Frutti di mare e crostacei slow food

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Molluschi: riconoscimento pulizia e cottura


Molluschi cefalopodi I cefalopodi sono apprezzati da sempre in cucina: fra le ricette tradizionali, la polenta con ragù di molluschi.

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Sono molluschi esclusivamente marini il cui nome deriva dall’impressione che danno di muoversi sulla testa (kephalé = testa, podós = piede). Hanno perso del tutto la loro conchiglia, come nel caso del polpo, oppure l’hanno trasferita all’interno del corpo: l’osso della seppia o la piuma del calamaro. Le dimensioni sono molto differenti e variano da pochi millimetri a molti metri come nel caso estremo dei calamari e dei totani giganti. Sono dotati di un sistema di propulsione a getto, che realizzano attraverso l’espulsione dell’acqua da un sifone. Alcuni di loro si muovono in mare aperto (seppie e calamari), altri, come il polpo, sono più stanziali e legati ai fondali sui quali vivono. Sono animali predatori dotati di tentacoli con i quali trattengono la preda e se ne cibano utilizzando la bocca dotata di un becco corneo. Possiedono otto braccia e, in qualche specie, altri due tentacoli più lunghi.

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Seppia

(Sepia officinalis)

Identità, provenienza, mercato La seppia è un mollusco dal particolare aspetto. Sul corpo, contornato da pinne alate che ondeggiano per favorire il movimento, s’innesta la testa munita di occhi e di una serie di otto tentacoli corti e due più lunghi fra i quali si apre la bocca fornita di becco. Nella sacca, oltre all’intestino, è inserita una parte ossea chiamata osso di seppia. La seppia vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico, dalle coste della Scandinavia fino al Marocco. Nei nostri mari supera difficilmente i 25 centimetri, ma in Atlantico si pescano esemplari ben più grandi. Oltre alla Sepia officinalis vivono nel Mediterraneo altre specie minori: la Sepia elegans, o seppia di fango, e la Sepiola rondeleti, o seppiolina, dal corpo tozzo e tondeggiante, e di valore commerciale molto inferiore. La stagione di pesca è in primavera-autunno e in inverno.

Seppie.

Operazioni di pulizia Tali operazioni sono legate al tipo di utilizzo che vorrete fare del mollusco. Saranno quindi molto semplici se vorrete cucinarlo intero, più accurate se vorrete separare le varie parti per procedere con preparazioni distinte. Nel pulire la seppia, fate molta attenzione a prelevare nel modo giusto, separandola dalle altre viscere, la sacca del nero, un ingrediente prezioso. Oltre ad avere un potere colorante davvero eccezionale è fondamentale nella preparazione delle seppie al nero, ma può essere anche utilizzato per preparare una salsa nera oppure per colorare la pasta, il pane, il pangrattato per le gratinature o in tutte quelle occasioni in cui si vuole colorare di nero un ingrediente. Oltre a quello che potete prelevare voi stessi nella pulizia del mollusco, il nero viene venduto separatamente in piccole confezioni oppure anche in vasetti più grandi. Molluschi cefalopodi

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• Pulire le seppie

1. Mettete la seppia sul tagliere con l’osso verso l’alto, incidete la pelle ed eliminate l’osso.

2. Togliete la piccola fiala del nero che si trova in alto sulla punta e quindi le interiora.

3. Staccate la testa con i tentacoli e, utilizzando le forbici, eliminate il becco e gli occhi.

4. Se preferite, separate anche le ali laterali.

Le seppie in cucina Se di piccole dimensioni, a parte l’osso e il becco, la seppia è totalmente commestibile. Specie nelle preparazioni in umido non si toglie la pelle e, se l’animale è freschissimo e pescato con tecniche non invasive, neppure le viscere. La sua morbidezza dipende molto dall’età, ben difficilmente valutabile dal momento che il parametro rilevante non è la dimensione. La cottura della seppia – Due sono le fondamentali modalità di cottura della seppia: cottura rapida e lunga cottura. Val la pena di esemplificare. Se cuocio la seppia per 2-3 minuti 74

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ottengo un mollusco perfettamente cotto, dalla consistenza morbida, ma soda. I denti, nell’atto della masticazione, penetrano quasi scrocchiando nella polpa. L’aspetto della polpa è turgido, il gusto e l’afrore sono leggermente marini. Se proseguo nella cottura, a un certo punto la polpa della seppia comincerà a diventare dura, poi coriacea e quasi immangiabile. Ma se proseguo ancora, andando oltre la mezz’ora o più, secondo l’età della seppia, a un certo punto il mollusco compie una trasformazione: la polpa diventa tenerissima, anzi molle, quasi flaccida. Anche il gusto cambia: non più un leggero afrore di mare, ma un gusto più forte, intenso, di pesce in zuppa. Non si può parlare di superiorità di una rispetto all’altra. Sono cotture diverse, ciascuna con i suoi pregi, ed è giocoforza scegliere a seconda del tipo di preparazione da realizzare. Diciamo che la cottura rapida si deve usare per le seppie in insalata, quelle fritte, alla piastra o alla griglia. Lo scotto che si paga, eventualmente prolungando i tempi, è di ottenere una seppia spiacevolmente gommosa. La cottura lunga si può usare in tutte le preparazioni in umido, e il risultato è gastronomicamente eccellente. Possiamo anche dire che è molto più adatta, per le cotture rapide, la spessa polpa del sacco; mentre per la cottura lunga è preferibile usare le testa, i tentacoli e le ali. Ecco quindi che una pulizia come descritta negli step è fondamentale per utilizzi diversificati del mollusco. Queste regole valgono, con le opportune differenze, anche per calamari e totani, ma non per polpi e moscardini, come spiegheremo più avanti. La seppia è il cefalopode più usato nella cucina regionale italiana, con molte ricette riconducibili alle modalità di cottura citate: in insalata, in umido, in frittura, in sugo per la pasta o il riso, al forno ripiena, alla griglia o alla piastra. Spesso queste ricette sono intercambiabili con quelle del calamaro e del totano. • Brodetto di seppie alla gradese p. 141 • Ciuppin alla sanremesca p. 156

! Curiosità Spesso vendute a parte, quelle che vengono chiamate uova di seppia, sono in realtà le gonadi del mollusco. Si possono lessare con dolcezza e servire in insalata. Gli ovi o latti de sepa sono un immancabile cicheto nelle osterie veneziane, dove vengono serviti con un’ombra de vin bianco.

• Risotto al nero di seppia p. 164

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Calamaro

(Loligo vulgaris)

Calamari.

Caratteristiche e distribuzione geografica – È un mollusco dalla forma fusiforme, terminante con la testa dotata di otto tentacoli corti e due più lunghi, al centro dei quali si trova la bocca munita di un becco corneo. Sui lati del mantello vi sono due ali che partono dalla punta e arrivano a metà della sacca. Vive in acque profonde e si avvicina alle coste fra gennaio e luglio, nel periodo riproduttivo. All’interno della sacca, oltre ai visceri, vi è la conchiglia che ha la forma di una sottile penna trasparente. Operazioni di pulizia – Le operazioni di pulizia, pressoché identiche per calamari e per totani, cambiano a seconda delle dimensioni del mollusco. Negli esemplari molto piccoli si possono lasciare gli occhi e, se freschissimi, anche le viscere, mentre vanno sempre tolti sia il becco che la penna. Nei molluschi medi o grandi la pulizia si presenta più complessa. Il calamaro in cucina – I tempi di cottura del calamaro dipendono dalle dimensioni del mollusco: più lunghi se il calamaro è grande, poiché presenta una polpa molto più spessa rispetto a un calamaro piccolo. Ne deriva che se per un piccolo calamaro è sufficiente una cottura di pochi minuti, uno medio richiederà una cottura di una ventina di minuti, uno molto grande mezz’ora e più. Tutte le ricette della tradizione danno comunque per cotto il calamaro dopo 20 minuti.

• Calamari ripieni p. 142 • Calamari al mirto p. 141 • Calamari in zimino p. 144

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• Ferrazuoli con calamaretti p. 146 • Insalata calda di calamari 161


• Pulire il calamaro

1. Prendete la testa con due dita e staccatela dal corpo.

2. Separate le viscere dalla testa.

3. Sfilate la penna.

4. Entrate con il dito indice nella sacca per estrarre le rimanenti viscere.

5. Togliete il becco dalla testa.

6. Spellate il mollusco semplicemente sfregando con le

dita, se piccolo, o incidendo con il coltello, se grande.

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Totano

(Todarodes sagittatus)

Totano.

Caratteristiche e distribuzione geografica – Il totano è molto simile al calamaro, con la differenza che la sacca che contiene le viscere è più affusolata e porta nella parte più alta due alette più piccole e corte, simili alla punta di una freccia. Il totano vive sia nell’ Atlantico che nel Mediterraneo e si avvicina alle coste in particolari periodi dell’anno. Viene pescato con reti a strascico dette totanare o con reti a circuizione dotate di lampara. I mesi freddi sono i migliori. Sui banchi dei pescivendoli, sempre più frequentemente, è possibile trovare anche i cosiddetti totani e calamari giganti. La denominazione commerciale è “tagliata di totano”, ma in effetti si tratta di un cefalopode gigante (2 metri di lunghezza): il Dosidicus gigas, detto anche diablo rojo, che vive in Atlantico. Viene venduto in forma di lunghe e spesse lingue candide, conservate in sacchetti in salamoia. Operazioni di pulizia e uso in cucina – Valgono le considerazioni fatte per i calamari, con l’unica differenza che le carni del totano sono per natura più coriacee e non diventano più tenere con una cottura più prolungata. Nemmeno il diablo rojo ha bisogno di una cottura più lunga; come mollusco non è un granché, ma costa poco e può essere usato in tutte le preparazioni tipiche di seppie, calamari e totani.

• Polenta con ragù di totani p. 166

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Polpo verace

(Octopus vulgaris)

Identità, provenienza, mercato Caratteristiche e distribuzione geografica – Il polpo verace vive in acque poco profonde, su fondali rocciosi dove può trovare fenditure e anfratti in cui proteggersi. Per questo viene anche chiamato polpo di scoglio. Non essendo dotato di scheletro, né interno né esterno, è in grado di infilarsi in fessure molto strette. Possiede otto tentacoli dotati ciascuno di una duplice fila di ventose. Fra i tentacoli sotto la testa si apre una bocca dotata di becco, con la quale frantuma le conchiglie e le corazze dei crostacei di cui si nutre. Come altri cefalopodi, ma in maniera più efficace, è in grado di cambiare colore sia per mimetizzarsi che per comunicare con i suoi simili. Esiste anche un polpo dello stesso genere, denominato polpessa o polpo di sabbia (Octopus macropus), che a ben vedere non è la sua femmina ma un altro mollusco e si differenzia per i tentacoli decisamente più lunghi e per la minore qualità gastronomica. I periodi di pesca più intensa vanno da settembre a dicembre e da maggio a luglio.

Polpo verace di scoglio.

Operazioni di pulizia Sono operazioni di grande semplicità, soprattutto per i polpi decongelati (venduti come piovre) che sono già eviscerati e spesso privati del becco. Se invece acquistate un polpo fresco, dovete compiere le operazioni descritte dalle foto a pagina 80. Vi ricordiamo comunque che i veri intenditori, quando hanno a disposizione un polpo freschissimo, non eliminano le viscere e anzi considerano il sacco la parte più prelibata.

Polpo verace di sabbia.

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• Pulire il polpo

1. Con un coltello togliete gli occhi al mollusco.

2. Togliete anche il becco.

3. Eliminate le interiora rivoltando come un guanto la

testa del polpo. Lavatelo e rimettete a posto la testa.

Il polpo in cucina Le carni del polpo sono talmente tenaci che intorno al problema è nato un florilegio di prescrizioni, tutte dubbie poiché se una soltanto fosse davvero efficace, basterebbe quella. Forse la più geniale, e la più fasulla, è quella decisamente magica di mettere un tappo di sughero nella pentola in cui lo si bolle. Il fatto è che un metodo totalmente sicuro non c’è, dato che probabilmente è l’età del polpo quella che conta, più che la sua dimensione, e quindi con qualche vecchio polpo bisognerà rassegnarsi a masticare. Vediamo comunque cosa si può fare per ottenere un buon risultato. 80

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La guerra contro la durezza del polpo – Ogni popolo ha il suo metodo. C’è chi lo frolla, chi lo batte, chi lo essicca steso come i panni al sole, chi lo sfrega nel sale grosso, chi lo marina in bevande alcooliche (ouzo, saké), chi lo sbianca per qualche minuto in acqua bollente salata. Noi vi diamo dei buoni consigli che sono la somma di antiche prassi e nuove tecnologie. Il primo atto si compie prima di arrivare in cucina: il polpo va battuto e sfregato sugli scogli. Tale operazione potrete farla anche voi, battendolo con un mazzuolo di legno e strofinandolo su una superficie ruvida. Ha una certa efficacia e serve ad ammorbidire le fibre muscolari del mollusco. Può essere vincente anche congelare un polpo fresco prima di utilizzarlo perché la congelazione rende più tenere le fibre. Ora la semplice cottura in acqua bollente o la brasatura senz’acqua lo faranno diventare tenero. Saggiate con uno spiedino e, quando avrà raggiunto la tenerezza desiderata, spegnete il fuoco e attendete che l’acqua s’intiepidisca prima di toglierlo. La pelle del mollusco appena cotto è la parte più ricca di gusto, ma delicata e soggetta a lacerarsi: raffreddandolo nell’acqua di cottura, diverrà soda. Il polpo non va mai pelato, come purtroppo qualcuno fa. La cottura del polpo – A pagina 82 presentiamo due metodi di cottura per il consumo immediato, ma che spesso rappresentano l’operazione preliminare a cotture più complesse. La prima si utilizza nelle preparazioni in insalata, a volte con le patate. Altre cotture, inadatte per un mollusco dalla polpa tanto tenace, che sia fritto, alla griglia o alla piastra, possono essere eseguite partendo da un polpo già lessato. Le modalità in umido si basano sullo stesso principio della cottura nella sua acqua con la differenza che vanno aggiunti altri ingredienti, come il pomodoro, il vino, olive, erbe e altro per ottenere preparazioni complesse.

• Agliata di polpo p. 150 • Insalata di polpo alla marceddiese p. 164

! Curiosità L’ingegno dei polpi è ben conosciuto anche dai pescatori che per catturarlo usano tecniche con le quali, per vincere la sua intelligenza, ne stuzzicano la curiosità. L’ingegnosa polpara, con una zampa di gallina e uno straccetto, sembra irresistibile per il mollusco. Una volta catturato, il pescatore lo morde sul collo per paralizzarne i centri nervosi: un “bacio” brutale per evitare che soffra o scappi, riguadagnando con grande abilità il mare. I pescatori sensibili evitano di pescarli.

• Pignatiello vavoso alla luciana p. 147

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• Lessare il polpo

1. Dopo aver portato a bollore una buona quantità

d’acqua in cui avrete aggiunto tutti o parte degli ingredienti (carota, sedano, cipolla, una foglia di alloro, granelli di pepe, un sorso d’aceto e poco sale), prendete il polpo per la testa e immergetelo 3-4 volte nell’acqua fino a che i tentacoli si saranno arricciati.

2. Pungetelo con uno spiedino nel collo fino a che sarà

tenero quanto desiderate. A questo punto spegnete il fuoco e prima di toglierlo attendete che l’acqua si sia intiepidita. Se la cottura vi è scappata, per fermarla aggiungete acqua fredda. Ma prima togliete un po’ del liquido di cottura, se vi serve per altre preparazioni.

• Cuocere il polpo nella sua acqua

1. Mettete in una casseruola spessa, meglio se di coc-

cio, un filo sottile di olio, quindi accendete il fuoco e adagiatevi il polpo. Chiudete in modo ermetico la pentola e lasciate cuocere, senza sale, a fuoco bassissimo per tutto il tempo necessario.

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Molluschi: riconoscimento pulizia e cottura

2. I succhi interni del polpo sono il suo liquido di cot-

tura. Quando sarà tenero (provate con uno stecchino) togliete il coperchio e fate prosciugare, finché il liquido caramella avvolgendo il polpo in un sugo lucido, denso. Potete anche proseguire fino a forte rosolatura.



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