RARA VOLUMINA ET ALIA
«Per correr miglior acque»
LIBRERIA PHILOBIBLON
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RARA VOLUMINA ET ALIA
«Per correr miglior acque»
LIBRERIA PHILOBIBLON
Mentre stai camminando cammina, mentre stai leggendo leggi
Š 2009 Libreria Philobiblon, Roma
1 Cicero, Marcus Tullius (106-43 a.C.). [De officiis, manoscritto miniato su pergamena con correzioni e note autografe di Giovan Mario Filelfo]. [Italia settentrionale (Venezia?), 1450 ca.]. Manoscritto membranaceo di mm 225x136. 100 carte, di cui l’ultima bianca, numerate nell’angolo superiore esterno a lapis da una mano novecentesca, e suddivise in fascicoli di 10 carte con richiami. COMPLETO. Scrittura umanistica corsiva della seconda metà del XV secolo, in inchiostro marrone su una colonna di 25 linee. Specchio scrittorio di mm 146x90. Rigatura a penna. Incipit delle varie parti dell’opera e richiami marginali in inchiostro rosso. Alla c. 1r grande serto di alloro miniato in verde e blu su fondo cremisi decorato da arabeschi d’argento contenente le armi della famiglia degli Erizzo – uno scudo blu con fascia trasversale a foglia d’oro contenente un porcospino – affiancate da un altro stemma miniato – uno scudo rosso contenente un leone rampante e una fascia blu con tre cerchi bianchi – attribuibile probabilmente alla nobile famiglia bergamasca dei Caleppi, o ad una casata ad essi imparentata. Alle cc. 1v, 41v, 67r, iniziali miniate con corpo della lettera in blu e fondo a foglia d’oro. Le altre iniziali dipinte, alternativamente, in rosso o in blu. Legatura in marocchino rosso di Katherine Adams, datata 1913 e decorata, ai piatti, da una cornice a un filetto dorato. Dorso liscio con la scritta dorata: ‘MT. CICERO DE OFFICIIS’ e, al piede: ‘MANU I. MARII PHILELFI CORRECTUS MCCCCLXX’. Splendido codice, in ottimo stato di conservazione; cerniere della legatura usurate. Nel testo sono presenti tre differenti serie di marginalia coevi: le prime due – in inchiostro rosso e marrone – ascrivibili alla mano dell’umanista Giovan Mario Filelfo, che annota fittamente il testo ciceroniano e del quale sono inoltre presenti due sottoscrizioni autografe una in inchiostro marrone e una in inchiostro rosso – al verso della penultima carta, che ne testimoniano l’intervento sull’opera e ci forniscono la data in cui esso venne completato: il 28 aprile del 1470. Dalla c. 1v alla c. 7r sono invece presenti alcune postille di carattere scolastico, redatte da una mano non identificata, in un inchiostro marrone più chiaro rispetto a quello usato dal Filelfo. Provenienza: Asta Sotheby’s 1821; Heber 1821; Sotheby’s 1836 (lotto 248); Sir Thomas Thorpe 1836; Sir Thomas Phillips, ms. 9429; Asta Sotheby’s 1897 (lotto 199); Charles Butler, 1897; Sydney Cockerell, 1912 (ms. 11). c. 1v, incipit: M. Tul. Ciceronis ad Ciceronem | F. De officiis liber primus et | in eum Praefatio […]. c. 99v, explicit: Vale igitur mi Cicero | tibique persuade esse te quidem mihi carissimum | sed multo fore cariorem si talibus monimentis | praeceptisque laetabere | laus deo. c. 99v, colophon: Manu Jo. Marij philelfi correctus codex | 1470 iiij Kalendas Maias | [in rosso] Cuncta manu Marij correcta revisaque dextro | Lumine sunt Grumo restituenda suo | Ipse philelfus ego rursusque iterumque libellum | E multis unum praeficio reliquis | Quem cuicumque dabis, magno se munere dicat | Donatum et nullis cesserit officiis | Hoc tibi carissimo cari sit pignus amoris | Me quotiens librum videris, esse puta | Marius phil. manu propria.
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Splendido e importante manoscritto del De officiis ciceroniano copiosamente postillato dall’umanista Giovan Mario Filelfo e appartenuto alla famiglia veneziana degli Erizzo. Su un testo che sembra discendere da un’ottima tradizione, il Filelfo è intervenuto molto spesso su rasura, ai margini o in interlinea con un inchiostro più scuro, aggiungendo e correggendo ‘dextro lumine’, come afferma egli stesso nella seconda sottoscrizione presente al colophon. La mano del Filelfo è inoltre intervenuta con tre lunghe note introduttive ai tre libri del De officiis, alle cc. 1v, 41v, 67r, lungo il margine inferiore bianco. Sono da attribuire al Filelfo anche i numerosi marginalia in inchiostro rosso vergati lungo i margini esterni e, talvolta, anche lungo quelli interni delle carte. Alcune lievi differenze nel ductus della postillatura filelfiana sono da ascrivere, molto probabilmente, al fatto che l’umanista lavorò su questo testo in due momenti differenti. Alcune note presentano inoltre un carattere eminentemente scolastico dal momento che ripetono il nome dei personaggi e delle opere citate nel testo o rimandano ad altre opere ciceroniane, come ad esempio la penultima nota della c. 51v, oppure riassumono brevemente il concetto espresso dall’autore in un determinato passo. Diverse parole greche compaiono al margine, a correzione di termini latini usati dal copista, nonché una lunga nota in greco, tratta da Euripide, alla c.88r. In base ad alcune varianti significative contenute nella presente redazione del testo ciceroniano, è possibile ricondurre il codice alla famiglia Z della recensio del De officiis stabilita dal Sabbadini, ma con interessanti affinità anche con il ms. Ambrosiano F42 sup. risalente al XII secolo, con cui condivide alcune lezioni caratteristiche. Giovan Mario Filelfo (Costantinopoli 1426-Mantova 1480), figlio dell’umanista tolentino Francesco Filelfo e di 8
Teodora Crisolora, figlia del dotto bizantino Emanuele Crisolora, fu professore di grammatica ed educatore presso innumerevoli nobili famiglie italiane, a Bergamo, a Milano e ad Ancona, dove ricoprì il ruolo di professore di grammatica. Nel 1476 l’umanista passò a Urbino, alla corte di Federico di Montefeltro. La data di sottoscrizione dell’intervento correttorio, il 28 aprile 1470, rimanderebbe dunque al soggiorno bergamasco di Filelfo, che durò dalla fine del 1468 al 1471, anno in cui si trasferì a Milano. La provenienza veneziana del codice avvalora tale ricostruzione, essendo allora Bergamo sotto il dominio della Serenissima Repubblica. È inoltre lecito supporre che il soggiorno a Venezia del Filelfo, nel 1460, in veste di lettore pubblico seppe ingraziargli il patriziato di quella città, il che giustificherebbe il possesso di un manoscritto confezionato per un casato veneziano tra le mani dell’erudito costantinopolitano. Il codice si inserisce appieno nell’attivita di insegnamento di grammatica e retorica che connota l’attività umanistica del Filelfo, volta a ricostruire la lezione autentica e filologicamente corretta dei testi della tradizione greco-latina. La peregrinazione di corte in corte, che lo accomuna al padre, garantiva inoltre la possibilità di ampi confronti e collazioni con codici sparsi per la penisola, e lo scambio e l’amicizia con altri umanisti offrivano grandi possibiltà per eventuali ulteriori spunti ecdotici. Il presente codice assomma dunque in sé, l’estrema cura filologica e la peculiare prassi del commento umanistico, in un volume di grande eleganza formale e di illustre provenienza. Il presente codice è stato dichiarato dalla regione Veneto di particolare interesse, e pertanto sottoposto a tutte le norme di tutela previste dalla legge. Amazing and very important Italian illuminated manuscript on vellum of the second half of the 15th century, containing Cicero’s De officiis, fully annotated by the hand of the humanist Giovan Mario Filelfo, with his autograph subscriptions at the colophon, dated April 28th 1470.The codex belonged to the Venetian noble family of the Erizzo as witnessed by their big coat of arms illuminated in red, green, blue, gold and silver at leaf 1r. The text of Cicero of the manuscript belongs to one of the oldest and better manuscript traditions and has some affinities with a 12th century codex of the Biblioteca Ambrosiana in Milano. Giovan Mario Filelfo, son of Francesco Filelfo and Teodora Crisolora, worked as a professor of grammar for many important noble families in Bergamo, Milano and Ancona and his annotations must be ascribed both to his activity and to the well-known humanist and renaissance practice to study the classics by annotating in the margins the variants and by correcting the texts. 9
The book has two different series of marginalia by Filelfo, in red and brown ink, with corrections, additions and a summary at the beginning of each of the three books of the De officiis. Bound in 1913 by Katherine Adams in red morocco with gilt title on spine. Handsome manuscript, complete. The book is adorned by three 4-lines initials illuminated in blue on golden leaf ground. Initials painted in red or blue throughout the text. The present manuscript can’t be exported from Italy. R. Sabbadini, Storia e critica dei testi latini, Catania 1914.
2 Cicero, Marcus Tullius (106-43 a.C.). Rethorica ad C. Herennium. De inventione. [Venezia, Nicolaus Jenson, 1470]. Due opere in un volume in-4° (mm 270x179). Segnatura: [1-610, 78; 8-1410]. 68 carte non numerate; 70 carte non numerate. Testo su una colonna di 30 linee. Carattere 1:115R. Alla prima carta cornice miniata a tre montanti – di epoca posteriore – con motivi fitomorfi color ocra su fondo azzurro, nella parte inferiore rosette entro serto di alloro verde. Alla stessa carta iniziale miniata ‘E’ con gli stessi colori. Nel testo altre cinque iniziali miniate nello stesso stile, le altre dipinte alternativamente in rosso e blu. Legatura novecentesca in marocchino rosso con i piatti decorati in oro; titolo e decorazioni in oro al dorso, dentelles interne, sguardie in carta a pettine, tagli dorati. Astuccio moderno in tela rossa con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, piccoli restauri ai margini bianchi delle prime due e delle ultime due carte. Ex-libris del conte Oswald Seilern.
Prima edizione di due delle opere più importanti della tradizione retorica latina, e uno dei primi quattro libri impressi da Jenson nel 1470, anno del suo trasferimento a Venezia. L’edizione venne curata da Ognibene da Lonigo, e sul testo stabilito da questo umanista veneto si baseranno le stampe della tipografia aldina (1540) e del Landino (1566). Il celebre carattere romano del Jenson, di cui questa edizione reca uno dei primi esempi, ispirerà inoltre tutti quelli dei più celebri tipografi successivi, primo fra tutti Aldo Manuzio. Il De inventione, appartenente alla produzione giovanile di Cicerone, è da considerarsi l’anello di congiunzione tra le teorizzazioni riguardanti l’arte della retorica dell’età ellenica e aristotelica e la trattatistica dell’età post-imperiale e 10
medievale, da Quintiliano, fino a Boezio e Giovanni di Salisbury. L’importanza e il successo di questo trattato, tràdito da un numero considerevole di manoscritti, sono testimoniate dal fatto che esso venne ininterrottamente adoperato dalle istituzioni scolastiche come libro di testo fino al secolo XII. La Rethorica ad Herennium è invece un testo apocrifo, attribuito a Cicerone a partire dal IV secolo fino al XV secolo, quando Raffaele Regio ne riconobbe l’ascrizione erronea, espungendolo dal corpus ciceroniano. First rare edition of both texts, and one of the first four books printed by Jenson, second printer at Venice. The two rethorical treatises are closely related and are often found together both in manuscript and print. Jenson’s imprint was edited by the Ciceronian scholar Ognibene da Lonigo, one of the most respected latinists of his day. The book is printed with Jenson’s Roman fount which «has exerted such an influence on later typography that it has become enshrined as an ideal form of clarity, beyond the touch of time» (M. Lowry, Venetian Printing, 1989, p. 76). Handsome copy, some small repairs on first leaves. On first page an illuminated border in yellow, blue and green and 5 initials illuminated in the same style throughout the text; the other initials painted in red or blue. 20th century red morocco binding, with gilt title on spine; modern slipcase. Bookplate of the count Oswald Seilern on the front flyleaf. HC* 5057; IGI 2959; GW 6709; BMC V, 166.
3 Curtius Rufus, Quintus (fl. sec. I d.C.). Historiae Alexandri Magni. [Venezia], Vindelino da Spira, [1471 ca.]. In-4° (mm 275x191). Segnatura: [a-h10, i-k10, l-o10, p10, q4]. 153 di 154 carte non numerate, manca l’ultima carta bianca. Testo su una colonna di 32 linee. Carattere 110R2. Al recto della prima carta una cornice a tre montanti miniata in oro, azzurro, verde, rosso, bianco e blu, e ornata da bianchi girari; nella parte inferiore stemma nobiliare entro serto di alloro. Nella cornice è inclusa anche una grande iniziale ‘I’, miniata nello stesso stile. Iniziali miniate nello stesso stile alle cc. I1, L1, P1. Legatura settecentesca in pergamena con titoli in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche lieve fioritura, le prime carte leggermen-
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te allentate. Titula e segnatura delle carte aggiunti da un’antica mano. Due ex-libris al contropiatto anteriore; antica segnatura al risguardo.
Prima rarissima edizione di questo classico della storiografia latina, elegantemente impresso con i raffinati caratteri dell’antiqua di Vindelino da Spira intorno al 1471. Nello stesso anno a Roma Georg Lauer pubblicava un’altra edizione della Historia, approntata però su fonti manoscritte differenti da quelle utilizzate per la stampa vindeliniana e probabilmente ad essa posteriore, come risulta dalle note manoscritte presenti su alcuni esemplari. L’opera di Curzio Rufo narra la vita e le imprese di Alessandro Magno fino alla morte nel 323 a.C., ed era originariamente divisa in dieci libri di cui però ne sono giunti fino a noi soltanto otto. First very rare edition of Curtius Rufus’s main work, the first book concerning Alexander the Great, printed at Venice by Vindelinus de Spira in about 1471 which possibly predates the imprint of the Historiae produced in Rome in the same period by Georg Lauer. Although the Lauer edition was no doubt also printed in 1471 – the first dated use of Lauer’s type is 2 May 1471 – the earliest fixed date which can be assigned to the Curtius Rufus is January 1472, the date of an inscription in a copy sold by Quaritch. The copy at the Bibliothèque Nationale also bears a purchase inscription dated 1472. Amazing copy, lacks the last blank leaf. The first page is decorated by a border illuminated in blue, red, green, gold and white vines with, in the lower part, an armorial coat within a laurel garland. At the same page a big initial ‘I’ illuminated in the same style; other 3 similar illuminated initials throughout the text. 18th century vellum with gilt title on spine. Bookplates pasted in the inner cover. HC* 5878; Goff C, 998; GW 7871; IGI 3286; BMC V, 163; Essling 119.
4 Cyprianus, santo (III sec. d.C.). Epistolae.Venezia,Vindelino da Spira, 1471. In-folio (mm 318x218). Segnatura: [a-m10, n12, o-r10, s12]. 182 di 184 carte non numerate, mancano le ultime due carte bianche. Testo su una colonna di 38 linee. Caratteri 110R2, 110Gk. Alla c. A3r bella cornice in stile veneziano miniata in cremisi, verde oro e argento su fondo blu
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e ornata da bianchi girari con, nella parte inferiore, uno scudo lasciato in bianco affiancato da due putti e da due conigli. Alla stessa carta grande iniziale ‘C’ miniata con corpo della lettera in argento su fondo blu e cremisi e ornata da una voluta fitomorfa bianca. Iniziali miniate in stile analogo, con corpo della lettera in argento su fondo blu e rosa decorate da bianchi girari, alle cc. [c]6r, [r]1r, [r]6v, [s]6r. Gli altri capilettera dipinti alternativamente in rosso e blu. Legatura settecentesca in mezza pelle nocciola con angoli, carta decorata ai piatti; titolo e decorazioni in oro al dorso, tagli rossi. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune gore e alcune lievi fioriture alle prime e alle ultime carte; un piccolo foro di tarlo lungo l’angolo inferiore esterno di tutto il volume, senza perdita di testo. Ex-libris moderno al contropiatto anteriore. Al recto del secondo foglio di guardia anteriore un lungo brano manoscritto in inchiostro marrone e di mano cinquecentesca che riporta una serie di sentenze tratte dalle opere di Sant’Agostino (‘Divi Augustinj aurea sententia). Al verso dell’ultima carta nota manoscritta di un antico possessore in inchiostro marrone, dalla quale si apprende che il proprietario – un certo ‘Alixandro Diacono’ – ha ricevuto il libro in eredità dal suo maestro ‘Vitus Theophilus’, morto nel luglio del 1524.
Seconda edizione assoluta, la prima con data certa, delle opere di San Cipriano, che riproduce il testo della princeps, curato da Giovanni Andrea de’ Bussi, vescovo di Aleria, impresso nello stesso anno a Roma da Sweynheym e Pannartz, omettendo però la sua dedicatoria a papa Paolo II, morto il 26 luglio 1471. L’impresa di pubblicare l’opera del santo cartaginese era nata su iniziativa del vescovo di Aleria che, recatosi a Parigi per studiare presso l’università di quella città, scoprì un codice delle epistole di Cipriano che riportò in Italia, dove si dedicò, insieme ai due celebri prototipografi tedeschi, ad allestire la prima edizione a stampa di questi testi. L’edizione vindeliniana si basa sul testo di quella romana, salvo qualche minima modifica ortografica. Cecilio Cipriano, soprannominato Tascio, nacque a Cartagine, nel 210 circa. Dopo aver seguito un accurato e completo corso di retorica, insegnò questa materia e fu valente e celebre avvocato. Per influenza del venerabile prete Ceciliano, nel 245 si convertì al cristianesimo. Ancora neofita, nel 249, alla morte del vescovo Donato, divenne per acclamazione popolare vescovo di Cartagine e primate di tutta l’Africa. Tra le numerose opere di Cipriano le sessantacinque Lettere, sono tra quelle di maggiore interesse. Esse rivelano una personalità desiderosa di mantenere l’unità della Chiesa e di guidarla con mano sicura durante un periodo travagliato, oscurato dalle tremende persecuzioni di Decio e Valeriano che, a breve distanza di tempo, sconvolsero l’intera comunità cristiana. Amazing copy of the second very rare edition – the first dated – of St. Cyprian collection of epistles, that follows the first one printed in Rome earlier that year and edited by Giovanni Andrea de’ Bussi, bishop of Aleria. 13
On leaf A3r a decorated border and a big initial ‘C’ both richly illuminated in blue, green, pink, gold and silver with, in the lower part of the border, a shield without the armorial coat with, at both sides, rabbits and putti. 4 white vine initials illuminated in blue, red and silver throughout the text; the other initials painted in blue or red. All the decorations can be ascribed to a contemporary Venetian workshop. 18th century half brown calf binding with decorated paper on boards and gilt title and decorations on spine. HC* 5897; GW 7884; IGI 3295; Goff C, 1011; BMC V, 159.
5 Appianus Alexandrinus (100-ca. 170 d.C.). De bellis civilibus Romanis. Venezia,Vindelino da Spira, 1472. In-folio (mm 337 x 236). Segnatura: [a10, b8, c10, d-f8, g10, h-m8, n10, o10, p8, q10, r8]. 148 carte non numerate, di cui la prima e l’ultima sono bianche. Testo su 41 linee. Carattere 110R2. Spazi per capilettera. Legatura in cartonato del XVIII secolo, con dorso in pergamena applicato in epoca successiva. Sul dorso tre etichette con l’indicazione del nome del nome dell’autore, luogo e data di stampa e infine “Editio princeps”. Sul taglio inferiore delle carte è annotato da mano antica “P. Candidi Bella Civil.a R.”. È inoltre presente la nota di possesso manoscritta “G J Forster”, ripetuta due volte. Esemplare ad ampi margini in buono stato di conservazione. Sul margine bianco di alcune carte restauro professionale per tarli puntiformi.
Prima edizione del De bellis civilibus Romanis, primo testo del corpus appianeo a vedere la luce. Il volume propone la seconda parte della traduzione condotta dall’umanista lombardo Pier Candido Decembrio (1399-1477) delle opere dello storico Appiano, nato ad Alessandria d’Egitto, e originariamente composte di 24 libri. Decembrio era stato iniziato alla conoscenza della lingua greca dal padre Uberto, traduttore insieme a Manuele Crisolora della Repubblica platonica, ma ne aveva approfondito lo studio solo in età più tarda, arrivando a un notevole grado di eccellenza, come testimoniano le sue traduzioni dell’Iliade, della Repubblica di Platone, delle Storie di Diodoro Siculo, quest’ultima rimasta però incompiuta. L’impegno maggiore fu però costituito dalla versione latina di Appiano, alla quale si accinse subito dopo il suo arrivo a Roma nel 1450, su diretto incarico di papa Niccolò V Parentucelli. Il lavoro 14
1. Cicero, Marcus Tullius
3. Curtius Rufus, Quintus
4. Cyprianus, santo
6. Petrarca, Francesco
(actual size) 16. Horae Beatae Mariae [Firenze, 1480 ca.]
(actual size) 10. Horae Beatae Mariae [Como, post 1475]
10. Horae Beatae Mariae [Como, post 1475]
17. Biblia latina
lo assorbì per quattro anni, durante i quali Decembrio tradusse, sulla base dei manoscritti posseduti dalla Biblioteca Vaticana, l’intera opera di Appiano a quel tempo conservata. Nel 1472 Vindelino da Spira diede alle stampe la seconda parte di tale versione, secondo una divisione dell’opera di Appiano introdotta dallo stesso Decembrio, e comprendente la traduzione latina dei cinque libri del De bellis civilibus Romanis. Una edizione completa della versione di Decembrio, comprensiva quindi anche dei libri relativi alle Historiae romanae, sarà poi pubblicata a Venezia nel 1477, mentre il testo originale greco vedrà la luce solo nel 1551. L’edizione veneziana del 1472 si apre, dopo l’intitolazione, con il Prologus di Decembrio a Alfonso II d’Aragona re di Napoli. Al colophon sono impressi alcuni versi del poeta laureato Raffaele Zovenzoni (1431-ca. 1480). First very rare edition of the first Appianus’ work to be published, containing the Latin translation of the De bellis civilibus Romanis by the humanist Pier Candido Decembrio. The present edition will be followed by the collected works of Appianus, translated by the same humanist and printed in Venice in 1477. Beautiful, wide-margined copy of one of the most beautiful books ever printed by Vindelino da Spira. Bound in 18th century paperboards; tiny wormholes, repaired, on the white margins of some leaves. H *1306; GW 2293; Goff A, 931; BMC V, 160; IGI 763; B. Ziliotto, Raffaele Zovenzoni, 160, nr. 264.
6 Petrarca, Francesco (1304-1374). Secretum. [Strasburgo, Adolf Rusch, non dopo il 1473]. (Legato con:) Id. De vita solitaria. [Strasburgo, Adolf Rusch, non dopo il 1473]. Due opere in un volume in-folio (mm 284x197). I. Segnatura: [a8, b8+1, c10, d-e8, f10]. 53 carte non numerate. Testo su una colonna di 34 linee. Carattere rotondo 103. II. Segnatura: [a-b10, cd8, e-f10, g10+1, h-i8, k6]. 89 carte non numerate, il verso dell’ultima carta bianco. Testo su una colonna di 34-36 linee. Carattere rotondo 103. Capilettera dipinti in inchiostro rosso nelle due opere, entrambe rubricate in rosso. Legatura inglese del XIX secolo in vitello nocciola decorata a secco; tagli spruzzati di rosso. Custodia moderna in tela con titolo in oro su tassello al
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dorso. Esemplare ad ampi margini, stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione; qualche lieve fioritura su alcune carte. Ex-libris al contropiatto anteriore.
Prima rarissima edizione di due importanti opere autobiografiche di Francesco Petrarca – il Secretum e il De vita solitaria – che si trovano, nella maggioranza dei casi, legate insieme e che sono ascrivibili all’attività tipografica di uno stampatore identificabile con Adolf Rausch, originario di Ingweiler e genero di Johann Mentelin – del quale proseguì l’attività e che operò probabilmente tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70 del Quattrocento. Adolf Rausch è noto anche col nome di ‘R-printer’, dalla forma caratteristica che contraddistingue la ‘R’ del carattere 103, utilizzato da questo stampatore. Composto tra il 1342 e il 1343, il Secretum, il cui titolo esteso è De secreto conflictu curarum mearum, «s’incornicia in una visione al modo di Boezio, apparendo all’autore la consueta “mulier quaedam inenarrabilis aetatis et luminis”, che qui è la Verità; la quale come le “donne benedette” di Dante a Virgilio, lo affida a Sant’Agostino: e s’intenda quello delle Confessioni e del De vera religione, le opere […] espressamente nominate. Il santo Dottore ha col Petrarca tre giorni di colloqui, a ognuno dei quali è dedicato un libro. Agostino imputa l’infelicità del peccatore alla sua negligenza della morte, nozione astratta che non diventa concreto fondamento d’azione; mette a nudo i suoi vizi, la superbia, la lussuria e soprattutto l’accidia, questa radicale insoddisfazione di sé e del mondo; nell’ultimo libro denuncia l’amore dell’amore e quello, collegato alla gloria, controdeducendo alla gloria il pensiero della morte, che per tal modo chiude il circolo» (G. Contini, la letteratura italiana delle origini, Firenze 20033, p. 646). Il De vita solitaria è invece comunemente considerato il migliore dei trattatelli del Petrarca «forse perché nato, lo dice egli stesso alla fine dell’opera, come epistola (s’intenda un’epistola di tipo senechiano), il genere a lui più congeniale» (G. Contini, ibid., p. 654). L’opera venne redatta tra il 1346 e il 1356 ed è divisa in due libri in cui viene descritta come necessaria la vita contemplativa, sia per i religiosi, sia per i filosofi che per i pensatori in genere. L’ideale di vita per Petrarca è quello di una raccolta solitudine nella pace agreste, dedicata agli studi letterari e alla riflessione religiosa. First very rare edition of Petrarch’s two great autobiographical works, fundamental for the understanding of his inner life. 16
The Secretum is Petrarch’s principal prose work, composed about 1342-43 and never intended for publication. It is his confession of faith and has been called the «deed of foundation of Humanism and a formal renunciation of Medievalism». The second work is the De vita solitaria, written to justify Petrarch’s departure from Avignon and his retirement to Vaucluse. Though these two works are sometimes found singly, they properly belong together as here. 19th century brown calf blind decorated; edges sparkled red; modern slipcase. Handsome, wide-margined copy, printed on thick paper; some minor foxing to some leaves. Blue or red painted initials throughout; rubricated in red. I. HC* 12800; Goff P, 412; IGI 7580; BMC I, 61. II. HC* 12796; Goff P, 417; IGI 7586; BMC I, 61.
7 Svetonius, Caius Tranquillus (sec. I-II d.C.). De grammaticis et rethoribus. [Roma, Johann Schurener de Bopardia, tra il 7 maggio 1473 e il 1 marzo 1474]. In-8° (mm 194x140). Segnatura: [a-b8]. 15 di 16 carte non numerate, manca l’ultima carta bianca. Testo su una colonna di 26 linee. Carattere 101R1. Rubricato in inchiostro rosso. Al margine superiore della prima carta titolo manoscritto in inchiostro rosso, parzialmente rifilato. Legatura moderna in pergamena con titolo impresso al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Antica nota di possesso manoscritta al margine inferiore della prima carta; ex-libris inciso al contropiatto anteriore: ’Dominicis De Advocatis comitis Odelli equitis benensis’. Timbro ‘Missionis Domus Congr. Monregal’ al recto della prima carta.
Probabile editio princeps, di estrema rarità, di questi opuscoli che forniscono notizie bio-bibliografiche su antichi grammatici e retori. Precede un’epistola di Iohannes Aloisius Tuscanus, ‘Advocatus Consistorialis’, curatore dell’edizione, al cardinale di Novara Giovanni Arcimboldo (1430-1488), ‘tituli Sanctorum Nerei et Achillei’. L’edizione è datata tra il 7 maggio del 1473 – giorno in cui Giovanni Arcimboldo fu creato cardinale titolare dei SS. Nereo e Achilleo da papa Sisto IV (soltanto dopo il 15 gennaio 1477 assunse la titolarità di S. Prassede) – e il 1 di marzo del 1474, giorno di acquisto dell’opera, 17
come risulta da una nota manoscritta posta in fine all’esemplare della Biblioteca Vaticana. La stampa potrebbe dunque essere anteriore a quella fatta a Padova da Bartholomeo de Vardezoccho e Martinus de Septem Arboribus datata dalle bibliografie tra il 1473 e il 1476. Very rare edition, probably the first, of this two Svetonius’ pamphlets containing biographical and bibliographical informations about the ancient grammarians and rethoricians. The texts are preceeded by an epistle by the editor Iohannes Aloisius Tuscanus. Modern vellum with gilt title on spine. Fine, wide-margined copy. Rubricated in red. Ancient note of possession on the lower margin of first leaf; engraved bookplate on the inner board: ‘Dominicis De Advocatis comitis Odelli equitis benensis’; stamp on the recto of the first leaf. HC* 15131; BMC
IV, 59; Goff
S, 813; IGI 9225; Proctor 3515.
8 Ovidius, Naso Publius (43 a.C.-ca. 17 d.C). [Opera]. Venezia, Jacobus Rubeus, 1474. Un’opera in due volumi in-folio (mm 331x225 e 329x186). Segnatura: [a-e10, f8, g-m10, n-o12, p-q10, r-s8, t10, u12, x8, y6, A10, A-B10, C12, D-H10, I8, K6, L-M10, N12, O10, P-T10]. 411 di 412 carte non numerate, manca la prima bianca. Due iniziali dipinte rispettivamente all’inizio del primo e del secondo volume. Il primo volume legato in marocchino rosso del secolo XIX, con titolo in oro al dorso, tagli dorati. Il secondo volume preserva parte della legatura veneziana cinquecentesca, con piatti decorati in oro e a secco; restauri a porzione novecenteschi al dorso e ai piatti. Esemplare in buono stato di conservazione, alcuni fori di tarlo, macchie di inchiostro ad alcune carte del secondo volume; qualche lieve gora e fioritura ad alcune carte di entrambi i volumi. Ex-libris di Edward Vernon Utterson al contropiatto anteriore di entrambi i volumi.
Terza edizione dell’Opera omnia di Ovidio curata dall’umanista Giovanni Calpurnio che, per allestire il testo, si basò sulla princeps bolognese del 1471, curata da Francesco Puteolano. La presente stampa contiene infatti l’anonima Vita Ovidii ascritta al Puteolano, che molto probabilmente la compose perché venisse inclusa nell’edizione bolognese. I contenuti della stampa del Rubeus 18
sono del resto identici a quelli della princeps, anche se vengono proposti in un ordine differente. Il tipografo Jacobus Rubeus – Jacques Le Rouge –, francese di Chablis, molto probabilmente lavorò, all’inizio della sua carriera, nella tipografia di Nicolas Jenson a cui era legato da amicizia. La sua prima opera è con buona certezza il Leoniceno databile non prima dell’agosto 1473. Continuò a lavorare a Venezia usando dapprima un bellissimo carattere romano molto simile a quello di Jenson, con cui impresse anche la presente edizione, e quindi anche caratteri gotici, fino al luglio del 1478. A causa dell’epidemia che nell’estate di quell’anno aveva colpito la città lagunare si trasferì a Pinerolo, nei pressi di Torino, dove continuò a stampare fino al 1481. La presente stampa si trova quasi sempre divisa in due volumi: il primo contenente le sole Metamorfosi e il secondo l’Ars amandi, gli Amores, il De remedio amoris e le altre operette ovidiane. Il nostro esemplare – comprendente entrambe le parti – fu completato da due copie diverse nel XIX secolo grazie alla perizia e alla passione del noto bibliofilo Edward Vernon Utterson. Third edition of Ovid’s complete works. The first two editions were printed in 1471, by Azoguidus in Bologna, and by Sweynheym and Pannartz in Rome, with slightly different respective contents. The present edition is apparently reprinted from the Bologna edition. Its Vita Ovidii, though left anonymous, is that supplied by Franciscus Puteolanus for the Bologna book, and the remaining contents are identical, though in a different order. Bound in two separate volumes: the first in 19th century red morocco, blind decorated on boards, with gilt title on spine and gilt edges; the second has part of a 16th century binding in brown calf with beautiful gilt and blind decorations on boards; spine renewed, with gilt title. Very good copy, some minor foxing and some ink spots to some pages of the second volume. From the Library of the 19th century bibliophile Edward Vernon Utterson, who brought together the two volumes. HC 12138; Goff O, 128; BMC V, 214.
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9 [Aurelius Victor, Sextus (ca. 320-ca. 390 d.C.)]. De viris illustribus. [Milano, Filippo Cavagni da Lavagna, 1475 ca.]. In-4° (mm 191x135). Segnatura: [a-c10, d6]. 36 carte non numerate di cui l’ultima bianca. Carattere rotondo 108R. Testo su una colonna di 24 linee. Legatura ottocentesca in marocchino rosso decorata, ai piatti, da una cornice a ferri floreali dorati; dorso ornato da ferri dorati con titolo in oro, dentelles interne. Esemplare in ottimo stato di conservazione, fori di tarlo e un lieve alone al margine superiore delle ultime tre carte.
Sesta edizione, la prima stampata a Milano dal momento che molti bibliografi la attribuiscono allo stampatore Filippo Cavagni da Lavagna per il fatto che il carattere utilizzato è praticamente indistinguibile da quello utilizzato da questo stampatore nello stesso periodo per le sue edizioni milanesi. Il De viris illustribus, attribuito nella presente stampa a Svetonio, è abitualmente ascritto – non senza riserve – a Sesto Aurelio Vittore, di origini africane, che fu scrittore e uomo politico dell’Impero romano e divenne prefetto della Pannonia nel 360 d.C. Come nelle altre opere storiche di questo autore, anche nel De viris illustribus l’interpretazione dei fatti è filtrata dalle posizioni conservatrici e anticristiane dell’aristocrazia romana, con una sentita adesione alle posizioni filo-senatoriali. Very rare first Milanese imprint of this work commonly ascribed to the Roman writer and statesman Publius Aurelius Victor. This edition is attributed to the workshop of the printer Filippo Cavagni da Lavagna because the type used «is strongly Milanese in character, being practically undistinguishable from Lavagna’s type» (BMC). Very good copy, some small wormholes and some dampstains to the upper margin of the last three leaves. 19th century red morocco decorated, on boards, by a gilt border; gilt title and decorations on spine, inner dentelles. Goff A, 1385; H 2133; IGI 1091; BMC IV, 63 (note); A. Ganda, Filippo Cavagni da Lavagna, editore, tipografo, commerciante a Milano nel Quattrocento, Firenze, 2005, p. 106. Per la controversa questione dell’attribuzione dell’opera si veda M. M. Sage, The De Viris Illustribus: autorship and date, in «Hermes», 108 (1980), pp. 83-100.
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10 [Horae Beatae Mariae Virginis secundum consuetudinem romanae curiae]. Manoscritto miniato su pergamena. [Como, seconda metà del XV secolo (post 1475)]. Manoscritto membranaceo di mm 115x83. Il primo fascicolo di 12 fogli, gli altri di 8 fogli. Tre fogli bianchi, 10 fogli non numerati, 121 carte con numerazione romana in inchiostro rosso lungo il margine superiore di ciascuna carta, 51 fogli non numerati, un foglio bianco. COMPLETO. Scrittura gotica libraria italiana su una colonna di 18 linee. Specchio scrittorio di mm 70x40. Rigatura a penna, rubriche in inchiostro rosso. 12 pagine inquadrate da un fregio miniato a motivi floreali con grandi iniziali miniate e figurate. 38 miniature a piena pagina eseguite da artisti di scuola lombarda, uno dei quali identificabile in Ambrogio da Cermenate. Le altre iniziali dipinte alternativamente in rosso con filigrane violette e in blu con filigrane rosse. Rubricato in rosso e in blu. Legatura antica in velluto verde; dorso a tre nervi, fermaglio in ottone lungo il taglio esterno. Splendido codice, in ottimo stato di conservazione. cc. 1r-2v: Kalendarium cc. 13r-74v: Officium beate Mariae virginis secundum consuetudinem romanae curiae cc. 75r-82v: Missa de Beata Maria Virgine cc. 82v-86v: Officium Sanctae Crucis cc. 86v-90r: Officio de Spiritu Sancto cc. 90v-108r: Psalmi poenitentiales cc. 108v-141r: Officium mortuorum cc. 141v-180r: Orationes variae cc. 180v-188r: Missa quinque plagarum Christi
Splendido codice la cui esemplazione può essere individuata a Como dal momento che nell’elenco dei santi in esso contenuto ricorrono i nomi di Sant’Abbondio vescovo e di Fedele martire, particolarmente venerati in questa città. Nell’ultima parte il manoscritto presenta una particolarità di grande interesse storico e iconografico, che permette inoltre di determinare il terminus post quem della sua esemplazione, il 1475. Infatti alla c. 163v è presente una miniatura a piena pagina raffigurante San Simonino martire e, al recto della carta seguente, è stata trascritta una preghiera a lui dedicata. Si tratta della prima miniatura nota raffigurante il beato Simone, un bambino di poco più di due anni, figlio di un conciapelli di Trento, scomparso misteriosamente la sera del giovedì santo del 1475 (23 marzo). Il suo corpo venne ritrovato la mattina del 26, orribilmente straziato, in un fosso d’acqua che attraversava lo scantinato della casa di uno dei maggiorenti ebrei di Trento. L’atmosfera di tensio21
ne creata da certi riferimenti antisemiti contenuti nelle prediche tenute all’epoca dal beato Bernardino da Feltre, le circostanze e le modalità della morte del fanciullo, bastarono a creare la convinzione che il fatto fosse imputabile a un omicidio rituale compiuto dagli ebrei. Tutti e trenta gli ebrei di Trento vennero incarcerati per ordine del principe-vescovo Giovanni Hinderbach e vennero dichiarati colpevoli e, nonostante gli interventi dell’arciduca Sigismondo del Tirolo e di papa Sisto IV, condannati a morte. Il piccolo Simone venne subito dichiarato martire e il suo culto si diffuse, anche grazie a una capillare azione propagandistica, in tutto il Trentino e nelle regioni vicine, attirando pellegrini da tutta Europa. La vasta eco dei miracoli ascritti a Simone da Trento favorì lo sviluppo, in sede locale e non di una tipologia pressoché costante nel riprodurre il bambino, raffigurato in piedi su un tavolo, o legato a una croce, fatto a pezzi con coltelli da due o più persone dai tratti tipicamente semiti. Le più antiche immagini del santo sono tutte silografiche e della fine del XV secolo, la presente in cui Simone viene rappresentato in piedi, nudo, con un vessillo crociato nella mano destra e uno scudo araldico rosso – con gli strumenti del martirio – in quella sinistra, è la prima miniatura conosciuta della fine del secolo XV. Il ricchissimo apparato iconografico di questo manoscritto presenta dodici pagine inquadrate da un fregio a volute floreali, in rosso, verde, blu, giallo, decorate da bottoni d’oro in cui sono inserite iniziali che contengono scene miniate de: l’Annunciazione (c. 13r), la Fuga in Egitto (c. 33r), l’Incoronazione di Maria (c. 36v), la Presentazione di Gesù al Tempio (c. 40r), la Vergine orante (c. 43r), la Deposizione di Gesù (c. 46r), l’Apparizione di Gesù alla Vergine (c. 52v), la Vergine col bambino in braccio (c. 75r), la Crocefissione (c. 83r), la Discesa dello Spirito Santo (c. 86v), Davide che suona la cetra (c. 90v), la Personificazione della Morte (c. 108v). Dalla c. 141v alla c. 178v il manoscritto presenta 38 miniature, una su ogni foglio, che occupano tutta la pagina e che sono racchiuse entro una cornice a triplice filetto miniato in nero, oro e giallo mentre nella pagina a fronte è riportata la preghiera per il santo o martire effigiato. L’apparato decorativo di questo codice è da attribuire all’opera di almeno due maestri miniatori, uno dei quali è probabilmente da identificare con il maestro Ambrogio da Cermenate, autore dell’Officium della Biblioteca Trivulziana di Milano (ms. 479). Alcune delle miniature di queste Horae presentano infatti caratteristiche molto vicine a quelle del codice trivulziano. 22
Di Antonio da Cermenate si sa che fu frate certosino e che fu invitato a Napoli nel 1474 alla corte degli Aragonesi. Il presente manoscritto fu forse eseguito qualche anno dopo il Trivulziano, dal momento che le illustrazioni presentano influssi già rinascimentali. È tuttavia certo che nelle miniature di queste Horae l’artista rivela una notevole abilità espressiva e coloristica come testimoniano, ad esempio, le miniature della Discesa dello Spirito Santo (c. 149v), di San Gregorio papa e Sant’Agostino (c. 160v), di San Michele arcangelo (c. 166v), dove è sapeinte l’accostamento dei toni del bianco, del grigio e del blu su fondo rosso. Il presente codice è stato dichiarato dalla regione Veneto di particolare interesse, e pertanto sottoposto a tutte le norme di tutela previste dalla legge. Amazing manuscript of the Hours of the Virgin made in Como and containing the first known illuminated picture of the blessed Simon of Trent. According to the story Simon of Trent – a two years old child – was kidnapped by a Jewish doctor named Tobias who crucified him out of hartred for Christ. The Jews of Trent were later falsely blamed for conspirancy to murder young Christians. His body was later thrown in a canal. Many miracles were reported at his tomb at St. Peter’s Church in Trent. This fact occurred on Good Friday in 1475, which is also the ‘terminus post quem’ to date our codex. The manuscript is richly decorated – in gold, blue, green, red and yellow – by a great number of illuminations: 12 pages with a floral border and, within, big initials containing different scenes from the Bible, and 38 full-page figures of Saints with the related prayer inscribed in the following leaf. The pictures are ascribed to two different hands, one of which can be identified with the master Antonio da Cermenate who worked also to a famous Officium now in the Biblioteca Trivulziana in Milan. Handsome manuscript, bound in green velvet. The present manuscript can’t be exported from Italy. C. Santoro, I codici miniati della Biblioteca Trivulziana, Milano 1958; G. Bologna, Miniature lombarde della Biblioteca Trivulziana, Milano 1973, pp. 70-73; G. Piccaluga-Ferri, Economia, devozione e politica: immagini di francescani, amadeiti ed ebrei nel secolo XV, in Il Francescanesimo in Lombardia: Storia e arte, Milano 1983, pp. 107-122; Id., Ebrei nell’iconografia lombarda del ’400, in «La Rassegna Mensile di Israel», 52 (1987), pp. 357-95.
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11 Iuvenalis, Decimus Iunius (55-ca. 135 d.C.). Satyrae.Venezia, Jacopo de Rubeis, 24 aprile 1475. In-folio (mm 270x199). Segnatura: [a-b10, c-i8, k-l10]. 96 carte non numerate, bianca la carta iniziale.Testo su 55 linee circondato dal commento. Caratteri 113 (110)R per la prefazione, il testo di Giovenale e la Defensio adversus Brotheum; caratteri 80R per il commento; caratteri 110Gk e 80Gk per le parole greche che occorrono rispettivamente nel commento e nella Defensio. Spazi bianchi per capilettera. Legatura in pergamena antica, titoli in oro su tassello rosso, tagli colorati. Esemplare in buono stato di conservazione, fori di tarlo puntiformi ai margini esterni bianchi delle prime quindici carte, alcune leggere gore del margine inferiore destro.
Prima edizione delle Satyrae di Giovenale corredata del commento dell’umanista veronese Domizio Calderini (1446-1478), che tra il 1473 e il 1475 dedicò la propria perizia filologica a autori di particolare difficoltà interpretativa – oltre a Giovenale, Marziale, Stazio, Svetonio e Silio Italico –, e la cui corretta lettura esigeva una non comune conoscenza delle fonti mitologiche e storiche. Il testo delle Satyrae è introdotto dalla epistola dedicatoria a Giuliano de’ Medici, al quale Calderini aveva fatto già dono di una copia di dedica del solo commento, ultimato il 1 settembre del 1474 e conservato oggi dalla Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze, in un codice di mano di Bartolomeo di Sanvito (Laur. plut. 53,2). In fine alla edizione è impressa una nota polemica contro Angelo Sani Sabino, detto il Fidentino, che nel 1474 aveva dato alle stampe a Roma i Paradoxa in Iuvenalem, utilizzando scorrettamente alcune osservazioni che lo stesso Calderini aveva comunicato agli allievi durante le proprie lezioni presso lo Studio romano. Fortemente polemico è anche il secondo dei testi inseriti a corredo della edizione di Giovenale, la Defensio adversus Brotheum grammaticum. Sotto l’appellativo di Brotheus si cela Niccolò Perotti, il filologo che aveva criticato la interpretazione fornita da Calderini dell’opera poetica di Marziale, e al quale il veronese replica minacciando di rendere noti le centinaia di errori commessi dallo stesso Perotti nella sua versione di Polibio. Notevole fu la fortuna del Giovenale di Calderini: già il 15 settembre del 1475 si ebbe a Brescia una ristampa del solo commento, e numerose furono le edizioni successive della intera opera. First edition of Juvenal’s Satyrae with the comment of the humanist Domizio Calderini and dedicated by him to Giuliano de’ Medici. The book contains also two 24
polemical attacks addressed by Calderini to two humanists of the time: Angelo Sani Sabino, known as Fidentino and to Niccolò Perotti. Fine copy, bound in ancient vellum, some minor wormholes and dampstains throughout. HC *9688; GW 5885; Goff J, 642; BMC V, 214; IGI, 5575; Proctor 4239; CTC, I, pp. 216-218.
12 Quintilianus, Marcus Fabius (ca. 40-ca. 96 d.C.). Institutiones oratoriae. Milano, Antonio Zarotto, 9 giugno 1476. In-folio (mm 304x212). Segnatura: a-n8, o-z8, &8, cum8, rum6. 206 carte non numerate. Testo su una colonna di 41 linee. Carattere rotondo 111Rb1. Iniziali dipinte in inchiostro rosso; le lettere maiuscole evidenziate in inchiostro giallo. Legatura settecentesca francese – probabilmente di Dérome – in marocchino rosso decorata, ai piatti, da una cornice a tre filetti dorati. Dorso a cinque nervi riccamente decorato da ferri floreali dorati con titolo e note tipografiche in oro; tagli dorati, sguardie in carta marmorizzata, dentelles interne. Esemplare in ottimo stato di conservazione; alcune lievi gore e alcuni piccoli fori di tarlo. Annotazioni di mano coeva in inchiostro marrone lungo i margini bianchi. Provenienza: Pierre Antoine Bolongaro Crevenna (asta di Amsterdam del 1789); firma di appartenenza e nota di acquisto datata 15 novembre 1790 di Michael Wodhull, che acquistò il volume da Thomas Payne per 15 ghinee; ex-libris in pelle nera impresso in oro di E.P. Goldschmidt al contropiatto anteriore.
Prima edizione milanese e quinta assoluta – la princeps era stata impressa a Roma nel 1470 da Filippo de Lignamine – di quello che è considerato il più completo trattato classico di retorica. Le Institutiones, divise in dodici libri, forniscono infatti un programma complessivo di formazione culturale e morale, scolastica ed intellettuale, che il futuro oratore deve seguire scrupolosamente, dall’infanzia fino al momento in cui avrà acquistato qualità e mezzi per affrontare un uditorio. First Milanese edition an fifth absolute one – the first having been printed in Rome in 1470 – of the most comprehensive classical treatise on rethoric. Initials stroken in yellow. French 18th century red morocco binding, probably by Dérome, richly gilt decorated; gilt title and tools on spine, gilt edges, marbled flyleaves. 25
Some contemporary manuscript notes on margins. Provenance: Pierre Antoine Bolongaro (Sale, Amsterdam 1789); note of possession by Michael Wodhull dated November 15th, 1790; black leather bookplate of the Library of E.P. Goldschmidt. HC* 13648; Goff Q, 27; IGI 8261; BMC
VI, 713.
13 Bonisoli, Ognibene (1412-1474). [De laudibus eloquentiae. Commentum in Ciceronis Oratorem]. Vicenza, [Johannes de Reno?], 22 dicembre 1476. In-folio (mm 284x197). Segnatura: a6, b-c10, d-e8, f6; g10, h-i8, k6, l8, m6, n-q8, r6, f6, ff6, s6; s-t8, u10. 176 carte non numerate, il recto della prima carta bianco. Testo su una colonna di 44 linee. Caratteri 97R, Gk. Alla c. a2r iniziale miniata con corpo della lettera in blu e oro e decorazioni a grafismi in inchiostro blu, rosso e marrone. Alla c. b1r grande iniziale decorata con corpo della lettera in blu e marrone ornata da grafismi a penna in rosso e, all’interno, dal disegno stilizzato di un volto in inchiostro blu, rosso e marrone scuro. Capilettera dipinti in rosso nel testo; maiuscole toccate in inchiostro rosso in tutto il volume. Legatura settecentesca in vitello nocciola; dorso con titolo e decorazioni in oro e, al piede, il nome di uno dei proprietari ‘Brunck’; tagli rossi, sguardie in carta a pettine, segnalibro in seta verde. Esemplare in buono stato di conservazione, la prima carta – stampata al solo verso – rinforzata al recto; macchia di inchiostro rosso alla c. s1v. Nota di possesso manoscritta, probabilmente del XVII secolo al verso della prima carta: ‘Ex libris C. vercellum’. Antica segnatura manoscritta al recto della seconda carta: ‘Coll. Dol. 800 Jesu Cat. ins(?)’. Proveniente dalla biblioteca del classicista e critico Richard F. Ph. Brunck (1729-1803).
Prima rara edizione del commento al De oratore di Cicerone dell’umanista e letterato Ognibene Bonisoli da Lonigo, che testimonia l’interesse quattrocentesco per la classicità aurea, all’interno della quale il celebre arpinate viene considerato tra i sommi maestri di stile ed eloquenza. Il Bonisoli, che era stato discepolo di Vittorino da Feltre, dopo aver insegnato a Treviso e a Vicenza, prese il posto del maestro a Mantova, dove risiedette dal 1449 al 1453. Rientrato a Vicenza, vi continuò l’insegnamento del greco e del latino sino alla morte. Alla sua scuola si formarono – tra gli altri – Niccolò Leoniceno e il Platina. Il commento all’Orator sembra inscriversi in un ideale progetto esegetico degli autori classici. Esperto di metrica e di prosodia, il Bonisoli tradusse 26
e commentò anche Persio, Giovenale, Lucano oltre ad essere uno dei primissimi traduttori delle Favole di Esopo. First rare edition of the commentary of the Italian humanist Ognibene Bonisoli to Cicero’s De oratore which is very important because it witnesses the great interest for the great classical authors, considered masters of style and rethorics. Bonisoli teached Greek and Latin first in Treviso and Vicenza and then in Mantua and translated and commented many important authors such as Persius, Juvenal, Lucanus. He was also one of the first translators of Aesop’s Fables. Polished calf of the 18th century with spine label, gilt back in floral design and giltstamped ownership entry ‘Brunck’ on the back.Two beautiful illuminated initials (on ll. a2r and b1r). Initials painted in red or blue throughout. Good copy, the first leaf strenghtened, ink spot on l. s1v. Manuscript ownership’s inscription of the 17th century on the verso of the first leaf. Ancient shelfmark on second leaf. From the library of the classicist and critic Richard F. Ph. Brunck (1729-1803), who owned a precious collection of great value. HC* 10030; Goff L, 171; IGI 7000; BMC
VII, 1041.
14 Petrarca, Francesco (1304-1374). Trionfi. Reynaldus de Novimagio e Theodorus de Reynsburch, 6 febbraio 1478. Id. Sonetti e Canzoni.Venezia, Reynaldus de Novimagio e Theodorus de Reynsburch, 30 marzo 1478. Due opere in due volumi in-folio (mm 298x202 e mm 283x192). I: a10, b8, c6, d-e8, f10, g8, h-i6, I8, k8, l-o6,8, p-s6, t10; aa8, bb-ff6, gg10. 196 carte non numerate di cui la prima bianca. Testo circondato dal commento su una colonna di 51 linee. Carattere 150G. Legatura cinquecentesca in pergamena floscia con titolo manoscritto – parzialmente leggibile – al dorso. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione; singolo foro di tarlo alle ultime carte. Marginalia coevi in inchiostro rosso e postille del XVI e del XVII secolo in inchiostro marrone. Nota di possesso datata 1556, al recto della c. a2. Verso dell’ultima carta e recto della prima carta di guardia posteriore interamente manoscritte da mano cinquecentesca che trascrive due componimenti latini il primo del Marullo e il secondo di Niccolò Salimbeni. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso del XVIII secolo raffigurante un grifone alato in scudo coronato sormontato dal motto ‘Sola virtus vera nobilitas’. II: Segnatura: a8, b6, c8, d-f6, g8, h-o6. 90 carte non nume-
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rate, il recto della c. a1 bianco. Testo su una colonna di cinquanta linee con i componimenti in versi circondati dal commento. Carattere 77G. Legatura settecentesca in mezza pelle marrone con angoli, carta marmorizzata ai piatti; titolo e decorazioni dorate al dorso, tagli rossi. Esemplare in buono stato di conservazione, un alone lungo l’angolo superiore interno di tutto il volume, alcuni aloni, gore e lievi fioriture in tutto il volume. Ex-libris inciso del XVIII uguale a quello presente nel primo volume. Al recto del foglio di guardia anteriore un timbro ottocentesco e numerose annotazioni di mani ed epoche differenti. Nota manoscritta di possesso del XVII secolo lungo il margine inferiore bianco della c. a2r. Nota manoscritta di possesso biffata alla c. 7v.
Seconda edizione del Canzoniere e dei Trionfi commentati rispettivamente da Francesco Filelfo e da Bernardino Lapini da Siena, che segue la princeps stampata a Bologna nel 1475-76 da Annibale Malpighi. I due volumi, che ebbero sicuramente circolazione autonoma, vista anche la differente data di impressione sono qui riuniti, come testimonia lo stesso ex-libris araldico, fin dal XVIII secolo. Nonostante le imprecisioni e un percorso esegetico a tratti immaginoso l’operazione del grande umanista marchigiano Francesco Filelfo sul testo del Canzoniere, ha il merito di essere lo specchio di un’epoca e di rispondere pienamente al gusto dei contemporanei tanto che il curatore della princeps bolognese, Niccolò Tomasoli, ne tesserà le lodi nell’epistola dedicatoria che apre il volume. «Quando Francesco Filelfo si accinse per invito del duca Filippo Maria Visconti a stendere quel commento alle Rime del Petrarca, che doveva restar memorabile non solo per la sua data d’avanguardia, l’umanista s’incamminava verso la cinquantina con la sua aria di vecchio e intramontabile campione. Possedeva come pochi altri le lettere latine e greche, conosceva gli uomini – diceva – “in cute et intus”, e aveva più che mai fiducia nella propria stella. “Omnia mihi laeta secundaque sunt”. L’impresa, che gli si offriva, non era perciò tale da spaventarlo: aveva anzi un aspetto di sfida, che doveva piacere singolarmente al suo spirito avventuroso, temprato da tante lotte e sempre incline ai contrasti. Perché Francesco Filelfo era sicuro di compiere qualcosa di nuovo anche nel mondo dell’erudizione “volgare”, aprendo gli scrigni sfavillanti del suo sapere purissimo: qualcosa che nessuno alla corte dei Visconti, in tanto fervore di letture e ammirazione per il Petrarca, aveva saputo trovare» (E. Raimondi, Francesco Filelfo interprete del “Canzoniere”, p. 143). Second very rare edition of Petrach’s vernacular works with the commentaries by Francesco Filelfo (Canzoniere) and Bernardino lapini from Siena (Trionfi). The imprint follows the first edition printed in Bologna in 1475-76. The two volumes – 28
often found separately – are here together from the 18th century as witnessed by the armorial bookplate apposed in both. The commentary by the Italian humanist Francesco Filelfo to Petrarch’s Canzoniere was written on demand of the duke of Milan Francesco Maria Visconti and is important because it witnesses both the great fortune of the Canzoniere and the literary tastes of the humanistic period. First volume, well preserved, bound in 16th century vellum, fully annotated by three different hands. The second volume, in good conditions, bound in 18th century half calf, with marble paper on boards and gilt title and tools on spine. HC* 12767; IGI 7530 e 7545; Goff P, 381; BMC V, 254; E. Raimondi, Francesco Filelfo interprete del “Canzoniere”, in «Studi petrarcheschi», III (1950), pp. 143-164).
15 Seneca, Lucius Annaeus (4 a.C.-65 d.C.). Opera philosophica. Epistolae. Seneca, Lucius Annaeus (60 a.C.-ca. 40 d.C.). Declamationes, Suasoriae, Controversiae. Treviso, Bernardus de Colonia, 1478. In-folio (mm 335x230). Segnatura: a10, b-h8, i10, k-l8, m10, n-z8, cum8, aa-bb8. 214 carte non numerate, la prima e l’ultima carta sono bianche. Testo su 53 linee. Carattere: 81G. Spazi per capilettera. Legatura in pergamena del secolo XVIII con titoli in oro sul dorso; taglio superiore colorato. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione; qualche raro alone. Restauro del margine della carta segnata bb7. Ex-libris al contropiatto. Annotazioni di mano coeva al margine del testo.
Seconda edizione delle opere filosofiche e morali di Seneca data alle stampe, unitamente alle Epistolae ad Lucilium e agli scritti teorici di Seneca il Vecchio, nel 1478 da Bernardo da Colonia, tipografo sul quale scarse sono le notizie. Attivo a Treviso tra il 1477 e il 1478, è nota una sola altra edizione uscita dai suoi torchi, il De priscorum proprietate verborum di Junianus Maius (1477). L’editio princeps di Seneca aveva visto la luce – per le cure di Blasius Romerus, monaco cistercense originario di Poblet in Catalogna – a Napoli nel 1475, presso Mathias Moravus, e della quale la stampa trevigiana del 1478 è una ristampa, riproducendone anche gli errori (cfr. H 14590). Tra le poche diffe29
renze si segnala la diversa posizione dell’elenco delle opere di Seneca («In hoc volumine continentur infrascripti libri Senecae»), impresso da Bernardo di Colonia al recto della carta segnata bb7, tra l’explicit «Liber epistolarum moralissimi Senecae finit foeliciter», e la sottoscrizione «Impressum Taruisij per Bernardum de Colonia Anno domini. M.cccc.lxxviij», mentre nella stampa napoletana del 1475 tale elenco è in calce alla prima parte. Occorre, infine, notare che anche nel caso del De priscorum proprietate verborum, Bernardo di Colonia ristampò la princeps apparsa, nel 1475, sempre presso l’officina napoletana di Moravo. Second dated complete edition of Seneca’s philosophical works and of the theorical works by his father (Seneca the Elder), reprinted from the Naples 1475 edition of Moravus. One of the few editions from the printing office of Bernard of Cologne at Treviso who only worked there in 1477-78 and of whom only two dated and one undated editions are known. Good copy, bound in 18th century vellum with gilt title on spine. Repairs to the leaf bb7. Bookplate in the inner board. H 14591; BMC
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892; Goff S369; IGI 8868; Sheppard 5517; Proctor 6484.
16 [Horae Beatae Mariae Virginis secundum usum Romanae Curiae]. Manoscritto miniato su pergamena. [Firenze, 1480 ca.]. Manoscritto miniato su pergamena di mm 123x87. 217 carte non numerate, di cui la prima e l’ultima bianche. COMPLETO. Scrittura gotica libraria italiana in inchiostro marrone e rosso su una colonna di 13 linee. Specchio di scrittura di mm 63x46. Gli incipit in rosso. Grandi iniziali miniate in oro con filigrane blu nella parte relativa al Calendarium (cc. 1-12). Nel testo, all’inizio di ogni mese, 11 grandi iniziali miniate suddivise come segue: 5 grandi iniziali all’inizio delle Horae (cc. 13r, 94r, 128r, 186r, 212r) entro cornici a quattro montanti decorate a motivi fitomorfi policromi in blu, rosso, verde e oro e da putti e angeli. La prima di queste iniziali, raffigurante la Vergine col bambino in un coro di angeli è inscritta in una cornice recante un serto di alloro con le armi abrase dell’antico possessore del libro. Nel testo sono presenti 6 piccole iniziali, ognuna contenente un busto di Santa e decorate in oro, blu, verde, rosso, giallo e rosa. Le altre iniziali dipinte in blu con filigrane rosse o a foglia d’oro con filigrane blu. Bella legatura francese del Cinquecento in marocchino rosso, copiosamente decorata da pic-
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coli ferri dorati e recante, al centro di entrambi i piatti, un medaglione contenente la Madonna col bambino impressa in oro. Dorso a tre nervi ornato da rotelle dorate. Lungo il taglio esterno due fermagli in marocchino decorato in oro con aggancio in ottone; tagli dorati e cesellati. Custodia moderna in marocchino nero con titolo in oro al dorso. Codice in ottimo stato di conservazione. Al recto del foglio di guardia anteriore e della prima carta di testo nota manoscritta di possesso, probabilmente di mano settecentesca: ‘Gilbert Bouchel’.
Bel libro d’ore secondo l’uso della Vergine, esemplato quasi sicuramente a Firenze, come dimostra il Calendario, che contiene le feste di San Zanobi (25 maggio) e Santa Reparata (8 ottobre), e destinato probabilmente a una donna, dal momento che contiene invocazioni alla Vergine «pro devoto femineo sexu», che fu clarissa o terziaria francescana perché vengono indicate come solenni le feste di San Francesco e di Santa Chiara. La proprietaria del codice doveva inoltre appartenere a una famiglia nobile, le cui armi – in seguito abrase – si trovavano al margine inferiore della prima carta di testo. Questo elegante codice va probabilmente collocato all’interno della produzione fiorentina della seconda metà del Quattrocento, anche se nel ricco apparato decorativo in esso contenuto già si preannuncia il gusto sfarzoso – che predilige ricchi inserti d’oro – che caratterizzerà la fine dello stesso secolo. Le iniziali ricordano la scuola degli Angeli, ma nella prima – in cui si trova raffigurata la Madonna col Bambino entro una mandorla di serafini – si riscontra già un tema che avrà larga fortuna soprattutto nel Cinquecento. Il presente codice è stato dichiarato dalla regione Veneto di particolare interesse, e pertanto sottoposto a tutte le norme di tutela previste dalla legge. Beautiful Book of Hours on vellum, richly illuminated and probably made in about 1480. As is possible to argue by examining the feasts and prayers, the manuscript was probably made in Florence for a nun belonging to a distinguished family, though the armorial coat on the first leaf of text has been erased. The volume is decorated by 5 big initials within foliate borders in red, green, blue, yellow and gold, containing figures of Saints, the Virgin, the Death etc. In the text other 6 small illuminated initials with heads of saint women and a great number of initials in gold with blue decorations or in blue with red decorations. Amazing codex, perfectly preserved in its French red morocco binding of the 16th century, profusely decorated in gold with, in the center of both boards, a gilt tool with the Virgin and the Child. Gilt edges and two clasps. On the front flyleaf and on the first leaf of text manuscript ownership’s note, probably of the 18th century. The present manuscript can’t be exported from Italy. 31
17 [Biblia latina]. Venezia, Franz Renner di Heilbronn, 1480. In-folio e in 4° (mm 249x176). Segnatura: a-h10, i-l12, m-s10, t12, v12, x-y10, 1-610, 7-1012, 11-1310, 1412, 15-1710, 1812, A-D12. 470 carte non numerate, bianca l’ultima carta. Testo su due colonne di 51 righe. Caratteri 65G per il testo e 130G per i titoli correnti. Alla prima carta iniziale miniata in oro zecchino su 15 righe. Bordura in stile fiammingo, riccamente decorata da uccelli, fragole e foglie di acanto. Alla c. a3v grande iniziale su 18 righe decorata in blu e rosso. Iniziali dipinte in rosso e blu in tutto il volume; rubriche in rosso. Legatura coeva fiamminga, confezionata a Lovanio per Johann de Westfalia, in vitello impresso a secco su assicelle di legno. I piatti sono inquadrati da una doppia serie di cornici a doppio e quadruplo filetto. Il campo centrale, con ai quattro lati un ferro a stella, è diviso in 12 comparti da una serie di triplici filetti: i più esterni ornati da un ferro ‘a rebus’ (un uccello, le lettere ‘VE’ e un arco e una freccia) o da un ferro raffigurante un dragone alato a due zampe; i due comparti centrali presentano lo straordinario ferro raffigurante il busto di Johann de Westfalia. Tracce di fermagli lungo il taglio esterno. Scatola moderna in mezzo marocchino. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione, parzialmente intonso il margine inferiore. Dorso della legatura rinforzato, alcuni fori di tarlo alle ultime carte. Marginalia di mano coeva al recto del foglio di guardia anteriore e in tutto il volume, in special modo nel Nuovo Testamento. Lunga nota manoscritta della stessa mano, al piede della sottoscrizione del tipografo (c. 18-12): ‘Hic annus fuit decimus quartus post inventionem typographiae. Nam Moguntiae omnis in primo typis impressi sunt Officia Ciceronis quae ad finem hanc adscriptionem continent Praesens M. Tulli clarissimum opus Ioannes Fust Moguntinus civis non atramento plumali canna neque aerea, sed arte quadam perpulchra manu Petri de gernschem pueri mei feliciter effeci finitum anno M.CCCCLXVI. quarta die mensis Februarij’. Nota di acquisto dal libraio John F. Fleming di New York, datata 16 aprile 1985. Ex-libris di Abel E. Berland al contropiatto anteriore.
Magnifico esemplare, legato per il prototipografo olandese Johann di Paderborn, noto anche come Johann di Westfalia. Si tratta di uno dei pochissimi volumi a noi pervenuti di cui si può attestare tale legame. Goldschmidt conosceva infatti, oltre a quello presente nella sua stessa raccolta, solo un altro volume riferibile a Johann di Westfalia, e riconoscibile – come quello qui descritto – dal ritratto dello stesso dotto libraio. Il medaglione impresso a secco sulla legatura appare quindi essere una sorta di ‘marchio’, a caratterizzare esemplari di edizioni date alle stampe da altri tipografi, ma poi poste in commercio dallo stesso libraio-tipografo tedesco. Goldschmidt interpreta inoltre anche il ferro ‘a rebus’, la cui soluzione condurrebbe a ‘Ravenscot’, ossia al nome del maestro legatore – Ludovicus de Ravenscot, anch’esso prototipografo in proprio a Lovanio – attivo per Johann di Westfalia. 32
Di notevole interesse anche la nota coeva manoscritta che segue il colophon a stampa, forse di uno dei due tipografi, in cui viene riportato come la presente Bibbia sia stata impressa quattordici anni dopo l’invenzione della stampa, fatta erroneamente risalire alla pubblicazione da parte di Fust e Schoeffer del De officiis di Cicerone, impresso a Magonza il 4 febbraio 1466, di cui lo scriba copia per intero il colophon. Terza edizione della Bibbia latina data alle stampe – dopo quelle impresse nel 1475 e nel 1476 in associazione con Nikolaus de Frankfordia – da Franz Renner, tipografo originario di Heilbronn, e attivo a Venezia tra il 1471 e il 1483. La lezione del testo si basa su quello già pubblicato nel 1476 a Venezia da Nicolaus Jenson, e negli ultimi fascicoli sono comprese le Interpretationes hebraicorum nominum secundum ordine alphabeti. Exceptional copy, in original Louvain binding made for the Dutch prototypographer Johannes de Westfalia with his blind-tooled portrait as a bookseller with a cap and long hair. According to Golschmidt one of the only three examples of book linked with this German humanist. Goldschmidt identifies also the ‘rebus’ tool present in this binding (raven followed by ‘ve’ with a bow and an arrow with four stars) with the name ‘Ravenscot’, probably the Louvain incunable printer Ludovicus de Ravenscot, and perhaps the binder of the volume. Fist initial ‘F’ heightened in gold on blue and pink background with white accents; white multicolour border of acanthus, strawberries and a bird illuminated by a contemporary Flemish artist. Rubricated throughout and with small lombardic initials in red and blue. Reprint of the Bible of Nicolas Jenson, Venice 1476. Contains the Old and New Testament, after the Apocalypse of St. John follows an extensive register with the interpretation of the Hebrew names. Endpapers and last blank leaf (with cut-out at lower margin) with extensive manuscript annotations. Slightly browned, partly a little soiled, isolated ms. marginalia and small wormholes. HC* 3078; Goff B, 566; GW 4241; IGI 1661; BMC V, 195; C. F. Buhler, Chainlines versus imposition in incunabula. Studies in bibliography, 23, 1970, pp. 141-145; E. Ph. Goldschmidt, Gothic and Renaissance Bookbindings, 25-26; G. D. Hobson, Bindings in Cambridge Libraries, tav. XII.
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18 [Psalterium]. Psalterium graeco-latinum cum canticis. Milano, [Bono Accursio], 20 ottobre 1481. In-4° (mm 243x188). Segnatura: [*2], a-c8, d-h8, I8, k-x8, y-z6. 180 di 182 carte non numerate, mancano – come nella maggior parte degli esemplari – le prime due carte con l’epistola prefatoria del curatore dell’edizione, Giovanni Crastoni. Testo bilingue – in greco e in latino – su due colonne di 38 linee. Caratteri 100R, 125(127)Gk, 119(127)R. Alla c. a1r, all’inzio della colonna col testo in greco, iniziale miniata ‘M’ con corpo della lettera in oro su fondo blu bordato in giallo; all’inizio del testo latino iniziale miniata ‘B’ in blu, decorata da grafismi in rosso. Iniziali dipinte in rosso nel resto del volume, in corrispondenza dell’inizio di ciascun componimento. Legatura settecentesca in marocchino rosso ornata, ai piatti da una cornice dorata. Dorso decorato da ferri floreali dorati, con titolo in oro su tassello in pelle marrone; tagli dorati, dentelles interne, sguardie in carta marmorizzata. Splendido esemplare, in ottimo stato di conservazione, qualche lieve alone alla prima carta, dorso della legatura usurato con perdite di pelle. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso del vescovo di Durham Shute Barrington. Al contropiatto posteriore un foglio di carta recante una nota bibliografica manoscritta del secolo XVIII in francese, relativa all’edizione.
Rarissima editio princeps dei Salmi e prima edizione bilingue di un testo sacro mai stampata. Il volume contiene il libro dei Salmi in greco e la traduzione latina di Giovanni Crastoni, frate carmelitano e umanista originario di Piacenza. Questa edizione rientra in quel programma di promozione delle letteratura greca intrapreso dalla tipografia milanese di Bono Accursio – che nella realizzazione di questo progetto si avvalse tra l’altro più volte della collaborazione del Crastoni – e che – oltre alla presente stampa – include pubblicazioni come l’editio princeps di Esopo del 1478, quella del volume contenente gli Idilli di Teocrito e Le Opere e i Giorni di Esiodo, del 1481 circa. Sebbene i suoi lavori non siano privi di alcune imprecisioni e ingenuità, grazie alla sua attività di grammatico e lessicografo il Crastoni detiene il merito di essere stato tra i primi ad aprire la strada allo studio della lingua e della letteratura greca in Italia e a dedicarsi in maniera sistematica alla compilazione e alla pubblicazione degli strumenti necessari per l’apprendimento e lo studio del greco. Il frate piacentino fu infatti il primo a compilare un vocabolario greco – stampato nel 1478 – che divenne ben presto un manuale indispensabile, tanto da venire impresso ben sei volte in epoca incunabola. «The first printed Greek liturgical book was another product of the association between Accorsi and Crastoni (who was responsible for the Latin transla34
tion). The Ψαλτη′ ριον, dated ‘20th September 1481’, was published twice more in the fifteenth century, once by Laonikos and Alexandros in Venice (1486) and once by the Aldine press in an edition prepared by Ioustinos Dekadyos (c. 1494). It is odd that an Italian humanist should have taken the trouble to publish a Greek liturgical book in a place like Milan, where the Greek community was hardly big enough to give it much likelihood of commercial success – unless it was intended as a linguistic aid for students of Greek, as it is known to have been used later. Crastoni’s dedicatory preface, in Latin, is addressed to the Venetian theologian Ludovico Donato, Bishop of Bergamo, in recognition of his contribution to the accomplishment of the project. Proctor notes certain peculiarities in the types used for the Psalter: the Preface is printed in a different Latin fount from the one used in the text, and besides the new Greek fount used in Accorsi’s four previous publications we find yet another original fount different in size but similar, though somewhat more archaic, in style. The blocks used for these Greek words inserted in the Latin text were presumably cut specially to match the size of the Latin characters» (K. Sp. Staikos, Charta of Greek Printing, p. 149). First exceedengly rare bilingual biblical imprint, with the text of the Psalms in Greek and – in a parallel column – its Latin translation by the Italian humanist Johannes Crastonus.The book was printed by the Milanese press of Bonus Accursius and, according to Proctor, some copies of this edition have his name on the colophon. Nice copy, bound in 18th century red morocco, decorated in gold on boards; gilt title on spine, gilt edges, marbled flyleaves. At leaf a1r two illuminated initials, many initials painted in red throughout the text. The spine rubbed. In the lower inner cover a manuscript bibliographical note of the 18th century. Engraved bookplate of the Bishop of Durham. HC* 13454; Goff P, 1035; IGI 8123; BMC Fifteenth Century, Dinter 1998.
VI,
756; K. Sp. Staikos, Charta of Greek Printing. I.
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19 Martialis, Marcus Valerius (40-ca. 103 d.C.). Epigrammata. Venezia, Tommaso de’ Blavi, 12 giugno 1482. In-folio (mm 303x197). Segnatura: a-h8, i6, k-z8, A-C8, E-D6. 218 carte non numerate. Testo su 52 righe circondato dal commento. Caratteri 112R per il testo, 90R per il commento, per le parole in greco 84Gk. Esemplare interamente rubricato in rosso, due iniziali decorate, una delle quali con bordure. Legatura del XIX secolo in stile neoclassico, con cornici di duplice filetto, motivi a greca e fitomorfi impressi a secco e in oro, piccoli ferri a fiore dorati ai piatti, al centro cornice impressa a secco con rotella a motivo fitomorfo, su fondo uniformemente impresso a secco con motivi a losanga. Dorso a cinque nervi doppi con titoli e piccoli fregi in oro, tagli dorati. Sporadiche glosse marginali di antica mano, alcune sottolineature e fitte annotazioni manoscritte al verso del registro e sulle due carte in pergamena inserite tra l’ultima carta e il piatto posteriore della legatura. Esemplare in buono stato di conservazione, restauro al margine superiore bianco della carta segnata a2.
Seconda edizione degli Epigrammata di Marziale corredati del commento dell’umanista veronese Domizio Calderini (1446-1478), tra i grandi protagonisti, insieme a Niccolò Perotti e a Giorgio Merula, della ricezione quattrocentesca del poeta latino. Nel 1470 Calderini accettò l’invito di Paolo II a ricoprire la cattedra di Retorica presso lo Studio romano, dedicando molte delle sue lezioni proprio alla interpretazione di Marziale, e entrando subito in polemica con Perotti. Nell’autunno del 1473 inviò a Lorenzo de’ Medici una copia del suo commento a Marziale, con l’aggiunta di una Apologia in Nicolaum Perottum nella quale Calderini difende la propria lezione del testo (cfr. Firenze, Biblioteca Mediceo-Laurenziana, Laur. plut. 53,33). La stampa del solo commento, il 22 marzo 1474, presso la tipografia romana di Johann Gensberg, inasprì lo scontro, con reciproche accuse di plagio, di cui vi è riflesso anche nella edizione curata da Calderini, nel 1475, di Giovenale, e che ripropone – con la diversa intitolazione di Defensio adversus Brotheum grammaticum – il testo della Apologia (si veda scheda n. 11). La prima edizione che presenta il commento di Calderini unitamente agli Epigrammaton libri fu impressa nel 1480 a Venezia. Nel giugno del 1482 seguì, sempre a Venezia, quella stampata dal tipografo Tommaso de’ Blavi, originario di Alessandria, una iniziativa realizzata – come si legge nel colophon – grazie anche all’intervento di alcuni socii, destinati a rimanere ancora nell’anonimato. È riproposta l’iniziale epistola dedicatoria a Giovanni Francesco Gonzaga, già apposta alla stampa romana del 1474 del solo commento, a cui seguono la Vita Martialis e la Plinii Secundi epistola ad 36
Cornelium Priscum. In fine la Defensio cum recriminatione in calumniatorem commentariorum in Martialem, quos nondum ediderat. Numerose le ristampe successive del Marziale del Calderini, a testimonianza di una notevolissima fortuna destinata a durare ancora nel XVII secolo. Very nice copy, bound in 19th century morocco in Neoclassical style, of this second rare edition of Martial’s Epigrammata commented by Calderini.Together with the text of the Latin poet and the humanist’s commentary the volume contains also Calderini’s polemical pamphlet against Niccolò Perotti, already published in 1473 in a manuscript, titled Apologia in Nicolaum Perottum, addressed to Lorenzo de’ Medici (ms. Laur. plut. 53,33 of the Laurenziana Library). Good copy, repair to the white margin of leaf a2. HC 10815; BMC V 317, BSB-Ink M-196; Goff M 305; IGI 6224; Proctor 4755; Schweiger, II, p. 593; CTC, IV, pp. 261-265; J. Dunston, Studies in D. Calderini, pp. 111-127.
20 Ptolemaeus, Claudius (100-ca.178 d.C.). Quadripartitum. Centiloquium cum commento Hali. Venezia, Erhard Ratdolt, 15 gennaio 1484. In-4° (mm 204x156). Segnatura: a-g8, h12. 64 carte non numerate. Testo su due colonne di 42 linee. Caratteri 76G e 56(75)G. Diagrammi astrologici incisi su legno alle cc. a1v e a8v. Tre tabelle astrologiche rispettivamente alle cc. b3r, b3v e b4v. Alla c. a2r l’incipit dell’opera (prime 8 righe) stampato in rosso e due iniziali silografiche ornate recanti coloritura coeva in rosso verde e giallo. Iniziali silografiche ornate su fondo criblé nel testo. Al verso dell’ultima carta si trovano 5 righe stampate in rosso e orientate rispetto al lato lungo del foglio che non fanno parte dell’opera. Legatura posteriore in pergamena con titolo in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche lieve fioritura e qualche alone alle prime carte; la seconda carta lievemente rimarginata al margine inferiore. Note manoscritte di mano coeva in latino ai margini del testo. Al contropiatto anteriore ex-libris novecentesco inciso: ‘Maurice Burrus député du Ht Rhin M.CM.XXXVII’.
Prima rarissima edizione di quest’opera tolemaica, il Tetrabiblos o Quadripartitum, da considerarsi fondamentale, poiché essa sta alla base di tutta l’astrologia moderna. Il trattato godette di una vasta diffusione, venne letto e 37
copiato per tutto il Medioevo e, essendo divenuto l’originale greco scarsamente accessibile, ne vennero fatte traduzioni in latino – come la presente – tratte dalle traduzioni arabe allestite in area iberica nel XII secolo. Nel Tetrabiblos Tolomeo «disciplina l’oroscopo individuale, considerando così l’astrologia per la prima volta quale cosiddetta arte congetturale, diretta ad evidenziare la natura dell’individuo sulla scorta del suo oroscopo individuale» (Cantamessa II, 807). La presente edizione, contraddistinta dalla grande eleganza tipografica che caratterizza tutte le impressioni veneziane del Ratdolt, contiene anche il Centiloquium, attribuito a Tolomeo, che è una raccolta di un centinaio di sentenze astrologiche, qui accompagnate dal commento attribuito all’arabo Abu Ja’far Ahmad ibn Yusuf. I due trattati propongono dunque un’astrologia dettagliata, basata sugli elementi, in cui viene identificata una relazione tra i pianeti, le coppie di qualità e molte tra le qualità degli oggetti terrestri e i pianeti che possiedono le stesse qualità. Il nostro esemplare è arricchito dalla presenza, al verso dell’ultima carta, di una prova di stampa dell’incipit di un’opera giuridica, peraltro mai impressa, fatta su un foglio poi riutilizzato per la presente edizione. Questa particolarità è presente anche in pochissimi altri esemplari del Quadripartitum come, ad esempio, quello della British Library. First very rare edition of Ptolemy’s Quadripartitum, considered a milestone of modern astrological science.The Latin text is based on the 12th century Arabic translations from Greek made in Spain. The treatise is followed by the Centiloquium, a collection of astrological sentences ascribed to Ptolemy and always published, or copied, together with the first work. Our copy has the following peculiarity: «Across the lower half of the last page is printed in red, with type 65G, an impression of two headings from a law book: “Decretalium super quinque libris […]” other copies containing this peculiarity are known» (BMC V, 288). Beautiful copy, with the initials on the first leaf of text coloured in red, green and yellow. The leaf a2 remargined in the lower. Later vellum binding. 20th century engraved bookplate of Maurice Burru in the inner board. HC* 13543; Goff P, 1088; IGI 8186; BMC V, 288; Cantamessa P, 3642; Essling 313; Sander 5980.
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21 Cicero, Marcus Tullius (106-43 a.C.). [De oratore. Topica. Partitiones oratoriae. Brutus. De optimo genere oratorum. Omniboni Leoniceni Oratio de laudibus eloquentiae. Q. Tullius Cicero, Commentariolum petitionis. Aeschines, In Ctesiphontem, Epistola XII. Demosthenes, De corona]. Venezia, Andrea Torresano d’Asola e Bartolomeo de’ Blavi, 5 marzo 1485. In-folio (mm 313x214). Segnatura: a4, b-r8, s-t10, u8, x6, y-z8, A8, B10, C-D6. 212 carte non numerate, di cui la prima bianca. Testo su 58 linee circondato dal commento. Caratteri 111R, 83R, 83Gk. Legatura coeva in mezza pelle su assi di legno, rinfozata, al dorso, da una striscia di pergamena con titolo manoscritto in inchiostro marrone. Tracce di due fermagli lungo il taglio esterno. Esemplare in discreto stato di conservazione, un foro di tarlo lungo il margine interno bianco dei primi quaderni; alcune gore e alcune fioriture in tutto il volume; una muffa lungo il margine interno dei quaderni ‘a-n’ ha intaccato in alcuni punti la carta, con perdita di alcune lettere; la prima carta bianca usurata, così come gli angoli esterni. Fori di tarlo alla legatura, con piccola mancanza del legno del piatto anteriore all’angolo superiore. Alcune postille manoscritte del XVII secolo ai margini di alcune carte.
Prima edizione di questa raccolta, curata dall’umanista Girolamo Squarciafico, contenente le opere retoriche di Cicerone, tra le quali spicca il De oratore accompagnato dal commento di Ognibene da Lonigo – edito per la prima volta separatamente nel 1476 (si veda la scheda n. 13) –, il De optimo genere oratorum scritto sempre dal Leoniceno, la traduzione latina di Leonardo Bruni dell’Orazione contro Ctesifonte di Eschine e del De corona di Demostene. Questa collezione di scritti retorici della classicità greca e latina, testimonia in maniera esemplare la loro centralità all’interno della riflessione umanistica, destinata a propagarsi in epoca rinascimentale. First edition of this collection, edited by the humanist Girolamo Squarciafico, starting with De oratore with the commentary by Omnibonus Leonicenus. The book contains also many rethorical classical works, by Cicero, Omnibonus Leonicenus and the Latin translations from Greek by Leonardo Aretino of Demosthenes’ In Ctesiphontem and Aeschines’s De corona. Contemporary half calf on wooden boards, traces of clasps. Some dampstains and foxing throughout the book; small loss of wood on binding’s boards, spine strenghtenend by using a piece of vellum; wormoholes on boards. Some manuscript notes of the 17th century throughout. HC* 5107; GW 6750; IGI 2949; BMC V, 307.
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22 Apuleius Madaurensis, Lucius (125-180 d.C.). [Opera]. Vicenza, Henricum de Sancto Ursio, 9 agosto 1488. In-folio (mm 284x211). Segnatura: A6, a-m8+6, n-o8, p-u6+8, x-z6, &6, 96. 176 di 178 carte non numerate, mancano la prima e l’ultima bianche. Caratteri 112R e Gα. Testo su una colonna di 38 linee. Marca tipografica incisa su legno al colophon. Legatura ottocentesca in mezza pelle con angoli, piatti ricoperti di carta marmorizzata, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore alle prime carte, piccoli restauri agli angoli inferiori degli ultimi quaderni, senza perdita di testo. Alcune carte rinforzate lungo il margine interno, l’ultima carta del registro rinforzata. Nel testo marginalia di antica mano in inchiostro marrone, rosso e verde. Ex-libris ottocenteschi dei collezionisti Charles Butler e del celebre ritrattista e illustratore americano W. T. Smedley (1858-1929). Un’antica nota di possesso manoscritta della Biblioteca di Domenico Buonamici.
Seconda edizione assoluta di questa importante silloge del Platonismo rinascimentale, comprendente l’Opera omnia di Apuleio, che segue fedelmente, nell’organizzazione dei contenuti, la celebre princeps impressa a Roma da Sweynheym e Pannartz nel 1469. All’interno di questa raccolta, oltre alle Metamorfosi e all’Asino d’oro, si trovano anche l’Asclepius di Ermete Trismegisto, l’unica opera filosofico-ermetica conosciuta in Occidente durante il Medioevo, e che fu probabilmente tradotta dal greco dallo stesso Apuleio, e l’Epitome di Albino, un manuale generale di filosofia platonica. Second absolute edition of Apuleius’ works, preceeded only by the rare 1469 first, printed in Rome by Sweynheym and Pannartz. They are here joined by the Asclepius of Hermes Trismegistus, the only philosophical Hermetic work known in the West during the Middle Ages, supposedly translated by Apuleius. Bound in 19th century half calf with gilt title on spine. Very good copy, some dampstains to the first leaves, small repairs on the lower corners of the last leaves, the last leaf reinforced. Ancient manuscript notes in red, brown and green inks, throughout. Bookplates of Charles Butler and W. T. Smedley. HC* 1316; GW 2302; BMC
VII, 1047; Goff
A, 935; IGI 770.
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23 [Psalterium Latinum]. Manoscritto miniato su pergamena. [Venezia o Padova], 29 novembre 1488. Manoscritto su pergamena di mm 140x100. 153 carte non numerate, manca la prima carta bianca. Scrittura gotica libraria, in inchiostro marrone e rosso, su due colonne di 25 linee ciascuna. Specchio di scrittura di mm 91x65. Rigatura a lapis. Rubriche in rosso. Alla c. 8r cornice a 4 montanti miniata in stile ferrarese in verde, blu, rosso e viola con inserti in oro e decorata da motivi floreali che comprende un’iniziale ‘B’ su 6 linee, istoriata con un ritratto a mezzo busto di David che suona la lira. Nella parte alta della stessa bordura un piccolo medaglione con un cervo, in quella bassa lo stemma abraso dell’antico proprietario dell’opera. Nel testo 42 capilettera miniati con corpo della lettera a foglia d’oro su fondo monocromo blu, verde o rosso. Le altre iniziali blu con filigrane rosse o rosse con filigrane blu. Legatura cinquecentesca in pelle marrone. Piatti decorati a secco da una cornice a ferri floreali con, al centro, un medaglione circolare con la figura di una santo. Dorso a tre nervi decorato a secco da un ferro a forma di fiore al centro di ogni scomparto. Lungo il taglio esterno si è conservato uno dei due fermagli metallici. Codice in buono stato di conservazione, la parte inferiore della bordura alla c. 8r con perdita di colore e oro. c. 150v explicit: Explicit liber scrip | tum manu dompni fran | cisci de urbana Mo | nachus camaldulen | sis ordinis Anno | domini M.° cccc.° lxxxviij.° | die .xxix. Menssis | Novembris. c. 151r: Domina Beatricis | ex Saxinorum Comi | tum Clarissima stir | pe genitore Magni | fico Philippo Clau | stro Monasterij bea | te Agate virginis | et Martiris mona | sticam ac religiosi | ssimam degentis vitam | nomine hic conscrip | tus est Ad honorem | dei psalmista | Anno salutis M° | cccc° Lxxxviij°. die | xxix Menssis No | vembris.
Interessante manoscritto miniato, contenente un Salterio feriale latino, preceduto dal calendario e seguito da canti, litanie, inni e dall’officio dei defunti, e sottoscritto – alle carte 150v e 151r – dal copista Francesco de Urbana, monaco camaldolese, con data del 29 novembre 1488. Nel colophon l’amanuense dichiara che il codice venne commissionato da Beatrice dei conti di Sassonia, discendente di Filippo il Magnifico e monaca del monastero camaldolese di Sant’Agata. Il presente codice è stato dichiarato dalla regione Veneto di particolare interesse, e pertanto sottoposto a tutte le norme di tutela previste dalla legge. Beautiful illuminated Ferial Psalter, preceeded by a Calendar and followed by Canticles, Litanies, Hymns and the Office of the Death. The manuscript is signed and dated by the scribe in two detailed colophons. The first records that the book was written by dominus Franciscus de Urbana, Camaldolese monk, and finished on 29 41
November 1488. The second tells that he wrote it for Beatrice of Saxony, descendent of Philip the Magnificent, and devout nun of the Abbey of St. Agatha the Virgin and Martyr. The book is adorned by 42 illuminated initials in burnished gold on coloured grounds. On leaf 8 recto an historiated initial showing David playing his psaltery within a full border of floral and penwork design in a Ferrarese style, enclosing a figure of a deer and an erased coat-of-arms. 16th century Italian binding of blind-stamped calf with floral border and central medaillon of a Saint. The present manuscript can’t be exported from Italy.
24 Iosephus, Flavius (ca. 37-ca. 100 d.C.). [La Guerra giudaica]. Firenze, Bartolomeo de’ Libri, 6 luglio 1493. In-folio (mm 323x210). Segnatura: [*2], a-z8, &8, cum8, rum6. 208 carte non numerate di cui la prima bianca. Testo su una colonna di 40 linee. Carattere 114R2. Insolita legatura italiana databile tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. I piatti, circondati da una cornice in pelle delimitata da una semplice rotella in oro, sono ricavati da una precedente manifattura e sono realizzati con tecnica ‘alla mècca’.Tale tecnica, in uso fin dal XVI secolo per molteplici utilizzi, consiste in una verniciatura trasparente, a base di lacca, di tonalità aurea, usata per velare intagli lignei o fondi di pitture precedentemente argentati. Dorso rifatto nel Novecento con titolo in oro; sguardie in carta marmorizzata. Esemplare in buono stato di conservazione; fioriture in tutto il volume. Prima dell’inizio dell’opera due carte bianche contenenti una tabula manoscritta in inchiostro rosso e di mano cinquecentesca. Numerose postille della stessa mano lungo i margini. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso del collezionista inglese Edward Cheney (1803-1884). Al verso del foglio di guardia anteriore sono state applicate due descrizioni del volume tratte da due antichi cataloghi.
Prima rara edizione italiana – in una traduzione anonima – di questo classico della storiografia di età imperiale, la Guerra giudaica, redatta dallo scrittore romano di origini ebraiche Flavio Giuseppe che godette il favore della corte dei Flavî. Nell’opera – divisa in sette libri e redatta originariamente in greco – viene narrata la storia ebraica da Erode il Grande fino alla distruzione di Gerusalemme, da un punto di vista molto parziale che addossa la colpa della guerra soprattutto ai fanatici zeloti. L’opera di Flavio Giuseppe ebbe grande fortuna, specialmente in età cristiana, ed ebbe frequenti traduzioni e rielabo42
razioni. La prima edizione del testo greco verrà stampata solo nel 1544 a Basilea da Johann Froben (si veda scheda n. 50). First very rare Italian edition – in an anonymous translation – of the most famous work by Flavius Josephus. The War of the Jews, divided into seven books, was originally written in Greek by the author and recounts the Jewish revolt against Rome (66–70 AD). Good copy, some foxing throughout and an insignificant worming toward end not affecting the text. Unusual 17th-18th century Italian binding ‘alla mecca’; rebacked in the 20th century with red morocco. Manuscript table of contents in a 15th century hand and contemporary marginalia by the same hand throughout. Bookplate of the collector Edward Cheney, who assembled notable art and book collections during an extended residence in Italy. HC 9460; Goff J, 490; IGI 5391; BMC
VI, 649.
25 Savonarola, Girolamo (1452-1498). Fratris Hieronymi Savonarolae Ferrariensis ord. pred. De veritate Fidei in dominicae crucis triumphum. [Firenze, Bartolomeo di Libri,1497?]. (Legato con:) Id. Epistola fratris Hieronymi de Ferraria Ordinis praedicatorum in libros de simplicitate christianae vitae. Firenze, Angelo di Michele, settembre 1509. Due opere in un volume in-8° (mm 133x94). I: Segnatura: a-r8, s4. 140 carte non numerate. Carattere 77R. Nel testo capilettera silografici ornati su fondo criblé. II: Segnatura: a-i8. 72 carte non numerate di cui l’ultima bianca. Carattere rotondo. Nel testo capilettera silografici animati e ornati su fondo criblé. Legatura del XVI secolo, rimontata, in pelle nocciola decorata, ai piatti, da una cornice a ferri impressi a secco e, al centro da un medaglione contenente il monogramma ‘IHS’ impresso in oro; dorso a tre nervi, sguardie in pergamena manoscritta del XIV secolo. Esemplare in buono stato di conservazione, fori di tarlo restaurati alle prime tre carte; qualche lieve alone e qualche fioritura. Nota manoscritta di possesso – di mano cinquecentesca in inchiostro marrone – al recto della prima carta della prima opera: ‘Carthusiae florentiae’.
Prima rarissima edizione, stampata in ottavo da Bartolomeo di Libri, del Triumphus crucis di Girolamo Savonarola, apologia in quattro libri della fede cristiana e della divina rivelazione, la cui verità è dimostrata con la sola ragione. La stampa è databile, con ogni probabilità, agli ultimi mesi dell’anno 1497, 43
di poco precedente l’edizione in folio del trattato, anch’essa priva di data e dovuta allo stesso tipografo fiorentino, che tra il 1490 e il 1499 diede alla luce ben quarantanove stampe savonaroliane, molte delle quali non sono però di precisa datazione, a causa di un irregolare uso dei diversi tipi di caratteri che gli studiosi gli hanno attribuito. L’opera fu composta da Savonarola nella primavera del 1497, con il dichiarato intento di respingere l’accusa di eresia che gli era stata mossa dai suoi avversari e che aveva portato, il 13 maggio di quell’anno, alla emanazione del breve con il quale Alessandro VI lo scomunicava perché sostenitore di ‘pernitiosum dogma’. Così testimonia infatti la lettera inviata, il 20 maggio, allo stesso Pontefice, e nella quale il domenicano cita a sua difesa proprio la redazione del Triumphus crucis e la sua imminente pubblicazione, senza per questo riuscire però a evitare che i Commissari Apostolici pronunciassero, il 22 maggio dell’anno successivo, la sentenza di condanna per eresia, scisma, e ‘predicazione di cose nuove’. Non appena ne ebbe ultimato la stesura e affidato il testo latino alle stampe, lo stesso Savonarola si dedicò al volgarizzamento del trattato, poi pubblicato, subito dopo la sua morte il 23 maggio del 1498, sempre presso Bartolomeo di Libri, e corredato di una epistola di Domenico Benivieni, che esorta i falsi cristiani a pentirsi delle «inique e false calunnie contro alla dottrina di questo gran Profeta», ingiustamente accusato di eretica pravità (Triumphus crucis, EN 8, p. 289). Come osserva Ridolfi, «questa, ch’è considerata la sua opera maggiore e migliore, ebbe infinite edizioni e fu ristampata ed usata fino alle soglie del secolo XVIII» (R. Ridolfi, Vita di Girolamo Savonarola, Firenze 1997, p. 173). Il volume comprende anche l’edizione fiorentina del 1509 della Epistola in libros de simplicitate christianae vitae, impressa originariamente da Lorenzo Morgiani nel 28 agosto 1496, e di cui si ebbe un volgarizzamento, a opera di Girolamo Benivieni, già nel 31 ottobre dello stesso anno, presso la medesima tipografia. Del testo latino sono note numerose ristampe, sia nel Cinquecento sia nel Seicento, a partire da quella veneziana del 1501, tutte «peraltro dipendenti direttamente dall’edizione princeps, dalla quale ben di rado si discostano, e sempre con interventi arbitrari, suggeriti dall’intento di rendere il dettato più rispettoso della grammatica o più elegante» (De simplicitate christianae vitae, EN 7, p. 263). La nota di possesso visibile all’interno dell’esemplare sembra attestare una sua originaria appartenenza alla biblioteca della Certosa sul Monte Santo, nei pressi di Firenze. 44
First edition, printed in 8° format, of Girolamo Savonarola’s most important work, the Triumphus crucis, – written during the Spring of 1497 – and printed by Bartolomeo di Libri. The work – divided into four books – is an apology of Christian faith and a defension of the holy revelation the truth of which is demonstrated by reason alone.This book was probably printed during the last months of 1497, and follows closely the first undated folio edition, published by the same typographer in Florence. Between 1490 and 1499 Bartolomeo di Libri produced 49 imprints containing texts by Savonarola, though many of them are difficult to date because of the different kind of types used. The volume contains also the 1509s Florentine edition of the Epistola in libros de simplicitate christianae vitae, first published in the same city in 1496. Recased in 16th century brown calf, decorated in blind on boards, with in the center the monogram ‘IHS’ in gold; three raised bands on spine, 14th century manuscript flyleaves. Good copy, some repaired wormholes to the first three leaves, some minor spotting and foxing. 16th century manuscript note of possession on the recto of first leaf, probably witnessing the provenance of the book from the Library of the monte Santo monastery, near Florence. I:
CR 5275; IGI 8802; Goff S, 273; BMC VI, 665; L. Poli, Contributi sopra Bartolomeo de’ Libri, «La Bibliofilia», LI (1949), p. 26, n. 199; M. Ferrara, Nota critica a G. Savonarola, Triumphus crucis, EN, 8, Roma 1961, pp. 553-581; J. Weinhardt, Savonarola as Apologet, Berlin-New York 2003, pp. 179181. II: P. G. Ricci, Nota critica a G. Savonarola, De simplicitate christianae vitae, EN, 7, 261-277.
26 Brant, Sebastian (1458-1521). Das Narrenschiff (Stultifera navis). Trad. latina di J. Locher Philomusus (1471-1528). Strasburgo, Johann Grüninger, 1 giugno 1497. In-4° (mm 212x151). Segnatura: A-B6, C4, D6, E4, F6, G4, H6, I-K4, L6, M4, N6, O4, P6, Q4, R6, S4, T6, V4, x-y6. 112 carte, ma numerate erroneamente 116. Testo su 35-40 linee. Caratteri 145G per le intitolazioni, 89R per il testo. 118 silografie, alcune delle quali ripetute. Legatura coeva di fattura tedesca, su assi di legno con dorso ricoperto in pelle di scrofa, decorazione a secco con motivi vegetali, leggermente appiattita, fermaglio coevo in bronzo dorato. Sul piatto in legno anteriore è annotato da mano del tempo “Narragonica Navis”. Dorso a tre nervi. Timbro al verso della prima carta, parzialmente visibile al recto. Al contropiatto ex-libris “Henricus Christophorus A.Wolfsramsdorf Decanus”. Sempre al contropiatto sono visibili due
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note manoscritte, “Rüchelius” e “Ruechelius”. Nel testo sono visibili numerose sottolineature, alcune in inchiostro marrone, ma per lo più tracciate con matita rossa. Alcuni tratti a matita anche a margine del testo. Al margine esterno della carta segnata B3 disegno a inchiostro di un gatto, parzialmente eraso. Piccolo restauro ai margini bianchi delle ultime tre carte. Esemplare in ottimo stato di consevazione, con le silografie in ottima morsura.
Prima celebre edizione stampata a Strasburgo, quarta assoluta, della versione latina del Narrenschiff di Sebastian Brant, impressa, con il titolo di Navis stultifera, il 1 giugno del 1497 nell’officina di Johann Grüninger, a soli tre mesi di distanza dalla prima stampa latina, apparsa a Basilea il 1 marzo dello stesso anno, presso Johann Bergmann von Olpe, e per i cui tipi aveva già visto la luce, l’11 febbraio del 1494, la princeps in lingua tedesca. Nato a Strasburgo nel 1458, Brant compì i propri studi a Basilea, presso la cui Università fu poi titolare delle cattedre di Diritto e di Poesia. Nel 1500 fece ritorno nella sua città natale, della quale divenne sindaco nel 1501, e successivamente cancelliere. Autore di epigrammi e altre composizioni poetiche sia in tedesco sia in latino, la sua fama è legata in primo luogo al Narrenschiff (La nave dei folli), satira moraleggiante con la quale inizia la letteratura della stultitia, destinata a notevolissima fortuna nel Cinquecento. L’opera si suddivide, nella edizione originaria del 1494, in 113 brani in versi ottonari, ognuno dei quali è esplicato da una xilografia, a rappresentare le svariate forme che può assumere la stoltezza umana, tutte presenti a bordo della nave comandata da Venere, e diretta alla volta della favoleggiata Narragonia, il Paese della Follia. Tra le follie oggetto di maggiori attacchi spicca quella impersonificata dall’erudito pedante, destinata anche essa a grande fortuna, come emblematica della satira cinquecentesca diventerà la figura di Sankt Grobian, il protettore degli uomini volgari e villani, e che proprio nel Narrenschiff fa la sua prima apparizione letteraria. Nei suoi versi, spesso con rime impure, Brant ricorre sia ai modelli della satira classica – in primo luogo Giovenale –, sia alle diffuse raccolte di proverbi e di exempla moralia, preferendo un registro stilistico adatto anche al pubblico non dotto. L’opera ebbe un notevolissimo successo editoriale, al quale contribuì senza alcun dubbio il ricco apparato iconografico a corredo, e da tempo la critica è concorde sulla attribuzione di una parte delle xilografie al giovane Albrecht Dürer, al tempo attivo come ‘illustrator’ a Basilea e i cui rapporti diretti con Brant sono ampiamente documentati. Le restanti xilografie sono state attribuite al Haintz-Nar Meister e al Gnad-Her Meister, mentre restano ancora ignoti i nomi di altri due artisti che contribuirono alla iniziativa. 46
La versione latina, non sempre fedele all’originale tedesco, è dovuta a Jakob Locher Philomusus (1471-1528), poeta allievo dello stesso Brant, e che nella sua edizione della Navis stultifera inserisce, oltre al Prologus e una epistola al tipografo Johann Bergmann von Olpe a sua firma, anche alcuni epigrammi e distici di propria composizione. Fu stampata ben quattro volte nei primi tre mesi del 1497, a Basilea, Norimberga, Augsburg e infine Strasburgo, con lievi variazioni nel numero delle xilografie che integrano e esplicano il testo, e per le quali furono prevalentemente utilizzati gli stessi legni dell’edizione in lingua tedesca. La traduzione di Locher, di cui si ebbero numerose edizioni successive, costituisce la base delle versioni in altre lingue dell’opera di Brant, e di cui particolarmente precoce fu quella in francese di Pierre Rivière (Parigi 1497). First Strassburg edition, the fourth Latin one, of Brant’s humanistic poem Stultifera navis (The Ship of Fools), translated by his pupil Jacob Locher.The book was first published in 1494 in original German version, became quickly popular and was translated and reprinted many times. Amazing copy in original German binding in contemporary blind stamped half pigskin over wooden boards, with original brass clasp and the manuscript title ‘Narragonica Navis’ on the front cover. Illustrated by 118 woodcuts in very strong impression, little repair to the blank margin of the last three leaves. H 3749; GW 5057; BMC I, 112, IGI 2047; N. Hartl, Die “Stultifera navis”. J. Lochers Übertragung von S. Brant “Narrenschiff”, pp. 35-44; E. Panofsky, A. Dürer, I, pp. 29-30; F. Winckler, Dürer und die Illustrationen zum Narreschiff; The illustrated Bartsch, 10, Sixteenth Century German Artists, pp. 516-524.
27 Cicero, Marcus Tullius (106-43 a.C.). Cato Maior, sive libelli de Senectute et Amicitia. De somno Scipionis et Paradoxa. [Lipsia, Wolfgang Stöckel, 1498 ca.]. In-4° (mm 192x135). Segnatura: aa-ii6. 54 carte non numerate. Testo su una colonna di 26 linee. Caratteri gotici 1:81G e 2:160G. Legatura del XIX secolo in marocchino verde decora-
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ta, ai piatti, da una cornice dorata a due filetti con al centro uno stemma nobiliare impresso in oro entro ovale con la scritta: ‘J. GOMEZ DE LA CORTINA ET AMICORUM FALLITUR HORA LEGENDO’. Dorso decorato da filetti dorati con titolo in oro; sguardie in carta a pettine. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche lieve fioritura alle prime e alle ultime carte. In testa alla c. aa1r nota di possesso manoscritta in inchiostro marrone e di mano quattrocentesca che testimonia che il volume venne donato da Paolo de Vega al convento di S. Paolo di Burgos (‘pertinet conventum sancti pauli burgensis perferens paulus de vega’). Collezione di J. Gomez de la Cortina, come testimoniato dalla legatura. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso del collezionista Haskell Norman. Alcuni marginalia in latino di mano coeva ai margini del testo.
Splendido esemplare di questa interessante e rara raccolta, che comprende alcune delle opere filosofiche più celebri di Cicerone – come il De Senectute o il Somnum Scipionis – destinata probabilmente ad essere utilizzata nelle scuole. In appendice ai testi dell’arpinate viene proposta una selezione di epitaffi in lode dell’autore, scritti da alcune delle personalità più rilevanti del mondo romano come Palladio e Asclepio. Lo stampatore di origini bavaresi Wolfgang Stöckel (1473-1526?), a cui è stata attribuita – in base all’analisi dei caratteri – la presente edizione, lavorò a Lipsia nell’officina tipografica di Arnold di Colonia, che rilevò dopo la morte di quest’ultimo. Nel 1490 venne insignito del titolo di dottore dall’Università di Erfurt, con la quale mantenne uno stretto legame lungo l’arco di tutta la sua carriera, come testimoniano anche numerose delle sue edizioni destinate appunto a servire da manuali per l’insegnamento universitario. A fine copy of this rare selection of Cicero’s popular philosophical works, perhaps intended for the use of students. Appended after the works noted in the title are twelve verse epitaphs for Cicero by various eminent Romans, such as Palladius and Asclepias. ISTC locates 5 copies in Germany (one incomplete), one in the Vaticana, and one in Edinburgh, but no copies in North America, and no copy in BL. 19th-century green morocco, decorated by a gilt border on boards with, in the center, a gilt armorial coat. Very good copy, some minor foxing on first and last leaves. From the Library of: the monastery of St. Paul in Burgos, the Spanish collector Juan Gomez de la Cortina and the bibliophile Haskell Norman. GW 6990; BAV C, 308; Norman, 483.
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28 Aristophanes (450-385 a.C). ′ΑΡΙΣΤΟΦ′ΑΝΟΥΣ ΚΩΜΩΔ′ΙΑΙ ′ΕΝΝ′Α. Aristophanis Comoediae novem. Venezia, Aldo Manuzio, 15 luglio 1498. In-folio (mm 301x199). Segnatura: π8, α-γ8, δ10, ε-ξ8, ο10, π-υ8, ϕ6, χ-ω8, Α-Ε8, Ζ6, Η-Λ8, Μ4, ΝΟ8, Π10, Ρ-Σ8, Τ6. 348 carte non numerate, è presente la carte bianca κ8, mentre manca la carta bianca T6 in fine al volume. Il testo elegantemente attorniato dal commento, in corpo minore; grandi iniziali ornate e splendide bordure alla greca in testa ad ogni commedia (cfr. Sander 580 e Essling 1163). Legatura novecentesca in marocchino rosso di Chambolle-Duru, dentelles interne, titolo in oro al dorso, tagli dorati. Esemplare in buono stato di conservazione, accuratamente lavato; alcuni aloni alle prime carte. Note manoscritte di mano cinquecentesca nel testo.
Editio princeps, con prefazione e dotti scholia del Musuro, riordinate da antichi manoscritti, delle nove commedie fino a quell’epoca attribuite con sicurezza ad Aristofane, sommo commediografo stimato l’ultimo grande poeta greco. L’edizione, in stampa già nel dicembre 1497 come attesta la lettera di Aldo premessa al Crastonus, si apre con una dedica al parmense Daniele Clario, insegnante a Ragusa ed ivi “concessionario” delle edizioni aldine per la Magna Grecia. Si tratta dell’ultimo volume impresso da Aldo con il suo primo carattere greco, già utilizzato per la monumentale edizione dell’Aristotele. Incunabulo greco di pregevole veste grafica, di grande importanza filologica e rarità. Appaiono qui per la prima volta 9 delle 11 commedie giunte sino a noi tra gli oltre 50 lavori teatrali composti da Aristofane: Gli Acarnesi, I Cavalieri, Le nuvole, Le vespe, La pace, Gli uccelli, Le rane, Le Ecclesiazuse e il Pluto. La Lisistrata e le Tesmoforiazuse furono scoperte solo in epoca successiva e vennero pubblicate dai Giunti nel 1515. Editio Princeps of the plays by Aristophanes, the most important ancient Greek comediographer. A nice copy with good margins, elegantly printed by the Aldine Press and decorated by beautiful woodcut decorated initials and headings. 19th century red morocco binding by Chambolle-Duru with gilt title on spine and gilt edges. Some 16th century manuscript notes throughout the text. Lightly washed copy, pale brownings on first and last leaves. HC 1656; GW 2333; BMC V, 559; IGI 790; Goff A, 958; Renouard 16, 3; Ahmanson-Murphy 25; Dibdin, Greek & Latin, I, 294-95.
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29 Beroaldo, Filippo (1453-1505). Declamatio ebriosi, scortatoris et aleatoris. Bologna, Benedetto Faelli, 1499. In-4° (mm 210x150). Segnatura: a-b8, c4. 20 carte non numerate. Carattere romano 112R e carattere Greco. Al recto dell’ultima carta marca tipografica del Faelli incisa su legno. Legatura moderna in pergamena. Esemplare in buono stato di conservazione, un alone lungo l’angolo inferiore esterno del primo quaderno. Alcune postille di mano del XVI o XVII secolo in francese nel testo.
Prima edizione della fortunata operetta di Filippo Beroaldo il Vecchio, data alle stampe a Bologna da Benedetto Faelli. Il testo sarà poi riproposto dallo stesso tipografo nel 1511, e infine inserito nel 1521, sempre da Faelli, nella raccolta degli Opera dell’umanista bolognese. Nato a Bologna da nobile famiglia nel 1453, Beroaldo insegnò dal 1472 fino alla morte nel 1505 retorica e poetica presso lo Studio della città. A un’intensa attività letteraria associò incarichi politici e diplomatici, partecipando attivamente alla vita del Comune. In contatto con alcuni dei maggiori umanisti italiani, quali Ermolao Barbaro, Angelo Poliziano e Giovanni Pico della Mirandola, Beroaldo fu «uomo originale, e dottissimo, fra gli ingegni più acuti del suo tempo, filologo di rara perizia» (E. Garin, La cultura filosofica del Rinascimento italiano, Milano 1994, p. 364), come testimoniamo le edizioni e i commenti di molti autori classici, in primo luogo i Commentarii a Apuleio, stampati sempre da Faelli nel 1500, e la cui imminente stampa – “intra duos ad summum sesquimenses” – è annunciata da Beroaldo proprio nella Declamatio ebriosi, scortatoris et aleatoris, nella epistola dedicatoria a Sigismund Gossinger, canonico di Breslau. Nella visione di Beroaldo la vera cultura è frutto dell’unione di dottrina e moralità; il sapere deve quindi diventare “scuola di vita e di costumi” (Garin, cit., p. 365), un principio che trova compiuta espressione nella sua vasta produzione di orationes e declamationes, in cui il gusto delle citazioni classiche e cristiane e la ricerca di preziose immagini si uniscono a una sottile ironia. A tale genere appartiene la Declamatio ebriosi, scortatoris et aleatoris, che affronta il tema caro agli umanisti dei vizi dell’uomo, attraverso le figure di tre fratelli – il primo dedito al bere, il secondo incline ai piaceri della carne, il terzo schiavo del gioco –, che si contendono l’eredità paterna, e dalla quale dovrà essere 50
escluso colui che sarà giudicato il più corrotto dei tre. A tal fine ognuno di essi pronuncia una difesa del proprio modo di vita, condannando al contempo i vizi incarnati dagli altri fratelli. L’operetta ebbe considerevole diffusione, e notevole fu la sua circolazione in ambiente umanistico tedesco. La Declamatio conobbe infatti due precoci edizioni a Erfurt e a Heidelberg nel 1501, mentre nel 1513 Jakob Wimpfeling ne curò una versione tedesca, alla quale seguì nel 1539 quella dovuta a Sebastian Franck, già traduttore dell’Encomium moriae erasmiano. Della Declamatio ebriosi, scortatoris et aleatoris si ebbero nel Cinquecento anche due traduzioni francesi, dovute a Calvi de La Fontaine (1556) e a Gilbert Damalis, in versi decasillabi (1558). First edition of this successful work by the Bolognese humanist Filippo Beroaldo, who was professor of rethoric and poetics in Bologna from 1472 until his dead, and a close friend to some of the most important scholars of his time, such as Ermolao Barbaro, Giovanni Pico della Mirandola and Angelo Poliziano.The Declamatio can be considered the typical moral treatise of the time, by using the dialogue between three brothers, each one representing a vice (a drunkard, a dissolute and a gambler), Beroaldo praises the humanistic virtues. Modern vellum binding. Very good copy, some spotting to the lower corner of the first quire. Some 16th century manuscript notes in French throughout. Goff B, 472; IGI 1590; Proctor 6644; GW 4131; BMC
VI, 845.
30 Julius (sec. II d.C.). ΙΟΥΛΙΟΥ ΠΟΛΥΔΕΥΚΟΥΣ ΟΝΟΜΑΣΤΙΚΟΝ. IULII POLLUCIS VOCABULARIUM. Venezia, Aldo
Pollux,
Manuzio, aprile 1502. In-folio (mm 302x203). Segnatura: AA-BB4, αa-νn8. 112 carte non numerate. Testo in greco stampato su due colonne di 56 linee, l’Indice è invece stampato in caratteri sia greci che latini. Legatura inglese del secolo XIX in vitello nocciola, dorso rifatto, decorato da ferri dorati, con titolo e note tipografiche in oro su tassello in marocchino nero; segnalibro in seta verde, tagli rossi. Esemplare in buono stato di conservazione, abrasioni ai piatti della legatura, qualche leggera macchia al frontespizio, le ultime carte del primo fascicolo leggermente macchiate nel
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margine bianco superiore. Al frontespizio nota di possesso manoscritta ‘M. danduli | μαιτθαισ δανδουλου ενετω; numerose note manoscritte, in greco e in latino, del possessore Matteo Dandolo alle prime e alle ultime carte; nota manoscritta di possesso ottocentesca al foglio di guardia anteriore di S. Coleridge.
Straordinario esemplare, con la firma di appartenenza e le postille del patrizio veneto e doge di Venezia Matteo Dandolo, dell’editio princeps del lessico di Polluce, retore e grammatico del II secolo d.C. originario di Naucratis in Egitto, che studiò ad Atene presso il sofista Adraino e, con il favore dell’imperatore Commodo, ottenne la cattedra di retorica presso la scuola pubblica di Atene. La sua opera, una silloge di parole greche di grande interesse filologico, si è conservata solo in parte. Si tratta di un’edizione di grande eleganza, tra le greche più rare licenziate da Aldo. L’Onomastikon, diviso in dieci libri e dedicato all’imperatore, è l’opera più importante di Polluce; il testo è preceduto da una dedica latina ad Elia Capreolo, giurista e storico bresciano, ed è seguito da otto carte di indici in greco ed in latino; infine è stampato il saluto in greco ai filologi di Scipione Forteguerri. Extraordinary copy, with the manuscript subscription by the Venetian nobleman Matteo Dandolo and his notes throughout the text, of the first and sole Aldine edition of this important Greek lexicon. 19th century English calf binding, with gilt title and gilt tools on spine; red edges. Fine copy, some minor spotting on title and on the last leaves of the first quire. 19th-century manuscript note of possession of the collector S. Coleridge on the upper flyleaf. Renouard 32, 1; Marciana, n. 57; Ahmanson-Murphy, n. 54; Adams P, 1787; Dionisotti-Orlandi, n. XXXIV.
31 Corio, Bernardino (1459-1519?). Patria Historia continente da l’Origine di Milano, tutti li gesti, fatti e dettagli preclari, e le cose memorande milanesi, in fino al tempo di esso Autore, con somma fedeltà in Idioma Italico composta con il Repertorio prontissimo. Milano, Alessandro Minuziano, 1503. 52
In-folio (mm 372x255). Segnatura: A6, [*]6, a10, b12, c6, d6, e-m8, n6, o-z8, &8, cum8, rum8, A-X8, aadd8, ee6, ff8. 6 carte non numerate; 428 carte non numerate. Le prime 6 cc. contengono il “Repertorio prontissimo”, impresso pochi anni dopo dai fratelli da Legnano, raramente presente. Carattere rotondo. Alla c. A1r grande bordura silografica ornata che comprende anche la marca tipografica dei da Legnano. Alla c. [*]2v illustrazione silografica a piena pagina raffigurante la Virtù che sostiene lo stemma dei Corio e quello degli Ascanio entro cornice architettonica ornata. Alla c. [*]7v ritratto a piena pagina dell’autore – ripetuto alla c. aa1v – raffigurato allo scrittoio con ai piedi un cagnolino e racchiuso entro cornice architettonica ornata con, in basso, i due versi del Dolcino «Bernardine tibi Insubres debere fatentur | non minus ac magno Roma superba Tito» e, in alto, i motti «È bello dopo il morire vivere anchora», «Amica veritas» e «Sustine et abstine». Alla c. ff3r silografia a mezza pagina con la Virtù che sostiene lo stemma dei Corio e il nome ‘Bernardinus’ entro cartiglio, il tutto su fondo nero. Nel testo iniziali in inchiostro bruno decorate da grafismi. Legatura seicentesca in marocchino granata, filetti in oro ai piatti, dorso a nervi copiosamente ornato da ferri dorati e con titolo in oro. Tagli dorati, dentelles interne, carta marmorizzata ai contropiatti. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione, lievissime abrazioni ai piatti, piccole mancanze alle cuffie. Al contropiatto anteriore etichetta in carta con la scritta ‘Kimbolton Castle’ e l’antica segnatura manoscritta. Al recto del foglio di guardia anteriore nota di possesso manoscritta: ‘Francisci St. John 1709’. Note manoscritte del XVIII secolo lungo i margini.
Edizione originale e unica veramente completa, poiché molti passi furono soppressi nelle edizioni successive a causa di alcuni giudizi negativi sui Duchi milanesi, i quali ordinarono la distruzione degli esemplari impressi, e ciò spiega la grande rarità di quest’opera. La Patria Historia, divisa in sette parti, è la più importante storia di Milano, dalle origini alla fuga del Moro in Germania e l’opera principale di Bernardino Corio, che la iniziò nel 1485 e ne curò la stampa nel 1503 a proprie spese. Le pregevoli silografie contenute nel volume sono considerate opera di un artista di cerchia leonardesca, oppure opera di Bernardino de’ Conti, pittore di Pavia. Il Kristeller, invece, le attribuisce al Maestro del Melchiorre da Parma. La notevole rarità della presente stampa fece sì, già nei secoli scorsi, che la gran parte degli esemplari venisse completata con fogli di testo impressi con caratteri lievemente diversi e con le figure incise in metallo, anziché in legno. Questa particolarità è difficilmente riscontrabile senza poter confrontare più esemplari tra loro, ed è quindi possibile che non sia stata evidenziata nelle descrizioni di bibliografie e cataloghi di vendita. Il Sander, ad esempio, cita un esemplare di un catalogo Rosenthal del 1927 «dans lequel le portrait n’est pas gravé sur bois, mais à l’eau-forte». In alcuni rarissimi esemplari, come il presente, vennero aggiunte sei carte all’inizio, impresse dai fratelli da Legnano pochi anni dopo rispetto al volume, contenenti un copioso utilissimo indice mancante nella stampa minuziana. 53
First very rare edition of the most important account of the History of the city of Milano, divided into seven parts, and covering a period which goes from the origins to the flight to Germany of Ludovico il Moro. The present copy is complete with the six preliminary leaves of indexes – printed a few years later by the Legnano brothers – and often lacking. Beautiful title-page of the index, decorated by a woodcut border and the printer’s device. Illustrated by three full-page woodcuts: one depicting the Virtue with the arms of the Corio’s and the Ascanio’s families within architectural border, and one – repeated – with the portrait of the author in the act of writing. A half-page woodcut shows the Virtue with the arms of the Corio family. The woodcuts are ascribed to an artist of Leonardo’s school, but Kristeller prefers to ascribe them to the Master of Melchiorre da Parma. Bound in 17th-century red morocco, with gilt fillets on boards; gilt title and tools on spine. Some manuscript notes of the 18th century thoughout. Label of the Kimbolton Castle in the inner cover. Kristeller, 116; Sander I, 2170; Mortimer I, 138; Trivulziana 154; Predari 136; Hoepli, 647.
32 Bracciolini, Giovanni Francesco (1443-1522). De officio principis liber. Roma, Johann Besicken, 29 dicembre 1504. In-4° (mm 199x137). Segnatura: a-e8. 40 carte non numerate. Carattere romano per il testo e carattere gotico per i richiami marginali. Testo su una colonna di 28 linee. Capilettera silografici ornati su fondo nero nel testo. Legatura in pergamena del XVIII secolo, titolo in oro su tassello dipinto al dorso, tagli marmorizzati. Esemplare in buono stato di conservazione, piccoli fori di tarlo ai margini bianchi delle prime tre carte, qualche gora alla prima carta e lungo il margine esterno delle ultime.
Rarissima prima e unica edizione, dedicata dall’autore a papa Giulio II, salito al soglio pontificio l’anno precedente, di questo interessante trattato, opera di Giovanni Francesco Bracciolini, giureconsulto, canonico, figlio di Poggio, che si inserisce nell’ampio filone della trattatistica riguardante l’educazione, i compiti e i doveri del principe che godette di vasta fortuna soprattutto nel Quattrocento e nel Cinquecento. Il testo venne stampato dal tedesco Johann Besicken, attivo a Roma già dal 1489, sebbene non in proprio, la cui produ54
18. Psalterium
26. Brant, Sebastian
34. Barlezio, Marino
37. Leone, Ambrogio
37. Leone, Ambrogio
35. Biblia pauperum
48. Fagius, Paulus
49.Vesalio, Andrea
zione comprende soprattutto guide per i pellegrini, raccolte di versi e stampe dei discorsi tenuti alla corte papale. Dal 1509 i suoi caratteri tipografici vennero usati da un altro celebre e prolifico stampatore d’Oltralpe attivo a Roma: Stefano Guillery. Della presente edizione sono noti alcuni esemplari che, a differenza di quello qui descritto, hanno due carte finali non segnate contenenti l’errata, impressa probabilmente in un secondo momento. Very rare original edition of this important treatise about the education of the prince, dedicated by the author, the famous humanist Giovanni Francesco Bracciolini, to Giulio II, who became pope in the same year. Bound in 18th century vellum, with gilt title within painted label on spine; marbled edges. Woodcut decorated initials on dark ground throughout. Some wormholes on the white margins of the first three leaves, dampstains on the first and on the margins of last leaves. STC, Italian, p. 123; Fumagalli, 339; Ascarelli-Menato, p. 95.
33 Pacifici, Massimo (m. 1500). Pacifici Maximi poetae Asculani Opera. Lucretiae libri duo. Virginiae libri duo. Fano, Gersˇ om Soncino, 1506. In-8° (mm 147x95). Segnatura: a-g8, h10. 65 di 66 carte non numerate, manca l’ultima carta bianca. Carattere corsivo. Legatura settecentesca in pergamena rigida; titolo in oro su tassello in marocchino rosso al dorso, tagli azzurri. Esemplare in discreto stato di conservazione, restauro lungo il margine superiore bianco delle prime 7 carte, le carte dei primi due e dell’ultimo fascicolo leggermente più lunghe delle altre; lievi gore e fioriture. Timbro di una congregazione religiosa alla c. a3r che probabilmente doveva essere presente anche al frontespizio dal quale è stato però abraso. Al frontespizio sono presenti inoltre solo i titoli delle opere effettivamente contenute – la Lucretia e la Virginia – e mancano i titoli delle altre nove opere annunciate nei frontespizi delle altre copie conosciute, ma di fatto poi non presenti in alcun esemplare, compreso il nostro. È possibile che, nella presente copia, questi titoli non siano stati stampati oppure che essi siano stati abrasi.
Prima e unica rara edizione di questa raccolta di poemetti latini, dedicata dall’autore, il grammatico e poeta di Ascoli Pacifico Massimi, al celebre umanista Angelo Colocci, suo conterraneo. 55
La presente stampa, contenente i carmi Lucretia e Virginia, costituisce «la parzialissima edizione di un’“opera omnia” postuma, progettata e mai realizzata. Il formato in-ottavo e l’uso delle lettere corsive sono segnali evidenti che permettono di inserire l’opera in un’ideale collana di autori volgari (Petrarca, Ciminelli, Cornazano) e latini pensata dal Soncino in linea con le scelte veneziane di Aldo. Il titolo promette, infatti, altri testi importanti, come venti libri di elegie, sei libri De bello Spartaco, sette libri De bello Cyri regis Persarum, due libri De bello Syllae et Marii. L’elenco comprende un trattato di morfologia greca De Declinatione verborum graecorum, una Grammatica, un trattato di metrica De componendis carminibus, una composizione dedicata a Giovanni Salvagli e una polemica contro il Poliziano, intrusioni scolastiche in un corpus letterario. Non conosciamo la ragione per cui solo una minima parte dell’opera latina di Pacifico Massimo fosse stampata a Fano dal Soncino: forse ai curatori che la promossero mancarono i fondi per provvedere a una edizione tanto impegnativa» (Gershom, Girolamo, Hieronymus, le edizioni del Soncino nelle città adriatiche 1502-1527, p. 48). Il volume contiene inoltre, al verso dell’ultima carta, l’epitaffio del poeta fanese Camillo Damiani in lode del Massimi, al quale seguono un’altra epigrafe, in due versi, sempre del Damiani e un’errata di otto righe. First and only very rare edition of this collection of Latin poems by the poet and grammarian Pacifico Massimi and dedicated by him to the famous humanist Angelo Colocci. The book was printed by the errant Hebrew typographer Gershom Soncino in the small Italian town of Fano. In all the copies known of this work, the title-page has a list of 11 works of which only two – the Lucretia and the Virginia – are actually contained in the book.The 8° size and the italic type allow to argue that probably the present edition is to be inscribed in a precise printing program of classical texts, both in Latin and vernacular, imitating the one conceived by Aldus Manutius in Venice. Small repairs to the white upper margins of the first 7 leaves; some minor foxing and dampstaining throughout. Lacking the last blank leaf. 18th century vellum with gilt title within red morocco label on spine; blue edges. The title-page of our copy has only two titles, probably the other nine were abraded. Gershom, Girolamo, Hieronymus, le edizioni del Soncino nelle città adriatiche 1502-1527. Catalogo della mostra (Soncino – Rocca Sforzesca, 1 aprile-27 maggio 2001, a cura di E. Sandal, Soncino 2001, n. 14.
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34 Barlezio, Marino (1450-1512). Historia de vita et gestis Scanderbegi Epirotarum principis. Roma, Bernardino Vitali, [tra il 1508 e il 1510]. In-folio (mm 303x212). Segnatura: AA4, a-z4, &4, 74, )4, A-O4. 4 carte non numerate, 159 carte numerate in romano, numerosi errori nella numerazione, manca l’ultima carta bianca. Titolo in rosso e nero, inquadrato in cornice silografica, raffigurante episodi della storia romana. Ritratto silografico su fondo nero a piena pagina di Scanderbeg – ‘SIGNOR SCANDERBEGO’ – al verso del frontespizio. Iniziali silografiche, con le quali si aprono sia la Praefatio sia ognuno dei tredici libri in cui si articola l’opera. Si segnala in particolare la prima di esse, alla Praefatio, raffigurante un uomo con in mano un libro, e che si è ipotizzato poter essere un ritratto dello stesso Barlezio. Alla prima carta è inoltre impresso, dopo la intitolazione, un breve indirizzo al lettore in versi, di Petrus Regulus Vicentinus. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi mende alla legatura, rare bruniture. Nella copia sono visibili numerose annotazioni marginali di antica mano, in particolare nei primi fascicoli (carte I-XLII). Legatura del XVII secolo in pergamena, dorso a quattro nervi con titolo breve manoscritto. Tracce di timbro al frontespizio, e annotazione di antiche segnature al contropiatto.
Prima rara edizione di questo straordinario figurato. Il sacerdote cattolico Marino Barlezio, originario di Scutari in Albania e diretto testimone, tra il 1474 e il 1478, dei ripetuti assedi della città natale a opera delle armate turche, si trasferì a Venezia nel 1478, dove entrò in contatto con Pietro Angelo di Durazzo, che di Giorgio Castriota, più noto come Scanderbeg (1403-1478), era stato uno dei più importanti ufficiali. Fu proprio su suo invito che Barlezio si accinse a redigere la biografia dello strenuo difensore della indipendenza albanese contro l’impero ottomano, data poi alle stampe a Roma da Bernardino Vitali, tipografo di origine veneziana che nella città lagunare aveva impresso, nel 1504, il De obsidione Scodrensi dello stesso Barlezio. L’edizione della Historia et gestis Scanderbegi è priva dell’indicazione dell’anno di stampa, ma si propende a datarla – come sostenuto da Sander – tra il 1508 e il 1510, mentre appare meno plausibile l’ipotesi di Norton che, sulla base dell’esame dei caratteri tipografici, vorrebbe spostarne l’impressione a un periodo più tardo (cfr. Italian Printers, pp. 103-104). Al verso del frontespizio il celebre ritratto silografico di Scanderbeg, del quale si è definitivamente stabilita la produzione veneziana, suffragata anche dalla notevole fattura del sontuoso abito dell’effigiato. Tale particolare non appare contrastare con il fatto che l’edizione sia stata però impressa a Roma. Bernardino Vitali era stato infatti a lungo attivo a Venezia, e legata a ambienti veneziani risulta essere anche 57
l’altra sua sola edizione romana, la Geographia di Tolomeo (1507-1508), curata da Marco da Benevento, trasferitosi anch’egli – come Vitali – a Roma, ma rimasto in stretti rapporti con i cartografi della Serenissima. Nella stesura dell’opera – il cui stile risente fortemente della lettura di Livio, Sallustio e Valerio Massimo – Barlezio attinse senza alcun dubbio ai propri ricordi personali, oltre che alle abbondanti e importanti notizie fornitegli dal durantino Angelo. Difficile invece poter stabilire se i discendenti di Scanderbeg, e in primo luogo il nipote don Ferrante Castriota, duca di San Pietro in Galatina e marchese di Solesto e al quale Barlezio indirizza la sua opera, abbiano messo a disposizione fonti documentarie. Malgrado i limiti di una narrazione che spesso rivela un eccessivo indulgere alla esagerazione, «ciò non toglie tuttavia che il primo biografo di Giorgio Castriota manterrà sempre un posto dignitoso nel quadro della storiografia umanistica» (F. Babinger, Barlezio, Marino, DBI, v. 6, p. 406), come del resto attesta anche la notevole fortuna editoriale della Historia de vita et gestis Scanderbegi, ristampata più volte e tradotta in diverse lingue. First very rare edition of this biographical account of the life of the Albanese national hero, Giorgio Castriota, known as Scanderbeg, famous for having stopped many times the Turkish army in the 15th century. Even if the book was printed in Rome, the wonderful full-page woodcut portrait white on black is a Venitian masterpiece, as witnessed by the somptuous decoration of Scanderbeg’s robe. Beautiful copy, in 18th century vellum with manuscript title on spine, some minor foxing throughout. Many ancient marginalia in the text. Mortimer 43; Sander I, 780; Adams B-216; STC Italian, 72; Gollner Turcica, 33 (1508-1510); P. Kristeller, la xilografia veneziana, p. 118.
35 [Biblia pauperum]. Opera nova contemplativa per ogni fidel christiano la quale tracta de le figure del testamento vecchio le quale figure sonno verificate nel testamento nuovo […].Venezia, Giovanni Andrea Valvassori detto Guadagnino, [non prima del 1510].
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In-8° (mm 196x100). Segnatura: A-H8. 60 di 64 carte non numerate, mancano le carte di testo H1 e H2, la carta H7, incisa al solo verso, con la figura della Vergine e non pertinente al ductus iconografico, e la carta H8 bianca. Il verso della prima carta e il recto dell’ultima bianchi. Frontespizio racchiuso entro cornice silografica ornata da un motivo a nodi interlacciati su fondo nero, ripetuta al verso della penultima carta per inquadrare il colophon. Libro silografico illustrato da 116 di 120 tavole di sapore popolare raffiguranti scene del Vecchio e Nuovo testamento. Legatura coeva in cartonato d’attesa. Esemplare in discreto stato di conservazione, una macchia al frontespizio senza perdita di testo, numerose gore e fioriture; il margine inferiore con rifilatura che lede a volte la segnatura. Al verso della prima carta ex-libris inciso del XX secolo di Antonia Suardi Ponti. Alle cc. B1 e G1 nota di possesso, probabilmente di mano cinquecentesca in inchiostro marrone.
Primo e unico block-book di sicura origine italiana. Delle quattro diverse tirature dell’Opera nova contemplativa attestate da Schreiber, l’esemplare qui descritto appartiene alla quarta (‘d’), riconoscibile, tra l’altro, dal carattere tondo anziché gotico, usato per il testo al recto delle carte E5 e H5. Tra i dodici esemplari allora noti allo studioso tedesco, solo uno – da lui individuato presso la Lenox Library di New York, e probabilmente appartenuto a Guglielmo Libri – viene riferito con sicurezza a tale tiratura. La scelta dell’anno 1510 come termine post quem per l’impressione di questa Biblia pauperum si fonda sulla probabile derivazione di alcune silografie dai legni della Piccola Passione, incisi in quell’anno da Albrecht Dürer. Non è infatti possibile, in assenza di una inequivocabile documentazione d’archivio, addentrarsi qui nella complessa e a tutt’oggi irrisolta questione della sua precisa datazione, né dirimere l’incertezza che grava sugli stessi limiti cronologici dell’attività di silografo e stampatore – che si vorrebbe prolungata fino al 1572 – di Giovanni Andrea Valvassori, che proprio nel colophon dell’Opera nova contemplativa si sottoscriverebbe, per la prima volta, con la forma onomastica estesa di “Giouanniandrea Vavassore ditto Vadagnino”. Laib e Schwarz hanno individuato proprio proprio in questa «Ausgabe mit italienischem Text» del Valvassori «den Abschluss der Holztafeldrucke» (p. 35). Lo silografo veneziano modifica infatti radicalmente l’impianto tradizionale della Biblia pauperum, esemplata da diversi manoscritti e libri silografici tedeschi e olandesi, per lo più in 40 fogli, e in cui in ogni carta sono presenti due scene tratta una dall’Antico e una dal Nuovo Testamento. Nell’Opera nova contemplativa questa struttura triadica è, invece, scomposta e ad ogni episodio biblico è riservata una autonoma silografia. Nella Biblia pauperum è evidente, fin dalla stessa composizione formale, la volontà di presenziare il Nuovo Testamento quale inveramento dell’Antico, i cui luoghi ne vengono costantemente inter59
pretati come presagi, e quindi antitipi. Tale volontà – tipica del tempo ed espressa, solitamente, in trattati esegetici composti in latino e di grande mole – trova qui una sua espressione popolare, in una successione di testi didascalici e immagini, che guidano i fedeli alla comprensione della Sacra Scrittura e – come indicato dal titolo scelto da Valvassori – alla contemplazione. Very rare first and only edition of this Italian Biblia pauperum, which is also the first and only block-book printed in Italy; here in the fourth among the known issues. The book is beautifully illustrated by representations engraved in wood, depicting scenes of the Old and the New Testament inspired by the works of the greatest artists of the time such as Albrecht Dürer. Bound in contemporary cartonnage. Illustrated by 116 of 120 plates in a popular style; this copy lacks the leaves of text H1, H2, H7 and the leaf H8 blank. Some spotting to title-page, many dampstains and some foxing. On the verso of the first leaf bookplate of the 20th century of Antonia Suardi Ponti. Manuscript mote of possession of the 16th century on leaves B1 and G1. Adams V, 229; STC, Italian, 104; Essling 206; Sander 1006; Schreiber, Manuel, IV, pp. 105-113; Cicognara 1992; Ephrussi, Zoan Andrea & ses homonymes, pp. 232-33; Laib-Schwarz, Biblia pauperum, p. 10; Schreiber, Biblia pauperum, pp. 35-36; Strachan, Early Bible Illustrations, p. 8; Donati, Del mito di Zoan Andrea, p. 11.
36 Alberti, Leon Battista (1404-1472). De re aedificatoria. Parigi, Berthold Rembolt e Ludovic Hornken, 23 agosto [ma dopo il 15 settembre] 1512. In-4° (mm 210x132). Segnatura: A8, B6, C2, a-x8, y6. 16 carte non numerate, 174 carte con numerazione romana. Carattere rotondo e carattere gotico. Testo su una colonna con note e maniculae a stampa lungo i margini. Frontespizio stampato in rosso e nero e racchiuso da un’elegante bordura silografica a motivi fitomorfi su fondo criblé che contiene anche la marca tipografica del Rembolt recante due leoni rampanti che sorreggono uno scudo con le iniziali ‘BR’ e la scritta ‘B. REMBOLT’, attaccato a una pianta di vite, il tutto entro elaborata cornice architettonica. Al verso dell’ultima carta la marca tipografica incisa su legno con un leone e un grifone che sorreggono uno scudo contenente tre corone, in basso un cartiglio col nome ‘LODOVICUS HORNKEN’ e, in alto la scritta ‘O FELIX COLONIA’. Belle iniziali silografiche animate e ornate su fondo criblé nel testo. Legatura coeva, probabilmente tedesca, in pelle di scrofa
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decorata a secco e assicelle di legno. Due fermagli metallici lungo il taglio esterno e, sul piatto anteriore la scritta, in inchiostro marrone, ‘LEONIS B’. Dorso a tre nervi decorato a secco. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche lieve alone al frontespizio; piccoli fori di tarlo alle ultime tre carte. Al frontespizio alcune note di possesso di mani differenti, del XVII secolo: ‘Bibliothecae Ci(?)nicensis P.P. Piarum Scholarum 1671’; ‘Ex libris Matt(?)oli Kistelii quem dono accipit a Ioanne Francisco […] 1627’. Nella parte alta del frontespizio un’altra nota di possesso manoscritta biffata: ‘Ex libris Thomae Cantosis […] 1597. Il volume contiene un foglio volante redatto in tedesco da una mano probabilmente seicentesca. Antica segnatura manoscritta al verso del foglio di guardia anteriore.
Prima rara edizione stampata in Francia e seconda assoluta del celebre trattato dell’Alberti, la cui princeps – curata da Angelo Poliziano – era stata impressa a Firenze nel 1485 da Lorenzo Alamanno. La presente stampa, curata dal libraio e stampatore Geoffroy Tory e da lui dedicata a Philibert Babou, è inoltre la prima in cui il testo dell’Alberti viene suddiviso in capitoli e corredato di note marginali a stampa per agevolarne la compresione. Nell’epistola prefatoria – datata 15 settembre 1512, e dunque posteriore alla data di stampa del 23 agosto dichiarata al colophon – il Tory spiega come ricevette il manoscritto dell’opera da Robert Duré – direttore del Collège du Plessis – che si era fatto carico, tra l’altro, della suddivisione in capitoli e della redazione delle note da apporre ai margini. È inoltre interessante rilevare che la nostra copia presenta il fascicolo ‘C’ di due carte, contenente un Encomium rei aedificatoriae scritto da Johann Kierher, che, come ha notato Ruth Mortimer, non si trova in tutti gli esemplari. Second important edition of Leon Battista Alberti’s architectural treatise, first printed at Florence, 1485. It presents the text in a carefully revised form, divided into chapters and with helpful marginalia, printed from a manuscript prepared by Robert Duré, regent of the Collège du Plessis. The editor was one of Duré’s associates, the soon-to-be-famous Geoffroy Tory, here presenting one of his earliest publications. Tory, one of the principal agents of the introduction of Italian Renaissance culture into France – and who had been educated in Italy –, talks glowingly in a prefatory letter of the qualities of Italian architecture and how its influence has already been felt in buildings erected at Amboise, Gaillon,Tours, Blois, and Paris, as well as «a hundred other places, both public and private, of the more noble sort». The preface, written from Tory’s post at the Collège Coqueret, is dated ‘kal. septembris’ (1 September), i. e., a few days after the ‘true day’ of printing given in the colophon. 61
Our copy has the two-leaves quire described by Mortimer containing an Encomium Rei Edificatorie by Johann Kierher, often lacking. Amazing copy in its contemporary blind-stamped pigskin on wooden boards.Title printed in red and black within decorated border of foliage and animals and the printer’s device; another woodcut device on the verso of the last leaf. Some minor wormholes to last three leaves. Manuscript ownership’s notes of the 16th and 17th centuries on title. STC French 7; Adams A, 491; Fairfax Murray, French Books 5; Cicognara 371; Mortimer, French 11; Fowler 4.
37 Leone, Ambrogio (1459-ca. 1525). De Nola. Opusculum. Distinctum Plenum Clarum Doctum Pulcrum Verum Grave Varium et Utile. Venezia, Giovanni Rosso, 4 settembre 1514. In-folio (mm 315x217). Segnatura: a-i6, k4, A-B4. 58 carte con numerazione romana, 8 carte non numerate. La carta b5 stampata solo al verso. Carattere rotondo. Illustrato da quattro tavole fuori testo incise su rame da Girolamo Moceto: la prima (tra le cc. 3-4) in verde, la seconda in nero (tra le cc. 10-11), la terza in nero (tra le cc. 23-24), la quarta in rosso (tra le cc. 2728). Alla c. a2r testatina silografica ornata su fondo nero e grande capolettera nello stesso stile; numerose iniziali silografiche ornate nel testo. Legatura settecentesca in pergamena con titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso; tagli azzurri. Esemplare in buono stato di conservazione, frontespizio, probabilmente proveniente da un altro esemplare, applicato su una carta bianca non originale e sopra un titolo precedentemente presente in forma manoscritta. Alcuni aloni e alcune fioriture. Alla c. a2r nota di possesso manoscritta di mano antica ‘Questo libro l’ho pagato carlini trentadue Dr Tomaso Borrelli’. Il volume è fittamente postillato in latino da una mano seicentesca.
Straordinario esemplare della prima edizione di quest’opera recante due delle quattro incisioni fuori testo – eseguite da Girolamo Moceto, noto per aver collaborato all’opera incisioria del Mantegna – tirate in verde e rosso. Le copie conosciute presentano solitamente tutte le tavole incise in nero, mentre in alcuni esemplari si ha unicamente la prima tavola stampata in verde o in rosso. Ambrogio Leone nacque nel 1459 a Nola, città dove iniziò i suoi studi, poi proseguiti nel campo della filosofia e della medicina, a Padova. All’inizio del Cinquecento decise di abbandonare definitivamente Nola per trasferirsi a 62
Venezia, associando all’esercizio della professione medica una intensa attività di traduzione dal greco, lingua che aveva appreso negli anni padovani sotto la guida di Marco Musuro. Tra i molti eruditi con cui venne in contatto spicca il nome di Erasmo da Rotterdam, che «convisse con lui in amicizia e dimestichezza, e, sempre ricordando quel suo caro soggiorno veneziano, sempre si ricordò di lui» (B. Croce, Erasmo e gli umanisti napoletani, p. 174). L’umanista olandese, che negli Adagia ha lasciato testimonianza dell’incontro con il ‘dottissimo Ambrogio’, avvenuto nel 1509 in casa di Aldo Manuzio (Adagia, Chil. I, Cent. II, n. LXIII), nell’ottobre del 1518 gli scrive di attendere ‘avidissime’ la pubblicazione di altre sue opere, tra le quali conosce ed apprezza proprio il De Nola. Il De Nola venne stampato a Venezia nel 1514 da Johannes de Rubeis e dedicato dall’autore al conte di Nola Enrico Orsini. Il trattato, corredato da quattro tavole incise su rame da Girolamo Moceto, raffiguranti l’Agro nolano, la Nola vetus, la Figura praesentis urbis, ed infine la pianta della città, si suddivide in tre libri: il primo comprendente la descrizione geografica del territorio nolano, la storia della città e l’esposizione delle principali virtù dei Nolani; il secondo dedicato all’illustrazione della Nola contemporanea all’autore; ed infine il terzo, con la descrizione della Nola cittadina, nei suoi aspetti religiosi e civili. Il De Nola venne in seguito inserito nella silloge curata da Andreas Schott, Italiae illustratae seu rerum urbiumque italicarum Scriptores varii, pubblicata a Francoforte nel 1600. Ne sono note poi alcune edizioni settecentesche, come quella curata da Pieter van der Aa all’interno del Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae, edito a Leida nel 1723, in cui già si sottolinea la rarità dell’edizione originaria del 1514. Numerose sono le suggestioni bruniane del trattato dedicato da Ambrogio Leone alla sua città di origine. Tra le virtù dei Nolani Leone dedica un particolare spazio all’illustrazione della ‘fedeltà’, di cui adduce diversi esempi tra cui quella dimostrata a Roma durante la seconda guerra punica. L’episodio, riportato da Tito Livio, è ben noto anche a Giordano Bruno che, nel lasciare Wittenberg nel 1588, vergherà proprio sul verso di una silografia di Jobst Amman raffigurante il secondo assedio di Nola da parte di Annibale, il celebre motto dell’Ecclesiaste «Salomon et Pythagoras | Quid est quod est? | Ipsum quod fuit. | Quid est quod fuit? | Ipsum quod est. Nihil sub sole novum». First exceedengly rare edition of this work, here in an extraordinary copy with two of the plates in colour, one red and one green. Most of the copies have the plates in black, while some have only one of the plates in colour. The De Nola opusculum, was writ63
ten by the Italian humanist Ambrogio Leone and is an account both of ancient and modern history of the city of Nola. The treatise was praised by Erasmus of Rotterdam and also remembered by Giordano Bruno, who was native from this city. The four beautiful full-page plates, engraved by Girolamo Moceto, also known as collaborator of Mantegna, show the surroundings of Nola, the ancient and the contemporary view of the city and a map of it. Bound in 18th century vellum with manuscript title on spine; blue edges. Very good copy, the title-page probably coming from another exemplar because it is pasted on a leaf which is not original; some minor foxing throughout. On leaf a2r ancient ownership’s inscription referring to the price paid at the time for the book. Many 17th century marginalia throughout. Adams L, 479; Mortimer, Italian, 237; Sander 3914; B. Croce, Erasmo e gli umanisti napoletani, in Gedenkschrift zum 400. Todestage des Erasmus von Rotterdam, Basel 1936 (poi in Aneddoti di varia letteratura, I, Bari 1953, pp. 166-178); P. Manzi, Alcuni documenti di cartografia nolana ovvero: Ambrogio Leone e Gerolamo Moceto, in «L’Universo», 53 (1973), pp. 811-18.
38 Giustiniani, Lorenzo (m. 1526 ca.). Ortus delitiarum. Milano, [Alessandro Minuziano], 9 ottobre 1515. In-4° (mm 200x142). Segnatura: A-K8, L6, M-Z8. 16 carte non numerate, 168 carte numerate XVII-CLXXXIIII. Carattere rotondo. Alla c. A2r iniziale silografica ornata col ritratto di un chierico che regge un libro. Numerose piccole iniziali ornate incise su legno nel testo. Legatura seicentesca in pergamena con titolo manoscritto al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune carte uniformemente brunite.
Prima ed unica edizione di quest’opera del non altrimenti noto monaco certosino ligure Lorenzo Giustiniani di cui si apprende il nome dall’epistola prefatoria alla c. A1v, nella quale si trovano anche i nomi dello stampatore Alessandro Minuziano e del curatore Gaspare Bracello. L’opera offre un florilegio di preghiere e precetti spirituali tratti dalle Sacre Scritture, dai padri della Chiesa e dagli autori classici, organizzati in ordine alfabetico, ad uso degli ecclesiastici e delle persone pie. 64
First edition of this collection of prayers and moral teachings taken from the Bible, from the great Christian fathers and Classical authors, written by the monk Lorenzo Giustiniani. 17th century binding with manuscript title on spine. Many decorated woodcut initials throughout. Good copy, some foxing to some leaves. Manzoni n. 4449.
39 Albertini, Francesco (m. 1521 ). Opusculum de Mirabilibus nove et veteris Urbis Rome. Roma, Giacomo Mazzocchi, 20 ottobre 1515. In-4° (mm 210x140). Segnatura: A-Z4, &4, 74, )4. 103 di 104 carte numerate, manca l’ultima carta bianca. Carattere gotico e carattere rotondo. Titolo racchiuso entro cornice architettonica incisa su legno. Legatura in cartoncino azzurro dell’Ottocento; data e nome dell’autore manoscritti in inchiostro marrone sul piatto anteriore, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, le carte dei primi due quaderni leggermente brunite, una nota di possesso asportata al frontespizio con conseguente foratura della carta; dorso sbucciato. La copia dello scienziato, astronomo, matematico, archeologo e botanico veronese Francesco Bianchini (1662-1729) – che fu al servizio della curia papale e che è famoso soprattutto per la realizzazione della meridiana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma – con la sua nota di possesso autografa in inchiostro marrone al verso dell’ultima carta. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso con lo stemma del barone Horace Landau (1824-1903) e la segnatura manoscritta della sua biblioteca.
Seconda edizione di questa celebre guida di Roma, appartenuta allo scienziato veronese Francesco Bianchini, noto anche per i suoi scavi archeologici che porteranno alla redazione di una delle sue più famose opere: Il palazzo dei Cesari. La princeps dell’Opusculum era stata impressa – sempre da Giacomo Mazzocchi nel 1510. L’opera – scritta dal fiorentino Francesco Albertini – considera la città eterna da un punto di vista universale, nel tentativo di fornirne un quadro organico sia per quel che concerne la parte antica che quella moderna. Di particolare interesse è inoltre la menzione, presente nel terzo libro, intitolato De nova urbe, che l’autore fa delle scoperte americane di Vespucci e delle opere d’arte commissionate dalla curia papale, tra le quali ven65
gono ricordati i capolavori di Botticelli, Lippi e Michelangelo e i tesori della Biblioteca Vaticana, come il Codex Vergilianus e la collezione di strumenti scientifici. L’ultima parte dell’Opusculum contiene inoltre la lode di Firenze e Savona, città natale di papa Giulio II al quale è dedicata l’opera. «È difficile rendere completa giustizia all’Opusculum. La trattazione, per la quale l’Autore si era procurato una certa competenza grazie ad approfonditi studi preliminari, risulta tutt’altro che uniformemente condotta: infatti l’Albertini descrisse quello che poteva interessarlo “dal punto di vista del fiorentino”, trattando in prima linea l’arte del suo tempo e menzionando soprattutto artisti fiorentini. La sua opera venne pubblicata – dopo la prima edizione del 1510 – nel 1515, 1519, 1520 e 1523: non godette quindi di particolare longevità. Comunque essa fu frequentemente utilizzata, soprattutto per alcuni passi sulla Roma antica; singole citazioni spesso si ritrovano negli antiquari ma anche in Ugonio. L’Albertini avrebbe pure influenzato le Indulgentiae: risale a lui la storia della costruzione del Vaticano, sempre riproposta, come le notizie su S. Spirito in Sassia, S. Maria del Popolo e S. Maria della Pace» (A. Caldana, Le guide di Roma, p. 156). Extraordinary copy – belonged to the Italian astronomer, mathematician and archeologist Francesco Bianchini (1662-1729) with his autograph signature on last leaf – of the second edition – the first was printed in 1510 – of the topography of both ancient and modern Rome, containing an important reference to Amerigo Vespucci and his New World discoveries. Since the early Middle Ages guide-books had been written for the use of pilgrims to Rome. Many editions of the Mirabilia were printed before Albertini produced this first modern guide to the city. Besides giving an account of ancient Rome, with information about excavations and archaeological discoveries, he tells us also about the churches and buildings commissioned by Julius II and the artists who decorated them, including the earliest printed reference to Michelangelo. In the third section there is one of the earliest descriptions of the Vatican Library «in qua sunt codices auro et argento sericinisque tegminibus exornati» and mentioning the Codex Vergilianus; the author also refers to the Library’s collections of astronomical and geometrical instruments. A nice woodcut decorated border on title-page. Beautiful copy, some foxing to the first to leaves a small hole on title. 19th century blue paper wrappers. Bookplate of the famous collector the Baron Horace Landau in the inner board. Rossetti G, 218; Ascarelli, Mazzocchi, 94; Sander 164; Schudt 431; Harrisse I, 79; Sabin, 665; A. Caldana, Le guide di Roma, Palombi Editori, pp. 155-56 e 239.
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40 Hesychius Alexandrinus (sec. Filippo Giunta, 1520.
V
d.C.). Dictionarium. Firenze, eredi di
In-folio (mm 305x201). Segnatura: a-z8, &8. 191 carte mal numerate 155, una carta non numerata. Caratteri rotondi, corsivi e greci. Grande marca tipografica incisa su legno al frontespizio e all’ultima carta raffigurante il giglio fiorentino con due putti, che reggono ai lati due cornucopie; su un basamento recante le iniziali ‘F.G’, il tutto entro cornice (Z646). Alla terza carta testatina di fregi ornamentali bianchi su fondo rosso e due iniziali con caratteristiche simili. Iniziali silografiche in nero nel testo. Legatura del XVII secolo in pergamena rigida con titolo manoscritto al dorso, tagli azzurri. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche lieve macchia al frontespizio; piccola porzione di margine bianco asportata alle cc. b2, c7 e p7. Ex-libris del conte di Macclesfield al contropiatto anteriore e armi impresse a secco nella parte alta delle prime tre carte. Nota di possesso manoscritta al foglio di guardia anteriore: ‘Sump. Guilielmi Auslariy A.o M.DC.LII’.
Seconda edizione di questa classica opera, la cui princeps era stata stampata nel 1514 da Aldo, che la dedicò al nobiluomo e letterato mantovano Gian Giacomo Bardellone, il quale gli aveva procurato il manoscritto. Il testo è curato dal cretese Marco Musuro, che si servì dell’unico codice conservato del Dictionarium, oggi alla Biblioteca Marciana di Venzia. L’opera di Esichio di Alessandria è il più ampio dei lessici greci che l’antichità ci abbia tramandato ed è prezioso per le citazioni di antichi autori e per le numerose glosse dialettali. Second edition of Hesychius’ Lexicon, the first having been printed by Aldus Manutius in Venice in 1514. «Hesychius based his work on the lexicon of Diogenianus, which he claims to have supplemented from the works of Aristarchus, Heliodorus, Apion and Herodian; such claims are now difficult to verify or refute, but the work clearly contains material from lost sources much earlier than Hesychius himself. […] Hesychius’ lexicon is useful for several reasons. It is the only source for a large number of rare words that occur nowhere else in extant literature (particularly dialect forms). It also preserves and provides information on many words that would be omitted from a modern dictionary for being proper names» (E. Dickey, Ancient Greek Scholarship, p. 88). 18th century vellum with manuscript title on spine; blue edges. On title and on last leaf beautiful Giunti’s woodcut device with the Florentine lily and two putti. On third leaf woodcut heading and initials in white on red ground. Black woodcut decorated initials throughout. Good copy, some spotting on title, a small portion of the white margin of ll. 67
b2, c7 e p7 cut away. Bookplate of the Earl of Macclesfield. Manuscript ownership note on flyleaf. Camerini n. 139; Renouard 35, 44; E. Dickey, Ancient Greek Scholarship: A Guide to Finding, Reading, and Understanding Scholia, Commentaries, Lexica, and Grammatical Treatises, from Their Beginnings to the Byzantine Period, Oxford 2007.
41 Stephanus Byzantinus (sec. V-VI d.C.). De Urbibus. Firenze, eredi di Filippo Giunta, 1521. (Legato con:) Pollux, Julius (sec. II d.C.). Vocabularium. Firenze, Bernardo Giunta, 1520. Due opere in un volume in-folio (mm 310x207). I: Segnatura: a-h8, i6. 69 carte numerate, una non numerata. Testo su due colonne. Caratteri rotondo, corsivo e greco. Al verso dell’ultima carta grande marca tipografica incisa su legno raffigurante il giglio fiorentino con due putti, che reggono ai lati due cornucopie; su un basamento recante le iniziali: F.G, il tutto entro cornice (Z646). Iniziali silografiche ornate nel testo. II: Segnatura: AA8, A-L8. 8 carte non numerate, 88 numerate. Testo su due colonne. Caratteri rotondo, corsivo e greco. Alla c. A1 testatina e due iniziali silografiche con ricchi fregi ornamentali; altre due iniziali silografiche nel testo Legatura del XVIII secolo in pelle, piatti con bordura a filetti dorati e fregio agli angoli, unghie decorate in oro. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Ex-libris del conte di Macclesfield al contropiatto anteriore e le stesse armi impresse a secco nel margine alto del secondo e terzo foglio della prima opera. I:
Seconda rarissima edizione – la prima era stata impressa da Aldo nel 1502di quest’opera che è una sorta di ‘Dizionario geografico’, contenente i nomi dei luoghi, quelli degli abitanti, l’origine delle città, dei popoli e delle loro colonie. Il De Urbibus inoltre riferisce proverbi, oracoli ed eventi strani e soprannaturali. Importante per il largo materiale ivi raccolto attraverso molte fonti, alcune sicuramente dirette, quali Tucidide e Strabone – ma curiosamente non Tolomeo –, questa silloge costituì uno dei repertori primari di notizie di geografia antica per gli umanisti del Rinascimento, oltre ad essere un riferimento lessicografico di estrema importanza. II: Seconda rara edizione del lessico di Polluce, una silloge di parole greche di grande interesse filologico, la cui princeps era stata stampata da Aldo Manuzio a Venezia nel 1502 (si veda scheda n. 30). L’epistola dedicatoria del curatore 68
Antonio Francini indirizzata a Tommaso Linacro, medico del re d’Inghilterra, contiene inoltre un interessante elogio degli umanisti fiorentini del tempo della Repubblica. Second edition of two important works, both printed by the Florentine firm of the Giunti. The first is a sort of geographical dictionary which contains names of places and cities, but also information about their inhabitants and their way of living. The De Urbibus is important also because it was one of the main sources of information about the ancient world during the Renaissance. The second work, Pollux’s Greek lexicon, was first published by the Aldine press in 1502 (see n. 30). 18th century calf with gilt decorations. Handsome copy; the two works are beautifully decorated by woodcut headings and initials. Bookplate of the Earl of Macclesfield in the inner board. I:
Camerini 151; Renouard 46, 44. II: Camerini 142; Renouard 45, 37.
42 Negri, Stefano (1475-ca. 1540). [Translationes]. Milano, Giovanni da Castiglione, agosto 1521. Cinque parti in un volume in-4° (mm 193x142). Segnatura: AA4, A-P4, Q2, A-M4, N6, O-Y4, Z6. 4 carte non numerate, 60 carte con numerazione romana, 93 carte con numerazione romana, manca l’ultima carta bianca Z6, sono presenti invece le carte bianche L4 e N6. Caratteri greci e romani. Frontespizio racchiuso entro cornice silografica ornata, ripetuta 3 volte. Legatura inglese del XVIII secolo in vitello spruzzato decorata, ai piatti da una cornice dorata a tre filetti con, agli angoli, dei ferri dorati a forma di fiore. Dorso a cinque nervi decorato da ferri dorati con titolo in oro; tagli spruzzati di rosso, segnalibro in filo intrecciato. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi aloni al frontespizio. Note manoscritte e sottolineature di mano coeva in inchiostro rosso nel testo. Al frontespizio la nota, di mano seicentesca: ‘12 febr. 1696’. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso del conte di Macclesfield e timbro a secco della stessa biblioteca alle cc. AA1-2.
Prima edizione di questa collezione di testi dell’erudito Stefano Negri, profondo conoscitore di greco e latino, dedicata (c. A2r) dall’autore ad alcuni tra 69
i più eminenti personaggi dell’epoca, come ad esempio Jean Grolier. Il volume contiene un insieme di traduzioni e alcune operette di carattere erudito, mitologico, filosofico e poetico tra le quali figurano i Commentarioli in aurea carmina Pythagorae, un’epistola indirizzata al medico milanese Giovanni Marliani e cinque Prefationes, tre ad Omero, una a Pindaro e una a Tito Livio. Oltre a questi testi sono presenti anche il De unguentis, il De meretricibus insignis, il De victo Pythagorico, De vino e il De nimia obsoniorum appetentia, queste ultime tre qui in prima edizione e di notevole importanza per la letteratura gastronomica. Stefano Negri, originario di Corte Maggiore nei pressi di Cremona, era noto anche col nome di Stephanos Melas, e occupò dal 1520 la cattedra di greco dello studio di Milano che era stata di Demetrio Calcondila. Durante l’occupazione francese della città si riunì intorno a questo erudito una cerchia di uomini dotti e illustri, della quale facevano parte anche Jean Grolier e il segretario di Francesco I, che compaiono spesso come dedicatari delle sue opere. Il Negri cadde in digrazia dopo la cacciata dei francesi dalla città lombarda e venne allontanato dall’insegnamento. I suoi lavori consistono principalmente nella traduzione di testi classici o di opere ispirate all’antichità tra le quali si ricorda il Dialogo tra un venditore di libri e uno studente preposto, insieme ad altri scritti del suo maestro Demetrio Calcondila, al celebre lessico greco delle Suidas impresso nel 1499. Rare imprint of this collection of Greek texts, edited and translated by the Kalcondyla’s pupil Stephanus Nigri.The volume contains also the fist editions of the works De vino, De victo pythagorico and De nimia obsoniorum appetentia. Title within woodcut decorated border, repeated 3 times at each title page of the 3 parts of the work. 18th century marbled English calf gilt deocarted on boards; gilt title and gilt tools on spine. Good copy, some dampstains. Manuscript contemporary notes and undelinings in red ink throughout the text. Manuscript note on title with the date February 12th, 1696. Armorial bookplate of the Earl of Macclesfield in the inner cover and stamp of the same collection at ll. AA2-1. Argelati, Bibl. Mediol., II, II, 2137-38; Tiraboschi, Stor. Lett. Ital., VI, II, 813; VII, III, 1103-1104; manca in Adams; Sander 4984; B.I.N.G. 1363; K. Sp. Staikos, Charta of Greek Printing, Cologne 1998, pp. 238 e 252.
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43 Sallustius Crispus, Gaius (86-ca. 34 a. C.). De coniuratione Catilinae. Eiusdem De bello Iugurthino. Orationes quaedam ex libris Historiarum C. Crispi Sallustij. Eiusdem Oratio contra M. T. Ciceronem. M. T. Ciceronis Oratio contra C. Crispum Sallustium. Eiusdem Orationes quatuorcontra Lucium Catilinam. Porcij Latronis Declamatio contra Lucium Catilinam. Quae omnia solerti nuper cura repurgata sunt, ac suo quaeque ordine optime digesta. Venezia, Aldo Manuzio, gennaio 1521. In-8° (mm 166x98). Segnatura: a-t8. 8 carte non numerate, 142 carte numerate, due carte non numerate di cui la prima bianca. Carattere corsivo. Àncora aldina incisa su legno al frontespizio (U281) e al verso dell’ultima carta. Legatura settecentesca in pergamena rigida, titolo manoscritto su tassello in carta al dorso, tagli blu, sguardie in carta a pettine. Esemplare in buono stato di conservazione, ad ampi margini. Ex-libris inciso del XX secolo al contropiatto anteriore; rare postille di mano coeva nel testo.
Seconda edizione aldina delle opere storiche di Sallustio, che è una ristampa della princeps impressa nel 1509, considerata da Renouard «beaucoup plus belle, imprimée avec un caractère neuf, et d’un meilleur texte, corrigé avec soin par François d’Asola, qui en avertit dans sa préface au lecteur» (Renouard). Alla nuova prefazione redatta da Francesco d’Asola viene fatta seguire quella originaria di Aldo, indirizzata al condottiero Bartolomeo d’Alviano, dalla quale si apprende che il celebre tipografo aveva dato alle stampe il presente volume su istanza del dedicatario che caldeggiava la «stampa in formato tascabile di libri contenenti le imprese d’uomini illustri, per poterli avere accanto più agevolmente nel corso delle campagne militari» (DionisottiOrlandi, II, p. 272). Second Aldine edition which is, according to Renouard, much better than the first, printed in 1509, because it is impressed with a new type and contains a better text, emended by Francesco d’Asola. The work was dedicated by Aldus to the captain Bartolomeo d’Alviano by whom this edition was demanded. Aldine device on title and on the verso of last leaf. Very good copy, with wide margins; some dampstains. 18th century vellum binding with manuscript title within paper label on spine; blue edges.
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Renouard p. 93, n. 16; Ahamanson-Murphy 194; Adams S, 147; STC, Italian, 499; C. DionisottiG. Orlandi, Aldo Manuzio editore. Dediche, prefazioni, note ai testi, Milano, Il Polifilo, 1975,vol. II, p. 272.
44 Equicola, Mario (ca. 1470-1525). Libro di natura d’amore. Venezia, Pietro Nicolini da Sabbio, maggio 1536. In-8° (mm 149x100). Segnatura: A-Z8, AA-EE8. 223 carte numerate di 224, manca l’ultima carta bianca. Carattere corsivo. Frontespizio racchiuso entro cornice architettonica ornata incisa su legno; alla c. 78v diagramma silografico raffigurante le proporzioni ideali che le varie parti del corpo devono avere tra di loro. Legatura in cartonato del Settecento. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore al frontespizio e alle prime carte, alcune carte uniformemente brunite.
Bella edizione, la quarta assoluta – la princeps venne impressa a Venezia da Lorenzo Lorio da Portes nel 1525 – dell’opera principale di questo umanista di origini partenopee, la cui stesura originale, della quale si è conservato il manoscritto autografo dell’autore, è stata creduta per molto tempo essere stata composta in latino e tradotta solo in seguito in italiano dal nipote dell’autore, Francesco Prudenzio, mentre in realtà si tratta di un artificio letterario dell’Equicola, al quale va ascritta dunque la redazione primigenia in volgare. L’Equicola si trasferì prima a Firenze dove fu allievo di Marsilio Ficino e in seguito fu al servizio della corte dei Gonzaga a Mantova. Il trattato, dedicato a Isabella d’Este, di cui il letterato fu per molti anni precettore e factotum, si inserisce nel quadro del neoplatonismo rinascimentale, e mescola elementi derivati da Marsilio Ficino con echi stilnovistici. «A giudicare dalle numerose riedizioni, che si protrassero fino all’inizio del secolo XVII, sembrerebbe che il Libro abbia goduto di un successo duraturo. Il rapido mutare del gusto e soprattutto la rivoluzione linguistica messa in atto dal Bembo resero tuttavia necessari interventi sull’aspetto formale dell’opera. I tipografi si sentirono liberi, già a partire dal 1526 (data della prima ristampa, a un anno di distanza dalla morte di Equicola), di ritoccare, com’era del resto normale, la veste linguistica del testo, che nella prima edizione appariva anco72
ra vicina alla volontà dell’autore, e che suscitò, proprio per la distanza dal canone linguistico già dominante, giudizi poco benevoli. […] Delle due edizioni del 1536 va considerata tale solo quella stampata da Pietro Nicolini da Sabbio. L’altra è invece una nuova emissione dell’ed. del 1531, come prova l’identica impaginazione e soprattutto il colophon, recuperato, come il resto delle carte, dall’edizione precedente» (La redazione manoscritta del Libro de natura de amore, pp. 35-38). Beautiful edition, the fourth, of the most famous work by the humanist scholar Mario Equicola, dedicated by him to Isabella d’Este of whom he had been the tutor for several years. In the book the author studies the metaphysics of love and the nature of poetic courtly love. Equicola’s views on love were credited as an influence by such figures as Agostino Nifo, Giuseppe Betussi and Lope De Vega. Bound in 18th century cartonnage. Title within woodcut decorated border; on leaf 78v a diagram showing the proportions that the different parts of the body should have between them.Very good copy, some dampstains on title-page and first leaves; some foxing throughout. Olschki 4499; La redazione manoscritta del Libro de natura de amore di Mario Equicola, a cura di L. Ricci, Roma 1999.
45 Tolomei, Cherubino (m. 1534). Opera intitolata il fascicolo della Mirrhata, Redentrice, & Salutifera, Humanita di Christo. Novamente, In Terze Rime, Raccolto. Ferrara, Francesco Rossi, 10 maggio 1538. In-4° (mm 190x131). Segnatura: A-Z4, Aa-Tt4. 168 carte non numerate. Carattere corsivo. Al frontespizio incisione su legno raffigurante una fenice racchiusa in cornice circolare a sua volta inscritta entro una bordura quadrata ornata e circondata dal motto: ‘Et Sic. Alter. Ab Altero. Unica. Phenice. Qual La Tua Tal La Mia Scusa.’. Il frontespizio e il testo sono racchiusi in una bordo nero inciso su legno. Legatura settecentesca in vitello agli acidi, dorso decorato da ferri dorati con titolo in oro su tassello in marocchino rosso; tagli rossi, sguardie in carta marmorizzata, segnalibro in seta verde. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore e qualche macchia alle prime carte, abrasioni alla pelle dei piatti della legatura. Nota di possesso manoscritta del secolo XVI al frontespizio: ‘ad usum domini petri gatti’; al contropiatto ante-
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riore ex-libris con uno stemma nobiliare, al quale manca la parte inferiore che recava probabilmente il nome del possessore.
Rarissima prima e unica edizione – se ne conoscono solo quattro copie censite nelle biblioteche italiane – di quest’opera, che è anche l’unica nota del ferrarese Cherubino dei Tolomei, detto degli Assassini, che si inserisce nell’ampio filone della poesia spirituale del Cinquecento avente per oggetto la vita e la passione di Cristo. Il componimento è dedicato a Renata di Francia, duchessa di Ferrara e moglie di Ercole II d’Este, ed è posto simbolicamente sotto l’ègida della fenice, raffigurata al frontespizio, come dichiarato dall’autore che afferma di voler «Rinovare l’huomo vecchio, isteriore mio, et farlo in Christo nova creatura». La Mirrhata – e il titolo allude chiaramente alla mirra che secondo la tradizione simboleggia l’unzione di Cristo, o l’espiazione dei peccati tramite la sofferenza e la morte corporale – è scritta in terza rima ed è divisa in cinquanta ‘sarmenti’ – cioè ‘rami’ – che il Tolomei dichiara di aver metaforicamente raccolto «da gli propri alberi loro, cioe da quelli, che hanno di questo Christianissimo sobietto, della salutifera Humanita, dello nostro piissimo Redentore, felicemente scritto, cosi in prosa, come in verso, et Rima, Abenche quanto mi sappia, non di questa sorte anchora» (c. 2v). L’opera, impressa l’anno dopo la morte dell’autore, è seguita da un’errata introdotta da una nota apologetica dello stampatore in cui si dice che, trattandosi della prima impressione del poemetto fatta sull’ultima revisione condotta dal Tolomei, essa non è scevra da imperfezioni. Very rare first and only edition of the only known work by Cherubino dei Tolomei, called ‘degli Assassini’ (of the Killers), which is a poem in tercets about the life and passion of Jesus Christ, dedicated by the author to Renée of France, the wife of the duke of Ferrara, Hercules II of Este. 18th century marbled calf binding, gilt decorations and gilt title within red morocco label on spine; red edges. On title-page a woodcut device depicting a phoenix within circular border and a Latin motto. Good copy, some dampstains and some spotting on first leaves, the binding a little rubbed. Manuscript note of possession of the 16th century on title; armorial bookplate in the inner cover. C. Fahy, Elenco delle edizioni di Francesco Rosso, in Id. L’Orlando furioso del 1532. Profilo di un’edizione, Milano 1989, pp. 179-188.
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46 Belcari, Feo (1410-1484). Vita del beato Giovanni Colombini da Siena. Siena, Callisto e Francesco Nardi per Giovanni Landi, 27 ottobre 1541. In-4° (mm 209x142). Segnatura: A-K8, L10. 90 carte non numerate. Carattere rotondo. Frontespizio racchiuso entro una cornice silografica decorata da motivi floreali su fondo criblé, ripresa dall’edizione della Vita de S. Catherina da Siena di Raimundus de Vineis, stampata a Siena nel 1524. Alle cc. A1r, A2v e G2r tre grandi capilettera silografici su fondo criblé decorati da personaggi di gusto classico; alla c. A2r una piccola vignetta incisa su legno raffigurante il compianto sul Cristo morto. Legatura in pergamena moderna con titolo in oro su tassello in marocchino rosso al dorso; tracce di coloritura verde sui tagli. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune lievi fioriture e alcuni aloni alle prime e alle ultime carte; piccoli fori di tarlo restaurati all’ultima carta.
Prima rara edizione senese e terza assoluta di questo fortunato testo agiografico – la cui princeps era stata impressa a Firenze da Niccolò Alemanno intorno al 1477 –, e che fu redatto dal poeta e priore fiorentino Feo Belcari, noto soprattutto per le sue opere di carattere religioso e per le sue rappresentazioni. Nel secolo XIV il ricco mercante senese, il beato Giovanni Colombini, convertitosi insieme alla moglie dopo la lettura della Vita di Santa Maria Egiziaca scitta da Jacopo da Varazze, aveva fondato una confraternita laica ispirata alla spiritualità di San Girolamo. Nel redigere quest’opera Feo Belcari «mise a profitto un’anomima versione toscana della vita che in latino ne aveva steso nel 1425 Giovanni Tavelli da Tossignano, e con procedimento nuovo in tal genere di letteratura precisò il racconto con nomi, date e notizie che dice desunte “da carte di pubblici notai”. Largamente attinse anche alle lettere del Colombini, delle quali trascrisse e con bell’arte intrecciò ampi frammenti; il che valse, per le immagini e le similitudini spesso formalmente barocche di che il mistico senese aveva fiorito le proprie lettere, a rappresentare il mondo mistico in cui si svolgono i fatti. Ne risultò una vita nella quale il meraviglioso ha naturalmente la sua parte, ma dove traluce pure lo spirito critico dei nuovi tempi» (V. Rossi – A. Balduino, Storia letteraria d’Italia. Il Quattrocento, Milano, Vallardi, 1992, p. 307). First Senese edition and third absolute one of this important hagiographic text, the first edition of which was published in Florence in 1477.The holy Giovanni Colombini was a rich merchant from Siena who, converted after reading the life of St. Mary of Egypt 75
written by Jacobus de Voragine, founded a secular brotherhood inspired to St. Jerome’s spirituality. Good copy, some minor spotting to first and last leaves; small repairs to last leaf not affecting the text. Bound in 19th century vellum with gilt title within red morocco label on spine. Moreni, p. 101; Gamba 1010; Lozzi 5091; Sander 857.
47 Castiglione, Baldassarre (1478-1529). Il cortegiano del conte Baltassar Castiglione. Nuovamente stampato, et con somma diligentia revisto, con la sua tavola di nuovo aggionta.Venezia, Gabriel Giolito De Ferrari, 1541. In-8° (mm 148x96). Segnatura: *8, A-Z8, AA-BB8. 6 carte non numerate, due carte bianche, 5 carte non numerate, 195 carte con numerazione romana. Carattere corsivo. Frontespizio, ripetuto alla carta A1v che separa la tavola dal testo vero e proprio, con la marca del Giolito incisa su legno (Z543), presente, in una variante di dimensioni maggiori, anche al verso dell’ultima carta (Z539). Capilettera silografici animati e ornati nel testo. Legatura ottocentesca in pergamena rigida con titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi gore alle prime carte, margine superiore sobrio. Ex-libris novecenteschi di Natalio Botana (contropiatto anteriore) e della Biblioteca Senequiana di Antonio Llano Diaz de Quijano di Buenos Aires; un’etichetta con l’antica collocazione al contropiatto anteriore e al recto del foglio di guardia anteriore.
Prima edizione giolitina di questo celebre dialogo che riprende quella stampata nello stesso anno dalla tipografia di Aldo Manuzio – che ne aveva pubblicato anche la princeps nel 1528. Il gran numero di edizioni dell’opera del Castiglione ne attesta, specialmente nel Cinquecento, l’immensa popolarità e la vasta diffusione. «Delle 62 edizioni italiane, almeno quarantotto furono stampate a Venezia. Cinque edizioni venivano dalla stamperia degli editori originari, l’officina di Aldo, mentre non meno di sedici, dal 1541 al 1574, venivano dalla stamperia rivale di Giolito, che stampò anche molte edizioni di Petrarca e di Ariosto. Le altre ventisette erano divise tra quattordici editori veneziani – in ordine cronologico, Curtio Torresano, Robani, Tortis, Giglio, Fagiani, Cavalcalovo, Domenico, Comin, Farri, Basa, Mimima, Ugolino e 76
Alberti. Nelle successive edizioni, il libro cambiò gradualmente aspetto. La versione in-folio del 1528, di grande effetto ma difficile da maneggiare, fu sostituita da volumi in ottavo, più piccoli e maneggevoli, o persino minuscoli in dodicesimo come le edizioni Giolito del 1549 e del 1551, veri “tascabili”» (P. Burke, Le fortune del Cortegiano. Baldassarre Castiglione e i percorsi del Rinascimento europeo, Roma, Donzelli, 1998, p. 41). Early Venetian edition – the first printed by Giolito – of one of the most important literary works of the Italian high Renaissance. The author, the Italian statesman and writer Balthasar Castiglione, used to live at royal and papal courts. He was a specialist in good manners, courtesy, elegance, and diplomacy. This classical work, characterized by the same elegance in style, is a manual for courtiers, discussing in the form of dialogues staged at the Court of Urbino where Castiglione lived for several years, the virtues of real noblemen and ladies, at the same time showing the court etiquette in all its subtlety. The book was very successful: after the first edition, by Aldus in Venice, 1528, many other editions and translations followed.The present edition is well produced, printed in an elegant italic type.With fine woodcut initials. A very good copy. 20th century vellum with manuscript title on spine; two 20th century bookplates on the inner board and on the recto of the upper flyleaf. Bongi I, 30-32; Adams C, 929; STC Italian, 156.
48 Misˇ nah. Nizeqin. Pirkê Avôìt. Sententiae vere elegantes, piae, mireque [in latino e in ebraico]. Isny, Paulus Fagius, 1541. In-4° (mm 202x150). Segnatura: 4ℵ, a–t4. 4 carte non numerate, 150 pagine numerate erroneamente 134, una carta non numerata. Caratteri romano, corsivo, ebraico. Marca tipografica di Paul Fagius al frontespizio, con motto sia ebraico, sia latino ‘Omnis arbor bona, profert fructum bonum’. Altra marca tipografica di Fagius in fine, al verso della carta segnata t4, priva in questo caso di motti, ma recante ai lati della cornice che la racchiude le iniziali ‘PF’. Iniziali silografiche nel testo. Legatura in pergamena moderna, dorso a quattro nervi, con annotazione del titolo. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore, alle carte del fascicolo iniziale ℵ. Fitti marginalia nell’intero volume. Sul frontespizio nota di possesso manoscritta di Andreas Osiander, ‘Sum Andr. Osiandri D.’. Altra probabile nota di possesso al margine superiore del frontespizio, non più leggibile. Timbro ‘Dr Ballagi Mór’, da riferire al filologo e teologo ungherese Mór Ballagi (1815-1891), di origine ebraica e poi convertitosi al protestantesimo.
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Primo libro stampato nella città di Isny in Allgäu, presso l’officina fondata dall’ebraista luterano Paul Buechelin, più noto come Paul Fagius (Rheinzabern 1504 – Cambridge 1549). L’edizione comprende il testo dei Pirkê Avôt (Capitoli dei Padri), raccolta di massime morali attribuite a diversi rabbini, e che fa parte dell’ordine Nizeqin della Misˇ nah. In questa edizione ogni massima, impressa in ebraico, è corredata di traduzione in lingua latina e di commento, entrambi dovuti allo stesso Fagius, che dedica la propria opera, in data 21 aprile 1541, ai giovani ‘Alberto Blaurero Iacobo, et Huldrico Zvvicciis’, convinto della importanza di diffondere un’opera che può offrire ‘amplissima materia’ sia per l’apprendimento dell’ebraico sia ‘ad formandos mores, vitamque recte instituendam’ (c. 3ℵr). In questa epistola noncupatoria Fagius lamenta il fatto che tanti ‘doctissimi viri’ del tempo, compresi insigni teologi, ignorino l’ebraico, avvertendo quasi fastidio verso un tale studio (“sanctam linguam tantopere nauseant & fastidiunt”), e non comprendendo che in questo modo si negano la possibilità di giungere a una autentica comprensione della Scrittura. Fagius pone, quindi, la diffusione della conoscenza di tale lingua al centro di un preciso programma, che lo porta a fondare a Isny, piccola città della Germania meridionale ai margini del mercato librario e della quale era stato nominato pastore nel 1537, una tipografia specializzata nella stampa di libri ebraici. Tra il 1541 e il 1542 videro la luce presso la sua officina lessici, grammatiche, trattati talmudici e commentari biblici di grande rilievo, una impresa che fu resa possibile grazie alla collaborazione con il celebre grammatico, lessicografo nonché poeta Elias Levita (Elîyyah ben Asˇ er ha-Lewî Asˇ kenazî), che proprio nel 1541 si era trasferito a Isny, su diretto invito di Fagius, che ne era stato allievo. È probabile che sia stato lo stesso Levita a suggerire i testi da dare alle stampe, prima di far ritorno nel 1542 a Venezia. Presso la tipografia di Isny apparvero anche alcune sue opere lessicografiche, come il dizionario dell’ebraico rabbinico Sefer ha – Tîsˇ bî – in due edizioni entrambe del 1541, la seconda delle quali con la traduzione latina dello stesso Fagius – e, sempre nello stesso anno il Sefer Metûrgeman, lessico dell’aramaico. Anche la stampa dei Pirkê Avôt presenta un diretto contributo di Elias Levita, una cui composizio78
ne poetica in ebraico è impressa alla carta segnata 4ℵr, e preceduta al recto della stessa carta da alcuni versi latini di Konrad Hirsch, “ad iuventutem Hebraeae linguae studiosam”. Le iniziative editoriali nate a Isny da tale collaborazione si rivolsero, comunque, a un pubblico di lettori e studiosi di livello avanzato. “Clearly Levita was the Hebrew master of generations of serious Christian Hebraists” (S. Kessler Mesguich, Early Christian Hebraists, in Hebrew Bible Old Testament, ed. M. Saebø, Göttingen 2008, p. 274 ), e questa considerazione trova concreta testimonianza nella nota manoscritta visibile nell’esemplare qui presentato, quel “Sum Andr. Osiandri D.” che rimanda al possesso del teologo luterano Andreas Osiander (1498-1552), noto ebraista in diretta corrispondenza con lo stesso Elias Levita, e titolare della cattedra di lingua ebraica presso l’Università di Königsberg. Ricchissimo l’apparato di annotazioni marginali, sottolineature, correzioni e integrazioni che sono visibili in pressoché tutte le pagine di questa eccezionale copia delle Sententiae. Nel testo sono stati inoltre corretti, sempre dalla stessa mano, tutti gli errori elencati nella tabula degli errata impressa alla carta segnata t4r, così come si è provveduto a integrare – come segnalato nella stessa tavola – alcuni frasi mancanti, sia in ebraico sia in latino. Le annotazioni sono per lo più di carattere filologico, con l’indicazione ad esempio di una traduzione latina diversa da quella offerta da Fagius, o della serie di lemmi derivanti da una stessa radice ebraica. Non mancano, infine, alcune note di carattere teologico e citazioni di luoghi biblici. Extraordinary copy of this Hebrew collection of moral rabbinic sentences fully annotated by the prominent Lutheran theologian Andreas Osiander, with his signature on title page. The first book printed at Isny, in the Allgäu, from the press established by the Protestant reformer and Hebraist Paulus Fagius, to disseminate a knowledge of Hebrew and an understanding of the overlooked wisdom of Jewish writers. The Sententiae elegantes are the Pirke Avot (Sayings of the Fathers) from the Mishnah, presented with Fagius’s Latin translation and commentary. Fagius (1504-1549), schoolmaster in Isny, was an early Protestant convert, having witnessed Martin Luther’s 1518 Heidelberg disputation at the General Chapter of the Augustinian Hermits. Andrea Osiander (1498-1552), originally of Nuremberg and a friend of Dürer and Pirckheimer. He was learned in Kabbalah and defended Jews against the Blood Libel. He is equally significant in the history of science, as he saw through the press Copernicus’s De revolutionibus (Nuremberg, 1543), to which he contributed an anonymous preface. Beautiful copy, bound in modern vellum, some dampstains in the first quire. VD 16 F544; Adams F, 122; Cowley 446; Steinschneider 229; Vinograd, p. 91, n. 2; Zedner 551.
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49 Vesalio, Andrea (1514-1564). De humani corporis fabrica libri septem. Basilea, Johannes Oporinus, 1543. In-folio (mm 424x280). Segnatura: *6, A-Z6, a-n6, m8, n-z6, Aa-Ll6, Mm8. Il fascicolo ‘m’ ha la segnatura m3 ripetuta due volte perché contiene una tavola ripiegata; invece il fascicolo ‘p’ è di 5 carte perché la tavola ripiegata viene considerata doppia. 6 carte non numerate, 663 pagine mal numerate 659, 18 carte non numerate. Caratteri rotondi, corsivi, ebraici e greci. Splendido frontespizio inciso raffigurante la dissezione di un cadavere in un’aula universitaria. Alla c. *5v ritratto silografico dell’autore a piena pagina raffigurato nell’atto di dissezionare un braccio. Alla c. m3 grande incisione su legno ripiegata raffigurante il sistema circolatorio che ha la straordinaria caratteristica che gli organi incisi sulla pagina seguente – concepiti per essere ritagliati e incollati su questa immagine – sono presenti, ma sono stati ricavati da un altro esemplare, dal momento che la pagina successiva risulta intatta. Alla c. p4 grande tavola silografica ripiegata raffigurante il sistema nervoso. Il volume è illustrato da 200 incisioni anatomiche, di cui 21 a piena pagina. Nel testo più di 215 iniziali silografiche animate e ornate da scene di dissezioni, chirurgia, ostetricia e altre scienze mediche. Legatura in pergamena dell’Ottocento con titolo in oro su tassello in pelle nocciola al dorso; astuccio moderno. Esemplare in buono stato di conservazione; un timbro abraso al frontespizio e un piccolo restauro lungo il margine interno. Restauri ai margini delle c. *2-3 e *5 e lungo i margini esterni dello stesso quaderno; piccoli restauri ai margini delle carte A1 e A6. restauro al margine bianco della c. m3. Provenienza: John B. de C. M. Saunders (1903-1991) docente di medicina all’Università della California, bibliotecario e autore di più di 200 lavori riguardanti la chirurgia e l’anatomia e di uno studio sul Vesalio. Dr. Robert Schindler, professore dell’Università della California.
Prima edizione del libro che rivoluzionò la anatomia e la medicina e che, con l’abbandono delle concezione fondata sulle teorie di Galeno, aprì la strada alla medicina moderna. L’opera anatomica di Vesalio, conosciuta soprattutto come antigalenica, si impone su quelle dei suoi predecessori per la cura della verità e della razionalità che la caratterizzano e che si concretizza nella ricerca di una sinergia tra testo e immagini. Per la prima volta nella storia della medicina, Vesalio offriva la prima descrizione moderna del corpo umano con centinaia di illustrazioni minuziose ed eleganti dell’apparato scheletrico, dei muscoli, del sistema dei nervi (fino ad allora ritenuti cavi), degli organi interni (sfatando per esempio la leggenda di un foro tra i ventricoli del cuore). «The Fabrica, a handsomely printed folio, is remarkable for its series of magnificent plates, which set new technical standards of anathomical illustration, and indeed of book illustration in general. They have generally been ascribed to an artist of Titian’s school, long (but no longer) thought to be Jan Stephen van Calcar (1449-ca. 1550).Vesalius’s was the most splendid and the most compre80
hensive of a large number of anathomical treatises of the sixteenth century. […] No other work of the sixteenth century equals it, though many share its spirit of anatomical enquiry. It was translated, reissued, copied and plagiarized over and over again and its illustrations were used or copied in other medical works until the end of the eighteenth century» (PMM 71). First edition of this «epochal publication, one of the most beautiful scientific books ever printed» (Grolier/Horblit), considered a milestone for the birth of modern anatomy. With De humani corporis fabrica, published when he was only twenty-nine years old, Vesalius revolutionized not only the science of anatomy but how it was taught. Throughout this encyclopedic work on the structure and workings of the human body, Vesalius provided a fuller and more detailed description of human anatomy than any of his predecessors, correcting errors in the traditional anatomical teachings of Galen (which had been obtained from primate rather than human dissection), and arguing that knowledge of human anatomy was to be obtained only from human sources. Handsomely illustrated by an amazing title-page, showing the dissection of an human body, by a full-page portrait of the author, by two folding plates showing the circulatory and the nervous systems. The plate on m3 has pasted on it the organs printed on the following page, taken from another copy, because the following leaf is complete and uncut. Throughout text more than 200 anatomical plates – 21 of which on full-page – showing the skeleton, muscles, the inner organs etc. More than 215 woodcut initials throughout decorated by medical scenes. Bound in 19th century vellum, with gilt title on spine; modern leather slipcase. Very good copy, a library stamp abraded on title, repairs to the margins of ll. *2-3, *5, m3, A1 and A6. Provenance: John B. de C. M. Saunders (1903-1991) and Robert Schindler, both professors of medicine at the University of California. PMM 71; Dibner 122; Garrison-Morton 375; Heirs of Hippocrates, 281; Horblit 98; Roberts and Tomlinson, pp. 125-165; Sparrow, 192; Stillwell, 710; Wellcome 6560; HBS 55279; Adams V, 603; Durling 4577.
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50 Iosephus, Flavius (ca. 37-ca. 100 d.C.). [Opera. Graece]. Basel, Froben, 1544. In-folio (mm 334x222). Segnatura: *6, a-z6, A-Z6, Aa-Hh6, Ii4, Kk-Zz6, AA-MM6. 6 carte non numerate, 967 pagine. Carattere rotondo, corsivo e carattere greco. Frontespizio stampato in rosso e nero, con la marca tipografica del Froben incisa su legno in rosso e ripetuta in nero al verso dell’ultima carta. Testatine e iniziali silografiche ornate nel testo. Legatura settecentesca in pergamena con titolo in oro su tassello dipinto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte uniformemente brunite; qualche fioritura. Al contropiatto anteriore la scritta di mano settecentesca: ‘Gio. Battista Petrucci Piancastelli Librajo in Roma Via del Corso n° 148 incontro al Palazzo Ruspoli’. Rari marginalia di mano coeva in greco e in latino all’interno del volume. Nota di possesso coeva in greco e in latino al frontespizio.
Editio princeps dell’Opera omnia dello scrittore ebraico del I secolo d.C., Flavio Giuseppe, curata da Arnoldo Arlenio e da lui dedicata al nobile spagnolo Diego Hurtado Mendoza, ambasciatore di Carlo V presso il governo di Venezia e antico possessore del manoscritto sul quale si basa la presente edizione. Il volume, elegantemente impresso in greco dal Froben, contiene le Antiquitates iudaicae, la storia degli Ebrei in venti libri, il De bello judaico, sette libri sulla conquista della Galilea da parte di Vespasiano e il De antiquitate Judaeorum contra Appionem, apologia degli Ebrei contro un libello antigiudaico scritto dal maestro Alessandrino Apione. First very rare Greek edition of Flavius Josephus’ complete works, edited by Arnoldus Arlenius, who was a pupil of Gyraldus and also produced the first Greek edition of Lycophron as well as an important edition of Polybius. He organized the collection of manuscripts owned by Diego Hurtado Mendoza, the envoy of Charles V to Venice, from who’s library he obtained the manuscript to produce this edition. Though it is said that Josephus wrote originally in Aramaic, that text is no longer extant, and the earliest version that we have is the present Greek one; also prepared by Josephus, but with the help of competent Greek scholars. There are some ten editions of Josephus’s works printed in the fifteenth century; most of them in Latin translation but including editions in French, Italian and Spanish. The first time, however, that the original Greek text appears in print is in this Froben edition of 1544. Beautiful copy, some foxing throughout. Title printed in red and black with woodcut printer’s device, repeated also on the verso of the last leaf. Decorated initials and head82
ings throughout. 18th century vellum with gilt title within painted label on spine. On the inner board a 18th century manuscript note with the name and the address of the Roman bookseller who sold this copy. Dibdin II, 130; BMC, German, 463; Adams J, 351; Hoffman II, 443.
51 [Manuzio, Antonio (1511-1559)]. Viaggi fatti da Vinetia, alla Tana, in Persia, in India, et in Costantinopoli: con la descrittione di città, luoghi, siti, costumi, et della Porta del gran Turco: et di tutte le intrate, spese, et modo di gouerno suo, et della ultima impresa contra portoghesi. Venezia, eredi di Aldo Manuzio, 1545. In-8° (mm 152x97). Segnatura: A-V8, X4. 163 carte numerate, una non numerata. Carattere corsivo. Àncora aldina al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura in pergamena del XVIII secolo, titolo in oro su tassello in pelle marrone al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, restauro al margine inferiore bianco del frontespizio.
Seconda edizione di questa raccolta, che è una ristampa della princeps impressa sempre dalla tipografia aldina nel 1543 – considerata però da Renouard «beaucoup mieux imprimée» rispetto a quest’ultima. Il volume – curato da Antonio Manuzio, figlio di Aldo – comprende diversi itineraria, tra cui di particolare interesse sono quelli redatti da Giosafat Barbaro e Ambrogio Contarini, che furono in seguito inseriti da Giovan Battista Ramusio nel secondo volume delle Navigationi e viaggi (Venezia 1559). Inoltre è qui riproposto il testo di una relazione anonima, già inserita nella silloge Libri tre delle cose dei Turchi, data alle stampe nell’officina aldina nel 1539. L’edizione dei Viaggi si apre con l’espistola dedicatoria di Manuzio ad Antonio Barbarigo, in cui si fa riferimento alle precedenti stampe della relazione composta dal Contarini, ed impressa in forma autonoma a Vicenza tra il 1486 e il 1487, e successivamente nel 1534 da Bindoni e Pasini. Ancora inedita era invece quella dovuta al mercante e diplomatico veneziano Giosafat Barbaro, la prima tra quelle scritte dagli ambasciatori veneti che fornisca notizie attendibili sulla Persia. 83
Very rare second edition of this collection of Venetian voyages, edited by Antonius Manutius and dedicated to Antonio Barbarigo. The work contains two voyages by Iosaphat Barbaro and Ambrogio Contarini to Persia, used also by Giovan Battista Ramusio in the second volume of his Navigationi et viaggi. 18th century vellum, with gilt title within label on spine. Good copy, the lower white margin of title repaired. Renouard p 134, n. 18; Adams V, 624.
52 Cinquarbres, Jean (1514-1587). De re Grammatica hebraeorum opus, in gratiam studiosorum linguae sanctae methodo quam facilima conscriptum. Parigi, Jacques Bogard, 1546. In-4° (mm 212x160). Segnatura: A-Y4. 176 pagine. Testo in latino e in ebraico; caratteri rotondi, corsivi ed ebraici. Marca tipografica dello stampatore incisa su legno al frontespizio raffigurante due mani che sorreggono un bastone sul quale si attorciglia un serpente. Legatura coeva in pergamena floscia con titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte uniformemente brunite.
Prima rarissima edizione di una delle grammatiche della lingua ebraica più famose della Francia del XVI secolo. L’autore, l’orientalista francese Jean Cinquarbres, pubblicò il presente volume prima di diventare professore di siriaco ed ebraico al Collège de France. Questa grammatica godette di un certo successo, dal momento che se ne conoscono svariate ristampe (1549, 1556, 1582, 1588, 1609 e 1621). First very rare edition of one of the most popular Hebrew grammars in 16th century France. Its author, Jean Cinquarbres, occupied the chair of Hebrew and Syriac Studies at the Collège de France until his death in 1587. He was a friend of Ramus and translated parts of the Old Testament and also some important medical writings by Avicenna into Latin. Bound in contemporary limp vellum with manuscipt title on spine. Woodcut printer’s device on title. Text in Latin and Hebrew. Good copy, some foxing to some leaves. Adams Q, 16 (2a ed.); Steinschneider 5784 (2a ed.).
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53 Holbein, Hans, il giovane (1497-1543). Icones Historiarum Veteris Testamenti. Lione, Jean Frellon, 1547. In-4° (mm 188x119). Segnatura: A-N4. 52 carte non numerate. Carattere romano e carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica del Frellon incisa su legno raffigurante un granchio che trattiene una farfalla con le chele e il motto ‘Matura’, il tutto racchiuso entro cornice circolare. Il volume è illustrato da una splendida suite di 94 legni che illustrano scene dell’Antico Testamento, 92 dei quali ripresi dalla princeps del 1538 e 2 dalla stampa del 1539; alla c. N3v quattro silografie raffiguranti i quattro evangelisti entro medaglioni, qui usate per la prima volta. I legni che illustrano il testo sono tratti da disegni di Holbein e incisi dallo stesso artista insieme a Hans Luetzelburger, mentre quelli raffiguranti i quattro evangelisti vengono comunemente ascritti ad un’altra mano non identificata. Capilettera silografici ornati su fondo criblé nel testo. Legatura novecentesca in pergamena con unghie, titolo dipinto in inchiostro nero al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche fioritura alle prime e alle ultime carte. Nota di possesso manoscritta al frontespizio. Ex-libris inciso del ‘Dr. Amand Fonder’ al contropiatto anteriore e un altro, non identificato, al foglio di guardia anteriore recante le iniziali ‘EF’.
Prima edizione contenente i ritratti dei quattro evangelisti e prima delle due edizioni impresse da Jean Frellon nel 1547, di questa straordinaria storia biblica per immagini di uno dei più celebri artisti del Cinquecento europeo – Hans Holbein – la cui princeps era stata stampata sempre a Lione nel 1538. Il ricco apparato iconografico, di grande modernità, è accompagnato da un breve testo latino, posto nella parte superiore di ogni pagina e dalla relativa traduzione in versi francesi di Gilles Corrozet, posta invece nella parte inferiore di ogni pagina. Gli intagli di Holbein sul tema dell’Antico Testamento rappresentano uno dei più rari legami tra un grande disegnatore e un’opera letteraria e vennero scelte dal grande artista svizzero per la loro forma anneddotica e quasi mitologica che ben si prestava ad essere sintetizzata e condensata in un’immagine. «Regarded as illustrations to the books of the Old Testament, these woodcuts are in all ways admirable [Holbein] has concentrated his skill upon the faithful and accurate telling of these sacred stories and he does this with a perfect understanding of their strong dramatic power and their equally strong human interest [Holbein] is revealed in them as a teller of stories of the first rank, with the power of seizing the most dramatic moment of each incident he depicts with unfailing instinct, and then representing it with a few unerring strokes of 85
his pencil clearly and simply». (A. B. Chamberlain, Hans Holbein, I, pp. 229-30) È inoltre interessante notare che la marca tipografica con il granchio e la farfalla si ispira a una moneta di età augustea – sulla quale compare la stessa immagine – e venne ripresa da numerosi tipografi e librai lionesi del Rinascimento quali Jean Frellon, Paul Frellon, Antoine de Harsy e Pierre Ravaud (si veda W. Deonna, The Crab and the Butterfly. A Study in Animal Symbolism, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», vol. 17, n. 1/2 (1954), pp. 47-86). First edition of Holbein’s Icones to contain the medallions with the four evangelists and the first of the two printed by Jean Frellon in the same year. One of the most famous and beautiful collections of illustrations to the Bible of the Renaissance. 20th century vellum, title painted in black on spine.Woodcut printer’s device with a crab and a butterfly on title-page. Illustrated by a wonderful ‘suite’ of 94 woodcuts depicting scenes of the Old Testament, 92 of which are taken form the first 1538 edition and 2 from the 1539 edition.The woodcuts are taken from pictures by Hans Holbein and are engraved by him and by Hans Luetzelburger. Handsome copy. In the inner cover bookplates of Dr Armand Fonder and of an unidentified collector whose initials are ‘EF’. Adams B, 1963; STC, French, 68; Mortimer, French, 281 e 276 (per la princeps); Fairfax Murray, French, 244; A. B. Chamberlain, Hans Holbein the Younger, New York 1913, 2 voll.
54 Lucianus (ca. 125-ca. 192 d.C.). Due dialoghi di Luciano, nuovamente tradotti per M. Lodovico Domenichi. Firenze, [Lorenzo Torrentino], 1548. In-8° (mm 173x110). Segnatura: A-E8. 37 carte numerate, due non numerate, manca l’ultima carta bianca. Carattere rotondo e carattere corsivo. Esemplare in buono stato di conservazione, privo della legatura; titolo manoscritto in inchiostro marrone al recto del foglio di guardia anteriore. Timbro della biblioteca Galletti al frontespizio.
Prima edizione del volgarizzamento dei Dialoghi di Luciano del poligrafo piacentino Lodovico Domenichi (1515-1564) e seconda edizione italiana, la princeps della traduzione dell’umanista Niccolò Leoniceno era stata infatti impres86
56. Abrabanel, Jehudah
50. Iosephus, Flavius
58. Agricola, Georgius
60. Proclus
68. Bruno, Giordano
69. Campo, Antonio
70. Statua Hospitalis Hierusalem
71. Ptolemaeus, Claudius
sa a Venezia nel 1541. L’edizione comprende due dei dialoghi del retore di Samosata, il Convito tra Filone e Luciano e l’Incanto delle vite – con più interlocutori –, seguiti da una lettera del Domenichi a Lucio Cotta, datata 28 marzo 1548, nella quale il traduttore si scusa della debolezza della sua versione, fatta per scherzo, e sottrattagli da Muzio Merato per essere data alle stampe con dedica a Muzio, marchese di Caravaggio. La fortuna dei Dialoghi lucianei è attestata per tutto il Cinquecento e, apertasi con le traduzioni latine di Erasmo pubblicate a Parigi nel 1506, prosegue con quelle italiane in cui si cimentarono alcuni dei più eminenti ingegni del Rinascimento, tra i quali il Leoniceno e il Domenichi, o Guarino, l’Aurispa, Maffeo Vegio e Poggio che ne avevano tradotto alcuni opuscoli. First edition of Ludovico Domenichi’s Italian translation of two dialogues by Lucian. The fortune of this author and in particular of his Dialogues is witnessed throughout the whole 16th century, by many translations and adaptations both in Latin and venarcular languages and beginned with the 1506 edition containing the Latin version by Erasmus and Thomas Moore. Good copy, without binding, with manuscript title on the recto of the upper flyleaf. Stamp of the Galletti Library on title-page. Moreni, p. 10.
55 Marcolini, Francesco (1550-1559). Le ingegniose sorti […] intitulate giardino di pensieri. Nuovamente ristampate e in novo et bellissimo ordine riformate. Venezia, Francesco Marcolini da Forlì, luglio 1550. In-folio (mm 298x200). Segnatura: A-Z4, AA-CC4. 207 pagine mal numerate 157. Bel frontespizio allegorico inciso in legno ripreso dall’edizione del 1540, al verso ritratto dell’autore differente rispetto a quello della prima edizione, qui il Marcolini appare invecchiato. Marca tipografica del Marcolini al verso dell’ultima carta entro elaborata cornice architettonica:Verità flagellata dalla Menzogna e sorretta per un braccio dal Tempo (U718). Numerose vignette silografiche e centinaia di piccoli legni raffiguranti carte da gioco e tarocchi, ripresi dalla princeps. Legatura ottocentesca in mezza pelle rossa, con percallina dello stesso colore ai piatti; titolo e
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filetti in oro al dorso. Esemplare in discreto stato di conservazione, piccoli restauri ai margini dei primi tre quaderni e alle cc. E3, N3, P4, Z4, AA1-2 e ad alcune carte dei quaderni ‘Q’ ed ‘R’. Le cc. F2-3, L2-3 rimarginate. Al recto del foglio di guardia anteriore è stata applicata un’incisione su rame – probabilmente settecentesca – col ritratto del pittore Giuseppe Porta, detto Salviati, autore dell’incisione al frontespizio e probabilmente del resto dell’apparato iconografico. Sopra il ritratto nota manoscritta in inchiostro marrone ‘nato nel anno 1535. morì … 1585’.
Seconda e definitiva edizione che segue la princeps del 1540, dedicata al duca di Ferrara. «La sopradescritta edizione sebbene sia meno rara della prima, tuttavolta è ricercata a preferenza, specialmente in Francia, pel migliore ordine dato all’opera dall’Autore» (Casali). Sempre il Casali, basandosi su una lettera indirizzata a Francesco Sansovino da Lodovico Dolce, attribuisce a quest’ultimo la versione in terzine delle risposte. «Nel 1540 (e poi, di nuovo, nel 1550) [Francesco Marcolini] pubblica Le sorti intitulate giardino dei pensieri, un’opera per molti aspetti simile al Triompho di Fortuna del Fanti. Anche qui siamo davanti a un libro/gioco, il cui uso prevede una combinazione di scelta (si sceglierà uno dei quesiti previsti, di cui 13 riservati agli uomini, 13 alle donne e 24 agli uni e alle altre) e di caso (si pescherà da un mazzo di carte). Ogni giocatore viene così guidato per un percorso, fatto di parole e immagini, che lo condurrà al responso finale: una terzina, che è inserita, come si vedrà, entro una complessa trama di associazioni, concettuali e iconografiche. Il gioco produce dunque, anche qui, un testo, o meglio un frammento testuale variamente combinabile con altri; questo libro/gioco, si diceva, è anche il luogo di tutte le storie possibili. Ritroviamo quindi la topica paradossale, la compresenza di tesi contrarie […]. L’opera del Marcolini chiarisce bene il rapporto circolare, di riuso, che si instaura fra gioco e letteratura: i quesiti sull’amore e sulla donna sono da un lato legati all’antica tradizione dei “dubbi” e delle corti d’amore, dall’altro sono gli stessi che, proprio in quegli anni, alimentano una letteratura destinata a notevole fortuna editoriale. Le Sorti del Marcolini ci propongono anche una straordinaria galleria d’immagini: si potrebbe parlare di un dizionario iconologico che precede di decenni quello del Ripa, se non che le immagini del Marcolini non sono semplicemente accostate entro un ordine fisso e arbitrario (quale è appunto quello alfabetico), ma sono inserite, come si accennava, entro una trama di relazioni, che le rende pronte al gioco combinatorio. Così ad esempio il Matrimonio è rappresentato da una figura maschile con i piedi incatenati a un giogo, e associato con necessità, piacere, esperienza e pentimento; le immagini dei filosofi, inoltre, accompagnano le immagini 88
dei concetti astratti, che corrispondono alle varie vicende, e situazioni della vita (alla Verità segue Polomone, al Matrimonio Ferecide, alla Vittoria Biante, e così via): una specie, dunque di teatro della memoria, la cui struttura meriterebbe di essere studiata; l’influenza del Camillo era del resto molto viva nell’ambiente del Marcolini, fra i suoi più stretti collaboratori: l’Aretino, il Doni, come si diceva, ma bisognerà ricordare anche Sebastiano Serlio, delle cui Regole di Architettura il Marcolini dà una splendida edizione. Questo libro/gioco, si diceva, dispone ordinatamente nei luoghi delle sue pagine parole e immagini, che insieme ricordano e profetizzano, distillano la sapienza del passato per indicarci la nostra sorte […] Come ha mostrato Quondam, il “giardino del Marcolini”, d’altra parte, era diventato due anni prima, nel Ragionamento delle corti dell’Aretino (1538), il luogo emblematico di un’esperienza letteraria libera dalla corte e dalla chiesa. […] Anche il Marcolini aveva associato il gioco alla possibilità, o all’illusione, di avere il mondo in pugno: ma aveva sognato di costruire una specie di doppio, piacevole e ingegnoso, capace di suggerire il modo di affrontare la sorte attraverso l’arte combinatoria delle parole e delle immagini, attraverso l’incanto della poesia e del disegno» (L. Bolzoni, La stanza della memoria. Modelli letterari e iconografici della stampa, Torino 1995, pp. 118-19). Second edition of Marcolini’s famous fortune-telling book, in which the errors in the game are mended. The printer-author, in the portrait on the verso of the title-page, appears more aged than he was in the princeps one. Fully illustrated by a great number of woodcuts. The famous printer, helped by Ludovico Dolce, one of his most trusted collaborators, to edit the poetical text, created and arranged one of the most beautiful fortune-telling book ever printed. The volume holds all-in-one the extraordinary iconographical apparatus typical of this genre, and a textual structure, formed by 2250 tercets, that rielaborates themes chosen from various sources, from Greek and Roman mythology to Medieval agiography, from the aulic literature to the proverbs and tales collections. Bound in 19th century half red calf, with gilt title on spine. Many dampstaining and spotting, many leaves repaired or remargined; binding rubbed. On the upper flyleaf is pasted an engraved portrait of the 16th century Italian painter Giuseppe Porta, called Salviati who cut the title-page. Casali, n. 78; Essling, II parte, II, p. 670; Mortimer 280; Cicognara 1701; L. Nardin, Carte da gioco e letteratura fra Quattrocento e Ottocento, Lucca 1997.
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56 Abrabanel, Jehudah (ca. 1460-ca. 1530). Philosophie d’amour de M. Leon Hebreu. Traduicte d’italien en François, par le Seigneur du Parc Campenois. Lione, Guillaume Rouille, 1551. In-8° (mm 173x107). Segnatura: a-z8, A-X8. 675 pagine, 22 carte non numerate di cui l’ultima bianca. Carattere rotondo e carattere corsivo. Note a stampa lungo i margini. Esemplare réglé. Al frontespizio bella cornice silografica ornata da figure allegoriche tratta da un disegno di Pierre Vase. Nel testo capilettera e testatine silografici ornati su fondo criblé. Splendida legatura lionese coeva ‘au pointillé’ in marocchino marrone copiosamente ornata ai piatti da motivi ad arabeschi dorati di gusto orientale, ispirati ai ferri usati per le legature veneziane delle prima metà del Cinquecento; dorso liscio ornato da motivi floreali. Tagli dorati e goffrati, tracce di bindelle. Custodia moderna in tela blu con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte lievemente brunite. Cerniere e cuffie restaurate. Al frontespizio nota di possesso manoscritta di mano coeva: ‘De la Bar[r]ie’ e, accanto al titolo il motto ‘jou quier’. Al contropiatto anteriore ex-libris circolare in marocchino bianco impresso in oro e, al recto del foglio di guardia anteriore, ex-libris inciso da Sherbon nel 1893 per il collezionista Samuel Putnam.
Prima rarissima edizione francese di quest’opera, pubblicata per la prima volta in italiano e dopo la morte dell’autore a Roma da Antonio Blado nel 1535, e destinata a diventare un vero e proprio best-seller del XVI secolo. Jehudah Abravanel, figlio del celebre commentatore della Bibbia Isaac, fu poeta, filosofo e medico, originario di Lisbona e si rifugiò in Italia col padre per sfuggire alle violente persecuzioni antisemite della penisola iberica. I Dialoghi d’amore sono la sua opera più nota ed ebbero larga fortuna negli ambienti culturali del tardo Cinquecento dal momento che si pongono come una «metafisica fondata sull’eros platonico (e ficiniano) e impregnata di motivi cabbalistici e magici. Non vi è stata, si può dire, celebrazione più alta dell’amore, assimilato a un Dio, anzi a Dio stesso, e in grado di stabilire nell’universo una corrispondenza (circulus amorosus) fra tutti gli aspetti che lo compongono. Leone Ebreo pensava a una via ascensionale dell’amore che dai gradini inferiori – il naturale e il sensibile – portava al gradino più alto, quello razionale. Una dottrina che è stata considerata anticipatrice del pensiero di Giordano Bruno e, ancora di più, dell’amore intellettuale di Dio di Baruch Spinoza» (R. G. Salvadori, Gli ebrei di Firenze dalle origini ai giorni nostri, La Giuntina, 2000, p. 33). La presente edizione, racchiusa da una preziosa legatura lionese coeva, è da considerare uno dei prodotti più significativi e riusciti dell’arte tipografica lionese 90
e testimonia l’interesse dei poeti del cenacolo di questa città prima e della Pléiade poi, per questo testo. La traduzione francese – dedicata a Caterina II de’ Medici – è opera di Denis Sauvage, che collaborava con la tipografia di Guillaume Rouille come correttore e che era stato storiografo del re Enrico II. First very rare French edition of this outstanding work in an amazing coheval Lyonese binding richly decorated in gold. The Dialogues were first published in Italian in 1535, and are a considered as a bestseller of the 16th century. Jeudah Abravanel, son of Isaac the famous author of the commentary to the Bible, known also under the name of Leo the Hebrew, fled in 1492 with his father from Spain to Italy in order to avoid the antisemitic prosecutions. The Dialogues are his most important and popular work in which he seeks to define love in philosophical terms. He structures his three dialogues as a conversation between two abstract and mostly undeveloped “characters”: Philo, representing love or appetite, and Sophia, representing science or wisdom.This French edition is one of the most significant results of Lyonese art of printing and the text was translated by Guillaume Rouille’s collaborator, Denis Sauvage, and dedicated by him to the queen Catherine II de’ Medici. Handsome copy, ‘réglé’, some foxing throughout. Beautiful woodcut decorated border designed by Pierre Vase on title-page, woodcut decorated initials and headings throughout the text. From the Library of the famous collector Samuel Putnam, with his bookplate engraved by Sherbon in 1893 on the upper flyleaf. Baudrier IX, p. 193; Caillet I, n. 11; Techener, Bibliothèque champenoise, 1886, n. 1903; Yemeniz, Catalogue, 1867, n. 21446.
57 Doni, Anton Francesco (1513-1574). I marmi del Doni, academico peregrino. Al Mag.co et Eccellente S. Antonio da Feltro dedicati. Venezia, Francesco Marcolini, 1552. (Legato con:) Id. La seconda parte de marmi del Doni. Al reverendissimo Monsignor, Il Signor Ascanio Libertino, Vescovo d’Avellino, dedicati. Venezia, nell’Academia Peregrina [Francesco Marcolini], 1552. (Legato con:) Id. La terza parte de marmi, del Doni fiorentino, Allo Illustrissimo, & Eccellentissimo Signore, 91
Il Signor Don Ferrante Gonzaga dedicati. Venezia, Francesco Marcolini, 1552. (Legato con:) Id. La quarta parte de marmi del Doni. Al R. Monsignor Bernardino Argentino Dedicati. Venezia, Francesco Marcolini, 1552. (Legato con:) Id. La moral filosofia del Doni, tratta da gli antichi scrittori; Allo Illustriss. S. Don Ferrante Caracciolo dedicata. Venezia, Francesco Marcolini, 1552. Due opere, di cui la prima in 4 parti, in un volume in-4° (mm 198x142). I. Segnatura: A-X4. 167 pagine (il verso della prima carta bianco). Carattere corsivo. Al frontespizio grande marca tipografica incisa su legno raffigurante sette globi sormontati da una donna con la corona e affiancati da un fauno e da un vecchio, e un cartiglio con un motto in greco. Al verso dell’ultima carta marca silografica a piena pagina con la Verità flagellata dalla Menzogna e sorretta per un braccio dal Tempo entro cornice figurata con il motto: ‘VERITAS FILIA TEMPORIS’ (U719). Alla c. A3v ritratto silografico a piena pagina del Doni entro cornice ovale a serto di alloro con la legenda: “Nunquam melius torquebis impios”. Illustrato da 8 vignette silografiche. Capilettera animati e ornati, testatine e finalini silografici nel testo. II. Segnatura: Aa-Pp4. 119 pagine (il verso del frontespizio bianco). Carattere corsivo. Al frontespizio un legno raffigurante una pila di libri, una lucerna e un cartiglio contenente la scritta: ‘καματοσ ευκαματοσ’. Marca tipografica incisa su legno al verso dell’ultima carta raffigurante la Verità nuda, seduta, con dietro un angelo con corona, ai suoi piedi, il Diavolo e in alto il Tempo, il tutto entro cornice architettonica contenente il motto: ‘VERITAS ODIUM PARIT’ (Z1195). Illustrato da 8 legni, tra i quali figurano un piccolo ritratto del Petrarca (c. Nn1r) e una grande silografia a piena pagine con Dante, Petrarca e Boccaccio coronati di alloro e il proverbio: ‘CHI ALTRI OFFENDE SU LA RENA SCRIVE, ET CHI OFFESO VIEN, SCULPISCE IN MARMO’. I titoli di alcune sezioni del testo racchiusi entro cornice silografica ornata. Capilettera, testatine e finalini ornati nel testo. III. Segnatura: a4, B-X4. 166 pagine, una carta non numerata (il verso della prima e il recto dell’ultima carta bianchi). Carattere corsivo. Al frontespizio marca incisa su legno raffigurante Verità flagellata dalla Menzogna e sorretta per un braccio dal Tempo entro cornice ovale con il motto: ‘VERITAS FILIA TEMPORIS’, ripetuto in italiano ai lati dell’immagine (Z1190). Al verso dell’ultima carta la stessa marca apposta in fine alla seconda parte (Z1195). Alla c. a4v grande ritratto silografico del Doni entro cornice ovale a serto di alloro e motto ‘CHI ALTRI OFFENDE SU LA RENA SCRIVE ET CHI OFFESO VIEN SCULPISCE IN MARMI’. Illustrato da 18 vignette silografiche tutte, eccetto una, entro cornice ornata. Capilettera animati e ornati, testatine e finalini ornati incisi su legno nel testo. IV. AA-MM4. 93 pagine, una carta non numerata (il verso della prima carta, quello della c. LL1 e il recto dell’ultima carta bianchi). Carattere corsivo. Al frontespizio un leone seduto su un elemento architettonico con, ai lati, il motto: ‘AVIUM CIBUS FUIT, SAEPE LEO MINUTARUM’. Al verso dell’ultima carta marca incisa su legno raffigurante Verità flagellata dalla Menzogna (Z1191). Alla c. BB3r ritratto del Gelli inciso su legno; alla c. BB4r ritratto silografico del Marcolini, già apparso nella sua edizione del Libro delle Sorti del 1540. Alla c. CC2r un legno raffigurante un giullare con speroni a cavallo di un’aragosta preveniente da un’edizione dell’Iginus. Alla c. LL1r viene proposto in anteprima il frontespizio degli Inferni datato 1553, di cui viene annunciata la prossima pubblicazione. Altre 5 vignette silografiche entro cornice ornata nel testo. Capilettera, testatine e finalini ornati nel testo. Alla c. MM3v il registro di tutte le quattro parti dell’opera. V. Segnatura: A-V4. 4 carte non numerate, 152 pagine (il verso delle cc. K1 e Q4 bianco). Carattere corsivo. Frontespizio separato per
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ciascuno dei tre libri in cui si divide l’opera con tre differenti marche tipografiche incise su legno: la prima (c. A1r) con sette globi sormontati da una donna con la corona e affiancati da un fauno e da un vecchio, e un cartiglio con un motto in greco; la seconda (c. K1r) con una donna, appoggiata con la mano sinistra ad un ceppo che regge con la mano destra la mascherina davanti al volto, inscritta in un ovale affiancato dal motto: ‘QUOD MOLESTIUS PATIOR, TACEO’ (Z447); la terza (c. R1r) con una donna seduta che tiene nella destra una fiaccola capovolta e nella sinistra un ramo d’olivo, ai suoi piedi giace una maschera, il tutto entro ovale affiancato dal motto: ‘QUEL CHE MI MOLESTAVA ACCENDO, ET ARDO’ (Z449). Alla c. I4v il solito ritratto a piena pagina del Marcolini inciso su legno. Alla c. Q4r ritratto silografico dell’Aretino all’interno di un medaglione, il tutto entro cornice architettonica ornata. Nel testo 25 vignette silografiche. Numerosi capilettera, testatine e finalini silografici ornati nel testo. Legatura settecentesca in vitello agli acidi con decorazioni e titolo in oro al dorso; tagli spruzzati di rosso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune lievi fioriture. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso: ‘Ex bibliotheca Nicolai Joseph Foucault comitis consistoriani’. Nota manoscritta di mano settecentesca al recto del foglio di guardia anteriore: ‘A Mr l’abbé hunt il faut porter le livre ches Mr d’eguilli’. Timbro a secco del conte di Macclesfield alle prime tre carte della prima opera
Prima edizione di entrambe le opere. I marmi, divisi in quattro libri e considerati l’opera principale del Doni, riferiscono i discorsi tenuti da gente seduta a chiacchierare presso i ‘marmi’ di Santa Reparata a Firenze. Rappresentando, attraverso questi dialoghi, la vita intellettuale, morale e sociale del tempo, l’autore combatte vizi e superstizioni e precorre idee sociali e dottrine scientifiche più moderne. La Moral filosofia è invece un adattamento del Panchantra, una raccolta di racconti indiani in sanscrito risalente al VI sec. d.C. Con la mediazione degli adattamenti e dalle versioni in lingua pahlavi, in arabo e in ebraico, queste favole a sfondo morale, aventi come protagonisti gli animali, si diffusero ampiamente in Europa, vennero tradotte più volte e influenzarono l’opera di autori come Perrault, La Fontaine e i fratelli Grimm. Nello stesso 1552 uscì la seconda parte – impressa sempre dal Marcolini – del Bidpay con il titolo di Trattati diversi di Sendebar indiano Filosopho, che ebbe circolazione separata. First edition of two among the most important works by the Florentine writer Anton Francesco Doni. The Marmi, divided into four books, is a work in which referring the dialogues made by people near the marbles of the church of Santa Reparata in Florence, the author attacks vices and superstitions of his time. «In the introduction to I Marmi Doni wrote that in order to jog his memory when he began to write, he imagined himself to be a “big, ugly bird” that could fly high in the air above all cities to see with a shrewd look everything that was done below. In the bat of an eye he could strip the cov93
ers from the deeds of men and see their diverse habits. From city to city he wandered, hearing and seeing various actions and discussions. In his imagination he settled in Florence on the top of the marble steps of the cathedral, where a fresh wind always blew and the Florentines came in the evening to chat and argue. Hence the title of the collection of dialogues: I Marmi, or “things overheard on the cathedral’s steps”» (P. F. Grendler, Critics of the Italian World, p. 60). The Moral filosofia is an Italian retelling of Oriental and Persian animal fables collected in Latin by John of Capua between 1263 and 1278, many of which taken from the Panchantra, a Sanskrit story collection dating from at least the 6th-century A.D. A second part of this work was printed in the same year by the same printer, but circulated separately. Both works are beautifully illustrated by a large number of woodcuts by Francesco Marcolini. 18th century marbled calf binding with gilt title on spine and edges sparkled red. Handsome copy, some minor foxing. Engraved bookplate of Joseph Foucault and manuscript note of possession of the 18th century in the inner cover. Blind stamp of the Earl of Macclesfield on first three leaves. I. Casali 95; P. F. Grendler, Critics of the Italian World (1530-1560). Anton Francesco Doni, Nicolò Franco & Ortensio Lando, Madison – Milwakee – London 1969. II. Casali 92; Adams B, 1997; Gamba 1370; Mortimer, Italian, 65.
58 Agricola, Georgius (1494-1555). De re metallica libri Hermann Froben e Nicolaus Episcopius, 1556.
XII.
Basilea,
In-folio (mm 317x215). Segnatura: α6, a-z6, A-Z6, Aa-Bb6. 6 carte non numerate di cui l’ultima bianca, 502 pagine mal numerate 538, 36 carte non numerate. Illustrato da due tavole a piena pagina fuori testo. Nel testo 267 illustrazioni silografiche, di cui molte a piena pagina, e numerosi diagrammi incisi su legno. Marca tipografica del Froben incisa su legno – raffigurante un caduceo sorretto da due mani – al frontespizio e al verso dell’ultima carta. Legatura d’inizio del XX secolo in pelle scamosciata verde decorata a secco ai piatti e al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; qualche alone e qualche lieve gora alle prime e alle ultime carte; un foro di tarlo restaurato lungo il margine inferiore interno del primo quaderno, senza perdita di testo. Nota di possesso manoscritta biffata lungo il margine inferiore del frontespizio: ‘Ex musaeo Antonij Valetij | Medici Parisiensis’.
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Prima rara edizione di quello che è considerato il primo trattato sistematico di metallurgia, e uno dei primi libri di tecnologia di concezione moderna. Il De re metallica, pubblicato un anno dopo la morte dell’autore, «restò per due secoli l’opera fondamentale e insuperata di tecnica mineraria. Il libro era apparso negli stessi anni in cui le miniere del Centro e del Sud America stavano raggiungendo uno sviluppo prodigioso. Nel Potosì, che fornì oro e argento a tutta Europa, l’opera di Agricola sarà considerata una specie di Bibbia e i preti attaccheranno il De re metallica agli altari delle chiese in modo che i minatori venissero a compiere le loro devozioni ogniqualvolta dovevano risolvere un problema tecnico» (P. Rossi, I filosofi e le macchine: 1400-1700, Milano 2002, p. 65). Georg Bauer – nome che verrà latinizzano in Georgius Agricola – era originario di Glachau in Sassonia e nel 1527 iniziò a esercitare la sua professione di medico a Joachimstal, in Boemia, che al tempo era l’area mineraria più importante d’Europa. Agricola godette della stima di Erasmo, di Fabricio e di Melantone, fu borgomastro di Chemnitz e incaricato di varie missioni politiche presso l’imperatore Carlo e re Ferdinando d’Austria. L’opera è splendidamente illustrata da più di duecento accurate silografie di Hans Rudolf Manuel Deutsch, che completano il testo del trattato e mostrano i procedimenti tecnici, i macchinari usati nelle miniere e in metallurgia, tra i quali compare anche la prima raffigurazione di un binario mai stampata (p. 276). Il nostro esemplare appartenne al medico Antoine Valet (fl. 1570), originario del limosino, che studiò a Parigi e che tradusse svariate opere dal latino, tra le quali va ricordato il Chant triumphal sur la victoire obtenue par le Roy, à l’encontre des rebelles & enemys de sa Maiesté, stampato a Parigi nel 1574. First edition of the «first systematic treatise on mining and metallurgy and one of the first technological books of modern times. […] The De re metallica embraces everything connected with the mining industry and metallurgical processes, including administration, prospecting, the duties of officials and companies and the manufacture of glass, sulphur and alum» (PMM). The magnificent series of two hundred and seventy-three large woodcut illustrations depicts various mining and metallurgical machinery, men at work and the first illustration of a railway (p. 276). Early 20th century green leather binding decorated in blind. Illustrated by two full-page plates out of text and by 267 woodcuts, many of which on full-page. Froben’s woodcut device on title and on last leaf. Handsome, wide-margined copy, some minor dampstains 95
on first and last leaves; a wormhole repaired on the lower white margin of the first quire The copy of the 16th century French doctor Antoine Valet, with his note of possession on title. Adams A, 349; Dibner, 88; Horblitt 2b; PMM 79; Sparrow, Milestones of Science, p. 8, tav. 26; D.S.B. I, pp. 77-79.
59 Cousin, Jean (ca. 1490-1560). Livre de perspective. Parigi, Jehan Le Royer, 28 giugno 1560. In-folio (mm 391x269). Segnatura: A4+1, B-I4, K6, L4, M4+1, N-R4. 72 carte non numerate di cui l’ultima bianca; le carte L2-3, M2, Q2 e Q4 sono doppie ma sono segnate solo al recto della seconda carta. Nel presente esemplare la carta A2 è priva della seconda carta bianca. Le carte M3-4 legate al contrario rispetto al resto del volume. Alla seconda carta splendida cornice allegorica incisa su legno decorata da motivi architettonici e cariatidi e in cui si trovano raffigurate tutte le principali figure geometriche che vengono utilizzate nel testo. Illustrato da 58 diagrammi, 16 dei quali a piena pagina e 5 su doppia pagina. Capilettera e testatine silografici ornati in tutto il volume. Legatura ottocentesca in mezza pergamena con carta marmorizzata ai piatti; titolo in oro su tassello in pelle rossa al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, piccola perdita lungo il margine esterno del legno alla seconda carta causata da eccessiva rifilatura; una macchia e alcune gore alle prima due carte. Nota manoscritta di possesso al frontespizio: ‘De Giuliocesare Angeli Pittore Perugi […]’.
Prima rara edizione di questo celebre trattato sulla prospettiva, considerato uno dei più bei libri francesi del secolo XVI. Il testo e l’apparato iconografico sono opera dell’artista e matematico francese Jean Cousin il Vecchio che iniziò la sua carriera come pittore di vetrate sotto la guida di Jean Hympe e del Grassot, realizzando le finestre della cattedrale di Sens e quelle di numerosi castelli della zona e trasferendosi, dal 1530, a Parigi, dove iniziò ad occuparsi anche di oreficeria e realizzò numerosi disegni per le illustrazioni di libri come quelli da cui vennero tratti i legni della Bibbia impressa da Le Clerc nel 1596 e quelli per le Metamorfosi e per le Epistole di Ovidio stampate, rispettivamente nel 1566 e nel 1571. «According to the printer’s introduction, leaf A3v, Le Royer received from Cousin the text and “les figures pour l’intelligence d’iceluy necessaires, portrait96
tes de sa main sus planches de bois”, and he himself cut most of Cousin’s blocks and completed others which his brother-in-law, Aubin Olivier, had started. Several of the diagrams are extended into landscapes with figures» (Mortimer). Il presente esemplare è impreziosito dalla firma di appartenenza del pittore perugino Giulio Cesare Angeli (1570 ca.-1630), allievo del Carracci a Bologna e attivo principalmente nella sua città natale, celebre per il S. Carlo Borromeo realizzato per la chiesa di S. Simone del Carmine, per il S. Michele Arcangelo, dipinto nel 1625 nell’ospedale della Misericordia e soprattutto per le nove tele raffiguranti Scene della vita di Gesù realizzate per l’Oratorio di S. Agostino tra il 1618 e il 1630. Rare first edition of «one of the handsomest volumes of its time» (Updike).The painter Jean Cousin was an important theorist in the field of perspective who perfected the tiers points technique (in which the eye is led away from two points close to the viewer to the distant third or vanishing point). This book was the first to be printed by Le Royer, the king’s printer for mathematics, who cut most of the woodcuts himself from the designs by Cousin. 19th century half-vellum, with marbled paper on boards and gilt title on spine. On second leaf beautiful woodcut allegorical frame. Illustrated by 58 diagrams (16 on full-page and 5 on double-page). Woodcut decorated headings and initials throughout. Nice copy, a small loss of the woodcut of the second leaf. The copy of the painter Giulio Cesare Angeli (1570-1630), with his manuscript note of possession on title-page. Adams C, 2852; Cicognara 832; Mortimer 157; Didot, Cousin, p. 113-118; Updike, pp.195-7.
60 Proclus (412-485 d.C.) - Barozzi, Francesco (1537-1604). Procli Diadochi in Primum Euclidis Elementorum librum Commentariorum ad universam mathematicam disciplinam principium eruditionis tradentium Libri IIII. Padova, Grazioso Percacino, 1560. In-folio (mm 302x210). Segnatura: *-**4, A-Z4, a-o4. 8 carte non numerate, 272 pagine numerate (con alcuni errori nella numerazione). Caratteri romano, corsivo e caratteri greci. Al fron-
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tespizio grande marca tipografica – disegnata appositamente per la presente edizione – incisa su legno raffigurante Minerva e Mercurio tenenti per la punta le ali di una fenice che nasce dalle spoglie sul rogo di un’altra fenice morta e la scritta: ερμαικο′ν Δωρον και ’αθηναικο′ν’; al verso del frontespizio legno a piena pagina con il ritratto del Barozzi entro un ovale circondato da una splendida cornice architettonica a grottesche e, agli angoli inferiori, le armi di Daniele Barbaro, patriarca di Aquileia, sulla sinistra e quelle del Barozzi, sulla destra. Variante della marca tipografica del Percacino al recto dell’ultima carta raffigurante un serpente alato attorcigliato a un bastone in cornice figurata. Nel testo tre differenti tipi di cornici silografiche a grottesche, ripetute più volte, nelle quali è impresso il testo dei problemi matematici trattati nell’opera. Numerosi diagrammi e capilettera silografici animati e ornati nel testo. Legatura coeva in pergamena floscia; al dorso titolo manoscritto in inchiostro marrone parzialmente abraso e antica segnatura dipinta in rosso; tracce di bindelle. Splendido esemplare, ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione.
Prima importante edizione della traduzione latina del commento del filosofo greco Proclo al primo libro degli Elementa di Euclide, curata dal matematico di origine cretese Francesco Barozzi e da lui dedicata al patrizio ed erudito veneziano Daniele Barbaro. Insieme a Federico Commandino a Urbino, il Barozzi è considerato tra i capofila di coloro che si adoperarono in direzione della rinascita degli studi di geometria, come testimonia anche il suo corso, tenuto all’Università di Padova l’anno precedente alla stampa della presente edizione, sul Tractatus de Sphaera di Giovanni Sacrobosco. L’edizione del Commentarium di Proclo, oltre che per la grande eleganza tipografica, è di grande importanza anche dal punto di vista filologico dal momento che venne allestita effettuanto un riscontro rigoroso sui migliori manoscritti disponibili all’epoca. Il Barozzi si occupò inoltre anche della traduzione delle opere di Erone di Alessandria, di Pappo di Alessandria e di Archimede di Siracusa e di argomenti di carattere esoterico, come testimoniano le edizioni del Pronostico Universale di tutto il mondo stampato a Bologna nel 1566 e la stampa della traduzione delle profezie criptiche attribuite all’imperatore bizantino Leone VI – gli Oracula Leonis – da lui dedicati al governatore di Creta Giacomo Foscarini, che gli procurarono una fama ambigua che fece sì che venisse processato per ben due volte dal tribunale dell’Inquisizione, nel 1583 e nel 1587 quando, essendo stato trovato colpevole per aver causato una tempesta a Creta, venne costretto a pagare una multa di cento ducati.
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First edition of the first important Latin translation of Proclus’ Greek commentary to Euclid’s Elementa first book, made by the mathematician from Crete Francesco Barozzi and dedicated by him to the Venetian nobleman Daniele Barbaro. Contemporary limp vellum with manuscript title on spine. The volume is elegantly printed and is adorned by a beautiful full-page portrait of Barozzi within decorated architectural border. Woodcut printer’s device on title and on last leaf. Handsome, widemargined copy. Harvard, Italian, 403; Honeyman Coll. 2543; Riccardi I, 82; Adams P, 2138; STC Italian p. 540; Thorndike VI, pp. 154-155.
61 Dolce, Lodovico (1508-1568). Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere, & conservar la Memoria. Venezia, Giovanni Battista Sessa, 1562. In-8° (mm 152x100). Segnatura: *4, A-P8. 119 carte numerate, una non numerata. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante pegaso in volo con, sullo sfondo, città e montagne, il tutto in cornice figurata (Z940). Iniziali silografiche ornate nel testo e numerose illustrazioni incise su legno. Legatura coeva in pergamena floscia, tracce di bindelle. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune gore e fioriture in tutto il volume, legatura usurata.
Prima rara edizione del fortunato trattato di ars memorativa di Lodovico Dolce. Più che un’opera del tutto originale, il Dialogo è un adattamento in una elegante forma dialogica – ispirata sia al De oratore di Cicerone che alla retorica classica volgare di stampo bembiano – del Congestorium artificiosae memoriae di Johannes Romberch – dal quale sono riprese anche numerose silografie – che venne impresso per la prima volta nel 1520 e poi ristampato dal Sessa nel 1533. Beautiful first very rare edition of Ludovico Dolce’s work on memory, very elegantly expressed in the fashionable dialogue form, modelled on Cicero’s De oratore, and adapted from the famous Congestorium artificiosae memoriae by Romberch – 99
first published in 1520 –, from which are taken also most of the woodcuts adorning the volume. Contemporary limp vellum, traces of ties. Very good copy, some dampstains and some foxing throughout; binding a little rubbed. STC Italian, 220; Durling 1183; Yates, Memoria, pp. 150-151.
62 Sansovino, Francesco (1521-1583). Diverse orationi volgarmente scritte da molti huomini illustri de tempi nostri. Raccolte, rivedute, ampliate & corrette per M. Francesco Sansovino. Venezia, Giacomo Sansovino, 1569. (Legato con:) Id. Dell’arte oratoria di M. Francesco Sansouino libri tre. Nella quale si contiene il modo che si dee osservare nello scrivere ornatamente & con eloquenza, cosi nelle prose come ne versi volgari. Di nuovo per il medesimo ampliata riveduta & diligentemente corretta. Venezia, Giacomo Sansovino, 1569. (Legato con:) [Castelvetro, Ludovico (1505-1571)]. Giunta fatta al ragionamento degli articoli et de verbi di Messer Pietro Bembo. Modena, eredi di Cornelio Gadaldini, 1563. Due opere, di cui la prima in due parti, in un volume in-4° (mm 205x154). I: Segnatura: (4, A-Z8, Aa8; a-f8. 4 carte non numerate, 191 di 192 carte numerate, manca la c. N1; 48 carte numerate. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno, raffigurante una luna crescente volta a destra, in cornice figurata (Z394), ripetuta al frontespizio della seconda parte. Numerosi capilettera animati e ornati, testatine e fregi silografici nel testo. II: Segnatura: [*2], a-d4, A-X4,Y6. 14 carte non numerate, 90 carte numerate. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio, marca tipografica incisa su legno raffigurante un gufo su un’urna rovesciata in cornice architettonica con, in basso, la parola greca: ‘KEKPIKA’. Al verso dell’ultima carta, marca tipografica incisa su legno raffigurante un putto con due gigli in mano a cavallo di una tartaruga, in cornice figurata (V116). Legatura coeva in pergamena floscia con unghie; al piatto anteriore tassello in carta con l’antica segnatura. Titolo manoscritto, parzialmente abraso, e un’etichetta in carta con la segnatura al dorso; tracce di bindelle. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche alone e qualche fioritura, dorso parzialmente scucito. Al verso del foglio di guardia anteriore ex-libris inciso: ‘Floriani Cabassii. Carpen. 1766’.
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I:
Bella edizione di questa raccolta di discorsi curata dal poligrafo romano Francesco Sansovino – e stampata per la prima volta nel 1561 – alla quale segue un suo trattato di arte oratoria della lingua volgare.Tra le orazioni riportate nell’opera – dedicata dal curatore a Paolo Contarini – si ricordano quelle di personaggi come Benedetto Varchi, Pietro Bembo, Gian Giorgio Trissino, Claudio Tolomei e Alberto Lollio. II: Prima edizione di questo importante trattato cinquecentesco sulla lingua italiana che si pone come commento a uno dei testi fondanti del volgare della ‘lingua di sì’: le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo, stampate a Venezia dal Tacuino nel 1525. Il nome dell’autore, il modenese Ludovico Castelvetro, non compare nella presente stampa, dal momento che il letterato venne condannato dall’Inquisizione nel 1560 con l’accusa di eresia, poiché era sospettato di essere l’autore di un volgarizzamento di Filippo Melantone. «In un mercato librario sempre più attento a promuovere i testi attraverso i frontespizi, la scelta di mantenere un titolo come Giunta fatta al ragionamento degli articoli et de’ verbi di Pietro Bembo offre lo spunto per qualche notazione preliminare. In primo luogo si può notare la volontà di presentare il testo come parassitario rispetto alle Prose. Nell’ottica degli editori e dei lettori del tempo la parola giunta vale infatti semplicemente ‘aggiunta’, ‘ampliamento’ e nulla di più. In secondo luogo, la coscienza di rivolgersi a un pubblico ben determinato: quei letterati, filologi, grammatici, affiliati di accademie […] che non avevano certo bisogno di ammiccamenti editoriali per interessarsi alle novità letterarie. Un pubblico più elitario dunque di quello cui sono rivolte la maggior parte delle grammatiche del tempo. Fin dal frontespizio, la Giunta sembra volersi presentare non come uno strumento per imparare il volgare ma per approfondirlo: un’utile appendice alla più importante grammatica del tempo e nulla di più. Basta sfogliare il commento per accorgersi però che il termine giunta dissimula più che esplicitare il contenuto del testo. O, almeno, debba essere inteso nel senso più ampio possibile: di aggiunta di esempi e raffronti, ma anche di approfondimento e correzione. Il titolo ci dice però anche qualcos’altro. Esso mantiene infatti inalterata la natura profonda dell’opera: il suo essere in primo luogo deposito di lettura, zibaldone marginale di un uomo che “nel studiare e nel leggere ch’egli faceva, fosse che libro si volesse, sempre notava qualcosa” […]. Non va sottovalutato infatti che il risultato finale delle varie “giunte” è un commento punto per punto alle Prose della volgar lingua. E che Castelvetro commenta Bembo alla stregua di un classico, come gli umanisti e poi i suoi 101
contemporanei e lui stesso commentavano Aristotele o Cicerone, Petrarca o Dante: segnalandone integrazioni filologiche, interpretazioni e correzioni. È nella tradizione del commento umanistico dunque che va cercato innanzi tutto il modello che sta dietro al lavoro di Castelvetro: la tradizione delle limae ma anche delle observationes o adnotationes che hanno dissezionato i classici in un’infinità di regole e discussioni» (L. Castelvetro, Giunta fatta al ragionamento, pp. XLII-XLIII). Beautiful collection of two works dealing with Italian vulgar. The first by Francesco Sansovino collecting a series of speechs by many famous personalities such as Pietro Bembo and Benedetto Varchi is followed by the first rare edition of the commentary and additions by Ludovico Castelvetro to one of the most famous treatises about Italian vernacular the Prose della volgar lingua by Pietro Bembo (1525). Contemporary limp vellum. Handsome, unsophisticated copy. The first work lacks leaf N1. 18th century bookplate in the inner cover. I: Gamba 1547. II: Gamba 1297; Melzi I, p. 462. L. Castelvetro, Giunta fatta al ragionamento degli articoli et de’ verbi di Messer Pietro Bembo, a cura di M. Motolese, Padova 2004.
63 Straparola, Giovanni Francesco (ca. 1480-1558). Le piacevoli notti. Venezia, Giovanni Bonadio, 1563. In-8° (mm 143x92). Segnatura: A-X8, A-V8. 164 pagine, due carte non numerate, 154 pagine, 6 carte non numerate di cui l’ultima bianca. Frontespizi separati all’inizio di ciascuna delle due parti dell’opera, entrambi con marca tipografica raffigurante tre corone disposte a triangolo (Z388) che riutilizza il legno usato da Alvise Bragadini per le sue edizioni. Carattere corsivo. Capilettera silografici ornati nel testo. Legatura settecentesca in marocchino rosso decorata, ai piatti, da una cornice dorata a tre filetti; dorso ornato da ferri dorati con titolo in oro; tagli dorati, dentelles interne, sguardie in carta a pettine, segnalibro in seta rossa. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune lievi gore e fioriture. Nota di possesso in inchiostro marrone al primo frontespizio. Al contropiatto anteriore ex-libris nobiliare inciso e, impresso in oro il nome del collezionista francese – vissuto tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo – Paul Girardot de Préfond, ricordato da Charles Brunet soprattutto per la rarità e la bellezza delle legature che facevano parte della sua biblioteca. È curioso ricordare che Girardot de Préfond iniziò a collezionare libri su consiglio del proprio medico di fiducia – anch’egli bibliofilo – per combattere la ‘melancolia’.
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Bella edizione veneziana di questa celebre raccolta di novelle dello scrittore bergamasco Giovan Francesco Secchi, detto Straparola, suddivisa in due libri pubblicati per la prima volta, rispettivamente, nel 1550 e nel 1553. L’autore inserisce «entro una cornice d’ascendenza boccacciana settantatré “favole con i loro enimmi (indovinelli) da dieci donne e due giovani raccontate”. Ben prima che la fiaba divenisse un genere narrativo tipico dell’Europa moderna da Perrault ai fratelli Grimm, lo Straparola ne codificava l’ambientazione onirica e atemporale, la morfologia ripetitiva, gli aiuti magici, l’incanto misterioso degli animali umanizzati: per la prima volta prendono forma scritta le leggende folcloriche di Re Porco (Piacevoli notti II, 1), del povero pescatore e del tonno parlante (III, 1), del gatto con gli stivali (XI, 1). Era in fondo il segno di una ricerca di novità favorita anzitutto da un florido mercato editoriale: nel pieno Cinquecento l’arte del racconto breve scandagliava così una pluralità di temi inconsueti e situazioni stravaganti, di spazi gremiti e visionari, di sviluppi e toni narrativi ormai al di là della lezione del Boccaccio, per venire incontro al gusto romanzesco e fantasioso del nuovo pubblico dei lettori» (La letteratura italiana. Dalle origini al Cinquecento, collana diretta da E. Raimondi, a c. di L. Chines, G. Forni, G. Ledda ed E. Menetti, Milano, Bruno Mondadori, 2007, p. 275). Rare Venetian edition of this popular collection of ‘novelle’ set within a framestory, a source for Shakespeare’s Merry Wives of Windsor, also containing prototypical versions of Beauty and the Beast, Puss in Boots, and other well-known folktales. 18th century red morocco, gilt decorated on boards, with gilt title on spine; gilt edges, marbled flyleaves. Separate title-pages for each part of the work, both with woodcut printer’s device. Many woodcut decorated initials throughout the text. Very good copy, some minor foxing and dampstaining. From the Library of the French 18th century collector Paul Girardot de Préfond. Brunet V, 560; Adams S, 1923 (la 1a ed.).
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64 Fracastoro, Girolamo (1483-1553). Opera omnia. Venezia, Giunti, 1574. In-4° (mm 237x164). Segnatura: †6, ††8, †††6, A-Z8, Aa-Cc8, Dd6. 20 carte non numerate, 213 carte numerate, una non numerata. Carattere rotondo e carattere corsivo. Marca silografica dei Giunti al frontespizio ripetuta in un’altra variante al recto dell’ultima carta. Al verso della carta †6 ritratto silografico dell’autore entro medaglione ovale. Diagrammi e capilettera ornati incisi su legno nel testo. Legatura coeva in pergamena, titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso, tracce di bindelle. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche lieve gora lungo il margine inferiore di alcune carte. Al frontespizio nota di possesso manoscritta in inchiostro marrone: ‘Iulis Cesaris Bracceschi Iulii 1699’; la stessa mano ha aggiunto i numeri di pagina all’indice dell’opera al verso del frontespizio.
Seconda edizione della raccolta delle opere complete del medico, filosofo e astronomo veronese Girolamo Fracastoro – che era stata impressa per la prima volta sempre a Venezia dai Giunti nel 1555 – curata dal letterato e traduttore Lodovico Nogarola, anch’egli originario di Verona, e da lui dedicata a Paolo Ramusio, figlio del celebre umanista, geografo e viaggiatore Giovanni Battista. Di questa edizione sono due varianti: una, come la presente, recante al colophon la data 1573 e l’altra che presenta un’erronea composizione tipografica del fascicolo ‘B’. Il volume è introdotto da una biografia dell’autore redatta dal canonico, poeta e traduttore Adamo Fumani (ca. 1505-1587), segretario del cardinal Navagero, seguita dalla dedica e dagli scritti del Fracastoro, che testimoniano la vastità degli interessi e della cultura del grande medico e scienziato scaligero. Si ricordano, tra gli altri, il trattato astronomico sulle sfere omocentriche Homocentricorum sive de stellis; il De causis criticorum dierum, sui giorni critici della malattia; il testo di filosofia naturale De sympathia et antipatia rerum, il De contagione et contagiosis morbis et curatione il primo trattato moderno, grazie al quale l’autore è considerato il fondatore della moderna epidemiologia, in cui vengono descritti i modi attraverso i quali le infezioni si diffondono; il dialogo che tratta di questioni teoriche relative alla poesia Navagerius, intitolato all’amico e poeta Andrea Navagero e il Syphilis sive Morbus Gallicus, il più celebre dei poemi medici, in cui l’autore usa per primo il termine ‘sifilide’ per indicare la lue, che si diffonde a Napoli a partire dal 1495, in seguito all’assedio posto dal sovrano francese Carlo VIII. Il volume si chiude con la raccolta di carmi latini d’occasione indirizzati dall’autore a personaggi illustri del suo tempo. 104
Second edition – the first being printed in 1555 – of Girolamo Fracastoro’s Complete Works. The volume is introduced by a life of the author and collects his writings on astronomy and philosophy, his Latin poems and his medical works, including his Syphilis sive Morbus Gallicus, first published in 1530, which is «the most famous of all medical poems. It epitomized contemporary knowledge of syphilis, gave to it its present name, and recognized a venereal cause» (DSB). Contemporary limp vellum with manuscript title on spine; traces of ties. Woodcut printer’s device on title and on last leaf. At l. †6v. woodcut portrait of the author. Woodcut diagrams and initials throughout the text. Very good copy, some minor dampstains. On title manuscript note of possession of the 17th century. Adams F, 818; Durling 1632.
65 Sacrobosco, Johannes de (fl. 1230). La Sfera di M. Giovanni di Sacrobosco tradotta da Pier Vincentio Dante de Rinaldi, con le Annotazioni del medesimo. Et con l’aggiunta delle Figure, & d’altre Annotazioni. Perugia, Giovanni Bernardino Rastelli, 1574. (Legato con:) Rastelli, Giovanni Bernardini (m. 1585). De ratione atque emendatione Anni, & Romani kalendarii Opusculum. Perugia, Giacomo Ruffinelli in casa dell’autore, 1579. (Legato con:) Lupicini, Antonio (ca. 1530-ca. 1607). Breve discorso d’Antonio Lupicini, Sopra la reduzione dell’anno, & emendazione del Calendario. Firenze, Giorgio Marescotti, 1580. Tre opere in un volume in-4° (mm 201x153). I: Segnatura: *6, A-I4. 4 carte non numerate, 61 pagine numerate, una carta non numerata. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante la testa di un animale fantastico con lingua bifida in cornice figurata ripetuta al verso dell’ultima carta; al verso del frontespizio ritratto silografico del Danti in cornice architettonica. Numerosi diagrammi silografici e figure astronomiche incise su legno nel testo; 5 grandi capilettera incisi su legno ornati da vedute di città e 35 piccoli decorati da vedutine o personaggi. II: Segnatura: a4, A-I4. 4 carte non numerate, 72 pagine numerate. Al frontespizio stemma silografico del dedicatario dell’opera, al verso la marca tipografica del Rastelli incisa su legno. Nel testo tre grandi e due piccole iniziali silografiche animate e ornate; testatine e finalini silografici. III: Segnatura: A-B4. 8 carte non numerate. Marca silografica del Marescotti al frontespizio, grande capolettera silografico animato e ornato alla prima carta.
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Legatura coeva in pergamena con titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso, il taglio esterno dipinto in inchiostro viola scuro, tracce di bindelle. Splendido esemplare, in ottimo stato di conservazione. Al frontespizio della prima opera nota di possesso manoscritta in inchiostro marrone: ‘Di Giulio Cesare Bracceschi adi 13 Agosto 1664’. I:
Seconda edizione – la prima era stata stampata a Firenze dai Giunti nel 1571 – del volgarizzamento di Pier Vincenzo Danti del celebre trattato di astronomia De Sphaera Mundi di Girolamo Sacrobosco, libro di testo diffusissimo con nozioni di geografia e di tecniche di navigazione che compendia in sé tutte le conoscenze dell’età classica e medievale e che restò in uso fino al XVII secolo e che godendo di un vastissimo successo, testimoniato dal gran numero di copie manoscritte e di edizioni a stampa, che, a partire dalla princeps del 1472, si susseguirono fino a Seicento inoltrato. La presente edizione venne curata dal perugino Pier Vincenzo Danti, che si occupò di tradurre il testo e dal più famoso nipote, il matematico, cosmografo e architetto Egnatio Danti, che vi appose il proprio commento al testo del Sacrobosco in cui sono contenuti gli aggiornamenti necessari ad adeguare alcune norme ormai superate alle esigenze dell’epoca. Il commento di Egnazio Danti, pubblicato poco dopo che la sua opera principale, il Trattato dell’Uso, e della fabbrica dell’astrolabio con l’aggiunta del planisfero il Planisferio del Roias del 1569, aveva visto la luce è da collocarsi all’interno della sua attività indefessa di quegli anni, al servizio della corte Medicea di Firenze. La presente stampa è – accanto a quella che segue – appartiene alla esigua produzione – sono note solo una decina di edizioni – della tipografia perugina di Giovanni Bernardino Rastelli, la cui attività è documentata dal 1574 al 1579. II: Rara prima e unica edizione di questo calendario, redatto dal medico, filosofo e matematico Giovanni Bernardino Rastelli che insegnò medicina e filosofia all’Università di Perugia e che ebbe in casa una piccola officina tipografica presso la quale lavorarono gli stampatori Baldo Salviani e Giacomo Ruffinelli, che sottoscrive appunto il presente volume. La presente stampa, come quella che la precede, è caratterizzata da una grande eleganza tipografica e dal largo impiego di capilettera silografici, alcuni dei quali di dimensioni assai estese, finemente decorati da piccoli paesaggi e incisi con grande accuratezza. III: Seconda edizione di una di questo breve opuscolo riguardante, come il precedente, l’emendazione del calendario, dell’ingegnere e architetto fiorentino Antonio Lupicini, che operò principalmente al servizio dei Medici, la cui princeps era stata impressa sempre a Firenze dal Sermartelli nel 1578. 106
Beautiful unsophisticated collection of three works including the second edition of the Italian translation made by Pier Vincenzo Danti of Johannes de Sacrobosco’s De Sphaera, one of the fundamental astronomy texts of the Middle Ages, and one of the earliest printed books on astronomy, the first edition appearing at Ferrara in 1472. The text is accompanied by the commentary of Egnazio Danti, the renowned mathematician and astronomer who worked mostly for the Medici in Florence. Handsome copy, bound in contemporary vellum with manuscript title on spine. Manuscript ownership’s note of the 17th century on the title-page of the first work. I:
Riccardi i, 390; Adams H, 740 (per l’ed. del 1571); Gamba 1632. II: Ascarelli-Menato, p. 311. Gamba, 1499.
III:
66 Lancellotti, Giovanni Paolo (1522-1590). Vita Bartoli iureconsulti ex certissimis atque indubitatis argumentis desumpta. Perugia, Pietro Giacomo Petrucci, 1576. In-4° (mm 215x154). Segnatura: *4, A-M4, N6. 4 carte non numerate, 99 pagine, 4 carte non numerate. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante un serpente che si erge da una pietra variegata e, in alto, il sole, il tutto entro cornice ovale affiancata da putti che reca il motto: ‘In frigido frigidus ardens’. Alla c. E2r diagramma silografico, al verso della stessa carta grande stemma nobiliare inciso su legno. Alla carta F4v incisione silografica a piena pagina raffigurante l’albero genealogico del Bartoli. Numerose iniziali silografiche animate e ornate nel testo. Legatura in pergamena coeva con titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione. Qualche macchia e qualche fioritura al frontespizio e alle prime carte. Al frontespizio nota di possesso in inchiostro marrone, probabilmente di mano seicentesca, ‘Philippus Meniconius’.
Prima ed unica edizione di questa biografia di uno dei più celebri giuristi europei del XIV secolo – Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) – che fu discepolo di Raniero Arsendi da Forlì e di Cino da Pistoia e il maggiore esponente di quella scuola giuridica che fu definita dei commentatori (o post-glossatori). La venerazione delle successive generazioni di studenti del diritto è dimostrata dall’adagio: nemo iurista nisi bartolista, non può essere un buon giurista chi non sia un bartolista. Si ricorda che Bartolo e la sua scuola elaborarono i fon107
damenti giuridici dell’autonomia politica delle repubbliche cittadine e della cittadinanza, oltre al significativo contributo alla nozione di politica intesa come saggezza civile. L’opera venne redatta dal perugino Giovanni Lancellotti, che insegnò diritto civile e canonico all’Università di Perugia e che fu tra i fondatori dell’Accademia musicale degli Unisoni e membro dell’Accademia letteraria degli Insensati. First and only edition of the biography of one of the most popular european lawyers of the 14th century – Bartolo of Sassoferrato (1314-1357) – who had been a pupil of Raniero Arsendi and Cino da Pistoia. This account was written by the lawyer and writer Giovanni Lancellotti, who teached canonical and civil right at the University of Perusia and was a member of the musical academy of the ‘Unisoni’. Contemporary limp vellum. Good copy, some minor foxing and spotting at the first leaves. Illustrated by three big woodcuts depicting a diagram, Bartolo’s armorial coat anf his family tree. Many woodcut decorated initials througout the text. Manuscript note of possession, probably of the 17th century, on title-page. Adams L, 105.
67 Beccuti, Francesco (1509-1553). Rime. Venezia, Domenico e Giovanni Battista Guerra, 1580. In-8° (mm 143x93). Segnatura: A-N8. 8 carte non numerate, 188 pagine numerate, due carte non numerate. Al frontespizio marca tipografica dei Guerra incisa su legno raffigurante un’aquila che vola verso il sole e perde le penne in cornice figurata e il motto ‘Renovata iuventus’; una variante della stessa marca ripetuta alla penultima carta. Capilettera ornati e fregi silografici nel testo. Legatura coeva in pergamena con titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, margini superiori sobri; una gora alle ultime 10 carte e sul piatto posteriore della legatura. Antica nota di possesso manoscritta al frontespizio.
Prima e unica rarissima edizione di questa raccolta di componimenti del poeta perugino Francesco Beccuti detto il Coppetta di particolare interesse perché, pur non discostandosi nella forma dai moduli petrarchisti o, tutt’al più da quel108
li berneschi tipici dell’epoca, presenta delle caratteristiche innovative dal punto di vista del contenuto. Coppetta infatti approfittò dell’enorme tolleranza verso l’omosessualità esistente in Italia poco prima dell’inizio della Controriforma, per discutere dei propri amori omosessuali con una schiettezza che pochi decenni dopo sarebbe divenuta impensabile: basterà dire che fra le sue poesie si annoverano due lunghe composizioni sui ‘pro’ e ‘contro’ della sodomia omosessuale. In conclusione, il canzoniere del Coppetta è un documento sociale, umano e perfino antropologico, oltre che letterario, praticamente unico nel suo genere, in quanto rappresenta una parte importante della storia dell’omosessualità. Rare first and only edition of this collection of poems by the writer from Perugia Francesco Beccuti, considered an important historical and social document because the author sings in it his homosexual loves, fact that will become impossible a few years later. Contemporary vellum with manuscript title on spine. Woodcut printer’s device on titlepage. Woodcut decorated initials throughout. Good copy, upper margins short; a dampstain on the last 10 leaves. Ancient manuscript note of possession on title. Adams C, 2606; Gamba 372.
68 Bruno, Giordano (1548-1600). De umbris idearum. Parigi, Gilles Gourbin, 1582. In-8° (mm165x98). Segnatura: *4, â8, ê8, î8, ô8, û4, a-k8. 40 carte non numerate di cui l’ultima bianca, 80 carte numerate. Carattere rotondo e carattere corsivo. Illustrato da 32 silografie di Giordano Bruno raffiguranti varie ruote della memoria e diagrammi a piena pagina, figure delle costellazioni e dei pianeti. Bella legatura francese del Settecento in marocchino granata; triplice riquadro di filetti in oro ai piatti; dorso liscio a tre scomparti con titolo in oro. Splendido esemplare, in ottimo stato di conservazione. Al frontespizio due note di possesso manoscritte: la prima del XVII secolo – ‘Ex libris Joannis Massolaj’, la seconda del XVIII secolo – ‘Ex libris g. Marcelli’. Ex-libris inciso del duca di Hamilton al contropiatto. Timbro della Bibliotheca Heberiana al foglio di guardia; firma di Walter Pagel datata 1945. Ex-libris di B.E.J. Pagel, membro della Royal Society dal 1922.
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Prima edizione della prima opera di Giordano Bruno della quale ci sia pervenuta una stampa e primo libro in cui compaiono le silografie concepite dal grande Nolano. Nel 1582 Bruno diede alle stampe a Parigi – città in cui era giunto, proveniente da Tolosa, nell’autunno del 1581 e in cui si tratterrà fino al 1583 – il De umbris idearum, trattato che stabilisce i fondamenti teorici della mnemotecnica. La pubblicazione di quest’opera è menzionata da Bruno anche nelle deposizioni rese agli Inquisitori veneti. Nel corso dell’interrogatorio del 30 maggio 1592 il Nolano ricorda l’avvenuto incontro con Enrico III che «mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che havevo et che professava era naturale o pur per arte magica; […] et con quello che li dissi et feci provare a lui medesmo, conobbe che non era per arte magica ma per scientia», aggiungendo che «doppo questo feci stampar un libro de memoria sotto titolo De umbris idearum, il qual dedicai a Sua Maestà; et con questa occasione mi fece lettor straordinario et provisionato» (Firpo, Processo, pp. 161-62). Il De umbris idearum si apre infatti, dopo l’indirizzo al lettore impresso sul verso del frontespizio, con la breve epistola noncupatoria indirizzata al sovrano francese, a cui seguono – dopo alcune composizioni poetiche – le tre parti in cui si articola l’opera. Il De umbris idearum, ed in particolare l’Ars memoriae ad esso legata, è al centro dell’interpretazione della mnemotecnica bruniana offerta da Francis Yates in fortunati saggi quali Giordano Bruno and the Hermetic Tradition e The Art of Memory. Alla studiosa inglese spetta il merito di aver messo in evidenza il carattere pratico-operativo del sistema proposto da Bruno, e di aver tentato, con una ricostruzione delle cinque ruote della memoria che corredano la stampa parigina, una verifica del suo concreto funzionamento. First exceedengly rare edition of Bruno’s first published book, which is also the first in which the woodcut conceived by the author himself make their appearance. Bruno dedicated De umbris idearum, his first memory treatise, to Henri III, whose curiosity had been piqued by the rumor of Bruno’s feats of memory. The work reveals «his transformation of the art of memory into a deeply magical art, and its title is taken from that of a magical book mentioned in the necromantic commentary on the Sphere of Sacrobosco by Cecco d’Ascoli, an author whom Bruno greatly admired. Bruno thus came before the world in his first Parisian period as a magician teaching some extremely abstruse art of memory that apparently gained the interest and approval of the king of France» (DSB). The text contains allusions to the magic arts of Aesclepius and a list of 110
150 magic images of the stars. Contemporary readers would have recognized the work «as belonging to certain contemporary trends. Here was a book on memory presented as a Hermetic secret and obviously full of magic. Seized with dread or disapproval, some readers would have discarded the book» (Yates, p. 207). Bound in 18th century red morocco with gilt decorations on boards; gilt title and tools on spine. Woodcut headpieces and initial letters. 12 astrological diagrams and 19 woodcut animal and human figures in text. Amazing, wide-margined copy. Provenance: manuscript ownership notes of the 17th and 18th centuries on title-page; Bookplates of the duke of Hamilton and of B.E.J. Pagel, member of the Royal Society since 1922; stamp of the ‘Biblioheca Heberiana’ and signature of Walter Pagel dated 1945. Salvestrini, 17; Giordano Bruno. Mostra storico documentaria, Roma 200, n. 124; Adams B, 2952; L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, Roma 1993; F. A.Yates, Giordano Bruno and the Hermetic Tradition, London 1964; F. A. Yates, The Art of Memory, London 1966.
69 Campo, Antonio (m. 1587). Cremona fedelissima città, et nobilissima colonia de’ Romani rappresentata in disegno, et illustrata d’una breve historia delle cose più notabili appartenenti ad essa, et dei ritratti naturali, de’ duchi et duchesse di Milano. Cremona, Ippolito Tromba ed Ercoliano Bartoli, in casa dell’autore, 1585. Due parti in un volume in-folio (mm 406x265). Segnatura: +4, A-L4, *4-**********4, M-P4, +4, Q-S4. 4 carte non numerate, 88 pagine, 78 pagine con numerazione romana, 32 pagine numerate 89-120, 14 carte non numerate, manca la carta **********4 bianca. Carattere rotondo e carattere corsivo. Splendido frontespizio allegorico firmato “Ant. Cam. In.” (Antonio Campo incisit), al verso del quale si trova un grande medaglione col ritratto di Filippo II di Spagna, a cui è dedicata l’opera, e sotto al quale si trovano le insegne dei regni a lui sottoposti. Il testo è interamente inquadrato da una cornice architettonica incisa su legno. L’opera è illustrata da due grandi incisioni a piena pagina (rispettivamente al verso della seconda carta e a p. 13) raffiguranti l’apoteosi di Cremona e l’uscita dal Carroccio, da 35 medaglioni con ritratti – tra i quali figurano quello dell’autore e quelli di numerosi personaggi insigni della storia di Cremona e di Milano – e 27 capilettera animati incisi in rame da Agostino Carracci. Nel volume sono inoltre presenti fuori testo, due grandi tavole ripiegate: la prima (mm 470x876) recante una mappa della città di Cremona, la seconda (mm 390x457) reca, al recto, le piante e
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le vedute architettoniche del battistero e della ‘famosa alta torre’ (il Torrazzo) di Cremona e al verso la veduta della facciata del Duomo della medesima città. Le tavole sono seguite da una grande incisione a doppia pagina raffigurante una mappa in scala del “contado, territorio et diocesi di Cremona con suoi confini”. Legatura ottocentesca in mezza pelle nocciola con carta decorata ai piatti e titolo e decorazioni in oro al dorso; sguardie in carta marmorizzata. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche lieve fioritura. Al frontespizio nota di possesso manoscritta di mano coeva: ‘Petri Maria Campi Canonici Placentini’, da identificarsi con Pietro Maria Campi, autore della nota Historia ecclesiastica di Piacenza, pubblicata in tre volumi tra il 1651 e il 1652.
Prima rarissima edizione di questo raffinato volume, tra i più lussuosi dell’epoca che venne in seguito ristampato nel XVII secolo in formato minore. L’opera è di grande importanza non solo per la storia di Cremona, ma anche per le splendide incisioni di Agostino Carracci, che aveva utilizzato come modelli alcuni dei ritratti presenti nella celebre collezione di Paolo Giovio. La descrizione dell’aspetto della Cremona dell’epoca, nonché la più antica mappa della città, si devono dunque al genio di uno dei suoi artisti più poliedrici e influenti, Antonio Campo, che fu anche architetto, pittore e scultore e che, insieme al Carracci, produsse uno dei libri figurati più ricchi e significativi della seconda metà del XVI secolo. Probabilmente la stampa del volume iniziò nel 1583, come si legge nella parte bassa del frontespizio, dove la data fu poi corretta. L’opera è divisa in quattro libri, di cui i primi tre riguardano la storia di Cremona dalla fondazione al 1585, mentre l’ultimo contiene i ritratti e le biografie dei duchi e delle duchesse di Milano. First very rare edition of one of the most beautiful illustrated books of the end of the 16th century, created by the collaboration between the famous artist Agostino Carracci, author of the elegant engravings, and the architect, painter and sculptor Antonio Campo. The book contains the story of the Italian city of Cremona from its foundation until 1585 and is adorned by an amazing allegorical title-page, a portrait of Philip II of Spain, dedicacee of the work, by two full-page engravings and by 35 medaillons with the portraits of the dukes and duchesses of Milano. The imprint contains also two large folding plates out of text with some important monuments of Cremona, as the dome, and a map of this city. Handsome copy, bound in 19th century half calf with marbled paper on boards and gilt title on spine. Contemporary manuscript note of possession on title-page by Pietro Maria Campi. Mortimer I, 100; Lozzi 1378; Cicognara 3977; STC 142; Brunet I, 1526.
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70 Statuta Hospitalis Hierusalem. Roma, Ex typographia Titi & Pauli de Dianis, 1588. In-folio (mm 334x229). Segnatura: [* 6+1, **6, ***6, ****4], A-Q6, R8; A-D4. 135 carte complessive così suddivise: 23 carte non numerate, 198 pagine, due carte non numerate, sei pagine che seguono la numerazione precedente di cui solo tre numerate 201-203, 8 carte non numerate. Apparato iconografico: frontespizio inciso (c. *1) raffigurante, nella parte superiore, San Giovanni Battista nella corsia di un ospedale e, nella parte inferiore, le personificazioni delle tre virtù cardinali: Fede, Speranza e Carità, sormontate da un nastro che racchiude il titolo; alla c. *2 incisione a piena pagina – intitolata De corem et fortitudinem domini – raffigurante papa Sisto V che nomina gran maestro dell’Ordine di Malta Hugues de Loubens-Verdale, nella parte inferiore cartiglio che racchiude dei versi encomiastici latini di Tolomeo Veltroni; alla c. *+1 incisione a piena pagina – intitolata De corem indutus est – raffigurante Sisto V che investe della porpora cardinalizia Hugues de Loubens-Verdale, sotto un cartiglio contenente versi encomiastici latini anonimi; alla c. *3 incisione a piena pagina con il ritratto del Gran Maestro Hugues de Loubens-Verdale in ovale, racchiuso da una ricca cornice architettonica sormontata dalle armi dell’effigiato e con al piede un cartiglio con versi encomiastici; alla c. *6 incisione a piena pagina raffigurante Dio Padre che sovrasta una schiera di putti alati e angeli musicanti, con un cartiglio che reca il titolo Effigies Magistrorum Hospitalis; i fascicoli **6 e ***6 costituiti da 12 carte incise al solo recto da Philippe Tomassin, con le effigi di 48 (4 per tavola) Gran Maestri dell’Ordine di Malta; alla c. ****1 tre medaglioni raffiguranti gli ultime tre Gran Maestri, compreso Hugues de Loubens-Verdale, ritratto con in mano un libro sul quale si legge au contraire la firma dell’artista ‘Ghys veen fe.’ (Gijsbert Veen); alla c. ****2 incisione a piena pagina raffigurante un sole iridescente sormontato da un cartiglio con il motto ‘EX CANDIDO ET PROPINQUO’, il tutto racchiuso da un’elaborata cornice sormontata dalle armi del Verdale e con, sul lato sinistro, i panneggi ecclesiastici e, su quello destro, le vesti militari; alla c. ****4 la prima della serie delle 21 tavole (le altre in numerazione), composte da incisioni in rame raffiguranti l’attività quotidiana e i momenti più significativi della storia dell’Ordine, racchiuse da una serie di 4 elaborate cornici silografiche ripetute più volte. Degni di nota i due rami raffiguranti l’assedio di Malta e la pianta del La Valleta, rispettivamente alle cc. B5v e R6v. Il frontespizio dell’index materierum, posto all’inizio delle ultime carte non numerate, è racchiuso nella più bella delle quattro cornici silografiche presenti nel testo, nella quale sono raffigurati, nella parte superiore, San Giovanni Battista, ai lati due colonne tortili istoriate con scene tratte dall’agiografia del santo e, nella parte inferiore, una vignetta con un ospedale. Il testo è invece incorniciato da semplici filetti silografici o da cornicette. Testatine, finalini e capilettera silografici ornati. Legatura coeva in pergamena floscia con titolo manoscritto al dorso. Esemplare genuino, in buono stato di conservazione, qualche lieve gora nel margine bianco di alcune carte. Al verso del foglio di guardia anteriore grande scudo araldico disegnato in inchiostro marrone scuro sormontato dalla croce di Malta e con al piede la sottoscrizione ‘1631 fr. M. Antonij de Meniconijs aequ. Hierosol. ac Comendatarius’.
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Straordinaria edizione, profusamente illustrata, dei revisionati Statuti dell’Ordine di Malta che seguono la princeps del Blado del 1556, da cui riprendono anche una delle quattro cornici silografiche che adornano il testo. Come ricorda Ruth Mortimer nella sua attenta disamina delle innumerevoli tirature di questa magnifica edizione, la presente, formata da 135 carte, è sicuramente la più completa (le due copie di Harvard sono composte da 130 carte, le due di Cambridge da 129 e da 130 e la copia Schäffer da 133). Il presente esemplare che grazie alla sua purezza e genuinità ci permette di dare un’esatta fascicolazione e segnatura, non presente in nessun repertorio da noi consultato, contiene tutte e quaranta le incisioni conosciute di questa edizione, che si ritrovano in maniera discontinua e legati in modo differente nelle altre copire conosciute. Inoltre delle tre carte di testo preliminari conosciute di questa edizione la presente copia le riporta tutte: la prefazione del curatore del volume Giovan Battista Rondinelli (c. *4), un breve di Sisto V (c. *5) e la nota lettera di Hugo de Loubens de Verdala (c. ****3). Degna di nota è anche la composizione in otto carte del fascicolo ‘R’, normalmente di sei carte come gli altri, contenente l’aggiunta “Sequuntur Nova Statuta”. Le raffinate incisioni, affascinante il contrasto tra le elaborate cornici silografiche e i rami, sono basati quasi sicuramente su disegni del celebre artista detto il Cavalier d’Arpino. Extraordinary copy of this important edition of the revised constitution of the order of the knights of Malta, following the princeps printed by Blado in 1556, from which are taken the four woodcut borders adorning the text. This copy is the most complete known because it has the bigger number of pages if compared to the other copies. The book is fully illustrated by a huge number of plates within woodcut decorated borders. Contemporary limp vellum with manuscript title on spine. 17th century manuscript note of possession. Adams J, 151-152; Mortimer 273; Schäffer, Italian Books, 104; Lippeheide Of 3.
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71 Ptolemaeus, Claudius (100-ca. 178 d.C.). Geographiae universae tum veteris tum novae absolutissimum opus duobus voluminibus distinctum in quorum priore habentur Cl. Ptolomaei Pelusinis geographicae enarrationis libri octo: quorum primus, qui praecepta ipsius facultatis omnia complectitur, commentarijs vberrimis illustratus est à Io. Antonio Magino Patauino. Venezia, eredi di Simone Galignani, 1596. Due parti in un volume in-4° (mm 223x165). Segnatura: +6, A-L8, M4, A-F4, A-E4, A-C8, D4, EP8, Q4, R-Z8, Aa-Oo8, a-g4. 6 carte non numerate, 184 pagine, 47 pagine, 20 carte non numerate; 292 carte numerate, 27 carte non numerate, manca l’ultima carta bianca; la carta E4 bianca. Carattere rotondo e carattere corsivo. Frontespizi separati per ciascuna delle due parti che compongono l’opera recanti entrambi la medesima marca tipografica incisa su legno – raffigurante una torre sovrastata dal motto ‘turis et fortitudo mihi de’ e con, ai lati, una donna con una sfera celeste e un vecchio con la rosa dei venti (V353). Entrambe le marche sono impreziosite da una coloritura strettamente coeva. Illustrato da 64 splendide tavole geografiche del mondo antico e del mondo moderno, incise su rame da Girolamo Porro e basate su quelle disegnate da Ortelius e Mercatore, di cui 63 a piena pagina e comprese nella numerazione del volume e una fuori testo e a doppia pagina, raffigurante il planisfero. Nel testo numerosi capilettera silografici animati e ornati; testatine e finalini incisi su legno. Tutte le tavole recano una splendida coloritura eseguita all’epoca e impreziosita da lumeggiature in oro e argento. Legatura veneziana coeva in pelle marrone, copiosamente decorata a secco recante, al piatto anteriore, uno stemma gentilizio entro ovale, con tracce dell’antica doratura. Dorso a quattro nervi, decorato da grandi ferri floreali impressi a secco. Tagli goffrati e dorati. Custodia moderna in tela marrone con titolo in oro al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; una braghetta alle prime due carte a parziale copertura di un antico timbro, piccolo restauro all’angolo esterno della c. Hh6. Qualche lieve fioritura e alcune carte leggermente brunite. Qualche piccola perdita alla pelle della legatura, dorso e cerniere restaurati. Al contropiatto posteriore ex-libris della Wardington Library.
Prima rara edizione della traduzione latina dell’insigne matematico, astronomo e geografo Giovanni Antonio Magini della Geographia di Claudio Tolomeo, da lui dedicata al duca di Mantova Vincenzo Gonzaga e corredata da 64 splendide mappe incise su rame da Girolamo Porro. Le mappe di questa edizione godettero di un grande successo e vennero reimpresse nelle successive stampe del 1597, del 1608 e del 1617 e nelle traduzioni italiane della Geographia, anch’esse curate dal Magini e pubblicate nel 1598 e nel 1621. Questa monumentale opera – qui in uno straordinario esemplare recante una splendida coloritura coeva delle tavole – è di grande importanza non soltanto 115
per l’accurato commentario descrittivo del Magini, ma anche perché alle tradizionali ventisette carte con cui fino ad allora veniva illustrata l’opera di Tolomeo, ne furono aggiunte altre trentasette finemente incise in rame da Gerolamo Porro sul modello di quelle di Giacomo Gastaldi, Abraham Ortelius e soprattutto di Gerhard Mercator, che formano nell’insieme un vero e proprio atlante moderno. L’opera è divisa in due parti: la prima parte, articolata in otto libri, contiene i principi generali della geografia, le regole per la costruzione delle carte geografiche oltre ad un catalogo di regioni e luoghi. La seconda che si apre con le ventisette tavole del mondo antico, ricavate da quelle incise da Girolamo Ruscelli, costituisce un vero e proprio atlante: le diverse regioni del mondo conosciuto sono accuratamente descritte e illustrate con trentasette carte geografiche; tra le quali il famoso mappamondo in due emisferi di Mercator e quello ad uso dei naviganti. Rare first edition of Giovanni Magini’s Latin translation of Ptolemy’s Geographia. Extensively illustrated with 64 full-page maps engraved by Girolamo Porro and with a fine contemporary hand colouring heightened with gold and silver. The maps in this edition, engraved by Porro, are in nice, dark impressions. They were reprinted in the Magini editions of 1597, 1608, and 1617 and in Italian translations in 1598 and 1621, the plates in these latter printings often showing considerable wear or retouching. Three of the maps are of the world, and four relate to the Americas. Very handsomely bound in contemporary Venetian blind-tooled calf, all edges gilt and enchiseled, gilt armorial device to upper cover and a smaller device in blind to the lower cover, a copy with fine provenance, decorations to the spine in blind and handsomely decorated overall. Housed in a quarter morocco clamshell case. A very pleasing and well preserved copy; first two leaves with old stamp removed and the area overlaid with paper. Some wear to joints. Bookplate of the Wardington Library. Nordensköld Collection 2, 223; Shirley, British Library, T.PTOL-12a; Phillips, Atlases, 403; Sabin 66506.
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72 Photius (820-893). Bibliotheca. Augsburg, Ad insigne pinus, 1606. In-folio (mm 308x200). 14 carte non numerate, 555 pagine, 17 carte non numerate, una carta bianca. Carattere rotondo, corsivo e greco. Note a stampa lungo i margini del testo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante un pino con il motto: ‘HONOS ERIT HUIC QUOQUE POMO’ entro cartiglio. Testatine, finalini e capilettera ornati incisi su legno nel testo. Legatura coeva in pergamena floscia, titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso, tracce di bindelle. Splendido esemplare, in ottimo stato di conservazione.
Prima rara edizione latina di questo celebre testo, che segue di poco la princeps greca pubblicata, sempre ad Augsburg, nel 1601. La Bibliotheca, nota anche col titolo greco di Myriobiblon, redatta dal patriarca di Bisanzio Fozio I di Costantinopoli, raccoglie una serie di notizie ed epitomi di altri testi in prosa, alcuni dei quali non ci sono pervenuti e che sono quindi attestati unicamente dalle sintesi foziane. Nel XVI secolo il libro fu messo all’indice – evento che spiega l’apparizione tardiva della prima edizione a stampa – dal momento che i sostenitori del papato attribuivano all’intervento del suo autore la creazione delle premesse che portarono allo scisma della Chiesa d’Oriente, canonicamente indicato con la data del 1054. «La storia della tradizione foziana è stata per larga parte, e fino ai tempi recenti, una storia tormentata. Esile appare la tradizione manoscritta della Biblioteca: il Medioevo bizantino ha restituito due testimoni indipendenti dell’opera, entrambi mutili, e solo un manipolo di estratti più antichi del XV secolo. Perdite e fallimenti segnano anche la ricezione moderna dell’opera di Fozio: fin dai decenni che precedettero l’editio princeps, apparsa nel 1601, la storia della tradizione della Biblioteca appare come una successione di progetti irrealizzati o incompiuti, di lavori rimasti inediti o andati perduti. E impervio fu lo stesso percorso che condusse alla prima edizione dell’opera e alla sua prima divulgazione in lingua latina. Esse si debbono alla tenacia e all’impegno congiunto di due eruditi che militavano su fronti confessionali ben diversi: un luterano, David Höschel (1556-1617), e un gesuita, André Schott (1552-1629). L’edizione del testo greco procurata da Höschel è un monstrum critico-testuale; essa fu sostituita, negli anni Venti dell’Ottocento, dall’edizione di Immanuel Bekker, criticamente fondata sul più antico testimone manoscritto, il Marc. Gr. 450 (A): ma, fino ad allora, il lavoro di Höschel non fu mai fatto oggetto di critica sistematica da parte degli studiosi. Ben altro fu il destino della parallela 117
impresa di Schott: gli errori, talora cospicui, che costellano la sua traduzione indussero stupite e accese reazioni del mondo erudito, particolarmente protestante, fin dalla pubblicazione del lavoro. Solo recentemente è stato messo in luce come, in molti casi, ai frequenti e vistosi errori della traduzione di Schott possa essere sottesa una ratio: una ratio confessionale» (M. Losacco, Antonio Catiforo e Giovanni Veludo interpreti di Fozio, pp. 8-9). Infatti – come è stato sapientemente analizzato da Luciano Canfora in un recente studio – i Prolegomena di André Schott, che precedono l’edizione della sua traduzione latina del testo di Fozio, contengono ampi brani desunti da un’inedita introduzione a un’epitome latina della Bibliotheca, preparata dall’umanista e gesuita Juan de Mariana e rimasta inedita. L’erudito e teologo spagnolo era infatti sospettato – sospetto che ne causò in seguito l’incarcerazione – di essere il mandante morale dell’assassinio di Enrico IV, dal momento che nel suo trattato De rege et regis institutione (1598), il tirannicidio veniva approvato in caso di minaccia del diritto dei popoli. Non stupisce perciò che anche la sua traduzione di Fozio – invisa alle autorità ecclesiastiche e politiche – circolasse in forma manoscritta. Alla luce del ritrovamento – fatto da Canfora – del manoscritto di Juan de Mariana emerge dunque il debito dello Schott nei suoi confronti, che va individuato soprattutto nell’assunzione che Fozio scrisse l’opera durante gli anni giovanili, e dunque prima dell’eresia scismatica della quale si era macchiato. Questa ipotesi permetteva perciò di svincolare il libro dalla condanna che ne aveva fatto il Concilio tridentino e ne giustificava, di conseguenza, l’edizione. First rare Latin edition – the Greek princeps was published a few years earlier, in 1601 – of the Myriobiblon, or Bibliotheca, a collection of extracts from 280 volumes of classical authors, which contains many quotations from lost Greek writings, by the patriarch of Costantinople Photius I. The author is a figure of controversy. In later years the deep cleavage between East and West was reckoned from the schism of Photius, even though the formal schism did not occur until the 11th cent. For this reason the Bibliotheca was rejected by the Council of Trent and inscribed in the Index of prohibited books. This Latin translation by the jesuit André Schott is very important also because the Introduction contains some references to the former unpublished translation by the jesuit and humanist Juan de Mariana – the manuscript of which has been recently discovered by professor Luciano Canfora. Mariana assumes that Photius’s work must be dated to the period preceeding his eresy and Schott proposes the same hypothesis which allows consequently the edition of the work. 118
72. Photius
74. Legatura dogale di Paolo Sarpi
75. Legatura Soresini
77. Galilei, Galileo
79. De Angeli, Paolo
81. Scacchi, Francesco
84. Massimo, Salvatore
83. Argoli, Giovanni
Amazing copy, very fresh and clean, bound in contemporary limp vellum with manuscript title in brown ink on spine. Hoffmann III, 246 (1 ed.); L. Canfora, La biblioteca del patriarca. Fozio censurato nella Francia di Mazzarino, Roma 1998; L. Canfora, Il Fozio ritrovato. Juan de Mariana e André Schott, Bari 2001; M. Losacco, Antonio Catiforo e Giovanni Veludo interpreti di Fozio, Bari 2003.
73 Manfredi, Muzio (ca. 1535-1609). Madrigali […] sopra multi soggetti stravaganti composti. Venezia, Roberto Meglietti, 1605. Id. I cento artificiosi madrigali. Venezia, Roberto Meglietti, 1606. Due opere in un volume in-12° (mm 125x66). I: 5 carte non numerate, 374 pagine, manca l’ultima carta bianca. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio della prima opera racchiuso entro un’elegante cornice archiettonica incisa su rame ornata da putti e figure allegoriche che affiancano le armi del dedicatario dell’opera, monsignor Luigi Capponi. Sulla stessa pagina marca tipografica del Meglietti. Nel testo numerosi finalini, testatine e capilettera silografici ornati. II: 4 carte non numerate, 51 pagine. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno. Testatine, finalini e capilettera silografici ornati nel testo. Legatura ottocentesca in mezza pelle agli acidi con carta decorata ai piatti; dorso decorato da ferri floreali dorati con titolo e data di stampa su due differenti tasselli in marocchino, rosso il primo e verde il secondo; tagli rossi, segnalibro in seta gialla. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima edizione di queste due raccolte di madrigali dedicate, rispettivamente, a monsignor Luigi Capponi e a Laura d’Este, principessa della Mirandola, composti dal letterato e poeta, originario di Cesena, Muzio Manfredi, che fu al servizio di varie nobili famiglie, fra cui gli Orsini, i Gonzaga e i Brunswick-Lorena. Il Manfredi è un vero e proprio specialista del genere madrigalesco che «se nella sua travagliata biografia cortigiana sembra ormai appartenere al capriccioso e precario nomadismo secentesco, nel suo artigianato letterario, così spesso e visibilmente sollecitato da una frivola committenza mondana, sembra rinnovare i tratti stilistici del manierismo cortigiano di un secolo prima. La soggezione del Manfredi al “mercato” – un mercato, beninteso, composto di dame esigenti e gelose della propria fama – si riflette anche nella predilezione per prodotti edi119
toriali squadrati nel numero esemplare delle “cento composizioni”: ecco le Cento donne cantate (Parma,Viotti, 1580), i Cento madrigali (Mantova, Osanna, 1587), il Sogno amoroso in cento madrigali (Milano, Pacifico Ponzio, 1596), i Cento sonetti in lode di cento donne di Pavia (Pavia, Bartoli, 1601), le Cento donne ravennati cantate (Ravenna, Giovannelli, 1602), fino a I cento artifiziosi madrigali fatti per la signora Ippolita della Penna cognominata Benigna, sua moglie (Venezia, Meglietti, 1606). Cento, come a dire una tranche numericamente memorabile, ed evidentemente seriale, di un’infinità di donne laudabili: e le tortuose quanto cerimoniose giustificazioni con cui il Manfredi accompagna le sue scelte sono eloquente testimonianza della cauta e difficoltosa tattica diplomatica alla cui insegna nascono queste raccolte» (A. Balduino – G. Da Pozzo, Storia letteraria d’Italia. Il Cinquecento, Padova-Milano 1990, p. 1581). First rare edition of two collections of poems by the courtier Muzio Manfredi who worked for several noble families of the time such as the Orsini, the Gonzaga and the Brunswick. The author was specialized in writing poems for the different situations as requested by the courtly life. 19th century half marbled calf with decorated paper on boards; spine with gilt tools and gilt title and date within two different morocco labels; red edges, yellow silk bookmark. On the title-page of first work beautiful decorated border. Many woodcut decorated initials throughout both texts. Handsome copy. Hoefer
XXXIII, 196.
74 [Legatura dogale di Paolo Sarpi (1552-1623)]. [Aristoteles (384-322 a.C.)]. Ethicorum Nicomachiorum paraphrasis, Incerto Auctore, antiquo et eximio peripatetico; ex bibliotheca lugdunobatava nunc primum Graece edita, emendata et Latine reddita a Daniele Heinsio. Leida, Jan Paedts Jacobszon, 1607. Due parti in un volume in-4° (mm 227x161). 11 carte non numerate, una carta bianca, 418 pagine, una carta bianca, due carte non numerate, 524 pagine. Carattere rotondo, corsivo e
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greco. Frontespizio inciso su rame da W.Swanenburg, col titolo racchiuso entro una elegante cornice architettonica ornata dalle figure allegoriche della virtù (‘APETH’) e della malvagità (‘KAKIA’) e, in alto, da due putti che suonano la tromba e che sorreggono un serto di alloro contenente il nome di Aristotele. Alla terza carta ritratto a piena pagina di Aristotele inciso su rame sempre dallo Swanenburg. Inziali silografiche ornate nel testo. Splendida e rarissima legatura dogale parlante, strettamente coeva, appartenuta a Paolo Sarpi (cfr. infra). Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune carte uniformemente brunite, una gora lungo l’angolo inferiore esterno della parte centrale del volume. All’occhiello la nota manoscritta di appartenenza: ‘Bibliothecae Colbertinae’ che attesta la presenza del volume all’interno della raccolta del celebre economista e politico francese Jean-Baptiste Colbert (1619-1683).
Rara edizione olandese dell’Etica Nicomachea, curata dall’umanista e storico di Gand, Daniel Heinsius (1580-1655), racchiusa in una splendida legatura dogale – strettamente coeva – donata dalla Repubblica di Venezia al celebre teologo, astronomo, matematico, fisico, anatomista e letterato Paolo Sarpi. Si tratta dell’unico esempio noto di un volume proveniente con certezza dalla sua biblioteca. La legatura – confezionata senza dubbio a Venezia – è in marocchino rosso a cassoni. I piatti, molto spessi, presentano un decoro, su due livelli di superficie, di gusto persiano e profusamente ricoperto di piccoli ferri in oro. È da notare che l’ornamentazione corrisponde alla cosiddetta tecnica ‘del negativo’, dal momento che il fondo del livello più profondo è totalmente ricoperto d’oro, mentre i fregi in rilievo sono in marocchino rosso. Al centro dei piatti, nella mandorla, è impresso il Leone di San Marco. Al piatto anteriore, nel bordo superiore, è riportata la dedica al Padre Paolo Sarpi, mentre in quello inferiore è impressa la dicitura in forma abbreviata di ‘Teologo consultore del Governo Veneto’. Il dorso presenta cinque grossi nervi, in un compartimento è impresso il titolo, mentre negli altri sono inseriti dei decori a doppi filetti e a volute. Questo tipo di legatura è molto simile a quelle dogali dello stesso periodo – note anche come ‘sunk-panels’ – la più antica delle quali – datata 1473 – venne pubblicata da Tammaro de Marinis all’interno della sua nota raccolta La Legatura artistica in Italia nei secoli XV e XVI. La ricca raccolta del Sarpi, di cui sicuramente faceva parte anche il volume qui descritto – unico esempio di un libro certamente proveniente dalla biblioteca del veneziano ad essere giunto fino a noi – testimonia la vastità e varietà degli interessi dell’insigne poligrafo e si trovava conservata presso la Biblioteca della Chiesa di Santa Maria dei Servi, destinata sventuratamente a scomparire nel rogo del 16-17 settembre 1769. Della biblioteca di Paolo Sarpi ci è rimasto un catalogo parziale, la disamina del quale testimonia il carattere enciclopedico della cultura del personaggio 121
dal momento che accanto alle opere letterarie, si trovavano quelle scientifiche, teologiche, giuridiche e filosofiche, come appunto la presente edizione dell’Etica Nicomachea che però non vi si trova inclusa dal momento che la stampa del libro è posteriore all’anno – il 1599 – in cui le Biblioteche della Congregazione dei Servi inviarono copia dei cataloghi delle loro biblioteche alla sede centrale. Come testimonia la nota manoscritta di possesso presente all’occhiello, il presente volume confluì in seguito nella raccolta libraria di un altro esimio collezionista, Jean-Baptiste Colbert, la cui biblioteca contava, alla sua morte nel 1683, più di ventimila volumi. Allo stato attuale non è possibile stabilire per quali vie il libro sia giunto in Francia, se esso sia stato acquisito dopo la morte del Sarpi durante una delle numerose aste europee durante le quali gli incaricati del grande statista francese cercavano tesori per arricchire la raccolta o se addirittura sia stato acquistato dagli eredi di Colbert che continuarono anch’essi ad ampliare la collezione. Certo è che nel 1728 il conte di Segnelay, ultimo erede della biblioteca colbertina, mise in vendita i volumi e i manoscritti che la costituivano avviandone la dispersione, se si escludono i poco più di mille libri acquisiti in blocco dalla Bibliothèque royale. Interesting edition of the Nicomachean Ethic, edited by Daniel Heinsius, one of the most famous scholars of the Dutch Reinassance in an amazing contemporary binding belonged first to the Italian teologian, astronomer and scholar the friar Paolo Sarpi, the famous author of the Historia del Concilio Tridentino, and then acquired by the famous French statesman and bibliophile Jean-Baptiste Colbert. At the moment this is the only known book coming from Sarpi’s Library, totally destroyed during the fire of the Convent of St. Mark in Venice in September 1769.This book converged later in the collection of Jean-Baptiste Colbert that, like his wealthy contemporaries, and as an essential complement to his career, founded a library that was soon to add to his personal prestige, the Bibliotheca Colbertina.Thanks to Colbert’s financial support and to his librarian, Etienne Baluze’s dedication to his own job, the Colbertina soon became well-known among Europe’s learned people for its rare editions and the vast number of books housed there. (About 20,000 volumes were counted on Colbert’s death). Colbert also owned a host of treasure manuscripts and a remarkable collection of coins and medals. When Colbert’s library was sold in 1728, the collections he had so patiently brought together were dispersed. Most of his manuscripts were purchased by the library of the king of France, while his printed editions were sold at auction all over Europe. 122
Amazing ‘dogal’ Venetian binding. Boards richly gilt decorated on two different levels by ‘sunk-panels’ in an Persian taste. In the center of both boards a medaillon with the lion of St. Mark inside. On the upper cover the lettering which indicates that the volume was given by the Venetian Government to Paolo Sarpi, who was – at the time – its official teologian. Five raised bands on spine fully decorated by gilt tools and with gilt title. Handsome copy, some foxing and some dampstaining throughout; 19th century repairs to the corners of the binding. T. de Marinis, La Legatura artistica in Italia nei secoli XV e XVI, Firenze 1960, volume II, n. 1917, tav. 354 bis; P. Needham, Twelwe century of Bookbindings, New York, 1979, p. 237; G. L. Masetti-Zannini, Libri di fra Paolo Sarpi e notizie di altre biblioteche dei Servi (1599-1600), in «Studi storici dell’ordine dei Servi di Maria», 20 (1970), pp. 174-202; D. Bloch, La bibliothèque de Colbert, in Histoire des bibliothèques françaises. 2. Les bibliothèques sous l’Ancien Régime: 1530-1789, Paris 1988, pp. 157-179.
75 [Legatura Soresini]. Ambrosini, Alessandro (fl. 1608). Commentaria in bullam Gregorij XIV. pont. max. De immunitate, et libertate ecclesiastica, legum civilium, & sacrorum canonum studiosis non minus utilia, quam pernecessaria. Parma, Erasmo Viotti, 1608. In-4° (mm 287x166). 8 carte non numerate, 310 pagine, 22 carte non numerate. Carattere rotondo e carattere corsivo. Frontespizio stampato in rosso e nero con la marca tipografica del Viotti incisa su legno raffigurante un unicorno che si abbevera a un corso d’acqua e il motto ‘Virtus securitatem parit’ (O1215). Una variante della stessa marca è ripetuta al verso della carta T12 (O823). Capilettera animati e ornati, testatine e finalini silografici nel testo. Splendida legatura coeva in pergamena decorata in oro di Soresini alle armi di Scipione Borghese. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune fioriture e alcune carte uniformemente brunite. Nota di possesso manoscritta di mano probabilmente coeva al frontespizio: ‘Joseph Grossi’.
Prima ed unica edizione di questo commento alla bolla di papa Gregorio XIV riguardante la libertà e l’immunità del clero rispetto alla legge civile, dedicata dall’autore a papa Paolo V. Il volume è racchiuso in una splendida legatura originale in pergamena, con le armi dorate del cardinale Scipione Borghese al centro dei piatti, che sono inoltre inquadrati da una grande cornice i cui con123
torni sono eseguiti con un doppio filetto in oro. Al centro una rotella realizzata con ferri rappresentanti dei delfini contrapposti; nei quattro quadrati. Agli angoli, è impressa l’aquila d’oro pezza araldica dei Borghese. Il campo centrale presenta, agli angoli, una tipica grottesca con il ferro a ‘faccia di Pierrot’ contornato da due delfini giustapposti. Al centro del campo le grandi armi del Borghese in un cartiglio a volute sormontato dal Cappello Vescovile. Il dorso presenta cinque falsi nervi sottolineati da un duplice filetto, al centro dei campi è ripetuto il ferro con l’aquila dello stemma Borghese. I tagli sono in oro zecchino con cesellatura. Per la qualità dell’esecuzione e per la presenza dei ferri a delfini e della grottesca la legatura si può certamente attribuite alla Bottega dei Soresini, legatori papali. First and only edition of this commentary to the papal bull of Gregorius XIV, preserved in a beautiful contemporary vellum binding richly decorated in gold and with the arms of the cardinal Scipione Borghese in the center of both boards.The binding was made by the famous Soresini workshop, who used to work for the popes. Handsome copy, perfectly preserved. Piantanida 1231; Catalogo della mostra della legatura Romana barocca 1570-1700, Roma 1991.
76 Klau, Christoph (1538-1612). Algebra. Roma, Bartolomeo Zanetti, 1608. In-4° (mm 221x163). 18 carte non numerate, 383 pagine. Carattere rotondo e carattere corsivo. Note a stampa lungo i margini del testo. Al frontespizio marca silografica raffigurante l’emblema dei gesuiti: un sole con, all’interno, il monogramma ‘IHS’. Marca tipografica incisa su legno al verso dell’ultima carta, raffigurante tre frecce tenute insieme da un nastro entro cornice architettonica. Numerosi diagrammi, capilettera e finalini silografici ornati nel testo. Legatura coeva in pergamena floscia con titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso; tracce di bindelle. Esemplare in buono stato di conservazione, una gora lungo l’angolo inferiore esterno delle prime e delle ultime carte; una piccola mancanza di pergamena al dorso della legatura. Nota di possesso manoscritta in inchiostro marrone al verso del foglio di guardia anteriore. Nota di possesso cancellata al frontespizio.
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Prima rara edizione del primo testo che introduce in Italia l’uso – già presente in Germania – dei segni ‘più’ e ‘meno’ e delle parentesi tonde con funzione aggregativa. Il gesuita tedesco Christoph Klau, noto con il nome umanistico di Christophorus Clavius, fu astronomo e matematico di grande valore e fu professore, dal 1563, al Collegio Romano. Fu proprio lui a convincere i colleghi ad inserire aritmetica, algebra e geometria nei programmi di studio dell’Università gesuitica, nella convinzione che la matematica rappresentasse un requisito fondamentale per apprendere le scienze e le discipline applicate. Nell’ambito di questo programma il Clavio si occupò di produrre una serie di strumenti utili a supportare i nuovi corsi. A lui infatti si devono le edizioni commentate degli Elementi di Euclide e della Sfera del Sacrobosco e la redazione di manuali di aritmetica e geometria. First very rare edition of this important work, the first to introduce in Italy the plus and minus signs, already known in Germany, and one of the first scientific books in which parentheses are used to express aggregation of terms. Clavius, who became professor of the Collegio Romano in 1563, was the leading astronomer in Rome and played an important role in the adoption of the Gregorian calendar. His commentaries on Euclid and the Sphere of Sacrobosco were for many decades standard university texts throughout Europe. Beautiful copy, some dampstains to the lower corner of the first and last leaves; small loss of vellum on spine. Contemporary limp vellum with manuscript title on spine. Some 17th century manuscript notes of possession on title and on flyleaf. Sommervogel II, 1221.
77 Galilei, Galileo (1564-1642). Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti. Roma, Giacomo Mascardi, 1613. (Segue:) [Scheiner, Christoph (1573-1650)]. De maculis solaribus tres epistolae. Roma, Giacomo Mascardi, 1613. In-4° (mm 215x153). 4, 164 pagine; 55 pagine. Al frontespizio stemma silografico dell’Accademia dei Lincei. A p. 5 ritratto dell’autore inciso su rame e racchiuso entro cornice
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architettonica. Illustrato da 38 tavole incise su rame raffiguranti le macchie solari e stampate al recto e al verso delle pp. 59-96; e da 5 tavole incise su rame raffiguranti i pianeti medicei e riprodotte al solo recto delle pp. 151-160. A p. 22 piccola incisione relativa alla densità delle macchie solari. La seconda parte illustrata da una tavola ripiegata inclusa nella paginazione e raffigurante le macchie solari. Nel testo diagrammi e capilettera silografici. Legatura ottocentesca in mezza pelle marrone con carta marmorizzata ai piatti e titolo in oro al dorso; tagli gialli. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture e alcune carte uniformemente brunite. Al frontespizio due note di possesso manoscritte, una abrasa e l’altra di: ‘Petri Antonis Mastrallis?’.
Prima edizione di uno dei libri fondamentali nella storia della scienza qui nella più rara delle due tirature, comprendente le tre lettere – pubblicate per la prima volta nel 1612 – nelle quali il padre gesuita Christoph Scheiner, usando lo pseudonimo di Apelle, si era dichiarato primo scopritore delle macchie solari. Così nel 1613 Galileo diede alle stampe la Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari per rivendicare a sé tale scoperta. L’opera, dedicata al Salviati, fu il primo libro del grande astronomo pisano ad essere stampato a cura dell’Accademia dei Lincei: il principe Cesi e gli accademici erano infatti orgogliosi di poter annoverare Galileo tra i propri membri, e attendevano con impazienza l’ultimazione del lavoro di Galileo per poter finalmente legare il nome dell’istituzione a quello dello scienziato con un lavoro tangibile. Iniziata nella tarda primavera del 1612, la stampa era compiuta il 22 marzo 1613, come dimostra una lettera di Cesi a Galileo recante tale data, ma il contenuto dell’opera era già stato presentato agli accademici il 20 febbraio. Tale ritardo fu dovuto soprattutto alla difficoltà di ottenere l’imprimatur a causa della tesi centrale dell’opera riguardante la ‘corruttibilità’ dei cieli, teoria avversa all’allora imperante concezione astrologica aristotelica. La Istoria è infatti l’unica opera in cui Galileo sostiene apertamente la teoria copernicana, attaccando di conseguenza quella tolemaico-aristotelica. Il libro comprende le lettere inviate dallo scienziato in risposta a Mark Welser, banchiere di Augsburg, che gli aveva chiesto un parere sulle macchie solari, allegando le tre lettere dello Scheiner nelle quali si afferma – in accordo con il dogma aristotelico dell’inalterabilità dei cieli – che le macchie non sono proprie del sole, ma che si tratta in realtà di stelle che gli ruotano intorno. Nelle prime due lettere Galileo respinge le opinioni dello Scheiner e determina che le “macchie sono contigue o vicinissime alla superficie del corpo solare, dove esse si generano e si dissolvono continuamente”. Nella terza let126
tera infine Galileo dissipa le opinioni dell’avversario e apporta prove inconfutabili circa la natura solare delle macchie: vicino ad esse ci sono infatti punti luminosi che si muovono insieme ad esse, prova che il cielo non è inalterabile a differenza di quanto era sostenuto dagli aristotelici. First edition of one of the great books in the history of science, dedicated to Galileo’s observations of the sun, in which he also spoke out decisively for the Copernican system for the first time in print. The most rare of the two issues, bound with the works by Scheiner that provoked its writing. The work consists of 3 Italian-language letters sent by Galileo to Marc Welser in reply to Christoph Scheiner’s theory that sunspots were not in the sun but rather swarmed around it. Galileo, on the other hand, asserted that they were surface phenomena that were in continuous change. «What followed was an exchange of letters in which Galileo laid the foundation for the scientific study of sunspots and argued convincingly that they were phenomena on the Sun or in its atmosphere» (A. van Helden). Very good copy, bound in 19th century half calf with marbled paper on boards and gilt title on spine; some foxing throughout. Woodcut lynx device on title-page. Illustrated by an engraved portrait of the author and by 43 full-page engravings within collation and by a folding plate in the second work. Many woodcut diagrams and woodcut decorated initials throughout. 17th century manuscript note of possession on title page. Cinti 44; Carli-Favaro 60; Riccardi I, 509; Gingerich, Rara astronomica, 32; Sparrow, Milestones of Science, 77; A. van Helden, Planetary astronomy from the Renaissance to the rise of astrophysics, Cambridge 2003, 2 voll.
78 [Ballarini, Francesco (1546-1627)]. Compendio delle croniche della citta di Como. Raccolto da diversi Auttori, diviso in tre parti. Como, Giovan Angelo Turato, 1619. Tre parti in un volume in-4° (mm 210x147). 22 carte non numerate, 334 di 335 pagine numerate, manca la carta V1 con il terzo frontespizio. Frontespizio ripetuto per ciascuna parte, il primo ornato da un legno con le armi dell’abate Marco Gallio, a cui è dedicata la prima parte, il secondo con le armi del vescovo di Como, Filippo Archinto. Capilettera animati e ornati,
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testatine e fregi silografici nel testo. Legatura coeva in pelle marrone decorata da un piccolo ferro in oro al centro dei piatti; titolo e ferri dorati al dorso, sguardie in carta a pettine. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche gora e qualche brunitura, cerniere restaurate.
Prima rara e importante edizione di questa raccolta riguardante la storia di Como, curata dall’arciprete di Locarno Francesco Ballarino, che dedica ognuna delle tre parti in cui è suddiviso il libro a differenti personaggi di spicco della città: l’abate Marco Gallio, il vescovo Filippo Archinto e il ‘dottor di leggi’ Filippo Ciceri. La prima parte tratta della storia civile, la seconda di quella religiosa e la terza ‘degl’huomini celebri per santità’. L’autore del Compendio viene ricordato dal conterraneo Gian Gaspare Nessi nelle sue memorie come segue: «Ballarini Francesco fu uno dei più illustri arcipreti, che siano stati in Locarno, ed al quale può bene applicarsi il motto fatto da lui forse scrivere sullo stallo arcipretale nella Basilica di S.Vittore in Locarno: Non locus hominem, sed homo locum honorificat. Nacque in Como l’anno 1546; fu creato arciprete net 1597, scrisse il Compendio delle Croniche di Como edito nol 1619, in cui con improba fatica raccolse quanto poteva esservi di più notevole sia di sacro che di profano, il che non ostante alcuni errori condonabili ai tempi nei quali visse, gli acquistò un posto distinto tra gli scrittori di patrie storie. Mandò anche alla luce: I felici progressi de’ Cattolici in Vallellina per l’estirpazione delle heresie, Milano, 1623, e lasciò un prezioso manoscritto in latino che conservasi nell’archivio capitolare. Fu dottore in ambo le leggi, protonotario apostolico, conte palatino, abbate commendatario di S. Maria di Prozero, e vicario generale dell’Inquisizione di Locarno. Arricchì in vita di preziosi doni la sua Chiesa ed in morte costituita sua erede universale. Morì nel 1627 o fu sepolto in S. Vittore presso al padre con epitaffio dettato da lui medesimo» (Gian Gaspare Nessi Memorie storiche di Locarno fino al 1660, Locarno 1854, pp. 177 e ss). First very rare edition of this collection of writings about the city of Como, edited by the archpriest of Locarno and divided into three parts dealing with the civil and religious history of this city and his surroundings and its most famous holy men. Contemporary brown calf with gilt decorations; gilt title and tools on spine.Title repeated at the beginning of each part decorated respectively with armorial coats of the dedicacees. Lacking the leaf V1, containing the third title-page. Good copy, some minor dampstaining and foxing. Lozzi 1292; Platner 113; STC, 17th cent., 69; Michel-Michel I, 101.
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79 De Angeli, Paolo (1580-1647). Basilicae S. Mariae Maioris de Urbe a Liberio Papa I usque ad Paulum V Pont. Max. descriptio et delineatio Libri XII. Roma, Bartolomeo Zannetti, 1621. In-folio (mm 413x273). 12 carte non numerate, 252 pagine numerate, 12 pagine numerate 3-14, una carta bianca. Manca la carta segnata a1 (corrispondente alle pp. 1-2 della seconda numerazione), tale mancanza è però riscontrabile in tutte le copie della edizione esaminate da S. Rossetti (Rome. A Bibliography, II, n. 2134). Frontespizio inciso in rame, in una cornice con 11 vignette che raffigurano momenti salienti della storia della Basilica. Illustrato con 39 tavole incise su rame, di cui 17 sono quelle fuori testo e ripiegate. Capilettera e fregi silografici. Testo su due colonne. Legatura coeva in pergamena, dorso a sei nervi, tassello in carta con titolo breve manoscritto, tagli a spruzzo. Qualche brunitura alle ultime carte, sporadiche fioriture, limitate per lo più ai margini. Sul frontespizio la nota manoscritta “Maleteste”; ripetuta poi anche al verso. Nel contropiatto anteriore due ex libris, il primo del finanziere e collezionista Philippe Laurent de Joubert, barone de Sommières e de Montredon (17291782), il secondo “Bibliothecae Seminarii Nemausensis”, in riferimento alla Biblioteca del Seminario di Nîmes.
Prima edizione del trattato che Paolo De Angeli, abate siracusano sul quale scarse sono le notizie biografiche, dedica alla Basilica romana di S. Maria Maggiore, e data alle stampe dal tipografo Bartolomeo Zannetti. La redazione e la successiva stampa di questo ampio e documentato trattato furono fortemente incoraggiate da Paolo V Borghese, come è testimoniato dal breve dello stesso Pontefice impresso nelle carte preliminari, e datato 15 dicembre 1616. L’iniziativa editoriale si inquadra, infatti, nella volontà controriformistica di voler dare nuova forza sia al culto delle immagini sacre, sia più in particolare a quello mariano, entrambi duramente attaccati dalla Riforma protestante. Tale esigenza fu particolarmente sentita in ambiente gesuitico, e non è quindi casuale che l’Indirizzo al lettore sia sormontato da una bordura con il monogramma IHS della Compagnia. Il legame è ulteriormente testimoniato da una composizione poetica del gesuita Bernardino Stefani (1560-1620), professore di Retorica al Collegio Romano, impressa a p. 4 dell’edizione. Nell’iniziale invocazione alla Vergine De Angeli scrive di aver lavorato oltre quindici anni alla ricerca e alla raccolta dei documenti utili a ricostruire la storia della Basilica, dalla sua fondazione da parte di papa Liberio fino al pontificato di Paolo V. I dodici libri in cui si articola il trattato offrono una esauriente illustrazione non solo delle vicende storiche e della ‘fabbrica’ della Basilica, ma 129
anche ragguagli sulle indulgenze e privilegi concessi nel corso dei secoli, sulle reliquie in essa conservate, nonché sul capitolo, il clero e gli arcipreti. Il dodicesimo e ultimo libro è infine dedicato interamente alla descrizione della sacra immagine di Maria, che la tradizione voleva dipinta da Luca Evangelista, e collocata nel 1613 con solennissima processione in una cappella edificata su volere di Paolo V, papa del quale De Angeli propone, nell’ultima serie di pagine numerate, il testo dei numerosi atti emanati a favore di S. Maria Maggiore. Ampiamente utilizzata dagli storici successivi per la mole di documenti pubblicati, il pregio dell’opera di De Angeli è rappresentato anche dal ricchissimo apparato iconografico, con accurate incisioni che raffigurano la facciata, le navate interne, le colonne, il ciborio, le cappelle, i tabernacoli e altre particolarità architettoniche e artistiche della Basilica. Dell’edizione sono attestate varie tirature, tutte mancanti della carta segnata a1, e di cui la più degna di nota è quella riportante una doppia carta proemiale segnata *2, con una dedica al re di Spagna Filippo IV, e con un fascicolo aggiuntivo di 6 carte contenente l’Index rerum memorabilium. First and only edition of one of the most beautiful Roman Baroque illustrated books, concerning the ‘Basilica’ of Santa Maria Maggiore.The work is adorned by 39 engraved plates, 17 of which are folding and out of text. Of this edition are known many issues, all lacking the leaf signed a1, as in the present copy, but sometimes with an additional dedication to the king of Spain Philip IV and with a supplementary index of 6 leaves. Nice copy, in original vellum binding, some foxing and pale spotting to some leaves. Cicognara 3579; Berlin Katalog 2656; Schudt, 907; Kissner, 16; S. Rossetti, Rome. A Bibliography, II, 2134.
80 Buonarroti, Michelangelo, il giovane (1568-1646). Delle lodi del Granduca di Toscana Cosimo II. Orazione di Michelangelo Buonarroti. Recitata da lui nell’Accademia Fiorentina il dì 21 di dicembre 1621. Firenze, Pietro Cecconelli, 1622. 130
In-4° (mm 224x140). Due carte non numerate, 46 pagine, una carta bianca. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante lo stemma mediceo. Due testatine e due capilettera silografici ornati nel testo. Legatura ottocentesca in mezza pelle marrone con carta marmorizzata ai piatti. Decorazioni e titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche lieve fioritura. A p. 17 è stato incollato un foglio con 8 righe di testo, probabilmente per correggere un errore della stampa sottostante. Al frontespizio invio autografo del Buonarroti: ‘All’Ill.mo Sig.r Marchese da Bufalo l’autore’.
Edizione originale di questa orazione funebre in onore del granduca di Toscana Cosimo II de’ Medici, morto nel febbraio del 1621, impreziosita da una dedica autografa dell’autore, nipote e omonimo di Michelangelo Buonarroti “il Grande”. Il Buonarroti, poeta e cortigiano di un certo successo partecipò alle attività delle accademie Fiorentina e della Crusca, fu amico e corrispondente del Doni, di Galileo, Chiabrera e Maffeo Barberini e autore di liriche, favole pastorali, canzoni per musica, satire e commedie nonché curatore dell’edizione della raccolta di Rime dello zio, pubblicata dopo la morte del grande artista, nel 1623. L’elogio di Cosimo II è dedicato dall’autore al figlio e successore al granducato di Toscana, Ferdinando II de’ Medici nella convinzione che non sia «meno dovuta a’ principi successori l’eredità della gloria de’ valorosi antenati, che quella di qualunque altra legittima, e più confermata ragione del principato; e perché niun’altra può giudicarsi a’ quelli più fruttuosa di questa» (c. A2r). First edition of this funeral speech in praise of Cosimo II de’ Medici, deceased in February 1621, by the nephew of Michelangelo Buonarroti The Great, with his autograph dedication on title-page. Very good copy, some foxing throughout. 19th century half calf with gilt title on spine. Woodcut device with the armorial coat of the Medici family on title; two woodcut headings and two decorated initials in the text. Gamba 2031; Piantanida 3656; M. G. Masera, Michelangelo Buonarroti il Giovane, Torino 1941.
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81 Scacchi, Francesco (1577-1656). De salubri potu dissertatio. Roma, Alessandro Zannetti, 1622. In-4° (mm 204x143). Una carta bianca, 5 carte non numerate, 235 pagine numerate, 6 carte non numerate. Frontespizio calcografico decorato da un’elaborata cornice architettonica nella quale sono inseriti il ritratto del cardinale Ottavio Bandino, dedicatario dell’opera, e il suo stemma. Iniziali silografiche ornate nel testo, a p. 95 otto illustrazioni silografiche raffiguranti gli strumenti – dell’autore e dei giapponesi – utilizzati per scaldare e raffreddare le bevande. Legatura coeva in pergamena floscia, titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso; tracce di bindelle. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune carte del quaderno ‘A’ uniformemente brunite, qualche lieve fioritura. Margine inferiore bianco del titolo rimarginato.
Prima ed unica edizione di questo rarissimo e importante trattato sull’arte del bere del medico fabrianense Francesco Scacchi, di capitale importanza per la storia dello spumante. Il De salubri potu dissertatio «si inserisce a pieno titolo nella tradizione spumantistica marchigiana» e oltre a esaminare il modo e l’arte del bere rifacendosi ad autori del mondo antico quali Plinio il Vecchio e Galeno, analizza i diversi tipi di vini descrivendo le modalità per ricavare i vini frizzanti. L’autore fornisce inoltre un resoconto del soggiorno a Roma di un gruppo di ambasciatori giapponesi, in visita a papa Paolo V nel 1615 e mostra particolare attenzione per le bevande prodotte dai giapponesi quali il tè e il sakè (vino ricavato dalla fermentazione di riso ed acqua) tanto da riprodurre, nelle pregevoli illustrazioni silografiche che adornano il volume, gli strumenti che essi utilizzavano a quell’epoca per riscaldare le bevande. Le bottigliette in ceramica e le teiere in ferro effigiate dall’autore vengono tuttora utilizzate in Giappone. Francesco Scacchi intitola il capitolo XXI del suo trattato Se il vino frizzante, comunemente detto piccante sia utile alla salute. Scacchi chiama ‘Raspato’ il vino frizzante ottenuto con l’aggiunta di un terzo di acqua calda a due terzi di vino dolce (proveniente indifferentemente da uve appassite bianche o nere) miscelati durante la vendemmia o comunque quando il vino è ancora nuovo. Si tratta di una ‘ricetta’ per ottenere un vino frizzante (uno spumante dell’epoca) con un sistema di rifermentazione che corrisponde con l’evoluzione nel tempo e l’acquisizione delle nozioni di microbiologia al ‘Metodo Classico’ (R. Roncalli, Francesco Scacchi, cronista del secolo XVI, e F. Sbaffi, Capitolo XXI del De salubri potu dissetatio: lo spumante alla maniera di Francesco Scacchi, da www.francescoscacchi.it). 132
First and only edition of this rare and important treatise on the drinking art, one of the first books to give instructions on the making of sparkling wine. The volume is adorned by an engraved title-page and by 8 woodcuts showing the pottery and the instruments used by European and Japanese people to warmth wine and sakè. Handsome copy, perfectly preserved in its contemporary limp vellum; lower blank margin of the title-page remargined. Vicaire 771; Krivatsy 10293; Bitting 417-18.
82 Chiaramonti, Scipione (1565-1652). De conictandis cuiusque moribus et latitantibus animi affectibus σημει′ ωτικη Moralis, seu de Signis Scipionis Claramontii Caesenatis. Venezia, Marco Ginami, 1625. In-4° (mm 223x163). 10 carte non numerate, 448 pagine numerate. Carattere romano, corsivo e greco. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante la Speranza appoggiata ad un’àncora entro cornice ovale recante il motto ‘In Deo est spes mea’. Capilettera ornati, fregi e finalini silografici nel testo. Legatura coeva in pergamena. Al dorso titolo manoscritto in inchiostro marrone e, al piede, piccola etichetta in carta con l’antica segnatura. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Al frontespizio nota manoscritta coeva in inchiostro marrone: ‘Di Giulio Cesare Bracceschi’.
Prima rara edizione di quello che viene considerato il primo trattato di semiotica, redatto dal matematico di Cesena Scipione Chiaramonti, la cui fama è legata soprattutto alle opere scientifiche che si inseriscono nella celebre ‘controversia sulle comete’, che lo vide in polemica con le nuove teorie fisiche di Ticone, Keplero e Galilei. L’edizione è curata dal faentino Lodovico Zuccolo (1568-1630), noto soprattutto per i suoi scritti politici e per la sua critica all’Utopia di Thomas Moore, che è anche l’autore della breve prefazione che apre il volume, contenente la dedica al cardinale Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo e luogotenente del re. Seguono gli indici dei capitoli e degli autori citati, l’invio ai lettori dello stampatore Marco Ginami, la prefazione del Chiaramonti e il testo del trattato, diviso in dieci libri, in cui lo scienziato emiliano, dopo aver definito il signi133
ficato della parola greca σημει′ωτικη (‘Latine de signis dicitur’, c. A1r), passa ad analizzare i fenomeni e i sistemi di significazione e di comunicazione, dai dati fisici e morali degli esseri umani, alla fisiognomica, alle relazioni di interazione degli esseri viventi con l’ambiente che li circonda, inframmezzandovi molte nozioni desunte dalla medicina di Galeno. First very rare edition of Chiaramonti’s seminal work on semiotics, the first to be written on the subject. The name of Scipione Chiaramonti is mostly bound to the famous ‘controversy on the comets’, to which he took part by publishing a great number of scientific works in which he attacks the new physical theories of Tycho Brahe, of Kepler and of Galileo. Contemporary limp vellum with manuscript title on spine. Handsome copy. Ownership’s inscription on title. Krivasty 2438; Piantanida 2172.
83 Argoli, Giovanni (1609-ca. 1660). L’Endimione. Terni, Tomasso Guerrieri, 1626. In-4° (mm 196x150). 180 carte di cui la terza e l’ultima bianche, in varie serie di paginazioni, con svariati errori di numerazione. Frontespizio racchiuso entro un’elegante cornice silografica contenente le armi del dedicatario don Filippo Colonna. Fregi e iniziali silografici nel testo. Legatura coeva in pergamena floscia; tagli azzurri. Esemplare in buono stato di conservazione, margini sobri; qualche menda alla legatura.
Prima edizione di questo raro e interessante poema mitologico in dodici canti ispirato all’Adone di Giambattista Marino. Giovanni Argoli, originario di Tagliacozzo e figlio del noto matematico Andrea, lo compose appena sedicenne dimostrando una spiccata inclinazione per le lettere e una solida padronanza della lingua che eccheggia molti accenti del manierismo mariniano, che del resto aveva già palesato in alcuni ancora acerbi juvenilia composti all’età di quindici anni (Idillio de la Bombace e de la Seta, 1624). La sua attività letteraria si orientò in seguito verso i classici latini e le disquisizioni filologico-antiqua134
rie dei suoi contemporanei. Non tralasciò in età matura di intraprendere anche una feconda attività di avvocato e magistrato: si era infatti laureato in ‘utroque iure’ allo Studio di Padova, dove aveva accompagnato il padre, professore di matematica presso quella Università. Passato in seguito a Bologna vi ricoprì la carica di Auditore del Torrone ed entrò in contatto col Guercino al quale commissionò un ritratto mitologico raffigurante Endimione, come testimoniato dalla scarna notizia contenuta nel libro dei conti del noto pittore e datata 1644. First edition of this interesting mythological poem in 12 cantos, inspired to the most famous Adone by Giambattista Marino. This work was composed by the author – son of the famous mathematician Andrea Argoli – when he was only sixteen years old. Nice copy, bound in contemporary limp vellum, adorned by a woodcut decorated border on title with the arms of the author’s patron, don Filippo Colonna. G. Argoli, L’Endimione, a c. di M. Pieri, Parma 1986, 2 voll; G. Atti, Intorno alla vita e alle opere di Gianfresco Barbieri: detto il Guercino do Cento: commentario, Roma 1861, p. 111.
84 Massonio, Salvatore (1554-1624). Archidipno o vero Dell’insalata, e dell’uso di essa, trattato nuovo, curioso, e non mai piu dato in luce. Venezia, Marc’Antonio Brogiollo, 1627. In-4° (mm 193x132). 7 carte non numerate, 426 pagine. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio grande marca tipografica incisa su rame raffigurante un’aquila coronata che sorregge lo scudo gentilizio della famiglia Colantoni, a cui è dedicato il libro. Capilettera silografici ornati nel testo. Legatura coeva in pergamena con titolo manoscritto al dorso. Esemplare stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione.
Prima rara edizione della prima opera monografica sull’insalata che fornisce una serie dettagliata di informazioni scientifiche e storiche, documentate da numerose citazioni di fonti, da quelle greco-romane a quelle contemporanee all’autore, tanto da rendere questo trattato una vera e propria summa del sapere medico-botanico dell’epoca, nella quale non mancano tuttavia aneddoti 135
faceti o superstiziosi e notizie sulle abitudini alimentari della nobiltà del XVII secolo. Dell’autore, nato ad Aquila nel 1554 e morto a Napoli nel 1624, si sa poco, ma ci è nota la sua ampia formazione culturale e letteraria, nonché la sua produzione di testi teatrali e sacri. Egli giustifica la singolare scelta dell’argomento con una considerazione per così dire edonistica, aprendo la prefazione con queste parole: «L’uso dell’insalata, gentilissimo lettore, è stato sempre a me gradito oltre modo, e assai frequente» e concludendola con una ‘minaccia’ nei confronti di chi non si servirà dell’insalta: «o tu sei nemico dell’Insalata, o, se non ignorante, almeno non sei cortese». L’opera, corredata dall’autore stesso da un indice delle fonti e da numerose illustrazioni degne di un dizionario di botanica, è strutturata in 68 capitoli raggruppabili in sezioni che seguono una precisa logica ‘aristotelica’: definizione, composizione e finalità dell’oggetto (capp. 1-4); condimenti (capp. 5-14); ingredienti dell’insalata (capp. 15-62) – a loro volta distribuiti, a seconda della tipologia, in radici e bulbi (capp. 16-25), germogli (26-29), foglie (capp. 30-53), baccelli (capp. 54-55), fiori (capp. 5657), frutti (capp. 58-60), insalate miste (capp. 61-62) -; infine, suggerimenti dietetici di vario genere inerenti a questo alimento (capp. 63-68). Ciascuna voce replica in piccolo la struttura del trattato, in quanto comprende definizione, caratteristiche organolettiche, distribuzione geografica e differenti denominazioni locali, modalità di coltivazione, eventuali tipologie diverse, modalità di utilizzo nell’insalata e caratteristiche medico-dietetiche. First very rare edition of the first treatise about salad giving an account of his use and history. «A curious book on salads, those of the Ancients and others, with no less than sixty-eight ‘Chapters’ devoted to different salad dressings» (Simon). Bound in its contemporary vellum with manuscript title on spine. Handsome copy, printed on strong paper. Engraved printer’s device on title-page. Bitting 315; BING 1266; Cagle 1160; Henssler 1362; krivasty 7547; Vicaire, col. 577; Wellcome I, 4118; Westbury 146; Simon, Bibliotheca Gastronomica, 1023.
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85 Alphabetum Aetiopicum, sive Abyssinum. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1631. (Legato con:) Alphabetum Graecum cum oratione dominicali, Salutatione Angelica, Symbolo Fidei & Praeceptis Decalogi. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1771. (legato con:) Alphabetum Hebraicum addito Samaritano et Rabbinico. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1771. (Legato con:) Alphabetum Brammhanicum seu Indostanum Universitatis Kasi. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1771. (Legato con:) Alphabetum veterum etruscorum et nonnulla eorumdem monumenta. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1771. (Legato con:) Alphabetum Armenum cum Oratione Dominicali Salutatione Angelica initio Evangelii S. Iohannis et Cantico Poenitentiae. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1784. (Legato con:) Alphabetum Barmanorum seu Regni Avensis. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1787. (Legato con:) Alphabetum Arabicum una cum Oratione Dominicali Salutatione Angelica et Symbolo Fidei. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1797. Otto opere in un volume in-8° (mm 177x116). I: 16 pagine. Al frontespizio marca tipografica raffigurante Gesù che manda gli Apostoli a predicare per il mondo entro cornice circolare con il motto ‘euntes in universum mundum praedicate evangelium omni creaturae’. Caratteri latini ed etiopici. II: 15 pagine. Caratteri romani, corsivi e greci. Al frontespizio marca tipografica raffigurante Gesù che manda gli Apostoli a predicare per il mondo entro cornice ornata con il motto ‘euntes in universum mundum praedicate evangelium omni creaturae’. III: 16 pagine (legate al contrario dal momento che si tratta di un testo ebraico). Al frontespizio marca tipografica raffigurante Gesù che manda gli Apostoli a predicare per il mondo entro cornice circolare con il motto ‘euntes in universum mundum praedicate evangelium omni creaturae’; finalino silografico a p. 13. Caratteri romani, corsivi ed ebraici. IV: XX, 152 pagine. Al frontespizio marca tipografica raffigurante Gesù che manda gli Apostoli a predicare per il mondo entro cornice ornata con il motto ‘euntes in universum mundum praedicate evangelium omni creaturae’. Carattere romano, corsivo e devanagari. V: 37 pagine. Fregio silografico al frontespizio. Carattere romano, corsivo ed etrusco. VI: 32 pagine. Al frontespizio marca tipografica raffigurante Gesù che manda gli Apostoli a predicare per il mondo entro cornice circolare con il motto ‘euntes in universum mundum praedicate evangelium omni creaturae’. Caratteri romani, corsivi e armeni. Alle pp. 18-20 alfabeto armeno ‘figurato’, con le lettere composte dall’intreccio di figure zoomorfe (uccelli, pesci, cervi, pavoni etc.). VII: Una carta bianca, XVI, 64 pagine. Frontespizio entro cornice silografica con la marca della Congregazione entro cornice circolare. Testo entro cornice silografica. Caratteri romani, corsivi e in pali scritto in alfabeto
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birmano. Una tavola ripiegata incisa su rame tra la p. X e la p. XI. Bel finalino silografico a p. XVI; capolettera silografico ornato da una vedutina a p. 1. VIII: 15 pagine (rilegato al contrario dal momento che il testo è in arabo). Al frontespizio marca tipografica raffigurante Gesù che manda gli Apostoli a predicare per il mondo entro cornice circolare con il motto ‘euntes in universum mundum praedicate evangelium omni creaturae’. Caratteri romani, corsivi e arabi. Legatura coeva in mezza pelle nocciola con carta decorata ai piatti e titolo e fregi in oro al dorso; tagli spruzzati di rosso e verde. Esemplare in ottimo stato di conservazione, la prima opera leggermente più corta e leggermente brunita, alcune lievi fioriture. Al frontespizio della prima opera timbro e nota manoscritta di possesso di mano coeva in inchiostro marrone. I:
Rarissima prima edizione di questo opuscolo e uno dei primi ‘alfabeti’ impressi dalla tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, fondata nel 1626. I caratteri etiopici erano stati utilizzati per la prima volta da questa stamperia appena un anno prima, nel 1630, per l’edizione della Grammatica etiopica di Marianus Victorius. Nella prefazione all’edizione di questa grammatica veniva inoltre spiegato come i caratteri fossero stati intagliati in base ai disegni che erano stati inviati agli editori da missionari gesuiti in Etiopia. Della presente edizione esiste un’unica ristampa risalente al 1789. II: Prima edizione edita dalla Congregazione di Propaganda Fide dell’Alphabetum Graecum, curata da Giovanni Cristofano Amaduzzi, che era anche sovraintendente della tipografia della Congregazione. III: Seconda edizione dell’alafabeto ebraico edito dalla Congregazione, la cui princeps era stata impressa nel 1651. IV: Prima e unica rara edizione dell’alfabeto devanagari (= scrittura della città degli dei), redatto da Cassiano Beligatti e edito da Giovanni Cristoforo Amaduzzi. Il devanagari è una scrittura sillabica usata in molte lingue dell’india (sanscrito, hindi, marathi, kashmiri, sindhi, nepali). Il volume contiene una traduzione (con relativa notazione della pronuncia e testo interlineare in latino) di alcune preghiere cristiane. V: Prima rara edizione di questo opuscolo, curato da Giovanni Cristofano Amaduzzi, che copiò le iscrizioni etrusche riportate nel volume durante i suoi numerosi viaggi in Italia. VI: Seconda edizione dell’alafabeto armeno edito dalla Congregazione e curata dall’Amaduzzi. La prima edizione era stata impressa nel 1673, con l’intento di propagare la fede Cattolica tra le comunità ortodosse del Caucaso. Nel volume vengono mostrati tre differenti tipi di alfabeto armeno: quello rotondo, quello corsivo e quello figurato, composto dall’intreccio di figure di uccelli e pesci. VII: Seconda edizione – la princeps è del 1776 – della prima opera contenente 138
caratteri birmani a stampa. Questo alfabeto della lingua pali scritta in caratteri birmani, fu curato dall’Amaduzzi, redatto da Melchior Carpanius e rivisto da Gaetano Mantegazzi. VIII: Terza edizione di questo alfabeto edita dalla Congregazione, la prima era stata impressa nel 1633, per veicolare la fede cristiana tra i popoli stranieri. Beautiful collection of eight of the rare publications of the Propaganda Fide that was established in 1626 for propaganda among the Eastern peoples.The philologist Amaduzzi, who edited most of these editions, was superintendent of the Propaganda college press at Rome and professor of Greek at the University of Rome ‘La Sapienza’ and published many works, including in particular Theophrastus’ Characters, and various similar alphabets. Ferdinand II presented Illyrian types for a missal, and the Medicean and other Oriental types from the Stamperia Vaticana were added to its stock, while Stefano Paolini engraved others. The workshop continued its existence throughout the 17th and 18th centuries: Bodoni received his early training here. In 1798 most of the types were taken to Paris, where in 1805 an edition of the Lord’s Prayer in 150 languages was printed as a compliment at the time of Napoleon’s Coronation. Much of the type still remains at the Imprimerie Nationale. Bound in contemporary half calf with decorated paper on boards and gilt title on spine; edges sparkled red. Very good copy, the leaves of the first pamphlet a little shaved, some foxing throughout. I:
Smitskamp PO 195; cfr. anche 213 (ed. 1789) e 218 (ed. 1630). II: Smitskamp PO 205; Brunet DBI XXI, 477-78. VII: Birrell & Garnett 21; Cordier BI 351; Smitskanp PO 209.
I, 197. IV:
86 Dorio, Durante (m. 1646). Istoria della famiglia Trinci, nella quale si narrano l’origine, genealogia, dominij, dignita, e fatti de’ discendenti da essa. E si tratta dell’origine de’ Monaldeschi d’Oruieto, degli Atti di Todi, e di Foligno; delli conti di Corcorone, d’Antignano, e d’altri luoghi. Foligno, Agostino Alteri, 1638. In-4° (mm 209x152). 4 carte non numerate, 270 pagine numerate 9-278, 27 carte non numerate. Al frontespizio stemma silografico della famiglia Trinci. Il testo è illustrato da una grande
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tabella con albero genealogico, da 6 stemmi araldici incisi su legno, da 6 vignette xilografiche con figure di Santi o Beati della zona, da due legni a piena pagina il primo raffigurante con San Feliciano, Patrono di Foligno e, sullo sfondo l’immagine della città, e il secondo il Beato Paolo de Trinci. Legatura coeva in pergamena, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, lievi bruniture e qualche foro di tarlo. Numerose note manoscritte nel testo.
Prima rara edizione di quest’opera redatta dallo storico Durante Dorio in cui vengono delineate le origini e narrata la storia della celebre famiglia Trinci, che dominò per secoli sulla città di Foligno e che dal XIV secolo in poi ebbe un peso considerevole negli avvenimenti storici dell’Italia centrale. Il volume è suddiviso in cinque libri che trattano della storia della casa, seguiti dai sommari delle cose notabili e degli uomini illustri, dalla tavola genealogica, da un componimento dedicato all’autore e dall’errata. First rare edition of this historical account about the origins and history of the Trinci family of Foligno, near Florence.The volume, written by Durante Dorio, is divided into five books and completed by the indexes and illustrated by a plate with Trinci’s family tree and by 6 woodcut vignettes and two full-page woodcuts. Contemporary vellum with manuscript title on spine. Very good copy, some minor foxing and a few wormholes. Contemporary marginalia throughout. Coleti 76; Farsetti 257 (per l’edizione del 1648); Spreti 1352; Platneriana 141.
87 Carrera, Pietro (1573-1647). Delle Memoria historiche della città di Catania [Volume primo]. Catania, Giovanni Rossi, 1639. In-folio (mm 288x202). 224 pagine. Splendida antiporta incisa su rame con numerose medaglie allegoriche e gli stemmi di Catania sullo sfondo dell’Etna. Al frontespizio incisione con le armi della città di Catania. Iniziali ornate e fregi silografici nel testo. Legatura settecentesca in pelle con bordura a filetti d’oro sui piatti e fregi agli angoli; dorso a nervi con titolo e fregi in oro, tagli spruzzati. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Ex-libris del conte di Macclesfield al contropiatto e armi impresse a secco sul margine superiore delle prime tre carte.
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Importantissima e rara prima edizione del primo volume di quest’opera (libri I-II) di cui il secondo venne stampato nel 1642 e il terzo, benché annunciato dal titolo non venne mai impresso. I primi due libri delle Memorie, compilazione storico-erudita riguardante la città di Catania, redatta dallo storico e poeta Pietro Carrera, trattano dell’antica origine di Catania, del suo sito, del Mongibello, del porto, dei fiumi Simeto e Aci. Il Carrera è inoltre noto per un trattato sulle origini del gioco degli scacchi e sulle analisi delle tecniche di gioco, interessante non solo perché anticipa alcune varianti, ma anche perché vi sono contenute numerose informazioni sull’ambiente scacchistico dell’epoca. First very rare edition of the first volume of this important work about the city of Catania in Sicily. The second volume will be printed in 1642, while the third, though announced in the preface, will never be published. 18th century calf binding with gilt title on spine; sparkled edges. Very good copy. Bookplate of the Earl of Macclesfield in the inner cover. STC
XVII, i, 193; Michel II, 50; Mira I, 183; Mongitore, II, 133; Narbone, I, 196; Viola, 37.
88 [Diodati, Giovanni (1576-1649)]. La Sacra Bibbia tradotta in lingua italiana da Giovanni Diodati di nation lucchese. Seconda editione, migliorata, ed accresciuta. Con l’aggiunta de’ Sacri Salmi, messi in rime per lo medesimo. Ginevra, Pierre Chouet, 1641. Quattro parti in un volume in-folio (mm 310x192). Antiporta disegnata e incisa su rame da Abraham Bosse con titolo racchiuso entro cornice architettonica sormontata da una colomba che sovrasta un libro aperto e, nella parte inferiore la data 1640, due carte non numerate, 837 pagine numerate, una carta bianca, 331 pagine numerate, 148 pagine numerate, 68 pagine numerate. Carattere romano e carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante un uomo che indica un olivo con i rami innestati e il motto ‘Noli altum sapere’, simile a quella usata dall’Estienne e dagli Elzevier in alcune delle loro stampe. Capilettera ornati e piccoli fregi silografici nel testo. Legatura inglese del secolo XVIII in vitello dipinto con, al centro di entrambi i piatti, lo stemma dorato della famiglia Tollemache di Petersham nel Surrey con il motto ‘Confido, Conquiesco’. Dorso a sei nervi riccamente deco-
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rato da ferri dorati e con il titolo impresso in oro in uno degli scomparti; dentelles interne, sguardie in carta a pettine, tagli rossi. Esemplare in buono stato di conservazione; antico restauro a porzione al margine inferiore bianco della carta N5 della seconda parte dell’opera; alcune carte leggermente brunite.
Seconda edizione, corretta e aumentata, di quella che è considerata la Bibbia per eccellenza dei protestanti italiani, la cui princeps era stata impressa sempre a Ginevra da Jean de Tournes nel 1607 e che venne curata dal lucchese in esilio Giovanni Diodati «Prédicateur d’un rare merite et beaucoup d’erudition, D. a exercé une influence préponderante dans la Compagnie des pasteurs, comme dans le Conseil de la Republique» (De Montet, Dictionnaire, p. 239). Il monumentale lavoro del Diodati, considerato anche uno dei capolavori della lingua italiana del Seicento, gli era costò 14 anni di fatiche e venne condotto effettuando un riscontro puntuale non solo sui testi originali – il Diodati era professore di teologia e di ebraico presso l’Accademia di Ginevra – ma anche sul testo tradotto nel 1551 greco del fiorentino Massimo Teofilo, che era quello comunemente usato dagli emigrati italiani riformati prima della stampa della traduzione dell’erudito lucchese. Oltre all’eleganza stilistica, le caratteristiche che distinguono la versione del Diodati da quelle che l’hanno preceduta sono da ricercarsi in primo luogo nella fedeltà al testo sacro, in seconda istanza nella chiarezza espositiva e in terzo luogo per il valore teologico delle note e dei commenti che accompagnano la traduzione, che inoltre testimoniano anche la profonda conoscenza delle lingue antiche dell’autore. E il risultato di questa, testimoniato anche dal successo vastissimo dalla sua comparsa fino ai nostri giorni, fu all’altezza degli auspici del compilatore che in una lettera del 1607 indirizzata allo storico Jacques Auguste de Thou scriveva: «mi sono proposto con tutte le mie forze e nella più grande coscienza… di aprire la porta ai nostri italiani alla conoscenza della verità celeste. Nostro Signore, che mi ha miracolosamente guidato e fortificato in quest’opera, la fortifichi con la Sua benedizione, alla quale solo addebito la perfezione della mia opera, e dalla quale solo io confido della sua gloria, a salute di coloro che Gli appartengono, il che è e sarà sempre l’unico obiettivo a cui dirigerò tutti i miei sforzi». Second edition, augmented, of this Italian translation of the Bible made by Giovanni Diodati, who shortly became the official text used by Italian protestants. Diodati, who was professor of theology and Hebrew at the Academy of Geneva, was also the first to 142
89. Grimaldi, Giacinto
90. Bonfadini,Vita
97. Hennepin, Louis
105. Swift, Jonathan
108. Del Re,Vincenzo
109. Galiani, Ferdinando
111. Galiani, Ferdinando
112. Di Sangro, Raimondo
make a translation into Italian based on Hebrew and Greek sources. The success of this version has been enormous through the centuries and the Diodati’s Bible is still in use nowadays. Bound in 18th century English painted calf with, in the center of both boards, the armorial coat and the motto of the Tollemache of Petersham (Surrey). Spine with rich decorations in gold and gilt title, inner dentelles, red edges. Woodcut printer’s device on titlepage.Woodcut decorated initials and headings throughout the text. Good copy, some foxing, ancient repairs on the white lower margin of leaf N5. Bingen, Philausone, 133; Bruni-Evans, 706. Darlow-Moule II, n. 5600; De Montet, Dictionnaire biographique des Genevois er des Vaudois, Lausanne 1877, vol. 1, pp. 239-40.
89 Grimaldi, Giacinto (m. 1683). Dell’alchimia. Palermo, Alfonso dell’Isola, 1645. In-4° (mm 200x139). 9 carte non numerate, comprendenti l’antiporta incisa, 206 pagine, una tavola ripiegata di mm 399x284 contenente il Compendio delle compositioni chimiche che sono nella galeria del dottor Giacinto Grimaldi panormitano. Illustrato da un’antiporta calcografica raffigurante una fornace con Ermete Trismegisto che regge un’ampolla sul lato sinistro e, su quello destro, Geber, il tutto sormontato dalle armi della famiglia Medici. Iniziali silografiche ornate con il corpo della lettera dipinto in rosso; il testo racchiuso da una cornice silografica a un filetto; finalini incisi su legno. Legatura in pergamena antica con titolo in oro su tassello al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, stampato su carta forte; qualche alone sull’antiporta; antichi restauri marginali alla c. †3 e alla tavola ripiegata senza perdita di testo; alcune gore, dorso rifatto.
Prima rara edizione di questa stampa alchemica siciliana e unico lavoro conosciuto di questo autore, non altrimenti noto. L’opera, dedicata a Ferdinando II, granduca di Toscana, è suddivisa in 25 capitoli che costituiscono un corso completo di Alchimia e ne discutono le origini, i principi e i processi. La tavola ripiegata alla fine del volume contiene una lista di essenze, balsami, elisir, olii e acque che potevano essere acquistati nello studio del Grimaldi. First very rare edition of this Sicilian Alchemical imprint. The work, dedicated by the author to the granduke of Tuscany Ferdinand II, is divided into 25 chapters which form 143
a complete course of Alchemy. The folded plate at the end of the volume contains a list of balms and remedies, oils and curative waters which were available in Grimaldi’s shop. Good copy, printed on thick paper and bound in antique vellum, rebacked. Duveen p. 270; Wellcome
III, p. 167.
90 Bonfadini, Vita (1587-?). La caccia dell’arcobugio […] con la prattica del tirare in volo, in aere, et a borita. Et il modo di ammaestrar bracchi, et curargli da molte malatie, di conoscere la diuersita degli vccellami, oue figliano, come couano, quante oue fanno, il tempo che stanno, e quando portono, con il modo di fabricare la poluere, e i pallini. Ferrara, Giuseppe Gironi, [1652]. In-8° (mm 131x75). 8 carte non numerate, 102 pagine. Elegante antiporta illustrata. Nel testo tre tavole a piena pagina incise su rame raffiguranti un bracco e le modalità per fare i pallini e la polvere da sparo. Legatura in mezzo marocchino marrone con carta marmorizzata ai piatti. Esemplare in buono stato di conservazione. Note manoscritte di mano ottocentesca riguardanti gli argomenti del libro al foglio di guardia posteriore.
Bella terza edizione di una delle prime opere sulla caccia col fucile, la cui princeps era stata impressa a Bologna nel 1641, il cui «contenuto è importante per la descrizione dell’archibugio, per la tecnica del tiro alla selvaggina in volo o in corsa, per l’addestramento del bracco alla ferma e al riporto, per la cura di alcune sue malattie» (Ceresoli). «Vita Bonfadini nato in Gazzano, Riviera di Salò, deve essere collocato tra gli scrittori che parlarono ex professo, della caccia; diremmo anzi che allargò il suo compito coll’ammaestrare intorno al modo di scegliere e caricare l’archibugio, non che sui migliori mezzi per fabbricare la polvere ardente ecc. Ma se il Bonfadini col suo libro intitolato “La caccia dell’Arcobugio”, stampato in Bologna nel 1641 e 1672 e nel 1729, e Milano 1648, venne a farsi conoscere molto valente nell’arte di cacciare […] merita di stare cogli scrittori che si occuparono de’ morbi degli animali per quella parte del suo libro in cui tratta del modo di ammaestrare i Bracchi e curarli da molte malattie» (La mascalcia di Lorenzo Rusio volgarizzamento del secolo XIV, 1867, p. 100). 144
Beautiful third edition of one of the earliest treatises of shooting with a gun. With 4 full-page engravings showing a pointer, and the techniques for making the gun shots. Half brown morocco with decorated paper on boards. Good copy. Manuscript notes of the 18th century on the end flyleaves. Ceresoli 104; Souhart 66; Schwerdt I, 77.
91 Plinius Cecilius Secundus, Gaius (61-ca. 115 a.C.). Epistolarum libri X. Leida e Rotterdam, Officina Hackiana, 1669. In-8° (mm 188x110). 26 carte non numerate, 818 pagine numerate, 12 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Il frontespizio tipografico è preceduto da quello inciso su rame, con ritratto di Plinio, opera di G. Wingendorp (1654-1681), spesso attivo presso la tipografia della famiglia Hackius, la cui marca editoriale con il motto “movendo” è presente al frontespizio. Capilettera istoriati. Legatura coeva in marocchino rosso, alla “du Seuil”. Piatti inquadrati da una cornice eseguita con triplice filetto; ai quattro angoli interni fleurons in oro zecchino raccordati in maniera degradante da analoga cornice. Dorso a cinque nervi, evidenziati da una rotella identica a quella utilizzata per decorare i labbri. All’interno dei comparti del dorso grande decoro floreale e titolo breve in oro. Capitello in seta a due colori e tagli in oro zecchino. Carte delle sguardie decorate a piccoli pettini. Sul recto del foglio di guardia la nota di possesso “George Stracey”, mentre al verso della guardia in carta decorata sono visibili alcune antiche segnature, e una probabile indicazione di prezzo. Esemplare in ottimo stato di conservazione, piccola mancanza all’angolo inferiore bianco della carta segnata GGG4.
Edizione dei dieci libri delle Epistulae di Plinio il Giovane curata da Johann Veenhusen (1643-1676), filologo originario di Brema, e che si apre con la sua epistola dedicatoria alle autorità della città natale. Alle carte preliminari è poi riproposta la prefazione apposta da Henri Estienne all’edizione ginevrina delle Epistulae, nonché la vita di Plinio redatta da Konrad Lykosthenes, e data originariamente alle stampe dall’umanista basileese nel 1547, a corredo dell’edizione da lui curata del Liber de viris illustribus de urbis Romae. Nella cura del testo Veenhusen si avvale – come indicato al frontespizio – delle note a Plinio già pubblicate da insigni filologi: oltre al ricordato Estienne, Isaac Casaubon, Jan Gruter, August Buchner, Caspar Barth, e Johann Friederich Gronovius. Il valo145
re di questa edizione pliniana – lodata sia per la accuratezza filologica sia per l’estrema eleganza tipografica – è ulteriormente arricchito dall’inserimento in appendice di diversi commentari al Panegirico di Traiano e dovuti, tra gli altri, a Giovanni Maria Cattaneo, Konrad Rittershausen e Gerhard Johann Vossius. Copioso infine l’Index rerum, verborum, alle ultime carte non numerate. Handsome copy, bound in contemporary red morocco ‘à la Du Seuil’, of this accurate edition of Plinius’ Epistles, edited by Johann Veenhusen. The volume reproduces also Henri Estienne’s preface already printed in his 1547 edition of Plinius. Brunet
IV, 722, Dibdin II, 331.
92 Piccinelli, Filippo (1604-1678). Ateneo dei letterati milanesi. Milano, Francesco Vigone, 1670. In-4° (mm 202x141). 12 carte non numerate, 520 pagine numerate, 12 carte non numerate. Fregio silografico al frontespizio. Capilettera animati e ornati, testatine e finalini incisi su legno nel testo. Legatura coeva in pergamena rigida, titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune gore lungo il margine inferiore di alcune carte, un foro di tarlo sul margine inferiore bianco delle pp. 393-414.
Prima e unica edizione di questa importante bio-bibliografia di scrittori milanesi, raccolta dall’abate Filippo Piccinelli e da lui dedicata a monsignor Federico Borromeo. Il Picinelli fu prolifico autore di versi d’occasione, soprattutto panegirici epitalami, massime ed elogi di natura spesso religiosa, sia in italiano che in latino. Seguono la dedica un sonetto di Gioacchino Garbicelli e dei versi latini del frate Gioacchino da Santa Maria. «È la migliore bio-bibliografia milanese dopo quella dell’Argelati; oltre a un breve cenno della vita degli autori (disposti per nome invece che per cognome) l’A. dà l’elenco delle opere stampate (coll’indicazione delle note tipografiche di molte di esse) e manoscritte. Gli indici (compr. Quello in ordine di cognome) ne agevolano la consultazione» (Piantanida). 146
First and only edition of this important bio-bibliography of Milanese writers collected by the abbot Filippo Piccinelli and dedicated by him to Federico Borromeo. Contemporary vellum on boards, manuscript title on spine. Woodcut decorated initials, headings and endings throughout the text.Very good copy, some dampstains on the lower margin of some leaves, a small wormhole on the white lower margin of pp. 393-414. Argelati, vol. II, col. 1075; Lozzi 2679; Piantanida 3613.
93 Pufendorf, Samuel (1632-1694). De jure naturae et gentium libri octo. Lund, Vitus Haberegger, 1672. In-4° (mm 205x163). 10 carte non numerate, 1227 pagine, 4 carte non numerate. Carattere gotico, corsivo e rotondo. Frontespizio stampato in rosso e nero, marca tipografica incisa su legno raffigurante una clava e un caduceo entro serto di alloro con il motto ‘INGENIO ET LABORE’ racchiuso in un cartiglio. Nel testo capilettera ornati, testatine e finalini silografici. Legatura settecentesca in pergamena con unghie; titolo in oro su tassello in marocchino rosso al dorso, tagli azzurri. Al contropiatto anteriore ex-libris inciso: “Ex Bibliotheca Philippi Henrici Boecleri Medicianae doctoris et Professoris Argentinensis”; al recto del foglio di guardia anteriore nota manoscritta di possesso in inchiostro marrone: “Phil. Henr. Boecler Stud. Medic. 1736”.
Prima edizione del celebre trattato di Samuel Pufendorf, giurista nato a Dorfchemnitz in Sassonia nel 1632, e morto a Berlino nel 1694. Incline alla riflessione filosofica, era entrato spesso in polemica – durante gli anni in cui fu docente di Diritto naturale e Diritto delle genti a Heidelberg – con altri giuristi, che volevano restringere la cultura giuridica alla teoria della amministrazione dello stato e alla tecnica di governo. L’inasprirsi del contrasto accademico lo convinse ad accettare, nel 1670, l’offerta della Università di Lund, in Svezia, presso la quale insegnò Diritto naturale e internazionale fino al 1676, quando, in seguito all’occupazione della città da parte delle truppe danesi, preferì trasferirsi a Stoccolma con l’incarico di storiografo della corte di Carlo XI. Fu quindi a Lund che si accinse alla redazione dei De jure naturae et gentium libri octo, in dichiarata polemica con le ‘innovazioni teologiche’ proposte da Grotius e Hobbes riguardo ai fondamenti del diritto naturale, e che Pufendorf, 147
convinto luterano, intende riportare a una cornice filosofica più prettamente scolastica. L’opera fu impressa, a spese di Adam Junghans, nell’officina di Vitus Haberegger, tipografo della locale Accademia, e al quale si deve anche la stampa del De officio hominis et civis juxta legem naturalem libri duo (1673), compendio tratto dall’opera maggiore, e destinato anche esso a grande diffusione. Immediata fu la risonanza dei De naturae et gentium libri octo, che fin dal loro apparire suscitarono non poche critiche, tanto da spingere Pufendorf a pubblicare nel 1674, in risposta ad alcuni ‘libelli famosi’, la Apologia pro se et suo libro. Dell’opera si ebbe, a Francoforte, una seconda e ampliata edizione, a cui seguirono quelle del 1694 e del 1698. Ancora maggiore fu la circolazione settecentesca, in un sempre più acceso dibattito sia sulle implicazioni politiche della dottrina del diritto naturale, sia sul suo impianto teorico. Tradotto per la prima volta in inglese nel 1703, in francese nel 1706, e in tedesco nel 1711, tra il 1757 e il 1759 ne apparve a Venezia anche una versione italiana, curata da Giovanni Battista Almici. Nel 1711 il De iure naturae et gentium libri octo incorse nella condanna della Congregazione dell’Indice. Come risulta dal relativo decreto, i censori basarono il loro esame non sulla edizione originaria del 1672, di più difficile reperibilità, ma sulla ricordata traduzione francese, curata da Jean Barbeyrac e apparsa a Amsterdam nel 1706. Di indubbio interesse è infine la nota di possesso visibile nell’esemplare, da riferire a Philipp Heinrich Boecler (1718-1759), titolare della cattedra di anatomia presso l’Università di Strasburgo, e parente di Johann Heinrich Boecler (1611-1672), noto storico e giurista in diretto contatto con Pufendorf, e autore nel 1663 della In Hugonis Grotii ius belli et pacis commentatio, la cui attenta lettura è rintracciabile nei De jure naturae et gentium libri octo. La biblioteca di Philipp Heinrich Boecler fu venduta all’asta a Strasburgo nel 1760. First important edition of this famous treatise by the German jurist, political philosopher, economist, statesman and historian Samuel Pufendorf. In the De jure naturae et gentium Pufendorf took up in great measure the theories of Grotius and sought to complete them by means of the doctrines of Hobbes and of his own ideas. His first important point was that natural law does not extend beyond the limits of this life and that it confines itself to regulating external acts. Contemporary vellum on boards with gilt title within red morocco label on spine; blue edges. Title-page printed in black and red with woodcut printer’s device. Woodcut decorated initials, headings and tailpieces throughout. Handsome copy, some pale foxing throughout. 148
Manuscript inscription, dated 1736, and engraved bookplate of Philipp Heinrich Boecler (1718-1759), professor of anatomy at the University of Strassburg and parent to the historian jurist Johann Heinrich Boecler (1611-1672), who was in contact with Pufendorf himself. F. Palladini, La biblioteca di Samuel Pufendorf, Wiesbaden 1999, p. XXXI; J. M. De Bujanda, Index librorum prohibitorum 1600-1966, Montréal – Genève 2002, p. 731.
94 Certani, Giacomo (sec. XVII). Maria Vergine coronata. Descrizione e dichiarazione della Divota Solennità fatta in Reggio Li 13 Maggio 1674. Reggio, Prospero Vedrotti, 1675. In-folio (mm 349x230). 8 carte non numerate, 137 pagine numerate, tre carte non numerate. Illustrato da un’antiporta allegorica e da un ritratto a piena pagina di Francesco II d’Este, entrambi incisi su rame da Giuseppe Mitelli e da 15 tavole – di cui tre a piena pagina, 11 ripiegate più volte e una sovrapposta nella tavola con la Confraternita di S. Rocco – incise sempre dal Mitelli su disegni di M. Augusta, P. Manzini, C. Carboni,V. Draghi, O. Talami, F. Torri, che raffigurano le fontane, le decorazioni, le processioni, i carri e le parate della festa. Legatura coeva in pergamena, decorata, al centro dei piatti da una croce dorata entro medaglione ovale ornato, titolo manoscritto, parzialmente sbiadito, al dorso, sguardie rinnovate. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche lieve gora e alcune fioriture, le piegature di alcune tavole rinforzate.
Rarissima prima e unica edizione di questo splendido libro di feste reggiano, che descrive accuratamente l’incoronazione della Madonna della Ghiara. Le confraternite religiose convocarono i migliori artisti locali per progettare gli apparati festivi, le macchine, gli archi trionfali e le fontane. «Ces planches sont dignes d’intéresser tous ceux qui veulent connaitre jusqu’où, au 17e siècle, pouvait aller la fougue décorative italienne» (Vinet). Il volume è considerato uno dei più bei libri illustrati del barocco italiano anche grazie alla presenza delle accurate incisioni del celebre artista ‘popolare’ bolognese Giuseppe Maria Mitelli (1634-1718). First very rare edition of one of the most beautiful and magnificent book of feasts of the Italian Baroque. The work describes the celebration of the great religious festivity made in Reggio for the incoronation of the Holy Virgin of the Ghiara. 149
Bound in contemporary vellum decorated on boards by a gilt cross within circular frame; manuscript title on spine. Illustrated by an allegorical frontispiece and full-page portrait of Francesco II d’Este, both engraved by Giuseppe Mitelli, and by 15 plates – three of which on full-page – engraved by various artists, illustrating the different moments of the feast. Good copy, some foxing and some dampstaining throughout. Ruggieri 820; Vinet 816; Berlin Katalog 3222; Bertarelli, Mitelli, 641-57; Hofer, Baroque Book illustr., 74.
95 Cervantes de Saavedra, Miguel de (1547-1616). L’ingegnoso Cittadino Don Chichotte della Mancia. Roma, Giuseppe Corvo e Bartolomeo Lupardi, 1677. Un’opera in due volumi in-8° (mm 156x107). 11 carte non numerate (comprendenti un’antiporta figurata incisa su rame), 688 pagine; 9 carte non numerate (comprendenti un’antiporta figurata incisa su rame), 730 pagine. Illustrato complessivamente da 16 tavole fuori testo, incise su rame a piena pagina. Testatine e fregi silografici nel testo. Frontespizio ripetuto all’inizio di ciascuno dei due volumi. Legatura uniforme coeva in vitello agli acidi con titolo, numero del volume e decorazioni a ferri dorati in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione; alcune carte rimarginate; legature restaurate. Note di possesso manoscritte dell’inizio del XIX secolo ai fogli di guardia anteriori dei due volumi.
Prima edizione italiana illustrata del capolavoro cervantino, la terza assoluta della prima parte e seconda della seconda parte. La princeps era stata pubblicata a Venezia da Andrea Baba, sempre in due volumi, stampati, rispettivamente nel 1622 e nel 1625, mentre l’edizione originale spagnola era apparsa nel 1605. Il traduttore fiorentino Lorenzo Franciosini basò la sua traduzione sull’edizione in castigliano pubblicata a Bruxelles nel 1607. Il letterato e studioso Lorenzo Franciosini – che aveva già al suo attivo una grammatica e un vocabolario in spagnolo – dedicò al Gran Duca Ferdinando II questa sua “enorme fatica”. All’inizio dell’opera il Franciosini avverte che non ha tradotto i versi che alle volte appaiono, perché non avrebbero influito sull’intelligibilità della storia.
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Beautiful first Italian illustrated edition of Cervantes’ masterpiece and third edition of the first part and second edition of the second one. The princeps of the translation by the Florentine Lorenzo Franciosini was published in Venice in 1622 and in 1625, and it is based upon the 1607’s Bruxelles edition. Two volumes bound in contemporary marbled calf with gilt title and number of the volume on spine. Engraved frontispiece at the beginning of each volume; 16 full-page engravings throughout. Woodcut decorations. Very good copy, some leaves remargined; repairs to the bindings. 19th century ownership’s inscription on the flyleaves of both volumes. Graesse II, 107.
96 Tronci, Paolo (1585-1648). Memorie istoriche della citta di Pisa. Livorno, Giovanni Vincenzo Bonfigli, 1682. In-4° (mm 214x167). 16 carte non numerate, 508 pagine, manca l’ultima carta bianca. Stemma di Francesco Maria Medici inciso su legno al frontespizio; testatine e capilettera silografici ornati nel testo. A p. 139 piccola silografia raffigurante una testa femminile. Legatura coeva in pergamena rigida con titolo manoscritto al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune carte uniformemente brunite, timbro di appartenenza raffigurante uno scudo nobiliare al frontespizio.
Rara prima edizione di questi annali della città di Pisa che coprono un arco di tempo che va dall’epoca etrusca fino al 1440. L’opera – il cui manoscritto originale è andato perduto –, venne impressa dopo la morte dell’autore, il canonico, storico ed erudito Paolo Tronci. Rare first edition of these Annals of the Tuscan city of Pisa – going from the Etruscan period to 1440 – written by the scholar and historian Paolo Tronci. Contemporary vellum with manuscript title on spine. Woodcut armorial coat of Francesco Maria Medici on title; woodcut decorated headings and initials throughout. At p. 139 small woodcut showing a woman’s head. Very good copy, some foxing to some leaves. Ownership’s stamp on title. Lozzi, 3684; Piantanida 933.
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97 Hennepin, Louis (1626-1705?). Description de la Louisiane, nouvellement decouverte au Sud’Oüest de la Nouvelle France. Les moeurs des sauvages. Parigi, vedova di Sebastien Huré, 1683. Due parti in un volume in-12° (mm 152x89). 6 carte non numerate, 312 pagine, 107 pagine. Tra la c. a6 e la c. A1 splendida tavola, ripiegata più volte, incisa da Guérard e raffigurante ‘la Nouvelle France et la Louisiane’. Alla c. A1r testatina decorata da due putti, ripetuta all’inizio della seconda opera. Legatura coeva in vitello nocciola, col dorso decorato da ferri dorati e titolo in oro su tassello in marocchino rosso. Esemplare in ottimo stato di conservazione; piccola perdita di pelle al dorso in corrispondenza della cuffia superiore.
Splendido esemplare della prima rarissima edizione di una delle prime descrizioni della Louisiana e del viaggio dell’autore, il missionario ed esploratore appartenente all’ordine francescano dei ‘Récollets’, Louis Hennepin, dal fiume Illinois fino al Mississipi. L’opera – che contiene la prima mappa conosciuta della Louisiana – non dovette tuttavia riscuotere molto successo dal momento che alcune copie presentano il segno ‘I’ aggiunto alla fine della data di stampa che cambia così da 1683 a 1684 per permettere la vendita delle rimanenze. La nostra copia appartiene alla prima emissione senza la modifica alla data. «Born in Spanish-occupied Flanders in 1626, Louis Hennepin entered the Recollect order at the age of sixteen and led the life of a mendicant friar for more than three decades. Sent as a missionary to Canada in 1675, he was designated some time later along with two other monks of his order to accompany La Salle’s expedition to explore the course of the Mississipi River. Returning to France in the autumn of 1681, he published his Description of Louisiana two years later, and later went to live once more in Flanders. In 1696 he offered his services as an explorer to King William III of England. In 1697, he published a second book titled The New Discovery of a very Great Country (Nouvelle Découverte d’un très grand pays). […] The Description of Louisiana begins with a letter to King Louis XIV, followed by the journal of Hennepin’s journey from Quebec to the upper Mississipi valley, in which he describes the landscapes and people he observes, as well as his brief captivity among the Issati Sioux. Concluding the Description of Louisiana is a lengthy appendix titled “Manners of the Indians”» (S. P. Castillo – I. Schweitzer, The Literatures of Colonial America, p. 181)
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Amazing copy of the exceedengly rare first edition of Hennepin’s first work, giving the earliest account of Louisiana, and his voyage up the Mississippi from the Illinois River. This copy is complete with the beautiful impression of the large folding map of Louisiana, often lacking, which is also the first representation of this state. Evidently the book did not meet with a ready sale, because in some copies – a “I” was stamped in by hand at the end of the date on the title-page, making it appear as though it was published in 1684, instead of 1683. Our copy, in first issue, has the original date of 1683. «There are copies of this edition dated Paris, 1684.This is the first edition of the Travels of this famous friar, giving his voyage up the Mississippi from the Illinois River. He first described the Falls of Niagara, and according to some authorities named Louisiana after the then King of France, Louis XIV. But this fact is disputed by Harrisse and others; it is, however, the first printed account of Louisiana» (Sabin). Contemporary brown calf with spine decorated by gilt tools and gilt title within red morocco label. Amazing copy, some minor foxing and some spotting to some leaves, a small loss of leather on spine. Sabin 31347; Harrisse 150; S. P. Castillo – I. Schweitzer, The Literatures of Colonial America, New York 2001.
98 Mavelot, Charles (m. 1742). Nouveau livre de cartouches, couronnes, casques, supports et tenans. S.l. [ma Parigi], Mavelot, [1685]. In-8° oblungo (mm 103x150). 6 carte non numerate, 31 pagine, 43 tavole numerate incise su rame, una carta non numerata recante il privilegio di stampa. Frontespizio inciso su rame, col titolo racchiuso entro elaborata cornice ornata. Seguono tre tavole incise su rame contenenti le dediche al duca di Saint Aignan e altre due tavole con gli emblemi del dedicatario. Legatura di inizio Novecento in marocchino rosso firmata Thibaron-Joly, dorso a cinque nervi con titolo in oro; dentelles interne, tagli dorati, sguardie in carta a pettine. Esemplare in discreto stato di conservazione, accuratamente lavato e uniformemente brunito; piccolo strappo lungo il margine inferiore bianco al frontespizio con perdita di un frammento di carta.
Rarissima prima e unica edizione di questa raccolta di emblemi che costituisce un utile strumento araldico-bibliografico e, al contempo, è un grazioso e raffinato album di incisioni. Il Mavelot fu un celebre incisore attivo alla corte 153
di Francia; tutti i suoi lavori si contraddistinguono per la qualità eccezionale del tratto e della composizione e possono essere considerate come capolavori nel loro genere. Very rare first and only edition of this handsome French collection of emblems, fully illustrated by 43 engraved plates showing different types of cartouches. Early 20th century red morocco by Thibaron-Joly, gilt title on spine; gilt edges. Washed, some foxing throughout; a small tear on title-page. Brunet I, 988; Guigart, 82; Bénezit
IX, 395.
99 Giordano, Vitale (ca. 1633-1711). Euclide restituto da Vitale Giordano da Bitonto. Roma, Angelo Bernabò, 1686. In-folio (mm 347x225). 10 carte non numerate, 792 pagine. Carattere rotondo e carattere corsivo. Testo inquadrato da un riquadro inciso su legno. Frontespizio stampato in rosso e nero, con, in basso, una vignetta calcografica con le armi del dedicatario dell’opera, re Luigi XIV di Francia. Capilettera ornati, testatine, finalini e numerosi diagrammi silografici nel testo. Legatura in cartonato d’attesa con titolo manoscritto al dorso. Esemplare, con barbe, in ottimo stato di conservazione; qualche lieve fioritura e alcune carte uniformemente brunite; un piccolo foro di tarlo lungo il margine interno bianco delle ultime carte, la seconda e la terza carta rinforzate lungo il margine interno.
Seconda edizione, contenente delle aggiunte rispetto alla princeps, che era stata stampata dallo stesso tipografo nel 1680, degli Elementi di Euclide spiegati dal matematico bitontino Vitale Giordano che restaurò «l’assetto complessivo del testo euclideo, fornendo un’edizione rispettosa dell’ordine e della successione delle dimostrazioni originali» (DBI 55, 289). Il Giordano fu professore all’Università di Roma e intrattenne rapporti amichevoli con matematici celebri come Giovanni Alfonso Borelli e Matteo Ricci e lavorò per un anno al servizio di Cristina di Svezia per poi divenire, nel 1667, docente presso l’Accademia di Francia fondata da Luigi XIV, dedicatario tra l’altro, dell’opera qui descritta. È curioso ricordare che Vitale Giordano incontrò Leibniz a Roma, quando vi 154
soggiornò durante il suo viaggio attraverso l’Italia nel 1689-90 e gli fece dono proprio di una copia della seconda edizione dell’Euclide restituto. L’operazione del Giordano va inoltre inserità nel quadro più ampio dell’epoca; infatti gli Elementi furono tradotti dal greco in latino nella editio princeps 1533, e ben presto ebbero numerose versioni in Italia e fuori; successivamente furono tradotti nelle lingue moderne. Alla fase di recupero e sistemazione del testo greco seguì la fase della diffusione in favore dei lettori. Già in epoca antica si era accumulato un notevole apparato di note, commenti, scolj, ma quello che si fa tra Seicento e Settecento è una vera e propria riproposizione, a volte un adattamento con opportuni tagli, del trattato di Euclide. Nel Seicento si avverte pressante l’esigenza di restituire, o restaurare gli Elementi, basti ricordare in Italia la pubblicazione dell’Euclides restitutus 1658 e l’Euclide rinnovato 1663 di G. A. Borrelli, dell’Euclide restituto 1680 e 1686 di V. Giordano, in Francia i Nouveaux elements de geometrie 1667 di F. Arnauld, in Inghilterra l’Euclidis elementa geometrica novo ordine ac methodo fere demonstrata 1678 di N. Mercator, per citare i più noti. Second augmented edition of Euclid’s Elements adapted by the professor of mathematics Vitale Giordano who teached at the French Academy, to the Queen Christina of Sweden and at the University of Rome. Large engraved vignette with the arms of the dedicacee, the king Louis XIV, on title and many woodcut diagrams throughout the text. Beautiful copy, uncut, bound in contemporary cartonnage with manuscript title on spine. Riccardi I, 604; Vinciana 1570.
100 [Dufour, Philippe Sylvestre (1622-1687)]. Novi tractatus de potu caphe’, de chinensium the, et de chocolata. Ginevra, Jean Antoine Cramer e Philibert Perachon, 1699. In-12° (mm 148x72). 4 carte non numerate, 188 pagine numerate. Illustrato da un’antiporta figurata incisa su rame con un turco, un cinese e un indigeno sudamericano intenti a bere, rispettivamente, caffè, tè e cioccolata, e da tre tavole ripiegate fuori testo raffiguranti le piante da cui derivano le tre bevande descritte e i personaggi delle rispettive terre d’origine.
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Capilettera ornati e testine incisi su legno nel testo. Legatura coeva in pergamena, tagli spruzzati di azzurro. Esemplare in discreto stato di conservazione, uniformemente brunito. Nota di possesso manoscritta al frontespizio e al verso del foglio di guardia anteriore.
Seconda edizione in lingua latina di questa fortunato trattato, la cui edizione originale francese era stata pubblicata nel 1685 e tradotta in latino lo stesso anno. Sebbene l’esistenza delle tre bevande descritte nel testo – caffè, tè e cioccolata – fosse nota ai viaggiatori europei almeno fin dal secolo XVI, fu solo verso la fine di quello successivo che l’abitudine di fare uso dei tre prodotti si diffuse in Europa. Il Novi tractatus, oltre a descrivere le modalità di fruizione delle tre bevande, fornisce anche alcune informazioni sul loro uso medico, e sui loro effetti benefici o dannosi. A proposito dell’autore è interessante ricordare che «si vuole, da parte di una certa critica, che Dufour non sia altro che lo pseudonimo del letterato lionese Jacob Spon. Per altri Ph. S. Dufour fu personaggio realmente esistito, nato a Manosque nel 1622, amico dello Spon, e morto a Vevey, dopo essere fuggito dalla Francia in seguito all’editto di Nantes» (Bagnasco). Interesting second Latin edition of Dufour’s book, which went through several editions, in which the author debates the medicinal benefits and drawbacks of consuming large quantities of coffee, chocolate and tea. Contemporary vellum; blue edges. Good copy, foxing throughout. The volume is adorned by an engraved frontispiece and three folding plates showing the plants from which these beverages are taken and the people that usually drinks them.Woodcut decorated initials and headings in the text. Manuscript ownership’s inscription on title and on the final flyleaf. Vicaire 294; Bagnasco 739.
101 Galilei, Galileo (1564-1642). Opere. Firenze, stamperia di S.A.R. per Tartini Giovanni Gaetano e Santi Franchi, 1718. Tre volumi in-4° (mm 252x185). 112 pagine con numerazione romana, 628 pagine; 4 carte non numerate, 722 pagine; tre carte non numerate, 484 pagine, 24 carte non numerate contenenti gli indici. Ogni volume è preceduto dall’occhietto. Nel vol. I la tavola in antiporta contiene il ritratto di Galileo; il frontespizio generale dell’opera è stampato in rosso e nero ed è
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ornato da una bella marca calcografica con l’allegoria della città di Firenze; segue un secondo frontespizio in nero per il primo tomo. La seconda tavola presente nel vol. I riguarda il compasso geometrico ed è più volte ripiegata. Legatura uniforme in cartonato coevo. Splendido esemplare, con barbe, in ottimo stato di conservazione.
Seconda rara edizione delle Opere di Galileo, curata da Tommaso Buonaventuri, priva del Dialogo e della Lettera a Madama Cristina, ancora all’Indice. Il primo e il secondo tomo riproducono abbastanza fedelmente il testo della prima edizione bolognese – impressa dal Dozza nel 1656 – mentre il terzo contiene solo scritti inediti, perlopiù scambi epistolari di contenuto scientifico con studiosi e commenti ai trattati di Galilei, molti dei quali ad opera del padre Guido Grandi. Sono inoltre contenute note e frammenti galileiani di vario argomento scientifico. Exceedingly rare first three volume collection in the original cartonnage, the second issuance of certain parts of the Opere and the first printing of many of the works of Galileo or pieces heretofore unpublished in any form including the Giornata sesta dei discorsi e dimostrazioni matematiche intorno alle nuove scienze. With a very finely engraved vignette title-page printed in black and red to volume one, also an engraved portrait of Galileo, engraved folding plan, folding plate of the compass, many woodcut plates, astronomical renderings, mathematical tables and diagrams throughout, a number of fine woodcut initials. In the original printer’s cartonnage, handsomely preserved, the spines calligraphically lettered, all edges deckled and untrimmed. An extremely fine copy, large and unusually fresh. Carli-Favaro 104; Cinti 322; Gamba 152; Riccardi I, 520.
102 Velleius Paterculus (19-31 a.C.). C. Velleii Paterculi Quae supersunt Ex Historiae Romanae voluminibus duobus. Curante Petro Burmann. Leida, Samuel Luchtmans, 1719. In-8° (mm 198x113). 21 carte non numerate, 748 pagine numerate, 60 carte non numerate, di cui l’ultima bianca. Antiporta incisa in rame, a firma dell’olandese François van Bleyswick. Frontespizio in rosso e nero con marca editoriale di Luchtmans, con il motto “Tut sub aegide
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Pallas”. Capilettera e fregi silografici. Legatura coeva in pergamena, con stemma dorato al centro dei piatti. Al dorso, con filetti e fregi dorati, è annotato il nome dell’autore. Tagli a spruzzo. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche lieve brunitura.
Il testo della Historia romana di Velleio Patercolo, data alle stampe nel 1719 dal tipografo leidense Samuel Luchtmans, è curato da Peter Burmann (16681741), prolifico filologo olandese a cui si devono edizioni di numerosi classici latini, quali Petronio, Quintiliano, Fedro, Svetonio, Lucano. L’edizione si apre con l’epistola dedicatoria a John Campbell, secondo duca di Breadalbane e Holland, una scelta che con ogni probabilità testimonia il particolare interesse del tipografo e libraio Luchtmans a estendere i suoi già floridi contatti con il mercato inglese. Segue il preliminare e lungo indirizzo al lettore, nel quale Burmann delinea la fortuna a stampa della Historia romana, con una interessante rassegna delle edizioni precedenti, dalla princeps del 1520 curata – sulla base di un codice individuato presso il monastero alsaziano di Murbach – da Beatus Rhenanus e impressa a Basilea da Froben, fino a quella data alle stampe da Nicolaas Heinsius nel 1678. A tale proposito Burmann annota di aver potuto rinvenire, tra gli “Heinsiana scrinia”, un esemplare annotato di questa edizione di Velleio Partecolo, “in quo vir notabilissimus notas priores, ad examen revocatas, partim correxerat, partim auxerat”, e di aver quindi deciso di procedere a una nuova edizione dell’opera che tenesse conto di tali interventi di Heinsius. Sempre tra le carte di Heinsius, Burmann aveva individuato anche alcune note di Andreas Schott, sia a Velleio sia al De coloniis di Frontino, e ora rese accessibili, “hac occasione”, agli studiosi. L’edizione ripropone, infine, il testo degli Annales velleiani, seu Vita M. Velleii Paterculi di Henry Dodwell, già apparsi a corredo della edizione oxoniana del 1693 della Historia romana (pp. 641-712). Interesting imprint of Velleius Paterculus’ Historia romana – first published in 1520 by Froben – edited by the Dutch philologist Peter Burmann, famous for his editions of many classical texts such as Petronius, Quintilianus, Svetonius, Phaedrus and Lucanus. Bound in contemporary vellum with a gilt armorial coat in the center of the covers. Beautiful allegorical engraved frontispiece. Title-page printed in red and black with woodcut printer’s device. Good copy, some foxing throughout. Brunet
IV, 430; Schweiger, II, p. 1129.
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103 Marchesi, Giorgio Viviani (1681-1759). Vitae virorum illustrium Foroliviensium ad regiam celsitudinem Io. Gastonis Medices. Forlì, Paolo Silva, 1726. (Legato con:) Id. Monumenta virorum illustrium Galliae togatae olim occidentalis imperij sedis. Forlì, Paolo Silva, 1727. Due opere in un volume in-4° (mm 216x142). 6 carte non numerate, 496 pagine; una carta non numerata, 6 carte numerate, 145 pagine numerate 7-152. Antiporta allegorica incisa su legno all’inizio della prima opera; fregio silografico ai due frontespizi; capilettera silografici animati e ornati nel testo di entrambe le opere. Legatura coeva in pergamena rigida con titolo calligrafico al dorso; tagli spruzzati di rosso. Splendido esemplare, stampato su carta forte.
Prima edizione di queste due opere del cavaliere dell’ordine di S. Stefano Giorgio Viviani Marchesi, la prima dedicata alle vite degli uomini illustri di Forlì, la seconda ai personaggi più insigni della Gallia togata, cioè della zona compresa tra il fiume Oglio e le Alpi piemontesi. First interesting edition of this two works by the knight of the order of St. Stephen, Giorgio Viviani Marchesi, the first devoted to the famous men of the city of Forlì and the second to the most famous personalities of the Gallia Togata, a part of Northern Italy. Contemporary vellum on boards with manuscript title on spine; edges sparkled red. Allegorical frontispiece at the beginning of the first work. Handsome copy, printed on thick paper.
104 [Gori, Antonio Francesco (1691-1757)]. Descrizione della cappella di S. Antonino arcivescovo di Firenze dell’Ordine de’ Predicatori. Firenze, Bernardo Paperini, 1728. In-folio (mm 426x285). Due carte non numerate, 72 pagine con numerazione romana. Seguono 8 tavole fuori testo, delle quali 6 su doppia pagina e 2 a piena pagina, raffiguranti vedute e piante della cappella di S. Antonino. Le tavole sono incise da Bernardo Scrilli e
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Ferdinando Ruggeri su disegni di Giuseppe Masi e dello stesso Ruggeri. Frontespizio stampato in rosso e nero ornato da una vignetta calcografica raffigurante due patrizi inginocchiati davanti alla tomba di S. Antonino. Belle iniziali ornate e fregi incisi su rame nel testo. Legatura coeva in pergamena rigida con titolo in oro su tassello dipinto al dorso; tagli spruzzati di rosso. Esemplare stampato su carta forte, in ottimo stato di conservazione; la legatura un po’ imbarcata. Al contropiatto anteriore nota manoscritta: ‘1796 Roma’.
Edizione originale di questa interessante descrizione della cappella di S. Antonino a Firenze, compilata da Anton Francesco Gori e introdotta da un’epistola dedicatoria del patrizio Alemanno Salviati – committente dell’opera e appartenenete alla famiglia che aveva fatto costruire la cappella – a papa Benedetto XIII. L’autore, Anton Francesco Gori, estruscologo, esperto di gemme antiche, erudito, scrittore d’arte e professore di storia presso lo Studio Fiorentino, era un personaggio in vista dell’élite culturale toscana del tempo ed era noto per la sua attività di studioso e antiquario. La cappella Salviati, o di Sant’Antonino, si trova nella Chiesa di San Marco a Firenze e venne realizzata su commissione della famiglia Salviati per ospitare degnamente le spoglie di Sant’Antonino Pierozzi, arcivescovo di Firenze. Beautiful original edition of this work describing the chapel built by the noble family of the Salviati inside the church of St. Mark in Florence to bury the corpse of St. Antonino, archibishop of the city.The work, beautifully illustrated by 8 engraved plates, 6 of which on full page, showing the plans and maps of the chapel, was written by the historian and antiquarian Anton Francesco Gori on demand of the Salviati family. Bound in contemporary vellum with gilt title within painted label on spine; edges sparkled red. Handsome copy, printed on thick paper. Cicognara 4020.
105 Swift, Jonathan (1667-1745). I viaggi del capitano Lemuel Gulliver in diversi Paesi lontani. Venezia, Giuseppe Corona, 1729. Un’opera in due volumi in-8° (150x78). 4 carte non numerate, 244 pagine; 4 carte non numerate, 247 pagine. Antiporta con ritratto di Gulliver e due belle tavole incise in rame al primo
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volume. Il secondo volume illustrato da tre tavole in rame. Finalini silografici nel testo di entrambi i volumi. Legature coeve in vitello marrone, dorso a 5 nervi con decorazioni in oro, tasselli in vitello nocciola con titolo in oro. Esemplare in buono stato di conservazione, due quaderni leggermenete sporgenti nel primo volume; qualche leggera macchia, un paio di angoli sbucciati.
Prima rarissima edizione italiana di questo capolavoro della letteratura allegorico-avventurosa, che era stato pubblicato per la prima volta nel 1726, e prima opera di Swift mai tradotta in italiano. La presente traduzione fatta da F. Zannino Marsecco – pseudonimo di Francesco Manzoni – si basa su quella francese di Desfontaines, stampata nel 1727. Il romanzo di Swift godette di un successo immediato e duraturo, tanto che il noto poeta inglese Alexander Pope lo definì il libro più letto, dai gabinetti politici agli asili. George Orwell lo inserì tra le sei opere indispensabili della letteratura mondiale. Esemplata sulle narrazioni di viaggi che da oltre un secolo appassionavano l’Europa, l’opera narra le paradossali esperienze di Lemuel Gulliver, medico di bordo della flotta britannica. First very rare Italian edition- in two volumes – of Gulliver’s travels and first translation of a work by Swift into Italian language. «As the title-page informs, the translator, F. Zannino Marsecco (a pseudonym of Francesco Manzoni), relied in a French translation, very likely as early as 1727, since the censor’s approval printed at the end of the first book dates 5 January 1728. […] Marsecco followed Desfontaine’s version, as successful as it was notorious» (H. J. Real, The Reception of Jonathan Swift in Europe, p. 19). Contemporary brown calf with gilt title on spine fopr both volumes. Illustrated by a frontispiece with Gulliver’s portrait and vy 5 engraved plates. Woodcut tailpieces throughout. Very good copy some leaves of the first volume longer than the others. Melzi I, 465; H. J. Real, The Reception of Jonathan Swift in Europe, London-New York 2005.
106 Defoe, Daniel (1660-1731). La Vita e le Avventure di Robinson Crusoe. Venezia, Domenico Occhi, 1731. Un’opera in due volumi in-8° (mm 154x101). I: 4 carte non numerate, 271 pagine; antiporta in rame; II: 303 pagine; antiporta in rame. Legatura moderna in stile settecentesco in vitello
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marrone, dorso a cinque nervi con fregi in oro, tassello in vitello nocciola con titoli e numero del volume in oro. Esemplare in buono stato di conservazione, qualche leggera fioritura e qualche macchia; frontespizio e la c. L2 del primo volume abilmente restaurati; restauri agli angoli dell’ultimo quaderno e dell’ultima carta del secondo volume.
Seconda edizione italiana – la princeps italiana era stata impressa nel 1730 dallo stesso tipografo – di questo classico della letteratura, la cui edizione originale inglese era apparsa nel 1719. La presente traduzione venne effettuata – come accadeva all’epoca per altri capolavori della letteratura inglese – su una precedente edizione francese, come viene annunciato nel titolo. Second beautiful edition – in two volumes – of the Italian translation of Defoe’s masterpiece, based on a French version. The first Italian edition was printed by the same typographer an year earlier. Modern brown calf binding in 18th century style with gilt title and number of the volume on spine. Engraved frontispieces at the beginning of each volume. Good copy, some foxing and some spotting, title and leaf L2 of the first volume skillfully repaired. Repairs to the corners of the last quire of vol. II. Sabin 157.
107 Broggia, Carlo Antonio (1698-1767). Trattato de’ tributi, delle monete e del governo politico della sanità. Napoli, Pietro Palombo, 1743. In-8° (mm 194x115). 7 carte non numerate, 18 pagine con numerazione romana, 572 pagine numerate, due carte non numerate. Iniziali silografiche ornate. Legatura coeva in pergamena, titolo in oro su tassello in marocchino nocciola al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune carte uniformemente ossidate.
Edizione originale di questa importante opera del Broggia, celebre studioso di economia politica dalla travagliata esistenza che lo portò, per le sue idee, a subire anche la proscrizione nell’isola di Pantelleria. Notevole è, soprattutto, la parte dedicata all’analisi del sistema tributario, per il quale il Broggia, avan162
za ragionevoli proposte di riforma fiscale sulla base di criteri di equità assoluta in rapporto alle effettive capacità contributive, sgravando le classi più misere. Le sue teorie possono essere considerate non solo un compendio della più importante letteratura sulle finanze pubbliche del XVIII secolo, ma anche anticipatrici della maggior parte di quella del XIX secolo. «Primo trattato metodico dei tributi superiore di molto ai camerialisti suoi contemporanei» (Cossa, p. 107). First rare edition of this pioneeristic work on the tributary system. Schumpeter credits Broggia with being one of the originators of a pure theory of taxation. Broggia’s principal work, the Trattato de’ tributi, delle monete e del governo politico della sanità is «a digest of all that was best, not only in the public-finance literature of the eighteenth century but also in most of that of the nineteenth» (Schumpeter). Contemporary vellum binding, with gilt title within leather label on spine. Good copy, foxing to some leaves. Goldsmiths 7984; Kress B, 4730; Einaudi I, 709; Schumpeter, p. 205.
108 [Del Re, Vincenzo (1695-1762)]. Narrazione delle solenni reali feste fatte celebrare in Napoli da Sua Maesta il re delle Due Sicilie Carlo Infante di Spagna […] per la nascita del suo primogenito Filippo Real Principe delle Due Sicilie. Napoli, 1749. In-folio (mm 637x420). Una carta non numerata, 15 pagine, 14 tavole fuori testo. Il volume è illustrato da una splendida antiporta allegorica incisa su rame da Carlo Gregori, spiegata, nella parte bassa, dalla dicitura: ‘Il Principe nato è dalla Vittoria, presentato a Partenope accennato dal Sebeto, dalle Sirene e dalla Regia Villa di Portici. La Fede l’accoglie in Seno, l’educa Astrea, l’ornano le Grazie, Pallade l’istruisce per la pace, e Marte per la guerra, onde la fama lo consacra all’immortalità’. Al frontespizio bella vignetta incisa su rame raffigurante due cornucopie intrecciate dalle quali escono due teste di fanciulli; al centro un caducèo recante il motto ‘Temporum Felicitas’ entro cartiglio. A p. 3 grande vignetta incisa su rame decorata da una ‘Veduta di Baia’ e iniziale in rame ornata da una vedutina. In fine 15 splendide tavole – di cui 13 a doppia pagina e due più grandi e ripiegate più volte rispettivamente di mm 1370x637 e mm 990x813. Le tavole sono incise da Giuseppe Vasi, Angelo Guiducci, Felice Polanzani,
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Nicolas Desjardins e Luigi Le Lorrain su disegni di Vincenzo Del Re. Legatura ottocentesca in mezza pergamena con angoli e carta decorata ai piatti. Titolo manoscritto al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune tavole rinforzate lungo il margine interno e con qualche lieve alone.
Prima edizione di uno dei più sontuosi libri di feste del Settecento italiano e uno dei più begli esempi di rococò napoletano. Il ricchissimo apparato iconografico contenuto nel volume riproduce i balli in maschera, i banchetti, le piantine degli ambienti – tra i quali va ricordato il Teatro San Carlo – che ospitarono le feste allestite per celebrare la nascita – avvenuta il 13 giugno 1747 – di Filippo, primogenito del Re delle due Sicilie Carlo di Borbone. I festeggiamenti vengono rappresentati nelle quindici grandi tavole concepite e disegnate dal direttore dell’organizzazione dell’evento Vincenzo Del Re, architetto e scenografo di corte, i cui disegni originali della Narrazione sono oggi conservati al Metropolitan Museum of Art di New York. Nove delle tavole sono incise da Giuseppe Vasi (1710-1782), tre da Nicolas Jardin (17201799), e una da Angelo Guiducci, Felice Polanzani e Luigi le Lorrain, mentre l’autore del testo è Nicola Rossi, segretario di casa Corsini. Di grande interesse, in particolare, le tavole che riproducono il Teatro San Carlo – opera dell’architetto Giovanni Antonio Medrano – dove in quella occasione fu rappresentato il Sogno di Olimpia di Ranieri de’ Calzabigi con musica di Giuseppe De Majo. «Ce qu’il y a de plus intéressant dans cette publication, c’est qu’elle nous montre dans tous ses détails le théâtre San Carlo, choisi pour célébrer ces fêtes: le plan, la coupe, et toutes les tranformations de ce théâtre en salle de bal et en salle de concert sous la direction de Vincent Ré» (Vinet 604). Le ultime tavole rappresentano la terra di Cuccagna con case costruite interamente con ‘Lardo, panzette, presciutti, cacio cotto vecchio cavallo, pane sopressate, galline, papere…’ e la pianta, il prospetto e la sezione di una grande macchina per i fuochi d’artificio. First edition of one of the most beautiful and sumptuosly illustrated Italian books of festivities. The work commemorates the fortnight of festivities celebrating the birth of Philip, heir to Charles IV, King of the Two Sicilies. The celebrations which included fireworks, masked balls and opera, began on Saturday 4 November 1747, four months after the prince’s birth on 13 June. Among the musical events there were several performances of Hasse’s opera Siroe and Di Majo’s Sogno di Olimpia, the cast including the greatest 164
singers of the age.The Teatro San Carlo, Palazzo Reale and Castello Nuovo were transformed for this celebration into concert halls or ballrooms. As master of ceremonies,Vincenzo dal Ré recorded these transformations in his designs: 5 plates show the Royal Palace decorated for balls and musical entertainments, 5 plates depict the operas staged in Teatro San Carlo, 4 plates represent the fireworks machines, and one shows the Cuccagna.The festivities concluded on Sunday 19 November with a grand gala, the Cuccagna and fireworks at the Castello Nuovo. The work is opened by a beautiful allegorical frontispiece and the text adorned by an engraved vignette showing a view of the bay of Naples. Bound in 19th century half-vellum with decorated paper on boards; manuscript title on spine. Handsome copy, some plates strenghtened in the inner margins and with a few minor spotting. Cicognara 1515; Berlin Katalog 3078; Lipperheide S, 148; Vinet 604;
109 Galiani, Ferdinando (1728-1787). Della moneta. Napoli, Giuseppe Raimondi, 1750 [ma 1751]. In-4o (mm 235x163). 8 carte non numerate, 370 pagine numerate, 6 carte non numerate. La carta segnata Bb3 cancel, la carta D4 uncancel, in accordo con la copia Goldsmiths. Legatura in cartonato coevo, ricoperta in carta decorata. Esemplare con barbe in ottimo stato di conservazione. Elegante fregio al frontespizio, sul quale è visibile la nota di possesso manoscritta “Del Dre D Massimo Calvi”, una appartenenza della copia ulteriormente attestata dal timbro con monogramma “MC”. Alcune annotazioni marginali al testo, della mano del possessore.
Prima rara edizione di questa opera di importanza fondamentale per la storia della economia, e alla cui stesura Galiani si dedicò tra il 1749 e il 1750, spinto dalla urgenza della crisi monetaria che si era diffusa nel Regno di Napoli dopo la pace di Aquisgrana. Sebbene la data al frontespizio riporti l’indicazione del 1750, il trattato fu pubblicato l’anno successivo, come appare attestare anche il privilegio concesso all’editore Raimondi per la stampa e la vendita del volume, e datato 11 settembre 1751. Dello stesso Raimondi è la preliminare dedica al “Re Carlo, Re di Napoli, di Sicilia, ed Gerusalemme, Infante di Spagna &c &c”. Di Galiani è invece il lungo Proemio che introduce alla lettu165
ra del trattato, e in cui è tracciata anche una breve rassegna degli studi in materia monetaria prodotti fino a quel momento da altri autori, e tutti giudicati in qualche modo insoddisfacenti. Pur non negando che “da coloro io abbia tolte varie notizie” Galiani rivendica con forza la propria originalità e giustifica, al tempo stesso, la scelta di non eccedere in citazioni, “che se nell’Opera non mi trattengo a citare alcuno, egli è perchè le cose che tratto voglio che abbiano il loro vigore dalla ragione, non dall’autorità. Similmente mi sono sempre astenuto dal contraddire ad altri citandolo, conoscendo che la dimostrazione della verità è per se stessa una confutazione potentissima del falso: e la pompa di citare, o di rispondere a molti, ed in ciò dilungarsi, io credo che sia sempre da piccolezza d’animo cagionata” (c. b2r). Particolarmente critico si dimostra Galiani nei confronti della trattazione offerta dal filosofo inglese John Locke nelle Some considerations of the consequences of the lowering of interest and raising the value of money (Londra 1692), e delle quali lo stesso economista italiano aveva fornito una traduzione, rimasta però inedita. Infatti, “da lui sarebbe stato desiderabile, che in ciò che ha scritto si scorgesse più metodo, ed ordine; e che non una informe lettera, ma una ordinata opera si fosse fatta da un uomo tale”. Sul frontespizio la stessa mano del possessore ha annotato “D. Ferdinando Galiano è l’Autore”. Galiani aveva infatti dato alle stampe il trattato Della moneta in forma anonima, temendo – come osserva Diaz – che “la sua originalità e novità potesse in qualche punto spiacere alle autorità, o magari semplicemente suscitare critiche rese aspre dalla cognizione della giovinezza e della presunta inesperienza” dell’autore (F. Galiani, Opere, ed. Diaz, p. 4). Beautiful unsophisticated copy of the rare first edition of the outstanding Italian contribution to the theory of money. Galiani’s Della Moneta is considered one of the outstanding works of economic theory of the eighteenth century. «In his able work Della Moneta, [Galiani] analysed the phenomenon of value, forming a theory which may have a little in common in its details with the other systems known in his time, but differing essentially from them in its theory of the basis of value. Galiani’s system has nothing in common with that of Locke and Cantillon, then generally accepted. It anticipates the theories of Jevons and Menger» (Palgrave). Amazing copy, uncut and bound in its contemporary cartonnage with decorated paper on boards. Ownership’s inscription on title-page and stamp of the same collector. Some manuscript notes throughout. Cossa 41(113); Einaudi 2329; Goldsmiths 8528; Kress 5034; Italian Economic Literature in the Kress Library, 269; Palgrave, II, p. 178.
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110 Terentius, Publius Afer (195-159 a.C.). Comoediae ad optimorum exemplarium fidem recensitae. Londra, J. e P. Knapton, G. Sandby, 1751. Due volumi in-8°, con fascicolazione e paginazione continua. I: (mm 226x140). 14 carte non numerate, 208 pagine numerate. II: (mm 221x138). 2 carte non numerate, pagine numerate 209-400, 4 carte non numerate. In calce alla carta segnata Dd3 del secondo tomo, “Typis Bettenham”. Frontespizi in rosso e nero, vignetta calcografica con ritratto di Terentio; nel testo 6 tavole incise in rame. Legatura coeva in marocchino rosso con cornice dorata di triplice filetto ai piatti, dorsi a cinque nervi con titoli e fregi in oro; tagli dorati. Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi tracce di fioritura. Ai contropiatti ex libris “M. Dupleix de Bacquencourt, Intendant d’Amiens”, da riferire a Guillaume Joseph Dupleix, signore di Bacquencourt, intendente tra il 1766 e il 1771 della città di Amiens, in Piccardia.
Elegante edizione delle Comoediae di Terenzio, pubblicata dagli editori Knapton e Sandby, già associatisi nel 1750 per la stampa e la diffusione sul mercato inglese delle opere di Virgilio. L’iniziativa si inserisce in quella rinascita dell’interesse da parte di importanti filologi, in primo luogo inglesi e olandesi, per l’opera di Terenzio che caratterizza la prima metà del Settecento. L’edizione del 1751 delle Comoediae – il cui testo è preceduto dalla P. Terentii Vita ex Svetonio – è priva di indicazione del curatore, ma si è ipotizzato che potrebbe trattarsi dello stesso William Sandby, il cui nome si lega anche ad altre stampe di autori classici, come l’Orazio del 1750 e la precedente versione inglese, nel 1742, del De sublimitate di Longino. I volumi sono inoltre arricchiti da sei tavole incise da Johann Sebastian Müller (17151790 ca.), originario di Norimberga e trasferitosi nel 1744 in Inghilterra, e che dal 1760 in poi preferì firmarsi come John Miller. I soggetti – maschere teatrali e personaggi – riprendono in dimensione ridotta le incisioni inserite nella edizione di Terenzio data alle stampe a Urbino nel 1736 da Girolamo Mainardi. Elegant edition of Terentius’s comedies – in two volumes – which witnesses the growing interest of philologists of the time – mostly English and Dutch ones – for the work of this important author of the Classical age. The name of the editor doesn’t appear in the imprint, but the scholars have supposed that he should be identified with Sandby himself who had already published an Horatius (1750) and Longinus’ De sublimitate (1742). 167
Both volumes bound in contemporary red morocco with gilt decorations on covers and on spine. Title-pages printed in red and black. Illustrated by an engraved portrait of Terentius and 6 plates. Fine copy, some minor foxing. Bookplate of the French nobleman Guillaume Joseph Dupleix, Lord of Bacquencourt. Brunet V, 718; Schweiger, II, p. 1069; STC English T137043.
111 [Galiani, Ferdinando (1728-1787) - Intieri, Bartolomeo (1678-1757)]. Della perfetta conservazione del grano discorso di Bartolommeo Intieri. Napoli, Giuseppe Raimondi, 1754. In-folio (mm 286x200). 6 carte non numerate, 84 pagine numerate. Al frontespizio marca tipografica incisa su rame da Francesco Cepparuli raffigurante due giovani intenti a studiare, sullo sfondo un paesaggio agreste e in basso il motto ‘FATO RERUM PRUDENTIA MAIOR’. Illustrato da 7 tavole ripiegate fuori testo incise su rame dal Cepparuli, che raffigurano i luoghi e gli strumenti per conservare il grano in maniera adeguata. Alla c. A1r testatina incisa su rame dal Cepparuli raffigurante un granaio e dei lavoranti. Capilettera animati e ornati, testatine e finalini silografici incisi su legno nel testo. Legatura in cartonato coevo con titolo manoscritto in inchiostro marrone al dorso. Splendido esemplare, con barbe, in ottimo stato di conservazione; qualche arrossamento alle ultime due tavole. Al frontespizio timbri della ‘Société d’encouragement pour l’industrie nationale’ e dell’economista Charles-Philibert Lasteyrie du Saillant (1759-1849). Al recto e al verso del foglio di guardia anteriore una lunga nota manoscritta coeva contenente alcune notizie sulle opere in cui viene citato il discorso dell’Intieri.
Prima rarissima edizione di questo discorso dell’abate e matematico toscano Bartolomeo Intieri, che si avvalse quasi sicuramente nella stesura del testo o nella sua revisione dell’aiuto della brillante penna del giovane economista e amico Ferdinando Galiani, protagonista insieme all’autore e a personalità come Antonio Genovesi e Antonio Serra, della grande stagione di rinnovamento delle dottrine economiche nel regno di Napoli. Intieri giunse nel regno partenopeo durante gli ultimi anni del dominio spagnolo e, essendo convinto che le scienze dovessero essere impiegate al servizio del bene pubblico, si adoperò per migliorare le tecniche agrarie per migliorare, di conseguenza, il tenore di vita dei cittadini. 168
Il testo proposto, si pone l’obiettivo di dimostrare come, con un’attenta costruzione dei granai, si preservi la salubrità del grano e fornisce le indicazioni necessarie alla realizzazione di strutture e macchinari che consentano di conservare più a lungo questo cereale, di proteggerlo dai parassiti per arrivare a produrre una farina di qualità migliore. È inoltre interessante ricordare che la pubblicazione del presente volume fu all’origine della disputa tra il Galiani e Duhamel de Monceau, che nelle sue opere di agronomia si avvalse pesantemente del testo del Della perfetta conservazione del grano senza dichiarare la sua fonte, e che venne dunque accusato dall’abate napoletano di plagio, riprova ulteriore della sua partecipazione alla stesura del trattato. First very rare edition of this treatise about the drying kiln for corn and other cereals by Bartolomeo Intieri who probably wrote it with the help of the brilliant economist Ferdinando Galiani, who embodied modern science and economy in the Kingdom of Naples of the 18th century. Amazing copy, uncut, bound in its contemporary paper wrappers. On title printer’s device engraved by Francesco Cepparuli. Illustrated by 7 engraved folding plates out of text, showing the places and the instruments for the preserving of corn. Engraved vignette on l. A1r and many woodcut initials and headings throughout. On title-page stamps of the ‘Société d’encouragement pour l’industrie nationale’ and of the French economist Charles-Philibert Lasteyrie du Saillant (1759-1849). On the front flyleaf a long contemporary manuscript note referring to Intieri’s works. Niccoli, p. 196; Higgs 708; Paleari-Henssler 1717; Einaudi 2342; Coquelin & Guillaumin I, p. 816; Venturi, Settecento riformatore, Torino 1969, I, pp. 552-62.
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112 Di Sangro, Raimondo (1710-1771). Dissertation sur une lampe antique Trouvée à Munich en l’année 1753. Ecrite par M.r le Prince de S.t Severe Pour servir de suite à la première partie de ses Lettres à M.r l’Abbé Nollet à Paris, sur une découverte qu’il a faite dans la Chimie avec l’explication Phisique de ses circonstances. Napoli, Morelli, [1756]. In-4° (mm 191x127). 5 carte non numerate, 141 pagine numerate. Frontespizio stampato in rosso e nero. Illustrato da due tavole ripiegate fuori testo incise su rame da Francesco Cepparuli: la prima – con acquerellatura coeva – raffigurante il modello della lampada e la seconda la ‘pianta del piede d’oro che sostenea la caraffa contenente il fosforo del rabino di Costantinopoli’. Legatura coeva in pergamena spruzzata; tagli marmorizzati. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima e unica rarissima edizione di quest’opera del Principe di Sansevero, impreziosita da due tavole di cui una recante un’acquerellatura di mano coeva. «La Dissertation sur une lampe antique, scritta a Napoli nel 1754, e pubblicata in lingua francese solo due anni dopo, è una delle pochissime opere rimasteci del Principe di San Severo D. Raimondo De Sangro, ed è al contempo l’ultimo lavoro che il nobile alchimista volle dare alle stampe. […] La Dissertation trova origine negli studi di Palingenesi condotti dal De Sangro a fasi alterne fra il 1752 e il 1765. […] Oggetto apparente della Dissertazione è fare la storia, e spiegare l’origine, dei cosiddetti lumi eterni del mondo antico, cui il nostro autore non crede affatto, e più in generale di una serie di fenomeni luminosi ed ignei spiegati come effetto dei fosfori. In realtà, come già in altre opere del De Sangro, il motivo apparente è un pretesto per parlare di se stesso, delle sue scoperte, delle sue letture e delle sue idee, e contrabbandare in modo velato nozioni e concetti che certo, esposti in forma diretta, avrebbero potuto dar luogo a fastidiosi malintesi» (Raimondo Maria De’ Sangro, Il lume eterno, a cura di Gian Carlo Lacerenza, Foggia 1999, pp. 7-10). First exceedengly rare edition, of this work by the prince and masson Raimondo di Sangro, written in French in 1754, that tries to trace an history of the origins of some luminous phenomenons, the ‘ethernal lights’ of the ancient world, but is also a pretext for di Sangro to speak about his own discoveries, his inventions and his ideas. Beautiful copy, bound in contemporary painted vellum with marbled edges. Title-page printed in red and black.The book is adorned by two engraved plates, one of which with a coheval colouring. 170
113 Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers. Lucca, Vincenzo Giuntini, 1758-1776. 28 volumi in-folio (mm 415x265, misura media). Grande vignetta allegorica in rame al frontespizio dei 17 volumi del testo, disegnata da Domenico Paladini e incisa da Carlo Gregori. Fregio al frontespizio degli undici volumi delle Planches. Al Tomo primo il frontespizio è preceduto da una antiporta, che riproduce – come si legge nel margine inferiore – il ‘FRONTISPICE DE L’ENCYCLOPEDIE’, incisa dal lucchese Jean Laurent Guidotti, su disegno di Cochin, con la celebre raffigurazione allegorica della Verità, tra la Ragione e l’Immaginazione. Illustrato complessivamente da 2.582 tavole, in 11 volumi, di alcune a doppia pagina e alcune ripiegate. Testatine e iniziali figurate nel testo. Legatura coeva in pergamena con titolo e numero del tomo in oro su etichetta a colore al dorso. Sguardie in differenti tipi di carta coeva decorata. Capitelli in seta a due colori, tagli colorati. Esemplare ad ampi margini, in buono stato di conservazione, lievi gore ad alcuni volumi. Brunitura uniforme ad alcune tavole dovuta alla qualità della carta.
Prima edizione italiana della Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, edita da Denis Diderot e Jean Le Rond d’Alembert e terza assoluta, dopo la princeps parigina del 1751-1772 e l’immediata ristampa pubblicata a Ginevra nel 1771-1776. Nel fittissimo panorama di edizioni e ristampe della famosa Encyclopédie, l’iniziativa fortemente voluta dal nobile lucchese Ottaviano Diodati (1716-1786), in collaborazione con l’editore Vincenzo Giustini, si presenta senza alcun dubbio come tra le più interessanti. Già animatore della traduzione italiana del Journal encyclopédique, che da Liegi diffondeva, nei suoi fascicoli quindicinali, le idee dei philosophes, Diodati stipulò già nel maggio del 1756 un contratto con la stamperia di Giuntini per procedere alla impressioni dei volumi. Tra il 1758 e il 1771 apparvero diciassette volumi, che riproducono il testo originario, a cui si affiancarono negli anni 1765-1776 gli undici tomi delle Planches, nei quali è riproposto il medesimo corredo iconografico dei volumi francesi, in tavole tutte incise a Lucca. Il primo tomo del 1758 si apre con la dedica di Diodati al Senato della Repubblica di Lucca, una scelta che si rivelerà determinante per assicurare la sopravvivenza dell’iniziativa stessa. Il 3 settembre 1759 era stata infatti resa nota la condanna emanata dal Sant’Uffizio romano della edizione parigina della Encyclopédie, e già all’avvio del procedimento censorio era stato disposto un analogo esame anche dei tomi fino a quel momento dati alle stampe a Lucca, 171
esame affidato in una fase iniziale ai consultori della Congregazione dell’Indice. Diodati si avvalse dell’agente della Repubblica di Lucca a Roma, l’abate Filippo Buonamici, per far pervenire al dicastero romano un memoriale in sua difesa. Qualche mese più tardi l’esame censorio diventò materia del ben più potente Sant’Uffizio, ai cui membri Diodati ebbe cura di trasmettere – quale atto di autocensura così frequente al tempo – alcuni fogli a stampa con correzioni relative a quanto già impresso nei primi due volumi della Encyclopédie lucchese. Tali fogli furono poi effettivamente inseriti a corredo dei tomi terzo e quarto, dati alle stampe già nel 1759 a testimonianza della urgenza di proporre una edizione purgata che potesse passare indenne al rigoroso vaglio della censura romana, presentandosi quindi – come scrive Diodati nell’avviso Aux Sçavans del tomo terzo – «conforme aux justes maximes de la Religion & de la morale, qui sont les choses qui interessent le plus». L’iniziativa incontrò il favore di alcuni membri del Sant’Uffizio e, grazie anche alle pressioni esercitate in tal senso da esponenti della Repubblica, nel decreto di condanna della Encyclopédie non venne fatta alcuna esplicita menzione della ristampa lucchese. In virtù del compromesso raggiunto, e delle ambiguità e divergenze che sempre caratterizzarono la storia della censura romana, Diodati potè quindi proseguire nella sua impresa editoriale. Beautiful copy, uniformly bound in original vellum, of the first Italian edition of Diderot and D’Alembert’s Encyclopédie and third absolute one, following the Paris and Geneva ones. 17 volumes of text and 11 illustrated by 2,582 plates, many of which folded or on double page. «Because it followed the original edition from an early date, this reprint became bogged down in delays. From what little can be learned about its history, it seems to have had a pressrun of 1,500 copies, at least during the printing of the first volumes, and a price of about 737 livres. Although no international copyright law existed in the eighteenth century, the French publishers probably considered it a pirated work and tried to keep it out of the kingdom. In the tiny republic of Lucca, however, it was an important and legitimate enterprise, directed by an adventurous patrician named Ottaviano Diodati, with the financial backing of some wealthy notables and the political protection of Lucca’s senate, to which it was dedicated» (R. Darnton, The Business of Enlightenment, p. 34) L’edizione lucchese dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert (1758-1776) e i suoi incisori, Lucca 2002; G. Tonelli, A short-title list of subject dictionaries, Firenze, 2006, p. 42; R. Darnton, The Business of Enlightenment: A Publishing History of the Encyclopedie 1775-1800, Harvard 1986.
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114 [Baudeau, Nicolas (1730-1792?)]. Avviso al popolo sul bisogno suo primario o sia Trattato sulla macinatura de’ grani e sul commercio delle farine. Firenze, Giovanni Battista Stecchi e Antonio Giuseppe Pagani, 1768. In-8° (mm 187x104). 51 pagine. Carattere rotondo e carattere corsivo. Al frontespizio marca tipografica incisa su legno raffigurante il giglio di Firenze. Esemplare in buono stato di conservazione, privo della legatura, un piccolo strappo lungo il margine interno bianco del frontespizio, margine superiore sobrio. Al frontespizio timbro: ‘Bibliothèque Economique Lastryrif ’.
Prima edizione italiana di questo raro opuscolo, stampato per la prima volta in francese nello stesso anno, considerato «un livre pratique, semi-technique, puisqu’il s’agit de mouture et de boulangerie; une oeuvre d’expédient, pourraiton-dire, écrite en vue de remédier d’urgence à la cherté, enfin d’aider aux vues saines et généreuses de l’Administration, qui en de telles circonstances porte seule le poids de la misère du peuple et de l’ignorance des subministrations» (G. Weulersse, La physiocratie a l’aube de la Revolution, 1781-1792, p. 78). L’autore – Nicolas Baudeau – era noto soprattutto per aver collaborato alla raccolta intitolata Physiocratie, una vera e propria ‘Bibbia’ della fisiocrazia – cioè della dottrina economica che si affermò in Francia verso la metà del XVIII secolo in chiara opposizione al mercantilismo e con lo scopo di risollevare le sorti delle scarse finanze francesi – considerata una delle opere capitali nella storia dell’economia politica, adunante – oltre a quelli del Baudeau – testi di personalità come François Quesnay o Pierre Samuel Dupont de Nemours. L’abate Nicolas Baudeau fu prima professore di teologia presso l’abbazia di Chancelade e poi fondatore, nel 1765 a Parigi, del periodico Éphémérides du citoyen ou chronique de l’esprit national, in cui venivano supportate idee protezioniste. La presente opera rientra in una serie di scritti del Baudeau intitolati Petits traités économiques che testimoniano lo zelo dell’autore nella propagazione di teorie che potessero migliorare l’arte della macinatura del grano e quella della produzione del pane. Infatti, in accordo con le idee di Parmentier, anche Baudeau respinge la produzione casalinga del pane, considerandolo un processo regressivo e antieconomico. First important and very rare Italian edition of this pamphlet, first published in French in the same year. In this work, belonging to the series of the Petits traités 173
économiques, Baudeau points out that an improved system for grinding corn and baking bread would enable bakeries to sell sour and bread at a cheaper rate. Born at Amboise, Baudeau entered the church, becoming a Canon and Professor of theology at the Chancelade Abbey. He was subsequently called to Paris in the service of Archbishop de Beaumont. In 1765, Baudeau founded the periodical Ephémérides du Citoyen, at that time a journal defending the mercantile system, in oppostion to Quesnay and his followers. Baudeau however was converted to Physiocracy in 1766 by Dupont de Nemours and he turned his journal over to the promotion of physiocracy. Good copy, without binding. Kress, 6518; Einaudi, n. 342; L. Cossa, Saggi bibliografici di economia politica, Bologna, 1963, p. 138; G. Weulersse, La physiocratie a l’aube de la Revolution, 1781-1792, Paris 1984.
115 Giraudeau, Pierre (XVIII secolo). La Banque rendue facile aux principales nations de l’Europe. Paris, Chez Saillant & Nion, 1769. Due parti in un volume in-4° (mm 248x188). 8 pagine con numerazione romana, 12 carte non numerate, 478 pagine, 3 carte non numerate, 12 pagine con numerazione romana, una carta non numerata, 38 pagine, due carte non numerate, 105 pagine, 50 pagine.Testatine e finalini silografici nel testo. Legatura coeva in vitello agli acidi con decorazioni e titolo in oro su tassello in marocchino nocciola al dorso; sguardie in carta a pettine, tagli rossi, segnalibro in seta verde. Esemplare in buono stato di conservazione, alcune fioriture, angoli della legatura sbucciati, cerniere usurate. Annotazioni di natura commerciale in italiano e di mano coeva al foglio di guardia posteriore. Nel volume si trova inserito un foglio annotato dalla stessa mano con operazioni di cambio.
Terza edizione – la cui princeps era stata stampata a Ginevra nel 1740-41 – di questo manuale pratico di contabilità bancaria che comprende, per tutte le principali città europee, le operazioni di cambio, di commercio, di banca, un trattato di cambio su tutte le monete conosciute ed il loro valore, le tavole rapportate di pesi, misure e monete della Repubblica francese comparate con quelle antiche, un trattato di compra e vendita dell’oro e dell’argento, e un trattato, che spiega sul come si tengono i libri in doppia partita – L’Art de tenir les livres en partie double – che era già stato pubblicato separatamente nel 1745. 174
116. Funeral Binding
118. Ekaterina Alekseevna
II
di Russia
119. Albertolli, Giocondo
122. Bernini, Rosalba
126. De Welz, Giuseppe
124. Antolini, Giovanni
135. Cerchia di Giuseppe Canella
141. Carey, Brendon
Third edition of a very successful work on banking and bookkeeping containing also «a very full account of the great European places of exchange» (Higgs). The first edition was published in 1740-41 and it was re-edited up till the 19th century. The second part of the volume contains a treatise on the double-entry accounting, first published separately in 1745. Very good copy, bound in contemporary marbled calf, corners a little rubbed. Manuscript contemporary notes in Italian on the lower flyleaf and in a separate piece of paper. Goldsmiths 17670; Einaudi 2596 (1a ed.).
116 [Funeral Binding]. Missae in Agenda Defunctorum. Lucca, Ex Typographia Marescandoli, 1770. In-4° (mm 347x239). Al frontespizio vignetta silografica raffigurante la Resurrezione, 24 pagine numerate stampate in rosso e nero con diagrammi musicali nel testo, alla c. A3v silografia a piena pagina raffigurante la Crocefissione. Legatura funeraria in cartonato coevo giallo alla rustica interamente decorato, su entrambi i piatti, con una silografia raffigurante la morte entro cornice ornamentale. Scatola conservativa in mezzo marocchino nero, titolo in oro al dorso. Esemplare in buono stato di conservazione, legatura anticamente rinforzata con applicazione di carta decorata lungo i margini dei piatti.
Rara legatura funeraria, raffinatamente incisa in legno con immagini simboliche della morte: al piatto anteriore mentre traffica nel suo ‘ufficio di commercio’ intenta a conteggiare le sue ricchezze materiali (monete d’oro, corona, mitra, gioielli) simboli del potere e della vanità umane; dietro di lei, da due piccole finestre, si possono vedere i pioppi, un obelisco e una tomba, chiaramente la vista di un cimitero. Al piatto posteriore, la morte in piedi appoggiata su una tomba su cui è l’iscrizione «Memento homo quia pulvis es, et in pulvere reverteris», questa silografia è la copia speculare di quella apparsa nell’edizione, stampata a Basilea nel 1543, del Vesalius De Humani Corporis Fabrica, attribuita a Stephen van Calcar. Con una mano poggia su un teschio che tiene aperto un libro con le parole «Novissima memoria», con l’altra sostiene il viso, ed il gomito poggia su una 175
clessidra che segna lo scorrere del tempo. La cornice silografica, in cui è racchiusa la scena, è più elaborata di quella anteriore, qui infatti simbolicamente arrichita da teschi, urne, scettri, corone, libri e da una bilancia. A superb binding featuring «Death in the Counting House» on the upper cover and «Death before a Tomb» on the lower. The two images are printed from blocks considerably older. Although they are both unsigned they are of the highest quality. The upper cover illustration depicts Death emptying a bag of gold coins from the table on to the floor where they join symbols representing the highest orders and vanities of life: a crown, a crosier, a mitre, etc.Two laurel trees can be seen through the small window and through the door we see a tomb and an obelisk. Death appears to be satisfied with his work.The lower cover has a more elaborate border with skulls in the corners and a pattern of the symbols of rank and position and again vanities from the upper cover with the addition of bound books. Death is before a tomb, his right elbow resting on an hour glass, his hand supporting his head; his left arm is extended and rests on a skull which is used to prop open a book. On the side of the tomb an animal skin is nailed bearing the legend ‘MEMENTO HOMO QUI PULVIS ES, ET IN PULVERE REVERTERIS’. This woodcut is a reversed copy of a woodcut which appears in Vesalius’ De Humani Corporis Fabrica (Basle, 1543), attributed to Stephan van Calcar. Preserved in a modern morocco-backed clamshell box.
117 Alphabetum Grandonico-Malabaricum sive Samscrudonicum. Roma, Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide, 1772. In-8° (mm 192x130). XXVIII, 100 pagine. Una tavola ripiegata tra la p. 12 e la p. 13 (numerata 12); 8 tavole ripiegate tra la p. 88 e la p. 89. Caratteri romani, corsivi gotici e malaya- lam. Al frontespizio marca tipografica raffigurante Gesù che manda gli Apostoli a predicare per il mondo entro cornice ornata con il motto ‘euntes in universum mundum praedicate evangelium omni creaturae’. Legatura d’attesa in carta azzurra. Splendido esemplare, a fogli chiusi e con testimoni.
Prima e unica edizione – curata dall’erudito professore di lingua greca Giovanni Cristofano Amaduzzi, che era anche sovraintendente della tipogra176
fia della Congregazione di Propaganda Fide (si veda scheda n. 85) - e primo esempio noto di caratteri dell’alfabeto malaya- lam a stampa. La lingua malayalam è strettamente imparentata al tamil, essendosi le due distinte dal prototamil-malaya- lam a partire dal VIII secolo d.C. circa. L’alfabeto tamil (o più correttamente, il sistema di scrittura sillabico o abugida tamil) deriva dal sistema di scrittura Grantha (= “libro, manoscritto”) che è un tipo di antica scrittura che predominava nel Sud dell’India. First rare edition of the earliest printed example of Malabarese type, now known as Malayalam, and first grammar of this language, edited by the philologist Giovanni Cristofano Amaduzzi for the Propaganda Fide (see also n. 85). Bound in blue paper. Amazing copy, uncut. Birrell&Garnett 16; De Gubermnatis 329; Smithskamp PO 207; Brunet I, 197.
118 [Ekaterina Alekseevna II di Russia (1729-1796)]. [Bolla manoscritta per il conferimento di un titolo nobiliare]. San Pietroburgo, 13 settembre 1778. Bolla manoscritta miniata su pergamena di mm 421x295. 5 fogli manoscritti in inchiostro marrone e oro in scrittura cirillica (l’alfabeto è ovviamente quello precedente alla riforma del 1918) inquadrati all’interno di splendide cornici miniate in oro e decorate da ghirlande floreali policrome, con, ai quattro angoli, fiocchi in rosa e azzurro. La prima carta reca, nella parte superiore – circondata da un cielo con un sole nascente – l’aquila bicipite con all’interno uno scudo con San Giorgio che uccide il drago su campo rosso, simbolo dell’impero russo, sormontata dal ritratto in ovale di Caterina II. Lungo gli altri tre montanti della stessa cornice 30 piccoli ovali sormontati da corone, contenenti gli stemmi dei vari domini afferenti all’impero (Mosca, Kiev,Vladimir, Novgorod, Kazan, Astrakhan, Polonia, Siberia, Carelia, etc.). Al verso del primo foglio la cornice racchiude invece quattro ovali contenenti: il monogramma dell’imperatrice (‘EA’), i simboli della regalità – la corona e la sfera imperiale che simboleggia il mondo –, e lo stemma di San Pietroburgo. Le cornici presenti sugli altri fogli contengono anch’esse quattro medaglioni ovali ciascuna, con nel superiore il monogramma di Caterina e, negli altri, delle piccole vedute dipinte di città e scene di guerra con assedi ed eserciti in battaglia. Al recto del quarto foglio, al centro della pagina, grande stemma nobiliare – miniato in azzurro, oro e
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rosso – con un grande scudo diviso in riquadri azzurri e oro contenente tre teste di leopardo e circondato da una elaborata decorazione a fogliame, il tutto sormontato da un elmo grigio con visiera ornato da una testa di leopardo con pennacchio di piume di struzzo. Al recto del quinto foglio, in calce al testo della bolla, la firma dell’imperatrice in inchiostro marrone: ‘EkamepuHa’ (Ekaterina). Grandi iniziali miniate a volute in oro nel testo. Tutti i fogli membranacei sono separati da un drappo di seta verde. Legatura originale in seta verde salvia recante un cordone intrecciato di fili di seta della stessa tonalità al quale è fissata una splendida scatola circolare in ottone (diametro mm 125) con, sul coperchio, un rilievo con l’aquila bicipite che regge lo scudo, lo scettro e la sfera. All’interno della scatola è contenuto il sigillo in ceralacca dell’imperatrice. Il cordone è ornato, nella parte finale, da due grosse nappe finemente lavorate e decorate da una serie nastri in filo metallico dorato intrecciati a forma di fiocco o di fiore. Custodia moderna in marocchino verde con titolo in oro al dorso. Splendido manoscritto, perfettamente conservato.
Straordinario manoscritto miniato e riccamente decorato contenente un brevetto emanato da Caterina II, imperatrice di tutte le Russie, per conferire un titolo nobiliare a quattro fratelli: Fyodor, Wilhelm, Gustav e Georgy Zimmermann, per i meriti di guerra acquisiti durante varie campagne militari. Il grande stemma, raffigurato al quarto foglio della bolla, è quello con cui vengono insigniti i fratelli Zimmermann, dei quali viene riportato l’elenco delle azioni belliche alle quali hanno preso parte e la lista dei ruoli svolti al servizio dell’impero. La bolla è datata – al recto dell’ultima carta – ‘Palazzo imperiale di San Pietroburgo, 13 settembre 1778’ ed è sottoscritta dall’imperatrice. Extraordinary illuminated manuscript on vellum containing a bull of Catherine II of Russia, emanated to enable a nobiliary title to the four Zimmermann brothers for the merits acquired during the military campaigns at the service of the Empire. The document is dated September 13th, 1778 and subscribed by the empress on the recto of the last leaf. The text of the manuscript – written in gold and brown ink in cyrillic characters – is inscribed in handsome gilt borders decorated by flowers and ribbons of different colours. The first border contains an elegant portrait of the empress, the double-headed eagle with the red shield with St. George killing the dragon – symbol of Russia – and the 30 armorial coats of the Empire’s domains. On each page 4 painted medaillons within the frame. The medallions on the verso of the first leaf with the crown and the bowl – symbols of power – Catherine II’s monogram (‘EA’) and the armorial coat of the city of St. Petersburg. The medallions on the other leaves have all the Empress’ monogram and different scenes depicting views of cities, battles and fighting armies. On the recto of l. 4 the big armorial coat illuminated in blue and gold, given to the Zimmermann. 178
Each leaf is separated by a piece of green silk. Bound in original green silk, with a beautiful cordon – ending with two richly decorated tassels – to which is hanged a big circular brass box with the double-headed eagle in relief, containing the original seal.
119 Albertolli, Giocondo (1742-1839). Ornamenti diversi [Parte prima]. Milano, 1782. In-folio (mm 519x387). 24 carte incise da Giacomo Mercoli su disegni di Albertolli, suddivise come segue: frontespizio, dedica dell’autore a Giuseppe Piermarini, architetto imperiale, 22 tavole raffiguranti gli ornamenti. Legatura coeva in vitello agli acidi con titolo in oro al dorso; sguardie in carta marmorizzata. Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche lieve fioritura.
Id. Alcune decorazioni di nobili sale ed altri ornamenti [Parte seconda]. Milano, 1787. In-folio (mm 590x436). 25 carte non numerate così suddivise: frontespizio inciso, dedica incisa dell’autore a Giovanni Giuseppe de Wilzeck, ministro presso il governo generale della Lombardia austriaca, prefazione a stampa dell’Albertolli, 22 tavole incise su rame da Giacomo Mercoli e Andrea de Bernardis. Legatura coeva in vitello marrone; sguardie in carta marmorizzata. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Id. Miscellanea per i giovani studiosi del disegno [Parte terza]. Milano, 1796. In-folio (mm 605x458). 22 carte incise suddivise come segue: frontespizio, dedica dell’autore a don Galeazzo Busca Arconati Visconti, 20 tavole con numerazione romana – di cui 5 al bistro (nn. VII, XI, XVI, XVII, XVIII) – incise da Michelangelo e Giacomo Mercoli, Giuseppe Longhi, Girolamo Mantelli, Raffaello Albertolli e basate sui disegni di Giocondo Albertolli e del figlio Raffaello. Legatura coeva in cartonato ricoperto da carta marmorizzata. Esemplare in ottimo stato di conservazione; legatura un po’ usurata.
Splendido set dei tre volumi – tutti in prima edizione e in legatura coeva – degli specimina di ornamenti pubblicati a Milano da Giocondo Albertolli, insegnante di Ornato all’Accademia delle Belle Arti di Brera e concepite come un 179
repertorio iconografico destinato a studenti e artigiani. La prima parte dell’opera uscì separatamente molti anni prima delle altre, nel 1782, mentre la seconda e la terza vennero stampate, rispettivamente nel 1787 e nel 1796. In concomitanza con l’uscita del terzo volume l’autore colse l’occasione per ripubblicare anche le prime due parti. Le tre opere presentano una serie complessiva di 64 eleganti tavole calcografiche – alcune delle quali al bistro – accuratamente incise da Giacomo Mercoli, Andrea de Bernardis, Giuseppe Longhi, Girolamo Mantelli, Raffaello Albertolli e basate sui disegni di Giocondo Albertolli. Stabilitosi definitivamente a Milano nel 1774, Giocondo Albertolli iniziò nel 1776 la carriera di insegnante di Ornato presso la neonata Accademia di Belle Arti di Brera, restando in carica fino al 1812. Qui si svolse gran parte della sua attività affiancata, contemporaneamente, anche da quella di progettista di arredi e decorazioni per la corte Asburgica realizzati per alcuni tra i maggiori monumenti neoclassici lombardi come il Palazzo arciducale, il Teatro alla Scala, la Reggia di Mantova e la Villa Reale di Monza. Seguì inoltre ogni dettaglio delle decorazioni interne per la realizzazione di Villa Lucini Passalacqua a Moltrasio, sul Lago di Como; e ancora nel 1780 a Parabiago, paese dell’amico ebanista Giuseppe Maggiolini, per alcune decorazioni interne alla Chiesa Prepositurale dei Santi Gervasio e Protasio, lavorando addirittura con l’architetto Giuseppe Piermarini, incaricato quest’ultimo della realizzazione della facciata stessa. «Giocondo Albertolli sosteneva la necessità di programmi decorativi in armonia con le nuove architetture, preferibilmente in stucco, spesso dorato. I suoi corsi, frequentati da artigiani quali stuccatori, tappezzieri, ebanisti, ricamatori, tessitori di arazzo, formarono persone capaci di rinnovare ogni tipo di ambiente: la purtroppo perduta e dispersa decorazione dei saloni di Palazzo Reale, con i relativi arredi, offriva la sintesi più compiuta di tale gusto» (M. Rossi, Disegno storico dell’arte lombarda, p. 131). Nei tre volumi delle raccolte Ornamenti diversi, di Decorazioni di nobili sale, e nella Miscellanea, viene presentato un campionario di arredi ed oggetti, ispirati a modelli classici, come ad esempio nella tavola VI del secondo volume, dove viene mostrato il modello per uno sgabello a forma di tripode con le gambe unite da un serto di foglie di quercia; o come nel progetto per l’altare per il principe Belgiojoso (vol. II, tav. XVII), che presenta, attorno ad un bruciaprofumi all’antica, due ippogrifi reggenti ghirlande di fiori, che pendono dai manici della coppa. 180
Amazing set of the three albums – all in first edition and preserved in their contemporary bindings – with the engravings of designs by Giocondo Albertolli – the leading teacher of design at Milan at the time – for interior decoration, ceilings, furniture and metalwork, all in the distinctive neo-classical style which he developed in the 1770’s while working under the Milanese state architect Giuseppe Piermarini at the Palazzo Ducale in Milan and the Villa Ducale at Monza. The plates illustrate examples of his work at both places and also at the Belgiojoso Palace in Milan. What makes this volumes presented here meritorious, is that they are based on his original design drawings for actual commissions, ranging from whole interiors to designs for a sofa and for a silver soup tureen. Albertolli simultaneously enjoyed widespread influence over younger artists and architects as Milan’s leading teacher of decorative design. Cicognara 390-392; Berlin Katalog 595-596; M. Rossi, Disegno storico dell’arte lombarda, Milano 2001.
120 [Turgot, Anne-Robert-Jacques (1727-1781)]. L’ami du peuple français où mèmoire addressé à Mr. Turgot […] par le fils d’un laboureur. Limoges, 1786. (Legato con:) Reforme du clergé. Par l’auteur du C.C. [Paris], conclue, decidee & imprimee en Sorbonne, & aggree par le s. p. le Pape, 1783. Due opere in un volume in-8° (mm 190x116). I: 8 pagine con numerazione romana, 153 pagine, manca l’ultima carta bianca. Al frontespizio stemma silografico coi gigli di Francia. II: 72 pagine. Al frontespizio fregio silografico raffigurante un fanciullo tra le nuvole. Legatura ottocentesca in mezza pergamena con angoli; carta decorata ai piatti e titolo in oro su tassello in marocchino rosso al dorso; tagli rossi, sguardie in carta marmorizzata, segnalibro in seta azzurra. Esemplare in ottimo stato di conservazione, legatura usurata.
Rara edizione originale di questo pamphlet anonimo indirizzato al celebre economista e filosofo francese Jacques Turgot, al quale si deve il più organico tentativo di riforma conosciuto della Francia settecentesca. Nel 1761 Turgot venne eletto intendente della généralité di Limoges, che comprendeva alcune delle zone più subissate dalle tasse di tutta la Francia. Poiché Turgot era già 181
molto addentro alle teorie economiche di Quesnay e Gournay, cercò di applicarne i principi in queste province. La sua prima iniziativa fu di continuare l’operato del suo predecessore – Tourny – cercando di fare un nuovo catasto della regione, con lo scopo di equilibrare una più equa tassazione, ottenendo una sostanziale riduzione fiscale della provincia. Una sua ulteriore riforma fu l’eliminazione dell’istituto della corvée con una tassa in moneta imposta su tutta la provincia, i cui ricavi vennero utilizzati per la costruzione e la manutenzione delle strade, permettendo così il progresso delle vie di comunicazione che potessero incrementare il traffico di merci. Le proposte di Turgot incontrarono la decisa opposizione della nobiltà di corte, dei proprietari terrieri, dei finanzieri, dei magnati delle corporazioni ma anche dei contadini (che fecero scoppiare la cosiddetta guerra delle farine). Sostenuto dai soli illuministi, Turgot si trovò isolato e venne destituito il 12 maggio 1776. Il presente libello, ponendosi idealmente sotto la protezione del celebre economista, contiene una critica acerba degli agenti del fisco e narra la tragica vicenda della famiglia dell’autore, il cui padre, esattore delle tasse, viene gettato in prigione non essendo riuscito a riscuotere dai suoi compaesani le somme stabilite e perisce di stenti e di miseria insieme alla moglie. Il volume contiene inoltre un raro e pressoché sconosciuto opuscolo – anch’esso anonimo – che tratta della riforma del clero. Very rare first and only edition of this anonymous pamplet addressed to the French Adam Smith, the economist and statesman Jacques Turgot. His most important contribution to economics was to point out that capital is necessary for economic growth, and that the only way to accumulate capital is for people not to consume all they produce. Most capital, he believed, was accumulated by landowners who saved the surplus product after paying the cost of materials and of labor. Turgot agreed with Quesnay’s notion of the circular flow of savings and investment, where savings in one period become investment in the next. The pamphlet tells the tragedy of the author’s father who was a taxation agent and died in jail because he hadn’t succeeded to cash the taxes established by the governement from his fellow countrymen. The work is bound with an anonymous work about the reform of the clergy. Beautiful copy, bound in 19th century half vellum, with gilt title on spine, red edges; the paper on boards rubbed.
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121 [Casanova, Giacomo (1725-1798)]. Supplimento alla Esposizione ragionata della controversia che sussite tra la Repubblica di Venezia e quella d’Olanda. [Venezia] 1785. In-8° (mm 193x130). 69 pagine con numerazione romana. Legatura coeva in carta decorata. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima edizione italiana del secondo pamphlet scritto dal Casanova sulla disputa tra l’Olanda e Venezia, nata a causa della frode attuata dai fratelli Zannovich, avventurieri veneziani, ai danni di due mercanti olandesi, con l’intercessione di un diplomatico veneto il Cavalli, che fece da vero e proprio mediatore in questo poco ‘pulito’ accordo commerciale. Quando venne alla luce la mendacità dell’affare, l’Olanda chiese il risarcimento della somma frodata, ma Venezia rifiutò il rimborso e così l’Olanda scese in guerra contro la Repubblica veneta. Il Casanova ricostruì la vicenda del furto monetario ad opera dei Zannovich, basandosi su un ampia documenatzione relativa al caso redatta dall’ambasciatore veneziano Sebastiano Foscarini, che difendeva la posizione di Venezia e riteneva il Cavalli estraneo alla conoscenza dei fatti. In questa strenua difesa di Venezia vi fu l’ultimo disperato tentativo del Casanova di conquistare il consenso dell’autorità veneziana nella speranza di poter essere riammeso nella città, che però non lo accoglierà mai più. Nello scritto c’è però anche un duro attacco al potere dell’oligarchia veneziana che, secondo lo scrittore, porterà al declino politico ed economico la Repubblica. Nello stesso anno il libello era stato preceduto dalla stampa dell’Esposizione ragionata che, nonostante fosse più ricca di dettagli sui singoli fatti, non raggiungeva la raffinatezza e la legalità delle argomentazioni del Supplimento. First edition in Italian of Casanova’s second pamphlet on the dispute between Holland and Venice. He had first commented on the conflict earlier the same year in Esposizione ragionata della contestazione, che sussiste tra le due Repubbliche di Venezia, e di Olanda ([Venice], 1785). Whereas the earlier Exposition was «largely a detailed statement of the facts in the dispute, the Supplement is more argumentative and assumes to a certain extent the character of a lawyer’s brief» (Rives Childs, p. 80). It was first published in a French translation, but this Italian version is in fact Casanova’s original. In 1773 the Zannovich brothers, a pair of Venetian adventurers, had managed to 183
defraud two Dutch merchants of large sums of money in a shady business deal negotiated with the help of M. Cavalli, a Venetian diplomat. When the fraud was exposed and Venice refused to pay compensation, Holland threatened war. Casanova, who had been allowed access to important documents relating to the case by Sebastiano Foscarini, the Venetian ambassador in Vienna, exposes the Zannovich brothers. He defends the position of the Venetian republic, as its representative Cavalli had been misled and was not party to the fraud. It has been argued that Casanova here mounted a last ditch attempt to regain the approval of the Venetian authorities and to be allowed to return to Venice. No other eighteenth century writer has been so closely identified with Venice and its decadence, and Casanova’s final banishment from the city proved to be a blow from which he never recovered. Contemporary paper-boards. Very good copy. J. Rives Child, Casanoviana, XXIV, 2.
122 Bernini, Rosalba (1763-1812). [Fiori]. [Milano], 1794-95. In-folio (mm 610x450). Album contenente fogli sciolti protetti entro passe-partout con 15 disegni originali acquerellati raffiguranti fiori e piante, di cui 12 firmati e datati dall’artista, tutti circondati da un’elegante cornice e, lungo il margine inferiore, da un cartiglio vuoto per il titolo. Contenitore moderno in tela blu, tassello in marocchino blu con titolo in oro al dorso. Tavole in ottimo stato di conservazione.
Bellissima collezione di disegni originali inediti di Rosalba Bernini, nota pittrice attiva a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento. Nata a Parma da Clemente e Giuditta Olgiati, nel 1780 fu eletta Accademica d’onore nell’Accademia Clementina di Bologna e si trasferì a Milano dove operò sino alla morte. La delicata eleganza delle linee e la finezza della coloritura dimostrano una sensibilità tutta femminile unita ad una solida formazione di miniaturista, nella migliore tradizione dei florilegi nello stile inaugurato da Maria Sybilla Merian. Secondo il Cabali, la Bernini può essere considerata la prima donna litografa: nel 1807, infatti, presso il De Werz a Milano, disegnava sia a penna che a matita per illustrazioni di libri scientifici, di cui restano alcune tavole.
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Del padre, anch’egli pittore, Rosalba continuò l’opera Ornitologia dell’Europa meridionale, con altre due deche. La terza, uscita il 18 settembre 1790 (Bibl. Palatina, fondo Palatino 8668/3), ha una dedica al principe ereditario Lodovico di Borbone, che simula una epigrafe marmorea sorretta da grifi e sormontata dallo stemma ducale di carattere neoclassico. Il 9 gennaio 1793 esce la Quarta deca Ornitologia dell’Europa meridionale (Bibl. Palatina, fondo Palatino 8668/4), dedicata al cote Cesare Ventura, ministro e segretario di stato di Ferdinando. Alcune delle dieci tavole, e specialmente quella che rappresenta la lodola minore, rivelano, secondo i critici, una particolare sensibilità pittorica e un’armonia cromatica graduata nei toni del grigio e dell’ocra. Scarabelli Zunti afferma che i suoi disegni per decorare stoffe a fiori, arabeschi, animali erano ‘assai ricercati’, ed erano soprattutto apprezzati i ritratti a pastello e miniati, ora dispersi. Lo studioso, che possedeva due ritratti dipinti dall’artista nel 1778, ne ricorda altri due del 1779 presso il cavaliere Tommaso Gasparotti e altri in varie case di Parma, come quelli dei conti Castellina, presso la famiglia Gambara, e quelli dei conti Colla, presso il Conservatorio delle Luigine. Scarabelli vede in queste tele l’influenza del pittore tedesco J. Zoffany, che lavorò a Parma proprio in quegli anni. La presente collezione di disegni acquerellati è stata dichiarata dalla Regione Lazio di particolare interesse, e pertanto, sottosposta a tutte le norme di tutela previste dalla legge. Handsome collection of 15 original coloured drawings (12 of which signed and dated by the artist) by Rosalba Bernini, representing flowers and plants, all surrounded by a beautiful frame with at the foot an empty cartouche for the title. Slipcase in modern blue cloth, label blue morocco with gilt title on spine. The delicate elegance and refinement of the coulouring of the drawings shows an female sensibility together with a solid formation from miniaturist, in the better tradition of anthologies as Maria Sybilla Merian. Born in Parma from Clemente and Giuditta Olgiati, Rosalba continued the work of his father Ornitologia dell’Europa meridionale, publishing others three decas. In the opinion of Cabali, Bernini could be considered the first woman litographer, infact in 1807 she worked with De Werz at Milan as illustrator of scientific books and was very famous also for portraits where we can see the influence by the German painter Zoffany, active at Parma in the same years. Her creations for decorating cloths – now disappeared – like flowers, arabesques and animals were very sought-after and elegant. This collection can’t be exported from Italy.
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Nissen, Die illustrierten Vögelbticher, Stuttgart 1953, n. 92; Alla ricerca della personalità artistica di Rosalba Bernini, in Parma per l’arte, IX (1959), p. 188; L. Gambara, Note aggiunte a Rosalba Bernini Corci, ibid., X (1960), pp. 113 e segg.; Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di Belle Arti Parmigiane, ms. 107, vol. VIII -1751/1800- pp. 25 e segg.
123 Carnot, Lazare Nicholas Marguerite (1753-1823). De la corrélation des figures de géométrie. Parigi, Crapelet per Duprat, 1801. In-8° (mm 218x136). 8 pagine con numerazione romana, 188 pagine numerate. Illustrato da 4 tavole ripiegate fuori testo contenenti diagrammi geometrici firmate da Duruisseau. Legatura ottocentesca in mezzo marocchino rosso, piatti rivestiti in percallina dello stesso colore con, al centro le armi dorate di Napoleon III. Titolo e decorazioni in oro al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima rara edizione della prima opera scientifica pubblicata dal generale, matematico e fisico francese Nicholas Carnot, fondamentale per il significato del concetto di quantità in matematica, utile per la comprensione del calcolo infinitesimale. In questo trattato l’autore cerca di spiegare che molti dei teoremi di Euclide possano essere ricondotti ad un unico solo teorema. A completamento di queste teorie il Carnot fece seguire, nel 1803, la Géométrie de position, in cui viene ripreso e continuato il discorso iniziato due anni prima nella corrélation. Nice copy of the first edition of a fundamental work on the meaning of quantity in mathematics. It was Carnot’s first great work and is among his most important contribution. «Known to French history as the Organizer of Victory in the wars of the Revolution and to engineering mechanics for the principle of continuity in the transmission of power, Carnot remains one of the very few men of science and of politics whose career in each domain deserves serious attention on its own merits» (DSB). Napoleon III’s copy with his gilt armorial coat on the boards of the binding. DSB
III, 76-78.
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124 Antolini, Giovanni (1754-1841). Descrizione del Foro Bonaparte. Parma, Bodoni, 1806. In-folio (mm 612x440). Tre carte non numerate, 16 pagine, 24 tavole a doppia pagina di cui 10 di piante di edifici e 14 acquatinte in bistro che raffigurano, oltre alla pregevole veduta d’insieme del Foro Bonaparte, le piante, le facciate e gli spaccati di vari edifici (il teatro, la borsa, il museo, le costruzioni per le assemblee nazionali, le dogane, le terme, i bagni etc.). Frontespizio ornato da una vignetta calcografica. Legatura coeva in mezza pelle con titolo in oro al dorso. Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione; piccolo restauro al margine bianco di una delle tavole.
Prima rara edizione di questo monumentale album, definito da Cicognara un’«opera di grandiosa immaginazione», che presenta il progetto di Giovanni Antolini, uno dei massimi esponenti del neoclassicismo lombardo, per la sistemazione dell’area circostante il Castello Sforzesco. «Nel suo radicale allineamento agli ideali architettonici che considerano gli edifici pubblici l’elemento caratterizzante di una città, il Foro Bonaparte di Antolini resta una pietra miliare nell’evoluzione dell’architettura: perfettamente rispondente alle capacità e agli scopi dell’architettura del tempo, in bilico fra Roma e Parigi. Contrariamente a moltissimi dei celebrati progetti della cosiddetta “architettura rivoluzionaria”, il suo aveva ottenuto la promessa della realizzazione, almeno nel breve periodo previsto da un decreto legislativo di validità limitata» (W. Oechslin introd. a A. Scotti Tosini, Il foro Bonaparte. Un’utopia giacobina a Milano, p. 26). L’Antolini aveva infatti presentato il suo progetto al Comitato di Governo della Repubblica Cisalpina nel dicembre del 1800, e lo aveva inizialmente dato alle stampe nel 1801 con il titolo di Piano Economico-Politico del Foro Bonaparte. Contemporaneamente erano apparse anche le prime tavole che illustravano la grandiosa e utopica idea dell’Antolini, che verranno proposte in maniera esaustiva e completa solo nella presente edizione del 1806. L’opera dell’architetto bolognese va collocata all’epoca del ventennio napoleonico a Milano, durante il quale vengono elaborati rivoluzionari progetti architettonici e urbanistici che, per la breve durata del periodo e per l’importanza delle spese da sostenere verranno realizzati solamente in piccola parte. I lavori iniziano dopo la vittoria di Marengo, cioè dal 1800, quando vengono smantellate, le fortificazioni a stella che circondano il castello, adibito ancora a caserma. Per questa vasta area Giovanni Antolini progetta una gigantesca piazza circolare, il Foro 187
Buonaparte, nuovo centro amministrativo, economico e politico della capitale, orientato a nord-ovest, verso Parigi e la nuova strada del Sempione che inizierà con l’omonimo corso cittadino, tuttora esistente. Sulla grande piazza dovrebbero prospettare edifici pubblici (le terme, la dogana, il teatro, la borsa, ecc.) e privati (magazzini, negozi) dalle forme classicheggianti, collegati da un canale navigabile allacciato alla rete dei Navigli e rivolti verso il centro, ove è il Castello, nuova sede governativa, inalterato nel suo perimetro, ma riproposto integralmente in versione neoclassica. Nell’aprile del 1801 si festeggia solennemente la posa della prima pietra, ma il progetto, costosissimo, viene presto abbandonato. First exceedengly rare edition of this amazing album containing the project of Giovanni Antolini’s design for the Foro Bonaparte in Milan, which has never been realized. «The plan included spacious piazzas, streets, a great triumphal arch dedicated to Bonaparte, a barracks in the old Castello, houses and warehouses for merchants, buildings for arms manufacturing and other military purposes, and the conjunction between two existing canals of the area» (Westfall, Antolini’s Foro Bonaparte, p. 366). Contemporary half calf binding with gilt title on spine. Engraved vignette on title. Illustrated by 24 plates on double-page, 10 of which with the plans and maps of the buildings and 14 in seppia showing the view of Foro Bonaparte and the facades of the buildings. Handsome, wide-margined copy; a small repair to the white margin of one of the plates. Brooks 995; Berlin Katalog 2649; Cicognara 3937; Predari 424; Arrigoni, Milano nelle vecchie stampe, 133; G. Mezzanotte, Architettura Neoclassica in Lombardia, Napoli 1966, pp. 231-179; C. W. Westfall, Antolini’s Foro Bonaparte in Milan, in «Journal of Warburg and Courtauld Institutes», vol. 32 (1969), pp. 366-385; M. T. Donati – T. Tibiletti, Milano dai Visconti agli austriaci, prefazione di C. Bertelli, Milano 2004, pp. 164-170; A. Scotti Tosini, Il foro Bonaparte. Un’utopia giacobina a Milano, introduzione di W. Oechslin, Milano, FMR, 1989.
125 Adorni, Giuseppe (1774-1851). Versi e traduzioni. Parma, Co’ Tipi Bodoniani, 1809. In-8° (mm 162x115); 4 carte non numerate, 177 pagine numerate, una carta non numerata. Legatura coeva in pieno cartone spruzzato, con titolo a stampa su tassello in carta al dorso.
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Il libro è racchiuso in un insolito e grazioso cofanetto coevo in cartone avorio, decorato a secco e recante al dorso il titolo in oro e un tassello in carta verde al dorso con la scritta ‘G. BODONI’, l’interno è rivestito di carta remondiniana. Esemplare in ottimo stato di conservazione, con barbe e a fogli chiusi; il cofanetto reca tracce di usura.
Prima edizione della raccolta poetica del letterato parmigiano Giuseppe Adorni, professore nella Ducale Università, autore apprezzato di commenti e traduzioni di Virgilio e Catullo. Il volume contiene sonetti, apologhi, odi, versi sciolti e – come avverte l’autore stesso nella dedica iniziale agli amici e concittadini – «alcune traduzioni dal latino e dallo spagnuolo», corredate dai testi originali a fronte. Il volume, splendidamente impresso dal Bodoni, è concepito ab origine per essere racchiuso in un raro cofanetto editoriale – come testimonia l’etichetta recante il nome del celebre stampatore parmense – di cui sono noti pochissimi esempi. Rare editorial slipcase expressly made by Bodoni’s press to contain the first interesting edition of this collection of poems by Giuseppe Adorni, who was professor at the University of Parma and a well-known translator of Virgil and Catullus. Handsome copy, uncut; some minor rubbing to the slipcase. Brooks, 1062; Giani, Catalogo delle autentiche edizioni bodoniane, 188.
126 De Welz, Giuseppe (1785-1839). Saggio su i mezzi da moltiplicare prontamente le ricchezze della Sicilia. Parigi, Firmin Didot, 1822. In-4° (mm 265x202). 137 pagine, 3 tavole più volte ripiegate nel testo riportanti i prospetti con le denominazioni delle monete e delle miniere, due tabelle estratte dai registri della Compagnia delle Indie e da quelli della Dogana con le relative quantità di sete importate ed esportate dal 1800 al 1816, in fine una carta con l’indice, pianta incisa in rame da Ambrogio Tardieu su disegno di Hacq, raffigurante la cartina fisica della Sicilia, con colorate a mano le strade, i boschi e i confini delle valli. Legatura coeva in marocchino verde. Esemplare in ottimo stato di conservazione. Ex-libris al contropiatto anteriore ‘Bibliothèque de M. Jacques Laffitte’.
Prima edizione dell’opera dello studioso lombardo Giuseppe de Welz, fu ristampata nello stesso anno a Palermo per i tipi di Francesco Abbate, con l’ag189
giunta delle note del Dottor Giuseppe Indelicato. L’opera, dedicata al Principe ereditario delle Due Sicilie, è un «piano economico» per rendere possibile il pronto e rapido sviluppo dell’economia isolana. Il critico Francesco Renda non può far altro che notare come «le istanze formulate nel Saggio sulla Sicilia rappresentino per molti aspetti una effettiva anticipazione, una novità, un fatto rimarchevole tanto più degno di nota quanto più teso ad accreditare il convincimento, allora piuttosto insolito, che, per promuovere lo sviluppo economico della Sicilia, occorresse aggredire la realtà isolana con una massa straordinaria di investimenti in alcuni punti determinati, partendo dai quali si poteva imprimere un movimento a catena su tutta la restante aerea produttiva». Questo approccio, tipico della moderna teoria economica, serviva al De Welz per supportare i suoi progetti di intervento nell’isola, appassionato dei problemi del Meridione e promotore di uno sviluppo sostenibile dello stesso, credeva fermamente nell’introduzione di un’efficiente e solido sistema creditizio attraverso le banche, nonché nella costruzione di infrastrutture (quali strade e ferrovie) che avrebbero creato un terreno fertile per la crescita dell’economia isolana. First edition of this modern economic treatise about the development of Sicily written by De Welz. Illustrated by a nice folding map of Sicily with the roads, valleys and borders coloured in yellow, green and light blue. Bound in contemporary green morocco. Beautiful copy. Bookplate ‘Bibliothèque de M. Jacques Laffitte’. A. Saitta, Momenti e figure della civiltà Europea, Saggi storici e storiografici, V, Roma 1997, pp. 351-52.
127 Casanova, Giacomo (1725-1798). Aus den Memoiren des Venetianers Jacob Casanova de Seingalt, oder fein Leben, mie er es zu Dur in Böhmen niederfchrieb. Lipsia, F.U. Brockhaus, 1822-1828. Dodici volumi in-8° (mm 154x98). 6 pagine con numerazione romana, 28 pagine con numerazione romana, 510 pagine; 24 pagine con numerazione romana, 458 pagine; 42 pagine con numerazione romana, 455 pagine; 18 carte con numerazione romana, 549 pagine, una pagina di errata; 6 pagine con numerazione romana, 522 pagine, una carta con l’errata al recto; 6 pagi-
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ne con numerazione romana, 536 pagine; 6 pagine con numerazione romana, una carta bianca, 507 pagine; 6 pagine con numerazione romana, 548 pagine; 6 pagine con numerazione romana, 513 pagine; 6 pagine con numerazione romana, 546 pagine; 6 pagine con numerazione romana, 546 pagine; 6 pagine con numerazione romana, 537 pagine. Legatura coeva uniforme in mezza pelle con angoli, tasssello con titolo in oro al dorso, carta marmorizzata ai piatti; dorsi reaturati. Esemplare in buono stato di conservazione, sporadiche fioriture su alcune carte. Ex-libris inciso in rame al contropiatto anteriore di alcuni volumi.
Rarissima prima edizione assoluta delle Memoires di Casanova, che precede entrambe le edizioni francesi, sia quella pirata pubblicata da TournachonMolin a Parigi nel 1825-1829 in 14 volumi, sia quella dello stesso Brockhaus, curata da Jean Laforgue (1782-1852), pubblicata negli anni 1826-1838 a Lipsia e Bruxelles. Nel 1821 il nipote di Casanova – morto nel 1798 – contattò a Lipsia la grande tipografia tedesca Brockhaus, offrendogli il manoscritto inedito delle Memoires che fu affidato per la traduzione a Wilhelm Schütz, di cui per altro è attestata la sicura versione solo dei primi cinque volumi. «This is the veritable first edition of the Memoirs, which was a translation from the French into German.The first five volumes were the work of Schütz and the first four contain valuable prefaces by him. he name of Schütz disappears from the title page of the sixth and succeeding volumes. Brockhaus has never disclosed the name of the translator of the last seven volumes. The first volume was ready in 1821 but bears the date, 1822, as does the second. The third and fourth volumes are dated 1823; the fifth, 1824; the sixth and seventh, 1825, the eighth and ninth, 1826; the tenth, 1827; and the final two, 1828. The expurgation of the text by Schütz went considerably farther than that by his successor, although both translators omitted text which Laforgue [the editor of the French edition published by Brockhaus, 1826-1838] retained. On the other hand, some of the text which Laforgue omitted has been preserved in the German translation and the edition is very valuable on that account» (Rives Childs). The extremely scarce true first edition of Casanova’s Memoirs, preceeding both the first pirated French edition (1825-1829) and the first Brockhaus French edition (18261838). Twelve small octavo volumes. Contemporary half leather over marbled boards, gilt title within leather labels on spines, restaured. Minimal foxing and browning, a few small stains. Good copy. Rives Childs, Casanoviana, pp. 128-130.
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128 Leopardi, Giacomo (1798-1837). Crestomazia italiana, cioè Scelta di luoghi insigni o per sentimento o per locuzione raccolti dagli scritti italiani in prosa di autori eccellenti d’ogni secolo. Per cura del conte Giacomo Leopardi. Milano, Antonio Fortunato Stella, 1827. Due parti in un volume in-8° (mm 180x110). 744 pagine (numerazione continuata). Legatura coeva in carta marmorizzata, titolo a stampa su tassello al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Rara edizione originale, completa dei due volumi che spesso non si trovano insieme dato che furono stampati a qualche mese di distanza l’uno dall’altro e solo, in seguito, riuniti (a pag. 357 trovasi l’occhietto della «parte seconda»). La scelta antologica, curata dal Leopardi con acume e sensibilità storico-linguistica, come si sottolinea nella prefazione all’edizione moderna di Einaudi, è preceduta dallo scritto originale del Leopardi «Ai lettori» (pp.3-6). Le pagine 721744 contengono l’indice delle materie e degli autori, che vanno dal secolo XIV al XVIII-XIX. Questo volume ebbe un significato determinante nella successiva strutturazione della poesia leopardiana e dimostrò come la prosa era stata ‘nutrice del verso’ avviando il poeta alla conquista di un nuovo timbro stilistico. La Crestomazia italiana poetica fu edita nel 1828 sempre per i tipi di Stella. Rare original edition, complete of the two volumes, often separated because printed in two different moments and only after rebound together.Very good copy in original paperboards, label with printed title on the spine. This work is an anthology collected by Leopardi about Italian prose throughout a selection of most important writers for every century. One year later was published, by the same printer, also the Crestomazia italiana poetica. Fondo Leopardiano, n. 93; Parenti p. 308.
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129 Leopardi, Giacomo (1798-1837). Canti. Guglielmo Piatti, 1831. In-16° (mm 158x97). Una carta bianca, 165 pagine, una pagina bianca. Legatura coeva in mezza pelle, titolo e fregi in oro dal dorso, piatti in carta marmorizzata. Esemplare in ottimo stato di conservazione, piccolo stemma araldico coperto da inchiostro al margine bianco inferiore del titolo.
Edizione in parte originale, contiene in tutto 23 canti di cui sei in prima edizione, numerati XVIII-XXIII: Il Risorgimento (p. 125), A Silvia (p. 133), Le ricordanze (p.137), Canto notturno d’un pastore vagante nell’Asia (p. 145), La quiete dopo la tempesta (p. 155), Il sabato del villaggio (p. 159). Precede i Canti la bellissima lettera dedicatoria «Agli amici suoi di Toscana», stampata qui per la prima volta. Edition partly original of the Canti by Leopardi – one of the most important poets of the Italian Romantic period. The book contains 23 poems, 6 of which printed here for the first time numbered XVIII-XXIII. Very good copy, bound in contemporary half leather with gilt title on spine. Mazzatinti-Menghini n. 670; Cappelletti p. 7. Fondo Leopardiano, n. 99; Frati 670. Benedettucci 36.
130 Chiappa, Giambattista (XIX secolo). Disegni d’alcune opere eseguite in occasione della fausta venuta in Lombardia di S. M. l’imperatore e re Ferdinando primo. Milano, Tipografia e libreria Pirotta, 1838. In-folio (mm 461x330). Il volume è costituito, complessivamente, da 9 carte non numerate, di cui 5 di testo (comprendenti il frontespizio) inquadrate da una cornice e 4 di tavole litografiche – la prima in nero e le altre tre recanti una coloritura strettamente coeva – incise da P. Bertelli su disegni di G. Bignami, tratti dai progetti di Chiappa. Le tavole sono protette da un foglio di carta velina. Legatura coeva in percallina rossa decorata, ai piatti, da una cornice a ferri in stile neoclassico. Al piatto superiore la scritta: ‘Al Chiarissimo | Sig. Ignazio Lucini | I. R. Segretario di Governo | ec. ec. ec. | L’architetto Chiappa umilia questo tenue suo lavoro’. Esemplare in ottimo stato di conservazione, alcune lievi fioriture. Il volume contiene 6 fogli sciolti, di cui tre con dei disegni di piante coevi e tre con annotazioni in inchiostro marrone, sempre di mano coeva.
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Rarissima edizione originale di questo elegante album, con tre delle tavole recanti una pregevole coloritura a tempera coeva, e copia di presentazione, donata dall’autore, l’architetto Giambattista Chiappa, al segretario del Governo Ignazio Lucini. L’opera venne realizzata per celebrare – e immortalare – l’ingresso a Milano dell’imperatore Ferdinando I d’Austria che si era recato nella città meneghina per venire incoronato re del Regno Lombardo-Veneto il 6 settembre 1838. Le tavole litografiche raffigurano infatti l’ingresso dell’imperatore nell’atrio della porta S. Ambrogio e i vari monumenti – due archi di trionfo e un obelisco di granito – progettati dal Chiappa per l’occasione. Nell’Avvertenza che apre il volume l’architetto ci informa infatti che si trattava di «disegni per opere da esguirsi in occasione sì auspicata e sì lieta» e che nelle tavole «sono delineate le dette opere una delle quali (l’obelisco) già eseguita in granito, le altre in modo temporaneo e decorativo». Beautiful presentation copy of the original edition of this album. Illustrated by 4 finely hand-coloured lithographed plates by Bertelli after Chiappa, showing the temporary monuments built to celebrate the entrance in Milan of the emperor Ferdinand I, that will be crowned king of the Lombardo-Veneto on September 6th 1838 in this city. Contemporary red limp roan, gilt border round sides; on the front cover gilt lettering addressed to Mr. Ignazio Lucini, Government’s secretary. Beautiful copy, some minor foxing throughout. Inside the volume 6 flying leaves with manuscript notes and contemporary architectural drawings. Berlin Katalog 3088.
131 Manzoni, Alessandro (1785-1873). I Promessi Sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni. Milano, Guglielmini e Redaelli, 1840. Due opere in un volume in-4° (mm 274x178). 864 pagine. Bella antiporta incisa con una cornice architettonica nella quale compaiono i personaggi principali del romanzo. Al frontespizio
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una incisione raffigurante Lucia che prega sormontata da un angelo e circondata da figure minacciose. Il testo è illustrato da più di 450 zincografie – comprendenti capilettera e testatine ornati da personaggi e vedutine – incise da Gonin, Riccardi, D’Azeglio, Luigi Bisi, Boulanger, Sogni. Legatura coeva in mezza pelle nocciola con percallina decorata a secco ai piatti e titolo in oro al dorso; sguardie in carta marmorizzata. Brossure originali – compreso il dorso – applicate su cartoncino e conservate all’interno. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima edizione definitiva di questo celebre romanzo romanzo, prima illustrata e prima della Colonna Infame. È l’edizione che il Manzoni diede alle stampe dopo la “risciacquatura in Arno”, da ritenersi di gran pregio sia per l’importanza del testo che per le illustrazioni molto curate di Gonin che lo collocano tra i più bei libri romantici italiani. Dopo la stampa della prima edizione – pubblicata in tre tomi a Milano dal Ferrario nel 1827 – Manzoni avvertì l’esigenza di depurare la lingua del romanzo. La sua proposta linguistica – il fiorentino vivo delle classi colte – viene veicolata proprio dalla presente stampa, detta “Quarantana”, che è il risultato di una notevole quantità di ritocchi, prevalentemente di natura linguistica e stilistica, volti ad espurgare il testo del romanzo dai residui dialettali lombardi, dalle espressioni arcaiche e dai forestierismi. First definitive edition – the first illustrated – of the most popular novel of the 19th century and first imprint of the Storia della Colonna Infame. The author, Alessandro Manzoni was instrumental in the development of the Italian language. His novel I promessi sposi (The Betrothed), a historical reconstruction of a seventeenth-century Milan ravaged by plague and under Spanish domination, tells the story of Renzo and Lucia, two lovers who overcome all obstacles to be together. Manzoni proposed that contemporary spoken Florentine should form the basis of Italian. From the first published version (1825-1827) to its final form (1840-42), he reworked I promessi sposi – ‘washing his words in the Arno’ – in a long series of painstaking revisions. The work is also significant because it served as the benchmark for literary Italian, which after the unification of Italy in 1861, became standard Italian. Beautiful copy bound in half calf with blind-tooled covers, gilt title on spine and the original illustrated paper wrappers and spine pasted on paper inside. Fully illustrated by more than 450 beautiful litographies by Gonin and others. Parenti, Bibl. Manzoniana, 107; Salveraglio, 57; Fumagalli, 228.
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132 [Owen, Robert (1771-1858)]. Le Passé et l’Avenir. Revue réformatrice. Janvier-mars 1850. Parigi, Ledoyen et Gibet, 1850. Tre fascicoli in un volume in-12° (mm 173x110). 270 pagine. Numerose illustrazioni in litografia nel testo. Legatura novecentesca in cartone rivestito di carta marmorizzata; titolo in oro su tassello in pelle nera al dorso, tagli spruzzati di marrone. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Rara collezione completa di questa rivista, da collocarsi nell’ambito del movimento del socialismo utopistico, volta a diffondere le idee riformatrici dello scozzese Robert Owen. L’esergo annuncia che «Il ne sera point question de politique dans cette revue. Elle a pour unique objet d’indiquer […] tout ce que nous trouverons de bon à proposer dans les idées, institutions et méthodes, soit d’anciens peuples, soit de peuples contemporains, soit entièrement nouvelles». Oltre agli articoli di Owen sul suo programma riformatore vi compaiono anche articoli di Louis Goupy sullo zodiaco e quelli di Camille Duteuil sul linguaggio universale. La rivista non è inoltre censita dalla bibliografia dedicata a Robert Owen. «Robert Owen riuscì ad avviare una vera e propria esperienza di “managerismo industriale”, dapprima a Manchester poi a New Lanark in Scozia. Egli rappresentò un punto d’incontro tra le correnti filantropiche del suo tempo (che si battevano contro le condizioni inumane in cui erano costretti a vivere i lavoratori, sollevando spesso la bandiera umanitaria di un passato preindustriale) e la progettualità produttivistica dell’illuminismo francese che, lungi dal demonizzare lo sviluppo del macchinismo, non rinunciava alla visione di una società giusta e razionale. Artigiano di origini, ma vero e proprio capitalista “illuminato” dell’epoca sua. Owen ha lasciato un segno indelebile nella storia del cooperativismo, del sindacalismo, della razionalizzazione produttiva e persino del pedagogismo riformatore. Quest’ultimo, anzi è stato il suo punto di avvio per la sua formulazione di una concezione societaria fondata sul fattore “Educativo” come strumento di promozione sociale, collettiva e comunitaria» (G. Schiavone – S. Cataldi, La democrazia diretta, p. 156). Exceedengly rare set of the complete original collection of this journal founded by the Scottish social reformer Robert Owen, who was also one of the founders of socialism and 196
the cooperative movement.The present edition is unknown to Owen’s bibliographies and contains many articles, by Owen and other authors, dealing with the utopistic socialist program proposed by him. Beautiful copy, bound in 20th century cartonnage with decorated paper on boards and gilt title within label on spine. Hatin 521; Izambard 521; G. Schiavone – S. Cataldi, La democrazia diretta: un progetto politico per la società di giustizia, Bari 1997.
133 Stendhal [pseud. di Marie-Henri Beyle (1783-1842)]. La Certosa di Parma. Seguito da un cenno storico sull’Autore di Emilia de la Bédolliere. Milano, Borroni e Scotti, 1855. Quattro tomi in due volumi di mm 158x100. VIII, 157, 190, 171, 179 pagine. Antiporte incise su rame. Brossure editoriali illustrate. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima rarissima edizione italiana del capolavoro stendhaliano – la cui edizione originale risale al 1839 – che narra la tragica storia di Fabrizio del Dongo che, dopo molte vicissitudini, si ritirerà nella Certosa di Parma. La presente stampa attesta non solo la rapida diffusione dell’opera, ma anche l’immediato successo che essa riscosse in tutta Europa. First very rare Italian edition of Stendhal’s masterpiece, the French original one having been published in 1839. Very good copy, in two volumes bound in original illustrated wrappers. Engraved frontispieces at the beginning of both volumes.
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134 Hugo Victor (1802-1885). I Miserabili. Milano, G. Daelli e C., 18621863. Un’opera in 10 volumi di mm 220x142. 212; 228; 209; 190, [2]; 180, [7]; 180, [16]; 266; 236; 225; 191, [4] pagine. Legatura uniforme in cartonato verde coevo, con titolo e numero del volume impressi in nero al dorso. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima edizione italiana del celebre romanzo di Victor Hugo, Les Misérables, la cui edizione originale risale al 1862. L’opera è suddivisa in cinque parti, o ‘tomi’ a loro volta suddivisi in più libri e ancora in capitoli. In essi, oltre ovviamente al dipanarsi delle vicende narrate, trovano posto delle ampie digressioni di carattere storico, sociale, filosofico o semplicemente lirico, che vanno a costituire una grande panoramica delle idee e delle opinioni dell’autore su un’ampia varietà di temi, dai più pratici come quelli politici e sociali, alle meditazioni sull’animo umano e sull’amore. First Italian edition of Hugo’s Misérables, first printed in 1862. 10 volumes bound in contemporary green cartonnage with gilt title and number of the volume on spine. Very good copy.
135 [Pittore della cerchia di Giuseppe Canella]. [Il Duomo di Milano. Gouache su carta]. [Prima metà del XIX secolo]. Gouache su carta di mm 735x510. In cornice antica in legno dorato. In buono stato di conservazione.
Bella tempera su carta raffigurante il Duomo di Milano, attribuibile probabilmente ad un artista operante nella cerchia del pittore Giuseppe Canella (17881847), autore di vedute aventi un soggetto molto simile a quello qui descritto, per impostazione iconografica. 198
Giuseppe Canella originario di Verona, «esordì a Mantova come quadraturista e si trasferì quindi a Milano, dove espose ripetutamente all’Accademia delle Belle Arti di Brera dipinti di paese. Probabilmente al 1822 risale la sua partenza per la Spagna, cui segue un lungo soggiorno a Parigi, conclusosi nel 1831 dopo viaggi in Alsazia, Normandia, Olanda, certo utilissimi all’evoluzione della sua maniera pittorica verso espressioni improntate al nitore delle vedute nordiche, oltre che dedite a temi semplici e quotidiani» (S. Bietoletti – M. Dantini, L’Ottocento italiano, p. 45). Beautiful gouache on paper representing the Dome of Milan which can be ascribed to an artist very close to the Italian painter Giuseppe Canella who produced many works with the same subject. Handsomely preserved in an ancient gilt frame. S. Bietoletti – M. Dantini, L’Ottocento italiano: la storia, gli artisti, le opere, Firenze 2002.
136 Cangiullo, Francesco (1884-1977). Caffeconcerto: alfabeto a sorpresa. Milano, Edizioni Futuriste di “Poesia”, [1919]. 259x175 mm. 24 carte non numerate di colori differenti. Numerose illustrazioni stampate solo sul recto delle carte. Brossura originale illustrata. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Rara edizione originale di quest’opera tipicamente futurista, in cui la scrittura assume anche una valenza pittorica, attraverso suggestioni tipografiche che animano le lettere dell’alfabeto facendole diventare personaggi di uno spettacolo. Si tratta di uno dei testi fondamentali della sperimentazione futurista dal momento che prevede l’impiego delle lettere in funzione dell’arte grafica e del disegno. Alcune bibliografie (per es. Falqui 1988 e Jentsch 1993) riportano erroneamente la data di edizione 1916. Questa datazione e sbagliata, come si evince dalla penultima pagina del libro dove viene citata l’“Esposizione Nazionale Futurista” tenutasi nell’aprile 1919 a Milano.
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Original edition of this typical Futurist work by Francesco Cangiullo, one of the members of the Italian avant-garde movement founded in 1909 by Filippo Tommaso Marinetti. Handsome copy in its original illustrated paper wrappers. Many illustrations throughout the text. Salaris 27.
137 Marinetti, Filippo Tommaso (1876-1944). Les mots en liberté futuristes. Milano, Edizioni Futuriste di “Poesia”, 1919. 197x129 mm. 107 pagine numerate, 6 non numerate; con 4 tavole ripiegate alla fine del testo. Brossura originale. Esemplare in ottimo stato di conservazione, a fogli chiusi.
Edizione originale che segna uno degli apici della sperimentazione futurista nel campo dell’editoria. Il testo, redatto in francese, venne tirato in 12.000 copie e, malgrado la data del 1919, il volume fu pronto per la distribuzione solo a fine Maggio 1920. L’opera si inscrive nel vasto programma marinettiano che a partire dalla apparizione del celebre manifesto del futurismo del 1909 di dedicò a completare i principi in esso promulgati in una serie di lavori monografici relativi soprattutto alle teorie letterarie. Original edition of this work by Filippo Tommaso Marinetti which states the literary canon for the new avantgarde movement of the Futurism. «The label ‘Futurism’ denoted at once the adoration of the new, and struggle against the prevalence of ‘pastism’ or passatismo (the idolatry of the past). In its first decade of existence Futurism became the first full-fledged cultural/political avant-garde movement of the twentieth century, gathering together painters, musicians, architects, political revolutionaries, and poets from several nations.The ancestor of later movements such as Dada and Surrealism, Futurism had a powerful influence not only on the cultural atmosphere of Italy during the Fascist era (1922-1945), but also on twentieth-century culture as a whole» (J. Picchione – L. R. Smith, Twentieth-century Italian Poetry, p. 103).Very good copy, in its original wrappers, illustrated by 4 folding plates at the end of text. Salaris 48; J. Picchione – L. R. Smith, Twentieth-century Italian Poetry, Toronto 1993.
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138 Hitler, Adolf (1889-1945). Mein Kampf. Munich, Franz Eher Nachfolger, 1925-27. Due volumi di mm 229x153. 16 pagine con numerazione romana, 392 pagine, 16 carte non numerate contenenti i volantini politici propagandistici del partito nazional-socialista; 11 pagine con numerazione romana, 354 pagine, una carta non numerata. Legatura editoriale originale per il primo volume in carta rossa con titolo e note a stampa in bianco al piatto superiore, dorso in tela bianca con titolo e note in rosso, taglio superiore rosso; il secondo volume è stato rilegato in tela rossa con etichetta al piatto superiore riportante autore, titolo e note tipografiche. Esemplare in buono stato di conservazione.
Prima rara edizione del Mein Kampf, manifesto del nazional-socialismo. Hitler compilò il primo volume durante la sua detenzione nella Fortezza di Landsberg, dove fu incarcerato dopo il Nazi Putsch di Monaco nel novembre del 1923, dove ebbe l’occasione di dettare al compagno Rudolf Hess il primo volume del suo testamento e programma politico. La seconda parte fu completata nel 1925, mentre la prima veniva licenziata dalla stampa. First rare edition of Mein Kampf, the testament and programme of a political gangster. The first volume, published in 1925, was dictated to his associate Rudolf Hess during his detention in the Fortress of Landsberg after in November 1923 the abortive of the Nazi Putsch in Munich. The second volume was printed in 1927. Good copy, the first volume is in original publishing cover in paper red and white, the second one is bound in modern red cloth. PMM 415.
139 Belli, Carlo (1903-1991). Kn. Milano, Edizioni del Milione, 1935. 203x138 mm; 227, [5] pagine. Brossura originale rossa. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima edizione di questo classico dell’astrattismo italiano in cui l’autore Carlo Belli, futurista roveretano, animatore della galleria “Il Milione”, rinnega il movimento marinettiano, e denuncia le sue idee intorno al concetto di musi201
ca e pittura, «Il solo contenuto possibile della musica è quello che deriva dalla combinazione del suono con il ritmo. Ma questa combinazione, che chiameremo K, può assumere n aspetti: Kn. […] E nella pittura: il solo contenuto possibile della pittura è quello che deriva dalla costante combinazione (K) del colore con la forma: K che ha n aspetti». Edito dalla Galleria “Il Milione nel 1935”, ma già conosciuto in manoscritto da alcuni artisti amici sulla fine degli anni Venti, fu battezzato da Kandinsky come “l’évangile de l’Art dit abstrait”, cioè il “vangelo” dell’arte astratta. First important edition of this classical text of the Italian abstractionism, considered by Kandinsky as «the Gospel of the abstracted art», in which the author Carlo Belli rejects the movement headed by the futurist Filippo Tommaso Marinetti. Fine copy, in original paper wrappers.
140 Montale, Eugenio (1896-1981). Pastelli & Disegni. Con uno scritto di Franco Russoli. Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1966. 216x185 mm. 27 carte non numerate di cui 18 di tavole con numerazione romana. Le prime 9 tavole a colori con l’immagine applicata sul foglio sottostante, le altre in bianco e nero. Il volume contiene un foglio sciolto recante una splendida acquaforte originale raffigurante un upupa firmata a matita da Montale e numerata 29/35. Brossura editoriale rosa illustrata da un disegno di Montale; cofanetto in cartoncino dello stesso colore. Esemplare in ottimo stato di conservazione, stampato su carta forte e con barbe.
Splendido esemplare dell’edizione originale di questa raccolta di disegni del grande poeta, nella tiratura di lusso numerata, di sole trentacinque copie (la nostra è la n. XXIX) contenente un’incisione originale datata e firmata a matita da Montale. Il presente volume, pubblicato con la consueta eleganza tipografica da Vanni Scheiwiller, è un’interessante testimonianza dell’attività artistica del poeta che realizzò numerose opere tra cui oli su tavola, disegni a pastello e a matita, alcune chine e qualche taccuino di schizzi, il cui stile è stato spesso accostato a quelli di de Chirico e De Pisis. Come scrive il curatore Franco Russoli nell’introduzione a Pastelli & disegni, negli schizzi e nei quadri montaliani «la pittura svolge, in parallelo e in controcanto, un aspetto più scopertamente emotivo 202
e sensibile del mondo poetico di Montale: ne è la voce più amabile e fragile, ma non l’illustrazione. Anzi, la sua autonomia indifesa ne rivela appieno la grazia lirica, e la complessità umanissima del suo registro espressivo» (c. 3r). Original limited edition of this amazing catalogue of the paintings, drawings and engravings by the great 20th century Italian poet Eugenio Montale. One of the 30 deluxe copies (the present numbered XXIX) containing an original engraving signed and dated by the author. Illustrated by 18 plates. Handsome copy, original pink wrappers with a slipcase of the same colour.
141 Carey, Brendon. NICE MAGAZINE. Rivista d’arte contemporanea creata su legno. [secolo XXI]. Sette parti in legno, dipinte in diversi colori e con la scritta Nice Magazine, ricavate dal taglio di una porta (deducibile dalla presenza di una serratura e della cornice a rilievo tipica delle porte da interno); quattro parti in legno naturale liscio(ricavate da semplici assi da imballaggio MDF) con timbri circolari recanti il nome dell’eccentrico fashion designer londinese RobertCary Williams a cui il numero è dedicato; altri rettangolari con il titolo del numero Fashion Shoot Edition Size 10 and Fashion Supplement; attaccati con puntine colorate due bossoli Lyalvale 12, fori provocati dallo sparo del proiettile.
Nata dall’idea dell’artista Brendon Carey, questa insolita ‘wood magazine’ risponde all’esigenza di comunicare con un pubblico che non si accontenta dei comuni e popolari rotocalchi pieni di glamour, immagini colorate e lucenti, macchine costose e lussi di ogni genere, ma ricerca la voce semplice e naturale del legno, del ‘real wood’. Nice Magazine, dato il grande successo riscontrato nel mondo dell’arte contemporanea, ha avuto due tirature. Alla tiratura successiva è stato dato il titolo di The Reader is the Cover Star. Unusual wood magazine made of smooth bits of bare MDF, packaged with a supplement – a smaller piece of MDF, others cut up sections of doors and tables. Carey, the artist, says about his inspiration, «I cut up anything, cupboards, doors, whatever, I got to the point where I couldn’t walk past any wooden object without thinking of cutting it up».The next issue, entitled The Reader is the Cover Star, is been a shiny mirror, along with a mirrored jigsaw that represents, apparently, «the never ending puzzle of life». 203
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INDICE Le cifre indicate si riferiscono alla numerazione progressiva delle schede nel catalogo The numbers indicated refer to the progressive numeration of the items inside the catalogue
Abrabanel, Jehudah Adorni, Giuseppe Agricola, Georgius Alberti, Leon Battista Albertini, Francesco Albertolli, Giocondo Alphabetum Aetiopicum et alia Alphabetum GrandonicoMalabaricum Ambrosini, Alessandro Antolini, Giovanni Appianus Alexandrinus Apuleius Madaurensis, Lucius Argoli, Giovanni Aristophanes Aristoteles Aurelius Victor, Sextus Ballarini, Francesco Barlezio, Marino Barozzi, Francesco Baudeau, Nicolas Beccuti, Francesco Belcari, Feo Belli, Carlo Bernini, Rosalba Beroaldo, Filippo Biblia latina Biblia pauperum Bonfadini, Vita Bonisoli, Ognibene Borghese, Scipione Bracciolini, Giovanni Francesco Brant, Sebastian Broggia, Carlo Bruno, Giordano
56 125 58 36 39 119 85
Buonarroti, Michelangelo, il giovane 80 Campo, Antonio 69 Cangiullo, Francesco 136 Carey, Brendon 141 Carnot, Lazare Nicholas 123 Carrera, Pietro 87 Casanova, Giacomo 121, 127 Castelvetro, Ludovico 62 Castiglione, Baldassarre 47 Cerchia di Giuseppe Canella 135 Certani, Giacomo 94 Cervantes, Miguel de 95 Chiappa, Giambattista 130 Chiaramonti, Scipione 82 Cicero, Marcus Tullius 1, 2, 21, 27 Cinquarbres, Jean 52 Corio, Bernardino 31 Cousin, Jean 59 Curtius Rufus, Quintus 3 Cyprianus, santo 4 D’Alembert, Jean 113 De Angeli, Paolo 79 Defoe, Daniel 106 Del Re, Vincenzo 108 De Welz, Giuseppe 126 Diderot, Denis 113 Diodati, Giovanni 88 Di Sangro, Raimondo 112 Dolce, Lodovico 61 Doni, Anton Francesco 57 Dorio, Durante 86 Dufour, Philippe Sylvestre 100 118 Ekaterina Alekseevna II EncyclopÊdie 113
117 75 124 5 22 83 28 74 9 78 34 60 114 67 46 139 122 29 17 35 90 13 75 32 26 107 68
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Negri, Stefano 42 Osiander, Andrea 48 Ovidius, Naso Publius 8 Owen, Robert 132 Pacifici, Massimo 33 Petrarca, Francesco 6, 14 Photius 72 Piccinelli, Filippo 92 Plinius Cecilius, Gaius 91 Pollux, Iulius 30, 41 Proclus 60 Propaganda Fide 85, 117 Psalterium graeco-latinum 18 Psalterium latinum 23 Ptolemaeus, Claudius 20, 71 Pufendorf, Samuel 93 Quintilianus, Marcus Fabius 12 Rastelli, Giovanni Bernardini 65 Sacrobosco, Johannes de 65 Sallustius Crispus, Gaius 43 Sansovino, Francesco 62 Sarpi, Paolo 74 Savonarola, Girolamo 25 Scacchi, Francesco 81 Scheiner, Christoph 77 Seneca, Lucius Annaeus 15 Statuta Hospitalis Hierusalem 70 Stendhal 133 Stephanus Byzantinus 41 Straparola, Giovanni Francesco 63 Svetonius, Caius Tranquillus 7 Swift, Jonathan 105 Terentius, Publius Afer 110 Tolomei, Cherubino 45 Tronci, Paolo 96 Turgot, Anne-Robert-Jacques 120 Velleius Paterculus 102 Vesalio, Andrea 49
Equicola, Mario 44 Fagius, Paulus 48 Filelfo, Giovan Mario 1 Fracastoro, Girolamo 64 Funeral Binding 116 Galiani, Ferdinando 109, 111 Galilei, Galileo 77, 101 Giordano, Vitale 99 Giraudeau, Pierre 115 Giustiniani, Lorenzo 38 Gori, Antonio Francesco 104 Grimaldi, Giacinto 89 Hennepin, Louis 97 Hesychius Alexandrinus 40 Hitler, Adolf 138 Holbein, Hans 53 Horae Beatae Mariae 10, 16 Hugo, Victor 134 Intieri, Bartolomeo 111 Iosephus, Flavius 24, 50 Iuvenalis, Decimus Iunius 11 Klau, Christoph 76 Lancellotti, Giovanni Paolo 66 Legatura dogale 74 Legatura Soresini 75 Leone, Ambrogio 37 Leopardi, Giacomo 128, 129 Lucianus 54 Lupicini, Antonio 65 Manfredi, Muzio 73 Manuzio, Antonio 51 Manzoni, Alessandro 131 Marchesi, Giorgio Viviani 103 Marcolini, Francesco 55 Marinetti, Filippo Tommaso 137 Martialis, Marcus Valerius 19 Massonio, Salvatore 84 Mavelot, Charles 98 Misˇ nah. Nizeqin. Pirkê Avôìt 48 Montale, Eugenio 140
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Questo volume è stato impresso dall’officina d’arte grafica Lucini in Milano marzo 2009
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