato alla personalità di Giulio Dolci e alla sua edizione del 1933 del Libro de Sonetti. Da un lato, la presenza all’interno delle pagine del codice di un foglietto manoscritto recante l’indicazione ‘Codice Dolci’, dall’altro una puntuale collazione con l’edizione a stampa pubblicata da Dolci nel 1933, hanno permesso di identificare con certezza nel manoscritto in questione l’opera di proprietà privata dello studioso, presto ritenuta introvabile e utilizzata come fondamento testuale della pubblicazione (Brambilla Ageno I, pp. 183-210; F. Pignatti, pp. 194-196). Il nostro codice (D) è stato recentemente attribuito alla mano del pistoiese Tommaso Baldinotti (1451-1511), personaggio legato alla cerchia medicea, copista di opere latine e volgari e cultore in prima persona della poesia burlesca, di cui si conoscono 35 codici, sottoscritti tra il 1464-65 e il primo decennio del Cinquecento, comprendenti opere originali e trascrizioni (si veda M. Zaccarello, Un testimone ritrovato e la tradizione del Libro dei Sonetti di Matteo Franco e Luigi Pulci, intervento al Circolo Linguistico-filologico, Padova, 22 marzo 2006). Tra gli altri testimoni noti del Libro dei Sonetti sicuramente due (B e P) sono stati esemplati dal Baldinotti stesso, dal momento che presentano una mise page e dei tratti della scripta molto simili a quelli del nostro codice. Dobbiamo quindi supporre che il poeta pistoiese «non vada riconosciuto solo come l’estensore della triade P, B, D, ma un vero redattore ed editore del Libro dei Sonetti, qualifica che può legittimamente essere assimilata a quella di co-autore poiché [il Baldinotti] ha non solo recuperato da fonti presumibilmente eterogenee un cospicuo corpus di rime attribuibile ai due tenzonatori, ma ad esso ha conferito una struttura macrotestuale e una relativa compattezza che certo non risale agli autori né doveva far parte del disegno originario dell’opera (si tratta anzi di un carattere che intimamente contrasta con la natura occasionale ed estemporanea di quella poesia)» (M. Zaccarello, cit.). L. Pulci-M. Franco, Il “Libro dei Sonetti”, a cura di G. Dolci, Milano-Genova-Roma-Napoli 1933; S.S. Nigro, Pulci e la cultura medicea, Bari-Roma 1972; F. Brambilla Ageno, Per l’edizione dei Sonetti di Matteo Franco e di Luigi Pulci, in AA.VV., Tra latino e volgare. Per Carlo Dionisotti, a cura di G. Bernardoni Trezzini, O. Besomi, L. Bianchi, N. Casella,V. Ferrini Cavalleri, G. Gianella, L. Simona, Padova 1974; F. Pignatti, Franco Matteo, in Dizionario Biografico degli Italiani, L, Roma 1998, pp. 194-196, in partic. p. 195.

37


3 32 3 Amazing illustrated Roman incunable, with a suite of 29 full-page woodcuts showing the Prophets, the Sybills, Plato, John the Baptist, Christ and the Nativity, the last two are taken from the famous Master E.S. copperplates.

Barberiis, Philippus de (sec. XV). [Discordantiae sanctorum doctorum Hieronymi et Augustini]. [Roma, Giovanni Filippo de Lignamine, dopo il] 1 dicembre 1481. In-4° (mm 180x125). Segnatura: [A-B8, C6, D8, c-h8, i4]. 82 carte non numerate. Carattere 114R. Testo su 26 linee. Illustrato da 29 legni a piena pagina racchiusi in cornice architettonica che rappresentano le sibille, Platone (ripetuto per il profeta Osea), Cristo, la Natività, il Battista e Proba Centona. Legatura in marocchino nocciola del XX secolo, piatti decorati da una cornice in oro con ferri dorati agli angoli; titolo e note in oro al dorso, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, gli ultimi due quaderni lavati, le prime carte minimamente rimarginate. Alcune maniculae e note manoscritte in latino del sec. XVI nel testo; al recto della prima carta timbro ‘BC’ e al verso timbro ‘Bibliot H. F. 1834’; nota a lapis di Tammaro de Marinis al contropiatto posteriore.

Raro incunabolo romano illustrato, la cui straordinaria suite di illustrazioni viene ricordata dal Kristeller «Die 29 meist Propheten und Sybillen darstellenden Illustrationem […] sind, trotz der skizzenhaften […] ausführung zum Teil nicht hone Schwung und Formengefühl. Neben echt italien. Gestalten, wie der Sybilla Emeria, erblicken wir mit Erstaunen 2 Kopien nach Kupferstichen des Maisters E.S. Christus als Schmerzenmann und die Geburt Christi» (P.O. Kristeller, Kupferstich und Holzschnitt, pp. 161-62). Il volume racchiude una silloge di testi, raccolti - come si evince dalla dedica dello stampatore siciliano a Sisto IV - da un tal Filippo, probabilmente identificabile con il domenicano e professore in teologia Filippo de Barberiis («Philippus ex ordine praedicatorum conterraneus et affinis meus edidit», c. A2r). Al teologo conterraneo e sodale del Lignamine si devono però solo i primi due trattati, le Discordantiae sanctorum doctorum Hieronymi et Augustini e i Dicta Sybillarum, mentre il Quicumque vult è di San Tommaso e il Donatus theologus è anonimo. Chiude il volume il noto centone virgiliano attribuito fin dall’antichità a Proba Centona. Di quest’edizione sono note due differenti tirature recanti la stessa data: la prima, di 70 carte, illustrata da 13 legni, e la presente che, oltre ad avere 29 illustrazioni silografiche (di cui 12 reincise su quelle della princeps e una ristampata) riutilizza gli interi fascicoli, da ‘c’ fino a ‘i’, della precedente a cui sono aggiunti i fascicoli ‘A-D’ contenenti le nuove 16 silografie e il testo originale ricomposto con minime varianti. C 872; GW 3386; BMC Jahrhunderten, Berlin 1921.

IV,

131; IGI 1245; Goff B, 119; Sander, 773; Kristeller, Kupferstich und Holzschnitt in vier

38


3 33 3 First edition of the first memory treatise to appear in print. «Far from introducing us to a modern world of revived classical rhetoric, Publicius’ memory section seems rather to transport us into a Dantesque world in which Hell, Purgatory and Paradise are remembered on the spheres of the universe» (F.Yates).

Publicius, Jacobus (fl. 1465). Ars oratoria. Ars epistolandi. Ars memorativa. Venezia, Erhard Ratdolt, 30 novembre 1482. In-folio (mm 187x133). Segnatura:A-D8, E6, a8, b6, c-d8. 68 carte, la prima e l’ultima bianche.Testo su 31 linee. Caratteri: 7:92G, 3:91G; 6:56(75)G; 91G. L’incipit della carta A2 stampato in rosso. Nel testo 11 pagine contenenti illustrazioni incise su legno: alla c. A3v un diagramma a piena pagina; 42 cerchi su legno contenenti le lettere dell’alfabeto pittorico (con due illustrazioni per ogni lettera) e due cerchi contenenti una nave e la veduta di una città, stampati su 7 pagine. Un diagramma astronomico a piena pagina mancante della volvelle e una pagina contenente una scacchiera con i pezzi in posizione di base; iniziali silografiche ornate. Legatura novecentesca di Giuseppe Faciuoli di Firenze in marocchino marrone decorata in oro, sguardie in seta, tagli dorati.Alcune note manoscritte dei secoli XVI e XVII. Ex-libris del barone di Landau.

Prima rara edizione di questa epitome di arte retorica suddivisa in tre parti di cui l’ultima è dedicata alla trattazione dell’ars memorativa. Si tratta della prima apparizione di un’opera di mnemotecnica in un testo a stampa. «Far from introducing us to a modern world of revived classical rethoric, Publicius’ memory section seems rather to transport us back to Dantesque world in which Hell, Purgatory and Paradise are remembered on the spheres of the Universe […]. In short, this first printed memory treatise comes straight out of the medieval tradition» (F.Yates, The Art of Memory, Chicago 1972, pp. 110-111). Si conoscono ben poche notizie riguardanti l’autore, di cui questa è l’unica opera conosciuta. Publicius si dichiara fiorentino, ma si pensa che potesse essere di origini spagnole ed esistono testimonianze di un suo periodo di insegnamento a Basilea, Lipsia ed Erfurt intorno al 1460. Una copia manoscritta di questo trattato redatta da un monaco inglese nel 1460 testimonia la circolazione del testo, con lezioni differenti, prima di questa data. HC* 13545; BMC V, 287; IGI 8191; Goff P, 1096; Essling 292; Sander 5982; F.Yates, The Art of Memory, Chicago 1972.

3 34 3 A substantially complete copy of the first edition of the most influential universal chronicle in Britain of the 14th and 15th centuries. The Polycronicon as originally written by the Benedictine monk Ranulf Higden was a world history from the Creation to 1360. Composed by seven books, in imitation of the seven days of Genesis, it offered a clear and original picture of that history based on medieval tradition.The English translation of John Trevisa was commissioned by Thomas, Lord Berkeley and

39


modernized by Caxton in his edition, who also added a final book, to bring the history up to date. Fully annotated by an English 16th century reader, Lord Peckover copy.

Higden, Ranulph (m. 1354). Polycronicon. [Westminster],William Caxton, [tra il 12 luglio e il 20 novembre 1482]. In-folio (mm 262x190). Segnatura (di una copia completa): a-b8, c4, 1-288, [ξ]2, 29-488, 494, 508, 52-558 (cc. [20], CCXXV, [1], CCXXXI-CCCCXXVIIJ [i.e. 430]). 419 di 430 carte, mancano le quattro bianche (a1, 1.1, ξ2, 55.8) e 7 carte di testo (a2, a3, a6, a8, c4, 54.8, 54.7) integrate da copie manoscritte del secolo XIX, fatte esemplare da Lord Jonathan Peckover. Testo su 40 linee, carattere 4:95G. Correzioni alla numerazione dei capitoli, iniziali e segni di paragrafo in inchiostro rosso di mano coeva. Legatura tardo-ottocentesca in vitello marrone, tagli dorati. Esemplare in discreto stato di conservazione. Le carte a4, a5 e b1 (probabilmente provenienti da un altro esemplare), rimarginate e con perdita di testo all’angolo superiore interno, un simile restauro interessa l’intera Tabula (a1-c4) senza perdita di testo. Le carte numerate da CLXIX a CLXXVI, provenienti da un altro esemplare, presentano restauri ai margini bianchi; l’ultimo quaderno, rimarginato, proviene da un esemplare più corto e la c. 55.5 presenta una perdita di testo. I difetti sono già dichiarati da Lord Peckover in una nota descrittiva apposta al volume. Proveniente probabilmente dalla Cattedrale di Llandaf (Wales); nota manoscritta della fine del secolo XV all’ultima carta prima del colophon ‘Dieu fayt tout’. Al verso della c. CCXXX, nota di possesso, datata 1541, di Thomas de [cro?]uell che annota gran parte del volume in inglese, correggendo e ampliando il testo. Alla c. CCCCXIX la stessa mano redige una analoga sottoscrizione ‘Thomas [cro?]uell anno millesimo quingentessimo xli […]’. Altre note in inglese di mani successive. Dalla Collezione di Lord Jonathan Peckover, che, oltre a descrivere il volume, inserisce una lista di prezzi di incunaboli di Caxton apparsi sul mercato fino all’anno 1874.

Prima edizione della più importante cronaca universale inglese, stampata dal prototipografo della Gran Bretagna William Caxton (ca. 1415-1492). Il testo venne tradotto nel 1387 dall’originale latino, redatto dal monaco benedettino Ranulf Higden, da John of Trevisa, capellano di Lord Berkeley, che commissionò la versione inglese. La traduzione del Trevisa venne rimaneggiata e resa più moderna dallo stesso Caxton, che vi aggiunse una continuazione che narrava gli eventi dal 1358 al 1460. Il Polychronicon contiene la storia universale dalla Creazione al 1360, si divide in sette libri, che corrispondono idealmente ai sette giorni della Genesi, e costituisce un documento prezioso per la storia della storiografia medievale. L’opera godette di un successo notevole già durante il periodo medievale come testimonia il cospicuo numero di manoscritti dai quali è tramandata e le numerose continuazioni che ne vennero fatte durante la seconda metà del Trecento, tra le quali va ricordata quella di John Malvern. HC 8659; Goff H, 267; Blades, 44; STC 13438; Duff 172; Needham Cx 52; Pforzheimer 489; De Ricci, Census 49.31.

3 35 3 An illuminated copy of the first edition of the first modern chronicle of the world, entirely rubricated in red and blue. “The first dated book from the press of Bernardinus Benalius” (BMC). Bergomensis, Jacobus Philippus (1434-1520). Supplementum Chronicarum. Venezia, Bernardino Benali, 23 agosto 1483.

40


In-folio (mm 310x210). Segnatura: A10, a12, b-i8, k-l6, m-n8, o-p6; A-F8, G-H6, I8, K-M6, N8, O6, P8, Q-Z6, AA-DD6. 306 carte, le prime 10 non numerate, le restanti numerate [1]-116 e 1-180. Testo su 54 linee, caratteri 150Ga e 83G. Marginalia a stampa con note e date. Alla carta a3r grande iniziale (mm 48x40) miniata in rosso su fondo oro e ornata con foglie verdi che si estendono nei margini; nel margine inferiore stemma nobiliare in tondo con estensione floreale orizzontale, miniato con gli stessi colori, recante al centro un leone rampante e la scritta Benedictus Deus. Interamente rubricato in rosso e blu con centinaia di iniziali grandi e piccole degli stessi colori. Legatura del secolo XIX in mezza pelle, dorso a nervi con titoli e fregi in oro. Esemplare in ottimo stato di conservazione, puro e a grandi margini, lievissime ingialliture su qualche carta.

Editio princeps, di notevole rarità ed eleganza tipografica, di questa celebre cronaca del mondo, dalle origini al XV secolo, e primo libro sottoscritto da Bernardino Benali che, nel 1486, diede alle stampe anche la prima edizione illustrata di quest’opera che godette inoltre di un vasto successo e fu ristampata, con nuove aggiunte dell’autore, fino al 1503 e per tutto il secolo XVI. Giacomo Filippo da Bergamo della famiglia Foresti, fu eremita agostiniano ed autore anche del Confessionale e del De claris mulieribus, contenenti aggiunte e rimaneggiamenti dell’autore, vennero impresse fino al 1502. HC 2805; BMC V, 370; IGI III, 5075; Goff J, 208; L.S. Olschki, Monumenta typographica, Cat. LIII 1903, n. 852 («Première édition assez rare de cette chronique célèbre, remarquable aussi par la beauté de son exécution typographique»).

3 36 3 An illuminated copy of the first Venetian edition of Paulus Orosius’ main work, the first universal history, written on demand of St. Augustine to be the historical background to his City of God.

Orosius, Paulus (m. ca. 418). Historiae. Venezia, Ottaviano Scoto, 1483. In-folio (mm 284x210). Segnatura: a8, b-m6, n4. 78 carte non numerate di cui la prima bianca.Testo su 41 linee, carattere 106Ra e 106Rb. Al recto della carta a2 grande iniziale miniata in rosso, blu, verde, rosa e marrone su fondo a foglia d’oro con estensioni lungo il margine interno; al centro del margine inferiore scudo nobiliare dipinto in rosso e marrone; alcuni capilettera scritti in inchiostro marrone negli spazi bianchi. Legatura novecentesca in mezza pergamena con angoli e carta marmorizzata ai piatti. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore e qualche macchia alle prime e alle ultime carte. Al verso della prima carta bianca nota di possesso manoscritta dell’umanista italiano Alessandro degli Alessandri (1461-1523) - ‘Nunc Alexandri ab Alexandris vercellensis physici’ - autore del Genialium dierum libri sex (Parigi, 1532), una miscellanea di storie, facezie e curiosità classiche che venne stampata più di 10 volte nel secolo XVI. Al recto della prima carta si legge un verso di Virgilio: ‘Vivite felices quibus est Fortuna peracta’. Qualche nota manoscritta coeva in inchiostro marrone nel testo.

Prima edizione veneziana, quarta assoluta, della storia universale che Paolo Orosio compose su domanda di Sant’Agostino contro i pagani incentrandola sulle miserie della guerra e le assurde polemiche religiose. L’autore, originario di Tarragona, in Spagna, presi gli ordini sacerdotali, si recò in Africa per completare gli studi di teologia con S. Agostino: già da allora nacque, forse,

41


quell’amicizia e quella consonanza di interessi culturali che portò alla stesura dell’imponente Historiarum Libri VII adversus paganos, opera storica che abbraccia il periodo compreso fra la creazione di Adamo ed il 417 d.C. e sollecitata dal santo vescovo di Ippona come controprova storica della sua opera De civitate Dei. Si tratta di una delle prime grandi storie universali che riscosse un successo notevole nel Medioevo, successo testimoniato dagli oltre 200 manoscritti che la tramandano. L’opera venne impressa per la prima volta ad Augsburg nel 1471 da Johann Schuszler. HC 12102; BMC V, 278; IGI 7036; Goff O, 98.

3 37 3 Beautiful copy in original binding of the second edition of the first Bibliophily treatise, written in in the 14th century by the English bishop Richard de Bury, but printed in England only in 1599. The work contains the rules based on which the author thought the library of the Durham College.

Bury, Richard de (1287-1345). Phylobyblon. Spira, Johann e Conrad Hist, [dopo il 13 gennaio 1483]. In-4° (208x145). Segnatura: [a-e8]. 40 carte non numerate di cui l’ultima bianca.Testo su 31 linee, carattere 87G. Alcune iniziali in inchiostro rosso e marrone. Legatura coeva in pelle di scrofa montata su assi di legno e chiusa da un fermaglio sul taglio esterno. Esemplare in buono stato di conservazione, restauri al margine della carta a1, alcune gore e fori di tarlo ai margini delle ultime carte; una crepa lungo l’asse lignea del piatto anteriore della legatura, sguardie in pergamena moderna. Alcune note manoscritte nel testo; curiosa area di stampa di 10 linee impressa a secco all’ultima carta

Seconda edizione del primo trattato di bibliofilia. Questo libro segna anche l’inizio dell’attività tipografica dei fratelli Hist a Spira, come si evince dalla loro epistola prefatoria al volume datata 13 gennaio 1483. L’autore del Phylobyblon, il benedettino Richard de Bury, figlio di Sir Richard Aungerville, studiò filosofia e teologia ad Oxford, fu arcivescovo di Durham e cancelliere del re d’Inghilterra. Il de Bury, un anno prima della morte «nel gennaio del 1334, aveva terminato di scrivere il Philobiblon, quel “trattatello sull’amore dei libri” che gli avrebbe assicurato la riconoscenza e l’affetto di generazioni di bibliofili. E fu proprio la passione per i libri – “Nessuno ne aveva più di lui”, dice Petrarca, e il de Chambre: “Il suo maggior piacere era nella gran quantità di libri che aveva” – a dettargli il Philobiblon, unica opera che gli si conosce, scritta al termine della sua vita e che, di capitolo in capitolo, assume l’aspetto di un manuale pratico di bibliofilia e di un trattato di morale, alternando considerazioni sull’evoluzione della civiltà ed altre sullo sviluppo della storia, più strettamente legate alla sua esperienza e alla funzione politica. In realtà, come ogni altra testimonianza di una passione autentica, il libro può essere letto come una sorta di autobiografia» (R. de Bury, Philobiblon, a cura di Pino di Branco, Milano 1998, p. 9). HC* 4150; BMC II, 502; Goff R, 192; F. Geldner, Die Deutschen Inkunabel-Drucker, I, 192.

42


3 38 3 A beautiful illuminated copy of this rare edition of this renowned work, missing the imprint, and probably a reprint of the one produced by De Pasqualibus in 1485. The Facta et dicta memorabilia is a recollection of anecdotes and events derived mostly from Roman but also Greek history.

Valerius Maximus, Gaius (I sec. d.C.). Facta et dicta memorabilia [con il commento di Omnibono Leoniceno]. [Venezia, Giovanni e Gregorio de’ Gregori da Forlì, non dopo il 1485]. In-folio (mm 306x250). Segnatura: [*2], a-b8, c6, d-z8, &8, cum8, rum6. 206 carte non numerate.Testo su 57 linee, circondato dal commento. Caratteri 111R, 83Ra, 80Gk. Alla carta a1r bella bordura miniata di stile veneziano in blu, verde, rosso, amaranto e oro con decorazioni floreali arricchite da grafismi a penna e bottoni d’oro; la cornice include due iniziali ‘V’ con corpo della lettera in oro, e armi non identificate. Capilettera alternativamente in rosso e blu nel testo, segni di paragrafo in rosso. Legatura ottocentesca in stile antico in mezza pelle su assi di legno decorata da una borchia in ottone ai piatti, titolo in oro su tassello al dorso, fermagli. Esemplare in buono stato di conservazione, gora d’acqua alle prime e alle ultime carte. Numerosissime postille di mano coeva in latino interlineate nel testo e ai margini.

Rara edizione di questa celebre opera, priva di note tipografiche e la cui attribuzione all’attività dagli stampatori Giovanni e Gregorio de Gregori da Forlì è assai dubbia. Il libro sembra essere una ristampa abbastanza fedele del Valerio Massimo impresso il 20 aprile 1485 a Venezia dal De Pasquali. La presente copia, fittamente annotata potrebbe essere stata utilizzata come base per un’edizione successiva perché contiene centinaia di correzioni e numerose varianti annotate ai margini. I Facta et dicta memorabilia, opera erudita divisa in 9 libri, raccoglie fatti e aneddoti tratti per la maggior parte dalla storia romana e, in misura minore, da quella greca, con finalità di carattere moraleggiante e divulgativo. Il testo è corredato dal commento dell’umanista e grammatico veneto Ognibene Bonisoli (1412-1474), insegnante di retorica che fu allievo di Vittorino da Feltre. H 15785*; BMC V, 352; IGI 10067; Goff V, 35.

3 39 3 Highly important Italian Renaissance plaquette binding, the oldest listed in the Census by Hobson, apparently the only recorded use of a Pisanello medal on a binding. An illuminated copy of the first edition of Bossus’ dialogue on happiness, dedicated by Poliziano to Lorenzo il Magnifico.

Bossus, Matthaeus (1428-1502). De veris ac salutaribus animi gaudiis dialogus. Firenze, Francesco Bonaccorsi, 8 febbraio 1491.

43


In-4° (mm 208x138). Segnatura: a-k8, l10. 90 carte non numerate (di cui la prima e l’ultima bianche).Testo su 26 linee, carattere 112R. Alla carta a3r una ricca cornice miniata coeva – probabilmente ascrivibile ad un artista fiorentino – decorata da un motivo a nodi interlacciati bianchi su fondo rosso, verde e blu; in basso al centro un medaglione blu, ornato da un fiore; grande capolettera miniato ‘S’ blu, su fondo blu e violetto decorato da motivi floreali gialli; alla carta a5r, l’incipit del testo è racchiuso entro fregio miniato in rosso, verde e azzurro che imita le iscrizioni su marmo del mondo classico, alla stessa carta iniziale miniata in rosso e blu; capilettera silografici ornati da bianchi girarî, su fondo nero, all’inizio di ogni sezione del dialogo. Splendida legatura coeva in pelle marrone su assi di legno. Il piatto anteriore è decorato da una cornice di filetti impressi a secco che racchiude a sua volta un’altra cornice formata da ferri dorati; al centro nodi interlacciati impressi a secco ed un medaglione rotondo (diametro mm 80) recante una decorazione in rilievo, sulla quale sono visibili le tracce dell’antica coloritura verde del fondo, raffigurante il grifone di Perugia (il nome della città è impresso su un cartiglio) che allatta i condottieri Braccio da Montone e Niccolò Piccinino effigiati come fanciulli. Il piatto posteriore è invece ornato da una cornice dorata a motivi floreali, e al centro da un riquadro rettangolare, probabilmente preso da una legatura più tarda, con decorazioni a secco di ispirazione classica e il monogramma ‘IHS’. Dorso a tre nervi decorato a secco. Quattro borchie di ottone su entrambi i piatti e tracce di quattro fermagli metallici; tagli anticamente dipinti. Ai contropiatti sono incollati frammenti di un codice trecentesco in littera textualis contenente una grammatica latina. Esemplare in buono stato di conservazione, tagli usurati, qualche piccola mancanza di carta ai margini bianchi delle prime carte, qualche lieve macchia e qualche piccolo foro di tarlo alle prime carte, foro dovuto all’asportazione di una nota di possesso manoscritta al margine bianco della carta l8. Rare note manoscritte coeve nel testo. Ex libris ‘Cornelius J. Hauck’.

Prima rara edizione di questo dialogo dell’umanista veronese Matteo Bosso, abate di Fiesole, concernente la felicità dell’animo e il raggiungimento di essa. Nella dedica a Lorenzo il Magnifico, Angelo Poliziano, elogiando l’opera, ricorda le numerose visite all’abbazia fiesolana a cui era solito partecipare, oltre a loro, anche il giovane Pico della Mirandola. Il medaglione di ispirazione mitologica della legatura è stato ottenuto dal retro di una medaglia (Heiss tav. II; Hill 22; Kress 4) recante un ritratto di Niccolò Piccinino eseguita dal celebre artista Antonio Pisano, detto Pisanello (1395-1455). Si tratta dell’unico caso noto in cui una medaglia del Pisanello si trova riprodotta in una legatura. Probabilmente le ricche miniature e l’elaborata legatura erano destinate ad un personaggio legato alla città di Perugia o forse ad un discendente del Piccinino. De Marinis propone Perugia come luogo di esecuzione, mentre Hobson opta per Venezia, identificando le decorazioni del piatto posteriore come un prodotto dello stile padovano, del resto ampiamente diffuso in tutta la zona. Considerando lo stretto legame del Bosso, del Poliziano e del Bonaccorsi con la città di Firenze, non è tuttavia da escludere - vista anche la sua vicinanza con Perugia - che la legatura possa essere stata prodotta da un atélier fiorentino. HC* 3672; GW 4955; BMC VI, 674; IGI 2026; Goff B, 1041; De Marinis, Legatura artistica 2919, tav. D4; Hobson, Census of plaquette and medaillon binding 44a, in «Humanists», p. 228.

3 40 3 Handsome copy in original binding of the biggest illustrated book of the 15th century, that holds 1809 woodcut images of various dimensions created by Dürer,Wohlgemuth and Pleydenwurff.

Schedel, Hartmann (1440-1514). Liber chronicarum cum figuris et imaginibus ab inicio mundi. Nuremberg, Anton Koberger, 12 luglio 1493.

44


In-folio (mm 418x273). Segnatura: [1-26, 38, 46, 5-74, 8-116, 122, 134, 14-166, 172, 18-196, 20-254, 26-296, 302, 316, 324, 33356, 362, 374, 38-616]. 326 carte di cui l’ultima bianca, le carte 29-319 numerate ‘Folium I-CCXCIX’; le carte 279-281 bianche ad eccezione della numerazione. Caratteri gotici 165 (per i titoli) e 110b (testo).Titolo silografico e 1809 silografie di vari formati, di cui alcune ripetute e molte a piena pagina, opera di Michael Wohlgemuth, il noto maestro di Dürer, e di Wilhelm Pleydenwurff. Bella legatura coeva in pelle di scrofa su assi di legno, riccamente decorata a secco ai piatti e al dorso, tracce di fermagli metallici, restauri alle cerniere e alla cuffia inferiore. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini; alcune macchie ed arrossature, una carta rimarginata.

Prima edizione della celebre Cronaca di Norimberga, il più grande libro illustrato del XV secolo. Studi recenti confermano che il giovane Albrecht Dürer lavorò ad alcune delle illustrazioni dell’opera. I soggetti sono tratti dal Vecchio e Nuovo Testamento, dalla storia classica e medioevale, nonché, in gran numero, da vedute topografiche delle città europee (molte di fantasia e varie reali, incise su doppia pagina). Comprende anche due carte geografiche su doppio foglio: un planisfero tolemaico e una mappa dell’Europa centrale. Il testo dello Schedel descrive, in ordine cronologico, la storia degli avvenimenti del mondo dalla creazione all’anno 1493, ivi compreso un discusso passaggio sulla scoperta dell’America alla carta 290 verso. HC 14508; BMC II, 437; Goff S, 307.

3 41 3 «The Master of those who know» (PMM). A complete set of the editio princeps of Aristotle’s complete works, the first major Greek prose text to be re-introduced in the original to the western world by the intervention of the printing press. The book contains, for the first time, also Theophrastus’s and Alexander of Afrodite’s works. Aristoteles (384-322 a.C.). [Opera omnia (graece)]. Venezia, Aldo Manuzio, 1495-1498. Cinque parti in 5 volumi in-folio (mm 296-308x194-201). Collazione: I. A-C8, ∆8, E-K8, L-N6, a-c8, d-e6, f-i8, κ8, l-q8, r6, s6. 234 carte non numerate.Testo su 30 linee, caratteri 81R, 1Gk, 108R. Due mancanze al margine bianco della prima carta restaurate. Nota di appartenenza tardo-cinquecentesca alla prima carta. II. *8, Ψ8, +8, @8, aα-rσ8, fσ-zψ8, &ω8, AB8, CΓ6, D∆-HΘ8, I8, K6. 32 carte non numerate, 268 numerate.Testo su 30 linee, caratteri 114R, Gk. Leggere tracce di polvere alla prima e all’ultima carta. Alla prima carta: nota di possesso datata 1636 del Collegio Gesuitico di Bruxelles, timbro in inchiostro nero ‘SEM. PROV. BELG. J.’, timbro a secco ‘The University of Chicago Libraries’. III. aaαα-iiιι10, κκ10, llλλ-uuυυ10, xxξξ10, yyχχ-zzψψ10, &&ωω10, AA-ΠΠ10, χPP2-1, PP-ΦΦ10, XX8, Ψ8. 457 carte numerate, una carta bianca, 8 carte non numerate, manca, come alla maggior parte degli esemplari, la carta fuori segnatura χPP2-1, stampata successivamente al volume.Testo su 30 linee, carattere 114R, 1Gk. Foro di tarlo dalla c. 252 alla c. 257, piccola porzione del margine bianco delle ultime 8 cc. ricostruita, l’ultima carta con porzione della parte bianca reintegrata. Alla prima e alla penultima carta timbro in inchiostro nero:‘Biblioteca Comunitativa Magnani Bologna duplicato 1890’. IV. +2-1, aaaααα- iiiιιι8, κκκ8, lllλλλ-zzzψψψ8, &&&ωωω8, AAA-BBB8, CCCΓΓΓ8, DDD∆∆∆10, AAAaaa-MMMmmm8, NNNnnn-ΞΞΞooo10. 519 carte (1, 1-226, 1-116, 1-42, 1-12, 1-121 e una non numerata). Testo su 30 linee, caratteri caratteri 114R, 1Gk. Piccoli restauri al margine interno delle ultime tre carte. V. αααα-ιιιιι10, κκκκ4, λλλλ-ϕϕϕϕ10, χχχχ6, ψψψψ12, ωωωω10, AAAA-BBBB10, ΓΓΓΓ6, ∆∆∆∆-IIII10, KKKK12. 330 carte (1-103, 103-104, 106-209, 12 non numerate di cui la prima bianca, una carta numerata 19, 210-316, una carta non numerata). Margine interno della prima e dell’ultima restaurato, lieve gora al margine superiore delle ultime 10 carte.Timbro a secco ‘The University of Chicago Libraries’ al recto della prima carta.

45


Numerose iniziali silografiche in greco, diagrammi incisi in legno nel testo. Set composito, con almeno due provenienze accertate, uniformemente legato all’inizio del Novecento in pelle marrone con impressioni a secco; titoli e numerazioni in oro al dorso, tagli rossi.

Editio princeps delle opere complete di Aristotele, monumento tipografico e pietra miliare nella storia delle scienze e della filosofia, a cui Aldo fece seguire nel 1508 la prima pubblicazione della Poetica e della Retorica. L’edizione - che presenta per la prima volta anche la maggior parte delle opere conservate di Teofrasto e di Alessandro d’Afrodite - rappresenta, oltre che una straordinaria impresa editoriale, essendo la prima impressione in greco a larga diffusione, un elemento chiave dell’evoluzione del pensiero occidentale nel suo massimo momento d’integrazione con l’eredità filosofica greca. Ogni parte presenta un’epistola di dedica di Aldo al suo mecenate Alberto Pio, principe di Carpi nonché nipote di Pico della Mirandola. Ciascuna delle cinque parti costituisce un’entità tipografica distinta, con un suo proprio colophon e la data di pubblicazione differente. Secondo il solo esemplare esistente del catalogo aldino del 1498 (Libri graeci impressi) - conservato alla Bibliothèque Nationale de France - il prezzo di ogni parte variava in funzione del numero delle carte: da 1,5 a 3 ducati per ogni volume, fino a 11 ducati per la serie completa. L’editio princeps di Aldo era dunque un libro particolarmente caro: «un ami personnel d’Alde, l’helléniste bolonnais Codrus Urceus, en arrivait à se plaindre en 1498 d’avoir dépensé pour acheter son Aristote le prix de dix beaux manuscrits latins» (Lowry, p.125). Pièce maitresse dell’ambizioso programma editoriale consacrato ai testi greci, questa edizione divenne il riferimento di molti umanisti, come testimonia la cattedra di Niccolò Leonico Tenco centrata sul testo originale di Aristotele, creata appositamente dall’università di Padova subito dopo la pubblicazione aldina. HC 1657; GW 2334; BMC V, 553, 555-6; Goff A, 959; Renouard p. 7, n. 5, p. 10, n. 1, p. 11, nn. 2-3, p. 16, n. 1; Laurenziana, nn. 4-11-22-23-25; Marciana, nn. 4-14-15-16-23; Ahmanson-Murphy 4-23-21-11-24; Lowry, p. 75; PMM 38.

3 42 3 Marvellous copy of the first edition of the most important Greek grammar printed during the 15th century. Aldus attended at it, with other Greek scholars, for at least seven years.This work represents an important step in his program of Hellenistic studies. ΘΕΣΑΥΡΟΣ Κ ε′ ρασ α′ µαλθε ι′ ας. THESAURUS Cornucopiae.Venezia,Aldo Manuzio, agosto 1496. In-folio (mm 309x208). Segnatura: *10, aα-iι8, Kκ-Lλ8, mµ-zψ8, &ω8, AA-D∆8, EE6, FZ-GH8, HΘ6, Π8, KK6, LΛ8. 280 carte mal numerate 270.Testo su 30 linee, caratteri 115R, 1Gk. Splendida legatura settecentesca in marocchino verde, filetti in oro ai piatti, dorso a nervi con titolo in oro e fregi vegetali; tagli dorati e ricche dentelles interne. Magnifico esemplare, stampato su carta forte, fresco e a pieni margini. Note bibliografiche di mano ottocentesca al recto del foglio di guardia.

46


Prima edizione di questa miscellanea di scritti di ben 34 grammatici greci, comprendente tra le altre, l’editio princeps dell’opera di Eustazio di Tessalonica (attivo ca. 1160-92). Il titolo dell’opera si deve proprio, come Aldo spiega nella prefazione, all’abbondanza di autori e testi trattati. Importante documento del programma del Manuzio destinato agli studiosi di greco e a cui l’editore, in collaborazione con Guarino Camertis de Favera, Carlo Antinori, Poliziano e Bolzanio Valeriano, dichiara di aver lavorato per ben sette anni senza tregua. L’edizione è introdotta da una prefazione di Aldo agli studiosi, da una lettera di Poliziano al Guarino e da una prefazione in greco di quest’ultimo a Piero de’ Medici. BMC V, 555; IGI 9510; Goff T, 158; Hoffmann II, 116; Ahmanson-Murphy 8; Renouard p. 9, n. 1.

3 43 3 First Italian edition of the second earliest printed work on the eye, containing in the first four chapters a description of the eye together with a brief account of eye diseases and their treatment. Bound with a vernacular incunable edition of the Scala paradisi, written by the Byzantine mystic Johannes Climacus.

[Limoges, Pierre de (m. 1306)]. Libro de locchio morale et spirituale. Venezia, [Giovanni de’ Rossi da Vercelli], 21 maggio 1496. (Legato con:) Climacus, Johannes, santo (ca. 579- ca. 649 d.C.). Scala paradisi. Venezia, Cristoforo de Mandelo, 12 ottobre 1492. Due opere in un volume in-4° (mm 200x142). I. Segnatura: a-h8. 64 carte non numerate.Testo su una colonna di 36 linee, caratteri 135G e 82R.Alla prima carta legno (mm 76x75) raffigurante un monaco che insegna, nell’atto di indicarsi l’occhio, già apparso nell’edizione latina dello stesso anno. Iniziali silografiche ornate su fondo nero nel testo. II. Segnatura: a-l8, m10. 98 carte non numerate.Testo su 42 linee, carattere 80Ra. Alla prima carta legno (mm 55x75) raffigurante Cristo circondato dalla folla, alla c. 2v piccola vignetta raffigurante la pietà; iniziali silografiche ornate su fondo nero. Legatura moderna in pelle marrone decorata da ferri dorati, tagli gialli. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore alle ultime carte della seconda opera.Timbro ‘Schönborn Bibliothek’ al verso dell’ultima carta della seconda opera.

Prima edizione in italiano della seconda opera più antica sull’occhio, dopo il De oculis del Grassus (1474). Questo trattato è spesso attribuito a Johannes Peckam, ma l’autore sembrerebbe piuttosto essere Petrus de Lapicera, il cui nome appare nel colophon, o Petrus Lemovicensis (Pierre de Limoges), originario di Parigi e tra i fondatori della Sorbona alla fine del XIII secolo. Il testo di questa edizione è di fra’ Teofilo Romano. Prima di questa vennero stampate tre edizioni latine (1476, 1477 e 1496). L’opera è fondamentalmente un trattato morale, ma non mancano capitoli di interesse scientifico, e contiene la prima descrizione anatomica dell’occhio. «The purpose of the De oculo morali is purely ethical but it contains a description of the eye, together with a brief account of eye diseases and their treatment» (Sarton II, p. 1029). La seconda opera legata è la terza edizione volgare, ristampa fedele della seconda impressa dal Benali e dal Capcasa nel 1491, della Scala Paradisi, del mistico bizantino Giovanni Climaco, sul conseguimento della perfezione morale.

47


I. HC* 9805; BMC V, 419; IGI 7384; Goff J, 393; Essling 892; Sander 3757. II. HC* 5466, 5467; BMC V, 468; IGI 5216; Goff J, 310; Essling 566; Sander 2019.

3 44 3 Only known copy of this Bolognese incunable edition of the first fortune-telling book to be printed. Entirely illustrated by amazing woodcuts showing fotune wheels, prophets and astrological symbols. De Marinis-Peckover copy.

Spirito, Lorenzo (ca. 1425-1496). Libro De la Ventura. Bologna, [Caligola Bazalieri, 14961500]. In-folio (mm 315x200). Segnatura: A8, B12, C8, D-E6, F4. 44 carte numerate II-XXXXIIII. Impresso con i caratteri tondi di Caligola Bazalieri adoperati anche per l’edizione della Regula di San Girolamo (Bologna, 28 marzo 1498).Al recto della prima carta titolo in gotico: ‘LIBRO DA LA | UENtura.’, al verso: ‘QUI COMENCIA EL Libro dala Ventura…’. Alla c. 44v, colophon ‘Stampato in Bologna’. Alla c. 2r incisione su legno a piena pagina raffigurante la ruota della Fortuna; 5 pagine di cui ciascuna è ornata da una silografia al centro e circondata da numerose raffigurazioni delle combinazioni dei tre dadi; 20 pagine illustrate da un grande diagramma circolare a piena pagina ornato, nella parte centrale, dalla figura di una divinità o da un simbolo astrologico; 20 piccole figure di profeti e personaggi biblici incise su legno di tre tipologie differenti, ripetute più volte. Legatura di inizio Ottocento in mezza pelle con angoli e titolo in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lieve arrossamento uniforme della carta, restauri alle cerniere della legatura. Dalla raccolta Tammaro de Marinis (acquistato da Sotheby’s & Co. a Londra nel 1936); ex-libris ‘Johnathan Peckover’ e ‘Algerina Peckover’.

Unico esemplare conosciuto di questa prima edizione bolognese, alla quale seguirà la stampa, riutilizzante parte degli stessi legni, impressa da Giustiniano de Rubiera nel 1508, anch’essa nota in un solo esemplare, scompleto, oggi conservato alla Biblioteca Marciana (Rari 284). L’editio princeps del primo libro di fortuna vide la luce nella città natale dell’autore, Perugia, nel 1482, seguirono due stampe vicentine (una databile metà degli anni ’80 e una 1489) e una bresciana (1484). Come ricorda Tammaro de Marinis dopo queste prime quattro stampe si presentarono «due importanti gruppi, uno milanese, l’altro bolognese. Quattro edizioni apparse a Milano negli anni 1500, 1501, 1508 e 1509, offrono due serie di illustrazioni […]. La più antica delle due edizioni bolognesi note deve essere quella senza data, impressa con i caratteri di Caligola Bazalieri, il quale lavorò a Bologna dal 1490 al 1512. Essa era rimasta fino ad oggi sconosciuta e l’esemplare apparso alla vendita Sotheby’s è probabilmente unico. L’illustrazione, rozzamente incisa, è opera di un’artista che si fa conoscere; infatti ai quattro lati dei fregi che ornano le cinque tavole dei re (cc. 2v-4v) si legge ‘PIERO CIZA FE QUESTO IN.TAIGIO’. Queste parti firmate (collocate però in senso inverso) ed alcune altre figure sono adoperate anche nella edizione di Giustiniano Rubiera del 1508 […]. Il nome di Piero Ciza era già apparso in un calendario bolognese del 1493 [IGI 9373] e nel Viazo da Venesia al sancto Jherusalem, Bologna 6 marzo 1500» (T. de Marinis, Appunti e ricerche bibliografiche, Milano 1940, pp. 71-72, tavv. CXI-CXV). Nella bordura silografica dell’ultimo volume citato da De Marinis (BMC VI, 850), si trova infatti la stessa identica menzione riferita al Ciza presente nel volume qui descritto.

48


Il Libro de la Ventura, capostipite di un genere - i libri di ‘sorti’ o di ‘fortuna’ - che avrebbe goduto di una certa diffusione anche nel secolo seguente e che fu più volte ristampato, fino al Seicento, fu tradotto in francese, spagnolo, olandese ed inglese. L’opera, un “libro-gioco”, prevede, attraverso una serie di tavole preliminari e col lancio di tre dadi, che si venga inviati ad una terzina responsiva, pronunciata da altrettanti “profeti”, all’interno di uno dei venti capitoli che chiudono il volume. L’autore, Lorenzo Gualtieri - comunemente noto come Lorenzo Spirito - ultimò il libro entro il 1482 (ms. originale Venezia, Biblioteca Marciana, 6226), che è anche la data dell’editio princeps perugina, a cura di Stefano Arnds (conosciuta in un unico esemplare alla Biblioteca di Ulm). Lo Spirito fu poeta perugino, figlio di Cipriano Gualtieri, e rivestì cariche pubbliche, fu, ad esempio, podestà di Tolentino. Militò come soldato di ventura al seguito del condottiero Piccinino, in onore del quale scrisse il poema Altro Marte. T. De Marinis, Appunti e ricerche bibliografiche, Milano 1940.

3 45 3 A very interesting annotated copy of Aldus Greek Aristotle on natural history. Used by the Milanese philosopher Ottaviano Ferrari for his courses in the Padova University.

Περι ζωων ‘Iσ στοριας]. Venezia, Aldo Manuzio, gennaio 1497. Aristoteles (384-322 a.C). [Π In-folio (mm 310x204). Segnatura: aaαα-iiιι10, κκ10, llλλ-uuυυ10, xxξξ10, yyχχ-zzψψ10, &&ωω10, AA-ΠΠ10, χPP2-1, PPΦΦ10, XX8, Ψ8. 457 carte numerate, una carta bianca, 8 carte non numerate. Presente la carta fuori segnatura χPP2-1, assente nella maggior parte degli esemplari, il foglio aggiuntivo, stampato al solo recto, può essere considerato uno dei pochissimi errori della tipografia aldina, infatti per distrazione di un compositore era saltata un’intera pagina, sebbene la precedente avesse un preciso richiamo.Testo su 30 linee, carattere 114R, 1Gk. Splendidi capilettera silografici ornati e testatine in legno nel testo. Legatura in pergamena tardo-cinquecentesca, dorso ricoperto successivamente con titolo manoscritto. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lieve gora lungo il margine interno bianco delle prime carte; alla c. qq2 fallo di carta all’angolo inferiore che non tocca il testo. Il volume è copiosamente postillato in greco dalla mano di Ottaviano Ferrari come è testimoniato, al recto della prima carta, dalla firma e dall’annotazione: “Codex hic fuit olim Octaviani Ferrarij, notasque, quibus adspersus est illius esse mano exaratus crediderim; eum tamen emimus ab haeredibus Caesaris Rovidij” (questo libro appartenne a Ottaviano Ferrari, e ritengo che le note, di cui esso è cosparso siano state vergate dalla sua mano; tuttavia lo abbiamo acquistato dagli eredi di Cesare Rovidio). Al verso del foglio di guardia anteriore è stato aggiunto, da una mano cinquecentesca, un indice del volume in latino. Nel volume si trovano inoltre inseriti due fogli volanti annotati dalla mano del Ferrari. L’ultimo fascicolo, contenente il De historia animalium, è annotato in greco ed in latino, da una mano cinquecentesca differente da quella del Ferrari.

Editio princeps del terzo volume delle opere complete di Aristotele, che vennero stampate dalla tipografia aldina tra il 1495 ed il 1498, contenente la parte riguardante la storia naturale del corpus aristotelico. La straordinaria impresa aldina, che aveva riportato alla luce quello che può essere considerato il testo fondante della cultura occidentale, aveva fatto sì che nelle numerose università italiane ed europee si formassero veri e propri corsi filosofici dedicati allo studio dello sta-

49


girita in lingua originale. L’affascinante esemplare qui proposto è una testimonianza del fervore intellettuale che per tutto il secolo XVI, l’editio princeps suscitò negli studiosi. Infatti il volume è fittamente postillato in greco dal milanese Ottaviano Ferrari (1518-1586), che lo utilizzò probabilmente per i suoi corsi di filosofia peripatetica all’Università di Padova. HC 1657; GW 2334; BMC V, 555-6; Goff A, 959; Renouard p. 11, n. 2; Laurenziana, n. 22 Marciana, n. 14;AhmansonMurphy 21; Lowry, p. 75; PMM 38.

3 46 3 A very rare second edition of Gaffurius’ major work, dedicated by the famous ‘Maestro di Cappella’ of the Milanese Dome to Ludovico il Moro.The most influential music treatise of the Renaissance period.

Gafurius, Franchinus (1451-1522). [Practica musicae]. Brescia, Angelo Britannico, 23 settembre 1497. In-folio (mm 252x179). Segnatura: [*4], a-b8, c6, aa-kk8, ll6. 112 carte non numerate, di cui l’ultima bianca.Testo su una colonna di 38 linee, carattere 160G2 (frontespizio) e carattere 102R (testo). Note stampate a margine del testo, piccole iniziali silografiche.Alla carta a2v grande illustrazione silografica, stampata a piena pagina, raffigurante il diapason secondo le teorie di Pitagora e Guido d’Arezzo. Nel testo, numerosi diagrammi silografici di notazioni musicali (note, pause, legature) ed esempi musicali su pentagramma. Legatura tardo-ottocentesca in vitello nocciola con decorazioni dorate ai piatti e titolo in oro al dorso; tagli dorati, guardie in carta marmorizzata, dentelles interne. Esemplare in buono stato di conservazione, margini esterni di alcune carte sobri. Qualche nota manoscritta coeva in inchiostro marrone nel testo; firma di appartenenza cancellata alla prima carta; all’ultima carta partitura musicale manoscritta. Ex libris ‘Cornelius J. Hauck’; acquistato da Emil Offenbacher nel marzo 1946.

Seconda edizione assoluta di questo raro e celebre trattato, che è una ristampa pressoché fedele della princeps – sono infatti stati utilizzati gli stessi legni – stampata a Milano da Le Signerre nel 1496 («Reprinted with the same quiring and mostly with the same page-contents from the edition of Le Signerre […].The diagrams and examples appear to be printed from Le Signerre’s original blocks, but the title-cut and borders have not been taken over», BMC). L’edizione milanese e quella bresciana sono inoltre le uniche due ad essere stampate nell’arco del secolo XV. L’opera, dedicata a Ludovico il Moro, venne redatta dal grande teorico e musicista lodigiano Franchino Gaffurio, che fu maestro di cappella del Duomo di Milano, notevole compositore di messe, mottetti e inni, e amico di Leonardo da Vinci, che lo immortalò nel famoso dipinto oggi conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. «The importance of Gafori’s Practica musicae of 1496 needs little explanation. It is one of the larger summaries of the position of music theory at the end of the fifteenth century and, with its two accompanying treatises, the Theoria musicae and the De harmonia, provides an almost complete picture of the status of music theory at the time, including both speculative and practical elements. It was a popular book, going through five editions by 1512, and was referred to and plagiarized from by most theorists of following generations. Its contents, in four books, treat of plainchant, mensural music, counterpoint, and

50


proportions; each shows Gafori’s erudition, for he quotes at length from nearly all the great earlier writers on music and gives much information about the composers and practice of his own day» (A. Seay, rec. a Franchinus Gafurius: Practica Musicae by Clement A. Miller e a The Practica Musicae of Franchinus Gafurius by Irwin Young, in «Notes», 2nd Ser., vol. 26, n. 2, Dec. 1969, p. 264). HC 7408; GW 10435; BMC

VII, 979; IGI

4113; Goff G, 7; Sander 2984;Walsh 3417.

3 47 3 First edition of most of the neoplatonic texts translated by Marsilio Ficino, after his translation of Plato and Plotinus. Another important landmark in Aldus editorial project.

Iamblichus (ca. 245-ca. 325 d.C.). [Iamblichus De mysteriis; Proclus In Platonicum Alcibiadem; Proclus De sacrificio et magia; Porphyrius De occasionibus, de abstinentia etc.; Synesius De somniis; Psellus De daemonibus; Priscianus et Marsilius In Theophrastum De sensu, etc.; Alcinous De doctrina Platonis; Speusippus De Platonis definitionibus; Pythagorae Aurea verba et symbola; Xenocrates De morte; Marsilius De voluptate]. Venezia, Aldo Manuzio, settembre 1497. In-folio (mm 317x216). Segnatura: a-i8, K4, L-M6, N-O8, p-q8, R-Z8, &10. 185 carte non numerate, manca l’ultima carta bianca. Testo su 37 linee, caratteri 114R e 114Gk. Iniziali silografiche ornate. Legatura settecentesca in vitello marrone, bordura dorata ai piatti, dorso a cinque nervi con titolo in oro, astuccio in mezzo marocchino nero. Esemplare in buono stato di conservazione, lieve alone al frontespizio e restauri marginali all’ultimo foglio.

Editio princeps della raccolta di testi neoplatonici tradotti da Marsilio Ficino, che la dedica al cardinale Giovanni de’ Medici. Dopo aver pubblicato la traduzione delle opere di Platone nel 1484 e di Plotino nel 1492, Ficino decise di dare alle stampe le sue traduzioni parziali di alcuni neoplatonici minori. I testi, tranne quello di Alcynous apparso nel 1472 a Norimberga nella traduzione di Pietro Balbo e quello di Pitagora, già apparso in greco, sono qui in edizione originale. Nelle lettera datata primo luglio 1497, Marsilio Ficino, nel rinviare i fascicoli del Giamblico con le correzioni, comunica ad Aldo di accettare i suoi consigli sulle variazioni da apportare al Synesius: «Legi quod in Synesio emendas; emendationem tuam probo; quae propter caetera fidei tuae credo iudicioque committo». HC 9358; BMC v, 557; Goff J, 216; Renouard p. 13, n. 6; Laurenziana n. 17; Marciana, n. 19; Biblioteca Magica Casanatense, 626; IGI 5096.

51


3 48 3 Extraordinary copy belonged to, and annotated, by Guidantonio Vespucci,Amerigo’s uncle and one of the most influencial Florentine political men of his time. Illuminated at the first leaf by a decorated border, containig the arms of the Vespucci family.

Savonarola, Girolamo (1452-1498). Triumphus crucis seu de veritate fidei. [Firenze, Bartolomeo di Libri, dopo l’agosto del 1497]. In-folio (mm 281x208). Segnatura: [*]2, a-m8. 98 carte non numerate.Testo su una colonna di 34 linee, caratteri 114R2, 114G. Alla carta a1r iniziale ‘G’ su 8 linee miniata in blu e oro su fondo rosso con una cornice su due lati che, nel margine inferiore, contiene le armi della famiglia Vespucci inscritte in un serto circolare di alloro su scudo a fondo rosso. Numerose iniziali dipinte in blu. Legatura coeva rimontata in vitello su assi di legno decorato a secco da ferri floreali e geometrici; dorso a tre nervi, tracce di fermagli. Esemplare in buono stato di conservazione; le prime tre carte accuratamente lavate e i margini interni bianchi delle prime due restaurati. Numerose note manoscritte quattrocentesche nel testo in inchiostro marrone ed alcune correzioni; due note di possesso manoscritte:‘D. M. Guidantonio di Giovanni di Simone Vespucci 1498’, ‘Psij Bart.i Moralij et […]’.

Straordinario esemplare appartenuto a Guidantonio Vespucci (1436-1501), zio del più famoso Amerigo (1451-1512), di una delle due prime edizioni non datate - una in-8° e una in-folio della più importante e celebre opera teologica di Girolamo Savonarola. Scritta dal frate domenicano originariamente in latino, il Triumphus crucis venne tradotto poco dopo in italiano, con alcune modifiche, dall'autore stesso. La nobile provenienza del presente incunabolo - appartenuto ad un eminente, ed ‘influente’, esponente della comunità fiorentina - riveste un’importante significato storico; infatti l’opera può essere considerata un manifesto non solo della fede, ma anche della politica savonaroliana. Guidantonio Vespucci, il cui ex lego (datato 1497) nel presente volume ne testimonia la lettura per intero, venne spesso incaricato dal governo di Firenze di importanti missioni diplomatiche che lo portarono a Roma, Milano,Venezia e alla corte di Francia. Amico e sostenitore della prima ora di Savonarola, il Vespucci fu uno dei più insigni uomini politici del suo tempo. Le ultime due carte di guardia contengono - di altra mano - un indice dei principali argomenti contenuti nel libro e la trascrizione della famosa lode del Beninvieni Viva ne’ nostri Chuori viva Fiorenza. HC 14342*; BMC

VI, 652; Goff

S, 274; Polain (B) 3464.

52


3 49 3 Rare incunable edition by St.Thomas’ pupil Aegidius Romanus, the tutor of Filippo il Bello for whom this work was written, an interesting treatise on the efficiency of monarchy as a governmental institution.

Egidio Romano (1243 ca.-1316). De Regimine Principum. Venezia, Simone Bevilacqua, 9 luglio 1498. In-folio (mm 282x221). Segnatura: A4, a-y6. 136 carte.Testo su due colonne di 44 linee, caratteri 130G, 120G, 107R e 80Rb. Alla carta a2r bel capolettera inciso su legno decorato da motivi floreali su fondo nero. Legatura cinquecentesca in pergamena floscia con titolo manoscritto al dorso e tracce di bindelle. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche gora e fioritura alle prime e alle ultime carte, una macchia d’inchiostro blu alla seconda carta. Alla carta A2r antica nota di possesso parzialmente abrasa.

Rara edizione di questo trattato, fedele ristampa di quella impressa a Roma nel 1482 da Plannck. Egidio Romano fu discepolo di San Tommaso d’Aquino all’Università di Parigi, dove più tardi insegnò, prima di diventare generale degli agostiniani e arcivescovo di Bourges nel 1295. L’autore fu inoltre precettore di Filippo il Bello, per il quale scrisse il De Regimine Principum, nel quale sosteneva l’efficacia della monarchia come organizzazione governativa. HC 109; BMC V, 523; Goff A, 89.

3 50 3 Editio princeps of the Aristophanes plays, the most important ancient Greek comediographer. An amazing copy with wide margins, elegantly printed by the Aldine Press.

Aristophanes (450-385 a.C). ′ΑΡΙΣΤΟΦ′ΑΝΟΥΣ ΚΩΜΩ∆′ΙΑΙ ′ΕΝΝ′ΕΑ. Aristophanis Comoediae novem. Venezia, Aldo Manuzio, 15 luglio 1498. In-folio (mm 315x217). Segnatura: π8, α-γ8, δ10, ε-ξ8, o10, π-υ8, ϕ6, χ-ω8, A-E8, Z6, H-Λ8, M4, N-O8, Π10, P-Σ8, T6. 348 carte non numerate, completo delle carte κ8 e T6 bianche.Testo su 42 linee, caratteri 1Gk, 2Gk, 114R4. Il testo elegantemente attorniato dal commento, in corpo minore; grandi iniziali ornate e splendide bordure alla greca in testa ad ogni commedia (cfr. Sander 580 e Essling1163). Legatura ottocentesca in mezza pelle, dorso con fregi in oro e a secco, titolo dorato su duplice tassello verde. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione, stampato su carta forte. Copiosamente annotato da una mano cinquecentesca in greco. Al recto della prima carta, nota di possesso del Collegio Gesuitico di Bruxelles e timbro in inchiostro nero ‘SEM. PROV. BELG. S.J’.

Editio princeps, con prefazione e dotti scholia del Musuro, riordinate da antichi manoscritti, delle nove commedie fino a quell’epoca attribuite con sicurezza ad Aristofane, sommo commediogra-

53


fo stimato l’ultimo grande poeta greco. L’edizione, in stampa già nel dicembre 1497 come attesta la lettera di Aldo premessa al Crastonus, si apre con una dedica al parmense Daniele Clario, insegnante a Ragusa ed ivi “concessionario” delle edizioni aldine per la Magna Grecia. Si tratta dell'ultimo volume impresso da Aldo con il suo primo carattere greco, già utilizzato per la monumentale edizione dell’Aristotele. Incunabulo greco di pregevole veste grafica, di grande importanza filologica e rarità. Appaiono qui per la prima volta 9 delle 11 commedie giunte sino a noi tra gli oltre 50 lavori teatrali composti da Aristofane: Gli Acarnesi, I Cavalieri, Le nuvole, Le vespe, La pace, Gli uccelli, Le rane, Le Ecclesiazuse e il Pluto. La Lisistrata e le Tesmoforiazuse furono scoperte solo in epoca successiva e vennero pubblicate dai Giunti nel 1515. HC 1656; GW 2333; BMC V, 559; IGI 790; Goff A, 958; Renouard 16, 3; Ahmanson-Murphy 25; Dibdin, Greek & Latin, I, 294-95

3 51 3 Marvellous editio princeps of the most famous Greek lexicon, an encyclopaedic work which, besides its strictly lexicographical content, contains articles on Greek grammar, history and literature.The most beautiful Greek book printed in Milan.

Σουιδας [Suidas]. Milano, Giovanni Bissolo e Benedetto de Manzi per Demetrio Calcondila, 15 novembre 1499. In-folio (mm 346x228). Segnatura: α-ω8, ααα-λλλ8,A-Ω8,AA-∆∆8, EE-ZZ6. 516 carte non numerate.Testo su 45 linee, caratteri 138Gk, 109Gk, 112R. Al verso della c. Z5 grande marca tipografica su fondo nero utilizzata dai due stampatori solo per questa edizione. Alla carta α3r iniziale miniata ‘A’ su 8 linee con corpo della lettera in rosso su fondo oro decorato da motivi floreali; alla stessa carta bordura miniata, probabilmente seicentesca, e decorata da grottesche ed elementi floreali, ricalcanti i modi miniatorii rinascimentali.Al margine superiore due angeli sorreggono lo scudo quadripartito (due scoiattoli in campo rosso, due coppie di picche in campo blu, giustapposti) di un cardinale non identificato. Al margine inferiore due angeli, di dimensioni maggiori, sorreggono le armi della stessa famiglia, però con il solo emblema dello scoiattolo. Legatura di fine Settecento in vitello nocciola, piatti ornati da una sottile bordura in oro; titolo e fregi dorati al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, stampato su carta forte e ad ampi margini; dorso della legatura rifatto. Alla carta α1r una nota settecentesca ‘Caroli Morisoni’, e un’altra più tarda. Al contropiatto anteriore ex-libris del principe Furstenberg e di Charles Butler.

Editio princeps di questo importantissimo lessico greco composto attorno al secolo X d.C., l’ultimo libro edito dal Calcondila. Si tratta della più ampia raccolta del genere, che comprende oltre 3000 voci, non solo grammaticali ed etimologiche, ma che riporta anche notizie storiche, geografiche, scientifiche, letterarie e biografiche. Suidas più che il nome del compilatore, come si credeva un tempo, sarebbe il titolo dell’opera, ed avrebbe il significato di vademecum. Straordinario incunabulo, il più bel libro greco mai stampato a Milano, e la più monumentale edizione greca del Quattrocento. «The Souidas is an enormously voluminous book […] we have 2,077,650 greek letters in the book. To do all the punch-cuts months, was a marvellous feat, and justified those concerned in the production of the book in the laudatory dialogue» (Proctor, Printing of Greek, p. 112). 54


Di notevole interesse la vicenda che ha preceduto la pubblicazione di questo libro, legata com’è ai complicati meccanismi di privilegi e interdizioni alla stampa greca a Venezia. Si tratta dell’unica produzione milanese di questi tipografi, che avevano già stampato precedentemente a Venezia insieme a Gabriele Bracci da Brisighella, che a sua volta era collaboratore di Aldo. Con ogni probabilità inizialmente la stampa del volume sarebbe dovuta avvenire nella città lagunare, grazie proprio a un privilegio a pubblicare testi greci concesso al Brisighella, tuttavia il Manuzio dovette far interdire l’operazione. Il Calcondila, possessore dei preziosi testimoni manoscritti del Suidas (acquistati per l’esorbitante somma di 25 ducati d’oro) ed interessato alla loro pubblicazione, fu costretto ad associarsi ai due stampatori carpigiani e a convincerli a spostarsi da Venezia a Milano. Grazie anche all’intervento di due finanziatori come Antonio Motta e Giovanni Maria Cattaneo, l’estemporanea società editoriale riuscì nell’impresa tipografica, pubblicando ben 800 copie dell’incunabolo. Aldo dovette procurarsi un altro manoscritto ed attendere 15 anni per poter stampare la propria edizione. HC 15135; BMC

VI, 792; IGI

9189; Goff S, 829; K. Sp. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, pp. 236-39.

3 52 3 Very rare first edition of Boiardo’s Canzoniere, ispired by the love for Antonia Caprara and influenced by Ovid’s and Petrarca’s poetry. Only one copy in the American libraries (Huntington Library).

Boiardo, Matteo Maria (ca. 1441-1494). Sonetti e Canzone. Reggio Emilia, Francesco Mazali, 19 dicembre 1499. In-4° (mm 201x144). Segnatura: a-g8, h10 (le carte b4 e b3 invertite). 65 di 66 carte non numerate, manca l’ultima carta bianca.Testo su 30 linee, carattere 104R. Capilettera silografici ornati, al verso della carta h9 marca tipografica dello stampatore incisa in legno. Legatura coeva in pergamena floscia. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi gore lungo i margini di alcune carte, alone alla carta a8r. Al verso del piatto anteriore nota manoscritta di possesso ‘Di me Gaetano Fantuzzi’.

Prima rarissima edizione del canzoniere poetico di Matteo Maria Boiardo, preceduto da un sonetto e da un carme latino di Bartolomeo Crotto. Gli Amorum libri sono la più importante opera volgare del Boiardo dopo l’Innamorato, nel comporlo il poeta si rifà, oltre che ad Ovidio, alla lezione petrarchesca riprendendo da quest’ultima non solo i motivi e l’andamento stilistico, ma ricavandone anche l’esempio di romanzo spirituale. Questa sua adesione al modello ne influenza la lingua che risulta più vicina all’uso toscano, e dunque più raffinata ed elegante rispetto a quella dell’Innamorato. Il legame con il Petrarca non è comunque esclusivo, il Canzoniere è aperto a numerosi altri influssi, da quelli dei classici latini, a quelli del dolce stilnovo e a quelli umanistici che si risolvono in un’imitazione ben lungi dall’essere passiva, animata e vivacizzata com’è da una ispirazione poetica originale e personalissima.

55


Quest’opera, iniziata probabilmente già nel 1469, venne ultimata entro il 1476 (la data dell’autorevole codice Egerton è il 4 gennaio 1477) ed è costituita da 180 poesie distribuite con perfetta simmetria in tre libri di 60 componimenti ciascuno, donde il titolo ovidiano di Amorum libri. Ispirati all’amore per una fanciulla reggiana probabilmente conosciuta alla corte di Sigismondo, Antonia Caprara (il suo nome è celato nelle lettere iniziali dei primi quattordici componimenti del canzoniere), i tre libri corrispondono alle tre diverse fasi di una storia sentimentale che va dalla gioia dell’amore goduto e ricambiato all’amarezza del disinganno, alla malinconica nostalgia finale. HR 3433; GW 4611; BMC

VII, 1089; IGI

1856; Goff B, 831.

3 53 3 Wonderful copy of the most beautiful illustrated Renaissance book. Bound by Bozérian le Jeune for the count of Sutherland.

[Colonna, Francesco]. Hypnerotomachia Poliphili. Venezia, Aldo Manuzio, dicembre 1499. In-folio (mm 305x195). Segnatura: π4, a-y8, z10,A-E8, F4. 234 carte non numerate.Testo su 39 linee, caratteri 115R4b, 82R2a, 1Heb. Due grandi e 37 piccole iniziali xilografiche che in successione formano il celebre acrostico «Poliam frater Franciscus Columna peramavit». Illustrato da 172 legni, di cui 11 a piena pagina, probabilmente attribuibili alla cerchia del miniatore padovano Benedetto Bordon (si veda L. Armstrong, Benedetto Bordon, Aldus Manutius and Lucantonio Giunta, in Aldus Manutius and Renaissance culture, Florence 1998, pp. 161-183), ora Alessandro Parronchi propone il nome di Pietro Paolo Agabiti. Legatura di Bozérian le Jeune in marocchino blu, i piatti sono decorati da una cornice a greche in oro, con al centro lo stemma dorato del conte di Sutherland; dentelles interne, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, ad ampi margini, la tavola del Sacrificio con il fallo intatto. Ex-libris del 1632 al secondo frontespizio.

Prima edizione in prima tiratura - completa dell’errata - del Sogno di Polifilo dedicata dal gentiluomo veronese Leonardo Crasso, che ne finanziò la stampa, a Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino. Il romanzo allegorico d’amore attribuito al frate domenicano del convento di San Zanipolo Francesco Colonna - identificabile dall'acrostico composto dai 39 capilettera che ornano il testo - è uno dei rari volumi illustrati impresso dai torchi della tipografia aldina. Scritto in un linguaggio ibrido tra italiano e latino, irto di simbolismi, di allusioni erudite, di riferimenti antiquari è un unicum nella carriera dello stampatore veneziano e la sua eccezionalità risiede anche nelle raffinate silografie che adornano il testo. HC* 5501; GW 7223; BMC V, 561; IGI 3062; Goff C, 767; Renouard p. 21, n. 5; Laurenziana, n. 36; Marciana, n. 36; Ahmanson-Murphy 35; Essling 1198; Lowry, pp. 129-135

56


3 54 3 Interesting Hebrew 15th century manuscript of five Cabbalistic treatises, fully annotated by the father of the Christian Kabal, Aegidius of Viterbo.

[Trattati cabalistici]. Manoscritto in ebraico su carta. [Italia, secolo

XV].

Manoscritto su carta di mm 135x110. 106 carte (le carte 13v-18v bianche). Scrittura ebraica su una colonna di 14 linee. Legatura moderna, al dorso la parola ‘Montefiore’ in oro e la segnatura ‘122’. Manoscritto di fattura modesta; qualche fioritura e qualche gora su tutte le carte. Lungo i margini il codice è stato copiosamente postillato dalla mano di Egidio da Viterbo. Provenienza: Biblioteca di Montefiore (ms. 319); asta New York 2004, lotto 392 (la mano di Egidio da Viterbo non era ancora stata identificata) I testi contenuti nel codice sono stati identificati con l’ausilio del catalogo dei commenti al sefirot di Gershom Scholem (Kyriat Sefer, X (1933-34), 498-515): 1) cc. 1r-3r: commento anonimo al sefirot (che una mano più tarda ha erronemante attribuito a Joseph Gikatilla) = Scholem no. 93. 2) cc. 3v-7v: un commento al sefirot di Jacob ben Jacob ha-Kohen. Seconda redazione = Scholem no. 45. 3) cc. 8r-13r: un commento anonimo al sefirot = Scholem no. 2. 4) cc. 19r-98v: Sha’ar ha-Shamayim, un commento anonimo al sefirot = Scholem no. 127. 5) cc. 99r-106v: Divrei Manahem, un commento al sefirot di Menahem, discepolo di Eleazar di Worms = Scholem no. 50.

Questo manoscritto è particolarmente interessante perché reca, nei margini, un gran numero di postille in latino recentemente ascritte a Egidio da Viterbo (si veda A. Tura, Un codice ebraico di cabala appartenuto a Egidio da Viterbo, in «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», LXVIII (2006), pp. 537-545; si segnala inoltre che uno studio sul presente manoscritto è in fase di preparazione). Egidio da Viterbo (1469-1532), cardinale e generale dell’ordine agostiniano dal 1507, è considerato una della personalità più eminenti dell’umanesimo romano di inizio Cinquecento. Come è stato ipotizzato più volte, è probabile che fu questo insigne erudito a fornire a Raffaello i soggetti iconografici per gli affreschi della “Stanza della Segnatura”. Egidio da Viterbo fu inoltre proprietario di una ricca raccolta i cui libri sono oggi dispersi in varie biblioteche europee. I manoscritti ebraici appartenuti a Egidio da Viterbo che si trovano attualmente alla Bibliothèque Royale sono circa venti (si veda C. Astruc–J. Monfrin, Livres latins et hébreux du Cardinal Gilles de Viterbe, in «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», XXIII (1961), pp. 551-554). Il nostro codice sembrerebbe essere l’unico ancora in mano privata. Si noti inoltre che le annotazioni latine a margine di un manoscritto ebraico testimoniano il vivo interesse della cultura occidentale dell’epoca per la tradizione mistica ebraica. Identificare la mano di Egidio da Viterbo nelle postille è un dato particolarmente significativo dal momento che, insieme a Pico della Mirandola e Johannes Reuchlin, egli è considerato uno dei padri della cabala cristiana, tentativo tutto rinascimentale di operare un sincretismo mistico e teologico che comprendesse la filosofia platonica, i testi ermetici, la mistica ebraica e lo studio delle Sacre Scritture. Si segnala inol-

57


tre che la mostra Mystical Encounters della Houghton Library di Harvard del 1996, esponeva le opere di Eleazar di Worms annotate da Egidio da Viterbo (di cui si trova una riproduzione a http://www.hno.harvard.edu/gazette/1996/03.14/MysticalEncount.html).

3 55 3 Beautifully opening leaf from a Milanese Book of Hours, illuminated by an Annunciation, painted in a style very close to the one of the Master of the Mandriani Hours.

L’Annunciazione. Miniatura da un libro d’ore. [Milano, fine del secolo

XV].

Frammento su pergamena di mm 100x77. Annunciazione miniata all’interno di una cornice - dipinta a tempera rosso scuro, verde, grigio e oro e decorata da putti, gioielli, pesci e da un piccolo medaglione contenente un ritratto femminile; nel bordo inferiore sono raffigurate due sirene che sorreggono uno stemma nobiliare con la scritta: Ave Maria gratia plena dominus tecum. All’interno della cornice e sotto l’Annunciazione, 6 linee in littera textualis, 4 in inchiostro blu e due in inchiostro marrone. Un capolettera miniato ‘O’ in tempera dorata su fondo rosso cupo, con interno blu, decorato da gioielli e motivi floreali. Al verso del frammento testo, in inchiostro rosso e marrone, su 11 linee in littera textualis su un’unica colonna (giustificazione: mm 58x52) alla terza linea piccolo capolettera dorato ‘D’, su due linee, miniato su fondo rosso verde e blu con decorazioni floreali dorate. Frammento in ottimo stato di conservazione, montato su un passe-partout in cartoncino avorio.

Questo elegante frammento, probabilmente la pagina iniziale di un officiolo, è splendidamente miniato in uno stile molto simile a quello usato dal maestro di Mandriani, chiamato così per aver eseguito le miniature del Libro d’ore commissionato da Antonio Mandriani. La mano raffinata richiama anche alcuni lavori eseguiti per Francesco Maria Sforza e Gian Giacomo Trivulzio (cfr. C. Quattrini, Libri e documenti, XXV, 1995).

3 56 3 Interesting humanistic manuscript of the Leoniceno’s vernacular translation, based on the original Greek text of the Gothic War by Procopius. From Giacomo Manzoni’s Library.

Procopius Caesariensis (ca. 500-ca. 565 d.C.). [La Guerra Gotica nel volgarizzamento di Nicolò Leoniceno]. Manoscritto su carta, [Ferrara?], 1500. Manoscritto cartaceo di mm 305x198. Fascicolazione: I8+1, II-XV10, XVI12, XVII16. 167 fogli numerati a lapis nell’angolo superiore esterno; gli ultimi cinque fogli sono bianchi con rigatura in inchiostro rosso. COMPLETO. Testo su un’unica colonna di 40 linee (giustificazione: mm 225x140) con rigatura in inchiostro. Richiami alla fine di ogni fascicolo posti

58


in basso a destra. Scrittura corsiva cancelleresca. Carta con filigrana del tipo ‘a fiore in doppio cerchio’ identificabile con Briquet 6707 e 6708, attestate rispettivamente a Ferrara e Reggio Emilia tra il 1499 e il 1503. Decorato da quattro belle iniziali miniate, che segnano l’incipit dei quattro libri in cui è suddivisa l’opera (c.1r; c.37r; c.72v, c.119r) e costituite da un fondo a foglia d’oro sul quale si staglia il corpo della lettera a terminazioni vegetali in blu, rosa e verde, impreziosito da uno sviluppo marginale a bottoni aurei, grafismi ad inchiostro e sviluppo fogliaceo rosa e verde. Rubriche in inchiostro rosso all’inizio di ogni libro. Richiami marginali in inchiostro rosso nel testo, in italiano e in greco, da attribuirsi con tutta probabilità alla mano dello stesso copista o ad una mano coeva. Legatura del XVII secolo in pergamena tinta di verde, titolo manoscritto al dorso ‘Procopio Guerra de’ Goti’. Codice in ottimo stato di conservazione, molto marginoso e vergato su carta forte; antico restauro a porzione del margine inferiore bianco del primo foglio, qualche piccolo foro di tarlo ai fogli finali. c.1r Libro I: Ystoria di Procopio Cesariense de le guerre gothice facte da Iustiniano imperatore per meçço di Bellisario suo capitano divisa in quatro parte Principio de la prima parte […]. Incipit: Le cose successeno ne l’affrica a’ romani segondo che havemo scripto ne la precedente istoria […]. c.36v Libro II: Qui comincia el segondo libro de procopio hystoria de la guerra contra li gothi […]. c.72v Libro

III: Libro

c.118v Libro

terço de le hystorie de Procopio pertinente a la guerra Taliana contra gothi […].

IV: Libro

quarto de le hystorie de gothi auctoriçade da Procopio […].

c.162r colophon: Ego Augustinus villa scripsi hunc librum et eum ad perfecionem reddegi Anno salutis et incarnati verbi MCCCCC Die vero XI februarij ad honorem et laudem Gloriosissime ac inctacte virginis marie; et agamus gratis gratiarum donatori. Finis.

«È questa l’unica intera ed ancora inedita traduzione italiana di Procopio, elaborata sull’originale greco a contemplatione di Ercole I, Duca di Ferrara, da NICOLÒ LEONICENO e secondo il recentissimo giudizio del sig.Vitaliani […] perfettamente rilevante il senso del testo greco». Questa la notizia che Giacomo Manzoni riporta nel Catalogo della sua biblioteca riferendosi al presente manoscritto (Catalogue de la bibliothèque de feu M. le comte Jacques Manzoni, Città di Castello, Lapi, 1893, n. 109). Il dato risulta di notevole interesse qualora ci si soffermi a considerare la vicenda del testo di Procopio nel corso del Quattrocento e del Cinquecento. Il testo originale greco non fu infatti dato alle stampe che nel 1607, ad Augusta, da David Hoeschel e la conoscenza e diffusione dell’opera dell’autore a cui il Muratori assegnava il primo posto tra gli storici bizantini e fra gli storici e scrittori di cose italiane dalla caduta dell’impero, vennero affidate alle traduzioni latine e alle italiane da esse derivate, che scatenarono un’accesa diatribe sulla scarsa aderenza delle versioni vulgatae all’originale greco. A questo riguardo si ricorda la traduzione latina, che è in realtà una riduzione libera, di Leonardo Bruni Aretino - De bello italico adversus Gothos - pubblicata a Foligno nel 1470 (di cui il Bruni si arrogò la paternità senza menzionare Procopio) e posteriore a quella, anch’essa latina, di Cristoforo Persona, bibliotecario della Vaticana dal 1484 al 1487, pubblicata a Roma dal Mazzocchi solo nel 1506 e reputata dai filologi alquanto scadente e inesatta. Seguirono un volgarizzamento del testo del Bruni ad opera del senese Lodovico Petroni, composto nel 1456 e pubblicato nel 1526, e del quale è noto un codice parziale a Yale (Beinecke Coll., Medieval and Renaissance manuscripts, Marston ms 15, Firenze ca. 1450-65); un’altra versione italiana, sempre derivata dal Bruni, ad opera di Benedetto Egio, umanista spoletano, venne pubblicata a Venezia nel 1544; si ricorda infine quella recentemente attribuita a Bernardo Nuti (J. HANKINS, Repertorium Brunianum. A critical guide to the writings of Leonardo Bruni, I, Roma 1997). La traduzione della Guerra Gotica del Leoniceno sarebbe inoltre, nel clima di rivalutazione e rin-

59


novato interesse per il volgare quale lingua da potersi utilizzare anche in àmbito erudito, una delle sue prime prove come traduttore; al Procopio seguirono infatti i volgarizzamenti delle Storie di Dione Cassio e dei Dialoghi di Luciano. Come pone in evidenza anche il Vitaliani nella sua monografia dedicata all’umanista e medico vicentino «A servirsi della lingua volgare, induceva anche l’eccitamento di alcuni prìncipi, che non possedevano una sufficiente cultura classica, e che pur bramavano di leggere, o farsi leggere, le opere degli antichi […]. Nicolò ebbe ordine da Ercole I, che secondo alcuni avea poca conoscenza della lingua greca, di tradurre le opere di Procopio e Dione, alle quali vi aggiunse anche la versione dei dialoghi di Luciano» (D.Vitaliani, Della vita e delle opere di Nicolò Leoniceno Vicentino, Verona 1892, pp. 217-18). La tradizione manoscritta della vulgata leonicense del Procopio si basa su un numero di testimoni tanto esiguo quanto insigne per provenienza, il testo risulta infatti tràdito da due esemplari gemelli conservati, rispettivamente, alla Biblioteca Estense di Modena e alla Biblioteca Ambrosiana di Milano (A 272 inf.). Questi due eleganti codici membranacei pressoché identici per carattere ed ornato furono probabilmente fatti redigere per essere presentati dal Leoniceno ad Ercole I, e recano entrambi, alla prima carta, la dedica del traduttore all’Illustrissimo principo, nella quale vien posto l’accento sull’utilità della cognitione de le historie, ma in cui non manca anche una velata polemica su quanti, come il Bruni e il Persona, volendo celar el furto & atribuirse la inventione di questa istoria non facendo mentione niuna di Procopio dal quale l’havevano extracta furono constretti a resecarla e redurla a nova forma. Alla luce di queste considerazioni la traduzione del Leoniceno si pone in una prospettiva di particolare interesse, poiché si tratta dell’unica versione desunta direttamente dal testo originale greco, non filtrata dunque attraverso una versione latina, e prova di un vivo interesse filologico, ben documentato anche dalla collaborazione di Nicolò con Aldo Manuzio per l’edizione dei testi greci, e non privo di ripercussioni ed influssi di natura squisitamente letteraria quali, ad esempio, si trovano nell’Italia liberata dai Goti del Trissino, allievo illustre dell’umanista vicentino. Sempre il Vitaliani identifica inoltre un terzo testimone, seppur parziale, in un manoscritto cartaceo di 111 fogli conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna (segn. l.IIº) mancante della prefazione. Il nostro codice, anch’esso privo della dedica, risulta notevole per la presenza, alla carta 162r, della nota del copista che trascrisse l’opera, che riporta il proprio nome e la data alla quale far risalire la stesura manoscritta: l’11 febbraio 1500. Il nome di Agostino Villa non è attestato in nessuno dei lavori di censimento dei copisti, tuttavia se ne trova menzione nel manoscritto della Vita del beato Giovanni Tavelli da Tossignano (conservato presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara), vescovo di Ferrara tra il 1431 e il 1446, realizzato per Ercole I d’Este e miniato dal maestro di Pico. Le carte finali di questo codice (cc. 45r-46r) riportano il testo che segue: Augustinus Villa Lanceoloti Villae filius quinquagenarius ardorem. Il dato, peraltro assai peregrino, riguarda Agostino Villa che fu probabilmente segretario, ambasciatore e magistrato alla corte ferrarese e la cui data di decesso viene fatta risalire al 1519, stando alle scarne notizie riportate dal Conti e dall’Argegni (cfr. F. Conti, Illustrazione delle più cospicue e nobili famiglie ferraresi tanto estinte quanto viventi, fino all’anno 1800, Ferrara 1852; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, Milano 1937, III, p. 356). I richiami manoscritti in rosso ai margini, scandiscono il testo della Guerra Gotica dando una sintesi dei contenuti, più curiose sono invece le parole greche, redatte da una mano differente, che lasciano supporre che il codice sia stato utilizzato come ‘copia di studio’ o ‘testo a fronte’, in parallelo dunque con un Procopio greco.

60


Tenendo conto di quanto detto finora è possibile ipotizzare che, per le sue caratteristiche formali e redazionali, il nostro codex sia da collocarsi nel medesimo contesto storico-geografico al quale appartengono anche gli altri testimoni superstiti della traduzione del Leoniceno, andando così ad aprire la nicchia di uno spazio ecdotico trascurato, che meriterebbe ulteriori approfondimenti.

3 57 3 First appearence of Xenophon’s imprint, in the Latin translation of Omnibonus Leonicenus and Francesco Filelfo, the only incunable edition.Among the works there is the famous treatise on hunting De venatione.

Xenophon (445-350 a.C.). [Opere:] De venatione. Liber de re publica et de legibus lacedemoniorum. Oratio de regis Agesilai Lacedaemoniorum laudibus. Apologia pro Socrate. Opusculum de Tyrannide. Libellus de Aequinociis. Paedia Cyri Persarum Regis. [Milano, Guglielmo Le Signerre, 1500 ca.]. In-folio (mm 290x200). Segnatura: A-D6, E4, a-l6, m4. 98 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Testo su 43 linee carattere 111R. Legatura del secolo XVI in pelle bazzana rimontata; bindelle lungo il margine esterno, tagli spruzzati; custodia in tela beige con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore e alcune macchie. Note manoscritte di mano coeva in inchiostro marrone in greco e in latino nel testo.

Prima edizione assoluta delle opere di Senofonte, che precede le editiones principes, la parziale di Aldo del 1503 e la definitiva giuntina del 1516. Il De venatione, qui presente, tradotto dal greco da Omnibono Leoniceno, è considerato uno dei testi fondamentali della storia della caccia e contiene il celebre incipit «La caccia fu inventata dagli dei Apollo e Diana». Nel volume si trovano anche altre opere dello scrittore ateniese: La Repubblica dei lacedemoni, nella traduzione di Francesco Filelfo, che aveva tradotto anche il Discorso su re Agesilao e la Ciropedia. L’Apologia di Socrate e l’Opusculum de Tyrannide sono invece nella traduzione di Leonardo Aretino. I testi di Senofonte furono utilizzati come fondamenti per la conoscenza dei costumi degli spartani e come la prima biografia reale: le avventure del re di Persia e lo stile di Senofonte esercitarono un’influenza considerevole. Al verso della carta m3 viene riportato il probabile colophon del manoscritto delle traduzioni latine del Filelfo: «Huic autem Cyri Paediae: Idem Franciscus Philelfus eques auratus Laureatusque poeta extremam imposuit manum. Mediolani ad. xi. Calen. Octobres. Anno a natali Christiano Millesimo quadrigentesimo sexagessimo septimo». HC 16225; BMC

VII, 1150; Goff X, 2; Souhart

499;Thiébaud 947; Ceresoli 480.

61


3 58 3 A tall copy of the first Aldine edition of Juvenal’s and Persius’ Satyrae.The fourth printed in pocket format by Aldus Manutius.

Iuvenalis, Decimus Iunius (55-ca. 135 d.C.). Iuvenalis. Persius. Venezia, Aldo Manuzio, agosto 1501. In-8° (mm 163x97). 78 carte non numerate. Carattere corsivo. Legatura moderna in marocchino nocciola riccamente decorata in oro ai piatti. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini, accuratamente rinfrescato.

Prima edizione aldina delle Satire di Persio e Giovenale, dedicata da Aldo a Scipione Carteromaco. Quarto volume in ottavo edito dalla tipografia aldina a pochi mesi di distanza dal Virgilio, dall’Orazio e dal Petrarca, stampati tra l’aprile e l’agosto del 1501. Di questa edizione esistono due varianti la prima, a cui appartiene il nostro esemplare, priva di marca tipografica e cartulazione e con la sottoscrizione in corsivo nella quale è menzionato solo Aldo; la seconda, databile 1512-1515, con l’àncora aldina al frontespizio, cartulazione ed infine le note tipografiche nelle quali si menziona anche Andrea Torresano. Renouard 29, 6; Laurenziana, n. 48; Marciana, n. 45; Adams J, 770; Dionisotti-Orlandi, n. XXXI.

3 59 3 A tall copy of the first Aldine edition of Martial, printed in 1501 and one of the first books printed in-8°. From the famous 16th century collection of Willibald Pirckheimer, with his two bookplates engraved by Dürer, the first of wich, dated 1524, is the first ex-libris known.

Martialis, Marcus Valerius (ca. 40-104 d.C.). [Epigrammata]. Venezia, Aldo Manuzio, dicembre 1501. In-8° (mm 165x97). 192 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Carattere corsivo. Legatura ottocentesca in pieno marocchino granata di F. Bedford, decorazioni in oro ai piatti e al dorso, sguardie in carta a pettine, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, stampato su carta forte. Alla prima carta ex dono manoscritto di Andreas Coner, artista di Bamberga noto disegnatore e ‘antiquario’ (si veda T. Ashby, Sixteenth-Century Drawings of Roman Buildings attributed to Andreas Coner, in «Papers of the British School at Rome», II (1904), p. 22, tav. 23). Donato dall’artista tedesco al noto bibliofilo Willibald Pirckheimer come testimoniato dalla dedica autografa «Bilibaldo Pirkamer Andreas Coneriis D.D.». Con i famosi ex-libris Pirckheimer, entrambi incisi dal Dürer, e datati rispettivamente 1524 (il primo ex-libris conosciuto) e 1529, incollati alle sguardie e con mancanze dovute a fori di tarlo. Al margine bianco della prima e dell’ultima carta timbro della Royal Society di Londra. Ex-libris della Huth Collection impresso in oro su marocchino rosso al contropiatto.

62


48. Savonarola, Girolamo

17


50. Aristophanes

18


53. Colonna, Francesco

19


60. Pollux, Julius

20


68. Erotemata Guarini

21


70. Pacioli, Luca

22


80. Palacios Rubios, Juan L贸pez de

23


86. Strabo

24


Prima edizione aldina, di grande rarità. Il Marziale - con il Virgilio, l’Orazio, il Petrarca e il Giovenale-Persio, tutti usciti nel 1501 - è uno dei primi autori classici editi da Aldo nel formato tascabile, in minima forma. Il presente esemplare ha inseriti all'inizio il ritratto di Pirckheimer inciso da Albrecht Dürer, generalmente usato come suo ex-libris, datato 1524 (Strauss 102); in fine, sempre del Dürer, il simbolo con figure “spes, tribulatio, invidia, tolerantia” e le armi di Pirckheimer (Nagler, Monogr. III, 1950-39). Willibald Pirckheimer (1470-1530), fu il più grande umanista e bibliofilo di Norimberga, consigliere dell’Imperatore e caro amico di Dürer. Alla sua morte la sua straordinaria collezione di libri passò alla famiglia Imholf, che la vendette nel 1636 al marchese di Arundel e fu presentata dal duca di Norfolk alla Royal Society nel 1667; due secoli più tardi la Società smembrò parte della collezione. Il presente Marziale passò per la collezione Huth e fu successivamente venduto durante l’asta della sua biblioteca (lot 4752). Renouard 30, 7; Laurenziana, n. 49; Marciana, n. 49; Ahmanson-Murphy 47; Adams M, 689.

3 60 3 Syston Park copy, typically bound in 18th century calf with the gilt Aldine device on boards, of the first and sole Aldine edition of this important Greek lexicon.

Pollux, Julius (sec. II d.C.). ΙΟΥΛΙΟΥ ΠΟΛΥ∆ΕΥΚΟΥΣ ΟΝΟΜΑΣΤΙΚΟΝ. IULII POLLUCIS VOCABULARIUM. Venezia, Aldo Manuzio, aprile 1502. In-folio (mm 322x208). 112 carte non numerate.Testo in greco stampato su due colonne di 56 linee, l’Indice è invece stampato in caratteri sia greci che latini. Legatura inglese della fine del XVIII secolo in pelle nocciola di Robert Payne, i piatti sono inquadrati da una cornice di triplici filetti dorati, al centro grande àncora aldina impressa in oro. Dorso a cinque doppi nervi, titolo e note tipografiche in oro, tagli dorati; fogli di guardia e sguardia in carta caillouté, segnalibro in seta verde. Esemplare in ottimo stato di conservazione, réglé, stampato su carta grande. Esemplare proveniente dalla collezione Syston Park, ex-libris di John William Pease, Christopher William Beaumont Pease e Lord Wardington.

Editio princeps del lessico di Polluce, retore e grammatico del II secolo d.C. originario di Naucratis in Egitto, che studiò ad Atene presso il sofista Adraino e, con il favore dell’imperatore Commodo, ottenne la cattedra di retorica presso la scuola pubblica di Atene. La sua opera, una silloge di parole greche di grande interesse filologico, si è conservata solo in parte. Si tratta di un’edizione di grande eleganza, tra le greche più rare licenziate da Aldo. L’Onomastikon, diviso in dieci libri e dedicato all’imperatore, è l’opera più importante di Polluce; il testo è preceduto da una dedica latina ad Elia Capreolo, giurista e storico bresciano, ed è seguito da 8 carte di indici in greco ed in latino; infine è stampato il saluto in greco ai filologi di Scipione Forteguerri. Renouard 32, 1; Marciana, n. 57; Ahmanson-Murphy, n. 42; Adams P, 1787; Dionisotti-Orlandi, n. XXXIV.

63


3 61 3 Editio princeps of Thucydides works, the first classical historical account written with a modern historiographical approach.

Thucydides (ca. 465-ca. 400 a.C.). Θουκυδιδησ. Venezia, Aldo Manuzio, maggio 1502. In-folio (316x204 mm). 123 di 124 carte non numerate, manca l’ultima bianca. Caratteri greci. La lettera dedicatoria di Aldo a Daniele Renier in latino, in corsivo. Legatura inglese del XVIII secolo in vitello, piatti inquadrati da duplice cornice, la più esterna delle quali presenta una filettatura dorata, con impressioni a secco, dorso a sei nervi riccamente decorato in oro con titolo e dati tipografici, tagli marmorizzati. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione, una macchia nel margine esterno di cinque carte, qualche piccolo restauro alla legatura.

Editio princeps della Guerra del Peloponneso di Tucidide. Aldo Manuzio la dedica al patrizio veneziano Daniele Reiner «profondo conoscitore della lingua greca e ebraica, al quale Aldo deve molti dei manoscritti utilizzati per le sue edizioni. Nella dedicatoria rende merito di tale generosità tanto più apprezzabile se messa a confronto con l’atteggiamento di coloro che, poco inclini a divulgare e a condividere gli strumenti del sapere, sono definiti da Aldo bibliotaphoi; per Aldo l’attività di editore e tipografo è sentita come un’autentica missione: tutto ciò che è degno di essere letto dovrà essere stampato e divulgato. Al termine della dedicatoria Aldo annuncia che avrebbe volentieri pubblicato insieme al testo di Tucidide, i Paralipomeni di Senofonte e di Gemisto Pletone: ha rinviato tale impresa ad altro momento non disponendo neppure di tre esemplari, numero minimo per poter collazionare un testo, e come ci riferisce, mentre scriveva la dedicatoria erat sub incute Herodotus & Sophocles cum commentarijs» (Dionisotti-Orlandi, p. 102).Tucidide è il più grande storico dell’antichità; la sua opera rappresenta la prima narrazione di storia contemporanea che sia giunta fino a noi dal passato. La storia è infatti secondo l’ateniese un processo dovuto esclusivamente all’interagire delle forze umane, senza alcuno spazio per interventi divini o trascendenti, e come tale è destinata a ripetersi. A Tucidide dobbiamo un approccio storiografico moderno basato sull’accertamento rigoroso dei fatti e su una instancabile ricerca della verità condotta sottoponendo tutte le fonti a una puntuale verifica critica. Renouard 33, 4; Laurenziana, n. 60; Marciana, n. 60; Ahmanson-Murphy, n. 57; Adams T, 622; Dionisotti-Orlandi, n. XXXVII; Hoffmann III, p. 747.

3 62 3 First pocket and first 16th century edition of the Divine Comedy, edited by Bembo and considered one of the most philologically correct for its text. One of the most famous enchiridia printed by Aldus.

Alighieri, Dante (1265-1321). Le terze rime di Dante.Venezia,Aldo Manuzio, agosto 1502.

64


In-8° (mm 150x91). 244 carte non numerate, di cui una bianca (l2). Legatura tardo-settecentesca in marocchino nocciola, decorata da una cornice dorata a tre filetti con – al piatto superiore – il nome ‘Caifsottil’ impresso in oro; dorso ornato da ferri floreali dorati e titolo in oro, sguardie in carta marmorizzata, segnalibro in seta verde, tagli marmorizzati dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, antichi restauri alle prime due carte, piccoli fori di tarlo agli ultimi quaderni. Ex-libris ottocentesco di George Rainy al contropiatto anteriore; asta Giannalisa Feltrinelli, Christie’s New York, 7 ottobre, 1997, lotto 32.

Questa prima edizione aldina e prima cinquecentesca della Commedia - già annunciata nel luglio del 1501 nel congedo di “Aldo a gli lettori” postfatorio a Le cose volgari di Messer Francesco Petrarcha - figura nel secondo catalogo delle edizioni aldine del 22 giugno 1503 fra i “libelli portatiles in formam enchiridii” come “Dantes”. Il curatore Pietro Bembo trascrisse il testo (oggi Ms.Vat. lat. 3197) servendosi come base dell'esemplare (oggi Ms. Vat. lat. 3199) della Commedia che il Boccaccio aveva mandato in dono al Petrarca fra l’estate del 1351 e il maggio del 1353, e che aveva avuto come ultimo proprietario e postillatore Bernardo Bembo.Voltando le spalle alla tradizione rappresentata dalla monumentale edizione con commento di Cristoforo Landino (Firenze, Niccolò di Lorenzo, 1481), il Bembo fissò una nuova vulgata del poema dantesco, tanto che l’aldina del 1502 divenne il testo di riferimento di tutte le altre stampe cinquecentesche fino all’edizione della Crusca del 1595. Il Bembo riuscì infatti a «dare un’edizione della Commedia la cui bontà testuale è stata stimata, a fronte delle sedici stampe quattrocentesche, per la più alta convergenza di lezioni (il 77%) con l’antica vulgata di Giorgio Petrocchi» (Laurenziana, p. 107). De Batines I, pp. 60-62; Mambelli 17; Renouard p. 34, n. 5; Laurenziana, n. 63; Marciana, n. 65;Ahmanson-Murphy 59; Dionisotti-Orlandi, n. XXX; Adams D, 83; Gamba 385.

3 63 3 One of the most beautiful German illustrated books, profusely illustrated by Albrecht Dürer and his workshop. In original binding of the printer’s atélier.

Birgitta, santa (1303–1373). [Revelationes:] Das puch der himlischen offenbarung der heiligen wittiben Birgitte von dem Künigreich Sweden. Norimberga, Anton Koberger per Florian Waldauf, 1502. In-folio (mm 309x207). 347 di 348 carte non numerate, manca l’ultima bianca. Illustrato da 7 legni a piena pagina raffiguranti il ritratto di Santa Birgitta (al titolo e ripetuto al verso della c. y8), le armi dell’imperatore Massimiliano I, le armi di Florian Waldauf von Valdenstein, la Crocifissione e l’entrata in Gerusalemme. 51 ulteriori piccole incisioni nel testo. Legatura coeva in pelle decorata a secco eseguita dal legatore di Koberger, decorata da medaglioni contenenti motivi floreali e unicorni, stelle, aquile e il monogramma ‘IHS’, due fermagli lungo il taglio esterno, tagli rossi. Esemplare in ottimo stato di conservazione, le cerniere della legatura rinforzate.

Prima edizione in alto-tedesco della più fortunata opera della mistica nordica, preceduta dall’edizione latina di Lubecca del 1492 e da tre edizioni in basso-tedesco. Come l’edizione latina stampata da Koberger nel 1500, questa prima edizione completa della traduzione tedesca delle Visioni

65


di Santa Birgitta, fu impressa dallo stampatore di Norimberga sotto gli auspici dell’imperatore Massimiliano e del suo segretario Florian Waldauf von Valdenstein. Il lavoro preparatorio per la straordinaria impresa editoriale sembra essere stato eseguito nel monastero delle brigidine di Maihugen dal teologo Jorg Knosinger (vedi U. Montag, Das Werk der heiligen Birgitta […], Monaco 1968, p. 109). Le incisioni che adornano il volume, le stesse della citata edizione del 1500, sono tradizionalmente attribuite ad Albrecht Dürer. Si tratta di uno dei più bei libri del Rinascimento mitteleuropeo. Le Revelationes della mistica svedese santa Birgitta, fondatrice dell’Ordine di S. Salvatore, sono la sua opera più universalmente conosciuta e sono considerate uno dei primi testi medievali di ispirazione ascetica. È proprio a questo scritto, redatto in uno stile semplice e chiaro, che Birgitta ha consegnato il suo pensiero mariano, frutto delle rivelazioni straordinarie di cui fu gratificata. Panzer, DA 523; Proctor 10959; Hase, Koberger 216; Dogson I, 263-266; Meder, Dürer-Katalog, 278, II, 260, 261; Murray 75;W. Kurth, The Complete Woodcut of Albercht Dürer, Nueva York, Dover, p. 22; U. Montag, Das Werk der heilingen Birgitta von Schweden in oberdeutscher Überlieferung, Munich 1968.

3 64 3 First monumental edition of the largest history of Milan. Illustrated by 2 beautiful full-page woodcuts, one of which repeated, ascribed to Bernardino de’ Conti, a painter from Pavia.

Corio, Bernardino (1459-ca. 1519). Historia continente de l’origine di Milano tutti li gesti, e dettagli preclari in fine al tempo di esso autore, con somma fedeltà in Idioma Italico composta. Milano, Alessandro Minuziano, 1503. In-folio (mm 393x260). 6 carte non numerate, 428 carte non numerate. Le 6 carte preliminari, stampate posteriormente, con l’insegna di Giovanni Giacomo da Legnano e fratelli, che impressero il frontespizio e la tabula dopo il 1503. Carattere romano. Illustrato, alla c. a2v, da un legno a piena pagina con la Virtù che sostiene gli stemmi della famiglia Corio e degli Ascanio; alla c. a5v un legno a piena pagina, ripetuto alla c. aa1r, raffigurante l’autore seduto allo scrittoio e con ai suoi piedi un cagnolino, in basso due versi del Dolcino (Bernardine tibi Insubri debere fatentur / non minus ac magno Roma superba Tito) e in alto i motti È bello dopo il morire vivere anchora, Amica veritas e Sustine et abstine. Alla c. ff3r, silografia a mezza pagina raffigurante la Virtù che sostiene lo stemma dei Corio. Legatura di fine Ottocento in mezza pelle con fregi, titolo e nome dell’autore in oro al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Ex-libris del principe di Liechtenstein.

Rara edizione originale e unica veramente completa di quest’opera. Nelle edizioni successive molti passi furono soppressi poiché contenevano alcuni giudizi negativi sui duchi di Milano. L’opera, divisa in sette parti, è la più importante storia di Milano dalle origini alla fuga del Moro in Germania. La stampa dell’Historia, redatta tra il 1485 e il 1503, venne curata personalmente dal Corio che la fece imprimere a proprie spese dal Minuziano. Le silografie che illustrano il volume sono state attribuite da alcuni studiosi ad un artista di cer-

66


chia leonardesca, pur presentando anche influssi della scuola ferrarese del Mantegna (Illustrazione del libro e incisione in Lombardia nel ’400 e nel ’500, a cura di Sameck Ludovici, Modena 1960). Altri invece le hanno ascritte al pittore di Pavia Bernardino de’ Conti, autore del presunto ritratto dell’autore. Infine Kristeller propone di identificare l’ignoto artista con il Maestro del Melchiorre da Parma (P. O. Kristeller, Die lombardische Graphik der Renaissance, Berlin 1913, pp. 54-56 e 100-101). Kristeller 116; Sander I, 2170; Mortimer I, 137; Predari 136; Adams C, 2632; L.S. Olschki, Monumenta typographica, Cat. LIII 1903, n. 325.

3 65 3 Very rare copy, complete with the errata and Bembo’s dedication to Lucrezia Borgia, lacking in most copies. First edition of one of the first Italian novels devoted to love.

Bembo, Pietro (1470-1547). Gli Asolani di messer Pietro Bembo.Venezia,Aldo Manuzio, marzo 1505. In-4° (mm 195x130). 98 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Carattere corsivo. Àncora aldina al verso della c. m8. Elegante legatura ottocentesca in marocchino marrone, titolo e filetti in oro al dorso, tagli dorati, dentelles interne. Esemplare in buono stato di conservazione, interamente réglé, le prime due carte rimarginate.

Prima rara edizione del celebre romanzo del Bembo, ambientato ad Asolo ove alla corte di Caterina Cornaro, regina di Cipro, si festeggia lo sposalizio di una dama: in tre giornate alcuni gentiluomini veneziani parlano con delicatezza e vivacità di amore con altrettante gentildonne. «Alla fine del 1502 gli Asolani erano compiuti, anche se qualche ritocco fu forse provocato dal nuovo e più pericoloso amore che nel 1503 accese Bembo per Lucrezia Borgia, da poco giunta a Ferrara, sposa in terze nozze del duca Alfonso d’Este. Per lei sfoderò ancora le squisite galanterie di cui era stato prodigo alla Savorgnan, né trascurò di farle leggere il libro che era stato galeotto del precedente amore. […] gli Asolani misero a rumore il mondo letterario. Per l’audacia delle proposte e dei risultati artistici, quest’opera rischiava di spiacere a un tempo agli ambienti umanistici e cortigiani. Il Bembo insomma usciva allo scoperto e manifestava chiaramente la volontà di rinnovare la letteratura contemporanea; la sua era un’opera d’avanguardia, tale fra l’altro da metterlo ancora più in cattiva luce presso l’aristocrazia veneziana che ormai non poteva più aver dubbi sui suoi interessi meramente ed esclusivamente letterari» (Trattatisti del Cinquecento, Tomo I, a cura di Mario Pozzi, Milano-Napoli 1978, pp. 10-11). Straordinario esemplare, completo dell’errata e della dedica a Lucrezia Borgia, quest’ultima soppressa in fase di stampa, probabilmente a causa delle controversie politiche sorte tra Giulio II e Alfonso d’Este, che indussero Bembo e Aldo a eliminare l’omaggio alla moglie del primo, diventato nemico del papa. Renouard p. 48, n. 1; Laurenziana, n. 90; Ahmanson-Murphy, 72; Scapecchi, Aldo Manuzio, i suoi libri, i suoi amici, n. 33; Gamba, 132. 67


3 66 3 First and sole Aldine edition of the Latin poems by Aurelio Augurelli, an Italian poet and alchimist, Bernardo and Pietro Bembo’s friend.

Augurelli, Giovanni Aurelio (1456-1524). Poemata. Venezia, Aldo Manuzio, aprile 1505. In-8° (mm 158x100). 128 carte non numerate (le carte 2a e 7q bianche). Carattere corsivo. Àncora aldina al verso dell’ultima carta. Legatura ottocentesca in marocchino rosso con al centro dei piatti le armi dorate di ‘Herbert Norman Evans M.D.’; titolo in oro e ferri dorati al dorso, sguardie in carta marmorizzata, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture, dorso restaurato.

Prima ed unica edizione aldina dell’opera del poeta e alchimista del Rinascimento Aurelio Augurelli, che fin dal tempo del suo soggiorno fiorentino, alla metà degli anni ’70 del Quattrocento, aveva goduto della protezione di Bernardo Bembo e al quale anche Pietro accordò i suoi favori. La princeps dei Poemata era stata impressa nel 1491 e viene qui riproposta ed ampliata in due libri che contengono tutti i componimenti, tranne la Chrysopoeia e il Geronticon, che verranno impressi solo dieci anni più tardi. «Alla fine del 1504, subito dopo la pubblicazione del testo di Demostene, che il Carteromaco partendo aveva lasciato pronto per la stampa, Aldo si rese conto che la sua impresa era giunta a un punto morto. Nel 1505 fece un ultimo tentativo, analogo in parte a quello che gli era riuscito nel 1501. Non potendo offrire alcuna novità tecnica, si appigliò alla scelta dei testi: per la prima volta e ultima, pubblicando gli Asolani del Bembo e i carmi latini del Pontano, dell’Augurello e del cardinal Adriano da Corneto, diede preminenza alla letteratura contemporanea» (C. Dionisotti, Aldo Manuzio umanista e editore, Milano 1995, p. 135). Renouard p. 49, n. 2; Laurenziana, n. 91; Ahmanson-Murphy 73; Adams A, 2152.

3 67 3 Very rare Venetian edition of this Opuscula collection edited by the Sicilian theologist Filippo Barberi, illustrated by 12 full-page woodcuts showing the Sybils within architectural frames. Otto Schaefer copy.

Barberiis, Philippus de (ca. 1426-1487). Quattuor hic compressa opuscola. Discordantiae sanctorum doctorum Hieronymi et Augustini. Sibyllarum de Christo vaticinia [...].Varia Judeorum [...] testimonia. Venezia, Bernardino Benali, [1505 ca.]. In-4° (mm 192x140). 28 carte non numerate. Numerose iniziali silografiche istoriate e decorate, di cui alcune con nodi su fondo nero.Alla c. a2r grande iniziale ‘I’ istoriata; 12 silografie a piena pagina raffiguranti le Sibille inquadrate da cornici formate da quattro legni. Legatura ottocentesca in mezzo marocchino marrone. Esemplare in buono stato di con-

68


servazione, lievi bruniture, margine superiore sobrio. Fittamente annotato da una mano tardo-cinquecentecsa alle prime tre carte, numerose sottolineature e sporadiche note marginali in rosso di mano più antica. Ex-libris di C.W. Frederickson e di Otto Schaefer, timbro in inchiostro nero al recto del foglio di guardia posteriore ‘H.E.H. DUPL.’.

Rara edizione cinquecentesca, un tempo creduta incunabola, della collezione di opuscoli curata dal teologo e inquisitore siciliano Filippo Barbieri, la cui princeps fu impressa dal Lignamine a Roma nel 1481 (vedi scheda n. 32 del presente catalogo) e ristampata dal Riessinger l’anno seguente. La raccolta contiene le concordanze di San Girolamo e Sant’Agostino, una difesa delle teorie della scuola tomista, le profezie delle Sibille sull'avvento di Cristo ed infine i Cento Vergiliana, stampati separatamente fin dagli anni ’70 del Quattrocento, che sono un arrangiamento dei versi virgiliani fatti nel secolo IV da Proba Falconia, moglie di un proconsole romano. La suite delle 12 Sibille, che ricalca solo concettualmente quella dell’incunabolo romano, appare invece molto simile a quella delle stampe di Kobel, impresse a Oppenheim rispettivamente nel 1516 e nel 1517 ca. (Benzing, Kobel, 55). Goff B, 121; Proctor 12374; Essling 2316; Sander 775; Arnim 357.

3 68 3 Very rare and famous Ferrarese imprint of the first Erotemata Guarini complete edition. Guarino Veronese was the most famous pupil and secretary of Manuel Chrysoloras, the first great Greek scholar to come to Italy to teach his language. Fine copy, elegantly bound by Bozérian le Jeune in blue morocco.

Chrysoloras, Manuel (ca. 1350-1415) - Guarino Veronese (ca. 1374-1460). Erotemata […] cum multis additamentis, et cum commentariis Latinis. Ferrara, Giovanni Mazzocchi, 13 marzo 1509. Due parti in un volume in-8° (mm 148x94). 68 carte non numerate, 171 carte numerate, una non numerata. Al frontespizio marca tipografica del Mazzocchi incisa su legno:‘Corona con in basso le iniziali I.M., in cornice’.Testo in greco e in latino. Legatura di Bozérian le Jeune in marocchino blu; piatti decorati da una cornice dorata a ferri floreali; titolo e decorazioni in oro al dorso, dentelles interne, sguardie in carta marmorizzata, tagli dorati; custodia in marocchino blu con titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, réglé in rosso; le prime carte un po’ brunite, lievi fioriture; cerniere e angoli della legatura usurati.Al recto del foglio di guardia anteriore antica nota a lapis dalla quale si evince che si tratta della copia ‘Masterman Sykes’ (Asta Evans, 21 maggio 1824, lot 1405: “blue morocco”).

Rarissima edizione, già in parte edita a Reggio nel 1501, che contiene un compendio compilato da Guarino Veronese degli Erotemata del Crisolora - gli Erotemata Guarini - seguiti dal ricco commento di Pontico Virunio e da una breve vita del celebre grammatico greco. La stampa ferrarese del Mazzocchi, prefata da una lettera agli studiosi del filologo aquinense Giovanni Maria Tricaglio, è particolarmente significativa dal momento che vede la luce proprio in uno di quei centri in cui il culto della lingua e delle lettere greche era stato più vivo. Infatti

69


Guarino Veronese e suo figlio Battista furono per parecchi decenni precettori della famiglia d’Este e attirarono nella città adriatica due generazioni di umanisti tra cui spicca Niccolò Leoniceno. «Guarino had probably met Chrysoloras on his first visit to Venice with Kydones. Since his return to Italy the Greek scholar’s fame as a teacher had spread to Venice, and Guarino, who was teaching privately there at the time, was so fired with enthusiasm that he decided to be the first Italian to go to Costantinople to learn about Greek literature, just as Chrysoloras had been the first Greek to come to Italy to teach the Italian his language» (K. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, p. 114). Legrand

III, 143; Adams

C, 1503.

3 69 3 First Aldine edition of the complete works by Sallustius, dedicated by Aldus to the famous Venetian captain Bartolomeo Alviano, who often exhorted the typographer to print the Latin classics in little format.

Sallustius, Crispus Caius (86-ca. 34 a.C.). De Coniuratione Catilinae. Eiusdem De bello Iugurthino. Venezia, Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, aprile 1509. In-8° (mm 165x100). 8 carte non numerate, 279 pagine. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura ottocentesca in cartonato, titolo in oro e filetti al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini, lievissimo arrossamento di alcune carte. Note di possesso abrase al frontespizio e al verso dell’ultima carta.

Prima edizione aldina basata su antichi manoscritti francesi procurati ad Aldo da Giano Lascaris, ambasciatore del re di Francia a Venezia, e da Fra Giovanni Giocondo, curatori dell’opera. Il Sallustio è dedicato a Bartolomeo Alviano, uomo d’armi e protettore dei letterati, che nella primavera del 1508 come comandante dei Veneziani e alleato dei Francesi, sconfisse le truppe imperiali in Cadore e si fregiò del titolo di Duca di Pordenone. Il Manuzio nella lettera dedicatoria ricorda che spesso l’Alviano lo aveva esortato a stampare, nella sua collana in ottavo, libri contenenti imprese eroiche «per poterli avere accanto più agevolmente nel corso delle campagne militari» (Dionisotti-Orlandi, 1975, vol. II, p. 272). Nell’epistola, inoltre,Aldo si mostra preoccupato per il difficile momento storico di Venezia contro la quale, nel dicembre del 1508, fu costituita tra Massimiliano d’Austria, Luigi XII di Francia, Ferdinando d’Aragona e Papa Giulio II, la Lega di Cambrai. Renouard p. 57, n. 3; Laurenziana, n. 105; Marciana, n. 123; Dionisotti-Orlandi, n. LXVIII; Adams S, 139. Firmin-Didot, p. 321.

70


3 70 3 Unknown Pacioli’s Golden Alphabet in proof state. The Italian type design of the Rinascimento.

[Pacioli, Luca (ca. 1445-ca. 1517)]. Divina Proportione.Venezia,Alessandro e Paganino de’ Paganini, giugno 1509. In-folio (mm 275x190). 23 carte comprendenti il Golden Alphabet di Fra’ Luca Pacioli nella prova di stampa, la lettera ‘A’, mancante, sostituita in fac-simile su carta antica. Le letterine guida, alcune impresse a secco, stampate nel corpo o a fianco delle grandi capitali. Legatura di Bernard Middleton in marocchino rosso-bruno con bordure a secco ai piatti; astuccio in tela. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione.

Straordinaria suite contenente le prove di stampa della quasi totalità del famoso Alfabeto di Fra’ Luca Pacioli. Le grandi silografie raffiguranti le capitali, inventate dal celebre matematico toscano, sono qui raccolte in una tiratura finora sconosciuta. Ogni lettera è accompagnata da piccole letterine guida impresse sia a secco che in inchiostro, e il testo che le correda presenta insoliti refusi e differenze sostanziali rispetto alle normali copie a stampa.Ad esempio la descrizione della lettera ‘B’ riporta la parola ‘desotto’ con la doppia ‘t’, ma stampata nel verso contrario. A suffragare inoltre che l’esemplare è composto da prove di stampa, eseguite nella bottega dei celebri tipografi veneziani, le carte presentano in vari punti impronte digitali inchiostrate e vari segni di maneggiamenti. Morison, Fra Luca Pacioli (1933); Mortimer, Italian, 346; Sander 5365, 6; Adams P, 7.

3 71 3 «More than any other book set a standard for the arithmetics of the succeeding century» (Smith). Very rare Venetian imprint, the first with the addition of new materials in the last leaves described by Smith only from the 1540’s edition.

Borghi, Pietro (m. 1491). Libro de Abacho. Venezia, Giacomo Penzio, 5 novembre 1509. In-4° (mm 207x152). 100 carte mal numerate 94. Numerosi calcoli a stampa nei margini bianchi; iniziali silografiche ornate su fondo nero. Legatura ottocentesca in mezza pelle nocciola, carta marmorizzata ai piatti, titolo e decorazioni in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore e bruniture alle prime e alle ultime carte. Nota di possesso manoscritta e timbro al recto della prima carta; marginalia di mano coeva nel testo.

Rara edizione veneziana - la sesta assoluta - del più celebre manuale di aritmetica mercantile, la cui princeps era stata impressa a Venezia dal Ratdolt nel 1484. È rilevante notare che, proprio da questa impressione del Libro de Abacho, viene introdotto nelle carte finali del materiale sup-

71


plementare, in seguito più volte ristampato, che lo Smith descrive come presente solo a partire dall’edizione del 1540. L’opera riscosse uno straordinario successo, dal momento che venne stampato nella sola città lagunare, non meno di 16 volte nel corso di un secolo. Il libro si apre con un sonetto, seguito dalla prefazione dell’autore e dal privilegio di stampa. L’intento dichiarato del Borghi è «la introductione de qualunque giovinetto dedito alla merchadantia», ma è anche quello di fornire un prontuario che serva da sussidio all’attività dei mercanti veneziani. La lingua è un italiano lagunare. Le nozioni matematiche e mercantili vengono mescolate e la teoria ridotta al minimo, le regole enunciate brevemente per agevolarne l’apprendimento mnemonico, sono integrate da numerosi problemi e modelli di calcoli utilizzabili nell’esercizio dell’attività commerciale. L’autore stesso definisce “straordinari” i casi che non si riferiscono alla pratica mercantile. Adams B, 2497; Riccardi I, 164; Smith, pp. 21-22 (altre edizioni).

3 72 3 Sole, and probably first, italian edition of St. Agustine’s rule, illustrated by an original woodcut with the Annunciation in Milanese style.

[Regula S. Augustini]. Regula del sancto Augustino vulgare. Milano, Giovanni Castiglione, 8 novembre 1510. In-4° (mm 209x138). 10 carte non numerate. Al frontespizio bella vignetta silografica di gusto tipicamente milanese, raffigurante l’Annunciazione (molto simile a quella stampata nel Compendium devotissimo del Busti, Milano [1483?], IGI 2288-B). Un altro piccolo legno, raffigurante S.Agostino, alla carta [a]2r; al recto dell’ultima carta marca tipografica incisa su legno e stampata in rosso con una croce e un cerchio contenente le iniziali ‘I.C.’.Testo stampato in rosso e nero. Legatura moderna in pergamena, titolo manoscritto al dorso. Splendido esemplare, in ottimo stato di conservazione, con barbe, lievi gore su alcune carte.

Unico esemplare conosciuto al mondo di quella che è, con tutta probabilità, la prima edizione in italiano della regola di Sant’Agostino che ebbe, nei secoli, un’influenza profonda sulla storia della cultura occidentale. Se si interpreta correttamente l’acronimo ‘F.N.D.V.’ (alla carta [a]2r) l’autore del volgarizzamento potrebbe essere il noto teologo Niccolò da Verona (m. 1514) che, nella prefazione che precede il testo della Regola, dichiara gli intenti della propria traduzione come segue: «perché fra coloro legerano ne spero alcuni quali veduto la facilitate di la religione, che forse estimavano difficile, abandonando il seculo diverranno di nostri al servitio di Dio. La qual cosa accadendo, assai bon guadagno mi reputarò ala mia povera faticha; e quando altro non fusse, chi vede la mia pura voluntate acceptarà quella con gli duy picioli quali offerse la mendica vidua nel richo gazophilacio. La pace e gratia di Dio sia con voy».

72


3 73 3 Very rare Soncino’s edition of this apocryphal works ascribed to San Bonaventura and printed by Pietro Cafa.The little volume is adorned by two popular woodcuts in Venetian style.

[Pseudo-Bonaventura]. Devotissimum opus passionis Christi Meditationum incipit: a seraphico doctore Bonaventura editum. Pesaro, Pietro Cafa per Girolamo Soncino, 1510. In-8° (mm 130x90). 96 carte non numerate. La carta con segnatura 8K posta per errore alla fine del quaderno H. Carattere gotico per i titoli, carattere romano per il testo. Al frontespizio piccolo legno raffigurante San Francesco che riceve le stimmate; al verso del frontespizio silografia a piena pagina (mm 118x77) rappresentante Cristo in croce. Nel testo 16 piccoli legni con scene della Passione, copiati da incisioni veneziane o ad esse ispirati. Legatura ottocentesca di gusto romantico in vitello nocciola con decorazioni in oro e a secco ai piatti; titolo e decorazioni in oro al dorso, tagli spruzzati di azzurro, sguardie in carta marmorizzata. Esemplare in discreto stato di conservazione; bruniture in tutto il volume, specialmente al frontespizio, i cui margini risultano usurati; una macchia d’inchiostro alla carta 5Gr, piccoli fori di tarlo alcuni dei quali anticamente restaurati, con ricostruzione delle lettere eseguita in inchiostro nero. Nota manoscritta di possesso al frontespizio ‘S.P. Basilio Luchese’.

Rarissima edizione soncinate di quest’opera apocrifa, attibuita a San Bonaventura, di cui esistono molteplici versioni e numerose edizioni a stampa in cui viene però raramente proposto il testo nella sua integrità. Pietro Cafa, originario di Capo d’Istria, aveva lavorato come fonditore di caratteri per l’officina di Aldo Manuzio, nel 1509 si trasferì a Pesaro presso Girolamo Soncino, che fu l’editore di quasi tutte le sue stampe latine. Già il Manzoni, nei suoi Annali ribadiva la rarità estrema dell’opera, come si desume da quanto scrive in proposito: «Per cotesta edizione debbo contentarmi di una scheda favoritami sig. Prof.Adamo Rossi, che, nell’inviarmela, affermò di non essere riescito a trovare l’esemplare del libro che le corrisponde nella comunale di Perugia, dal di cui catalogo apparisce legata con altra stampa soncinate parimente sconosciuta, ed è: Ioannis Donati Ciondelli, Sermones et oratiunculae vulgares et litterales. Pisauri, per Hieronymum Soncinum, 1515» (Manzoni, n. 54). Adams B, 2399; Olschki, Choix, 5562; Manzoni, Annali tipografici dei Soncino, n. 54; Sander 1193; Fumagalli, p. 299; E. Sandal, Gershom, Girolamo, Hieronymus, le edizioni del Soncino nelle città adriatiche 1502-1527. Catalogo della mostra Soncino – Rocca Sforzesca 1 aprile–27 maggio 2001, Soncino 2001, n. 39.

73


3 74 3 Rare first illustrated edition of the De Architectura, the 4th absolute one, commented by Fra’ Giocondo and by him dedicated to pope Giulio II. One of the most important architectural works ever written; the beautiful title-page with a border of leaves and dolphins, is here used by Tacuino for the first time.

Vitruvius, Pollio Marcus (I sec. a.C.). M. Vitruvius per locundum solito castigatior factus cum figuris et tabula ut iam legi et intellegi possit. Venezia, Giovanni Tacuino, 22 maggio 1511. In-folio (mm 297x207). 4 carte non numerate, 110 numerate, 10 non numerate (manca l’ultima carta bianca). Al frontespizio cornice decorata incisa su legno; illustrato da 136 legni nel testo, iniziali silografiche. Legatura ottocentesca in mezza pelle, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture.Al frontespizio nota manoscritta seicentesca ‘Franciscus Bottu de la Barmondiere’ (membro di una nobile famiglia del Beaujolais) e timbro di una biblioteca; alcune note manoscritte nel testo.

Rara prima edizione illustrata – e quarta assoluta - del De Architectura e la prima a contenere il commento, dedicato da Fra’ Giocondo a papa Giulio II. La traduzione del testo di Vitruvio dell’architetto veronese, una delle più importanti opere di architettura mai compilate, fu per lungo tempo il testo di riferimento per le future generazioni di umanisti, fu riedito nel 1513, nel 1522 e nel 1523 dai Giunta. Giovanni Monsignori, chiamato Fra’ Giocondo, nato a Verona nel 1433 e morto a Roma nel 1515, fu architetto attivo in Italia e in Francia; di lui si ricordano i progetti per la Loggia del Consiglio di Verona, la fortificazione di Treviso, il ponte di Rialto a Venezia e il castello di Gaillon in Francia (oggi distrutto), nonché la collaborazione con Raffaello in San Pietro. Come teorico Fra’ Giocondo si distinse, oltre che per l’edizione vitruviana, per gli studi di prospettiva, che non furono mai pubblicati e i cui disegni preparatori sono conservati presso gli Uffizi; e per gli studi napoletani, eseguiti probabilmente insieme a Francesco di Giorgio Martini alla corte di Alfonso II, che prevedevano il rinnovamento del capoluogo partenopeo, in quegli anni uno dei maggiori centri del neovitruvianesimo. La splendida bordura, ornata di foglie e delfini, che racchiude il titolo, «one of the most influential pieces of ornamentation of the sixteenth century» (Mortimer), è qui utilizzata dal Tacuino per la prima volta. Cicognara 696; Berlin Katalog 1798; Fowler 393; Mortimer, Italian, 543; PMM 26.

74


3 75 3 Unbeleavable rare first book in Armenian, printed in the Mekitarist convent in San Lazzaro Island, in front of Venice.The book, concerning exorcisms against demons, is completely printed in red and black and illustrated by 3 full-page woodcuts. Anun groc´s e- surb urbat´agirk´. [Trad. dall’armeno: Il nome di quest’opera è santo Libro del venerdì]. [Isola di San Lazzaro (Venezia),Yakob Melapart, 1511]. In-8° (mm 158x110). 62 carte non numerate.Testo impresso in rosso e nero in caratteri armeni bolorgir 18. Illustrato da tre silografie a piena pagina alla carta a1v legno a piena pagina, ripetuto alla c. 24v, raffigurante un esorcismo; alla carta 52r incisione a piena pagina raffigurante un papa che porta la tiara; alla carta 57r silografia a piena pagina raffigurante San Domenico con un serpente attorcigliato ad un braccio, che non risulta essere presente negli altri esemplari conosciuti di quest’opera, in cui compare invece un suonatore di liuto, tratto probabilmente dall’apparato iconografico della Bibbia di Malermi (si vedano Sander 5249 e De Marinis, cat. 1906, p. IV). Le incisioni sono attribuite da Essling a Luc’Antonio Uberti, attivo a Venezia dal 1503 al 1526.Titoli in rosso entro cartigli silografici; marca tipografica al recto dell’ultima carta: una croce e un cerchio contenente le iniziali ‘D.I.Z.A’; capilettera, testatine e fregi silografici. Dorso cucito, senza legatura, tagli rossi; conservato in un cofanetto in mezzo marocchino rosso con titolo in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Primo libro a stampa in armeno, di cui esistono solo altre quattro copie censite al mondo. Recenti studi di Raymond H. Kévorkian portano alla conclusione che l’urbat´agirk´, è il primo dei cinque libri armeni pubblicati a Venezia da Yakob Melapart negli anni 1511-13. L’opera contiene: esorcismi contro diavoli, stregoni e incantatori, la preghiera a San Cipriano, la storia della vergine Giustina, la supplica a Dio e ai santi, le preghiere di San Grigor Narekac´i, celebre poeta e mistico, e altre preghiere che servono ad esorcizzare il male. Il titolo del libro è tratto dall’incipit: «Il venerdì o il mercoledì si porta il malato sulla porta della chiesa», ma il venerdì ha anche un significato simbolico. Venivano infatti chiamati urbat´arurk´ (“bellezze del venerdì”) i braccialetti forgiati in questo preciso giorno della settimana come amuleti contro i demoni dei fulmini, mentre veniva chiamato urbat´ates (“colui che vede di venerdì”) lo stregone specializzato nelle invocazioni demoniache. «[In Venice] Armenian printing began.The first Armenian printer was Yakob Melapart (Jacob the sinful) who, with the aid of the small Armenian community, published the first Armenian book in 1512.We possess very little information about him, but the high quality and original features of his publications are evidence that he was a learned individual. Five of his books have been preserved, but no copy of the sixth, a Psalter, has yet been discovered. All are diminutive; the paper resembles vellum in colour and texture; the type, printed in red and black, resembles the script used in manuscripts. None of the books has a title page, and the pages are not numbered. Several elegant head-pieces, engravings and ornamental letters are used.At the end of each book, we find the printer’s device with the initials D.I.Z.A., which occurs only in the five books printed by Yakob Melapart, and this rules out the possibility that the books could have been printed by Italian firms. In 1513 Lelio and Paulo di Maximi, the heirs of Democrito Terracina, were granted a renewal for twenty-five years of an exclusive Venetian privilege to print works in the characters of certain Oriental languages, including Armenian, originally granted to Terracina in 1498.There is nothing to show that they were concerned in the printing or publication of the

75


above works. Armenian scholars have suggested various solutions. Karapet Besmajean deciphers the initials as follows: D. = Dei Servus I. = Iacobus [= Yakob] Z. = Zanni or Zuanne [= Yovhanne-s] A. = Armenus» (Nersessian). T. De Marinis, Les débuts de l’Imprimerie Arménienne à Venise, prefazione al catalogo T. De Marinis & Co., Livres rares, autographes et manuscripts, Florence 1906, p. IV, n. 2; H. Kévorkian, Catalogue des «incunables» arméniens ou chronique de l’imprimerie arménienne, Genève 1986, n. 1; Essling 1804; Sander 5249.

3 76 3 Very rare first edition published by the first printer in Valence, that handles the news of the birth of a monster in Ravenna, that was supposed to represent the corruption of the Roman Church and an inauspicious omen to the battle of Ravenna between the papal army and the King of France.

Ynoi, François. Les Avertissement en trois estats du monde selon la signification de ung monstre ne lan mille. v. ce[n]s & . XII. Par le quel on pourra prendre avis a soy regir a tousioursmais. Valence Dauphiny, Jean Belon, settembre 1513. In-4° (mm 223x158). 62 carte non numerate. Carattere gotico, testo su due colonne. Frontespizio in bordura silografica con sei piccole incisioni su legno; silografia al recto della carta B1 raffigurante il mostro. Legatura moderna in vitello marrone in stile cinquecentesco. Esemplare in buono stato di conservazione, tracce di polvere alle ultime carte.Timbro di appartenenza ‘BJB’ al margine bianco della carta E3; qualche nota manoscritta nel testo.

Rara prima e unica edizione di «a curious moralisation on the birth of a monster at Ravenna» (Davies Murray, French), pubblicata dal primo editore di Valence. L’enigmatico erudito francese, il cui nome è svelato al recto della carta A6 e di cui non si hanno notizie biografiche, «era riuscito ad impastare insieme in questa singolare operetta un foglio volante che descriveva il mostro di Ravenna con un testo profetico che già da un quarto di secolo godeva di una immensa fortuna, e cioè la Pronosticatio composta verso la fine degli anni ’80 del Quattrocento dall’astrologo tedesco Johannes Lichtenberger» (O. Niccoli, Il mostro di Ravenna, in «Ravenna in età veneziana», Ravenna 1986, pp. 245-77). La nascita del mostro di Ravenna, la cui notizia si diffuse in pochissimo tempo in tutta Italia e in Europa – ne troviamo tracce in Marin Sanudo, in Sebastiano di Branca Tedallini e nel Diario del fiorentino Luca Landucci –, fu presto ricondotta, quale infausto presagio, alla cruenta battaglia di Ravenna (1512), che vide in opposti fronti l’esercito papale, appoggiato dalla Spagna, e il cristianissimo re di Francia. Le sembianze del prodigium, nato dal rapporto di una monaca e di un frate, rappresentavano i vizi e la corruzione della curia romana, il corno alludeva all’arroganza, le ali alla volubilità, l’occhio sul ginocchio all’attenzione per i beni materiali; in tale ottica la presente stampa francese può essere considerata un testo di propagan-

76


da antipapale, precursore dei più noti testi che di lì a poco avrebbe prodotto la Riforma. L’iconografia del mostro fu presto presente in tutta la Cristianità, grazie alla immediata produzione di disegni e fogli volanti, di cui poco ci rimane. La presenza di uno schizzo nel Codice Atlantico di Leonardo incredibilmente somigliante alla silografia presente nell’edizione stampata da Jean Belon, lascia intendere la matrice comune della fonte. Brunet I, 583; Murray, French, 23; Silvestre I, 255.

3 77 3 Very rare Senese imprint of the first edition of the ascetic work written by the founder of the monastery of San Domenico in Fiesole. Illustrated by a full-page woodcut, showing the author offering his book to Christ on the Cross and with a curious colophon made by different lines creating a cross. Prince of Essling copy, bound by Lortic with his armorial coat.

Dominici, Giovanni, beato (1357-1419). Trattato della sanctissima charita. Siena, Simeone Nardi e Gionanni Landi, 17 ottobre 1513. In-4° (mm 202x130). 4 carte non numerate, 170 carte erroneamente numerate 180, due non numerate. Al frontespizio grande silografia in cornice e a piena pagina raffigurante l’autore inginocchiato nell’atto di offrire la propria opera a Cristo in croce; capilettera silografici ornati; al colophon note tipografiche stampate su righe di misura variabile a comporre una croce. Legatura ottocentesca in marocchino rosso firmata da Lortic, stemma dorato del principe d’Essling al centro di entrambi i piatti. Dorso a cinque nervi con titolo impresso in oro e monogramma ‘VM’, dentelles interne, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, accuratamente lavato.

Prima e assai rara edizione di quest’opera ascetica di Giovanni Dominici, frate domenicano, cardinale e fondatore, nel 1406, del Convento di S. Domenico di Fiesole. Nella prefazione viene narrata la vita dell’autore. “S. Antonino, arcivescovo di Firenze, condiscepolo col celebre b. Angelico da Fiesole, scrive del suo maestro e primo ispiratore alla vita monastica a proposito di questo Trattato: «Ut etiam illitteratis doctrinam spiritualem relinqueret, librum in vulgari venusto composuit stylo, quem Amorem Caritatis intitulavit, exponens illud capitulum: Si linguis hominum loquar et Angelorum etc., nec simile in vulgari reperitur»; e nella Somma dà lode allo stesso, perché avesse scritto in linguaggio volgare questo libro, esso pure scientifico, contro l’uso allora comune. La facile e rapida diffusione di quell’opera, avvenuta dapprima mercé i codici manoscritti, indi col mezzo tipografico, dimostra indubbiamente in quanto pregio essa fosse tenuta, e con quanto entusiasmo fosse accolto uno scritto dettato da quella mente profondamente filosofica, che seppe trattare un argomento ascetico e morale anche colle speculazioni più alte, a cui può giungere l’intelletto umano” (Il libro d’amore di carità […], p. X). Le lodi del Dominici e l’apprezzamento per la sua opera ricorrono in numerosi testi dell’epoca, quali, ad esempio, una lettera di Coluccio Salutati a Gregorio XII, le Lettere dell’Aretino ed il Dialogo contro gli Ipocriti di Poggio Bracciolini.

77


F. Jacometti, Il primo stampatore senese: Simone di Niccolò di Nardo, in «La Diana. Rassegna d’arte e vita senese», I (1926), fasc. 3°, pp. 184-202; Sander 2466; Olschki, n. 4474; Il libro d’amore di carità del fiorentino B. Giovanni Dominici.Testo inedito di lingua pubblicato per cura del dott. Antonio Ceruti, Bologna 1889.

3 78 3 First pocket edition and second illustrated edition of this classical text on architecture; it is the first edition printed by Giunta in Italic type and it is dedicated by the editor to Giuliano de’ Medici.

Vitruvius Pollio, Marcus (I sec. a.C.). [De Architectura libri X] Vitruvius iterum et Frontinus [De Aqueductibus] a Iocundo revisi repurgatique quantum ex collatione licuit. Firenze, Filippo Giunta, ottobre 1513. In-8° (mm 155x93). 4 carte non numerate, 188 carte numerate 187, 24 carte numerate, 24 non numerate. Marca tipografica dei Giunti all’ultima carta. Frontespizio entro cornice silografica. Illustrato da 139 legni nel testo; iniziali silografiche istoriate. Legatura moderna in marocchino verde, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione.

Prima edizione tascabile di questo classico dell’architettura e seconda edizione illustrata. Le pregevoli incisioni in legno sono copie ridotte di quelle apparse nella princeps veneziana del 1511 (vedi scheda n. 74 del presente catalogo), da cui sono ripresi anche il testo nella versione di Fra’ Giocondo e il suo commento. Questa prima giuntina impressa in carattere corsivo, dedicata dal curatore a Giuliano de’ Medici, verrà ristampata in carattere romano. Il Tacuino, primo editore del De Architectura esemplato dall’architetto veronese, avrebbe dovuto essere tutelato dalle contraffazioni da un privilegio, ottenuto probabilmente grazie alla dedica a Giulio II apposta al volume, teoricamente valevole per tutti gli stati, ma in pratica solo per il dominio veneziano. Nella presente edizione però si trova un’autorizzazione del curatore stesso a derogare a queste disposizioni, probabile esempio ante litteram di rivendicazione di copyright da parte di un curatore. Cicognara 697; Berlin Katalog 1799; Camerini I, 45; Sander 7695; Adams V, 903.

78


3 79 3 A monumentum typographicum of Italian printing, the first book printed in the little Umbrian center of Fossombrone.The book, concerning the Calendar’s reform, is adorned by beautiful woodcut borders and historiated capitals, probably cut by Francesco Griffo, the cutter of the famous Aldine Italic type.

Paulus de Middelburgo (1445-1534). Paulina de recta Paschae celebratione: et de die passionis domini nostri iesu Christi. Fossombrone, Ottaviano Petrucci, 1513. Due parti in un volume in-folio (mm 298x200). 395 carte non numerate. Al verso del frontespizio silografia su fondo criblé, raffigurante uno scudo alle armi di papa Leone X sormontato dalla tiara e dalle chiavi di San Pietro e sorretto da due angeli. Quattro cornici silografiche su fondo criblé, formate da quattro legni: la prima alla carta a2r, con il legno inferiore uguale a quello al verso del frontespizio; la seconda, alla carta b5v, uguale alla prima tranne che per il legno inferiore qui rappresentante uno scudo con le armi dell’autore; la terza e la quarta, rispettivamente alle carte A1r e A2r, con il legno inferiore raffigurante uno scudo alle armi dell’imperatore. Legno a piena pagina alla carta P5r. Il testo del calendario stampato in rosso e nero, decine di capilettera incisi in legno su fondo nero, alla fine del volume grande marca tipografica. Legatura ottocentesca in mezza pergamena, al dorso fregi e titolo in oro su tassello in pelle beige; tagli azzurri. Esemplare in buono stato di conservazione, piccoli restauri ai margini bianchi delle prime e delle ultime carte.

Rara prima edizione del primo libro stampato a Fossombrone. Lo stampatore Ottaviano Petrucci, già attivo nei primi decenni del secolo a Venezia, trasferì nel 1513 i suoi torchi nel paese umbro, dove era nato.A Petrucci si deve il merito d’aver introdotto l’innovativo metodo di stampare le note musicali in caratteri mobili. L’autore, originario di Middleburg, fu vescovo di Fossombrone e antepose alla sua opera sette lettere, tra cui quelle indirizzate a papa Leone X e all’imperatore Massimiliano, nelle quali viene evidenziata la necessità di un’organica riforma del calendario. La pregevole silografia a piena pagina – probabilmente da attribuire, insieme alle belle cornici silografiche, a Francesco Griffo, l’incisore del famoso corsivo aldino – è formata da tre legni congiunti, nel primo è raffigurata la Vergine in gloria con il bambino in un emiciclo di Papi, il secondo e il terzo rappresentano Cristo in croce.Alla carta FF4 si trova una lunga notizia sulla scoperta dell’America «[…] immo hac tempestate nostra per navigationes Columbi, & Almarici, vesputii iussu atque impensa catholicorum regum hispeniae & portugalliae compertum est non solum ultra aequinoctialem verum etiam sub aequinoctiali & torrida zona homines habitare». Sander 5470; Essling 1776; Ascarelli-Menato, p. 204; Fumagalli, pp. 162-64.

79


3 80 3 First very rare edition of this important work written by the lawyer and counsellor of the kings of Spain Juan de Rubios in defense of the monarchy and his prerogative to decide the ecclesiastical gerarchy in his kingdom and colonies.The author «was a friend of Cisneros and Las Casas; and wrote various judicial works, including one on the Spanish right to the conquest in the New World» (Maggs).

Palacios Rubios, Juan López de (ca. 1450–1524). Libellus de beneficiis in curia vacantibus. Siviglia, Juan Varela, 13 aprile 1514. In-folio (mm 291x207). 12 carte non numerate. Carattere gotico su due colonne. Al frontespizio grande silografia a piena pagina con le armi di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia in cornice circolare; al verso dell’ultima carta le armi dei sovrani sorrette da un’aquila entro cornice rettangolare ornata, nella quale è incorporato anche il motto ‘TANTO MONTA’. Capilettera incisi su legno, ornati da motivi fitomorfi su fondo nero. Legatura cinquecentesca con dorso e piatti parzialmente rifatti; tracce di decorazioni con ferri dorati ai piatti. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore alla prima carta e alcune fioriture nel testo.

Prima rarissima edizione di quest’opera del giurista e professore spagnolo, che fu consigliere al servizio dei re cattolici di Spagna, e al quale si deve la redazione del famoso Requerimiento letto agli indigeni durante la conquista dell’America, in cui essi venivano informati di essere vassalli dei sovrani di Spagna e di conseguenza invitati a sottomettersi pacificamente, pena la repressione violenta e la schiavitù. Il Requerimiento venne formalizzato e messo a punto in vari momenti con la promulgazione delle Leyes del Toro (1504), del Tratado de las Islas (1512) e del Libellus de insulis oceanis, in cui il Rubios si adoperò per dare fondamento giuridico alla conquista spagnola delle Indie e per affermare la piena leggittimità della sovranità castigliana sui territori americani. In seguito l’autore venne nominato membro del Consiglio Reale e inviato come ambasciatore a Roma, dove scrisse il Libellus de beneficiis in curia vacantibus, in difesa della prerogativa della corona di Castiglia di nominare le gerarchie ecclesiastiche nelle curie di loro pertinenza, tema scottante se visto alla luce dei nuovi dominii spagnoli appena annessi. È interessante notare che in quest’opera l’appartenenza dei domini del Nuovo Mondo alla corona di Spagna viene ormai trattata come un dato assodato e legittimo, come si evince anche dagli appellativi di Ferdinando e Isabella, che vengono chiamati «hispaniarum utriusque sicilie, hierusalem, et insularum maris oceani rex et regina» (c. a2r). Il libro venne commissionato dalla regina Isabella di Castiglia – che al momento della pubblicazione dell’opera era già morta – della quale viene delineato un ritratto encomiastico nell’epistola dedicatoria indirizzata a Ferdinando d’Aragona. Biblioteca Colombina

IV, 325-326; Palau IV, 271; Maggs, Spanish

80

Books, cat. n. 495, 1927, nn. 377 e 708.


3 81 3 First Lucretius’ pocket edition, the second Aldine one.Wonderful copy in pure condition bound in limp vellum, with wide margins.

Lucretius Carus, Titus (I sec. a.C.). [De Rerum Natura]. Venezia,Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, gennaio 1515. In-8° (mm 159x97). 8 carte non numerate di cui l’ultima bianca, 125 carte numerate, tre non numerate di cui la seconda bianca. Carattere corsivo. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura coeva in pergamena floscia con unghie, il nome dell’autore manoscritto in inchiostro marrone al dorso, al piatto superiore e sui tagli corti. Splendido esemplare perfettamente conservato e ad ampi margini. Nota di appartenenza coeva al frontespizio ed altra, di poco successiva, di Eusebio Caimo, vescovo di Cittanova d’Istria.

Seconda edizione aldina e ultimo lavoro tipografico pubblicato da Aldo. L’opera è dedicata all’amico e protettore Alberto Pio da Carpi. Questa edizione, grazie al lavoro del curatore Andrea Navagero, risulta ancora più corretta della rara edizione originale del 1500 curata da Girolamo Avanzi. Renouard p. 74, n. 11; Laurenziana, n. 132; Marciana, n. 153; Ahmanson-Murphy, n. 112 e 112°; Dionisotti-Orlandi, n. XC; Firmin-Didot, p. 409; G.F. d’Asola, n. 1 e note; Adams L, 1651.

3 82 3 First complete Theocritus’ edition in original Greek, the second Greek book printed in Rome. Spencer’s copy with his ex-dono to the scholar and book collector Thomas Gaisford.

Ειδυλλια. Idyllia cum Scholiis]. Roma, Zaccaria Theocritus (ca. 300 a.C.-ca. 260 a.C.). [Ε Calliergi per Cornelio Benigno, 15 gennaio 1516. Due parti in un volume in-8° (mm 154x96). 88 carte non numerate, 116 carte non numerate. Al frontespizio marca tipografica del Calliergi incisa su legno ‘Aquila bicipite coronata con scudo sul petto con le iniziali ZK’; al verso dell’ultima carta marca su legno di Cornelio Benigno raffigurante un cadùceo; nel testo fregi silografici neri che imitano le decorazioni dei manoscritti greci. Legatura inglese settecentesca in vitello nocciola; al dorso ferri dorati e titolo in oro su tassello in marocchino rosso, sguardie in carta marmorizzata, tagli rossi. Esemplare in ottimo stato di conservazione, leggere tracce di polvere alla prima e ultima carta. Al verso del foglio di guardia anteriore ex-libris inciso di uno dei più famosi collezionisti inglesi, George John secondo conte di Spencer (1758-1854) che lo donò al noto studioso e bibliofilo Thomas Gaisford – del quale è presente l’ex-libris al contropiatto anteriore – come si evince da una nota di mano dello stesso Gaisford («…ex dono illustrissimi comitis Spencer. Jan. 1815») e dalla lettera che accompagnava il dono – incollata al recto del foglio di guardia anteriore – di mano del conte di Spencer, nella quale si legge quanto segue: «Having understood from Mr Grenville that you are desirous of referring to the Edition of Theocritus printed by Callierges, and having fortunately a duplicate copy of that Book by me, I have desired Mr Bliss, who is returning from

81


hence to Oxford, to take charge of the Volume, and beg you to do me the favour to accept it.The copy was in my original Library here and formerly belonged to Dr George the Headmaster of Eton…».Al secondo foglio di guardia anteriore indice manoscritto in greco.

Prima edizione completa delle opere di Teocrito, e secondo libro stampato in greco a Roma. L’inizio della stampa greca nella città capitolina è legato alla figura del ricco banchiere e mecenate senese Agostino Chigi, finanziatore dell’impresa editoriale tra il tipografo viterbese Cornelio Benigno e il già noto umanista-editore greco Zaccaria Calliergi. «Chigi was well aware of Leo X’s passion for the Greek classics and was himself carried away by the ‘divine’ paintings of Raphael, who was then working for him in Rome, and before long he was the greatest patron of the arts in the papal city. Besides Kallierges, the most famous of the writers and artists who were helped by him were Ottaviano Petrucci, Paolo Giovio, the pope’s secretary Pietro Bembo, Raphael, and the outstanting satyrist and poet Pietro Aretino, known as ‘divinus Aretinus’» (Staikos, p. 413). L’edizione del Calliergi - che segue la princeps parziale degli Idyllia stampata da Demetrios Damilas per Buono Accorsi a Milano nel 1480 circa, la più completa aldina del 1495 e la sua ristampa giuntina del 1515 - comprende, oltre agli scholia, 6 Idyllia, 19 epigrammi e i poemi Πελεκυς e Πτερυγιον, tutti in prima edizione. Inotre le ultime 7 pagine del volume contengono l’interpretazione del Syrinx di Johannes Pediasimos, erudito e scrittore alla corte Paleologa nel secolo XIV. Adams T, 460; Legrand I, 49; Scweiger I, 309; Mortimer, 497; K. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, pp. 412415.

3 83 3 Editio princeps of the Orationes written by one of the fathers of the Eastern Church. Beautiful Aldine edition renowned for the long Latin preface by famous scholar Marcus Musurus, in which he traces a profile of his own literary and editorial activity. Beautiful Saxon binding by Wenzel Dörffler.

Gregorius Nazianzenus, santo (ca. 330-ca. 390 d.C.). Orationes Lectissimae XVI [graece]. Venezia, Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, aprile 1516. In-8° (mm 167x91). 8 carte non numerate di cui l’ultima bianca, 311 carte numerate, una carta non numerata. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Due carte stampate in rosso e nero. Legatura sassone firmata ‘WD’ Wenzel Dörffler - attivo a Wittenberg e Dresda durante il XVI secolo - in pelle di scrofa con decorazioni a secco sui piatti, quello anteriore presenta il monogramma ‘GCD’ e la data 1571 con al centro le armi della Danimarca (Haebler, III); il piatto posteriore al centro è impresso con le armi del casato sassone (Haebler, V). Esemplare in buono stato di conservazione, qualche gora e qualche piccolo foro di tarlo. Ex-libris ‘Lucius Wilmerding’,‘Cornelius J. Hauck’ (acquistato da Emil Offenbacher).

82


Prima edizione assoluta, curata da Marco Musuro, delle 16 Orationes, delle 53 conosciute, dell’illustre teologo, difensore della fede cristiana nel IV secolo, Gregorio di Nazianzo, nato ad Arianzo in Cappadocia, fu celebre per la sua eloquenza, ed ebbe anche, come poeta, un’anima raffinata e sensibile.Verso il 379, Gregorio fu chiamato a Costantinopoli, per guidare la piccola comunità cattolica fedele al Concilio di Nicea e alla fede trinitaria. Mentre partecipava al secondo Concilio Ecumenico del 381, Gregorio fu eletto vescovo di Costantinopoli, e assunse la presidenza del Concilio. Il volume è preceduto dalla lunga prefazione di Musuro dedicata al suo allievo Jean de Pins «in it he gives historical reviews of the great Greek philosophers and concludes that the orations of St. Gregory of Nazianzus are superior to the works of St.Athanasius, St. Cyril of Alexandria, St. Eusebius of Caesarea and St. John Chrysostom. He refers to his appointment by the Venetian authorities as official censor of printed books in Greek and concludes by praising Jean de Pins for his piety, generosity, philanthropy, and peace-loving sentiments» (Staikos, p. 350). Renouard p. 75, n. 1;Ahmanson-Murphy 144; Legrand, I, 50; K. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, p. 350; Adams G, 1157.

3 84 3 First edition of the major political work by Erasmus, dedicated to Carlos I of Spain.The volume contains also the De regno administrando, addressed to Philip the Fair and the Libellum Plutarchi de discrimine adulatoris & amici, addressed to Henry VIII. Erasmus, Desiderius Roterodamus (1466-1536). Institutio Principis Christiani. Basilea, Johann Froben, maggio 1516. In-4° (mm 210x165). 166 carte non numerate. Frontespizio inquadrato da una cornice silografica a fondo nero.Al recto della seconda carta - recante l’incipit della dedica di Erasmo al principe Carlos I di Spagna - ricca cornice silografica, che si ritrova identica alla carta c2v e, con il legno superiore invertito con quello inferiore, alle carte P1r e Y1v. Capilettera silografici ornati nel testo; al verso dell’ultima carta marca tipografica di Johann Froben - una mano che regge un cadùceo - sormontato da una colomba e inquadrato dal motto evangelico in latino, ripetuto anche in greco e in ebraico ‘Prudens simplicitas amorque recti’ e affiancata dalle capitali ‘IO.’, ‘FRO.’ Legatura in pergamena moderna. Esemplare in buono stato di conservazione; restauro a porzione dell'angolo superiore esterno bianco del frontespizio.

Prima edizione dell’Institutio di Erasmo, scritta nel 1515 e dedicata a Carlos I di Spagna con le parole che seguono: «Illustrissimo principi Carolo invictissimi Maximiliani nepoti, Desiderius Erasmus Roterodamus S. D». La dedica colpì il futuro imperatore di Spagna a tal punto che egli fece del libro una delle sue principali letture, come nota José Luis Abellán nel suo studio El erasmismo español «La idea imperial de Carlos V está directamente inspirada en esa fuente erasmiana. Según ésta, el imperio es la unidad espiritual cristiana, idea alejada tanto de la concepción clásica del imperio como de la monarquía universal, que algunos pretendían; en ambos casos el emperador aparece como dominus mundi. Por el contrario, en la concepción de Carlos V, éste se prefigura como rey de la universitas christiana de la que se considera más jefe espiritual que

83


político» (p. 128). Il volume contiene inoltre le opere di Erasmo De regno administrando, il panegirico indirizzato a Filippo il Bello e, in coda, il Libellum Plutarchi de discrimine adulatoris & amici, indirizzato ad Enrico VIII. Vander Haeghen, 111;Adams E, 380; Bibl. Belg. E, 1253; Machiels E, 483; J.L.Abellán, El erasmismo español, Madrid 2005.

3 85 3 Editio princeps of the only Pausanias extant work. «The Description of Greece […] may be described as the first tourist guide-book» (Staikos). Estelle Doheny copy. Pausanias (sec. II d.C.). [ΠΑΥΣΑΝ′ΙΑΣ. PAUSANIAS]. Venezia, Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, luglio 1516. In-folio (mm 304x210). Due carte non numerate, 282 pagine numerate, una carta non numerata. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura ottocentesca di Lewis in marocchino avana, piatti inquadrati da una cornice di filetti e fregi floreali, dorso con titolo e fregi oro, larga dentelle interna. Esemplare in ottimo stato di conservazione, stampato su carta grande. Ex-libris di Estelle Doheny.

Editio princeps, curata dal Musuro, dell’opera di Pausania detto il Periegeta, vissuto nel II secolo d.C. Considerata una delle fonti principali della storiografia e della geografia antica, fornisce prezioso materiale descrittivo sulla storia delle religioni, la mitologia, il patrimonio artistico della Grecia, notizie sui culti locali, le feste, i costumi. La sua enorme importanza consiste nell’aver tramandato notizie, apprese da opere andate perdute, di luoghi e monumenti di cui solo gli scavi più recenti hanno rivelato tracce. L’edizione si apre con una breve prefazione ai lettori del Torresano in latino e con una lunga dedica dell’editore a Giano Lascaris, in cui viene ricordato che la pubblicazione era stata resa possibile grazie ad un antico manoscritto del Pausania di proprietà del filologo bresciano Giovanni Calfurnio. Aldo Manuzio aveva già espresso la volontà di stampare la Geographia nell’epistola dedicatoria dell’Erodoto del 1502, nella quale ringraziava anticipatamente il Calfurnio per la sua disponibilità a concedere il manoscritto del Pausania. Renouard p. 76, n. 3; Ahmanson-Murphy n. 125; K. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, p. 350; Adams P, 521; Dibdin II, 271

84


3 86 3 Editio princeps of Strabo’s De situ orbis, the largest geographical work of the ancient world. Printed only one year after Aldus’ death, the volume is adorned by 17 headpieces and 17 large capitals, both elegantly impressed in red.

Strabo (58-ca. 21 a.C.). [ΣΤΡΑΒΩΝ ΠΕΡΙ ΓΕΩΓΡΑΦΙΑΣ. STRABO DE SITU ORBIS]. Venezia, Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, novembre 1516. In-folio (mm 302x208). 14 carte non numerate, 366 pagine mal numerate 348, una carta non numerata. Àncora aldina alla prima e all’ultima carta, il testo è arricchito da 17 elaborate bordure su legno alla greca e 17 grandiose iniziali silografiche ornate da fregi geometrici e floreali, il tutto impresso in rosso. Legatura inglese settecentesca in vitello, riquadro di filetti dorati ai piatti, titolo in oro al dorso liscio, dentelles interne. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione, lieve alone di polvere e timbro al frontespizio. Alle carte di guardia due ex-libris: ‘William Horatio Crawford’ e ‘John Alfred Spranger’.

Rara editio princeps del più vasto e dettagliato trattato di geografia che l’antichità greca ci abbia lasciato, da annoverare tra le poche pubblicazioni scientifiche uscite dalla tipografia aldina. Precedono il testo un copioso indice, l’errata e la dedica del curatore Benedetto Tirreno ad Alberto Pio. L’edizione, esortata dal Musuro, è «faite d’après un manuscrit très corrompu, qui est actuellement dans notre Bibliothèque royale, n° 1395» (Renouard). Il testo di Strabone, diviso in 17 libri, era stato impresso la prima volta nel 1469 a Roma nella traduzione latina di Guarino Veronese e Gregorio Tifernate. Renouard p. 77, n. 7; Hoffman

III, 640; Dibdin II, 432.

3 87 3 Very rare first edition of Sophocles’ Tragoediae with scholia. Second book printed by the Gymnasio Mediceo. Blomfield-Murray copy.

Sophocles (ca. 496-406 a.C.). Commentarii in septem tragedias Sophoclis quae ex aliis eius compluribus iniuria temporum amissis solae superfuerunt: opus exactissimum rarissimunque in Gymnasio Mediceo [graece]. [Roma, Vittore Carmelio per Angelo Colocci, 1518]. In-4° (mm 201x130). 202 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Caratteri greci. Legatura ottocentesca in marocchino rosso, titolo in oro al dorso, tagli marmorizzati e dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Ex-libris di Charles James Blomfield al contropiatto anteriore e di John Murray al recto del foglio di guardia anteriore.

85


Prima rara edizione dei più antichi scholia a Sofocle conservati, redatti da Manuel Moschopolus, secondo dei cinque volumi usciti dai torchi della stamperia del Ginnasio Mediceo. Il testo degli scholia non era stato incluso nell’editio princeps delle tragedie di Sofocle, stampate da Aldo Manuzio nel 1502, sebbene il frontespizio ne rivendicasse la presenza. Il volume contiene il commento completo a tutte e sette le tragedie di Sofocle che ci sono pervenute: Aiace, Elettra, Edipo re, Antigone, Edipo a Colono, Trachinie e Filottete. Il manoscritto utilizzato come base della presente edizione appartenne probabilmente a Marco Musuro che lo postillò copiosamente. Infatti nel 1517, per volontà di Giano Lascaris, iniziò a funzionare una tipografia annessa al Collegio, probabilmente sotto la direzione tecnica di Vittore Carmelio. Nel 1518 Lascaris fu sostituito da Arsenio Apostolio come curatore editoriale e nel 1519 chiusero sia la tipografia che il Collegio. I caratteri greci utilizzati da questa stamperia erano quelli di Lorenzo de Alopa, che aveva esercitato la propria attività a Firenze sul finire del secolo precedente. «The establishment of a printing press in the Greek College of Rome was a direct outcome of the desire of Pope Leo X and a small band of Greek-loving Italian humanists to do all they could to rivive Greek studies in Rome, which had been languishing for about thirty years – roughly since» (Staikos, p. 280). «Nelle cinque edizioni il nome del Colocci appare nel colophon, ma secondo la supposizione di A. Hobson, il vero tipografo fu il Carmelio, che in un pagamento a lui fatto dalla Camera Apostolica nel 1515, viene detto “magister stampator grechus”» (Ascarelli-Menato, p. 102). A. Hobson, The Printer of the Greek editions «in Gymnasio Mediceo ad Caballinum Montem», in Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore di Francesco Barberi, Roma 1976, pp. 331-335; F. Ascarelli – M. Menato, La tipografia del ’500 in Italia, Firenze 1989, p. 102; K. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, pp. 280-84.

3 88 3 Unknown and unpublished manuscript containing a laudatory poem in honour of Giovan Francesco Pico della Mirandola, written by Pomponazzi’s pupil Antonio Bernardi. Bernardi della Mirandola, Antonio (1502-1565). [Ad illustrissimi Mirandule principe et concordie comitem dum D. Johanni francisco Pico Antonij de Bernardis Clientulis fui Carmen]. Manoscritto miniato su carta, [Mirandola?, ca. 1518]. Manoscritto miniato su carta di mm 211x141. 8 carte non numerate. Scrittura corsiva umanistica su una colonna di 24 linee (giustificazione mm 150x105). Al recto della seconda carta bel capolettera miniato su fondo a foglia d’oro in rosa, azzurro, blu, verde e giallo con estensione lungo il margine interno decorata da fragole e fiori; due piccole iniziali miniate in oro, una su fondo rosso e l’altra su fondo blu, rispettivamente al verso della prima carta e al recto della seconda. Legatura in cartonato, custodia moderna in tela. Codice in buono stato di conservazione, uno strappo restaurato alle prime due carte; la prima e l’ultima carta rinforzate lungo il margine interno. Al recto dell’ultima carta alcune note in italiano e in latino – che non fanno parte del testo - redatte da una mano e in un inchiostro differenti. c. [1v] Dedica, incipit: Illustrissimo mirandule principi et concordie Comiti domino D. Johanni francisco Pico clientulus Antonius de bernardis mirandulanus Salutem Plurimam Dicit […].

86


c. [2r] incipit del carme: Quis furor o Superius Que tanta in jania mentem […]. c. [7v] explicit: Et superis Grates solvamus munere tali (seguono due righe parzialmente abrase dopo le quali il testo trascritto termina).

Interessante manoscritto contenente un carme latino in onore di Giovan Francesco Pico, scritto dal filosofo e letterato originario di Mirandola, Antonio Bernardi, che fu allievo di Pietro Pomponazzi e di Ludovico Boccadiferro. Al momento della stesura di quest’opera l’autore era appena sedicenne, come si evince da una nota, probabilmente di mano di un familiare del Bernardi, posta in calce al primo foglio: «Haec edidit annum agens decimum et sexagesimum». Il carme è preceduto da una prefazione in prosa del Bernardi in cui l’autore spiega che il testo è stata scritto su consiglio di “frater Leander”, da identificare probabilmente con l’inquisitore e geografo domenicano Leandro Alberti, che di lì a poco curerà l’edizione bolognese della Strix di Giovan Francesco Pico e che nella sua cronaca manoscritta rimpiangerà la morte violenta di quest’ultimo. Il poemetto allegorico-encomiastico, di argomento e stile assai mediocri, si apre con Giove che convoca il concilio degli Dei per dare ad Atlante un compagno nel reggere il cielo; tra i vari candidati figura Giovan Francesco Pico,“clarum armis et litteris”, che è anche l’unico laico italiano ad essere proposto, e che con la sua sapienza teologica e la sua volontà di riforma della Chiesa potrà aiutare Atlante – da identificare con il papa – a reggere il “ruinante cielo”, ovvero la Chiesa. L’allegoria del poemetto va quasi sicuramente riferita all’Oratio con cui Giovan Francesco aveva aperto poco prima il Concilio Lateranense. Il codice sembrerebbe essere stato confezionato per fungere da copia di dedica, ma finisce exabrupto ed è sfigurato da correzioni e refusi il che farebbe supporre che il Bernardi, accortosi dei grandi errori che l’amanuense aveva fatto, non mandò nulla al Pico, anche se aveva fatto miniare le iniziali alle prime due carte. Il fatto che si tratti di una copia di dedica mai giunta a destinazione è provato anche dalla sua assenza nella Biblioteca dei Pico alla fine del Cinquecento, cosa che non si sarebbe verificata se il codice fosse stato completato.

3 89 3 Second Aldine edition printed in pocket format, of Statius’ works.

Statius, Publius Papinius (ca. 40-ca. 96 d.C.). Sylvarum Libri V. Achilleidos Libri XII. Thebaidos Libri II. Orthographia et Flexus Dictionum Graecarum Omnium. Venezia, Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, gennaio 1519. In-8° (mm 146x92). 294 carte numerate, due non numerate (le carte k2 e K2 bianche). Carattere corsivo. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura d’inizio Novecento in marocchino rosso con, al centro dei piatti, l’àncora aldina dorata, titolo in oro al dorso, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, la prima e l’ultima carta lievemente brunite.

87


Seconda edizione aldina in ottavo di questa raccolta di opere di Stazio, la cui princeps era stata impressa nel 1502. Nel volume viene riprodotta la dedica originale di Aldo a Giovanni Pontano, il quale gli aveva risposto, per mezzo del Soardi, con una missiva in volgare, datata 31 dicembre 1502, dandogli licenza di stampare l’Urania. A questa nuova edizione viene apposta inoltre una prefazione di Francesco d’Asola, figlio di Andrea, indirizzata ai fratelli Domizio e Pasquale Marini, nella quale egli assicura che il libro è stato diligentius multo quam antea impressum, sebbene in realtà il testo di Stazio non presenti effettive variazioni, né sensibili miglioramenti rispetto a quello del 1502. Renouard p. 35, n. 7; Ahmanson-Murphy 175; Adams A, 1672.

3 90 3 A rare Froben edition of Ulrich von Hutten’s Nemo, bound, probably by Norvins, for Francis I, king of France, with his Salamandre symbol.

Miscellanea ex diversis Historiographis, Oratoribus, et Poetis, diligenti admodum labore excerpta. Parigi, Jean Gormont, 1519. (Legato con:) Hutten, Ulrich von (1488–1523). ΟΥΤΙΣ. Nemo. Basilea, Johann Froben, settembre 1518. (Legato con:) Guy de Fontenay. Biturici Collectorium. Parigi, Jean Gormont, 1516. Tre opere in un volume in-4° (mm 200x153). I. 48 carte non numerate. Frontespizio stampato in rosso e nero, con, al verso, un legno raffigurante San Giacomo seduto su uno scranno; iniziale silografica ornata su fondo nero alla seconda carta. II. 12 carte non numerate.Al frontespizio piccolo legno raffigurante von Hutten, ripetuto al verso dell’ultima carta; capilettera silografici ornati su fondo nero. III. 56 carte non numerate. Capilettera silografici ornati su fondo nero nel testo. Legatura coeva in vitello marrone ascrivibile all’atélier di Jean Norvins, decorata ai piatti da una cornice impressa a secco con uccelli, elementi architettonici, arabeschi e dal noto ferro raffigurante la ‘F’ coronata sovrastante una salamandra, emblemi di Francesco I di Francia (1515-1547). Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture, qualche macchia, una gora lungo il margine superiore delle ultime carte; porzione superiore del dorso della legatura mancante. Note manoscritte ai contropiatti e al foglio di guardia posteriore.

Interessante insieme di opere appartenuto a Francesco I, come testimoniano i suoi simboli (la salamandra sormontata dalla lettera ‘F’) inseriti nella cornice a secco ai piatti della legatura, che tra l’altro è stilisticamente molto simile a quelle eseguite da Jean Norvins – legatore del re -, di cui si conoscono pochissimi manufatti. È inoltre importante notare che in un volume facente parte della biblioteca del ‘cristianissimo’ re di Francia si trovi, inserita tra due raccolte di aneddoti, l’opera di Ulrich von Hutten, pubblicata per la prima volta nel 1510, che è uno dei testi fondanti della Riforma luterana. Il Nemo, un discorso in versi contenente proverbi e freddure sugli affari domestici, è preceduto da una lunga dedica a Crotus Rubeanus - in cui l’autore attacca i teologi e gli uomini di legge - ed è seguito da un’epistola a Julius Pflug in cui vengono menzionati, tra gli altri, anche Erasmo e Melantone. I.

Moreau, II, p. 550; II. Adams H, 1237; III. Adams F, 725.

88


3 91 3 Very rare Venetian edition of Boccaccio’s oldest work in prose, inspired by an old French poem of the 12th century. Beautiful woodcut border on title-page. Boccaccio, Giovanni (1313-1375). Innamoramento di Florio et di Bianzafiore chiamato Philocolo. Venezia, Bernardino Viani da Lissona, 22 marzo 1520. In-4° (mm 210x150). 208 carte non numerate. Il titolo è racchiuso entro una cornice silografica a piena pagina ornata dai ritratti dei due amanti, da figure antropomorfe e da elementi architettonici. Piccole iniziali silografiche ornate nel testo. Legatura settecentesca in vitello marrone rimontata, dorso decorato da ferri dorati, tagli azzurri. Esemplare in buono stato di conservazione, accuratamente lavato, restauri ai margini di alcune carte.Al verso del piatto anteriore nota di possesso manoscritta settecentesca.

Rara edizione di quest’opera giovanile del Boccaccio, uscita dai torchi di Bernardino Viani da Lissona, nei pressi di Vercelli, che esercitò la propria attività a Venezia tra il 1501 ed il 1543. Il Filocolo è la scrittura prosatica più antica del Boccaccio e si ispira al poemetto francese (di cui la versione più antica risale al 1160 ca.) Floire et Blanchefleur, in cui viene narrata la «storia di un ragazzo pagano e di una ragazza cristiana allevati insieme alla corte del padre di lui, Felice re di Spagna, e della loro passione, ostacolata dai genitori di Florio, ma dopo complesse traversie trionfante. Fino a epoca recente si riteneva (col Crescini) che il Filocolo derivasse dal cantare italiano di Fiorio e Biancifiore (la cui redazione più antica fu trascritta circa nel 1345), mentre ora è stato dimostrato inoppugnabilmente (dal Monteverdi) che è il cantare a presupporre la conoscenza del Filocolo; ed essendo il Fiorio il primo o fra i primi cantari di cui si abbia notizia, si rafforza l’ipotesi che inventore del cantare in ottave sia proprio, per il Filostrato, il Boccaccio» (G. Contini, Letteratura italiana delle origini, Firenze, Sansoni, 20033, p. 710). Zambrini, p. 105; Essling, 2074; Sander 1094.

3 92 3 First edition of one of Erasmus’s first works, stating the excellence of Latin eloquence as an enhancer of human intellect.

Erasmus, Desiderius Roterodamus (1466-1536). Antibarbarorum. Basilea, Johann Froben, maggio 1520. In-4° (mm 205x143). 150 pagine numerate.Titolo racchiuso entro una elaborata cornice architettonica con putti disegnata da Hans Holbein e ripresa dall’edizione di Pico della Mirandola del 1518, in basso al centro due putti sorreggono uno scudo con la marca del Froben, il cadùceo con al centro una colomba. La prima pagina di dedica (p. 3) e la prima pagina di testo (p. 9) sono anch’esse circondate da un’elaborata cornice silografica a fondo nero ornata da moti-

89


vi architettonici e floreali e da un capolettera animato.Al verso dell’ultima carta marca tipografica dello stampatore inserita in uno scudo sorretto da due putti e circondato da una elaborata cornice architettonica. Legatura novecentesca in mezza pergamena. Esemplare stampato su carta forte, in buono stato di conservazione, con ampi margini; tracce di umidità al margine inferiore e qualche brunitura. Marginalia coevi in inchiostro marrone in tutto il volume.

Rarissima editio princeps di una delle prime opere di Erasmo. Essa venne scritta nel 1495 in difesa di coloro che conoscevano correttamente il latino e contro gli scrittori ‘barbari’, dal linguaggio poco corretto. L’autore attribuisce la responsabilità di questa decadenza ai cristiani dell’età post-patristica, che avevano avvertito il contrasto fra la loro fede e gli studi tradizionali, ovvero tra classicismo e cristianesimo. «I veri Goti» dice Erasmo «non erano stati gli indotti ed i rudi guerrieri germanici, ma gli uomini della scienza, che avevano oscurato con i loro tenebrosi commentari gli autori tradotti dal greco». Con la redazione della presente opera il grande erudito mitteleuropeo pone fine alla diatriba innescata dallo scambio epistolare tra Pico della Mirandola ed Ermolao Barbaro del 1485, tra i ‘barbari’ filosofi e gli ‘eloquenti’ umanisti. Con l’Antibarbarorum Erasmo giunge alla conclusione che l’eloquenza latina ben si sposa, e anzi favorisce, qualsiasi prodotto dell’intelletto umano. Vander Haegen I, 9; Adams E, 463; Bibl. Belgica II, 400, E, 286; Machiels E, 158.

3 93 3 Very rare Milanese edition edited by Girolamo Claricio with Andrea Calvo’s preface of this work that is considered as the first modern model of pastoral romance as a literary genre.

Boccaccio, Giovanni (1313-1375). Ameto […]. Con le osservationi in volgare grammatica sopra esso di Hieronimo Claricio. Milano,Alessandro Minuziano per Andrea Calvo, 10 giugno 1520. In-4° (mm 205x145). 6 carte non numerate, 204 carte con numerazione romana, 12 non numerate. Legatura ottocentesca in mezza pergamena, titolo e fregi in oro, rosso e blu al dorso. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione.

Rarissima edizione milanese dell’Ameto, curata da Girolamo Claricio e con la lettera di dedica di Andrea Calvo, autorevolmente considerata come «il franco e veemente manifesto a favore della nuova lingua e letteratura volgare apparso a stampa in Italia nel primo ventennio del Cinquecento» (C. Dionisotti, Girolamo Claricio, «Studi sul Boccaccio», II (1964), p. 332). Il volume si conclude con le dotte Observationes del Claricio, spesso mancanti in alcuni esemplari. Adams B, 2124 ; STC Italian, 108 ; Gamba, 201 (nota); P. Bongrani, La difesa del volgare nella prefazione di Andrea Calvo all’edizione milanese dell’«Ameto» (1520), in Id., Lingua e letteratura a Milano nell’età sforzesca. Una raccolta di studi, Parma 1986, pp. 167-196.

90


3 94 3 Extremely rare first edition of this important work on the art of memory. Romberch proposes a very innovative method to exercise memory based on the text of Dante’s Divine Comedy.

Host von Romberch, Johann (ca. 1480-ca. 1532). Congestorium Artificiose Memorie. Venezia, Giorgio Rusconi, 9 luglio 1520. In-8° (mm 150x44). 88 carte non numerate, mancano le volvelles alla carta G1v, come nella maggior parte degli esemplari. Illustrato da numerosi legni con figure allegoriche e diagrammi; iniziali silografiche ornate. Legatura in cartonato coevo, titolo manoscritto su etichetta di carta al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione; alcune gore e fioriture.

Prima rarissima edizione di questo importante trattato sull’arte della memoria. Nella prefazione l’autore dice che Rusconi stampò solo 500 copie di questo testo. Johann Host nacque in una fattoria a Romberch, in Westfalia, nel 1480 circa, e morì nel 1532 o all’inizio del 1533. Entrato giovanissimo nell’ordine domenicano studiò all’Università di Bologna dal 1516 al 1519. Nel 1520 iniziò ad insegnare teologia a Colonia. Il suo Congestorium attinge ad un gran numero di fonti, come la Rhetorica ad Herennium, Quintiliano, Francesco Petrarca e Pietro da Ravenna. Romberch attribuisce agli abituali loci dell’uso della memoria (spazi mentali nei quali immagazzinare i dati) un nuovo metodo basato sulle tre cantiche della Divina Commedia. Nel trattare i simboli e le immagini mentali da richiamare alla memoria l’autore offre una sezione dedicata agli alfabeti visivi, nei quali le immagini assomigliano alla forma delle lettere. La parte finale del Congestorium – influenzata dalle teorie di San Tommaso d’Aquino - riguarda invece la memorizzazione della grammatica e dei concetti astratti della scienza e della teologia. Young, 164; Essling, 2080; Sander, 6554; Mortimer, 239; Rossi, 50 e segg.;Yates,76.

3 95 3 Extremely rare and only edition of this epistle in elegiac couplets probably inspired by Raphael’s fresco Il trionfo di Galatea.The woodcut border on title-page is a ‘mirror’ copy of the famous one printed in the 1485 Aesop by Francesco del Tuppo. From Cockerell to Emery Walker and back.

Martirelli, Pietro Martire (fl. 1520). Nova Epistola Polyphemi ad Galatheam, per Petrum Martyrem Martyrellum Rocchigenam. [Roma, Stefano Guillery, ca. 1520]. In-4° (mm 212x144). 8 carte non numerate. Frontespizio racchiuso in cornice silografica a fondo nero decorata da motivi floreali e geometrici e, nella parte superiore, da una lunetta con Ercole e Anteo nell’atto di lottare - che è una copia speculare delle cornici che ornano l’edizione dell’Esopo stampata nel 1485 a Napoli da Francesco Del Tuppo – che venne usata per la prima volta dal Guillery nel frontespizio delle Reformationes del 1512. Legatura di Katherine

91


Adams in marocchino nocciola con titolo impresso in oro al piatto superiore. Esemplare in ottimo stato di conservazione, con barbe; qualche piccolo foro di tarlo. Copia appartenuta a Sydney Cockerell che la acquistò all’asta Sotheby’s del 14 novembre 1902 (lotto 381); dediche manoscritte posteriori al foglio di guardia anteriore:‘To Emery Walker April 2 1916’ e ‘Bequeathed back to me by my dear friend EW 22 July 1933 SCC’.

Prima ed unica edizione conosciuta di questa epistola in distici elegiaci indirizzata da Polifemo a Galatea e ispirata probabilmente dall’affresco di Raffaello di Villa Farnesina a Roma raffigurante Il trionfo di Galatea. Si tratta inoltre dell’unica opera che sia mai stata stampata di questo ignoto autore le cui origni sono oscure (si designa infatti come nativo di Rocchigena). Il poemetto è dedicato a Johannes Botonius, chierico della Camera Apostolica dal 14 dicembre 1505. F. Barberi, Tipografi romani del Cinquecento, pp. 43 e 54.

3 96 3 First illustrated edition and second enlarged redaction of the text of Folengo’s main works written in macaronic vernacular.The little volume is fully illustrated by 54 curious and popular woodcuts.

Folengo, Teofilo (1491-1544). Opus Merlini Cocaii poetae Mantuani Macaronicorum, totum in pristinam formam per me magistrum Acquarium Lodolam optime redactum in his infranotatis titulis divisum. Toscolano, Alessandro Paganini, 5 gennaio 1521. In-16° (mm 125x76). 272 carte numerate, 8 non numerate. Illustrato da 54 legni a piena pagina (il primo dei quali recante coloritura antica). Il primo legno è attribuito ad un artista differente ed è ripetuto alla carta 34. Legatura moderna in marocchino nocciola decorata da filetti dorati, titolo in oro al dorso. Esemplare in discreto stato di conservazione, restauro al margine interno del frontespizio, primo fascicolo accuratamente lavato, ultimo quaderno probabilmente proveniente da un altro esemplare. Una manicula ed alcune note manoscritte al verso della carta 272 e al verso dell’ultima carta.

Prima edizione illustrata completa, e seconda assoluta (la prima era stata stampata da Alessandro Paganini nel 1517) di alcune delle opere più importanti del Folengo note come Opus macaronicarum, come il Baldus, la Zanitonella (mai stampata prima), la Moscheide e alcuni epigrammi. In questa seconda edizione ampliata, illustrata da 54 legni, l’autore difende la grande flessibilità espressiva della lingua maccheronica nella sua celebre Apologetica in sui excusationem, nella quale risponde alle critiche che erano state fatte dopo la pubblicazione della prima edizione, rivendicando i diritti espressivi di ogni genere di lingua. La sua posizione si rivela vicina a quella del filosofo Pietro Pomponazzi che Folengo designa quale suo maestro nel profilo autobiografico che traccia di se stesso. Il messaggio della Apologetica verrà ripetuto ed ampliato nell’edizione dell’Orlandino, stampata a Venezia nel 1526. Questo esemplare è completo del raro quaderno ‘2M’ al primo stato, che contiene le epistole di Folengo al Paganini, la risposta del Paganini, l’errata, la Tabula facetiarum e il sonetto Se di piacer,

92


trastullo, gioia e spasso. I due stati del quaderno ‘2M’ sono ascritti all’autore e probabilmente sono nati dopo la stampa del libro (A. Nuovo, Alessandro Paganino (1509-1538), Padova 1990, pp. 78-82). Nuovo, n. 51; Adams F, 687; Brunet II, 1317; Cat. Libri, 446; Olschki, Choix, 4550; Sander, 2832.

3 97 3 «The Como edition of 1521 is the first in Italian - by Cesare Cesariano, a pupil of Bramante. It has splendid new illustrations, some of which are now attributed to Leonardo Da Vinci» (PMM).

Vitruvius, Marcus Pollio (I sec. a.C.). De Architectura Libri Dece traducti de latino in Vulgare affigurati: Commentati: & con mirando ordine Insigniti. Como, Paolo Gotardo da Ponte, 15 luglio 1521. In-folio (mm 407x267). 8 carte non numerate, 183 con numerazione romana, una carta non numerata. 117 silografie nel testo, di cui 9 a piena pagina. Iniziali istoriate su fondo nero e grande marca tipografica al frontespizio incise su legno. Legatura coeva in vitello nocciola, decorata ai piatti da cornici impresse a secco, dorso a quattro nervi, titolo manoscritto su tassello in carta. Esemplare in buono stato di conservazione, fori di tarlo restaurati alle prime dieci carte, lievi gore alle ultime carte.

Prima edizione in volgare dell’opera di Vitruvio, una delle più belle stampe di questo fondamentale trattato di architettura. Il commentatore Cesare Cesariano, pupillo di Bramante e Leonardo, anzitempo applicò quei principi architettonici di simmetria e proporzione che vennero più tardi elaborati dal Vignola, e che trovano espressione nelle tavole riguardanti i piani per l’elevazione della cattedrale di Milano che illustrano questa edizione. Nella fase finale della revisione dell’opera dovettero però intervenire, come correttori, Bono Mauro da Bergamo e Benedetto Giovio da Comasio. Infatti, nella nota che si trova alla fine dell’opera, l’editore Agostino Gallo e il collaboratore Aloisio Pirovano si lamentano apertamente del comportamento del Cesariano, che li abbandonò proprio nel momento della revisione e della messa in stampa. «The Como edition […] has splendid new illustrations, some of which are now attributed to Leonardo da Vinci, and is the most beautiful of all the early editions» (PMM). Cicognara 690; Berlin Katalog 1802; Fowler 310; Sander 7696; Adams V, 914; PMM 26.

93


3 98 3 Unsophisticated copy of this rare collection of Greek texts, edited and translated by the Kalcondyla’s pupil Stephanus Nigri. The volume contains also the first editions of the works De vino, De victo pythagorico and De nimia obsoniorum appetentia.

Negri, Stefano (1475- ca. 1540). [Translationes]. Milano, Giovanni da Castiglione, agosto 1521. Cinque parti in un volume in-4° (mm 222x160). 4 carte non numerate, 60 numerate, 93 numerate, una carta bianca. Caratteri greci e romani. Frontespizio racchiuso entro cornice silografica ornata, ripetuta 3 volte. Legatura in cartonato d’attesa coevo con al dorso cucitura passante. Splendido esemplare, perfettamente conservato. Note manoscritte di mano coeva nel testo.

Prima edizione di questa collezione di testi dell’erudito Stefano Negri, profondo conoscitore di greco e latino, dedicata (c. A2r) dall’autore ad alcuni tra i più eminenti personaggi dell’epoca, come ad esempio Jean Grolier. Il volume contiene un insieme di traduzioni e alcune operette di carattere erudito, mitologico, filosofico e poetico tra le quali figurano i Commentarioli in aurea carmina Pythagorae, un’epistola indirizzata al medico milanese Giovanni Marliani e cinque Prefationes, tre ad Omero, una a Pindaro e una a Tito Livio. Oltre a questi testi sono presenti anche il De unguentis, il De meretricibus insignis, il De victo Pythagorico, De vino e il De nimia obsoniorum appetentia, queste ultime tre qui in prima edizione e di notevole importanza per la letteratura gastronomica. Stefano Negri, originario di Corte Maggiore nei pressi di Cremona, era noto anche col nome di Stephanos Melas, e occupò dal 1520 la cattedra di greco dello studio di Milano che era stata di Demetrio Calcondila. Durante l’occupazione francese della città si riunì intorno a questo erudito una cerchia di uomini dotti e illustri, della quale facevano parte anche Jean Grolier e il segretario di Francesco I, che compaiono spesso come dedicatari delle sue opere. Il Negri cadde in digrazia dopo la cacciata dei francesi dalla città lombarda e venne allontanato dall’insegnamento. I suoi lavori consistono principalmente nella traduzione di testi classici o di opere ispirate all’antichità tra le quali si ricorda il Dialogo tra un venditore di libri e uno studente preposto, insieme ad altri scritti del suo maestro Demetrio Calcondila, al celebre lessico greco delle Suidas impresso nel 1499 (vedi scheda n. 51 del presente catalogo). Argelati, Bibl. Mediol., II, II, 2137-38; Tiraboschi, Stor. Lett. Ital., VI, II, 813; VII, III, 1103-1104; manca in Adams; Sander 4984; B.I.N.G. 1363; K. Sp. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, pp. 238 e 252.

94


3 99 3 One of the first books printed in Rimini by the Venetian typographer Bernardino Vitali, a long laudatory poem about Venice.

Modesti, Publio Francesco (1471-1557). [Venetiados Libri XII, et alia poemata]. Rimini, Sebastiano Modesti per Bernardino Vitali, 28 novembre 1521. (Legato con:) Gunther von Pairis (1150-1220). Ligurinus, seu Opus De Rebus gestis Imp. Caesaris Friderici, I. Bartolini, Riccardo (m. 1529). Austriados lib. XII […] cum scholiis Iacobi Spiegellij. Strassburg, [Johann Schott], 1531. Due opere – entrambe divise in due parti – in un volume in-folio (mm 293x200). I. 258 carte non numerate. Titolo stampato in rosso e racchiuso in una grande cornice silografica con la marca tipografica del Vitali raffigurante S.Marco in cattedra che scrive il Vangelo, con ai piedi il leone alato che stringe fra gli artigli il libro e, nella targa in basso, le iniziali del tipografo; alla carta 12v legno raffigurante il leone di S. Marco. II. 246 pagine numerate, 10 non numerate, 353 pagine numerate, 8 carte non numerate.Al frontespizio ricca cornice architettonica in legno in cui compaiono, in basso, i sovrani Federico I Barbarossa, Massimiliano I d’Austria, Carlo V d’Asburgo e Ferdinando d’Asburgo e, in alto, i relativi stemmi; all’inizio di entrambe le parti dell’opera una grande cornice silografica a motivi fitomorfi, animali e figure antropomorfe, decorata da medaglioni contenenti ritratti di imperatori di ispirazione classica. Entrambe le cornici sono state anticamente colorate a tempera così come alcuni dei finalini e dei capilettera silografici ornati nel testo. Remboîtage in legatura cinquecentesca in pelle di scrofa su assi di legno, riccamente decorata a secco ai piatti; dorso a quattro grandi nervi con titolo manoscritto, due fermagli in ottone lungo il margine esterno. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche piccolo foro di tarlo, mancanze al piatto posteriore della legatura, agganci in pelle dei fermagli ricostruiti. Qualche nota manoscritta coeva ai margini della seconda opera. I.

Prima rarissima edizione della Veneziade che non solo è da annoverare tra le prime testimonianze tipografiche di Rimini, ma che è anche l’unico libro ivi impresso da Bernardino Vitali, attivo principalmente a Venezia. L’edizione di questo lungo poema eroico latino, composto dal domenicano umanista e poeta Publio Francesco Modesti, venne curata dal fratello Sebastiano, che «per stampare più correttamente detto poema aveva condotto in Rimini espressamente e a sue spese un novello calcografo»: Bernardino Vitali appunto (Manzoni, Annali dei Soncino, II, pp. 3637). Tuttavia nonostante i propositi di Sebastiano l’edizione è piena di mende, come testimonia la nota del correttore. Il Venetias, contenuto nella prima parte dell’opera e diviso in 12 libri, celebra la storia della città di Venezia e le gesta dei suoi cittadini ed è dedicato al doge Antonio Grimani. Nella seconda parte del volume impresso dal Vitali sono invece contenute alcune opere minori del Modesti «quelques élégies et “sylvae” sur les événements contemporains, addressées à François Ier et à la reine Claude. À la fin: “Duellum inter Vidum Rangonem et Ugonem Pepulum”.Toutes ces poésies sont pleines de haine implacable contre Maximilien, sont toutefois d’un certain intérêt pour l’histoire du temp» (Olschki, Choix, 4881). II. Splendida edizione divisa in due parti, nella quale vengono raccolti due interessanti poemi encomiastici: il Ligurinus e l’Austrias. Il primo celebra le imprese di Federico Barbarossa contro i “ligures”, cioè gli italiani – e «dopo essere stato creduto per un certo tempo perfino una falsificazione umanistica, trovò, per gli studi del Pannenborg, una paternità in quel Guntero monaco cistercense di Pairis, nell’Alsazia, il quale oltre che essere autore di uno scritto ascetico […], tradusse intorno ai primi anni del 1200, nella Historia captae a Latinis Constantinopoleos, il racconto

95


della quarta Crociata fattogli dal suo abate Martino» (P. Mastrandrea, Arnaldo da Brescia nel “Ligurinus” di Gunther von Pairis, p. 185). Il secondo, qui in prima edizione, è invece un poema epico di stampo virgiliano - corredato dal commento di Jacob Spiegel - dell’umanista perugino Riccardo Bartolini che trovò fortuna in Germania, diventando segretario di Matthias Lang, vescovo di Gurk, ed assumendo una posizione di rilievo nella cerchia di scrittori che si raggruppava intorno alla corte dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo (1493-1519). «Massimiliano considerava talmente importante quest’opera che incaricò il suo cortegiano preferito, Jacobus Spiegel, di scriverne un commento […] poi pubblicato a lunga distanza di tempo posteriormente alla morte dell’imperatore» (L. Szörènyi, L’influenza della Farsaglia di Lucano sull’epopea tardo-umanista latina in Ungheria, p. 103). I. Brunet III, 1783; Olschki, Choix, 4881; Fumagalli, p. 327; STC Italian, 442; Cat. Colombina, V, p. 118; Manzoni, Annali dei Soncino, II, pp. 34-39; Essling 2113; Sander 4862. II. P. Mastrandrea, Arnaldo da Brescia nel “Ligurinus” di Gunther von Pairis: i modelli epici antichi, in «Paideia», 60 (2005), p. 185-193; L. Szörènyi, L’influenza della Farsaglia di Lucano sull’epopea tardo-umanista latina in Ungheria, in «Neohelicon», 27/2 (dic. 2000), pp. 97-111.

3 100 3 First and only Aldine edition, where Andrea d’Asola in his preface reports that the text was edited by Erasmus and Aldus himself in 1508.

Plautus, Titus Maccius (ca. 254-184 a.C.). Comoediis XX. Quarum Carmina Magna Ex Parte in mensum suum restituta sunt. Venezia, Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, luglio 1522. In-4° (mm 210x135). 14 carte non numerate, 284 carte numerate. Carattere corsivo. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura coeva in pergamena, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, antichi piccoli restauri al margine bianco delle prime carte. Ex-libris ottocentesco inciso di F. Hayward Joyce al contropiatto anteriore.

Prima ed unica edizione aldina. Il testo, al quale avevano lavorato Erasmo e Aldo nel 1508, venne pubblicato nel 1522 a cura di Francesco d’Asola che, nella lettera dedicatoria al vescovo di Capua, Nicola von Schonberg, ricorda il lavoro dei due grandi maestri. Segue la vita di Plauto tratta dal De poetis latinis del Crinito. La raccolta non contiene il testo delle Bacchides considerato spurio. Renouard p. 94, n. 2; Adams P, 1487.

96


3 101 3 First book to be produced in Camerino where the art of printing was introduced by Giovanni Giacomo Benedetti, the last descendant of the famous Bolognese printers family.

Massimi, Pacifico (m. 1500). Pacificus Maximus poeta Asculanus Ioanni Fatali Salvalio. Camerino, Giovanni Giacomo Benedetti e Luigi Placidio, 21 luglio 1523. In-4° (mm 196x139). 8 carte non numerate. Al frontespizio bel legno raffigurante l’autore nell’atto di scrivere entro cornice. Al recto dell’ultima carta marca tipografica ‘Cerchio (all’interno un labirinto) con croce doppia e iniziali C.O.’. Cucito ma senza legatura, conservato in una custodia in marocchino rosso.

Prima rarissima edizione del primo libro stampato a Camerino, dove l’arte della stampa venne introdotta da Giovanni Giacomo Benedetti, discendente della nota famiglia di tipografi bolognesi, che vi si trasferì proprio nel 1523 e dove esercitò la sua attività fino all’anno seguente. Pacifico Massimi era originario di Ascoli, fu grammatico e poeta, scrisse prevalentemente in latino ed è noto soprattutto per l’opera intitolata Hecatelegium (Firenze, 1489), che non venne più ristampata fino al XIX secolo poiché contiene passi che alludono esplicitamente all’omosessualità dell’autore. Sander P, 5358; Ascarelli-Menato, p. 50; Fumagalli, pp. 59-60.

3 102 3 First and only Aldine edition, the first complete one to be printed, dedicated by Francesco d’Asola to Francesco Cibo and accompanied by the life of Silius Italicus written by Pietro Crinito. Silius Italicus, Caius (ca. 26-101 d.C.). De Bello Punico Secundo XVII Libri nuper diligentissime Castigati. Venezia, Aldo Manuzio e Andrea d’Asola, luglio 1523. In-8° (mm 160x100). 210 carte numerate, due non numerate. Carattere corsivo. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura ottocentesca in mezza pelle con carta marmorizzata ai piatti e titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione; dorso restaurato. Nota di possesso manoscritta abrasa al frontespizio.

Prima edizione completa delle opere di Silio Italico e prima ed unica edizione aldina di questi testi. «This edition by Asulanus, is almost a copy of the incorrect of Philip Junta, 1515. It contains, for the first time, eighty-one additional verses (from v. 144 to 225 of lib. VIII), which were discovered in some old books in France. The genuineness of these verses has been doubted by Heinsius and others, yet they have been inserted by almost every subsequent editor.This aldine edition is rendered of some value from its being the only one of Silius Italicus published in the office of Aldus» (Dibdin, vol. II, p. 214). Renouard p. 98, n. 6; Adams S, 1134.

97


3 103 3 Amazing copy of the first edition, with the title-page printed in red and blue, of the only 16th century edition of this scientific miscellaneous work. Leone, Ambrogio (1459-1525). Ambrosii Leonis Nolani divini philosophi novum opus questionum seu problematum ut pulcherrimorum ita utilissimorum tum aliis plerisque in rebus cognoscendis tum maxime in philosophia & medicina scientia. Venezia, Bernardino e Matteo Vitali, 28 agosto 1523. In-folio (mm 314x216). 63 carte non numerate, una carta bianca. Frontespizio con titolo in rosso racchiuso in una cornice silografica a motivi floreali stampata in inchiostro blu; al verso della carta P3 marca tipografica dei fratelli Vitali raffigurante il leone di S. Marco che tiene con la zampa destra il Vangelo recante la scritta ‘Pax tibi Marce evangelista meus’. Alcuni diagrammi silografici nel testo. Legatura coeva in pergamena floscia recante sul piatto superiore la scritta, in caratteri capitali,‘Ambrosii Nolani Problemata’ in inchiostro marrone, racchiusa da una cornice formata da quattro cerchi concentrici. La stessa iscrizione manoscritta, ma in caratteri gotici, compare anche lungo il dorso del volume; tracce di bindelle. Esemplare in ottimo stato di conservazione; legatura parzialmente scucita al dorso. Antica nota manoscritta di possesso illeggibile al frontespizio.

Rarissima prima – ed unica - edizione di quest’opera di Ambrogio Leone, dotto medico, filosofo, storico, matematico e letterato originario di Nola.Thorndicke ne fa menzione per la sua analisi, incredibilmente sofisticata e all’avanguardia rispetto ai tempi, della sifilide (Historia V.147), pubblicata otto anni prima della prima edizione del Fracastoro. «Ambrogio Leone fu mente eclettica, aperta ad ogni forma di cultura, anche se provava una naturale e particolare inclinazione per le scienze sperimentali e per la filosofia. Figlio del suo tempo, egli assorbì a Padova, a Napoli e a Venezia tutti gli aspetti e le sfumature della complessa cultura e civiltà dell’Umanesimo e produsse, nei primi lustri del secolo successivo, il Rinascimento, buona parte delle sue opere, che di quella cultura sono, spesso, la sintesi e la puntualizzazione esegetica. Alcune di esse, infatti, sono come delle enciclopedie del sapere, ricche di erudizione messa al servizio di quanti volessero apprendere e di coloro che desiderassero approfondire o rivedere le proprie cognizioni filosofiche e scientifiche» (Ammirati, p. 97). Le Quaestiones sono «un’opera colossale, una vera enciclopedia che per il vario contenuto e le finalità che […] anticipano l’Illuminismo, risponde a quesiti riguardanti le più disparate discipline e a domande le più strane e curiose, non ebbe, a quanto consta, altre edizioni oltre a quella veneziana, nonostante la grande considerazione in cui fu tenuta dagli studiosi del Rinascimento e dei secoli successivi. Erasmo nel 1519, scrivendo all’amico, dice di essere rimasto meravigliato per non aver avuto ragguagli su quell’opera: “De problematis rerum naturalium, quod opus iam olim habeas in manibus, admiror te nihil meminisse”» (Ammirati, pp. 139-140). La presente edizione risulta piuttosto accurata e lussuosa, se si considera il suo carattere di testo scientifico: il frontespizio è stampato con inchiostro a due colori ed è impreziosito da un’elaborata cornice architettonica a motivi floreali, solitamente stampata in inchiostro nero (vedi scheda n. 99 del presente catalogo), e qui impressa in inchiostro blu, fatto assai inconsueto nel panorama della stampa dei libri italiani del XVI secolo. Riccardi I, 32; Sander 3915; P. Manzi, Editori, tipografi e librai napoletani a Venezia nel secolo pp. 35-134 e 65-138; L. Ammirati, Ambrogio Leone nolano, Marigliano 1983.

98

XVI, in

«La Bibliofilia», 1974,


3 104 3 Unknown issue of the first Blado edition of Mirabilia Romae.Titlepage printed in red and black and with the original woodcut showing the shepard Faustolo with Romolo and Remo nursed by the wolf, other eight full page woodcuts in the text. Mirabilia urbis Rome. Roma, Antonio Blado per Giovanni Mazzocchi di Bergamo, [1523?]. In-8° (mm 138x95). 56 carte non numerate. Al frontespizio titolo stampato in rosso e legno raffigurante il pastore Faustolo e Romolo e Remo allattati dalla lupa. Illustrato da 8 legni a piena pagina di cui tre raffiguranti, rispettivamente, tre preti su un pulpito nell’atto di mostrare la Sacra Sindone ai fedeli, la Vergine col bambino in Gloria e la Crocifissione; gli altri 5 legni sono immagini di santi. Legatura coeva in pergamena. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi gore e fioriture.

Rarissima edizione senza data, ma in tutto identica alla prima uscita dai torchi del Blado il 17 aprile 1523 di cui probabilmente la presente è un’altra tiratura. L’edizione del 1523, come segnalano Olschki e Sander, non è censita negli Annali dei Blado in cui Bertoni, all’interno della descrizione di quella del 1524 (n. 6) nota: «Dunque vi è una edizione bladiana delle Mirabilia anteriore a questa del 1524, e di cui non è fatta menzione da nessun tipografo, ch’io mi sappia». Le Mirabilia Romae iniziano a comparire nel secolo XIV come itinerario ad uso dei pellegrini, collegato soprattutto alla visita delle “sette chiese”. Il codice fiorentino (Gaddi rel. 148) conservato alla Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze, tramanda una versione in dialetto romanesco (Miracole de Roma) e testimonia l’inizio del volgarizzamento di questo testo, destinato a diventare una vera e propria “guida turistica”. Olschki, Choix, 4856; Sander 4648.

3 105 3 First edition of the two Erasmus’ philosophical and theological treatises written against Martin Luther and in defence of man’s free will.

Erasmus, Desiderius Roterodamus (1466-1536). Hyperaspistes diatribae adversus Servum Arbitrium Martini Lutheri. Basilea, Johann Froben, 1526. (Legato con:) Id. De libero arbitrio. Basilea, Johann Froben, settembre 1524. Due opere in un volume in-8° (mm 159x107). I. 156 carte non numerate. Iniziali silografiche ornate alle carte a2r e a3r; marca tipografica del Froben al frontespizio, ripetuta al verso dell’ultima carta. II. 48 carte non numerate. Iniziale silografica ornata alla carta a2r; marca del Froben al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura moderna in marocchino nero, titolo in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi gore. Timbri al frontespizio della seconda opera, alcune note manoscritte di mano coeva nel testo.

99


Prima edizione di due importanti opere di Erasmo, che si inseriscono nella diatriba teologica con Martin Lutero. Infatti Erasmo aveva pubblicato quest’opera sul libero arbitrio, un attacco a Lutero, alla quale quest’ultimo replicò nello stesso anno con l’edizione del De servo arbitrio, basato sul terzo capitolo delle Epistole ai romani e in cui si dichiara l’assoluta incapacità dell’uomo, nella sua condizione di creatura caduta, di compiere atti morali. Erasmo replicò prontamente con l’Hyperaspistes, ma senza ottenere risultato alcuno. Ufficialmente Lutero ignorò la sua risposta, sebbene la sua corrispondenza privata rechi numerose testimonianze della sua irritazione. I.

Adams E, 673. II. Vander Haeghen I, 20; Kossmann 178; Bezzel 1263; De Reuck 152; Adams E, 595.

3 106 3 Exceedingly rare first edition of the oldest collection of Italian tales, written by an anonimous Florentine author at the beginning of the 13th century.

[Novellino]. Le ciento novelle antike. Bologna, Girolamo Benedetti, agosto 1525. In-4° (mm 207x138). 6 carte non numerate, 40 numerate, due carte non numerate di cui l’ultima bianca. Carattere romano. Legatura di Binda in marocchino rosso, con impressioni dorate e a secco ai piatti, titolo e note in oro al dorso. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione; le carte i2-i3 e k3-k4 rimarginate. Nota bibliografica manoscritta dell’abate Luigi Razzolini, autore della celebre Bibliografia dei testi di lingua a stampa citati dagli Accademici della Crusca. Al contropiatto ex-libris: ‘Ulrico Hoepli’ e ‘Bryan Palmes’.

Prima rarissima edizione della più antica raccolta di novelle in volgare, dedicata dal curatore Carlo Gualteruzzi al conterraneo Gorio Gherio, vescovo di Fano. Il titolo di Ciento novelle, con cui l’opera venne in seguito chiamata si deve proprio a questa prima stampa Gualteruzziana, voluta da Pietro Bembo e esemplata su uno o più codici da lui procurati. Probabilmente la vulgata del Novellino, come corpus composto da cento novelle, si deve a una tradizione post-decameroniana: «la raccolta originaria o Ur-Novellino, redatta da un compilatore anonimo verosimilmente sul finire del Duecento a Firenze, comprendeva novelle vere e proprie, ma anche brani didascalici, sentenze, moralità ecc.; cioè una serie di unità narrative e di unità non narrative, che erano meno di cento ed erano semplicemente separate da uno spazio e dall’iniziale colorata, senza rubriche e senza numerazione, secondo la testimonianza del ms. più antico […]. Poi, forse all’inizio del Trecento sempre a Firenze, qualcun altro ne ha modificato la struttura e la consistenza, eliminando alcuni moduli, spostandone altri e aggiungendo delle novelle attinte altrove; in una fase successiva, ma sempre all’inizio del secolo, sono state introdotte le rubrice, approssimative e spesso imprecise; è probabilmente cinquecentesca la numerazione del nuovo ordinamento […]. Il Novellino vulgato, cioè la raccolta in cento novelle, è il risultato di questa cospicua riorganizzazione macro-testuale dell’Ur-Novellino» (Il Novellino, a cura di Alberto Conte, Roma 2001, pp. XV-XVI). Gamba 685; Passano, p. 130.

100


3 107 3 First edition of the famous Prose della volgar lingua, one of the basis of the new Italian language, dedicated by Bembo to Clemente VII, it is written as a dialogue debated by Carlo Bembo, Giuliano de’ Medici, Federico Fregoso and Ercole Strozzi.

Bembo, Pietro (1470-1547). Prose di M. Pietro Bembo nelle quali si ragiona della volgar lingua scritte al Cardinale de’ Medici che poi è stato creato a Sommo Pontefice et detto Papa Clemente settimo divise in tre libri. Venezia, Giovanni Tacuino, 1525. In-4° (mm 298x210). 94 carte con numerazione romana. Legatura coeva in piena pergamena, dorso a tre nervi. Esemplare ad ampi margini in ottimo stato di conservazione. Marginalia di mano coeva.

Prima edizione delle Prose della volgar lingua, in cui il Bembo «fonda anzitutto la coscienza critica della tradizione letteraria italiana, indicandone gli esempi più significativi nell’àmbito dei grandi scrittori del Trecento. La ricchissima esemplificazione di modi e di parole che il Bembo dà, ricavandoli dai suoi ammirati trecentisti, è volta a costituire una lingua che abbia dignità ed eleganza letteraria e al tempo stesso la vivacità e la naturalezza dell’uso toscano» (P. Bembo, Prose della volgar lingua, Gli Asolani, Rime, a cura di C. Dionisotti, Milano 1989, p. IX). L’opera, in forma di dialogo tra Carlo Bembo, Giuliano de’ Medici, Federico Fregoso ed Ercole Strozzi, ambientato nel 1502, porta la dedica “al cardinale de’ Medici che fu poi creato Sommo Pontefice e detto Clemente VII”, la quale vuol far credere, che la decisione di dedicare l’opera al cardinale Giulio fosse stata presa prima che questi fosse eletto papa. L’autore rivela una precisa volontà di ambientare il tutto nei primi anni del secolo, come se volesse dimostrare che le Prose si collocano idealmente nel momento iniziale della ‘questione della lingua’, in concomitanza della grande crisi politica e culturale. In realtà l’umanista lavorò al suo dialogo negli anni in cui soggiornò a Ferrara (1502-03), dove si legò di profonda amicizia con Ludovico Ariosto, e soprattutto durante la sua permanenza alla corte di Urbino. È proprio alla fine di quel soggiorno che egli annuncia di aver terminato i primi due libri dell’opera, i quali cominciarono a circolare tra amici e conoscenti. Bembo soltanto nel periodo di ritiro, prima a Venezia e poi a Padova, a partire cioè dal 1519, riprese la stesura del terzo libro che fu terminata nel 1524 e finalmente le Prose furono stampate nel 1525 ed immediatamente si diffusero in tutta Italia. Probabilmente però già negli ultimi anni del Quattrocento, mentre era impegnato nella cura delle edizioni di Petrarca (Canzoniere, Aldo Manuzio 1501) e di Dante (Commedia, Aldo Manuzio 1502), Bembo aveva cominciato a riflettere sulla generale ‘questione della lingua’, e proprio le sue esperienze presso la tipografia aldina furono fondamentali per l’affermazione dell'idea che accanto al patrimonio dei greci e dei latini vi fosse ormai un patrimonio di scrittori in volgare, di classici italiani; infatti nell’edizione del Canzoniere compare un’appendice, anonima ma certamente di Bembo, in cui si discutono alcuni aspetti della lingua e dello stile di Petrarca, che costituisce un primo nucleo dei ragionamenti che l’autore farà negli anni successivi. Gamba 136; STC Italian, 81.

101


3 108 3 Important edition of this collection of laws, produced by the first Hebrew typographer to use a printer’s mark, the title means “all in It” referring to the vastness of matters discussed.The most beautiful book of the itinerant printer Gersˇ om Soncino.

[Sefer kol bo]. Rimini, Gersˇ om Soncino, [1525]. In-folio (mm 314x204). 164 carte non numerate. Frontespizio racchiuso entro cornice silografica a fondo nero decorata da motivi floreali («la grande cornice silografica, onde ornansi le edizioni soncinati in foglio, incominciando dal Decachordum» Manzoni, p. 778), le lettere del titolo su fondo decorato, marca tipografica del Soncino raffigurante la torre malatestiana di Rimini. Legatura in cartonato antico. Esemplare in buono stato di conservazione, con ampi margini, alcune macchie, restauri al frontespizio. Note e cassature dei censori in alcune parti dell’Hilchoth Yein e dell’Hilchoth Avodah Zarah.Timbro a secco alla seconda carta: ‘Library. Borough Park. Brooklyn NY’.

Importante e rara edizione soncinate di questa silloge anonima intitolata Kol bo (“Tutto in esso” cioè “Compendio”), una raccolta di leggi rituali e civili redatta tra la fine del secolo XIII e l’inizio del XIV e suddivisa in 150 sezioni che trattano vari argomenti tra i quali: le benedizioni, la preghiera, la sinagoga, i pasti, il Sabbath, le festività, il matrimonio, il denaro, i voti e i giuramenti, le leggi concernenti la terra d’Israele, il riscatto dei primogeniti, l’assistenza ai malati e il lutto. Il testo comprende anche uno dei più antichi commenti all’Haggadah. L’identità dell’autore è tuttora ignota e riguardo a tale questione sono state avanzate ipotesi differenti. La maggior parte degli studiosi è concorde nel sostenere che, dal momento che molte parole del Kol bo sono identiche a quelle dell’Orhot Hayyim di Aaron ben Jacob ha-Kohen, il libro del “tutto in esso” non sia altro che una versione più sintetica dell’Orhot Hayyim o addirittura una sua prima stesura da attribuirsi dunque al medesimo autore. Il presente volume venne impresso a Rimini, dove Gersˇ om Soncino aveva trovato ospitalità dopo essere stato costretto a lasciare Pesaro a causa delle ostilità della chiesa domenicana. Come segno di gratitudine nei confronti dei signori di Rimini che lo avevano accolto, Soncino elesse a proprio simbolo la torre malatestiana della città affiancata dalla citazione biblica «Torre fortissima è il nome del Signore: il giusto vi si rifugia ed è al sicuro» (Proverbi 18,10). La marca adottata dal Soncino è anche il primo esempio italiano di marca tipografica di uno stampatore ebreo. Adams K, 89; Busi (ER), n. 294; Steinschneider 555;Vinograd 7; Zedner 191; Manzoni II, n. 121(«È questo indubbiamente il più bel volume che Gerschom abbia impresso a Rimini»); Habermann (Soncino), n. 79.

102


3 109 3 First edition of the book considered the first Italian monolingual vocabulary. Lord Vernon’s and Tyler Prouty’s copy.

Liburnio, Niccolò (1474-1557). Le Tre fontane di messer Nicolo Liburnio in tre libbri diuise, sopra la grammatica, et eloquenza di Dante, Petrarcha, et Boccaccio. Venezia, Gregorio de’ Gregori, febbraio 1526. In-4° (mm 211x151). 4 carte non numerate, 73 carte numerate, una carta bianca. Legatura ottocentesca in pergamena, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi gore marginali. Ex-libris del noto studioso di Shakespeare Charles Tyler Prouty (1909-74) e di E.M. Cox e del celebre dantista e bibliofilo Lord George Vernon.

Prima edizione di quello che è considerato il primo dizionario monolingue italiano. L’opera presenta un carattere ibrido, in difficile equilibrio tra il florilegio di citazioni, il trattato grammaticale, il prontuario retorico, secondo una prassi compositiva certamente più prossima alle Noctes atticae gelliane che non alle Prose del Bembo, che rimane anzi, se non propriamente un bersaglio polemico, un modello ricusato e osteggiato; ad esempio nella predilezione accordata, tra i tre grandi trecentisti, all’autore della Commedia, che culmina nella celebre Difesa di Dante che chiude il primo dei tre libri delle Tre fontane. Adams L, 655; Beltrami, International Journal of Lexicography, 17, 4.

3 110 3 Extraordinary exceedingly rare first edition of the most beautiful fortune-telling book ever printed, written by the Ferrarese astrologer and mathematician Sigismondo Fanti. Entirely illustrated by thousands of woodcuts, xylographic borders, historiated capitals.

Fanti, Sigismondo (m. ca. 1527). Triompho di fortuna. Venezia, Giacomo Giunti per Agostino da Portese, gennaio 1527. In-folio (mm 325x217). 19 carte non numerate, 126 carte mal numerate CXXVIII, una carta non numerata. Frontespizio stampato in rosso e nero ed illustrato da un grande legno allegorico. Il volume è quasi interamente composto da figure incise su legno illustrato com’è da numerose tavole e vignette silografiche inframmezzate al testo. Legatura moderna in marocchino blu di Alain Devauchelle, entro astuccio. Esemplare in buono stato di conservazione, accuratamente rinfrescato.

Prima rarissima edizione, in seconda emissione (nella prima il colophon è datato 1526), della celebre opera del ferrarese Sigismondo Fanti, che rientra in un genere la cui genesi si può rintracciare nelle medievali sortes apostolorum o sortes prophetarum e l’antecedente più immediato nel Libro

103


de la Sorte di Lorenzo Spirito (vedi scheda n. 44 del presente catalogo). Lo schema divinatorio del Fanti si presenta infatti come una complicazione rinascimentale del più semplice schema dello Spirito e, mentre le domande di quest’ultimo sono di carattere decisamente più privato, quelle del Fanti vertono soprattutto sulla sfera dell’organizzazione sociale. Basato su una possibile scelta di ben 72 quesiti, legati ad una apparato iconografico sontuoso, il lettore viene poi indirizzato ad una delle 12 tavole della “Fortuna”, che segnano le direzioni del mondo, quelle fondamentali (Oriente, Occidente, Settentrione e Austro) e quelle intermedie. Il passo successivo è verso le 12 “Case”, cioè casate nobiliari selezionate tra le più note dell’Italia di primo Cinquecento (Orsini, Colonna, Medici, Aragona, Gonzaga, Este, Baglioni,Vitelli, Sforza, Feltre, Gritti e Bentivoglio). Qui si trova il rinvio alle 72 “Rote”, ogni foglio presenta ai lati personaggi illustri e nel corpo centrale due cerchi molto elaborati. A quello superiore si accede gettando due dadi, a quello inferiore stabilendo l’ora. L’iconografia di questa sezione combina un immaginario estremamente composito con riferimento al mondo “naturale” ed “artificiale” (animali, piante, manufatti, figure mitologiche, i sette vizi capitali con Bacco e Amore, le sette arti del Trivio e del Quadrivio, le sette virtù cardinali e teologali, la Fortuna); tra i celebri personaggi si possono ricordare Dante, Raffaello e Michelangelo, plasticamente raffigurato in atto di scolpire un blocco di marmo (di cui questa è forse una delle prime rappresentazioni iconografiche). Il successivo rinvio, determinato dal tiro dei dadi e dall’ora in cui si consulta il libro, è ad una delle 36 “Sphere”. Poste in ordine decrescente dal Paradiso, ai Sette Cieli, ai dodici Segni Zodiacali, alle undici Costellazioni, ai quattro Elementi sino all’Inferno. Le pagine prevedono un grande cerchio al centro con la raffigurazione della Sfera, in alto busti di personaggi illustri e in basso scene pertinenti alla cultura e alla guerra. Da qui si rinvia alla tappa conclusiva del gioco: 74 Astrologi antichi e moderni e Sibille comunicano il loro responso ai quesiti d’apertura. L’esito è fornito sia nel linguaggio cifrato dell’astrologia giudiziaria sia in una quartina di traduzione in volgare. I 74 personaggi della mantica e dell’astrologia antica, medievale (araba e cristiana) e moderna formulano ognuno 22 risposte per un totale di 1628 oroscopi, figure, quartine (tra le figure rappresentate ricordiamo il mitico Atlante, le leggendarie Sibille e le storiche personalità di Pietro d’Abano e Cecco d’Ascoli). Precede l’opera, al verso del titolo, la dedica a Clemente VII. Sigismondo Fanti (o de Fantis) fu un eclettico ferrarese, contemporaneo dell’Ariosto, attivo in diverse corti italiane ed europee, come astrologo, umanista e professore delle arti matematiche. Adams F, 150; Cicognara 1645; Essling 652; Sander 2654; Mortimer 180; solo 3 copie censite nelle biblioteche italiane, di cui una scompleta; si vedano anche l’Introduzione di A. Biondi, in Triompho di Fortuna, Modena 1983, pp. 5-20 ed E. Casamassima, Trattati di scrittura del Cinquecento italiano, Milano 1966.

104


3 111 3 The first edition of Dante’s De vulgari eloquentia, in Giovanni Giorgio Trissino’s Italian translation.The princeps of the original Latin version did not appear until 1557.

Alighieri, Dante (1265-1321). De la volgare eloquenzia.Vicenza,Tolomeo Gianicolo, gennaio 1529. (Legato con:) Trissino, Gian Giorgio (1478-1550). Dubbii grammaticali. Vicenza,Tolomeo Gianicolo, febbraio 1529. Due opere in un volume in-folio (mm 259x185). 26 carte non numerate; 13 carte non numerate, una carta bianca.Testo in caratteri corsivi latini e greci secondo l’ortografia trissiniana della seconda maniera. Marca tipografica incisa su legno al frontespizio della prima opera raffigurante il vello d’oro su un albero custodito da un serpente e le inziali ‘T. IA.’ circondati da una cornice contenente un motto greco. Legatura novecentesca in cartonato. Esemplare in discreto stato di conservazione, restauro al frontespizio che tocca la marca tipografica, margine interno rinforzato; restauro a porzione dell’angolo superiore esterno della seconda carta senza perdita di testo; alcune fioriture, soprattutto alle prime carte.

Prima edizione del De vulgari eloquentia, nella traduzione in volgare di Gian Giorgio Trissino, che si basa sul testo tràdito dal codice - oggi conservato alla biblioteca Trivulziana di Milano (ms. 1088) - che fu di sua proprietà e sul quale egli ricopiò un passo della Vita di Dante di Boccaccio. Il volgarizzamento rientra nel dibattito intorno alla lingua italiana del Cinquecento, in cui il Trissino si inserì contrapponendosi alla tesi allora dominante secondo la quale la lingua italiana doveva essere identificata con uno solo dei dialetti parlati nella penisola, il tosco-fiorentino, e facendosi portatore di una soluzione più eclettica, che vedeva concorrere alla formazione della lingua nazionale gli apporti più qualificati provenienti da tutti i dialetti italiani, dal veneziano al napoletano, dal siciliano al lombardo. Le diverse opere del Trissino, stampate in-folio dal Gianicolo nel 1529 (vedi schede n. 112 e 115 del presente catalogo), alcune delle quali sono prive di frontespizio o del colophon, si trovano spesso riunite assieme. Nel nostro esemplare accanto al De vulgari eloquentia è legata la prima edizione dei Dubbi grammaticali, in cui letterato vicentino espone le proprie riflessioni linguistiche apportando alcune modifiche al sistema alfabetico che, mediante l’utilizzo di lettere desunte dall’alfabeto greco, avrebbe permesso di distinguere le vocali aperte da quelle chiuse. Nei Dubbii l’autore specifica che la ω corrisponde ad ‘o’ chiusa e non a quella aperta, mentre nei latinismi viene preferita la soluzione di ti in zi e la ‘s’ sorda viene distinta da quella sonora. «I Dubbii grammaticali aggiuntivi furono dall’autore scritti per puntellare le sue nuove opinioni contro le censure del Firenzuola, del Liburnio, del Tolomei, e di Lodovico Martelli. Il Trissino restò vinto da’ suoi avversarii; ma non affatto, poiché rimasero almeno nella nostra ortografia adottate le differenze da lui suggerite dell’i e dell’u, vocali, dal j e dal v, consonanti» (Gamba). Gamba 1704, 1709; Adams D, 121.

105


3 112 3 Trissino’s Poetica in first edition, first issue, printed in thick paper. The Vicentine humanist’s work is a milestone in the Italian diatribe on language, printed with the famous types series fonded for the occasion by the printer Tolomeo Ianiculo from Trissino’s drawings which include the Greek characters epsilon and omega instead of the customary Italian e and o.

Trissino, Giovanni Giorgio (1478-1550). La Poetica. Vicenza, Tolomeo Gianicolo, aprile 1529. In-folio (mm 280x180). 68 carte con numerazione romana. Al verso dell’ultima carta marca tipografica incisa su legno raffigurante il vello d’oro su un albero custodito da un serpente e le inziali ‘T. IA.’ circondati da una cornice contenente un motto greco. Legatura ottocentesca in mezza pergamena, tassello con titolo in oro al dorso. Esemplare, stampato su carta forte, in buono stato di conservazione.

Prima edizione in prima tiratura della Poetica del Trissino, priva dell’errata solitamente apposta agli esemplari successivi alla prima impressione. L’opera è divisa in quattro libri, o divisioni, dedicati all’arte metrica. I rimanenti libri della Poetica, già composti nel 1549, apparvero postumi a Venezia presso Andrea Arrivabene nel 1562 con il titolo de La quinta e la sesta divisione dove l’umanista tratta, secondo i canoni aristotelici, i rimanenti generi letterari. Il Tasso intorno a questa opera così scriveva «Ne fo molta stima, perché egli fu il primo che ci diede alcuna luce del modo di poetare tenuto da’ greci; et arricchì questa lingua di nobilissimi componimenti». Come è usuale nelle edizioni originali delle opere a firma del letterato vicentino, la princeps della Poetica si distingue per un’elegante veste tipografica, resa particolarmente preziosa dallo stupendo corsivo, fuso da Lodovico Arrighi e fornito personalmente dall’autore allo stampatore. Al Trissino linguista pertengono, poi, le sottigliezze grafiche introdotte: omega ed epsilon per differenziare le o e le e aperte o chiuse, le vocali u e i in luogo delle consonanti v e j. Gamba 1706; Adams T, 955; Mortimer 507.

3 113 3 First Ianiculo’s edition, the third after the two Roman ones, of the first modern tragedy written according to the Aristotlean canon. Giovanni Giacomo Trivulzio copy.

ωphω ωnisba. Vicenza, Tolomeo Gianicolo, Trissino, Giovanni Giorgio (1478-1550). La Sω maggio 1529. In-4° (mm 205x134). 52 carte non numerate. Legatura settecentesca in pergamena rigida, titolo in oro al dorso, tagli spruzzati di rosso. Esemplare in buono stato di conservazione, stampato su carta forte; gore al margine superiore delle prime tre carte, lievi bruniture. Ex-libris inciso al contropiatto anteriore: ‘Bibliotheca Io. Iacobi Trivultii’.

106


Terza edizione, la princeps - rarissima - venne stampata a Roma nel 1524 e ivi ristampata nello stesso anno, di quest’opera del Trissino. La Sofonisba, composta nel 1514-1515, può essere considerata la prima tragedia moderna scritta seguendo i dettami aristotelici, che l’umanista vicentino avrebbe poi trattato diffusamente dal punto di vista teorico nella sua Poetica, in cui proporrà anche una ambiziosa sistemazione di tutti i generi letterari, ognuno ricondotto a precise regole di struttura, stile e metrica. Gamba 1710; Adams T, 958.

3 114 3 First edition of one of the works printed in Vicenza by Ianiculo in 1529 - the only year in which this printer worked in the aforesaid city - who carried out the author’s innovative conceptions in the orthographic and phonetic field.

Trissino, Giovanni Giorgio (1478-1550). Rime. Vicenza,Tolomeo Gianicolo, 1529. In-8° (mm197x130). 52 carte non numerate. Carattere corsivo. Al colophon marca silografica raffigurante un vello d’oro su un albero custodito da un serpente.Ai lati dell'albero si trovano le iniziali del tipografo:‘PT.IA’ (Ptolomeus Ianiculus). Nella cornice è racchiuso il motto, tratto dall’Edipo Re di Sofocle, ‘PANTO ZHTOYMENON ALΩTON’. Legatura seicentesca in pergamena rigida, titolo manoscritto al dorso, tagli spuzzati. Esemplare in buono stato di conservazione, restauro al margine bianco interno dell’ultima carta.

Prima edizione delle Rime, dedicata dall’autore al cardinal Ridolfi e che fa parte del gruppo di opere del Trissino pubblicate dal Gianicolo nel 1529, l’unico anno della sua attività di stampatore a Vicenza. Secondo il Gamba il registro parte con la segnatura a lettere doppie perché, così facendo, il libro poteva essere rilegato insieme alla Sofonisba del Trissino, che ha una segnatura ‘a-n’. La stampa, come tutte le altre vicentine, adotta l’innovativa riforma alfabetica per cui questo umanista è rimasto celebre. Gamba, 1712; Adams T, 956.

107


3 115 3 First rare edition of an imaginary dialogue in which Giovanni Rucellai, alter ego of the author, defends the idea of an Italian language made by a plurality of dialects.

Trissino, Giovanni Giorgio (1478-1550). Dialogo […] intitolato il castellano, nel quale si tratta de la lingua italiana. [Vicenza,Tolomeo Gianicolo, 1529]. In-folio (mm 276x173). 20 carte non numerate. Carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante il vello d’oro su un albero custodito da un serpente con le iniziali ‘PT. IA.’ il tutto racchiuso in una cornice con un motto greco tratto dall’Edipo re di Sofocle. Legatura moderna in pergamena, tagli spruzzati. Esemplare in buono stato di conservazione, antico restauro nella parte inferiore del frontespizio che tocca parzialmente il testo.

Prima edizione del Castellano, dialogo immaginario, ambientato nella cornice di Castel Sant’Angelo, tra il castellano fiorentino Giovanni Rucellai, alter ego di Trissino, e Filippo Strozzi che gli si oppone; vi partecipano inoltre Iacopo Sannazzaro, Antonio Lelio e Arrigo Doria. L’opera, indirizzata a Cesare Trivulzio ha «lo scopo principale […], di mostrare che la nostra lingua deè chiamarsi italiana, e non fiorentina o toscana» (Gamba). Gamba 1705; Adams T, 950.

3 116 3 Editio princeps of Budé’s main work. «The ‘Commentaries on the Greek Language’ where a collection of lexicographical, philological and historical notes, which formed the basis for the study of the Greek language in France. A monument of the new learning» (PMM).

Budé, Guillaume (ca. 1467-1540). Commentarii linguae Graecae. Parigi, Jodocus Badius Ascensius, 1529. In-folio (mm 328x222). 30 carte non numerate, 967 pagine numerate, una carta non numerata. Frontespizio stampato in rosso e nero, decorato da una cornice architettonica con medaglioni contenenti dei ritratti e putti alati; al centro la nota marca del Badio Ascensio raffigurante una tipografia. Capilettera silografici ornati su fondo criblé nel testo. Legatura novecentesca in mezza pergamena con angoli, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi rossure alle prime carte. Note di possesso e timbri.

Prima edizione di quest’opera di Guillaume Budé, considerato uno dei più eminenti umanisti francesi, corrispondente di Erasmo e del Vives. I Commentarii Linguae Graecae, una preziosa silloge lessicografica, filologica e storica, possono essere considerati la più grande opera sulla lingua greca e servirono come base al grande Thesaurus dell’Estienne. «Budé was also the moving spirit behind the foundation of the Collège Royal, which was to provide its students with a humani-

108


stic education, and in this too he was strongly supported Laskaris. Using all his powers of persuasion, he did everything he could to communicate his enthusiasm for the project to François I and coax him to open his purse-strings to endow this French ‘Mouseion’, where Greek and Latin would be tought» (Staikos, p. 266). Renouard II, 239; Cioranescu 4950; Adams B, 3093; PMM 60; K. Sp. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, pp. 266.

3 117 3 Nice Colin’s edition printed in Italic type, elegantly bound in 17th century red morocco with the armorial coat of Charles de Castellan.

Claudianus, Claudius (370-ca. 404 d.C.). Opuscula. Parigi, Simon de Colines, maggio 1530. In-8° (mm 166x117). 185 carte numerate, una carta bianca. Carattere corsivo. Legatura seicentesca in marocchino rosso recante al centro di entrambi i piatti impresse in oro le armi datate 1663 di Charles de Castellan; dorso decorato dal monogramma dorato del de Castellan con titolo in oro; dentelles interne, carta marmorizzata ai contropiatti, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore alle prime e alle ultime carte. Nota manoscritta del secolo XVII al frontespizio che testimonia che il volume venne donato dal Castellan al Monastero di Santa Maria Maggiore dell’ordine di San Mauro nel 1678: ‘Ex dono Domini Abbatis de Castellan. Monasteris Beatae Mariae […] Maioris Congregationis Sancti Mauti 1678’.

Bella edizione impressa dal de Colines in carattere corsivo - preservata in una elegante legatura seicentesca alle armi - che raccoglie le opere dello scrittore latino Claudiano tra le quali si ricordano: le poesie d’occasione dell’Epithalamium de nuptiis Honorii et Mariae, le invettive In Ruffinum (rivale di Stilicone in cui Claudiano vedeva l’estremo baluardo dell’impero), il De bello Gildonico contro l’usurpatore mauritano Gildo, il poemetto mitologico in tre libri De raptu Proserpinae e gli epigrammi. Renouard, Colines, p. 151; Adams C, 2079.

109


3 118 3 First edition - complete with the 12 very rare leaves containig the Stanze for Ottaviano Fregoso, lacking in most copies - of the collection of poetical works written by the humanist Pietro Bembo which is important for the statement of the new literary model inspired by Petrarch. Bound in red morocco with the armorial coat of the Venetian doge Marco Foscarini, famous 18th century collector of Aldines and Italian books.

Bembo, Pietro (1470-1547). Rime. Venezia, Giovann’Antonio Nicolini da Sabbio e fratelli, 1530. In-8° (mm 207x138). 42 carte non numerate di cui la prima bianca; 12 carte non numerate di cui la prima e l’ultima bianche. Legatura romana settecentesca in marocchino rosso, i piatti sono inquadrati da una cornice a merletto composta da un doppio filetto e da una rotella di ferri floreali stilizzati; al centro grande stemma del patrizio veneto Marco Foscarini (1696-1763), Doge di Venezia dal 1762. Dorso a 6 comparti decorato con piccole ghiande dorate, autore e titolo in oro su tassello in marocchino nero. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi danni al capitello superiore e inferiore della legatura.

Prima edizione delle Rime, che sono il documento letterario che sancisce il modello teorico già esposto dal Bembo nelle Prose della volgar lingua del 1525 (vedi scheda n. 107 del presente catalogo). Per la raccolta poetica del celebre umanista veneziano «non si può parlare di anno di nascita del petrarchismo, perché esso era già da tempo una diffusa moda letteraria; ma certo fu allora - grazie anche alla contemporanea riedizione degli Asolani - che quella moda ricevette una consacrazione ad alto livello ed ebbe a sua disposizione un canzoniere moderno a cui rifarsi» (Trattatisti del Cinquecento, tomo I, a cura di Mario Pozzi, Milano-Napoli 1978, p. 35). L’esemplare qui descritto è di particolare rarità dal momento che è completo delle ultime 12 carte - spesso mancanti - contenenti le Stanze ad Ottaviano Fregoso (1470-1524), che le recitò in maschera, insieme all’autore, presso la corte di Urbino, l’ultima sera del Carnevale del 1507. Infatti nella dedica - datata il secondo giorno di Quaresima di quell’anno - di questi componimenti tipici della poesia comico-narrativa del Quattrocento, il Bembo ricorda che le Stanze «dettate in brevissimo spazio tra danza e conviti, ne’ romori e discorrimenti [del carnevale] sono di qualità che, siccome il pesce è fuori dell’acqua, la sua vaghezza e piacevolezza non ritiene, così elleno fuori della occasione e del tempo loro portate non averanno onde piacere» (c. A2r). Il pregio di questa copia è accresciuto dalla preziosa legatura alle armi di Marco Foscarini, noto bibliofilo - amico del collezionista e console inglese Joseph Smith - che era solito far elegantemente legare i volumi della sua biblioteca. La presente legatura deve risalire al suo soggiorno romano (1736-1740), durante il quale si servì di un non identificato maestro capitolino, che lavorava anche per la corte pontificia (si veda Legature antiche e di pregio sec. XIV–XVIII, a cura di Piccarda Quilici, Roma 1995, tav. n. 465). Gamba, 141 (nota); Sandal, pp.155-56, n. 4; C. Dionisotti, Bembo, Pietro, in Dizionario biografico degli italiani, Roma 1966, 133-51.

110


118. Bembo, Pietro

25


90. Hutten, Ulrich von

26


95. Martirelli, Pietro Martire

27


97.Vitruvius, Marcus Pollio

28


110. Fanti, Sigismondo

29


120. Damascenus, Johannes

30


ˇ helomoh 124. ‘Immanu‘el ben S

31


132. Rabelais, Franรงois

32


3 119 3 Very rare second edition of the famous Bembo’s first work De Aetna, being the first edition the one printed by Aldus in 1496. Bound with other three juvenilia Latin dialogues by Bembo, all in first edition. Bembo, Pietro (1470-1547). De Virgilii culice et Terentii fabulis liber. Venezia, Giovann’Antonio Nicolini da Sabbio e fratelli, 1530. (Legato con:) Id. De Guido Ubaldo Feretrio deque Elisabetha Gonzagia Urbini ducibus liber. Venezia, Giovann’Antonio Nicolini da Sabbio e fratelli, 1530. (Legato con:) Pico della Mirandola, Giovanni Francesco (1469-1533) - Bembo, Pietro. De imitatione libellus. Venezia, Giovann’Antonio Nicolini da Sabbio e fratelli, 1530. (Legato con:) Bembo, Pietro. De Aetna. Giovann’Antonio Nicolini da Sabbio e fratelli, 1530. Quattro opere in un volume in-4° (mm 187x143). I. 34 carte non numerate di cui l’ultima bianca, mancano le altre due bianche a1 ed e4. II. 56 carte non numerate, di cui la prima e l’ultima bianche. III. 23 carte non numerate di cui la prima bianca, manca l’ultima, anch’essa bianca. IV. 16 carte non numerate di cui la prima bianca. Carattere corsivo per tutte le opere. Legatura ottocentesca in pergamena rigida con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, piccoli fori di tarlo, alcuni dei quali anticamente restaurati all’angolo bianco inferiore esterno dell’ultima opera. Antica firma di appartenenza al recto della c. a2 della prima opera. Ex-libris ‘Mario Bruschettini’ al contropiatto anteriore. I.

Prima edizione, dedicata dall’autore a Ercole Strozzi, di questo dialogo giovanile composto nel 1503 nel quale Virgilio e Terenzio sono solo uno spunto per un omaggio alla filologia umanistica, in cui compaiono come personaggi Ermolao Barbaro e Pomponio Leto, e che allude di sovente ai Miscellanea di Poliziano. II. Prima edizione, dedicata al patrizio veneto Niccolò Tiepolo, di questo dialogo, anch’esso stampato molto tempo dopo la data di composizione che risale al 1510, scritto dal Bembo in vista del suo trasferimento da Urbino a Roma per accreditarsi come grecista e latinista alla corte Giulio II; la morte di quest’ultimo dovette dissuadere l’umanista veneziano dal pubblicare l’operetta. III. Prima edizione di quest’opera che comprende la prima epistola indirizzata da Giovan Francesco Pico al Bembo il 19 settembre 1512 e la risposta di quest’ultimo, datata primo gennaio 1513. L’argomento trattato è la retorica classica, ma è solo con l’intervento bembiano che si arriva a quello può essere considerato un vero e proprio manifesto del ciceronianesimo cinquecentesco. IV. Seconda rara edizione della prima opera di Pietro Bembo, che segue la celebre princeps aldina del 1496. «E va pure sottolineato che l’opuscolo fu pubblicato da Aldo Manuzio, il quale aveva da poco iniziato l’attività editoriale, spinto dal desiderio di promuovere - secondo l’insegnamento del Poliziano e Ermolao Barbaro - un nuovo umanesimo fondato su una più approfondita e corretta conoscenza dei testi greci» (Trattatisti del Cinquecento, tomo I, a cura di Mario Pozzi, Milano-Napoli 1978, p. 5). L’autore, appena sedicenne, descrive, in questo breve dialogo tra lui e il padre, l’ascensione all’Etna durante il loro soggiorno messinese. La stampa di queste quattro opere giovanili in latino, tre in prima edizione, rientra nel piano editoriale di Giovann’Antonio Nicolini da Sabbio, che aveva appena impresso la princeps delle rime (vedi scheda n. 118 del presente catalogo), di legare il nome dell’ormai più che noto umanista Pietro Bembo all’attività della sua fortunata tipografia. Adams B, 586; B, 585; P, 1150; B, 584.

111


3 120 3 First book printed in Greek in Verona, by Nicolini da Sabbio in the Ghisleri’s Palace. Unsofisticated copy, in original binding, fully annotated by a 16th century hand.

Damascenus, Johannes (ca. 650-749 d.C.). ΙΩΑΝΝΟΥ ΤΟΥ ∆ΑΜΑΣΚΗΝΟΥ ΕΚ∆ΟΣΙΣ ΤΗΣ ΟΡΘΟ∆ΟΞΟΥ ΓΙΣΤΕΩΣ. Ioannis Damasceni editio Orthodoxae fidei. Verona, Stefano Nicolini da Sabbio e fratelli, maggio 1531. In-4° (mm 203x149). 8 carte non numerate, 150 numerate, 4 carte non numerate. Alla carta 9r testo stampato in rosso e nero, con testatina silografica a motivi interlacciati e iniziale ornata in rosso. Bella legatura francese coeva in vitello marrone decorato, ai piatti, a secco da una cornice a motivi floreali e da un medaglione centrale ad arabeschi, dorso a tre nervi decorato a secco da filetti e fiori impressi. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore, mancanze di pelle agli angoli e al dorso della legatura, fori di tarlo ai piatti. Esemplare fittamente postillato in greco da una mano coeva sui fogli di guardia e all’interno del testo, con aggiunte di correzioni e commenti sia lungo i margini che su piccoli fogli di carta incollati lungo i margini bianchi di alcune pagine; alla carta 153 verso la parola θελος (“fine”) in cui la lettera omicron è scritta in maniera molto simile a quella che si trova nella firma silografica di Henri Estienne, presente, ad esempio, in alcuni esemplari del Thesaurus Graecae Linguae del 1572.

Editio princeps, conservata nella sua legatura originale, di una delle opere più celebri del santo e dottore della Chiesa Giovanni Damasceno, in cui viene sostenuta la verginità della stessa Sant’Anna, Madre di Maria. La presente è una delle 14 edizioni che uscirono dai torchi di Stefano Nicolini da Sabbio dopo il suo trasferimento da Venezia a Verona, su invito del vescovo Gian Matteo Gilberti, e in cui vennero usati per la prima volta nella storia tipografica di questa città i caratteri greci. Ascarelli–Menato, p. 458.

3 121 3 First edition of the first Italian translation in verses of Virgil’s Aeneid, made by Tommaso Cambiatore.

Vergilius Maro, Publius (70-19 a.C.). La Eneide di Virgilio tradotta in terza rima. Venezia, Bernardino Vitali, 1532. In-8° (mm 150x100). 274 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Carattere corsivo. Frontespizio con titolo racchiuso entro una bordura silografica ornata da amorini e animali fantastici; alla carta 3v legno a piena pagina con il ritratto dell’autore coronato di alloro che sorregge un flauto di Pan, racchiuso in cornice decorata. Capilettera silografici ornati; alla carta 271v marca tipografica del Vitali raffigurante un personaggio in armatura che cavalca un bue e, ai quattro angoli, le iniziali ‘Z M BB’. Legatura di fine Settecento in mezza pergamena con titolo manoscritto al dorso. Esemplare in discreto stato di conservazione, gore e segni di usura alle prime e alle ultime carte, fioriture; mancanza al margine

112


esterno bianco della carta a7 a causa di una bruciatura. Firma di appartenenza al foglio di guardia anteriore: ‘1792 Francesco Mainardi Ferrarese’; ex-libris di Ruggiero Paolo Francesco di Napoli al contropiatto posteriore; note manoscritte settecentesche al contropiatto anteriore contenenti notizie sull’edizione e sull’opera.

Rara prima edizione della prima traduzione italiana in versi dell’Eneide. Il volgarizzamento è opera di Tommaso Cambiatore (1365-1444) «come risulta dalla prefazione dell’editore Giov. Paolo Vasio. La traduzione del Cambiatore, manipolata poi dal Vasio, venne da questi riprodotta sotto il titolo “La Eneide di Virgilio tradotta in terza rima per Giovanpaulo Vasio”.Vinegia, per Bernardino Vitali, 1539» (Mambelli, p. 183). Mambelli n. 751; Essling 66; Sander 7446; Adams V, 560.

3 122 3 Rare Lyon’s edition, the first with this title, of this collection of stories about schisms written by Jean Lemaire against the Pope and in favour of the king Louis XII. Profusely illustrated by a woodcut on title-page and 31 little vignettes throughout the text.

Lemaire de Belges, Jean (1473-1524). Le promptuaire des conciles de Leglise Catholique, avec les Scismes & la difference diceulx. [Lione, Denys de Harsy per Romain Morain], 1533. In-8° (mm 134x93). 72 carte con numerazione romana. Carattere romano. Frontespizio con titolo stampato in rosso e nero racchiuso entro cornice silografica a motivi floreali; al centro piccolo legno raffigurante l’autore in cattedra; 31 piccoli legni nel testo, alcuni dei quali ripetuti, di cui 18 raffigurano papi, re e imperatori e 13 altre scene di cui molte tratte dall’Eneide. Capilettera silografici animati ed ornati. Legatura novecentesca in pelle marrone riccamente decorata a secco, due fermagli in ottone lungo il taglio esterno. Esemplare in ottimo stato di conservazione, piccolo foro al margine bianco delle prime tre carte. Ex-libris inciso al contropiatto anteriore, piccolo timbro di appartenenza al frontespizio.

Rara edizione di quest’opera – stampata per la prima volta nel 1511 con un titolo leggermente differente – che è una nuova emissione di quella impressa dal medesimo tipografo l’anno precedente, dalla quale differisce unicamente per la data al frontespizio (1532). «La popularité du Traité est démontrée par le fait que dès 1532 à Lyon paraît une édition du Traité, du Sophy et du Saufconduit sous le nouveau titre de Promptuaire des conciles. Ce dernier suit en général le texte de Regnault, Paris 1528, sans qu’il y ait des variantes qui suggèrent une intention polémique quelconque. Remise en vente en 1533 avec une nouvelle date sur la page du titre, cette édition est imitée par des éditeurs parisiens au cours des années 40 et 50» (J. Lemaire de Belges, Traicté de la différence des schismes et des conciles de l’église, éd. J. Britnell, pp. 49-50). L’autore di questo interessante trattato polemico, il poeta e storico Jean Lemaire de Belges, nipote e allievo del celebre cronista Molinet, fu prima segretario di Luigi di Lussemburgo, poi bibliotecario di Margherita d’Austria, e infine storiografo di Luigi XII, per il quale scrisse il Promptuaire

113


des Conciles, raccolta di storie di scismi di sapore profetico, per supportare il re di Francia nella sua lotta che mirava alla deposizione di papa Giulio II. Si tratta dunque di un’opera di propaganda, in cui viene proposta una visione gallo-monarchica della storia, che, come altre opere del Lemaire, ebbe una vasta diffusione e venne stampata più volte nel corso del secolo XVI, anche all’interno delle raccolte delle opere complete. È interessante notare come la parte finale del volume contenga La vraye Histoire du Prince Syach Ysmail – che narra la storia del principe persiano Syach, fondatore della dinastia Safavide, con accenti marcatamente antipapali e che l’autore tradusse - come ammette egli stesso - dall’italiano, basandosi sulla Vita del Sophi re di Persia et de Media, et de molti altri regni et paesi scritta da Giovanni Rotta e stampata a Venezia nel 1508. Baudrier V, 375-76; Mortimer, 349; K. Miriam Munn, A Contribution to the Study of Jean Lemaire de Belges. A Critical Study of Bio-bibliographical Data, Including a Transcript of Various Unpublished Works, New York 1936, nn. 31-32; Bujanda, p. 387; J. Lemaire de Belges, Traicté de la différence des schismes et des conciles de l’église avec l’histoire du Prince Sophy et autres oeuvres, édition critique par Jennifer Britnell, Genève 1997, pp. 70-71.

3 123 3 First edition in first issue of this knightly epic that celebrates the victories of Charlemagne; this edition contains a woodcut illustration of the author donating his work to the doge Andrea Gritti. De Mello copy, bound in red morocco by Chambolle-Duru.

Lodovici, Francesco de (sec. Maffeo Pasini, settembre 1535.

XV-XVI).

Triomphi di Carlo. Venezia, Francesco Bindoni e

In-4° (mm 206x145). 4 carte non numerate, 215 numerate, manca l’ultima carta bianca. Al frontespizio grande silografia raffigurante l’autore nell’atto di offrire la propria opera al doge Andrea Gritti. Legatura ottocentesca in marocchino rosso firmata Chambolle-Duru recante, al centro di entrambi i piatti, le armi dorate del barone di Seillière con la scritta ‘Bibliothèque de Mello’; decorazioni e titolo in oro al dorso, tagli dorati, dentelles interne. Esemplare in buono stato di conservazione, accuratamente lavato. Copia del Barone Achille de Seillière (Cat. London, 1867, n. 659); timbro al recto del foglio di guardia posteriore.

Prima rarissima edizione in prima tiratura di questo poema cavalleresco che celebra le vittorie di Carlo Magno e dei suoi paladini. «I Trionfi di Carlo narrano le lotte dei paladini nel metro con cui Dante ha descritto le pene e i gaudi d’oltretomba» (Flamini, Il Cinquecento, p. 143). Di quest’opera si conosce un’altra tiratura impressa l’anno successivo e priva della silografia al frontespizio. Melzi-Tosi, pp. 194-195; Cat. Olschki n. CXVI, Romans de chevalerie, n. 277; Essling II, 664; Sander 4008; Mortimer, 262.

114


3 124 3 Very rare second edition, printed in Costantinople by the son of the famous Gersˇ om Soncino, of the first book of Hebrew poetry ever printed.The volume contains the celebrated Machbereth, an account of a voyage through Hell and Paradise, written by Manoello Giudeo in imitation of Dante’s Divine Comedy.

‘Immanu‘el ben Sˇhelomoh (1261-ca. 1332). ‘Immanu‘el]. Costantinopoli, Eli‘ezer ben Gersˇ om Soncino, 1535.

[Sefer Machbereth

In-4° (mm 200x145). 156 carte non numerate. Caratteri ebraici in parte vocalizzati. Al frontespizio elaborata cornice architettonica nella quale è racchiuso il titolo. Legatura moderna in marocchino marrone decorata a secco, titolo e decorazioni a ferri floreali in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, restauri al frontespizio, alcune gore e fioriture, la carta 148 brunita. Firma del censore al recto dell’ultima carta, alcune note manoscritte in ebraico al frontespizio e al verso dell’ultima carta.

Seconda edizione della raccolta poetica di ‘Immanu‘el ben Sˇhelomoh pubblicata per la prima volta a Brescia nel 1491 da Gersˇ om Soncino. L’opera venne impressa dal figlio di Gersˇ om, Eli‘ezer, che si rifugiò a Costantinopoli per scampare alle persecuzioni che avevano afflitto e reso itineranti tutti i membri della celebre famiglia di stampatori. La presente edizione è ricercata sia per il tentativo di vocalizzazione che ne rendeva la lettura più agevole, sia per l’aderenza del testo all’originale, privo di quegli interventi censorii che caratterizzarono la princeps. L’autore del Machbereth, o libro delle Conversazioni,‘Immanu‘el ben Sˇhelomoh, chiamato dai contemporanei cristiani Manoello Giudeo, soggiornò alla corte veronese di Cangrande della Scala negli stessi anni in cui vi si trovava Dante. La corte di Cangrande accolse profughi e dissidenti, rivelando grande apertura verso una pluralità di etnie e religioni. Immanuello stesso nella sua frottola Bisbidis, dedicata al signore di Verona, scrive: In quell’acqua chiara / Che ‘l bel fiume schiara / la mia donna cara / Vertù fa regnare /[...] Qui Babbuini / Romei et Pellegrini, / Giudei et Sarracini / Vedrai capitare. L’ultima sezione del Machbereth comprende il poemetto Ha-Tofet ve-ha-Eden (“L’inferno e il Paradiso”), che è il racconto di un viaggio nell’aldilà in compagnia del profeta Daniele. L’evidente influsso della Commedia dantesca su quest’opera, l’identificazione - sostenuta da alcuni critici – di un personaggio dell’Ha-Tofet ve-ha-Eden chiamato Daniele di cui si dice sia atteso in Paradiso (sebbene alcuni studiosi non escludano l’idea che lo si possa riconoscere anche nell’omonimo profeta, guida di Immanuello) con l’Alighieri stesso, e alcune rime scritte dopo la morte di Dante hanno fatto ipotizzare che i due uomini di lettere avessero stretto amicizia alla corte cosmopolita dei signori scaligeri. «Rimane ancora da chiarire la questione se i due poeti abbiano goduto di un rapporto personale di reciproca amicizia. Mentre nei tempi recenti questa domanda ha avuto una risposta affermativa basata su un paio di sonetti, nello stesso tempo ci si ritiene autorizzati a portare nella Poesia un significato di primo acchito assai piacevole, e cioè che quel Daniele, l’amico di animo nobile e soccorritore nella fuga e nell’esilio, al quale è destinato il posto Trono ancora vuoto in Paradiso, sia nessun altro se non lo stesso Dante.Tale supposizione potrebbe però crollare per il seguente fatto. Si potrebbe supporre che il poeta voglia rappresentare l’amico lodato come effettivamente vivente al tempo in cui egli scrisse il testo. Se ora è certo l’anno 1328 come termine primo del compimento di tutta l’opera, allora, dato che è altret-

115


tanto certo l’anno 1321 come data della morte di Dante, cadrebbe anche l’ipotesi dell’identità di quel Daniele con Dante stesso. Certamente diversa si porrebbe la questione se si supponesse che la Visione fosse stata redatta in un tempo precedente alle prime parti dell’opera; una supposizione perfino non troppo audace, dal momento che l’opera non è una creazione di getto, ma piuttosto un insieme semplicemente associato di singole rime di diversa grandezza […]. Al contrario: è pensabile che Immanuel potesse rappresentare qualcuno che non fosse ebreo capace di portare la quantità dei peccati o rappresentare la sua colpa; di mostrargli il cammino della sapienza e di portargli la salvezza della liberazione? Se Dante deve avere un ruolo nella Visione lo si preferisce nei panni del primo Daniele, la guida attraverso l’Inferno e il Paradiso e il cui rapporto con il sacro appare molto più indifferente che non quello nominato. L’analogia non sarebbe negativa se l’ebreo Immanuel si lasciasse ammaestrare dal cristiano Dante nei segreti del passato, come, precedentemente, il cristiano Dante dal pagano Virgilio» (T.Paur in G. Battistoni, Dante,Verona e la cultura ebraica, Firenze 2004, pp. 76-77). Vinograd, Const. 153;Yaari (Const.), 119; Adams I, 53; S. Debenedetti Stow, Dante e la mistica ebraica, Firenze 2004.

3 125 3 Interesting Sammelband of six Italian Renaissance comedies by Ariosto, Marsi and Dolce, the first of them inspired Shakespeare for his Taming of the shrew, while the fifth one inspired Giordano Bruno for his Candelaio.

Ariosto, Ludovico (1474-1533). Comedia […] intitolata gli soppositi.Venezia, Nicolò di Aristotile di Ferrara detto Zoppino, 1538. (Legato con:) Id. La Lena. Venezia, Nicolò di Aristotile detto Zoppino, 1537. (Legato con:) Id. Comedia […] intitolata Cassaria. Venezia, Nicolò di Aristotile di Ferrara detto Zoppino, 1538. (Legato con:) Id. Il Negromante.Venezia, Nicolò di Aristotile detto Zoppino, 1538. (Legato con:) Epicuro, Marcantonio (1472-1555). Cecaria. Tragicommedia del Epicuro Napoletano. Venezia, Nicolò d’Aristotile detto Zoppino, gennaio 1535. (Legato con:) Dolce, Lodovico (1508-1568). Il ragazzo. Venezia, Francesco di Alessandro Bindoni e Maffeo Pasini, 1541. Sei opere legate in un volume in-8° (mm 154x95). I. 34 carte numerate, due bianche. II. 32 carte non numerate. III. 36 carte numerate. IV. 35 carte non numerate, una bianca. V. 32 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. VI. 55 carte numerate, una bianca. Ritratto silografico di Ludovico Ariosto al frontespizio delle prime quattro opere. Il legno è tratto dal famoso disegno del Tiziano e apparve anche nel Furioso del 1532. Silografia rappresentante i tre ciechi al frontespizio e alla carta C6v della Cecaria del Marsi, al colophon della stessa opera marca tipografica dello Zoppino. Al frontespizio dell’ultima opera marca tipografica del Bindoni. Legatura settecentesca in vitello nocciola, doppia cornice di filetti dorati ai piatti, titolo e decorazioni in oro al dorso, dentelles interne, guardie in carta marmorizzata, tagli rossi. Esemplare in buono stato di conservazione. Ex libris ‘R. Clayton Browne’. I.

Seconda edizione di questa commedia in prosa uscita dai torchi dello Zoppino e nona assoluta (la princeps è del 1525). L’opera venne rappresentata per la prima volta a Ferrara nel 1509, e nel

116


1519 a Roma in onore di papa Leone X. Edizione «assai elegante e rara, che il catalogo Manzoni del 1892 dichiarava «édit. inconnue», mentre invece era già stata citata sia dal Gamba, sia dal Graesse» (Agnelli-Ravegnani,). L’opera è particolarmente importante dal punto di vista letterario poiché vi si ispirò William Shakespeare, che probabilmente conosceva la traduzione inglese stampata per la prima volta nel 1566, per il suo Taming of the shrew. II. Rara edizione di questa commedia messa in scena per la prima volta durante il carnevale di Ferrara del 1528. Si tratta della seconda edizione della Lena uscita dai torchi dello Zoppino e risulta «in tutto similissima alla prima» (Agnelli-Ravegnani), risalente al 1535. III. Edizione non comune di questa commedia in prosa. La princeps assoluta della Cassaria, priva di note tipografiche, risale ai primi anni del XVI secolo. La presente edizione, pur essendo la seconda stampata dallo Zoppino, è piuttosto particolare poiché presenta per la prima volta «l’Argumento in versi, che poi, in successive stampe, diventerà il Prologo della commedia» (Agnelli-Ravegnani). La Cassaria venne rappresentata per la prima volta alla corte di Ferrara nel 1508, essa è da considerarsi una delle prime commedie appartenenti al genere cosiddetto ‘regolare’ o ‘erudito’, che presentava cioè degli elementi moderni e realistici rispetto a quelli tradizionali della commedia latina. Pellegrino da Udine ideò la scenografia e a questo riguardo è interessante ricordare che è proprio alla rappresentazione di questa commedia che si riferiscono le prime notizie su una nuova forma di allestimento, la scenografia prospettica. IV. «Edizione […] rarissima. Essa non è che la ristampa della zoppiniana del 1535, se non è addirittura la medesima, con la data modificata» (Agnelli-Ravegnani). La princeps assoluta risale al 1530 circa ed è priva di note tipografiche. La commedia venne rappresentata per la prima volta in occasione del carnevale di Ferrara del 1529. V. Seconda edizione stampata dallo Zoppino di questa commedia, sostanzialmente identica a quella pubblicata nel 1532, dalla quale viene ripreso il legno raffigurante i tre ciechi. Il titolo Cecaria è quello che viene adottato nelle edizioni successive alle prime due (nelle quali era ancora intitolata Dialogo di tre ciechi); mentre il testo è quello recante l’aggiunta del Lamento del geloso e della Luminaria. «La Cecaria […] fu il primo componimento drammatico che avesse il titolo di Tragicommedia, titolo dal Marsi preso ad un genere teatrale spagnolo […]. Il verso del Marsi ha inoltre il gran merito, merito spesso mancante a’ suoi contemporanei, di essere spontaneo e piano, spesso tanto armonioso da rivaleggiare co’ versi dello stesso Sannazzaro di cui il Marsi è onesto e intelligente imitatore» (I drammi pastorali di Antonio Marsi, detto l’Epicuro napoletano, a cura di Italo Palmarini, Bologna 1888, vol. I, pp. 74-78). VI. Seconda edizione assoluta - la prima venne stampata, nello stesso anno e sempre a Venezia, da Curzio di Navò – della prima commedia scritta dal Dolce. Il Ragazzo può essere considerato il lavoro teatrale del Dolce che riscosse maggior successo, che ebbe fortuna duratura e, come asserisce l’autore stesso nell’introduzione all’opera essa non fu «rubata dagli antichi, o trovata dall’ingegno dei moderni come le altre sono, ma, poco fa, avenuta in Roma» (c2v). Questo testo appartiene al genere della commedia erudita cinquecentesca e, se l’idea è tratta dalla Casina di Plauto e non vi mancano alcuni accenni anche alla Clizia del Machiavelli, lo sviluppo dell’azione può non a torto esser considerato idea originale del Dolce. I. Agnelli-Ravegnani II, p. 100; Gamba 69 (nota); Sander 538. II. Agnelli-Ravegnani II, p. 112; Sander 539. III. AgnelliRavegnani II, pp. 86-87; Gamba 67 (nota); Sander 536. IV. Agnelli-Ravegnani II, p. 122; Sander 543. V. Sander 1655; I drammi pastorali di Antonio Marsi, detto l’Epicuro napoletano, a cura di Italo Palmarini, Bologna 1888, vol. II, n. IX. VI. Gamba 1358 (nota); Abd-el-Kader Salza, Delle commedie di Lodovico Dolce, Melfi 1899, p. 69; R. H. Terpening, Lodovico Dolce, Renaissance man of letters,Toronto 1997, pp. 67-83.

117


3 126 3 Rare Venetian edition, the first to contain the fifth and last Canto,of this Italian Chivalry poem inspired to Rinaldo’s heroic deeds, a paladine of Charlesmagne’s court.

Baldovinetti, Ettore. Rinaldo appassionato nel quale si contiene molte battaglie de arme et d’amore. Venezia, Giovanni Andrea Valvassori, 1538. In-8° (mm 152x98). 56 carte non numerate. Bel frontespizio con il titolo impresso in rosso e nero racchiuso in una cornice silografica ornata. Legatura ottocentesca in marocchino marrone firmata Bedford. Piatti decorati da un cornice a doppi filetti dorati, con ferri floreali agli angoli e un medaglione centrale; titolo e decorazioni in oro al dorso, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, accuratamente lavato. Ex-libris di Thomas Gaisford.

Bella impressione veneziana che è anche quella definitiva poiché al poema dedicato a Rinaldo di Montalbano viene aggiunto il quinto canto, che manca nelle edizioni precedenti. La princeps di quest’opera, stampata a Venezia nel 1528, non ci è pervenuta. Un solo esemplare censito nelle biblioteche italiane (Roma, Biblioteca Corsiniana). Sander 759; Cat. Libri 1847, n. 1082.

3 127 3 The best Vellutello’s edition of Petrarca’s Canzoniere, probably bound by Mastro Luigi.With the two famous poems by Scève added by a contemporary hand.

Petrarca, Francesco (1304-1374). Il Petrarcha con l’espositione d’Alessandro Vellutello. Venezia, Bartolomeo Zanetti, 1538. In-4° (mm 210x145). 10 carte non numerate, 158 carte numerate III-160, 44 carte non numerate. Ritratto dell’autore al frontespizio; alle carte a4v-a5r mappa di Valchiusa incisa su legno a doppia pagina. Legatura coeva in marocchino nocciola eseguita probabilmente dall’atélier di Mastro Luigi; piatti decorati da una cornice a tre filetti dorati e ornati da motivi floreali; al centro ricca decorazione in oro; dorso a sette nervi decorato da ferri dorati, tagli dorati e goffrati; custodia in marocchino marrone. Splendido esemplare. Note manoscritte di due mani diverse della metà del secolo XVI, una con l’epitaffio a Laura di Francesco I, l’altra con la dedica dello stampatore lionese Jean de Tournes a Maurice Scève (che verrà stampata nell’edizione del 1545) col celebre sonetto nel quale si annuncia il ritrovamento del sepolcro di Laura ad Avignone. Note del censore Geronimo de Ribera al frontespizio e al verso dell’ultima carta datate 1585.

La migliore e più corretta edizione del commento di Alessandro Vellutello al testo del Petrarca, che segue la princeps impressa dal Vitali nel 1525, stampata da Zanetti per il Vellutello e Giovanni Giolito da Trino. «Con la presente stampa, fatta da estraneo impressore ma a spese di Giovanni padre di Gabriele, fu iniziata la serie Petrarchi illustrati dal Vellutello, che rimane libro prediletto

118


della bottega giolitina. Questo commentatore aveva creduto di dare al canzoniere un ordine diverso da quello della maggior parte dei codici e delle antecedenti edizioni, col dividere i sonetti e le canzoni, non più in due parti, cioè in vita e in morte di Laura, ma bensì in tre; la prima delle poesie amorose in vita della donna, la seconda delle altre egualmente d’amore dopo la morte di lei, la terza delle non amorose. Questa spartizione è annunciata nella pagina che precede il testo» (Bongi). L’esemplare, come descritto sopra, riporta in una mano strettamente coeva, i due componimenti poetici spurii che sono entrati a far parte della tradizione del petrarchismo francese, composti probabilmente da Scève o da un’esponente della sua cerchia.Vista anche la legatura, eseguita da un noto maestro attivo in Italia, ma di origine francese, e di cui molti collezionisti d’oltralpe si servivano per far confezionare volumi impressi in Italia, si può considerare la presente copia come un trait d’union tra il rinnovato interesse per il Petrarca nella penisola e il nascente pétrarquisme francese. Bongi, pp. 7-8; Essling 100; Adams P, 804.

3 128 3 First edition, first issue of this famous grammar, a milestone in the European studies of Eastern languages.The author,Teseo Ambrogio Albonesi, was the owner of the only known copy of the editio princeps of the first Arabic Koran, printed by Paganino at the beginning of the 16th century, that he mentions in this book.

Albonesi, Teseo Ambrogio (1469-1540). Introductio in chaldaicam linguam. Pavia, Giovanni Maria Simonetta per l’autore, marzo 1539. In-4° (mm 205x150). 215 carte numerate, una carta bianca.Titolo stampato in rosso e nero e racchiuso entro cornice silografica su fondo criblé decorata a motivi fitomorfi e figure di animali; la parte inferiore della cornice è ornata da immagini ispirate alla favola della volpe e della cicogna. Alle carte 178v e 179r due illustrazioni silografiche raffiguranti, rispettivamente, la parte anteriore e la parte posteriore di un fagotto.Testo stampato in rosso e nero in alfabeto latino, armeno, siriaco, caldeo e babilonese. Alcune lettere degli alfabeti orientali aggiunte a mano in inchiostro marrone. Legatura coeva in pergamena floscia, tracce di bindelle, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche gora alle ultime carte, legatura usurata con alcuni buchi nella pergamena. Note manoscritte appartenenti a differenti mani, alcune delle quali coeve, nel testo e sui fogli di guardia. Ex-libris ‘Giacomo Manzoni’ e ‘Cornelius J. Hauck’.

Prima edizione, in prima tiratura, di uno dei primi monumenti occidentali degli studi di grammatica e linguistica comparata delle lingue orientali, soprattutto l’armeno e il siriaco. Con questo trattato l’autore, l’agostiniano pavese Teseo Ambrogio Albonesi, non solo introdusse lo studio del siriaco in Europa, ma inaugurò anche la stampa coi caratteri tipografici nell’alfabeto proprio di questa lingua. La stampa a caratteri armeni invece aveva già fatto la sua comparsa a Venezia intorno al 1511 (vedi scheda n. 75 del presente catalogo). Nell’opera si trovano inoltre numerose osservazioni riguardanti anche altre lingue orientali. L’introduzione contiene la dedica dell’au-

119


tore allo zio Afranio, inventore dello strumento musicale a due canne chiamato phagotus, di cui si trova l’illustrazione alle cc. 178v-179r. L’opera può essere considerata un’inesauribile fonte di curiosità, aneddoti e informazioni sulla stampa dell’Italia rinascimentale. Essa contiene infatti (alle cc. 140r-141v) una rara testimonianza del metodo di composizione tipografica di un libro, in cui l’autore narra di come egli dettasse la propria opera al calcographus mentre conversava amabilmente con gli amici circondato dalla frenetica attività dell’officina tipografica. Il volume reca inoltre la prima menzione conosciuta del famoso Corano arabo (cc. 11r, 83v, 85v) stampato dal Paganino all’inizio del Cinquecento, di cui l’unica copia attualmente conosciuta proviene proprio dalla collezione dell’Albonesi. «Di certo sappiamo che nella ricca biblioteca personale, plurilingue come volevano i suoi studi, l’Albonesi ebbe una copia del Corano, che è proprio quella che è giunta fino a noi; forse l’apposizione della nota di possesso ha reso questo esemplare un cimelio degno di essere conservato, pur essendo in sé probabilmente del tutto privo di interesse in quanto inaccessibile» (A. Nuovo, Alessandro Paganino, Padova 1990, pp. 109-110). È curioso infine menzionare la stravagante riproduzione (c. 112v) dell’enigmatico scambio epistolare, impresso con caratteri assai bizzarri, tra Satana in persona e un fantomatico mago spoletano (Ludovicus), che gli aveva indirizzato uno scongiuro. Mortimer, 20; Adams A, 957; Cat. Libri, 1847, n. 11.

3 129 3 Very rare first and only edition of this little grammar dedicated by the author to the Florentine Pierfrancesco Giambullari, recorded by Doni in his Prima Libraria.

Norchiati, Giovanni (sec. XVI). Trattato de diphthongi toscani.Venezia, Giovann’Antonio Nicolini da Sabbio per Marchiò Sessa, 1539. In-16° (mm 150x98). 16 carte non numerate.Al frontespizio e al verso dell’ultima carta marca tipografica del Sessa ‘gatto con topo in bocca in cornice figurata’. Legatura moderna in marocchino rosso. Esemplare in buono stato di conservazione.

Prima ed unica edizione di questa grammatica dedicata dall’autore, che fu canonico di San Lorenzo a Firenze, a Pierfrancesco Giambullari. Come ricorda il Gamba, «sappiamo dal Doni (Libraria Prima;Ven. 1560, pag. 60), che’l Norchiati fiorentino avea raccolto più di diecimila vocaboli, spettanti tutti ai mestieri anche più meccanici; utilissima fatica che non comparve mai in luce». Gamba, 1538; C.Vitali, Grammatiche stampate nei secoli

XV

e

XVI

120

e loro più preziose edizioni, n. 218.


3 130 3 First rare edition of Marcolini’s fortune-telling book. The famous printer, helped by Ludovico Dolce, one of his most trusted collaborators, to edit the poetical text, created and arranged one of the most beautiful fortune-telling books ever printed.The volume holds all-in-one the extraordinary iconographical apparatus typical of this book genre, and a textual structure, formed by 2250 tercets, that relaborates themes chosen from various sources, from Greek and Roman mythology to Medieval agiography, from the aulic literature to the proverbs and tales collections.

Marcolini, Francesco (1550-1559). Le Sorti. Intitolate Giardino dei pensieri. Venezia, Francesco Marcolini, 1540. In-folio (mm 305x205). 104 carte numerate. Al frontespizio legno inciso da Giuseppe Porta, ispiratosi probabilmente a un’incisione di Marco Dente, raffigurante un gruppo di uomini e donne intenti a discorrere e a consultare il libro del Marcolini nel Giardino di pensieri. Cervolini (Marcolini, p. 20) e Mauroner (Incisione di Tiziano, 42) attribuiscono però l’ideazione del disegno dello straordinario frontespizio a Tiziano. Al verso del titolo ritratto dell’autore a piena pagina racchiuso entro cornice architettonica sorretta da due cariatidi (la stessa usata dal Marcolini nei volumi del Serlio e dell’Aretino, impressi qualche anno prima). Alle pp. VI-VII elenco dei 50 quesiti che si possono rivolgere al libro (suddivisi tra uomini, donne e per uomini e donne) e rimando alle 50 tavole relative. La prima sezione del libro contiene 50 silografie poste nella parte superiore del recto di ogni foglio raffiguranti immagini simboliche, vizi e virtù, accompagnate da 90 carte da gioco che circondano l’incisione e da altre 45 carte disposte nel verso del foglio, a forma di croce. Nel margine superiore sinistro di ogni doppia pagina compare una silografia con un filosofo dell’antichità accompagnato da 31 risposte collocate sulla sinistra e da altre 24 sulla destra. Al verso dell’ultima carta impresa tipografica del Marcolini inserita in un elaborato cartiglio con volute, intorno al quale si intrecciano un ramo d’ulivo ed uno di quercia. Legatura del XVII secolo in marocchino granata, triplice filettatura in oro ai piatti con terminazioni angolari vegetali, dorso a sei nervi con titolo in lungo nei compartimenti riquadrati da filetti in oro. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Prima edizione di uno dei più famosi giochi di fortuna del Cinquecento, realizzato su imitazione dei giochi di Lorenzo Spirito e Sigismondo Fanti (vedi schede nn. 44 e 110 del presente catalogo) e dedicato ad Ercole I d’Este, duca di Ferrara. Rispetto alla precedente tradizione di genere il Marcolini imposta la doppia pagina di stampa su un registro parallelo, iconografico e verbale; la struttura tradizionale del libro è inoltre ripensata, sovvertendo la tradizionale recto/verso di ogni carta e immaginando per la prima volta un intero volume da leggere a doppia pagina, tenuto insieme da un complicato sistema di rimandi interni che il giocatore apprende alle pagine iniziali. Gli strumenti del gioco diventano il libro stesso e un mazzo di carte, che dovrà gestire il giocatore a cui capita la carta più alta del mazzo. L’opera si configura come un inesauribile repertorio di modelli e situazioni figurative; è ipotizzabile che l’impressione fosse stata fatta in stadi diversi: stampando prima la cornice esterna quindi le immagini interne e per ultimo il testo, seguendo il modello consueto per la stampa di edizioni musicali (il Marcolini d’altronde si era formato presso il Petrucci, come incisore di testi musicali). Le risposte ai quesiti sono poste in forma di terzine scritte da Ludovico Dolce. Magnifico esempio di libro che diventa oggetto, da leggere, da vedere e da maneggiare. Essling, II parte, II, p. 670; Sander 4231; Mortimer 279; Rosenthal, 1385; L. Nardin, Carte da gioco e letteratura fra Quattrocento e Ottocento, Lucca 1997.

121


3 131 3 First edition of the «The most famous herbal of the 16th century [containing some of] the first European figures of certain American plants» (Garrison-Morton). Along with Otto Brunfels and Hieronymus Bock, Fuchs was one of the three German fathers of modern botany. In addition to describing plants for their medical use, Fuchs also gives accurate botanical descriptions of over 500 plants.The finely detailed plant-portraits were drawn from life by Albert Meyer and transferred to the woodblock by Heinrich Fullmauer, and cut into wood by Veit Rudolph Speckle. Owned and annotated by 18th century French botanist Jean-Louis Marie Poiret. Fuchs, Leonhart (1501-1566). De historia stirpium commentarii insignes. Basilea, Michel Isingrin, 1542. In-folio (mm 373x242). 14 carte non numerate, 896 pagine numerate, 2 carte non numerate. Marca tipografica dello stampatore al frontespizio e al verso ultima carta; ritratto silografico dell’autore al verso del frontespizio, 509 legni a piena pagina nel testo. Legatura settecentesca in vitello, titolo e decorazioni in oro al dorso. Esemplare in discreto stato di conservazione, fori di tarlo restaurati alle prime 20 carte. Al frontespizio firma di appartenenza ‘poiret prof. d’ hist. nat.lle’ sicuramente da identificare con il noto botanico Jean-Louis Marie Poiret (1755-1834). Di sua mano anche, al verso della carta di guardia, 7 righe di annotazioni manoscritte che trattano dell’autore e del libro; la dicitura linneana alla base di ognuna delle silografie e 8 carte, di cui 7 manoscritte inserite in fine al volume, contenenti l’index «iconum Fuchsii cum nominibus Linneanis».Vi sono anche alcune antiche annotazioni probabilmente del XVI secolo.

Prima edizione di quest’opera rivoluzionaria per le scienze naturali considerata «perhaps the most beautiful herbal ever published» (PMM). Leonhart Fuchs, insieme ad Otto Brunfels e Hieronymus Bock, è considerato uno dei tre padri tedeschi della botanica moderna. Sebbene l’obbiettivo principale del Fuchs fosse di natura medica (era professore di medicina a Tübingen), la sua opera contiene accuratissime descrizioni botaniche. Il De historia stirpium rappresenta uno degli sforzi fatti da Fuchs, Brunfels e Bock nel riformare e correggere le conoscenze botaniche dell’epoca, spesso affidate a erboristi itineranti e per lo più illetterati. Si tratta inoltre dell’erbario più completo ed innovativo della scuola botanica tedesca, poiché contiene un’approfondita descrizione delle piante medicinali con un nuovo taglio scientifico; infatti ogni scheda è corredata dalle nomenclature, dalla descrizione dell’aspetto, dal luogo di origine e di crescita, ma soprattutto dalle virtù curative con continui riferimenti e confronti a Galeno ed Ippocrate. L’importanza di questa opera è sottolineata dal fatto che è stato tradotto in diverse lingue e prodotto in diversi formati diventando così un manuale di riferimento anche negli anni a venire. Per la realizzazione delle tavole Fuchs chiamò i migliori artisti di Basilea:Albrecht Meyer si occupò dei disegni, Heinrich Füllmaurer fu il delineator e Veit Rudolph Speckle intagliò i legni. I loro ritratti compaiono alla c. fff5r, si tratta del primo caso in cui gli illustratori di un volume vengono resi noti e ritratti in un libro. Dal punto di vista fitografico, viene privilegiato, per la prima volta, l’aspetto generale della pianta con radici, steli, foglie, fiori e frutti al fine di permettere una più sicura identificazione della stessa. Il proprietario del presente volume, il botanico Jean Louis Marie Poiret, era originario di Parigi. Il Re Luigi XVI lo inviò a La Calle per inventariare tutta la flora degli Stati Barbareschi. Poiret viaggiò molto nel Sud della Francia, in Italia e in Africa. Diventò professore di Storia naturale alla École Centrale de l’Aisne, a partire dal 1806 visse a Parigi dove lavorò al Museo di Storia Naturale e pubblicò diverse opere di botanica. Dibner 19; Horblit 33b; Hunt 48; Norman 846; Parkinson p 37; PMM 69; Stillwell 640; Adams F, 1099.

122


3 132 3 Exceedengly rare edition of the Pantagruel, followed by the Pantagrueline Prognostication, that fixes the final version of the text stated by the author because it is the last one to be published before his death.

Rabelais, François (ca. 1494-1553). Pantagruel. Roy des Dipsodes restitue a son naturel, avec ses faictz & prouesses espouventables: composez par feu M. Alcofribas abstracteur de quinte essence. Lyon, Francoys Juste, 1542. In-16° (107x75 mm). 145 carte numerate, due carte non numerate. La Pantagrueline Prognostication inizia alla carta 135 non numerata e con il verso bianco. Carattere gotico. Nel testo vignette silografiche di cui 5 ripetute più volte e tre presenti una sola volta, per un totale complessivo di 19 illustrazioni. Legatura della fine del secolo XVIII in vitello verde, piatti ornati da una cornice dorata a rotelle, dorso liscio ornato da ferri dorati, tagli rossi. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini, l’ultima carta rinforzata.

Rarissima edizione del Pantagruel, di particolare importanza perché fissa il testo definitivo stabilito da Rabelais ed è l’ultima pubblicata mentre l’autore era ancora in vita. Il primo libro del Pantagruel, opera che narra le imprese del figlio del celebre Gargantua, e che venne pubblicata per la prima volta sempre a Lione e senza data - ma probabilmente nel 1532 - è seguita dalla Pantagrueline Prognostication. Quest’ultimo testo è una parodia degli almanacchi astrologici tanto in voga durante l’epoca rinascimentale, la cui princeps era stata impressa nel 1533 e recava nel titolo la dicitura pour l’an Mil DXXXIII, dicitura che variò nelle edizioni successive, fino ad essere sostituita definitivamente da quella Pour Lan Perpetuel della presente stampa. «C’est ici l’édition considérée par Brunet – et l’opinion a été admise par tous les commentateurs du XIXe siècle – comme la dernière édition du Gargantua (et de Pantagruel) publiée par l’auteur lui-même.Tout en reconnaissant que Rabelais a pu, à l’avance, préparer une copie corrigée pour François Juste, nous ferons remarquer qu’il ne lui a pas été possible de surveiller l’impression, puisque, en 1542, il voyageait depuis plus de deux ans à la suite de Guillaume du Bellay. En fait ce texte, très augmenté et prudemment purgé des passages qui sentaient par trop le fagot, est bien celui que l’auteur avait définitivement arrêté. Mais l’édition, qui est fort belle – à cause du papier sur lequel elle est tirée, car on l’a imprimée avec les mêmes caractères que les éditions populaires sorties précédemment des presses de F. Juste – contient un grand nombre de coquilles. Nous relevons celle qui ont été corrigées dans l’édition de Pierre de Tours sans date, que nous pensons être, pour les deux premiers livres, la dernière qui ait été donnée par Rabelais. Comme le texte des deux éditions est le même, on pourra objecter que des coquilles corrigées ne prouvent pas forcément l’intervention de l’auteur» (Plan p. 86). Plan, n. 38, 39; R. Stephen-M. Screech, A new Rabelais bibliography: editions of Rabelais before 1626, Geneva Droz, 1987, n. 12.

123


3 133 3 Beautiful presentation copy printed on thick paper of the first Italian translation, by Lucio Fauno, of Platina’s Lifes of Roman Popes. This copy was bound in fine red morocco for Pietro III Lando, arcibishop of Creta - to whom the work is dedicated - by an anonymous master called ‘Venetian Apple Bindery’ (Mirjam Foot).

Platina, Bartolomeo Sacchi de (1421-1481). Delle vite et fatti di tutti i sommi Pontefici romani, cominciando da Christo infino a Sisto quarto. Con la giunta di tutti gli altri Pontefici, infino a Paulo terzo Pontefice Massimo. Venezia, Michele Tramezzino, 1543. In-4° (mm 242x158). 4 carte non numerate, 243 carte erroneamente numerate 239, una bianca.Al frontespizio e al verso dell’ultima carta marca tipografica del Tramezzino raffigurante una Sibilla seduta, racchiusa in cornice figurata, che tiene con il braccio sinistro un libro e sulle ginocchia un altro; in basso la scritta: ‘Sybilla’. Splendida legatura coeva veneziana in marocchino rosso; piatti inquadrati da una serie di cornici a secco e dorate, al centro cartouche composta da filetti curvi e arabeschi, a racchiudere un medaglione circolare contenente, nel piatto anteriore, il nome ‘P.LANDO’, in quello inferiore il suo titolo ‘ARCHI.CRETE’. Dorso a sette nervi con compartimenti decorati a secco, tagli dorati e goffrati. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Lunga nota di possesso al frontespizio datata 1704 in cui si indica il presente esemplare come proveniente dalla biblioteca di Pietro Lando. Ex-libris inciso di Lord Vernon.

Splendida copia di presentazione stampata su carta forte. Esemplare legato per Pietro III Lando, arcivescovo di Creta (1535-1583), al quale è dedicata la presente prima traduzione dal latino delle Vite dei pontefici del Platina. Il traduttore continuatore delle biografie platiniane fu probabilmente Lucio Fauno, che è menzionato nel privilegio di stampa papale di altre opere del Tramezzino dello stesso periodo. La legatura è un lavoro giovanile del cosiddetto ‘Wanderbuchbinder’ (si veda I. Schunke, Beitrage zum Rollen und Plattenein-band im 16. Jahrhundert, Wiesbaden 1968, pp. 16369) di cui si identifica la mano in vari ferri che circondano il medaglione centrale e altri motivi decorativi fitomorfi alle cornici e nei pannelli esterni. L’enigmatico legatore è stato definito da Mirjam Foot ‘Venetian Apple Bindery’, la sua attività a Venezia nel corso del secolo XVI è ben documentabile (De Marinis, La legatura artistica in Italia nei secoli 15 e 16, Firenze 1960, II, tavv. CCCXLVIII, CCCL, CCCLXXXIX). Tinto, n. 24; M. Foot, Studies in the history of bookbinding, Aldershot 1993.

124


3 134 3 Very rare first edition of this collection of Venetian voyages, edited by Antonius Manutius and dedicated to Antonio Barbarigo.The work contains two voyages by Iosaphat Barbaro and Ambrogio Contarini to Persia, used also by Giovan Battista Ramusio in the second volume of his Navigationi e viaggi. Elegantly bound in red morocco by the famous master Marcantonio Guillery.

Viaggi fatti da Vinetia alla Tana in Persia, in India et in Costantinopoli: con la descrittione particolare di Città Luoghi, Siti,Costumi et della Porta del Gran Turco. Venezia, eredi di Aldo Manuzio, 1543. In-8° (mm151x93). 180 carte numerate. Carattere corsivo. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura coeva – rimontata per il restauro e la spianatura dei cartoni interni - in marocchino rosso alle armi, da attribuire probabilmente al noto legatore Marcantonio Guillery, o a qualcuno della sua bottega (si veda G.D.Hobson Maioli Canevari & others, London 1926). La legatura è decorata ai piatti da una cornice a ferri floreali dorati con al centro le armi impresse in oro. Esemplare in buono stato di conservazione, gora al margine superiore delle ultime carte.

Prima edizione aldina dei Viaggi fatti da Vinetia alla Tana in Persia, e di cui si conosce una più diffusa ristampa del 1545. La raccolta - curata da Antonio Manuzio - comprende diversi itineraria, tra cui di particolare interesse sono quelli redatti da Giosafat Barbaro e Ambrogio Contarini, che furono in seguito inseriti da Giovan Battista Ramusio nel secondo volume delle Navigationi e viaggi (Venezia 1559). Inoltre è qui riproposto il testo di una relazione anonima, già inserita nella silloge Libri tre delle cose dei Turchi, data alle stampe nell’officina aldina nel 1539. L’edizione dei Viaggi si apre con l’espistola dedicatoria di Manuzio ad Antonio Barbarigo, in cui si fa riferimento alle precedenti stampe della relazione composta dal Contarini, ed impressa in forma autonoma a Vicenza tra il 1486 e il 1487, e successivamente nel 1534 da Bindoni e Pasini. Ancora inedita era invece quella dovuta al mercante e diplomatico veneziano Giosafat Barbaro, la prima tra quelle scritte dagli ambasciatori veneti che fornisca notizie attendibili sulla Persia. Renouard p. 128, n. 8; Ahmanson-Murphy, 317; Adams V, 623.

3 135 3 First edition of the first 16th century commentary to Dante’s Divine Comedy, by Alessandro Vellutello, which is also considered the first modern one.The volume is beautifully illustrated by 87 woodcuts, three of which on full-page, all ascribed to Marcolini himself.

Alighieri, Dante (1265-1321). La Comedia di Dante Aligieri con la nova espositione di Alessandro Vellutello. Venezia, Francesco Marcolini, 1544.

125


In-4° (mm 229x153). 442 carte non numerate. Carattere corsivo. Illustrato da 87 incisioni su legno di cui tre a piena pagina. Le incisioni in legno sono attribuite allo stesso Marcolini e vennero riprodotte dal Sessa nelle sue tre edizioni dette ‘del Nasone’. Legatura coeva in pergamena, dorso a cinque nervi con titolo manoscritto e antica segnatura al piede. Esemplare in ottimo stato di conservazione, ad ampi margini e completo della carta bianca al colophon; antico restauro al frontespizio, alcune carte brunite, una gora alle ultime carte. Al foglio di guardia anteriore ex-libris araldico inciso su carta azzurra con le armi del marchese Fatati (Gelli, Gli ex-libris italiani, n. 416, datato 1720 ca).

Prima edizione della Commedia stampata dal Marcolini, di fondamentale importanza filologica per la presenza del nuovo commento, il primo del Cinquecento, del letterato lucchese Alessandro Vellutello, già autore di un fortunato commento a Petrarca, che si oppone polemicamente alla lezione bembiana a favore di un rinnovato aristotelismo. «Essa è giudicata una delle migliori edizioni antiche in carattere italiano ed è dedicata a papa Paolo III. L’autore del commento vi ha premesso la vita del Poeta e nel Proemio parla con spregio della prima edizione aldina che giudica ‘incorrectissima’» (Mambelli p.43). Secondo il Volkmann si può addirittura parlare della presente come della «prima edizione moderna del Cinquecento», ed invero i legni che la arricchiscono, e che vengono ascritti al genio del Marcolini, apportano alcune innovazioni figurative senza precedenti nell’iconografia dantesca. «Egli dovette assimilare il Poema, mettendosi negli occhi e nel cuore del Poeta e creò delle figurazioni di un Inferno visto dall’alto, dove non sai se ammirare maggiormente l’arditezza del disegno o la vivente espressività. La lotta del bulino di quell’uomo geniale con la grandezza della materia per esprimere l’eterea sostanza del Paradiso, passa per fasi diverse con varia fortuna, finché, in qualcuna delle ultime figurazioni, la forma circolare trapunta di stelle e radiante di linee tendenti all’infinito riesce a darci il senso profondo delle cose divine ed eterne» (U. L. Morichini, La raccolta dantesca della Biblioteca Evan Mackenzie, Genova 1923, p. 10). De Batines I, pp. 82-84; Mambelli 30; Casali 72; Adams D, 94; Essling 545; Sander 2328; Mortimer, Italian, 146; Gamba 387.

3 136 3 Beautiful copy of Aelianus’ editio princeps, one of the few books printed by Blado in Greek. In its original limp vellum binding.

Aelianus, Claudius (ca. 170-235 d.C.). ΑΙΛΙΑΝΟΥ ΡΟΙΚΙΛΗΣ ΙΣΤΟΡΙΑΣ βιβλια, Ι∆. Aeliani variae Historiae libri XIIII. Roma, [Antonio Blado], gennaio 1545. In-4° (mm 210x148). 4 carte non numerate, 111 numerate, 11 non numerate, una bianca. Carattere greco corsivo. Al frontespizio e al verso dell’ultima carta marca tipografica del Blado raffigurante un uomo nudo con cappello che tiene un mazzo fiori e versa farro su un’ara votiva in cornice circondata da un motto greco. Legatura coeva in pergamena floscia, tracce di bindelle. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Ex-libris ‘Erik Carlson’.

126


Editio princeps, curata da Camillo Perusco, di questa raccolta eterogenea di testi di filosofia morale, di retorica, di religione e di superstizione redatta da Claudio Eliano di Preneste per divulgare gli scritti classici dimenticati, perduti o poco noti. Il trattato sulla frenologia di Melampode e quelli di fisiognomica di Polemone - identificato da R. Forster (De Aristotelis quae ferunter physiognomicis recensendis, Kiel 1882), come l’autore del trattato fisiognomico attribuito ad Aristotele e quello di Adamantio sono qui pubblicati per la prima volta. Catalogo delle edizioni dei Blado, 1523; Ascarelli, Le Cinquecentine Romane, 2; Adams A, 221; Durling 42;Thorndike II, 266.

3 137 3 First and only edition of the Lucidario by Pietro Aron, who was the first author who wrote a music treatise in vernacular.The work is dedicated to the count Fortunato Martinengo and divided into four books in which the matters are organized in a dialectic structure. Galletti-LandauCortot copy.

Aron, Pietro (1489–1555). Lucidario in musica di alcune oppenioni antiche, et moderne con le loro Oppositioni, & Resolutioni, con molti altri secreti appresso, & questioni da altrui anchora non dichiarati, composto dall’eccellente, & consumato Musico Pietro Aron del Ordine Crosachieri, & della città di Firenze. Venezia, Girolamo Scotto, 1545. In-8° (mm 200x140). 12 carte non numerate, 41 numerate, una carta bianca. Ritratto dell’autore inciso su legno al recto della prima carta, sormontato dal motto ‘Virga Aron refloruit’, numerose partiture musicali a stampa nel testo; grandi iniziali silografiche istoriate. Legatura romantica in vitello nocciola, ai piatti cornice a due filetti dorati con fregi floreali agli angoli esterni, dorso a quattro nervetti con titolo e fregi in oro, dentelles interne, sguardie in carta marmorizzata, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione. Timbro d’appartenenza della Biblioteca Galletti; ex-libris del Barone di Landau e di Alfred Cortot.

Prima ed unica edizione del Lucidario dell’Aron, il primo autore a scrivere un trattato di musica in volgare. Degna di nota per la sua originalità, è la struttura dialettica dei quattro libri che compongono l’opera. Le accese discussioni teoriche – come quelle sui precetti del canto piano e figurato e sugli aspetti armonici del contrappunto che vedevano all’epoca impegnati, tra gli altri, lo Spadaro, Nicolò Vueso e lo stesso Aron – vengono singolarmente affrontate in uno schema triadico, in cui ad una ‘oppenione’ segue una ‘oppositione’ e una definitiva ‘resolutione’ dell’autore. L’opera fu dedicata dall’Aron al conte Fortunato Martinengo. Eitner I, pp. 22-23; BMC I, 81; Hirsche I, n. 5; G. Gaspari, Bibliografia musicale teorica, Bologna 1890, p. 81.

127


3 138 3 Handsome Venetian binding by the ‘Fugger Binder’ containing a vernacular edition of Boccaccio’s Latin work De claris mulieribus. Boccaccio, Giovanni (1313-1375). Libro di M. Gio. Boccaccio delle Donne Illustri, Tradotto per Messer Giuseppe Betussi. Venezia, Pietro Nicolini da Sabbio, 1547. In-8° (mm 155x100). 16 carte non numerate di cui due bianche, 216 numerate. Carattere corsivo. Marca al frontespizio. Iniziali silografiche figurate. Legatura veneziana coeva e ‘parlante’ in marocchino marrone su piatti di cartone, attribuibile al “Fugger binder”, decorata in oro e a secco. Intorno ai piatti corre una sola cornice di nastri intrecciati a compartimenti rettangolari, all’interno quattro fleurons agli angoli e grande arabesco disseminato di stelline, al centro tondo con inscritto in capitali, al piatto anteriore ‘LIBRO | D’ L’ DON | NE ILL.’, al piatto posteriore ‘D. M. | GIOVAN | BOCC.’.

Seconda edizione del volgarizzamento di Giovanni Betussi dell’Opus de claris mulieribus, redatto dal Boccaccio tra il 1361 e il 1362, e la cui impressione originaria in latino aveva visto la luce a Ulm nel 1473. Già nel 1493 ne fu stampata a Parigi la traduzione in francese, seguita nel 1494 da quella spagnola impressa a Saragozza, mentre in Italia il primo volgarizzamento – attribuito a Vincenzo Bagli, ma in realtà plagio della versione trecentesca di Antonio di S. Elpidio – fu stampato solo nel 1506, nell’officina veneziana di Tacuin da Trino. Per il definitivo rilancio in Italia del Boccaccio latino occorrerà attendere Giuseppe Betussi, noto anche per essere stato uno dei consulenti editoriali di Giolito. Con grande lungimiranza Betussi elabora un piano complessivo di volgarizzamento del certaldese, dando alle stampe, nel giro di pochi anni, le traduzioni di opere fino ad allora scarsamente considerate in ambiente italiano, e relative, oltre che all’Opus de claris mulieribus - la cui prima edizione in italiano, basata sul testo latino impresso nel 1539 a Berna, apparve nel 1545 presso Comin da Trino e Andrea Arrivabene - al De casibus virorum illustrium e al De genealogiis deorum, stampate sempre a Venezia rispettivamente nel 1545 e nel 1547. Altra ‘novità’ dell’edizione è rappresentata dalla inclusione della Vita di Boccaccio, destinata ad un notevole successo e per la quale Betussi utilizza, quale fonte principale, la biografia redatta da Girolamo Squarciafico, e già impressa nell’edizione napoletana del Filocolo del 1478. Bacchi della Lega, p. 23;T. de Marinis, La legatura artistica in Italia, II, pp. 2160-62;A. Hobson, Maioli Canevari and Others, London 1926, p. 311.

3 139 3 First French edition of Vitruvius’ De architectura, translated by Jean Martin, author also of the translation of Leon Battista Alberti (1553), illustrated by the ‘architècte du roi’ Jean Goujon. Vitruvius, Marcus Pollio (I sec. a.C.). Architecture, ou art de bien bastir: mis de la Latin en Français par Jéan Martin sécrètaire du cardinal Lenoncourt. Parigi, eredi di Jean Barbé, 1547.

128


In-folio (mm 353x231). 4 carte non numerate, 155 numerate, 23 non numerate; mancano le carte bianche Cc6, e la [terza]D6. Al frontespizio grande legno, ripetuto al verso dell’ultima carta, con il ritratto di un personaggio di difficile identificazione; potrebbe infatti trattarsi di Vitruvio, del traduttore Jean Martin, dell’architetto Jean Goujon o del tipografo Jean Barbé. Più di cento illustrazioni silografiche nel testo, di cui alcune a piena pagina. Legatura cinquecentesca in pelle impressa a secco su assi di legno, tracce di fermagli, etichetta in carta al dorso con il nome dell’autore manoscritto. Esemplare in discreto stato di conservazione, restauro al margine interno bianco del frontespizio, dorso della legatura restaurato, sguardie rinnovate.

Prima edizione in lingua francese di Vitruvio. Il traduttore Jean Martin, oltre ad avere il merito di aver reso accessibile i testi di Vitruvio e dell’Alberti (1553) ai francofoni, ha anche quello di aver introdotto per la prima volta alcuni termini tecnici nella lingua dell’epoca (come perspective e relief ), termini che da questo momento in poi entreranno nell’uso comune e verranno lemmatizzati nei dizionari, come ad esempio quelli di Robert Estienne e Jean Nicot. La presente stampa, elegantemente impressa da Jean Barbé, è copiosamente illustrata dai legni originali di Jean Goujon, architetto del re, da quelli ripresi dall’edizione francese dei primi due libri del Serlio del 1545 - stampati sempre dal Barbé - e da quelli tratti dalle edizioni di Venezia del 1511 e di Como del 1521 (vedi schede n. 74 e n. 97 del presente catalogo). Cicognara 710; Berlin Katalog 1807; Fowler 316; Mortimer, 549.

3 140 3 Rare first edition of this Italian heroic poem, inspired by Procopius’ Gothic War. Nice copy, complete with the famous anticlerical passages, very often lacking. Giannalisa Feltrinelli copy.

Trissino, Gian Giorgio (1478-1550). La Italia liberata da Gotthi. Roma,Valerio e Luigi Dorico, 1547 [colophon:Venezia,Tolomeo Gianicolo, ottobre 1548]. Tre tomi in un volume in-8° (mm 158x95). 8 carte non numerate, 175 numerate, una bianca; 181 numerate, cinque non numerate di cui la seconda bianca; 184 numerate e 4 non numerate, di cui l’ultima bianca. Due tavole silografiche ripiegate fuori testo, la prima della Castramentazione di Belisario, la seconda raffigurante una pianta di Roma, una delle prime di questo genere. Titolo racchiuso in cornice architettonica, riutilizzata alla fine del secondo e del terzo tomo per racchiudere la marca del Gianicolo. Legatura ottocentesca in marocchino nocciola, doppia cornice di filetti dorati ai piatti, titolo e note in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione; restauri alla piegatura delle tavole, alcuni piccoli fori di tarlo ai margini bianchi delle prime carte restaurati. Ex-libris ‘Giannalisa Feltrinelli’ al contropiatto anteriore.

Rara editio princeps, in un esemplare completo dei versi anticlericali, sovente mancanti, alle carte 127v e 131v della seconda parte. L’Italia liberata dai Goti, ispirata all’opera di Procopio, può essere considerato il tentativo dell’umanista vicentino di rifondare il genere epico, così come la Sophonisba lo era stato per la tragedia. Come è usuale nelle edizioni originali delle opere a firma del Trissino, la princeps del celebre poema eroico si distingue per un’elegante veste tipografica, resa particolarmente preziosa dallo stupendo corsivo, fuso da Lodovico Arrighi e fornito personal-

129


mente dall'autore allo stampatore. Al Trissino linguista vanno poi attribuite le sottigliezze grafiche introdotte: omega ed epsilon per differenziare le o e le e aperte o chiuse, le vocali u ed i in luogo delle consonanti v e j. Gamba 1712; Adams T, 954; Sander 7370.

3 141 3 Second Aldine edition, printed for Federico the son of Aldus’ partner Andrea Torresano, enlarged with some poems, including a Latin one by Enea Silvio Piccolomini (Pope Pius II).

Caterina da Siena, santa (1347-1380). Epistole et orationi della seraphica vergine sancta Catharina da Siena. Venezia, Pietro Nicolini da Sabbio per Federico Torresano, 1548. In-4° (mm 202x149). 8 carte non numerate, 305 numerate, una non numerata. Carattere romano, testo su due colonne. Cornice silografica con marca al frontespizio e al recto dell’ultima carta; iniziali silografiche figurate. Legatura moderna in pergamena bianca rigida, titolo calligrafico al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, il margine superiore bianco dell’ultima carta ricostruito.

L’edizione delle Epistole et orationi di Caterina da Siena, data alle stampe nel 1548 dal tipografo Pietro Nicolini da Sabbio – su istanza del figlio di Andrea Torresano, Federico – ripropone la dedicatoria di Aldo Manuzio a Francesco Piccolomini, già apposta alle Epistole devotissime del 1500, e a cui segue il testo di 377 lettere e 26 orazioni della serie volgare. Rispetto all’aldina del 1500, la presente edizione è arricchita – al verso del frontespizio – da una prefazione indirizzata dal Torresano alla suora Paola Sinistra del convento domenicano della Giudecca a Venezia. Inoltre, le carte 294-304 comprendono, in successione, alcune composizioni poetiche in lode della santa, tra cui quella in lingua latina dovuta a Pio II, una epistola in volgare con la narrazione della vita di Caterina – redatta da un non identificabile domenicano del convento milanese di Santa Maria delle Grazie – ed infine la bolla di canonizzazione promulgata nel 1461 da papa Piccolomini. Sul verso della carta A8 è impressa una silografia raffigurante la santa e ripresa, sia nella impostazione della figura, che nei particolari iconografici e nelle iscrizioni che la corredano, da quella già presente nell’edizione aldina. Una variante è però costituita dalla disposizione delle parole – tratte dal verso 12 del salmo 50 – “COR MVNDVM CREA IN ME DEUS” nel lungo cartiglio sostenuto dal braccio sinistro della santa, da due angeli, Laurent ha ipotizzato un’allusione ad un episodio della Legenda maior di Raimondo da Capua, in cui si narra della visione avuta da una donna romana dell’anima di Caterina portata in cielo da due angeli, con tre preziose corone. Renouard 144, n. 9; G.F. d’Asola, n. 172 (e note); Adams C, 1106; Essling 1908; Sander 1942; Laurent, Iconographie de S. Catherine, pp. 163-168; Bianchi-Giunta, Iconografia di S. Caterina, n. 25.

130


3 142 3 First Italian edition of Ptolomaeus’ Geography and the first pocket atlas ever printed. Illustrated by 60 engraved maps 34 of which about the New World designed by Giacomo Gastaldi for this edition. Remarkable 7 maps of America including the Nueva Hispania, Mississippi and Florida.

Ptolemaeus, Claudius (100-ca. 178 d.C.). La Geografia di Claudio Ptolomeo alessandrino, con alcuni comenti & aggiunte fattevi da Sebastiano munstero Alamanno. Venezia, Giovan Battista Pederzano, 1548. In-8° (mm 166x109). 8 carte non numerate, 214 numerate, due non numerate (di cui la seconda bianca); 60 carte geografiche su doppia pagina, 64 carte non numerate. Frontespizio entro bordura silografica, alla carta 2r un ritratto inciso in legno di Tolomeo che tiene un astrolabio nella mano guardando le stelle; diagrammi silografici e iniziali silografiche. Illustrato da 60 mappe incise in rame a doppia pagina da Giacomo Gastaldi, di cui 26 raffiguranti il ‘vecchio mondo’ e 34 il ‘nuovo mondo’, tra le quali alcune arrichite da raffigurazioni di mostri marini ed imbarcazioni (Shirley 87 e 88). Grande legno con la marca del Pederzano alla carta DD7r e al verso dell’ultima carta: ‘Testa di S. Giovanni Battista su un vassoio tenuto da due putti alati. In basso le iniziali I.B.P’ e il motto ‘ite potius ad vedentes et emite vobis’. Legatura in cartonato coevo, custodia moderna in mezzo marocchino. Splendido esemplare ad ampi margini, due lettere ricostruite a mano al frontespizio, restauri ai margini delle ultime carte; piccoli fori di tarlo restaurati alle prime e alle ultime carte.

Prima edizione italiana di Tolomeo e primo esempio di atlante tascabile mai stampato. «The translator, who did not work directly from the Greek, as implied in the text, but used the contemporary Latin version of Wilibald Pirkheimer, as corrected and emended by Sebastian Münster, was Pietro Mattioli of Siena (1501-77)» (C. Fahy, The Venetian Ptolemy of 1548, p. 90). Il Mattioli divenne in seguito famoso per la sua importante traduzione della celebre opera De materia medica. Le mappe della presente edizione furono incise da Giacomo Gastaldi che, come Mattioli, era pressoché sconosciuto all’epoca in cui lavorò al Tolomeo del 1548, ma che, come lui, era alle soglie di una luminosa carriera, che spese interamente al servizio della Repubblica di Venezia, e che lo portò ad essere considerato uno dei maggiori cartografi del Rinascimento. Egli si basò sui 26 legni delle mappe tolemaiche del Münster, mentre le 34 mappe moderne, che si trovano mescolate a quelle antiche, sono ricavate dai suoi disegni originali e sono latrici di importanti innovazioni. Cinque mappe sono dedicate esclusivamente alle Americhe e sono considerate le prime mappe regionali di questo continente (includono anche una mappa separata del Sud America). La Carta marina universale, può inoltre essere considerata la prima mappa moderna del mondo. «Whatever the shortcomings of individual maps, too, the fact is that, when published, the little Ptolemy of 1548 was the most comprehensive and up-to-date world atlas available» (Fahy, ibid., p. 92). Anche la scelta del rame per l’impressione delle mappe, che dopo la princeps tolemaica bolognese e la Geografia del Berlinghieri era stata abbandonata per le sicuramente meno costose silografie, è un’innovazione che si trova per la prima volta nel XVI secolo in questo volume, e che non sarà pressoché più abbandonata negli atlanti successivi. Sabin 66502; Alden 548-31; Mortimer 404; C. Fahy, The Venetian Ptolemy of 1548, in The Italian Book 1465-1800,The London, 1993, pp. 89-115.

131


3 143 3 An extraordinary, unsophisticated copy bound in its original limp vellum of the second edition of Marcolini’s famous fortune-telling book, in which the errors in the game are mended.The printer-author, in the portrait on the verso of the title-page, appears more aged than he was in the princeps one.

Marcolini, Francesco (1550-1559). Le ingegniose sorti […] intitulate giardino di pensieri. Nuovamente ristampate e in novo et bellissimo ordine riformate. Venezia, Francesco Marcolini da Forlì, 1550. In-folio (mm 313x212). 104 carte numerate. Bel frontespizio allegorico inciso in legno ripreso dall’edizione del 1540 (vedi scheda n. 130 del presente catalogo), al verso ritratto dell’autore differente rispetto a quello della prima edizione, qui il Marcolini appare invecchiato. Numerose vignette silografiche e centinaia di piccoli legni raffiguranti carte da gioco e tarocchi, ripresi dalla princeps. Legatura coeva in pergamena floscia, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in straordinario stato di conservazione, ottima morsura dei legni.

Seconda e definitiva edizione che segue la princeps del 1540, dedicata al duca di Ferrara. «La sopradescritta edizione sebbene sia meno rara della prima, tuttavolta è ricercata a preferenza, specialmente in Francia, pel migliore ordine dato all’opera dall’Autore» (Casali). Sempre il Casali, basandosi su una lettera indirizzata a Francesco Sansovino da Lodovico Dolce, attribuisce a quest’ultimo la versione in terzine delle risposte. «Nel 1540 (e poi, di nuovo, nel 1550) [Francesco Marcolini] pubblica Le sorti intitulate giardino dei pensieri, un’opera per molti aspetti simile al Triompho di Fortuna del Fanti.Anche qui siamo davanti a un libro/gioco, il cui uso prevede una combinazione di scelta (si sceglierà uno dei quesiti previsti, di cui 13 riservati agli uomini, 13 alle donne e 24 agli uni e alle altre) e di caso (si pescherà da un mazzo di carte). Ogni giocatore viene così guidato per un percorso, fatto di parole e immagini, che lo condurrà al responso finale: una terzina, che è inserita, come si vedrà, entro una complessa trama di associazioni, concettuali e iconografiche. Il gioco produce dunque, anche qui, un testo, o meglio un frammento testuale variamente combinabile con altri; questo libro/gioco, si diceva, è anche il luogo di tutte le storie possibili. Ritroviamo quindi la topica paradossale, la compresenza di tesi contrarie […]. L’opera del Marcolini chiarisce bene il rapporto circolare, di riuso, che si instaura fra gioco e letteratura: i quesiti sull’amore e sulla donna sono da un lato legati all’antica tradizione dei “dubbi” e delle corti d’amore, dall’altro sono gli stessi che, proprio in quegli anni, alimentano una letteratura destinata a notevole fortuna editoriale. Le Sorti del Marcolini ci propongono anche una straordinaria galleria d’immagini: si potrebbe parlare di un dizionario iconologico che precede di decenni quello del Ripa, se non che le immagini del Marcolini non sono semplicemente accostate entro un ordine fisso e arbitrario (quale è appunto quello alfabetico), ma sono inserite, come si accennava, entro una trama di relazioni, che le rende pronte al gioco combinatorio. Così ad esempio il Matrimonio è rappresentato da una figura maschile con i piedi incatenati a un giogo, e associato con necessità, piacere, esperienza e pentimento; le immagini dei filosofi, inoltre, accompagnano le immagini dei concetti astratti, che corrispondono alle varie vicende, e situazioni della vita (alla Verità segue Polomone, al Matrimonio Ferecide, alla Vittoria Biante, e così via): una specie, dunque di teatro della memoria, la cui strut-

132


tura meriterebbe di essere studiata; l’influenza del Camillo era del resto molto viva nell’ambiente del Marcolini, fra i suoi più stretti collaboratori: l’Aretino, il Doni, come si diceva, ma bisognerà ricordare anche Sebastiano Serlio, delle cui Regole di Architettura il Marcolini dà una splendida edizione. Questo libro/gioco, si diceva, dispone ordinatamente nei luoghi delle sue pagine parole e immagini, che insieme ricordano e profetizzano, distillano la sapienza del passato per indicarci la nostra sorte […] Come ha mostrato Quondam, il “giardino del Marcolini”, d’altra parte, era diventato due anni prima, nel Ragionamento delle corti dell’Aretino (1538), il luogo emblematico di un’esperienza letteraria libera dalla corte e dalla chiesa. […] Anche il Marcolini aveva associato il gioco alla possibilità, o all’illusione, di avere il mondo in pugno: ma aveva sognato di costruire una specie di doppio, piacevole e ingegnoso, capace di suggerire il modo di affrontare la sorte attraverso l’arte combinatoria delle parole e delle immagini, attraverso l’incanto della poesia e del disegno» (L. Bolzoni, La stanza della memoria. Modelli letterari e iconografici della stampa,Torino 1995, pp. 118-19). Casali, 78; Essling, II parte, II, p. 670; Mortimer 280; Cicognara 1701; L. Nardin, Carte da gioco e letteratura fra Quattrocento e Ottocento, Lucca 1997.

3 144 3 Fine copy of the ‘editio regia’, the third and most important Estienne edition of the Greek New Testament and the first edition to contain a critical apparatus. Printed with the tall Greek cursive gros-parangon and three types of the ‘Grec du Roi’ created by Garamond.

ΤΗΣ ΚΑΙΝΗΣ ∆ΙΑΘΗΚΗΣ ΑΠΑΝΤΑ ΕΥΑΓΓΕΛΙΟΝ . Novum Iesu Christi D. N.

Testamentum. Ex Bibliotheca Regia. Parigi, Robert Estienne, 1550. In-folio (mm 337x212). 16 carte non numerate, 268 pagine mal numerate 272, 202 numerate, una carta non numerata. Carattere greco, disegnato da Garamond e detto Grec du Roi, su 34-35 linee, in tre differenti varianti. Al frontespizio marca tipografica dell’Estienne (serpente accollato ad una vite), una differente marca al verso dell’ultima carta. Alle cc. *7r-**1v splendide cornici silografiche con putti e motivi floreali che racchiudono il testo. Capilettera ornati e finalini silografici. Legatura coeva in pergamena rigida, doppia cornice di filetti impressi a secco ai piatti con grande arabesco al centro anch’esso impresso a secco, dorso a sei nervi con titolo calligrafico. Esemplare in ottimo stato di conservazione, piccolo strappo al margine interno del frontespizio, due piccoli fori di tarlo al margine delle prime carte. Nota di possesso datata 1644 alla prima carta. Ex-libris di Henry F. Brooks a un foglio di guardia, ex-libris ‘John Putland’ e ‘P.G.’ al contropiatto anteriore.

Terza edizione del Nuovo testamento greco impresso dall’Estienne, che è di gran lunga la migliore, ed è considerata il capolavoro tipografico del grande stampatore parigino. Si tratta inoltre del primo libro stampato con il grande corsivo greco gros parangon ed il primo che utilizzi i tre caratteri del Grec du Roi. Il volume fa parte delle prestigiose edizioni dette Ex Bibliotheca Regia, poiché i testi venivano stabiliti sulla base di manoscritti conservati alla Bibliothèque Royale. La lezione segue assai fedelmente quella stabilita da Erasmo nell’edizione del 1516, mentre

133


lungo il margine interno viene riportato l’apparato critico – il primo mai apparso nell’edizione di un testo greco - con la scelta delle lezioni tratte da differenti manoscritti, uno italiano, otto della Bibliothèque du Roi, sei appartenenti a collezioni private. L’Estienne afferma di averli collazionati personalmente, sebbene sia stato scoperto di recente che il lavoro venne in realtà eseguito dal figlio Henri che, nella sua collazione (non priva di imprecisioni ed errori) indicò i codici con le lettere dell’alfabeto greco. Dal momento che nell’edizione non vengono fornite ulteriori informazioni sulle caratteristiche dei manoscritti utilizzati, ricostruire il metodo ed i criteri filologici sottesi alla preparazione dell’opera si è rivelato essere impresa assai ardua; in tempi recenti è stato identificato uno dei testimoni adoperati nel Codex Bezae Cantabrigiensis (donato nel 1581 alla Biblioteca dell’Università di Cambridge), testimone fondamentale nell’ambito della tradizione manoscritta del Nuovo Testamento in greco. Renouard, p. 75, n. 1; Schreiber, The Estiennes, 105; Mortimer, 78; Adams B, 1661; Darlow & Moule, 4622.

3 145 3 Those editions of the first Serlio’s five books the first attempt to get a collective imprint of the works of the Bolognese architect, even if not homogeneous (I-II, in first Italian edition; III, in third edition; IV, in fourth Italian edition; V, in first Italian edition).

Serlio, Sebastiano (1475-1554). Il Primo Libro d’Architettura. Il Secondo Libro di Perspectiva. Venezia, Cornelio Nicolini da Sabbio ad istanzia di Melchiorre Sessa, [1551 ca.]. Id. Il Terzo Libro […] nel qual si figurano, e descrivono le Antiquità di Roma, e le altre che sono in Italia e fuori d’Italia. Venezia, Pietro Nicolini da Sabbio ad istanzia di Melchiorre Sessa, 1551. Id. Regole generali di Architettura. Venezia, Pietro Nicolini da Sabbio ad istanzia di Melchiorre Sessa, 1551. Id. Quinto Libro di Architettura […] nel quale si tratta di diverse forme dei Tempii Sacri secondo il costume christiano & al modo antico. Venezia, Pietro Nicolini da Sabbio ad istanzia di Melchiorre Sessa, 1551. Quattro edizioni in un volume in-folio (mm 360x251). I. 16 carte numerate, 31 carte numerate, una carta non numerata con al verso il colophon e la marca tipografica del Sessa.Titolo racchiuso in cornice ornamentale silografica, una copia della princeps francese del 1545 senza la ‘salamandra’ impressa al margine superiore. Diagrammi e illustrazioni silografiche, alcune a piena pagina, riprese da quelle della princeps del 1545. II. 155 pagine con numerazione romana, al verso dell’ultima carta il colophon e la marca tipografica del Sessa.Titolo in rosso e nero in cornice architettonica, ripresa dall’edizione del 1554, come pure le silografie nel testo. III. 76 carte numerate, al verso dell’ultima carta il colophon e la marca tipografica del Sessa. Titolo in rosso e nero racchiuso entro cornice architettonica silografica ripresa, con alcuni cambiamenti, da quella della princeps del 1544, da cui si riutilizzano anche i legni nel testo. IV. 17 carte numerate, una non numerata con al verso dell’ultima carta il colophon e la marca tipografica dello stampatore.Titolo racchiuso entro cornice silografica ripresa dall’edizione veneziana del 1537 del Libro IV. I legni, che adornano il testo, sono copie fedeli di quelli già apparsi nell’edizione del 1547. Legatura rimontata in marocchino rosso del XVIII secolo, piatti inquadrati da una semplice cornice al merletto con all’interno fregi floreali ai quattro angoli, decorazione simile al dorso; fogli di guardia rinnovati. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione.

134


Raro ensemble che riunisce le quattro edizioni sessiane, impresse separatamente nel 1551, dei primi cinque libri di Sebastiano Serlio. L’impresa tipografica dei due Nicolini da Sabbio e di Melchiorre Sessa può essere considerata il primo tentativo di edizione collettiva, o quantomeno omogenea, dell’opera del grande architetto bolognese. Infatti, solo nel 1566 uscirà presso Francesco Senese, in un’unica stampa, la raccolta completa dei primi cinque libri, peraltro nel più economico formato in quarto. I volumi delle prime cinque opere del Serlio vennero alla luce singolarmente tra Lione e Venezia dal 1537 al 1547, e già nelle mente dell’autore erano parti di un disegno unitario. Il Libro Primo e il Libro Secondo, qui in prima edizione italiana, affrontano, rispettivamente, i fondamenti matematici dell’architettura e la prospettiva e la scenografia; il Libro Terzo, qui in terza edizione assoluta, tratta dell’architettura antica; il Libro Quarto, qui in quarta edizione italiana, concerne gli ordini architettonici sul fondamento di Vitruvio, ed ebbe immediatamente gran fama; il Libro Quinto, qui in prima edizione italiana, è dedicato agli edifici sacri. I.

Cicognara 664; Fowler 304. II. Cicognara 664; Fowler 311. III. Fowler 319. IV. Fowler 322.

3 146 3 First edition of the first systematic treatise of trading law and insurance, including also bankruptcy and maritime law. Stracca’s «work contains information of interest to economists. He shows the usefulness of trade and navigation; discusses the restrictions on certain branches of trade, and expresses comparatively moderate opinions on the theory of usury» (Palgrave).

Stracca, Benvenuto (1509-1578). De mercatura, seu mercatore tractatus.Venezia, [Paolo Manuzio], 1553. In-8° (mm 154x103). 40 carte non numerate (di cui le ultime 3 bianche), 287 carte numerate con molti errori di numerazione, manca l’ultima carta bianca.Al frontespizio marca tipografica di Paolo Manuzio: un’àncora accollata da un delfino in cornice figurata sorretta da due putti. Iniziali silografiche animate. Legatura in pergamena coeva con unghie, molto usurata; dorso mancante, tracce di bindelle. Esemplare in buono stato di conservazione; tracce di umidità alle prime e alle ultime carte. Antiche note di possesso manoscritte al frontespizio e sui fogli di guardia all’inizio e alla fine del volume.

Prima edizione del primo trattato sistematico di diritto commerciale e di assicurazione, con particolare riguardo al diritto fallimentare e a quello marittimo. Si tratta dell’opera principale dello Stracca, giurista originario di Ancona, che ricoprì importanti cariche pubbliche. L’autore fu il primo a considerare il diritto commerciale come un complesso di norme distinte da quelle del diritto civile. Renouard p. 156, n. 6; Ahmanson-Murphy 444; Kress, 69; Einaudi 5491; Goldsmiths 52.

135


3 147 3 Beautiful copy with wide margins of the first edition of Lorenzo de’ Medici’s Canzoniere, containing also his famous critical notes on his sonnets.

Medici, Lorenzo de (1427-1492). Poesie volgari. Venezia, Paolo Manuzio, 1554. In-8° (mm 165x95). 201 carte numerate 205 (mancano le quattro carte del fascicolo ‘O’ come descritto sotto), tre non numerate. Carattere corsivo. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta; capilettera silografici animati. Legatura italiana settecentesca in pergamena rigida, tassello al dorso con titolo in oro. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione.

Prima edizione, stampata in carattere italico, delle poesie del Magnifico, contenente il Canzoniere, le Stanze, le Laudi, e il Commento de’ miei sonetti. L’aldina è considerata la vera e ufficiale prima edizione del Canzoniere e di gran parte dell’opera laurenziana. Di questa stampa di Paolo Manuzio si conoscono due differenti tirature, una, come la presente, con il fascicolo ‘O’ duerno, come indicato anche nel registro, ma con il salto di numerazione tra le carte 108 e 113. L’altra con il fascicolo ‘O’ di otto carte, ma con il medisimo colophon della precedente, con cinque componimenti supplementari alle carte 109-112. Probabilmente il figlio di Aldo decise inspiegabilmente di omettere le cinque canzoni quando le carte erano già impresse e numerate, e poté unicamente intervenire modificando il registro al colophon. Renouard p. 162, n. 23; Ahmanson-Murphy 473, 473.5; Gamba 648; Lorenzo de’ Medici, Stanze, a cura di Raffaella Castagnola, Firenze 1986; Lorenzo de’ Medici, Laude, a cura di Bernard Toscani, Firenze 1990; Lorenzo de’ Medici, Canzoniere, a cura di Tiziano Zanato, Firenze 1991.

3 148 3 First very rare Italian edition of Plato’s Republic, translated by Panfilo Florimbene who worked on the original Greek text, and dedicated to the nobleman Francesco Clementi.

Plato (ca. 428-347 a.C.). La Republica di Platone tradotta dalla lingua greca nella thoscana dall’eccellente phisico messer Pamphilo Fiorimbene da Fossombrone. Venezia, Gabriel Giolito de’ Ferrari e fratelli, 1554. In-8° (mm 151x90). 16 carte non numerate, 471 pagine mal numerate 451. Carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante una fenice su fiamme che si sprigionano da un’anfora – sorretta da due satiri alati - e recante le iniziali ‘G.G.F.’. Iniziali silografiche animate e ornate nel testo. Legatura ottocentesca in mezza pelle nocciola, titolo in oro su tassello al dorso; tagli spruzzati. Esemplare in discreto stato di conservazione, alcune gore, specialmente lungo i margini superiori di alcune carte; il margine esterno delle ultime cinque carte rinforzato; alcune bruniture. Antica nota di possesso manoscritta al frontespizio.

136


Prima rara edizione della prima traduzione italiana della Repubblica di Platone. La traduzione venne effettuata dal medico, originario di Fossombrone, Panfilo Florimbene che «condusse il suo lavoro, per quanto asserisce, sul testo greco, e lo dedicò a Francesco Clementi, nobile fiorentino, con lettera senza data, lunga ed importante.Ad ognuno de’ dieci libri antepose gli Argomenti colla sostanza delle dottrine insegnate in que’ dialoghi. Come egli riuscisse nella difficil prova di tradurre per primo l’opera maggiore di Platone non troviamo scritto» (Bongi I, 454). Bongi I, 454; Nuovo-Coppens, I Giolito e la stampa, p. 546, n. 218; Adams P, 1468.

3 149 3 Beautiful Roman Barocco binding probably made by Andreoli, with armorial coat of Vittori Family, impressed in gold.

Svetonius Tranquillus, Gaius (I-II sec. d.C.). Le vite de dodici Cesari […] Tradotte in lingua toscana per M. Paolo del Rosso cittadino fiorentino.Venezia, Giovanni Griffio per Baldassarre Costantini, 1554. In-8° (mm 144x95). 290 carte numerate, mancano le ultime due carte bianche. Al frontespizio marca tipografica del Costantini raffigurante un caduceo sormontato da una colomba e sostenuto da due mani uscenti da nubi e circondato dal motto ‘Nulla sine labore est virtus’. Capilettera silografici animati e ornati nel testo. Legatura del XVII secolo in marocchino nocciola alle armi della Famiglia Vittori, probabilmente eseguita a Roma dalla Bottega degli Andreoli o da un legatore, a loro stilisticamente vicino, definito dal Vianini Tolomei come maestro ‘Enigmatico’. I piatti sono inquadrati da una cornice eseguita con un ferro a rotella, tipico degli Andreoli, e da filetti in oro e a secco raccordati alla cornice interna con un ferro floreale stilizzato impresso in diagonale. Agli angoli della cornice interna, formata da tre filetti dorati, un ferro con una faccia di ‘Pierrot’, al centro dei piatti la grande arma laica dei Vittori: un leone illopardito d’oro con la testa rivolta ad una stella a sei raggi, sormontata da un cimiero con svolazzo di piume e circondata da ferri a filigrana, al centro pendente un fiocco (cfr. Legatura Romana Barocca, a cura del conte Guido Vianini Tolomei, tavv. V-X). Dorso a cinque comparti, quattro dei quali riccamente ornati e uno con il titolo impresso in oro. Piccoli restauri al capitello inferiore e superiore.

Bella legatura romana barocca contenente l’edizione della traduzione delle Vite di Svetonio del letterato fiorentino Paolo del Rosso (1505-1569), la cui princeps era stata stampata a Roma da Antonio Blado nel 1543. Gamba 1667 (prima edizione).

137


3 150 3 Beautiful copy of the first Zarlino’s major work. «The Rules of Harmony opened the way for the new tonality which has governed music from the seventeenth century to the present day» (PMM).

Zarlino, Giuseppe (1517-1590). Le Istituzioni Harmoniche di Gioseffo Zarlino da Chioggia. Nelle quali, oltre le materie appartenenti alla Musica; si trovano dichiarati molti luoghi di poeti, d’historici, & di filosofi. Venezia, [Pietro da Fino], 1558. In-folio (mm 335x223). 6 carte non numerate, 347 pagine. Numerosi diagrammi ed esempi musicali nel testo incisi in legno. Legatura secentesca in pelle maculata, dorso a sei nervi con ricchi fregi e titolo in oro su tassello in pelle scura, tagli spruzzati in rosso. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Sporadiche postille di mano coeva, interessanti pentagrammi manoscritti ai margini di quelli a stampa.

Prima edizione dell’opera che ha segnato una tappa fondamentale nella storia della teoria musicale e della pratica della composizione, dedicata dall’autore a Vincenzo Diedo, Patriarca di Venezia. Il primo libro consta di considerazioni generali intorno alla musica e di minute disquisizioni acustico-matematiche riguardanti i nessi tra proporzioni numeriche e consonanze musicali; nel secondo libro, di notevole importanza, l’autore, trattando della musica greca, attacca il falso sistema di tonalità basato sulle esatte proporzioni matematiche del tetracordo pitagorico. Il terzo tratta del contrappunto, il quarto delle scale musicali dall’antichità ai tempi dell’autore, soprattutto per la loro applicazione alla pratica contrappuntistica. Giuseppe Zarlino, nato a Chioggia nel 1517, Maestro di Cappella di San Marco, fu uno dei grandi maestri di contrappunto del suo secolo, influenzando varie generazioni di compositori in tutta Europa. Fu il primo ad affermare il principio del dualismo armonico, ossia della contrapposizione degli accordi maggiore e minore come base dell’armonia, avvalorandolo scientificamente, proclamando l’eccellenza del numero senario. PMM 81; RISM B

VI, 907; MGG XIV, 1019; Eitner X, 332; Fétis VIII, 510; Gregory-Bartlett I, 296; Hirsch I, 623.

3 151 3 Interesting Sammelband containing the editio princeps of Callimacus Epigrammata, the first Estienne’s edition of Apollonius Rhodius and the famous Greek edition of Aratus printed by Morel and illustrated with the two folding astronomical charts by Johannes Honter which are noteworthy for both their geocentrism and their novel constellation style.

Callimachus (310-240 a.C.). Hymni & Epigrammata [graece]. Ginevra, Henri Estienne, 1577. (Legato con:) Apollonius Rhodius (sec. III a.C.). ΟΑΠΟΛΛΝΙΟΥ ΤΟΥ Ροδιου ωn libri IIII. Ginevra, Henri Αργοναυτικων βιβλια δ. Apollonii Rhodii Argonauticω

138


Estienne, 1574. (Legato con:) Aratus Solensis (ca. 320-ca. 240 a.C.). ΑΡΑΤΟΥ ΣΟΛΕΩΣ ΦΑΙΝΟΜΕΝΑ ΚΑΙ διοσηµεια ΘΕΩΝΟΣ ΣΧΟΛΙΑ ΛΕΟΝΤΙΟΥ ΜΗΧΑΝΙΚΟΥ περι αρατειας σϕαιρας. Parigi, Guillaume Morel, 1559. (Legato con:) Id. Phaenomena et Prognostica […] C. Iulii Hygini Astronomicon. Parigi, Guillaume Morel, 1559. Quattro opere in un volume in-4° (mm 228x168). I. 8 carte non numerate, 72 pagine numerate, 134 pagine numerate, una carta bianca. Marca tipografica incisa in legno al frontespizio; iniziali e testatine silografiche. II. 4 carte non numerate, 240 pagine numerate. Marca tipografica incisa in legno al frontespizio; iniziali e testatine silografiche. III. 2 carte non numerate, 132 pagine numerate. Marca tipografica incisa in legno al frontespizio, due mappe astronomiche ripiegate fuori testo (legate in fine al volume, dopo i Phaenomena); iniziali e testatine silografiche. IV. 4 carte non numerate, 155 pagine numerate, 56 pagine numerate. Marca tipografica incisa in legno al frontespizio; iniziali e testatine silografiche. Legatura seicentesca in pergamena, titolo manoscritto al dorso, tagli azzurri. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune antiche sottolineature in rosso in tutto il volume, lievi gore e fioriture, piccoli strappi alle due tavole fuori testo. Nota di possesso datata 1621 al frontespizio della prima opera ‘Joann-Leonard Schug, Aidelberg Palat.’. Nota di possesso al recto del foglio di guardia anteriore datata 1805 ‘F. Hanhardi’.

Bell’ensemble di quattro edizioni di autori greci commentate e pubblicate in area francofona. La prima, il Callimaco stampato dall’Estienne, è la prima edizione critica cum scholiis, nonché l’editio princeps degli Epigrammi. La seconda opera legata è la prima edizione stampata dagli Estienne della celebre opera di Apollonio Rodio, la cui princeps fu impressa a Firenze nel 1496 dall’Alopa. «A very important and beautifully printed edition of the “Argonautica”, including the Greek scholia surrounding the text, as well as 8 pages of textual notes by Estienne; in his dedicatory preface, to the Dutch humanist Gerard Falckenburg, Estienne has included additional textual emendations» (Schreiber). La terza opera è la prima edizione greca stampata separatamente di questo poema sui movimenti planetari che descrive le posizioni delle stelle e delle costellazioni (la princeps era stata apparsa negli Astronomici veteres stampati da Aldo Manuzio nel 1499). Nel medesimo anno Morel stampò anche una traduzione latina di quest’opera (che è quella legata di seguito a questa nel volume). Questo esemplare è completo delle due splendide mappe ripiegate che sono opera del famoso cosmografo e geografo Johannes Honter (1498-1549). Esse apparvero per la prima volta nell’edizione dell’Opera omnia di Tolomeo impressa a Basilea nel 1541 e sono un documento importante per la storia dello sviluppo della cartografia stellare. «These two woodcut maps are noteworthy for both their geocentrism and their novel constellation style. Whereas Dürer’s maps, the first important printed single-sheet maps, showed the stellar universe as from the outside, Honter’s were the first important printed (many geocentric manuscript planispheres are known) maps showing the stars as seen from earth. Other cartographers who quickly adopted Honter’s point of view were Piccolomini and Postel. Although to accomodate star positions constellation figures usually held the same poses, their attire varied from one tradition to another: on Arabic maps they appear in classical undress. Honter dressed five of the male figures – Auriga, Bootes, Erichthoni, Perseus and Orion – in contemporary fashions, with belted tunics and flamboyant hats» (D. Warner, The Sky Explored, Celestial Geography, Theatrum Orbis Terrarum, 1979, p. 123-26). I. Renouard, 145;Adams C, 232; Hoffmann I, 428 (“the basis of all subsequent editions”). II. Renouard, 141; Hoffmann I, 207; Adams A, 1316. III. Adams A, 1515; Hoffmann I, 221. IV. Adams A, 1516; Hoffmann I, 222.

139


3 152 3 First and only edition of the Bible of Mannerism.The first theoretical art treatise that reflects the canons established by the Council of Trent. The author judges Michelangelo’s Last Judgment from the point of view of the Counterreform.

Gilio, Giovanni Andrea (m. 1584). Due dialogi […] con molte annotazioni sul Giudicio di Michelangelo. Camerino, Antonio Gioioso, 1564. In-4° (mm 210x153). 3 carte non numerate, 145 carte mal numerate 144 (le cc. F4, G1 entrambe numerate 21, la c. S4 bianca ma conteggiata nella numerazione come 68). Marca tipografica dello stampatore incisa su legno al frontespizio; iniziali silografiche ornate. Legatura coeva in pergamena floscia, tracce di bindelle. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi gore al margine superiore bianco delle prime e delle ultime carte.

Prima edizione estremamente rara di quello che è considerato il primo trattato teorico del Manierismo. Scritto rapidamente dopo la chiusura del Concilio di Trento e nell’ultimo anno della vita di Michelangelo, è uno dei primi trattati sulla teoria dell’arte a riflettere pienamente lo spirito post-tridentino.Tra le dotte citazioni artistiche del canonico fabrianese appaiono di notevole interesse quelle sul Giudizio Universale. Il Gilio, pur riconoscendo che Michelangelo «ha dimostrato ciò che può e sa fare l’arte», contesta al grande artista di non essersi attenuto ai dettami della Sacra Bibbia e che quindi non può che essere condannato. Egli infatti ha rappresentato gli angeli senza ali, alcune figure con i panneggi sollevati dal vento - sebbene nel Giorno del Giudizio il vento e le tempeste cesseranno -, tra i morti che risorgono dalla terra alcuni sono effigiati come scheletri nudi, invece altri sono già ricoperti di carne, mentre stando alla versione della Bibbia la resurrezione generale avverrà istantaneamente. Gilio protesta anche contro il fatto che Cristo è mostrato in piedi, invece di sedere sul suo trono di gloria. Uno degli interlocutori del dialogo giustifica il fatto col pretesto che si tratti di una raffigurazione simbolica, ma questa difesa è in disaccordo con uno degli argomenti espresso in una frase del dialogo: «Chi misticamente et allegoricamente interpretar volesse le parole del testo evangelico, potrebbe questa vostra opinione passare; ma prima si deve prendere il sentimento letterale, quando propriamente dar si possa, e poi agli altri, e salvare la lettera quanto più possibile sia». E. Steinmann-R.Wittkower, Michelangelo-Bibliographie, Lipsia 1927, n. 827; P. Barocchi (ed.), Scritti d’arte del Cinquecento, Torino 1978, IV, pp. 425-428; F. Zeri, Pittura e Controriforma,Torino 1979, pp. 30-32;A. Blunt, Artistic Theory in Italy 14501600, London 1962, pp. 111-115 e 121-123.

140


3 153 3 First edition of this dialogue by Dolce about colours inspired by many classical authors, as Homer and Virgil, but also by his contemporaries Bembo and Baldassar Castiglione.

Dolce, Lodovico (1508-1568). Dialogo nel qual si ragiona delle qualità, diversità, e proprietà de i colori. Venezia, Giovanni Battista e Melchiorre Sessa, 1565. In-8° (mm 145x94). 87 carte numerate, una non numerata. Carattere corsivo. Marca tipografica al frontespizio; iniziali silografiche figurate. Legatura moderna in pergamena bianca, titolo in oro impresso al dorso, tagli policromi. Esemplare in buono stato di conservazione, margine esterno di alcune carte sobrio.

Prima edizione di questo trattato dedicato alla simbologia cromatica, in cui Lodovico Dolce affronta uno dei temi di maggiore fortuna del Cinquecento, richiamandosi nella propria esposizione non solo a fonti classiche - in primo luogo Omero, Platone ed Aristotele, e tra i latini Virgilio, Cicerone, Ovidio e Terenzio - ma anche ad opere a lui più vicine, come il Libellus de coloribus di Antonio Telesio (Venezia, 1528) e Del significato de’ colori di Fulvio Pellegrino Morato (Venezia, 1535). Nella trattazione il Dolce non si prefigge però alcun intento ‘tecnico’; il Dialogo ha carattere essenzialmente letterario, lo “studio è di lettere e non di pittura”, e i tanti riferimenti al Bembo, al Castiglione e ai più diffusi trattati retorici del tempo ne fanno un esempio di trattazione ‘cortigiana’ della simbologia dei colori. È indubbio, comunque, l’interesse del poliedrico Dolce per i temi artistici, testimoniato anche dal più noto Dialogo della pittura intitolato l’Aretino (Venezia, 1557). Adams D, 731; Gamba 1356.

3 154 3 Very rare booklet describing the famous Florentine carnival festival Mascherata delle bufole, so called because ten cows were led by ten parties to the Palio in Piazza Santa Croce.

Le dieci mascherate delle bufole mandate in Firenze il giorno di Carnovale l’anno 1565. Con la descrizione di tutta la pompa delle maschere e loro invenzioni. Firenze, [Bernardo] Giunti, 1566. In-8° (mm 146x88). 48 pagine mal numerate 56. Carattere romano e corsivo. Marca tipografica incisa su legno al frontespizio; capilettera silografici animati e ornati. Legatura novecentesca in pergamena, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune fioriture.

Prima rara edizione di questo elegante opuscolo, da alcuni attribuito a Domenico Mellini (15401610), che riporta la descrizione delle maschere, delle coreografie, dei simboli allegorici e dei

141


protagonisti della festa tenutasi a Firenze per il Carnevale del 1565. La mascherata delle bufole, tipica festa fiorentina, in cui si mescolavano istanze popolari e movenze ispirate al mondo cortese, prevedeva dieci processioni in cui sfilava una bufala agghindata in maniera stravagante e cavalcata e seguita da personaggi mascherati appartenenti alle cosiddette ‘compagnie’, il tutto si chiudeva con un palio in piazza Santa Croce. Camerini, 377; Moreni 1877; Gaeta-Petrioli, Feste, 198.

3 155 3 First very rare edition of Cellini’s treatises on goldmiths’ and sculptors’ arts.The volume is dedicated to the cardinal Ferdinando de’ Medici and contains in appendix some sonnets by different authors, two of which in praise of Cellini’s bronze statue of the Perseus.

Cellini, Benvenuto (1500-1571). Due trattati uno intorno alle otto principali arti dell’oreficeria. L’altro in materia dell’Arte della Scultura. Firenze,Valente Panizzi e Marco Peri, 1568. In-4° (mm 198x147). 6 carte non numerate, di cui l’ultima bianca, 61 carte mal numerate 47, 7 carte non numerate. Carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno, al recto dell’ultima carta marca silografica raffigurante un leone rampante coronato; una piccola e 36 grandi iniziali silografiche inscritte in un quadrato e ornate, sullo sfondo, da vedute di città e da paesaggi; finalini silografici. Legatura coeva in pergamena floscia, tracce di bindelle, titolo manoscritto in inchiostro marrone sul taglio inferiore; scatola in mezzo marocchino verde con titolo in oro al dorso. Esemplare in discreto stato di conservazione, alcune gore, specialmente lungo l’angolo superiore esterno dei primi quaderni, fioriture e bruniture della carta. Nel testo alcune sottolineature e alcune note, in inchiostro e a lapis, di mano posteriore.

Prima rarissima edizione di questa celebre opera, da considerarsi anche il primo manuale che tratta le tecniche di scultura in oro e in argento in maniera dettagliata ed approfondita. Il volume, dedicato dall’autore al cardinale don Ferdinando de’ Medici, contiene una trattazione completa delle principali tecniche di oreficeria ed argomenta in maniera decisa il primato e l’eccellenza delle arti plastiche tra le arti figurative. L’opera è seguita da una raccolta di sonetti scritti – tra gli altri – da Benedetto Varchi, Paolo Mini, il Bronzino, Lelio Bonsi, Domenico Poggini di cui due ad encomio della celebre statua del Perseo in bronzo e del crocefisso in marmo, capolavori del grande artista rinascimentale. Cicognara 273; Schlosser 398-399; Adams C, 1240.

142


133. Platina, Bartolomeo Sacchi de

33


138. Boccaccio, Giovanni

34


143. Marcolini, Francesco

35


151. Aratus Solensis

36


157. Palladio, Andrea

37


158. Estienne, Henri

38


159. CarĂ via, Alessandro

39


162. Gualterotti, Raffaello

163. Bardi, Giovanni

40


3 156 3 Rare fourth edition of Marozzo’s treatise on duelling, the first to contain engravings instead of woodcuts.The author was considered the greatest master of the “scuola bolognese”. Marozzo, Achille (1484-1553). Arte dell’armi […] ricorretto, et ornato di nuove figure in rame. Venezia, Antonio Pinargenti, 1568. In-4° (mm 221x161). 6 carte non numerate, 194 pagine numerate, una carta non numerata. Carattere romano e corsivo. Splendido frontespizio architettonico inciso in rame ornato da figure allegoriche con al centro della parte inferiore la marca tipografica dello stampatore, una pigna entro cornice circolare e le parole ‘pinea argentea’. Nel testo 25 pagine interamente illustrate da 76 incisioni in rame raffiguranti le varie tecniche e posizioni dell’arte di schermire. Capilettera silografici animati e ornati. Legatura coeva in pergamena floscia, tracce di bindelle. Esemplare in discreto stato di conservazione, una gora lungo il margine superiore del volume. Ex-libris inciso della biblioteca del conte Macclesfield, timbro a secco alle prime tre carte.

Rara edizione - la quarta assoluta - di quello che viene considerato il più importante trattato di scherma del Cinquecento e prima in cui, contrariamente alle stampe precedenti, le celebri illustrazioni si trovano incise su rame anziché su legno. Nell’opera, dedicata al conte Guido Rangoni e stampata per la prima volta a Modena nel 1536 col titolo di Opera nova chiamata Duello, sono descritti i più svariati metodi di combattimento: spada, spada e pugnale, spada e cappa, spada e rotella, spada e targone, spada e targa, pugnale, pugnale e cappa, ronca, partigiana, partigiana e rotella, picca, spiedo.Vi vengono inoltre esposte le regole del duello e numerose tecniche di autodifesa per lo schermitore che si trovasse a rimanere disarmato. Quest’opera godette di una vasta fortuna e venne ristampata più volte nel corso del secolo XVI. Achille Marozzo è considerato il più importante maestro della cosiddetta “Scuola Bolognese” di scherma. Fu allievo del Maestro Guido Antonio de Luca e fra i suoi compagni d'arme si annoveravano due famosi condottieri: Giovanni dalle Bande Nere e il conte Guido Rangoni. Vigeant p. 91; Sander 4384.

3 157 3 First edition of this work. «Palladio’s style was directly inspired by Roman classical models, through the writings of Vitruvius and Alberti. Its characteristics are those of classicism: simmetry, order, fixed mathematical relations of the parts to each other to the whole, logic and monumentality.Though it is true that Palladio in his later period adopered some of the mannerist vernacular, his buildings remained essentially classical, in contrast to baroque style of the period in Rome and Piedmont» (PMM). Palladio, Andrea (1518-1580). I quattro libri dell’architettura. Venezia, Domenico de’ Franceschi, 1570.

143


In-folio (mm 285x201). 67 pagine numerate, 78 pagine non numerate, manca una carta bianca, 46 pagine numerate, una carta non numerata, 128 pagine numerate, tre carte non numerate, una carta bianca. Quattro frontespizi con titoli racchiusi in elaborata cornice architettonica, decine di figure, la maggior parte a piena pagina, incise in legno, capilettera silografici raffiguranti temi mitologici. Legatura ottocentesca in mezza pelle con angoli, titolo e filetti in oro al dorso, tagli spruzzati blu. Esemplare in discreto stato di conservazione, piccolo restauro al margine interno della c. B5 con ricostruzione di alcune lettere e della parte incisa, alcune carte con margine superiore sobrio.

Prima edizione di quest’opera di capitale importanza nella storia della cultura architettonica. I Quattro libri condensano la riflessione condotta dal Palladio sul patrimonio formale dell’antichità classica, riproducendo per ciascuna delle tipologie analizzate gli edifici civili e sacri, una serie di sviluppi originali. Essi agirono, d’altra parte come veicolo di trasmissione di un repertorio compositivo e di articolazioni armoniche, che, reiterati nei disegni superstiti, innescarono un significativo fenomeno di revival neo-palladiano nel corso della prima metà del Settecento. L’opera, la cui sistematica suddivisione in quattro parti sarà il canone per i successivi trattati di architettura, affronta nel primo libro gli ordini architettonici ed i problemi elementari, nel secondo la costruzione degli edifici privati, nel terzo quella dei pubblici, mentre il quarto concerne le piante e l’architettura degli edifici di culto. Cicognara 594; Berlin Catalog 2592; Fowler 212; Gamba 1560; Olschki, Choix, 15125; PMM 92.

3 158 3 Extraordinary collection of five Henri Estienne’s first editions, in original French binding with the typical gilt arabesque on boards.The Sammelband comprises the rare first edition of Estienne’s celebration of the Frankfurt Fair, «Estienne printed Francofordiense Emporium only once, and it was not reprinted for three centuries, consequently becoming an extremely desiderable and rare book, which today seldom comes on the market» (Schreiber).

Estienne, Henri (1528-1598). Epigrammata Graeca, selecta ex Anthologia. Ginevra, Henri Estienne, 1570. (Legato con:) Id. Francofordiense Emporium, sive Francofordienses Nundinae. Ginevra, Henri Estienne, 1574. (Legato con:) Id. Nizoliodidascalus, sive, Monitor Ciceronianorum Nizolianorum. Ginevra, Henri Estienne, 1578. (Legato con:) Id. Schediasmatum variorum, id est, observationum, emendationum, expositionum, disquisitionum, libri tres. Ginevra, Henri Estienne, 1578. (Legato con:) Id. Proiect du Livre Intitulé de la Precellence du Langage François. Paris, Mamert Pattisson per Henri Estienne, 1579. Cinque opere in un volume in-8° (mm 165x104). I. 4 carte non numerate, 311 pagine numerate.Al frontespizio marca tipografica dell’Estienne, testatine silografiche nel testo. II. 4 carte non numerate, 31 pagine numerate, 120 pagine numerate. Marca tipografica al frontespizio, capolettera silografico ornato alla c.2r, testatine su legno nel testo. III. 4 carte non numerate, 200 pagine numerate. Marca tipografica al frontespizio, testatine silografiche nel testo. IV. 8 carte non numerate, 106 pagine numerate, tre carte bianche; 88 pagine numerate, 4 carte bianche, 108 pagine numerate. Marca

144


tipografica al frontespizio, testatine su legno nel testo. V. 10 carte non numerate, 295 pagine numerate, una carta bianca. Marca tipografica al frontespizio. Legatura coeva in vitello nocciola, decorata ai piatti da un arabesco centrale dorato nel quale sono inscritte le iniziali ‘P.L.’; dorso a cinque nervi ornato da ferri dorati a forma di croce e titolo manoscritto su tassello in carta. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore e bruniture, restauri al dorso e alle cerniere della legatura. Grande timbro alle prime due carte della prima opera.

Straordinaria raccolta di opere eterogenee scritte da Henri Estienne e da lui stampate. I. Prima edizione di questa antologia di epigrammi greci curata da Henri Estienne e accompagnata dal suo dotto commento. II. Prima e unica rarissima edizione del resoconto della celebre fiera del libro di Francoforte, redatto dall’Estienne e basato sulla visita che egli vi fece nel 1573. La seconda parte dell’opera contiene un lungo poema sui vini di Bacharach, nel quale viene anche esaltata la grande sete dei Tedeschi, decisamente superiori ai Francesi nell’arte del bere. Estienne cita inoltre numerosi passi da autori greci e latini (dall’Antologia greca nella traduzione latina dello Scaligero, da Libanio, da Basilio, da Seneca, da Plinio e da altri) che scrissero pro o contro l’ebrietà. Fa seguito un altro lungo poema, Coena Posthiana sive Kylikodipsia, nel quale l’autore descrive la munifica cena offerta da Johannes Posthius (1537-1597), uno dei più eminenti poeti neolatini tedeschi dell’epoca. In fine chiude l’operetta una lettera dell’Estienne a Paul Melissus Schede (1539-1602), altro grande poeta neolatino, sul medesimo argomento. III. Prima edizione di quest’opera che insieme al De Latinitate falso suspecta (1576) e allo Pseudo-Cicero (1577) costituisce la trilogia scritta da Henri Estienne contro i ciceroniani. Il Thesaurus dell’umanista italiano Mario Nizzoli – al nome del quale si riferisce il titolo del volume dell’Estienne era un lessico latino basato esclusivamente sulle opere di Cicerone che riscosse un successo notevole testimoniato da almeno 70 edizioni dal 1535 - anno in cui vide la luce la princeps - e il 1630. Per contrastare e denunciare gli eccessi e gli abusi che vennero fatti nell’imitazione dello stile ciceroniano, il cui modello era stato messo a disposizione di tutti dal Nizzoli, il celebre erudito e stampatore parigino scrisse la presente opera «où il s’attache à faire voir le ridicule de ces intolérants singes de Cicéron, qui, non contents de ne l’étudier que dans un dictionnaire, se privent volontairement des enseignements précieux qu’offrent les autres grands écrivains de l’antique Rome» (Renouard, p. 413). IV. Prima edizione di questa raccolta erudita – divisa in tre libri - di commenti ed osservazioni dell’Estienne su numerosi autori della classicità greca e latina. V. Prima edizione di quest’opera sul primato della lingua francese, scritta dall’Estienne durante il suo soggiorno parigino tra il 1578 e il 1579 su invito di re Enrico III. «Le roi, qui prenoit grand plaisir à converser avec lui, fut un jour si frappé de son plaidoyer pour la supériorité de notre langue, qu’il l’engagea vivement a rassembler et développer toute cette ingénieuse et savante argumentation, pour la publier en un ouvrage exprès» (Renouard, p. 417). I. Adams E, 246; Renouard, 134. II. Adams S, 1768; Renouard, 141; Simon II, 235; Schreiber, n. 189. III. Adams S, 1781; Renouard, 146. IV. Adams S, 1788; Renouard, 147. V. Adams S, 1786; Renouard, 181; Brunet II, 1075.

145


3 159 3 Exceedenly rare second edition, the first to contain the ‘zonta’, of this popular work written by the Venetian Alessandro Caràvia who was the jeweller of the Medici family.

Caràvia, Alessandro (1503-1568). Naspo Bizaro nuovamente restampao, con la zonta del lamento chel fa per haverse pentio de haver sposao Cate Bionda Biriotta.Venezia, Pietro di Domenico, [ca. 1570]. In-4° (mm 201x140). 43 carte numerate, una bianca. Frontespizio illustrato da un legno – ripreso dalla princeps del 1565raffigurante il Naspo Bizaro intento a fare una serenata, lo stesso legno è ripetuto alla carta F2v. Alle carte D2v e H4r un’altra illustrazione silografica raffigurante un gruppo di uomini intenti a fare una serenata sotto ad un balcone, entrambi i legni sono firmati con le iniziali ‘AL’. Capilettera silografici nel testo, al verso della carta L3 marca tipografica di Pietro di Domenico raffigurante una pigna con rametto incorniciata da una ghirlanda, all'interno le iniziali ‘M.P’. Legatura inglese in marocchino verde con elaborate decorazioni in oro ai piatti, titolo in oro al dorso, tagli dorati, guardie in carta marmorizzata a pettine. Esemplare accuratamente lavato in buono stato di conservazione. Esemplare Guglielmo Libri, descritto nel Catalogo della sua asta del 1847.

Seconda edizione assoluta di questo poemetto in ottava rima, opera del gioielliere veneziano Alessandro Caràvia, e la prima in cui compaia una novità importante, un’appendice definita col titolo di “zonta”, contenente il Lamento in terzine del Naspo e destinata ad entrare nelle copiosa tradizione a stampa successiva. «Tutti concordano nel riconoscere il valore del Naspo bizaro per la storia del costume e della cultura.Alessandro Caravia non è uomo privo di lettere né insensibile al fascino dell’arte e delle cose belle. Fa grande stima degli antichi, ai quali ricorre sempre «chi d’ogni virtù vuol far discorso». Conosce Dante, non si contenta di citare il «rarissimo Petrarca» e le sue rime, ma anche lo imita e traveste; ricorda l’Ariosto e i personaggi del Furioso; sa di Morgante e di Margutte. Apprezza i grandi artisti contemporanei, corrisponde con l’Aretino, è ammesso alle conversazioni del dotto patriarca d’Aquileia Giovanni Grimani, si compiace dell’amicizia d’altri cultori delle Muse.Tutto questo non gl’impedisce d’accostarsi ai verseggiatori buffoneschi del suo tempo (non sempre, d’altronde, sforniti di cognizioni letterarie) né di mettere il Naspo bizaro sotto gli auspici del celebre buffone Zuan Polo e dell’improvvisatore Mario Bernia, palesando così il carattere e gli intenti del poemetto. Manifeste sono le attinenze di Naspo, vecchio innamorato, e di Cate bionda, donna di partito, che si fa beffe di lui, con personaggi del teatro comico cinquecentesco […]. In Naspo il tipo del vecchio, progenitore di Pantalone, si fonde con quello del soldato millantatore; e tutto il poemetto non è che una successione di smanie amorose e risibili spacconate, ch’è facile immaginare sottolineate nella lettura o recitazione dai «gesti grotteschi e dalle smorfie» care ai buffoni e canterini delle piazze non meno che agli attori della commedia improvvisata. Ai buffoni e canterini, legati con più fili alla tradizione popolare, il Caravia ha tolto a prestito formule introduttive e di commiato, motivi poetici e paremiologici, richiami seri e burleschi, accenni di attualità, zeppe per puntellare un verso claudicante. Ma alle fonti popolari egli attinse anche direttamente, ascoltando i canti di cui, alla sera, risonavano i campielli. Ha aggiunto di suo una notevole abilità di variazioni; immagini e sentenze suggeritegli dall’arte di gioielliere professata con intimo consenso, e un grano di compunzione in cui, tra i lazzi, affiora il fondo austeramente religioso della sua natura.» (G.Vidossi, pp.49-51).

146


G. Libri, Cat. 1847, n. 1667; Brunet IV, 15-16; Gamba, Serie degli impressi in dialetto veneziano,Venezia 1832, p. 83; G. Vidossi, Note al «Naspo Bizaro», in Saggi e scritti minori di folklore,Torino 1960; E. Benini Clementi, Riforma religiosa e poesia popolare a Venezia nel Cinquecento: Alessandro Caravia, Firenze 2000.

3 160 3 First edition of Commandino’s Euclid in original limp vellum. Commandino, was one of the principal contributors to the mathematical renaissance of the 16th century and his editions of Euclid «were made use of by subsequent editors for centuries» (Thomas-Stanford). «The oldest mathematical textbook still in common use today» (PMM). Euclides (fl. 300 a.C.). Elementorum Libri XV. Una Cum Scholijs Antiquis. A’ Federico Commandino Urbinate Nuper in Latinum Conversi, Commentarijsque Quibusdam Illustrati. Pesaro, Camillo Franceschini, 1572. In-folio (mm 314x210). 12 carte non numerate, 255 numerate. Frontespizio in cornice architettonica incisa da Jacob Criegher, numerosi diagrammi silografici nel testo, 16 graziosi capilettera con putti. Legatura coeva in pergamena floscia, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, gora marginale alle ultime carte di testo.

Prima edizione della traduzione dal testo originale greco al latino con il commento di Federico Commandino (1509-1575), dedicata al Principe d’Urbino Francesco Maria II. L’edizione, considerata la migliore traduzione cinquecentesca della geometria di Euclide, rappresenta il momento più alto della produzione scientifica del matematico urbinate, su cui si baseranno quelle successive.Venne ristampata nel 1592 e nel 1619 e servì per le traduzioni successive sino al ritrovamento di Peyrard del testo autentico greco avvenuta nel primo novecento. Nel 1575 verrà data alle stampe ad Urbino, per i tipi di Domenico Frisolino, la prima traduzione in volgare. Riccardi I, col. 362; Riccardi, Bibliotheca Euclidea, p. 24; Mortimer 174; Adams E, 984; Olschki, Choix, 4513.

3 161 3 Celebrated first complete edition of Plato’s works.The Greek text is partly based on Aldus’s edition of 1513 and two Basel editions.The Latin translation by Jean de Serres (1540-1598), a student at Calvin’s Academy in Geneva and later Henri IV’s historian, was edited and corrected by Estienne himself, who also collated the Greek text. «This work has long been considered as a very valuable acquisition to the libraries of the learned, and for its magnificence and variety of critical material must be always held in estimation» (Dibdin).

Plato (427-347 a. C.). Opera [Graece]. [Ginevra?], Henri Estienne, 1578.

147


Un’opera in tre volumi in-folio (mm 373x230). 18 carte non numerate, 542 pagine numerate (manca la carta Yy8 bianca); 4 carte non numerate, 992 pagine numerate (manca la carta AA1 bianca); 4 carte non numerate, 139 pagine numerate.Testo su due colonne una in greco e una in latino. Splendida marca tipografica incisa su legno al frontespizio con una elaborata cornice architettonica ovale, in cui è raffigurato un uomo in ginocchio sotto ad un albero con un cartiglio che gli esce dalla bocca con il motto ‘ut ego insererer detracti sunt rami’. Testatine e fregi silografici nel testo. Legatura uniforme per i tre volumi in vitello nocciola del secolo XIX; titolo e numero del volume in oro al dorso, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi gore e fioriture.

Prima fondamentale edizione completa delle opere di Platone, prima edizione della traduzione latina di Jean de Serres, impressa parallelamente al testo greco, e considerata l’edizione migliore prima di quelle pubblicate in epoca moderna. Il testo greco viene ripreso dall’aldina del 1513 e collazionato con le stampe di Basilea del 1534 e del 1556, mentre viene abbandonata la traduzione latina del Ficino del 1484 e viene proposta quella commissionata dall’Estienne al de Serres, rivista e corretta dallo stampatore stesso. La paginazione del presente volume verrà universalmente accettata per le citazioni delle opere di Platone e verrà costantemente riprodotta. «For two centuries [Estienne’s edition] remained the indispensable instrument of Platonic studies: to this day its pagination is universally accepted as the standard system of reference to the text of Plato […]. For the translation Estienne discarded the old standard Latin version by Ficino, and commissioned an entirely new one by John de Serres. Of all Henri Estienne’s publications the Plato is perhaps the most lavishly decorated […] it is the only publication in which Estienne used his entire series of decorative headpieces, numerous woodcut initials, culs-de-lampe, and a striking elaborate title-device specially designed for this edition and making its only appearance here» (Schreiber). Renouard 145, 1; Adams P, 1468; Schreiber 201; Hoffmann

III, 119-21; PMM, 27.

3 162 3 Beautiful copy of one of the most famous wedding festival books of the 16th century, illustrated by 16 plates conceived by Gualterotti, here unusually printed in green, red and black.

Gualterotti, Raffaello (ca. 1543-1638). Feste nelle nozze del serenissimo Don Francesco Medici Gran Duca di Toscana et della Serenissima Sua Consorte Bianca Cappello… con particolar Descrizione della Sbarra & apparato di essa nel palazzo de’pitti , mantenuta da tre cavalieri Persiani contro a i Venturieri loro avversarij. Firenze, Giunti, 1579. In-4° (mm 214x141). 58 pagine numerate, una carta non numerata; 24 pagine numerate.Titolo racchiuso da una bordura ornamentale con piccola veduta di Firenze; alla carta H2 recto grande xilografia raffigurante lo stemma degli sposi: armi Medici impalate con quelle di Bianca Cappello. Il testo è illustrato da 16 finissime tavole inventate dal Gualterotti – e incise in rame da Accursio Baldi e Sebastiano Marsilii - raffiguranti i vari spettacoli, carri e tornei organizzati per l’occasione. Le 16 tavole ripiegate sono tirate in inchiostro nero, verde e rosso e accrescono la rarità dell’esemplare che

148


comunemente si trova stampato con le tavole unicamente in nero. Capilettera animati e ornati. Legatura moderna in pergamena rigida. Esemplare in buono stato di conservazione, completo dell’ultima tavola, spesso mancante anche nelle descrizioni delle bibliografie (Brunet,Vinet, Ruggieri, Didot). Lievi fioriture e qualche traccia di ossidazione su alcune tavole. Note manoscritte coeve in inchiostro marrone riportano su molte tavole le didascalie esplicatorie stampate alla fine del volume.

Rara prima edizione, completa delle illustrazioni, di questa descrizione delle feste organizzate per la celebrazione del matrimonio, avvenuto a Palazzo Pitti il 12 ottobre 1579, tra il Granduca di Toscana Francesco I e la veneziana Bianca Cappello. Lo straordinario apparato celebrativo è illustrato nel volume dalle 16 belle incisioni in rame tirate a più colori, accompagnate da numerazione e didascalie manoscritte, particolarità non censita da nessun repertorio. Le utime 24 pagine sono occupate da due componimenti poetici del Gualterotti, le Vaghezze sopra Pratolino, indirizzate allo sposo Francesco de’ Medici, e l’Epitalamio nelle nozze della Sig. Perregrina Cappelo et del sig. Conte Ulisse Bentivogli. Camerini 87; Moreni I, 468; Mortimer Italian, 223; Nagler, Theatre Festivals of the Medici, pp. 49-57;Vinet 605; Ruggieri 727; Cicognara 1388¸ Lipperheide 10; Adams G, 1355.

3 163 3 First edition of the first book devoted to ‘calcio fiorentino’, the ancestor of modern football. Just like Roman harpastum, it was played in teams of 27, using both feet and hands. Goals could be scored by throwing the ball over a designated spot on the perimeter of the field.

Bardi, Giovanni (1534-1612). Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino. Firenze, Giunti, 1580. In-4° (mm 185x130). 36 pagine numerate, una tavola ripiegata fuori testo (mm 188x260). Al frontespizio marca tipografica dei Giunti raffigurante lo stemma Medici-Cappello con il motto ‘Amat victoria curam’ in cornice figurata; a p. 3 capolettera silografico animato. La tavola ripiegata reca un’incisione su rame nella quale si ritrae una partita di calcio fiorentino in piazza S. Croce. Esemplare in buono stato di conservazione, ottima morsura delle tavole, lievi fioriture. Legatura in carta marmorizzata settecentesca, cofanetto in mezzo marocchino.

Prima edizione assoluta del primo libro interamente dedicato al calcio fiorentino. Secondo la Crusca il «Calcio è il nome d’un giuoco proprio e antico della città di Firenze a guisa di battaglia ordinato, con una palla a vento, rassomigliantesi alla sferomachia, passato da’ Greci à Latini, e da’ Latini a noi». Infatti il ‘calcio in livrea’ affonda le sue radici nell’harpastum latino, che significa letteralmente “strappare a forza”, e la sua attestazione più antica, datata 30 gennaio 1490, si ritrova nel registro dei priori della Repubblica fiorentina per mano di Niccolò Ridolfi. Giovanni Maria de’ Bardi dei Conti di Vernio, luogotenente generale della guardia pontifica sotto papa Clemente VIII, fu gentiluomo, letterato e musicologo, prima membro della Accademia degli Alterati e, successivamente, di quella della Crusca. «Il discorso del Bardi è […] il solo scritto che

149


tratti ex professo del giuoco del Calcio, ma non a torto fu osservato che lo scrittore si preoccupò piuttosto di fare una bella orazione accademica che di spiegare e insegnare il giuoco» (LensiFumagalli, p. 5). Camerini, 95; Lensi-Fumagalli, n. 4; Olschki, Choix, n. 2566.

3 164 3 Very rare document signed by Miguel de Cervantes, the oldest one known with the complete signature of the great Spanish writer. Cervantes’ autographs never appeared in the market or in a public sale during last 30 years.

Cervantes Saavedra, Miguel de (1547-1616). [Documento notarile recante la firma di Cervantes]. Valladolid, 6 marzo 1584. Un foglio di carta sciolto di formato in-folio (mm 286x205), senza filigrana e in ottimo stato di conservazione, il lato verticale e quello orizzontale presentano segni che testimoniano che è stato piegato in quattro, lieve gora marginale. La qualità della carta presenta caratteristiche tipiche della fine del secolo XVI e in particolare, della carta che veniva usata per gli atti notarili del periodo. Il documento contiene un “registro” post mortem di beni e utensili che inizia dalla croce superiore che ratifica l’apertura dell’atto e con la consueta formula:“Deloque habia enla cocinay corrala y quadras ygrane / ros dela cassa” a cui segue, in linee separate per ogni voce dell’elenco, la descrizione e il numero delle masserizie: “dos cantharos de cobre viejo / dos xarros de tinaja de cobre biejo” [etc.]; il documento viene chiuso con una linea verticale che impedisce l’aggiunta di altre parti. Segue la formula di accettazione:“Todo lo q[u]e me hize cargo y deposite en casa de Thomas eguren y albornoz p[ar]a su tasacion enbeneficio dela viuda p[o]r cuya q[uen]ta se hizo en Vallad[oli]d af[ec]ha seis d[e] março de 1584 años”, viene poi sancita la conformità del ricevente del registro, che firma come depositario: “Miguel decerbantes saavedra”. Come testimoni firmano invece: “Juan Villalon [rúbrica]” e “[croce] Alonso deestrada”. Al verso del foglio si trova una nota manoscritta firmata da Juan Cabezas Martín e datata 10 giugno 1741 che testimonia la provenienza del documento:“[…] Procede de un libro de oraciones que me dieron en Sigüenza en el Hospital del Seminario quando estuve el año pasado”

Rarissimo documento notarile originale in cui si trova la più antica firma completa conosciuta di Miguel de Cervantes. Si tratta del primo esempio in cui la firma cervantina si presenta completa, dal momento che i documenti noti che vanno dal 1580 al 1584 presentano solo la prima parte del nome, mentre a partire dal 1584 fino alla morte lo scrittore utilizzerà entrambi gli appellativi - de Cervantes e Saavedra – sempre su righe separate. La disposizione grafica della sottoscrizione presenta una serie di caratteristiche che la accomunano alle altre firme di Cervantes conosciute come: la lettera ‘M’ come unica lettera maiuscola, le iniziali dei due appellativi sempre minuscole (“cerbantes” e “saavedra”) il primo dei quali si trova legato alla preposizione “de”, la ripartizione su due righe (“Miguel decerbantes / saavedra”). Sono inoltre da notare alcune variazione ed oscillazioni della scripta che si ritrovano anche nelle firme conosciute che permettono di affermare che, sebbene non esista un’unica forma grafica della firma dello scrittore nel corso degli anni, le ricorrenze comuni e abituali del modo di scrivere permettono di ascriverla con certezza a Cervantes.

150


Catálogo de la primera exposición bibliográfica cervantina, Madrid 1947; C. Pérez Pastor, Documentos cervantinos hasta ahora inéditos recogidos y anotados por, Madrid 1897-1902, 2 voll.; Leopoldo Rius, Bibliografía crítica de las obras de Miguel Cervantes Saavedra, Madrid 1895-1904, 3 voll.; M. Romera-Navarro, Autógrafos cervantinos. Estudio, Austin 1954; K. Sliwa, Documentos de Miguel de Cervantes, Navarra 1999; 20 documentos de Miguel de Cervantes Saavedra en el Archivo Histórico de Protocolos de Madrid, Madrid 2001.

3 165 3 Exceedingly rare first edition of the Canzone sopra la porcellina, a song in praise of the roast pork, that was usually generously given to the crowd during the feast of San Bartolomeo in piazza Maggiore in Bologna.The song was written by Giulio Cesare Croce, the author of the famous popular tale Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno.

Croce, Giulio Cesare (1550-1609). Canzone sopra la porcellina che si tra giù del Palazzo dell’Illustre Città di Bologna Per la festa di S. Bartolomeo con tutti gli trattenimenti di detta festa. Bologna, Alessandro Benacci, 1584. In-8° (mm 144x100). 4 carte non numerate. Frontespizio inquadrato da una bordura silografica, al centro rettangolo con il porco circondato da un ramo di ghiande. Un’iniziale figurata apre la Canzone, un finalino la chiude. Esemplare in buono stato di conservazione, a fogli sciolti.

Rarissima prima edizione, di cui è censito un solo esemplare alla British Library (BL 1071.c.63.2), di questa operetta in versi di Giulio Cesare Croce, che godette di una certa fama, come attestato dalle tre stampe seicentesche (1622, e due non datate impresse dal Cochi). «Di quattro, ò sei giorni inanzi la festa di S. Bartolomeo, gli illustri Signori Antiani mandano fuora à trovare una gran quantità di Porchette, & le fanno cuocere, & ne mandano à presentare a molti Signori, & Signore, & à donne gravide, & à loro parenti, amici, & altri simili; poi ne fanno cuocere una di honesta grandezza, la quale è poi quella, che si trà giù della Renghiera del palazzo, ben cotta, & cucinata, e piena dentro di bonissima robba, & di perfettissima speciaria, che fa menare un’odore tanto soave, e grato, che un mezo morto si risentirebbe» (L’eccellenza et trionfo del porco, Ferrara 1594, p. 55; vedi scheda n. 174 del presente catalogo). Con queste parole Giulio Cesare Croce, nel suo ‘trattato’ sul porco, descrive i preparativi per l’ancestrale festa bolognese di San Bartolomeo, conosciuta fin dal secolo XIII, che era un’appuntamento annuale durante il quale il popolo emiliano si ritrovava il 24 agosto in piazza Maggiore per l’elargizione gratuita della ‘bona porcellina’. La presente stampa, probabilmente la seconda conosciuta di questa edizione, riporta in sette paginette un delizioso componimento di strofe di ottonari chiuse dal ritornello “Alla bona porcellina”, e caratterizzate da versi in rima con schema variabile. La canzone, dal tono popolareggiante e giocoso, descrive in maniera vivace e realistica le situazioni, tra la farsa e il grottesco, del giorno della festa, concludendosi con una giocosa apostrofe encomiastica alla porchetta. R. L. Bruni - R. Campioni - D. Zancani, Giulio Cesare Croce dall’Emilia all’Inghilterra, Firenze 1991, p. 74, n. 66; L. Bianconi, Alle origini della festa bolognese della porchetta, Bologna 2005.

151


3 166 3 Beautiful third edition of Ludovico Dolce’s work on memory, very elegantly expressed in the fashionable dialogue form, modelled on Cicero’s De oratore, and adapted from the famous Congestorium artificiosae memoriae by Romberch, from which are taken also most of the woodcuts.

Dolce, Lodovico (1508-1568). Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere, & conservar la Memoria. Venezia, Giovanni Battista Sessa, 1586. In-8° (mm 139x94). 118 carte numerate, una non numerata, manca l’ultima carta bianca. Iniziali silografiche ornate nel testo e numerose illustrazioni incise su legno. Legatura settecentesca in pergamena rigida, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, fioriture al quaderno ‘B’.

Terza edizione del fortunato trattato di ars memorativa di Ludovico Dolce, apparso per la prima volta a Venezia nel 1562, sempre presso i Sessa. Più che un’opera del tutto originale, il Dialogo è un adattamento in una elegante forma dialogica – ispirata sia al De oratore di Cicerone che alla retorica classica volgare di stampo bembiano – del Congestorium artificiosae memoriae di Johannes Romberch (vedi scheda n. 94 del presente catalogo), dal quale sono riprese anche numerose silografie. Durling 1183;Yates, Memoria, pp. 150-151.

3 167 3 Rare Venetian edition of this popular collection of fables, illustrated by 100 full-page woodcuts by Verdizotti, who was also the author of these rhyming fables.Verdizotti is mentioned admiringly by Vasari, Ridolfi, and Dolci as an intimate friend and gifted student of Titian, possibly his secretary after the death of Aretino.

Verdizotti, Giovanni Mario (1525-1600). Cento favole morali dei più illustri antichi, & moderni autori Greci & Latini. Venezia, Francesco Ziletti, 1586. In-8° (mm 198x143). 4 carte non numerate, 301 pagine numerate, 4 carte non numerate.Titolo racchiuso entro cornice silografica a motivi architettonici, comprendente anche la marca tipografica dello Ziletti. Le favole contenute nel volume sono illustrate da 100 legni a piena pagina (alcuni dei quali recano tracce di coloritura); capilettera silografici nel testo. Legatura settecentesca in pergamena rigida con titolo in oro su tassello in marocchino al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, accuratamente lavato; alcune carte sono state rinforzate lungo il margine bianco interno.

Quarta edizione - la prima venne stampata a Venezia nel 1570 da Giordano Ziletti, zio di Francesco - di questa interessante raccolta di favole allestita dal Verdizotti, allievo e segretario, dopo la morte dell’Aretino, di Tiziano.

152


Il Verdizotti, di nobile famiglia veneziana, che dedica la presente edizione a Lorenzo Bernardo, si occupò sia della traduzione e dell’adattamento dei testi che dell’esecuzione dei pregevoli legni, sicuramente ispirati all’opera di Tiziano. Il libro, come dimostrano le innumerevoli ristampe, ebbe grande successo e servì da spunto per tutta la letteratura di questo genere dei secoli successivi, una sicura provenienza verdizottiana si può ad esempio rintracciare nella favola Le loup et le brebis di Jean de la Fontaine. Cicognara, 1130; Mortimer, 523 (per l’edizione del 1570).

3 168 3 Very rare first and only edition of the first biographical collection entirely devoted to writers. Amazing copy, in original limp vellum, bound with the manuscript and the printed version of a rare booklet about the life of Ciriaco Strozzi.

Poccianti, Michele (1535-1576). Catalogus scriptorum florentinorum omnis generis. Firenze, Filippo Giunti, 1589. (Legato con:) Monti, Zaccaria. Vita Kyriaci Strozae auctior. Parigi, H. Perier, ex officina Plantiniana, 1604. Due opere in un volume in-4° (mm 229x152). Due carte non numerate, 172 pagine numerate, 6 carte non numerate; due carte non numerate contenenti una copia manoscritta della Vita Kyriaci (legata, nella sua versione a stampa, nelle pagine che seguono), 7 pagine numerate. Legatura coeva in pergamena floscia, titolo manoscritto al dorso, tracce di bindelle. Esemplare in ottimo stato di conservazione, ad ampi margini. Antica nota di possesso manoscritta al frontespizio ‘Moreau Mod. Paris’ (una nota identica si trova al frontespizio di un esemplare della Bibliothèque du Prytanée National Militaire dell’opera di Girolamo Baldini, Expositio aurea in libros aliquot physicorum Aristotelis et Averrois,Venezia 1573). Note ai margini delle carte G4v e G5v in corrispondenza delle vite a stampa di Ciriaco e di Lorenza Strozzi.

Straordinario esemplare del primo repertorio biografico dedicato a letterati e scrittori. L’opera è anche un’inesauribile fonte bibliografica in cui è possibile rintracciare sia le opere a stampa che quelle allora rimaste manoscritte degli autori fiorentini. Il volume è accompagnato da due carte manoscritte in chiara scrittura di primo Seicento, ascrivibile a due mani differenti, in cui viene riportato da una parte il testo dell’edizione a stampa che chiude il volume della Vita Kyriaci di Zaccaria Monti, dall’altra una lunga nota su Lorenza Strozzi, che comprende anche un componimento in volgare in suo onore. Del raro opuscolo stampato per il Plantin a Parigi - contenente la breve biografia dedicata a Ciriaco Strozzi, grecista fiorentino, lettore di filosofia peripatetica a Pisa - sono censiti solo due esemplari presso la Bibliothèque nationale e non è descritto in nessun repertorio. Adams P, 1677; Bestermann, Beginnings, p. 26.

153


3 169 3 Rare booklet containing a song in praise of St. Francis, adorned by a full-page woodcut on the verso of title showing the saint receiving the stigmata.

Venier, Maffeo (1550-1586). Canzone dell’Illustrissimo Mons. Maffeo Veniero Arcivescovo di Corfù Sopra il Monte dell’Alvernia, dove S. Francesco ricevette le Stimmate. Venezia, Giolito, 1589. In-4° (mm 190x137). 4 carte non numerate. Carattere corsivo. Marca tipografica al frontespizio. Testo inquadrato da cornici silografiche, al verso del frontespizio grande legno raffigurante Francesco d’Assisi che riceve le stimmate. Legatura ottocentesca in vitello, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione.

Prima rara edizione autonoma della Canzone sopra il Monte dell’Alvernia di Maffeo Venier, poeta della corte medicea e, dal 1583, arcivescovo di Corfù, al quale si devono sia poesie in volgare, ispirate all’Aretino, che componimenti di argomento religioso, genere a cui appartiene la Canzone sul diffuso tema della stigmatizzazione di Francesco d’Assisi. Il componimento di Venier era stato già stampato dai Giolito all’interno della Seconda Parte delle Croniche de’ Frati Minori del francescano e vescovo di Oporto Marco da Lisbona, pubblicata nel 1585 e successivamente ristampata proprio nel 1589, e comprendente la stessa silografia raffigurante l’episodio della vita di Francesco che è riprodotta al verso del frontespizio dell’edizione autonoma qui descritta. Notevole fu la popolarità della Canzone, il cui testo compare spesso in successive edizioni di opere dedicate all’Ordine francescano, o impressa nella Legenda sancti Francisci, impressa più volte. Bongi II, 436.

3 170 3 Very rare first and only edition of this Oratio read by Giordano Bruno for the death of the duke of Braunschweig.

Bruno, Giordano (1548-1600). Oratio consolatoria Iordani Bruni Nolani Itali D. habita in illustri celeberrimaque Academia Iulia. Helmstedt, Jakob Lucius, [1589]. In-4° (mm 188x132). 12 carte non numerate. Carattere corsivo. Marca tipografica incisa su legno al frontespizio, al verso grande stemma silografico con le armi del duca di Braunschweig-Lünenburg-Wolfenbüttel. Legatura moderna in mezzo marocchino. Esemplare in buono stato di conservazione, piccolo foro di tarlo alle prime 7 carte, lievi bruniture.

Prima e unica rara edizione di questa orazione recitata da Giordano Bruno il 1 luglio 1589 all’Università di Helmstedt, per la morte del duca Giulio di Braunschweig. Il Bruno si era reca-

154


to da Tubinga a «Helmstedt, dove il 13 gennaio 1589 venne iscritto nell’albo dell’“Academia Julia” - fondata nel 1575 Giulio di Braunschweig - come “Iordanus Brunus, Nolanus Italus” (Album Academiae Helmstadiensis, I, Hannover 1926, p. 73 = Doc. tedeschi, V). Nel II costituto veneto, egli ricorderà: “me tratteni un anno […]; dove occorrendo in questo tempo la morte del Duca, quale era eretico, feci un’orazione alle sue essequie, in concorso con molti altri della Università; per la quali il figliuolo successore mi donò ottanta scudi de quelle parti (Doc. veneti, IX)» (E. Canone, Giordano Bruno. Gli anni napoletani, Cassino 1992, p. 129). Giordano Bruno rimase a Helmstedt fino alla fine dell’aprile 1590, dedicando questo periodo alla composizione di carattere magico (il De magia, le Theses de magia, il De magia mathematica, il De rerum principiis et elementis et causis e la Medicina lulliana). Fu obbligato a lasciare l’Università della città tedesca per la diatriba con il sovraintendente della locale Chiesa luterana Gilbert Voet, che arrivò anche a scomunicarlo. Della presente stampa bruniana sono censiti 31 esemplari, solo due in biblioteche italiane. Salvestrini, 147; Sturlese, 23; Casanatense, Giordano Bruno 1548-1600, 226.

3 171 3 First rare edition of one of the most desiderable illustrated books about Rome printed in the 16th century, here in a beautiful unsophisticated copy, bound in limp vellum.

Fontana, Domenico (1543-1607). Della trasportatione dell’obelisco Vaticano et delle fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V. Libro primo. Roma, Domenico Basa, 1590. In-folio (mm 422x285). Una carta non numerata, 108 carte numerate; 38 tavole incise di cui 35 a piena pagina, due su doppia pagina e una ripiegata più volte; 4 carte non numerate contenenti la tabula, l’errata e il registro; frontespizio inciso con il ritratto dell’autore in cornice architettonica. Legatura coeva in pergamena floscia, tracce di bindelle. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; lievi gore e fioriture. Al frontespizio nota di possesso di Wolf Caspar von Klengel (1630-1691), l’architetto tedesco fautore del rinnovamento barocco della sua città natale, Dresda. Nota di possesso in inchiostro marrone di ‘K. Herold 1867’.

Rara edizione originale del primo libro, il secondo verrà impresso a Napoli solo nel 1604, di questa famosa opera, illustrata magnificamente, e ricordata dalla storiografia come una delle fonti primarie per l’ingegneria e le tecniche costruttive. Oltre alla descrizione del trasporto, fatto a Roma nel 1586, dell’obelisco dal circo di Nerone a piazza San Pietro, il volume raccoglie un’infinità di notizie sull’architettura antica e moderna e sui rinnovamenti sistini di Roma. Il volume è illustrato da raffinate e dettagliate tavole in rame incise da Natale Bonifazio da Selenico e basate sui disegni del Fontana stesso. Di grande interesse sono le 30 pagine dedicate alla descrizione della “gran libreria del Vaticano”, illustrata da una tavola su doppia pagina completata dal testo: si tratta della prima descrizione e rappresentazione di una biblioteca pubblica, la nuova Biblioteca Apostolica Vaticana, ad apparire in un testo a stampa.

155


«Sixtus V, the least nostalgic of prelates, transformed the relics of Egypt from objects of nostalgia to pivots of Roman public life. He set out first of all to move the Vatican obelisk - the only one standing in the Renaissance - from its old position, at the rear of Saint Peter’s, into its present prominent place in the piazza before it.The engineering problems involved were staggering; even Michelangelo had refused to take them on. But Domenico Fontana solved all of them by a combination of meticulous planning and bravura improvisation. In elaborate ceremonies, the obelisk was exorcised and rededicated to the service of the true God; a cross was placed on its top, replacing the ball which had once been thought to contain the ashes of Augustus» (H. L. Goodman, Paper Obelisks: East Asia in the Vatican Vaults, in Rome Reborn, edited by A. Grafton,Washington New Haven - London 1993, p. 118). Fowler 124; Cicognara 3736; Dibner, Heralds of science, 174; Riccardi I, 466-467 ; Rossetti 5098; Mortimer, Italian, 193.

3 172 3 First edition of the most complete and ancient encyclopedia of antique male and female costumes and the practices related to them; it is illustrated by 412 woodcuts engraved by Christopher Krieger based on the designs of Cesare Vecellio,Tiziano’s cousin.

Vecellio, Cesare (1521-1601). De gli habiti antichi et moderni di diverse parti del mondo. Libri due fatti da Cesare Vecellio & con Discorsi da lui dichiarati. Venezia, Damiano Zenaro, 1590. In-8° (mm 182x117). 24 carte non numerate, 499 numerate, una carta bianca. Illustrato da 412 silografie a piena pagina incise da Christopher Krieger su disegni di Cesare Vecellio. Legatura ottocentesca in pelle, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini, ottima inchiostratura delle silografie.

Prima edizione della più antica e completa enciclopedia dei costumi antichi maschili e femminili e delle usanze a loro legate. Una seconda edizione con 82 tavole in più rispetto alla princeps, di cui 20 contenenti costumi americani, uscì dai torchi dei Sessa nel 1598, mentre una terza con 415 xilografie fu stampata nel 1664. Le tavole, raffiguarnti gli abiti del XV e XVI secolo dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, sono opera del pittore Cesare Vecellio, cugino del Tiziano, che dipinse e decorò i libri appartenenti alla biblioteca del nobile veneziano Odorico Pillone, di cui in questo libro viene fatto l’elogio. Colas, 2976; Lipperheide Aa33; Benezit

XIV, p. 82; Adams V, 314.

156


3 173 3 Beautiful hand-coloured copy of the Theatrum orbis terrarum by Ortelius. «This the first edition of the Theatrum with a clear division into three parts: (1) the atlas itself, (2) the Parergon, and (3) the Nomenclator. The Parergon had for the first time its own title page» (Van der Krogt). Between this edition and the first one of 1570, over 81 new maps had been added to its total.They include the first separate maps of the Pacific Ocean, of China, of Japan, and of the southeast United States. Other prized additions include the famous sea monsters map of Iceland and the masterfully engraved travels and life of Abraham map.

Ortelius, Abraham (1528-1598). Theatrum Orbis Terrarum Opus nunc denuo ab ipso Auctore recognitum multisquè locis castigatum, & quamplurimis novis Tabulis atquè Commentarijs auctum. Anversa, Christophe Plantin, 1592. Tre parti in un volume in-folio (mm 480x300). Titolo generale inciso entro bordura con figure allegoriche, ritratto dell’Ortelius inciso da Ph. Galle, 10 fogli a stampa preliminari con dedica e indici; 108 carte geografiche incise su doppia pagina; titolo figurato inciso, 4 carte di testo e 26 carte geografiche incise a doppia pagina (il Parergon); 77 pagine numerate, 4 carte non numerate (il Nomenclator). I due frontespizi incisi e le 134 carte geografiche sono in bella e brillante colorazione di mano strettamente coeva. Elegante legatura moderna in pieno marocchino bruno, che conserva la parte centrale dei due piatti della legatura originale cinquecentesca con fregi a secco. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione; il primo frontespizio con difetti ai margini restaurati; bruniture e lievi macchie in vari fogli.

Splendida edizione di questo famoso monumento cinquecentesco della cartografia. Edizione tra le più ricche di tavole. La prima del 1570 conteneva solamente 53 carte. «This is an edition of the Theatrum with all the additional material but Addimentum V» (Koeman), sono aggiunte 81 mappe rispetto alla prima impressione tra cui le carte geografiche separate della Cina, del Giappone, dell’Oceano Pacifico, del sud degli Stati Uniti, dell’Islanda e la famosa tavola con i mostri marini. Nell’ultima edizione del 1612 il totale delle carte giunse al numero di 154, poiché vi vennero aggiunte anche le tavole riguardanti le scoperte dei viaggi di Le Maire a Capo Horn e la scoperta delle Isole Salomone. Ortelius fu geografo del re di Spagna Filippo II; durante questo incarico compì numerosi viaggi e studi, soprattutto in sud America, i cui risultati furono riportati nei disegni, da lui stesso eseguiti, delle mappe del Theatrum. Inoltre, grazie alla sua permanenza presso la corte spagnola, ebbe accesso ai segreti della cartografia portoghese contenuti nelle mappe disegnate dai padri gesuiti e mai pubblicate, a cui attinse copiosamente per disegnare le carte della Cina e del Giappone. Koeman, Atlantes Neerlandici, III, Ort. 27b.

157


3 174 3 Exceedengly rare first edition of this treatise by Giulio Cesare Croce in praise of the pork. The author describes in a vivid and comic style all the caracteristics of this ‘noble’ animal from cooking to medical recipes.

Croce, Giulio Cesare (1550-1609). L’eccellenza et trionfo del porco, discorso piacevole. Ferrara,Vittorio Baldini, 1594. In-8° (mm 145x105). 72 pagine numerate.Vignetta silografica al frontespizio raffigurante un porco con ai lati il motto in spagnolo ‘Muy bueno POR | COmer es esto’; capilettera istoriati in legno. Legatura coeva in cartoncino. Esemplare in buono stato di conservazione, non sofisticato, sporadiche e tenui gore su alcune carte.

Prima rarissima edizione, nella probabile prima tiratura che riporta il nome dell’autore e non il suo pseudonimo Salustio Miranda, con cui esce lo stesso anno dai torchi del medesimo stampatore. L’eccellenza et trionfo del porco è un’opera «insieme sorprendente e poliedrica, ricca di testimonianze sulle zone intermedie della cultura che dal divertimento burlesco si apre ad un più elevato ed ambito poligrafismo» (Giulio Cesare Croce, l’Eccellenza e Trionfo del porco, a cura di M. Rouch, Bologna 2006, p. XXX). L’autore non disdegna di mescolare toni carnascialeschi e echi desunti dal filone popolareggiante tipico del Cinquecento e che si può far risalire alla celebre Batracomiomachia, poema burlesco in esametri attribuito ad Omero, e di accostarvi l’antica tradizione del Testamentum Porci «delineando un preciso panorama di famiglie, donne, fanciulli, artigiani che vivono del porco, e non solo i pizzicagnoli, ma i calzolai, i “lisciatori di panno”, i “fabricatori delle maledette carte” e fino ai villani, agli scrocconi, ai poveri, insomma un vero spaccato di vita popolare» (ibid.). L’opera si apre con un proemio in cui il Croce dice di voler fare a gara col «bestial Poeta» che ha celebrato l’asino come se alludesse alla composizione di Adriano Banchieri stampata nel 1590 da Barezzi a Venezia (La nobiltà dell’Asino di Attabalippa dal Perù), la trattazione poi prosegue articolandosi in cinque capitoli dove si segue una suddivisione degli argomenti dall’etimologia della parola ‘porco’, alle ricette contenenti segreti medici e di sanità, dagli attributi e le virtù per cui si paragona il porco all’uomo e alla donna, all’evocazione delle auctoritates classiche che hanno scritto di questo animale, cita «Virgilio delle Castagne» e «Plinio, padre delle chiacchiere», si finisce con la trattazione delle feste e dei momenti in cui il porco e le sue peculiarità sono esaltate tanto da invitare le Muse a questo banchetto tra mitologia e cucina, in un continuo procedere per associazioni di idee tra il burlesco letterario e antipedantesco, facendo largo uso dei popolar proverbi come nella migliore tradizione delle Librarie. B.IN.G. 598 (per l’edizione dello stesso anno, ma sotto lo pseudonimo Salustio Miranda); R. L. Bruni - R. Campioni - D. Zancani, Giulio Cesare Croce dall’Emilia all’Inghilterra, Firenze 1991, p. 89, n. 134 (per l’edizione dello stesso anno, ma sotto lo pseudonimo Salustio Miranda).

158


164. Cervantes Saavedra, Miguel de

41


165. Croce, Giulio Cesare

42


173. Ortelius, Abraham

43


178. Consiglio dei Dieci

44


181. Casserio, Giulio

45


184. Porta, Giovanni Battista

46


191. Daza de ValdĂŠs, Benito

47


192. Galilei, Galileo

48


3 175 3 Curious and etherogeneous Sammelband, bound in an enigmatic early-17th century binding with a strange gilt tool with two juxtaposed snakes with inside a monogram (‘ECMA’?), surrounded by three stars and with a half moon in the lower side.The volume contains the first edition of Giovan Battista Leoni’s comedy, the first edition of Erizzo’s collection of tales and a rare Treviso edition of the constitution of ‘Compagnia della Lesina’, an imaginary company ironically based on meanness.

Leoni, Giovanni Battista (ca. 1542-ca. 1613). Antiloco. Tragicommedia. Ferrara, Benedetto Mammarelli per Giovan Battista Ciotti, 1594. (Legato con:) Erizzo, Sebastiano (1525-1585). Le sei giornate, mandate in luce da m. Lodovico Dolce, all'illusstriss. s. Federico Gonzaga marchese di Gazuolo. Venezia, Giovanni Varisco, 1567. (Legato con:) Della famosissima compagnia della Lesina dialogo, capitoli, e ragionamenti. Treviso, Fabrizio Zanetti, 1601. Tre opere in un volume in-4° (mm 204x142). I. 8 carte non numerate (la c. *4 bianca), 66 carte numerate. Al frontespizio marca tipografica del Ciotti incisa su legno, e raffigurante, all’interno di una cornice figurata, Minerva con l’elmo, lo scudo e la lancia su cui è poggiata una civetta, sullo sfondo paesaggio con alloro e olivo; capilettera silografici animati e ornati nel testo, testatine e finalini silografici. II. 8 carte non numerate, di cui l’ultima bianca, 93 carte non numerate, una non numerata. Marca tipografica del Varisco incisa su legno raffigurante una sirena bicaudata che tiene le due code alzate con le mani, racchiusa in cornice figurata; capilettera silografici animati e ornati nel testo. III. 4 carte non numerate, 113 pagine numerate, una non numerata. Al frontespizio marca tipografica con l’impresa della compagnia, raffigurante una lesina con il motto “L’assottigliarla più meglio anche fora”; capilettera ornati, testatine e finalini silografici nel testo. Curiosa legatura seicentesca in vitello marrone, riccamente decorata da ferri dorati con due serpenti interfacciati che racchiudono un monogramma (‘ECMA’?) sormontato da tre stelle e con una mezzaluna nella parte inferiore, ripetuti cinque volte su ogni piatto; tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche gora e piccoli fori di tarlo ai margini bianchi delle prime carte; le carte dell’ultima opera uniformemente brunite, con una gora lungo il margine esterno delle ultime carte; dorso della legatura rifatto. Al contropiatto anteriore etichetta in carta con la scritta: ‘A Monsieur Ch. Cottier, premier Consul de la ville de Carpentras (pour la seconde fois). An 1787.’; il recto del foglio di guardia anteriore annotato da una mano settecentesca; una nota manoscritta di mano differente, ma dello stesso periodo, al recto della penultima carta dell’ultima opera. I.

Prima e unica edizione conosciuta di questa tragicommedia di Giovanni Battista Leoni, letterato poligrafo e storico di probabili origini padovane, attivo prevalentemente a Venezia nella seconda metà del sec. XVI, e che fu uno dei fondatori, nel 1593, della “seconda”Accademia veneziana. Con lo pseudonimo di Lauro Settizonio firmò drammi e favole morali, tra cui la Roselmina (1595) e La falsa riputazione della fortuna (1597). La tragicommedia in cinque atti Antiloco è dedicata dall’autore a Giovanni de’ Medici ed è preceduta dall’Argomento e da un carme latino. II. Prima e unica edizione del secolo XVI di questa raccolta raccolta di 36 novelle, ricavate da varie fonti erudite, nelle quali l’Erizzo immagina che nel 1542 a Padova sei giovani studenti forestieri si riuniscano per sei mercoledì nella casa di un loro compagno a banchettare e raccontar novelle. III. Interessante edizione del famoso Statuto della Compagnia della Lesina, un’immaginaria compagnia mai esistita, una pura invenzione letteraria, pubblicata per la prima volta nel 1589, e spesso erroneamente attribuita a Francesco Maria Vialardi e Tommaso Buoni. L’ignoto autore sostiene che

159


il vocabolo della «lesina è cosa moderna e con grandissima fatica ritrovato quodam miracolosamente in su certi scartabelli […] dove si dice espressamente che […] fu originato da quella semenza de’Taccagnoni […] i quali per marcia miseria, e avaritia, si mettevano infino a rattaconar le scarpette, & le pianelle, con le loro proprie mani, per non ispendere […] Tal mestier del rattaconar non si può fare senza lesina, anzi è lo stromento principale, però gli altri simili della Compagnia, ignari del vero titolo, prendono questo vocabolo della lesina, à simiglianza di molti altri mestieri». L’autore organizza in capitoli le varie situazioni della vita, consiglia come economizzarle e come utilizzare la lesina in ogni cosa: «Spender poco. Fuggir gli interessi. Parcità del vitto. Del vestire. Panni nuovi di rado. Far come si può. Del prestare e del donare. Impararare a spese altrui. Del prender moglie, etc.». Le ultime carte contengono le stanze del poeta Sciarra Fiorentino. I.

Graesse, 166. II. Adams E, 923; Gamba, 1381; Fontanini p. 93; Passano I, 291. III. Gamba, 898; Brunet II, 1175.

3 176 3 Set of 4 very rare Palermo’s editions written by the Sicilian historian and doctor Matteo Donia, including the curious booklet Polystichon illustrated by 12 crude woodcuts showing the emblems of famous Sicilian people. Donia, Matteo (sec. Palermo, 1595.

XVI).

[Raccolta di quattro operette in edizione originale].

L’autore nacque attorno alla metà del secolo XVI a Palermo, nulla si sa della famiglia ma si può supporre che appartenesse alla migliore società come si desume da una sua opera sul crollo del ponte a Palermo nel 1590. Da uno studio di Lombardo Radice risulta che il Donia studiò forse filosofia a Napoli e poi si recò a Pisa dove si adottorò in medicina nel novembre 1586. A Palermo ritornò e esercitò la professione, a detta degli storici con una certa fama. Fu membro della Accademia degli Accesi e dell’Accademia degli Spregiati. I.

Ad Posteros Gephyraptoyca Descriptio. Palermo, Giovanni Antonio Carrara, 1595.

In-8° (mm 145x93). 32 pagine numerate. Grande stemma silografico al frontespizio, iniziali silografiche ornate nel testo. Legatura in cartonato posteriore. Esemplare in buono stato di conservazione. In quest’opera l’autore narra, parte in prosa e parte in versi, dello sfortunato caso del 15 dicembre 1590 - nel quale si trovò coinvolto personalmente - in cui crollò un ponte sul mare e annegò il fior fiore della nobiltà cittadina. È interessante notare che nell’operetta viene riportato anche l’elenco di coloro che precipitarono e di quelli che morirono.

Panormi questus et Charontis cum Panormitano Genio colloquium […]. De Casu lignei pontis in proregis reditum fabricati. Palermo, Giovanni Antonio Carrara,1595.

II.

In-8° (mm 145x91). 12 pagine non numerate. Marca tipografica al frontespizio e al recto dell’ultima carta; al verso del frontespizio grande stemma del Senato della Città di Palermo col motto ‘felix et regni caput’; iniziali silografiche ornate nel testo. Legatura in cartonato posteriore. Esemplare in buono stato di conservazione. Opuscolo correlato al precedente e dedicato a Don Andrea Salazar “Panormitani Castri Dignissimo Praefecto”.

160


III. Polystichon.

Palermo, Giovanni Antonio Carrara, 1595.

In-8° (mm 145x91). 32 pagine mal numerate 26. Marca dello stampatore al frontespizio; 12 vignette silografiche e iniziali ornate incise su legno nel testo. Legatura in cartonato posteriore. Esemplare in buono stato di conservazione, piccolo restauro all’angolo bianco del frontespizio. Raccolta di brevi composizioni fra cui notevole è l’epigramma in cui con toccanti accenti l’autore piange la morte del primogenito Giovanni. Le graziose vignette sono le imprese di altrettanti nobili e insigni palermitani. IV. Formica

dialogus. Palermo, Giovanni Antonio Carrara, 1595.

In-8° (mm 145x91). 12 pagine numerate. Marca silografica dello stampatore al frontespizio; nel testo due vignette silografiche con la cicala e le formiche. Si tratta probabilmente della prima opera composta dal Donia ed è ispirata alla nota favola esopiana. Mongitore, Bib. Sicula, II, pp. 56-57; Mira I, 313 e ss; DBI, sub voce Donia.

3 177 3 Very rare first edition of the 6th part of De Bry’s Historia Americae sive novi orbis, containing the third and last portion of Benzoni’s history relating to Perù. In this volume there are also to be found a history of the Canary Island and a history of the expedition of the French into Florida.

De Bry, Theodor (1528-1598). America pars sexta sive Historiae ab Hieronymo Benzono. Francoforte,Theodor de Bry, 1596. Due parti in un volume in-folio (mm 355x240). I. 108 pagine numerate; tra le pp. 96 e 97 due tavole fuori testo impresse a doppia pagina contenenti una Carta delle Americhe e una pianta di Cuzco. II. Una carta non numerata (frontespizio), 28 carte non numerate, recanti incisioni in rame a mezza pagina che illustrano gli avvenimenti descritti nel testo. Frontespizio inciso all’inizio di ognuna delle due parti raffigurante un re indigeno con sfondo di rocce e personaggi impegnati in varie attività. Legatura moderna in mezza pergamena. Esemplare in discreto stato di conservazione, accuratamente lavato; alcune carte leggermente brunite, fori di tarlo restaurati al margine esterno di tutto il volume con perdita di alcune lettere.

Prima edizione di uno dei libri più importanti nella storia della cartografia e dei viaggi in America. L’autore raccolse i resoconti di vari viaggiatori su singoli continenti e li pubblicò a Francoforte e a Oppenheim a partire dal 1590, in 13 diversi volumi. Il De Bry pubblicò personalmente le prime sei parti, mentre le successive furono curate dai figli e in seguito dal Mérian, fino all’ultima del 1634. La presente è la sesta parte ed è quella più interessante per la sezione geografica, dal momento che si basa sui racconti di viaggio di Girolamo Benzoni, che salpò per le Americhe nel 1541, e vi rimase 15 anni. Questo esploratore visitò le Antille, l’istmo di Panama, il Guatemala e tutta la costa ovest dell’America del Sud. Nel 1556 rientrò in Italia percorrendo un lungo itinerario attraverso la Spagna e nel 1565 stampò a Venezia un libro intitolato Historia del Mondo Nuovo che ebbe un successo considerevole, testimoniato da numerose ristampe. Church I, 158; Sabin 8784.

161


3 178 3 The handbook for the Council of Ten. Unknown edition of this guide to the decrees, laws, orders and determinations of the Collegio dei Dieci Savi in Venice, probably printed in a very few number of copies only for the new members who from time to time enter into that office.

[Venezia. Consiglio dei Dieci]. Sommario delle Parti, Leggi, Ordine et Terminazioni Dell’Eccellente Collegio de I Diece Savii: per instruttione de ciascuno delli Signori, che di tempo in tempo entreranno in esso Officio. Venezia, Giorgio Angelieri, 1597. Stampato in-8° stretto e lungo (mm 218x80). 46 pagine numerate. Al frontespizio silografia raffigurante il leone di S. Marco racchiuso in un ovale. Legatura originale in cartonato rustico coevo; al piatto superiore titolo manoscritto ‘X Savi 1597’.

La presente edizione, sconosciuta a tutti i repertori, è da considerarsi una guida ai decreti, leggi, ordini e decisioni del Collegio dei Dieci Savi di Venezia (conosciuto anche come “Consiglio dei Dieci”). Il volume venne stampato per essere distribuito ai nuovi membri che entravano a far parte del Consiglio. Il Consiglio dei Dieci venne convocato per la prima volta nel 1310 dal Senato, diventò permanente dal 1335, e guadagnò ben presto potere acquistando il controllo sia della politica estera che del governo veneziano. Il Consiglio era costituito da 16 membri, designati tramite elezione, ed era suddiviso in tre commissioni: per gli affari di governo, per gli affari militari e finanziari, per gli affari marittimi. Il Sommario si concentra in particolar modo sui primi due degli ambiti di potere elencati sopra e contiene capitoli che trattano delle decime (imposte dirette), dell’ampliamento dell’autorità del Consiglio dei Dieci, della tesoreria, dei doveri degli scrivani, dei ministri, dei fanti e della maniera di procedere nei confronti dei debitori. È inoltre interessante notare che prima dell’indice c’è una nota a stampa di Alvise Sanudo “sopra la Scrittura”, che contiene la spiegazione della genesi di questa guida. Nel 1556 il Consiglio ordinò per la prima volta la redazione di un libro nel quale registrare separatamente i decreti, le leggi e gli ordini tenendo conto della distinzione tra Signori, scrivani ed altri. Nel 1563 e nel 1586 vennero emessi, rispettivamente, un decreto per un libro di “Terminationi” e per un “Sommario” di cui fornire ciascun Signore facente parte del Consiglio dei Dieci. Il presente testo, ordinato nel 1593 e aggiornato dunque solo fino a quell’anno, sembrerebbe essere il più antico esempio sopravvissuto di un “Sommario”, prodotto specificatamente per essere distribuito ai membri del Collegio e quindi presumibilmente stampato in un numero assai esiguo di copie. Manca a RLIN, COPAC, KvK, OCLC, Cicogna e Sorenzo.

162


3 179 3 Rare first edition of the first book devoted to acrobatics, here with the superb folding plate depicting the author leaping through a span of ten hoops held by ten men, often found missing (i.e. Fairfax-Murray and Harvard copies). Arcangelo Tuccaro was an Italian acrobat from L’Aquila in the Abruzzi.Tuccaro became Charles IX of France gymnastic instructor and notes that he was desirous of practising perilous leaping.

Tuccaro, Arcangelo (ca. 1535-1602). Trois dialogues de l’exercice de sauter, et voltiger en l’air. Parigi, Claude de Monstr’oeil, 1599. In-4° (mm 221x165). 4 carte non numerate, 197 numerate, una carta bianca. Fregio al frontespizio, testatine e capilettera ornati incisi in legno, 87 silografie nel testo, una grande carta più volte ripiegata (mm 400x235) fuori testo. Legatura settecentesca in vitello agli acidi, i piatti sono inquadrati da un triplice filetto impresso a secco, dentelles e merletto interno dorati, sguardie in carta caillouté. Dorso a cinque piccoli nervi con ferri floreali in oro, tassello in marocchino bordeaux con titolo, tagli rossi, segnalibro in seta rossa. Esemplare in buono stato di conservazione, restauro alla parte inferiore della tavola ripiegata.

Editio princeps del primo trattato di ginnastica acrobatica mai stampato, di notevole rarità poiché utilizzato come manuale pratico. Autore ne fu il celebre acrobata, originario degli Abruzzi, Arcangelo Tuccaro che, come possiamo apprendere dalla lettera dedicatoria a Enrico IV, fu al servizio dell’Imperatore Massimiliano II ed ebbe l’onore di accompagnare sua figlia Isabella a Parigi per le sue nozze con Carlo IX di Francia, di cui divenne istruttore di ginnastica. L’opera è divisa in tre dialoghi, il primo descrive gli esercizi e le danze praticati nell'antichità, il secondo è un’accurata descrizione di esercizi acrobatici, tra cui ricordiamo il salto mortale, il terzo esamina i benefici che la ginnastica apporta al corpo. Fairfax-Murray 553; Lipperheide 3037; Brun, Le livre francais illustré de la Renaissance, p.306.

3 180 3 First edition of the first great scientific work printed in England, «the first major English scientific treatise based on experimental methods of research» (PMM). In the first book Gilbert «introduced his new basic idea […] that the earth is a gigantic lodestone and thus has magnetic properties» while in the second one, his observations on the amber effect «introduced the vocabulary of electrics, and is the basis for Gilbert’s place in the history of electricity» (DSB).

Gilbert, William (1544-1603). De magnete, magneticisque corporibus, et de magno magnete tellure; Physiologia nova, plurimis et argumentis, et experimentis demonstrata. Londra, Peter Short, 1600.

163


In-folio (mm 271x186). 8 carte non numerate, 240 pagine numerate. Marca tipografica dello Short raffigurante due mani che stringono un cadùceo (McKerrow 119) al frontespizio.Al verso del frontespizio grande stemma silografico; un gran numero di incisioni su legno nel testo, alcune delle quali a piena pagina; una tavola ripiegata fuori testo (tra la p. 200 e la p. 201) recante un diagramma silografico. Capilettera animati ed ornati, testatine e finalini incisi su legno nel testo. Legatura novecentesca in mezza pergamena con angoli; al dorso titolo in oro su tassello in marocchino. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche piccolo foro di tarlo alle carte K1 ed M5, lievi macchie e qualche brunitura dovuta all’ossidazione della carta. ‘Ex libris Liechtensteinianis’ e ‘Cornelius J. Hauck’.

Prima edizione assoluta di quest’opera fondamentale dedicata all’analisi delle proprietà e della natura delle calamite e ai fenomeni elettrici, scritta dal medico e scienziato William Gilbert. Il De magnete è considerato «the first major English scientific treatise based on experimental methods of research. Gilbert was chiefly concerned with magnetism; but as a digression he discussess in his second book the attractive effect of amber (electrum), and thus may be regarded as the founder of electrical science. He coined the terms ‘electricity’,‘electric force’ and ‘electric attraction’. […] Gilbert’s book influenced Kepler, Bacon, Boyle, Newton and, in particular, Galileo, who used his theories to support his own proof of the correctness of the findings of Copernicus in cosmology» (PMM). Dibner 54; Horblit 41; Wellcome 2830; Norman 905; J.L. Heilbron, Electricity in the 17th and 18th centuries, Berkeley 1979, pp. 169-179; PMM 107.

3 181 3 First edition of «one of the sixteenth century’s most ambitious and detailed investigations into comparative anatomy» (Norman).The very fine unsigned anatomical engravings were probably the work of Joseph Maurer. «Medical historians rank the accuracy and artistry of the illustrations in this and other works of Casserio in the same category as those of Vesalius, with Casserio setting the standard in copperplates as Vesalius had done in woodcuts» (Heirs of Hippocrates).The striking engraved title - possibly «unique in the history of iconography in its use of dissected putti» (Grolier Medicine) - and the two portraits have been recently attributed to Jacopo Ligozzi. Casserio, Giulio (ca. 1552-1616). De vocis auditusque organis historia anatomica. Ferrara,Vittorio Baldini, 1600-1601. In-folio (mm 404x264). 60 pagine non numerate, 191 pagine numerate, 126 pagine numerate, una carta non numerata. Il volume ha tre antiporte figurate, tra le più belle della tipografia cinquecentesca, un titolo a stampa entro elaboratissima bordura con scheletri di putti alati; un ritratto del dedicatario Ranuccio Farnese, duca di Parma, e uno dell’autore, nell’atto di sezionare una mano, entro due splendide bordure con figure allegoriche e stemmi gentilizi. L’illustrazione comprende inoltre 34 finissime tavole anatomiche nel testo, 22 riguardanti gli organi vocali e 12 l’apparato auditivo. Legatura coeva in pergamena bianca, titolo in oro su tassello in pelle al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; lievi gore, piccolo restauro ad un angolo delle prime 5 carte.

Prima rara edizione di uno dei trattati scientifici più ambiziosi del XVI secolo sull’anatomia comparata. Il piacentino Casserio, allievo di Girolamo Fabrici, di cui fu successore presso la cat-

164


tedra di chirurgia dell’Università di Padova, descrive qui, con accurata precisione, l’apparato muscolare e nervoso riguardante gli organi della voce e dell’udito umani paragonandoli a quelli di vari animali. «The first book, on the vocal apparatus, contains comparative investigations of the vocal organs of the cicada, grasshopper, and similar insects [and of other mammals, birds, and amphibians], as well as the first accurate description of the laryngeal muscles and nerves. The second book, on the structure of the ear, contains the first clear description of the ossicles, comparative studies of the auditory ossicles of various animals, and anatomical descriptions of the inner ear that were far more accurate than any given before, as well as a detailed account of the external ear muscles» (Grolier Medicine, p. 93). Da segnalare l’esposizione e l’illustrazione dell’apparato dell’udito del pesce, fino ad allora creduto sprovvisto di tale organo di senso. Le tavole, stimate le più eleganti illustrazioni nella storia dell'anatomia comparata, sono state attribuite al pittore ed incisore tedesco Joseph Maurer che probabilmente visse per un periodo a casa dell’autore stesso, mentre le bordure e i ritratti a Jacopo Ligozzi, illustratore di Ulisse Aldrovandi. Garrison Morton 286; Grolier Medicine 24; Heirs of Hippocrates 397; Norman 410; Waller 1809; Wellcome 1333; Hofer, Baroque, 62; Choulant 223-24.

3 182 3 Rare enlarged edition of one of the most famous ‘isolario’, containing in the last part (the third book) a long description of the American islands.

Porcacchi, Domenico (1530-1585). L’isole più famose del mondo descritte da Thomaso Porcacchi da Castiglione aretino e intagliate da Giacomo Porro padovano. Venezia, eredi di Simone Galignani, 1605. In-folio (mm 290x190). 12 carte non numerate, 211 pagine numerate. Frontespizio inciso in rame con titolo racchiuso da una porta con grandi talamoni, alla base marca tipografica della torre e simboli geometrici; illustrato da 48 carte geografiche nel testo raffiguranti le principali isole del mondo. Legatura coeva rimontata, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in discreto stato di conservazione, accuratamente lavato, sguardie rinnovate. Annotazioni di mano seicentesca molte delle quali recanti commenti dell’estensore - probabilmente un capitano di nave - sulle isole viste.

Ottima edizione, di molto ampliata rispetto alla prima del 1572, qui infatti compaiono 48 carte geografiche rispetto alle 31 della precedente. Le incisioni sono di Girolamo Porro e raffigurano le più famose isole tra le quali: Sicilia, Sardegna, Corsica, Malta, Elba, le isole della Grecia, quelle dell’Oriente e dei Caraibi. Inoltre di notevole interesse sono il mappamondo, la carta dell’America, e la carta nautica del mondo. «This edition contains much more than the first. Pages 154-184 relate to America, and contain ‘Descrittione della Gran Citta e isola Temistitan’ (Mexico City), with a plan; ‘Descrittione dell’isola et terra di Santa Croce, overo Mondo Nuovo’, with a curious map; and descriptions of the islands of ‘Spagnuola, Cuba, Jamaica or S. Iacopo, S. Lorenzo,

165


and S. Giovanni detta Borichen’ [i.e. Puerto Rico], with five maps.The volume closes with the ‘Descrittione del Mappamondo’, and ‘Discorso intorno alla Carta da navigare’, pp. 193-201, with the two maps of the world». Olschki, Choix, 991; Michel

VI, p. 141; Blackmer

n. 1330 (per l’ed. del 1576).

3 183 3 Scarce first edition of this astrological treatise by Magini, a Paduan astronomer, cartographer, and mathematician, friend of Kepler.

Magini, Giovanni Antonio (1555-1617). De astrologica ratione, ac usu dierum criticorum, seu decretiorum. Venezia, Bartolomeo Rodella, 1607. In-4° (mm 217x160). 10 carte non numerate, 118 carte mal numerate 120. Marca tipografica incisa su legno al frontespizio: una salamandra tra le fiamme con coloritura coeva in verde e blu; capilettera silografici ornati. Lungo tutto il testo numerose silografie con schematici, come era d’uso per l’epoca, diagrammi astrologici tranne quello alla c. 64v di forma circolare che anticipa graficamente gli schemi natali che saranno realizzati, in quella forma, solo nel XX secolo. Legatura in pergamena coeva con titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte brunite; fori di tarlo al margine superiore delle ultime carte. Antiche note di possesso manoscritte al frontespizio e ai fogli di guardia.Timbro ‘Biblioteca prof. dr. Cesare Dubler’ al frontespizio e all’ultima carta.

Prima edizione di quest’opera dell’astrologo, astronomo, cartografo e matematico padovano, ristampata a Francoforte l’anno successivo. L’autore, estimatore di Keplero, nel 1588 fu preferito a Galileo per occupare la cattedra di matematica all’Università di Bologna già stata di Egnazio Danti. «Nell’opera in commento Magini sostiene l’uso leggittimo dell’astrologia in medicina, ma condanna la superstiziosa astrologia araba e le predizioni fatte sui temi natali, perché in contrasto con le regole della Chiesa e incompatibili con l’esercizio normale del libero arbitrio. Si tratta di un’opera che rientra nell’ambito della astrologia medicale o iatromatematica» (L. Cantamessa, Astrologia. Opere a stampa (1472-1900), Firenze 2007, vol. II, n. 2671). I contenuti dell’opera sono distribuiti equamente tra un commento a Galeno, due trattati di astrologia medica e di precetti astrologici, e infine una collezione di 30 oroscopi. Tra questi 14 sono presi da quelli di Thomas Bodier, tre da Girolamo Cardano, ma ricalcolati secondo i parametri copernicani; 4 sono opera del suo amico Girolamo Rossi, mentre i rimanenti 9 sono frutto del lavoro pratico di Magini, le ruote astrologiche sono molto vicine nella struttura a quelle del Bodier. Riccardi I, 68; Krivasty 7244; Caillet 6964.

166


3 184 3 First edition and an interesting association copy, owned by the dedicatee, Federico Cesi, of Porta’s principal work on distillation. Prof. David Freedberg has examined the ex dono inscription on the front-end flyleaf and believes it to be in Cesi’s hand, with the unusually large letterforms comparable to comments Cesi made in the manuscript of the Erbario Miniato (Windsor Castle).

Porta, Giovanni Battista (ca. 1535-1615). De Distillatione Libri IX. Quibus certa methodo, multiplicique artificio, penitioribus naturae arcanis detectis, cuiuslibet mixti in propria elementa resolutio, perfecte docetur. Roma, Ex Typographia Reverendissima Camerae Apostolicae, 1608. In-4° (mm 244x180). 10 carte non numerate, 154 pagine numerate, tre carte non numerate. Nella numerazione è compreso il ritratto – inciso in rame da Giacomo Lauro (Benezit III, p. 55) - del Porta all’età di 64 anni, entro ovale circondato da una grande bordura in cui sono raffigurati i segni zodiacali, gli strumenti e le formule alchemiche. 35 silografie nel testo raffiguranti strumenti chimici come fornaci, storte, alambicchi somiglianti a figure animali.Alle prime carte scritture in diversi alfabeti: ebraico, greco, caldeo, persiano, illirico e armeno. Cartonato coevo, scatola in tela bordeaux. Esemplare con barbe in ottimo stato di conservazione, alcuni fogli chiusi. Alla carta volante anteposta al frontespizio iscrizione di mano di Federico Cesi: ‘Ex dono Authoris’. Al frontespizio e alla prima carta del Proemio timbro dell’Accademia dei Lincei.

Eccezionale copia di dono della prima edizione del De Distillatione, regalata dal Porta al principe Federico Cesi, a cui l’opera è dedicata. Il professor David Freedberg, dopo attento studio, ha accertato che la nota manoscritta - al primo foglio volante anteposto al frontespizio - è di mano del Cesi stesso. L’inusuale grafia, caratterizzata dalle grandi e larghe lettere, è stata comparata con i marginalia di mano del Cesi apposti sul manoscritto dell’Erbario Miniato, oggi conservato nella Biblioteca del Castello di Windsor. Il De Distillatione è la seconda opera di cui viene finanziata la stampa dall’Accademia dei Lincei che, nel luglio del 1610, inviterà ufficialmente il Della Porta, allora settantacinquenne, ad associarsi come suo membro (Eye of the Lynx, p. 426, n. 31). Nel 1612 verrà poi nominato vicePrincipe del Liceo di Napoli, la prima e unica sede distaccata dell'Accademia. «Porta published in 1608 at Rome a work on distillation, its methods, apparatus and applications, which is of interest as giving a more comprehensive view of the applications of distillation in the 16th century than is found in any other work of the period. Methods and apparatus for distillation had been described from very early times by Zosimus, pseudo-Geber, Brunschwyk, Biringuccio, Agricola and many others for particular applications […]. This treatise of Porta is divided into nine books, dealing successively with the kinds of distillation, the methods and apparatus for distillation of strong retorts, condensers etc.The seventh book deals with the distillation of strong waters,‘aquae validae,’ he calls them.These are the corrosive mineral acids in the variety described in the German Probierbüchlein, and in the works of many writers following pseudo-Geber… The distillation of alcohol from wine, and the preparation of certain oils of animal origin are also given, musk, civet, beaver, scorpion, etc.» (Stillman, The Story of Early Chemistry). Ferguson II, 215-16; Norman 1724; Duveen, p. 481.

167


3 185 3 First rare edition of this anonymous work, now ascribed without doubts to Orazio Grassi, opening the famous “controversy of the comets” (see nn. 186-189 and 192 of this catalogue). Grassi was a Jesuit mathematician who published also using the pseudonym of Lothario Sarsi.

[Grassi, Orazio (1583-1645)]. De tribus cometis anni MDCXVIII disputatio astronomica publice habita in Collegio Romano Societatis Iesu ab uno ex patribus eiusdem Societatis. Roma, Giacomo Mascardi, 1619. In-4° (mm 208x152). 15 pagine numerate, al verso l’imprimatur. Al frontespizio vignetta silografica col monogramma ‘IHS’; iniziali silografiche, una tavola ripiegata raffigurante le costellazioni. Legatura in mezza pergamena con carta marmorizzata ai piatti. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Rarissima edizione originale di questo trattato, apparso anonimo, ma opera del padre gesuita Orazio Grassi in cui, seguendo le opinioni di Ticho Brae (1546-1601), stabilisce che la cometa apparsa nel 1618 era di origine celeste. Nel sostenere la tesi dell’astronomo danese sulle comete, Orazio Grassi riprende anche alcune citazioni di Seneca: dopo secoli di quasi completa dimenticanza, il settimo libro delle Naturales Quaestiones si impone all’attenzione degli studiosi; se ne trovano frequenti citazioni anche nel testo di Mario Guiducci Discorso delle comete (si veda scheda n. 186 del presente catalogo) che proponeva la tesi galileiana della cometa come effetto ottico. Cinti 62; Carli-Favaro 79; Riccardi 628 (2). Manca a Honeyman e Macclesfield. Solo tre copie censite nelle biblioteche italiane.

3 186 3 First edition of this famous work contributing to the famous “controversy of the comets” which was of great importance in Galileo’s scientific career. Guiducci, who became Galileo’s assistant in 1618, allowed Galileo to publish under his name this work which attacked Orazio Grassi’s De tribus cometis (1619). Galileo used Guiducci's name partly due to his own ill health, and partly on account of the admonition he had received from the Inquisition in February 1616. Grassi replied later in the same year with yet another work entitled Libra astronomica (see n. 187 of this catalogue) which contained personal attacks on both Galileo and Guiducci and deliberately misrepresented Galileo's opinions on comets as expressed in the Discorso delle comete.

Guiducci, Mario (1585-1646). Discorso delle comete fatto da lui nell’Accademia Fiorentina nel suo medesimo Consolato. Firenze, Stamperia di Pietro Cecconelli alle Stelle Medicee, 1619.

168


In-4° (mm 196x137). Due carte non numerate, 54 pagine numerate.Al frontespizio impresa delle ‘stelle medicee’ e due diagrammi silografici nel testo. Legatura moderna in marocchino blu con larga bordura ai piatti e stemma in oro, tagli rossi. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Prima edizione del Discorso del Guiducci, celebre allievo di Galileo e membro dell’Accademia della Crusca e di quella Fiorentina. L’opera è comunemente attribuita, del tutto o in gran parte, a Galileo poiché vi si illustra il suo pensiero riguardo alle comete, in risposta al De Tribus Cometis (si veda scheda n. 185 del presente catalogo) di Orazio Grassi. Il testo tratta della consistenza e del moto delle comete e delle proprietà del telescopio, sempre in opposizione alle teorie tichoniane dei Padri del Collegio Romano e si inserisce in una delle più grandi dispute della storia della scienza, cominciata proprio con l’opera di Grassi del 1619. Carli-Favaro 17; Cinti 63; Honeyman

IV, 1571; Riccardi I, 629; Gamba

573.

3 187 3 First edition of Grassi’s attack on Galileo’s theory of comets, which had been expressed under his disciple Mario Guiducci’s name in his Discorso delle comete of 1619 (see n. 186 of this catalogue).The work continued the “controversy of the comets” and a wealth of published attacks between the scientists, culminating in Galileo’s Il Saggiatore (see n. 192 of this catalogue).

Grassi, Orazio (1583-1645). Libra astronomica ac philosophica qua Galilaei Galilaei opiniones de cometis a Mario Guiducio in Florentina Accademia expositae, atque in lucem nuper editae, examinantur a Lothario Sarsio Sigensano. Perugia, Marco Naccarini, 1619. In-4° (mm 197x141). 72 pagine numerate. Bella vignetta al frontespizio con la cometa nella costellazione della Libra e alcune piccole silografie nel testo. Legatura moderna in mezza pergamena, carta a pettine ai piatti. Esemplare in ottimo stato di conservazione, immune dalle consuete arrossature.

Rara edizione originale di questo opuscolo, apparso sotto lo pseudonimo di Lotario Sarsi, che contiene la replica del Grassi al Discorso delle Comete di Mario Guiducci (si veda scheda n. 186 del presente catalogo). Il Grassi, professore di matematica al Collegio Romano, incorporò i commenti di Scheiner insieme alle sue personali osservazioni scientifiche e a forti attacchi personali al Galileo. Suddivisa in tre sezioni, l’opera è fondamentalmente un attacco alle teorie galileiane e copernicane. La risposta del Guiducci apparve nel 1620 in una Lettera al Galluzzi, mentre quella di Galileo giunse con il Saggiatore, nel 1623. Carli-Favaro 81; Giunti, 64; Honeyman Biblioteche italiane.

IV,

1539; Lalande, p. 173; Riccardi I, 628; Cinti, 64. Solo due copie nelle

169


3 188 3 First edition of one of the rarest books in the “controversy of the comets” involving Galileo.The work is the last response of Guiducci to Grassi written as an epistle to his former professor of rethoric Tarquinio Galluzzi.

Guiducci, Mario (1585-1646). Lettera al molto rev. P. Tarquinio Galluzzi […] nella quale si giustifica dell’imputazioni dategli da Lottario Sarsi Sigensano nella Libra astronomica, e filosofica. Firenze, Pignoni, 1620. In-4° (mm 203x145). 10 carte non numerate. Marca tipografica al frontespizio raffigurante una nave col motto ‘Vult et potest’, iniziali e testatine silografiche nel testo. Carattere corsivo. Legatura moderna in mezzo marocchino, carta decorata ai piatti. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture.

Prima rarissima edizione dell’ultima risposta del Guiducci al Grassi, realizzata sotto forma di epistola al Galluzzi (1573-1649), padre gesuita e professore di arte oratoria al Collegio Romano. «In 1620 Guiducci protested the treatment he had received in the Libra by publishing [the present] letter addressed to his former professor of rhetoric, Tarquinio Galluzzi of the Collegio Romano. He had first considered replying directly to Grassi, but Cesi advised against that.Although Galileo probably participated in experiments described in Guiducci's letter countering those in the Libra, the letter was entirely Guiducci’s» (S. Drake, Galileo at Work, New York 1995, p. 279). Solo due copie censite nelle biblioteche italiane e mai apparso in asta negli ultimi 30 anni. Carli-Favaro 82; Riccardi i, 646; Gamba 573. Manca a Cinti, Honeyman e Macclesfield.

3 189 3 Exceedengly rare first edition of Stelluti’s contribution to the “controversy of the comets”, published in very few copies by a quite unknown printer of the little city of Terni. Even if Stelluti was a galilean and one of the first partners of the Accademia dei Lincei, Galileo unsatisfied of the description of his own ideas contained in this booklet, decided to write the Saggiatore.

Stelluti, Giovan Battista (ca. 1535-1615). Scandaglio sopra la Libra astronomica et filosofica di Lotario Sarsi nella controversia delle comete e particolarmente delle tre ultimamente vedute l’anno 1618. Terni,Tommaso Guerrieri, 1622. In-4° (mm 206x148). Due carte non numerate, 86 pagine numerate, una carta con l’errata.Al frontespizio silografia allegorica raffigurante una mano che con un compasso misura una bilancia. Legatura in pergamena antica. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture.

170


Prima ed unica edizione di uno dei più rari libri di Galileiana, importante tassello di una delle più controverse polemiche della storia della scienza. La pubblicazione dell’opera dello Stelluti incoraggiò Galileo ad intervenire in prima persona con il celebre Saggiatore (vedi scheda n. 192 del presente catalogo). Si conosce assai poco a proposito di Giovanni Battista Stelluti, avvocato di Fabriano, fratello del più noto Francesco, tra i fondatori dell’Accademia dei Lincei, amico di Galileo ed autore di varie opere scientifiche. Molti riferimenti allo Scandaglio ricorrono però nelle lettere di Francesco a Galileo. Lo Scandaglio fu pubblicato a Terni, presso un editore di poca importanza, in pochi esemplari, ed è di insigne rarità: il Cinti non ne conobbe l’esistenza, Riccardi non ebbe la possibilità di vederne alcun esemplare. Carli-Favaro 89; Riccardi II, 477.

3 190 3 First and only edition of this rare and important treatise on the drinking art, one of the first books to give instructions on the making of sparkling wine.The volume is adorned by an engraved titlepage and by 8 woodcuts showing the pottery and the instruments used by Eropean and Japanese people to warmth wine and sakè.

Scacchi, Francesco (1577-1656). De salubri potu dissertatio. Roma,Alessandro Zannetti, 1622. In-4° (mm 199x140). 5 carte non numerate, 235 pagine numerate, 6 carte non numerate, manca una carta bianca all’inizio. Frontespizio calcografico decorato da un’elaborata cornice architettonica nella quale sono inseriti il ritratto del cardinale Ottavio Bandino, dedicatario dell’opera, e il suo stemma. Iniziali silografiche ornate nel testo, a p. 95 otto illustrazioni silografiche raffiguranti gli strumenti – dell’autore e dei giapponesi – utilizzati per scaldare e raffreddare le bevande. Legatura novecentesca in marocchino rosso con decorazioni in oro e a secco ai piatti, titolo in oro al dorso, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, accuratamente lavato; lievi gore, restauri ai margini della seconda e dell’ultima carta. Nota di possesso manoscritta coeva al frontespizio.

Prima ed unica edizione di questo rarissimo e importante trattato sull’arte del bere del medico fabrianense Francesco Scacchi, di capitale importanza per la storia dello spumante. Il De salubri potu dissertatio «si inserisce a pieno titolo nella tradizione spumantistica marchigiana» e oltre a esaminare il modo e l’arte del bere rifacendosi ad autori del mondo antico quali Plinio il Vecchio e Galeno, analizza i diversi tipi di vini descrivendo le modalità per ricavare i vini frizzanti. L’autore fornisce inoltre un resoconto del soggiorno a Roma di un gruppo di ambasciatori giapponesi, in visita a papa Paolo V nel 1615 e mostra particolare attenzione per le bevande prodotte dai giapponesi quali il tè e il sakè (vino ricavato dalla fermentazione di riso ed acqua) tanto da riprodurre, nelle pregevoli illustrazioni silografiche che adornano il volume, gli strumenti che essi utilizzavano a quell’epoca per riscaldare le bevande. Le bottigliette in ceramica e le teiere in ferro effigiate dall’autore vengono tuttora utilizzate in Giappone. Francesco Scacchi intitola il capitolo XXI del suo trattato Se il vino frizzante, comunemente detto pic-

171


cante sia utile alla salute. Scacchi chiama ‘Raspato’ il vino frizzante ottenuto con l’aggiunta di un terzo di acqua calda a due terzi di vino dolce (proveniente indifferentemente da uve appassite bianche o nere) miscelati durante la vendemmia o comunque quando il vino è ancora nuovo. Si tratta di una ‘ricetta’ per ottenere un vino frizzante (uno spumante dell’epoca) con un sistema di rifermentazione che corrisponde con l’evoluzione nel tempo e l’acquisizione delle nozioni di microbiologia al ‘Metodo Classico’ (R. Roncalli, Francesco Scacchi, cronista del secolo XVI, e F. Sbaffi, Capitolo XXI del De salubri potu dissetatio: lo spumante alla maniera di Francesco Scacchi, da www.francescoscacchi.it). Vicaire 771; Krivatsy 10293; Bitting 417-18.

3 191 3 A fine copy of the very rare first edition of the first book on optometry written in Castillian by the notary of Spanish Inquisition. «The earliest scientific treatise on spectacles, containing sections on the anatomy and physiology of the eye, the improvement of vision by means of lenses, materials for making lenses, and the types of lenses used to correct faulty vision. It also points our the value of convex lenses after cataract operations. The woodcuts include sight-testing tables, illustrations of spectacles, and a full page portrait of the author at the age of thirty-two» (Norman).

Daza de Valdés, Benito (1592-1634). Uso de los antoios para todo genero de vistas: En que se insegña a conoscer los grados que a cada uno le faltan de su vista, y los que tienen qualesquier antojos.Y assi mismo a quie tempo se an de usar, y como se pediran en ausencia, con ostros avisos importantes, a la udilidad y conservacion de la vista. Siviglia, Diego Perez, 1623. In-8° (mm 203x135). 12 carte non numerate, 99 carte numerate. Frontespizio con vignetta silografica raffigurante un paio di lenti con il sole e la luna; legno a piena pagina con il ritratto dell’autore; alla carta 29 la tavola per il vision test; numerose illustrazioni silografiche nel testo. Legatura coeva spagnola in pergamena floscia con titolo manoscritto al dorso; scatola in tela con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, leggere bruniture, piccoli rinforzi ai capitelli della legatura.

Prima rara edizione del primo trattato di optometria scritto in castigliano dal notaio della Santa Inquisizione spagnola Daza de Valdés, grande conoscitore di matematica e ottica. Il trattato è preceduto da quattro carte contenenti un Romance de la aparición de nuestra Señora de la Fuensanta en la ciadad de Cordova. Compuesto por un amigo del Autor, a cui viene anche dedicato. L’opera si divide in tre parti così articolate: una digressione sull’anatomia e fisiologia dell’occhio, sulle varie tipologie di lenti e sul loro utilizzo per correggere l’ipermetropia, la miopia e la presbiopia anche infantili. La seconda sezione tratta più da vicino i materiali con cui sono fatte le lenti e i modi in cui si costruiscono concave, convesse e piane e i conseguenti miglioramenti dei difetti visivi che si possono ottenere dalle une e dalle altre (per esempio si consiglia l’uso di

172


occhiali dalle lenti convesse dopo aver subito un’operazione alle cataratte). Il terzo e ultimo libro, articolato in quattro dialoghi, riprende le argomentazioni dei precedenti ampliandole e convalidandole con opinioni e aneddoti. Palau 69075; Garrison & Morton 5821; Norman Library 614; Krivasty 3071.

3 192 3 First edition, in the rare fourth state with the so-called long errata of an outstanding document in the history of science. The work grew out of the appearance of three comets in the autumn of 1618 and articulates the principal arguments of whether they were atmospheric or celestial phenomena. More importantly, Il Saggiatore is intimately connected with, if indeed it did not originate, the rift between Galileo and the Jesuits which ultimately saw the astronomer imprisoned by the Inquisition after the publication of the Dialogo in 1632.

Galilei, Galileo (1564-1642). Il saggiatore. Roma, Giacomo Mascardi, 1623. In-4° (mm 216x158). 7 carte non numerate, 236 pagine numerate, una carta non numerata contenente l’errata. Frontespizio architettonico interamente inciso in rame, con figure allegoriche raffiguranti la Filosofia e la Matematica, putti, lo stemma Barberini e quello dell’Accademia dei Lincei; segue la dedica a papa Urbano VIII ed una tavola con il ritratto dell’autore. Entrambe le tavole sono incise da Villamoena. Diagrammi incisi nel testo. Legatura coeva in pergamena con unghie rimontata, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, carta uniformemente brunita.

Prima edizione in quarta tiratura, con la correzione dell’errata a p. 236 mediante l’applicazione di un pezzo di carta, delle 4 carte iniziali con le odi di Faber e Stelluti, dell’assenza della correzione del diagramma a p. 120 che risulta storto e della presenza di una carta finale fuori registro stampata recto-verso, contenente il resto dell’errata. Il trattato, che può essere considerato il primo testo moderno di prosa scientifica, si inserisce nella polemica sorta tra il discepolo del Galilei, Mario Guiducci, e il gesuita Orazio Grassi, riguardo la natura delle comete apparse nel 1618. In seguito ad una lettura pubblica in cui il padre Grassi sostenne le teorie di Tycho Brae, secondo cui le comete erano veri e propri corpi celesti, il Guiducci pubblicò nel 1619 il Discorso delle Comete, in cui esponeva le teorie del proprio maestro, Galileo, secondo il quale le comete sarebbero non corpi reali, ma mere apparenze dovute ai raggi solari sulla tenue materia evaporata dalla Terra, fenomeno non dissimile dall’arcobaleno o dal riflesso del sole al tramonto sulla superficie del mare. Grassi, con lo pseudonimo di Lotario Sarsi Sigensano, controbatté con un nuovo scritto, la Libra astronomica, in cui ribadiva fermamente le proprie convinzioni. A questi Galileo si oppose finalmente in prima persona con il Saggiatore. Carli-Favaro, 95; Cinti, 73; Riccardi I, 511; Gamba 149; Mieli 268.

173


3 193 3 One of the smallest New Testaments ever printed.The Greek text is taken from the 1624’s Elzevier edition, and impressed in Sedan, near Genève, in the Calvinist Academy.

ΤΗΣ ΚΑΙΝΗΣ ∆ΙΑΘΗΚΗΣ ΑΠΑΝΤΑ. Novum Iesu Christi Domini nostri Testamentum.

Sedan, Jean Jannon, 1628 [colophon: marzo 1629]. In-32° (mm 84x45). 571 pagine numerate, due carte bianche. Caratteri greci. Capilettera, testatine e finalini silografici. Legatura coeva in marocchino marrone ornata, ai piatti, da una cornice a tre filetti dorati con ferri floreali dorati ai quattro angoli; dorso a tre nervi con decorazioni in oro, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche lieve brunitura. Nota di possesso di G. J. Seymour al frontespizio; al recto del foglio di guardia anteriore nota di possesso: ‘Jn. Duke Lord Coleridge, 5th June 1879’ e al verso l’annotazione manoscritta: ‘Rob. Creyghton Trin: Coll: Cant. E Dono Rev.di Magisteri Paris Eiusd. Coll. Socij Rum: Penrose. E Dono Rev.di Rob.ti Creyghton’.

Rara edizione di uno dei più piccoli volumi contenenti il Nuovo Testamento mai stampati. Il testo si basa sull’edizione impressa da Elzevier ad Amsterdam nel 1624. Jean Jannon, un ebreo protestante di origine svizzera, si era stabilito prima a Parigi e poi a Sedan dove aveva iniziato a lavorare per l’Accademia calvinista di questa città. Nel 1621 Jannon stampò uno Specimen nel quale venivano mostrati una serie di caratteri che sono gli stessi che verranno utilizzati a partire dal 1640, dall’Imprimerie Royale. Jannon produsse inoltre la sua versione dei caratteri corsivi e tondi, che sono stati spesso confusi con quelli di Garamond. Darlow & Moule 4676; Delaveau & Hillard 3717.

3 194 3 Extraordinary manuscript containing a collection of Sicilian poems, elegantly written and with a pen drawing title-page border. Bound in a wonderful Soresini red morocco, richly gilt-decorated.

[Scotto, Andrea]. Canzuni siciliani raccolti da diversi auturi. Manoscritto su carta. Palermo, 1631. Manoscritto cartaceo di mm 201x150. 406 carte numerate di cui la quinta bianca. Testo in corsivo di un’unica mano su una colonna di 16 linee. Frontespizio decorato a penna con volute, uccelli e figure umane con titolo, luogo e data; alla c. 6r altro piccolo disegno eseguito a penna raffigurante una falena accanto ad una lucerna accesa, inscritta in una cornice decorata da animali, frutta e figure antropomorfe; ogni sezione inizia con il nome dell’autore dei componimenti inserito in una semplice cornice rettangolare disegnata a penna. Legatura coeva in marocchino nocciola, probabilmente eseguita dalla Bottega dei Soresini. I piatti sono inquadrati da una larga rotella che forma una cornice, all’interno della quale sono inscritte altre tre cornici, realizzate con duplici filetti o con ferri a girarî; il campo centrale è raccordato in diagonale con un ferro tipico dei Soresini (Cat. della mostra Legatura Romana Barocca, 1991, tav. II), all’interno del campo centrale si nota - ai quattro angoli - il caratteristico ferro a «faccia di Pierrot», sormontato da un ferro a

174


baldacchino e molti ferri a catenelle tipici delle legature di Baldassarre Soresini del secondo e terzo decennio del secolo; scatola in tela rossa. Manoscritto in buono stato di conservazione, lievi fioriture, fori di tarlo sulle prime carte e sulla legatura, qualche abrasione, capitello inferiore e lacci mancanti. Schizzi a penna e note manoscritte coeve al foglio di guardia posteriore; nota di possesso settecentesca al recto dell’ultima carta di testo.

Splendida raccolta di 1526 componimenti in volgare siciliano di 48 diversi autori, copiati da Andrea Scotto, che sottoscrive la lettera di dedica – datata Palermo, 28 novembre 1631 - a Placido Caruso, nobile siciliano di cui sappiamo che fu senatore e quattro volte capitano d’arme. Dello Scotto si conosce un altro manoscritto autografo (Palermo, 20 giugno 1634) intitolato Parnassu Sicilianu, dedicato a Natali Zuccaro e conservato alla Biblioteca Universitaria di Messina. Il codice messinese è organizzato in maniera pressoché identica a quello che si descrive in questa sede. Esso si apre infatti con un frontespizio ornato a penna – in cui però sono effigiate anche le armi del destinatario - con una lettera di dedica sottoscritta dal copista-editore Andrea Scotto ed un indice organizzato alfabeticamente per autore. Il nome del primo autore della raccolta, Antoni Venetianu, è «racchiuso in un fregio a nastro con al centro un ape vicina ad una lucerna accesa» (T. Basile, I codici della poesia siciliana, p. 105). Il fregio molto simile a quello del nostro manoscritto, l’organizzazione stessa del codice, dall’impaginazione, agli autori di cui vengono raccolti i componimenti (che sono 63 invece che 48), sembrerebbero indicare una certa continuità dell’ignoto curatore nell’allestire sillogi di canzuni dedicate ad esponenti di famiglie della nobiltà locale. Questa raccolta del 1631 potrebbe testimoniare, essendo un po’ meno estesa rispetto a quella del 1634, sia una scelta precisa dello Scotto che uno stadio meno avanzato nell’allestimento di collezioni di canzoni in siciliano, considerando anche che tutti e 48 gli autori della silloge del ’31 sono presenti in quella di poco posteriore del ’34. «Le collezioni manoscritte di poesie siciliane de’ secoli XVI e XVII è risaputo che trovansi numerose, non solo nelle Biblioteche dell’Isola nostra, ma in quelle del Continente italiano e nelle estere; il che ci dimostra ad evidenza il grido che levarono e la gran voga che ebbero li Canzuni del Veneziano e di tutta la numerosa schiera di poeti, e di buoni e cattivi, che sull’esempio di lui grattarono per un intero secolo ed in tutti i toni la cetra siciliana. La stampa de Le Muse Siciliane non si vide che nel 1645, per opera del Galeani; ma innanzi a lui, non corsero che raccolte manoscritte, più o meno ricche, più o meno corrette, a seconda della diligenza, della capacità e de’ mezzi di chi pensava di farle. Questa [del 1634], messa insieme dallo Scotto, ha il singolar pregio non solo di aver preceduto di circa un decennio quella del Galeani, ma di fornirci un’accolta di ben sessantacinque autori ed un numero di poesie che supera di gran lunga quello degli altri manoscritti dell’epoca stessa o anteriori» (S. Salomone-Marino, Memorie originali intorno al Parnassu Sicilianu, manoscritto del 1634, pp. 257-58). S. Salomone-Marino, Memorie originali intorno al Parnassu Sicilianu, manoscritto del 1634, in «Archivio storico siciliano», 17 (1892), pp. 257-70; T. Basile, I codici della poesia siciliana dei secc. XVI, XVII e XVIII. Messina, Bibl. Un., ms. F.N.16, in «Quaderni di filologia e letteratura siciliana», 3 (1976), pp. 105-164.

175


3 195 3 Beautiful copy, in original limp vellum, of the second enlarged edition of the major work of Benedetto Castelli, friend and fellow of Galileo. In this edition for the first time appears a copy of the famous letter written by Castelli and addressed to Galileo about the author’s hydraulic discoveries.

Castelli, Benedetto (ca. 1577-1643). Della misura dell’acque correnti. Roma, Francesco Cavalli, 1639. In-4° (mm 219x157). Due carte non numerate, 72 pagine numerate. Incisione in rame al verso del frontespizio raffigurante un ponte su un corso d’acqua sormontato dalle armi di Urbano VIII, tratta dalla princeps del 1628. Capilettera, diagrammi, testatine e finalini incisi in legno nel testo. Legatura coeva in pergamena floscia, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi bruniture uniformi su alcune carte. Antica segnatura di collocazione al frontespizio.

Seconda rara edizione di questa capitale opera di idraulica. Il monaco benedettino Benedetto Castelli conobbe Galileo al monastero di Santa Giustina a Padova nel 1604 e lavorò con lo scienziato pisano a Firenze dal 1611, dove poté sperimentare personalmente le scoperte riportate nel Sidereus Nuncius. Con l’elezione di Maffeo Barberini a pontefice si trasferì a Roma, dove ebbe l’incarico di precettore di Taddeo Barberini. In questa ampliata seconda edizione, che segue la princeps del 1628, viene riportata per la prima volta la lettera dell’autore a Galileo del 1639 sull’innalzamento del lago Trasimeno. Castelli per la prima volta nella storia, applica la geometria nella determinazione scientifica delle caratteristiche delle acque correnti, introducendo un concetto nuovo: la velocità. L’autore riuscì a determinare la misurazione delle acque correnti grazie al noto teorema idraulico che porta ancora il suo nome. Cinti, 171; Riccardi I, 290; DBI, XXI, pp. 686-90.

3 196 3 First Latin edition of Campanella’s political and utopic first work.Written when he was young, in the Monarchia Hispanica the philosopher hopes in a theocratic monarchy.

Campanella, Tommaso (1568-1639). De Monarchia Hispanica. Discursus. Amsterdam [ma Leida], [Lodewijk Elzevier], 1640. In-24° (mm 130x80). 6 carte non numerate, 560 pagine numerate. Sfera armillare elzeviriana incisa al frontespizio su legno; capilettera silografici ornati nel testo. Legatura coeva in pergamena rigida con unghie, titolo calligrafico al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, leggere bruniture.

176


Prima rara edizione latina, successiva alle due tedesche del 1620 e 1623 stampate da Besold, che è anche il probabile autore dell’aggiunta (l’originario testo italiano apparirà soltanto nel 1854). Campanella dà vita, più che ad un organico sistema politico rispecchiantesi nel reale assetto storico e politico del tempo, ad una visione utopica in cui si confida nella Spagna di Filippo II per l’istituzione di una monarchia teocratica universale che unifichi tutti i regni cristiani. L’opera, scrittà in età giovanile (come acclarato dal Firpo, essa era già stata ultimata, nella prima stesura, il 10 aprile del 1600, quindi nei primi tempi della lunghissima carcerazione del Campanella), fu rivista, corretta e aumentata per le edizioni tedesche da Schoppe e Besold. Essa è pure la prima opera utopica campanelliana, cui seguirà, nel 1616, la Città del Sole. Rileva il Firpo, nella voce da lui dedicata all’opera nella Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella, che essa, scritta tra i supplizi e con il pericolo costante dell’esecuzione capitale, fu anche ispirata da un accorto opportunismo: il filosofo adulava la stessa potenza che teneva nelle proprie mani la sua sorte. Sempre a dire del Firpo il suo fascino deriva proprio dalla frammentarietà della stesura, ed essa ha un posto notevole anche nel preannunciare, seppur vagamente, alcune delle nascenti discipline economiche e statistiche. «È la prima edizione latina, preceduta da una lettera di Ludovico Elzeviro a Gioacchino Wichefort e da un’avvertenza al lettore. Le pp. 456-560 sono occupate dal’Appendice. Probabilmente il libro fu stampato dagli Elzevier di Leida» (Firpo, Bibliografia, p. 64). Firpo, Bibliografia, p. 64 n. 3; Willems, Les Elzevier, pp. 243-44, n. 967; Sabin 10197; Firpo, Diz. Letterario Bompiani, IV 793-94.

3 197 3 Amazing copy, bound in original vellum with the gilt armorial coat of the Barberini family, of the first book entirely devoted to Switzerland printed in Italy.

Scotti, Ranuccio (1597-1666). Helvetia profana. Relatione del dominio temporale de’ potentissimi XIII Cantoni Svizzeri detti della Gran Lega. (Segue:) Helvetia sacra. Relatione de’Vescovati, Abbatie et altre dignità subordinate alla Nuntiatura Helvetica. Macerata, Agostino Grisei, 1642. Due parti in un volume in-4° (228x160 mm). 6 carte non numerate, di cui l’ultima bianca, 85 pagine numerate; 140 pagine numerate, una carta non numerata. Legatura coeva in pergamena floscia, probabilmente eseguita dal Soresini. Piatti inquadrati da una cornice di duplici filetti dorati, ai quattro angoli interni fleurons, al centro grande stemma coronato bipartito, da una parte le armi Barberini, dall’altra parte la parola ‘LIBERTAS’ e sotto tre bande orizzontali. Dorso piatto decorato con piccoli ferri floreali in oro, tagli dorati, tracce di bindelle. Esemplare stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione, lievi ossidazioni ad alcune carte. Nota di possesso manoscritta al frontespizio, etichetta coeva con titolo e prezzo del volume incollata al contropiatto anteriore.

Prima e unica rarissima edizione, dedicata al cardinal Antonio Barberini, del trattato del vescovo di Borgo San Donnino e prefetto del Palazzo Apostolico. L’opera, divisa in due parti, offre un

177


quadro politico-religioso assai completo della Svizzera della prima metà del XVII secolo. La prima tratta della geografia e della storia, degli usi e dei costumi, della formazione dei 13 cantoni svizzeri originari, dello stato dei Grigioni e del Vallese; la seconda parte offre una quantità di notizie attinenti a pratiche e riti religiosi, ai singoli vescovati, ad abbazie e monasteri e riferisce quanto fu fatto dai Cantoni cattolici contro il dilagare delle dottrine di Zwingli e Calvino. Manca a Lonchamp e Catalogo Vinciana; Michel-Michel

VII,108; STC, XVII

Sec., 837.

3 198 3 «The Lettres Provinciales, as they are called are the first example of French prose as we know it today, perfectly finished in form, varied in style, and on a subject of a universal importance» (PMM). Very rare first edition ‘en premier tirage’, of this collection of separately printed letters, written by Pascal in defense of giansenism against the jesuit attacks to Port-Royal.

[Pascal, Blaise (1623-1662)]. [Les prouinciales ou Les lettres escrites par Louis de Montalte, a un Prouincial de ses amis, & aux RR. PP. Iesuites: sur le sujet de la morale, & de la politique de ces Peres]. [Parigi, Denis l’Anglois e Pierre Le Petit, 1656-1657]. 19 parti in un volume in-4° (mm 225x165). I. 8 pagine (lettera datata 23 gennaio 1656). II. 8 pagine (lettera datata 29 febbraio 1656). III. 8 pagine (lettera datata 9 febbraio 1656). IV. 8 pagine (lettera datata 25 febbraio 1656). V. 8 pagine (lettera datata 20 marzo 1656). VI. 8 pagine (lettera datata 10 aprile 1656). VII. 8 pagine (lettera datata 25 aprile 1656). VIII. 8 pagine (lettera datata 28 maggio 1656). IX. 8 pagine (lettera datata 3 luglio 1656). X. 8 pagine (lettera datata 2 agosto 1656). XI. 8 pagine (lettera datata 18 agosto 1656). XII. 8 pagine (lettera datata 9 settembre 1656). XIII. 8 pagine (lettera datata 30 settembre 1656). XIV. 8 pagine (lettera datata 23 ottobre 1656). XV. 8 pagine (lettera datata 25 novembre 1656). XVI. 8 pagine (lettera datata 4 dicembre 1656). XVII. 12 pagine (lettera datata 23 gennaio 1657). XVIII. 8 pagine (lettera datata 24 marzo 1657). XIX. 8 pagine (Réfutation de la réponse à la douzième lettre). Seguono 10 opuscoli polemici contro Les provinciales tra i quali: père Annat, La bonne foy des jansénistes en la citation des autheurs [Parigi, Florentin Lambert, 1656], 52 pagine. Legatura di Chambolle-Duru, datata 1865, in marocchino rosso giansenista; tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, con le lettere in formato differente così come stampate; accuratamente lavato. Ex-libris del barone Alain de Rotschild.

Prima rarissima edizione delle Provinciali, in primissima tiratura: senza il titolo e le tre carte dell’Avertissement, stampate più tardi, con la seconda lettera datata 29 febbraio 1656, e la diciassettesima lettera in 12 pagine. «Rechercher les exemplaires composés à mesure que paraissaient les lettres, et relié sans le tître général et les 3 ff. d’avertissement» (Tchemerzine). Questo straordinario ensemble di lettere fu scritto anonimamente da Pascal tra il 25 gennaio 1656 e il 24 marzo del 1657, per servire come difesa al suo amico Antoine Arnauld, appena condannato dalla Sorbona per le sue opinioni gianseniste, considerate eretiche. Il “pouvoir prochain” e la “grace suffisante” sono i temi più moderati delle prime due lettere, prima che le accuse di eresia arrivassero a toccare Port-Royal. La popolarità di Port-Royal diventò enorme grazie all’opera di Pascal e il successo fu tale che Luigi XIV, in difesa della Chiesa, fu costretto ad ordinarne la distru-

178


zione.A prescindere dal valore teologico delle Provinciales, la loro struttura dialettica e il loro stile retorico fecero in modo che questo capolavoro diventasse modello per generazioni di scrittori e letterati francesi. Dei dieci opuscoli anti-giansenisti legati nel presente volume, quello di père Annat, estremamente raro, riveste particolare interesse perché l’autore, destinatario delle ultime due lettere di Pascal, fu il più strenuo difensore della morale cattolica e della Compagnia di Gesù contro il giansenismo. Tchemerzine V, pp. 62-63; Basse, Monographie des éditions des Lettres provinciales, 17; PMM, 140.

3 199 3 Amazing copy, in its original paper boards with deckle-edges, of the second enlarged edition of Casati’s work.Written in form of an imaginary dialogue between Galileo, Guldin and Mersenne, and subdivided in five sections.The foreword analyzes Archimedes machine which was considered to uphold the world.

Casati, Paolo (1617-1707). Terra Machinis Mota. Eiusque Gravitas et Dimensio dissertationes duae. Roma, Ignazio de Lazaris, 1658. In-4° (mm 238x177). 4 carte non numerate, 227 pagine numerate, due carte non numerate. Una tavola ripiegata fuori testo incisa in rame, alcuni diagrammi e figure silografiche nel testo, di cui una a piena pagina, rappresentanti macchine, figure geometriche e astronomiche. Legatura coeva in cartonato rustico. Esemplare con barbe, in ottimo stato di conservazione.

Seconda edizione accresciuta, dedicata dall’autore al patrizio veneto Giovanni Giorgi. Una prima edizione parziale uscì in due parti nel 1655, questa seconda - notevolmente aumentata nel testo e nelle note - si articola invece in cinque sezioni. L’opera si presenta sotto forma di dialogo immaginario tra Galileo, Guldin, e Mersenne. La prima dissertazione verte sul confronto fra le forze delle varie macchine, la seconda tratta della gravità terrestre, la terza della massa terrestre, la quarta e la quinta rispettivamente della massa della terra e dell’acqua e del modo in cui poterle separare. Il gesuita piacentino - matematico e rettore dell’Università di Parma - apre la trattazione descrivendo la macchina di Archimede che avrebbe sollevato il mondo, investiga poi sulla gravità del globo terracqueo e sui metodi con i quali si può studiare la grandezza della Terra, al fine di ricavare dalla mole il peso e da qui la macchina che, in proporzione, risponda alla gravità da muovere. Cinti 134; Riccardi I, 271; Carli-Favaro 259; De Backer-Sommervogel II, 800.3.

179


3 200 3 Amazing copy, in original paperboards with deckle-edges, of the first very rare edition of the earliest practical account of dioptrics, dealing with light, refraction, the eye, vision, the invention of spectacles and telescopes.The work aims at showing the optical worker how lenses are ground and how they may be used both to remedy visual defects and also for telescopes.These processes are illustrated in numerous woodcuts, among which the portrait of Eustachio Divini, the earliest constructor of “occhialoni”.

Manzini, Carlo Antonio (1599-1677). L’occhiale all’occhio dioptrica pratica […] Dove si tratta della luce; della refrattione de raggi; dell’occhio; della vista; e degli aiuti, che dare si possono à gli occhi per vedere quasi l’impossibile. Dove oltre si spiegano le regole pratiche di fabbricare occhiali à tutte le viste, e cannocchiali da osservare i pianeti, e le stelle fisse, da terra, da mare, et altri da ingrandire migliaia di volte i minimi de gli oggetti vicini. Bologna, Benacci, 1660. In-4° (mm 222x156). 8 carte non numerate, 268 pagine numerate, due carte non numerate.Vignetta silografica al frontespizio raffigurante un telescopio con il motto ‘REFERT INGENTI FOENORE’. Bel ritratto di Eustachio Divini di S. Severino Marche (considerato il primo costruttore di occhiali) disegnato da Giovanni Paolo Schor ed inciso in rame da Giuseppe Testana. 17 diagrammi e figure silografiche nel testo raffiguranti strumenti ottici, torni, meccanismi per il taglio e la mola del vetro e la prima macchina per la gradazione delle lenti. Cartonato rustico originale. Esemplare con barbe, in ottimo stato di conservazione.

Prima edizione - dedicata a Santa Lucia, protettrice della vista - della prima opera che tratti l’ottica dal punto di vista della pratica, e in particolare la progettazione e la manifattura di lenti e telescopi in maniera dettagliata: «una delle prime istruzioni dettagliate sulla molatura e la rifinitura delle lenti» (Becker Catalogue). Il primo capitolo tratta dell’invenzione degli occhiali da vista e del telescopio (con un’attenzione particolare a quello di Galileo); dal secondo al quinto si discute dell’ottica, dell’anatomia dell’occhio, della vista ed i suoi difetti; i capitoli successivi sono dedicati alla fabbricazione delle lenti e degli occhiali, alle loro forme e miglior uso, ai materiali e ai macchinari utilizzati. «Important and probably the earliest practical account of the contemporary methods of grinding and polishing glasses for spectacles and telescopes. One of the most interesting early works on the manufacture of optical instruments» (Source book of Ophthalmology). Poco si sa della vita del bolognese Manzini, se non che fu Accademico Apatista di Firenze e Gelato di Bologna, detto l’Errante ed autore degli Incentivi alla vita solitaria e beata (1674) e de Il duello schernito (1680). Riccardi II, 96; Krivatsy 7389;Wellcome

IV, p. 48; Source

Book of Ophthalmology, n. 1475; Michel-Michel V, 100.

180


3 201 3 Very rare first (or second) edition, printed posthumous, of Les états et empires du Soleil, the utopic novel by Hector Savinien de Cyrano de Bergerac, author also of Les Estats et Empires de Lune. In 1662 were printed two editions, this is the rarest variant without the portrait of the author, absent from all the most important Libraries in Paris, only one copy is today at Versailles’ Library, gift by Mr. Jean Lebaudy (De Backer in an article by J.-C. Courbin).

Cyrano de Bergerac, Hector Savinien de (1619-1655). Les nouvelles oeuvres de Monsieur de Cyrano Bergerac, contenant l’histoire comique des Estats & Empires du Soleil, plusieurs lettres et autres pieces divertissantes. Parigi, Charles de Sercy, 1662. In-16° (mm 135x76). 12 carte non numerate, 307 pagine numerate, due carte non numerate. Fregio silografico al frontespizio. Legatura ottocentesca in mezza pelle blu, carta marmorizzata ai piatti, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, fallo di carta alla c. 12, lievi fioriture e qualche piccola macchia, alcune carte leggermente brunite. Al verso del foglio di guardia anteriore il timbro in inchiostro rosso del celebre Collegio di Patafisica - che, secondo la definizione di Alfred Jarry è la «scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità».

Prima, o seconda, edizione di grande rarità, stampata postuma, degli Stati e imperi del Sole (Les états et empires du Soleil), romanzo fantastico di estrema vivacità, redatto nella più tipica prosa del periodo barocco, che tratta il tema del viaggio utopico, meraviglioso e poetico, nei paesi del Sole. Nel 1662 apparvero due edizioni, entrambe stampate dal de Sercy, di cui una, la presente, senza ritratto è considerata dal Tchemerzine «comme la 1ere, bien qu’on puisse lire sur le fleuron du titre: Sur l’imprimé». Nel Bulletin du Bibliophile, il Courbin rimette in discussione questa affermazione e dichiara che l’edizione con il ritratto è da ritenersi la prima e molto rara, ma allo stesso tempo l’altra, senza ritratto, assai più rara: «est très rare, l’autre est probablement plus rare encore, et la réunion des deux dans une même bibliothèque doit être considérée comme tout à fait exceptionnelle. De Backer n’avait que l’édition sans portrait, laquelle est absente de toutes les grandes bibliothèque de Paris. Il s’en trouve seulement un exemplaire à la bibliothèque de Versailles lequel provient d’un don récemment effectué par M. Jean Lebaudy» (J.-C. Courbin. Bulletin de Bibliophile, 1978, p.17). L’opera segue gli Estats et Empires de la Lune apparsi probabilmente, per la prima volta, nel 1656. Entrambe le composizioni sono in realtà un pretesto per l’esposizione di ardite teorie filosofiche, scientifiche e religiose, quali il movimento della terra, l’eternità e l’infinità dei mondi, la costituzione atomica dei corpi, e si riaggacciano alle idee di Gassendi, di Giordano Bruno e Campanella. Le opere del Bergerac, sovversive e antimonarchiche, divennero un punto di riferimento fondamentale per gli autori successivi, come ad esempio Restif de la Bretonne. Il volume contiene inoltre l’Histoire des oiseaux, alcune lettere, gli Entretiens pointus, l’Idée Générale de la Physique e un Fragment de physique. Tchemerzine-Scheler II, 710.

181


3 202 3 First edition of the first account of Pascal’s law, stating that pressure in a liquid is transmitted undiminished in all directions. Divided into two closely related parts, this posthumous work is devoted to the laws of hydrostatics and to the demonstration and description of the various effects of the weight of air. Continuing the investigations of Stevin, Galileo,Torricelli, and Mersenne, he provided in the Traitez a lucid account of the fundamental concept of pressure.

Pascal, Blaise (1623-1662). Traitez de l’equilibre des liqueurs, et de la pesanteur de la masse de l’air. Paris, Guillaume Desprez, 1663. In-8° (mm 145x82). 14 carte non numerate, 232 pagine numerate, 4 carte non numerate. Illustrato da due tavole fuori testo, montate su onglettes. Legatura coeva in bazzana, dorso a cinque piccoli nervi con fregi e titoli impressi a secco, alcune spellature. Esemplare in buono stato di conservazione, due strappi restaurati alle tavole fuori testo.

Prima rara edizione, stampata un anno dopo la morte dell’autore, della prima opera contenente la famosa “legge di Pascal”. Fu grazie all’esperienza fatta in compagnia di suo cognato nel 1648 sulla vetta del Puy-de-Dôme, durante la quale rilevò la variazione della pressione atmosferica in funzione dell’altitudine, che Pascal riuscì a dimostrare la sua nota teoria basata sulla relazione tra tempo atmosferico e la pressione barometrica. «Using the recently invented Torricellian barometer, Pascal had his brother-in-law climb the Puy de Dome in 1648 and watch the barometer level fall with the ascent, thereby demonstrating that air had weight […].The relationship of barometric change and change in the weather was first outlined here» (Dibner). Norman 1650; Dibner 143;Tchemerzine V, 59.

3 203 3 Second edition, more rare than the first one, of this work by Daniello Bartoli the most famous historian of the Jesuit order.The volume contains the biographical account on the life of the jesuit and martyr Rodolfo d’Acquaviva, the first missionary to be admitted at the court of the Moghul emperor in 1580.

Bartoli, Daniello (1608-1685). Missione al gran Mogor del P. Ridolfo Aquaviva della Compagnia di Giesù. E d’altri quattro Compagni uccisi in odio della Fede in Salsete di Goa. Milano, Lodovico Monza, 1664. In-8° (mm 134x74). 4 carte non numerate, 193 pagine numerate, una carta non numerata. Al frontespizio il simbolo della Compagnia di Gesù sorretto da due angeli inciso su legno; al verso dell’ultima carta marca tipografica su legno con

182


il simbolo dei gesuiti; testatine e capilettera silografici ornati nel testo. Legatura in cartonato coevo; scatola in marocchino rosso con titolo in oro al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Nota di possesso manoscritta al frontespizio.

Rarissima seconda edizione, che segue la prima stampata a Roma l’anno precedente, di quest’opera che narra la vita e i viaggi del padre gesuita Rodolfo d’Acquaviva, che si era stabilito a Goa dal 1574 e che fu il primo missionario ad essere inviato alla corte dell’imperatore Moghul Muhammed Akbar nel 1580. Dopo il suo ritorno, nel 1583, l’Acquaviva venne martirizzato a Salsette dove venne ucciso insieme ad altri quattro confratelli. L’autore di questo volume, predicatore e maestro di retorica, era storiografo dell’ordine dei gesuiti, e pubblicò un gran numero di opere riguardanti argomenti quali la storia, la letteratura e la scienza. Il Bartoli fu ampiamente considerato soprattutto da scrittori come Leopardi, per la qualità dei suoi lavori. De Backer-Sommervogel I, col. 975 n. 13; Cordier, Bibliotheca Sinica, col. 786 (descrive la prima edizione delle opere complete del 1663, di cui questo testo è una parte).

3 204 3 First edition of one of the most influential works in early physics and experimental science with contributions from some of the most influential scientists in Europe at the time. «Among the instruments illustrated are the Florentine thermometer and an improved barometer; among the experiments: on air-pressure, the speed of sound, radiant heat, phosphorescence, the compressibility of water and its expansion on freezing, and the discovery of the plane of oscillation of a pendulum, later used by Foucault to demonstrate the rotation of the Earth» (Dibner).

Magalotti, Lorenzo (1637-1712). Saggi di naturali esperienze fatte nell’Accademia del Cimento sotto la protezione del serenissimo principe Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa Accademia. Firenze, Giuseppe Cocchini, 1667. In-folio (mm 350x236). 8 carte non numerate, 269 pagine con numerazione romana, 8 carte non numerate. Tra la seconda e la terza carta la tavola – tirata su carta forte poiché veniva stampata separatamente dal resto del volume - con il ritratto a piena pagina di Ferdinando II Granduca di Toscana, inciso in rame da François Spierre. Frontespizio stampato in rosso e nero con insegna calcografica dell’Accademia con il celebre motto ‘Provando e riprovando’; grandi iniziali silografiche animate e ornate nel testo, 16 fregi e 16 finalini incisi finemente in rame. Nel testo 75 tavole a piena pagina raffiguranti barometri, termometri e numerosi strumenti scientifici che corredano gli esperimenti descritti. Legatura coeva in pergamena floscia, tagli spruzzati di rosso. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture, qualche gora e qualche piccola macchia alle prime carte; le due carte contenenti la dedica arrossate, come nella maggior parte degli esemplari.

Rara prima edizione di questo classico della scienza sperimentale seicentesca, che contiene, tra l’altro la prima descrizione del termometro, invenzione dell’accademico Torricelli. La stampa del volume iniziò nel 1664 e fu completata solo nel 1667, «Si trovano alternativamente gli esempla-

183


ri ora con l’anno 1666, ora con l’anno 1667. Alcuno ha la data genuina MDCLXVII, e alcun altro ha l’aggiunta a penna o a stampa di un I per formare lo stesso anno […] in entrambe s’incontrano qui e qua notabilissime differenze negli esemplari» (Razzolini, p. 215). L’Accademia del Cimento, fondata nel 1657, sull’esempio di quella dei Lincei ebbe vita breve (fino al 1667), ma un’importanza notevole poiché rappresenta l’anello di congiunzione tra gli insegnamenti di Galileo e la scienza moderna regolata dall’attività delle Accademie. Membri del Cimento furono Viviani, Torricelli, Borelli, Cassini, Redi. Il testo è opera del conte Magalotti segretario dell’Accademia, le splendide tavole sono incise da Modiana, forse su disegno di Della Bella, e raffigurano esperimenti su suono, magnetismo, luce, liquidi, oscillazione del pendolo. Cinti 163; Carli-Favaro 305; Riccardi II, 407; Gamba, 852 («Questa edizione non fu messa in vendita, ma regalata a piacimento del card. Leopoldo de’ Medici»); Piantanida, 1663.

3 205 3 Wonderful Roman baroque binding in red morocco with the armorial coat of the cardinal Giacomo Rospigliosi, executed by the workshop of the Andreoli brothers and richly decorated in gold with the famous tool with the two ‘putti’ facing one each other.

[Legatura Rospigliosi]. Chronica sacri monasterii casinensis, auctore Leone card. episcopo ostiensi, continuatore Petro Diacono ex mss. codicibus casinensibus Angelus De Nuce notis illustrata, typis Parisiensibus vulgavit praemittitur in vitam sanctissimi patriarchae Benedicti Spicilegium. Parigi, Louis Billaine, 1668. In-folio (mm 360x234). 19 carte non numerate, 567 pagine mal numerate 577; 72 pagine numerate, 4 carte non numerate, mancano l’antiporta e la carta geografica incisa su doppia pagina. Legatura barocca romana in marocchino rosso, custodia moderna in tela beige. Esemplare in buono stato di conservazione, antico restauro al frontespizio, piccole rotture al piatto superiore e all’angolo inferiore destro della legatura, qualche screpolatura alle cerniere. Sottoscrizione manoscritta del cardinale Giacomo Rospigliosi al verso del secondo foglio di guardia anteriore.

Splendida legatura in marocchino rosso riccamente decorata in oro, eseguita dall’atélier dei Fratelli Andreoli per il cardinal Giacomo Rospigliosi di cui reca le armi. L’opera contenuta è dedicata allo zio Giulio Rospigliosi, divenuto pontefice col nome di papa Clemente IX (1667-1669). I piatti sono inquadrati da una cornice rettangolare delimitata da doppi filetti, di cui l’esterno è dentellato, mentre l’interno è impresso con una rotella recante un motivo a putti affrontati, fiori e volute. Il campo centrale è diviso da nastri formati da filetti racchiusi in compartimenti o aiuole dentellate e da motivi a spirale. Sei putti alati, suddivisi equamente tra la parte superiore e inferiore, presentano dei rami con foglie e servono da ulteriore supporto per il decoro centrale, questo è decorato con elementi a squame di pesce, motivi a filigrana, mentre piccole sfere in oro sono all’interno dei doppi nastri di delimitazione. Le armi Rospigliosi sono sormontate dalla

184


croce e dal cappello cardinalizio e inserite in un ottagono delimitato, all’interno, da una cornice dentellata che contorna anche lo scudo. Il dorso è piatto e presenta un lungo rettangolo incorniciato da un filetto dentellato, due duplici filetti inquadrano una cornice eseguita con una rotella con motivi a volute, il campo centrale presenta falsi nervi evidenziati da duplici filetti; tagli in oro, capitelli in seta a due colori. Nel volume Legature antiche e di pregio di Piccarda Quilici viene descritta una legatura eseguita dagli Andreoli nel 1668 (n. 665, tav. 270) che non solo presenta lo stesso raro ferro a rotella con i putti affrontati, ma che ha un impianto decorativo assai simile alla nostra. Lo stesso ferro si ritrova inoltre nel catalogo della libreria Il Bibliofilo del 1933 (vendita della Biblioteca di Papa Clemente IX da Palazzo Rospigliosi, n. 486, tav. XIV).

3 206 3 Amazing copy in original white vellum with the arms of Welser, containing three first editions of Athanasius Kircher: the Latium, his work on Lazio and Rome also including the results of his archeological and historical studies and wonderfully illustrated; the Romani Collegi Societatus Jesu Musaeum, a catalogue of the antiquities collected by the Jesuits in the various world expeditions and the Sphinx, a complete work on egyptology.

Kircher, Athanasius (1602-1680). Latium. Id est, Nova & Parallela Latii tum veteris tum novi descriptio. Amsterdam, Jean Jansson le Jeune, 1671. (Legato con:) Id. Romani Collegi Societatus Jesu Musaeum celeberrimum, cujus magnum antiquariae rei, statuarum imaginum, picturarumque partem ex legato Alphonsi Donini. Amsterdam, Jean Jansson le Jeune, 1678. (Legato con:) Id. Sphinx mystagoga, sive diatribe hieroglyphica, qua mumiae, ex Memphiticis Pyramidum. Amsterdam, Jean Jansson le Jeune, 1676. Tre opere in un volume in-folio (mm 375x245). I. 12 carte non numerate (comprendenti l’antiporta allegorica e il ritratto di Papa Clemente X a cui l’opera è dedicata, disegnati da Romeyen de Hooghe), 263 pagine numerate, 5 carte non numerate contenenti l’index. Illustrato da 25 tavole fuori testo di cui 13 doppie e una ripiegata, raffiguranti le ville barocche più belle e famose dei dintorni di Roma, la grande pianta di Villa Adriana (lunga mm 1050), le antichità, le vedute e le carte topografiche delle città della Tuscia e della Sabina, in fine si trova una curiosa tavola con delle macchine per prosciugare l’acqua in caso di inondazioni. 19 incisioni in rame nel testo, iniziali e finalini incisi in legno. II. 5 carte non numerate (comprendenti il frontespizio e il ritratto dell’autore incisi in rame), 66 pagine numerate, tre carte non numerate con l’index. 17 tavole fuori testo di cui 9 ripiegate, raffiguranti antichità egizie e romane, obelischi, iscrizioni e strumenti scientifici. Numerose incisioni in legno e in rame nel testo. III. 8 carte non numerate, 72 pagine numerate, tre carte non numerate con l’index. 5 tavole di cui due ripiegate e una a doppia pagina, raffiguranti due mummie, un paesaggio con piramidi inciso dal Decker, ed uno spaccato di una cripta con la scritta in alto ‘Inseratur tom.III inter folia 400 et 401’, qui aggiunta e con ogni probabilità tratta dall’Oedipus aegyptiacus. Legatura coeva in pergamena bianca alle armi di Carlo Welser, impresse in oro entro ovale al centro del piatto anteriore. Esemplare in buono stato ci conservazione, lievi bruniture diffuse nell’intero volume. Ex-libris ‘Ex Biliotheca Velseriana’. I. Prima edizione del Latium, compilata dal gesuita Atanasio Kircher, in cui sono raccolte le sue personali osservazioni topografiche sul Lazio e su Roma, nonché il risultato di importan-

185


ti studi archeologici e storici raccolti nel tempo. Lo studioso tedesco giunse a Roma nel 1635 - chiamato dal Papa Urbano VIII (Maffeo Barberini) per insegnare scienze matematiche al Collegio Romano, presso cui fondò, nel 1651, il Museo in seguito chiamato Kircheriano - e vi rimase fino alla sua morte, facendo del Lazio la sua terra di adozione come si evince dalla dedicatoria, datata maggio 1670, al novello pontefice Clemente X: «Haec est primavera illa priscorum Mortalium Sedes & Colonia, Regnum Saturnium, grandium Heroum, Regum, Caesarumque nativum Domicilium, humanae prudentiae, Scientiarum, Latinaeque eruditionis fons & origo». II. Prima edizione del Musaeum, un catalogo dettagliato della Wunderkammer kircheriana, raccolta di antichità e curiosità di ogni genere collezionate nel corso dei suoi viaggi a Malta e in Sicilia, di donazioni come la raccolta egizia regalatagli da Nicolas-Claude Fabri de Peiresc ad Avignone, e poi arricchitasi nel tempo con oggetti provenienti dalle numerose spedizioni dei padri gesuiti nel mondo. Di notevole interesse è la decodificazione dei geroglifici inscritti sull’obelisco rinvenuto a Roma nel 1649. Kircher aveva iniziato lo studio e la sistematizzazione dell’alfabeto copto-arabo partendo dalla traduzione in latino, commissionatagli dal Fabri, di un antico vocabolario ritrovato nel 1615 al Cairo da Petrus à Valle. III. Prima ed unica edizione della Sphinx, opera erudita di egittologia dedicata all’arcivescovo di Lione Camillo Neufvilkle, dove si trattano anche la teoria della metempsicosi e della reincarnazione, le tecniche della imbalsamazione e la procedura dei riti funebri e occulti. «Cet ouvrage, dont l’origine fut la decouverte au chateau d’Ussé, en Touraine, de deux enveloppes de momies, est recherché du fait que, suivant Eliphas Levi, il renfermerait la clef des hieroglyphes sacres que Moise utilisa pour sa propre kabbale» (Dorbon 2390). I.

Caillet 5777; Dorbon 2385; Merrill 23, De Backer & Sommervogel IV, p. 1067, n. 29. II. Caillet 5796; De Baecker & Sommergovel IV, p. 1076, n. 32. III. Caillet 5793; Merrill 27; De Baecker & Sommervogel IV, p. 1069, n. 34.

3 207 3 First edition of «A book of prime importance in electrical discovery, air pressure and the vacuum pom» (Dibner), beautifully illustrated by 20 engraved plates. «This remarkable work on experimental philosophy ranks next to Gilbert’s in the number and importance of the electrical discoveries described. Electric conduction and repulsion, the discharging power of points, the dissipation of charge by flames, the light due to electrification, the crepitating noises of small sparks are all recognized» (Wheeler Gift).

Guericke, Otto von (1602-1686). Esperimenta nova (ut vocantur) Magdeburgica de Vacuo Spatio. Amsterdam, Jean Jansson le Jeune, 1672. In-folio (mm 320x200). 10 carte non numerate (comprendenti il frontespizio e il ritratto dell’autore incisi in rame), 244 pagine numerate, tre carte non numerate, manca l’ultima carta bianca. Illustrato da 20 tavole nel testo, di cui molte a piena pagina e due ripiegate. Legatura coeva in pergamena rigida, tassello dipinto con titolo in oro al dorso. Esemplare

186


in buono stato di conservazione, antico restauro all’angolo superiore bianco alle pp. 197-230. Ex-libris ‘Marchionis Salsae’, famiglia Lancaster.

Prima edizione del De vacuo spatio di Otto von Guericke, opera scientifica di fondamentale importanza, in cui si dimostra la possibilità di creare il vuoto tra la materia e lo spazio. La tesi dello scienziato tedesco si opponeva alle teorie pleniste di Descartes, che negavano l’esistenza del vuoto. Nel 1655 lo scienziato magdeburgese progettò e mise a punto una pompa in grado di estrarre l’aria da recipienti a tenuta stagna e, nel 1657, allestì nella sua città natale un esperimento (illustrato nella tavola fuori testo tra le pp. 104-105) in cui due semisfere di rame perfettamente combacianti di circa 50 cm di diametro vennero unite l’una all’altra dopo che, al loro interno appunto, era stato prodotto il vuoto mediante la suddetta pompa pneumatica. Incredibilmente, per separare le due componenti occorreva la forza congiunta di due pariglie di 8 cavalli, che tiravano in direzione opposta. Il suggestivo esperimento, inizialmente descritto nella Mechanica hydraulico-pneumatica di Gaspar Schott (1657), e poi spettacolarmente ripetuto davanti alla corte berlinese nel 1663, servì a confermare le scoperte torricelliane e ad evidenziare i sorprendenti effetti della pressione atmosferica. Gli studi sulla densità dell’aria in relazione al peso dei corpi e sulle variazioni della pressione atmosferica in condizioni climatiche differenti, condussero il Guericke verso la scoperta del magnetismo terrestre. Dibner, Heralds of Science, 55; Dibner, Founding Fathers of Elctrical Science, pp. 13-14; DSB V, 574-76; Grolier-Horblit 44; Norman Library 952;Wheeler Gift 170.

3 208 3 First very rare edition of the first Hebrew grammar book ever edited in America, in this case Martin Castillo that selected the Jewish words and translated them in Spanish. Special attention is paid to the introduction and the section concerning syntax, establishing a comparison with other contemporary works of the same kind.

Castillo, Martín del (m. 1680). Arte Hebraispano […] Dikduk leschon hakkodhesch bilschon sipharadhit. Grammatica de la Lengua Santa en Idioma Castellano […]. Con todo lo necessario y preciso, pára por si sólo qualquiér afficionádo, podér leér, escribir, entendér y hablár la léngua santa Hebréa. Lione, Florian Anisson, 1676. In-8° (mm 164x108). 12 carte non numerate, 336 pagine numerate. Legatura coeva in pergamena floscia. Esemplare marginoso, in buono stato di conservazione. Alcune gore e fori di tarlo, dorso parzialmente scucito.

Prima rarissima edizione della prima Grammatica Ebraica redatta da un americano. L’autore, Martín Castillo era originario della città di Burgos, dove studiò ebraico sotto la guida del convertito Rabbi Moyses (D. Francisco del Hoyo) per poi trasferirsi in centro America. Il testo venne originariamente approvato per la stampa nel 1656, ma pubblicato solo vent’anni dopo in Europa,

187


poiché in Messico non c’erano gli strumenti necessari per poter stampare un libro in caratteri ebraici. L’autore stesso avverte che «La distanza tra il Messico, nel Nuovo Mondo, e Lione, nel Vecchio Mondo, dovrebbe essere una giustificazione sufficiente a perdonare qualsiasi scrittore accusato della presenza di numerosi errori di stampa nell’edizione». Le parole ebraiche sono segnalate e seguite dalla traduzione in spagnolo. Stando a Marx «il libro è di tale rarità che il nome dell’autore viene citato nella bibliografia di Kaiserling come Martyr del Castillo e seguito da una nota che precisa che si tratta dello pseudonimo di un ebreo spagnolo. Ne lui né Steinschneider riportano correttamente il titolo del libro». A. Marx, Bibliographical studies and Notes on Rare Books and Manuscripts in the Library of the Jewish Theological Seminary of America, NewYork 1977, p. 171.

3 209 3 First rare edition of the majority of Fermat’s mathematical works, published posthumously from his notes and collected correspondence by his eldest son. «In large part Fermat’s style of exposition characterized the unfinished nature of his papers, most of them brief essays or letters to friends. He never wrote for publication. Indeed, adamantly refusing to edit his work or to publish it under his own name, Fermat thwarted several efforts by others to make his results available in print. Showing little interest in completed work, he freely sent papers to friends without keeping copies for himself […] Whatever the reason, anonymity and refusal to publish robbed him of recognition for many striking achievements.» (DSB).

Fermat, Pierre de (1601-1665). Varia Opera Mathematica. Tolosa, Johann Pech, 1679. In-folio (mm 338x220). 6 carte non numerate, 210 pagine numerate, due carte non numerate. Manca – come nella maggior parte degli esemplari – il ritratto dell’autore fuori segnatura e stampato su carta greve. Illustrato da 5 tavole ripiegate fuori testo con diagrammi geometrici incisi su legno, numerosi altri nel testo. Legatura coeva in pergamena, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcuni fori di tarlo ai margini bianchi, qualche carta rinforzata lungo il margine interno, fioriture, un timbro cancellato alle prime tre carte.

Prima rarissima edizione del secondo volume dell’Opera Mathematica del Fermat, stampata postuma, collazionando i suoi appunti e la sua corrispondenza con il figlio maggiore e con i matematici suoi contemporanei quali Mersenne, Robertval, Pascal e Gassendi. Il primo volume, stampato nel 1670, conteneva l’Aritmetica di Diofanto. Il secondo include invece il metodo della quadratura delle parabole e il trattato sul massimo e sul minimo, sulle tangenti e sui centri di gravità, la teoria dei numeri e delle probabilità che contengono le stesse soluzioni di una serie di problemi che verranno poi incorporati ed estesi nelle loro opere sul metodo dei flussi da Isaac Newton e Gottfried Leibniz. In concomitanza con le teorie di Descartes, ma lavorando indipendentemente da lui, Fermat ideò un sistema di geometria analitica in cui le equazioni algebriche servivano a spiegare i teoremi della geometria dei classici greci. È interessante notare che nella presente edi-

188


zione il simbolo ‘∞’ viene utilizzato per indicare l’equivalenza nel trattato Ad locos planos et solidos isagoge, anche se Fermat non lo aveva utilizzato nella redazione manoscritta dell’opera. Si trattò probabilmente di una scelta pragmatica operata in fase di stampa. D’altro canto, nei margini della Varia opera mathematica, ‘{’ viene utilizzato come simbolo per indicare “uguale a”. Dibner 108; Norman 778.

3 210 3 Amazing copy, bound in original vellum and in 18th century silver jewel binding, of this first and only edition of a collection, written in parallel Hebrew and Spanish text, of prayers, rules and cooking recipes for the feasts and ceremonies of the sepharditic Jewish community in Amsterdam.

Meah Berahot. Orden de Bendiciones Y las ocaziones en que se deven dezir. Amsterdam, Albertus Magnus, 1687. In-12° (mm 132x71). 12 carte non numerate, 303 carte numerate (il testo in ebraico con paginazione ebraica e il testo in spagnolo con paginazione in numeri arabi), 54 pagine numerate, 7 carte non numerate, 7 pagine numerate, 11 carte non numerate, una carta bianca.Antiporta incisa su rame dall’artista ebreo Benjamin Godiness che illustra i cinque sensi dell’uomo mediante la raffigurazione della pratica dei cinque atti rituali; le prime parole di testo racchiuse in cornice silografica.Testo in ebraico e in spagnolo. Legatura in pergamena coeva, con tagli spruzzati di azzurro, racchiusa in una splendida legatura ottocentesca in argento intagliato, su fondo in argento dorato (recante su entrambi i piatti le iniziali dell’artefice:‘ET’) e finemente lavorata a motivi geometrici e floreali interlacciati ai piatti; estensioni in argento a protezione di entrambi i capitelli con una decorazione analoga, a chiusura due fermagli ugualmente decorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, un antico restauro al frontespizio e alle carte 4 e 5. Note manoscritte di possesso e timbri di appartenenza al frontespizio e alle ultime carte.

Prima edizione di questa opera, e unica impressione ebraica stampata da Albertus Magnus, che era editore libraio e legatore, ma che non disponeva di un’officina tipografica di sua proprietà, sebbene il suo nome compaia su svariate edizioni olandesi. È piuttosto difficile stabilire chi effettivamente impresse il volume per conto di Albertus Magnus, il Fuks suggerisce, come ipotesi più plausibile, il nome di David de Castro Tartas, esperto nella stampa di opere bilingui di questo tipo. Il volume contiene una raccolta di preghiere e di istruzioni ad uso dei rifugiati marrani che comprende: l’Haggadah di Pesach (“Narrazione di Pasqua”, cioè l’insieme di benedizioni, preghiere, commenti omiletici e salmi che si leggono nel corso del rituale domestico del seder, la prima e la seconda sera della settimana di Pesach); una ricetta per il charoseth (impasto di frutta, spezie, vino e farine di azzime consumato nel rituale del seder di Pesach, a ricordo della malta utilizzata dagli schiavi ebrei in Egitto per costruire le città del faraone); un indice di benedizioni per tutto l’anno, che includono importanti precetti e un commento in accordo con il rito sefardita; un calendario perpetuo liturgico; le preghiere per i malati, le preghiere per i riti estremi e quelle per i martiri arsi sul rogo dall’Inquisizione spagnola. Vinograd, Amsterdam 550; Fuks, Amsterdam 606.

189


3 211 3 Exceedengly rare first and only edition, printed in very few copies, of this ballet showing the somptuous coreographies by Ferdinando and Francesco Galli Bibbiena. The little volume can be considered also a wedding book, infact this pièce was first represented during the wedding of Ranuccio II Farnese’s son, Odoardo, with Dorotea Sofia od Neuburg, in the new ‘Piccolo Teatro di corte’, opened in 1690 for the occasion.

Lotti, Lotto (1667-1714). L’idea di tutte le perfezioni, introduzione al balletto de’ serenissimi principi Francesco & Antonio Farnesi, fatto rappresentare dal sereniss. sig. duca di Parma nel suo nuovo Teatrino, in occasione de’ felicissimi sponsali del serenissimo sig. principe Odoardo, suo primogenito, con la serenissima signora principessa Dorotea Sofia di Neoburgo, poesia del dottore Lotto Lotti attual servitore de S.A.S., e musica di Giuseppe Tosi. Piacenza, Giovanni Bazachi, 1690. In-4° (mm 203x152). 32 pagine numerate. Illustrato da 6 tavole più volte ripiegate fuori testo raffiguranti le sontuose scenografie per il balletto. La prima incisa da Martial Desbois su disegno di Alessandro Baratta raffigura il palcoscenico del ‘Teatrino’ sormontato dallo stemma dei Farnesee, sullo sfondo, il loro palazzo. La seconda (tirata in counterproof, come attestato anche da un esemplare conservato alla Getty Research Library) e la terza sono incise da Martial Desbois; la quarta disegnata e incisa dall’enigmatico ‘Ugolinus’; la quinta (anch’essa incisa al contrario) e la sesta sono invece opera di Carlo Antonio Forti. Al frontespizio il giglio Farnese inciso su legno. Legatura coeva in carta marmorizzata. Esemplare in buono stato di conservazione, piccola macchia al margine esterno bianco della carta A3v.

In occasione del matrimonio tra Odoardo Farnese e Dorotea Sophia di Neuburg, Ranuccio II, padre dello sposo, inaugurò il nuovo ‘Piccolo Teatrino di Corte’. La prima rappresentazione, tenutasi il 20 maggio 1690, con la quale vennero aperti i festeggiamenti, fu L’idea di tutte le perfezioni, un balletto in maschera scritto da Lotto Lotti, musicato da Giuseppe Tosi, con le meravigliose macchine di Stefano Lolli e le grandiose scenografie di Ferdinando e Francesco Galli Bibbiena. Lo sfarzo delle rappresentazioni per lo sposalizio fu talmente impressionante che già il Muratori ricordava che: «sì sontuose riuscirono l’Opere in Musica fatte nel gran teatro, e nel Giardino della Corte, sì ricche le livree, sì straordinarie le macchine, i caroselli, i balli, le illuminazioni, i conviti […] Per tante feste non s’incomodò poco quel Sovrano, ma certamente fece parlare assaissimo dell’animo suo grande, benché alcuni vi trovassero dell’eccesso» (L. Muratori, Annali d’Italia, anno 1690). Vinet, 591; Cat. asta G. Libri 1857, n. 4962.

190


211. Lotti, Lotto

49


197. Scotti, Ranuccio

50


205. Legatura Rospigliosi

51


206. Kircher, Athanasius

52


207. Guericke, Otto von

53


224. Bartoli, Pietro Santi

54


227. Feste di Parma

55


231. Zatta, Antonio

56


3 212 3 Exceedengly rare first and only edition of this ‘libretto’ by Lotto Lotti of this ballet, the second one represented in honour of the wedding of Odoardo Farnese and Dorotea Sophia of Neuburg. Elegantly illustrated by 5 plates, drawn by Baratta and Galli Bibbiena, and engraved by Martial Desbois, ‘Ugolinus’ and Carlo Antonio Forti.

Lotti, Lotto (1667-1714). L’età dell’oro, Introduzione al balletto della Serenissima Signora principessa Margherita, e delle Signore Dame, Fatto Rappresentare dal Sereniss.Sig. Duca di Parma nel suo nuovo Teatrino, In occasione de’ felicissimi Spondali del Serenissimo Sig. Principe Odoardo suo primogenito, Con la serenissima Signora Principessa Dorotea Sofia di Neoburgo. Piacenza, Giovanni Bazachi, 1690. In-4° (mm 195x146). 32 pagine numerate. Illustrato da 5 tavole fuori testo più volte ripiegate. La prima proveniente da l’Idea di tutte le perfezioni (vedi scheda n. 211 del presente catalogo), stampata qui in counterproof; le altre quattro su disegni di Ferdinando Bibbiena, incise dall’enigmatico ‘Ugolinus’ e da Carlo Antonio Forti. Fregio silografico al frontespizio. Legatura coeva in carta marmorizzata. Esemplare con barbe, in buono stato di conservazione, piccoli difetti ai margini.

Rara edizione di questo libretto scritto da Lotto Lotti per il balletto musicato da Giuseppe Tosi e con le scenografie di Francesco e Ferdinando Galli Bibbiena. L’opera venne rappresentata qualche giorno dopo la precedente (vedi scheda n. 211 del presente catalogo), sempre in onore delle nozze tra Odoardo Farnese e Dorotea Sophia di Neuburg, nel nuovo Teatrino della corte Farnese. Il corredo scenico prevedeva l’apertura delle danze della principessa Margherita, moglie di Ranuccio II, seguita poi dalle più celebri nobildonne e dame di corte. Nello stesso anno furono inoltre rappresentati anche Gli amori di Apollo e Dafne, con libretto di Alberto Pazzoni e Paolo Monti e musica del Sabadini, in cui era previsto un ballo guidato dalla sposa. Una minuziosa relazione delle feste nuziali del 1690 fu redatta dal parmigiano Giuseppe Notari, il quale racconta che «da tutte le Province dell’Italia e da molte altre dell’Europa giunsero infiniti Nobili Forestieri, per rendersi Spettatori de’ Famosi e non più praticati divertimenti […]. Bologna, Milano, Firenze, Mantova, Modena, Lucca, Siena,Verona con tutte l’altre Città più rimarcabili dell’Italia restarono prive de’ loro più riguardevoli Abitatori, che resero per altro più popolata la bella città di Parma, che senza iperbole, e per la gioia, e per la moltitudine de’ Stranieri più non capiva in se stessa». Vinet 592; Berlin Kat. 4139; Cat. asta G. Libri 1857, n. 4962.

191


3 213 3 Very rare manuscript of Lorenzo Spirito’s work, elegantly written in 17th century hand and beautifully illustrated by pen drawings in the style of Stefano Della Bella, showing, together with the classical fortune-telling book themes, landscapes with ruins and classical architectures.

Spirito, Lorenzo (ca. 1425-1496). Libro della Ventura. Manoscritto su carta, [fine inizio XVIII secolo].

XVII

-

Manoscritto su carta di mm 295x280. 47 carte scritte in una grafia molto nitida e magnificamente disegnate da un artista che ricalca lo stile di Stefano della Bella. COMPLETO.Tutte le carte sono inquadrate da cornici con frutti e foglie e arricchite da disegni che illustrano le varie parti del ‘gioco’ di divinazione, nel quale, attraverso una serie di tavole preliminari e col lancio di tre dadi, si viene invitati ad una terzina responsiva, pronunciata da altrettanti ‘profeti’. Al titolo due putti entro ambientazione paesaggistica consultano il Libro della Ventura e al verso del medesimo foglio reggono un drappo su cui sono scritte le regole per interpretare il proprio futuro, mentre un busto, probabilmente dell’autore, è posto di fianco a loro. Alla c. 2r è posta la ruota della fortuna: agli estremi delle varie parti si trovano i quesiti in base ai quali il Libro può dare delle risposte. Alle cc. 3r-6r sono raffigurati, con notevole gusto antiquario ed entro ambientazione paesaggistica o tra rovine, i busti accoppiati dei re con il loro nome scritto in verde e il successivo riferimento alla tavola dei dadi cui recarsi.Alle cc. 6v-10v e 12r-17r sono raffigurate le varie combinazioni possibili al gioco dei dadi con l’indicazione della sfera a cui andare; al centro di ogni pagina è posto un simbolo (animali, sole, figure mitologiche). In base al risultato numerico bisogna consultare le Sfere raffigurate alle cc. 17v-27r: ogni quadrante della sfera corrisponde ad un numero e al nome di un Profeta (cc. 27v-46r) e di conseguenza al responso al proprio quesito. Al verso dell’ultima carta compare la nota “questo libro è stato inventato e scritto da me Lorenzo Spirito e disegnato da Paulo Veronese mio comparioto Anno” (la data che segue non è facilmente interpretabile). Legatura coeva in piena pelle, dorso con fregi impressi in oro, tracce di fermagli. Manoscritto in buono stato di conservazione, segni d’uso e piccoli restauri ad alcune carte e alle cerniere della legatura.

Rarissimo manoscritto della celebre opera composta da Lorenzo Spirito (vedi scheda n. 44 del presente catalogo), della quale si conoscono pochissimi esemplari sopravvissuti, sia manoscritti che a stampa, poiché venne posta all’Indice dal Concilio di Trento. L’attribuzione dei disegni a Paolo Veronese (1528-1588), oltre a non trovare riscontri documentari per altre edizioni, pare lontana dallo stile del codice in esame, avvicinabile piuttosto alla mano di Stefano della Bella (Firenze 1610-1664), celebre pittore di storia, di soggetti religiosi, di genere, di ritratti, paesaggi ed incisioni. Il manoscritto, realizzato probabilmente da un esponente della sua bottega in uno stile volutamente arcaicizzante, si contraddistingue per l’estrema raffinatezza nell’interpretazione fisionomica e nella raffigurazione del mondo animale e agreste.Tutte le pagine presentano sfondati con paesaggi vivacizzati da scene di genere, realizzati da mano abile e sicura e un’estrema attenzione a rovine di gusto antiquario. Bénezit, II, p. 43; G. Arbizzoni, Gualtieri, Lorenzo, in DBI, 208-212;T. De Marinis, Appunti e ricerche bibliografiche, Milano 1940, pp. 69-83; L. NADIN, Carte da gioco e letteratura fra Quattro e Ottocento, Lucca 1997; C. Limentani Virdis, Disegni di Stefano della Bella, Sassari 1975; The drawings of G.B. Castigione & Stefano della Bella in the collection of her majesty the queen at Windsor Castle, by Anthony Blunt surveyor of the Queen’s pictures, London 1954.

192


3 214 3 Amazing copy with author’s corrections of one of the first books written by Giambattista Vico, and first editions of the two pamphlets in defense of his work.This first book of the De antiquissima Italiorum sapientia concerning methaphysics, the only one ever printed, should have been followed by other two concerning physics and ethics.

Vico, Giambattista (1668-1744). De Antiquissima Italorum sapientia ex linguae Latinae originibus eruenda. Napoli, Felice Mosca, 1710. (Legato con:) Id. Risposta del Signor Giambattista di Vico nella quale si sciogliono tre gravi oppositioni fatte da dotto signore contro il Primo libro de Antiquissima Italiorum sapientia &c. Ovvero della metafisica degli antichissimi filosofi italiani tratta da’ latini parlari. Napoli, Felice Mosca, 1711. (Legato con:) Id. Risposta del Signor Giambattista di Vico all’articolo X del Tomo VIII. Del Giornale de’ Letterati d’Italia. Napoli, Felice Mosca, 1712. Tre opere in un volume in-12° (mm 144x80). 130 pagine numerate, una carta non numerata; 48 pagine numerate; 93 pagine numerate, una carta non numerata. Marca tipografica ai tre frontespizi incisa in legno. Legatura coeva in pergamena, nome dell’autore e titolo manoscritti al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte lievemente brunite alla fine della terza edizione legata.

Prima rarissima edizione del Liber Metaphysicus del Vico e prime edizioni dei due opuscoli polemici in sua difesa. L’opera, dedicata a Paolo Mattia Doria, faceva parte, nel progetto del Vico, di una più ampia trattazione che oltre alla metafisica avrebbe dovuto abbracciare la fisica e la morale, così da poter racchiudere l’Antiquissima Italiorum sapientia. Esemplare impreziosito da numerosi interventi manoscritti del Vico a correzione del testo, del tutto simili a quelli riscontrati nella copia Gentile della stessa edizione (vedi G. Adamo, De antiquissima Italiorum sapientia di Giambattista Vico, Firenze 1998). Come sottolineato dal Croce descrivendo questa edizione «Correzioni autografe aggiunte dall’autore, con abitudine divenuta poi in lui costante per qualsiasi suo libro, sono presenti negli esemplari offerti in dono» (pp. 15-18). Nicolini-Croce, pp. 15-18.

3 215 3 Beautiful copy of the first Amsterdam reprint of the substantive second edition of the Principia mathematica «a fine example of bookmaking» (Babson). «Copernicus, Galileo and Kepler had certainly shown the way; but where they described the phenomena they observed, Newton explained the underlying universal laws» (PMM).

Newton, Isaac (1642-1727). Philosophiae naturalis principia mathematica. Amsterdam, Sumptibus Societatis, 1714.

193


In-4° (mm 241x192). 14 carte non numerate, 484 pagine numerate, 4 carte non numerate. Una tavola ripiegata fuori testo con un diagramma inciso su rame; numerosi diagrammi silografici nel testo. Frontespizio stampato in rosso e nero con marca tipografica incisa su rame e il motto ‘VIS UNITA MAJOR’. Legatura coeva in pergamena con unghie, titolo manoscritto al dorso, tagli spruzzati di azzurro. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte uniformemente brunite. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso del Marchese Rangoni, Luigi Machiavelli (1775-1844), ministro dell’economia e pubblica istruzione del Ducato di Modena e presidente della Società italiana di scienze; al recto dell’ultima carta antico sigillo in ceralacca, nota di possesso manoscritta al frontespizio.

Terza edizione dei Principia, la cui princeps era stata impressa a Londra nel 1687. La presente è una fedele ristampa, se si eccettuano le correzioni degli errori riportati nell’errata, della seconda edizione pubblicata a Cambridge l’anno precedente, e può essere considerata l’edizione per il mercato europeo di quest’opera.Tra la prima pubblicazione e la seconda, Newton lavorò, insieme al matematico di Cambridge Roger Cotes, alla correzione e all’ampliamento del suo trattato, facendone menzione in questa edizione, come ovviamente anche nella precedente, alla fine della prefazione. Cotes contribuì all’edizione di Cambridge anche con una lunga nota introduttiva in cui difendeva il sistema newtoniano contro quello cartesiano, e ricordava inoltre che il principio di gravità era valido in America come in Europa. Gray, p. 20; Babson Suppl., p. 4; Honeyman, 2305.

3 216 3 Dedication copy of the first edition of three important Vallisneri’s works concerning the reproductive apparatus, geological, zoological and biological studies.

Vallisneri, Antonio (1661-1730). Opere diverse […] cioè: I. Istoria del camaleonte affricano, e di vari animali d’Italia. II. Lezione Accademica intorno all’origine delle fontane. III. Raccolta di vari trattati. Venezia, Giovanni Gabriello Ertz, 1715. Tre parti in un volume in-4° (mm 236x167). I. 6 carte non numerate, di cui la prima bianca (comprendenti il titolo generale e il ritratto dell’autore inciso da Antonio Luciani), 200 pagine numerate. Illustrato da 14 tavole calcografiche fuori testo. II. 4 carte non numerate, 87 pagine numerate. Illlustrato da una tavola calcografica ripiegata fuori testo. III. due carte non numerate, 261 pagine numerate, una carta bianca. Illustrato da 16 tavole calcografiche fuori testo. Legatura coeva in pergamena, titolo manoscritto al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Al recto della prima carta bianca dedica autografa del Vallisneri ‘All’Illustrissimo P.&R. Francesco Xaverio Quadrio della Compagnia di Gesù l’Authore in segno di riverentissima stima, e di eterne obbligazioni.V.’, da identificarsi coll’erudito e letterato Francesco Saverio Quadrio (1695-1756) autore dell’opera Della storia e della ragione di ogni poesia (Bologna-Milano, 1739-1752).

Straordinario esemplare di dedica della prima edizione, in seconda tiratura, di queste tre opere del medico e naturalista bolognese Antonio Vallisneri. I presenti scritti videro tutti la luce presso lo stesso editore l’anno precedente ed ebbero diffusione autonoma. Nel 1715 Ertz stampò un titolo generale e cambiò la data di stampa alle copie rimaste che furono riunificate.

194


Antonio Vallisnieri, allievo di Malpighi a Bologna, fu uno dei primi naturalisti di stampo moderno, privilegiando l’osservazione diretta dei fenomeni scientifici rispetto alle mere elaborazioni teoriche. I suoi approfonditi studi sull’apparato riproduttivo, qui descritti nella terza opera, contribuirono - assieme a quelli del Redi - a dimostrare l’insussistenza della teoria della generazione spontanea, precorrendo l’avvento dell’ipotesi evoluzionista. La Lezione accademica rappresenta poi il primo sistematico studio scientifico sull’origine delle sorgenti alpine, vera e propria pietra miliare nella letteratura geologica, e la tavola che la illustra «costituisce sicuramente uno dei primi esempi di illustrazione stratigrafica moderna». Medico, scienziato, naturalista e biologo,Vallisneri fu uno strenuo sostenitore della scuola di pensiero galileiana, scelse l’italiano per la diffusione delle sue ricerche e dei suoi studi, fu membro della Royal Academy. Sabia, Opere di Vallisneri, 106-120; Garrison & Morton 302; Pritzel, 9675; Olschki, Choix, 19779; Morazzoni, 258-259; Parenti, 500.

3 217 3 First edition in early issue of Defoe most famous novel. «Robinson Crusoe has long since been more widely read in the abridged versions for young people, in which his breast-beating and philosophizing are less prominent than the footprint in the sand, Man Friday, the threatening savages, and the endless ingenuity and contrivance that make the heroes island life tolerable» (PMM).

Defoe, Daniel (1660-1731). The life and strange surprising adventures of Robinson Crusoe of York. Londra,W.Taylor at the Ship in Pater-Noster-Row, 1719. Due volumi in-8°. I. (mm 192x120).Antiporta incisa da Clarke e Pine raffigurante Crusoe vestito con abiti fatti da lui, fucile sulle spalle sullo sfondo due navi che si infrangono sugli scogli, due carte non numerate, 364 pagine numerate, mancano le due carte (Aa7-8) con i ‘publisher advertisers’. II. (mm 193x118). 4 carte non numerate, una mappa ripiegata raffigurante i viaggi di Crusoe, 373 pagine numerate, 11 pagine di pubblicità. Legatura in marocchino verde di Rivière & Son, piatti riccamente decorati in oro, dorso con fregi e titolo dorati, tagli in oro. Esemplare in discreto stato di conservazione. Piccoli restauri al primo volume alle carte B4-5 e H5, piccolo foro di tarlo che tocca alcune lettere alla carta P8. Al secondo volume piccoli restauri alla piegatura della mappa geografica, lievi bruniture.

Prima edizione di questo capolavoro della letteratura mondiale identificato come il capostipite del moderno romanzo d’avventura. Il primo volume ha il titolo in secondo stato con ‘semicolon’ dopo ‘London’, terzo stato della prefazione con il richiamo ‘apply’ corretamente, e primo stato di Z4r con ‘Pilot’ stampato erroneamente ‘Pilate’ e ‘Portugnese’ per ‘Portuguese’. Il secondo volume è nella cosiddetta ‘Hutchins’s first issue’, in seconda variante (B2) con A4v bianca, ‘FARTHFR’ per ‘FARTHER’ alla carta B1r. Nello scrivere quella che diventerà una delle opere più celebri della letteratura mondiale, Daniel Defoe si ispirò ad una storia vera: un marinaio di nome Alexander Selkirk, abbandonato nel 1705

195


nell’isola di Juan Fernandez, al largo del Cile, venne ritrovato quattro anni più tardi allo stato quasi selvaggio. Secondo Rousseau questo romanzo non si può considerare tanto un trattato sulla solitudine quanto «il più felice trattato di educazione naturale». Defoe riesce a cogliere nel suo romanzo, come motivo universale, il problema dell’uomo solo davanti alla natura e a Dio. L’opera è fortemente influenzata dall’illuminismo inglese e soprattutto da alcuni tratti dell’epoca in cui visse l’autore, che vide l’ascesa della borghesia mercantile puritana, grazie all’espansione della colonizzazione e dei traffici marittimi. Grolier English, 41; Hutchins, pp. 52-71; Moore 412; PMM 180.

3 218 3 First quarto edition, reprinting the contents of the first one, the Paris 1735 folio edition, of «the first definitive European work on the Chinese empire» (Hill).The present encyclopaedic compilation, a cornerstone of any collection of Sino-European travel literature, draws on the reports of 27 Jesuit missionaries and covers every aspect of Chinese life and culture. The work is also notable for containing the first printed account of Vitus Bering’s first expedition to Alaska, in 1725-28.

Du Halde, Jean Baptiste (1674-1743). Description géographique, historique, chronologique, politique, et physique de l’Empire de la Chine et de la Tartarie Chinoise. La Haye, Henri Scheurleer, 1736. 4 volumi in-4° (mm 245x193). I. 80 pagine con numerazione romana, 488 pagine numerate, 18 carte non numerate. Illustrato da due ritratti a mezza pagina e 21 tavole fuori testo. II. due carte non numerate, 834 pagine numerate. 25 tavole, di cui tre ripiegate, fuori testo e 5 illustrazioni nel testo. III. tre carte non numerate, 652 pagine numerate. 7 tavole fuori testo, di cui sei ripiegate, e 5 illustrazioni nel testo. IV. due carte non numerate, 606 pagine numerate, 64 carte non numerate. Una illustrazione nel testo. Titoli stampati in rosso e nero con marca tipografica impressa su rame. Le suddette tavole incise in rame rappresentano: una grande mappa geografica, numerose piante topografiche di città. Alcune incisioni firmate da J. C. Philips su disegno di A. Humblot, altre da Humblot su disegno di J. van de Spyk, una da Philippe van Gunst. Uniformemente legato al tempo in vitello agli acidi, decorazioni e titolo in oro al dorso, tagli rossi.

Prima edizione in quarto - che riprende, nei contenuti, la princeps in folio stampata a Parigi nel 1735 - di quest’opera nota come «the first definitive European work on the Chinese empire» (Hill). Du Halde entrò nell’ordine gesuitico nel 1708, e fu incaricato dai suoi superiori di riunire in un’unica opera tutte le relazioni, manoscritte e a stampa, dei viaggiatori gesuiti in Cina. Egli fu inoltre uno dei curatori principali della vasta compilazione intitolata Lettres édifiantes et curieuses écrites des missions étrangères (1702-76), che costituisce una delle fonti principali riguardante l’attività missionaria dell’ordine gesuitico nel XVIII secolo. La presente edizione di questa raccolta di natura enciclopedica è considerata una pietra miliare

196


della letteratura di viaggio Sino-europea, poiché attinge alle relazioni di 27 missionari gesuiti, i cui nomi vengono elencati nella prefazione, e descrive in maniera esaustiva ogni aspetto della vita e della cultura cinesi. La Description è assai importante anche perché contiene la prima versione a stampa della relazione di Vitus Bering sulla prima spedizione effettuata in Alaska nel 1725-28 (vol. IV, pp. 561-569). «The original report travelled a circuitous route to fall into Du Halde’s hands.The Danish Vitus Bering (1681-1741) had entered the Russian navy as a young man and risen through the ranks. His expedition was sponsored by the Russian Czar Peter the Great. When Bering returned to St. Petersburg in 1730, five years after the death of Peter the Great, his account and an accompanying map were sent as a gift to the King of Poland, who gave them to Du Halde with permission to do with them `as he saw fit’. In this way the first account of Bering’s important exploration was published in France rather than in Russia, where the full narrative was not published until several years later» (Hill). Le illustrazioni che arricchiscono questa edizione si trovano in forma ridotta rispetto a quelle della prima edizione in folio (in cui alcune era impresse su legno mentre qui sono incise su rame) e comprendono, oltre alle mappe e alle piante topografiche delle città, anche scene di cerimonie, di vita quotidiana e di costume. Le mappe vennero ristampate separatamente da Bourguignon d’Anville nel 1737. Cordier, Sinica, p. 48; Hill 498; Brunet II, 870.

3 219 3 First rare edition of this pioneeristic work on the tributary system. Schumpeter credits Broggia with being one of the originators of a pure theory of taxation. Broggia’s principal work, the Trattato de’ tributi, delle monete e del governo politico della sanità is «a digest of all that was best, not only in the public-finance literature of the eighteenth century but also in most of that of the nineteenth» (Schumpeter).

Broggia, Carlo Antonio (1698-1767). Trattato de’ tributi, delle monete e del governo politico della sanità. Napoli, Pietro Palombo, 1743. In-8° (mm 192x116). 7 carte non numerate, 18 carte numerate, 572 pagine numerate, due carte non numerate. Iniziali silografiche ornate. Legato, dopo le carte preliminari, si trova un non pertinente ritratto inciso in rame raffigurante Ignacio di Loyola. Legatura coeva in pergamena, titolo in oro su tassello in marocchino al dorso, tagli spruzzati di rosso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte uniformemente ossidate.

Edizione originale di questa importante opera del Broggia, celebre studioso di economia politica dalla travagliata esistenza che lo portò, per le sue idee, a subire anche la proscrizione nell’isola di Pantelleria. Notevole è, soprattutto, la parte dedicata all’analisi del sistema tributario, per il quale il Broggia, avanza ragionevoli proposte di riforma fiscale sulla base di criteri di equità assoluta in rapporto alle effettive capacità contributive, sgravando le classi più misere. Le sue teorie

197


possono essere considerate non solo un compendio della più importante letteratura sulle finanze pubbliche del XVIII secolo, ma anche anticipatrici della maggior parte di quella del XIX secolo. «Primo trattato metodico dei tributi superiore di molto ai camerialisti suoi contemporanei» (Cossa, p. 107). Goldsmiths 7984; Kress B, 4730; Einaudi I, 709; Schumpeter, p. 205.

3 220 3 Rare first and only edition of this beautifully printed work, written by the alchemist and freemason Raimondo di Sangro and in which «the author [also] speaks of the extensive use of quipus by the Peruvians» (Sabin), the ancient Inca method of recording information that involves the use of coloured and knotted threads or strands of llama or alpaca hair. One of the plates of this volume reproduces the alphabetical equivalents of various knot patterns, the principal use of quipus seems to have been numeric – counting and accounting, calendars, census taking, etc., though the system has yet to be fully deciphered and it is not really known how far it can be viewed as a writing system. It has, however been suggested that quipus also represent a binary system capable of recording phonological or logographic data.

Di Sangro, Raimondo (1710-1771). Lettera apologetica dell’Esercitato accademico della Crusca contenente la difesa del libro intitolato Lettere d’una peruana Per rispetto alla supposizione de’ Quipu scritta alla duchessa di S. … e dalla medesima fatta pubblicare. Napoli, [Gennaro Morelli], 1750. In-folio (mm 270x190). 7 carte non numerate, 320 pagine numerate, 7 carte non numerate, una carta bianca, tre tavole fuori testo. Frontespizio stampato in rosso e nero e ornato da un’incisione su rame stampata in rosso. Illustrato da tre grandi tavole ripiegate a colori; capilettera ornati ed animati incisi su rame. Legatura coeva in vitello agli acidi. Decorazioni e titolo in oro al dorso, tagli marmorizzati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture. Al contropiatto anteriore nota di possesso manoscritta ‘Franco Lercario Firenze 1775’.

Prima edizione di quest’opera stampata da Raimondo Di Sangro, principe Di San Severo con un procedimento tipografico di sua invenzione capace di effettuare la stampa simultanea a più colori con una sola passata di torchio. Scritta in un linguaggio aderente ai dettami dell’Accademia della Crusca, di cui il principe era membro con il nome di Esercitato, la Lettera, pur se conosciuta e diffusa in tutta Europa, nei secoli successivi è entrata in un progressivo oblìo, anche per il sospetto di eresia da cui è stata accompagnata fin dalla messa all’Indice ad opera della Chiesa. Essa dunque nel suo significato complessivo è uscita dall’attenzione generale, rimanendo quale fonte privilegiata di notizie autobiografiche sulla vita e le opere dello stesso Raimondo di Sangro. La Lettera Apologetica per le disinvolte e provocatorie citazioni di autori proibiti o fortemente sospettati dalla Chiesa (Toland, Collins, Bayle, Voltaire, Marquis d’Argens) se da un lato ha consentito al di Sangro di diffondere idee innovative, dall’altro ha

198


suscitato le veementi reazioni degli ambienti ecclesiastici del tempo, tanto da essere messa all’Indice come opera «scandalosa temeraria, offensiva alle pie orecchie, che favorisce l’eresia e il materialismo». Raimondo de Sangro, Lettera Apologetica, a cura di Leen Spruit, Napoli 2002.

3 221 3 Beautiful unsophisticated copy in original paper boards of the rare first edition of the outstanding Italian contribution to the theory of money. Galiani’s Della Moneta is considered one of the outstanding works of economic theory of the eighteenth century. «In his able work Della Moneta, [Galiani] analysed the phenomenon of value, forming a theory which may have a little in common in its details with the other systems known in his time, but differing essentially from them in its theory of the basis of value. Galiani’s system has nothing in common with that of Locke and Cantillon, then generally accepted. It anticipates the theories of Jevons and Menger» (Palgrave). Galiani, Ferdinando (1728-1787). Della moneta. Napoli, Giuseppe Raimondi, 1750 [ma 1751]. In-4° (mm 233x170). 8 carte non numerate, 370 pagine numerate, tre carte non numerate. La carta 2B3 cancel, la carta D4 uncancel in accordo con la copia Goldsmiths. Cartonato coevo, titolo manoscritto al dorso che presenta delle rotture in parte restaurate; scatola in tela. Esemplare con barbe in ottimo stato di conservazione, leggere fioriture.

Prima rarissima edizione di quest’opera di capitale importanza per la storia dell’economia, e in particolare per quella monetaria. Sebbene la data al frontespizio riporti l’anno 1750, l’opera fu pubblicata l’anno successivo (si veda F. Galiani, Della moneta, a cura di F. Nicolini, Bari 1915, p. 370). «In his able work, Della Moneta, [Galiani] analysed the phenomenon of value, forming a theory which may have a little in common in its details with the other systems known in his time, but differing essentially from them in its theory of the basis of value. Galiani placed this in the concrete utility of single quantities of wealth – a utility which, according to him, is determined by the different degrees of demand; he remarks on the influence of time and the reciprocal influence of demand on value, which, in its turn, influences the former.This theory of the limit of utility forms a complete and regular system in which the several elements are first ascertained and then reduced to one alone. This element is neither labour nor rarity, separately considered, nor even utility itself. According to Galiani, the law regarding normal value is a mixture of several elements, all tending to give the idea of utility in its widest sense, and differently distinguished in degree and demand. Galiani’s system has nothing in common with that of Locke and Cantillon, then generally accepted. It anticipates the theories of Jevons and Menger. In the work Della Moneta, he defends charging interest. The chapter on the course of exchange, though imbued with mercantilist opinions, and showing some inconsistencies in the remarks on international trade, has great merits» (Palgrave II, p. 178). Cossa 41(113); Einaudi 2329; Goldsmiths 8528; Kress 5034; Italian Economic Literature in the Kress Library, 269; Palgrave, II, p. 178.

199


3 222 3 Nice copy of this 18th century collection of ancient popular tales all of the most famous Italian authors, like Boccaccio, Masuccio Salernitano, Sabbadino degli Arienti, Straparola, Bandello and Sansovino. Four volumes in original vellum with the lion of St. Mark painted in red on blue ground on boards. Del Novelliero Italiano. Volume primo[-quarto]. Venezia, Giambattista Pasquali, 1754. Quattro volumi in-8° (mm 179x116). 45 pagine con numerazione romana, una carta non numerata, 384 pagine numerate; 33 pagine con numerazione romana, una carta non numerata, 315 pagine numerate, una carta non numerata tra le pagine 286 e 287, manca l’ultima carta bianca; 25 pagine con numerazione romana, una carta non numerata, 334 pagine numerate, manca l’ultima carta bianca; 29 pagine con numerazione romana, una carta non numerata, 348 pagine numerate, una carta non numerata, manca l’ultima carta bianca. Marca ripografica incisa su legno ai quattro frontespizi; testatine e finalini silografici nel testo. Legatura coeva in pergamena con unghie per tutti i volumi, ai piatti il leone di San Marco dipinto a tempera su fondo azzurro in un serto di alloro; titoli manoscritti ai dorsi. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche piccolo foro di tarlo su alcune carte.

Bell’esemplare, uniformemente legato in pergamena coeva con dipinto ai piatti il leone di San Marco in rosso su campo blu e racchiuso da una cornice d’alloro, di questa raccolta curata dal veneziano Girolamo Zanetti, che testimonia come fossero ancora in voga nella Venezia settecentesca le antiche novelle, letterarie e popolari. «La scelta è fatta di quelle Novelle più morigerate che l’editore andò a ripescare nelle Cento Novelle antiche […], nel Boccaccio, nel Sacchetti, in Giovanni Fiorentino, in Masuccio Salernitano, in Sabbadino degli Arienti, nel Giraldi, nel Molza, nel Lasca, in Antonio Maricondo, in Ortensio Lando, nello Straparola, nel Bandello, in Francesco Sansovino, in Levanzio da Guidicciolo, in Sebastiano Erizzo, in Niccolò Granucci, in Ascanio de’ Mori, in Celio Malespini, in Scipione Bargagli ed in Annibale Campeggi. La Novella d’Incerto, intitolata Novella di Ranieri mercatatante è scritta dal Raccolgitore medesimo, il quale dice d’averla tratta dall’originale di Gio. Le Gallois, trovatore francese del secolo XIII» (Passano). Passano, 326; Gamba, 2729; Melzi II, p. 250.

3 223 3 First and only French edition of this treatise on the different type of corals, sponges and other typical marine elements that can be found on the coasts of Great Britain and Ireland. Ellis, John (ca. 1710-1776). Essai sur l’histoire naturelle des corallines, et d’autres productions marines du même genre, quon trouve communement sur les cotes de la Grand-Bretagne et d’Irlande; auquel on a joint une description d’un grand polype de mer, pris auprès du Pole Arctique, par des Pêcheurs de Baleine, pendant l’Eté de 1753. Le Haye, Pierre de Hondt, 1756.

200


In-4° (mm 260x200). 16 pagine con numerazione romana, 125 pagine numerate, una carta non numerata, 40 tavole a piena pagina di cui 6 ripiegate, incise da James Kirk, J. Mynde e H. Roberts su disegni di Ehret. Frontespizio stampato in rosso e nero. Legatura coeva in vitello agli acidi, dorso a cinque piccoli nervi con fregi e titolo in oro, tagli spruzzati di rosso. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Ex-libris manoscritto al contropiatto anteriore, datato 1871.

Prima ed unica edizione francese di questo interessante trattato sulle varie tipologie di coralli, spugne e altri esseri marini tipici della costa della Gran Bretagna e dell’Irlanda. Interessante anche il capitolo sulla cattura di un polipo gigante, avvenuta durante l’estate del 1753 al Polo Nord, da parte di alcuni balenieri, già riportata nell’edizione originale inglese del 1755. L’Essai fu tradotto anche in tedesco e stampato, sempre da Pierre de Hondt, nel 1767. Sempre sui coralli Ellis scrisse la Letter to Dr. Linnaeus on the animal nature of the genus of zoophytes called Corallina, dato alle stampe a Londra nel 1768 e illustrato da tre tavole. L’autore, irlandese di nascita, fu un naturalista e un gran viaggiatore, fu mercante a Londra e agente in Florida e in Dominica. Durante la sua vita, in giro per il mondo, raccolse e catalogò numerosissimi specimina di piante tanto da costituire un vero erbario da cui molti botanici dell’epoca, come Smith, attinsero notizie per la collazione delle loro opere. Nissen 590; Brunet II, 963; Stafleu & Cowan, Taxonomic literature, 1661; DNB 17, p. 385; Stafleu, Linnaeus and the Linnaeans, p. 151, 236, 1971; Plesch, p. 217; Blanche Henrey, British botanical and horticult. lit., II, p. 283.

3 224 3 First edition, printed in only 30 copies, of one of the most beautiful illustrated books of the 18th century.The wonderful plates, engraved and illuminated by a contemporary hand, were copied by the 17th century original watercolours by Pietro Santi Bartoli, reproducing the ancient Roman frescos discovered in the Baths of Titus and the famous mosaic found in Palestrina. Bartoli, Pietro Santi (ca. 1635-1700). Recueil de Peintures Antiques, Imitées fidelement pour les couleurs & pour le trait, d’après les Desseins coloriés faits par PietreSante Bartoli. Parigi, 1757. (Legato con:) Barthélémy, Jean-Jacques (1716-1795). La Mosaïque de Palestrine. [Parigi], 1760. Due opere in un volume in-folio (mm 512x337). I. Una carta non numerata, 31 pagine numerate. 33 tavole, di cui una a doppia pagina, incise in rame e miniate da mano coeva, raffiguranti gli affreschi delle terme di Tito. II. Una carta non numerata, due pagine con numerazione romana, 36 pagine numerate. Una tavola a doppia pagine incisa in rame e miniata da mano coeva, raffigurante il mosaico ritrovato a Palestrina, e una tavola incisa in rame a piena pagina raffigurante l’antica epigrafe esplicativa del mosaico. Legatura tardo-ottocentesca in mezzo vitello nocciola con angoli, dorso a sette nervi con fregi dorati e titolo in oro su tassello in marocchino rosso. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche leggera piegatura al centro delle carte di testo. Al verso del primo frontespizio piccolo timbro della biblioteca del principe di Liechtenstein.

Rara edizione originale di questa splendida impresa editoriale, stampata in soli 30 esemplari, con le tavole recanti una splendida coloritura dell’epoca, che tende a rievocare il fulgore degli antichi affreschi di epoca romana.

201


Il grandioso progetto venne concepito dal conte di Caylus (1692-1765), che affidò la redazione dei testi all’amico P.J. Mariette e all’abate Jean-Jacques Barthélémy. Nella prefazione viene spiegata la genesi dell’opera: «J’ai fait graver des planches au simple trait; et ce trait, gravé au miroir, en donnant la véritable position et le contour juste de chaque objet, guidera le peintre à gouache, et lui servira à poser chaque couleur à sa véritable place. Les estampes dont j’ai fait graver les planches doivent être coloriées conformément à nos desseins et l’on se servira pour cela de couleurs à la gomme, qui seront couchées avec le pinceau sur le papier et qui imiteront avec autant de fidélité qu’il sera possible le travail de la peinture antique». Sempre nel testo che introduce il volume, il conte di Caylus si rallegrava del ritrovamento dei 33 acquerelli originali di Pietro Santi Bartoli, riproducenti gli antichi affreschi trovati dall’artista italiano nel secolo XVII, affermando «Mais c’est beaucoup d’avoir fait une pareille découverte en France». Brunet I, 682; Berlin Katalog 3948 (per la seconda edizione); Cicognara 3598 (per la seconda edizione).

3 225 3 The first Italian edition, with hand-coloured plates, of this comprehensive geographical dictionary of the New World, this is a translation of the English edition, London, 1762, of which Sabin says: «A meritorious work […] a distinct account of all parts of the New World: their situation, climate, soil, etc. the whole intended to exhibit the present state of things in that part of the globe, and the views and interests of the several powers who have possessions in America».The majority of the twenty-one maps contained in the Gazzettiere are based on those by Emanuel Bowen (171467), Royal Geographer to George II and Louis XV, including a map of Condamine’s 1743 expedition down the Amazon.

Il Gazzettiere Americano contenente un distinto ragguaglio di tutte le parti del Nuovo Mondo. Livorno, Marco Coltellini, 1763. Tre volumi in-4° (mm 310x239). 23 pagine con numerazione romana, 216 pagine numerate; 256 pagine numerate; 253 pagine numerate. Illustrato da 78 tavole incise, tutte anticamente acquerellate, raffiguranti carte geografiche, vedute e figure di animali e piante americani, incise da A. Scacciati,V. Rossi,V.Vanni e G.M.Terreni.Testatine e finalini incisi in rame. Legatura coeva in pergamena, titolo in oro su tassello al dorso.

Prima edizione italiana di quest’opera, impostata come un dizionario, che affronta temi fisiconaturalistici ed economico-sociali relativi alle Americhe. Di notevole interesse la voce sul Brasile, accompagnata dalla mappa della spedizione di Condamine nell’Amazzonia del 1743 e dalle incisioni raffiguranti il tucano e la scimmia. La maggior parte delle 21 carte geografiche si basano su quelle di Emanuel Bowen (1714-1767), geografo reale di Giorgio II e Luigi XV. «This translation of the American Gazetteer [London, 1762], is practically a new work, having been greatly enlarged, and with eighty plates and maps engraved for this edition» (Borba). Sabin

XXVI, 814; Howes

A, 207; Borba, p. 347.

202


3 226 3 Beautiful copy bound in contemporary citron morocco of the first edition of the leading manual of type and type-founding that had appeared to the date of its publication. «The first volume contains a description of the engraving or cutting of the characters and the casting of types; the second consists of 186 pages of specimens of type and 101 alphabets, ancient and modern, with explanation of them.This celebrated work of Fournier was intended to consist of four volumes, but death prevented the author from carrying out his ideas» (Bigmore & Wyman).

Fournier, Pierre Simon (1712-1768). Manuel typographique. Parigi, [Pierre Simon Fournier], 1764. Due volumi in-8° (mm 162x105). Ritratto dell’autore, occhiello, 32 pagine con numerazione romana (compresa un’antiporta), 323 pagine, due carte non numerate, 16 tavole fuori testo ripiegate; antiporta, frontespizio inciso, 44 pagine con numerazione romana, una carta non numerata, 306 pagine di cui le prime 250 sono specimina tipografici (5 ripiegati). Legatura coeva in marocchino citron, piatti inquadrati da un filetto dorato che racchiude una rotella, dorso liscio con doppio tassello in marocchino verde, con titoli e numerazione in oro. Guardie in carta blu, dentelles interne, tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Prima e unica edizione del più celebre manuale tipografico, di futura ispirazione per quelli del Bodoni. L’opera fu concepita dall’autore in quattro volumi, il primo concernente l’incisione e la fusione dei caratteri tipografici, il secondo riguardante la stampa e le sue tecniche, il terzo occupato dalla vita dei grandi tipografi e il quarto di specimina tipografici. Per la prematura morte del Fournier ci restano solamente il primo e l’ultimo volume, divenuto il secondo. «The most useful information about type and type-founding which could be got together when he wrote [and] the first successful endeavor to place the measurements of types on a rational basis» (Updike). Bigmore & Wyman I, p. 228; Updike, Printing Types, I, pp. 260-65.

3 227 3 Deluxe edition of the first issue of the Feste di Parma printed by Bodoni, bound by the ducal binder Louis Antoine Laferté in red morocco with the gilt armorial coat of the Borbone family on boards. Louis Jacques de Bourbon copy.

Paciaudi, Paolo Maria (1710-1785). Descrizione delle feste celebrate in Parma l’anno MDCCLXIX per le Auguste Nozze di Sua Altezza Reale l’Infante Don Ferdinando colla Reale Arciduchessa Maria Amalia. Parma, nella Stamperia Reale, [1769]. In-folio (mm 545x405). 4 carte non numerate, 76 pagine numerate. Antiporta allegorica incisa da Giovanni Volpato su disegno di Petitot, frontespizio con le armi dei Borbone, 36 tavole incise di cui 6 a doppia pagina. Nel testo 4 testati-

203


ne, 8 iniziali, 19 finalini incisi. Le illustrazioni sono su disegni di Petitot e Volpato, e incise dai fratelli Baratti, da Muzzi, Patrini, Perfetti, Ravenet e Zuliani. Splendida legatura di Louis Antoine Laferté in marocchino granata alle armi del Duca Ferdinando I di Parma, lo stemma nobiliare è impresso in oro, entro ovale delimitato da una ghirlanda composta da una rotella di ferri floreali, al centro dei piatti inquadrati da una cornice di tre filetti dorati. Dorso a sette grandi nervi, con il titolo, la torre, il giglio e il leone (simboli del ducato) impressi in oro. Guardie in carta caillouté, dentelles interne, tagli in oro zecchino. Magnifico esemplare, alcuni piccoli restauri agli angoli e ai capitelli della legatura. Exlibris dell’Infante di Spagna Louis Jacques de Bourbon (1727-1785).

Copia di lusso della prima tiratura delle Feste di Parma «il più bel libro italiano di feste e il più ricercato» (Corrado Mingardi), stampato da Giambattista Bodoni (1740-1813), nella stamperia privata del Duca di Parma, in occasione delle nozze tra l’Infante di Spagna Ferdinando I e la duchessa di Parma Maria Amalia, figlia dell’Imperatrice Maria Teresa e Arciduchessa d’Austria. Una delle 62 copie di presentazione (la nostra porta segnato a mano all’angolo sinistro superiore del foglio di guardia ‘N° 13’) legate dal legatore ducale alla corte parmense Louis Antoine Laferté. L’opera venne stampata complessivamente in 1.002 copie, di cui 400 su carta imperiale grande e le restanti su carta reale fina di Parma. Oltre alle 62 copie di presentazione legate in marocchino rosso o verde dal Laferté «donate all’entourage della corte parmense e inviati in omaggio, a lustro e decoro dei reali sposi, presso le corti dell’Europa e dell’Italia», le restanti copie furono legate «84 in vitello e 144 in bazzano con o senza armi, oltre a 300 in rustico, cioè in cartone rivestito con carta turchina o mormorata» (Silvana Gorreri, Bodoni e legature in Bodoni, l’invenzione della semplicità, S. 241). Le altre copie vennero legate da Gabriel Fabre di Tolosa e dal suo pupillo Apollinari. Brooks 6; Giani p. 83, n. 3; Berlin Katalog 3080.

3 228 3 First rare edition of the only work written by Domenico Ponziani who was one of the leading Italian authors of the 18th century and the most famous representative of the Modenese Chessschool. He confines his attention to the opening and the ending, and leaves the mid-game untouched. After him is the ‘Ponziani-opening’ named.

[Ponziani, Domenico Lorenzo (1719-1796)]. Il giuoco incomparabile degli scacchi sviluppato con nuovo metodo. Per condurre chiunque colla maggiore facilità dai primi elementi fino alle finezze più magistrali. Modena, Eredi di Bartolomeo Soliani Stampatori Ducali, 1769. In-4° (mm 210x155). 8 pagine con numerazione romana, 383 pagine numerate. Capilettera, testatine e finalini incisi in legno nel testo. Legatura coeva in cartonato, titolo manoscritto al dorso. Esemplare con barbe, in ottimo stato di conservazione.

204


Rara prima edizione di questo celebre trattato di scacchi, che fu ristampato ben 8 volte fino al 1861. Ponziani fu il più importante teorico degli scacchi del secolo XVIII, fece parte della cosiddetta scuola di Modena, di cui fu uno dei principali esponenti insieme a Giambattista Lolli ed Ercole del Rio. Ne Il giuoco incomparabile vengono esaminate un gran numero di aperture, tra cui la più nota è quella che porta ancora il nome dell’autore, e soprattutto vi vengono dissertate le tecniche per un rapido attacco. Il capitolo dedicato ai Principali scrittori del Giuoco rappresenta una delle prime bibliografie sugli scacchi ed è ormai assodato il fatto che fu proprio questa lettura a stimolare l’interesse storico e collezionistico del Barone Tassilo von Heydebrand und der Lasa. Chicco-Sanvito, Lineamenti di una bibliografia italiana degli scacchi, n. 683.

3 229 3 First edition of this work written by Paul-Henri Dietrich baron d’Holbach, the foremost exponent of atheistic materialism and the most intransigent polemicist against religion in the Enlightenment. On settling in Paris, Holbach had associated with the younger philosophes who, with Diderot, d’Alembert and Rousseau, were grouping around the Encyclopédie, to which he also became a major contributor.

Holbach, Paul Henri Dietrich baron d’ (1723-1789). Systême social ou Principes naturels de la morale et de la politique avec un examen de l’influence du gouvernement sur les moeurs. London [i.e. Amsterdam, M.M. Frey], 1773. Tre parti in un volume in-4° (mm 210x125). 218 pagine numerate, due carte non numerate, 174 pagine numerate; due carte non numerate, 166 pagine numerate, una carta non numerata. Legatura ottocentesca in mezza marocchino blu, titolo e fregi in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione.

Rara e importante edizione originale dell’opera filosofica fondamentale, con il Système de la nature, del barone d’Holbach, la figura leader del Materialismo francese e dell’ateismo nel XVIII secolo. Fu il nemico di tutte le dottrine religiose, che riteneva essere degli strumenti di dispotismo. L’abate Galliani lo frequentò assiduamente a Parigi e lo definì il “maître d’hôtel de la philosophie”. Una volta stabilitosi a Parigi il suo salotto divenne luogo d’incontro dei più noti filosofi dell’Illuminismo francese come Diderot, d’Alembert, Rousseau, Condillac e Condorcet, e il suo contributo, anche economico, al più grande progetto dei lumi, l’Encyclopédie, rese possibile la pubblicazione di questa straordinaria impresa culturale. Vercruysse 1773 A, 4; Naville, 419;Thomas, Checklist, 78; Kress S, 4739; Goldsmiths, 10952; Einaudi, 2911; Higgs, 5873.

205


3 230 3 Very rare first edition of this posthumous account of Montaigne’s travel in Italy, published after the discover of the original manuscript in the Montaigne’s castle by the editor Querlon.

Montaigne, Michel de (1533-1592). Journal de voyage en Italie, par la Suisse & l’Allemagne, en 1580 & 1581. Rome [Paris], Le Jay, 1774. In-4° (mm 282x213). 5 carte non numerate compreso il frontespizio, il ritratto di Montaigne inciso su rame da Aubin e la dedica al conte di Buffon, 54 pagine con numerazione romana, 416 pagine numerate. Legatura coeva in vitello agli acidi, triplice filetto dorato ai piatti, al centro di ciascun piatto armi nobiliari dorate, dorso a cinque nervi con titolo e fregi in oro, merletto interno; tagli marmorizzati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche fioritura; cerniere e bordi della legatura usurati, con piccole perdite di pelle. Ex-libris inciso di Giancarlo Venerosi Pesciolini al contropiatto anteriore.

Prima edizione del diario di viaggio di Montaigne, a cui seguirono nello stesso anno, due modeste edizioni, una in due volumi in ottavo e una in tre volumi in ventiquattresimo. L’opera, rimasta inedita per oltre 190 anni, fu pubblicata - come si apprende dalla prefazione scritta dal curatore Monsieur Querlon - grazie al ritrovamento del manoscritto originale nel castello di Montaigne da parte del canonico Prunis, e al permesso dell’allora proprietario Conte de Ségur de la Roquette di farne una copia. È superfluo ribadire l’importanza che ebbe il viaggio in Italia per Montaigne, uno dei pochi intrapresi nelle sua sedentaria vita, ricco come fu di spunti non solo artistici e letterari, ma anche sociali e umani, che si riscontrano poi nelle varie redazioni degli Essais. Tchemerzine

VIII, 445; Pescarzoli I, 387.

3 231 3 Amazing copy, in uniform contemporary mottled calf, of this celebrated 18th century Venetian atlas, illustrated by 217 plates here in thick paper and all in contemporary hand colouring.

[Zatta, Antonio (fl. 1761)]. Atlante novissimo illustrato ed accresciuto sulle osservazioni e scoperte fatte dai più celebri e più recenti geografi.Venezia,Antonio Zatta, 17751785. Quattro volumi in-folio (mm 382x277). I. Antiporta figurata incisa a doppia pagina dal Giuliani su disegno di Novelli, frontespizio inciso, tre carte non numerate, 16 pagine con numerazione romana, 50 pagine numerate, 68 tavole a doppia pagina, 4 a pagina singola, una carta non numerata. II. Frontespizio inciso, una carta non numerata, 49 tavole a doppia pagina. III. Frontespizio inciso, una carta non numerata, 54 tavole a doppia pagina. IV. Frontespizio inciso, una carta non numerata, 42 tavole a doppia pagina. Capilettera, testatine e finalini incisi in rame nel testo. Legatura coeva vene-

206


ziana in vitello spugnato, ai piatti cornice di due filetti in oro, dorso a cinque nervi con piccoli ferri nei comparti e titolo in oro, tagli azzurri. Esemplare in ottimo stato di conservazione, piccoli restauri ai dorsi delle legature. Firma di Girolamo Bossi al verso del foglio di guardia di tutti i volumi. Ex-libris inciso di Andrea Tontoli al verso del foglio di guardia del primo volume.

Magnifico esemplare, completo di tutte le tavole e della sottoscrizione degli associati all’opera presente nel primo volume, di uno dei più estesi e rappresentativi monumenti cartografici del Settecento, sia per l’aspetto storico e iconografico, sia per il rigore scientifico che ne guidò la compilazione. L’opera è composta complessivamente da 217 carte geografiche, disegnate ed incise da Pitteri, Zuliani e Novelli, vivacemente colorate da abilissima mano del tempo. Ogni cartina è corredata da un delizioso cartiglio formato da fiori, alberi, paesaggi, marine e architetture tipici della regione raffigurata.Trenta carte mostrano l’America settentrionale e meridionale, con l’inserimento dei dati derivanti dai viaggi recenti di Cook, Bougainville, Byron e Wallis. Antonio Zatta fu solo il coordinatore e lo stampatore dell’Atlante Novissimo, la cui edizione è dovuta alla perizia e al lavoro dei più insigni geografi e cartografi dell’epoca. Phillips, Geographical Atlases, n. 651; Cremonini 72.

3 232 3 Very rare first and only edition of this archaeological work consisting of 34 woodcuts, made by Aragonese in 1564 but never issued, printed in white letters on black ground and reproducing Roman monuments and inscriptions.According to Brunet, these woodcuts were discovered by a collector in 1778 who then had a few proofs pulled. Aragonese, Sebastiano di Ghedi (1523-dopo il 1564). Monumenta antiqua urbis et agri Brixiani. [Brescia], 1564 (ma 1778). In-folio (mm 391x266). 34 tavole non numerate e stampate – solo al recto – in silografia su fondo nero. Legatura novecentesca in cartone; titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione; piccoli fori e margini usurati al frontespizio, il margine interno di alcune carte rinforzato. Ex-libris ‘Cornelius J. Hauck’ al contropiatto anteriore.

Unica edizione di questa rarissima opera rimasta inedita fino al secolo XVIII, quando ne furono stampati pochissimi esemplari utilizzando le matrici originali del 1564 (vedi G. Labus, Dissertazione su d’un libro rarissimo di antichi monumenti bresciani raccolti dall’Aragonese pittor Bresciano del secolo XVI colle notizie biografiche, in Commentari dell’Ateneo di Brescia degli anni 1818-1819, Brescia 1820, pp. 111-118). Le suggestive tavole sono stampate su fondo nero e raffigurano 214 epigrafi romane ritrovate nella città lombarda. «Ce volume peu connu consiste seulement en 34 pp. grav. en bois, avec des lettres blanches sur un fond noir. Il est resté inédit, jusqu’en 1778, époque à laquelle un curieux fit tirer quelques épreuves de ces anciennes planches» (Brunet). Sebastiano Aragonese, pittore e incisore, era figlio del’artista spagnolo Alessandro. Di lui conosciamo quadri e disegni, tra i quali, quelli per quest’opera e i legni originali, conservati nell’Archivio di Brescia. Cicognara 3096; Lozzi, 923; Brunet I, 494.

207


3 233 3 Rare first edition of this work, written by one of the main exponents of Italian Enlightement, against Hobbes and Rousseau, pertinent to the liberty of mankind and the social contract.

Carli, Giovanni Rinaldo (1720-1795). L’Uomo Libero o sia Ragionamento sulla Libertà naturale e civile dell’Uomo. Lione [i.e. Firenze], 1778. In-12° (mm 165x91). Una carta non numerata, 182 pagine numerate, due carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Vignetta silografica al frontespizio, finalini silografici nel testo. Legatura coeva in vitello agli acidi, decorazioni e titolo in oro su tassello in marocchino bordeaux al dorso; tagli rossi. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture.

Prima edizione di quest’opera contro le teorie di Hobbes e Rousseau, riguardante la libertà dell’uomo e il contratto sociale, scritta dal conte Giovanni Rinaldo Carli, una delle principali personalità dell’Illuminismo italiano ed esponente della scuola milanese accanto a Beccaria e Verri. «Men are condemned by nature to a state of permanent inequality […]. Unlike Verri, for whom economic development had in itself the power to improve the conditions of the poorer classes, and unlike Beccaria who continued to see inequality as the chief problem to be solved, Carli was convinced that development would increase not only inequality but also class conflict.The remedy was the power of the sovereign, of a monarch who could guard against despotism but at the same time defend civil society against anarchy» (vedi D. Carpanetto-G. Ricuperati, Italy in the Age of Reason, Londra 1987, p. 270 e ss.). Fondazione Feltrinelli, 99.

3 234 3 First very rare edition of this reconstruction of the Roman battle of Forche Caudine, bound in red morocco by the workshop of Angelo Trani, the binder of the Borbonic Library in Naples, on the front cover the gilt coat-of-arms of Pope Gregorio XVI, in the back the city of Caserta one.

Daniele, Francesco (1740-1812). Le forche caudine illustrate. Caserta, Giuseppe Campo, 1778. In-folio (mm 593x399). Due carte non numerate; 26 pagine numerate con numerazione romana. 5 tavole a doppia pagina fuori testo incise in rame dal Progeni e dal Pignatari su disegno di De Laurentis che rappresentano: la pianta delle Forche Caudine, il prospetto della valle caudina dalla parte della Campania e dalla parte del Sannio e la costa settentrionale e meridionale della valle. Legatura coeva, eseguita probabilmente dagli eredi di Angelo Trani, legatore della Biblioteca Borbonica di Napoli, in marocchino rosso. I piatti sono decorati da due larghe cornici concentriche ornate da motivi floreali stilizzati impressi in oro con, al centro del piatto anteriore, le armi di papa Gregorio XVI e al centro del piatto posteriore quelle della città di Caserta, circondate da fregio circolare; tracce di bindelle in seta. Esemplare, a fogli sciolti, in ottimo stato di conservazione.

208


Prima rarissima edizione, stampata in pochi esemplari, di questo studio di Francesco Daniele, originario di San Clemente presso Caserta, che gli procurò la fama di valente archeologo ed erudito e gli permise di entrare a far parte dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia Ercolanense. L'opera fu ristampata nel 1811 a spese di Angelo Trani. L’autore, accompagnato da esperti nelle arti militari antiche e moderne, andò alla ricerca del luogo dove le milizie romane subirono la nota sconfitta delle ‘forche caudine’ e lo individuò nella valle di Arpaia nel Sannio. Spinto dal sincero desiderio di ridare lustro alle antiche glorie del regno napoletano e di salvare dall’incuria e dall’abbandono le testimonianze dell’illustre passato, il Danieli raccolse le numerose iscrizioni greche e latine presenti sul territorio, formando una ricca collezione e allestendo, nella sua dimora di San Clemente, un museo a somiglianza di quello del Pellegrino a Casapulla. Il presente esemplare fu quasi senz’altro offerto dalla Città di Caserta a Gregorio XVI al momento della Sua elezione nel 1831. Lozzi 1987; Cicognara 3995.

3 235 3 Zatta’s selling catalogue in an interesting and rare edition that shows at least 3.300 books for sale indicated by title, author, format, the place and date of printing and the price.The books that are listed weren’t only Zatta’s products, infact we can find volumes printed by other Italian and foreign printers.This catalogue is important to understand book trading in Venice. [Zatta, Antonio (fl. 1761)]. Catalogus librorum omnium tam veterum, quam recentiorum, qui venales reperiuntur apud Antonium Zatta. Venezia, [Antonio Zatta], 1780. In-12° (mm 156x90). 307 pagine numerate, una carta bianca. Legatura coeva in cartonato d’attesa. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture su alcune carte.

Interessante e rara edizione di questo catalogo di vendita del celebre stampatore veneziano Antonio Zatta, specializzato soprattutto in libri illustrati e cartografia. Il catalogo propone uno stock di circa 3.300 libri in vendita, di cui vengono riportati il titolo, l’autore, il formato, il luogo e la data di stampa, ed il prezzo. Il catalogo è diviso in due parti, la prima elenca i libri latini ordinati alfabeticamente per autore, la seconda invece raccoglie i libri in italiano ordinati alfabeticamente per titolo, eccezion fatta per le edizioni dantesche, che sono riportate sotto il nome dell’autore. Il catalogo mostra che i libri in vendita non erano unicamente quelli impressi dall’officina dello Zatta, ma che erano disponibili anche numerose pubblicazioni uscite dai torchi di altri stampatori veneziani, alcuni dei quali suoi diretti rivali, quali l’Albrizzi ed il Pasquali, ed europei (soprattutto francesi, tedeschi ed olandesi). I libri in vendita sono per la maggior parte coevi, ma non mancano edizioni del secolo XVII e perfino del secolo XVI. Questo volume costituisce dunque una preziosa testimonianza delle modalità del commercio librario a Venezia ed è interessante notare come un’officina tipografica potesse fungere da punto di distribuzione non solo delle più importanti edizioni europee dell’epoca, ma anche di volumi stampati nei secoli precedenti. Pollard-Ehrmann, The Distribution of Books by Catalogue to 1800, p. 306, n. 127 (questa copia). 209


3 236 3 Amazing copy, uniformly bound by Bozérian in red morocco, «one of the monuments of French eighteenth-century book production» (Blackmer). The magnificent engraved plates include maps, views of Naples and its environs, neighbouring towns,Vesuvius, churches, palaces and other buildings, catacombs, temples, tombs, grottoes, ancient and Renaissance works of art, and many other architectural and scenic subjects, after Cochin, Fragonard, Hubert-Robert, Saint-Non and others. The descriptive text is by Dominique Vivant-Denon. Saint-Non, Richard (1727-1791) - Vivant-Denon, Dominique (1747-1826). Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et Sicile. Paris, Imprimérie de Clousier, 1781-1786. Quattro tomi in cinque volumi in-folio (mm 517x333). I. Occhiello, frontespizio, epistola dedicatoria incisa, 15 pagine con numerazione romana, 252 pagine numerate, 47 tavole, tre carte geografiche, una carta topografica del Regno di Napoli non numerata. II. Occhiello, frontespizio, 28 pagine con numerazione romana, 283 pagine numerate, 83 tavole, due carte geografiche. III. Occhiello, frontespizio, una carta non numerata, quattro pagine con numerazione romana, 40 pagine con numerazione romana, 201 pagine numerate, tavole numerate da 1 a 100 comprese tre carte geografiche, fuori numerazione (tra le pp. 184-5) la carta ‘teodosiana’. IV. Occhiello, frontespizio, due pagine con numerazione romana, 18 pagine con numerazione romana, 266 pagine numerate, due carte non numerate, 106 tavole numerate (di cui la prima, la 39 e la 81 sono carte geografiche). V. Occhiello, frontespizio, 4 pagine con numerazione romana, pagine numerate da 267 a 429, tavole numerate da 107 a 140, 14 tavole non numerate, raffiguranti medaglie, tra le pagine 372 e 411. Illustrato nel testo da 5 fioroni ai titoli, 14 testate e 96 finali di pagina. Il tutto finemente inciso in rame da Choffard, Duplessis-Bertaux, Saint-Aubin, Saint-Non medesimo, Fessard, Le Bas e altri artisti; su disegni di Cochin, Fragonard, Huber-Robert e altri artisti tra i più noti della seconda metà del Settecento francese. Splendida legatura coeva in marocchino rosso con decorazioni in oro di Bozérian, uno dei più raffinati legatori del Sette-Ottocento. Il dorso con ferri identici a quelli utilizzati per famosa legatura esemplata per Napoleone Primo Console sul libro di La Borde del 1802, e ferri in parte identici alla legatura per la Duchessa di Berry sull’Horatius del 1799 (vedi Relieurs et reliures décorées en France aux époques Directoire et Empire, Bruxelles 2000 e Coulot, J.C.Bozérian, Bruxelles 1979, tav. XXVII). Esemplare in ottimo stato di conservazione, internamente qualche ingiallitura o fioritura della carta.

Edizione originale, in prima tiratura, di questa famosa monumentale opera stupendamente impressa ed illustrata. Le pregevoli incisioni in rame che illustrano il volume, opera dei maggiori artisti francesi del Settecento, rappresentano vedute di città, cartine geografiche, monumenti greci e romani, ritrovamenti archeologici e medaglie. Il testo descrittivo fu per lungo tempo assegnato a Saint-Non, ma studi recenti affermano che quest’ultimo fu l’ideatore e coordinatore dell’impresa, mentre l’autore del testo fu sicuramente il pittore e scrittore Dominique VivantDenon. «Une somme topographique et archéologique dans la tradition des védutistes passionnés de l’Italie classique, et par ailleur un des plus beaux livres à gravures du XVIIIe siècle» (Cohen-de Ricci). Cicognara 2708; Brunet V, 55-56; Cohen-de Ricci, 929-930; Ray, French Illustrated Books, n.34 («this is the most ambitious and successful of travel books»); Berlin Katalog 1904; Blackmer 1473.

210


3 237 3 Very rare 18th century reprint of the 1550 edition of Marcolini’s fortune-telling book. Completely engraved, both text and illustrations, on thick paper. One of the first book numéroté, printed in only 36 copies. Marcolini, Francesco (1550-1559). Giardino dei pensieri. Ristampato nel Venezia, Santini, 1784.

MDCCLXXXIV.

In-folio (374x265 mm). Due carte non numerate contenenti l’antiporta e il ritratto dell’autore, 206 pagine numerate 157 poiché la numerazione, nella sezione dei ‘responsi’, si ripete al verso e al recto dei due fogli affiancati. Legatura coeva in pergamena, titolo in oro su tassello granata al dorso. Esemplare stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione.

Uno dei primi libri mai apparsi in tiratura limitata, stampato in soli 36 esemplari, dei quali il presente è il n. 14, i rami vennero poi distrutti come si legge nel componimento in rima al verso dell’ultima carta: «In copie trentasei soltanto io vivo//poi franto quel metal che fummi padre//dell’immortalità vedrommi privo//ma il saggio cavalier mi fece raro//per farmi più pregiato». Straordinaria ristampa settecentesca della seconda edizione del famoso libro delle Sorti (vedi scheda n. 143 del presente catalogo), interamente incisa, un grande rame per il testo e le ‘carte’ e uno più piccolo per le ‘allegorie’. «Quantunque a questa edizione manchi la nota del luogo ove venne eseguita, pur non ostante si può arguire dal nome del tipografo e da quello dell’incisore che la stampa sia veneziana. Fu dunque il Conte Francesco (quond. Zan-Carlo quond. Francesco) Savorgnan del sestiere di Cannaregio quel bibliomane cavaliere che a prezzo d’oro riprodusse le Sorti del Marcolini nel solo numero di 36 esemplari, facendo incidere non solo le figure in rametti separati, ma ben anche tutte le pagine intere del libro in altrettanti rami entro ai quali vennero poscia tirate le suddette figure, ed impressa con tipi mobili la dicitura. La biblioteca Palatina di Firenze ne possiede un esemplare portante il n. XXXI; il mio esemplare è marcato copia n. XXII» (Casali). Esemplato sulla seconda edizione del 1550, più semplice da consultare, ne riporta fedelmente tutte le figure, ad eccezione del frontespizio. Casali, p. 176-177; Brunet

III, 1408.

3 238 3 Beautiful copy, bound in red morocco by Bozérian, of this illustrated edition of Voltaire’s Henriade, printed in only 250 copies on Angoulême paper by Didot with a new set of types.

Voltaire [pseud. di Arouet, Francois-Marie] (1694-1778). La Henriade de Voltaire avec les variantes. Imprimé par ordre du roi pour l’éducation de Monseigneur le Dauphin. Parigi, Pierre Didot, 1790.

211


In-4° (mm 310x230). 40 pagine con numerazione romana, 222 pagine numerate, una carta non numerata. Al frontespizio le armi del delfino e del re di Francia; illustrato da 11 tavole a piena pagina fuori testo di cui la prima reca il ritratto di Enrico IV inciso da Tardieu su disegno di Porbus e le altre illustrano l’opera e sono eseguite da Moreau, Dambrun, de Launay, Duclos. Splendida legatura di Jean-Claude Bozérian in marocchino rosso decorato. I piatti inquadrati da una cornice alla greca (Coulot roulette 22) con un ferro a stella agli angoli, dorso a cinque nervi decorati da filetti dorati, titolo in oro, dentelles interne, guardie in seta azzurra, tagli dorati; custodia in cartoncino con il monogramma impresso in oro di Tammaro De Marinis. Una legatura, ugualmente in marocchino rosso con lo stesso ferro alla greca e gli stessi angolari a stella, ricopriva l’unico esemplare stampato in pergamena del Contrat Social stampato da Didot nel 1795 (Christie’s, The Helmut N. Friedlaender Library, part I, Monday 23 April 2001, lotto 177). Esemplare proveniente dalla raccolta di Tammaro De Marinis (vedi Catalogo Hoepli, 6-9 maggio 1925, lotto 64). Esemplare in ottimo stato di conservazione, piccoli restauri alla parte superiore e inferiore delle cerniere della legatura.

Splendido esemplare, racchiuso in una preziosa legatura di Bozérian, di una tiratura di sole 250 copie su carta Angoulême, impressa con dei nuovi caratteri appositamente intagliati per Firmin Didot. Le illustrazioni sono riprese invece dall’edizione di Kehl del 1789. La Henriade, un poema in dieci canti di versi alessandrini, venne originariamente pubblicata nel 1723 col titolo La Ligue ou Henri le Grand e assunse la denominazione definitiva solo nel 1728, quando venne ristampata in forma rimaneggiata. L’opera è imperniata sulla figura di Enrico IV e sulle lotte religiose tra cattolici e calvinisti che portarono proprio il futuro sovrano ad abiurare la sua fede ugonotta per salire al trono di Francia. Enrico IV divenne, così, il simbolo del sovrano illuminato, come venne poi pensato dalla cultura dell’Illuminismo. Cohen-Ricci, 1029-29.

3 239 3 First edition in the rare issue, with the name of the author instead of the achrostic M.B.A.A. on the title page. One of the most influencial French books of the 19th century.

Stendhal [pseud. di Beyle, Henri (1783-1842)]. Histoire de la peinture en Italie. Parigi, P. Didot, 1817. Due volumi in-4° (mm 195x129). Una carta non numerata, 86 pagine con numerazione romana, una carta non numerata, 298 pagine numerate, due carte non numerate contenenti l’errata; due carte non numerate, 452 pagine, una carta non numerata contenente l’errata. Legatura coeva in mezza pelle con titolo e numero del volume in oro al dorso, carta marmorizzata ai piatti; tagli marmorizzati. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture.

Prima edizione, nella rarissima tiratura recante - come nell’esemplare appartenuto a Prosper Mérimée con dedica autografa di Stendhal, censito da Henri Cordier – il nome per esteso dell’autore al frontespizio, «M. Beyle Ex-Auditeur au Conseil d’Etat», invece delle iniziali M.B.A.A., e un’epigrafe di sei versi in italiano tratta dal Manfredi di Vincenzo Monti, invece delle due righe «Les Carraches, etc.». Al secondo volume, per la prima volta, appare la dedica «To the Happy Few».

212


La bozza de L’Histoire de la peinture en Italie venne scritta tra il il 4 dicembre 1811 e il 15 maggio 1812, utilizzando ampiamente il fondamentale testo del Lanzi, Storia pittorica dell’Italia.Verso il 1816 Stendhal aveva ultimato la redazione dell’opera e partì per Roma per studiare dal vivo le opere di Michelangelo, la stampa uscirà nell’agosto del 1817. L’aspetto straordinario di questo libro non sta tanto nei contenuti, quanto piuttosto nei registri della scrittura che ne fanno una delle opere più belle ed accattivanti di tutta la letteratura francese ottocentesca. Indimenticabili le pagine sullo spirito melanconico di Leonardo. Carteret II, 344; Cordier, n. 24.

3 240 3 Beautiful uncut copy, one of the few printed in large format, of the only Italian edition of this famous travel guide from Milan to Geneve. Illustrated by 30 etchings, here in bistrò, inspired to the ones of the celebrate Gabriel Lory’s Voyage Pittoresque.

[Lory, Gabriel il Giovane]. Guida da Milano a Ginevra pel Sempione con 30 vedute ed una carta geografica. Milano, F. Artaria, 1822. In-4° (mm 262x196). Frontespizio inciso, 11 pagine con numerazione romana, 175 pagine numerate, una carta non numerata. 30 incisioni all’acquatinta tirate in bistrò e una grande carta geografica ripiegata fuori testo. Legatura in cartonato editoriale a stampa. Etichetta e timbro d’appartenenza della Biblioteca Principesca LowensteinRosenbergischen. Esemplare a fogli chiusi, in ottimo stato di conservazione.

Prima ed unica edizione in italiano della celebre guida ispirata al Voyage Pittoresque di Gabriel Lory, le cui illustrazioni sono qui riprodotte in formato minore. La tiratura normale fu stampata dall’Artaria in ottavo, ma come riportato al verso della brossura, «pochi esemplari di quest’opera vennero stampati in carta velina sopraffina nel formato in-4° e con le tavole in bistrò». Arrigoni, Gli Artaria, 21; Fossati-Bellani 504;Waber I, 214; Dreyer 831; Brunet II, 1808.

3 241 3 First edition of the most celebrated novel of the 19th century Italian literature; although dated 1825-26 it was published in 1827 and it anticipates the edition published in 1840, the latter having been almost entirely revised linguistically. Manzoni, Alessandro (1785-1873). I Promessi sposi storia milanese del secolo Milano,Vicenzo Ferrario, 1825-26 [ma 1827].

213

XVII.


Tre volumi in-8° (mm 198X120). Due carte non numerate, 352 pagine numerate; due carte non numerate, 368 pagine numerate; due carte non numerate, 416 pagine numerate, una carta non numerata. Legatura coeva in mezza pelle. Ex-libris ottocentesco manoscritto all’occhietto del secondo volume. Esemplare in buono stato di conservazione.

Prima edizione assoluta del più celebre e fortunato romanzo della letteratura italiana dell’Ottocento, scritto tra il 1821 ed il 1825. Esemplare con la correzione dell’errore alla linea 13 della p. 378 del III volume, errore che, come si legge nel foglio d’errata corrige qui presente in fine del terzo volume, si trova solo in alcuni esemplari. Benché rechi la data ‘1825-26’, l’opera vide la luce solo nel giugno 1827 e per questo viene detta ‘ventisettana’. Alla presente edizione ne seguì un’altra, la cosiddetta ‘quarantana’ (impressa appunto nel 1840), frutto di una massiccia revisione linguistica ispirata al modello fiorentino, con lo scopo di eliminare i lombardismi della lingua. Parenti, 331; Bibl. Manzoniana, 35-36; Fumagalli, 531;Vismara, 1.

3 242 3 Exceedengly rare first edition of the first published work on non-euclidean geometry.The complete set of the five issues of Kazanskij vestnik magazine by Lobacˇ evskij, «the Copernicus of Geometry» (PMM).

Lobacˇevskij, Nikolaj Ivanovicˇ (1793-1856). [O nacˇalak geometrij in Kazanskij vestnik: XXVI (febbraio e marzo 1829); XXV (aprile 1829); XXVII (novembre e dicembre 1829); XXVIII (marzo e aprile 1830); XXVIII (luglio e agosto 1830)]. Kazan,Tipografia universitaria, 1829-30. Cinque fascicoli della rivista Kazanskij vestnik, tutto il pubblicato di Lobacˇevskij, in un volume in-8° (mm 215x123). I. Due pagine numerate [95]-96, 12 pagine numerate 177-188. II. 18 pagine numerate [225]-241 (la pagina 240 ripetuta due volte). III. Due pagine numerate [151]-152, 18 pagine numerate 227-244. IV. Due pagine numerate [219]-220, 34 pagine numerate 251-284. V. Due pagine numerate [492]-493, 68 pagine numerate 570-637. Tre tavole incise alla fine del volume contenenti diagrammi geometrici. COMPLETO. Brossura originale del fascicolo XXVII (novembre e dicembre 1829) stampata su carta blu entro legatura coeva in vitello agli acidi con decorazioni in oro ai piatti e titolo in oro al dorso; sguardie in carta marmorizzata; scatola moderna in marocchino blu con titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, se si considera l’eccezionale rarità dell’opera. Delle 79 carte complessive di cui è composto il volume, le prime 27 carte, le carte 32-33, 40-41, 46 e 80 rimarginate nella parte bianca inferiore, la brossura rinforzata.

Rarissima prima edizione della prima opera di geometria non-euclidea mai pubblicata, che comparve tra il 1829 e il 1830 sul Kazanskij vestnik (Il Messaggero di Kazan) con il titolo di O nacˇ alak geometrij (Sui principî di geometria) e che sviluppava le idee e alcuni teoremi caratteristici della nuova disciplina, che l’autore aveva esposto durante una conferenza presso il dipartimento di fisica e matematica dell’Università di Kazan il 23 febbraio 1826.

214


Prima di Lobacˇevskij, i matematici stavano tentando di dedurre il quinto postulato di Euclide dagli altri assiomi. L’autore avrebbe voluto sviluppare invece una geometria nella quale il quinto postulato non fosse vero, o meglio non fosse indispensabile a qualunque geometria coerente. Egli, inoltre, sostenne le sue idee stabilendo un sistema di geometria basato sull'ipotesi dell’angolo acuto, secondo la quale in un piano, per un punto fisso passano due parallele ad una retta. In questo modo Lobacˇevskij abolisce il dogma della ‘verità’ assoluta della geometria euclidea e, anche se il riconoscimento delle sue idee da parte della comunità matematica fu piuttosto lento, dal momento che gli studiosi dell’epoca erano troppo legati alla situazione presente per poterla giudicare in modo più ampio, e quindi dovette continuare a sviluppare le sue idee in solitario isolamento. È curioso notare come in quel torno di anni, racchiuso nel secondo e nel terzo decennio dell’Ottocento, tre distinte figure di matematici, indipendentemente l’uno dall’altro e senza interferenze tra di loro, arrivarono a pensare prima, e a postulare poi, l’esistenza di una geometria non euclidea. Ed è altresì emblematico che alla loro ‘scoperta’ i tre scienziati, appartenenti a tre generazioni differenti, reagirono in modo diverso. Il giovane Farkas Bolyai, professore di filosofia al Collegio di Kolozsvár e figlio dell’allora ben più noto matematico János, non si fece scrupolo di mettere in gioco la sua carriera accademica - scontrandosi non solo con il padre e con l’università ungherese, ma con tutta la comunità scientifica europea - perseguendo, con quella che può essere considerata una fede cieca, le sue nuove teorie e arrivando a pubblicare la sua opera nel 1832-33. Nel frattempo all’Università di Kazan, il maturo Nikolaj Ivanovicˇ Lobacˇevskij, desideroso e impaziente di pubblicare la sua opera, non esitò ad intervenire quale delatore nel famoso processo di San Pietroburgo, che mise sul banco dell’accusa i più noti professori universitari russi dell’epoca, ai quali si rimproverava una critica eccessiva del regime zarista, barattando quindi il frutto delle sue ricerche con la libertà di pensiero. L’ultima figura alla quale si deve il raggiungimento delle teorie non euclidee è l’anziano Carl Friederich Gauss, all’epoca già stimatissimo matematico dell’Università di Gottinga, che non reputò prudente pubblicare i suoi postulati e che ebbe quasi paura nel divulgarli alla comunità scientifica, lasciando inediti i suoi studi non euclidei, che apparvero solo parecchi anni dopo la sua morte. «Lobachevskii’s geometry represents the culmination of two thousand years of criticism of Euclid’s Elements, most particularly Euclid’s fifth, or parallel postulate, which states that a given line and a point not on the line, there can be drawn through the point one and only one complanar line not intersecting the given line. As this postulate had stubbornly resisted all attempts (including Lobatchevskii’s) to prove it as a theorem, Lobatchevsii came to the realization that it was possible to construct a logically consistent geometry in which the Euclidean postulate represented a special case of a more general system that allowed for the possibility of hyperbolically curved space» (Norman). Grolier/Horblit 69a; Kline, pp. 873-81; Norman 1379;V. F. Kagan, N. Lobachevsky and his contribution to science, Mosca 1958, n. 1; PMM 293a.

215


3 243 3 Beautiful set uniformly bound in contemporary red morocco with the gilt armorial coat of pope Pius IX, of the most extensive work never printed on the Vatican, illustrated by 850 plates.

Pistolesi, Erasmo (1770-1860). Il Vaticano descritto ed illustrato da Erasmo Pistolesi con disegni a contorni diretti da Camillo Guerra. Roma,Tipografia della Società Editrice, 1829-1830. 8 volumi in-folio (mm 425x290).Tre carte non numerate, 304 pagine numerate; una carta non numerata, 294 pagine numerate, una carta non numerata; 280 pagine numerate, una carta non numerata; 279 pagine numerate, una carta non numerata; 229 pagine numerate; 188 pagine numerate, una carta non numerata; 128 pagine numerate, una carta non numerata; 170 pagine numerate. Illustrato complessivamente da 850 incisioni al tratto, molte delle quali a doppia pagina o ripiegate, raffiguranti piante prospettiche, vedute dell’esterno e dell’interno della Basilica di San Pietro e dei palazzi Vaticani, nonché le opere d’arte e d’antichità ivi contenute. Legatura coeva in marocchino rosso alle armi di Pio IX (1846-1878), piatti inquadrati da una grande cornice di ferri neoclassici delimitati da filetti dorati, all’interno quattro grandi ferri angolari uniti da una cornice a volute; nel campo centrale le armi Mastai-Ferretti sormontate dalla tiara e dalle chiavi di San Pietro. Dorso con titolo e numerazione in oro, fregi dorati en pendant con i piatti, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, leggere fioriture ad alcune carte, piatto superiore del primo volume leggermente annerito, alcuni capitelli restaurati. Ex-libris ai contropiatti ‘Sacchetti’.

Straordinario esemplare legato alle armi di Pio IX, della più vasta pubblicazione mai stampata sui Palazzi Vaticani e sulla Basilica di San Pietro. L’imponente apparato iconografico fu eseguito sotto la direzione del pittore neoclassico Napoletano Camillo Guerra. L’opera uscì in 87 livraisons dal 1829 al 1838 e, come ricorda il Brunet, si tratta della «Description la plus étendue et la plus exacte que l’on ait donnée de la basilique et des palais du Vatican, ainsi que des sculptures et des peintures qui en font partie». Brunet

IV,

677.

3 244 3 First edition of this anonymous Renaissance ‘cantare’, erroneously attributed to Luigi Pulci and that remained unpublished until the 19th century. Printed in only 50 copies of which only 15 in blue paper, like the present one.

Tractato del Prete cole Monache. Parigi,Tipografia Crapelet, 1840. In-4° (mm 200x132). 8 carte non numerate. Carattere gotico. Grande vignetta al frontespizio, capilettera silografici istoriati nel testo. Legatura coeva in carta marmorizzata, etichetta con titolo manoscritto al piatto superiore. Esemplare in carta azzurra, con testimoni, in ottimo stato di conservazione.

216


Editio princeps di questo cantare rinascimentale, stampata in sole 50 copie, di cui 15 - come la nostra - su velina azzurra. «Nel Trattato del prete colle monache, che una tradizione manoscritta purtroppo frammentaria attesta diffuso poco dopo la metà del XV secolo, è senz’altro da riconoscere uno dei più riusciti esempi di elaborazione novellistica applicata alla forma del cantare. La sveltezza dei tempi e dei modi in cui il racconto si articola, la vivacità ammiccante dei dialoghi e dei doppi sensi, le sapide espressioni idiomatiche, rivelano un autore provvisto di un’inconsueta padronanza della tecnica narrativa, ricavata essenzialmente dalle licenziose tresche conventuali di certe novelle di Boccaccio […]. Ma per quanto il poemetto meriti una qualche distinzione rispetto alla comune canterineria, del tutto priva di appigli concreti è l’identificazione del suo autore con Luigi Pulci, sostenuta nel 1840, sulla scorta di una fantasiosa documentazione, da Estienne Audin de Rians, primo editore moderno del Trattato […]. Il poemetto fu pubblicato per la prima volta (col testo ricavato da un manoscritto non identificato, o da una trascrizione piuttosto impropria del Palatino 359) in un’edizione a tiratura limitata […]. A prova di tale attribuzione [a Luigi Pulci], veniva riportata nel volume una lettera, riconoscibilmente falsa, del Pulci a Matteo Franco; il pastiche […] era stato probabilmente scritto dall’erudito Giuseppe Aiazzi» (Cantari novellistici dal Tre al Cinquecento, a cura di E. Benucci, R. Manetti e F. Zabagli, introduzione di D. De Robertis, Roma 2002, t. II, p. 493 e 916-917).

3 245 3 Amazing copy, illuminated in vivid colours and gold, of this album consisting of 31 big litographies showing the somptous fancy-dress feast given by the king Ferdinand II of Naples for the carnival of 1854.

Marta, Luigi (1790-1858). Costumi della festa data da S. Maestà il dì 20 Febbraio 1854 nella Reggia di Napoli. Opera dedicata a S.A.R. l’Infante D. Sebastiano Gabriele. [Parigi, Imprimerie Bertauts, 1854]. In-folio oblungo (mm 404x582). Un titolo litografico, un foglio di dedica litografico, un foglio con le armi borboniche circondate da 88 stemmi araldici, una carta di testo e indice dei personaggi, 31 stupende tavole litografiche incise e acquarellate a mano ‘à la gomme’, su soggetto del Marta e realizzate da Provost, Lacauchie, Coindre, Donjean, Lamy, Henry Emy, Leray, Greppi, Grenier, Janete, Loutrel, Hue, Didier. Legatura coeva in mezzo marocchino verde, piatti in percallina, titolo in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, carta bianchissima, coloritura vivace con sbalzi in oro.

Prima edizione di questo stupendo album che raffigura la sontuosa festa, organizzata da Ferdinando II nella Reggia di Napoli, che si svolse la sera tra il 20 e il 21 febbraio a chiusura delle celebrazioni per il Carnevale di quell’anno. Le splendide tavole, finemente acquerellate, curate dal celebre pittore napoletano Luigi Marta, raffigurano scene e gruppi di nobili in costumi dei tempi andati, ritratti in ambienti eleganti e fastosi. Alla base di ognuna delle tavole si trova la dicitura con i nomi dei singoli nobili raffigu-

217


rati. Il sovrano scelse infatti il tema della festa in modo tale che essa risultasse come un quadro di epoche diverse, personificate dall’abbigliamento e dai costumi che erano propri ad ognuna, realizzati con minuziosa precisione filologica e frutto del lavoro dei più abili scenografi di corte.Alla preparazione dell’opera partecipò anche il pittore Pasquale Mattei, illustratore della vita di corte e studioso di feste popolari, cui si deve la sinopia per la tav. III, nella quale il sovrano, nei panni di Luigi XIII, appare circondato dagli altri componenti della famiglia reale - la regina Maria Teresa, la principessa Maria Amalia, Maria Isabella contessa di Trapani, Luigi conte dell’Aquila tutti in abiti ispirati all’epoca di Richelieu. Lipperheide 2781; Colas 1994.

3 246 3 Very rare unrecorded off-print of the first Italian language printing of Lobacˇ evskij’s final work. «Numerous deductions, notably that of the fundamental equation of hyperbolic geometry are given in other forms: until his last days, despite his precarious health, Lobatchevskii sought to perfect the geometry he had constructed» (Kagan).

Lobacˇevskij, Nikolaj Ivanovicˇ (1793-1856). Pangeometria o sunto di geometria fondata sopra una teoria generale e rigorosa delle parallele. Napoli, Fratelli De Angelis, 1867. In-4° (mm 281x194). Due carte non numerate, 64 pagine numerate. Brossura editoriale a stampa. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture e qualche carta leggermente brunita; dorso rinforzato, brossura usurata.

Prima edizione italiana dell’ultima opera di Lobacˇ evskij, rarissimo off-print dal quinto volume del Giornale di matematiche, fondato nel 1863 da Giuseppe Battagli, che ebbe il merito di far conoscere la geometria non euclidea al pubblico italiano. La Pangeometria, dettata in francese dall’autore, ormai quasi cieco, nel 1854, e prevista come contributo alle pubblicazioni per la commemorazione della fondazione dell’Università di Kazan dell’anno successivo, pone l’accento sul carattere universale della geometria ‘immaginaria’, dandone una formulazione rigorosa ed esaustiva, che metteva a punto le teorie e gli assiomi postulati nelle opere precedenti. La traduzione italiana di Battagli si basa sulla versione francese, stampata a Kazan nel 1855. Secondo l’autore «le nozioni sulle quali si fonda la geometria elementare sono insufficienti per dedurre da esse una dimostrazione del teorema che la somma dei tre angoli di ogni triangolo rettilineo è uguale a due angoli retti, teorema della verità del quale nessuno ha dubitato sin’ora, poiché non s’incontra alcuna contraddizione nelle conseguenze che se ne sono dedotte, e le misure dirette degli angoli dei triangoli rettilinei si accordano, nei limiti degli errori delle misure più perfette, con quel teorema. L’insufficienza delle nozioni fondamentali per la dimostrazione di questo teorema ha costretto i geometri ad ammettere esplicitamente o implicita-

218


mente alcune supposizioni ausiliarie, le quali, per quanto semplici esse appariscano, non sono però meno arbitrarie e per conseguenza inammissibili» (p. 1). V. F. Kagan, N. Lobachevsky and his contribution to science, Mosca 1958, n. 6 (per l’edizione russa del 1856); Una sola copia censita in ICCU (Biblioteca centrale della Facoltà di ingegneria dell’Università degli studi di Padova).

3 247 3 First French edition in first issue, printed in 10-centime parts in 1872-75, was substantially revised by Marx himself on the translation by Joseph Roy, it is considered the most important and complete version of The Capital.

Marx, Carl (1818-1883). Le capital […] traduction de M. J. Roy, entièrement revisée par l’auteur. Paris, Maurice Lachatre, [1872-1875]. In-4° (mm 294x197). 351 pagine numerate, una pagina non numerata. Precedono il testo un’antiporta allegorica, il titolo con vignetta del Pantheon (fregio Typ. Lahure al verso); un ritratto di Marx, il facsimile della lettera autografa dell’autore inviata all’editore, con risposta a stampa al verso. Legatura tardo ottocentesca in mezza tela, piatti in carta marmorizzata, brossure editoriali conservate all’interno. Esemplare con barbe, in ottimo stato di conservazione, sporadiche ossidazioni.

Edizione definitiva e prima francese in prima tiratura, tradotta dalla seconda edizione tedesca, da Joseph Roy. L’opera uscì inizialmente a fascicoli, da 10 centesimi l’uno, tra l’agosto del 1872 e il maggio del 1875, «sous cette forme l’ouvrage sera plus accesibile à la classe ouvrière et pour moi cette considération l’emporte sur tout autre» (lettera del 18.03.1872). Alla stesura di questa impressione francese Marx lavorò attivamente partecipando, in prima persona, alla traduzione e apportandovi le ultime fondamentali correzioni che ne fanno l’edizione definitiva, considerata più completa e importante di quella russa del 1872. Infatti in una lettera, datata giugno 1872, dell’autore a Sorge: «les mots qui se trouvent sur la page du titre du Capital ‘entièrement par l’auteur’ ne sont pas une simple phrase, car j’ai un travail du diable avec cette traduction». E in un’altra epistola, datata 15 agosto 1872, a Danielson: «j’ai fait dans l’édition française des changements et des additions». Infine in una lettera, datata 12 maggio 1874, all’editore Lachatre scrive: «Qu’elles que soient les imperfections littéraires de cette édition française, elle possède une valeur scientifique indépendente de l’original et doit être consultée même par les lecteurs familiers avec la langue allemande». Einaudi 3770; Rubel 634; PMM 359.

219


3 248 3 One of the most important and greatest books in American literature in a handsome copy in first edition with the following earliest setting states as listed by BAL. Along with Tom Sawyer, for the first time, the hero of the novel was a boy and with Whitman’s Leaves of Grass and Melville’s Moby Dick, they provide us with a view of America transcending its past and beginning its future.

Twain, Mark [pseud. di Samuel Langhorne Clemens] (1835-1910). The Adventures of Huckleberry Finn. New York, Charles L.Webster and Company, 1885. In-8° (mm 115x166). 366 pagine. Nel testo 174 illustrazioni in bianco e nero di E.W. Kemble. Legatura editoriale in tela verde, con inciso al piatto superiore autore, titolo e la nota figura di Huckleberry Finn. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Prima edizione di uno dei più importanti libri della letteratura americana, in cui, per la prima volta, il protagonista di un romanzo è un ragazzo. Definito da Hemingway un caposaldo senza il quale il modo di costruire il romanzo moderno non si sarebbe potuto sviluppare. Esemplare con tutte le caratteristiche della prima tiratura: la carta del titolo è congiunta alla carta [1]7; “Him and another Man” è inserito a pagina 88, come nella prima tiratura indicata dalla BAL; all’undicesima riga dal basso della pagina 57 leggiamo “..with the was…”, come nella prima tiratura della BAL; la numerazione della pagina 155 è stampata senza il 5 finale; il ritratto in antiporta è come nella prima tiratura della BAL. BAL 3415.

3 249 3 First edition of the Montessori’s Method, printed in few copies in a little town, Città di Castello. Montessori’s teaching revolutionized the pedagogical approach to the children; her ‘method’, still in use all over the world, is based on the liberation of the child and his libero arbitrio.

Montessori, Maria (1870-1952). Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini. Città di Castello, S. Lafi, 1909. 287x207 mm. 283 pagine numerate, 15 tavole fuori testo che illustrano gli argomenti esposti. Brossura editoriale originale, custodia moderna in tela beige con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in discreto stato di conservazione, brossura usurata con dorso mancante, carte uniformemente brunite. Nota di possesso in matita blu sulla brossura.

220


Prima rara edizione di questo testo fondamentale della moderna pedagogia scientifica, pubblicato nel 1909 durante il primo Corso di Specializzazione Montessoriano, fu tradotto e accolto in tutto il mondo con grande entusiasmo. Nel 1907 Maria Montessori - già nota come una tra le prime donne laureate in medicina in Italia - aveva aperto a Roma, nello storico quartiere di San Lorenzo, la prima ‘Casa dei Bambini’ in cui aveva applicato la sua nuova concezione di scuola d’infanzia il cui principio fondamentale era la liberazione e la difesa del bambino, poiché solo la libertà favorisce la creatività già presente nella natura umana; per la prima volta veniva presentata un’immagine diversa e positiva del bambino considerato come il «padre dell’uomo», l’essere fino ad allora dmenticato e sostituito dall’adulto. Nella prefazione al Metodo si evidenzia che il lavoro risulta non solo da esperienze compiute nelle scuole montessoriane, ma «il sistema educativo delle Case dei Bambini, infatti, non nasce senza più lontane origini: e se il corso della presente esperienza è così breve sui bambini normali, essa però proviene da esperienze pedagogiche fatte sui bambini anormali, e come tale rappresenta un assai lungo lavoro del pensiero» (p. 27). Durante la diffusione del ‘metodo’ furono condotte numerose esperienze in cui poter osservare differenti gruppi di bambini dediti al lavoro scelto liberamente da ciascuno di essi in un clima di tranquilla collaborazione e, finalmente, poterono essere verificate le teorie come lo sviluppo spontaneo e la predisposizione all’apprendimento culturale nell’infanzia se i essi venivano posti in condizioni di libero arbitrio e perseguimento delle proprie naturali inclinazioni. Dopo Il metodo, ora conosciuto come La scoperta del bambino, altre opere vedono la luce: Antropologia pedagogica, L’autoeducazione nelle scuole elementari, Il bambino in famiglia, Psicoaritmetica e Psicogeometria, tutte tradotte in più lingue. Nel 1929 fu fondata l’A.M.I., l’Associazione Internazionale Montessori, nata per una esigenza di unità e identità del movimento montessoriano.

3 250 3 Éxemplaire unique of this wonderfully illustrated by De Chirico edition of Apollinaire’s Calligrammes. One of the two copies out of commerce containing a suite more than the other one known, for a total of 266 lithographies all signed by De Chirico.

De Chirico, Giorgio (1888-1978)-Apollinaire, Guillaume (1880-1918). Calligrammes. Lithos de Chirico. Parigi, Librairie Gallimard, 1930. Due volumi di 345x265 mm. Un volume di testo: 276 pagine numerate, carte non rilegate, copertina illustrata; illustrato da 66 litografie originali firmate da De Chirico (alle quali se ne aggiungono due ripetute sulla copertina e al frontespizio) disegnate dall’artista e stampate da Desjobert; il testo è impaginato e stampato in maniera esemplare da Darantière. Secondo volume contenente la tripla suite di 66 litografie firmate da De Chirico, stampate separatamente su carta J. Whatman, Cina e Giappone color avorio. Custodia in cartone illustrata da un ingrandimento del disegno a p. 118. Esemplare in ottimo stato di conservazione, cofanetto un po’ sciupato.

221


Esemplare unico di questa straordinaria edizione, stampata in sole 131 copie, una delle due copie di testa con numerazione romana fuori commercio. Come spiega il Ciranna, i due esemplari hors commerce devono contenere una suite doppia, su carta Cina e su carta Giappone, ma il presente (numerato ‘II’) contiene, in più, una suite su carta Whatman, per un totale di 266 litografie originali tutte firmate a matita dall’artista. Al colophon, nella parte inferiore della pagina, la firma a matita di De Chirico. Le poesie dei Calligrammes erano in realtà state composte tra il 1912 e il 1917 e vennero pubblicate per la prima volta nel 1918. Esse sono organizzate come una suite quasi cronologica divisa in sei sequenze distinte: «Ondes», «Étendards», «Case d’Armons», «Lueurs des tirs», «Obus couleur de lune», «La Tête étoilée». I Calligrammes vennero chiamati inizialmente da Apollinaire «idéogrammes lyriques», espressione usata nell’esergo che fa riferimento al carattere visivo di questi componimenti e alla loro disposizione tipografica nell’àmbito dello spazio della pagina. Una tradizione risalente all’antichità (scritture ideografiche e cuneiformi) e che venne riesumata dai futuristi. Questo libro è di grande importanza per la storia della poesia dell’Europea moderna. A. Ciranna, Opera grafica di De Chirico, Milano 1969, p. 7 e nn. 17-82; R. Jentsch, Il libro d’artista italiano del Novecento, Torino 1993, n. 197.

3 251 3 Limited edition, n. 39 of 125 copies printed on Lafuma paper. Marvellously illustrated by 16 original pochoirs by Severini, coloured through stencils by J. Saude and heightened with gold.

Severini, Gino (1883-1966). Fleurs et masques. Londra, Frederick Etchelles & Hugh Macdonald, 1930. 460x320 mm. Due carte non numerate, 16 tavole litografate, colorate ‘à pochoir’ e miniate in oro, tre carte non numerate. Legatura in cartonato editoriale con astuccio. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Edizione a tiratura limitata a 125 esemplari su carta “Lafuma”, il nostro è il n. 39. L’album «enluminé et terminé en septembre 1930 par le Maitre Jean Saude a Paris» contiene i soggetti che seguono: 1. Prelude; 2. Polichinelle au livre; 3. Les pigeons et le raisin; 4. Le concert; 5. Nature morte au compas; 6. Serenade à la lune; 7. Nature-morte (fleurs et masque); 8. Les amours d’Arlequin; 9. Enlèvement d’Europe; 10. Arlequin au repos; 11. Compotier et colombe; 12. Maternité; 13. Nature morte au pigeon; 14. Les prouesses d’Arlequin; 15. Paysage et nature-morte sur une table; 16. Épilogue. Fleurs et masques è uno dei contributi più alti di Severini nel campo del libro d’artista che, proprio in quegli anni, stava raggiungendo un livello notevole con i volumi illustrati di Schmied, colorati ‘à pochoir’ dallo stesso Jean Saude, che lavorò anche allo splendido album di maschere dell’artista italiano. Fleurs et masques è una suite musicale e teatrale nella quale le geometrie delle nature morte sono paragonate alle maschere della commedia dell’arte, ai miti classici, alle rovine

222


236. Saint-Non, Richard

57


242. Lobacˇevskij, Nikolaj Ivanovicˇ

58


245. Marta, Luigi

59


248.Twain, Mark

60


251. Severini, Gino

61


253. Disney,Walter

62


254. Chagall, Marc

63


255. Utopie

64


e alle maschere antiche, con l’altissimo risultato formale di una sorta di Déco metafisico, elaborato attraverso l’esperienza diretta delle avanguardie. F. Meloni, Gino Severini.Tutta l’opera grafica, Reggio Emilia 1982, pp. 131-143.

3 252 3 Association copy of the first Futurist cooking book, addressed by Marinetti and Fillia to the Slovenian futurist Michele Leskovicˇ called Escodamé. In this little book, containing a lot of curious recipes, Marinetti attacks the classical food, in particular ‘pasta’.

Marinetti, Filippo Tommaso (1876-1944) e Fillia [pseud. di Luigi Colombo] (1904-1936). La cucina futurista. Milano, Sonzogno, 1932. 184x120 mm. 267 pagine numerate, due carte non numerate, 4 illustrazioni fuori testo (Il Padiglione-Ristorante di G. Fiorni all’Esposizione Coloniale di Parigi 1931; due pannelli di Prampolini per il medesimo locale e una fotografia di cuochi e vivande futuriste), e 8 illustrazioni nel testo (Fillia, Saladin, Mino Rosso,Vernazza) nella sezione Formulario futurista per ristoranti e quisibeve. Brossura editoriale a stampa. Esemplare in buono stato di conservazione, carta leggermente brunita. Dedica autografa di Marinetti al recto della prima carta: «a Escodamé al suo ingegno parolibere per alte velocità con affetto Filippo Tommaso Marinetti Fillia».

Straordinario esemplare di dedica al futurista di origine slovena Escodamé, pseudonimo di Michele Leskovicˇ (1905-1979). Prima edizione di quest’opera scritta, durante il crepuscolo della stagione futurista, da Filippo Tommaso Marinetti e dall’amico, artista poliedrico, Fillia – pseudonimo di Luigi Colombo – in cui si afferma che «la rivoluzione culinaria futurista […] si propone lo scopo alto nobile e utile a tutti di modificare radicalmente l’alimentazione della nostra razza, fortificandola, dinamizzandola e spiritualizzandola con nuovissime vivande in cui l’esperienza, l’intelligenza e la fantasia sostituiscano economicamente la qualità, la banalità, la ripetizione e il costo. Questa nostra cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità, sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e pericolosa: essa invece vuole finalmente creare un’armonia tra il palato degli uomini e la loro vita di oggi e di domani. Salvo le eccezioni decantate e leggendarie, gli uomini si sono nutriti finora come le formiche, i topi, i gatti e i buoi. Nasce con noi futuristi la prima cucina umana, cioè l’arte di alimentarsi. Come tutte le arti, essa esclude il plagio ed esige l’originalità creativa. Non a caso questa opera viene pubblicata nella crisi economica mondiale di cui appare imprecisabile lo sviluppo, ma precisabile il pericoloso panico deprimente. A questo panico noi opponiamo una cucina futurista, cioè: l’ottimismo a tavola». Considerata come la lotta contro l’«alimento amidaceo» (cioè la pastasciutta), colpevole di provocare negli assuefatti consumatori «fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo», prende le mosse da una cena al ristorante milanese Penna d’oca tenutasi il 15 novembre 1930 e, al termine della quale, Marinetti preannuncia il Manifesto della cucina futurista, che sarà pubblica-

223


to sulla Gazzetta del Popolo di Torino il 28 dicembre 1930. Il tutto era nato da un tragicomico antefatto nel 1930 allorché Prampolini, Marinetti e Fillìa salvarono l’amico Giulio Onesti da insani pensieri di suicidio creando, proprio nella sua casa sulle rive del Lago Trasimeno, sensuali, carnali, accattivanti sculture mangiabili atte a «guarire da qualsiasi desiderio di suicidio». Precursore della cucina futurista è però il cuoco francese Jules Maincave, che nel 1914 aderisce al futurismo. Annoiato dai «metodi tradizionali delle mescolanze», a suo dire «monotoni sino alla stupidità», Maincave si ripropone di «avvicinare elementi oggi separati da prevenzioni senza serio fondamento»: filetto di montone e salsa di gamberi, noce di vitello e assenzio, banana e groviera, aringa e gelatina di fragola. Il volume è un vero e proprio manuale di cucina con tanto di ricette, menù e suggerimenti, oltre a memorie di documenti d’epoca, descrizioni di celebri e suggestivi banchetti e un divertente dizionario per meglio interpretare l’arte culinaria futurista. Futurismo letterario italiano, Roma 1977, p. 66; Gambetti-Vezzosi, p. 520.

3 253 3 Mickey Mouse in its first Italian appearance, translated by the famous novelist Cesare Pavese, translator also of Moby Dick, who refused to have his name attributed to such a ‘frivolous’ rendering.

Disney, Walter (1901-1966). Le avventure di Topolino. Torino, Frasinelli, 1933. 217x157 mm. 38 pagine, due non numerate. Cartonato originale con disegno di Topolino a colori al piatto anteriore. Esemplare in ottimo stato di conservazione.

Prima rarissima edizione in italiano di Topolino. Il celebre topo disneyano iniziò la sua fortunata avventura editoriale proprio a Torino. Già nel 1930 sulle pagine de “L’Illustrazione del Popolo” comparvero le prime strisce giornaliere de “Topolino Emulo di Lindbergh”. Nel 1932 Franco Antonicelli curava per l’editore Frassinelli la pubblicazione di due volumi dedicati alle “Avventure di Topolino”. Le traduzioni furono affidate a Cesare Pavese: «un pedigree di tutto rispetto, da far passare in second’ordine il fatto che, successivamente, le avventure del topo più famoso del mondo siano finite nelle mani della concorrenza milanese» (P. L. Bassignana, Torino settantanni fra cronaca e costume dal 1926 al 1996, Stamperia Artistica Nazionale 1996). Il successo editoriale crebbe in maniera esponenziale con la pubblicazione del giornale di “Topolino”, dell’editore fiorentino Nerbini. La testata, rilevata nel 1935 da Mondadori, ebbe il successo che si conosce con la diffusione di decine di albi (attualmente editi da Walt Disney Italia). Da notare che, data la ‘frivolezza’ della pubblicazione, Pavese non volle che il suo nome comparisse sull’edizione, mentre Antonicelli si firmò con lo pseudonimo di ‘Antony’.

224


3 254 3 Extraordinary copy of the first edition of the catalogue of Chagall’s graphic works, dedicated by the artist to his friend, the bookseller and collector Hans Bolliger.With an original full-page coloured drawing by Chagall, signed and dated.

Chagall, Marc (1887-1985). Marc Chagall. Das graphische Werk. Enleitung und Auswahl Franz Meyer. Dokumentation Hans Bolliger. Stuttgart, Gerd Hatje, 1957. 280x225 mm. 39 pagine con numerazione romana, 151 pagine numerate, 4 tavole a colori fuori testo di cui due a doppia pagina e 144 riproduzioni in bianco e nero nel testo. Legatura editoriale in tela illustrata in nero su fondo grigio, sovraccoperta a colori illustrata; custodia in cartoncino con dedica autografa di Chagall: «Pour Bouliger» in matita blu. Al verso del foglio di guardia e al titolo dedica autografa di Chagall: «Pour H. Bolliger avec mes remersiement. Marc Chagall 1957».

Straordinario esemplare, impreziosito da un disegno originale a doppia pagina in inchiostro e pastello, firmato e datato con dedica di Chagall all’amico libraio e collezionista Hans Bolliger, curatore della parte documentaria di questa raccolta. Il disegno che raffigura una donna di profilo con il viso blu e la veste rosa ricorda il tema femminile ricorrente nelle litografie e nelle opere dei primi anni ’50 del grande artista. Prima edizione del catalogo dell’opera grafica di Chagall curato dal critico d’arte Franz Meyer, genero dell’artista nonché suo biografo e autore di Marc Chagall, Life and Work (London, 1963) considerata, ancora oggi, l’unica opera ragionata sulla sua vita e la sua pittura.

3 255 3 Beautiful complete set of the major French architecture review of the 70s.The Group Utopie, founded, among the others, by Jean Baudrillard, Jean Aubert and Hubert Tonka, wished a new approach to architecture linked with the social principles of all the left-wing movements.

Utopie. [Revue d’architecture, 1-17]. [Parigi, Anthropos-Utopie, 1967-1978]. 1. Sociologie de l’urbain. Numéro un, mai 1967. 225x186 mm. 134 pagine numerate, 13 carte non numerate. Illustrazioni nel testo. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in viola su fondo bianco.

2. Numéro deux et trois, mai 1969. 225x186 mm. 188 pagine numerate. Illustrazioni nel testo. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in arancione su fondo bianco.

3. Utopie quatre, octobre 1971. 225x140 mm. 79 pagine numerate. Stampato in inchiostro rosso su carta celeste. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in arancione su fondo giallo fosforescente.

225


4. Utopie. Que fit la mort ces jours-ci. [Supplément à Utopie quatre, 29 mars 1972]. 224x137 mm. 27 pagine numerate. Testo stampato in blu su carta azzurro pallido. Alcune illustrazioni al tratto in rosa nel testo. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in nero su fondo verde fosforescente. Esemplare a fogli chiusi.

5. Utopie cinq, mai 1972. Production, idéologie, dialectique. 225x140 mm. 108 pagine numerate. Stampato in inchiostro granata su carta avorio. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in blu su fondo rosa fosforescente.

6. Utopie six, février 1973. 225x140 mm. 80 pagine numerate. Stampato in inchiostro marrone su carta color tabacco. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in rosso su fondo arancione fosforescente.

7. Utopie sept, aout 1973. La lutte de classe mise à nu. 225x140 mm. 42 pagine numerate. Stampato in inchiostro verde su carta verde acqua. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in verde fosforescente su fondo nero.

8. Utopie huit, février 1974. Le clou bouclé. 225x140 mm. 71 pagine numerate. Alle pp. 49-50 illustrazioni stampate in inchiostro arancione fosforescente; piccoli fregi decorativi nel testo.Testo stampato in inchiostro granata su carta bianca. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in rosa su fondo blu. Alcune sottolineature e note a lapis.

9. Utopie neuf, avril-mai 1974. Radical follies. 225x140 mm. 58 pagine numerate.Testo stampato in inchiostro granata su carta bianca, la p. 18 in inchiostro rosa intenso, le pp. 27-34 in carta verde acido con testo impresso in inchiostro verde e illustrazioni al tratto in rosa; piccoli fregi decorativi nel testo. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in arancione chiaro su fondo rosso mattone.

10. Utopie dix, juin-juillet 1974. Devoir de classe. 225x140 mm. 45 pagine numerate, una carta bianca. Testo stampato in inchiostro blu su carta bianca. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in turchese su fondo verde.

11. Utopie onze, octobre-novembre 1974. Aujourd’hui. 225x140 mm. 22 pagine numerate. Testo impresso in inchiostro viola su carta bianca piuttosto spessa. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in rosa su fondo fucsia.

12. Utopie douze, décembre 1975 - janvier 1976. Passions. 223x138 mm. 77 pagine numerate. Testo impresso in inchiostro rosso mattone su carta avorio. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in verde su fondo fotografico.

13. Utopie treize, Mars-Avril 1976. 223x138 mm. 95 pagine numerate. Il testo delle pp [2]-51 e 76-95 stampato in inchiostro blu, il testo delle pp. 52-53 e 75 in inchiostro blu e marrone, il testo delle pp. 54-74 in inchiostro marrone. Alcune illustrazioni al tratto e alcune riproduzioni fotografiche in blu nel testo. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in marrone su fondo raffigurante un paesaggio notturno.

14. Utopie quatorze, mai-juin 1976. La vie en rose. 223x138 mm. 63 pagine numerate.Testo stampato in inchiostro verde su carta avorio. Alcune illustrazioni fotografiche in verde nel testo di cui una a doppia pagina alle pp. 36-37. Brossura editoriale a stampa con la scritta ‘utopie’ in giallo su fondo fotografico.

15. Utopie d’Avril 1977 [quinze]. 271x187 mm. 16 pagine numerate.Testo impresso in nero su carta avorio.

16. Utopie de Juillet 1977 [seize]. 272x181 mm. 20 pagine numerate.Testo impresso in verde mare su carta avorio. Alcune illustrazioni in verde e al tratto nel testo.

17. Utopie dix-sept, décembre 1977 & janvier 1978, numéro double. 282x189 mm. 32 pagine numerate.Testo impresso in rosso e nero alla prima pagina, testo in nero su carta bianca con alcune figure in nero e una foto a colori a p. 13.

226


(Seguono delle edizioni ‘Utopie’:) 1. Des raisons de l’architecture. L’architecture comme problème théorique dans la lutte de classes. [Parigi, Utopie, 1968]. 222x138 mm. 69 pagine numerate, una carta non numerata. Illustrazioni fotografiche nel testo. Brossura editoriale a stampa con titolo in arancione su fondo bianco.

2. Urbaniser la lutte de classe. [Parigi, Utopie, dicembre 1969]. 224x139 mm. 48 pagine numerate, un foglio volante con l’indice. Brossura editoriale a stampa.

3. Urbaniser la lutte de classe, ou remarques critiques sur la récente tentative de pacification des contradictions. [Parigi, Utopie, ottobre 1970]. 224x139 mm. 8 pagine con numerazione romana, 56 pagine numerate.Tra la pagina 24 e 25 quattro carte stampate in inchiostro rosso su carta arancione con illustrazioni in rosso e marrone. 4 tavole fuori testo. Brossura editoriale a stampa. Seconda edizione aumentata.

Tutto il pubblicato della rivista d’architettura e design del cosiddetto ‘Groupe Utopie’, fondato, tra gli altri, a Parigi nel 1967, da Jean Baudrillard, Jean Aubert, Isabelle Auricoste, Jean-Paul Jungmann e Hubert Tonka. La rivista riunisce e dà voce a un gruppo legato all’ideologia degli anni Settanta, che porta all’Architettura Radicale. Fin dalle prime intenzioni l’Utopie si propone di tradurre in materia quei sentimenti e quelle istanze, ancora in potenza al sorgere della rivista, ma ben presto conclamate in atto da quei movimenti che presero spunto dal maggio sessantottino di Parigi. Il gruppo si sciolse alla fine del 1969 e riprese l’attività nel 1971, proseguendo per tutti gli anni Settanta con finalità sempre nuove e originali, non prive degli influssi degli architetti asiatici e d’oltreoceano. Alla collezione si uniscono tre dei quattro rarissimi volumi, contenenti articoli anonimi, ma scritti e curati dallo stesso gruppo e pubblicati dalla omonima casa editrice legata alla rivista. A livello grafico la rivista si presenta come una serie di cahiers minimalisti e all’avanguardia per concezione della veste editoriale, che si avvale di soluzioni tipografiche e cromatiche di grande impatto e modernità.

227


228


INDICE DEGLI AUTORI E DELLE OPERE ANONIME Le cifre indicate si riferiscono alla numerazione progressiva delle schede nel catalogo The numbers indicated refer to the progressive numeration of the items inside the catalogue

Aelianus, Claudius 136

Boccaccio, Giovanni 6, 30, 91, 93, 138

Albonesi,Teseo Ambrogio 128

Bodoni, Giambattista 227

Alighieri, Dante 26, 62, 111, 135

Boiardo, Matteo Maria 52

Annunciazione 55

Bonaventura da Bagnoregio, santo 8

Apollinaire, Guillaume 250

Borghi, Pietro 71

Apollonius Rhodius 151

Bossus, Matthaeus 39

Appianus Alexandrinus 27

Breviario di Armagnac 4

Apuleius Madaurensis, Lucius 11

Broggia, Carlo Antonio 219

Aragonese, Sebastiano di Ghedi 232

Bruno, Giordano 170

Aratus Solensis 151

Budé, Guillaume 116

Ariosto, Ludovico 125

Bury, Richard de 37

Aristophanes 50

Callimachus 151

Aristoteles 41, 45

Campanella,Tommaso 196

Aron, Pietro 137

Capua, Pietro Ursuleo da 7

Augurelli, Giovanni Aurelio 66

Caràvia, Alessandro 159

Augustinus, Aurelius santo 10

Carli, Giovanni Rinaldo 233

Baldinotti,Tommaso 31

Casati, Paolo 199

Baldovinetti, Ettore 126

Casserio, Giulio 181

Barberiis, Philippus de 32, 67

Castelli, Benedetto 195

Bardi, Giovanni 163

Castillo, Martín del 208

Barthélémy, Jean-Jacques 224

Caterina da Siena, santa 141

Bartoli, Daniello 203

Cavalca, Domenico 25

Bartoli, Pietro Santi 224

Cellini, Benvenuto 155

Bartolini, Riccardo 99

Cervantes Saavedra, Miguel de 164

Baudrillard, Jean 255

Chagall, Marc 254

Bembo, Pietro 65, 107, 118, 119

Chrysoloras, Manuel 68

Bergomensis, Jacobus Philippus 35

Cicero, Marcus Tullius 7, 17

Bernardi della Mirandola, Antonio 88

Claudianus, Claudius 117

Bessarion, Johannes 12

Climacus, Johannes, santo 43

Birgitta, santa 63

Colonna, Francesco 53

229


Consiglio dei Dieci 178

Fuchs, Leonhart 131

Corio, Bernardino 64

Gafurius, Franchinus 46

Croce, Giulio Cesare 165, 174

Galiani, Ferdinando 221

Cyrano de Bergerac, Hector Savinien de 201

Galilei, Galileo 192

Damascenus, Johannes 120

Gazzettiere Americano 225

Daniele, Francesco 234

Gilbert,William 180

Daza de Valdés, Benito 191

Gilio, Giovanni Andrea 152

De Bry,Theodor 177

Grassi, Orazio 185, 187

De Chirico, Giorgio 250

Gregorius Nazianzenus, santo 83

Defoe, Daniel 217

Gualterotti, Raffaello 162

Della famosissima compagnia della Lesina 175

Guarino Veronese 68

Di Sangro, Raimondo 220

Guericke, Otto von 207

Dieci mascherate delle bufole 154

Guiducci, Mario 186, 188

Disney,Walter 253

Gunther von Pairis 99

Dolce, Lodovico 125, 153, 166

Guy de Fontenay 90

Dominici, Giovanni 77

Hieronymus, santo 20

Donia, Matteo 176

Higden, Ranulph 34

Du Halde, Jean Baptiste 218

Holbach, Paul Henri Dietrich baron d’ 229

Egidio Romano 49

Host von Romberch, Johann 94

Ellis, John 223

Hutten, Ulrich von 90

Epicuro, Marcantonio 125

Iamblichus 47

Erasmus, Desiderius Roterodamus 84, 92, 105

Immanu‘el ben Sˇhelomoh 124

Erizzo, Sebastiano 175

Iuvenalis, Decimus Iunius 16, 18, 58

Estienne, Henri 158

Johannes Evangelista 9

Euclides 160

Kircher, Athanasius 206

Fanti, Sigismondo 110

Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus 29

Felice, Matteo 7

Legatura Rospigliosi 205

Fermat, Pierre de 209

Lemaire de Belges, Jean 122

Feste di Parma 227

Leo I, papa 13, 14

Fillia 252

Leone, Ambrogio 103

Folengo,Teofilo 96

Leoni, Giovanni Battista 175

Fontana, Domenico 171

Liburnio, Niccolò 109

Fournier, Pierre Simon 226

Limoges, Pierre de 43

Franco, Matteo 31

Lobacˇevskij, Nikolaj Ivanovicˇ 242, 246

230


Lodovici, Francesco de 123

Norchiati, Giovanni 129

Lory, Gabriel il Giovane 240

Novelliero Italiano 222

Lotti, Lotto 211, 212

Novellino 106

Lucretius Carus,Titus 81

Novum Iesu Christi D. N.Testamentum 144, 193

Luna, Ippolito 15

Orosius, Paulus 36

Maestro del Breviario di Jean sans Peur 4

Ortelius, Abraham 173

Maestro dell’Incoronazione della Vergine 4

Paciaudi, Paolo Maria 227

Maestro di Luçon 4

Pacioli, Luca 70

Maestro di Mandriani 55

Palacios Rubios, Juan López de 80

Maestro del Virgilio 4

Palladio, Andrea 157

Magalotti, Lorenzo 204

Pascal, Blaise 198, 202

Magini, Giovanni Antonio 183

Paulus de Middelburgo 79

Manzini, Carlo Antonio 200

Pausanias 85

Manzoni, Alessandro 241

Petrarca, Francesco 127

Marcolini, Francesco 130, 143, 237

Pico della Mirandola, Giovanni Francesco 119

Marinetti, Filippo Tommaso 252

Pistolesi, Erasmo 243

Marozzo, Achille 156

Platina, Bartolomeo Sacchi de 133

Marta, Luigi 245

Plato 148, 161

Martialis, Marcus Valerius 59

Plautus,Titus Maccius 100

Martirelli, Pietro Martire 95

Poccianti, Michele 168

Marx, Carl 247

Pollux, Julius 60

Massimi, Pacifico 101

Ponziani, Domenico Lorenzo 228

Meah Berahot 210

Porcacchi, Domenico 182

Medici, Lorenzo de 147

Porta, Giovanni Battista 184

Mela, Pomponius 28

Procopius Caesariensis 56

Merula, Giorgio 18

Pseudo-Bonaventura 73

Mirabilia urbis Rome 104

Ptolemaeus, Claudius 142

Miscellanea ex diversis Historiographis 90

Publicius, Jacobus 33

Modesti, Publio Francesco 99

Pulci, Luigi 31

Montaigne, Michel de 230

Rabelais, François 132

Montessori, Maria 249

Regiomontanus, Johannes 24

Monti, Zaccaria 168

Regula del S. Augustino vulgare 72

Negri, Stefano 98

Saint-Non, Richard 236

Newton, Isaac 215

Sallustius, Crispus Caius 69

231


Salmi in greco 3

Torquemada, Juan de 23

Salmi in latino 21

Tractato del Prete cole Monache 244

Savonarola, Girolamo 48

Trattati cabalistici 54

Scacchi, Francesco 190

Trissino, Gian Giorgio 111, 112, 113, 114, 115, 140

Schedel, Hartmann 40

Tuccaro, Arcangelo 179

Scotti, Ranuccio 197

Twain, Mark 248

Scotto, Andrea 194

Urbat´agirk´ 75

Sefer kol bo 108

Utopie 255

Serlio, Sebastiano 145

Valerius Maximus, Gaius 19, 38

Severini, Gino 251

Vallisneri, Antonio 216

Silius Italicus, Caius 102

Vangeli in greco 1, 2

Sophocles 87

Vecellio, Cesare 172

Spirito, Lorenzo 44, 213

Vegetius Renatus, Publius 15

Statius, Publius Papinius 89

Venier, Maffeo 169

Stelluti, Giovan Battista 189

Verdizotti, Giovanni Mario 167

Stendhal 239

Vergilius Maro, Publius 5, 121

Strabo 86

Viaggi fatti da Vinetia alla Tana in Persia 134

Stracca, Benvenuto 146

Vico, Giambattista 214

Suidas 51

Vitruvius, Pollio Marcus 74, 78, 97, 139

Svetonius Tranquillus, Gaius 149

Vivant-Denon, Dominique 236

Theocritus 82

Voltaire 238

Thesaurus Cornucopiae 42

Xenophon 57

Thomas, Aquinas, santo 22

Ynoi, François 76

Thucydides 61

Zarlino, Giuseppe 150

Titius Probus, Caius 19

Zatta, Antonio 231, 235

232


INDICE DELLE MATERIE Le cifre indicate si riferiscono alla numerazione progressiva delle schede nel catalogo The numbers indicated refer to the progressive numeration of the items inside the catalogue

Aldine: 41, 42, 45, 47, 49, 53, 58, 59, 60, 61, 62, 65, 66, 69, 81, 83, 85, 86, 89, 100, 102, 134, 141, 146,147

Egittologia: 206 Enologia: 98, 190 Esoterismo: 75, 76, 220

America: 177, 182, 225

Favole: 167

Architettura: 74, 78, 97, 139, 145, 157, 171, 243, 255

Feste, Libri di: 154, 162, 165, 210, 211, 212, 227, 245

Armeni, Libri: 75, 128

Filosofia:

Arte e archeologia: 152, 155, 206, 224, 230, 232, 234, 236, 239, 243, 254

Greca: 11, 12, 41, 45, 148, 161

Asia: 203, 218

Neoplatonica: 11, 12, 39, 47

Astrologia: 151, 183

Rinascimentale: 12, 39, 54, 84, 88, 92, 105, 170, 196

Astronomia: 24, 151, 183, 185, 186, 187, 188, 189, 192, 199, 200, 204, 215

XVII-XVIII

Atlanti: 142, 173, 182, 231

XIX

Austria: 99

XX

secolo: 192, 198, 214, 215, 229, 233

secolo: 247 secolo: 255

Autografi: 54, 164, 184, 216, 252, 254

Firenze: 48, 154, 162, 163, 168

Bibbia o parti di essa: 1, 2, 3, 4, 9, 21, 144, 193

Fortuna, Libri di: 44, 110, 130, 143, 213, 237

Bibliofilia: 37, 158

Gastronomia: 98, 165, 174, 210, 252

Bibliografia: 168, 235

Geografia: 28, 40, 85, 86, 142, 173, 177, 182, 203, 218, 225, 231

Futurismo: 252

Bologna: 165

Geometria non euclidea: 242, 246

Calcio: 163

Grammatiche, Lessici, Poetiche:

Calendario: 24, 75, 79

Greci: 42, 51, 60, 68, 116, 158

Cavalleria, Romanzi e poemi: 123, 126, 238

Italiani: 107, 109, 111, 112, 115, 129

Classici Latini: 5, 7, 11, 15, 16, 17, 18, 19, 27, 28, 38, 58, 59, 69, 81, 89, 100, 102, 117, 121, 149

Greco, Libri in: 1, 2, 3, 11, 12, 41, 42, 45, 49, 51, 60, 61, 68, 82, 83, 85, 86, 87, 98, 116, 120, 136, 144, 151, 158, 161, 193

Costumi: 172, 245 Dantesca: 26, 62, 107, 109, 111, 112, 115, 124, 135

Illustrati, Libri: secolo: 24, 27, 32, 33, 40, 43, 44, 46, 53

XV

Donne: 138

secolo: 63, 64, 67, 70, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 90, 91, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 101, 104, 110, 121, 122, 123, 125, 127, 128, 130, 131, 132,

XVI

Ebraici, Libri: 54, 108, 124, 208, 210 Economia: 71, 146, 219, 221, 247

233


Letteratura popolare e dialettale: 25, 31, 43, 96, 106, 154, 159, 165, 174, 194, 244

135, 137, 139, 140, 141, 142, 143, 145, 151, 156, 157, 159, 162, 163, 166, 167, 169, 171, 172, 173, 176, 177, 179, 180, 181

Lingue orientali: 75, 128

secolo: 181, 182, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 195, 199, 200, 202, 204, 206, 207, 211, 212, 213

XVII

Magnetismo: 180, 207 Manoscritti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 15, 16, 21, 31, 54, 55, 56, 88, 194, 213

secolo: 216, 217, 218, 220, 223, 224, 225, 226, 227, 231, 232, 234, 236, 237, 238

XVIII

secolo: 240, 243, 244, 245, 248

Memoria, Arte della: 33, 94, 166

secolo: 250, 251, 253, 254, 255

Milano: 64, 240

XIX XX

Medicina: 43, 103, 131, 181, 190, 191, 216

Miniati, Libri: 10, 11, 12, 13, 23, 29, 35, 36, 39, 48

Incunaboli: 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 17, 18, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 57

Miniature: 55 Musica: 46, 128, 137, 150

Inghilterra: 34

Napoli, Regno delle due Sicilie: 194, 234, 236, 245

Legature: secolo: 6, 12, 15, 20, 37, 39, 48

XV

Neolatini: 66, 84, 88, 90, 92, 95, 99, 101, 105, 119

secolo: 21, 63, 90, 97, 98, 103, 120, 127, 133, 134, 138, 139, 158

XVI

Novelle: 106, 175, 222

secolo: 117, 149, 175, 194, 197, 205, 206

XVII

Oculistica: 43, 191, 200

secolo: 53, 68, 118, 210, 222, 226, 227, 230, 234, 236, 238

XVIII

Papato: 133 Parma: 211, 212, 227

secolo: 243

XIX

Pedagogia: 249

Letteratura anglo-americana: 34, 217, 248, 253

Politica e diritto: 48, 50, 80, 84, 146, 148, 178, 196, 198, 219, 229, 233, 247, 255

Letteratura francese: 76, 122, 132, 158, 198, 201, 229, 230, 238, 250, 255

Porco: 165, 174

Letteratura italiana:

Retorica: 92, 98, 119, 158

XIII-XIV

secolo: 6, 25, 26, 30, 62, 77, 91, 93, 106, 127, 135, 138, 141, 222, 244

Riforma: 90, 105

secolo: 31, 44, 52, 147, 222

Scacchi: 228

secolo: 64, 65, 96, 107, 109, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 118, 123, 125, 126, 130, 140, 143, 152, 153, 154, 155, 159, 163, 165, 167, 174, 175, 222, 237

Scherma: 156

XV

Roma e Lazio: 104, 133, 172, 206, 243

XVI

secolo: 211, 212

XVII XVIII XIX XX

Scienze: 24, 41, 45, 71, 103, 151, 160, 180, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 195, 199, 200, 202, 204, 206, 207, 209, 215, 242, 246

secolo: 220

secolo: 241

Scienze naturali: 15, 41, 45, 131, 190, 216, 223, 225

secolo: 252, 253

Sicilia: 176, 194, 236

234


Soncino (edizioni): 73, 124

Ortodossa: 83, 120

Spagnoli, Libri: 80, 191, 208

Scolastica: 22

Sport: 156, 163, 179

XV

Storia: 27, 34, 35, 36, 40, 56, 57, 61, 64, 80, 85, 86, 102, 104, 133, 134, 136, 138, 151, 168, 171, 197, 203, 205, 206, 225, 234

Opere devozionali: 8, 25, 43, 73, 77, 141, 169

secolo: 23, 48, 63, 72

Tipografia: 128, 158, 226 Utopia: 148, 196, 201, 255

Svizzera: 197, 240

Vaticano: 171, 243

Teatro: 50, 100, 113, 125, 175, 211, 212

Venezia: 99, 134, 172, 178

Teologia:

Viaggi: 85, 134, 177, 203, 217, 218, 225, 230, 236, 240

Patristica: 10, 13, 14, 20, 29, 32, 36, 67

235



Questo volume è stato impresso dall’officina d’arte grafica Lucini in Milano febbraio 2008



LIBRERIA PHILOBIBLON

PHILOBIBLON Mille anni di bibliofilia dal X al Euro 1. Vangeli in greco a richiesta 2. Vangeli in greco a richiesta 3. Salmi in greco 56.000 a richiesta 4. Breviario di Armagnac 5.Vergilius Maro, Publius 95.000 6. Boccaccio, Giovanni 95.000 7. Cicero, Marcus Tullius 150.000 a richiesta 8. Bonaventura da Bagnoregio, santo 9. Johannes Evangelista a richiesta 10. Augustinus, Aurelius, santo a richiesta 11. Apuleius Madaurensis, Lucius a richiesta 12. Bessarion, Johannes a richiesta 27.000 13. Leo I (de Lignamine) 14. Leo I (Sweynheym e Pannartz) 38.000 15.Vegetius Renatus, Publius 110.000 16. Iuvenalis, Decimus Iunius 48.000 17. Cicero, Marcus Tullius 35.000 18. Iuvenalis, Decimus Iunius 21.000 19.Valerius Maximus, Gaius 82.000 20. Hieronymus, santo 18.000 16.500 21. Salmi in latino 22.Thomas Aquinas, santo 46.000 23.Torquemada, Juan de 21.000 24. Regiomontanus, Johannes 130.000 25. Cavalca, Domenico 18.000 35.000 26. Alighieri, Dante 27. Appianus Alexandrinus 14.500 28. Mela, Pomponius 38.000 29. Lactantius, Lucius Caecilius Firmianus 45.000 20.000 30. Boccaccio, Giovanni a richiesta 31. Pulci, Luigi 32. Barberiis, Philippus de 24.000 33. Publicius, Jacobus 64.000 34. Higden, Ranulph 115.000 20.000 35. Bergomensis, Jacobus Philippus 21.000 36. Orosius, Paulus 37. Bury, Richard de 80.000 38.Valerius Maximus, Gaius 18.500 39. Bossus, Matthaeus 90.000 40. Schedel, Hartmann 78.000 41. Aristoteles a richiesta

XX

secolo

42. Thesaurus Cornucopiae 43. Limoges, Pierre de 44. Spirito, Lorenzo 45. Aristoteles 46. Gafurius, Franchinus 47. Iamblichus 48. Savonarola, Girolamo 49. Egidio Romano 50. Aristophanes 51. Suidas 52. Boiardo, Matteo Maria 53. Colonna, Francesco 54. Trattati cabalistici 55. Annunciazione 56. Procopius Caesariensis 57. Xenophon 58. Iuvenalis, Decimus Iunius 59. Martialis, Marcus Valerius 60. Pollux, Julius 61.Thucydides 62. Alighieri, Dante 63. Birgitta, santa 64. Corio, Bernardino 65. Bembo, Pietro 66. Augurelli, Giovanni Aurelio 67. Barberiis, Philippus de 68. Guarino Veronese 69. Sallustius, Crispus Caius 70. Pacioli, Luca 71. Borghi, Pietro 72. Regula del S. Augustino vulgare 73. Pseudo-Bonaventura 74.Vitruvius, Marcus Pollio 75. Urbat’agirk’ 76.Ynoi, François 77. Dominici, Giovanni 78.Vitruvius, Marcus Pollio 79. Paulus de Middelburgo 80. Palacios Rubios, Juan López de 81. Lucretius Carus,Titus 82.Theocritus

Euro 54.000 17.500 110.000 48.000 48.000 28.000 38.000 6.800 48.000 50.000 85.000 a richiesta 68.000 7.800 78.000 16.000 6.800 16.500 19.500 38.000 21.000 24.000 12.500 13.800 4.800 9.500 9.000 7.400 a richiesta 8.500 venduto 5.400 25.000 68.000 28.000 7.500 9.500 11.500 18.000 7.800 12.500


83. Gregorius Nazianzenus, santo 84. Erasmus, Desiderius Roterodamus 85. Pausanias 86. Strabo 87. Sophocles 88. Bernardi della Mirandola, Antonio 89. Statius, Publius Papinius 90. Hutten, Ulrich von 91. Boccaccio, Giovanni 92. Erasmus, Desiderius Roterodamus 93. Boccaccio, Giovanni 94. Host von Romberch, Johann 95. Martirelli, Pietro Martire 96. Folengo,Teofilo 97.Vitruvius, Marcus Pollio 98. Negri, Stefano 99. Modesti, Publio Francesco 100. Plautus,Titus Maccius 101. Massimi, Pacifico 102. Silius Italicus, Caius 103. Leone, Ambrogio 104. Mirabilia urbis Rome 105. Erasmus, Desiderius Roterodamus 106. Novellino 107. Bembo, Prose 108. Sefer kol bo 109. Liburnio, Niccolò 110. Fanti, Sigismondo 111. Alighieri, Dante 112.Trissino, Poetica 113.Trissino, Sωphωnisba 114.Trissino, Rime 115.Trissino, Castellano 116. Budé, Guillaume 117. Claudianus, Claudius 118. Bembo, Rime 119. Bembo, Miscellanea 120. Damascenus, Johannes 121.Vergilius Maro, Publius 122. Lemaire de Belges, Jean 123. Lodovici, Francesco de 124. ‘Immanu’el ben Sˇ helomoh 125. Ariosto, Ludovico 126. Baldovinetti, Ettore 127. Petrarca, Francesco 128. Albonesi,Teseo Ambrogio 129. Norchiati, Giovanni 130. Marcolini, Francesco

Euro 3.400 venduto 28.000 42.000 7.200 8.500 1.900 16.500 6.800 8.500 5.400 venduto venduto 14.500 42.000 8.600 9.000 3.300 3.800 3.400 9.500 venduto 14.000 16.000 5.800 24.000 2.900 75.000 6.800 2.800 1.800 2.200 2.600 6.500 2.200 9.800 8.500 24.000 1.900 4.800 9.000 9.500 6.800 8.500 17.500 14.000 1.300 58.000

Euro 131. Fuchs, Leonhart 48.000 132. Rabelais, François a richiesta 133. Platina, Bartolomeo Sacchi de 24.000 134. Viaggi fatti da Vinetia alla Tana in Persia 8.000 135. Alighieri, Dante 8.500 136. Aelianus, Claudius 4.000 137. Aron, Pietro 12.500 138. Boccaccio, Giovanni 20.000 139.Vitruvius, Marcus Pollio 14.000 140.Trissino, Gian Giorgio 6.500 141. Caterina da Siena, Santa 2.900 142. Ptolomaeus, Claudius 24.000 143. Marcolini, Francesco 42.000 6.700 144. Novum Testamentum Graecum 145. Serlio, Sebastiano 9.800 146. Stracca, Benvenuto 6.500 147. Medici, Lorenzo de 7.800 148. Plato 2.200 149. Svetonius Tranquillus, Gaius 2.800 150. Zarlino, Giuseppe 14.000 151. Callimachus 13.000 152. Gilio, Giovanni Andrea 12.500 153.Dolce, Lodovico 2.500 1.800 154. Dieci mascherate delle bufole 155. Cellini, Benvenuto 6.800 156. Marozzo, Achille 4.200 157. Palladio, Andrea 24.000 158. Estienne, Henri 14.800 159. Caràvia, Alessandro 20.000 160. Euclides 3.400 161. Plato 12.800 162. Gualterotti, Raffaello 22.000 163. Bardi, Giovanni 12.500 a richiesta 164. Cervantes Saavedra, Miguel de 165. Croce, Giulio Cesare 12.000 2.600 166. Dolce, Lodovico 3.400 167.Verdizotti, Giovanni Mario 168. Poccianti, Michele 12.500 1.600 169.Venier, Maffeo 170. Bruno, Giordano 36.000 171. Fontana, Domenico 18.000 172.Vecellio, Cesare 7.800 173. Ortelius, Abraham a richiesta 174. Croce, Giulio Cesare 12.500 3.400 175. Leoni, Giovanni Battista 4.800 176. Donia, Matteo 177. De Bry,Theodor 9.500 13.000 178. Consiglio dei Dieci


179.Tuccaro, Arcangelo 180. Gilbert,William 181. Casserio, Giulio 182. Porcacchi, Domenico 183. Magini, Giovanni Antonio 184. Porta, Giovanni Battista 185. Grassi, De tribus cometis 186. Guiducci, Discorso delle comete 187. Grassi, Libra astronomica 188. Guiducci, Lettera al Galluzzi 189. Stelluti, Giovan Battista 190. Scacchi, Francesco 191. Daza de Valdéz, Benito 192. Galilei, Galileo 193. Novum Testamentum Graecum 194. Canzuni siciliani 195. Castelli, Benedetto 196. Campanella,Tommaso 197. Scotti, Ranuccio 198. Pascal, Blaise 199. Casati, Paolo 200. Manzini, Carlo Antonio 201. Cyrano de Bergerac, Hector Savinien de 202. Pascal, Blaise 203. Bartoli, Daniello 204. Magalotti, Lorenzo 205. Legatura Rospigliosi 206. Kircher, Athanasius 207. Guericke, Otto von 208. Castillo, Martín del 209. Fermat, Pierre de 210. Meah Berahot 211. Lotti, L’idea di tutte le perfezioni 212. Lotti, L’età dell’oro 213. Spirito, Lorenzo 214.Vico, Giambattista 215. Newton, Isaac 216.Vallisneri, Antonio

Euro 17.500 19.000 21.000 7.500 2.600 28.000 26.000 26.000 21.000 16.000 16.500 11.500 16.500 32.000 1.200 17.500 3.600 1.100 6.800 15.000 8.000 8.000 4.600 6.200 2.000 6.200 24.000 16.000 26.000 14.500 14.000 9.800 8.500 7.500 48.000 22.000 12.500 4.200

217. Defoe, Daniel 218. Du Halde, Jean Baptiste 219. Broggia, Carlo Antonio 220. Di Sangro, Raimondo 221. Galiani, Ferdinando 222. Novelliero italiano 223. Ellis, John 224. Bartoli, Pietro Santi 225. Gazzettiere Americano 226. Fournier, Pierre Simon 227. Feste di Parma 228. Ponziani, Domenico Lorenzo 229. Holbach, Paul Henri Dietrich 230. Montaigne, Michel de 231. Zatta, Antonio 232. Aragonese, Sebastiano di Ghedi 233. Carli, Giovanni 234. Forche caudine 235. Zatta, Antonio 236. Saint-Non, Richard 237. Marcolini, Francesco 238.Voltaire 239. Stendhal 240. Lory, Gabriel il Giovane 241. Manzoni, Alessandro 242. Lobacˇevskij, Nikolaj Ivanovicˇ 243. Pistolesi, Erasmo 244. Prete cole Monache 245. Marta, Luigi 246. Lobacˇevskij, Nikolaj Ivanovicˇ 247. Marx, Carl 248.Twain, Mark 249. Montessori, Maria 250. De Chirico, Giorgio 251. Severini, Gino 252. Marinetti, Filippo Tommaso 253. Disney,Walter 254. Chagall, Marc 255. Utopie

Euro 14.000 7.500 5.500 16.500 18.000 1.800 1.200 18.000 16.000 14.500 21.000 1.800 2.200 4.200 46.000 6.500 2.600 7.000 2.800 92.000 9.500 3.400 5.600 4.200 9.500 a richiesta 7.800 1.600 8.000 2.200 4.800 8.500 2.000 a richiesta 44.000 2.600 1.800 20.000 5.600


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.