Storia dell'evoluzione tecnica della fotografia e del suo linguaggio. capitolo 3

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L’immagine latente e la Calotipia.

L’invenzione della Calotipia è considerata storicamente fondamentale poiché segna l’inizio della fotografia come possibilità di moltiplicazione delle immagini da un unica matrice. Essa non avrà lo stesso successo, seppur di breve durata della dagherrotipia, ma dal perfezionamento dei processi necessari per rendere visibili le immagini latenti e di quelli per fissarle e impedirne il loro dissolvimento ci pervengono oltre centocinquantanni di fotografia ottico-chimica.

▲▲ 1839 - William Henry Fox Talbot. Leaves of Orchidea sciadografia. Fonte: http://www.getty.edu/art/ collections/images/l/04027301.jpg

I

l processo calotipico fu annunciato pubblicamente dal suo inventore Sir William Henry Fox Talbot presso la Royal Society di Londra nello stesso anno in cui in Francia veniva presentato il Dagherrotipo. Il procedimento, che verrà brevettato nel 1841, prevedeva lo sviluppo di un’immagine latente e si basa su un processo negativo-positivo che impiega una carta sensibilizzata ai sali d’argento che si annerivano con l’esposizione alla luce.

Già nel 1835 Talbot ottenne il primo negativo della storia della fotografia conosciuto con il nome di Latticed Window a Lacock Abbey, è una ripresa dall’interno della biblioteca di una vetrata dell’abbazia di Lacock. Le prime sperimentazioni di Talbot risalgono comunque a prima del 1839 e sono compiute immergendo della carta da disegno in una debole soluzione di sale da cucina che una volta asciugata, veniva immersa in una soluzione

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“…nel processo sciadografico, se la carta è trasparente, il primo disegno può servire come oggetto (matrice), per produrre un secondo disegno, nel quale la luce e le ombre appariranno rovesciate…”

Al fine di ottenere questo risultato, il negativo doveva essere fissato, ovvero reso insensibile all’ulteriore azione della luce. Talbot quindi immergeva la carta in una forte soluzione di sale da cucina o in ioduro di potassio. Questo trattamento rendeva i sali d’argento inalterati parzialmente insensibili alla luce.

▲▲ 1865 - William Henry Fox Talbot. Photogenic drawing. Fonte: http://www. cs.waikato.ac.nz/oldcontent/cbeardon/dcollage/collage2/hist.htm

concentrata di nitrato d’argento. Così veniva a formarsi il cloruro d’argento, sale sensibile alla luce e non solubile in acqua. Una piuma, un pizzo, una foglia, poste a contatto del foglio trattato ed esposte alla luce solare davano luogo a delle immagini formate dalla parte esposta che si anneriva mentre le parti coperte che non annerivano davano contorni ben delineati. Talbot chiamò queste prime stampe, che oggi definiremmo negative, con il nome di sciadografie. Talbot descrisse anche come fosse possibile ottenere un’immagine positiva dalla sua negativa:

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Le immagini così tradotte dal negativo erano affascinanti immagini in silhouette, tracce di oggetti privi della tridimensionalità tipica delle fotografie vere e proprie il cui nome di “disegno fotogenico” dato da Talbot ne riconosceva inconsciamente la priorità nel procedimento delle componenti chimiche e naturalistiche piuttosto che quelle tecniche o propriamente artistiche. I disegni fotogenici furono

▼▼ 1835 - William Henry Fox Talbot . Latticed Window at Lacock Abbey. Questa fotografia è il primo negativo della storia della fotografia: si tratta della vetrata della biblioteca di Lacock Abbey, ripresa dall’interno, ed è corredato di un appunto autografo, dove si legge “Latticed Window (with the Camera Obscura) August 1835 When first made, the squares of glass about 200 in number could be counted, with help of a lens”. Con essa William Henry Fox Talbot stabilì il principio di base della fotografia come processo negativo / positivo. Fonte: http://www.nationalmediamuseum.org.uk/ Collection/Resources/40Photos


▲▲ 1844 - William Henry Fox Talbot The Pencil of Nature. Calotipia di una collezione di porcellana. Talbot sottolinea: la fotografia è in grado di rappresentare tutti gli oggetti e i loro particolari con lo stesso grado di precisione. Essa può quindi funzionare come inventario di un archivio. Fonte:http://www.medienkunstnetz.de/assets/img/data/3830/full.jpg

giudicati dai contemporanei di Talbot opere meccaniche e prive di qualsiasi interesse estetico e artistico anche se queste avevano particolare importanza sopratutto per quello che seppero trasmettere circa le pontenzialità della fotografia, basta pensare alle opere che Man Ray realizzerà nel secolo seguente. Il processo calotipico si presta ad innumerevoli varianti e miglioramenti. Ad esempio, Talbot apprese l’uso dell’iposolfito, sostanza oggi nota come tiosolfato di sodio, per fissare le sue fotografie durante una visita all”astronomo Sir John Frederick William Herschel che a sua volta era riuscito a stampare per contatto delle immagini applicando il principio negativo-positivo e sperimentando con successo

quello del fissaggio. Non appena Daguerre venne a conoscenza del metodo lo adottò a sua volta.

za che aumentava la sensibilità alla luce dei fogli di carta trattata significa l’introduzione di una seconda fase, intermedia fra l’esposizione e il fissaggio, che • Immagine Latente. viene individuata come sviluppo dell’immagine latente. Con questa Nel settembre 1840 Talbot sco- sostanziale variante il processo prì che le immagini sono forma- calotipico riduce i tempi di late su carta sensibilizzata anche vorazione e si avvia a diventare dopo tempi di esposizione rela- affidabile come il dagherrotipo, tivamente brevi. Queste immagi- che intanto ha già conquistato ni latenti potrebbero essere rese ampi spazi di consenso. visibili se trattate con opportuni prodotti chimici. In questo sen• Applicazioni Editoriali so uno dei miglioramenti più della Calotipia. decisivi venne suggerito dal reverendo Joseph Bancroft Reade, e consisteva nell’impiego di aci- Grazie alla riproducibilità seriado gallico, al posto del bromuro le del calotipo, Talbot fu il primo d’argento, come acceleratore del a dare una dimensione industriaprocesso di formazione dell’im- le all’arte fotografica: nel 1844 magine. L’uso di questa sostan- apre un laboratorio per la stampa e la vendita dei suoi calotipi

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scatto, contrariamente alle fotografie di oggetti eseguiti da Daguerre non vuole essere descrittivo. Non solo rivela un interesse a raccontare artisticamente la quotidianità, ma esso appare organizzato come un dipinto dell’arte fiamminga del Seicento. A tal proposito Talbot scrive: “Abbiamo autorità sufficiente in materia di arte fiamminga, per scegliere, come soggetti da rappresentare, scene quotidiane e familiari. Spesso l’occhio di un pittore si lascia catturare quando le persone non vedono niente di notevole”. ▲▲ 1844 - William Henry Fox Talbot. The Open Door, calotipo tratto da “The Pencil of Nature”.

e nello stesso anno pubblicò un volume illustrato dal nome The Pencil of Nature, all’interno 24 calotipi mostravano i momenti e i risultati più importanti della sua invenzione. Ogni scatto è accompagnato da una o due pagine di commenti ed indicazioni sulla loro realizzazione. The Pencil of Nature è un’opera importante per la storia della fotografia, non solo perchè rappresenta la prima produzione industriale del primo foto-album a grande tiratura che si conosca, ma perché manifesto estetico della prima forma di fotografia secondo la concezione estetica ottocentesca. Nel descrivere il procedimento tecnico, Talbot, adopera i termini tipici della pittura in un linguaggio a metà tra arte e scienza: “La nuova arte del disegno fotografico si ottiene senza il minimo ausilio della matita dell’artista …” “L’apparecchio

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fotografico

farà un quadro di tutto ciò che vede.”

Il calotipo The open door, contenuto in The Pencil of Nature è una delle fotografie più importanti per il grande senso pittorico della composizione: la scelta e la stessa disposizione degli oggetti risolve un esigenza estetica. Lo

Dobbiamo a Talbot una delle prime affermazionidi estetica fotografica: “Un raggio di sole fortuito o un’ombra sulla strada, una quercia rinsecchita dal tempo, una pietra coperta di muschio, possono destare una serie di pensieri, di sensazioni, di fantasie pittoresche.”

▼▼ 1845 - William Henry Fox Talbot. Studio fotografico calotipico di Nicolaas Henneman a Reading, in Inghilterra.


Sin dall’inizio la fotografia sarà codificata secondo il linguaggio dell’arte accademica, perfino i generi fotografici che si svilupperanno: ritratto, paesaggio, natura morta ecc., mutueranno dalla pittura alla fotografia. •

▲▲ 1845 - Hill & Adamson, moglie di un pescatore di Newhaven. La serie di ritratti dei Pescatori di Newhaven, composta da circa 130 immagini, è ancor oggi considerata, a giusto titolo, una delle più alte realizzazione fotografiche. Probabilmente uno dei primi esempi di documentario sociale fotografico mai realizzato.

Diffusione del Calotipo.

Il calotipo purtroppo non avrà l’ampio successo commerciale del dagherrotipo, dovuto tra l’altro alla ricchezza di particolari mai raggiunti dalla calotipia e all’abilità commerciale del suo scopritore. La calotipia, pur rappresentando una semplificazione del procedimento dagherrotipico anche dal punto di vista chimico, non consente né un risparmio di tempo né un miglioramento della qualità, rispetto ad esso, anzi l’immagine che offriva era meno precisa: mentre sulla lastra di metallo del dagherrotipo era possibile “contare le pietre di una strada”, la stampa su carta da negativo calotipico aveva ◄◄ L'azione della luce nei materiali sensibili, siano essi lastre di metallo o di vetro, carta o pellicola, è solo la fase iniziale verso la formazione dell'immagine fotografica. Le fotografie della spedizione di Salomon Andree al Polo Nord nel 1897, sono esempi della stabilità dell'immagine latente. La spedizione si concluse con la morte degli esploratori. I loro resti furono trovati solo nel 1930. Tra i materiali recuperati, vi erano delle lastre fotografiche che a sua volta furono sviluppati con successo 33 anni dopo la loro esposizione. Fonte: http://photographyhistory.blogspot. com/search/label/Photographic%20 process

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◄◄ 1845 - Hill & Adamson. Newhaven Fishermen. Stampa su carta salata da negativo calotipico. Addirittura è anticipata la fotografia istantanea in questo calotipo dove un gruppo informale di uomini sono disposti casualmente, alcuni di loro persino guardano in direzione della fotocamera. Degli undici uomini nella foto, è probabile che nessuno di loro abbia mai visto una fotografia prima e certamente ignorano quello che i due uomini sono venuti a fare rannicchiati dietro la strana scatola intenti ad armeggiare con sostanze chimiche. La naturalezza della posa suggerisce che i due fotografi avevano guadagnato la loro fiducia e collaborazione.

un certo che di sfocato dovuto alla granulosità della carta, al quale non sembra che il pubblico di quei tempi fosse sensibile. Tuttavia il calotipo ha dalla sua parte tre punti di forza che, alla lunga, risulteranno vincenti: in primo luogo il calotipo è facilmente ritoccabile con matite e pennelli; è riproducibile in un numero illimitato di copie che non presentano i lati invertiti come il dagherrotipo; terzo punto fondamentale sopratutto sotto il profilo dell’evoluzione del linguaggio fotografico, il calotipo è facilmente manipolabile per l’esecuzione di fotomontaggi. Grazie a queste qualità il calotipo suscita l’interesse di artisti e pittori, oltre che delle autorità che intendono utilizzare questo mezzo per la riproduzione e la catalogazione delle opere d’arte. Perfino quella “grana” tipica dell’immagine su carta e tanto criticata dai puristi dell’immagine ottica finisce per rendere il calotipo più simile ad un disegno che ad una immagine meccanica, e costituisce un ponte fra arte e tecnica.

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▲▲ 1850 - John Shaw Smith. Rovine di Pompei, Fonte: Biblioteca Universitaria di Edimburgo Special Collections Division.

Il calotipo presenta molti degli aspetti negativi del dagherrotipo, come la lunghezza dei tempi di posa che conferisce una rigidezza innaturale alle figure fotografate, che comunque necessitano di laboriose messe in scena, ma i risultati ottenuti su carta sono in qualche modo più convincenti di quello ottenuti su metallo. In Scozia i fotografi David Octa-

vius Hill e Robert Adamson già nei primi anni Quaranta, eseguono ritratti vigorosi, assolutamente non convenzionali, piegando lo strumento alla loro sensibilità artistica, arrivando ad indagare con la loro fotocamera alcuni degli aspetti della società dell’epoca. Accanto a nobildonne e avvocati, fermati in pose altezzose e magniloquenti, vengono immor-


talati personaggi più umili, gruppi di marinai e scalpellini, e ci si sofferma affascinati su scene della vita quotidiana delle famiglie dei pescatori di Newhaven. Sono figure dove è armonioso il

e un realismo che precedono di molto Zola e Verga. Mentre in Scozia il calotipo si sviluppò a causa dell’inefficacia dei brevetti imposti da Talbot

▼▼ 1843 - Hill & Adamson. Nella fotografia che raffigura il pescatore James Linton che si appoggia a una barca, i due fotografi, nell’impossibilità di mostrare il rapporto tra il soggetto e il mare Incapace di mostrare lui in mare, circondano abilmente la figura di Linton con gli oggetti del suo lavoro, più o meno allo stesso modo con il quale ambientano i ritratti dei ministri della chiesa circondandoli di libri.

tecnica alla più commerciale dagherrotipia, le oltre trecento vedute calotipiche di ottima qualità eseguite John Shaw Smith durante un suo viaggio in Europa e Medio Oriente rimangono una pregevole eccezione.

Contrariamente della patria del calotipo, la Francia fu particolarmente ricettiva nei confronti del calotipo, soprattutto dopo i miglioramenti apportati nel 1847 dal francese Louis Desiré Blanquart Evrard con nuove tecniche di sensibilizzazione e sviluppo. Le carte preparate da Blanquart Evrard permettono di ottenere dettagli maggiori e una estesa gamma tonale, che rendono la negativa su carta adattissima ai lavori di documentazione. Come Talbot, anche Blanquart-Evrard aprì, nel 1851, un laboratorio fotografico a Loos-les-Lille, in Francia: Imprimerie Photographique. Qui produsse le numerose fotografie che furono impiegate in diverse pubblicazioni. Il calotipo divenne presto la tecnica preferita dalle istituzioni pubbliche per la creazione dei loro archivi. Così nel 1851 la Commission des Monuments Historiques della Administration des Beaux Arts suddivide le regioni francesi in cinque zone da assegnare a cinque fotografi diversi per quello che sarà uno dei primi censimenti fotografici a livello nazionale. Alla Mission Héliographique, furono chiamati i fotografi: Gustave Le Gray, Édougioco di ombre e di luci, dove il che in Inghilterra ne ne inibisco- ard-Denis Baldus, Auguste Mestral, particolare è giustamente sacrifi- no la possibilità di sviluppo, no- Henri Le Secq e Hyppolite Bayard. cato all’insieme, dove i visi sono nostante nel 1847 viene fonda- Le loro fotografie serviranno a colti in tutta la loro importanza. to a Londra il Photographic Club, determinare la natura e l’urgenTestimonianze inestimabili del- denominato anche Calotypic Club za degli eventuali interventi di la realtà che superano i migliori dove raffinati nobili, artisti e ric- restauro necessari al patrimonio pittori e disegnatori, una poesia chi borghesi prediligono questa architettonico di Francia.

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belle e commoventi di una città morta, divengono le immagini di una città “animata” da passanti e popolani. La tecnica calotipica ebbe sopratutto grande sviluppo quando ci si rese conto che la trasparenza dei fogli di carta impiegata per il negativo è insufficiente per la resa di copie positive di buona qualità e dalla carta opaca si passò, sulla base di un procedimento inventato da Gustave Le Gray, alla carta resa trasparente

per ceratura. Le Gray descrive così il suo procedimento: “… una lampada a spirito scaldava una lastra metallica tenuta in posizione orizzontale da un sostegno. Una volta raggiunta la temperatura ideale si applicava in modo uniforme la fusione di un grumo di cera. Ottenuto lo strato si premeva con forza il foglio di carta contro la lastra. Dopo averla asciugata con carta assorbente si passava alla sensibil-

▲▲ 1851 - Henri Le Secq. Galleria dei Re sul lato est della torre sud-occidentale della Cattedrale di Reims.

A Charles Marville, nel 1850, viene commissionata dall’Administration des Travaux Historiques, la documentazione fotografica di alcuni quartieri cittadini di Parigi in vista dell’effettuazione del piano di ricostruzione ubanistica per mano del barone Haussmann. Marville effettua una lunga serie di calotipi della città. Sono immagini che costituiscono una preziosa testimonianza della situazione esistente in alcuni quartieri la cui urbanistica sarà profondamente modificata dal piano di modernizzazione della città. Marville, prima di dedicarsi alla fotografia fu pittore e incisore e le sue opere venivano impiegate per illustrare dei libri. Della sua fotografia ci lascia l’esattezza meticolosa con la quale riuscì a fissare la struttura del selciato delle strade, i muri stinti e le insegne dei negozi. Molti dei suoi calotipi furono pubblicati da Blanquart Evrard e le sue riprese, una volta passato alla tecnica del collodio umido, da immagini

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▲▲ 1858 - Charles Marville , Rue Vieille-du-Temple Paris. Fonte: http://saintsulpice. unblog.fr/2009/09/04/charles-marville-paris-photographie-au-temps-dhaussmannportrait-dune-ville-en-mutation-du-1er-au-27-septembre-2009-louvre-des-antiquaires-paris


• Fotografia di Esplorazione e di Viaggio.

Il metodo di ceratura restituisce immagini più nitide, oltre ad agevolare la conservazione del negativo che poteva essere preparato con mesi d’anticipo e questo rappresentava un grande vantaggio sopratutto per i fotografi viaggiatori. L’attenzione del governo francese, oltre che sui beni nazionali, era puntata anche sulle opere d’arte che si trovavano all’estero. Ne è una prova la serie di scatti eseguiti a Gerusalemme da Auguste Salzmann, e commisionati dal Ministère de l’Education per la documentazione dei recenti scavi archeologici in Terra Santa. Maxime du Camp, giornalista francese che si dedicò alla fotografia per documentare i suoi viaggi perché, come egli stesso disse : ▲▲ 1849 - Maxime Du Camp. Colossi interrati di Abu Simbel. Stampa su carta salata (processo Blanquart-Evrard’s), da un calotipo negativo 20,3 x 16,2 cm . Fra le prime fotografie che mai siano state prese del tempio di Ramses vi è questa dei colossi di Abu Simbel. Le statue colossali erano così affondate nella sabbia che, per poterle fotografare, Du Camp ordinò ai marinai che lo avevano portato per 800 km sul Nilo, di scavare nel deserto. In questa immaggine è da notare l’uso della figura umana per la comprensione delle dimensioni del soggetto fotografato. La possibilità d’inserire la figura umana nello scatto è offerta da un esperimento frutto della casualità. Maxime du Camp aveva richiesto a Gustave Le Gray una fornitura di carta incerata da usare per i suoi scatti, ma arrivato a destinazione si accorse che i supporti erano stati danneggiati a causa dell’alta temperatura. Il rimedio fu suggerito dal barone Alexis de Lagrange, un fotografo viaggiatore che Du Camp incontrò perchè di passaggio nel suo viaggio verso l’India. Lagrange consigliò di immergere la carta già preparata in un bagno d’albume e di ioduro di potassio e di usare il supporto rigenerato prima che la nuova soluzione sensibile asciugasse. Non solo la nuova mistura rese recuperabili i negativi, ma ne aumentò il tempo di esposizione. Per ottenere un’immagine soddisfacente dal negativo occorrevano quaranta minuti. La posa invece della persona o dell’oggetto da riprendere necessitava di due minuti.

izzazione immergendola in bagni di ioduro di potassio e di nitrato d’argento. Lo sviluppo, dopo l’esposizione, avveniva per mezzo dell’acido gallico”.

Le Gray spiegò anche come in

caso di errore d’esposizione, fosse possibile apportare in fase di sviluppo delle correzioni.

“ ho capito nei miei viaggi precedenti che a volte si perde molto tempo prezioso cercando di disegnare edifici e scenari che non vogliono essere dimenticati… Ho sentito di aver bisogno di uno strumento di precisione per registrare le mie impressioni…”

Appresa la tecnica del calotipo da Gustave Le Gray, nel 1849, sempre sotto il patrocino dal Ministère de l’Education intraprese un viaggio con Gustave Flaubert in Medio Oriente, dove eseguì 125 calotipi di siti archeologici che Louis Blanquard-Evrard, pubblicò nel 1852 in un libro dal titolo Égypte, Nubie, Palestine et Syrie. La fotografia dei Colossi interrati di Abu Simbel è una di questi calotipi a proposito della quale,

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Flaubert scriverà:

manufatti artistici delle culture visitate, il fotografo poteva cat“nessun disegno che io conturare interi monumenti per conosca ne dà l’idea, se non segnarli agli occhi del mondo un’eccellente lastra che ha occidentale. Si avvia così con la fatto Maxime in fotografia” . calotipia un processo di sostituNell’epoca dell’impero europeo zione della fotografia documenl’opera di fotografi come Du taria al tradizionale ruolo delle Camp e Salzmann, rese visibili incisioni. le culture straniere al mondo occidentale, sempre più interessato Accanto alla fotografia docuad esse. Il fotografo attraverso i mentaria di Le Sec e Du Camp, propri punti di vista diviene in- vi sono pure alcuni rari esempi terprete culturale tra la società di collaborazione fra artisti e foeuropea in sviluppo e le culture tografi, come il nudo di Eugene estere delle colonie. Molte di Durieu, messo in posa dal pittore queste immagini possiedono un Eugene Delacroix, che rappresenta notevole valore etnografico e forse la migliore sintesi del liantropologico, in quanto raffigu- guaggio calotipico. rano minuziosamente manufatti e valori delle civiltà estere. In In Italia una gruppo di fotografi un epoca dove archeologi occi- amatoriali, perlopiù calotipisti dentali depredavano oggetti e francesi, si incontrava presso il

Caffè Greco in via Condotti a Roma per scambiarsi idee e informazioni riguardo il mondo della fotografia. Tra questi il padovano Giacomo Caneva che si interessava al procedimento della calotipia francese perfezionata da Blanquart-Evrard, e nel 1855 pubblica il Trattato pratico di fotografia e una serie di Vedute di Roma e dei suoi dintorni. Le sue immagini, spesso di grande formato, sono sempre perfettamente composte e trasmettono una visione elegante della campagna romana, delle rovine degli acquedotti, degli insediamenti rurali.

▲▲ 1854 - Auguste Salzmann. Ospedale di Sant’Elena a Gerusalemme. Fonte: http://www.iphotocentral.com/search/detail.php/32/ Auguste+Salzmann/30/7347/

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▲▲ 1853 - Giacomo Caneva. Vista sul fiume Tevere con Castel Sant’Angelo e San Pietro, Roma.

Riferimenti Web.

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

http://www.rleggat.com/photohistory/index.html http://www.gri.it/ http://www.precinemahistory.net/900.htm http://photographyhistory.blogspot.com/ http://www.all-art.org/history658_photography1.html http://www.storiadellafotografia.it/ http://www.photogallery.it/storia/istoria.html

Bibliografia.

8. 9. 10. 11. 12. 13.

Helmut Gernsheim, Storia della fotografia, le origini, Electa; Ando Gilardi, Storia sociale della fotografia, Mondadori Bruno; Jean-Alphonse Keim, Breve storia della fotografia, Einaudi; Graham Clarke, La fotografia, Una storia culturale e visuale, Einaudi; Italo Zannier, L’occhio della fotografia. Protagonisti, tecniche e stili della «Invenzione maravigliosa», Carocci; Gian Piero Brunetta, Il viaggio dell’iconauta. Dalla camera oscura di Leonardo alla luce di Lumière, Marsilio;

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