Fate quello che vi dirà

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sperienze di ita

EV

Periodico della Comunità

Piccolo Gruppo di Cristo n. 148 - anno XXXI Giugno 2010

“Fate quello che vi dirà!” (Gv 2,5)


In questo numero... Ireos ci aiuta a vivere il mistero della Pasqua del Signore ricordandoci quanto la nostra spiritualità, se vissuta, ci unisca ogni giorno dell'anno alla sofferenza di Gesù, con la serenità e la certezza di partecipare un giorno della sua gloria. I Responsabili delle cinque Comunità locali mettono in comune le attese fiduciose, i dubbi e ciò che si aspettano dal mandato ricevuto e dai fratelli e dalle sorelle che li hanno eletti Due aspiranti, Maria Giovanna e Matteo, ci raccontano la chiamata del Signore a vivere un cammino di ricerca e vocazione Mauro Panzeri ci aiuta con alcune sue riflessioni a camminare verso la vita perfetta Ci sono poi l'esperienza della Madonna pellegrina in visita a Seveso e quella della statua di Maria di Lourdes itinerante nelle famiglie di Treviso in occasione del venticinquesimo di questa Comunità. Infine una interessante esperienza di vita di quartiere e il ricordo di Giovanni Molaschi e Carletto Berrini

Giosuè

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Contemplo l'amore di Gesù...

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Responsabilità: dono e segno di condivisione della Vocazione

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Siamo servi inutili

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Tutti corresponsabili Uniti nel suo nome

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Un servizio nella gioia

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Spulciando qua e là

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Ai papà

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Maria tra noi

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La Madonna pellegrina

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Associazione Formica

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Un tempo di grazia: l’Aspirantato

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Il Signore viene sempre in nostro aiuto

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Il nostro fratello Carlo Berrini

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Essere maestre è anche questo

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Potrebbe capitare anche noi ?

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È accaduto


Il Fondatore

ContEmplo l'amorE dI GESù ... Oggi è il lunedì della Settimana santa ed è un giorno molto importante come lo è sempre stato per tutta la mia vita, dopo la conversione. Contemplo l'amore di Gesù, che è unito al Padre e allo Spirito santo, ed è un amore che è vissuto per la nostra salvezza. E quando noi Piccolo Gruppo siamo nati, quando il Signore ha voluto farci crescere, una delle prime cose che ci ha ricordato è "Sono morto per voi, perché vi salviate". Però sto pensando non solo alla Settimana santa, che è probabilmente la più importante di ogni tempo, ma anche ai giorni che noi viviamo, alla società, al mondo, alla chiesa e mi sembra di poter cogliere, anche in questo periodo, le difficoltà che c'erano allora, i disordini che c'erano allora, gli interessi che c'erano allora, l'insicurezza, la confusione, la baldoria. In questi ultimi tempi il mondo è diventato più secolarizzato in tutti i sensi, in tutti i campi. Si può dire che non ci siano un messaggio o un programma televisivo che non ci invitino ad allontanarci dal Signore, quasi a voler ricordare ed evidenziare il fatto che anche i discepoli hanno abbandonato Gesù sul Monte Calvario. Mi sembra che siamo invitati anche noi a lasciare Gesù da solo, mentre invece non dobbiamo cedere a queste lusinghe, a questi inviti, a queste sollecitazioni. E per poter ottenere questa grazia l'invito è che oggi vogliamo, dobbiamo, accettiamo, desideriamo restare accanto al Signore. Quindi dobbia4

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mo riuscire a distinguere il vero bene da ciò che viene detto essere il vero bene per gli uomini, ma che di fatto non lo è. E nella Chiesa e nel mondo queste tentazioni ci sono e ci sono molto forti. Se guardiamo i contatti che abbiamo con i familiari, i parenti, gli amici, i vicini vediamo che abbiamo delle grosse difficoltà; in un certo senso parliamo un linguaggio diverso, evangelico e per questo dovremmo vivere anche una testimonianza diversa e per poterla esprimere è necessario che noi restiamo avvinti a Gesù. L'invito che faccio a me stesso in questa settimana è quello di sapere che vivo questo momento come quella settimana in mezzo alla confusione, in mezzo a coloro che non ci vogliono comprendere, che non vogliono capirci, che ci deridono, ma nonostante questo voglio restare con Gesù. Stiamo attenti di essere discepoli che rimangono sul Calvario e che non scappano perché c'è il temporale, ci sono i fulmini, c'è il cattivo tempo, e per cattivo tempo intendo quello della vita che ci circonda. Anche in questi giorni abbiamo constatato quanti attacchi sono arrivati alla Chiesa, al magistero, al Papa. Siamo considerati i cristiani che, anziché portare il bene nel mondo, danno cattivi esempi perché se gli esempi sono aderenti alla carità non interessano, visto che nel mondo contano troppo spesso solo i propri interessi personali. Nel mondo si vale solo se sappiamo essere qualcuno, se sappiamo emergere, se sappiamo


dominare: questo era anche il mondo di Gesù, il mondo in cui è vissuto, che non capiva il suo amore, il suo sacrificio. Quindi io desidero, per me e anche per voi, che questa settimana tenga al suo interno tutta la nostra esistenza, una esistenza vissuta con Gesù: essere con lui all'ultima cena, mangiare il suo corpo, il pane e il vino che lui ci dà tutti i giorni, mangiarlo per lasciarci assimilare a lui, godere del fatto che lui perdona ogni nostro peccato e ci lava i piedi. E avere anche il coraggio di alzarsi e andare al Getsemani a pregare con lui. Non dimentichiamo la sua sofferenza, il suo sudare sangue, il sentirsi solo, incompreso, abbandonato. Anche a noi possono capitare questi momenti e sono momenti di grazia, perché ci uniscono a lui, ci fanno simili a lui, in modo che il Padre ci guarda e vede i comportamenti che sono quelli di suo Figlio e sono queste realtà che ci fanno diventare santi. Restiamo nel Getsemani in questa settimana e preghiamo con tutto il cuore e con tutta la vita. Non disdegniamo il desiderio di essere come ci vuole il Signore. E per poter fare questo bisogna avere tanta fede, chiedere il dono della fede, saper vivere di fede e non aver paura di essere sul Golgota. Qualche volta siamo stati sul monte Tabor e quello ci ricorda che dal Golgota, alla fine, saliremo sul Tabor nel Paradiso. Il Gruppo ha bisogno di proseguire nel cammino voluto da Gesù: "Salvatevi. Io sono morto perché voi siate salvati. Vi voglio santi, vi voglio salvi. Io mi sono consacrato a voi, dice Gesù, e voi consacratevi alla Santissima Trinità". Sono brevi pensieri ma detti col cuore e sono detti pensando al contesto in

cui noi viviamo: abbiamo bisogno di essere luce, in un momento di tenebre, essere persone che portano pace, che creano pace, che creano comunione, che fanno comunione e per questo dobbiamo avere tanta misericordia per

tutti: per i nemici, per quelli che ci odiano, per quelli che non ci capiscono, per quelli che ci deridono. Provate a pensare alle litanie dell'umiltà e fate in modo che esse diventino la nostra strada. Pensiamo alle beatitudini che ci ha raccontato il Signore sul monte. Pensiamo ai santi martiri per la chiesa: quanti martiri hanno avuto il coraggio di vivere totalmente per il Signore. È un bene, vi assicuro, è una serenità, è una gioia se questo riusciamo a realizzarlo, se riusciamo a essere totalmente per il Signore: gioire di ciò che il Signore, quando ci chiama, ci concede, ci dona, ci offre. Sono passati molti anni da quando il Signore ha messo il seme perché nascesse il Piccolo Esperienze di vita

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Il Fondatore Gruppo di Cristo e anche la società in questi oltre cinquant'anni è cambiata, è mutata, non è quella di un tempo e proprio per questo quel primo seme non deve restare sepolto sotto terra, ma ha bisogno di germogliare, di crescere, di diventare un albero dove si appoggiano i peccatori, i bisognosi, coloro che hanno bisogno di conoscere il Signore. E allora noi dobbiamo diventare un albero e fare in modo che tutti coloro che hanno bisogno trovino spazio nel nostro cuore. Chiediamo la grazia al Signore di essere generosi: non dobbiamo avere paura delle difficoltà, delle situazioni difficili e neppure dei nostri peccati perché siamo peccatori. L'importante è che il Signore ci perdona, che il suo amore è pieno di misericordia e questa misericordia offriamola noi a tutti gli altri. È meglio subire le difficoltà che non provocarle agli altri. È meglio che sul nostro tavolo ci sia cibo appena sufficiente, quello necessario per poter donare qualche cosa alle mani di quei bambini che non hanno in mano niente. Questo mi sembra un modo di prepararci alla crocefissione di Gesù: chiediamo la grazia di non aver timore di guardarlo, di contemplarlo, di adorarlo, di imitarlo, perché lui è in croce, ma è in croce per noi, per la nostra salvezza. Vi prego non abbiate paura della vita, delle sofferenze, ma prepariamoci invece ad accogliere il grande amore che ha per noi il Signore, specialmente quando siamo nelle difficoltà, quando anziché sorridere abbiamo le lacrime nei nostri occhi, quando anziché cantare di gioia qualche volta cantiamo i salmi delle lamentazioni. Anche quelle sono preghiere e quando partono dal

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cuore sono accolte dal Signore, che ricordiamoci è nostro Padre, ricordiamoci che è nostro fratello, ricordiamoci che lo Spirito santo è il nostro santificatore. Dunque, l'invito che vi faccio per questa settimana, ma intendo per settimana tutta la vita, è questo: ringraziamo il Signore per il dono della vocazione, è un grande dono, è un dono che scaturisce dal sangue che esce dal cuore trafitto del Signore. Io spero che ne siate convinti, e se non lo siete abbastanza lasciatevi convincere, siatene certi, Dio ci ama veramente. E allora certi, convinti di questo fatto adeguiamoci a vivere con lui, restiamo accanto a lui per prepararci al giorno nel quale Egli è salito in cielo e ci ha donato la sua pace che io traduco per voi in "Siate sereni! Siate sereni! Siate tranquilli e amiamoci davvero come lui ci ha amati". L'augurio di questa Pasqua è che tutti cerchiamo di essere santi, ma non per vanità, non per gloria, ma per poter dire: " Dio ti amo, fratelli vi amo". Amiamoci tutti, mettendo al centro specialmente coloro che ne hanno più bisogno. Questo è l'augurio che io vi faccio, dicendovi: restiamo nel mondo, restiamo nella chiesa anche se siamo umili peccatori, ma cercando di essere santi per dare gloria a Dio, nostro amore. Ireos 29 marzo 2010


In Ricordo

Il noStro CarlEtto Era da molto tempo che desideravo scrivere qualche pensiero sulla figura del nostro fratello e caro amico Carletto. L'occasione propizia mi è data dalla giornata del malato che si celebra nella festa della Madonna di Lourdes. A un anno dalla sua "nascita" al cielo (30-6-2009), sento ancora la nostalgia della sua presenza. Anche se da qualche anno non si muoveva più da casa, mi pare però di vederlo ancora arrivare con la sua insostituibile carrozzella, aiutato dai nostri fratelli, e varcare la soglia della nostra casa di Desio. Tanti sono i ricordi impressi nella mia mente, ma soprattutto mi mancano le nostre telefonate. Per me il telefono (e qualcuno dice anche le fotocopie!) è una deformazione professionale. Abitudine instaurata obbligatoriamente durante l'attività lavorativa e non ancora persa, ma ora non più costretta bensì dettata dal desiderio di aiutare il prossimo. Chissà se in Paradiso c'è ancora la possibilità di conversare a mezzo telefono? Ho chiesto a Carletto di informarsi presso San Pietro, perché non vorrei interrompere i nostri colloqui telefonici… La risposta, ovviamente scontata, è arrivata immediatamente: "Caro Augusto, non ti preoccupare, qui siamo all'avanguardia: il filo ora è diretto e senza mediazioni tecniche". Settimanalmente, appunto, ci sentivamo al telefono. Era sempre un momento bello, anche se ultimamente

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la comunicazione era molto breve a causa della sua fatica nel parlare. I motivi delle nostre conversazioni erano diversi. Dopo la classica domanda "Come stai", si parlava della Comunità e del suo dispiacere di non poter più partecipare agli incontri a causa del progredire della sua malattia. Sentiva la mancanza di stringere le mani alle sorelle e ai fratelli, di donare e ricevere un sorriso e soprattutto di conoscere i nuovi arrivati. La conversazione verteva anche sulla difficile situazione che la Chiesa sta attraversando e, in particolare, sulla santità dei sacerdoti, e ne soffriva molto. L'ultima parola nei suoi saluti era sempre per mia moglie Eliana ed io ne ere felice ed emozionato. Carletto desiderava sempre essere aggiornato sulle attività della Comunità. Oltre ad informarlo a voce, gli inviavo per posta tutta la documentazione possibile, scrivendogli anche qualche pensiero che lui gradiva molto, perché si sentiva veramente parte viva del Piccolo Gruppo. Per tutti noi pregava e offriva il sacrificio della sua disabilità. Molte volte mi chiedeva di acquistargli dei libri che spedivo regolarmente: i suoi ringraziamenti mi commuovevano, preoccupato sempre di farmi avere in fretta il corrispettivo. Era un assiduo lettore dei libri di spiritualità, in particolare dei santi, anche se ultimamente faceva fatica a leggere perché la malattia minava le sue forze. La sua compagnia preferita però era la Bibbia, da cui traeva quotidianamente forza e


responsabilità: dono e segno di condivisione della Vocazione Sono trascorsi quasi due mesi dalla chiamata alla responsabilità della comunità di S. Carlo che mi è stata affidata. Ringrazio il Signore per questo dono, anche se mi sento profondamente indegno di tale incarico. Ma se è il Signore che lo vuole ci saranno buoni motivi e quindi non senza timore ed anche tremore mi affido a Lui in questa avventura di amore nel dire il mio si a lui ed ai fratelli. Vorrei comunicare alcuni pensieri, sentimenti, suggestioni che sono nel mio cuore. Il primo su cui vorrei soffermarmi è stato quello di riconoscere, nell'incarico di responsabilità, la chiamata a vivere la mia consacrazione al Signore con una consapevolezza più esigente perché possa, nonostante i miei limiti, essere testimonianza della bellezza del dono che è la chiamata nel Piccolo Gruppo di Cristo. Secondo pensiero è stato la gioia derivante dall'intuire che la responsabilità offre di entrare in una dinamica nuova di relazione con il Signore e di percepire più in profondità la sua natura paterna in relazione ai fratelli e quindi tutto ciò che per me questa nuova realtà significa. Altro sentimento spirituale è stato il sentirmi inadeguato al compito, come ho già espresso sopra, ma ho anche riconosciuto, a partire da Ireos da Giancarlo, Augusto, Franco e Mauro dalle loro parole e dal loro abbraccio, la consolazione che lo Spirito dona a chi si affida senza riserva per fare la sua

volontà. Terzo pensiero è stato riconoscere che il solco tracciato dai responsabili non può prescindere da un cammino sincero di conversione personale, perché sia lui a crescere e io a diminuire e quindi a incamminarmi su quanto il Signore desidera, spogliandomi delle mie sicurezze, e abbandonarmi con fiducia al suo disegno su di me. Il riferimento, ed è sempre utile a ripeterlo, è Gesù, il Responsabile, che assume il volto di quello personale, è la chiamata alla santità che la comunità intera si impegna a perseguire e a testimoniare perché abbiamo a trasmettere quella salvezza che ci precede ma che anche ci coinvolge in prima persona. Il Signore ci ha scelti per portare i suoi frutti: a me spetta di lasciarmi irrigare dalla sua costante presenza nella preghiera, di lasciarmi rivoltare dall'aratro della sua benevolenza e ritrasmetterla, di lasciarmi potare dalle mie resistenze, dal mio peccato per vedere ogni giorno cosa significhi "Misericordia io voglio e non sacrificio". Mt.9,13 Altro pensiero che mi ha fatto riflettere su ciò che esige la responsabilità è stato il richiamo autorevole rivolto dalla Chiesa attraverso la voce del suo vescovo e cardinale C.M.Martini quando ci disse: " Io mi attendo molto da voi, …."cfr. Costituzione- Riferimento Ecclesiale [6.Indole]. Il senso di quella frase va letto nel vivere la responsabilità come impegno e attesa di amore che il Piccolo Gruppo (e quindi il responsabile) deve testimo-

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Responsabili Locali che si fanno carico della vocazione attraverso ciò che la responsabilità e l'amore esigono. Paolo e Luigi, nel raccontare la loro esperienza, le difficoltà, le gioie del cammino, mi hanno fatto percepire dalle loro parole quanta attenzione, preghiera, comprensione bisogna attivare dentro di sé nell'incontro con i fratelli per l'edificazione umana e spirituale che la vocazione indica. A loro il mio grazie e la preghiera di accompagnamento nella certezza che il Signore ci sostiene (anche nel volto dei fratelli) se ci affidiamo con rinnovata speranza. A Giancarlo che ci ha guidato in questa condivisione e ci ha fatto assaporare "quanto dolce e soave sia vivere da fratelli" che vivono l'impegno del servizio, in una reciprocità, distinta ma univoca, espressa nel desiderio di fare la sua volontà, il mio super grazie. Toni Ficara

niare con il dono spirituale della chiamata e che deve attraversare con la pazienza e la perseveranza del non protagonismo il tessuto umano delle relazioni. Per ultimo vorrei comunicare il grande segno di comunione che Giancarlo ci ha offerto invitandoci a trascorrere lo scorso 6-7 febbraio a Desio chiamando i responsabili delle cinque comunità. È stato un tempo ricco della presenza del Signore nella preghiera e nella condivisione dell'esperienza della vita delle comunità. Abbiamo avuto modo di conoscerci e riconoscerci come fratelli

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Siamo servi inutili In Luca (17, 10) Gesù parlando ai discepoli dice loro: " Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare ". Queste parole del Vangelo mi sono affiorate alla mente allorché Giancarlo mi comunicava la sua intenzione di affidarmi la guida della Comunità Sant'Ambrogio. Da una parte c'era il senso di responsabilità che mi faceva dire " Ma sarò pronto?", dall'altra la convinzione che è il Signore che conduce, anche attraverso sentieri misteriosi, e che guida oltre le nostre forze e la nostra stessa disponibilità. E in fondo la parabola del servo inutile ci offre una chiave di lettura per tutti i nostri piccoli o grandi impegni: ci richiama al senso dell'umiltà e della nostra pochezza, ma ci infonde al tempo stesso una grande serenità perché tutto possiamo mettere nelle mani di Dio, certi che Lui ci indica i sentieri della vita. E questa serenità ha fatto da sfondo alle due giornate che ai primi di febbraio noi Responsabili locali abbiamo vissuto insieme nella casa di Desio con Giancarlo. Il Responsabile Generale ci ha fatto questo dono mettendoci attorno prima a Cristo Eucaristia e poi intorno ad un tavolo, perché potessimo dialogare facendo emergere le diverse esperienze, le attese, le comunicazioni nella fede.

E sono stati in effetti due giorni pieni, ricchi di Grazia, vissuti in comunione profonda, spirituale ed umana. Prima che "un fare" c'è bisogno nella nostra comunità e nella Chiesa di "uno stare" con il Signore e, nella carità, con le sorelle ed i fratelli affidatici. C'è un'esigenza forte a "fare unità" in Cristo e, nel Piccolo Gruppo, attorno al Responsabile Generale e a ciò che egli rappresenta nella nostra comunità. Mentre abbiamo decisamente imboccato la strada delle comunità locali, segno di un nuovo fermento, ci è chiesto con ogni probabilità un supplemento di amore, ci è chiesto di farci servi gli uni agli altri. E nella coscienza delle attuali difficoltà che la Chiesa vive nella propria carne, e in particolar modo negli attacchi maligni a Papa Benedetto XVI, questa testimonianza di carità e di unità è una via che dobbiamo percorrere, chiedendo luce allo Spirito. Nella preghiera per il discernimento diciamo: "Spirito d'amore, rendici un cuor solo e un'anima sola, perché sappiamo mettere in comunione i valori di ogni differenza e realizzare la nostra vita secondo la tua volontà". Siamo chiamati, secondo la nostra personale vocazione, a vivere nel mondo senza "etichette" particolari, a "mischiarci" nella pasta del mondo pur senza appartenervi perché il nostro orizzonte, per dono di Dio, è "oltre": è la bellezza della vita del cristiano semplice che, attraverso il Piccolo Gruppo di Cristo, cerchiamo di

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Responsabili Locali

incarnare in famiglia, nella professione, negli impegni ecclesiali, civili, sociali, politici. Dopo cinquant'anni, il Piccolo Gruppo con le nostre comunitĂ locali, i consacrati, gli aspiranti, gli appartenenti alla FraternitĂ e al Cenacolo evangelico, tutti siamo nuovamente interpellati dalla Parola di Dio, una parola esigente, amorevole e misericordiosa, a servire con rinnovato slancio la Chiesa di Cristo, in questo angolo di mondo nel quale siamo posti a vivere, e con essa l'uomo, ogni uomo, immagine di Dio. Alberto Cattaneo

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Siamo tutti corresponsabili Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste. È come rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre. (Sal. 133) Quando il Signore dona la grazia di vivere la comunione e la fraternità, insieme dona la gioia di fare esperienza della vita vissuta nella sua benedizione. Sin dal momento della telefonata di Giancarlo, in cui mi ha comunicato la sua scelta, ho atteso l'incontro con tutti i cinque Responsabili locali: avevo nel cuore il desiderio di condividere la tensione e la preoccupazione per questa nuova responsabilità ed insieme la voglia di mettere insieme la prepotente gioia che sentivo in cuore. "La gioia condivisa si moltiplica, il dolore si dimezza". Ed in effetti questa è stata l'esperienza vissuta nella due giorni di Desio. Più volte ho manifestato ai fratelli della comunità la sensazione di inadeguatezza che sento, pur nella consapevolezza che in questo sentimento il diavolo ci può giocare! Ma la frase che continuamente mi è stata richiamata in questi mesi è: non temere!

"Poiché io sono il Signore tuo Dio che ti tengo per la destra e ti dico: Non temere, io ti vengo in aiuto. Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele; io vengo in tuo aiuto, oracolo del Signore, tuo redentore è il Santo di Israele." (Isaia 41,13-14) Non temere se ti senti inadeguato. Non temere se non ti senti forte, coraggioso. Non temere: affidati. Alza le tue mani e fatti prendere in braccio, "come un bimbo svezzato". Io sono con te. L'esperienza vissuta a Desio con gli altri responsabili mi ha aiutato ancora di più ad assaporare questa presenza che, pur essendo altro e oltre da noi, non può non passare attraverso i nostri volti. È stata un'esperienza di comunione intensa e forte, con momenti di preghiera, di ascolto, di richiamo, di scambio di esperienze, di momenti conviviali, di silenzio nella propria camera. Molti sono stati gli spunti di riflessione e di meditazione che Giancarlo ci ha dato; uno tra gli altri mi è rimasto impresso: l'invito a mettere davvero tutto nelle sue mani, pronti a vivere però anche lo stupore delle sue sorprese. Ciò che Dio desidera da noi è per la nostra serenità: a volte però non coincide con ciò che desideriamo o che abbiamo nel cuore. "Prendici come siamo e facci come tu ci vuoi" a volte può stupirci, può sor-

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Responsabili Locali

prenderci, addirittura può scandalizzarci… Ma è l'unica strada per essere davvero testimoni del suo amore. Chiedo a tutti i fratelli della Comunità, consacrati, congiunti nella Fraternità, aspiranti, fratelli dei vari cenacoli, a vivere, ciascuno secondo la propria disponibilità e vocazione, la corresponsabilità nel condividere il cammino che il Signore ci indica, e a pregare per tutti i responsabili. Abbiamo bisogno, ho bisogno, del sostegno della preghiera di ognuno, perché possiamo essere in ogni

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momento attenti al soffio dello Spirito che ci dona la sapienza del cuore. E chissà che pregando per i responsabili, qualcuno, senza ancora saperlo, preghi anche per se stesso: condividere la responsabilità del cammino dei fratelli, continuando ad essere o diventando responsabile personale di qualcuno, è uno dei modi più "semplici ed impegnativi" a cui Dio ci potrà chiamare. In Gesù, ringrazio tutti sin da ora. Franco Pedrini


Uniti nel suo nome "Signore fa' che questo incontro sia un'agape fraterna allietata dalla tua presenza." Ed è proprio questo lo stile che il nostro Responsabile Generale ha voluto dare al primo incontro con i responsabili locali vissuto nei giorni 6 e 7 febbraio 2010 a Desio. Questa esperienza ha lasciato in me un grande senso di comunione sia spirituale che umana. Ho messo in primo piano la comunione spirituale perché proprio con l'adorazione iniziale, quel metterci tutti faccia a faccia col Signore della nostra vita, mi ha aiutato da subito a vivere con serenità e gioia questi due giorni. La comunione nel Signore toglie qualsiasi barriera, di età, di conoscenza, di esperienza e favorisce lo scambio e la comunione umana. Sì Signore, posso dire con il salmo 15: "…gioia piena alla tua presenza e dolcezza senza fine". È stato bello incontrare fratelli c o m e L u i g i , F r a n c o e To n y c h e poco conoscevo (Alberto e Giancarlo decisamente un po' di più) perché l'"essere riuniti nel suo nome" ci ha messo fin da subito in sintonia. Assieme abbiamo fatto memoria di quando Giancarlo ha chiesto ad ognuno di noi la disponibilità a questo servizio. Personalmente mi ha colto fin da subito un senso di inadeguatezza e,con molta inconsapevolezza, ma soprattutto fidandomi del Signore, ho detto il mio eccomi.

A distanza di quasi due anni posso solo dire come Maria: "Grandi cose opera il Signore" nonostante la mia pochezza. In questa prima esperienza ho avuto la chiara percezione di vivere ciò che avevamo meditato all'inizio di quest'anno 2009/10 sulla struttura delle comunità locali e sulla figura del responsabile: "Ad aiutare i responsabili locali ci sarà poi anche il sostegno del Responsabile Generale che seguirà i singoli responsabili locali". Giancarlo si è proprio preso cura di noi, ci ha esortati ad essere fedeli alla chiamata, a non seguire le nostre idee. Ci ha invitati a camminare verso la perfezione nella carità, cioè a divenire santi. Ci ha ricordato che per primi dobbiamo dare testimonianza con la nostra vita, che dobbiamo diventare sempre più persona-preghiera, perché se vogliamo essere uomini di Dio dobbiamo stare con lui, fare esperienza del suo amore, pregarlo in umiltà e semplicità perché sia lui ad entrare nel nostro cuore e diventi "luce ai nostri passi". Chiediamo a Gesù nostro fratello Dio, "colui che viene per fare la volontà del Padre" , che ci aiuti e ci sostenga nell'abbandonarci sempre più alla sua volontà e nel lasciarci plasmare, così da poter dire ogni giorno il nostro "Eccomi". Paolo Baldo

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Responsabili Locali

Un servizio nella gioia Un "corpo che cresce", una "mente che si struttura", un'"anima che si affina": utilizzo il paragone con le dimensioni fondamentali dell'uomo (corpo, mente, anima) per parlare del Gruppo e di come stia camminando verso una sua più compiuta "maturità". Con l'avvio ufficiale delle Comunità locali, il Piccolo Gruppo di Cristo sperimenta il passaggio a uno stadio più avanzato del suo cammino all'interno della Chiesa che lo ha generato. Nato in uno scantinato della parrocchia di S. Pio V a Milano, oggi il Gruppo riconosce con sorpresa, senso di riconoscenza e un certo tremore che è chiamato ad assumere le dinamiche di una realtà più grande, geograficamente diffusa, sociologicamente composita. Varietà dei doni - La differenza, ancora una volta, si traduce in una ricchezza e in un richiamo a crescere. Lo si è notato al primo incontro dei nuovi Responsabili locali, indetto dal Responsabile Generale il 6 e 7 febbraio a Desio. Con Alberto, Franco, Toni e Paolo, accanto a Giancarlo e al suo "vice" Andrea, è stata una duegiorni intensa e stimolante. Il rapporto tra noi nuovi Responsabili locali era cementato da anni di amicizia e condivisione della semplicità ed esigenza del cammino. Il rapporto con il Responsabile Generale Giancarlo era segnato da una profonda stima, considerazione e amicizia nei suoi confronti, oltre che di riconoscenza per la dedizione con cui sta svolgendo il suo servizio alla guida dell'intero Gruppo. Lo stesso verso Andrea, anche lui

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dedito pienamente alla Comunità. Si è trattato quindi di un incontro che ha messo in luce la profonda sintonia che già era presente in precedenza e che ne è uscita del tutto rafforzata e motivata. Un servizio nella gioia - Ora c'è davanti a noi il futuro, dietro di noi la ormai lunga storia dalla fondazione, con Ireos e i primi che pensarono a una comunità di fratelli completamente dediti a Dio e al suo servizio. E in mezzo cosa c'è? C'è il presente, con la sua durezza e bellezza. Ogni comunità è fatta di persone, di volti, di cuori, di anime, di passioni, di debolezze. Immagino che come Responsabile locale io e gli altri quattro nuovi siamo chiamati anzitutto ad amare uno ad uno, come fratelli, figli, a noi affidati nel Signore. Un amore non sdolcinato, non cedevole, non assecondante, così come lo si chiede ai genitori: caldi nella fermezza, severi nella dolcezza, appassionati nella rigorosità! E così, devo dire, è stata fino ad oggi la mia esperienza a Roma, dove ho la gioia di camminare insieme a una comunità fatta di persone buone e generose. Qualche volta mi è capitato di dover intervenire per arginare o ricondurre a più ragionevoli intendimenti qualche "esuberanza irrazionale", ma nel complesso il cammino comunitario è valido e costruttivo. Verso il centro - Una dinamica che mi pare fondamentale consiste nel ricentrare sempre la vita comunitaria nella direzione giusta, vale a dire nel cercare di vivere e approfondire il "dono di


Dio" per noi, cioé la fede, la Chiesa e in essa la Comunità. Quest'ultima, infatti, rappresenta per ciascuno di noi la "madre" particolare cui dobbiamo amore e disponibilità; costituisce il richiamo a quell'obbedienza che siamo chiamati a declinare nelle cose di Dio e nelle cose umane; il campo di lavoro dove il Signore ci ha destinati. Tutto questo chiamandoci a una unità di intenti spirituali che si manifesta nella condivisione vissuta pie-

namente e sinceramente tra di noi ma soprattutto con il Responsabile Generale. Da parte mia, è l'impegno più grande, che vivo però con gioia. La Comunità è da costruire tutti insieme, dando a ogni persona le sue responsabilità e facendo sì che i doni elargiti da Dio a ciascuno siano messi a frutto per il bene e per l'amore di tutti. Luigi Crimella

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Risonanza

SpUlCIando qUa E là In cammino aspirando alla vita perfetta Pensando a coloro che sono carichi di giusti impegni e soprattutto alle giovani mamme alle prese con i loro piccoli bimbi.

Credo che ad ognuno di noi capiti di leggere un brano, una preghiera, un libro… e sentire di doverlo condividere perché stimolante e arricchente o, quantomeno, prezioso per la propria esperienza e quella di coloro che incrociano il nostro cammino. Mi pare bello cercare di mettere in comune quanto ha sollecitato la nostra meditazione ed è entrato benevolmente nella nostra vita. Oggi ho davanti uno stralcio tratto dagli scritti di san Francesco di Sales che mi pare aiuti a riflettere sulla specifica condizione che viviamo e la fedeltà alla pietà, alla devozione che la nostra Costituzione ci chiede. Come Responsabile personale conosco come, a volte, sia un cruccio e preoccupi la sorella ed il fratello vivere il desiderio della preghiera, dell'incontro con il Signore e scontrarsi con l'oggettiva situazione che lo stato di vita impone; vedo come tutto questo può indurre uno stato di sfiducia se non di colpa che toglie freschezza al nostro rapporto con Dio, lo sciupa e vanifica il tempo che con fatica riusciamo a ritagliare e offrire. Certo, non dobbiamo costruire facili giustificazioni, smorzare il desiderio di colloquiare e ascoltare il nostro Dio perché sarà lui a far fruttificare al meglio il tempo che riusciamo a dare. L'Amore è sempre con noi, ci abita, attende l'apertura del nostro cuore per farsi vivo, per ascoltare, per suggerire e, se sa - come sa - che il 16

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nostro tempo è tiranno e le nostre occupazioni sono un limite oggettivo, elargirà la sua presenza con generosità. Senza indulgere, come dicevo, su noi stessi ma mantenendoci vigilanti e capaci di leggere in verità il nostro stato di vita, credo possiate trarre aiuto e beneficio dalla breve riflessione tratta dalla "Introduzione alla vita devota"che condivido con voi. “ Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna "secondo la propria specie" (Gn 1,11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione. La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall'artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta, bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona. Dimmi Filotea, sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l'artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso, e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammissibile? Questo errore si verifica tuttavia molto spesso. No, Filotea, la devozione non distrugge nulla quando


è sincera, ma anzi perfeziona tutto e, quando contrasta con gli impegni di qualcuno, è senza dubbio falsa. L'ape trae il miele dai fiori senza sciuparli, lasciandoli intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non reca pregiudizio di alcun tipo di vocazione e di occupazione, ma al contrario, vi aggiunge bellezza e prestigio. Tutte le pietre preziose, gettate nel miele, diventano più splendenti, ognuna secondo il proprio colore, così ogni persona si perfeziona nella sua vocazione, se l'unisce alla devozione. La cura della famiglia è resa più leggera, l'amore fra marito e moglie più sincero, il servizio del principe più fedele, e tutte le altre occupazioni più soavi e

amabili. È un errore, anzi un'eresia, voler escludere l'esercizio della devozione dall'ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati. È vero Filotea, che la devozione puramente contemplativa, monastica e religiosa, può essere vissuta solo in questi stati, ma oltre a questi tre tipi di devozione, ve ne sono molti altri capaci di rendere perfetti coloro che vivono in condizioni secolari. Perciò dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta. ( dalla " Introduzione alla vita devota" di san Francesco di Sales, vescovo” ) Mauro Panzeri

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Riflessione

ai papà Lo scorso19 marzo si è celebrata la memoria di S. Giuseppe e la liturgia ci ha invitato a celebrare con la S. Messa il ricordo e la figura di Giuseppe, sposo di Maria e padre terreno di Gesù; "uomo giusto" come ci sottolinea la Scrittura. La prima riflessione che vorrei fare è relativa alla scelta di vita che Giuseppe fa e che dà consistenza all'attributo di "uomo giusto". La sua vita infatti si è trovata davanti a un bivio: sposare Maria o allontanare la sua promessa sposa perché incinta. Giuseppe è uomo giusto perché innanzitutto non ricerca una spiegazione e delle giustificazioni secondo le proprie aspettative umane, riguardo al proprio progetto di matrimonio e di famiglia sconvolto, ma dà credito a ciò che Maria gli ha confidato e credo che questo si possa interpretare come la disponibilità a fidarsi senza riserve. Giuseppe si fida delle parole di Maria e quindi si fida di Dio. Giuseppe è uomo giusto perché opera la misericordia. Giuseppe, che rinuncia alla giustizia secondo la legge, per attuare la giustizia dell'amore, è capace di offrire se stesso rinunciando alla sua promessa sposa, in cambio della salvaguardia della vita della sposa stessa. Infatti, cosa sarebbe successo a Maria se fosse stata ripudiata? Secondo la legge sappiamo che il giudizio si sarebbe concluso con una condanna molto severa, addirittura la lapidazione. La giustizia di Giuseppe si radica in queste due tensioni spirituali, fiducia e amore misericordioso, che si esprimo-

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no in quel gesto di "licenziarla in segreto". A me pare che queste due tensioni spirituali debbano essere coltivate e custodite nel cuore come fondamento per vivere una relazione sponsale. Qui Giuseppe, oltre a mostrare la giustizia, evidenzia tutta la delicatezza e la tenerezza che dovrebbero essere presenti ed esprimersi nell'amore coniugale e di cui oggi purtroppo non vediamo sempre le tracce. Una seconda riflessione è relativa alla risposta che Giuseppe esprime in obbedienza all'Amore. " Destatosi dal sonno Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo". La giustizia di Giuseppe si fa obbedienza a quanto il Signore gli aveva annunciato in quella visione per mezzo dell'angelo. Dunque la paternità di Giuseppe porta a compimento quella promessa fatta ad Abramo di essere padre di molti popoli per la sua fede e la supera attraverso l'obbedienza che la nuova promessa sarà in grado di realizzare. Quella promessa antica di paternità, in Giuseppe si trasforma in nuova paternità di salvezza, che la vita, morte e risurrezione di Gesù porterà a tutti gli uomini. La paternità di Giuseppe si fa custodia di questa salvezza. Se in Abramo è la fede che, per l'offerta di Isacco, era il segno dell'alleanza fra Dio ed il popolo che sarebbe nato da lui, in Giuseppe è l'obbedienza dell'uomo giusto che risplende ed alla quale Dio non può sottrarsi. È Dio stesso che si lascia coinvolgere da


quel dono di libertà, si china e pone la sua fiducia nell'obbedienza di questo "giusto" a cui affiderà il proprio Figlio. Giuseppe della stirpe di Davide, "uomo secondo il cuore di Dio", come viene chiamato nella Bibbia, ci offre attraverso la sua obbedienza questa bella definizione "Essere secondo il cuore di Dio." Anche a noi oggi come uomini, come cristiani ancorché consacrati, il Signore chiede di essere persone secondo il suo cuore, di essere uomini giusti come lo è stato Giuseppe, di vivere la sua chiamata come quella promessa di comunione e di salvezza che è insita nella relazione sponsale con il Signore. È questo che il mondo, gli uomini oggi hanno bisogno di vedere testimoniato in noi, perché il Vangelo, la buona notizia, abita la nostra vita. Un'ultima annotazione. Leggevo che non si sa perché il 19 marzo sia stato scelto per ricordare S. Giuseppe se non in riferimento ad una festa che nell'antica Roma era chiamata degli "artifices" ed era dedicata cioè agli operai. Giuseppe dunque è riconosciuto anche come "operaio"; in questa festività tuttavia con questo termine rileggevo non solo la manualità della professione che Giuseppe esprimeva ma, " colui che ha saputo operare" . Ha operato nell'obbedienza alla volontà del padre; ha portato la sua opera nel custodire il dono di Dio con Maria. Ha insegnato ed ha nutrito l'umanità di Gesù con la sua giustizia e la sua

disponibilità ad essere un padre amorevole e misericordioso, segno e trasparenza dell'unico Padre. A tutti i Giuseppe un augurio per il nome importante che hanno ricevuto e a tutti i papà, di cui si è ricordata la festa, un augurio in particolare perché abbiano vivo nel cuore e nell'operosità degli atteggiamenti quella sensibilità ed attenzione tracciata dalla vita operosa di S. Giuseppe. Antonio Ficara

Milano 19-3-2010 Festività di San Giuseppe

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marIa tra noI la presenza della statua della madonna benedetta a lourdes nella comunità di treviso Dal 14 gennaio scorso, a Treviso, c'è una novità: Maria è tra noi. Giancarlo ci ha portato una statua della Madonna, benedetta a Lourdes da don Luciano De Nadal durante il pellegrinaggio della Comunità svoltosi nel settembre scorso. Lo scopo era quello di iniziare una sorta di pellegrinaggio itinerante della statua nelle famiglie della Comunità, con l'intento di creare l'occasione per pregare intorno a lei insieme ai propri familiari, magari coinvolgendo anche altri. Giancarlo ha pensato a questa iniziativa in particolare in preparazione al 25° della nascita del PGC di Treviso, ma anche perché si crescesse in comunione fraterna nelle nostre famiglie e tra famiglie del gruppo, perché "solo l'Amore di Dio crea comunione e vince ogni discordia". Abbiamo cominciato dal mio nucleo perché era il primo che compariva nell'elenco locale dei membri del gruppo ed ecco com'è andata. Famiglia Giustiniani Andrea e Graziana: nella fatidica domenica della comunità mi sono trovata a tornare a casa non solo con Andrea e i bambini, ma anche arricchita dalla presenza della statua. L'ho tenuta in braccio, come un bambino, con gioia e trepidazione, sapendo che se Maria iniziava proprio da noi non era un caso. Volevo che la sua presenza così forte non passasse invano per quello che dipendeva da me. Dopo un momento di incertezza abbiamo deciso di porre la statua in cucina, bene in vista, per poterla vedere bene e farci memoria che 20

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Maria è sempre vicina a noi e intercede presso il Padre per ogni suo figlio. La sera stessa avevamo una famiglia di amici a cena e ci siamo chiesti se coinvolgerli o meno nella preghiera mariana. Quando sono arrivati abbiamo spiegato loro la novità della statua in casa nostra per la settimana che iniziava ed essi si sono dimostrati disponibili a recitare con noi dopo cena una decina del Rosario. Finito il pasto serale ci siamo riuniti attorno al tavolo e, "muniti" tutti i bambini di un rosario, abbiamo recitato una decina di Ave Maria, una per ciascuno, leggendo il mistero e facendo poi delle preghiere spontanee finali: è stato un momento molto intenso, ricco della grazia di Maria, perché non avevamo mai condiviso una preghiera semplice (eccetto quella del pasto) tutti assieme. Anche i bambini erano contenti di pregare con noi. Durante la settimana, tutte le sere, abbiamo ripetuto questo semplice e familiare "rito" recitando una decina del rosario con i bambini: non è stato sempre facile essere tutti e quattro insieme ma ci siamo impegnati e la benevolenza del Signore ci ha protetto. In quella settimana è stato più facile pregare, recitare delle Ave Maria sparse nella giornata, affidare a Maria tante intenzioni. Al termine della settimana abbiamo portato la statua a casa di Cinzia e Rossano. Ci siamo incontrati nel pomeriggio e, prima di un momento conviviale, abbiamo recitato tutti insieme una decina del Rosario condividendo anche delle preghiere spontanee nelle quali i bambini si sono lan-


ciati senza alcuna paura. E così abbiamo passato il testimone! Famiglia Da Rè Cinzia e Rossano (dalle parole di Cinzia): è stata un'esperienza bella, vissuta in famiglia. I bambini sono stati di grande aiuto, in particolare Elisabetta (la più piccola, 5 anni) che preparava un tavolinetto con un centrino per porvi la statua della Madonna. Abbiamo recitato il Rosario semplice dei bambini con cinque Ave Maria al posto della decina per ogni mistero. Ero un po' scettica nel tenere questa statua, invece ciò ha aiutato la nostra famiglia perché, è vero, abbiamo bisogno di segni concreti, tangibili, di sapere che Maria ci è vicino e la sua statua ce l'ha ricordato. Abbiamo portato la statua alla famiglia di Antonio e Roberta recitando insieme un'Ave Maria pregando per le famiglie, per i bambini in particolare per Agnese

che era in arrivo. Famiglia Cianfrone Antonio e Roberta (dalle parole di Antonio): quando Cinzia e Rossano ci hanno portato la statua, nel pomeriggio festeggiavamo il compleanno di Giosuè e varie persone l'hanno vista in soggiorno e ci hanno chiesto spiegazioni. Quando hanno saputo che avrebbe girato per le famiglie anche nelle settimane successive molti nostri amici si sono informati sull'andamento dell'itineranza e questo ci ha dato il senso del cammino di Maria con noi, del portare Maria in famiglia e con le altre famiglie. Ogni sera recitavamo due Ave Maria a testa con i bambini e l'ultima sera, progressivamente, siamo arrivati a recitare tre Misteri del Rosario. I bambini avevano la corona del rosario in mano ed erano molto contenti e partecipi. Quando Sergio e Giovanna sono venuti a prendere la statua ci hanno chiesto quando Maria ritornerà a trovarci. Con Roberta abbiamo pensato che se siamo riusciti a trovare ogni sera circa 20 minuti per pregare insieme, potevamo farlo ancora e che era bello continuare con questa buona "abitudine". Famiglia Baldo Sergio e Giovanna: (dalle parole di Sergio): è stato possibile qualche sera pregare insieme (i più piccoli con me o con Giovanna), più spesso personalmente. I figli più grandi vivono un rifiuto in questo momento. La presenza della statua è stata anche occasione di discussione, non solo di preghiera tra i membri della mia famiglia e anche chi è venuto a trovarci l'ha Esperienze di vita

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notata commentando: "Che bella!" È stata più un'esperienza del cuore piuttosto che qualcosa di visibile, è stata un'esperienza molto intima. (Va precisato che Giovanna ha cucito un sacco di stoffa per custodire la statua durante i viaggi da una famiglia all'altra. n.d.r.) Famiglia Pasqualotto-Cigoli (dalle parole di Marilisa): sono andata a prendere la statua da Sergio e Giovanna e quando l'ho portata a casa mi è dispiaciuto che in quella settimana Letizia fosse a Milano e io fossi molto impegnata fuori casa per lavoro. Maria è stata una presenza, però non le ho dato molto spazio e mi è rimasta la nostalgia che la statua ritorni a casa mia. Mi sono comunque fermata a pregare davanti alla statua. In vari momenti, anche se brevi, mi inginocchiavo e recitavo l’ Ave Maria. Il 9 febbraio, anniversario del mio matrimonio con Corrado, Maria era lì ed è venuta Lucia Nicolao, una delle mie testimoni di nozze, e con Irene abbiamo pregato insieme. Irene ha criticato molto, ma in modo simpatico, la presenza della statua e proprio lei, che da qualche anno vive un disagio nei confronti della nostra fede, ha fatto compagnia a Maria, mentre studiava per un esame universitario, più degli altri membri della famiglia. Maria è stata occasione di grande comunione nelle nostre case. L'ho consegnata poi ad Elena Rossi e abbiamo recitato un' Ave Maria davanti alla porta aperta della sua auto, mentre ripartiva per Ferrara, per accomiatarci da questa presenza.

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Famiglia Pozzobon Rosa (dalle parole di Rosa): Superando un certo senso di disagio ho portato a casa la statua con trepidazione. È stata una presenza molto forte, vissuta a tu per tu con Maria. Non l'ho estesa ad altri. Ho sentito la presenza della Comunità e mi ha fatto sentire in comunione profonda con i fratelli. Maria ha accolto le mie fatiche, preghiere, attese, speranze e trepidazioni. Ho recitato più rosari perché la presenza di Maria non deve passare invano. Quando tornavo a casa dal lavoro sentivo che ero attesa da Maria con la Sua presenza materna e accogliente. L'ho poi portata alla famiglia Scagnet e ho pregato insieme a Roberta perché Paolo era al lavoro. Che dire? L'esperienza fatta mostra che l'idea avuta dal nostro Responsabile generale sembra realmente ispirata e ricca di beneficio spirituale. È anche bello notare come ogni famiglia abbia vissuto in modo originale e diverso la stessa Presenza. Graziana Grespan


la madonna pellegrina Sabato 6 marzo, nella "Casa Betania" di fratel Ettore, a Seveso, nel santuario proprio dedicato alla Vergine di Fatima, è arrivata la statua della Madonna pellegrina di Fatima, itinerante dagli Anni 40 in tutto il mondo con il suo messaggio di pace. Accompagnata da una scorta, la statua di Maria ha fatto il suo ingresso alle 10 del mattino e ha trovato già in preghiera ad accoglierla suor Teresa Martino, continuatrice dell'Opera di fratel Ettore, con tutti gli ospiti di Casa Betania e molti abitanti della zona che sapevano dell'avvenimento. Alle 11 è stata poi celebrata la Santa Messa e infine la statua è ripartita. A detta di Ireos, che era presente a nome del Gruppo con Giancarlo e con Filomena, la sorella di Sabatino, la cerimonia è stata molto commovente e significativa anche perché i sacerdoti officianti hanno molto curato la liturgia e l'omelia. Alla fine della Santa Messa, ogni partecipante ha potuto avvicinarsi alla statua della Vergine e toccarla per chiedere grazie personali, mentre il sacerdote imponeva la mano sulla testa di ognuno dei presenti per invocare la presenza dello Spirito Santo. Per il Gruppo è stato importante esserci non solo per impetrare la protezione di Maria, ma anche perché in questo santuario sono custodite le spoglie del nostro Sabatino e Giancarlo e Ireos hanno potuto pregare sulla sua tomba e visitare in preghiera anche la tomba di fratel Ettore, sempre collocata dentro la chiesa. Anche Giancarlo ha voluto aggiungere qualche sua riflessione.

Eccola. In ginocchio davanti all'urna che contiene i resti mortali del nostro fratello Sabatino, in attesa che arrivasse la Madonna pellegrina, ho pregato per la santità del Piccolo Gruppo. In particolare ho chiesto a Sabatino di intercedere presso Gesù, perché il suo amore verso la santissima Eucaristia diventasse il nostro e la sua passione per l'adorazione del Signore diventasse la nostra. Sedutomi in mezzo ai senza fissa dimora, ho domandato a Sabatino di intercedere presso il Padre affinchè crescesse in noi l'amore e il servizio per i poveri, come lui li amava e li serviva quando era tra noi. Giunta la Madonna pellegrina ho chiesto a Sabatino che intercedesse presso la Mamma nostra, affinchè la nostra Madonna pellegrina, benedetta davanti alla grotta di Lourdes, e per ora peregrinante a Treviso, passando nelle nostre famiglie, producesse la rinascita spirituale di tutto il Piccolo Gruppo, attraverso la recita quotidiana e in famiglia del santo rosario. Ho pregato che tutte le nostre famiglie ritrovassero, ogni sera, la forza di spegnere, almeno per mezzora, la televisione e di recitare la corona del santo rosario. Il Sacerdote che accompagnava la Madonna pellegrina ha supplicato Maria affinchè ciascuno di noi, in tutte le azioni che compie, metta più cuore e che ciascuno di noi, ogni giorno, faccia trionfare il bene ed il positivo e non il male ed il negativo. Anche per questo ho chiesto a Sabati-

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no che intercedesse presso lo Spirito Santo, perché si avverasse quanto auspicato dal predicatore. La Madonna, nel prossimo futuro, passerà anche nelle nostre famiglie di Roma e di Milano. Non importa se qualche nostro figlio non mostrerà interesse verso di lei, lei sicuramente ha interesse per i nostri figli e per l'unità delle nostre famiglie. Continuiamo a recitare la preghiera semplice e contemplativa del santo rosario e Maria santissima ravviverà in tutti noi il dono della fede. Uscito dalla chiesa avevo una grande pace nel cuore e sentivo che tutto il Piccolo Gruppo era al sicuro, dentro il cuore di Gesù, per intercessione di Maria sua mamma. Gustavo la presenza del Fondatore che mi stava accanto, perché mi dava sicurezza. Gli amici di Sabatino mi hanno dato una grande testimonianza di profondo raccoglimento e di fervida e spontanea preghiera durante tutto il rito liturgico. E questa loro vicinanza l'ho sentita come una grazia concessami per intercessione di Sabatino e per intercessione di fratel Ettore Boschini che dimora a pochi metri da lui, nella stessa cappella. Giancarlo Bassanini

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aSSoCIaZIonE FormICa Dopo Effatà, apriamo un'altra finestra sul mondo di noi laici uniti dal cammino spirituale del Piccolo Gruppo di Cristo, ma impegnati individualmente e a diverso titolo nella società. Conosciamo l'esperienza di Mirella Noseda responsabile dell' Associazione Formica: un aiuto agli anziani, in prevalenza donne, ma più in generale alle persone sole. Mirella, che cos'è più precisamente Formica? "E' un'associazione che ha sede a Milano in un appartamento delle case popolari di viale Molise 47. E' nata tre anni fa, ma è attiva nel quartiere da dieci. Il nostro intento è quello di promuovere un tessuto di legami tra gli anziani, spesso lasciati soli e isolati, e che hanno bisogno di una mano, di un sorriso, di qualcuno con cui parlare. Cerchiamo con quest'iniziativa di far sì che queste persone non si sentano più emarginate, ma trovino nuovi stimoli per sentirsi attive. Noi vorremmo realizzare sul territorio una convivenza più armoniosa e stimolare la partecipazione integrata e coesa tra gli abitanti del quartiere Calvairate Molise. Naturalmente ci piacerebbe che quest'intervento si proponesse e allargasse ad altre zone di Milano e, perché no, in altre città in cui se ne avvertisse il bisogno. Questo lo ha sollecitato anche il Cardinale Dionigi Tettamanzi quando è venuto in visita nella nostra

zona e ci ha conosciuti e incoraggiati". Quanti volontari sono impegnati nel Formica? "Nell'associazione operano 12 collaboratori, ognuno dei quali segue dai tre ai quattro anziani che va a trovare regolarmente. Quotidianamente poi forniamo una serie di aiuti che spaziano dall'andare a fare la spesa o aiutare queste persone a farla, alle visite a casa e alle passeggiate con loro. Noi vogliamo promuovere la cultura del rispetto e della gratitudine verso gli anziani che ci pare vada un po' scadendo di questi tempi. Cerchiamo quindi uno scambio e un confronto, costruiamo forme di prossimità e vicinanza per fare in modo che nei caseggiati del nostro quartiere ci si possa aiutare nelle minime cose come succedeva un tempo. Penso che queste buone e solidali relazioni di caseggiato siano utili e facciano bene anche ai giovani, sia ai single che alle coppie e alle famiglie con bambini. Cerchiamo anche di stimolare la presenza di "volontari di cortile" che dedichino tempo e attenzione all'anziano". Proponete delle attività particolari o dei momenti comuni? "Sì, il gruppo opera in collaborazione con i Centri Multiservizi Anziani e i custodi sociali e ha sede in un appartamento delle Case popolari per il quale paghiamo l'affitto, il cosiddetto appartamento di prossimità. Qui, in un clima familiare, le persone sono coinvolte in molteplici attività utili e creative, ad esempio c'è un laboratorio di

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Segni di speranza maglia, un corso per prevenire gli incidenti domestici e un altro di ginnastica, un momento di preghiera e altri di condivisione e gioco. Il venerdì è dedicato ai "pranzi di cortile" o alle feste di compleanno con i commensali che arrivano dallo stesso caseggiato per favorire ancora di più la socializzazione. Vengono organizzate anche gite, almeno due uscite all'anno, ma il fiore all'occhiello sono le settimane comunitarie estive che da due anni si svolgono a Sueglio (Lecco), in una casa dove 40 persone, in un clima amichevole, si autogestiscono secondo le proprie possibilità in modo da sentirsi tutti utili". Anche chi ha poco tempo libero può far parte del Formica? "Certo. Di lavoro ce n'è tanto e chi

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vuole dare la propria disponibilità, anche un'ora alla settimana, per stare vicino agli anziani, per aiutarli, per dialogare con loro e far sì che la solitudine non sia la loro compagnia è più che benvenuto". Mirella, c'è stato e c'è in questi anni un brano della sacra Scrittura che ha sostenuto questo tuo impegno? "Si, da qualche anno mi accompagna il Salmo 62 "…O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora io ti cerco…". In questa attività cerco l'incontro con il Signore, il suo perdono e la sua misericordia e sento che Gesù mi è vicino nei momenti difficili. In particolare riecheggia nel mio cuore il versetto "A te si stringe l'anima mia: la tua destra mi sostiene…".


Un tEmpo dI GraZIa: l'aSpIrantato Ho scoperto la realtà del Piccolo Gruppo su invito di un'amica, che mi accompagnò nel Giugno 2009 all'ultimo incontro aspiranti dell'anno. Allora non conoscevo affatto la Comunità ed il percorso cosiddetto di Aspirantato, tuttavia rimasi molto colpito dall'incontro di quel giorno, dalla semplicità in cui esso si svolgeva e dall'accoglienza di tutti i membri della Comunità, un caloroso abbraccio che ritrovai poi durante i giorni trascorsi alla settimana aspiranti. Dopo quell'esperienza decisi di intraprendere anch'io questo percorso: avevo infatti la sensazione di aver trovato un cammino che si confacesse alle mie necessità, che potesse aiutarmi a trovare delle risposte alle inquietudini che stavo vivendo. Sono passati ormai sei mesi dal "Eccomi" pronunciato al Signore ed alla Comunità durante il mio primo Eremo; sono sei mesi ricchi di incontri e di riflessioni che mi hanno fatto provare e mi fanno provare tuttora una grande emozione. Posso testimoniare con la mia breve esperienza che l'Aspirantato è davvero un tempo di Grazia, in cui il Signore mi parla e mi aiuta a scoprire giorno per giorno un po' del suo amore. Il Signore si rivela attraverso le istruzioni che meditiamo insieme con l'aiuto dei nostri responsabili, ma anche tramite la condivisione in gruppo. È davvero straordinario

potermi accorgere di quanto il Signore entri nelle nostre vite quotidiane, nelle nostre fatiche, ma soprattutto constatare come anche coloro che camminano con me si trovino a sperimentare situazioni simili. Attraverso gli incontri il Signore si rivela e ci dà nuove forze per affrontare le nostre difficoltà, ho proprio la sensazione di non sentirmi più solo come un tempo, bensì preso per mano da lui, che mi sorregge e mi aiuta a rialzarmi. La meditazione delle Istruzioni non si riduce ad una mera analisi testuale della Parola di Dio, bensì ci aiuta a scavare più in profondità, a cogliere una dimensione che per la nostra realtà umana sarebbe inafferrabile, ovvero la presenza di Dio nella nostra vita e l'amore che lui ci dona con tanta gratuità. Seguire il percorso di Aspirantato significa andare incontro a Gesù, scoprire dove Gesù abita ed andare a dimorare con Lui. Senza questo cammino non avrei mai capito quanto Dio ci ama davvero e quanto stare con lui in verità ci cambi profondamente: "Se uno è in Cristo è una creatura nuova" dice S. Paolo. Certo, non sempre è facile mettere in atto la volontà di Dio nella nostra vita; a volte ci sentiamo incapaci di stare con lui, ci sembra che lui ci chieda cose che noi non possiamo realizzare, ci pare di dover spodestare le nostre sicurezze per aprirci ad una realtà che è fatta di incognite: ebbene, in questo percorso di Aspirantato sto scoprendo come affidare la propria vita a Dio sia l'investimento

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Voce degli Aspiranti

più grande che si possa fare, non c'è rendita maggiore al mondo. I nostri limiti umani affiorano sempre, è vero, ma l'amore del Signore è più grande della nostra debolezza, e solo questo amore illimitato ci cambia davvero. Ecco perché credo che essere Aspiranti significhi davvero cercare il Signore, scovarlo dove non pensavamo potesse trovarsi; significa approfittare di tutti gli strumenti che la Comunità ci offre, avere una sana curiosità e trarre profitto dai momenti di meditazione e di condivisione. Ma significa anche - e soprattutto - aprirsi all'incontro con Dio e lasciarsi trovare per raggiungere insieme a lui una felicità più grande. Matteo Carniato Aspirante di Treviso

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Il Signore viene sempre in nostro aiuto Sì il Signore viene sempre in nostro aiuto e ci dona ciò di cui abbiamo bisogno. Quando ho incontrato il Piccolo Gruppo di Cristo, non lo stavo cercando, ero da tempo alla ricerca della mia vocazione, volevo assolutamente capire quale fosse il progetto di Dio su di me. Solo con il passare del tempo mi sono resa conto di che dono grande e prezioso sia stato, per la mia ricerca, quell'incontro. Il Piccolo Gruppo mi sta accompagnando già da tre anni, proponendomi uno stile di vita che mi aiuta a seguire Gesù per poter compartecipare con la mia vita alla sua, alla quale sono stata unita con il Battesimo. E' lo stile di coloro che vivono nel mondo, tra la gente, dentro la quotidianità, e che si fanno piccoli per poter far risaltare la grandezza di Dio. E' importante per me avere dei punti di riferimento: innanzitutto i fratelli della Comunità che continuamente mi dicono a parole e con la loro vita che Dio mi ama. Io molto spesso me ne dimenticherei, rischiando così di perdere il senso di tutto, di chi sono, di cosa faccio e del perché lo faccio. L'essere poi affidati ad un responsabile personale sottolinea ancora di più quanto io sia importante agli occhi del Padre. Il Responsabile, con la sua disponibilità e pazienza e la sua costante preghiera, soffia su di me lo Spirito. Vivendo la realtà del Gruppo capisco quanto siano importanti gli incontri formativi e le revisioni, le giornate di ritiro, le ado-

razioni e gli incontri settimanali; comprendo che se voglio camminare non devo mancare a questi appuntamenti, perché sono vitali per alimentare la mia fede. Non nascondo che ci sono giorni in cui me ne starei volentieri a casa, giorni in cui mi sembra così inutile essere presente perché sento il peso della mia incoerenza, del tipo "predico bene e razzolo male". Poi però mi dico "sto andando ad incontrare il Signore, mi sta aspettando e mi vuole parlare attraverso i fratelli che, a loro volta sono lì con tutte le loro fatiche, testimoni fedeli". E ogni volta torno a casa felice perché mi è bastata anche una sola parola che mi ha ridato fiducia e mi ha consentito di ripartire. Una cosa che percepisco molto forte all'interno del Gruppo è la preghiera reciproca, individuale o comunitaria che sia, una preghiera universale che mi accompagna costantemente. Se non ci fosse la preghiera non ci sarebbero quelle salde radici che permettono ad una comunità di reggersi in piedi. Ringrazio il Signore per l'opportunità che mi ha dato e ringrazio i fratelli che nella loro unicità me lo fanno incontrare. Continuo fiduciosa questo percorso ripetendo ogni giorno, come dice la preghiera del cammino, "Signore prendimi come sono e fammi come tu mi vuoi!!". Maria Giovanna Aspirante di Milano

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coraggio nelle sue "lunghe" giornate. Da Carletto ho imparato a ringraziare di più il Signore del dono della vita e soprattutto ad offrire le mie sofferenze per il bene della Chiesa e delle sorelle e dei fratelli della Comunità. Leggendo il testo del messaggio per la giornata del malato di quest'anno, dal dal titolo: "La Chiesa a servizio dell'amore per i sofferenti", ho pensato che queste parole erano diventate per Carletto vita vissuta. Con la sua infermità si sentiva parte della Chiesa sofferente ed era aperto e disponibile ad alleviare con la preghiera le difficoltà altrui. Grazie, caro Carletto, del tuo grande cuore. Ora che non sei più visibilmente tra noi sento fortemente la tua mancanza, ma mi conforta il pensiero che sei in buona compagnia tra le braccia del Padre comune, a godere per sempre la vera pace. Salutami tanto i miei genitori, i tanti amici e in particolare Carlo Turati, Giovanni, Sabatino, Corrado, Manuela e Alfio. La preghiera di Kirk Kilgour (°) mi pare un po' la sintesi della sua preziosa vita:

Egli mi ha dato l'umiliazione perché io avessi bisogno di loro. Domandai a Dio tutto per godere la vita: mi ha lasciato la vita perché potessi apprezzare tutto. Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà. Le preghiere che non feci furono esaudite. Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini nessuno possiede quello che ho io! Arrivederci caro Carletto. Augusto Galliani 21-2-10 - I Domenica di Quaresima (°) Campione nazionale americano e campione italiano di palla a volo, la cui brillante carriera è stata spezzata da un tragico incidente sul campo di gioco, a causa del quale è rimasto per 26 anni su una sedia a rotelle.

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi: Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà. Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare grandi imprese: Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio. Gli domandai la ricchezza per possedere tutto: mi ha fatto povero per non essere egoista. Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me: Esperienze di vita

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Attualità

Essere maestre è anche questo

Vi insegneremo centomila parole Le maestre della scuola elementare di via Pini, a Milano, hanno scritto una lettera agli alunni rom che, con le loro famiglie, hanno subìto lo sgombero dal campo di Segrate (Milano). Una decina di questi bambini dormiranno a casa delle insegnanti o di alcuni compagni di scuola. Noi vi proponiamo la lettera. Fortunatamente qualche intervento meno drammatico ha permesso ai bambini di ritornare a scuola e a riprendere la loro vita in una "quasi" normalità. 17.02.2010:

Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate. Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale, perché i vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano. È proprio per questo che vi hanno iscritti a scuola e che hanno continuato a mandarvi nonostante la loro vita sia difficilissima, perché sognano di vedervi integrati in questa società, perché sognano un futuro in cui voi siate rispettati e possiate veder riconosciute le vostre capacità e la vostra dignità. Vi fanno studiare perché sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la fiducia degli altri. Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo, tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti ogni volta a perdere tutto e a dormire all'aperto in attesa che i vostri papà ricostruissero una baracchina, sapendo che le ruspe di lì a poco l'avrebbero di nuovo distrutta insieme a tutto ciò che avete. Le vostre cartelle le 32

Esperienze di vita

abbiamo volute tenere a scuola perché sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perché non volevamo che le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le vostre casette facessero scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica. Saremo a scuola ad aspettarvi, verremo a prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, né voi né i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad apprezzare. Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori che vi hanno sempre messi al primo posto e che si sono fidati di noi. I vostri compagni ci chiederanno di voi, molti sapranno già perché ad accompagnarvi non sarà stata la vostra mamma ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo dare a voi, che condividete con le vostre classi le regole, l'affetto, la giustizia, la solidarietà: come vi spiegheremo gli sgomberi? Non sappiamo cosa vi spiegheremo, ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, più cose che possiamo, perché domani voi siate in grado di difendervi dall'ingiustizia, perché i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom, colpevoli prima ancora di essere nati. Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di annientare chi come voi non ha voce. Ora la vostra voce siamo noi, insieme a tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai volontari che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona. A presto bambini, a scuola. Le vostre maestre: Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi, Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli.


potrebbe capitare anche a noi?

U

na ragazza stava aspettando il suo volo in una sala d'attesa di un grande aeropor to. Siccome avrebbe dovuto attendere alcune ore, decise di comprare un libro per ammazzare il tempo. Comprò anche un pacchetto di biscotti. Si sedette nella sala VIP per stare più tranquilla. Accanto a lei c'era la sedia con i biscotti e dall'altro lato un giovane di colore che stava leggendo il giornale. Quando cominciò a prendere il primo biscotto, anche il giovane ne prese uno; lei si sentì indignata ma non disse nulla e continuò a leggere il suo libro.Tra sé e sé pensò: "Ma tu guarda che schifo, che arroganza,che maleducazione…Se solo avessi un po' più di coraggio, gliene direi quattro: tornatene al tuo Paese, prima di viaggiare impara ad essere civile...". Così ogni volta che lei prendeva un biscotto, il giovane di colore accanto a lei, senza fare un minimo cenno, ne prendeva uno anche lui. Continuarono fino a che non rimase solo un biscotto e la donna pensò: "Ah, adesso voglio proprio vedere cosa farà.…!" L'uomo prima che lei prendesse l'ultimo biscotto

lo divise a metà! Ah, questo è troppo", pensò e cominciò a sbuffare ed indignata si alzò di scatto, borbottò a bassa voce: "I cafoni dovrebbero restare a casa"; poi prese le sue cose, il libro e la borsa e si incamminò verso l'uscita della sala d'attesa. Quando si sentì un po' meglio e la rabbia era passata, si sedette su una sedia lungo il corridoio per non attirare troppo l'attenzione e per evitare altri incontri spiacevoli. Chiuse il libro e aprì la borsa per infilarlo dentro quando....nell'aprire la borsa vide che nel suo interno il pacchetto di biscotti era ancora tutto intero. Capì solo allora che il pacchetto di biscotti uguale al suo era del giovane di colore che le si era seduto accanto e che però aveva diviso i suoi biscotti con lei senza sentirsi indignato, schifato e nervoso. Al contrario di lei che aveva sbuf fato, ma che ora si sentiva sprofondare nella vergogna… Autore Ignoto

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in redazione: Donatella Bergamini, Adriana Bertoni, Giorgio Casiraghi, Paolo Cattaneo, Rosanna Ceccattoni, Vilma Cazzulani, Antonio Ficara, Angela Gironi, Renato Rossi Progetto grafico: Francesca Ficara Impaginazione: Paolo Cattaneo, Antonio Ficara Redazione: via San Pietro 20 - 20033 Desio


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